Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
DI NARRARE LA VITA
José Granados*
I critici più sagaci del cristianesimo hanno voluto vedere, nella miseri-
cordia, il punto debole del Vangelo, per poi denigrarlo. Secondo Nietzsche,
ad esempio, la morale misericordiosa genera una sorta di piacere per ciò
che è debole, cagionevole; con essa si finisce per rinunciare alla forza e allo
splendore dell’umano; per essa si invertono i valori e chi ha fallito esercita
una dittatura vittimista che rende impossibile l’eccellenza1. Il romanzo di
Graham Green The Heart of the Matter (Il nocciolo della questione) illustra, dal
cuore dell’esperienza della fede, questa perversione della misericordia. L’o-
pera intende trasmettere “che la compassione [pity] può voler attestare un
orgoglio quasi mostruoso”2. Il protagonista, il maggiore Scobie, è un uomo
onesto, soddisfatto del suo lavoro di poliziotto in un paese della costa afri-
cana durante la Seconda Guerra Mondiale. Scobie sarebbe anche un uomo
felice se non fosse per la presenza degli altri, a partire dalla moglie. La ragio-
ne di questa sua infelicità è l’altruismo: gli altri soffrono e lui non può sop-
portare questo dolore, del quale si sente responsabile. Convinto credente,
non capisce come Dio possa permettere la sofferenza; non è la morte che
lo colpisce, ma le lunghe ore di agonia. Il giorno delle nozze, non giura alla
moglie di amarla (chi può conoscere un altro essere umano ed unirsi a lui
veramente?), ma promette di evitarle qualsiasi sofferenza e di fare in modo
che sia felice3. E questo, anche a costo di pietosi inganni poiché, ai suoi
*
Vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e
Famiglia, Roma.
1
Cfr. W. Kasper, La misericordia. Clave del Evangelio y de la vida cristiana, Sal Terrae,
Santander 2013, 22-25; per una visione d’insieme del modo di intendere la compassione
nella Modernità: Id., La misericordia, cit., 32-40.
2
Cfr. H. G. Greene, Ways of Escape, Vintage, London 1999, 110: “I had meant the
story of Scobie to enlarge a theme which I had touched on in The Ministry of Fear, the
disastrous effect on human beings of pity as distinct from compassion. I had written in The
Ministry of Fear: ‘Pity is cruel. Pity destroys. Love isn’t safe when pity’s prowling around.’
The character of Scobie was intended to show that pity can be the expression of an almost
monstrous pride”. Per un’analisi della compassione in Graham Greene, cfr. Ch. Moeller,
Literatura del siglo XX y cristianismo, vol. 1, Gredos, Madrid 1981.
3
Cfr. H. G. Greene, The Heart of the Matter, Important Books 2013, 61: “he made
his terrible private vow that she should be happy”.
143
José Granados
occhi, nei rapporti umani, la verità conta ben poco: non lenisce il dolore4.
Poco a poco questa compassione, il desiderio di eliminare la sofferenza ad
ogni costo, lo metterà di fronte a delle scelte difficili. Si farà corrompere,
non per denaro, ma per compassione5. Dopo aver commesso un adulterio,
impietositosi dinanzi ad una povera rifugiata, si troverà intrappolato tra due
pietà opposte. Il dilemma lo dilania e lo lascia senza scampo. La diagnosi
di Nietzsche, pertanto, potrebbe sembrare corretta: la misericordia, intesa
come la capacità di provare la sofferenza dell’altro e il desiderio di alleviarla,
finisce per paralizzare l’azione, come dimostra il suicidio finale di Scobie,
commesso proprio per risparmiare sofferenze agli uomini… e a Dio.
Di fatto, questo esempio, non mostra forse che la misericordia è il con-
trario della buona novella, di un “Vangelo”, della venuta del “tempo della
pienezza”? Eppure, la grande tradizione cristiana ha insistito per collocare
la misericordia al centro del suo annuncio, proclamandola come mera-
vigliosa notizia, come quella che mostra la grandezza di Dio. Un ignoto
cristiano degli albori, rivolgendosi al pagano Diogneto, propone così il suo
messaggio:
4
Cfr. H. G. Greene, The Heart of the Matter, cit., 59: “The truth, he thought, has
never been of any real value to any human being –it is a symbol for mathematicians and
philosophers to pursue. In human relations kindness and lies are worth a thousand truths”.
5
Cfr. H. G. Greene, The Heart of the Matter, cit., 55: “They had been corrupted
by money, and he had been corrupted by sentiment. Sentiment was the more dangerous,
because you couldn’t name its price. A man open to bribes was to be relied upon below
a certain figure, but sentiment might uncoil in the heart at a name, a photograph, even a
smell remebered”.
6
Cfr. A Diogneto VIII, 8.11; IX, 2-6; X, 1-4.
144
La misericordia che permette di narrare la vita
“dolce scambio” nel quale l’uomo ama il Dio che lo ha amato per primo
e diviene imitatore della sua bontà, ‘poiché Lui lo vuole’. Ricordiamo che
Scobie, il personaggio di Graham Greene, non pensa all’amore: sarebbe
felice se fosse solo, lontano da tutti. La sua è una misericordia che si con-
centra solo sull’individuo, che prova pena e vuole cancellare il dolore degli
altri. La misericordia cristiana, invece, è reciproca. Il suo scopo principale
è la comunione: trasformare l’altro affinché egli possa stringere un legame
che nasca dal suo stesso desiderio.
Vi è un secondo elemento della Lettera A Diogneto che merita di esse-
re evidenziato. La misericordia può essere reciproca soltanto se accetta di
percorrere il tempo dell’uomo. La compassione di Scobie vuole soltanto
far sì che il dolore cessi, e identifica la morte come mezzo definitivo per
non causarne agli altri e a se stessi. Il brano A Diogneto, invece, presenta
una storia di misericordia che, partendo dalla vita di Gesù, abbraccia quella
del cristiano per riversarsi, attraverso di lui, sugli altri uomini. Così, la mi-
sericordia non appare soltanto come un’azione compiuta in un istante, ma
acquisisce uno spessore narrativo. Non si tratta soltanto di far rialzare colui
che è caduto, né di limitarsi a rimetterlo in forze affinché possa riprendere
da solo il suo cammino. La misericordia fa molto di più: essa si adatta ad
ognuna delle tappe del percorso per offrire all’uomo un cammino nuovo
che lo porterà ad un traguardo di pienezza.
Queste sue caratteristiche (reciprocità e narratività) ci aiutano a porre
un interrogativo fondamentale. Abbiamo osservato le difficoltà per com-
prendere la misericordia. Non è facile trovare il punto di equilibrio tra
rigorismo e lassismo, poiché ci sarà sempre un estremo più a sinistra o
più a destra per cui ognuno potrà dire che la propria posizione è quella
centrale. Chiunque rifiuterebbe una “misericordia a buon mercato” ma
chi può determinarne il giusto prezzo sul mercato della pietà? Ritengo
che l’errore stia nell’approccio stesso al problema: si è dimenticata la di-
mensione narrativa della misericordia, la necessità di raccontare la sua
storia, come faceva Gesù nelle parabole. La questione, infatti, non sta nel
sapere se la misericordia sia costosa o a buon mercato, ma piuttosto nel
modo in cui tesse i momenti di una vita, illuminando l’origine e il destino
dell’uomo. Per una misericordia che abbracci il nostro cammino per inte-
ro, si può dare tutto; se invece una misericordia si limita ad alcuni istanti
o a frammenti sconnessi della vita, il suo prezzo sarebbe sempre molto
elevato, anche se ci venisse data gratuitamente. La capacità di questa sto-
ria di aprire orizzonti verso l’origine e il destino, nonché di dimostrarsi
feconda, proverà che la misericordia è veritiera, poiché mostrerà la sua
virtù per condurre la vita alla pienezza. Per concludere, possiamo affer-
145
José Granados
7
Cfr. Sant’Agostino, Sermo 131, 6 (PL 38,732); Pietro Lombardo, Sent. IV,
d. I, c. I (ed. Quaracchi, p. 745): “Samaritanus enim, vulnerato appropians, curationi eius
Sacramentorum alligamenta adhibuit, quia contra originalis peccati et actualis vulnera, Sa-
cramentorum remedia Deus instituit”.
146
La misericordia che permette di narrare la vita
8
Cfr. P. Prétot, “Sacrements et guérison. Un essai de typologie des relations entre
deux dimensions du salut”, in La Maison-Dieu 245 (2006) 7-46.
9
Sulla penitenza: cfr. W. Kasper, La misericordia, cit., 159-162.
10
Cfr. Sant’Agostino, Sermo 131, 6 (PL 38,732); cfr. D. Sanchis, “Samaritanus
ille. L’exegese augustinienne de la parabole du Bon Samaritain”, in Recherches de Science
Religieuse 49 (1961) 406-425.
147
José Granados
11
Cfr. R. Roukema, “The Good Samaritan in Ancient Christianity”, in Vigiliae Chri-
stianae 58 (2004) 56-74.
148
La misericordia che permette di narrare la vita
12
Cfr. A. Keaty, “The Christian Virtue of Mercy: Aquinas’ Transformation of Ari-
stotelian Pity”, in Heythrop Journal 46 (2005) 181–198.
149
José Granados
quanto fragile ed incerta sia la sua vita e, dall’altro, quanto possa ricevere
e in che modo possa essere trasformata, aprendosi allo Spirito divino. Di
fatto, la persona umana è bisognosa fin dalla nascita: necessita sempre di un
amore che continui a generarla, affinché possa entrare appieno nell’esisten-
za. Ecco perché deve poter contare su un tessuto di relazioni che l’abbracci
fin dall’inizio e nel quale si possano già identificare, sebbene in modo im-
perfetto e fragile, i primi segni della misericordia divina come accoglienza
incondizionata della carne. In questa vulnerabilità è racchiuso il segreto di
una singolare fecondità: nella comunione delle persone, l’esistenza diventa
più grande di quanto il limitato orizzonte dell’individuo possa immaginare.
Solo in questo modo il nome ricevuto dalla persona diventa anche il suo
destino.
Il sacramento del Battesimo si comprende alla luce di questa esperienza:
ora l’esistenza incarnata dell’uomo, i rapporti che costituiscono lo sfondo
della sua vita nel mondo e con gli altri, appare accolta nell’esistenza stessa di
Gesù, nello sfondo relazionale inaugurato da Cristo che si dona alla Chiesa.
Il primo atto della misericordia è, pertanto, un atto generativo, che consen-
te alla carne di percorrere una storia di pienezza.
Molte sono le testimonianze della tradizione che collegano la misericor-
dia alla condizione stessa dell’uomo nella carne, applicando il brano paolino
“la forza si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9) alla costitu-
zione corporale dell’uomo. Tertulliano, ad esempio, afferma che i benefici
di Dio sulla carne sono il tratto distintivo della sua misericordia, ciò che fa
brillare la sua bontà13. Egli ama la carne sebbene questa sia debole, malata,
indegna, e per questo versa su di lei il suo Spirito. Sant’Ireneo di Lione,
dal canto suo, contempla la misericordia divina come una grande pazienza
dimostrata nei confronti del percorso dell’uomo, vista la lentezza tipica
della carne che necessita di essere plasmata nel tempo, mediante l’azione
dello Spirito14.
13
Cfr. Tertulliano, De resurrectione carnis, IX, 3-5 (CCL 2,932): “Bonum deum
nouimus: solum optimum a Christo eius addiscimus. Qui dilectionem mandat post suam
in proximum, facit et ipse quod praecipit: diligit carnem tot modis sibi proxima, etsi in-
firmam, sed Virtus in infirmitate perficitur (2Cor 12,9); etsi inbecillam, sed Medicum non desi-
derant nisi male habentes (Lc 5,31); etsi inhonestam, sed Inhonestioribus maiorem circumdamus
honorem (1Cor 12,23); etsi perditam, sed Ego, inquit, ueni, ut quod periit saluum faciam (Lc
19,10); etsi peccatricem, sed Malo mihi, inquit, percutiam et sanabo (Ez 18,23). Quid ea
exprobras carni, quae deum expectant, quae in deum sperant? Honorantur ab illo quibus
subuenit. Ausim dicere: si haec carni non accidissent, benignitas gratia misericordia omnis
uis dei benefica uacuisset”.
14
Cfr. Sant’Ireneo di Lione, Adv. Haer., III, 20; cfr. P. Evieux, “Théologie de
l’accoutumance chez saint Irénée”, in Revue des Sciences Religieuses 55 (1967) 5-54.
150
La misericordia che permette di narrare la vita
15
Cfr. A. Keaty, “The Christian Virtue of Mercy”, cit., 181-185, in riferimento a:
Aristotele, Retorica 1385b; Id., Poetica 1453a.
16
Cfr. Ugo di San Vittore, De sacramentis II, 14, 4 (PL 176,557B): “Spiritus vadens
et non rediens. De via perditionis dictum est, quod omnes qui ingrediuntur per eam amplius
non revertentur, quia homo per se quidem ad malum ire potest, per se redire non potest
nisi per gratiam adjuvetur; et adjutus sic ad poenitentiam renovetur”.
151
José Granados
Ecco dunque una prima risposta alla domanda circa il nesso tra la mise-
ricordia e l’azione umana. Il Battesimo offre nuove coordinate all’operare
dell’uomo: sono le coordinate di una misericordia che garantisce un’origi-
ne e un destino, partendo dall’origine e dal destino di Gesù nel Padre. Fac-
ciamo ora il passo successivo per comprendere il racconto della misericor-
dia. Quest’ultima, che acquisisce nel Battesimo lo sfondo narrativo, dovrà
diventare cammino e accompagnare la nuova vita dell’uomo. L’esegesi di
Sant’Agostino della parabola del Buon Samaritano, dopo aver identificato
nel vino e nell’olio il sacramento del Battesimo, ribadisce che questa medi-
cina non cura del tutto il malato17. Esso infatti viene portato alla locanda –la
Chiesa- dove passerà la convalescenza, sempre bisognoso di cure, del so-
stegno di una comunione viva. La Chiesa sarà locanda fintanto che saremo
pellegrini e si trasformerà in dimora definitiva alla fine dei tempi. Questa
misericordia continua di cui l’uomo ha bisogno si rende presente nel sa-
cramento della Penitenza, articolazione narrativa del Battesimo nel tempo.
17
Cfr. Sant’Agostino, Sermo 131, 6 (PL 38,732).
18
Cfr. W. Pannenberg, Teologia Sistematica, III, Queriniana, Brescia 1996, 264-277.
19
La formula appare in: San Girolamo, Epistola 133 Ad Demetriadem (PL 22,1115);
cfr. il commento di San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a. 6, co.
152
La misericordia che permette di narrare la vita
il cristiano nella logica piena del Battesimo, la cui traccia permane sempre
nel credente in virtù del carattere sacramentale.
La caratteristica della penitenza è che in essa la misericordia come nascita avvenu-
ta nel Battesimo diviene ora misericordia come cammino, come compagnia per i passi
dell’uomo. Nella penitenza lo sviluppo narrativo della misericordia, sempre
in rapporto con le coordinate battesimali dell’origine e del destino della
strada, diventa visibile ed efficace. Questa si manifesterà, quindi, come mi-
sericordia che riabilita l’uomo ad agire, trasformando il suo cuore mediante
la conversione a Dio e rendendolo misericordioso con i fratelli.
La teologia medievale ha articolato questa partecipazione dell’azione
umana nella misericordia attraverso la duplice visione della penitenza,
come virtù e come sacramento. Tale distinzione emerge quando i teologi
riflettono sul nesso tra il pentimento del cuore e la confessione davanti al
sacerdote. Si fa la differenza quindi tra una penitenza interiore ed un’altra
esteriore: invisibile la prima, manifesta con atti e parole la seconda. Ugo di
San Vittore e Pietro Lombardo già conoscono questa differenza, che sarà
poi sviluppata da autori successivi.
Poco a poco la penitenza interiore si spiegherà a partire dalle virtù ari-
stoteliche, mentre quella esteriore sarà compresa nel quadro della teoria
generale dei sacramenti, strutturata nel Medioevo. Lungi dal separare questi
due momenti, gli autori insistono sulla loro unità intrinseca: il sacramento
racchiude dentro di sé la virtù, mostrando l’intima sinergia tra l’azione
dell’uomo e l’azione di Dio. In questo modo, da un lato, l’idea greca di
virtù si trasforma, a partire dalla logica del dono tipica dei sacramenti cri-
stiani e, dall’altro, il rito sacro rimane radicato nell’azione in cui la persona
costruisce la sua esistenza, in consonanza con il culto del corpo proprio del
cristianesimo (cfr. Rm 12,1)20.
Può essere interessante osservare più da vicino come si articolano questi
due momenti –quello dell’azione e quello sacramentale- nella conversio-
ne del penitente a Dio. Il sacramento della penitenza è diverso dagli altri
(tranne il matrimonio) in questo aspetto: esso include, nel suo segno stesso,
una struttura antropologica originaria. San Bonaventura identifica infatti la
sua istituzione iniziale proprio nella natura creata, concretamente a partire
dalla parola della Genesi: “dove sei Adamo?” in cui si chiedeva al primo
uomo di tornare in sé, di ritornare al cuore21. Di conseguenza, la penitenza
20
Cfr. M. C. Morrow, “Reconnecting Sacrament and Virtue: Penance in Thomas’s
Summa Theologiae”, in New Blackfriars 91 (2010) 304-320.
21
Cfr. San Bonaventura, In IV Sent., d. 22, a. 2, q. 1, p. 579; Dio, con queste pa-
role rivolte ad Adamo (“dove sei?”) “monebat eum redire ad cor, iuxta illud propheticum:
Redite, praevaricatores, ad cor”.
153
José Granados
22
Da questo punto in poi, parlando di penitenza, mi riferisco alla penitenza sacramen-
to, a meno di altre note. Rimane inteso che la penitenza sacramento racchiude in sé la
penitenza virtù .
23
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a. 3.
154
La misericordia che permette di narrare la vita
24
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Super Sent., IV, d. 17, q. 3, a. 2, qla. 3, ad 3: “Ad
tertium dicendum, quod secundum quamdam adaptationem partes poenitentiae tribus at-
tributis personarum adaptari possunt; ut contritio misericordiae vel bonitati respondeat
propter dolorem de malo; confessio sapientiae propter veritatis manifestationem; satisfactio
potentiae propter satisfaciendi laborem: et quia contritio est prima poenitentiae pars ef-
ficaciam aliis partibus praebens, ideo eodem modo judicatur de tota poenitentia sicut de
contritione”.
25
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Super Sent., IV, d. 17, q. 2, a. 1, qla. 1, co.
26
Cfr. Sant’Anselmo, Medit. super Miserere, 37 (PL 158,847); cfr. H.-F. Dondaine,
L’attrition suffisante, Vrin, Paris 1934.
27
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 86, a. 2.
155
José Granados
non deve esigere che costui si penta. Dio ha più misericordia, non meno,
perché è capace di cambiare il cuore, liberando dal male più profondo28.
Ecco perché, quando verrà annunciata la misericordia al peccatore, egli
la vedrà sempre come qualcosa di opposto al suo volere (come la goccia
che cade sulla pietra, secondo l’immagine ignaziana) perché la conversione
consisterà proprio in un riordinamento del desiderio, ovvero nel far sì che
la chiamata di Dio concordi con il cuore umano (e sia come la goccia che
impregna la spugna, per completare l’immagine di cui sopra).
28
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 86, a. 2, ad 3: “miseri-
cordia Dei est maioris virtutis quam misericordia hominis in hoc, quod immutat volun-
tatem hominis ad poenitendum, quod misericordia hominis facere non potest”. Dinanzi
all’obiezione, Summa Theologiae III, q. 86, a. 2, ag. 3: “maior est misericordia Dei quam
misericordia hominis. Sed homo interdum remittit offensam suam homini etiam non po-
enitenti: unde et ipse Dominus mandat, Matth. V: Diligite inimicos vestros: benefacite his qui
oderunt vos. Ergo multo magis Deus dimittit offensam suam hominibus non poenitentibus”.
29
Cfr. G. Emery, “Reconciliation with the Church and Interior Penance: The Con-
tribution of Thomas Aquinas on the Question of the Res et Sacramentum of Penance”, in
Nova et Vetera 1 (2003) 283-302.
156
La misericordia che permette di narrare la vita
tum della penitenza30. Ma allora, questi due punti di vista vanno forse con-
siderati opposti? In realtà, possiamo mostrare che entrambe le conclusioni
si completano a vicenda.
Per farlo, bisogna osservare in primo luogo, che questa reconciliatio cum
Ecclesia, possibile grazie al potere delle chiavi, esprime il rapporto con Cri-
sto Capo della Chiesa –in consonanza con la presenza del ministro, che è
il sacerdote. Ecco che, ancora una volta, ci troviamo dinanzi al carattere
incarnato della penitenza, della sua connessione con l’unico corpo di Cristo
e della Chiesa. Gli atti visibili del penitente e, ancor più concretamente, la
confessione dei peccati, con l’accettazione e il compimento della penitenza
imposta dal confessore, sono il segno, in primis, di una reconciliatio con il
corpo ecclesiale che, a sua volta, è segno del perdono dei peccati.
Tale reconciliatio è possibile, inoltre, perché esiste nel penitente il ca-
rattere battesimale, ovvero lo sfondo originario, a mo’ di nuovo corpo
configurato con il corpo di Cristo, a cui il peccatore ritorna grazie alla
penitenza. Il penitente che riconosce il suo peccato dinanzi al confessore,
viene reintegrato in questo sfondo, riconciliato con la Chiesa e con Cristo,
in quanto si associa al corpo unico di Cristo e della Chiesa, dello Sposo e
della Sposa secondo l’espressione paolina. Solo reintegrandosi in questo
corpo si comunica la realtà di grazia ultima che è il perdono del peccato e
l’amicizia con Dio.
Ebbene, colui che, possedendo lo sfondo del Corpo di Cristo –il ca-
rattere battesimale- confessa i suoi peccati dinanzi al sacerdote e ascolta
l’assoluzione, compie necessariamente, grazie alla configurazione a Cristo
–che possiede a partire dal Battesimo- il cambiamento interiore (la contri-
zione) che distrugge l’“io” isolato e ricrea l’uomo comunionale. È qui che
risiede la spiegazione corretta del principio scolastico: vi clavium fit poenitens
ex attrito contritus. La conversione interiore, possiamo dire, deve attraver-
sare la carne e i rapporti concreti stabiliti in essa (deve essere reconciliatio
cum Ecclesia), proprio perché il peccato, l’isolamento radicale dell’uomo, ha
avuto inizio negando la carne come spazio relazionale originario. In altri
termini, si può raggiungere la contrizione interiore soltanto se si riscoprono
le relazioni fondanti che si tessono nel corpo e che diventano accessibili al
cristiano grazie all’associazione al Corpo di Cristo, alle nuove relazioni che
Egli ha inaugurato nella sua carne e nel tempo. All’interiorità si arriva solo
tramite la relazionalità.
30
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a.1, ad 3: “Res autem
et sacramentum est poenitentia interior peccatoris”.
157
José Granados
31
Cfr. in merito l’analisi di: P. Ricoeur, La mémoire, l’histoire, l’oubli, Seuil, Paris
2000, 595-656.
158
La misericordia che permette di narrare la vita
159
José Granados
degli strascichi che lascia dietro di sé. Il lavoro è tale non solo per colui che
è perdonato, ma anche per colui che perdona33.
Comprendiamo, in questo modo, che la misericordia non è volta sem-
plicemente a eliminare la sofferenza. La sofferenza è inclusa nella condizio-
ne incarnata dell’uomo, in quanto tende a ricomporre la sua storia distorta
affinché si adatti alla storia piena di Cristo. L’importante della sofferenza,
vista dalla prospettiva di Dio, è che dia frutto. Così, in 2Cor 7,8-10 l’Apo-
stolo gioisce della sofferenza che ha causato ai membri della comunità, per
le opere buone che questa ha generato.
Nell’ambito della soddisfazione entra anche la misericordia che scaturi-
sce dal cristiano verso il suo prossimo. Egli stesso diviene fonte di miseri-
cordia, prolungando così l’azione di Dio. C’è un ordine della misericordia,
che inizia con la misericordia che si prova verso se stessi, ossia, con la mi-
sericordia che si riceve da Dio convertendosi a Lui. Solo la realizzazione di
questa conversione potrà far ricadere la misericordia anche sugli altri. Così,
si potrà essere misericordiosi non in un modo qualsiasi, ma nel modo del
Padre celeste, come chiede Gesù: “Siate misericordiosi, come il Padre vo-
stro è misericordioso” (Lc 6,36). La misericordia della Chiesa avrà le stesse
caratteristiche dell’azione divina: rigenerare l’uomo, accompagnarlo nella
sua debolezza fino al traguardo della pienezza34. La Chiesa diviene così ser-
vitrice della misericordia di Dio, l’unico che conosce il cuore e che sa quale
sia il momento migliore per giungere ad esso.
Per riassumere, si tratta di generare questa novità di vita in cui sfocia la
penitenza, attraverso le sue tre dimensioni: contritio, confessio, satisfactio.
Con la contrizione, afferma San Bonaventura, si tritura un bicchiere, ma
per poi formarne un altro con i frammenti. Per questo si dice con-trizione,
secondo l’originale etimologia del Serafico: si riunisce o si compone un’al-
tra volta la polvere triturata. San Bonaventura può quindi parlare di una
contritio ad generationem35. Ancora una volta, non si tratta nella fattispecie,
di una compassione che elimini la pena; l’essenziale della misericordia è la
33
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a. 3, co.: “Ego te
absolvo, quia peccata sunt quaedam vincula...”
34
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a. 5, arg. 2 e ad 2:
“Requirit etiam ipsa misericordia ordinata ut homo subveniat poenitendo suae miseriae,
quam per peccatum incurrit, secundum illud Proverb. XIV, Miseros facit populos peccatum:
unde et Eccli. XXX dicitur: Miserere animae tuae placens Deo”.
35
Cfr. San Bonaventura, In IV Sent., d. XVI, p. 1, a. 1, q. 2 (Quaracchi, 385):
“in contritione gratiae est contritio ad generandum vas novum et solidum per humorem
gratiae et lacrymarum; et ideo recte dicitur contritio, non attritio, quia partium tritarum est
unio, ut fiat vas in honorem...”
160
La misericordia che permette di narrare la vita
161
José Granados
La Penitenza, dal canto suo, in quanto rifà la storia dell’uomo per in-
corporarla a quella di Cristo, ha anche il proprio prolungamento logico
nella partecipazione eucaristica. Il movimento di allontanamento dal male
per gravitare nell’orbita di Dio, che la Penitenza assume nella logica dei
sacramenti, culmina nella partecipazione eucaristica. Così, la Penitenza ci
ricorda che l’Eucaristia non è un evento automatico che si realizza davanti
ai nostri occhi di spettatori, ma abbraccia piuttosto il movimento della vita
del credente, della sua libertà, per associarlo al dinamismo di Cristo. Non
ha senso, dunque, parlare di un’amministrazione della Penitenza che non
implichi, a sua volta, la partecipazione nell’Eucaristia37.
37
È la proposta, a mio parere infondata, di: X. Lacroix, “L’indissolubilité du maria-
ge, entre le mystère et la loi”, in Théophilyon 16 (2011) 89-110.
162
La misericordia che permette di narrare la vita
38
Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 84, a. 1, ad 1: “In illis
autem sacramentis quae habent effectum correspondentem humanis actibus, ipsi actus hu-
mani sensibiles sunt loco materiae: ut accidit in poenitentia et matrimonio. Sicut etiam in
medicinis corporalibus quaedam sunt res exterius adhibitae, sicut emplastra et electuaria;
quaedam vero sunt actus sanandorum, puta exercitationes quaedam”.
163
José Granados
“La Chiesa non può perdonare nulla senza Cristo; Cristo non vuole
perdonare nulla senza la Chiesa. La Chiesa non può perdonare altro
che il penitente, cioè, colui che è stato già toccato da Cristo; Cristo
non vuole assicurare nessun perdono a chi disprezza la Chiesa. Cristo
onnipotente può fare tutto da sé, cioè battezzare, consacrare l’Eucaristia,
ordinare, perdonare i peccati e tutto il resto; ma come Sposo umile e
fedele non vuole fare nulla senza la Sposa. Dunque, quello che Dio ha
unito, l’uomo non lo separi. Questo è un grande sacramento in Cristo
e nella Chiesa”40.
39
Isacco della Stella, Sermo XI. In dominica III post Epiphaniam I (PL
194,1728A-1728C).
40
Isacco della Stella, Sermo XI. In dominica III post Epiphaniam I (PL 194,1729B-
C): “Nihil ergo potest Ecclesia sine Christo dimittere: nihil vult Christus sine Ecclesia
dimittere. Nihil potest Ecclesia, nisi poenitenti, id est quem Christus tetigit, dimittere; nihil
vult Christus Ecclesiam contemnenti dimissum servare. Omnia per se potest Christus om-
nipotens, id est baptizare, Eucharistiam consecrare, ordinare, peccata dimittere, et similia:
sed nihil vult humilis et fidelis Sponsus sine Sponsa. Quod ergo Deus conjunxit, homo non
separet. Ego dico, sacramentum hoc magnum in Christo, et in Ecclesia. Noli caput turturis
prorsus abrumpere, noli caput corpori detruncare. Non enim decollari voluit Christus,
sed cruce extendi, distendi, suspendi, ut ima, summa, media, copularet. Noli ergo caput
corpori subtrahere, ut nusquam sit totus Christus: neque enim totus Christus sine Ecclesia
usquam, sicut tota Ecclesia sine Christo nusquam”.
164
La misericordia che permette di narrare la vita
“«No, no, no», ha detto, «io non potevo sposarti, non potevo conti-
nuare a vederti, se volevo diventare cattolica». Ho pensato: «al diavolo
tutti costoro», sono uscita dalla stanza e ho sbattuto la porta per far
vedere ciò che pensavo dei preti. «Si interpongono tra noi e Dio», ho
pensato; «Dio ha più compassione», e poi sono uscita dalla Chiesa e ho
visto il crocifisso che tengono lì, e ho pensato, «certo, ha compassione,
soltanto è un così strano genere di compassione, a volte ha l’aria di un
castigo»”43.
41
Cfr. R. Spaemann, “Divorce and Remarriage”, in First Things n. 4 (2014): “Time
is not creative. Its passage does not restore lost innocence. In fact, its tendency is always
just the opposite –namely, to increase entropy (…) We should not confuse the gradual
deadening of the sense of sin with its disappearance and release from our ongoing respon-
sibility for it”.
42
Cfr. H. G. Greene, The Heart of the Matter, cit., 32: “Here you could love human
beings nearly as God loved them, knowing the worst...”.
43
H. G. Greene, The End of the Affair, Vintage, London 2004, 120.
165
José Granados
La strana misericordia che Gesù ha ricevuto dal Padre era così perché,
pur senza risparmiargli la sofferenza passeggera, lo colmava di fecondità
eterna. Parafrasando San Bonaventura, potremmo parlare –e forse il segreto
di tutto è proprio racchiuso in questo- di una misericordia ad generationem
–misericordia verso la nascita definitiva in Dio44.
44
Cfr. San Bonaventura, In IV Sent., d. XVI, p. 1, a. 1, q. 2 (Quaracchi, p. 385);
cfr., sopra la nostra nota 34.
166