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http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/farnese.htm
Abbiamo visitato, grazie alla squisita ospitalità dei proprietari, il Palazzo Farnese di Carbognano:
possiamo quindi offrire ai nostri visitatori l'opportunità assolutamente esclusiva di entrare, seppur
virtualmente, in questo monumento tra i più suggestivi e affascinanti della Tuscia.
Il nostro sentito ringraziamento va quindi ai proprietari: il dott. Ercole Laurenti e la sig.ra Anna
Laurenti in Pascarella, per la loro disponibilità e cortesia. Un ringraziamento particolare vogliamo
rivolgere alla sig.ra Annunziata Maranò, moglie del dott. Laurenti, che con gentilezza e cordialità ci ha
aperto le porte della sua casa, come per altro non disdegna di fare con storici, ricercatori e cultori
dell'arte.
Dama con liocorno, (Luca Longhi, 1507- 1580) Dama con liocorno (Raffaello 1505).
Indice
1 Il nido segreto di Giulia
Quell'inverno del 1505 era stato particolarmente freddo. Ora però le margherite imbiancavano i fulgidi prati dei
Monti Cimini, come fino a qualche giorno prima facevano gli sprazzi residui dell'ultima neve. Cespugli di pallidi
ciclamini già ingentilivano di un fioco vermiglio il limitare dei boschi. Da giorni, ormai, le rondini dispiegavano le loro
ampie volute tra i merli del castello, dopo aver ritrovato e occupato i nidi a ridosso dei beccatelli.
Giulia Farnese, affacciata alla grande finestra che dà sul declivio, verso la valle, guardava lontano: dentro se stessa.
Orsino, il marito mai amato, era morto da oltre cinque anni; ma ciò non avrebbe potuto intristirla, se non fosse per il
terribile epiteto lasciatole in dote: vedova… Ormai e per tutti lei era soltanto la vedova Orsini. Laura, la sua unica figlia,
era da pochi mesi felicemente sposa: un gran matrimonio il suo, con Niccolò della Rovere, il nipote prediletto di papa
Giulio II. Giulia ne era fiera, ancora una volta era riuscita a risollevare le sorti del suo casato: la stella dei Farnese era
tornata a brillare, ora che avevano ritrovato il favore di un papa. Però, intanto, si era quasi dissanguata per costituirle
una dote degna di tanto sponsale.
E Alessandro? Il card. Alessandro Farnese era a Roma, troppo impegnato a costruire la sua carriera, e non solo quella:
il grande palazzo che stava edificando vicino a Campo de Fiori, quello progettato a Caprarola e un altro che aveva in
testa di realizzare a Gradoli assorbivano tutte le sue energie, e non solo quelle economiche. E poi le legazioni: aveva
perso quella di Viterbo, ma aveva ottenuto quella assai importante della Marca con sede in Ancona… Certo,
Alessandro era sempre stato premuroso nei suoi confronti, a volte però aveva l'impressione che la tenesse a distanza;
che un po', in fondo, si vergognasse di lei. Come dargli torto? Conosceva bene anche lei le chiacchiere del popolino, le
pasquinate: il card. Fregnese, il card. della gonnella, così lo chiamavano. E non c'era certo da stare a chiedersi il
motivo. E infine Rodrigo: anche Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, l'unico uomo che forse aveva veramente amato,
da qualche anno era morto.
Giulia era ormai sola. Dove andare… a Roma? No, troppi ricordi: e soprattutto avrebbe intralciato la carriera del suo
adorato fratello Alessandro. A Bassanello? No, quella era la casa di Orsino, e lei l'aveva sempre detestata. A Viterbo?
anche lì Alessandro disponeva di un elegante palazzo… No, sarebbe rimasta a Carbognano. Quella rocca era sua: lei
l'aveva ottenuta da papa Borgia per suo marito Orsino. Lì avrebbe vissuto.
Giulia sentiva che qualcosa dentro di sé era morto: era morta la ragazza ingenua e civettuola che gli uomini tanto
ammiravano e desideravano, ma di cui, in fondo, si servivano. Era morta la vittima consenziente, sacrificata sull'altare
dell'ascesa familiare. Sentiva però che un'altra Giulia stava nascendo: una donna nuova, più libera, più sicura, più
consapevole, più indipendente e determinata.
Da Arce a Castello
Quando Giulia decise di stabilirsi a Carbognano, la rocca - già vecchia di quasi tre secoli- era pressochè fatiscente.
Abbiamo indugiato nel descrivere lo spirito e l'animo con cui Giulia si apprestava a diventare "la signora di
Carbognano" in quanto ciò appare indispensabile ai fini della comprensione e dell'interpretazione degli eventi che
d'ora in poi interesseranno il palazzo. Ma andiamo con ordine.
La storia della rocca, prima di Giulia, è quella - per così dire - tipica di un'arce medievale: assalti, passaggi di mano,
riconquiste, scorrerie, devastazioni, ricostruzioni…
Il documento più antico in nostro possesso è un atto di sottomissione di Carbognano a Viterbo del 1254: siccome in
questo atto si cita espressamente la rocca è presumibile che questa sia stata edificata già nei primi decenni del secolo.
A partire dal XIV secolo vi troviamo i prefetti di Vico che nel 1432 passarono la mano a Everso II d'Anguillara.
Successivamente, nel 1454, entra in gioco la Camera Apostolica che, seppur contrastata dagli Anguillara che per un
breve periodo riuscirono a rientrare in possesso del castello, lo conserverà fino al 1494 quando papa Alessandro VI vi
infeudò Orsino Orsini, marito di Giulia.
Le ragioni di questa assegnazione si prestano ad una duplice interpretazione: una ufficiale, secondo la quale ciò
sarebbe avvenuto per compensare Orsino di servizi militari resi alla Chiesa; l'altra ufficiosa, ma più probabile, e legata
alla nota relazione tra Giulia e il papa; senza dimenticare il ruolo svolto da Adriana Mila, madre di Orsino e cugina del
Borgia, sponsor della tresca e sempre prodiga nel sollecitare presso il papa favori per il figlio.
Giulia, abituata agli agi e al lusso della corte vaticana, non poteva certo accasarsi in quel ruvido e torvo maniero: decise
quindi di trasformarlo, conformemente al suo gusto e alla sua cultura, in una residenza rinascimentale, non troppo
dissimile da quelle in cui aveva abitato ai tempi del suo amore con il papa. Stabilì in sostanza di trasformare la rocca in
un vero e proprio castello. Non solo: tutto in quella magione avrebbe dovuto parlare di lei, della sua stirpe, della sua
discendenza, dei suoi pensieri, del suo essere: quello sarebbe stato per sempre il castello di Giulia.
Intraprese quindi lavori di ristrutturazione e di decorazione: non le mancavano i mezzi e le capacità. Alessandro si
dimostrò subito entusiasta dell'idea della sorella di "ritirarsi" a Carbognano (e ciò è ben comprensibile) e non fece
certo mancare il suo appoggio, anche di tipo economico. Giulia, del resto, ai tempi del suo soggiorno romano era
venuta in contatto con tutti i più grandi artisti della sua epoca, da Michelangelo a Raffaello, dal Pinturicchio al
Perugino, da Bramante al Sangallo… e quindi era tutt'altro che digiuna nelle cose d'arte. Non furono però questi gli
artisti che chiamò a Carbognano. Anche prescindendo da ogni altra considerazione, si tratta di artisti geniali o
comunque dalla spiccatissima personalità: ben difficilmente si sarebbero prestati a fare da "pennello" a Giulia. A lei
servivano artisti dotati ma docili, disposti a seguire pedissequamente le sue indicazioni; a realizzare in sostanza senza
obiezioni quel monumento a sé stessa che era già tutto ben delineato nella sua mente: forme, colori, figure, motti,
simbologie. Non è escluso, comunque, che abbia utilizzato artisti di bottega, più precisamente della bottega di
Raffaello, come sembrano far intendere le decorazioni a grottesca, come vedremo nello specifico servizio.
L'aspetto del castello, come oggi lo vediamo, e i cicli pittorici che ne decorano il piano nobile, sono dunque quelli
voluti e realizzati da Giulia; la quale cominciò col fare incidere a chiare lettere il proprio nome su architravi di porte e
finestre. Perché doveva essere evidente per tutti che Giulia, figlia di Pier Luigi Farnese, nipote di Ranuccio, sorella del
card. Alessandro, discendente di papa Bonifacio VIII Caetani, favorita di papa Alessandro VI e madre di Laura, nipote
acquisita di papa Giulio II della Rovere, non andava a Carbognano per nascondersi.
Giulia ha poco più di trent'anni ed è ancora molto bella: se andava a Carbognano non era per scomparire, ma per
diventarne domina et iudex
Il Castello oggi
A differenza di altre rocche edificate o ristrutturate dai Farnese, il palazzo di Carbognano, nonostante la sua
imponenza, non domina il borgo da una posizione sopraelevata; come avviene invece a Gradoli, a Capodimonte o a
Caprarola. Certo il suo mastio emerge con prepotenza dal profilo dalle case, ma queste sembrano stringerlo in un
abbraccio quasi soffocante; costruite, anzi ammucchiate come sono, l'una sull'altra a ridosso delle sue mura. Possiamo
tranquillamente affermare che la Rocca costituisce il perno intorno al quale il borgo è nato e si è sviluppato, il fulcro di
ogni possibile equilibrio, storico e urbanistico.
Siamo di fronte all'ingresso principale: un portale, in fin dei conti, modesto; un arco in bugnato di peperino, sovrastato
da uno stemma, altrettanto sobrio e in parte deteriorato, con scolpiti in bassorilievo i classici sei gigli Farnese.
Entriamo in un cortiletto, l'unico spazio aperto di tutto il fabbricato. Sarà per le ridotte dimensioni dell'ambiente,
sarà per il senso claustrofobico che incute su di noi l'incombere del mastio, ci infiliamo subito nell'atrio di accesso che,
attraverso una scala, conduce al piano superiore. Questo ambiente, sorta di portoncino di servizio più che scala nobile,
ci riserva qualche delusione. Se il palazzo, visto dall'esterno, non denuncia evidenti manomissioni, se non altro per la
presenza sui quattro lati delle finestre "dedicate" che fanno presumere la conservazione dell'impianto architettonico
originale, vale a dire un quadrilatero irregolare con cortile decentralizzato; qui nel vano scale, come pure in altre parti
del castello, i rimaneggiamenti appaiono evidenti: pavimentazione e intonaci più che antichi sono vecchi, come quelli
delle case costruite negli anni cinquanta del secolo scorso. Ma ciò è del tutto naturale, considerate le vicissitudini
storiche della rocca e il susseguirsi nei secoli dei vari proprietari, ognuno dei quali - Giulia docet - ha cercato di
adattare il nobile e vetusto maniero alle proprie necessità e al proprio gusto.
La scala ci conduce ad una porta, superata la quale ci troviamo negli ambienti del piano nobile. Il primo vano, di
piccole dimensioni, è un ingresso o sala di attesa, in cui si aprono altre due porte: quella di destra, chiusa in un'ampia
cornice rilegata, è sormontata da uno stemma con i sei gigli Farnese e da un architrave con incisa la scritta IULIA
FARNESIA, sovrastato a sua volta da una specie di "gronda" decorata con rilievi. La porta di fronte ci introduce invece
negli ambienti residenziali, ai quali si accede dopo aver superato un piccolo corridoio. Ora l'impatto visivo è notevole e
ci coglie quasi di sorpresa: davanti a noi, inaspettato, si apre in tutta la sua magnificenza e il suo splendore il salone
nobile, l'ambiente più grande di tutto il castello, con i suoi undici metri di lunghezza e sette di larghezza (circa). La
nostra attenzione è subito attratta, si direbbe calamitata, dal grandioso soffitto, interamente affrescato con un'infinità
di motivi allegorico-naturalistici dalle tonalità calde e tenui. Non solo, ai nostri occhi il soffitto appare come scolpito,
contornato com'è in tutto il suo perimetro da vele e lunette. Ma del salone, dei suoi affreschi e della valenza simbolica
dei suoi cicli pittorici tratteremo in uno specifico articolo.
Dal salone possiamo accedere sulla sinistra verso un salottino o studio in cui uno stemma di Giulia Farnese, su una
parete, si impone alla nostra attenzione: si tratta di uno scudo con i sei gigli farnesiani contornato da un festone di fiori
e foglie; ai lati dello scudo le lettere I e F celebrano la padrona di casa. Sulla destra, invece, una porta ci immette in un
ambiente comunemente indicato come cucina: e tale doveva effettivamente essere, visto che una fitta patina, ormai
indurita, dovuta al fumo e ai vapori liberati nell'ambiente, ne ricopre completamente il soffitto, il quale pure era
interamente affrescato, rendendo inintelligibili i decori. Dalla cucina, che misura circa sette metri e mezzo in larghezza
e cinque in lunghezza, e la cui volta è comunque nobilitata da un contorno di lunette, accediamo infine ad una stanza
di superficie pressoché identica, anche se leggermente più larga e meno profonda: si tratta dell'ambiente più ricco di
fascino e di suggestione dell'intero edificio, vale a dire la camera da letto di Giulia, il suo nido segreto. Ma anche di
questa, come pure della sua enigmatica e per certi aspetti sconcertante decorazione, tratteremo a parte.
Aquile, gigli, scudi, alberi, piante, uccelli, frutta, animali, fiori, liocorni, nastri, festoni, cornucopie, maschere e tutto
ciò che il rinascimento ha creato o preso in prestito dal medioevo quanto ad apparati simbolici vi è, in gran quantità,
raffigurato.
Questo ambiente viene perlopiù indicato nei (pochi) studi che se ne occupano come "salone dei cacciatori": ma ciò è
frutto di un equivoco, dovuto alla cospicua presenza, come si è detto, di uccelli ed altri animali nelle raffigurazioni
pittoriche. Per le sue dimensioni, per il particolare impianto architettonico così come per la sua collocazione
strutturale, siamo invece in presenza di un vero e proprio salone di rappresentanza: il più grande e notevole di tutto il
castello. Qui si ricevevano gli ospiti, qui si organizzavano i pranzi, qui si celebrava, affrescata nelle pareti e sulla volta,
la straordinaria vicenda familiare di una donna che poteva ben vantare l'appartenenza a quattro tra i più nobili casati
del suo tempo: i Farnese, per discendenza paterna; i Caetani per discendenza materna; gli Orsini, per matrimonio
oltreché per discendenza della nonna materna; i Della Rovere, per l'insorgere del rapporto di affinità in seguito al
matrimonio della figlia Laura.
Animali ed uccelli del resto, anche a prescindere dal loro valore allegorico che invece - come vedremo - è assai
rilevante, non sono che alcuni degli elementi della decorazione "a grottesche" utilizzata per affrescare vele, spicchi e
lunette del salone.
Questo particolare genere pittorico deve il suo nome alle "grotte" di Nerone, vale a dire gli ambienti sotterranei della
"Domus Aurea", i cui caratteristici affreschi furono riscoperti e imitati dagli artisti rinascimentali. Nelle grottesche un
variegato e fantasioso repertorio di piante, fiori e frutta, di animali reali e fantastici, di oggetti, volti, maschere e figure
umane si ricompone in modo da realizzare figurazioni armoniose e quasi caleidoscopiche. Per restare nel nostro
territorio, ed in ambito farnesiano, ne troviamo esempi suggestivi nel Palazzo Farnese di Gradoli (su commissione del
card. Alessandro Farnese sr.) e in quello di Caprarola (su iniziativa del card. Alessandro Farnese jr.).
La datazione degli affreschi della Rocca non è pacifica: fermo restando un arco cronologico che va dal 1506 al 1524, e
che corrisponde alla permanenza di Giulia a Carbognano, vi è chi ne anticipa la realizzazione agli anni immediatamente
successivi alla venuta di Giulia e chi, realisticamente, la colloca più avanti nel tempo, a cavallo degli anni venti. Questa
seconda ipotesi ci sembra preferibile, e non solo per considerazioni di carattere stilistico.
Un dato, infatti, emerge con nettezza dai cicli pittorici: la assoluta mancanza di qualsiasi riferimento araldico al
secondo marito di Giulia: quel Giovanni Maria Capece Bozzuto che fu con lei a Carbognano dal 1509, anno delle nozze,
al 1517, anno in cui Giulia rimase nuovamente vedova.
Lo stemma dei Capece, nobile casato di origine napoletana, raffigurava tre conchiglie dorate poste in linea diagonale
su una banda blu. Ma di tale blasone, pur nella messe di stemmi ed altre simbologie araldiche che affollano le sale
della Rocca, non vi è traccia Carbognano.
Ciò porterebbe a presumere che gli affreschi siano stati realizzati dopo la morte del Bozzuto: ben difficilmente,
riteniamo, questi avrebbe potuto accettare di essere così poco riguardosamente estromesso dalla storia dinastica di
sua moglie, come se il loro matrimonio fosse stato una sorta di semplice parentesi.
Si potrebbe invero prospettare una ulteriore ipotesi, e cioè che le stanze del castello siano state affrescate in epoche
diverse: entro il 1508, e quindi prima del secondo matrimonio, il salone nobile; dieci anni più tardi, ovvero a far data
dal 1518, la camera di Giulia. Ciò consentirebbe di ovviare all'obiezione che abbiamo sollevato circa la mancanza di
riferimenti al Capece, giustificata dal fatto che all'epoca della decorazione del salone le nozze dovevano ancora essere
celebrate.
Non solo: anche l'atteggiamento psicologico di Giulia, ispiratrice e patrona dei lavori, ci appare disuguale. Nel salone vi
è infatti la celebrazione, con toni talora enfatici, dell'orgoglio dinastico; l'esaltazione delle magnifiche sorti del casato.
Giulia, da poco giunta a Carbognano, si sente come l'anello forte di una catena: fiera di esser parte di una storia che ha
contribuito a determinare.
Ma poi gli anni sono passati, le illusioni svanite: Giulia non più giovane, forse non più bella, di nuovo sola e vedova,
sente il bisogno di guardare in fondo al suo animo; di analizzare con spietata onestà e cruda franchezza le vicende
della sua vita.
Questo ci sembra che esprimano gli affreschi della camera. Anche gli esecutori delle opere, gli artisti chiamati da
Giulia a dar forma e colore ai propri moti interiori, potrebbero essere diversi: il pittore che ha decorato il salone, pur
tecnicamente dotato, non rivela doti particolari di vivacità espressiva; maturità e sensibilità artistica, cultura e spiccate
qualità di espressività pittorica caratterizzano invece l'artista che ha affrescato la camera.
Nel soffitto del salone possiamo ammirare due grandi stemmi di forma circolare e, in mezzo a questi, uno molto più
piccolo di tipo ovale. Quest'ultimo è il tradizionale scudo Farnese con sei gigli blu in campo oro: è racchiuso in una
corona di elementi vegetali da cui si dipartono nastri svolazzanti.
Gli altri due stemmi, di notevoli dimensioni e di grande impatto visivo, sono tra loro assai simili e in bel risalto per la
loro posizione simmetrica. Si stagliano sul fondo chiaro del soffitto e sono incorniciati da un fregio rettangolare che
delimita l'area loro riservata. Il fregio è costituito da una sottile fascia color rosso cupo che si sovrappone e si intreccia
con una sorta di reticolato di elementi vegetali.
Entrambi gli stemmi celebrano l'unione familiare tra i Farnese e i Caetani: vale a dire le nozze tra Pier Luigi Farnese
sr. e Giovannella Caetani, i genitori di Giulia. Questo matrimonio segna un momento importante nella storia dei
Farnese: li introdusse infatti nell'aristocrazia romana e costituì il primo decisivo passo per la loro ascesa sociale.
In entrambi troviamo gli stessi elementi. Uno scudo inquartato contiene, alternativamente, i sei gigli blu dei Farnese in
campo oro e l'aquila gialla ad ali spiegate (in campo blu) e le bande blu ondate (in campo giallo) dei Caetani. Da un
fiocco in cima agli scudi si dipartono due nastri svolazzanti.
Ogni scudo è racchiuso in una doppia cornice circolare: il cerchio interno ha il fondo color rosso cupo, tale da far
risaltare il blasone, e insieme a quello esterno delimita una corona di foglie e frutta, in cui possiamo distinguere spighe
di grano, pere, pomi, uva e melograni. Dal cerchio esterno si dipartono fiocchi e lunghi nastri svolazzanti che
proiettano, con effetto trompe-l'oeil, la loro ombra sul fondo chiaro del soffitto.
Diversa è comunque la forma dello scudo e il volteggio del nastro, più semplici e lineari nel secondo. Diverso è anche
l'intreccio della frutta nelle due ghirlande: nel primo stemma gli elementi della composizione sembrano discendere i
due semicerchi della corona; nell'altro sembrano risalirli.
E veniamo agli aspetti più propriamente simbolico-allegorici. La corona sottolinea la dignità acquisita dai casati e la
loro accresciuta fama e potenza, anche in virtù delle celebrate nozze. Le spighe, come pure l'uva e i melograni, sono
simbolo di fecondità: l'unione dei due casati ha generato una nuova stirpe e porterà numerosa discendenza. I frutti
della corona rappresentano i frutti dell'unione: le opere, gli esiti, i risultati e, più in generale, sono indice e auspicio di
prosperità. Le corone, in alto e in basso, sono strette da lacci: questo vuol dire che solo con l'unità e la coesione della
famiglia si possono raggiungere gli auspicati risultati. I nastri che con levità svolazzano sul soffitto formando fiocchi,
nodi e ghirigori indicano il consolidarsi di stretti legami familiari, l'unione non più districabile di vita e destini.
Altri stemmi, seppur in collocazione più discreta, si offrono al visitatore: sono tutti affrescati all'interno delle lunette.
Chiariamo quindi che al di sotto del reticolato della volta si sviluppa per tutto il perimetro del salone una struttura
architettonica composta da vele (in campo rosso), spicchi e lunette (in campo chiaro).
Ma torniamo agli stemmi. Due si fronteggiano su pareti contrapposte. Il primo è quello del card. Alessandro Farnese
sr., fratello di Giulia: si tratta del classico scudo con i sei gigli blu in campo oro nella formazione 3-2-1, con cappello e
fiocchi cardinalizi.
Più interessante e articolato è il secondo stemma, posizionato sopra la finestra in fondo al salone: celebra il
matrimonio tra Laura Orsini, figlia di Giulia, e Niccolò della Rovere, nipote di papa Giulio II. Vi sono di conseguenza
raffigurati alternativamente, in uno scudo inquartato, l'albero dalle fronde intrecciate simbolo dei Della Rovere (in
color giallo su fondo blu cupo) e la rosa di campo su fondo chiaro e le bande diagonali rosse e bianche degli Orsini.
Un terzo stemma, invero, si presenta alla nostra attenzione: si tratta ancora di uno scudo di ecclesiastico con i gigli
farnesiani; solo che non troviamo, come nel precedente, cappello e fiocchi cardinalizi, ma una mitra vescovile. Non
può che riferirsi allo stesso Alessandro Farnese sr., di cui viene celebrata la dignità vescovile.
Tutta la restante decorazione del salone è costituita da grottesche che riempiono vele e lunette; si insinuano, in forma
di candelabra, tra gli spicchi; si elevano e si estendono verso la volta, trovando un limite invalicabile nel sovrastante
reticolato. Anche nelle grottesche simboli e allegorie abbondano: il gallo, ovvero la vigilanza e l'accortezza; il falco,
simbolo di elevatezza del rango; la cicogna, simbolo dell'amore e della fedeltà coniugale oltreché della pietà filiale; la
civetta, simbolo della prudenza; e poi ancora l'airone, simbolo della sapienza; la gru, ovvero protezione e previdenza;
l'ibis, simbolo di purificazione in quanto distruttore di serpenti. E ancora cesti di frutta, simbolo di prosperità e
abbondanza; draghetti alati, cavallini…
L'immagine più emblematica, tuttavia, è quasi nascosta ed occorre esser guidati per individuarla. Si tratta del
liocorno (o unicorno), animale fantastico e icona farnesiana per eccellenza. Ne troviamo affrescato uno rampante nello
strombo della finestra in fondo al salone. Il nostro liocorno, chiuso in un tondo che si staglia su un fondale color rosso
scuro, è presso una fonte sulla quale è posizionato un piccolo stemma Farnese: ha le zampe anteriori sollevate, la
bocca aperta e i denti digrignati. Sembra quasi voler dire qualcosa, mentre guarda la fontana con espressione, tutto
sommato, poco amichevole, per non dire rabbiosa. Cosa vorrà significare? forse una estrema, per quanto sommessa e
recondita, ribellione di Giulia al suo prevaricante clan familiare? La nostra curiosità tuttavia non trova soddisfazione,
anzi si accentua in gran misura alla lettura dell'enigmatico cartiglio che corona la scena: IN. VE. CHITO. Cosa vorrà dire?
qui però, più che da latinisti, è roba da cabala… per cui neanche azzardiamo un tentativo di interpretazione.
Quanto invece al liocorno e alla sua complessa simbologia ne tratteremo diffusamente nel prossimo capitolo.eremo
diffusamente nel prossimo capitolo.
Quando entriamo nella camera di Giulia Farnese, nella Rocca di Carbognano, istintivamente abbassiamo la voce, e i
passi si fanno più attutiti. Avvertiamo la presenza di un che di religioso: una sorta di (profana) sacralità che reclama il
nostro rispetto. Religione di simboli, che molteplici ci incalzano da ogni angolo e lato; sacralità di parole, che si
estrinseca in formule oscure e motti enigmatici, che ci ammoniscono da aerei cartigli.
Giulia è lì che ci guarda, dall'alto del fregio affrescato intorno alla volta: ci appare serena, rilassata, tranquilla. Ha il
viso roseo e rotondo. I biondi e lunghi capelli, scriminati sulla fronte, raccolti dietro la nuca. Il seno è florido, così come
i fianchi. Ha lunghe e candide braccia, interamente scoperte. L'incarnato è perlaceo. Indossa una veste lunghissima e
ampia, una sorta di tunica dai tenui colori pastello: l'alto giro vita, appena al di sotto del seno, è stretto talvolta da un
nastro che esalta il suo décolleté. E' seduta. Non è sola. Accanto a lei è il liocorno.
Già il liocorno. Nessuna creatura fantastica partorita dalla mente dell'uomo è mai stata così viva e reale come questo
animale che quasi a fatica riteniamo mitologico. Non era tale per gli uomini del medioevo che in dotti bestiari ne
illustravano anatomia, abitudini e tratti caratteriali. Così pure per noi moderni, usi alle più improbabili e inverosimili
leggende metropolitane. Chi, in fondo, non sarebbe disposto a credere alla veritiera esistenza di un cavallo bianco con
un candido corno, lungo e affilato, infisso sulla fronte? taluni potrebbero sicuramente affermare di averlo ammirato in
un parco biologico; altri, più smaliziati, spiegherebbero che si tratta semplicemente di un ulteriore successo della
manipolazione genetica. I nostri progenitori reputavano invece il liocorno come una temibile fiera delle foreste: da
catturare e uccidere quindi; un trofeo da offrire al sovrano. E il modo per riuscirvi era uno solo: la presenza di una
fanciulla, di una vergine.
Il liocorno - nella prevalente iconografia rappresentato come un cavallo con barbetta di caprone, zoccoli bovini e
corno sulla fronte - era una bestia solitaria e diffidente, anche nei confronti dei propri simili che teneva a debita
distanza. Selvaggio e inavvicinabile, aveva però il suo tallone di Achille: una debolezza di cui i cacciatori erano pronti ad
approfittare. Quando una fanciulla si sedeva in una radura del bosco, il liocorno avvertiva il soave profumo della
verginità che si propagava nell'aria: perdeva allora ogni inibizione e, incurante di ogni cautela, si avvicinava lentamente
alla fanciulla; si accovacciava ai suoi piedi, accettava di essere da lei dissetato, posava il corno sul suo grembo, in
completo abbandono. A questo punto la fanciulla afferrava il corno con la mano e... il gioco era fatto. Il liocorno
diventava mite e inoffensivo come un agnellino, incapace di qualsiasi reazione: intervenivano così i cacciatori che lo
uccidevano.
Il liocorno quindi come metafora della verginità, della purezza e della castità; ma anche della fierezza, dello spirito
indomito, della nobiltà d'animo. E poi ancora come simbolo di forza, di orgoglio, lealtà e di ogni altra virtù virile, non
ultima il valor militare.
L'uomo-liocorno è quindi un guerriero solitario e intrepido, un cavaliere senza macchia e senza paura: abbandona le
sue difese solo tra le braccia di una donna, e i soli lacci e tranelli che può temere sono quelli dell'amore. A ben vedere,
ma non è questa la sede, si potrebbe azzardare una interpretazione di tipo psicanalitico, con implicazioni di carattere
più esplicitamente erotico: il lungo corno di forma inequivocabilmente fallica, il fatto che il liocorno ami posarlo sul
grembo della fanciulla, il fatto che questa lo stringa inducendolo alla quiete...
Il liocorno è costantemente presente nell'iconografia farnesiana, fin dalle origini. Effigiava i cimieri dei primi guerrieri
Farnese, e fu scelto come impresa da Ranuccio il Vecchio che lo volle scolpito nel proprio sepolcro (realizzato nel 1449
da Isaia da Pisa) sull'isola Bisentina, nel lago di Bolsena. Lo si ritrova affrescato nei palazzi Farnese di Gradoli e di
Carbognano; in scultura nella Fontana dei Fiumi a Caprarola e in quella di Piazza del Duomo a Ronciglione. E' presente
negli stemmi più antichi: in bassorilievo su una lastra lapidea collocata sulla facciata dei palazzi di famiglia a Farnese e
a Viterbo; così pure sulle torri civiche di Capodimonte, Marta e Ischia di Castro e sul maschio della Rocca Farnese di
Valentano. E senza dimenticare l'appartamento di Paolo III in Castel Sant'Angelo e il Palazzo Farnese di Roma dove il
liocorno è raffigurato, insieme alla fanciulla, rispettivamente da Perin del Vaga e dal Domenichino.
Nella camera di Giulia a Carbognano, che potrebbe costituire il primo esempio di committenza farnesiana in cui il
liocorno compare associato alla vergine, la rappresentazione non è statica, ma procede per immagini: come in un
racconto. Certo questo racconto non difetta di ambiguità, ma l'ambiguità è già tutta insita nel soggetto. Se la fanciulla
è infatti simbolo di purezza d'animo, innocenza e sensibilità, perché si presta all'inganno ordito dai cacciatori? perché
tradisce così platealmente l'affidamento che il liocorno ripone in lei, al punto di addormentarsi sul suo grembo? Non ci
si può proprio fidare di nessuno a questo mondo!
Così pure, se il liocorno è simbolo di castità e purezza, tanto da avvicinare soltanto chi, come la vergine, è in questo a
lui simile, cosa sono tutti quei sfregamenti, sbaciucchiamenti e toccamenti affrescati nelle lunette di Carbognano? …lui
che con le zampe le sale in grembo, lei che gli tira maliziosamente la barba, che si denuda e gli offre il seno, loro che si
baciano sulla bocca... Ambiguità certo. Del resto nel fregio le immagini della fanciulla-Giulia sono sempre doppie,
anche se mai del tutto speculari.
Proviamo allora a capirci qualcosa: se la fanciulla è Giulia, il liocorno non può che essere casa Farnese, come è reso
evidente dal giglio talvolta effigiato sulle gualdrappe che il liocorno porta. Cosa vuol dirci Giulia? che nessuno è mai
stato così importante per lei come la sua famiglia: non i due mariti; non il papa Alessandro VI suo amante; non la
stessa sua figlia Laura. Solo la famiglia di origine per lei ha contato. Quella famiglia che lei ha nutrito e fatto crescere
(come la fanciulla che allatta il liocorno e gli porge da bere con una ciotola), come si fa con un bambino; quella famiglia
che talvolta l'ha dilettata (la fanciulla che afferra la barba del liocorno), ma che più spesso l'ha prevaricata
imponendole le proprie scelte (il liocorno rampante che sovrasta, la fanciulla); quella famiglia che Giulia ha amato di
un amore morboso e quasi ossessivo, ben al di là di una pur plausibile devozione filiale (la fanciulla che bacia sulla
bocca i1 liocorno); quella famiglia per la quale non ha esitato a spogliarsi e ad offrire se stessa alle brame altrui (la
fanciulla che denuda e mostra i suoi floridi seni).
Ben si comprende, quindi, il senso della fioritura di stemmi che anche in questa stanza ritroviamo e che richiamano
quelli già visti nel salone. Così pure ben si inseriscono le cornucopie traboccanti di ogni delizia che riempiono alcune
lunette. Anche gli uccelli - per lo più trampolieri e con tanto di serpentello nel becco - che in gran copia scortano Giulia,
il liocorno, le cornucopie e gli stemmi, ci sono ormai familiari. Il loro significato simbolico richiama quello che abbiamo
già descritto per il salone. Sono i guardiani della fortuna di casa Farnese.
Ci sorprendono piuttosto allegorie del tutto nuove, anche se non inedite. In primo luogo la fenice, altro animale
fantastico di universale valore simbolico. La fenice è nota per la soavità del canto che eleva in punto di morte e per il
fatto di rinascere dalle sue ceneri. Secondo la tradizione quando l'animale sente di dover morire (il che avviene ogni
cinquecento anni) allora raduna una catasta di rami secchi, ma non per costruire un nido, bensì per realizzare un'ara. Si
pone quindi su di essa e sbattendo forte le ali sulla legna provoca la scintilla che incendia l'ara e con essa brucia,
elevando il suo canto, finché non rimane che cenere. Da quella cenere tuttavia la fenice si rigenera. Animale quanto
mai straordinario quindi, e autorigenerante: non ha bisogno di accoppiarsi per perpetuare la sua specie.
La fenice ben rappresenta l'itinerario umano e spirituale percorso da Giulia: come quella nel fuoco si rigenera così
Giulia passata attraverso il fuoco della passione è morta e rinata, diventando una donna nuova. Non è stato facile: ha
dovuto lottare con sé stessa; ha dovuto comprimere la propria indole portata allo slancio passionale, all'esaltazione
emotiva; ma ci è riuscita: ora Giulia è realmente un'altra donna. Questo, ci sembra, sia anche il significato dell'altra
icona simbolica che troviamo nelle lunette: la pressa che schiaccia 1e fiamme. Sono fiamme vive e ribelli quelle che la
pressa cerca di soffocare; che mal si prestano ad essere compresse: contorte e invadenti sembrano quasi cercare una
via di fuga, per tornare a risplendere. E' l'anima di Giulia che soffre e si dilania nelle doglie del cambiamento e della
rinascita.
Ma le simbologie non finiscono qui: che dire, ad esempio, della lunetta in cui Giulia posa il suo piede su una tartaruga,
quasi a volerla calpestare? viene spontaneo il riferimento alla iconografia mariana con la Vergine che schiaccia la testa
del serpente, rappresentazione di satana e quindi del male e del peccato. Noi però intendiamo sottrarci alla
considerazione di possibili significati di natura teologica e religiosa (che amplierebbero oltremodo queste note), che
pure sono stati autorevolmente evocati nella interpretazione del mito della fanciulla con il liocorno, e permanere in un
ambito simbolico di tipo profano.
Il nostro riferimento potrebbe essere Fidia e una sua scultura di Afrodite in cui la dea dell'amore è rappresentata
nella posa indicata. Anche in questo caso il significato ci sembra non privo di ambiguità: secondo una certa
interpretazione Venere sottomette con il piede la tartaruga, considerata simbolo della lussuria e della corporeità,
perché vuole indicarci la via dell'elevazione e dell'amore spirituale… Ma Venere non è la dea dell'amore fisico e
sensuale? e allora non sarà che la lascivia è una sorta di piedistallo su cui si fonda il suo potere? Riteniamo comunque
più probabile che Giulia con quella rappresentazione abbia voluto significare, conformemente all'immagine della
pressa che schiaccia le fiamme, il suo ritrovato potere di dominare e sottomettere la propria natura e le proprie
passioni.
Nella camera di Giulia il racconto per simboli si arricchisce di altri tasselli. Troviamo ad esempio due "mascheroni",
due volti virili maturi nei quali barba, baffi e capelli si propagano in tutta la lunetta sotto forma vegetale: sorta di
uomini che si stanno trasformando in pianta o alberi dalle fattezze umane. Questo strano soggetto è messo in
relazione con i liocorni: appare infatti rigoglioso e vincente in una lunetta in cui due liocorni sembrano ignorarlo;
sottomesso e sofferente nell'altra lunetta in cui i liocorni sembrano prendere il sopravvento e lo opprimono con le loro
zampe anteriori. Come interpretare queste immagini? Si tratta, con tutta probabilità, di un ulteriore riferimento alla
virtù (rappresentata dal liocorno) che vince l'istinto bruto e le incontrollate pulsioni che la natura scatena nell'animo
umano.
A noi piace però immaginare che nei due uomini brutali e selvaggi Giulia abbia voluto effigiare i suoi due mariti: uno
sberleffo e insieme una recriminazione rispetto a due uomini dominati dalla sensualità che non hanno saputo o voluto
capire i moti profondi del suo animo di donna sensibile e sottomessa.
L'arazzo che abbiamo intrecciato si arricchisce (o forse si aggroviglia) di nuovi nodi e colori se, infine, consideriamo i
cartigli disseminati nel fregio e nella volta. Poche lapidarie parole, sillabate e talvolta sincopate, che dovrebbero essere
la chiave di lettura dei cicli figurativi, ma che talvolta ci aprono nuovi orizzonti di riflessione e di indagine. Si tratta di
parole talvolta isolate, non solo da altre parole ma da ogni possibile contesto, che pesano concettualmente portando
una dote di ipotesi irrisolte; oppure di parole abbinate che enfatizzano il significante; o ancora di brevi frasi che hanno
la forza e l'espressività di un motto: CI TO PFI CIET (sta per "cito perficiet": presto si compirà); HOMO (uomo); DATUR
(è concesso); EST AURUM (è oro); AD SUUM (al proprio); OPERIBUS (con le opere); M.C.S. (sigla incomprensibile);
REQUIEVI (ho trovato pace); IN IGNIM REQUIEVI (nel fuoco ho trovato pace, sollievo). Ci piace pensare che almeno la
prima e l'ultima frase siano citazioni di autori classici o magari dalle sacre scritture: non siamo tuttavia riusciti a risalire
alle possibili fonti.
Ma, forse, la sorpresa più straordinaria del nido segreto di Giulia, come abbiamo voluto definire la Rocca di
Carbognano, è un'altra ed è chiusa in una torre circolare nel versante nord del castello: si tratta di una stanza da
bagno. La cosa, vista dai nostri lidi, potrebbe apparire del tutto ovvia, ma non è così. Basterebbe soltanto ricordare che
- non secoli fa - ma fino agli anni cinquanta del secolo scorso (… cioè fino a qualche decina di anni fa) nessuna casa nei
nostri piccoli centri era dotata di una stanza da bagno. Se poi andiamo a ritroso nel tempo di mezzo millennio...
Senza volerci inoltrare in questioni di carattere socio-igienico-economico diremo solo che al tempo di Giulia vi era un
concetto di cura dell'igiene ben diverso dal nostro, e non solo con riferimento alle classi popolari (il che può apparire
plausibile considerando il basso tenore di vita in cui erano costrette) ma anche rispetto alle classi nobili e
aristocratiche, il che può far riflettere. A Roma (ma la situazione non era diversa nelle altre grandi città italiane) le
dimore con stanza da bagno erano pochissime. Si trattava, insomma, di una delizia riservata ai papi e a pochi altri
aristocratici.
Il bagno di Giulia, chiamato comunemente "stufa" (o "cappella"), consisteva in una stanza circolare con volta a
piccola cupola e finestra. La vasca, dove Giulia amava immergersi, era piuttosto grande e in grado di accogliere più
persone. Un vero e proprio impianto idraulico, attraverso apposite tubazioni, vi convogliava acqua calda; non solo,
nella stanza poteva essere immesso, attraverso un buco nel pavimento, vapore caldo grazie ad apposite stufe: Giulia
poteva quindi disporre di una vera e propria sauna.
La volta a cupola della stanza è affrescata con gli stessi soggetti della camera da letto, anche se il racconto appare
pervaso da minore intensità drammatica e l'approccio è più naturalistico. Anche la mano dell'artista ci sembra diversa.
Ecco quindi la vergine che disseta il liocorno; ecco ancora i liocorni contrapposti al mascherone; così pure ritornano i
motivi della fenice e della pressa che schiaccia le fiamme.
Di Giulia oggi noi non possediamo alcun ritratto certo. Si è parlato nei suoi confronti di damnatio memoriae, essendo
il suo un ricordo scomodo, e comunque non più utile allorché casa Farnese raggiunse i propri obiettivi. Non sappiamo
neanche dove sia stato sepolto il suo corpo: non sull'isola Bisentina come lei aveva richiesto nel suo testamento. Ci
rimane però il suo castello, la Rocca di Carbognano, dove tutto, ma proprio tutto, come in un gioco di specchi
contrapposti parla di lei e rimanda a lei.
Nessun personaggio femminile della stirpe Farnese ha mai suscitato tanto interesse e tanta ammirazione
da parte di studiosi, scrittori o semplici lettori quanto Giulia, sorella di Paolo III e amante di Alessandro
VI: artefice, nell'opinione comune, delle fortune del fratello e più in generale di quelle dell'intero
casato. Certo, le donne presso i Farnese - al di là della loro funzione familiare di mogli e di madri - non
hanno mai avuto un ruolo o una considerazione particolari. E' pur vero che hanno dato un contributo
rilevante all'affermazione sociale del casato, unendosi in matrimonio con i rampolli dell'aristocrazia
italiana ed europea, e realizzando così una fitta rete di interessi e solidarietà parentali; ma si tratta pur
sempre di un contributo "passivo", frutto di una costante prevaricazione della loro volontà e della loro
persona, e ottenuto attraverso matrimoni combinati fin dalla più tenera età. Giulia, del resto, non ha
avuto il destino tragico di sua sorella Girolama, calunniata ed assassinata per motivi di interesse dal
figliastro Giovan Battista Orsini; né il destino glorioso di Elisabetta Farnese, regina di Spagna e genitrice
di una stirpe reale. Nella biografia di Giulia non si rilevano episodi di particolare rilievo, a parte la lunga
relazione con papa Rodrigo Borgia.
La sua vita, escludendo la permanenza a Roma e a Pesaro, si consumò tutta tra Capodimonte, dove
nacque; Bassanello (oggi Vasanello) dove seguì malvolentieri il marito Orsino Orsini; Gradoli, luogo di
svago feriale; e Carbognano, il suo buen retiro: qui, abbandonata la corte papale, venne a vivere con il
secondo marito, il gentiluomo Giovanni M. Capece, cortigiano di papa Borgia, e del quale pure rimase
vedova, concludendo in solitudine la sua vita.
Ma allora, se questo è il personaggio, se questa è la sua vicenda umana, perché ancora oggi Giulia
suscita tanto interesse, al punto che in questi ultimi anni sono usciti ben due libri dedicati interamente a
lei?
La ragione è semplice: perché Giulia era bella, straordinariamente bella. Chiunque la conoscesse ne
restava incantato. La sua era una bellezza che non ammetteva repliche o condizioni; una bellezza
persistente che non sfiorì con la prima giovinezza ma accompagnò rigogliosa la sua maturità di donna.
Una bellezza oggetto di invidia e gelosia, talvolta di maldicenza, pur sempre di ammirazione.
Giulia era semplicemente la più bella.
Un destino bizzarro, o forse previdente, ha però voluto che di lei non restasse una sola effigie. Non un
dipinto, una miniatura, una scultura, un rilievo; non un ritratto; non una sola immagine che la raffiguri
con certezza. Noi possiamo solo immaginare, fantasticare la sua bellezza; ma proprio per questo, forse,
l'eco del suo fascino è giunta fino a noi.
Molti si sono affannati a ricercare il suo volto e hanno ritenuto di individuarlo nelle varie dame o vergini
con liocorno che la pittura rinascimentale ci ha tramandato, da Raffaello a Perin del Vaga, da
Domenichino a Luca Longhi; altri hanno creduto di ravvisarlo nella venere armata dipinta da Francesco
Salviati nella sala dei fasti farnesiani di Palazzo Farnese a Roma o nello splendido profilo di donna
inginocchiata nella Trasfigurazione di Raffaello; i più, conformemente ad una tradizione antica, vedono
Giulia nella statua di donna con fascio littorio, allegoria della Giustizia, sdraiata ai piedi della statua
di Paolo III nel monumento funebre di quest'ultimo in Vaticano. Una autorevolissima fonte storico-
letteraria infine (vale a dire il Vasari nelle sue "Vite") identifica Giulia nella Madonna con Bambino dipinta
dal Pinturicchio nella Sala dei Santi dell'appartamento Borgia in Vaticano.
Quest'ultima ci sembra l'ipotesi più credibile, sia per l'attendibilità della fonte, sia per la plausibilità del
fatto: Giulia era la favorita del committente (appunto papa Borgia) ed è verosimile che questi abbia
voluto effigiarla nel suo appartamento. Tanto più che nella stesso è raffigurata anche Lucrezia Borgia,
figlia di Alessandro VI, e grande amica di Giulia.
Vi è anche chi ritiene che la mancanza di immagini sia dovuta ad una sorta di "damnatio memoriae" a cui
Giulia sarebbe stata sottoposta per volere di Paolo III e del cardinal Alessandro Farnese: al primo
ricordava la causa non certo onorevole della sua investitura a cardinale; al secondo appariva come un
possibile ostacolo sulla strada delle proprie ambizioni; avrebbero così fatto distruggere tutti i ritratti di
Giulia, il cui solo ricordo era per entrambi fonte di imbarazzo.
Di questa fantastica bellezza a noi tuttavia sono pervenuti solo pochi e dispersi frammenti, sotto
forma di parole, impressioni, giudizi: occasionali messaggi nella bottiglia che hanno attraversato l'oceano
del tempo per giungere fino a noi.
Sappiamo dunque che i suoi occhi erano vivi e neri: di niger oculus parla infatti un
corrispondente di Cesare Borgia dalla corte di Pesaro, dove Giulia si trovava insieme a Lucrezia Borgia.
Neri erano anche i suoi capelli e bellissimi a vedersi : "ha la più bella capigliatura che possa
immaginarsi" scrive Lorenzo Pucci, cognato di Giulia, in una lettera al fratello. La sua carnagione era
chiara, dai toni perlacei. Le sue dame di corte riferirono che era solita dormire in lenzuola di seta nera
per esaltare il suo incarnato pallido e lucente ed infiammare così la matura sensualità di papa Borgia. Il
suo viso era rotondo, le sue gote imporporate prefiguravano il suo ardore ( quidam ardor, riferisce il
corrispondente del Borgia). Di corporatura snella e slanciata, Giulia era "la più bella delle
dame" (secondo il nostro). E ancora: "si è fatta bellissima cosa", ed anche "nulla di simile vidi mai" per
concludere "pareva davvero un sole", scrive il cognato al colmo dell'ammirazione nella missiva citata. Da
altre fonti sappiamo che brillava per "gratia" e "allegrezza", unendo così alla prestanza fisica un carattere
piacevole e gioviale.
Questa era Giulia. Una miscela esplosiva di freschezza, garbo e seduzione.
Ma la bellezza è una merce pregiata che può inebriare i suoi ammiratori, soprattutto quando non
teme confronti e i suoi estimatori sono ricchi e potenti. E' un valore che va ben amministrato per trarne il
massimo profitto.
Ben lo sapevano Giovannella Caetani, madre di Giulia, e Adriana Mila, sua suocera: due comari di
lungo corso, intriganti e prive di scrupoli. Pensarono bene che un simile tesoro non poteva appassire tra
le mura di un castello e nell'intimità di un matrimonio virtuoso.
Giulia, non ancora quindicenne, fu così offerta su un piatto d'argento al lussurioso Cardinal Rodrigo
Borgia, che di anni ne aveva quasi sessanta: un muto patto scellerato dal quale tutti si riproponevano
grandi benefici. Il cardinale poteva aggiungere una nuova perla, la più delicata e preziosa, alla sua già
ricca collezione muliebre. Le due dame avrebbero usato l'ascendente di Giulia sul cardinale per ottenere
onori e privilegi per i rispettivi figli Alessandro e Orsino. A Giulia, vittima consapevole e consenziente,
restava almeno la "consolazione" di operare nell'interesse del casato e soprattutto dell'amatissimo
fratello Alessandro, che grazie a lei otterrà la porpora cardinalizia, primo gradino per l'ascesa al soglio di
Pietro.
Adriana Mila, suocera di Giulia, era cugina del Borgia e ben ne conosceva le inclinazioni: è anche
da credere che questa non sia stata l'unica volta in cui gli ha fatto da ruffiana.
Il Cardinal Borgia, che di lì a poco sarebbe diventato papa col nome di Alessandro VI, era - da
parte sua- un autentico mandrillo: padre di almeno sette figli, avuti da donne diverse, aveva un
impressionante numero di amanti. Fu senz'altro uno dei papi più corrotti della storia della Chiesa:
nepotismo, lussuria, simonia e finanche omicidio e incesto, di tanto si fregia il suo curriculum di
turpitudini (vere o presunte).
Ebbene, è singolare notare come un tale uomo, per il quale il papato era più che altro il modo per
poter esercitare impunemente un potere personale pressochè illimitato, abbia voluto tramandare di sé ai
posteri un'immagine pia e compita, facendosi ritrarre dal Pinturicchio devotamente in preghiera, in
ginocchio e a mani giunte, ai piedi di un Cristo risorto, seppur paludato in una pianeta incredibilmente
ricca e sfarzosa che lo avvolge completamente, lasciando scoperti solo il capo e le mani.
Quella che, tuttavia, avrebbe dovuto essere una semplice storia di letto si trasformò
imprevedibilmente per il vecchio papa in una incoercibile passione senile, devastante e ossessiva, la cui
fiamma brillò lungamente, alimentata da un desiderio accecante e da una gelosia morbosa e a tratti
delirante.
Un uomo innamorato talvolta si rende patetico, altre volte ridicolo. Rodrigo, il feroce, risoluto,
spregiudicato epigono della possente schiatta dei Borgia, ammorbato dalla passione per Giulia, fu l'uno
e l'altro. "Julia ingrata et perfida" scrive Alessandro VI alla sua amata, avendo saputo che "la Bella" non
intende raggiungerlo se non con il consenso del marito Orsino (!), "…benché fin qui assai
comprendessimo l'animo tuo cattivo et de chi te consiglia" prosegue il papa, alludendo alle due comari
Giovannella e Adriana che con un ben dosato dai e prendi manovravano Giulia secondo i loro interessi,
eccitando nel contempo la bramosia del Borgia, "… sub pena excomunicationis late sententie et
maledictionis eterne te comandamo che non debi partir… ni manco andar a Bassanello per cose
concernente lo stato nostro". Con una formula curiosa, che sembra tratta pari pari dal manuale di
scongiuri di un mago da baraccone, in un latino maccheronico, fuso e contaminato con un italiano
sgrammaticato, il pontefice arriva a minacciare la scomunica a Giulia se avesse osato raggiungere il
marito!
Analoga minaccia e identica formula di scomunica con in sovrappiù "…et confiscationis omnium
bonorum vostrum", vale a dire la confisca di tutti i beni, per Adriana Mila: "finalmente el vostro cattivo
animo et maligna havite scoperto…" scrive il Borgia alla cugina, "rea" di voler riportare Giulia al figlio
Orsino!
Ce n'è anche per il cardinal Farnese al quale il papa rinfaccia subito "Domine cardinalis, sapite
quanto habiamo fatto per voi…". Non solo, per venire senza equivoci al nocciolo della questione, nella
stessa missiva il Borgia scrive al futuro papa Paolo III: "non se haveressimo mai persuaso che così
presto ve ne dovevate escordare et preponere Ursino a noi…".
Qualcosa di Giulia
Giulia nacque nel Palazzo Farnese di Capodimonte nel 1474. Il luogo di nascita è stato però in questi
ultimi tempi messo in discussione da alcuni studiosi (Buda, Panetti) i quali ritengono che la nascita di
Giulia avvenne a Canino. Ciò in astratto non può essere escluso, considerato che in questa cittadina ebbe
i natali suo fratello Alessandro, il membro più illustre di tutto il casato: colui che nel 1534 diventerà papa
con il nome di Paolo III. Non riteniamo tuttavia di doverci discostare da quanto generalmente ritenuto:
la famiglia, a quella data, si era ormai "romanizzata" e i luoghi di origine valevano, al più, un soggiorno
feriale. E Canino, dove tra l'altro imperversava la malaria, non era certo il più invitante tra i feudi
farnesiani.
Non conosciamo il giorno e il mese in cui Giulia è nata. Ma ciò non deve sorprenderci: basti pensare che
di suo fratello Alessandro, che è stato uno dei papi più importanti della storia della Chiesa, solo nel 2002
è stata ufficialmente riconosciuta la nascita a Canino! Il fatto che Giulia vide la luce a Capodimonte ci fa
però presumere che sia nata nel periodo estivo, quando la famiglia tornava in questo "amenissimo
luogo" sul lago di Bolsena, antico possedimento farnesiano, per passarvi le ferie. Giulia stessa vi
trascorse le estati della sua infanzia e prima giovinezza soggiornando nel castello di famiglia, situato in
splendida posizione a picco sul lago, conservandone per tutta la vita un ricordo indelebile.
Il nonno paterno di Giulia era Ranuccio Farnese "il vecchio", il capostipite della dinastia: colui che nel
1449 edificò sull'isola Bisentina il sepolcro di famiglia realizzato da Isaia da Pisa. Sua nonna, la moglie di
Ranuccio, era Agnese Monaldeschi, di antica e nobile stirpe orvietana.
Suo padre era Pier Luigi Farnese, da non confondere con l'omonimo nipote, il dissoluto guerriero figlio di
Paolo III che sarà primo Duca di Castro e di Parma e Piacenza, e del quale Giulia è quindi zia. Sua madre
era Giovannella Caetani, discendente di quel Benedetto Caetani che nel 1294 divenne papa con il nome
di Bonifacio VIII: la bestia nera di Dante, come ogni liceale ben sa, "lo principe d'i novi farisei", come il
Poeta ebbe a definirlo, riservandogli l'ottavo cerchio dell'inferno, quello dei simoniaci. Fu proprio grazie al
matrimonio tra Pier Luigi e Giovannella che i Farnese si "sprovincializzarono", e dalle rocche e castelli
della Tuscia approdarono a Roma.
Giulia ebbe quattro fratelli: Angelo, che sposò Lella Orsini; Girolama, che sposò in seconde nozze
Giuliano Orsini e del cui tragico destino abbiamo già riferito nella prima parte di questo lavoro;
Bartolomeo, che non ebbe figli; e Alessandro, il fratello amatissimo al quale dedicherà la sua vita,
favorendo la sua carriera ecclesiastica fino ed oltre la concessione della porpora cardinalizia, ma che non
ebbe la gioia di vedere papa: Giulia morì infatti nel 1524, vale a dire dieci anni prima dell'ascesa di Paolo
III al soglio pontificio.
Giulia, come allora usava presso l'aristocrazia, fu educata in convento, a Roma. Qui apprese quanto
necessario alla formazione di una fanciulla del suo rango: non solo le discipline tradizionali, ma anche i
codici comportamentali ai quali avrebbe dovuto ispirare la sua vita di donna nel rispetto dei valori, usi e
consuetudini della società aristocratica del suo tempo.
Nel 1487, quando aveva solo tredici anni, Giulia restò orfana di padre. Sua madre Giovannella ritenne
quindi di dar corso all'accordo già intervenuto tra il marito Pier Luigi e il signore di Bassanello circa il
fidanzamento dei figli.
Lo sposo promesso era Orsino Orsini, rampollo di una delle famiglie più in vista e potenti del Lazio.
Spesso i Farnese, nel corso della loro lunga vicenda storica, incrociarono il loro sangue con quello degli
Orsini per cercar di consolidare alleanze, se non per sopire antiche rivalità. Non sempre con giovamento,
come in questo caso. Giulia non amava Orsino, anzi siamo portati a ritenere che lo detestasse, anche
oltre i suoi demeriti. Orsino era giovane, aveva solo sedici anni, alto di statura e magro, ma tutt'altro
che bello: era affetto da una devastante forunculosi, che deturpava il suo viso, e per di più era orbo di
un occhio, al punto da coprirlo con una fascia nera. Giulia non osò ribellarsi a quanto era stato deciso per
lei, e del resto come avrebbe potuto?
Si arrivò così al matrimonio, celebrato in prima persona dal cardinal Rodrigo Borgia nel suo sontuoso
palazzo romano non lontano da Campo de Fiori. Era il il 21 maggio 1489: in quell'epoca Giulia, da
almeno un anno, era già diventata l'amante del futuro papa. Ci sembra di vederli, gli sguardi allusivi del
Borgia, vecchio e impenitente mandrillo che di Giulia aveva colto le primizie, in una sorta di anacronistico
ius primae noctis. E quelli delle due gran dame, Giovannella e Adriana, che tanto avevano brigato per
così poco onorevole esito; e di Giulia stessa, ragazza schietta, semplice e ingenua, se vogliamo, ma
maliziosa e oltremodo seduttiva. Sguardi incrociati con quelli di tutti coloro che, probabilmente tanti,
presenti alla sfarzosissima cerimonia, erano a conoscenza del torbido retroscena. Solo Orsino, con ogni
evidenza, ne era del tutto ignaro, e magari mascherava la sua timidezza beandosi in cuor suo di tanto
splendida consorte.
Giulia, com'era suo dovere, seguì Orsino nel feudo di Bassanello. Possiamo immaginare con quanto
entusiasmo. Fatto sta che ben presto ogni pretesto fu buono per allontanarsene, e con sempre maggiore
frequenza. Le occasioni non le mancarono: vuoi per recarsi nella residenza romana degli Orsini, in Monte
Giordano; vuoi per far visita alla suocera, nel palazzo romano a due passi da San Pietro dove Adriana
viveva insieme a Lucrezia, giovane figlia di suo cugino Rodrigo Borgia.
E proprio a Roma, il 30 novembre 1492, Giulia - appena diciottenne- partorì la sua prima (ed unica)
figlia, una bella bambina di nome Laura. Da poco più di tre mesi il cardinal Rodrigo Borgia era diventato
papa, con il nome di Alessandro VI.
Sarebbe fin troppo facile pensare che il vero padre di Laura non fu Orsino ma Rodrigo, il nuovo papa. E
infatti molti lo pensarono. E qualche volta anche Giulia lo lasciò credere… ma le cose non stanno così.
Alessandro VI, in una sua famosa lettera a Giulia, seppur indirettamente, smentisce questa ipotesi. E poi
il Borgia, per quanto perverso e crudele, era attaccatissimo ai suoi figli e sicuramente il suo
atteggiamento verso Laura sarebbe stato diverso se fosse stato veramente suo padre.
La nascita di Laura costituì comunque il pretesto per il definitivo allontanamento di Giulia da Bassanello;
in ciò confortata dai consigli dell'ineffabile suocera, che certo non avrà fatto mancare la sua materna
premura per smorzare le resistenze e i dubbi del giovane figlio Orsino, sicuramente non entusiasta del
fatto che la moglie si trasferisse a Roma sotto la protezione del papa, sulla natura del cui interesse per
Giulia aveva, ormai, ben poco da dubitare.
La vita romana esaltò lo spirito frivolo e mondano della giovanissima Giulia: vicinissima al suo Rodrigo,
ormai quasi schiavo della sua senile e incontenibile passione, e al tempo stesso al centro della generale
ammirazione per la sua bellezza, il suo fascino, la sua eleganza.
Le tre dame, Giulia, Adriana e Lucrezia, insieme alla piccola Laura, vivevano dunque in grande concordia
e armonia nel palazzo, assai prossimo a San Pietro, che il Borgia aveva destinato alla figlia Lucrezia.
Quando quest'ultima, appena quattordicenne, andò in sposa a Giovanni Sforza, signore di Pesaro, tutta
la "brigata" (come la chiamava il papa) si trasferì in quella città. Per la prima volta nella sua vita Giulia si
allontanava dai luoghi dove era nata e cresciuta. Fu, molto probabilmente, anche l'unica volta.
Il soggiorno a Pesaro doveva comunque rivelarsi assai piacevole, tanto che si prolungò oltre il previsto.
Fu così che Alessandro VI, trascorso poco più di un mese dalla partenza delle dame, cominciò a
reclamarne il ritorno a Roma. Un fatto nuovo veniva però turbare i piani del papa: arriva infatti alla corte
di Pesaro la notizia delle gravi condizioni in cui versa nella Rocca di Capodimonte Angelo Farnese, fratello
di Giulia. Come sempre sensibile ai richiami del sangue, incurante di ogni preghiera e sfidando la
prevedibile ira papale, Giulia parte immediatamente alla volta di Capodimonte, dove però troverà il
fratello già morto.
Si era nel pieno dell'estate: l'aria natale di Capodimonte giovava a Giulia che vi si trattenne a lungo,
allontanandosene solo per trascorrere il ferragosto a Gradoli.
Sul far dell'autunno la situazione sembrò precipitare: alle insistenze minacciose del papa che
pretendeva il ritorno di Giulia a Roma si aggiunsero le recriminazioni e le minacce di Orsino che esigeva
a gran voce il rientro della moglie a Bassanello. La situazione fu affrontata dal Borgia, al solito, con
arrogante determinazione: tempestando di lettere al curaro tutti i suoi interlocutori (Adriana Mila, Il
cardinal Alessandro Farnese, Giulia, lo stesso Orsino…) e rinfacciando loro i grandi benefici concessi
arrivò a minacciarli di scomunica e confisca dei beni, qualora si fossero opposti al suo volere. Ad Orsino
fu comunque riconosciuta una cospicua elargizione per le sue truppe.
Ma come in ogni feuilleton che si rispetti, non poteva mancare l'imprevisto e la sorpresa finale: sulla
via del ritorno, poco dopo aver lasciato Capodimonte, il convoglio delle dame, scortato da ben trenta
cavalieri che il papa aveva appositamente inviato da Roma, fu fermato dalle soldataglie di Carlo VIII, re
di Francia, che da poco era calato con le sue truppe in Italia. I trenta cavalieri "da parata", più che da
combattimento, non tentarono alcuna resistenza. I francesi, saputo con chi avevano a che fare,
pensarono bene di trarne il massimo profitto: sequestrarono le tre dame (Adriana, Giulia e sua sorella
Girolama) e le rinchiusero nella Rocca di Montefiascone , chiedendo al papa un forte riscatto.
Alessandro VI, oltremodo allarmato, pagò senza fiatare e intraprese immediati contatti diplomatici con il
re di Francia al fine di pervenire ad una pronta liberazione delle tre donne, come in effetti avvenne.
Fu così che, dopo aver trascorso qualche giorno nella Rocca di Montefiascone (più come ospiti che come
prigioniere), Giulia e le altre dame, scortate da un vero e proprio esercito di centinaia di cavalleggeri,
entrarono trionfalmente a Roma, per la gioia del papa che in gran pompa andò ad accoglierle in prima
persona con il suo fitto seguito.
Giulia, bellissima e fresca, sorrise al suo "salvatore": nulla, ormai, poteva più contrastare il loro amore la
loro passione.
Questa era Giulia. Una miscela esplosiva di Esta fue Giulia. Una mezcla explosiva de frescura, gracia y
freschezza, garbo e seduzione. seducción.
Dunque era bella. Entonces fue hermoso.
Ma la bellezza è una merce pregiata che può Pero la belleza es un bien precioso que puede
inebriare i suoi ammiratori, soprattutto quando non teme embriagar a sus admiradores, especialmente cuando no
confronti e i suoi estimatori sono ricchi e potenti. E' un teme la comparación y sus admiradores son ricos y
valore che va ben amministrato per trarne il massimo poderosos. Es un valor que debe ser bien manejado para
profitto. aprovecharlo al máximo.
Ben lo sapevano Giovannella Caetani, madre di Giovannella Caetani, madre de Giulia, y Adriana
Giulia, e Adriana Mila, sua suocera: due comari di lungo Mila, su suegra, lo sabían muy bien: dos comediantes de
corso, intriganti e prive di scrupoli. Pensarono bene che larga data, intrigantes y sin escrúpulos. Pensaron bien
un simile tesoro non poteva appassire tra le mura di un que ese tesoro no podría marchitarse dentro de las
castello e nell'intimità di un matrimonio virtuoso. murallas de un castillo y en la intimidad de un
Giulia, non ancora quindicenne, fu così offerta su un matrimonio virtuoso.
piatto d'argento al lussurioso Cardinal Rodrigo Borgia, Giulia, que aún no tenía quince años, fue ofrecida en
che di anni ne aveva quasi sessanta: un muto patto un plato de plata al lujoso cardenal Rodrigo Borgia, que
scellerato dal quale tutti si riproponevano grandi tenía casi sesenta años: un pacto tonto sin escrúpulos del
benefici. Il cardinale poteva aggiungere una nuova perla, que todos ofrecían grandes beneficios. El cardenal podría
la più delicata e preziosa, alla sua già ricca collezione agregar una nueva perla, la más delicada y preciosa, a su
muliebre. Le due dame avrebbero usato l'ascendente di ya rica colección femenina. Las dos damas habrían usado
Giulia sul cardinale per ottenere onori e privilegi per i la supremacía de Giulia sobre el cardenal para obtener
rispettivi figli Alessandro e Orsino. A Giulia, vittima honores y privilegios para sus respectivos hijos
consapevole e consenziente, restava almeno la Alessandro y Orsino. Un Giulia, el conocimiento y el
"consolazione" di operare nell'interesse del casato e consentimiento de la víctima, se mantuvo al menos la
soprattutto dell'amatissimo fratello Alessandro, che "consolación" para operar en el interés de la familia y
grazie a lei otterrà la porpora cardinalizia, primo gradino sobre todo el querido hermano Alexander, que gracias a
per l'ascesa al soglio di Pietro. ella conseguirán un cardenal, el primer paso para el
Adriana Mila, suocera di Giulia, era cugina del acceso al trono de Pedro.
Borgia e ben ne conosceva le inclinazioni: è anche da Adriana Mila, la suegra de Giulia, era prima de los
credere che questa non sia stata l'unica volta in cui gli ha Borgia y era muy consciente de sus inclinaciones:
fatto da ruffiana. también es de creer que no era la única vez que era una
Il Cardinal Borgia, che di lì a poco sarebbe diventato proxeneta.
papa col nome di Alessandro VI, era - da parte sua- un El cardenal Borgia, que poco después se convirtió
autentico mandrillo: padre di almeno sette figli, avuti da en Papa con el nombre de Alejandro VI, era, por su parte,
donne diverse, aveva un impressionante numero di un auténtico mandril: padre de al menos siete hijos, tenía
amanti. Fu senz'altro uno dei papi più corrotti della storia por mujeres diferentes y tenía una cantidad
della Chiesa: nepotismo, lussuria, simonia e finanche impresionante de amantes. Indudablemente, fue uno de
omicidio e incesto, di tanto si fregia il suo curriculum di los papas más corruptos de la historia de la Iglesia:
turpitudini (vere o presunte). nepotismo, lujuria, simonía e incluso asesinato e incesto,
Ebbene, è singolare notare come un tale uomo, per tanto como su plan de estudios de las infamias
il quale il papato era più che altro il modo per poter (verdaderas o presuntas).
esercitare impunemente un potere personale pressochè Bueno, es interesante observar cómo un hombre
illimitato, abbia voluto tramandare di sé ai posteri así, para los que el papado era más de una manera de
un'immagine pia e compita, facendosi ritrarre dal ejercer impunemente un poder personal casi ilimitada,
Pinturicchio devotamente in preghiera, in ginocchio e a quería transmitir la posteridad la propia imagen piadosa y
mani giunte, ai piedi di un Cristo risorto, seppur paludato educado a, haciendo devotamente interpretado por
in una pianeta incredibilmente ricca e sfarzosa che lo Pinturicchio la oración, de rodillas con las manos unidas,
avvolge completamente, lasciando scoperti solo il capo e a los pies de un Cristo resucitado, no obstante en un
le mani. planeta pomposa increíblemente rica y suntuosa
Quella che, tuttavia, avrebbe dovuto essere una totalmente envolvente, dejando al descubierto sólo la
semplice storia di letto si trasformò imprevedibilmente cabeza y las manos.
per il vecchio papa in una incoercibile passione senile, Sin embargo, lo que debería haber sido una historia
devastante e ossessiva, la cui fiamma brillò lungamente, simple de la cama se convirtió inesperadamente para el
alimentata da un desiderio accecante e da una gelosia viejo Papa en una pasión incontenible senil, devastadora
morbosa e a tratti delirante. y obsesivo, cuya larga brillaba la llama, alimentado por un
Un uomo innamorato talvolta si rende patetico, deseo y una cegadora celos mórbidos y, a veces
altre volte ridicolo. Rodrigo, il feroce, risoluto, delirante.
spregiudicato epigono della possente schiatta dei Borgia, Un hombre enamorado a veces se vuelve patético,
ammorbato dalla passione per Giulia, fu l'uno e l'altro. otras veces ridículo. Rodrigo, el epígono feroz, resuelto e
"Julia ingrata et perfida" scrive Alessandro VI alla sua inescrupuloso de la poderosa burguesía de los Borgia,
amata, avendo saputo che "la Bella" non intende fundido por la pasión de Giulia, era uno y el otro. "Julia
raggiungerlo se non con il consenso del marito Orsino (!), et pérfida ingratitud" , escribe Alejandro VI a su amada,
"…benché fin qui assai comprendessimo l'animo tuo después de haber aprendido que "Bella" no tiene la
cattivo et de chi te consiglia" prosegue il papa, alludendo intención de llegar a salvo con el consentimiento de su
alle due comari Giovannella e Adriana che con un ben marido Orsino (!), " ... si bien hasta la fecha hemos
dosato dai e prendi manovravano Giulia secondo i loro entendido el alma misma de que su mal et recomiendas "
interessi, eccitando nel contempo la bramosia del Borgia, prosigue el Papa, aludiendo a los dos Giovannella Comari
"… sub pena excomunicationis late sententie et y Adriana que con una elasticidad, el suministro
maledictionis eterne te comandamo che non debi partir… controlado y tomar maniobrado Giulia acuerdo a sus
ni manco andar a Bassanello per cose concernente lo intereses, excitando al mismo tiempo el deseo de los
stato nostro". Con una formula curiosa, che sembra tratta Borgia,"... la excomunicación sub penalis es tarde y la
pari pari dal manuale di scongiuri di un mago da condenación es eterna. Tú mandas que no te quieres ir ...
baraccone, in un latino maccheronico, fuso e no vayas a Bassanello por asuntos relacionados con
contaminato con un italiano sgrammaticato, il pontefice nuestro estado". Con una fórmula curiosa, que parece
arriva a minacciare la scomunica a Giulia se avesse osato sacada literalmente de los hechizos manuales de un circo
raggiungere il marito! mago, en un conejillo de América, se derritió y contaminó
Analoga minaccia e identica formula di scomunica con un gramatical italiano, el Papa llega a poner en
con in sovrappiù "…et confiscationis omnium bonorum peligro la excomunión a Julia si se atrevía a unirse a su
vostrum", vale a dire la confisca di tutti i beni, per marido!
Adriana Mila: "finalmente el vostro cattivo animo et Una amenaza similar fórmula idéntica excomunión
maligna havite scoperto…" scrive il Borgia alla cugina, en el excedente "... et confiscationis omnium bonorum
"rea" di voler riportare Giulia al figlio Orsino! Vostrum", a saber, la confiscación de todos los bienes,
Ce n'è anche per il cardinal Farnese al quale il papa Adriana Mila: 'Finalmente, y su mal humor y havite
rinfaccia subito "Domine cardinalis, sapite quanto maligna descubierto ...' escribe los Borgia a su prima ,
habiamo fatto per voi…". Non solo, per venire senza "rea" de querer devolver a Giulia a su hijo Orsino!
equivoci al nocciolo della questione, nella stessa missiva il
Borgia scrive al futuro papa Paolo III: "non se También hay algo para el Cardenal Farnese, a quien
haveressimo mai persuaso che così presto ve ne el Papa inmediatamente le reprocha "Domine cardinalis,
dovevate escordare et preponere Ursino a noi…". sabe cuánto hemos hecho por usted ...". sólo eso, venir
Sproloqui di un uomo innamorato, appunto. sin equivocación al punto, en la misma carta que escribe
Qualcosa di Giulia a los Borgia futuro papa Pablo III no: "si alguna vez no
haveressimo convencido de que tan rápidamente que
tenía que escordare et preponere Ursino nosotros ...".
Robbie de un hombre enamorado, de hecho
Giulia nacque nel Palazzo Farnese di Capodimonte nel Julia nació en el Palacio de Capodimonte Farnesio en
1474. Il luogo di nascita è stato però in questi ultimi 1474. El lugar de nacimiento fue, sin embargo, en los
tempi messo in discussione da alcuni studiosi (Buda, últimos tiempos cuestionados por algunos investigadores
Panetti) i quali ritengono che la nascita di Giulia avvenne (Buda, Panetti) que creen que el nacimiento de Julia llegó
a Canino. Ciò in astratto non può essere escluso, a Canino. Esto en abstracto no puede ser excluido, dado
considerato che in questa cittadina ebbe i natali suo que en esta ciudad nació su hermano Alejandro, el
fratello Alessandro, il membro più illustre di tutto il miembro más ilustre de toda la familia: el que en 1534 se
casato: colui che nel 1534 diventerà papa con il nome di convertirá en Papa con el nombre de Pablo III. Sin
Paolo III. Non riteniamo tuttavia di doverci discostare da embargo, no creemos que debamos desviarnos de lo que
quanto generalmente ritenuto: la famiglia, a quella data, generalmente se considera: la familia, en ese momento,
si era ormai "romanizzata" e i luoghi di origine valevano, se había "romanizado" y los lugares de origen eran, a lo
al più, un soggiorno feriale. E Canino, dove tra l'altro sumo, una estancia laboral. Y Canino, donde la malaria se
imperversava la malaria, non era certo il più invitante tra enfurecía, entre otras cosas, ciertamente no era el feudo
i feudi farnesiani. más atractivo de los feneses.
Non conosciamo il giorno e il mese in cui Giulia è nata. No sabemos el día y el mes en que nació Giulia. Pero
Ma ciò non deve sorprenderci: basti pensare che di suo esto no debería sorprendernos: solo piense en su
fratello Alessandro, che è stato uno dei papi più hermano Alessandro, que fue uno de los papas más
importanti della storia della Chiesa, solo nel 2002 è stata importantes en la historia de la Iglesia, ¡solo en 2002 se
ufficialmente riconosciuta la nascita a Canino! Il fatto che reconoció oficialmente el nacimiento en Canino! El hecho
Giulia vide la luce a Capodimonte ci fa però presumere de que Julia nació en Capodimonte, sin embargo, nos
che sia nata nel periodo estivo, quando la famiglia hace suponer que nace en el verano, cuando la familia
tornava in questo "amenissimo luogo" sul lago di regresó a este "más agradable lugar" en el Lago de
Bolsena, antico possedimento farnesiano, per passarvi le Bolsena, que fue propiedad de los Farnese, para pasar las
ferie. Giulia stessa vi trascorse le estati della sua infanzia vacaciones. Giulia misma pasó los veranos de su niñez y
e prima giovinezza soggiornando nel castello di famiglia, juventud en el castillo familiar, ubicado en una posición
situato in splendida posizione a picco sul lago, espléndida con vistas al lago, conservando para toda su
conservandone per tutta la vita un ricordo indelebile. vida un recuerdo indeleble.
Il nonno paterno di Giulia era Ranuccio Farnese "il El abuelo paterno de Giulia era Ranuccio Farnese "el
vecchio", il capostipite della dinastia: colui che nel 1449 viejo", el fundador de la dinastía: él que en 1449
edificò sull'isola Bisentina il sepolcro di famiglia realizzato construyó la tumba familiar construida por Isaia da Pisa
da Isaia da Pisa. Sua nonna, la moglie di Ranuccio, era en la isla Bisentina. Su abuela, la esposa de Ranuccio, era
Agnese Monaldeschi, di antica e nobile stirpe orvietana. Agnese Monaldeschi, del antiguo y noble linaje orvietano.
Suo padre era Pier Luigi Farnese, da non confondere con Su padre era Pedro Luis Farnesio, que no debe
l'omonimo nipote, il dissoluto guerriero figlio di Paolo III confundirse con el nieto del mismo nombre, el guerrero
che sarà primo Duca di Castro e di Parma e Piacenza, e despilfarrador hijo de Pablo III será el primer Duque de
del quale Giulia è quindi zia. Sua madre era Giovannella Castro y Parma y Piacenza, y que por lo tanto es la tía
Caetani, discendente di quel Benedetto Caetani che nel Julia. Su madre era Giovanella Caetani, descendiente de
1294 divenne papa con il nome di Bonifacio VIII: la bestia ese Benedetto Caetani que en 1294 se convirtió en Papa
nera di Dante, come ogni liceale ben sa, "lo principe d'i con el nombre de Bonifacio VIII: la bestia negro de Dante,
novi farisei", come il Poeta ebbe a definirlo, riservandogli como cualquier escolar sabe "el líder de los fariseos
l'ottavo cerchio dell'inferno, quello dei simoniaci. Fu modernos", como el poeta tuvo que definirlo, reservando
proprio grazie al matrimonio tra Pier Luigi e Giovannella el octavo círculo del infierno, el de simonía. Fue gracias al
che i Farnese si "sprovincializzarono", e dalle rocche e matrimonio entre Pier Luigi y Giovannella que el Farnese
castelli della Tuscia approdarono a Roma. "provincializado", y desde las fortalezas y castillos de
Tuscia aterrizó en Roma.
Giulia ebbe quattro fratelli: Angelo, che sposò Lella
Orsini; Girolama, che sposò in seconde nozze Giuliano Giulia tenía cuatro hermanos: Angelo, que se casó con
Orsini e del cui tragico destino abbiamo già riferito nella Lella Orsini; Girolama, quien se casó con Giuliano Orsini
prima parte di questo lavoro; Bartolomeo, che non ebbe en un segundo matrimonio y cuyo trágico destino ya nos
figli; e Alessandro, il fratello amatissimo al quale hemos referido en la primera parte de este trabajo;
dedicherà la sua vita, favorendo la sua carriera Bartolomé, que no tenía hijos; y Alexander, el hermano
ecclesiastica fino ed oltre la concessione della porpora querido que tomaría su vida y ha contribuido a su carrera
cardinalizia, ma che non ebbe la gioia di vedere papa: eclesiástica hasta y más allá de la concesión del cardenal,
Giulia morì infatti nel 1524, vale a dire dieci anni prima pero no tuvo la alegría de ver el Papa: Julia murió en
dell'ascesa di Paolo III al soglio pontificio. 1524, es decir, diez años antes el ascenso de Pablo III al
trono papal.
Giulia, come allora usava presso l'aristocrazia, fu
educata in convento, a Roma. Qui apprese quanto Giulia, como entonces era usada en la aristocracia, fue
necessario alla formazione di una fanciulla del suo rango: educada en un convento en Roma. Allí aprendió lo que es
non solo le discipline tradizionali, ma anche i codici necesario para la formación de una niña de su rango: no
comportamentali ai quali avrebbe dovuto ispirare la sua sólo las disciplinas tradicionales, sino también los códigos
vita di donna nel rispetto dei valori, usi e consuetudini de conducta a la que habría inspirado su vida como una
della società aristocratica del suo tempo. mujer con respecto a los valores, costumbres y prácticas
Nel 1487, quando aveva solo tredici anni, Giulia restò de la sociedad aristocrática de su tiempo. En 1487,
orfana di padre. Sua madre Giovannella ritenne quindi di cuando ella solo tenía trece años, Giulia permaneció
dar corso all'accordo già intervenuto tra il marito Pier huérfana de padre. Su madre, Giovannella, decidió
Luigi e il signore di Bassanello circa il fidanzamento dei entonces ejecutar el acuerdo ya establecido entre su
figli. esposo Pier Luigi y el señor de Bassanello sobre el
Lo sposo promesso era Orsino Orsini, rampollo di una compromiso de los niños.
delle famiglie più in vista e potenti del Lazio. Spesso i
Farnese, nel corso della loro lunga vicenda storica, El cónyuge prometido era Orsino Orsini, vástago de una
incrociarono il loro sangue con quello degli Orsini per de las familias más prominentes y poderosas de Lazio. En
cercar di consolidare alleanze, se non per sopire antiche el curso de su larga historia histórica, los Farnese a
rivalità. Non sempre con giovamento, come in questo menudo cruzaron su sangre con la de los Orsini para
caso. Giulia non amava Orsino, anzi siamo portati a tratar de consolidar alianzas, si no para reprimir las
ritenere che lo detestasse, anche oltre i suoi demeriti. antiguas rivalidades. No siempre con beneficio, como en
Orsino era giovane, aveva solo sedici anni, alto di statura este caso. Giulia no amaba a Orsino, de hecho nos hacen
e magro, ma tutt'altro che bello: era affetto da una creer que lo detestaba, incluso más allá de sus deméritos.
devastante forunculosi, che deturpava il suo viso, e per di Orsino era joven, era sólo dieciséis años, era alto y
più era orbo di un occhio, al punto da coprirlo con una delgado, pero no en todos guapo: él sufría de un
fascia nera. Giulia non osò ribellarsi a quanto era stato devastador forunculosi, que desfiguraron su rostro, y
deciso per lei, e del resto come avrebbe potuto? además tenía un ojo, lo suficiente para cubrir con una
banda negra. Giulia no se atrevió a rebelarse contra lo
Si arrivò così al matrimonio, celebrato in prima persona que se había decidido por ella, y después de todo, ¿cómo
dal cardinal Rodrigo Borgia nel suo sontuoso palazzo podría hacerlo ella?
romano non lontano da Campo de Fiori. Era il il 21 Así que llegamos a la boda, celebrada en primera
maggio 1489: in quell'epoca Giulia, da almeno un anno, persona por el cardenal Rodrigo Borgia en su suntuoso
era già diventata l'amante del futuro papa. Ci sembra di palacio romano no lejos de Campo de Fiori. Era el 21 de
vederli, gli sguardi allusivi del Borgia, vecchio e mayo de 1489: en ese momento Giulia, durante al menos
impenitente mandrillo che di Giulia aveva colto le un año, ya se había convertido en la amante del futuro
primizie, in una sorta di anacronistico ius primae noctis. E Papa. Parece que los vemos, los ojos alusivos de los
quelli delle due gran dame, Giovannella e Adriana, che Borgia, un mandril viejo e impenitente que se había
tanto avevano brigato per così poco onorevole esito; e di apoderado de los primeros frutos de Giulia, en una
Giulia stessa, ragazza schietta, semplice e ingenua, se especie de anacrónico ius primae noctis. Y las de las dos
vogliamo, ma maliziosa e oltremodo seduttiva. Sguardi grandes damas, Giovannella y Adriana, que tuvieron
incrociati con quelli di tutti coloro che, probabilmente tanta brigada por tan poco honorífico resultado; y de
tanti, presenti alla sfarzosissima cerimonia, erano a Giulia, una chica sincera, simple e ingenua, si queremos,
conoscenza del torbido retroscena. Solo Orsino, con ogni pero traviesa y extremadamente seductora. Se cruza con
evidenza, ne era del tutto ignaro, e magari mascherava la aquellos de todos los que, probablemente muchos,
sua timidezza beandosi in cuor suo di tanto splendida presentes en la ceremonia más exquisita, eran
consorte. conscientes del fondo turbio. Solo Orsino, con toda la
Giulia, com'era suo dovere, seguì Orsino nel feudo di evidencia,
Bassanello. Possiamo immaginare con quanto Giulia, como era su deber, siguió a Orsino en el feudo de
entusiasmo. Fatto sta che ben presto ogni pretesto fu Bassanello. Podemos imaginarnos con cuánto
buono per allontanarsene, e con sempre maggiore entusiasmo. El hecho es que pronto cada excusa era
frequenza. Le occasioni non le mancarono: vuoi per buena para escaparse, y con una frecuencia cada vez
recarsi nella residenza romana degli Orsini, in Monte mayor. Las oportunidades no faltaron: quieres ir a la
Giordano; vuoi per far visita alla suocera, nel palazzo residencia romana de Orsini, en Monte Giordano;
romano a due passi da San Pietro dove Adriana viveva Quieres visitar a la suegra, en el palacio romano, a pocos
insieme a Lucrezia, giovane figlia di suo cugino Rodrigo pasos de San Pietro, donde Adriana vivía con Lucrezia,
Borgia. una joven hija de su primo Rodrigo Borgia.
E proprio a Roma, il 30 novembre 1492, Giulia - appena Y justo en Roma, el 30 de noviembre de 1492, Giulia -
diciottenne- partorì la sua prima (ed unica) figlia, una sólo dieciocho años- dio a luz a su primera (y única) hija,
bella bambina di nome Laura. Da poco più di tre mesi il una hermosa niña llamada Laura. Durante un poco más
cardinal Rodrigo Borgia era diventato papa, con il nome de tres meses, el Cardenal Rodrigo Borgia se convirtió en
di Alessandro VI. Papa, con el nombre de Alejandro VI.
Sarebbe fin troppo facile pensare che il vero padre di Sería demasiado fácil pensar que el verdadero padre de
Laura non fu Orsino ma Rodrigo, il nuovo papa. E infatti Laura no era Orsino sino Rodrigo, el nuevo Papa. Y, de
molti lo pensarono. E qualche volta anche Giulia lo lasciò hecho, muchos lo pensaron. Y a veces incluso Giulia lo
credere… ma le cose non stanno così. Alessandro VI, in deja creer ... pero las cosas no son así. Alejandro VI, en
una sua famosa lettera a Giulia, seppur indirettamente, una de sus famosas cartas a Giulia, aunque
smentisce questa ipotesi. E poi il Borgia, per quanto indirectamente, niega esta hipótesis. Y entonces los
perverso e crudele, era attaccatissimo ai suoi figli e Borgia, por muy perversos y crueles que fueran, estaban
sicuramente il suo atteggiamento verso Laura sarebbe muy apegados a sus hijos y seguramente su actitud hacia
stato diverso se fosse stato veramente suo padre. Laura habría sido diferente si hubiera sido realmente su
La nascita di Laura costituì comunque il pretesto per il padre.
definitivo allontanamento di Giulia da Bassanello; in ciò El nacimiento de Laura fue, sin embargo, un pretexto
confortata dai consigli dell'ineffabile suocera, che certo para la eliminación definitiva de Giulia de Bassanello; en
non avrà fatto mancare la sua materna premura per lo que confortado por el consejo de la madre-en-ley
smorzare le resistenze e i dubbi del giovane figlio Orsino, inefable, que sin duda no se pierda su cuidado maternal
sicuramente non entusiasta del fatto che la moglie si para amortiguar la resistencia y las dudas del joven hijo
trasferisse a Roma sotto la protezione del papa, sulla Orsino, definitivamente no encantados de que la mujer
natura del cui interesse per Giulia aveva, ormai, ben poco se instala en Roma bajo la protección del Papa, en la
da dubitare. naturaleza de su interés por Giulia tenía ahora pocas
dudas.
La vita romana esaltò lo spirito frivolo e mondano della
giovanissima Giulia: vicinissima al suo Rodrigo, ormai La exaltada vida romana como el espíritu frívola y
quasi schiavo della sua senile e incontenibile passione, e mundana de la joven Julia: cerca de su Rodrigo, casi
al tempo stesso al centro della generale ammirazione per esclavo de su pasión senil e incontrolable, y sin embargo,
la sua bellezza, il suo fascino, la sua eleganza. en el centro de admiración por su belleza, su encanto, su
Le tre dame, Giulia, Adriana e Lucrezia, insieme alla elegancia.
piccola Laura, vivevano dunque in grande concordia e Las tres damas, Giulia, Adriana y Lucrecia, junto con la
armonia nel palazzo, assai prossimo a San Pietro, che il pequeña Laura, vivían en gran armonía y armonía en el
Borgia aveva destinato alla figlia Lucrezia. Quando palacio, muy cerca de San Pietro, que los Borgia habían
quest'ultima, appena quattordicenne, andò in sposa a destinado a su hija Lucrezia. Cuando este último, de solo
Giovanni Sforza, signore di Pesaro, tutta la "brigata" catorce años, se casó con Giovanni Sforza, señor de
(come la chiamava il papa) si trasferì in quella città. Per la Pesaro, toda la "brigada" (como la llamaba el Papa) se
prima volta nella sua vita Giulia si allontanava dai luoghi mudó a esa ciudad. Por primera vez en su vida Giulia se
dove era nata e cresciuta. Fu, molto probabilmente, alejó de los lugares donde nació y se crió. Fue, muy
anche l'unica volta. probablemente, también el único momento.
Il soggiorno a Pesaro doveva comunque rivelarsi assai La estancia en Pesaro, sin embargo, tuvo que ser muy
piacevole, tanto che si prolungò oltre il previsto. agradable, tanto que se extendió más allá de lo esperado.
Fu così che Alessandro VI, trascorso poco più di un mese Así fue como Alejandro VI, que pasó poco más de un mes
dalla partenza delle dame, cominciò a reclamarne il desde la partida de las damas, comenzó a reclamar su
ritorno a Roma. Un fatto nuovo veniva però turbare i regreso a Roma. Un nuevo hecho, sin embargo, perturbó
piani del papa: arriva infatti alla corte di Pesaro la notizia los planes del Papa: de hecho, la noticia de las graves
delle gravi condizioni in cui versa nella Rocca di condiciones en que vivía en la Rocca di Capodimonte
Capodimonte Angelo Farnese, fratello di Giulia. Come Angelo Farnese, el hermano de Giulia, llegó a la corte de
sempre sensibile ai richiami del sangue, incurante di ogni Pesaro. Como siempre sensible a las llamadas de sangre,
preghiera e sfidando la prevedibile ira papale, Giulia ajena a todas las oraciones y desafiando la ira previsible
parte immediatamente alla volta di Capodimonte, dove del Papa, Julia inmediatamente se dirige a Capodimonte,
però troverà il fratello già morto. donde encontrará que su hermano ya está muerto.
Si era nel pieno dell'estate: l'aria natale di Capodimonte Fue en pleno verano: el aire autóctono de Capodimonte
giovava a Giulia che vi si trattenne a lungo, benefició a Giulia, que permaneció allí durante mucho
allontanandosene solo per trascorrere il ferragosto a tiempo, alejándose solo para pasar las vacaciones de
Gradoli. agosto en Gradoli.
Sul far dell'autunno la situazione sembrò precipitare: Hacia el otoño la situación era desesperada: la
alle insistenze minacciose del papa che pretendeva il insistencia en peligro de la papa que exigió el regreso de
ritorno di Giulia a Roma si aggiunsero le recriminazioni e Julia en Roma se unió a las recriminaciones y amenazas
le minacce di Orsino che esigeva a gran voce il rientro de Orsino, que a gritos exigían el regreso de su esposa en
della moglie a Bassanello. La situazione fu affrontata dal Bassanello. La situación fue abordada por los Borgia,
Borgia, al solito, con arrogante determinazione: como de costumbre, con un asalto arrogante
tempestando di lettere al curaro tutti i suoi interlocutori determinación de letras curare todos sus grupos de
(Adriana Mila, Il cardinal Alessandro Farnese, Giulia, lo interés (Adriana Mila, el cardenal Alessandro Farnese,
stesso Orsino…) e rinfacciando loro i grandi benefici Giulia, la misma Orsino ...) y los reprochando los grandes
concessi arrivò a minacciarli di scomunica e confisca dei beneficios que otorga llegaron a amenazar excomunión y
beni, qualora si fossero opposti al suo volere. Ad Orsino confiscación de activos, si se oponían a su voluntad. En
fu comunque riconosciuta una cospicua elargizione per le Orsino, sin embargo, se reconoció una donación
sue truppe. conspicua para sus tropas.
Tutto magicamente si risolse. Todo mágicamente resuelto.
Giulia poteva finalmente ritornare a Roma! ¡Giulia finalmente podría regresar a Roma!
Ma come in ogni feuilleton che si rispetti, non poteva
mancare l'imprevisto e la sorpresa finale: sulla via del Pero como en cualquier telenovela digno de respeto,
ritorno, poco dopo aver lasciato Capodimonte, il que no podía faltar lo inesperado y la sorpresa final: en el
convoglio delle dame, scortato da ben trenta cavalieri camino de regreso, poco después de salir de
che il papa aveva appositamente inviato da Roma, fu Capodimonte, el convoy de las damas, acompañado por
fermato dalle soldataglie di Carlo VIII, re di Francia, che una treintena de jinetes que el Papa había enviado
da poco era calato con le sue truppe in Italia. I trenta especialmente desde Roma, fue detenido por los
cavalieri "da parata", più che da combattimento, non soldados de Carlos VIII, rey de Francia, que
tentarono alcuna resistenza. I francesi, saputo con chi recientemente había caído con sus tropas en Italia. Los
avevano a che fare, pensarono bene di trarne il massimo treinta caballeros del "desfile", más que peleadores, no
profitto: sequestrarono le tre dame (Adriana, Giulia e sua intentaron ninguna resistencia. El francés, sabía con
sorella Girolama) e le rinchiusero nella Rocca di quién estaban tratando con, pensó que era mejor sacar el
Montefiascone , chiedendo al papa un forte riscatto. máximo beneficio, se apoderó de las tres damas (Adriana,
Alessandro VI, oltremodo allarmato, pagò senza fiatare e Julia y su hermana Girolama) y encerrado en la fortaleza
intraprese immediati contatti diplomatici con il re di de Montefiascone, pidiendo al Papa un alto rescate.
Francia al fine di pervenire ad una pronta liberazione Alejandro VI, muy alarmado, pagó sin murmurar e
delle tre donne, come in effetti avvenne. inmediatamente estableció contactos diplomáticos con el
Fu così che, dopo aver trascorso qualche giorno nella rey de Francia para lograr una pronta liberación de las
Rocca di Montefiascone (più come ospiti che come tres mujeres, como efectivamente sucedió.
prigioniere), Giulia e le altre dame, scortate da un vero e Y así, después de pasar unos días en la fortaleza de
proprio esercito di centinaia di cavalleggeri, entrarono Montefiascone (más como huéspedes que como
trionfalmente a Roma, per la gioia del papa che in gran prisioneros), Giulia y las otras damas, escoltados por un
pompa andò ad accoglierle in prima persona con il suo verdadero ejército de cientos de caballería, entró
fitto seguito. triunfalmente en Roma, para el deleite de la Papa quien
Giulia, bellissima e fresca, sorrise al suo "salvatore": en gran pompa fue a darles la bienvenida en persona con
nulla, ormai, poteva più contrastare il loro amore la loro sus ocupados seguidores.
passione. Giulia, bella y fresca, le sonrió a su "salvadora": ahora
nada podía contrastar su amor con su pasión.
Il giallo delle ossa di Giulia Farnese, la bella amante del papa Borgia
El amarillo de los huesos de Giulia Farnese, la bella amante del Papa Borgia
(2, 3, 4) Viterbo, Palazzo Farnese, aquí Giulia vivía con su hermano Alessandro (futuro Papa Paolo III) (2)
(5) La Fortaleza de Montefiascone, Giulia fue encarcelada por Carlos VIII (1)