Nelle ferie che ammettono la celebrazione di una memoria facoltativa, per giusta
causa si può celebrare con il medesimo rito (cfr. nn. 234-235) l’Ufficio di qualche santo
iscritto in quel giorno nel Martirologio Romano o nella sua Appendice debitamente
approvata.
245. Eccetto che nelle solennità, nelle domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, nel
Mercoledì delle Ceneri, nella Settimana santa, durante l’ottava di Pasqua e nel 2
novembre, per causa pubblica o per devozione si può celebrare, in tutto o in parte, un
Ufficio votivo: ciò può avvenire, per esempio, a motivo di un pellegrinaggio, di una
festa locale, della solennità esterna di qualche santo.
GENNAIO
FEBBRAIO
MARZO
APRILE
MAGGIO
GIUGNO
LUGLIO
AGOSTO
SETTEMBRE
NOVEMBRE
DICEMBRE
Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi,
ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico.
Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino
da Siena (1380-1444), continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-
1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494).
Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo
intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e
privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro.
Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla
facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio
di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano
predicato o soggiornato. Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano
Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo
francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta
al termine benediceva i fedeli.
Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei
pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS
che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre
spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus
Hominum Salvator”. Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale
è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli
e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta
la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore.
Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi
la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H. Il significato mistico dei raggi serpeggianti era
espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi;
4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8°
aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti;
12° gloria dei trionfanti. Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino
tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli
esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo,
diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi
fu adottato anche dai Gesuiti.
Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù,
come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo
Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di
falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo
della Resurrezione e dell’Ascensione.
In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in
alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il
Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato
Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del
nome di Gesù.
La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice
del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in
tutto il mondo. Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei
Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese
Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro
con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.
Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del
Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa
da papa Innocenzo XIII nel 1721. Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio,
per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. Papa Giovanni
Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
____________________________________________________________________
INVITATORIO
INNO
O Gesù, sei la nostra salvezza,
sei l’amore e la nostra speranza.
Creatore del mondo e Signore
fatto uomo alla fine dei tempi.
SALMO 8
SALMO 18
Ti siano gradite *
le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore, *
Signore, mia rupe e mio redentore.
SALMO 23
PRIMA LETTURA
Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del
pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo
ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta «Bella» a chiedere l'elemosina
a coloro che entravano nel tempio. Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per
entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina.
Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: «Guarda verso
di noi». Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro
gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù
Cristo, il Nazareno, cammina!». E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i
suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro
nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e
lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta
Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.
Mentr'egli si teneva accanto a Pietro e Giovanni, tutto il popolo fuor di sé per lo
stupore accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse
al popolo: «Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci
come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest'uomo? Il Dio
di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo
Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso
di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse
graziato un assassino e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti
e di questo noi siamo testimoni. Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha
dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest'uomo
la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
R. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù: * Egli salverà il
suo popolo dai suoi peccati.
V. Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo, prima di essere
concepito nel grembo della madre.
R. Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati.
SECONDA LETTURA
Lodi mattutine
INNO
O Gesù, Tu sei mite e clemente,
sei la sola speranza di gioia,
sei la vera letizia del cuore
sei sorgente di grazia e dolcezza.
Il proprio francescano prevede i salmi della domenica della I settimana con antifone
proprie e lettura breve propria.
LETTURA BREVE At 4, 12
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il
cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati.
RESPONSORIO BREVE
INVOCAZIONI
Gesù, nel quale sono racchiusi tutti i tesori della sapienza e della scienza,
- manifesta al mondo per mezzo della Chiesa la tua multiforme sapienza.
Padre nostro.
ORAZIONE
Guarda, o Padre, questa tua famiglia che onora il santo Nome di Gesù tuo Figlio:
donaci di gustare la sua dolcezza in questa vita, per godere la felicità eterna nella patria
del cielo. Per il nostro Signore
O Dio, che nell'incarnazione del tuo Verbo hai posto fondamento all'opera della
salvezza del genere umano: concedi la tua misericordia al popolo che la implora, perché
tutti riconoscano che non c'è altro nome da invocare per essere salvati, se non quello
del tuo unico Figlio. Egli è Dio.
Vespri
INNO
O Gesù, trionfatore sovrano,
Tu sei degno di tutta la gloria:
sei dolcezza ineffabile e pura
che soddisfa la sete del cuore.
SALMO 45
SALMO 115
ma spogliò se stesso, †
assumendo la condizione di servo *
e divenendo simile agli uomini;
Noi preghiamo di continuo per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua
chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera
della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in
lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONI
Gesù, re e centro di tutti i cuori, che ci ami con eterna carità e a te ci attiri con tanta
misericordia,
- rinnova con tutti gli uomini il tuo patto di amore.
Gesù, nostra pace e riconciliazione, che per mezzo della croce hai distrutto ogni
inimicizia, facendo di tutti i popoli un solo uomo nuovo,
- apri a noi la via che conduce al Padre.
Gesù, nostra vita e nostra risurrezione, riposo delle anime e ristoro di quelli che sono
oppressi,
- attira i peccatori al tuo Cuore misericordioso.
Gesù, obbediente per noi fino alla morte, per la tua immensa carità
- concedi ai fedeli defunti la pace e la felicità eterna.
Padre nostro.
ORAZIONE
Guarda, o Padre, questa tua famiglia, che onora il santo Nome di Gesù tuo Figlio:
donaci di gustare la sua dolcezza in questa vita, per godere la felicità eterna nella patria
del cielo. Per il nostro Signore.
O Dio, che nell'incarnazione del tuo Verbo hai posto fondamento all'opera della
salvezza del genere umano: concedi la tua misericordia al popolo che la implora, perché
tutti riconoscano che non c'è altro nome da invocare per essere salvati, se non quello
del tuo unico Figlio. Egli è Dio.
4 gennaio
Angela nacque a Foligno (Perugia) nel 1248 in una ricca famiglia e visse fra i benesseri e i
piaceri del mondo. Si sa con certezza che si sposò, ebbe dei figli e la madre soddisfaceva tutti i suoi
capricci. Ma cominciò, come lei stessa racconterà al Direttore Spirituale, il Conventuale Minore A.
(la tradizione decifra la A. con fra’Arnaldo) a «conoscere il peccato», come è riportato nel Memoriale
steso dallo stesso francescano. Andò a confessarsi, ma «la vergogna le impedì di fare una confessione
completa e per questo rimase nel tormento».
Pregò San Francesco che le apparve in sogno, rassicurandola che avrebbe conosciuto la
misericordia di Dio. E la pace arrivò nel 1285, attraverso una confessione totale: aveva 37 anni. Iniziò
così una vita di austera penitenza: povertà dalle cose, povertà dagli affetti, povertà da se stessa. A
motivo della drastica conversione dovette affrontare ostilità ed ingiurie da parte della famiglia. Ma
lei perseverò anche quando morirono madre, marito, figli. Dopo la morte del marito distribuì tutti i
suoi beni ai poveri e si iscrisse al Terz’Ordine della Penitenza.
Angela si presenta come una delle più brillanti incarnazioni dell’ideale francescano della fine
del Duecento. In un primo tempo, in preda a strani fenomeni, fu giudicata sospetta dai frati minori;
ma intorno al 1290 la accettarono fra i penitenti del Terz’ordine. Il teologo Ubertino da Casale (citato
nella Divina Commedia) fu conquistato dal suo ideale spirituale e con lui fu strettamente coinvolta
nelle controversie che laceravano l’Ordine francescano, diventando una dei responsabili del
movimento rigorista.
Il Memoriale fu sottoposto ad esperti, fra cui il Cardinale Giacomo Colonna, che lo approvò
intorno al 1297. Questa autobiografia spirituale mostra i trenta passi che l’anima compie
raggiungendo l’intima comunione con Dio, attraverso la meditazione dei misteri di Cristo,
l’Eucaristia, le tentazioni e le penitenze. Esso rappresenta la prima sezione del Liber. La seconda
parte, nota come Instructiones, contiene documenti religiosi di vario tipo, curati da diversi e ignoti
redattori, dove si trovano anche le lettere che Angela scriveva ai suoi figli spirituali.
Nel 1291, come la mistica narrò al suo confessore, lungo il cammino che la conduceva ad
Assisi, fu alla presenza della Trinità: «Ho visto una cosa piena, una maestà immensa, che non so dire,
ma mi sembrava che era ogni bene. (…) dopo la sua partenza, cominciai a strillare ad alta voce (…)
Amore non conosciuto perché? (…) perché mi lasci?». La mistica di Foligno insegna che non c’è
vera vita spirituale senza l’umiltà e senza la preghiera. Questa può essere corporale (vocale), mentale
(quando si pensa a Dio) e soprannaturale (contemplazione): «In queste tre scuole uno conosce sé e
Dio; e per il fatto che conosce, ama; e perché ama, desidera avere ciò che ama. E questo è il segno
del vero amore: che chi ama non trasforma parte di sé, ma tutto sé nell’Amato».
Morì il 4 gennaio 1309 e venne sepolta a Foligno nella chiesa di San Francesco. Nel corso dei
secoli, fra i tanti che aderirono alla sua spiritualità, ricordiamo Santa Teresa d’Avila e la Beata
Elisabetta della Trinità. Angela comprese che la profonda comunione con Dio non è un’utopia, ma
una possibilità, impedita solo dal peccato: di qui la necessità della mortificazione e del sacrificio; per
raggiungere l’unione profonda con il Signore sono indispensabili l’Eucaristia e la meditazione della
Passione e Morte di Cristo, ai piedi della Croce, insieme a Maria Santissima.
Il 3 aprile 1701 furono concessi Messa ed Ufficio propri in onore della Beata. Infine il 9
ottobre 2013 Papa Francesco, accogliendo la relazione del Prefetto della Congregazione delle Cause
dei Santi, ha concesso la canonizzazione per equipollenza (possesso antico del culto; costante e
comune attestazione di storici degni di fede sulle virtù o sul martirio; ininterrotta fama di prodigi) ed
ha iscritto Angela da Foligno nel catalogo dei Santi, estendendone il Culto liturgico alla Chiesa
Universale.
Dal Comune delle sante: religiose, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO
℞. Una sola cosa è necessaria: * tu hai scelto la parte migliore, che non ti sarà tolta.
℣. Seduta ai piedi di Gesù, ascoltavi la sua parola:
℞. tu hai scelto la parte migliore, che non ti sarà tolta.
ORAZIONE
O Dio, che hai dato alla santa Angela da Foligno una profonda conoscenza dei
misteri del tuo Figlio, per i suoi meriti e la sua intercessione donaci di vivere in questo
mondo nella verità del Cristo, per meritare la gioia della tua manifestazione nella
gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
5 gennaio
Nacque a Cadice (Spagna) il 30 marzo 1743 dalla nobile famiglia López Caamaño. Esser frate
è l’ultima cosa che può pensare o desiderare: prova una grande ripugnanza (lo dirà lui stesso) per la
vita religiosa in genere e per quella cappuccina in particolare. Ad appena 9 anni è già orfano di
mamma e quella che ne prende il posto appartiene alla schiera delle donne velenose e spietate. Il
bambino non sa cosa siano gli slanci devozionali con cui una certa agiografia dipinge santi ancora in
fasce; a scuola non è certo un “secchione” e si accontenta del minimo necessario alla promozione.
Eppure la sua adolescenza comincia ad essere caratterizzata da “sussulti” (lui li chiamerà
proprio così), che sono delle autentiche incursioni di Dio nella sua vita. Il primo di questi lo prova a
13 anni e, quasi per uno scherzo del destino, proprio in una chiesa cappuccina, in cui è entrato per
consolarsi di un’interrogazione di filosofia andata male. I frati stanno cantando in coro la Liturgia
delle Ore e la sensazione provata dal ragazzino è indescrivibile: non se ne torna a casa senza prima
essersi fatto prestare le vite di San Fedele e di San Giuseppe da Leonessa.
Sarà per queste letture, o più facilmente perchè Dio è entrato prepotentemente nel suo cuore,
fatto sta che l’anno dopo già veste l’abito cappuccino, proprio quello per il quale aveva provato tanta
ripugnanza e, allo scoccare dei 15 anni, il 31 marzo 1758, inizia il noviziato tra i Frati Minori
Cappuccini a Siviglia.
Ma l’inaspettato slancio spirituale non si accompagna ad un maggior impegno scolastico e il
novizio sembra più interessato alla poesia castigliana che agli studi teologici. Ed ecco un altro
“sussulto”, questa volta decisivo, che improvvisamente viene a ravvivare una lezione di teologia
stancamente seguita. Nel giovanotto si sveglia un inaspettato desiderio di conoscere Dio, e in maniera
tale da poterlo far conoscere agli altri. Che non sia fuoco di paglia, lo dimostra il fatto che a 23 anni
è pronto per l’ordinazione sacerdotale e, subito dopo, a tuffarsi nell’apostolato attivo.
Siamo negli ultimi trent’anni del 1700 e il giovane cappuccino si sente mandato a “dichiarar
guerra al dominante libertinaggio e oscurissimo illuminismo di questo secolo tenebroso”. Lo fa, con
crescente successo, utilizzando il sistema delle missioni parrocchiali, delle quali egli diventa il
predicatore ricercato ed efficace che sa scuotere le coscienze, muovere a conversione, richiamare i
lontani, riscaldare i tiepidi. Nella celebrazione di avvio è solito “mandare avanti” la Madonna, la sua
“Divina Pastora”, quasi a farsi aprire da lei le strade delle coscienze e l’intelligenza degli uditori. Poi
è lui a riscaldarsi nella predicazione contro l’illuminismo ateo, senza risparmiare la cattiva stampa, le
corride, i balli, le commedie e i commedianti. Si fa un sacco di nemici, anche in ambito ecclesiastico,
perché nel denunciare il male e nel richiamare a conversione non guarda in faccia nessuno, fossero
pure i ricchi preti che hanno il coraggio di defraudare i poveracci.
Esiliato da una città, va a predicare in un’altra; perseguitato in una provincia va ad esporsi
pubblicamente in un’altra; confinato per anni in un convento, appena libero si spinge fino in
Portogallo ed anche nella parte settentrionale del Marocco, per essere ovunque “missionario della
misericordia”. A farne le spese è la sua salute, indebolita sempre più dalle fatiche dei viaggi e dai
dispiaceri patiti.
Si spegne, non ancora sessantenne, il 24 marzo 1801 ed il 1° aprile 1894 Leone XIII proclama
beato Diego Giuseppe da Cadice: incredibile a dirsi, malgrado dalla morte siano passati più di 90
anni, il suo ricordo e la notizia della sua beatificazione disturbano ancora il sonno (e la coscienza)
degli eredi dei suoi nemici di un tempo.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dal Decreto «Ad gentes» del Concilio ecumenico Vaticano II sull’attività missionaria
della Chiesa
(Nn. 4-5)
Il Signore Gesù Cristo, prima di sacrificare liberamente la sua vita per il mondo,
istituì il ministero apostolico e promise di mandare lo Spirito Santo in modo che
entrambi collaborassero sempre e in ogni luogo nel portare ad effetto l’opera della
salvezza.
Lo Spirito Santo tiene unita nella comunione e nel ministero tutta la Chiesa in
tutti i tempi e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici, vivificando, come
anima, le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli lo stesso spirito
missionario da cui era stato spinto Cri sto stesso. Previene visibilmente l’azione
apostolica, l’accompagna e la dirige senza posa in vari modi.
Il Signore Gesù, fin dall’inizio, chiamò presso di sé quelli che volle e fece sì che
fossero dodici con lui e li mandò a predicare (cfr. Mc 3, 13-15). Così gli apostoli furono
al tempo stesso il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito,
compiuti in se stesso, con la sua morte e risurrezione, i misteri della nostra salvezza e
della restaurazione di tutte le cose, il Signore, cui competeva ogni potere in cielo e in
terra, prima di ascendere al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza.
Mandò gli apostoli in tutto il mondo, come egli a sua volta era stato mandato dal Padre.
E comandò loro: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto
ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20).
Da qui deriva alla Chiesa il dovere di propagare la fede e la salvezza del Cristo.
E ciò in forza di un esplicito mandato che l’ordine dei vescovi ereditò dagli apostoli, a
cui si affiancano i sacerdoti insieme con il successore di Pietro, che è il supremo Pastore
della Chiesa. Ma la Chiesa esplica il suo compito missionario anche in forza della vita
che Cristo comunica alle sue membra.
La Chiesa, obbediente all’ordine di Cristo e mossa dalla grazia e dall’amore dello
Spirito Santo, si rende attualmente presente a tutti gli uomini e popoli per condurli, con
l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con tutti gli altri mezzi
della grazia alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo. Apre così la via spedita e sicura
alla partecipazione piena del mistero di Cristo.
R. Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura. * Chi crederà e sarà
battezzato, sarà salvo.
V. Se uno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
R. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo.
ORAZIONE
O Dio, che hai concesso al beato Diego da Cadice la sapienza dei santi e gli hai
affidato la salvezza del suo popolo, concedi a noi, per sua intercessione, di discernere
ci che è buono e giusto, e annunciare a tutti gli uomini la ricchezza insondabile che è
Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli.
7 gennaio
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
O Dio, gaudio e luce dei beati, che hai ornato di doni celesti san Carlo da Sezze,
ardente di carità divina; per la sua intercessione ascoltaci nella tua bontà, e accendi i
nostri cuori con il fuoco del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,
che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli.
Carolus a Setia, humili loco natus, iam a puero ex agrorum cultura sibi
cotidianum comparare victum coactus est; Ioachima vero de Vedruna nobili genere
orta est, eique, inde a tenella aetate ea omnia arridere visa sunt, quae divitiae, quae
honores, quae fluxae huius vitae voluptates facile pollicentur. Uterque tamen ad bona
potiora ac defutura numquam vocatus, pedetemptim ad excelsum sanctitatis apicem
pervenit.
Alter enim innocentiae candore ita enituit, ut adhuc puellus pastores agricolasque
comites ad se alliceret, eosdemque, qua exemplo suo, qua piis narratiunculis de rebus
a Iesu Christo vel a Sanctis Caelitibus hac in mortali vita gestis, qua denique
adhortationibus summa benignitate ac simplicitate animi habilis, ad christianam
assequendam virtutem advocabat. Tam incensa autem flagrabat erga Deum, erga
pauperes caritate, ut nihil magis cuperet quam piis precibus piisque meditationibus
vacare, atque egenis aptiore modo, quo posset, de suo subvenire. Virginitatis lilium,
quam inde ab adulescentia Immaculatae Virgini Mariae consecraverat, paenitentiae
spinis saeptum, omni semper diligentia illibatum servavit; utque non modo sensuum
illecebras et voluptatum blandimenta coërceret atque edomaret, sed ut etiam
peccatorum hominum flagitia expiaret, innocens corpus suum extenuabat ieiuniis
flagellisque cruentabat. Attamen semper benignitate summa, superna laetitia,
caelestique gaudio perfusus excipiebat omnes, quos poterat, eosque alloquio et opera,
pro viribus, consolabatur.
In Franciscalium Ordinem, ut vehementer optabat, tandem adscitus, processus
cotidie maiores in christianis adipiscendis virtutibus fecit; ac divina aspirante
faventeque gratia ad evangelicam vitae perfectionem citato gradu contendit. Tum
praesertim visus est angelicam, potius quam humanam, vitam gerere; ita ut non modo
sodalibus, sed moderatoribus etiam suis praeclaro esset exemplo. Et quo inde a puerili
aetate in Deum hominesque ferebatur amore, eo succrescentibus annis tam vehementer
exarsit, ut ad barbaras regiones proficiscendi veniam a moderatoribus suis expeteret,
operam non tantum daturus fratribus, sed sanguinem etiam, si oporteret, pro iis
effusurus ad catholicam religionem ad probosque mores reducendis.
Peculiari autem pietate Divinum Redemptorem Eucharisticis velis delitescentem
adamabat; quamobrem, quotiescumque sibi vacuum erat, ad eius aram longas traducere
horas adorando, precando, contemplandoque in deliciis habebat. Ob cuius quidem
incensissimae caritatis studium quodam die, ut memoriae traditur, caeleste praemium
accipere dignatus est. Etenim, cum in almae huius Urbis tempio divinam hostiam
publico cultui propositam adoraret, in eamque flagrantissimam suam effunderet
caritatem, ex eadem vidit refulgentem proficisci radium, qui ipsius cor, caelesti
aestuans amore, quasi demissum iaculum vulneravit. Ex eo igitur potissimum die has
Sancti Pauli sententias sibi tribuere potuit: « Mihi... vivere Christus est et mori lucrum
» (2); « desiderium habens dissolvi et esse cum Christo ». Quod quidem placidissimo
decessu evenit ante diem octavum idus Ianuarias, anno millesimo sescentesimo ac
septuagesimo.
11 gennaio
Nacque a Cori (Latina) il 4 giugno 1655 dalla famiglia Placidi, poveri agricoltori al battesimo
fu chiamato Francesco Antonio Placidi; già a 14 anni era orfano di entrambi i genitori, e così ancora
ragazzo dovette mandare avanti da solo la famiglia.
A 22 anni, sistemate in modo decoroso le due sorelle, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Francescani,
nel convento della SS. Trinità in Orvieto il 7 febbraio 1677, cambiando il suo nome di Francesco
Antonio in quello di frà Tommaso.
Per 5 anni fu allievo del celebre Lorenzo Cozza e nel 1683 a Velletri fu consacrato sacerdote
ricevendo nel contempo la patente di predicatore. Esercitò l’apostolato nella Diocesi di Subiaco e in
quelle confinanti con tale successo e profitto per quelle popolazioni, da essere classificato come
"l’apostolo del Sublacense".
Grande maestro di santità, espertissimo direttore spirituale, fu veduto più volte stare nel
confessionale, "dalla mattina fino a sera" digiuno.
Le sue efficaci predicazioni furono raccolte in un volume manoscritto; era molto richiesto per
l’assistenza spirituale al letto degli infermi. Aveva il dono di riportare la pace serafica fra persone in
contrasto, operò per riformare i pubblici costumi.
Sin da novizio divenne esempio di perfezione cristiana e religiosa e come tale, specchio per i
suoi confratelli, compreso quelli più anziani. Ancora in lui si condensarono tante altre virtù così come
viene riportato dal "Sommario dei processi" istruiti per la causa di beatificazione: la povertà. Non
volle mai accettare offerte per la celebrazione della s. Messa; l’umiltà, giunse perfino a farsi calpestare
dai confratelli all’ingresso del refettorio; una grande pazienza nel sopportare continue tentazioni nello
spirito e per una piaga in una gamba che lo tormentò per quarant’anni.
Pregava così profondamente assorto da sembrare fuori di sé e immobile come una statua. Gesù
Bambino gli apparve più volte durante la celebrazione della Messa. Ebbe il dono dei miracoli, come
la moltiplicazione di cibi, guarigioni, ecc., frequenti estasi, apparizioni di Gesù, della Vergine, di s.
Francesco.
Ma il suo nome è legato soprattutto alla grande opera dei "Ritiri" dell’Ordine Francescano.
Seguendo l’esempio del beato Bonaventura da Barcellona, fondò i ‘ritiri’ di S. Francesco in Civitella
(ora Bellegra) e di S. Francesco in Palombara Sabina, dei quali fu ripetutamente superiore.
Scrisse le Costituzioni del Ritiro che si conservano ancora autografe a Bellegra, regole rigide
di meditazione e vita religiosa; il Capitolo Generale di Murcia del 1756 le estese a tutti i ritiri
dell’Ordine Francescano.
Molti venerabili confratelli compreso s. Teofilo da Corte passarono per il ritiro di Bellegra,
che divenne così una fucina di aspiranti in santità.
Fu per molte anime maestro di santità ed esperto direttore di spirito. Benché adornato da Dio
di tanti doni soprannaturali, andò spesso soggetto a tentazioni, aridità di spirito, incomprensioni e
sofferenze di ogni genere, che sopportò sempre con invitta pazienza. Morì a 74 anni nel ritiro di
Bellegra l’11 gennaio 1729. La causa di beatificazione fu introdotta il 15 luglio 1737, auspici le
Diocesi di Subiaco, Velletri e Sabina. Fu beatificato da Pio VI il 3 settembre 1786 e canonizzato da
Giovanni Paolo II il 29 novembre 1999.
Dal comune dei santi: religiosi o dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
O Dio, che hai ispirato al beato Tommaso da Cori di cercarti nella solitudine e
di nutrire una squisita carità verso il prossimo, concedi a noi, sul suo esempio, di essere
protesi nella contemplazione dei beni del cielo, così da restare attenti alle necessità dei
fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
"Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ez 34, 11). Tommaso da Cori,
sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori, è stato immagine vivente del Buon Pastore.
Come guida amorevole, ha saputo condurre i fratelli affidati alle sue cure verso i pascoli
della fede, animato sempre dall'ideale francescano.
Nel Convento dimostrava il suo spirito di carità, rendendosi disponibile a
qualsiasi esigenza, anche la più umile. Visse la regalità dell'amore e del servizio,
secondo la logica di Cristo che, come canta la Liturgia odierna, "ha sacrificato se stesso
immacolata vittima di pace sull'altare della croce, operando il mistero dell'umana
redenzione" (Prefazio di Cristo Re).
Da autentico discepolo del Poverello d'Assisi, san Tommaso da Cori fu
obbediente a Cristo, Re dell'universo. Meditò ed incarnò nella sua esistenza l'esigenza
evangelica della povertà e del dono di sé a Dio ed al prossimo. Tutta la sua vita appare
così segno del Vangelo, testimonianza dell'amore del Padre celeste, rivelato in Cristo
e operante nello Spirito Santo, per la salvezza dell'uomo.
Rendiamo grazie a Dio che, lungo i sentieri del tempo, non cessa di suscitare
luminosi testimoni del suo Regno di giustizia e di pace. I dodici nuovi Santi, che oggi
ho la gioia di proporre alla venerazione del Popolo di Dio, ci indicano il cammino da
percorrere per giungere preparati al Grande Giubileo del Duemila. Non è, infatti,
difficile riconoscere nella loro esemplarità alcuni elementi che caratterizzano l'evento
giubilare. Penso, in particolare, al martirio ed alla carità (cfr Incarnationis Mysterium,
12-13). Più in generale, l'odierna celebrazione richiama il grande mistero della
comunione dei santi, fondamento dell'altro elemento qualificante del Giubileo che è
l'indulgenza (cfr Ivi, 9-10).
I Santi ci mostrano la via del Regno dei cieli, la via del Vangelo accolto
radicalmente. Sostengono, al tempo stesso, la nostra serena certezza che ogni realtà
creata trova in Cristo il suo compimento e che, grazie a Lui, l'universo sarà consegnato
a Dio Padre pienamente rinnovato e riconciliato nell'amore.
Ci aiutino San Cirilo Bertrán con gli otto Compagni, San Inocencio de la
Inmaculada, San Benedetto Menni e San Tommaso da Copri a percorrere anche noi
questo cammino di perfezione spirituale. Ci sostenga e protegga sempre Maria, Regina
di tutti i Santi, che proprio oggi contempliamo nella sua presentazione al Tempio. Sul
suo esempio, possiamo anche noi collaborare fedelmente al mistero della Redenzione.
Amen!
12 gennaio
Filippo Latini nacque il 6 febbraio 1605 a Corleone, in Sicilia. Forse esagerano un po’ i
contemporanei a definirlo “la prima spada di Sicilia”, ma certo è che chiunque viene a duello con lui
ne esce irrimediabilmente sconfitto. O anche peggio, come quel tal Vito Canino, che resta ferito ad
un braccio e sarà permanentemente invalido.
Non è, però, un attaccabrighe e un litigioso; semplicemente, un po’ troppo spesso viene presso
dalla “caldizza”, cioè gli ribolle il sangue davanti a ingiustizie e soprusi e così mette mano un po’
troppo facilmente alla spada. Viene da un paese, Corleone, che per noi oggi è più famoso per l’ex
primula rossa mafiosa che per aver dato i natali a lui nel 1605.
La sua casa viene comunemente definita “casa di santi” per la bontà dei suoi fratelli e
soprattutto per la carità di papà, calzolaio e bravo artigiano in pelletteria, che è abituato a portarsi a
casa gli straccioni e i poveracci incontrati per strada, per ripulirli, rivestirli e sfamarli. L’unica “testa
calda” è lui, giovanottone dalla costituzione forte ed imponente, che impara a fare il ciabattino nella
bottega di papà fino al giorno famoso in cui ferisce quel tal Canino che lo aveva sfidato a duello. La
vista del sangue e, soprattutto, il timore della vendetta e delle conseguenze di quel gesto, lo
consigliano di cercare rifugio nel convento dei cappuccini, dove pian piano matura la sua vocazione
religiosa.
Ha appena 19 anni e i superiori fanno fare anticamera alla “prima spada di Sicilia”, tanto che
solo a 27 anni può indossare il saio nel convento di Caltanissetta. I suoi bollenti spiriti si stemperano
lentamente con l’esercizio continuo della preghiera, della penitenza e della meditazione, e alla fine
viene fuori un uomo nuovo. Analfabeta e pertanto destinato ad essere un frate laico, svolge in
convento i lavori più umili, in cucina e in lavanderia. Superiori e confratelli sembrano esercitarsi a
farlo bersaglio di incomprensioni, malignità e umiliazioni attraverso le quali lui, adesso, passa
imperturbato. Anche il demonio non lo lascia tranquillo, apparendogli sotto forma di animale e
bastonandolo così rumorosamente da impaurire tutto il convento, ed egli lo tiene a bada soltanto con
la preghiera, perchè, dice, “l’orazione è il flagello del demonio ed egli teme più l’orazione che i
flagelli e i digiuni”. Anche se lui non fa economia né di questi né di quelli, sottoponendosi a penitenze
che hanno dell’incredibile, soprattutto per un uomo della sua stazza e dall’appetito robusto, che si
accontenta di qualche tozzo di pane duro ed a volte si priva anche di quello. Da stupirsi che, come
dice la gente, attorno a questo frate fioriscano cose prodigiose che fanno gridare al miracolo?
Consumato dalle penitenze e dalla fatica, trova il suo posto accanto al tabernacolo, dove prega
in continuazione, e qui si ammala il giorno dell’Epifania del 1667. Muore il 12 gennaio, ad appena
62 anni e prima di seppellirlo devono cambiare per ben 9 volte la sua tonaca, perché tutte erano state
fatte a pezzettini dai fedeli che volevano avere una reliquia. Beatificato da Clemente XIII il 15 maggio
1768 e e canonizzato da Giovanni Paolo II il 10 giugno 2001, Bernardo da Corleone, dopo 400 anni,
diventa oggi un simbolo per la sua città, che vuole riscattarsi dalla fama di coppole e padrini che
fanno ormai parte dell’immaginario collettivo.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Lodi mattutine
ORAZIONE
Vespri
"Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché
grande è il suo amore per noi" (Ant. d'inizio).
Sempre, ma specialmente nell'odierna festa della Santissima Trinità, l'intera
Liturgia è orientata al mistero trinitario, sorgente di vita per ogni credente.
"Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo": ogni volta che
proclamiamo queste parole, sintesi della nostra fede, adoriamo l'unico e vero Dio in tre
Persone. Contempliamo attoniti questo mistero che ci avvolge totalmente. Mistero di
amore; mistero di ineffabile santità.
"Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell'universo" canteremo tra poco, entrando
nel cuore della Preghiera eucaristica. Il Padre ha tutto creato con saggezza e amorevole
provvidenza; il Figlio con la sua morte e risurrezione ci ha redenti; lo Spirito Santo ci
santifica con la pienezza dei suoi doni di grazia e di misericordia.
Possiamo a giusto titolo definire l'odierna solennità una "festa della santità". In
questo giorno, pertanto, trova la sua più opportuna cornice la cerimonia di
canonizzazione di cinque Beati: Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da
Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès. […]
"Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo". Alla luce del mistero della Trinità
acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone,
anch'egli elevato oggi agli onori degli altari. Di lui tutti si meravigliavano e si
domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della
Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo
costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto
attestano concordi che "egli sempre stava intento nell'orazione", "mai cessava di orare",
"orava di continuo " (Summ., 35). Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava
nell'Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso
apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di
inquietudini.
Anche oggi il mondo ha bisogno di santi come Fra' Bernardo immersi in Dio e
proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l'amore. L'umile esempio di questo
Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio
la preghiera e l'ascolto di Dio l'anima dell'autentica santità. […]
"O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal
8,2.10). Contemplando questi fulgidi esempi di santità, ritorna spontanea nel cuore
l'invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo
mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro
testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio
e la sua giustizia.
Maria, Regina di tutti i Santi, che per prima hai accolto la chiamata
dell'Altissimo, sostienici nel servire Dio e i fratelli. E voi camminate con noi, santi
Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri,
Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, perché la nostra esistenza, come la vostra, sia lode al
Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen!
14 gennaio
Nacque a Villanova di Pordenone, nella seconda metà del XIII secolo dalla famiglia Matteucci
(Mattiuzzi), giovanissimo si fece francescano a Udine. Fu uno dei rari viaggiatori occidentali in
Estremo Oriente nel Medio Evo. Il racconto del suo viaggio, dettato a frate Guglielmo da Solagna, è
ritenuto autentico e affidabile. Per contro, quello scritto in antico francese, nella seconda metà del
XIV secolo fu arricchito da John Mandeville con scene e racconti immaginari.
Entrato giovane in convento, dopo una esperienza di vita eremitica, fu ordinato sacerdote a 25
anni. Dopo alcuni anni da predicatore in vari conventi d'Italia, nel 1314 fu inviato dal suo Ordine in
Oriente. Partì per mare da Venezia da dove raggiunse Costantinopoli, da qui ancora per mare
raggiunse Trebisonda. Visse in terra armena per un certo periodo presso un convento della sua
comunità a Erzurum, per approfondire la conoscenza delle lingue orientali. Scese poi nei territori
dell'attuale Iraq da prima a Tabriz e poi a Sultaniya, anche qui soggiornò presso un convento del suo
ordine. Scese poi a sud toccando varie città persiane tra cui Kashan, Yazd, Persepoli e Shiraz per
raggiungere il Golfo Persico. A Ormuz si imbarcò per l'India, dove sbarcò dopo un viaggio di una
ventina di giorni a Thana, città nei pressi dell'attuale Bombay.
In questa città quattro suoi confratelli: fra Tommaso da Tolentino, Giacomo da Padova,
Demetrio Georgiano e Pietro da Siena. vennero martirizzati alcuni anni prima. I corpi dei martiri
furono portati dal padre domenicano Jordanus Catalani a Supera, cittadina ad una quarantina di
chilometri a nord di Bombay dove vennero sepolti. Odorico ne dissotterrò i corpi e prese con se le
spoglie nel lungo viaggio verso la Cina. Riprese il viaggio per mare scendendo le coste occidentali
dell'India, raggiunse probabilmente l'isola di Ceylon, risalì la costa orientale indiana per portarsi sulla
tomba di san Tommaso apostolo a Maylapur nei pressi di Madras.
Lasciate le coste indiane su una giunca, raggiunse l'isola di Sumatra, toccò vari porti
meridionali di questa isola e poi raggiunse l'isola di Giava e probabilmente del Borneo. Qui le
descrizioni del viaggiatore si fanno confuse, in quanto i nomi citati non sono più riconoscibili oggi.
Secondo alcuni toccò varie isole dell'arcipelago filippino e forse anche alcune isole meridionale del
Giappone.
Giunse in fine nel porto di Chin-Kalan l'attuale Canton nella Cina meridionale. Qui fu grande
lo spavento di Odorico nell'apprendere che i doganieri avrebbero ispezionato la nave in cera di merce
proibita all'importazione. Tra queste merci proibite vi erano le ossa dei martiri. Ma gli ispettori non
trovarono le ossa dei martiri francescani e Odorico le poté portare fino al porto di Xiamen (Amoy)
dove furono in fine traslate in uno dei due conventi dell'Ordine esistenti in città.
Interessante notare come i figli di san Francesco, morto appena cento anni prima, già avevano
raggiunto gli estremi confini del mondo allora conosciuto. Questa espansione, come spiegò Odorico,
fu in parte favorita dallo sterminato Impero Mongolo, instauratosi in quegli anni in Asia. I Mongoli,
non avendo una religione propria, furono influenzati dalle religioni dei popoli che incontrarono.
Divennero mussulmani in Persia, buddisti in India e seguaci di Confucio in Cina e furono anche
affascinati dalla predicazione dei missionari cristiani che raggiunsero le loro contrade.
Proseguì il viaggio verso nord, toccò Fuzhou e attraverso il monte giunse a Zhejiang e
Hangzhou, allora conosciuta come la città più grande del mondo. Proseguì poi per Nanchino e
attraversato il fiume Azzurro si imbarcò sul Gran Canale per raggiungere la capitale dell'impero allora
chiamata Kambalik l'attuale Pechino.
Qui visse per tre anni presso la missione del suo confratello e arcivescovo Giovanni da
Montecorvino allora già molto anziano.
Riprese il cammino verso casa attraverso l'Asia Centrale, ma qui il racconto di fra Odorico si
fa meno preciso e i riferimenti geografici sono confusi. Probabilmente attraversò il Tibet, giunse nel
nord della Persia e poi di nuovo in Armenia fino al porto di Trebisonda dove si imbarcò per Venezia
giungendovi alla fine degli anni venti.
Nel maggio del 1330, su richiesta del suo superiore Guidotto, Odorico, ospite del monastero
presso la Basilica di Sant'Antonio, dettò il resoconto del suo viaggio al frate Guglielmo di Solagna.
Da lì Odorico, per adempiere il compito affidatogli dall'arcivescovo Giovanni da
Montecorvino di informare il Papa su quanto visto in Estremo Oriente, riprese il cammino per
raggiungere la curia papale ad Avignone; l'itinerario prescelto prevedeva un viaggio via terra fino a
Pisa, poi via mare fino a Marsiglia e quindi ad Avignone.
Il suo viaggio si interrompe a Pisa: non ce la fa più. Cade ammalato e faticosamente torna ad
avviarsi verso il Friuli. Fa una sosta ancora a Padova, ed eccolo infine ricoverato nel convento udinese
di San Francesco. Qui frate Odorico si spegne il 14 gennaio 1331, subito venerato come operatore di
miracoli. Ma solo nel 1755 un Pontefice (Benedetto XIV) sanzionerà il culto per lui, col titolo di
beato. I suoi resti sono stati collocati nella chiesa udinese della Madonna del Carmelo.
Lo stesso Benedetto IV due anni più tardi concesse all'Ordine dei Frati Minori la facoltà di
celebrarne la festa, facoltà poi estesa alle diocesi di Udine e di Concordia-Pordenone.
Nel XX secolo dopo la pubblicazione dell'edizione critica nel 1929 della relazione del viaggio
missionario di Odorico, si ridestò l'interesse per la ripresa della Causa di canonizzazione del beato.
Nel 1982 si svolse un Convegno di studio sulla vita e l'opera del beato Odorico e nel 1994 il Ministro
provinciale di Padova, padre Agostino Gardin, avanzava esplicita richiesta per la ripresa della Causa.
Il 15 aprile 1994 il postulatore padre Ambrogio Sanna ha presentato il supplex libellus
all'Arcivescovo di Udine, che ha proceduto all'istituzione di una commissione di storici per la raccolta
della documentazione che consenta di provare non solo la continuità del culto, ma soprattutto l'eroicità
delle virtù esercitate dal beato Odorico.
Il 9 gennaio 2002 vi fu l'apertura solenne del processo di canonizzazione del grande
missionario friulano in Oriente.
Dal Comune dei pastori: per un missionario, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture
SECONDA LETTURA
Dal Decreto «Ad gentes» del Concilio Vaticano II sull'attività missionaria della Chiesa.
(Nn. 4-5)
Il Signore Gesù Cristo, prima di immolare liberamente la sua vita per il mondo,
ordinò il ministero apostolico e promise l'invio dello Spirito Santo in modo che
entrambi collaborassero sempre e dovunque nella realizzazione dell'opera della
salvezza.
Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi «unifica tutta la Chiesa nella
comunione e nel ministero, e la munisce con diversi doni gerarchici e carismatici»,
vivificando — come loro anima — le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore
dei fedeli quello spirito missionario, da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi
previene visibilmente l'azione apostolica, come, in varia maniera, incessantemente
l'accompagna e dirige.
Il Signore Gesù, fin dall'inizio «chiamò presso di Sé quelli che Egli voleva e ne
costituì dodici perché fossero con Lui e per mandarli a predicare». Gli Apostoli furono
così ad un tempo il seme del nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia.
In seguito, una volta compiuti in se stesso, con la sua morte e risurrezione, i
misteri della nostra salvezza e dell'universale restaurazione, il Signore, che aveva
ricevuto ogni potere in cielo ed in terra, prima ancora di essere assunto in cielo, fondò
la sua Chiesa come il sacramento della salvezza ed inviò i suoi Apostoli nel mondo
intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre, e comandò loro: «Andate
dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho
comandato».
Da qui deriva alla Chiesa il dovere di diffondere la fede e la salvezza del Cristo,
sia in forza dell'esplicito mandato, che l'Ordine Episcopale, coadiuvato dai Sacerdoti
ed unito al Successore di Pietro che è il Supremo Pastore della Chiesa, ha ereditato
dagli Apostoli, sia in forza di quella vita che Cristo comunica alle sue membra: «Da
lui infatti tutto quanto il corpo, costruito e compaginato per ogni giuntura che serve a
somministrare il necessario secondo la funzione di ciascun membro, opera il proprio
accrescimento edificandosi nella carità».
Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso quell'operazione per la
quale, in adesione all'ordine di Cristo e sotto l'influsso della grazia e della carità dello
Spirito Santo, diventa in atto pieno presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli
con l'esempio della vita e la predicazione, con i sacramenti e con gli altri mezzi della
grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, aprendo loro libera e sicura la via
per partecipare in pieno al mistero di Cristo.
RESPONSORIO Mc 16, 15-16; Gv 3, 5
℞. Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura; * chi crederà e sarà
battezzato, sarà salvo.
℣. Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
℞. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, che per lo zelo apostolico del beato Odorico hai condotto alla tua Chiesa
molti popoli dell’Oriente, concedici, per sua intercessione, di restare saldi nella fede e
di vivere nella speranza del Vangelo, da lui predicato. Per il nostro Signore.
Vespri
Sei anni dopo la sua conversione, fondato l’Ordine dei Frati Minori, San Francesco si sentì
acceso dal desiderio di martirio e decise di recarsi in Siria per predicare la fede e la penitenza agli
infedeli. La nave su cui viaggiava finì però a causa del vento sulle rive della Dalmazia ed egli fu
costretto a ritornare ad Assisi. Il desiderio di ottenere la corona del martirio continuò comunque a
pervadere il cuore di Francesco e pensò allora di mettersi in viaggio verso il Marocco per predicare
il Vangelo di Cristo al Miramolino, capo dei musulmani, ed ai suoi sudditi. Giuntò in Spagna, fu però
costretto nuovamente a fare ritorno alla Porziuncola da un’improvvisa malattia.
Nonostante i due insuccessi subiti, organizzò l’Ordine in province e provvide a mandare
missionari in tutte le principali nazioni europee. Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto furono
tra i primi giovani provenienti da Calvi, San Gemini, Stroncone e forse da Narni, che vollero unirsi a
Francesco d'Assisi. Nella Pentecoste del 1219 diede inoltre licenza al sacerdote Otone, al suddiacono
Berardo ed ai conversi Vitale, Pietro, Accursio, Adiuto, di recarsi a predicare il Vangelo ai saraceni
marocchini, mentre egli optò per aggregarsi ai crociati diretti in Palestina, al fine di visitare i luoghi
santi e convertire gli infedeli indigeni.
Ricevuta la benedizione del fondatore, i sei missionari raggiunsero a piedi la Spagna. Giunti
nel regno di Aragona, Vitale, capo della spedizione, si ammalò, ma ciò non impedì agli altri cinque
confratelli di proseguire il loro cammino sotto la guida di Berardo. A Coimbra, in Portogallo, la regina
Orraca, moglie di Alfonso II, li ricevette in udienza. Si riposarono alcuni giorni nel convento di
Alemquer, beneficiando dell’aiuto dell’infanta Sancha, sorella del re, che fornì loro degli abiti civili
per facilitare la loro opera di apostolato tra i mussulmani. Così abbigliati, si imbarcarono alla volta
della sontuosa città di Siviglia, a quel tempo capitale dei re mori. Non propriamente prudenti, si
precipitarono frettolosamente alla principale moschea ed ivi si misero a predicare il Vangelo contro
l’islamismo. Furono naturalmente presi per folli e malmenati, ma essi non si scomposero e, recatisi
al palazzo del re, chiesero di potergli parlare. Miramolino li ascoltò di malavoglia e, non appena udì
qualificare Maometto quale falso profeta, andò su tutte le furie ed ordinò di rinchiuderli in un’oscura
prigione. Suo figlio gli fece notare che farli decapitare subito sarebbe stata una sentenza troppo
rigirosa, quanto sommaria, ed era dunque preferibile osservare perlomeno qualche formalità. Dopo
alcuni giorni il sovrano li fece chiamare davanti al suo tribunale e, avendo saputo che desideravano
trasferirsi in Africa, anziché rimandarli in Italia li accontentò imbarcandoli su un vascello pronto a
salpare per il Marocco. Compagno di viaggio dei cinque missionari fu l’infante portoghese Don Pietro
Fernando, fratello del re, assai desideroso di ammirare la corte di Miramolino. Sin dal loro arrivo nel
paese africano, Berardo, conoscitore la lingua locale, prese subito a predicare la fede cristiana
dinnanzi al re ed a criticare Maometto ed il Corano, libro sacro dei musulmani. Miramolino li fece
allora cacciare dalla città, ordinando inoltre che fossero rimandati nelle terre cristiane. Ma i frati, non
appena furono liberati, rientrarono prontamente in città e ripresero a predicare sulla pubblica piazza.
Il re infuriato li fece allora gettare in una fossa per farveli perire di fame e di stenti, ma essi, dopo tre
settimane di digiuno, ne furono estratti in migliori condizioni rispetto a quando vi erano stati rinchiusi.
Lo stesso Miramolino ne restò alquanto meravigliato. Ciò nonostante dispose per una seconda volta
che fossero fatti ripartire per la Spagna, ma nuovamente essi riuscirono a fuggire e tornarono a
predicare, finché l’infante di Portogallo non li bloccò nella sua residenza sotto sorveglianza, temendo
che il loro eccessivo zelo potesse pregiudicare anche i cristiani componenti il suo seguito.
Un giorno Miramolino, per sedare alcuni ribelli, fu costretto a marciare con il suo esercito,
richiedendo anche l’aiuto del principe portoghese. Quest’ultimo vi erano però anche i cinque
francescani ed un giorno, in cui venne a mancare l’acqua all’esercito, Berardo prese una vanga e
scavò una fossa, facendone scaturire un’abbondante sorgente di acqua fresca con innegabile grande
meraviglia da parte dei mori. Continuando però a predicare malgrado la proibizione del re, furono
nuovamente fatti arrestare, sottoposti a flagellazione e gettati in prigione. Furono poi allora consegnati
alla plebe, perché facesse vendicasse le ingiurie da loro proferite contro Maometto: furono così
flagellati ai crocicchi delle strade e trascinati sopra pezzi di vetro e cocci di vasi rotti. Sulle loro
piaghe vennero versati sale e aceto misti ad olio bollente, ma essi sopportarono tutti questi dolori con
tale fortezza d’animo tanto da sembrare impassibili. Miramolino non poté che rimanere ammirato per
tanta pazienza e rassegnazione e cercò dunque di convincerli ad abbracciare l’Islam promettendo loro
ricchezze, onori e piaceri. I cinque frati però respinsero anche le cinque giovani loro offerte in mogli
e perseverarono imperterriti nell’esaltare la religione cristiana.
A tal punto il Miramolino non resistette più a cotante avversioni e, preso dalla collera,
impugnò la sua scimitarra e decapitò i cinque intrepidi confessori della fede: era il 16 gennaio 1220,
presso Marrakech. In tale istante le loro anime, mentre spiccavano il volo per il cielo, apparvero
all’infanta Sancha, la loro benefattrice, che in quel momento era raccolta in preghiera nella sua stanza.
I corpi e le teste dei martiri furono subito fuori del recinto del palazzo reale. Il popolo se ne
impadronì, tra urla e oltraggi di ogni genere li trascinò per le vie della città ed infine li espose sopra
un letamaio, in preda ai cani ed agli uccelli. Un provvidenziale temporale mise però in fuga gli animali
e permise così ai cristiani di recuperare i resti dei frati e trasportarli nella residenza dell’infante. Questi
fece costruire due casse d’argento di differente grandezza. Nella più piccola vi depose le teste, mentre
nella più grande i corpi martiri. Tornando in Portogallo, portò infine con sé le preziose reliquie, che
destinò alla chiesa di Santa Croce di Coimbra, ove furono oggetto di venerazione.
Tale esperienza fece maturare nel giovane agostiniano portoghese Sant’Antonio da Lisbona
(da noi conosciuto come Antonio di Padova) l’idea di passare dall’Ordine dei Canonici Regolari ai
Frati Minori. Appresa la notizia del martirio dei cinque suoi figli, San Francesco esclamò: “Ora posso
dire che ho veramente cinque Frati Minori”. Furono canonizzati dal pontefice francescano Sisto IV il
7 agosto 1481 con la bolla Cum Alias ed il Martyrologium Romanum li commemora al 16 gennaio,
anniversario del loro glorioso martirio.
Recentemente il vescovo dalla Diocesi di Coimbra (dove i frati erano stati sepolti nel 1220)
ha permesso che le reliquie dei cinque Protomartiri Francescani tornassero a riposare sul suolo umbro
e dal 13 giugno 2010 le reliquie dei santi protomartiri sono custodite e venerate nella chiesa di
Sant’Antonio da Padova a Terni, ora santuario dei protomartiri francescani. Nello stesso anno la
Diocesi di Terni-Narni-Amelia, in collaborazione con istituzioni pubbliche e religiose, ha inaugurato
l'itinerario di pellegrinaggio che tocca i borghi natali dei Protomartiri e i luoghi salienti legati alla
memoria francescana e benedettina.
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Il beato Francesco, per ispirazione divina, inviò nel Marocco sei degnissimi Frati
perché predicassero coraggiosamente la fede cattolica agli infedeli.
Giunti nel regno d'Aragona, frate Vitale si ammalò gravemente e poiché tardava
a rimettersi, non volendo che l'opera di Dio fosse ostacolata per motivo della sua
infermità, ordinò agli altri cinque di adempiere il comando di Dio e del Serafico Padre.
I santi Frati dunque obbedirono e, lasciato frate Vitale, proseguirono per Coimbra.
Continuando il viaggio giunsero travestiti a Siviglia, allora occupata dai
Saraceni.
Un giorno, animati da fervore, si spinsero fino alla moschea principale e
volevano entrarvi; ma furono impediti dai Saraceni che fecero irruzione su di loro con
grida, spinte e percosse.
Infine, avvicinatisi al portone del palazzo del sovrano dei Mori, cominciarono a
dire che essi erano stati mandati al re come ambasciatori del Re dei re, cioè Gesù Cristo
Signore.
Dopo che ebbero esposto al re molte cose intorno alla fede cattolica per indurlo
alla conversione ed a ricevere il battesimo, questi, pieno di furore, ordinò che venisse
loro amputata la testa; ma poi sentito il parere degli anziani, li fece imbarcare per il
Marocco come era loro desiderio.
Entrati nella capitale, cominciarono immediatamente a predicare il Vangelo alla
gente che stava nelle piazze della città. Ma avendo il Sultano risaputo la cosa, ordinò
che venissero messi in prigione, dove restarono per venti giorni senza cibo e bevanda,
nutriti solo delle consolazioni divine.
Poi il sovrano li fece convocare dinanzi a sé. Ma avendoli trovati fermissimi
nella professione della fe de cattolica, acceso di sdegno, ordinò che venissero torturati
in vari modi e, in luoghi separati, sottoposti ai flagelli.
Allora gli sgherri, legatili mani e piedi e con le funi al collo, cominciarono a
trascinarli per terra con tanta violenza, che quasi ne apparivano al di fuori le viscere.
Sulle loro ferite versarono aceto e olio bollente e infine li gettarono sui loro giacigli
ricoperti di frammenti e di rottami, seguitando a tormentarli per tutta la notte.
Dopo di ciò il re del Marocco, pieno di furore, ordinò che venissero ricondotti
davanti a lui. Incatenati e seminudi furono condotti alla presenza del re. Questi,
avendoli trovati ancora saldissimi nella fede, allontanate le altre persone, fece entrare
alcune donne e cominciò a dire: «Frati convertitevi alla nostra fede, vi darò queste
donne per mogli e molto denaro, e sarete onorati nel mio regno».
Ma i beati Martiri risposero: «Non vogliamo né le tue donne né il tuo denaro, ma
tutto questo disprezziamo per amore di Cristo».
Allora il Sultano montò in furore e, afferrata una scimitarra e separati uno
dall'altro i santi frati, spaccò loro la testa, vibrando tre colpi sulla loro fronte; li uccise
così di propria mano.
RESPONSORIO
℞. I santi martiri non paventarono i tormenti dei loro persecutori, e diedero la vita *
per possedere eternamente il Signore.
℣. Soffrirono nelle loro membra, per amore di Dio, atroci supplizi:
℞. per possedere eternamente il Signore.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, che hai consacrato gli inizi dell'Ordine Serafico con l'eroico martirio di
san Berardo e dei suoi compagni, concedi anche a noi di darti la testimonianza della
vita, come essi ti hanno dato quella del sangue. Per il nostro Signore.
Vespri
Smeralda di nome e di fatto: doveva essere bellissima la figlia di Bernardo Cofino, se molti
sostengono che servì da modella al suo coetaneo Antonello da Messina per dipingere la celebre
“Annunziata”. Ma forse è solo una leggenda, che tuttavia nulla toglie alla sua celebrata bellezza di
cui anche oggi ci si può rendere conto: perché, dopo più di 500 anni, il suo corpo è ancora
miracolosamente incorrotto, ha passato indenne anche il terremoto del 1908 ed è conservato in una
teca di vetro in posizione eretta. La “santa in piedi” (come la chiamava Giovanni Paolo II°) nasce a
Messina. il 25 marzo 1434. Suo papà, soprannominato Calafato (destinato a diventare il cognome di
tutta la famiglia) è un commerciante che esercita anche via mare il trasporto conto terzi, la mamma è
un’autentica cristiana che si è lasciata conquistare dallo spirito francescano, si è iscritta al Terz’Ordine
e riesce a trasmettere un grande amore per Chiara e Francesco soprattutto alla figlia Smeralda. Che a
11 anni, a sua insaputa, si ritrova fidanzata con un maturo vedovo trentacinquenne e subisce questo
legame per due anni, fino a quando cioè il “fidanzato” muore improvvisamente, facendola meditare
sulla brevità della vita e sulla necessità di usare bene il tempo. Non ha neppure 14 anni, ma decide di
entrare in convento per dedicarsi completamente a Dio. Netto il rifiuto di papà, al quale non mancano
certo altre richieste di matrimonio, anche ghiotte, per quella figlia tanto bella: lei rifiuta ogni proposta,
scalpita, litiga con papà e cerca addirittura di scappare da casa. La strada per il convento sembra
spianarsi il giorno in cui papà muore in Sardegna, durante uno dei suoi frequenti viaggi commerciali,
ma adesso sono le monache a non volerla: hanno paura di vedersi incendiare il convento, come i
fratelli di Smeralda hanno minacciato di fare. Riesce comunque a realizzare il suo sogno e ad entrare
dalle Clarisse ancor prima di compiere 16 anni, ma quello che a lei sembrava essere il paradiso in
terra si rivela completamente diverso da come lo aveva immaginato. La vita spirituale si è rilassata;
dispense e favoritismi hanno ammorbidito la penitenza per venire incontro alle esigenze delle ragazze
di buona famiglia che non hanno voluto rinunciare completamente ai loro agi e alle loro comodità; la
badessa, troppo invischiata nelle cose temporali, ha perso di vista lo spirito di povertà che dovrebbe
essere proprio delle figlie di Santa Chiara. Smeralda, che insieme al velo ha preso il nome di suor
Eustochia, si oppone a questo stile di vita e invoca un ritorno alla Regola originaria, dando lei per
prima l’esempio di una vita austera, penitente, intessuta di preghiera e di servizio alle sorelle anziane
o ammalate. Inevitabile lo scontro con la badessa e lo strappo doloroso, ma necessario: esce dal
convento per fondarne un altro, che più fedelmente segua la Prima Regola di Santa Chiara. Ci riesce
a fatica nel 1464, seguita da sua mamma, da una sua sorella e da poche fedelissime, incontrando
incomprensioni anche dai Frati Minori Osservanti, che per otto mesi lasciano il nuovo convento senza
assistenza religiosa. Quando si stabilisce a Montevergine, il suo monastero si consolida, si ingrandisce
e lei lo guida con la saggezza e la spiritualità proprie dei santi. Si spegne a 51 anni, il 20 gennaio 1491
e la firma di Dio sulla sua vita santa sono i miracoli che accompagnano questa suora in vita e in morte,
rendendola veneratissima. Nel 1782 Pio VI ne approva il culto “ab immemorabili” e finalmente
Giovanni Paolo II°, nel 1988, proclama Eustochia Calafato santa, proprio come già da 5 secoli era
ritenuta dai messinesi e dalle Clarisse. A Messina viene festeggiata il 20 gennaio, ma nel calendario
per i francescani in Italia la data è quella del 19 gennaio.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Colloca la tua mente davanti allo specchio dell’eternità, la tua anima nello
splendore della gloria, il tuo Cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e
trasfórmati interamente, per mezzo della contemplazione, nell’immagine della divinità
di Lui: anche tu proverai allora ciò che è riservato ai suoi amici, gustando la segreta
dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio a coloro che lo amano.
Senza concedere nemmeno uno sguardo alle seduzioni che in questo mondo
fallace ed irrequieto tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il cuore, ama con tutto il
tuo essere Colui che per amor tuo tutto si è donato, Colui la cui bellezza è stupore al
sole e alla luna, i cui premi sono di un pregio e di una grandezza infiniti: voglio dire
quel Figlio dell’Altissimo, che la vergine ha partorito senza cessare d’essere vergine.
Stringiti alla sua dolcissima Madre, che nel piccolo chiostro del suo sacro seno
raccolse e nel suo grembo verginale portò Colui che i cieli non potevano contenere.
Chi non sdegnerebbe con orrore le insidie del nemico del genere umano, che,
facendo balenare innanzi agli occhi il luccicore delle cose transitorie e delle glorie
fallaci, tenta di annientare ciò che è più grande del cielo? Si, perché è ormai chiaro che
la più degna di tutte le creature, cioè l’anima dell’uomo fedele. È per la grazia di Dio
più grande del cielo.
Mentre il cielo, infatti, con tutte le altre cose create non può contenere il
Creatore, l’anima fedele, invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto
in forza della carità, di cui gli empi sono privi. È la stessa Verità che lo assicura,
dicendo: «Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio; ed io pure l’amerò; e verremo
a lui e in lui dimoreremo».
Come, dunque, la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo materialmente nel
suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente dell’umiltà e povertà, nel
tuo corpo casto e verginale puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente.
RESPONSORIO Ct 8, 6-7; 6, 2
R. Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come
la morte è l’amore. * Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me.
V. Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo.
R. Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me.
ORAZIONE
O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature miti e deboli per confondere
la potenza del mondo, concedi a noi, che celebriamo la memoria di santa Eustochio
vergine, di imitare la sua costanza nell’adempimento della tua volontà. Per il nostro
Signore.
20 gennaio
Giovanni Battista Triquerie nacque a Laval (Maine, Francia) il 1 luglio 1737. In giovane età
era entrato tra i Frati Minori Conventuali di Olonne, di cui fu pure superiore. In seguito, essendo un
religioso di singolare pietà e di stretta osservanza, fu eletto cappellano e confessore delle clarisse di
diversi monasteri. Dopo la soppressione del convento di Buron presso il quale esercitava il ministero,
si ritirò a Laval presso un cugino.
Durante la rivoluzione francese rifiutò decisamente di emettere il giuramento imposto dalla
legge civile, contrario alla Chiesa, alla quale volle rimanere fedele anche a costo della vita. Per questo
fu arrestato il 5 gennaio 1793 e messo in prigione, insieme con altri 13 sacerdoti e religiosi
Per i quattordici prigionieri i mesi trascorsero lunghi e monotoni. I vandeani, insorti contro i
rivoluzionari, nell’ottobre 1793 erano riusciti ad occupare Laval ed a rimetterli in libertà, ma essendo
stati ricacciati quasi subito dall’esercito repubblicano, i sacerdoti furono nuovamente improgionati
nell’ex-convento. Il 21 gennaio 1794 ricorreva l’anniversario della decapitazione del re Luigi XVI,
che il pontefice Pio VI con la bolla “Quare lacrymae” il 17 giugno 1793 aveva riconosciuto quale
martire ucciso in odio alla fede cattolica.
Per la commissione rivoluzionaria, volta a punire il fanatismo vandeano, l’anniversario
costituiva una data assai propizia per vendicarsi degli scacchi subiti. Perciò. la mattina del 21 gennaio
i quattordici sacerdoti progionieri furono condotti al palazzo di giustizia per essere giudicati.
L’interrogatorio di Jean-Baptiste Triquerie manifestò in modo inequivocabile il motivo
religioso della persecuzione e della condanna. Alla richiesta del giuramento prescritto dalla legge,
infatti, egli rispose: “Cittadino, io sono figlio di San Francesco; in forza del mio stato devo essere
morto al mondo, ne ignoro quindi le leggi. Mio unico scopo quello di pregare Dio per la mia patria,
cosa che non ho mai cessato di fare”. Assai turbato il presidente lo ammonì: “Non venire qui a farci
delle prediche. Dal momento che non sei più cappellano delle monache, chi ti ha dato i mezzi per
vivere, non avendo tu beni di fortuna?”. Il frate rispose di esserre sopravvissuto grazie alla carità dei
fedeli e che sarebbe comunque rimasto “fedele a Gesù Cristo sino all’ultimo respiro”.
Anche tutti gli altri sacerdoti rifiutarono categoricamente il giuramento loro richiesto, poiché
contrario alla coscienza, e furono perciò condannati alla ghigliottina. Udita la sentenza, i condannati
esclamarono “Deo gratias!” e poi si prepararono alla morte confessandosi vicendevolmente. Si misero
poi in coda aspettando il loro turno, cantando la Salve Regina ed il Te Deum.
A mezzogiorno di quel 21 gennaio 1794 tutto era finito. I corpi dei giustiziati furono seppelliti
nelle lande di Croix-Bataille, ma nel 1816, con la restaurazione dell’antico regime, i loro resti furono
esumati e traslati nella chiesa di Avesnières. Già durante la Rivoluzione, però, i fedeli non avevano
mai cessato di recarsi a pregare di nascosto sulle loro tombe. Il 19 giugno 1955 giunse finalmente il
giorno della glorificazione terrena di questi martiri, che vennero beatificati da Pio XII insieme ad
altre cinque vittime uccise singolarmente sempre a Laval.
SECONDA LETTURA
ORAZIONE
Nacque a Desenzano del Garda (Brescia) nel 1474. in una povera famiglia contadina; entrò
giovanissima tra le Terziarie francescane. Rimasta orfana di entrambi i genitori a 15 anni, partì per la
Terra Santa. Qui avvenne un fatto insolito. Giunta per vedere i luoghi di Gesù, rimase colpita da cecità
temporanea. Dentro di sé, però, vide una luce e una scala che saliva in cielo, dove la attendevano
schiere di fanciulle. Capì allora la sua missione.
Tornata in patria, nel 1535 fondò a Brescia la Compagnia di Sant'Orsola, congregazione le cui
suore sono ovunque note come Orsoline. Le prime aderenti vestivano come le altre ragazze di
campagna. La sua idea di aprire scuole per le ragazze era rivoluzionaria per un'epoca in cui
l'educazione era privilegio quasi solo maschile.
La regola venne stampata dopo la morte, avvenuta a Brescia il 27 gennaio del 1540. Fu
beatificata nel 1768 da Papa Clemente XIII e canonizzata nel 1807 da Papa Pio VII.
Dal Comune delle vergini o delle sante: educatrici, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Mie carissime madri e sorelle in Gesù Cristo, sforzatevi, coll'aiuto della grazia,
di acquistare e conservare in voi tale intenzione e sentimento buono, da essere mosse
alla cura e al governo della Compagnia solo per amore di Dio e per lo zelo della salute
delle anime.
Se tutte le vostre opere saranno così radicate in questa duplice carità, non
potranno portare se non buoni e salutieri frutti. Perciò dice il Salvator nostro: "Un
albero buono non può produrre frutti cattivi" (Mt 7, 18) come volesse dire che il cuore,
quando è informato alla carità, non può produrre se non buone e sante opere. Onde
ancora diceva sant'Agostino: Ama e fà quel che vuoi, come se dicesse chiaramente: La
carità non può peccare.
Vi supplico ancora di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore
tutte le vostre figliuole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione
e indole e stato ed ogni cosa loro. Il che non vi sarà cosa difficile, se le abbraccerete
con viva carità.
Anche le madri secondo la carne, se avessero mille figliuoli, tutti se li terrebbero
nell'animo totalmente fissi ad uno ad uno, perché così opera il vero amore. Anzi pare
che, quanti più ne hanno, tanto più cresca l'amore e la cura particolare per ciascuno.
Maggiormente le madri secondo lo spirito possono e devono far questo, perché l'amore
secondo lo spirito é, senza confronto, molto più potente dell'amore secondo la carne.
Dunque, mie carissime madri, se amerete queste nostre figliuole con viva e sviscerata
carità, sarà impossibile che non le abbiate tutte particolarmente impresse nella memoria
e nel cuore.
Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non
imperiosamente né con asprezza; ma in tutto vogliate esser piacevoli. Ascoltate Gesù
Cristo che raccomanda: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11, 29);
e di Dio si legge che "governa con bontà eccellente ogni cosa" (Sap 8, 1). E ancora
Gesù Cristo dice: il mio giogo é dolce e il mio carico leggero" (Mt 11, 30).
Ecco perché dovete sforzarvi di usare ogni piacevolezza possibile. Soprattutto
guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza: poiché Dio ha dato ad ognuno il
libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e
consiglia. Non dico però che alle volte non si debba usare qualche riprensione ed
asprezza a tempo e luogo secondo l'importanza, la condizione e il bisogno delle
persone, ma solamente dobbiamo essere mosse a questo dalla carità e dallo zelo delle
anime.
R. Voi siete luce nel Signore: comportatevi come figli della luce. * Frutto della luce è
ogni cosa buona, giusta e vera.
V. Voi siete la luce del monso: splenda la vostra luce davanti agli uomini
R. Frutto della luce è ogni cosa buona, giusta e vera.
ORAZIONE
O Dio, Padre misericordioso, che in sant’Angela Merici hai dato alla tua Chiesa
un modello di carità sapiente e coraggiosa, fa’ che per il suo esempio e la sua
intercessione possiamo comprendere e testimoniare la forza rinnovatrice del Vangelo.
Per il nostro Signore.
29 gennaio
Francesco Zirano nacque a Sassari intorno all’anno 1564, in una famiglia di modesti contadini
dalla fede genuina. Erano probabilmente quattro fratelli che purtroppo rimasero presto orfani di padre.
Profonda era in casa la devozione verso i protomartiri Gavino, Proto e Gianuario e da Sassari
partivano annualmente due pellegrinaggi solenni al santuario di Porto Torres, anche a rischio di
improvvisi attacchi di corsari a cui la zona era soggetta. Francesco mantenne sempre forte questa
devozione. L'infanzia trascorse normale e in un'epoca in cui l'analfabetismo era la norma, ricevette
una certa istruzione dai frati di S. Maria di Betlem. Aveva una grande devozione per la Madonna,
maturò la vocazione e a soli quindici anni seguiva le regole del convento. A ventidue anni fu ordinato
sacerdote dall’arcivescovo Alfonso de Lorca. Era presente e ne condivideva la gioia il cugino
Francesco Serra, figlio di una sorella della madre, che da poco aveva vestito l’abito.
Padre Zirano svolse varie mansioni, in chiesa a contatto con i fedeli o in comunità, a servizio
dei confratelli, fino a quando, nel 1590, un avvenimento sconvolse la sua vita. Il cugino fu fatto
schiavo dai corsari turchi sbarcati in Sardegna e condotto ad Algeri. Per otto anni padre Zirano, mentre
svolgeva scrupolosamente i suoi incarichi, di economo, di questuante e di procuratore del convento,
soffriva e pregava per l’infelice cugino. Ad un certo punto giunse all’ardita decisione che sarebbe
andato a liberarlo. Occorreva reperire il denaro necessario per il riscatto e in Sardegna erano i
Mercedari che questuavano per la liberazione degli schiavi. Il 19 marzo 1599 la richiesta di Francesco
venne accolta da Clemente VIII che l’autorizzava per un triennio. In essa si legge l’invito a donare
con generosità all'umile frate "di circa trentatrè anni, di bassa statura, occhi neri e barba castana".
Padre Zirano percorse tutta l’isola per raccogliere le offerte, dando conforto ai familiari di altri schiavi
e impegnandosi per la liberazione di alcuni di essi.
Nella primavera del 1602, pieno di trepidazione e di speranza, forte nella fede, partì facendo
tappa in Spagna dove ebbe dal Re Filippo III per compagno fra Matteo de Aguirre. A sua insaputa
però il frate di Maiorca aveva una missione politica da realizzare, nell’ambito della guerra in atto tra
Algeri e il re di Cuco che era sostenuto dagli spagnoli. Resosi conto della difficoltà padre Zirano,
travestito da mercante, con un interprete, il 18 agosto partì da Cuco e dopo tre giorni di cammino era
sotto le mura di Algeri. La situazione era tesa, si intravedevano le navi spagnole presso l'isola di Ibiza
e un bando limitava la libertà dei cristiani. Ultima complicazione fu l'arresto di un rinnegato
proveniente da Cuco che portava alcune lettere di fra Matteo a padre Zirano e ad altri cristiani. Le
lettere erano in realtà la rinuncia a occuparsi del riscatto degli schiavi, ma padre Zirano restò
prudentemente lontano dalla città. Se ne tornò a Cuco portando con sé quattro cristiani liberati nei
dintorni di Algeri e, impossibilitato ad agire, divenne aiutante di fra Matteo.
Intanto in carcere il cugino faceva coraggio ai compagni di sventura e aveva imparato l'arabo,
tra fatiche e umiliazioni. Il conflitto divenne quindi più acuto. Il Re di Cuco conseguì una vittoria e
ritenne opportuno comunicarlo al Re di Spagna. Padre Zirano fu incaricato di portare la lettera, ma
forse con una manovra premeditata, fu tradito e consegnato al nemico. Gli avvenimenti furono riferiti
in seguito da uno schiavo spagnolo. Francesco fu spogliato, percosso, incatenato e condotto ad Algeri
il 6 gennaio 1603. In carcere trovò altri cristiani.
Padre Zirano era stato scambiato per frate Matteo de Aguirre, venne isolato e stabilito un
enorme riscatto. Ricevette la visita del cugino Francesco Serra che purtroppo ebbe il compito di
comunicargli la condanna a morte. Il servo di Dio chiese solo un confessore, ma ciò non fu possibile.
Confidando in Dio diede testimonianza ai compagni di galera di restare forti nella fede. Tra la prima
e la seconda visita del cugino si tentò il suo invio a Costantinopoli, capitale dell'Impero turco da cui
dipendeva anche Algeri. Era in partenza una nave inglese e i soldati che presidiavano Algeri
avrebbero inviato padre Zirano per rassicurare i turchi che la guerra contro il re di Cuco non aveva
intaccato la loro signoria. Il tentativo fallì a causa del consistente riscatto richiesto.
Il 24 gennaio venne radunato il Consiglio della città per decidere senza interrogatorio la
condanna. Il Gran Consiglio aveva capito che stava condannando non l'odiato ambasciatore spagnolo,
fra Matteo, ma il sardo padre Zirano. Non mancò la proposta infame dell’abiura, ma Francesco non
avrebbe mai rinnegato il Signore. Trascorse la notte precedente l'esecuzione in preghiera. Un
banditore proclamò per le vie della città che il condannato aveva "rubato" quattro schiavi ed era "una
spia". L’esecuzione venne atrocemente eseguita il 25 gennaio del 1603. Vestito con una tunica e con
una catena al collo, attraversò l’affollata strada centrale di Algeri tra urla e insulti. Francesco pregava
ad alta voce recitando il canto biblico dei tre fanciulli, come raccontò un testimone. Fu scorticato vivo
e la pelle, imbottita di paglia, fu esposta presso una porta della città. I cristiani si appropriarono di
alcuni lembi, custodendoli. Alcuni arrivarono in Italia, in Sicilia venne portata una mano e la pelle di
un braccio, come ci informa un testo del 1605. Oggi se ne è persa notizia.
Il cugino, che trovò poi la libertà e poté riscattare a sua volta alcuni schiavi cristiani, riuscì in
seguito a dare al corpo straziato una sepoltura. La fede di padre Zirano suscitò un’ammirazione
commossa e la fama del suo martirio è giunta sino ai nostri giorni.
È stato beatificato il 12 ottobre 2014 a Sassari, con celebrazione presieduta dal Card. Angelo
Amato. Poiché il giorno della sua morte coincide con il 25 gennaio, festa della Conversione di san
Paolo la memoria liturgica è stata fissata al 29 gennaio.
SECONDA LETTURA
R. Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo,
* che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
V. Riguardo a Cristo, a me è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di
soffrire per lui:
R. Che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
ORAZIONE
O Dio, che hai suscitato nel beato Francesco, sacerdote, il coraggio di rischiare la vita
per liberare il prossimo restando fedele a Cristo fino al martirio, per sua intercessione
concedi a noi di testimoniare il Vangelo con fede viva, carità operosa, speranza certa.
Per il nostro Signore.
30 gennaio
Clarice, nacque a Vignanello (Viterbo), diocesi di Civita Castellana, nel 1585, da Marco
Antonio e Ottavia Orsini, principi romani. Sognava un marito, non il monastero. Era molto bella e
aveva sott’occhio un giovane marchese Capizucchi, ottimo partito per una figlia del principe
Marcantonio Marescotti, alta aristocrazia romana. E il principe, infatti, gli dette volentieri in moglie
una figlia. Ma non era Clarice. Era Ortensia, la più giovane. Dopodiché Clarice diventò il flagello
della casata, insopportabile per tutti. Una delusione simile poteva davvero inasprire chiunque, ma
forse le accuse erano anche un po’ gonfiate per giustificare la reazione del padre, che all’età di
vent’anni, nel 1605, la fece entrare nel monastero di San Bernardino a Viterbo, dalle Clarisse, dove
c’era già sua sorella Ginevra.
Qui lei prese il nome di Giacinta, ma senza farsi monaca: scelse lo stato di terziaria
francescana, che non comporta clausura stretta. Viveva in due camerette ben arredate con roba di casa
sua e partecipava alle attività comuni. Ma non era come le altre. Lo sentiva, glielo facevano sentire:
un brutto vivere. Per quindici anni tirò avanti così: una vita "di molte vanità et schiocchezze nella
quale hero vissuta nella sacra religione". Parole sue di dopo (dal piccolo diario autografo conservato
nell’archivio del convento dei Ss. XII Apostoli, a Roma).
C’è un “dopo”, infatti. C’è una profonda trasformazione interiore, dopo una grave malattia di
lei e alcune morti in famiglia. Per suor Giacinta cominciano ventiquattro anni straordinari e durissimi,
in povertà totale. E di continue penitenze, con asprezze oggi poco comprensibili, ma che rivelano
energie nuove e sorprendenti. Dalle due camerette raffinate lei passa a una cella derelitta per vivere
di privazioni: ma al tempo stesso, di lì, compie un’opera singolare di “riconquista”. Personaggi lontani
dalla fede vi tornano per opera sua, e si fanno suoi collaboratori nell’aiuto ad ammalati e poveri. Un
aiuto che Giacinta la penitente vuole sistematico, regolare, per opera di persone fortemente motivate.
Questa mistica si fa organizzatrice di istituti assistenziali come quello detto dei “Sacconi” (dal sacco
che i confratelli indossano nel loro servizio) che aiuta poveri, malati e detenuti, e che si perpetuerà
fino al XX secolo. E come quello degli Oblati di Maria, chiamati a servire i vecchi.
Nel monastero che l’ha vista entrare delusa e corrucciata, Giacinta si realizza con una totalità
mai sognata, anche come stimolatrice della fede e maestra: la vediamo infatti contrastare il
giansenismo nelle sue terre, con incisivi stimoli all’amore e all’adorazione per il sacramento
eucaristico. Non sono molti quelli che la conoscono di persona.
Muore il 30 gennaio 1640. Subito dopo la sua morte, tutta Viterbo corre alla chiesa dov’è
esposta la salma. E tutti si portano via un pezzetto del suo abito, sicché bisognerà rivestirla tre volte.
A Viterbo lei resterà per sempre, nella chiesa di San Bernardino del monastero delle Clarisse, distrutta
dalla guerra 1940-45 e ricostruita nel 1959. Fu beatificata da Benedetto XIII il 14 luglio 1726 e
canonizzata da Pio VII il 24 maggio 1807.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
R. I desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla
vita e alla pace. * Partecipiamo alle sofferenze di Cristo per partecipare anche alla sua
gloria.
V. Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché egli ci ha
liberati dalla legge del peccato e della morte.
R. Partecipiamo alle sofferenze di Cristo, per partecipare anche alla sua gloria.
Lodi mattutine
INNO dal comune delle vergini oppure il seguente (dal proprio delle clarisse).
ORAZIONE
O Dio, che in santa Giacinta vergine hai dato al popolo cristiano un sublime
esempio di eroica penitenza e di carità verso il prossimo, per sua intercessione concedi
anche a noi di espiare le nostre colpe nella pratica assidua della mortificazione e
nell’amore verso i fratelli sofferenti. Per il nostro Signore.
Vespri
INNO dal comune delle vergini oppure il seguente (dal proprio delle clarisse).
Eufranio Desideri nacque a Leonessa (Rieti) l’8 gennaio 1556. Famiglia importante, ricca e
appartenente alla nobiltà del paese, ma sfortunata: i genitori, Giovanni Desideri e Francesca Paolini,
muoiono in breve tempo quando lui è ancora piccolo. Fu accolto dallo zio paterno, Battista, “maestro
di umanità” a Viterbo, sotto la cui guida si poté formare un’educazione religiosa e una notevole
cultura. Ornato di eccellenti doti, non gli mancarono le prospettive di un ambito matrimonio, ma egli
dimostrò di avere altre aspirazioni e costantemente rifiutò le proposte caldeggiate dai parenti. Colpito
da grave malattia, fu consigliato di ritornare al paese natale dove cominciò a frequentare il convento
dei Cappuccini e, in occasione di una visita del provinciale dell’Umbria, chiese di essere accolto in
religione. Fece il suo noviziato alle Carcerelle di Assisi, vestendo l’abito a 17 anni nel gennaio 1572
e mutando il nome di Eufranio in quello di fra Giuseppe.
I famigliari cercarono invano di strapparlo al convento, adducendo la necessità di assistenza
che avevano le quattro sorelle, ma Giuseppe ai richiami del sangue, preferì la voce di Dio e, trascorso
nel fervore l’anno di prova, fu avviato allo studio della filosofia e della teologia. Cominciò inoltre a
distinguersi in modo particolare per lo spirito di penitenza.
Prosegue negli studi teologici fino al sacerdozio (1580) e fa le sue prime esperienze di
predicatore nelle campagne dell’Italia centrale. Il suo sogno, però, è la missione. E si realizza per lui
a 31 anni, quando il suo Ordine lo manda con altri a Costantinopoli, l’antica capitale dell’Impero
romano d’Oriente, che da un secolo è capitale dell’Impero turco (l’ha conquistata nel 1453 il sultano
Maometto II sconfiggendo Costantino XI, l’ultimo imperatore, caduto in combattimento con gli
ultimi difensori: greci, genovesi e veneziani). I turchi hanno lasciato al loro posto il patriarca e i
vescovi “orientali”, cioè separati dalla Chiesa di Roma in seguito allo scisma nel 1094. I vescovi
cattolici sono stati invece colpiti e allontanati. Tra i fedeli, molti vivono in schiavitù, e altri sono
isolati e dispersi intorno a chiese in rovina.
I missionari cappuccini hanno un loro programma graduale nella metropoli d’Oriente:
assistenza ai cattolici in prigionia, ai malati, collegamento con i gruppi cattolici occidentali che sono
a Costantinopoli per lavoro e commercio. E così fa lui, fra Giuseppe. Ma il suo temperamentolo
spinge a fare di più, e subito: pensa di annunciare il Vangelo anche ai turchi, di rivolgersi
personalmente al sultano Murad III. Anzi, tenta di infilarsi nel suo palazzo. E così lo arrestano come
sovversivo, poi lo tengono per tre giorni appeso per una mano e un piede a un’alta trave, sotto la quale
è acceso un fuoco. La tradizione vuole che egli sia stato salvato miracolosamente da un angelo. Infine,
espulso, torna in Italia.
Rientrato in Italia, riprese con rinnovato fervore il ministero della predicazione itinerante,
accompagnato da qualche confratello; e sempre a piedi, nello stile cappuccino (così può vedere il
mondo con gli occhi di coloro che a piedi vivono e muoiono) accompagnandolo con costanti ed eroici
esercizi di penitenza. Si impone ritmi quasi incredibili, che sfiancano i suoi compagni di missione:
anche sei-sette prediche in un giorno; e pochissimo riposo, perché è importantissimo anche il
colloquio con la persona singola, la famiglia singola. O con chi è condannato a morte e lo vuole
accanto a sé nel carcere, per le ultime ore di vita. Per i malati, si sforza di far sorgere piccoli ospedali
e ricoveri; a volte ci lavora anche con le braccia. E combatte l’usura che dissangua le famiglie,
facendo nascere Monti di Pietà e Monti frumentari, per il piccolo credito a tasso sopportabile.
Si nutriva con pochi legumi, o un po’ di pane macerato nell’acqua; dormiva su due sassi e un
sacco di paglia, e continuava nella sua attività instancabile, arrivando a tenere anche otto prediche al
giorno in luoghi diversi e distanti.
Alla sua predicazione diede un carattere popolare, favorendo la pacificazione degli animi e il
sollievo dei poveri, istituendo Monti di Pietà e Monti Frumentari, erigendo e riparando ospedali. Dagli
Atti del processo di beatificazione risulta che Iddio lo favorì del dono dei miracoli, della scrutazione
dei cuori, e di particolari grazie di orazione. Nella comunità ebbe l’ufficio di superiore locale e di
segretario provinciale.
Dio, che gli aveva risparmiato il martirio, gli riservò per purificazione una grave malattia che
richiese un dolorosissimo quanto inefficace intervento. Trasferito nel convento di Amatrice, dove era
superiore un suo nipote, Giuseppe si preparò serenamente alla morte che sopraggiunse, accompagnata
da miracoli, il 4 febbraio 1612; aveva cinquantasette anni. Il suo venerato corpo, per volontà dei
maggiorenti della città, fu sottoposto ad uno speciale intervento di conservazione e venne inumato
nella chiesa conventuale di Amatrice, da dove, nel 1639, fu trasferito alla sua città natale, dove tuttora
si venera.
Fu beatificato da Clemente XII nel 1737 e canonizzato da Benedetto XIV il 29 giugno 1746;
la festa liturgica è celebrata dal suo Ordine il 4 febbraio. Si conservano di lui lettere e prediche di cui
alcune edite. Iconograficamente, è rappresentato sospeso sul patibolo o nell’atto di predicare.
Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Il Vangelo e la buona novella dell'Avvento del Signore nel mondo per mezzo
della Vergine non dev'essere scritto soltanto su pagine di carta, ma soprattutto
nell'intimo del nostro cuore. Infatti fra la legge di Mosè e la legge di grazia c'è questa
differenza: quella fu scolpita su tavole di pietra, questa invece si chiama legge di grazia,
perché attraverso l'infusione della grazia dello Spirito Santo viene impressa nel cuore
degli uomini.
Così era stato promesso da Dio per mezzo di Geremia, che dice: «Stabilirò con
voi il mio patto, non come quello che stabilii con i vostri padri». E riguardo a questo
nuovo patto soggiunge: «Imprimerò la mia legge nel loro cuore». Quindi ogni cristiano
dev'essere un libro vivente, in cui si possa leggere la dottrina evangelica. Così diceva
san Paolo ai Corinzi: «Siete voi la nostra lettera, scritta non con l'inchiostro, ma con lo
Spirito del Dio vivente attraverso il nostro ministero, non in tavole di pietra, ma sulle
tavole di carne del cuore».
Il foglio è il nostro cuore, chi scrive è lo Spirito Santo attraverso il mio ministero,
perché «la mia lingua è come calamo di scriba che scrive velocemente». E Dio voglia
che la lingua del predicatore, mossa dallo Spirito Santo, bagnata nel Sangue
dell'Agnello immacolato, scriva oggi velocemente nei vostri cuori! Ma come si potrà
scrivere sopra un foglio già scritto? Se non si cancella lo scritto precedente, non ci si
può scrivere di nuovo.
Nel vostro cuore c'è scritta l'avarizia, la superbia, la lussuria e gli altri vizi. Come
ci potremo scrivere l'umiltà, l'onestà e le altre virtù, se i precedenti vizi non vengono
cancellati? Se gli uomini portassero impresso in sé uno scritto di questo genere,
sarebbero come un libro santo e con la loro condotta esemplare sarebbero di
insegnamento agli altri. Perciò Paolo soggiunge nel passo sopra citato: «Voi siete una
lettera che tutti possono leggere e conoscere».
I superiori e i predicatori devono procedere in modo da attrarre delicatamente
tutti sulla via della verità, giacché tutti non si possono convincere con gli stessi mezzi.
Per questo Paolo, zelantissimo ministro di Cristo e conquistatore di anime, diceva: «Mi
son fatto Giudeo con i Giudei e come uno che è sciolto dalla legge mosaica con coloro
che non sono sottomessi alla legge». Insomma, si adattava a tutti; quindi conclude: «Mi
son fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti a Cristo».
℞. Io corro, ma non come chi è senza meta, e tratto duramente il mio corpo e lo trascino
in schiavitù * per salvare le anime.
℣. Mi sono fatto tutto a tutti
℞. per salvare le anime.
R. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che
mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, *
perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.
V. Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha
amato e ha consegnato se stesso per me,
R. perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.
Lodi mattutine
ORAZIONE
Vespri
Paolo Miki nacque in Giappone a Kyoto tra il 1564 e il 1566 in una famiglia benestante e fu
battezzato a cinque anni. Entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo
religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con
successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddisti. Il cristianesimo è penetrato in
Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi percorrendo continuamente
il paese e predicando con gran frutto il Vangelo ai suoi connazionali. Nel 1582-1584 c’è la prima
volta a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio
Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani diventando da tollerante a persecutore. E questo per
un complesso di motivi: il timore che il cristianesimo minacci l’unità nazionale, già indebolita dai
feudatari; il comportamento offensivo e minaccioso di marinai cristiani (spagnoli) arrivati in
Giappone; e anche i gravi dissidi tra gli stessi missionari dei vari Ordini in terra giapponese, tristi
fattori di diffidenza. Un insieme di fatti e di sospetti che porterà a spietati eccidi di cristiani nel secolo
successivo.
Pietro Battista Blazquez, nato in Castiglia a Santo Steano, presso Avila, da nobile famiglia nel
1542, studiò all’università di Salamanca e poi si fece Frate Minore nel 1564. Lettore di teologia e
filosofia, superiore in varie comunità, nel 1580 decise di andare in missione. Prima stette in Messico
(1581) fondando vari conventi, poi nel 1583 andò nelle Filippine, grande apostolo nel proteggere i
poveri dai potenti.
A seguito dell’espulsione nel 1587 dei Gesuiti dal Giappone, i Frati Minori allora presenti
nelle Filippine, chiesero, il 25 gennaio 1585, l’autorizzazione a Gregorio XIII di poterli sostituire. I
Frati iniziarono una predicazione aperta e pubblica. Pietro Battista, inviato da Manila come
ambasciatore e missionario in Giappone (1593), essendo stato ben accolto dall'imperatore, cominciò
il suo apostolato di predicazione in Giappone, vivendo in povertà. Poté fondare tre conventi e due
ospedali per poveri e lebbrosi. Ottenendo anche numerose conversioni. Dotato del dono dei miracoli,
nella festa di Pentecoste guarì una giovanotta lebbrosa.
Per le complicazioni politiche tra la Spagna e il Giappone, si ebbe la reazione dello ‘shogun’
Hideyoshi, che emanò l’ordine di imprigionare i francescani e i neofiti giapponesi. I primi arresti vi
furono il 9 dicembre del 1596 e i 26 arrestati subirono il martirio il 5 febbraio 1597. Si tratta di tre
Gesuiti giapponesi (fra cui Paolo Miki), sei Frati Minori e 17 Terziari francescani.
Altri Francescani che subirono il martirio: Martino de Aguirre dell’Ascensione, Francesco
Blanco, Filippo de Las Casas di Gesù, Francesco de la Parrilla di San Michele, Gonsalvo García. I
Protomartiri del Giappone furono crocifissi e trafitti nella zona di Nagasaki, che prese poi il nome di
“santa collina”, e proclamati santi da Pio IX l’8 giugno 1862.
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dei frati (francescani) che ci troviamo qui, sei siamo stati presi e per molti giorni
tenuti in carcere.
La stessa sorte è toccata a 17 nostri terziari giapponesi, a un sacerdote della
Compagnia di Gesù (il giapponese padre Paolo Miki) e a due suoi catechisti.
Siamo ora in viaggio in questi freddi mesi invernali, ci conducono con cavalli
sotto una così stretta sorveglianza che alcuni giorni hanno dovuto impiegare più di
duecento soldati per custodirci.
Ciò nonostante, ripieni di consolazione e di gioia nel Signore, andiamo avanti,
poiché nella sentenza emessa contro di noi è stato detto che saremo crocifissi per aver
predicato il santo Vangelo; gli altri, perché seguaci del Vangelo.
Per coloro che desiderano morire per Cristo, ora si presenta una buona occasione.
Sono persuaso che i fedeli di questo luogo si sentirebbero molto confortati se qui ci
fossero i religiosi del nostro Ordine; ma siamo certi che fino a che in Giappone
comanderà questo re, non potrebbero restare a lungo con il nostro abito, perché presto
li metterebbe a morte, come ora avviene di noi.
La sentenza di morte pronunciata su di noi è scritta su una tavola, che ci precede
nel nostro itinerario.
Riprendiamo il discorso: ad un certo momento ci hanno scarcerati e fatti salire
su carri. Tagliataci una parte dell’orecchio, ci hanno condotti per le vie di Meàko
accompagnati da molte persone e soldati. Poi ci hanno nuovamente riportati in carcere.
Il giorno seguente con le mani legate dietro la schiena, a cavallo ci hanno
condotti ad Osaka e ci hanno fatto girare per quella ed altre città. Non mancava mai il
banditore nel nostro girovagare; egli ci precedeva sempre.
Sapevamo che eravamo stati condannati a morte, ma solo a Osaka siamo stati
informati che ci dirigevamo a Nagasaki per esservi crocifissi.
La vostra carità ci raccomandi molto al Signore, perché il nostro sacrificio sia a
lui gradito.
Stando a quello che ho sentito, dovrebbero consumare il nostro martirio venerdì
prossimo; infatti proprio di venerdì, ci tagliarono una parte dell’orecchio a Meàko: cosa
che abbiamo accettato come un dono di Dio.
Per questo tutti noi ci raccomandiamo fervidamente perché preghiate per noi e
per la nostra santa perseveranza.
Fratelli carissimi, aiutateci con le vostre preghiere perché la nostra morte sia
accetta alla divina Maestà.
Nel cielo, dove a Dio piacendo speriamo di arrivare, ci ricorderemo di voi; ma
anche qui non mi sono dimenticato della vostra carità: con tutto il cuore vi ho amati e
vi amo. La pace e l’amore del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.
Vi saluto fratelli carissimi. Ormai non c’è più tempo per parlare. Arrivederci in
cielo. Ricordatevi di me e di noi tutti.
R. Di null’altro mai ci glorieremo se non della croce del Signore Gesù Cristo. Egli è la
nostra salvezza, vita e risurrezione: * per mezzo suo siamo stati salvati e liberati.
V. A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire
per lui:
R. per mezzo suo siamo stati salvati e liberati.
Si riporta anche la seconda lettura prevista nel Calendario Romano per la memoria
di Paolo Miki e compagni:
Dalla «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni» scritta da un autore
contemporaneo
(Cap. 14, 109-110; Acta Sanctorum Febr. 1, 769)
R. Il nostro unico vanto è nella croce del Signore Gesù Cristo, vita e salvezza e
risurrezione per noi: * egli ci ha salvati e liberati.
V. A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire
per lui:
R. egli ci ha salvati e liberati.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna i santi Pietro Battista,
Paolo Miki e i loro compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi,
per loro intercessione, di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro battesimo.
Per il nostro Signore.
Vespri
E’ nata a Corbie in Francia il 13 gennaio 1381, quando ormai i genitori – Roberto Boylet (che
lavorava comecarpentiere nel monstero benedettino) e sua moglie Caterina – non speravano più di
avere figli. Questa santa fu regalata ai suoi genitori, in quanto sua madre la ebbe quando aveva già
60 anni, nonostante il suo desiderio di un figlio e anni di preghiera per averlo, non era mai stato mai
esaudito. Dopo l’intercessione dell’allora tanto venerato S. Nicola di Bari, l’anziana signora il 13
gennaio1381 concepì la bambina, che chiamò, per ricordare il Santo, Nicoletta, abbreviata con
Coletta. Già da bambina, Coletta fu particolarmente seria e si impegnava in opere di carità e
mortificazione.
Intraprese la sua particolare esperienza religiosa a 18 anni, dopo la morte dei genitori, dopo
aver distribuito ai poveri le sue ricchezze. Dopo essere stata tra le beghine, poi tra le benedettine e tra
le clarisse, vestì poi l’abito del Terz’Ordine francescano e condusse, in seguito, una vita di ancora
maggiore abnegazione e penitenza, vivendo per tre anni come reclusa, presso la chiesa di Corbie.
Conclude la sua esperienza a 25 anni su consiglio del francescano Enrico di Baume, tornando
fra le clarisse, perché si sente chiamata alla riforma degli ordini religiosi istituiti da san Francesco e
santa Chiara. La discplina delle clarisse infatti lasciava in alcune parti a desiderare. Per questo scopo
passò all’ordine delle clarisse e fece nel 1406 a Nizza, davanti a Papa Benedetto XIII (Petrus de
Luma), la professione dei voti. Da egli ottenne tutti i permessi per le necessarie riforme dell’ordine.
Noncurante di tutti gli ostacoli, riuscì a realizzarle, riportando molti monasteri alla originale severità
delle regole dell’ordine. Fondò inoltre 17 nuovi monasteri, le cui religiose si chiamano da allora ‘le
colette’.
Siamo ai tempi dello scisma d’Occidente, con papi e antipapi eletti da gruppi diversi di
cardinali e ciascuno riconosciuto da una parte degli Stati europei. Dopo la morte di Gregorio XI
(1378), a Roma si sono succeduti Urbano VI (Bartolomeo Prignano), Bonifacio IX (Pietro
Tomacelli), Innocenzo VII (Cosimo Migliorati) e infine Gregorio XII (Angelo Correr). E a lui si
oppone da Avignone lo spagnolo Pedro de Luna (Benedetto XIII), successore dell’altro antipapa
avignonese, Roberto di Ginevra, chiamato Clemente VI. (In qualche momento saranno addirittura in
tre a chiamarsi papa, finché al Concilio di Costanza, grazie alla rinuncia di Gregorio XII, verrà eletto
unico pontefice Martino V, Oddone Colonna). E ci sono futuri santi da una parte e dall’altra: Caterina
da Siena e Caterina di Svezia stanno col papa di Roma, mentre ai due avignonesi aderiscono Vincenzo
Ferreri e appunto Colette. Per alcuni anni, lei vede fallire gli sforzi di riforma, e solo nel 1410 ha il
suo primo monastero rinnovato a Besançon, seguìto poi da altri 16.
Accolgono la sua riforma anche alcuni conventi maschili, sempre sotto i loro superiori.
Povertà senza attenuazioni, tenore di vita restituito all’originaria austerità, vita di preghiera personale
e comunitaria, molta penitenza per l’unità della Chiesa. La riforma è tutta qui, animata però dal suo
esempio, che entusiasma nei monasteri e fuori. Acquista fama di scrutatrice delle coscienze, capace
di profezie e di clamorosi miracoli: addirittura risurrezioni, si afferma. La validità di questa riforma
(approvata nel 1434 dal Ministro generale francescano e nel 1458 da Pio II) è testimoniata dalla sua
tenuta nel tempo.
Questa santa francescana, fu per molti aspetti una bambina prodigiosa e dotata di straordinari
carismi: della vita di questa suora, che con eroica fede compì le richieste di Dio, sono note le estasi,
levitazioni, profezie, sguardo al cuore e rivelazioni sulla vita dei defunti nell’aldilà nonché
sorprendenti miracoli, fra cui anche resurrezioni. Fu anche nota la sua straordinaria volontà nel
rispettare le originali leggi severe dell’ordine delle clarisse. Non può quindi stupire il fatto che, in tale
esistenza, si siano verificate diverse volte interventi da parte degli angeli.
Il francescano Pietro de Vaux, che la conosceva personalmente molto bene e che fu presente
al momento della sua morte, il 6 marzo del 1447 a Gent (Belgio) racconta anche, oltre a tanti altri
miracolosi eventi della vita di S. Coletta, di diverse apparizioni angeliche: diversi benefattori di S.
Coletta, attaccati nel peggior dei modi da persone di animo cattivo, furono, in seguito alle preghiere
di S. Coletta, protetti e tutelati dagli angeli.
Anche lei stessa ricevette più di una volta l’aiuto e la protezione, tangibili e vistosi, degli
angeli durante difficili prove ed afflizioni, soprattutto in momenti un cui fu perseguitata da spiriti
maligni.
Durante la morte di S. Coletta si sentì nei monasteri riformati e da lei particolarmente amati
un canto meraviglioso degli angeli, durante il quale uno di loro diffuse il messaggio: ”la venerabile
suora Coletta è tornata dal Signore.” Una suora, avente anch’essa particolari virtù e carismi, vide, al
momento della morte della S. Coletta, una grande schiera celeste, nel cui centro l’anima della defunta
venne portata con meravigliose melodie alla beatitudine di Dio.
Beatificata nel 1604, Papa Pio VII santificò Coletta, che giustamente viene chiamata la
seconda madre delle clarisse, il 24 maggio del 1807. Il suo corpo riposa a Poligny. Ma i monasteri
“collettini” continueranno a vivere sulla linea tracciata da lei. Il XX secolo ne vedrà sempre attivi
circa 140, per la maggior parte in Europa, ma anche in America, in Asia e in Africa.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
INNO dal Comune delle vergini, oppure (dal proprio delle Clarisse):
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO Gc 2, 5; Mt 5, 3
℞. Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno, * che
Dio ha promesso a quelli che lo amano.
V. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli,
℞. che Dio ha promesso a quelli che lo amano.
Lodi mattutine
INNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse):
Orazione
Signore, che hai dato a molte vergini santa Coleta come modello e guida alla
perfezione, fa’ che conserviamo nella sua genuina purezza lo spirito serafico, da lei
sapientemente insegnato e avvalorato dall’esempio della sua santità. Per il nostro
Signore.
Vespri
INNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse):
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO
Lodi mattutine
ORAZIONE
Vespri
Si riporta di seguito il testo della Lettera Apostolica di éaèa Leone XIII in occasione
della sua beatificazione.
Lettera Apostolica di Papa Leone XIII, in occasione della Beatificazione del Ven. S. d.
D. Egidio Maria di S. Giuseppe.
(5 febbraio 1888)
Tra gli esimi cultori dell’umiltà si deve contare il Venerabile Servo di Dio Fra
Egidio Maria di S. Giuseppe, che ebbe veramente davanti agli occhi il versetto
dell’Ecclesiastico (3,20): “Per quanto tu sia grande, umiliati in tutte le cose e troverai
grazia davanti a Dio”. Nacque a Taranto da genitori senza gloria ma illustri per pietà,
il 16 novembre 1729 e nel battesimo fu chiamato Francesco.
Formato bene alla pietà, fin da fanciullo mostrò una mirabile maturità e gravità
di costumi, tanto che niente aveva del puerile e amava soltanto quanto riguardava il
culto della religione. Francesco, ancora giovane, affidato ad un artigiano, attendeva al
lavoro con singolare pazienza e superava di molto i suoi pari, che incitava al culto della
vita cristiana con modestia e buone maniere, Al mattino, sorgendo sollecito dal letto
interveniva alla Messa e, a sera, ritornando a casa, visitava la chiesa e pregava
intensamente Dio.
Per darsi con maggiore impegno alle cose divine, si iscrisse al Sodalizio del
santissimo Rosario della Beata Vergine. E in quel Sodalizio brillò di tanta santità di
costumi, che tutti ne rimanevano meravigliati. Frattanto, bruciando di maggiore amore
verso Dio, decise di entrare in qualche pio Istituto. Si sa che Dio annuì ai suoi voti in
modo mirabile; difatti, una notte, mentre dormiva gli parve che gli fossero presenti due
uomini celesti, che lo invitarono con belle maniere. Al mattino, con l’animo teso,
andato al convento di S. Pietro d’Alcantara, giunto all’altare maggiore, mentre pregava,
alzando gli occhi riconobbe nelle sacre immagini lo stesso S. Pietro e S. Pasquale.
Non ci fu bisogno di altro perché desse il suo nome tra i Frati Alcantarini e nel
suo ventiquattresimo anno fu associato tra i fratelli laici col nome di Egidio Maria di
S. Giuseppe. Iniziato il noviziato dette tali indizi di santità, da potersi capire che
sarebbe arrivato facilmente ad un alto grado di virtù. Finito il noviziato, emise i voti
religiosi nell’anno 1755. Da allora cominciò ad occuparsi delle cose celesti con
maggiore impegno. Avendo le regole dell’Istituto come scolpite nell’animo, ne usava
come di stimoli per esortarsi alla retta norma di azione. Per cui si portava a Dio con più
sollecito studio, onorava fortemente la Madre di Dio e il suo casto sposo Giuseppe, di
giorno e di notte pregava fervidamente ai loro altari.
Suo piacere era la povertà, tanto che, benché andando alla questua, procurava ai
frati tutto quanto era necessario, egli niente volle riservarsi per sé, si occultava nella
povera stanzetta, vestiva una tonaca lisa, era contento di semplice pane, si dissetava
con sola acqua. Spiccava per il pudore e la modestia, che brillava nel suo volto, tanto
che, anche fiorente di giovinezza, sembrava un angelo mandato dal cielo. Di mirabile
obbedienza anche nelle minime cose, obbedendo ai superiori con massima modestia,
avendo sempre come unica norma della sua vita la loro volontà. Perciò abbracciava
alacremente quanto ridondava ad umiltà di animo e a suo disprezzo. Niente gli era più
accetto che carpire diligentemente l’occasione di un lavoro umile e faticoso, o andando
alla questua o facendo il portinaio. Ma quando comparve alla vista degli uomini, Napoli
ammirò le sue virtù. Nessuna zona di questa città, nessuna piazza, nessuna casa, nessun
luogo remoto ci fu che potesse tacere delle sue illustri azioni. Tutti celebravano con
grandi lodi specialmente la sua larga carità. Ci fu una innumerevole moltitudine di
poveri dei quali lenì la fame, il freddo, la nudità, asterse le lacrime, confortò il dolore;
la sua misericordia senza essere richiesta, spontaneamente andava incontro agli eventi.
Spiccò anche di tanta gentilezza, che con la dolcezza dei modi calmò uomini di
indole feroce. Né a lui, rischiarato di luce celeste, mancava quella sapienza, con la
quale componeva amichevolmente i dissidi e risolveva i casi più difficili. Per cui i
fedeli accorrevano a lui, anche gli stessi uomini nobili dell’aula regia, che chiedevano
consiglio nelle cose vacillanti indicava ispirato il retto modo di agire. E bisogna dire
che proprio per volontà divina avvenne che il Venerabile Servo di Dio dimorasse a
Napoli in quel tempo quando incominciavano a spandersi dottrine erronee e a
propagarsi la corruzione dei costumi; ad ambedue queste situazioni portava rimedio
con pii colloqui e con gli esempi di una vita più santa.
Ormai vecchio e colpito da malattia mortale, previde che era vicina la fine della
vita. Per niente spaventato, ma appoggiato alla coscienza del bene fatto, volgendo gli
occhi a Cristo crocifisso, alla madre di Dio e a S. Giuseppe, sembrava che era molto
consolato dalla loro visita. Così, munito dei sacramenti, il 7 febbraio 1812 dai dolori
di questo secolo passò alla patria celeste.
L’opinione di santità che già si era formata negli anni aumentò sempre di più
dopo la morte e la allargarono incredibilmente i miracoli che si affermava essere
avvenuti per divina virtù all’invocazione del suo nome.
8 febbraio
Il primo annuncio del Vangelo in Cina avvenne nel V secolo. In epoca moderna, grazie
all’invio di missionari come Matteo Ricci, molti cinesi si avvicinarono al cristianesimo, sia nelle
classi alte sia in mezzo al popolo, senza mai rinnegare le proprie origini e la propria cultura
d’appartenenza.
Dove si evangelizza, però, non tarda ad arrivare il martirio. Padre Francesco Fernández de
Capillas, domenicano ucciso nel 1648, è considerato il protomartire della Cina. A lui, nei tre secoli
successivi, si aggiunsero non solo missionari occidentali, ma anche uomini e donne autoctoni, di ogni
età e stato di vita, compresi alcuni seminaristi, contro i quali, nel 1811, era stato emanato un editto
apposito.
Francesco Maria Lantrua nacque a Molini di Triora (Imperia) il 15 marzo 1760. Figlio di
genitori benestanti (Antonio Maria Lantrua e Maria Pasqua Ferraironi), dopo i primi studi a Triora,
frequenta le scuole dei Barnabiti di Porto Maurizio (Imperia). Qui comincia a sentire l’attrazione per
la vita religiosa, ottiene con fatica il consenso dei genitori, e a 17 anni nel 1777 lo accoglie a Roma
un altro ligure di Ponente, Luigi da Porto Maurizio, provinciale dei francescani.
Nell’Urbe egli indossa l’abito e cambia il suo nome di battesimo (Francesco Maria) in quello
di fra Giovanni. Studia filosofia e teologia, viene ordinato sacerdote a 24 anni e poi passa da un
convento all’altro come insegnante, e più tardi anche come padre guardiano. Ma nel 1799, sentendosi
chiamato ad un maggior impegno nel campo missionario lascia Roma, raggiunge Lisbona dove si
imbarca per la Cina, e vi arriva circa otto mesi dopo.
Perché la Cina? Perché già nel Duecento c'è stata nello sterminato Paese una presenza
francescana. All’epoca di fra Giovanni, la vita delle comunità cristiane in territorio cinese è molto
dura, per ragioni soprattutto politiche. Il cristianesimo viene avversato non tanto in sé, ma piuttosto
per la sua provenienza dal detestato e temuto “Occidente”. Operando nella grande regione centrale
dello Hu-nan, fra Giovanni si dedica in particolare al recupero e all’incoraggiamento, rivolgendosi a
individui e gruppi che avevano accolto la fede cristiana, staccandosene poi per paura; o perché lasciati
soli, a causa dell’avversione del potere contro i missionari.
Aiutato da generosi catechisti locali e dalle famiglie rimaste fermamente cristiane, il suo
sforzo di evangelizzazione ottiene buoni risultati, dovuti anche alla sua capacità di ambientare la fede
cristiana nella realtà locale, nonché alla fiducia personale che si conquista (a partire dallo studio
accurato della difficilissima lingua). Fra Giovanni rianima comunità cristiane in crisi, ne crea di
nuove. Per sedici anni lavorò nell’Hu-nan per la propagazione della fede cristiana, raccogliendo
copiosi frutti.
Scoppiata la persecuzione la sua attività è considerata sovversione, e il 26 luglio 1815 egli
viene arrestato e condotto a Chan-xa, incarcerato con un gruppo di cristiani cinesi. Questi finiranno
schiavi e deportati, per aver rifiutato di abiurare calpestando la croce. Per lui, straniero, l’accusa è
gravissima: "Entrato di nascosto, ha percorso varie province, ha raccolto discepoli". Pena di morte,
dunque, accuratamente motivata e sottoposta all’approvazione imperiale: dopo settemesi di carcere
sarà posto su una croce e strozzato. Lui chiede soltanto di potersi fare ancora il segno della croce, con
i cinque inchini tradizionali dei cristiani cinesi. Poi si consegna al supplizio, che avviene il 7 febbraio
1816.
Dopo un mese, il corpo di fra Giovanni viene recuperato, portato poi segretamente a Macao,
e di lì infine a Roma, nella basilica di Santa Maria in Aracoeli. Fu beatificato da Leone XIII il 27
maggio 1900 insieme a 76 martiri della Cocincina e del Tonchino e fu canonizzato da Giovanni Paolo
II il 1° ottobre 2000 insieme ad altri 119 martiri cinesi, tra i quali Agostino Zhao Rong.
La memoria liturgica ufficiale è l’8 febbraio, ma nel calendario approvato per l’Ordine dei
Frati Minori (OFM) è stata fissata al 7 febbraio.
ORAZIONE
O Dio, che hai coronato di gloria eterna la lotta sostenuta per la fede dal santo
martire Giovanni da Triora, per i suoi meriti concedi che i popoli che non conoscono
Cristo siano illuminati dallo Spirito Santo e possano entrare anch’essi nella via della
salvezza. Per il nostro Signore.
Dalla «Omelia nella canonizzazione dei beati martiri cinesi» del papa Giovanni Paolo
II
(AAS 92, 2000, pp. 849-850)
Consacrali nella verità. La tua parola è verità (Gv 17, 17). Questa invocazione,
eco della preghiera che Cristo rivolse al Padre dopo l'Ultima Cena, sembra salire dalla
schiera di santi e beati, che lo Spirito di Dio, di generazione in generazione, va
suscitando nella sua Chiesa. A duemila anni dall'inizio della redenzione, oggi facciamo
nostre quelle parole, mentre abbiamo dinanzi, quali modelli di santità, Agostino Zhao
Rong e i 119 compagni, Martiri in Cina. Dio Padre li ha «consacrati nel suo amore»,
esaudendo la domanda del Figlio, che per acquistargli un popolo santo ha steso le
braccia sulla croce e morendo ha distrutto la morte e proclamato la risurrezione (cfr
Pregh. eucar. II, Prefazio).
La Chiesa è oggi grata al suo Signore, che la benedice e la inonda di luce con il
fulgore della santità di questi figli e figlie della Cina. La giovinetta Anna Wang,
quattordicenne, resiste alle minacce del carnefice che la invita ad apostatare e,
disponendosi alla decapitazione, con il viso raggiante, dichiara: «La porta del Cielo è
aperta a tutti» e mormora per tre volte «Gesù». E il diciottenne Xi Zhuzi, a coloro che
gli hanno appena tagliato il braccio destro e si preparano a scorticarlo vivo, grida
impavido: «Ogni pezzo della mia carne, ogni goccia del mio sangue vi ripeteranno che
io sono cristiano». Uguale convinzione e gioia hanno testimoniato gli altri 85 cinesi,
uomini e donne di ogni età e condizione, sacerdoti, religiose e laici, che hanno
suggellato la propria indefettibile fedeltà a Cristo e alla Chiesa con il dono della vita.
Ciò è avvenuto nell'arco di vari secoli e in complesse e difficili epoche della storia della
Chiesa in Cina.
In questa schiera di Martiri risplendono anche 33 missionari e missionarie, che
lasciarono la loro terra e cercarono di introdursi nella realtà cinese, assumendone con
amore le caratteristiche, nel desiderio di annunciare Cristo e di servire quel popolo. Le
loro tombe sono là, quasi a significare la loro definitiva appartenenza alla Cina, che
essi, pur con i loro limiti umani, hanno sinceramente amato, spendendo per essa le loro
energie. «Noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno – risponde il vescovo
Francesco Fogolla al governatore che si appresta a colpirlo con la propria spada -. Al
contrario, abbiamo fatto del bene a molti».
RESPONSORIO Mt 5, 44—45. 48
R/ Amate i vostri nemici, e pregate per i vostri persecutori, * perché siate figli del Padre
vostro celeste.
V/ Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste,
R/ perché siate figli del Padre vostro celeste.
19 febbraio
Corrado Gonfalonieri nacque a Piacenza nel 1290 ca. da nobile famiglia. Viveva secondo il
suo stato, fra divertimenti e onori. All’età di venticinque anni ca., mentre era sontuosamente a caccia,
con servi, cavalli, cani, furetti, falconi e astori, non riuscendo a stanare i conigli, fece appiccare il
fuoco alla sterpaglia; l’incendio, alimentato dal vento, recò danni alle coltivazioni vicine e distrusse
tutto. Non riuscendo a domarlo, tristemente se ne tornò a casa. Saputasi la cosa in città, le guardie di
Galeazzo Visconti, signore di Piacenza, andarono sul luogo, e, trovato un uomo, credendolo
colpevole, lo condussero in giudizio, dove fu condannato a morte, perché il danno era stato
grandissimo. Corrado viene a conoscenza della ingiusta condanna, libera il malcapitato, affronta l’ira
del Visconti, che, non potendolo condannare a morte perché nobile, lo priva dei suoi beni in città e
fuori, riducendo lui e la sua sposa alla massima povertà.
Ma questa profonda trasformazione aveva arricchito la sua spiritualità. Sembrò ad entrambi
che il buon Dio li avesse chiamati all'abbandono di quella vita, tutta dedita ai piaceri di quel rango
tanto potente. La coppia vendette gli averi restanti e ne diede il ricavo ai poveri del posto e abbracciate
le regole di Francesco e Chiara decisero di diventare religiosi. Corrado quindi divenuto terziario
francescano si ritirò in eremitaggio.
Da quel giorno la vita di Corrado cambiò, attratto dalla fede visse con grande austerità il resto
della sua vita. Egli vagò per tanto tempo in solitudine, fece un pellegrinaggio a Roma e si trasferì in
varie località, finché approdò nell’isola di Malta, dove ancora esiste la grotta chiamata di San
Corrado. Dall'isola di Malta ripreso il mare giunse al porto di Palazzolo e da qui in Sicilia, a Noto
Antica, nelle cui vicinanze resterà fino alla morte, in soltitudine eremitica, senza tralasciare i contatti
con gli abitanti del luogo. In un primo momento era vissuto alle Celle, presso Noto, con il beato
Guglielmo Buccheri. Ma, poiché i Netini lo riverivano troppo, volle allontanarsi un poco, per
maggiore solitudine.
La preghiera e il lavoro manuale sono la sua vita quotidiana, austera e parca nel cibo, tanto
che le sue tentazioni sono soprattutto di gola; ma la sua perseveranza è fortissima e il diavolo, contro
il quale combatte in continuazione, se ne torna sempre sconfitto.
Nella Vita beati Corradi, il più antico documento che abbiamo, scritta in dialetto siciliano da
un anonimo verso la fine del Trecento, sembra di rileggere episodi e stile di vita come nei Fioretti di
san Francesco e nelle Vitae Patrum (le vite degli antichi eremiti), oltre che nei Dialoghi di Gregorio
Magno: aneddoti, miracoli, preghiera: anche gli uccelli si appoggiavano sulle sue spalle e sulle sue
mani e cantavano dolcemente. Guarisce, con la preghiera e il segno della croce, un bambino ammalato
di ernia: questo è il primo miracolo. La fama di fra Corrado diventa sempre maggiore, ma egli torna
nella sua spelonca a lodare Dio, a cui umilmente attribuisce tutto il bene che opera. Lì è visitato dal
vescovo di Siracusa, che ne riconosce la santità; al vescovo ed al suo seguito Corrado offre pane
fresco, miracoloso, e, alla meraviglia del prelato, si dichiara peccatore aggiungendo che “Dio ha fatto
questa cosa, per sua grazia”. Il santo, poi, andrà a Siracusa a parlare con il prelato, segno della sua
venerazione per la gerarchia ecclesiastica, in un periodo in cui spesso i rapporti fra gli uomini di
chiesa erano abbastanza turbolenti, specialmente per i problemi sulla povertà, che l’Ordine
francescano aveva al suo interno e con la Curia papale ad Avignone.
Per accostarsi ai sacramenti della confessione e della comunione andava a Noto, dove c’era
un prete suo devoto.
Nella Vita traspare anche la sua devozione verso la vergine Maria, come dimostra la preghiera,
che il frate recita ad un suo amico e devoto, che gli aveva chiesto di insegnargli a pregare. Il suo
saluto era l’evangelico e francescano (con molta probabilità il santo apparteneva al Terz’Ordine): “La
pace sia con te”, oppure: “Cristo ti dia la pace”.
Dopo avere profetizzato prossima la morte, raccomandata l’anima a Dio, il santo muore,
mentre è in preghiera, il 19 febbraio 1351, mentre ad Avola e a Noto le campane suonano da sole,
annunciando così il glorioso trapasso. Gli abitanti delle due città accorrono per avere le reliquie; nello
scontro, durissimo come una battaglia, grazie all’intervento miracoloso, nessuno resta ferito,
nonostante le molte armi. Il fatto che il corpo di Corrado rimase fra i Netini dimostrò la volontà di
Dio; fu perciò portato nella Chiesa Madre di Noto, dove fu seppellito. E nella Cattedrale barocca di
Noto ancora oggi è conservato, in un’arca di argento di pregevole fattura, sulla cui sommità Cristo
risorto è speranza e certezza di resurrezione per tutti.
Beatificato da Leone X nel 1515, Urbano VIII, nel 1625, concesse ai francescani di celebrarne
la festa con Messa e Ufficio propri. Alcune notizie della sua vita, trasformate dalla leggenda, si sono
imposte anche nell’iconografia, come il suo separarsi dalla sposa, che si fa monaca; nelle fonti però
non c’è accenno a questo matrimonio. Generalmente il santo è rappresentato come un vecchio, che
dimostra molto più dei suoi anni, con la barba fluente, vestito da francescano, davanti ad un crocifisso
e con il bastone a tau.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Che cosa fai nel secolo, tu fratello, che sei più grande del mondo? Temi la
povertà? Beati i poveri, dice Cristo! Ti spaventa la fatica? Nessun atleta riceve la
corona del trionfo senza lottare. Sei preoccupato per il cibo? La vera fede non teme la
fame. Temi che le tue membra, consumate dal digiuno, si incalliscano riposando sulla
nuda terra? Dimentichi che Cristo dorme al tuo fianco. Ti preoccupi per i capelli
spettinati sulla tua fronte già ruvida? Bene, Cristo è il tuo capo. Hai paura della vastità
del deserto? Allora puoi con la mente andare a spasso per tutto il paradiso: è perché,
quante incursioni fai in paradiso, tante altre ancora il deserto ti permette in piena libertà.
Oh deserto, fiorente con le rose di Cristo! O solitudine, dove, nella frase
dell'Apocalisse, emergono le pietre con cui è costruita la città del grande Re! O deserto,
a chi piace la presenza familiare di Dio! Le parole dell'Apostolo possono riferirsi alla
solitudine: «Perché io credo che le sofferenze del tempo presente non siano
paragonabili alla gloria che deve manifestarsi in noi».
Come, quindi, sei tu cristiano d’animo così timido? Il Figlio dell'uomo non ha
dove posare il suo capo; e tu, invece, desideri dimorare in ampi portici e in ampi
palazzi: non può essere coerede di Cristo chi cerca il godimento dell'eredità del mondo.
Il deserto ama la nudità.
Il corpo abituato a vestiti delicati non regge l’armatura, e la testa fasciata con un
leggero fazzoletto resiste al casco. Il manico e l’elsa della spada irritano le mani
fiacche.
Siamo polvere e cenere; non avendo potere su nessun momento della vita,
dobbiamo sempre ricordare l'imminenza del ritorno alla polvere. D'altra parte: molte
volte non vogliamo uscire dalle ristrettezze di questo mondo? Nonostante ciò, se il
digiuno provoca occasionalmente febbre o mal di stomaco, consideriamo una grave
malattia ciò che potrebbe aprire le porte della vita eterna.
Lodi Mattutine
ORAZIONE
O Dio, che hai condotto san Corrado da Piacenza alla vita eremitica e lo hai reso
modello di vita evangelica, per sua intercessione concedi a noi di riscoprire attraverso
le vicende della vita il tuo disegno di salvezza e di lasciare ogni cosa per seguire te,
fonte di ogni bene. Per il nostro Signore.
Vespri
Durante il secolo d’oro della sua spiritualità e della sua letteratura, la Spagna fu anche edificata
da quattro santi fratelli laici appartenenti all’Ordine Francescano dei Frati Minori: San Pasquale
Baylón (1540-1592), il Beato Andrea Hibernon (1534-1602), il Beato Giuliano di Sant’Agostino
(1553-1606) ed il Beato Sebastiano di Aparicio (1502-1600). Quest’ultimo spartì in realtà la sua lunga
vita tra due continenti.
Sebastiano nacque a La Gudiña (Spagna) il 20 gennaio 1502. Umile contadino della provincia
spagnola della Galizia, proveniva da una povera famiglia e trascorse la sua fanciullezza pascolando
greggi. All’età di quindici anni i suoi genitori preferirono mandarlo nella più prosperosa Castiglia al
servizio di una vedova, che pare tentò di sedurlo. Sebastiano allora fuggì, trovando una nuova
occupazione quale cameriere personale di un facoltoso gentiluomo di Salamanca. Tuttavia il suo
cuore era a tal punto legato alla vita campestre, che l’anno seguente preferì tornare a casa per
pascolare le pecore. Dopo otto anni di lavoro aveva già accumulato una cospicua fortuna, tanto da
finanziare la dote delle sorelle. Sebbene le sue agiate condizioni finanziarie lo avessero reso un ottimo
partito, Sebastiano abbandonò la prospettiva matrimoniale per salpare alla volta dell’America.
Giunse così in Messico e si stabilì a Puebla degli Angeli (divenuta famosa in tutto il mondo
cattolico con la Terza conferenza generale dei vescovi latino-americani del 1979). Iniziò l’attività di
bracciante agricolo, ma la sua spiccata imprenditorialità gli consentì di mettersi in proprio ed
effettuare trasporti vari tra Zacatecas e Città del Messico. Notando la forte necessità di vie di
comunicazione più agevoli, non esitò a provvedere personalmente alla loro realizzazione,
arricchendosi così ulteriormente. Tra le principali strade da lui inaugurate si ricorda quella tra le due
città suddette, tuttora attiva. Nonostante l’agiatezza raggiunta, Sebastiano preferì uno stila di vita
austero, destinando piuttosto le proprie ricchezze ad opere di carità ed a prestiti senza interessi. La
sua ottima reputazione crebbe sia tra gli ispanici che tra gli indigeni ed era cosa frequente che si
ricorresse a lui per risolvere le più svariate controversie. Ritiratosi dagli affari nel 1552, Sebastiano
comperò allora una tenuta agricola vicino a Città del Messico, ove si dedicò all’allevamento del
bestiame.
All’età di ben sessant’anni pensò finalmente di sposarsi, ormai conscio di non rischiare di
cedere alle tentazioni della carne. La prima moglie, una povera ragazza la cui famiglia lo aveva
supplicato di sposarla, morì dopo breve tempo, e così avvenne anche con la seconda. Entrambi i
matrimoni, con mutuo consenso, non vennero consumati.
A settantadue anni fu colpito da una grave malattia, ma ripresosi inaspettatamente, non gli
restò che interpretare la sua guarigione come una grazia divina meritevole di essere contraccambiata.
Donò allora tutti i suoi beni alle clarisse e, fattosi terziario francescano, entrò nel noviziato dei
francescani osservanti di Città del Messico. Successivamente fu mandato a Tecali ed in un secondo
momento a Puebla, ove era presente una grande comunità. Il fervore, l’umiltà e l’obbedienza, che lo
animarono abitualmente nonostante la sua età ormai avanzata, furono esemplari per tutti i suoi
confratelli. Visse così gli ultimi ventisei anni della sua vita peregrinando per le campagne su un carro
trainato dai buoi e chiedendo l’elemosina.
Similmente alle leggende sorte sul conto di San Francesco d’Assisi, anche il beato Sebastiano
godette di poteri miracolosi nei confronti degli animali, che ubbidivano ad ogni suo minimo cenno,
anche un sussurro: si diceva che avesse su di essi poteri miracolosi e che gli angeli lo
accompagnassero abitualmente nei suoi viaggi.
Morì quasi centenario il 25 febbraio 1600, compianto dall’affetto generale. La fama di santità
da cui era circondato, portò alla sua beatificazione il 17 maggio 1789 da parte del pontefice Pio VI.
Il corpo del Beato Sebastiano di Aparicio ancora oggi è conservato in una tomba di vetro, adiacente
alla chiesa francescana di Puebla.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
«Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli». Ci sono molti che,
applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e
mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro
persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. Questi
non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso e
ama quelli che lo percuotono nella guancia.
«Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio». Sono veri pacifici coloro
che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l'amore del Signore
nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell'anima e nel corpo.
«Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio». Veramente puri di cuore sono
coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di
adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro. XVII. L'umile
servo di Dio.
Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e
opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. Pecca
l'uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore
Dio.
R. Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno * che
Dio ha promesso a quelli che lo amano
V. Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un
tesoro nel cielo;
R. che Dio ha promesso a quelli che lo amano.
Lodi mattutine
ORAZIONE
Padre, che hai fatto vivere con semplicità e purezza di cuore il tuo servo
Sebastiano de Aparicio e su di lui hai profuso i tuoi celesti doni, fa’ che, sul suo
esempio, anche noi, ti possiamo servire con cuore semplice e mente pura e siamo resi
capaci di accogliere il dono della tua grazia. Per il nostro Signore-
Vespri
Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, se da un lato non ha mancato di proporre
agli uomini di oggi dei modelli di santità a loro vicini nel tempo, non ha però disdegnato anche di
elevare agli onori degli altari alcune significative figure visute nei primi secoli del secondo millenio,
tra le quali la principessa Sant’Agense di Boemia.
Figlia del sovrano boemo Premysl Otakar I e della regina Costanza, sorella di Andrea II re
d'Ungheria, Agnese nacque a Praga nel 1211. Sin dall’infanzia fu oggetto di svariati progetti di
fidanzamento indipendentemente dalla sua volontà, cosa comune a quel tempo meramente per
speculazioni politiche e convenienze dinastiche. All’età di tre anni fu affidata alle cure della duchessa
di Slesia, la celebre Santa Edvige, che l’accolse nel monastero cistercense di Trzebnica e le insegnò
i primi elementi della fede cristiana. Tre anni dopo fece ritorno a Praga e venne poi affidata alle
monache premonstratensi di Doksany ove ricevette un’adeguata istruzione.
Nel 1220, essendo promessa sposa di Enrico VII, figlio dell'imperatore Federico II
Barbarossa, Agnese fu condotta a Vienna presso la corte del duca d’Austria: qui visse sino al 1225
rimanendo sempre fedele ai principi e ai doveri della morale cristiana. Rescisso infine il patto di
fidanzamento, ritornò a Praga ove poté dedicarsi ad una più intensa vita di preghiere e di opere
caritative. Dopo una matura riflessione, decise di consacrare a Dio la sua verginità. Pervennero alla
corte di Praga nuove proposte nuziali per la giovane principessa boema: quella del re inglese Enrico
III, che svanì, e quella del Barbarossa presentata prima a re Otakar nel 1228 ed una seconda volta a
re Venceslao nel 1231.
Papa Gregorio IX, cui Agnese aveva chiesto protezione, intervenne riconoscendo il voto di
castità della principessa, che in tal modo acquistò la libertà e la felicità di consacrarsi a Dio libera dai
sotterfugi del mondo secolare. In quel periodo giungevano a Praga quali predicatori i Frati Minori,
grazie ai quali venne a conoscenza della vita spirituale che conduceva in Assisi la vergine Santa
Chiara secondo lo spirito francescano. Rimase affascinata da questo modello e decise di imitarne ad
ogni costo l’esempio: usufruendo dei propri beni fondò tra il 1232 ed il 1233 a Praga l’ospedale di
San Francesco e per dirigerlo l’Ordine dei Crocigeri della Stella Rossa. Allo stesso tempo fondò il
monastero di San Francesco per le “Sorelle Povere o Damianite”, ove lei stessa entrò l’11 giugno
1234, giorno di Pentecoste.
Agnese professò duqnue solennemente i voti solenni di castità, povertà ed obbedienza,
pienamente consapevole del valore eterno di questi consigli evangelici, e si cimentò nel praticarli con
esemplare fedeltà per tutti i suoi giorni. La verginità finalizzata al regno dei cieli costituì l’elemento
fondamentale della sua spiritualità. Lo spirito di povertà, che già in precedenza l’aveva indotta a
distribuire ai poveri i suoi beni, la spinse a rinunciare totalmente ad ogni proprietà per seguire Cristo
povero ed ottenne inoltre che nel suo monastero si praticasse addirittura l’esproprio collettivo. Lo
spirito di obbedienza la condusse a conformare sempre più la sua volontà a quella divina che scopriva
nella lettura del Vangelo e nella Regola di vita che la Chiesa le aveva donato. Insieme a Santa Chiara
si adoperò per ottenere l’approvazione di una nuova ed apposita Regola che, dopo fiduciosa attesa,
ricevette e professò con estrema fedeltà.
Poco dopo la professione Agnese divenne badessa del monastero, ufficio che dovette
conservare per tutta la vita, esercitandolo con umiltà e carità, con saggezza e zelo, considerandosi
sempre come “sorella maggiore” delle monache sottoposte alla sua autorità. La notizia dell’ingresso
di Agnese in monastero suscitò ammirazione in tutta Europa e tutti coloro che ebbero modo di entrare
in contatto con lei poterono testimoniare le sue virtù, come concordemente attestano anche le
memorie biografiche: specialmente ammirato era l’ardore della sua carità verso Dio e verso il
prossimo, “la fiamma viva dell’amore divino che ardeva continuamente nell'altare del cuore di
Agnese, la spingeva tanto in alto, per mezzo dell'inesauribile fede, da farle ininterrottamente cercare
il suo Diletto” e si esprimeva in modo peculiare nel fervore con cui adorava i misteri dell’Eucaristia
e della Croce del Signore, nonché nella devozione filiale alla Madonna contemplata nel mistero
dell’Annunciazione.
L’amore del prossimo, continuò anche dopo la fondazione dell’ospedale a tenere spalancato
il suo cuore generoso ad ogni forma di aiuto cristiano. Amò la Chiesa implorando dalla bontà di Dio
per i suoi figli i doni della perseveranza nella fede e della solidarietà cristiana. Collaborò con i papi
del suo tempo, che per il bene della Chiesa non mancavano di sollecitare le sue preghiere e le sue
mediazioni presso i sovrani boemi, suoi familiari. Nutrì sempre un profondo amore per la sua patria,
che beneficiò con opere caritative individuali e sociali, nonché con la saggezza dei suoi consigli
sempre volti ad evitare conflitti di ogni sorta ed a promuovere la fedeltà alla religione cattolica dei
suoi padri.
Negli ultimi anni di vita Agnese sopportò con immutata pazienza i molteplici dolori che
afflissero lei e l’intera famiglia reale, il monastero e la Boemia, causati da un infausto conflitto e dalla
conseguente anarchia, nonché dalle calamità naturali che si abbatterono sulla regione e la conseguente
carestia. Morì infine santamente nel suo monastero il 2 marzo 1282. Numerosi miracoli furono
attribuiti all’intercessione della principessa defunta, ma l’antichissimo culto tributatole sin dalla
morte ebbe il riconoscimento papale solo il 28 novembre 1874 con decreto del Beato Pio IX. Il
Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha infine canonizzato Agnese di Boemia il 12 novembre 1989
nella Basilica Vaticana.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
INNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse):
SECONDA LETTURA
Rendo grazie al Donatore della grazia, dal quale, come crediamo, proviene ogni
bene sommo e ogni dono perfetto, perché ti ha ornata di tanti titoli di virtù e ti ha
illustrata con segni di sì alta perfezione, che fatta diligente imitatrice del Padre, in cui
è ogni perfezione, meriti di divenire a tua volta perfetta, sì che i suoi occhi non scorgano
in te nulla di imperfetto.
Questa è la perfezione per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell'eterno talamo,
dove siede glorioso su un trono di stelle: e tu, stimando cosa vile la grandezza di un
regno terreno e sdegnando l'offerta di un connubio imperiale, per amore della
santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ti sei posta a
camminare con assoluta fedeltà sulle orme di Colui, del quale hai meritato d'essere
sposa.
Ma ti so ricca d'ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso, non volendo
aggravarti con parole superflue, anche se tu nulla troveresti di superfluo in quelle parole
che potrebbero arrecarti qualche consolazione. Ma giacché una sola è la cosa
necessaria, di essa soltanto ti scongiuro e ti avviso per amore di Colui, al quale ti sei
offerta come santa e gradita vittima: che cioè, memore del tuo proposito, come un'altra
Rachele, tu tenga sempre davanti agli occhi il punto di partenza; tieni ben fermi i
risultati raggiunti; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti; ma anzi, con veloce corsa e
passo leggero, con piede sicuro che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare,
avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata. E non credere
e non consentire ad alcuno che tentasse di sviarti dal tuo proposito, di metterti degli
ostacoli su questa via, per impedirti di tener fede ai tuoi voti all'Altissimo con quella
perfezione alla quale t’ha chiamata lo Spirito del Signore.
A questo riguardo, poi, affinché tu possa camminare con maggiore sicurezza
nella strada dei divini mandati, attieniti ai consigli del venerabile padre nostro e fratello
Elia, ministro generale, e anteponili ai consigli di qualsiasi altro e reputali più preziosi
per te di qualsiasi altro dono. Ma se qualcuno ti dice qualcosa e ti dà dei suggerimenti
che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o che ti sembrino contrari alla
divina vocazione, pur portandoti con tutto il rispetto, non seguire però il suo consiglio,
ma, come vergine poverella, stringiti a Cristo povero.
Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo e seguilo, rendendoti per amor
suo spregevole in questo mondo. Guarda lo Sposo tuo, o regina nobilissima, il più bello
tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato,
percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato, morire infine tra i dolori più
lancinanti sulla croce: guardalo, e medita e contempla, desiderando di imitarlo.
RESPONSORIO
R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una
splendida corona.
V. Non ti sarà tolto l’onore della verginità, non sarai più separata dall’amore del Figlio
di Dio:
R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona
RESPONSORIO
R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una
splendida corona.
V. Non sarai più separata dall’amore del Figlio di Dio:
R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona.
Oppure (tratta dal Proprio delle Clarisse):
La beata Agnese di Boemia, pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal
nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che
invita alla riflessione ed alla imitazione. Ben si addicono alla sua vita e alla sua
spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: "Siate moderati e sobri, per dedicarvi
alla preghiera". Così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e
soggiungeva: "Soprattutto conservate tra voi una grande carità...Praticate l'ospitalità gli
uni verso gli altri, senza mormorare"(1 Pt 4, 7-9).
Proprio questo è stato il programma di vita di sant'Agnese: fin dalla più tenera
età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune
proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli
venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo (cf. 1 Pt 4, 11). Essendo venuta a
conoscere dai Frati Minori, allora giunti a Praga, l'esperienza spirituale di Chiara di
Assisi, volle seguirne l'esempio di francescana povertà: con i propri beni dinastici
fondò a Praga l'ospedale di san Francesco e un monastero per le"Sorelle Povere" o
"Damianite", dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste del 1234,
professando i voti solenni di castità, povertà e obbedienza.
Sono rimaste famose le lettere che santa Chiara d'Assisi le indirizzò per esortarla
a proseguire nel cammino intrapreso. Sorse così un'amicizia spirituale, che durò per
quasi vent'anni, senza che le due sante donne si incontrassero mai. "Praticate
l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1 Pt 4, 9). Fu la norma a cui santa
Agnese ispirò costantemente la propria azione, accettando sempre con piena fiducia gli
avvenimenti che la Provvidenza permetteva, nella certezza che tutto passa, ma la Verità
rimane in eterno! È, questo, l'insegnamento che la nuova santa dona anche a voi, cari
suoi connazionali, e dona a tutti.
La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano con le varie
generazioni e con le scoperte scientifiche; nuove tecniche ma anche nuovi affanni si
affacciano all'orizzonte dell'umanità, sempre in cammino: ma la verità di Cristo, che
illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Tutto ciò che avviene sulla terra è
voluto o permesso dall'Altissimo perché gli uomini sentano la sete o la nostalgia della
Verità, tendano ad essa, la ricerchino e la raggiungano! "Ciascuno viva secondo la
grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri", così scriveva ancora san Pietro, e
concludeva: "Chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché
in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 4, 10-11).
Nella sua lunga vita, travagliata anche da malattie e sofferenze, sant'Agnese ha
davvero compiuto con energia il suo servizio di carità, per amore di Dio, contemplando
come in uno specchio Gesù Cristo, come le aveva suggerito santa Chiara: "In questo
specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità" (Lettera IV:
"Fonti Francescane", ed. 1986, n. 2903).
E così Agnese di Boemia, che oggi abbiamo la gioia di invocare "Santa", pur
vissuta in secoli tanto lontani da noi, ha avuto un notevole ruolo nello sviluppo civile
e culturale della sua Nazione e resta nostra contemporanea per la sua fede cristiana e
per la sua carità: è esempio di coraggio ed è aiuto spirituale per le giovani che
generosamente si consacrano alla vita religiosa; è ideale di santità per tutti coloro che
seguono Cristo; è stimolo alla carità, esercitata con totale dedizione verso tutti,
superando ogni barriera di razza, di popolo e di mentalità; è celeste protettrice del
nostro faticoso cammino quotidiano. A lei possiamo dunque rivolgerci con grande
fiducia e speranza. »
RESPONSORIO
R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una
splendida corona.
V. Non sarai più separata dall’amore del Figlio di Dio:
R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona.
Lodi mattutine
INNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse):
Dove è festa si può prendere la seguente lettura breve (dal Proprio delle Clarisse)
Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra
voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate
l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno viva secondo la grazia
ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una
multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un
ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio
per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Amen!
RESPONSORIO BREVE
ORAZIONE
O Dio, che hai ispirato a santa Agnese di Boemia di anteporre al fascino della
dignità regale l’umiltà della croce, concedici, per sua intercessione, di volgere sempre
il nostro animo alle cose di lassù, nel distacco dalle cose della terra. Per il nostro
Signore.
Vespri
INNO dal Comune delle vergini, oppure come alle Lodi mattutine, oppure un altro inno
o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica.
Dove è festa si può prendere la seguente lettura breve (dal Proprio delle Clarisse)
Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli. Come un giglio fra i cardi, così
la mia amata tra le fanciulle. Come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto fra i
giovani. Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato. Mi
ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore. Sostenetemi con
focacce d'uva passa, rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d'amore. La sua
sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia.
RESPONSORIO BREVE
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
Oggi, in questa Basilica di san Pietro, adoriamo Cristo Re. Colui che eternamente
è “il testimone fedele”. Colui che è venuto “nel mondo per rendere testimonianza alla
verità”. Lo adoriamo elevando alla gloria degli altari i suoi discepoli e seguaci: coloro
che hanno ascoltato la sua voce. E con tutta la loro vita hanno dato prova di essere
“dalla verità”. Sono diventati testimoni di quello che egli stesso è: “il testimone fedele”.
Ecco i loro nomi: Liberat Weiss, Samuele Marzorati, Michele Pio Fasoli, tutti
Frati Minori francescani, e madre Katharine Drexel, fondatrice delle Suore del
Santissimo Sacramento per gli indiani e la gente di colore.
Nel tempio eterno del Signore gli rendono gloria (cf. Sal 93 [92], 5) i nuovi beati.
Tra essi i tre degni seguaci di san Francesco, i quali hanno amato il Cristo sopra ogni
cosa e, per lui, hanno saputo amare la croce redentrice e tutti gli uomini.
I martiri Liberat, Samuele e Michele Pio hanno meritato di stare per sempre
accanto al “saldo trono” (cf. Sal 93 [92], 2) del Re dell’universo, ammantato di
splendida luce e cinto di potenza, perché hanno lasciato tutto, anche la vita terrena per
servirlo.
Il consegnare la propria esistenza sino all’effusione del sangue fu per essi la
risposta generosa alla vocazione, con la quale Cristo li chiamava a partecipare
all’offerta che egli aveva fatto di se stesso al Padre. Il loro martirio fu il supremo gesto
di amore forte e di fede tenace, con cui, unendosi alla testimonianza dell’Agnello
immolato, hanno confermato la verità che salva e rende capaci di amare Dio ed il
prossimo con la stessa carità di Gesù.
Lo zelo e la dedizione con i quali Liberat, Samuele e Michele Pio hanno risposto
alla chiamata del Redentore li fece crescere in familiarità interiore con lui. Essi
riconobbero sempre più chiaramente la loro vocazione ad annunciare agli altri uomini
la buona novella. In questo erano consapevoli di prendere parte nel modo più elevato
alla signoria regale di Cristo, facendosi, come lui, testimoni della verità e servitori dei
fratelli e delle sorelle. Nell’annuncio della buona novella essi non si servirono di
“discorsi persuasivi di sapienza”; essa era assai più collegata “alla manifestazione dello
Spirito e della sua potenza” (1 Cor 2, 4). Perciò essi non esitarono a suggellare con il
sangue la loro missione. La dedizione di sé senza riserva è la conferma più convincente
della novella annunciata con le labbra. Essa fa risplendere la testimonianza nella sua
totale purezza, per cui ai fratelli e alle sorelle viene posto dinanzi agli occhi soltanto
Cristo, che dall’alto della croce regna sul mondo.
In Cristo la sublime potenza dell’amore di Dio si abbassa verso gli uomini. Essa
volge la loro volontà e dispone i loro cuori alla comprensione reciproca, alla concordia
e alla pace. Profondamente convinti di non essere padroni di ciò che possedevano, i
santi martiri si concepirono come amministratori e annunciatori dei doni ricevuti da
Cristo. Da lui si sapevano inviati alle stirpi dei popoli in Etiopia. In spirito di
considerazione fraterna e di disposizione al dialogo, ma anche con fermezza e assoluta
fedeltà di coscienza, essi annunciarono agli uomini la fede cattolica. Con carità
ammirevole e dedizione disposta al sacrificio divennero testimoni viventi della Chiesa
e della redenzione operata attraverso Gesù Cristo. Nella loro opera missionaria, nella
loro sofferenza e morte i martiri Liberat, Samuele e Michele Pio sono esempi luminosi
di come la verità può essere annunciata e vissuta senza con ciò ferire l’amore.
La celebrazione del martirio di questi francescani ci ricorda anche i periodi
durante i quali le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa etiopica erano difficili. La
fraternità, che avrebbe dovuto regnare tra due Chiese sorelle, era allora turbata da gravi,
reciproche incomprensioni causate dall’ignoranza del linguaggio degli uni e degli altri,
dalla differenza di cultura e da varie circostanze. La Chiesa cattolica, dopo aver
approfondito la sua contemplazione del disegno di Cristo durante il Concilio Vaticano
II, si è con risolutezza impegnata a percorrere il cammino ecumenico. Con un rinnovato
slancio di carità, essa ha chiaramente espresso i principi di questo suo impegno nel
Decreto conciliare sull’ecumenismo, rinnovando la sua comprensione dei legami di
comunione che l’uniscono alle altre Chiese. Essa ha intensamente ricercato la
collaborazione con gli altri cristiani e ha operato affinché sia esaudita la preghiera di
Cristo per i suoi discepoli (cf. Gv 17, 21).
Rilevo con gioia come oggi i legami di fraternità tra i cristiani di Etiopia siano
più profondi e come essi conducano, in particolare, ad una collaborazione tesa ad
alleviare le pene di chi soffre. Possano i nuovi beati e tutti i santi del cielo intercedere
presso il Signore affinché in tale Paese, dove da tanti secoli i cristiani hanno
testimoniato la loro fedeltà a Cristo fino a dare la vita per lui, vivano tutti nell’unità di
fede e di amore.
5 marzo
Carlo Gaetano Calosinto nacque ad Ischia (Napoli) il 15 agosto del 1654. dal nobile Giuseppe
e da donna Laura Gargiulo. La SS.ma Vergine volle prescegliersi questa felice creatura e ne segnò la
nascita con il sorriso di una sua festa: l’Assunzione. Nello stesso giorno il bambino fu battezzato nella
Cattedrale sul Castello ed ebbe i nomi di Carlo Gaetano.
La prima comunione segnò un aumento di favore in Carlo Gaetano che da quell’ora si
consacrò meglio di prima ad un assiduo culto verso il SS. Sacramento e ad una tenera devozione per
la Santa Vergine che onorava con preghiere, digiuni e con la fedele innocenza del suo cuore verginale.
Andava alla scuola al convento degli Agostiniani posto fra i vigneti di fronte al suo bel mare
e si dilungava per qualche opera di carità; ogni giorno, oltre che alla Messa, si recava dal migliore dei
suoi amici, da Gesù, che, dal Tabernacolo, diventava anche il suo migliore Maestro.
Intanto Gesù lo chiamava a più eroici distacchi e l’ideale del chiostro si faceva sempre più
vivo. Avrebbe voluto, all’età di 15 anni, lasciare subito la casa per volare in un convento. Ma non
sapeva in quale ordine entrare. Iniziò così una novena allo Spirito Santo per avere lumi nella scelta.
Aveva appena finito di pregare quando il Signore gli fece conoscere la sua volontà. Due frati
francescani, di Santa Lucia al Monte di Napoli, andati ad Ischia per questuare, bussarono anche alla
sua casa. La povertà del loro abito, i piedi scalzi, il loro portamento, quell’aria mistica che spirava
dalla loro conversazione lo attrassero. Si informò della loro vita, della Regola e, ammirato da tanta
perfezione, decise di entrare nel loro istituto, aderendo ai Frati Minori della Riforma di San Pietro
d’Alcántara.
Così alla fine di agosto del 1669 l’aspirante alla vita serafica si recò a Napoli per esporre la
sua vocazione. Salutati i suoi familiari un’ultima volta, ritornò a Napoli dove il Maestro dei novizi lo
accolse sulla soglia del convento in cui già si esercitavano, in rigorosa disciplina, altri giovanetti e
Carlo Gaetano entrò nel noviziato con lo stesso volo della colomba che si rifugia nel forame della
pietra.
Più tardi egli esprimerà questo distacco dal mondo con una lettera ai parenti, che è un canto
di amore celeste: Vi lascio a Dio. Non mi scrivete più. Mondo addio! Ischia addio! Madre, fratelli,
amici, addio! Voglio solo godere del mio Crocifisso Gesù e della sua Santissima Madre Maria mia
protettrice e Madre. Iddio vi benedica e consoli tutti. Amen.
Cambiò il nome in quello di Giovan Giuseppe della Croce e fece il noviziato sotto la guida
ascetica di padre Giuseppe Robles.
Nel gennaio 1671 fu inviato insieme ad altri 11 frati, di cui egli era il più giovane, presso il
santuario di S. Maria Occorrevole a Piedimonte d’Alife, dove grazie alla sua fattiva opera fu costruito
un convento, divenne sacerdote il 18 settembre 1677.
Durante la sua permanenza a Piedimonte, fece costruire in una zona più nascosta del bosco un
altro piccolo conventino detto “la solitudine”, ancora oggi meta di pellegrinaggi, per poter pregare
più in ritiro; per parecchi anni guidò contemporaneamente il noviziato a Napoli come maestro, e il
convento a Piedimonte come padre guardiano, adoperandosi tra l’altro in forma molto attiva per la
costruzione del convento del Granatello in Portici (Napoli).
Agli inizi del 1700 il Movimento Francescano subì una tempesta organizzativa dovuta ai forti
dissensi sorti fra gli alcantarini provenienti in gran parte dalla Spagna e fra quelli italiani, che provocò,
con l’approvazione pontificia, la separazione dei due gruppi per le loro nazionalità; gli spagnoli
ottennero il convento di S. Lucia al Monte e del Granatello.
Padre Giovan Giuseppe, nominato capo e guida del gruppo italiano, dovette barcamenarsi in
tutte le difficoltà che venivano poste dai potenti confratelli spagnoli, richiamò i circa 200 frati ad un
rispetto più conforme alla Regola, riordinò gli studi.
Scaduto il suo mandato, ebbe dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Francesco Pignatelli,
l’incarico di dirigere settanta fra monasteri e ritiri napoletani, uguale incarico l’ebbe anche dal
cardinale Innico Caracciolo per la diocesi di Aversa.
Essendo qualificato direttore di coscienze, a lui si rivolsero celebri ecclesiastici, nobili illustri,
persino s. Alfonso Maria de’ Liguori e s. Francesco de Geronimo; il Signore gli donò vari carismi,
come la bilocazione, la profezia, la lettura dei cuori, la levitazione, apparizioni della Madonna e di
Gesù Bambino, i miracoli come quello della resurrezione del marchesino Gennaro Spada, fu visto
passare per le strade di Napoli sollevato di un palmo da terra in completa estasi.
Il 22 giugno 1722 con decreto pontificio i due rami alcantarini, furono riuniti di nuovo e quindi
anche il convento di S. Lucia al Monte ritornò ai frati italiani ed è lì che Giovan Giuseppe della Croce,
dopo averci vissuto per altri dodici anni, morì il 5 marzo 1734; la sua tomba posta nel convento è
stata centro di grande devozione dei napoletani che lo elessero loro compatrono nel 1790.
Beatificato da papa Pio VI il 24 maggio 1789, fu poi elevato agli onori degli altari come santo
da papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839, insieme ad altri quattro santi: Francesco de Geronimo,
Alfonso Maria de’ Liguori, Pacifico di S. Severino e Veronica Giuliani.
Il 1° marzo 1963 la Sacra Congregazione dei Riti lo proclamava Principale Celeste Patrono
presso Dio di tutta la Diocesi Isclana insieme con Santa Restituta Vergine e Martire.
L’isola d’Ischia, che da sempre l’ha venerato e amato come suo carissimo e grande figlio, ha
fatto richiesta affinché le spoglie del santo ritornassero fra la sua originaria gente. Resta scolpito nel
cuore di ciascuno quel giorno memorabile del 30 settembre 2003, quando una folla immensa ed
emozionata, accoglieva, ai piedi del Castello Aragonese, le spoglie del Santo Alcantarino Isclano
ritornato per sempre tra i suoi e oggi gelosamente custodite dai Frati Minori nella Chiesa del Convento
di S. Antonio di Padova, al Ponte.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
O Dio, che attraverso le ardue vie della povertà, dell’umiltà e della pazienza hai
guidato san Giovan Giuseppe della Croce alla contemplazione della tua gloria, donaci
di seguire il suo esempio per essere uniti a te insieme con i tuoi santi. Per il nostro
Signore.
12 marzo
Nacque il 9 settembre 1881 a Siepraw presso Cracovia in Polonia, undicesima dei dodici figli
di Bartłomiej Salawa ed Ewa Bochenek. Al Battesimo, ricevuto quattro giorni dopo la nascita, le fu
dato il nome di Aniela, corrispettivo polacco di Angela. Il padre era fabbro, mentre la madre, tutta
dedita alla casa e ai numerosi figli, insegnava loro la pietà, la modestia e la laboriosità. Aniela crebbe
quindi con questi principi e si formò sotto la guida della madre, che la preparò anche alla Prima
Comunione verso i dodici anni, secondo la consuetudine dell’epoca.
Già a 15 anni nel 1894 era a servizio presso una famiglia di Siepraw: pascolava le vacche,
falciava l’erba, intratteneva i bambini. All’inizio della primavera del 1895 estirpava le radici e i ciuffi
d’erba, nonostante le temperature gelide del periodo. Rientrò in famiglia dove sostò fino all’ottobre
1897, rifiutando nel frattempo le insistenze del padre che la spingeva verso il matrimonio. In seguito
si trasferì a Cracovia, per andare a lavorare come cooperatrice familiare. Sin dai primi giorni fu
ospitata dalla sorella Teresa, alla quale ribadì che non si sentiva chiamata al matrimonio.
A Cracovia andò a servizio presso la famiglia Kloc, dove lavorò duramente senza mai lamentarsi;
aveva 16 anni ed era molto attraente. Per questo il padrone di casa prese ad insidiarla, per cui Angela
dopo poco tempo lasciò l’occupazione.
Dopo altri rapporti di lavoro in alcune famiglie dei paesi vicini, ritornò a Cracovia, dove
assistette, il 25 gennaio 1899, alla serena morte della sorella maggiore Teresa, anch’ella domestica.
Rimasta scossa dalla perdita, avvertì il richiamo di una voce interna che la chiamava a percorrere la
via della perfezione. Aniela rispose prontamente, anzitutto prolungando il tempo della preghiera in
chiesa e in casa e nella meditazione. Con l’assistenza del suo direttore spirituale, il gesuita padre
Stanislao Mieloch, si consacrò a Dio con il voto di castità perpetua, già pronunciato nella prima
giovinezza.
Prese a dedicarsi ad un apostolato oscuro ma fecondo tra le domestiche di Cracovia: le riuniva,
le istruiva, le consigliava, le dirigeva. Nell’adempiere i doveri delle sue mansioni, dimenticava spesso
sé stessa. Nonostante la salute precaria, era sempre allegra e socievole; si vestiva bene, non per il
mondo, ma per Dio.
Nel 1900 si iscrisse all’Associazione di Santa Zita, che promuoveva l’assistenza alle
domestiche: poté in tal modo esercitare in forma più organizzata un fruttuoso apostolato fra le sue
compagne di lavoro, diventando per loro una guida e un modello di vita cristiana.
Nel 1911 fu colpita da una dolorosa malattia, che la sconvolse per lungo tempo, poi morì la
madre e la giovane signora alla quale prestava la sua opera con affetto e dedizione; inoltre si sentì
abbandonata anche dalle compagne che non poteva più radunare in casa.
Questo periodo di angosciosa sofferenza, raccontato nel suo Diario, fu affrontato da Aniela,
unendosi maggiormente a Dio nella preghiera e nella meditazione. Nel 1912 ebbe anche fenomeni
mistici, con la visione dell’incontro con Gesù.
Aderì al Terz’Ordine di San Francesco, prendendone l’abito il 15 maggio 1912 nella chiesa
dei Francescani Conventuali di Cracovia; il 6 agosto 1913 emise la regolare professione.
Durante la Prima Guerra Mondiale, aiutò con i suoi pochi risparmi i prigionieri di guerra, senza
distinzione di nazionalità. Volontariamente si impegnò con amore all’assistenza dei feriti e dei malati
negli ospedali di Cracovia, dove rispettosamente era chiamata «la santa signorina».
Per avere rimproverata l’amante del suo padrone, l’avvocato Fischer, fu licenziata nel 1916
da quella casa dove lavorava dal 1905. Seguirono alcuni anni di abbandono, senza lavoro e con la
malattia più incalzante, mentre proseguivano i fenomeni mistici.
Nel 1918, ormai debilitata nelle forze, lasciò anche i lavori saltuari e si ritirò in un piccolo
ambiente in una soffitta, preso in affitto. Iniziò così l’ultimo periodo della sua vita: cinque anni di
sofferenze in unione con Dio, che la gratificava con visioni, specie di Gesù con la corona di spine e
sofferente. Il confessore le portava ogni giorno la Comunione e le compagne, inconsolabili, si
alternavano nel suo tugurio per assisterla.
Annotò sul suo Diario: «Ripensando alla mia vita, credo di essere in quella vocazione, luogo
e stato in cui fin dall’infanzia Dio mi ha chiamato». Nella sua ardente carità, pregò di prendere su di
sé le malattie degli altri: le sue sofferenze si moltiplicarono, mentre coloro per cui si era offerta
guarirono. Alla fine acconsentì a lasciare quell’ambiente ristretto: fu ricoverata all’ospedale di Santa
Zita a Cracovia, dove, dopo aver ricevuto i Sacramenti, spirò il 12 marzo 1922 in estrema povertà.
La sua fama di santità condusse all’apertura del suo processo di beatificazione. Il 10 settembre
1934 si ebbe il decreto sugli scritti, ma l’introduzione della causa avvenne solo il 30 marzo 1981.
Promulgate nel frattempo le nuove norme sui processi di beatificazione e canonizzazione, il 20 giugno
1986 venne emesso il decreto di convalida del processo informativo e di quello apostolico.
La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1987, fu esaminata nel corso dello stesso anno dalla
Consulta dei teologi, il 14 aprile, e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause
dei Santi, il 2 giugno. Il 23 ottobre 1987, quindi, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la
promulgazione del decreto con cui Aniela Salawa veniva dichiarata Venerabile.
Come potenziale miracolo per ottenere la sua beatificazione venne esaminato il caso avvenuto
nel 1990 a un bambino di Nowy Targ, in Polonia. Mentre il piccolo stava giocando in un parco con
gli amici, fu colpito violentemente alla testa: i medici riscontrarono delle lesioni al cervello.
I genitori fecero quindi celebrare una Messa per la sua guarigione e iniziarono una novena alla
Venerabile Aniela Salawa. Il 6 aprile il bambino riprese a parlare e il 23 fu dimesso in buona salute.
Il processo sul miracolo venne quindi convalidato il 12 aprile 1991. Nel corso del medesimo anno,
giunsero anche il parere positivo circa l’inspiegabilità scientifica della guarigione da parte della
Consulta medica, il 6 giugno; quello dei Consultori teologi, il 21 giugno, sull’intercessione della
Venerabile; quello dei cardinali e vescovi, il 2 luglio. Il 6 luglio 1991 san Giovanni Paolo II poteva
quindi autorizzare la promulgazione del decreto relativo, aprendo quindi la strada alla beatificazione.
Aniela Salawa fu quindi beatificata da san Giovanni Paolo II il 13 agosto 1991 a Cracovia, durante il
secondo viaggio apostolico in Polonia. La memoria liturgica, per la diocesi di Cracovia, è stata fissata
al 12 marzo. I suoi resti mortali sono stati traslati il 13 maggio 1949 nella basilica di San Francesco
a Cracovia, dove tuttora sono venerati.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dal “Diario” della Beata Angela Salawa
Dopo aver esaminato la mia vita mi sembra che mi trovo nello stato al quale Dio
mi chiamava fin da piccola; perché fin da quando ho conosciuto il mondo ho sentito
sempre una forte attrazione alla sofferenza e alla povertà.
E già da bambina sentivo sempre nell’anima che solamente in una condizione di
umiltà avrei corrisposto alla grazia di Dio. E per questo ho scelto spontaneamente il
lavoro del servizio domestico, dopo aver rinunciato ad ogni fortuna che mi si offriva,
nella fiducia che perseverando in questa umile condizione avrei corrisposto al desiderio
di Dio.
Da ciò deriva che devo amare sinceramente e praticamente ogni condizione di
indigenza, che ora mi si presenta, per poter rispondere meglio alla prima attrazione
dell’infanzia.
In più devo cercare di rispondere a questa grazia, qualsiasi cosa mi accadrà nella
vita, anche se molto difficile. Sentivo sempre infatti che Dio desiderava ancora di più
dalla mia anima.
Ricordo queste parole: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi...” (Gv
15,17). Deduco dalle stesse parole che Dio evidentemente mi ha destinata a percorrere
questa strada già da piccola.
E sento che non mi è assolutamente permesso di desiderare una strada più facile,
perché soltanto rispondendo ad una grazia così eccelsa si attueranno nella mia vita
queste parole: Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete e beate le orecchie che
ascoltano ciò che voi udite (Lc 10,23; Mt 13,16).
E queste sono le indicazioni da seguire sulla via che Dio ha tracciato durante il
tempo della mia vita:
1. Nelle varie difficoltà e nei dispiaceri che possono provenire dagli uomini
occorre la fermezza, una adeguata energia, un conveniente silenzio, la pazienza, la
calma tranquilla, la comprensione per gli altri; e, per quanto sarà possibile, ricercare la
giustizia. E se mi comporterò così, allora dovrò abbandonarmi ancora di più a Dio, e
cercare con tutte le forze di non accogliere nell’anima nessuna amarezza, ricordandomi
particolarmente che di queste cose si compone la vita dell’anima cristiana.
2. Devo persuadermi che questa è la mia via e il fine della mia vita: e così
pensando, potrò accettare tutto con più tranquillità e con maggior profitto per l’anima;
e in punto di morte potrò dire: “Tutto è compiuto”.
RESPONSORIO
R. Abbiate in voi la carità di Cristo, con umiltà considerate gli altri superiori a voi
stessi, * non cercate il vostro interesse, ma quello dei fratelli.
V. Sostenete i deboli, siate pazienti con tutti, cercate sempre il bene tra voi e con gli
altri;
R. non cercate il vostro interesse, ma quello dei fratelli.
ORAZIONE
Donaci, o Padre, lo spirito di umiltà e di amore in virtù del quale la beata Angela,
vergine, offrì sé stessa come sacrificio vivente, santo e a te gradito. Concedi anche a
noi, per sua intercessione, di progredire nella novità della vita evangelica per
conformarci a Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Dall’Omelia di Giovanni Paolo II, papa, in occasione della beatificazione della mistica
francescana Angela Salawa.
(Cracovia, Piazza del mercato, 13 agosto 1991, nn. 1.5-6)
Dopo aver impartito la Benedizione, il Papa saluta ancora i numerosi fedeli presenti
con queste parole.
Nacque nel dicembre 1520 a Santa Coloma de Farnés, in Catalogna (Spagna). I genitori di cui
si conosce solo il cognome Grionesos, lavoravano assistendo gli ammalati del piccolo ospedale della
zona e di cui in seguito ne ebbero la direzione. Rimasto orfano giovanissimo, andò a Barcellona dove
si mise a fare il calzolaio per sostenere la sorella minore Blasia. Non appena questa sorella si sposò,
Salvatore poté così in piena libertà, scegliere la vita religiosa da sempre desiderata; lasciata
Barcellona andò nella famosa abbazia benedettina di Montserrat per un periodo di prova, ma la sua
vocazione di umiltà e povertà ebbe la sua attuazione, dopo l’incontro con i francescani, entrando il 3
maggio 1541 nel loro convento di Barcellona.
Si distinse subito per le sue virtù e pietà, fece la professione religiosa nel maggio del 1542 e
trasferito poi a Tortosa dove fu impiegato in tutti i servizi più faticosi, che espletò con prontezza e
diligenza; ma cominciarono pure i guai per lui; dotato di poteri taumaturgici, operava prodigi su
prodigi e la sua fama di dispensatore di miracoli, che lo rendevano oltremodo popolare, suscitò
l´incomprensione dei confratelli e l´ostilità dei superiori, i quali infastiditi da tanto clamore lo
ritennero un indemoniato e presero a trasferirlo da un convento all´altro.
Dovunque arrivasse i prodigi proseguivano, i frati si mettevano le mani nei capelli e
giocoforza si armavano di pazienza con quel confratello laico professo, che faceva perdere la loro
pace. Da Tortosa, fu inviato prima a Belipuig e verso il 1559 ad Horta nella provincia di Tarragona
in Catalogna, dove restò per quasi 12 anni, compiendo anche qui numerosi miracoli, gli fu mutato
anche il nome in fra´ Alfonso, nel tentativo di allontanarlo dai fedeli, ma alla fine fu trasferito anche
da qui.
Giunto a Reus lo attendevano ulteriori persecuzioni e un altro allontanamento a Barcellona,
che era sede della famigerata Inquisizione spagnola e a cui Salvatore venne perfino denunziato,
uscendone comunque trionfante con l’umiltà e la carità dei santi.
Infine, ultima tappa del suo doloroso calvario itinerante, fu il convento di S. Maria di Gesù a
Cagliari in Sardegna, giungendovi nel novembre del 1565, trovando finalmente qui un´oasi di pace,
pur continuando i fatti straordinari che l´avevano accompagnato per tutto quel tempo, procurandogli
dolori, sofferenze, incomprensioni; in altre parole beneficando la vita degli altri e avvelenandosi la
sua.
Colpito da una violenta malattia, fra´ Salvatore da Horta, morì a Cagliari il 18 marzo 1567 fra
il dolore di tutta la città, che ancora oggi ne venera le reliquie nella Chiesa di S. Rosalia; il corpo del
santo è custodito in una preziosa urna di bronzo dorato, arricchita di pregiati cristalli. L’urna è
sistemata visibile, sotto la mensa dell’altare maggiore al centro del presbiterio, attorniata da quattro
angeli oranti in marmo bianco.
Da qui, il culto per il taumaturgo, laico professo dei Frati Minori Francescani, crebbe e si
estese in tutta la Spagna e Portogallo; il 15 febbraio 1606 dietro richiesta del re Filippo II di Spagna,
il papa Paolo V gli accordò il titolo di beato, confermato il 29 gennaio 1711 da papa Clemente XI.E
il 17 aprile 1938, papa Pio XI lo canonizzò, stabilendo la festa liturgica per l’umile santo, perseguitato
perché troppo miracoloso, al 18 marzo.
Il santo spagnolo di Horta è molto venerato anche nel Comune di Orta di Atella, in provincia
di Caserta, che per puro caso ha il nome come la città spagnola, che identifica il santo francescano.
Dal Comune dei santi; religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a coloro che ci odiano (Cfr. Mt
5,44; Lc 6,27). Dobbiamo osservare i precetti e i consigli del Signore nostro Gesù
Cristo. Dobbiamo anche rinnegare noi stessi (Cfr. Mt 16,24) e porre i nostri corpi sotto
il giogo del servizio e della santa obbedienza, così come ciascuno ha promesso al
Signore. E nessun uomo si ritenga obbligato dall'obbedienza a obbedire a qualcuno là
dove si commette delitto o peccato.
E colui al quale è affidata l'obbedienza e che è ritenuto maggiore, sia come il
minore (Lc 22,26) e servo degli altri fratelli, e usi ed abbia nei confronti di ciascuno
dei suoi fratelli quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di sé qualora si
trovasse in un caso simile. E per il peccato commesso dal fratello non si adiri contro di
lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà.
Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne (Cfr. 1Cor 1,26), ma
piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri. Teniamo i nostri corpi in umiliazione
e dispregio, perché noi, per colpa nostra, siamo miseri, fetidi e vermi, come dice il
Signore per bocca del profeta: "lo sono un verme e non un uomo, I'obbrobrio degli
uomini e scherno del popolo" (Sal 21,7). Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli
altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di
Dio (1Pt 2,13).
E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno
tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore
(Is 11,2), ed egli ne farà sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23). E saranno figli del
Padre celeste (Cfr. Mt 5,45), di cui fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del
Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Mt 12,50). Siamo sposi, quando l'anima fedele si
congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo.
RESPONSORIO Sal 83, 2.3.11
R. Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! * Il mio cuore e la mia
carne esultano nel Dio vivente.
V. Stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi.
R. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, che riveli la tua gloria nell’umiltà dei santi: tu hai ornato san Salvatore
da Horta di ammirabile semplicità, di pazienza nelle prove e del carisma delle
guarigioni; concedi alla tua Chiesa di annunciare con franchezza la tua parola, e di
mettersi, con umiltà, a servizio di tutti gli uomini, in modo da essere segno e strumento
della tua salvezza. Per il nostro Signore.
Vespri
Nacque ad Ancona nel 1188 dalla nobile famiglia degli Scotivoli; durante gli studi di diritto a
Bologna, fu amico di san Silvestro Gussolino, canonico di Osimo. Fu poi nominato cappellano
pontificio e, prima del 1262, arcidiacono di Ancona. Molto stimato da Urbano IV, fu da lui mandato
a Osimo con lo scopo di rimettere ordine e pace nella città, che aveva trascorso un periodo di
turbolenze e di ribellione e per questo aveva anche perduto la sede vescovile. Il 10 agosto 1263
divenne amministratore della diocesi di Osimo, che era stata unita a Umana da Gregorio IX (in
punizione della sua adesione al partito di Federico II), succedendo a Giovanni Colonna, del quale
cancellò le troppe sentenze di scomunica. Ristabilita la sede, il 13 marzo 1264 Urbano IV ne affidò
il governo a Benvenuto. Prima di essere ordinato vescovo Benvenuto volle vestire l’abito francescano.
Nel 1267 fu anche incaricato da Clemente IV di tenere il governo civile della Marca di
Ancona. In questo periodo ordinò prete s. Nicola da Tolentino. Nel suo ministero di vescovo fu
energico e insieme magnanimo nel perdono. Benvenuto fu un grande riformatore: con una
disposizione del 15 gennaio 1270, infatti, vietò al monastero di S. Fiorenzo di Posciavalle, di cui era
stato nominato amministratore, di alienare i suoi beni; in un sinodo tenuto il 7 febbraio 1273 vietò
pure la vendita delle proprietà ecclesiastiche e nel 1274, infine, attuò la riforma del capitolo della sua
cattedrale e difese i diritti della sua diocesi sulla città di Cingoli 24 febbraio dello stesso anno tolse,
per ordine di Gregorio X, la scomunica che il vescovo di Fermo aveva posto sopra Ripatransone. Non
sembra sia stato consigliere di Gregorio X nella preparazione del concilio di Lione. Dovette subire
persecuzione anche da alcuni monaci non disposti ad accettare la sua lotta contro gli abusi. Distribuì
ai poveri ogni suo avere. L’ospedale di Osimo è anche oggi chiamato “Ss. Benvenuto e Rocco”. Si
conserva, nel Museo diocesano ad Osimo, il “Protocollo di san Benvenuto”, una raccolta di
pergamene in cui sono scritti i suoi atti di governo, insieme ad alcuni atti dei suoi successori.
Benvenuto si spense il 22 marzo 1282, e gli succedette Berardo, eletto da Martino IV il 18
gennaio 1283. Venne canonizzato da Martino IV nel 1284. Sepolto nella chiesa cattedrale di Osimo,
in un nobile mausoleo apprestato dal clero e dal popolo, nel luglio 1590 fu trasferito nella cripta della
stessa cattedrale. Sul suo sepolcro avvennero grazie e miracoli, e il culto resogli dai fedeli è già
ricordato negli Statuti di Osimo del 1308, mentre indulgenze si dicono concesse da Eugenio IV nel
1432. Dichiarato patrono della città di Osimo nel 1755, la sua festa, nella diocesi osimana e di Cingoli,
come nell'Ordine francescano, è fissata al 22 marzo.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
O Dio, luce e pastore dei credenti, che edifichi la tua Chiesa con il dono dello
Spirito e il ministero dei santi pastori, concedi ai tuoi fedeli, riuniti per celebrare con
gioia la memoria del vescovo san Benvenuto da Osimo, di essere testimoni della fede
che egli ha insegnato con la vita e la parola e di seguire la via che ha tracciato con
l’esempio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con
te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 marzo
Nacque nel 1390 a Valladolid (Spagna) da una nobile famiglia di stirpe ebraica. Ben presto
rimase orfano di padre ed all’età di tredici anni la madre gli concesse di entrare nel convento dei Frati
Minori della sua città natale.
Non aveva altra ambizione che il condurre una vita di preghiera e penitenza, considerando le
visite della madre null’altro che un’inutile distrazione. Pedro fu conquistato dagli ideali di Pietro da
Villacreces, impegnato a ristabilire nella penisola iberica l’osservanza originaria della Regola
francescana, e dal 1404 lo seguì nell’eremitaggio di Auguille, ove trovò la solitudine, la povertà ed il
clima di preghiera tanto agognati. Si unì a loro anche il giovane Lope de Salinas y Salazar, che insieme
a Pietro si impegnò nella fondazione di nuovi eremitaggi onde evitare di superare la soglia di
venticinque monaci in ciascun sito, come consigliato dal loro stesso maestro.
Lope fu poi chiamato a ricoprire la carica di vicario a Juan de Santa Ana, in Castiglia, con
giurisdizione sui conventi di Burgos, e fondò prima della sua morte altri sedici eremitaggi. Nel 1414
Pietro da Villacreces dovette partire per partecipare al concilio di Costanza, ove ottenette
l’approvazione della riforma da lui intrapresa, e lasciò il Regalado a capo di Auguille. Entrambi poi
nel 1422 presero parte al capitolo provinciale, ma qui Pietro da Villacreces morì e Pietro Regalado fu
incaricato definivamente della guida di Auguile. Nel 1426 si recò a Burgos onde raccomandare al
vecchio amico Lope di non abbandonare l’opera riformatrice intrapresa del loro comune maestro.
Proprio nella via traccata da quest’ultimo, infatti, Pedro Regalado aveva trovato soddisfatto il
suo desiderio di santità: egli non fu infatti né un fondatore né un riformatore, bensì un semplice asceta
e contemplativo. Visse in condizioni di penitenza e di povertà estrema, ma divennero proverbiali la
sua cura per i fratelli bisognosi ed il suo amore per i malati. Il santo fu favorito del dono delle lacrime
che versava a torrenti specialmente durante la messa. Con il dono delle lacrime si manifestava la sua
indole affettuosa e similmente esternava anche il suo amore bruciante per Dio. Più volte i frati lo
videro circondato da una nuvola splendente, sollevato da terra e coronato di fiamme. Compì parecchi
miracoli sulle rive del Duero e con ironia si dice che la sua opera non consistette in molto di più.
Nel 1427 presso Medina del Campo Pedro Regalado presenziò alla Concordia, una riunione
dei seguaci di Villacreces ove si stabilì di rimanere uniti ai frati conventuali. Dal 1442 divenne vicario
dei villacreciani e dunque terzo successore del fondatore. Regna incertezza sull’attribuzione dei vari
documenti prodotti durante la riforma villacreciana e solamente la prefazione del “Memoriale
religionis”, quindici righe in tutto, pare essere stata redatta con certezza dal Regalado. Sentendo infine
avvicinarsi la morte, decise di partire per Burgos nel 1456 per chiedere invano a Lope di accetare il
vicariatodei villacreciani.
Spirò nel convento dei Recolletti di Auguile il 30 marzo 1456. Non tardarono a verificarsi
numerosi miracoli sulla sua tomba e trentasei anni dopo, quando fu riesumato per traslarne le spoglie
in chiesa, il suo corpo fu ritrovato incorrotto. Innocenzo XI approvò il culto il 17 agosto 1683. Papa
Benedetto XIV nel 1746 canonizzò Pedro Regalado da Valladolid iscrivendolo nell’albo dei santi.
L’iconografia italiana e spagnola ritrae solitamente il santo nell’ato di distribuire il pane ai poveri
richiamando il loro sguardo sul crocifisso.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
Dio, Padre onnipotente, che hai concesso al tuo servo Pietro Regalado,
mortificato nel corpo, il dono della contemplazione, concedi a noi, per sua
intercessione, la gioia di contemplarti eternamente. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
APRILE
4 aprile
Detto il “Moro”, nacque nel 1526 a San Fratello (Palermo) da genitori di origine moresca. Fu
prima eremita nei pressi del suo paese natale, poi a Palermo, sul monte Pellegrino. Infine, nel 1562,
si aggregò ai Frati Minori nel convento di Santa Maria di Gesù, a Palermo. Semplice frate laico,
veniva consultato da molti per la sua saggezza e la sua santità. Morì a Palermo il 4 aprile 1589. Il suo
corpo si conserva presso la chiesa di Santa Maria di Gesù, a Palermo. Fu canonizzato da Pio VII il 24
maggio 1807.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dal trattato " della vita perfetta " di san Bonaventura, vescovo
(Opera omnia, VIIII, 112,114 )
Ad amare la povertà due cose devono muovere ogni religioso, anzi ogni uomo:
il divino esempio che è irreprensibile, e la divina promessa che è inestimabile.
Considera quale esempio di povertà ti lasciò il Signore, in modo che a sua
imitazione tu diventi amico della povertà. Tanto fu povero Gesù Cristo, Signore nostro,
da non avere, quando nacque, nè albergo, nè vesti, nè alimento; ma per ospizio una
stalla, per veste un ruvido pannicello, e per alimento il latte della Vergine.
Tanto fu povero che talvolta non potè avere ospitalità, ma dovette spesso con i suoi
apostoli dormire fuori dalle città e dai villaggi. Per cui dice l'evangelista: " Le volpi
hanno tane e gli uccelli dell'aria nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo
(Mt 8, 20). Vedete quanto povero divenne, per noi, nel tempo della sua morte il re del
cielo: fu spogliato e privato di tutte le cose che aveva, spogliato delle vesti quando se
le divisero e le sorteggiarono. E fu spogliato del corpo e dell'anima quando per
l'acerbissima passione della sua morte l'anima di lui fu strappata dal corpo; fu spogliato
della gloria divina quando non lo glorificarono come Dio, ma lo trattarono come un
malfattore. Chi sarà dunque quel misero cristiano che ami ancora le ricchezze, che
sdegni la povertà, vedendo e udendo il Dio degli dei e il Signore dell'universo, il re del
cielo, l'unigenito di Dio sostenere le privazioni di povertà così grande ?" Davvero -
dice san Bernardo - è un gran male, un male enorme, che voglia essere ricco un
vermiciattolo vile, per il quale volle diventare povero il Dio della maestà e il Signore
degli eserciti; cerchi le ricchezze il pagano, il quale vive senza Dio; le cerchi il Giudeo,
il quale ottenne promesse terrene ".
Ma tu, discepolo di Gesù Cristo, con quale coraggio andrai in cerca delle
ricchezze ?
Lo so bene che quanto più sarete minacciati dell'evangelica povertà, tanto più
abbonderete d'ogni bene temporale e spirituale. Canta a proposito quella, una volta
povera, Maria, madre di Gesù povero: " Gli affamati ha riempito di beni e i ricchi
rimandò a mani vuote " (Lc 1, 53). Lo stesso attesta quel santissimo profeta, quando
dice: " I ricchi soffrirono necessità e fame, ma quelli che cercano il Signore non
mancherà niente " (Sal 33, 11).
O fratello, ricordati della povertà del Signore Gesù Cristo, nostro povero
volontario.
Avere ed amare le ricchezze è sterilità, amarle e non averle è pericolo, averle e
non amarle è difficile. E' perciò utile, sicuro, dilettevole e atto di virtù perfetta, non
averle e non amarle le ricchezze. O povertà beata, quanto rendi amabile a Dio e sicuro
nel mondo il suo amatore.
Infatti, come dice san Gregorio, " Chi non ha nulla nel mondo da amare, nulla
ha neppure da temere ". O ricco verso tutti, o Signore buono Gesù, chi mai può
esprimere a parole, sentire nel cuore e descrivere quella celeste gloria che tu promettesti
di dare ai poveri tuoi ?
Essi per la loro povertà volontaria meritano di assistere alla gloria del creatore,
di entrare nella potenza del Signore, in quegli eterni tabernacoli, in quelle lucidissime
stanze; meritano di diventare cittadini di quella città della quale è artefice e creatore
Dio.
Con la benedetta tua bocca lo hai promesso quando hai detto: " Beat i poveri di
spirito, perché di essi è il regno dei Cieli" (Mt 5, 3). E nient'altro, o Signore Gesù, è
questo regno dei cieli se non tu stesso, che sei re dei re e Signore dei dominanti.
Tu stesso a loro ti dai in premio, in mercede, in gaudio. Essi di te godranno, si
allieteranno e saranno saziati. " I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il
Signore quanti lo cercano e vivrà il loro cuore nei secoli dei secoli. Amen " ( Sal.21,27).
RESPONSORIO
R. Ti sei arricchito della grazia divina e con le tue opere hai confermato la tua
vocazione. * Sei apparso, o Benedetto, gradito a Dio nelle preghiere e nei digiuni,
ripieno dei doni dello Spirito (T.P. Alleluia).
V. Hai rivelato al mondo i tesori della povertà, ci hai mostrato la sublime altezza
dell'umiltà.
R. Sei apparso, o Benedetto, gradito a Dio nelle preghiere e nei digiuni, ripieno dei
doni dello Spirito (T.P. Alleluia).
Lodi mattutine
Ant. al Ben. Povero per imitare Cristo,
ha ottenuto un tesoro incorruttibile
nel regno dei cieli (T.P. alleluia).
ORAZIONE
Dio, amico degli uomini, per realizzare il tuo disegno di salvezza da ogni popolo
e razza scegli figli in cui risplendano i prodigi del tuo amore, e hai chiamato il beato
Benedetto il Moro a servirti nella santa Chiesa con la preghiera e la penitenza, concedi
alla tua famiglia di manifestare al mondo, con le opere, la tua carità senza confini. Per
il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
ORAZIONE
O Dio che, in santa Maria Crescenzia hai dato alla tua Chiesa un mirabile
esempio di vita evangelica, tesa alla promozione dell’unità e della pace, concedi anche
a noi, per sua intercessione, di seguirne le orme per amarti e servirti con purità di cuore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
16 aprile
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
SECONDA LETTURA
Dalla II lettera di San Gregorio Nisseno (PG 46, 1009-13)
In cammino verso Dio
Per chi si è dato decisamente ad una più nobile maniera di spendere la vita, penso che
il meglio sia tenere in ogni occasione lo sguardo rivolto agli insegnamenti del Vangelo:
come infatti i muratori si valgono di un regolo per l'allineamento dei muri per la
spianatura dell'intonaco, così ritengo conveniente a chi si da alla retta via aver a
disposizione un regolo esatto e indeformabile, intendo dire lo spirito evangelico, e così
incamminarsi verso Dio.
Quando dunque capitino alcuni che abbian scelto vita eremitica ma che tuttavia
considerino parte della loro pietà visitare Gerusalemme e i luoghi del passaggio
terrestre di Cristo, allora mi par bene domandarsi se il nostro regolo ci presenti
quell'opera come comando del Signore; che se invece questo non risultasse, allora non
so davvero cosa spinga ad agire uno che ha fatto se stesso norma del bene: in tal caso,
neppure se offrisse una speciosa utilità, risulterebbe coerente quell'iniziativa in chi
aspira alla perfezione evangelica; se poi risultasse persino dannosa alla vita spirituale,
non sarebbe degna del sia pur minimo desiderio, anzi bisognerebbe guardarsene.
Perciò, voi che temete Dio, lodatelo dovunque vi trovate: non sarà davvero il cambiar
luogo a rendervi Dio più vicino; ma dovunque siate egli verrà in voi, purché trovi nel
vostro intimo uno spazio per abitare e passeggiare liberamente; invece anche sul
Golgota, anche sul monte degli olivi, e perfino nel santo sepolcro, se il vostro spirito
sarà già ingombro di mali pensieri, sarete tanto lungi dall'albergare Cristo quanto chi
ancora non l'ha voluto riconoscere.
Ricordo dunque ai fratelli che il vero pellegrinaggio è quello verso Dio.
Oppure:
Dal «Discorso per la solennità di tutti i Santi» del beato Guerrico, abate (Nn. 5, 6, 7)
O magnifica eredità della povertà e dell’ umiltà
Gloriamoci, fratelli, di essere poveri per Cristo, ma cerchiamo di essere umili con
Cristo. Non c'è niente di più odioso del povero superbo, niente di più miserabile: perché
la povertà lo affligge ora, la superbia invece lo terrà schiavo per sempre. Al contrario
il povero umile, anche se viene bruciato e purificato nella fornace della povertà esulta
per il refrigerio che gli procura la ricchezza della coscienza, si consola con la promessa
di una santa speranza sapendo che è suo il regno di Dio: egli sente che lo porta già in
sé come in germe o in radice, ossia quale primizia dello Spirito e pegno dell'eredità
eterna. Avete già gustato e visto, se non sbaglio, che buon affare avete fatto,
acquistando i beni supremi in cambio di cose spregevoli e degne solo di essere gettate
via. «Il regno di Dio, infatti, non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace
e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17). Se dunque sentiamo così nel nostro intimo,
perché non proclamiamo con fiducia che il regno di Dio è dentro di noi? Ciò che è
dentro di noi, è veramente nostro, perché nessuno può rapircelo contro la nostra
volontà.
O magnifica eredità dei poveri, o possesso beato degli indigenti! Non solo ci fornisci
quanto ci basta ma abbondi di tutta la gloria, trabocchi di tutta la letizia, come quella
«misura traboccante» che ci sarà versata nel grembo (cfr. Lc 6, 38). Perciò presso di te
«c’è ricchezza e onore, sicuro benessere ed equità» (Prv 8,18), Voi dunque, che siete
amici della povertà e avete cara l'umiltà di spirito, avete ricevuto dalla Verità
immutabile l'assicurazione del possesso del regno. Essa afferma, infatti, che questo è
vostro e lo custodisce fedelmente dopo averlo riposto in voi, purché però, a vostra volta,
voi custodiate fermamente sino alla fine nel vostro petto una tale speranza con l'aiuto
del nostro Signore Gesù Cristo, a cui è onore e gloria per l'eternità.
Orazione
O Dio, che unisti fortemente a Te San Benedetto Giuseppe con l'esercizio dell'umiltà e
l'amore della povertà, concedi anche a noi per i suoi meriti e la sua intercessione, di
stimare sapientemente le cose terrene e ricercare con maggiore ardore quelle del cielo.
Per il nostro Signore.
Oppure: Dio della speranza, tu hai chiamato alla vita itinerante il povero e umile
Benedetto Labre: egli, pieno di gioia e di carità, perduto nella tua preghiera, ha
camminato sulle strade come un girovago: concedici di amare la follia della croce e di
sentirci pellegrini verso il regno. Per il nostro Signore
21 aprile
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Fu volontà di Dio che abbandonassi tutto ciò che mi era caro e piacevole: e gli
rendo grazie per avermi chiamato alla vita religiosa, in cui ho trovato tanta pace e tanta
felicità, quanta mai se ne può trovare nel mondo.
Il mio modo di vivere è sostanzialmente questo: amare e soffrire, contemplando,
adorando, ammirando continuamente l'ineffabile amore che Dio ha verso le sue
creature più umili.
E di questo amore di Dio non si trova mai la fine. Nessun oggetto mi è di
impedimento, e sono sempre unito con Dio, mio sommo amore; anzi, quante più
faccende mi capitano fra mano, tanto più mi sento unito a Dio. Allora parlo con Dio
familiarmente, con la confidenza di un figlio verso il padre, raddoppiando le preghiere
e i sospiri e manifestandogli con fiducia filiale gli affanni della mia anima.
E se talvolta pecco, gli chiedo perdono con grande umiltà, desiderando soltanto
di mostrarmi figlio buono e docile di quel Padre amantissimo e di amarlo con più carità.
Per esercitare poi la virtù della dolcezza e dell'umiltà, mi basta guardare la croce,
che è il mio libro. Infatti con un solo sguardo a Gesù crocifisso imparo come
comportarmi in tutte le circostanze. Così imparo l'umiltà, la mansuetudine, la pazienza,
imparo cioè a portare la croce; anzi, questo esercizio diventa dolce e leggero. Accetto
con riconoscenza sia le gioie che le tribolazioni dalle mani del Padre celeste; perché lui
sa benissimo ciò che è meglio per noi. Perciò sono sempre lieto nel Signore,
addolorandomi soltanto di non amarlo abbastanza.
Oh, se nel mio amore potessi essere un Serafino! E vorrei costringere tutte le
creature ad aiutarmi ad amare Dio sopra ogni cosa. Perché «la carità non viene mai
meno»!
RESPONSORIO Ap 3, 7. 8. 10. 20
℞. Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide, e quando egli apre
nessuno chiude. * Conosco le tue opere, poiché hai osservato con costanza la mia
parola, alleluia.
℣. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io
verrò da lui e cenerò con lui.
℞. Conosco le tue opere, poiché hai osservato con costanza la mia parola, alleluia.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, bontà infinita, che per mezzo di san Corrado hai fatto conoscere agli
uomini la grandezza della tua misericordia, ti supplichiamo di renderci continuatori
della sua opera a servizio dei nostri fratelli, imitando il suo spirito di povertà e la sua
umiltà di cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna
con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
Memoria facoltativa
Egidio fu il terzo compagno di san Francesco e si associò a lui nel 1208. Condusse una vita
semplice e mite. Spinto da vera devozione, peregrinò ai più noti santuari, tra cui quello del Sepolcro
di Cristo. Nei viaggi, a piedi, si guadagnava da vivere prestando la sua opera ai contadini. In seguito
si ritirò nei romitori dell’Umbria, specie in quello di Monteripido fuori Perugia, dove morì il 23 aprile
1262. Fu grande contemplativo ed estatico, consigliere di papi e di prelati. Di lui ci restano i “Detti”
o insegnamenti spirituali, ricchi di sapienza e di arguzia. È sepolto nella chiesa di San Francesco al
Prato (Oratorio di San Bernardino) a Perugia. Il culto fu confermato da Pio VI il 4 luglio 1777.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
È cosa grande perseverare santamente nella vita religiosa sino alla fine
Parlando di sé frate Egidio soleva dire: «Preferirei avere appena un po' di grazia
stando nella vita religiosa che molta vivendo nel mondo, perché in esso sono più
numerosi i pericoli e meno frequenti gli aiuti spirituali. Ma il peccatore ha più paura
del suo bene che del suo male, dato che ha più paura di mortificarsi e di entrare nella
vita religiosa che di starsene nei suoi peccati e di rimanere nel mondo».
Un tale andò un giorno a consigliarsi con frate Egidio se fosse meglio per lui
farsi o no religioso, e si ebbe questa risposta: «Se un uomo poverissimo venisse a sapere
di un tesoro nascosto in un campo aperto a tutti, credi che andrebbe da qualcuno a
domandare se dovesse correre in fretta in cerca di esso? Quanto più gli uomini
dovrebbero correre per andare a dissotterrare il tesoro celeste!».
Frate Egidio diceva anche: «Molta gente entra nella vita religiosa ma non pratica
le virtù proprie di essa. Mi sembrano simili a quel contadino che pur avendo indossato
l'armatura di Orlando non riusciva a combattere con essa. Non stimo un gran merito
entrare nella corte del re e nemmeno mi pare gran cosa ricevere doni da lui; cosa
veramente grande per me è saper stare come si deve nella corte del re. Corte del gran
Re è la fraternità religiosa. Entrare in essa non è la cosa più importante né ricevervi dei
doni dal re, ma vivere in essa come si conviene e perseverarvi fino in fondo con
devozione e prontezza: questa sì che è una gran cosa. Preferirei mille volte starmene
nel mondo sospirando con devoto e ardente desiderio di entrare nella vita religiosa,
piuttosto che starmene in questa con dissipazione e noia».
E diceva ancora: «Mi sembra che la spiritualità dei Minori sia stata mandata da
Dio in questo mondo per portare un gran bene all'umanità: ma guai a noi però, se non
siamo quali dovremmo essere! Le fraternità dei Minori mi sembrano le più poveri e le
più ricche di questo mondo nello stesso tempo: e questa mi sembra la nostra colpa più
grande, perché vogliamo andare troppo in alto. È ricco chi vive come il ricco, sapiente
chi riesce a saperne quanto il sapiente, buono è chi si sforza costantemente di imitare
un uomo di alta virtù, e nobile è chi cerca di assomigliare in tutto al nobile, a patto però
chi questi sia il Signore nostro Gesù Cristo».
℞. Quanto sono amabili, Signore, le tue dimore! * Il mio cuore e la mia carne esultano
nel Dio vivente, alleluia.
℣. Per me è meglio stare sulla soglia della casa del mio Dio che abitare nelle tende
degli empi.
℞. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente, alleluia.
ORAZIONE
O Dio, che ti sei degnato di innalzare il beato Egidio d’Assisi al vertice della più
sublime contemplazione, concedici, per sua intercessione, di dirigere costantemente a
te le nostre azioni e di vivere sempre nella tua pace vera. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per
tutti i secoli dei secoli.
24 aprile
Francescani: Memoria
OFM Capp: Festa
Marco Roy nacque a Sigmaringen (Germania) nell’ottobre 1577. Dopo gli studi di diritto a
Friburgo in Germania, esercitò la professione di avvocato con un tale amore alla giustizia da essere
chiamato “l’avvocato dei poveri”. Entrato tra i Frati Minori Cappuccini con il nome di Fedele, nel
1612 fu ordinato sacerdote. Per dieci anni, su incarico della Sacra Congregazione di Propaganda Fide,
si prodigò con ardore contro l’eresia dilagante nella Germania del Sud e nella Svizzera. Il 24 aprile
1622, a Seewis, fu fermato da alcuni eretici che lo volevano costringere a rinnegare la fede cattolica.
«Io non ho paura della morte – rispose –, io difendo la verità che hanno difeso i martiri». Coronò con
il martirio una vita ricca di virtù. È il protomartire della Congregazione di Propaganda Fide. Fu
beatificato il 24 marzo 1729 da Benedetto XIII e canonizzato il 29 giugno 1746 da Benedetto XIV.
Dove si celebra come memoria: dal Comune di un martire del Tempo di Pasqua o dei
pastori con salmodia del giorno dal salterio. La seconda lettura dell’Ufficio delle letture
è riportata di seguito. Dove si celebra come festa: dal Comune di un martire eccetto
quanto segue.
____________________________________________________________________
INVITATORIO
SALMO 34
I (1-2. 3c. 9-12)
II (13-16)
PRIMA LETTURA
Fratelli, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della
conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste
cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in
lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede
in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.
E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la
partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza
di giungere alla risurrezione dai morti.
Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla
perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato
conquistato da Gesù Cristo. Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo
soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per
arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche
cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui
siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.
RESPONSORIO 2 Tm 4, 7-8
SECONDA LETTURA
Il papa Benedetto XIV celebrò san Fedele, difensore della fede cattolica, con
queste parole:
Egli effondeva la pienezza della sua carità nel confortare e aiutare il prossimo,
abbracciava con cuore paterno tutti gli afflitti, sostentava numerose schiere di poveri
con elemosine raccolte da ogni parte.
Alleviava la solitudine degli orfani e delle vedove procurando loro il soccorso
dei potenti e dei principi. Aiutava senza stancarsi i prigionieri con tutti i sollievi
spirituali e corporali che poteva, visitava con sollecitudine gli ammalati, li ricreava, li
riconciliava con Dio, li armava ad affrontare l'estrema battaglia.
E in questa attività ottenne la più ricca messe di meriti quando l'esercito austriaco
acquartierato nella Rezia, fu preda di una terribile epidemia e crudelmente decimato
dal male.
Oltre che nella carità, questo uomo fedele di nome e di fatto, eccelse nella difesa
incessante della fede cattolica. La predicò instancabilmente e pochi giorni prima di
testimoniarla con il sangue, nell'ultimo discorso le dedicò, quasi come testamento,
queste parole: O fede cattolica, salda, forte e ben radicata, il tuo fondamento è una
roccia sicura! (cfr. Mt 7, 25). Il cielo e la terra passeranno, ma tu non passerai. Tutto il
mondo da principio ti si oppose, ma tu hai trionfato su tutto con forza invincibile.
«Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4). Essa
ha sottomesso re potentissimi alla signoria di Cristo, ha portato i popoli all'obbedienza
di Cristo.
Che cosa ha dato ai santi apostoli e ai martiri la forza di sopportare lotte crudeli
e pene acerbissime, se non la fede, e soprattutto la fede nella risurrezione?
Che cosa ha dato agli anacorèti il coraggio di disprezzare le delizie e gli onori,
di calpestare le ricchezze, di vivere in verginità e nel deserto, se non una fede viva?
Che cosa oggi fa sì che i veri cristiani rinunzino alle comodità, abbandonino i
piaceri, sopportino dolori, e sostengano fatiche? La viva fede, operante per la carità
(cfr. Gal 5, 6), fa abbandonare i beni presenti con la speranza dei futuri, e con i futuri
fa cambiare i presenti.
INNO Te Deum.
INNO dal Comune di un martire. Oppure un altro inno o canto adatto approvato
dall’autorità ecclesiastica.
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso
e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché
possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con
la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le
sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra
consolazione.
RESPONSORIO BREVE
ORAZIONE
Signore, che al tuo sacerdote san Fedele, ardente di carità, hai dato la grazia di
testimoniare con il sangue l'annunzio missionario del Vangelo, per sua intercessione
concedi anche a noi di essere radicati e fondati nell'amore di Cristo, per conoscere la
gloria del Signore risorto. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ora media
Terza
In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle
tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti,
nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni, con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza,
spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio.
℣. Questi è il vero martire, che sparse il suo sangue per amore di Cristo, alleluia.
℞. E meritò di entrare nella gloria dei santi, alleluia.
Sesta
Abbonda la vostra carità vicendevole; così noi possiamo gloriarci di voi nelle
Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e
tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi
proclamerà degni di quel Regno di Dio, per il quale ora soffrite.
Nona
Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne
quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa
sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di
realizzare la sua parola.
INNO dal Comune di un martire. Oppure un altro inno o canto adatto approvato
dall’autorità ecclesiastica.
Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla
gloria futura che dovrà esser rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza
la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo
volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure
liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di
Dio.
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONI
In questa sacra ora, nella quale il Re dei martiri ci diede nella cena il suo corpo per
nutrimento, e sulla croce offrì la sua vita in sacrificio, rendiamogli grazie:
Noi ti glorifichiamo, o Signore.
Per averci amati sino alla fine, o divino Salvatore, divenendo modello ed esempio a
tutti i martiri,
- Signore Gesù, abbi pietà del tuo popolo.
Per averci dato nel tuo servo san Fedele un sì fulgido esempio di fedeltà e di fortezza,
- Signore Gesù, santifica i tuoi ministri e il tuo popolo.
Per tutti i santi martiri ed eletti, che hanno meritato di contemplare la luce del tuo volto,
- concedi ai nostri fratelli defunti l'eterna gioia del paradiso.
Padre nostro.
ORAZIONE
Signore, che al tuo sacerdote san Fedele, ardente di carità, hai dato la grazia di
testimoniare con il sangue l'annunzio missionario del Vangelo, per sua intercessione
concedi anche a noi di essere radicati e fondati nell'amore di Cristo, per conoscere la
gloria della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e
vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 aprile
Nacque a Gaggiano in prossimità di Radda in Chianti (Siena) verso il 1180. Sappiamo che
sposò Bonadonna, che conobbe una discreta floridezza economica e che ebbe una numerosa famiglia.
Impegnato nella vita politica, capo di una fazione, dovette abbandonare il paese e cercare rifugio nella
vicina Poggibonsi. Abile nella mercatura, giunse ad una nuova agiatezza di vita. Conquistato
dall’ideale di penitenza che aveva in quegli anni in san Francesco un araldo affascinante, rinunciò ai
suoi beni e vestì l’abito della penitenza nel Terz’Ordine. Visse da allora in povertà e carità,
prodigandosi nell’assistenza ai poveri ed agli infermi nell’ospedale di Poggibonsi. Morì il 28 aprile
1260 e fu sepolto nella chiesa dei frati. Lucchese e la moglie Bonadonna sono tradizionalmente
ritenuti tra i primissimi Terziari vestiti da san Francesco stesso nel 1221. Beatificato da Innocenzo
XII il 27 marzo 1697, Gregorio XVI ne confermò il culto il 23 agosto 1883.
Dal Comune dei santi: della carità, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Il primo uomo cadde per la colpa contro la povertà, e per merito della povertà ci
ha risollevato e redento il secondo, questo Dio-Uomo, Cristo. La peggiore povertà è
l'ignoranza: Adamo infatti cadde per ignoranza, e per ignoranza si pèrdono quanti sono
caduti e cadranno.
Perciò è necessario che i figli di Dio si risollevino e risorgano ad opera della
povertà vera. L'esempio di questa povertà ce lo dà lo stesso Figlio di Dio e Uomo,
Gesù. Fu certo povertà ineffabile il tener nascosta la sua potenza e la sua nobiltà divina:
si lasciò bestemmiare, vilipendere, vituperare, imprigionare, trascinare di qua e di là,
flagellare e crocifìggere, mostrando solo l'umana debolezza. Questa sua povertà deve
essere il modello della nostra vita. Da essa dobbiamo trarre esempio: non perché ci
tocchi nascondere una potenza che non abbiamo, ma perché è giusto che manifestiamo
e riconosciamo tutta la nostra impotenza.
Di questa povertà abbiamo un altro esempio nella Vergine e Madre di Dio, che
in modo manifesto ci fu maestra nella risposta che pronunziò davanti, al mistero
dell'Annunciazione, quando confessò di appartenere alla nostra massa umana corrotta,
definendosi in quella espressione: «Sono la serva del Signore», appellativo di autentica
umiltà, perché da tutti disprezzato. Questa povertà è sempre assai accetta a Dio.
Quale modello perfetto non abbiamo nel nostro Padre glorioso san Francesco,
che ricevette da Dio una luce speciale per poter capire questa povertà! Francesco infatti
fu ricolmo di questa luce divina, cosicché potè percorrere una via tutta sua, e
mostrarcela, la via della povertà completa. Non posso guardare ad alcun altro santo che
in modo più singolare mi faccia vedere la via del Libro della Vita cioè il modello della
vita di colui che è Dio-Uomo Gesù. Né vedo alcun santo che tanto fissasse i suoi occhi
su questo modello, come lui che mai rimosse da Gesù gli occhi della sua anima. E
questo fu palese anche nella sua carne mortale.
E poiché frate Francesco si fissò totalmente in lui, fu ripieno di somma sapienza,
e di questa sapienza riempì il mondo intero, e lo riempie ancora.
℞. Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito * riceverete cento volte tanto e avrete
in eredi la vita eterna, alleluia.
℣. Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che cosa dunque ne
otterremo?
℞. Riceverete cento volte tanto, e avrete in eredità la vita eterna, alleluia.
Lodi mattutine
ORAZIONE
Dio di bontà, che hai chiamato il beato Lucchese alla penitenza evangelica e lo
hai fatto splendere di opere buone, concedi anche a noi un cuore nuovo per produrre
frutti abbondanti di vita cristiana. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è
Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
Dal Comune dei pastori o dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
INNO
Apostolico ardore
conduce Benedetto
per le strade del mondo
ad annunciare Cristo.
Dissipa le tenebre
causate dall’errore,
perla fede di Cristo
lotta infaticabile.
SECONDA LETTURA
Lodi mattutine
INNO
Accorrete, o fratelli;
con cuore puro e ardente,
acclamate il Signore
in questo giorno santo.
Benedetto ci invita
a unir le voci e gli animi
nella lode perenne
della Chiesa di Dio.
INVOCAZIONI
Lode e gloria a Cristo, vincitore della morte, che nel Vangelo ha fatto risplendere lavita
e l’immortalità. A lui la preghiera:
Venga il tuo Regno, Signore.
Hai voluto che il regno dei cieli fosse un lievito di salvezza per tutti,
– suscita in noi lo spirito missionario del beato Benedetto.
Padre nostro.
ORAZIONE
Padre santo, che hai reso grande il beato Benedetto da Urbino per l’ardente
amore alla croce e al ministero della parola, concedi a noi di seguirne gli esempi,
vivendo in questo mondo con pietà, giustizia e sobrietà. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per
tutti i secoli dei secoli.
Vespri
INNO
Onorando con gioia il Beato
Che ti ha amato con tutto il suo cuore,
anche noi, o Signore, innalziamo
a te il canto di ringraziamento.
INTERCESSIONI
Nella memoria del beato Benedetto, instancabile araldo del Vangelo, rendiamo grazie
al Padre per il dono della fede:
Santo sei tu, o Signore.
Padre nostro.
4 maggio
8 maggio
John Stoika nacque nella Valacchia Minore (Romania) il 29 giugno 1556. A diciotto anni lasci
la sua patria e venne in Italia, dove visse fino alla morte. L’8 maggio 1579 emise la professione
religiosa tra i Frati Minori Cappuccini di Napoli. Venne assegnato a varie mansioni in diversi
conventi, finché nel 1585 ebbe l’incarico di assistere gli infermi nel convento di Sant’Eframo Nuovo.
Vi rimase per quarant’anni continui consumando la sua vita nel servizio generoso e sempre con
«allegrezza e serenità di volto». Pregava con sincerità e gioia: «Signore, ti ringrazio perché ho sempre
servito e mai sono stato servito, sono stato sempre suddito e mai ho comandato!». Morì a Napoli il 5
marzo 1625, vittima di carità e obbedienza per una visita ad un ammalato che si trovava a Torre del
Greco. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 30 ottobre 1983. Amato da ortodossi e cattolici, l’umile
Frate Cappuccino è oggi gloria e speranza della sua patria, la Romania.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Seconda lettura
Dal discorso di papa Giovanni XXIII in occasione della proclamazione delle virtù
eroiche.
R. Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere,
ero forestiero e mi avete ospitato, infermo e mi avete visitato. * Quello che avete fatto
al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me, (T.P. alleluia).
V. Chi fa la carità al povero, fa un prestito al Signore.
R. Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me, (T.P.
alleluia).
Lodi mattutine
ORAZIONE
Vespri
Dal Comune della B.V.M. con salmodia del giorno dal salterio. INVITATORIO
Ant. Venite, adoriamo il Cristo nostro Mediatore, che nell'opera della salvezza ha unito
a sé la beata Vergine, alleluia.
INNO L'ordine era d'attender lo Spirito: così vegliavano assidui e unanimi. Eri tu
forse a guidar la preghiera come lui fece nell'ultima cena?
Certo il profeta ti vide all'origine quando lo Spirito ornava il creato, quando la lotta
iniziò col serpente... e poi nel lungo cammino dell'arca.
Certo tu eri la terra promessa l'isola intatta del santo approdo, ove lo Spirito scese già
prima a fecondarti del germe divino.
Con noi assisti all'ultimo tempo: lo stesso vento ora scuote la casa, lo stesso fuoco
dell'Oreb divampa e apre la via nel nuovo deserto!
O Trinità, misteriosa e beata, noi ti lodiamo perché ci donasti la nuova aurora che
annuncia il tuo giorno: Cristo, la gloria di tutto il creato.
Oppure: Christus, humàni gèneris misértus, morte nos ictos merita, supérnam rursus
ad vitam génuit, suóque sanguine tersit.
O pium flumen, scelus omne purgans! O inexhàustum pélagus bonórum, unde septéno
fluit usque fonte vita salùsque.
Hos tamen sacros làtices redémptis quis ministràbit? Datur hoc Mariae munus, ut
diva? moderétur undae, arbitra, cursum.
Cuncta, quae nobis méruit Redémptor, dona partitur Génetrix Maria, cuius ad votum
sua fundit ultro mùnera Natus.
Te per aetérnos venerémur annos, Trinitas, summo celebrànda plausu: te fide mentes
resonóque linguae Carmine laudent. Amen.
Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall'autorità ecclesiastica.
SECONDA LETTURA
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Ser. de Aquaeductu; Opera omnia, ed. Cisterc.
5, 1968, pp. 278-280)
Scruta bene, o uomo, il disegno di Dio sapiente e buono. Per irrigare di celeste rugiada
tutto il terreno, Dio volle prima impregnarne il vello (cf. Gdc 6,36-40): per redimere il
genere umano, ne depose tutto il prezzo in Maria. E perché? Probabilmente perché Eva
venisse assolta per merito della figlia e, d'ora in poi, fosse archiviata la causa dell'uomo
contro la donna. Adamo, non dire più: «La donna che mi desti a compagna m'ha dato
di quel frutto proibito» (cf. Gn 3,12). Di' piuttosto: «La donna che mi hai dato m'ha
nutrito di quel frutto benedetto». Amorevolissimo disegno di Dio! Ma questo non è
tutto: è esatto, sì, ma forse vi è ancora nascosto qualcosa; forse è ancora troppo poco,
se non erro, per le vostre aspettative. E' dolce il latte, ma, a premerlo fortemente, ne
sprizza la grassezza del burro. Perciò scrutiamo ancor più a fondo per capire quanto
affetto vuole che noi nutriamo per Maria colui che depose in lei la pienezza di ogni
bene: affinché comprendiamo che ogni motivo di speranza, di grazia e di salvezza ci
viene da lei, che sta vicino a Dio, ricolma di ogni delizia. Davvero, giardino di tutti i
piaceri, dove il vento divino, spirando, non solo lì diffonde i suoi aromi, ma per la sua
intensità li spande dovunque: questi aromi sono i carismi delle sue grazie. Togli il sole
che illumina il mondo: il giorno dove andrà a finire? Togli di mezzo Maria, questa
stella del mare grande e immenso: cosa rimarrà se non nebbia ed ombre insidiose e
tenebre fittissime?
Veneriamo, dunque, Maria con tutto l'impeto del nostro cuore, dei nostri affetti, dei
nostri desideri: questa è la volontà di colui il quale ha disposto che noi avessimo tutto
per mezzo di Maria. Questa, ripeto, è la sua volontà, ma per il nostro bene: in tutto e
per tutto egli provvede a noi miserabili, conforta la nostra trepidazione, tiene desta la
fede, rafforza la speranza, scaccia la diffidenza e ci ridona il coraggio. Ti vergognavi
di avvicinarti al Padre; atterrito solo a sentirne la voce, correvi a nasconderti tra le
foglie: ma egli ti ha dato Gesù quale mediatore. Cosa non otterrà questo Figlio da un
tale Padre? Egli sarà certamente esaudito «a cagione della sua obbedienza» (cf. Eb 5,7):
«Il Padre, infatti, ama il Figlio» (Gv 5,20). Forse temi anche di avvicinare Gesù? Ma è
tuo fratello e carne tua, in tutto provato, meno che nel peccato, per essere
misericordioso verso di te (cf. Eb 2,17). Questo fratello te lo ha dato Maria. Ma può
darsi che tu tema quella maestà divina che anche in lui si nasconde, perché, sebbene
egli si sia fatto uomo, è rimasto egualmente Dio. Vuoi, dunque, avere un avvocato
anche per accostarti a lui? Allora ricorri a Maria. L'umanità di Maria è pura, non solo
perché incontaminata, ma per singolare prerogativa di natura. Sono certo che anche lei
sarà esaudita «a cagione della sua obbedienza». Sicuramente il Figlio esaudirà la
Madre, il Padre esaudirà il Figlio. Figlioli miei, questa è la scala di noi peccatori, questa
è la mia più grande fiducia, questa è tutta la ragione della mia speranza. Perché no?
Può forse il Figlio non accogliere la supplica della Madre, oppure non essere esaudito
dal Padre? Assolutamente no. «Tu hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1, 30), disse
l'angelo a Maria. Sì, Maria troverà sempre grazia presso Dio: ed è soltanto della grazia
che noi abbiamo bisogno. La Vergine saggia non cercava la sapienza o le ricchezze o
gli onori o la potenza come Salomone, ma la grazia: perché è solo con la grazia che noi
possiamo salvarci. Perché, fratelli, bramare altre cose? Cerchiamo piuttosto la grazia
di Dio e cerchiamola per mezzo di Maria, la quale ottiene sempre quel che domanda e
non resta mai inesaudita. Cerchiamo anche noi la grazia, ma quella di Dio, non quella
degli uomini che è fallace. Vadano pure gli altri alla ricerca di ricompense; a noi preme
trovare grazia presso Dio. Maria non va, infatti, in cerca di umani compensi ma si
preoccupa solo della grazia.
Oppure:
Dalla «Preghiera alla Madre di Dio», di incerto autore siro del secolo sesto o settimo
(J.S. Assemani, S.P.N. Ephrem Siry Opefa omnia, Roma 1743, vol. III, pp. 528-532)
Dopo il Mediatore, mediatrice di tutti gli uomini O Signora mia santissima, Madre di
Dio, piena di grazia; vergine nell'anima, nel corpo e nella mente; trono del Re che siede
sui Cherubini; porta attraverso la quale dalla terra entriamo in cielo; fonte viva, oceano
inesauribile di arcani doni elargiti da Dio; dopo la Trinità Signora universale, dopo il
Paraclito altro consolatore, dopo il Mediatore mediatrice di tutti gli uomini; vite vera
che dà frutti di vita, olivo fecondo che rallegra le anime dei fedeli; nube che sparge
sulla terra la rugiada celeste; arca santa, che ci ha salvato dal diluvio del male; roveto
ardente, visto da Mosè che ha parlato con Dio; turibolo d'oro, in cui il Verbo ha bruciato
la sua carne riempiendo il mondo del suo profumo e cancellando il peccato della
disobbedienza; tabernacolo sacro, che Bezaleel, ripieno dello Spirito di Dio, edificò
secondo l'ordine che il Signore aveva dato a Mosè (cf. Es 31,2ss.); carro regale, vaso
colmo di manna, giardino recintato; fonte intatta, la cui acqua purissima irriga tutto il
mondo; verga di Aronne, prodigiosamente fiorita; vello di Gedeone, madido di rugiada;
documento scritto dalla mano di Dio, che rescinde il debito di Adamo; monte di Dio,
monte santo, sul quale egli ha posto la sua dimora; radice santa di lesse; città di Dio, di
cui «si dicono cose gloriose» (Sal 86, 3), secondo l'espressione di Davide. Guarda la
mia fede e l'anelito che Dio ha posto in me, tu che sei pietosa e potente. Tu, come madre
di colui che solo è buono e misericordioso, accogli la mia povera anima e con la tua
intercessione e il tuo patrocinio rendila degna di assidersi alla destra del tuo Figlio
unigenito e di godere la pace degli eletti e dei santi. In te ho speranza, e vedrò realizzato
il mio desiderio; in te trovo motivo di gloria; non volgere il tuo sguardo da me, indegno
tuo servo, a causa dei miei numerosi errori e peccati. Nelle tue mani è il volere e il
potere; tu che hai generato in modo misterioso una persona della Trinità, il Figlio di
Dio, l'hai portato in braccio, l'hai nutrito al tuo seno, ricorda i giorni della sua prima
infanzia; unisci le tue sofferenze alle sue, alla croce, al sangue, alle ferite che ci hanno
salvato. Non privarmi, ti prego, della tua protezione, ma aiutami e vieni sempre in mia
difesa. Non disprezzare la mia indegnità, non permettere che le mie azioni malvagie
ostacolino la tua immensa misericordia, o Madre di Dio, nome amatissimo. Con il tuo
aiuto ogni vittoria è sicura; tu hai asciugato le lacrime del genere umano; hai colmato
di grazia ogni creatura: hai portato gioia agli esseri celesti, e a noi sulla terra hai recato
la salvezza.
RESPONSORIO R. Lode al Padre che ha inviato il suo Figlio per la nostra salvezza, *
e benedetto lo Spirito Santo che ci ha rivelato il mistero dell'amore, alleluia. V.
Benedetta sei tu, Maria, figlia di Adamo e madre di Cristo: da te è nato il Mediatore di
Dio e degli uomini, R. e benedetto lo Spirito Santo che ci ha rivelato il mistero
dell'amore, alleluia.
Lodi mattutine
INNO Tre giorni dopo si fecero nozze: a una festa di nozze è andato con te, o Madre,
e coi suoi discepoli: a un nuovo Sinai siam dunque invitati!
Era il settimo giorno antico, ma la sua ora non era ancor giunta: il giorno ottavo, il
nuovo suo giorno, quello dell'ultima festa del mondo.
Così Jahvé si rivela sul monte perché a Mosè tutto il popolo creda: così Gesù manifesta
la gloria perché i discepoli credano in lui.
E ancora tutto è solo in figura: vino che deve mutarsi in sangue, nozze che segnano
altra alleanza, e tu la Donna sarai della croce!
0 Trinità, misteriosa e beata, noi ti lodiamo perché ci donasti la nuova aurora che
annuncia il tuo giorno: Cristo, la gloria di tutto il creato.
Oppure: Maria, quae mortàlium preces amànter éxcipis, rogàmus ecce sùpplices,
nobis adésto pérpetim.
Adésto, si nos criminum caténa stringit hórrida; cito resólve cómpedes quae corda
culpis illigant.
Succùrre, si nos saéculi fallax imago péllicit, ne mens salùtis tràmitem, oblita caeli,
déserat.
Succùrre, si vel córpori advérsa sors impéndeat; fac sint quièta tempora, aetérnitas
dum lùceat.
Tuis et esto filiis tutèla mortis tèmpore, ut, te iuvànte, cónsequi perènne detur
praémium.
Patri sit et Paràclito tuóque Nato glòria, qui veste te miràbili circumdedérunt gràtiae.
Amen.
Ant. al Ben. Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo
e fu piena di Spirito Santo, alleluia.
ORAZIONE O Dio, che hai voluto dare al mondo l'autore della grazia per mezzo della
beata Vergine Maria, da te associata al mistero dell'umana redenzione, ti supplichiamo:
ci ottenga lei abbondante grazia e ci guidi alla salvezza eterna. Per il nostro Signore.
Vespri INNO
Or ci fiorisca dal cuore un canto come un dono da offrirti, o Madre: hai persuaso tuo
figlio a compiere il primo segno alle nozze di Cana.
Dicesti attenta: «Non hanno più vino». Da allora l'occhio tuo vede per primo sparir la
gioia dai nostri conviti, ma ora tu sai e puoi comandare.
Sì, non abbiamo più vino, o Madre! Gioia non hanno i nostri amori, è senza grazia la
nostra fortuna, pure le feste non hanno più fede!
Per la sua fede nell'ora di Cristo noi a te, Padre, rendiamo la gloria: tu d'altro vino del
Figlio ci sazi, vino ch'è Spirito, nostra ebbrezza.
Oppure: Ave, maris stella (p. 1716, [1830]) o un altro inno o canto adatto approvato
dall'autorità ecclesiastica.
Ant. al Magn. Ricordati, Signore, mostrati a noi nel giorno dell'afflizione. E tu, Madre,
invoca il Figlio, parla a lui in nostro favore e liberaci dalla morte, alleluia.
Orazione come alle Lodi mattutine.
9 maggio
Caterina Vigri nasce a Bologna l’8 settembre 1413, ma cresce a Ferrara alla corte estense.
Nobile e letterata, per vivere nel nascondimento si ritirò tra le Clarisse di Ferrara, dove poi fu prescelta
come maestra delle novizie, essendo molto illuminata nello spirito. Nel 1456 tornò a Bologna per
fondare un altro monastero di Clarisse, di cui fu abbadessa fino alla morte, guidando nelle vie della
santità non solo le sue consorelle, ma anche quanti ricorrevano a lei per consiglio. Lasciò alcuni
scritti, da tutti ammirati per l’eccellente dottrina mistica. Morì l’8 settembre 1463. Clemente XI, il 22
maggio 1712, ne approvò l’antichissimo culto e la iscrisse nell’albo dei santi.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
Invitatorio
INNO
SECONDA LETTURA
Chiunque abbia un cuore così nobile e una sensibilità spirituale così trasparente da
voler spontaneamente abbracciare la croce del nostro divin Salvatore Gesù - che morì
sul patibolo dei malfattori per redimerci -, prima di tutto costui deve impugnare le armi
necessarie per tale combattimento, specialmente quelle che qui sono enumerate, e cioè:
la diligenza, la diffidenza nella propria debolezza, la confidenza in Dio, il ricordo della
Passione, la meditazione sulla morte e l'autorità della sacra Scrittura, sull'esempio di
Gesù nel deserto.
L'anima, che è arricchita di quel gioiello inestimabile che è la buona volontà, ossia
l'amor di Dio, e che è bramosa di servire a lui in spirito di verità, prima di tutto deve
dare una limpidezza cristallina alla propria coscienza mediante una bella confessione,
e proporre fermamente per il futuro di non voler mai peccare gravemente, e di preferire,
in tale triste alternativa, piuttosto mille volte la morte, se ciò fosse possibile.
Infatti chi è in peccato mortale, cessa di essere membro vivo del Corpo mistico di
Cristo, e diventa preda del diavolo; è privato dei beni della comunione dei Santi, e le
sue azioni non hanno merito alcuno, perché morte alla grazia nei riguardi della vita
eterna in Dio.
E perciò, per voler servire Dio il meno indegnamente possibile, è necessario il fermo
proposito di evitare almeno il peccato grave.
Ma tieni presente che, qualora tu fossi in peccato mortale, non devi mai disperare
del perdono divino, né cessare di fare il bene per quanto ti è possibile, perché tu possa
liberarti dal peccato.
Ma c'è ben di più per un fedele servo di Cristo: egli deve essere dispostissimo a
percorrere la via della croce, perché tutti coloro che servono Dio sono nella necessità
di combattere contro i suoi nemici e nella condizione di ricevere dai medesimi diversi
e dolorosi tiri mancini.
Sono necessarie dunque delle ottime armi, con le quali si possa combattere
valorosamente contro i nemici dell'anima.
℞ Siamo tribolati da ogni parte ma non schiacciati; siamo sconvolti ma non disperati;
colpiti, ma non uccisi. * In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di
Colui che ci ha amati, alleluia.
℣ Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù.
℞ In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati,
alleluia.
Lodi mattutine
Inno
Il mistico sposo ti invita
nell'erto sentiero del bene:
con passo spedito lo segui
lasciando le cose del mondo.
LETTURA BREVE Ct 8, 7
Le grandi acque non possono spegnere l'amore, né i fiumi travolgerlo. Se uno desse
tutta la ricchezza della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
RESPONSORIO BREVE
Orazione
Donaci, Signore Dio nostro, la fiamma di carità che ispirò santa Caterina da
Bologna, sposa fedele del tuo Figlio, a radunare una famiglia di vergini a te consacrate,
a gloria perenne del Cristo e della Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,
che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli.
Vespri
INNO
Desideri la patria
e il volto dello Sposo:
chiamando il dolce nome
nell'estasi ti perdi.
Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al
Signore! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del
Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito.
RESPONSORIO BREVE
11 maggio
Vincenzo Cadello Peis nacque il 10 dicembre 1701 a Láconi in Sardegna; nel 1721
vestì l’abito francescano tra i Frati Minori Cappuccini. Si dedic all’ufficio di
questuante per quarant’anni, durante i quali diede a tutti uno splendido esempio di
umiltà e di carità. Dio inoltre lo arricchì di particolari doni soprannaturali che lo fecero
venerare da ogni classe di persone. Rese l’anima a Dio l’11 maggio 1781, a Cagliari.
Fu beatificato da Pio XII il 16 giugno 1940. Lo stesso pontefice lo proclam santo il 21
ottobre 1951.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Chi ha scelto Cristo come Sposo della propria anima e desidera progredire sempre
più, tenga costantemente impegnata la sua anima, esercitandola nella preghiera e nel
raccoglimento. Un religioso poco devoto o tiepido, che non si dedichi di continuo alla
preghiera, non solo è un pesce fuor d'acqua e inutile, ma sotto gli occhi di Dio trascina
nel suo corpo ancora vivo un'anima morta.
La vera preghiera ci fa conseguire immensi benefici, qualunque cosa ciascuno di noi
faccia e in qualunque momento: sia d'estate che d'inverno, col cielo azzurro e la
pioggia, di notte e di giorno, la domenica e nei giorni feriali, quando siamo malati o
sani, giovani o vecchi, tanto se stiamo in piedi o seduti o in cammino, tanto se ci
troviamo in coro o fuori. In una sola ora di tale preghiera riusciamo a guadagnare
qualcosa che ha un valore maggiore di tutto il mondo messo insieme: guadagnamo,
con questo piccolo impegno, il regno dei cieli!
Queste cose sono indispensabili per la preghiera così intesa.
Prima di tutto, quando stai per entrare in preghiera, richiama all'impegno il tuo
corpo e la tua anima, chiudi la porta ai tuoi sensi, e senza strepiti, con cuore contrito,
ripensa alle tue numerose miserie presenti, passate e future. Poi, il vero religioso -
cioè colui che ha scelto Dio come unico ideale della propria vita - quando prega, non
deve mai dimenticare di ripetere al proprio Creatore il suo «grazie» per il bene
ricevuto e per quello che ancora dovrà ricevere. Ce lo dice l'Apostolo delle genti:
«Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie». Nulla ci fa tanto
degni dei favori di Dio quanto il nostro «grazie» costantemente ripetuto sia con le
labbra che con le opere.
Un'altra cosa necessaria è che durante l'orazione l'anima non pensi ad altro che a
Dio: è sconveniente che ci si rivolga a Dio con la parola ed altro si abbia nel cuore in
uno sterile sdoppiamento interiore. Non farti ingannare, non sperperare l'enorme
tesoro della preghiera, non perderne la soavità, non privarti di quella dolcezza, che la
preghiera ti offre. L'orazione è la fonte da cui si attinge la grazia dello Spirito Santo, la
quale promana da quella sorgente di inesauribile dolcezza, che è la Trinità santissima.
Quando preghi, raccogliti tutto e, in compagnia del tuo Diletto, entra nella cella del
tuo cuore e trattieniti con lui. Dimentica ogni altra cosa di questo mondo, e con tutto
l'ardore, innalzati sopra te stesso. Non devi distogliere mai la tua mente dalla
preghiera, ma innalzati sempre più con l'energia che da essa si sprigiona, fino ad
entrare in quella tenda meravigliosa, dov'è la dimora dell'Altissimo.
℞ Glorifica il Signore con animo generoso e in ogni offerta mostra lieto il tuo volto, *
perché Dio ama chi dona con gioia, alleluia.
℣ Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà, e chi semina con larghezza, con
larghezza raccoglierà,
℞ perché Dio ama chi dona con gioia, alleluia.
ORAZIONE
O Dio, che hai guidato sant'Ignazio da Làconi sulla via dell'umiltà e dell'innocenza,
e gli hai dato di raggiungere le vette della perfezione praticando l'amore verso i
fratelli, concedi anche a noi di imitarlo osservando fedelmente il precetto della carità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Orazione
O Dio, che hai guidato sant’Ignazio da Láconi sulla via dell’umiltà e dell’innocenza, e
gli hai dato di raggiungere le vette della perfezione praticando l’amore verso i fratelli,
concedi anche a noi di imitarlo osservando fedelmente il precetto della carità. Per il
nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 maggio
Francescani: Memoria
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Chi è, chi è colui, che oggi ci raccoglie per celebrare nel suo nome beato una
irradiazione del Vangelo di Cristo, un fenomeno inesprimibile, eppure chiaro ed
evidente, quello di una trasparenza incantevole, che ci lascia intravedere nel profilo di
un umile fraticello una figura esaltante ed insieme quasi sconcertante: guarda, guarda,
è san Francesco! Lo vedi? Guarda come è povero, guarda come è semplice, guarda
come è umano! È proprio lui, San Francesco, così umile, così sereno, così assorto da
apparire quasi estatico in una sua propria visione interiore dell’invisibile presenza di
Dio, eppure a noi, per noi così presente, così accessibile, così disponibile, che pare
quasi ci conosca, e ci aspetti, e sappia le nostre cose e possa leggere dentro di noi…
Guarda bene; è un povero, piccolo Cappuccino, sembra sofferente e vacillante, ma così
stranamente sicuro che ci si sente da lui attratti, incantati.
Guarda bene, con la lente francescana. Lo vedi? Tu tremi? Chi hai visto? Sì,
diciamolo: è una debole, popolare, ma autentica immagine di Gesù; sì, di quel Gesù,
che parla simultaneamente al Dio ineffabile, al Padre, Signore del cielo e della terra; e
parla a noi minuscoli uditori, racchiusi nelle proporzioni della verità, cioè della nostra
piccola e sofferente umanità… E che dice Gesù in questo suo oracolo poverello? Oh!
grandi misteri, quelli dell’infinita trascendenza divina, che ci lascia incantati, e che
subito assume un linguaggio commovente e trascinante: riecheggia il Vangelo: “Venite
a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28).
Ma dunque chi è? È Padre Leopoldo. Era nato il 12 maggio 1866, e morì a
Padova dove visse la maggior parte della sua vita terrena, conclusa a 76 anni, il 30
luglio 1942, poco più di trent’anni fa.
Una nota particolare non possiamo tuttavia trascurare; egli era oriundo della
sponda levantina dell’Adriatico, di Castelnuovo, alle bocche di Cattaro, e conservò
sempre per la sua terra un amore fedele, anche se poi, vissuto a Padova, non fu meno
affezionato alla nuova patria ospitale e soprattutto alla popolazione verso la quale
esercitò il suo silenzioso ed indefesso ministero. La figura perciò del Beato Leopoldo
riassume in sé questa bivalenza etnica, quasi a fonderla in un emblema di amicizia e di
fratellanza, che ogni suo devoto cultore dovrà fare propria. È questo particolare dato
biografico del Beato Leopoldo un primo compimento d’un pensiero, d’un proposito
dominante della sua vita. Come tutti sappiamo, Padre Leopoldo fu “ecumenico” ante
litteram, cioè sognò, presagì, promosse, pur senza operare, la ricomposizione nella
perfetta unità della Chiesa, anche se essa è gelosamente rispettosa delle particolarità
molteplici della sua composizione etnica…
Ma la nota peculiare della eroicità e della virtù carismatica del Beato Leopoldo
fu un’altra; chi non lo sa? Fu il suo ministero nell’ascoltare le Confessioni. Il suo
metodo di vita era questo: celebrato di buon mattino il sacrificio della Messa, egli
sedeva nella celletta confessionale, e lì restava tutto il giorno a disposizione dei
penitenti. Tale tenore di vita egli conservò per circa quarant’anni, senza il minimo
lamento. Ed è questo, noi crediamo, il titolo primario che ha meritato a questo umile
Cappuccino la beatificazione, che ora noi stiamo celebrando. Egli si è santificato
principalmente nell’esercizio del sacramento della Penitenza.
Noi non abbiamo che da ammirare e da ringraziare il Signore che offre oggi alla
Chiesa una così singolare figura di ministro della grazia sacramentale della Penitenza;
che richiama da un lato i sacerdoti a ministero di così capitale importanza, di così
attuale pedagogia, di così incomparabile spiritualità; e che ricorda ai fedeli, fervorosi
o tiepidi ed indifferenti che siano, quale provvidenziale ed ineffabile servizio sia ancor
oggi, anzi oggi più che mai, per la loro Confessione individuale ed auricolare, fonte di
grazia e di pace, scuola di vita cristiana, conforto incomparabile nel pellegrinaggio
terreno verso l’eterna felicità.
Che il nostro santo sappia chiamare a questo severo, sì, tribunale di penitenza,
ma non meno amabile rifugio di conforto, di verità interiore, di risurrezione alla grazia
e di allenamento alla terapia dell’autenticità cristiana, molte anime intorpidite dalla
fallace profanità del costume moderno, per fare loro sperimentare le segrete e rinascenti
consolazioni del Vangelo, del colloquio con il Padre, dell’incontro con Cristo,
dell’ebbrezza dello Spirito Santo, e per ringiovanire in esse l’ansia del bene altrui, della
giustizia e della dignità del costume.
RESPONSORIO Cfr. Ef 2, 5. 4. 7
R. Morti eravamo per i peccati, Dio ci ha fatti rivivere con Cristo: * grande è l’amore
con il quale ci ha amati. (T.P. Alleluia).
V. Per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia.
R. Grande è l’amore con il quale ci ha amati. (T.P. Alleluia).
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, che sei la perfetta unità e il sommo bene, tu hai reso san Leopoldo da
Castelnuovo, sacerdote, pieno di bontà e di misericordia verso i peccatori e ardente nel
promuovere l’unità fra i cristiani; concedi a noi, per sua intercessione, di rinnovarci
nello spirito e nel cuore per estendere ad ogni fratello il tuo amore e cooperare fiduciosi
all’unione di tutti i credenti nel vincolo della pace. Per il nostro Signore.
Vespri
16 maggio
Francescani: Memoria
Nacque a Laviano in Toscana nel 1247. Rimasta presto orfana di madre, incompresa
dalla matrigna, fu indotta a seguire un giovane a Montepulciano, dove le nacque un
figlio. Rimasto ucciso tragicamente l’uomo con cui viveva, Margherita, colpita dalla
grazia divina, si convertì a Dio con tutta l’anima e inizi una vita di grande austerità e
penitenza. Stabilitasi a Cortona, entr nel Terz’Ordine francescano e si dedic , oltre che
all’educazione del figlio, al servizio degli ammalati, per i quali fondò un ospedale.
Visse in assoluta povertà e in continua preghiera; amò ardentemente Cristo crocifisso
ed ebbe da Dio grazie e doni straordinari. Morì a Cortona il 22 febbraio 1297 e fu
canonizzata da Benedetto XIII il 16 maggio 1728.
Dal Comune delle sante con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue:
____________________________________________________________________
INVITATORIO
INNO
Padre santo, sorgente di luce,
che hai colmato di amor Margherita,
in noi pure riaccendi la fiamma
che dissolve ogni gelo dal cuore.
SECONDA LETTURA
Forse chi cade, non si rialza? O chi si allontana non ritorna? Nella Sacra Scrittura
troverai molti rimedi del male, molti medicamenti per salvare dalla morte, troverai dei
misteri sulla morte e risurrezione, troverai testimonianze del terribile giudizio e della
pena eterna, troverai delle verità sulla penitenza e sul perdono dei peccati negli
innumerevoli esempi di conversione, come per esempio la dramma, la pecorella, il
figlio prodigo, perduto e ritrovato, morto e di nuovo tornato a vita.
Usiamo questi rimedi del male: con essi curiamo la nostra anima. Mentre ci è
ancora concesso, risolleviamoci dalla caduta, né disperiamo della nostra salvezza se ci
allontaneremo dal male: Cristo infatti è venuto nel mondo per salvare i peccatori.
«Avvicinatevi, profondamente adorando e pregando».
Il Verbo chiamandoci alla penitenza grida e dice: «Venite a me voi tutti che siete
afflitti e sconsolati, e io vi darò ristoro». Vi è quindi modo di salvarsi, purché lo
desideriamo. La morte ci aveva inghiottiti, ma sappiate che Dio ha asciugato di nuovo
ogni lacrima dalla faccia di coloro che fanno penitenza.
Il Signore è fedele alle sue parole, e non mentisce quando dice: «Se i tuoi peccati
fossero neri, li renderà come la neve; se fossero scarlatti, li renderà bianchi come la
lana». Il medico delle anime è pronto a curare la tua anima; egli è pronto a liberare non
solo te, ma quanti si trovano sotto la schiavitù del peccato. Sono sue quelle dolci e
salutari parole: «Sono i malati che hanno bisogno del medico, non i sani; non sono
venuto a chiamare a penitenza i giusti ma i peccatori». Quale potrà essere la scusa tua
o di altri di fronte a questo invito? Il Signore vuole purificarti dalla piaga del dolore, e
dopo le tenebre mostrarti di nuovo la luce.
Il buon Pastore, abbandonate le pecorelle che non si sono smarrite, ti cerca. Se
tu ti lascerai prendere, egli non tarderà e non disdegnerà di portarti sulle sue spalle,
lieto di aver ritrovata la pecorella smarrita. Il Padre ti aspetta sospirando il tuo ritorno.
Ritorna dunque; vedendoti da lontano, correrà a te stringendoti al collo, ed abbraccerà
la tua anima purificata dalla penitenza. Non solo, ma vestirà della stola più bella la tua
anima liberata dalle opere del vecchio uomo, metterà un anello nelle tue mani lavate
del sangue della morte, e darà i sandali ai tuoi piedi rivoltisi indietro dalla via del male
per seguire il vangelo della pace. Inoltre annuncerà un giorno di letizia e di gaudio ai
suoi Angeli e agli uomini per festeggiare la tua salvezza.
℞. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. * Il mio giogo
è dolce e il mio carico leggero, alleluia.
℣. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi.
℞. Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero, alleluia.
Lodi mattutine
INNO
O Signore, Tu fosti pietoso
con la santa che espiò nel dolore
la sua vita trascorsa nel male:
anche a noi volgi mite lo sguardo.
ORAZIONE
O Dio, che non vuoi la morte del peccatore ma la sua conversione, come hai
richiamato santa Margherita da Cortona dalla via della perdizione a quella della
salvezza, concedi anche a noi di liberarci dalle catene del peccato per dedicarci
totalmente al tuo servizio. Per il nostro Signore.
Vespri
INNO
Lieto un canto di lode si elevi
all'intrepida santa che in terra,
diffondendo il messaggio cristiano,
di virtù e santità fu modello.
Francescani: Memoria
Dal Comune dei santi: religiosi con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto
segue:
____________________________________________________________________
INVITATORIO
SECONDA LETTURA
Poiché Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che egli
ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla prima che Dio non ti
abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più disposto ad esaudire la tua richiesta che tu
a chiedere; egli sempre aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la
volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di chiedere: le preghiere quindi
devono essere sempre fatte in vista dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo.
Esercita quindi la tua anima in continue ed intense azioni, desiderando quello
che Dio desidera, rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno
potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi sommamente: che Dio sia
cercato sopra ogni altra cosa. È infatti cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio,
anche perché la divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire più
idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente.
Tutte le tue preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi
questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e importunamente. Sepàra il tuo
cuore dalle cose di questo mondo; e ricordati che in questo mondo niente altro esiste
se non tu e Dio solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio; i
tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua attenzione su te stesso, ed
il tuo amor di Dio sopra tutte le cose come profumo che si spande.
Rendere grazie a Dio non è altro che un atto interno dell'anima per il quale uno
riceve un bene celeste riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale
viene ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è stato reso
degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio sempre più e a servire il Datore di
ogni bene. Quando ricevi qualche dono da Dio, offrigli tutto quello che sei con gioia e
letizia, umiliando te stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da
poterti dedicare interamente al suo servizio.
Rendi molte, anzi infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del
Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi grazie. E se vuoi che
il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio, prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza
te stesso, riconoscendo la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che
hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e rallegrandoti nel vederti
arricchito di grazia e di doni, e poco considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe
derivare, affinché tu possa meglio servire Dio.
℞. Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli
intelligenti * e le hai rivelate ai piccoli, (T.P. alleluia).
℣. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te
℞. e le hai rivelate ai piccoli, (T.P. alleluia).
Lodi mattutine
INNO
O Gesù, Tu sei luce del Padre,
sii presente quaggiù tra i tuoi servi
che proclamano a tutti col canto
san Pasquale modello ai cristiani.
ORAZIONE
O Dio, che hai ispirato a san Pasquale un profondo amore verso il mistero
eucaristico, concedi anche a noi di saper attingere dal divino banchetto la stessa
ricchezza spirituale. Per il nostro Signore.
Vespri
18 maggio
Francescani: Memoria
OFM Capp: Festa
Felice Porro nacque a Cantalice (Rieti) nel 1515. Lavorò da contadino fino a trent’anni, poi entr
nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Gli venne quasi subito affidato l’incarico di questuante ed
egli lo adempì con esemplare semplicità d’animo per quarant’anni. In continua preghiera, in umile
letizia, percorreva le vie di Roma, assistendo ammalati e poveri, per i quali questuava, e invitando i
fanciulli a cantare le lodi divine. Era chiamato “frate Deo gratias” per il suo abituale saluto. San
Filippo Neri gli fu intimo amico e san Carlo Borromeo ne ricercava la conversazione. Da tutti amato
e stimato, morì a Roma l’8 maggio 1587. Fu dichiarato beato nel 1625 da Urbano VIII e venne
canonizzato da Clemente XI nel 1712.
Dal Comune dei santi: religiosi con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto
segue.
____________________________________________________________________
INVITATORIO
INNO
Attirato dal santo di Assisi
già nel fiore di sua giovinezza,
san Felice ne abbraccia la vita
per unirsi più stretto al Signore.
SECONDA LETTURA
Prego in «carità, che è Dio», tutti i miei frati predicatori, oratori e lavoratori,
tanto chierici che religiosi fratelli, perché cerchino di umiliarsi in tutte le cose, di non
gloriarsi e di non compiacersi nell'intimo e di non esaltarsi al di fuori per le buone
parole ed opere, anzi per nessun bene che Dio dice o fa ed opera in essi e per essi,
secondo quanto dice il Signore: «Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a
voi». E convinciamoci fermamente che non appartengono a noi se non i vizi ed i
peccati. E dobbiamo piuttosto considerare perfetta letizia «quando subiamo ogni sorta
di prove», e quando soffriamo qualsiasi dolore dell'anima o del corpo, o tribolazioni in
questo mondo, per la vita eterna.
Tutti noi frati, perciò, guardiamoci da ogni superbia e gloria vana. E
difendiamoci contro la sapienza del mondo e la prudenza della carne, poiché lo spirito
della carne vuole e cerca molto le parole, ma poco le opere: e mira non alla religione e
alla santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera quella religione e quella santità
che è appariscente davanti agli uomini. E questi sono coloro, dei quali dice il Signore:
«In verità vi dico: essi hanno già ricevuto la loro ricompensa».
Invece lo spirito del Signore vuole che la carne sia mortificata e disprezzata,
tenuta per vile e abbietta; e tende all'umiltà e alla pazienza, alla pura semplicità e alla
vera pace dello spirito; e sempre e sopra ogni cosa desidera il timore di Dio, la divina
sapienza e il divino amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E tutti i beni
attribuiamoli al Signore Iddio altissimo e sommo, e riconosciamo che tali beni sono
tutti suoi, e di tutti rendiamo grazie a lui, dal quale provengono tutti i beni.
Ed egli stesso, altissimo e sommo, solo e vero Iddio, abbia, e a lui siano resi, ed
egli riceva tutti i ringraziamenti e tutta la gloria, chè suo è ogni bene, di lui che solo è
buono. E quando vediamo o sentiamo dire o fare male contro Dio o bestemmiarlo, noi
benediciamolo, facciamo del bene e diciamo lodi a lui, che è benedetto nei secoli.
Amen.
℞. Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù,
rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. * Signore Iddio, io, con cuore retto, ho
offerto spontaneamente tutte le cose, (T.P. alleluia).
℣. Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio
è più forte degli uomini.
℞. Signore Iddio, io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte le cose, (T.P.
alleluia).
Dove è festa:
INNO Te Deum
Lodi mattutine
INNO
Nella tua fanciullezza innocente
rispondendo alla voce di Dio
san Felice intraprese il cammino
che conduce alla vita perfetta.
ORAZIONE
O Dio, che in san Felice hai dato alla Chiesa e alla Famiglia Serafica un luminoso
esempio di semplicità evangelica e di vita consacrata alla tua lode, donaci di seguire il
suo esempio cercando e amando solamente Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
19 maggio
Pietro Fioretti nacque a Viterbo il 13 novembre 1668; entr nell’Ordine dei Frati Minori
Cappuccini il 22 luglio 1693. Per quarant’anni esercit l’ufficio di questuante a Orvieto
e dintorni per procurare i mezzi di sussistenza alla famiglia religiosa e a tutti i bisognosi
della sua “grande famiglia orvietana”. Ha dell’incredibile l’opera da lui svolta in campo
assistenziale e religioso specialmente verso i malati, carcerati, peccatori, madri nubili,
famiglie in miseria, anime sul punto della disperazione. Paciere tra fratelli, coniugi,
privati cittadini, consorterie e autorità civili e religiose e tutto con santa letizia.
Devotissimo del Santissimo Sacramento e della Vergine Immacolata, fu colmo di
sapienza celeste, per cui era consultato da uomini dotti. Morì a Roma nel convento di
via Veneto il 19 maggio 1750 «per non turbare – aveva detto – la festa di san Felice».
Fu beatificato da Pio VII il 7 settembre 1806 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 20
giugno 1982. Povertà, preghiera, carità: esempio attualissimo per tutti i francescani di
oggi.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Mi sono rallegrato al sentire nella sua stimatissima che vostra signoria abbracci
di cuore le massime sante che ci ha lasciato il nostro amoroso Signore nel sacro
Vangelo. Perché vi si trova la sicura e certa strada per camminare secondo la sua
santissima volontà, e ancora nel meditare la sua volontà, e ancora nel meditare la sua
santissima Vita e Passione, che è la sicura scuola per non errare ed esercitare le sante
virtù.
Ma è necessario che vostra signoria si faccia animo grande e virile per ributtare
da sé ogni turbamento e timore.
Poiché questi talvolta nascono da indisposizione naturale e alle volte provengono
da operazione diabolica e qualche volta da cagione esterna, ma da qualunque causa
provengano, vostra signoria si studi di rigettarli e si ricordi quello che dice lo Spirito
Santo nell’Ecclesiastico: «Tieni lungi da te la tristezza. Poiché essa molti ne uccise, e
non vi è utilità in quella» (Sir 30, 24-25). E se Lei fa riflessione a questa passione di
tristezza, non sminuisce il male che contrista, anzi molto aggiunge di peso.
Pertanto l’esorto di appoggiarsi sempre all’amoroso Signore che dice: «Senza di
me niente potete fare» (Gv 15, 5). Poiché noi siamo inabili a far cosa buona, ma siamo
obbligati a fare quanto possiamo dal canto nostro.
Perciò, prevedendo vostra signoria doversi turbare andando al confessionale e
fare altra opera del suo ufficio per gloria di Dio, non perciò si deve arrestare d’andarvi,
ma vada allegramente, non facendo caso del turbamento dal quale vede essere assalito,
e dire: io vado a fare la volontà di Dio e vado per il suo amore.
E procuri quanto può dal canto suo di stare allegro nel Signore e divertirsi in
cose geniali, ma buone e sante, quando per ò è assalito dalla malinconia.
Io non mancherò di raccomandarla di cuore all’amoroso Signore e alla nostra
Madre Santissima, acciò le diano grazia e forza da poter vincere conteste avversità.
Ma stia sicuro che l’anima sua farà un gran guadagno, perché l’amoroso Gesù ci
manda questi travagli per maggiormente arricchirci dei beni celesti.
Dunque, amico mio, se la nostra vita, come dice l’apostolo, è una continua
guerra, è segno che siamo destinati per misericordia di Dio ad essere dei principi grandi
nel Paradiso.
Io le scriverò di rado perché non posso ed ho bisogno più io di ammaestramenti
che di darne. Perciò prenda per suo Maestro l’amoroso Gesù e la sua Madre santissima,
e conoscerà la loro bontà. Preghi per me meschino, che la lascia nel cuore amoroso di
Gesù e Maria.
R. Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo rallegratevi, * perché anche
nella rivelazione della gloria possiate rallegrarvi ed esultare (T.P. alleluia).
V. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate voi tutti retti di cuore.
R. Perché anche nella rivelazione della gloria possiate rallegrarvi ed esultare (T.P.
alleluia).
Oppure:
Il primo aspetto di santità che desidero rilevare in san Crispino è quello della
letizia. La sua affabilità era nota a tutti gli Orvietani ed a quanti lo avvicinavano, e la
pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza custodiva il suo cuore ed i suoi pensieri (cf.
Fil 4,5-7). Letizia francescana la sua, sostenuta da un carattere ricco di comunicativa
ed aperto alla poesia, ma soprattutto derivante da un grande amore verso il Signore e
da una fiducia invitta nella sua Provvidenza. “Chi ama Dio con purità di cuore – soleva
dire – vive felice e poi contento muore”.
Un secondo atteggiamento esemplare è certamente quello della sua eroica
disponibilità verso i confratelli, come pure verso i poveri ed i bisognosi di ogni
categoria. A questo proposito, infatti, si deve dire che l’impegno principale di fra’
Crispino, mentre umilmente questuava i mezzi di sussistenza per la sua famiglia
conventuale, fu quello di donare a tutti aiuto spirituale e materiale, divenendo
espressione vivente di carità. Ha veramente dell’incredibile l’opera da lui svolta in
campo religioso ed assistenziale, per la pace, la giustizia e la vera prosperità. Nessuno
sfugge alla sua attenzione, alle sue premure, al suo buon cuore, ed egli va incontro a
tutti attingendo alle più perspicaci risorse ed anche ad interventi, che si presentano nella
cornice dello straordinario.
Altro particolare impegno della sua vita santa fu quello di svolgere una catechesi
itinerante. Egli era un “laico dotto”, che coltivava con i mezzi a sua disposizione la
conoscenza della Dottrina Cristiana, non tralasciando, al tempo stesso, di istruire gli
altri nella stessa verità. Il tempo della questua era il tempo della evangelizzazione.
Incoraggiava alla fede ed alla pratica religiosa con un linguaggio semplice,
popolarmente gustoso, fatto di massime ed aforismi. La sua saggia catechesi divenne
ben presto nota ed attirò personaggi dell’ambiente ecclesiastico e civile, ansiosi di
avvalersi del suo consiglio. Ecco, ad esempio, una sua illuminante e profonda sintesi
della vita cristiana: “La potenza di Dio ci crea, la sapienza ci governa, la misericordia
ci salva”.
Le massime traboccavano dal suo cuore, sollecito di offrire col pane, che
sostenta il corpo, il cibo che non perisce: la luce della fede, il coraggio della speranza,
il fuoco dell’amore. Infine, desidero sottolineare la sua tenera ed insieme vigorosa
devozione a Maria santissima, che egli chiamava la “mia Signora Madre” e sotto la cui
protezione condusse la sua vita di cristiano e di religioso. All’intercessione della Madre
di Dio fra’ Crispino affidò suppliche ed affanni umani incontrati lungo la strada del suo
questuare, e quando veniva sollecitato a pregare per gravi casi e situazioni soleva dire:
“Lasciami parlare un poco con la mia Signora Madre e poi ritorna”. Risposta semplice,
ma totalmente intrisa di sapienza cristiana, che dimostrava totale confidenza nella
sollecitudine materna di Maria.
La vita nascosta, umile ed ubbidiente di san Crispino, ricca di opere di carità e
di saggezza ispiratrice, reca un messaggio per l’umanità di oggi, che come quella della
prima metà del ‘700 attende il passaggio confortante dei santi.
Egli, autentico figlio di Francesco d’Assisi, offre alla nostra generazione, spesso
inebriata dai suoi successi, una lezione di umile e fiduciosa adesione a Dio ed ai suoi
disegni di salvezza; di amore alla povertà ed ai poveri; di ubbidienza alla Chiesa; di
affidamento a Maria, segno grandioso di misericordia divina anche nell’oscuro cielo
del nostro tempo, secondo il messaggio incoraggiante scaturito dal suo Cuore
Immacolato per la presente generazione.
Eleviamo la nostra preghiera al nostro Santo che ha raggiunto la gioia definitiva
del cielo dove non esiste “né morte, né lutto, né affanno, perché le cose di prima sono
passate” (Ap 21,4).
O san Crispino, allontana da noi la tentazione delle cose caduche ed insufficienti,
insegnaci a comprendere il vero valore del nostro pellegrinaggio terreno, infondici il
necessario coraggio per compiere sempre tra gioie e dolori, tra fatiche e speranze, la
volontà dell’Altissimo.
Intercedi per la Chiesa e per l’umanità intera, bisognosa di amore, di giustizia e
di pace.
R. Dio ha il potere di far abbondare in voi ogni grazia, perché possiate compiere
generosamente tutte le opere di bene. * Dio ama chi dona con gioia (T.P. alleluia).
V. Acclamate al Signore coi tutti della terra, servite il Signore nella gioia.
R. Dio ama chi dona con gioia (T.P. alleluia).
Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, che sul cammino della gioia hai condotto il tuo servo fedele Crispino da
Viterbo alla più alta perfezione evangelica, per sua intercessione e dietro il suo esempio
fa’ che pratichiamo costantemente la virtù, alla quale è promessa la pace beata nel cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
19 maggio
Biagio de’ Signori nacque a Corte in Corsica il 30 ottobre 1676. Entrato nell’Ordine
dei Frati Minori, fin dall’inizio mostrò grande impegno nell’acquisto delle virtù
cristiane e religiose. Ordinato sacerdote e compiuti gli studi superiori di teologia a
Roma, fu persuaso dal beato Tommaso da Cori ad abbracciare la vita dei ritiri. Rimase
per diversi anni a Bellegra; quindi con l’obbedienza dei superiori maggiori fu inviato
prima in Corsica, ove fondò il ritiro di Zuani, e poi in Toscana, ove tra molte difficoltà
riuscì a instaurare il medesimo regime di vita nel convento di Fucecchio. Fu molto
austero con se stesso, ma generoso e liberale con gli altri. Sull’esempio del suo maestro
(il beato Tommaso), si dedicò intensamente alla vita apostolica con la predicazione
della parola di Dio, l’ascolto delle confessioni e l’assistenza ai poveri, ai malati e ai
moribondi. Morì a Fucecchio il 19 maggio del 1740. La fama della sua santità e i
numerosi pellegrinaggi alla sua tomba, accelerarono il processo di beatificazione che
iniziò già nel 1750. Venne dichiarato venerabile da Benedetto XIV il 21 novembre
1755; beatificato da Leone XIII il 19 gennaio 1896, fu canonizzato, dopo quasi due
secoli, da Pio XI il 29 giugno 1930.
COLLETTA
O Padre, che hai concesso a san Teofilo da Corte di imitare la forma di vita del serafico
Padre, fa’ che per sua intercessione possiamo sempre servirti saldamente fondati sul
tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
20 maggio
Bernardino degli Albizzeschi, nato a Massa Marittima (Grosseto) l’8 settembre 1380,
compì gli studi umanistici a Siena, dandosi poi con passione allo studio della sacra
Scrittura. A ventidue anni lasci le agiatezze della sua famiglia per entrare nell’Ordine
dei Minori. Divenuto sacerdote, gli venne affidato, per la sua cultura ed eloquenza, il
ministero della predicazione. Percorse in un primo tempo la Toscana e poi tutta l’Italia,
annunciando con grande successo la parola di Dio. La sua eloquenza semplice e
incisiva attirava le folle, risvegliava la pratica religiosa, conciliava le fazioni, suggeriva
riforme. Propag con slancio la devozione al Santissimo Nome di Gesù e ne inculc la
venerazione alle moltitudini. Per rendere più efficace la sua parola, faceva scolpire o
dipingere su tavolette e formelle di svariata materia il monogramma del nome di Gesù
«JHS», circondato da raggi a guisa di sole. Impresse anche un nuovo spirito di riforma
nell’Ordine francescano. Di lui ci restano molte opere, tra cui i “Sermones” in latino e
le “Prediche” in volgare. Morì a L’Aquila il 20 maggio 1444 ed è ivi sepolto nella
basilica omonima. Fu canonizzato il 24 maggio 1450 da Nicolò V.
COLLETTA
O Padre,
che hai donato al tuo sacerdote san Bernardino da Siena un singolare amore per il Nome
di Gesù, imprimi anche nei nostri cuori, con il fuoco dello Spirito, questo sigillo della
tua carità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 maggio
Dopo aver proclamato “santo” Francesco, il papa Gregorio IX volle che si innalzasse un tempio in
suo onore in Assisi e che ivi si conservassero i suoi resti mortali. Lo stesso pontefice benedisse la
prima pietra nel 1228, e nel 1230 comand che il corpo del Santo fosse trasportato dalla tomba
provvisoria della chiesa di San Giorgio al nuovo tempio, che da lui ebbe il titolo di Basilica, «capo e
madre» di tutte le chiese dell’Ordine francescano. Innocenzo IV la consacr solennemente nel 1253.
Il tempio fu elevato a Basilica patriarcale e Cappella papale da Benedetto XIV il 25 marzo 1754.
SECONDA LETTURA
Il Signore sempre fedele nelle sue promesse, che ripetutamente nelle sacre
Scritture ha dichiarato di volere esaltare coloro che troverà conformi al suo Figlio
nell'umiltà, non soltanto li riveste mirabilmente di onore e di gloria nel regno celeste,
ma per ravvivare e irrobustire la fede degli uomini, ha disposto nella sua sapienza che
la loro memoria risplenda gloriosa anche in terra. Ciò che appunto vediamo avverato
nella glorificazione del beato Francesco.
Egli durante la sua vita si studiò di apparire vile dinanzi a se stesso e agli altri; ed
oggi per giudizio e pronunciamento della Chiesa è onorato e venerato tra gli amici di
Dio in cielo e in tutta la terra. Ed anche il suo corpo che portò fino alla morte i segni
della passione di Cristo, è stato poi glorificato con tali segni e prodigi celesti e
circondato di tanta venerazione da parte del popolo cristiano che il suo sepolcro
glorioso è onorato assai più dei monumenti dei grandi della terra.
Non erano infatti ancora trascorsi due anni dalla sua morte che si cominciò a
pensare ad un luogò decoroso per custodire religiosamente i suoi resti mortali: e
questo fu trovato in un terreno vicino alle mura della città di Assisi, che il nostro
predecessore Gregorio IX ricevette in diritto e proprietà della Sede Apostolica,
ordinando che l'erigenda chiesa rimanesse alle dipendenze esclusive della Sede
Apostolica.
E avendo lo stesso Pontefice, nella città di Assisi, annoverato il glorioso Patriarca
nell'albo dei Santi, pose con le sue mani la prima pietra della nuova chiesa, che
costituì «Capo e Madre» dell'Ordine dei Minori, elargendo altre prerogative e privilegi
che i Romani Pontefici confermarono e ampliarono.
Costruito così il nuovo tempio, il giorno 25 maggio 1230 vi fu solennemente portato
il corpo di san Francesco, e nella Domenica VI di Pasqua dell'anno 1253, ricorrendo lo
stesso giorno 25 maggio, il Pontefice Innocenzo IV compì il solenne rito della
Dedicazione.
Anche Noi, seguendo l'esempio di tanti nostri Predecessori, vivamente desideriamo
che lo splendore e il prestigio del medesimo Tempio siano ancor più incrementati,
perché nutriamo la fiducia che tanto più la santa Chiesa Romana sperimenterà la
valida protezione del Patriarca Serafico, quanto più la Sede Apostolica ne avrà esaltata
la gloriosa memoria.
Pertanto, con la presente Nostra Costituzione, che vogliamo valida ed efficace in
perpetuo, erigiamo la predetta chiesa di san Francesco in Assisi a Basilica Patriarcale e
Cappella Papale, confermandola nello stesso tempo Capo e Madre dell'Ordine dei
Minori.
ORAZIONE
O Dio, che con pietre vive e scelte prepari il tempio della tua gloria, effondi sulla
Chiesa il tuo Santo Spirito, perché per intercessione del nostro Padre San Francesco,
edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che con pietre vive e scelte prepari il tempio della tua gloria, effondi sulla
Chiesa il tuo Santo Spirito,
perché, per intercessione del nostro Padre san Francesco, edifichi il popolo dei credenti
che formerà la Gerusalemme del cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 maggio
SANTA MARIA ANNA DI GESÙ DE PAREDES, terziaria
Nacque a Quito nell’Ecuador il 21 ottobre 1618. Rimasta orfana dei genitori ancora
fanciulla, si consacr a Dio; ma non potendo essere accolta in un monastero, inizi nella
sua casa un particolare tipo di vita ascetica, dedicandosi all’orazione, al digiuno e ad
altre pie pratiche. Tent anche di recarsi tra gli indios pagani per portare loro la fede.
Accolta poi nel Terz’Ordine francescano, si dedic con grande generosità all’assistenza
dei poveri e all’aiuto spirituale ai suoi concittadini. Morì a Quito il 26 maggio 1645.
Fu beatificata da Pio IX il 20 novembre 1853 e canonizzata da Pio XII il 9 luglio 1950
che la proclam patrona dell’Ecuador. È il primo fiore francescano sbocciato alla santità
in America Latina.
COLLETTA
O Dio, che in un mondo così corrotto hai fatto fiorire santa Maria Anna di Gesù
come giglio tra le spine, modello di vita illibata e di costante mortificazione, fa’ che
anche noi, liberi dai fermenti del male, siamo infiammati da un vivo desiderio di
santità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 maggio (o 2 giugno)
SECONDA LETTURA
Abbi sempre l'occhio dell'intelletto così vigilante che mai si assopisca nel sonno
della pigrizia e della negligenza, e sappi che il Regno dei cieli soffre violenza e i
violenti se ne impadroniscono. Quello che voglio dire è questo, che non ti addormenti
nella santa vita di fraternità di quel sonno che intontisce molti, i quali, una volta entrati
in fraternità per santificarsi, si scordano del primo fervore tutto impegnato, e il bene
che fanno è da essi compiuto senza una minima considerazione mentale. Costoro
eseguono sì la disciplina del monastero, le cerimonie liturgiche, le consuetudini
conventuali e gli statuti della fraternità, ma lo fanno senza che vi concorra l'intelletto,
al pari di certe azioni delle pecorelle, le quali quando vedono che una del gregge salta,
le altre la seguono e non ne sanno il perché.
Allo stesso modo, la religiosa spiritualmente addormentata continua in certe
consuetudini ed usanze acquisite senza rendersi conto della loro finalità o utilità.
Tu invece comportati con sapienza e prudenza, lungi dal seguire la massa grigia dei
mediocri e dei rilassati. In ogni tua azione, piccola o impegnativa che essa sia, solleva
l'occhio della tua mente al Signore, perché egli rettifichi le intenzioni del tuo agire;
sopporta poi, per amor suo, ogni avversità. E nella preghiera, nella lettura e nello studio,
nella celebrazione della Liturgia delle Ore, come anche nell'accudire alle faccende
domestiche e nel disbrigo dei servizi più umili della fraternità, stùdiati di compiere
tutto e solamente per amor di Dio.
Ed esércitati in ogni opera di carità verso di tutti, sia sani che infermi. Se nel fare le
predette azioni ti abituerai a sollevare la mente a Dio ripetendo frequentemente:
«Signore, tutto per il tuo amore», sta sicura che lo farai poi spontaneamente, anche
senza pensarci.
Ti vorrei consigliare di nutrire assiduamente nel tuo cuore un ardente desiderio di
vita di penitenza vera, e di non curarti di regolare a modo tuo le tue azioni, ma piuttosto
di stare alle virtuose tradizioni di chi prima di te si è santificato nelle fraternità dei
chiostri.
Agendo così, non poco meriterai al cospetto della SS. Trinità, che sola scruta fino in
fondo i cuori.
Fa' di tutto perché l'anima tua sia infervorata d'amore verso il Signore e senza alcuna
intermittenza. Solo dall'anima infuocata di tale amore infatti fuggono e si allontanano
il demonio e tutti i pensieri non belli; mentre nell'anima tiepida e rilassata nell'amor di
Dio subentrano le vanità, i pensieri inutili e il nocivo sonno della negligenza spirituale.
Avviene quindi che molti dormono in seno alle fraternità e, dormendo, si sognano
di acquistare la perfezione; ma, al tempo della morte, vedranno la falsità dei loro sogni
e delle loro chimere, perché si troveranno a mani vuote e nel pieno della confusione e
delle illusioni.
Tu invece apri gli occhi e procura di non giocarti questi pochi giorni, che ti restano
di vita. Sta' vigilante e fervente nella misura della grazia concèssati dal Signore,
ripetendo con l'Apostolo delle genti: «La sua grazia in me non è stata vana, perché fin
dall'aurora io cerco il Signore».
℞ Svègliati, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. * Ricorda
come hai accolto la parola, osservala e ravvediti nella penitenza, alleluia.
℣ Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco.
℞ Ricorda come hai accolto la parola, osservala e ravvediti nella penitenza, alleluia.
Orazione
O Dio, che hai resa mirabile la beata Battista Varano per l'assidua
contemplazione dei misteri della passione di Cristo, concedici, per sua intercessione,
di percorrere gioiosamente la via della croce. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo
Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli.
COLLETTA
O Dio, con l’assidua contemplazione della passione del tuo Figlio hai infiammato
d’amore santa Camilla Battista, chiamandola dalle attrattive del mondo alla sequela di
Cristo povero e crocifisso; concedi a noi, per sua intercessione, di attingere sempre
abbondanti frutti dalla celebrazione del mistero della redenzione. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
2 giugno
SAN FELICE AMOROSO DA NICOSIA,
religioso
Giacomo Amoroso nacque a Nicosia, in Sicilia, il 5 novembre 1715. Entr giovanissimo
nella Confraternita del Terz’Ordine francescano, detta dei “Cappuccinelli”. Dopo
ripetuti dinieghi, a ventotto anni fu ricevuto, con il nome di fra Felice, tra i Frati Minori
Cappuccini, dando sin da principio esempi di ammirabile santità. Ubbidienza e
mansuetudine, grande spirito di penitenza, devozione fervente all’eucaristia, alla
Vergine Immacolata e al serafico Padre, furono le virtù che in lui risplendettero di
vivissima luce. Pass tutta la vita nella sua città natale, dove esercit l’ufficio di
questuante per circa quarant’anni, spargendo il profumo della carità verso tutti:
consigliere spirituale, guida e sostegno di anime semplici, ma anche di dotti ed
ecclesiastici. Ebbe il dono della profezia e compì numerosi miracoli. Morì il 31 maggio
1787. Leone XIII l’annover tra i beati il 12 febbraio 1888 e Benedetto XVI lo proclam
santo il 23 ottobre 2005.
COLLETTA
O Padre, che hai guardato l’umiltà del tuo servo san Felice da Nicosia e gli hai rivelato
i misteri del regno, aprici all’ascolto del tuo Figlio diletto, mite e umile di cuore, per
essere annoverati tra i piccoli del Vangelo e irradiare sul mondo la luce della vera
sapienza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con
te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
8 giugno
COLLETTA
O Dio, che nel beato Nicola da Gésturi ci hai dato un esempio da imitare nella
preghiera, nell’umiltà e nel silenzio, concedi che, per sua intercessione, possiamo
portare Cristo ai fratelli con la santità della nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 giugno
Lucrezia Elena nacque a Pisa l’11 novembre 1685, dal conte Curzio Cévoli e dalla
contessa Laura della Seta. Sui tredici anni venne affidata alle monache di San Martino
di Pisa per l’istruzione e l’educazione. Sentì nel suo cuore la vocazione alla vita
religiosa con sempre maggiore desiderio e così, tra la meraviglia del mondo, entr nel
monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello nella primavera del 1703,
assumendo il nome di suor Florida. Si form alla scuola e sull’esempio di santa
Veronica Giuliani. Nel 1716 la Giuliani fu eletta abbadessa e suor Florida vicaria. Alla
morte di Veronica (1727) le succedette nello stesso ufficio per venticinque anni.
Govern con grande saggezza e profitto il monastero. Visse nella intensità della
preghiera, ardente di zelo per la salvezza delle anime, piena di carità verso i poveri.
Quasi per tutta la vita si altern nell’ufficio di abbadessa e di vicaria. Morì il 12 giugno
1767. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 16 maggio 1993.
Colletta
O Dio, fonte di salvezza, che hai infiammato del tuo amore la beata Florida,
guidandola alle vette della perfezione evangelica per la via della rinuncia e della croce,
concedi a noi di sperimentare lo stesso amore, per progredire nella sapiente conoscenza
del mistero della croce.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 giugno
BEATI MARTIRI POLACCHI della Seconda Guerra Mondiale
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia 108 martiri vittime
della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista
tedesca, dal 1939 al 1945. L’odio razziale operato dal nazismo, provoc più di cinque
milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti,
vescovi e laici impegnati cattolici. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro
gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie
religiose maschili e femminili e laici. Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3
seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Imprigionati,
subirono torture, maltrattamenti e quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di
concentramento tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück,
Sachsenhausen.
La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno. Per
le famiglie francescane si ricordano in particolare:
Per i Frati Minori:
Narciso Giovanni Turchan, 19 marzo;
Anastasio Giacomo Pankiewicz, 20 aprile;
Martino Giovanni Oprządek, 18 maggio; Cristino Adalberto Gondek, 23 luglio; Bruno
Giovanni Zembol, 21 agosto.
Per i Frati Minori Conventuali:
Antonino Bajewsky, Pio Bartosik, Innocenzo Guz, Achille Puchala, Ermanno Stepien,
Timoteo Trojanowski, Bonifacio Zukowski, 12 giugno.
Per i Frati Minori Cappuccini:
Aniceto Koplinski, Henryk Krzysztofik, Florian Stępniak, Fidelis Chojnacki, 16
giugno.
Per le sorelle Clarisse Cappuccine:
Maria Teresa Kowalska, 28 luglio.
OFM:
BEATI NARCISO GIOVANNI TURCHAN,
ANASTASIO GIACOMO PANKIEWICZ,
MARTINO GIOVANNI OPRZĄDEK,
CRISTINO ADALBERTO GONDEK, sacerdoti, BRUNO GIOVANNI ZEMBOL,
religioso, martiri della Seconda Guerra Mondiale
Nella schiera dei 108 martiri della Chiesa polacca, uccisi dal 1939 al 1945, durante la
Seconda Guerra Mondiale – testimoni eroici di fedeltà a Dio in epoca di persecuzione
della fede da parte del nazismo ateo – composta da 3 vescovi, 52 sacerdoti diocesani,
26 sacerdoti religiosi, 3 alunni di seminari ecclesiastici, 8 suore, 9 fedeli laici e 7 fratelli
professi, ci sono anche 4 sacerdoti e 1 religioso dei Frati Minori. Ecco i loro nomi:
Narciso Giovanni Turchan, Anastasio Giacomo Pankiewicz, Martino Giovanni
Oprządek, Cristino Adalberto Gondek, Bruno Giovanni Zembol. Giovanni Paolo II,
nel giorno della beatificazione, il 13 giugno 1999, a Varsavia nella piazza Jozef
Pilsudski, ha concluso la sua omilia con queste parole: «Se oggi ci rallegriamo per la
beatificazione di cento e otto martiri chierici e laici, lo facciamo anzitutto perché sono
la testimonianza della vittoria di Cristo, il dono che restituisce la speranza. Mentre
compiamo questo atto solenne, si ravviva in noi la certezza che, indipendentemente
dalle circostanze, possiamo riportare la piena vittoria in ogni cosa, grazie a colui che
ci ha amati (cfr. Rm 8, 37). I beati martiri gridano ai nostri cuori: Credete che Dio è
amore! Credetelo nel bene e nel male! Destate in voi la speranza! Che essa produca in
voi il frutto della fedeltà a Dio in ogni prova!».
COLLETTA
Onnipotente, eterno Dio che hai concesso ai beati martiri
Anastasio, Bruno, Cristino, Martino, Narciso e compagni la grazia di partecipare alla
passione di Cristo, sostieni con la tua grazia la nostra fragilità e fa’ che, seguendo i
santi martiri che non hanno esitato di morire per te, testimoniamo coraggiosamente te
con tutta la nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive
e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
OFM Conv:
BEATO ANTONIO BAJEWSKI E COMPAGNI MARTIRI: PIO BARTOSIK,
INNOCENZO GUZ, ACHILLE PUCHAŁA, ERMANNO STEPIEN ´, SACERDOTI;
TIMOTEO TROIANOWSKI, BONIFACIO ZUKOWSKI, RELIGIOSI
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Sono già trascorsi parecchi mesi dal momento in cui, per volontà
dell’Immacolata, vi siete sparsi in varie direzioni [a causa dell’occupazione nazista].
Tuttavia, in qualsiasi luogo si trovi, un’anima che ama di vero cuore l’Immacolata
trasfonde nell’ambiente che la circonda il proprio amore verso di Lei, vale a dire
conquista per Lei sempre più numerose anime e in un modo sempre più perfetto.
Cerchiamo di non desistere dall’attività missionaria della conquista dei cuori a
Lei. Preghiamo affinché si dilati la sua sovranità nelle anime; offriamo a tale scopo le
nostre afflizioni, i nostri dispiaceri e impegniamoci a far sì che Ella sia contenta di noi.
Cerchiamo di piacere a Lei pagando di persona, preghiamo, sopportiamo le piccole
croci, amiamo assai le anime di tutti i nostri prossimi, senza alcuna eccezione, amici e
nemici, e abbiamo fiducia, facciamo tutto questo all’unico scopo che Ella divenga al
più presto e su tutta la terra la Regina di tutti e di ognuno singolarmente.
Nel convento eravamo rimasti io e il Vicario [p. Pio], nonché una trentina di
fratelli che prestavano soccorso ai feriti e ai poveri profughi civili, dividendo con loro
quel che potevano avere: abitazione, combustibile, vestiario, scarpe e cibo.
La preghiera più intensa e il lavoro svolto con spirito di sacrificio hanno portato
risultati benefici, poiché in breve tempo, nonostante tutto, il refettorio si è riempito di
fratelli e così pure la vecchia cappella, sicché ultimamente è stata ingrandita unendo ad
essa il vecchio magazzino. Molti però non possono ancora tornare, essendo separati da
noi dalle frontiere e al presente sono qui solamente tre quarti del numero precedente e
sono, per la maggior parte, i più anziani. In questo periodo si occupano principalmente
dei lavori manuali, aiutando in diverse maniere gli abitanti dei dintorni, soprattutto i
più poveri, continuando così a compiere la missione di carità verso il prossimo,
chiunque egli sia, per mitigare la sorte dei sofferenti e per accendere, ciò facendo, i
loro cuori di un amore di riconoscenza verso l’Immacolata, la Madre che ama tutte le
anime che vivono sull’intero globo terrestre.
Guardandoci attorno e vedendo dappertutto tanto male, noi vorremmo
sinceramente porre un riparo a questo male, condurre gli uomini al sacratissimo Cuore
di Gesù attraverso l’Immacolata e così rendere eternamente felici fin da questa vita i
nostri fratelli che vivono in questo mondo.
A volte ci sembra che Dio governi il mondo “con troppo poca energia”. Eppure
con un solo gesto della sua volontà onnipotente Egli potrebbe schiacciare e stritolare
nella polvere tutti i dittatori, tutti gli atei dell’Unione Sovietica, tutti gli spagnoli
incendiari di chiese, tutti gli immorali avvelenatori della gioventù… Così pensa la
nostra mente limitata, ristretta, mentre la Sapienza eterna giudica in modo diverso. Le
persecuzioni purificano le anime come il fuoco purifica l’oro, le mani dei carnefici
creano le schiere dei martiri e più di una volta, alla fine di tutto, i persecutori
sperimentano la grazia della conversione.
Noi dobbiamo solamente lasciarci dirigere dallo Spirito Santo, mettere la nostra
volontà in armonia con la volontà dell’Immacolata e, attraverso di Lei, con la volontà
di Dio. Questo è l’essenza dell’amore, che ci deve trasformare, attraverso
l’Immacolata, in Dio, che deve bruciare noi e, per mezzo nostro, incendiare il mondo
e distruggere in esso ogni male. È quel fuoco di cui il Salvatore diceva: “Sono venuto
a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12, 49).
RESPONSORIO
R. Amici di Cristo nella vita, lo avete seguito anche nella morte: * per questo vi è
donata la corona di gloria.
V. Un solo Spirito vi ha animato, una sola fede vi ha sostenuto:
R. per questo vi è donata la corona di gloria.
ORAZIONE
Dio onnipotente, che al beato Pio, sacerdote, e ai suoi compagni hai donato la
grazia di bere al calice della passione del tuo Figlio, vieni in aiuto alla nostra debolezza,
affinché, sull’esempio dei martiri, che subirono la morte per tuo amore, anche noi
professiamo sempre la nostra fede con la testimonianza della vita. Per il nostro Signore.
12 giugno
Figlia di Bela IV, re d’Ungheria, e sorella minore della beata Cunegonda (Kinga),
nacque nell’anno 1235. Venne educata dalla sorella maggiore a Cracovia. A diciassette
anni and sposa a Boleslao il Pio, principe polacco di Kalisz, dal quale ebbe tre figlie.
Ai doveri di sposa e di madre seppe unire l’esercizio di una ammirevole carità
nell’assistenza agli infermi e ai poveri. Alla morte del marito torn a Cracovia presso
la sorella, anch’ella rimasta vedova. Con la più giovane delle figlie e la sorella entr nel
monastero delle Clarisse di Stary Sacs, fondato da Cunegonda, ove si distinse per la
profonda umiltà e per l’assidua contemplazione dei misteri celesti. Morì l’11 giugno
1298. Leone XII il 26 settembre 1827 ne conferm l’antichissimo culto.
COLLETTA
O Dio, che hai dato alla beata Iolanda
la grazia di anteporre agli onori e alle ricchezze terrene l’umile sequela di Cristo,
concedici, per sua intercessione, di vivere distaccati dalle cose che passano, nella
fiduciosa attesa delle realtà future.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 giugno
SANT’ANTONIO DI PADOVA, sacerdote e dottore della Chiesa
Nacque a Lisbona (Portogallo) nel 1195 dalla nobile famiglia dei Buglioni e venne battezzato con il
nome di Fernando. Desideroso di consacrarsi a Dio, entr ancor giovane tra i Canonici regolari di
Sant’Agostino e venne mandato nel monastero di Coimbra. Qui dimor nove anni, dedicandosi allo
studio della sacra Scrittura e delle scienze. Ivi fu ordinato sacerdote. Alla vista delle salme dei cinque
Protomartiri francescani, decise di entrare nell’Ordine dei Minori e assunse il nome di Antonio. Volle
subito recarsi missionario tra i saraceni per trovarvi il martirio, ma una furiosa tempesta sospinse la
nave su cui era imbarcato dalla costa africana fino in Sicilia. Di là il Santo risalì l’Italia e si rec ad
Assisi, dove in quel momento si celebrava il Capitolo di Pentecoste (1221): poté così vedere il serafico
Padre Francesco. Dopo un periodo di solitudine a Monte Paolo in Romagna, dove condusse una vita
di umile servizio, di preghiera e di penitenza, vennero conosciute le sue eccezionali doti di sapienza
e di parola. Gli fu affidato l’ufficio della predicazione e divenne il primo “maestro di teologia”
nell’Ordine Minoritico. Da allora egli percorse l’Italia settentrionale e la Francia meridionale,
annunciando la parola di Dio con apostolico fervore. Dio stesso confermava la sua predicazione con
i miracoli. La sua scienza, la sua dottrina e la sua santità attiravano le folle. Con coraggio apostolico
affrontava gli eretici e i tiranni in difesa dei deboli. Gregorio IX lo chiam «Arca del Testamento e
martello degli eretici». Pass gli ultimi anni della sua vita a Padova e ivi morì, all’età di trentasei anni,
il venerdì 13 giugno 1231. Gregorio IX lo proclam santo il 30 maggio 1232 a nemmeno un anno di
distanza dalla sua morte. In suo onore venne elevata una grande basilica, da sempre meta di
pellegrinaggi da tutto il mondo. Per la sua sapienza e la sua dottrina, di cui ci rimane traccia nei
Sermoni, sant’Antonio fu dichiarato da Pio XII Dottore della Chiesa, con il titolo di “evangelico”.
Festa
INNO
PRIMA LETTURA
℞ Il Signore gli indicò la via della sapienza. * La sua strada fu come la luce dell'alba
sempre crescente.
℣ II Signore rese diritto il suo cammino, e guidò nella pace il suo viaggio.
℞ La sua strada fu come la luce dell'alba sempre crescente.
SECONDA LETTURA
Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie
testimonianze, su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e
obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una
sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le
opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal
Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie.
«Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che
predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge
la sua dottrina.
Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro
il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo
Spirito e non secondo l'inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano
secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di
costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti,
oracolo del Signore, i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. Eccomi contro i
profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i
profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e traviano il mio popolo
con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non
gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-31).
Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo
umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste
nella perfezione dei cinque sensi e nell'osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci
ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la
professione della fede, perché, ardenti ed illuminati negli splendori dei santi,
meritiamo di vedere Dio uno e trino.
RESPONSORIO Cfr. Dn 7, 11
ORAZIONE
Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un
insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua
intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il
soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Lodi mattutine
INNO
In Cristo esultiamo
per la fulgida gloria
concessa ad Antonio
nell'eterna dimora.
Seguendo fedelmente
l'esempio di Francesco,
l'apostolo diventa
di grazia e di salvezza.
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e
mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e
predicare un anno di grazia del Signore.
RESPONSORIO BREVE
INVOCAZIONE
Preghiamo Dio, fonte e autore di ogni santità, che ci ha mostrato in Cristo la via della
salvezza, e diciamo:
Guidaci, o Signore, nella via della rettitudine.
Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio per annunciare ai poveri la lieta
novella,
- rendi anche noi degni di annunciare il tuo Vangelo.
PADRE NOSTRO
ORAZIONE
Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un
insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua
intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il
soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ora media
Terza
Riflettere sulla sapienza è perfezione di saggezza; quelli sui quali essa veglia,
saranno presto senza affanni. Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei,
va loro incontro con ogni benevolenza.
Sesta
Nona
Vespri
INNO
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONE
Rivolgiamo la nostra umile preghiera a Cristo, principio di ogni vita e sorgente di ogni
virtù, e diciamo:
Venga il tuo regno, o Signore.
Tu che hai mandato gli Apostoli in tutto il mondo, a predicare il Vangelo ad ogni
creatura,
- fa' che vivano del tuo Spirito coloro che annunciano la tua parola.
Padre nostro.
ORAZIONE
Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un
insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua
intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il
soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un
insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa’ che per sua
intercessione seguiamo gli insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il
soccorso della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
16 giugno
Nacque nel 1875 da una famiglia polacco-tedesca. A diciotto anni entr nell’Ordine dei
Frati Minori Cappuccini e fu ordinato sacerdote nel 1900. Stimato come confessore e
“grande elemosinario della Varsavia”, si distinse per lo spirito di fraternità e di
misericordia. Subì la morte il 16 ottobre 1941 nella camera a gas nel campo di
concentramento ad Auschwitz. Nel medesimo luogo fu martirizzato Simforian Ducki,
fratello laico (1888-1942). Nel campo di concentramento di Dachau furono martirizzati
i sacerdoti Cappuccini Henryk Krzysztofik (1908-1942), Florian Stępniak (1912-1942)
e lo studente di teologia Fidelis Chojnacki (1906-1942). Furono beatificati da Giovanni
Paolo II il 13 giugno 1999 assieme ad altri 107 martiri della Seconda Guerra Mondiale.
COLLETTA
Dio onnipotente,
tu hai arricchito i beati Aniceto e compagni, presbiteri e martiri, con lo spirito del
sacrificio e la grazia della perseveranza nella vocazione al martirio; concedi a noi, per
loro intercessione, di amare i nemici e di essere forti nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
16 giugno
Nato a Parma dalla nobile famiglia Buralli nel 1208, a venticinque anni entr
nell’Ordine dei Minori e, a motivo delle sue particolari doti intellettuali, fu inviato a
Parigi per perfezionare gli studi. Fu incaricato del lettorato in teologia presso gli studi
dell’Ordine di Bologna, di Napoli e di Parigi. Nel 1247 fu eletto ministro generale e
nel suo ufficio seppe dare esempio di molta umiltà, di somma prudenza e di severa
austerità. Innocenzo IV lo mand a Costantinopoli nel 1251 per tessere trattative per
una riunione con i Greci. Fu sostituito nell’incarico di ministro da san Bonaventura nel
1257; si ritir nell’eremitaggio di Greccio, ove visse per una trentina d’anni. Abbandon
il suo ritiro per iniziare una nuova azione conciliativa in Grecia, ma durante il viaggio
si ammal e morì il 19 marzo 1289 a Camerino, ove fu sepolto nella chiesa di San
Francesco. La sua tomba fu meta di pellegrinaggi e fu venerato come santo. Il suo culto
fu approvato da Pio VI il 1° marzo 1777. [Memoria liturgica ufficiale: 19 marzo].
COLLETTA
O Padre, che hai dato al beato Giovanni da Parma la grazia di seguire Cristo povero e
umile, concedi anche a noi di vivere pienamente la nostra vocazione battesimale, per
giungere alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e
regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
17 giugno
SANT’ALBERTO CHMIELOWSKI, religioso e fondatore, terziario
Adamo Ilario nacque a Igolomija, diocesi di Cracovia in Polonia, il 20 agosto 1845. A
diciotto anni, nel 1863, si arruol nella milizia che combatteva per la libertà della
Polonia. Fu fatto prigioniero e subì l’amputazione di una gamba. Già affermato pittore
nel 1884 si stabilì a Cracovia dove si dedic all’assistenza dei poveri e dei senzatetto
vivendo tra di loro e, «povero tra i poveri», si rivel autentico testimone di vita
evangelica. Indoss un umile saio grigio e il 25 agosto 1888 emise i voti religiosi quale
Terziario francescano. Il suo esempio di povertà e di sacrificio indusse altri a seguirlo
e così fond due Congregazioni: “I Fratelli del Terz’Ordine di San Francesco servi dei
poveri”, detti poi anche Albertini, e “Le Ancelle dei poveri del Terz’Ordine di San
Francesco” o Albertine. Morì a Cracovia il 25 dicembre 1916. Fu canonizzato da
Giovanni Paolo II il 23 settembre 1989.
COLLETTA
O Dio, che hai compendiato i tuoi comandamenti
nell’amore verso di te e verso i fratelli, fa’ che, ad imitazione di sant’Alberto, sappiamo
dedicare la nostra vita al servizio del prossimo, per essere da te benedetti nel regno dei
cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
20 giugno
Patrick O’Healy nacque nel 1545 nella contea di Leitrim, in Irlanda, e divenne Frate
Minore. Fu educato all’università di Alcalá, in Spagna, dove venne consacrato vescovo
di Mayo nel 1576. A Parigi prese parte a pubbliche discussioni all’università,
entusiasmando gli ascoltatori con la sua maestria della patristica e delle controversie
teologiche. Nell’estate del 1579 con il confratello Conn [Cornelius] O’Rourke
salparono dalla Bretagna e arrivarono al largo della costa di Kerry. Ne fossero
consapevoli o no, essi furono visti come parte della forza di invasione, composta da
spagnoli e italiani che aveva preso terra nella baia di Smerwick. Furono catturati ad
Askeaton e condotti a Limerick. Sir William Drury, rettore del Munster e il Chief
Justice offrirono una promozione a O’Healy se avesse giurato fedeltà alla nuova chiesa
Anglicana. Entrambi rifiutarono, furono processati e condannati per tradimento. La
sentenza di morte venne eseguita a Kilmallock nel 1579.
Conor [Conchubhar O’Duibheanaigh] nacque a Raphoe, nella contea irlandese di
Donegal. Nel 1550, in giovane età, divenne Frate Minore. Il 13 maggio 1582 il
pontefice Gregorio XIII lo consacr vescovo di Down e Connor nella chiesa di Santa
Maria dell’Anima in Roma. Nel 1588, anno dell’Armada, fu arrestato ed imprigionato
per alcuni anni. Una volta rilasciato continu ad esercitare il suo ministero, ignorando
le difficoltà che si moltiplicavano e rifiutando di essere coinvolto nella guerra dei Nove
Anni con il grande Hugh O’Neill. Fu di nuovo incarcerato e processato all’inizio del
1612. Da Londra era giunto alle autorità protestanti di Dublino l’ordine di giustiziare
un vescovo e un compagno di quest’ultimo. Fu designato il cappellano Patrick
O’Loughran [Padraig O’Lochrain]. L’accusa nei loro confronti fu di tradimento ed il
verdetto naturalmente di colpevolezza. Vennero impiccati insieme a Dublino il 1°
febbraio 1612.
John Kearney [Sean O’Cearnaigh] nacque a Cashel, in Irlanda, nel 1619. Entr
nell’Ordine dei Frati Minori Osservanti a Kilkenny, studi per diversi anni a Lovanio e
ricevette l’ordinazione presbiterale a Bruxelles nel 1642. Nel 1644, mentre era di
ritorno in patria, venne arrestato, torturato e condannato a morte a Londra. Riuscì a
fuggire e raggiungere l’Irlanda. Esercit il suo ministero principalmente come
insegnante e predicatore. Con l’avvento al potere di Cromwell dovette nascondersi e
ben presto venne posta una taglia sul suo capo. Nella primavera del 1653 venne scovato
e catturato nella contea di Tipperary. Durante il processo fu accusato di aver esercitato
il ministero sacerdotale cattolico andando così contro la legge. Fu allora impiccato
presso Glenn l’11 marzo 1653.
Giovanni Paolo II li ha beatificati il 27 settembre 1992, insieme ad altre sedici vittime
delle persecuzioni in Irlanda.
26 giugno
COLLETTA
Dio onnipotente,
che hai concesso al beato Andrea Giacinto, vescovo, di edificare la Chiesa
con l’annuncio della fede cristiana e la cura pastorale, concedi a noi, per sua
intercessione, di essere testimoni del tuo amore nel servizio dei fratelli. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
26 giugno
BEATO GIACOMO EL-HADDAD DA
GHAZIR, sacerdote e fondatore
Yaaqub El-Haddad è nato in Libano il 10 febbraio 1875. Nel 1894 decise di entrare nel
convento cappuccino di Khashbau (Egitto), dove prese i voti perpetui nel 1898 e
divenne sacerdote nel 1901. Venne assegnato al monastero di Bab Idriss a Beirut. Da
lì, lavor con dedizione per costruire scuole elementari per i bambini delle campagne.
Fond anche scuole, ospedali, orfanotrofi. Inoltre, dette vita al Terz’Ordine per uomini
e donne. Sulle orme di san Francesco d’Assisi è stato un instancabile apostolo della
carità, plasmata nella sua sollecitudine per le necessità fisiche e morali del prossimo.
Subito dopo la Prima Guerra Mondiale acquist la collina di Jall-Eddib dove voleva
costruire una chiesa ed erigere una croce e che divenne presto un luogo di raccolta di
sacerdoti malati e di altri poveri che chiedevano assistenza. Per dare continuità al suo
lavoro, fond nel 1930 la congregazione religiosa delle Suore Francescane della Croce
del Libano. Morì il 26 giugno del 1954. È stato beatificato il 22 giugno 2008 da
Benedetto XVI.
Nacque a Palma di Maiorca, nelle Isole Baleari (Spagna), verso il 1235. Entr , nel 1295
ad Assisi, nel Terz’Ordine francescano e, spinto dallo zelo per le anime, ide la
fondazione di collegi per la formazione dei missionari. Per tutta la vita Raimondo fu
affascinato dall’ideale missionario. Fu scrittore fecondissimo e compose opere intorno
a quasi tutti gli argomenti conosciuti del tempo, tanto da venir chiamato “dottore
illuminato”. Combatté con tenacia l’averroismo. Fu il primo uditore e referendario
laico a un Concilio Ecumenico. Partito missionario a Bugia, in Africa, ebbe a
sopportare dapprima maltrattamenti e carcere; poi, aggredito a colpi di pietra, fu
accolto moribondo su una nave e spir il 29 giugno 1316, mentre la nave stava per
raggiungere l’isola di Maiorca. Raimondo è una complessa figura di pensatore, di
mistico e di missionario. Nella storia della missionologia occupa un posto preminente:
egli ha intuito e sostenuto l’importanza della inculturazione della fede nelle lingue e
nelle culture dei popoli. Il 10 giugno 1850 Pio IX approverà il culto come beato, che
già da tempo gli veniva tributato in Catalogna e nell’Ordine francescano.
[Memoria liturgica ufficiale: 1 luglio].
COLLETTA
O Dio, che hai infiammato il beato Raimondo Lullo martire di ardore apostolico per la
diffusione della fede, fa’ che anche noi, per sua intercessione, conserviamo
incrollabile fino alla morte la fede che abbiamo ricevuto dalla tua grazia. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
4 luglio
COLLETTA
Dio di amore e di pace,
che hai dato a santa Elisabetta di Portogallo il dono mirabile
di riconciliare fra loro i nemici, concedi anche a noi di essere sempre operatori di
pace, perché possiamo chiamarci tuoi figli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
8 luglio
Tra i martiri della violenta persecuzione provocata nel 1900, dai fanatici Boxers
nell’impero cinese, appartengono all’Ordine dei Frati Minori tre vescovi (Gregorio
Grassi, Antonino Fantosati, Francesco Fogolla), quattro sacerdoti (Teodorico Balat,
Giuseppe Maria Gambaro, Cesidio Giacomantonio, Elia Facchini) e un religioso
fratello (Andrea Giuseppe Bauer). Vi furono anche sette suore Missionarie
Francescane di Maria e quindici laici del Terz’Ordine. Furono beatificati da Pio XII
nel 1946. Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000 li ha canonizzati assieme ad altri martiri
in Cina.
COLLETTA
O Padre, che vuoi la salvezza di tutti gli uomini e li chiami alla conoscenza della verità,
per intercessione dei beati martiri
Gregorio, Antonino, Francesco, vescovi, e compagni, concedi che tutte le genti
conoscano te solo vero Dio e colui che hai mandato,
Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
8 luglio
SANTI MARTIRI CINESI DEL TERZ’ORDINE FRANCESCANO
Tra i martiri della violenta persecuzione provocata nel 1900, dai fanatici Boxers
nell’impero cinese, appartengono all’Ordine dei Frati Minori tre vescovi, quattro
sacerdoti, un religioso fratello, sette suore Missionarie Francescane di Maria e quindici
laici del Terz’Ordine: Filippo Zhang Zhihe (Tchang) di Linsian, Giovanni Zhang Huan
(Tchang Fang) di Nansce, Giovanni Zhang Jingguang (Tchang di Taekvo) di Taiku,
Giovanni Wang Rui (Van o Wang), Patrizio Dong Bodi (Tun o Tong) di Kutcen-in,
Francesco Zhang Rong (Tchang-Jun) di Yangchuan, Mattia Fen De (Fun-Te), Pietro
Zhang Banniu (Tchan-Pan-Nien) di Yangchuan, Pietro Wu Anpeng (U-Ngan-Pan) di
Taiyan, Simone Chen Ximan (Tchen o Tcheng) di Lochen, Tommaso Shen Jihe (Sen),
Pietro Wang Erman, Giacomo Yan Guodong,
Giacomo Zhao Quanxin, Tommaso Shen Jihe. Furono beatificati da Pio XII il 24
novembre 1946. Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000 li ha canonizzati assieme ad altri
martiri in Cina.
9 luglio
SANTI NICOLA PICK, WILLALDO E
COMPAGNI, religiosi e martiri di Gorcum (Olanda)
Nel giugno 1572 la città di Gorcum (in Olanda) fu conquistata da gruppi di estremisti
calvinisti, i Gheusi, che riuscirono a vincere la resistenza opposta da una piccola
guarnigione che difese i fedeli, il parroco e un gruppo di Frati Minori. Durante le
trattative per giungere alla resa i Gheusi si impegnarono a salvare la vita dei religiosi,
ma dopo la resa la promessa non fu mantenuta e vennero catturati undici Frati Minori
(oltre ai citati: Antonio da Hoornaert, Antonio da Weert, Cornelio da Wijk Bij
Dunrstede, Francesco da Roye, Girolamo da Weert, Goffredo da Melveren, Nicasio da
Heeze, Pietro da Assche, Teodorico van der Eel), tre sacerdoti secolari, un canonico
regolare di Sant’Agostino e un padre domenicano accorso per amministrare i
sacramenti ai prigionieri. Rimasero incarcerati a Gorcum dal 26 giugno al 6 luglio,
quando vennero trasportati seminudi a Dordrecht. Furono poi condotti a Brielle, dove
subirono ancora lo scherno del popolo assieme ad altri tre sacerdoti. Il capo dei Gheusi
tent invano la fede dei prigionieri con lunghe dispute e interrogatori, specialmente sul
primato del papa e sulla presenza reale di Cristo nell’eucaristia. La loro abilità nel
confutare le tesi dei Gheusi fu causa di nuovi tormenti e della impiccagione, avvenuta
il 9 luglio 1572 contro le disposizioni emanate da Guglielmo d’Orange, che vietavano
l’uccisione dei religiosi. Il luogo del martirio, in Brielle, è da lungo tempo meta di
pellegrinaggi e processioni. I diciannove martiri di Gorcum furono beatificati da
Clemente X il 24 novembre 1675 e canonizzati da Pio IX il 29 giugno 1867.
COLLETTA
O Padre, che hai premiato con la gloria eterna il martirio dei santi Nicola, Willaldo e
compagni, donaci di imitarne l’invitta costanza nella fede per essere partecipi della
loro sorte beata.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
10 luglio
COLLETTA
O Dio, che hai reso mirabile la vergine santa Veronica Giuliani
per i segni della passione del tuo Figlio impressi nel suo corpo, concedi a noi di
renderci sempre più conformi a Cristo crocifisso per godere un giorno della
rivelazione della sua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 luglio
Giovanni Jones, nato in Inghilterra nel 1530 ed entrato tra i Frati Minori a Pontoise, fu
costretto ad esulare in Francia, dove fu ordinato sacerdote probabilmente a Reims.
Dopo un breve soggiorno a Roma, ritorn in patria ed esercit clandestinamente il
ministero a Londra. Arrestato e rinchiuso in carcere, sopport spietate torture e fu
condannato a morte. La sentenza fu eseguita a St. Thomas Waterings il 12 luglio 1598.
Giovanni Wall (Gioacchino di Sant’Anna), nato in Inghilterra, ed entrato tra i Frati
Minori, fu ordinato sacerdote a Douai in Francia e profess la regola di san Francesco.
Esercit il ministero sacerdotale per ventidue anni in Inghilterra, finché fu catturato e
condannato a morte. Salì sul patibolo dove morì impiccato al laccio e sventrato con la
spada durante il regno di Carlo II a Worcester il 22 agosto 1679. A partire dal 1886 i
martiri inglesi a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai sommi pontefici:
una quarantina sono stati anche canonizzati il 25 ottobre 1970 da Paolo VI.
Colletta
O Padre, che ai tuoi santi martiri Giovanni Jones e Giovanni Wall hai dato la forza di
sostenere fino all’ultimo la pacifica battaglia della fede, fa’ che, per la loro
intercessione, tutti coloro che si professano cristiani ricostruiscano la perfetta unità
della tua famiglia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e
regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 luglio
Si tratta di un gruppo di 11 martiri dei mussulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860;
di essi otto erano Frati Minori (i sacerdoti: Emanuele Ruiz, Carmelo Volta, Nicanore
Ascanio, Nicola M. Alberca y Torres, Pietro Soler, Engelbert Kolland; e i frati professi:
Francesco Pinazo Peñalver, Giovanni Giacomo Fernández) e tre erano fratelli di
sangue, laici maroniti. Sono conosciuti come i “beati martiri di Damasco”. Versarono
il loro sangue come tanti altri prima di loro in quelle terre che videro sempre, dal tempo
di san Francesco, lo sforzo missionario dei Francescani nel mondo islamico. Essi si
trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, dediti all’apostolato fra la
popolazione locale. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di
Damasco, setta religiosa di origine mussulmana sciita che, in preda al loro fanatismo
di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro
il cristianesimo, percorsero la città facendo stragi di cristiani. Gli otto francescani si
rifugiarono fra le solide mura del convento, e con loro i tre fratelli cristiani maroniti.
Purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini
per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato, e così furono tutti massacrati, con la
ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e
migliaia di vittime nel mondo cristiano. Furono tutti beatificati da Pio XI il 10 ottobre
1926.
[Memoria liturgica ufficiale: 10 luglio].
COLLETTA
Dio onnipotente e misericordioso,
guarda il tuo popolo, che celebra il glorioso giorno
dei beati martiri Emanuele e compagni, e come frutto del loro sacrificio donaci l’invitta
costanza nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
14 luglio
COLLETTA
O Padre, che con l’opera apostolica di san Francesco Solano hai condotto alla Chiesa
numerosi popoli dell’America,
per i suoi meriti e la sua intercessione unisci fermamente a te il nostro cuore e disponi
all’obbedienza della fede i popoli che ancora non ti conoscono.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
15 luglio
COLLETTA
O Dio onnipotente, guarda a noi tuoi fedeli riuniti nel ricordo della nascita al cielo del
vescovo san Bonaventura da Bagnoregio, e fa’ che siamo illuminati dalla sua sapienza
e stimolati dal suo serafico ardore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 luglio
Nacque a Lipnica Murowana, nella Polonia meridionale, intorno al 1440. Nel 1454 si
trasferì a Cracovia per frequentare la famosa Accademia Jagellonica. In quegli anni san
Giovanni da Capestrano entusiasmava la città con la santità della sua vita e il fervore
delle sue prediche. Nel 1457, affascinato dall’ideale francescano, chiese di essere
accolto tra i Frati Minori, con altri dieci suoi colleghi studenti, nel convento di Stradom
(Cracovia), divenendo sacerdote intorno al 1460. Stabilitosi a Stradom, si dedic alla
predicazione e allo studio prolungato della sacra Scrittura. Diffuse la devozione al
Nome di Gesù, ottenendo la conversione di innumerevoli peccatori. Dal luglio 1482 al
6 gennaio 1483 la città fu sotto il flagello della peste. Nella desolazione generale, i
Francescani del convento di San Bernardino si prodigarono instancabilmente nella cura
degli ammalati, da veri angeli consolatori. Presto fu contagiato. Sopport con
straordinaria pazienza le sofferenze della malattia. Morì il 18 luglio 1482. Il culto ab
immemorabili reso al beato, passato alla storia della santità serafica con il titolo di
“Salutis omnium sitibundus”, fu confermato da Innocenzo XI il 24 febbraio 1685. La
causa per la sua canonizzazione, ripresa da Pio XII il 25 giugno 1948 venne conclusa
da Benedetto XVI il 3 giugno 2007.
COLLETTA
O Padre, che nell’amore verso te e i fratelli hai compendiato i tuoi comandamenti, fa’
che a imitazione di san Simone dedichiamo la nostra vita a servizio del prossimo, per
essere da te benedetti nel regno dei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
19 luglio
Nacque a Dukla, città fra i monti Carpazi in Polonia, nel 1414. Da giovane entr tra i
Frati Minori. Completati gli studi, fu ordinato sacerdote, divenendo superiore a Krosno
e poi a Leopoli, custode di tutti i monasteri di quella provincia, che comprendeva in
quel tempo anche quelli Cechi. Portato alla vita contemplativa, spese la sua vita nella
ricerca della perfezione, nella cura delle anime e nel lavoro missionario. Fu un apostolo
del confessionale e del pulpito. Sopport senza mai lamentarsi la cecità che lo aveva
colpito. Morì il 29 settembre 1484 a Leopoli. Molte grazie furono ottenute per sua
intercessione. Nel 1615 inizi il processo di beatificazione che si concluse il 21 gennaio
1733, con il decreto di conferma da parte di Clemente XII. Nel 1739 venne proclamato
protettore della Polonia e Lituania. È stato canonizzato da Giovanni Paolo II a Krosno
in Polonia il 10 giugno 1997.
COLLETTA
O Padre, che hai chiamato san Giovanni da Dukla a cercare con tutte le forze il regno
dei cieli nella via della perfetta carità, concedi anche a noi, che confidiamo nella sua
intercessione, di progredire in cristiana letizia nel cammino del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
21 luglio
SAN LORENZO RUSSO DA BRINDISI, sacerdote e dottore della Chiesa
Giulio Cesare Russo nacque a Brindisi il 22 luglio 1559 e, ancor giovane, entr tra i Minori Cappuccini
della Provincia Veneta. Di intelligenza pronta e brillante, si applic allo studio delle scienze sacre
nonché delle lingue ebraica e aramaica. Ordinato sacerdote, si dedic con successo alla predicazione,
percorrendo tutta l’Italia e buona parte dell’Europa. Animato da fervore mistico e da rigidezza
ascetica, mise tutto il suo ingegno e la sua scienza a servizio dell’azione apostolica. Predicava nella
loro lingua a quasi tutti i popoli d’Europa e teneva lezioni di Scrittura in lingua ebraica agli stessi
ebrei di Roma. Durante la battaglia contro i mussulmani in Ungheria (1601), entr animoso nella
mischia, trascinando i soldati cristiani alla vittoria. Ebbe nel suo Ordine importanti uffici: fu
provinciale nel Veneto e in altre province italiane; fu generale dell’Ordine. Scrisse numerose opere
esegetiche, teologiche, apologetiche, oratorie (tra quest’ultime da ricordare il Mariale) che gli
meritarono il titolo di Dottore della Chiesa. Morì a Belém, presso Lisbona, dove si era recato in
missione di pace, il 22 luglio 1619. Fu beatificato da Pio VI nel 1783 e canonizzato da Leone XIII
nel 1881.
INNO
Apostolico ardore
conduce san Lorenzo
per le strade del mondo
ad annunciare Cristo.
Dissipa le tenebre
causate dall'errore,
per la fede di Cristo
lotta infaticabile.
SALMO 144
I (1-9)
Grande è il Signore *
e degno di ogni lode,
la sua grandezza *
non si può misurare.
II (10-13)
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere *
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno *
e parlino della tua potenza,
III (14-21)
PRIMA LETTURA
SECONDA LETTURA
(Disc. per la Quaresima 27; Opera Omnia 5, 1, nn. 48. 50. 52).
La predicazione è un compito apostolico
Per sostenere la vita spirituale, che abbiamo in comune con gli angeli del cielo,
creati come noi ad immagine e somiglianza di Dio, è certamente necessario il pane
della grazia dello Spirito Santo e della carità di Dio.
Ma la grazia e la carità senza la fede non valgono nulla, perché senza la fede è
impossibile piacere a Dio. Né la fede può svilupparsi senza la predicazione della parola
di Dio: «La fede dipende dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si attua per
la parola di Cristo» (Rm 10, 17). Pertanto la predicazione della parola di Dio è
necessaria alla vita spirituale, come la semina al sostentamento della vita corporale.
Perciò Cristo dice: «Il seminatore uscì a seminare la sua semente» (Lc 8, 5). Il
seminatore uscì come banditore della giustizia e proprio di essa leggiamo che un
tempo si fece banditore Dio, come quando nel deserto diede a tutto il popolo, dal
cielo, a viva voce la legge della giustizia. Altre volte fu un angelo del Signore a
rimproverare, nel luogo dei piangenti, il popolo per la trasgressione della legge divina
(cfr. Gdc 2, 4-5). Per questo tutti i figli d'Israele, udite le parole dell'angelo, pentiti di
cuore piansero a dirotto con alte grida. Anche Mosè predicò a tutto il popolo la legge
del Signore nelle steppe di Moab, come appare dal Deuteronomio.
Finalmente a predicare la parola di Dio venne Cristo, Dio e uomo, che a tal fine
inviò gli apostoli, come prima aveva inviato i profeti.
Perciò la predicazione è un compito apostolico, angelico, cristiano, divino. La parola
di Dio è talmente ricca di ogni bene che è come un tesoro di tutti i beni. Da essa
derivano tutte le virtù, tutti i doni dello Spirito Santo, tutte le beatitudini evangeliche,
tutte le opere buone, tutti i meriti della vita, tutta la gloria del paradiso: «Accogliete
con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime»
(Gc 1, 21).
Infatti la parola del Signore è luce per l'intelletto e fuoco per la volontà, perché
l'uomo possa conoscere ed amare Dio. Per l'uomo interiore, che per mezzo della
grazia vive dello Spirito di Dio, è pane ed acqua, ma pane più dolce del miele e acqua
migliore del vino e del latte. Per l'anima è un tesoro spirituale di meriti, perciò viene
chiamata oro e pietra assai preziosa. È invece un maglio contro un cuore duramente
ostinato nei vizi. È una spada contro la carne, il mondo e il demonio per distruggere
ogni peccato.
℞ Sali su un alto monte, tu che porti liete notizie; * annunzia a tutte le città: Ecco il
vostro Dio.
℣ Seguimi, va' e predica il regno di Dio;
℞ annunzia a tutte le città: Ecco il vostro Dio.
TE DEUM
ORAZIONE
O Dio, che a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli hai dato al sacerdote san
Lorenzo da Brindisi il tuo Spirito di consiglio e di fortezza, dona anche a noi la luce per
conoscere la nostra missione e la forza per attuarla. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
Lodi
INNO
Donaci di seguire
gli esempi tuoi mirabili,
per esser fatti degni
della stessa corona.
Fratelli, l'amore del Cristo ci spinge. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in
Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della
riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse
per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore,
perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.
INVOCAZIONE
Rivolgiamo la nostra lode a Cristo Signore, che ci è stato dato dal Padre quale Via,
Verità e Vita, e preghiamo dicendo:
Attiraci a te, o Signore.
Tu che sei venuto per riconciliare il mondo al Padre per mezzo del tuo sangue,
- fa' che possiamo cooperare alla riconciliazione di tutti gli uomini.
Tu che hai voluto che noi fossimo sale della terra e luce del mondo,
- illuminaci con la luce del Divino Spirito.
PADRE NOSTRO
ORAZIONE
O Dio, che a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli hai dato al sacerdote san
Lorenzo da Brindisi il tuo Spirito di consiglio e di fortezza, dona anche a noi la luce per
conoscere la nostra missione e la forza per attuarla. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
Ora media
Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò
quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò
con giustizia.
Sesta
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la
pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo
Dio».
℣ Lodate il Signore e invocate il suo nome.
℞ Proclamate tra i popoli le sue opere.
Nona
Vespri
INNO
Cantiamo piamente
la lode a san Lorenzo,
in parole e in opere
discepolo di Cristo.
La Vergine Maria
ama, celebra, predica;
Ella su lui profonde
i celesti carismi.
SALMO 121
Gerusalemme è costruita *
come città salda e compatta.
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONE
Preghiamo Cristo Signore, fonte della vera sapienza e di ogni virtù, dicendo insieme:
Venga il tuo regno, Signore.
Tu che con la tua venuta hai portato al mondo il dono della salvezza,
- concedici di essere fedeli operai nella tua vigna.
Tu che hai esaltato san Lorenzo in mezzo ai fratelli e lo hai arricchito dei doni dello
Spirito,
- riempi anche noi dei celesti doni della fortezza e dell'intelletto.
Tu che per mezzo dei tuoi collaboratori elargisci alle tue pecorelle la vita eterna,
- libera le anime dei nostri fratelli defunti, che hai redento con il tuo sangue prezioso.
PADRE NOSTRO
COLLETTA
O Dio che, a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli, hai dato al sacerdote san
Lorenzo da Brindisi il tuo spirito di consiglio e di fortezza,
dona anche a noi la luce per conoscere la nostra missione e la forza per attuarla.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 luglio
SANTA CUNEGONDA (KINGA), religiosa
Cunegonda, detta Kinga, figlia di Bela IV, re d’Ungheria, e sorella maggiore della
beata Iolanda, nacque nel 1224. A sedici anni fu data in sposa al principe di Cracovia,
Boleslao il Pudìco, e visse con lui in perfetta castità. Divenuta duchessa di Cracovia si
prodiga per il bene del suo popolo, con ardite iniziative a favore dei poveri in cui
impegna tutte le risorse economiche e si dona con grande amore. Coopera
instancabilmente alla pacificazione dei principi polacchi. Ha un’intensa vita spirituale
nella linea francescana e una grande forza apostolica nel diffondere la fede cristiana tra
popoli ancora pagani. Alla morte del marito, entr con la sorella nel monastero delle
Clarisse di Stary Sacz, da lei stessa fondato, ed esercit per molti anni l’ufficio di
abbadessa, prodigandosi al servizio delle consorelle, dei poveri e degli ammalati.
Penitente ed orante in modo del tutto eccezionale, lasci questa terra il 24 luglio 1292.
Alessandro VIII, l’11 giugno 1690, ne conferm il culto e, nel 1715, Clemente XI la
proclam patrona della Polonia. Il 16 giugno 1999 a Stary Sacz Giovanni Paolo II la
iscrisse nell’albo dei santi.
ORAZIONE
O Dio, che hai fatto risplendere santa Cunegonda per l’illibatezza di vita e per la
generosa carità verso i poveri, concedi anche a noi, che confidiamo nella sua
intercessione, di progredire in cristiana letizia nel cammino del tuo amore. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 luglio
Angelo Nicola nacque ad Agnone del Sannio (Isernia) il 2 agosto 1681. Emise la
professione religiosa tra i Minori Conventuali nel 1698. Ordinato sacerdote nel 1705,
complet gli studi con la laurea in teologia, disciplina che poi insegn negli Studi
generali di Napoli e di Roma; qui fu anche reggente del Collegio San Bonaventura.
Oltre che per la scienza si distinse per lo zelo della predicazione e per la pratica delle
più eminenti virtù. Eletto ministro provinciale, fu anche consultore di varie
congregazioni romane. Benedetto XIII gli affid la diocesi di Bovino, presentandolo
come «vescovo dotto e santo». Esercit il ministero episcopale per ventitre anni, dando
luminoso esempio di povertà e carità verso i più bisognosi, fino a privarsi anche del
necessario. Morì il 25 luglio del 1752. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 18 giugno
1989.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue:
Ufficio delle letture
SECONDA LETTURA
È tutta misericordia di Dio se i difetti, che vediamo negli altri, non si trovino in
noi: segno certo che ci tiene sotto la sua protezione e stende la sua mano potente sul
nostro capo, e ciò senza alcun nostro merito; che, se ce la sottraesse, potremmo
diventare peggiori degli altri, essendo anche noi poveri mortali. Dobbiamo perciò
sempre mantenerci nel timore di Dio, e pregare il Signore per coloro che camminano
fuori della retta via. La via certa della nostra condotta è fare sempre la volontà di Dio,
dal quale speriamo e cerchiamo ogni aiuto per non cadere e mantenerci in grazia.
Gesù nostro Signore cosa potrebbe fare di più per noi? Ci ha fatto dono della
parola di vita. Ci ha manifestato i suoi giusti giudizi. Ci ha mostrato le sue santissime
vie. Ci ha introdotto nel mistero della sua dolorosissima passione. Ci ha insegnato a
disprezzare le cose caduche della terra. Ci ha rivelato le meraviglie delle sue opere. E
perché noi rimaniamo insensibili a tante prove del suo amore? Perché non impieghiamo
tutte le nostre forze nel servire, amare e glorificare in noi stessi e negli altri il Signore
di infinita bontà? E di che cosa ci lamentiamo?
Chi molto ha ricevuto, deve fare anche molto per Gesù; chi invece vuole fare
poca opera e la compie con negligenza, merita che gli sia tolto quanto gli è stato dato.
Non ci scuote il severo rimprovero del padrone al servo infingardo (cfr Mt 25,26-29)?
Vivendo nella fede, cerchiamo sempre, con la grazia di Dio, ciò che è più
perfetto, rinunciando a noi stessi e calpestando le misere cose della terra. Teniamo
sempre il nostro sguardo rivolto a Dio, riponiamo tutta la nostra felicità in Lui Sommo
Bene, e non andiamo dietro ai fuggevoli fantasmi del mondo. Ascoltiamo l’Apostolo
Paolo, che ci dice: Fratelli, aspirate ai carismi più grandi (1Cor 12,31). Accogliamo
l’invito dello Spirito Santo, che torna continuamente ad inculcarci quel prezioso nimis
quando ci ricorda di osservare i suoi comandamenti fedelmente (cfr Ps 118/119,4: “Tu
mandasti mandata tua custodiri nimis”). Nimis, sempre più per amore del Sommo
Signore; sempre più nel raccoglimento interno ed esterno. Sempre più nel distacco
dalle vanità della terra. Sempre più, nel timore dei santi giudizi di Dio. Sempre più, nel
mortificare noi stessi. Sempre più, nel mantenerci cauti e vigilanti contro le astuzie di
Satana.
Se nulla possiamo da noi stessi (cfr Gv 15,5), ci conforta la parola dell’Apostolo:
“Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Sii umile davanti al Signore, ed Egli
“esaudirà i desideri del tuo cuore” (Ps 36/37,4).
RESPONSORIO
R. Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: * prendi
parte alla gioia del tuo Signore.
V. Tu mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.
R. Prendi parte alla gioia del tuo Signore.
ORAZIONE
O Dio, che hai riempito il beato Antonio Lucci, vescovo, dello spirito di sapienza
e di carità perché confermasse il tuo popolo nella fede e lo soccorresse nelle necessità
con profusione di amore, concedi a noi, per sua intercessione, di perseverare nella fede
e nella carità per divenire degni di partecipare alla gloria celeste. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che nella beata Ludovica di Savoia ci hai dato un fulgido modello di perfezione
nei vari stati di vita, concedi anche a noi di aderire costantemente a te, sommo bene,
con la fermezza della fede e la testimonianza delle opere. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per
tutti i secoli dei secoli.
27 luglio
Nacque a Brescia nel 1687 dalla nobile famiglia Martinengo. Giovinetta, frequent i
migliori collegi religiosi della città e acquist una notevole cultura classica. All’età di
diciott’anni entr nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Santa Maria della Neve.
Si assoggett subito ad una vita di penitenza e di lavoro, nella ricerca delle mansioni
più umili, ma anche nell’accettazione di incarichi di maggiore responsabilità, come
quello di maestra delle novizie e di abbadessa. Ebbe molto da soffrire, ma fu dotata dal
Signore di carismi celesti e di una visibile conformità a Gesù crocifisso. Lasci parecchi
scritti di alta spiritualità e di vita mistica. Morì il 27 luglio 1737 e fu dichiarata beata
da Leone XIII il 3 giugno 1900.
COLLETTA
O Dio, che hai dato alla beata Maria Maddalena Martinengo la grazia di imitare Cristo
nell’umiltà e nella povertà, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra
vocazione per raggiungere la perfezione evangelica.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 luglio
Nacque a Varsavia (Polonia) nel 1902; ricevette l’abito delle monache Clarisse
Cappuccine nel convento di Przasnysz il 12 agosto 1923. L’anno successivo, il 15
agosto 1924, emise i voti temporanei e nel 1927 quelli perpetui. Nonostante la malattia
che l’affliggeva, fu sempre molto affabile con tutti. Si distinse per lo spirito di preghiera
e per la laboriosità. Il 2 aprile 1941 i tedeschi fecero irruzione nel monastero,
arrestarono tutte le suore e le trasferirono nel campo di concentramento di Dzialdowo.
Morì ex ærumnis carceris il 25 luglio 1941. Offrì le sue sofferenze a Dio per ottenere
la liberazione delle suore, che di fatto dopo due settimane dalla sua morte ricuperarono
la libertà. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 assieme ad un gruppo
di altri 107 martiri della Seconda Guerra Mondiale.
COLLETTA
O Dio, che allieti la tua Chiesa nel ricordo della beata Maria Teresa, vergine e martire,
per la sua intercessione e il suo esempio concedi anche a noi fortezza e purità di spirito
per seguire Cristo sulla via della croce. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 luglio
Memoria
Bernardo Francesco Casey nacque a Prescott nel Wisconsin (USA) il 25
novembre 1870. Entrato a 22 anni nel seminario diocesano San Francesco di Sales di
Milwaukee, passò poi, nel 1897, ai Frati Cappuccini, nel convento San Bonaventura di
Detroit, dove prese il nome di Francesco Solanus. Fu ordinato sacerdote il 24 luglio
1904, con la clausola di non confessare e non predicare in pubblico. Trascorse gli anni
del suo ministero tra Yonkers, Manhattan, il convento di san Bonaventura a Detroit, i
conventi di Brooklyn e Huntington, attirando numerose persone per la fama delle sue
virtù e delle grazie straordinarie attribuite alle sue preghiere. Dopo ripetuti ricoveri in
Ospedale, morì nel convento di san Bonaventura a Detroit il 31 luglio 1957. Fu
beatificato il 18 novembre 2017.
Comune dei pastori [per i pastori] oppure Comuni dei santi [per i religiosi]
SECONDA LETTURA
Dal Decreto Perfectae caritatis, del Concilio Vaticano II sul rinnovamento della vita
religiosa
(N. 15.12-14)
Sull'esempio della Chiesa primitiva, in cui la moltitudine dei credenti era d'un
cuore solo e di un'anima sola, la vita comune, nutrita dall’insegnamento evangelico,
dalla Sacra Liturgia e soprattutto dall’Eucaristia, perseveri nell’orazione e nella
comunione di uno stesso spirito. In fraterna comunione di vita i religiosi, come membri
di Cristo, gareggino nello stimarsi a vicenda, portando i pesi gli uni degli altri. Grazie
all'amore di Dio riversato nei cuori per mezzo dello Spirito Santo, la comunità gode
della sua presenza come una vera famiglia riunita nel nome del Signore. L’amore è
pieno compimento della legge e vincolo di perfezione, e per esso noi sappiamo che
siamo passati dalla morte alla vita. Di più, l’unità dei fratelli manifesta la venuta di
Cristo, e da essa proviene una grande energia per l'apostolato.
La castità «per il regno dei cieli», che viene professata dai religiosi deve essere
apprezzata come un insigne dono della grazia. Essa rende particolarmente libero il
cuore dell'uomo, perché si accenda maggiormente la carità verso Dio e tutti gli uomini,
e di conseguenza è segno eminente dei beni celesti e un mezzo efficacissimo mediante
il quali i religiosi possono generosamente dedicarsi al servizio divino e alle opere di
apostolato. In tal modo richiamano davanti a tutti i fedeli quel mirabile connubio,
operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha
Cristo come unico suo sposo.
Bisogna dunque che i religiosi, studiandosi di osservare fedelmente la loro
professione, credano alle parole del Signore e, fiduciosi nell'aiuto di Dio, non
presumano delle proprie forze, ma ricorrano alla mortificazione e alla custodia dei
sensi. Non trascurino i mezzi naturali che favoriscono la salute mentale e fisica. In tal
modo essi non saranno influenzati dalle false teorie che indicano la perfetta continenza
come impossibile o nociva alla perfezione umana, e quasi per un istinto spirituale
respingeranno tutto ciò che mette in pericolo la castità. Inoltre ricordino tutti,
specialmente i superiori, che la castità è più sicuramente custodita se nella vita comune
regna tra i membri il vero amore fraterno.
La povertà volontaria per la sequela di Cristo, di cui essa è un segno, oggi
specialmente, molto apprezzato, sia diligentemente curata dai religiosi e anche
espressa, se fosse necessario, in forme nuove. Con essa si partecipa alla povertà di
Cristo, il quale da ricco che era si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi
per mezzo della sua povertà. Per quanto riguarda la povertà religiosa, non basta
sottomettersi ai superiori nell'uso dei beni, ma occorre che i membri siamo poveri
esteriormente e interiormente, accumulando tesori in cielo. Nella loro mansione si
sentano assoggettati alla comune legge del lavoro, e mentre in tal modo si procurano i
mezzi necessari al loro sostentamento e alle loro opere, bandiscono ogni eccessiva
preoccupazione e si affidino alla Provvidenza del Padre celeste.
Con la professione di obbedienza i religiosi offrono a Dio la completa rinuncia
della propria volontà come sacrificio di se stessi, e per esso si uniscono più saldamente
e sicuramente alla divina volontà salvifica. Sull’esempio di Gesù Cristo, che venne per
fare la volontà del Padre e «assumendo la condizione di servo» (Fil 2,7), imparò
l'obbedienza dalle cose che patì, i religiosi, mossi dallo Spirito Santo, si sottomettono
in spirito di fede ai superiori rappresentanti di Dio, e da essi vengono guidati nel
servizio di tutti i fratelli in Cristo, come Cristo stesso per la sua sottomissione al Padre
venne per servire i fratelli e diede la sua vita in riscatto per molti. Così essi si vincolano
sempre più strettamente al servizio della Chiesa e si sforzano di raggiungere la misura
che conviene alla piena maturità di Cristo.
R/. Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; * è questo il
vostro culto spirituale.
V/. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro
modo di pensare.
R/. è questo il vostro culto spirituale.
O Dio che nella tua provvidenza hai conformato ad immagine del tuo Figlio il
beato Francesco Solano (Casey), rendendolo instancabile nell’ascolto e nel servizio ai
poveri, per sua intercessione e sul suo esempio, concedi anche ai noi la stessa
generosità e letizia nel donarsi al servizio del prossimo. Per il nostro Signore, Gesù
Cristo, tuo Figlio che Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti
i secoli dei secoli.
2 agosto
Il serafico Padre Francesco, per il suo singolare amore verso la beatissima Vergine,
ebbe sempre particolare cura della chiesetta dedicata a Santa Maria degli Angeli, detta
anche Porziuncola, che restaur con le sue mani. Qui egli prese stabile dimora con i
suoi frati dopo il ritorno da Roma; qui radunava a capitolo i suoi frati inviandoli poi
per il mondo come missionari di pace; qui, nel 1211, diede origine con santa Chiara al
Secondo Ordine francescano; qui concluse il corso della sua vita terrena. Alla stessa
cappella, secondo la tradizione, il Santo fondatore ottenne la storica indulgenza
plenaria detta “Perdono di Assisi”, che i sommi pontefici confermarono
successivamente ed estesero a numerose altre chiese. La Porziuncola è stato il luogo
più amato da san Francesco, che ripeteva morente: «Questo luogo è veramente santo
ed abitazione di Dio. Chi pregherà con fede qui, otterrà quanto avrà chiesto».
COLLETTA
Guarda, Signore, il tuo popolo
riunito nel ricordo della beata Vergine Maria, Regina degli Angeli, e fa’ che per sua
intercessione possa partecipare alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
5 agosto BEATO FEDERICO JANSSOONE, sacerdote
Nacque a Ghyvelde (Francia) il 19 novembre 1838. Alla morte dei genitori, quando
aveva ventisei anni entra tra i Frati Minori, nel convento di Amiens. Dopo gli studi
teologici viene ordinato sacerdote nel 1870. Presta servizio come cappellano militare
durante la guerra franco-prussiana. Dopo la guerra, a Burdeos fonda un convento in cui
esercita un intenso e fecondo apostolato. Nel 1876 va in Terra Santa e da lì nel 1881 è
inviato dalla Custodia in Canada, per lavorare a favore dei Luoghi Santi. Ritorna in
Palestina per prestare il suo servizio ai Santuari, per poi ritornare di nuovo in Canada,
impegnandosi proficuamente nella pastorale popolare. Uomo di grande pietà e
devozione, otteneva abbondanti e straordinarie grazie e guarigioni. Attivo nel costruire
chiese e santuari, questa opera non gli impedì di mantenere la sua integrità all’orazione
e alla penitenza, accompagnata da una ferma austerità di vita, di adesione limpida alla
povertà e ai poveri. Morì a Montréal il 4 agosto 1916. Giovanni Paolo II lo beatific il
25 settembre 1988. Viene chiamato l’“Apostolo dei due mondi”.
[Memoria liturgica ufficiale: 4 agosto].
Colletta
Signore nostro Dio, tu hai concesso al beato Federico di seguire in Terra Santa le orme
di tuo Figlio e, per mezzo di lui, di far meglio conoscere ai tuoi fedeli i misteri della
vita di Cristo. Concedici, per sua intercessione, di venerare con amore questi misteri e
di ricevere in abbondanza i frutti della redenzione. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
7 agosto
BEATI AGATANGELO NOURY E CASSIANO
LOPEZ-NIETO, sacerdoti e martiri di Gondar (Abissinia)
Agatangelo Noury nacque a Vendôme, in Francia, il 31 luglio 1598; entr nell’Ordine
dei Minori Cappuccini e si dedic all’attività missionaria dal 1629 alla sua morte. Nel
1633 gli venne affidata la missione in Egitto, al Cairo, dove si prodig per l’unione dei
Copti, poi fu superiore della nuova missione di Etiopia, dove lo raggiunse come
collaboratore Cassiano Lopez-Nieto. Questi, nato a Nantes il 14 gennaio 1607, aveva
emesso i voti nell’Ordine dei Cappuccini nel 1623. Ambedue, dopo pochi mesi, furono
fatti prigionieri dagli abissini e coronarono il loro apostolato con il martirio, che
avvenne il 7 agosto 1638 a Gondar. Furono proclamati beati da Pio X il 1° gennaio
1905.
COLLETTA
O Dio, che ai beati Agatangelo e Cassiano hai dato la forza di affermare con il martirio
la fede nella tua parola, per la loro intercessione fa’ che tutte le genti ti servano
nell’unità di una sola fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
8 agosto
SAN DOMENICO GUZMÁN DI CALERUEGA, sacerdote e fondatore dell’Ordine
dei Predicatori
Nacque nel 1170 a Caleruega, vicino a Burgos (Spagna). A Pallenza si dedic allo studio
della teologia e venne fatto canonico della chiesa di Osma. Sentendosi chiamato
all’evangelizzazione, si rec nella Francia meridionale, dove si adoper con grande
frutto a combattere l’eresia degli albigesi per mezzo della predicazione e con l’esempio
di una vita santa. Per rendere più efficace la sua opera, raccolse intorno a sé alcuni
compagni e fond l’Ordine dei Predicatori. Insigne per purezza di vita e devozione alla
Vergine Maria, fu iniziatore della preghiera del rosario. Venuto in Italia, si incontr con
san Francesco, al quale fu unito da profonda amicizia. Morì a Bologna il 6 agosto 1221
e fu iscritto nell’albo dei santi da Gregorio IX il 3 luglio 1234.
COLLETTA
Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san
Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro
patrono davanti a te.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
11 agosto
SANTA CHIARA D’ASSISI, religiosa e fondatrice del II Ordine
COLLETTA
Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà
evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile,
per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 agosto
COLLETTA
O Dio, Padre di misericordia, che hai fatto del beato Marco d’Aviano, sacerdote, uno
zelante apostolo della conversione e della comunione, concedi a noi, per sua
intercessione e sul suo esempio
di essere efficaci costruttori della pace, che il Cristo ci ha lasciato come suo dono.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
14 agosto
SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, sacerdote e martire della Seconda Guerra
Mondiale
Raimondo nacque a Zdunska Wola in Polonia l’8 gennaio 1894 ed entr ancor giovane
tra i Minori Conventuali. Fu mandato a compiere gli studi filosofici e teologici a Roma,
dove, non ancora sacerdote, fond la “Milizia dell’Immacolata”. Dopo l’ordinazione
sacerdotale, ritorn in Polonia e inizi con grande zelo il suo ministero. La sua vita è
contraddistinta da un ardente amore all’Immacolata e da un intenso apostolato mariano.
Fond , nel distretto di Varsavia, la Città dell’Immacolata (Niepokalan w), centro di vita
spirituale e di attività editoriale. Partito missionario per il Giappone, si prodig a
propagare la fede cristiana con la parola e la stampa. Rientrato in Polonia e nominato
superiore di Niepokalan w, continu la sua attività apostolica e mariana. Durante il
secondo conflitto mondiale fu imprigionato e portato nel campo di concentramento di
Auschwitz, dove, dopo aver eroicamente sopportato disumane privazioni, con un atto
supremo di amore diede la sua vita in cambio di quella di un compagno di prigionia e
morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941. Fu beatificato da Paolo VI il 17 ottobre
1971. Giovanni Paolo II, che lo dichiar santo e martire il 10 ottobre 1982, lo ha
chiamato «patrono del nostro difficile secolo».
Sono pieno di gioia, fratello carissimo, per l’ardente zelo che ti spinge a
promuovere la gloria di Dio. Nei nostri tempi, constatiamo, non senza tristezza, il
propagarsi dell’“indifferentismo”. Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo
in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti
religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e principale preoccupazione
deve essere quella di dargli lode nella misura delle nostre deboli forze, consapevoli di
non poterlo glorificare quanto Egli merita.
La gloria di Dio risplende soprattutto nella salvezza delle anime che Cristo ha
redento con il suo sangue. Ne deriva che l’impegno primario della nostra missione
apostolica sarà quello di procurare la salvezza e la santificazione di un maggiore
numero di anime. Ed ecco in poche parole i mezzi più adatti per procurare la gloria di
Dio nella santificazione delle anime. Dio, scienza e sapienza infinita, che conosce
perfettamente quello che dobbiamo fare per aumentare la sua gloria, manifesta
normalmente la sua volontà mediante i suoi rappresentanti sulla terra.
L’obbedienza, ed essa sola, è quella che ci manifesta con certezza la divina
volontà. È vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. L’unica
eccezione si verifica quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente, anche in
cose minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete della
volontà di Dio.
Dio è tutto: solo lui è infinito, sapientissimo, clementissimo Signore, creatore e
Padre, principio e fine, sapienza, potere e amore. Tutto ciò che esiste fuori di Dio ha
valore in quanto si riferisce a lui, che è creatore di tutte le cose, redentore degli uomini,
fine ultimo di tutte le creazioni. Egli ci manifesta la sua volontà e ci attrae a sé
attraverso i suoi rappresentanti sulla terra, volendo servirsi di noi per attrarre a sé altre
anime e unirle nella perfetta carità.
Considera fratello, quanto è grande, per la misericordia di Dio, la dignità della
nostra condizione. Attraverso la via dell’obbedienza noi superiamo i limiti della nostra
piccolezza, e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire rettamente con
la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina volontà a cui nessuna
creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti.
Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l’unica via nella quale
possiamo rendere a Dio la massima gloria. Se esistesse una via diversa e più adatta, il
Cristo l’avrebbe certamente manifestata con la parola e con l’esempio. Il lungo periodo
della vita nascosta di Nazareth è compendiato dalla Scrittura con queste parole: “e stava
loro sottomesso” (Lc 2,51). Tutto il resto della sua vita è posto sotto il segno
dell’obbedienza, mostrando frequentemente che il Figlio di Dio è disceso sulla terra
per compiere la volontà del Padre.
Amiamo dunque, fratelli, con tutte le forze il Padre celeste pieno di amore per
noi; e la prova della nostra perfetta carità sia l’obbedienza, da esercitare soprattutto
quando ci chiede di sacrificare la nostra volontà. Infatti non conosciamo altro libro più
sublime che Gesù Cristo crocifisso, per progredire nell’amore di Dio. Tutte queste cose
le otterremo più facilmente per intercessione della Vergine Immacolata che Dio, nella
sua bontà, ha fatto dispensatrice della sua misericordia. Nessun dubbio che la volontà
di Maria è la stessa volontà di Dio. Consacrandoci a lei, diventiamo nelle sue mani
strumenti della divina misericordia, come lei lo è stato nelle mani di Dio.
Lasciamoci dunque guidare da lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e
sicuri sotto la sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e allontanando
ogni angustia e difficoltà verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali
e spirituali.
R. Fatevi imitatori di Dio e camminate nella carità * nel modo con cui Cristo ci ha
amato,
V. e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
Inno Te Deum
Lodi mattutine
Ant. al Ben. Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire è un guadagno.
Orazione
O Dio, che hai dato alla Chiesa e al mondo san Massimiliano Maria Kolbe,
sacerdote e martire, ardente di amore per la Vergine Immacolata, interamente dedito
alla missione apostolica e al servizio eroico del prossimo, per sua intercessione concedi
a noi, a gloria del tuo nome, di impegnarci senza riserve al bene dell’umanità per
imitare, in vita e in morte, il Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
16 agosto
SAN ROCCO DELACROIX DE
MONTPELLIER, pellegrino, terziario
Rocco Delacroix nasce a Montpellier tra il 1348 e il 1350. Le fonti su di lui sono poco
precise e rese più oscure dalla leggenda. In pellegrinaggio diretto a Roma, dopo aver
donato tutti sui beni ai poveri e dopo essersi affiliato al Terz’Ordine, si sarebbe fermato
ad Acquapendente, dedicandosi all’assistenza degli ammalati di peste e facendo
guarigioni miracolose che diffusero la sua fama. Peregrinando per l’Italia centrale si
dedic ad opere di carità e di assistenza promuovendo continue conversioni. Sarebbe
morto in prigione, dopo essere stato arrestato presso Broni da alcuni soldati perché
sospettato di spionaggio. Invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le
catastrofi naturali, il suo culto si diffuse straordinariamente nell’Italia del Nord, legato
in particolare al suo ruolo di protettore contro la peste. Morì a Voghera tra il 15 e il 16
agosto di anno imprecisato tra il 1376 e il 1379. Il Concilio di Costanza nel 1414 lo
invoc santo per la liberazione dall’epidemia di peste ivi propagatasi durante i lavori
conciliari.
COLLETTA
O Signore,
custodisci i tuoi fedeli con paterna bontà perché, liberati da ogni male, per intercessione
di san Rocco,
ti servano, imitandolo, nella carità verso i fratelli, e, pellegrinando nella Chiesa verso
di te, entrino con gioia nella beatitudine della tua casa. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per
tutti i secoli dei secoli.
17 agosto
SANTA BEATRICE MENEZES DE SYLVA, religiosa e fondatrice, terziaria
Beatrice nacque a Campo Mayor (Portogallo) nel 1426 in una famiglia nobile, sorella
del beato Amedeo de Sylva e imparentata con la famiglia reale portoghese. La sua
bellezza e la sua virtù attirarono i nobili castigliani, ci suscit la gelosia della regina
Isabella che la maltratt , fino a chiuderla per tre giorni in una cassapanca. Una volta
liberata, fece voto di castità e di nascosto partì diretta a Toledo; la tradizione dice che
l’accompagnarono nel viaggio le apparizioni di Francesco d’Assisi e di Antonio di
Padova; giunta a Toledo entr nel monastero di San Domenico “El Real”, dove visse
per circa trent’anni. Ma in lei già da tempo vi era il desiderio di fondare un nuovo
Ordine religioso in onore dell’Immacolata Concezione, per questo scopo ottenne
l’appoggio di Isabella la Cattolica. Beatrice, con dodici compagne, diede così inizio ad
una nuova Famiglia monastica, l’Ordine della Immacolata Concezione, la cui regola
venne scritta da lei stessa. L’Ordine fu approvato da Innocenzo VIII il 30 aprile 1489.
Morì a Toledo verso il 1° settembre 1492, alla vigilia della professione religiosa del
primo gruppo del nuovo Ordine, precursore del culto e della teologia del dogma
dell’Immacolata Concezione. Il suo culto, instauratosi spontaneamente nel mondo
francescano e iberico, fu confermato con il titolo di beata il 28 luglio 1926; Paolo VI
l’ha canonizzata il 3 ottobre 1976.
COLLETTA
O Padre, che hai favorito la santa Beatrice de Sylva con il dono di una insigne
contemplazione
e hai voluto che risplendesse per la devozione alla Vergine Maria,
contemplata nella sua Immacolata Concezione, concedi che, sul suo esempio, possiamo
qui in terra seguire la vera sapienza fino ad arrivare al cielo per contemplare la bellezza
della tua maestà.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 agosto
BEATI LUIGI-ARMANDO ADAM E NICOLA
SAVOURET, sacerdoti e martiri della Rivoluzione francese
Il 1º ottobre 1995, a Roma, nella piazza antistante alla Basilica di San Pietro, Giovanni
Paolo II ha elevato all’onore degli altari 64 martiri della rivoluzione francese (1789-
1799), 45 della guerra civile spagnola (1936-1939) e un religioso delle Scuole
Cristiane. Tra i 64 martiri vandeani, uccisi in odio alla fede, ci sono due sacerdoti
francescani dei Minori Conventuali: il padre Luigi-Armando Adam e il padre Nicola
Savouret. Deportati in un carcere presso il golfo di Rochefort-sur-Mer, per molti mesi
furono sottoposti ad atroci tormenti. Ammassati poi nelle stive di alcune vecchie navi,
furono barbaramente soppressi con l’affondamento delle navi stesse. Luigi-Armando,
nato a Rouen il 19 novembre 1741, subì il martirio il 13 luglio 1794; Nicola Savouret,
nato a Jouvelle, un paesello dell’Alta Saona, nel febbraio 1733, fu martirizzato il 16
luglio 1794. Ricordando tutti questi martiri, il papa ha detto: «Il nostro pensiero va ai
64 sacerdoti francesi uccisi con altre centinaia di vittime sui “pontoni di Rochefort”.
Seguendo l’esortazione di san Paolo a Timoteo, essi “hanno combattuto la buona
battaglia della fede” (1 Tm 6, 12). Hanno pure conosciuto un lungo calvario di
sofferenze, per essere rimasti fedeli alla loro fede e alla Chiesa. Se sono morti, è stato
perché fino in fondo hanno affermato la loro stretta comunione con il papa Pio VI. In
preda ai tormenti, mai hanno avuto un pensiero di odio per i loro persecutori. Ora sono
sotto i nostri occhi come un segno vivente della potenza di Cristo che si manifesta nella
umana fragilità».
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
Seconda lettura
“Loda il Signore, anima mia” (Sal 145,1). L’invito del salmo vien fatto proprio
dalla Chiesa nel giorno della Beatificazione dei martiri, che hanno testimoniato col
sangue la loro fedeltà a Cristo durante la rivoluzione francese.
Il martirio è un particolare dono dello Spirito Santo: un dono per tutta la Chiesa.
Esso trova il suo coronamento nell’odierna liturgia di beatificazione, nella quale
rendiamo in modo speciale gloria a Dio: “Ti acclama la candida schiera dei martiri”.
Dio, mediante un atto solenne della Chiesa – la beatificazione – corona i loro meriti,
manifesta allo stesso tempo il dono di grazia a loro fatto, come proclama la liturgia: “Il
loro trionfo celebra i doni della tua misericordia”.
In questi nuovi Beati si manifesta in modo particolare Cristo: la ricchezza del
suo mistero pasquale, della croce e della risurrezione. “Gesù Cristo: da ricco che era,
si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”
(2Cor 8,9).
Questa mattina, cari fratelli e sorelle, il nostro pensiero va ai sessantaquattro
sacerdoti francesi morti con altre centinaia sui bastimenti/prigione di Rochefort. Come
san Paolo aveva esortato Timoteo, essi “hanno combattuto la buona battaglia della
fede” (1Tm 6,12). Essi stessi hanno percorso un lungo calvario per essere rimasti fedeli
alla loro fede e alla Chiesa. Se sono morti, è perché fino alla fine hanno affermato la
loro stretta comunione con il Papa Pio VI.
Nella loro profonda solitudine morale, essi hanno saputo mantenere vivo lo
spirito di preghiera. “Stando tra i tormenti” (Lc 16,23) della fame e della sete, non
ebbero una sola parola di odio nei confronti dei loro torturatori. Lentamente, si
lasciarono configurare al sacrificio del Cristo che celebravano in forza della loro
ordinazione. Eccoli ora offerti ai nostri sguardi come un segno vivente della potenza di
Cristo che agisce nella debolezza umana.
Noi possiamo con gioia riferire a loro le parole della Sacra Scrittura: le anime
dei giusti sono nelle mani di Dio. “Parve che morissero. La loro dipartita fu ritenuta
una sciagura, ma essi sono nella pace” (Sap 2,2-3).
La professione di fede, proclamata dai nuovi Beati con l’offerta della loro vita,
come afferma l’Apostolo, crea particolari legami tra ciascuno dei testimoni (martyres)
e Cristo, che è stato il primo testimone (Martyr) “davanti a Ponzio Pilato” (1Tm 6,13).
Lo stesso Cristo, l’unico Signore di tutto l’universo, il re dei re ed il Signore dei
signori (cfr. Ap 17,14), è la gloria dei martiri. Lui infatti è “il solo che possiede
l’immortalità, che abita una luce inaccessibile” (1Tm 6,16). “A lui onore e potenza per
sempre” (ivi).
A lui, che per noi si è fatto povero per renderci ricchi con la sua povertà, gloria
e onore nei nuovi Beati martiri, che oggi costituiscono una nuova ricchezza di grazia e
di santità per tutta la Chiesa.
ORAZIONE
O Dio, che hai concesso ai Beati Luigi e Nicola, sacerdoti, la grazia di rimanere
fedeli alla Chiesa fino al dono della vita e di perdonare i loro persecutori, concedi a
noi, per loro intercessione, di amare i nostri fratelli, di servirli in tuo nome, di perdonare
a tutti di cuore. Per il nostro Signore.
COLLETTA
O Dio, che hai premiato con la gloria eterna
il martirio dei beati Luigi-Armando, Nicola e dei loro compagni, donaci di imitarne
l’invitta costanza nella fede per essere partecipi della loro sorte beata.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 agosto
BEATI GIANLUIGI LOIR, PROTASIO
BOURDON E SEBASTIANO VERNESON,
sacerdoti e martiri della Rivoluzione francese
Durante la rivoluzione francese, 829 sacerdoti e religiosi furono deportati sui pontoni
di Rochefort perché avevano rifiutato di prestare giuramento alla “Costituzione del
clero”. Furono sottoposti a durissime condizioni di vita e alle peggiori umiliazioni e
brutalità; così che a capo di dieci mesi si contavano fra loro già 547 morti. Fra questi
eroi della fede e della fedeltà al papa e alla Chiesa di Roma, Giovanni Paolo II il 1°
ottobre 1995 dichiarava beati i servi di Dio Jean-Baptiste Souzy e 63 suoi compagni.
Di tale gruppo fanno parte due Frati Minori Conventuali e tre Frati Minori Cappuccini:
Jean-Louis Loir de Besançon, Protais Bourdon de Sées, Sébastien Verneson de Nancy.
COLLETTA
O Dio, tu che hai donato ai beati martiri Gianluigi, Protasio e Sebastiano la grazia della
fedeltà e del perdono nella prova della deportazione, concedi a noi, per loro
intercessione, di rimanere sempre fedeli alla tua Chiesa e pronti a riconciliarci con i
nostri fratelli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che hai ispirato a san Ludovico d’Angi vescovo
di anteporre il regno dei cieli al fascino del potere terreno, per servire i poveri in
semplicità e carità, infondi in noi la forza di superare ogni egoismo e di essere in terra
testimoni del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
23 agosto
BEATO BERNARDO PERONI DA OFFIDA,
religioso
Domenico Peroni nacque il 7 novembre 1604 a Offida, nelle Marche. Da fanciullo,
addetto alla custodia del gregge, coltiv intensamente la pietà. A ventidue anni entr
nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, gareggiando con i migliori nell’acquisto delle
più belle virtù francescane. Durante la sua lunga vita fece il cuoco, l’infermiere, il
cercatore, l’ortolano, il portinaio. A sessantacinque anni fu mandato a Offida e ivi
esercit la questua con gioia, come mezzo di penitenza e apostolato a vantaggio delle
anime. Giunto ad una età avanzata e pieno di malanni trasform ancora di più la sua
esistenza in preghiera e penitenza. Sul letto di morte ricord ai frati l’obbligo di
osservare fedelmente la regola, di amarsi fraternamente, di vivere sempre in pace e di
usare grande carità verso i poveri. Morì il 22 agosto 1694. Fu beatificato da Pio VI il
25 maggio 1795.
COLLETTA
O Dio, che nell’amore verso di te e verso i fratelli hai compendiato i tuoi
comandamenti, fa’ che, ad imitazione del beato Bernardo da Offida, dedichiamo la
nostra vita al servizio del prossimo, per essere da te benedetti nel regno dei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio,
che hai colmato dei tuoi doni il re san Ludovico, e lo hai innalzato dalla regalità terrena
alla corona eterna, fa’ che anche noi, cooperando all’edificazione della città terrena,
teniamo viva la speranza della città eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
26 agosto
BEATO JUNÍPERO SERRA FERRER, sacerdote
Miguel-José Serra Ferrer nacque a Petra (Maiorca, Spagna) il 24 novembre 1713.
Diciottenne assume il nome di “Ginepro” facendosi francescano, per ricordare uno dei
primi compagni di Francesco d’Assisi. Sacerdote a ventitre anni, nel 1737, si dedica
all’insegnamento (filosofia e teologia) e alla predicazione. A trentasei anni va
missionario in Messico, che all’epoca è soggetto alla Spagna. Nel 1750, con il
discepolo Francisco Palóu, raggiunge la Sierra Gorda, dove arriverà a dirigere cinque
missioni. Si calcola che Junípero abbia percorso 9.900 chilometri in terra e 5.400 miglia
in navigazione, arrivando all’Alta California. Fond nove missioni da cui derivano i
nomi francescani di importantissime città californiane come San Francisco, San Diego,
Los Angeles, ecc. Ma è sull’uomo che Junípero compie i suoi prodigi, portandogli,
insieme alla fede, la spinta a costruirsi una vita degna della persona e della famiglia.
Quando muore nel Carmelo di Monterey (dove sarà sepolto) il 28 agosto 1784, per tutti
quelli che via via ne ricevono la notizia è come aver perduto davvero un padre, ma
ricevendone pure una grande eredità. È chiamato l’“Apostolo della California”:
nessuno prima di lui ha fatto tanto per tali popolazioni. Considerato come il padre degli
indios fu onorato come un eroe nazionale e dal 1° marzo 1931 la sua statua si trova
nella Sala del Congresso di Washington come rappresentante dello Stato della
California. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988.
COLLETTA
O Padre, per la tua ineffabile misericordia, hai voluto unire alla tua Chiesa numerosi
popoli dell’America per mezzo del beato Junípero Serra, concedi a noi, per sua
intercessione, che i nostri cuori siano uniti a te nella carità perché possiamo portare a
tutti gli uomini,
sempre e ovunque, l’immagine del tuo Figlio unigenito, il Signore nostro Gesù Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli.
1 settembre
(17 agosto )
SANTA BEATRICE MENEZES DE SYLVA, religiosa e fondatrice, terziaria
Beatrice nacque a Campo Mayor (Portogallo) nel 1426 in una famiglia nobile, sorella
del beato Amedeo de Sylva e imparentata con la famiglia reale portoghese. La sua
bellezza e la sua virtù attirarono i nobili castigliani, ci suscit la gelosia della regina
Isabella che la maltratt , fino a chiuderla per tre giorni in una cassapanca. Una volta
liberata, fece voto di castità e di nascosto partì diretta a Toledo; la tradizione dice che
l’accompagnarono nel viaggio le apparizioni di Francesco d’Assisi e di Antonio di
Padova; giunta a Toledo entr nel monastero di San Domenico “El Real”, dove visse
per circa trent’anni. Ma in lei già da tempo vi era il desiderio di fondare un nuovo
Ordine religioso in onore dell’Immacolata Concezione, per questo scopo ottenne
l’appoggio di Isabella la Cattolica. Beatrice, con dodici compagne, diede così inizio ad
una nuova Famiglia monastica, l’Ordine della Immacolata Concezione, la cui regola
venne scritta da lei stessa. L’Ordine fu approvato da Innocenzo VIII il 30 aprile 1489.
Morì a Toledo verso il 1° settembre 1492, alla vigilia della professione religiosa del
primo gruppo del nuovo Ordine, precursore del culto e della teologia del dogma
dell’Immacolata Concezione. Il suo culto, instauratosi spontaneamente nel mondo
francescano e iberico, fu confermato con il titolo di beata il 28 luglio 1926; Paolo VI
l’ha canonizzata il 3 ottobre 1976.
2 settembre
BEATO SEVERINO GIRAULT, sacerdote e martire della Rivoluzione francese
Le vittime nel campo religioso durante la rivoluzione francese, furono migliaia e
appartenenti a tutti gli Ordini allora presenti in Francia. Giorgio Girault che era nato a
Rouen il 14 gennaio 1728, entr nel convento del Terz’Ordine Regolare di San
Francesco di Rouen e nel 1750 fece la sua professione. Divenne sacerdote a Parigi nel
1754, ebbe negli anni successivi vari incarichi di responsabilità nell’Ordine in
Normandia. Alla scoppio della rivoluzione era alloggiato nel convento di Notre-Dame
di Nazareth a Parigi ed era confessore delle Suore Francescane di Santa Elisabetta. Al
momento dello scatenarsi dei massacri dei religiosi, Severino si trovava nel convento
dei Carmelitani di Parigi. Arrestato insieme a molti altri e fu il primo ad essere ucciso
il 2 settembre 1792. Lo seguirono nel martirio in quello stesso luogo, altri 93 religiosi
e sacerdoti. “I martiri di Settembre”, complessivamente 191, furono beatificati da Pio
XI il 17 ottobre 1926.
COLLETTA
Dio onnipotente e misericordioso,
guarda il tuo popolo che celebra il giorno glorioso del martire Severino e donaci, per
i suoi meriti e la sua intercessione, perseverante fedeltà a Cristo e alla Chiesa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
2 settembre
BEATO APOLLINARE MOREL DA POSAT, sacerdote e martire della Rivoluzione
francese
Nacque in un villaggio presso Friburgo (Svizzera) il 12 giugno 1739 e nel battesimo
gli fu posto il nome di Gian Giacomo Morel. Il 26 settembre 1762, a ventitre anni, vestì
l’abito dei Frati Minori Cappuccini prendendo il nome di fra Apollinare da Posat (paese
d’origine). Ordinato sacerdote il 22 settembre 1764, si diede al tipico apostolato
cappuccino con l’aiutare il clero nelle parrocchie e predicare missioni al popolo.
Efficacissima la sua predicazione, specie tra i giovani, per cui ebbe molto da soffrire
da parte degli avversari della fede. Fu pure insegnante e direttore degli studenti di
teologia a Friburgo. Nel 1788 era a Parigi in procinto di recarsi missionario in Siria,
ma il Signore dispose che Parigi fosse l’ultimo campo del suo apostolato e il luogo del
suo martirio. Per aver rifiutato di sottoscrivere la “Costituzione civile del Clero” fu
arrestato il 14 agosto 1792 e inviato nella chiesa del Carmine, dove erano rinchiusi
circa 160 refrattari, quasi tutti ecclesiastici, e dove venne ucciso nell’orrendo massacro
del 2 settembre. Nelle due lettere scritte all’amico Jann e al suo antico superiore, egli
rivela l’intimo del suo spirito nella certezza d’immolarsi per Cristo; nella luce del
martirio, Apollinare vede risplendere il disegno di Dio sulla sua vita di perseguitato e
intona l’alleluia pasquale che, poi, canterà in eterno in cielo. Il 17 ottobre 1926, Pio XI
lo annover tra i beati insieme ad altri 190 martiri della rivoluzione francese, tra i quali
Gianfrancesco Burté dei Frati Minori Conventuali e Severino Girault del Terz’Ordine
Regolare.
COLLETTA
Fa’, o Signore, che amiamo con pietà filiale la tua Chiesa, per la cui difesa il beato
Apollinare, corroborato dal dono della fortezza, ha combattuto fino alla morte.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
2 settembre
BEATO GIANFRANCESCO BURTÉ, sacerdote e martire della Rivoluzione francese
Fa parte dei 191 sacerdoti e religiosi francesi massacrati durante la rivoluzione
francese, tra il 2 e il 3 settembre 1792 a Parigi. Nacque a Ramberviller (Francia) il 20
giugno 1740, entr fra i Conventuali della stretta Osservanza a Nancy nel 1757 e
completati gli studi, rimase come professore e guardiano del convento nel 1768. Nel
1778 fu inviato a Parigi come procuratore generale della sua provincia francescana;
ritorn nella stessa città parigina nel 1790, divenendo superiore nel giugno 1792. Venne
accusato di aver autorizzato i “preti refrattari”, cioè quei sacerdoti che non aderivano
alla Costituzione del clero e quindi fuorilegge, a confessare e celebrare nella sua chiesa,
mentre avrebbe dovuto proibirlo; quindi fu arrestato ed inviato nell’ex convento dei
Carmelitani, dove fu trucidato insieme agli altri religiosi e sacerdoti catturati. Venne
beatificato, insieme agli altri, da Pio XI il 17 ottobre 1926.
COLLETTA
O Dio, che al beato Gianfrancesco hai dato la grazia e la gloria del martirio, fa’ che
onoriamo il suo sacrificio imitandone la totale dedizione alla tua Chiesa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
4 settembre
SANTA ROSA DA VITERBO, terziaria
Nasce nel 1233 a Viterbo. Il 24 giugno 1247, gravemente malata, ottiene di entrare
subito fra le Terziarie di San Francesco, che ne seguono la regola vivendo in famiglia.
Guarita, si mette a percorrere Viterbo portando una piccola croce o un’immagine sacra:
prega ad alta voce ed esorta tutti all’amore per Gesù e Maria, alla fedeltà verso la
Chiesa. Inizia la campagna per rafforzare la fede cattolica, contro l’opera del dissenso
religioso, nella città dove comandano i ghibellini, ligi all’imperatore e nemici del papa.
Un’iniziativa spirituale, ma collegata alla situazione politica. Per questo, il podestà
manda Rosa e famiglia in domicilio coatto a Soriano del Cimino. Un breve esilio,
perché nel 1250 muore Federico II e Viterbo passa nuovamente alla Chiesa. Ma non
sentirà più la voce di Rosa nelle strade. La giovane muore il 6 marzo 1251. Nel
novembre 1252 papa Innocenzo IV promuove il primo processo canonico. Nel 1257
papa Alessandro IV ordina la traslazione del corpo nel monastero delle Clarisse e il 4
settembre 1258 la eleva agli onori degli altari. La morte di Rosa si commemora il 6
marzo. Ma le feste più note in suo onore sono quelle del 4 settembre, che ricordano la
traslazione del corpo nell’attuale santuario a lei dedicato. Nel 1922 Benedetto XV ha
proclamato Rosa patrona della Gioventù femminile di Azione Cattolica. È patrona di
Viterbo e compatrona della diocesi.
COLLETTA
O Dio, che hai unito in santa Rosa da Viterbo, nel fiore della sua giovinezza, il candore
dell’innocenza con una mirabile fortezza d’animo, concedici che, imitando in terra le
sue virtù, siamo anche partecipi con lei dei gaudi eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
11 settembre
BEATO BONAVENTURA GRAN DA BARCELLONA, religioso
Michele Battista Gran nacque a Riudoms, diocesi di Tarragona (Spagna), il 24
novembre 1620. Per volere del padre contrasse matrimonio ma, rimasto vedovo dopo
soli dodici mesi, entr nell’Ordine dei Frati Minori come semplice religioso, attendendo
ovunque ai più umili uffici della comunità. Si distinse per la sua singolare carità verso
i poveri e i sofferenti. Da Barcellona di Spagna venne in Italia e ottenne dal papa la
facoltà di poter erigere dei conventi di ritiro a Ponticelli in Sabina e sul Palatino a
Roma. Morì a Roma l’11 settembre 1684. Fu beatificato da Pio X il 10 giugno 1906.
COLLETTA
O Padre, che nel beato Bonaventura da Barcellona ci hai donato un modello di
perfezione evangelica, concedi a noi, per sua intercessione, di crescere nella
conoscenza di Cristo e di accogliere e testimoniare con la vita la parola del Vangelo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 settembre
SANTA CATERINA FIESCHI ADORNO DA
GENOVA, fondatrice, terziaria
Nasce nel 1447 in una delle principali famiglie genovesi. A sedici anni viene data in
moglie a Giuliano Adorno, appartenente ad una importante famiglia ghibellina. Vive
una vita frivola e mondana ma dopo un incontro con la sorella suora, decide di cambiare
vita e condivide le sue esperienze mistiche e caritative con un piccolo gruppo di figli
spirituali. Volle quindi essere figlia e seguace del Serafino di Assisi, e si iscrisse al
Terz’Ordine. La gloriosa divisa del Terziario figura tra gli oggetti inventariati dopo la
sua beata morte. Am san Francesco e si studi di imitarlo, di divenir parte viva del
grandioso e provvidenziale movimento da lui suscitato. La storia ci dice che Caterina
riuscì nell’intento tanto da meritare il titolo di Serafina. Dopo la conversione, la vita di
Caterina ha il proprio centro nel rapporto con Cristo. Non si dedica per solo alla
contemplazione, ma anche all’azione, rivolgendo il suo impegno concreto soprattutto
agli ammalati. Opera nella Compagnia delle dame della Misericordia e inizia a visitare
il lebbrosario di San Lazzaro, svolge le mansioni più umili; cura pure i bambini
abbandonati e fronteggia varie epidemie di peste. Nel 1497 fonda la prima “Compagnia
del divino amore”, che sarà il modello per analoghe istituzioni di altre città italiane nel
quadro di quella che è stata chiamata la Riforma cattolica. Muore il 15 settembre 1510.
Il suo corpo è conservato nella chiesa genovese della Santissima Annunziata in
Portoria. È stata beatificata da Clemente X il 6 aprile 1675 e canonizzata da Clemente
XII il 23 aprile 1737.
COLLETTA
O Dio, che hai fatto ardere di amore divino santa Caterina Fieschi Adorno, nel
contemplare le sofferenze di Cristo, per sua intercessione, accendi n noi il fuoco della
tua carità e rendici partecipi della passione del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna
con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
17 settembre
IMPRESSIONE DELLE STIMMATE DI SAN FRANCESCO
Il serafico Padre san Francesco nutrì, fin dalla sua conversione, una tenerissima devozione a Cristo
crocifisso; devozione che diffuse sempre con le parole e la vita. Nel 1224, mentre sul monte della
Verna era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel
corpo le stimmate della sua passione. Benedetto XI concesse all’Ordine francescano di celebrare
annualmente il ricordo di questo privilegio, che rese il Poverello «mirabile segno» di Cristo.
Festa
INNO
SALMO 91
I (1-9)
II (10-16)
PRIMA LETTURA
Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i
suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri. Portate i pesi
gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere
qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria
condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno
infatti porterà il proprio fardello.
Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello
che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi
semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il
bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo
l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.
Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù
Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova
creatura.
E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto
l'Israele di Dio.
D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stimmate di Gesù nel mio
corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
RESPONSORIO Cfr. At 20,28; 1 Cor 4,2
℞ Vegliate sul gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi, *
per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo Figlio.
℣ A chi amministra, si chiede di essere fedele,
℞ per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo Figlio.
SECONDA LETTURA
Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo
spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una
quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più
abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato
maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall'alto.
Un mattino, verso la festa dell'Esaltazione della santa Croce, raccolto in preghiera
sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la
figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con
volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all'uomo di Dio. Apparve
allora non solo alato, ma anche crocifisso.
A quella vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c'erano, al tempo
stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto
benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso; ma al mirarlo così
confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua
anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni
della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla
forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi;
nell'incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e
dall'altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un
colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.
Dopo che l'uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo
miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli
passati, egli portava con sé l'immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in
tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.
℞ Porto sempre e dovunque nel mio corpo la morte di Gesù, * perché anche la vita di
Gesù si manifesti nel mio corpo.
℣ Dio mi predestinò ad essere conforme all'immagine del Figlio suo
℞ perché anche la vita di Gesù si manifesti nel mio corpo.
TE DEUM
I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;
ORAZIONE
O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso
nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo:
concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere
partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Lodi mattutine
INNO
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo,
per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Difatti
io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo
sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
RESPONSORIO BREVE
Rivolgiamo la nostra umile preghiera a Cristo Signore, che ha edificato col suo sangue
la Chiesa, e ci ha chiamati alla sequela del suo fedelissimo imitatore Francesco.
Diciamo insieme:
Rendici perseveranti, o Signore, nel tuo servizio..
Tu che hai dato ai tuoi discepoli come speciale comandamento il precetto dell'amore
fraterno,
- fa' che operiamo alacremente il bene a servizio di tutti i nostri fratelli.
O Cristo Salvatore, che non hai disdegnato di lavorare con le tue mani,
- dirigi e santifica il nostro lavoro, perché, vedendo le nostre buone opere, tutti
possano glorificare il Padre.
Padre Nostro.
ORAZIONE
O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso
nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo:
concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere
partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ora Media
Terza
Questa vita che vivo, e nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha
amato e ha dato se stesso per me. Non annullo dunque la grazia di Dio.
Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi
possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a
lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo
bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui.
Nona
Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui. Così anche voi
consideratevi morti al peccato, ma viventi per Iddio, in Cristo Gesù.
Vespri
INNO
Un celeste Serafino
rivestito di sei ali,
inchiodato sulla croce.
Riconosce il Poverello
il Signore Crocifisso:
cresce il fuoco nel suo cuore.
O mirifico portento:
è visibile nel servo
la figura del Signore.
SALMO 14
2 ant. Io ritenni
di non sapere altro in mezzo a voi
se non Gesù Cristo, e questi Crocifisso.
SALMO 111
2 ant. Io ritenni
di non sapere altro in mezzo a voi
se non Gesù Cristo, e questi Crocifisso.
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo,
per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Difatti
io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo
sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONE
Fratelli, preghiamo Dio nostro Padre, perché, sull'esempio e per l'intercessione del
serafico Padre san Francesco, ci guidi tutti alla santità. Diciamo insieme:
Ti preghiamo, ascoltaci, o Signore.
Padre Santo, che hai reso il tuo servo Francesco un perfetto imitatore del tuo Figlio
Gesù,
- fa' che anche noi, seguendo le sue orme, osserviamo fedelmente il Vangelo di Cristo.
Padre Santo, che hai insignito il tuo servo Francesco con le sacre stimmate della
passione del tuo Figlio,
- fa' che di null'altro ci gloriamo se non della croce di Gesù Cristo.
Padre Santo, che per le preghiere di san Francesco perdoni le nostre colpe,
- fa' risplendere sui nostri fratelli defunti la luce del tuo volto.
Padre Nostro
ORAZIONE
O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso
nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo:
concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere
partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio che, per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso
nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del tuo Figlio, concedi
a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere partecipi
della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive
e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 settembre
SAN GIUSEPPE DESA DA COPERTINO, sacerdote
Giuseppe Desa nacque a Copertino (Lecce) nel 1603 e fu ricevuto nell’Ordine dei
Minori Conventuali. Ordinato sacerdote nel 1628, si diede senza riserve al sacro
ministero e al lavoro per la salvezza delle anime. La sua parola era confermata dalla
pratica delle virtù religiose, da grande penitenza e da intensa preghiera. La sua vita,
piena di estasi e miracoli, lo rese una delle figure più interessanti della mistica cristiana.
Per i suoi singolarissimi privilegi, fu costretto a cambiare spesso convento onde evitare
fanatismi popolari, ma rifulsero sempre in lui l’umiltà e l’incondizionata obbedienza.
Grandissima fu la sua devozione alla Vergine Maria e al serafico Padre. Morì a Osimo,
nelle Marche, il 18 settembre 1663. Fu beatificato il 24 febbraio 1753 da Benedetto
XIV e proclamato santo il 16 luglio 1767 da Clemente XIII.
COLLETTA
O Dio, che con mirabile sapienza
hai voluto attrarre ogni cosa all’unigenito tuo Figlio, fa’ che, elevandoci dalle terrene
cupidigie, per i meriti e l’esempio di san Giuseppe da Copertino, possiamo
conformarci pienamente allo stesso tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
19 settembre
SAN FRANCESCO MARIA CROESE DA CAMPOROSSO, religioso
Giovanni Croese nacque a Camporosso (Imperia) il 27 dicembre 1804. Entrato nell’Ordine dei Minori
Cappuccini, per quarant’anni and elemosinando per le vie di Genova, beneficando tutti,
spiritualmente e materialmente. Per la reputazione di santità che si diffuse intorno alla sua persona, i
suoi concittadini lo chiamavano “padre santo”. Nel 1866 si offrì vittima di carità per assistere gli
ammalati di colera e si spense contagiato dal morbo il 17 settembre. Beatificato il 30 giugno 1929 da
Pio XI, venne dichiarato santo da Giovanni XXIII il 9 dicembre 1962.
SECONDA LETTURA
La carità, che non può rimanere oziosa, manifesta sempre la sua presenza
mediante le opere. Lo afferma san Gregorio: «La verifica dell'amore è l'opera esibita».
E Giovanni, il discepolo che Gesù prediligeva, dice: «Chi avesse dei beni del mondo e
vedendo il suo fratello nella necessità, gli chiudesse il cuore, come potrebbe restare in
lui l'amore di Dio? Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio,
che non vede.
La stessa Verità, il buon Gesù, ha avuto cura di spiegare quali siano le opere di
misericordia che dimostrano l'amore del prossimo. Afferma, infatti, che egli,
nell'esame dell'ultimo giudizio, loderà i giusti e condannerà i reprobi, per avere o non
avere compiuto queste opere: «Ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete mi
deste da bere; fui senza tetto e mi accoglieste; fui ignudo e mi vestiste; fui ammalato
e in carcere e mi visitaste. Perché ciò che avete fatto al più piccolo di questi fratelli, lo
avete fatto a me».
Ecco le opere di misericordia che procedono dalla radice della carità. Bisogna,
dunque, riflettere bene sull'eccellente dignità di queste opere che, sole, meritano lode
in quell'esame rigoroso. Non vale nulla la purezza del bianco fiore senza queste opere;
non ha valore la purezza verginale senza le opere della carità.
Si esamini ciascuno se ha questa volontà. Quando vedi un povero o un infermo o
un pellegrino, e passi oltre non toccato da compassione, e non offri per lui alcuna
preghiera, non partecipando al suo bisogno, forse tu hai volontà di donare? In nessun
modo. Ogni volta che vediamo qualcuno nell'indigenza, riconosciamo Cristo in lui,
poiché anche l'indigente è nostro fratello. Se non chiuderemo le viscere della
compassione di fronte all'indigente, sapremo che la carità di Dio ha dimora in noi.
Tuttavia, e anzi molto di più, si deve usare misericordia verso quei miseri che
deviano dalla retta fede o dalle sue opere, e che si adagiano nell'immondizia dei
peccati, sia che essi li riconoscano sia che non li considerino. Bisogna spezzare loro,
con le nostre preghiere e lacrime, quel pane celeste degli Angeli, il dolce Gesù,
inducendolo alla misericordia.
Similmente, coloro cui il Signore ha dato il dono dell'intelletto, spezzino e
apprestino a costoro il pane della sacra Scrittura; e preghino il Signore che si degni di
aprire i loro occhi perché lo riconoscano, e sani il palato del loro cuore perché possano
gustare e vedere come veramente soave è il Signore, riconosciuto nello spezzare il
pane, cioè nell'interpretazione della sacra Scrittura.
℞ Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. * Per me il
vivere è Cristo, e il morire un guadagno.
℞ Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi anche la nostra stessa vita, perché
ci siete diventati cari.
℞ Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno.
ORAZIONE
O Dio, che in san Francesco Maria, tuo umile servo, ci hai dato un esempio
singolare di carità operosa: fa' che anche noi, a sua imitazione e con il suo aiuto, ci
dedichiamo con generosità e umiltà al servizio del prossimo. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che in san Francesco Maria, tuo umile servo, ci hai dato un esempio singolare
di carità operosa, fa’ che anche noi, a sua imitazione e con il suo aiuto, ci dedichiamo
con generosità e umiltà al servizio del prossimo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
22 settembre
SANT’IGNAZIO BELVISOTTI DA SANTHIÀ,
sacerdote
Lorenzo Maurizio Belvisotti nacque a Santhià (Vercelli) il 5 giugno 1686. Frequent il
seminario e a ventiquattro anni venne ordinato sacerdote. Si diede alla predicazione
aiutando i Gesuiti nelle loro missioni. Rifiutato un canonicato e una parrocchia, con
umili insistenze chiese ed ottenne di entrare tra i Frati Minori Cappuccini, a trent’anni.
Era venuto a cercare umiltà e obbedienza e divenne modello di queste virtù per
cinquantaquattro anni. Sua gioia era stare all’ultimo posto, servo di tutti, sempre pronto
a qualunque richiamo dei superiori. Maestro dei novizi, apostolo del confessionale,
consolatore degli infermi, che visitava nelle loro case, con l’animo sempre immerso in
Dio e con inalterabile serenità con tutti. Morì il 22 settembre 1770; le sue reliquie sono
nella chiesa dei Cappuccini del Monte, a Torino. Il 17 aprile 1966 Paolo VI procedeva
alla solenne beatificazione e Giovanni Paolo II il 18 maggio 2002 lo annover tra i santi.
COLLETTA
O Dio onnipotente ed eterno, per restaurare l’umana natura hai voluto che l’obbedienza
riparasse ci che aveva perduto la superbia: concedi propizio che le preghiere
e gli esempi del sacerdote sant’Ignazio da Santhià ci rendano disponibili a compiere
con prontezza la tua volontà, principio della nostra salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
23 settembre
SAN PIO FORGIONE DA PIETRELCINA,
sacerdote
Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, diocesi di Benevento, il 25 maggio 1887.
Entrato come chierico nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini il 6 gennaio 1903, fu
ordinato sacerdote il 10 agosto 1910, nella cattedrale di Benevento. Il 28 luglio 1916
salì a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, dove, salvo poche e brevi interruzioni,
rimase fino alla morte, avvenuta il 23 settembre 1968. La mattina del venerdì 20
settembre 1918, mentre pregava davanti al crocifisso del coro della vecchia chiesina,
ricevette il dono delle stimmate, che rimasero aperte e sanguinanti per mezzo secolo.
Durante la vita attese allo svolgimento del suo ministero sacerdotale, fond i “Gruppi
di preghiera” e un moderno ospedale, al quale pose il nome di “Casa sollievo della
sofferenza”. Morì il 23 settembre 1968. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 2 maggio
1999 e canonizzato dallo stesso pontefice il 16 giugno 2002.
COLLETTA
Dio onnipotente ed eterno,
con grazia singolare hai concesso al sacerdote san Pio da Pietrelcina di partecipare alla
croce del tuo Figlio e per mezzo del suo ministero
hai rinnovato le meraviglie della tua misericordia, concedi a noi, per sua intercessione,
che, uniti costantemente alla passione di Cristo, possiamo giungere felicemente alla
gloria della risurrezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 settembre
RITROVAMENTO DEL CORPO DELLA SANTA MADRE CHIARA
Chiara d’Assisi morì la sera dell’11 agosto 1253 a San Damiano. Il giorno seguente,
con tutti gli onori, fu trasportata nella chiesa di San Giorgio, luogo della primitiva
sepoltura di san Francesco e dove poi sorse la basilica a lei dedicata. Pio IX autorizz i
lavori di scavo sotto l’altare della basilica per riportare alla luce il corpo della Santa,
che fu ritrovato il 23 settembre 1850. Da allora è esposto in permanenza alla
venerazione dei fedeli.
COLLETTA
Celebrando la memoria della santa madre Chiara, imploriamo, o Signore,
per i suoi meriti e la sua intercessione, la grazia di rivivere ogni giorno il mistero della
risurrezione, radicati nella speranza e nella carità operosa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 settembre
SAN PACIFICO DIVINI DA SAN SEVERINO,
sacerdote
Carlo Antonio Divini nacque a San Severino nelle Marche il 1° marzo 1653 e a
diciassette anni abbracci la regola dei Frati Minori Osservanti Riformati con il nome
di fra Pacifico. Religioso e sacerdote esemplare, ovunque esercit il ministero lasci viva
testimonianza di santità, specialmente nella pratica della penitenza, della pazienza, del
raccoglimento, della profonda orazione e della gioia di servire il Signore. Morì nel
convento del suo paese il 24 settembre 1721. Beatificato da Pio VI il 13 agosto 1786,
fu canonizzato da Gregorio XVI il 26 maggio 1839.
COLLETTA
O Padre, datore di ogni bene,
che hai concesso a san Pacifico da San Severino di vivere le beatitudini evangeliche
in grande pazienza e nell’amore per la solitudine, concedi a noi, sul suo esempio, di
cercarti nel raccoglimento e di donarci ai fratelli con il cuore pieno di te.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
27 settembre
SANT’ELZEARIO DI SABRAN E BEATA
DELFINA DI DIGNE, sposi, terziari
Elzeario nacque ad Apt in Provenza fra il 1284 e il 1285, primogenito di Ermengao de
Sabran conte di Ariano e di Laudana d’Albe de Roquemartine. Per volere del re Carlo
II d’Angi dovette sposare verso i diciotto anni nel 1299, la futura beata Delfina di
Digne. Essi stabilirono, di comune accordo, di conservare la loro castità. Elzeario,
ereditato fra l’altro il titolo di conte d’Ariano, venne in Italia, in Irpinia, per prendere
possesso della contea. Fu suo merito e per le virtù professate, che riuscì a conquistare
l’amore del popolo, per questo fu apprezzato dal re di Napoli Roberto d’Angi , che
quando nel 1312 fu necessario inviare dei soldati in aiuto del papa assediato a Roma
dall’esercito dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, ne affid il comando ad
Elzeario. Fu inoltre incaricato di delicate missioni presso la corte di Francia. Morì a
Parigi il 27 settembre 1323; fu sepolto ad Apt nella chiesa dei francescani, di cui era
fedele Terziario. La sua fama di grande uomo di carità, specie nell’assistenza ai
lebbrosi, si diffuse. Venne proclamato santo il 5 gennaio 1371 da Gregorio XI. Le sue
reliquie furono trasferite nel 1791 dalla chiesa francescana di Apt, alla cattedrale della
città, dove sono tuttora venerate, insieme a quelle della sua casta sposa, la beata
Delfina, che visse lungo tempo dopo il marito, moltiplicando le opere di carità. Fu
beatificata da Innocenzo XII il 24 luglio 1694.
[Memoria liturgica ufficiale: 26 settembre].
COLLETTA
O Padre, che negli sposi Elzeario e Delfina hai donato esempi insigni di virtù nello
stato del matrimonio, concedi a noi che li veneriamo su questa terra di poter aver parte,
in cielo, alla loro beata compagnia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è
Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
26 settembre
BEATO AURELIO DA VINALESA E
COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola
Nel numeroso gruppo dei 233 martiri della persecuzione religiosa del 1936 in Valencia,
furono beatificati 50 frati e suore della famiglia francescana: dodici Frati Minori
Cappuccini (Aurelio de Vinalesa e compagni), cinque Clarisse Cappuccine (María
Jesús Masiá Ferragut e compagne), diciannove Terziari Cappuccini Amigoniani
(Vincenzo Cabanes e compagni), una cooperatrice amigoniana laica (Carmen García
Moyón), tre Terziarie Cappuccine (Rosario de Soano e compagne) e sei Frati Minori
Conventuali (Alfonso López e compagni). Aurelio nacque a Vinalesa (Valencia) nel
1896. Fin da giovane fu attratto e scelse la vita evangelica francescano-cappuccina.
Durante la persecuzione religiosa spagnola fu costretto ad abbandonare il convento e
rifugiarsi in famiglia. Venne preso e fu ucciso il 28 agosto 1936. Morì gridando: «Viva
Cristo Re!». Nello stesso periodo e per le stesse motivazioni furono uccisi altri 11
confratelli: Ambrosio de Benaguacil, Pedro de Benisa, Joaquín de Albocácer, Modesto
de Albocácer, Germán de Carcagente, Buenaventura de Puzol, Santiago de Rafelbuñol,
Enrique de Almazora, Fidel de Puzol, Berardo de Lugarneuevo de Fenoyet e Pacífico
de Valencia. Furono beatificati da Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
COLLETTA
O Dio, che hai concesso ai beati Aurelio e compagni
di dare, con l’effusione del sangue, la più grande testimonianza di carità, concedi a
noi di rimanere sempre fedeli a Cristo e di non separarci mai dal tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 settembre
BEATO INNOCENZO SCALVINONI DA BERZO, sacerdote
Dal Comune dei pastori o dei santi (per i religiosi), con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO
R. O Beato Innocenze, hai fatto cose mirabili davanti a Dio; lo hai onorato con tutto il
cuore: * intercedi per i peccati degli uomini.
V. Irreprensibile, vero adoratore di Dio, nemico di ogni colpa, perseverante nel bene,
R. intercedi per i peccati degli uomini.
ORAZIONE
4 ottobre
SAN FRANCESCO D’ASSISI, diacono,
fondatore dei tre Ordini, Patrono d’Italia
Francesco, figlio di Pietro di Bernardone e di madonna Pica, nacque ad Assisi (Perugia)
nel 1182. Dopo una giovinezza spensierata, dopo aver usato misericordia ai lebbrosi,
all’età di venticinque anni, nella chiesetta di San Damiano, sentì l’invito di Cristo che
lo chiamava a seguirlo e a riparare la sua casa. Rinunci allora ad ogni cosa terrena per
aderire unicamente a Dio e, poco dopo, alla Porziuncola, l’Altissimo stesso gli «rivel
di vivere secondo la forma del santo Vangelo», imitando in tutto Cristo povero e umile.
Unitisi a lui alcuni compagni, diede inizio al nuovo Ordine dei Frati Minori (1209)
presso la Porziuncola. La loro “forma di vita” fu approvata definitivamente da Onorio
III nel 1223. Francesco e i suoi frati andarono a predicare il Vangelo di pace nei paesi
cristiani e in quelli degli infedeli, con parole semplici ma efficaci, e soprattutto con
l’esempio della vita santa. Fond anche un secondo Ordine, insieme a santa Chiara
d’Assisi, l’Ordine delle Sorelle Povere o Clarisse; e un terzo Ordine per coloro che
vivono nel mondo. Due anni prima della morte, sul monte della Verna, ricevette da Dio
il sigillo delle stimmate, che lo resero conforme a Cristo crocifisso anche nel corpo. Un
anno prima della morte, presso San Damiano, trasfigurando la sofferenza in gloriosa
libertà, cant la fraternità e la pace con il Cantico delle Creature. Morì alla Porziuncola,
adagiato sulla nuda terra, la sera del 3 ottobre 1226. Fu canonizzato da Gregorio IX il
16 luglio 1228 e nel 1230 il suo corpo, tumulato a San Giorgio, fu traslato sotto l’altare
della basilica, eretta ad Assisi in suo onore. Pio XII nel 1939 lo proclam , insieme con
santa Caterina da Siena, patrono d’Italia e Giovanni Paolo II, nel 1981, patrono degli
operatori nell’ecologia.
COLLETTA
O Dio, che nel serafico padre Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa
una viva immagine del Cristo, concedi anche a noi di seguire il tuo Figlio nella via del
Vangelo e di unirci a te in carità e letizia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
6 ottobre
SANTA MARIA FRANCESCA GALLO DELLE
CINQUE PIAGHE, terziaria
Anna Maria Gallo nacque a Napoli il 25 marzo 1715. Contro l’usanza del tempo,
ammessa a sette anni alla prima Comunione, si dedic ad una vita di pietà e attese al
lavoro artigianale nella propria casa, sotto la ferrea disciplina del padre, il quale voleva
che la figlia si sposasse. Ottenuto il permesso di consacrarsi al Signore, prese l’abito
del Terz’Ordine francescano nella chiesa di Santa Lucia al Monte in Napoli con il nome
di Maria Francesca delle Cinque Piaghe di Gesù Cristo e, pur vivendo in casa, si dedic
ad un proficuo apostolato a favore dei malati, dei poveri, dei peccatori. Intorno a lei si
raggrupparono sacerdoti e religiosi, tra i quali san Francesco Saverio M. Bianchi,
attirati dal suo esempio di perfezione evangelica. Provata da numerose e gravi
sofferenze, morì a Napoli il 6 ottobre 1791 al vico Tre Re a Toledo, dove è vivo il
ricordo della sua opera. Fu beatificata il 12 novembre 1843 da Gregorio XVI e fu
canonizzata da Pio IX il 29 giugno 1867. Prima santa napoletana della Chiesa, dal 26
settembre 2001 il suo corpo riposa nella chiesa annessa alla sua casa in via Vico Tre
Re a Toledo in Napoli.
COLLETTA
O Dio, che hai reso santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe viva immagine del tuo
Figlio crocifisso e mirabile strumento di salvezza, concedici di partecipare alle
sofferenze di Cristo, per essere nel mondo a servizio dei fratelli. Egli è Dio, e vive e
regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
10 ottobre
SAN DANIELE DA BELVEDERE E
COMPAGNI, martiri di Ceuta (Marocco)
Nel 1227, sette Frati Minori, Daniele, Angelo da Castrovillari, Samuele da
Castrovillari, Donnolo di Montalcino, Leone da Corigliano, Nicola di Sassoferrato e
Ugolino da Cerisano, partirono come missionari del Vangelo tra i mussulmani. Giunti
in Marocco, iniziarono subito ad annunciare il nome di Cristo. Incarcerati e spinti, con
promesse e minacce, ad abbandonare la fede cristiana e ad abbracciare l’Islam,
resistettero da forti; furono perciò condannati alla decapitazione. I loro corpi,
pietosamente raccolti dai cristiani, furono sepolti a Ceuta. In seguito, le ossa furono
trasferite in Spagna, ma oggi non si sa con precisione ove siano venerate, quantunque
città della Spagna, del Portogallo e dell’Italia vantino il possesso di qualche reliquia.
Leone X, con decreto del 22 gennaio 1516, li annoverò tra i santi martiri.
COLLETTA
Dio onnipotente ed eterno, che a san Daniele e ai suoi compagni martiri hai dato la
gloria di immolarsi per il Cristo, vieni in aiuto alla nostra umana debolezza, perché
possiamo essere saldi nella fede, come essi furono eroici nel dare la vita per te.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
11 ottobre
SAN GIOVANNI XXIII, papa, terziario
Dal Comune dei pastori, per un papa, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Oppure
R. Gesù disse a Simone: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa * e le
potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
V. Dio l’ha fondata per sempre:
R. e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
ORAZIONE
Dio onnipotente ed eterno, che in san Giovanni, papa, hai fatto risplendere per
tutto il mondo l’esempio di un buon pastore, concedi a noi, per la sua intercessione,
di effondere con gioia la pienezza della carità cristiana. Per il nostro Signore.
12 ottobre
SAN SERAFINO DA MONTEGRANARO,
religioso
Felice nacque nel 1540 a Montegranaro (Ascoli Piceno) da famiglia di umili
condizioni, ma fervente nella pratica religiosa. Dopo una adolescenza di faticoso
lavoro, a diciotto anni venne accolto tra i Frati Minori Cappuccini. Nei vari conventi
dove fu mandato dall’obbedienza esercit gli incarichi di portinaio e di cercatore,
vivendo sempre nella più grande semplicità, nell’unione costante con Cristo e
nell’amore generoso verso il prossimo. Pass gli ultimi anni nel convento di Ascoli e
fu per tutta la città vero messaggero di pace e di bene. Morì in Ascoli nel 1604. Fu
beatificato da Benedetto XIII nel 1729 e canonizzato da Clemente XIII nel 1767.
COLLETTA
O Dio, che hai voluto offrirci in san Serafino da Montegranaro una mirabile
testimonianza delle ricchezze di Cristo, fa’ che anche noi, per sua intercessione,
cresciamo nella scienza divina, osservando fedelmente al tuo cospetto gli impegni
evangelici.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 ottobre
Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Dalle opere del beato Onorato, sacerdote: «Discorso per la Solennità di Tutti i Santi»
(Antologia degli scritti di Onorato Kozminski,
parte I, Varsavia 1981, pp. 206-207)
Nessun santo è salito su un tappeto di tose, calcando sul capo la corona della
gioia terrena, nel riso e nell’allegrezza. Tutti hanno percorso una Via Crucis, con la
corona di spine in capo, in mezzo a mille afflizioni, nel lavoro e nella fatica.
Felici, certo, perché toccati dalla Grazia divina godettero attimi di gioia celeste,
sentendosi riscaldare dall’amore del suo cuore, scorgendo dinanzi a sé, tra le nebbie,
l’avvenire, la gloria e la felicità, la gioia sconfinata.
Non conobbero fortuna sulla terra, anzi, se ne tennero a distanza, si schermirono,
la fuggirono quand’essa li rincorreva, tremarono di fronte ad essa più che davanti alla
croce, ed alla croce tesero le mani come un porto di salvezza.
Una volta scelta la via della croce non vollero abbandonarla più. E Dio non fu
parco nel dispensare loro croci, lui che conosce alla perfezione il prezzo della
sofferenza.
Quando il nostro Salvatore divino, una volta, parlò ai discepoli della morte atroce
che lo attendeva, san Pietro, in un eccesso d’amore, con il dolore in cuore respinse il
pensiero delle sofferenze del Maestro protestando: «”Signore; questo non ti accadrà
mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo,
perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”» (Mt 16, 22-23).
Chi pensa secondo Dio non ricusa la croce, non se ne lagna, sapendo che essa è
l’unica speranza, la sola via per accedere al cielo, l’unico mezzo di santificazione, la
fonte di ogni grazia, il modo per acquisire il supremo grado di gloria celeste. Satana
illude le sue vittime con la felicità mondana, offre un calice di piaceri venefici; Dio,
invece, offre la croce, depositaria di innumerevoli tesori e gioie dello spirito, della
felicità eterna.
E dunque i santi furono compiaciuti nell’accoglierla, né vollero mai
distaccarsene. Vissero, morirono con essa, su di essa. La fame e l’indigenza, le e pene,
le battaglie, le tentazioni, i momenti di aridità spirituale, le persecuzioni, le avversità
di ogni tipo furono il loro pane quotidiano.
Attraverso le sabbie del deserto, sotto un sole cocente, fra rocce e dirupi, tra le
imboscate del nemico e mille altri pericoli, tesero sempre a Dio, sempre con
perseveranza e fedeltà, senza arrestarsi, senza guardare indietro, senza mormorare
contro Dio della mancata profusione delle consolazioni temporali; senza rimpiangere
della strada da loro scelta, sempre sereni, fiduciosi, coraggiosi, impavidi.
I Santi, che prima di noi sopportarono quelle afflizioni, sono ora felici: Dio ha
asciugato loro quella lacrima, ha alleviato le loro sofferenze, li ha insigniti del diadema
della gloria, della palma del martirio; e si è loro mostrato faccia a faccia; tutte quelle
lacrime, tutti quei dolori sono andati ad adornare le loro vesti regali, la loro corona di
bellezza.
E perché? Perché essi furono perseveranti. Il Signore Gesù ha detto «Ecco, avete
perseverato insieme a me in tutte le mie pene, ed io vi mostro il regno» (Cfr. Lc 22,
28).
La perseveranza è la grazia fra le grazie, è tutto, è il valore più importante; senza
di essa non sarebbero approdate a nulla tutte le sante opere, senza di essa è vano ogni
sforzo. Sono soprattutto due le cose necessarie per perseverare: una fede robusta e viva,
e la capacità di operare secondo quanto la fede ci impone.
R. Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i
medesimi sentimenti. Ciascuno consideri gli altri superiori a se stesso, * senza cercare
il proprio interesse, ma quello degli altri.
V. Sostenete i deboli, siate pazienti con tutti, cercate sempre il bene tra voi e con tutti.
R. Senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri.
Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine
ORAZIONE
O Dio, tu hai voluto dare al beato Onorato, sacerdote, uno spirito di tenero amore
verso le anime per riconciliarle a te: concedi a noi, per sua intercessione, di gustare la
dolcezza del tuo perdono ed unirci a te in carità perfetta. Per il nostro Signore.
Vespri
19 ottobre
Giovanni Garavito nacque nel 1499 ad Alcántara, in Spagna. Compiuti gli studi a Salamanca, si fece
Frate Minore e, ordinato sacerdote, ebbe nell’Ordine diversi uffici. Nel 1554 ottenne il permesso di
riportare l’Ordine ad una più stretta osservanza della regola e da allora si unirono a lui molti compagni
che egli form alle penitenze, astinenze e alla assoluta povertà. Animato da zelo apostolico, si dedic
con buoni risultati alla predicazione; incoraggi santa Teresa d’Avila nella sua opera di riforma
dell’Ordine carmelitano. Scrisse anche delle opere, nelle quali espose la sua esperienza ascetica,
nutrita specialmente di devozione verso la passione di Cristo. Morì ad Arenas, presso Avila, il 18
ottobre 1562. Fu beatificato da Gregorio XV il 18 aprile 1622; il 28 aprile 1669 Clemente IX lo
iscrisse nel numero dei santi.
Mi sono meravigliato non poco che voi abbiate affidato tale questione a dei letterati
che non sono competenti. Quando si tratta di casi di coscienza, è bene prendere
consiglio da giuristi e da teologi e seguire la loro decisione; però quando si tratta della
vita di perfezione, è bene consultare solo quelli che la professano: essi soli infatti
possono parlarne con competenza, perché l'hanno acquistata con la pratica e la prova
delle opere.
Circa i consigli evangelici poi non è necessario consultare alcuno, ma solo
esaminare se stessi per essere certi della chiamata divina ad abbracciarli e della
propria capacità ad osservarli, per non correre il pericolo di essere poi infedeli.
Il consiglio di Dio infatti non può essere che buono, ed è di difficile osservanza solo
per coloro che non credono o che hanno poca fiducia in Dio, e pretendono nelle cose
spirituali regolarsi secondo i suggerimenti della prudenza umana. Dovrebbero invece
pensare che Colui che dà il consiglio, largirà anche generosamente la forza di seguirlo,
essendo Egli somma potenza e somma bontà. Se qualcuno dunque vuole seguire il
consiglio di Cristo e abbracciare una vita di maggiore perfezione, lo segua
fiduciosamente, perché il Signore l'ha rivolto a tutti indistintamente, uomini e donne,
ma procuri poi con tutte le forze di essere fedele al suo proposito, come hanno fatto
moltissimi altri.
Quando vediamo delle mancanze nei monasteri delle monache, dobbiamo
constatare che ciò avviene perché si sottopongono alla vita di povertà contro voglia e
non per vocazione divina. E io non voglio lodare la povertà solo per se stessa: lodo,
solo quella povertà che sopportiamo pazientemente per amore di Gesù crocifìsso, e
ancor più quella che per suo amore desideriamo e spontaneamente abbracciamo. E se
in questa materia io credessi e pensassi diversamente, non mi sentirei più tanto sicuro
neppure nella fede: ma in tutte queste cose io confido solo in Gesù Cristo, e credo
fermamente che i suoi consigli sono perfetti, perché divini.
E sebbene non obblighino sotto peccato, tuttavia è più perfetto seguirli, ad
imitazione di Cristo, che, pur senza colpa, ignorarli. Affermo che essi obbligano in
quanto chiamano alla perfezione, e rendono più santo e più gradito a Dio chi li pratica.
Giudico quindi beati, come dice il Signore stesso, i poveri in spirito, cioè quelli che
sono poveri per loro libera scelta, come io stesso ho avuto la fortuna di sperimentare:
anche se credo più alla parola di Dio che alla mia esprienza.
Il Signore vi conceda tanta luce per comprendere questa verità e tradurla nella
pratica. E non vogliate prestar fede a coloro che affermano il contrario: lo fanno o per
mancanza di illuminazione interiore, o per difetto di fede, o perché non hanno mai
provato quanto è soave il Signore con quelli che lo amano e che per suo amore hanno
rinunciato a tutti i beni non necessari in questo mondo. Costoro infatti sono nemici
della croce di Cristo e non credono alla gloria che un giorno finalmente si rivelerà.
Il Signore vi conceda di mantenervi ferma in una verità tanto evidente, e non
prendete consiglio se non da coloro che hanno abbracciato i consigli evangelici con
ogni serietà. Infatti, pur essendo certo che si salvano tutti coloro che osservano i
precetti ai quali sono obbligati, è anche vero che essi non ricevono una illuminazione
interiore, superiore a quella inerente alle opere che compiono. E sebbene il loro
consiglio possa essere buono, certamente è migliore il consiglio di Cristo Gesù: egli
infatti dà anche la grazia di praticarlo, e alla fine darà il premio a coloro che non nelle
cose terrene, ma solo in lui, pongono ogni loro fiducia.
℞ Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno, * che
ha promesso a quelli che lo amano.
℣ Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri e avrai un
tesoro nel cielo,
℞ che ha promesso a quelli che lo amano.
Lodi
ORAZIONE
O Dio, che in san Pietro d'Alcàntara hai unito l'austera penitenza alla più sublime
contemplazione, fa' che per i suoi meriti possiamo raggiungere i beni eterni, usando
saggiamente di quelli temporali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è
Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
COLLETTA
O Padre, che in san Pietro d’Alcántara hai unito in modo meraviglioso i doni di una
straordinaria penitenza ad un’altissima contemplazione, fa’ che per i suoi meriti
possiamo raggiungere i beni eterni usando saggiamente di quelli temporali.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
20 ottobre
COLLETTA
O Dio, che con il beato vescovo Giacomo degli Strepa hai rinnovato lo spirito di
evangelizzazione apostolica, concedi, per sua intercessione, che la tua Chiesa possa
sempre più fervidamente progredire nella fede e nella santità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
22 ottobre
BEATA GIUSEPPINA LEROUX, religiosa e martire della Rivoluzione francese
Anna Giuseppa Leroux nata a Cambrai (Francia) il 23 gennaio 1747, a ventitre anni
entr nell’Ordine delle Clarisse urbaniste. Costretta a lasciare il monastero durante la
rivoluzione francese per causa della persecuzione, si ritir prima presso la propria
famiglia, poi chiese ospitalità alle suore Orsoline, dove aveva una sorella, che le
sarebbe stata compagna di martirio. Catturata e condannata alla decapitazione, accolse
con gioia la sentenza e subì il martirio il 23 ottobre 1794. Benedetto XV la dichiar
beata il 13 giugno 1920.
COLLETTA
O Dio, che allieti la tua Chiesa
nel ricordo della beata Giuseppina vergine e martire, per la sua intercessione e il suo
esempio concedi anche a noi fortezza e purità di spirito per seguire Cristo sulla via
della croce.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
20 ottobre
(6 novembre)
BEATO CONTARDO FERRINI, terziario
Nacque a Milano il 5 aprile 1859. Educato in una famiglia profondamente cattolica,
condusse vita esemplare fin dal periodo dei suoi studi, che compì con sorprendente
profitto. Si laure in giurisprudenza e fu penalista insigne e studioso di diritto romano
e bizantino. La sua condotta fu sempre tale da poter essere considerato modello di laico
cattolico. Terziario francescano, si dedic attivamente alle opere caritative; am anche
la contemplazione del grande libro della natura, come san Francesco. All’impegno
della cattedra unì un’intensa produzione scientifica e accanto a questa scrisse pagine
elevate di ascetica, da cui traspare la sua profonda fisionomia spirituale. Partecip
attivamente alla vita sociale e fu impegnato in politica; consigliere comunale a Milano,
difese l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche. Assertore convinto della
conciliazione tra fede e scienza fu uno degli ispiratori e promotori dell’università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Fu autenticamente laico e interamente votato alla
ricerca della santità cristiana. Morì a quarantatre anni, colpito dal tifo, nella località di
Suna (Novara), il 17 ottobre del 1902. Fu beatificato da Pio XII il 13 aprile 1947 che
lo definì «modello dell’uomo cattolico dei nostri giorni».
COLLETTA
O Dio,
sorgente di verità e di giustizia, che nel beato Contardo hai dato alla tua Chiesa uno
splendido esempio di virtù e di scienza, infondi in noi un amore sincero e operoso per
la rettitudine; fa’ che ti ricerchiamo in ogni creatura con animo puro e, dopo averti
trovato, ti amiamo sopra ogni cosa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è
Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
23 ottobre
COLLETTA
O Padre, che hai scelto san Giovanni da Capestrano per rincuorare il popolo cristiano
nell’ora della prova, custodisci la Chiesa nella tua pace e donaci sempre il conforto
della tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e
regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 ottobre
SANT’ANTONIO DI SANT’ANNA GALVÃO,
sacerdote
Nacque nel 1739 a Guaratinguetà nell’interno dello Stato di San Paolo, Brasile. A
tredici anni fu inviato dal padre a studiare nel seminario dei Gesuiti. Preoccupato dalla
politica antigesuitica del governo, il padre lo dissuase e preferì che andasse tra i Frati
Minori Scalzi della Riforma di san Pietro d’Alcántara. Il 16 aprile 1761 emise la
professione solenne. Dopo appena un anno, l’11 luglio 1762, fu ammesso
all’ordinazione sacerdotale a ventitre anni. Nel 1769-1770 fu nominato confessore di
un “Recolhimento” di pie donne a San Paolo dove incontr suor Helena Maria do
Espirito Santo, grande penitente. Gli vennero affidati incarichi di prestigio in altre zone
del Brasile ma ogni volta, per l’opposizione del vescovo e del Senato della Camera di
San Paolo, dovette rinunciare. Con il passar degli anni la salute divenne malferma per
cui ottenne il permesso di lasciare il convento francescano e di abitare stabilmente
presso il “Recolhimento”, sua opera. Morì il 23 dicembre del 1822. Le sue spoglie
furono tumulate nella chiesa del “Recolhimento da Luz”, dietro richiesta delle suore e
del popolo. È considerato uno degli eroi che hanno plasmato il destino della città di
San Paolo fra i secoli XVIII e XIX; la sua tomba è tuttora meta di pellegrinaggi costanti
di fedeli. È stato beatificato a Roma da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1998 e
canonizzato da Benedetto XVI in Brasile l’11 maggio 2007.
25 ottobre
BEATA MARIA MASIÁ FERRAGUT DI GESÙ
E COMPAGNE, religiose e martiri della Persecuzione spagnola
Nel numeroso gruppo dei 233 martiri della persecuzione religiosa del 1936 in Valencia,
furono beatificati 50 frati e suore della famiglia francescana: cinque Clarisse
Cappuccine (María Jesús Masiá Ferragut e compagne), dodici Frati Minori Cappuccini
(Aurelio de Vinalesa e compagni), diciannove Terziari Cappuccini Amigoniani
(Vincenzo Cabanes e compagni), una cooperatrice amigoniana laica (Carmen García
Moyón), tre Terziarie Cappuccine (Rosario de Soano e compagne) e sei Frati Minori
Conventuali (Alfonso López e compagni). Le suore Clarisse Cappuccine Maria di
Gesù, María Veronica Ferragut e Felicidad, della famiglia Masiá Ferragut, del
monastero di Agullent, e la loro mamma María Teresa Ferragut Roig; Isabel Calduch
Rovira, del monastero di Castellón, e María Milagros Ortells Gimeno, del monastero
di Valencia, fedeli alla loro consacrazione religiosa, offrirono la loro vita come
testimonianza di fede, unendo così la corona del martirio a quella della verginità.
Furono beatificate da Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
COLLETTA
O Dio onnipotente e misericordioso che hai fatto risplendere nella tua Chiesa la beata
Maria di Gesù e compagne
per la gemma della verginità e la vittoria del martirio, concedi a noi, per la loro
intercessione, di perseverare nella vera carità e di conoscere la forza della risurrezione
di Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
26 ottobre
BEATO BONAVENTURA LAVANCA DA POTENZA, sacerdote
Carlo Antonio Lavanca (Lavagna) nacque il 4 gennaio 1651 a Potenza. Entrato
nell’Ordine dei Minori Conventuali si distinse per austerità di vita, obbedienza e per la
totale abnegazione di sé. Fu assiduo nella predicazione della parola di Dio e
instancabile nel ministero della confessione; si segnal soprattutto per la sua carità nel
confortare i carcerati e i condannati a morte. Morì a Ravello, presso Amalfi, il 26
ottobre 1711. Fu beatificato da Pio VI il 26 novembre 1775.
COLLETTA
O Dio, che nel beato Bonaventura da Potenza ci proponi un modello singolare di
obbedienza
e di operosa carità verso i fratelli, per sua intercessione e sul suo esempio, fa’ che
anche noi, alla luce dei tuoi precetti, camminiamo in perfetta letizia sulla via della
perfezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con
te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 ottobre
DEDICAZIONE DELLA PROPRIA CHIESA
(CONSACRATA)
Tutto dal comune della Dedicazione della Chiesa, Messale Romano, pagg. 645-649.
31 ottobre
SANT’ANGELO FALCONE D’ACRI, sacerdote
Luca Antonio Falcone nacque ad Acri (Cosenza) il 19 ottobre 1669. A diciotto anni
decise di farsi Frate Minore Cappuccino, ma oppresso da dubbi, incertezze,
suggestioni, due volte lasci il noviziato; la terza volta resistette. Ordinato sacerdote si
diede alla predicazione, ottenendo grandi frutti nelle anime. La sua vita di continua
preghiera, la sua austerità, costituivano la più bella conferma di quanto inculcava
fervorosamente ai fedeli. Tutta la Calabria fu investita da un’onda di vivida luce e di
santo fervore. Fu anche ministro provinciale e per il suo modo di governare fu chiamato
“l’angelo della pace”. «È una grande grazia – diceva ai suoi Frati – e una grande gloria
esser Cappuccini e veri figli di san Francesco. Ma bisogna conoscere e portare sempre
con noi cinque gemme preziose: austerità, semplicità, esatta osservanza delle
costituzioni e della serafica regola, innocenza di vita e carità». Dopo trentotto anni di
apostolato indefesso, morì il 30 ottobre 1739 ad Acri, dove un grande santuario
custodisce il suo venerato corpo. Leone XII lo beatific il 18 dicembre 1825.
Dal Comune dei pastori o dei santi religiosi con salmodia del giorno.
SECONDA LETTURA
Nella devota carta, scritta da vostra Paternità Reverenda m’avvedo che la nostra
mente discorre speculando, e poco e niente la nostra volontà s’affeziona sapendo che
san Paolo dice: «Non voler sapere più del necessario ma tanto che basti» (Rm 12,3)
cioè vivendo e morendo con atti pratici della fede, della speranza, della carità e del far
penitenza: «e la pace di Cristo sorpassi ogni sentimenti ed ogni vostra intelligenza» (fil
4,7).
Ella si confonde in questo fondamento dell’umiltà; la necessità, di per sé, è
l’umiltà di spirito; Cristo «cominciò a fare e ad insegnare» (Cfr. Mc 1,21) «uscito dal
Padre, son venuto nel mondo» (Cfr. Gv 16,28) «non per fare la mia volontà, ma quella
di colui che mi ha mandato [...] e portare a termie la sua opera» (Cfr. Gv 4,34) «perché
non cerco la mia gloria» (Gv 8,50) «ma quella di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38)
«e trascorse la notte in orazione a Dio» (Le 6,12); «e il suo sudore divenne come
gocce di sangue rappreso che cadevano in terra» (Le 22,44).
Il divino Maestro Cristo donò la forma a noi altri cattolici-romani, come
dovessimo agire in povertà, e umiltà di spirito; «allontana da me questo calice; però
non si faccia quello che io voglio, ma quello che vuoi tu» (Mc 14,36); «ed è stato
esaudito per la sua pietà colui che sa cosa significhi obbedire» (Eb 5,7).
Anche la sua Santissima Madre meritò che l'eterno Padre l'esaltò alla Maternità
d'esso Altissimo Dio e del suo Figlio unigenito; [per] l'onore di essere madre naturale
di Gesù Cristo essa medesima, ebbra di Spirito Santo, esclamò: Magnificat ecc., la
causa: «perché ha rivolto i suoi sguardi all'umiltà della sua serva, ha rovesciato i
potenti [...]» (Le 1,48-49) [e] al divino ambasciatore rispose: «che mi avvenga
secondo la tua parola» (Le 1,38).
Se ella si vuol quietare il suo spirito dove consiste la vera umiltà, non desiderate
gloria vostra, ma in tutte le vostre operazioni osservate i dieci comandamenti, li
precetti della nostra Madre Santa Chiesa, le promesse fatte a Dio nella vostra
professione, li consigli che la Chiesa ci dà (addita) nel sacrosanto Evangelo; del resto
a tutto quello che Dio vuole ella s'uniformi, e con affetto di cuore e verità direte:
«Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà come in cielo, così in
terra» (Mt 6,9-10); dalla mia parte altro non vi posso giovare eccetto col sussidio
delle nostre orazioni e sacrifici; pregate Dio per me, che mi concedesse la
perseveranza sino alla morte.
P.S. Con ogni sincerezza le dico [...] sfoghi con me quanto Dio l'ispira. Dio
non comanda cose impossibili, ma, comandando, esorta a far quel che puoi, a
chiedere quello che non puoi, aiuta perché tu possa, rende forti e incrollabili e mai
abbandona se prima non è abbandonato [...]
R/. Considero tutto una perdita di fronte alla suprema cognizione di Cristo Gesù mio
Signore. * Così conoscerò Cristo e la potenza della sua risurrezione, così parteciperò
ai suoi patimenti.
V/. Professando la verità, noi cresceremo per mezzo della carità sotto ogni aspetto
in colui che è il capo, Cristo.
R/. Così conoscerò Cristo e la potenza della sua risurrezione, così parteciperò ai suoi
patimenti.
Lodi mattutine
ORAZIONE
3 novembre
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI DELL’ORDINE SERAFICO*
L’Ordine francescano, come celebra la festa di tutti i suoi figli santi, che contemplano
il volto di Dio nel cielo, così dedica un giorno alla commemorazione di tutti i suoi
defunti del Primo, del Secondo e del Terzo Ordine, unendovi anche il ricordo dei
parenti e dei benefattori. Tutto ci corrisponde allo spirito di san Francesco che ha
comandato ai suoi frati di pregare per i morti; ed è segno dell’amore e dell’unità che
lega i vivi ai fratelli che li hanno preceduti nella pratica della stessa regola.
COLLETTA
O Padre,
gloria dei credenti e vita dei giusti, che ci hai salvati con la morte e risurrezione del
tuo Figlio, sii misericordioso con i nostri fratelli, sorelle, parenti e benefattori
defunti; quando erano in mezzo a noi essi hanno professato la fede nella risurrezione
e tu dona loro la beatitudine senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
6 novembre
BEATO VÍCTOR CHUMILLAS FERNÁNDEZ
E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola
I beati Víctor Chumillas Fernández (1902-1936) e ventuno compagni, della Provincia
dei Frati Minori di Castilla, subirono il martirio nel 1936 durante la persecuzione
religiosa in Spagna. Il padre Víctor, guardiano della fraternità, cinque sacerdoti
(Ángel Hernandez-Ranera de Diego, Domingo Alonso de Frutos, Martín Lozano
Tello, Julián Navío Colado, Benigno Prieto del Pozo) e quattordici studenti di
teologia della sua comunità (Marcelino Ovejero Gómez, José de Vega Pedraza, José
Álvarez Rodríguez, Andrés Majadas Málaga, Santiago Maté Calzada, Alfonso
Sánchez Hernández-Ranera, Anastasio González Rodríguez, Félix Maroto Moreno,
Federico Herrera Bermejo, Antonio Rodrigo Antón, Saturnino Río Rojo, Ramón
Tejado Librado, Vicente Majadas Málaga, Valentín Díez Serna) furono fucilati a
Boca de Balondillo (Fuente del Fresno, Ciudad Real) il 16 agosto 1936. Il padre Félix
GómezPinto Piñero venne fuciliato il 7 settembre a Hueva (Guadalajara). Il padre
Perfecto Carrascosa Santos venne fucilato in Tembleque il 17 ottobre. Vennero
beatificati da José Saraiva Martíns, Delegato di Benedetto XVI, il 28 ottobre 2007.
Sono celebrati in modo particolare nella Provincia di Castilla.
Dal Comune dei martiri, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue
COLLETTA
Signore e Padre nostro, che sei stato glorificato per la vita umile e il martirio dei tuoi
servi Víctor e compagni, concedi a noi, per loro intercessione, di servirti con gioiosa
dedizione, per renderci simili a te mediante la croce di Cristo tuo Figlio e porre in
essa la nostra gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
6 novembre
BEATO FÉLIX ECHEVARRÍA
GORIOSTIAGA E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola
I beati Félix Echevarría Goriostiaga e compagni, della Provincia dei Frati Minori di
Granada, subirono il martirio nel 1936 durante la persecuzione religiosa in Spagna. Il
padre Félix, guardiano della fraternità, suo fratello Luis Echevarría Goriostiaga,
Francisco Jesús Carlés Gonzales, José María Azurmendi Larrínaga, Miguel Zarragua
Iturriaga, Simón Miguel Rodríguez e il professo temporaneo Antonio Sáez de Ibarra
López, il 20 settembre 1936 furono portati nella prigione di Azuaga, Badajoz, dove
furono uccisi tra il 21 e il 22 settembre. Vennero beatificati da José Saraiva Martíns,
Delegato di Benedetto XVI, il 28 ottobre 2007. Sono celebrati in modo particolare
nella Provincia di Granada.
COLLETTA
Dio onnipotente ed eterno,
che hai concesso ai martiri Felice e compagni la grazia di morire per Cristo, aiutaci
nella nostra debolezza perché, come essi non esitarono ad offrire la loro vita a te,
anche noi possiamo rimanere forti nella confessione del tuo nome.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
6 novembre
BEATO ALFONSO LÓPEZ E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola
I sacerdoti Alfonso López, Modesto Vegas, Dionisio Vicente Ramos e Pedro Rivera,
nonché i religiosi fratelli Francisco Remón Játiva e Miguel Remón erano tutti membri
della comunità religiosa di Grañollers (Barcellona, Spagna) dei Frati Minori
Conventuali. Nell’estate del 1936, nel periodo della più intensa persecuzione contro
la Chiesa, dopo l’incendio del convento e della chiesa, i suddetti religiosi
testimoniarono la loro fedeltà a Cristo subendo il martirio tra il 27 luglio e i primi di
settembre dello stesso anno. La loro beatificazione è stata proclamata da Giovanni
Paolo II l’11 marzo 2001.
Dal Comune dei martiri, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue
Seconda lettura
“Gesù... avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).
Che cos’è l’amore? Che significa questo vocabolo che tutte le labbra
pronunciano? Quali arcani misteri racchiude questa parola? Amore, tutti lo
comprendono, tutti sanno che cosa vuol dire amare e, ciò nonostante, non tutti son
capaci di esprimerlo. Comunque, se una causa si può conoscere dai suoi effetti, io direi
che l’amore è una propensione, un’attrattiva ineffabile che spinge a unirsi e a
identificarsi con l’oggetto amato; però, pur essendo un atto tanto semplice, è più forte
della stessa morte e quando è vero i suoi lacci sono indissolubili. Perciò san Paolo
diceva: Chi potrà separarmi dall’amore di Cristo? Nessuna creatura potrà separarmi
dall’amore di Cristo (cf. Rm 8,35.39).
Volete conoscere la potenza dell’amore? Prendete un crocifisso, contemplate il
corpo annerito, lacerato e trafitto, guardate il volto sfigurato, impunemente
sputacchiato e oltraggiato dell’Uomo-Dio e chiedetegli – se non lo comprendete – la
causa di tanta desolazione. Senza dubbio capirete subito che Gesù soffre tutto questo
solo per amore degli uomini, solo per amore nostro. Amore, quanto grande è il tuo
potere! Chi dubiterà di chiamarti onnipotente, vedendo come e a che cosa tu costringi
Dio stesso?
Però, a nostro parere, questo amore onnipotente, questo amore che opera prodigi
così grandi, non poteva fare cose più grandi di quelle che portò a compimento nel
mistero della nostra Redenzione. Grandezze dell’amore! Non contento di far scendere
dai cieli il nostro Dio e di fargli soffrire così acerbi tormenti, lo obbliga a inventare,
nella sua infinita sapienza, un mezzo ineffabile per unirsi e identificarsi con noi, un
mezzo che mai gli uomini avrebbero sognato, un mezzo attraverso il quale Gesù può
rimanere sempre con noi in maniera reale e vera.
Sì, inventò il sacramento della santa Eucaristia, sacramento ammirabile. Dato
che lo inventò per nostro amore, che per nostro amore lo perpetua ora nel tempo e sino
alla fine dei tempi, che è per nostro amore che egli si offre, non è forse, questo
sacramento, un autentico pegno del suo amore? “Ci viene dato il pegno della gloria
futura”, ripete costantemente la Chiesa. E poiché la gloria eterna dei beati consiste
principalmente nell’essere amati dal sommo Bene, se noi diciamo che questo
sacramento è il pegno della nostra gloria futura, è come se dicessimo: è il pegno certo
dell’amore del nostro Dio. Oh, Dio amabile! Oh, pegno prezioso! Oh sacramento
ineffabile, che unisci Dio con gli uomini!
RESPONSORIO
R. Questa è una vera fratellanza: vincendo le malvagità del mondo, * seguirono Cristo
e con lui esultano nei cieli.
V. Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!
R. Seguirono Cristo e con lui esultano nei cieli.
ORAZIONE
COLLETTA
O Dio, che nella beata Elena, ardente del tuo spirito di amore,
hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso
e il servizio costante alle consorelle, per sua intercessione, rendici partecipi del
mistero di Cristo, per esultare nella rivelazione della sua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Padre, fonte di ogni sapienza, che nel beato Giovanni Duns Scoto, sacerdote,
assertore della concezione immacolata della Vergine Maria,
ci hai dato un maestro di vita e di pensiero, fa’ che, illuminati dal suo esempio e
nutriti dalla sua dottrina, aderiamo fedelmente a Cristo. Egli è Dio, e vive e regna
con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 novembre
È uno dei santi più popolari di Spagna e delle Americhe, dove portano il suo nome fiumi, baie,
canali e varie città, tra cui San Diego di California. Diego nacque nell’Andalusia (Spagna) verso il
1400. Ancora giovane si sentì chiamato a una vita ritirata, dedita all’orazione e al lavoro. Entr
nell’Ordine dei Frati Minori e si dedic ai più umili uffici. Nel 1441 partì missionario per le isole
Canarie, dove affront molte difficoltà e disagi per la gloria di Dio. Nel maggio del 1450 fu a Roma
per il Giubileo e per la canonizzazione di Bernardino da Siena. Nell’estate, scoppiata la peste, si
dedic alla cura degli appestati. Con le sue preghiere ridon la salute a molti infermi. Ritornato in
Spagna morì in Alcalá de Henares, presso Madrid, il 12 novembre 1463. Fu canonizzato
solennemente da Sisto V il 2 luglio 1558 e, come primo santo non sacerdote francescano, è stato
scelto dai fratelli religiosi come loro speciale patrono.
SECONDA LETTURA
Cristo Signore, Re dei re prima di tutti i secoli, che nella pienezza dei tempi si fece
uomo, prendendo la forma di servo, per salvare l'uomo perduto, fin dai primordi della
fede edificò la sua Chiesa, da lui sommamente amata e conquistata con il suo sangue,
sopra il beatissimo Pietro principe degli Apostoli, cui diede la solidità della pietra, e
continua ad edificarla fino alla consumazione dei secoli.
Né la gonfia sapienza del mondo, né la grandezza terrena possono comprendere
l'opera di questa magnifica costruzione, mentre l'astuzia e la superbia del diavolo
trema dinanzi ad essa. Infatti, come si spiega che da uomini poveri e disprezzati, di
oscura e umile origine, illetterati e senza sapienza umana, sia nata una costruzione
così bella, ornata, forte e stabile, che assurge a tale fastigio, che le stesse porte degli
ìnferi si spaventano della sua robustezza e fermezza? Ma le vie del Signore non sono
le vie degli uomini ed i pensieri di Dio non sono i loro pensieri.
Per questo, non ci sono molti sapienti secóndo la carne, non molti potenti, non
molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio
ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel
mondo è disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché
nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.
Così a Dio onnipotente è piaciuto di salvare i credenti per mezzo dello scandalo
della croce e con la stoltezza della predicazione. Così dagli inizi della Chiesa, per
mezzo della incipiente predicazione degli Apostoli e l'incrollabile fermezza dei martiri
confuse la sapienza greca, sconvolse e distrusse le potenze terrene, e sempre
attraverso i secoli con il braccio della sua potenza depose i potenti dai loro troni ed
esaltò gli umili suoi santi.
Così nel secolo passato, molto vicino nella memoria dei nostri padri, dall'umile
famiglia dei Frati Minori di san Francesco, Dio scelse l'umile beato Diego, nato in
Spagna, non dotato di dottrina, ma, come erano i nostri primi maestri, senza cultura
ed erudizione umanistica, semplice fratello religioso nella nostra fraternità, per
mostrare in lui le ricchezze della sua grazia, per ricondurre molti dietro il suo esempio
e la sua santità alla via della salvezza, e ridare vigore al mondo invecchiato e quasi
decrepito. N
Infatti, quello che è stolto per Dio è più sapiente per gli uomini, e quello che è
infermo per Dio è più forte per gli uomini. Così Dio, Padre delle misericordie, che da
solo compie cose mirabili, dotò questo piccolo e umile servo di doni celesti e lo accese
talmente del fuoco dello Spirito Santo, che stese la sua mano per guarire gli infermi e
compiere prodigi per i meriti di san Diego, sia mentre era in vita che dopo la sua
morte, in modo che questi fu conosciuto non solo tra i suoi, ma anche nei paesi
lontani, e il suo nome fu circonfuso di gloria.
ORAZIONE
O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature più umili per confondere ogni
tipo di orgoglio, concedi a noi di imitare in ogni circostanza della vita le virtù di san
Diego, per poter condividere la sua gloria nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature più umili per confondere ogni
tipo di orgoglio, concedi a noi di imitare in ogni circostanza della vita le virtù di san
Diego d’Alcalá, per poter condividere la sua gloria nel cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
14 novembre
SANTI NICOLA TAVELIĆ, sacerdote,
STEFANO DA CUNEO, DEODATO DA
RODEZ E PIETRO DA NARBONA, religiosi e martiri di Gerusalemme
Nicola, primo santo della Croazia, nacque intorno al 1340 a Sebenico. Fu prima
missionario in Bosnia, quindi, nel 1381, partì per la Palestina. Con i confratelli
Deodato, Stefano e Pietro, prepar un discorso in difesa della fede cristiana, che
pronunci dinanzi al cadì di Gerusalemme. Invitati tutti a ritrattare quanto avevano
affermato, essi si rifiutarono decisamente e per questo furono condannati a morte. Il
loro martirio fu consumato il 14 novembre 1391. Il culto nell’Ordine francescano,
risale sin dal XV secolo. Leone XIII nel 1889, conferm il culto del solo Nicola
Tavelić, il capogruppo, il quale ebbe grande venerazione in Jugoslavia, sua patria.
Nel 1966, Paolo VI conferm il culto anche per gli altri tre martiri francescani. Lo
stesso papa, il 21 giugno del 1970 a Roma, li elev agli onori degli altari
proclamandoli santi. Sono i primi santi martiri della Custodia di Terra Santa.
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO Cfr. Ef 4, 4. 5
℞ Martiri santi, avete sparso il sangue glorioso; amici di Cristo nella vita, lo avete
seguito nella morte: * per questo vi è donata la corona di gloria.
℣ Un solo Spirito vi ha animato, una sola fede vi ha sostenuto:
℞ per questo vi è donata la corona di gloria.
ORAZIONE
O Dio, che a san Nicola e ai suoi compagni hai dato la grazia di concludere con il
martirio la loro infaticabile opera apostolica, concedi anche a noi di camminare con
cuore ardente sulla via dei tuoi comandamenti, per essere degni del premio riservato
ai giusti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con
te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Lodi mattutine
COLLETTA
O Padre, che a san Nicola e ai suoi compagni hai dato la grazia di concludere con il
martirio la loro infaticabile opera apostolica, concedi anche a noi di camminare con
cuore ardente sulla via dei tuoi comandamenti, per essere degni del premio riservato
ai giusti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con
te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
CANONIZZAZIONE DEI MARTIRI NICOLA TAVELIĆ, DEODATO DA RODEZ, STEFANO DA CUNEO E
PIETRO DA NARBONNE
Ecco riconosciuta la gloria della santità a Nicola Tavelić di Sebenico, in Croazia, ed ai suoi compagni Deodato «de
Ruticinio», della Provincia di Aquitania, Pietro da Narbona, della Provincia di Provenza, e Stefano da Cuneo, della
Provincia di Genova, tutti della Famiglia Religiosa dei Frati Minori di San Francesco; già venerato il primo col titolo
di beato ( lSSl), e non meno competente agli altri suoi soci per averne condiviso la vocazione e l’eroica sorte del
martirio, il 14 novembre dell’anno 1391 (al tempo di Papa Bonifacio IX, Tomacelli, durante lo scisma d’Occidente).
Vengono alle nostre labbra le parole di San Cipriano ai Martiri: «Esulto di letizia e di compiacenza, o fortissimi e
beatissimi fratelli, riconoscendo la vostra fede e il vostro coraggio; la madre Chiesa è fiera di voi . . . Come
cantare le vostre lodi, o fratelli valorosi? La forza del vostro animo e la perseveranza della vostra fede con quale
elogio posso io celebrare?» (Ep. VIII; PL 4, 251-252).
Noi siamo particolarmente felici d’aver potuto proclamare la santità di questi martiri della fede, avendo così
convalidato di fronte alla Chiesa intera il culto, che fino dal tempo della loro tragica e beata morte era a loro
attribuito, a Nicola Tavelić in modo speciale, per merito dei suoi concittadini di Sebenico e dei suoi connazionali,
dai quali fu sempre fedelmente conservata memoria di lui, e fu sempre circondata di pietà e di onore. È così
compiuto un voto a lungo con tenace speranza nutrito.
Sono passati cinque secoli dal martirio di Nicola Tavelić e dei suoi soci. Sorge spontanea la domanda: come mai
la Chiesa ha tanto tardato a canonizzare la loro eroica virtù? Lo studio delle circostanze mediante le quali fu
consumato il loro martirio, fu tramandato il loro ricordo, fu autorizzato in pratica e in diritto il culto del beato
Nicola, e fu ripreso l’esame della sua causa, può dare la risposta a questa ovvia questione; ma è studio complesso
e che presenta un aspetto caratteristico, di non facile interpretazione. Narra la storia che Nicola Tavelić ed i suoi
compagni furono martiri volontari, i quali, più che subire l’orrendo supplizio a loro inflitto, ad esso si esposero.
MARTIRI VOLONTARI
Ma per il caso nostro abbiamo un testo, che forse è determinante per la spiegazione della psicologia di Tavelić e
dei suoi compagni; ed è desunto dalla regola stessa di San Francesco. Vale la pena di citarlo. «I frati che, per
amore di Cristo, vanno in missione fra gli infedeli, possono comportarsi in due diverse maniere. Una di queste
consiste nel non mai mettersi a discutere con gli infedeli e nell’essere umilmente sottomessi a tutte le creature
per (amor di) Dio (Cfr. 1 Petr. 11, 13), dimostrando in tal modo d’essere cristiani. L’altra maniera è questa:
quando i frati conosceranno che è volontà di Dio annunziare agli infedeli la parola divina, lo facciano, invitandoli
a credere alla Santissima Trinità, a farsi battezzare e a divenire cristiani. Ma bisogna che i frati si ricordino sempre
di aver consacrato se stessi e d’aver abbandonato i loro corpi a nostro Signor Gesù Cristo, e perciò devono, per
amor suo, esporsi ai nemici visibili ed invisibili, perché dice il Signore: “Chi perderà la sua vita per me la salverà
per la vita eterna”» (Regula I, c. XVI; Gli scritti di S. Francesco d’Assisi, Vicinelli pp. 102-103, Mondadori 1955;
J. JORGENSEN, San Francesco d’Assisi, nuova ed. 1968, p. 321; e c. XII della Regula II).
La prima maniera fu scelta da San Francesco stesso nel suo viaggio in Palestina nel 1219; sebbene lui pure «per
la sete del martirio, nella presenza del Soldan superba, predicò Cristo» (DANTE, Par., XI, 100); la seconda quella
dell’ardimentoso discepolo, S. Nicola Tavelić e dei suoi compagni. «I Frati Francescani - osserva il Relatore
Generale della Sezione storica della nostra Sacra Congregazione per le cause dei Santi - che si recavano in
Palestina nei secoli XIII-XV, vi giungevano . . . con una preparazione psicologica orientata verso il martirio, cioè
verso la perfetta imitazione di Cristo, Il beato Nicola ed i suoi tre consoci, quando presero la loro eroica decisione,
erano animati dallo stesso entusiasmo religioso del loro Fondatore e dei primi Martiri dell’Ordine messi a morte
nel Marocco nel 1220 e 1227».
SPIRITUALITÀ FRANCESCANA
Vi è in tutta l’originaria spiritualità francescana una caratteristica aspirazione, quella della imitazione testuale del
Signore, fino alle estreme conseguenze, anche quelle che non sono «de necessitate salutis» (Cfr. Summ. Theol.,
II-II, 124, 3); ora del Signore non si dice forse che «si offerse, perché Egli lo volle»? (Is. 53, 7) Lui medesimo
non afferma: «. . . Io do la mia vita . . . Nessuno me la toglie, ma Io la do da me stesso . . .»? (Io. 10, 17-18) È
vero che «nessuno deve spontaneamente darsi la morte» (S. AUG., De civ. Dei, 1, 26; PL 41, 39), che «uno non
deve dare ad altri occasione di agire ingiustamente» (Summ. Theol., ibid. 1 ad 3); ma, come nota lo stesso
Benedetto XIV, riferendosi al nostro caso, vi possono essere situazioni in cui, o per impulso dello Spirito Santo, o
per altre speciali circostanze, l’araldo del Vangelo non ha altro modo per scuotere l’infedeltà che quello di fare del
proprio sangue la voce d’una estrema testimonianza. Testimonianza indubbiamente paradossale, testimonianza
d’urto, testimonianza vana, perché non subito accolta, ma sommamente preziosa, perché convalidata dal totale
dono di sé; testimonianza che mette in suprema evidenza che cosa sia martirio. Esso dovrebbe essere subito,
passivo; nel linguaggio agiografico si chiama passio; ma non è mai privo d’un’accettazione volontaria, attiva; che
nel nostro caso prevale e perciò maggiormente risplende.
Martirio, come si sa, vuol dire testimonianza, cioè affermazione soggettiva e oggettiva della fede. Soggettiva,
perché con essa il martire attesta la convinzione sua propria, che s’identifica con la sua stessa personalità, della
certezza ch’egli possiede, e che non può in alcun modo tradire; e oggettiva, perché con tale affermazione il
martire vuole annunciare Cristo, vuole provare che Cristo è la verità, e che questa verità vale più della propria
vita; è al vertice di ciò che è, e di ciò che preme, di ciò che salva. Diventa così motivo di credibilità (Cfr. Denz-
Sch., 2779). Acquista fecondità missionaria: Semen est sanguis christianorum (TERTULLIANO, Apologeticum, c.
50; PL 1).
Martirio, al tempo stesso, è una dimostrazione assoluta di amore. Gesù l’ha detto: «Non vi è amore maggiore di
quello per cui uno offre la propria vita per coloro ch’egli ama» (Cfr. Io. 15, 13); e perciò commenta l’Angelico che
il martirio demonstrat perfectionem caritatis, attesta la perfezione della carità (Summ. Theol., II-11, 124, 3).
E perciò esso possiede in sommo grado l’elemento volontario dell’azione umana, il coraggio, la fortezza, l’eroismo,
il sacrificio. Rappresenta l’aspetto drammatico e tragico del Vangelo: «Beati coloro che soffrono persecuzione per
la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Matth. 5, 10).
San Nicola Tavelić e Compagni. Oggi noi ricordiamo. La memoria diviene attualità, Noi stiamo a guardare. La
storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da
un amore positivo e trascinante verso Cristo e persuasi della necessità missionaria propria della fede: martiri; e
la nostra mentalità moderna, che nasconde sotto un mantello di evoluto scetticismo, una comoda e transigente
viltà, e che, priva di principii superiori ed interiori, trova logico il conformismo alle idee correnti, alla psicologia
risultante da un’alienazione collettiva alla ricerca e al servizio dei soli beni temporali. Sorge in noi un certo
sentimento di disagio: noi ci sentiamo al tempo stesso distanti da quei campioni della fede, ma insieme
avvertiamo, per tante ragioni, che essi ci sono vicini. Essi non sono figure anacronistiche e per noi irreali: essi
anzi troppo ci dicono, e quasi ci rimproverano la nostra incertezza, la nostra facile volubilità, il nostro relativismo,
che talora preferisce alla fede la moda. Lontani e vicini essi sono pur nostri, e ci ammoniscono e ci esortano, a
noi pare, con parole simili a quelle che Noi, non molti giorni or sono, proferimmo: bisogna avere il coraggio della
verità! il coraggio cristiano.
Ed un secondo sentimento succede al primo con una domanda imbarazzante: ma allora dobbiamo inasprire i
dissensi con la società che ci circonda, e aggredirla con polemiche e con contestazioni, che rompono
i nostri rapporti col nostro tempo e che accrescono le difficoltà della nostra presenza apostolica nel
mondo? È questo l’esempio che dobbiamo raccogliere da questi valorosi oggi canonizzati Santi? No;
noi non crediamo. A ben leggere nella loro storia e soprattutto nei loro animi, noi vediamo che non è
uno spirito d’inimicizia che li spinse al martirio, ma piuttosto di amore, di ingenuo amore, se volete,
e di folle speranza; un calcolo sbagliato, ma sbagliato per desiderio di giovare e di condurre a
salvamento spirituale quelli stessi che essi provocarono a infliggere loro la terribile repressione del
martirio. Questo è importante. È importante per il mondo della nostra così detta civiltà occidentale; il
Concilio ce lo insegna. Ed è importante anche per quel mondo islamico nel quale si svolse e si consumò
la tragedia di S. Nicola Tavelić e dei suoi Compagni: essi non odiavano il mondo musulmano; anzi, a
loro modo, lo amavano. E certo lo amano ancora, e quasi personificano nella loro storia l’anelito cristiano verso
il mondo islamico stesso, che la storia dei nostri giorni ci fa sempre meglio conoscere, fortificando la speranza di
migliori rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Islam: non ci ha esortato il Concilio «a dimenticare il passato e a
esercitare sinceramente la mutua comprensione, non che a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini,
la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»? (Nostra aetate, 3)
Sono sentimenti questi che ci inducono a celebrare il Signore nei nuovi Santi, a ispirare la nostra vita al loro
esempio, a invocare per la Chiesa, per la Croazia, per i Paesi d’origine loro, per tutta la famiglia francescana, e
per il mondo intero la loro celeste protezione.
15 novembre
BEATO GIOVANNI CINI DELLA PACE,
eremita
Nacque a Pisa verso il 1270. Era oriundo della famiglia Cini e fu chiamato “della
pace” per aver dimorato lungamente in un eremo presso la “Porta della pace” di Pisa.
Dopo l’esperienza della vita militare entr nel Terz’Ordine Regolare di San Francesco
dedicandosi alla penitenza, alla preghiera e alle opere di misericordia, facendo da
mediatore fra i cittadini per indurli a pensieri di amore e di pace. Divenne padre
spirituale di molti che seguirono il suo esempio vivendo sotto la regola del
Terz’Ordine Regolare francescano. Ricco di meriti, vol al cielo il 13 novembre 1340.
Pio IX ne conferm il culto il 10 settembre 1857.
COLLETTA
O Dio, che hai fatto risplendere nel beato Giovanni della Pace lo spirito di
mortificazione e la carità verso il prossimo, concedi anche a noi di mortificare ogni
istinto e di avere per gli indigenti un sincero e sollecito amore. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
17 novembre
SANTA ELISABETTA D’UNGHERIA,
principessa, patrona del Terz’Ordine francescano
Figlia del re d’Ungheria Andrea II, nacque nel 1207. Giovanissima and sposa a Luigi IV di
Turingia. Fedele ai doveri del suo stato, mise nello stesso tempo la sua vita a servizio dei poveri e
degli ammalati, distribuendo i suoi beni e curando personalmente i lebbrosi. Morto il suo sposo
durante una crociata, fu ingiustamente cacciata dal castello insieme con i suoi tre figli e si ritir a
Eisenach, poi nel castello di Pottenstein, per scegliere infine come dimora una modesta casa di
Marburgo, in Germania, dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà.
Ella accett con fede e con fortezza la nuova condizione di povertà e continu a dedicarsi
all’educazione dei figli, all’assistenza dei malati e alla preghiera. Iscrittasi al Terz’Ordine
francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi
mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scaten la rabbia
dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo il 17 novembre 1231. È stata
canonizzata da Gregorio IX il 27 maggio 1235.
Festa
Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei
confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non
dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri
con le mani.
Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza
quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue
domestiche. Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una
vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia.
È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua
lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue
mani al misero, stende la mano al povero.
Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia
veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato
alle porte della città dove siede con gli anziani del paese. Confeziona tele di lino e le
vende e fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride
dell'avvenire. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c'è dottrina di bontà.
Sorveglia l'andamento della casa; il pane che mangia non è frutto di pigrizia. I suoi
figli sorgono a proclamarla beata e suo marito a farne l'elogio: «Molte figlie hanno
compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!». Fallace è la grazia e vana è la
bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.
Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città.
℞ La grazia di una donna diligente rallegra il suo marito; * grazia su grazia è una
donna santa e vereconda.
℣ Come il sole risplende sul mondo dal più alto dei cieli, così la bellezza di una donna
virtuosa è l'ornamento della sua casa.
℞ Grazia su grazia è una donna santa e vereconda.
SECONDA LETTURA
(Al pontefice, anno 1232; A. Wyss, Hessisches Urkundenbuch I, Lipsia 1879, 31-35)
Elisabetta conobbe ed amò Cristo nei poveri
RESPONSORIO
℞ Elisabetta, di stirpe regale, trionfa nel cielo, decorata di una triplice corona di meriti,
* avendo lasciato sublimi esempi di virtù in ogni stato di vita.
℣ Come vergine, come sposa e come vedova camminò nell'innocenza, senza
inciampare nella colpa;
℞ avendo lasciato sublimi esempi di virtù in ogni stato di vita.
TE DEUM
Lodi mattutinr
INNO
O santa Elisabetta,
accogli il nostro canto:
dal gaudio del Signore
ascolta chi ti prega.
Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei
confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non
dispiacere per tutti i giorni della sua vita.
RESPONSORIO BREVE
INVOCAZIONI
Rivolgiamo la nostra preghiera al Signore nostro Padre, che ha mandato il Figlio suo
nel mondo per salvare i contriti di cuore, e diciamo:
Infiammaci, o Signore, del tuo santo amore.
O Signore, che di continuo accresci in noi, con la tua parola di vita, la conoscenza del
tuo amore,
- fa' che possiamo riconoscerti ed amarti in tutte le circostanze della nostra vita.
O Dio di bontà, che ci vuoi generosi e solleciti nelle opere di carità,
- fa' che tutti ci riconoscano veri discepoli del tuo Figlio.
Padre Nostro
ORAZIONE
O Dio, che a sant'Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei
poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità
coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
Ora media
terza
Beato il marito di una donna virtuosa; il numero dei suoi giorni sarà doppio. Una
brava moglie è la gioia del marito, questi trascorrerà gli anni in pace.
Sesta
Ecco, tu hai istruito molti e a mani fiacche hai ridato vigore; le tue parole hanno
sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato.
Nona
Dividi il tuo pane con l'affamato, introduci in casa tua i miseri e i senza tetto; nel
vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne. Allora la
tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te
camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.
Vespri
Celebriamo l'eterno trionfo
della santa che umile e forte,
attraverso i travagli del mondo
ha raggiunto la gioia del cielo.
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONE
Con la preziosa intercessione di tutti i santi e di tutte le sante del cielo preghiamo il
Signore:
Ricordati della tua Chiesa, Signore.
Per le sante martiri, che con cristiana fortezza hanno vinto la morte,
- dona alla tua Chiesa, in mezzo alle sofferenze e alle prove, la forza dello Spirito.
Per le vedove, che hanno illuminato la loro solitudine con la preghiera e le opere di
carità,
- concedi alla tua Chiesa di testimoniare al mondo la forza misteriosa della carità e
della preghiera.
Per le madri sante, che generarono ed educarono i loro figli all'impegno civile e alla
testimonianza
del tuo regno,
- dona alla tua Chiesa di generare tutti gli uomini alla verità e alla grazia.
Per tutte le sante donne, che hanno meritato di contemplare la luce del tuo volto,
- concedi ai nostri fratelli defunti l'eterna gioia del paradiso.
Padre Nostro
ORAZIONE
O Dio, che a sant'Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei
poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità
coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che a santa Elisabetta d’Ungheria hai dato la grazia di riconoscere e onorare
Cristo nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con
instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 novembre
BEATA SALOMEA DA CRACOVIA, regina,
religiosa
Nacque da famiglia reale a Cracovia, in Polonia, nel 1211. Giovanissima, spos
Colomanno, figlio del re d’Ungheria. Umile nella dignità di regina, d’accordo con lo
sposo, fece voto di verginità e si dedic ad opere di beneficenza. Morto lo sposo,
ritorn in Polonia ed entr nel monastero delle Clarisse di Sandomierz, dove in seguito
fu eletta abbadessa. Morì il 17 novembre 1268 e la sua salma riposa nella chiesa
francescana di Cracovia. Clemente X il 17 maggio 1673 ne conferm il culto.
COLLETTA
O Dio, che hai chiamato la beata Salomea dalle sollecitudini del principato terreno
all’impegno della perfezione evangelica, sul suo esempio e per la sua intercessione
concedici di servirti in umiltà di cuore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
SECONDA LETTURA
Dalla «Lettera» di sant'Agnese d'Assisi alla sorella santa Chiara
RESPONSORIO
℞ Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una
splendida corona.
℣ Non ti sarà tolto l'onore della verginità, non sarai più separata dall'amore del Figlio
di Dio:
℞ hai ricevuto dal Signore una splendida corona.
ORAZIONE
O Dio, tu che a molte anime consacrate hai dato sant'Agnere d'Assisi quale
modello di perfezione serafica, concedi di emulare il suo ideale di santità, per essere
uniti a te nella gloria dei Santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è
Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Lodi
Vespri
COLLETTA
O Dio, che a molte anime consacrate hai dato santa Agnese d’Assisi quale modello
di perfezione serafica, concedici di emulare il suo ideale di santità, per essere uniti a
te nella gloria dei santi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
20 novembre
BEATO PASCUAL FORTUÑO ALMELA E
COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola
Pascual Fortuño Almela nacque il 3 marzo 1886 a Villarreal (Spagna). Vestì l’abito
francescano il 18 gennaio 1905. Ordinato sacerdote a Teruel il 15 agosto 1913, fu poi
inviato dai superiori nel seminario minore di Benisa, nei pressi di Alicante. Quattro
anni dopo fu destinato al servizio della Custodia di Sant’Antonio in Argentina.
Rientrato in Spagna lo colse lo scoppio della guerra civile nel 1936. Obbligato dagli
eventi politici ad abbandonare il convento, il 18 luglio 1936 si rifugi presso i suoi
familiari a Villarreal. Il 7 settembre 1936 fu arrestato ed il giorno seguente fu ucciso
sulla strada tra Castellón e Benicasim. Condotto alla fucilazione, le pallottole
rimbalzavano sul suo petto e cadevano per terra e l’imputato replic : «È inutile che
spariate; se volete uccidermi usate un’arma bianca». Gli venne perci affondata una
baionetta nel petto. Gli esecutori della sentenza di morte rimasero impressionati a tal
punto da esclamare: «Abbiamo fatto male a ucciderlo: era un santo», «Se è vero che
ci sono dei santi, questi è uno di quelli». Pascual Fortuño Almela e tre suoi confratelli
appartenenti all’Ordine dei Frati Minori (Plácido García Gilabert, Alfredo Pellicer
Muñoz, Salvador Mollar Ventura) furono beatificati l’11 marzo 2001 da Giovanni
Paolo II con un gruppo composto complessivamente di ben 233 martiri della
medesima persecuzione.
Comune dei martiri, pag. ***.
COLLETTA
Dio onnipotente ed eterno, che hai arricchito la vita
dei tuoi santi martiri Pascual e compagni con la grazia del battesimo
e la forza di comunicare alla passione del Cristo, vieni in aiuto alla nostra debolezza e
come essi non esitarono a morire per te, concedi anche a noi di essere forti e
coraggiosi nella confessione del tuo nome.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
22 novembre
BEATO SALVATORE LILLI, sacerdote E COMPAGNI, martiri di Turchia
Nacque a Cappadocia (L’Aquila) il 19 giugno 1853. Entrato nell’Ordine francescano,
fece il noviziato a Nazzano di Roma, ove il 6 agosto 1871 profess la regola di san
Francesco. Compì gli studi di filosofia a Betlemme e quelli di teologia a
Gerusalemme, ove il 6 aprile 1879 fu ordinato sacerdote. In possesso della lingua
araba, turca e armena, fu destinato come missionario a Marasc in Turchia, ove, sia da
suddito che da superiore, svolse un ottimo apostolato tra i cristiani orientali. Nel 1894
fu nominato parroco e superiore dell’ospizio di Mugiukderesi e qui fu raggiunto dai
rivolgimenti politici del 1895, quando i turchi effettuarono tanti massacri, specie tra i
cattolici armeni. Scoppiata la persecuzione, non volle lasciare la parrocchia; preso
perci dai soldati, con altri sette cristiani (Baldji Ohannès, Khodianin Kadir, Kouradji
Tzeroum, Dimbalac Wartavar, Ieremias Boghos, David Oghlou, Toros David), per
odio alla fede fu ferito a morte a colpi di baionetta e poi bruciato. Era il 22 novembre
1895. Giovanni Paolo II lo annover tra i beati martiri il 3 ottobre 1982.
[Memoria liturgica ufficiale: 17 agosto].
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
Grande è la gioia della Chiesa per l’elevazione agli onori degli altari di alcuni
luminosi suoi figli: il beato Salvatore Lilli, dei frati minori, un italiano e sette cristiani
della Turchia orientale (Armenia Minore), martiri della fede […].
La cronologia del beato Salvatore è semplice, ma ricca di fatti che attestano il
suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare
una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette soci nel martirio
conosciamo i nomi, le famiglie e l’ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi
cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la
propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche
drammatici […].
Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante
pose subito l’alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del
sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi
di baionetta che ne fecero scorrere il sangue. Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi
parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un
torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l’ultima volta di scegliere fra
l’abiura e la morte: All’infuori di Cristo non riconosco alcuno, disse il padre. Non meno
nobile fu la risposta degli altri martiri: Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra
religione (Positio super Martyrio, Summarium, teste V, 53). Per primo fu ucciso il
beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette
subirono la medesima sorte.
Questo missionario francescano ed i suoi sette fedeli parlano con eloquenza
incisiva al mondo di oggi: sono per tutti noi un salutare richiamo alla sostanza del
cristianesimo. Quando le circostanze della vita ci pongono di fronte alle scelte
fondamentali, fra valori terreni e valori eterni, gli otto beati Martiri ci insegnano come
si vive il Vangelo, anche nelle contingenze più difficili. Il riconoscere Gesù Cristo
come Maestro e Redentore implica l’accettazione piena di tutte le conseguenze che
nella vita derivano da tale atto di fede. I Martiri, elevati oggi agli onori degli altari,
vanno onorati imitandone l’esempio di fortezza e di amore a Cristo. La loro
testimonianza e la grazia che li ha assistiti sono per noi motivo di coraggio e di
speranza: ci assicurano che è possibile, di fronte alle più ardue difficoltà, seguire la
legge di Dio e superare gli ostacoli che si incontrano nel viverla e metterla in pratica. I
nostri beati Martiri hanno vissuto in prima persona le parole rivolte da Gesù ai suoi
discepoli: Chiunque mi renderà testimonianza davanti agli uomini, gli renderò
testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10, 32). Il beato Salvatore ed i
suoi compagni hanno subìto la morte per rendere la loro eroica testimonianza a Cristo
di fronte al mondo: il Signore ha reso loro la sua testimonianza davanti al Padre con la
vita eterna. Questa lezione, sia di sprone a tutti i battezzati per una vita cristiana sempre
più coerente e sempre più generosa al servizio del Signore, della Chiesa e dell’uomo.
R. Hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza. *
Esultate, o cieli e voi che abitate in essi.
V. Hanno sopportato un breve tormento e sono entrati nella vita eterna.
R. Esultate, o cieli e voi che abitate in essi.
Lodi mattutine
ORAZIONE
Dio onnipotente ed eterno, che con il martirio del beato Salvatore Lilli e dei suoi
sette compagni ci hai dato l’esempio di una fede costante fino al versamento del sangue,
per i loro meriti concedici ferma volontà nell’osservanza dei tuoi comandamenti. Per
il nostro Signore.
Vespri
25 novembre
SANT’UMILE PIROZZO DA BISIGNANO, RELIGIOSO
Dal Comune dei santi, religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
RESPONSORIO
Lodi mattutine
RESPONSORIO BREVE
ORAZIONE
O Dio, che hai dato a Sant’Umile la grazia di seguire fino in fondo Cristo povero
e umile, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere
alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio.
.
Vespri
O Sant’Umile di Bisignano
che dell’umil virtù sei maestro,
sii per noi vera lampada accesa
nel cammin sulle orme di Cristo.
A te gloria, Signore,
nato da Maria Vergine,
al Padre ed allo Spirito
nei secoli sia lode. Amen
Oppure
Figlio diletto della Vergine Maria,
entri nella gioia del tuo Signore.
26 novembre
SAN LEONARDO CASANOVA DA PORTO
MAURIZIO, sacerdote
Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
Seconda lettura
Responsorio
R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi
crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e
della sua potenza,
R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
Oppure
Da una «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» di san Leonardo
da Porto Maurizio
(Leonardo da Porto Maurizio, «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara
Sabina» - archivio del Monastero)
Dilettissime Sorelle in Cristo. La pace del buon Gesù nei vostri cuori. Ho avuto
sommo piacere in sentire che sia stato vostro straordinario il P. Gio : Battista da
Varallo mio amatissimo Compagno, il quale mi ha scritto mille lodi della vostra pietà,
dicendo che siete sì buone Religiose eccet., e benché ne abbia provato soddisfazione,
non sono però contento; attesochè non vi vorrei solamente buone, ma sante, essendo
tale il fine del vostro Istituto, e per esser sante non basta una bella apparenza; ma si
richiede un buon fondo nell’interno fabbricato da una continua orazione, e
dall’esercizio delle sante virtù praticate per quanto si può in grado eroico. Io sospiro
quando vedo alcune Religiose che sono faccendiere, faticano dalla mattina alla sera
incessantemente, e nell’esterno sono compitissime e molto attente in fare sì che il
tutto cammini con buon ordine, ed economia ben regolata, e poi nell’interno le
trovate canne vuote, cieche senza presenza di Dio, storte senza purità d’intenzione
nell’operare e deboli in vincere le loro passioncelle che di continuo tiranneggiano i
loro cuori. Quindi è che vivono sempre inquiete, annoiate, e non provano mai quanto
sia soave il Signore, insomma sono martiri dell’amor proprio. Or ditemi, fra di voi ve
ne sono di queste faccendone, tiepide, e dissipate? Me ne rimetto a voi. Non dico già
che non si debba attendere alle faccende necessarie, e molto più quando sono ordinate
dall’ubbidienza. Sarebbe tentazione il fare, o dire il contrario; ma dico che se
l’esterno non sarà regolato dall’interno, faticheremo assai, e guadagneremo poco. Ma
che abbiamo a fare per aggiustare questo orologio, acciò non sia così sconcertato?
Ecco quel che dovete fare. Non basta aggiustare la linguetta al di fuori, ma bisogna
dar di mano alle ruote di dentro, e queste sono le tre potenze dell’anima: Intelletto,
Memoria, e Volontà; riformate ben bene queste tre potenze, e subito sarà riformata
tutta l’anima, il vostro cuore nuoterà in un mare di pace, e vi godrete in terra un
anticipato paradiso. Per dirvene qualche cosa ruberò il tempo alle mie occupazioni;
ma guai a voi, se non ve ne approfittate.
Responsorio
R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi
crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e
della sua potenza,
R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
Oppure
Da una «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» di san Leonardo
da Porto Maurizio
(Leonardo da Porto Maurizio, «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara
Sabina» - archivio del Monastero)
Le suddette tre potenze Intelletto, Memoria e volontà si riformano con le tre Virtù
Teologali Fede, Speranza e Carità. Volete esser Sante? Fate spesso atti di fede,
speranza e carità, e questi vi santificheranno l’Anima. L’occhio della fede, ben
purgato, è quello che rende un’Anima padrona di se stessa, e la guida per un sentier
sicuro alla Eternità. Per tanto non vi contentate di una Fede viva ordinaria, e per dir
così, speculativa, ma procurate in tutte le cose una Fede straordinaria non solo viva,
ma attuata e pratica che rimiri Dio in tutte le cose, ed ordini tutte le cose a Dio, e con
questa fede vivissima ridotta in atto, che si trova nella parte superiore dell’Anima,
misurate tutte le cose; anzi a tutte le vostre azioni, massime alle principali,
fermandovi alquanto, fate precedere un atto di fede, rinnovando la presenza di Dio
dentro di voi, e con questo l’Anima vostra prenderà gran forza per operare con
fervore. O Sorelle benedette, gettate un si bel fondamento se volete essere sante,
essendo certissimo che quanto più sarà attuata la vostra fede, crescendo le cose
soprannaturali con maggior certezza di quello, con cui si credono le cose che
attualmente si vedono, tanto maggiore sarà il fervore della vostra volontà per operare
il tutto con perfezione. E per venire più al pratico: formatevi nel vostro cuore una
solitudine mentale, e quivi ritiratevi più volte fra giorno, e chiudendo gli occhi del
corpo, aprite l’occhio della fede, e rimirate il bellissimo Dio dentro di voi;
esortandovi per quanto so e posso a ricever Dio non altrove che dentro di voi, cioè,
nel centro dell’anima vostra, particolarmente in tempo dell’orazione, e quivi in oblìo
di tutte le Creature, scordatevi affatto di tutte le cose sensibili, parlate, conversate con
dell’orazione avvezzatevi a riguardar nelle Creature la sola bontà di Dio, e non
facendo conto alcuno della scorza esteriore, apprezzate solamente quel che si trova
nelle Creature, che è Dio.
Responsorio
R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi
crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e
della sua potenza,
R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio.
Lodi mattutine
Inno
Le sublimi virtù celebriamo
del mirabile santo Leonardo
che, fanciullo ancor tenero,
aspira all'unione perfetta con Dio.
COLLETTA
O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai dato in san Leonardo un apostolo ardente del
mistero della croce, concedi a noi, per sua intercessione, di penetrare le insondabili
ricchezze di Cristo crocifisso, per godere in cielo i frutti della redenzione. Egli è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri
27 novembre
SAN FRANCESCO ANTONIO FASANI, sacerdote
Nacque il 6 agosto 1681 a Lucera nelle Puglie e, ancor giovane, fu ammesso tra i Minori
Conventuali. Si distinse subito per la vita integerrima e fu esempio di austerità e di zelo sacerdotale.
Eletto ministro provinciale, ripristin la regolare Osservanza in tutta la Provincia. Propag la
devozione alla Vergine Maria e, per circa quarant’anni, si rese famoso nelle Puglie per le sue doti di
oratore e per la grande carità verso i poveri, gli orfani, gli infermi e i carcerati. Dotato di particolari
carismi, spir a Lucera il 2 novembre 1742. Giovanni Paolo II lo proclam santo il 13 aprile 1986.
SECONDA LETTURA
tjn modello fulgidissimo di santità ci è proposto nella Vergine Immacolata, che fin
dal primo istante del suo concepimento apparve al mondo quale oceano sconfinato di
perfezione e di virtù. Primogenita fra tutte le creature, fu sempre purissima e
perfettissima; i suoi pensieri, affetti e desideri, e le sue azioni furono sempre ornate di
ammirevoli virtù, di cui spandevasi all'intorno un soave profumo come di
fragrantissimi fiori, senza che alito profano ne intaccasse la bellezza. Per tutta la sua
vita, fu un essere ordinatissimo, in cui la natura e la grazia andarono sempre in
mirabile accordo, e lo spirito e la carne, le potenze superiori ed inferiori si
armonizzarono perfettamente con la giustizia originale.
Tu invece, nella tua vita; ti sei macchiato di molte colpe. Quanta negligenza
nell'osservanza della divina legge, quanti precetti trasgrediti, quanti doveri trascurati!
Vedi quale aspra lotta si combatte in te stesso, come i sensi si ribellano alla ragione, e
la carne allo spirito. Quante volte hai reso infruttuoso il dono prezioso della grazia. Da
tanto tempo il Signore ti ripete il desiderio'ardente che ha della tua salvezza, e tu
contraddici ai suoi voleri, rigetti le sue ispirazioni, resisti alla sua grazia. E se talvolta
ne assecondi gli inviti, non corrispondi però ai fini altissimi della sua Provvidenza.
Tutto ciò proviene dalla mancanza di spirito di orazione. Anche da parte degli
ecclesiastici si studia Dio, si predica Dio, s'insegna Dio, si discute di Dio; nei Vangeli,
nelle Scritture si legge di Dio; eppure lo spirito rimane arido, senz'a devozione. Molta
scienza e niente orazione; tutto il nutrimento è per l'intelletto, niente per la volontà.
Rifletti che la tua dipendenza dal Signore è essenziale, assoluta, continua. Perché,
dunque, non tieni lo sguardo rivolto al cielo per lodare, benedire e glorificare la dìvina
Bontà? Se tu indirizzassi ogni cosa a Dio, ti faresti santo. Orsù, rettifica le tue
intenzioni, opera il bene, ama il-bene, ma unicamente per Dio, Dio solo. Studiati
d'imitare la perfettissima e Immacolata Vergine Maria, sempre «aspirando ai carismi
più grandi».
Se tu parlassi le lingue degli Angeli, se conoscessi gli arcani della mente di Dio, se
al tuo cenno risuscitassero i morti, tutto questo non ti varrebbe più di un solo grado di
grazia santificante. Sono assai pregevoli le virtù cardinali, ma più le virtù teologali. È
preziosa la fede, preziosa la speranza, ma di esse è più grande la carità, che comporta
i doni dello Spirito Santo..
℞ Ti insegnerò ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: * praticare la
giustizia, camminare umilmente con il tuo Dio,
℣ soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri in questo
mondo;
℞ praticare la giustizia, camminare umilmente cori il tuo Dio.
ORAZIONE
O Dio, che in san Francesco Antonio ci hai dato un modello di seràfica perfezione e
un ardente apostolo della tua parola; concedici, ti preghiamo, per i suoi meriti e la sua
intercessione, di essere sempre saldi nella fede e operosi nella carità, per meritare il
premio eterno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna
con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Dio, che in san Francesco Antonio Fasani ci hai dato un modello di serafica
perfezione e un ardente apostolo della tua parola, concedici, ti preghiamo, per i suoi
meriti e la sua intercessione, di essere sempre saldi nella fede e operosi nella carità,
per meritare il premio eterno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 novembre
SAN GIACOMO GANGALLI DELLA MARCA,
sacerdote
Domenico Gangali nacque a Monteprandone (Ascoli Piceno) nel 1394, fu discepolo di san
Bernardino da Siena, dal quale ricevette a ventidue anni il saio francescano. Come il maestro,
anch’egli si diede alla predicazione, divulgando con zelo la devozione al Nome di Gesù, in Italia,
Polonia, Boemia, Bosnia e in Ungheria dove si rec per ordine del papa. Oratore ardente, si scagli
soprattutto contro i vizi dell’avarizia e dell’usura. Proprio per combattere quest’ultima, ide i Monti
di Pietà, dove i poveri potevano impegnare le proprie cose, non più all’esoso tasso preteso dai
privati usurai ma ad un interesse minimo. Già debilitato per la vita di penitenza, morì a Napoli nel
1476. È stato beatificato il 12 agosto 1624 da Urbano VIII. Benedetto XIII lo ha proclamato santo il
10 dicembre 1726.
Dal Comune dei pastori o dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
«Altra semente cadde nella buona terra e, nata, portò frutto il cento per uno». Qui
sono raffigurati i cuori devoti impregnati dall'abbondanza dello Spirito Santo, nei quali
la parola di Dio vi semina la contrizione dei peccati, la viola dell'umiltà, la rosa della
carità, il giglio della castità, il divino timore e amore, il desiderio delle realtà eterne, il
disprezzo delle cose terrene, la bellezza di tutte le virtù. O preziosa e santissima
parola di Dio! Tu illumini i cuori dei fedeli, tu sazi gli affamati, tu consoli gli afflitti; tu
rendi feconda la mente di tutti i buoni e fai germogliare tutte le virtù; tu strappi le
anime dalla bocca del diavolo, giustifichi gli empi e da terreni li trasformi in celesti.
Dove infatti è dato ricevere lo Spirito Santo? Mediante la predicazione. Dove piangi
i tuoi peccati e dove perdoni le ingiurie ricevute? Nella predicazione. Dove deponi la
cattiva volontà e ottieni la pazienza e ritrovi l'anima che era perduta? Mediante la
predicazione. Dove hai conosciuto Dio, e dove gli empi diventano giusti? Per via della
predicazione. Dove vengono rimessi tanti peccati, gli omicidi, le impudicizie, le
infedeltà, gli odi, ed altre cose del genere? Attraverso la predicazione. Che cosa ha
mantenuto il popolo nella fede? La predicazione.
Poiché coloro che non ascoltano la parola di Dio, sono come gli esseri senza
ragione. E che cosa ha la virtù di distruggere gli errori e le eresie, e che cosa ha
convertito il mondo? La predicazione. E qual è il mandato che Cristo diede agli
Apostoli? Di predicare. E donde la virtù di seminare le grazie e le virtù nelle anime?
Dalla predicazione, poiché: «Non siete voi che parlate», dice il Signore,
O santa predicazione, più preziosa di ogni tesoro! Beati coloro che volentieri ti
ascoltano, perché tu sei la grande luce che illumina il mondo. Dice San Bernardo: «La
Parola di Dio bisogna ascoltarla di buon animo, accoglierla con devozione, e custodire
con sollecitudine tutto ciò che riguarda la salvezza delle anime. E non va ascoltata
come parola degli uomini, ma come veramente è, parola di Dio, sia che essa consoli,
sia che ammonisca, o anche rimproveri». E come il seminatore negligente perde la
semente, così l'ascoltatore negligente perde la Parola di Dio.
Perciò dice sant'Agostino: «Vi chiedo ancora, o fratelli e sorelle, ditemi: vi sembra
che sia più sacro il corpo di Cristo, o la parola di Dio? Se volete rispondere
rettamente, dovete dire che la parola di Dio non è da meno che il corpo di Cristo. Non
sarà meno reo chi avrà ascoltato con negligenza la parola di Dio, di colui che per
propria negligenza avrà lasciato cadere in terra il corpo di Cristo».
RESPONSORIO 2 Tm 4, 2. 5; Rm 10, 15
℞ Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci,
rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. * Tu vigila attentamente, e
compi la tua opera di annunziatore del Vangelo.
℣ Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene.
℞ Tu vigila attentamente, e compi la tua opera di annunziatore del Vangelo.
ORAZIONE
O Dio, che hai dato alla Chiesa in san Giacomo della Marca un infaticabile
missionario della tua parola, tutto dedito alla salvezza delle anime e alla conversione
dei peccatori: la sua intercessione ci aiuti ad espiare i nostri peccati e a camminare
speditamente sulla via della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che
è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA
O Padre, che hai dato alla Chiesa in san Giacomo della Marca un infaticabile
missionario della tua parola, tutto dedito alla salvezza delle anime e alla conversione
dei peccatori:
la sua intercessione ci aiuti ad espiare i nostri peccati e a camminare speditamente
sulla via della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e
vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
29 novembre
Festa
INVITATORIO
INNO
O Gesù, Redentore del mondo,
custodisci dal male i tuoi servi;
per noi tutti suoi figli,
benigna, interceda la Vergine Madre.
PRIMA LETTURA
Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i
vostri servitori per amore di Gesù. E Dio che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre»,
rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che
rifulge sul volto di Cristo.
Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza
straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non
schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati;
colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di
Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi
che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di
Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma
in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto,
perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha
risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui
insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad
opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio. Per questo
non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello
interiore si rinnova di giorno in giorno.
Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una
quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose
visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili
sono eterne.
Poiché l'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi
tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per
se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.
E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di
Dio; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle
tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti,
nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza,
spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le
armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e
nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti,
eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte;
afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e
invece possediamo tutto!
℞ Soffrendo per la fede di Cristo e le leggi dei Padri, questi Santi si mantennero saldi
nell'amore fraterno. * Un solo spirito e una sola fede era in essi.
℣ Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!
℞ Un solo spirito e una sola fede era in essi.
SECONDA LETTURA
℞ Voi, che avete lasciato tutto e mi avete seguito, * riceverete cento volte tanto, e
avrete in eredità la vita eterna.
℣ Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
℞ Riceverete cento volte tanto, e avrete in eredità la vita eterna.
TE DEUM
Lodi mattutine
INNO
Sei la gloria del cielo, Signore,
sei dei Santi letizia e salvezza:
sia gradito al tuo trono l’omaggio
della lode che a te noi leviamo.
RESPONSORIO BREVE
INVOCAZIONI
Dio, sorgente di santità, che hai fatto risplendere nei Santi i prodigi della tua
multiforme grazia,
concedi a noi di glorificare in essi la tua grandezza.
Dio, misericordioso, che ci hai mostrato nei tuoi Santi l’immagine del tuo Figlio,
fa’ che giungiamo, col loro aiuto, ad una più intima conformità con Cristo.
Re del cielo, che con gli esempi dei fedeli imitatori di Cristo ci chiami alla Patria
celeste,
fa’ che da essi apprendiamo la via più sicura per raggiungerla.
Dio, che nel sacrificio del tuo Figlio ci congiungi agli abitatori celesti,
accresci in noi la devozione, perché il loro culto sia sempre più a nostra
edificazione.
Padre nostro
ORAZIONE
O Dio onnipotente, che ti sei degnato di dare maggiore luce alla tua Chiesa, con
mirabile e svariata fioritura di santità serafica, concedi a noi di imitare gli esempi di
tanti gloriosi confratelli, e di conseguire nei cieli la corona riservata ai giusti. Per il
nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ora media
Terza
Sesta
Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non furono dimenticati. Nella loro
discendenza dimora una preziosa eredità, i loro nipoti. La loro discendenza resta
fedele alle promesse e i loro figli in grazia dei padri. Per sempre ne rimarrà la
discendenza e la loro gloria non sarà offuscata. I loro corpi furono sepolti in pace, ma
il loro nome vive per sempre.
Nona
LETTURA BREVE Tb 2, 18
Noi siamo figli di santi, e aspettiamo quella vita che Dio darà a quelli che non gli
mancano mai di fede.
INNO
SALMO 14
SALMO 111
RESPONSORIO BREVE
INTERCESSIONE
Tu, che ai Martiri hai dato lo spirito di fortezza per testimoniare la fede, fino allo
spargimento del sangue,
- rendi tutti i cristiani fedeli testimoni del tuo Figlio.
Tu, che alle Vergini hai dato il sublime dono d'imitare Cristo,
- fa' che riguardiamo la verginità a te consacrata come un particolare segno dei beni
celesti.
Dio di bontà, accogli i nostri fratelli defunti nell'eterno consorzio dei Santi,
- e concedi a noi di raggiungerti un giorno nella gloria.
PADRE NOSTRO
2 dicembre
Nacque a Barcellona (Spagna) il 1° settembre 1592. Rimasta ben presto orfana del padre e
della madre, entrò giovanissima nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Barcellona. Qui emise la
professione religiosa l’8 settembre 1609. A vent’anni di età fu mandata a Saragozza come maestra
delle novizie; in questo monastero fu successivamente eletta abbadessa e lo governò fino alla
fondazione del monastero di Murcia, nel 1645. Le sue devozioni: Gesù bambino, il sacro Cuore, la
passione, ma in particolare modo l’eucaristia. Nella presenza reale di Cristo vedeva ricapitolata tutta
la cristologia: incarnazione, nascita, morte e risurrezione del Signore. In questi misteri di Cristo era
per lei inseparabile la presenza di Maria, la cui vicinanza ella sperimentava, a volte, nel più intimo
dell’anima. Prove fisiche e spirituali resero ancor più gradita la sua anima a Dio. Le sue esperienze
mistiche sono riferite negli scritti che ella lasciò per ordine dei suoi confessori. Morì il 2 dicembre
1665. Fu beatificata il 23 maggio 1982 da Giovanni Paolo II.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
R. Vi esorto a offrire i vostri corpi * come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio.
V. Chi ha il dono di esortare, esorti; chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo
faccia con diligenza.
R. Come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio.
ORAZIONE
O Dio, ricco verso quelli che t’invocano, che alla beata Maria Angela Astorch,
vergine, hai dato la grazia di penetrare ineffabilmente i segreti delle tue ricchezze nel
quotidiano ufficio di lode, concedi a noi, per sua intercessione, di dirigere verso di te
le nostre azioni, perché siano a lode della tua gloria in Cristo Gesù Figlio tuo. Egli è
Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
2 dicembre
Nacque a Wysoczka in Polonia nel 1694; dopo aver militato alcuni anni nell’esercito
entr nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e ricevette l’ordinazione presbiterale.
Nella vita religiosa concili esattamente l’eroico esercizio della carità verso Dio e delle
altre virtù, specialmente della povertà e dell’umiltà, con il ministero sacerdotale della
predicazione della parola di Dio e delle sacre celebrazioni, come pure con le opere di
carità verso il prossimo, specialmente verso i poveri e gli ammalati che costantemente
soccorreva secondo lo spirito della misericordia evangelica. Morì a Lagiewniki nel
1741. Il 29 agosto 1772 fu introdotta la causa di beatificazione dalla diocesi di Varsavia
e si ebbe il decreto sulle virtù il 13 maggio 1949. Grazie ad un miracolo attribuito alla
sua intercessione ed approvato il 22 gennaio 1991, è stato beatificato da Giovanni Paolo
II il 9 giugno 1991 a Varsavia, durante il suo viaggio apostolico in Polonia.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
R. Ognuno ci consideri come servi di Cristo, responsabili dei misteri di Dio. * A chi
amministra si chiede di essere fedele.
V. Molti si proclamano gente per bene, ma una persona fidata chi la trova?
R. A chi amministra si chiede di essere fedele.
ORAZIONE
10 DICEMBRE
Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA
L’umiltà è verità. Coll’umiltà si separa il prezioso dal vile: dà ciò che di Dio a Dio,
da quello che è nostro, per noi. È giustizia: che tutto ciò che abbiamo di bene e buono
riconoscerlo da Dio, perché è tutto suo, e il farlo nostro è un furto di onore e gloria tolti
a Dio stesso e quindi gran peccato è la superbia che fa suo quel che è di Dio, e perciò
come rei di gravissimo peccato, i superbi non possono entrare in Paradiso.
Chiunque vuol rettamente ragionare e fare i conti giusti e netti di ciò che è proprio
suo, e di ciò che è assolutamente di Dio, troverà che di suo non avrà nulla, ma che tutto
ha ricevuto da Dio - corpo - anima con le loro potenze e facoltà e doti - tutto è di Dio.
L’umiltà è la cosa la più giusta, la più evidente, ma e che cosa è dunque che non la si
pratica? La ragione di ciò è il grande desiderio, la smania che abbiamo di grandeggiare,
di comparire, il desiderio di eccellenza, ecco tutta l’origine de’ nostri mali, ed è quella
che rovinò Lucifero con tutti i suoi angeli.
A questa grandezza, cui noi ci sentiamo trascinati, sì ci arriveremo, ma per altra via,
e non ora; per la via dell’umiltà e nell’altra vita. Noi siam fatti per Iddio, per esser con
lui eternamente beati. Oh quanto ingannati viviamo noi uomini qui in terra cercando
quaggiù onori, ricchezze, piaceri mentre questi non sono che ombre di quelli che il
nostro cuore realmente brama e desidera, e intanto chi si perde in questi e si pasce
d’essi, perde irreparabilmente i veri, gli eterni. E perché ciò? Perché non vi si pensa
veramente, non si meditano le verità eterne, le verità evangeliche.
L’esperienza ce lo mostra continuamente: per quanto uno sia ricco, potente, onorato,
non si trova mai ricco a sufficienza né bastante onorato, né sufficiente potente, poiché
quello che possiede è finito o deficiente e il suo cuore è fatto per l’infinito ed
indeficiente. Senti perciò la conclusione di Salomone che, dopo d’aver gustato e
posseduto il possedibile e il godibile, disse che tutto era vuoto, vanità, che non lo
riempiva né saziava perché non siamo fatti per queste piccole grandezze né per i gusti
terreni, ma per i grandi del cielo, ma a questi non ci si può arrivare se non mediante la
giustizia, ossia l’umiltà, coll’esser parati a dar a Dio quel che è di Dio. A Dio solo
l’onore e la gloria, il qual onore e gloria noi gli prestiamo servendolo in tutto ciò che
è di suo beneplacito, e allora con lui regneremo per tutta l’eternità: servire Dio è
regnare.
R/. Il Signore guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie. * Per gli
umili i sentieri di Dio sono verità e grazia.
V/. Praticate la giustizia e la fedeltà, usate pietà e misericordia verso i fratelli.
R. Per gli umili i sentieri di Dio sono verità e grazia.
ORAZIONE
O Dio, che hai dato al beato Arsenio, sacerdote, la grazia di seguire Cristo povero e
umile, concedi anche a noi che, esercitando le opere di misericordia, viviamo con
fedeltà la nostra vocazione e con il tuo aiuto superiamo ogni avversità. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ant. al Mag. Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l’avete fatto a me, dice il Signore.