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Mancavano sette ore allo zenit della luna piena e la nausea e le vertigini tentavano di rubargli la

lucidit. Si fece un the molto forte ed una doccia fredda, quindi si infil il mantello pesante.
Sapeva che il Re era fuori citt, e lo sapeva perch glielo aveva detto la Regina, non certo perch
Capricorno amasse proclamare le proprie gite fuori porta, tutt'altro.
Aveva inizialmente deciso di non recarsi da lei perch, se passare per il bosco ed arrampicarsi sul
balcone gli riuscisse estremamente semplice, in quel giorno il percorso di ritorno sarebbe invece
stato piuttosto difficoltoso a causa della debolezza che sarebbe aumentata col passare delle ore. Non
voleva correre il rischio di essere facile merce al soldo delle Giacche Nere quindi avrebbe lasciato
che quella serata di plenilunio facesse il suo corso senza compiere azioni azzardate.
Ma poi era sopraggiunta la tristezza. Una tristezza non nuova, in quei giorni in cui l'improbabile
diveniva reale, lasciandolo talvolta spiazzato e privo di emozioni.
Era strano per lui, abituato a domare i tumulti dell'anima come fossero animali feroci. Nella sua vita
era stato sempre sereno, sicuro, a volte angosciato ma mai veramente triste. E la tristezza era la
sensazione che mal sopportava di pi, perch lo debilitava togliendogli la forza d'animo che da
sempre lo aveva contraddistinto.
Ed era stata proprio quella tristezza che gli aveva fatto cambiare idea, spingendolo a credere che
sarebbe stato pi salutare per lui correre il rischio di venire arrestato piuttosto che starsene in casa
da solo ad affrontare quella sensazione. Quindi era uscito sotto la pioggia di inizio primavera, con i
sensi intorpiditi dalla silente trasformazione in atto, e si era avviato verso il bosco, si era inoltrato
laddove nessuno lo avrebbe visto o sentito, aveva costeggiato il villaggio ed in meno di mezz'ora
era arrivato al palazzo.
Il retro di Villa Gorgon era sempre buio poco controllato, data la sua posizione praticamente interna
al bosco. Capricorno era certo che nessuno potesse essere cos folle da tentare l'irruzione nel
palazzo passando per il bosco, ed aveva ragione solo in parte.
Gli unici che camminavano nel bosco senza timore erano i licantropi ed essi non erano interessati
alle faccende di Capricorno, quindi non prestavano per nulla attenzione al palazzo e a quale parte di
esso fosse scoperto.
Tranne uno. E quest'uno, era il Cervo.
Cammin rasente alla parte posteriore del palazzo seguendo il piccolo sentiero che aveva creato col
suo via vai nei mesi precedenti, raggiunse l'angolo che portava al lato destro della costruzione e
rest nascosto ad osservare le Giacche Nere che, svogliatamente, pattugliavano il balcone della
Regina.
Capricorno era astuto, ma di ordine militare non ne sapeva poi molto. Al Cervo era bastata una
settimana di osservazione per imparare a memoria il giro e le perlustrazioni che le guardie
compivano ogni sera ed era riuscito sempre ad eluderle con una perfezione che gli aveva fatto venir
voglia di scrivere a Capricorno facendogli presente di quanto fallace fosse il suo sistema di
sicurezza.
Dopo circa venti minuti di controlli approssimativi, le tre guardie sotto al balcone reale si
scambiarono un cenno e si avviarono al cambio e il Cervo sapeva che avrebbero lasciato scoperto il
posto per almeno quattro minuti, prima che arrivasse qualcun altro a presidiarlo.
F veloce come una saetta nonostante la debolezza incombente. Corse accucciato sul lato destro del
palazzo, silenzioso come la notte, raggiunse il balcone e dandosi una forte spinta riusc a
raggiungere una rientranza nel muro che gli faceva sempre da appiglio. Si arrampic per sette metri
facendo leva sui muscoli di braccia e gambe, afferr le piccole colonne del balcone sopra di lui e si
iss, balzando su di esso con i muscoli doloranti a causa del plenilunio incombente.
Si acquatt lanciando un'occhiata sotto di se. Non era ancora arrivato il cambio.
Mise un dito sul bordo della finestra e lo fece scorrere fino a quando sent la grossa vite del cardine
premere contro il polpastrello, spinse ed inclin il telaio della finestra facendo forza sul lato
incastrato nel muro.
Uno scatto, poi il cardine venne fuori dalla propria base con un piccolo scatto.
Click.
Sollev la finestra e la pos delicatamente sul pavimento della finestra, senza fare nessun rumore.
Poi la scavalc entrando nella stanza ed altrettanto silenziosamente la rimise al suo posto,
poggiandola soltanto.
La camera da letto gli parve vuota, poi vide la porta del bagno chiusa ed un filo di luce che passava
sotto di essa. Si rilass completamente lasciandosi cadere sul letto morbido, gustandosi l'odore di
incenso all'ambra che adorava. La sensazione di fregare Capricorno era piacevole quasi quanto
andare al letto con sua moglie e bench quei pensieri non lo facessero sentire l'uomo migliore del
mondo, quella sera se li concesse perch era luna piena, ed in luna piena tutto gli era concesso.
A quell'idea si lasci sfuggire un sorriso, la sua tristezza si stava alleviando pian piano. Poi i suoi
pensieri vennero interrotti dal rumore della porta del bagno che si apriva.
Quando Martina lo vide trasal e quasi url, fermandosi prima che la voce uscisse potente. Si erano
guardati con gli occhi spalancati, poi lei si era premuta una mano sulla bocca e la sua espressione si
era rilassata diventando quasi sorridente.
<<Ma non luna piena?>> Gli chiese come prima cosa. Lui annu ed indico il pacchiano orologio
da tavolo d'oro sulla scrivania d Capricorno:
<<Manca qualche ora>>
Qualcosa nello sguardo di lei gli disse che quelle parole non l'avevano tranquillizzata. Le sorrise.
<<Stiamo insieme soltanto un po, poi torno a casa. Non ce la facevo a non vederti oggi.>>
Lei lo raggiunse sul letto, lo tir a se e lo abbracci, baciandolo. Lui la strinse quasi avvolgendola
del tutto.
<<Come sei bella, cos calda...>>
Martina gli accarezz la camicia scura di flanella e gli strinse i lembi:
<<Ma sei bagnato!>> Esclam. Lui, che aveva dimenticato di aver camminato sotto la pioggia per
molti minuti, annu svogliatamente: <<Si, piove>>
La ragazza si alz veloce: <<Spogliati, ti do qualcosa di mio marito, magari qualcosa di largo...>>
<<Ma devi proprio chiamarlo cos?>> Domand il Cervo, poco infastidito.
<<E come lo devo chiamare? E' mio marito.>> Rispose la ragazza, mentre frugava in una
cassettiera scura.
<<Si chiama Capricorno. Chiamalo Capricorno.>>
Martina aveva sospirato.
<<Eh, gelosia...>> Aveva detto.
<<Non posso essere geloso?>>
<<Si si, puoi. Puoi fare tutto.>>
<<Questo lo so.>> Aveva risposto lui, in un tono molto nervoso. La giovane lo guard.
Lei sapeva bene perch il Cervo, sempre amabile e dolce con lei, quella sera era cos brusco. E, suo
malgrado, lo sapeva anche lui.
<<Scusami...>> Le aveva detto piuttosto affranto.
<<Tranquillo. Adoro quando mi tratti male...>> Gli disse lei ammiccando.
Il Cervo sorrise e cogliendo il doppio senso nelle parole della ragazza cominci ad eccitarsi.
Lei gli tir una camicia di flanella molto simile a quella che indossava gia, ma di almeno due taglie
pi piccola.
<<Si tiene ste camice che poi non si mette>> Riflett ad alta voce.
<<Possiamo smettere di parlare di lui?>> Disse l'uomo mentre si sbottonava il capo bagnato.
<<Ok>> Rispose lei con dolcezza. Lo raggiunse poi sul letto, quando si era appena tolto la camicia
rimanendo a petto nudo.
Nel guardarlo prov ammirazione, prima ancora che eccitazione, e si chiese per l'ennesima volta da
quando si erano conosciuti come fosse possibile che un uomo perfetto in tutto come lui avesse
scelto un tale casino come lei, che non era bella e non trovava che la sua mente incasinata fosse
interessante. Ma lui l'adorava realmente e non avrebbe mai permesso che si sentisse indegna del
loro rapporto.
Il loro era stato un vero colpo di fulmine, quattro anni prima quando si erano conosciuti. Si erano
guardati e si erano colpiti con una tale forza che probabilmente nessun altro rapporto nella loro vita
avrebbe pi eguagliato quella sensazione.
Martina non era nuova ai colpi di fulmine a dire il vero, ma il Cervo si. In passato si era innamorato,
anche castamente, di ragazze con cui aveva scambiato ben pi di qualche chiacchiera ma per tutte
c'era voluto tempo e fiducia. Invece con lei era stato immediato. L'aveva guardata e aveva pensato
di non aver mai visto occhi pi belli ed espressivi, esteticamente gli piaceva molto ma f ci che gli
trasmetteva a fargli perdere la testa da subito. Sensazioni difficili da spiegare persino a se stesso, ma
la cui spiegazione non gli interessava poi troppo.
Ma il loro rapporto non era stato poi idilliaco. Tante difficolt si erano contrapposte tra loro, molte
delle quali avevano nome e cognome. O solo un nome, come Capricorno.
Poi c'era Lupin, che lei diceva di amare anche se in modo diverso rispetto a lui. C'era Slater, che era
anche suo fratello, e c'era William, che al tempo non lo sapeva ma era anche suo figlio. Lui non
capiva come, e neppure lei, ma Martina sentiva di amarli tutti con una grande intensit.
Ma di una sola cosa era certa al punto di ripeterglielo insistentemente. Soltanto lui, Romolus, era
quello con cui sarebbe riuscita a passare il resto della propria vita. A chi importava come ci fosse
possibile, o con quali criteri il suo cuore scegliesse il compagno tra quelli che amava davvero?
<<Mettitela che fa freddo>> Gli disse porgendogli la camicia. Lui gliela tolse di mano e la gett ai
piedi del letto, poi afferr indelicatamente la ragazza per i fianchi e la tir verso di se.
<<Non ho freddo>> Le disse piano prima di baciarla.
Inizi a spogliarla con poca grazie e senza concederle di aiutarlo. Un comportamento strano, non
pericoloso ma anomalo per lui, che temeva sempre di farle male anche per errore. Ma a lei non
importava perch era eccitata e l'unica cosa che desiderava era sentirlo dentro di se. Lui non la fece
aspettare troppo, la gir e la prese da dietro senza troppi preliminari o baci, e a lei non dispiacque.
Dopo cinque minuti di sesso, lei inizi a pensare che quella fosse la scopata migliore della sua vita.

Ad un'ora da Londra, in un piccolo bar che puzzava di alcol e piscio, la televisione trasmetteva le
notizie meteo e mostrava le immagini del Galles devastato da una pioggia torrenziale come non ce
n'erano da almeno dieci anni. Capricorno inve contro il maltempo e decise in fretta di tornarsene a
casa sua, al palazzo, rimandando il suo viaggio ai giorni seguenti una volta terminato l'allarme
pioggia.
Basta e le Giacche Nere, che avevano spaventato i babbani di passaggio con il loro abbigliamento
poco discreto, andarono ad avvertire l'autista del cambio di programma, ed egli riport tutta la
combriccola alle porte di Hogsmead senza fare domande, poich era pagato anche per essere poco
curioso.
Quando Cockerell aveva visto il Re varcare la soglia dell'androne lo aveva raggiunto in fretta e gli
aveva chiesto se dovesse far avvertire la Regina del suo ritorno. Capricorno gli aveva detto di no,
perch a quell'ora probabilmente stava gia dormendo e non voleva che la disturbassero.
Capricorno aveva lasciato i suoi bagagli al centro della sala dove certamente qualcuno si sarebbe
preoccupato di rimuoverli e farglieli avere in camera, si tolse la sciarpa, il cappello ed il pesante
giaccone umido, poi dopo averli consegnati nelle mani di basta, era salito al piano di sopra verso la
camera da letto.
Si era fermato davanti alla porta perch gli era sembrato di sentire qualcosa.
Un lamento. Un altro.
No, gemiti. Erano gemiti.
Estrasse la bacchetta nera dalla fondina nei pantaloni ed afferr il pomello. Sapeva bene chi si
trovava con sua moglie in quel momento. Quel bastardo di suo fratello.
<<Alohomora>> sussurr e la porta scricchiol. I gemiti non smisero, allora spinse piano per aprirla
quanto bastasse per osservare e colpirlo cogliendolo di sorpresa una volta per tutte. Ma quando si
affacci cauto con un solo occhio, l'uomo che vide non era Slater ma qualcuno con cui non
sospettava neppure che sua moglie avesse a che fare.
Il Cervo, capitano dell'Ordine della Fenice e suo maggior nemico, in quel momento.
Brividi terribili si arrampicarono sulla sua spina dorsale colpendogli come piccoli martelli la nuca.
Accost la porta senza chiuderla per non fare rumore e scese in fretta le scale. Avrebbe ordinato alle
sue guardie di seguirlo piano fino alla camera, avrebbe aperto la porta e lo avrebbe fatto crivellare
di colpi. Che occasione d'oro gli aveva regalato quella troia, l'adrenalina gli pomp cos tanto
sangue nel cuore che cominci a perdere battiti, ma non se ne accorse ed ogni gemito che gli
arrivava della Regina era il ticchettare degli ultimi attimi di vita del Cervo maledetto.
Poi da una delle nicchie aperte sopra le scale intravide la Luna Piena, e si ferm. La sua mente,
pervasa dall'eccitazione e dal senso di onnipotenza f capace di partorire un'idea perversa, malvagia
e prettamente esoterica nello stesso momento. Avrebbe anticipato di un mese l'esperimento sui
licantropi che stava preparando con cura da diverso tempo. Sentiva che il fato gli stava offrendo
molto di pi che l'occasione di uccidere il Cervo. Gli stava offrendo la possibilit di portare i suoi
studi ad un livello successivo senza perdere altro tempo.
Corse letteralmente gi per le scale. Basta cerc di fermarlo per farsi spiegare cosa stesse
accadendo, ma il suo Re lo spinse via in malo modo.
<<Portami la coppa e il vino!>> Gli aveva detto piano mentre continuava ad allontanarsi in
direzione della stanza segreta, che segreta non era ma dove nessuno aveva il coraggio di
avventurarsi tranne Capricorno stesso.
La stanza segreta era la stanza rituale di Capricorno. Alle pareti c'erano drappi nere, per terra teschi
umani reali, alcuni vecchi di decenni e forse pi, altri sinistramente recenti. Candele nere erano
appese alle pareti e rette da vecchi candelabri di argento ossidato ed al centro di questa stanca
inquietante vi era un altare di pietra lucida dove Capricorno effettuava le proprie operazioni
magiche.
Entr senza chiudere la porta, in attesa di Basta, e si spogli completamente gettando gli abiti in
direzione della parete frontale pi distante. Prese dei fiammiferi da un piccolo cassettino sbilenco
posato di lato su quella che doveva essere una sedia e con essi accese alcune candele della stanza.
Basta arriv con la coppa piena di vino rosso consacrato, torbido e denso come sangue e Capricorno
lo spinse fuori chiudendogli la porta in faccia e quasi schiacciandogli una mano.
Pos la coppa sull'altare e si concentr. Le energie che erano gia nell'aria impiegarono pochi
secondi a concentrarsi sul vino e a trasformarlo in un veicolo di potere.

Il Cervo cominci a sentirsi molto strano. Si ferm ed usc da lei allontanandosi e temendo di
vomitarle addosso.
<<Ti senti male?>> Gli chiese lei, e lui annu sorridendo un poco per non spaventarla. Guard
l'orologio d'oro. Mancavano quasi cinque ore. Era normale si sentisse cos.
Non trovava normale invece l'eccitazione esasperante che cominciava a sentire. Prese di nuovo la
ragazza, stringendola con forza perch una parte di lui temeva scappasse come fanno le sue prede
animali in luna piena, prede di cui non aveva ricordo. La penetr con forza e lei cerc di
allontanarlo un poco per diminuire l'attrito tra i loro sessi, ma lui stava cercando di fare qualcosa e
non gli era chiaro cosa.
In brevissimo tempo, secondi o frazioni di secondo, la sua percezione della realt cambi. Prima di
tutto quello che stava facendo era accoppiarsi, non fare l'amore. Non sapeva neppure cosa fosse
l'amore, non che non ricordasse quale fosse la sensazione all'amore associata, ma non la provava
pi. La donna sotto di lui, con lo sguardo attento e spaurito, sapeva chi fosse. Era Martina, e sapeva
di volerle molto bene, ma era naturale per lui che lei restasse sotto finch non avesse finito perch la
natura comandava questo. E la natura comandava anche che la tenesse stretta per i fianchi per non
farla muovere perch quando i loro corpi si sarebbero agganciati lei avrebbe avuto paura e sarebbe
fuggita.
Le ossa del suo sterno schioccarono, procurandogli dolore e si accorse che le sue spalle stavano
crescendo. Anche al suo bacino stava accadendo qualcosa, lo sent disincastrarsi dalle ossa umane
come lui aveva prima disiscastrato la finestra per entrare nella stanza, e subito poi si erano saldate a
femori pi massicci.
I suoi testicoli si contrassero con forza e lui percep forte l'istinto di spingere nuovamente in avanti
il bacino. Il suo pene si stava dilatando, lo sentiva scorrere in avanti nel corpo della giovane mentre
lei con tutta la forza delle proprie braccia spingeva sul petto di lui per allontanarlo. Aveva gli occhi
stretti e i denti digrignati per lo sforzo e non si era realmente accorta di cosa stesse accadendo.
Poi il suo pene, che aveva raggiunto la fine della vagina e premeva con forza verso di essa, con un
certo dolore, parve agganciarsi alla perfezione al sesso di lei, e ben presto fu inabile a muoversi.
Venne, ma l'orgasmo anche se piacevole f doloroso. In quei minuti lei non aveva mai smesso di
spingerlo e tentare di rigirarsi per trovare una via di fuga. Poi quando lo aveva sentito venire, si era
rilassata credendo probabilmente che si sarebbe tolto presto da lei. Ma lo guard e sul suo volto si
disegn la paura.
<<Romolus...>> Disse con voce quieta <<Ci sei?>>
Romolus - pens il Cervo - che strano verso Romolus?
Lasci la stretta attorno ai fianchi della ragazza e le poggi sul letto. Non se ne accorse,
ovviamente, ma avevano raddoppiato la loro misura e le vene nere spingevano contro la pelle come
se stessero per esplodere. Tent in quella posizione di farsi indietro per uscire da lei, ma quel
movimento gli stimol il pene che subito torn turgido incastrandoli di nuovo.
Quella sensazione non gli piaceva. Si tir ancora indietro, ma ogni movimento peggiorava la
situazione.
Martina aveva perso la sensibilit della vagina e di parte delle cosce, schiacciate dalla mole
dell'uomo. Sentiva lui che si muoveva dentro di lei, ma quando provava ad allontanarsi sentiva
come se l'utero cercasse di uscire con lui, spingendo verso il basso e facendole un male terribile.
Non capiva come fosse possibile che si stesse trasformando, le aveva detto che mancava qualche
ora, non poteva averle mentito. Lui non sbagliava mai i suoi calcoli sullo zenit. Cerc di restare
calma anche se la situazione era disastrosa. Se fosse riuscita a scappare avrebbe chiesto aiuto alle
guardie, che lo avrebbero ucciso, ma se fosse rimasta li sarebbe morta nel modo che in assoluto
temeva.
Con la mente ripens alle volte in cui aveva visto Lupin e Grayback divorare animali interi e la
paura ebbe il sopravvento, ma non poteva muoversi. Scoppi in un pianto dirotto e si mise a
chiamare aiuto.
Il Cervo non capiva perch, ma non apprezz quel piangere. Cosa significavano quei versi? Cosa
stava facendo la sua compagna? Con la grossa mano le copr il volto, soffocando le sue grida ed il
suo pianto, lasciandola respirare appena.
<<Romo... Romolus...>> Balbett lei da sotto la sua mano, e delicatamente, cercando di richiamarlo
in se, con la mano destra gli accarezz il volto, ruvido e bagnato dai fluidi che il suo corpo stava
secernendo.
Ma al Cervo o chiunque egli fosse, quel gesto non piacque. Non gli piacque che il suo volto venisse
toccato e i suoi occhi minacciati. Quindi morse.
La sensazione che Martina avvert f terribile. Non c'era vero dolore, non ancora, ma una stretta
cos forte che il sangue le premette verso la mano quasi fino a fargliela esplodere. Tutto il suo corpo
prese a formicolare e ad indebolirsi e quando lui le liber il volto, si gir e vide che pochi millimetri
sopra l'incavo del braccio c'erano due grossi buchi grondanti sangue.
Il Cervo ingoi il sangue e la ragione lo abbandon completamente. Si guard intorno e vide le
mura della stanza stringersi. La ragazza sotto di lui era immobile e lo guardava, pareva viva ma lui
sentiva la pressione del suo sangue che diminuiva. E non era bene mangiare animali morti o
morenti. Quindi balz gi dal letto e corse contro la finestra che si frantum senza neppure scalfire
la sua pelle dura. Scavalc il balcone e si gett verso il bosco dove segu gli odori dei suoi simili,
lontano dal palazzo e dalla tragedia che conteneva.

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