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Marco Bronzi Rusconi

Mi RICORDO
Ricordi scritti in libert, cos,
come mi affiorano alla mente.

Bologna 2013
Marco Bronzi Rusconi

MI RICORDO

Ricordi scritti in libert,


cos, come mi affiorano
alla mente

Bologna 2013
Dedico Questo lavoro
alla mia
amata famiglia
Mi ricordo
Presentazione

Mi ricordo.i tempi passati

Negli ultimi anni sono assillato dallemergere


di memorie del passato.

E come se avessi un picchio che mi


martella incessantemente sulla testa, dove
si agitano pensieri e ricordi.
Che vorr mai dire?
Che dovr mai fare?

E di certo la vecchiaia, mi dico.

Che farne di quel fiume di ricordi che affiorano dal passato?

Minformo e mi consigliano: Ma scrivili, diamine! Scrivere i ricordi ha un


effetto terapeutico.
Se trasferisci pensieri e ricordi sulla carta, butti tutto fuori dalla tua mente e te
ne liberi, in questo modo la tua salute ne trae beneficio!.

Allora scrivo, accidenti!


Cos l fisso e me li rileggo, per vedere leffetto che fa.
Le memorie si presentano con molta frequenza. Allinizio sono vaghe,
nebulose, poi, via via, si evidenziano i contorni e il ricordo appare
nitido nella mente.
Alcuni sono piacevoli, altri meno.
Mi decido: li scrivo, in libert, cos, come mi affiorano alla mente.
Scrivendoli pertanto, li avrei imprigionati e non avrebbero potuto
pi agitarsi nella mente.. agitandomi.

Presentazione 1
Mi ricordo
Avevo gi postato alcuni ricordi sul mio blog (iniziato nel 2007 e
sospeso nel 2010 per mancanza di motivazioni). Non volevo perdere
quel materiale per cui lo ripresi e lo trascrissi aggiungendo i ricordi
che continuavano a emergere.
Pi volte mi fermavo, combattuto da dubbi e incertezze, (ma a
chi vuoi mai che interessino queste vicende.) poi riprendevo, poi di
nuovo mi fermavo. Ormai ero stanco di questo tiremmolla e stavo
per abbandonare.
La Stella, (che mi raffigur cos nel 1990),
non voleva che lasciassi il lavoro e mincit
ad andare avanti:
Caro pap, io penso che ogni vita sia
meritevole di essere raccontata.
Di pi, secondo me le vicende della propria
esistenza non sono meno interessanti e
appassionanti di quelle narrate nei romanzi
cosiddetti impegnati.
Scrivere di s qualcosa che, vedrai, ti aiuter
a stare bene e a superare il timore del giudizio
degli altri.
Pu anche darsi che non ti legga nessuno (non risentirtene!).
So di molti che scrivono, ma non vogliono assolutamente che poi
qualcuno legga le loro vicende.
Scrivere la storia del proprio passato serve, prima di ogni altra cosa,
a chi la scrive, non a chi la legge.
Questo per non conta per noi, la tua famiglia.
Ci far molto piacere leggere, se vorrai, i tuoi ricordi e conoscere
alcune vicende del tuo passato.
Le parole della Stella mi convinsero.

Mi persuasi che era sufficiente che il lavoro intrapreso desse


soddisfazione a me nel realizzarlo.
Questattivit lho compiuta, quindi, per mio esclusivo piacere, senza
alcuna ambizione.

Il solo desiderio che sia apprezzata dalla mia famiglia cui


dedicata e destinata.

Presentazione 2
Mi ricordo
Mi sono portato dietro, per mesi interi, un quadernino in cui mi
annotavo, in due parole, il ricordo emerso.

In seguito riprendevo
lappunto, lo sistemavo
quel tanto che giudicavo
necessario e lo inserivo in
un capitolo predisposto.
Questo lavoro non lho
realizzato in modo
convenzionale poich
minteressava che fosse,
soprattutto, autentico.
Argomenti, immagini, impostazione tutto composto in modo
artigianale, seguendo ci che mi suggeriva la mia immaginazione.
Sono ricordi che riguardano la mia infanzia e la prima giovinezza,
con qualche salto nel pi recente passato.
Ho riunito il materiale cominciando da alcuni ricordi dei tempi pi
lontani, poi ho aggiunto le memorie che mi legavano alla casa di
campagna e alle varie abitazioni in cui avevo vissuto da bambino e
poi da ragazzo.
In seguito ho introdotto memorie di scuola, ricordi diversi e qualche
curiosit, carpita qua e l, da svariati siti internet, cos, per ridere
insieme.
In molte occasioni mi sono documentato su
per ricercare origini, significati o
aneddoti che riguardassero il gergo
(slang) che si parlava abitualmente
nei tempi andati.
Un viaggio a ritroso nel tempo, di
quando ero un cinno.
Quel cinno sognatore, che, facendo
questo lavoro, mi sono reso conto sia
rimasto dentro di me.

Presentazione 3
Mi ricordo
Presento cos, in ordine sparso,
cosa ricordo dei tempi passati.

Nei tempi passati a noi cinni tutto appariva pi semplice, ordinato,


lineare.
Non facevamo fatica a capire le regole che ci puntualizzavano gli
adulti perch le disposizioni erano chiare e definitive, non venivano
ripetute due volte.
Sapevamo esattamente quali erano le cose che si potevano o non si
potevano fare.un bel vantaggio rispetto ad oggi!
Se sgarravi cera, automatica, la punizione che era proporzionata alla
gravit della birichinata: da qualche smataflone alle cinghiate nelle
gambe, dalla sospensione della paghetta per una o pi settimane,
alla proibizione di guardare la televisione per tot giorni.
Se a scuola il maestro ti dava un ceffone, il pap a casa te ne dava due
dichiarando: Il maestro ha sempre ragione!
Se prendevi un bel voto non venivi premiato, ti veniva detto: Hai
fatto solo il tuo dovere!
La paghetta si prendeva il sabato e doveva bastare per tutta la
settimana, senza discussioni.
I regali arrivavano una sola volta lanno, per la Befana,
e riga!
Il tempo trascorreva lentamente e cera poca gente in
giro.
Per rappresentare i ritmi lenti di allora Vi prospetto
questa immagine:
Si giocava a pallone nelle strade e ogni tanto, preannunciata
dal clacson, arrivava una delle rare auto. Si sospendeva il
gioco, ci si matteva ad un lato della strada, si apettava che la macchina
passasse e la partita riprendeva , tranquillamente.
Quando ci recavamo in centro con la macchina, il babbo parcheggiava
in Piazza Maggiore!!
E trovava posto!!

Presentazione 4
Mi ricordo
Andavamo a comperare la scarpe nel
calzaturificio Di Varese, sotto il portico del
Pavaglione.
I commessi del negozio ci aprivano zelantemente
la porta ed il proprietario veniva ad ossequiare
mio padre che era un ottimo cliente; a volte
capitava che acquistasse, contemporaneamente, le
scarpe per 4 o 5 fratelli (di sette che siamo!)

P.zza Maggiore ridotta a un parcheggio.

Le automobili di una volta erano fornite di


un pirolino (pomello) che commutava il
suono dellavvisatore acustico,
differenziandolo. Per la citt un tono tenue
e discreto : biip e per fuori citt uno
pi forte, le trombe.

Presentazione 5
Mi ricordo

La sera la famiglia si riuniva accanto alla radio e ascoltava in silenzio,


nella penombra.

La mente fantasticava cercando di immaginare


i volti, i luoghi e le cose di ci che si ascoltava.

Poi arriv la televisione: fantasia e immaginazione non servirono


pi.
I primi televisori cominciarono a diffondersi nei primi anni
cinquanta e cambiarono radicalmente le abitudini della famiglie.
Nel salotto troneggiava il nuovo focolare; la radio venne
accantonata.
La tv era in bianco e nero con un solo canale che poi divennero due.
Le voci che avevo ascoltato alla radio si materializzarono in persone
reali, concrete.
A volte deludendomi perch le trovavo diverse da come le avevo
immaginate. Altre volte, invece, mi sorprendevano piacevolmente
perch erano, pi o meno, come le avevo viste con la mente!
Insieme allapparecchio il venditore forniva alcune regole di
sicurezza per guardare le tv:

La televisione va messa a
un'altezza alla quale tutti sono
in grado di fissare lo sguardo al
centro dell'apparecchio e un po'
verso il basso.
La distanza dall'apparecchio
deve essere pari a 7 volte la sua
grandezza. Tenendo conto che 1
pollice uguale a 2.54 cm, se
avete un televisore da 28 pollici
dovrete mettere la TV ad una
distanza di circa 5 metri.

Presentazione 6
Mi ricordo
L'ideale un'illuminazione diffusa per rendere meno forte il contrasto tra il buio
della stanza e le luminosit del televisore.
Buona la scelta di una lampada che proietti la luce sul soffitto.
Se pomeriggio, per vedere al meglio la TV consigliabile abbassare le
tapparelle in modo che la luce diventi omogenea.
E sconsigliato guardare la TV durante i pasti.
Se sedete sul divano, assicuratevi che il cuscino non sia troppo morbido, perch
affondando, potreste assumere una posizione sbagliata con la schiena. Se sedete
sulla sedia, assicuratevi di appoggiare la schiena allo schienale e i piedi ben
piantati a terra; questa posizione vi permetter di non sdraiarvi e di mantenere
una stazione eretta.
I bambini: sarebbe meglio che i bambini al di sotto dei 3 anni non vedessero
assolutamente la televisione perch la loro vista ancora molto delicata. Quelli
pi grandi, invece, dovrebbero osservare determinate regole: la TV va guardata
per non pi di un'ora di seguito oppure per due ore ma suddivise durante la
giornata almeno in tre volte.
In ogni caso, la regola fondamentale il buon senso e la limitazione.

Le persone che la sera si


incollavano davanti al
televisore erano sempre tante.
Occorrevano quindi ambienti
grandi, anche se, come in
questo caso, il locale era
evidentemente destinato ad
altri usi.

Poco tempo dopo il lancio della televisione cominciarono a vendere


uno schermo plastificato, costituito da strisce colorate, che si
posizionava sullapparecchio emagia, vedevi a colori!!!
( beh , bisognava accontentarsi).

Noi cinni avevamo il permesso, la sera, di guardare la televisione fino


al termine di carosello e dopo si andava a dormire.

Presentazione 7
Mi ricordo
A tavola dovevi mangiare tutto, soprattutto la verdura, altrimenti il
babbo ti lanciava lultimatum: O mangiar quella minestra o saltar dalla
finestra (che poi voleva dire andare a letto senza cena).

Mi ricordo lacqua frizzante fatta con le polverine


dellIdrolitina.

Cerano le stagioni e labbigliamento


corrispondente; larmadio si chiamava infatti
quattro stagioni.

Le braghe( pantaloni) erano corte e quando cera un gran zagno


(freddo), le cosce diventavano rosa, a mortadella.
Solo ad una certa et, quando si andava alle scuole superiori, era
consentito indossare i pantaloni lunghi
Cera una via di mezzo, i pantaloni alla zuava*, ridicoli, ma che io
ebbi il coraggio di portare, avr avuto dieci o
undici anni.
* I pantaloni alla zuava, anche
conosciuti come knickerbockers, sono un
particolare tipo di pantaloni
particolarmente ampi, arricciati e
rimboccati sotto le ginocchia. Prendono
il loro nome originale dagli Zuavi*, che
indossavano una divisa, i cui pantaloni erano ampi e a sbuffo.
Zuavi fu il nome dato ad alcuni reggimenti di fanteria i diversi
eserciti e in diverse epoche, tra il 1830 e il 1962. I pi conosciuti furono gli Zuavi
dellesercito francese che presero il nome da quello di alcune unit ottomane in
Algeria.In seguito tale nome venne dato anche ad unit militari simili
nellesercito pontificio e in quello degli Stati Uniti.

Non si acquistavano abiti o camicie confezionate ( erano rari i negozi


che vendevano simili manufatti).
Si comperava la stoffa poi si andava dal sarto o dalla camiciaia che
faceva il lavoro su misura , seguendo i dettami della moda o le
indicazioni del cliente.

Presentazione 8
Mi ricordo
Dopo che erano state prese le misure si andava alla prima prova, poi
alla seconda e finalmente arrivava il gran giorno, in genere un
anniversario o una festa, e si poteva sfoggiare labito nuovo ( o la
camicia).
Non si andava al supermercato perch non cera.

Al posto dei supermercati cerano le botteghe dove trovavi di tutto.


Al negoziante si diceva : segni che poi passa il babbo e lui annotava la
spesa nel taccuino nero (.io me lo ricordo nero!!!).
A fine mese il babbo faceva il giro dei bottegai col libretto degli
assegni e saldava i conti: che salasso, poveretto!
Le merci si vendevano sciolte,
come le sigarette.
Il tabaccaio le sistemava in una
apposita bustina trasparente o le
avvoltolava in una schedina del
totocalcio non giocata.

Allora si fumavano soprattutto le nazionali esportazioni con o senza


filtro.
La domenica la mamma faceva il brodo per i passatelli.
Le tagliatelle venivano rigorosamente fatte in casa, come il rag.
Anche i tortellini venivano preparati in casa ma si mangiavano solo
a Natale, come la frutta secca, le arance e i mandarini.
Ma i nostri Natali potevano avere qualcosa di esclusivo quando la zia
dAfrica ( la zia Ida) che abitava a Merca, in Somalia, ci spediva le
banane!
Se ti ammalavi cera il clistere, se eri deperito lolio di fegato di
merluzzo, per andare di corpo il Rim o la dolce euchessina.
Mi ricordo gli impiastri di semi di lino per curare la bronchite.

Il massimo della trasgressione era suonare i campanelli e poi


scappare. Questa era una birichinata che compivamo spesso, per
provare emozioni forti!
Ti sentivi gridare dietro: Siete dei discoli*.

Presentazione 9
Mi ricordo
* (Nella prima met del sec. 18 erano cos chiamati a Bologna gruppi di
malviventi, designati dal nome delle contrade, tra i quali vigeva una stretta
omert; costoro consegnavano quanto riuscivano a rapinare a un capo, il quale
ne disponeva a comune profitto).

Le immagini femminili pi spinte, a


disposizione di noi maschietti, erano i
calendarietti profumati in cui erano
riprodotte ragazze in costume intero; ce li
dava il barbiere, in genere in prossimit
delle feste natalizie.

Alle scuole medie facevo spesso fughino. Andavo al cinema


matine ( mi pare si chiamasse Rialto) o ai giardini Margherita
oppure da Pino, altrimenti da Can a giocare a bigliardo.
Quando andavi a casa di qualcuno, suonavi il campanello e gridavi:
Mi d il tiro?.

Le cinne giocavano a luna (o campana) ed erano


bravissime a zoppo galletto.
Noi maschietti giocavamo con le armi.

Una di queste era il fucile spara-tappi.

Questo invece, un fucile spara- elastici, tanto semplice che


eravamo in grado di costruirlo da soli.

Presentazione 10
Mi ricordo
La pistola era di legno e sparava, come il fucile, degli
elastici.
Io avevo, come tanti, una grande passione per e il
cortellino utilizzato per scortecciare il vinchio.
(= salice i cui giovani rami erano detti vinchi o vimini ed erano impiegati in
agricoltura per legare le viti) che utilizzavamo poi per fare i tirini
(fionde).

Gli indispensabili elastici erano ottenuti tagliando


strisce dalle camere daria della bici.
Mi ricordo i giochi come strega, cucco
(nascondino), ruba bandiera, palla prigioniera
con sempre il terrore di dover stare sotto*, ruolo
che non piaceva a nessuno!

* (Essere sorteggiati per iniziare un gioco, oppure aver perso e occupare il posto
del vincitore).

Cera anche la trottola*!

Pi adatta alle cinne, comunque.


*La trottola, visto il suo basso costo e la facilit di
costruzione e gioco, fu molto popolare sino al XIX
secolo.

Con il 900, nonostante se ne costruirono alcuni modelli in


metallo con un meccanismo di rotazione generato da una
molla interna, inizi il lento declino sino al disuso a
favore di altri giocattoli.

Nelle versioni moderne, fatte di latta, si avviava alzando


il manico e tirandolo gi velocemente tante, tante volte.
Alcune trottole, girando, emettevano un fischio, altre
diffondevano luci, e cos via.

Presentazione 11
Mi ricordo

Facevamo le spadate (la scherma)


usando le crociere di legno (le grucce).

Altri appassionanti giochi erano: la raccolta delle figurine, le gare con


le palline e con i coperchini (con inserita limmagine del campione di
ciclismo del momento).
Con la pistola di plastica, esauriti i capsulini, per fare il botto si
faceva bang bang con la bocca

E se giocando, ti sembrava che qualche regola non fosse stata


rispettata bastava gridare: a monte! *per interrompere il gioco.

* Una volta non era facile salire sulle montagne e in genere chi ci andava,
poteva anche non far pi ritorno. Oltre i monti (le Alpi) vi si mandavano le genti
cacciate via (in esilio) o vi si nascondevano i ladroni per sfuggire ai gendarmi.
Era un luogo insicuro, pauroso e solitario.
Pertanto dire "mandare a monte" voleva significare mandare via, mandare in
rovina o far crollare un qualcosa di sicuro.

Per fare la conta si usava la filastrocca ambarabciccicoc.


Se al gioco perdevi, si pagava la penitenza dovendo scegliere tra
direfarebaciareletteratestamento.

Si passava molto tempo a pistolare (armeggiare), attorno alla


bicicletta alla cui ruota si disponeva un cartoncino che, battendo
contro i raggi, emetteva un rumore simile a un motorino.

Presentazione 12
Mi ricordo
Come esclamazione di meraviglia e stupore di fronte a un fatto fuori
dal comune si diceva: VANGE! e di rimando i presenti
affermavano: NEGI!.
Quando arrivava la primavera noi, cinni, andavamo in sverzura e ne
strologavamo (inventavamo) una pi del diavolo per incontrare le
belle naturine(ragazzine) che, se facevi poti poti strizzando loro
il seno, perdevano la brocca e ti dicevano: smorzala sai, sei un gran
selvatico, queste cose non le devi fare brisa v.

E se insistevi a toccare ti dicevano: Ma la vuoi smettere di


burdigare? (toccare, frugare.)

La domenica si andava tutti alla Messa e, al ritorno, il babbo


comprava le paste.

Nei giorni festivi si mangiava nella sala da pranzo detta della


domenica, laltra era quella di tutti i giorni.

Mi ricordo il lucchetto al telefono che il babbo install


esasperato dalle salatissime bollette della SIP (Ex
Timo, Telve, Teti, Stipel.).

La mamma ci cantava la ninna nanna che diceva cos: Nanna oh,


nanna oh, questo bimbo a chi lo do, lo daremo alla befana che lo
tiene una settimana, lo daremo alluomo nero che lo tiene un anno
intero.e ti dovevi addormentare.

Le favole finivano sempre con.e fecero un nozzo con tanti


stangozzi* che non ci rimase neppure un osso!
* (Gli strangozzi sono noti anche come strozzapreti = tipo di pasta tipica
romagnola).

Presentazione 13
Mi ricordo
Mi ricordo una curiosa filastrocca che ripeteva la mamma.
Pi o meno diceva cos: Sant Al premma al mors e po sammal
(scritto come la ricordo, per dire che prima mor e poi si ammal).
Curiosando nel Web ho trovato queste notizie:

Lagricoltura era scarsa e i terreni, strappati dal bosco, erano ingrassati, per
renderli coltivabili a cereali, attraverso il debbio.
Cio sinterravano le ceneri della bruciatura di macchia, ciocchi e cotiche
infestanti per fertilizzare il terreno.

Protettore dei debbiai era SantAl, rimasto nella tradizione per


lespressione Benedetto SantAl che prima mor e poi sammal!.

A Bologna al santo dedicata una via.

Quando starnutivi, la mamma


diceva bandessa*.

*Vuole dire "ti benedica", sott'intendendo Dio, cio: lo


starnuto ti sia d'aiuto a stare meglio, oppure, speriamo
che tu non ti ammali.

La benedizione completa cos diceva: Bandessa san Zvanen ch'al


bandessa tot i fandgein; qui pi grand qui pi cinen, bi e brot, ai bandessa tot.
La mamma era una santa donna, buona e paziente.
A volte per lho vista scuotere la testa sconsolata mentre
mormorava: puvrtta m, i mi set fi e mi mar mat.

Dal babbo sentivo dire spesso questo proverbio: Acqua, pder, ch al


cunvint al brusa".
Ricordo che questa espressione lusava quando accadevano brutte o
inaspettate notizie e si doveva correre in fretta ai ripari.
Apprendo che, a volte, al posto di "convento" si poteva trovare anche
furmint .

Presentazione 14
Mi ricordo

Queste che ho esposto sono alcune


delle vicende che ricordo di quando
ero un cinno.

Presentazione 15
Mi ricordo

Noi che abbiamo la fortuna di


essere ancora qui e possiamo
sorridere di queste vicende del
tempo passato diciamo a chi
non cera:

Sfortunati voi,
regaz, non sapete
quello che vi siete
persi!

Presentazione 16
Mi ricordo

Prima parte - RICORDI DI SCUOLA

Le elementari al collegio San Luigi.

Le medie al San Domenico.

Le superiori allIstituto Tecnico Agrario Arrigo Serpieri.

Luniversit di Agraria.

LIstituto Agronomico per lOltremare a Firenze.

Seconda parte - RICORDI DELLE CASE

Viaggio attraverso le abitazioni in cui ho vissuto:

Via d Mattuiani, viale Risorgimento, via Arienti,

via Guidotti, la casa di campagna alla Prazzina.

1
Mi ricordo

Terza Parte - RICORDI DIVERSI

Le donne di servizio, la caccia, le vacanze al mare,

il servizio militare, insegnante per caso.

Poesie ingenue dedicate ai miei figli.

Le ricette della nonna Anna e la magia del Natale in casa


Bronzi.

Quarta parte - CURIOSITA PER RIDERE INSIEME

Viaggio nella mia memoria.

Quando le liquerizie costavano una lira

Quante parole nei miei ricordi.

2
Prima parte

Le elementari al Collegio San Luigi

Le medie alle San Domenico

Le superiori allistituto Agrario

Luniversit di Agraria

Listituto Agronomico per lOltremare


Mi ricordo
Ricordi di scuola
Mi ricordo.la scuola elementare

Ho frequentato le scuole elementari al collegio maschile San Luigi,


diretto dalla Congregazione dei Barnabiti, in via DAzeglio.
Nostro padre iscrisse a quella scuola tutti i (6) figli maschi. Il babbo
stesso aveva frequentato quel collegio come aveva fatto, prima di lui,
suo padre, il nonno Giacomo Filippo Rusconi.
Una tradizione quindi che mio padre volle rispettare.
Maria Teresa fu invece iscritta alla scuola elementare "S. Maria delle
Muratelle gestita dalle suore, in
via Palestro.
Andai in prima elementare
nellottobre 1948, a cinque anni,
essendo nato il 28 Febbraio del
1943. In classe con me cera
Lucio Dalla, (3 Marzo del 1943 -
Montreux, 1 marzo 2012), un
bambino prodigio diventato poi
famoso in tutto il mondo.
Lucio, a sei anni, durante una recita.

Prima parte 1
Mi ricordo
Ricordo le sue esibizioni nel teatro del collegio, il Teatro Guardassoni:
cantava, suonava, recitava, era un gran geniaccio.
Veniva a giocare nella casa di via Risorgimento, qualche volta andavo
io a casa sua.
Lucio Dalla:
Tratto da wikipedia
Figlio del bolognese Giuseppe Dalla, direttore in citt del club
di tiro a volo (sar citato in Com profondo il mare: "Babbo,
che eri un gran cacciatore di quaglie e di fagiani...") [9], e della
sarta e casalinga Iole Melotti (ritratta nella copertina
dell'album Cambio)[10] Dalla trascorre la prima parte
dell'infanzia nella sua Bologna[11] Quando nel 1950, il padre mor, stroncato da
un tumore, la madre decise di trasferirlo dal Collegio San Luigi che frequentava
dal 1948, al Collegio Vescovile Pio X di Treviso dove termin le scuole
elementari iniziando ad esibirsi nelle varie recite scolastiche [12]. Dalla pi avanti
torner a parlare della morte del padre, in varie interviste rilasciate nei primi
anni ottanta: Avevo sette anni...provai la sensazione struggente di una perdita
che mi consentiva di dire a me stesso con piet e tenerezza: da oggi sei solo come
un cane[13]. Ancora: Cos ho imparato a fare della mia vita un modello di
solitudine, cio a cercarmela, a organizzarmela, a viverla, questa mia solitudine,
come un momento di benessere profondo, necessario per una corretta lettura
dell'esistenza[13]
A quei tempi, anche se piccolo, andavo di solito a
scuola da solo, a piedi, da via Risorgimento; piano
piano, grembiulino nero con collettino bianco, la
pesante cartella in una mano e il cestino con il pranzo
nellaltra (rimanevo a scuola anche il pomeriggio).
Qualche volta veniva con me Nerio, figlio dei
proprietari del panificio-pasticceria Neri.

Il cestino conteneva: la gavetta* con il pasto; poi un frutto, un


formaggino MIO (o, in alternativa, un fruttino Zuegg), bicchiere e
posate, il tovagliolo di stoffa infilato nel portatovagliolo di metallo
con liniziale del nome inciso sopra.

Prima parte 2
Mi ricordo
Nella gavetta la mamma metteva: nello
scomparto grande la pasta (tagliatelle o
maccheroni col rag), nello scomparto piccolo
sovrastante, il secondo (mmmm.buone
le cotolette!!!!!) e le verdure (che riportavo
regolarmente a casa e la mamma si arrabbiava).

*La gavetta, dal latino gabata, (m), scodella, quel recipiente, in genere di
alluminio, in cui i soldati mangiano il rancio durante le marce o le campagne
militari. Si chiama anche gamella, una parola venuta a noi dal francese gamelle
(bacinella), che risale forse al latino camellu (m) (cammello) per la sua forma
curva che fa pensare alla gobba del cammello. Da queste parole sono nate le frasi
mangiare alla gamella (fare il soldato) e venire dalla gavetta (essere partito dal
nulla). Questa frase, presa dal gergo militare, si riferisce a chi giunge ai pi alti
gradi partendo da soldato semplice, dal marmittone che mangia dalla gavetta. In
senso pi largo, si riferisce pure a quelle persone che, partite dal nulla, hanno
raggiunto prestigiose posizioni professionali e sociali.

Appena arrivati a scuola, si consegnavano le gavette al bidello che le


metteva a bagnomaria cos da poterle trovare, belle calde, allora del
pranzo.

Altro compito del bidello era di riempire i


calamai di vetro incassati nel banco di
legno nero.
Il banco era predisposto per accogliere
due alunni e aveva un alloggiamento, per
tutta la sua lunghezza, in cui si poneva la
cannetta per scrivere (che alcuni
chiamavano cannuccia).

Per scrivere si usava appunto la


cannetta, tutta smozzicata, alla quale
andava innestato, a baionetta, il pennino
che sintingeva nellinchiostro contenuto
nel calamaio.

Prima parte 3
Mi ricordo

A quei tempi non esistevano le stilografiche o le penne biro.


Quante macchie!
L'occorrente per scrivere era contenuto in una scatoletta di legno con
il coperchio scorrevole. Le lezioni andavano seguite nel silenzio pi
assoluto e si doveva rimanere assolutamente fermi, in
posizione eretta, le mani sul banco, la schiena appoggiata al duro
schienale.

Unalternativa alla posizione


mani sul banco era quella
di tenere le braccia conserte*
dietro la schiena.

* (Tale aggettivo deriva dal


vocabolo latino "consertum", che
significa "intrecciato).

Per chiedere la parola si alzava la mano in attesa dellautorizzazione


a parlare.
Ci si rivolgeva al maestro cos:
Scusi signor maestro, potrei conferire con Lei?
A quei tempi i maestri erano molto severi e controllavano perfino la
nostra pulizia personale. La mattina veniva fatta lispezione delle
mani e delle orecchie per controllare che fossero ben pulite.
Le punizioni fioccavano con frequenza: non stava attento alla lezione,
macchiava il quaderno con l'inchiostro, non stava allineato nella fila,
parlava col compagno.. e cos via.
Alle punizioni prese a scuola, si aggiungevano poi quelle domestiche!

Prima parte 4
Mi ricordo
Quando in classe entrava qualcuno, si scattava in piedi,
contemporaneamente. Avevamo fatto diverse prove per imparare ad
essere sincronizzati!
Da questo privilegio (alzarsi in piedi in segno di saluto e rispetto)
erano esclusi i bidelli e avevamo difficolt a capirne la ragione.
Se si trattava del maestro, ci si alzava in piedi e partiva il coro:
Buon giorno signor maestro!
Ovviamente, ma con pi energia, quando entrava il direttore!
I maestri menavano pure, eccome menavano!
Di frequente erano i genitori stessi che autorizzavano i maestri:
Signor maestro, se mio figlio non si comporta bene, non abbia riguardi,
lo castighi pure .
Ci battevano con un righello sulle nocche, ci mettevano in piedi
dietro la lavagna, io mi presi anche parecchi schiaffoni.
In pi il pap a casa rincarava la dose perch:
Il maestro ha sempre ragione!
Sono passati tanti anni ma ricordo ancora i nomi dei maestri: la
maestra Baroni per i primi tre anni, poi il maestro Zanni, Menetti, che
menava molto e quindi Celerino, al doposcuola. Questo maestro era
molto temuto poich, se vedeva un alunno distratto, gli scagliava,
cercando di centrarlo in testa, la cimosa della lavagna. Di queste
aveva una gran scorta (erano quelle ormai inservibili per la lavagna
ma ancora adatte alluso che ne faceva).
Ricordo il timore che avevo degli esami che, a quei tempi, erano
affrontati due volte, in terza ed in quinta elementare.
Per accedere poi alla scuola media, bisognava superare gli esami di
ammissione.
Tutte le mattine, per arrivare in via DAzeglio, percorrevo via
Capramozza.
Davanti ad una scuola elementare che si trovava in quella strada,
incontravo spesso un bambino dalle gambe muscolose, (era una
grande promessa del calcio), che mi canzonava e trovava sempre un
motivo menarmi.
Potevo cambiare strada ma, per orgoglio, non lo feci e non raccontai
mai nulla ai miei genitori.

Prima parte 5
Mi ricordo
Si chiamava Claudio.
In seguito diventammo grandi amici.
Ricordo le partite di pallone nel cortile
interno della scuola, il corso di scherma che il
babbo mi fece intraprendere, il teatro, i
laboratori, la biblioteca, la sala mensa..
Il cortile interno In terza, ad anno scolastico da poco iniziato,
mi ammalai di nefrite (malattia
infiammatoria delle reni). La malattia mi segn molto, trascorsi molti
mesi a letto, dieta rigorosa senza sale, anche per Natale e Pasqua. Mi
tolsero le tonsille. Ricordo le premurose cure della mamma,
ininterrottamente a fianco del letto.
Mi somministrava le medicine, mincoraggiava, mi raccontava storie,
cercava in tutti i modi di distrarmi.cara mamma! Finalmente
guarito il babbo, verso maggio, mi fece inserire, come uditore nella
scuola di mia sorella Teresa, per rinverdire le conoscenze scolastiche.
Lanno, purtroppo, era irrimediabilmente perso.
Mi riscrissi in terza, sempre al collegio San Luigi. Sfortunatamente
non avevo pi con me i miei vecchi compagni.
Trascorsero cos, senza infamia e senza lode, gli
ultimi tre anni di scuola. Al termine della quinta
classe, andai a vedere i risultati: ero stato
promosso.
Corsi a casa per comunicare la notizia ma, ero ormai arrivato, mi
assal un tremendo dubbio: avr letto bene il tabellone con gli esiti?
Ritornai a scuola, sempre di corsa, per controllare, avevo letto bene.
che stress!
Finalmente la
scuola elementare
era terminata!

Prima parte 6
Mi ricordo

Il Collegio S. Luigi stato eretto nel 1645, in onore del Santo Gesuita, da poco
tempo santificato ed esaltato come patrono dei giovani studenti: pertanto la
pi antica Scuola di Bologna. Il collegio San Luigi, diretto in Bologna dalla
congregazione dei Barnabiti fin dal 1773, scuola libera, paritaria, pubblica.
un istituto comprensivo, poich contiene, al suo interno le scuole elementari,
medie, liceo classico, scientifico e linguistico.
Da http://www.scuoleparitariebologna.com/

Il Teatro Guardassoni
Da:
http://www.comune.bologna.it/quartieresaragozza/presentazione/guardassoni.php

Prima parte 7
Mi ricordo
Questantico teatro da camera situato al piano nobile di Palazzo Montalto,
cos denominato dal paese dorigine del fondatore, papa Sisto V, che alla fine del
XVI secolo lo destina a collegio universitario per i giovani marchigiani.
Tale finalit didattica si mantiene inalterata fino alla rivoluzione francese ed
ripresa nel 1873 dallattuale Collegio San Luigi, gi noto come Collegio dei
Nobili e retto dai padri Barnabiti.
Si presume che nella residenza privata lo spazio ora occupato dal teatro fosse un
elegante salone per balli e ricevimenti dotato di balconata per lorchestra. Nel
1879 viene portato a compimento il progetto di F. Gualandi di adattamento a
sala teatrale. Limpianto rettangolare animato su tre lati da una balconata a
fascia continua sorretta da mensole a voluta. Nel lato prospiciente il
palcoscenico, una galleria si apre a loggia con cinque archi a tutto sesto
sostenuti da esili colonnine.
Una decorazione di gusto eclettico realizzata dal celebre pittore bolognese
Alessandro Guardassoni anima il soffitto ripartito in tre medaglioni ovali con
mazzi di fiori e lallegoria della Fama al centro.
Ma alla sua mano si deve soprattutto il magnifico sipario istoriato oggi
ritrovato, rappresentante lincontro tra Dante e Virgilio; forse lunico sipario
storico ottocentesco ancora presente in Bologna.
Al centro della fascia sovrastante
il palcoscenico campeggia lo
stemma del Collegio (una nave in
tempesta con la scritta in latino
Propere et Prospere) affiancato da
due figure di giovinetti.
Al Guardassoni dedicato questo
magnifico gioiello architettonico
che dal 2006,grazie allassociazione
no profit Progetto Cultura Teatro
Guardassoni e ai patrocini della Regione, Provincia, Comune di Bologna e
Quartieri Saragozza e Santo Stefano propone alla citt una nutrita stagione
musicale e teatrale.

Prima parte 8
Mi ricordo

Nella chiesa del collegio il babbo pass la Cresima (21 giugno 1912).

Prima parte 9
Mi ricordo

Collegio San Luigi - Seconda elementare. A.S. 1949/1950

Prima parte 10
Mi ricordo

Collegio San Luigi - Terza elementare. A.S. 1950/1951


Prima parte 11
Mi ricordo
LaLa
vicenda didi
vicenda queste fotografie
queste foto

Alla fine degli anni ottanta prendemmo in affitto a Mezzana, in Val


di Sole, un appartamento per la villeggiatura.
Ci andammo per sei o sette anni di seguito.
Trascorremmo vacanze bellissime, eravamo entusiasti del posto e
della compagnia, soprattutto i nostri figli.
La Stella, la prima volta, aveva appena quattro anni.
Facemmo numerose amicizie e tra queste ling. Guido Moretti.
Dotato di una formidabile memoria, mi disse di essere sicuro che
fossimo stati compagni nelle prime tre classi delle elementari, al
Collegio San Luigi.
A conferma di quanto affermava, disse di possedere due foto che
ritraevano tutto il gruppo, in seconda e in terza.
Io non ricordavo quasi nulla di quegli anni lontani.
In seguito cambiammo la meta delle nostre vacanze e ci perdemmo di
vista.
Trascorsero cos tutti questi anni, una trentina.
Un giorno ebbi come un flash che mi fece ricordare quanto mi aveva
raccontato Guido Moretti.
Pensai che se avessi potuto inserire quelle foto, il libro avrebbe
acquisito un maggior pregio.
Gli telefonai, fu molto cortese, ci scambiammo alcuni ricordi di nomi
e di fatti accaduti in quel lontano passato.
Lui ha conservato una memoria prodigiosa e ricordava una grande
quantit di nomi e vicende.
Gli chiesi se mi poteva donare le copie di quelle foto.
Fu disponibilissimo e me le sped immediatamente.
Sul retro sono annotati i nomi dei compagni che Guido ricordava
con sicurezza.
Ringrazio cordialmente il gentilissimo Guido, mio compagno di
scuola nelle prime tre classi elementari al Collegio San Luigi.

Da allora sono trascorsi la bellezza di 64 anni!

Prima parte 12
Mi ricordo

Prima parte 13
Mi ricordo

Prima parte 14
Mi ricordo
Mi ricordo quando le ginocchia
mi fecero giacomo giacomo
Una volta, in prima elementare, la maestra mi chiam alla lavagna
ma io mi rifiutai. Forse ebbi paura dellinterrogazione, chiss.
La maestra mi sollecit a darle una spiegazione ed io risposi:
Non posso venire perch le gambe mi fanno giacomo giacomo .
Lei non comprese il significato della mia scusante e rifer lepisodio a
mio padre. Lo appresero anche i fratelli che cominciarono a
canzonarmi: Cos hanno le tue gambe, ti fanno Giacomo Giacomo?.
Quellespressione lavevo usata perch la conoscevo, lavevo sentita
in pi occasioni.
Mi convinsi che la giustificazione fosse corretta.
Da: http://answers.yahoo.com/question/index?qid=20080213110219AACfO8U
Qual l'origine della
frase: "Le ginocchia mi fanno giacomo
giacomo" che si usa dire in diverse
parti dItalia?
Durante la Guerra dei Cent'anni, nel 1358
scoppi in Francia una rivolta di contadini
esasperati dal peso delle tasse e dai saccheggi
continui ai quali erano sottoposti.
La rivolta si estese rapidamente e dur
appena due settimane: i contadini furono
sconfitti e duramente puniti.
Negli scontri contro le milizie degli aristocratici, i contadini indossavano la
jacque (giubba in panno irrobustita da fili di ferro). Di qui il contadino francese
fu chiamato con disprezzo jacques bonhomme e questa rivolta, come altre
successive rivolte contadine, fu chiamata jacquerie.
Quindi la parola che indicava inizialmente l'abito, pass ad indicare
genericamente il contadino e assunse quindi il significato di "semplicione" e poi
di "vigliacco".
L'espressione giacomo-giacomo indicherebbe quindi le ginocchia del contadino
che tremano per la paura.
Un'altra interpretazione ritiene che il termine derivi in modo onomatopeico
dallo scricchiolio delle articolazioni delle ginocchia o dallo strascinamento dei
piedi (ciac ciac, giac giac...)

Prima parte 15
Mi ricordo
Ma ci sono anche interpretazioni che legano la frase al cammino di Santiago, se
pure con diversi accenti:

- come implorazione del pellegrino verso San Giacomo, che lo aiuti a superare la
stanchezza.

- come richiamo alla stanchezza dei pellegrini che arrivavano a Santiago


stremati e con le gambe vacillanti.

- infine un'ultima interpretazione si fonda sulla credenza popolare secondo cui


San Giacomo si incaricava di prendere l'anima del moribondo e di portarla in
cielo percorrendo la strada della Via Lattea, detta per questo: "Strada di San
Giacomo.

Prima parte 16
Mi ricordo

Mi ricordola scuola media

Immagine attuale. La freccia indica lingresso della scuola a quei tempi.

Il babbo mi iscrisse alle scuole medie San Domenico (ottobre 1954),


nellomonima piazza in cui si trova la bellissima basilica di San
Domenico. Ricordo che molti alunni della scuola, me compreso,
andavano spesso in chiesa, non tanto perch spinti da una fervida
fede, quanto piuttosto per un egoistico opportunismo.
Andavamo a supplicare il santo affinch ci facesse la grazia di
superare un compito o uninterrogazione.

La supplica veniva scritta su un apposito, grosso, libro.


Se ti andava bene,
tornavi in chiesa per
scrivere nel citato
librone, un bel
grazie!, in grassetto.
Qualcuno, per
propiziarsi
maggiormente il
santo, accendeva
perfino una candela.

Prima parte 17
Mi ricordo
In quella scuola veniva anche mio fratello Andrea, un anno pi
avanti.
Abitavamo ancora in via Risorgimento.
Con mio fratello avevo un singolare rapporto, pur vicini det e
volendoci bene, lui si faceva sempre e solo i fatti suoi. Aveva le sue
amicizie e i suoi giri.
Andavamo s a scuola insieme ma io camminavo lungo il
marciapiede di destra e lui in quello opposto (o viceversa).
Ricordo che la mattina sceglievo un sasso del giardino e spostandolo
con piccoli calci, me lo portavo fino a scuola.
Lo nascondevo bene e lo riprendevo per il ritorno.
A fianco del portone dingresso della scuola, sul muro, erano affissi
dei cartelli che indicavano le varie classi.
Ci si disponeva in fila ben allineati e coperti di fronte al cartello
corrispondente. Le classi, maschili e femminili, erano ben separate!
Lentrata e luscita delle classi dei maschi e delle femmine
avvenivano distintamente, al suono di due campanelle sfalsate di
qualche minuto.
Per me le cose si misero subito male, non studiavo, e non ero in
sintonia con alcun insegnante.
Ero un ribelle, non mi adattavo alle regole, facevo fughino molto
spesso e me ne andavo al cinema matine o ai giardini Margherita.
Ricordo la circostanza in cui il preside, via radio (una volta nelle
classi cerano gli altoparlanti collegati con la presidenza) disse che gli
risultava che nella scuola circolavano immagini indecenti e che
avrebbe provveduto a stroncare lo scandalo.
Il nostro prof. di Ginnastica (mi ricordo ancora il nome, Luminasi),
da persona intelligente, comprese che era pi opportuno che tali
presunte immagini scandalose capitassero nelle sue mani, piuttosto
che in quelle del preside.
Anticipando il piano del preside, mentre le varie classi si
avvicendavano in palestra, il Prof. Luminasi esegu una minuziosa
perquisizione negli spogliatoi, controllando abiti e cartelle.

Prima parte 18
Mi ricordo
Io conservavo, nel portafoglio, un
calendarietto profumato che
raffigurava donne in castigati
costumi interi, regalo del mio
barbiere. Per il preside e
sicuramente per molti insegnanti,
queste innocenti immagini erano
considerate indecenti.
Che tempi, che morale ipocrita!
In seguito scoprii che il calendarietto che custodivo nel portafoglio
non cera pi.
Al suo posto un bigliettino con questa scritta:
Calendarietto requisito; meglio da me che dal preside.
Mitico Luminasi!
Non sempre riuscii a passarla liscia, non tutti gli insegnanti erano
come il prof. di ginnastica!
Avevo un carattere vivace, diciamo.
I professori avevano la sospensione facileanche per delle ragazzate.
Come quella volta che fui sospeso dalle lezioni perch:
Durante le lezioni guardava fuori dalla finestra.
Cavolo! ..ma a quei tempi era veramente cos!
Fui bocciato.
Ripetei lanno ed ebbi la fortuna di avere, come insegnante di lettere,
una persona molto in gamba.
Riusc a coinvolgermi, mincoraggiavainsomma, piano piano, con
lui riuscii ad arrivare in quinta.
Mi ricordo che era una persona che si faceva rispettare, vero, ma
aveva la grande qualit che rispettava gli alunni.
Il suo metodo dinsegnamento era appassionante.
Mi ricordo ancora il quadernetto dellErrata Corrige,
(due colonne, la prima con i termini errati che usavamo nel nostro
linguaggio quotidiano e a fianco il termine corretto).

Prima parte 19
Mi ricordo
Ricordo anche il quaderno intitolato: Ingiurie allarbitro in cui
annotavamo termini educati e garbati da usare quando, in caso di
litigio, singiuriava qualcunoe si prese lesempio dellarbitro.
Quando inizi il quinto anno, vissi una dolorosa sorpresa: il
professore era andato in pensione, sostituito da una prof.ssa con cui
non cera intesa.
Mi sentii perduto. Non mimpegnai abbastanza e non superai gli
esami. Anzich bocciarmi, come sarebbe stato logico, mi spedirono a
ottobre in tutte le materie!
Pazzesco, assurdoma a quei tempi era possibile.
Il babbo, per punirmi, mi obblig a presentarmi agli
esaminaturalmente fui bocciato.
Ripetei lanno svogliatamente.
Non mi bocciarono ma mi mandarono a ottobre in quattro materie!
(le pi importanti).
Il babbo non volle rassegnarsi.
Mi releg in casa.
Quindi assunse una maestra che restava tutto il giorno con noi,
pranzo e cena compresi. Per tutta lestate!
Lavorammo per ore e ore, tutti i giorni, senza una pausa, la maestra
era inflessibile! Ricordo che ero sistemato nella poltrona di pelle nera
del babbo, in un angolo della sala da pranzo, quella della domenica
che, essendo off limits, non era frequentata e quindi silenziosa,
lideale per studiare.
Non dimenticher mai quei giorni, quella fatica, labbattimento, la
paura di non farcela.ma riuscii a superare gli esami anche se
per il rotto della cuffia*come usava dire.
*Uscire per il rotto della cuffia: cavarsela alla meglio, a malapena.
Esiste un'altra interpretazione che conserva comunque il significato di passare
in qualche maniera, passare di straforo, che fa riferimento ad un altro senso
della parola cuffia: 'parte della cinta di una citt', quindi passare per il rotto
della cuffia coinciderebbe a 'passare attraverso una piccola breccia aperta nelle
mura.

Prima parte 20
Mi ricordo
Il babbo tir un sospiro di sollievo ma mi diede un ultimatum:

Se non vuoi pi studiare, visti i penosi risultati scolastici, datti da fare per
trovare un lavoro perch non ti manterr pi a scuola.

Provai a cercare qualcosa da fare e Nerio mi offr unopportunit.


Mi propose di fare le consegne del pane, a domicilio, per il negozio
dei suoi genitori, il premiato panificio- pasticceria Neri.

I clienti, la mattina presto, telefonavano per


ordinare il pane che veniva sistemato in
idonei sacchetti con annotato, nome e
indirizzo dei destinatari.

I sacchetti erano collocati nella gerla che si


sistemava sulle spalle, quindi, in bicicletta,
casa per casa, si facevano le consegne.

Prima parte 21
Mi ricordo
Resistetti poco.solo un giorno!
Lavorare non faceva per me e lo dissi al babbo.
Lui assunse un atteggiamento duro e pronunci queste inappellabili
parole:

Dovrai ricercare un corso di studi, adeguato alle tue capacit, ma sappi che non
dovrai fallire mai pi.
Al primo segnale negativo ti ritiro dalla scuola e non ti finanzier pi.
Te la senti di assumere questimpegno?.

Assunsi limpegno.

Ma quale scuola? Ancora non sapevo che strada prendere.


Avvilito, andai ai giardini di porta Saragozza a meditare.
Mi vide lamico Bruno che, conosciuto il mio problema, mi propose
di iscrivermi alla scuola che lui frequentava:
listituto Tecnico Agrario Arrigo Serpieri .
Me ne parl bene, descrivendo le varie attivit, i laboratori, gli
insegnanti, insomma, fece della scuola un quadro generale molto
invitante.

Le scuole medie finirono,


ma che fatica!
Avevo perso due anni!

Prima parte 22
Mi ricordo
Mi ricordola scuola superiore

Attuale Sede Centrale Serpieri,


Via Peglion, 25 Corticella-Bologna

Andai allistituto Agrario, come mi aveva proposto Bruno.


Allora, siamo nel 1959, la scuola era ancora a Bologna, allinterno di
una grande, antica abitazione signorile, villa Pardo, in via Porrettana,
alla funivia.

Mi trovai bene e subito feci amicizia con


molti compagni.
Ci sentivamo grandi e un segno tangibile di
questo era che, finalmente, non si portava la
cartella; libri e quaderni si tenevano con un
elastico*.

*Era una sorta di fascetta, di vari colori e dimensioni, che agganciava libri e
quaderni in un tuttuno, un blocco da rigirare da un braccio allaltro e che
indicava ufficialmente lessere diventati grandi; bastava una occhiata per
strada al blocco di libri lasciati ben visibili dallelastico, per capire che classe si
frequentava.

Prima parte 23
Mi ricordo
Il destino volle che il preside dellIstituto fosse Mario Farina che era
stato compagno di scuola del babbo: la faccenda si fece quindi molto
seria.
Il babbo, infatti, mi ripet che non avrebbe accettato di far una brutta
figura con il Preside e che quindi, come gli avevo promesso, dovevo
studiare col massimo impegno e non commettere alcuna mancanza.
Avevo una gran paura di non farcela.
Accadde per, nei primissimi giorni, un avvenimento straordinario
che non avevo mai provato nella mia carriera scolastica fino a qual
momentopresi subito dei bei voti nelle prove dingresso Levento
mi fece provare una sensazione nuova, sconosciuta, un sentimento
misto di emozione e di soddisfazione ero considerato un buon
alunno.
Io provenivo dalle scuole medie, dove non avevo fornito buone
prove, anzi, ma avevo, oggettivamente, una preparazione superiore a
quella dei compagni che giungevano dalle scuole di avviamento.
Avevo lasciato le scuole medie come un somaro e mi ritrovai alle
superiori che ne sapevo di pi dei miei compagni di classe.
Come detto nelle prime prove ottenni ottimi voti.
Da quel momento ci tenni a mantenere la posizione raggiunta e
mimpegnai molto.
Fui promosso sempre, con buoni voti e superai la maturit con anche
degli otto! Mio padre fu orgoglioso di me, in quei cinque anni non
ebbe mai motivo di lamentarsi del mio comportamento!
La sede scolastica a met del terzo anno, (maggio 1963) si trasfer a
Corticella.
I miei compagni sono tutti ben presenti nella mia mente.
I compagni.quanti ricordi mi legano a loro!
Non potendo esporre le tante memorie che mi legano a quegli anni, a
quella scuola, a quei cari amici, mi limiter a qualche vicenda.
Ricordo un simpatico compagno che era un gran ballista!
Tra le tante: veniva a scuola e al momento di togliersi il cappotto
(gli attaccapanni erano allinterno della classe) faceva cadere della
paglia e, a voce alta, si lamentava del fatto che la sera precedente
aveva avuto unavventura con una ragazza nel fienile e della paglia

Prima parte 24
Mi ricordo
gli era rimasta addosso!!! Mi limito a questo aneddoto perch gli altri
sono pi pesanti e non passerebbero la censura!
Anche dei professori ho ottimi ricordi, erano tutti competenti e
simpatici.
Come, modestamente, bravi eravamo noi. Legammo molto e
sinstaur un clima collaborativo e di stima reciproca.
Allora listruzione era una cosa seria!

In terza mi capit un serio incidente.


Una mattina facemmo sciopero, non ricordo per cosa.
Ma di andare a manifestare in piazza non ne avevamo voglia.
Un compagno prese la macchina di nascosto dalla madre, una
seicento truccata, un bolide.
Un altro compagno ne noleggi unaltra e si part a razzo,
destinazione i colli.
Mi resi subito conto di aver fatto un errore accettando di salire con
quel pilota, era un fanatico.
Pensate, si era tolto le scarpe per aumentare la sensibilit sui pedali.
Ma la mia imprudenza era grave soprattutto perch il ragazzo aveva
il foglio rosa non era ancora patentato!
Io dovevo, essendo provvisto della patente, stare al suo fianco,
responsabile della sua condotta di guida.
Il buon senso mi diceva di scendere ma mi mancava il coraggio,
temevo che i compagni mi avrebbero giudicato un fifone.
Restai, accidenti a me!
Ad una curva la macchina usc di strada, abbatt una colonna di
mattoni di cm.60 per 60. La macchina and quasi distrutta.
Lautista si ruppe gli occhiali e i vetri gli procurarono numerose,
anche se piccole, ferite sul volto. Era una maschera di sangue ma, nel
complesso, non erano lesioni gravi perch superficiali e nessun
problema agli occhi.
Lamico Dante, che era nella parte posteriore, rimase fortunatamente
illeso, gli si ruppero i pantaloni e temette lira delle zie.
Io battei la testa e perdetti conoscenza.
Lambulanza mi port allospedale S. Orsola.

Prima parte 25
Mi ricordo
Mi rasarono per met la testa e mi suturarono la ferita con un bel po
di graffette di metallo.
In seguito mi sistemarono in astanteria.
Mi risvegliai poco dopo, non mi ricordavo nulla, neppure il mio
nome e mi spaventai a morte.
Sentivo un lamento: A mor, a mor. (muoio, muoio)
Era un vecchio che gemeva!
Diventai di ghiaccio. Allora, mi dissi, sono in un posto in cui vengono
sistemate persone gravi, quelle che stanno per morire (a mor, a
mor).
Vidi un camice bianco, una faccia giovane: Dimmi la verit, sto
morendo? E lui (giuro!): Non so, sono uno studente di medicina e sono
appena arrivato.
Poco tempo dopo sentii delle voci: le suorine addette allingresso
dellastanteria non volevano far entrare mio fratello Gian Carlo, che,
informato dallospedale, era immediatamente accorso.
Per aprirsi la strada sbarrata ebbe unintuizione geniale: lanci una
fortissima bestemmia che fece scappare le suorine.
(Preciso che mio fratello non un bestemmiatore).
Il fratellone prese in mano la situazione, parl con chi di dovere e
venne a rassicurarmi. Trascorse le ventiquattro ore in osservazione,
fui dimesso con una prognosi di dieci giorni.
Povera mamma, quale spavento le feci passare. Ancora una volta ebbi
bisogno di lei e della sua premurosa assistenza.
Una volta guarito volli farle un regalo. Le mie finanze per non me lo
permettevano. Il babbo venne in mio soccorso e insieme andammo ad
acquistare ci che avevo in mente per la mamma: una seggiola a
dondolo.
Negli anni seguenti guardavo la seggiola e mi commoveva il ricordo
delle amorevoli cure della mamma.

Prima parte 26
Mi ricordo

Che meraviglia!
Data let, ci interessammo poco delle opere darte, pensavamo
soprattutto a divertirci e ad ammirare le bellezze locali.le
ragazze!
In quegli anni la Spagna era un paese povero, il costo della vita
veramente basso, con poche ci potevamo permettere molti lussi.
Ricordo che noleggiavamo il taxi che restava a disposizione per
lintera giornata, spendendo uninezia.
Barcellona era bellissima, enorme con le sue lunghissime e larghe
avenidas .
La zona del porto era spettacolare e piana di fascino.
Sincontravano persone dogni nazionalit che frequentavano le
malfamate, (e anche pericolose),
strettissime strade dette calle.
Stupendo il colle di Tibidabo, (531 mt), il
punto panoramico pi famoso di
Barcellona.

Pochi giorni a Barcellona e quindi


ci imbarcammo, eccitati, per la
meta successiva: Palma di
Maiorca.

Prima parte 27
Mi ricordo
A Palma di Maiorca vissi una vicenda eccezionale, indimenticabile.
La sera stessa del nostro arrivo andammo a cena, nel ristorante
dellalbergo che ci ospitava.
A un tavolo poco distante vidi una ragazza bellissima.
Pensando di fare un gesto galante e un po
simpatico, presi i fiori che erano sul tavolo e li
diedi al cameriere affinch li portasse alla
ragazza.
Che grad, mi sorrise e rimand il cameriere al
mio tavolo con un messaggio: Seorita
Carmen gust el gesto y esperar en el bar despus
de la cena. Sarebbe a dire: La signorina Carmen ha gradito il gesto e
l'aspetta, dopo cena, al bar. (ho tradotto io, col traduttore del pc,
poich mi ricordavo, pressappoco, il senso della risposta).
Figuriamoci, finita la cena, mi precipitai al bar emozionatissimo per
incontrarla. Era evidente che linvito era rivolto solo a me.
Invece piombarono tutti i compagni, due intere classi circondarono la
bellissima Carmen. La ragazza fu assediata e adulata da tutti.
Raccont che faceva lattrice, che conosceva numerosi attori italiani,
in particolare Marcello Mastroianni.
Disse anche che amava lItalia e gli italiani e che veniva spesso nel
nostro bel paese.
Cercai di spiegare ai compagni che linvito era diretto a me poich
mia era stata lidea dei fiori.niente da fare.
Allora me ne andai risentito!
I ragazzi accolsero la proposta di Carmen, noleggiarono un certo
numero di taxi e la bellissima ragazza li accompagn a visitare tutti i
night della citt in cui era molto conosciuta. Rientrarono allalba.
Sar stato un pirla presuntuoso ma non mi piaceva mischiarmi con
tante persone e ritenevo che il merito di quellinvito derivasse dal mio
gesto.
Ingenuamente avevo sperato che fosse tutta per me.
Fine dellavventura.

Prima parte 28
Mi ricordo

Londra ci apparve magnifica. Le cose da raccontare sarebbero tante,


mi limiter a qualche ricordo.
Di giorno il pullman ci accompagnava e vedere le tante attrattive
della citt e dintorni.
La sera era tutta per noi; visitammo i quartieri e i locali pi
stravaganti e vivemmo numerose avventure, anche piccanti, che non
mi pare il caso di raccontare.
Purtroppo mi rovinai una serata a causa del mio carattere generoso
ma privo di senso pratico.
Un giorno, durante le visite distruzione, lamico Giorgio Bonaga
tenne un ineducato comportamento in pullman.
Il preside Mario Farina, per punizione, gli viet di uscire quella sera.

Prima parte 29
Mi ricordo
Io andai dal preside per difendere la causa dellamico convinto di
poterlo persuadere e al termine della filippica dichiarai:
Se non permetter al mio amico di uscire, neppure io andr fuori !.
Cos rimanemmo in albergo in due, a giocare a briscola, come due
salami.

Classi quinte, sezione A e B.

Ricordo che in quel periodo avevo una gran cotta per la bellissima
Anna e pensai di portarle un regalo.

Sapevo bene che amava la musica


pertanto mi recai in un negozio con
lamico Franco che, molto ferrato in
inglese, tradusse alla commessa la mia
richiesta: Voglio portare in Italia un disco
in regalo, cosa mi suggerisce?
E la commessa:
Si parla un gran bene di un complessino di
Liverpool, le propongo questo loro
33 giri.

Prima parte 30
Mi ricordo
Ebbene s, nei primi anni sessanta regalai ad Anna un disco dei
Beatles, gi abbastanza famosi in patria, ma ancora praticamente
sconosciuti in Italia ( siamo nel 1963).
Un altro simpatico ricordo legato al compagno (Torri) che noi
avevamo soprannominato Al zio .
Si ostinava a rivolgersi alla gente in una lingua bastarda, un curioso
miscuglio anglo - dialetto bolognese.
Si convinse che i londinesi intendessero la sua parlata perch la
mattina del primo giorno fu capito dal cameriere.
Per la colazione aveva ordinato: Dau ov freti e le avevano portate!
Essendogli andata bene quella prima volta, ritenne che per lui non ci
sarebbero stati problemi di lingua!

Prima parte 31
Mi ricordo
Tempo desami

Tra gli scritti e


gli orali cera
una pausa di
una diecina di
giorni.
Per preparare
gli esami di
stato andai, con
due compagni,
letteralmente in
ritiro.

Durante una pausa do il becchime alle galline.

Pasquale possedeva una casa in campagna, alla Bersagliera, una


frazione di Castello di Serravalle vicino a Bologna. Era il posto ideale
per studiare, silenzioso, senza distrazioni.
Il lavoro era cos organizzato: la mattina ci si alzava prestissimo
anche perch Pasquale doveva mungere le mucche.
Una colazione a base di pane e caffelatte poi studio.
Quindi facevamo una passeggiata nei campi.
Non era una vera pausa ricreativa, anzi, utilizzavamo la camminata
per interrogarci lun laltro riguardo alle piante che incontravamo, sia
quelle spontanee sia quelle coltivate.
Di molte piante dovevamo conoscere tutto: famiglia, genere, specie e
altre caratteristiche botaniche.
Lo stesso si faceva per gli insetti.
Ancora studio, un pranzo esagerato preparato da noi e via, di nuovo
a studiare fino a sera tardi.
Tolto il pasto e il (poco) dormire studiavamo 14-16 ore al giorno.

Prima parte 32
Mi ricordo
Allesame facemmo una bella figura.

COME ERAVAMO

ARCHIVIO FOTOGRAFICO DELLE CLASSI


DAL 1960 AL 1970

Manca, purtroppo, la foto della classe seconda,


dellanno Scolastico 1960 /1961.

http://www.istitutoserpieri.it/Serp_ALBUM_sto.html

Prima parte 33
Mi ricordo

1B - 1959/1960

Prima parte 34
Mi ricordo

3 B - 1961/1962

Prima parte 35
Mi ricordo

4 B - 1962/ 1963

Prima parte 36
Mi ricordo

5B - 1963/1964

Prima parte 37
Mi ricordo

Lezioni all'aperto con il " mitico prof. Italo Farinelli

Prima parte 38
Mi ricordo

La sede dell'istituto a Corticella

E vai di zappa!

Prima parte 39
Mi ricordo

E cos, zappando
zappando..

Prima parte 40
Mi ricordo

Mi ricordo.luniversit, una storia


infinita e fallita

Il babbo ci teneva tanto, sognava di vedere i suoi figli tutti laureati ma


purtroppo non ebbe questa gioia.
Paolo frequent un corso di laurea per qualche anno, poi abbandon.
Io accettai la proposta del babbo anche perch affrontato le scuole
superiori buoni risultati.
Miscrissi alla facolt di Agraria per lanno accademico 64/65.
Poco alla volta per cominciai a perdere dei colpi, davo qualche
esame poi si apriva una troppo lunga parentesi di vuoto.
Non lavoravo pi con la costanza e limpegno necessari.
Quando preparavo gli esami con Carlo, andavano bene. Carlo era un
tipo tosto, minchiodava alla poltrona per ore e ore e mi faceva
ripetere finch non fossi ben preparato.
In seguito, poich era regolare negli esami, mi super e non potemmo
pi studiare insieme.
Poca voglia di studiare laveva Dante, come me non in
pari con gli esami. Mi propose di studiare assieme.
Errore fatale! Con lui non si riusciva a essere seri, mi
distraeva con barzellette, chiacchiere, ridevamo come
pazzipoi mi guardava sornione: E se andassimo al
cinema? Potremmo studiare domani!
Ed io, debole nella volont, mi facevo trascinare.
Andavamo al cinema poi in motorino verso i colli, a mangiare le
crescentine.
A volte ci spingevamo pi in l, verso Tol e la meta mangereccia era
lAmelia. Che abbuffate!
Dante era un mangiatore insaziabile.
Quando si sedeva a tavola, nellattesa, prendeva un pezzetto di pane,
lo cospargeva di sale o metteva qualche goccia di limone e via, un bel
boccone.

Prima parte 41
Mi ricordo
Una volta ebbe unidea folgorante: Andiamo a studiare nella mia casa di
campagna , vedrai, la quiete campestre favorir la necessaria concentrazione .
Altro errore!
Proprio non cera verso, con lui si rideva sempre, trovava mille motivi
per disertare lo studio: andavamo in paese (Medicina), sparavamo
con la carabina, zonzolavamo* nei campi, andavamo, negli orari
giusti, nelle case dei contadini che ci offrivano salame e buon vino.
* (Il significato pare essere un mix tra "andare a zonzo", "perdere tempo", "non
aver di meglio da fare", "cazzeggiare).
Esami? Nessuno! Il babbo, adiratissimo, giustamente, interruppe i
finanziamenti.
Mi pagai io le spese, qualche soldo lo guadagnavo. Lavoravo nei mesi
estivi, come perito grandine, per un gruppo di assicurazioni.
In pratica dovevo, con altri, stimare i danni che la grandine causava
alle colturema questa unaltra storia.
Per ragioni di principio non approfittai dellaria sessantottina per
rapinare esami come fecero in molti.
Nellottobre 1968 avevo cominciato a lavorare nella scuola, nel 1971
mi ero sposato, lanno successivo nacque Nicola.
Mi ostinai a rimanere iscritto; speravo che mi tornasse unadeguata
forza di volont per riprendere lo studio.
Ma soprattutto speravo di finire luniversit per mio padre, per
ripagarlo dei sacrifici che aveva fatto. Mi sentivo in colpa, lo avevo
deluso.
Riuscii a dare qualche esame, studiavo la sera, con Nicola in braccio.
Ma non poteva durare, troppo faticoso (e costoso).
Diedi lultimo esame nel marzo del 1973, un bel trenta, cos, per
chiudere in bellezza una vicenda iniziata male e finita peggio.
In totale avevo sostenuto 20 esami con 25,85 di media, un 15,
un buco , ma anche dei 30.

Ci misi una definitiva pietra sopra. .un vero


peccato!

Prima parte 42
Mi ricordo

La feluca goliardica era ed il copricapo degli studenti


universitari il cui colore varia secondo
la facolt! Feluca verde cupo: agraria.
La fantasia si sbizzarriva nella scelta
degli ammennicoli pendenti.
pi o meno a cavallo tra XIX e XX
secolo, che si afferm il costume del fare
la matricola e dei papiri.
Gli studenti con pi bolli, ossia quelli
con pi anni di universit alle spalle,
andavano a caccia dei nuovi iscritti (le
matricole) per prendersi gioco di loro, riscuotere un piccolo obolo o
pi semplicemente farsi pagare da bere.
Una volta pelata, alla matricola veniva rilasciata una pergamena a
testimonianza dell'avvenuto pagamento, cosicch altri studenti
anziani non potessero pretendere altri pagamenti.

Queste pergamene, riempite con disegni sconci e frasi ironiche, erano


denominate papiri.

Prima parte 43
Mi ricordo
Il papiro
Perch un papiro sia considerato un papiro goliardico regolare deve
essere redatto su carta pergamenata o simile, deve essere consacrato
alle tre divinit goliardiche (Bacco, Tabacco, e Venere: quindi occorre
che sia bagnato con del vino, forato con sigarette e baciato da una
ragazza) e deve recare gli stemmi dellordine che lo ha rilasciato, la
firma di chi lo ha composto e la data goliardica (es. 1969+29 per
indicare il 1998).
Il linguaggio in cui deve essere scritto un papiro un colorito latino
maccheronico condito di termini arcaicizzanti e fantasiosi neologismi.
I loro autori, in alcuni casi dei veri e propri artisti, erano ingaggiati
dagli studenti anziani anche per immortalare le proprie gesta
goliardiche in papiri di laurea, da affiggere in citt una volta terminati
gli studi.

19/11/1964 .Marcum de Bronziana gente matricolam male cacatam, minus


quam merdam considerabilem.et tibi permettimus in universitate
deambulare.

Prima parte 44
Mi ricordo
Il fittone della goliardia bolognese
Da http://tazzone1.blogspot.com/2008/06/il-fittone.html

Sul sito di foto


http://www.flickr.com, a commento
della foto di lato ho trovato
questo testo che trascrivo
integralmente.
L dove inizia il portico di
Palazzo Poggi, dal 1803 sede
dell'Universit di Bologna,
migliaia di passanti si sono
"imbalzati" in questo strano
paracarro....... IL FITTONE.
Non ovviamente un paracarro
qualunque.......... il simbolo della
GOLIARDIA.

Secondo il vocabolario il Fittone : s. m. Lasse primario della radice, quando


provvisto di rami di limitata lunghezza e robustezza da fitto (nel suolo).
Ma a Bologna, sia nella lingua parlata sia nel dialetto locale, la parola Fittone
indica genericamente dei pilastrini di pietra, comunissimi un tempo per
salvaguardare le colonne dei portici dalle ruote dei carri, o posti anche a
chiudere laccesso a carri e veicoli a vicoli, o strade del centro troppo strette per
consentirne il passaggio.
Uno di questi fittoni, di buona fattura, scolpito in pietra dIstria, dalla forma
agile e slanciata che si allargava leggermente sulla punta rotondeggiante, era
posto allingresso di una stradina in pieno centro, Via Spaderie, vicino alle Due
Torri e alla zona Universitaria, e nei pressi vi si ritrovavano spesso gruppi di
studenti universitari.

Prima parte 45
Mi ricordo
Il centro della citt, un intrico di stradine che risalivano al medioevo, nei primi
anni del XX secolo fu sventrato per dare luogo a tre grandi strade che, formando
un disegno a T, diedero origine allattuale viabilit che trasform radicalmente il
vecchio centro, dandogli le dimensioni di una citt grande e moderna.
Via Spaderie fu semplicemente cancellata dalla toponomastica cittadina ma gli
studenti non vollero rinunciare al loro simbolo.
Con in testa il copricapo abituale di allora, la paglietta, il cui nastro variava di
colore secondo la Facolt frequentata, sradicarono il Fittone dalla strada e lo
portarono solennemente in corteo fino in Via Zamboni, dove fu murato allinizio
del portico della sede dellUniversit.
L rimase fino agli anni 60, onorato e venerato da tutti i Goliardi bolognesi: era
uno spettacolo assai frequente vedere una matricola posta a sedere sulla cima
del Fittone, allo scopo di riscaldarlo e procurargli il dovuto gaudio. Il 1912, anno
della traslazione del Fittone, fu da allora ricordato obbligatoriamente in tutti i
papyri che dovevano riportare, accanto alla data di stesura, la dizione "Anno xx
a Fictone traslato".
Giacch il Poeta per antonomasia, nella sua Divina Commedia, aveva
menzionato numerosi nomi di citt e contrade in versi poi riportati dagli
abitanti giustamente orgogliosi su apposite lapidi, fu subito trovato anche il
debito riferimento al Fittone: certo Dante non poteva ignorare un tanto mirabile
monumento
Sulla Porta dellInferno (Canto III, vv. 7/8), Dante trova una scritta (il cui
significato chiede poi a Virgilio), in cui compaiono due versi che la Goliardia
felsinea ritenne memorabili, e ovviamente ispirati dal loro amatissimo
paracarro:
Dinanzi a me non fuor cose create / se non etterne, ed io etterno duro per cui,
nella pi dotta versione in latino, "Aeterno Duro" da sempre il motto che
accompagna il simbolo, sacro e venerabile, dei Goliardi bolognesi.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, furono compiuti reiterati
tentativi, da parte di ordini Goliardici di altre citt, di impadronirsi del Fittone
(gi restaurato nel 1931): impresa non facile, visto che si trattava di una
colonnina di pietra murata nella pavimentazione.

Prima parte 46
Mi ricordo
Una prima volta un automezzo vi si scaravent contro, spezzandolo in due (e
qualcosa da dire ci sarebbe, sulla "goliardicit" di un atto vandalico): la parte
superiore torn al suo posto, e si dovette unire alla base con un perno di ferro.
Poi avvenne un altro tentativo e, a evitare ulteriori "rapimenti", ma anche allo
scopo di scongiurarne lo sgretolamento, il Fittone fu ricoperto da una gabbia di
ferro.
Tale gabbia fu segata una prima volta, ma il ratto fu sventato: in seguito il colpo
fu ripetuto, e questa volta il Fittone, gi lesionato, sub gravi

danneggiamenti e fu ridotto in pezzi.


Si trattava di un oggetto storico, e giustamente lUniversit, recuperatolo, lo fece
restaurare ma da allora provvide a conservarlo allinterno, tra i propri cimeli: al
suo posto fu murata una piccola lapide rotonda, recante il disegno del Fittone e,
in numeri romani, la data in cui la lapide fu posta (e il cui disegno fu reso
obbligatorio in tutti i papyri).
Iniziava ormai la contestazione studentesca negli Atenei: la piccola lapide spar,
pi probabilmente per opera di militanti di "autonomia studentesca" che non di
altri Goliardi (il cui numero del resto andava scemando rapidamente).
Negli anni 70 il Fittone non cera pi, non cera pi neppure la piccola lapide a
ricordarlo e, del resto, non cerano pi neanche i Goliardi
I primi di loro a rinascere, che diedero vita alla Balla di Montecristo, una sera
smurarono da qualche parte un piccolo paracarro di pietra, e andarono a
murarlo al posto del vecchio Fittone: loggetto in s era decisamente brutto, ma
era pur sempre il tentativo di riappropriarsi di un simbolo importantissimo,
unico per la Goliardia che a Bologna aveva sempre costituito un fenomeno di
massa tra gli studenti universitari.
Un giornale locale pubblic una foto dellevento: gli "autonomi" provvidero e il
piccolo paracarro scomparve, senza del resto alcun rimpianto, a parte quello di
coloro che lo avevano posto "in loco".
Poi, lentamente, la Goliardia diede segni di ripresa, anche a Bologna, e in
occasione del Nono Centenario dellAteneo il S.V.Q.F.O. (Sacer Venerabilis Que
Fictonis Ordo) provvide a ricollocare al suo posto una copia perfetta, in pietra,

Prima parte 47
Mi ricordo
dellantico Fittone: inizialmente protetta da una gabbia di ferro, che poi si
prefer togliere, per affidare giustamente lantico simbolo al rispetto e alla
civilt degli studenti.
Questa, pi o meno, in breve la storia del Fittone materialmente inteso: pi
difficile, almeno per chi scrive, ricostruire con certezza la storia dellOrdine
Goliardico che dal Fittone trasse il proprio nome.
Nel 1945 Umberto Mangini, Barone Vicario del S.V.Q.F.O., redasse, essendo Gran
Maestro dellOrdine Gianni Nazzareno, lo "Statutum et Ordinamentum Sacri
VenerabilisQue Fictonis Ordinis" che, in sole tre pagine, riassume lordinamento
dellOrdine, conservato inalterato da allora.
Queste tre pagine furono poi pubblicate a stampa nel 1947, in calce ai
famosissimi "Statuti Goliardici Civili e Criminali dellInclita Universit di
Bologna, redatti dallindimenticabile Guido Rossi, Dottore in Giurisprudenza,
Barone Vicario e Protonotario del S.V.Q.F.O., che comprende tutto quanto
attiene alla Goliardia bolognese, escluso appunto lordinamento dellOrdine.

Quando una matricola circolava nella zona universitaria, spesso


veniva bloccata da studenti anziani che tentavano di spillare
qualche soldo o sigaretta al malcapitato novellino.
Gli controllavano il papiro, lo sottoponevano a uno stringente
interrogatorio per cercare di trovarlo in fallo e ottenere quanto
richiesto.

Prima parte 48
Mi ricordo
Al termine era rilasciato un codicillo, (vedi sotto) una sorta di
lasciapassare quotidiano che evitava alla matricola altre richieste per
il medesimo motivo.

Anche questa
vicenda, finalmente,
fin.

Prima parte 49
Mi ricordo
Mi ricordo.lIstituto
Agronomico per lOltremare

Frequentavo gi luniversit quando, verso la fine del 1964, incontrai


casualmente gli amici Carlo e Pasquale.
Mi raccontarono che stavano seguendo un corso di specializzazione
in agricoltura tropicale e subtropicale, a Firenze.
Il diploma conseguito con tale specializzazione avrebbe offerto sicure
possibilit di lavoro allestero, nella conduzione di grandi aziende
agricole dellafrica o dellAmerica meridionale, con uno stipendio
ragguardevole.

Prima parte 50
Mi ricordo
Mi piacque lidea cos avventurosa e ricca di prospettive ben
remunerate.
Mi recai immediatamente a Firenze per chiedere se, pur essendo il
corso gi iniziato, potevano ugualmente ammettermi.
Fortunatamente mi accettarono (dicembre 1964, il corso era iniziato a
Ottobre).
Era tutto cos appassionante, le materie di studio (si studiava anche il
francese pur non essendo materia desame), gli insegnanti con
esperienze di altissimo livello internazionale, i compagni di studio, i
laboratori, il giardino botanico ricco di stupende piante mai viste
prima, la raccolta dinsetti molto rari.
Non solo ci fornivano gratuitamente i libri, le dispense scritte dagli
insegnanti e la cancelleria, ma ci davano anche un rimborso spese di
30 mila lire al mese che, per quei tempi, erano parecchi soldi.
Tolte le spese per gli abbonamenti di treno e bus, mi rimanevano
abbastanza quattrini, in pratica il primo stipendio della mia vita!
Ricordo ancora i primi regali che mi feci: un paio di mocassini neri
acquistati da Mantellassi e un orologio col quadrante rettangolare,
una forma insolita per quei tempi. Che soddisfazione!
Studiai con grande impegno e al termine del corso mi classificai
primo fra tutti i partecipanti: noi tre amici di Bologna, due ragazzi di
Firenze e altri alunni che provenivano da varie parti dellAfrica, dalla
Somalia in particolare, per corsi di formazione.
Cera anche un giovane del Madagascar, un principe che, nel suo
paese, una volta acquisita la necessaria esperienza, avrebbe dovuto
assumere incarichi governativi nel settore agricolo.
Con questo ragazzo legammo parecchio e ci frequentammo molto.
Era simpaticissimo, molto in gamba.
Frequentemente veniva a Bologna per partecipare alle mitiche feste
che si svolgevano nella cantinetta di via Guidotti e spesso si
abbigliava con gli abiti del suo paese suscitando grande curiosit.
Frequentare quel corso fu molto impegnativo.
Mi alzavo alle 5, prendevo lautobus numero 21, il primo del mattino,
quello delle 5,30, per andare in stazione (sopra cera gi Carlo che
saliva un paio di fermate prima), poi in treno a Firenze e , l giunti,

Prima parte 51
Mi ricordo
prendevo un altro bus per arrivare, finalmente, in Via Cocchi, sede
dellistituto.
Spesso si rimaneva a mangiare per le lezioni pomeridiane.

Andavamo in una piccola trattoria e gustavamo i tipici piatti toscani,


in particolare ricordo i bolliti accompagnati da gustose salsine.
A ottobre del 1965 conseguii il diploma.
Essendomi classificato al primo posto acquisii il diritto di andare, con
una ragguardevole borsa di studio detta di avviamento, a far
pratica allestero per sei mesi per poi essere, superando la prova,
assunto definitivamente con una retribuzione parecchio alta.
Poco tempo dopo arriv un telegramma che mi comunicava che mi
era stata assegnata la sede di lavoro e che entro pochi giorni dovevo
partire per la Costa Davorio, via mare, da Genova.
Il mio spirito davventura per si era esaurito e rifiutai.
Al mio posto and Carlo (secondo classificato), a far pratica in
unenorme azienda agraria situata nei pressi di Abidjan, la capitale.

Un viaggio lungo e faticoso da Genova ad Abidjan, poi, con la gip


fino allazienda, di enormi dimensioni.
Mi raccont che per visitarla occorrevano pi giorni!
Vi rimase 6 mesi poi rientr e non accolse la successiva proposta di
un impiego definitivo.anche in lui si era spento lo spirito di
avventura.

Prima parte 52
Mi ricordo
Pasquale, il terzo uomo fremeva, sollecitava con telefonate
lIstituto perch in lui s che ardeva il fuoco dellavventura.
Era smanioso di partire ma, per il momento, bisognava aspettare.
Allora lui, impaziente, prese liniziativa e salp, con una bananiera
che partiva da Venezia, alla volta della Somalia.

In tasca aveva qualche indirizzo segnalato dallistituto ma nessuna


garanzia.
Sei mesi dopo venne a Bologna e fu in quelloccasione che
conoscemmo le sue peripezie.
Ne aveva viste e fatte di tutti i colori. Nel suo peregrinare da un paese
allaltro dellAfrica era giunto in Nigeria e l si era costruita la sua
fortuna.
Aveva un ottimo impiego, non solo, si era addirittura fidanzato con la
ricchissima figlia del padrone dellazienda in cui lavorava.
Poi ripart e sapemmo in seguito che si era sposato ed era andato a
lavorare in America centrale.
Poi perdemmo i contatti.

Tempo fa lamico Ivano Neri mi


fece avere questa foto di Pallotti
Pasquale che, come ho
raccontato, visse avventure
straordinarie in giro
per il mondo.

Prima parte 53
Mi ricordo

Istituto
Agronomico
Oltremare

Un poco di storia (Tratta dal sito medesimo)

Nacque nel 1904 come Istituto Agricolo Coloniale con la finalit di compiere
studi e ricerche a sostegno dei servizi agrari delle colonie (formazione di tecnici,
pubblicazione della rivista Agricoltura Coloniale, consulenze) e aiutare gli
emigranti italiani a inserirsi nelle nuove realt agricole.

Nel 1939 divent Ente di Stato con il nome di Istituto Agricolo per l'Africa
Italiana; i suoi compiti consistevano nel preparare i tecnici e fornire consulenza
agricola ai governi di Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia.

Nel secondo dopoguerra l'Istituto forn assistenza tecnica agli emigranti italiani
in America Latina, mantenendo rapporti di collaborazione con le ex colonie.
Nel 1953 pass sotto il Ministero degli Affari Esteri con la denominazione
attuale e, nel 1962, ne divent l'organo di consulenza nel campo tecnico-
scientifico agrario. Ora i suoi compiti riguardano la cooperazione allo sviluppo,
la formazione, la ricerca, la raccolta di documentazione e l'assistenza tecnica.

Prima parte 54
Mi ricordo
L'Istituto possiede una collezione di piante tropicali e subtropicali, una
collezione entomologica e un Museo Agrario.

I reperti sono stati in gran parte raccolti dagli esperti dell'Istituto nel corso delle
loro missioni.

La collezione di piante tropicali e subtropicali comprende circa 300 specie tra le


pi importanti. Le piante sono coltivate nelle serre calde e fredde e, in piccola
parte, nel giardino dell'Istituto e sono raggruppate in base alla loro
utilizzazione.

Della collezione dinsetti tropicali e subtropicali, merita segnalare la raccolta


Kruger dinsetti della Cirenaica, acquisita negli anni Venti.
I campioni sono conservati in massima parte a secco (in cassette entomologiche)
o in alcool. Le specie provengono da buona parte dell'Africa, dal Sud America,
dall'Oriente. Sono presenti anche campioni italiani ed europei. La collezione
viene continuamente arricchita.

Il Museo Agrario Tropicale, in fase di ristrutturazione e riallestimento, presenta


una collezione di prodotti di origine animale e vegetale, oggetti agricoli e
d'artigianato, vestiario e strumenti musicali provenienti da Africa, Asia,
Oceania e America Latina, raccolti in particolare da esperti dell'Istituto. La
collezione ha finalit anche didattica e include, tra l'altro, campioni di materiali
grezzi, dei quali si mostra il processo di lavorazione fino al prodotto finito.

L'Istituto anche dotato di una raccolta (circa 1.500 reperti) di carte "generali"
(topografiche, geografiche, ecc.) e "tematiche" (pedologiche, fitogeografiche,
climatiche, ecc.), suddivise per aree geografiche e paesi, e di un ricco archivio
fotografico che comprende 70.000 stampe fotografiche (60.000 in album, 10.000
sciolte), 10.000 diapositive e lastre, 65.000 negativi, riguardanti l'agricoltura
tropicale e subtropicale e gli usi e i costumi delle popolazioni locali.

Prima parte 55
Mi ricordo
Infine, il Centro di Documentazione Inedita, nato alla met degli anni
Cinquanta, raccoglie documenti non pubblicati, come rapporti di missione,
corrispondenza, studi, atti di conferenze, originali di articoli.
L'Istituto conserva 4.570 fascicoli, ciascuno dei quali contiene vari documenti
d'archivio.

La documentazione relativa, per la maggior parte, alle ex colonie italiane e


all'emigrazione italiana in America Latina dopo la fine della Seconda Guerra
Mondiale.

Prima parte 56
Mi ricordo

Prima parte 57
Mi ricordo

Prima parte 58
Mi ricordo

Prima parte 59
Mi ricordo

Prima parte 60
Seconda parte

In via deMattuiani

In viale Risorgimento

In via Arienti

In via Guidotti

La casa di campagna
Mi ricordo
Ricordi delle case

Mi ricordo.la casa in via d


Mattuiani

La stirpe dei Bronzi comincia in quella casa.

Via De Mattuiani situata a pochi passi da piazza dei Tribunali.


Lappartamento si trovava al primo piano.
Al piano terra, appena entrati dal portone, sulla destra, cera lufficio
del babbo.
Nascemmo tutti in quellabitazione, ad eccezione di Maria Teresa che
venne al mondo a San Martino in Argine, nel 1944.
Babbo e mamma si sposarono nel 1931 e desideravano che nascesse
presto un figlioma non arrivava. La mamma, preoccupata, and da
un luminare che sentenzi:
Si rassegni signora, Lei non potr avere figli.
Due anni dopo, nel 1933 nacque il primogenito Gian Carlo poi,
nellarco di sedici anni, (Filippo, lultimo genito del 1949)
arrivarono tutti gli altri rampolli, per un totale di sei maschi e una
femmina.

Con noi si tratteneva, in particolare nella stagione fredda, la nonna


paterna, Margherita, che tuttavia prediligeva la casa di campagna alla
Prazzina.
La nostra parrocchia era San Procolo, in Via M. dAzeglio, molto
vicina a dove abitavamo.
In quella chiesa si erano sposati i nostri genitori e fummo battezzati
tutti noi (eccetto Maria Tersa che ricevette il Sacramento a San
Martino in Argine). I fratelli Gian Carlo, Piero e Paolo vi fecero
Cresima e Comunione.

Seconda parte
1
Mi ricordo
Come avveniva molto frequentemente a quei tempi, ma anche per
una precisa scelta dei genitori, tutti i parti avvennero in casa.

Il babbo ci iscrisse alla scuola elementare presso i padri Barnabiti, nel


vicino collegio maschile San Luigi, istituto che lui stesso aveva
frequentato per compiere la scuola elementare, come aveva fatto suo
padre, il nonno Giacomo Filippo Rusconi.
(vedi pag.1 della prima parte: Ricordi di scuola).

Un personaggio importante di qui tempi era la Maria Mellini, la


sarta che tutti i gioved veniva a lavorare di cucito.
In aiuto della mamma veniva una donna che prestava servizio dalla
mattina alla sera, quasi tutti i giorni.
Non ho memoria del suo nome ma ricordo bene la vicenda che la
riguard.
Quando a sera la domestica ci salutava per congedarsi, la nonna
Margherita notava che la sua borsa era ben gonfia e, a bassa voce,
borbottava: men capess, la mateina lariva con la bursa vuda e la sira l
peinama nessuno le prestava ascolto.
Tempo dopo la donna si licenzi.
Casualmente la mamma capit in soffitta e si
accorse, con sgomento, che dalla cassapanca era
scomparso tutto il suo corredo!
Per la mamma fu un dolore grandissimo perch
aveva perso beni dallenorme valore affettivo; la loro esecuzione era
costata anni di lavoro!
Gli abiti, realizzati a mano, erano impreziositi da pregiati ricami.
Era stata rubata anche la biancheria (asciugamani, tovaglie, lenzuola e
coperte, anchesse ricamate a mano). La mamma teneva ogni cosa
piegata con cura, profumata con lavanda, legata con nastri di raso.
Povera mamma!

Bisognava dare ascolto alla nonna, la bursa era piena del corredo
della disperata mamma!

Seconda parte
2
Mi ricordo
La sera si ascoltava la radio, preferibilmente le commedie, nella
penombra.
Andrea era nato con la camicia della Madonna, una pellicina
placentare che lo avvolgeva e che nella tradizione popolare ben
augurante.
La mamma la conservava gelosamente in un cassetto, avvolta in una
carta velina azzurra.

Filippo lultimogenito, appena nato si ammal di pertosse.


Quando tossiva, diventava viola dallo sforzo e la mamma doveva
ricorrere alla bombola per lossigeno che teneva a fianco del letto.

Immediatamente, per evitare il contagio, il babbo port noi pi


piccoli, Andrea, Maria Teresa a me, in campagna, presso la nonna.
Eravamo in Febbraio (1949) e faceva molto
freddo.
La nonna, per farci stare caldi mettendo nel
letto il prete.
(vedi quarta parte)

Il babbo per muoversi in citt usava il mosquito, in pratica una


bicicletta con applicato un motore a scoppio.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Garelli Mosquito era un propulsore ausiliario da


applicare su una comune bicicletta per trasformarla
in un veicolo a motore ed stato il pi diffuso in
Europa.
Iniziati a produrre nel primissimo dopoguerra dalla
casa milanese Garelli e progettati dall'ingegner
Carlo Alberto Gilardi, i motori si distinguevano per la loro compattezza che ne
rendeva facile l'installazione nella parte inferiore del ciclo senza andare ad
interferire con la posizione dei pedali. Per la notevole richiesta divenne
necessaria anche l'apertura di una succursale per la fabbricazione in Francia.

Seconda parte
3
Mi ricordo
Il Mosquito era un mezzo prettamente utilitario e alla portata di quasi tutte le
tasche che era venduto in scatola di montaggio.
Si trattava soltanto di fissare il motore con un morsetto e due galletti sotto i
pedali, con l'unica seccatura di dover rinunciare al portapacchi della propria bici
per ospitare al suo posto il serbatoio del carburante. Un rullo si appoggiava
quindi allo pneumatico della bicicletta per trasmettere il moto.
Per quanto riguarda i comandi bisognava applicare sul manubrio l'acceleratore
composto di una piccola leva simile a quella del cambio delle biciclette, da
spingere in avanti per accelerare e rilasciarla per decelerare; l'alzavalvole e
infine la "raganella", ossia un clacson meccanico che non aveva bisogno di
nessun tipo di alimentazione elettrica.
Il motore ausiliario poteva essere disinserito e consentire la marcia come
bicicletta "semplice", non era per di facile gestione in occasione di fermate,
quando era praticamente obbligatorio lo spegnimento del propulsore e il
successivo riavvio.

A noi piccoli il babbo, tutti i sabati,


faceva il bagno, poi ci metteva sul
lettone e ci strofinava ben bene per
asciugarci.
Infine ci spolverizzava di abbondante
borotalco .sono ricordi
indimenticabili!
Nella stessa via d Mattuiani cera lautofficina di Sandro, il
meccanico di automobili che aggiust la prima Balilla del babbo.
In seguito mise le sue esperte mani in altre auto che, negli anni,
cambiavamo.
Anche se poi lasciammo quella via, continuammo, negli anni, a
servirci di Sandro e dei suoi due figli che il padre aveva avviato al
suo stesso mestiere.
Rimasero per decenni i nostri meccanici
di fiducia.
La nostra casa ora non c pi, stata
accorpata allalbergo che, fin dallora, si
trovava a fianco del nostro ingresso.

L'HOTEL TOURING OGGI.

Seconda parte
4
Mi ricordo

Mi ricordo.viale Risorgimento

Porta
Saragozza.

Nella foto a
fianco una
bellissima
visuale di via
Saragozza

Agli inizi degli anni 50 lasciammo la casa di via d Mattuiani, ormai


troppo piccola per la numerosa famiglia.
Il babbo acquist una grande villa in collina, in viale Risorgimento, a
pochi passi da porta Saragozza.
La casa era circondata da un ampio giardino con un bellissimo
gazebo, nella parte posteriore cera uno spazio tanto grande che ci si
poteva giocare al pallone.
Il territorio in cui si trova tuttora la casa, ora visibilmente cambiato,
irriconoscibile.
Seconda parte
5
Mi ricordo
A quellepoca, dal giardino, si vedeva un bel tratto di via Saragozza,
non esistevano le tante costruzioni che ci sono oggi.
Nel terreno sottostante cerano campi coltivati; si arrivava, con lo
sguardo, a vedere gli orti del convento di San Giuseppe!
Ci bastava fare un piccolo salto e ci trovavamo tra grano e frutteti!
Salendo lungo la vicina altura si raggiungeva la meta preferita delle
nostre esplorazioni , una collinetta con tre pini.
Poco prima di arrivare alla
nostra casa cera il
piazzale, un ampio
spazio antistante alla
facolt dingegneria e del
dipartimento di chimica
industriale.
La freccia indica lingresso
di viale del Risorgimento.
Abitavamo al numero 25.

La villa segnalata quella in cui abitammo.

Seconda parte
6
Mi ricordo

IL PIAZZALE COME SI PRESENTA OGGI

In quel grande spazio, che allora era, praticamene, privo di auto,


giocavano estenuanti partite di calcio con gli amici.
Al grido: la pulla (o pulismano = il vigile), fuggivamo come razzi a
nasconderci nel vicino bosco.
Il vigile avanzava lentamente su per la salita, con grande sforzo.
Era in bicicletta e arrivato sul posto, sapendo di essere sentito (non
eravamo nascosti tanto lontamo) gridava:

Ma un giorno vi becco!.

E una volta, con sua immensa soddisfazione, riusc a beccarne uno.


Purtroppo per il malcapitato ero io.
Il vigile riusc ad agguantarmi; era un tipo tosto, mi aveva inseguito
fino a raggiungermi nel mio nascondiglio nel bosco, non tanto
lontano.
Tenendomi per un orecchio, mi condusse alla mia vicina abitazione.
Davanti alla mamma mi fece una ramanzina e mi mult, mi pare 50 o
100 lire. Per fortuna non cera il babbo; la mamma per proteggermi
dalla sua sicura sfuriata, non disse nulla.

Seconda parte
7
Mi ricordo
Le cose cambiarono quando ai vigili fu data in dotazione la moto con
la quale raggiungevano il piazzale troppo rapidamente..niente pi
partite di pallone sul nostro, indimenticabile, piazzale.
Negli ampi spazi che circondavano la casa, si potevano allestire le
piste per le gare con le palline o con i coperchini.
Teresa, con le amiche giocava a lunao campana*.
Con un gesso disegnavano sul selciato un rettangolo diviso in dieci
caselle. Ogni casella era numerata.
Le regole:
Ogni giocatore deve avere a disposizione
qualcosa da poter tirare sulle caselle
disegnate. Si pu scegliere fra un sassolino, un
tappetto, una piastrella, o altro. Secondo
loggetto prescelto pu variare la difficolt per
riuscire a farlo fermare proprio nella casella
voluta.
Con una conta si stabilisce l'ordine di gioco.
La linea di tiro viene tracciata ad un paio di metri dalla base della campana.
Da qui si tira l'oggetto nella casella numero 1. Se l'oggetto si ferma entro la
casella, la giocatrice (o giocatore), saltando su di un piede, entrer nella casella,
raccoglier l'oggetto e, senza mai mettere il piede a terra, ritorner sulla linea di
partenza.
Fatto questo dovr tirare di volta in volta l'oggetto nella casella numero 2, 3, 4,
..., 12 adottando la stessa tecnica della prima casella. La casella 8 serve per
riposarsi potendo qui mettere gi il piede sollevato. Invece le caselle 9 e 10
faranno riposare con un piede in ognuna.
Si sbaglia se:
1) si tocca con il piede un segno della campana;
2) si mette gi il piede in una casella;
3) l'oggetto lanciato non cade nel riquadro della casella designata;
4) si dimentica di riposare nelle apposite caselle.

La giocatrice che avr fatto uno di questi sbagli dovr uscire dal gioco per
lasciare il posto a chi segue nell'ordine stabilito in precedenza con la conta.
Quando di nuovo torner, il suo turno dovr riprendere il gioco da dove ha
commesso l'errore. Una volta tirato l'oggetto sulla casella numero 12 inizia la
seconda parte del gioco. Sempre a saltando su di un piede si dovr spingere
l'oggetto in ogni casella (sono ammessi fino a 3 colpi) iniziando dalla 1 e
terminando alla 12, mantenendo ancora i riposi gi prescritti nelle caselle 8, 9 e
10.
Vince chi per prima riuscir a spingere saltando su di un piede l'oggetto nella
casella 12.

Seconda parte
8
Mi ricordo
* Il gioco della campana documentato fin dai tempi dellantica Roma quando
era chiamato gioco del claudus, cio dello zoppo.
Uno schema di campana tuttora presente sul lastricato del foro romano a
Roma.
Secondo alcuni studiosi il gioco originerebbe dallantico Egitto.
Sta di fatto che, attraverso le strade romane, il gioco giunto in tutto il mondo.

In Italia il gioco
conosciuto
con vari nomi:
campana,
mondo,
lumaca, luna,
settimana,
salto in
paradiso,
gamba zoppa,
lasagna, riga
ecc.
Il gioco della campana in un dipinto di fine Ottocento, del pittore
francese Thophile Emmanuel Duverger.

Proprio di fronte alla nostra casa cera un rifugio antiaereo.


Riuscivamo ad entrare per un pertugio e per mostrare il nostro
coraggio, facevamo delle esplorazioni.
Non era un bel posto, nulla dinteressante; per terra cerano solo
molte schifezze.
Attraversando il vicino bosco, in pochi minuti si raggiungeva la villa
dei Cuschini, una famiglia di grandi amici.
Era costituita, oltre che dai genitori, da due figli maschi e tre
femmine.
Per una di loro, Luciana, avevo una gran cotta.
Con i due fratelli ci avventuravamo nel fitto del bosco per
esplorazioni ma anche alla ricerca di ciliegie, maraschini e rusticani.
Pi di una volta fummo rincorsi dal contadino.

Seconda parte
9
Mi ricordo
Questi carissimi amici passavano le vacanze estive a Miramare, in
una villetta a fianco della pensione Emma, dove anche noi
trascorrevamo la villeggiatura.
Come racconto nella parte dedicata ai ricordi del mare, in quelle
meravigliose estati frequentavo assiduamente la Luciana, detta
Cicci , di cui, come detto, ero infatuato.
Una brutta vicenda mi accadde
quando, disobbedendo alle direttive
dei genitori, andai nella sala da
pranzo della domenica, quella
nella quale era vietato entrare.
(conteneva mobili e arredi di gran
valore).
Ebbi lincoscienza di andarci a
giocare con una palla che fin sopra a un mobile antico, autentico stile
bolognese, pesantissimo.
Era formato da una base con, sovrastante, una vetrina che conteneva
oggetti di grande pregio (economico, ma soprattutto affettivo).
Mi arrampicai per recuperare la palla, stavo per cadere, mi aggrappai
alla vetrinetta.
Con un rumore assordante la vetrinetta precipit a terra.
Un disastro: quasi nulla di quanto era contenuto nella vetrina si era
salvato. Pregiati servizi da t, caff e altri preziosi e fragili manufatti
andarono in frantumi.
Erano i regali di nozze dei miei genitori o oggetti ereditati.
Potevo rimanerci sotto! Forse intervenne langelo custode ad
aiutarmi: mi ritrovai, infatti, senza un graffio, disteso sulla poltrona di
pelle nera del babbo.
I familiari accorsi si controllarono che non mi fossi fatto male.
Accertato che ero sano e salvo, senza una scalfittura, il babbo
allontan tutti, tranne me ovviamente; chiuse la porta e mi diede una
bancata storica! Per i negozianti di via Saragozza la nostra
famiglia era un ottimo cliente.

Seconda parte
10
Mi ricordo
Gli acquisti si facevano annotare nellapposito taccuino (a quei tempi,
per molte famiglie, era una consuetudine).
Alla fine del mese il babbo faceva il giro dei negozi, non solo quelli
alimentari ma anche il cartolaio per i materiali scolastici di tutti, il
fornaio che ci dava la merenda da portate a scuola, il tabaccaio e cos
via. Era un vero salasso per il pap, poveretto.
La nostra casa era sempre aperta a tutti e frequentata da tanti cari
amici.
Natale! Magica atmosfera e ricordi di pranzi memorabili.
I regali non arrivavano per Natale ma, per antica consuetudine, li
portava la Befana.
Noi piccoli preparavamo una calza che trovavamo poi ripiena di
dolciumi, ma anche mandarini, frutta secca e, a volte, carbone se eri
stato cattivo. Ovviamente la Befana lasciava anche dei doni.
Un anno in regalo arriv un tavolo da ping pong che assicur, per
anni, uno straordinario svago.
Si svolgevano combattutissimi tornei singoli o doppi cui
partecipavano i numerosi amici.
La soddisfazione per tutti noi era poca perch vinceva sempre Piero.
Aveva imparato un colpo micidiale: un rovescio con leffetto, alla
cinese! Colpo imprendibile!
A Natale si costruiva il Presepio.
Ancora non cera, almeno in casa
nostra, la tradizione dellalbero.
Lo spazio non ci mancava, la voglia e
il piacere di farlo neppure, gli amici
che venivano a collaborare erano tanti,
si passavano ore liete.
Da sinistra Marco, Maria Teresa, Realizzammo tante belle opere; una in
Filippo e, in primo piano, un
particolare, molto grande, era tanto
amichetto.
ben riuscita che ci procur un ambito
.
riconoscimento: conseguimmo il primo premio nel concorso
organizzato dalla parrocchia di San Giuseppe.

Seconda parte
11
Mi ricordo
A Porta Saragozza cera il ricreatorio Salus

Il ricreatorio era gestito da un prete, Don Cleto.


Era provvisto di un campetto polveroso per giocare a calcio,
(7 contro 7), una sala con il biliardo, tavoli per giocare alle carte
(giochi permessi come la briscola o il tresettemai di soldi), una
piccola cappella, un cinema.
In quel posto vi passavamo giornate intere.

Laffluenza alla messa domenicale era molto scarsa.


Il parroco pens allora di rendere conveniente la partecipazione
alla funzione: avrebbe messo un timbro su un particolare cartoncino a
chi avesse assistito alla messa.
Il timbro dava diritto a uno sconto
per vedere il film della domenica
pomeriggio: bastavano 25 lire!
Nonostante la conveniente iniziativa
del parroco, alle prime messe non
cera un controllo efficace per sapere
chi avesse partecipato.
Quando il prete si girava verso
lassemblea, notava che il numero dei presenti diminuiva ogni volta.
Poco prima dell ite missa est, per guadagnarsi il timbro, tutti
rientravano.
Seconda parte
12
Mi ricordo
Don Cleto allora prese seri provvedimenti e fece montare un
catenaccio sulla porta che veniva chiuso allinizio della celebrazione.
In pi il pap del sacerdote, Sandro, detto Sandrino, si piazzava su
una seggiola davanti al portone, per impedire il passaggio.
Sandrino era un tipo curioso, piccoletto e curvato dagli anni e dalle
fatiche, cappellaccio sempre in testa, il mezzo toscano allangolo della
bocca. Bofonchiava continuamente invettive contro tutti. La cosa
curiosa era che lui, padre di un prete, era un bestemmiatore incallito.
Tutto il tempo lo trascorreva occupandosi dei palloni che
incessantemente ricuciva con perizia.
I palloni si rompevano spesso perch erano lanciati contro un muro,
malgrado fosse vietato.
Sandrino andava su tutte le furie e gridava come un ossesso correndo
dietro ai trasgressori agitando la zanetta (il bastone).
Per frequentare la Salus non era sufficiente lautorizzazione di Don
Cleto, bisognava subire un orribile rituale organizzato dagli
anziani.
Era la cerimonia delliniziazione con il battesimoa immersione
completa; nel senso che lo sventurato veniva completamente immerso
in una vasca che si trovava negli spogliatoi.
Destate poteva anche non procurare gravi conseguenze. ma
quando faceva freddo era un dramma. Noi fratelli Bronzi non
subimmo mai quel tremendo rito.

Eravamo benvoluti ma soprattutto i battezzatori erano interessati:


speravano sempre di essere presentati a quella stupenda ragazza al
nostro servizio, la mitica Angelina.

Alla Salus si giocavano sfiancanti partite di calcio.


Furono organizzati parecchi tornei tra bar.
Il nostro bar Margerita allest una potente squadra che fu chiamata
Botafogo (come la squadra brasiliana).
Grande tifo per loro.
Molte partite si svolgevano di sera, alla luce dei fari.

Seconda parte
13
Mi ricordo
Una volta, al cinema
parrocchiale della
SALUS, proiettarono un
film di fantascienza:
Ultimatum alla terra.
Con me e lamico
Claudio era venuta anche
mia sorella Maria Teresa.

Quando il Robot GORT scese


dallastronave, esclam: Klaatu barada
nikto ed io, a distanza di almeno 55 anni
quella stramaledetta, assurda, insensata,
agghiacciante frase la ricordo ancora!
Klaatu barada nikto: originates from the Cold War-era science fiction
film The Day the Earth Stood Still (1951).

La famosa frase di unipotetica lingua aliena entrata


nell'immaginario collettivo.

La mia paghetta settimanale era di 100 lire!


Cinque o dieci lire se ne andavano per i burdigoni e brustolini poi,
con 25 lire (se eri andato alla messa) ti gustavi un bel film
(rigorosamente cartoni o Western depurati comunque di ogni
immagine anche velatamente scabrosa).
Dopo la proiezione cera labituale appuntamento, alla baracchina
della Rosanna .
Due gelati da 10 lire sovrapposti e leccati con rotazioni accurate.
Oppure, altra scuola di pensiero, un gelato da 20 lire costituito da 2
cialde (a biscotto) realizzato con apposita macchinetta.

Seconda parte
14
Mi ricordo
Della paghetta rimaneva abbastanza per qualche ghiottoneria durante
la settimana, in particolare le stringhe di liquirizia detta
sucamiclezia.
La Paghetta si riscuoteva il sabato, dal babbo, a sua discrezione, in
rapporto allet. Cera tutto un rituale: noi fratelli, disposti in fila
indiana, in ordine det, ci avvicinavamo alla sua poltrona per ritirare
la somma che ci competeva.
Claudio in quel periodo aveva una cottarella per la Teresa e le inviava
bigliettini firmandosi penne nera.
Come ho raccontato
nella parte dei miei
ricordi riguardanti la
scuola elementare, con
Claudio diventammo
amici e percorremmo
insieme un bel tratto
di vita.
Ricordo le estenuanti
lotte ai Tre Pini, lui
pi forte, io pi
rapido, che
terminavano con esiti,
di solito, alla pari.
Una volta il Professore
di ginnastica della
scuola media, il mitico
Luminasi, mi segnal
per sostenere una
prova nei pulcini
del Bologna football club.
Come avversario, mi trovai proprio Claudio, ormai una promessa
della societ che mi Stianc letteralmente; ammazza se correva!

Seconda parte
15
Mi ricordo
Ricordo con nostalgia i bei momenti trascorsi a fare musica, una
comune, grande passione. Claudio suonava la fisarmonica, io
strimpellavo il piano.
Componemmo una musichetta che ricordo ancora benissimo.
Scrivemmo anche il testo:
Dolce visino del mio cuor che con teneri sorrisi damor, mi fai tremare il cuore,
mi fai morir damore, tutto tu sei per meeeeeee.
Quando per capitava che suonassi da solo, cambiavo le parole:
Ti voglio bene Gianna.il mio cuor ti appartiene, tutto tu sei per meeeeee!
Gianna era lamore del momento, amore platonico perch lei non
sapeva neppure che esistessi tanto era presa dal suo muscoloso
ragazzo.
Gianna andava regolarmente in piscina, era unatleta.
Io mi accontentavo di guardarla, era molto bella.
Frequentavo spesso la piscina con lamico Massimo, eccellente
ranista, terzo ai campionati Italiani.

Tra i tanti autori che Claudio ed io,


ammiravamo, cera EDDIE CALVERT e
la sua tromba doro.

Bellissimo CILIEGI ROSA, ma noi amavamo particolarmente un


brano meno conosciuto: Roses of Picardy, le Rose di Picardia.

Seconda parte
16
Mi ricordo

Seconda parte
17
Mi ricordo

Seconda parte
18
Mi ricordo

Mi ricordo (poco)Via Arienti

Dalla bellissima casa di Via Risorgimento dovemmo separarci.


Andammo ad abitare in Via Arienti che si trova vicina a piazza dei
Tribunali e quindi a Via d Mattuiani. Ci ritrovammo cos negli stessi
luoghi in cui avevamo vissuto anni prima.
A quella casa non mi legano particolari ricordi.
Il solo vantaggio era di essere vicini sia ai giardini Margherita sia alla
gelateria da PINO.
A quei tempi gelato era sinonimo di estate.
Ma il gelato dinverno non lo avevo mai gustato.

La gelateria da Pino era invece aperta tutto lanno; non solo gelati
squisiti ma anche paste, cioccolato buonissimo ecc.
Fuori dalla porta cera spesso la fila.

Seconda parte
19
Mi ricordo
A Bologna, PINO era un nome che significava molto, legato a chiss
quante domeniche ai giardini, ai dopocena estivi, o alle uscite dalla
scuola.
Negli anni Sessanta Pino diventa unistituzione, ritrovo anche per gli
artisti, gli uomini di cultura e tutta la citt che conta.
Lo frequentavano soprattutto i ragazzi della Bologna bene, quelli che
oggi definiremmo vip. Noi li chiamavamo fighetti, ragazzi che
ostentavano tutto quello che possedevano, vestivano solo firmato e
ritenevano che, per conquistare le ragazze, fossero sufficienti
labbigliamento e i quattrini. Alcuni di questi li ho conosciuti
rimanendole deluso: tutta apparenza e poca sostanza.

In pi li ho trovati superficiali, vuoti.

Vagavano tra Pino e Zanarini, locali in di Bologna.

Da una ricerca fatta risulta che il nome Pino fu scelto perch su una
parete del primo negozio di via Castiglione, nel 1937, un pittore
sconosciuto aveva dipinto un monte innevato, un cervo e un pino,
diventato poi simbolo della gelateria.
Oggi, nei locali di Pino,
si trova la Sorbetteria
Castiglione che
tramanda la tradizione
del buon gelato
artigianale tanto che ha
contribuito ad
assegnare a Bologna
lappellativo di
Capitale del Gelato.
Gli attuali proprietari, dal 1994, sono Marina e Angelo.
Impararono il mestiere lavorando, per quasi 10 anni, per la famiglia
Negrini, i primi proprietari della mitica gelateria Pino.

Seconda parte
20
Mi ricordo

Mi ricordo.la casa in via Guidotti

In seguito il babbo acquist due splendide ville in via Guidotti, zona


Saragozza, il tanto adorato quartiere in cui avevamo vissuto quando
abitavamo in via Risorgimento.
Un felice ritorno in quei luoghi tanto amati.
Potemmo cos tornare a frequentare il ricreatorio Salus, i giardini di
porta Saragozza, la gelateria di Oliviero, il bar Margherita.

Una delle due ville era affittata a un convento di suore, nellaltra il


babbo fece predisporre, per noi, un grande appartamento.
Era tanto grande che utilizzavamo due sale da pranzo, quella
di tutti i giorni e quella della domenica.
La sala della domenica, essendo arredata con mobili pregiati e
suppellettili di valore, per noi, cos irrequieti, era assolutamente
vietata.
Il babbo riserv per s, al piano terra, un ufficio.

Seconda parte
21
Mi ricordo
Cera un ampio giardino con fiori e piante, perfino uno splendido
banano.
Lo scantinato era particolare, i locali, infatti, erano riscaldati e forniti
dei servizi igienici.
La villa era appartenuta alla famiglia DUCATI che, ci risultava,
facesse svolgere, in quegli ambienti, alcuni lavori particolari che
richiedevano locali accoglienti.
Il babbo ci lasci utilizzare quegli spazi a nostro piacimento.
Nacque cos:

LA CANTINETTA.
(Vedi terza parte)

Entrate!

Seconda parte
22
Mi ricordo
Mi ricordo..la casa di campagna

Lamatissima casa di campagna


Questa parte stata quasi integralmente
tratta dal libro scritto con Gian Carlo:
La storia della famiglia BRONZI
RUSCONI.
Per dare completezza a questo libro di
ricordi ripresento questo capitolo.
La casa di campagna, lamatissima casa
di campagna, si trova in una piccola
frazione denominata la Prazzina posta a
un chilometro dopo Miravalle, paesino
poco lontano da San Martino in Argine.

La pi grande cittadina dei dintorni, Molinella, sincontra a circa


sette chilometri di distanza.

Seconda parte
23
Mi ricordo
Era una casa molto grande, anche se molti ambienti erano stati
frazionati e predisposti per accogliere tre famiglie che si erano
rifugiate presso di noi, a causa della guerra, e che vi rimasero anche
in seguito.
Intorno vi erano grandi spazi, moltissimi alberi da frutto, i pi
diversi.
Luogo da noi tanto amato perch vi trascorrevamo le vacanze estive,
a quei tempi duravano quattro mesi, e al quale ci legano ricordi
bellissimi.
Era una delle case di campagna del nonno Rusconi ed era prossima ai
poderi che il babbo eredit.
Durante la guerra un comando tedesco laveva occupata lasciando
ben poco spazio a quei familiari che, con frequenza, lasciavano la citt
per spostarsi in campagna (la nonna, babbo e mamma e i figli che
man mano nascevano).
Gian Carlo in particolare ha molti ricordi (nel 43 aveva 10 anni),
quelli di seguito riferiti sono alcuni dei suoi racconti .
A circa 30 metri dalla casa era stato realizzato un rifugio sotterraneo,
e a ogni attacco aereo tutti sotto, tedeschi e famiglia.
A ridosso della casa era dislocata una postazione antiaerea; le visite
degli alleati erano quindi frequenti.
Nella grande loggia i tedeschi facevano spesso delle feste, erano
eleganti nelle loro divise e i bimbi, non visti, sbirciavano curiosi.
Gian Carlo si ricorda benissimo di uno di loro, Friz, che lo prendeva
spesso in braccio, in Germania aveva un bambino della stessa et che
lo attendeva a casa.
Orribile guerra!
Verso febbraio/marzo 1945 i tedeschi si prepararono ad andarsene e
requisirono tutto il possibile, sia nella casa sia nei poderi.
Ben nascosta, cos almeno credeva il babbo, cera, fin da prima
dellarrivo dei soldati, la sua auto, una Lancia nera.
Ci fu una soffiata di qualcuno (noi sapevamo chi era stato!!) e anche
la nostra bella e preziosissima macchina se ne and con i soldati.

Seconda parte
24
Mi ricordo
A guerra finita e negli anni successivi le spedizioni organizzate dal
fratello maggiore continuavano, con pi aiutanti, Andrea e Marco
completarono la squadra di ricerche.
Si raccoglievano soprattutto bossoli e poi elmetti che diventarono
recipienti per contenere lacqua o il becchime per i polli, i contenitori
delle munizioni da mitragliera, erano ottimi raccoglitori utili a
portare qualunque oggetto.
Nel caso si fosse trovato qualcosa che Gian Carlo giudicava
pericoloso si lasciava sul posto per poi segnalarlo ai carabinieri di San
Martino in Argine..comunque c da rabbrividire al solo ricordo
dei pericoli cui siamo sfuggiti.
Nella casa, sui muri, erano rimaste delle scritte e delle mappe
tracciate col carboncino.
Il babbo doveva necessariamente, negli anni delloccupazione
tedesca, andare avanti e indietro da Bologna alla Prazzina e a
Molinella per curarsi dei familiari e per seguire i suoi interessi.
Per consentirlo gli erano stati rilasciati dei lasciapassare da mostrare
ai vari controlli, quando doveva raggiungere quei luoghi, ovviamente
in bicicletta, con, a volte, un passeggero sul cannone.

Seconda parte
25
Mi ricordo

In quel tempo ci
si spostava col
calesse, trainato
dalla cavallina
Nella.

Lestate (siamo alla fine degli anni cinquanta) trascorreva felice.

Per noi la campagna era il Paradiso in terra.


Sugli alberi da frutto ci si arrampicava per costruire le capanne e
gustare frutti squisiti.
Le spedizioni nei campi erano finalizzate a
cacciare lucertole con il tirino (fionda) che
noi costruivamo con grande abilit usando un
ramo a forcella, elastici ricavati dalle gomme
di bicicletta non pi rappezzabili e un pezzo
de cuoio.
Ma se le finanze lo permettevano, si
acquistavano gli elastici speciali, i quadriletti .
Il " tirino, serviva per cacciare (lucertole, passerini), per tirare sassi,
biglie di vetro, di plastica, o, ed era il massimo, dacciaio.

Si gareggiava per colpire bussolotti o altri oggetti.


Come proiettili utilizzavamo anche le castagnole che, lanciate contro
le pareti, esplodevano con grande fragore.

Seconda parte
26
Mi ricordo
Le castagnole servivano anche per fermare i primi grossi camion a
pi ruote che gi apparivano sulle strade.

Si confezionava un sacchetto ben legato con molte castagnole*, si


metteva sulla strada lungo la traiettoria dei camion, ci si acquattava e
si aspettava con pazienza.
Questo lavoro andava fatto di sera!
Il camionista, sentendo il botto, si fermava e scendeva bofonchiando e
con la pila cercava, tra le tante ruote, quella il cui copertone poteva
essersi rotto.
Questoperazione durava parecchio tempo, assicurando il nostro
divertimento.
*Castagnola=Cartoccio di polvere contenente carbone +zolfo +
salnitro che si faceva esplodere pestandolo con violenza o
scagliandolo contro una parete.
In pratica dei petardi.

Labbigliamento (mutandine e canottiera) era comodo e dava il senso


della completa libert.

Eravamo monelli e di guai ne combinammo parecchi.


Tra i tanti la battaglia delle mele merita di essere raccontata.
I fratelli grandi invitarono gli amici, si form cos un abbondante
gruppo.
Nel meleto vi erano a terra alcuni frutti caduti naturalmente.
Si sa come vanno le cose, si tira una mela, cos per gioco, laltro lo
stesso.la cosa degener ed essendo scarse le munizioni i ragazzi
cominciarono ad attingere alle piante strappando le mele!
Un disastrocome fosse passata una tempesta, non una mela rimase
attaccata.
Frustate nelle gambe da parte della nonna e provvedimenti restrittivi
pesantissimi da parte del babbo.
La sera, prima di cena, la nonna, con lo spinello (tubo dellacqua
usato per irrigare) ci faceva una bella doccia collettiva.

Seconda parte
27
Mi ricordo
Le partite a ping pong, in mancanza del tavolo rimasto in citt, erano
giocate sullenorme tavolo da pranzo nella grande loggia.

La sera la casa si riempiva dospiti passati


per caso a salutarci ma che, da quella via,
sarebbero rimasti a guardare la
televisioneuna delle prime, una rarit.

Quei cibi squisiti della mia infanzia!!


Avevamo un grande orto; quei prodotti
avevano profumi e sapori che sono entrati
nella mia memoria in modo indelebile.
Ma dove si trovano oggi quei sapori e quei
profumi!

Pane fatto in casa, crescentine (squisite il giorno dopo nel caffelatte


magari cosparse con la panna affiorata del latte dopo la bollitura!),
friggione e tante altre bont.

Erano gustose le merende fatte con una semplice fetta di pane.


Si poteva aggiungere un po di burro e zucchero oppure olio e sale o
ancora pomodoro maturo sfregato sopra o aglio o cipolla, a gusto!

La conservazione delle uova

A quei tempi le uova erano conservate in ottimo stato per vari mesi
(anche 6 /8) in una soluzione di acqua e calce.
Si aggiungeva sale grosso per evitare il sapore della calce.
Le uova dovevano essere fresche, e il guscio privo di difetti.

Seconda parte
28
Mi ricordo
Per utilizzare le uova si doveva rompere la pellicola che la calce
aveva formato ed estrarre le uova con un cucchiaio; guai a utilizzare
le mani (la soda caustica).

Il camino era spesso acceso per fare la brace che era utilizzata per la
cottura di molti cibi.
Noi bambini gettavamo nella brace i semi di granturco che saltavano
in aria e si afferravano al volo erano in sostanza i pop corn !

Altro goloso passatempo era di caramellare lo zucchero, aggiungere


qualche nocciola poi versare il composto sul piano di marmo del
tavolo da cucina, ben oliato, spianare col coltello anchesso oliatoed
ecco un gustoso croccante!

Dalle grandi zucche, palpando felici nella polpa, si estraevano i semi


che si esponevano al sole a seccare (per pulirli ben bene) poi
venivano lessati e quindi messi nel forno della cucina economica, per
ultimo si salavano.
Diventavano ottimi brustolini.

Nelle grandi occasioni,


come la raccolta dei
prodotti, la trebbiatura o
la macellazione del
maiale, eravamo in prima
fila per aiutare i
contadini ma soprattutto
per condividere la gioia
di tutti in quei momenti
cos importanti per la vita dei coltivatori.
Giocavamo a nascondino nei campi entrando nelle coltivazioni
altissime di canapa o di frumentone.
La nostra meta preferita per le esplorazioni era il ghiandino, una
bellissima quercia in mezzo ai campi.

Seconda parte
29
Mi ricordo
Con le ghiande, modellate e svuotate col coltellino, si facevano delle
pipe.
Un foro, una cannuccia di paglia per il cannello, il tabacco di qualche
cicca arraffata e si fumava.

Si pescava nei maceri o nei


canali delle vicine risaie .
Nei canali spesso si andava a
manazza, tecnica che
consisteva nel cercare di
prendere il pesce con le mani.
Quando si pescava con la
canna, si usava un semplice
ramo con spago, tappo di sughero e un pallino da cartuccia,
schiacciato.
Lamo era un filo di ferro piegato ad arte.
I lumbrigh (vermi) si trovavano facilmente nella grassa terra vicino
allaldamera, (letamaio).
E poi si andava a ranocchi usando canne in cui, al posto dellamo, si
metteva il cotone idrofilo: la rana stringeva quello che riteneva un
boccone e noi, zac, la tiravamo su.
Se la battuta si svolgeva di sera, si faceva luce con le lampade al
carburo.
Quando la canapa era
raccolta e immersa nei
masadur, (maceri),
il processo di
macerazione faceva
venire a galla enormi
quantit di pesci che si
agguantavano con sacchi
di grossa tela iuta.

Seconda parte
30
Mi ricordo

Si prendeva il pesce gatto, la gobba (carpa), la tinca e la gustosa,


anche se molto ricca di lische, rosetta (persico sole).

Tanti pesci si mangiavano i primi giorni e tanti altri venivano


" trattati" per essere poi conservati con laceto.
La marinatura, infatti, garantiva la conservazione di quei pesci
squisiti.

Dal buco della pareteGrande organizzatore Gian Carlo, il


fratellone maggiore, con anche il senso degli affari.
Sentite questa.
Realizz, nella sottile parete (un semplice pietrinfoglio) della stanza
da letto destinata alla donna di servizio, dei fori che teneva coperti
alla vista da tappi fatti col sapone. Pagando un tanto si poteva, dal
corridoio, guardare la donna di servizio che si preparava per andare a
dormire.
Quando la sera ammiravo lo spettacolo sbirciando attraverso il buco,
avevo come limpressione che linteressata lo sapesse, infatti si
spogliava lentamente, in modo elegante e, sul pi bello, spegneva la
luce.
Che non fosse daccordo con Gian Carlo?

Seconda parte
31
Mi ricordo
Razzia di meloni e cocomeri .Le spedizioni erano solitamente
notturne.
Andavamo a prendere i meloni o i cocomeri nei campi degli ignari
agricoltori vicini.
Il bottino era messo al frescocio calato nel pozzo dentro la
secchia.
In seguito le angurie o i meloni venivano con grande abilit
recuperati con il medesimo secchio.
Si mangiavano a ganascia, possibilmente con del pane.
I semini , schiacciati tra il pollice e lindice, si schizzavano sul
volto dellamico che avevi di fronte.

Mascalzonate Tutta colpa della carabina ad aria compressa.


Esauriti, infatti, i tradizionali
bersagli come i passerini , i
bussolotti, le monetine ecc, ci
dedicammo a competizioni di maggiore soddisfazione come colpire il
quadro con leffigie di qualche antenato per centrare esattamente
locchio o il naso.
Poi, per verificare la potenza dellarma, colpivamo i libri della
biblioteca di famiglia per vedere a quale pagina il proiettile arrivava.
Oppure colpire i frutti, quelli attaccati al ramo, naturalmente.

Ma le carabine procurarono danni che potevano essere tragedie: una


volta mio fratello Piero nel chiudere la carabina mi colp col mirino
della canna il sopracciglio che fece molto sanguela versione per la
mamma era che si trattava di una caduta.
Unaltra volta feci lerrore di passare davanti a Piero mentre chiudeva
larma. Inaspettatamente part un colpo e un piombino mi colp al
petto.
Fortunatamente fu fermato dallultima costola.

Seconda parte
32
Mi ricordo
Nella concitazione per non trovammo il pallino e da allora, a ogni
fitta, (Dolore acuto, improvviso in una qualunque parte del corpo) la mia
fantasia immaginava che potesse essere il proiettile che girava nel
corpo e la cosa mi spaventava parecchio.

Affinch non raccontassi nulla ai genitori, Piero mi faceva guidare la


sua moto.
A me non bastavano quei corti giretti che mi faceva fare per
assicurarsi il mio silenzio.

In piena notte prendevo il motorino, lo spingevo un bel po lontano,


lo mettevo in moto per fare qualche evoluzione, spegnevo il motore
lontano da casa e ritornavo per riporre la moto.
Avevo dieci o undici anni......precoce e folle anchio!

Piero guidava come un folle.qualcuno di Lass lo assisteva! Tra le


moto che ha avuto, ricordo lIdroflex* e poi il mitico Benelli.

*IDROFLEX 1949-54. Produsse a Milano due tempi da 105 e 125 cc


con cilindro orizzontale. Il motore era solidale con la sospensione
posteriore.

Lo stesso inverno provai delle fitte continue al cuore.


Mi spaventai parecchio e raccontai tutto alla mamma.
Mi tranquillizz: il pallino non centrava nulla!!!!
Avevo tradito la fiducia di Piero ma la paura era stata troppo grande.

Seconda parte
33
Mi ricordo
La scatola dei bottoni
Un tempo, prima di eliminare un capo di vestiario, si staccavano i
bottoni perch potevano sempre venir buoni .

I bottoni, di ogni colore, forma e dimensione,


erano riposti in una scatola di latta.
Bottoni dogni tipo si accumulavano negli
anni.

Quando la nonna desiderava un poco di pace, per tenerci tranquilli, ci


dava la scatola dei bottoni e affini che per noi era come un forziere
dei tesori che ci faceva fantasticare.
Davamo libero sfogo allimmaginazione: a quale abito era
appartenuto? Quale personaggio lo aveva indossato...... e cos via .

I barocci che portavano le barbabietole allo zuccherificio di


Molinella passavano
lenti davanti a casa.
Si sentivano arrivare
perch al collo del
cavallo cera un
campanaccio.
Il birocciaio*
solitamente dormiva al
riparo di un grande
ombrellone colorato infilato tra le bietoletanto il cavallo conosceva
la strada.
Al collo portava un caratteristico fazzoletto multicolore.
Noi salivamo, non visti, da dietro, per agguantare alcune bietolei
nostri trofei.
Gli stessi birocci ritornavano dagli zuccherifici carichi di polpa, la
fettuccia* che noi chiamavamo patona.

Seconda parte
34
Mi ricordo
La polpa era impregnata dacqua che colava sullasfalto caldo
lasciando una scia che, evaporando, diffondeva un caratteristico
odore.
* (Le barbabietole sono tagliate in strisce, le fettucce, da cui si estrae
lo zucchero).
Le polpe erano essiccate e usate come mangimi per bovini.

Il biroccio o baroccio (in dialetto broza ) era un carro adibito al


trasporto di ogni tipo di materiale.

Era un mezzo di trasporto che poteva andare su strada e per questo


era soggetto al pagamento del bollo (sic).

*Uno dei tanti mestieri scomparsi ormai da molti decenni quello del
birocciaio (o carrettiere), un lavoro duro, comera dura la vita per molti
lavoratori a quei tempi.
Quella del birocciaio era vita di disagi, di caldi, di freddi , di nottate insonni: ad
ogni stagione si levava ad ore impossibili per caricare il trasporto , per preparare
lattacco delle bestie ,e poi via per il viaggio sulle strade bianche che spesso
durava molte ore da farsi col sole o con la pioggia, con la nebbia e col gelo.
Quando invece il birocciaio faceva trasporti regolari seguendo giorno dopo
giorno lo stesso itinerario e le stesse soste, i cavalli, i muli e i somari del traino
conoscevano anchessi la strada e si fermavano da soli anche senza bisogno di
ordini e questo valeva soprattutto per le fermate alle osterie, tappa obbligata per
un bicchiere di vino.
Di notte, soprattutto, salvo casi eccezionali di qualche viandante o di un medico
condotto chiamato durgenza, le strade erano soltanto dei birocciai.
Procedevano nel buio accompagnati solamente dal chiarore del lume a petrolio
che oscillava legato sotto il carro e cercavano di tenersi svegli fischiando
melodie e motivetti conosciuti e inventati e schioccando la frusta ogni tanto.
Il mestiere di birocciaio o carrettiere era tra i pi disagevoli e pesanti: esposti al
caldo estivo e alle intemperie autunnali e invernali.

Tratto da http://lacampagnappenaieri.blogspot.it/2010/08/i-birocciai-padroni-delle-strade.html

Seconda parte
35
Mi ricordo
Nelle calde giornate andavamo nella piscina comunale di Molinella
che raggiungevamo facilmente, solo sette km. in bicicletta.
Imparai a fare dei tuffi, ci divertivamo molto.

Quel temerario sono io

La piscina comunale di Molinella inaugurata,


insieme allo stadio, nel 1933

Con la cenere si preparava la lisciva (o liscivia) per fare dei gran


bucati e le candide lenzuola erano stese tuttattorno alla casa.
A noi servivano per giocare a nascondino.

Da http://lavitadellalavandaia.splinder.com/

I panni si mettevano nel


bucatale (da cui il nome
bucato), un grande
recipiente di coccio o di
legno con una bocchetta
nella parte inferiore che si teneva chiuso e si
stappava solo alla fine del bucato.

Nel bucatale i panni venivano sovrapposti, sotto i pi sporchi e sopra quelli


meno fino alle lenzuola e alle camicie.

Seconda parte
36
Mi ricordo
Sopra i panni si sistemava un telone di canapa o di lino detto cenerone e sopra
questo la cenere.
In un recipiente di rame si scaldava dellacqua che si versava sul cenerone e si
aspettava che riempisse il bucatale. Da notare che lacqua per queste operazioni
era di solito piovana.
I panni restavano nel bucatale una notte intera.
Il mattino si stappava la bocchetta da cui usciva la lisciva (la cenere scaldata
con lacqua) che molto spesso era recuperata per lavare i panni di colore.
Per lavare gli indumenti neri si usava il fiele di bue diluito in acqua tiepida e
siccome lasciava spesso un odore sgradevole, si preparava un infuso di foglie
dedera cos il nero riprendeva anche la sua lucentezza.
Il lavaggio era completato con il risciacquo fatto nelle fontane, nelle torri, nei
torrenti, nei fiumi.

La bottega della Marcellina e Gigetto

La Prazzina era una piccola


frazione di poche case ma una
bottega cera.
In poco spazio la proprietaria, una
donna minuta che si chiamava
Marcellina, riusciva
prodigiosamente a custodire di
tutto.
Appendeva la merce a chiodi
inseriti nelle travi di legno del
soffitto cos che avevamo il naso
sempre in aria.
Indumenti da lavoro, matite,
quaderni, bottoni, elastici, lana e
cotone per lavorare a maglia,

Seconda parte
37
Mi ricordo
candele, carbone, attrezzi vari, qualche frutto e ortaggio di stagione, il
venerd il baccal, le merendine di marmellata cotogna , le castagnole,
il cioccolato bicolore che si tagliava a fette..e tanto altro.
E se un articolo non laveva, te la procurava.

Altrimenti si andava a Miravalle, un chilometro distante che si


percorreva a piedi. L vendevano lo strutto, il salame, il pane e le
sigarette nazionali che ti davano sciolte, inserite in unidonea bustina.
Cere anche il barbiere a Miravalle, losteria, il meccanico delle
biciclette e la pesa pubblica ove i barrocci registravano il peso del
carico, come facevano i camion, ancora rarissimi.
Per altre necessit si andava a San Martino in Argine, qualche
chilometro pi avanti.
Nel negozietto della Prazzina spesso spuntava, per darle una mano, il
figlio della Marcellina, un omone grande che si chiamava Gigi,
soprannominato Gigetto: Era rimasto celibe e sottomesso alla madre.
Gigetto era fabbro ma il lavoro era scarso.
Erano finiti i bei tempi andati, quando il lavoro non mancava e,
a suo dire, si stava meglio.
Gigetto de Paoli era un valente fabbro ferraio e il lavoro che
maggiormente, gli era richiesto, era la ferratura dei cavalli.
Questo genere di attivit per ormai scarseggiava.
Spesso ci raccontava, con grande nostalgia, dei tempi in cui di lavoro
ce nera tanto, guadagnava bene, era indipendente e riscuoteva elogi
e soddisfazioni.
Il suo miglior cliente era stato nostro nonno Rusconi, che di cavalli ne
aveva tanti.
Ormai quei tempi erano finiti e si era dovuto adattare a fare
laiutante di bottega.
Una volta, diceva con orgoglio, io ero il maniscalco del Marchese
Giacomo Filippo Rusconi, tutti mi rispettavano e mi chiamavano
Signor De Paoli Gigi.

Seconda parte
38
Mi ricordo
Ricordi della nonna Margherita Dora Bronzi

Era nata a Bologna nel 1879.


Nei primi anni del 900 era dama di compagnia
in casa Rusconi.
Ebbe una relazione con Giacomo Filippo dalla
quale nacquero Carlo (1905) e Catterina (1908).
Tutta la vicenda raccontata nel libro:
Storia della famiglia Bronzi Rusconi.

Vestiva sempre di scuro, il fazzoletto in testa.


Nonna premurosa e severa nello stesso tempo, se sgarravi, eri
sferzato nelle gambe con rami di Vinchio = vimini o vincastri ,
una specie di salice, flessibili e dolorosi che la nonna, per comodit,
teneva in ogni " cantone".
Ci ha insegnato, come nostro padre, lonest, il rispetto per il
prossimo e per il denaro. Era molto economa, nulla si buttava.
Ci voleva con lei a spigolare, conservava, ricordo, i fiammiferi di
legno gi usati. Nei mesi pi freddi viveva con noi in citt.
Amava la campagna e la sua adorata casa della Prazzina.
Teneva dietro alle galline del pollaio con dedizione.
In giro vedevo utilizzati residuati bellici; negli elmetti la nonna
poneva il mangime .In quello che era stato un contenitore del nastro
di mitragliatrice o della maschera anti gas, conservava il becchime.

Seconda parte
39
Mi ricordo
In punto di morte si preoccup della sorte delle sue galline:
Chi si occuper di loro?.
Ricordo che la nonna, quando mangiava il riso in brodo, quasi al
termine, quando vi fossero rimasti solo 2 o 3 cucchiaiate, allungava il
brodo con del vino e diceva : il riso nasce dallacqua e muore nel vino.
Uninterpretazione trovata sul web riferisce:

Risale alla notte dei tempi la consuetudine dei risicoltori della piana vercellese
di acquistare il vino delle colline del vicino Monferrato e pagarlo in riso, ma
forse non tutti sanno che l'unit di misura utilizzata era la stessa, la damigiana.
Da qui il detto: Il riso nasce dall'acqua e muore nel vino.

Era una brava cuoca soprattutto era abile nel preparare piatti
semplici.mmm che bont il suo friggione, le crescentine, le
tagliatelle, gli arrosti.
Era una donna molto osservante.
Si svegliava tutte le mattine allalba e a piedi, raggiungeva la chiesa
di San Martino in Argine, distante circa 2 chilometri, per assistere
alla prima Messa.

La chiesa di San Martino in Argine

Seconda parte
40
Mi ricordo
I poveri che bussavano alla porta ricevevano sempre un piccolo
aiuto.

Spesso, a questi poverelli, la nonna


chiedeva se conoscessero lAve Maria.
Se la risposta era affermativa, li
invitava a inginocchiarsi con lei per
recitare, insieme, la preghiera.

Negli ultimi anni della sua vita assumeva, per il cuore, un tremendo
intruglio, uninfusione daglio.

Laglio in grado di normalizzare landamento del battito cardiaco e di rendere


il sangue pi fluido. Inoltre aiuta a ridurre il livello di colesterolo nel sangue e
agisce per la prevenzione dellaterosclerosi.

Purtroppo il suo cuore era troppo malandato.

Mor allospedale di Molinella il 9 maggio 1954.

Seconda parte
41
Mi ricordo

Sono rappresentati: Gian Carlo, Piero e Paolo.

La casa della Prazzina oggi.

Seconda parte
42
Terza parte

Le donne di servizio, ricordi di caccia, ricordi del mare,

il servizio militare, insegnante per caso.

Poesie ingenue dedicate ai miei figli.

Le ricette della nonna Anna e la magia del Natale in casa Bronzi.


Mi ricordo
Ricordi diversi..la cantinetta

La cantinetta di via Guidotti (come ho accennato nella seconda parte)


era un ambiente gradevole, non solo per i bellissimi e originali
disegni sulle pareti, o per comera arredato, ma principalmente
perch era diventato un luogo di ritrovo.
Un posticino splendido in cui incontrarsi per ascoltare musica,
conversare, fantasticare.
La domenica e quando possibile, si organizzavano piacevoli
festicciole.
Le pareti furono dipinte da ragazzi e ragazze molto abili, alcuni di
loro provenivano dalla scuola darte.
Molti amici avrebbero fatto carte false pur di avere uno spazio nella
parete da utilizzare per raffigurare le loro opere.
La cantinetta fu arredata con comode panche, cuscini, un divano.
Allestimmo un angolo bar, le luci erano sapientemente collocate e
potevano essere regolate a piacimento.

Terza parte 1
Mi ricordo

La presenza di un
pianoforte e una batteria
valorizzavano
notevolmente il locale.
La batteria era stata
noleggiata, a tempo indeterminato, da
Borsari e Sarti.

A me piaceva molto strimpellare il piano, avevo abbastanza


orecchio. Quando veniva Giuseppe Bigi, un vero professionista,
(suonava al club "Le True", tradotto: Il buco), lo ascoltavo con una
certa emozione e un poco lo invidiavo. Compose espressamente una
sigla musicale, dedicato alla cantina di Bronzi, che tradusse in The
cellar of Bronzi.
Minsegn alcuni accordi, suonavamo a quattro mani, insomma
passavamo momenti piacevoli dedicandoci alla nostra grande
passione.
Giuseppe aveva tre sorelle, molto belle, anchesse appassionate di
musica e quindi spesso lo accompagnavano.
Erano presenze deliziose e fiorirono numerosi innamoramenti.

Terza parte 2
Mi ricordo
Un manufatto originale cui mi affezionai
moltissimo quello che definimmo lopera
astratta.
Lopera astratta nacque dallesigenza di
coprire un antiestetico tubo con un foglio di
legno compensato che poi, via via, fu
arricchito da pezzi di metallo di ogni foggia
(ma disposti ad arte) fino a far nascere la
composizione a fianco rappresentata.
Quando cambiammo casa, la smontai e me
la portai sempre dietro come caro ricordo
della cantinetta.
Ancora adesso la conservo.
La domenica e quando possibile si
organizzavano delle feste.
La pianificazione era perfetta. Ciascuno di
noi simpegnava per la buona riuscita
dellevento: cera lincaricato
allavvicendamento dei dischi che andavano
cambiati di genere secondo latmosfera che
si doveva creare; altri si occupavano di regolare le luci che, al
momento giusto, erano abbassate, altri ancora offrivano il bere;
spesso, quando volevamo rendere la festa speciale, andavamo ad
acquistare, in un negozio del centro: sandwich, paste, salatini.
Il denaro lo mettevamo noi, gli amici pi stretti, dividendoci le spese.
Limportante era che la gente si divertisse e parlasse bene delle feste
nella cantinetta. Era fondamentale che ci fossero tante ragazze. Alcuni
di noi, durante la settimana, sinteressavano a questa necessit
decantando le meraviglie del posto e ricorrendo a lusinghe varie.
Gli amici pi convincenti con le ragazze erano sicuramente Alfredo,
Claudio e Alfonso.
Alfredo era celebre per la sua parlantina, Claudio, detto il bello, per il
suo fascino, Alfonso per la sua simpatia.

Terza parte 3
Mi ricordo
Durante la settimana, facevano vasche su vasche sotto il Pavaglione
per abbordare ragazze e blandirle con argomenti convincenti affinch
venissero alle feste.
Claudio il bello piaceva tanto alle ragazze che non aveva bisogno di
agganciare nessuna, andavano loro da lui.
Alfredo era famoso per la sua parlantina e i suoi ragionamenti
statistici.
Diceva, infatti, che se avesse agganciato un buon numero di ragazze e
se anche solo la loro met si fosse fermata ad ascoltarlo, sicuramente,
di queste, la met si sarebbe interessata a quanto raccontava...e
vuoi mai che tra quelle rimaste non ce ne sarebbero state una o due
disposte ad accettare linvito alla festa?
Un altro caro amico che conduceva parecchie ragazze
era Alfonso, per merito, soprattutto, della sua grande
carica di simpatia.
Era sempre elegante con quel suo originale
strichetto (farfallino cravattino - papillon) che
indossava.
Alfonsino era un gran conversatore ed anche un
barzellettiere straordinario. Divertiva il gruppo e
non si poteva fare a meno di lui.
Era un tipo eclettico, dai mille interessi.
Manifestava uno spirito indipendente e frequentava
altre compagnieinsomma molto gettonato.
Ricordo che, tra le tante passioni aveva quella per la recitazione:
partecipava a rappresentazioni in una compagnia teatrale.
Anche lui allest una cantinetta per fare delle festicciole.

Alle feste era importante che tutte le ragazze si divertissero e si


doveva evitare che alcune di loro facessero tappezzeria (= rimanere
sedute per mancanza dinviti a ballare), quindi cera la regola che
ogni amico doveva, obbligatoriamente, far danzare tutte le ragazze,
belle o brutte che fossero.
In molte occasioni si ballava con lorchestra.

Terza parte 4
Mi ricordo
Il pianoforte era lo strumento fisso e come detto, lo suonava
Giuseppe. Alla batteria si esibiva un amico molto bravo, Alberto
Ronchi.

Spesso altri amici saggiungevano con la chitarra o altri strumenti.

Molte circostanze veniva anche Checco Coniglio (allepoca si


accompagnava con la pi grande delle sorelle Bigi), un jazzista di
professione che suonava il trombone in una notissima orchestra Jazz,
la Doctor Dixie Jazz Band*
Spesso si esibiva per noi, a
volte da solo, a volte
accompagnato dallorchestrina.
Era raro trovare a Bologna un
ambiente privato dove si
ballava con lorchestra!
La cantinetta si fece tanto
conoscere che moltissimi
ragazzi avrebbero fatto carte
false pur di essere invitati.
Lambiente, latmosfera, la
sapiente organizzazione,
fecero il successo della
cantinetta che ci aveva visti
passare ore spensierate, ma anche discussioni importanti.
Erano nate nuove amicizie, si erano consolidate quelle vecchie.
Erano sbocciate cotte intense ed anche di innamoramenti seri, alcuni
di questi erano approdati al matrimonio.
Nella cantinetta trascorrevo ore ed ore, spesso solo, ad ascoltare
musica, a strimpellare il piano, a
meditare, a fare progetti.
Tra i dischi che ascoltavo
incessantemente ricordo soprattutto
Mare incantato e Hey Paula.

Terza parte 5
Mi ricordo
*Un poco di storia della Doctor Dixie Jazz Band

Il gruppo fu fondato da Nardo Giardina nel 1952 come band universitaria sotto
il nome di Superior Magistratus Ragtime Band, cambiando poi numerosi
appellativi: Panigal Jazz Band nel 1956, Rheno Dixieland Band nel 1959 (con
questa denominazione partecip, nel 1960 al concorso La coppa del Jazz), e infine
Doctor Dixie dal 1972.

Nella sua lunga storia la Doctor Dixie ha tenuto pi di 700 concerti in Italia e in
Europa, ed ha partecipando a numerosissimi Festival europei.
Fra le file della Doctor Dixie hanno suonato, fra gli altri, Henghel Gualdi, Lucio
Dalla e Pupi Avati.
La Doctor Dixie ha partecipato a ben tre film del regista Pupi Avati: "Jazz
Band", basato sulla storia della Band, "Dancing Paradise" e "Accade a
Bologna", quest'ultimo girato in parte nella "cantina" di via Cesare Battisti .

Terza parte 6
Mi ricordo
Vero record di longevit jazzistica, dal 1972 la Band suona tutti i venerd, da
ottobre a giugno, nella sua "cantina" di Via Cesare Battisti 7b in Bologna, un
luogo oramai mitico perch diventato un vero tempio della musica jazz.

In alcune occasioni, elementi della Band vennero nella mia cantinetta


per delle prove.

Con il concerto del 16 aprile 2012 la Doctor Dixie Jazz Band, tuttora in
attivit, celebrando il suo 60 compleanno, diventata la BANDA
AMATORIALE PIU LONGEVA DEL MONDO e
OLDEST IN THE WORDL ora il suo motto.

Terza parte 7
Mi ricordo

Terza parte 8
Mi ricordo

La sempre bellissima Katia.


Una persona speciale, unica.

Una storia speciale, unica.

Visti
Piaciuti

Innamorati
Sposati
Amore
Figli

Nipoti

Sempre insieme
Ancora insieme

Felici
Fortunati

Terza parte 9
Mi ricordo

Entrate!

Terza parte 10
Mi ricordo

Terza parte 11
Mi ricordo

Terza parte 12
Mi ricordo

Terza parte 13
Mi ricordo

Katia, Marco, Claudio, Paola e Daniela.


Nelle foto sotto, in primo piano, due amici di cui non ricordo il nome.
Maggio 1968.

Terza parte 14
Mi ricordo

Katia e Marco Katia e Claudio (un poabbacchiato)

Terza parte 15
Mi ricordo
Mi ricordo.la ditta che vendeva
illusioni

Da: http://www.animamia.net/

La ditta Same - Govj Import pubblicizzava su vari giornalini tipo


il Corriere dei Piccoli, il Monello, l'Intrepido ecc. prodotti che
promettevano miracoli, ma erano ovviamente delle vere e proprie
ciofeche:
Occhiali a raggi X= per radioscopia (la pubblicit mostrava un tizio
con gli occhiali che guardava una ragazza e garantiva che osservando
una persona si sarebbero viste le fattezze sotto gli abiti!)

Terza parte 16
Mi ricordo
Pomata per sviluppare i muscoli. Diceva
lannuncio: Uomini mingherlini, i vostri
problemi sono finiti".
Penna-spia = spy-pen che permetteva di
vedere attraverso i muri.
Erano magnificate altre mirabolanti
apparecchiature come quelle per diventare
pi alti, la penna-binocolo, lo spray anti
aggressione, le scarpe alza-statura, microfoni
camuffati e per i pi grandicelli, profumi erotici e creme per
sviluppare il pisello.
Una pacchia, insomma.
La TV a colori a casa vostra a sole L. 1990!
Cos era pubblicizzato laccessorio!
Eravamo negli anni '60, all'incirca, e
questoggetto era fatto passare come
la soluzione per trasformare le
televisioni da bianco e nero a colori.
Tale accessorio era costituito da uno
schermo in plexiglass sul quale erano
applicate tre strisce colorate.
Veniva collocato sul monitor in
bianco e nero trasformando la
visione a colori.

Di fatto, lo schermo era suddiviso in


tre fasce orizzontali colorate a riflessi cangianti: la superiore di colore
azzurro, quella centrale sul rossiccio e quella inferiore sul verde.
Garantiti un forte male agli occhi con nausea e allucinazioni visive!

Terza parte 17
Mi ricordo
Mi ricordo..le donne di servizio

Sono state numerose le donne di servizio che abbiamo avuto; la


famiglia era divenuta rapidamente numerosa e la mamma aveva
bisogno daiuto.
Venivano nella citt attratte da lavori meno faticosi e meglio
remunerati ed anche dalle sue lusinghe.
Lasciavano la pianura o la collina, in ogni caso le campagne che
volevano abbandonare.
Prima le ragazze cercavano un posto a servizio e poi si mettevano alla
ricerca di un lavoro diverso e tra questi, ambitissimo, quello di
commessa, oppure di operaia. Mintrigava molto nascondermi sotto il
tavolo da pranzo cos da poter sbirciare sotto le gonne quando
apparecchiavano. Che bella visione, mi deliziavo.
Tra le tante ragazze ne ricordo una in particolare.

Si chiamava Angelina e lavor presso la nostra famiglia un paio


danni, quando abitavamo in Via Risorgimento.
Era molto giovane, mi pare avesse diciotto anni ed era tanto bella.
Molto appariscente, alta, la coda di cavallo, le forme statuarie ma
armoniose, gli abiti attillati: un piacere per la vista!
Lestate scendeva in Via Saragozza per la spesa e si faceva riconoscere
dal rumore degli zoccoli.
Quel rumore anticipava la sua apparizione.
Come in un film di Fellini si creava una sorta di magia, quel tratto di
portico diveniva silenzioso, la gente si fermava per guardarla.
I ragazzi seduti ai tavolini dello storico bar Margherita restavano
senza fiato.
Noi della famiglia eravamo guardati con invidia e tanti ragazzi
ricorrevano a blandizie varie affinch gliela presentassimo.
Ancora oggi, a distanza di tanti anni, sono molti coloro che la
ricordano!!!

Terza parte 18
Mi ricordo

Mi ricordo..la caccia

Il babbo amava molto la caccia e cerc di trasmettere questo interesse


a tutti i figli, indistintamente.
La passione mi prese fortemente come gi era accaduto per Giancarlo
e Paolo.
Esisteva una sorta di rituale che riguardava chi manifestava il
desiderio di seguire le orme paterne: al compimento dei diciotto anni
si sbrigavano le pratiche per la licenza e i vari permessi quindi si
acquistava il fucile e il corredo.
Il giorno destinato allimportante acquisto del mio fucile, con il babbo
andammo nel negozio del suo grande amico Bernagozzi, lAntica
Aguzzeria del Cavallo, in pieno centro.*
Le spese per esercitare tale passione se le addossava tutte il babbo
sino a quando il figlio fosse vissuto in famiglia.
Gian Carlo, Paolo e il babbo utilizzavano, in base alle esigenze, due
fucili rari perch gemelli.
Si trattava di due esemplari identici, realizzati dalla famosissima
azienda Bresciana Brunelli.
Paolo possedeva un automatico Browning che ci scambiavamo in
base alle necessit di caccia.
Il mio fucile era stato realizzato da un bravissimo artigiano, ricordo il
cognome: Bolognini.
Il nostro armaiolo adattava il calcio alle individuali esigenze di
ciascuno, accorciandolo o allungandolo; in pratica togliendo o
aggiungendo spessori sulla base del calcio.
Il babbo aveva tutta lattrezzatura per fare le cartucce e lo
guardavamo incantati mentre era alle prese col delicato lavoro di cui
era molto competente!
Allapertura della caccia si formavano squadre composte di cari amici
con la nostra stessa passione. Andavamo di frequente alla caccia di

Terza parte 19
Mi ricordo
valle, la preferita del babbo.
Poi le uscite si diradarono fino a cessare completamente:
let avanzavail babbo si stancava sempre pi.
A Paolo la passione dur ancora molti anni, mentre Gian Carlo ed io
abbandonammo presto.
Ho un bel ricordo dei cani da caccia.
Siamo tutti cresciuti in loro compagnia, Bill, Red, Tac, Dianae tanti
altri.
Il mio maestro di caccia stato Rino, un caro amico di famiglia.
Quando andavamo alle battute, mi prendeva con s e minsegnava
tutti i segreti era bravissimo, un esperto cacciatore, un grande
maestro.
Amavo soprattutto la caccia alle allodole e spesso andavo solo.
Altre volte mi accompagnava Giorgio (Melloni, cugino di Claudio),
un caro amico anche lui grande appassionato.
Meta delle nostre battute era la campagna, nelle propriet che lamico
Dante possedeva vicino a
Medicina.

Paolo, con i fucili e le altre armi


del nonno, ha allestito una bella
vetrinetta.

Io conservo ancora la mia doppietta.

*Antica Aguzzeria del CavalloQuesta


l'insegna della bottega pi antica di
Bologna. L'Aguzzeria del Cavallo
risale al 1783. "Aguzzeria" un
sostantivo che deriva dal verbo
"aguzzare" nel significato di appuntire,
affilare. Oggi si direbbe arrotino.

Terza parte 20
Mi ricordo

Il cavallo c'entra perch all'epoca della fondazione del negozio era


un cavallo che azionava le mole per affilare lame, spade, coltelli e
quant'altro. Inizi Antonio Bernagozzi nel 1783, con laffilatura e la vendita
delle armi bianche. In seguito divenne una risorsa per i cacciatori con la vendita
di fucili, coltelli e accessori. La secolare tradizione familiare ha coniugato
antiche merci con nuove proposte: forbici per tutti gli usi, qualificati oggetti per
la casa, coltelleria tradizionale e ricercata per cucina, pesca e caccia.

La grande vetrina e l'insegna testimoniano la lunga tradizione commerciale e


familiare, coniugata con le nuove esigenze della clientela: oltre a lame e coltelli
il negozio vende abbigliamento da caccia e oggetti per la casa molto valutati.

Terza parte 21
Mi ricordo
Ricordi del mare

Quando il babbo vendette i terreni e la casa di campagna alla


Prazzina, (a met degli anni 50) si organizz per non farci mancare
le vacanze estive.
Pens di cercare un luogo adatto al mare.
Nella sua lunga ricerca del posto adeguato ebbe, avemmo, la grande
fortuna di conoscere la famiglia Ciavatta, proprietaria della pensione
Emma, a Miramare di Rimini; una meravigliosa famiglia con la quale
armonizzammo subito.
Negli anni il legame s rafforz tanto da essere considerati di famiglia.
Sono trascorsi molti anni da quel periodo ed ancora, sia pure
saltuariamente, alcuni di noi hanno dei contatti con alcuni esponenti
di quella famiglia.
Il babbo in pratica affidava a loro noi cinque figli pi grandi.
Ricordo quelle estati non tanto per il sole o per il mare ma per gli
innamoramenti stagionali.
In quel periodo avevo una gran cotta per la Cicci (Luciana) che
alloggiava con la famiglia in una villetta attigua alla pensione.
Non era proprio una cotta balneare perch era di Bologna, abitava
non lontano dalla nostra casa in Via Risorgimento e avevo la
possibilit per frequentarla.
Bionda con la coda di cavallo gli occhi azzurri, ma quanto era bella!!!
Io avevo 13 anni, lei 1 o 2 di pi.
Il babbo amava molto il mare e ci raggiungeva col resto della famiglia
appena possibile.
Furono anni spensierati di grande libert ed esperienze emozionanti.
Andammo in quella pensione per 6 o 7 anni di seguito.

Terza parte 22
Mi ricordo
Con Luciana di
fronte alla villetta
del mare.

Con unamica.

Sotto
lombrellone si
vede Luciana.

La Rotonda

Terza parte 23
Mi ricordo
I proprietari della pensione erano persone affabili e ci trattavano
come figli.
Il loro primogenito, Aldo, che aveva la mia et, era un ragazzo
sorprendente, di una simpatia incredibilema quanta rabbia ci
faceva: sapeva fare di tutto.
Ballava benissimo, raccontava esilaranti barzellette, parlava il tedesco
benissimo e in altre lingue si arrangiava.
Era un gran conquistatore, precocissimo.
Mostrava pi anni di quelli che aveva.
La sera, immancabilmente, andavamo alla
Locanda del Lupo, un bar- ristorante dove si
ballava con tanto di orchestra. Aldo si metteva
subito in mossa ballando da par suo, poi
sostituiva alcuni orchestrali e suonava,
discretamente, svariati strumenti; quindi
raccontava le sue simpatiche barzellette e cos si tiravano le ore
piccole. Mi rodevo il fegato per linvidia!
Naturalmente mangiavamo anche; ricordo i gustosissimi spaghetti
alle vongole e le cozze gratinate. Ne andavo matto.
Spesso facevamo il bagno di notte e verso lalba ci recavamo ad
acquistare i bomboloni ancora caldi.

Terza parte 24
Mi ricordo
Mi ricordo.i giardinetti di Porta
Saragozza
Frequentavo molto spesso i
giardinetti di Porta
Saragozza, vicinissimi alla
casa in cui abitavamo, al
numero 25 del Viale
Risorgimento.
Erano come una seconda casa,
appena riuscivo, spesso
trascurando gli studi, correvo
gi ai giardini.
Era piacevole stare in compagnia, si era formata una balla molto
nutrita e ci divertivamo. Si conversava, si giocava, si faceva la lotta e
si filava con le ragazzine.
Si mangiavano i lupini o i brustolini acquistati dalla vecchietta che
stava allingresso con la cesta delle golosit.
Uno dei passatempi preferiti era la lotta e spesso combinavano guai
poich la facevamo sullerba delle aiuole danneggiando i fiori.
I giardinieri ci sgridavano inutilmente. A volte allora chiamavano le
pulle, i vigili: un gran cazziatone e spesso finiva l.
Quando allingresso appariva qualche ragazzino che non
apparteneva alla nostra compagnia, gli vietavamo dentrare perch
era il nostro territorio. Se proprio ci teneva a far parte del gruppo
doveva sottoporsi al Battesimo.
Accettando ne avrebbe ricavato grandi vantaggi: il libero accesso e
lonore di appartenere alla balla dei giardini di Porta Saragozza.
Se il novizio accoglieva la proposta, si procedeva alla funzione che si
svolgeva cos: in quattro afferravamo il novellino per le braccia e le
gambe e lo portavamo alla fontanella dove, pronunciando parole
magiche, insensate, veniva battezzato.
Da quel momento poteva far parte della nostra balla.

Terza parte 25
Mi ricordo

Mi ricordo.il servizio militare

Il babbo aveva unambizione: desiderava che un figlio facesse il corso


per diventare ufficiale.
I fratelli maggiori non ne vollero sapere e quando lo propose a me,
non ebbi difficolt ad accettare.
Mi ero rassegnato a fare il militare e non trovai difficile accontentare
mio padre.
Fui sottoposto alle varie visite mediche a Bologna quindi andai per
tre giorni a Roma per affrontare una serie di esami psico-attitudinali.
Superai le varie prove.
Il babbo era orgoglioso di me ed io contento di averlo fatto felice.
Dovevo partire per il corso allievi ufficiali di complemento, (A.U.C.)
di fanteria ad Ascoli Piceno a met settembre di quellanno, il 1966.
Feci domanda di ritardare la partenza per sostenere esami
universitari programmati.
Quellanno fu davvero speciale!
Erano accadute tante cose.
Quellestate avevo conosciuto Katia ed ero innamoratissimo.
Purtroppo di l a poco ci saremmo dovuti separare.
Alla famiglia e a Katia avevo detto che dovevo sostenere un solo
esame, in realt ne avevo preparati due, e li superai.
Esultanza e sorpresa di tutti.
Nei miei ricordi vi , preciso, il viaggio per Ascoli.
Partii in treno e arrivai a San Benedetto del
Tronto la sera, allora di cena.
Ricordo benissimo uno straordinario brodetto
di pesce fatto alla
marchigiana, ben diverso da quello romagnolo
che conoscevo.
Col pullman arrivai ad Ascoli e andai a zonzo
per la citt per sfruttare ogni minuto di libert.

Terza parte 26
Mi ricordo
Al celebre bar Meletti bevvi per la prima volta la famosissima
anisetta.
Con un taxi raggiunsi la caserma e suonai il campanello:
era la mezzanotte in punto del 13 ottobre 1966!

Da Wikipedia, lenciclopedia libera.

Il Caff Meletti, annoverato nellelenco dei 150 caff storici dItalia, si affaccia
sulla principale piazza di Ascoli Piceno.
Lapertura dellattivit del locale risale agli inizi del XX secolo e fin da allora
conosciuto per la sua raffinata ricercatezza. Nella cittadina marchigiana
considerato il ritrovo dei personaggi pi illustri, nonch punto dincontro di
cultura e di vita mondana. Ledificio ancora oggi conserva il fascino dello stile
liberty. Il colore dominante, rosa antico, della tinteggiatura esterna lo
contraddistingue e lo differenzia fra tutti i palazzi storici presenti nella citt.
La particolarit dello storico locale ascolano lassaggio dellanisetta con la
mosca ossia del liquore cui si aggiunge dentro il bicchiere un chicco di caff.
Si ricorda la definizione del Trilussa quando scrisse:
Quante favole e sonetti mha ispirato la Meletti.
Lanisetta un liquore a base di anice lavorato secondo la ricetta di casa
Meletti, perfezionata nel 1870 da Silvio Meletti.

Terza parte 27
Mi ricordo
La caserma Emidio Clementi ad Ascoli Piceno

XLV Corso A.U.C. di fanteria. Ottobre 1966 marzo 1967


5 compagnia, 3 plotone, 7 squadra fucilieri assaltatori.

Terza parte 28
Mi ricordo

I ricordi che ho del servizio militare sono


tantissimi ma racconter solo qualche episodio
particolare e inserir delle immagini (che sono
pi eloquenti delle parole).
Ingrassai molto perch, per timore di essere
scartato alla libera uscita, per sicurezza, cenavo
in caserma.
Se poi andava bene e superavo il rigido
controllo dellufficiale di picchetto, con i
compagni ci recavamo al ristorante salendo sui taxi che, a decine,
aspettavano i soldati in libera uscita.
In pratica mangiavamo due volte!
Lufficiale di picchetto aveva
lordine di ridurre drasticamente
il numero dei liberi uscenti
affinch non ci fossero troppi
militari in citt. La selezione era
notevole, eravamo sottoposti a
domande su argomenti di studio,
a mostrare una perfetta
esecuzione di comandi: attenti,
riposo, il saluto; veniva
minuziosamente controllata della
Brindisi al nuovo anno, 1968.
stiratura degli abitiaddirittura
si doveva mostrare il fazzoletto che doveva essere piegato secondo
precise regole.

Terza parte 29
Mi ricordo

Si favoleggiava che una delegazione di mamme fosse andata dal


comandante della caserma preoccupate per le loro figliole poich i
giovani allievi erano ritenuti pericolosi e gli chiesero di ordinare ai
militari di stare alla larga dalle fanciulle.
Pare che il comandante abbia risposto: Quando si aprono i cancelli della
caserma per la libera uscita e i miei torelli scendono in citt, preoccupatevi di
mettere sotto chiave le vostre giovenche.

Terza parte 30
Mi ricordo
Tra i tanti, il ricordo che pi mi rimasto impresso riguarda il campo
invernale che si svolse in una frazione di Sulmona, denominata Fonte
DAmore.
Ci sistemammo in un vecchio campo di concentramento fatto
costruire per i prigionieri della prima guerra mondiale; durante la
seconda fu utilizzato dalle truppe italo-tedesche per i prigionieri
alleati. Tutta larea era zona militare.

Ricordi poco piacevoli poich


soffrimmo molto per privazioni
e sofferenze.
Neve, freddo, tanto freddo: di
notte anche -10.

Terza parte 31
Mi ricordo

Terza parte 32
Mi ricordo

La notte dormivamo, a fatica, nellenorme spazio raffigurato nella


precedente pagina , senza riscaldamento, i vetri delle piccole finestre
erano rotti o mancavano e un vento gelido sibilava attraverso le
sbarre.
Ci coricavamo sui materassini (che si sgonfiavano pi volte durante
la notte) completamente vestiti, tuta ginnica compresa.
Si dormiva vicini, a coppie, in modo da coprirci entrambi con le
coperte in dotazione (quattro a testa). Ma il freddo si sentiva lo stesso.
Se dovevi andare in bagno, allaperto, erano sofferenze.
La mattina decine i soldati marcavano visita.
I soldati restanti andavano al poligono con grande fatica e si
correvano rischi continui: le bombe a mano lanciate verso
limmaginario nemico, che stava in posizione soprelevata,
ruzzolavano indietro, verso il lanciatore che si bloccava terrorizzato e
alzava il braccio per la segnalare il pericolo e far accorrere
lartificiere.
Dopo una settimana di sofferenze, con la compagnia decimata dai
malanni, arriv lordine di interrompere laddestramento e rientrare
in caserma.

Terza parte 33
Mi ricordo

Terza parte 34
Mi ricordo
Di fronte al campo cera unalta montagna in cui era incastonato un
eremo.
Per me era una visione angosciante, da togliere il fiato.

EREMO CELESTINO V in Sulmona.

Terza parte 35
Mi ricordo
Sergente AUC alla caserma DUCA
A Montorio Veronese

Finito il Corso A.U.C, nel marzo 1967, ebbi qualche giorno di licenza
in attesa che mi fosse comunicata la destinazione per il sergentato:
ma quanta angoscia!
Si poteva essere inviati in posti lontanissimi e disagiati, ma fui
fortunato: Montorio Veronese.
La caserma, intitolata al Col. Giovanni Duca, eroe della 2^ guerra,
era enorme, una citt - caserma completa di tutto.
Caserma "Duca" Da Wikipedia
Nel territorio di Montorio Veronese presente la Caserma "Duca", una delle pi
grandi installazioni militari in Italia, sia per estensione che per capacit
alloggiative (attualmente circa 2.000 uomini, ma in passato anche oltre 6.000).
La struttura, dal dopoguerra ad oggi, ha ospitato numerosi reparti dell'Esercito
Italiano:

dal 1946 al 1956 il 4 Centro Addestramento Reclute


dal 1956 al 1963 il 12 Centro Addestramento Reclute Alpine
dal 1963 al 1975 il 67 Reggimento Fanteria "Legnano"
dal 1975 al 1991 il 30 Btg. Fanteria "Pisa", l'85 Btg. Fanteria "Verona", la Cp.
Controcarri "Brescia", la Cp. Genio Pionieri "Brescia" e il Btg. Logistico
"Brescia" (tutti dipendenti dalla Brigata Meccanizzata "Brescia") ed il 14
Autogruppo "Flavia" (dipendente dalla Regione Militare Nord Est)

Terza parte 36
Mi ricordo
Per un curioso equivoco il
capitano della mia compagnia
credeva che conoscessi il
Colonnello comandante della
caserma.
Ovviamente non dissi nulla
per fugare nel capitano quella
convinzione, (errata), che
aveva. Mi conveniva!

Infatti, ebbi un trattamento di favore, beneficiai di numerosi


permessi.
Con me a fare il sergentato al 67 Reggimento Fanteria cera Gigi
Garuti, un commilitone con cui dividevo la cameretta.
Era un simpaticone, stravagante e parecchio imbranato.
Era assai ricco!
Il capitano mi assegnava anche i suoi servizi per paura che gli facesse
fare brutta figura.
Tra le cose folli che fece ricordo che la sera scavalcava il muro di
cinta per incontrare la fidanzata con cui trascorreva la notte in
albergo. Il giorno successivo si addormentava ovunque fossimo, era
capace di dormire in qualunque posizione si trovasse, anche in
piedimai visto niente di simile!
Faceva il contrappello in pigiama. Gli fecero notare che il comando di
un servizio si doveva fare sempre col grado, intendendo in divisa.
Lui non cap o fece finta: continu a fare il contrappello in pigiama
avendo fissato sul braccio il baffo da sergentesono in regola
no? Ho i gradi!
Una volta la sua squadra and a unesercitazione ma lui non aveva
molta voglia di salire sul camion e segu la piccola colonna con la sua
auto: una spider rossa scoperta!
Finito il servizio militare, avemmo pi volte occasione di frequentarci
con le rispettive fidanzate.

Terza parte 37
Mi ricordo
Il consiglio pi utile che ci avevano dato alla scuola di Ascoli, una
volta che fossimo diventati comandanti, sergente poi sottotenente, era
quello di mostrarsi risoluti fin da subito altrimenti si sarebbe persa
lautorit indispensabile per esercitare il comando.
Io fui subito messo alla prova: il giorno del mio arrivo mi misero di
servizio per il contrappello. La sera, ai miei comandi di rito, arriv in
risposta una fortissima pernacchia alla quale seguirono le
sghignazzate di tutti.
Naturalmente il responsabile era ben nascosto, proprio in fondo alla
grandissima camerata.
Disposi allora: Si ripete il contrappello fra 5 minuti.
La pernacchia arriv ancora, chiara e forte.
Ordinai allora che tutta la compagnia, entro 10 minuti, si presentasse,
vestita in tenuta da combattimento , nella spiazzo destinato alle
adunate di compagnia.
Quindi portai i soldati al campo sportivo e ordinai di fare due giri, di
corsa.
Al rientro il contrappello si svolse in modo regolare.
I ragazzi avevano capito la lezione e, da allora, filammo in perfetta
armonia.
Mi affezionai ai miei soldati e loro a me. Stavo sempre con loro, anche
la sera poich non avevo interesse a uscire. Anche se potevo usufruire
della mensa sottufficiali quando li accompagnavo in refettorio,
mangiavo con loro. Vorrei sfatare un mito: secondo me i pasti erano
buoni!

Al circolo sottufficiali organizzarono una gran festa.


Mi pare che fossimo in marzo.
Proposi a Katia di venire, anche se ero scettico (il nostro legame non
era ufficiale).
La sua mamma invece fu molto disponibile e accompagn la Katia
prendendo alloggio in una camera da me prenotata a Montorio.
I presenti ci guardavano con un po dinvidia: Katia era bellissima,
elegantissima.
La serata fu stupenda, indimenticabile.

Terza parte 38
Mi ricordo

Terza parte 39
Mi ricordo
Sottotenente a Firenze. Caserma Gonzaga
Lupi di Toscana

Il motto: Tusci ab hostium grege legio vocati luporum".


"I Toscani sono chiamati, dal gregge dei nemici, legione di lupi"

Giunsi al 78 reggimento "Lupi di Toscana", a Scandicci,


il 12 luglio 1967.
In occasione dellalluvione di Firenze, avvenuta lanno precedente,
nel novembre 1966, i militari di quello storico reggimento si
distinsero nel soccorso alle popolazioni.
Per timore di un altro evento analogo, la nostra caserma era
costantemente in stato di allerta. Questo significava essere sempre
sotto pressione.

Terza parte 40
Mi ricordo
Le esercitazioni di allarme erano frequentissime.
Di quei mesi (da luglio a dicembre) ho tenti ricordi.
In particolare ho in mente il campo estivo, fatto in Carpegna.
A Cattolica, che distava solo una cinquantina di chilometri,
trascorreva le vacanze, la Katia che raggiungevo quasi tutte le sere,
con unauto a nolo. Una bella fortuna!
Terminate le numerose esercitazioni, laddestramento si concludeva
con la simulazione di una battaglia vera e propria.
La zona interessata alle esercitazioni militari era immensa e contava
sulla presenza centinaia di soldati delle varie forze e di carri armati.
Un fuoco congiunto fatto di veri bombardamenti con aerei che
provenivano da Rimini, tiri con i cannoni e con i cannoncini senza
rinculo montati sulle campagnole, tiri con mortai, mitragliatrici ed
assalto finale con lancio di bombe a mano.
Insomma una battaglia contro bersagli finti, fatta per con armi e
munizioni vere.
Unesperienza incancellabile.
Rientrammo in caserma, dove assolsi vari incarichi.
Uno in particolare mi rimasto impresso: mi assegnarono una
mansione particolarmente difficile; dovevo comandate un picchetto
funebre.
Ci addestrammo in fretta, avevamo poco tempo. Arrivammo con un
camion davanti alla casa del defunto (un ex ufficiale superiore) e ci
schierammo quindi, con un passo particolare, lento, cadenzato con
ordini a voce molto bassa, accompagnammo il feretro fin dentro la
Chiesa di Santa Croce. Gli ordini al picchetto: attenti, riposo,
baionetta, presentat arm, tromba (con la sordina, al momento
dellElevazione) andavano fatti sottovoce e temevo che i ragazzi non
mi sentisseroma and tutto bene.
Il servizio militare termin e il giorno del congedo si sommarono
mille emozioni: i saluti dei commilitoni, il rinfresco, la medaglia
ricordoe la grande felicit di vedere Katia che, accompagnata da
mia madre, mi era venuta a prendere. Era il 19.12.1967.

Terza parte 41
Mi ricordo

Terza parte 42
Mi ricordo

Terza parte 43
Mi ricordo
Scuola AUC Ascoli Piceno -1966
http://www.youtube.com/watch?v=YkxsR6t_iAQ&sns=em

Cliccando il link sopra riportato, si vede il video


che ho realizzato e postato su You Tube.

Lho intitolato:Ricordi del servizio militare,


Scuola AUC Ascoli 1966. Licenza YouTube standard.

Riportato i commenti a quel video.

o Francesco Rossi
Mi chiamo Rossi Francesco ho frequentato il 45 corso AUC nella 1a cp. Bei tempi quelli
forse perch' eravamo giovani . C qualcuno che si ricorda del fumogeno gettato nelle
camerate della 4a Cp. e della bomba a mano SRCM gettata fuori nei pressi della 1a Cp.?
Mi ricordo che al campo invernale a Sulmona non facevi in tempo a lavare la gavetta che
l'acqua si gelava. Di quel periodo ho numerose foto. Saluti e tanti auguri a tutti i
commilitoni del 45 Corso.
tchorongo
Io ero nella 6a compagnia mortaista da 120" , tu probabilmente un fuciliere ,dico bene?
Da sottotenente dividevo la stanza con Giorgio Palazzi, il fratello del capocorso,
lui probabilmente lo ricordi. Comunque ricorderai anche me ,perch fui cazziato dal
tenente colonnello Piazza davanti a tutto il battaglione ,mi beccai 6 giorni di CPR a fine
corso.....
o tchorongo
Posso dire c'ero anch'io? Ed ero di piantone quando ti sei fatto cambiare la
destinazione......sei mica Pareschi per caso?
Tenente Tansella comandante di Compagnia e Sottotenente Marolda e quindi Iurcotta.
Io sono stato meno fortunato. Sergente a Bari e Sottotenente ad Ascoli Piceno
Diego Fracassi
Diego, Allievo scelto, 68 Corso - III^ Compagnia - IX^ Squadra Presidio Opere. Presente
........ sempre Presente ......... nonostante .... Parolisi ....
bastoneanimato
Sesta compagnia 79corso.PRESENTE!
pietro2652
Davvero non si pu dimenticare. Il Colle S. Marco Fosso di Bretta , marce su marce!!
Pietro 63^ corso AUC ,5^ compagnia,4^ plotone fucilieri
pistoloia2
bellissimo video, fa un certo effetto rivedere la caserma negli anni 60,anch io ho fatto il
militare ad Ascoli ero V.F.A del 9/bl/03 effettivo alla compagnia comando e servizi, per
sempre draghi

Terza parte 44
Mi ricordo
Mi ricordo ..insegnante per
caso

Non sempre sei tu a scegliere, a volte il destino che


sceglie per te.

1l servizio militare era terminato, avevo


rinunciato al lavoro offertomi dallIstituto
Agronomico per lOltremare, stavo
frequentando (saltuariamente) luniversit.
Mi guardavo intorno ma ero senza idee per il
mio futuro.
Ricevetti uninattesa telefonata da Dante che
insegnava Applicazioni Tecniche nella scuola
media di Castenaso.
Mi disse che nella sua scuola stavano cominciando una
sperimentazione per istituire delle classi di aggiornamento*.
*L.31 dicembre 1962, n. 1859 -Art. 11 Classi di aggiornamento (2)
Nella scuola media data facolt di istituire classi di aggiornamento che si
affiancano alla prima e alla terza. Alla prima classe di aggiornamento possono
accedere gli alunni bisognosi di particolari cure per frequentare con profitto la
prima classe di scuola media. Alla terza classe di aggiornamento possono
accedere gli alunni che non abbiano conseguito la licenza di scuola media perch'
respinti. Le classi di aggiornamento non possono avere pi di 15 alunni ciascuna;
ad esse vengono destinati insegnanti particolarmente qualificati.
Poich era facolt del preside fare le nomine, cercava persone con
particolari caratteristiche e Dante fece il mio nome ritenendomi
adatto a quel compito.
Accettai.
Sinceramente ammetto che inizialmente
acconsentii non per convinzione, ma per altri
motivi: curiosit, per mettermi alla prova,
per guadagnare qualche soldo.
Per caso, quindi, cominciai a insegnare,
siamo nellottobre del 1968.

Terza parte 45
Mi ricordo
Il primo anno, avendo una sola classe, dovevo svolgere soltanto tre
ore di insegnamento alla settimana.
Affrontai lincarico con impegno e seriet, comera nel mio carattere.
Conobbi la preside e i colleghi destinati a quelle particolari classi.
Eravamo tutti molto giovani e motivati, tra noi nacque subito una
grande intesa associata a simpatia e amicizia. Facevamo riunioni su
riunioni per capire come eseguire al meglio lincarico, per
sperimentare, per innovare.
Mi documentai moltissimo su tutti gli argomenti connessi
allinsegnamento.
Il lavoro inizi ad appassionarmi, mi sentivo portato, cominciarono
ad arrivare i primi riconoscimenti e minnamorai dellattivit che
richiedeva una particolare sensibilit che io sentivo di avere.
Decisi che quella sarebbe stata loccupazione della mia vita.
Alla preside devo tutto, assimilavo ogni parola che dicesse, era una
donna veramente competente e riusc a trascinare il gruppo
coinvolgendolo in molteplici prove.
Presa la decisione, iniziai il lungo percorso per diventare un
insegnante a tutti gli effetti. Mi feci le ossa insegnando in classi
difficili come le differenziali, o in classi sperimentali.
Mimpegnai a svolgere il lavoro con passione, spirito di sacrificio,
umilt; acquisii una buona competenza (cos mi stato sempre
riconosciuto). Mi diedi da fare per svecchiare la scuola proponendo
idee innovative.
Frequentai una miriade di corsi di specializzazione, presi
labilitazione e passai di ruolo.
Una curiosit: Dante mi raccont in seguito che, se non mi avesse
trovato quel particolare giorno, data lurgenza, si sarebbe rivolto al
comune amico Giorgio Bonaga. (imparai in seguito che avrebbe
accettato!).
Tutto sarebbe stato diverso: come?
Non lo sapremo mai.
La vita fatta cos, pu presentarti svolte improvvise che possono
cambiare la tua esistenza.

Terza parte 46
Mi ricordo
Le ricette della nonna Anna

Terza parte 47
Mi ricordo

Nel 1998, aiutato da Katia, Nicola e Stella, realizzai un fascicoletto che


raccoglieva alcune ricette della mamma.
Lintento era di evitare che andassero dimenticate o perdute vivande
cos gustose, con anche la speranza di incuriosire quei parenti che
non le conoscevano.
Talune ricette sono sentimentalmente legate al ricordo di preziosi
momenti dincontro della nostra grande famiglia riunita per
festeggiare ricorrenze o solenni festivit.

Terza parte 48
Mi ricordo
Le ricette le ho tratte da vecchi e consunti fogli: erano tutte
rigorosamente scritte a mano dalla mamma.
Una sera, eravamo riuniti per festeggiare il suo compleanno, 91 anni,
le regalammo il ricettario ed una copia a tutti i fratelli
In questo lavoro riporto solo le ricette del men di NATALE.

Il pranzo di Natale
Una magia che cominciava ad aleggiare fin da molti giorni prima
dellevento.

Magia e armonia di profumi inebrianti che dalla cucina, per noi figli
rigidamente off limits, si propagavano per tutta la casa.

La cucina diventava un attivissimo laboratorio, dove solo le donne


della casa potevano entrare.

Nei tempi passati, tutto era fatto in modo artigianale: si usava la


sensibilit delle mani, locchio, lodorato.in una parola
lesperienza.

Lesperienza al posto delle impastatrici meccaniche, bilance,


termostati e quantaltro la tecnologia di oggi ci offre.

A volte, non visti, noi piccoli si riusciva a sgattaiolare dentro, una


sbirciatina veloce e si pizzicava qualche golosit (che poteva essere
una zampa di gallina o la cresta o i bargigli del pollo che si lessava
nella pentola). Il tavolo da pranzo ospitava noi figli (sette) col babbo,
la mamma, la nonna.

In seguito fu necessario montare una prolunga per accogliere le


mogli, il genero.

Poi ci volle un tavolino per i vari nipoti che, via via, arrivavano.

Il men di Natale era sempre rigorosamente lo stesso, quello


della tradizione.

Terza parte 49
Mi ricordo

Cos lo faceva la mamma, cos lo aveva fatto la


nonna, la mamma della nonna attingendo spesso
dalla Bibbia delle casalinghe, lARTUSI.

Ricette del pranzo di Natale

(Nel modo in cui sono scritte nel ricettario della mamma).

Terza parte 50
Mi ricordo
I tortellini

Ingredienti per il ripieno:

Petto di tacchino o cappone 200gr


Polpa di vitello 200gr
Lombo di maiale 250 gr
Mortadella 200 gr
Prosciutto 200 gr
Uova 1 o 2
Forma grattugiata molta, di quella buona
Noce moscata, (a gusto)
Burro, un poco
Sale, una presa
Fate rosolare la polpa di vitello, il lombo di maiale e il petto di
tacchino o cappone con un poco di burro e una presa di sale.

Macinate tutto assieme al prosciutto e alla mortadella; aggiungete le


uova, la forma, il sale e la noce moscata.

Con la sfoglia, fatta in casa, erano composti i tortellini che si


mangiavano rigorosamente in brodo.

Non cerano alternative come capita oggi, alla panna o, sacrilegio!!!,


al rag

La lingua salmistrata (o salnitrata )

Ingredienti:
lingua di bue, non piccola
salnitro 30 gr. (in farmacia)
sale grosso, un pugno
odori (sedano, carota e cipolla)
Prendete una lingua di bue e strofinatela tutta con il salnitro finch
non labbia assorbito bene.

Terza parte 51
Mi ricordo
Mettetela in una terrina al fresco per 24 ore.
(Data la stagione, siamo a 10 giorni circa prima di Natale, anche fuori
dalla finestra, coperta).
Lavatela molto bene e a lungo con lacqua fredda sotto il rubinetto.
E cos umida sfregate molto bene con un pugno di sale grosso.
Rimetterla nella terrina e di nuovo al fresco per 8, 10 giorni,
ricordando di girare la lingua ogni mattina nella sua salamoia.

Cottura:
Mettete la lingua in una pentola grande con acqua fredda e odori.
(senza sale!!)

Bollite per 4 ore, pelatela ancora calda, lasciate raffreddare in una telo
bianco quindi ponetela in frigorifero.
Tagliatela sottile e guarnite con la gelatina.

Note

Ultimamente il salnitro non si trova con facilit neppure in farmacia,


credo per il timore legato ad un suo uso improprio
Il salnitro , chiamato anche nitro, nitrato di potassio.
un additivo alimentare, usato principalmente nella conservazione
di salumi e carni salate, identificato dalla sigla E 252 ( ma non tutte le
macellerie/norcinerie la vendono al pubblico).
Nel 1891 Artusi avvisava: un piatto da non tentarsi nei grandi calori
estivi perch c il caso che il sale non basti a conservarla...
Oggi abbiamo il frigorifero e si pu fare in tutte le stagioni!

Terza parte 52
Mi ricordo
Rifreddo

Ingredienti
Petto di tacchino kg
Prosciutto a fette grosse 200 gr
Lombo di maiale a fette200 gr
Mortadella a fette 200 gr
Vitello a fette 200 gr
Petti di pollo 2
Uova 2/3
Tartufo (potendo.....)
Forma in abbondanza
Sale e pepe

Esecuzione.
Macinate una parte di tacchino e una parte di tutti gli altri ingredienti
per 2 volte.
Mettete in una terrina, aggiungete 1 uovo, met della quantit di
forma e una presa di sale.
Con i pezzi pi belli fate tante strisce ( tacchino, lombo, prosciutto,
vitello, mortadella, petto di pollo) che metterete in una scodella con 2
uova, molta forma, sale e pepe.
Prendete una tela ben pulita (una volta si usava una pelle di pollo
cucita),e stendete uno strato di macinato , uno strato di listarelle ed
uno di macinato, pi il tartufo, un po qua un po la ..a sorpresa!!!
Chiudete la tela e cucitela molto stretta, mettete a bollire per 3/4 ore.

Se state preparando la gelatina, cuocete allora nella stessa pentola.


Terminata la cottura mettete il rifreddo tra due piatti con un peso
sopra, un mattone oppure il ferrosa stiro.

Terza parte 53
Mi ricordo
Note
Rifreddo il nome che il grande Artusi indica per una preparazione
cotta in precedenza e consumata fredda o tiepida.
E' un piatto che si pu preparare anche il giorno prima.
Oggi pi conosciuto come galantina.

Gelatina

Ingredienti:

Teste di gallina o cappone con i colli, 4 o 5


Zampe di pollo almeno 10
Muscolo senz'osso (il nome indicato nella ricetta originale Arfass un
particolare taglio di carne)
Odori: sedano, carota e cipolla
Sale quanto basta

Esecuzione:

Spellate le zampe e i colli al fuoco levando tutti i peluzzie togliete


dalle teste le lingue.
Mettete a bollire, a freddo, per 7 / 8 ore, adagio e sempre
schiumando.
Passate il brodo ottenuto con colino e un tovagliolo bagnato e
strizzato.
Sistemate al freddo.
Il mattino seguente sgrassate e, se non ha colore, fatelo ancora bollire
aggiungendo 2 o 3 gocce di zucchero bruciato ( caramello) che potete
ottenere mettendo sulla fiamma un cucchiaino di zucchero.
Collocate al fresco.
Se la gelatina non fosse bella solida ribollite e passate nuovamente
come detto in precedenza.
Se contemporaneamente alla gelatina state preparando il rifreddo

Terza parte 54
Mi ricordo
questo lo metterete nella stessa pentola: saranno entrambi pi buoni!
Se la gelatina non fosse bella chiara aggiungete qualche albume
montato a neve, fate bollire un poco e poi passate al colino.

Note
Ricetta laboriosa, vero, ma una squisitezza!
Ho visto che riprende la ricetta di Pellegrino Artusi.
Ai tempi della mamma lArtusi era come il vangelo dei cuochi, in
cucina non poteva mancare.

Insalata russa
Ingredienti

Patate
Pisellini
Cavolfiore
Carota gialla
Carota rossa
Capperi
Cetriolini
Filetti dacciughe
Peperone rosso
Uova sode
Maionese ( fatta in casa!)
Sale e pepe
Un poco daceto.
Esecuzione

Lessate le patate, il cavolfiore e le carote gialle.


Quando tutto freddo tagliate a dadini e aggiungete la carota rossa, i
pisellini, i filetti dacciuga, pepe, sale , olio doliva e un poco ( proprio
poco) daceto.
Aggiungete una parte di maionese e mescolate.
Mettete in un piatto ovale da portata uniformando il composto,

Terza parte 55
Mi ricordo
coprite con altra maionese e guarnite con listarelle di carota,
peperone, cetriolini, capperi e fettine duovo sodo.
Conservate al freddo coperto con la pellicola.

Note
La versione originale (nata alla met del XIX secolo nelle cucine di
uno dei pi importanti ristoranti di Mosca) comprendeva anche della
carne fredda, lingua fredda, salsiccia, prosciutto, tartufo ed era
decorata con capperi e filetti d'acciuga.
La versione originale fu creata da Lucien Olivier nelle cucine del
ristorante Hermitage della capitale russa e divenne molto presto
popolare tra i clienti abituali del locale e probabilmente si trasform
nel suo piatto simbolo: la sua ricetta era talmente importante da
essere tenuta addirittura segreta, e ancor pi quella del condimento
(ma il tutto dipendeva dalla stagione e da ci che poteva offrire il
mercato).

Zuppa inglese

Ingredienti

Alchermes
Rhum o rosolio, a scelta
Crema pasticcera
Cacao in polvere
Panna montata
Savoiardi teneri (18 tagliati in tre parti )

Esecuzione
A una parte di crema unite la polvere di cacao.
Foderate lo stampo con i savoiardi che prima avrete passato
velocemente nel liquore.
(alchermes +rhum).

Terza parte 56
Mi ricordo
Fate un primo strato di crema, poi mettete i savoiardi e un altro strato
di crema al cacao.
Ancora i savoiardi, uno strato di panna montata e chiudete con i
savoiardi.
Fate tutto il giorno prima, lasciate in frigorifero fino allultimo.
Note
Il nome Alchermes deriva dal colorante che lo rende rosso, la
cocciniglia, importata dagli arabi e chiamata al quermez in lingua
araba.
Il rosolio (infuso di fiori) e lalchermes sono liquori di origine
medioevale.
Nonostante il nome, la paternit di quest ottimo dolce tutta
italiana, precisamente emiliana. Anche se pare che sia di lontana
derivazione elisabettiana: infatti, anche se non esiste in questa forma
nella cucina anglosassone, ricorda vagamente la preparazione del
trifle, il tipico dolce al cucchiaio inglese.
Un altro paragone che nasce spontaneo quello con il tiramis, altra
gloria nazionale italiana.
Lorigine della zuppa inglese pare risalga alla corte de' Medici nel
Rinascimento.
Allora sembra che questa golosissima zuppa fosse particolarmente
gradita dagli inglesi che gi nel 1400 amavano risiedere in Toscana, e
quel nome gli rimasto fino ai giorni nostri
Appare poi nella zona di Bologna, Forl, Ferrara e Reggio Emilia
nell'Ottocento, a base di pan di Spagna, imbevuto in liquori quali
l'alchermes e il rosolio, crema pasticcera.
Questa lultima ricetta dei miei ricordi di Natale nella tradizione
culinaria della mia famiglia.

La bella tradizione dei pranzi di natale


con la famiglia riunita, purtroppo fin.

Terza parte 57
Mi ricordo

Terza parte 58
Mi ricordo
Mi ricordo le poesie ingenue dedicate a
Nicola e a Stella

LA FOGLIA SECCA

Cera una foglia secca attaccata ad un ramo.


Arriva un po di vento, se la porta lontano.
La foglia allora piange:
perch mi porti via?
Io voglio restare qui, a casa mia.
Ci sono i miei amici,
tutte le mie sorelle, non mi portare via,
non mi portar lontano.
Ma il vento soffia forte, la foglia va alla morte.
Giran le foglie in tondo e fanno un mulinello
Poi una cade a terra, stremata, ormai finita.
C un filo di speranza?
Se qui non vien nessuno, anche se resto sola
almen non mi consumo.
Ma invece passa un uomo, la pesta con le scarpe.
Poi passa unautomobile
con una, due sue ruote
Ci passa sopra, spinge, schiaccia..
La foglia ormai alla fine,
grida il suo lamento,
urla alla sua gente.per nessuno sente!

Bologna 1975

Terza parte 59
Mi ricordo

Mamma, mammina mia,


non te ne andare via,
rimani qui vicino
vicino al tuo bambino.
Ti voglio bene sai?
Mi piace star con te a giocare,
poi farmi carezzare,
sentirmi dare un bacio,
toccare la tua mano,
farmi portar lontano
dalla tua fantasia,
fiabe, racconti,
la neve sopra i monti
ed i miei stivaletti
per andarci sopra.
Suonano alla porta
Ecco la mamma!

Bologna 1975

Terza parte
60
Mi ricordo

Quando guardo nel cielo


E vedo quelle stelle
Tutte cos lucenti
E tutte cos belle,
penso alla mia grande
fortuna
di averne, vicino a me, una,
che la pi bella.
E quella sei tu,
adorata mia Stella
Mezzana 1991

Terza parte
61
Mi ricordo

Caro Ges bambino,


ho voglia di vederti sai,
vienimi qui vicino
e resta un po con me.
Non tanto sai,
alcuni giorni appena.
Dopo te ne ritorni in cielo
dalla Tua Mamma.
Ma almeno io ti ho visto,
abbiam giocato insieme,
almeno ti ho parlato,
insieme ragionato di tante,
tante cose
che poi mi serviranno
per stare un po tranquillo,
un poco pi sereno
come il tuo cielo azzurro
quando c larcobaleno!
Bologna 1975

Terza parte
62
Mi ricordo

Terza parte
63
Mi ricordo

Tutto passa, ma
questi ricordi mi
sono rimasti nella
mente e nel
cuore.e non se ne
vogliono andare.

Terza parte
64
Quarta parte

Viaggio nella mia memoria


Ricordi dinfanzia e di sapori andati
Quando le liquerizie costavano una lira

Quante parole nei miei ricordi


Mi ricordo
Curiosit per ridere insieme

Viaggio nella
mia memoria

Mi ricordo.l'Idrolitina

Solo mio padre poteva preparare lacqua frizzante. Era un rito;


noi, in silenzio, assistevamo alloperazione.
Complessa, Vi dir, specie quando le bustine erano due.
Si versava il contenuto della prima e si agitava la bottiglia fino
a sciogliere completamente la polvere, quindi si versava la
seconda e prontamente si doveva tappare la bottiglia.
Ma poi che goduria.
Poi si pass alla bustina unica, loperazione divenne facile e il babbo
ci consent, ma state bene attenti , di compiere noi, a turno, quella
manovra.
Le istruzioni contenute sulla scatola dicevano:

"Versare il contenuto delle bustine in un litro d'acqua,


chiudere con tappo a macchinetta, girare la bottiglia
sottosopra un paio di volte, attendete qualche minuto e....
servire fresca d'estate.

Tappo a macchinetta

Quarta parte 1
Mi ricordo

Famosissima la poesia stampata sulla scatola dellIdrolitina:

"Diceva l'oste al vino/tu mi diventi vecchio/ti voglio maritare/all'acqua del


mio secchio/rispose il vino all'oste/fai le pubblicazioni/sposo l'Idrolitina/del
cavalier Gazzoni.

Molte notizie le ho estratte dal simpaticissimo sito che vi invito a


visitare:
http://www.animamia.net/default.htm

Quarta parte 2
Mi ricordo

Mi ricordoil clistere, lolio di


fegato di merluzzo, il RIM, la dolce
duchessina.
Mia nonna aveva una concezione tutta sua (in parte ragionevole) per
curare qualunque malanno: il clistere.

Tutte le malattie, secondo lei, provenivano dallintestino e quindi ci


propinava il clistere per ogni malanno.

Il clistere era composto di acqua tiepida, olio o camomilla.

Si doveva rimanere distesi nel letto sul lato destro del corpo per i
primi cinque minuti, altri 5 sul lato sinistro: che dolori! A parere della
nonna bisognava sopportare fino al terzo, forte doloreprima di
scappare in bagno.

E quanto sono lunghi dieci minuti? Uneternit!

Quarta parte 3
Mi ricordo
Il babbo invece era fissato con il vomitevole olio di fegato di
merluzzo:

Ti vedo un po smunto, devi fare una bella cura ricostituente.

Non sapeva che ingurgitare quella schifezza per noi era un dramma,
pari, se non peggio, al clistere.

Lolio era il terrore di noi bambini e a volte


era usato come unarma di minaccia: Guarda
che se ti comporti male ti faccio fare una bella
cura di olio di fegato di merluzzo.che ne hai
anche bisogno!

La mamma invece, ci prescriveva la magnesia di cui ricordo due tipi :


quella bisurata* aromatic e la San Pellegrino.
*Si chiama Magnesia Bisurata perch composta, oltre che dal bicarbonato di
magnesio, dal bicarbonato di Bismuto ed usata in medicina come antiacido e
blando lassativo.

Quarta parte 4
Mi ricordo

In certi casi, come purgante, la mamma ci dava il RIM.

Il Rim un lassativo per bambini al sapore


di prugna. Queste galatine sono rimaste
immutate nella forma e nella confezione per
quasi un quarto di secolo: in sostanza si
tratta di latte liofilizzato compresso in
tavolette dolci.

Si usavano soprattutto quando si andava in villeggiatura perch il


cambiamento daria ci rendeva stitici. A noi bambini, il Rim, piaceva.

Anche la dolce duchessina era gradevole.

Diceva la pubblicit:

"Cosa si d ai bambini buoni?


La dolce Euchessina!"
"E a quelli cattivi?
Un bambino non mai cattivo,
ma solo indisposto, diamo la
dolce Euchessina anche a loro".

Quarta parte 5
Mi ricordo
Mi ricordola coccoina

Chi non conosce la colla Coccoina?

DA: http://www.architetturaedesign.it/index.php/2008/05/15/coccoina-colla-coccoina-design.htm

Dolce profumo di mandorla, dal 1927 la colla coccoina ha mantenuto la sua


confezione in sostanza invariata; ad oggi la possiamo ancora trovare tra gli
scaffali delle cartolerie che fa bella mostra di s, con il suo barattolino color
argento e il logo in blu-violetto che si srotola lungo
tutto il barattolino. (Probabilmente annusare questa
colla dava qualche piacevolezza, non si capisce
altrimenti perch tutti lhanno sempre fatto con
passione).

Una confezione seducente che evocava, pi che un


prodotto da ufficio, un vero e proprio prodotto di
bellezza, promosso come tale anche dai manifesti
pubblicitari dellepoca.

La coccoina atossica, prodotta a base di amido di


patate sciolto in acqua; unaggiunta di olio di
mandorla le regala il classico profumo delicato che
immagino in molti, ricordate e che fa affiorare una
valanga di ricordi.

Simbolo dellItalia dei primi anni 20, la Coccoina


fu prodotta da Balma, Capoduri & Co. diventando
da subito la colla per antonomasia. Coccoina significa anche funzionalit.
Immagino che a tutti sia capitato almeno una volta di utilizzarla. Una volta
svitato il coperchio possibile individuare il piccolo vano circolare, nel quale
presente il pennellino per stendere il prodotto, attorno al quale si sviluppava
tutto il vano che conteneva la colla.

Quarta parte 6
Mi ricordo
Mi ricordola cotognata

Da

http://www.animamia.net/
I cubi di marmellata dura incartati nella carta trasparente erano dei
parallelepipedi di circa quattro centimetri di lato, con la consistenza di una
cotognata stagionata e con un gusto abbastanza buono.
Il marchio commerciale pi famoso era "Althea" e il nome del prodotto era
"Cremifrutto" e "Cioccofrutto".
Erano una delle merende pi distribuite nel momento dolce della colonia ma,
data la loro consistenza e dato che non possedevamo un coltello, avevamo grossi
problemi per la stesura sulla fetta di pane. Il modo pi semplice per consumarli
risultava quindi essere un morso al pane e un morso al cubo e impastare
direttamente in bocca".

E tale la passione per questa bont che gli appassionati hanno


costituito un gruppo su Facebook.
Name: quelli che adorano le marmellatine cremifrutto althea alla
mela cotogna.
Category: Common Interest - Food & Drink
Description: perch la marmellata va mangiata a morsi e non
spalmata... e poi la mela cotogna in che altro modo si pu mangiare?

Privacy Type: Open: All content is public.

Altro sito che Vi segnalo :


Il Museo di Pignaca, http://www.gianfrancoronchi.net/
In queste pagine potrai visitare il mio museo virtuale, un piccolo
viaggio seguendo il mio percorso di collezionista e appassionato
sportivo.

Quarta parte 7
Mi ricordo
Le stanze del Museo

Bologna Football Club


Maglie da calcio d'Epoca-- Forl - Storia Postale Forl -- Le sue
cartoline

Quarta parte 8
Mi ricordo
Mi ricordoil formaggino Mio

Che buona la minestrina in


brodo con sciolto dentro il
formaggino MIO!!!

Oppure spalmato sul pane!

Mi ricordo.il prete nel letto (e la suora)


TRATTO DA Crisis - Il Forum View topic

BRUCEREMO di TUTTO

Non esistevano caldaie e termosifoni, e nemmeno stufette elettriche per


riscaldare le stanze da letto, per questo fu escogitato un modo economico e
soprattutto salutare di riscaldare il letto: "Il prete".

Intendiamoci, non era il curato della parrocchia che si prendeva la briga di


scaldare tutti i letti della zona, ma un oggetto di legno, a forma di doppio arco,
che serviva a tenere sollevate le coperte, ed al centro del quale si metteva "la
suora", un recipiente in terracotta dentro al quale era conservata della brace
accuratamente coperta di cenere in modo che non facesse fumo e non si spegnesse
troppo presto. Sono certo che la scelta dei nomi di questi due utilissimi oggetti,
sia stata sicuramente dettata da un pizzico di pungente ironia.

Questarnese, dalla fantasia popolare che sempre dissacratoria nelle sue


definizioni, era chiamato con nome che doveva costituire ad un tempo
completamento ed opposizione dello scaldino, il quale era appunto la suora,
per cui chiamarono prete laggeggio che permetteva il riscaldamento serale dei
letti, in stanze gelate.

Quarta parte 9
Mi ricordo

In alcune famiglie si usava invece lo scaldaletto, un altro recipiente in


lamiera con un lungo manico anch'esso pieno di brace, ma con la sola differenza
che era usato subito prima di coricarsi; il prete invece rimaneva a letto per
parecchio tempo, e molte volte i bambini solevano addormentarsi senza
toglierlo, perch il tepore che emanava era veramente gradevole.

Chi possedeva un solo prete lo usava a turno: si scaldava il letto dei pi piccoli
che per primi andavano a dormire, poi dei giovani e infine quello dei genitori che
lasciavano la cucina (unico ambiente caldo della casa) dopo che tutti gli altri si
erano coricati.

Tra le altre funzioni di questo strano oggetto, c'era anche quella di favorire la
lievitazione del pane. Molte volte, infatti, soprattutto in inverno, il freddo non
permetteva la normale panificazione e rallentava la crescita dei filoni; quindi si
rimediava mettendoli sotto le coperte dove il calore accorciava di alcune ore il
processo di lievitazione.

Quarta parte 10
Mi ricordo

Altre curiose notizie tratte da: Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Lo scaldaletto o scaldino

Consisteva in un contenitore di metallo, solitamente ferro o rame, oppure


terracotta, che veniva riempito di braci prese dal focolare o dal caminetto.

Scaldaletto con coperchio.

Consiste in un recipiente tondo, molto simile ad un piccolo tegame, dotato di


manico e coperchio. Il coperchio, che bucherellato o traforato anche con intagli
artistici, permette al calore di diffondersi, impedendo alle lenzuola di venire a
contatto con le braci. Il manico pu essere rivestito di legno o, se totalmente in
metallo, molto lungo per tenere le mani lontano dal corpo dello scaldino ed
evitare di scottarsi. Vi possono essere piccoli piedini per evitare che il fondo
vada a contatto diretto con il lenzuolo di sotto.

Scaldino in metallo, parte superiore e inferiore Scaldino in


terracotta

Scaldino con la monaca o il prete.

Lo scaldino in terracotta era denominato


caldano; quelli pi grandi, per il letto a due
piazze, erano chiamati anche gegie.

Scaldaletto, detto prete, per un Di solito erano messi nella monaca o nel
letto a due piazze prete.

Quarta parte 11
Mi ricordo
In Italia settentrionale sono chiamati mnega o pre, i nomi comunque
variavano a secondo delle zone. E attrezzo di legno, formato da due coppie di
assicelle ricurve, unite agli estremi, poste lateralmente sopra e sotto a una
"gabbia" cuboidale aperta, avente base quadra centrale ricoperta di lamiera (per
evitare bruciature provocate da eventuali fuoriuscite di faville dal braciere che vi
era posato). Teneva sollevate le coperte e permetteva al calore di diffondersi. In
tal modo si riduceva il tasso di umidit di coltri e di materassi di cui erano
pregne nella stagione invernale le case di campagna.
Si usato nelle case di campagna o delle famiglie
meno abbienti, fino agli anni '60, '70 del 1900.
Nelle abitazioni prive di impianto di
riscaldamento, con altri accorgimenti come la
borsa dell'acqua calda o il mattone riscaldato
nella stufa o nel caminetto, permetteva di
infilarsi in un letto piacevolmente tiepido anche

Scaldaletto in legno, ad igl,in stanze che d'inverno potevano essere


per letti ad una piazza. veramente gelide. Oggi stato completamente
soppiantato da scaldaletto elettrici, sopravvive
come oggetto d'arredamento d'antiquariato.

Mi ricordo il vicks vaporub


Da bambini la mamma, quando
eravamo influenzati o
raffreddati, ci spalmava il
prodotto sul petto e sulla schiena,
massaggiando dolcemente. Quindi poneva,
sopra la pomata appiccicosa, una pezzuola di
lana che, in precedenza, era stata
collocata a riscaldarsi, sul
termosifone.

Quindi a nanna, certi che il prodigioso unguento ci


avrebbe fatto fare una bella dormita, liberandoci le vie respiratorie.

Per rafforzarne lefficacia si metteva un po di unguento sotto le


narici.

Quarta parte 12
Mi ricordo

E poi cera il vicks inalante per il naso.


Soffri di raffreddore e hai il naso chiuso, intasato, respiri
attraverso la bocca, insomma, ti senti proprio gi?

E ora di alzare la testa. Inserisci la Matita Inalante nel naso e fai un respiro
profondo da ciascuna nariceOoooh, che sollievo!.

Mi ricordo..gli impiastri con i semi di


lino
Quando avevo la bronchite mia madre metteva a
bollire i semi di lino, spiaccicava la poltiglia bollita dentro a un panno
di cotone e me la metteva sul petto. Meglio il vicks vaporub!
Da http://www.edgarcayce.it/media/impiastricipolle.htm

Che cosa un impiastro?

E una massa morbida, bollente, impregnata di sostanze (come patate, semi di


lino, cipolla ecc.) sparse su un panno (lino, cotone grezzo o mussolina) da
applicare su piaghe, zone infiammate o lesioni. E cos fatto per mantenere un
caldo umido, prolungato fra i due strati del panno per alleviare la congestione e
il dolore, per accelerare la suppurazione e per stimolare lassorbimento di
prodotti infiammatori, agendo come un revulsivo o antisettico. La presenza del
caldo aiuta a far assorbire le sostanze medicinali dalla pelle.

Medicamento a base di resine, cere etc... che si applica sulla parte malata

Sinonimo: cataplasma: impiastro di semi di lino.

Familiare: Pasticcio, guaio: Hai combinato un bell'impiastro!

Figurativo: Lavoro mal fatto, oggetto che non funziona: quell'impiastro di


lampada; persona maldestra, fastidiosa, anche con valore.

Scherzoso: Sei proprio un bell'impiastro.

Quarta parte 13
Mi ricordo
Mi ricordo..le palline ( biglie)
Giocare con le palline, ci procurava un gran
divertimento.

Le prime di cui ho ricordo erano di


terracotta poi vennero quelle di vetro. Un
gioco che mi piaceva molto era: palmo o
ciccato . Si giocava in due, in genere in
casa perch occorrevano superfici lisce.

Uno tirava una pallina e laltro, se col suo tiro si avvicinava ad una
distanza di un palmo della mano, guadagnava un punto; se era tanto
bravo da colpire la pallina (ciccato), i punti erano tree cos via.

Oppure a buchette; se riuscivi a forza di cricchi a far entrare la


pallina nella buca, avevi diritto a un altro tiro, fino al traguardo di
dieci buchette .

Al mare si costruivano, con la sabbia, delle piste che le palline, a


colpi di cricchi percorrevano veloci sino al traguardo.

DA: http://www.agaverona.it/files/tocati/scuola/piazza_bambini.pdf

Con le biglie si giocava nell'antica Grecia e nell'antica Roma, cos come


racconta Ovidio nel poema a lui attribuito e intitolato Nux. Un'altra
testimonianza ci viene da Marziale il quale scrive: "Gi triste lo scolaro ha
lasciato le noci / dietro agli schiamazzi del maestro", e ci racconta dell'utilizzo,
oltre alle biglie propriamente dette, di sassolini, noci e noccioli, fave secche e
astragali. I giochi con le biglie erano, di fatto, cos diffusi e praticati che
l'espressione "lasciare il tempo delle noci "divenne sinonimo di abbandono
dell'infanzia. Svetonio ci racconta come i giochi con le biglie, fossero praticati
anche dagli adulti in occasione delle feste, con regole e schemi di gioco piuttosto
complessi.
I bambini inglesi parlano delle biglie, secondo le diverse variet, dalle
commoneys, le comuni, le <inferiori>, fino alle alleys-biglie dalabastro-tra cui
le pi quotate sono quelle <di sangue> cio quelle di un bianco purissimo, venato
di rosso. I bimbi americani le chiamano: kabolas, steelies, jumbos, milkies,
peewees, secondo il formato, dalle pi grandi alle pi piccole. Ancora oggi nel
mondo anglosassone questi giochi sono largamente praticati da persone di tutte
le et con regolamenti a stampa infarciti da una complicata terminologia
tecnica.

Quarta parte 14
Mi ricordo

Mi ricordo le.collezioni di figurine

Si collezionavano le figurine e si facevano gli scambi di quelle


doppie. ce lho, ce lho,
mamanca, mamanca (tutta una
parola).

Si andava a scuola con il


pacchetto delle figurine doppie
legate con un elastico, per fare gli
scambi.

Si giocava facendo cadere le


figurine da una certa altezza.

Se una di queste, arrivata a terra copriva, anche in piccola parte,


una al suolo, si vinceva.

La passione per le figurine stata molto profonda e diffusa, negli anni


precedenti il secondo dopoguerra, quando era rara la carta stampata a colori.

Sicuramente la maggior diffusione di questo gioco da mettere in relazione con


lalbum figurine dei calciatori messe sul mercato dalla Panini agli inizi degli
anni sessanta, anche se figurine di altro tipo e di altre ditte cerano anche prima
(figurine Liebig diffuse dal 1872, figurine Buitoni Perugina dal 1934) e hanno
fatto divertire moltissimi ragazzi. Alcune figurine erano inserite nella confezione
di prodotti vari (generi alimentari, detersivi ecc.); altre figurine confezionate in
buste, sono in vendita alle edicole. Servono per completare un album il quale
viene a costituire un libro illustrato.

Approfittando della relativa rigidit della figurina (il supporto in cartoncino, o


carta robusta, pesante) e del fatto di poter sfruttare le facciate diverse si possono
fare molti giochi, che richiedono abilit e fortuna mettendo in palio le proprie
figurine, con lintento di alleggerire il mazzo di figurine dellavversario a
favore del proprio.

Quarta parte 15
Mi ricordo
Mi ricordo..i coperchini
I tappi a corona delle bibite potevano ospitare i
ritratti dei campioni di ciclismo tratti dalle
figurine ed erano usati come segnalini in gare
su complicati percorsi disegnati con il gesso lungo i marciapiedi e
all'interno dei cortili.
Il colpo assestato per far procedere il
"corridore" si chiamava cricco e il gioco
avanzava secondo una successione
prestabilita. Ovviamente vinceva chi tagliava
per primo il traguardo.

Da Wikipedia

Il gioco dei tappi nacque, in Italia,


nel secondo dopoguerra, in seguito alla grande
diffusione dei tappi a corona, precedentemente
quasi sconosciuti. Ogni regione, provincia, quartiere e scuola ha i propri
regolamenti e schemi, ma la sostanziale abilit consiste nel lanciare il tappo
poggiato sul piano di gara con la corona verso l'alto, mediante un colpo a scatto
delle dita (l'indice viene "caricato" prima di essere rilasciato dal pollice o
viceversa), facendo in modo che il tappo percorra la distanza voluta senza che si
capovolga. In emulazione delle corse ciclistiche, era anche diffusa l'usanza di
ritagliare dai giornali i volti dei corridori preferiti e incollarli sulla parte in
sughero, versando cera di candela fusa; in questo modo il giocatore otteneva la
personalizzazione del proprio tappo, anche aumentandone il peso e rendendolo
pi stabile e veloce.

Il nome dei tappi e dei colpi in Emilia Romagna

Nome dei tappi Nome dei colpi


Cricco, coperchino, birillo, Pinghella, pingella, pingleda,
sinalco. cricco, criccotto, puffetto, cicco,
cicchetto

Quarta parte 16
Mi ricordo

Esiste, per i veri appassionati, La Federazione Italiana Gioco Ciclo-Tappo,


nata nel 1993 per opera di Gualtiero Schiaffino, che organizza ogni anno il
Campionato Italiano di Ciclo-Tappo che si struttura in varie tappe come un vero
e proprio Giro d'Italia. (http://www.ciclotappo.it/)

Cricco
Colpo a scatto delle dita (l'indice viene "caricato" prima di
essere rilasciato dal pollice o viceversa), facendo in modo che
il tappo percorra la distanza voluta senza che si capovolga.

Il coperchino arte.
Da normale tappo a corona per chiusura di bibite si trasforma
in velocipede completo di ciclista o in auto da corsa col suo
pilota dentro[...]
Era la primavera che faceva esplodere le gare. L'inverno ci
avviliva di freddo e fumane... Ma appena i primi tepori si
rendevano disponibili erano i coperchini che apparivano, in
gare continue interrotte dai grandi che te le volevan cucar su
o dai Grandi Grandi che con banali scuse di compiti o che ti
immelnettavi ti volevano portar via dall'agone, nel momento
pi tgo che magari eri in fuga. Non capivano la bellezza
epica dello scontro, non ci arrivavano a comprendere che per
dare bene il cricco dovevi metterti quasi sdraiato per terra, in
chinino non bastava neanche, le ginocchia ben piantate nella
smalta o nella polvere, la mano sinistra salda e larga
appoggiata al suolo, il braccio destro che nella spinta
inevitabilmente strisciava per metri di marciapiede

(Francesco Guccini_ Vacca d un cane- Milano,

Feltrinelli, 1993. ISBN 88-07-01460-2

Quarta parte 17
Mi ricordo

Mi ricordo.la Maria Mellini


Un personaggio importante di qui tempi era la Maria
Mellini, la sarta che tutti i gioved veniva a lavorare di cucito. Di
lavoro ce nera tanto, soprattutto doveva rammendare gli strappi dei
pantaloni, cio gli sbraghi (o sbreghi) che noi chiamavamo sette
poich avevano quella forma, di un sette , appunto.

Quando un abito diventava stretto, si adattava per un fratello pi


piccolo. Spesso vestito e cappotto venivano girati per utilizzare la
parte ancora buona della stoffa.

La Maria Mellini era praticamente di famiglia, le eravamo affezionati,


si mostrava spesso una consigliera utile per i nostri problemi di
crescita.

Il ricordo della Maria anche simpaticamente associato ai maccheroni


con il rag perch tutti i gioved, per decenni, a pranzo, quella era la
minestra che si doveva fare: era la preferita della cara Maria.

Mi ricordo. luovo del mattino, lo


zabaione, il Vov.

I genitori e soprattutto la nonna Margherita, ritenevano che fosse


necessario, come ricostituente, bere un uovo il mattino.
Allinizio dovevo trangugiare il contenuto aspirando da un foro che
era fatto sul guscio. Mi ribellai, non mi piaceva.
Allora, per migliorarne il gusto, si metteva il tuorlo in un cucchiaio
con qualche goccia di limone.
Volendo, ma non era adatto per i bambini, si poteva aggiungere sale e
pepe (uovo allostrica).
Il massimo della bont era per lo zabaione.

Quarta parte 18
Mi ricordo
Detto anche zabaglione, un dolce a base di uova, zucchero e liquore di origine
incerta.
Una versione lo fa risalire al 1500, quando capitano di ventura emiliano
Giovanni Baglioni arriv alle porte della citt di Reggio Emilia e si accamp.
A corto di viveri, invi alcuni soldati a derubare i contadini della zona, che
trovarono solamente uova, zucchero, qualche fiasca di vino e delle erbe
aromatiche.
In mancanza d'altro fece mescolare il tutto e diede questantenato dello zabaione
ai soldati, che ne furono entusiasti.
L'uso popolare chiamava Giovanni Baglione 'Zvn Bajun' e la crema ne prese il
nome diventando prima 'zambajoun', poi zabajone e infine zabaione.
Un'altra versione indica lo zabaione come dolce tipico piemontese, il cui nome,
anticamente sambajon, deriva dal santo Giovanni di Baylon, protettore dei
pasticceri torinesi.
Esiste anche una versione veneziana, la quale fa risalire lo zabaione a una densa
bevanda proveniente dalle coste veneziane dellex Jugoslavia, chiamata
"zabaja.

Il vov, una prelibatezza.

Io ne andavo matto; la mamma doveva nascondere la bottiglia per


evitare che me lo bevessi tutto.
Il vov un liquore a base di crema duovo e marsala bianco che fu inventato a
Padova nel 1840 dal pasticciere Gian Battista Pezziol.

La produzione principale del laboratorio di Pezziol era il torrone per il quale


erano impiegate grandi quantit di albume mentre i tuorli erano scartati.

Pezziol prese a lavorare i tuorli duovo aggiungendovi il marsala e lo zucchero


creando cos il famoso liquore a base di crema di uovo.

Il liquore fu chiamato vov, un nome derivato dal termine dialettale vovi,


ovverosia uova. Oggi il vov prodotto su scala industriale nello stabilimento di
Pozzilli, in Molise, dalla Societ Italiana Liquori.

Quarta parte 19
Mi ricordo

Mi ricordo.Oliviero

Ho conosciuto Oliviero quando


frequentavo le scuole medie San
Domenico. Possedeva una latteria
allinterno di via Saragozza e la mattina
entravo nel suo negozio a prendere la focaccia per la colazione a
scuola.

Qualche tempo dopo inizi a gestire la baracchina (chiosco) dei gelati


a porta Saragozza.
Io ero cliente della gelateria Rosanna, sul viale Pepoli, a poca distanza
da Oliviero.
La compagnia che bazzicavo in quel periodo decise di frequentare
Oliviero e cos feci anchio.
Il laboratorio dove preparava i gelati era ricavato in un paio di locali
al Cassero* di porta Saragozza.
*Cassero, in architettura, indica la parte elevata di una fortificazione ad
esempio di un castello o di una cinta di mura.

Ero divenuto grande amico di Oliviero, lo apprezzavo molto.


Avevo il privilegio di poter accedere al suo laboratorio e lo osservavo
preparare i gelati.
Assistevo ammirato alle sue sperimentazioni per realizzare gusti
nuovi. In questo campo stato sicuramente un caposcuola.
Ricordo che, a fine stagione minvitava nel suo laboratorio per
regalarmi il gelato che gli sarebbe rimasto.
Oliviero era in gamba, curava le pubbliche relazioni in maniera
intelligente e si fece una numerosa clientela.

Quarta parte 20
Mi ricordo
Aveva una gran memoria e ricordava i nomi di tutti i clienti e ci che
erano soliti ordinare. Non solo, riusciva a memorizzare anche la loro
professione o la scuola che frequentavano.
Astutamente promuoveva tutti sul campo; se uno era al primo
anno di medicina Oliviero diceva: Dottore il solito?
Chi studiava Ingegneria era chiamato Architetto e cos via.
Denominava alcune sue preparazioni con il nome di quei clienti che
gli avevano dato unidea o un suggerimento.
Famoso il caff al duca , (caff con alcune qualit di gelato, in certe
proporzioni). Lidea la forn un Duca, suo cliente, che gradiva il caff
cos assemblato. Oppure metteva in lista gelati con nomi inventati,
come il gelato al fischio.
Incurios tutti! Era uno scherzoso modo di invitare i clienti a fare da
s.
Infatti, quando il gelato ordinato era pronto, Oliviero fischiava e il
cliente doveva andare a prenderlo.
Io ero goloso dei suoi zuccotti una specie di cassata a forma semi -
sferica composta di crema, panna con, al centro, ottimo cioccolato.
Ricordo che spesso mi confidavo con lui e mi dava consigli preziosi.
Un brutto giorno capit che la balla dei giardini di Porta Saragozza
facesse le botte con quella dei giardini di San Giuseppe.
Lo scontro avvenne proprio alla gelateria; ci furono danni e grande
paura per i clienti.
Io facevo parte della balla dei giardini di Porta Saragozza ma in
quella particolare occasione non ero presente, neppure Claudio.
Quando ne fui informato, mi dissociai chiaramente.
Oliviero intim a me e a Claudio, poich ci considerava ragazzi
coscienziosi, di lasciare quella compagnia, altrimenti avremmo perso
la sua amiciziae i suoi gelati.
Claudio ed io acconsentimmo.

Quarta parte 21
Mi ricordo
Mi ricordo..i giardini Margherita

In queste
due foto
originali
sono
riprodotti
la mamma
Anna e il
babbo
Carlo al
laghetto
dei
giardini
Margerita.
Siamo
negli anni
quaranta.

Per qualche anno la famiglia si trasfer in via Arienti, nei pressi del
Tribunale e quindi vicino ai giardini Margherita che cominciai a
frequentare.

Fino ai primi anni '80 nei Giardini Margherita vi era un "piccolo zoo",
una gabbia con due leoni, alcune scimmiette e un grande recinto con
cerbiatti e caprette.

Quarta parte 22
Mi ricordo
Il leone Reno (I, II, III e cos via ...) era
una delle principali attrattive*.

Reno spesso inondava i visitatori con


la sua urina (i leoni la fanno da dietro
e in modo improvviso).
Purtroppo questa brutta esperienza
capit anche a me e al mio cappotto,
che era nuovo, accidenti. Ma che puzza!!!

Me ne tornai a casa, abbattuto, ovviamente a piedi, nascondendomi


dietro agli alberi dei viali.

Avevo il terrore di incontrare qualche conoscente, peggio ancora una


ragazza.. .che figuraccia avrei fatto!

*Il periodo fascista lascia in dono ai Giardini Margherita un paio di ospiti


particolari. Nel febbraio 1939 i reduci africani della Decima Legio donarono al
segretario di partito due cuccioli di leone catturati in Dancalia, regione
dellEtiopia in cui avevano combattuto.
Per Reno e Sciascia (questa il nome italianizzato riportato sulle cronache
dellepoca) fu costruita una gabbia di fianco al gi esistente recinto dei daini (in
precedenza era vicino allo chalet), con annesso un locale coperto riscaldato per il
periodo invernale. Tutto ci senza chiedere un parere allUfficio dIgiene, il cui
medico capo fece poi presente linfelice scelta del luogo segnalando gli
inconvenienti igienici (fetore e mosche) di cui la vicina scuola avrebbe sofferto.
Non dimentichiamo che vi erano gi numerosi daini, oltre ai cavalli del vicino
campo ippico sportivo.
Reno I mor nel 1955 e fu sostituito dal giovane Reno II, donato dai Lions Club
Italiani, che and a fare compagnia a Sasha. Ancora qualche avvicendamento di
leoni e numerose cucciolate, quindi a fine anni 70 i leoni furono trasferiti in uno
zoo safari, la gabbia fu dismessa e furono tolte le sbarre che la recintavano. La
struttura rimasta in ricordo di quel periodo, e il muro stato affrescato nel
1979 con temi inerenti alla savana africana da alcuni bambini che frequentavano
il campo solare. Anche se sono passati molti anni dalla dismissione, nei modi di
dire dei frequentatori abituali del parco, la gabbia dei leoni per rimasta:
bambini scatenati si urlano il luogo dellappuntamento: ci vediamo alla
gabbia!

Quarta parte 23
Mi ricordo
Mi ricordo .. la giostra girata a mano

Il padrone era un eccentrico omino


con i baffi. Indossava sempre un
cappello ed un elegante cappotto.

Arrivava al volante di una topolino


e con gesti eleganti cominciava a
togliere le tavole di legno che
chiudevano la giostra.
Poi faceva i biglietti e dava la spinta
necessaria a far girare cavallini,
automobiline e sirenette per la gioia
dei sempre numerosi bambini.

Mi ricordo .quei cartelli per strada o


nei locali pubblici

Quarta parte 24
Mi ricordo

Questo genere di cartelli, allepoca, erano


presenti in molti locali pubblici, o per le
strade.

Anche nel ventennio si cerc di vietare.

Pare che gli italiani oltre ad essere un


popolo di poeti, santi e navigatori,
abbiano anche il moccolo facile.

I cartelli sono una spia dei difetti e delle intemperanze di una societ.
In certe epoche le pene per i trasgressori erano esemplari: tratti di
corda, fustigazione, detenzione di rigore, dopo, beninteso, il
versamento di cospicue ammende.
Oggi sono scomparsi i cartelli che vietavano di calpestare le aiuole,
di parlare al conducente sugli autobus, di schiamazzare in
prossimit di scuole, ospedali e chiese, di sputare per terra e di
bestemmiare. Non mi pare per che certi vizi e atteggiamenti
ineducati siano scomparsi.

Quarta parte 25
Mi ricordo
Il divieto di sputare per terra il tabacco da masticare aveva la sua
ragion dessere per non fare proliferare delle vecchie malattie quali
tbc e vaiolo.
Quindi, in molti locali pubblici, venivano
collocate le
sputacchiere,
specie nelle
osterie.

Da http://www.castelvetranoselinunte.it/la-sputacchiera-
2/2286/#ixzz2iMgCRSID

Comparsa in Europa e negli Stati Uniti intorno al 1840, la sputacchiera divenne


in breve tempo un oggetto di largo uso, caratteristico di luoghi pubblici come
caff, negozi, alberghi, banche, carrozze ferroviarie e qualunque altro luogo di
aggregazione (specie di adulti maschi). L'introduzione della sputacchiera fu
considerato un progresso in termini di civilt e di igiene: il ricorso a tale
recipiente serviva difatti a combattere la diffusa abitudine di
sputare saliva o tabacco su pavimenti, strade e marciapiedi. Parallelamente alla
comparsa delle sputacchiere in molte citt europee e americane furono emanati
specifici divieti di sputare se non, appunto, in tali recipienti.

Quarta parte 26
Mi ricordo

La sputacchiera, in evidenza in una sala dattesa

Capisco che si tratta di un argomento poco pulito ai giorni doggi, ma si parla


daltri tempi; quello che oggi sembra assurdo era normalissimo una volta.
Era composta da un recipiente, generalmente una cassetta di legno, bassa e
piena di segatura o di sabbia, dentro di cui si sputava; la sua invenzione risale al
1800 e la sua scomparsa, perch antigienica, avvenne intorno agli anni 50 60.
Ricordo benissimo che tutti i barbieri ne tenevano almeno una nelle loro sale da
barba, per evitare che i clienti sputassero direttamente sul pavimento. Si
vedevano spesso anche nei locali pubblici.
I maschi fumatori allora erano moltissimi. Essi incominciavano a fumare da
giovani per emanciparsi e darsi una certa importanza; da adulti diventavano
fumatori incalliti con problemi respiratori non curati e TBC, molto
contagiosa, che allora faceva strage di vite umane.
La tosse e lu scraccu (lespettorato) era la prima conseguenza; lo sputare per
terra era quasi una moda.
I ragazzi, per gioco, spesso si sfidavano a fare arrivare lo sputo il pi lontano
possibile.

Quarta parte 27
Mi ricordo

Mi ricordo..il vespasiano a Porta


Saragozza

Me lo ricordo bene poich, bazzicando spesso da quelle parti, ce ne


servivamo. Era fetido, ogni centimetro di parete era coperto da scritte
volgari. Ma noi lo utilizzavamo ugualmente perch: Quando scappa,
scappa.
Esiste ancora e pare che in citt ve ne siano funzionanti altri 6 o 7.
E utilizzato soprattutto dai tassisti ma anche da molti vecchietti .

Mi ricordo i grilli ai giardini


Margherita

Erano stranissimi mezzi di trasporto a tre ruote, con i piedi si pigiava


su una leva per avanzare. Spesso saltava la catena o capitava un altro
inconveniente e quindi si tornava dal noleggiatore che sostituiva il
mezzo. Immediatamente, nella sua attrezzata baracca, aggiustava il
grillo. Mitici!

Quarta parte 28
Mi ricordo
Ecco la loro storia tratto da:
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.10151537496161848.1073742429.215175476847&
type=3

Una vera istituzione quella dei ''GRILLI' 'dei Giardini Margherita. Generazioni
di piccoli bolognesi ci hanno fatto almeno un giro su questi strani e
inconfondibili veicoli a pedali e a tre ruote. Girano ai Giardini fin dal
dopoguerra quando Vanes Capozzi li present per la prima volta nel piazzale
Jacchia, poi li spost accanto alla gabbia dei leoni, mentre adesso si trovano
accanto alla Cabina Enel a ridosso dei viali e li gestisce il nipote, Davide
Brascaglia. Singolare personaggio: un po' giostraio, un po' atleta, un po'
pedagogo e biciclettaio.

Vive, il caso di dirlo, ai Giardini dove gestisce lattivit che ha ereditato dalla
famiglia: noleggia, appunto i "grilli". Davide cresciuto in questo posto, sua
madre lavorava l e, finita la scuola, ci passava i suoi pomeriggi. Lattivit la
avvia il nonno, Vanes Capozzi al secolo Anselmo, nel 1951. Prima noleggia auto
a pedali e bici alla palazzina Collamarini, poi, con laiuto della figlia Mirella, si
sposta dove c' la piscina vuota, infine all' ingresso di porta Castiglione,
accanto alla cabina Enel, dove il nipote ancora oggi lavora.

I "grilli" arrivavano da Reggio Emilia, progettati dallartigiano Manlio


Battilani: tricicli in ferro col sedile e volante. Brascaglia ne possiede 22, tutti con
almeno 35 anni di onorato servizio. Per tamponare l' usura del tempo e dei
materiali, li ha riprogettati, pur mantenendo lo schema base del mezzo: cos
hanno un miglior rendimento, meno faticosi, pi veloci, pi divertenti.

Per Brascaglia i "grilli" diventano un mestiere nel 1985, e allepoca non ha


ancora ventanni. Da allora lo trovi tutti i giorni ai Giardini, sempre aperto, con
lunica eccezione da novembre a febbraio quando chiude durante la settimana.

I bambini lo conoscono bene; lui impartisce regole e tariffe: 10 minuti sui "grilli"
costano 3,50 euro, il gettone per l' auto costa 1 euro.

I pi piccoli vengono accompagnati dai genitori, i pi grandicelli, quelli che sui


"grilli" ci tornano dopo averli snobbati fra i 10 e i 13 anni, ci salgono con
sufficienza ma grande goduria. Sono buoni per tutte le stagioni, basta non
superare il metro e 80 d' altezza. I "grilli" piacciono perch sono elementari: sono
il primo veicolo con volante in cui si applicano le leggi della fisica. Se non freni
in tempo ti schianti, se non guardi dove vai sbatti.

Quarta parte 29
Mi ricordo

Mi ricordo .le iniezioni con le siringhe


di vetro

Le iniezioni si facevano con le siringhe di vetro. Per disinfettarle si


mettevano in un apposito bollitore. Mi ricordo la prima puntura che
mi fece il babbo, era di pennicilina.Il pap era pi spaventato di
me.per trovare la posizione migliore mise un ginocchio sul letto
ma non si accorse che sotto cera la mia gamba..che male! Ma almeno
non sentii il dolore della la puntura.Ero terrorizzato da quello che si
diceva circa il pericolo che si correva se si spezzava lago: questo
entrava nel corpo, girava, girava fino a raggiungere il cuore e..

..zac, morivi.

Mi ricordo ..il lucchetto al telefono

Esasperato dalle bollette del telefono troppo salate,


il pap mise il lucchetto.

Allora il gestore mi pare si chiamasse Timo.

Quarta parte 30
Mi ricordo

Mi ricordo.i cof

Che goduria leccarsi il cof, quello alla menta poi!

Ne andavo matto.

In assoluto il pi grande divoratore di Cof era


Alfonso che, mi ricordo, quando andavamo al
cinema, ne prendeva sei o sette, li deponeva sul

grembo e se li mangiava tutti, uno


dopo laltro.

Quella era la sua misura!

Nel frattempo io mi
centellinavo il mio, unico,
ghiacciolo.

Di seguito riporto un poco della storia del COF tratto da:


http://www.facebook.com/photo.php?fbid=189730861083786&set=pu.113113938745479&type=1&theater

Fonti varie & Fb group: "Non era estete senza il ghiacciolo COF.

Cavazzoni Orlando e Fratello da qui l'acronimo che ha dato il nome al mitico


ghiacciolo.
La storia di questa ditta inizi nel 1952 in via Lame, dove Orlando insieme al
fratello Secondo, detto Nando e a Verino Montecchi (compagno di Nando
durante la guerra d'Africa) in un piccolo laboratorio diedero il via al sogno e alla
scommessa di produrre e commercializzare il ghiacciolo, un prodotto nuovo che i
bolognesi ancora non conoscevano e di cui diffidavano.

Quarta parte 31
Mi ricordo

Sono anni di duro lavoro, i ghiaccioli venivano prodotti completamente a mano


senza l'ausilio di macchinari: colati negli stampi uno a uno usando una brocca,
congelati in armadi frigoriferi a ghiaccio secco, insacchettati a mano e
consegnati usando motofurgoni Ape. Il bilancio al termine della prima estate
non fu esattamente quello di un successo. Ma Verino e la moglie insistettero per
provare ancora l'anno seguente quando ebbero la felice idea dello stecco premio:
ogni dodici ghiaccioli ce n'era uno vincente che dava diritto a riceverne uno
omaggio: quest'idea permise alla COF di chiudere in pareggio la stagione e di
continuare con la produzione. Il '54 fu l'anno del boom delle vendite, il '55
richiese il trasferimento in una sede pi spaziosa.

Gli anni si susseguirono con successi commerciali via via crescenti e migliorie
alle tecniche di produzione che venivano elaborate durante l'inverno.
Il 1980 richiese un nuovo ampliamento di sede e la produzione di ghiaccioli era
arrivata a 122000 al giorno e occorreva lavorare anche 24 ore su 24.

Verso la fine degli anni '80 anche a causa delle difficolt nel reperimento del
personale stagionale si decise che il 1991 sarebbe stato l'ultimo anno di attivit e
fu anche quella un'estate di grande lavoro portato avanti con la stessa cura e lo
stesso impegno del primo anno.
Questo era il COF: cura, dedizione, qualit, passione... in una parola: amore.

Questa una tra le tante storie veramente esemplari di Bologna e dei bolognesi e
delle qualit migliori della nostra citt e della nostra gente.

Quarta parte 32
Mi ricordo
Mi ricordo.la prima festa da ballo

Andai alla mia prima festa da ballo a


quattordici anni (1957).

Con gli amici avevamo affittato, in


via San Felice, una grande sala.

Il giradischi suonava
ininterrottamente il successo del
momento, Diana cantato da Paul
Anka*.

Pi che al ballo ci interessammo


soprattutto di riuscire a limonare.

Nella sala cerano ampi tendoni idonei


a tenere le coppiette fuori dalla vista.

Eravamo alle prime armi e cercavamo


di imparare in frettale ragazze non
si tiravano indietro!

Ci esercitavamo principalmente nella pratica del bacio,


sperimentando i vari metodi di cui avevamo sentito parlare: alla
francese, allesckimese, succhialabbra, mordicchiato, a stampo ecc.
Provavamo anche le diverse tecniche dei baci sul collo o vicini
allorecchio.
Il bacio sul collo, detto succhiotto, era un bacio pericoloso poich era
s molto gradito, ma lasciava segni evidenti che poi era difficile da
camuffare.
Le ragazze ricorrevano al fondotinta o lo nascondevano con i capelli,
se lunghi.
Pi difficile per noi ragazzi poter nascondere quelle macchie
rosse/violacee.

Quarta parte 33
Mi ricordo
Nella penombra si scrutava il partner per cogliere sul volto il giudizio
riguardante la prestazione.
I baci che andavano per la maggiore erano quelli dati sulla bocca,
alla francese.
Potevano essere LB ( lingua in bocca ) o senza LB se la ragazzina era
timida o inesperta.

In seguito cominciammo a frequentare le feste private: le seggiole


della sala erano addossate al muro per fare spazio.
Quasi nessuno tra noi sapeva danzare e quindi il ballo prevalente era
il facile lento detto anche ballo della mattonella perch la coppia
stava quasi ferma sulla pista facendo piccoli passi in senso rotatorio
cos da impegnare una piccola superficie (lequivalente di una
mattonella).
Questo tipo di ballo ci piaceva perch si stava stretti stretti.

Le femmine erano sempre in numero inferiore rispetto ai maschi.

Si escogit allora il gioco della spazzola.

Per scambiare la ragazza si consegnava una spazzola al ballerino che


era costretto a cederti la dama.ma poco dopo si ripresentava, ti
restituiva la spazzola riprendendosi la ragazza!

Ma che gioco scemo!

*Paul Anka un cantautore libanese-canadese (oggi cittadino statunitense)


che scrisse diana nel 1957 quando aveva soltanto sedici anni (e gi questo
un bel record).

Seguirono altri numerosi successi ma quella canzone mi rimasta nel


cuore.

Quarta parte 34
Mi ricordo

Mi ricordo il barbiere Tonino

Quando abitavamo in via Risorgimento, andavamo dal barbiere in


Saragozza. Il proprietario aveva alle sue dipendenze, tra gli altri, un
giovane, bravissimo figaro di nome Tonino.

Al bisogno, quando eravamo in pi fratelli ad aver necessit di una


sistemata ai capelli, veniva con i suoi strumenti a casa nostra.

Quando andavo al negozio io, come tanti altri, pretendevo che fosse
lui a farmi i capelli perch era simpatico, abile e conosceva i tagli
moderni.

Queste richieste mettevano in crisi lorganizzazione del locale poich


i colleghi di Tonino rimanevano a riposo forzato.

Sorsero problemi nei rapporti col proprietario.

Tonino allora, con grande coraggio, rilev un piccolo locale, sempre


in Saragozza e si mise in proprio.

Molti clienti lo seguirono, ne conquist altri e cominci cos il suo


successo e la sua fortuna.

Eravamo molto in confidenza e ricordo che in molte occasioni mi


diede utili consigli.

Era lui che mi regalava i calendarietti profumati con le donnine in


costume.

Quei calendarietti che mi trovarono nel portafoglio durante


unispezione alle scuole medie (episodio raccontato nella prima
parte).

Mi affezionai molto al bravo e simpatico Tonino.

Quarta parte 35
Mi ricordo

Mi ricordo.la lambretta e la vespa

Lambretta e Vespa hanno da


sempre diviso gli appassionati dello
scooter del tempo.

Cera una grande rivalit tra i


lambettisti ed i vespisti.

Era come tenere per Coppi o per


Bartali.

Il babbo mi regal una lambretta, il


mio amico Massimo aveva la vespa.
Eravamo sempre in competizione.
Gareggiavamo spesso, correndo su
per i colli.

A volte per confrontarci,


andavamo fino al mare, a tutta
velocit, stesi sul motorino per
ridurre lattritoche follie!

Tra laltro senza casco.

Ma Qualcuno, lass, ci proteggeva!

Quarta parte 36
Mi ricordo

Quando le liquerizie
costavano una lira

Tratto dal forum di:

VECCHI RICORDI DI QUANDO LE LIQUERIZIE COSTAVANO


UNA LIRA
Riportate cos, come sono scritte, compresi eventuali errori.

QUANDO LA MAMMA NASCONDEVA IL REGALO DI NATALE


SOPRA LARMADIO E NOI FINGEVAMO DI NON SAPERLO.

QUANDO CERA LABITO DELLA DOMENICA.

QUANDO NON VEDEVI LORA CHE ARRIVASSERO NATALE O


PASQUA PER INDOSSARE SCARPE E VESTITI COMPRATI PER
LOCCASIONE.

QUANDO SOPRA IL GREMBIULINO NERO CERA IL COLLETTO


BIANCO ED IL FIOCCCO AZZURRO.

QUANDO LA MERENDA SI FACEVA CON UNA FETTA DI PANE


CONDITA CON OLIO DOLIVA, SALE E FORMAGGIO E
SCALDATA NEL FORNO DELLA STUFA A LEGNA.

QUANDO TIRAVI IL CORDINO SULLA SCHIENA DELLA


BAMBOLA PER FARLE CANTARE UNA CANZONCINA.

Quarta parte 37
Mi ricordo
QUANDO ERA TEMPO DI VENDEMMIA E LODORE DEL MOSTO
ED IL RUMORE DEI TRATTORI DURAVANO PER GIORNI E
GIORNI.

QUANDO TI VENIVANO I GELONI PERCHE TI SCALDAVI LE


MANI ED I PIEDI GHIACCIATI SULLA STUFA DELLA NONNA
DOPO AVER GIOCATO CON LA NEVE NEL CORTILE.

QUANDO SALIVI SULLA GIOSTRA E SE RIUSCIVI A STRAPPARE


LA CODA DELLA SIMMIETTA FACEVI UN GIRO GRATIS.

QUANDO ATTACCAVI LE MOLLETTE PER STENDERE I PANNI


AI RAGGI DELLA BICICLETTA E FACEVA PIU RUMORE ED ERA
PIUDIVERTENTE.

QUANDO IL LATTE LO VENDEVA IL LATTAIO PORTA A


PORTA.

QUANDO LA CHIAVE SI LASCIAVA APPESA ALLA PORTA DI


CASA.

QUANDO MIA NONNA, METTEVA A BAGNO MARIA, PER


GIORNI, LA CARTA DEI QUOTIDIANI, PER FARCI POI DELLE
PALLE DI CARTA, LASCIARLE ASCIUGARE AL SOLE, PER
RISCALDARSI L'INVERNO, BRUCIANDOLE NELLA STUFA A
LEGNA.

QUANDO AL POSTO DELLE PALLINE DI PLASTICA, CON I VISI


DEI CICLISTI, GIMONDI, MERX E ADORNI, SI USAVANO I TAPPI
DI FERRO DELLE BOTTIGLIE PER GIOCARE SUI MARCIAPIEDI

QUANDO SUL PIAZZALE DELLA CHIESA GIOCAVAMO A


BATTIPALO CON IL PALLONE........... DOVEVAMO COLPIRE A
TURNO IL PALO DELL'ILLUMINAZIONE PUBBLICA CON IL
PALLONE, CHI NON CI PRENDEVA AVEVA UN PUNTO.
PERDEVA CHI ARRIVAVA A 10 PUNTI.

QUANDO UN'ESTATE HO PRESO LA 500 DI FAMIGLIA PER


FARMI UN GIRO IN CITTA'................... ERO SENZA PATENTE.

Quarta parte 38
Mi ricordo
QUANDO ANDAVO AL NEGOZIO DI MATERIALE ELETTRICO E
COMPERAVO I TUBI IN PLASTICA E IL NASTRO ISOLANTE DI
TANTI COLORI PER FARCI LE CERBOTTANE E MIO PADRE
OGNI VOLTA ME LE ROMPEVA.

QUANDO CON 4 FIAMMIFERI E UN PO CARTA STAGNOLA SI


FACEVO I RAZZETTI.

QUANDO CON I CERINI, LI APRIVO A VENTAGLIO, LI


RICHIUDEVO ATTORNO ALLA CAPOCCETTA E LI
ACCENDEVO............... FACEVANO UNA PUZZA.........

QUANDO C'ERANO I GETTONI TELEFONICI............... AVEVO


TROVATO IL VERSO DI SVUOTARE LE GETTONIERE DELLE
CABINE TELEFONICHE...........

E QUANDO METTEVO UN MOZZICONE DI SIGARETTA NELLA


FESSURA CHE RESTITUIVA LE MONETE NON SPESE, PER NON
FARLE SCENDERE E POI RIPASSAVO A PRENDERE QUELLE CHE
RIMANEVANO INCASTRATE.

QUANDO HO ORDINATO TRAMITE UN GIORNALE IL PRIMO


GIOCO ELETTRONICO "PING PONG" E DOPO AVERLO
COLLEGATO HA FUNZIONATO UN GIORNO E POI SI E' ROTTO.

QUANDO MIA MAMMA MI CORREVA DIETRO CON IL FERRO


PER FARE I MAGLIONI...

QUANDO MIA NONNA MI DICEVA............. VIENI QUA CHE HAI


QUALCHE COSA TRA I DENTI............... E MI TOGLIEVA IL
DENTE CHE DRINGOLAVA.

QUANDO IO AIUTAVO MIA MAMMA A DISFARE LA MATASSA


DI LANA E LEI CI FACEVA IL GOMITOLO..........

QUANDO CHIEDEVO AI MIEI DI FARMI LA BICICLETTA E LORO


MI RISPONDEVANO SEMPRE ................. L'ANNO
PROSSIMO............... ANCORA ME LA DEVONO FARE..........

Quarta parte 39
Mi ricordo
QUANDO A NATALE RICEVEVO I REGALI E IL 26 DICEMBRE
ERANO GIA SOPRA L'ARMADIO PERCHE ALTRIMENTI SI
ROMPEVANO.

QUANDO PER AVERE L'ACQUA FRIZZANTE USAVO LA


BUSTINA DELL'IDROLITINA E SE NON STAVI ATTENTO
FUORIUSCIVA DALLA BOTTIGLIA.

QUANDO IN GELATERIA CERCAVO SOPRA IL BANCONE LO


SCONTRINO DA RI-UTILIZZARE PER COMPERARMI IL GELATO.

QUANDO A SCUOLA SI USAVANO I COLORI A MATITA


(GIOTTO) E SI ROMPEVA SEMPRE LA PUNTA OGNI VOLTA CHE
LI AGUZZAV.I

QUANDO "DOVEVO" STUDIARE CON LA TESTA TRA LE MANI E


I GOMITI APPOGGIATI AL TAVOLO E MIA MADRE ENTRAVA
IN SALOTTO E MI DICEVA... ALMENO SPENGI LA LUCE
QUANDO DORMI.

QUANDO IL POMERIGGIO DOVEVO USCIRE DOPO CHE ERA


USCITO MIO PADRE E RIENTRARE IN CASA PRIMA CHE
RIENTRASSE LUI.

QUANDO SUL DIARIO DI SCUOLA, IN SECONDA ELEMENTARE,


HO FATTO LA FIRMA DI MIO PADRE SU UNA NOTA DELLE
SUORE..................

QUANDO ANDAVO A LETTO D'INVERNO CON LE LENZUOLA


FREDDE E MI RANNICCHIAVO SOTTO LE COPERTE PER
RISCALDARE L'ARIA.

QUANDO MIA MAMMA MI FACEVA IL BAGNO DENTRO IL


CATINO.

QUANDO ANDAVO ALLE COLONIE A CESENATICO E I MIEI


GENITORI MI VENIVANO A TROVARE...

QUANDO CON LA VECCHIA FIAT 500, CHE AVEVA IL


RISCALDAMENTO CON LA MANOPOLA SOTTO IL SEDILE

Quarta parte 40
Mi ricordo
POSTERIORE... PER AVERE UN PO DI CALDO BISOGNAVA
ASPETTARE CHE IL MOTORE SI RISCALDASSE E POI................
QUANTO PUZZAVA!

QUANDO UN GIORNO AL NEGOZIO CHE VENDEVA DI TUTTO


DALLE SIGARETTE SFUSE, LE NAZIONALI SENZA FILTRO,
QUELLE CON LA CONFEZIONE VERDE E IL VELIERO, DALLA
FRUTTA AL PANE AGLI AFFETTATI AI QUADERNI E VESTITI,
CHE NOI CHIAMAVAMO "BOTTEGA" COMPRAI UN GELATO,
DOVE SUL BASTONCINO CI POTEVA ESSERE SCRITTO "HAI
VINTO UN'ALTRO GELATO", TROVAI SCRITTO "HAI VINTO
UN'ALTRO GELATO" E SUL SECONDO BASTONCINO C'ERA
SCRITTO "HAI VINTO UN'ALTRO GELATO" E SUL TERZO
BASTONCINO C'ERA SCRITTO "HAI VINTO UN'ALTRO
GELATO"............ E LA SIGNORA NON ME NE HA DATI PIU'

QUANDO DA UN PARAPETTO DI UNA STRADA TIRAVAMO


ROTOLIDI CARTA IGIENICA.

QUANDO A SCUOLA NON ERO MAI TRA I MIGLIORI.

QUANDO VEDEVO LE PERSONE DI 50 ANNI PENSAVO.........


VECCHI CHE SONO........... LORO SONO NATI GIA COSI.'

QUANDO MENTRE ERO IN LAMBRETTA CON MIO PADRE E


STAVO SEDUTO DIETRO GLI DISSI CHE VOLEVO ANDARE IN
PIEDI DAVANTI A LUI PERCHE C'ERA UN CANE CHE CI STAVA
SEGUENDO.

QUANDO ANDAVO A CASA DI MIO CUGINO A VEDERE I


GRAN PREMI DI FORMULA UNO CHE LI DAVANO A COLORI.

QUANDO MIA MAMMA DICEVA CHE ERO IL FIGLIO PIU'


BELLO, PIU' BRAVO PIU' BUONO DEL MONDO.

QUANDO LA CENERE DELLA STUFA A LEGNA SI BUTTAVA


NELL'ORTO PER FERTILIZZARE LA TERRA.

Quarta parte 41
Mi ricordo
QUANDO CI SI RADUNAVA LA SERA E CI SI RACCONTAVANO
LE STORIE DI FANTASMI, TERRORIZZANDO I PIU' PICCOLI.

QUANDO SI ANDAVA AGIOCARE ALL'ORATORIO A PING-


PONG E A BIGLIARDINO

QUANDO DALLE CABINE TELEFONICHE SI RIUSCIVA A FARE


UN NUMERO A CASO, SBATTENDO PIU' VOLTE IL GANGIO PER
RIAPPENDERE LA CORNETTA E SBEFFEGGIARE CHI
RISPONDEVA.

QUANDO C'ERANO LE 500 FIAT CON GLI SPORTELLI CHE SI


APRIVANO CONTROVENTO E SI ASPETTAVA CHE
SCENDESSERO LE RAGAZZE CON LA GONNA PER VEDERGLI
LE GAMBE.

QUANDO SI POTEVA ANDARE IN MOTORINO SENZA CASCO E


SENTIVI L'ARIA TRA I CAPELLI.

QUANDO IL TUO VICINO TI RIMPROVERAVA E MINACCIAVA


DI DIRLO A TUO PADRE E TU TE LA FACEVI SOTTO.

QUANDO A SCUOLA CI SI ALZAVA IN PIEDI MENTRE


ENTRAVA LA MAESTRA E LE SI DAVA DEL LEI.

QUANDO LA MERENDA A SCUOLA ERA FATTA CON IL PANE E


FRITTATA...

QUANDO PER MERENDA IL POMERIGGIO MANGIAVO PANE


BAGNATO CON ACQUA E ZUCCHERO SOPRA.

QUANDO TORNAVI A CASA CON LA SCOTTATURA DELLA


MARMITTA DEL MOTORINO SUL POLPACCIO DELLA GAMBA.

QUANDO NON C'ERA BISOGNO CHE I GENITORI TI


CHIAMASSERO PIU' DI UNA VOLTA E LE DECISIONI NON SI
DISCUTEVANO

QUANDO LE SCARPE RIMANEVANO CORTE E SI TAGLIAVA LA


PUNTA, DIVENTANDO SCARPE ESTIVE.

Quarta parte 42
Mi ricordo
QUANDO ALLA TV C'ERA SOLO UN CANALE E POI ARRIVO' IL
SECONDO CANALE...

QUANDO LA TV ERA A VALVOLE E PER VEDERLA BISOGNAVA


ACCENDERLA 15 MINUTI PRIMA.

QUANDO SI SPENGEVA LA TELEVISIONE, L'IMMAGINE


SPARIVA, RIMANEDO UN PUNTINO CENTRALE CHE SVANIVA
POCO DOPO.

QUANDO ALLA TV COMPARIVA IL TRIANGOLO


LAMPEGGIANTE CHE STAVA AD INDICARE CHE NELL'ALTRO
CANALE STAVA FINENDO/INIZIANDO UN'ALTRO
PROGRAMMA.

QUANDO IN TV, ALL'INIZIO E ALLA FINE DELLE


TRASMISSIONI C'ERA LA SIGLA CON L'ANTENNA...

QUANDO IN TV C'ERA L'INTERVALLO CON IL SOTTOFONDO


DI ARPA E LE IMMAGINI DI LOCALITA'...

QUANDO CERANO LE "CLIK-CLAK" LE DUE PALLINE DI


PLASTICA LEGATE CON UN FILO CHE SI DOVEVANO FAR
SBATTERE SU E GIU VELOCEMENTE.......... QUALCUNO SI
ROMPEVA ANCHE I POLSI..............

QUANDO SOTTO I TAPPI DELLE BOTTIGLIE DI COCA-COLA SI


VINCEVANO I PREM.I

QUANDO L'AUTOVETTURA PIU' FIGA ERA IL FIAT 128 VERDE,


CON L'ANTENNA LUNGA CHE DAL DAVANTI ARRIVAVA
FINO AL POSTERIORE CON LA CODA DI CONIGLIO APPESA
SOTTO LO SPECCHIETTO RETROVISORE CON IL POMELLO DEL
CAMBIO CON LA TESTA DI TESCHIO E IL PARASOLE BLU
SOPRA IL VETRO CON SCRITTO "FIAT" E DIETRO LA MANINA
CHE FACEVA CIAO E LA SCRITTA ADESIVA DIETRO VICINO LA
TARGA CHE AL SOLE SPRIGIONAVA MILLE COLORI E I SEDILI
ANCORA RICOPERTI DI PLASTICA.

Quarta parte 43
Mi ricordo
QUANDO SI DOVEVA PAGARE IL SUPERBOLLO PER LE
AUTOVETTURE A GASOLIO E IL BOLLO SULLA PATENTE.

QUANDO............. LE BARZELLETTE CON PIERINO E I MITICI


TRE... UN FRANCESE UN TEDESCO E UN ITALIANO ...

QUANDO C'ERA LA SCHEDINA DEL TOTOCALCIO CHE IL


GESTORE DELLA RICEVITORIA CI INCOLLAVA QUELLA SPECIE
DI FRANCOBOLLONE ...

QUANDO DICEVANO CHE SALIRE SULLA PIANTA DEL FICO


ERA PERICOLOSO, PERCHE' CHI CADEVA DA QUELLA PIANTA
NON SI ALZAVA PIU' DA TERRA.

QUANDO PER FARE LA CONTA SI DICEVA COSI'........ PONTE


PONENTE PONTE PI TIPPE TAPPERUGIA, PONTE PONENTE
PONTE PI TIPPE TAPPERI...

QUANDO SI FACEVANO LE COLLEZIONI PIU' SVARIATE...........


IO FACEVO QUELLA DELLE LATTINE DELLE BIBITE ERO
ARRIVATO A FARNE PIU' DI 250 TUTTE DIVERSE................. LE
TENEVO SOPRA L'ARMADIO DELLA MIA CAMERETTA. ERANO
MESSE IN 5 FILE E OGNI TANTO A FORZA DI APRIRE E
CHIUDERE LE ANTE, QUESTE SI MUOVEVANO E ALLA FINE
CADEVANO............. CHE MUSICA MAESTRO.

QUANDO CON LA COLLA (VINAVIL) INCOLLAVO I


FIAMMIFERI CHE MIA MAMMA UTILIZZAVA PER ACCENDERE
IL GAS (CON LA BOMBOLA NATURALMENTE) CHE FINIVA
SEMPRE QUANDO TI SERVIVA, E CI COSTRUIVO I FORTINI PER
I SOLDATINI, CON LE TORRETTE E LE PALIZZATE. LA COSA
CHE PIU' GRANDE CHE FECI CON I FIAMMIFERI, FU LO STADIO
DI PERUGIA, CON TUTTE LE GRADINATE, LE SCALE PER
SALIRE SU E LA TRIBUNA COPERTA FATTA IN ACCIAIO.
L'AVEVO ANCHE DIPINTO.......................

QUANDO A SCUOLA CON LE MOLLETTE DI LEGNO, QUELLE


PER I PANNI, LE MAESTRE CI HANNO FATTO FARE UN

Quarta parte 44
Mi ricordo
SOTTOPENTOLE. HO VISTO CHE E' ANCORA UNA MODA IN
USO...............

QUANDO A NATALE, ERO IN SECONDA ELEMENTARE, CI


FECERO SCRIVERE LA LETTERINA A BABBO NATALE E POI
TUTTE INSIEME VENNERO BRUCIATE IN UN BRACERE NEL
CORTILE DELLA SCUOLA, PER SPEDIRLE IN CIELO...

QUANDO GIOCAVO CON LE COSTRUZIONI A MATTONCINI


ROSSI, E C'ERANO PURE LE FINESTRE E LE PERSIANE
VERDI.................

QUANDO POI C'ERA IL GIOCO CON I CHIODINI COLORATI, LA


TAVOLA BUCATA E I DISEGNI DA RICOPIARE.

QUANDO DENTRO AI PACCHETTI DELLE FIGURINE DEI


CALCIATORI, PRIMA CHE LE FACESSERO TUTTE ADESIVE, SI
TROVAVANO "LE CELLINE" CHE ERANO PICCOLI PEZZETTI
BIADESIVI DA UTILIZZARE PER ATTACCARE LE FIGURINE
NELL'ALBUM.

QUANDO ANDARE A DORMIRE NEL LETTONE DEI GENITORI


ERA UNA COSA MERAVIGLIOSA.

QUANDO INVENTAVO GLI ALFABETI SEGRETI PER SCRIVERE


"COSE SEGRETE".

QUANDO I PROBLEMI LI RISOLVEVANO I GENITORI.

QUANDO................ C'HAI CREDUTO, TESTA DI VELLUTO ..........


PAPPAPPERO .......

QUANDO IN TV ERANO MEGLIO I CARTONI ANIMATI CHE LA


POLITICA.

QUANDO GIOCAVAMO AL GIRO D'ITALIA DISEGNANDOLO


COL GESSO SULLA STRADA E I CORRIDORI ERANO I TAPPINI
DELLE BIBITE.

Quarta parte 45
Mi ricordo
QUANDO ANDAVO A COMPERARE I LIBRI PER LA SCUOLA E
L'ODORE DEL NUOVO MI NAUSEAVA

QUANDO, TI ACCORGEVI CHE ERA DOMENICA, PERCHE? A


FINE PRANZO C'ERANO SEMPRE LE PASTE

QUANDO, CON LE FIGURINE DEI CALCIATORI GIOCAVI A CHI


LA LANCIAVA PIU' LONTANO.

QUANDO A CARNEVALE SI USAVA L'INCHIOSTRO SIMPATICO


PER FARE GLI SCHERZI CHE SCOMPARIVA POCO DOPO
AVERLO GETTATO SUI VESTITI E UN GIORNO HO SOSTITUITO
L'INCHIOSTRO SIMPATICO CON L'INCHIOSTRO BLU DI CHINA
E HO LASCIATO LA BOCCETTA NELLE SCALE DELLA
SCUOLA........... QUALCUNO LO ADOPERO' PER FARE LO
SCHERZO.

QUANDO GUARDAVAMO LE COMMEDIE IN TV E CI SI


RIUNIVA TUTTI LA SERA DOPO CENA ED ERA UNA FESTA PER
TUTTA LA FAMIGLIA.

QUANDO SI CONSERVAVA IL PANE VECCHIO PER PORTARLO


AL POLLAIO, CHE CI DAVA LE UOVA AL POLLAIO SERVIVA IL
PANE PER LE GALLINE, A NOI SERVIVANO LE UOVA.

QUANDO IL GELATAIO GIRAVA PER I QUARTIERI COL SUO


TRICICLO A PEDALI.

QUANDO........... C'ERANO IN CIRCOLAZIONE I MINI ASSEGNI


CHE PIAN PIANO DIVENTAVANO CARTA STRACCIA.

QUANDO ENTRARONO IN CIRCOLAZIONE LE MINIMONETE


DA 50 E 100 .

QUANDO ALL'ANGOLO DELLA STRADA C'ERA LA


VECCHIETTA COL SUO BANCHETTO CHE VENDEVA
CARAMELLE, INVOLTI DI CARTA CON SORPRESA, PESCIOLINI

Quarta parte 46
Mi ricordo
DI LIQUIRIZIA, MENTINE E FAVE ABBRUSTOLITE E LE FUSAJE
(LUPINI) IN CARTOCCIO CON LA SPOLVERATA DI SALE.........

QUANDO SI GIOCAVA NEL CORTILE E LA MAMMA CI


CHIAMAVA PER IL PRANZO BATTENDO IL CUCCHIAIO SULLA
PENTOLA.

QUANDO LA DOMENICA CI SI ALZAVA TARDI CON IL


PROFUMO DEI MANICARETTI PREPARATI DALLA MAMMA.

QUANDO MI ESERCITAVO ORE E ORE A SCRIVERE IN BELLA


CALLIGRAFIA PER SENTIRMI DIRE DALLA MAESTRA DAVANTI
A TUTTA LA CLASSE . SEI STATA BRAVISSIMA!

Noi che da cinni mangiavamo i


burdigoni di liquirizia

I burdigoni, in
dialetto
bolognese, sono
gli scarafaggi.
Scarrafoni in
campania,
bacarozzi a
Roma

Quarta parte 47
Mi ricordo
Cinni, fangen zoppo galletto, palline, luna, palmo e ciccato, bandessa,
scatola dei bottoni, strega impalata, Cinni, fangen Cinni, fangen
fionlapis,malta,materassaiaCinni, fangen zoppo galletto, palline,
luna, palmo eQUANTE PAROLE
ciccato, bandessa, NEI
scatola dei MIEI
bottoni, strega impalata,
fionda, lapis,malta,materassaia,via santisaia 90, odore di soffritto,
RICORDI
zavaglio acqua di vissi, ambarabciccicocc maisuda, Cinni, fangen
biascianot, piscialetto, castagnole, quadriletti, brusca, Cinni, fangen
bussolotti, cof, hulahoop, calamaio, colla midina, cortellino, crociera,
cannetta, penitenza, spintoni,biscia,discolo, lapis, birichino, paghetta,
dondolo, dottrina,peccati veniali e mortali, bugie, lupini, castagnole,
fontanina, elasticini, burdughoni, o malta, materassaia, via santisaia
90, mangiar quella minestra o saltar dalla finestra malta,
materassaia,via santisaia 90, cof, hulahoop, calamaio, cof, hulahoop,
calamaio, smataflone, clistere, rim, rusticani, maglia pesante, olio di
fegato di merluzzo, giardini,gavetta, cestino, grembiule, Cinni,
bandessa, scatola dei bottoni, strega impalata,malta,materassaia,via
santisaia fangen zoppo galletto, palline, luna, palmo e ciccato,
bandessa, scatola dei bottoni, strega impalata,malta,materassaia,via
santisaia 90, odore di soffritto, zavaglio acqua di vissi, bandessa,
scatola dei bottoni, strega impalata,malta,materassaia,via santisaia
ambarabciccicocc maisuda, biascianot, piscialetto, castagnole,
quadriletti, brusca, bussolotti, cof, hulahoop, calamaio, colla midina,
cortellino, crociera, cannetta, penitenza, spintoni,biscia,discolo, lapis,
birichino, paghetta, dondolo, dottrina,peccati veniali e mortali, bugie,
lupini, castagnole, fontanina, elasticini, burdughoni, o malta,
materassaia, via santisaia 90, mangiar quella minestra o saltar dalla
finestra malta, materassaia,via santisaia 90, cof, hulahoop, calamaio,
cof, hulahoop, calamaio, smataflone, clistere, rim, rusticani, maglia
pesante, olio di fegato di merluzzo, giardini,gavetta, cestino,
grembiule, Cinni, fangen zoppo galletto, palline, luna, palmo e
ciccato, bandessa, scatola dei bottoni, strega bandessa, scatola dei
bottoni, strega impalata,malta,materassaia,via santisaia
dottrina,peccati veniali e mortali dottrina,peccati veniali e mortali
dottrina,peccati veniali e mortali impalata,malta,materassaia,via
santisaia 90, cof, hulahoop, calamaio, cof, hulahoop, calamaio,

Quarta parte 48
Mi ricordo

Quando ho cominciato a cercare il significato delle parole e dei modi


di dire tipici bolognesi, quelli che pi mi ricordano il mio tempo
passato, mi sono imbattuto in una grande quantit di risultati.

Molte parole ed espressioni sono in voga tuttora. Poich la loro


lettura mi ha procurato un grande divertimento, ho pensato di
raccoglierne il pi possibile con la speranza che porti, a chi li legger,
lo stesso gradimento che ha procurato a me. In internet ho scovato
moltissimo materiale. E quindi ho attinto a piene mani dai tanti siti.
Quindi copia e incolla, senza apportare modifiche. Ho solo cercato
di mettere il tutto in ordine alfabetico.
Ho voluto personalizzare il lavoro inserendo note, richiami.
In alcuni casi ho rintracciato aneddoti, ho fatto approfondimenti.
Sono state molto utili le informazioni che mi hanno fornito Graziana
e Rudy durante le piacevoli chiacchierate che facevamo nelle calde
sere destate, al Camping Spina.

Quarta parte 49
Mi ricordo
Loro sono di Castel Guelfo, frazione di Medicina (Midgnna), quindi
cugini di noi bolognesi e sono indiscutibilmente competenti in
materia.
Tra laltro mi hanno affibbiato il soprannome di saraffo, in senso
buono sintende, come di persona che non si capisce bene se ci fa o
ci . Dicevano, infatti, che non si capiva mai quando scherzavo o ero
serio.
Graziana soprannominata: La contessa scalza perch annovera
tra i suoi antenati, Maria Francesca Gandolfi che spos, nel 1766, il
nobile Pietro Antonio Rusconi (siamo quindi parenti alla lontana).
Il suo portamento da aristocratica rivela, infatti, la nobilt delle sue
origini.
Ha la singolare abitudine di passeggiare spesso scalza e quando
cammina, sembra che leviti, come sospesa nellaria.alla maniera,
appunto, di una nobildonna.
Rudi una persona speciale e gli sono stati attribuiti diversi
soprannomi: frullino perch in continuo movimento, il signore
del tocco perch alle ore 12 in punto, caschi il mondo, lui si mette a
tavola. Altro soprannome il tuttologo perch, quando si conversa,
qualunque sia largomento, lui ne sa di tutto e di pi.
Una dote di entrambi, di cui beneficiamo di frequente, che sono
valentissimi cuochi.

Qui di seguito Vi mostro il calderone ove, dopo una gran


fadigata ho inserito il tutto.

Molti termini sono volgarotti, ma, per conservarne la genuinit, li


ho riportati tali e quali.

Altri sono pi di cittadinanza romagnola ma poich li conoscevo e


li utilizzavo, ho pensato di inserirli!

Quarta parte 50
Mi ricordo
Ho attinto da:
http://dammiltiro.corrieredibologna.corriere.it/2009/12/slang_bolognese_1a_puntata_a-
b.html

che a sua volta ha completato ed arricchito il

Il Codice di Bologna

Guida a luoghi, fatti e persone di una metropoli di


provincia di Danilo MasoMasotti,

Lautore dellormai celebre Umarells.

(non dialetto, ovviamente, ma 'slang')

Ma anche da:

http://www.ariafritta.it/modules.php?name

Quarta parte 51
Mi ricordo

E inoltre da:

http://bulaggna.jimdo.com/

e ancora da:

http://www.bruttastoria.it/

Quarta parte 52
Mi ricordo

Ma pure da FACEBOOK:
http://www.facebook.com/pages/Succede-solo-a-
Bologna/113113938745479

Ed infine da questo vocabolario di slang Bolognese

http://www.zonapep.com/slang.pdf

Quarta parte 53
Mi ricordo

ALTRO?: tipica domanda del salumiere quando ti prepara letto di


prosciutto che gli hai richiesto. Altro? sta a significare occorre
qualcosaltro? Nel caso in cui non occorra nientaltro basta
rispondere altro, oppure si prosegue con lordinazione.

A BALUS: un tempo si associava anche a COL BLUES... significa


molto bene, benissimo. Ormai in disuso, usata soprattutto dai
40/50enni. "Com andato quell'affare che avevi intrapreso"? "A
balus, ho concluso io il tutto e mi andata di lusso "

ABASTA: derivazione dialettale per definire abbastanza, a


sufficienza: "Ne vuoi ancora?" ... "No grazie, ne ho abasta".

ABBIOCCARSI: avere la biocca, una gran stanchezza.

Quarta parte 54
Mi ricordo
ALLA CAZZO DI CANE: alla carlona, pressappoco, mal fatto.

ALLA GRANDE: benonequel lavoro va alla grande.

ALLA VECCHIA: abbreviazione di "alla vecchia maniera" ovvero


senza pretese, senza fronzoli. "Oh regaz, stasera ci troviamo da me,
facciamo un po' di balotta e diciamo a mia madre di cucinare
qualcosa alla vecchia".

ALLORA POI ?: saperlo prima...

ALLUPATO: sessualmente affamato, affetto da tempesta ormonale.

ALTARINI*: fare cose in segreto, fare delle marachelle.

Scoprire gli altarini*: svelare le altrui magagne o malefatte.


*La sua origine: Le chiese di campagna erano spesso povere. Non volendo
rinunciare ad onorare certe occasioni, si doveva scoprire uno degli altari per
poter addobbarne un altro sfarzosamente; ci comportava la conseguenza di
mostrare i difetti ed i guasti nascosti dai paramenti.

Lespressione che in senso figurato significa scoprire segreti e marachelle di


qualcuno, un modo di dire che deriva dalla liturgia cristiana della Settimana
santa, quando altare, tabernacolo e immagini sacre vengono coperti con panni
viola in segno di lutto. I panni sono poi tolti allannuncio della Resurrezione,
rivelando la Verit, ci che era tenuto nascosto..

Dal Corriere della sera - Ivana Palomba Sabato, 20 Novembre 2010

La spiegazione dell'espressione "scoprire gli altarini", molto frequente nel nostro lessico,
spesso confusa con un altro modo di dire simile: "Scoprire un altare per ricoprirne un
altro" (equivalente in francese: "Dcouvrir St. Pierre pour couvrir St. Paul") dal
significato di "fare un debito per pagarne un altro, scoprire nel tentativo di nascondere
una magagna, una colpa pi grave o cercare di rimediare a un inconveniente senza
risolvere il problema" che ha origine molto probabilmente dal fatto che abitualmente nelle
chiese si abbellisce un altare a spese di un altro (Lapucci e Diz. della Crusca, 1829, pag.
580). Invece la locuzione proposta dal nostro Cimino, dal significato di rivelare,
manifestare cose che altri vorrebbero tenere nascoste come uno scheletro nell'armadio ha
un'origine molto antica legata al simbolismo di segretezza della rosa. Alcuni fanno
risalire questo simbolismo all'usanza di coronarsi di rose nei culti di Dionisio, dio
dell'ebbrezza, perch si riteneva che avessero la virt di calmare i bollori del vino e
aiutassero gli ubriachi a non rivelare i loro segreti.

Quarta parte 55
Mi ricordo
Altri a Cupido, dio dell'amore, che offr la prima rosa al dio del silenzio Arpocrate che in
cambio gli promise di non rivelare mai il segreto degli amanti.

Pi prosaicamente il simbolo della riservatezza, la rosa lo deve alla sua forma a petali
sovrapposti in modo concentrico raccolti intorno ad un bocciolo centrale che non si
schiude mai del tutto, quasi uno scrigno inviolabile. Questo simbolismo fu assurto dalle
societ segrete, infatti, molte di esse hanno come emblema una rosa: i Templari, la
massoneria, la Santa Vehme, la fraternit dei Rosacroce. L'antica usanza poi di porre un
mazzo di rose dove il contenuto delle conversazioni doveva essere tenuto segreto ha dato
origine al modo di dire: "dcouvrir le pot aux rose", cio "scoprire gli altari o altarini"
(Giuseppe Filippi Barbieri, Petit trsor de la langue franaise et de la langue italienne,
1821, Pag. 132)

Curiosit: Gli antichi romani avevano l'abitudine di mettere una rosa sulla tovaglia per
rammemorare ai convitati che tutto ci che veniva detto durante i pasti doveva rimanere
"sub rosa" sotto il sigillo del silenzio e della discrezione e rose a cinque petali racchiuse in
un nimbo venivano scolpite con il medesimo significato nei confessionali e nelle
decorazioni delle sale.

ANDAR GIU' DI SPARARDELLO: Si dice di un individuo che non


ha peli sulla lingua, cio che dice tutto il "Rusco e Brusco"(vedi) in
faccia. "Ieri ho litigato con mio marito e ti giuro son andata gi di
sparardello e gli ho detto il rusco e brusco di ci che penso di lui"

ANDARE A JESI: variazione (stesso significato ma se chiedi a


qualsiasi persona dov Jesi non te lo sa dire di preciso quindi un
po' pi in l del rusco che si trova sotto casa)

ANDARE A MANETTA: Espressione con lo stesso significato di A


stecca, di cui una naturale evoluzione. Con larrivo dei quattordici
anni e del motorino, infatti, soprattutto nei gruppi composti
prevalentemente da maschi- la potenza massima rappresentata
dallimmagine della manopola (=manetta) dellacceleratore del
motorino girata al massimo.

ANDARE A RUSCO: un modo per mandare a quel paese qualcuno


in senso dispregiativo (rusco =pattume) andare a rusco cio vagare in
cerca di qualcosa che non vale nulla, appunto l'immondizia.

Quarta parte 56
Mi ricordo
ARRABBIATO: spesso usato come rafforzativo all'interno di una
frase: "Oh, quel ristorante caro arrabbiato.

AVERNE: possederne. Magari averne di quattrini!

BURAZZ: storpiatura di buratto, una tela a trama larga usata in


antichit come setaccio per la crusca.

BABBIONA: donna di avanzata eta' spesso impanterata o impitonata


(vedi) che si trova nelle discoteche o nei locali frequentati da giovani.
" Oh ragaz, ma chi e' quella Babiona? sembra mia madre!". (si
pronuncia con una b sola)

BABUSSA: (da babossa): mento pronunciato.

BACCAGLIARE (bacajr): parlare a vanvera, oppure parlare molto.


"Soccmel se baccaglia lui la', sembra una radio!" oppure " Smettila di
fare sti baccagli perch non ne posso piu' ".

BADILE/I: dicasi mani grandi. "Oh hai visto Morandi che due badili
che c'ha...non saran mica due mani.."

BAGAGLIO (anche "zavaglio"): sostantivo che pu indicare


indifferentemente qualsiasi oggetto (o persona) con accezione
negativa. Definisce sinteticamente la condizione di attrezzo inutile il
cui unico attributo di possedere un peso senza, nonostante tutto,
svolgere correttamente la propria funzione. "Cos' quel bagaglio l?"
oppure "lui l e' un gran bagaglio"o ancora "lo butto sto zavaglio
qui?o ti serve?

BAGGIANO: (BAGIANO) Sinonimo di stupido, fessacchiotto.

BAGIGIA: Nocciolina americana, arachide. " Oh regaz avete


comprato le bagigie per l'ultimo dell'anno?"

Quarta parte 57
Mi ricordo
BAIOCCHI: soldi

BAGONGHI: termine di origine incerta, forse il nome senza forse di


un clown del circo. E' da riferirsi a persona di piccola statura grassa
e/o goffa, con un'andatura ondeggiante.

BALADUR: ballatoio, locale da ballo.

BALLA: parola con vari significati, da ubriacatura (ha preso una gran
balla), gruppo di persone (quello della balla di porta Saragozza), a
bugia (dai questa una gran balla)

BALLOTTINO: significa imbrogliare, barare durante un gioco. "Non


fare il furbo! Ti ho visto che hai fatto i balottini!!"

BALOTTA: Notevole concentrazione di persone in un dato sito. A


volte pu indicare anche la propria compagnia di amici. "Gran
Balotta c' stasera" sar l'affermazione del giovane bolognese
constatando la coda kilometrica per entrare al Ruvido...(locale noto
per la coda all'ingresso).

BANCATA: un sacco di botte: Il mio vecchio mi ha dato una gran


bancata . Banch deriva dal fatto che le punizioni di una volta
sinfliggevano con il reo steso su un banco.

BARATTOLO: lattina. Come la vuole la cocacola, in barattolo?

BARCA: amore passeggero, cotta. Mi sono preso una gran barca per
quella squinzietta l (vedi imbarcarsi).

BARCAIOLO: abitante del quartiere barca.

BARUSLA: cos viene chiamato, il residuo (di unto, di cibo) che si


forma, ai lati della bocca, quando si mangia

BARZOTTO: Erezione parziale.

BASTIANAZZO: persona grande e grossa.

Quarta parte 58
Mi ricordo
BATEDO: letteralmente equivalente alla locuzione "una gran
quantit di botte". Il termine, pur nella sua sinteticit estrema,
esprime con disarmante successo l'immagine onomatopeica del
tamburellare incessante di qualcosa che si abbatte senza concedere
tregua alcuna. "Ho preso un batedo d'acqua!" esclamer
correttamente l'ignaro cicloturista appena rincasato fradicio dopo
l'ennesima bizza metereologica di queste mezze stagioni ritornate
prepotentemente di moda. Alcuni il "batedo" l'hanno invece
riscontrato personalmente nelle risse davanti al famoso locale
notturno bolognese Matis.
"Ho preso un gran batedo", mi hanno picchiato.

BATTELLO: come batedo ma piu' italianizzato.

BATTERO, batterista, alcuni dicono BATTERAIO.

BAZOCCO, BARZOTTO: erezione parziale.

BAZURLONE: sventato, babbeo, persona grossolana nei modi di fare


e di parlare.

BAZZA: affare, intrallazzo.

BECCAMORTO: dispregiativo di becchino. Usato per indicare


persone negative portatrici di sfortuna.

BECCARSI: sorbirsi, vedersi, prendersi. Beccarsi un brutto voto, un


brutto film ecc..

BECCOTTO: puntura dinsetto (deriva dal becco appuntito).

"Ho preso un beccotto da un'ape".

BEGA: Seccatura. Questa qui una gran bega.

BELA: usato come un saluto appena si raggiunge la balotta

Quarta parte 59
Mi ricordo
BELLA VECCHIO!: tipica espressione per salutare un vecchio amico
o amica (VECCHIA) o amici (VEZ).

BEPPE MANIGLIA: Mitico personaggio di Bologna, era possibile


tempo fa vederlo in canottiera a dicembre con la neve in piazza
Maggiore a suonare per i passanti. Mitico!!

BELLA : (soggetto) = desinenza di saluto amichevole generalmente


utilizzata tra persone che si conoscono. Esempi: "Bella Walter, come
stai?", "Oh, bella te, come va?".

BERTA: bella ragazza. Lei l una gran berta.

BERTOCCO/A: cuffia o cappello assurdo. Quando la cuffia assume


connotati ridicoli, il bertocco diventa bertocchino.

BESTIALE: esclamazione che sottolinea un qualcosa di grande.

BEVERONE: Cocktail, bevanda di notevoli dimensioni, "Regaz oggi


dal gran caldo, mi son fatto un beverone ghiacciato".

BIACCOLARE: parlare in modo incomprensibile o troppo


velocemente.

BIASANOT:(termine dialettale) letteralmente "colui che mastica la


notte" dalla radice etimologica "biaser" ossia masticare. Epiteto
utilizzato per additare chi agisce con scarsa cognizione del tempo
prolungando ogni azione ben oltre i limiti del necessario per il puro
gusto del cazzeggio ad oltranza.

Quarta parte 60
Mi ricordo
Identifica il prode tiratardi che, non pago dei cinque mohito gi
trangugiati ordina, sul suono della serranda del bar che si chiude,
l'ultimo inevitabile mohito scatenando l'incontenibile gioia del
gestore.

BIDONE / BIDONARE / BIDONATA: fregatura, ma anche brutta


ragazza (quella l un gran bidone).

BIGA: bicicletta.

BIGATTO: in origine indicherebbe il verme, ma il significato attuale


quello del tubo di gomma (che nella forma ricorda appunto il
verme), per innaffiare, lavare la macchina o travasare il vino. Il
diminutivo BIGATTINO indica invece il vermiciattolo usato dai
pescatori come esca.

BIGOLO: ombelico.

BIGONZA: pantalone.

BIONDO: si dice di persona accorta o di s stesso per far capire che


non si sprovveduti. Non sono micca biondo v.

BIRICCHINO: individuo esuberante, vivace, sempre pronto a


combinarne una. Usato generalmente dai nonni per apostrofare i
nipoti effervescenti.

BISACHINO (prenderlo nel): per dire che si stati buggerati, fregati,


ma significa anche 'piccola tasca'.

BLE: colore blu.

BOAZZA: sonnolenza. Ma anche la cacca delle vacche.

BOCCE: tette. Lei l ha due gran bocce. Bottiglie: Dammi una boccia
di vino.

BOCCHEGGIARE / BROZZARE: cogliere sul fatto, scoprire


qualcuno in situazioni particolari (la maggior parte delle volte

Quarta parte 61
Mi ricordo
quando non si dovrebbe esser scoperti). "Oh regaz l'altro giorno la
mia donna mi ha brozzato mentre mandavo sms ad una tipa".

BOFILO: attrezzo di scarso valore e funzionalit, inadeguato al


compito per cui era stato originariamente creato o semplicemente
ormai obsoleto e fuori moda. Viene tipicamente additato con tale
epteto il motorino vecchio e scassato con cui il baldo giovane si
presenta alla punta con la sbarba in ritardo di una buona mezz'ora
denunciando non meglio precisati "problemi elettrici". A nulla
varranno gli sforzi dello stolido nel convincere l'irata fanciulla che tali
problemi hanno fermato anche la Ferrari in plurime gare, la minaccia,
pronunciata allontanandosi ad ampie falcate, sar inevitabilmente:
"finch non sfromboli nel rusco quel bfilo a me non mi vedi pi!".

BOIATA: un brutto spettacolo!

BOIS: brufolo.

BOLLA(IN): essere in bolla vuol dire essere a posto, non


avere problemi.

BOMBARDATO: individuo sballato, un po' sfigato,


rincoglionito, ma che crede di essere al top.

BONA LE': basta. Locuzione sintetica ma esaustiva per sancire il


termine di qualsiasi attivit o discussione. "bona l, riga! non ne
voglio mezza!" Affermer perentoria la fanciulla-bene all'incipiente
quarantasettesimo tentativo di "intomellamento" ad opera del
maldestro maraglio di turno.
Vedi anche: "riga".

BORAZZO: smargiasso, burino. Dispregiativo di sborone.

BOTTA: resistere, sopravvivere, tirare a campare alla meno peggio:


"Allora come ti va la vita?" "Mah, diciamo che tengo botta..."

BOTTO: Incidente. Nellespressione, un botto significa tanto.

Quarta parte 62
Mi ricordo
BRAGA: derivazione di braghe, pantaloni. Il termine viene usato per
indicare qualsiasi luogo in cui il numero di presenze maschili superi
quello femminile. "Oh regaz ma dove mi avete portato? In questa
discoteca c' solo della braga!" cioe' non ci sono donne.

BRAGHETTE: mutandine.

BRANDA: letto.

BRANDAUER: quando il momento di andare a letto si


invoca lattore austriaco, "oh rgaz... Klaus Maria
Brandauer!" (cit. Fox)

BRENSO: neologismo coniato dagli adolescenti del terzo


millennio e consiste nella contrazione di breve & intenso,
"un concerto brenso.

BRESCO: o meglio "essere bresco". Definisce lo stato


comatoso conseguente ad abuso di sostanze alcooliche e
depone a grande sfavore del soggetto in quanto
assolutamente incapace di intendere e di volere. Es.: "Regaz,
ieri sera ero troppo bresco" esclamer il morigerato fanciullo
la giornata susseguente ad una bravata con gli amici.

BREVO: Nellaspressione essere al brevo significa avere pochi soldi,


essere in bolletta. Ma anche prenderla nel brevo, mi andata male.

BRICCO- BRICCONE: monello.

BRIGOSO: noioso, fastidioso, lungo da farsi. Quel lavoro l


troppo brigoso da fare !Ma anche rissoso, litigioso.

BRISA: La negazione per eccellenza del vero bolognese. E' uguale al


NON in italiano ma molto pi potente. Da usare in frasi perentorie
(rigorosamente in dialetto) nelle quali non ci sia possibilit di replica
da parte dell'interlocutore. "Oh cinno brisa strazzer i maron!". ehi
bambino non rompere le scatole.

BRODA: benzina, carburante. Esempio: il giovane, accortosi che la

Quarta parte 63
Mi ricordo
spia della riserva sul cruscotto della sua auto si accesa, sbotter:
"Vacca boia, prima di arrivare a casa devo ricordarmi di fare broda!".
(in alternativa: Benza). Ma anche il mangiare dei maiali, oppure si
dice di una minestra cattiva (ma una brodaglia!)

BRONZA: Termine che sta ad indicare una emissione di gas pi o


meno nociva e/o rumorosa dall'apparato intestinale. Poetico: ho una
bronza ballerina a fior dano (mi scappa una scoreggia)"

BUGNO: brufolo, foruncolo. Un nostro amico, particolarmente


foruncoloso, lo chiamavamo brufolo Bill.

BRUGNOLOSO: derivazione di bugno. Individuo foruncoloso, in


preda agli sfoghi dell'acne giovanile. Pu indicare anche un terreno
con forti asperit.

BRUSTULLI / BRUSTOLINI: semi di zucca tostati e salati.

BRUTTO (Di): Moltissimo. Ieri sera ho taffiato di brutto.

BUONA LI: basta, finita la discussione!. Bona l.

BUAZZA: crisi di stanchezza o cacca di cane.

BUBBA: usato con i bambini piccoli: Ti sei fatto la bubba?, si chiede


al pargolo dopo che ha tirato una gran craniata contro uno spigolo
del tavolo di cristallo. Significa :Ti sei fatto male?. C anche chi dice
la bub.

BUCCIA: tenacia, coraggio. Hai una gran buccia significa che sei
coraggioso.

BUGNO: brufolo.

BULBO: capelli. Il bolognese veramente giovane affermer al suo


amico scapigliato dalla corrente: "Con questo vento hai un bulbo che
non si affronta!".

BUONO: sta significando la capacit o l'abilt nello svolgere


un'azione: "Sei buono di aggiustarmi la bici?". Pu significare anche la

Quarta parte 64
Mi ricordo
validit di qualcosa: "Il biglietto ancora buono?". Ma usato anche
come intercalare in una frase come esclamativo: "Come ti andato
l'esame?" "Sta buono, non ci sono mica andato.

BURAZZO*: drappo per asciugare posate e stoviglie. Strofinaccio.


(burz).

*Il termine la storpiatura di buratto, il panno di stoffa grezza utilizzato per


abburattare, cio per setacciare la farina.

BURDIGONE: letteralmente scarafaggio. Il termine indica per


anche quelle caramelle nere, in simi l- liquirizia, a forma appunto di
scarafaggi, che, a volte, ancora si riescono a trovare in alcune vecchie
drogherie.

BURIDONE /MALIPPO: casino, bordello, confusione.

BUSCARLE: prenderle (le botte) se non la smetti.. le buschi !!

BUSONE/A: termine polivalente, comunemente sta ad indicare il gay


mentre al femminile descrive una donna con delle vedute sessuali
particolarmente "aperte". Pu essere per usato anche per descrivere
una persona particolarmente fortunata. Il termine viene associato
spesso a "Soccia che.. " in questo caso la fortuna e' sfacciata.

BUSSERIA: parola che descrive una rissa o meglio un tafferuglio ... "
Soccia ieri sera allo Sporting dei maragli han fatto una gran busseria..
poi e' arrivata la Madama e ha fatto un gran ripulisti" (vedi)

BUSSO: esplosione, rumore. Hai sentito che busso?. Utilizzato anche


per gli incidenti stradali: ieri ho fatto un gran busso con la vespa.

O ancora meglio, ieri mi sono imbussato. Nellespressione a


busso, anche sinonimo di a gran velocit. La mia vespa va a
busso.

BUVINELLO: fortunato, molto, fortunato. Da buvinl (che significa


imbuto). l un gran buvinl.

Quarta parte 65
Mi ricordo
BUZZA: letteralmente "pancia". Con tale termine si vuole indicare la
protuberanza addominale che frequentemente accompagna gi in
tenera et i giovani bolognesi. Un grande classico la cosiddetta
"buzza alcolica", cio quella dovuta al ripetuto e costante abuso di
sostanze alcoliche. "Hai visto che buzza che ha messo insieme a
taffiare come un ninino", cioe' visto che pancia che gli venuta a
forza di mangiare come un maiale..

CA DI BALUZZI (andare a): un posto molto lontano.

CAGARE: considerare. Non ti cago neanche!. Per dire


che non ti considero proprio.

CALIFFO: il termine spesso usato per riconoscere a un


determinato soggetto una certa quale abilit spesso riferita al
campo femminile, ma non solo. Dire "sei un califfo" come
dire "sei un grande!". Questa valutazione spesso
accompagnata da un aumento di volume della voce
dell'autore per un evidente coinvolgimento dei presenti.

CAMUFFA: Usato nellespressione in camuffa, che significa


di nascosto. stai in camuffa vuol dire attento a non
farti notare.

CANNA: tubo di gomma per innaffiare. Ma anche bel tipo. Val


che sei una belle canna!

CANAPPIA: naso molto prominente e pronunciato. "Soccia che


canappia che ha lei li', sembra la befana!".

CAPANNA: diminutivo di La capannina, discoteca


fighettissima che si trova sui colli.

CAPPELLA: Sbaglio, errore, cazzata. Es. Ho fatto una cappella.

CARLONA: alla: malfatto Il significato indica espressioni come alla


buona, in modo grossolano, senza cura, in modo trasandato.

Quarta parte 66
Mi ricordo
Il detto risale allimperatore Carlo Magno, chiamato Carlone e
raffigurato nei poemi cavallereschi come uomo semplice e bonario
che amava indossare abiti di stoffa rozza.

CARAMPANA: di salute malferma. carampna.

CARRAMBA: Carabiniere. Si pronuncia con una r sola, Caramba.

CARRO: Vedi "Ferro".

CARTE: Sono i soldi. 20 carte quando equivalevano a


ventimila lire, venti carte da mille.

CARTELLA: Manrovescio, pugno o schiaffone dato a mano


aperta, da non confondersi con cartone.

CARTOLA: tipo giusto, molto fico, di un'altra (vedi). Se si "ha la


crtola" significa che si possiedono tutte le caratteristiche necessarie
per fare colpo sull'universo femminile.

CARTONE: Pugno, vedi anche "Papagna."

CASSA/CARRIOLA: Stato mentale in cui non si particolarmente


orientati nel tempo e/o nello spazio. Pu essere dovuto
all'assunzione di sostanze psicotrope o alcoliche, ma anche ad
eccessiva stanchezza. "Oh regaz, ieri sera c'avevo una cassa adosso
che mi hanno dovuto portare in branda gli altri perch io non ce la
potevo fare". "Vado a letto perche' ho una gran cariola". (via la
doppia r).
CATRAME: Vedi "Scardozzo".

CATUINO: portamonete, borsellino (Catuvin, catuin, catun).

Quarta parte 67
Mi ricordo

Tratto da fantesma di ritorno, di Luigi Lepri .

CAVARE / CAVARSELA: togliere. Ma anche che mi andata bene:

come andata linterrogazione?, me la sono cavata v.

CAZZAROLA: caspita! perbacco!, che diamine!

CAZZETTI: (linteresse di): fare un pessimo affare (Cazzetti


bruci la casa per vendere la cenere, un tempo usata per
lavare la biancheria).

Quarta parte 68
Mi ricordo
CAZZONE: Chi fa il cretino anche se potrebbe, volendo, fare la
persona seria.

CENTOSCUDI: una volta veniva chiamata cos la 500 Fiat.

CHIAVICA: persona senza valore.

CHILO: il vecchio milione di lire.

CHIODO: non si batte chiodo, non si combina nulla.

CIACOLE: chiacchiere, ciacolare

CIAPPETTI: si pronuncia con una T sola


Ciapetti. Sono le mollette per stendere il
bucato, mentre il ciappo il fermacapelli.
Dai passami due ciapetti che stendo le
lenzuola al sole".

CIAPPINARO: La pronuncia esatta


Ciapinaro in quanto la doppia "p" viene
immolata senza troppi rimorsi sull'altare della corretta cadenza
felsinea. Il termine, indica il trafficone tuttofare, chi svolge attivit
non soggette a fattura nellambito della manutenzione della dimora o
dei veicoli all'interno di relazioni tribali di condominio o di quartiere.

Nel gergo bolognese il ciappinaro colui che sa


fare mille cose, il re dei lavoretti, il non plus ultra
del fai da te.

CIAPPINO: Il termine ha il significato di affare,


incombenza da assolvere. "Devo andare a casa che
c'ho un ciapino da fare" dir il bolognese alla sua morosa che vuole
propinargli una serata davanti alla tele a vedere per l'ennesima volta
"Vi presento Joe Black".

CIAPPO: molla per i capelli delle squinzie.

Quarta parte 69
Mi ricordo
CICCHETTO: Il cicchetto un giro di sostanza alcolica al bar. In
origine poteva essere il bicchiere di vino, servito nel tradizionale
bicchiere di vetro piccolo e spesso 4 cm, adesso pu anche essere
riferito agli "shorts". Il vero professionista del cicchetto comincia la
sua giornata alle 7 della mattina con appunto un cicchetto di
stravecchio, rigorosamente a stomaco vuoto. Ma anche rimprovero.

CICLES: gomma da masticare, il ciuingam.

CINNO: Bambino, ragazzo. Tale termine a volte viene usato, in modo


dispregiativo, per impartire, in modo perentorio, un comando ad
individui (generalmente pi piccoli di et o condizione) di cui si ha
scarsa considerazione. Femminile (CINNA) si dice anche per indicare
una brava ragazza. "Oh ma lo sai che lei l proprio una brava cinna!"
Plurale (CINNI).

CINNAZZO/A: in tono dispregiativo.

CINQUINO: altro modo per indicare la 500 Fiat.

CIOCAPIATTI: Letteralmente "Colui che rompe dei piatti". Pi


correttamente "cioccapiatti", la doppia "c" non viene pronunciata per
esigenze di cadenza. Personaggio sbruffone con la tendenza a parlare
molto e concludere poco. Di solito affibbiato ad individui che si
vantano di particolari prodezze o agganci che in realt non hanno.
"Lui l un gran ciocapiatti" affermer il gentleman bolognese
raccontando agli amici le gesta del PR di turno che gli aveva
assicurato unentrata a gratis al Matis (e scusate la rima).

CIACARARE: chiacchierare.

CIOCATA: rimprovero, cazziatone. Anche in questo caso la doppia


"c" viene elisa per motivi di corretta pronuncia. "Ho preso una
ciocta pazzesca" asserir correttamente lo studente ripreso e
ridicolizzato di fronte alla platea di compagni di corso dal prof che lo
ha "sgamato" mentre copiava la soluzione del problema.

Quarta parte 70
Mi ricordo
CIOCCO: cioccato: il ciocco un grosso rumore o un incidente
stradale. Uno cioccato pu essere o uno che le ha prese o uno che
non c tanto con la testa.

CIOZZA: Vedi "Bresco" : ubriacatura. "Oh ieri sera ho preso una


ciozza della Madonna".

CONTADO: Contadino.

CIPOLLARE: maneggiare, generalmente riferito a una sbarba, "ieri


sera ho cipollato un po' Marisa"

CISINI: monetine piccole per giocare a carte.

CIUFFARE: rubare, sottrarre.

COLPO: un male, un accidente: Ti venga un colpo!.

COPERCHINO: tappo in metallo delle bottiglie utilizzato per fare


delle gare colpendole con un cricco. Ma anche uno che fa il finto
tonto.

COPERCHIO: si indica la ragazza che non ha ancora fatto l'amore.

COPPINO: nuca.

COTTA : innamoramento.

COVERTO /A: per dire che quella persona o cosa non si conosce; "hai
presente Roberto della Pescarola?", "No, mai coverto".

CREPA: ha molteplici usi. Tirare una crepa: Morire. Ho fatto una


crepa: Brutta figura. "Hai sentito di quel vecchietto che in centro e'
finito sotto l'autobus e ha tirato una crepa?".

CRESCENTONE: il marciapiede rialzato in piazza Maggiore.

CRICCA: sporco.

CRICCO: colpo inferto con il dito medio prima piegato e tenuto dal
pollice e poi allentato di scatto. Ti do un cricco v.

Quarta parte 71
Mi ricordo
Con questa modalit si danno dei cricchi ai coperchini per farli
andare lontano nelle gare.

CRISTO: quando si cade per terra abbastanza violentemente


si dice: ho fatto un cristo per terra

CUCCIO: spinta, piccolo urto, colpetto, inteso in svariati modi, anche


sessuale. "Oh regaz, l'altra sera mentre parcheggiavo ho dato un
cuccio al paraurti della macchina". "Oh regaz, l'altra sera avevo una
gran tirella (Vedi) e ho dato un cuccio alla mia donna"

CUL BUSONE: Quando qualcosa ti coglie alla sprovvista o, come si


dice in gergo, a braghe calate. A cul busone, appunto.

CURARE: sorvegliare, controllare. Guarda che ti curo sai!.

DARE LA MOLLA (O SMOLLARE): mollare, scaricare. Utilizzato


principalmente nel senso di liberarsi della persona con cui si soliti
accompagnarsi. Alla domanda "dove l'hai messa la morosa?" il
giovane bolognese che vorr distinguersi per eleganza e modernit
risponder convenientemente "cio, le ho dato la molla, mi aveva
troppo zagnato i maroni!" (vedi "zagnare") oppure "ho smollato la
raga".

DARGLIELA SU: abbandonare, smettere di fare qualcosa, mollare


qualcuno, "con Marisa gliel'ho data su: dopo la crepa dell'altra sera
non ho speranze"

DECHINO /DECA: le vecchie diecimilalire.

DEFO: contrazione di deficiente, "sei proprio un defo.

DELLA SERIE.: incipit per eccellenza che prelude ad una categoria


di cui l'evento che viene commentato si ritiene faccia parte.
Fondamentale la "s" sibilante e la "e" molto aperta affinch la
locuzione sia effettivamente giovane ed efficace.

DI LUSSO: situazione favorevole, si usa specificatamente con


davanti "andare" .. in un qualche modo essere fortunati..." Com

Quarta parte 72
Mi ricordo
andato l'esame? Mi e' andata di lusso, mi han chiesto di parlare di
argomenti che sapevo!"

DI PRIMA: categoria (quella una ragazza di prima).

DISCOLO: Ribelle, scapestrato; con significato pi


attenuato, vivace, indisciplinato: un uomo discolo e
manesco; un bambino discolo || Usato anche come s. m. [f. -
a]: quel discolo di mio figlio ne combina di tutti i colori.
dim. discoletto accr. discolone pegg. discolaccio
2 (ant.) di carattere ombroso; intrattabile, incontentabile
3 (ant.) rozzo, illetterato.
Etimologicamente dal lat. tardo dyscolu(m), che dal gr.
dyskolos 'fastidioso, importuno'.

Nella prima met del sec. 18 erano cos chiamati a Bologna gruppi di
malviventi, designati dal nome delle contrade, tra i quali vigeva una
stretta omert; costoro consegnavano quanto riuscivano a rapinare a
un capo, il quale ne disponeva a comune profitto. Ed in effetti
etimologicamente questa a margine in origine una voce emiliana,
affine a briccone (s. m. [f. -a]

Tratto da: http://lellobrak.blogspot.com/ Raffaele Bracale

DI SU: in questo modo si richiama lattenzione.

DI BEN SU: senti un po.

DIMONDI: molto, tanto.

DOPO LA PUZZA: (ARRIVARE): indica arrivare a fatto avvenuto


fuori tempo massimo, " dopo che ormai le acque si son calmate.
"Regaz cos'e' successo? Bisogno di aiuto?" dira' al suo arrivo dopo un
tafferuglio sotto le due torri il giovane felsineo.. "Seee oh te arrivi
sempre dopo la puzza!.)

ESSERE DI UNALTRA / O DI PRIMA / O DI PRIMISSIMA / O DI


ULTIMA : sottointeso "categoria". Locuzione utilizzata per esprimere
entusiasmo e felicit (le prime tre) o disapprovazione (la quarta)

Quarta parte 73
Mi ricordo
per qualcosa. L'oggetto dell'espressione viene immediatamente posto
al di sopra di ogni confronto con oggetti simili ma banalmente e
tristemente pi scadenti. Esempio: "vecchio, sei di un'altra!"
esclamer il giovane all'amico riuscito nell'intento di ottenere il
numero di telefono di una bella ragazza in disco. Esempio:
"Comunque vestito cos sei di ultima!" dir la tipa bolognese al suo
ragazzo il quale si appena messo un paio di Clarke e un vecchio
maglione comprato in piazzola.

EH BEN BEN: espressione tipica bolognese usata in molteplici


occasioni sia in positivo che in negativo. "Come stai? risposta: Eh ben
ben sta buono va la' ho un mal di testa della madonna!" oppure
"Com'era il concerto? Risposta: Eh ben ben uno spetaccolo mai visto"
notare Spetaccolo una t e due c.

ESSERE DIETRO A: a fare qualcosa, son dietro a


rammendare i pantaloni.

ESSERE DI UN'ALTRA (o di prima, o di primissima):


sottointeso "categoria" (al maschile sottointeso "ordine").

ESSERE STUFFO (STUFO): essere stanco, non poterne pi.

ESSERE A POSTO: sono a posto= stare benee te it a post?

FADIGA: fatica

FAGIANARE: fregare

FAGIANO: persona poco furba, credulona, ingenua. "Oh


regaz, lui l crede proprio a tutto! E' proprio un bel fagiano!"

FAINA: persona simile al fagiano ma che crede di esser furba, ma che


gli altri reputano uno sfigato. "Mi sono schiantato contro il paletto
con la macchina.. Sei proprio una faina!"

FANALI: Occhiali.

Quarta parte 74
Mi ricordo
FANGA: scarpa. Tendenzialmente schivo e scarsamente esibizionista
il giovane felsineo apostrofer il suo interlocutore appoggiando un
lieve: "ho comprato delle fanghe in centro che sono di un'altra" .

FANTESMA: di persona un poco allucinata ..di ben so fantesma

FARE IL PROPRIO NUMERO (non): locuzione di rimprovero che


colpisce la giovane mente bolognese fin dalla pi tenera et e che lo
accompagna nel corso della sua esistenza pronunciata ora dall'amico
di turno ora dalla dolce consorte la quale, prontamente avvedutasi
dell'imminente, ricorrente fragorosa digestione del compagno nel
corso del pranzo di nozze della sorella, lo apostrofer cos: "Non farai
mica di nuovo il tuo numero?".

FAR L'ASINO: vedi fare il proprio numero, il termine puo' essere


usato come rimprovero, "Oh la pianti di far l'asino!!" ma anche come
complimento " Soccia che simpatico fa sempre l'asino.

FARLOCCO: termine da usare in casi di malfunzionamento di un


qualsiasi aggeggio. Il top del farlocco quando fai un acquisto di cui
sei troppo felice e ti accorgi, appena scartato che il tutto non funziona.
"Oh regaz, ho comprato un nuovo ma non si collega ad internet, mi sa
tanto che farlocco".

FARSI: Drogarsi, avere un rapporto sessuale con qualcuno/a. "Ieri mi


sono fatto la tipa che ti dicevo.

FATTO: situazione mentale critica per eccessiva stanchezza o per


aver bevuto od altro. quello l mi sembra fatto!.

FERLA: truffa, fregatura; soccia che ferla, soccia, mi


hanno inferlato.

FERRO: I bolognesi usano questo riferimento al noto elemento


presente in natura per indicare un veicolo a motore a 2 o 4 ruote.
Tipiche situazioni sono quelle che si verificano quando il maraglio
(vedi sotto) di turno si presenta al bar davanti agli amici con la "Punto

Quarta parte 75
Mi ricordo
Sporting" ipertaroccata i quali diranno:
"Ma dai! Ma che ferro hai?" (notare la finezza della rima...) oppure
"Gran ferro!" oppure "Va m l che ferro che sfoggi stasera!"

FESSA: zip dei pantaloni.

FETTA/FETTE: significato piedi o piede. "Oh ma che fette c'hai?


Sembran due pinne!".

FIACCAMARONI: rompiscatole.

FIGA, una gran: riferito a ragazza, si intenda una gran bella


ragazza.

FIGHETTO: molto elegante.

FINO: lavorare di fino. Fare un lavoro con molta


accuratezza.

FIOCCO: bacio. Gergo tipicamente da sbarbo, ma ormai


caduto in disuso, ancora in voga fra i veri intenditori dello
"sleng" bolognese.

FILARINO: corteggiatore.

FITTONE: paletto, ostacolo, generalmente fisso, ma sono


sempre pi frequenti quelli mobili, per impedire il passaggio
di autoveicoli. Il fittone classico solitamente di forma
fallica. "Oh regaz l'altra sera ho preso contro ad un fittone in
parcheggio e ho sfatto la fiancata".

FOIA: Passione spropositata, vedi anche infoiato.

FONTANIERE: idraulico

FORMA: grana padano o parmigiano reggiano: mi passi la forma.

Ma anche: sentirsi in forma, sentirsi bene.

Quarta parte 76
Mi ricordo
FORZINA: forchetta.

FOTTA: stato di agitazione, rabbia, dovuta anche alla voglia di


qualcosa. mi venuta una gran fotta di gelato

FUGA /FUGHINO: assentarsi da scuola senza che i genitori lo


sappiano, marinare la scuola.

FUORI: si dice di una persona fuori dagli schemi, un mattacchione:


Ma sei fuori?.

FRACCO: tanto, ti do un fracco di botte

FRUSTA: consumata.

GABANELLA/PENNICA/PISOLO: pennichella. Indica un


riposino dopo mangiato orario pressoche' dalle 13.30 alle
14.30. "Regaz, io vado mangio mi faccio una gabanella e
ritorno" - "Mi son fatto una pennica di tre ore"

GAGGIA: mento di notevoli dimensioni e sproporzionato


rispetto al resto del viso.

GAGNARE: rubare, fregare. "Dove hai preso quella biga (Vedi)?"


"L'ho gagnata in piazza Verdi a un Tunnello (Vedi) " .

GAMBA: vecchie centomila lire.

GANASSE: letteralmente ganasce o mandibole. Strumento


indispensabile dellallegro mangione che generalmente tende peraltro
a farne gran vanto, motivo dal quale discende anche un modo di dire
molto comune in Emilia ossia fare il ganassone o fare della
ganassa, ossia vantarsi, fare lo sbruffone.

GANCIO: sinonimo di bidone nel senso di mancato appuntamento,


"Marisa m'ha tirato un gancio"

GARETTI: cavigliemi ha dato un calcio nei garetti!

Quarta parte 77
Mi ricordo
GAROFANO: sbarbine fighette vestite tutte uguali (con ciappi
floreali che tengono fermo il bulbo) chiamate cos da quelle che non si
ritengono fighette.

GASATO: persona esaltata.

GATTI polvere che si trova sui pavimenti soprattutto quella che si


deposita sotto ai letti, i cosiddetti: Gatti della polvere.

GEPPO / GEBBO: scarso, maldestro, personaggio di scarso spessore.


Aggettivo dispregiativo utilizzato per additare persona sfigata di cui
si nutre scarsa considerazione. L'espressione pu essere rafforzata
ulteriormente da specificazioni peggiorative come nei seguenti
esempi: "geppo di ultima".

GERA: = ghiaia

GHEGA/GNOCCO/TOZZA: colpo, urto, ma pu indicare anche un


pugno oppure un incidente. "Oh regaz l'altro giorno stavo
impezzando una gnocca di prima. Il suo tipo per se n accorto e mi
ha cacciato una gran ghega in fronte".

GHELLO: soldo, "non ho un ghello.

GHIACCIO (avere o non avere del): paura. Ma anche sorpresa: sono


rimasto di ghiaccio.

Ma anche spiazzato. La battuta mi ha lasciato di ghiaccio

GHIACCIATA: una gran balla.questa una gran ghiacciata!. Ma


anche una freddura o una stupidaggine.

GHIGNA/GHIGNARE: per il vero bolognese significa ridere.

"O regaz l'altra sera siamo andati alla Fiera e ci siam fatti delle gran
ghigne!" Mi son fatto una gran ghignata.

Quarta parte 78
Mi ricordo
GIANDO/GIANDONE/GIANDONAZZO: termine che ha la stessa
valenza di "geppo" (cfr.), ma che a differenza di questo deve essere
usato con persone di notevole statura e stazza.

GIANDONE: individuo molto alto e sgraziato nei movimenti del corpo.

Anche GIAMBARDONE.

GIARONI: pietre, sassi enormi, vedi anche masagno.

GIAZZO-GIAZZATO-GIAZZOLO: contrazione della parola


"ghiaccio". Il termine sta ad indicare una temperatura particolarmente
rigida con presenza di pinguini. "Oh regaz, ma che giazzo fa oggi?"
Ha un doppio significato "Avere del giazzo in tasca" cioe' avere le
tasche vuote.

GIGIA: la gamba informicolata o che duole.

GIGIONE: ragazzo molto alto con caratteristiche simili al giandone


(vedi) o geppo (vedi.)

GIUBINO: Con una bi sola, il golfino, il giubbino

GIUGGIOLONE: rincoglionito.

GIU DI SQUADRO: essere gi di morale.

GNASCA: vagina, ma pi in generale una ragazza, "bella gnasca"

GNICCARE: morire, ma indica anche un rumore strano, "c'ho la


vespa che gnicca"

GNICCARE: termine dalla valenza multipla: pu indicare un rumore


"Oh regaz ho la macchina che gnicca sull'anteriore". oppure pu
essere usato per indicare una morte improvvisa "Oh regaz l'altro
giorno gniccato mio nonno d'infarto".

Quarta parte 79
Mi ricordo
GNOCCA: vagina, e in senso pi ampio ragazza. Soccia, lei l una
gran gnocca

GNOCCO/I: Termine usato dagli sportivi: gli abbiamo dato tre


gnocchi significa che abbiamo vinto 3-0. In alternativa a gnocco
corretto usare la parola pera ( gli abbiamo segnato tre belle pere! , che a
sua volta sinonimo di tetta. Ma anche pugni dati con le nocche delle
dita.

GNOLA / GNOLARE (FARE LA): espressione da usare in presenza


di persone lamentose, querule. "Dai mo Gina, ti porto al cinema,
piantala di gnolare!"

GOLDONE: preservativo (dal nome del cav.Goldoni, uno dei fondatori


della prestigiosa ditta HATU( da Habeamus tutorem).

GOMMATA: vomitata.

GOMMINO: preservativo.

GRAN: parola molto utilizzata per esagerare e per rendere pi colorita


una situazione. Una gran bellezza, una gran gubbiata, una gran taffiata.

GREZZA: figuraccia, gaffe notevole.

GREZZA: gaffe, figuraccia, figura barbina di proporzioni cosmiche.

GRICCIO: tirchio, tirato, che non vuol spendere soldi.

GROSSO: (fare il) : espressione usata per indicare un gradasso, un


bullo. "Oh regaz, lui li fa troppo il grosso, prima o poi si becca due
schiaffazzi!" La parola viene spesso associata a persona palestrata
molto muscolosa. "Soccia lui li' se e' Grosso! chissa' in che palestra
va?!"

GUAZZA: per il bolognese DOC il termine indica la brina che,


durante le notti felsinee si forma, spesso e volentieri, un po' ovunque.
"Oh regaz occhio a tornare a casa col motorino che c' della guazza".

Quarta parte 80
Mi ricordo
GUBBIARE: dormire. "Oh regaz, ieri ero a pranzo da mia nonna, ho
cacciato una gran taffiata (Vedi), mi venuta una gran cassa (Vedi)
nel pomeriggio, cos mi son buttato sul letto e mi son fatto una gran
gubbiata".

GUBBIATA: Dormita. Il gubbio infatti il sonno, e gubbiare significa


dormire

GUFO: Vigile urbano, polizia municipale... "Oh regi non passate piu'
in via S. Isaia, i Gufi ci han messo il Sirio!".

GUZZARE: ovvero l'atto sessuale propriamente detto, anzi fatto.


"Allora com' andata con quella la'?". "Le ho cacciato una guzzata
della Madonna". Il termine per pu anche indicare un furto "Regaz
mi hanno appena guzzato la macchina!"

IAZZA: sfortuna, sfiga. Lui l porta una gran iazza

IMBALLATO: detto di posto o locale strapieno di gente. Si usa pi


frequentemente "murato, ma un termine usato anche al di fuori dei
confini territoriali lessicali. Detto anche per motore su di giri. Mi si
imballato il motore.

IMBALZATO: persona che sa fare poco e niente, inetto. Ma anche


inciampato, scapuzzato (vedi). (deriva dalle "balze", i legacci con cui
si fermavano le zampe delle bestie. Imbalzato quindi colui che si
inciampa nelle balze) Infatti si dice anche "imbalzarsi" col
significato di "inciampare".

IMBARLOCCARE: convincere, persuadere le persone con argomenti


svariati e fiumi di parole. A volte usato per descrivere truffe messe in
essere grazie a particolari doti oratorie.

IMBARCARSI: Andare in barca ( vedi), prendersi una gran cotta.

Quarta parte 81
Mi ricordo
IMBARIAGARSI: ubriacarsi. Oh lul lhe imbariegh. Ubriaco come
una chioccia. (deriva dall'abitudine contadina di ubriacare le chioccie
per non farle covare). Imbariagotto un ubriacone.

IMBONIRE: fare la corte a una ragazza/o; sinonimo di intortare.

IMBRESCARSI: ubriacarsi

IMPACCARE: tirare un pacco, dare buca.

IMPALUGARE: allappare, invischiare. Esempio: il giovane


bolognese che tronfio estrarr dal suo zainetto il mitico "tortino
porretta" o il non meno temibile "buond classico" (privi dell'effetto
lubrificante della marmellata o della copertura di cioccolato) per la
merenda si trover irrimediabilmente impalugato e quindi bisognoso
di ettolitri di liquido amalgamante.

IMPITONATA: dicasi di ragazza molto intappata (vedi sotto)


appariscente sia negli indumenti che nel trucco. Riferito al pitone.
"Oh visto quella tipa com impitonata?".

INCANTONARE: mettere nel cantone, ossia nellangolo. Operazione


fattibile anche con una donna.

INCARTOLATO: Molto elegante o eccessivamente pacchiano.

IN CULO AL MONDO: lontano, molto distante. Esempio: il


giovanotto parlando all'amico della cinna impezzata (vedi) la sera
prima sbotter: "Mi sa che con lei l non ci esco, abita troppo in culo al
mondo!".

INCHIODARE: vedi intomellare, ma anche andare al ristorante,


ordinare, mangiare, bere e uscire senza pagare, ieri sera abbiamo
inchiodato pizza e birra da Pino (vale per qualsiasi cosa che non si
paga quando si dovrebbe: ho inchiodato al cinema, etc). ma anche
fermarsi bruscamente: ha dato uninchiodata bestiale.

Quarta parte 82
Mi ricordo
Ancora: intrattenere una persona (contro voglia) per lungo tempo "Mi
ha inchiodata un'ora al telefono".

INCISTARSI: sinonimo di incartarsi (per alcuni anche


ingargamellarsi, ma mi risulta raro)

INCRICCATO: Fisicamente bloccato. Tipico: mi si in incriccata la


schiena.

INFOIATO: il termine indica uno stato mentale in cui un individuo


si butta a capofitto in un'azione, oppure particolarmente convinto di
riuscire in unimpresa. "Oh regaz con quella tipa la mi sto infoiando
di brutto".

INGAVAGNATO - INGAVAGNARE: aggrovigliare, intrappolato,


incartato: Avevo delle carte buone ma mi sono ingavagnato.

INGHIPPO: ostacolo, situazione ingarbugliata, problema, grattacapo.

INTAPPO: abbigliamento particolare, look. Utilizzato in modo


particolarmente efficace per riferirsi a travestimenti o agghindature
finalizzate alla partecipazione a feste a tema (intappo anni '70).
Esempio: l'arrivo di un amico dotato di zampa di elefante e stivaletto
in pelle con cerniera laterale verr salutato con un efficacissimo:
"Soccia, che intappo! Sei di un'altra! (vedi)", "Dove devi andare cos
tutto intappato?".

INTAPPINO: Termine che usano le donne per sottolineare un


indumento intimo per far colpo sul fidanzato "Ieri mi son comprata
un intappino da urlo".

INTOMELLARE: tirare una pezza a qualcuno, inchiodare qualcuno;


subire le chiacchiere (non richieste) di qualcuno, Va l Marisa, non
mintomellare!.

INTORTARE: (da cui il sostantivo "intorto"): circuire, ammansire


con discorsi possibilmente lunghi e fastidiosi a fini persuasivi. La

Quarta parte 83
Mi ricordo
pratica dell'intorto tipicamente attuata dal giovane di tendenza che,
sfoggiando camicia "di primissima" ed il dodicesimo calice di
frizzantino al dehor del Rosarosae, d prova di prorompente logorrea
alla fanciulla trampolata di turno al fine palese di ottenere favori di
natura sessuale. Il risultato comunque indefinibile! "Lui la' mi ha
fatto un'intorto che non finiva piu', una pezza che la meta' basta!"

INTRIPPATO: quando ci si fissa su qualcosa, su un gioco, su un


libro, su una droga.

INZACCHERARSI: sporcarsi maldestramente

INVORNITO: rintronato.(Invurnr, in dialetto, significava


originariamente "assordare". Invurn =invornito).

ISMITO: stato di confusione cerebrale, pi o meno grave, che pu


essere transitorio "L'altra sera in disco c'era un volume che quando
sono uscito ero ismito". Ma pu anche essere di tipo genetico e quindi
cronico: "Oh, con quei due genitori l quel tipo non poteva che
nascere ismito!". Ma anche insmito (deriva da inscimunito).

LA META' BASTA: se basta la meta' figuriamoci l'intero. "Oh lui li' e'
talmente maraglio che la meta' basta!"

LAMPO: per dire cerniera.

LANDRA: puzza.

LAPPA: quando ad esempio si mangia un Buond Motta e dopo il


primo boccone non si riesce pi a masticare, ma anche quando ci si
secca la bocca, ho una gran lappa, e si ha immediato bisogno di un
bicchier dacqua.

LAVORO: situazione o cosa che meraviglia, che crea stupore o in


alternativa un oggetto o una persona strana. Riferito sovente anche a
lavurir: Ma che lavurir, mo cosa mi dici, un brutto lavoro.

Quarta parte 84
Mi ricordo
LEGNO: ragazza che si concede raramente (se non mai) e che quando
lo fa assume una posizione rigida e poco partecipativa & eccitante
(per il partner)

LERCIO: sporco. Sporco lercio per dire molto sporco. Si pu dire


anche di una cosa che non piace quella cosa mi fa lercio.

LESSO: tipo scarsamente sveglio. "Lui l un lesso!" esclamer la


sagace fanciulla bolognese additando il giovane di passaggio il quale,
la sera precedente, alla visione della suddetta in soli autoreggenti e
sandali con tacco vertiginoso, non ha compreso le malcelate
intenzioni sessuali della focosa compagna.

LIMA: tirchio, sei una lima; per accentuare il concetto si


dice lima sorda.

LIMONARE: palpeggiare, ma anche baciarsi con la lingua, alla


francese (gergo adolescenziale.)

LINGUINO: bacio appunto con la lingua.

LOFFIA: scoreggia silenziosa, ma fastidiosamente puzzolente.

LOFFIO/A: persona con poca verve, un po spenta, facilmente noiosa;


riferibile anche a cosa o situazione.

LOPEZ: ginocchiata fortissima dei muscoli dellesterno coscia.

LUDRO: personaggio dalle abitudini alimentari particolarmente


sregolate (soprattutto nelle porzioni e negli orari), da cui il termine
"sludrare". (vedi) Ma anche mascalzone, birbante, imbroglione;

Dal tedesco luder, carogna, portato in Italia settentrionale dalle


truppe austriache. Notare la particolarit che il "luder" tedesco
(riportato nel grassetto) l'esatta dizione bolognese della parola in
italiano "ludro".

Quarta parte 85
Mi ricordo
A Bologna, alla parola ludro si da il significato di porco, legato per
solo al mangiare molto. Mangiare come un ludro significa mangiare
come un porco. Mangiare a crepapelle.

LUMINO: emissione involontaria e accidentale di particelle di saliva


dalla bocca. Il lumino compare sempre in momenti topici o
importanti tipo quando stai intortando la donna della tua vita oppure
durante un esame il cui esito potrebbe cambiarti la medesima e nel
bel mezzo della discussione fai il bagno al tuo interlocutore perch ti
partito il "lumino".

LUSSO andare di: Mi andata do lusso, mi andata bene!

LUZZO: caduta rovinosa, vedi cristo.

MAGONE: tristezza, nostalgia.

MAGRA: figuraccia.

MAI SUDA : sfaticato.

MAI PIPETO : mai conosciuto, lo conosci?, no, mai pipeto!

MALIPPO: situazione complicata, un bel malippo.

MALTA: fango.

MANETTA: a forte velocit. Guidavo a tutta manetta.

MANFRINA: lagna, tiritera. Anche, sceneggiata per ottenere uno


scopo: che manfrina!

MANICO: dotato di grandi capacit. "Fanno cagare, ma il chitarrista


un gran manico".

MARAGLIO: aggettivo sostantivato utilizzato per identificare


ragazzi/e abbastanza grezzi che si mettono in mostra in modo vistoso

Quarta parte 86
Mi ricordo
e cafone. Il giovane della Bologna bene affermer "che gran
maraglio!" indicando platealmente il possessore della Renault 5 turbo
con ruote iperlarghe e adesivi sul genere "turbo", "Rabbit", "O'neill" o
peggio l'alettone dietro all'Alfa. Il contrario avviene quando il
giovane della bologna bene sfoderer il Porsche fiammante dal quale
scender rigorosamente iperabbronzato con camicia bianca e con
occhiali da sole "Rayban" portati anche la sera. In questo caso la
domanda pi comune tra la gente : "Ma che maraglio ...?"

MARCHESE: mestruo. La bicicletta del marchese : il ciclo mestruale.

MARONAIO: Colui il quale ha sempre qualcosa da obiettare e di


conseguenza pianta dei casini ad ogni occasione.

MARONI: il termine, foneticamente parlando, rende al meglio il


significato di queste rotondit anatomiche maschili di particolare
importanza. Senza bisogno di spiegazioni sono le frasi " Ho due
maroni cos" (sottointeso "grandi": la grandezza viene spesso
efficacemente espressa da una gestualit non fraintendibile...) e "mi
hai rotto i maroni".

MAROCCHINO: Utilizzato per definire in maniera


dispregiativa chi proviene da una regione del sud e a volte
anche del centro Italia. Anche semplicemente maroca!

MASAGNO: Sasso enorme, (vedi giaroni) a volte


utilizzato questo termine per definire un oggetto molto
pesante o una persona corpulenta.

MAZZO: fatica. Mi son fatto un gran mazzo per portare su


quella roba.

MERDA ZANIBONI: antica imprecazione riesumata da


Enrico Brizzi nel suo ultimo romanzo La nostra guerra
ambientato nel Ventennio (ottima lettura).

MELA: La testa. Spesso si utilizza melone. "Sono fuori di


mela" oppure "Sono fuori di melone".

Quarta parte 87
Mi ricordo
MELARANCIA: arancia.

MELINA: nel calcio fare la melina vuol dire girare attorno


allavversario per smarcarsi. Sempre nel calcio passaggi corti per
tenere la palla e far trascorrere il tempo.

MESCOLA: quando il cinno si arrabbia e serra la bocca gli si increspa


il mento (ecco la mescola).

METTERNICH: quando il momento di pagare sinvoca il vecchio


cancelliere asburgico, Ehi rgaz, Metternich! (cit. Fox).

MILORDINO: fighetto.

MINA: tiro fortissimo di un calciatore, soccia, ma che mina


ha tirato?; pu voler dire anche cazzotto, "adesso gli mollo
una mina che non si rialza pi". Ma anche forte ubriacatura.

MOLLARE: emettere un peto. ohi, hai mollato?.

MO VA LA O VA LA: come dire ma dai!.

MORSICOTTO: morso.

MOSCONE: corteggiatore molto insistente.

MOSSA: quando la situazione (anche piacevolmente) movimentata,


"in piazza c' una bella mossa".

MUFFO: risultato negativo dopo lintorto, Marisa mi ha dato un


muffo. Ma anche rimanere a zero in un gioco.

MUGLIEGA: albicocca.

MURAT: un locale zeppo di gente.

MURO: quando lamata/o non ne vuole mezza, Marisa


mha dato un muro Ma anche barriera nel calcio.

Quarta parte 88
Mi ricordo
MUSTA: La faccia. "Lui l c'ha una musta che non mi piace."

NATURINA: ragazzina.

NASATO: fiutato, avere sentore: Guarda che quello ha nasato


tutto!

NIDI: materiale vario, radunato a casaccio in un cartone o cassetto


che non si user mai. "Oh Cinno, vedi ben sistemare tutti quei nidi
che hai nella tua camera, altrimenti te li caccio gi dalla finestra".
"Quasi quasi oggi faccio lo spoglio dell'armadio e butto via un sacco
di nidi".

NININO: maiale (ninen).

NIZZA: prostituta di colore. "Oh ho fatto un giro in via Rigosa (per


chi non e' di Bologna, e' una via periferica che collega Zola Predosa a
Bologna) era pieno di Nizze" derivante da NIZZO: livido nero.

NIZZO: livido nero.

NOCE: pugno. "Ti caccio una noce" esclamer il bolognese inveendo


contro l'ennesimo "extra" che cerca di pulirgli il vetro al semaforo.

NON C'E' PEZZA: locuzione ermetica che affonda le radici ai tempi


di vacche magre in cui le pezze potevano sancire la salvezza di un
capo di abbigliamento ormai logoro. non c alternativa, non c
soluzione: cos. Quando "non c' pezza" significa che non vi modo
di recuperare lo strappo e, per traslato, sottolinea l'ineluttabilit di un
evento senza che si possa fare niente per evitarlo o per negarlo.
"Devo mettermi a dieta, non c' pezza!" esclamer non senza una nota
di tristezza il giovane imbolsito da vagonate di tigelle e crescentine.

NON SI AFFRONTA: locuzione atta ad indicare situazioni,


immagini e/o persone al limite della gestibilit o comunque
sgradevoli a qualunque dei cinque sensi.

Quarta parte 89
Mi ricordo
NON VOLERNE (PIU') MEZZA: essere saturo di una cosa al punto
di non volerne pi sentire parlare. Appare evidente il superiore
impatto emozionale della locuzione felsinea al confronto del ben pi
prolisso ed inefficace corrispondente italiano. (Vedi anche "scendere
la catena")

OH, BUONASERA: significa scusa se poco.

OCA: Persona poco furba. Altra parola per definire il pene.


"Dare dell'oca" significa penetrare.

OCAROTTO: persona poco sveglia (ucart).

OI: dal francese oui, significa s nel senso di s come no


o certo che s,

OLIVA: pugno, cazzotto, gli ho tirato unoliva nella musta

OMARINO DEL PEPE: sapientone che mette zizzania,


lumaren dal pover.

ORZO: Orzo significa sconfitta, paga, legnata. Usatissimo


ancora adesso. "Gli abbiam dato del gran orzo" puo' significare,
a seconda del contesto, li abbiamo battuti o li abbiamo
menati di brutto.

OSVIGLIO: termine generico che indica un attrezzo


generico anchesso, perlopi, di uso agricolo.

PACCAROLO: uno che ti d buca, che non rispetta un


appuntamento o un patto.

PACCO: questa parola ha diversi significati il primo sta ad indicare


l'organo sessuale maschile molto evidente, il secondo sta a signifare
una truffa, un tranello o di un oggetto che si presenta non proprio
come volevamo "Oh regaz, sto stereo e' un gran pacco! non funzia
proprio era meglio il mio vecchio!"

Quarta parte 90
Mi ricordo
PACIUGO/PACIUGARE: Paciugo ha diversi significati, paciugo
inteso come pantano, lisciva sull'asfalto, fango. Oppure pastrocchio,
pasticcio o qualcosa che non e' venuta proprio come doveva "Ho fatto
un gran paciugo in casa quando ho imbiancato".
"Maledetta pioggia c'e' un paciugo per le scale!!"
Paciugare paciugato: diversi significati sia in positivo che in negativo:
"Oggi ho paciugato un po' con i pennelli e ho dipinto un bel quadro"
"Quasi quasi mi metto a paciugare con il pc, chissa' che non mi
vengano idee per realizzare qualcosa di bello"..

PADELLA: macchia dunto sui vestiti.

PADULO: pene, uccello paduloche vola allaltezza del


culo.

PAGA: prendere la paga = essere sconfitti in dialetto: "Ciapr la


pga"

PAGLIA: sigaretta. Tipica l'espressione del galantuomo bolognese il


quale, dopo avere sorseggiato il quinto "mohito", si rivolge
elegantemente al tavolo accanto al proprio biascicando: "oh, regaz,
avete una paglia?".

PAGLIONE: festa o situazione rumorosa e caotica

PALAZZO: palasport. Usata ai tempi del Palasport di Piazza


Azzarita, ma ormai usato anche per il Palamalaguti. "Oh regaz,
domenica tutti al Palazzo!.

PALO: il vecchio milione di lire.

PALOMBARO: un fesso, uno stordito.

PALTO: Il cappotto, detto anche palet

PANNO: coperta (del letto). Viene chiamato a gran voce dal


galantuomo bolognese al sopraggiungere dei primi freddi
apostrofando cos la signora: "Oh, Cesira, tira fuori il panno!".

Quarta parte 91
Mi ricordo
PANTEGANA: topo di fogna di grosse dimensioni

PANTERONA: si dice di ragazza molto appariscente vestita in modo


molto sexy tipo pantera. "Oh regaz, vado in pista e ballo vicino a
quella panterona!"

PAPAGNA/CARTONE: Pugno, sberlone, vedi anche


ghega/gnocco/tozza. "Oh se non la pianti di far l'asino ti do una
papagna che ti faccio girare due ore".

PAROLO: pugno, cazzotto.

PARSCIUTTO: prosciutto.

PASSERA/PASSERINA Vagina. Di uso comune anche gnocca. Ma


anche bella ragazza.

PASSI LUNGHI E BEN DISTESI: ormai in disuso ma sempre


efficace, lo dice chi vuole allontanare un individuo prima che succeda
qualcosa del tipo rissa o per interrompere bruscamente una
conversazione "Oh tipo vai mo a rusco (vedi) passi lunghi e ben
distesi o ti arriva un cartone"

PASTA/PASTINA: la versione casereccia della brioche o


cornetto che dir si voglia!

PATACCO: Adesivo. A volte si utilizza patacchino o ancor


meglio patachino.

PATACCHINA: bella ragazzina.

PATOCCO: aggettivo che indica mollezza il cui paragone tipo


patocco come un caco. Ma anche marcio, molto marcio, come la
frutta patocca.

Quarta parte 92
Mi ricordo
PATTA (dei pantaloni): dicesi anche fessa; insomma,
l'apertura delle braghe all'altezza del padulo.

PATURNIA: stato danimo storto. Ti vedo molto gi, hai le


paturnie?

PEDRO: omosessuale.

PELANDRONE: il termine, ormai quasi perduto, indica, in maniera


insindacabile, lo scansafatiche per eccellenza, quello che ha sempre il
culo peso. Le nonne apostrofavano cos i nipoti scarsamente attivi.

PENNA: termine che viene usato per indicare un bell'esemplare di


genere femminile. "Oh regaz quella tipa l una gran penna".

PERRY: dicasi di perizoma spesso sporgente da jeans molto a vita


bassa." Oh regaz, guarda che perry che sfoggia!"

PERSONAL: canna/spinello che uno si rolla e si fuma da solo.

PEZZA: sostantivo derivato dal verbo "impezzare" ossia usare la


dialettica per chiudere all'angolo un altro individuo contro la sua
volont, il quale, dopo alcune orette sbotter "cio, mi stai tirando
una pezza allucinante! Cio, non ti si affronta: basta". (Vedi anche
"tomella")
Variante: NON C'E' PEZZA: non c'e' niente da fare, non si puo'
aggiustare. "Oh quei due non vanno proprio daccordo. Non c'e'
pezza!" oppure "Quello scardozzo (vedi) della mia moto non va piu',
il meccanico ha detto che non c'e' pezza!"

PIATTOLA: Persona noiosissima ed appiccicosa.

PIAZZA RAVEGNANA (sembrare): indica una coppia


dove lui alto e lei bassa, riferendosi alle Due Torri che
sono appunto in piazza Ravegnana (da l parte via San
Vitale che arriva a... Ravenna)

PIAZZA: indiscutibilmente piazza Maggiore, "ci si vede in piazza".

Quarta parte 93
Mi ricordo
PIAZZOLA: Il mercato che si tiene in Piazza VIII Agosto nei giorni di
venerd e di sabato. Alcuni dicono "Vado in Montagnola"

PICCAGLIO: anche in questo caso la doppia C viene rimossa per una


corretta pronuncia petroniana. Il termine ha molteplici significati: pu
essere impiegato per indicare la sicura (PIRULLO O PIROLINO) che
si abbassa per chiudere la portiera nella macchina, oppure pi
generalmente un qualsiasi oggetto sporgente che non abbia un
particolare nome. Pu essere usato anche per indicare un personaggio
di cui si ha scarsa considerazione oppure uno sbruffone, in questi
caso ha la stessa valenza di "Bagaglio" (Vedi)

PICCHIATELLO: genere di sbarbo/a degli anni 70 e 80 che vestiva


con jeans larghi e bulbo a caschetto, frequentatore del Ciak e della
Baia degli Angeli.

PILLA (FRESCA): soldi, denaro. Sostantivo generalmente utilizzato


per sottolineare le capacit economiche famigliari che permettono al
vitellone di sfilare di fronte al "Calice" sull'ultima spider in
compagnia della bionda di turno "merda che ferro! lui l c'ha della
gran pilla!" - "Lui li' ha fatto la fresca con quell'aziendina".

PILUCCARE: assaggiare e mangiare a piccole dosi qualcosa,


piluccare il panettone, ma si usa anche in versione sessuale, un
pluchen

PIOMBA: stato comatoso spesso dovuto all'azione di agenti esterni


come droghe o alcool, ma che puo' essere usato per indicare anche
uno stato vegetale conseguenza di abbondanti libagioni (classica la
"piomba post-pranzo").

PIPIONA: impellente bisogno di dormire specie dopo mangiato.

PIPPA: Atto della masturbazione. Mi son fatto una pippa .Il


termine viene utilizzato anche in espressioni specifiche per mandare a
quel paese qualcuno: Vai a fare delle pippe. Oppure per mostrare la

Quarta parte 94
Mi ricordo
propria presunta superiorit ;lui l mi fa una pippa. Per dire che
uno non vale molto: non vale una pippa.

PIROLINO: piccolo, indefinibile aggeggio, se grande PIROLO.

PIRULLO: pallino,qualcosa di idefinito che sporge da una superficie,


sinonimo di coso.

PISTOLO: oggetto generico a forma di pistoncino, pulsante,


manopola.

PISTOLARE: maneggiare, modificare, ho pistolato il motorino.

PISTOLONE: Fessacchiotto, poco furbo, un po scemo.

PITONATO: tirato, ben vestito, ma con retrogusto maraglio.

PLATO: cassetta per la frutta.

PLUMA: (avere della), essere tirchio, taccagno. Tipica espressione


bolognese di antiche origini usata per definire non solo chi non vuole
mai spendere soldi, ma anche chi non li possiede. Esempio: il giovane
irritato dall'amico "plumone": "Oh, ma che pluma c'hai!? Non vuoi
entrare nel locale perch c' la consumazione obbligatoria?".

PLUMONE: tirchio, tirato che non vuol spendere soldi. Il tirchio ha


della gran pluma.

POGNA O PUGNETTA:.Atto della masturbazione maschile. Si usa


nelle stesse espressioni in cui si usa la pippa. La pugnetta anche una
gran seccatuta. Lumaren pugnetta (con la classica pronuncia aperta
alla bolognese) un uomo piccolo di statura (da non confondersi con
lumarell) ma energico e scattante che proprio per la sua infinita
energia ha sempre un sacco di pugnette. Cio trova sempre qualcosa
che non va e te lo fa notare, riempiendoti di grattacapi. E preferibile
non averlo nelle riunioni condominiali.

Quarta parte 95
Mi ricordo
POLLEGGIO: relax, riposarsi, stare calmi. Viene utilizzata spesso
anche la forma imperativa del verbo in tono intimidatorio per
raffreddare i bollori del maraglio di turno che spinge per non fare la
coda all'ingresso della disco: "Oh, polleggiati subito!" - "Ieri sera non
sono uscito, mi son polleggiato sul divano."

POLO: freddo, sinonimo di GIAZZO (Vedi).

POLVERE: dare della polvere vuol dire stare davanti in una corsa.
Gli ho dato della povere.

POMPARE / POMPATA /POMPATINA: scopare. Ieri sera alla Ines


le ho dato una bella pompatina.

POMPINO: rapporto orale, fellatio.

PONGA: topo di fogna, come pantegana

PORNAZZO: film pornografico.

PRANA: scoreggia, sinonimo di BRONZA (Vedi).

PRILLARE: sta a significare il termine "girare". Se state usando un


arnese dal lato sbagliato, il felisneo accorto vi dir: "Se vuoi che
funzioni lo devi prillare dall'altra parte".

PRIMA (DI): lespressione di prima significa di tendenza ,


pregiato: Una camicia di primissima!.

PUGNETTA: masturbazione, vizio solitario delluomo.

PUNTA: appuntamento.

PRILLONE: (prillare, prillo). Il prillone indica un mancamento dei


sensi, uno svenimento. Dopo aver bevuto una serie di Gin Tonic e
Coca-Rum al bolognese doc potr uscire solo una frase del tipo:

Quarta parte 96
Mi ricordo
"Soccia, dopo il quarto mi son dovuto fermare perch mi venuto un
prillone

PRILLINO: piccolo giramento di testa.

PUFFAROLO: uno che spara delle balle o che tira dei pacchi.

PUFFO: sinonimo di pacco, nel senso di bidone.

PULLA/PULISMANO: vigile ma anche poliziotto.

PUNIRE: si dice riferendosi, poco elegantemente, a una


ragazza con cui si fatto sesso, lho punita ben bene.

RANDA/RANDANELLO: unit di misura della velocit.


Indica la possibilit, per un mezzo di locomozione, di
raggiungere velocit smodate. "Oh regaz, il mio nuovo
FERRO (Vedi) va a randa!"

RASCHINO/RAZZINO: prurito in gola.

RAVALDONE: bici, moto, figorifero, televisore, ovvero


qualsiasi cosa vecchia e rovinata sinonimo di SCARDOZZO
(Vedi).

RAVANARE: cercare qualcosa usando le mani, frugare.

RACCHIA: Donna molto brutta e anche un p anticatica. Per


accentuare si usa gran racchia o racchiona

REGAZ/REGIS/RAGAZUOLI: contrazione della parola "ragazzi".


Usato in maniera confidenziale dal giovane petroniano per salutare la
sua balotta di amici. "Oh, Bela regaz, siete a posto?".

RIGA: basta, finito. La citazione della linea che determina la fine


dell'elenco degli addendi nella somma del verduraio definisce per
traslato la fine di ogni attivit. Si fa seguire spesso e volentieri a
BONA LE' (Vedi) come rafforzativo.

Quarta parte 97
Mi ricordo
RIPULISTI: Sgombero sia di cose che di persone: " Ieri ho fatto un
gran ripulisti nella scarpiera".

RIMESCOLARE/ RIMESCOLO: avere a che fare con qualcuno con


alcuna certezza che sia la cosa giusta, anzi: Quello l meglio non
rimescolarlo; oppure per indicare una situazione affollata e confusa,
in disco cera un gran rimescolo.

RIMPALLO: quando dichiari il tuo amore e lei/lui ti dice di no,


"Valentina m'ha rimpallato"; vedi muffo. Ma anche nel biliardo, il
ritorno di una palla su quella che l'aveva precedentemente colpita.
Nel gioco del calcio, rimbalzo del pallone che, dopo aver colpito un
ostacolo, torna indietro verso chi lo ha lanciato, rimpalla.

ROVINARSI: in senso fisico, alla festa di Gigio mi sono rovinato, ho


bevuto e fumato di tutto.

RUSCAROLA: pattumiera.

RUSCO: pattume, spazzatura. "Cacciala nel rusco!" si sentir dire il


tapino giunto al passo della Raticosa con mezz'oretta di ritardo
rispetto agli altri amici dotati di moto ben pi moderne e
prestazionali. Ma anche: Mandare a quel paese, in dialetto :7"V
m a rsc".

N.b: I bolognesi pensano erroneamente che questo termine sia


utilizzato in tutta Italia.

TRA RUSCO E BRUSCO: si dice quando qualcuno dice il bello e il


brutto di una vicenda, cioe' non nasconde nulla di un fatto. "Ieri sono
andata dal mio capo e gli ho detto il rusco e brusco di cosa non va in
quell'ufficio".

SABADONE: tipo un po' provincialotto, tipico contadino emiliano,


un po' ciondolante e goffo, un po' scansafatiche simile al sandrone ma
molto piu' contado (vedi).

Quarta parte 98
Mi ricordo
SACAGNARE: frantumare, picchiare.

SALTARE I FOSSI ALLA LUNGA: in sintesi fare passi da giganti,


compiere imprese impossibili, un classico della bolognesita' e' il
nonno che dice al nipote "io alla tua eta' saltavo i fossi alla lunga" nel
senso che i giovani di oggi sono meno attivi dei giovani di ieri.

SAN MICHELE: Il trasloco.

SANDRONE: termine molto "vintage", anche questo usato dalle


nonne, che davano del "sandrone" al nipote che ne aveva combinata
una delle sue. In tempi pi moderni il termine viene usato da alcuni
per indicare un volgare "cannone".

SANZA: senza. E' l'espressione sarcastica che dipinge la valutazione


dell'oggetto ostentato dal prossimo, tipico topos letterario che trova
nell'affermazione del contrario il metodo per enfatizzare la
situazione. "sanza mchina" si dir all'indirizzo del direttore generale
che lascia l'azienda sulla sua Porsche Carrera triturbo come "sanza
gnca" alla vista di Capirossi accompagnato dalla sua dolce met.

SARAFFO: versione "italo-bolognese" di sarf, che significa, in senso


buono uno che non si capisce se ci fa o ci . Ma anche "ipocrita, finto
tonto", e a sua volta viene dal gergo della malavita, dove il nostro
termine indicava il complice dell'imbonitore-truffatore che in
pubblico interveniva magnificandone la merce e convincendo cos i
potenziali acquirenti all'acquisto.

SBADILATA: Una gran quantit, soprattutto materiale; montagna: di


roba, in tutti i sensi, concreto e astratto; una montagna di roba da
studiare, o da stirare.

SBAGIUZZA/SGADIZZA: segatura. Il termine per viene anche


usato per indicare una cosa da poco, dal valore molto scarso, appunto
come la segatura.
Nelle vecchie officine quando si chiamava l'apprendista per pulire

Quarta parte 99
Mi ricordo
una chiazza d'olio si diceva "Cinno sgadezza!" con la segatura si
asciugavano le macchie.

SBANDATA:. Improvviso e brusco sbandamento: una paurosa


sbandata dell'auto.2 fig. Improvviso e intenso innamoramento:
prendersi una sbandata per qualcuno.; disorientamento morale o
politico: dopo la sbandata ha lasciato il movimento.

SBANDERNO: Gran quantit. "Al concerto dei Franz Ferdinand uno


sbanderno di gente rimasta fuori".

SBARBINA: ragazza piccola di et, non oltre i 12/13 anni, usato


meno frequentemente anche riferito ai ragazzi. "Quando ero
sbarbino".

SBARELLARE: Impazzire per una cosa o una persona simpatica:


Gino mi fa sbarellare". Al posto di sbarellare, alcuni utilizzano
sdraiare.

SBARUSLARE: impappinarsi mentre si parla

SBLISGA: poco di pi. Misurava due metri e sblisga. Oppure nel


significato di scivolarequi si sblisga.

SBOCCARE: indica l'azione di stressare qualcuno "Oh tipo mi stai


stracciando le balle, bona le!"; pu significare anche passare col rosso
ad un semaforo, oppure, in gergo motociclistico da usare in casi di
impennate da antologia: "Oh regaz col mio nuovo ferro straccio delle
impennate che non si affrontano!".

SBOCCARE: Indisposizione gastrica con fuoriuscita copiosa di


sostanze dalla bocca.

Quarta parte 100


Mi ricordo
SBORONE: Sburon esibizionista, personaggio che si fa notare
rumorosamente, privo del bench minimo senso di misura, tatto ed
eleganza. La diffusione del malcostume nazional-popolare di stampo
catodico tipico di questo periodo storico ci offre continui esempi di
"sboroni" che spaziano dagli ostentatori di status simbol (auto, moto,
abiti griffati, accessoristica elettronica di vario genere) accomunati
dalla caratteristica di avere elevati prezzi senza possederne
corrispondenti contenuti, ai pi classici autocelebratori di prestazioni
sportive, sessuali nonch spacciatori di falsissime amicizie altolocate.

SBRAGARE: rompere. Ma anche divertirsi, scompisciarsimi fa


sbragare dal ridere!!!

SBRINDALLARE: letteralmente "fare a brandelli"=rompere, fare a


pezzi.

SBROCCARE: perdere la brocca, andar giu' di brocca. Cioe' andar


fuori di testa, arrabbiarsi. "Oh regaz, l'altro giorno la mia tipa e'
sbroccata perch mi sono ingubbiato e non siamo andati al cinema!".

SBROZZO: unit di misura indicante una quantit indicibile di cose


o persone. "Oh regaz stasera al Matis c' uno "sbrozzo" di gente"
sentenzier il giovane felsineo dopo aver osservato la coda di 12 km
davanti all'ingresso della disco.

SBURZIGLINO: una sorta di scadorino. Ma anche qualcosa di


indefinibile procurato da unemozione.

SCAGAZZO: paura.

Quarta parte 101


Mi ricordo
SCADORE: prurito. La frase classica nella quale inserire il termine :
"Oh regaz, non so come mai, ma oggi c'ho un gran scadore".

SCADORINO, avere il solletico.

SCAGAZZO/A: paura, spavento tremendo.

SCANCHERARE: imprecare, mandare un accidente a qualcuno,


manifestazione dinsulti pesanti. "Oh regaz, ieri ho sentito lui la' che
gli scancherava dietro". Il termine dietro viene usato per indicare "alla
persona".

SCAPPADIZZA, di presa: insicura. (Gli caduto tutto


perch ha una presa scappadizza).

SCAPUZZARE: inciampare.

SCAPUZZO: piccola sporgenza del pavimento o della


strada nella quale facile scapezzare.

SCARABACCINO: malore improvviso, malessere,


coccolone.

SCARAVOLTARE: rovesciare, capovolgere.

SCARACCIO: emissione volontaria di saliva dalla bocca = sputo. Lo


scaraccio pu essere semplice, solo saliva, oppure composto, con
aggiunta di catarro e/o sangue, a seconda delle condizioni di salute
pi o meno gravi dell'individuo.

SCARDOZZO: appellativo che viene solitamente affibbiato ad un


mezzo di locomozione non proprio all'avanguardia o che, pur
essendo all'avanguardia, ha evidenti problemi di funzionamento.
"Dove l'hai preso quello scardozzo" dir il giovane bolognese al
maruecas che si presenter con il suo "nuovissimo" Ciao Piaggio.

SCARPAZZONE: pessimo giocatore di calcio, insomma uno


tristo.

Quarta parte 102


Mi ricordo
SCENDERE LA CATENA: tipica espressione che comunica il
disarmo finale nei confronti di qualsivoglia evento al punto da non
"volerne pi mezza". Le due espressioni si rafforzano spesso in un
confronto sintattico che porta il giovane ingegnere alla settima ora di
scritto dell'esame di stato ad affermare: "bona l, riga! mi scesa la
catena: non ne voglio pi mezza!". Lo stesso verr ritrovato poche ore
dopo completamente "in cassa" di fronte al pub irlandese...

SCHIENATO: senza un euro, "paga per me che sono


schienato".

SCHIODARE: Andarsene via. "Schiodiamo?"

SCHISCIO (star): stare al proprio posto.

SCUFFIA: pesante coinvolgimento emotivo.

SCOLINA: Avvallamento a fianco della carreggiata.

SCOSSARE: scuotere. Mi scossa un dente.

SCRENATO: mal messo, male in arnese, "sono sderenato".

SCUFFIA:. Sbornia; cotta amorosa: prendersi una scuffia per


qualcuno.

SCURZA: simpatico accrescitivo di scoreggia (da cui scurzone).

SDOZZO: di poco valore. Il termine si pu usare sia per le persone


che per le cose. Nelle persone indica individui non bellissimi, un po'
imbranati, oppure bizzarri o ridicoli nell'aspetto. Pu servire per
descrivere un qualsiasi oggetto che non funzioni a dovere oppure
vecchio, superato. "Oh regaz lo scooter di mio padre perde i pezzi da
tutte le parti, proprio uno sdozzo"

SEI FUORI: essere fuori di testa, seguito spesso da: come un balcone,
come un coppertone, di brutto, di cotenna, accrescitivo: fuorissimo.

Quarta parte 103


Mi ricordo
Ma anche sei fuori dai coppi. Spesso preceduto da OH MA TE,
indica una persona un po' alticcia, ma anche una frase per mettere in
discussione cio' che qualcuno sta cercando di farci credere: "Oh ma
cosa stai dicendo? Sei fuoooori??!"

SETTE: rottura un tessuto a forma di sette.

SFATTO: rotto, disfatto, ma anche distrutto dalla fatica, dal troppo


lavoro o dal sonno. Esempio: "Ho lavorato come un matto e adesso
sono sfatto!".

SFRISIARE/SFRISIO: passare molto vicino.

SFROMBOLARE: cacciare, gettare via, lanciare. Verbi che ben


descrivono gesti plateali e definitivi volti all'eliminazione fisica di
qualsiasi oggetto divenuto inutile o comunque sgradito. "Soccia che
stereo!" si dir appena saggiata la potenza sonora dell'ultimissimo
ritrovato acustico situato in camera dell'amico "E che ne hai fatto di
quello vecchio?", " L'ho sfrombolato gi dalla finestra!."

SGABUZZO/SGABUZZINO: ripostiglio.

SGAGGIARSI: sbrigarsi, darsi una mossa. Un tipo


sgaggio (laffermazione tipo sgaggio mica da ridere)
uno molto sveglio, furbo, dinamico. Uno che ci sa fare.

SGADIZZA: segatura.

SGALIGINO/SGARAGINO: persona vestita elegantemente


che si pavoneggia.

SGAMATO/ SGAMARE: scaltro, furbo, che la sa lunga, un tipo


sgamato Come voce passiva del verbo sgamare, essere sgamati
significa anche essere scoperti mentre si faceva qualcosa che non
andava bene. Non avevamo studiato e il prof. ci ha sgamati.

SGAVAGNARSELA: cavarsela, togliersi da un impiccio.

Quarta parte 104


Mi ricordo
SGANASSONE: un forte pugno.

SGAMBARE: andarsene, scappare.

SGAMBARLONA: Termine un tempo usato per definire una ragazza


filiforme con gambe spropositatamente lunghe.
"Hai visto che sgambarlona che e' la ragazza di mio fratello?".

SGARGIOLINO \ SGARAGINO: definizione simile a quella di


"sborone" (vedi) e "califfo" (vedi). Esempio: "Con sto freddo, luil fa lo
sgargiolino e va in giro in maniche corte!".

SGHETTO: colpo di fortuna. (ANDARE DI) espressione volta


all'identificazione di contesti fortunosi che hanno consentito il
concretizzarsi di eventi altrimenti improbabili. Tipico l'incipit dello
studente universitario nullafacente e vitajolo che, all'ingresso
dell'aula dove si tiene l'esame di "scienza delle costruzioni", con la
fiata ancora turbata dall'alcool ingerito la notte precedente esclama:
"oh raga, se passo questa mi va fatta di sghetto!"

SGODEVOLE: stato fisico mentale tipico di una donna durante la


comparsa delle sue cose, ma pu essere usato anche al maschile per
indicare un personaggio che "non si affronta" (Vedi).

SGRANFIGNARE: sottrarre(con destrezza).

SGUILLARE: scivolareil pesce mi sguillato dalle mani.

SGUAZZARE: godere.

SGURARE: pulire vigorosamente.

SIMITONI: complimenti. Modo di dire ormai solo per veri


intenditori. Usato principalmente dalle nonne durante pranzi con
abbondanti libagioni. Al terzo piatto di tagliatelle il giovane
bolognese comincer a chiedere piet alla nonna e la stessa lo
apostrofer cos: "Ma dai mangia ancora, non stare a far dei simitoni".

Quarta parte 105


Mi ricordo
SLEGARE: picchiare, vincere una sfida: Li abbiamo slegati
5 a 0 . Quando si ammette umilmente una sconfitta si dice:

Ci hanno slegato 5 a 0 .

SLEGO: Assolo di chitarra o generico virtuosismo ( anche riferito al


ballo). Celebre il fatti questo slegodegli SKIANTOS nella canzone
EPTADONE

SLEPPA: schiaffone. Ma anche tiro molto forte col pallone.

SLUDRARE: verbo che indica un accostamento alimentare quanto


meno discutibile "Regaz ieri non avevo sonno cos alle 2 di notte mi
sono sludrato un salame intero con patatine fritte tocciate nella
nutella".

SLUMARE verbo atto ad indicare un gioco di sguardi fra due


persone che non si conoscono, ma che all'apparenza si guardano con
interesse. Esempio: il giovanotto bolognese in disco col suo amico
potr cos constatare la piacevole situazione: "Oh, hai visto, quelle
due tipe? Secondo me slumano! Perch non le imbarchiamo? ".

SLUNGAGNONE: persona molto alta.

SLUNGARE: Passare, allungare, dare. Si dice per farsi fare un favore


subito.. "Oh mi slunghi il giornale solo un attimo che leggo
l'oroscopo?".

SMALVINO: mancamento

SMARONARSI: annoiarsi. Mi sto smaronando di brutto


significa che mi sto annoiando moltissimo.

SMATAFLONE: ceffone, manrovescio. Celebre la frase della nonna:


"Oh cinno, se non la smetti di fare il tuo numero ti caccio un
smataflone". Con l'aggiunta "che ti attacco al muro" ha un effetto
abbastanza convincente.

Quarta parte 106


Mi ricordo
SMOLLARE: abbandonare una situazione, andarsene da un
posto.

SMORZARE: spegnere, ma anche smetterla: la vogliamo smorzare!

SOCMEL/SOCCIA: intercalare dal significato multiplo.


Letteralmente significa "succhiamelo", ma un'esclamazione che non
ha alcun riferimento all'atto sessuale e che pu essere usata in
qualsiasi frangente, per esternare qualsiasi tipo di sentimento.
"Socmel che due maroni!" esclamer il petroniano bloccato nel traffico
dei viali alle 5 del pomeriggio.

E linteriezione o esclamazione pi usata nel dialetto bolognese. Pu


assumere tono iroso, solenne, affermativo, risentito, stupito,
sconsolato, beffardo, e altro ancora. (da wikipedia)

A proposito di Socmel si racconta:

Il dialetto bolognese ha forti influssi francesi tanto che, si racconta, una volta i
viaggiatori bolognesi che non conoscevano il francese usavano il dialetto e
riuscivano a farsi capire ugualmente.

Si dice che alla fine del 400, primi del 500 Bologna era un centro di passaggio tra
il nord dellItalia e il sud e spesso accadeva che bande di soldati di ventura,
mercenari o orde di sbandati, facessero incursione nella citt depredando,
razziando e violentando la popolazione.

Dopo questi passaggi avveniva unesplosione di nascite illegittime e


indesiderate, che mal si addiceva ai morigerati costumi che avrebbero dovuto
vigere in uno Stato Pontificio.
Il potere allora (qui non rammento bene se il Cardinale o il Papa) emise un editto
nel quale invitava le donne bolognesi a soddisfare le brame di queste soldataglie
con metodi alternativi meno prolifici al fine di arginare la vergognosa piaga
dei figli illegittimi.
Da qui ebbe origine la piccante fama delle signore bolognesi e tuttora
lesclamazione pi caratteristica e conosciuta del dialetto bolognese Scocmel.

SOLFA: la solita solfa, dire sempre le stesse cose.

Quarta parte 107


Mi ricordo
SOLFANAIO: rigattiere, robivecchi. Termine che deriva dalla "solfa"
petulante e ripetitiva col quale il rigattiere faceva sentire la sua
presenza per le strade, del tipo "Donne arrivato l'arrotino!". Il
termine si usa per indicare un qualsiasi attrezzo che sia da eliminare
per inutilit: "Regaz oggi mi ciocato il cellulare, meglio se lo caccio
dal solfanaio". Per chi invece raccoglie qualcosa vicino al rusco (vedi)
"Oh sei proprio un solfanaio!"

SOPPA: sostitutivo di soccia o socmel ma meno sguaiato soppa che


bello. Ma si intende anche la zuppa.

SORBOLE: espressione balanzoniana tipo soccia, ma non volgare.

SPAGO/SPAGHETTO: Un'enorme paura che poi si risolta in lieto


fine. "Ho avuto una fifa bestiale" diventa "Mi son preso un gran
spaghetto.

SPALARE: eccedere, esagerare, pisciare fuori dal vaso. "oh vecchio, a


sto giro hai spalato "si dir correttamente al commensale che
approfitta della pinguit del portafoglio altrui ingurgitando la quinta
aragosta a sbafo.

SPANIZZO: persona che si fa notare, che non si tira indietro, che osa
in maniera evidente ma comunque degna di ammirazione.
L'immagine, per quanto possa sembrare somigliante ad una prima
lettura superficiale, differisce sensibilmente da quella dello "sborone"
(cfr.) in quanto non comprende l'accezione negativa caratteristica di
quest'ultimo. "Oh regaz, l'altro giorno Gino ha fatto lo spanizzo e ha
pagato la cena a tutti".

SPARGUGLIO: confusione, disordine. Da utilizzare soprattutto in


situazioni in cui oggetti vengono lasciati a casaccio.

SPATACCATO: spiaccicato.

SPIETRATA: termine usato per definire un conto molto salato spesso


usata dai giovani felsinei alla presentazione del conto della Pizzeria

Quarta parte 108


Mi ricordo
"Soccia che spietrata 4 pizze 45 euro!! la prossima volta andiamo da
Altero" (Altero un mito! pizzeria al taglio di rinomata fama.. e'
d'obbligo per chi passa da Bologna)

SPIPPOLA*: di solito riferito ad una cinna: furbetta maliziosa.

* Spippola (in italiano peppola) uccellino che si muove velocissimo e


canta in continuazione.

SPLENDIDO: ( fare lo) fare il brillante, il figo.(vedi anche spanizzo).

SPOGLIA: sfoglia.

SPOLVERO (gran): per indicare una situazione brillante,


gran spolvero sabato in disco

SPRUCAGLINO: bella ragazza, bambina. Sprucain.

SPORTA/SPORTINA (sprta/spurt(l)nna): contenitore una volta in


tela grezza, ora in plastica, usato, generalmente, per fare la spesa. Per
i non bolognesi trapiantati: non parlateci di "busta per la spesa", per
noi la busta quella da lettera e basta!

SQUACQUARELLA: Formidabile assonanza ad una repentina


quanto irrefrenabile scarica di diarrea con limitate possibilit di
controllo, sciolta.

SQUASSO: unit di misura non precisamente definita, molto simile


a sbrozzo (Vedi). Da usare assolutamente in casi in cui si debba
gentilmente mandare a quel paese qualcuno.

SQUINZIA: ragazzina. Ma anche sciacquetta, ragazza frivola e


superficiale il cui cervello deputato soltanto a riempire la scatola
cranica in modo che non rimbombi per il vento che filtra dalle
orecchie. Esemplari di squinzia sono facilmente rinvenibili in ogni
dove.

Quarta parte 109


Mi ricordo
SQUIZZARE: letteralmente "schiacciare". Il termine va per
associato ad azioni specifiche, quelle in cui c' una precisa fuoriuscita
di liquido ad esempio "Oh bela regaz, ieri son stato al Mac, mi sono
taffiato un tot di patate e ci ho squizzato sopra un tubo di maionese:
di un'altra!".

STIATTINO/STIATINATO: sinonimo di schizzo, stiattinare


schizzare. "Mamma ti aiuto a lavare i piatti.. attento a non stiattinare
dappertutto che ho appena pulito!

STANGATA: tiro fortissimo di un calciatore, ma si dice


anche per un conto salato al ristorante.

STOPPIA: quello che rimane sul campo dopo il taglio o la mietitura:


Esempio: bruciare le stoppie.

STOPPARE: chiudere, tapparestoppare un buco.

STRACCIARE: vincere alla grande.. lho letteralmente stracciato!

STRACCO: stanco.

STRAFUGNARE: sgualcire ma anche fare carezze,


tenerezze a chi si ama.

STRAMPALATO: ma che dico buono, di pi.

STRAVACCARSI: rilassarsi, buttarsi sul divano o sul letto


alla vacca maniera.

STRICHETTI: pasta rigorosamente all'uovo, fatta a


forma di farfalla.

(Gli strichetti sono pezzi di pasta per lo pi


rettangolari che, pizzicati nel centro, si arricciano e formano delle
gallette. Rappresentano leccedenza di tutti i ritagli di pasta non
impiegati nella preparazione di agnolini o ravioli o tortellini).

STRIZZA: paura.

Quarta parte 110


Mi ricordo
STRINARE: bruciare. Ma anche vincere.gli ho dato una
gran strinata!

STROLGARE: inventare, immaginare, escogitare, almanaccare,


predire la sorte. (dimportazione romagnola).

STRUMNARE: spargere.

STUFISIA: stanchezza.

SUDARELLA: Sudare abbondantemente in tutto il corpo per


lemozione o agitazione.

SUDAZZA: evidente chiazza di sudore sotto l'ascella. "Accendi il


condizionatore! Ho gi la sudazza!"

SUSANELLO: il termine indica una persona di statura


elevata.

SVARIONE: giramento di testa. Ma anche errore.

SVERZURA: stato mentale che comporta una particolare carica o spinta


a compiere determinate azioni. La "sverzura" in campo sessuale
un classico.

Termine usato da Gabriele Cremonini nel suo romanzo Sputasangue.

TABANA: aria irrespirabile, puzzolente o malsana. Esempio: "Dentro


quel locale l tra fumo e sudore c'era una tabna inaffrontabile!". "Soccia
che tabana!".

TAFFIARE: Letteralmente "mangiare". Pu essere usato per indicare un


abbondante ingurgitamento di cibo: "Oh regaz ieri sera ho cacciato una
taffiata clamorosa"; ma pu indicare anche solo un pasto generico "Oh
regaz ho fame, andiamo al taffio?".

TAMARAZZO: materasso.

Quarta parte 111


Mi ricordo
TAMPINARE: seguire qualcuno con insistenza fastidiosa.

TAMUGNO: termine usato specialmente in campo gastronomico per


indicare cibi indigeribili: "Oh regaz le lasagne di oggi in mensa eran
tamugne di brutto". Ma indica anche un tipo tosto.

TANFO: puzzo.

TARAGHIGNA: colui/colei che (con ostinazione e a qualunque


costo) non demorde finche' non ha ottenuto quello che vuole.

TARAZZO: Cafone, arricchito o non ancora, chi ha cattivo gusto ed


anche un po' ignorante.

TELAIO: fisico, corporatura. In genere riferito alle ragazze, ne


definisce l'insieme delle forme fisiche escludendone il viso. Esempio:
l'arrapato giovane bolognese commenter con l'amico al passaggio di
una ragazza conosciuta: "Leil in faccia fa schifo, ma ci ha veramente
un gran telaio!".

TELARE: andare via immediatamente, abbandonare un luogo. Verbo


in genere usato nei contesti dove una o pi persone devono
abbandonare una situazione disagevole e scomoda. Esempio:
"Guarda che facce, secondo me meglio telare da sto posto!" dir
all'amico l'ignaro personaggio entrato per sbaglio in un bar di
periferia frequentato da ex-galeotti.

TIRABURSAN: alla lettera, con evidente francesismo (tirebouchon )


il cavatappiSenza stare a sottilizzare se tirabursn o tirabursn
(in questo e in mille altri casi le due pronunce coesistono), lunico
termine per questo attrezzo che noi italianizziamo in tiraborsone
solo quando scherziamo, per tacere del diffuso, pure
scherzoso,tirabusn. notoriamente parola francese

Quarta parte 112


Mi ricordo
TIRAPACCHI: Colui il quale tutto le volte che si organizza qualcosa
non si presenta all'appuntamento o declina all'ultimo minuto. Un
tirapacchi anche chi vende merce per fregarti.

TIRARE GLI ULTIMI: ultimi intesi come respiro. Termine usato per
indicare uno stato di malattia molto avanzato o terminale, dicasi di
persona molto malata o barcollante. "Oh regaz, guarda lui li' sembra
stia tirando gli ultimi". Tirare via: fare le cose in fretta.

TIRELLA: condizione fisica che indica una profonda carica sessuale,


nel sesso maschile sidentifica con un'erezione. Ma anche mettersi
elegante, mettersi in tirella.

TIRO: l'azione di schiacciare il bottone che apre il portone del


palazzo. Esempio: quando il gentiluomo bolognese si trover ai piedi
del condominio dell'amata, suoner il campanello pronunciando la
frase: "Ciao, sono io, mi dai il tiro?". Ma mettersi in tiro vuol dire
anche mettersi elegante.

Che significa "dare il tiro"? I bolognesi sanno


di dover premere il pulsante per aprire le porte ma
da dove proviene questo modo di dire? Come
sapete il centro di Bologna famoso per i portici e
le abitazioni antiche erano dotate al piano terra di
una grande porta per fare entrare i cavalli che
andavano nel chiostro interno dei palazzi.
Essendo gli appartamenti al primo piano, quando
l'ospite giungeva suonava la campanella (o
bussava forte) e per aprire il portone dal piano
superiore bisognava "tirare" una corda che faceva aprire il portone in basso.
Da qui il termine da gridare sotto il portico: "mi dai il tiro" (alla corda)?
Fatto sta che a Bologna e dintorni non vedrete i due pulsanti con scritto
LUCE e PORTA bens LUCE e TIRO.

TITTO: latte.

Quarta parte 113


Mi ricordo
TITTA: mammella.

TOCCIARE: intingere, fare la scarpetta. Eliminazione della doppia c


come da copione "Oh nonna posso tocciare il pane nella pentola del
ragu'?"

TOCCINO: il sugo di cui sopra.

TOGNINI: i tognini sono i tedeschi, ma questa definizione un po


affettuosa e un po di stima ben lungi dal comune crucchi. Prende
per la definizione dalla tognina dialettalmente equivalente del
teschio, dunque, almeno nel passato, etimologicamente siamo dalle
parti della paura.

TOMBINO: scolo fognario di forma quadrata con ferritoie, posta


sulla strada, "Mi son cadute le chiavi dentro al tombino!"

TOMANA: divano.

TOMELLA: si riferisce all'atto di "intomellare" ossia di riversare


fiume di parole sul prossimo cercando di convincerlo delle cose pi
disparate. "Cio, mi hai fatto una tomella assurda, mollami subito!"
Vedi anche "pezza".

TORA: una donna di una certa et che suscita una qualche


sensazione sessuale, anche trash.

TOTALE /TOT: la totalita' delle cose, spesso usato in svariate


occasioni, sta ad indicare il molto "Quella tipa mi piace un tot",
"Quella moto ha fatto un totale di chilometri".

TOZZA: una botta, non proprio un pugno anche se si usa per


indicare che si picchiato qualcuno, lho riempito di tozze; ci si
possono dare delle tozze anche per scherzo.

TRENO: il lungo palazzo che c alla Barca.

Quarta parte 114


Mi ricordo
TRISTO: lo il giocatore di calcio o basket o altro poco bravo, lui l
un gran tristo, non sa giocare, non chiamarlo pi.

TROMBARE: scopare, si tromba l?.

TUBANA baccano, forse riferito al tubare dei piccioni (tubna).

TUGNINO: tedesco, si sentiva dire spesso a Rimini " Oh ma quanti


tugnini ci sono a Rimini! ".

TUNNELLO/TUNNO: individuo originario della fascia del Magreb,


trapiantato a Bologna, solitamente dedito allo spaccio di sostanze
illecite.

URCIA: orecchio.

UMAREL: individuo anonimo, spesso pensionato che ostenta luoghi


comuni o che guarda i lavori stradali con le mani dietro alla schiena.

A queste categorie di persone stato


dedicato un libro UMARELLS di
Danilo "Maso" Masotti - Edizioni
Pendragon.
Sono tanti, vivono in mezzo a noi, ci
osservano... e noi osserviamo loro.

Ma chi sono gli Umarells? Umarin


(s.m. bolognese - Omarino)
Umarell (s.m. bolognese - Omarello,
ometto).
Umarells (p.m. omarelli, ometti,
pensionati bolognesismo + inglesismo
globish)

Hanno sempre qualche soldo da parte, ci aiutano a comprare la casa, quando


tirano le quoia con la q ci lasciano in eredit denaro e/o immobili, educano i
nipotini mentre entrambi andiamo a lavorare in cerca di improbabili
realizzazioni mantenendo sia i nipotini, sia noi che andiamo a lavorare.

Quarta parte 115


Mi ricordo
Il PIL non cresce, ma crescono le aspettative di vita per gli umarells, ai quali
sarebbe giusto dedicare almeno una festa nazionale.

Nellattesa, gli dedico questo libro con tanto di prefazione di Duilio Pizzocchi,
Umarells e vita di tutti i giorni, Umarells con le mani dietro la schiena che
osservano i lavori stradali, Umarells e orti, Umarells e bocce, Umarells in bici
con i sacchetti di nylon attaccati al manubrio, Umarells al mare, Umarells in
montagna, Umarells in garage, Umarells sportivi e tantisismi cartelli attaccati
nelle scale del condominio con i pi svariati divieti.

E alla fine, un bel test per scoprire se hai un umarell in famiglia o se sei tu stesso
un umarell.

DANILO MASOTTI anche lautore di IL CODICE BOLOGNA da


cui ho attinto per questo lavoro.

USTA: termine impiegabile in situazioni difficili, in cui ci sia bisogno


di usare intelligenza, oppure astuzia. "Oh regaz quel meccanico l ha
dell'usta: in due minuti mi ha riparato il mio ferro, che non ne voleva
sapere mezza di ripartire!".

VA LA: come dire, vai vai, spesso infatti si raddoppia, va l va


l; un bel va l vieni qua pu creare confusione

VALIDO: buono, mentre molto buono validissimo, Una zuppa


inglese validissima.

VANGE!: si diceva un tempo, andava a sostituire il soccmel.

"Vange che bella macchina che ti sei comprato!"

VASCA: camminare avanti e indietro per via Indipendenza: fare


delle vasche in centro.

VERRA: ragazza di facili costumi che a letto ci sa fare, eccome!

VIAGGIO: si usa nellespressione: farsi il viaggio che vuol dire


atteggiarsi, Darsi delle arie. Quella tipa l si fa un gran viaggio.

Quarta parte 116


Mi ricordo
VOLERNE: essere interessati a qualcuno/a. Il tipo ne vuole da te.
Significa che interessato a te. Molto usata lespressione: ne voglio
a pacchi per dire che qualcuno mi piace un casino.

VIRGOLONE: il lungo palazzo che c al Pilastro.

ZACCAGNO: gioco fatto con le pietre (mezze pietre) a chi le tira pi


vicino ad un muro. Lo zaccagno era un antico gioco d'azzardo
popolare della montagna emiliano-romagnola.
Si mettevano delle monete su una pietra circolare alta circa 5-6
centimetri (chiamata appunto zaccagno) e poi, da lontano circa 5
metri, ogni giocatore aveva un'altra pietra tonda (ma pi piccola) che
era chiamata "marella".
Ogni giocatore a turno lanciava la propria marella cercando di colpire
il bordo laterale dello zaccagno. Se il colpo con la marella contro lo
zaccagno era dato bene, le monete che eventualmente cadevano sulla
marella diventavano di propriet del giocatore che l'aveva appunto
tirata.
La frase sopra riportata si dice a un giocatore (di qualsiasi sport)
particolarmente scarpazzone e tristo volendo significare che il suo
livello cos basso che lo sport che pu praticare non pu essere altro
che lo zaccagno, cio tirare dei "giaroni" (delle pietre). Si sente dire
spesso nell'ambiente dei bar ai giocatori di biliardo molto scarsi,
quando in partita tirano una boccia che una gran cagata. v bn a
zughr a zaccagno!!... (vai bene a giocare a zaccagno!)

ZACCOLONA/E: Persona spesso trasandata, disordinato, cialtrone


che trascura la casa e le faccende domestiche, spesso sporca e
trascurata. Che non sa fare i mestieri di casa. "Oh regaz, avete visto
che zaccolona la moglie di Ugo? Aveva una casa che ci pianti il
basilico".

ZAFFATA: Improvvisa ondata di cattivo odore.

Quarta parte 117


Mi ricordo
ZAGNARE: rompere, infastidire. Forma verbale tipicamente
utilizzata nella pi ampia locuzione "zagnare i maroni" dove l'azione
si eleva ad una forma catartica ed universale che colpisce
inevitabilmente le parti pi intime e sensibili della corporalit
maschile, ultimo ed ineluttabile bersaglio delle persone pi
insopportabili che la vita ci para dinanzi.

ZAGNO: freddo, sinonimo di giazzo, (vedi).

ZAMPIGARE: camminare rumorosamente.

ZANARO: uno (fighetto) che frequenta il bar Zanarini.

ZANETTA: bastone massiccio e ricurvo nella parte superiore usato


dalle persone anziane per sorreggersi. Era intarsiato e decorato per
renderlo pi pregiato. Arnese che pu venire impiegato come termine
di minaccia: "Cosa vuoi te? 50 euro? Te li do gi per la zanetta 50
euro!"

ZANETTI: testicoli

ZANIO (o zagno): freddo. Esempio: la ragazza infreddolita esclamer


durante una giornata del severo inverno bolognese: "Oggi
veramente un gran zanio!". Termini correlati: polo.

ZAVAGLIO: vedi bagaglio. Indica indifferentemente qualsiasi


oggetto (o persona) con accezione negativa. Definisce sinteticamente
la condizione di attrezzo inutile il cui unico attributo quello di
possedere un peso senza, nonostante tutto, svolgere correttamente la
propria funzione. "Cos' quel zavaglio l?"

ZDOURA o ZDAURA o ARZDORA: letteralmente "reggitora o


reggitrice". Il termine stava ad indicare, negli anni che furono, la
classica donna/padrona di casa factotum della famiglia patriarcale.
Ora la zdoura ha il significato pi generico di donna un po'
attempata, magari una di quelle che ancora piega (a mano) i tortellini

Quarta parte 118


Mi ricordo
alla festa dell'unit, oppure, quelle piene di paillettes, che si trovano
nelle balere di liscio.

ZIGARE: piangere. Da usare in riferimento a pianti striduli e


petulanti come quelli dei bambini. "Oh quel cinno l ieri sera non la
smetteva mai di zigare, che due maroni mi ha fatto venire su!".

ZINNE: tette, seno.

ZIRUDELA o ZIRUDELLA: un componimento scherzoso in


dialetto e veniva declamato in particolari occasioni quali nozze e
pranzi campagnoli. Poi lutilizzo si allarg a lauree, compleanni e altri
eventi che comunque prevedevano un lauto pranzo, durante il quale
il zirudellaio rivolgeva ai festeggiati il suo indirizzo poetico. Lorigine
sicuramente antica e la declamazione era cantilenata con
accompagnamento musicale in quartine di versi ottonari a rima
baciata, che si concludevano invariabilmente con le parole Tc e di
la zirudla oppure Tcc e tacc la zirudla. Dall800 in poi si
gradualmente perduta questa forma ripetitiva insieme
allaccompagnamento musicale e la zirudella divenuta
semplicemente un componimento in rima da declamare, magari
facendo riferimento a fatti del giorno. In ci furono maestri due
personaggi quali Giuseppe Ragni, il re degli imbonitori della Piazzola
(2) e lindimenticato Piazza Marino, poeta contadino, come egli si
definiva (3).Sullorigine della parola zirudla si fanno alcune ipotesi.
LUngarelli esemplifica cos la metamorfosi del nome: gironda
(ghironda), girondella, zirondella, zirodella, zirudla (5).
DA http://www.bulgnais.com/zirudela.html

ZOCCO: grosso pezzo di legno per camino o stufa

ZORA: donna di facili costumi; la zora generalmente conciata in


maniera assurda.

Quarta parte 119


Mi ricordo
Il lavoro, siamo alla lettera zeta, dovrebbe essere
finito...ma non finito.

Si pu dire che non pu terminare perch ciascuno di noi di parole ne


conoscer altre e parlando con amici ne imparer delle nuove e cos
via.

Ognuno di noi potr aggiornare lopera liberamente, aggiungendo


altro materiale, apportando il suo contributo.

Si potr scoprire, confrontandosi, che molti termini ed espressioni


differiscono, (o sono addirittura sconosciuti) nella parlata dei cittadini
di Bologna appartenenti a quartieri diversi.

Storia vecchia, tanto vecchia che la indic lo stesso Dante Alighieri.


(Nacque il 29 maggio 1265 a Firenze, e mor a Ravenna, dove si trova la sua
tomba, a 56 anni nella notte tra il 23 e 24 settembre 1321).

"... ci che fa pi meraviglia che perfino quelli che risiedono nella stessa citt
mostrano delle differenze, come i bolognesi di Borgo San Felice e quelli della
Strada Maggiore.

Perch esistano tutte queste diversit e variet del parlare apparir chiaro da
questa sola ragione: diciamo che nessun effetto supera la sua causa, in quanto
effetto, e nessuna cosa pu produrre ci che non .

Ed essendo il nostro linguaggio (tranne quello creato da Dio per il primo uomo)
conformato a nostro piacimento dopo quella confusione che non fu altro se non
dimenticanza della lingua precedente, ed essendo l'uomo un animale
instabilissimo e mutevolissimo, questo non pu
essere n durevole n immobile, ma come ogni
altra nostra cosa vedi gli usi e i vestiti
portato a mutare col mutare dei tempi e dei
luoghi"

(Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia

Quarta parte 120


Mi ricordo

Bologna, soprannominata la dotta, la grassa e la rossa una


bellissima citt.

Caratteristici sono i portici, che si estendono per quasi 40 km nel


centro citt e della torre Garisenda, lunica vera torre pendente in
Italia (la torre pendente di Pisa in realt un campanile).

Come citt studentesca e come simbolo del buon vivere, Bologna


rinomata per lefficienza dei servizi e per il carattere socievole della
popolazione, invidiato in un certo senso per la voglia di vivere.
Inizialmente insediamento etrusco, Bologna divent presto una citt
romana (Bononia). Nel periodo medievale divent un comune
indipendente che raggiunse il culmine del proprio potere nel 13
secolo. Nonostante il controllo dello Stato papale nel 16 secolo, la
citt ha continuato a mantenere lautonomia legale e politica.

Il centro citt uno dei migliori conservati in tutta Europa ed


disseminato di bellissimi palazzi e chiese straripanti di opere
artistiche che testimoniano limportanza culturale della citt nel corso
dei secoli.

Quarta parte 121


Mi ricordo
Bologna la dotta
Questo soprannome lo deve alla presenza della pi
antica Universit del mondo occidentale (risale al 1088!!!).

Quarta parte 122


Mi ricordo
Bologna la grassa
Questo soprannome lo deve alla gustosa cucina tradizionale
nota in tutto il mondo. Cibi ricchi, appetitosi.

Quarta parte 123


Mi ricordo

I verbali notarili, da cui si A prima vista pu sembrare un


ricavano le ricette di piatti mezzo burocratico, invece
tipici, ritenute le originali ed conferisce ad ogni ricetta una
uniche degne di essere sorta di garanzia di vera
tramandate alla posterit, sono tipicit e di bolognesit
garantite dallautorevolezza dei garantita dagli autorevoli autori
proponenti e da accurate delliniziativa, tra i quali voglio
ricerche storiche. citare, uno per tutti, la Dotta
Come sede di tali depositi Confraternita del Tortellino.
formali stata, infatti, scelta la
Camera di Commercio di
P.s.: La pubblicazione del
Bologna in quanto Ente
titolo La Mercanzia. Storia
preposto allaccertamento degli
di tortellini, tagliatelle e .
usi locali ed alla loro revisione,
pu essere richiesta
per cui cura una pubblicazione
alla Camera di Commercio
Usi e consuetudini, ed
di Bologna
quindi listituzione giusta per
essere la destinataria della
tipicit delle 27 ricette di piatti Segue elenco di tutte le
della cucina tradizionale 27 ricette depositate:
bolognese che sono state
raccolte in un arco di tempo che
va dal 1974 al 2008.

Quarta parte 124


Mi ricordo
1) Ricetta delle caratteristiche 13) Pane di San Petronio
tipiche del vero Tortellino di 14) Stecchi fritti alla petroniana
Bologna (ovvero come si fanno 15) La Cotoletta alla Bolognese
i tortellini ed il ripieno del vero 16) Gran Fritto Misto alla
Tortellino di Bologna) Bolognese
2) La lunghezza della 17) Vitello trifolato alla
Tagliatella Bolognese Bolognese
3) Il Rag Classico Bolognese 18) Gran Bollito alla Bolognese
4) Le Lasagne Verdi alla 19) Salsa Verde alla Bolognese
Bolognese 20) Cotechino fasciato
5) Tortelloni da vigilia o 21) Salmerino del Corno alle
Tortelloni di ricotta Bolognesi Scale alle erbe locali
6) Zuppa imperiale
7) Minestra nel sacchetto (o Dulcis in fundo
sacco)
8) Tagliatelle di castagne con 22) Il Certosino di Bologna
pancetta e pecorino 23) La Torta di Tagliatelle o
9) Risotto con le rane della Torta Ricciolina
bassa 24) Pinza Montanara
10) Il Friggione 25) La Torta di Riso (o Torta
11) La Spuma della Mortadella degli Addobbi)
12) La Galantina di pollo (o di 26) Zuccherini bolognesi
cappone) 27) Ciacci lizzanesi

Quando sentite parlare della cucina bolognese


fate una riverenza, ch se la merita!

Pellegrino Artusi

Quarta parte 125


Mi ricordo
Bologna la rossa
Questo soprannome lo deve al caratteristico colore rossastro della
terracotta con cui spesso sono costruiti gli edifici, in particolare quelli
del centro storico.

E storicamente "rossa", per ragioni


di tradizionale vicinanza politica
agli schieramenti di sinistra.

Riproduco, nella pagina successiva, il tradizionale Inno a Bologna:


Bla Bulaggnache fu portata al successo da Adrianen al secolo
Adriano Ungarelli.
Tanti sono gli autori dialettali bolognesi famosi: Dino Sarti con il suo
Spomti, Andrea Mingardi con ciao Rgaz e altri ancora.
Un grande, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente stato
Quinto Ferrari.
Veniva ad allietare le numerose feste che organizzava Alfonso.
Per me lopera pi bella di Quinto Ferrari La madunnna dal Baurg San
Pir, un vero inno della Bologna dialettale.
Io, in particolare, amavo la toccante, poetica Nina nana a Claudia.

Quinto Ferrari (1907 1995)

Quarta parte 126


Mi ricordo
Ce chi dice che bella Milano,
c'e chi ammira lantica Venezia,
chi esalta Trieste e Torino,
chi Perugia, Rapallo, La Spezia,
c'e chi dice d'andare a Firenze
se l vuoi veder la belt
io rispondo chal vggna a Bulggna
ch l dal mnnd la pi bla zit!

Oh Bulggna, oh Bulggna,
la citta mia piu bella sei tu!
Oh Bulggna, oh Bulggna,
le due Torri, San Luca e non piu,

S. Petronio coi bianchi gradini


la magnetica e bla Piazla
di Re Enzo e il palazzo Isolani
e al Minghetti magnfica scla,
il Nettuno dAzegIio e il Pratello,
al palz in dvv a i ra al pudst:
a Bologna ce tutto di bello,
l'e dal mnnd la pi bla zit!

Oh Bulggna, oh Bulggna,
la citta mia piu bella sei tu!
Oh Bulggna, oh Bulggna,
le due Torri, San Luca e non piu,

e da Napoli vengono a dire:


"lu sole, lu mare, u Vesuvio",
bench Roma che Roma del mondo
sempre stata e sar capitale,
ma Bulggna risponde: "la vjja"
sul Bulggna pol snper cantr
la citt che ha inventato la spjja
al capn, i turtln, al tajadl!

Tajadla, tajadl\na
Dio m mma sta bna ch la vn!
Tila lrga, tila f\na
col parst el pandor bn cunz,
se da Napoli vengono a dire
poesie dal zl e dal mr,
io rispondo: "venite a sentire
al poema dal mi tajadl!

Quarta parte 127


Mi ricordo

Quarta parte 128


Mi ricordo

Mi ricordo.la mia famiglia dorigine


Nelle pagine precedenti ho scritto tante volte mi ricordo,
raccontando numerose vicende, anche frivole.
Questo mi ricordo tra i pi cari, incancellabili: la mia famiglia.
Di lass la mamma e il babbo ci guardano e ci sorridono.
Sono compiaciuti nel vedere i loro sette figli ancora, fortemente, uniti.
Voglio ricordare, con questa scherzosa immagine, i miei fratelli.

Sette fratelli. Abbastanza da formare una squadra di calcio.

Commiato 1
Mi ricordo
Nella mente, si erano ammassati una gran
quantit di ricordi e non potevo certo scriverli
tutti.
Ho fatto una selezione raccontando quelli che
ho giudicato interessanti o originali, o che
avevano suscitato in me, delle emozioni.
Mi auguro che, in qualche modo, sia stato
capace coinvolgervi.

Finalmente il lavoro, lungo e faticoso, terminato.


Non ce la facevo pi e alla fine sono crollato.
di certo la vecchiaia!

Av salut!
Commiato 2

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