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Karma e Tendenzenze Fondamentali

Chepadorje Rinpoche

Innanzitutto, grazie per essere intervenuti a questa conferenza sul “Karma e le


tendenze fondamentali “.
Il nostro incontro, oggi, dipende dal karma e dalle tendenze fondamentali o abituali.
Essere qui riuniti dipende da un karma passato. In generale, senza avere alcun
impulso a livello spirituale, possiamo comprendere qualcosa del karma e delle
tendenze fondamentali, ma non in modo del tutto chiaro.
Al contrario, se noi abbiamo addestrato il nostro spirito e abbiamo raggiunto la prima
terra di Bodhisattva, ne abbiamo una comprensione chiara e profonda .
Che cosa si intende per karma?
Si può dire che il karma è ciò che noi pensiamo ora e di cui poi ci ricorderemo nel
futuro.
All’inizio, pensiamo a qualcosa. Poi quanto pensato andrà a depositarsi nella ” base di
tutto”(sans. “alaya”, tib. “kun gzhi” – ndt), nel nostro spirito. In seguito, in presenza di
circostanze o legami particolari, questi pensieri o tendenze abituali riaffioreranno.
Quando si parla del karma si dice che è sul sapere passato che il sapere attuale è
presente. Ciò significa che
ogni persona preferirà tale o tal’altra attività: il fatto di amare un’attività in particolare
significa che nelle vite passate la stessa persona ha già svolto quella stessa attività.
Ha già un sapere acquisito che la porta ad amare in questa vita proprio quell’attività.
Ugualmente, in futuro, poiché c’è un’ impronta, questa persona continuerà ad amare
quel’attività.
Ad esempio, in una famiglia dove ci sono due bambini questi non saranno simili.
Saranno diversi, avranno dei pensieri differenti. Allo stesso modo, i bambini avranno
pensieri diversi dai loro genitori. Non ameranno o apprezzeranno le stesse cose, non
svolgeranno le stesse attività. Anche se un bambino assomiglia un po’ di più a suo
padre o a sua madre, osservandolo più attentamente si scoprirà che non si tratta di
una vera somiglianza, avendo in realtà propri tratti, un proprio carattere, un proprio
particolare modo di fare.
Ognuno crea il proprio karma, lo crea in base al suo proprio karma. Dei due bambini
suddetti,l’uno potrà essere generoso, altruista, mentre l’altro potrà essere l’opposto.
Parimenti un bambino potrà essere intelligente e l’altro meno. Eppure hanno gli stessi
genitori. Dovrebbero, quindi, avere la stessa intelligenza avendo ricevuto la stessa
educazione; ma non è così poiché ognuno ha il proprio karma, ognuno ha la
responsabilità dei propri atti. Se una persona apprezza particolarmente gli studi e così
è stato anche nella vita passata, avendo studiato molto e sviluppato l’intelligenza,
nelle vite future questa persona, naturalmente, amerà studiare. Grazie a questa
tendenza presente nel suo spirito per lui studiare sarà facilissimo.
E’per questo, infatti, che nel Buddhismo, nel “Dharma”, diciamo che non possiamo
avere una totale libertà sui nostri pensieri. Noi siamo sotto l’influenza del karma.
Possiamo desiderare di essere ricchi, di avere una grande conoscenza, di essere
eruditi; ma se il nostro karma non è giunto a maturità, pur avendo tali obiettivi, non
potremo conseguirli.
Una persona può fare di tutto per diventare ricca, ma nonostante i suoi sforzi non lo
diventerà. Un’altra,pur non facendo assolutamente niente per diventarlo, un giorno
magari lo diventa. Ciò dimostra che tutto dipende dal karma.
Tuttavia, occorre fare una precisazione per voi occidentali. Voi potreste dire: ”Ecco, se
per il mio karma devo essere ricco, non devo far altro che attendere passivamente di
diventarlo!” Non è così poiché bisogna creare le condizioni favorevoli a che il karma
giunga a maturazione, affinché appunto si concretizzi la chance di divenire ricchi.
Una persona, ad esempio, gioca al lotto e guadagna una grossa somma di denaro in
un giorno. Essendoci un gran numero di persone che giocano, la possibilità di vincere
un terno è davvero piccolissima. Comunque sia, se quella persona non giocasse
regolarmente o se non avesse comprato il biglietto quel giorno non avrebbe avuto la
possibilità di vincere.
Con l’attività noi creiamo le condizioni favorevoli alla maturazione del karma. Solo
agendo meritevolmente possiamo ottenere le cose che desideriamo.
Questo, certamente, non è che un esempio, tanto più che non amo molto il gioco
d’azzardo, ma è un esempio molto chiaro per spiegare come l’attività sia necessaria ai
fini della maturazione del karma. E’ per questo che ho scelto l’esempio del lotto. E’
importante comprendere che noi dobbiamo creare l’occasione favorevole a che il
karma maturi.
Ad esempio, per quel che mi riguarda, anche desiderandolo non avrei avuto il merito
di trasmettere questi insegnamenti qui in Francia, se non avessi avuto l’idea di venire
in questo paese e non avessi fatto in modo di realizzarla.
Noi siamo nel ciclo dell’esistenza. Come dice il nome stesso, noi torniamo senza sosta
in questo movimento.
Torniamo in un solo e identico pensiero, sono sempre le stesse cose che ritornano
ancora e ancora. C’è il karma, ci sono le cosiddette tendenze abituali e finalmente,
grazie a ciò, il karma giunge alla sua completa maturazione. E poi, di nuovo, sulle base
delle tendenze accumulate creiamo altre tendenze che si concatenano alle altre. C’è il
karma, la maturazione del karma, le tendenze abituali che ritornano nuovamente e
tutto ciò senza fine.
Se abbiamo una pianta velenosa e non poniamo rimedio, i semi , cadendo,
produrranno altre piante e cresceranno fino a moltiplicarsi all’infinito.
Facciamo l’esempio delle droghe: si continua a fabbricarne sempre, senza sosta. E’
per questo che nel Buddhismo si parla dell’impronta del karma. Le azioni che noi
accumuliamo producono altre azioni che noi accumuliamo e così di seguito senza fine.
Perché ho fatto l’esempio della droga? Perché all’inizio si prendono queste sostanze
alla ricerca della felicità. Ma è una felicità effimera che si trasforma ben presto in
sofferenza. Il ciclo dell’esistenza è un po’ la stessa cosa.
Al fine di poter dissipare il karma e le tendenze abituali è necessario riconoscerne la
natura. Dissipare il karma significa riconoscere la natura stessa delle tendenze
abituali. Allorché riconosciamo la loro natura, il ciclo continuo del karma cessa
completamente. Senza l’addestramento del nostro spirito, non saremo in grado di
riconoscerne la natura, e il ciclo dell’esistenza continuerà senza fine.
Nel Buddhismo, quando si parla di tendenze fondamentali, si parla di atti virtuosi e
non. Certamente quando si parla di atti è bene comprendere che gli atti virtuosi o no
restano sempre atti e, in quanto tali, di qualsiasi tipo siano, questi atti ci fanno
permanere nel ciclo dell’esistenza. Qualcuno potrebbe pensare che le azioni virtuose
non fanno parte del ciclo dell’esistenza. Ma sì che ne fanno parte! Gli atti virtuosi
portano la felicità. Quando c’è felicità non c’è sofferenza. Noi dobbiamo basarci sugli
atti virtuosi attraverso i quali, poco a poco, assottigliamo tutti gli atti del karma del
ciclo delle esistenze.
Per meglio comprendere, facciamo l’esempio di un cielo coperto di nuvole nere o
bianche. Se il cielo è completamente coperto di nuvole nere di fatto non si vedrà il
sole. Se il cielo è coperto di nuvole bianche, il sole non si vedrà lo stesso. Si potrà
apprezzarne la luce ma non il calore. Così attraverso il dissolvimento del karma,
attraverso il riconoscimento della natura stessa del karma, si possono far sparire
questi due tipi di nuvole nere e bianche. Di qualsiasi tipo siano, nere o bianche, queste
nuvole ricoprono il sole. Seguendo il cammino che porta alla buddhità abbiamo la
possibilità di dissipare completamente queste nuvole.
Quando noi parliamo del karma e delle tendenze abituali , l’accumulo di questi due
stati si fa nella “base di tutto”. In questa “base di tutto” sono accumulate le tendenze
abituali che non abbiamo la possibilità di riconoscere. E’ grazie a queste circostanze
esterne che possiamo vederle riaffiorare ed emergere. Come dico sempre, perché il
seme possa diventare un frutto occorre che ci siano le condizioni favorevoli (terreno,
acqua, sole), affinché appunto la pianta fiorisca. Sono necessari diversi fattori,
differenti circostanze esteriori a che il karma e le tendenze fondamentali emergano.
Pur non avendo la possibilità di conoscere cosa abbiamo potuto creare nelle nostre
vite passate, si dice che guardando ciò che siamo oggi siamo capaci di sapere come
abbiamo potuto essere e vedere quali atti abbiamo potuto accumulare nel passato.
Ciò significa che se in questa vita amiamo essere benevoli con gli altri, se noi siamo
felici quando riusciamo graditi agli altri, se siamo in buona salute, se siamo di
bell’aspetto, vuol dire che in passato abbiamo accumulato atti virtuosi.
Al contrario, se nelle vite precedenti abbiamo accumulato ogni sorta di atti negativi,
ciò implica che abbiamo avuto uno spirito nocivo. Allora nella vita attuale avremo il
mal di vivere,non saremo felici.
Il nostro spirito sarà sempre tormentato e quando saremo con gli altri non ci sentiremo
bene. Se nel passato abbiamo amato uccidere altri esseri viventi, la nostra vita
attuale sarà più corta, il nostro spirito sarà duro e tormentato, andremo facilmente in
collera.
Se una persona ha disciplinato il proprio spirito nelle vite precedenti, grazie a questa
forza questa persona, anche non fosse ricca e non possedendo molto, sarà sempre
tranquilla, serena e felice.
Certamente le cose non sono sempre così. Possono influire fattori esterni.
Possiamo osservare che alcuni esseri in questa vita possono amare uccidere altri
esseri viventi e ne uccidono parecchi; ne traggono molto piacere e possono vivere a
lungo. Ciò dipende appunto dalle circostanze.
Prendiamo l’esempio di qualcuno che nella vita passata abbia apprezzato il “ Dharma”
o un cammino spirituale. Se nasce in una famiglia che rigetta ogni forma di spiritualità,
può essere che a causa delle proprie emozioni perturbatrici egli cambi il suo stato
d’animo e non desideri più seguire alcun cammino spirituale.
Per quel che riguarda i “ tulku” – il termine sta ad indicare quegli esseri che hanno il
dominio del loro spirito e che al momento del “bardo”, prima della loro nascita,
possono scegliere la propria famiglia – essi vanno a scegliere la loro famiglia secondo
precisi criteri che rispondano alla bontà d’animo , all’altruismo, al rispetto di tutti gli
esseri viventi.
Questo “tulku” penserà che andando in una famiglia con tutte queste eccellenti
qualità potrà essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti e deciderà di nascervi.
Invece,noi esseri ordinari non abbiamo alcun controllo del nostro spirito. Perciò sotto
l’influsso del karma non abbiamo la possibilità di scegliere,di dire: “vado in tale
direzione, prendo tale o talaltra porta”. Siamo obbligati a prendere quella che ci si
presenta. Solo chi ha il controllo del proprio spirito può scegliere in quale direzione
andare.
Con un buono stato d’animo possiamo sperare di andare in un posto dove incontrare
persone con le quali poter essere in armonia, parlare correttamente affinché tutto
vada per il meglio. Pur desiderandolo davvero, talvolta non si riescono a trovare le
parole giuste e così, anziché armonia si creerà disarmonia: tutto ciò dipende dal karma
di ciascuno e dal dominio che ognuno ha sul proprio spirito. Occorre ben comprendere
che l’accumulo dei nostri atti contribuisce ad accumulare del karma nella ”base di
tutto”.
E’ per questo che bisogna riconoscere realmente questa base ”base di tutto”, poiché
tutti noi desideriamo la felicità e l’agiatezza. Per vivere questa condizione dobbiamo
dissipare il karma, ciò significa che dobbiamo riconoscerlo veramente. Quando si parla
della “base di tutto” ci si riferisce agli atti virtuosi, a quelli non virtuosi, alla felicità,
alla sofferenza, al”samsara”, al nirvana. In tibetano ”base di tutto” si dice “kun gzhi”
e” kun” significa “tutto”. E’ dappertutto, è tutto.
Cos’è “la base di tutto”, è lo spirito?
Noi pensiamo e tutti i pensieri provengono dallo spirito. Se noi abbiamo un pensiero
virtuoso, ciò proviene dallo spirito; ugualmente vale per un pensiero non virtuoso,
qualunque sia l’attività che pensiamo di svolgere, questa proviene dallo spirito. Ecco
ciò che s’intende quando si parla del karma e del riconoscimento della natura stessa
del karma. Quando giungiamo al riconoscimento del karma, noi arriviamo al
riconoscimento del nostro stesso spirito. Il riconoscimento della natura reale del karma
consiste nel capire che gli atti non hanno materialità in sé, ma sono completamente
vuoti. Se ci si domanda: ”Dove si trova il karma che ho accumulato?”, non lo si può
vedere.
Ad esempio, oggi siamo qui riuniti per questa conferenza e può essere che fra qualche
anno, grazie all’assorbimento di questa tendenza nel vostro spirito, se vi ritrovate
ancora in una simile assemblea, voi incontriate persone conosciute. In ogni caso,
questo ricordo riaffiorerà in voi chiaramente. La natura propria di questa tendenza
abituale assorbita dal vostro spirito è vuota, completamente vuota, il karma così
creato è vuoto. Perché questo? Poiché il vostro stesso spirito è vacuità, è vuoto.
Quando parliamo della “base di tutto” parliamo dello spirito che si dice “sem”. In
tibetano si traduce con “spirito ordinario” ciò che si potrebbe indicare col sinonimo
input.
Per capire, prendiamo l’esempio dell’oceano e dei flutti. Quando si parla di flutti, non
si parla dell’oceano, ma dei flutti. Eppure non c’è alcuna differenza tra l’oceano e i
flutti. Da un lato c’è l’oceano che appare calmo, piatto. L’oceano è fatto di acqua.
Quando ci sono le onde, queste sono anch’esse acqua e dunque oceano. Non c’è
alcuna differenza.
Il nostro spirito coglie tutte le apparenze che emergono, tutti gli oggetti esteriori,
buoni o cattivi, tale o talaltra attività. Tutta l’immissione dati che ne consegue, relativa
al mondo fenomenico, è lo spirito e tutto ciò che noi accumuliamo come tendenze
abituali va nella “base di tutto”. Occorre comprendere che la natura stessa del karma
e degli atti non è nient’altro che lo spirito e che la natura stessa dello spirito non è
nient’altro che la vacuità. Dunque, poiché la natura stessa dello spirito è vacuità,
anche gli atti sono vacuità e vuoti. Occorre comprenderlo.
Sebbene lo spirito sia vuoto, tutto appare, tutto si manifesta come i veleni nell’oceano
che si espandono in ogni direzione, così come i nostri molteplici pensieri che sorgono
dal nostro spirito.
Nel buddismo si parla del conseguimento della liberazione. Colui che pratica e che
addestra il proprio spirito, che riconosce questa “base di tutto”, le sei coscienze, le
sfere di percezione, gli aggregati dei sensi, comincia poco a poco a riconoscere
sempre più sottilmente i differenti meccanismi. Finalmente, grazie a questo
riconoscimento egli potrà liberarsi dal “samsara”.
Taluni potrebbero pensare che quando si parla del karma che accumuliamo, questo sia
simile a una corda che ci lega le mani e che occorra sciogliere questa corda per
liberarcene. In realtà non è così.
Altri possono pensare anche che il karma sia simile a una strada dove siamo e che
basti fare dietrofront per liberarsene. Non è così poiché la natura stessa del karma è
vacuità.
E’ importante comprendere che questo karma è vacuità e che, come è già stato detto,
è necessario che concorrano circostanze particolari perché questo possa apparire.
Occorre una precisa concomitanza di circostanze e di tempi.
Riprendo l’esempio del seme perché è molto giusto. Se noi piantiamo un seme in
pieno inverno, le circostanze sicuramente non sono favorevoli. Se aspettiamo troppo,
ad esempio in piena estate, ugualmente sono scarse le possibilità che possa
germogliare. Perché ciò avvenga occorre che ci siano tutte le condizioni favorevoli.
Questo seme non può germogliare spontaneamente. Se non lo piantiamo non nascerà.
E non è sufficiente la terra, senza acqua questo germoglio non crescerà. Affinché
avvenga la maturazione devono convergere tutte le circostanze. E’ esattamente ciò
che accade per il nostro karma, il nostro spirito, perché questo appunto possa
manifestarsi.
Prendiamo l’esempio di una persona che abbia accumulato azioni positive o negative,
poco importa,la quale incontri un’altra persona con cui all’inizio parli tranquillamente e
poi finisca invece per litigarci. La collera in sé non esiste, si è manifestata in seguito
all’incontro di queste due persone; la natura stessa della collera è vuota, la collera è
vuota. Non riconoscendo la natura stessa di questa collera, ne siamo dominati. Mentre
se ne ammettiamo la vacuità non appena emerge, evitiamo di accumulare tendenze
abituali.
Ugualmente vale per la gioia che noi possiamo provare verso una persona o una cosa.
E’ possibile incontrare qualcuno che non ci attragga particolarmente, ma con cui, in
seguito a circostanze particolari, nasca un’intesa che ci rallegra reciprocamente. La
natura stessa di questa gioia è vacuità, vale a dire che la gioia è immateriale. Nel
“Dharma”, quando si parla del riconoscimento della natura stessa del karma, si parla
della “ Grande Perfezione”, ossia lo “Dzogchen”.
In realtà si dice che il karma, cioè lo spirito, non è che è diventato vuoto tutto d’un
tratto, bensì è vuoto sin dall’inizio, da sempre è vacuità e sempre lo sarà. Non
avendone una reale comprensione, la sofferenza appare, la collera appare e si cade
sotto il dominio di ogni sorta di emozioni perturbatrici. Solo dal momento in cui
riconosciamo la sua reale natura otteniamo il completo dominio del nostro spirito.
Per i principianti è molto difficile raggiungere subito un simile controllo. E’ per questo
che i principianti devono necessariamente all’inizio agire virtuosamente, pensare agli
altri.
Grazie a questa gioia d’agire positivamente, si creerà la causa della felicità nel proprio
spirito. Così facendo, si potrà ottenere uno spirito gioioso, coltivare la felicità, il
benessere, la fiducia. Avremo così uno spirito coraggioso, uno spirito molto più forte.
Grazie a questa forza sarà molto più facile realizzare davvero il pieno controllo dello
spirito. E’ per questa ragione che nel Buddhismo, nel “Dharma”, si parla di
accumulazione degli atti virtuosi, si sottolinea l’importanza dell’essere altruisti; così si
creano dei meriti utili per raggiungere più facilmente questo stato di realizzazione del
dominio dello spirito.
Sperimentando la felicità o la sofferenza, abbiamo una diversa percezione del tempo
che passa. Un’ora di felicità ci sembrano cinque minuti, scorre molto veloce. Al
contrario,un’ora di sofferenza può sembrare lunghissima.
Si dice nel “Dharma”che è bene porre in essere azioni positive poiché così è più facile
raggiungere la realizzazione. Per intenderci, se noi troviamo un luogo dove stiamo
bene e ci restiamo per un anno, il tempo passerà molto in fretta. Al contrario, se siamo
in prigione, il tempo non passerà mai, anche se il periodo trascorso è lo stesso.
Attualmente in Francia ci sono persone felici e persone sofferenti. Per tutte queste
persone la notte e il giorno sono comunque uguali ma il tempo è percepito in maniera
diversa a seconda dello stato d’animo di ognuno di esse.
Finché non abbiamo il dominio del nostro spirito, sperimentando la sofferenza il tempo
ci sembra lungo; sperimentando la felicità, il tempo trascorre molto velocemente, ma
a un certo punto la sofferenza, di nuovo riappare. Ciò significa che non riconosciamo la
natura del karma, non riconosciamo la natura di tutte le nostre tendenze abituali che
siano buone o cattive. E’ per questo non riconoscimento, per il fatto che non
controlliamo il nostro spirito che sperimentiamo il karma.
In questa condizione, a causa di tutte queste tendenze abituali, il nostro spirito è
“nell’oscurità”, si può dire anche”nel turbamento”. Lo spirito è ricoperto, è nella totale
oscurità ed è questo stato che chiamiamo
Il karma e le tendenze fondamentali.
Quando il nostro spirito è così,quand’è cupo, esso non può essere puro, non può
essere limpido, non può illuminarsi, non può trovarsi in quello che noi chiamiamo stato
di Buddha, una condizione di purezza e di completa illuminazione.
Il termine “Buddha”non è un nome comune come si potrebbe pensare . Non è come il
nome datoci da nostro padre o nostra madre. Il nome stesso di Buddha non è casuale.
Sta a significare che chiunque abbia purificato completamente le sue emozioni e che
abbia accresciuto l’insieme di tutte le qualità della saggezza risvegliata viene
chiamato “Buddha”. Il Buddha, persino lui grazie alla pratica, ha potuto raggiungere la
condizione di Risvegliato. Così chiunque abbia la possibilità di dissolvere
completamente l’insieme delle sue emozioni perturbatrici è un Buddha, anche se non
lo chiamiamo con questo nome e ciò perché ha completamente purificato le sue
emozioni perturbatrici e ha sviluppato le qualità della saggezza risvegliata.
Ecco perché è necessario riconoscere il karma e le tendenze fondamentali. Dapprima
dobbiamo ammettere che siamo sotto l’influenza del karma e delle tendenze abituali.
Dopo, in un secondo tempo, dobbiamo riconoscere la natura stessa del karma e delle
tendenze abituali, poi mettere in pratica questo riconoscimento. Così facendo,
seguendo tutte le tappe, sarà finalmente possibile dissolvere tutto questo.
Dunque, le prime due tappe di fiducia nel riconoscimento della natura stessa del
karma e delle tendenze fondamentali sono della sfera della comprensione.
L’ultimo aspetto non è del tutto alla portata del pensiero, è uno stato di realizzazione
più difficile da acquisire.
In ogni caso, se le prime due tappe di realizzazione concernenti la natura del karma e
le tendenze abituali sono state davvero effettuate, noi potremo passare allo stadio
della realizzazione.
Cosa significa ciò?
Semplicemente che in questo stato di realizzazione non c’è assolutamente alcun
pensiero. Non dobbiamo più pensare poiché, all’inizio, abbiamo riflettuto sulla natura
del karma e delle tendenze abituali. Grazie alla fiducia acquisita dopo profonda
riflessione, in questo stadio non abbiamo più né speranza né paura. Spoglio di queste
emozioni il nostro spirito può prendere una decisione libera.
L’esame dello spirito può farsi in modo decisivo, non c’è più bisogno di pensare e la
realizzazione avviene in modo naturale.
Certo se noi volessimo dare spiegazioni più esaustive sul karma e le tendenze abituali,
dovremmo avere molto più tempo.
Attualmente ci sono numerosi libri al riguardo, se si vuole approfondire tale
argomento. E’possibile anche ascoltare degli insegnamenti e grazie all’ascolto, alla
riflessione, si può raggiungere una miglior comprensione del karma e delle tendenze
fondamentali.
Voi potrete allora osservare se gli insegnamenti vi aiutano, se una comprensione più
profonda vi è di beneficio o no. Se dopo attenta riflessione ritenete che questi
insegnamenti vi abbiano giovato a livello spirituale, sarebbe opportuno metterli anche
in pratica.
A questo punto, vorrei precisare una piccola cosa.
E’ fortemente probabile che a un certo punto non apprezzerete ciò che leggete sul
karma e le tendenze fondamentali, poiché si parla anche della sofferenza.
Di solito in Occidente non si ama parlare della sofferenza. Vi consiglio di non provare
timore per ciò che ascoltate o leggete e non dite: ” No, non ne ho bisogno”. Non
abbandonate le vostre letture.
Quando parliamo del karma e delle tendenze abituali, noi evochiamo la sofferenza del
“ samsara”, l’impermanenza della vita, è fuor di dubbio. Se tuttavia apprezzate
questa lettura, superando la sensazione di disagio, vedrete che alla fine c’è un
significato molto profondo.
Quando evochiamo il karma e le tendenze abituali di che cosa parliamo?
Parliamo della natura stessa del “samsara”. La natura del “samsara” è sofferenza. Ci
siamo sempre confrontati e quando leggiamo ciò non abbiamo paura. Non abbiate
timore, sviluppate uno spirito coraggioso e continuate la lettura per approfondire
l’essenza stessa della natura del “samsara”, della natura della sofferenza, poiché
dietro c’è un significato veramente profondo che può realmente aiutarvi.
La natura stessa del “samsara” è sofferenza, è un dato di fatto. Se noi abbiamo un
difetto e qualcuno ce lo segnala , ciò non ci fa piacere, anzi potremmo addirittura
alterarci. Così facendo non riusciremo a comprendere la natura del “samsara”. Solo
attraverso la sofferenza possiamo comprendere cos’è realmente la felicità.
Noi possiamo dirci: “Attualmente sto bene, sono felice, non penso alla sofferenza, non
ho bisogno di pensarci”. Ma, a causa dell’impermanenza, questo stato cambierà e
quando riapparirà la sofferenza noi non ne avremo compreso la natura e non avremo
alcun mezzo per non soffrire. Sperimenteremo la sofferenza senza poter far niente. Se
proviamo a comprendere, finché siamo felici, cos’è realmente questa sofferenza, quale
ne sia la natura, allorché si manifesterà noi sapremo quali mezzi utilizzare per
dissiparla.
Questi sono semplici consigli che vi dò, non avendo modo di approfondire oltre.
Leggete dei buoni saggi sul “Dharma”. Questi libri vi parleranno della legge
dell’interdipendenza, della legge di causa ed effetto, della legge del karma.
Ecco, il tempo è terminato ed è giunto il momento di concludere. Vi ringrazio per aver
partecipato a questa conferenza sul “karma e le tendenze fondamentali”.

N.B. E’ possibile nel passaggio dalla traduzione orale alla trasposizione scritta, che
l’insegnamento non sia del tutto completo o esattamente conforme all’originale
tibetano.

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