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LIV

2004

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

A. Mello
A. Niccacci

Re Ioiachin, una speranza perduta (2Re 25,27-30)

Lessico del Salterio

25

Qohelet. Analisi sintattica, traduzione, composizione

53

G. Biguzzi

Il tempo vicino: lescatologia nellApocalisse

95

M. Pazzini
R. Pierri

Il libro di Osea secondo la versione siriaca (Peshitto)

119

Moltiplicare la Torah moltiplicare la vita (Pirq Abot


2,8). Maestri e discepoli in alcuni commenti rabbinici

141

The Overture to the Period of the Judges according


to Josephus

235

Gregorio Magno nel XIV centenario della morte.


Spunti per una riflessione

255

M. M. Morfino
C. Begg
G. C. Bottini
I. Gargano
E. Arborio Mella
M. Piccirillo
L. Di Segni
Y. Tepper
V. Sussman
G. Loche

San Gregorio Magno esegeta della Bibbia

261

Rendere grazie in mezzo alle lacrime. Sofferenza e


limite in Gregorio Magno

295

Gregorio Magno e le Province orientali di Palestina


e Arabia

321

A Greek Inscription Dated by the Era of Hegira in an


Umayyad Church at Tamra in Eastern Galilee

343

The Beth Ha-shitta Mosaic Floor A New Perspective


on the Light of Samaritan Oil Lamps

351

Luso della Bibbia e di altre fonti nella trecentesca


Descriptio Terre Sancte di Fra Giovanni di Fedanzola
da Perugia

369

Sintesi degli articoli (Abstracts)

407

Ricerca storico-archeologica
in Giordania XXIII 2003

415

Recensioni e libri ricevuti

451

SBF: Anno accademico 2002-2003


Tavole

505
1-29

FRANCISCANUM

P. Kaswalder

STUDIUM BIBLICUM

Articoli

LIBER ANNUUS

INDICE GENERALE

LIBER ANNUUS
LIV
2004

JERUSALEM

LIBER ANNUUS
Annual of the
Studium Biblicum Franciscanum
Jerusalem

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

LIBER ANNUUS
LIV
2004

JERUSALEM

Editor
Co-editors
Editorial Board

Eugenio Alliata
Carmelo Pappalardo, L. Daniel Chrupcaa
Giovanni Bissoli, G. Claudio Bottini, A. Marcello
Buscemi, Nello Casalini, Gregor Geiger, Pietro
Kaswalder, Giovanni Loche, Frdric Manns, Alviero
Niccacci, Massimo Pazzini, Michele Piccirillo, Rosario
Pierri, Tomislav Vuk

Pubblications of the STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM


sponsored by the Franciscan Custody of the Holy Land:
SBF

Liber Annuus (LA)


Collectio Maior
Collectio Minor
Analecta
Museum

1951-2004
45 volumes
43

67

14

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Printed in Jerusalem 2005

ISSN 0081-8933

INDICE GENERALE

Articoli
P. Kaswalder
A. Mello
A. Niccacci
G. Biguzzi
M. Pazzini
R. Pierri
M. M. Morfino

C. Begg

Re Ioiachin, una speranza perduta


(2Re 25,27-30)

Lessico del Salterio

25

Qohelet. Analisi sintattica, traduzione,


composizione

53

Il tempo vicino: lescatologia


nellApocalisse

95

Il libro di Osea secondo la versione siriaca


(Peshitto)

119

Moltiplicare la Torah moltiplicare la vita


(Pirq Abot 2,8). Maestri e discepoli
in alcuni commenti rabbinici
141
The Overture to the Period of the Judges
according to Josephus

235

G. C. Bottini

Gregorio Magno nel XIV centenario della


morte. Spunti per una riflessione

255

I. Gargano

San Gregorio Magno esegeta della Bibbia

261

Rendere grazie in mezzo alle lacrime.


Sofferenza e limite in Gregorio Magno

295

Gregorio Magno e le Province orientali


di Palestina e Arabia

321

E. Arborio Mella
M. Piccirillo

L. Di Segni
Y. Tepper

V. Sussman

G. Loche

A Greek Inscription Dated by the Era


of Hegira in an Umayyad Church at Tamra
in Eastern Galilee

343

The Beth Ha-shitta Mosaic Floor


A New Perspective on the Light of
Samaritan Oil Lamps

351

Luso della Bibbia e di altre fonti nella


trecentesca Descriptio Terre Sancte di
Fra Giovanni di Fedanzola da Perugia

369

Sintesi degli articoli (Abstracts)

407

Ricerca storico-archeologica
in Giordania XXIII 2003

415

Recensioni e libri ricevuti

451

SBF: Anno accademico 2002-2003

505

Tavole

1-29

ARTICOLI

LA 53 (2003) 7-512; tavv. 1-52

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

P. Kaswalder

La pericope 2Re 25,27-30 narra la grazia che il nuovo re di Babilonia EvilMerodach (Marduch) concede al vecchio Ioiachin, il re di Giuda imprigionato da suo padre Nabucodonosor 37 anni prima (cf. 2Re 24,12).
Questo brano un vero rompicapo per gli esegeti e gli storici dellAT.
Basta vedere i numerosi e frequenti studi che sono dedicati a questo piccolo
brano e le contrastanti conclusioni che ne deducono gli esegeti. I problemi
che lascia aperti sembrano pi forti e numerosi di quelli che apparentemente
risolve, e le suggestioni che provoca rimangono come prive di seguito. Ad
esempio, in uno studio recente D.F. Murray1 definisce questa pericope ambivalente e conclude affermando che la piccola speranza che sembra contenere
non v comunque esagerata. In uno studio a seguire M. Goulder2 propone
di vedere nella parabola esistenziale di re Ioiachin addirittura la figura del
Servo Sofferente di Is 52,1353,12. Sono questi i due estremi entro cui si
snoda la storia recente dellinterpretazione di 2Re 25,27-30.
Le domande che assillano il lettore di questa notizia sono molteplici:
che senso ha questa liberazione? Come si collega alla narrazione precedente che descrive la progressiva dissoluzione della monarchia davidica a Gerusalemme? Quale direzione prender la storia di Israele dopo questo gesto
politico compiuto dalla potenza occupante? Quali rapporti sottende con la
Storia deuteronomistica (dtr) che ha tracciato le vicende di Giuda fino al
momento della distruzione del tempio e di Gerusalemme? Sono domande
che ricevono dal testo di 2Re 25,27-30 risposte ambigue e forse negative.
Commento esegetico di 2Re 25,27-30
Il testo ebraico (TM) di 2Re 25,27-30 non presenta alcuna difficolt di
lettura. Le versioni antiche e i mss portano dei miglioramenti al TM soprattutto in base al brano parallelo di Ger 52,31-34.
v. 27a. hdwhyAlm ykywhy twlgl hnv [bvw yvlvb yhyw. E avvenne nellanno trentasette della deportazione di Ioiachin. Il wayyqtol iniziale si rial1. Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?.
2. Goulder, Behold My Servant Jehoiachin.

LA 54 (2004) 9-24

10

P. KASWALDER

laccia alla precedente pericope sulla presa di Gerusalemme, 2Re 25,1-21,


con la quale condivide il wayyqtol iniziale (25,1: wklml ty[yvth tnvb yhyw,
e avvenne nellanno nono del suo regno) e quello finale (25,21: hdwhy lgyw
wtmda l[m, e Giuda fu deportato dalla sua terra). Con 25,1-21 condivide
anche il tema della deportazione in Babilonia.
Nel mezzo tra queste due pericopi si trova il brano di Godolia, vv.
22-26, inserito come una parentesi circostanziale (hdwhy rab ravnh [hw,
mentre il popolo rimasto nella terra di Giuda ... ynpm wary yk yrxm wabyw
ydck, e andarono in Egitto, perch avevano paura dei caldei)3.
v. 27a. wklm tnvb - twlgl hnv [bvw yvlvb. Lanno della deportazione
di Ioiachin viene contato sia sul calendario del re di Giuda (nellanno 37
della deportazione) che sul calendario di Babilonia (nel mese dodicesimo, il
27 del mese, Evil-Merodach re di Babilonia, nellanno in cui divenne re).
La data corrisponde al 562/561 a.C., essendo Ioiachin stato esiliato nel
598 a.C. (cf. 2Re 24,12; Ger 52,28), e la fondatezza storica della notizia
non viene messa in dubbio. Il seguito del gesto politico di Evil-Merodach
non chiarito per nulla da 2Re 25,27-30. Anche altri libri biblici che narrano le vicende storiche dellesilio e del post-esilio babilonese (Geremia,
Ezechiele, 1-2 Cronache, Esdra ecc.) non sembrano dare gran peso alla
liberazione di Ioiachin. F impressione ad esempio 2Cron 36,22-23 che
termina con la notizia delleditto di Ciro (539 a.C.) ma tralascia quella della
liberazione di re Ioiachin.
Forse perch Evil-Merodach fu subito sostituito (560 a.C.) e latto di
grazia a Ioiachin non ebbe un seguito? Oppure perch gli eventi capitati
a Giuda, a Gerusalemme e alla monarchia davidica hanno impresso una
svolta alla storia di Israele tale che dora in avanti non sar pi una storia
della monarchia, ma sar la storia del resto di Israele?
Oppure per una ragione teologica e ideologica, che sar bene indagare
pi approfonditamente. La liberazione di Ioiachin non rientra nei piani
divini; infatti in 2Re 25,27-30 non Yhwh, la cui assenza dal testo viene
sottolineata da tutti i commentatori, che libera Ioiachin dalla prigione, bens
un re di Babilonia di sua iniziativa.
Ioiachin si era arreso nellanno ottavo di Nabucodonosor (2Re 24,12b)
durante il primo assedio di Gerusalemme (598/597 a.C.). La cronaca babilonese indica il settimo anno, il mese di Kislev, che corrisponde alla
cronologia di 2Re 24,12b e Ger 52,28 (nel settimo anno). Il documento
babilonese riporta anche la notizia della sostituzione di Ioiachin: Nel setti3. Per il fenomeno linguistico rimando allo studio di A. Niccacci.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

11

mo mese, il re di Accad marci con il suo esercito contro Hatti. Si accamp


contro la citt di Giuda e il secondo giorno del mese di Adar cattur la
citt e fece prigioniero il suo re [Ioiachin]. Mise un re di sua scelta [Sedecia], fece un grande bottino che port a Babilonia. Nabucodonosor mor
nel 562 a.C. dopo un regno durato 43 anni, 605-562 a.C.4.
v. 27a. hdwhyAlm. A Ioiachin viene riconosciuto per due volte il titolo
di re di Giuda, un dettaglio che riveste un certo valore nel presente racconto. Ioiachin, chiamato anche Ieconia in altri passi5, era salito sul trono
di Gerusalemme alla morte di suo padre Ioiachim (cf. 2Re 24,6). Erano
tempi burrascosi e la divisione tra filo-egiziani e filo-babilonesi segnava
profondamente la comunit residente a Gerusalemme.
Ioiachim era stato messo sul trono di Giuda dal faraone Necao al posto
del fratello Ioachaz, che era stato acclamato re alla morte di Giosia nel
609 a.C. (cf. 2Re 23,30-34). Ioiachim regn per 11 anni (609-598 a.C.),
ma dopo aver fatto sottomissione a Nabucodonosor nel 604 a.C., tre anni
dopo si ribell e port la rovina su Giuda nel 601 a.C.
Durante il terzo anno di assedio, Ioiachim mor e fu sostituito da suo
figlio Ioiachin, nel 598 a.C. Ioiachin fu re di Giuda per soli tre mesi e poi,
probabilmente ascoltando il consiglio del profeta Geremia e del partito filobabilonese, si arrese a Nabucodonosor.
In Ger 38,17-18 leggiamo le condizioni in base alle quali il re Sedecia
avrebbe potuto continuare ad essere libero, e che si possono tranquillamente applicare a Ioiachin: se uscirai incontro ai generali del re di Babilonia,
allora avrai salva la vita e questa citt non sar data alle fiamme. Se
invece non uscirai incontro ai generali del re di Babilonia, allora questa
citt sar messa in mano ai caldei, i quali la daranno alle fiamme e tu
non scamperai dalle loro mani. Tali condizioni erano state accettate da
Ioiachin e per questa ragione fu deposto ed esiliato, ma continu ad essere
considerato il re di Giuda.
Perch Sedecia non ha seguito il consiglio di Geremia? Cosa era intervenuto nel frattempo? Il partito anti-babilonese era divenuto prevalente
in Gerusalemme e Sedecia non poteva opporvisi: Ho paura dei giudei che
sono passati ai caldei; temo di essere consegnato in loro potere e che essi
mi maltrattino (cf. Ger 38,19).

4. Pritchard, ANET, 564; Hayes - Miller, Israelite and Judaean History, 471; Becking,

Jehojachins Amnesty, 285.


5. Ger 27,20; 1Cron 3,17. Chiamato anche Conia in Ger 22,24; cf. Mt 1,11-12 secondo cui
Ieconia padre di Salatiel, che a sua volta padre di Zorobabel.

12

P. KASWALDER

Ioiachim era il colpevole che andava punito perch si era ribellato ai


babilonesi tre anni prima, non cos Ioiachin. Solo la morte evit a Ioiachim il terribile trattamento ricevuto qualche anno pi tardi da Sedecia,
il re ribelle. Ioiachin al contrario, per il suo gesto avveduto di resa senza
condizioni, ebbe un trattamento di favore da parte dei babilonesi. Nella sua
prigionia era tenuto ostaggio di Nabucodonosor, in attesa che la situazione
in Giudea si facesse pi propizia per i disegni politici di Babilonia.
Sedecia, il nuovo re imposto da Nabucodonosor, che era figlio di Giosia e perci zio di Ioiachin, ripet la politica filo-egiziana di Ioiachim e si
ribell di nuovo a Nabucodonosor nel 589 a.C. (cf. 2Re 24,20b25,1-2).
Nei testi biblici relativi a Sedecia il suo titolo sempre re (lm), tuttavia
P. Sacchi suggerisce che in pratica il re legittimo continuava ad essere
Ioiachin, mentre Sedecia era un re vassallo6.
Per 2Cron 36,12-13 Sedecia non ascolt il profeta Geremia e si ribell
a Nabucodonosor, che gli aveva fatto giurare fedelt in nome di Dio. Nelle
parole di Ezechiele leggiamo la severit della punizione inflitta da Nabucodonosor a Sedecia: Ecco, il re di Babilonia giunto a Gerusalemme, ha
preso il re [Ioiachin] e i principi e li ha trasportati con s in Babilonia. Si
scelto uno di stirpe regale [Sedecia] e ha fatto un patto con lui obbligandolo
con giuramento (Ez 17,12-13). Ma questi [Sedecia] gli si ribellato e ha
mandato messaggeri in Egitto, perch gli fossero dati cavalli e molti soldati. Potr prosperare, potr scampare chi ha agito cos? Chi ha infranto un
patto, potr uscirne senza danno? Per la mia vita, dice Yhwh, proprio nel
paese del re che gli aveva dato il trono, di cui ha disprezzato il giuramento
e infranto lalleanza, presso di lui morir, in Babilonia (Ez 17,15-16).
La prigionia di Ioiachin al posto della morte si spiega dunque con la
scelta di consegnarsi al re cui doveva obbedienza in base al giuramento di
vassallaggio che suo padre Ioiachim aveva contratto con Nabucodonosor.
La posizione di Ioiachin in esilio viene illustrata da alcuni testi extra-biblici provenienti da Babilonia. Nel 1939 E.F. Weidner ha pubblicato
quattro tavolette che parlano della razione di cibo assegnata dalla corte babilonese ai re prigionieri7. Su una di queste Ioiachin viene definito principe
ereditario, perch sul trono di Giuda sedeva nel frattempo Sedecia. Questa
tavoletta datata 5 anni dopo la deportazione di Ioiachin, quindi al 592 a.C.
Le altre tavolette non sono datate, ma ricordano i figli di Ioiachin e alcuni

6. Sacchi, Storia del secondo Tempio, 32-33.


7. Weidner, Jojachin, Knig von Juda, in babylonischen Keilschrifttexten. May, Three

Hebrew Seals and the Status of Exiled Jehoiakin.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

13

funzionari che accompagnavano il re nella prigionia. Al contrario, i figli di


Sedecia furono immediatamente uccisi a Ribla (cf. 2Re 25,7).
Secondo P. Sacchi, Ioiachin era considerato re dai sudditi giudei, ma era
ritenuto un semplice governatore dallamministrazione babilonese. Sacchi
ipotizza poi per il prigioniero Ioiachin una qualche prospettiva di futuro rientro
nel suo ruolo di re in Giudea, sempre alle dipendenze dellamministrazione
babilonese, ma con giurisdizione sui propri sudditi8. Al riguardo richiama
liscrizione di el-Fekheriyeh del 9 secolo a.C., che presenta un testo amministrativo bilingue: in accadico viene designato come governatore colui che
in aramaico viene chiamato re9. Ma se anche cos fosse, Ioiachin rimase in
prigione fino al 561 a.C. e dopo quella data non si conosce pi il suo destino.
Di sicuro non ritornato in Giudea, perch le fonti bibliche al riguardo fanno
silenzio. Anzi, dal tono di alcuni testi biblici si ottiene un no senza appello. In
Ger 22,24-28 il profeta annuncia esplicitamente a Ioiachin che non ritorner
dallesilio. Di pi, in Ger 22,24 si annuncia che nessuno della sua stirpe avr
la fortuna di sedere sul trono di Davide n di regnare ancora su Giuda.
In contrasto con questa affermazione si trovano per altri testi che assegnano a Ioiachin una qualche importanza. Ad esempio in Ez 1,2 linizio
dellattivit profetica viene rapportata al 5 anno della deportazione di
Ioiachin, e non al regno di Sedecia. Inoltre Ez 33,21 ricorda il dodicesimo
anno (586 a.C.) della deportazione; Ez 41,1 ricorda il venticinquesimo anno
della deportazione (573 a.C.) di Ioiachin. Questo significa che Ezechiele riconosce Ioiachin come legittimo re di Giuda anche a molti anni di distanza
dalla deportazione.
E anche in Geremia vi sono alcuni passaggi che lasciano trasparire una
attenzione speciale per il re Ioiachin, come anche per il resto della prima
deportazione (597 a.C.) sul quale si appuntano le speranze del profeta di
Anatot (cf. Ger 24 e Ger 29).
v. 27a: vdjl h[bvw yrIc[b vdj rc[ ynvb. Nel mese dodicesimo, il 27
del mese. In Ger 52,31 leggiamo una data leggermente differente, ma non
si trova una spiegazione che chiarisca la variante: il 25 del mese (hvmjw
yrIc[b).
v. 27b. hdwhyAlm ykywhy varAta wklm tnvb lbb lm drm lywa acn
alk tybm. Evil-Merodach re di Babilonia, nellanno in cui divenne re, fece
grazia a Ioiachin re di Giuda, (togliendolo) dalla prigione10. Lidea di mi8. Sacchi, Storia del secondo Tempio, 31-33.
9. Si vedano gli studi di A.R. Millard - P. Bordeuil, di J.C. Greenfield - A. Shaffer, e di T.

Muraoka (citati nella bibliografia alla fine).


10. Alla lettera: sollev il capo di Ioiachin dalla prigione.

14

P. KASWALDER

gliorare la posizione di un prigioniero si trova sia nellAT, sia nelle pratiche


politiche extrabibliche antiche. In Gen 40,13.20 leggiamo che Giuseppe
predice la grazia al coppiere e al panettiere del faraone, che saranno reinseriti al loro posto donore (ypah rc varAtaw yqvmh rc varAta acyw).
wklm tnvb. Nel primo anno di regno, o nellanno in cui divenne re,
una espressione tecnica che indica lanno di intronizzazione secondo la
cronologia babilonese, che dura dal mese di Nisan al successivo mese di
Nisan11. La data di accesso al trono di un nuovo re, era loccasione propizia
per offrire una amnistia ai re prigionieri12. E questo si pu ragionevolmente
ipotizzare anche per la liberazione di Ioiachin.
Il confronto con il passo parallelo di Ger 52,31-34 mostra che questultimo un rifacimento di 2Re 25,27b. In Ger 52,31 il testo viene abbellito
con una parafrasi: aylkh tybm wtwa axyw, e lo fece uscire dal carcere.
v. 28a. twbf wta rbdyw. E gli parl con benevolenza. Su questa espressione si concentrata di recente lattenzione degli studiosi a motivo del significato di alleanza che potrebbe avere. Si veda ad esempio 1Sam 25,30 (tra
Yhwh e Davide); 2Sam 7,28 (tra Yhwh e Davide); 1Re 12,7 (tra il consiglio
degli anziani e Roboamo). Soprattutto il parallelo con 2Sam 7,28 opera un
legame diretto con il tema della speranza davidica che la liberazione di
Ioiachin potrebbe ispirare. Dopo aver notato che lespressione di 2Sam 7,28
(tazh hbwfhAta db[Ala rbdtw) non perfettamente uguale a 2Re 25,27
(twbf wta rbdyw), resta pur sempre vero che lidea ispiratrice di 2Re 25,28a
sembra proprio essere 2Sam 7,28.
Le ragioni per ritenere twbf wta rbdyw una frase tecnica di alleanza non mancano. Nei trattati delle stele di Sefire ricorre la medesima
espressione, come ha fatto notare W.L. Moran seguito da vari studiosi13.
Ma in questo caso, si deve risolvere il conflitto con il divieto deuteronomistico di stipulare trattati di alleanza con gli stranieri (cf. Dt 7,2:
tyrb hl trktAal, non farete con loro alleanza). La situazione dellesilio
porta a maturare lidea che si possono accettare patti di alleanza con re
stranieri in vista della sopravvivenza del popolo stesso. Cos far Ez 17, e
cos faranno i libri pi tardivi che cercano di adattare le prescrizioni dtr alle
nuove situazioni imposte dalle condizioni storiche sempre in evoluzione.

11. Cogan - Tadmor, II Kings, 328; Becking, Jehojachins Amnesty, 285-286.


12. Cf. lo studio di E. Zenger; inoltre Wrthwein, Die Bcher der Knige, 481; Cogan -

Tadmor, II Kings, 329; Becking, Jehojachins Amnesty, 286-287.


13. Si veda lo studio di W.L. Moran, e inoltre quelli di D.R. Hillers, J.S. Croatto, M. Fox
(citati nella bibliografia alla fine), e di Levenson, The Last Four Verses, 357-358.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

15

Lidea di una possibile alleanza viene sottolieanta fortemente da E.


Zenger e J.D. Levenson14. Questultimo esagera un pochino, ipotizzando
addirittura il rimpatrio di Ioiachin o di uno dei suoi discendenti e la rinuncia di Babilonia ai diritti sulla Giudea mediante la nomina di Godolia.
Sarebbe una restituzione ai giudei delle pretese dinastiche e territoriali di
origine davidica. Ma questa mi sembra una forzatura che il testo non permette, perch Godolia viene inviato a governare la Giudea poco dopo la
deportazione di Ioiachin. Mentre Ioiachin viene graziato dopo 37 anni di
esilio. Inoltre Godolia viene immediatamente soppresso e non sappiamo
nulla di come agirono i babilonesi nella regione della Giudea dopo il suo
assassinio. Il rimpatrio degli esiliati sar effettuato pi tardi non dai babilonesi, ma dai persiani, in un contesto storico e teologico completamente
differente, dove lidea di alleanza non compare pi.
Lidea di alleanza viene per contro esclusa da M. Cogan - H. Tadmor,
per i quali il termine tobot (twbf) ha soltanto valore di grazia fatta al prigioniero, non quello di alleanza15. Anche per B. Becking non necessario intendere una alleanza politica, ma riconoscere la liberazione di re prigionieri
concessa in occasione di qualche evento particolare come lintronizzazione
del nuovo re, attestata in molti testi di Mari e di Babilonia. Lautore riporta
una interessante lista di possibili occasioni nelle quali i re annunciavano
lamnistia ai prigionieri: linizio del regno, una cerimonia liturgica, un
rituale contro leclissi di sole, il canto di lode alla citt di Babilonia, la
benedizione sulla citt di Assur. Il principio mitologico del poema Enuma
Elish, riproposto nellideologia regale mesopotamica, fa risalire alla creazione del mondo la prima amnistia, quando Marduk perdon gli dei cattivi
e ribelli dopo la sua vittoria su Tiamat16.
Pertanto, affermare che stata stipulata una alleanza tra il nuovo re di
Babilonia Evil-Merodach e Ioiachin sembra perlomeno esagerato17.
In pratica, la frase twbf wta rbdyw: E gli parl con benevolenza, pu
avere il valore di alleanza politica, ma non nel caso di 2Re 25,28a. Il contesto di 2Re 25,1-26 aiuta a definirne meglio il valore. Lespressione in primo
luogo lesatto contrario di 2Re 25,6 dove si dice che a Ribla fu fatto il
giudizio contro Sedecia re ribelle (fpvm wta wrbdyw, e pronunciarono la

14. Zenger, Die deuteronomistische Interpretation; Levenson, The Last Four Verses,

357.
15. Cogan - Tadmor, II Kings, 328-329.
16. Becking, Jehojachins Amnesty, 287.
17. Cos anche Murray, Divine Prerogative, 274-276.

16

P. KASWALDER

sentenza contro di lui). Sedecia viene giudicato e condannato (fpvm) perch


si era ribellato; Ioiachin, viene graziato (twbf) perch a suo tempo si era
sottomesso ai babilonesi. E dunque lespressione twbf wta rbdyw un atto
giuridico tendente a cancellare le colpe precedenti18.
v. 28b. lbbb wta rva yklmh ask l[m waskAta tyw. E innalz il suo
trono sopra i troni dei re che erano con lui in Babilonia. A Ioiachin viene
concessa una posizione di privilegio rispetto agli altri re prigionieri di Babilonia. Di per s una forma di rispetto dopo tanti anni di prigionia e di
fedele sottomissione.
La liberazione di Ioiachin potrebbe avvalorare quelle interpretazioni
che vedono garantita la continuazione della dinastia davidica, e di conseguenza la rinascita di una speranza nella restaurazione di Giuda. Come G.
Hentshel che ritrova in questa amnistia la speranza per il regno di Giuda
e dice che gli esiliati in Babilonia ritrovano in Ioiachin il proprio re legittimo19. O anche T.R. Hobbs il quale sostiene che con Ioiachin rinasce la
speranza in Babilonia, quella speranza venuta a mancare dopo la morte di
Godolia in Giudea20.
Ma c ancora di pi. In questa espressione J.D. Levenson trova il
motivo messianico espresso in Sal 18,44-45: mi hai posto a capo delle
nazioni, un popolo che non conoscevo mi ha servito. Il ricorso al messianismo sembra esagerato, perch Ioiachin resta comunque in esilio sotto il
controllo del gran re di Babilonia. In questa espressione M. Goulder trova
un nesso storico e teologico con Is 52,1353,12 e riprende una vecchia
ipotesi di E. Sellin che identifica nel Servo prima umiliato e poi esaltato
il re Ioiachin21. Questa interpretazione storica non ha molte basi, anzitutto
perch il Servo di Is 52,1353,12 conosce lesperienza della morte (cf. Is
53,5.7.8.9: fu tolto di mezzo con ingiusta sentenza; fu eliminato dalla terra
dei viventi; gli stata data sepoltura con gli empi), cosa che invece Ioiachin liberato non subisce.
In secondo luogo, la sofferenza teologica del Servo non trova alcun
riscontro nellesperienza personale di Ioiachin, esiliato perch si era arreso a
Nabucodonosor, e graziato a motivo dellintronizzazione di Evil-Merodach.
La squalifica di Ioiachin come portatore di una speranza teologica viene
decisa sia dallo storico dtr, sia dal profeta Geremia.
18. Cos anche Becking, Jehojachins Amnesty, 287.
19. Hentschel, 2 Knige, 124-125.
20. Hobbs, 2 Kings, 367-369.
21. Goulder, Behold My Servant Jehoiachin, 178.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

17

Vediamo infatti che la formula dtr di 2Re 24,9 espone il giudizio negativo su Ioiachin: wyba hc[Arva lkk hwhy yny[b [rh c[yw: e fece il male
davanti a Yhwh, in tutto come fece suo padre [Ioiachim]. Un giudizio come
questo sembra pi che sufficiente per escludere che Ioiachin possa diventare il prototipo del Servo di Yhwh del Deuteroisaia.
In Geremia ritroviamo una ambivalenza di giudizi su Ioiachin, che si
possono spiegare solo ipotizzando differenti epoche di composizione dei
testi22. Cos si pu pensare che allinizio dellesilio di Ioiachin il profeta di
Anatot fosse favorevole al re23. Si veda la lettera ai deportati del 597 a.C.
nella quale suggerisce di accettare la situazione da esiliati, di comperare
campi, piantare frutti e costruire case (Ger 29). Oppure Ger 42,9-12 dove
Geremia consiglia ai sopravvissuti della casa di Sedecia, cio a quelli lasciati da Nebuzardan in custodia presso Godolia, di non scendere in Egitto,
ma di fidarsi di Babilonia e restare in Giudea. Inoltre il capitolo di Ger 24
dove il profeta giudica buoni i fichi di Babilonia (cio Ioiachin e i deportati) e giudica indigesti i fichi rimasti in Giudea.
Ma come concordare questa visione positiva verso Ioiachin con gli
altri passi, tutti contrari a Ioiachin? Probabilmente la soluzione sta nella
cronologia degli oracoli: allinizio quelli positivi, successivamente quelli
negativi.
Tra questi leggiamo anzitutto la diatriba con il falso profeta Anania
(Ger 28), nella quale Geremia stronca ogni attesa nella libert da Babilonia:
Tu hai rotto un giogo di legno, ma io al suo posto, ne far uno di ferro.
Infatti, dice Yhwh degli eserciti, Dio di Israele: Io porr un giogo di ferro
sul collo di tutte queste nazioni perch siano assogettate a Nabucodonosor,
re di Babilonia (Ger 28,13-14).
In Ger 22,24-28 il profeta annuncia esplicitamente a Ioiachin che non
ritorner pi dallesilio. Di pi: in 22,24 annuncia che nessuno della sua
stirpe avr la fortuna di sedere sul trono di Davide n di regnare ancora
su Giuda. In tal caso Ger 22,24 ripete lidea gi espressa sopra con Ez
17,15-16.
Anche Ger 22,29 ripete a Ioiachin che non avr un successore sul trono
di Davide. Questa profezia si realizza nella storia di Ioiachin esiliato e mai
pi ritornato in Giudea. I suoi discendenti rientreranno dopo leditto di Ciro,
ma ormai il trono di Gerusalemme non sar pi restaurato. Il rientro avviene
22. McKane, A Critical and Exegetical Commentary on Jeremiah. Volume I; McKane, A

Critical and Exegetical Commentary on Jeremiah. Volume II, ad loca; Parke-Taylor, The
Formation of the Book of Jeremiah, ad loca.
23. Seitz, Theology in Conflict. Reactions to the Exile in the Book of Jeremiah, 215-222.

18

P. KASWALDER

sotto la guida di Sesbassar, che viene indicato come governatore della Giudea,
ma nessun discendente di Davide avr pi il Regno di Giuda.
Geremia stesso non pone la sua fiducia sulla monarchia, ma sul resto
che dopo lesilio in Babilonia rientrer con un cuore nuovo. Le attese di
speranza non sono pi riposte sul re di Giuda di discendenza davidica, ma
sul nuovo Davide e sul nuovo resto.
C un dettaglio in Ger 52,34 che pu essere letto come giudizio finale
e irreversibile su Ioiachin (wyyj ymy lk wtwm wyAd[) e cio la notizia della sua
morte che assente in 2Re 25,30; la morte di Ioiachin in Babilonia spegne
tutte le speranze finora coltivate.
v. 29a. walk ydgb ta anvw. E cambi le vesti della sua prigione. Nella
descrizione del nuovo stato giuridico di Ioiachin viene aggiunto il cambio
delle vesti, che segnala anche esteriormente la sua nuova posizione. Dopo
aver evitato per un niente la morte, Mardocheo viene rivestito con una veste reale di porpora viola e di lino bianco, una grande corona e un manto
di bisso e di porpora rossa (cf. Est 8,15).
In un testo vicino a 2Re 25,29 il cambio di vestiti assume un significato
molto importante per la funzione del sommo sacerdote Giosu (cf. Zac 3,1-7).
Alla presenza dellAngelo di Yhwh, il sommo sacerdote Giosu, che prima
portava i vestiti immondi dellesilio, indossa i vestiti nuovi e riprende lufficio
sacerdotale nel tempio di Gerusalemme, come prima dellesilio di Babilonia.
Giosu torna a fare il sacerdote non in base allalleanza eterna di Num 25,1011, una alleanza incondizionata che pu essere considerata parallela a 2Sam
7,12-16 che riguarda lufficio del re. Ma Giosu diventa sacerdote dopo un
accordo condizionato: Se camminerai nelle mie vie, e osserverai le mie leggi,
tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri (cf. Zac 3,7).
Lespressione risulta molto vicina alla fraseologia dtr, simile a quanto viene imposto a Salomone (1Re 2,4; 6,12; 8,25; 9,4) o a Geroboamo I (1Re 11,38)24.
vv. 29b-30. wyj ymy lk ... wynpl dymt jl lkaw. E mangi sempre il pane
davanti a lui, tutti i giorni della sua vita. Il suo cibo gli veniva dato sempre
alla (mensa) del re, la porzione giornaliera, tutti i giorni della sua vita. La
nuova condizione di Ioiachin completata dal posto donore alla tavola del
re di Babilonia, per il resto dei suoi giorni.
Nel passo parallelo di Ger 52,34 (wyyj ymy lk wtwm wyAd[) viene aggiunta
la notizia della morte di Ioiachin che ovviamente successiva alla reda24. Nobile, Un contributo alla lettura sincronica della redazione di Genesi-2Re, sulla base

del filo narrativo offerto da 2Re 2,27-30. In questo studio lautore propone i racconti di
Giuseppe (Gen 40-41) e di Daniele come modelli letterari per il re Ioiachin restituito alla
gloria dalla prigione.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

19

zione di 2Re 25,30. La morte del re esiliato segna la fine delle illusioni su
Ioiachin, e sembra questo il messaggio finale dellaggiunta anonima geremiana. Se nel resto del Libro di Geremia si leggono passaggi favorevoli al
re Ioiachin e si trova la speranza che un giorno egli possa ritornare a Gerusalemme, questa aggiunta cancella tutte le attese. La mancanza di qualsiasi
accenno ai discendenti di Ioiachin in 2Re 25,30 e Ger 52,34 impedisce di
trovare in 2Re 25,27-30 una qualche speranza messianica25.
I rapporti di 2Re 25,27-30 con la Storia dtr
Il brano di 2Re 25,27-30 non solo conclude il secondo Libro dei Re, ma
chiude pure la opera storica deuteronomistica. Come noto, lipotesi di una
Storia dtr che comprende i libri biblici da Deuteronomio fino a 2Re risale
a M. Noth. Lautore tedesco aveva proposto di assegnare la redazione della
Storia dtr ad un unico autore che ha scritto nel periodo immediatamente
successivo allesilio (circa 550 a.C.). In particolare, per M. Noth il brano di
2Re 25,27-30 risulta essere una aggiunta apposta alla Storia dtr da qualche
autore anonimo, appena avuta la notizia che il re esiliato era stato graziato.
Tale notizia non aggiunge nulla alla storia in s terminata della monarchia
di Giuda. una pericope priva di valore allinterno della Storia dtr, e in
particolare non apporta alcuna speranza del ritorno di un discendente davidico sul trono di Gerusalemme26.
Nella scia di M. Noth si trovano alcuni commentari a 2Re che negano valore teologico alla pericope su Ioiachin. E. Wrthwein considera 2Re 25,27-30
una aggiunta non dtr fatta dopo le varie redazioni della Storia dtr27. In questa
linea si pone anche il contributo di H.W. Wolff che non vede alcuna speranza
di restauro della Casa di Davide nella finale della Storia dtr, ma soltanto una
speranza (pi precisamente un kerygma) per il popolo, che sar possibile
dopo lesilio e dopo la necessaria conversione. Tale speranza espressa da
testi assegnati alla Dtr2, testi post-esilici, nei quali lattenzione scivola dallistituzione della monarchia alla risposta del popolo (cf. Dt 4,2-31; 30,1-10;
1Re 8,46-53). Una posizione simile si trova in J.G. McConville, secondo il
quale la speranza degli esiliati, espressa in 1Re 8,46-53 e in Dt 2930,1-10,
vale solo per il popolo e non prevede pi la presenza del re.
25. Begg, The Significance of Jehoiachins Release, 52; Hoffmann, The Deuteronomist

and the Exile, 668; Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?, 261.
26. Noth, The Deuteronomistic History, 74.
27. Wrthwein, Die Bcher der Knige, 481-484.

20

P. KASWALDER

D.F. Murray si dice contrario alla linea di G. von Rad, perch la pericope carente nel fornire argomenti per una speranza. Da 2Re 25,27-30
non si apre per la dinastia davidica alcuna prospettiva di restaurazione,
n in Ioiachin n in alcun suo erede. Interessante notare che D.F. Murray
sottolinea il contrasto tra la promessa della lampada (nir), sempre accesa
davanti a Yhwh in Gerusalemme (cf. 1Re 11,36; 15,4), e lo stare davanti al
re di Babilonia (cf. 2Re 25,29: lepanayw): per sempre nelloracolo a Salomone, solo per i giorni della sua vita per Ioiachin; a Gerusalemme per
Salomone, ma a Babilonia per Ioiachin. Le parole finali sono giudicate
addirittura un mocking phantasm of Yhwhs solemn undertaking to David28. La ragione principale per Murray che in 2Re 25,27-30 non viene
menzionato alcun figlio di Ioiachin. Il fatto che in alcuni testi biblici (in
1Cron 1,17; 3,17-18; Ger 22,28-30) e in quelli extra-biblici (cf. le tavolette
di Weidner che menzionano cinque figli del re Ioiachin) siano menzionati i
figli di Ioiachin, rende ancora pi stridente la mancanza di questa notizia in
2Re 25,27-3029. La linea davidica in 2Re 25,27-30 non ha un discendente
che superi i limiti imposti dal re di Babilonia.
Per D.F. Murray la liberazione di Ioiachin sembra realizzare quanto detto
da 1Re 8,50: i conquistatori provano piet per il prigioniero, cos come viene
richiesto nella preghiera di Salomone (1Re 8,46-50). Ma il testo di 2Re 25,2730 non registra alcun pentimento o preghiera da parte di Ioiachin, per cui il
gesto di Evil-Merodach non pu essere considerato il compimento della profezia di 1Re 8,46-50. Tuttavia, ed ecco di nuovo lambivalenza del testo che
riemerge, se si vuole trovare un aspetto positivo nella vicenda di Ioiachin, la si
trova proprio alla luce di 1Re 8,46-50. La speranza per non riguarda pi il re di
Giuda, o qualcuno dei suoi discendenti, ma riguarda il destino dei giudei dopo
lesilio. La prova si avrebbe in 2Cron 36,20-21, laddove viene annunciato il
periodo del 70 anni di esilio, dopo di che il popolo ritorner in Giudea per opera
stessa di Yhwh. Non per nulla 2Cron 36 tralascia di dare la notizia del rilascio
di Ioiachin, per sostituirla con lannuncio di Ciro che rimanda gli esiliati in
Giudea (2Cron 36,20-23). Ma siccome in 2Re 25,27-30 il soggetto non pi
Yhwh, bens il re di Babilonia, questa speranza non pu essere considerata di
grande valore. In pratica D.F. Murray rimanda a quanto sostiene anche C.T.
Begg, secondo il quale la liberazione di Ioiachin una falsa aurora.
28. Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?, 262.
29. Cf. Sesbassar nas (aycn) di Giuda secondo Esd 1,8; oppure Esd 5,14; e anche Shealtiel;

Zerubbabel figlio di Shealtiel per alcuni testi. Zerubbabel fu a capo del gruppo di giudei
ritornato dallesilio e fu posto governatore in Giudea (cf. Esd 2,2; Ag 1,1.12; 2,2: Zerubbabel figlio di Sealtiel, governatore della Giudea).

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

21

Per altri studiosi invece, la notizia riveste un grande significato teologico e storico, perch viene letta come conferma della promessa di una
dinastia eterna fatta per mezzo del profeta Natan in 2Sam 7. soprattutto
la posizione di G. von Rad ad influenzare questa interpretazione di 2Re
25,27-30 che trova numerosi seguaci30. Secondo G. von Rad la liberazione
di Ioiachin porta una nota di speranza e dice che per la monarchia davidica
non tutto ancora perduto. Ma a mio parere la pi completa rivalutazione
teologica di Ioiachin viene operata da quegli studiosi che propongono di
identificare Ioiachin con il Servo Sofferente di Is 52,1353,1231. In particolare va ricordato M. Goulder, come si diceva sopra riguardo al v. 28 della
pericope.
Una via di mezzo tra le due posizoni estreme, quella pessimista di M.
Noth e quella pi positiva di G. von Rad, viene espressa da quanti cercano
di trovare un senso a 2Re 25,27-30 allinterno della Storia dtr o almeno di
2Re. Si veda al riguardo lo studio di C.T. Begg, il quale trova che la notizia
della grazia fatta a Ioiachin lunica positiva dopo le notizie terribili che si
incontrano a partire da 2Re 23,29, cio dalla morte di Giosia. Begg pensa
di trovare in questa notizia un valore aggiunto, che solleva un pochino la
situazione disastrosa della monarchia di Giuda. Ma resta sempre una magra
consolazione!
In base ai risultati della ricerca pi recente sulla composizione della
Storia dtr, si pone con sempre pi vigore lipotesi di una doppia redazione
della Storia dtr, una giosianica (o pre-esilica) e una post-esilica32. Nella prima redazione (Dtr1), la monarchia israelitica riveste una funzione positiva,
quale garante della fedelt a Yhwh e quale responsabile della costruzione
del tempio di Gerusalemme (cf. 2Sam 7; 1Re 8,1-3). Nella seconda redazione (Dtr2), la monarchia giudicata negativamente e condannata senza
appello come responsabile della rovina di Giuda, del tempio e del popolo
(cf. 2Re 21). Nella redazione post-esilica, che riflette sulle cause dellesilio,
alla monarchia di Giuda viene sostituito il popolo, unico destinatario del
messaggio di salvezza: il ritorno garantito a chi si pente e ritorna allosservanza della Legge mosaica, cio al resto di Israele.
In 2Re 23,26-27 il discorso sembra essere rivolto agli esiliati: nemmeno
tutte le buone azioni di Giosia riescono a cancellare il male causato dai pec30. Von Rad, Deuteronomium Studien, 63-64.
31. Cf. gli studi di E. Sellin, W. Staerk, E. Burrows, L. Coppens, A.S. Kapelrud, P. Grelot,

H. Haag (citati nella bibliografia alla fine).


32. In questa direzione vanno gli studi di A.F. Campbell - M.A. OBrien, e di E. Cortese
(vedi la bibliografia alla fine).

22

P. KASWALDER

cati di Manasse e quindi non riescono a placare lira di Yhwh: Anche Giuda
allontaner dalla mia presenza, come ho allontanato Israele; respinger
questa citt Gerusalemme, che mi ero scelta, e il tempio di cui avevo detto:
l sar il mio nome. In tale situazione Giuda non pu essere purificato e
Yhwh non pu ritirare la sua ira. Il futuro non appartiene pi alla monarchia
che ha fallito il suo compito storico, ma al resto degli israeliti che dopo aver
fatta lesperienza dellesilio torneranno con il cuore rinnovato e fedeli alla
Legge: Grande la collera di Yhwh che si accesa contro di noi, perch i
nostri padri non hanno ascoltato la parola di questo libro (cf. 2Re 23,13).
Il kerygma pieno di speranza per gli esiliati33 prevede proprio questo,
cio la conversione e il pentimento per i peccati commessi da Israele. Il re
Ioiachin non si pentito di nulla, e quindi non fatto rientrare a Gerusalemme. E senza pentimento non si ottiene redenzione. In 2Cron 33,11-13
leggiamo un testo abbastanza oscuro e non certo storicamente, ma molto
istruttivo per capire lorientazione teologica della storia di Giuda: lempio
re Manasse, il principale responsabile della rovina di Giuda, condotto in
esilio dove si pente e viene restituito al trono di Giuda. In questa ricostruzione si vede una relazione diretta con alcuni passi di Geremia e con il kerygma della Storia dtr. Ioiachin stato graziato perch si consegnato al re
di Babilonia (2Re 24,12.15; 2Cron 36,10; Ez 17,12). Ma rimasto in esilio
fino alla morte perch non ha voluto pentirsi nei confronti di Yhwh.
Stranamente la notizia della liberazione di Ioiachin (2Re 25,27-30)
sembra voler riagganciare la storia della dinastia davidica alla corrente di
pensiero e di attese proprie della Dtr1, dopo lesperienza negativa testimoniata dalla Dtr2. Il giudizio che lo storico della Dtr2 pone su Ioiachin
completamente negativo (cf. 2Re 24,9). Non offre alcuna speranza di
redenzione, al pari dei successori di Giosia (Ioahaz, Ioiachim, Sedecia).
La notizia dellamnistia concessa da Evil-Merodach a Ioiachin successiva alla Dtr2 e le anche estranea, perch si dimostra favorevole alla
monarchia. Lautore anonimo che ha posto 2Re 25,27-30 a conclusione
della storia della monarchia di Giuda, non tiene conto della realt nuova
venutasi a creare in esilio, secondo la quale il futuro appartiene al popolo,
non pi alla monarchia di Gerusalemme.
Pietro Kaswalder
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

33. Come viene ipotizzato da Wolff, Das Kerygma des deuteronomistischen Geschichts-

werkes.

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2Re 25,27-30)

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LESSICO DEL SALTERIO

A. Mello

Ogni libro biblico ha il suo vocabolario proprio, in particolare i libri poetici. Non mi riferisco solamente ai termini rari o agli hapax legomena, ma
al vocabolario teologico di base. Ho calcolato, approssimativamente, che
nel Salterio si possono rinvenire non meno di centoventi parole di interesse
teologico che vi hanno unincidenza superiore a quella di qualunque altro
libro biblico. Non sono, ripeto, parole ricercate: il lessico dei Salmi quello
della poesia biblica, con una notevole prossimit al linguaggio profetico
(Isaia, Geremia, Ezechiele) e diversi prestiti dal linguaggio sapienziale
(Proverbi, Giobbe).
I lessemi qui inventariati sono quindi parole comuni del lessico ebraico, in certi casi persino comunissime, che per il Salterio utilizza con una
particolare intensit: sia con una frequenza relativamente pi alta che in
altri libri, sia con un rilievo teologico eccezionalmente significativo. Alle
circa centoventi parole selezionate su una base puramente statistica, cio
in ragione della loro frequenza nel Salterio, ho poi applicato una griglia
concettuale, che di fatto ha anche un valore teologico, poich abbraccia
praticamente lintera esperienza spirituale dei Salmi. Ho raccolto le parole
che ho considerato pi significative sotto quattro esponenti: a) lafflizione;
b) la supplica; c) il soccorso; d) la lode. Questi quattro campi semantici
non sono affatto esaurienti ma hanno un forte valore esemplare. Essi mi
hanno permesso di limitarmi a una quarantina di vocaboli che per, rientrando in un certo quadro complessivo, acquistano una rappresentativit
teologica ancora maggiore1.

1. Per una definizione dei campi semantici rimando a S. Ullmann, La Semantica. Intro-

duzione alla scienza del significato, Bologna 1966 (Oxford 1962). Premetto che la ricerca
semantica presuppone una teoria referenziale, e non puramente funzionale, del linguaggio.
Le moderne teorie funzionali, dallo strutturalismo in poi, fanno a meno di un riferimento
concettuale, in quanto superfluo dal punto di vista operativo. La teoria referenziale, invece,
postula come necessaria la mediazione concettuale: per citare unopera ormai classica, il
triangolo segno (parola) - referenza (pensiero) - referente (realt) stabilito da C.K. Ogden I.A. Richards, The Meaning of Meaning, Londra 1936 che, in fondo, non fa che rivitalizzare
le intuizioni degli antichi. Questa prospettiva metodologica attribuisce unimportanza autonoma al significato di una parola, e non lo risolve interamente nella sua funzione in un
dato contesto linguistico. Perci rimane indispensabile la distinzione tra parola e significato,
tra nome e senso. J. Barr, Semantica del linguaggio biblico, Bologna 1968 (Londra 1961)
LA 54 (2004) 25-52

26

A. MELLO

Attraverso questa rassegna lessicale, lintera teologia del Salterio che,


in qualche modo, viene a delinearsi, e non solo qualche suo termine pi o
meno significativo. Oltre tutto, uno schema molto simile, anche questo in
quattro tempi, e cio: peccato - castigo - invocazione - liberazione, perfino biblico, come risulta dalla redazione finale del libro dei Giudici. Rispetto a questultimo, non ho preso in considerazione il vocabolario del peccato
e dellespiazione: il Salterio, infatti, pur essendo un testo fondamentale per
lesperienza esistenziale del peccato e delle sue conseguenze negative (descritte quasi sempre nei termini di una malattia mortale), dal punto di vista
del vocabolario specifico non presenta una particolare originalit.
Pur essendo un tentativo provvisorio e perfettibile (come ogni altra griglia concettuale), il nostro schema offre dunque il vantaggio di riassumere
quasi per intero il lessico pi tipico del Salterio. Naturalmente, ogni scelta
selettiva e presenta un certo margine di arbitrariet: vi possono essere,
nel Salterio, dei termini ancora pi frequenti di quelli qui rappresentati, ma
lalta frequenza di un termine non sempre un indizio sufficiente della sua
importanza teologica. Per fare un solo esempio: il verbo amare (ahav)
ricorre pi del doppio delle volte nei Salmi (41) che nel Cantico dei cantici
(18 volte). Ma si dovr tenere presente che il Salterio un libro di quasi
ventimila parole, mentre il Cantico ne ha poco pi di mille. Quindi, proporzionalmente, il Cantico ne parla con una frequenza dieci volte superiore, e
se io mi interesso allamore umano, andr pi volentieri al Cantico che non
ai Salmi. Non solo, ma si deve tener conto anche delluso: talvolta i Salmi
usano il verbo amare in una accezione deteriore, come amare vanit
(Sal 4,3). Al contrario, un libro come il Deuteronomio, che pure presenta
una frequenza del termine inferiore (23 volte), teologicamente pu essere
pi importante del Salterio, in particolare per lequivalenza tra amare e
eleggere (cf. Dt 7,7-8).
Gli strumenti di questa ricerca sono, ovviamente, quelli abituali ed
elementari: le concordanze e i dizionari teologici. Confesso la mia predilezione per le Concordanze di Mandelkern, che distinguono le diverse forme
verbali e nominali: su di esse che, in genere, ho stabilito le mie statistiha sottoposto a giusta critica la confusione idealistica - presente in certi lessici teologici
soprattutto di area tedesca - tra parola e concetto. Di fatto, ogni ricerca semantica si basa
su questi tre principi: a) una sola parola pu avere pi di un significato (polisemia), sicch
non si pu far corrispondere ad ogni parola un unico concetto; b) pi parole possono avere
un solo significato (sinonimia): su questo si basano, per esempio, i vocabolari concettuali;
c) nessuna parola mai isolata, ma tende ad essere associata a molte altre, sia sul piano
semantico che su quello formale. Ed su questo principio che si fonda la teoria dei campi
semantici.

LESSICO DEL SALTERIO

27

che2. Dato il carattere molto sintetico di questa rassegna, mi sono limitato


a consultare il Dizionario teologico di Jenni e Westermann, che meno
completo ma pi agile del Grande Lessico dellAntico Testamento3.
A. LAFFLIZIONE
1. yn[ wn[: povero, umile
Ani e oni, povero, povert, ricorrono nel Salterio 38 volte sulle120
ricorrenze bibliche complessive: circa 1/3 del totale. il salmista che
si autodefinisce abitualmente come un povero (non di rado insieme a
evjon, bisognoso: Sal 35,10; 37,14; 40,18 e cos via). Anaw, umile,
in passato stato spesso considerato un sinonimo di ani, o addirittura
una semplice variante ortografica, tant vero che spesse volte il ketiv e
il qer oscillano tra i due termini4. Oggi questa posizione riduttiva non ha
pi seguito: a partire dal loro uso, i due termini sono chiaramente distinguibili. Per dirla in breve, il povero, nel Salterio, si lamenta e supplica;
gli umili, invece, rendono grazie e lodano. Ma la differenza principale
tra i due termini non , come si potrebbe credere, che ani denoti uno stato
economico o sociale, mentre anaw una condizione etica o psicologica.
Entrambi i termini sono derivati dalla stessa radice5 e possono significare
afflitto, oppresso, bench non siano mai usati in parallelo. La differenza
principale che ani si legge quasi sempre al singolare (24 volte; solo 5
volte al plurale), mentre anaw, in tutta la Scrittura, attestato al singolare
una sola volta (detto di Mos, in Nm 12,3). significativo, ad esempio,
che nel Sal 9,13 e 10,12 il qer corregga il plurale anijjim in anawim.
quindi poco probabile che il singolo povero si identifichi ipso facto con
la comunit degli umili, anche se pu rappresentarla. Questa distinzione
2. S. Mandelkern, Veteris Testamenti Concordantiae Hebraicae atque Chaldaicae, Leipzig

1985; Tel Aviv 1978 (con le correzioni e i supplementi di M. Goshen Gottstein).


3. E. Jenni - C. Westermann, Dizionario Teologico dellAntico Testamento (=DTAT) edizione italiana a cura di G. Prato, Marietti I, Casale Monferrato 1978; II, Torino 1982; G.J.
Botterweck - H. Ringgren, Grande Lessico dellAntico Testamento (=GLAT), Paideia,
Brescia 1988ss.
4. Questa era, pressa poco, la posizione di H. Birkeland, Ani und Anaw in den Psalmen,
Oslo 1933.
5. La distinzione di una radice -n-h I, rispondere, da una radice -n-h II, affliggere,
tuttaltro che pacifica: rispondere a qualcuno o essergli sottomesso sono due concetti etimologicamente affini: cf. R. Martin-achard, -n-h II. Essere misero, DTAT 2, 307-315.

28

A. MELLO

ha importanza soprattutto per lidentificazione dellIo dei Salmi, che non


un semplice privato, o un membro qualsiasi della comunit: il povero,
nel Salterio, rappresenta quasi sempre un Io regale. Per essere pi precisi:
il fatto che il salmista si identifichi come un povero non preclude affatto
la possibilit che si tratti del Re6.
2. rrx: angoscia, avversario
Bench la radice z-r-r I (stringere) e z-r-r II (avversare) debbano essere
etimologicamente distinte, in quanto la prima radicale, nei due casi, differente, tuttavia i significati principali che ne derivano (essere in angoscia o
assediare, detto dei nemici) sono morfologicamente e semanticamente cos
connessi che si possono considerare insieme7.
Langoscia, la zar ricorre nel Salterio 22 volte su 70; mentre gli avversari, gli zarim o zorerim 40 volte su 97. Complessivamente, i due termini
vi sono attestati per pi di 1/3 delle loro frequenze. Trovo istruttivo che
un dato psichico e unaggressione esterna possano dirsi quasi con le stesse parole, perch vi sempre un fattore scatenante anche per le tempeste
interiori, e queste hanno tutte le sembianze di una vera guerra. Quando
il salmista prega per il re: Ti risponda Jhwh nel giorno dellangoscia
(Sal 20,2), con ogni probabilit prega per lui nel giorno della battaglia. Su
questo si discusso a lungo: se gli avversari del salmista siano i nemici del re, o siano gli empi che perseguitano i giusti. Ma ojev e rasha
appartengono a due contesti linguistici molto diversi: il primo politico e il
secondo sapienziale. Bench il Salterio possa sovrapporre le due figure, non
per questo sono identificabili8.

6. S.J.L. Croft, The Identity of the Individual in the Psalms, Sheffield 1987 (JSOT Suppl.

Series 44) ha il merito di avere ridimensionato gli argomenti di Birkeland, che pure era
favorevole allipotesi dellIo regale. Vedi anche E. Cortese, Poveri e umili nei Salmi,
RivB 35 (1987), 299-306.
7. Cf. E. Jenni, z-r-r. Avversare, DTAT 2, 523-525. Vedi, dello stesso autore, anche la
voce -j-v. Nemico, DTAT 1,103-106, un altro termine particolarmente attestato nel Salterio (74 volte su 282). Ma mentre avversario si pu intendere anche dei nemici personali,
i nemici (quasi sempre al plurale) sono quelli politici o militari.
8. Anche in questo caso, Croft, The Identity, ha riesaminato largomentazione di H. Birkeland, The Evildoers in the Book of Psalms, Oslo 1955, il quale tendeva a confondere gli
empi con i nemici, e i nemici con i gentili. Delle due identificazioni, solo questultima
ammissibile, perch ojevim normalmente un parallelo di gojim o di ammim; ma la prima
non va da s (per esempio, zaddiq normalmente un antonimo di rasha, ma mai di ojev).

LESSICO DEL SALTERIO

29

3. bz[ : abbandonare
Essendo il verbo azav di uso molto comune, la sua percentuale di frequenza nei Salmi non particolarmente impressionante (21 volte su 214,
circa 1/10), ma teologicamente significativa, soprattutto nellespressione
Non abbandonarmi (al taazveni) che ricorre cinque volte e solamente
nel Salterio (Sal 27,9; 38,22; 71,9.18; 119,8). Questo imperativo negativo
del tutto analogo ad un altro: Non stare lontano (al tirchaq), che ricorre ugualmente cinque volte (Sal 22,12.20; 35,22; 38,22; 71,12), ma non
esclusivo dei Salmi9.
Soprattutto, vi il famoso appello del Sal 22 che, essendo divenuto il
grido di derelizione di Ges morente, ha conosciuto una storia interpretativa di straordinaria suggestione teologica: Eli, Eli, lamma azavtani (i
vangeli lo citano in una versione aramaica, che per sensibilmente diversa
da quella targumica)10. Prescindendo dagli sviluppi teologici, il minimo che
si possa dire, in sede esegetica, che questo grido ha qualcosa di estremamente paradossale, perch coniuga la percezione di una reale separazione
da Dio con la pi intensa affermazione della continua appartenenza a lui
(Mio Dio, ripetuto due volte). Del resto, questo sarebbe lunico caso, in
tutto il Salterio, in cui si ammette come reale la possibilit che Dio abbandoni un suo fedele. Altrimenti, questa idea viene sempre fermamente
negata, o rigettata come impossibile:
Non abbandoni chi ti cerca, Jhwh (Sal 9,11).
Ero giovane e ora sono anziano:
non ho mai visto un giusto abbandonato (Sal 37,25).
4. jkv : dimenticare
Shakhach, dimenticare, rappresentato dal Salterio 31 volte su 86 (al qal:
circa 1/3): quindi ha una frequenza relativa molto maggiore di abbandonare. Ma la differenza tra i due verbi che dimenticare ha anche un uso

9. H.-P. Staehli, -z-v. Abbandonare, DTAT 2, 225-228; cf. J. Kuehlewein, r-h-q. Essere

lontano, DTAT 2, 158-165. Si noti che, nel Sal 22, al tirchaq ricorre per ben due volte.
10. Per gli effetti tradizionali del grido di derelizione, si pu consultare lutile fascicolo dei
Cahiers Evangile, Supplment 121 (2002): Mon Dieu, pourqoui mas-tu abandonn?. Si
vedr facilmente quale incredibile variazione di accenti ha conosciuto tale abbandono
negli Apologisti, nei Padri, nella mistica renana, nella Riforma e presso i moderni teologi
tedeschi (Moltmann, Von Balthasar).

30

A. MELLO

non teologico. Certo, Dio non dimentica il grido dei poveri (Sal 9,13).
Sotto forma interrogativa: Fino a quando, Jhwh, continuerai a dimenticarmi? (Sal 13,2). Perch ti dimentichi di me? (Sal 42,10). O dubitativa:
Dio si dimentica di avere compassione? (Sal 77,10). Tuttavia, la frase pi
intensamente ripetuta ha un carattere antropologico o obbedienziale: Non
ho dimenticato (la tua legge, i tuoi precetti, le tue volont ecc.: sette volte,
tutte nel Sal 119: 16.83.93.109.141.153.176)11.
5. rts : nascondere
Satar hi (17 volte su 44), specialmente nellidiomatismo haster panim (nascondere il volto, che in pratica una forma riflessiva), e il sostantivo
seter (di nascosto: 10 volte su 35), sono anchessi degli elementi molto
caratteristici della terminologia salmica. Anche qui troviamo, in particolare,
un precativo negativo e una domanda non puramente retorica:
Non nascondere il tuo volto: Sal 27,9; 69,18; 102,3; 143,7.
Perch nascondi il tuo volto?: Sal 44,25; 88,15.
Ma come sopra, a proposito di abbandonare, va notato che lidea
di un nascondimento di Dio (per lo meno, di un nascondimento totale e
definitivo) viene enunciata soprattutto per negarne leventualit. un theologoumenon, infatti, che
Dio non disprezza e non disdegna lumilt del povero:
a lui non nasconde il suo volto (Sal 22,25).
Al contrario, affermare che Dio dimentica, nasconde il suo volto per
non vedere (Sal 10,11) addirittura empio. La possibilit di uninterruzione della comunicazione con Dio non si pu certo escludere a priori,
non fosse altro per la stessa libert di questa comunicazione: Quando hai
nascosto il tuo volto, mi sono spaventato (Sal 30,8). Ma, quanto meno
nei Salmi, il nascondimento del volto di Dio non ha un risvolto tragico,
di condanna inappellabile. Esso non che una momentanea distrazione
dellattenzione: non per sempre, non irreversibile12.

11. W. Schottroff, s-k-ch. Dimenticare, DTAT 2, 811-817. Tuttavia, il Salterio manifesta

una sua specificit rispetto alla prosa biblica, in quanto il soggetto della dimenticanza
(possibile, apparente o reale) comunque Dio pi spesso che non luomo: nella letteratura
di stampo deuteronomistico, invece, quasi sempre luomo che dimentica Dio.
12. Sul significato teologico del nascondimento di Dio, oltre a G. Wehmeier, s-t-r. Nascondere, DTAT 2, 158-165 vedi soprattutto S. Balentine, The Hidden God. The Hiding

LESSICO DEL SALTERIO

31

6. lm[ awv : fatica, invano


Fatica,amal, presenta nei Salmi tredici impieghi (su 54), ma si tenga
presente che il termine compare ventidue volte nel solo Qohelet. Esso,
quindi, appartiene prevalentemente a una riflessione sapienziale circa la vanit della fatica umana sotto il sole. Anche nel Salterio questa fatica vista
in una luce pessimistica, negativa: Concepisce fatica e genera menzogna
(Sal 7,15); fatica e iniquit (Sal 10,7); fatica e dolore (Sal 10,14); la
mia afflizione e la mia fatica (Sal 25,18)13.
Quanto alla vanit di questo sforzo, il Salterio non usa, come Qohelet, il termine soffio (hevel); ovvero lo usa ma in un significato pi
generale: Ogni uomo non che un soffio (Sal 39,6.7.12; 62,10; 94,11).
Di solito, invece, ricorre al termine shaw (15 volte su 53). Shaw, per
esempio, la salvezza delluomo (Sal 60,13). Basti citare ancora linizio del Sal 127:
Se Jhwh non costruisce la casa
invano si affaticano i costruttori.
Se Jhwh non custodisce la citt
invano veglia il custode (Sal 127,1)14.
7. hprj rpj : obbrobrio, arrossire
Il verbo charaf, insultare, non particolarmente attestato, nel Salterio. Lo
incontriamo soprattutto nellimprecazione contro i nemici, perch sono loro
che mi insultano tutto il giorno (Sal 102,9). Al contrario, il sostantivo
cherp, insulto o - direi meglio, anche considerando la sua resa greca
con oneidisms - obbrobrio, ha una frequenza piuttosto alta (17 volte su

of the face of God in the Old Testament, Oxford 1983 (Oxford Theological Monographs);
e anche il mio Quando Dio si nasconde. Una metafora della rivelazione biblica, LA 52
(2002), 9-28. Anche in questo il Salterio si distingue dalluso linguistico deuteronomistico,
dove il nascondimento espressione di una vera e propria maledizione: Si accender la
mia collera contro di esso in quel giorno: li abbandoner e nasconder loro il mio volto
(Dt 31,17).
13. Amal circoscrive un ambito semantico che nelle nostre lingue risulta differenziato:
da un lato, lavoro; dallaltro fatica, pena, affanno: S. Schwertner,-m-l.Fatica, DTAT
2, 299.
14. J.F.A. Sawyer, sh-w-. Inganno, DTAT 2, 796-798. Amal e shaw sono sinonimi nella
letteratura sapienziale: Mi sono toccate lune dinganno (sarebbe meglio dire: dillusione),
e notti di fatica mi sono state assegnate (Gb 7,3).

32

A. MELLO

72) ed sinonimo di vergogna (bwsh) e di ignominia (kelimm)15. Lo


troviamo, in particolare, nel salmo seguente:
per te che sopporto lobbrobrio
lignominia mi copre la faccia...
poich la gelosia per la tua casa mi divora
e lobbrobrio di quanti ti insultano
ricaduto sopra di me...
lobbrobrio ha spezzato il mio cuore (Sal 69,8-10.21).
Formalmente apparentato alla radice ch-r-f il verbo chafar, arrossire, che quasi omofono e ha un significato pressoch equivalente. Lo incontriamo, infatti, come specificazione della vergogna, in una locuzione
imprecativa che solamente salmica:
Si vergognino e insieme arrossiscano
quelli che gioiscono del mio male
si rivestano di vergogna e di ignominia
quanti si ingrandiscono ai miei danni (Sal 35,26; cf. 40,15; 70,3; 83,18).
B. LA SUPPLICA
1. hlpt : preghiera
Certo non desta stupore che il termine tefill, preghiera, abbia un uso
massiccio proprio nei Salmi, che sono un libro di preghiere (32 volte su
77). La preghiera di supplica anzi il genere letterario pi attestato nel
Salterio, ed notevole che quasi sempre si parli della mia preghiera, con
il suffisso della prima persona singolare (tefillati: Sal 4,2; 6,10; 17,1; 35,13;
39,13; ecc., per una ventina di volte). I salmi, generalmente, sono delle
preghiere singolari: dicono Io, anzich Noi (miei nemici, anzich
nostri nemici; mio Dio pi che nostro Dio, e cos via).
Pu stupire, invece, che nel Salterio ricorra cos poco il verbo pregare (p-l-l hit.: tre sole volte!), supplito da altri verbi quali invocare,
gridare, confidare, come si vedr qui di seguito16. In realt, le-hitpallel
15. Ma anche di confusione (b-h-l ni.), di abbattimento, di languore, di terrore. Il DTAT

considera insieme tutti questi sinonimi alla voce b-w-sh. Essere smascherato (sic!), 1,
236-238 (a cura di F. Stolz). Il contrario di questi sentimenti depressivi sono le espressioni
di gioia e di esultanza.
16. Si veda anche lo studio di A. Minissale, Il lessico della preghiera nel primo libro dei
Salmi, in R. Fabris (ed.), Initium Sapientiae, Bologna 2000, 95-112 (Suppl. RivB 36).

LESSICO DEL SALTERIO

33

significa, in origine, intercedere o invocare una sentenza favorevole17,


mentre il salmista raramente prega per gli altri. Ma nella sua preghiera egli
rappresenta anche gli altri: perci, come osserva Beauchamp, egli dice Io
al posto degli altri18.
2. h[wv : grido
Il verbo biblico pi comune per gridare zaaq, non particolarmente
attestato nel Salterio. Si trova, pi di frequente, nei Profeti: Geremia 21,
Ezechiele 16, Isaia 15 volte ciascuno; e perfino nei libri storici, come quello
dei Giudici (19 volte). Nel Salterio, non pi di 11 volte. Ma, in luogo di
questo, i Salmi hanno un termine proprio: shawa pi. e il sostantivo shaw
che significano, su per gi, gridare aiuto, chiamare in aiuto, e hanno,
nel Salterio, met delle loro attestazioni bibliche (rispettivamente, 10 volte
su 22 e 6 volte su 11). Per esempio, con il sinonimo qara, invocare19:
Nella mia angoscia invoco Jhwh
al mio Dio grido aiuto:
egli ascolti dal suo tempio la mia voce
e il mio grido daiuto giunga fino a lui (Sal 18,7).
Etimologicamente, la radice sh-w- sembra essere una doppia forma
della radice j-sh- (cos come, accanto a t-w-b troviamo anche j-t-b). Sarebbe, perci, uninvocazione di salvezza, derivata dal grido shua, aiuto!,
che si conservato in diversi nomi teoforici, tra cui il principale (e forse
anche il pi antico) Jehoshua, e quindi Jeshua20.
3. hgav : ruggito
Il simbolismo teriomorfo molto usuale nel Salterio, dove le bestie feroci
(leoni tori bufali cani: cf. Sal 22), per non parlare del serpente (cf. Sal 58),
17. H.-P. Staehli, p-l-l. Pregare, DTAT 2, 384-390.
18. P. Beauchamp, Salmi notte e giorno, Assisi 2002 (Paris 1980), p. 23.
19. Nel DTAT 2, si vedano le voci: R. Albertz, z--q. Gridare, 511-517; C.J. Labuschagne,

q-r-. Chiamare, 600-607. Il primo scrive: Zaaq si distingue da qara per il fatto che la
sua veemenza non tende anzitutto a rendersi udibile a distanza, ma motivata da una pressante necessit... e cerca di raggiungere un altro che possa contribuire a risolvere la difficolt... Quindi la radice z--q indica il grido di soccorso delluomo, che ad un tempo grido di
dolore e grido di aiuto (zaaq e shawa sono paralleli in Ab 1,2; Gb 19,7; Lam 3,8).
20. Sulla radice j-sh- e il nome di Ges, vedi il mio In Deo Jesu meo, LA 38 (1988), 17-38.

34

A. MELLO

sono figure dei nemici o degli avversari che insidiano la vita del salmista.
Questi, da parte sua, si identifica spontaneamente nei volatili, figure di libert: colombe (Sal 55,7), passeri (Sal 102,8) e rondini (Sal 84,4: il termine
deror, che indica la rondine, significa anche libert). Ci non di meno,
il ruggito del leone, che nei profeti era limmagine del Dio del tuono, e
quindi rappresentava la sua Parola, diventa, nel Salterio (radice sh--g: 6
volte su 26), un termine tecnico della preghiera, soprattutto in quanto questa smuove i sentimenti pi profondi dellanimo umano:
Sono scosso e abbattuto anche troppo
ruggisco per il fremito del mio cuore (Sal 38,9).
Tacevo, si consumavano le mie ossa
mentre ruggivo tutto il giorno (Sal 32,3).
Non si tratta di un uso frequentissimo, ma abbastanza impressionante.
Forse questi passi si potrebbero interpretare anche diversamente, per esempio in chiave patologica. Ma crediamo preferibile riconoscervi una estrema
preghiera, una supplica particolarmente accorata:
Lontane dal salvarmi le parole del mio ruggito
(Sal 22,2: parole cos estreme che i Lxx le hanno fraintese e, anzich
shaagati hanno letto sheghijjotai, le mie trasgressioni, apportando cos
un danno notevole allinterpretazione di tutto il salmo, che non il salmo
di un peccatore).
4. jfb : confidare
I Salmi, comprensibilmente, sono anche il libro biblico che fa pi spazio
allespressione della confidenza (radice b-t-ch: 52 volte su 182; segue Isaia,
con 26 volte). Lintensit e limportanza di questa fiducia si vede bene nel
passo seguente, che in due soli versetti la menziona per tre volte:
In te han confidato i nostri padri
han confidato e tu li hai liberati
a te hanno gridato e sono scampati
in te han confidato e non si sono vergognati (Sal 22,5-6).
Questo un flash back, una memoria del passato. Ma solitamente il
verbo viene usato alla prima persona del perfetto (batachti, 11 volte solo
nei Salmi: Sal 13,6; 25,2; 26,1; 31,7.15; 41,10; 52,10; 56,5.12; 119,42;
143,8) o dellimperfetto (evtach, 4 volte: Sal 44,7; 55,24; 56,4; 91,2). In
entrambi i casi si pu tradurre con il presente: E io confido (perfetto, che
si chiama, appunto, di confidenza) nel tuo amore (Sal 13,6); E io confido (imperfetto) in te (Sal 55,24). Ovviamente, si possono dare anche delle

LESSICO DEL SALTERIO

35

false sicurezze, ma queste sono ricordate proprio per essere smascherate:


Infatti, non confido nel mio arco (Sal 44,7).
5. hsj : rifugiarsi
A differenza di batach, che pu indicare anche delle false sicurezze, luso
di chasah (rifugiarsi), per lo meno nel Salterio, rigorosamente teologico21: in nientaltro ci si pu rifugiare se non in Dio.
meglio rifugiarsi (chasah) in Jhwh
che confidare (batach) nelluomo (Sal 118,8).
Di recente, questa parola specificamente salmica (il verbo chasah si
trova 25 volte su 37; il sostantivo machash, rifugio, 12 volte su 20)
stata oggetto di particolare attenzione, e questo studio ha permesso di
evidenziarne la singolare importanza per la formazione del Salterio, soprattutto per il suo carattere davidico o regale22. Prescindendo, qui, dai
problemi editoriali del Salterio, mi limito ai dati fondamentali che riguardano il rifugiarsi:
a) La terminologia ha una chiara matrice politica. Nei profeti, particolarmente in Isaia (Is 14,32; 30,2; ma vedi anche Sof 3,12) sta a indicare la
ricerca di un "rifugio" in Egitto o presso qualche altra nazione militarmente
pi forte. Quindi il "rifugio in Jhwh" alternativo a questi altri rifugi politici, e interpella i responsabili politici della nazione, sopra tutti il Re.
b) Nel Salterio, ricorre quasi esclusivamente nei salmi davidici, e cio:
15 volte nella prima raccolta davidica; 4 nella seconda e 2 nella terza. In
salmi non davidici si trova solamente 3 volte. Se ne pu dedurre che la
terminologia ha a che fare soprattutto con la figura regale.
c) Inoltre si pu distinguere una ricorrenza particolarmente significativa alla prima persona singolare (perf. o impf.). Troviamo chasiti

21. Vedi, nel DTAT 1, le due voci di E. Gerstenberger, b-t-ch. Confidare, 261-265 e ch-s-

h. Rifugiarsi, 539-541. La principale differenza tra i due termini sta nel fatto che batach,
oltre alla connotazione fiduciosa o confidenziale, pu avere anche quella di sicurezza, e
la sicurezza umana non sempre motivata dalla fede in Dio. Si noter, per, che il Salterio utilizza poche volte, sette in tutto, il vervo aman hi. (Sal 27,13; 78,22.32; 106,12.24;
116,10; 119,66). La nostra nozione di fede si esprime, nei Salmi, soprattutto attraverso
questi due verbi: batach e chasah.
22. Mi riferisco soprattutto allo studio di J.D.F. Creach, Yahweh as Refuge and the Editing
of the Hebrew Psalter, Sheffield 1996 (JSOT Suppl. Series 217) e allampia recensione di
E. Cortese, Dio rifugio nella preghiera del re e la storia della formazione delle raccolte
davidiche RB 108 (2001) 481-502.

36

A. MELLO

in Sal 7,2; 11,1; 16,1; 25,20; 31,2; 71,1; 141,8; 144,2; analogamente,
troviamo echesh in Sal 18,3; 57,2; 61,5. In tutti questi salmi davidici,
dove incontriamo la prima persona, giocoforza pensare che questo Io
sia quello regale.
d) Tuttavia, un altro uso molto rilevante anche il participio plurale,
sia in forma assoluta (chosim) che in stato costrutto (chos): Sal 2,12; 5,12;
17,7; 18,31; 31,20; 34,23. Si pu notare che, mentre l'uso alla prima persona appare di regola all'inizio del salmo, l'uso participiale compare quasi
sempre alla fine, ed pi facilmente attribuibile a un intervento redazionale. Sicch possiamo concludere che l'uso pi antico del verbo "rifugiarsi"
in Dio era quello regale, ma che in seguito questo uso stato esteso fino
a includere "tutti quelli che si rifugiano in lui". Sicch, alla fin fine, che
cosa vuol dire "rifugiarsi in Dio"? Per il re, voleva dire andare nel tempio
a pregare. Per "quelli che si rifugiano in lui", cio per noi, vuol semplicemente dire pregare i salmi.
6. bgcm : riparo
Ripararsi (sagav) e riparo (misgav) sono termini pi rari di quelli
precedenti. Tuttavia, anche in questo caso, pi della met delle ricorrenze
bibliche si trova nel Salterio (7 volte su 19 il verbo; addirittura 12 volte
su 16 il sostantivo). Etimologicamente, la radice esprime lidea di stare
in alto (al ni.) o di porre in alto, quindi di proteggere, riparare. Luso del
sostantivo particolarmente significativo, perch esso diventa quasi un
titolo teologico:
Jhwh delle schiere con noi
Riparo per noi il Dio di Giacobbe (Sal 46,8.12).
Per sei volte Dio viene chiamato dal salmista misgabbi, il mio riparo
(come, del resto, per sette volte viene anche chiamato machsi, il mio rifugio). Il caso pi eloquente, forse, quella sorprendente moltiplicazione
dei titoli divini che si legge allinizio del Sal 18:
Ti amo Jhwh mia forza
Jhwh mia roccia, mia fortezza, mio liberatore
mio Dio, mia rupe in cui mi rifugio
mio scudo, corno della mia salvezza
mio riparo (Sal 18,2-3; se questi titoli non fossero sufficienti, la versione parallela di 2Sam 22 ne aggiunge ancora degli altri. Ma io ho i miei
dubbi che la versione deuteronomistica sia preferibile, come di solito si
dice, a quella del Salterio).

LESSICO DEL SALTERIO

37

7. hwq : sperare
Nellambito concettuale della speranza, la radice principale q-w-h, che
forse denominativa da qaw, corda, filo teso e dunque etimologicamente simile allitaliano attendere. Nelle forme verbali, soprattutto al
pi., questa radice ricorre 18 volte su 47 nel Salterio, e questo gi un dato
di tutto rispetto; ma c da aggiungere, con Westermann, che delle 14
attestazioni profetiche, 8 appartengono a forme di linguaggio proprie dei
Salmi... Una statistica pi accurata indica che, sui 33 casi riferiti a Jhwh,
26 appartengono al linguaggio dei Salmi23. Questo linguaggio, dunque,
teologico:
E ora che cosa spero, Signore?
la mia aspettativa24 solo in te (Sal 39,8).
Veramente ho sperato in Jhwh (Sal 40,2 con ripetizione enfatica del
verbo allinfinito).
ancora Westermann a far notare una importante differenza tra luso
profano e quello salmico della radice q-w-h: mentre nei profeti la speranza
delluomo in Dio o anche di Dio nelluomo pu essere malriposta o andare
delusa (si pensi, per esempio, al cantico della vigna in Is 5), nel Salterio
questo non succede mai. degna di nota, a questo riguardo, lesegesi ebraica del doppio imperativo alla fine del Sal 27:
Spera in Jhwh. Sia forte e coraggioso il tuo cuore
e spera in Jhwh (Sal 27,14).
Secondo Rashi, questo significa che, se anche, per ipotesi, la nostra
speranza dovesse risultare insoddisfatta una prima volta, non per questo
si deve cessare di sperare: Anche se la tua preghiera non fosse esaudita,
continua a sperare25. Ci non ostante, il sostantivo tiqw, speranza, non
molto frequente nel Salterio: tre sole volte (Sal 9,19; 62,6; 71,5). In compenso, da una radice di significato affine, s-b-r, che di per s rarissima,
ha origine un sostantivo la cui attestazione unicamente salmica: sver,
attesa (Sal 119,116; 146,5).

23. C. Westermann, q-w-h. Sperare, DTAT 2, 559.


24. Tochalti: la radice j-ch-l esprime, di solito, unaspettativa che pu essere anche molto

umana: cf. C. Westermann, j-ch-l. Aspettare, DTAT 1, 629-631.


25. I. Marsen (ed.), Parshandata. The Commentary of Rashi on the Prophets and Hagiographs, III. Psalms, Jerusalem 1936, p. 27.

38

A. MELLO

C. IL SOCCORSO
1. za : porgere lorecchio
Il verbo shama, ascoltare, troppo usuale per entrare in questa rassegna
del vocabolario salmico. Ma lascolto o esaudimento della preghiera il
primo passo del soccorso che Dio presta al salmista. Oltre al verbo pi
consueto, il Salterio ricorre ad altre espressioni: essere attento, qashav hi.
e soprattutto porgere lorecchio,azan hi. (15 volte su 41: pi frequente
che in ogni altro libro biblico)26. In poesia, questi due verbi generalmente
accompagnano shama in parallelismo sinonimico, e questa precisamente
la situazione anche dei Salmi:
Ascolta, Jhwh, la [mia: Lxx] giustizia
sii attento alla mia preghiera
porgi lorecchio alla mia supplica (Sal 17,1).
Tuttavia, si direbbe che il vocabolario pi proprio della preghiera privilegia il porgere lorecchio, sia nella forma verbale (limperativo haazina,
che ricorre non meno di dodici volte), sia nellespressione idiomatica piegare lorecchio (natah+ozen, sette volte allimperativo). Questa propensione dei Salmi per un linguaggio pi elaborato del semplice ascoltare
ha probabilmente una ragione teologica. Lascolto, in genere, un atteggiamento antropologico: luomo impara ascoltando ed attraverso lascolto
che diventa sapiente (un lev shomea , appunto, un cuore saggio). Dio,
al contrario, non ha bisogno di ascoltare per sapere. Se lo fa, ci dovuto
a una condiscendenza verso luomo che il porgere lorecchio o addirittura
il piegarsi per udire, quale doveva essere latteggiamento del giudice verso
laccusato, manifestano pi eloquentemente di un semplice ascolto.
2. nj : compatire
Compatire e avere misericordia sono pi che due sinonimi, legati come
sono dalla spiegazione del Nome di Dio: Jhwh: Dio misericordioso e compassionevole (Es 34,6). El rachum we-channun: questa formula talmente
26. W. Schottroff, q-sh-v. Fare attenzione, DTAT 2, 616-620; G. Liedke, -z-n. Orec-

chio, DTAT 1, 83-85. Va notato che la forma imperativa: ascolta / porgi lorecchio non
ha una funzione solamente precativa, nella Bibbia, ma pu introdurre degli inni (Dt 32,1;
Gdc 5,3); dei detti o degli insegnamenti sapienziali (Is 28,23; Sal 49,2; 78,1; frequente in
Giobbe); degli oracoli profetici (Is 1,2.10. 32,9; 51,4 ecc.) e cos via.

LESSICO DEL SALTERIO

39

standardizzata che i suoi elementi sono praticamente interscambiabili. Nel


Salterio, la incontriamo pi spesso che in qualunque altro libro, addirittura
sei volte, ma con un significativo spostamento: solo due volte con al primo
posto rachum, come nellEsodo (Sal 86,15; 103,8); altrimenti, sempre con
channun in prima posizione (Sal 111,4; 112,4; 116,5; 145,8). Dei due verbi,
infatti, il Salterio privilegia nettamente questultimo, che al qal si legge 28
volte su 54, mentre r-ch-m pi. si incontra non pi di 5 volte27.
In gran parte, questo si spiega per il fatto che limperativo con il suffisso di prima persona, chonneni, la formula precativa pi abituale: piet di
me, equivalente, nei Lxx, a Kyrie eleison (Sal 4,2; 6,3; 9,1428; 25,16; 26,11;
27,7; 30,11; 31,10; 41,5.11; 51,3; 56,2; 57,2; 86,3.16; 119,29.58.132). Si
aggiunga che alcune delle designazioni pi frequenti della preghiera sono
dei derivati dalla stessa radice: sia techinn che tachanunim sono termini
che, etimologicamente, fanno appello alla compassione di Dio. Entrambi
vengono sempre usati con il suffisso della prima persona: la mia preghiera, le mie suppliche. Ovviamente, non senza importanza teologica che
la preghiera sia considerata una richiesta di compassione , o addirittura che
sia resa possibile dalla compassione.
3. pj hxr : compiacersi
La radice ch-f-z, essere incline o propizio, sconfina facilmente nellambito semantico di altri verbi di desiderio, di volere, o persino di amare. Di
desiderio: Qual luomo che desidera la vita? (Sal 34,13). Di volere:
Jhwh vuole la pace del suo servo (Sal 35,27). Di amore: Da questo io
so che tu mi vuoi bene (Sal 41,12). Di solito, per, luso pi caratteristico
proprio questultimo: compiacersi di qualcuno o di qualcosa (con la
preposizione be).
Quasi sempre il soggetto Dio, che si compiace oppure no degli uomini: Jhwh mi libera, perch si compiace di me (Sal 18,20; cf. 22,9). Ma
anche gli uomini possono compiacersi delle cose di Dio: della sua Tor,

27. H.J. Stoebe, ch-n-n. Essere misericordioso, DTAT 1, 509-518; r-ch-m. Avere mise-

ricordia, DTAT 2, 685-692. In termini molto generali, si pu dire che chanan manifesta
maggiormente la gratuit dellamore (per esempio nellespressione trovare grazia agli occhi
di qualcuno) mentre racham ne indica soprattutto il profondo coinvolgimento emotivo,
quasi viscerale.
28. Questo caso presenta una grafia anomala, con tre nun: chaneneni, e viene interpretato,
midrashicamente, come una forma particolarmente intensiva.

40

A. MELLO

per esempio (Sal 1,2), o dei suoi santi (Sal 16,3: ammesso che si possa intendere cos). Chafz (verbo) e chfez (nome) ritornano, complessivamente,
24 volte su un totale di 86 ricorrenze bibliche: nessun altro libro li usa con
altrettanta frequenza (Isaia appena 11 volte).
La linea di divisione fra ch-f-z e r-z-h, per la verit non sempre molto
netta. I due termini sono usati frequentemente come sinonimi (Sal 147,10
in parallelo)29. Se traduciamo chafz con compiacersi di, possiamo tradurre razah con gradire, favorire: laspetto transitivo di questultimo
forse la differenza principale tra i due verbi. A mio parere, non va enfatizzato il fatto che razah si sia specializzato nel senso di gradire i sacrifici,
perch anche chafz usato comunemente in questa accezione: cf. Sal 40,7;
51,18. Piuttosto, si pu dire che il sostantivo razon ha uno spettro molto
pi ampio ed emotivamente pi ricco di chfez (che tra laltro, nei testi pi
recenti, si ridotto a significare un oggetto, una cosa). Alcuni esempi di
questa polivalenza del termine sono:
Mio Dio, mi compiaccio di fare la tua volont (Sal 40,9).
Nella tua benevolenza fai il bene a Sion (Sal 51,20).
Jhwh per un momento nella sua ira
tutta la vita nel suo favore (Sal 30,6).
Quanto a me, la mia preghiera a te
Jhwh: sia il tempo del gradimento (Sal 145,16).
Nel Salterio troviamo il verbo razah, al qal, 13 volte su 42; il sostantivo razon 13 volte su 56: pi o meno, con la stessa frequenza del suo
sinonimo30.
4. tmaw dsj : amore e fedelt
Sono persuaso che chesed sia la singola parola teologicamente pi rilevante
di tutto il Salterio, ed anche una di quelle pi frequenti, rappresentando pi
della met delle occorrenze bibliche (127 su 245). Anche il derivato chasid
attestato quasi soltanto nel Salterio (25 volte su 32), e il suo significato
varia da amico, confidente, fedele, fino a santo (se queste qualit en-

29. G. Gerleman, ch-f-z. Compiacersi, DTAT 1, 542.


30. Il significato fondamentale del verbo razah doveva essere accettare. Lambiente

originario dellespressione forse da ricercare nella spartizione del bottino o delleredit;


in questo caso, linteressato poteva trovare buona o cattiva la parte assegnatagli, poteva
accettarla di buon grado o farsela assegnare controvoglia: G. Gerleman, r-z-h. Compiacersi, DTAT 2, 731.

LESSICO DEL SALTERIO

41

trano in rapporto con Dio). Una ipotesi a lungo seguita stata quella di
Nelson Glueck, che ha cercato di ricondurre il significato di chesed (quasi sempre singolare e per lo pi determinato da un pronome possessivo)
allinterno di una relazione comportante diritti e doveri e, in definitiva,
allinterno della struttura teologica del patto31.
Senonch, chesed comporta s una certa reciprocit, ma non di tipo
giuridico. Kathleen Sakenfeld lo ha definito, appropriatamente, come un
atto a favore di qualcuno da parte di un altro che ha unautorit superiore,
il quale pu avere una responsabilit morale per compierlo, ma non una
responsabilit giuridica, per cui rimane pur sempre libero di non compierlo32. Le caratteristiche cos descritte, se non convengono alla berit sinaitica,
si adattano invece molto bene all amore gratuito o alla grazia fedele
accordata da Dio al suo Messia. Enzo Cortese sostiene ora in maniera convincente che chesed rappresenta la predilezione divina per il Re dIsraele,
che solo in un secondo tempo (a partire dal Deuteroisaia e dalla sua estensione a tutto Israele delle grazie di David, quelle fedeli: Is 55,3) sarebbe
stata democratizzata e innestata allinterno della teologia del patto tra Dio
e Israele, o nella stessa definizione del Nome divino33:
Tu, Jhwh, sei un Dio misericordioso e compassionevole
lento allira e grande nellamore e nella fedelt (Sal 86,15; cf. 103,17).
Chesed dunque una realt gratuita, originale, che produce un nuovo
ordine di cose; ma, al tempo stesso, ha la caratteristica della permanenza, della fedelt. Gi emun (22 volte su 49) di solito sta in parallelo
con chesed, ma emet (37 volte su 127) costituisce ordinariamente la pi
importante specificazione dellamore di Dio: lendiadi chesed we-emet
tipicamente salmica (Sal 25,10; 40,11.12; 57,4; 61,8; 85,11; 86,15; 89,15;
31. N. Glueck, Das Wort Hesed im alttestamentliche Sprachgebrauche als menschliche und

gttliche gemeinschaftgemsse, Berlin 1927 (BZAW 47) = Hesed in the Bible, Cincinnati
1967. Ma vedi le riserve di H.J. Stoebe, ch-s-d. Bont, DTAT 1, 520-539; e soprattutto
di H.-J. Zobel, Chesed, GLAT III, Brescia 2003, 57-83, secondo cui il collegamento tra
chesed e berit si d solamente nella letteratura postdeuteronomica..
32. K. Sakenfeld, The Meaning of Hesed in the Hebrew Bible. A New Inquiry, Missoula
1978 (Harvard Semitic Monographs 17). Della stessa Autrice, si veda anche larticolo Love
(OT) nellAnchor Bible Dictionary IV, 1992, pp. 375-381.
33. In 2Sam 7,15 tale predilezione non un amore divino generale. Si riferisce alla relazione filiale di Davide e della sua dinastia con Dio, nella cornice dellideologia regale. Che
non si tratti di amore divino generale lo dimostra pi di tutti il Sal 89, che ne parla con
enfasi (vv. 2.3.15.25.29.34.50), descrivendo appunto la promessa di Natan e terminando
con la tragica domanda finale: Dove sono le tue primitive predilezioni?: E. Cortese, La
preghiera del re. Formazione, redazione e teologia dei Salmi di Davide, Bologna 2004
(Suppl. RivB 43), p. 35.

42

A. MELLO

115,1; 138,2) ed equivale, di fatto, ad amore fedele, costante34. Tuttavia,


la fedelt che specifica lamore, e non viceversa. Nel corteo delle virt,
lamore ha quasi sempre la precedenza:
Amore e fedelt si incontrano
giustizia e pace si baciano
fedelt germoglia dalla terra
e giustizia si affaccia dal cielo (Sal 85,11-12).
Come Dio, infatti, il suo amore eterno, da sempre e per sempre
(Sal 103,17). Ki le-olam chasdo il ritornello pi insistente del Salterio
(26 volte nel solo Sal 136), una sorta di sigillo liturgico della sua pi importante affermazione teologica.
5. fpvmw qdx : giustizia e giudizio
Di tutte le nozioni bibliche, quella che si esprime con la radice z-d-q
probabilmente la pi difficile a tradursi in termini moderni, legata com
a categorie giuridiche antiche e orientali. Per noi la giustiza un concetto
prevalentemente retributivo, e quindi ha sempre un che di punitivo, ma
questo inadeguato al termine zedaq (che, in ebraico rabbinico, vale
addirittura elemosina). Forse conviene cominciare da un altro termine,
anchesso ben rappresentato nel Salterio, ossia mishpat 35 che, pur avendo unidentit propria, spesso funziona da sinonimo di zdeq o zedaq.
Mishpat, quindi, significa fondamentalmente due cose36:
a) La radice sh-p-t, originariamente, esprime unidea di governo (pi
che di giudizio, per la quale esiste gi unaltra radice: d-j-n), tant vero
34. H. Wildberger, -m-n. Stabile, sicuro, DTAT 1, 155-183. Sulla radice -m-n, sulle sue

ricchissime derivazioni semantiche, dal credere alla fedelt alla verit, ma anche
sulla possibilit di confusione delluna con laltra, a motivo di quello che Barr ha chiamato
labbaglio della radice, cio del tentativo di ricondurle tutte a un unico significato fondamentale, vedi le sagge osservazioni dello stesso J. Barr nella sua Semantica del linguaggio
biblico (citata alla n.1), specialmente il capitolo su Fede e verit, alle pp. 229-286.
35. Mishpat si legge, nei Salmi, non meno di 65 volte. Tuttavia, molto spesso, il suo significato quello, derivato, di decreto (regale) o, al plurale, decreti (mishpatim), in
particolare nel Sal 119.
36. Vedi, per, anche la nota precedente. Per la definizione di mishpat, la voce sh-p-t. Giudicare del DTAT 2, 902-911 (G. Liedke) non particolarmente illuminante. Ritengo che
uno scritto molto suggestivo, a questo proposito, rimanga ancora quello di H. Cazelles, De
lidologie royale (mishpat et zedaq), JANES 5 (1973), pp. 59-73. Ma adesso lo studio
pi esauriente certamente quello di M. Weinfeld, Social Justice in Ancient Israel and in
Ancient Near East, Jerusalem-Minneapolis 1995.

LESSICO DEL SALTERIO

43

che i cosiddetti Giudici che precedettero la monarchia sono degli uomini


politici o dei condottieri militari come i Suffeti cartaginesi, non solo degli
amministratori della giustizia. Questo significa che, in partenza, mishpat ha
un contenuto politico prima che giudiziario. Perfino in quei salmi escatologici in cui si dice che Dio giudicher il mondo con giustizia (Sal 96,13;
98,9), non si intende un giudizio di condanna, ma un governo del mondo
che lo stabilisce nella pace.
b) Fa parte delle funzioni di governo anche il giudizio e, in epoca monarchica, mishpat si specializza proprio in questo senso: Il potere del re
che ama il giudizio (Sal 99,4). Ma tramite il giudizio il re assicura la
giustizia nel suo paese: pratica la giustizia (asah mishpat), espressione
che non si deve prendere soltanto in senso retributivo (punire il colpevole
e assolvere linnocente), ma piuttosto in senso costruttivo o, come si usa
dire oggi, restaurativo37. Perci lendiadi mishpat uzedaq (nei Salmi, pi
spesso il rovescio: zedeq umishpat) sta a significare questo ideale politico
di benessere e prosperit garantito da un equo esercizio della giustizia.
a questo livello che mishpat viene quasi integrato dalla radice z-d-q, come
un suo complemento indispensabile:
O Dio, il tuo giudizio (mishpat, al sing. con i Lxx) dona al re
e la tua giustizia (zedaq) al figlio del re:
giudichi il tuo popolo con giustizia (zdeq)
e i tuoi poveri con il giudizio (mishpat) (Sal 72,1-2).
La radice z-d-q, nel Salterio, presenta qualcosa come 139 occorrenze (Proverbi 94; Isaia 81), con una netta preferenza per il maschile, pi
astratto, zedeq ( addirittura il nome di una divinit, forse del Dio di Gerusalemme) rispetto al femminile zedaq, che indica piuttosto un singolo
atto concreto (49 volte contro 34, esattamente al contrario della letteratura
profetica)38. Ma il termine in assoluto pi attestato laggettivo zaddiq (52
volte su un totale di 206; nei Proverbi: 66 volte), un termine giuridico che
37. Restorative justice. Il giudice Zagrebelsky, in base a situazioni anche attuali, propone di

chiamarla giustizia riconciliativa o ricostitutiva: cf. C.M. Martini - G. Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Torino 2003, p. 30ss. Il fondamento biblico di questa concezione della giustizia
stato studiato da P. Bovati, Ristabilire la giustizia, Roma 1986, che si occupa, in particolar
modo, della procedura giudiziaria ebraica nota come il riv, ossia il litigio tra due contendenti
che devono cercare di accordarsi (anzich presentarsi al giudizio da parte di un terzo).
38. In nessun altro luogo la radice z-d-q cos frequente, rilevante e complessa come nel
Salterio: K. Koch, z-d-q. Essere fedele alla comunit, DTAT 2, 456-477, il quale per
eccede non poco nellastrazione per caratterizzare il supposto significato fondamentale della
radice. Si tenga inoltre presente che zedaq pu essere un sinonimo non solo di mishpat,
ma anche di jeshu (cf. Sal 71,15), secondo un uso linguistico che anche deutero e tritoisaiano (cf. Is 56,1).

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A. MELLO

designa etimologicamente la persona innocente, incensurata, e contrapposta al colpevole, rasha (92 volte su un totale di 343; nei Proverbi 87
volte). Si potrebbe dire che, a proposito della giustizia, il Salterio fonde
lantica ideologia regale con una prospettiva di carattere pi sapienziale.
6: lxn : liberare
Il significato base del verbo nazal, nelle sue diverse coniugazioni (ni. pi.
hi.) quello di strappare una preda dalla bocca di un animale feroce.
Lesempio classico ce lo fornisce Amos:
Come il pastore strappa dalle fauci del leone
due zampe o un lobo dorecchio,
cos saranno strappati i figli dIsraele (Am 3,12).
Qui si passa dalla metafora alla situazione reale: strappare vuol dire liberare. Ma, anche nel suo uso metaforico, il verbo conserva sempre qualche
cosa del suo significato originario. Non vuol dire preservare da un male,
ma togliere via con un gesto coraggioso da una situazione penosa. Il verbo
comunissimo (circa 200 ricorrenze); ci che tipico del Salterio la forma precativa: liberami, hazzileni, con o senza complemento (dai nemici,
dal versare il sangue, dalle grandi acque, ecc.). Questa forma precativa
quasi esclusiva del Salterio, in cui ricorre non meno di 15 volte (Sal 7,2;
25,20; 31,3.16; 39,9; 51,16; 59,2.3; 69,15; 109,21; 119,170; 142,7; 143,9;
144,7.11). A ci si aggiungano espressioni simili: libera la mia anima
(Sal 22,21; 120,2) o equivalenti: affrettati a liberarmi (Sal 70,2)39.
7. [vy : salvare
Liberare e salvare sono perfettamente sinonimi, sia quanto al significato che quanto alluso: Salvami da tutti i miei persecutori e liberami (Sal
7,2). Senonch la radice j-sh- ancora pi frequente, nei Salmi (allhifil,
51 volte su 184; in Isaia, che il principale termine di riferimento, soltanto
25) e ha formato tutta una serie di sostantivi di cui la radice precedente assolutamente priva. Anche questi nomi sono attestati soprattutto nel Salterio:
jesha (20/36); jeshu (45/78); teshu (13/34) e perfino lhapax salmico
39. U. Bergmann, n-z-l. Salvare, DTAT 1,89-92. Esistono, ovviamente, altri verbi affini,

quali p-l-t pi., ma questi, piuttosto che il senso di strappare, hanno quello di scampare,
mettersi in salvo: cf. E. Ruprecht, p-l-t, Salvare, DTAT 2, 379-384..

LESSICO DEL SALTERIO

45

moshaot (Sal 68,21)40. Queste formazioni nominali consentono al salmista


un linguaggio teologico ancora pi preciso e appropriato, specialmente nellambito delle definizioni astratte: La salvezza di Jhwh (Sal 3,9); Tu sei
il Dio della mia salvezza (Sall 25,5); Jhwh mia luce e mia salvezza (Sal
27,1). per questo che, biblicamente, possiamo parlare pi facilmente di una
salvezza che non di una liberazione. Ma non si dimentichi che, in ebraico,
non esiste un termine corrispondente al nostro vittoria e che spesso, nei
salmi regali, il significato di salvezza - soprattutto al plurale - coincide
con quello di vittoria militare: Jhwh moltiplica le vittorie del suo Re (Sal
18,51); Potenza di vittorie per il suo Messia (Sal 28,8).
D. LODE
1. yrva : felicit
Che cos la felicit di un uomo? Il Salterio comincia col porsi proprio
questa domanda. Si direbbe che lobiettivo del Salterio sia duplice: la lode
di Dio ma anche la felicit delluomo. Vi dunque un nesso tra queste due
cose: un uomo trova la propria felicit nel lodare Dio. Per questo, nellambito semantico della lode, deve trovare spazio anche la gioia delluomo.
Il termine ashr, che di solito rendiamo con laggettivo beato, un
sostantivo plurale in stato costrutto (un po come se esclamassimo: Felicit di o Prosperit di qualcuno). La radice di questa parola indica un
progresso, un incedere: il termine ashur, molto frequente nel Salterio (Sal
17,5.11; 37,31; 40,3; 44,19; 73,2) vuol dire semplicemente fare un passo.
come se la felicit di un uomo dipendesse dalla sua capacit di andare
avanti, di progredire, di fare un passo in pi.
Nel Salterio si contano 27 beatitudini, su un totale di appena 46 ricorrenze bibliche, quasi tutte sapienziali (8 volte nei Proverbi). Lorigine
dellespressione si ritiene, pertanto, sapienziale41: normalmente andrebbe
40. Va considerato luso dei nomi derivati dal verbo, quale si ha nel Salterio. Nelloracolo

di salvezza, che originariamente fa parte della lamentazione in quanto risposta di Dio, questi
si fa conoscere come colui che presta jesha, aiuto (Sal 12,6)... Quando si professa fiducia
in Dio, viene spesso chiamato Eloh jishi / jishenu, Dio del mio / nostro aiuto: F. Stolz,
j-sh-. Aiutare, DTAT 1, 681.
41. M. Soebo,-sh-r. Proclamare beato, DTAT 1, 225-228, fa il ragionamento inverso:
per stabilire il carattere sapienziale della formula di beatitudine non parte dai Proverbi ma
proprio dai Salmi, nei quali maggiormente attestata, pretendendo per che siano tutti salmi
sapienziali, il che non vero.

46

A. MELLO

situata in un contesto educativo. Nei Proverbi, e anche nei Salmi, la costruzione classica di una beatitudine segue quasi sempre lo schema: Felicit + participio; oppure: Felicit + sostantivo (generalmente: luomo) +
participio. Per esempio:
Felicit del perdonato nel delitto, coperto nel peccato.
Felicit dell'uomo: Jhwh non gli imputa la colpa
e nel suo spirito non vi inganno (Sal 32,1-2).
Felicit di quanti siedono nella tua casa:
ancora ti loderanno. Pausa.
Felicit delluomo: la sua forza in te
sentieri nel suo cuore! (Sal 84,5-6).
Casi di questo genere sono gi abbastanza elaborati, ma si mantengono
ancora allinterno dello schema proverbiale (cf. Pr 3,13; 8,34). Invece il
Salterio apporta, a questa formula, uninnovazione anche sintattica. Questa
variante consiste nel sostituire al participio un relativo: asher, che tra laltro
presenta unassonanza con ashr:
Felicit del popolo che Jhwh il suo Dio (Sal 33,12).
Felicit delluomo che pone in Jhwh la sua fiducia (Sal 40,5).
Questa innovazione sintattica considerevole, perch il pronome relativo permette di introdurre una catena di proposizioni, e quindi uno sviluppo pi articolato della beatitudine. Il caso pi tipico proprio il Sal 1,
nel quale luso del relativo consente di caratterizzare la persona felice sia
negativamente che positivamente, con una catena di cinque verbi:
Felicit dell'uomo
che non va nel concigliabolo degli empi
nella via dei peccatori non sta
nella seduta dei derisori non si siede
ma nella Tor di Adonaj si compiace
e la sua Tor mormora giorno e notte (Sal 1,1-2).
Sicch uno studioso come Gerstenberger ha potuto dire che la struttura
grammaticale e logica del Sal 1 rompe con la vecchia formula per cui si
proclama qualcuno beato42.
2. alp : meraviglia
La radice p-l- (di terza alef, ma talvolta anche di terza he) indica qualcosa
di enigmatico, di inesplicabile o addirittura di impossibile secondo lespe42. E.S. Gerstenberger, Psalms, Grand Rapids MI 1988 (FOTL XIV), p. 41.

LESSICO DEL SALTERIO

47

rienza comune (ma non secondo Dio: Gen 18,14): qualcosa che si avvicina
molto a ci che intendiamo per miracolo. Il sapiente dei Proverbi elenca
alcune cose di questo tipo. Sono tutte meravigliose, e in progressione
crescente, dallambito naturale a quello antropologico:
Tre cose mi sono inesplicabili
anzi quattro non riesco a capire:
la via dellaquila nel cielo
la via del serpente sulla roccia
la via della nave in mezzo al mare
e la via delluomo in una donna (Pr 30,18-19).
La distribuzione statistica della radice pl/plh assai significativa: pi
della met di tutte le attestazioni (41 su 78) si incontra nel Salterio; ma se
si considerano anche i generi letterari dei Salmi negli altri libri il numero
si eleva a 2/3. Diversamente da ot, segno, e mofet, prodigio, pl/plh si
trova raramente nei libri storici, nella profezia poi manca quasi del tutto43.
Insomma, anche questa una parola specificamente salmica. E nel Salterio
essa serve ad esprimere non tanto il miracolo in quanto tale, come fenomeno numinoso e tremendo, quanto la reazione spontanea che esso suscita
nel cuore del credente:
Sappiate che Jhwh fa meraviglie per il suo amico (Sal 4,4).
Fa del tuo amore una meraviglia,
tu che salvi quanti si rifugiano [in te Lxx] (Sal 17,7).
Sicch le niflaot di Dio, le sue opere meravigliose non cessano di
suscitare stupore, di muovere alla sorpresa e alla gratitudine, di essere motivo di confessione e di lode:
Cantate a Jhwh un canto nuovo
poich egli compie meraviglie (Sal 98,1).
Raccontate tra le genti la sua gloria,
tra tutti i popoli le sue meraviglie (Sal 96,3).
3. wlv : pace
Shalom, dal punto di vista linguistico, un termine comune: il Salterio
non lo menziona pi spesso dei profeti (27 volte, contro le 31 di Geremia
43. R. Albertz, p-l-. Essere meraviglioso, DTAT 2, 373. In realt i casi con il verbo di

terza he, nei Salmi, sono tre soli. Due di essi, probabilmente, si possono considerare identici al verbo di terza alef (Sal 17,7; 139,14). Ma, almeno in un caso, la terza he determina
effettivamente un senso diverso: Jhwh mette a parte colui che gli amico (Sal 4,4): cf.
P.C. Craigie, Psalms 1-50 (WBC 19), Waco 1983, 78.

48

A. MELLO

e le 29 di Isaia). Quello, per, che proprio dei Salmi luso intensivo


della radice sh-l-m, donde viene shalom. Ora, questo verbo al pi. significa
sempre e solo una cosa: pagare. Nel caso del Salterio, poi, si tratta quasi
sempre di una promessa di ringraziamento:
O Dio, osservo i tuoi voti:
ti pagher rendimenti di grazie (Sal 56,13; cf. 66,13).
Pagher i miei voti a Jhwh
di fronte a tutto il suo popolo (Sal 116,14.18).
Apparentemente, questo significato della radice molto lontano dallidea di pace. Eppure, se si scava un po pi a fondo, esiste un nesso
tra il pagamento (promesso!) e la pace. Si ignora, infatti, quale sia il significato fondamentale della radice sh-l-m (ammesso che ne esista uno, o
non sia una proiezione nostra). Sono in molti a sostenere che si tratterebbe
di unidea di completezza o di integrit, quale si riflette nellaggettivo
shalem, ma ci non affatto provato. Ragionando su idee astratte, anzich
su fenomeni linguistici, si pu arrivare a qualunque risultato: benessere,
prosperit, fortuna44.
Anzich cercare unidea fondamentale che sia in grado di spiegare
tutti i singoli termini derivati dalla stessa radice, conviene attenersi al loro
uso. Il significato verbale della radice sh-l-m , come si detto, quello di
pagare. Noi sappiamo che una citt assediata, se voleva salvarsi dalla distruzione e rimanere sana e salva (be-shalom), doveva venire a patti con
linvasore e pagargli una certa somma in denaro (Dt 20,10-11). Lo shalom
proprio questa somma da pagare per non essere distrutti. Per avere la pace
c sempre un prezzo da pagare agli altri (ci sono dei voti da adempiere, ci
sono degli impegni da rispettare).
4. llh : lodare
Delle 113 ricorrenze del verbo h-l-l pi., 75 sono nei Salmi. Delle 57 ricorrenze del termine tehill, lode, 30 sono salmiche. In pratica, 2/3 di questa
radice hanno unattestazione nel Salterio. Di queste frequenze, la pi nota
e ripetuta linvitatorio halelu (lodate): da solo (Sal 113), seguito dal
Nome divino (Jah, in tutti i salmi hallelujatici) o dal pronome (hu: Sal
150). Circa questo invitatorio, Claus Westermann fa osservare tre cose45:
44. Lidea generale di avere a sufficienza, indicata dal DTAT 2, 830 (G. Gerleman) non si

sottrae a questa riserva. Vedi le osservazioni di J. Barr riferite sopra, alla n. 32.
45. C. Westermann, h-l-l. Lodare, DTAT 1, 428-429.

LESSICO DEL SALTERIO

49

a) Il fatto stesso che vi sia un invito, e cos pressante, indica che si


tratta di una cosa necessaria, dovuta, e non puramente spontanea: bisogna
lodare Dio, si deve imparare a farlo, anche se questa lode non pu nascere
che da un cuore gioioso.
b) Luso di forme quasi sempre plurali (lodate!) sta a testimoniare
che questa lode comunitaria, e quindi liturgica: in quanto tale, essa
costitutiva della comunit dei credenti (ma estensibile, metaforicamente,
anche alle genti).
c) Linvito non rivolto soltanto agli uomini, ma a tutte le creature,
animate o inanimate, che partecipano silenziosamente alla lode del Creatore. Come si esprime lultima frase di tutto il Salterio, tutto ci che respira
d lode a Jhwh (Sal 150,6)46.
5. hdy : ringraziare
Il verbo jdh hi. ricorre cento volte nellAntico Testamento: di queste, 67
sono salmiche. In realt, non c una grande differenza tra questa radice e
quella precedente. Quando il Salterio ripete il ritornello: Hodu la-Jhwh ki
tov (Sal 106,1; 107,1; 118,1; 136,1), il verbo jdh hi non ha un significato
molto diverso da lodare. Westermann insiste molto su questa sinonimia,
al punto da designare hll come una lode descrittiva (degli attributi divini)
e jdh come una lode narrativa (nel senso che espone i benefici ricevuti). Tuttavia, rispetto a h-l-l, la radice j-d-h esprime due sfumature un po
diverse: confessare (anche i peccati: Sal 32,5) e, appunto, ringraziare
(le due idee essendo tenute insieme da un certo ri-conoscimento o da una
certa ri-conoscenza).
Il senso di ringraziamento ancora pi esplicito nel sostantivo tod
(12 volte su 33, nei Salmi) che si applica anche al sacrificio o allazione di
grazie. Infatti, si pu facilmente immaginare che la tod non fosse soltanto
il sacrificio, ma anche la preghiera che lo accompagnava:
Ti offrir un sacrificio di ringraziamento
e invocher il Nome di Jhwh (Sal 116,17).
Da qui, poco per volta, si far strada lidea che la preghiera di ringraziamento vale pi degli stessi sacrifici (il Sal 50, per esempio, rigetta tutti
i sacrifici, eccetto quello di tod).
46. Va da s che questa lode si esprime soprattutto nel canto, e che quindi il verbo shir,

cantare ha unincidenza straordinariamente alta nel Salterio. Senza dire della radice z-m-r,
da cui viene mizmor, salmo, talmente esclusiva da dare il nome allintero libro.

50

A. MELLO

6. rkz : ricordare
Anche del verbo zakhar (che comunissimo: solo al qal si legge 171 volte) il
Salterio presenta le attestazioni pi frequenti (44, seguito dal Deuteronomio
con 15). Ricordare il contrario di dimenticare (vedi sopra). Nei Salmi, il
soggetto di questo ricordo Dio stesso, e il complemento oggetto siamo noi:
Che cos luomo che tu lo ricordi? (Sal 8,5). Ricordarsi di qualcuno vuol
dire pensare a lui, prendersene cura. Visitarlo, come si dice nel passo parallelo: e quindi anche affidargli un compito, indicargli una via da percorrere.
Limperativo zekhor, daltro canto, occupa molte pagine salmiche, e in
particolare questa:
Ricorda le tue misericordie, Jhwh,
e le tue grazie che sono da sempre.
I peccati della mia giovinezza, le mie colpe
[Lxx: la mia ignoranza] non ricordare.
Nel tuo amore ricordati di me
in grazia della tua bont, Jhwh (Sal 25,6-7)47.
7. jmc : gioire
Nessun altro libro biblico manifesta tanta gioia quanto il Salterio: tutto il
lessico della gioia vi mobilitato. Il campo semantico corrispondente costituito da almeno cinque termini sinonimi e spesso anche paralleli, che elenco
in ordine di frequenza: gioire (s-m-ch: 43 volte su 126); giubilare (r-n-n:
21/28); esultare (g-j-l: 19/45); allietarsi (-l-z, con la zain o con la zade:
11/26); rallegrarsi (s-j-s: 7/27). Cito ancora Westermann: Questo campo
semantico molto pi ampiamente sviluppato in ebraico che nelle lingue
moderne, poich ivi per gioia non si intende primariamente un sentimento,
unimpressione o uno stato danimo, ma la gioia che si manifesta allesterno,
quindi un fatto in seno alla comunit. Siccome le possibilit di manifestare
la gioia con grida e gesti sono diverse, vi sono in ebraico numerosi vocaboli,
che difficilmente riusciamo a tradurre con precisione48.
47. Cf. W. Schottroff, z-kh-r. Ricordare, DTAT 1, 440-449. Un uso molto particolare, ma

teologicamente rilevante, z-kh-r hi. nel senso di fare affidamento: Questi nei carri e
quelli nei cavalli, ma noi nel Nome di Jhwh nostro Dio nazkhir (Sal 20,8).
48. C. Westermann, g-j-l. Esultare, DTAT 1, 361. Forse in italiano ci sono, per la gioia,
pi vocaboli che in tedesco. Resta vero, per, che riesce molto difficile distinguere luno
dallaltro i vocaboli ebraici di questo significato, e che le mie equivalenze sono del tutto
convenzionali.

LESSICO DEL SALTERIO

51

La radice pi importante, s-m-ch, potrebbe distinguersi dalle altre per


il suo significato etimologico di irradiare, analogo a z-m-ch, spuntare,
germogliare, che forse ancora reperibile in un passo come questo:
Una luce sorge per il giusto
una gioia per i retti di cuore (Sal 97,11)
da mettere in relazione, in particolare, con:
La luce dei giusti irradia (jismach)
la lampada degli empi si spegne (Pr 13,9)49.
Questo significato etimologico, per, non pi percettibile nelluso del
termine. Invece, dal punto di vista sintattico, il dato di maggior rilievo
il tempo di questi verbi, che quasi sempre lottativo (iussivo) della terza
persona singolare (12 volte) o della terza plurale (16 volte):
Esulti Giacobbe, gioisca Israele (Sal 14,7; 53,7).
Gioiscano i cieli ed esulti la terra (Sal 96,11).
Si rallegrino e gioiscano per te
tutti quelli che ti cercano (Sal 40,17; 70,5).
Conclusione
Al termine di questo percorso panoramico attraverso il lessico pi caratteristico del Salterio, non forse inutile aggiungere un paio di postille linguistiche per precisare lo scopo e i limiti di una ricerca sintetica come questa.
a) In una prospettiva di tipo funzionalista, il nesso significante-significato (per usare la terminologia saussurriana) del tutto convenzionale. Il
segno ebraico chesed significa qualcosa che assomiglia pi o meno a ci
che noi chiamiamo amore. In realt, le cose non sono cos semplici, e la
possibile equivalenza in unaltra lingua non basta a spiegare il significato
di una parola (in questo caso, infatti, gli equivalenti sarebbero pi di uno:
grazia, benevolenza, misericordia, e cos via50).
49. Nel Sal 97,11 di solito si corregge zarua seminata (TM) in zarach sorge, con il

Targum e la Peshitta: cf. E. Ruprecht, s-m-ch. Rallegrarsi, DTAT 2, 748.


50. Nel Sal 103, il termine chesed ricorre quattro volte. La versione italiana ufficiale lo
rende con tre equivalenti diversi: grazia, amore e misericordia. Pu benissimo darsi che
tutti questi equivalenti siano appropriati, nel loro contesto. Senonch, nello stesso salmo, il
termine misericordia traduce anche un altro termine ebraico, rachamim. A questo punto un
lettore si pu chiedere quale sia la differenza tra chesed e rachamim. Per questo, ad esempio,
sarebbe utile una ricerca che stabilisca un certo campo semantico, al quale appartengano
una serie di termini ebraici dal significato vicino al nostro amore, e cerchi di capire quali
siano le loro differenze di uso o le loro diverse sfumature di significato.

52

A. MELLO

Bisogna dire, invece, che il nesso significante-significato non mai


arbitrario. Come ha scritto un insigne linguista: Il legame tra nozione e
suono si venuto costituendo attraverso una storia millenaria, e nessuna
forza arbitraria varrebbe a discioglierlo e a rannodarlo in altro modo51.
Perci non affatto irrilevante, per la teologia biblica, che il lessico ebraico esprima un certo tipo di nozioni piuttosto che un altro, con certe parole
piuttosto che con altre, o al contrario che certe idee nostre non vi trovino
affatto espressione.
b) Una ricerca semantica come quella che ho presentato ha dei limiti
evidenti. Le parole del Salterio non sono ancora il Salterio. Una parola,
ovviamente, opera solo allinterno di un testo, e i suoi significati vanno
ricercati in tutti i suoi possibili contesti. Tuttavia, una parola non neppure una pedina lessicale sostituibile a piacimento. Secondo la definizione
ullmaniana, le parole sono le pi piccole unit della lingua capaci di comportarsi come espressioni complete52. Una parola ha un suo significato
indipendente dal contesto in cui si trova, e questo significato gi completo
in se stesso, anche se pu arricchirsi secondo i vari usi del termine. Studiare il lessico di un libro biblico quindi un modo di conoscere il testo
nei suoi elementi costitutivi, nei suoi accenti propri, nelle sue preferenze
linguistiche: talvolta, perfino nelle sue reticenze. Il lessico del Salterio
lo strumento pi importante che abbiamo per avventurarci nella teologia
dei Salmi.
Alberto Mello
Comunit di Bose, Jerusalem
Professore invitato, Studium Biblicum Franciscanum

51. B. Migliorini, Linguistica, Firenze 1970, p. 40.


52. S. Ullmann, Semantica, citata alla n. 1, pp. 47ss.

QOHELET
ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

A. Niccacci
Alla memoria di mio Babbo Renato
nel centenario della sua nascita (16 settembre 1904)

Proseguendo lo studio di Qohelet, un libro oggi molto popolare ma spesso


frainteso1, ho pensato utile presentare unanalisi sintattica del testo completo
nel quadro del sistema verbale dellebraico biblico e la traduzione che ne
deriva. Ho cercato anche di delineare in modo pi preciso che nel passato la
composizione del libro2 e ho disposto il testo in colonne parallele in base ai
risultati di questa analisi3.
Dal punto di vista sintattico intendo mostrare in concreto che il sistema
verbale di Qohelet non si discosta da quello dellebraico classico4. Le
caratteristiche della lingua tardiva potranno essere visibili nella scelta dei
termini e nella fraseologia ma il sistema verbale rimane immutato5.
1. Non ripeto le indicazioni bibliograche che ho presentato nel mio articolo Qohelet o la

gioia come fatica e dono di Dio a chi lo teme, LA 52 (2002) 29-102, spec. nota 1. Questo
articolo sar citato in seguito come Qohelet o la gioia. I commentari saranno indicati col
solo nome dellautore: F. Delitzsch, The Book of Ecclesiastes, in: C.F. Keil - F. Delitzsch,
Commentary on the Old Testament in Ten Volumes. VI: Proverbs, Ecclesiastes, Song of
Songs, Grand Rapids 1980; R. Gordis, Koheleth The Man and His World, New York 5711/
1951; T. Krger, Kohelet (Prediger), Neukirchen - Vluyn 2000; C.L. Seow, Ecclesiastes. A
New Translation with Introduction and Commentary, New York etc. 1997. Verranno citate
con i nomi degli autori anche le grammatiche di ebraico biblico di Gesenius - Kautzsch
- Cowley (= GKC) e di Joon - Muraoka (= JM).
2. Oltre alla bibliograa che ho segnalato in Qohelet o la gioia, 31, nota 7, rimando a Krger, 19-24, il quale presenta e discute, oltre alla sua proposta, in particolare quelle di A.G.
Wright, Seow, N. Lohnk e L. Schwienhorst-Schnberger. Unaltra proposta interessante
quella di J.A. Loader, Polar Structures in the Book of Qohelet, Berlin - New York 1979, il
quale divide il libro in 12 unit: 1,2-11; 1,122,26; 3,14,16; 4,175,8; 5,96,9; 6,108,1;
8,2-9; 8,109,10; 9,1110,11; 10,12-20; 11,1-6; 11,612,8; pi lepilogo 12,9-14. Si veda
anche infra, la conclusione ( 4).
3. Per guadagnare spazio, quando una sezione pi lunga di quella parallela, amplio la
colonna del testo. Si veda ad es. la disposizione di 1,8-11.
4. Come lho delineato particolarmente in Sintassi del verbo ebraico nella prosa biblica
classica, Jerusalem 1986; The Syntax of the Verb in Classical Hebrew Prose, Shefeld
1990 (edizione corretta e aumentata); Sintaxis del Hebreo bblico, Estella (Navarra) 2002
(edizione corretta e aggiornata). In seguito citer questa opera come Sintassi e il numero
dei paragra (uguale in tutte le edizioni).
5. Cf. Qohelet o la gioia, 33-34, con bibliograa. Ho insistito pi volte che il sistema
LA 54 (2004) 53-94

54

A. NICCACCI

Il libro di Qohelet comprende una cornice (1,2-11 // 12,8-14) e un corpo


con due parti parallele (1,127,14 // 7,1511,6) e una centrale (11,712,7):
1,1-11
1,12-7,14

//
12,8-14
//
7,15-11,6
11,7-12,7

I criteri adottati per la delimitazione delle suddivisioni sono il genere


letterario (confessioni o istruzione)6, le espressioni guida (ho visto, ho
visto ancora ecc.) insieme ai termini caratteristici e agli argomenti trattati.
Indico con il segno le 24 dichiarazioni di vanit (anche se il termine
lRbRh compare 38 volte in tutto) e con le 10 proclamazioni e inviti alla
gioia disseminati in Qohelet. Questi motivi costituiscono i due poli del
ragionamento lungo tutto il libro; dalla loro combinazione con il principio
del timore di Dio deriva il suo messaggio7.
1. Cornice: Qo 1,1-11 // 12,8-14
I due brani, esordio e epilogo, costituiscono la cornice dello scritto: il nome
del saggio che ha pronunciato le parole del libro + il suo motto nellesordio
(1,1 + 1,2), in ordine inverso nellepilogo (12,8, il motto + 12,9-11, il
saggio). Allinterno dellepilogo si notano due rEtOyw (12,9 e 12,12) allinizio
di due unit minori.
In 12,8 risuona quasi per intero il motto iniziale (1,2). Ma, al termine
della faticosa esperienza percorsa, esso suona diverso. Nellesordio il motto
viene illustrato delineando sei fenomeni che indicano incessante ripetizione,
un movimento senza mai un punto fermo: le generazioni (1,4), il sole (1,5), il
verbale si mantiene immutato nei libri certamente tardivi come le Cronache (si veda la mia
analisi di 2Sam 57 // 1Cr 1117 in Lettura sintattica della prosa ebraico-biblica. Principi
e applicazioni, Jerusalem 1991, 201-245), e che nei libri biblici tardivi e no ai testi non
biblici di Qumran non c traccia di una pretesa diminuzione delle forme inverse (wayyiqtol
e weqatal), forme che poi scompaiono nellebraico mishnaico (si veda la mia recensione di
Z. Zevit, The Anterior Construction in Classical Hebrew, Atlanta 1998, in LA 49 [1999]
507-525).
6. Su questi due generi letterari rimando a Qohelet o la gioia, 31.
7. In Qohelet o la gioia, 94-101, ho cercato di mostrare che lautore non n un pessimista n un ottimista, ma un saggio estremamente serio che si sforza di tenere insieme vanit e
gioia in ogni aspetto dellesperienza alla luce del timore di Dio. Si veda anche infra, 4.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

55

vento (1,6), i umi (1,7), le parole (1,8), gli eventi (1,9-10). I sei fenomeni sono
incorniciati da due espressioni che specicano la vanit: una domanda che
attende risposta negativa, quale utilit? (1,3) e una negazione esplicita,
non c ricordo (1,11). Vanit che signica movimento continuo, quel
divenire incessante che segna la ne dei vari fenomeni e la loro precariet.
Tutto in movimento, passa e non lascia traccia n ricordo8.
Dopo una valutazione sullautore, che fu saggio non solo per s ma insegn
al popolo e con molta cura formul pregevoli parole (12,9-10), lepilogo
afferma che le parole dei saggi in generale sono come pungoli / e come
chiodi ben piantati (12,11). Inne mette in guardia il giovane discepolo/lettore
(detto glio mio): scrivere molti libri pu essere impresa senza ne e faticosa
(12,12), e condensa linsegnamento del saggio in una lapidaria istruzione di
cinque membri (12,13) conclusa da una motivazione (12,14)9.
Esordio Qo 1,2-11
non c storia, non c ricordo

:MI`DlDvwryI;b JKRlRm dYw;d_NR;b tRlRhOq yrVb;d

Epilogo Qo 12,8-14
il tutto delluomo
1,1

:lRb`Dh lO;kAh tRlRhw;qAh rAmDa MyIlDbSh lEbSh

12,8

Parole di Qohelet glio di David, re di


Gerusalemme.

Vanit delle vanit, disse Qohelet, / il tutto


vanit.

MyIlDbSh lEbSh tRl$RhOq rAmDa MyIlDbSh lEbSh 1,2


Vanit delle vanit,
:lRb`Dh lO;kAh

tAo;d_dA;mIl dw#o MDkDj tRlRhOq hDyDhRv rEtOyw 12,9


:h`E;brAh MyIlDvVm N;qI;t r$;qIjw NEzIaw M$DoDh_tRa

disse Qohelet, / vanit delle vanit, / il tutto


vanit10.

E oltre che Qohelet fu un saggio, / insegn


anche conoscenza al popolo; / ponderando e
ricercando11 / formul detti in quantit.

8. Ho cercato di motivare questa interpretazione di vanit in Qohelet o la gioia, 32-

33.41-43 (con discussione delle diverse opinioni degli autori).


9. Per una discussione dei problemi che gli interpreti avvertono nellepilogo si veda Qohelet o la gioia, 31-32.78-80 (con bibliograa).
10. Il segno / indica la divisione degli stichi e/o delle unit grammaticali che compongono
i versetti. Nella divisione ho cercato di seguire gli accenti masoretici che strutturano il testo
ebraico. Se e in quale misura il testo di Qohelet sia poetico un problema che gli studiosi
lasciano irrisolto. Per parte mia ritengo che la struttura di fondo grammaticale, sintattica,
semantica e stilistica sia quella della poesia in quanto il testo procede per segmenti paralleli
piuttosto che per una sequenza rettilinea di informazioni coordinate, per lo pi una successiva
allaltra, come tipico della prosa. Al riguardo si pu consultare il mio saggio Analysing
Biblical Hebrew Poetry, JSOT 74 (1997) 77-93, spec. pp. 78-80; cf. infra, nota 22.
11. r;qIjw NzIaw sono due weqatal di livello secondario nellasse del passato; hanno valore
circostanziale e dipendono dal qatal seguente N;qI;t. Dal punto di vista dellaspetto, o qualit
dellazione, il weqatal nellasse del passato indica ripetizione, abitudine, descrizione (cf.
Sintassi, 157), a differenza del qatal che indica invece informazione unica (cf. Sintassi,
133). Perci lett. mentre ponderava e ricercava, / formul.

56

A. NICCACCI

lOmSoy`Rv w$lDmSo_lDkV;b MdDa`Dl NwrVty_hAm 1,3


Quale utilit per luomo
:vRm`DvAh tAjA;t

XRpEj_yrVb;d axVmIl tRl$RhOq v;qI;b 12,10


Qohelet cerc
:t`RmTa yrVb;d rRvOy bwtDkw

/ in tutta la sua fatica che faticher sotto il


sole?

di trovare / pregevoli parole e uno scritto con


rettitudine, / parole di verit12.

MDlwoVl XrDaDhw a$D;b rwdw JKElOh rw;d 1,4


Una generazione va e una
:td`DmOo

twrVmVcAmVkw twYnObr;dA;k MyImDkSj yrVb;d 12,11


:d`DjRa hRoOrEm wnV;tn twpUsSa yElSoA;b MyIowfn

generazione viene, / mentre la terra in


eterno sta13.

Le parole dei saggi sono come pungoli


/ e come chiodi ben piantati sono le sentenze
raccolte; / sono state date dallunico
Pastore14.

w$mwqVm_lRaw vRmDvAh aDbw vRmRvAh jrzw 1,5


Il sole sorger
:M`Dv awh `Ajrwz PEawv

MyrDpVs twcSo rEhzIh yInV;b hD;mEhEm rEtOyw 12,12


:r`DcD;b tAogy hE;brAh gAhAlw X$q NyEa hE;brAh

e il sole tramonter, / mentre al suo luogo,


/ l egli tende e sorge15.

E oltre a queste [= le parole dei saggi],


glio mio, fa attenzione!16 / Fare libri in
quantit non ha ne / e lo studio in quantit
stanchezza della carne.

12. Su 12,9-10 si veda Qohelet o la gioia, 92.


13. In 1,4-8 si alternano participi (= presente) e weqatal (= futuro per indicare regolarit; cf.

infra, 4). Le generazioni sempre vanno e vengono (1,4), il sole sempre sorge e tramonta
([sempre] sorger [sempre] tramonter, 1,5), il vento si muove in tutte le direzioni
(1,6), i umi vanno sempre al mare (1,7), tutte le cose sono stanche, o in movimento; nessuna parola in grado di esprimere questo fenomeno n unaltra esperienza dei sensi pu
esaurirlo. Si direbbe il divenire perpetuo, non per casuale ma guidato da Dio (cf. 3,15). Si
veda Qohelet o la gioia, 44-47.
14. Lunico Pastore Dio (cf. Qohelet o la gioia, 31-32, nota 9). Della stessa opinione
Gordis, 344. Seguendo M.V. Fox, Seow intende invece dDjRa hRoOrEm come by a certain
herder (p. 282, cf. pp. 387-388), mentre Krger traduce: von einem Hirten (sottolineato
nelloriginale), intendendo che lo stesso pastore, designazione del saggio, prepara sia i
pungoli che i chiodi della tenda o del recinto (p. 370).
15. Laccento masoretico zaqef parvum separa w$mwqVm_lRaw da ci che segue e unisce i due
participi Ajrwz PEawv. Identica cos due unit grammaticali: wmwqVm_lRaw e MDv awh Ajrwz PEawv. Ora
wmwqVm_lRaw casus pendens (equivalente sintatticamente a protasi) e il resto proposizione
principale (apodosi; cf. Sintassi, 123-125). La costruzione : participio + participio
+ soggetto + complemento; soggetto e complemento sono in comune per i due participi.
Perci: e quanto al suo posto, / l egli tende (oppure: si affretta) e sorge [sempre]. M.
Carasik, Exegetical Implications of the Masoretic Cantillation Marks in Ecclesiastes, HS
42 (2001) 149-165, pp. 147-148, nota che le traduzioni normali uniscono invece wmwqVm_lRaw
a PEawv. Secondo Carasik qui laccento disgiuntivo intende sottolineare un punto che chiarisce il Midrash, cio che il sufsso di il suo luogo non si riferisce al sole, come sembra
naturale, ma a Dio. Laccento, cio, dovrebbe segnalare il cambio di referente nel sufsso,
pi o meno come il sottolineato moderno, cosa che francamente non mi convince.
16. Il verbo rEhzIh un nifal detto tolerativum (cf. Delitzsch; GKC 5); lett. lasciati
ammonire! (cf. 4,13).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

57

bEbws NwpDx_lRa bEbwsw Mw$r;d_lRa JKElwh 1,6


:AjwrDh bDv wyDtObyIbVs_lAow Ajw$rDh JKElwh bEbOs

ary MyIhlTaDh_tRa oDmVvn lO;kAh rDb;d Pws 12,13


:MdDaDh_lD;k hRz_yI;k rw$mVv wyDtOwVxIm_tRaw

Va verso sud e gira verso nord, / gira, gira, va


il vento / e sui suoi giri torna il vento.

Fine della cosa, / il tutto stato sentito;


/ Dio temi / e i suoi comandamenti custodisci,
/ poich questo il tutto delluomo17.

MDyAhw MYyAh_lRa MyIkVlOh MyIlDjnAh_lD;k 1,7


My$IkVlOh MyIlDjnAhRv Mw#qVm_lRa aElDm wnRnyEa
Tutti i umi vanno al :tRk`DlDl MyIbDv MEh MDv

aIby MyIhlTaDh h$RcSo`Am_lD;k_tRa yI;k 12,14


:or_MIaw bwf_MIa MDlVon_lD;k lAo fDpVvImVb

mare / mentre il mare non mai pieno; / al luogo


a cui i umi vanno, l essi tornano ad andare.

Infatti ogni opera / Dio condurr in giudizio, /


(giudizio) su tutto quello che nascosto, / sia
buono che cattivo.

tw$arIl NyAo oA;bVcIt_al rE;bdVl vyIa lAkwy_al My$Iogy MyrDb;dAh_lD;k 1,8


Tutte le parole sono in movimento:
:AoOmVvIm NzOa aElD;mIt_alw
/ luomo non potr mai dirle, / locchio non sar mai sazio di guardarle
/ e lorecchio non sar mai pieno di sentirle.

tAjA;t vdDj_lD;k NyEaw hRcDoyRv awh h$DcSo`AnRv_hAmw hYyVhyRv awh hyDh`Rv_hAm 1,9
Quello che fu ci che sar / e quello che fu fatto ci che
:vRm`DvAh
sar fatto, / e non c niente di nuovo sotto il sole.

hDyDh rRvSa My$ImDlOoVl hDyDh rDbV;k awh vdDj hRz_hEar rAmayRv rDb;d vEy 1,10
Se c una cosa di cui si dir: / Guarda questo: nuovo!,
:wn`EnDpV;lIm
/ gi fu nei secoli, / in quanto fu prima di noi18.

wyVhyRv MIo Nw$rD;kz MRhDl hRyVhy_al wGyVhyRv MynOrSjAaDl Mgw MyInOvarDl NwrVkz NyEa 1,11
Non c ricordo degli antenati / e neanche dei successori
p :h`DnOrSjAaDl
[= posteri] che saranno / non ci sar di essi ricordo / e neppure di quelli
che saranno dopo19.

17. Si pu vedere la mia interpretazione di questo passo lapidario in Qohelet o la gioia,

78-79. Lutero intende diversamente lultima frase: for that belongs to all men; e Delitzsch,
che riporta questa interpretazione, commenta: It is a great thought that is thereby expressed,
viz. the reduction of the Israelitish law to its common human essence. This has not escaped
the old Jewish teachers (p. 440). Simili Seow, 390-391, e Krger, 364.365.
18. Delitzsch, 225, intende invece le prime due frasi come domanda, la terza come risposta:
Is there anything whereof it may be said: See, this is new?it was long ago through the
ages (aeons) which have been before us. Delitzsch inoltre riferisce hyDh rRvSa a MyImDlOo, bench
questo termine sia plurale, perch intende hyDh as a neut[er] verb (e rimanda a 2,7.9). Io
preferisco intendere hyDh rRvSa come parallelo a hyDh rDbV;k awh.
19. w yVhy v
R MIo, lett. con quelli che furono. La traduzione di Delitzsch: there will be no remembrance for them with those who shall come into existence after them (p. 225), come quella della
Bibbia CEI: ma neppure di coloro che saranno / si conserver memoria / presso coloro che
verranno, sembrano intendere che le generazioni future non conserveranno il ricordo di quelle
passate. Cos anche Gordis, 136.198. Ma luso di MIo in 2,16 (2x) suggerisce un senso diverso:
non ci sar ricordo n degli uni n degli altri (cf. infra, nota 45). Cos anche Seow, 101.111.

58

A. NICCACCI

2. Due parti parallele: 1,127,14 // 7,1511,6


Allinterno della cornice, il libro di Qohelet consta di due parti parallele:
1,127,14 // 7,1511,6 e una centrale: 11,712,7 ( 3). Le due parti parallele
comprendono ognuna sei divisioni, indicate come I/1-6 e II/1-6.
Fino a 4,16 Qohelet, utilizzando il genere delle confessioni, descrive
la sua ricerca, limpostazione e le varie fasi di essa20. In 4,17 inizia a
comunicarne in modo esplicito i risultati passando al genere tradizionale
dellistruzione, che comprende un invito (positivo allimperativo, o
negativo con lAa + yiqtol, solo una volta con appello diretto ynV;b glio
mio in 12,12) e una motivazione (di vario tipo) che spiega i vantaggi
di seguire linvito.
Con la suddivisione 7,15-29 sembra iniziare la II parte perch in
essa sono ripresi in modo consistente i verbi della ricerca caratteristici
delle suddivisioni 1-3 della I parte21. Nelle suddivisioni I/4-6 e II/2-6 i
risultati della ricerca di Qohelet vengono presentati utilizzando sia il genere
confessioni che quello istruzione. Lesperienza delluomo sulla terra
viene valutata alla luce dei dati della fede di Israele, della sapienza antica
e dei proverbi della sapienza popolare. In questo modo linsegnamento
viene sempre e fortemente radicato nellesperienza sia antica che nuova
da cui nato.
2.1. (I/1) 1,122,26 // (II/1) 7,15-29
Sia I/1 che II/1 appartengono al genere confessioni, un genere proprio
di Qohelet, assente nei saggi pi antichi, che utilizza una serie di verbi
in prima persona singolare soprattutto al qatal (1,142,8; una volta al
wayyiqtol in 1,17 // 7,15.23.25.27-29; una volta con participio in 7,26)
per raccontare i passi successivi della ricerca, poi al weqatal in I/1 (2,9.1115.17-18.20) per descrivere gli atteggiamenti della ricerca stessa. In effetti
II/1 riprende il tema e le modalit della ricerca di Qohelet delineati in
I/1: esperienza di tutto, senza escludere nulla, alla luce della sapienza:
cf. 7,15.18.23 // 1,13-14; 2,3.

20. Si pu vedere la mia analisi in Qohelet o la gioia, 34-43.


21. Lo dimostra la ripresa dei termini che designano la ricerca del saggio (7,25; cf. 1,13) e

il suo progetto di sperimentare sia la sapienza che la stoltezza (7,16-18; cf. 1,16-17 e 2,3;
infra, 2.1 e nota 34).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

59

II/1 presenta anche vari casi del genere istruzione, con imperativo
(esortazione positiva) e con lAa + yiqtol (ammonizione negativa) e
motivazione (7,16-18.21.27.29), un genere che si incontra per la prima volta
in Qohelet in I/4.
Alcuni richiami tra le due parti sono degni di nota: tenere giustizia/
sapienza e anche malvagit/stoltezza senza esagerare n nelluna n nellaltra
(7,16-18.25; cf. 2,3.12-15); ricerca senza limiti, guidata per dalla sapienza
(7,23; cf. tutto I/1, specialmente 2,9); vantaggio della sapienza sulla stoltezza
(7,19; cf. 2,13), bench anche la sapienza sia relativa (7,20; cf. 2,14); ricerca
di cosa bene per luomo (7,18; cf. 2,3.24).
Nonostante il ritornello che tutto vanit (1,17; 2,15.17.19.21.23.26),
I/1 proclama che non c meglio per luomo che godere di ci che Dio dona
(2,24-25).
(I/1) Qo 1,122,2622
La grande impresa

lEarVcy_lAo JKRlRm yItyIyDh tRl#RhOq yInSa 1,12


(*) Io Qohelet fui re su Israele
:MI`DlDvwryI;b
in Gerusalemme23.

(II/1) Qo 7,15-29
Sapienza e stoltezza

qy;dAx vEy yIlVbRh yEmyI;b yItyIar lO;kAh_tRa 7,15


:wtDorV;b JKyrSaAm o$Dvr vEyw w$qdIxV;b dEbOa
Il tutto ho visto nei giorni della mia vanit:
/ C un giusto che perisce nella sua
giustizia, / c il malvagio che prolunga
(i suoi giorni) nella sua cattiveria.

22. Si pone il problema di come analizzare la sequenza delle forme verbali, soprattutto a

partire da 1,12 dove lautore comincia a raccontarsi. Il racconto orale del passato inizia con
x-qatal (1,12) o con qatal allinizio di frase (cf. 1,14) senza differenza dal punto di vista sintattico (cf. Sintassi, 74-78). La continuazione, dato che il testo ha un andamento poetico
e quindi procede per lo pi per segmenti paralleli (cf. supra, nota 10), avviene ancora con
qatal per presentare uninformazione parallela e sullo stesso livello della precedente (ad es.
1,16; 2,4-8). Se nella continuazione del racconto non compare un qatal iniziale ma x-qatal,
questultimo molto probabilmente di livello secondario, appunto perch la continuazione
sul medesimo livello linguistico avviene con un altro qatal iniziale o con wayyiqtol (cf.
Sintassi, 140-146). Da 1,12 a 2,13 ho marcato con un asterisco (*) linizio delle varie
unit sintattiche, con () un costrutto x-qatal circostanziale (protasi) legato a un seguente
wayyiqtol di livello principale (apodosi; cf. supra, nota 15), e con () un x-qatal o weqatal
di livello secondario (sfondo) legati a un precedente qatal di livello principale (primo piano,
o grado zero; cf. supra, nota 11).
23. Sul valore di questa dichiarazione (fui/sono stato re) discutono i commentari; cf. ad
es. Seow, 119, e Krger, 132-133.

60

A. NICCACCI

h$DmVkDj`A;b rwtDlw vwrdIl y#I;bIl_tRa yI;tAtnw 1,13


awh MyDmDvAh tAjA;t hDcSon rRvSa_lD;k lAo
:w;b twnSoAl MdDaDh yEnVbIl MyIhlTa NAtn o#r NAynIo
() Ponevo il mio cuore / a ricercare e a
investigare con la sapienza / su tutto quello
che stato fatto sotto il cielo: / ci unoccupazione dura / che Dio ha dato ai gli
delluomo / per occuparsi di essa.

wcSon`Rv My$IcSoA;m`Ah_lD;k_tRa yItyIar 1,14


:Ajwr tworw lRbRh lO;kAh hEnIhw vRmDvAh tAjA;t

rEtwy MA;kAjVtI;t_lAaw h$E;brAh qy;dAx yIhV;t_lAa 7,16


Non essere giusto troppo
:M`EmwvI;t hD;mDl
/ e non comportarti da saggio oltremodo:
/ perch vorresti rovinarti?

lDkDs yIhV;t_lAaw hE;brAh oAvrI;t_lAa 7,17


Non essere
:K`R;tIo alV;b twmDt hD;mDl

(*) Vidi tutte le cose / che sono state fatte sotto il sole, / ed ecco, il tutto vanit e andare
dietro a vento.

malvagio troppo / e non essere stolto


(troppo): / perch vorresti morire prima del
tuo tempo?

lAkwy_al NwrVsRjw NOqVtIl lAkwy_al tDwUoVm 1,15


Ci che storto24 non potr
:twnD;mIhVl

jAnA;t_lAa hRzIm_Mgw hYzD;b zOjTaR;t rRvSa bwf 7,18


:M`D;lU;k_tRa aExy MyIhlTa ary_y`I;k Kdy_tRa

mai diventare diritto / e ci che manca non


potr mai essere supplito25.

bene che tu tenga luno [questo]


/ e anche dallaltro [questo] non ritirare la
tua mano, / poich il timorato di Dio uscir
(bene) con tutti (e due)26.

hnIh yGnSa r$OmaEl yI;bIl_MIo yInSa yI;trA;b;d 1,16


hDyDh_rRvSa_lD;k lAo h$DmVkDj yI;tVpAswhw yI;tVl;dgIh
hDmVkDj hE;brAh hDar yI;bIlw MIDlDvwry_lAo yAnDpVl
(*) Parlai io con il mio cuore
:tAodw

My$IfyI;lAv hrDcSo`Em MDkDjRl zOoD;t hDmVkDj`Ah 7,19


La sapienza dar
:ry`IoD;b wyDh rRvSa
forza al saggio / pi di dieci potenti
/ che siano stati nella citt28,

dicendo: / Io, ecco ho ingrandito e anche


aumenter la sapienza27 / pi di chiunque
stato prima di me (re) su Gerusalemme!
/ () Dopo che il mio cuore aveva visto in
abbondanza / sapienza e conoscenza,
24. La radice

two piegare, al pual viene piegato, distorto; al hitpael piegarsi, essere


piegati, paralizzarsi (cf. 12,3). Frase simile a questa, con verbo al piel, compare in 7,13.
25. La radice hnm contare, al piel viene usata nel senso di ordinare, fornire, designare
(Gio 2,1; 4,6.7). Forse questo senso ha twnD;mIhVl: non pu essere supplito, senza bisogno di
corregge in twlD;mIhVl be lled; cos Gordis, 201, il quale rimanda al Talmud Hag. 9b, ma
segnala che le versioni antiche confermano il verbo hnm contare (cf. Seow, 123).
26. Su 7,16-18 si pu vedere Qohelet o la gioia, 36.
27. La transizione temporale dal passato (yI;tVl;dgIh, qatal) al futuro (yI;tVpAswhw, weqatal), bench non
venga apprezzata dagli interpreti che traducono ambedue i verbi al passato, delinea uno sviluppo nella riessione del saggio verso unesperienza in qualche modo illimitata, indicata dal
binomio sapienza e stoltezza, come ho cercato di illustrare in Qohelet o la gioia, 35-41.
28. Nonostante i problemi che vi trova Seow, 256-257, il versetto comprensibile com
(cf. anche Delitzsch, 327, e Gordis, 268-269).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

twlElwh tAodw h$DmVkDj tAodDl yI;bIl hDnV;tRaw 1,17


:Ajwr NwyVor awh hRz_MgRv yI;tVody twlVkIcw

61

rRvSa XrDaD;b qy;dAx NyEa M$dDa yI;k 7,20


:a`DfTjy alw bwf_hRcSoy

io posi29 il mio cuore a conoscere sapienza


/ e a conoscere follia e stoltezza 30 .
/ (*) Ho imparato che anche questo rincorrere vento,

poich (quanto al)luomo, / non c saggio


sulla terra / che faccia il bene e non pecchi31.

tAo;d PyIswyw sAoD;k_br hDmVkDj bOrV;b yI;k 1,18


poich nella molta
:bwaVkAm PyIswy

NE;tI;t_lAa wr$E;bdy rRvSa MyrDb;dAh_lDkVl MAg 7,21


:K`RlVlqVm KV;dVbAo_t`Ra oAmVvIt_al rRvSa KR;bIl

sapienza c molta pena / e se uno vorr


aggiungere conoscenza, / aggiunger dolore.

Inoltre a tutte le parole che si diranno / non


porre il tuo cuore, / cos non sentirai che il tuo
servo ti maledice.

hDkV;snSa aDn_hDkVl y$I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDa 2,1


:lRb`Dh awh_Mg hEnIhw bwfVb hEarw hDjVmIcVb

K R;bIl ody tw;br MyImDoVp_Mg yI;k 7,22


:MyrEjSa D;tVlA;lIq [qere hD;tAa ] V;tAa_Mg rRvSa

(*) Dissi io nel mio cuore: / Su vieni, voglio


farti sperimentare la gioia / perch tu goda il
bene!32 / Ed ecco anche questo vanit.

Infatti anche molte volte sa il tuo cuore


/ che anche tu hai maledetto altri.

29. Il segno (cf. nota 22) in 1,16 indica che il costrutto x-qatal

hDar yI;bIlw sintatticamente


dipendente dal wayyiqtol di livello principale hnV;tRaw di 1,17. Insieme essi formano una proposizione duplice, o schema sintattico a due membri (protasi-apodosi; cf. Sintassi, 108,
meglio nelledizione inglese o spagnola).
30. Gli accenti masoretici suggeriscono questa traduzione, piuttosto che a conoscere / sapienza e conoscenza, follia e stoltezza; cio tAodw di 1,17b continuazione di tAodDl di 1,17a.
Cos Delitzsch, 231, e anche Gordis, il quale per alla ne propone: I learned that wisdom
and knowledge are madness and folly (pp. 138.202-203); Seow, 124-125, suppone invece un
disordine nel testo. Per la terminologia si confronti 2,12. Il termine twlElwh (1,17) un plurale
femminile di intensit; Delitzsch, 231 rimanda ad altri casi analoghi, tra cui twmVkDj in Pro 1,20.
Invece per M. Dahood, Qoheleth and Northwest Semitic Philology, Bib 43 (1962) 349-365, la
desinenza -ot propria del femminile singolare per inusso della lingua fenicia e indica perci
un dialetto ebraico del nord. Circa il problema se le peculiarit della lingua di Qohelet siano
segno di datazione tarda o siano invece caratteristiche di un dialetto del nord (cf. Qohelet o la
gioia, nota 18), mi piace citare il parere di unautorit: I cannot help feeling that the northern
character of Eccles[iastes] should be stressed, rather than its reputed very late and Greek
character. It is basically not a philosophical treatise of Greece; and whatever Greek elements
there may be in it must have come through Phoenician channels (C.H. Gordon, Ugaritic Literature. A Comprehensive Translation of the Poetic and Prose Texts, Roma 1949, 133).
31. Il termine MdDa casus pendens, come riconosce Seow, 258; un po diversamente pensano
Delitzsch, 327-328, Gordis, 269, e Krger, 259. Come annota Delitzsch, ibid., lespressione
non c uomo che non pecchi si trova nella preghiera di Salomone (1Re 8,46 = 2Cr 6,36).
32. Compaiono due forme volitive, hDkV;snSa coortativo e hEarw detto imperativo indiretto
(JM 116). Il secondo dipende dal primo ed esprime nalit; letteralmente voglio farti
sperimentare e vedi!, e quindi afnch tu veda, cio goda. In effetti il verbo har con
la preposizione bet signica godere. Ma in questo stesso senso il verbo viene utilizzato in
Qohelet anche senza preposizione, con oggetto diretto (cf. 2,24; 3,13; 5,17; 6,6; 9,9).

62

A. NICCACCI

hDjVmIcVlw lDlwhVm yI;trAmDa qwjVcIl 2,2


(*) Del riso poi dissi: Folle! :h`DcOo hOz_hAm

hDm$D;kVjRa yI;trAmDa hDmVkDj`Ab yItyI;sn hOz_lD;k 7,23


Tutto questo ho provato :yn`R;mIm hqwjr ayIhw

/ e della gioia: Cosa produce questa?

con la sapienza. / Dissi: Voglio comportarmi


da saggio, / ma essa [= la sapienza] lontana
da me33.

yrDcV;b_tRa NyAyA;b JKwvVmIl y$I;bIlVb yI;trA;t 2,3


tw$lVkIsV;b zOjTaRlw hDmVkDj`A;b gEhOn yI;bIlw
MdDaDh yEnVbIl bw%f hz_yEa h#RarRa_rRvSa dAo
:M`RhyyAj yEmy rApVsIm My$AmDvAh tAjA;t wcSoy rRvSa

qOmDo qOmDow hDyDhRv_hAm qwjr 7,24


:wn`RaDxVmy yIm

lontano
ci che stato / e profondo profondo35,
/ chi potr comprenderlo [trovarlo]?

(*) Riettei nel mio cuore / di attirare con il


vino la mia carne, / mentre il mio cuore (la)
guidava con la sapienza, / e di tenere la stoltezza34 / no a che vedessi / cosa bene che
i gli delluomo facciano sotto il cielo / nei
pochi giorni della loro vita.

My$I;tD;b yIl yItyInD;b yDcSoAm yI;tVl;dgIh 2,4


(*) Aumentai
:My`ImrV;k yIl yI;tVoAfn
le mie opere, / mi costruii case, / mi piantai
vigne.

MRhDb yI;tVoAfnw MyIs;drApw twng y$Il yItyIcDo 2,5


Mi feci orti e giardini,
:yr`Rp_lD;k XEo
/ () e piantavo in essi ogni pianta da
frutto36.

v;qAbw rw$tDlw tAodDl yI;bIlw yInSa y`Itw;bAs 7,25


twlVkI;sAhw lRs$R;k oAvr tAodDlw Nw;bVvRjw hDmVkDj
Mi rivolsi io e il mio cuore a
:twlElwh
conoscere e a esplorare / e ricercare sapienza
e calcolo / e a conoscere la malvagit come
stoltezza / e la stoltezza come follia.

hDvIa`Dh_tRa tw#D;mIm rAm ynSa aRxwmw 7,26


;hD;bIl MyImrSjw MydwxVm ayIh_rRvSa
MyIhlTaDh yEnVpIl bwf Dhydy MyrwsSa
:;h`D;b dRkD;ly aEfwjw hn$R;mIm fElD;my

33. Come 7,16-18, 7,23-25 riprende il tema della ricerca illimitata del saggio delineata pi

ampiamente in 1,16-18 della prima parte (cf. nota 34).


34. Il complemento twlVkIsV;b zOjTaRlw coordinato al precedente JKwvVmIl: Riettei nel mio cuore
di attirare e di tenere. Tenere la stoltezza dovrebbe signicare non tanto tenerla a
bada, quanto semplicemente non lasciarla allo scopo di sperimentare tutto; come si legge
subito dopo: no a che vedessi / cosa bene che i gli delluomo facciano sotto il cielo /
nei pochi giorni (lett. nel numero dei giorni) della loro vita. Per un confronto di questo
passo con 7,16-18 si pu consultare Qohelet o la gioia, 35-38.
35. La ripetizione dellaggettivo un modo di esprimere intensit (cf. GKC 133k; infra,
nota 38).
36. Il segno (cf. nota 22) indica che il weqatal yI;tVoAfnw non continua il qatal precedente
yItyIcDo, dato che la forma di continuazione sarebbe wayyiqtol, ma dipende sintatticamente
da esso (e dai tre qatal paralleli di 2,4). Sulla sequenza qatal - weqatal in 1,16 si veda la
nota 27. La differenza che in 1,16 qatal e weqatal si riferiscono ad assi temporali diversi,
rispettivamente passato e futuro; qui invece si riferiscono ambedue allasse del passato, per
cui weqatal ha valore descrittivo (cf. nota 11).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

63

Stavo trovando io / amara pi della morte


/ la donna che trappole / e il cui cuore reti
/ e lacci le sue mani. / Il buono davanti a Dio
si salver da lei / mentre il peccatore verr
preso in lei.

M$RhEm twqVvAhVl MyDm twkrV;b yIl yItyIcDo 2,6


(*) Mi feci piscine
:My`IxEo AjEmwx rAoAy

tRlRhOq hrVmDa yIta$DxDm hRz hEar 7,27


:Nw;bVvRj axVmIl tAjAaVl tAjAa

di acqua / per innafare con esse / la foresta


che produceva piante.

Vedi
questo che ho trovato, / disse la Qohelet,
/ (ponendo) una cosa su unaltra / per trovare
un calcolo.

yIl hyDh tyAb_ynVbw tw$jDpVvw MydDbSo yItynq 2,7


lO;kIm y$Il hyDh hE;brAh Naxw rqDb hnVqIm MAg
(*) Comprai servi
:MI`DlDvwryI;b yAnDpVl wyDh`Rv

yItaDxDm alw yIvVpn hDvVqI;b_dwo rRvSa 7,28


hR;lEa_lDkVb hDvIaw yIta$DxDm PRlRaEm dDjRa MdDa
Quanto a quello che ancora
:yIta`DxDm al

e serve; / () e anche (servi/e) nati in casa


ebbi; / () anche possesso di armenti e pecore
in quantit ebbi / pi di tutti quelli che furono
prima di me in Gerusalemme37.

la mia anima ha cercato / ma non ho


trovato: / un uomo tra mille ho trovato
(retto), / ma una donna fra tutti questi
[= mille] non ho trovato (retta).

MyIkDlVm tA;lgVsw b$Dhzw PRsR;k_Mg yIl yI;tVsAnD;k 2,8


tw#rDvw MyrDv y%Il yItyIcDo twnydV;mAhw
:tw;dIvw h;dIv MdDaDh yEnV;b tOgwnSoAtw

hDcDo rRvSa yIta$DxDm hRz_hEar dAbVl 7,29


wvVqIb hD;mEhw rDvy MdDaDh_tRa MyIhlTaDh
Soltanto vedi questo
:My`I;br twnObVvIj

(*) Radunai per me anche argento e oro


/ e tesori di re e delle province. / (*) Mi
procurai cantori e cantatrici / e il diletto dei
gli delluomo, / coppiere in quantit38.

che ho trovato: / che Dio ha fatto lessere


umano retto, / ma essi hanno cercato molti
artici39.

:y`I;l hdVmDo yItDmVkDj PAa MIDlDvwryI;b yAnDpVl hDyDhRv lO;kIm yI;tVp$Aswhw yI;tVldgw

2,9

() Cos diventavo sempre pi grande / pi di tutti quelli che furono prima di


me in Gerusalemme; / () tuttavia la mia sapienza mi assistette40.
37. I due segni (cf. nota 22) indicano che i due costrutti (waw-)x-qatal (yIl hyDh tyAb_ynVbw e

yIl hyDhhnVqIm Mg) sono di livello secondario e sintatticamente dipendono dal qatal iniziale
del versetto (yItynq).
38. Lett. coppiera e coppiere, con termine ripetuto (prima al singolare, poi al plurale) per

indicare una grande quantit; cf. 7,24 con aggettivo ripetuto (nota 35).
39. Un sottile rapporto di questo versetto con la Genesi si mostra nel passaggio dal singolare
MdDaDh luomo, nel senso di essere umano, al plurale essi, che comprende sia luomo che
la donna. Qo 7,29 richiama infatti Gen 1,27: Allora Dio cre luomo/essere umano (MdDaDh)
a sua immagine: a immagine di Dio lo cre (wtOa arD;b), maschio e femmina li cre (MDtOa arD;b).
In fondo, questo ristabilisce la parit tra donna e uomo che sembra negata in 7,28. Per la mia
interpretazione di questo difcile passo (7,26-29) rimando a Qohelet o la gioia, 84-87.
40. I due segni (cf. nota 22) indicano che i costrutti che seguono, rispettivamente due
weqatal (yI;tVpAswhw yI;tVldgw) e un x-qatal (yI;l hdVmDo yItDmVkDj PAa), sono di livello secondario e

64

A. NICCACCI

h#DjVmIc_lD;kIm y%I;bIl_tRa yI;tVonDm_al MRhEm yI;tVlAxDa al yYnyEo wlSa`Dv rRvSa lOkw 2,10
() E tutto
:y`IlDmSo_lD;kIm yqVlRj hDyDh_h`Rzw y$IlDmSo_lD;kIm AjEmDc yI;bIl_y`I;k
quello che chiesero i miei occhi / (*) non glielo riutai, / non trattenni il mio
cuore da alcuna gioia, / () ma il mio cuore gio di tutta la fatica, / () e questa
fu la mia parte da tutta la mia fatica41.

lO;kAh hnIhw twcSoAl yI;tVlAmDoRv lDmDo`Rbw y$dy wcDo`Rv yAcSoAm_lDkV;b yGnSa y`ItyInDpw 2,11
() Ma poi mi volgevo io42
:vRm`DvAh tAjA;t NwrVty NyEaw Ajw$r tworw lRbRh
/ verso tutte le opere che le mie mani avevano fatto / e verso tutta la fatica che
avevo faticato per farle, / ed ecco il tutto era/ vanit e andare dietro a vento,
/ e non cera/ vantaggio sotto il sole43.

yrSjAa awbyRv M#dDaDh hRm yI;k twlVkIsw twlElwhw h$DmVkDj twarIl ynSa y`ItyInDpw 2,12
() Allora mi volgevo a vedere la sapienza
:whwcDo rDbV;k_rRvSa tEa JKRl$R;mAh
/ e la follia e la stoltezza, / poich cos luomo che possa venire dietro al re,
/ a quello che gi (da tempo) hanno fatto [= eletto]44?

:JKRvOjAh_NIm rwaDh NwrVty`I;k twlVkI;sAh_NIm hDmVkDj`Al NwrVty vEyRv yn$Da yItyIarw

2,13

() In effetti vedevo io / che la sapienza ha un vantaggio sulla stoltezza


/ come il vantaggio della luce sulle tenebre.

dDjRa hrVqI;mRv yn$Da_Mg yI;tVodyw JKElwh JKRvOjA;b lyIsV;kAhw w$varV;b wyDnyEo MDkDj`Rh 2,14
Il sapiente, i suoi occhi sono sulla sua testa / mentre
:M`D;lU;k_tRa hrVqy
lo stolto nelle tenebre cammina. / Ma anche sapevo io / che un caso unico
capiter a tutti.

zDa yInSa yI;tVmAkDj hD;mDlw yn$rVqy yInSa_Mg lyIsV;kAh hrVqImV;k y#I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDaw 2,15
E dicevo io nel mio cuore:
:lRb`Dh hRz_MgRv y$I;bIlVb yI;trA;bdw rEtwy
sintatticamente dipendono dai due qatal iniziali di 2,8 (yI;tVsnD;k e yItyIcDo). La differenza tra
weqatal e x-qatal riguarda laspetto, nel senso che essi indicano, il primo unazione ripetuta, abituale o descrittiva (cos varie volte in questo brano: 2,5.11.12.13.14.15.17.18.20), il
secondo unazione singola (cf. nota 11). In 2,8 i due weqatal sono coordinati come endiadi;
lett. cos diventavo grande e aggiungevo, cio cos diventavo sempre pi grande.
41. I segni e (cf. nota 22) indicano, rispettivamente, che il primo costrutto x-qatal (con la
particella relativa rRvSa) e i due seguenti yI;k + x-qatal (AjEmDc yI;bIl_yI;k) e waw-x-qatal (yIqVlRj hyDh_hzw)
dipendono sintatticamente dai due qatal negati (yI;tVonDm_al e yI;tVlAxDa al) che compaiono nel
mezzo, indicati con lasterisco (*).
42. il primo di tre weqatal (cf. ynSa yItynDpw in 2,12 e ynDa yItyIarw in 2,13) di livello secondario
che dipendono dai qatal di livello principale che governano il brano da 1,14 in poi (cf. nota
22).
43. Nellasse del passato la proposizione senza verbo nito indica contemporaneit e si
rende in italiano con limperfetto: era cera. Ma se le parole del saggio si prendono
come affermazioni di valore perenne, come altrove in questo capitolo (cf. 2,15.17.19.21.26),
allora il tempo di traduzione sar il presente: c.
44. Su questo difcile versetto rimando a Qohelet o la gioia, 40.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

65

/ Come la sorte dello stolto anche a me capiter. / E perch sono diventato


io allora saggio di pi/cos tanto? / E dicevo nel mio cuore che anche
questo vanit.

lO;kAh MyIaD;bAh MyImyAh rDbV;kRvV;b MDlwoVl lyIsV;kAh_M`Io MDkDjRl NwrVkz NyEa yI;k 2,16
Infatti non c ricordo del saggio
:ly`IsV;kAh_M`Io MDkDjRh twmy JKyEaw j$D;kVvn
/ n dello [con lo] stolto in eterno, / in quanto gi nei giorni che vengono
/ tutto dimenticato. / E come morir il saggio con lo stolto?45

lO;kAh_y`I;k vRmDvAh tAjA;t hDcSonRv h$RcSoA;m`Ah yAlDo or yI;k MyYyAjAh_tRa yItanDcw 2,17
E perci odiavo la vita / perch era male
:Ajwr tworw lRbRh
per me lopera / che stata fatta sotto il sole, / poich il tutto vanit
e andare dietro a vento.

MdDaDl wn$RjynAaRv vRmDvAh tAjA;t lEmDo yInSaRv y$IlDmSo_lD;k_tRa ynSa y`ItaEnDcw 2,18
E perci odiavo io tutta la mia fatica / che io faticavo
:yrSjAa hRyVhyRv
sotto il sole, / che io dovr lasciare alluomo che verr [sar] dopo di me.

yI;tVmAkDjRvw yI;tVlAmDo`Rv y$IlDmSo_lDkV;b fAlVvyw l$DkDs wa hyVhy MDkDj`Rh Ao#dwy yImw 2,19
E chi sa se saggio sar o stolto
:lRb`Dh hRz_Mg vRmDvAh tAjA;t
/ afnch abbia potere46 su tutta la mia fatica / che ho faticato comportandomi
da saggio47 sotto il sole? / Anche questo vanit.

45. Il senso di

MIo insieme con, e quindi come, due volte in questo versetto riconosciuto dai commentatori (a differenza di quello di 1,11; cf. nota 19).
46. Come intendere fAlVvyw? Nella lingua biblica il weyiqtol una forma volitiva utilizzata per
lo pi nel discorso diretto, coordinata a un precedente yiqtol ugualmente volitivo, oppure ne
indica lo scopo (subordinazione sintattica); pi raramente compare nella narrazione storica e
indica lo scopo (cf. Sintassi, 153, e il mio articolo A Neglected Point of Hebrew Syntax:
Yiqtol and Position in the Sentence, LA 37 [1987] 7-19). Perci qui ho tradotto afnch
abbia potere. Una costruzione simile si trova in 6,12. Il senso dunque: chiss se sar
saggio per poter diventare padrone, per saper amministrare il frutto della mia fatica?
47. Si noti la differenza tra la medesima frase con il participio in 2,18: tutta la mia fatica
che io faticavo (lEmDo ynSaRv), e con qatal in 2,19: tutta la mia fatica che ho faticato (yI;tVlAmDoRv).
Tale differenza riette un cambio di prospettiva. In effetti la prima frase indica contemporaneit rispetto allasse del passato in cui Qohelet racconta la sua esperienza, mentre la seconda indica anteriorit rispetto a una prospettiva futura, in quanto il saggio presentato come
uno ancora vivo che pensa a quello che lattende dopo la morte. In italiano tale anteriorit
si pu rendere con il passato prossimo o con il futuro anteriore: tutta la mia fatica che
ho (o: avr) faticato e che sono (o: sar) diventato saggio. Dal punto di vista semantico
si nota un altro caso di endiadi (cf. nota 40 e infra, note 79 e 80) in quanto lespressione
equivale a che ho faticato comportandomi da saggio. Unendiadi simile compare in Es
24,7: oDmVvnw hRcSon promettiamo di fare e promettiamo di obbedire (con yiqtol e weyiqtol
iussivi; cf. nota 46), cio promettiamo di fare obbedendo, di agire in obbedienza; e anche
in Dt 12,28: D;tVoAmDvw rOmVv custodisci e obbedirai tutte queste parole. Per il senso, Qo 2,19
richiama mentre il mio cuore guidava (la mia carne) con sapienza (2,3), e tuttavia la
sapienza mi assistette (2,9).

66

A. NICCACCI

:vRm`DvAh tAjA;t yI;tVlAmDoRv l$DmDoRh_lD;k lAo yI;bIl_tRa vEayVl yInSa y`Itw;bAsw

2,20

E mi rivolgevo io per far perdere ogni speranza al mio cuore / circa


tutta la fatica / che avevo faticato sotto il sole,

w n nR t;V y w b; _lAmoD` al; vR Md aD lV w Nwr vV kI bV w tAod bV w hmD kV jD b;V wl mD oS vR M#d aD vyE _yIk; 2,21
poich c un uomo / la cui fatica
:h`D;br hDorw lRbRh hRz_Mg w$qVlRj
nella sapienza e nella conoscenza e nellabilit, / e a un uomo che non ha
faticato in essa [= sua fatica] / dovr darla come sua parte. / Anche questo
vanit e male grande.

:vRm`DvAh tAjA;t lEmDo awhRv w;bIl NwyVorVbw w$lDmSo_lDkV;b MdDa`Dl hRwh_h`Rm yI;k

2,22

Poich cosa viene alluomo per tutta la sua fatica / e per lo sforzo del suo
cuore / che egli fa [fatica] sotto il sole?

lRbRh hRz_Mg w;bIl bAkDv_al hDlyA;lA;b_Mg wYnynIo sAoAkw My#IbOaVkAm wyDmy_lDk yI;k 2,23
Infatti tutti i suoi giorni sono dolori / e pena la sua occupazione.
:awh
/ Neppure di notte non si mai riposato il suo cuore. / Anche questo
nientaltro che vanit48.

yItyaI r h zO _Mg wl mD oS b;A bwf wv pV n _tRa haD r hR w h$tD vD w lkA ay vR M d aD b;D bwf _Ny`aE 2,24
Non c meglio per luomo che egli mangi
:ay`Ih MyIhlTaDh dAyIm yI;k yn$Da
e beva / e faccia godere alla sua anima il bene nella sua fatica. / Anche
questo ho visto io: / che dalla mano di Dio viene ci.
Infatti chi potrebbe mangiare
:yn`R;mIm
/ e chi potrebbe dilettarsi / fuori di me?49

Xwj vwjy yImw lAkay yIm yI;k

2,25

Pws aT lR Ny n oI NtA n a fR wjlA w hjD mV cI w tAod w hmD kV jD NtA n wyYn pD lV bwf vR M d aD lV yk;I 2,26
Poich
:Ajwr tworw lRbRh hRz_Mg My$IhlTa`Dh yEnVpIl bwfVl tEtDl swGnVkIlw
alluomo che buono davanti a lui / che (Dio) ha dato sapienza e
conoscenza e gioia, / mentre al peccatore ha dato50 loccupazione / di
adunare e di raccogliere / (ma solo) per dare al buono davanti a Dio.
/ Anche questo vanit e andare dietro al vento.

48. Lett. Anche questo [casus pendens], vanit esso [predicato + soggetto] (cf. nota 15).

Altri esempi di casus pendens in Qohelet sono 1,5; 2,23; 3,18; 4,8; 6,2; 7,20; 10,1.
49. Oppure: chi potrebbe affrettarsi a mangiare fuori di me?. Su questo passo, di solito
corretto dagli studiosi, si veda Qohelet o la gioia, 59-60.
50. A motivo dellordine delle parole nei due costrutti x-qatal (ambedue con il verbo NAtn al
secondo posto della proposizione invece che allinizio) e del contesto, il primo enfatico,
pone cio laccento sullelemento x che precede il verbo e lo rende cos predicato sintattico (o elemento nuovo), mentre il secondo indica una contrapposizione rispetto al primo
(resa con mentre). Sulle funzioni del costrutto (waw-)x-qatal, o proposizione nominale
complessa, cf. Sintassi, 163.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

67

2.2. (I/2) 3,1-22 // (II/2) 8,1-15


In I/2 inizia una nuova suddivisione con una serie di detti sul tema del tEo
tempo adatto (3,1-8), poi riprende il genere confessioni (3,9-22); in II/2
abbiamo, viceversa, prima un brano del genere istruzione (8,1-8), poi uno
del genere confessioni (8,9-15).
Lidea che unica I/2 e II/2 che per ogni cosa c un tempo adatto (3,1)
e che tutto bello/buono a suo tempo (3,11), per ogni cosa c tempo e
giudizio (cio un giudizio a suo tempo; 8,5-6 // 3,17). In I/2 tre espressioni
simili con tEo scandiscono lo svolgimento: 3,1.11.17.
Ambedue le suddivisioni presentano situazioni inquietanti: in I/2
lesperienza della corruzione della giustizia (3,16) e, peggiore di tutto, il
dubbio che luomo abbia alla ne lo stesso destino della bestia (3,18-20)
nonostante la fede dica diversamente (3,17); in II/2 lignoranza delluomo
riguardo al futuro e alla morte (8,7-8) nonostante lassicurazione della fede
(8,5-6), lesperienza dei malvagi sepolti con onore (8,10), del peccatore che
vive a lungo e del giusto che muore giovane (8,12).
Sia I/2 che II/2 proclamano come unico bene il godere (3,12-13.22 //
8,15) accanto alla proclamazione della vanit (3,19 // 8,10.14).
(I/2) Qo 3,1-22
Un tempo per ogni cosa

s :My`DmDvAh tAjA;t XRpEj_lDkVl tEow NDmz lO;kAl 3,1


Per il tutto c un momento / e un tempo
per ogni affare / sotto il cielo.

(II/2) Qo 8,1-15
I limiti delluomo

rDb;d rRvEp Aodwy yImw M$DkDjRhV;k yIm 8,1


:a`RnUvy wyDnDp zOow wyYnDp ryIaD;t MdDa tAmVkDj
Chi come il saggio / e chi conosce
linterpretazione delle cose? / La sapienza
delluomo render luminoso il suo volto
/ e la durezza del suo volto sar cambiata.

tEow tAo$AfDl tEo twmDl tEow tdRlDl tEo 3,2


Un tempo per nascere
:Aowfn rwqSoAl

tAowbVv trVb;d lAow rw$mVv JKRlRm_yIp ynSa 8,2


Quanto a me, il comando
:My`IhlTa

e tempo per morire, / un tempo per piantare


e un tempo per sradicare ci che piantato,

del re osserva / e (questo) a causa del


giuramento di Dio.

XwrVpIl tEo aw$prIl tEow gwrShAl tEo 3,3 rDbdV;b dOmSoA;t_l`Aa JK$ElE;t wynDpIm lEhD;bI;t_lAa 8,3
un tempo per uccidere
:twnVbIl tEow Non
:h`RcSoy XOpVjy rRvSa_lD;k yI;k or
e un tempo per curare, / un tempo per abbattere e un tempo per costruire,

affrettarti ad allontanarti dalla sua presenza. /


Non associarti con un affare cattivo, / poich
egli tutto ci che desiderer far,

68

A. NICCACCI

8,4
dwpVs tEo qw$jVcIl tEow tw;kVbIl tEo 3,4 wl_rAmay yImw NwfVlIv JKRlRm_rAb;d rRvSaA;b
un tempo per piangere
:dwqr tEow per il fatto che la parola
:h`RcSoA;t_h`Am

e un tempo per ridere, / un tempo per fare


lamento e un tempo per danzare,

del re potente / e chi potr dire a lui:


/ Cosa farai?

MyInDbSa swnV;k tEow MyYnDbSa JKyIlVvAhVl tEo 3,5


un tempo
:q`E;bAjEm qOjrIl tEow qw$bSjAl tEo

tEow or rDb;d ody al hYwVxIm rEmwv 8,5


Chi osserva
:M`DkDj bEl ody f$DpVvImw

per gettare pietre e un tempo per raccogliere


pietre, / un tempo per abbracciare e un tempo
per allontanarsi dallabbracciare,

il comando / non conoscer niente di cattivo,


/ e tempo e giudizio [= un giudizio a suo
tempo] un cuore saggio conoscer,

rwmVvIl tEo d$E;bAaVl tEow v;qAbVl tEo 3,6


un tempo per cercare
:JKy`IlVvAhVl tEow

tAor_y`I;k fDpVvImw tEo vEy XRp$Ej_lDkVl yI;k 8,6


poich per ogni
:wy`DlDo hD;br MdDaDh

e un tempo per perdere, / un tempo per


custodire e un tempo per gettare,

affare c un tempo e un giudizio, / poich


la cattiveria delluomo molta su di lui [=
luomo dal cuore saggio];

twvSjAl tEo rw$pVtIl tEow AowrVqIl tEo 3,7


un tempo per strappare
:r`E;bdVl tEow

hYyVh`Iy rRvSaA;k yI;k hRyVh`IyRv_hAm AodOy w nRnyEa_y`I;k 8,7


poich egli non conosce
:wl dyIgy yIm

e un tempo per cucire, / un tempo per


tacere e un tempo per parlare,

cosa avverr, / poich come avverr / chi


glielo annuncer?

hDmDjVlIm tEo aYnVcIl tEow b OhTa`Rl tEo 3,8


un tempo per amare
s :MwlDv tEow

Ajw$rDh_tRa awlVkIl AjwrD;b fyI;lAv MdDa NyEa 8,8


tAjAlVvIm NyEaw tw$D;mAh MwyV;b NwfVlIv NyEaw
:wy`DlDoV;b_tRa oAvr fE;lAmy_alw hDmDjVlI;mA;b

e un tempo per odiare, / un tempo per


la guerra e un tempo per la pace.

:l`EmDo awh rRvSaA;b h$Rcwo`Dh NwrVty_hAm 3,9


Qual lutilit di colui che fa / in quello
che egli fatica?

Come non c uomo che abbia potere sul


vento / per fermare il vento, / cos non c
(alcuno che abbia) potere sul giorno della
morte, / e non c congedo51 nella guerra
/ e la malvagit non salver il suo padrone.

y$I;bIl_tRa Nwtnw yItyIar hRz_lD;k_tRa 8,9


vRmDvAh tAjA;t hDcSon rRvSa h$RcSoAm_l`DkVl
:wl orVl MdDaV;b MdDaDh fAlDv rRvSa t#Eo

Tutto questo ho visto / e ho posto52 il mio


cuore / verso tutta lopera che stata fatta
sotto il sole, / nel tempo in cui luomo
ha esercitato il potere su un (altro) uomo
/ per il male di questi53.

51. Cos, pi o meno, interpretano Delitzsch, 343 (discharge), Seow, 276 (substitution),

Krger, 272 (Entlassung). Gordis invece intende control (over a battle) supponendo
unellissi per dy tjlvm (pp. 280-281).
52. Costruzione con waw + innito assoluto che continua una forma nita (cf. nota 65).
53. Cio in modo tirannico (cf. Delitzsch, 344-345; Gordis, 281-282); oppure: per il suo
proprio male. Il testo ambiguo secondo Seow, 284, e Krger, 283.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

MyIhlTa NAtn rRvSa NGynIo`Dh_tRa yItyIar 3,10


:w;b twnSoAl MdDaDh yEnVbIl
Vidi loccupazione / che Dio ha dato ai gli
delluomo / per occuparsi di essa.

MDlOoDh_tRa MAg w;tIoVb hRpy hDcDo lO;kAh_tRa 3,11


M#dDaDh aDxVmy_al rRvSa yIlV;bIm M$D;bIlV;b NAtn
varEm MyIhlTaDh hDcDo_rRvSa hRcSoA;m`Ah_tRa
Tutto egli ha fatto bello
:Pws_dAow
a suo tempo; / pure loscurit ha posto nei
loro cuori, / di modo che luomo non comprenda [trovi] / lopera che Dio ha fatto /
dallinizio alla ne55.

Ajw$mVcIl_MIa yI;k MD;b bwf NyEa yI;k yI;tVody 3,12


Ho imparato
:wy`DyAjV;b bwf twcSoAlw
che non c bene tra di essi / se non
essere nella gioia / e fare il bene nella propria
vita.

69

w a#Dbw My%rUbVq MyIoDvr yItyIar N&EkVbw 8,10


rRvSa ryIoDb wjV;kA;tVv`Iyw wk$E;lAhy vwdq MwqV;mImw
Parimenti ho
:lRb`Dh hRz_Mg wcDo_NE;k
visto malvagi sepolti: / entravano e anche dal luogo santo se ne andavano / ma
(solo) per essere dimenticati nella citt,
/ che (cio) cos [= male] hanno agito.
/ Anche questo vanit54.

hDorDh hEcSoAm MYgVtIp hDcSon_NyEa rRvSa 8,11


MRhD;b MdDaDh_yn`V;b bEl aElDm N&E;k_lAo hrEhVm
Per il fatto che la sentenza
:or twcSoAl
non viene eseguita / presto, sullopera cattiva
/ per questo il cuore dei gli delluomo
pieno in essi / per56 fare il male;

wl KJ yrSaAmw tAaVm or hRcOo a#RfOj rRvSa 8,12


yEaryVl bwf_hyVhy rRvSa yn$Da Aodwy_Mg yI;k
per il fatto
:wy`DnDpV;lIm wary`Iy rRvSa My$IhlTaDh
che un peccatore / fa il male cento volte
/ eppure prolunga la vita. / Poich io so
pure / che i timorati di Dio avranno il bene /
per il fatto che lo temeranno,

54. Delitzsch traduce: And then I have seen the wicked buried, and they came to rest; but

away from the holy place they had to depart, and were forgotten in the city, such as acted justly:
also this is vain. Intende cio che tutto ci che segue waDbw si riferisca non pi ai malvagi ma
a quelli che hanno operato rettamente (NE;k) (pp. 345-347). In modo simile Seow, 285-286, e
Krger, 284-285. Mi sembra per che la forma verbale weyiqtol (cf. nota 46) impedisca questa
interpretazione, o per lo meno suggerisca di preferire lidea che tutto si riferisce ai malvagi.
Intendo perci: Parimenti ho visto malvagi sepolti: / entravano [weqatal descrittivo] e anche
dal luogo santo se ne andavano [con passaggio a un waw-x-yiqtol forse per indicare che dal
luogo santo potevano tranquillamente uscire] / ma (solo) per essere dimenticati [wjV;kA;tVvyw, lett.
afnch fossero dimenticati] nella citt, (dimenticati) che (cio) cos (= male) hanno agito.
La vanit che il saggio denuncia consiste dunque nel fatto che i malvagi vengono sepolti come
tutti, entrano e escono dal luogo santo come le persone perbene, e in n dei conti i concittadini
presto dimenticano che sono stati malvagi. La LXX (kai ephneqhsan) e la Vulgata (et laudabantur) suppongono un originale diverso dal TM, cio una forma del verbo jbv lodare; cos
anche Rashi che si rif ad una interpretazione giudaica pi antica (cf. A.J. Rosenberg, The Five
Megilloth. II: Lamentations, Ecclesiastes, New York 1992, 104), e Gordis, 284-285.
55. Su questo passo e su tutto 3,10-15 (composto di due parti parallele 3,10-13 // 3,14-15)
rimando a Qohelet o la gioia, 43-47.
56. pieno in essi per, forse nel senso di incoraggiato a. Su questo lamentato ritardo
del giudizio divino si pu vedere Qohelet o la gioia, 83.

70

A. NICCACCI

bwf hDarw h$DtDvw lAkayRv MdDaDh_lD;k MAgw 3,13


E anche
:ay`Ih MyIhlTa tA;tAm wlDmSo_lDkV;b

MyImy JKyrSay_alw o$Dvr`Dl hRyVhy_al bwfw 8,13


:My`IhlTa yEnVpI;lIm ary wnRnyEa rRvSa lExA;k

(ho imparato che) ogni uomo che mangi


e beva / e goda il bene in tutta la sua fatica, /
dono di Dio questo.

mentre bene non avr il malvagio / e non


prolungher i giorni come lombra57, / per il
fatto che non teme Dio.

M yIhlTaDh hRcSoy rRvSa_lD;k yI;k yI;tVo#dy 3,14


wnR;mImw Py$IswhVl NyEa wyDlDo M$DlwoVl hRyVhy awh
:wy`DnDpV;lIm war`IyRv h$DcDo MyIhlTaDhw AoOrgIl NyEa

rRvSa ~XrDaDh_lAo hDcSon rRvSa lRbRh_vy 8,14


hEcSoAmV;k MRhElSa AoyIgAm rRvSa My#Iqy;dAx vEy
hEcSoAmV;k MRhElSa AoyIgA;mRv My$IoDvr vEyw My$IoDvrDh
C una
:lRb`Dh hRz_MgRv yI;trAmDa Myqy;dAxAh

Ho imparato che tutto quello che Dio far,


/ ci sar in eterno: / ad esso non c da
aggiungere / e da esso non c da togliere,
/ e Dio ha fatto (cos) / afnch abbiano timore di fronte a Lui.

twyVhIl rRvSaw aw$h rDbV;k hyDh`Rv_hAm 3,15


:P;drn_tRa v;qAby MyIhlTaDhw hDyDh rDbV;k
Quello che fu gi / e ci che sar gi fu,
/ poich Dio ricercher quello che
passato58.

vanit che stata fatta sulla terra, / (cio)


che ci sono giusti / a cui tocca secondo
lopera dei malvagi; / e ci sono malvagi
/ a cui tocca secondo lopera dei giusti.
/ Dissi che anche questo vanit.

bwf_Ny`Ea rRvSa h$DjVmIcAh_tRa ynSa y`I;tVjA;bIvw 8,15


tw;tVvIlw lwkTaRl_MIa yI;k vRm$RvAh tAjA;t MdDa`Dl
wyDyAj yEmy w#lDmSoAb wnRwVly awhw AjwmVcIlw
:vRm`DvAh tAjA;t MyIhlTaDh wl_NAt`Dn_rRvSa
Perci lodavo io la gioia, / per il fatto che
non c bene per luomo sotto il sole / se non
mangiare e bere e gioire, / poich questo lo
accompagner nella sua fatica / nei giorni
della sua vita che Dio gli ha dato / sotto il
sole59.

hD;mDv qdRxAh MwqVmw oAv$rDh hD;mDv fDpVvI;mAh MwqVm vRmDvAh tAjA;t yItyIar dwow 3,16
E ancora vidi sotto il sole: / il luogo del giudizio, / l c
:oAvrDh
la malvagit, / e il luogo della giustizia, / l c la malvagit.

tEo_yI;k MyIhlTaDh fOpVvy o$DvrDh_tRaw qy;dAxAh_tRa y$I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDa 3,17


Dissi io nel mio cuore:
:M`Dv hRcSoA;m`Ah_lD;k lAow XRp$Ej_lDkVl
/ Il giusto e il malvagio / giudicher Dio, / poich c un tempo per ogni
affare / e (giudizio) su ogni opera l60.

57. Come in 6,12 e 7,11-12, ombra ha qui senso positivo (cf. nota 102).
58. Sullanalisi di 3,14-15 nel suo contesto si veda Qohelet o la gioia, 45-47.
59. Cf. Qohelet o la gioia, 81.
60. Su questo passo discusso e sullinterpretazione di 3,16-22 rimando a Qohelet o la

gioia, 62-65.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

71

twarIlw MyIhlTaDh MrDbVl M$dDaDh yEnV;b trVb;d_lAo y$I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDa 3,18
Dissi io nel mio cuore: / A motivo
:M`RhDl hD;mEh hDmEhV;b_MRhVv
dei gli delluomo, / afnch Dio possa vagliarli, / e afnch vedano che
nientaltro che bestie sono essi per se stessi61.

NE;k hz twmV;k M$RhDl dDjRa hrVqImw h#DmEhV;bAh hrVqImw M%dDaDh_yn`Vb hrVqIm yI;k 3,19
:lRb`Dh lO;kAh yI;k Ny$Da hDmEhV;bAh_NIm MdDaDh rAtwmw lO;kAl dDjRa Ajwrw hYz twm
Poich un caso sono i gli delluomo / e un caso la bestia / e un caso
unico li attende; / come muore luno [questo], cos muore laltro [questo] / e un unico spirito per tutti / e vantaggio delluomo
sulla bestia non c, / poich il tutto vanit.

:r`DpDoRh_lRa bDv lO;kAhw r$DpDo`Rh_NIm hDyDh lO;kAh dDjRa MwqDm_lRa JKElwh lO;kAh 3,20
Il tutto va a un luogo unico; / il tutto venne dalla polvere / e il tutto
ritorna alla polvere.

ayIh tdrOyAh h$DmEhV;bAh Ajwrw hDlVoDmVl ayIh hDlOoDh M$dDaDh yEnV;b Ajwr Ao#dwy yIm 3,21
Chi sa, riguardo allo spirito dei gli delluomo,
:Xr`DaDl hDfAmVl
/ se esso sale in alto, / e riguardo allo spirito della bestia, / se esso
scende in basso alla terra?

yIm yI;k wqVlRj awh_yI;k wy$DcSoAm`V;b MdDaDh jAmVcy rRvSaEm bwf NyEa yI;k yIty#Iarw 3,22
Perci vedevo che non c bene
:wyrSjAa hRyVhyRv hRmV;b tw$arIl wnRayIby
/ pi che luomo si rallegri delle sue opere, / poich questa la sua parte;
/ poich chi lo porter a vedere / quello che sar dopo di lui?

2.3. (I/3) 4,1-16 // (II/3) 8,169,10


In 4,1 inizia una nuova suddivisione ma continua il medesimo stile:
descritta una nuova fase della ricerca. Analogamente 8,16 introduce una
nuova suddivisione con quando posi il mio cuore a conoscere e a
vedere.
Sia I/3 che II/3 appartengono al genere confessioni. Ambedue sono
interessati a cercare ci che bene/male nella vita: il termine bwf bene
compare in 4,3.6.9 // 9,4, or male in 9,3.

61. Lett. essi [casus pendens], bestie sono essi per se stessi [predicato + soggetto + com-

plemento].

72

A. NICCACCI

Argomenti: in I/3 si delinea lesperienza degli oppressi che non


trovano conforto (4,1-3), lambiguit dellattivit sregolata (4,4-6) 62,
i pericoli della solitudine di fronte ai vantaggi dellaiuto vicendevole
(4,7-12), la superiorit anche se limitata della sapienza (4,9-16); in II/3,
nonostante si sforzi giorno e notte, luomo non potr mai comprendere
tutta lopera di Dio (8,16-17), giusti e stolti sono nelle mani di Dio e un
destino unico (dDjRa hrVqIm) li attende (9,1-3), c vantaggio comunque
per i vivi sui morti, i quali non hanno pi la loro parte (qRlEj, 9,6), a
differenza del vivente a cui Dio la concede (9,9, KVqVlRj)63. Come rimedio
I/3 propone la solidariet, mentre II/3 invita a godere prima della morte
(9,7-10).
(I/3) Qo 4,1-16
Problemi, solidariet

(II/3) Qo 8,169,10
Dio e uomo

My$IqUvSoDh_lD;k_tRa hRarRaw yGnSa y`I;tVbAvw 4,1


tAoVm;d hEnIhw vRmDvAh tAjA;t MyIcSon rRvSa
MRhyqVvOo dAyImw M$EjnVm MRhDl NyEaw My#IqUvSoDh
E continuando
:M`EjnVm MRhDl NyEaw Aj$O;k

h$DmVkDj tAodDl yI;bIl_tRa yI;tAtn rRvSaA;k 8,16


XrDaDh_lAo hDcSon rRvSa NYynIoDh_tRa twarIlw
wnRnyEa wyDnyEoV;b hnEv hDly$A;lAbw MwyA;b MAg yI;k
Quando posi il mio cuore
:h`Rar

io vidi64 tutte le oppressioni / che si


fanno sotto il sole, / ed ecco le lacrime
degli oppressi / e non c per essi un
consolatore, / e (ecco) dalla mano degli
oppressori viene la violenza / e non c
per essi un consolatore.

a conoscere la sapienza / e a vedere


loccupazione / che stata fatta sopra la
terra / poich n di giorno n di notte
/ sonno con i suoi occhi [luomo]
non vede

62. Sembrano delineate tre situazioni legate fra loro, due estreme, la terza moderata da pre-

ferire: da un lato, lattivit e abilit umana tutta mossa dallinvidia (4,4); dallaltro, lo stolto
che si d allozio e cos rovina se stesso (4,5); meglio una mano piena di quiete che ambedue piene di fatica (4,6). Cio, migliore delle due situazioni estreme attivit insaziabile
e indolenza totale unattivit moderata indicata come riempire una palma di quiete,
mentre laltra palma si suppone si dedica al lavoro. In modo simile intendono Delitzsch,
275-276, Seow, 187-188, e soprattutto Krger, 190. Da parte sua, Gordis interpreta contrasti
del genere come discussione implicita di posizioni differenti, per cui 4,5 sarebbe citazione
di opinione altrui e 4,6 lopinione di Qohelet (p. 231). Io ritengo piuttosto che il fatto di
procedere per esperienze contrapposte sia caratteristico del ragionamento di Qohelet, il cui
scopo aiutare il timorato di Dio a tenere insieme le contraddizioni della vita e godere il
bene possibile che Dio stesso concede (cf. Qohelet e la gioia, spec. 94-101).
63. In Qohelet o la gioia, 82-88, ho delineato la dinamica e il senso dellintera sezione
II/3 che si conclude con il secondo invito alla gioia (9,7-10).
64. Cf. 4,7 e nota 30.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

wtEm rDbV;kRv MyItE;mAh_tRa yInSa AjE;bAvw 4,2


:hndSo MyIyAj hD;mEh rRvSa MyYyAjAh_NIm

E lodai io65 i morti che gi sono morti


/ pi dei vivi / che sono ancora vivi;

73

M~ yIhlTaDh hEcSoAm_lD;k_tRa yItyIarw 8,17


hRcSoA;m`Ah_tRa awxVmIl M#dDaDh l%Akwy al yI;k
lOmSoy rRvSa lRvV;b vRm$RvAh_tAj`At hDcSon rRvSa
rAmay_MIa Mgw aDxVmy alw v;qAbVl MdDaDh
vedevo
:axVmIl lAkwy al tAo$dDl MDkDj`Rh

tutta lopera di Dio66, / che (cio) luomo


non potr mai / comprendere [trovare] lopera che stata fatta sotto il sole;
/ per quanto luomo fatichi a cercare, /
non la comprender [trover]; / e anche qualora il saggio dica di conoscerla,
/ non potr mai comprenderla [trovarla].

hDyDh al NdSo_rRvSa tEa M$RhynVvIm bwfw 4,3


o$rDh hRcSoA;mAh_tRa hDar_al rRvSa
:vRm`DvAh tAjA;t hDcSon rRvSa
e pi felice di ambedue / chi ancora non
nato67, / che non ha visto lopera cattiva
/ che stata fatta sotto il sole.

rwbDlw yI;bIl_lRa yI;tAtn hHz_lD;k_tRa yI;k 9,1


MyImDkSjAhw Myqy;dAxAh rRvSa hYz_lD;k_tRa
h#DanIc_Mg hDbShAa_M`Ag MyIhlTaDh dAyV;b MRhydDbSow
:M`RhynVpIl lO;kAh M$dDa`Dh Aodwy NyEa
Infatti tutto questo ho posto nel mio cuore
/ e per chiarire tutto questo, / che (cio) i giusti e i saggi e le loro opere / sono nella mano
di Dio; / n amore n odio luomo conosce; /
tutto sta davanti a loro [cf. 9,6].

65. La costruzione waw + innito assoluto + pronome personale indipendente (soggetto)

continua il wayyiqtol del versetto precedente (cf. 8,9). Attestata in ebraico (cf. Delitzsch,
273-274) e nel semitico nord-occidentale (cf. Seow, 178), secondo M.J. Dahood, Canaanite-Phoenician Inuence in Qoheleth, Bib 33 (1952) 30-52 (pp. 49-50), essa caratteristica
dialettale del nord di Israele per inusso della lingua fenicia. La costruzione innito assoluto
+ pronome personale indipendente si trova solo qui in Qohelet, ma costruzioni simili compaiono con qatal (1,16; 2,1; 2,24; 3,17.18; 5,17; 7,25) e con weqatal (2,11.12.13.15.18.20;
4,1.4.7; 8,15; 9,15; 9,16).
66. Come al solito, nellasse del passato il weqatal yItyIarw indica ripetizione, abitudine,
descrizione (cf. nota 36). Dal punto di vista sintattico yItyIarw proposizione principale (o
apodosi) collegata a yI;tAtn rRvSaA;k di 8,16, che ne la circostanza anteposta (o protasi). A sua
volta questultimo costrutto regge la successiva proposizione causale introdotta da yI;k, avente
valore parentetico. Cos Delitzsch, 352-353, e Krger, 292; invece Gordis, 288, e Seow, 289,
suppongono un disordine nel testo.
67. In questo caso la particella tEa rafforza il soggetto, come segnalano le grammatiche, ad
es. GKC 117i (cf. Gordis, 229; Seow, 178; Krger, 168).

74

A. NICCACCI

NwrVvI;k_lD;k tEaw l#DmDo_lD;k_tRa ynSa y`ItyIarw 4,4


whEorEm vyIa_tAanIq ayIh yI;k h$RcSoA;m`Ah
Vedevo io
:Ajwr tworw lRbRh hRz_Mg
che tutta la fatica / e tutta labilit dellopera
/ nientaltro che invidia di uno verso laltro68. / Anche questo vanit e andare dietro
a vento.

:wrDcV;b_tRa lEkOaw wy$dy_tRa qEbOj lyIsV;kAh 4,5


Lo stolto abbraccia le sue mani / e mangia la
sua stessa carne.

qy;dAxAl d%DjRa hrVqIm l#O;kAl rRvSaA;k lO;kAh 9,2


Aj$EbOzAlw a$EmDfAlw rwhDfAlw bwfAl oDvrDlw
oD;bVvnAh a$RfOj`A;k bwfA;k AjEbOz wnRnyEa rRvSaAlw
Il tutto come
:ary hDowbVv rRvSaA;k
(accade) a tutti; / c un caso unico per il
giusto e per il malvagio, / per il buono e per
il puro e per limpuro, / a chi offre sacricio
e a chi non offre sacricio, / come il buono
cos il peccatore, / colui che giura come colui
che teme il giuramento.

vRm$RvAh tAjA;t hDcSon_r`RvSa lOkV;b o#r hRz 9,3


MdDaDh_yn`V;b bEl MAgw lO;kAl dDjRa hrVqIm_y`I;k
M$RhyyAjV;b MDbDbVlI;b twlElwhw or_aElDm
Questo male
:My`ItE;mAh_lRa wyrSjAaw
/ in tutto quello che stato fatto sotto il sole,
/ che (cio) c un caso unico per tutti; / e
perci anche il cuore dei gli delluomo /
pieno di male / e la pazzia nel loro cuore
durante la loro vita; / e dopo di ci (vanno)
ai morti.

lDmDo MyAnVpDj alV;mIm tAjDn PAk alVm bwf 4,6


Meglio riempire una
:Ajwr tworw
palma di quiete / che riempire ambedue i
pugni di fatica / e di andare dietro a vento.

:vRm`DvAh tAjA;t lRbRh hRarRaw yInSa yI;tVbAvw 4,7


E continuando io vidi una vanit / sotto il
sole.

r$A;bUjy ] rEjD;by rRvSa yIm_yI;k 9,4


yAj bRlRkVl_y`I;k NwjDfI;b vEy MyIyAjAh_lD;k lRa
Infatti
:t`E;mAh hEyrAaDh_NIm bw$f awh
[qere

chiunque sia scelto per (essere con)69 tutti i


viventi, / c speranza (per lui), / poich va
meglio a un cane vivo / che al leone morto;

MDnyEa MyItE;mAhw wtUmyRv MyIodwy MyIyAj`Ah yI;k 9,5


r$DkDc MRhDl dwo_Ny`Eaw hDmw#aVm MyIodwy
poich i vivi sanno
:MrVkz jA;kVvn yI;k
che moriranno, / mentre i morti non sanno nulla / e non hanno alcuna ricompensa / poich il
loro ricordo stato dimenticato.

68. Lett. Vedevo io tutta la fatica / e tutta labilit dellopera, / che essa (cio) invidia

di uno verso laltro, con anticipazione delloggetto del verbo vedere come spesso in
ebraico (JM 157d).
69. Ketiv: chiunque sia scelto per (essere con); qere: chiunque sia unito a. Per lo pi
gli interpreti preferiscono il qere (cf. Delitzsch, 358; Gordis, 294; Krger, 299), mentre
Seow, 300, legge il ketiv al qal yibar e intende la frase come interrogativa (who is the
one who chooses?).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

w#l_Ny`Ea jDaw NE;b MAg ynEv NyEaw dDjRa vEy 4,8


[qere wnyEo ] wynyEo_Mg w$lDmSo_lDkVl Xq NyEaw
l#EmDo yInSa yImVlw rRvOo oA;bVcIt_al
lRbRh hRz_Mg h$DbwfIm yIvVpn_tRa rE;sAjVmw
C uno che non ha
:awh or NAynIow

un secondo, / non ha n un glio n un


fratello / e tutta la sua fatica non ha ne;
/ pure il suo occhio [ketiv: i suoi occhi] non
si sazier mai di ricchezza. / Ma per chi io fatico ( dice ) / e privo me stesso del bene?70
/ Anche questo nientaltro che vanit e occupazione cattiva71.

MRhDl_vy rRvSa dDjRaDh_NIm MyAnVvAh MyIbwf 4,9


Meglio i due che
:M`DlDmSoA;b bwf rDkDc

75

rDbV;k MDtDanIq_Mg MDtDanIc_Mg MDtDbShAa MAg 9,6


M$DlwoVl dwo MRhDl_NyEa qRlEjw hdDbDa
:vRm`DvAh tAjA;t hDcSon_r`RvSa lOkV;b
Sia il loro amore che il loro odio e anche la
loro invidia / gi perita, / e non hanno pi
una parte in eterno / in tutto quello che stato
fatto sotto il sole72.

bwf_bRlVb hEtSvw K$RmVjAl hDjVmIcV;b lOkTa JKEl 9,7


:Ky`RcSoAm_t`Ra MyIhlTaDh hDxr r$DbVk yI;k KRnyy

luno, / poich essi hanno una buona ricompensa nella loro fatica;

Va, mangia nella gioia il tuo pane / e bevi


con cuore allegro il tuo vino, / poich Dio ha
gi gradito le tue opere!

wrEbSj_tRa Myqy dDjRaDh wl$Opy_MIa yI;k 4,10


:wmyIqShAl yInEv NyEaw lw$pyRv dDjRa`Dh w#lyIaw

NRmRvw MyInDbVl KydgVb wyVhy tEo_lDkV;b 9,8


:r`DsVjy_lAa KVvar_lAo

poich se cadranno, / luno potr rialzare il


suo compagno; / ma guai allun(ic)o che cadr / poich non ci sar un altro a rialzarlo.

dDjRaVlw MRhDl MAjw MyAnVv wbV;kVvy_MIa MAg 4,11


Se poi due si coricheranno,
:M`Djy JKyEa
avranno caldo; / ma uno solo come si
scalder?

In ogni
tempo / le tue vesti siano bianche / e olio non
manchi sulla tua testa!

;tD Vb#AhDa_rRvSa hDvIa_MIo MyyAj hEar 9,9


tAjA;t KVl_NAt`Dn rRvSa K$RlVbRh yEyAj yEmy_lD;k
MyYyAj`A;b KVqVlRj awh yI;k KRlVbRh yEmy lO;k vRm$RvAh
:vRm`DvAh tAjA;t lEmDo hD;tAa_rRvSa $KVlDmSoAbw
Godi la vita con la donna che ami / per
tutti i giorni della tua vita di vanit / che
(Dio) ti ha dato sotto il sole, / per tutti i
giorni della tua vanit, / poich questo
la tua parte nella vita / e nella tua fatica
/ che tu fatichi sotto il sole.

70. La domanda una riessione dello stesso uomo di cui si parla in terza persona (cf.

Delitzsch, 276), per questo ho introdotto dice; Gordis invece introduce: He never asks
himself (p. 232). Daltra parte la traduzione di Seow, Yet, their eyes are dissatised with
wealth (p. 177), come quella di Krger, Auch kann >sein Auge< nicht genug Reichtums
sehen (p. 165), non sembrano rispettare il senso di oA;bVcIt_al (cf. 1,8; 5,9; 6,3).
71. Lett. Anche questo [casus pendens], vanit e occupazione cattiva esso [predicato +
soggetto]. Il caso di colui che lavora tutta la vita senza darsi tempo per godere il bene che
il Signore gli concede incorniciato da due dichiarazioni di vanit (4,7.8b).
72. Su questo duro confronto tra la condizione dei morti e quella dei vivi (9,1-6), a cui
connesso linvito alla gioia di 9,7-10, si pu vedere Qohelet o la gioia, 51-56.

76

A. NICCACCI

w;dgn wdVmAoy MyAnVvAh d$DjRaDh wpVqVty_M`Iaw 4,12


:q`Etny hrEhVmIb al v$D;lUvVm`Ah fwjAhw
E se assaliranno luno, / i due gli resisteranno; / e una fune tripla / non si romper
facilmente.

hEcSo KSjOkV;b twcSoAl Kd`Dy aDxVmI;t rRvSa lO;k 9,10


h$DmVkDjw tAodw Nw;bVvRjw hRcSoAm NyEa yI;k
Tutto
s :hD;m`Dv JKElOh hD;tAa rRvSa lwaVvI;b
quello che la tua mano potr fare con la tua
forza, fallo, / poich non c opera n calcolo
n conoscenza n sapienza / nello sheol dove
tu stai per andare.

:dwo rEhzIhVl ody_al rRvSa ly$IsVkw Nqz JKRlR;mIm MDkDjw NE;kVsIm dRlRy bwf 4,13
Meglio un ragazzo povero e saggio / che un re vecchio e stolto / che
non sa pi accettare lammonizione73,
anche se
:vr dAlwn wtwkVlAmV;b MAg yI;k JKlVmIl aDxy MyrwsDh tyE;bIm_y`I;k 4,14
da una prigione fosse uscito a regnare, / anche se nel suo regnare fosse
nato povero74.

yYnEvAh dRlRyAh MIo vRmDvAh tAjA;t MyIkV;lAhVm`Ah MyYyAjAh_lD;k_tRa yItyIar 4,15


Ho visto tutti i viventi / che camminano
:wy`D;tVjA;t dOmSoy rRvSa
sotto il sole / con il ragazzo secondo / che star al suo posto:

MyInwrSjAaDh MAg M$RhynVpIl hyDh_rRvSa lOkVl M#DoDh_lDkVl Xq_Ny`Ea 4,16


:Ajwr NwyVorw lRbRh hRz_Mg_y`I;k wb_wjVmVcy al

non ha ne
tutto il popolo, / tutti quelli che furono prima di loro; / neppure i posteri
gioiranno di lui, / poich anche questo vanit e rincorrere vento75.

73. Lett. che non sa pi lasciarsi ammonire (cf. nota 16).


74. Questa traduzione suppone che

yI;k e Mg yI;k siano coordinati e abbiano lo stesso senso:


anche se anche se. Per Delitzsch, 279, invece il primo yI;k causale e solo il secondo
concessivo: For out of the prison-house he goeth forth to reign as king, although he
was born as a poor man in his kingdom; cos 4,14 presenterebbe la prova della povert e
sapienza del giovane. Soluzioni diverse sono proposte da Gordis, 234-235, Seow, 183-185,
e da Krger, 202-203.
75. Lett. non c ne per tutto il popolo, / per tutti quelli che furono prima di loro
[forse i predecessori del re vecchio e di quello giovane]; / neppure i posteri gioiranno
di lui [forse del re giovane]. Il senso di 4,13-16 misterioso (si veda ad es. lesposizione di Gordis, 233-236). Il collegamento con ci che precede assicurato, oltre
che dalle formule di vanit (4,4.6.8.16), anche dalle voci (ambe)due/secondo (4,3
MRhynVvIm; 4,8 ynEv; 4,9 MynVvAh; 4,10 ynEv; 4,11 MynVv; 4,12 MynVvAh; 4,15 ynEvAh). Inoltre il brano
delimitato dal confronto, allinizio tra morti e vivi (4,2), alla ne tra predecessori e posteri (4,16). Tutto considerato, il senso generale di 4,13-16 sembra essere:
meglio il successore che il vecchio re in carica il quale, bench si possa immaginare che durante un lungo regno si sia coronato di gloria, in vecchiaia diventato
incapace; meglio dunque il suo successore giovane povero ma saggio anche se, al
limite, egli sia passato dalla prigione al regno. Lultima formula di vanit riguarda

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

77

2.4. (I/4) 4,175,19 // (II/4) 9,1110,4


In 4,17 compare per la prima volta in Qohelet il genere letterario
istruzione e questo segna linizio di una nuova suddivisione, mentre in
9,11 inizia, con di nuovo vidi, unaltra serie di confessioni (9,1110,3)
dopo quella di II/3.
I/4 si compone di due unit: una del genere istruzione, con invito
(allimperativo) o ammonizione (lAa + yiqtol) e motivazione (4,175,11),
e una del genere confessioni (5,12-19)76, legate tra loro dal tema della
ricchezza goduta o non goduta (5,9-11 + 5,12-13.18-19). Da parte sua, II/4
termina con una piccola istruzione (10,4).
In I/4 si intensica la menzione esplicita di Dio (MyIhlTaDh vi compare
10 volte), la sua superiorit assoluta (5,1: Dio nel cielo e tu sulla
terra), lattenzione che bisogna avere nei suoi confronti (cf. 4,175,6) e
la libert con cui egli decide il destino degli uomini: pu rovinare lopera
delle tue mani (5,5); sta tranquillo, egli sopra ogni giudice! (5,7-8);
pu togliere la ricchezza (5,9-15); perci bene godere di quello che
Dio dona perch questa la parte delluomo (wqVlRj, 5,17-19).
II/4 continua a riettere (come il precedente 8,169,10) sulla
condizione di totale precariet delluomo sotto il sole (lespressione
vRmRvAh_tAjA;t compare 7 volte nelle suddivisioni II/3 e II/4): il suo destino
gli capiter allimprovviso (9,11-12); la sapienza ha vantaggi sulla
stoltezza eppure basta poca stoltezza per produrre un grave danno
(9,13-10,4)77.

comunque entrambi i re, anche il giovane successore. Infatti lespressione neppure i posteri gioiranno di lui signica probabilmente che si perder il ricordo anche del re giovane
di cui i contemporanei (detti in 4,15 tutti i viventi / che camminano sotto il sole / con il
ragazzo secondo / che star al suo posto [cio con il successore del vecchio re]) si erano
tanto entusiasmati! Il punto che di tutti si perde il ricordo, anche di un benemerito della
citt (cf. 9,15), per cui tutto vanit. Cos, pi o meno intende anche Seow, 190-192,
mentre Krger, 202-204, vi legge una critica del sistema monarchico.
76. Sulla composizione e il senso di 5,12-19 si pu consultare Qohelet o la gioia,
65-68.
77. La suddivisione II/4 la prima di tre (con II/5 e II/6) che preparano il terzo e ultimo
invito alla gioia di 11,7-12, come ho mostrato in Qohelet o la gioia, 88-89.

78

A. NICCACCI

(I/4) Qo 4,175,19
Attento a Dio!

JKElE;t rRvSaA;k [qere #KVlgr ] KyRlgr rOmVv 4,17


Ao$OmVvIl bwrqw My$IhlTaDh tyE;b_lRa
MyIodwy MDnyEa_y`I;k jAbDz MyIlyIsV;kAh tE;tIm
Fa attenzione ai tuoi passi
:or twcSoAl

(II/4) Qo 9,1110,4
Libert di Dio

MyI;l;qAl al yI;k vRm#RvAh_tAj`At hOarw yI;tVb%Av 9,11


al Mgw h#DmDjVlI;mAh Myrw;bgAl alw Xw%rE;mAh
al MAgw rRv$Oo MynObnAl al Mgw MRjRl MyImDkSjAl
:M`D;lU;k_tRa hrVqy ogRpw tEo_yI;k NEj MyIodOyAl

[ketiv: piedi; qere: piede] / quando andrai


alla Casa di Dio, / poich avvicinarsi per
ascoltare / meglio di che gli stolti offrano
un sacricio, / dato che essi non sanno di fare
il male78.

Di nuovo vidi79 sotto il sole / che la corsa non


dei veloci / n la guerra degli eroi, / e neppure
il pane dei saggi / n la ricchezza dei prudenti,
/ e neppure il favore dei sapienti, / ma un destino a suo tempo80 capiter a tutti loro.

rEhAmy_lAa KV;bIlw Ky%Ip_lAo lEhAbV;t_lAa 5,1


MyIhlTaDh yI;k MyIhlTaDh yEnVpIl rDbd ayIxwhVl
wyVhy NE;k_l`Ao Xr$DaDh_lAo hD;tAaw MyAmDvA;b
Non essere veloce
:My`IfAoVm KyrDbd

w#;tIo_tRa M%dDaDh ody_al Mg y&I;k 9,12


My$rFpIxAkw h$Dor hdwxVmI;b MyzDjTa`RnRv Myg;dA;k
M$dDa`Dh yEnV;b MyIvqwy M#EhD;k jDpA;b twzUjSaDh
:MOaVtIp MRhyElSo lwpI;tRvV;k h$Dor tEoVl

con la tua bocca / e il tuo cuore non si


affretti a proferire una parola / davanti
a Dio, / poich Dio nel cielo e tu sulla terra.
/ Perci le tue parole siano poche,

N
infatti mai luomo conoscer il suo tempo;
/ come i pesci che vengono presi in una rete
cattiva / e come gli uccelli che vengono
presi nella trappola, / cos i gli delluomo vengono catturati in un tempo cattivo,
/ quando esso cadr su di loro allimprovviso.

lyIsV;k lwqw NDynIo bOrV;b MwlSjAh aD;b yI;k 5,2


poich il sogno viene
:MyrDb;d bOrV;b

vRmDvAh tAjA;t hDmVkDj yItyIar hOz_Mg 9,13


Anche questo
:y`DlEa ayIh hDlwdgw

con molto affanno [cf. 5,6] / e la voce dello


stolto con molte parole [cf. 10,14].

ho visto (che ) sapienza / sotto il sole


/ ed essa grande per me:

rEjAaV;t_lAa My#IhlaEl rdn rO;dI;t rRvSaA;k 5,3


MyIlyIsV;kA;b XRpEj NyEa yI;k w$mV;lAvVl
Qualora tu
:M`E;lAv rO;dI;t_rRvSa tEa

hD y%RlEa_a`Dbw fDoVm ;hD;b MyIvnSaw hYnAfVq ryIo 9,14


MydwxVm DhyRlDo hDnDbw ;h$DtOa bAbDsw lwdg JKRlRm
una citt piccola / nella quale
:My`IlOdg

faccia un voto a Dio, / non tardare a compierlo, / poich non c compiacimento negli
stolti. / Il voto che tu faccia, compilo.

sono pochi uomini, / qualora venga contro


di essa un grande re e la assedi / e costruisca
contro di essa grandi forticazioni,

78. Cf. Seow, 193-201. Delitzsch, 283-285, insiste invece che lultima frase va tradotta: for

the want of knowledge leads them to do evil. Tre diverse interpretazioni di questa frase
sono elencate da Gordis, 237-238.
79. Il qatal proseguito da waw + innito assoluto (cf. note 52 e 65) e il collegamento tra
i due unendiadi; lett. tornai e vedere, perci di nuovo vidi.
80. Ancora unendiadi; lett. un tempo e un destino.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

:M`E;lAvVt alw rw;dI;tRvIm rO;dIt_al rRvSa bwf 5,4


Meglio che tu non faccia un voto / piuttosto
che tu faccia un voto e non lo compia.

79

awh_fA;lImw M$DkDj NE;kVsIm vyIa ;h#Db aDxDmw 9,15


r$Akz al MdDaw wtDmVkDjV;b ryIoDh_tRa
se si trover
:awhAh NE;kVsI;mAh vyIaDh_tRa
in essa un uomo povero saggio, / salver
lui la citt con la sua sapienza, / per quanto
nessuno abbia poi ricordato / quelluomo
povero saggio81.

K $rDcV;b_tRa ayIfSjAl KyIp_tRa NE;tI;t_lAa 5,5


ayIh hDggVv yI;k JK$DaVlA;mAh yEnVpIl rAma;t_lAaw
K$Rlwq_lAo MyIhlTa`Dh POxVqy hD;mDl
Non
:Kydy hEcSoAm_tRa lE;bIjw
permettere che la tua bocca faccia peccare
il tuo corpo / e non dire davanti allangelo
/ che era una inavvertenza. / Perch
Dio dovrebbe adirarsi per la tua parola
/ e rovinare lopera delle tue mani?

hrwbgIm hDmVkDj hDbwf yn$Da yI;trAmDaw 9,16


wyrDbdw hYywzV;b NE;kVsI;mAh tAmVkDjw
Perci dicevo io:
:My`IoDmVvn MDnyEa
/ la sapienza migliore della forza, / per
quanto la sapienza del saggio sia disprezzata
/ e le sue parole non vengano ascoltate.

hE;brAh MyrDbdw My$IlDbShw twmlSj bOrVb yI;k 5,6


Poich nei molti
:ary MyIhlTaDh_tRa yI;k

MyIoDmVvn tAjAnV;b My$ImDkSj yrVb;d 9,17


:My`IlyIsV;kA;b lEvwm tqSozIm

sogni ci sono vanit / e molte parole.


/ Piuttosto, Dio temi!82

Le parole dei saggi nella quiete vengono


ascoltate / meglio del grido del governatore
tra gli stolti.

81. I fatti presentati in 9,14-15 potrebbero riferirsi al passato, anche perch sono intro-

dotti da una forma di passato: ho visto (9,13). In tal caso la proposizione non verbale
fDoVm ;hD;b MyIvnSaw (9,14a) indicherebbe contemporaneit nel passato e quindi andrebbe tradotta
allimperfetto: nella quale erano pochi uomini, e i cinque weqatal che seguono avrebbero
valore descrittivo e andrebbero tradotti ugualmente allimperfetto: quando/se veniva e la
assediava / e costruiva se si trovava salvava (9,14b-15). preferibile per intendere
che lautore presenti un caso emblematico, magari modellato su un fatto reale ma avente
valore generale. In tal caso la proposizione non verbale va tradotta con il presente e i weqatal
con il futuro indicante eventualit, come ho fatto qui sopra. In un caso o nellaltro, il qatal
negato che conclude la sequenza (rAkz al) indica anteriorit rispetto al livello principale della
comunicazione. Delitzsch, 368-369, concorda con Lutero che si tratti di un exemplum
generale, cuius in multis historiis simile reperitur, ma traduce con forme di passato. Egli
ritiene anche che soggetto di NE;kVsIm vyIa ;hDb aDxDmw sia il re (cos recentemente anche Krger,
313), non che il verbo sia impersonale come ho tradotto sopra. Non credo, come afferma
Gordis, 301, che flmw is later Hebrew for the classical flmyw, and he saved; invece
un weqatal che svolge la funzione che gli compete come nellebraico classico, esattamente
come gli altri quattro di 9,14-15. Gordis ha ragione per di affermare che fA;lImw non pu
essere tradotto he could have saved, come propone recentemente anche Seow (and he
might have delivered, p. 310).
82. Secondo gli accenti masoretici si dovrebbe tradurre: For in many dreams and vanities
there are also many words (Delitzsch, 290). Sui problemi di questo versetto si vedano, tra
gli altri, Gordis, 239-240, e Seow, 197.

80

A. NICCACCI

hRarI;t qdRxw fDpVvIm lzgw vr qRvOo_MIa 5,7


A;h%Obg yI;k XRpEjAh_lAo ;hAmVtI;t_lAa hYnydV;mAb
Qualora
:M`RhyElSo MyIhObgw r$EmOv A;hObg lAoEm
oppressione del povero / e privazione di
diritto e di giustizia tu veda nello stato,
/ non ti meravigliare della cosa, / poich
uno che alto pi di uno alto veglia / e
lAltissimo (veglia) su ambedue83;
[qere awh ] ayIh lO;kA;b XrRa NwrVtyw 5,8
e il vantaggio
:d`DbTon hdDcVl JKRlRm
della terra in generale questo [ketiv/qere]:
/ il re stesso soggetto alla campagna84.

bEhOa_y`Imw PRs$R;k oA;bVcy_al PRsR;k bEhOa 5,9


:lRb`Dh hRz_Mg hDawbVt al NwmDhR;b
Chi ama largento non si sazier di argento
[cf. 4,8], / e chiunque ama labbondanza
non (si sazier) del raccolto86. / Anche questo
vanit.

N wrVvI;k_hAmw DhyRlVkwa w;br h$DbwfAh twbrI;b 5,10


:wy`DnyEo [qere twar ] tyIar_MIa yI;k Dhy$RlDoVbIl
Quando cresce il benessere / crescono
quelli che ne mangiano; / e che benecio
ne ha il suo padrone / se non il vedere
con i propri occhi?

d$DjRa aRfwjw brVq yElV;kIm hDmVkDj hDbwf 9,18


Meglio
:h`E;brAh hDbwf dE;bAay
la sapienza delle armi da guerra, / ma un solo
peccatore roviner un bene grande.

Ajqwr NRmRv AoyI;by vyIaVby tw$Dm yEbwbz 10,1


:f`DoVm twlVkIs dwbD;kIm hDmVkDjEm rqy

Una sola mosca velenosa / far puzzare85,


far fermentare lunguento del profumiere;
/ un poco di stoltezza / pi efcace della
sapienza, pi della gloria.

:wlamVcIl lyIsV;k bElw wYnyImy`Il MDkDj bEl 10,2


Il cuore del saggio (va) verso la sua
destra / mentre il cuore dello stolto verso la
sua sinistra.

lDkD;sRvV;k ] lDkD;sAhRvV;k JKr;dA;b_Mgw 10,3


:awh lDkDs lO;kAl rAmDaw rEsDj w;bIl JKElOh

[qere

E anche nella strada, mentre lo [qere: uno]


stolto cammina, / il suo cuore [= saggezza]
viene meno / e cos dir a tutti che egli
stolto87.

83. Ho spiegato questa interpretazione di 5,7 e le sue somiglianze con 8,5-7 e con altri passi

sul giudizio di Dio (3,17; 11,9; 12,14) in Qohelet e la gioia, 52-53.


84. Delitzsch traduce: But the advantage of a country consists always in a king given to the
arable land. Intende cio lO;kA;b come always, in general, e commenta: The author thus
praises, in contrast to a despotic state, a patriarchal kingdom based on agriculture (pp. 293294). In modo simile intendono Gordis, 240, e recentemente Krger, 218-219, mentre Seow,
204, modica il TM in modo piuttosto arbitrario. Si pu ipotizzare che dDbTon soggetto sia
un ricordo del fatto che Dio pose luomo a lavorare (dObSoAl) la terra e custodirla (Gen 3,23)?
85. Lett. (Quanto al)le mosche di morte [= velenose; casus pendens al plurale], (una sola) far
puzzare [proposizione principale con verbo al singolare]. Il passaggio dal plurale al singolare
sottolinea il fatto che una sola o ciascuna mosca capace di produrre leffetto (cf. nota 95).
86 . Lespressione hDawbVt al ellittica del verbo; cf. Seow, 205. Proposte diverse sono elencate in Delitzsch, 295-296, Gordis, 241, e Krger, 226-227.
87. Il detto proverbiale di 10,2 chiaro: verso la sua destra indica il lato giusto, il

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

81

hE;brAh_MIaw fAoVm_MIa d$EbOoDh tAnVv hqwtVm 5,11


:NwvyIl wl `AjyInAm wnRnyEa ry$IvDo`Rl oDbDcAhw lEkay

KVmwqVm Ky$RlDo hRlSoA;t lEvw;mAh Ajwr_MIa 10,4


:My`Ilwdg MyIaDfSj AjyIny a$EprAm yI;k jAnA;t_lAa

dolce il sonno del lavoratore, / sia che


mangi poco o molto, / mentre la saziet
al ricco / non gli permette di dormire.

Se lumore del reggente si alzer contro


di te, / non lasciare il tuo posto, / poich la
pazienza far decadere grandi peccati88.

:wtDorVl wyDlDoVbIl rwmDv rRvOo vRmDvAh tAjA;t yItyIar h$Dlwj hDor vyw 5,12
C un male terribile / che ho visto sotto il sole: / ricchezza conservata
per il suo padrone per il suo male;

:hDmwaVm wdyV;b NyEaw N$E;b dyIlwhw or NAynIoV;b awhAh rRvOoDh dAbDaw 5,13
se quella ricchezza si perder per un affare cattivo, / egli generer un glio
che non avr in mano nulla;

w$l mD oS bA acD y _al h mD w a mV w ab;D vR k;V tRklR lD bwv y Mwr oD w$m; aI NRfb;R mI a xD y rvR aS k;A 5,14
come uscito dal ventre della sua madre, / nudo di nuovo
:wdyV;b JKElOyRv
se ne andr come venuto / e nulla prender della sua fatica / che possa
portare via nella sua mano.

:AjwrDl lOmSoy`Rv w$l NwrVty_hAmw JKEly NE;k aD;bRv tA;mUo_lD;k h$Dlwj hDor hOz_Mgw 5,15
E anche questo un male terribile: / esattamente come uno venuto, cos
se ne andr; / e quale vantaggio avr / colui che faticher per il vento?
Anche se
:PRxqw wyVlDjw hE;brAh sAoDkw lEkay JKRvOjA;b wyDmy_lD;k MAg 5,16
per tutti i suoi giorni manger nel buio / e si dar molta pena, / (ecco viene)
la sua malattia e ira!

h%Dbwf twarIlw tw;tVvIlw_lwkRa`Rl hRpy_rRvSa bwf yn#Da yItyIar_rRvSa hHnIh 5,17


[qere wyDyAj ] wDyAj_yEmy rApVsIm vRm#RvAh_tAj`A;t lOmSoyRv wlDmSo_lDkV;b
Ecco quello che ho visto io:
:wqVlRj awh_yI;k MyIhlTaDh wl_NAt`Dn_rRvSa
/ buono il fatto che bello che (uno) mangi e beva / e goda il benessere
/ in tutta la sua fatica che faticher sotto il sole / nei pochi giorni della sua
vita / che Dio gli ha dato, / poich questa la sua parte.

successo, a differenza di verso la sua sinistra. Invece il detto di 10,3 meno chiaro. Il
senso sembra essere che lo stolto anche quando cammina per la strada, in pubblico e perci dovrebbe fare maggiormente attenzione, il suo cuore viene meno, cio in un modo
o nellaltro si comporta da stolto e cos si tradisce da solo. Cos, pi o meno, Delitzsch,
373-374, e anche Gordis, 307-308. Gordis per nomina anche la possibilit di tradurre: He
thinks that everyone is a fool, possibilit che adotta Krger, 313, mentre Seow, 313, lascia
aperte le due possibilit.
88. La traduzione di Delitzsch, 374: If the ill-humour of the ruler rise up against thee,
do not leave thy post; for patience leaves out great sins, rende con lo stesso termine
la stessa radice ebraica, anche se di coniugazione diversa: Ajyny e jnA;t, cosa impossibile
in italiano.

82

A. NICCACCI

wnR;mIm lOkTaRl wfyIlVvIhw My%IsDknw rRvOo MyIhlTaDh wl_NAt`Dn rRvSa M&dDaDh_l`D;k MAg 5,18
Pure ogni uomo
:ay`Ih MyIhlTa tA;tAm hOz wlDmSoA;b AjOmVcIlw w$qVlRj_tRa taEcDlw
/ a cui Dio abbia dato ricchezza e tesori / e gli conceda di mangiarne, / di
prendere la sua parte / e di gioire della sua fatica: / dono di Dio questo!

:w;bIl tAjVmIcV;b hRnSoAm MyIhlTaDh yI;k wyDyAj yEmy_tRa rO;kzy h$E;brAh al yI;k 5,19
Infatti non molto / ricorder i giorni della sua vita, / poich Dio (gli)
risponde con la gioia del suo cuore89.

2.5. (I/5) 6,1-9 // (II/5) 10,5-19


Una nuova serie di esperienze inizia in 6,1 e anche in 10,5. In effetti le
suddivisioni I/5 e II/5 iniziano allo stesso modo (6,1 // 10,5). In ambedue
compare un verbo del genere confessioni (ho visto, 6,1 // 10,5.7); per il
resto presentano una serie di detti.
In I/5 sono delineati tre casi sfortunati: uno che abbia ricchezze ma Dio
non gli consenta di goderne (6,2); uno che abbia molti gli e lunga vita ma
non goda n abbia sepoltura (6,3-5); e uno che viva tantissimo ma senza
godere (6,6).
Similmente in II/5 vengono elencati dei casi problematici (cf. nota 77):
stolti e servi innalzati, saggi e principi umiliati (10,6-7); situazioni pericolose,
in cui comunque si rivela il vantaggio della sapienza sulla stoltezza (10,8-10
+ 10,11-15); re e ministri perbene in contrapposizione a re e ministri dissoluti
(10,16-19).
(I/5) Qo 6,1-9
Esperienze inquietanti

(II/5) Qo 10,5-19
Detti di prudenza

vRmDvAh tAjA;t yItyIar rRvSa h$Dor vEy 6,1


:MdDaDh_lAo ayIh hD;brw

hggVvI;k vRmDvAh tAjA;t yItyIar h$Dor vEy 10,5


C un male
:fy`I;lAvAh yEnVpI;lIm aDxOyRv

C un male che ho visto sotto il sole / e che


grande sulluomo:

che ho visto sotto il sole, / come un errore


che proviene dal potente90:

89. Oppure: Poich Dio (lo) tiene occupato (hnSoAm) con la gioia del suo cuore. Su questo

versetto e sullunit 5,17-19 si pu consultare Qohelet o la gioia, 65-68.


90. Oppure: proprio un errore che proviene dal potente. Sul modo di intendere il potente, probabilmente Dio, e sulle dure riessioni delle suddivisioni II/4-6 rimando a Qohelet
o la gioia, 88-90.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

MyIsDknw rRvOo My&IhlTaDh wl_NR;ty rRvSa vyIa 6,2


lO;kIm wvVpnVl rEsDj wnnyEa`Vw dw%bDkw
lOkTaRl MyIhlTa`Dh wnRfyIlVvy_alw hGwAaVty_rRvSa
lRbRh hRz wnRlSkay yrVkn vyIa yI;k wn$R;mIm
un uomo a cui Dio
:awh or yIlFjw

83

MyryIvSow MyI;br MyImwrV;mA;b lRk$R;sAh NA;tn 10,6


la stoltezza stata
:wb`Evy lRpEvA;b
posta su grandi altezze, / mentre i ricchi
siederanno in basso;

conceda / ricchezza e tesori e gloria /


e che non manchi di nulla per la sua
anima [= desiderio] / fra tutto quello
che egli possa desiderare, / ma a cui Dio
non dia il potere di mangiarne / e invece
un uomo straniero ne mangi, / questo davvero vanit e malattia cattiva91.

hyVj`Iy tw;br MynDvw h&DaEm vyIa dyIlwy_MIa 6,3


oA;bVcIt_al wvVpnw wyGnDv_y`Emy wyVhyRv brw
w;l hDtyDh_al hrwbVq_Mgw h$DbwfAh_NIm
Se uno
:lRp`DnAh wnR;mIm bwf yI;trAmDa

MyIkVlOh MyrDcw MyIsws_lAo MydDbSo yItyIar 10,7


ho visto servi
:Xr`DaDh_lAo MydDbSoA;k
sui cavalli / e ministri che camminano come
servi sulla terra.

generasse cento gli / e vivesse molti anni,


/ per quanto siano molti i giorni della sua
vita, / se la sua anima non si saziasse del benessere / e non avesse neppure posseduto una
tomba, / ho detto: meglio di lui un aborto,

wmVv JKRvOjAbw JKEly JKRvOjAbw aD;b lRbRhAb_y`I;k 6,4


poich (laborto) nella vanit
:h`R;sUky

rdg XrOpw lwpy w;b XD;mwg rEpOj 10,8


Chi scava una fossa,
:v`Djn wnRkVvy

venuto / e nella tenebra se ne andr / e nella


tenebra il suo nome sar coperto;

in essa potr cadere / e chi abbatte una parete,


lo potr mordere un serpente.

hRzDl tAjAn ody alw hDar_al vRmRv_Mg 6,5


neanche il sole ha visto e non ha
:h`RzIm

MyIxEo Aoqw;b MRhD;b bExDoy MyYnDbSa oA yI;sAm 10,9


Chi estrae pietre potr
:M`D;b NRkD;sy

conosciuto; / pi quiete ha questo di quello


[= laborto delluomo descritto sopra].

farsi male con esse, / chi spacca i tronchi


potr procurarsi pericoli con essi.

hDbwfw My$AmSoAp MynDv PRlRa hGyDj w;lIaw 6,6


dDjRa MwqDm_lRa alSh hDar al
E se anche fosse
:JK`Elwh lO;kAh

l$qVlIq MyInDp_al awhw lGzrA;bAh hDhq_MIa 10,10


Se
:h`DmVkDj ryEvVkAh NwrVtyw rE;bgy MyIlySjw

vissuto duemila anni / ma il benessere non ha


goduto, / non va il tutto allo stesso luogo?

il ferro diventato spuntato / e nel taglio


non stato aflato, / si dovr aumentare
la forza, / mentre il vantaggio di preparare
bene (ogni cosa) sapienza92.

91. Lett. questo [casus pendens], vanit e malattia cattiva ci [predicato + soggetto].
92. Su questo difcile detto proverbiale si vedano in particolare Delitzsch, 379-381, e

Gordis, 311-313.

84

A. NICCACCI

vRpRnAh_Mgw whyIpVl MdDaDh lAmSo_lD;k 6,7


Tutta la fatica delluomo
:a`ElD;mIt al

Nw$rVty NyEaw vAjDl_awlV;b vDjnAh JKOvy_MIa 10,11


Se il serpente morder
:NwvD;lAh lAoAbVl

per la sua bocca, / eppure la (sua) anima


[= desiderio; cf. 6,2] non sar mai piena,

senza incantesimo, / lo stregone non sar


di nessun vantaggio.

yInDoR;l_hAm lyIsV;kAh_N`Im MDkDjRl rEtwy_hAm yI;k 6,8


:My`IyAjAh dgRn JKlShAl Ao$dwy

lyIsV;k twtVpIcw NEj MDkDj_yIp yrVb;d 10,12


Le parole della
:wn`RoV;lAbV;t

poich qual il vantaggio del saggio sullo


stolto? / qual ( il vantaggio) del povero
che sa affrontare la vita93?

bocca del saggio sono grazia, / mentre


le labbra dello stolto lo [= lui stesso]
inghiottiranno.

hRz_Mg vRpDn_JKDlSh`Em MyAnyEo hEarAm bwf 6,9


Meglio il vedere
:Ajwr tworw lRbRh

twlVkIs whyIp_yrVb;d tA;lIjV;t 10,13


:h`Dor twlElwh why$Ip tyrSjAaw

degli occhi che il vagare dellanima94.


/ Anche questo vanit e andare dietro a
vento.

Inizio delle parole della sua bocca stoltezza


/ e ne della sua bocca pazzia cattiva.

wy$rSjAa`Em hyVh`Iy rRvSaw hYyVh`IyRv_hAm MdDaDh ody_al MyrDbd hR;bry lDkD;sAhw 10,14
Per quanto lo stolto moltiplichi le parole, / luomo
:wl dyIgy yIm
non sapr mai quello che avverr, / e quello che avverr dopo di lui,
/ chi glielo riferir?
La fatica degli
:ry`Io_lRa tRkRlDl ody_al rRvSa wnRogyV;t MyIlyIsV;kAh lAmSo
stolti lo [= ognuno di essi]95 stancher, / poich non sa andare in citt96.
Guai a te, o terra
:wl`Ekay rqO;bA;b JKyrDcw rAoDn JKE;kVlA;mRv Xr$Ra
il cui re un giovane, / e i tuoi ministri di mattina banchettino!

10,15

JKDl_y`Ia 10,16

:y`ItVvAb alw hrwbgI;b wl$Ekay tEoD;b JKyrDcw Myrwj_NR;b JKE;kVlA;mRv Xr$Ra JKyrVvAa 10,17
Beata te, o terra il cui re un nobile, / e i tuoi ministri nel tempo adatto
banchettino / in fortezza e non in ubriachezza!
Per ripetuta pigrizia :ty`D;bAh Pldy Mydy twlVpIvVbw hrqV;mAh JKA;my MyA;tVlAxSoA;b
cadr il softto / e per lindolenza delle mani la casa lascer ltrare acqua.

10,18

93. Lett. che sa andare verso la vita; cf. Gordis: who knows how to meet the problems

of life (pp. 160.251); oppure Delitzsch: who knoweth to walk before the living (pp. 308309). Come non sa andare in citt (10,15; cf. Delitzsch, 384-385; Gordis, 314-315), sono
detti proverbiali di cui difcile comprendere il senso nel quadro delle societ antiche, per
cui le interpretazioni date sono differenti (cf. Seow, 202.214; Krger, 222.224).
94. Il senso forse: It is better to enjoy the present good, than to think about other good
(interpretazione di Lutero citata in Delitzsch, 310). Simili Gordis, 251-252, e Krger, 224;
diverso Seow, 214-215.
95. Passaggio dal plurale di categoria al singolare per indicare ciascuno (cf. nota 85).
96. Cf. nota 93.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

85

:lO;kAh_tRa hRnSoy PRsR;kAhw MyIyAj jA;mAcy NyAyw MRj$Rl MyIcOo qwjVcIl 10,19
Per il godimento si prepara il pane, / il vino rallegrer la vita / e il denaro
risponder a tutto97.

2.6. (I/6) 6,107,14 // (II/6) 10,2011,6


Una nuova suddivisone comincia in 6,10 e in 10,20.
I/6 appartiene al genere confessioni, anche se mancano i verbi tipici
ho posto il cuore ho visto ho detto, ma comprende anche istruzioni
(7,9.10.13-14). Alla domanda cosa bene/buono per luomo sulla terra
(6,11-12; domanda gi presente in 2,3; 3,12.22; 4,3.6.9.13; 5,4.17; 6,3.9; e in
seguito in 8,15; 9,4.16.18) vengono date sei risposte (7,1.2.3.5.8.11; unaltra
verr data in 7,18). In 7,14 si legge la proclamazione pi esplicita e completa
dellinvito a godere98.
II/6 unistruzione con inviti (al negativo con lAa + yiqtol, al positivo
con imperativi: 10,20; 11,1.2.6) e motivazioni, che utilizzano anche alcuni
detti proverbiali (ad es. 11,3-4). pure questo un modo per indicare ci
che bene fare o evitare. Il limite delluomo di fronte alla libert di Dio
viene espresso ben quattro volte mediante non saprai (11,2.5b) o non
sai (11,5a.6). Luomo non potr trovare/conoscere tutta lopera di Dio (cf.
3,11; 8,17; 11,5); non potr raddrizzare ci che Dio ha fatto storto (1,15;
7,13)99.
97. Gli interpreti sono incerti se soggetto di

MyIcOo siano i re e i ministri festaioli del v. 16


(cos ad es. Delitzsch, 388, e Krger, 332-333), o se invece il participio sia impersonale
(cos ad es. Gordis, 318). incerto anche se il senso di lO;kAh_tRa hnSoy sia positivo (Delitzsch,
388: maketh everything serviceable; Gordis, 184: provides it all; Krger, 314: macht
alles mglich) o negativo (Seow, 328: preoccupies everyone). Non chiaro neppure se
il senso generale del detto nel contesto sia negativo, intenda cio denunciare il godimento
sfrenato dei beni della vita come nellinterpretazione di Delitzsch e di Krger, o sia
invece positivo e indichi un sano godimento, come intendono Gordis, 318, e Seow, 332.
Che dire? Il fatto che MyIcOo venga dopo un detto generale (v. 18) che non riferito a re e
ministri (v. 16) e inoltre il fatto che dopo aver parlato di re e ministri negativi il saggio
parli di re e ministri positivi (v. 17) suggeriscono che anche nei vv. 18-19 si ripeta la
sequenza negativo - positivo (rovina della casa a causa della pigrizia - sano godimento
dei piaceri della vita). probabile perci che il v. 19 vada inteso in forma positiva come
ho proposto qui sopra. Lespressione e il denaro risponder a tutto signica: soddisfar
ogni bisogno.
98. Su questo invito a godere e sul suo contesto 7,1-14 si veda Qohelet o la gioia,
70-80.
99. Sulla funzione di II/6 in rapporto allultimo invito alla gioia si veda la nota 77.

86

A. NICCACCI

(I/6) Qo 6,107,14
Cosa bene per luomo

odwnw w$mVv arVqn rDbV;k hGyDh`Rv_hAm 6,10


Ny$dDl lAkwy_alw MdDa awh_rRvSa
:wn`R;mIm [qere Py;qA;tRv ] PyI;qA;tAhRv MIo
Quello che fu, / gi stato pronunciato
il suo nome / e sar reso noto cosa
un uomo; / perci egli non potr mai
disputare / con Colui che pi potente
di lui100.

lRbDh MyI;brAm hE;brAh MyrDb;d_vy yI;k 6,11


Infatti ci sono parole/cose :MdDaDl rEtOy_hAm
in quantit / che moltiplicano la vanit:
/ qual il vantaggio per luomo?

MyGyAj`A;b M%dDa`Dl bwf_hAm Aodwy_y`Im yI;k 6,12


lExA;k MEcSoyw wlVbRh yEyAj_yEmy rApVsIm
wyrSjAa hRyVhy_hAm M$dDa`Dl dyIgy_y`Im rRvSa
Infatti chi sa / cosa
:vRm`DvAh tAjA;t
bene per luomo nella vita, / nei brevi
giorni della sua vita di vanit, / afnch
egli li trascorra come unombra? / Dato
che chi riferir alluomo / cosa avverr dopo
di lui sotto il sole?102

(II/6) Qo 10,2011,6
Consigli di saggezza

$yrdAjVbw l$E;lqV;t_lAa JKRlRm #KSo;dAmV;b MAg 10,20


MyAmDvAh Pwo yI;k ryIvDo lE;lqV;t_lAa KVbD;kVvIm
MyApnV;kAh lAoAbw lw$;qAh_tRa JKyIlwy
Neppure
:r`Db;d dyEgy [qere MyApnV;k ]
nel tuo pensiero / non maledire il re,
/ e nelle stanze da letto non maledire
il ricco, / poich luccello del cielo recher la
voce / e lalato riferir la cosa.

MyD;mAh yEnVp_lAo KVmVjAl jA;lAv 11,1


:wn`RaDxVmI;t MyImyAh bOrVb_y`I;k

Manda
il tuo pane sulla supercie delle acque
/ poich dopo molti giorni lo ritroverai101.

hDnwmVvIl MAgw hDoVbIvVl qRlEj_NR;t 11,2


:Xr`DaDh_lAo hDor hRyVhy_hAm o$dEt al yI;k

D una parte a sette / e anche a otto103


/ poich non saprai mai / cosa avverr
di male sulla terra.

100. La sequenza di una forma verbale al qatal, gi stato pronunciato (arVqn) il suo nome,

e di una al weqatal, e sar reso noto (odwnw) cosa un uomo, produce una specie di merismo
(passato - futuro) e indica la totalit della conoscenza (gi fu cos e cos sempre sar). Una
sequenza simile compare in 1,16 (cf. nota 27). In 6,10a la conoscenza riguarda in generale
la creazione e gli eventi della storia umana (cf. Qohelet o la gioia, 68-69), mentre in
6,10b riguarda lessere umano in particolare. Il senso : tutto quello che accaduto nel
mondo stato determinato da Dio, accaduto secondo il suo piano, e lessere umano, la
cui condizione di creatura Dio stesso continuamente manifesta lungo tutte le generazioni,
non potr mai disputare con il Creatore. Unanalisi del genere non fa torto al testo, pace
Gordis, 253, e non c bisogno di mutare il TM come fa Seow, il quale ha al riguardo una
lunga nota (pp. 230-232).
101. Sul senso di questa difcile esortazione (raccomanda la carit o il commercio?) si
vedano in particolare Gordis, 319-320, e Krger, 339-342. Bibliograa pi recente si trova
in Qohelet o la gioia, 89.
102. Ho spiegato la sintassi e il senso di questo versetto in connessione con altri simili
(7,11-12 e 8,12-13) in Qohelet o la gioia, 69-70.
103. Cos anche Krger, 336, e Seow, 328; diversamente Delitzsch, 393: Divide the portion
into seven, yea, eight (parts) (simile Gordis, 184).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

tw$D;mAh Mwyw bwf NRmRvIm MEv bwf 7,1


Meglio un nome
:wdVlwIh MwyIm
di un olio buono / e il giorno della morte
del giorno di quando uno generato.

tyE;b_lRa tRkR;lIm lRb#Ea_ty`E;b_lRa tRkRlDl bwf 7,2


yAjAhw MdDaDh_lD;k Pws awh rRvSaA;b h$R;tVvIm
Meglio andare in una casa
:w;bIl_lRa NE;ty
di lamento / che a una casa di banchetto,
/ per il fatto che quella la ne di ogni uomo
/ e il vivo la porr nel suo cuore.

:b`El bAfyIy MyInDp AoOrVb_y`I;k qOjVcIm sAoA;k bwf 7,3


Meglio la preoccupazione del riso / poich
nella tristezza del volto sar felice il cuore.

87

XrDaDh_lAo MRvg MyIbDoRh waVlD;my_MIa 11,3


NwpDxA;b MIaw Mwr;dA;b XEo lwpy_MIaw wqy$ry
Se le nubi
:awhy MDv XEoDh lwpyRv MwqVm
saranno piene, pioggia sulla terra verseranno,
/ e se cadr un albero nel sud o nel nord, / nel
luogo in cui lalbero cadr, l rester.

MyIbDoRb hRarw orzy al Ajwr rEmOv 11,4


Chi esamina
:rwxVqy al
il vento non seminer mai / e chi osserva
[oppure: si gode] le nubi non mieter.

jA w$rDh JKr;d_hAm Aodwy Kny`Ea rRvSaA;k 11,5


odEt al hDk#D;k hDaElV;mAh NRfRbV;b MyImDxSoA;k
hRcSoy rRvSa My$IhlTa`Dh hEcSoAm_tRa
Come tu non conosci
:lO;kAh_tRa
quale sia la via del vento / e neppure
(la formazione del)le ossa nel seno della donna incinta, / cos non conoscerai mai lopera
di Dio / che far il tutto.

MyIlyIsV;k bElw lRb$Ea tyEbV;b MyImDkSj bEl 7,4


Il cuore dei saggi
:h`DjVmIc tyEbV;b
nella casa di lamento / mentre il cuore
degli stolti nella casa del banchetto.

jAnA;t_lAa brRoDlw K$Rorz_tRa orz rqO;bA;b 11,6


rDvVky hRz yEa o%dwy Kny`Ea yI;k Kdy
:My`Ibwf dDjRaV;k MRhynVv_MIaw hYz_wa hRzSh
Al mattino semina il tuo seme / e alla sera
non dare riposo alla tua mano, / poich tu
non sai quale riuscir, / se questo o quello,
/ e se ambedue sono ugualmente buoni.

Meglio ascoltare
:My`IlyIsV;k ryIv oEmOv vyIaEm MDkDj trSog AoOmVvIl
il rimprovero del saggio / di un uomo che ascolta il canto degli stolti,

bwf 7,5

poich
:lRb`Dh hRz_Mgw lyIsV;kAh qOjVc NE;k ry$I;sAh tAjA;t MyryI;sAh lwqVk yI;k 7,6
come il rumore delle spine sotto la pentola, / cos il riso degli stolti.
/ E anche questo vanit.
Poich (il regalo per fare)
:h`DnD;tAm bEl_tRa dE;bAay`Iw MDkDj lElwhy qRvOoDh yI;k 7,7
loppressione render stolto il saggio / e afnch egli rovini il cuore
viene il regalo104.
104. Delitzsch, 317, suppone che la prima parte di questo versetto sia perduta e traduce:

For oppression maketh wise men mad, and corruption destroyeth the understanding. Credo

88

A. NICCACCI

Meglio la ne
:Ajwr_;hAbgIm Ajwr_JKr`Ra bwf wtyIvarEm rDb;d tyrSjAa bwf
di una cosa del suo principio; / meglio chi paziente di chi altezzoso.

7,8

Non essere
:Ajwny MyIlyIsV;k qyEjV;b sAo$Ak yI;k swoVkIl KSjwrV;b lEhAbV;t_lAa 7,9
veloce nel tuo spirito ad adirarti, / poich lira nel seno degli stolti
[sempre] albergher.

hDmVkDjEm al yI;k hR;lEaEm MyIbwf wyDh MyYnOvarDh MyImyAhRv hYyDh hRm r Ama;t_lAa 7,10
Non dire: Com stato / che i giorni precedenti
:h`Rz_lAo D;tVlAaDv
/ furono migliori di questi?, / poich non con sapienza che hai posto
questa domanda.
Buona la sapienza
:vRm`DvAh yEarVl rEtOyw hDlSjn_M`Io
con leredit / e un vantaggio per quelli che vedono il sole,

hDmVkDj hDbwf 7,11

:Dhy`RlDoVb hRyAjV;t hDmVkDj`Ah tAo$;d NwrVtyw PRsD;kAh lExV;b hDmVkDj`Ah lExV;b yI;k 7,12
poich vera ombra la sapienza / e vera ombra largento / ma il vantaggio
della conoscenza / ( che) la sapienza far vivere i suoi possessori105.

:wtwIo rRvSa tEa N$;qAtVl lAkwy yIm yI;k MyIhlTaDh hEcSoAm_tRa hEar 7,13
Osserva lopera di Dio, / poich chi potr mai raddrizzare / quello che egli ha
fatto storto?

hDcDo hz_tA;mUoVl hRz_tRa MAg hEar hDor MwyVbw bw$fVb hEyTh hDbwf MwyV;b 7,14
Nel giorno
:hDmwaVm wyrSjAa MdDa`Dh aDxVmy a;lRv t#rVb;d_lAo My$IhlTa`Dh
del benessere sii nel bene / e nel giorno della sventura osserva. / Sia questa
che quello ha fatto Dio / allo scopo che luomo non comprenda [trovi] niente
dopo di s [= del suo futuro].

3. Parte centrale: Qo 11,712,7


Grammaticalmente 11,7 collegato a 11,6 mediante waw; tratta un
argomento nuovo ma ancora nel quadro della ricerca di ci che bene nella
per che lattenzione al parallelismo degli elementi che compongono i due stichi permetta di
comprendere il senso del TM. Da un lato, essendo in coppia con qRvOo, hnD;tAm acquista il senso
di regalo dato in vista di far commettere ingiustizia; dallaltro, il weyiqtol del secondo stico,
dE;bAayw, che ha valore volitivo (scopo; cf. nota 46), suggerisce la traduzione: e afnch rovini
il cuore /viene il regalo, oppure, dato che il verbo maschile mentre hnD;tAm femminile:
e afnch egli [il saggio] rovini il (suo) cuore /viene il regalo. In un caso o nellaltro il
senso che il regalo ha lo scopo di rovinare il cuore del saggio, un argomento preferito della
letteratura sapienziale (cf. ad es. Pro 15,27; 17,23; 21,14; 28,16). Ma gli interpreti di solito
ignorano il valore del weyiqtol e traducono con il presente, ad es. Seow: And a payment
perverts the mind (p. 229, cf. pp. 237-238).
105. Cf. nota 102.

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

89

vita106. Considero 11,712,7 una sezione a parte perch da un lato contiene una
proclamazione di gioia (11,7-8) a cui segue un invito diretto alla gioia (11,9)
collegato dal punto di vista semantico (cf. jDmc
V y in 11,8 e jAmcV in 11,9), dallaltro
costituisce il culmine e il risultato ultimo dellesperienza del saggio.
Il passo comprende quattro istruzioni costruite secondo una dinamica
analoga: 1a) luomo goda della vita + b) perch verr la morte (11,7-8); 2a) tu
soprattutto, giovane, godi la tua giovinezza + b) e sappi che Dio ti giudicher
(11,9); 3a) dimentica le preoccupazioni + b) perch la giovent dura poco
(11,10); 4a) e ricorda il tuo Creatore nella tua adolescenza + b) prima che
vengano i giorni tristi (12,1), che vengono poi descritti (12,2-7)107.
La sequenza di questi motivi suggerisce di disporre il testo in due
colonne parallele:
Qo 11,712,7
Godi e ricorda!

MyAnyEo`Al bwfw rwaDh qwtDmw 11,7


:vRm`DvAh_tRa twarIl

E dolce
la luce / ed bene per gli occhi vedere il
sole,

MdDaDh hRyVjy hE;brAh MyInDv_MIa yI;k 11,8


JKRv$OjAh yEmy_tRa rO;kzyw jDmVcy MD;lUkV;b
:lRb`Dh aD;bRv_lD;k wyVhy hE;brAh_y`I;k
poich anche se luomo vivr anni in
quantit, / in tutti sia nella gioia / e ricordi
i giorni delle tenebre, / che (cio) saranno
in quantit: / tutto ci che verr vanit.

K V;bIl KVby`Ify`Iw Ky#RtwdVlyV;b rwjD;b jAmVc 11,9a


yEarAmVbw $KV;bIl yEkrdV;b JKE;lAhw K$RtwrwjVb yEmyI;b
Sii nella gioia, o giovane,
KyRnyEo
nella tua adolescenza / e il tuo cuore ti
renda felice nei giorni della tua giovent,
/ e cammina nelle vie del tuo cuore
/ e nelle visioni dei tuoi occhi!

KrDcV;bIm hDor rEbSoAhw K$R;bI;lIm sAoA;k rEsDhw 11,10


E rimuovi
:lRb`Dh twrSjAv`Ahw twdVlyAh_y`I;k
la preoccupazione dal tuo cuore / e allontana
la tristezza dalla tua carne, / poich ladolescenza e i capelli neri sono vanit!

106. Cf. Qohelet o la gioia, 89. In questo articolo ho presentato unanalisi abbastanza

dettagliata di 11,712,7 (pp. 88-94).


107. Il passo, strutturato dal costrutto al rRvSa dAo + yiqtol che si ripete tre volte (12,1.2.6),
stato inteso n dallantichit come unallegoria della vecchiaia, ma i dettagli sono interpretati diversamente; si veda soprattutto lesposizione di Gordis, 328-330, e di Krger, 349-352.
O forse si descrive una cerimonia funebre?

90

A. NICCACCI

MyIhlTaDh KSay`Iby hR;lEa_lD;k_lAo yI;k odw 11,9b


E sappi che su tutto questo
:f`DpVvI;mA;b
/ Dio ti condurr in giudizio!

KyRtOrwjV;b yEmyI;b Ky$Rarw;b_tRa rOkzw 12,1


E ricorda il tuo Creatore / nei giorni della tua
giovent,

:XRp`Ej MRhDb yIl_Ny`Ea r$Ama;t rRvSa MyYnDv woyIgIhw h$Dor`Dh yEmy waby_al rRvSa dAo
prima che vengano i giorni tristi / e giungano anni in cui dirai: / Non ne provo
alcun piacere;

rAjAa MyIbDoRh wbDvw MyIbDkw;kAhw AjryAhw rw$aDhw vRmRvAh JKAvVjRt_al rRvSa dAo 12,2
prima che si oscuri il sole e la luce / e la luna e le stelle
:MRv`DgAh
/ e tornino le nubi dopo la pioggia;

wf$EoIm yI;k twnSjOfAh wlVfDbw lyDjRh yEvnAa wtwAoVt`Ihw ty$A;bAh yrVmOv wozyRv MwGyA;b 12,3
nel giorno in cui tremeranno i custodi
:tw;brSaD;b twarDh wkVvDjw
della casa / e si paralizzeranno gli uomini forti, / cesseranno di lavorare
le macinatrici perch saranno rimaste poche / e diventeranno scure
le donne che guardano dalle nestre,

wjAvyw rw$pIxAh lwqVl Mwqyw hDnSjAf`Ah lwq lApVvI;b qw$vA;b MyAtDld wrgUsw 12,4
verranno chiuse le porte sulla strada
:ry`IvAh twnV;b_lD;k
/ quando basso il rumore della macina, / afnch uno si alzi al canto
delluccello / e diventino deboli tutte le cantatrici [glie del canto];

rEpDtw bYgDj`Rh lE;bA;tVsyw dqDvAh XaEnyw JKr$;dA;b MyI;tAjVtAjw wary A;hObgIm MAg 12,5
:MydVpO;sAh qwvAb wbVbDsw w$mDlwo tyE;b_lRa MdDaDh JKElOh_y`I;k hDnwyIbSa`Dh
anche di ci che alto avranno paura e terrori saranno nella via / ma (solo)
afnch orisca il mandorlo e diventi pesante la cavalletta / e fallisca il cappero, poich luomo va alla sua casa di eternit / e si aggireranno per la strada
i lamentatori;

rRbDvItw bDhzAh tA;lg XrDtw PRs$R;kAh lRbRj [qere qEtry ] qAjry_al rRvSa dAo 12,6
prima che si allontani
:rw;bAh_lRa lAgVlgAh XOrnw Aow$;bA;mAh_lAo dA;k
[qere: sia strappata] la corda di argento, / afnch si spezzi la brocca doro
/ e si frantumi la giara alla fontana, / e cos la ruota rotta cadr nella cisterna,

:;h`DnDtn rRvSa MyIhlTaDh_lRa bw$vD;t AjwrDhw hDyDhRvV;k XrDaDh_lAo rDpDoRh bOvyw 12,7
afnch la polvere ritorni alla terra comera (prima), / lo spirito invece
ritorni a Dio che lha dato.

4. Conclusioni
Credo di poter affermare che lanalisi del testo di Qohelet ha permesso di
vericare che il sistema verbale utilizzato nel libro non si discosta da quello
della lingua ebraica considerata classica (cf. supra, nota 5). Nonostante

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

91

unopinione diffusa, nella lingua di Qohelet non si mostra alcuna tendenza a


evitare le forme cosiddette inverse (wayyiqtol e weqatal). Dal momento che
Qohelet non un testo narrativo, si comprende che la presenza del wayyiqtol
sia limitata; se ne trovano comunque 3 in passi in cui il saggio racconta
lesperienza della sua vita (cf. note 5, 22 e 30). Daltra parte il weqatal ben
attestato (50 casi). Se questo vero, non si potr continuare a ripetere che
luso delle forme verbali in Qohelet sia un segnale di lingua tardiva108.
Una nota speciale meritano x-yiqtol e la sua forma di continuazione
weqatal. Oltre che per il futuro semplice109, queste due forme indicative

108. Cf. Qohelet o la gioia, 33-34. Lopinione comune data Qohelet in epoca ellenistica

(IV-II sec. a.C.). Poich i frammenti di Qumran suggeriscono come terminus ante quem il
150 a.C. al pi tardi (cf. recentemente E. Puech, Qohelet a Qumran, in: G. Bellia - A.
Passaro [edd.], Il libro del Qohelet. Tradizione, redazione, teologia, Milano 2001, 144-170),
la data oggi prevalente il III sec. a.C. (cos Krger, 39). La datazione in epoca persiana
(VI-V sec. a.C.), mantenuta nel passato (ad es. da Delitzsch, 201-216), poco seguita oggi
(un sostenitore Seow, 11-21, il quale ritiene che la lingua stessa indichi tale datazione).
Una data preesilica stata proposta da W.H.U. Anderson, The Problematics of the Sitz
im Leben of Qoheleth, OTE 12 (1999) 233-248. Dal punto linguistico, Anderson obietta
agli studiosi di accontentarsi di segnalare le somiglianze con lebraico mishnaico senza
curarsi di confrontare lebraico antico. Ma Anderson si interessa soprattutto del contesto
politico di Qohelet. Difcilmente, afferma, uno scrittore di epoca postesilica avrebbe avuto
una stima cos alta del governo e della monarchia come Qohelet; inoltre, dopo il ritorno
dallesilio (538 a.C.) la situazione fu tuttaltro che prospera dal punto di vista economico
(questa opinione per contraddetta da Seow, 21-36). Daltra parte, continua Anderson,
i contatti con la losoa greca (stoicismo, epicureismo e cinismo) sono difcilmente dimostrabili dato che contatti sono stati segnalati anche con testi molto antichi del Vicino
Oriente Antico (basti citare J.Y.-S. Pahk, Qohelet e le tradizioni sapienziali del Vicino
Oriente Antico, in: Bellia - Passaro [edd.], Il libro del Qohelet, 117-143, e C. Uehlinger,
Qohelet im Horizont mesopotamischer, levantinischer und gyptischer Weisheitsliteratur
der persischen und hellenistischen Zeit, in: L. Schwienhorst-Schnberger [ed.], Das Buch
Kohelet. Studien zur Struktur, Geschichte, Rezeption und Theologie, Berlin - New York
1997, 155-247). In conclusione, afferma Anderson, the correct Sitz im Leben for Qoheleth
is the royal court in a pre-exilic setting and the book best makes sense in this context
(p. 243). Tutto considerato, direi almeno che non si pu dare per scontata una datazione
in epoca ellenistica. Qohelet pu essere compreso senza alcun riferimento alla cultura
ellenistica, come ho sostenuto nella recensione a V. DAlario, Il libro del Qohelet. Struttura letteraria e retorica, Bologna 1992, in LA 43 (1993) 551-558, e pi recentemente in
Qohelet o la gioia, 101-102 e nota 129.
109. Ad es. in 1,9 i due x-yiqtol hyVhyRv e hRcDoyRv indicanti futuro si oppongono a due x-qatal
hyDhRv e hDcSonRv indicanti passato. La sequenza passato-futuro indicata in 1,16 con qatalweqatal (cf. nota 27); cos anche in 6,10 (cf. nota 100). Quando invece si riferisce allasse
del passato la medesima sequenza qatal-weqatal indica rispettivamente informazione unicainformazione abituale, ripetuta o descrittiva (cf. molti casi nel c. 2: vv. 9.11.12.13.14.15.
16.17.18.20; cf. nota 36). Abbiamo visto che in alcuni casi incerto se x-yiqtol e w eqatal
si riferiscano allasse del futuro o a quello del passato (cf. 9,14-15; nota 81).

92

A. NICCACCI

(ben distinte da quelle volitive yiqtol e weyiqtol) sono usate per indicare
qualcosa che sempre avverr, come nei passi che proclamano la regolarit
dei fenomeni atmosferici e il succedersi delle generazioni umane (cf.
1,4-8; nota 13), o nei detti proverbiali che enunciano verit perenni 110.
Unaltra funzione di x-yiqtol e di weqatal indicare eventualit nellasse
del futuro, nel qual caso possono essere tradotti con costrutti adatti ad
esprimere possibilit o con forme del congiuntivo (cf. 6,2-4; 7,20; 10,810.17; nota 81).
Come detto allinizio, i criteri che ho adottato per delineare la
composizione del libro di Qohelet sono il genere letterario, le espressioni
guida che introducono alcune suddivisioni, i termini caratteristici e gli
argomenti trattati. Penso che tutti gli interpreti siano daccordo su questi
criteri. Il problema come applicarli in concreto e quali debbano prevalere
nel caso in cui i criteri appena elencati diano indicazioni divergenti. Un
caso del genere lo abbiamo incontrato in 11,7, un passo che dal punto di
vista grammaticale e semantico collegato a 11,6 ma nello stesso tempo
presenta un invito alla gioia collegato al successivo invito alla gioia ( 3).
Un altro criterio, che nora non ho enunciato espressamente ma che
stato il criterio guida della presente ricerca, la struttura grammaticale e
sintattica di Qohelet. Non si ripeter mai abbastanza che le forme verbali
e gli altri costrutti grammaticali che lautore sceglie per comunicare le sue
informazioni costituiscono il veicolo e la griglia interpretativa del testo.
questo perci il criterio primo; diversamente si rischia di stabilire delle
relazioni che non corrispondono allintenzione dellautore. evidente
infatti che bisogna cercare di comprendere la strategia di comunicazione
dellautore, non imporre la propria.
Il rischio di stabilire una struttura o griglia interpretativa che forse
non corrisponde allintenzione dellautore si manifesta, ad esempio, nella
struttura complessiva che Seow, sulla scia di D.C. Fredericks, propone di
5,7-11 in parallelo con 6,7-9 (pp. 216-218). Non direi infatti che 5,76,9
costituisca ununit letteraria, perch da un lato 5,7-8 va unito a ci che
precede, essendo unistruzione composta di ammonizione e motivazione
come le tre precedenti (5,1-2; 5,3-4; 5,5-6); dallaltro in 6,1 inizia una

110. Ad es. 4,9-12; 5,9-11; 6,7-9. Come nella descrizione dei fenomeni atmosferici o delle

generazioni umane, anche nei proverbi si trovano x-yiqtol e w eqatal del futuro accanto a
proposizioni senza verbo nito indicanti lasse del presente. Gli esegeti in genere traducono tutto al presente; occorre notare per che lebraico usa anche le forme del futuro per
indicare lidea di regolarit: cos e cos sempre sar (cf. nota 100).

QOHELET. ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE

93

nuova unit introdotta dallespressione hDor vy c un male come in 5,12


e 10,5. Mi sembra inoltre che i parallelismi lessicali che Seow propone (p.
217) sono ottenuti prendendo in considerazione termini singoli senza tener
conto delle strutture grammaticali e sintattiche, del genere letterario e del
contesto in cui essi compaiono111.
Devo riconoscere per che difcile stabilire una struttura letteraria
precisa di Qohelet112. Anzitutto, a motivo dello stile fortemente ripetitivo, i
richiami allinterno del libro sono talmente numerosi che arduo valutare
quali siano signicativi, cio che portano avanti lesposizione. Inoltre non
mancano passi ambigui, soprattutto i detti proverbiali di cui talvolta
difcile valutare la funzione precisa nel contesto (cf. note 87, 92 e 93).
Spero comunque che lanalisi della struttura sintattica e in parte anche
quella della composizione letteraria qui proposte possano essere di aiuto
per linterpretazione completa del testo che resta ancora una sda per
lesegeta. Al riguardo aggiungo solo unosservazione sullorientamento
generale dellinterpretazione di Qohelet. Sono convinto sempre pi che le
opinioni di quelli che ritengono che il saggio intenda criticare la sapienza
tradizionale ottimistica di Israele, o che nella sua opera egli citi e discuta
opinioni discordanti di altri, o che un glossatore sia intervenuto nellopera
aggiungendo pie considerazioni che contrastano con le devastanti
denuncie dellautore originario scettico o pessimista, tutte queste opinioni
misconoscono la dinamica di fondo del pensiero di Qohelet. In realt il
suo messaggio procede per contrapposizioni: da un lato i dati positivi della
fede tradizionale e della conoscenza che il saggio acquisisce, dallaltro i
dati negativi che lesperienza della vita gli presenta. Ma le contrapposizioni
non restano senza soluzione. il timore di Dio che consente di trovare non

111. Migliore mi sembra lanalisi che Krger fa di 5,96,9, in cui scopre una composizione

concentrica sulla base del genere letterario e del contenuto: 5,9-11 proverbi; 5,12-16 casi
negativi; 5,17-19 casi positivi; 6,1-6 casi negativi; 6,7-9 proverbi (p. 224). Meno chiara mi
sembra invece la sua analisi nei dettagli; ad es. non vedo come 5,15-16 possa essere qualicato come Armut ohne Genuss e 5,17 come Armut mit Genuss (p. 225), se non per
ottenere il parallelismo chiastico voluto, dato che quei versetti non riguardano il povero ma
luomo in generale a cui Dio concede o non concede di godere il frutto della sua fatica.
112. signicativo il fatto che le strutture proposte dagli autori elencati da Krger, 19-24
(cf. supra, nota 2), siano tutte diverse luna dallaltra. Del resto anche la mia ipotesi pu
non essere del tutto sicura. Ad es. ho ritenuto che la formula hDor vy c un male in 6,1
e in 10,5 apra due nuove unit tra loro parallele e che invece in 5,12 introduca una suddivisione minore allinterno dellunit 4,175,19. Il motivo che, per largomento della
ricchezza goduta o non goduta, 5,12-19 si collega a ci che precede (5,9-11). Ma opinioni
diverse sono possibili, soprattutto nei passi di interpretazione incerta.

94

A. NICCACCI

solo una buona uscita dalle contraddizioni della vita, ma anche un modo
signicativo di convivere con esse, cio godere le gioie che il Signore
concede come dono e insieme come frutto della propria fatica, e riettere
quando egli manda la sofferenza.
Alviero Niccacci, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

G. Biguzzi

Contrariamente a ci che molti immaginano, linsegnamento escatologico dellApocalisse rimane abbastanza ristretto. Cos si esprime M.-.
Boismard, e cio colui che ha commentato lApocalisse per la cosiddetta
(e famosissima) Bibbia di Gerusalemme1. Boismard imposta dunque
il problema dellescatologia dellApocalisse in termini di quantit. Un
altro commentatore dellApocalisse, S. Bartina, riscontra tra gli interpreti due posizioni estreme che possono essere riassunte proprio in termini di quantit: C molta escatologia, oppure, non ce n per nulla
(Hay mucho de escatologa, o bien, no hay nada)2. Ma lapproccio di
Boismard, di Bartina e di chi procede come loro, non quello giusto,
perch lApocalisse non un trattato o un catechismo al quale chiedere
un elenco pi o meno sistematico e completo delle verit di fede. Lapproccio giusto invece quello che tiene conto della strategia retorica e
narrativa dellautore. Bisogna cio chiedersi a quali interlocutori lautore
si rivolge, per spingerli a quali scelte e a quale prassi, e con quali procedimenti letterari cerca di ottenere il suo scopo. Solo dopo aver letto il
libro dalla prospettiva da cui stato scritto, solo allora se ne potranno
individuare i presupposti ideologici e confrontarli con la nostra sistematizzazione dei dogmi.
Di fatto, se si va in cerca dellescatologia nella tessitura letteraria
dellApocalisse, essa pu essere individuata in tre complessi narrativi,
oltre che in brevi accenni del prologo (cf. in particolare 1,7) e dellepilogo (cf. in particolare 22,17.20). Il primo quello dei sette messaggi
alle sette Chiese dAsia, ognuno dei quali si conclude con una promessa
escatologica (Ap 23). Il secondo quello della richiesta di vendetta dei martiri (6,9-10) e del conseguente intervento di Dio, prima
medicinale (Ap 816) e poi giudiziale (Ap 1820). Il terzo quello
della radiosa visione della nuova Gerusalemme, che discende dal cielo
(Ap 2122).
1. M.-. Boismard, LApocalisse di Giovanni, in A. George - P. Grelot (edd.), Introdu-

zione al Nuovo Testamento, IV, Roma 1978 (Paris 1977), 36.


2. S. Bartina, La Escatologa del Apocalipsis, EstB 21 (1962) 298. Bartina della stessa
opinione di Boismard, dal momento che scrive: Sin duda, no hay tanto como parece.
LA 54 (2004) 95-118

96

G. BIGUZZI

I. Il prologo e le promesse al vincitore: escatologia e fedelt


1. Il prologo: Ecco viene sulle nubi del cielo (Ap 1,7)
Dopo il titolo, la beatitudine iniziale, il saluto epistolare, e dopo una commossa dossologia cristologica (vv. 1-6), risuonano per il lettore le parole di
un oracolo profetico che parla della venuta gloriosa del Cristo: Ecco viene
sulle nubi. Lo vedr ogni occhio, e anzitutto quelli che lo trafissero. E si
percuoteranno a suo motivo tutte le trib della terra. S. Amen (1,7).
Il presente di Ecco, viene! (ercetai) ha valore di futuro, come lasciano
intendere i futuri che seguono ( lo vedr si percuoteranno). Quel
presente deve allora probabilmente esprimere la certezza della venuta. La
venuta di cui parla loracolo poi una venuta celeste, perch Viene sulle
nubi3. Ed una venuta a sorpresa, sulla quale si attira lattenzione dei distratti con quellimprovviso Ecco!. , infine, una visione non destinata a
pochi eletti, perch ognuno lo vedr. Il testo dice: Ogni occhio lo vedr,
per mettere enfasi sulla visibilit della venuta per tutti e per chiunque.
Da questa prima parte delloracolo sembra potersi ricavare che la venuta benigna e desiderata, come se fosse detto: Ecco, finalmente viene!,
tanto pi che, per rincuorare i lettori, qualche versetto addietro Giovanni
parlava di ci che deve presto accadere (1,1) e diceva: Il tempo
vicino! (1,3). E tuttavia la seconda parte delloracolo d espressione al
risvolto severo della venuta, perch lo vedranno soprattutto quelli che lo
trafissero4. Queste parole, tratte da Zc 12,10, senza dubbio parlano della
crocifissione cos come fanno nel quarto vangelo. Commentando il colpo
di lancia (Gv 19,34), l devono dire come Ges sia stato crocifisso secondo
le Scritture (Gv 19,37), mentre qui dicono la repentinit della venuta per
i crocifissori che non se laspettano. Quando dunque il Cristo verr sulle
nubi, a motivo di lui (ep aujto/n) cominceranno a percuotersi tutte le
trib della terra, e cio tutti quelli che in ogni gruppo sociale o religioso lo
hanno avversato. Allora si batteranno il petto o, meglio, lanca o la testa5
3. B.Y. Scott, Behold, He Cometh with Clouds, NTS 5 (1958-1959) 128, mette in luce

che, mentre in Dn 7,13 le nubi fanno da sfondo alla visione del Figlio dellUomo, nelle
citazioni neotestamentarie di quel testo le nubi sono invece veicolo della sua venuta.
4. Letteralmente: e [lo vedranno] quelli che ecc.. Il kai/ ha valore rafforzativo: cf. M.
Zerwick, Analysis philologica NT Graeci, Romae 21960, 568-569, che traduce: et inter
eos imprimis qui.
5. Il battersi la testa (Iliade 22,33; Erodoto 2,121), la fronte (Erodoto 6,58) o lanca (Iliade
16,125; Senofonte, Ciropedia 7,3,6) molto pi drammatico e quindi pi credibile che non
loleografico battersi il petto (cf. per Aristofane, Lisistrata 396; Platone, Repubblica 619C).

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

97

per il disappunto e per lo smacco subto. Anche in 18,9 ci si percuote per


il dolore a proposito di qualcuno, ma in quel caso si fa il lamento funebre
su chi non pi, e cio su Babilonia ridotta in macerie: e piangeranno
e si percuoteranno a motivo di essa [Babilonia] i re della terra che con lei
fornicarono e scialarono. Qui invece, come nel parallelo di Mt 24,30, ci
si percuote per qualcuno che, ben lontano dallessere morto, viene nella
pienezza della sua potenza.
Tutto il seguito dellApocalisse sar sviluppo di questo annuncio di
liberazione per alcuni, e di giudizio per altri.
2. I messaggi alle Chiese e le sette promesse (Ap 23)
Il Cristo, apparendo in mezzo a sette candelabri che sono le sette Chiese
dAsia (1,12-13; 2,1; cf. 1,20), ingiunge a Giovanni di indirizzare a ognuna
di esse un messaggio. Ognuno dei messaggi costruito sullo stesso schema
tripartito, fatto di: (i) indicazione del destinatario (Allangelo della Chiesa
di scrivi!) e autopresentazione del Cristo (Cos parla Colui che ecc.);
(ii) diagnosi del bene e del male presenti nella vita della comunit, con elogi e incoraggiamenti, con rimproveri, esortazioni, appelli alla conversione,
minacce ecc.; (iii) invito allascolto e ci che ci interessa promessa
escatologica a colui che vince6.
Per chi in cerca di escatologia sistematica le sette promesse al vincitore hanno poco della terminologia con cui i nostri catechismi parlano dei
novissimi. Esse per accendono la speranza del credente come fanno pochi
altri testi neotestamentari. Lo fanno con una sequenza di immagini non di
rado ermetiche, talvolta aspre e forti, pi spesso dolcissime e luminose.
La loro ricchezza spirituale e dottrinale stata detta efficacemente da D.
Barsotti, il quale ha scritto: Venti secoli di pensiero cristiano non hanno
esplicitato la ricchezza infinita delle promesse al vincitore7.
Il greco classico conosce anche luso assoluto di ko/ptomai, cf. Platone, Fedone 60. L.L.
Thompson, Lamentation for Christ as a Hero: Revelation 1,7, JBL 119 (2000) 683-703,
interpreta i piagnoni come discepoli di Ges, ma qui il Cristo il vivente e il veniente, non il
crocifisso, per cui hanno motivo di disappunto gli avversari di Ges, non i suoi discepoli.
6. Lordine dei due elementi di questa parte conclusiva, come noto, non sempre lo stesso:
nei primi tre messaggi linvito allascolto precede, mentre negli ultimi quattro segue. Sulleventuale significato di questa inversione cf. G. Biguzzi, I settenari nella struttura dellApocalisse.
Analisi, storia della ricerca, interpretazione (SRivBib 31), Bologna 1996, ristampa 2004, 118,
nota 30. Per lo schema comune ai sette messaggi cf. invece p. 279, testo e nota 18.
7. D. Barsotti, Meditazione sullApocalisse (BL 4), Brescia 21971 (11966), 69. Lautore
continua esclamando: Com povera la teologia dei novissimi nella Chiesa! (p. 74).

98

G. BIGUZZI

3. Le sette promesse in successione continua


Ognuna delle sette promesse deve ovviamente essere letta nel contesto in
cui stata collocata da Giovanni, anche perch non di rado la promessa
richiama questa o quellaffermazione del messaggio di cui fa parte. Per
esempio la promessa contenuta nel messaggio a Sardi assicura al vincitore
che se ne andr avvolto in bianche vesti e che il suo nome non sar cancellato dal libro della vita (3,5) dopo che nel messaggio era stato detto:
Hai fama dessere vivo ma in realt sei morto (3,1), e: Hai qualcuno
che non ha macchiato le sue vesti (3,4)8. E tuttavia qui si far una lettura
continuata delle sette promesse, come se esse formassero una collezione
analoga a quella delle beatitudini di Mt 5.
Accostate a questo modo, le sette promesse sembrano allora disporsi in
tre gruppi: (i) un dittico iniziale di promesse programmatiche; (ii) un dittico centrale di promesse che sembrano riguardare la storia; (iii) un trittico
finale di promesse che illustrano la sorte beata del vincitore, oltre la storia
e oltre il giudizio.
4. Il dittico escatologico iniziale (al vincitore di Efeso e Smirne)
Le prime due promesse hanno laria di essere promesse programmatiche,
anzitutto perch sono le pi sintetiche e riassuntive, contando 17 e rispettivamente 10 parole, mentre nelle sette promesse la media di 30 parole9,
ma soprattutto perch riguardano non questo o quel dettaglio, bens i due
traguardi escatologici che non lasciano spazio ad alcunaltra alternativa:
vita e morte.
La promessa al vincitore di Efeso recita: Al vincitore dar dellalbero della vita che nel paradiso di Dio (2,7). Lalbero della vita che in
22,2.14.19 sar ambientato nella citt escatologica un evidente rimando a
quello di Gen 3,9.22.2410, e anche questa capacit della promessa di richia8. La promessa delle vesti bianche di Ap 3,5 collegata con questo discorso circa le vesti
da unoutw che insolito e unico nelle sette promesse. Cf. le versioni CEI 1971 e 1997,
che traducono: Il vincitore sar dunque (outw) vestito di bianche vesti ecc.. Circa le
possibili interpretazioni delloutw cf. C.J. Hemer, The Letters to the Seven Churches of

Asia in their Local Setting (JSNT.SS 11), Sheffield 1989, 148.


9. Le altre promesse contano invece 27 parole (a Pergamo), 43 parole (a Tiatira), 33 parole
(a Sardi), 53 parole (a Filadelfia) e 24 parole (a Laodicea), per un totale di 207 parole.
10. Sullalbero di vita cf. A. Gangemi, Lalbero della vita (Ap 2,7), RivB 23 (1975) 383397.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

99

mare tutta la storia, dalle origini alla conclusione, dice che programmatica. La promessa al vincitore di Smirne dice invece: Il vincitore non sar
toccato dalla seconda morte (o stagno di fuoco; 20,11.14)11.
Le due promesse evocano dunque morte e vita, anche se la morte
menzionata solo per essere esclusa dalla sorte del vincitore. In tal
modo, con le prime due promesse lApocalisse mette di fronte ai soli
due possibili punti di approdo finale, cos come fa il primo vangelo che
a conclusione del discorso programmatico della montagna parla delle due
porte e strade che conducono alla perdizione e, rispettivamente, alla vita
(Mt 7,13-14).
5. Il dittico intrastorico (al vincitore di Pergamo e Tiatira)
La promessa al vincitore pergameno duplice: la promessa della manna e di un nome nuovo (2,17). Ci che in qualche modo accomuna i due
oggetti della promessa il loro carattere esoterico: la manna nascosta,
mentre il nome, graffito su di una pietruzza bianca12, sconosciuto a tutti
fuorch al vincitore che lo riceve. Manna nascosta e nome segreto vanno
ambientati nel corso della storia e non nellescatologia, dove tutto sar
manifesto e dove non ci sar bisogno di difendere con la segretezza ci che
si ha (il cibo della manna) e ci che si (il nome nuovo)13. Tanto pi che
nellimmaginario delluomo biblico la manna legata allesodo, e cio al
11. Sulla (prima e) seconda morte cf. M.G. Kline, The First Resurrection, WTJ 37 (1975)

366, 371 (The first resurrection in not a bodily resurrection, Just as the resurrection of
the unjust is paradoxically identified as the second death, so the death of the Christian is
paradoxically identified as the first resurrection); A. Gangemi, La morte seconda (Ap
2,11), RivB 24 (1976) 3-11; M. McNamara, The Second Death and the Palestinian Targum
to the Pentateuch, in The New Testament and the Palestinian Targum to the Pentateuch
(AnB 27A), Rome 1978.
12. Per E.-B. Allo, Saint Jean. LApocalypse (EtB), Paris 1921, 30, limmagine della pietruzza bianca difficile da decifrare perch presenta analogia con troppi usi antichi. Altri
commentatori fanno notare che qui interessa pi il nome scritto sulla pietra che non la
pietra stessa: cf. per esempio A. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, VD
13 (1933) 277 ( nomen calculo anteponamus); A. Gangemi, La manna nascosta e il
nome nuovo (Ap 2,17), RivB 25 (1977) 336 (Questo nome nuovo, pi direttamente, la
seconda parte del premio). Sugli usi antichi cf. anche D.K.K. Wong, The Hidden Manna
and the White Stone in Revelation 2,17, BS 155 (1998) 346-354.
13. Cf. Allo, Apocalypse, 30 (Il est vident que ce caractre secret ne convient qu la
vie terrestre, et non au ciel, o toute splendeur clatera), e A. Jankowski, Manna absconditum (Ap 2,17) quonam sensu ad eucharistiam referatur, CollTh 29 (1958) 6 (Adjectivum absconditum vix potest componi cum caelo, ubi quidquid latet apparebit).

100

G. BIGUZZI

cammino accidentato attraverso la storia14. In secondo luogo la segretezza


del cibo e dellidentit sembra parlare di ci che il credente vive nel proprio
intimo, e non invece di fronte al mondo che non sa riconoscere n apprezzare il dono di Dio, e a cui manna e nome nuovo devono restare segreti.
Nella stessa lettera poi si parla dei Nicolaiti che non si facevano scrupolo di
cibarsi delle carni immolate agli idoli (vv. 14-15), lasciandosi coinvolgere
nei culti idolatrici del mondo pagano. Per il suo viaggio esodico verso la
terra promessa il vincitore equipaggiato non di quel cibo blasfemo, ma
della manna nascosta dei misteri cristiani, forse leucarestia15.
La promessa al vincitore di Tiatira (2,26-28a) dice che dal Cristo egli
ricever potere sulle nazioni per governarle con scettro di ferro, perch
dalla battaglia ultima e decisiva esse usciranno fracassate come vasi di
terracotta. Anche questa promessa sembra debba realizzarsi nella storia e
non nellescatologia, soprattutto per quellandare in frantumi, come vasi
di terracotta, delle nazioni. Se per la precedente promessa riguardava la
vita intracomunitaria del vincitore, questa lo proietta invece allesterno, nel
confronto con il mondo non-credente, con gli eqnh, e cio con le nazioni
pagane16.
Lultima parte della promessa (E dar a lui lastro del mattino / to\n
astera to\n prwino/n) di interpretazione particolarmente difficile. A.
krinjar la trova molto ermetica (minus aperta), e giudica recondito e
inaccessibile agli interpreti il suo significato, per cui a ragione si mera14. Una conferma viene dalle attualizzazioni neotestamentarie della manna di Gv 6,31.39

e 1Cor 10,3. Cos poi intendeva Berengaudo: Hoc pane aluntur omnes electi, in deserto
atque in itinere hujus saeculi positi, usque dum veniant ad terrram repromissionis (PL
17,861.B-C). Di diverso parere sono G.B. Caird, A Commentary on the Revelation of St
John the Divine (BNTC), London 21987 (11966), 42, che, qualificando (abusivamente) la
manna come celeste / heavenly, la ritiene cibo del banchetto celeste, e Gangemi, La
manna nascosta, 336, che scrive: nel contesto di Ap 2,17 non si parla di deserto, e la
manna la promessa al vincitore. Ci riguarda il termine di un cammino, non il cammino
stesso. La manna il cibo futuro.
15. Cos tra gli altri Allo, Apocalypse, 29; T. Zahn, Die Offenbarung des Johannes (KNT
18), Leipzig 1924, I, 275; krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 239;
Jankowski, Manna absconditum, 3-9 (altri interpreti antichi e moderni sono citati alle
pp. 3-4, testo e nota 2); P. Prigent, LApocalypse de Saint Jean (CNT 14), Genve 2000,
134-135.
16. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 280, per esempio, afferma che la
vittoria sulle genti comincia gi ora, e secondo Caird, Revelation, 46, si costretti (compelled) ad ambientare il compimento della promessa nel mondo presente, perch nella citt
celeste, nella quale non entrer nulla dimpuro, certamente sarebbe fuori posto la vittoria
sulle nazioni. Tra gli antichi cf. Berengaudo, PL 17,865.A, che si chiede: quomodo
electi post mortem gentes dicuntur regere, cum in illa beata vita nullus sit qui regatur in
virga ferrea, ubi nihil distortum, nihilque pravum invenitur?.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

101

viglia che E.-B. Allo labbia definita una delle [immagini] pi evidenti
(une des plus claires)17. Lo stesso krinjar ritiene che limmagine sia da
collegare con quella precedente, cos che nellastro del mattino sarebbe
da vedere lo splendore della vittoria sulle nazioni18. Linterpretazione pi
frequente per quella che chiama in causa il pianeta Venere che scompare
per ultimo dal cielo del mattino. In altre parole, secondo la promessa, il
vincitore vedrebbe spegnersi lultima luce della notte, e vedrebbe la notte
della tenebra e del male lasciare il posto al sole che il Cristo19. Ma non
molto logico pensare che al vincitore sia promesso un qualcosa che poi
scomparir, e S. Bartina trova pi logico pensare che lastro del mattino
sia lo stesso sole, lastro (asth/r) che sorge nel mattino (prwino/n) ad illuminare il giorno del vincitore20.
Uninterpretazione alternativa quella della tradizione liturgica e patristica la quale, partendo da Ap 22,16 dove con astro del mattino il Cristo
definisce se stesso (Io sono lastro luminoso del mattino), ha visto nellaggettivo mattutino (prwino/n) un punto di contatto con il mattino della
resurrezione21, perch la finale del secondo vangelo ambienta la resurrezione
17. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 295, citando Allo, Apocalypse, 35.

Ancora pi pessimista di krinjar comunque Hemer, The Letters to the Seven Churches,
126, che scrive: The precise point of this promise is lost.
18. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 296: stella matutina una
cum potestate promittitur ut in hac exercenda splendor dignitatis effulgeat. Ma cf. anche A. Gangemi, La stella del mattino (Ap 2,26-28), RivB 26 (1978) 241, 267, il quale
scrive: Il fatto che lautore presenti due premi, dice che non possiamo considerare luno
indipendentemente dallaltro, Verga di ferro e stella del mattino sono due elementi che
competono al vincitore (). Stella e scettro stanno in relazione: si annunzia lavvento di
un potere regale.
19. Cf. gi Vittorino di Petovio: stella matutina noctem fugat et lucem adnuntiat, id
est diei initium (PL Suppl. 1,116); Primasio di Adrumeto: Haec enim stella, sicut noctis
finem, sic diei praebere videtur initium (PL 68,809.B-C). Tra i moderni cf. A. Schlatter, Die
Briefe und die Offenbarung des Johannes (Erluterungen zum NT), Stuttgart 1921, ristampa
1964, 167-168 (Ges conduce il vincitore dalla notte del mondo presente al giorno eterno);
Prigent, Apocalypse, 118 ( il sagit du Christ lui-mme, toile matinale qui annonce la
grande lumire finale).
20. Bartina, La Escatologa del Apocalipsis, 308, che cita J. Boehmer (ZNW 1923) e F.J.
Dlger (Mnster 1940) anche se, a dire il vero, nessuno dei due autori si occupa della stella
del mattino dellApocalisse. Fra gli antichi cf. Bruno di Segni: stellam claram et
lucidam, stellam solis et diei nuntiam (PL 165,620.B).
21. Cf. il preconio pasquale che canta: Lucifer matutinus () qui nescit occasum. Ille
qui, regressus ab inferis, humano generi serenus illuxit. Cf. poi Cassiodoro: daturum
se () pollicetur gloriosam resurrectionem, quam stellae commemoratione significat (PL
70,1407.C); Alcuino: Matutinam ergo stellam Dominus vincentibus dabit quando corpus
humilitatis nostrae reformabit, scilicet quando omnes, qui in monumentis audient vocem
Filii Dei, et procedent: quos ad perfectum diem perducet (PL 100,1109.B-C); Aimone di

102

G. BIGUZZI

nel mattino (Essendo risorto nel mattino / prwi, Mc 16,9), e perch la


Maddalena, Maria di Giacomo e Salome trovarono il sepolcro aperto e vuoto
appunto di mattino (prwi) (Gv 20,1; Mc 16,1-2). C allora chi ne conclude: difficile credere che lautore di Apocalisse, scrivendo prwino/n, non
pensasse al mattino pasquale22. Definendosi astro del mattino (22,16), il
Cristo parlerebbe dunque della propria resurrezione e, promettendo lastro
del mattino al vincitore (2,28), gli prometterebbe di farlo partecipare alla
sua resurrezione, perch entri con lui nel giorno che non conosce tramonto.
La partecipazione alla vittoria intrastorica del Messia sulle nazioni sarebbe
dunque coronata con la partecipazione alla pasqua eterna del Risorto.
6. Il trittico escatologico finale (al vincitore di Sardi, Filadelfia e
Laodicea)
La promessa al vincitore di Sardi (3,5) a tre membri. A lui sono promesse:
(i) bianche vesti, (ii) la riconferma del suo nome nel libro della vita, e (iii)
la testimonianza del Cristo a suo favore ( riconoscer il suo nome di
fronte al Padre e di fronte ai suoi angeli). Lultima immagine, quella del
riconoscere davanti a sembra debba essere interpretata in senso forense: nel giudizio finale il Cristo riconoscer il vincitore di Sardi come suo
discepolo fedele23. Il primo e il secondo membro della promessa sembrano
evocare proletticamente due conseguenze del terzo: chi supera il giudizio
(terzo membro; v. 5c), resta iscritto nel libro della vita (secondo membro;
v. 5b), e se ne andr vestito di bianche vesti (primo membro; v. 5a). Libro
Halberstadt: Spiritualis stella matutina Christus intelligitur qui surgens a mortuis tenebras
hujus saeculi fugavit, et luce fidei totum replevit mundum, et fulgore sui luminis illuminavit
tenebras nostrae mortalitatis (). Christus itaque, apparens vivus post mortem, matutina
nobis stella factus, e soprattutto: Ipse Christus est stella splendida (). Et bene [dicitur] matutina, quia mane surrexit (PL 117,985.A-B; 1219.A); Anselmo di Laon: Stella
matutina Christum significat () [qui] diem communis resurrectionis praecessit (PL
162,1512.B); Martino di Len: Stella matutina et lucifer, qui ortus, diem nuntiat, Christus
est, qui, resurgens, fidei lucem et immortalitatis mundo attulit (). Dabit ergo vincenti ()
stellam matutinam, id est seipsum, et gloriam resurrectionis (PL 209,317.A-B).
22. Gangemi, La stella del mattino, 263. Cf. poi M.S. Moore, Jesus Christ: Superstar
(Revelation xxii,16), NT 24 (1982) 82-91.
23. Limmagine quella del testimone, mentre nel ruolo di giudice il Padre. Cos krinjar,
Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 300, che rimanda ovviamente a Mt 10,32-33
par. e scrive: minus iudicis quam testis personam geret, sed testis extraordinarii, e
Caird, Revelation, 50, per il quale in 3,5 si trapassa dallanagrafe della citt al suo tribunale
(lawcourt) nel quale il Cristo il grande difensore.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

103

della vita e giudizio sono collegati anche altrove ( e fu aperto il libro


della vita, e i morti furono giudicati in base alle loro opere, 20,12), mentre
in questo contesto le bianche vesti sono simbolo di ricompensa (cf. 6,11)
e di gloria (cf. 4,4; 7,9.13), pi che vesti da battaglia (cf. 19,11.14). Si
potrebbe dire che, attraverso il tema sub-escatologico del giudizio, la promessa a Sardi segna il trapasso da quelle che parlano del cammino esodico
nella storia, a quelle che riguardano lescatologia vera e propria.
Nella promessa a Filadelfia (3,12) la pi lunga, con le sue 53 parole il
Cristo dapprima promette di collocare il vincitore nel tempio di Dio come
colonna salda e portante, e gli assicura che quella promessa ha valore perenne ( e fuori non uscir mai pi)24. Poi completa limmagine con quella
dellincisione su quella colonna di tre nomi: il nome di Dio, il nome della
Gerusalemme nuova discendente dal cielo, e il suo stesso nuovo nome. I tre
nomi significano triplice consacrazione e triplice appartenenza: il vincitore
sar per sempre di Dio, per sempre sar cittadino della Gerusalemme escatologica, e per sempre sar partecipe della novit escatologica del Cristo.
Secondo lultima promessa (3,21), infine, il vincitore di Laodicea potr
sedere sul trono del Cristo, cos come il Cristo si assiso sul trono del
Padre. La regalit (il trono) e lintimit con Dio e con il Cristo (sessione
sullo stesso, unico trono) caratterizzano lultima promessa come la regalit
(il trono di Dio e del Cristo, il regnare) e la visione del volto di Dio caratterizzeranno la finale del libro (22,3-5).
In tal modo i beni di cui le promesse al vincitore accendono la speranza vanno dalla storia allescatologia e, nellescatologia, dal superamento
del giudizio allandarsene rivestiti di bianche vesti (immagine dinamica)
e allessere costituiti come colonne nel tempio celeste (immagine statica
e sacrale), fino allassidersi sul trono del Cristo (immagine dapice) e del
Padre (apice dellapice).
7. Promesse al vincitore ed esortazione alla fedelt
Alcune delle promesse al vincitore dunque hanno come oggetto le realt
escatologiche, ma altre riguardano la difficile traversata della storia: il
24. R.H. Wilkinson, The stuvlo of Revelation 3,12 and Ancient Coronation Rites, JBL

107 (1988) 498-501, pensa che non si tratti di una colonna del tempio, bens di una colonna
che, come si ricaverebbe da 2Re 11,14, avrebbe fatto parte del rito dincoronazione del nuovo re, insieme con limposizione di un nuovo nome. Ma in 3,12 la colonna identificata con
la persona in questione ( far [di] lui una colonna nel tempio del mio Dio), e non da
essa distinta come in 2Re 11,14 (Il re stava presso la colonna, secondo lusanza ecc.).

104

G. BIGUZZI

peregrinare esodico sostenuto dalla manna nascosta (2,17b), unidentit


nuova che il mondo non pu comprendere (2,17c), e le aspre battaglie
contro il mondo ostile al Messia (2,26-28a)25. Lescatologia insomma non
va separata dalla vita, come se fosse una fuga dal difficile presente, perch
non c ricompensa escatologica senza la battaglia combattuta nella storia
a fianco del Cristo, cos come la fatica di ogni battaglia non mancher di
avere, alla fine, la sua ricompensa: perch presente e futuro sono in piena
continuit e si condizionano e si illuminano a vicenda.
Questo inserimento dellescatologia nella storia e nella vita si ricava
anche dallespressione oJ nikwn26, come implica lapposizione in 2,26 in
cui il vincitore colui che conserva / osserva sino alla fine le mie opere
[del Cristo]. Il vincitore delle sette promesse dunque chi nel passato
gi ha ricevuto le opere del Cristo come dono e come impegno, tanto
vero che richiesto di conservarle e difenderle. In secondo luogo colui
che aderisce al Cristo non solo a livello dottrinale, perch le opere (ta
erga) parlano di prassi e dimpegno attivo. In terzo luogo colui che
nella sua adesione al Cristo persevera sino alla fine (acri telou). Alla
concretezza della sua adesione aggiunge dunque la continuit nel tempo:
anche fino al martirio. Riferendosi soprattutto allespressione il vincitore27, giustamente R. Bauckham dice che il vocabolario delle promesse
di stampo militaristico. Ma di tutta la metafora militare a Giovanni
importa la battaglia pi che la vittoria, ed solo per abilit retorica
che egli parla di vincitore invece che di combattente. Desiderio di
Giovanni che quel combattente non desista ma perseveri e, se evoca
insistentemente la vittoria, lo fa per infondergli la certezza che essere
fedeli non inutile.
La sequenza delle sette promesse di Ap 23 non fornisce dunque alcun
elenco pi o meno completo dei novissimi, ma esortazione e sostegno alla
vita delle Chiese. unescatologia pastorale, non libresca.

25. Cf. per esempio Jankowski, Manna absconditum, 6; Prigent, Apocalypse, 135. Di

diverso parere krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 186, che scrive: Vita
aeterna () est ratio communis omnium praemiorum.
26. J.E. Rosscup, The Overcomer of the Apocalypse, GTJ 3 (1982) 261-286, difende e illustra a lungo lovvia affermazione che in Ap 23 vincitori non sono soltanto i martiri ma
tutti i salvati. Cf. la bella definizione di vincitore data da Ambrosio Autperto ( 784):
Quisquis eo labore, eo certamine, eo sudore, pro humano modo uiribusque desuper acceptis
dimicando uicerit, quo ego [il Cristo] dimicans uici (CChr CM 27,202).
27. R. Bauckham, La teologia dellApocalisse (LB 12), Brescia 1994 (Cambridge 1993),
87-88.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

105

II. Il grido dei martiri e la risposta di Dio: escatologia e persecuzione


1. Giovanni e le Chiese di fronte alla persecuzione (Ap 6,9-11)
Dopo aver descritto con limmagine dei quattro cavalieri di 6,1-8 le
componenti della storia, positive (il cavallo bianco, come quello del
Cristo di 19,11ss) e negative (i cavalli rosso della guerra, nero dellingiustizia sociale, e verdastro della morte)28, Giovanni evoca la situazione
storica delle sue Chiese attraverso la visione delle anime dei martiri,
uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che avevano. Da
sotto laltare celeste essi gridano a Dio il lamento dellinnocente perseguitato: Fino a quando non farai vendetta del nostro sangue, tu che
sei Sovrano santo e giusto? (6,9-10). questa la scena-madre da cui
scaturisce tutta la trama della seconda parte dellApocalisse29. In questo testo cos audace, infatti, Giovanni sembra raccogliere lobiezione
che gli veniva insistente dalle Chiese dAsia. Cera chi per la fedelt
a Dio aveva affrontato il martirio e, se i credenti erano stati fedeli nei
confronti di Dio, Dio non era fedele cos sembrava loro nei loro
confronti30.
Dio era dunque sentito come vendicatore del sangue, proprio in
forza della sua natura di Sovrano universale che governa la storia con
giustizia, e si era sgomenti e disorientati, perch Dio non interveniva a
ristabilire la giustizia. Lattesa era che Dio manifestasse tutta la sua forza
a favore dei suoi, e la realt invece era quella del suo silenzio e, se si
vuole, della sua debolezza. La risposta alle Chiese viene data in 6,11:
ai martiri viene consegnata una veste bianca (v. 11a), simbolo di partecipazione alla vittoria del Risorto, e viene per detto loro che devono
riposare31 ancora un piccolo tempo in attesa che giungano a compimento
28. Cf. Biguzzi, I settenari, 121-130.
29. Cf. Biguzzi, I settenari, 147-148, 311.
30. Quelli di martirio e persecuzione sono concetti soggettivi: le misure repressive

prese in base alla legislazione in vigore sono sentite come persecuzione in particolari circostanze da chi ne colpito, ma le autorit non si sentono nella veste del persecutore quando
applicano leggi e sanzioni; cf. G. Biguzzi, John on Patmos and the Persecution in the
Apocalypse, EstB 56 (1998) 201-202, nota 1.
31. Il verbo ajnapau/ein viene tradotto di solito con pazientare: cf. per esempio le traduzioni CEI 1975 e 1997: e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finch ecc., e la
traduzione della cosiddetta Bibbia di Gerusalemme: en leur disant de patienter encore
un peu. Tuttavia A. Feuillet, Les martyrs de lhumanit et lAgneau gorg. Une interprtation nouvelle de la prire des gorgs en Ap 6,9-11, NRTh 99 (1977), facendo presente

106

G. BIGUZZI

i loro conservi e fratelli che come loro saranno uccisi (v. 11b). Lo stesso
problema e la stessa risposta sembrano riproporsi nella beatitudine di
14,13a che proclama beati i morti nel Signore, e nelloracolo profetico seguente che approva la beatitudine e la completa: S: [coloro che
muoiono nel Signore] riposino (ina anapah/sontai)32 dalle loro fatiche,
perch le loro opere li accompagnano (14,13b). Circa questo riposo
da dire che, poco prima, langelo annunciatore della caduta di Babilonia,
aveva annunciato lopposto per gli adoratori della Bestia: ... e mentre
nei secoli dei secoli sale il fumo del loro tormento, giorno e notte non
hanno riposo (oujk ecousin anapausin) coloro che ecc. (14,11). Alle
Chiese dAsia dunque, che si interrogavano sulla sorte di chi era stato
fedele fino al sangue, Giovanni rispondeva che le opere seguono oltre
la morte chi fedele a Dio e che per lui c una ricompensa di pace e
di riposo, mentre per quelli del campo avverso c tormento per i secoli
eterni, non riposo.
In altre parole, per i tempi lunghi Giovanni parlava di giudizio giusto
di Dio nei confronti dei persecutori, e di ricompensa per chi si conservava
fedele, ma per i tempi brevi affermava che ci sarebbero stati altri martiri,
e dunque che la persecuzione, nonostante tutti i suoi connotati negativi, non
ultimo il reale pericolo di apostasia, rientrava nel piano di Dio.
2. Dio debole nella storia e potente nellescatologia (Ap 816 e 1820)
In realt poi sette sconvolgimenti cosmici annunciano lira di Dio e sette
gruppi umani, presi dal panico, si rifugiano nelle caverne dei monti e gridano: giunto il giorno grande dellira di Dio e dellAgnello, e chi pu
resistere? (6,12-17). Lira annunciata si scatena nel ciclo delle trombe
e delle coppe. Sette angeli tibicini, facendo squillare uno dopo laltro la
propria tromba, rovesciano flagelli e catastrofi sul mondo dellidolatria dei
che il verbo ajnapau/ein non ha mai quel significato (p. 200), ha sostenuto che anche qui
gli si deve riconoscere il suo significato di riposare. Citando Sap 4,7 e Ap 14,13 (a cui
bisognerebbe aggiungere 4Esd 7,75-101 e la preghiera liturgica del Requiem aeternam), a
ragione lo stesso autore definisce poi il verbo ajnapau/ein come designazione tecnica della
condizione dei giusti dopo la morte (pp. 199-200).
32. Per la traduzione dellespressione retta da ina con un imperativo cf. H.G. Meecham,
The Imperatival Use of ina in the New Testament, ExpT 43 (1942) 180; e Bl. - Debr.,
3874 (Riposino essi!, 4562). In alternativa si potrebbe intendere la frase come causale: cf. Bl. - Debr., 4562 (ina equivarrebbe a uno oti causale. oti qui la varia
lectio di P47).

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

107

simulacri (8,79,21; ma cf. soprattutto 9,20-21), e poi sette angeli coppieri,


rovesciando le coppe, riversano i loro flagelli contro la ben pi pericolosa
idolatria della Bestia-dal-mare (13,1) che si propone alladorazione di tutti
gli abitanti della terra (13,4.8.12 ecc.)33. Tra laltro gli idolatri della seconda
idolatria sono presentati come persecutori dei santi e dei profeti (16,5-6; cf.
anche 17,6; 18,24; 19,2; 20,4), cos che abbastanza evidente la volont
di Giovanni di dare risposta al grido dei martiri di 6,9-10 e, dunque, agli
interrogativi che travagliavano le Chiese dAsia.
Lira di Dio e i suoi flagelli sono per finalizzati alla conversione e
non alla distruzione (9,21; 16,9.11), anche se tutti si induriscono nella
loro idolatria e nella loro opposizione al Cristo e ai suoi fedeli. Gli idolatri dellidolatria comune infatti non si convertirono dai loro omicidi,
n dalle loro pratiche magiche, n dalla loro fornicazione n dai loro
latrocini (9,21) e, allo stesso modo, gli idolatri dellidolatria della Bestia
bestemmiarono il nome di Dio e non si convertirono per dare a lui
gloria (16,9), bestemmiarono il Dio del cielo e non si convertirono
dalle loro opere (16,11; cf. anche 16,21)34. Se Dio nella storia dispiega
dunque i flagelli della sua ira, non per vendicare il sangue dei martiri,
ma per riscattare e ricuperare i persecutori. Lo schema di pensiero analogo a quello del libro di Giona: Giona si era rifiutato di fare il profeta a
beneficio dellodiata Ninive che aveva distrutto il regno dIsraele nel 721
a.C. e a Giaffa si era imbarcato per sottrarsi a quella missione, per lui
intollerabile. E tuttavia, contro la volont del profeta, Dio aveva voluto
la conversione della citt nemica.
Lintervento di Dio, nonostante lenfasi posta da Giovanni su flagelli e
catastrofi, dunque medicinale e misericordioso. Ma, poich ne vengono
soltanto indurimento e ostinazione, dopo lintervento medicinale, non rester altro che il giudizio.
3. Lintervento giudiziale di Dio (Ap 1820)
Il giudizio quadruplice. Il primo quello di Babilonia che in un solo
giorno (18,8), anzi in una sola ora (18,10.17), viene distrutta dal fuoco,
rimpianta dai potenti, dai mercanti di terraferma e dalla gente di mare
che con essa avevano trescato (18,9-10; 18,11-16; 18,17-19). Il secondo
33. Cf. Biguzzi, I settenari, 151-163, e 165-178.
34. Cf. G. Biguzzi, LApocalisse e i suoi enigmi (SB 143), Brescia 2004, 236-245.

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giudizio quello delle due Bestie, artefici di unidolatria che scimmiottava il culto del vero Dio: sia la Bestia-dal-mare che la Bestia-dalla-terra
vengono sprofondate nello stagno di fuoco e zolfo che la morte seconda
(19,19-21). Il terzo giudizio quello del Drago (20,7-10), nemico implacabile del Messia (12,3-18), ispiratore delle due Bestie e della loro idolatria (13,2.4; cf. anche 16,13): anchesso viene sprofondato nello stagno
di fuoco e zolfo. Lultimo giudizio, dal valore universale e non limitato
al mondo dellidolatria e dellostilit anti-messianica, quello di Morte
e di Ade (20,11-15)35.
Giovanni ammette che, s, Dio nella storia debole. debole, per,
per scelta. debole perch vuole la conversione, cos che la sua debolezza
non deve essere interpretata come complicit. Se per il male non accetta
di convertirsi, Dio lo distrugger. Debole per scelta nella storia, Dio forte
nellescatologia, per inconciliabilit col male36.
Lescatologia qui risponde alle difficolt di teodicea che sorgono di
fronte alla persecuzione.
III. La Gerusalemme nuova e lepilogo: escatologia e preghiera
1. Lostensione della Gerusalemme nuova (Ap 2122)
Gli ultimi sei capitoli dellApocalisse sono il racconto di due ostensioni37.
Un primo angelo mostra a Giovanni Babilonia che dapprima presentata
come una procace prostituta (17,1-18) e poi come citt ridotta in macerie
(18,119,4). Un secondo angelo mostra a Giovanni invece la sposa dellAgnello che la Gerusalemme nuova discendente dal cielo (21,922,5)38.
La prima ostensione, come s visto, il primo in una serie di quattro
giudizi, mentre la seconda la radiosa conclusione di tutta lApocalisse
nella quale lautore osa descrivere lindescrivibile: la creazione nuova e la
beata eternit39.
35. Cf. Biguzzi, I settenari, 303-304.
36. Cf. Biguzzi, LApocalisse e i suoi enigmi, 246.
37. Cf. C.H. Giblin, Structural and Thematical Correlations in the Theology of Revelation

16-22, Biblica 55 (1974) 487-504.


38. Cf per una prima discesa della santa Gerusalemme in Ap 20,1-8. R.H. Charles, A
Critical and Exegetical Commentary on the Revelation of St John (ICC 14), II, Edinburgh
1920, 151-153, spiega la duplice discesa a partire dalla maldestra combinazione di due fonti, una delle quali parlava della Gerusalemme celeste (21,1ss) e laltra della Gerusalemme
del millennio (20,1ss), ma cf. per esempio le difficolt opposte a questa spiegazione da D.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

109

Il testo della Gerusalemme nuova va probabilmente suddiviso a partire


dalle quattro formule introduttive che hanno come soggetto tre volte langelo, e una volta la terza Giovanni40: e [langelo] mi mostr la citt,
la santa Gerusalemme discendente dal cielo, da Dio (21,10); E colui che
parlava con me aveva una canna mensoria doro per misurare la citt e le
sue porte e le sue mura (21,15); E tempio non vidi in essa, perch ecc.
(21,22); e [langelo] mi mostr il fiume dacqua di vita ecc. (22,1).
A ben osservare, poi, i quattro segmenti di testo che ne risultano sono da
leggere due a due, dal momento che il primo e il secondo descrivono la
citt dallesterno, mentre il terzo e il quarto conducono allinterno di essa,
e nella beatitudine che vi si vive41.
2. La struttura della citt basata sui numeri dodici e quattro
(Ap 21,10-14)
Nel primo dei quattro testi (21,10-14), dopo aver detto in termini di pietre
preziose lo splendore della citt ( il suo splendore [] simile a pietra preGeorgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem in Apk 21 und 22, in G. Lhrmann G. Strecker (edd.), Kirche. FS G. Bornkamm, Tbingen 1980, 355, nota 15. Per uno status
quaestionis sul problema e per una diversa sua impostazione cf. Biguzzi, LApocalisse e i
suoi enigmi, 118-121.
39. I commentatori non possono che essere unanimi nel definire questa visione come
culminante per Ap. W. Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem (Apk 21,1-22,5) als
Verheiung und Gottesverkndigung, TThZ 77 (1968) 17, parla di abschlieende
Hhepunkt; W.W. Reader, The Twelve Jewels of Revelation 21,19-20: Tradition History
and Modern Interpretations, JBL 100 (1981) 433, parla di culmination analoga a quella
che nei vangeli si ha nella passione; J.A. du Rand, The Imagery of the Heavenly Jerusalem (Revelation 21,9-22,5), Neotestamentica 22 (1988) 83, parla di climax of the Ap;
A. Alvarez Valds, La nueva Jerusaln del Apocalipsis y su races en el AT: el periodo de
la Jerusalm [sic] celeste, RevBb 56 (1994) 231, parla di punto culminante del libro.
Infine, Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 359, parla di krnender Abschlu, e collega allindietro la promessa al vincitore che si trova in questo contesto, con
quelle di Ap 23: Der berwinderspruch in 21,7 weist auf die Abschlsse der Adressen
an die sieben Gemeinden zurck und fat sie zusammen (p. 360).
40. Afferma qualcosa di simile J. Comblin, La liturgie de la nouvelle Jrusalem (Ap,
XXI,1-XXII,5), ETL 29 (1953) 5-6, che tiene conto delle formule apocalittiche di Ap
21,1; 21,9-10 e di 22,1, ma non della mensurazione di 21,15.17, e che esclude esplicitamente il ruolo dellIo vidi di 21,22.
41. Qualche autore accenna, anche se molto casualmente, al trapasso dallesterno della citt
al suo interno: cf. D. Yubero, La Nueva Jerusaln del Apc 21,1ss, CuBb 115 (1953)
359 ( la vida interior de la nueva Jerusaln); Comblin, La liturgie de la nouvelle
Jrusalem, 17 ( lintrieur de la nouvelle Jrusalem).

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G. BIGUZZI

ziosissima, come pietra di diaspro trasparente, 21,11), Giovanni parla della


cinta muraria, grande e altissima (v. 12). In tutta la descrizione dellesterno
della citt le mura sono evidentemente molto importanti e di fatto sono menzionate ben sei volte (vv. 12.14.15.17.18.19)42. Di esse Giovanni descrive le
porte (oi pulwne) e quelli che egli chiama i fondamenti (oi qeme/lioi), e
cio, probabilmente, i tratti della mura che vanno da porta a porta43.
Quello che non pu non attirare lattenzione il simbolismo numerico
collegato sia alle porte che ai fondamenti. I numeri simbolici sono due:
anzitutto il dodici, ripetuto tre volte sia per le porte che per i fondamenti. Le porte infatti sono dodici e recano ognuna sul proprio frontone
un nome per un totale di dodici nomi che sono i nomi delle dodici trib
dIsraele. Allo stesso modo i fondamenti sono dodici e recano dodici nomi
che sono i nomi dei dodici apostoli dellAgnello. Il secondo numero simbolico il quattro: Giovanni dice che le dodici porte si distribuiscono
in eguale numero sui lati della citt che, come dir il v. 16, quadrilatera
(tetragwno): A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte, e tre a occidente (v. 13). E cos, attraverso la combinazione
aritmetica del numero quattro con il numero tre, per moltiplicazione
o per somma, si ricondotti al dodici.
Quanto ai due numeri e al loro simbolismo, il dodici evidentemente
il numero del popolo di Dio. Il collegamento delle porte con le trib e dei
fondamenti con gli apostoli, che potrebbe non avere particolari valori simbolici, variamente interpretato dai commentatori44. Di certo Giovanni voleva
42. Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 21, e K. Wengst, Babylon the Great

and the New Jerusalem: The Visionary View of Political Reality in the Revelation of John,
in H. Reventlow et alii, Politics ant Theopolitics in the Bible and Postbiblical Literature,
Sheffield 1994, 200, ricordano come nellantichit non si potesse immaginare una citt senza
cinta muraria. Questo vero nonostante le riflessioni dellAteniese interlocutore di Clinia
nelle Leggi di Platone secondo cui una citt non deve avere mura affinch i cittadini siano
stimolati a continua vigilanza (779D-888D).
43. Cf. per esempio Prigent, Apocalypse, 673, che scrive: La formulation suppose une
enceinte dans laquelle les douze portes dlimitent douze portions de mur.
44. C chi si limita a dire che anche le trib del NT hanno il loro prototipo in cielo: cos
O. Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, in O. Bcher et alii (edd.), Kirche und
Bibel. FS E. Schick, Paderborn 1979, 31. C chi ricorda che in Ef 2,20, come qui, agli apostoli
attribuito il compito di essere fondamento: cf. per tutti Comblin, La liturgie de la nouvelle
Jrusalem, 14. Per Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 366, Giovanni invertirebbe provocatoriamente i ruoli, perch ci si aspetterebbe che attribuisca alle trib storiche
dIsraele il compito di essere fondamento e agli apostoli quello di essere porte dingresso al
Regno. Infine du Rand, The Imagery of the Heavenly Jerusalem, 82, fa notare che Giovanni
riconosce valore permanente alle due diverse epoche storiche: It does not dissolve the distinctions between the patriarchs and apostles, but shows that thus do not play the same role.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

111

dire che la citt escatologica punto darrivo per la storia di tutto il popolo
di Dio nelle sue due componenti, quella pre-messianica delle trib e quella
messianica degli apostoli45. Il numero quattro con altrettanta evidenza il
numero del cosmo, dal momento che vengono elencati luno dopo laltro
i quattro punti cardinali, su ognuno dei quali sono disposte tre porte della
citt. La citt escatologica dunque riassunto, esito e meta non solo di tutta
la storia, ma anche di tutto il creato. il mondo nuovo, la nuova umanit e
la nuova creazione.
In secondo luogo, bisogna dare significato anche alle operazioni aritmetiche nelle quali Giovanni sembra voler coinvolgere il suo lettore, mentre gli
descrive porte e fondamenti della citt: la pi evidente la somma di 3 +
3 + 3 + 3 porte per un totale di dodici, ma le dodici porte coi dodici nomi
delle dodici trib e i dodici fondamenti con i dodici nomi dei dodici apostoli
danno vita a due equazioni che hanno in comune lo schema: 12 = 12 = 12.
Il popolo di Dio dunque avr nella citt escatologica la sua dimora perfetta: in
essa ogni trib o ogni Chiesa avranno il pieno diritto di cittadinanza, perch
sul loro numero basata tutta la sua architettura escatologica.
3. Misure perfette e preziosit della citt escatologica (Ap 21,15-21)
Dopo lostensione della citt, nel racconto di Giovanni viene la sua misurazione. Il v. 15 dice che linterlocutore di Giovanni aveva una canna mensoria
e che era sua intenzione o suo compito di misurare la citt, le mura e le porte.
Di fatto poi langelo misura la citt (v. 16) e le mura (v. 17), ma non le porte
che saranno per celebrate per la loro preziosit dopo che sar stata descritta la
straordinaria preziosit dei fondamenti, menzionati precedentemente in 21,14,
non nellannuncio della mensurazione (v. 15). Lo strumento mensorio esso
stesso preziosissimo perch doro (v. 15) e poi perch, anche se misura
duomo, pur sempre misura dangelo. In altre parole, anche se espressa
con numeri e parole umane perch il lettore possa capire, lunit di misura
pur sempre angelica, celeste, escatologica46. Le dimensioni della citt sono
45. Cos per esempio Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 21 ( die Einheit

des atl. und ntl. Gottesvolkes) e Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 365
( lebendige Gemeinschaft, aus der Vergangenheit wie aus der Zukunft in der Gegenwart
hineinreichend).
46. Giovanni sembra sentire linsufficienza del linguaggio umano a esprimere il mistero.
M. Topham, A Human Beings Measurement, which is an Angels, ExpT 100 (19881989) 217, ritiene sia rilevante il fatto che il numero 144 si ottiene sommando i valori
numerici delle lettere di BNY LHYM, che in ebraico significa figli di Dio.

112

G. BIGUZZI

tutte perfette ed armoniose. La lunghezza e larghezza sono identiche (v. 16b),


e la canna mensoria rivela poi che non solo lunghezza e larghezza, ma anche
laltezza uguale47, risultando ciascuna di 12.000 stadi (v. 16c). A loro volta
le mura misurano in altezza o spessore48 144 braccia o cubiti49 (v. 17a).
47. La sorprendente forma cubica della citt ha fatto pensare alla Babilonia descritta da Ero-

doto, con la sua ziqqurat ([Babilonia] una citt quadrata, e ogni lato misura 120 stadi ecc.
In mezzo al santuario una torre massiccia, lunga e larga uno stadio: su questa torre poggia
unaltra, e unaltra ancora su questa: complessivamente otto, Erodoto, 1,178, e 181): cos tra gli
altri H. Kraft, Die Offenbarung des Johannes (HzNT 16a), Tbingen 1974, 271 ( hier ist
gemeint die antike Stadt Babylon mit ihrer Zikkurat ecc.); du Rand, The Imagery of the
Heavenly Jerusalem, 77; Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367. Tuttavia
Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 22, obietta che il cubo di 21,16 non pu essere
assimilato n alle piramidi egizie n alle ziqqurat mesopotamiche. Numerosi commentatori
vedono nella forma cubica della Gerusalemme dellApocalisse un simbolo e unallusione al
(cubico) santo dei santi del tempio gerosolimitano: cos tra gli altri C. Deutsch, Transformation of Symbols: The New Jerusalem in Rv 21,1-22,5, ZNW 78 (1987) 113; du Rand, The
Imagery of the Heavenly Jerusalem, 77, 81 (The Babylon connection is combined with the
cubic shape of the holy of holies). Spesso si fa notare che la forma quadrata e la forma del dado
avevano per gli antichi valore di perfezione: cf. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367; O. Bcher, Die heilige Stadt im Vlkerkrieg. Wandlungen eines apokalyptischen
Schemas, in O. Betz et alii (edd.), Untersuchungen zu Josephus, dem antiken Judentum und
dem Neuen Testament. FS O Michel, Gttingen 1974, 75 (Der Wrfel gilt der Antike, hnlich
wie die Kugel, als Symbol der Vollkommenheit). Bcher cita poi H. Bietenhardt, che scrive:
Der Kubus ist wie das Quadrat ein Symbol der Vollkommenheit und Harmonie.
48. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367, nota 69, si sente costretto a fare
lipotesi che i 144 cubiti siano appunto la misura dello spessore del muro perimetrale dal momento che, secondo Ap 21,16, laltezza deve essere di 12.000 stadi, come larghezza e lunghezza.
49. Lenormit delle dimensioni induce i commentatori a proporre emendazioni testuali. M.
Del Alamo, Las medidas de la Jerusaln celeste (Ap 21,16), CuBb 3 (1946) 136-138,
propone di eliminare le migliaia in 12.000 e la menzione dellaltezza in Ap 21,16, richiamandosi ad analoghe omissioni di qualche commentatore antico (Apringio di Pax Julia, Beda,
Beato, Berengaudo); M. Topham, The Dimensions of the New Jerusalem, ExpT 100 (19881989) 417-419, propone anchegli di eliminare le migliaia, o di cambiare gli stadi in cubiti. Altri commentatori fanno confronti con distanze geografiche e valori a noi familiari
per rendere meglio lidea delle dimensioni spropositate. Cos, le porte avrebbero un diametro
di 250 piedi (e cio di oltre 76 metri) per E. Burrows, The Pearl in the Apocalypse, JTS 43
(1942) 178; per Del Alamo, Las medidas de la Jerusaln celeste (Ap 21,16), 138, ogni lato
della citt coprirebbe la distanza da Cadice a Londra, cos che la sua superficie supererebbe la
met dellEuropa. Ogni lato del perimetro urbano misurerebbe 2.400 km (stadio = 200 metri)
secondo Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 21; oppure 2.220 km (stadio = 185
metri) invece per Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367. Il perimetro della
citt sarebbe pi che met della Francia, laltezza pi che 200 volte quella dellEverest, e la
superficie totale pi che met di quella degli Stati Uniti dAmerica, per Topham, The Dimensions of the New Jerusalem, 417. Saggiamente M. Wilcox, Tradition and Redaction
of Rev 21,9-22,5, in J. Lambrecht (ed.), LApocalypse johannique et lApocalyptique dans
le Nouveau Testament (BETL 53), Leuven 1980, 212, fa notare che non solo le proporzioni
della citt sono incredibili ma che anche la sua bellezza straordinaria, suggerendo in ultima
analisi di mettersi dalla prospettiva di un poeta, non da quella di un geometra.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

113

Anche qui Giovanni coinvolge il lettore in operazioni aritmetiche:


12.000 il risultato di 12 x 1.000, mentre 144 lo di 12 x 12. Che
quelle cifre invitino al calcolo lo dice il fatto che alla base delle imponenti
dimensioni della citt escatologica sta il numero dodici, e il lettore potr
rinvenire quel numero solo se vede nel 12.000 e nel 144 altrettanti multipli del numero del popolo di Dio. La moltiplicazione poi del dodici con il
numero 1.000, aggiunge come multiplo il numero che il numero di Dio:
Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che passato, come
un turno di veglia nella notte (Sal 90/89,4; cf. 2Pt 3,8).
Poi Giovanni descrive fondamenti e porte. Quanto ai fondamenti,
prima egli li dice fatti e ornati di ogni pietra preziosa, poi li elenca uno
dopo laltro, dal primo al secondo ecc. fino al dodicesimo50, e dice di quale
pietra preziosa ognuno di essi costituito: Il primo di diaspro, il secondo
di zaffiro, il terzo di calcedonio, () il dodicesimo di ametista (v. 20)51.
Poi la volta delle dodici porte che sono viene detto dodici perle, con-

50. I commentatori discutono sia sulle fonti cui lautore si sarebbe ispirato per i nomi delle

dodici pietre preziose (Is 54,11; Tob 13,16-17; Es 28,15-30 e 39,6-21 ecc.), sia soprattutto
per il loro ordine. Giovanni si sarebbe ispirato alla lista di Es 28,21 per Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, 27 (il quale giunge addirittura a fare gli abbinamenti tra
pietre preziose e trib, cf. 29, nota 47), e per R. Bergmeier, Jerusalem, du hochgebaute
Stadt, ZNW 75 (1984) 102. Ma lordine delle pietre preziose in Ap 21 non affatto quello
di Es 28: cf. Reader, The Twelve Jewels of Revelation 21,19-20, 435-448; J.A. Draper,
The Twelve Apostles as Foundation Stones of the Heavenly Jerusalem and the Foundation
of the Qumran Community, Neotestamentica 22 (1988) 43-44. Charles, Revelation, II,
fidandosi di unaffermazione di Athanasius Kircher (erudito tedesco, gesuita, 1680), ha
fatto scuola affermando che lordine delle pietre elencate in Ap 21,21 esattamente e polemicamente inverso a quello dellantica astrologia egizia. Ma gli argomenti di Kircher e di
Charles sono stati polverizzati da T.F. Glasson, The Order of Jewels in Revelation XXI,1920: A Theory Eliminated, JTS 26 (1975) 95-100. Anche dopo la stroncatura di Glasson, la
spiegazione anti-astrologica di Ap 21,19-20, riproposta per esempio da Caird, Revelation,
277; U. Jart, The Precious Stones in the Revelation of St. John xxi,18-21, STh 24 (1970)
163; Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, 30; Georgi, Die Visionen von
himmlischen Jerusalem, 364-365. Hanno cercato altre strade invece J.A. Draper (pp. 4460), e soprattutto W.W. Reader, di cui cf. le equilibrate conclusioni a pp. 455-457.
51. Soprattutto i sostenitori della connessione con lo zodiaco sono convinti che Giovanni
attribuisca alle pietre preziose della Gerusalemme escatologica una funzione apotropaica:
per tutti cf. Bcher, Die heilige Stadt im Vlkerkrieg, 75 ( fr die Dmonen und ihre
Anhnger). Invece per Comblin, La liturgie de la nouvelle Jrusalem, 14-15, le pietre
devono soltanto dire lclat et la richesse de la ville. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 354, testo e nota 11, constatando che le mura non sono mura di difesa
perch le loro porte sono sempre aperte, disposto a parlare di forza magica (magische
Kraft), a patto che si tratti di una forza che affascina e attrae, non che respinge (p. 363):
se infatti il diaspro gloria e splendore in Ap 21,11, allora lo deve essere, insieme con le
altre undici pietre preziose, anche nei vv. 19-21 (p. 363, nota 4).

114

G. BIGUZZI

sistendo ogni porta di una sola, massiccia, preziosissima perla. Anche qui
Giovanni invita a calcolare. Il calcolo che riguarda i fondamenti quello
semplicissimo della somma: 1 + 1 + 1 = 12, mentre una semplicissima
equivalenza riguarda sia i fondamenti, sia le porte: 1 fondamento o porta
= 1 pietra preziosa o perla massiccia, per dodici volte.
La manifesta volont di Giovanni di coinvolgere il lettore in calcoli
che rendono creativa la sua lettura52, dice limportanza che attribuisce a ci
che gli va descrivendo: limportanza dellescatologia, della sua angelica,
anzi divina, perfezione. Tutto nellescatologia simmetrico, perfetto e
preziosissimo. E il lettore deve essere inebriato da tanta armonia e dovizia.
Deve desiderare di essere cittadino di quella citt e deve dunque con tutte
le forze difendere la sua appartenenza al popolo delle dodici trib e dei
dodici apostoli, perch la citt perfetta e preziosa conquista, dono e meta
solo per chi a quel popolo appartiene e a quel popolo fedele.
4. I popoli nella Gerusalemme escatologica (Ap 21,22-27)
Il v. 21b che, menzionando la piazza53, tutta doro purissimo come cristallo
trasparente, ha limportante funzione di trasferire lo sguardo del lettore
dallesterno della citt al suo interno. La piazza infatti pensata non, come
in oriente, a ridosso della porta cittadina ma, ellenisticamente, allinterno
dellimpianto urbano54.
52. Cf. U. Vanni Il simbolismo dellApocalisse, in LApocalisse. Ermeneutica, esegesi

e teologia, Bologna 1988 (rist. 1998), 52, nota 53, per il 666 di 13,18; poi a p. 54, per il
144.000 come risultante della moltiplicazione 12 x 12 x 1.000 in Ap 14; e ancora a p.
54, nota 57, per la somma di 12.000 + 12.000 + 12.000 ecc. in Ap 7. Cf. anche Biguzzi,
LApocalisse e i suoi enigmi, 140-141.
53. Il termine greco plateia significa (luogo) largo, spazioso e designa solitamente la
strada, cos che nel nostro contesto dovrebbe essere tradotto con strada, secondo Comblin, La liturgie de la nouvelle Jrusalem, 15, nota 25; Thsing, Die Vision des Neuen
Jerusalem, 22; Caird, Revelation, 278. Per Georgi, Die Visionen von himmlischen
Jerusalem, 365, il termine parlerebbe bens dellampia via processionale analoga alla via
sacra della Babilonia di Nabucodonosor e delle citt romane, che poi nel cuore della citt si
allargherebbe per dare vita alla sua piazza centrale. La citt escatologica cui Giovanni d
forma in Ap 2122 ha per la tipica pianta detta ippodamea perch le sue vie partono dalle
tre porte di ogni lato andando ad incrociare ortogonalmente quelle che giungono dallaltro
asse, e tutte al centro si aprono per fare spazio alla grande piazza una vera e propria piazza
, e al suo giardino.
54. Cf. G. Biguzzi, Giovanni di Patmos e la cultura ellenistica, in E. Bosetti et alii (edd.),
LApocalisse all'inizio del terzo millennio. Bilancio e prospettive. Studi in onore di U. Vanni,
Assisi 2005.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

115

Ora, dopo lingresso nella citt, senza che langelo mostri o misuri,
Giovanni vede o, meglio, guardando non-vede. Non vede alcun tempio,
e constata che nella citt escatologica sono superflui sole, luna, lampada.
Dio e lAgnello sono infatti sia tempio che luce. Dopo aver detto, in tal
modo, sia la sacralit (tempio) che la luminosit (lampada) della santa Gerusalemme, Giovanni parla poi di chi viene verso di essa dai quattro punti
cardinali e in essa entra attraverso le porte che mai vengono chiuse, perch
mai vi scende la notte (vv. 24-26). E parla di chi invece dalla citt viene
escluso: Non entrer in essa nulla dimpuro, n chi commette orrori e
falsit (v. 27). Anche altrove Giovanni insiste sullo sbarramento che viene
opposto allingresso di chiunque sia indegno della cittadinanza escatologica: Fuori i cani, gli operatori di magia, i pornoi, gli omicidi, gli idolatri, e
chiunque ama e pratica la menzogna (22,15; cf. anche 21,8 e 22,3a)55, ma
qui insiste molto di pi, e in chiave positiva, su chi ha accesso alla citt: i
popoli e i loro re56. Di essi poi dice soprattutto ci che portano alla citt:
portano la gloria e lonore dei popoli (vv. 24.26), dove gloria e onore
sembrano indicare le ricchezze che noi diremmo culturali57.
Se nellannuncio dellostensione e nellostensione stessa la Gerusalemme escatologica era presentata come dono di Dio ( discendente
dal cielo, da Dio) e come citt dalle misure perfette, dalle dimensioni
imponenti e dallineguagliabile preziosit, ora alla sua caratterizzazione si
aggiunge il contributo delluomo. I valori delle nazioni e delle loro civilt,
ovviamente illuminati e purificati dallannuncio evangelico, entrano nella
Gerusalemme escatologica come frutto, oramai perenne, del vangelo. Forse
proprio per questa dimensione prettamente umana di Ap 21,22-27 che
langelo, ostensore delle opere di Dio allindirizzo di Giovanni, ora non
menzionato: Giovanni di persona in grado di constatare e contemplare
55. Cf. anche Ap 21,8 secondo cui sono esclusi i vili, gli increduli, gli abietti, gli omicidi,

gli immorali, i maghi, gli idolatri e tutti i mentitori, e 22,3a dove detto che ogni maledizione esclusa.
56. Per designare i popoli Giovanni impiega il termine eqnh che nel linguaggio biblico designa i pagani. Colui che meglio esprime questo rovesciamento di sorti Wengst, Babylon
the Great and the New Jerusalem, 199, il quale fa osservare che nella stessa Apocalisse gli
eqnh erano fino a questo punto soltanto una massa perditionis. Wengst precisa poi che,
mentre di solito si intendono questi popoli in opposizione a Israele, in realt essi sono qui
in opposizione ai popoli su cui Babilonia dominava con il suo impero (13,7; 17,15).
57. La menzione di popoli, re e pi avanti dei servi di Dio dovrebbe rendere superflua linterpretazione antropologica degli spazi e delle strutture sostenuta soprattutto da R.H. Gundry, The New Jerusalem. People as Place, not Place for People, NT 29 (1987) 254-264,
ma anche da Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 24-27, i quali si richiamano
tra laltro ad Ap 3,2.

116

G. BIGUZZI

la risposta umana al dono divino e il contributo delluomo allescatologia.


Poi, infatti, dovendo descrivere il fiume dacqua di vita e lalbero di vita
che sono dono di Dio, di nuovo mette in scena langelo ostensore: e
[langelo] mi mostr il fiume () splendente come cristallo (22,1).
5. Lacqua e lalbero di vita, il trono e il regno (Ap 22,1-5)
Langelo ostensore mostra dunque a Giovanni il fiume dacqua di vita e,
nella piazza della citt, lalbero della vita che, fecondato dalle acque del
fiume, offre dodici frutti allanno, uno ad ogni mese. Dopo che stato
detto qual nella citt la bevanda e qual il cibo, vengono dette infine le
attivit dei servi di Dio: essi adorano Dio il cui trono si erge nella citt58,
contemplano il suo volto recando il suo nome sulla fronte e, immersi nella luce divina che non conosce notte e che non ha bisogno di sole n di
lampada, regnano per i secoli dei secoli. LApocalisse si conclude dunque
con il ritorno al Paradiso, anche se ora tutta una citt che incorpora in s
il giardino piantato da Dio in Eden, da lui irrigato con i quattro rami del
fiume paradisiaco e da lui incentrato attorno allalbero della vita.
In tal modo, dono di Dio e citt delluomo si fondono e si confondono
e, se anche dal cielo e da Dio che la citt discende, essa per si impianta
sulla terra degli uomini. L Dio dimorer tra di loro ed essi saranno i suoi
popoli ed egli sar il Dio-con-loro, lEmmanuele (Ap 21,3).
6. Lepilogo: Vieni Signore Ges (Ap 22,17.20b)
Giovanni ha osato limpossibile: ha descritto al suo lettore il mistero futuro.
Consapevole, forse, della sua audacia, nellultima pagina egli ritorna ad una
pi discreta scrittura, perch esorta ad attendere Colui che secondo le

58. Bauckham, La teologia dellApocalisse, 168, parla del trono come del simbolo centrale

dellintero libro, e M. Hengel, Die Throngemeinschaft des Lammes mit Gott in der Johannesapokalypse, in 1900th Aniversary of St. Johns Apokalypse. Proceedings of the International and Interdisciplinary Symposium (Athens - Patmos, 17-26 September 1995), Athens
1999, 562, nota come il trono di Dio sia menzionato nellApocalisse quasi tre volte di pi
che in tutto il resto del NT. Cf. poi soprattutto R. Amici, Il governo giusto e provvidente
di Dio nellApocalisse (Ap 4-5), in G. Bortone (ed.), La Provvidenza divina. Approccio
pluridisciplinare, LAquila 2001, 289, che in riferimento ad Ap 4 e 22 scrive: LApocalisse
racchiusa () tutta dallimmagine del trono di Dio, e rimanda al titolo The Book of the
Throne, dato da G.W. West (1934) al suo commentario allApocalisse.

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

117

parole delloracolo iniziale deve venire sulle nubi (1,7). In Ap 22,16 infatti, mentre Ges sta dicendo: Io sono () lastro luminoso del mattino,
dimprovviso la voce del narratore lo interrompe per dire che lo Spirito e
la sposa invocano la sua venuta (v. 17a). Lo stesso narratore aggiunge poi
tre imperativi desortazione: il primo rivolto allascoltatore (v. 17b), il
secondo allassetato (v. 17c) e il terzo a chiunque ha desiderio (v. 17d):
Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!
E chi ascolta, dica: Vieni!
Chi ha sete, venga
Chi vuole, prenda gratuitamente lacqua della vita (22,17)
In tal modo Giovanni preme sullascoltatore perch, per affrettare la
venuta dello Sposo, ripeta la preghiera che gi sulle labbra di Spirito e
sposa. E poi fa pronunciare allo Sposo la pronta e consolante risposta: S,
vengo presto! (22,20). cos che Giovanni di Patmos porta i suoi interlocutori da una vigilanza escatologica forse allentata, alla sete delle ultime
realt e alla determinazione di conquistarle.
IV. Conclusione: Giovanni di Patmos maestro di escatologia
Lescatologia svolge in Apocalisse non una, ma molteplici funzioni. In Ap
13 sostiene linvito alle Chiese perch siano fedeli. In Ap 616 risponde
alle obiezioni sulla mancata giustizia di Dio nei confronti di chi per lui
giunto fino al versamento del sangue. In Ap 2022 alimenta lardente preghiera della Sposa che grida: Vieni, Signore Ges.
Lurgenza e limminenza escatologica di cui lApocalisse permeata,
ha dunque la sua ragione nel desiderio di Giovanni di dire alle Chiese che
il tempo del travaglio e della sofferenza breve e che la ricompensa non
solo supera ogni attesa e immaginazione, ma anche vicina. a portata di
mano, per cui impensabile che non si perseveri anche a costo del martirio. questa strategia retorica di Giovanni che aiuta a capire le frequenti
espressioni dellurgenza e imminenza escatologica: le cose che devono
presto accadere, il tempo vicino, ancora un piccolo tempo, tempo pi non ci sar, gli resta un piccolo tempo, Ecco viene, Ecco
vengo come un ladro, Ecco, vengo presto, S, vengo presto.
Per tutto questo, la ricchezza di dottrina escatologica dellApocalisse
non va cercata nella quantit dei dogmi contenuti o assenti, come vorrebbero M.-. Boismard e S. Bartina, perch ci che grande in Giovanni

118

G. BIGUZZI

di Patmos la sua pedagogia alleschaton. Egli sa collegare per le sue


Chiese il presente al futuro, aiutandole a risolvere i drammi del primo con
la luce che viene dal secondo, e in modo convincente sa poi mettere sulle
labbra di ogni lettore linvocazione: Vieni, Signore Ges!. E cos mostra
di essere un grande maestro di vita cristiana, perch grande maestro di
escatologia.
G. Biguzzi

IL LIBRO DI OSEA
SECONDO LA VERSIONE SIRIACA (PESHITTO)

M. Pazzini - R. Pierri

Dopo i libri di Amos e Giona, apparsi nel precedente numero di questa


rivista, proponiamo ora, seguendo gli stessi criteri, il testo vocalizzato del
profeta Osea e unintegrazione bibliograca.
Il testo presentato concorda con quello delledizione critica, fatta eccezione per i seguenti quattro casi: 1) 3,3: la seconda parola hl stata
cambiata in Hl, come richiede il sufsso femminile singolare di terza persona; 2-3) 4,11 e 4,15: linizio dei versetti stato posticipato di una parola,
come sembrerebbe suggerire linterpunzione del manoscritto ambrosiano;
4) 10,7: alla parola hclm stato aggiunto un punto diacritico Hclm
cos come indicato in 7a1.
Nella vocalizzazione e nella resa di rukkkh e quy abbiamo operato
le seguenti scelte: in 2,2 abbiamo vocalizzato laggettivo r grande con
bth rukkkh (r) come nelle espressioni simili del Nuovo Testamento
edito dalla Bible Society (= BS; cfr. bibliograa) che rispecchia la tradizione del sistema occidentale (cfr. ad es. Mt 11,11; Lc 7,28; Gv 10,29). Nelle
Bibbie di Urmia e Mosul (qui la numerazione dei vv. diversa e la forma si
trova in 1,11) la parola munita sistematicamente di quy (r).
Nella vocalizzazione dellultima parola di 3,1 u, data la probabile derivazione dalla radice Wby, abbiamo optato per . Nelle edizioni di
Urmia e Mosul manca lindicazione di rukkkh e quy.
Il sostantivo femminile Tyjm rete in 5,1 (e con sufsso in 7,12)
stato vocalizzato con rukkkh come appare nel NT della BS, nelle 9
occorrenze al singolare (Mt 13,47; Lc 5,4.5.6; Gv 21,6[x2].8.11[x2]). Nelledizione di Mosul si ha, invece, D quy, mentre la Bibbia di Urmia
non lo segnala. Nelle grammatiche la questione appare sospesa. Si possono
consultare, a questo proposito, Nldeke 26 e Duval 111. Di conseLA 54 (2004) 119-139

120

M. PAZZINI - R. PIERRI

guenza abbiamo preferito attenerci alla tradizione rispecchiata in maniera


univoca nel NT.
In 9,3.10 la parola onf impurit, al singolare, presente nel NT
della BS con doppia vocalizzazione P (12 volte) e (Mt 23,27), stata
vocalizzata, seguendo la pronuncia di Abuna Shemun, con -- rukkkh.
Nelle edizioni di Urmia e di Mosul, anche in questo caso, rukkkh e
quy non vengono segnalati.
Il nome proprio pm (o pm) Men, che occorre in 9,6, stato
vocalizzato con -P-.
Nel vocalizzare la parola TDly partoriente, in 13,13 (e con sufsso in 2,7), abbiamo seguito ledizione di Mosul che ha D quy, mentre
ledizione di Urmia non segnala nulla al riguardo. Si veda in proposito
Nldeke 26.
Alcune volte abbiamo vericato la pronuncia del morfema t- del
femminile singolare enfatico dalla viva voce di Abuna Shemun. In tutti i
casi (5 parole) abbiamo registrato la pronuncia quy T- nei seguenti termini: 1) 7,8 il sostantivo Troxx focaccia; 2) 7,16 laggettivo
T ly n (arco) ingannevole, fallace; 3) 9,10 laggettivo T r C b
(co) primaticcio; 4) 10,4 laggettivo Tryb
(terra) sterile, incolta
(la stessa forma ricorre in 12,12); 5) 10,11 laggettivo Tlm (giovenca) ammaestrata.
Massimo Pazzini, ofm - Rosario Pierri, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

Bibliograa
The Bible Society (ed.), The New Testament in Syriac (titolo siriaco: dytyq dt dmrn yw
my), London 1905 (Vangeli) 1920 (Atti-Apocalisse). Le ristampe successive
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edizione, con unintroduzione di A. Juckel, Gorgias Press (Piscataway-NJ) 2003.

' a n rseR aC oT '


' uoh Tymq o y n '
[' ' oalq]
. r B r B u o h e o h a y r m D h m P (1.1)
aClm ayqz xo zxo oyo a yzoeD homoB
a C l m W o y r B e r o y D h o m o o . o h y
e o h a y r m D h m P Wy r (1.2) .yrsy
Tn l s z .uohl ayrm rm .uoh
aer a nz o y nzmD fm .Ny nzm ay no aynzm
rB rml hl sno zo (1.3) .ayrmD hrB Nm
hl rmo (1.4) .rB hl Dlyo nfo .ylD
an T ylq eD fm .yerzy hmu rq .ayrm
oClm fBo ohy TyB e .yerzyD hm
Tuql HyrB .oH amoyB hB (1.5) .yrsy y
Dlyo
oT nfo (1.6) .yerzy aqmoeB yr
sy
.mxr al Hmu rq .ayrm l rmo .rB
y D e o m x r m l o a n s o m a l D f m
TyB e (1.7) .ohl an qu qum al .yrsy
.ohhl ayrmB on @oro .xr ohyD Ny
al aPys al .on @or Tuq al
lsxo (1.8) .auR al auR alo .arq
5

122

M. PAZZINI - R. PIERRI

rmo (1.9) .rB Dlyo oT nfo mxr all


me al oTnD fm .me al hmu rq .ayrm l

.ol oh al ano .oTn


[' ' oalq]
,amy alx y yrsy n anynm ohn o (2.1)
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yrsy no ohy nB ounCno (2.2) .ay x hlal
N m o q s n o x a u y r o h l o Be n o . x y
orq

(2.3) .yerzy amoy oh rD fm .aer

e onoD (2.4) .myxR ooxalo me oCyxl


al ano Tn oh al hD fm .onoD om
nyB Nm Hroo HyP
Nm Hoynz rBeT .HleB yoh
amoy y HyqBuo fre Hyxlu alD (2.5) .HT
aer yo rBm y HyBeo .h yly
.xr al HnB eo (2.6) .ayhjB Hyymo yhj
ohm ynzD fm (2.7) .on ynz nD fm
Bhy .mxR rB z rmo .ohTDly Tho
(2.8) .l aeBmD o xumo nTo Txno mo mxl
. r DR B H x Ro a n a s h Ny l h f m
rB zo (2.9) .Cu al axroo Hylu oso
6

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

123

Cu alo on aeo .on r alo HymxR


.aymq leB ol l z oPh rmo .on
Ny h (2.10) .auhD Nm NyD h l oh fD fm
axumo rmxo roe Hl Bhy anD ey al
.aleB oe hnmo Hl yGs aho amaso
rmxo hnzB roe s oPh anh fm (2.11)
asD Hl BhyD nTo rme so .hnzB
.HymxR q H ysro al yCm (2.12) .H ysro
H l C f B o (2.13) . y N m Hy j n a l W n o
o h l o H B u o Hy x R y Wy r o Hy a e .Hox

rm D .Hy n o Hy n G r x o (2.14)

.Hye

.ae Nyn Beo .mxR l ohyD Nyn homD


Hy l e o q o (2.15)

.r B o yx Nyn o o

lquo .amsB ohB oh amysD .ale moy


ef lo .HymxR rB lzo HynGRmo Hyq
Hl an Dum h Nylh fm (2.16) .ayrm rm
(2.17) .HBl almo .rBml Hl an Bomo
PnD re aqmoeo .NmT Nm HymRC Hl To
yo .Hoylf moy y NmT Cmo .HlCos
(2.18)

.Ny r j m a e r N m h B q l s a m o y

alo rG nyrqT .ayrm rm oH amoy ohno


Nm ale amu rBeo (2.19) .leB nyrqT o
ohl yqo (2.20) .hmu oT orDTn alo .HmoP
7

124

M. PAZZINI - R. PIERRI

xrP eo r oy x e oH amoy amyq


a rq o a P y s o T u q o .a e r a u x r o a y m u
(2.21) .rsB on ruo .aer Nm fB
anyo oqyDz l rCmo .lel l rCmo
onmyh l rCmo (2.22) .amxRo oByfo
rm oH amoy ohno (2.23) .ayrml NyeDo
(2.24) .aeral onen onho .ay mul ane .ayrm
onho .axumlo rmxlo roel ane aero
xro .aera l Hyerzo (2.25) .yerzyal onen
nyrqn oho .mw all rqo .mxr al e
hl
['
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q
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r yG Tn xr z oT .ayrm l rmo (3.1)
.yrsy nl ayrm xrD y y amxr
auBD omxro .anRx hl rB oynP onho
roo s rseumx l HTnzo (3.2) .u

a y Gs moyD Hl rmo (3.3) .NyRes lo


ano .rl Nyoh alo Nynz al .l NyT
oTn aiG
s moyD fm (3.4) .ol oh
x alo afylu alo aClm alD .yrsy nB
.amsB aso o Wl alo axBm alo
8

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

125

ayrml oeno .yrsy nB onPn NCrB Nmo (3.5)


hoByflo ayrml oeDno .ohClm yolo ohhl
.ay R
x m
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[' d ' oalq]
anyD fm yrsy nB ayrmD hmP oemu (4.1)
Tuoq TylD e .aerD HyRome e ayrml
(4.2) .aera hlD hey al oByf al
.oys roo ono alfqo olGo fol
alaB T anh fm (4.3) .oflx am amo
r o y xo HyRome ohlC olano .aer
(4.4) .oosn amy ann o .a y mu xro
anhC y meo .Cm al al WnD fm
qTTo .ammyaB TlqTTo (4.5) .rxm
me @u (4.6) .m quo .ayllB me ayn
.ey Tyls ryG Tn .ey hB TylD fm
hlD hsomn Tyefo .onhC Nm ylso
.ofx a nh ohaos y (4.7) .nl aef an

ol meD hyfx (4.8) .olx allqB ohrqyo


y anh oho (4.9) .ohun oymr ohloelo
or ohyeo .ohxRo ohyle oqo .ame
.oys alo oynz .oeBsn alo olano (4.10) .on
9

126

M. PAZZINI - R. PIERRI

rmxo (4.11) .oynz omxro oqu ayrmlD fm


au hyerB me (4.12) .ohBll hBsn oyoro
.on yef oynz axorD fm .hyox hrfoxo
eo .oxB Rof uyR e (4.13) .ohhl Nm oho
mfo roxo afolB yxT .amsB oms mR
ollo onB Nnzn anh fm .Hllf ryPu
al o .Nnzn C onB roes al (4.14) .Ron
.Nfylx a y nz e NynhD fm .Ron C oll
CTsm al ame .NyxBm aqou qn e onho
y x a l y r sy Ny D T n (4.15) .y nz @Pe
yl oqs alo .alGll olz alo .ohyl
yD fm (4.16) .ayrm oh x om alo .o
.yrsy rm anh .ryn Nm Drm TroT
(4.17) .xor Rm y ayrm on aern yCmo
ohlC (4.18) .hl oqou yr RD oh aTou
axor rrfjT (4.19) .lxo rej omxro oynz
.ohyxBm Nm ohno .ohyn
[' h ' oalq]
yo yrsy yB oojo anh h oemu (5.1)
oTyoh axD .any oh olyD fm .oemu aClm
yjo (5.2) .roT e asyr Tyjmo aql
10

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

127

(5.3) .ohll Dr Ny an .axP ormf NyDyj


fm .nm as al yrsyo .yral an y an
Nq al (5.4) .yrsy nfTo .yr nz auhD
axorD fm .ohhl ol onPnD ohenj ohl
Cmno (5.5) .oey al ayrmlo .oho oynz
y r o

yrs y o

. h o m q

yrsy D

h rqy

(5.6) .ohme ohy qTTno .ohleB olqTTn


alo ayrml hyeml olzan ohyRoo ohneB
ry ayrmB (5.7) .ohnm hl @rD fm .hnoxCun
o rq (5.8) olo a yRon a y nD fm .olGD
o yB oeq .mr anrqo mr royu
amoy ohn alxl yr (5.9) .NymynB rB
.onmyh eDo yrsy BruB .onsCm
Ny n umD onh y oh y an ro R o o h (5.10)
ylf (5.11) .aym y ohyle zor ou .amoxT
r B z a m l a j D f m .a n y B jy l o y r
.yral ayxolD y oh ano (5.12) .q
yRs
y r z x o (5.13) . o h y y l a y r y o
roal yr zo .ho ohyo honhRoC
C u m

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. r y

a C l m

o l

r D u o

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y o yral ayr
y
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yl ayr ayroG
.jmD Tylo oquo zo rB an .ohy
11

128

M. PAZZINI - R. PIERRI

oeno ooxn ame .ral z oPh (5.15)


.ol omDqn ohnjloao .P
[' o ' oalq]
oho NxmD .ayrm ol zan oPhn ormano (6.1)
mo y Ny x n o (6.2) .N je n o h o r o .Ny s a n
Dno (6.3) .homq axno Nmyqn ayyl amoyo
.hqPm Nq ru y .ayrmD heyal zaml
o r m a e y r y o r f m y N l a n o
Be anmo yr l Be anm (6.4) .aeral
alf yo rj anne y ooByf .ohy l
lfqo .a y n qs anh fm (6.5) .reo Dqm
(6.6) .@oPn rhon y nyo .moP rmamB on
heyao .x alo oByfB yjD fm
y o n h o (6.7) .a m l D q y N m f h l D
elG (6.8) .B olGD Nmo .myq e ore aunrB
(6.9) .am alPlmo aloe DeD h Tnym
a n h C o T o T u .a s y r D y n uo e
(6.10) .oe aloeD fm .yul olfqo axroa
yr nz NmT .hmT yzx yrsy TyB
.afq l e ohy o (6.11) .yrsy nfTo
.meD hyu an anm am
12

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

129

[' z ' oalq]


yrD hloe lGo yrsyal ys am (7.1)
ano .mq rqou oeD fm .NyrmuD HTuyo
Nyrm alo (7.2) .aqo asy G lumo oh ae
RDxn yCm .an he ohyB NyhlD ohBlB
oyDx ohouyB (7.3) .P q ohD ohenj on
NyryG ohynfyl ohlC (7.4) .oholGo aClml
Wal Tnym Nm fn .yaml qy ronT y
anroR oyru NyClm amoy (7.5) .mx ame auyl
fm (7.6) .ayB e ohyy
on .rmx Nm zGrml
ayll hlo .ohnam ronT y ohBl xD
r o n

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olo ronT y omx ohlC (7.7) .yh


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rqD ohB Tylo .oln ohyClm ohlC .ohy n yl
o h y r . l x a m m e B y r (7.8) . l
anh (7.9) .l y ale Troxx
alo hl @n Roxo .y alo hlyx ayRon ol
alo .homq yrsyD hrqy Cmo (7.10) .y
(7.11) .hoae alo ohhl ayrm ol oynP
.aBl HB Tyl ru anoy y yr oho
olzanD ral (7.12) .olz roalo o Nyrjml
13

130

M. PAZZINI - R. PIERRI

x a ymu xrP yo .Tyjm ohyle or


(7.13) .ohoDhs aemu y on Dro .on
oyleD e ohyle Ty TuyB .nm onD ohl o
.olGD le ollm onho on qrP ry an .
olly al .ohBl hlC Nm ol oe alo (7.14)
NyuTCm rmx eo roe e .ohCum e
leo .oherD nueo yr ano (7.15) .B ormo
ooho .Dm al e oh (7.16) .TuyB oux
Nm ohynroR aBrxB olPn .Tlyn Tuq y
Nyrjm aeraD ohlzroe onh .ohnul oxrm

[' ' oalq]


.ayrmD hTyB e run yo anrq y moP (8.1)
orq l (8.2) .oyle somn eo myq e oreD e
.f yrsy aef (8.3) .hl ney ormo
.nm al al olm (8.4) .on r aDleo
oe ohho ohmas .noeDo alo oflTuo
Nyrmu leB oef (8.5) .oDan rP ohl
NyxCum al mal ame .ohyle zor mxo
oh rGno .oh yrsy NmD fm (8.6) .aCzml
o h o y e f l a l . h l o h a l o h D e
14

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

131

.ojx aleleo oerz axorD fm (8.7) .Nyrmu le


.axmq e alBu al o .ohl Tyl m y qo
(8.8) .hl ooh Nyl a yRon ohl oh y olo
anam y ammeB ooh yCmo .yrsy lB
y roal oqls onhD fm (8.9) .oxux hB Tyl
N (8.10) .xr hom yr .a yyxy re
Nm ylq oxynTTno .on W nC ammeB omlTun
yr GsD fm (8.11) .an fylo aClm alqu
.aBr hfxl axBm hl ooho .yfxl axBm
yRon yo .smn aos hl Bo (8.12)
Ny x B m a x D (8.13) . l m l Nyn u x
rDTn yCm .oh aj al ayrmo .Nyl rso
oPhn Nyrjml onho ohyhfx oqno ohloe
.a lC h a n o h D e D N M l y r sy a e f (8.14)
r o n @o B u . n u e n y m G s o h y o
.hR
xs oo hnym
[' ' oalq]
fm .amme y jo alo yrsy Dx al (9.1)
o C N m h o m Tm x r o . h l N m Ty e f D
.oeBsn al Trjem Nmo rD Nmo (9.2) .RD
.ayrmD heraB oTn al (9.3) .ohB Dn axumo
15

132

M. PAZZINI - R. PIERRI

onf roao .Nyrjml yr oPhn al


omsn alo .rmx ayrml oqnn al (9.4) .olan
C .anjloD ohl oh amxl y .ohyxD hl
ae al ohun amxlD fm onfTn holo
.ae amoyl oBe anm (9.5) .ayrmD hTyl
olz onhD fm (9.6) .ayrmD haee amoylo
.on roBqT Pmo .on WnT Nyrjmo .zB
a B o .H n o T ra n a y R o n o h m a s Gr
o r q . e m o y oy f m (9.7) .ohynCm
ayfu ayn als yrsy Dn .anero moy
aos Nm .oyfu axor h auyl r
e yr aqoD (9.8) .oxyru rTy loe
.hxRo NyhlC e lqo ax a y n .hl
y olBxo oqme (9.9) .hlD hTy oxyruo
oqno ohlo e rDTn y C m . mr my
x Cu r B m

an e y (9.10) .ohyhf x

.ohyhl yzx TrC TT yo .yrsyal


.Thl orzno .roeP eB ol ole onho
y y r (9.11) .omxrD y onfl ooho
Nmo asrC Nmo Dly Nm ohrqy r xrP
nB Nm on zy .a ynB oBrn N (9.12) .anfB
(9.13) .ohnm an rPm ohl oD ofm aun
a n h .Hynn alyuD rojl TyzxD y yr
16

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

133

ayrm ohl h (9.14) .alfql honB @Pn yr


a yT ayzm aeBrm ohl h .Tn hyD Dm
NmD fm .alGlB ohyB NyhlC (9.15) .ayBy
.on @P TyB Nm .ohenj ouyB on yns
o h y n f y l o h l C .o h y l e o m x r m l s o a l o
Tn alD Wyo .rqe yr axm (9.16) .Nyorm
.ohyem Gr ym .ay nB olon o .RaP
oohno .hoemu alD e hl on alsno (9.17)
.amme yB Nyef
[' ' oalq]
y .RaP DeD yrsy aqBu TG (10.1)
a o f y o .a x B m oy G s Hy R a a o s
Nmo ohBl lP (10.2) .ol onB oher
.ohol zoBno ohyxBm oxsn oh .oyxn auh
Nm .aClM Nl Tyl orman yCmD ofm

(10.3)

ollm (10.4) .Nl Ben anm aClm .Nlx al ayrm


anyD oero aq yD oqsP .lG ll alm
alel (10.5) .Tr y aer alqx rey y
fm .Nyrmu Rome aTT oohn o y
holeo .h oR mo o hme al aB h ol e oyD
roal hl o (10.6) .hnm reD hrqy eo oDxn
17

134

M. PAZZINI - R. PIERRI

yr Bqn ThB .ry aClml a n BRoq olBon


.HClm Nyrmu u (10.7) .hyerB hn yrsyo
o aCRP NRxno (10.8) .aym P e alG y
.ohyxBmB oean rDRo aBC .yrsyD hyfx
.ohyle NPn mRlo .oas Rofl ormano
N m T . y r sy Ty f x m r m o y N m (10.9)
anB e mr arq .on rn alo omoqn
ohyle ounCno .on Dr aB (10.10) .aloe
.o h o l s Ny h y T R T e Ny r m a m a m m e
.o r m l a m x r T l m T l e y r (10.11)
ohy rno yral Cr Hroj e re ano
oojxo .oqyDz ol oeorz (10.12) .oqey zoBno
anzD ofm .aru ol orhn .oByfD HmoP
o l

o x m o

.a y r m l

h y e m l

o h

oTDjxo .aloeo yfx oTrD (10.13) .hoqyDz


o T l TT D f m . o l G R a P o T l o
oqn (10.14) .oorBn aoso oxRoaB
zB y .ozBn yRC ohlo .me anD
HynB e am .arq amoyB y yB Nm amlu
q Nm y yB ol oe anh (10.15) .oqu

a C l m

h o

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o u y B

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18

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

135

[' ay ' oalq]


Nmo .hTmxr yrsy oh alf D fm (11.1)
anh on orqD y (11.2) .rB hyrq Nyrjm
om s a l l o .ox B a l e l o . m q N m ol z
e on lBqo .yral rB ano (11.3) .ams
B

n alxB (11.4) .on ysD oey alo .eRD


ohl yoho .mxr luo .on Dn aun
ohl nCro ohlq Nm ryn yrmD oH y
ayroo Nyrjm aeral oPhn al (11.5) .olo
hrCn (11.6) .Phml oj alD fm .ohClm oh
olano .ohyy Nm @lfTno .ohnym aPys
. o l m l Ny l T m e o (11.7) .o h y wR T N m
.yrTTn alo x y anrno .orqn hlalo
rDe anCy o .yr eys an Cy (11.8)
y o am y Be an Cy o .yrsy
Be al (11.9) .mxR olo Bl h .yoj
.yral holBxml oPh alo .zor mx
.ony aunrB yoh alo an hlD fm
ayrm rB (11.10) .Tnyml oe alo an auyDq
oeozno hnn ohD fm .hn ayr y olzan
Nm ryf y olono (11.11) .a m e N m a n B
on Pho .ro aer Nm any yo .Nyrjm
19

136

M. PAZZINI - R. PIERRI

.ayrm rm ohByl
[' y ' oalq]
y r sy y o .y r o l G B n r x (12.1)
ame .hlD hme xn ame .aln ohyo
ro .axor aer yr (12.2) .anmyhmo auyDq
.oy G s

z o

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Ny r j m l

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Bno .ohy e ayrml y anyo (12.3) .olBo


.hoyern henj yo .hxRo y oqeyl
ror hnuoeo hoxal n ry aeBrmB (12.4)
.hnm aeo aalm yx jmo (12.5) .hl

q
ayrmo (12.6) .hme lm Nmo hxCu y yB
ol nP NyD Tn
(12.7) .hrDT an
lyx hl

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NenD hya aln asm (12.8)

. h l
.yan ym

xCuo reD .yr rmo (12.9) .xr lfmlo


hfxl l aqs al oal Hlo .a l
Nm TqsD hl ayrm an an (12.10) .yfx
moy y anCmB To oT .Nyrjm aer
nozx ano .a y n e llmo (12.11) .ee
elB (12.12) .ymDT a y n yao .yGs
20

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

137

.RoT oTxB oqyrsl alGlo .aC


(12.13) .Try aer alqx aG y oCyxBm
l x y r sy l o . r a e ra l o q e y @ r e o
@s ay no (12.14) .rfn Tn
P
eo .Tn

(12.15) .rfn a y no .Nyrjm Nm yrsyal ayrm


hDsxo .un hole hmo .rmrmo yr zGr
.hrm hl an n
[' y ' oalq]
aBr oho .oh r yr lmm C (13.1)
a u h o (13.2) .y m o a l e B y x o . y r sya
ohmas Nm aysn ohl oeo .afxml oso
ooh Nyrmo .rGn e rP .ohomB
fm (13.3) .Nyqunm alelo aun nB xD .ohl
Dqm alf yo .rj anne y oohn anh
Nm annT yo .rD Nm r alG yo .reo
Nm TqsD hl ayrm an an (13.4) .oC
@rD Tylo .D al nm rl hl .Nyrjm aer
aeraB .rBmB yer an (13.5) .an al
ohsrC olmo on yero (13.6) .aB
y al Brx
yoho (13.7) .noaef anh fm .ohBl yrTTo
.ro axroa rmn yo .ayr y ohl
21

138

M. PAZZINI - R. PIERRI

o z o . r a B D y o h B G (13.8)
oy xo .ayr NmT on oano .ohBl amrqm
o n m y r sy T l B x (13.9) .o n r r B
Nyhlolo qrn .Clm yh oCy (13.10) .rDen
aClm l h Trmo .nTlauD n yo .nym
hTsno zor aClm l Bhyo (13.11) .afyluo
.hyfx ayufmo yrD hloe ryrj (13.12) .mxB
f m . h o l e o a n T D l y D y a l x (13.13)
a l x B o q n a l y C m .y C x a l D o h r D
Tom Nmo .on @or oyu y Nm (13.14) .ay n
o .Tom oz yh h aCy .on jP
(13.15) .nye Nm auf ayoB .oyu sqoe oCy
hxor axnm T .Worn ax y ohD fm
WBoo honyem rxo @sT .rBm Nm ayrmD
.Gr anm z G zoBn oho .hoeBm
[' dy ' oalq]
aBrxB .Hhlal rmrmD e Nyrmu y xT (14.1)
(14.2) .RPn ohnfo .oqTun ohyolo .olPn
TlqTTD fm .hl ayrm ol yrsy nP
ayrm ol onPo .alm oCyle os (14.3) .loeB
olBqo .oloe ol @oBunD hl ormo .ohl
22

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA

139

ormo (14.4) .oos RaP oeorno .f


alo .Crn al auR eo .Nqrn al ayro
xrm TnD fm .Ny el hl o rqn
x r o o h o y a s (14.5) .a m y e T n
y oho (14.6) .ohnm zor oPhno .ohyRn
hoRqe amrno .nuou y rno yrsyal alf
y ohno .hoPe oxouno (14.7) .NnlD y
(14.8) .NnlD y hxyro .hoRaB ryh Tyz
oerno .roe Nm oxno .hllfB oTno onBn
(14.9) .Nnl rmx y ohnroo .TG y
hTCm an .Rlo o l am yr rmano
n m o

.a f y B e

a q r f q

. h oy x B u

a n o

.Nylh CTsn yCx onm (14.10) .CyRaP oxTu


.ayrmD hxRo jyRD .Nyn DoTun N yBmo
'NyhB NylqTTm alEo .NyhB Nylhm aqyDzo

' ,uohD ho y n mlu '

23

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA


(Pirq Abot 2,8)
Maestri e Discepoli in alcuni Commenti Rabbinici

M. M. Morno

I. Introduzione
A molti lettori del trattato mishnico Pirq Abot (PA) e del Midrash Abot
deRabbi Natan (ARN)1, familiarizzando con queste avvincenti pagine,
sar talvolta capitato di sentirsi come davanti ad uno scrigno ricolmo di
preziosit di ogni tipo, diversicate e per materiale e per fattura o, secondo
limmagine della Navarro Peir, davanti a un cajn de sastre una cassa
1. Per il trattato di PA rimandiamo a Pirq Avot, secondo il testo stampato nella Mishnah cu-

rato da C. Albeck, Seder Neziqin, Jerusalem 1959, 347-388. Per ARN a S. Schechter, Aboth
de Rabbi Nathan. Hujus libri recensiones duas collatis cariis apud bibliothecas et publicas
et privatas codicibus edidit. Prooemium, notas, appendices, indicesque addidit, Vindobonae
MDCCCLXXXVII. Su PA si possono consultare le ricerche di J.J. Cohen, The Sayings of
the Fathers, Its Commentaries and Translations, Kiryat Sefer 40 (1964/5) 104-117; 277-285;
M. Cohen, Torah dans les Pirkey Abot, MSR 52 (1995) 322-332; L. Finkelstein, Introductory Study to Pirq Avot, JBL 57 (1938) 13-59; D. Flusser, Judaism and the Origins of
Christianity. Collected Essays, Jerusalem 1988; J. Goldin, The Three Pillars of Simeon the
Righteous, PAAJR 27 (1957) 43-58; J. Leibowitz, Sichot al Pirq Avot we-al ha-Ramban,
Tel Aviv 1979; S. Safrai, Teaching of Pietists in Mishnaic Literature, JJS 16 (1965) 15-33;
B.T. Viviano, Study as Worship. Aboth and the New Testament, Leiden 1978. Per quanto
riguarda commenti e traduzioni del trattato: V. Castiglioni, Trattato Aboth, in Mishnayot.
Ordine Quarto Nezikin, Roma 1962, 277-322; Y. Colombo, Pirq Abth. Morale dei maestri
ebrei, Assisi - Roma 1977; J. Goldin, The Living Talmud. The Wisdom of the Fathers and
Its Classical Commentaries selected and translated with an Essay by Judah Goldin, New
York 1957; R.T. Herford, The Ethics of the Talmud. Sayings of Fathers, Oxford 1925 (rist.
New York 1975); D. Lattes, Commento alle Massime dei Padri, Roma 1952; F. Manns, Il
trattato Abot, in Id., Leggere la Mishnah, Brescia 1987, 180-206; M.M. Morno, Siepe
alla sapienza il silenzio. La sobriet come caratteristica eistenziale dellascoltatore della
Parola di Dio nel trattato Pirq Abot e nel Midrash Abot De-Rabbi Natan, in F. Atzeni - T.
Cabizzosu (ed.), Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, Cagliari 1998, 477-544; A.A.
Piattelli, Sefer Pirq Avot. Massime dei Padri, Roma 1968; E. Smilvitch, Leons des Pres
du monde. Pirq Avot et Avot de Rabbi Nathan, Version A et B, Paris 1983; Commentaires
du Trait des Pres (Mose Mamonide, Rachi, Rabbnou Yona, le Maharal de Prague
et Rabbi Hayim de Volozyne), Paris 1990; C. Taylor, Sayings of the Jewish Fathers, I-II,
Cambridge 1877/1900. Per ulteriore e specica bibliograa rimando allaccurato studio di
M.B. Lerner, The Tractate Abot, in S. Safrai (ed.), The Literature of the Sages, First Part,
Assen/Maastricht Philadelphia 1987, 263-281 con labbondante e scelta bibliograa alle
pp. 275ss. Per quanto riguarda ARN, si deve ricordare che la versione A fu tradotta per la
LA 54 (2004) 141-234

142

M. M. MORFINO

di sarto2 della letteratura aggadica, traboccante di tessuti pregiati e vari


per qualit. In effetti, sfogliando queste pagine prodotte dalla riessione e
dallamore alla Bibbia di tante generazioni di Tannaim e di Amoraim3, il
prima volta in una lingua comune, il latino, da Francis Tayler a met del XVII secolo:
Tractatus de Patribus Rabbi Nathan auctores, Londra 1654. Possediamo inoltre varie traduzioni nelle principali lingue moderne: della versione A abbiamo la traduzione tedesca
curata da K. Pollak, Rabbi Nathans System der Ethik und Moral, Frankfurt/M. 1905; quella
in inglese curata da J. Goldin, The Fathers According to Rabbi Nathan, New Haven 1955
(traduzione degna di esser menzionata per la fedelt al testo e per le ricche note esplicative).
Altre traduzioni inglesi della versione A sone quelle curate da M.L. Rodkinson, Babylonian
Talmud I, 9, New York 1900; E. Cashdan, The Minor Tractates of the Talmud I, London
1965; J. Neusner, The Fathers According to Rabbi Nathan. An Analytical Translation and
Explanation, Atlanta 1986. Per la versione B abbiamo la traduzione di A.J. Saldarini, The
Fathers According to Rabbi Nathan (Abot de Rabbi Nathan), Version B. A Translation and
Commentary, Leiden 1975 (preziosa traduzione per lIntroduzione e per le note che aprono
lo sguardo non solo sulla versione B ma sullintero Midrash e sulle connessioni con altri
testi della letteratura rabbinica: si veda tuttavia la recensione critica di J. Elbaum, Kyriat
Sefer 52 [1977] 806-815). Le due versioni A e B appaiono insieme nella traduzione francese
curata da Smilvitch, Leons des Pres du monde (di tale traduzione M.B. Lerner, The
External Tractates, 378 afferma: should be used with caution as this is an integrated
edition); la traduzione spagnola curata da M.A. Navarro Peir, Abot de Rabb Natn.
Versin crtica, introducin y notas (Biblioteca Midrsica 5), Valencia 1987. Abbiamo oggi
una bibliograa specializzata su ARN che consente seri avanzamenti nella comprensione di
questo Midrash in specie e della letteratura rabbinica in generale: J. Elbaum, Shisha inyenei lashon bi-mekorot Hazal, Sinai 86 (1980) 174-80; Models of Storytelling and Speech
in Stories about the Sages, PWCJS 7/3 (1981) 71-77; L. Finkelstein, Mabo le-Massekhot
Abot we-Abot de-Rabbi Natan, New York 1950; J. Frankel, Remarkable Phenomena in the
Text-History of the Aggadic Stories, PWCJS 7/3 (1977-78) 139-172 (167-168); J. Goldin,
The Two Versions of Abot de Rabbi Nathan, HUCA 19 (1945) 97-120; The First Chapter
of Abot de Rabbi Nathan, in M. Davis (ed.), M.M. Kaplan Jubilee Volume, New York 1953,
278-280; The Third Chapter of Abot De-Rabbi Nathan, HThR 58 (1965) 365-386; Reections on the Tractate Aboth de RNathan, PAAJR 46 (1979) 59-65; J. Neusner, Judaism
and Story. The Evidence of the Fathers According to Rabbi Nathan, Chicago 1988; S. Safrai,
Tales of the Sages in the Palestinian Tradition and the Babylonian Talmud, SH 22 (1971)
209-232 (223-229); Hasidim we-anshei maase, Zion 50 (1985) 133-154 (136-137); A.J.
Saldarini, Scholastic Rabbinism. A Literary Study of the Fathers According to R. Nathan,
Chico 1982 (si veda la recensione di Schiffman, AJSR 9 [1984] 116-119); Tur-Sinai (N.H.
Torczyner), Language and Phraseology in the Tractate of Aboth dRabbi Nathan, in Davis
(ed.), M.M. Kaplan Jubilee Volume, 83-93.
2. Navarro Peir, Abot de Rabb Natn, 4.
3. Nellepoca rabbinica la suddivisione dei periodi storici viene effettuata principalmente a
partire dal rapporto che i maestri avevano con la dottrina e la tradizione che li precedeva.
Lepoca che parte da Hillel e Shammai, contemporanei di Erode lultima zug/coppia che
arriva no al III sec., viene chiamata lepoca dei Tannaim (dalla radice aramaica tene, imparare, studiare, insegnare). Questi sono i maestri della Mishnah che hanno insegnato
dal 10 al 220 della nostra era: quei ripetitori della dottrina che pi tardi verr considerata
autoritativa e trasmessa oralmente mediante una ripetizione costante (invece, secondo Josef
Ibn Aqnin, discepolo di Maimonide, tale epoca inizia addirittura con Simone il Giusto, verso

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143

lettore diventa familiare a massime sapienziali e morali, a narrazioni paraboliche e ad esempi, a racconti edicanti e aneddoti, a plastiche illustrazioni delle pi eminenti virt dellamico della parola di Dio, a riessioni di
carattere etico ed esortativo, a commenti scritturistici e con la stessa Bibbia
esplicitamente invocata come punto di partenza e insieme di arrivo delle argomentazioni esegetiche.
1. Gli assi tematici di PA e di ARN
Le idee che innervano PA e ARN4 sono quelle note a tutto il giudaismo rabbinico5. Soprattutto alcune di queste linee portanti paiono particolarmente
il 300 a.C., mentre secondo il Sefer ha-Qabbalah, scritto da Abraham Ibn Daud intorno al
1160-61, solo dopo il 70 d.C., con Jochanan ben Zakkai). I Tannaim si dividono solitamente in sei generazioni: I (10-80); II (80-120); III (120-139); IV (139-165); V (165-200); VI
(200-220). Il secondo periodo quello degli Amoraim (dalla radice amar, dire, commentare, interpretare): sono i commentatori e gli interpreti qualicati degli insegnamenti dei
Tannaim vissuti tra la redazione nale della Mishnah e la ne dellepoca talmudica (VI sec.
circa d.C.). Le loro interpretazioni, particolarmente in campo halakico, insieme alla Mishnah, costituirono il materiale primario per la formazione dei Talmudim. Si soliti dividere
gli Amoraim in otto generazioni: I (220-250); II (250-290); III (290-329); IV (329-350);
V (350-375); VI (375-425): VII (425-460); VIII (460-500). Segue poi lepoca dei Saboraim (dalla radice sabar, signicare, riettere, scrutare): sono i revisori del Talmud
Bably, portato a conclusione attraverso un lavoro redazionale di confronto di testi. Questi
lavorano tra il VI e linizio del VII sec. Il quarto periodo quello dei Geonim. Gaon sta
per rilievo e quindi, in modo traslato, per eccellenza/eminenza. Era il titolo che veniva
dato ai capi delle scuole rabbiniche di livello superiore nel primo medioevo, prima di tutto
in Babilonia e che riscuotevano enorme stima in tutta la diaspora nei secoli successivi alla
conquista araba. In un secondo momento, il titolo di Gaon venne dato a grandi studiosi in
genere. Quando si parla di periodo gaonico si vuole indicare quello che corre tra il settimo
e lundicesimo secolo della nostra era. Per la bibliograa rimando a Morno, Siepe alla
sapienza il silenzio, 510-511.
4. Per spiegare il rapporto esistente tra PA e ARN, S. Schechter seziona lopera in diverse
parti: i cc. 1-11 (B 1-23) e 12-18 (B 23-30) sono individuati come midrash del trattato
mishnico. I detti, in ARN, sono commentati in maniera assai dettagliata e supportati frequentemente da citazioni bibliche. I cc. 31-41 (B 36-48) possono leggersi come mishnah, visto
che i detti rabbinici vengono tramandati senza alcun commento. Come in PA, i cc. 31-41 (B
36-48) sono composti essenzialmente da massime di carattere numerico; tali detti citano PA
e insieme lo completano secondo lo stile della Tosefta. Non deve meravigliare la denizione
di ARN come Tosefta di PA o come barajta: il testo, infatti, cita in modo del tutto prevalente
Tannaim come fonti autoritative e lebraico usato nellesposizione lo stesso della Mishnah
e non invece laramaico della Gemara. Si vedano le pagine di D. Hoffmann, Die erste Mischna und die Controversen der Tannaim, Berlin 1882, 27; L. Zunz, Die gottesdienstlichen
Vortrge der Juden historisch entwickelt, Frankfurt 1892 (rist. Hildesheim 1966), 114 e C.
Albeck, Einfhrung in die Mischna, Berlin - New York 1971, 410.
5. Utili allargomento sono le ricerche di J.B. Agus, The Jewish Quest. Essays on Basic

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M. M. MORFINO

care al redattore(i) di ARN6. Spazio e attenzione particolare, come verr pi


avanti posto in luce, occupa la Torah e il suo studio: la chokma sapienza
praticamente sinonimo di conoscenza della Torah e il chakam7 saggio
il conoscitore della Torah, maestro qualicato che mosso dallobbligo
morale di fare molti discepoli8. Da questo facile arguire il perch di
una cos massiccia presenza della gura del chakam nel nostro Midrash,
delle virt umane e spirituali che deve impersonare, degli interventi che
chiamato a fare e dai quali invece deve astenersi, dal comportamento da
mantenere con i propri discepoli, con le donne, con i bambini ecc9. Lopposto del chakam colui che viene indicato con lappellativo am haarez,
uno del popolo della terra, cio appartenente al popolino, al volgo: non
tanto lincolto quanto colui che non versato e interessato alla Torah10.
Ma non basta sapere: i testi sono unanimi nel ricordare che non c vera

Concepts of Jewish Theology, New York 1983; L. Baeck, Lessenza dellebraismo, Genova
1987; E. Berkovits, Man and God. Studies in Biblical Theology, Detroit 1969; J. Bonsirven,
Le Judasme palestinien au temps de Jsus-Christ. I: Sa thologie, Paris 1934; S.S. Cohon,
Essays in Jewish Theology, London 1973; K. Kohler, Jewish Theology. Systematically and
Historically Considered, New York 1968; P.N. Levinson, Einfhrung in die rabbinischen
Theologie, Darmstadt 1982; S. Schechter, Aspects of Rabbinic Theology, New York 1961;
G. Scholem, Concetti fondamentali dellebraismo, Genova 1986; P. Stefani, Il Nome e la
domanda. Dodici volti dellebraismo, Brescia 1988; E.E. Urbach, The Sages. Their Concepts and Beliefs, Jerusalem 1975; F. Weber, Jdische Theologie auf Grund des Talmuds und
verwandten Schriften, Leipzig 1897. Per la riessione strettamente Teo-logica il discorso
su Dio rimando agli studi di Y. Amir, Der jdische Eingottglaube als Stein des Anstoes
in der hellenistisch-rmischen Welt, Neukirchen 1987; H.J. Heschel, Luomo non solo,
Milano 1970, 17-175; P. Kuhn, Gottes Trauer und Klage in der rabbinischen berlieferung,
Leiden 1978; C. Thoma, Gott-Judentum, TRE 13 (1984) 626-645. Sullorigine e la denizione del giudaismo rabbinico si veda lo studio di Neusner, The Formation of Rabbinic
Judaism: Yavneh (Jamnia) from A.D. 70 to 100, ANRW II,19/2 (1979) 2-42.
6. Su altri dati di carattere introduttivo di ARN rimando a Morno, Siepe alla sapienza
il silenzio, 477-581.
7. Cf. ARN A 22,1.3.5; 25,1; 26,1; 27,5; 28,1; 29,6; 33,1; 37,7.9; 40,9.10; B 15,1; 18,1-3;
29,2; 32,1; 32,3; 33,1.3; 34,3; 35,4; 43,3.6; 46,2; 48,5.
8. Cf. PA 1,1; ARN A 1,4; B 1,3. Sui saggi di Israele resta sempre attuale la ponderosa
monograa di Urbach, The Sages.
9. Cf. ARN A 1,6-7; 2,1.3; 2,13-14; 3,1.4.6; 4,2; 6,1-2; 11,4-5; 12,15; 13,2; 14,1.3.6-7; 15,7;
16,11; 18,1-4; 22,2.5; 23,1; 24,3; 25,1.6-7; 27,8; 28,2; 29,6; 31,2; 34,12; 35,4; 36,4.10;
37,11-12.14; 40,5-6; 41,5.11; B 1,12; 3,1.4; 9,2; 11,1-5; 12,3; 14,3; 15,1; 18,3; 21,7; 22,1.5;
27,4.7; 29,1-2.8; 31,1.3; 32,3; 33,1-2; 35,3; 40,1-2.4-5; 42,8; 43,13; 45,11; 46,2-4; 48,6.
10. Cos indicata quella parte della popolazione che non conosceva ed adempiva completamente i precetti divini (soprattutto le prescrizioni connesse con lagricoltura e con la purit
rituale). Gente, insomma, priva di educazione religiosa e rabbinica. Si veda Bonsirven, Le
Judasme palestinien, 59ss e Urbach, The Sages, 584-588, 628, 632-639, 642, 644.

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conoscenza della Torah senza vivere una profonda vita interiore11. Il discepolo o il maestro che gestisce la sua esistenza favorendo una dicotomia tra
fede e vita paragonato ad un falegname che non possiede gli attrezzi del
mestiere. Non un falegname12.
Tematica riccamente riessa in ARN lelogio della pazienza e dellumilt, virt davvero caratteristiche del Midrash, congiunte strettamente a
tutta quella serie di virt necessarie per lacquisizione della Torah13. Circa il
vocabolario impiegato dal midrashista ci sono alcune precisazioni da fare:
per indicare la pazienza viene usato il vocabolo inwetanut14, che per pu
indicare anche lumilt. Per indicare il vizio opposto limpazienza viene
usato il vocabolo qafdanut, che signica anche collera, irascibilit, impulso non dominato. Talvolta risulta difcile distinguere lintentio auctoris
riguardo le due virt, perch vengono usati in ambedue i casi una serie di
vocaboli legati alla medesima radice nh, che, tra laltro, il trilittero dal
quale deriva la terminologia che indica la povert e il povero15. Ci porta
a concludere che, verosimilmente, i termini sono usati come sinonimi e
che in tutti e due i casi vi sia da registrare un nesso con lessere povero.
Prototipo di pazienza Hillel16 e prototipo di impazienza il suo collega
Shammay17. Lumilt il distintivo dei discepoli di Abramo18 e lumile degli umili Mos19. Ecco perch ai discepoli imperativamente chiesta pazienza umile e umilt paziente20. Certamente lumilt superiore a tutto21.
Spazio considerevole nelle sentenze di ARN dato anche alla dottrina
delle due inclinazioni nella persona umana: jezer tob linclinazione buona
11. La Torah non si trova n negli orgogliosi, n negli arroganti, n in chi girovaga senza

meta (cf. bErubim 55a). Hillel, scultoreamente, parlando del maestro, insegna: Un uomo
in preda alle passioni non pu essere maestro, perch la sapienza non entra in unanima che
opera il male, n abita in un corpo schiavo del peccato (Sap 1,4): PA 2,5.
12. Cf. Esodo Rabbah 40,1 e bShabbat 31b.
13. Cf. C.G. Monteore - H. Loewe, A Rabbinic Anthology, New York 1974, 470ss.
14. Per indicare la pazienza di Dio si ricorre al vocabolario biblico: erek appayim.
15. Cf. le sentenze di ARN A 7,4; B 14,3.
16. Si veda la serie di detti in ARN A 15 e B 29. Per la personalit e lopera di Hillel rimando a Urbach, The Sages, 576-593. Sullonomastica rabbinica rimando ai lavori classici di W.
Bacher, Die Agada der Tannaiten, I, Straburg 1903; II, 1890 (rist. Berlin 1965); Die Agada
der palstinischen Amorer, 3 voll., Straburg 1892-1905 (rist. Hildesheim 1965).
17. Cf. ARN A 15,5 e B 29,6-7.
18. Cf. ARN B 45,2.
19. Cf. ARN A 23,1 e 9,5.
20. Cf. ARN B 24,2; 34,2 e 33,4.
21. BAvoda Zara 20b.

146

M. M. MORFINO

e jezer ra, linclinazione cattiva22. Bisogna innanzitutto dire che il tema


dellinclinazione al male uno tra quelli pi trattati in ARN: assai nutrite
sono le narrazioni, gli esempi e le similitudini poste in gioco per spiegarne
il concetto. Le due versioni coincidono per quanto riguarda lo spuntare
dellinclinazione al male nelluomo: questa nasce con luomo stesso anzi
gi nella prima goccia di sperma che luomo deposita nella donna23 e
lo accompagna sino alla ne della vita, prendendo ssa dimora alla porta
del cuore24. I testi sono corsi dalla convinzione profonda che linclinazione
al male una realt innata e comune ad ogni creatura, il cui sorgere legato al decreto divino che vuole castigare la creatura umana per il peccato
dorigine25. Linclinazione al bene minore della sua antagonista di tredici
anni26 ed proprio dal compimento del tredicesimo anno che la lotta tra
le due inclinazioni a tutto campo. Ma impari, visto che il jezer ra ha
potere sulle duecentoqarantotto membra del corpo umano27 e il jezer tob
vi tenuto in ostaggio come un prigioniero28. Unico rimedio per sovra22. Cf. Sukkah 52a; Avoda Zara 7a. In ARN si parla di inclinazione in A 23,1; 25,1; B 33,2;

34,5. Dellinclinazione al bene: A 14,4; 16,3; 32,2; B 16,3; 29,3. Dellinclinazione al male:
A 3,2; 14,4; 16,1.3.8-10; 20,1; 32,2; B 4,3; 13,1; 16,3; 26,1; 29,3; 30,1; 33,2; 34,2; 42,4.
Per questo concetto rabbinico si veda R.E. Murphy, Rabbinic Judaism and the Problem of
Evil, SJT 29 (1976) 461-476; F. Porter, The Yeer Hara. A Study in the Jewish Doctrine of
Sin, Jerusalem 1902; Schechter, Aspects of Rabbinic Theology, 242ss; Urbach, The Sages,
471-483. Per contestualizzare il concetto dellinclinazione al male utile vedere J. Blank
- J. Werbick (ed.), Shne und Vershnung, Dsseldorf 1986 e A. Bchler, Studies in Sin and
Atonement, London 1928.
23. Cf. ARN A 16,8. Si veda anche ARN B 30,1; Sanhedrin 91b; Genesi Rabbah 34,10;
Midrash Tehillim 9,5.
24. Cf. ARN A e B 16,3.
25. Cf. ARN B 42,4. E questa inclinazione la trova sempre propellente per andare avanti:
Lo jezer ra rinnova le proprie forze ogni giorno: bQiddushin 30b.
26. Fino a questa et il ragazzo considerato moralmente e giuridicamente non responsabile
dei suoi gesti. interessante notare come tale irresponsabilit corrisponde alla trasgressione
del quarto, del sesto e del settimo comandamento (cf. Es 20,2-17). Ci indica in quali ambiti
maggiore lirresponsablit e perch, proprio in tale momento della vita, nasce e si rafforza
linclinazione al bene.
27. I duecentoquarantotto organi corrispondono al numero totale degli organi del corpo:
Nedarim 32b. Tutta la persona, nella sua interezza, assediata dal male. Limpegno eticoascetico della vita, in tale visione antropologica, paragonato ad una strenua lotta, ad un
lavoro di riconquista e di liberazione per strappare da questa morsa dellinclinazione al male
lintero essere. Si tratta di unautentica rivoluzione copernicana che ribalta lintera persona
e le permette di rinascere.
28. Cf. ARN A e B 16,3. detto che linclinazione al male di tredici anni maggiore dellinclinazione al bene. Fin dal seno materno linclinazione al male comincia a svilupparsi
e accompagna luomo [n dalla sua nascita]. Si inizia a profanare i sabati e nulla lo pu

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

147

stare linclinazione al male sono le parole della Torah. In ARN troviamo


una splendida esemplicazione riportata a nome del Tanna R. Shimeon
b. Eleazar29: Linclinazione al male somiglia ad un pezzo di ferro che si
mette nel fuoco. Mentre sta nel fuoco si pu fare di esso qualsiasi tipo di
arnese si desideri. Lo stesso accade con linclinazione al male che non ha
altro rimedio che solo! le parole della Torah, poich esse sono come
il fuoco30.
Il malakah, lavoro, unaltra delle idee caratteristiche di ARN, soprattutto nella versione B, dove la sua articolazione appare particolarmente sviluppata. Ama il lavoro31 lesortazione costante dei maestri di Israele nei
riguardi dei propri discepoli. Addirittura lo studio della stessa Torah senza
un lavoro vano e, paradossalmente, visto come occasione di peccato32.
Alcuni testi presentano un singolare parallelismo tra Torah e lavoro: come
la prima fu data come segno di alleanza, cos pure del lavoro33 e come ad
Israele sono stati dati i precetti sul Sabato, cos pure sono stati dati i precetti
circa il lavoro34. Devastanti sono i pericoli dellozio, addirittura mortali35.
impedire; si uccide la gente e nulla lo pu impedire; si inizia a commettere trasgressioni
odiose [= peccati sessuali] e nulla lo pu impedire. Dopo i tredici anni nasce linclinazione
al bene Quando un uomo brucia di passione e compie atti osceni, tutte le sue membra
gli obbediscono, perch linclinazione al male governa le duecentoquarantotto membra
linclinazione al bene sembra come un prigioniero in cella, come scritto: Dal carcere usc
per regnare (Qo 4,14) e questo si riferisce allinclinazione al bene. Si vedano anche PA
1,7; Midrash Tehillim 9,5; Nedarim 32b; Qohelet Rabbah 4,13 e 9,15.
29. Shimeon ben Eleazar ben Shammua, Tanna della quarta generazione, discepolo di R.
Meir, di cui sono riportate le controversie con i Samaritani. Cf. Bacher, Die Agada der
Tannaiten, II, 422-436.
30. ARN A 16,9. La scuola di R. Ishmael insegna con uguale luminosit: Figlio mio, se
questo mostro orrendo ti si avvicina, portalo alla bet hamidrash. Se di pietra si sbricioler
e se di metallo si disfarr: bQiddushin 30b. Sulla stessa bocca del Santo si apprende di
questo inestimabile dono capace di sconggere il male: Figli miei, io ho creato per voi il
jezer ra [ma, contemporaneamente], ho creato la Torah per sottometterlo. Fino a quando
vi consacrerete alla Torah, esso non potr spadroneggiare su di voi: Sifre Deuteronomio
45. Sulla Torah come antidoto al male cf. anche PA 1,4; ARN A 20,1; B 13,1; bQiddushin
30b; Genesi Rabbah 22,6. Rimando a quanto detto in Morno, Siepe alla sapienza il
silenzio, 492-493.
31. Cf. PA 1,10; ARN A 11,1; B 21,1.
32. Cf. ARN B 32,3. Cf. PA 2,2. Cf. S. Appelebaum, Economic Life in Palestine, in S.
Safrai - M. Stern (ed.), The Jewish People in the First Century, II, Assen - Amsterdam 1987,
631-700 e Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 492, 500.
33. Cf. ARN A 11,2.
34. Cf. ARN B 21,3 che, nel procedimento midrashico, adduce come prova scritturistica
Es 20,9-10.
35. Cf. ARN B 21,5.

148

M. M. MORFINO

Lesempio che viene indicato alluomo Dio stesso che si impegna nel
lavoro della creazione36.
Vero asse tematico nella riessione di ARN la necessit delle opere
di misericordia gemilut chasadim , il porre in atto il bene, il compiere
il comando della Torah37. Nel proseguo della ricerca avremo modo di presentare pi da vicino alcuni particolari testi che enucleano questo tratto del
Midrash, mentre ora tenteremo solo qualche puntualizzazione s da focalizzare il concetto38. Pare emergere, innanzitutto, un sentire che accomuna le
sentenze in questione: lassenza delle opere, del fare, invalida la conoscenza, anche esaustiva, che si pu avere della Scrittura e della Tradizione39.
Da qui lassioma che f il saggio: Parla poco e fai molto!40. Importanza
particolare rivestono le buone opere anche riguardo al merito: non solo
fan conseguire la salvezza nel mondo futuro41 ma queste a differenza di
quanto per la non ereditabilit della conoscenza della Torah42 possono
essere trasferibili di generazione in generazione43. anche se resta saldo il
principio che nel mondo futuro ognuno potr prendervi parte solo a partire
dal proprio personale coinvolgimento44.
36. Cf. ARN B 21,2. Cf. A. Altman, The Rabbinic Doctrine of Creation, JJS 7 (1956)

270-329.
37. Si vedano le ricerche di J. Alonso Daz, Las buenas obras (o la justicia) dentro de
la estructura de los principales telas de la teologia bblica, EE 52 (1977) 445-486.
38. Si veda su tale argomento M.M. Morno, Leggere la Bibbia con la vita. La lettura esistenziale della Parola: un aspetto comune allermeneutica rabbinica e patristica, Magnano
1990, la prima parte e Id., Siepe alla sapienza il silenzio, 500ss.
39. Cf. ARN A 22,1-3; 24,1 e B 32,1; 34,3.
40. Espressione cara sia ai PA 1,15 che ad ARN A 13,1.3 e B 23,1.3.
41. Cf. ARN B 22,3.
42. Nella riessione posteriore, a partire dal commento alla Mishnah di Moshe ben Maimonide (Introduzione a Sanhedrin 10), la Torah posta tra i Iqqarim i fondamenti, i
princpi irrinunciabili della fede ebraica. La Torah la massima delle profezie, il suo
carattere rivelato e sacra la sua immutabilit. Il primo dei Iqqarim , evidentemente, Dio
(la sua esistenza, lunicit, lincorporeit, leternit, il diritto di essere onorato); poi lUomo
(la conoscenza che Dio ha delle azioni umane, la sua ricompensa o la sua punizione); let
messianica, la risurrezione. In seguito, Josef Albo, Averro, Menachem ben Shelomoh haMeiri, Jehudah Arje da Modena, I.A. Francolm hanno ripensato e riscritto variamente la
dottrina, lordine e gli stessi elementi dei Iqqarim. Sullargomento si pu vedere L. Jacobs,
Principles of the Jewish Faith, London 1964.
43. Cf. ARN A 17,1.3; B 30,2 e PA 2,12.
44. Chiarica questo concetto il detto di Eliezer di Modin di PA 3,11 e amplicato, con
importanti varianti, in ARN A 26,4 e B 35,6: Colui che profana le cose sante, colui che
disprezza i giorni festivi, colui che umilia il suo prossimo pubblicamente, colui che rompe
lalleanza di Abramo nostro padre, colui che scopre nella Torah interpretazioni che non son

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

149

Quanto le opere di misericodia siano insostituibili e importanti lo si


comprende dal detto riportato a nome di Shimeon il Giusto45, uno degli
ultimi membri della Grande Assemblea46. Egli soleva dire: Il mondo
poggia su tre cose: sulla Torah, sul culto e sulle opere di misericordia47.
Queste opere di misericordia non solo sono ritenute superiori ai sacrici48
ma rivestono anche un valore espiatorio49. La sedaqah cos viene chiamata lelemosina libera dalla morte50, da infermit mortali51 e compie
miracoli52. Tra le altre opere di misericordia vengono indicate dal Midrash
la preghiera tre volte al giorno, laccompagnare un defunto alla sepoltura e
preparare la sposa per le nozze53. Typos di tale agire Abramo che prima
metteva in pratica la carit e solo dopo la giustizia54.
daccordo con la Halakah anche se la Torah fosse in suo favore e anche se le sue opere
fossero buone! non avr parte nel mondo futuro. Cf. anche bBaba Mezia 58b. Rimando
allarticolo di H.G. May, Individual Responsability and Retribution, HUCA 32 (1961)
107-120.
45. Due ipotesi su queso maestro: potrebbe essere secondo Giuseppe Flavio (Antiquitates
Judaicae 12,43) Shimeon ben Jehudah, sommo sacerdote tra il 310 e il 291 (o 300-270),
sotto Tolomeo I, oppure suo nipote, anche lui sommo sacerdote tra il 219 e il 199 (cf. Sir
50,1-21). Per questa nostra letteratura, R. Shimeon il modello esemplare del sommo sacerdote buono, anche se, dal punto di vista storico, lo smembra in pi periodi: avrebbe un
randez-vous con Alessandro Magno (cf. Levitico Rabbah 13,5) e, simultaneamente, sarebbe
anche padre di quellOnia che edic, nel periodo maccabaico, il tempio in Egitto (cf. bMenachot 109b). Ci non fa alcuna meraviglia se si pensa alla mens rabbinica dove, alla scuola
di R. Yshmael, insegnato che nella Torah non esistono prima e dopo: Pesachim 6b. Per
G.F. Moore ci sarebbero seri dubbi addirittura dellesistenza di R. Shimeon: cf. Simeon the
Righteous, nella Festschrift in ricordo di I. Abrahams, New York 1927, 348-364. Cf. anche
Goldin, The Three Pillars of Simeon the Righteous, 43-58 e J. Neusner, The Rabbinic
Tradition about the Pharisees Before 70, I, Leiden 1971, 27-59.
46. Anshe Knesset ha-gedolah. Si veda L. Finkelstein, The Men of the Great Synagogue
(circa 400-170), in W.D. Davies - L. Finkelstein (ed.), The Cambridge History of Judism,
II, Cambridge MA 1989, 229-244 e I.J. Shiffer, The Men of the Great Assembly, in W.S.
Green (ed.), Persons and Institutions in Early Rabbinic Judaism, Missoula MN 1977, 237276 (ottima la bibliograa riportata).
47. In PA 1,2 e ARN A 4,1; B 5,1; 8,8; 13,1.
48. Cf. ARN B 8,1.
49. Cf. ARN A 4,6 e B 8,3.
50. Cf. ARN A 3,6.
51. Cf. ARN A 3,7.
52. Cf. ARN A 3,5. Cf. P. Feibig, Rabbinische Wundergeschichten des neutestamentlichen
Zeitalters, Berlin 1911.
53. Cf. ARN A 4,6.
54. Cf. ARN A 33,2. E chiunque faccia la carit con discrezione pi grande dello stesso
Mos!: bBaba Batra 9a.

150

M. M. MORFINO

Altro tema portante la dottrina sulla retribuzione55. Con il vocabolo


sakar salario viene vividamente delineata la ricompensa che Dio dona
alluomo per la sua condotta56. Certo che in ARN, la principale causa che
fa guadagnare alluomo sakar lo studio assiduo, disinteressato e amoroso della Torah57: Quanto pi ci si applica allo studio, tanto pi cresce
la ricompensa58. Di pi: il compiere un comando della Torah ha la sua
ricompensa e questa ricompensa altro non che poter compiere unaltra
parola della Torah59. Al contrario, quando il lavoro sul sacro testo viene
interrotto, anticipata la morte60, ne che tocca in sorte anche a colui che
non osserva scrupolosamente le norme della purit61. Curioso appare invece
il fatto che alle opere/opere buone/di misericordia che, come visto, appaiono elemento caratterizzante del pensiero dei ARN non sia congiunto
alcun sakar62.
Dalla riessione rabbinica sul Salterio apprendiamo che la zekut abot63
i meriti dei padri una delle cinque relat che affretteranno la salvezza
di Israele64. Non solo. il mondo intero stato creato per un solo giusto e
permarr grazie al merito anche di uno solo di questi65. In ARN contrastante
linteresse che riveste questo concetto del merito66: da una parte, alcuni
55. Rimando alle ricerche di Bonsirven, Le Judasme palestinien, 504ss, 644; J. Pedersen,

Israel. Its Life and Culture, London - Copenhagen 1926: I, 378-410; II, 411-452; P. Sacchi,
Retribuzione e Giudizio fra ebraismo e cristianesimo, RSLR 9 (1973) 407-420; Urbach,
The Sages, 483-511; F. Weber, Jdische Theologie auf Grund des Talmud und verwandter
Schriften, Leipzig 1934, 177-312.
56. Sul sakar, sui castighi, sui luoghi del castigo cf. PA 2,15-16; 4,15; ARN A 2,2; 8,3-4;
9,4.6; 12,15; 16,11; 18,2; 25,3.10; 26,2; 27,4.6; 40,1; e B 9,2; 15,1; 16,2; 27,7; 33,3-4;
35,3-4; 38; 40,2; 41; 42,8; 44,4.
57. Cf. il detto di R. Tarfon in PA 2,15-16 con le interessanti esemplicazioni di ARN A
27,6 e B 35,4. Si veda anche ARN A 8,3-4 e B 15,1; 33,4.
58. ARN A 27,4.
59. Cf. ARN A 25,10 e B 33,3.
60. Cf. ARN A 26,2 e B 35,3.
61. Cf. ARN A 2,2. La morte della donna nel parto viene legata dal nostro testo a tre cause:
il non aver ottemperato le norme della purit mestruale; le regole dellofferta della challah;
le regole dellaccensione della lampada nel giorno di Sabato: ARN B 9,2 e 42,8.
62. Tranne che in ARN A 40,1 e B 44,4.
63. Cf. A. Marmorstein, The Doctrine of Merits in the Old Rabbinical Literature and The
Old Rabbinic Doctrine of God. I: The Names and Attributes of God; II: Essays in Anthropomorphism, Oxford - London 1927.
64. Cf. Midrash Tehillim Sal 106,44. Cf. M. Kaduschin, Aspects of the Rabbinic Concept
of Israel, HUCA 19 (1945-46) 57-96.
65. Yoma 38b. da questo concetto che nasce la certezza della presenza dei Lamed-waw

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

151

testi affermano esplicitamente che i meriti sono trasferibili da una persona


ad unaltra67 e la zekut abot pu essere beneca per i propri discendenti68;
per contro, altri testi, sono ugualmente perentori nellinsegnare che nessuno, n padre, n madre, n fratello, possono meritare per ci che riguarda
la vita ventura69. Nella versione B troviamo anche un insegnamento che
tenta di armonizzare le due posizioni contrastanti circa la zekut: i meriti,
trasferibili mi dor ledor da una generazione ad unaltra sono quelli
legati alla prosperit nel mondo presente, mentre per il mondo futuro hanno
peso solo i meriti strettamente personali70.
Ulteriore concetto che riceve attenzione dal redattore di ARN la pace:
shalom71, una delle tre realt sulle quali poggia e si sostiene il mondo72 e
una delle sette virt che fan servizio davanti al trono della Gloria73. Mettere
shalom tra una persona ed unaltra risulta essere una delle quattro cose74
zaddiqim, quei trentasei giusti sempre attivi in ogni generazione: Sanhedrin 97a-b e
Sukkot 45b. Si veda la ricerca di A.M. Goldberg, Der Gerechte ist der Grund der Welt,
Judaica 33 (1977) 147-160.
66. Negli insegnamenti rabbinici il concetto di zekut viene affrontato sporadicamente, ma
certamente centrale nel giudaismo. Particolare peso hanno poi i meriti dei Patriarchi. Cf.
Urbach, The Sages, 113, 151, 162, 258, 267, 308, 412, 496-508, 555, 612.
67. Cf. per esempio ARN B 11,2: il merito dei saggi ricade in benedizione sulla casa che li
ospita e ugualmente beneco per chi governa: Chi si occupa dellinteresse pubblico lo
faccia per il solo nome del Cielo e saranno sostenuti in questo compito dai meriti dei loro
padri, la cui giustizia sussiste per sempre: PA 2,2.
68. Cf. ARN B 12,3. In bSotah 11b abbiamo un testo che f pendere la bilancia del merito
al femminile: Rabbi Awira diceva: Gli ebrei furono liberati dallEgitto per i meriti delle
donne di quella generazione.
69. Cf. ARN A 12,11 e B 27,2 che recita: Il prezzo di unanima tanto alto che non vi
alcun indennizzo possibile per chi pecchi contro di essa. Cf. anche Shabbat 55a e Midrash
Tehillim Sal 146,3.
70. Cf. ARN B 22,3.
71. Cf. ARN A 1,7; 12,1-2.6; 14,5; 28,3.7; 40,1; 37,7 e B 8,5; 24,1.3; 25,1; 32,3; 33,4;
34,5; 35,4; 48,6.
72. Cf. PA 1,18 e B 32,3.
73. ARN A 37,7. Cf. anche PA 1,12.
74. Le altre tre realt sono: onorare il padre e la madre; essere larghi con chi nel bisogno e,
naturalmente, lo studio della Torah. A questo proposito in bTaanit 22a riportato il seguente
insegnamento: R. Beroka si trovava al mercato quando il profeta Elia il suo ricordo sia
in benedizione gli apparve. Rabbi Beroka gli chiese: C qualcuno in questo mercato che
merita di entrare nel mondo futuro? Rispose Elia: No, nessuno. In quel momento capitarono
due uomini. Elia profeta disse al Maestro: Questi due uomini, invece, entreranno nel mondo
futuro! Rabbi Beroka si mosse verso questi due e chiese loro: Che lavoro fate? Risposero:
Siamo buffoni [di professione]. Quando vediamo due persone che bisticciano, ci diamo da
fare, perch facciano tra loro la pace.

152

M. M. MORFINO

di cui luomo pu godere il frutto gi nel mondo presente e capitalizzarlo


per il mondo futuro75.
Indubbio polo di attrazione dinteresse appare il campo semantico
della terminologia legata al potere. Il Midrash presenta un vocabolario
diversicato che interpreta sfumature concettuali particolarmente degne di
attenzione. Tre termini congiunti, a livello di decifrazione, sono malkut,
rashut/reshut e rabbanut. Il primo, che si pu tradurre con regalit sta
ad indicare il potere politico di coloro che reggono le sorti del popolo e in
alcuni detti appare chiara la sua identicazione con limpero romano. Dalla
lettura attenta di ARN si evince che il signicato primo di malkut ha valenza certamente negativa76 e in una sola sentenza della versione B il termine
appare con signicato positivo77. Il secondo termine ebraico rashut/reshut
indica ugualmente il potere costituito e porta in s la medesima carica
di negativit78. Il termine rabbanut, traducibile con autorit, leadership,
esplicita una forma di potere strettamente imparentato, per carica distruttiva, ai due lessemi appena citati. una rabbanut da odiare79! Un termine
a s, per indicare il potere, serarah, che appare solo in due detti della
versione B80. Dal contesto dei due insegnamenti si potrebbe ipotizzare che
questo potere stia ad indicare unautorit interna alla comunit credente
giudaica, probabilmente qualla del Nasi, il Principe81, a differenza, come
detto, dei tre termini precedenti che rendono plastica la presenza di un
potere imposto da dominatori e subto.
75. Cf. ARN A 40,1.
76. Cf. ARN A 12,15; 38,1 e B 22,3; 41,6. In A 28,4 abbiamo un insegnamento misto

riportato per bocca di Rabban Gamaliel in ARN A 28,4, dove non si eccede nella condanna
della malkut, ma la visione abbastanza peggiorativa, visto che questo imperio si mantiene
solo sulle imposte e sui giochi!
77. In B 31,4 che riprende un insegnamento di Rabbi Hananya chiamato qui Nechunya
di PA 3,2: Prega per il benessere del governo malkut , poich se non fosse per il
timore che ispira, gli uomini si divorerebbero vicendevolmente. La versione A ignora del
tutto questa sfumatura positiva.
78. Si vedano i testi di ARN A 11,1 e B 21,1 che commentano il testo di PA 1,10: Non
cercare relazioni con chi governa (reshut). Cf. anche A 11,4; 39,3 e B 22,4; 44,4.
79. Cf. ARN A 11,1 e B 21,1 che fanno propria la sentenza di PA 1,10: Odia il potere,
anche se nellesemplicazione della sentenza di R. Shemaya, il midrashista cerca di aggiustare il tiro, addolcendo la crudezza dellespressione introduttoria: A 11,3 e B 22,1. Si veda
anche A 13,3.
80. Precisamente in B 20,1 e 32,3.
81. Il presidente del Sinedrio. Si veda a questo proposito il testo di ARN A 10,3 che pare
illuminare il nostro testo. Per la gura del Nasi rimando a L.I. Levine, The Jewish Patriarch
(Nasi) in the Third Century Palestine, ARNW II, 19/2 (1979) 649-688.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

153

Altra idea della riessione portata avanti in ARN a partire dalla Scrittura la povert e i poveri82: realt non viste positivamente in s anzi presentate come castigo83 ma con la positiva conseguenza di poter esercitare
la carit verso coloro che sono nel bisogno, ci che risulta essere un vero
obbligo84. Negare un pezzo di pane al povero attira su di s maledizioni
senza ne85, mentre loffrirlo fonte di ogni benedizione 86. La povert,
tuttavia, non pu essere addotta come scusa per non studiare la Torah87, n
per avere un particolare occhio di riguardo nei contenziosi in tribunale88.
Ultimo nucleo tematico quello del pentimento e dellespiazione, che
in ARN presenta alcune sfumature degne di nota89. I detti-chiave appaiono
sulla bocca di alcuni maestri che spingono a pentirsi il giorno prima della
propria morte e, anzi, a mantenere giornalmente vivo il ricordo della morte

82. Nel periodo talmudico sorsero delle istituzioni comunitarie che si incaricavano di racco-

gliere e ridistribuire fondi per i poveri e il contributo veniva richiesto a tutti i membri della
comunit. I fondi per la carit kuppah erano destinati essenzialmente per il nutrimento
e labbigliamento, mentre il tachui minestra popolare era istituito per lassistenza ai
poveri di passaggio. Esistevano anche dei fondi per il seppellimento, gestiti dalla Chavrah
qaddisha, una Confraternita santa. Cos pure non mancava la hakhnasat kallah unassociazione per le danzate che pensava a distribuire doti per le giovani meno abbienti.
Cf. Pauvre et Pauvret, in G. Wigoder, Dictionnaire encyclopdique du Judasme, Paris
1993, 854-856 e E. Munk, La justice social en Isral, Neuchtel 1948.
83. Cf. ARN B 14,3.
84. Cf. PA 1,15 esemplicato in ARN A 7,1 e B 14,1. Luminoso esempio resta Abramo che
non se ne stava in casa aspettando il povero ma che usciva per incontrarlo: A 7,2-3 e B 14,2.
Tale obbligo di una concretezza inappellabile, s da indicare le eventuali preferenze per
coloro che devono essere soccorsi e per evitare eventuali situazioni di disimpegno: Tra i
poveri della tua famiglia e quelli della tua citt, dai la precedenza ai primi. Tra quelli della
tua citt e quelli di unaltra citt, dai la precedenza a quelli della tua citt: bBaba Mezia
71a.
85. Il Talmud Bably colloca la disattenzione al povero nella sfera dellidolatria: colui il
quale distoglie lo sguardo dai poveri come se si consegnasse allidolatria: bBaba Batra
10a.
86. Cf. ARN B 14,4.
87. Cf. ARN A 3,4 e B 12,3.
88. Cf. ARN A 10,3 e B 20,2.
89. Si veda a tal proposito Urbach, The Sages, 649-690 (con la bibliograa alle pp. 19341935) e Id., Redemption and Repentance in Talmudic Judaism, in J.Z. Werblowsky (ed.),
Types of Redeption, Leiden 1970, 190-206; A. Mello, Ritorna, Israele! La conversione
nellinterpretazione rabbinica, Roma 1985; utili anche le pagine di L.H. Silbermann, A
Theological Treatise on Forgiveness: Chapter Twenty-Three of Pesiqta de rav Kahana, in
J.J. Petuchowski - E. Fletscher (ed.), Studies in Aggadah, Targum and Jewish Liturgy in
memory of J. Heinemann, Jerusalem 1972, 95-107.

154

M. M. MORFINO

proprio per vivere in continuo stato di pentimento90. Il midrashista afferma


a tutto tondo la forza espiatoria del Yom Kippur91, dei sacrici espiatori92 e
delle opere di misericordia, tutte realt che diventano sostitutive dei sacrici templari93. Fino a quando si in questo mondo ci si pu pentire94, ma
il perdono non pu che essere negato a colui che gioca: chi sempre pecca
e sempre si pente e ancora continua a peccare con lintenzione di ripentirsi
nuovamente95. Diniego ancor pi assoluto circa il perdono lo riceve il blasfemo: se vero che il pentimento e le buone opere fermano il castigo96,
altrettanto vero che questo non pu non abbattersi su chi profana il Nome
del Cielo97; cos anche se la preziosit delle sofferenze talmente grande
da sospendere il castigo, risulta ugualmente vera la loro totale inefcacia,
quando vi sia stata la profanazione del Nome98.
2. Le enumerazioni
Caratteristica letteraria cara alla sapienza rabbinica sono le ricche e colorite
enumerazioni che innervano anche i testi di ARN99. Da unattenta disamina
90. Cf. ARN A 25,1.6-7; B 29,4.8.
91. A questo proposito si possono utilmente consultare le ricerche di H. Cohen, Die Religion

der Vernunft aus den Quellen des Judentums, Leipzig 1918, 254-277; K. Hruby, Le Yom
ha-Kippurim, ou jour de lExpiation, LOrient Syrien 10 (1965) 41-74; 161-192; 413-442;
J.J. Petuchowski, Le feste del Signore, Napoli 1987, 93-112.
92. Cf. ARN A 30,2 e 39,3.
93. Cf. ARN A 4,6 e B 8,3.
94. Cf. ARB B 27,2.
95. Cf. ARN A 9,2 e 39,1. Anche se Dio non chiede alluomo nulla di pi di ci che pu
realmente fare: Un glio di re era lontano da suo padre cento giorni di cammino. I suoi
amici gli dicevano: Ritorna da tuo padre! Ma egli rispondeva: Non ce la faccio. Allora suo
padre gli fece avere questo messaggio: Cammina quanto puoi, secondo le tue forze e io ti
verr incontro per il resto della strada. Cos disse il Santo sia benedetto : Ritornate a me
e io ritorner a voi (Ml 3,7): Pesiqta Rabbati 44.
96. Cf. ARN A 39,3 e B 35,3.
97. Cf. ARN A 39,1 e B 32,5.
98. Cf. ARN A 29,5.
99. Per largomento rimando alle ricerche di J. Goody - I. Watt, The Consequences of Literacy, in J. Goody (ed.), Literacy in Traditional Societies, Cambridge 1968, 27-68; W.M.W.
Roth, Numerical Sayings in the Old Testament. A Form-Critical Study, Leiden 1965; A.J.
Saldarini, The Enumeration Sayings, in Id., Scholastic Rabbinism, 109-119; W.S. Towner, The Rabbinic Enumeration of Scrptural Examples. A Study of a Rabbinic Pattern of
Discourse with special Reference to Mekhilta DR. Ishmael, Leiden 1973.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

155

pare si possano individuare una ventina di enumerazioni nel trattato PA,


concentrate soprattutto nei cc. 5-6. Pi precisamente: il mondo fu creato
attraverso dieci parole: 5,1. Dieci sono le generazioni da Adamo a No:
5,2. Dieci le prove di Abramo: 5,3. Dieci i miracoli compiuti per Israele in
Egitto e nel Mar Rosso: 5,4. Dieci furono i miracoli compiuti per i padri
nel tempio: 5,5. Dieci le cose create alla vigilia del Sabato: 5,6. Sette sono
le cose che fanno il saggio e sette le cose che fanno lo stolto: 5,7. Sette
sono i disastri che si abbattono sul mondo per sette trasgressioni: 5,8. Dieci
sono gli animali nocivi che appaiono nel mondo a causa dello spergiuro
e della degradazione del Nome: 5,9. Quattro sono i modi di essere uomo:
5,10. Quattro sono i generi dei temperamenti umani: 5,11. Quattro sono le
tipologie degli studenti: 5,12. Quattro sono i modi di fare la carit: 5,13.
Quattro sono i modi di recarsi alla casa di studio: 5,14. Quattro sono i modi
di sedersi davanti ai saggi: 5,15. Tre sono le caratteristiche in possesso dei
gli di Abramo: 5,19. Quarantotto sono i gradini per lacquisizione della
Torah: 6,6. Cinque sono le acquisizioni fatte da Dio nel mondo: 6,10.
Nel Midrash ARN, tra versione A e versione B100 si possono individuare circa duecento enumerazioni. Specicamente: Dio differenzi gli
uomini per tre cose: A 4,10. Gli Israeliti tentarono Dio dieci volte: A 9,3;
34,1; B 38,1. Tre sono le tipologie di furuncolosi: A 9,5. Quattro sono le
realt che permettono di non peccare: A 19,1; B 32,2. Tre le vite che non
sono tali: A 25,11. Per quattro cose si mantiene saldo limpero (romano):
A 28,4. Tre sono i tipi di discepoli che stanno davanti ai saggi: A 28,8.
Quattro tipi di discepoli si siedono per studiare: B 46,4. Quattro sono le
classi di discepoli dei saggi: A 29,2. Con dieci cose fu creato il mondo:
A 31,1; B 36,1. Dieci sono le generazioni da Adamo no a No: A 32,1;
B 36,2. Dieci sono le generazioni da No ad Abramo: A 33,1; B 36,2.
Dieci furono le prove alle quali fu sottoposto Abramo: A 33,4; B 36,3.
Dieci furono i miracoli compiuti in Egitto a benecio di Israele: A 33,5;
B 36,4. Dieci furono le piaghe dellEgitto: A 33,5; B 36,4. Dieci furono
100. La versione indicata con A, che consta di quarantun capitoli quella che appare nelle

edizioni del Talmud, stampato per la prima volta nel 1550 insieme ad altri trattati minori da
M.A. Justiniani alla ne del Seder Naziquin. S. Schechter lha riprodotta apportando delle
correzioni a partire dal manoscritto Oxford (Neubauer 408), da quello Epstein del 1509 e
da alcune citazioni medievali. La versone B, di quarantotto capitoli (ricavata dal Codice di
Monaco 222), stata edita in parte gi da S. Taussig, Neweh Schalom, I, Mnchen 1872.
Schechter, da parte sua, edit il manoscritto di Roma (Ass. 303) ma servendosi anche del
manoscritto Parma de Rossi 327, del manoscritto Halberstam della Boedleiana (Oxford
Neubauer 2635) e di altre citazioni medievali: Abot de Rabbi Natan, Wien 1887. Leditio
possiede una Introduzione, Note e Appendici ed stata corretta e ristampata a Hildesheim
nel 1979.

156

M. M. MORFINO

i miracoli a favore di Israele presso il Mar Rosso: A 33,5.7; B 36,4; 38,10.


Dieci furono le piaghe contro gli Egiziani nel mare: A 33,5; B 36,4.
Dieci sono i nomi di lode di Dio: A 34,2; B 38,3. Dieci i nomi dellidolatria: A 34,3; B 38,4. Due sono i segnali espliciti nella Torah: A 34,4.
Dieci sono i passi segnati con punto nella Torah: A 34,5; B 37,6. Undici
volte si scrive nella Torah hy invece che hw: A 34,6; B 38,6. Per dieci
volte discende la Shekinah: A 34,7; B 37,5. Per dieci volte si ritir la
Shekinah: A 34,8. Dieci sono i nomi del profeta: A 34,9; B 37,3; Dieci
sono i nomi dello Spirito santo: A 34,10; Dieci sono i nomi della profezia: B 37,3. Dieci i nomi della gioia: A 34,11. Dieci son chiamati chyym,
vita o vivi: A 34,12. Dodici son chiamati chyym: B 43,13. Dieci
furono i miracoli compiuti in Gerusalemme: A 3,5; B 39,1. Dieci furono
le cose dette a proposito di Gerusalemme: A 35,2. Per dieci cose pi
lodata Gerusalemme che il resto della terra: B 39,3. Dieci furono i miracoli compiuti nel tempio: A 35,5; B 39,1. Cinque sono le tipologie di
uomini esclusi dal giudizio nale e dalla risurrezione: A 36,1. Sette non
avranno parte al mondo venturo: A 36,6. Tre re e quattro plebei non
avranno parte al mondo venturo: A 36,6. Cinque re e sei altri uomini che
bramarono grandezza non avranno parte al mondo venturo: A 41,11. Sette cose da credere una superiore allaltra: A 37,1; B 43,5. Sei cose sono
state proferite circa luomo: A 37,2. Sei cose sono state proferite circa il
demonio: A 37,3. Sette sono le tipologie dei Farisei: A 37,4; B 45,1.
Sette cose sono altamente nocive: A 37,5. Attraverso sette cose Dio ha
creato il mondo: A 37,6. Attraverso dieci cose fu creato il mondo: B 43,3.
Tre sono i patriarchi e quattro le matriarche: A 37,6. Sette sono le virt
che prestano servizio davanti al trono della Gloria: A 37,7. Quattro sono
gli stendardi che sventolano intorno al trono della Gloria: B 43,12. Sette
sono i livelli delluniverso: A 37,8. Sette sono i cieli: A 37,8. Sette sono
i nomi della terra: A 37,8. Con dieci nomi chiamata la terra: B 43,2.
Sette sono le tipologie tra i giusti: A 37,9. Sette sono le regole ermeneutiche di Hillel il Vecchio: A 37,10. Sette sono le caratteristiche dellincolto e sette quelle del saggio: A 37,11. Dieci sono le caratteristiche
dellincolto e dieci quelle del saggio: B 40,1. Sette tipi di castighi si
abbattono sul mondo per sette tipi di trasgressione: A 38,1; B 41,1. Cinque sono le categorie che non troveranno perdono: A 39,1. Sei sono i
nomi del leone: A 39,6. Sette sono i nomi del leone: B 43,16. Sei sono i
nomi del serpente: A 39,6. Sette sono i nomi del serpente: B 43,16. Sei
sono i nomi di Salomone: A 39,6. Quattro sono le cose che luomo fa e
i cui frutti assapora in questo mondo, mentre il capitale resta per il mondo venturo: A 40,1. Quattro sono le tipologie degli uomini: A 40,3; B

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

157

45,10. Quattro sono le tipologie dei discepoli: A 40,4. Quattro sono le


tipologie di coloro che frequentano la casa di studio: A 45,5. Altri quattro tipi di frequentatori della casa di studio: A 40,5. Quattro i tipi di
persone che siedono davanti ai saggi: A 40,6; B 45,11. Quattro cose insegn Gamaliele il Vecchio a proposito dei discepoli: A 40,7. Quattro
sono i tipi di cose dannose: A 40,8. A proposito di quattro saggi: A 40,9.
A proposito di tre saggi: B 46,2. A proposito di tre discepoli dei saggi:
A 40,9; B 46,2. A proposito di tre libri profetici: A 40,10; B 46,2. A
proposito di tre libri dei Ketubim: A 40,10; B 46,2. Tre sono le corone:
A 41,1; B 48,1. Tre cose si dicono sugli uomini: A 41,5. Tre sono le
categorie tra i discepoli dei saggi: A 41,5. Tre sono i tipi di sudorazione
che danno benecio al corpo: A 41,5. Sei sono i tipi di lacrime: tre beneche e tre dannose: A 41,5. Tre cose circa un recipiente di argilla: A
41,5. Tre cose circa un recipiente di cristallo: A 41,5. In quattro frangenti difcile la coabitazione: A 41,6. Colui che acquista quattro cose
ben accetto come compagno dei saggi: A 41,6. Tre le cose che son ritornate al loro luogo di origine: A 41,7; B 47,2. Cinque sono le cose che
prima furon fatte e poi nascoste: A 41,9. Su tre cose si sostiene il mondo:
A 4,1; B 5,1; 31,1. Su tre cose si sostiene il mondo: B 4,3. Per tre cose
fu creato il mondo: B 4,3. Per tre trasgressioni le donne muoiono di
parto: B 9,2; 42,8. Quattro sono le classi degli uomini: B 22,3. Per quattro cose i proprietari sono consegnati al governo: B 31,1. Per tre cose la
gente riconosce se un uomo onorato: B 31,3. Tre sono le cose che fan
s che un uomo sia amato dalle creature: B 31,3. Tre sono le cose che
mettono alla prova luomo: B 31,3. Sopra tre cose si sostiene il mondo:
B 32,3. Luomo impegnato in tre cose non cadr in potere del peccato:
B 32,3. Colui che si astiene da quattro cose secondo solo agli Angeli
del servizio: B 34,1. Per quattro cose si differenziano gli uomini dagli
animali: B 34,2. Tre sono le tipologie degne di condenza: B 35,2. Chi
si astiene da tre cose si avvicina ad altre tre: B 35,4. Dieci sono le cose
che i traduttori greci mutarono nella Torah: B 37,1. Dieci furono le cose
progettate originariamente: B 37,2. Dieci furono le cose create al crepuscolo: B 37,2. Dieci furono le persone chiamate uomini di Dio: B 37,4.
Nella Torah ci sono dieci vigilie: B 37,5. Dieci sono le interruzioni presenti nella Torah: B 37,5. Dieci sono le generazioni registrate nella Torah:
B 37,5. Per dieci volte menzionato il termine toledot generazioni nella Torah: B 37,7. Dieci sono le cose che compensano tutte le trasgressioni condannate nella Torah: B 38,5. La vita di due uomini abbraccia
ventiquattro generazioni: B 38,7. Sette sono gli uomini la cui vita abbraccia tutta la storia del mondo: B 38,7. Dieci sono i nomi di lode di Geru-

158

M. M. MORFINO

salemme: B 39,3. Dieci sono i nomi dispregiativi di Gerusalemme: B


39,3. In quattro periodi la peste compie maggiori disastri: B 41,5. Tre
entrarono in giudizio e quattro ne uscirono condannati: B 42,1. Tre i
decreti contro il primo uomo: A 1,14. Dieci i decreti contro il primo uomo:
B 42,4. Tre i decreti riguardanti Eva: A 1,14. Dieci i decreti riguardanti
Eva: B 42,5. Dieci le maledizioni contro Eva: A 1,9. Dieci sono i decreti contro il serpente: B 42,6. Dieci i decreti circa la terra: B 42,7. Dieci
sono le persone che profetizzarono senza sapere di farlo: B 43,1. Due
sono le cose che perdurano per cinquecento anni: B 43,4. Dio dar sette
doni ai giusti nel mondo futuro: B 43,6. Tre sono le categorie dei giusti:
B 43,7. Diciotto sono le persone chiamate servi: B 43,8. Dodici sono
le persone chiamate elette: B 43,9. Sei sono le persone chiamate amate: B 43,10. Cinque sono le persone chiamate amate: B 43,11. Quattro
sono le persone chiamate fuoco: B 43,12. Cinque sono le persone chiamate piene: B 43,14. A quattro tipi di persone detto che chiederanno:
B 43,15. Quattro tipi di persone furono chiamate Kuscite: B 43,15. Con
sette appellativi indicato il povero: B 43,16. Vi sono cinque espressioni nella Torah che necessitano di una spiegazione: B 44,1. Vi sono cinque
argomentazioni a fortiori nella Torah: B 44,2. Tre sono le qualit dei
discepoli di Abramo e tre dei discepoli di Balaam: B 45,2. Quattro sono
le persone che si ingannarono con la vista: B 45,5. Tre persone concepirono piani perversi: B 45,6. Tre concepirono piani buoni: B 45,7. Tre
persone dissero la verit e persero la vita di questo mondo e di quello
futuro: B 45,8. Tre persone confessarono e persero la vita in questo mondo ma ereditarono quella del mondo futuro: B 45,8. Tre persone si ribellarono, confessarono ed ereditarono la vita di questo mondo e quella del
mondo futuro: B 45,8. Quattro sono le cose che caratterizzano la donna:
B 45,9. Le stesse quattro caratterizzano luomo: B 45,9. Quattro sono i
tipi di coloro che frequentano la casa di studio: B 45,10. Quattro sono i
tipi di persone che offrono elemosina: B 45,10. Quattro sono le tipologie
di discepoli: B 45,10. Quattro sono le tipologie della gente stupida: B
46,4. Tre sono i libri che si conservano nellatrio del tempio: B 46,4. Tre
sono le classi di profeti: B 47,1. Tre sono le cose che Israele tratt con
dispregio e sparirono: B 47,3. Tre sono le cose che parlano e fanno e tre
che parlano e non fanno: B 47,4. Tre le cose che diminuirono di numero
man mano aumentava lo studio della Torah: B 47,4. Tre cose piansero e
Dio ascolt il loro pianto: B 47,5. Tre sono i tipi di lacrime che fan male
agli occhi e tre invece che recano benecio: B 48,3. Tre cose fan crescere il corpo: B 48,4. Tre cose aumentano il usso spermatico e tre lo diminuiscono: B 48,4. Tre cose aumentano gli escrementi: B 48,4. Tre cose

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

159

entrano nel corpo cos come sono: B 48,4. Tre sono le fonti che vi sono
nel mondo: B 48,4. Dieci sono le parti di creature nel mondo; dieci parti di stregoneria; dieci di prostituzione; dieci di bellezza; dieci di castigo;
dieci di necessit; dieci di povert; dieci di eroicit; dieci di saggezza;
dieci di ipocrisia e dieci di Torah: B 48,5.
Tra tutte queste enumerazioni, una ventina tratteggiano con vivaci
pennellate la tipologia maestro-alunno o saggio-discepolo. Su alcune di
queste tipologie desideriamo soffermarci in questo contributo101.

101. Per largomento sia per lambito strettamente rabbinico che per le sue connessio-

ni con lambito neotestamentario rimando agli studi di M. Aberbach, The Relations


between Master and Disciple in the Talmudic Age, in Essays presented to Chief Rabbi
Israel Brodie, London 1976, 2ss; G. Barth, Das Gesetzesverstndnis des Evangelisten
Matthus, in G. Bornkamm - G. Barth - H.J. Feld (ed.), berlieferung und Auslegung
im Matthus, Neukirchen 1961, 80-83; 98-117; A. Bchler, Learning and Teaching in
the Open Air in Palestine, JQR 5 (1914) 485-491; G. Dalman, Die Worte Jesu, I, Leipzig 1930, 277-280, 400-401 (rist. Darmstadt 1979); D. Daube, The New Testament and
Rabbinic Judaism, London 1956, 205-223; W.D. Davies, The Setting of the Sermon on
the Mount, Cambridge 1964, 58ss, 94ss, 455-457, 464-480; R. Di Segni, La sequela del
maestro nella tradizione rabbinica, Parola Spirito e Vita 2 (1980) 71-80; A. Finkel, The
Pharisees and the Teacher of Nazareth, Leiden 1973, 129-143; B. Gerhardsson, Memory
and Manuscript. Oral Tradition and Written Transmission in Rabbinic Judaism and Early
Christianity, Uppsala 1961; W.S. Green, Palestinian Holy Men. Charismatic Leadership
and Rabbinic Tradition, in ANRW II,19 (1979) 619-647; F. Hahn, Christologische
Hoheistitel. Ihre Geschichte im frhen Christentum, Gttingen 1966, 74-95; M. Hengel,
Nachfolge und Charisma. Eine exegetisch-religionsgeschichtliche Studie zu Mt 8,21f, und
Jesu Ruf in die Nachfolge, Berlin 1968, 46-63, 69-99; G. Kretschmar, Ein Beitrag zur
Frage nach dem Ursprung frhchristlicher Askese, ZThK 61 (1964) 27-67; P. Lenhardt,
Voies de la continuit juive. Aspects de la relation matre-disciple daprs la littrature
rabbinique ancienne, RechSR 66 (1978) 489-516; M.M. Morno, Metti in pratica pi di
quello che hai studiato (Pirq Abot 6,4). Alcuni tratti esistenziali caratteristici del maestro
della Parola nel trattato Pirq Abot e nel Midrash Abot de-Rabbi Natan e in alcuni Commenti posteriori, Rivista Biblica 50 (2002) 257-310; Rimirala, invecchia e consumatici
sopra! (Pirq Abot 5,24). Il dono e lo studio della Torah e le sue implicanze esistenziali
in alcuni testi rabbinici, in T. Cabizzosu (ed.), Studi in onore del Cardinale Francesco
Mario Pompedda, Cagliari 2002, 3-26; R. Neudecker, Master Disciple/Disciple-Master.
Relationship in Rabbinic Judaism and in the Gospels, Gregorianum 80 (1999) 245-261;
Neusner, The Formation of Rabbinic Judaism: Yavneh (Jamnia) from A.D. 70 to 100;
M. Pesce, Discepolato gesuano e discepolato rabbinico. Problemi e prospettive di comparazione, ANRW I/25 (1982) 352-389; H. Shanks, Origin of the Title Rabbi, JQR
59 (1968) 152-157; Viviano, Study as Worship, 158-195.

160

M. M. MORFINO

II. Testi
1. Le quarantotto condizioni per accedere alla Torah
Nel capitolo Qinyan Torah del PA Acquisizione della Torah102 ci
tramandato un testo che, mettendo a confronto Torah, Regno e Sacerdozio, pone la Torah al primo posto, enumerando i quarantotto gradini che
introducono in essa. Viene cos stilata una tipologia di altissimo prolo del
frequentatore della parola di Dio:
Grande la Torah, pi del sacerdozio103 e pi del regno104. Perch al
regno si accede mediante trenta gradini e al sacerdozio mediante ventiquattro105, ma la Torah non si acquista a meno di quarantotto condizioni: con
lo studio, con lascolto dellorecchio, con la ripetizione delle labbra106, con
lintelligenza del cuore107, con la conoscenza del cuore, con timore e rispetto,
con umilt, con gioia, col servire i sapienti, con la critica dei compagni108,
102. PA 6,6. Dallincipit della prima mishnah di questo sesto capitolo del PA I saggi

hanno insegnato nella lingua della Mishnah [ci che segue] comprendiamo di trovarci
davanti ad una barajta aggiunta in un secondo tempo al PA. Altro titolo di questa aggiunta
del materiale esterno alle tradizioni dei Padri, come testimoniato in Maimonide e in Rashi,
Capitolo di Rabbi Meir. Tra gli autorevoli commenti di PA e ARN ricordiamo: S. Ben
Zemach Duran, Magen Avot (Scudo dei Padri), Livorno 1763 (riedito: Jerusalem 1961);
R.M. Ben Maimon, Massekhet Avot, (ed. M.R. Rabinowitz), Jerusalem 1949 (pi volte ristampato); R.M. Ben Shelomo Ha-Meiri, Bet ha bechir (Casa di elezione), (ed. B.Z. Prag),
Jerusalem 1964; R.J. Nachmias, Perush Pirq Avot, (ed. M.L. Bamberger), Berlin 1907; S.
Hurwitz (ed.), Machzor Vitry (Rituale di Vitry), Nrnberg 1923, 461-564. R.M.S. Kasher
- J.J. Belkrowitz (ed.), Perush Rabbenu mi-Gherondi al Massekhet Avot, Jerusalem 1969.
A. Mello traduce in italiano diversi passi (oltre PA e ARN A e B) dei succitati commenti nel
suo volume Detti di Rabbini, Magnano 1993; citando gli scritti rabbinici dei sopraelencati
autori ci rifaremo a questa traduzione.
103. Indicazioni importanti sulla polemica tra chakamim e cohanim si possono trovare in R.
Kimelmann, The Conict between the Priestly Oligarchy and the Sages in the Talmudic
Period, Zion 48 (1983) 135-148.
104. Cf. M. Stern, Aspects of Jewish Society: The Priesthood and other Classes, in Safrai
- Stern (ed.), The Jewish People in the First Century, vol. II, Assen/Maastricht Philadelphia 1976, 561-630.
105. Indicazioni numeriche midrashicamente dedotte da Dt 17,15; 1Sam 8,11ss per la regalit e Lv 21,1-20 per il sacerdozio.
106. Caratteristica rabbinica nellapprendimento della Torah proprio la ripetizione: la materia veniva ripetuta almeno quattro volte o tutte quelle volte che appariva necessario per la
comprensione dei discepoli, addirittura no ad ottocento volte: bErubim 54b.
107. Oppure Con lintenzione del cuore.
108. Oppure Con la discussione serrata con i compagni.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

161

con la discussione con i discepoli109, con lassiduit nello studio, con la


padronanza della Scrittura, con la padronanza della Mishnah110, con poco
sonno, con poche chiacchiere, con pochi piaceri, con poco riso, con poche
preoccupazioni mondane, con pazienza, con generosit, con la ducia nei
sapienti e con la sopportazione delle sofferenze. [Inoltre uno acquisisce la
Torah] se sa stare al proprio posto, si accontenta della sua parte, erige una
siepe intorno alle sue parole, non si vanta, amabile, ama Dio, ama le creature111, ama i gesti di carit, ama le correzioni, ama la rettitudine, rifugge gli
onori, non diventa arrogante per aver studiato, non sentenzia a cuor leggero,
porta il giogo con il suo compagno, lo giudica dal lato pi favorevole, lo
stabilisce nella verit, lo stabilisce nella pace, si applica nello studio112, sa
fare domande e sa rispondere, capace di aggiungere [del suo] a quello che
ha appreso [dagli altri], studia per poter insegnare, studia per praticare, fa
sapiente il suo maestro, riferisce esattamente ci che ha ascoltato, cita una
parola a nome di chi lha detta. Da questo tu impari che chi cita una parola
in nome di chi lha detta, costui porta la redenzione nel mondo, come
scritto: Ed Ester rifer al re, in nome di Mardocheo (Est 2,22)113.
da notare come questa citazione biblica di Ester sia lunica dello
splendido brano che riecheggiato variamente nel Talmud come una
preziosit114. palese che il midrashista non voglia reggere la sua intera argomentazione su questa unica prova scritturistica: la serie di questi
quarantotto gradini pare essere data in sequenza gerarchica, ove vengono
magistralmente orchestrati la maggior parte dei temi sapienziali, in particolare di Proverbi. Non solo. Larmamentario linguistico e argomentativo
saporosamente impregnato del gusto dei precedenti cinque capitoli del PA e
dellintero corpus della Mishnah, collocando cos il nostro testo nel cuore
della tradizione rabbinica.
La dimensione dimpegno, di vera ascesi, segna tutto il brano. Le varie
componenti appaiono tuttavia misurate, calibrate, s da immettere il lettore
109. In pPea 2,4 si esplicita con chiarezza che la rivelazione continua a parlare anche per

bocca dei discepoli: Ci che un discepolo provato insegner davanti al suo maestro, anche
questo Torah di Mos dal Sinai. Cf. B.J. Bamberger, Revelation of Torah After Sinai,
HUCA 16 (1941) 97-114.
110. Alcune altre versioni qui aggiungono Con la purezza.
111. Alcune versioni aggiungono: Amando lequit.
112. Oppure Pacicando il suo cuore con lo studio.
113. Cf. pShekalim 2,7,47a e Eduyyot 1,5,6. Citare una parola in nome di chi lha detta
signica restare dentro la tradizione: da qui nasce la possibilit di redenzione del mondo.
Cf. G. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, Roma 1995, 84ss.
114. Cf. Megillah 15a; Chullin 104b; Niddah 19b.

162

M. M. MORFINO

in un costante equilibrio di vita, in unattitudine di vigilanza e di dominio


di s, temperato tuttavia da quei necessari rapporti personali capaci di tener
vivo il contatto con la realt e, soprattutto, capaci di non far assolutizzare le
proprie intuizioni e il proprio stile di vita. I detti pongono bene in evidenza
che i beni acquisiti con lo studio e losservanza della Parola hanno radici
in quella serie di propensioni indicate nella parte iniziale del testo citato. I
requisiti previi, che devono accompagnare e crescere nellaccostamento al
testo sacro, si mutano da requisiti in frutto maturo. Lo stile di vita diventa
cos efcace metodo ermeneutico della Scrittura. Soprattutto, metodo universalmente e da tutti applicabile115.
1.1. Lo studio della Torah
In prima posizione, quasi enfatica e poi ripetuto altre due volte
posto lo studio della Torah che, come accennato nellintroduzione, il
perno principale su cui ruotano gli insegnamenti dei Padri, sia in PA che
nelle due versioni di ARN116. Ci soffermiamo brevemente su questo primo gradino. ben noto come per la sensibilit rabbinica, la Torah sia
considerata uno dei tre pilastri su cui poggia il mondo, insieme al culto e
alle opere di misericordia117: ecco perch in questo Midrash la preziosit
delle parole della Torah spesso spiegata facendo ricorso ad uno spettro
variegato di esempi, immagini, paragoni, confronti e similitudini118 s da
far comprendere lurgenza e la necessit di tutto porre in atto per possederle. In ci, PA e ARN, son consonanti con le altre pagine degli scritti
sinagogali. La Torah il dono per eccellenza119, dono che era simboleggiato dallacqua, dal vino, dallolio, dal miele, dal latte120 visto che, come
questi elementi pi che preziosi nel mondo semititco e desertico la
115. Cf. F. Manns, Vivre lcriture pour mieux la comprendre. Un aspect de lhermneu-

tique juive et judo-chrtienne, LA 28 (1978) 45-59.


116. Cf. J. Goldstain, Les valeurs de la Loi, Paris 1980.
117. Cf. anche Testamento di Zabulon 8,1-3 in P. Sacchi, Gli Apocri dellAntico Testamento, Torino 1981, 837.
118. Complessivamente, nelle due versioni di ARN, mi pare aver individuato circa settantasei di queste gure retoriche.
119. Si vedano le pagine di A. Mello, Il dono della Torah, Roma 1982 e G. Stemberger,
Ermeneutica ebraica della Bibbia, Brescia 2000, 199-220. Rimando anche ai testi riportati
in Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 481-488.
120. Cf. Sifre Deuteronomio 11,22; Deuteronomio Rabbah 7,3.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

163

Torah fonte di vita121, di gioia122, di luce123. Se lolio dona luce, la Torah


illumina il mondo e dissipa le oscurit dove facile cadere124; se lolio non
si mischia con lacqua, cos la Torah pone Israele al di sopra degli altri
popoli, impedendo pericolose miscelazioni125; se lolio dona vita, la Torah
offre la vita in questo mondo e nel mondo futuro126. Se lacqua d vita, la
Torah acqua viva127, se lacqua pulisce, la Torah purica128. Se il vino
fonte di gioia per luomo, la Torah la gioia del cuore umano129. Come il
pane e ogni altro buon alimento nutrono, cos la Torah fonte di vita130. E,
121. Nel Qinyan Torah di PA 6,6 (7) detto: Grande la Torah, perch d vita a quanti la

mettono in pratica, sia in questo mondo che nel mondo a venire. Come detto: [I precetti
della Torah] sono vita per chi li trova e salute per tutto il suo corpo (Pr 4,22). E aggiunge:
Guarigione per il tuo ombelico, midollo per le tue ossa (Pr 3,8). E si dice pure: Essa
un albero di vita per quanti vi si attengono. Chi si appoggia ad essa beato (Pr 3,18). E
anche: Saranno una ghirlanda graziosa sul tuo capo, e collane intorno alla tua gola (Pr
1,9). E similmente: Porr sul tuo capo una ghirlanda graziosa, ti cinger con un diadema
di gloria (Pr 4,9). E aggiunge: Lunghezza di giorni alla sua destra, alla sua sinistra ricchezza e gloria (Pr 3,16). E ancora: Perch ti aggiungeranno lunghi giorni, anni di vita e
di pace (Pr 3,2).
122. Cf. TPea 3,8; Mekilta de-R. Ishmael, Bachodesh 5; Sifre Numeri 141; Sifre Deuteronomio 41 e 48; Sifra 96, 43b; Levitico Rabbah 22,10; 34,8; bBerakot 9b; bShabbat
30b; Chullin 109b; Seder Elyahu Rabbah 27; bYoma 72b; bNedarim 62a; bPesachim 8b.
Cf. Urbach, The Sages, 390-392, 404, 688, 691, 1004.
123. Le parole della Torah danno luce alluomo che si occupa di esse e chiunque non si
occupa di esse le ignora e vacilla. Si pu fare questo paragone: quando un uomo al buio e
si mette a camminare, trova una pietra e vi inciampa, incontra una fogna e vi casca dentro,
sbattendo la faccia per terra. Perch? Perch non ha una lampada in mano. Cos lignorante
che non possiede parole della Torah. Trova ostacoli, vi inciampa e muore. Per il fatto che
non conosce la Torah va e pecca. Come detto: La via degli empi nelle tenebre; non sanno
in che cosa incespicano (Pr 4,19). Quelli invece che si occupano nella Torah, han luce dappertutto. come chi cammina nelle tenebre ma ha una lampada nella mano. Vede una pietra
e non vi inciampa, vede una fogna e non vi cade dentro perch ha una lampada in mano,
come detto: La tua parola lampada al mio piede, luce sul mio sentiero (Sal 119,105):
Esodo Rabbah 26,95c. Utile vedere anche la ricerca di S. Aalen, Die Begriffe Licht und
Finsternis in Alten Testament, in Sptjudentum und im Rabbinismus, Oslo 1951.
124. Cf. Sifre Bamidbar 6,25; Deuteronomio Rabbah 7,3; Esodo Rabbah 36,3; Baba Batra 4a.
125. Cf. Deuteronomio Rabbah 7,3.
126. Cf. PA 6,7; Deuteronomio Rabbah 7,3; Sifre Bamidbar 10,8; Sifre Levitico 18,5; Sanhedrin 74a; Abodah Zarah 27b; TSotah 7,11.
127. Cf. Cantico Rabbah 4,30; Genesi Rabbah 64,8; Baba Qamma 17a.
128. Cf. Sifre Deuteronomio 11,22.
129. Ibidem.
130. YHWH la presenta ad Israele sotto la duplice immagine del pane e della verga: se
Israele non si nutre del primo, verr colpito dalla seconda: Genesi Rabbah 70,5; Chagiga
14a; Qohelet Rabbah 2,26; Sifre Deuteronomio 11,12.

164

M. M. MORFINO

soprattutto, per luomo la Torah fonte di pienezza di pace131, vicinissima


ad ogni creatura, facile da trovare e da mettere in pratica132. Risulta chiaro
allora che, se questa la Torah e se la metodologia di apprendimento di
essa tutta fatta di attenzione, di impegno, di autopossedersi, di priorit
da porre per trovarla e per studiarla, il saggio discepolo della parola non
pu certo associarsi con coloro che bighellonano in tutti gli angoli del
mercato. Loziosit con tutti i frutti deleteri che questa porta sempre con
s produce nella persona ci che il testo scritturistico citato come prova
del procedimento midrashico enunzia empiet133. E se al saggio capita
di trovarsi al mercato immerso nella complessit degli affari della vita
anche l non pu accantonare la Parola: Rabbi Hananya ben Teradyon134
dice: Quando due o tre si siedono insieme, al mercato, senza scambiare tra
essi parole della Torah, questa una riunione di cinici135.
Il discepolo, per giungere a questo possesso, deve mettere in conto
tempo, fatica, lotta e la sempre presente possibilit di tuttto perdere per
inattivit, disattenzione e scostanza: Le parole della Torah sono simili ai
vestiti di lana. Come i vestiti di lana non si acquistano facilmente136, ma
molto facile che si lacerino, cos le parole della Torah son difcili da
acquisire e facili da perdere. Le parole stupide137 assomigliano ai vestiti di
sacco. Come il sacco si compra con facilit ma non si lacera facilmente,
cos le parole stupide si acquisiscono facilmente e difcilmente si perdono.
Le parole della Torah si possono rassomigliare a vasi doro. Come i vasi
doro sempre che siano lucidati fan brillare il volto delluomo, cos
le parole della Torah, sempre che tu studi due e tre volte138, fan brillare il
volto delluomo e lo illuminano139, secondo quanto si dice: Il comando del
131. Cf. ARN A 1,7; 12,1.6; 14,5; 28,3.7; 37,7; 40,1; B 8,5; 24.3; 25,1; 32,3; 33,1-4; 35,4;

48,6.

132. Cf. Sifre Bamidbar 6,26; Deuteronomio Rabbah 8,6; Erubim 54a; Baba Mezia 59b.
133. Cf. Sal 1,1-2.
134. Da Abodah Zarah 18b veniamo a conoscere che costui venne messo a morte dai Ro-

mani dopo la seconda rivolta giudaica per aver insegnato la Torah in pubblico. Sua moglie
sub la medesima pena.
135. ARN B 34,1 e PA 3,2.
136. O in fretta, visto che necessario sempre attendere il periodo della tosatura.
137. E le grossolanit, aggiunge un detto parallelo in ARN A 28,5.
138. t shwnh bhn wmshlsh bhn: dove si vuole enfatizzare la ripetizione costante della Torah
da apprendere.
139. Come Mos ha il volto splendente per lincontro con il mondo divino (Es 34,29-35),
cos coloro che studiano la Torah sono fatti da essa luminosi. Si veda il caso di Eliezer ben
Hyrkanos in ARN B 13,4. Cf. anche Pirk deRabbi Eliezer 2,2 e 50,1.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

165

Signore limpido, illumina gli occhi (Sal 19,9). Ma se uno resta inattivo
rispetto ad esse, queste son facili da perdersi, come vasi di cristallo, secondo quanto detto: Non la eguaglia n loro n il vetro (Gb 28,17)140. E
ancora, per bocca di R. Elisha ben Abuyah141, a proposito di urgenza nello
studio della Torah, detto: Quando si studia la Torah nella fanciullezza,
le parole della Torah sono assorbite dal sangue e salgono alla bocca con
chiarezza. Quando si studia la Torah nella vecchiaia, le parole della Torah
non vengono assorbite dal sangue e non salgono alla bocca con chiarezza.
Cos il proverbio dice: Se tu in giovent non lo hai desiderato, come potrai
farlo nella tua vecchiaia? (Sir 25,3). E soleva dire: Come i vasi doro, cos
le parole della Torah son difcili da acquistare e come i vasi di cristallo
che son facili da perdersi142, come detto: Non la eguagliano n loro n
il cristallo, n si permuta con vasi di oro puro. Si confronta loro con il
cristallo: senza dubbio, un vaso doro, dopo che stato rotto pu essere
riaggiustato, mentre il vaso di cristallo non pu essere ricomposto, quando
si rompe e non lo si pu riportare al suo stato originale. Ma come spiegare: N si permuta con vasi di oro puro? Questo insegna che colui che si
affatica in esse [le parole della Torah] e le compie, il suo volto brilla come
loro no. Ma chiunque vi fatica in esse e non le compie, il suo volto si
oscura come il vetro143.
molto interessante notare come il detto di PA 1,2, citato nellintroduzione e attribuito a Shimeon il Giusto, presenti come pilastri su cui il
mondo si regge proprio lo studio della Torah e il compimento delle buone
opere: quando linteresse amoroso, diligente nel senso etimologico del
termine per la parola di Dio sfocia in uno stile di vita con-sonante con
140. ARN B 31,2.
141. Maestro di R. Meir. Chiamato spesso Acher, Altro, perch dopo la sua apostasia si

evitava anche di nominarlo. Secondo la tradizione, dopo la sua entrata nel pardes, vale
a dire nella speculazione mistica che il giudaismo ritiene molto pericolosa per colui che
non sia davvero sapiente e saldo (cf. Chagiga 14b) abbandon il giudaismo rabbinico per
passare al dualismo gnostico. Il Talmud considera leresia di Eleazar abominevole, visto che
mina alla radice il monoteismo biblico. Secondo Chagiga 15a, per tale eresia non ci sarebbe
perdono. Cf. A. Bchler, Die Erlsung Elisa b. Abujahs aus dem Hllenfeuer, MGWJ
76 (1932) 412-456; G. Stroumsa, Aher. A Gnostic, in B. Layton (ed.), The Rediscovery
of Gnosticism, II, Leiden 1981, 808-818; H. Yalon, Acher in Talmudisch-Hebrischen,
MGWJ 79 (1935) 239-240 e Urbach, The Sages, 465-466. Cf. anche PA 4,20 e ARN A 22
dove sono riportati alcuni suoi detti.
142. In Rut Rabbah 6,4 viene riportato un detto di Aqiba che contrasta con questo testo di
R. Elisha: Tanto i vasi doro come quelli di cristallo si possono riparare, cos uno studioso
[della Torah] che abbandona il suo studio pu riprenderlo.
143. ARN A 24,2.

166

M. M. MORFINO

il testo sacro studiato, allora lo studio diventa motivo di vita. Solo qui lo
studio al suo top144. Per la stabilit e la sussistenza, allalbero sono molto
pi necessarie le radici che i rami, alla casa le pietre invece che i mattoni,
al fantino un cavallo imbrigliato invece che sbrigliato Cos per chi si
riveste di erudizione trascurando di porre in atto una vita che incarni la Parola studiata. Le opere buone sono le vere radici delluomo saggio, la pietra
che tiene in piedi il suo edicio, la calce che compatta la sua costruzione,
le redini che ben conducono e mantengono saldo il suo andare. questa
stabilit in un vivere quotidianamente buono a fare tale sapiente, credibile:
un vero atto magisteriale nellambito della Scrittura lo pu porre colui che
si accosta alla parola per viverla145.
In PA e in ARN troviamo al riguardo similitudini molto eloquenti:
[Rabbi Eleazar ben Azarjah146] diceva: Colui la cui sapienza supera le
buone opere a che cosa assomiglia? A un albero che ha molti rami e poche
radici: appena arriva il vento, lo sradica e lo capovolge Ma colui le cui
opere superano la sua sapienza [ simile] a un albero con pochi rami ma
molte radici: anche se venissero tutti i venti del mondo a sofargli contro,
non lo smuoverebbero da dove sta147. Elisha ben Abujah dice: Un uomo
che possiede opere buone e che abbia studiato molto la Torah, a che cosa
pu esser paragonato? A uno che costruisce prima con le pietre e poi con i
mattoni: anche se venisse molta acqua e facesse pressione su di essi, non li
smuoverebbe. Ma un uomo che non ha opere buone, bench abbia studiato la Torah, a che cosa lo si pu paragonare? A uno che costruisce prima
con i mattoni e poi con le pietre: basta che venga un poco dacqua e li fa
subito rovinare. Diceva anche: A che cosa si pu paragonare un uomo che
possiede opere buone e che ha studiato molto la Torah? Alla calce posta
sulle pietre: anche se scendesse molta pioggia non riuscirebbe a scioglierla.
144. Rimando ai testi commentati in Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 500ss.
145. Anche se bene ricordare che le opere buone non possono sostituire la preparazione

professionale strettamente detta, non abilitano, da sole, a salire in cattedra: Durante un


servizio religioso, larchisinagogo chiam Rabbi Aqiba a leggere [e commentare] un brano
della Torah. Egli tuttavia non volle salire sul pulpito. I suoi discepoli gli dissero: Maestro,
forse non ci hai insegnato tu stesso che la Torah per noi vita e che lunghezza dei nostri
giorni? Perch ti riuti di salire sul pulpito? Rabbi Aqiba rispose: Mi riuto semplicemente
perch non mi sono preparato il brano odierno meditandolo due o tre volte in solitudine.
Non si possono spiegare le parole della Torah allassemblea sinagogale senza averle preparate: Midrash Tanchuma, Yitro 15.
146. Della seconda generazione dei Tannaim, nobile e ricco, appartenente agli ambiti sacerdotali, per un breve lasso di tempo sostitu a Javne Gamaliele II a capo del movimento
rabbinico. Cf. T. Zahavy, The Traditions of Eleazar Ben Azariah, Missoula MN 1977.
147. PA 3,17.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

167

Ma un uomo che non possiede opere buone, anche se ha studiato la Torah,


simile alla calce posta sui mattoni: basta che venga un po di pioggia e
subito questa si sfa e viene portata via. Diceva ancora: A che cosa simile
un uomo che possiede opere buone e che ha studiato molto la Torah? A
una coppa con il piedistallo. Ma un uomo che non possiede opere buone,
anche se ha studiato molto la Torah, paragonabile ad una coppa senza
piedistallo. Non appena la si riempie essa si rovescia e il suo contenuto si
spande al di fuori. E diceva anche: A che cosa simile un uomo che possiede opere buone e che ha studiato molta Torah? simile ad un cavallo
che ha le redini. Ma un uomo che non possiede opere buone, anche se ha
studiato molto la Torah, paragonabile a un cavallo senza redini: quando
qualcuno lo monter verr disarcionato e voler sopra la sua testa148.
Commentando Lv 26,5: Se voi camminate nei miei statuti e osserverete le mie leggi, un commento midrashico spiega149: Questo testo signica
che si deve studiare la Torah per viverla laasot e non studiarla senza
viverla. Colui che la studia senza viverla, meglio sarebbe per lui che non
fosse mai nato e commentando il medesimo testo, il Midrash Levitico
Rabbah conclude: Se uno studia la Torah senza lintenzione di viverla,
sarebbe meglio per lui non aver mai visto la luce. E Rabbi Acha diceva:
Colui che studia con lintento di viverla degno di ricevere lo Spirito santo150. In una barajta trasmessa a nome di Abbaye151 si legge:
Tu amerai YHWH tuo Dio (Dt 6,5). Ci signica che il Nome dei Cieli
pu essere amato attraverso di te, che un uomo deve studiare le Scritture e
la Mishanah e frequentare i sapienti e che i suoi rapporti con gli altri devono essere improntati a cortesia. Che cosa dir la gente di lui? Beato il
padre che gli ha insegnato la Torah e beata la madre che gli ha insegnato
la Torah. Maledetto colui che non ha studiato la Torah! Questuomo che

148. ARN A 24,1.


149. Sifra Bechukotai 1,5.
150. Sifra Bechukotai 35,7. PA 4,11 coniuga insieme penitenza e buone opere come scudo

contro il giudizio: Chi segue un precetto si acquista un paraclito, ma chi trasgredisce un


precetto si procura un accusatore. La penitenza e le opere buone sono come uno scudo contro la punizione. Cf. O. Betz, Der Paraklet. Frsprecher im hretischen Sptjudentum, im
Johannes-Evangelium und in den neugefunden gnostichen Schriften, Leiden 1963; F. Manns,
Le Paraclet dans LEvangile de Jean, LA 33 (1983) 99-152 e Id., Le symbole eau-Esprit
dans le judasme ancien, Jerusalem 1983. Pentimento e opere buone sono spesso associate
nella letteratura rabbinica: Berakot 17a; Nedarim 39b.
151. Amora della quarta generazione, resse laccademia di Pumbedita per cinque anni. Cf.
R. Kalmin, Friends and Colleagues or Barely Acquainted? Relations Between Fourth-Generations Master in the Babylonian Talmud, HUCA 61 (1990) 125-158.

168

M. M. MORFINO

ha imparato la Torah, vedete bene com amabile nei suoi modi e com
integro nelle sue azioni! di lui che parla la Scrittura quando dichiara: Mi
ha detto: Te sei mio servitore, Israele, nel quale sar gloricato. Ma se
un uomo studia la Scrittura e fequenta i sapenti e tuttavia disonesto nel
condurre i suoi affari e scortese nelle sue conversazioni, che cosa dir la
gente? Maledetto questuomo che ha studiato la Torah! Vedete come le
sue azioni sono corrotte e detestabili le sue parole!152.
Ed esclusivamente per lo studio della Torah, il discepolo pu lasciare
la famiglia senza neppure il permesso della moglie, per quaranta giorni153
o addirittura per due o tre anni154. Nessuna meraviglia, perci, che lo
studio della Torah sia considerato pi grande della stessa costruzione del
tempio155.
Resta evidente che mai lo studio della Torah pu essere condotto come
ne a se stesso; resta sempre un mezzo atto a far scaturire uno stile di
vita buono e ogni qual volta lo studio non si tramuta in uno stile di vita
bonicato, lo stesso studio della Parola diventa maledizione e morte. Il
vero saggio, allora, colui che con la vita compie lesegesi di ci che ha
diligentemente studiato.
Rabbi Chanina ben Dosa156 diceva: Colui le cui opere superano la sapienza, conserva la sua sapienza; ma colui la cui sapienza supera le opere,
non conserva la sua sapienza157. Esempio. Un uomo and in una rivendita
e chiese una pinta di vino. Il negoziante gli disse: Dammi il tuo recipiente. Ma luomo gli apr il suo sacco. Chiese ancora al negoziante: Dammi
dellaceto. E quando questi gli chiese il recipiente, egli present il lembo

152. BYoma 86a. Cf. anche bPesachim 113b. Sullo studio della Scrittura come santicazione

del Nome cf. F. Manns, Ltude de lcriture comme sanctication du Nom. Un aspect de
lhermneutique juive et judo-chrtienne, Henoch 2 (1980) 127-149.
153. Cos opina R. Eliezer in Ketubbot 5,6.
154. Cos pensano la maggior parte dei maestri: bKetubbot 62b. Su come combinare studio
e matrimonio, in bQiddushin 29b spiegato: Quando qualcuno pu scegliere tra lo studio
della Torah e il matrimonio, deve prima studiare e solo poi unirsi in matrimonio. Ma se a
costui impossibile vivere senza moglie, prima si sposi e poi studi. La soluzione ottimale
quella di sposarsi prima e studiare poi.
155. Cf. bMegillah 16b.
156. Considerato un taumaturgo, della prima generazione di Tannaim. Non era n fariseo n
rabbi ed ebbe contatti con Jochanan ben Zakkai e con Gamaliele II. Si vedano le ricerche
di B.M. Bokser, Wonder-working and Rabbinic Tradition. The Case of Hanina ben Dosa,
JSJ 16 (1985) 42-92 e G. Vermes, Hanina ben Dosa. A Controversial Galilean Saint from
the First Century of the Christian Era, JJS 23 (1972) 28-50.
157. PA 3,9.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

169

della sua veste158. Disse il negoziante: Figlio della perdizione! Tu non hai
un recipiente e vuoi comprare vino e aceto?. Cos Dio dir al malvagio: Tu
non hai opere buone e vuoi studiare la Torah? Non osservi i miei statuti:
come ne potresti parlare?159.
Come la sobriet della vita percepita come irrinunciabile elemento
di chi amico della Parola, lumilt ha valenza di vero comandamento:
la virt delle virt160. Per Aqiba, apice e simbolo di tutta una tradizione,
il maestro orgoglioso repellente quanto una carogna e non ci si pu
che allontanare da lui161. Peggio ancora: un ateo162. Nel Talmud Bably
riportato questo inequivocabile insegnamento di R. Jochanan: Solo se
il maestro somiglia allangelo del Signore delle schiere, gli si domander
di insegnare163. se vero che chi si vergogna non impara, ancor
pi vero che chi si inquieta non insegna164. Ogni intervento educativo
fermo deve essere costantemente temperato, perch irreparabili possono
risultare quegli interventi in cui vince una severit sragionevole. Questo
non con i migliori discepoli ma proprio con coloro che risultano essere
pi deboli od oppositori. Perci sempre la destra deve respingere e
la sinistra deve avvicinare165. Anche per questo fatto il maestro non si
improvvisa e non si autocandida: c necessit di un lungo esercizio di
preparazione, di un impegnativo training, ove la selezione pare quasi feroce: Tra un migliaio di persone che studiano la Bibbia, normalmente un
centinaio giungono ad essere pronti per studiare la Mishanah; tra questi,
una decina giunge ad esser pronta per [studiare] il Talmud e solo uno
giunge a diventare maestro166.

158. In ebraico vi un termine assai raro: hmpwshlwt, dalla radice pshl che signica an-

nodare. Varie le possibilit di traduzione. Si vedano, ad locum, le traduzioni di Saldarini,


Schechter e Smilvitch.
159. ARN B 32,1. Sulla relazione studiare-fare si veda Bonsirven, Le Judasme palestinien,
300-301.
160. Cf. PA 4,4.10; 5,19; 6,1.6; ARN A 3,1; 7,4; 26,1; 40,10; B 14,3; 24,2; 33,4; 34,2; 45,2.
In ARN A 2,6; 9,5 e 23,1, il tipo di umile per eccellenza Mos.
161. Una nblh: ARN A 11,3. Cf. anche PA 2,9; 4,10.
162. Essere orgogliosi la stessa cosa che fare professione di ateismo: bSotah 4b.
163. BMoed Qatan 14a.
164. Cf. PA 2,5.
165. BSota 47a.
166. Cos in Qohelet Rabbah 7,41 che commenta Qo 7,28: Quello che io cerco ancora e
non ho trovato questo: Un uomo su mille lho trovato, ma una donna fra tutte non lho
trovata, testo che probabilmente allude a Pr 31,10 e Ct 6,9.

170

M. M. MORFINO

Daltra parte le virt proprie di un credibile maestro della Parola appaiono negli stessi scritti rabbinici assai esigenti: per prima cosa questi non
doveva approttare della corona della Torah, vale a dire il servirsi della
Parola a proprio vantaggio, qualunque esso fosse167. Ci spingeva a prediligere uno stile di vita sobrio, condotto in vera povert168, guadagnandosi
il pane con le proprie mani esercitando un lavoro manuale169 o, talvolta,
sostenuti dalla propria comunit170. E chi accetta danaro per insegnare la
Parola scardina lintero ordine della creazione171. Questa gratuit nellinsegnamento della Parola nasce dalla imitatio Dei: Dio stesso ha donato la
Torah al Sinai senza che da nessuno ricevesse nulla172.

167. Contro coloro che presumono di speculare sul loro sapere biblico ricercando proventi

Hillel afferma: Chi non studia la Torah merita la morte. Chi trae vantaggio dalla corona
della Torah perir. E Rabbi Sadoq diceva: Non fare delle parole della Torah una corona
per gloriartene, n una scure per tagliare. Dunque, hai capito: chi si serve delle parole della
Torah perde la vita futura: PA 1,13 (cf. Dt 34,5 e Pr 14,18). Si veda anche Megillah 28b;
Nedarim 62a e Bacher, Die Agada der Tannaiten, I, 273.
168. Cf. Horayot 10a; Nedarim 50a. Anche se bisogna ricordare che nel tenore di vita
di alcuni rinomati maestri non traspariva tale povert: vero che la maggior parte di
costoro viveva in vera povert, ma alcuni capi-scuola potevano vivere in vera agiatezza. Cf. A. Bchler, Der galilische Am-haAres des zweiten Jahrhunderts. Beitge zur
inner Geschichte des palstinischen Judentums in den ersten Zwei Jahrhunderten, Wien
1906, 252.
169. Cf. H. Strack - P. Billerbeck, Kommentar zum NT aus Talmud und Midrash, III,
Mnich 1928, 338. Rabban Gamaliel, glio di Rabbi Jehudah ha-Nasi, dice: Bello
lo studio della Torah associato ad un lavoro, poich la preoccupazione di ambedue
fa dimenticare il peccato. Lo studio della Torah che non unito ad un lavoro utile
sterile e trascina al peccato (PA 2,2.). Bello lo studio della Torah associato ad un
lavoro. Rabbi Eliezer ben Jaaqov dice: Devi avere due mani, una per la Torah e laltra per unoccupazione: ARN B 35. Scrivevo in Siepe alla sapienza il silenzio,
492: Lo studio della Parola, assunto come diporto culturale e portato avanti con fare
dilettantistico, staccato da una verica impegnata, non solo non capace di aprire ad
una sana comprensione del testo e a non fare maestri ma, addirittura, diventa fonte
di caduta. Si pu dire che il testo tradisca unesperienza assodata: il saggio sa che la
bellezza dello studio della Parola, il poterlo gustare saporosamente, condizionato dalla
seriet e dal coinvolgimento vitale nella fatica del quotidiano. Ed lassociazione studio/lavoro, realt da coniugare strettamente, a permettere al saggio di dimenticarsi del
peccato e di come si pecca! La preoccupazione che signica impegno strenuo ad
accomunare le due realt, pare quasi condurre la persona in un ambito dove il male e
il peccato non pu avere presa su di lei. Cf. A. Ben-David, Talmudische konomie,
Hildesheim 1974.
170. Cf. Sifre Deuteronomio 1,16,68b.
171. Cf. Derek Erez Zuta 4,3.
172. Cf. bNedarim 37a. Se vuoi gloricare Dio procurati di rassomigliargli: sii giusto come
lui, caritatevole, pietoso e misericordioso: bShabbat 133b.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

171

comprensibile allora che la preghiera che il maestro costantemente


innalza a Dio unaccorata richiesta per non dirimere con falsit tra il
puro e limpuro, impetrando grazia per non dare alcun tipo di scandalo173 e
domandando la saggezza necessaria per non falsare la tradizione ricevuta
dai Padri e cos mettere in pericolo i propri discepoli con un magistero
eterodosso174.
I commentatori delle sentenze dellenumerazione sopra riportata amplicano ed esemplicano il testo giungendo ad enumerare le diverse categorie di studenti della Scrittura e della Tradizione. una descrizione molto
vivida che davvero si commenta da sola175.
Con lo studio. Gli studenti si dividono in tre categorie. Vi chi non
sa e pensa di non sapere: costui si conosce e ha la possibilit di progredire. La seconda categoria colui che sa ma non sa di sapere: anche
questa una buona strada. Cos diceva un maestro, Rabbi Zekharja il
173. Cf. nel trattato Berakot 4,2 la preghiera di Rabbi Nechonya b. Haqqane. Cf. anche

pBerakot 7d e Sukkot 28a.


174. Cf. PA 3,11; ARN A 26,7; Negaim 9,3 e 11,7; Sukkot 27b e Yoma 66b. Il mondo sinagogale ci ha tramandato un modello di maestro nella gura di Rabbi Hillel: erga Deum:
caparbiamente interessato della gloria del Nome; animato da una fede salda e pienamente
consegnato alla sua volont. Erga homines: strenuo difensore di rapporti intrisi di giustizia
e di pace; di una pazienza, di una umilt e di un amore tali da lasciar ammutoliti. Erga
discipulos: costantemente teso nellaccoglienza e interessato soltanto ad acquisire una conoscenza sempre pi penetrante della sapienza divina presentata ai suoi ascoltatori come unica
realt sommamente desiderabile. Si veda linteressante ritratto di Hillel in A. Bchler, Types
of Jewish-Palestinian Piety from 70 B.C.E. to 70 C.E., London 1922, 8-41.
175. Non deve meravigliare la variet delle sentenze rabbiniche, talvolta addirittura opposte:
ogni scuola ha la sua legittimit, anche se i detti di un maestro fanno a pugni con quelli di
un altro disquisendo sul medesimo argomento. Un esempio classico ci viene dalla scuola di
Shammai e da quella di Hillel: in bEruvin 13b, a proposito degli insegnamenti contrapposti
dei due maestri afferma che la bath qol la voce del cielo ha detto che sia gli uni che
gli altri sono sentenze del Dio vivente. La Bat Qol, glia della voce [celeste], sostituisce
la parola profetica, che si chiuderebbe con la morte dei profeti Aggeo, Zaccaria e Malachia
(cf. TSotah 13,2). Cf. Urbach, The Sages, 118-119, 301, 465, 518, 537, 579. Sui metodi
diversi di Hillel e Shammai cf. Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 543-544.
176. Nulla o poco pi sappiamo della biograa dei rabbini citati nelle fonti rabbiniche,
visto che linteresse di tale letteratura non era certo quello di biografare i maestri. Molto
scarse e scarne anche le notizie sparse che troviamo nel vasto mare degli scritti rabbinici. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 91, convinto che gran parte dei
racconti rabbinici sono inutilizzabili in funzione di una biograa credibile. Pi ottimista
pare Safrai, Tales of the Sages in the Palestinian Tradition and the Babylonian Talmud,
209-232 (soprattutto 210), che, anche se conscio della mancanza di interesse biograco da
parte degli scritti rabbinici, persuaso che anche dalle tradizioni parallele divergenti sui
rabbini chiamati in causa sia possibile giungere a conoscere lelemento storico del racconto.
Ottimo sussidio sui singoli rabbini restano i diciasette volumi della Encyclopaedia Judaica,

172

M. M. MORFINO

Levita176: Non sapevo di sapere, nch ho saputo di non sapere. La


terza categoria, invece, di gran lunga la peggiore ed la pi diffusa
tra gli uomini: chi non sa ma crede di sapere. In questo caso, non c
nessuna possibilit che uno progredisca, ed per questo che Salomone
su di lui sia la pace ha detto: Hai visto uno che si crede sapiente?
C da sperare in uno stolto pi che in lui (Pr 26,12)177. Con lintelligenza
del cuore. In base a quanto ha studiato presso il suo maestro, uno deve
cercare di dedurre una cosa da unaltra. Perch questa la progressione
che si ha nello studio: sapienza178, intelligenza e conoscenza. Sapienza
quanto uno ha imparato dal suo maestro, intelligenza quanto uno capisce da solo: da queste due cose deriva la conoscenza179. Con timore e
rispetto. Timore: quello che si deve avere verso il Cielo, al quale uno deve
sempre volgere la mente per non errare. Rispetto invece quello dovuto
al proprio maestro, in presenza del quale non ci si deve mai comportare
con leggerezza. Con umilt. I sapienti hanno gi detto che il vergognoso
non impara180. Per questo un uomo deve essere umile: per domandare al
suo maestro ci di cui ha bisogno, senza considerarsi un granduomo181.
Col servire i sapienti. Come si dice nel trattato Berakot182: Dice Rabbi
Jochanan, in nome di Rabbi Shimeon ben Jochaj: Il servizio dei sapienti
ancora pi importante dello studio, poich sta scritto: C qui Eliseo,
glio di Shafat, che versava lacqua sulle mani di Elia (2Re 3,11). Non
Jerusalem 1971, sotto il nome del relativo rabbi. Utili anche le opere di C. Albeck, Mabo
la-Mishnah, Tel Aviv 1959, 144-451; Einfhrung in die Mischna, Berlin - New York 1971,
391-414; Bacher, Die Agada der Tannaiten, I e II; Die Agada der palstinischen Amorer;
H. Duensing, Verzeichnis der Personennamen und der geographischen Namen in der Mischna, Stuttgart 1960; W.S. Green, Whats in a Name? The Problematic of Rabbinic Biography, in Id., Approaches to Ancient Judaism, I, Missoula MN 1978, 77-96: Context and
Meaning in Rabbinic Biography, in Id., Approaches to Ancient Judaism, II, Chico 1980,
97-111; W. Jawitz, Sefer Toldot Jisrael, voll. VI-IX, Tel Aviv 1935; A.M. Naftal, Ha-Talmud
we-Jozraw, 5 voll., Tel Aviv 1969-1979.
177. Cos Rabbi Jonah mi-Gherondi nel suo commento: Mello, Detti di Rabbini, 192.
178. Cf. L.R. Wilken, Aspects of Wisdom in Judaism and Early Christianity, Notre Dame
1975 e P. De Benedetti, Ci che tarda avverr, Magnano 1992, 73-79.
179. Questo il commento di Rabbi Josef Nachmias nel suo Perush Pirq Abot: Mello,
Detti di Rabbini, 192.
180. In ARN A 2,6. Termine che non si deve confondere con quello di timido che troviamo in PA 5,22: Una faccia sfrontata destinata alla Geenna, un volto timido al giardino
dellEden. Qui si tratta di una vergogna mossa dallorgoglio: non si domanda perch teme
desser colto ignorante.
181. Parole del Machzor Vitry: Mello, Detti di Rabbini, 192.
182. Berakot 7b.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

173

si dice che studiava, ma che versava lacqua. E hanno detto pure183:


Chi un ignorante? Uno che ha letto [la Miqrah184] e ripetuto [la Mishnah], ma non ha mai servito [i sapienti]185. Con la critica dei compagni186.
Come sta scritto: Il ferro si aguzza col ferro e luomo aguzza lingegno
del suo compagno (Pr 27,17), ci che stato interpretato dal Talmud187 in
riferimento ai discepoli dei sapienti, i quali si aguzzano luno con laltro
nella halakah. E han detto pure, in forma di parabola: A che cosa assomigliano dei compagni impegnati nello studio della Torah? A un fuoco
nel bosco che divampa sempre di pi: un albero incendia quello vicino,
e questo un altro ancora. Cos dei compagni impegnati nello studio della
Torah: uno fa una domanda e laltro risponde, uno solleva una difcolt
e laltro la risolve, sicch si inammano tutti lun laltro. Ma chi studia
la Torah da solo assomiglia a un albero che brucia da solo: il fuoco non
lo prende bene e si spegne subito. Cos insegna anche il Midrash188 del
versetto: Non bene che luomo sia solo (Gen 2,18). Un uomo, da solo,
non in grado di studiare la Torah, la quale detta il bene. Con la discussione con i discepoli. Come dice Rabbi189: Molto ho imparato dai miei
maestri, pi ancora dai miei compagni, ma dai miei discepoli pi che da
tutti. E han detto pure: I discepoli accanto al maestro assomigliano a un
albero piccolo che ne incendia uno grande190. Con lassiduit nello studio,
perch quanto pi uno sar stato assiduo nello studio, tanto pi diventer sapiente191. Hanno insegnato i nostri maestri192: Se un uomo dicesse:
183. BBerakot 47b.
184. La Scrittura.
185. Rabbi Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 193.
186. In PA 1,6, a nome di R. Jehoshua ben Perachja detto: Fatti un maestro e acquistati un

compagno. Acquistarsi un compagno: condizione importante per lo studio della Parola.


Non si deve studiare da soli. In bTaanit 7a leggiamo che la distruzione viene su quegli studiosi che si connano nello studio solitario. Non fa perci alcuna meraviglia se anche oggi,
nelle yeshivot le accademie rabbiniche gli studenti si riuniscono a gruppetti, studiando
ad alta voce e discutendo sui testi in questione: la discussione, come la ripetizione, infatti
uno degli aspetti pi vistosi del metodo ebraico di apprendimento. Sul chaver-compagno cf.
PA 1,6; 2,4-5.10; 3,11; 4,12.14.18; 6; ARN A 8,2; 14; 27,9; 29,1-2; 41,13; B 18,1.4; 29,5;
31,8; 33,7.11; 34,9-10.
187. BTaanit 7a.
188. BJebamot 62b.
189. In bTaanit 7a.
190. Cos Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 193.
191. Cf. PA 2,8.
192. BMegillah 6b.

174

M. M. MORFINO

Mi sono affaticato eppure non ho trovato, tu non devi credergli193. Con


poche preoccupazioni mondane. Possiamo interpretarlo secondo il detto:
Riduci le tue occupazioni e occupati di pi della Torah194. Con la ducia nei sapienti, ossia credendo a tutte le loro parole, come sta scritto: Ti
comporterai secondo la Torah che essi ti avranno insegnato e secondo il
giudizio che ti avranno indicato. Non ti allontanerai dalla parola che ti
avranno detto, n a destra n a sinistra (Dt 17,11). Anche se ti dicessero
che la destra sinistra e che la sinistra destra, non ti allontanerai dalla
loro parola. Con la sopportazione delle sofferenze: vuol dire che uno
deve accettarle con amore, come hanno detto195: Se un uomo vede venire
su di s le sofferenze, per prima cosa esamini la propria condotta. Si
esaminato e non ha trovato nulla [di cui rimproverarsi]? Allora le faccia
dipendere dal fatto di aver trascurato la Torah, come sta scritto: Beato
luomo che tu afiggi, Signore, per istruirlo nella tua Torah (Sal 94,12).
Le ha fatte dipendere da una trascuratezza nello studio della Torah, e ancora non ha trovato [nulla di cui rimpoverarsi]? Allora vuol dire, con ogni
evidenza, che sono sofferenze damore, come sta scritto: Perch il Signore
corregge colui che egli ama (Pr 3,12)196. Per questo motivo, sempre in
Berakot197, hanno aggiunto: Tre grandi regali fece il Santo sia benedetto
a Israele198, e furono fatti tutti a prezzo di sofferenze. Si tratta della Torah, della terra dIsraele e del mondo che viene Da questo tu imparerai
che non si pu acquisire la Torah, se non a prezzo di sofferenze199. Se
cos, non ci si deve ribellare. Si dica, piuttosto: Tale la Torah e tale
il suo prezzo e si accettino le sofferenze con gratitudine200. Ama i gesti
193. Machzor Vitry: Mello, Detti di Rabbini, 193-194.
194. PA 4,12.
195. BBerakot 5a. Come certa la sofferenza nella vita del giusto, certa la consolazione

offerta da Dio. Otto omelie sinagogali della Pesikta Rabbati su Isaia ricordano questa consolazione: cf. M. Gallo (ed.), Sete del Dio vivente. Omelie rabbiniche su Isaia, Roma 1981.
Sulla Pesikta rimando a Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 413-421.
196. Per il fecondo tema della preziosit della sofferenza nella letteratura rabbinica cf.
Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 525-526.
197. 5a.
198. Illuminanti le pagine di M. Kadushin, Aspects of the Rabbinic Concept of Israel,
HUCA 19 (1945-46) 57-96.
199. Dio, tuttavia non n distratto n disattento a questo dolore: Dio nel dolore ogni
qualvolta un uomo soffre. Quando si versa il sangue di un uomo, anche se empio, Dio
piange: Sanhedrin 6,5 e questo perch lui stesso ad essere colpito: quando luomo va
per la strada, una schiera di angeli lo precedono e proclamano: Fate largo allimmagine del
Santo, benedetto sia!: Esodo Rabbah 6.
200. Cos Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 194-195.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

175

di carit. Hanno insegnato201: Beati coloro che agiscono con giustizia,


chi fa la carit in ogni tempo202 (Sal 106,3) Rabbi Shemuel glio di
Rabbi Nachmani dice: Questi colui che alleva un orfano in casa sua.
Ama le correzioni. Nella Torah sacerdotale203 hanno insegnato: Correggi,
correggi il tuo prossimo (Lv 19,17). Correggi: una volta; correggi:
una seconda volta. Ma hanno detto: Correggi[lo] no a cento volte204.
Ama le correzioni: cio ama chi lo corregge, ma ama pure correggere
chi ne ha bisogno, perch tutti gli Israeliti sono responsabili gli uni degli
altri205. Studia per poter insegnare, come sta scritto: Le ripeterai ai tuoi
gli (Dt 6,7)206 e anche: Le farai conoscere ai tuoi gli e ai gli dei tuoi
gli (Dt 4,9). O ancora: In quel tempo il Signore mi ordin di insegnarvi
decreti e norme (Dt 4,14). Di chi studia la Torah e non insegna detto
infatti: Chi accaparra il grano, il popolo lo maledice (Pr 11,26). Ma di
chi studia per insegnare detto: Mentre la benedizione sul capo di chi
lo vende207. Ed Ester rifer al re, in nome di Mardocheo, e in tal modo
venne a Israele la redenzione208. Da questo principio positivo tu puoi
dedurre anche quello negativo, e cio che se uno non cita una parola
in nome di chi lha detta, provoca lallontanamento della Shekinah209 da
201. BKetubbot 50a.
202. Cf. F. Rosenthal, Sedaka-Charity, HUCA 23 (1950-51) 411-430. Sempre signicativo

rimane il contributo di R. Mach, Der Zaddik in Talmud und Midrash, Leiden 1957.
203. Sifra Qiddushin 2,4.
204. Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 195.
205. R. Jonah mi-Gerondi: Mello, Detti di Rabbini, 195.
206. Il prototipo del maestro, secondo Yebamot 62b, certamente Akiba: avrebbe avuto ben
dodicimila paia di discepoli che per morirono a causa dellinvidia. Tuttavia non si diede
per vinto. In Ketubbot 63a detto che ne plasm altri dodicimila dopo dodici anni e dopo
ancora dodici anni altri dodicimila. Cf. anche Genesi Rabbah 61,3. Altri dati in Saldarini,
The Fathers According to Rabbi Nathan, 52, nota 5.
207. Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 195. Cf. anche laltra prospettiva presente in PA
4,6.
208. Tema riccamente approfondito dalla letteratura rabbinica: Tre cose possono annullare
gli effetti del male: la preghiera, la carit e il pentimento: Genesi Rabbah 43,12; C chi
guadagna leternit in molti anni e chi in unora: nellora del pentimento: Abodah Zarah
10; I penitenti sono considerati su un piano pi elevato che gli stessi giusti e perfetti:
Moed Qatan 19; Dio invita i popoli del mondo a pentirsi, perch possa sollevarli a s, sotto
le sue ali: Cantico Rabbah 6,1; Il pentimento una gran cosa, perch se un individuo si
pente, il mondo intero perdonato insieme con lui: Yoma 86a.
209. Per la presenza della Shekinah la presenza/inabitazione di YHWH in mezzo al suo
popolo in ARN cf: A 1,12; 2,12; 11,2; 12,8.12; 14,1; 15,5; 27,7; 34,7.8; 35,4; 38,4; B
18,4; 21,5; 25,3; 27,5; 28,1; 34,1. Per questo tipico concetto rabbinico rimando alle ricerche di J. Abelson, The Immanence of God in Rabbinic Literature, London 1912, 146-173;

176

M. M. MORFINO

Israele. Perch, se non c la redenzione, non c neppure la Shekinah e


quando c la redenzione, [questo signica che] che la Shekinah dimora
in mezzo a Israele210.
I testi riportati sono di una rara eloquenza. Tutta la persona chiamata
in causa per far s che la Parola di Dio diventi la vera attrazione della vita
del discepolo. Tutti gli ambiti del vivere devono essere rivisitati e costantemente reinterpretati alla luce della Legge scritta e della Legge orale.
solo nella sinergia di tutti gli atteggiamenti vitali indicati in queste sentenze
che un discepolo pu chiamarsi sapiente e maestro211. solo cos che
si pu parlare di un dotto umile, modello di colui che si davvero chinato
sulla Scrittura con frutto212.
La prima, inderogabile, assoluta condizione per acquistare la Torah
ancora lo studio. Tale condizione, per la sua importanza viene ripetuta a
mo di ritornello: tre volte nella prima enumerazione di PA testo-base
della presente esemplicazione rabbinica e otto in quella di ARN. Data
limportanza precipua di tale conditio sine qua non, tenteremo di approfondire ulteriormente il discorso sopra iniziato, raccogliendo insieme alcuni
altri dati dal vasto mare della produzione sinagogale s da chiaricarne al
meglio il senso.
Innanzitutto, senza lo studio, c solo una triste possibilit: quella di
non sapere e credere di sapere. Categoria che viene indicata come di gran
lunga la peggiore e la pi diffusa tra gli uomini. Di fronte a costoro risulta
essere pi afdabile addirittura lo stolto! Da tutta la letteratura rabbinica
si evince che lo studio della Torah non certo solo cosa da rabbini:
dovere primario e imprescindibile, allapice della scala valoriale di ogni
F.C. Burkitt, Memra, Shekinah, Metatron, JTS 24 (1923) 158-159; R. Fabris, Lolivo buono, Brescia 1995, 195-207; A.M. Goldberg, Untersuchungen ber die Vorstellung von der
Schekinah in der frhen rabbinischen Literatur, Berlin 1969; L. Jacob, A Jewish Theology,
London 1973, 28ss; G.F. Moore, Intermediaries in Jewish Theology: Memra, Shekinah,
Metatron, HTR 15 (1922) 40-85; R. Patai, The Shekina, TJR 44 (1964) 275-288; H.
Strack - P. Billerbeck, Kommentar zum NT aus Talmud und Midrash, II, Mnich 1928,
314-315; Urbach, The Sages, 37-65.
210. Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 195. Dallaltra produzione rabbinica sappiamo
anche che la Shekinah dinanzi a chi prega: Sanhedrin 22a; risiede presso colui che si
occupa della Torah: PA 3,7; attratta dallumile: Nedarim 38a; offesa da chi commette
una trasgressione in segreto, come se le pestassero il piede: Chagiga 16a; dappertutto:
Sanhedrin 39a.
211. Per alcuni di questi aspetti rimando a M.M. Morno, Scoprire le tue parole entrare
nella luce. La Parola di Dio informa la vita del credente, Theologica & Historica VIII.
Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna, Cagliari 1999, 9-76.
212. Cf. PA 2,9; 4,10; ARN A 11,3.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

177

persona213, il perno che regge ogni altra attitudine di interesse per la Torah214, ed considerata vera lode a Dio, autentico atto liturgico215.
In PA 2,8 troviamo un detto hillelita che coagula in s il sentire profondo di molte pagine dei maestri di Israele: mentre laffannarsi delluomo
per aggiungere cosa a cosa diventa esperienza gi di morte, il moltiplicare la Torah vale a dire lo studiarla ininterrottamente con amore di
pre-dilezione indicato come esperire gi vita piena, anzi trovare la
fonte della vita: Moltiplicare la carne moltiplicare i vermi. Moltiplicare
i beni moltiplicare gli affanni. Moltiplicare le donne moltiplicare gli
incantesimi. Moltiplicare i servi moltiplicare la lascvia. Moltiplicare gli
schiavi moltiplicare i furti. Moltiplicare la Torah moltiplicare la vita.
Moltiplicare listruzione moltiplicare la saggezza. Moltiplicare i consigli
moltiplicare il discernimento. Moltiplicare gli atti di giustizia216 moltiplicare la pace. Farsi un nome acquistare [solo] per s, ma acquistare le
213. interessante notare come non vi siano scusanti o deroghe a tale obbligo: n la con-

dizione sociale, agiata o disagiata, n il fatto di essere giovane o vecchio, n lessere nel
dolore o nella gioia, n lessere sazio o affamato: Rabbi Ishmael dice: Se tu hai studiato la
Torah nella tua infanzia, non dire: Non la studier nella mia vecchiaia. Studiala piuttosto in
ogni tempo, poich tu non sai affatto ci che riuscir, questo o quello (Qo 11,6). Se tu hai
studiato la Torah nella ricchezza, non restare ozioso nella povert. Se tu hai studiato la Torah
con lo stomaco pieno, non restare in ozio, quando hai fame. Se tu hai studiato la Torah nel
benessere, non restare inattivo nel tempo dellafizione, poich una sola cosa migliore per
luomo nella sofferenza che cento altre nel benessere. Per questo stato detto: La mattina
semina il tuo seme e la sera non dar riposo alle tue mani (ibidem). Rabbi Akiba dice: Se
tu hai studiato la Torah nella tua infanzia, studiala ancora nella vecchiaia e non dire: Non
studier pi la Torah nella mia vecchiaia, poich tu non sai affatto ci che riuscir, questo
o quello (ibidem) o se entrambe le cose resteranno nella tua mano o se le due cose sono
ugualmente buone (ibidem). Se hai avuto discepoli nella tua giovinezza, mantienili anche
nella tua vecchiaia, secondo ci che scritto: La mattina semina il tuo seme e la sera non
dar riposo alle tue mani (ibidem). Rabbi Meir dice: Se tu hai studiato con un maestro, non
dire: Questo mi sufciente! Vai piuttosto dietro un altro saggio per studiare la Torah con
lui. E non indirizzarti verso uno qualsiasi ma avvicinati da colui che ti pi vicino, secondo
quanto scritto: Bevi lacqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo (Pr
5,15): ARN A 3,4. Cf. anche PA 2,14; ARN A 23,4; 24,5; Genesi Rabba 61,3; Qohelet
Rabba 11,10; Yoma 35b.
214. Assai eloquente a questo proposito il detto di bPesachim 50b: Un uomo si deve occupare sempre della Torah, anche se non fosse per amore di lei, perch dal fatto di occuparsene
non per amore giunger ad occuparsene anche per amore.
215. Cf. Sifre Deuteronomio 41. Cf. anche la gi citata monograa di Viviano, Study as
Worship, del 1978.
216. Oppure: gli atti di carit. Cf. Bonsirven, Le Judasme palestinien, 192-204; A. Cronbach, Righteousness in Jewish Literature 200 B.C.-A.D. 100, in IDB, IV, Nashville - New
York 1962, 85-91 e A. Finkel, Gerechigkeit II - Judentum, TRE 12 (1984) 411-414; E.
Toaff, Evoluzione del concetto ebraico di zedaq, AStE 35 (1968-69) 111-122.

178

M. M. MORFINO

parole della Torah acquistare la vita del mondo futuro217. Non solo: lo
studio della Parola cosa pi preziosa di qualsiasi sacricio: Rabbi Shimeon dice: Le parole della Torah per me sono pi preziose degli olocausti

217. Cf. Dt 30,15ss. Abbiamo qui uneco non velata della polemica tra Farisei e Sadducei.

In ARN A 5 tramandata quasi la magna charta del sentire farisaico: Non siate come dei
servi che non ricercano il maestro se non per ricevere una graticazione. Siate invece come
come quei servi che ricercano il maestro non esigendo di ricevere alcuna graticazione e
che il timore del Cielo sia su voi, afnch la vostra ricompensa sia raddoppiata nei tempi
a venire. Antigono di Soko aveva due discepoli che studiavano le sue parole che poi trasmettevano ai loro propri discepoli e questi [a loro volta] ai propri discepoli. Questi ultimi
si misero a studiare con maggior attenzione i detti [di Antigono] e si domandarono: Perch
i nostri padri giudicarono conveniente insegnare tali cose? possibile che un lavoratore
fatichi per lintera giornata e non pretenda la sera il suo salario? In verit, se i nostri padri
avessero pensato che vi fosse un altro mondo e che ci sarebbe stata una resurrezione dei
morti, mai avrebbero parlato in questo modo!. Allora essi decisero di separarsi dalla Torah
e si divisero in due sette, quella dei Sadducei e quella dei Boeti. Essi usarono per tutta la
loro vita vasellame doro e dargento, non perch fossero particolarmente arroganti ma perch i Sadducei dicevano: una tradizione dei Farisei afiggersi in questo mondo, visto che
nel mondo futuro non avranno proprio un bel nulla!. Il testo rende plasticamente il sentire
del partito dei Sadducei: per questi, sia lera messianica che il mondo futuro non sarebbero
altro che invenzioni recenti, non rintracciabili nelle tradizioni antiche lasciate dai padri.
ARN A 5 mette in evidenza la polemica dottrinale con quei caposaldi del credere farisaico
che sono la retribuzione del merito, i tempi messianici e il mondo futuro. Nelle Antichit
13,10,6, Giuseppe cos tratteggia i novatori, i Farisei: I Farisei hanno presentato al popolo una moltitudine di osservanze ereditate dai loro padri e non tramandate dalla legge di
Mos. Per tale ragione i Sadducei le rigettano, dichiarando che noi dobbiamo ritenere per
obbliganti [solo] le parole scritte e non gi osservare le tradizioni dei padri [la Torah orale]
(Histoire Ancienne des Juifs, Lidis 1968-1981). I Farisei, dunque, sono gli eredi di Esdra e
degli Scribi, veri uomini della legge, tutti tesi a conservare e tramandare la chasssidut, la
vera piet mossa dalla generosit, mentre i Sadducei, legati alla casa reale e al sacerdozio
e quindi strettamente congiunti al mondo politico, non disdegnavano linvasore ellenistico
e lo stile di vita da questi introdotto in Palestina. Commentando questo capitolo di ARN,
Smilvitch, Leons des Pres du monde, 114 osserva: Mais on notera que largumentation
sadducenne a ici pour origine limpossibilit de confrer un sens la gnrosit ou, si
lont veut, la gratuit de lthique, laquelle est alors confondue avec la nullit dune qute
absurde. Par contraste, les Pharisien, qui recherche le Matre en exigeant de ne recevoir
aucune gratication, et dont la meilleure illustration est la gure du juste souffrant, pauvre
et malheureux en ce monde (cf. ARN A 9,25 et ARB B 44) son seul intrt est dans le
monde--venir suspend le mrite la gnrosit qui ose se coner la rigueur et la contrainte dune qute besogneuse qui ne promet quelle-mme et qui est le tout de lthique.
Ce que les Sadducens rejettent nest pas tant cette qute elle-mme que le fait quelle apparaisse immotive voire injuste aux yeux de qui ne se dtermine quen fonction sans laquelle
ceux-ci ne savent dcider ni juger et sont perdus. Aussi lthique est-elle pour eux, au sens
propre, in-signiante. Sul mondo farisaico si veda: S.W. Baron, A Social and Religious
History of the Jews, New York 1952, I, 250-285; L. Finkelstein, An Ancient Tradition of
the Sadducees and the Boethusians, in M. Ben Horin, Studies and Essays in Honor of A.A.
Neuman, Philadelphia 1962, 622-639; The Pharisees. The Sociological Background of Their
Faith, 2 voll., Philadelphia 1966; R. Herford, The Pharisees, London 1924 (rist. New York

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

179

e dei sacrici218. Sta scritto infatti: La volont219 di Dio [vale pi] degli
olocausti (Os 6,6). Da questo si impara che lo studio della Torah pi
gradito a Dio che gli olocausti. Perch se un uomo studia la Torah, arriva
a conoscere la volont dellOnnipresente, come detto: Allora capirai il
timore del Signore e troverai la volont di Dio (Pr 2,5). Perci, quando un
maestro siede e interpreta [la Scrittura] per la comunit, la stessa Scrittura
glielo accredita come se avesse offerto grasso e sangue sullaltare220.
Credo sia del tutto condivisibile, per quanto riguarda tale particolare propensione alla Torah, laffermazione di J. Bonsirven, quando scrive che tale
impegno di studio rappresenta il tratto pi caratteristico e rappresentativo del
Giudaismo221. Ascoltare e studiare la Torah, perci, un obbligo stretto222 e
senza questo studio guidato davvero impossibile distinguere tra ci che si
deve fare e ci che si deve non fare, tra bene e male223. Abbiamo pi sopra
citato il detto attribuito in PA 4,12 a R. Eleazar b. Shammua, che si concludeva
con un climax che indica il timore per il moreh sullo stesso piano del timore
del Cielo, il timore di Dio. Il maestro impersona linsegnamento divino. E
non si tratta semplicemente di un andare a lezione seppur per imparare la
Scrittura: Miqrah e la Tradizione: Mishnah da questo o da quel rabbi: seguire
un insegnamento che riguarda la Parola santa non atto ordinario. Nella mens
iudaica, invece, la riproposta quotidiana della rivelazione sinaitica. Ecco
perch come l [al Sinai] si stava con timore, con tremore e sudando per la
paura, cos anche qui [nella casa di studio] si deve stare con timore, con tremore e sudando per la paura224. Se nella bet hamidrash ci si pu introdurre
1961); J.Z. Lauterbach, The Pharisees and Their Teachings, New York 1930; J. Neusner,
The Rabbinic Tradition about the Pharisees Before 70, 3 voll., Leiden 1971; From Politics
to Piety. Pharisaic Judaism in New Testament Times, Englewood Cliffs 1972.
218. ARN B 8,1.
219. Letteralmente la conoscenza di Dio. Conoscere Dio conoscere la sua volont. Questa interpretazione di Os 6,6, attribuita a Jochanan ben Zakkai, diventata capitale dopo gli
sconvolgimenti politico-religiosi del 70 d.C. Conoscere Dio studiando la sua Parola come
pi sopra detto un atto di culto non soltanto come i sacrici ma pi dei sacrici, perch
conoscere Dio, in fondo, signica vivere con ununica certezza: di essere da Lui amati.
220. ARN A 4.
221. Le Judasme palestinien, 282.
222. Cos per Rabbi Eleazar di Modin: Mekilta de-R. Ishmael 15,26. Anche gli Apocri
ritornano costantemente su tale obbligatoriet nello studio della Torah. Non solo: proprio
in tale pratica che possibile riconoscere il giusto dallempio: Libro dei Giubilei 3,31; 4,17;
33,16-17; Enoc 37,3; 94,5.10.
223. Cf. Sifre Levitico 1,10.
224. BBerakot 31a.

180

M. M. MORFINO

anche quando si fosse in stato di impurit sica o clinica, sarebbe del tutto
sconveniente entrarvi con una qualche impurit morale. Chi si trova in tale
condizione deve astenersi da ogni contatto col sacro che, proprio nellambito
magisteriale svolto nella casa di studio, ha la sua rivelazione pi immediata
e il disvelamento pi autentico. S, la santit della casa di studio superiore
a quella della sinagoga225! Lamentarsi, poi, che pur studiando la Torah nella
bet hamidrash, le cose procedono non eccellentemente da sciocchi: Rabbi
Aqiba disse: Una volta una volpe stava passeggiando sulle sponde di un corso
dacqua e vide i pesci che, da un punto allaltro, si muovevano compatti, in
gruppo. Domand loro: Da che cosa state fuggendo? Essi risposero: Dalle
reti dei pescatori. Allora la volpe disse: Perch non venite qui sulla terra per
vivere in pace, insieme a me I pesci risposero: Ma sei veramente lanimale
pi intelligente? Sei invece molto stupido! Se abbiamo timore nellelemento
che ci ospita, quanto maggiormente non ne avremmo l dove moriremmo
certissimamente? E il maestro disse: anche per noi cos: se gi siamo in una
situazione precaria quando siam seduti a studiare la Torah, quanto peggiore
sarebbe la nostra situazione se anche la trascurassimo!226.
Tali espressioni non sono n esagerate n paradossali ma sono lesponente pi genuino di un intero vissuto religioso. Nel mondo ebraico lo studio
non un complemento pi o meno utile alla pienezza della vita religiosa;
invece il presupposto indispensabile, il requisito imprescindibile. un impegno costante, un dovere a cui nessuno si pu sottrarre. Con una affermazione
che ricorda lintellettualismo etico di Socrate, i maestri dichiaravano che
lignorante non teme il peccato e il volgo non pu essere pio227 La vera
religiosit si conquista con la conoscenza e la coscienza di ci che si deve
fare. Lo studio della Torah da solo equivale a tutti gli altri precetti228. Alla
ne del primo secolo dellera volgare i maestri discussero a lungo, se fosse
pi importante lazione o lo studio nella vita religiosa conclusero con
una soluzione di compomesso, affermando che lo studio pi importante,
perch conduce allazione229.
225. BMegillah 26a. Per la tradizione dei Abot, anche nei Cieli vi una casa di studio

della Torah, dove Dio stesso la studia e cita una halakah a nome di R. Eliezer! Cf. Pesiqta
deRabbi Kahana, Para (ed. Mandelbaun), 73. Cf. anche bGittin 6b; bBaba Mezia 86a.
226. BBerakot 61b.
227. PA 2,5.
228. Pea 1,1.
229. Di Segni, La sequela del maestro nella tradizione rabbinica, 73. Sul fare la Parola
come telos dello studio rimando ai testi riportati in Siepe alla sapienza il silenzio, 488ss e
Leggere la Bibbia con la vita, soprattutto la prima parte. Per il conitto tra erudizione e azione
e le posizioni delle diverse scuole rabbiniche rimando a Urbach, The Sages, 603-620.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

181

1.2. Chi studia solo come se non avesse Dio


Lo studio della Torah non pu essere tentativo da autodidatta perch lessere tale condizione assai svantaggiosa: Non c confronto tra chi studia
da solo e chi apprende da un maestro230, perch chi studia da solo come
se non avesse Dio!231.
Al tema dello studio della Torah, perci, sempre e inscindibilmente
connesso il tema della necessit di cercarsi maestri qualicati: limperativo
categorico sempre uno: Che ognuno si faccia discepolo di un saggio,
secondo un detto attribuito dalla tradizione babilonese a Rabbi Shimeon
ben Gamaliel232 o, secondo Rabban Gamaliele: Fatti un maestro e allontanati dal dubbio233. Lo studio della Torah accompagnato da un maestro
risulta essere un imperativo addirittura pi urgente e vincolante di realt
che parrebbero a prima vista assolutamente prioritarie: come lonore dovuto ai propri genitori, il porre gesti di carit e il ristabilire la pace tra
contendenti234.
Preferibilmente il maestro deve essere di provata esperienza235. E questa
viene con gli anni. Ecco perch nella scelta sempre pi vantaggioso, per il
discepolo, eleggersi un maestro ricco di anni: Chi studia dai giovani a cosa
assomiglia? A chi mangia uva acerba e beve vino del suo tino. Chi studia
dagli anziani assomiglia invece a chi mangia uva ben matura e beve vino
230. BKetubbot 111a.
231. BAvoda Zara 17b.
232. BPesachim 4,5. Cf. anche Sifre Deuteronomio 9,22.
233. PA 1,16.
234. Cf. Pea 1,1.
235. bene avere un solo maestro o seguirne vari? La soluzione controversa e i rabbini

cercano una scappatoia che, praticamente, lasci spazio agli opposti: per questioni di Sevarah,
di pensiero e quindi opinabili, meglio farsi discepoli di pi maestri, mentre per questioni di
pi stretta Halakah meglio attenersi ad un unico maestro. Particolarmente signicativo a
questo riguardo il seguente racconto del Talmud babilonese dove R. Chisda, rivolgendosi
ai suoi discepoli insegna: C qualcosa che vorrei dirvi ma esito, perch temo mi abbandoniate. Tuttavia R. Chisda super la sua esitazione e parl ai suoi discepoli. Disse: Colui
che studia con un maestro non vedr mai pienezza di benedizione [= non giunger a gustare
in pienezza i beneci della sua fatica di studio]. Subito i suoi discepoli lo abbandonarono e
andarono da un altro maestro, Raba. Questi disse ai suoi nuovi discepoli: Lindicazione che
voi avete ricevuto dal vostro precedente maestro di aumentare il numero di maestri valida
per un livello pi alto della dialettica. Per gli insegnamenti fondamentali sui quali si basa la
Miqrah meglio studiare sotto un unico maestro: Avoda Zara 19a. Chisda Amora della
terza generazione babilonese. stato discepolo e amico di R. Chuna, aggadista eccellente
che, dopo la morte di R. Jehudah, fu ritenuto il maestro pi rinomato di Sura. Per la bibliograa cf. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 130.

182

M. M. MORFINO

stagionato236, anche se, in denitiva, pi che let, secondo Rabbi Jehudah


haNasi, bisogna valutare la sostanza: Non interessarti al recipiente ma a
ci che vi sta dentro. Vi sono dei recipienti nuovi pieni [di vino] stagionato
e ve ne sono di vecchi che, al contrario, non contengono che [vino] appena
stillato237.
Lattenzione e la devozione al maestro, inoltre, si declina in atteggiamenti molto concreti che i testi pi avanti riportati porranno in maggior
evidenza: i discepoli, anche sicamente, fanno continuamente corona al
proprio maestro per non perdere neppure uno dei suoi insegnamenti e vedere come concretamente vive. Non si permettono di dargli mai le spalle238,
non lo chiamano per nome239, si mettono subito in piedi appena lo intravedono e davanti a lui240 stan seduti con estremo rispetto, come fossero
dinanzi al re, no a baciare la sedia da dove il maestro pronuncia le sue
sentenze241. Mai un buon discepolo prender posto sulla sedia riservata al
maestro242. Nei riguardi dei pronunciamenti magisteriali, inoltre, il discepolo chiamato al massimo rispetto, perch chi dissente dal suo maestro
come se dissentisse dalla Shekinah e chi in combutta con il suo maestro
come se lo fosse con la Shekinah243.
236. PA 4,20.
237. Ibidem. Il principe o patriarca, della quarta generazione dei Tannaim. Molte volte

indicato semplicemente con lappellativo di Rabbi o Rabbenu o Rabbenu ha-qadosh il nostro Rabbi santo in ossequio alla sua considerevole statura morale. Sappiamo che era glio
di Rabban Shimeon ben Gamaliel II. Una pia tradizione vuole che sia nato il medesimo
giorno della morte del martire Aqiba. Rabbi cur la sua formazione presso diversi grandi
maestri: Jehudah bar Ilai, Shimeon ben Jochai, Eleazar ben Shammua. Fu pure discepolo di
Natan dal quale, in seguito, nelle sue opinioni, si discoster. Con Jehudah ha-Nasi listituzione del patriarcato prosper in modo notevole e il suo nome legato alla redazione della
Mishnah. Per A. Guttmann, Rabbi sarebbe morto nellanno 217 o 219 della nostra era: The
Patriarch Judah I - His Birth and His Death. A Glimpse into Chronology of the Talmudic
Period, HUCA 25 (1954) 239-261. personaggio di prima grandezza per il giudaismo
rabbinico per essere stato il redattore nale della Mishnah, portando a compimento la fatica
iniziata dallo stesso Aqiba e portata avanti da R. Meir. Pi dettagliatamente si veda Albeck,
Einfhrung in die Mischna, 145-170 e Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 454-486 e A.I.
Baumgarten, The Politics of Reconciliation: The Education of R. Judah the Prince, in E.P.
Sanders et alii, Jewish and Christian Sel-Denition, II, London 1981, 213-225, 382-391.
238. Yoma 53b; pBerakot 2,1,4 e Berakot 27b.
239. BKidushin 31b e bBaba Qamma 73b.
240. BKidushin 32b-33a.
241. Cos Rabbi Joshua ben Chanina che bacia la sedia/cattedra di Rabbi Eliezer: Ct Rabbah
1,20.
242. BKidushin 31b.
243. BSanhedrin 110a. La derek eretz, via della terra, cio le regole della buona

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

183

Coloro che invece si fanno attenti discepoli di veri maestri sono ben
individuabili, portano in s uno sfraghis, quasi un marchio a fuoco: Come
il fuoco lascia un segno sul corpo di chi lavora con esso, cos le parole
della Torah lasciano un segno sul corpo di colui che lavora su di esse (=
le studia). Come coloro che lavorano con il fuoco sono riconoscibili, cos
i discepoli del saggio sono riconoscibili dal loro modo di camminare, dai
loro discorsi e dal loro modo di abbigliarsi in pubblico244. Il discepolo dei
saggi diviene quasi trasparente e capta senza alcuna posa lattenzione di chi
lo vede: Ogni specie di recipiente pu essere trasportato alla piazza del
mercato senza che nessuno sappia che cosa vi si possa trovare dentro. Ma
quando si tratta di un recipiente di vetro, la gente subito capisce che cosa vi
contenuto. Allo stesso modo, molti sono quelli che possono passare sulla

condotta, richieste soprattutto per coloro che studiano la Parola, sono disseminate in tutti
e due i Talmudim, nei Midrashim e, in particolare in PA e nei trattati Derek Erez Rabbah e
Zuta. Le regole della derek eretz toccano ogni ambito del vivere, no a sconnare in realt
apparentemente insignicanti. Yoma 86a ricorda come sia necessario, nel parlare, mantenere
un tono dignitoso, n sguaiato n condito da urla, non prendendo la parola davanti a chi
pi saggio, non interrompendo il discorso altrui n precipitarsi nella risposta. Berakot 17a
porta come esempio Jochanan ben Zakkai che nessuno riusciva a precedere nel saluto. In
Chullin 84b vengono indicati comportamenti da tenere sia per labbigliamento che per il
cibo: necessario spendere per il proprio abbigliamento tenendo conto dei propri mezzi e
per il cibo si deve spendere sempre meno di quanto i propri mezzi consentono. Il saggio
deve mangiare e bere accontentandosi del minimo necessario per la sua salute, senza alcun
eccesso, in casa propria e sedendosi alla propria tavola e non al mercato perch colui
che mangia al mercato [vale a dire pubblicamente] come un cane: Kiddushin 40b. Mai,
inoltre, un discepolo dei saggi manger in piedi, n si leccher le dita come i golosi: Derek
Erez Zuta 5. Per lui, ingoiare il contenuto del proprio bicchiere tutto dun ato segno di
ingorda avidit: Beza 25b. Nel trattato Shabbat 114a anche ricordato che gli abiti devono
essere di fattura conveniente e sempre puliti, giungendo ad affermare che ogni macchia sul
vestito di un saggio lo rende degno di morte. Il tratto da mantenere poi con le donne, soprattutto con la propria moglie, deve essere improntato a signorilit e amorevolezza, perch
la benedizione di Dio resta sulla casa di un uomo solo a causa di sua moglie. Tutte le cose
che poi riguardano landamento della casa devono essere trattate con lei e se tua moglie
bassa, chinati e parlale: Baba Mezia 59a (cf. anche Taanit 20b e Gittin 6b). Inne, i rapporti
interpersonali di colui che discepolo e maestro della Torah devono far trasparire amore
ed onore per qualsiasi persona: Derek Erez Zuta 1 (cf. PA 2,10), avendo il massimo rispetto
per la casa altrui, dove non ci si deve introdurre di soppiatto (Pesachim 112a). In tutto ci,
lunica cosa seria da fare, per il saggio, limitato Dei: Ogni uomo deve imparare le buone
maniere dallOnnipotente. Egli stette allentrata dellEden, chiam Adamo, come scritto:
Il Signore Dio chiam Adamo dicendo: Dove sei? (Derek Erez Zuta 5). Abbondante raccolta di testi di questo sapore si pu trovare in Monteore - Loewe, A Rabbinic Anthology,
451-523. Cf. anche A. Cohen, Everymans Talmud, New York 1932, 168-266; S. Krauss,
Le trait talmudique Drch r, REJ 36 (1898) 27-46; 205-221; 37 (1898) 45-64; D.
Sperber, A Commentary on Derek Erez Zuta. Chapters Five to Eight, Ramat-Gan 1990.
244. Sifre Deuteronomio 343.

184

M. M. MORFINO

piazza del mercato senza che alcuno li degni di uno sguardo, ma quando
passa un discepolo dei saggi, tutti quanti ne parlano245.
I discepoli, come si vedr pi sotto, fanno a gara per servire il maestro.
Per essere vero talmid chakam discepolo sapiente di sapienti indispensabile questa intimit che si fa servizio: questa attitudine che permette al
discepolo di comprendere il maestro e dar vita cos a gesti, scelte, atteggiamenti virtuosi radicati nella tradizione eppure inediti246. una sequela
che, per la sua seriet, chiede ai discepoli di seguire il maestro anche in
esilio, di andare dietro a lui247. Si spiega cos il motivo di alcuni tratti
comportamentali che a primo acchitto parrebbero del tutto sconvenienti,
come lo spiare il proprio maestro in momenti di indiscussa riservatezza e
intimit domestica: il grande Akiba248 segue e osserva cos attentamente
il suo maestro Rabbi Jeoshua da raggiungerlo no in gabinetto e a sua
volta, lui stesso, verr sottoposto ad attenta osservazione da parte del suo
discepolo Ben Azzai249. E, rasentando la quasi tragicomicit, il discepolo si
introduce nottetempo nel letto del maestro per vedere come questi viveva
durante la notte250!
Non desta meraviglia questa sequela quasi asssiante, se si tien conto di
uno dei cardini fondanti la relazione Parola-maestro-discepolo: propriamente nella vita del maestro che il discepolo vede concretizzarsi la Parola
che si fa251. in questa attualizzazione esistenziale il vero atto magisteriale,
245. ARN B 31,3.
246. Cf. ARN 4,5-6; Mekilta de-R. Ishmael 31,13; Berakot 47b; 61b; pChagiga 2,1,7.
247. Cf. PA 1,1 e bMakkot 10a. In questo ultimo testo appare anche la regola inversa: il

maestro deve seguire il discepolo in esilio, per non lasciarlo sprovvisto di guida spirituale.
248. Si vedano le sempre interessanti pagine di L. Finkelstein, Akiva: Scholar, Saint and
Martyr, New York 1936.
249. Cf. TPesachim 1,27; TNegaim 8,2; Ketubbot 96a. Anche se, paradossalmente, dello
stesso Akiba doveroso citare il detto di Pesachim 112a, ove raccomanda al suo proprio
glio di non abitare in una citt che abbia come capo un discepolo dei saggi. Anche in PA
2,10, per bocca di R. Eliezer detto: Riscaldati al fuoco dei sapienti, ma fai attenzione ai
loro carboni ardenti per non scottarti: poich morso di sciacallo il loro morso e puntura di
scorpione la loro puntura e sibilo di serpente il loro sibilo e tutte le loro parole sono come
carboni ardenti. Il detto, evidentemente, pone in luce anche il versante meno brillante della
vita di alcuni maestri. Sulla irascibilit e la suscettibilit di tali maestri, sul non tollerare
contraddizione e, addirittura, sulle maledizioni apportatrici di sciagure e di morte si veda
Sifre Numeri 28,26; Chagiga 5b; Nedarim 7b; Chullin 87a; Baba Batra 75a; Baba Mezia
59b; pBerakot 2,1,8,4b; 5c; 7,2,11b; 9,13b; Taanit 30b. Cf. anche Bacher, Die Agada der
Tannaiten, I, 24.35.161 e II, 69ss.
250. Cf. bBerakot 62a.
251. Il compiere/fare ha unarticolazione peculiare che bene ricordare: Accomplir, au
premier niveau, cest accomplir lEcriture en dcouvrant, par lexgse, ce quoi lEcriture

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

185

quando, cio, il maestro, nel suo vissuto concreto, diventa lui stesso sacra
pagina, parabola vivente, lui stesso esegesi della Parola che insegna252.
Ed questo uno dei motivi che spingono a fare una scelta molto oculata
del maestro: per i piccoli che devono apprendere i primi rudimenti della
Torah, come per gli adulti che devono continuamente approfondirla, ci si
deve dirigere sempre verso il meglio: il maestro pi rinomato, la scuola
pi accreditata253.
Daltra parte lo stretto rapporto che il discepolo chiamato ad avere
con il maestro ha una sua ragion dessere nella necessit di non mischiare
e confondere le talvolta opposte opinioni che le diverse scuole di pensiero in una dialettica assai democratica ponevano in circolazione254.
Ci avrebbe creato uninevitabile disorientamento nel corpo discepolare
e portato ad una perdita di coerenza del pensiero sostenuto da una stessa
scuola255. per tal motivo che chi si permette di fare una dichiarazione
che non ha ascoltato dalla bocca del proprio maestro spinge la Shekinah
ad allontanarsi da Israele256. E, per trovare una soluzione che porti fuori
dal pantano del dubbio, il discepolo non pu selezionare, tra le differenti
opinioni e gli articolati sistemi che le varie scuole propongono, una qualche
halakah a proprio uso e consumo, ma si deve adeguare con coerenza ad
engage, dans la ligne de laction. Ainsi lEcriture qui dit: Tu aimeras le Seigneur de toute
ton me (Dt 6,5) nest accomplie que si on a vu, avec R. Aqiba, quelle signie: Tu aimeras le Seigneur mme sil te prend ton me, cest--dire ta vie, que tu dois donner dans le
martyre. Ce premier niveau est celui de laccomplissement exgtique proprement dit, celui
que propose le midrash des Sages (Midrash chakamim). Accomplir au deuxime niveau,
cest accomplir lEcriture en agissant conformment au midrash des Sages, lexgse
qui a dj accompli lEcriture au premier niveau. Ainsi R. Aqiba, en donnant son me Dieu
dans le martyre, accomplit-il lEcriture conformment lexgse quil en avait propose
et qui est devenue, grce lui, exgse commune, midrash des Sages. Cest sur la base
de ces deux accomplissements, celui de lexgse et celui de laction, que se comprend le
troisime accomplissement, celui des promesses de la Torah et des Prophtes: Lenhardt,
Voies de la continuit juive, 511. Cf. anche W. Bacher, Die exegetische Terminologie der
jdischen Traditionsliteratur, I, Leipzig 1899, 170-171 (rist. Hildesheim 1965).
252. I testi che supportano tale assioma sono senza numero. Per questo tratto rimando allintera prima parte di Leggere la Bibbia con la vita e Siepe alla sapienza il silenzio,
488ss (soprattutto 504-508). Cf. anche M. Elon, Jewish Law, History, Sources, Principles,
III, Jerusalem 1973, 713-828.
253. Cf. bBaba Batra 21a e bSanhedrin 32b. Specica bibliograa in S. Safrai, Education
and the Study of the Torah, in Safrai - Stern (ed.), The Jewish People in the First Century,
II, 969-970.
254. Singolare, a proposito di tale moltiplicazione di idee, un proverbio sefardita: Tre ebrei,
quattro comunit!
255. Cf. Eduyyot 1.
256. BBerakot 27b.

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M. M. MORFINO

una tradizione, seguire un maestro, dipendere dagli insegnamenti della sua


bocca sia nei rigori che nelle posizioni facilitanti. Questi insegnamenti, infatti, se espressi in coerenza con i presupposti tradizionali, sono tradizione
essi stessi. Il maestro in questa prospettiva non solo colui che tramanda e
conserva il patrimonio spirituale, ma colui che continua a crearlo. Seguire
un maestro signica quindi poter avere un criterio di sicurezza, un punto
di riferimento necessario nella vita religiosa257.
Sigilliamo il commento di questa prima condizione per lo studio della
Torah con un testo di rara incisivit che ben sintetizza quanto si tentato
di far emergere dalla lectio textuum n qui fatta: Per tre persone il Santo
sia benedetto piange ogni giorno: per colui che pu occuparsi della Torah e omette di farlo. Per colui che non in grado di occuparsene e invece
vi si occupa. Per il capo della comunit che vi spadroneggia sopra258.
1.3. Inoltrarsi ulteriormente nel cammino della conoscenza
Seconda condizione lintelligenza del cuore: ci che si appreso dal
maestro deve diventare concreta possibilit per inoltrarsi ulteriormente nel
cammino della conoscenza che sempre esperienziale e mai meramente
nozionistica e avulsa dalla vita259.
Terza condizione possedere timore e rispetto. Del rispetto dei propri
maestri e della venerazione loro riservata ne abbiamo accennato precedentemente. Ci soffermiamo brevemente per chiaricare il concetto di yirat
Elohim, il timore del Signore260. In Dt 6,13 troviamo un comandamento
positivo: Tu temerai il Signore Dio tuo e lo servirai e in Pr 9,10 detto
che il timore del Signore il principio della sapienza. Da questi testi,
evidentemente, si muove la riessione rabbinica. Nel Talmud261 il timore
del Signore affermare la verit secondo il proprio cuore, mentre nel
commento rabbinico al Levitico262 esso concerne essenzialmente quei comandamenti che sono conosciuti [solo] dal cuore, vale a dire ci che
257. Di Segni, La sequela del maestro nella tradizione rabbinica, 75. Cf. anche Lenhardt,

Voies de la continuit juive, 500ss.


258. BChagiga 5b.
259. Sulla valenza del cuore come luogo della vera conoscenza, l dove la persona se
stessa e diventa capace di scelta cf. Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 530.
260. Cf. B.J. Bamberger, Fear and Love of God in the OT, HUCA 6 (1929) 39-54.
261. Baba Batra 88a che si appoggia come prova scritturistica al Sal 15,2.
262. Cf. Sifra a Lv 19,14.

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187

non conosciuto dagli altri. Un enunciato programmatico in questo senso


quello di Antigono di Soko263: Egli era solito dire: Non siate come quei
servi che servono il loro padrone allo scopo di ricevere un salario. Siate
piuttosto come quei servi che servono il padrone non con la mira di ricevere un salario e il timore del Cielo sia su di voi264. E Jochanan ben Zakkai
morente impartisce il suo ultimo insegnamento, proprio sul timore del
Signore, indicandolo come un traguardo quanto mai agognabile: Che il
timore del Cielo sia su voi come quello delluomo di carne e sangue. E
risposero: Tutto qui? Rispose: Se soltanto giungeste a questo!265. E questo
yirat tutto legato al mistero della libert delluomo: se allinizio la Provvidenza divina regola tutta la vita della creatura umana salute, malattia,
ricchezza, gli ecc. per quanto riguarda invece il timore, solo la scelta
della persona conta: Tutto nelle mani del Cielo tranne il timore del Cielo266. Per la sensibilit rabbinica, il timore/amore del Signore la forma
pi perfetta del vissuto religioso della persona umana: solo per questa
connotazione del cuore che il credente pu comunicare con Dio ed entrare
in una vera relazione267.
Quarta condizione lumilt: chi non si espone chiedendo luce al
maestro tutto tranne che umile. E non potr aquistare la Torah268. Si
gi accennato nellIntroduzione a quanto sia tenuto in considerazione
tale atteggiamento virtuoso in ARN e, evidentemente, in PA. In ci, per il
vero, tali scritti sono ben allineati, a partire dagli scritti biblici, con tutto
il resto dela letteratura giudaica che vede nellumilt unirrinunciabile caratteristica del credente. I maestri di Israele commentano il testo biblico
di Mic 6,8 praticare il diritto, amare la lealt e camminare umilmente davanti a Dio, come il riassunto di tutta intera la rivelazione biblica, dove il
camminare umilmente davanti a Dio altro non che lapice dellideale
263. Nome caratteristicamente ellenistico che, presente nella catena della trasmissione, indi-

ca la diffusione dellinuenza ellenistica in Palestina. Cf. M. Radin, Jews among the Greeks
and the Romans, Philadelphia 1915; V. Tscherikower, Hellenistic Civilization and the Jews,
Philadelphia 1959; E.J. Bickerman, The Maxim of Antigonus of Socho, HthR 44 (1951)
153-165; Neusner, The Rabbinic Traditions about in the Pharisees before 70, I, 60-61.
264. PA 1,3. Cf. Lc 17,7-10 e Nedarim 62a; Sotah 5,5.
265. BBerakot 28b.
266. BBerakot 33b.
267. Cf. la voce Amour de Dieu, in Wigoder (ed.), Dictionnaire encyclopdique du Judasme, 66-67.
268. Per lumilt come criterio ermeneutico per entrare nel tesoro che la sapienza biblica
rimando ai testi rabbinici e patristici riportati in Morno, Leggere la Bibbia con la vita,
73-76 e 103-106.

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M. M. MORFINO

religioso giudaico269. Ecco perch il pi grande dei discepoli umilissimo


e il pi umile tra i discepoli deve essere considerato discepolo di caratura
superlativa270, non dimenticando che colui che non si vanta sar certamente vantato dagli altri271. Se poi lumilt considerata la giusta misura del
vivere del discepolo, molto pi vista come lindispensabile ponte attraverso il quale si poteva entrare nel carisma scritturale. Vari testi rabbinici,
come gi accennato, paragonano la Torah allacqua272. Se tale paragone
risulta valido, la conseguenza che, come ci si accosta allacqua visto
che si tratta di un dono incomparabile cos, con la medesima umilt, ci
si dovr accostare alla Parola. Perch le parole della Torah sono paragonate allacqua, come scritto: Colui che ha sete venga e beva (Is 55,1)?
per insegnarci che come lacqua lascia un luogo elevato per discendere
verso uno pi basso, cos le parole della Torah non permangono se non
in coloro che hanno lo spirito umile273. La potenza salvica della Parola
trova il varco ostruito l dove il suo frequentatore non abbia fatto dei passi concreti per riconoscere e accettare la verit di se stesso (che umilt):
Le parole della Torah permangono solo in colui che si reputa nulla!274.
Ugualmente per Rabbi Hoshaja275, lumilt il clima ideale, afnch la
Parola permanga viva e operante in colui che lavvicina: Perch le parole
della Torah sono paragonate allacqua, al vino, al latte? Per indicare
che come questi liquidi possono conservarsi soltanto in recipienti di pochissimo valore, cos le parole della Torah si conservano solo in colui che
ha un basso concetto di s276. Acqua, vino, latte bevande preziose per
il mondo biblico e spesso metafore per indicare la squisitezza della Torah
269. Cf. Makkot 24a.
270. Cf. Levitico Rabbah 36,2.
271. Cf. Moed Qatan 28b. In Levitico Rabbah 1,5 troviamo un detto di Akiba di vero sapore

evangelico: Siediti un poco pi in basso di dove dovresti sederti, poich meglio che ti
dicano: Sali pi in alto che invece Scendi!. Cf. Lc 14,7-11.
272. Cf. Sifre Deuteronomio 46; Mekilta deRabbi Shimeon 19,18; Midrash Tehillim 18;
Taanit 7a.
273. Taanit 7a.
274. Sotah 21b.
275. Della prima generazione amoraitica palestinese, detto anche Rabba, per distinguerlo
da un omonimo Amora della terza generazione. Fu discepolo di Bar Qappara e di R. Chijja e
maestro di Jochanan. Si vedano gli studi di D. Bartlemy, Etudes dhistoire du texte de lAT,
Fribourg Gttingen 1978, 140-173 e M.M. Morno, Lesegesi origeniana del Cantico dei
Cantici. Contributo alla storia dellesegesi, Theologica & Historica. Annali della Ponticia
Facolt Teologica della Sardegna VI (1997) 11-57.
276. Taanit 7a.

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venivano posti in recipienti atti alla loro conservazione, recipienti di terracotta e non di metallo, tanto meno prezioso, che avrebbe fatto avariare
il prodotto277.
Quinta condizione servire i sapienti: il testo di 2Re 3,11 portato a
supporto del procedimento midrashico fuga ogni possibilit di fraintendimento: Eliseo, successore del profeta Elia, ricordato come colui che ha
versato lacqua sulle mani di Elia: ne stato il servitore. S, per entrare
nel cuore della Torah necessario aver avuto familiarit con i saggi. Sino
a servirli. Perci il rapporto maestro-discepolo, oltre che di venerazione
e rispetto, essenzialmente di servizio. Ancora nella Scrittura troviamo
un altro accenno importante a questo riguardo: Giosu glio di Nun, discepolo e successore di Mos stato il meshazet servitore del grande
Legislatore278. A partire da questo dato, i maestri di Israele canonizzano
il servizio ai sapienti, facendone un dato irrinunciabile del discepolato.
Addirittura colui che ha studiato tutta la Torah e tutta la Tradizione ma
non ha servito i sapienti, non pu essere considerato che un am haarez,
semplicemente del vulgus, estraneo al cuore della Torah279 e per di pi
pazzo280. Perci lignorante per denizione colui che pu anche conoscere la Torah scritta e quella orale ma non si mai piegato al servizio
dei maestri. Quando poi in Sifre Deuteronomio alcuni capi-scuola vengono
paragonati alle grandi gure di Israele, come Mos, di loro si dice che
vissero tanto quanto lui, centoventanni: tre tappe di un quarantennio ciascuna e una di queste era stata interamente consacrata allapprendimento
della Torah servendo i maestri281. Sono gli anni che precedono gli ultimi quaranta da questi dedicati alla guida del popolo ebraico; come a dire
che necessario questo lungo tirocinio di servizio per arrivare alla piena
maturit282. Shimeon ben Jochai, proprio commentando il citato testo di
2Re 3,11 richiama lattenzione su come nel testo non si enfatizzi lo studio quanto il servizio e questo perch pi importante il servizio [dei
sapienti] della Torah che il suo studio283.

277. Cf. i testi riportati in Leggere la Bibbia con la vita, 73-76.


278. Cf. Es 24,13.
279. Levitico Rabbah 3,7.
280. Cf. Sota3,4; bSota 21b-22a.
281. detto sia di Hillel che di Jochanan ben Zakkai e di Aqiba.
282. Di Segni, La sequela del maestro nella tradizione rabbinica, 77.
283. BBerakot 7b. Si vedano le recenti pagine di B.Z. Rosenfeld, R. Simeon b. Yohai:

Wonder, Worker and Magician. Scholar, Saddiq and Hasid, REJ 158 (1999) 349-384.

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M. M. MORFINO

Questi testi svelano la convinzione che pervade gli scritti in questione


e alla quale si gi accennato: colui del quale ci si f discepoli primariamente magister vitae: se si pu e si deve apprendere dallinsegnamento
cattedratico, innitamente di pi si pu e si deve apprendere dalla frequentazione intima, familiare, diuturna del maestro284. Solo colui che bandisce
luso di una duplice modulazione di vita, una per laccademia e laltra
per la privacy, pu essere considerato maestro autentico e, viceversa, solo
colui che ha avuto la costanza e lamore per non scostarsi dal maestro
un autentico discepolo. Questo, dal servizio prestato al proprio maestro,
apprende come tradurre nella vita concreta la Parola di Dio, declinandola
in gesti, atteggiamenti e scelte corrsipondenti285. Ecco perch, tra laltro,
il vero maestro non pu impedire ad un discepolo di servirlo: lo depriverebbe dal poter esperire nella propria vita lo stesso amore/timore di Do286.
Non solo: questa frequentazione diventa fonte di accrescimento della stessa
sapienza dei maestri, un costante input per crescere, per andare oltre il
raggiunto, il consolidato, aiutando il maestro a mantenere unautentica giovinezza della mente e dello spirito: Perch le parole della Torah sono state
paragonate allalbero, come detto: un albero di vita per coloro che vi si
appoggiano (Pr 3,18)? Ci signica che come nellalbero un legno piccolo
accende un legno grande, cos i piccoli discepoli afnano i grandi maestri.
ci che diceva Rabbi Chaninah: Molto ho imparato dai miei maestri, e
dai miei colleghi pi che dai miei maestri, ma pi di tutto [ho imparato]
dai miei discepoli287. Tuttaltro perci che un rapporto unilaterale, ma al
contrario, interagente e dinamico.
La sesta e la settima condizione per lacquisto della Torah sono strettamente connesse: necessario tenere in gran conto la critica dei compagni
e, contemporaneamente, non si pu sfuggire la discussione con i propri
discepoli: condizione che potrebbe apparire troppo democratica ma che
pure in perfetta consonanza con tutta la tradizione rabbinica. Per inammarsi, provare cio passione, entusiasmo, capacit di mantenimento
nella fatica, aprire le proprie visuali, correggere la propria traiettoria
necessario avere persone con cui condividere lascesi dello studio e della
riessione e, soprattutto, da cui poter ascoltare e accogliere una posizione
diversa dalla propria. Non data vera scienza a chi non condivide la vita
284. Sulla superiorit di questa frequentazione del maestro, per servirlo, rispetto allinse-

gnamento cattedratico si veda bBerakot 7b.


285. Cf. TNegaim 8,2; bNedarim 7b e bChullin 106a.
286. BKetubbot 96.
287. BTaanit 7a.

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con i propri compagni, in un continuo aflare le armi della dialettica e


del confronto, come ferro contro ferro288. Le fonti riportano incandescenti
e a volte feroci diatribe tra scuola e scuola, tra maestro e maestro, tra
maestro e discepolo e tra discepolo e discepolo289. chiaro che i fenomeni
che accompagnano solitamente la vita delle istituzioni di studio sono segno
anche e soprattutto, almeno in condizioni di normalit, di valorizzazione
del genio intellettuale dei contendenti, di amplicazione della loro erudizione, di miglioramento dellacutezza di ragionamento e di promozione
dei talenti dialettici. Un bellesempio di dialettica tra saggi con il pieno
riconoscimento da parte del primo della solidit di dottrina del secondo
registrato proprio tra due grandi Tannaim della seconda generazione
(90-137 ca). Aqiba nel suo insegnamento sosteneva che i cohanim che
suonavano le trombe dovevano essere assolutamente puri e privi di difetto.
Rabbi Tarfon290 rispondeva a tale sentenza con molta insofferenza: Per
quanto tempo Aqiba accumuler insegnamenti che non hanno alcun fondamento? Non tollero pi un tal cosa!. Eppure, il medesimo, cerziorandosi
ulteriormente su tale dottrina e convincendosi della bont di essa, capace
di esclamare: Per il servizio del tempio! Tu non ti sei inventato tale cosa.
Sia felice Abramo nostro padre dalle cui reni uscito Aqiba! Tarfon aveva
visto e si era dimenticato, mentre Aqiba ha offerto la sua propria spiegazione ed conforme alla Halakah. Chiunque si allontana da te si allontana
dalla sua vita!291.
La dialettica costruttiva tra Tannaim e Amoraim era improntata ad un
grande spirito di libert, anche quando la dialettica interessa lasse maestro-discepolo: come gi notato, non mancano i discenti che fan lievitare
la scienza dei propri maestri292. La tradizione indica costoro come beati:
Beato il discepolo di cui il maestro riconosce la ragione293. Un dato pare
certo: le decisioni halachiche non assumevano peso per let o per il pre-

288. Cf. Taanit 7a; ARN A 18,2 e TSota 7,11.


289. Ampia serie di testi e puntuali precisazioni in Urbach, The Sages, 620-630.
290. Su questa interessante personalit di Tannaita, maestro di R. Jehudah ben Ilai e in

diatriba halakika con Aqiba, si veda J. Gereloff, Rabbi Tarfon. The Tradition, the Man, and
Early Rabbinic Judaism, Missoula MN 1979. La sua identicazione con il Tryfon di cui
parla Giustino di Nablusa dubbia: M. Freimann, Die Wortfhrer des Judentums in den
ltesten Kontroversen zwischen Juden und Christen, MGWJ 55 (1911) 555-585.
291. Sifre Numeri 75. Cf. anche pYebamot 1,6.
292. Cf. bChagiga 14a.
293. BBerakot 32a, ove, sulla bocca di R. Yirmeyah troviamo il detto: La questione dipende forse dallet? [No], dipende dal ragionamento.

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stigio di colui che le pronunciava ma dalle argomentazioni addotte e dalla


coerenza del ragionamento294. La preghiera e i servizi vicendevoli, poi,
diventano preziosi mezzi in questa con-crescita fraterna295.
Non mancano tuttavia esempi di interventi pungenti e di rimproveri
veementi scambiati tra i maestri delle scuole palestinesi contro quelle babilonesi296, parole aggressive ed epiteti ingiuriosi scagliati dai membri di una
scuola contro discepoli di altri lidi l approdati per imparare cose nuove297.
Nella seconda enumerazione abbiamo citato il detto di Rabbi che appare in
bTaanit 7a, dove questi enfatizza labbondanza di cose imparate dai suoi discepoli. Tuttavia, proprio sulla sua bocca, parlando del suo discepolo Rabbi
Levi298 non teme di affermare circa le capacit di questo: Ho limpressione
che non abbia cervello in testa!299. Come anche Rabbi Yirmeyah300, che,
nonostante la sua permanenza palestinese, tratta Rav Sheshet maestro,
a detta delle fonti, conoscitore della maggior parte della tradizione a memoria301 e lo stesso suo maestro Rav da babilonesi imbecilli302. Ecco
perch Issi ben Jehudah303 giunge a formulare lironico e amareggiato detto:
Per quale ragione i saggi muoiono prematuramente? Non perch commet-

294. Cf. bBaba Batra 142b.


295. Cf. Shabbat 147b. Si veda Bacher, Die Agada der Tannaiten, I, 71-72.
296. Cf. bQiddishin 52b; bNazir 49b e bSanhedrin 24a. Allo stesso Abba Arika Abba il

Lungo, probabilmente per la sua considerevole altezza che torna in patria, laccoglienza
non certo entusiatica: cf. bShabbat 108a; pPea 6,3; pSota 9,2. Abba Arika pi noto
come Rav, discepolo di Jehudah ha-Nasi e fondatore, secondo una tradizione gaonica della
celebre accademica talmudica di Sura, presso lEufrate (200 d.C.): cf. B.M. Lewin, Iggeret
Rab Scherira Gaon, Frankfurt/M. 1920 (rist. Jerusalem 1972), 78-81. vero tuttavia che
non mancano, per contro, espressioni davvero cariche di positivit: cf. bChullin 59a.
297. Cf. bYebamot 84a; bShabbat 10,5; Menachot 72a.
298. Levi bar Sisi, Tanna della quinta generazione, da non confondere con laggadista Amora Rabbi Levi della terza generazione degli Amoraim palestinesi. Cf. Bacher, Die Agada der
palstinischen Amorer, II, 530-536.
299. Cf. bMakkot 10a. Cf. anche bYebamot 9a.
300. Yirmeyah bar Abba, della seconda generazione di Amoraim babilonesi, viene indicato
nel Talmud babilonese come R. Yirmeyah bar Wa o, ancor pi succintamente, R. Y.
301. Discepolo di R. Shemuel, della terza generazione amoraica babilonese.
302. BBaba Batra 23b, espressione che caus allincauto e poco ne maestro lesclusione
dalla bet hamidrash. Si vedano anche i testi riportati in pNedarim 9,3; bPesachim 34b e
bZevahim 60b.
303. Issi labbreviazione di Josef. Si tratta, verosimilmente, di Issi il Babilonese, discepolo
di Eleazar ben Shammua, anche se, per bPesachim 113b pu essere identicato con altri.
Rimando per la problematica a Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 373-376 e J. Neusner,
A History of the Jews in Babylonian, I, Leiden 1965, 138-139, 188-190.

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tano adulterio o perch siano ladri, ma perch si ingiuriano lun laltro304.


E alla domanda posta dai suoi ammiratori a Rabbi Zera305 circa il motivo
della sua longevit, questi risponde: Non ho mai gioito della caduta di un
collega306. Al di l di queste intemperanze accademiche, resta tuttavia
programmatico e signicativo questo: Un padre e un glio, un maestro e
un discepolo che studiano la Torah alla stessa porta307, vengono a trovarsi
in opposizione, tuttavia, non si lascino senza rideventare intimi308.
1.4. Perch lacquisizione della Parola non sia fallimentare
Ottava condizione lassiduit nello studio: richiama e approfondisce la
prima condizione, ripetizione per nulla casuale: o un cercare continuo,
strenuo senza pausa e sine modo o il risultato per lacquisizione della
Parola fallimentare. Per il tempo da dedicare allo studio della Torah le
sentenze dei maestri puntano sempre ad un maximum e quando indicano un
minimum lo fanno solo per assicurare sempre, nello svolgersi della giornata, lo studio della Parola309.
Shimeon ben Jochai ed Eliezer non hanno dubbi: lo studio della Torah
totalizzante e non vi n giorno n notte310, ore, o istanti311 da privilegiare.
Sempre312! E i testi assai efcacemente presentano questa tensione verso la
Parola, ove la costanza esigente e senza battute di pausa. C una sorta
di pervasivit dinteresse e di ricerca, di attenzione e di amore: Rabbi ben
Chananja dice: Chi veglia nella notte, o cammina da solo per via, volgendo
304. ARN A 29,6. Cf. anche ARN A 6,2 e B 35,3. Per Goldin, The Fathers According to

Rabbi Nathan, 203, nota 22, tali maestri, non solo avrebbero la vita decurtata, ma profanerebbero con queste ingiurie vicendevoli, lo stesso Nome di Dio.
305. Amora babilonese della terza generazione. L. Bank, Rabbi Zeira et Rab Zeira, REJ
38 (1899) 47-63, distingue tre maestri con questo nome: due babilonesi (il discepolo di R
Jehudah e un contemporaneo di Rabba) e uno palestinese. Cf. anche Bacher, Die Agada der
palstinischen Amorer, III, 1-34.
306. BMegillah 28a.
307. O riferito alla stessa scuola o riferito al medesimo argomento trattato.
308. BQiddushin 30b. Cf. anche bSota 40b.
309. Cf. PA 1,15; Berakot 35b; pBerakot 9,8,14.
310. Cf. pPea 1,1,15c. R. Shamuel bar Nahman, a nome di R. Yonatan insegna: Coloro
che si danno allo studio della Torah durante la notte sono considerati dalla Scrittura come
se avessero partecipato al servizio del Tempio: bBerakot 35b. Cf. anche bChullin 133a.
311. Cf. pBerakot 9,8,14.
312. Cf. Berakot 35b; pBerakot 1,5,3ab; Sanhedrin 99ab e Sifre Deuteronomio 11,14.

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M. M. MORFINO

il pensiero a cose vane, si rende colpevole contro se stesso313. Chi veglia


nella notte. Rabbi Chananja ben Jaakov dice: Se uno tenuto sveglio nella
notte dalle parole della Torah un buon segno per lui. Ma se lo da vane
conversazioni, un cattivo segno. Rabbi Jaakov ben Chananja dice: Se uno
veglia nella notte e le prime parole che gli escono dalla bocca non sono
parole di Torah, sarebbe stato meglio per lui che il grembo di sua madre
gli si fosse chiuso in faccia, cos da non uscire alla luce e non avere mai
visto il mondo314.
interessante notare come la sentenza rabbinica che apre il testo sopra
citato, presenti in prima posizione, come parte lesa, non Dio, n la sua
Torah, ma lo stesso saggio: il primo e vero defraudato, in questo correre
dietro ci che non la Torah propio lui. Colui che si fa rinunciatario
nellimpegno totalizzante verso la Legge inigge a se stesso uningiustizia
che depaupera la sua persona. E, proprio per non essersi concesso con
totalit, diventa debitore con se stesso. Quando la continuit di interesse,
per il saggio, si protrae anche nelle ore notturne, ci viene colto come
segno eloquentemente positivo. Quando, al contrario, ancora una volta, la
persona si afda alle vacuit questa volta identicate con il silenzio
infranto da inutili e dannose chiacchiere315 questo viene colto come un
segno eloquentemente negativo. Laforisma attribuito a Rabbi Jaakov ben
Chananja esprime in maniera plastica il grado di pervasivit che la Torah
deve aver raggiunto nel saggio. La sua prima formulazione di pensiero, le
prime parole della giornata che dissigillano le sue labbra, devono rivelare
che la Parola penetrata nella sua esistenza n nel sottofondo creaturale
cos da essere, anche in maniera irriessa, il vero tessuto connettivo del suo
cuore. Diversamente, con lespressione conclusiva sarebbe stato meglio
per lui che il grembo di sua madre gli si fosse chiuso in faccia, cos da
non uscire alla luce e non avere mai visto il mondo si cristallizza lapidariamente che il meglio, per questa persona, sarebbe stato non affacciarsi
neppure alla luce della vita. E questo perch, ci per cui era stato chiamato
alla vita la conoscenza di Dio e della sua volont attraverso la sua Parola
stato disatteso e, ancora, perch il mondo, senza simchat Torah, senza
la gioia della Torah, non pu presentare davvero alcuna attrattiva. Come
una realt prosciugata di senso.
313. PA 3,5(4). Cf. anche ARN B 34,2.
314. ARN A 29,3. Di questo testo ci sono due differenti paternit: cf. Schechter, Abot de

Rabbi Natan, 87, nota 14.


315. Al contrario, il silenzio non infranto diventa salvezza per tutti: La salvezza del mondo
viene dallumilt di coloro che tengono la bocca chiusa di fronte alle offese: bChullin 89a.

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I detti appena riportati presentano un cumulo di caratteristiche del


saggio nei confronti della Torah: le realt vane, vuote, non possono catalizzare il suo interesse. Chi desidera intrattenersi fruttuosamente con la
Parola deve giungere ad un coinvolgimento pieno, ad un seppellimento di
s in essa. Ci la risultante di un prolungato spogliamento di tutti quegli
affetti che, da poli primari di interesse e di attrazione, devono diventare
via via sempre pi periferici, offrendo il pi largo spazio possibile alle
interpellanze che nascono dal contatto con la Scrittura. E si tratta non solo
di non ricercare situazioni manifestamente malvage e deleterie che portano
lontano da questa strenua attenzione alla Parola, ma vi un indicazione ancor pi radicale: va escluso anche ci che pur essendo lecito, o perlomeno
indifferente, risulta per la vita del saggio, dissipante: Rabbi Jaacov [o R.
Shimeon] dice: Chi va per via meditando [la Torah] e interrompe la propria
meditazione per dire: Che bello questo albero, che bello questo campo, la
Scrittura lo considera come se mettesse in pericolo la propia vita316. Il
testo scritturale preso qui come appoggio Dt 6,7: Ne parlerai quando
starai in casa e quando camminerai per strada. Due commentatori di PA
il Vitry e il Duran cos glossano questo passo di PA: Se uno cammina
per la strada, come sta scritto: Ne parlerai quando starai in casa e quando
camminerai per strada. E cos pure: Quando cammini ti guider, quando ti
corichi ti custodir (Pr 6,22). Fintanto che un uomo non si distoglie dalle
parole della Torah, il suo studio si conserva dentro di lui. Ma dal momento
in cui permette alla sua coscienza di divagare, corre il rischio di rendersi
colpevole, come sta scritto: Ne hai distolto i tuoi occhi? Non c pi! (Pr
23,5). E interrompe lo studio. La Torah vita per coloro che la studiano
e chi interrompe il suo studio si separa dalla vita. Come si legge nel Talmud317: Rav Jehudah, in nome di Shemuel, ha detto: Che cosa signica il
passo: Hai fatto luomo come i pesci del mare (Ab 1,14)? Come i pesci,
che stanno nel mare, muoiono nellistante stesso in cui sono tratti sulla terra
asciutta, cos pure gli uomini, quando si separano dalle parole della Torah,
muoiono subito318. Commentando parte di questo detto, Rabbi Jonah di
Gerona scrive: Volgendo il pensiero a cose vane. Dal momento che le ore
notturne sono le pi preziose, in esse si dovrebbe pensare solo alle cose che
piacciono a Dio, cio alle parole della Torah. Come sono importanti queste
ore, quanto adatte alle parole della Torah! Perch un uomo non ha nessun

316. PA 3,9.
317. BAvoda Zara 3b.
318. Cf. Mello, Detti di Rabbini, 107.

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lavoro da fare e non disturbato dai rumori che fanno gli altri. Proprio per
questo, se uno volge il suo cuore a vanit si rende mortalmente colpevole,
perch ha perso unoccasione di avere dei pensieri chiari ed esatti, e ha
distolto la sua mente dal ruminare le parole della Torah319. I giorni di festa
devono essere soprattutto riempiti da questo studio320 e addirittura la stessa
recita dello Shema non pu essere causa sufciente per interrompere lo
studio321. Non solo labbandono ma la stessa interruzione dello studio
considerata vero peccato322. Non solo: studiare ad ore precise conduce a
rompere lAlleanza323. Uno scrittore ecclesiastico che ha avuto a che fare
con il mondo rabbinico, Origene324, registra con ammirazione: Paene indesinenter Legem meditantur325 e Videmus plurimos Judaeorum ab infantia
usque ad senectutem semper discentes326.
1.5. Uno stile di vita perch le parole della Torah tutta intera siano con lui
La nona condizione ridimensiona drasticamente ogni stile di vita allinsegna della sregolatezza e della supercialit divagata: poche preoccupazioni
mondane. E per poter fare ci necessario occuparsi di pi della Torah:
A colui che accetta il giogo della Torah327, il giogo del Regno, il giogo
319. Cf. Mello, Detti di Rabbini, 104.
320. Cf. Pesachim 63b e Besa 15b.
321. Cf. PA 3,7 e anche Menachot 99b.
322. Cf. ARN A 36,8 e 41,2; Chagiga 1,7.
323. Cf. pBerakot 9,8,14.
324. Per le connessioni tra Origene e il mondo giudaico rimando a M.M. Morno, Lele-

zione divina negli scritti di Origene sul Cantico dei Cantici, nel Targum Shir haShirim e
nel Shir haShirim Rabbah, Cagliari 1993; Ermeneutica biblica ecclesiale e sinagogale a
confronto. Rassegna bibliograca per uno status quaestionis sui contatti tra mondo giudaico
e Chiesa patristica nei primi tre secoli con particolare riferimento alla polemica tra Origene
e la Sinagoga sul Cantico dei Cantici, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna IV (1995) 75-136; Conitto interpretativo sul Cantico dei
Cantici? Un confronto intertestuale tra le due Omelie e il Commento di Origene al Cantico
e il Targum Shir hashirim e il Midrash shir hashirim Rabbah e Zuta I, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna X (2001) 115-210; Conitto interpretativo sul Cantico dei cantici? Un confronto intertestuale tra le due Omelie e
il Commento di Origene al Cantico e il Targum Shir hashirim e il Midrash shir hashirim
Rabbah e Zuta II, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della
Sardegna XII (2003) 27-76.
325. Cos in Sele. in Ps Hom. 5, 3; PG 1361.
326. Cos nella Hom. Rom. 2,14; PG 14,915.
327. Pagine molto belle sul giogo della Torah e del Regno in Urbach, The Sages, 400-419.

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delle preoccupazioni mondane saranno risparmiate328, ed sempre urgente limitare le attivit nei propri affari e studiare la Torah329. Lattitudine
allimpegno diuturno di coloro che si colgono depositari di tale ricchezza
, perci, spinta ulteriormente sul piano concreto della vita. Per Rabbi
Shemaja non vi dubbio: il lavoro, la sobriet-riservatezza e il fuggire le
preoccupazioni mondane conservano il saggio nella sua saggezza, mentre
colui che fa la fatica di apprendere la Torah ma per questa conoscenza si
inorgoglisce, paragonato alla carogna puzzolente che i passanti, tappandosi il naso, fuggono.
Ama il lavoro, odia la grandezza e non farti conoscere dalle autorit330.
Ama il lavoro: questo insegna che un uomo deve amare il lavoro e non dovrebbe mai detestarlo. Perch come la Torah fu data con un patto, anche il
lavoro stato dato con un patto, come sta scritto: Per sei giorni lavorerai,
compiendo ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno Sabato per il Signore tuo
Dio (Es 20,9)331. Rabbi Aqiba dice: Ogni volta che luomo lavora liberato
dalla morte, mentre ogni volta che non lavora reo di morte di fronte al
tribunale celeste332. Rabbi Shimeon ben Eleazar dice: Neppure il primo
uomo gust qualche cosa prima di aver lavorato, come sta scritto: E [il
Signore] lo pose nel giardino di Eden, per lavorarlo e per custodirlo. Solo
dopo aggiunge: Di ogni albero del giardino potrai mangiarne liberamente
(Gen 2,15-16)333. Rabbi Tarfon dice: Anche il Santo sia benedetto non
fece riposare la Shekinah sopra Israele no a che questi non ebbe lavorato,
come sta scritto: Mi faranno un Santuario e io dimorer in mezzo a loro
(Es 25,8)334. Odia il potere. In che modo? Rabbi Aqiba dice: Colui che si
insuperbisce delle parole della Torah a che cosa assomiglia? Ad una caro328. Cos insegna R. Nehemia b. Ha-Qana (?) della prima generazione dei Tannaim. Cf.

Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 98.


329. Cf. PA 4,8.
330. PA 1,10. Sul lavoro in generale si vedano i detti di ARN A 11,1-2; 25,10; 22,1 e i testi
sopra commentati.
331. Sullo Shabbat si vedano gli scritti di J. Mann, The Observance of the Sabat and the
Festivals in the First Two Centuries, JR (1911) 502-510; Safrai, Religion in Everyday
Life, 804-807 e le sempre avvincenti pagine di A.J. Heschel, Il sabato e il suo signicato
per luomo moderno, Milano 1972.
332. Forse perch chi non ha da lavorare o non sa lavorare spinto a rubare per vivere
e quindi, divenuto reo, da sottoporsi al giudizio del Cielo. Il Vitry interpreta: Chi non
insegna a suo glio un mestiere, gli insegna a rubare.
333. Il testo ebraico pone i verbi in questa successione: lavorare-custodire-mangiare. Cf.
ARN B 21,1-10 dove sono riportate sentenze di molti rabbini sul lavoro (con articolazioni
molto pi varie rispetto a questo testo della versione A).
334. ARN A 11,2.

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M. M. MORFINO

gna [nevela] abbandonata sulla strada. Tutti coloro che passano si tappano
le narici, si allontanano da quella e se ne vanno, secondo quanto scritto: Se
tu agisci stoltamente [navela] insuperbendoti e se hai dei cattivi pensieri,
poni la tua mano sulla tua bocca (Pr 30,32)335. Ben Azzay gli risponde:
Interpreta questo testo secondo il suo contesto! Se un uomo si umilia [menivel] davanti alle parole della Torah, mangia datteri secchi, indossa abiti
sporchi e si siede vegliando alla porta dei saggi, tutti coloro che passano
dicono: Questo matto! Ma alla ne tu troverai che le parole della Torah
tutta intera sono con lui Scendi per salire e sali per scendere. Colui che
si inorgoglisce delle parole della Torah nir con lessere umiliato ma chi
si umilia per le parole della Torah nir per essere esaltato336.
Partendo dalla radice naval, Aqiba e Ben Azzay giocano sullidea contraddittoria dellumiliazione associata allesaltazione, ci che R. Yose riassume con il detto di sapore evangelico. Insuperbirsi per la Torah studiata
e appresa che poi il segno eloquente di colui che pu anche sapere ma
non vive non solo viene presentato come del tutto sconveniente ma assimila linadempiente alla carogna fetida che tutti, forzatamente, fuggono337.
Nulla pi del malakah, del lavoro, aiuta a fuggire la vacua mondanit:
Israele ha ricevuto lordine di lavorare durante sei giorni e, allo stesso
modo, ha ricevuto lordine di riposarsi il giorno di Sabato338 e perci,
secondo il quasi paradossale insegnamento di R. Yehudah ben Batyra339,
colui che non ha lavoro bene che si dia da fare anche in un campo sterile,
piuttosto che stare in ozio340. Ecco perch ogni maestro aveva un proprio
lavoro: Hillel era taglialegna, R. Jehudah panettiere, R. Jochanan calzolaio,
335. Verso abbastanza oscuro come prova scritturistica per il procedimento midrashico. Si

veda B 22,1, dove si d un signicato differente.


336. ARN A 11,3. Cf. anche A 25,10 e B 22,1. A questo proposito Hillel diceva: Abbassandomi mi elevo ed elevandomi mi abbasso: Esodo Rabbah 45.
337. Grande attenzione deve porre il maestro della Torah a non insegnare cose discordanti
da essa o permettere ai propri discepoli di insegnare a nome suo una dottrina aliena alla
Legge. La pena sarebbe lesilio e la deportazione presso acque nocive: ARN A 11,5.
338. Cos Il Principe nella Mekilta de-R. Ishmael a Es 20,9-10. Anche se in bYoma 85a, a
proposito del Sabato si precisa: Da dove si impara che, in caso di pericolo di vita, si deve
profanare il Sabato? Dal verso che dice: Poich [il Sabato] cosa sacra per voi (Es 31,14).
Che signica: il Sabato stato creato per voi e non voi per il Sabato! Si profani per luomo
un Sabato, afnch egli possa osservarne tanti altri.
339. O Betera, della seconda generazione dei Tannaim. Da lui imparano la Torah Eleazar
ben Shammua e Jochanan il calzolaio. Per Neusner, A History of the Jews in Babylonian,
I, 113-121, vi sarebbero due rabbini con il medesimo nome vissuti entrambi a Nisibi, uno
intorno al 20/30-90 e il suo omonimo intorno allanno 100/160.
340. Cf. ARN A 11,2.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

199

R. Huna agricoltore, R. Isaac fabbro Se vero, perci, che lo studio


della Torah cos superiore ad ogni altra realt, ad ogni altra professione
profana, a qualsiasi mestiere341, ad ogni altro tipo di studio profano342, alla
preghiera343, al culto344, a tutti gli altri comandamenti345, a tutto346, a fortiori,
superiore ad ogni svago mondano, che perci deve essere ridimensionato347 e nei confronti del quale i maestri insegnano il fuge cito, fuge longe,
fuge semper! Il testo che segue focalizza bene cosa signichi fuggire la
mondanit, quando si impegnati nellapprendimento della Parola: c tutta
una sindrome di atteggiamenti e comportamenti da cui astenersi perch
potrebbero diventare premessa per cedimenti ben pi vistosi e nefasti348. Se
cos non fosse, il suo magistero, da saggio, divverrebbe in-sipiente. Anzi,
queste leggerezze avrebbero il solo risultato di sradicarlo dalla vita:
Il sonno del mattino, il vino di mezzogiorno, le chiacchiere dei bambini
e la frequentazione dei posti in cui si raccoglie la gente ignorante, fanno
uscire luomo dal mondo349. Chi si astiene da queste quattro cose secondo
solamente agli angeli che servono [Dio]350. Il sonno del mattino. Questo insegna che un uomo non deve aver intenzione di restare a dormire no a che
passi il tempo di recitare lo Shemaa351. Poich tutto il tempo che dorme
341. Qiddushin 4,12 e Berakot 28b.
342. Cf. PA 3,18.
343. Cf. Berakot 1,5; pBerakot 3ab; Shabbat 11a.
344. Cf. Menachot 110a; Sanhedrin 101a; Sifre Deuteronomio 11,13.
345. Cf. Midrash Tehillim 17,8 e pPea 1,1,15d. R. Jochanan, tuttavia, la pone al di sotto

della benecienza: pPea 1,1,15c.


346. Cf. PA 4,13; ARN A 41,2; Sifre Numeri 18,20; pPea 1,1,15d; Pea 1,1.
347. Cf. ARN A 28,12; Shabbat 33b e Qohelet Rabbah 2,13.
348. Allontanati dal peccato piccolo per timore che esso ti conduca al grande: bChullin 44a.
349. PA 3,13(10). Commentando questa espressione, Rabbi Jonah dice: Se uno ha vissuto
gi molti anni occupandosi dei suoi affari, e quindi inutilmente, perch ha trascurato la Torah,
che cosa gli serve che gli siano aggiunti altri anni? simile ad un re che ha dato a un suo servo
cento denari, ma questi li ha gettati nel mare. Quando tornasse a chiedergliene altri, non
ragionevole che il re non gliene dia pi? Cos di chiunque non si dedicato allo studio della
Torah, la quale lunghezza di giorni e anni di vita (Pr 3,2): MELLO, Detti di Rabbini, 112.
350. ARN B 34,1.
351. Lo Shemaa deve essere recitato allalba: Berakot 1,2 e 26a. Berakot 1,4 chiede al pio
ebreo la recita mattutina e serale di questa professio dei, pi che preghiera. Lo Shemaa
composto da Dt 6,4 (da cui prende il nome), 11,12-21 e Nm 15,37-41 a cui vennero aggiunte
altre benedizioni. Un tempo parte centrale della liturgia templare, poi, e ancora oggi, viene
recitata nella preghiera del mattino e della sera e nellufcio sinagogale. Probabilmente, nel
primo giudaismo, anche il Decalogo faceva parte dello Shemaa. Su questa confessio dei
rimando a Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 533-534.

200

M. M. MORFINO

no a che passa il momento della recita dello Shemaa, diventa ozioso nello
studio della Torah352, come detto: Il pigro dice: c un leopardo per la
strada, un leone si aggira per le piazze! La porta gira sui cardini, cos il pigro sul suo letto (Pr 26,13-14). Il vino di mezzogiorno. Questo insegna che
uno non deve desiderare di bere vino a mezzogiorno. Perch se un uomo
beve vino a mezzogiorno diventa ozioso nello studio della Torah, come
sta scritto: Guai a te, o terra, che hai per re un ragazzo, e i cui prncipi
banchettano sin dal mattino (Qo 10,16). E al contrario sta scritto: Beata te,
o terra, che hai per re un uomo libero, e i cui prncipi mangiano a tempo
debito, per rinfrancarsi e non per ubriacarsi (Qo 10,17). Le chiacchiere
dei bambini. Questo insegna che uno non deve programmare di studiare a
casa sua. Perch se uno sta a casa sua a studiare, nisce che chiacchiera
con i gli e con le persone di servizio, e diventa ozioso nello studio della
Torah, mentre sta scritto: Questo libro della Torah non dovr mai separarsi
dalla tua bocca, ma vi mediterai giorno e notte (Gs 1,8). La frequentazione
dei posti in cui si raccoglie la gente ignorante. Questo insegna che uno non
deve sedersi di proposito con coloro che bighellonano a tutti gli angoli delle
strade. Perch se uno si siede con coloro che bighellonano in tutti gli angoli
del mercato, diventa ozioso nello studio della Torah, come sta scritto: Beato
luomo che non cammina nel consiglio degli empi, e sulla via dei peccatori
non sosta, ma nella Torah del Signore si compiace (Sal 1,1-2)353.
Questi detti sono cementati tra loro dal richiamo martellante alla sobriet come indispensabile porta per entrare nella Parola di Dio e quindi
per diventarne discepoli e maestri credibili. Di pi. Il Midrash paragona
coloro che si astengono dalle diverse slabbrature esistenziali agli stessi
angeli del servizio che hanno familiarit con Dio stesso. La passione per
la Torah deve risvegliare il saggio allaurora e questi non deve concedersi
pi del dovuto al suo giaciglio. Il rigirarsi nel letto immagine plastica
associata alla porta che gira sui suoi cardini e tratta dalla prova scritturistica
(Pr 26,14) tradisce la vera identit di costui: non certo saggio ma azel,
pigro. Il cercare e il vedere Dio certamente il desiderio pi pungente del
cuore delluomo, basti pensare con quale accento si parla di tale desiderio nel Salterio. Ma questa ricerca e questa visione non possono avvenire
comunque354. Lastenersi da bevanda inebriante ha la stessa motivazione:

352. Berakot 1,2 pone infatti in relazione lo Shemaa con lo studio della Torah.
353. ARN A 21,2.
354. Vedere Dio e cercare il suo volto: due temi che corrono per intero tutta la Scrittura. Cf.

Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 534, nota 199.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

201

si resterebbe obnubilati e perci forzatamente oziosi, non riuscendo a fare


ci che per luomo, invece, risulta primario: lo studio della Parola355, unica
realt capace di vincere la seduzione del male altrimenti inevitabilmente
vincente356 e obbligo correlato sempre a quello dello studio personale
linsegnamento ad altri dei precetti salvici della Torah357. Pena: essere
in grave peccato358. La prova scritturistica dellargomentazione midrashica
Qo 10,17 indica che la vera beatitudine nasce, per la terra, dallavere
princpi che sanno usare saggiamente delle realt create senza farsi ammaliare e schiavizzare da esse. sempre in questa cornice di solerzia,
di attenzione e di sobriet che va compresa lindicazione di Rabbi Dosa
a trattenersi dal chiacchierare con i propri gli o con la servit. La beth
hamidrash offre un clima molto pi consono allapprofondimento a colui
che non deve mai separarsi dal libro della Torah.
Concludiamo questa nona condizione per lo studio della Torah con un
testo che si commenta da solo: Questa la via della Torah: mangerai un
pezzo di pane col sale359, berrai acqua con misura, dormirai per terra, farai
una vita di stenti, ti affaticherai sulla Torah. Se farai cos, beato te e bene a
te! (Sal 128,2). Beato te in questo mondo e bene a te nel mondo che viene.
Non ricercare la grandezza per te e non bramare lonore. Metti in pratica
pi di quello che hai studiato. E non ambire alla tavola dei re, perch la
tua tavola pi ricca della loro, e la tua corona pi grande della loro corona. Fedele infatti il tuo datore di lavoro, che ti pagher il salario per
la tua opera360. Colui che familiare alle Scritture sempre un uomo che
necessita di vigilanza e di self-control, capace di rendersi conto che il suo
cibo la Torah di gran lunga pi appetibile e sostanzioso degli stessi
cibi succulenti della casa del re. La sobriet caratterizza lintero approccio
al testo sacro e sfocia in un assunto chiaro e molto esigente: Non cercare
grandezze per te. Metti in pratica pi di quel che studi. sempre la vita
nella sua reale concretezza che dice se si studiato bene e se si pu essere
considerati veri maestri. Ci risulta ancor pi vero se si tiene conto che lo
355. lobbligo degli obblighi e la benedizione delle benedizioni: Menachot 99b e YHWH

stesso ne il Maestro: PA 2,12 disponiti ad imparare la Torah perch non tua propriet.
356. Sifre Bamidbar 18,20.
357. Sotah 22a; Qiddushin 82b; Genesi Rabbah 49,4; Sifre Bamidbar 15,31; Qohelet Rabbah 5,7; Sifre Deuteronomio 32,2.
358. Addirittura la perdita della vita futura: PA 4,6; Chagiga 1,7; Beza 15b; Berakot 55a;
Sifre Deuteronomio 11,13.
359. Pane e sale indicano il pasto del povero: Berakot 2b.
360. PA 6,4. Cf. anche bJebamot 15b e bBerakot 63b.

202

M. M. MORFINO

jetzer hara minaccia particolarmente lo studioso della Parola361. Ed per


tale motivo che, fatica e lavoro362 serio devono associarsi allo studio della
Torah.
1.6. Vero padre non chi d la vita, ma chi educa
Decima condizione porre la propria ducia nei sapienti: a costo di sposare lillogicit: la destra indicata per la sinistra e viceversa. Dalla loro
parola il discepolo non pu e non deve scostarsi. un afdamento, un
rispetto e un onore che ha motivazioni e radici molto profonde: i termini
di confronto che qualicano il saggio sono addirittura siderali e celesti:
paragonato alla luminosit delle stelle363 e allo splendore degli angeli364.
Egli interpreta la Scrittura e trasmette la tradizione, la Legge orale,
quella stessa che Mos ricevette direttamente da Dio, al Sinai, con le
tavole della Torah scritta365. consultato per questioni che toccano i pi
diversi ambiti del vivere: padre spirituale366; offre il suo responso per
questioni di diritto civile e sinagogale; dirime le controversie sul puro
e sullimpuro; a lui ci si rivolge per essere dispensati da qualche volto
ecc.367, gli riconosciuta una competenza dottrinale di tutto rispetto368.

361. Cf. Sukkah 52a; Avoda Zara 7a.


362. Oltre che per lo studio della Torah, il lavoro beneco anche per il sico: Tre classi

di sudore sono beneche al corpo: il sudore dellinfermo, il sudore del bagno [di vapore] e
il sudore del lavoro: ARN A 41,5.
363. Sifre Deuteronomio 11,21.
364. Chagiga 15b.
365. Cf. PA 1,1. Questo testo ebraico viene spesso tradotto Mos ricevette la Torah al
Sinai. Il testo dice qjbl twrah e non qjbl t htwrh: Mos ricevette Torah al Sinai. Il
concetto di Torah, in tal modo, volutamente lasciato spalancato a molteplici possibilit.
Per ulteriori precisazioni e approfondimenti bibliograci sulla Torah shebe alpeh rimando
a Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 516-517.
366. Cf. Schlatter, Jochanan b. Zakkai, 15-16, 24-25.
367. Impossibile riportare anche una sola parziale silloge di queste consulenze di cui
son richiesti i maestri nelle molte pagine degli scritti sinagogali. Si vedano le pagine di A.
Bchler, Types of Jewish-Palestinian Piety from 70 B.C.E. to 70 C.E. The ancient Pious
Men, London 1922, 9ss (rist. New York 1968).
368. Celebri rabbini dicono di s che se tutto il cielo si tramutasse in pergamena e se tutta
lacqua del mare diventasse inchiostro, tutto ci non risulterebbe ancora sufciente per
mettere per iscritto la scienza da essi conosciuta. Cf. Cantico Rabbah 1,20 e Bacher, Die
Agada der Tannaiten, I, 24ss e 100.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

203

Non fa perci meraviglia che al Sommo sacerdote369 vengano allora preferiti Rabbi Shemaya e Rabbi Abtalion370.
Eloquenti, circa tale ducia da avere nei saggi, sono i testi che prepongono lobbedienza, la cura, il rispetto, la deferenza al proprio moreh,
il maestro, addirittura prima che al proprio horeh, il proprio genitore371,
perch chi ha insegnato la Scrittura introduce nel olam habba, nel mondo futuro, quello che viene, mentre chi d la luce sica introduce in un
mondo caduco372 e perch vero padre non chi d la vita ad una persona, ma chi lo educa373. Rabbi Eleazar b. Shamua pone il timore/rispetto
al proprio maestro addirittura sullo stesso piano del timore/rispetto del
Cielo374 e non onorare il proprio maestro equivale a profanare il Nome375
ed perci considerata colpa gravissima376. Addirittura il sapiente ha la
precedenza sul re di Israele: se un sapiente muore non ce n un altro
eguale, ma se muore un re di Israele ogni ebreo potrebbe diventare re377.
una ducia, quella dovuta ai maestri, che in Aqiba rasenta laudacia:

369. Se si trattasse di Aristobulo, della famiglia degli Asmonei, o di qualche altro nominato

da Erode non ci dato di saperlo.


370. Cos tramandato il racconto in Yoma 71b: Giunse un giorno che un certo sommo
sacerdote usc dal Tempio e la folla gli si accod. Ma allorch apparvero Shemaya e
Abtalyon, la folla abbandon il sommo sacerdote e li segu. Quando inne i due presero
congedo dal sommo sacerdote dicendogli: Figlio dAronne, vai in pace! costui rispose:
Figli di pagani, andate in pace! Essi risposero: Che abbiano pace i discendenti dei pagani
che hanno agito come Aronne. Quanto ai gli di Aronne che non agiscono come lui, non
andranno certo in pace. In questi due nomi vengono identicati coloro che da Flavio
Giuseppe sono indicati con i nomi Samaias e Pollion: Antiquitates Judaicae 14,172-175
e 15,3.370 e da altri con Hillel e Shammai: A. Schalit, Knig Herodes, Berlin 1969, 768771.
371. In bSanhedrin 19b detto che chi insegna la Torah al glio del proprio vicino come
se lo avesse generato.
372. Ecco perch se il maestro e il padre, contemporaneamente, smarriscono qualche cosa,
doveroso innanzitutto aiutare il maestro nel ritrovare ci che ha perduto. Cos anche se
ambedue sono prigionieri: il primo a dover essere liberato non il proprio padre ma il proprio maestro. Cf. Sifre Numeri 11,16; bBaba Mezia 2,11; TBaba Mezia 2,29; pBaba Mezia
2,13; 33a; bKiddushim 32a; THorayot 2,5; bHorayot 13a.
373. Esodo Rabbah 46.
374. Ricordiamo il testo di PA 4,12: Che lonore del tuo discepolo ti sia caro quanto il tuo
stesso onore e lonore del tuo compagno quanto il timore per il tuo maestro e il timore per
lui quanto il timore del Cielo. Cf. anche Baba Mezia 2,11; TBaba Mezia 2,30; TMegillah
4,21; TSanhedrin 8,1,2; Yoma 37a.
375. Erubim 63a.
376. Cf. Shabbat 119b.
377. BHorayot 13ab.

204

M. M. MORFINO

Tu temerai il [ta]378 Signore tuo Dio. Tale segno indica linclusione dei
discepoli dei saggi379.
1.7. La Parola ha un prezzo
Undicesima condizione la sopportazione delle sofferenze: per lacquisizione della Torah, in ogni modo, vanno messe in conto sofferenze. La
Parola ha un prezzo e il saggio sa che i grandi regali che Dio ha fatto
ad Israele sono giunti e raggiunti sempre attraverso laccoglienza delle
sofferenze. la prova, per luomo, della sua autentica volont di vedere
Dio. Il tema della preziosit della sofferenza assai fecondo nella letteratura rabbinica. Nella Mekilta de-Rabbi Ishmael ad Es 20,23 detto:
Cos dice Giobbe: Il Signore ha dato e il Signore ha tolto: sia benedetto
il nome del Signore (Gb 1,21): per il bene cos come anche per il male che
si sono ricevuti. Gli disse la moglie: Rimani ancora fermo nella tua integrit? Maledici Dio e muori! (Gb 2,9). Ma Giobbe le rispose: Tu non sai
quello che dici! (Gb 2,10). Gli uomini della generazione del diluvio, che si
comportarono male nel tempo del benessere, dovettero subire malvolentieri
il castigo che venne su di loro. Gli uomini di Sodoma, che si comportarono
male nel tempo del benessere, dovettero subire mal volentieri il castigo
che venne su di loro. Ma noi che ci siamo comportati bene nel tempo del
bene, non dobbiamo forse accettare volentieri il tempo del male? Per questo le rispose: Tu non sai quello che dici! Se da Dio accettiamo il bene,
non dovremmo accettare anche il male? Non solo: luomo, anzi, dovrebbe
rallegrarsi di pi per le sofferenze che per il benessere, poich se anche
uno stesse tutta la vita nel benessere, questo non signica affatto che i
suoi peccati siano stati perdonati. Che cosa, invece, pu dargli il perdono
dei propri peccati? Le sofferenze. Rabbi Eliezer ben Jaakov dice: scritto: Figlio mio, non disprezzare il castigo del Signore (Pr 3,11). Per quale
motivo? Perch il Signore prova colui che ama, come un padre il glio in
cui si compiace (Pr 3,12). Se ora, meditando su questo testo ti domandi
che cosa abbia fatto s che il padre si compiacesse in questo glio, devi
dire: sono le sofferenze. Rabbi Meir380 dice: Riconosci in cuor tuo che il
378. La particella ebraica intraducibile, esponente dellaccusativo.
379. BPesachim 22b.
380. Uno degli ultimi discepoli di Aqiba, della terza generazione di Tannaim, era stato

precedentemente alla scuola di R. Ishamel e, in seguito di R. Elisha ben Abuja. Famoso aggadista e specialista di Halakah. Citato ben 330 volte nella Mishnah. Cf. Bacher, Die Agada

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

205

Signore tuo Dio ti corregge come un uomo corregge suo glio (Dt 8,5). Il
tuo cuore riconosca le opere che hai fatto e le sofferenze che Io ho fatto
venire sopra di te, perch le sofferenze che ho fatto venire su di te non sono
commisurabili con le opere da te compiute. R. Jos ben Jehudah dice: Sono
preziose le sofferenze, perch il Nome del Maqom381 si posa sopra colui che
colpito dalle sofferenze, come sta scritto: Il Signore tuo Dio ti corregge
(Dt 8,5). R. Shimeon ben Jochai dice: Sono preziose le sofferenze perch
i tre grandi doni che furono fatti a Israele e che ogni popolo della terra
desidera non furono fatti se non a prezzo delle sofferenze. Questi sono:
la Torah, la terra di Israele e il mondo futuro. Da dove si ricava questa associazione alle sofferenze per quanto riguarda la Torah? Poich sta scritto:
Proverbi di Salomone, glio di Davide, re di Israele, per far conoscere la
sapienza e il castigo, per far capire i detti della conoscenza (Pr 1,1-2). E sta
anche scritto: Beato luomo che tu correggi, Signore, e che istruisci nella
tua Torah (Sal 94,12) R. Nehemia dice: Sono preziose le sofferenze,
perch, come i sacrici espiano il peccato, cos anche le sofferenze espiano
il peccato. Cosa si dice, infatti, a proposito dei sacrici? Il suo sacricio
sar in espiazione per lui (Lv 1,4). E che cosa si dice a proposito delle
sofferenze? Quando dovranno lasciare la terra espieranno la loro colpa
(Lv 26,43). Non solo, ma anzi le sofferenze espiano il peccato pi che i
sacrici. Per quale motivo? Perch i sacrici toccano luomo unicamente
nei suoi beni, le sofferenze, invece, nel suo corpo. Cos infatti scritto:
Pelle per pelle: tutto ci che gli appartiene luomo lo dar per la sua vita
(Gb 2,4). Un tempo, quando R. Eliezer era ammalato, vennero a rendergli
visita i quattro anziani: R. Tarfon, R. Jehoshua, R. Elazar ben Azarja e R.
Aqiba. Parl R. Tarfon e disse: Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso del
sole, perch il sole fa luce solamente in questo mondo, mentre tu ci hai fatto luce in questo mondo e sul mondo che viene. Parl R. Jehoshua e disse:
Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso che le gocce della pioggia, perch le
gocce della pioggia danno vita solamente in questo mondo, mentre tu ci
hai dato la vita in questo mondo e nel mondo che viene. Parl R. Elazar
e disse: Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso di un padre e di una madre,
perch un padre e una madre portano luomo alla vita di questo mondo,
mentre tu ci hai portato alla vita del mondo futuro! Parl R. Aqiba e disder Tannaiten, II, 1-69; N.G. Cohen, Rabbi Meir. A Descendant of Anatolian Proselytes.
New Light on His Name and Historical Kernel of the Nero Legend in Gittin 56a, JJS 23
(1972) 51-59 e R. Goldenberg, The Shabbath-Law of Rabbi Meir, Missoula MN 1978.
381. Cos Genesi Rabbah 69 spiega questo epiteto di Dio: Perch Dio viene chiamato
Luogo? Perch Egli il luogo del mondo ma non il mondo suo luogo.

206

M. M. MORFINO

se: Sono preziose le sofferenze!. Sentendo questo, R. Eliezer disse ai


suoi discepoli: Sostenetemi con focacce di frutta fresca (Ct 2,5)382! Voglio
ascoltare lopinione di Aqiba, mio discepolo, che ha detto: Sono preziose le
sofferenze! Poi, rivolto a lui, gli chiese: Da dove lo deduci?. Gli rispose:
Me lo hai insegnato tu stesso. Io interpreto la Scrittura che dice: Quando
divenne re, Manasse aveva dodici anni e regn per cinquantacinque anni
in Gerusalemme, ma fece ci che era male agli occhi del Signore (2Cr
33,1-2). E in un altro passo invece ha detto: Questi sono i proverbi di
Salomone, che trascrissero gli uomini di Ezechia, re di Giuda (Pr 25,1).
pensabile forse che Ezechia re di Giuda, il quale insegn la Torah a tutti
gli uomini non labbia insegnata anche a Manasse suo glio? Il fatto che,
nonostante tutto linsegnamento che gli impart e tutte le fatiche che sub
per lui, nulla pot ricondurlo al bene, tranne le sofferenze. Come scritto:
Il Signore parl a Manasse e al suo popolo, ma essi non gli diedero ascolto.
Perci il Signore fece venire contro di loro capi dellesercito del re assiro
che catturarono Manasse con uncini e lo legarono con catene di bronzo
per portarlo a Babele. Ma quando si trov in tali tribolazioni, egli plac il
volto del Signore suo Dio, si umili profondamente davanti al Dio dei suoi
padri e lo implor. Allora Egli si lasci piegare, ascolt la sua supplica e
lo fece ritornare a Gerusalemme nel suo regno (2Cr 33,10-13). Da questo
impariamo che le sofferenze sono preziose383.
Un testo molto signicativo a questo riguardo lesegesi talmudica di
Ez 4,4-8 che vede il profeta costretto a stare prima sul anco sinistro e poi
su quello destro per espiare i peccati del suo popolo e in questa situazione,
sulla propria carne, sperimenta la misericordia del Signore384: costume
di questo mondo che un re di carne e sangue contro cui si sia ribellata una
provincia, se crudele, li uccida tutti; se clemente, ne uccida la met; se
inne clemente e pieno di misericordia, si limiti ad iniggere dei castighi
ai loro capi. Cos pure il Santo sia benedetto castiga Ezechiele per poter
perdonare le colpe di Israele385. In perfetta sintonia con il sentire biblico
(cf. Dt 8,5), un commento midrashico al primo libro della Bibbia ricorda:
382. Espressione usata in senso allegorico e riferentesi alle parole della Torah: Sostenetemi

con le focacce di frutta secca (ahishot); con due fuochi (ishot), il fuoco del Moria e il fuoco
del roveto Rinfrancatemi con mele: queste sono le parole della Torah, il cui sapore
squisito come quello delle mele: Pesiqta de-Rabbi Kahana 12,2.
383. Si veda anche bSanhedrin 101a e bBerakot 5a.
384. Misericordia della quale luomo non pu mai dubitare: nemmeno quando ha la lama
della spada sul collo: bBerakot 10b.
385. BSanhedrin 39a.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

207

Il Signore prova i giusti. Cos come un uomo che abbia due buoi, uno
sano e uno malato, su quale dei due porr il giogo? Su quello sano386. E,
daltra parte, le sofferenze sono preziose, perch suo tramite gli esseri
umani raggiungono il mondo futuro387. E.E. Urbach ha evidenziato come
i primi Amoraim fecero la distinzione tra due tipi di sofferenza: quella che
non nasce dal peccato o sofferenza per amore e quella invece dovuta
al peccato, che, al contrario, non sofferenza per amore388. Coloro che accettano la sofferenza con amore e volentieri, fanno entrare la salvezza nel
mondo389. per bocca di Rabbi Jochanan che ci vengono tramandati i criteri che contraddistinguono la sofferenza per amore: quando il discepolo
non interrompe lo studio della Torah e la preghiera, pur attanagliato dalla
sofferenza, si tratta di una sofferenza per amore390. Alcuni insegnamenti
degli Amoraim palestinesi mettono a fuoco questo sentire. A nome di R.
Chisda e di R. Raba391 detto: Se un uomo visitato dalla sofferenza, che
esamini le sue azioni, secondo il versetto: Esaminiamo e proviamo i nostri
comportamenti e ritorniamo a YHWH! (Lm 3,40). Se dopo essersi esaminato non trova [in s] alcuna colpa, attribuisca la sua pena alla negligenza
nello studio della Torah, come suggerito dalla parola: Felice luomo che
Tu castighi, YHWH, e che istruisci con la tua Torah (Sal 94,12). Se f questo e ancora non trova in s alcuna colpa, si tratta sicuramente di sofferenza
per amore, come detto: YHWH castiga colui che ama (Pr 3,12)392.
Se da una parte vi sono molti insegnamenti di maestri che bramano
la sofferenza e istillano ai propri discepoli uguale desiderio393, ve ne sono
altri che, in nome della Halakah aborriscono la ricerca suppletoria di sof386. Genesi Rabbah 22.
387. Genesi Rabbah 9,8; Levitico Rabbah 29,3; bQiddushin 4,14. Cf. anche bSanhedrin

101a. Si vedano De Benedetti, Ci che tarda avverr, 109-11 e D. Malki, Le Talmud et ses
matres, Paris 1972, 155-162.
388. The Sages, 446.
389. Cf. bTaanit 8a e bBerakot 5ab.
390. TBaba Mezia 3,25; bBaba Mezia 3,58b. Cf. anche bShabbat 33a circa lidropisia di R.
Abbaye come motivo della sua sofferenza e non il peccato.
391. Il nome completo Raba bar Josef bar Chama, discepolo di R. Nachman e R. Josef.
Oper a Machoza, sul Tigri. Il Talmud Bably dedica ampio spazio alle dispute halachiche che
ricorrono tra lui e R. Abbaye. Cf. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 134.
392. BBerakot 5a (si veda anche 5b) e Genesi Rabbah 9,8.
393. Cf. ci che riguarda R. Aqiba che spinge allastinenza i suoi: PA 3,13 o pNedarim 8,1,
dove R. Jochanan f voto di digiunare no a quando non porti a termine lo studio di un
capitolo o di una parasha o ancora, in bQiddushin 81b dove R. Chiyya bar Ashi, discepolo
di Rav, si impone uno stile di vita cos spartano da giungere prematuramente alla morte.

208

M. M. MORFINO

ferenza e di dolore: Un discepolo dei saggi non ha lautorit di praticare


lastinenza perch, cos facendo, sminuirebbe lopera dei Cieli 394. Di
sapore retorico ma efcace anche la domanda posta a coloro troppo
assetati di automorticazione: Non vi son sufcienti le interdizioni della
Torah che ne volete aggiungere ancora delle altre?395. E R. Raba, pensando al Misericordioso prega: Cancella i peccati che ho potuto commettere,
per labbondanza della tua misericordia e non attraverso la sofferenza e le
malattie396. Nota Urbach: Rimettendosi a Dio per lespiazione delle sue
colpe, Rava lascia intendere che, logicamente, merita di conoscere la sofferenza e le malattie e, dunque, la sua concezione non poi cos differente
da quella degli altri Amoraim che dicono: Il Santo sia benedetto pu
forse essere sospettato di dispensare ingiustamente la giustizia?397.
1.8. Lamore dona di poter vivere il comandamento espresso dalla Parola
Dodicesima condizione amare i gesti di carit. Un tema ricorrente nella
Scrittura e nella letteratura rabbinica: lo studio deve essere associato a gesti
concreti di amore. Qui, ancora una volta, laccoglienza nella propria casa
di una delle categorie-tipo della marginalit biblica: lorfano. Alla base di
questa condizione indispensabile per studiare la Torah vi la motivazione
che pu e deve supportare lessere chini sulla Parola: lamore. Ogni altra
motivazione fosse anche la propria salvezza nel mondo futuro risulta
inadeguata: Per amare il Signore Dio tuo (Dt 6,5). Si pu studiare la Torah
per arricchirsi, per essere chiamati Rabbi, per ricevere una ricompensa nel
mondo a venire. per questo che la Scrittura dice: Per amare il Signore tuo
Dio (Dt 6,5) tutto ci che fate, solo per amore che dovete farlo. Lamore
non deve essere solo la base dello studio, ma deve anche ispirare lagire:
Tutto ci che fate, per amore che dovere farlo398. Il testo presenta un
chiaro circolo ermeneutico: alla base del lavoro di colui che frequenta le
Scritture e alla base della prassi della vita del saggio non pu che esserci
lamore. Sar questo amore che doner di poter vivere il comandamento
espresso dalla Parola, come anche il ritorno sulla Parola stessa e ci, inevitabilmente, ricondurr ancora alla vita, alla prassi. Dalla vita alla vita.
394. BTaanit 11ab.
395. PNedarim 9,1.
396. BBerakot 17a.
397. The Sages, 448. Cf. bBerakot 17a.
398. Sifre Deuteronomio 41.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

209

Lo studio della Legge una tappa intermedia che permette di acquistare


un surplus di vita399.
La tradizione rabbinica ha dunque percepito come ormai variamente
ricordato che linterpretazione del testo sacro non la si pu tentare in
modo qualsiasi: al fondo deve stare la previa e impegnata volont di colui
che avvicina la Parola di lasciarsi porre in questione da essa. Vivendo il dettato scritturale. Ma ci non fattibile se non mossi dallamore. Ecco perch
chi ascolta e studia la Scrittura, il vero saggio come pi volte emerso anche da altri testi uno che fa la Parola nella vita. Non si dice certamente
il falso, quando si afferma che i rabbini fossero appassionati della Parola.
Tale passione, tuttavia e i testi lo evidenziano costantemente era sempre
afancata dalla lucida convinzione che lo studio di essa, non seguito da una
prassi conveniente, doveva cadere inevitabilmente nellassurdo, soprattutto
quando veniva meno la pratica morale400. Colui che studia e non assurge ad
essere capace nel bene, non ha studiato. Questa bont ha tratti di estrema
concretezza, particolarmente con chi povero. Ecco perch la casa di chi
studia la Scrittura sempre aperta a tutti, in particolare ai poveri401:
Jos ben Jochanan di Gerusalemme dice: La tua casa sia aperta a tutti,
e i poveri siano come gli a casa tua La tua casa sia aperta a tutti: Jos
ben Jochanan viene a completare ci che ha appena detto il suo collega,
ossia: come la casa di un uomo devessere luogo di incontro per i sapienti,
cos pure devessere aperta ai poveri e ai viandanti, come la casa di Abramo nostro padre402. Che la tua casa sia totalmente aperta. In che modo?
Questo insegna che la casa di un uomo deve avere unentrata spaziosa a
nord, unaltra a sud, unaltra ad est e unaltra ad ovest, come Giobbe che
fece quattro porte nella sua casa. E perch Giobbe fece quattro porte nella
sua casa? Afnch i poveri non avessero il fastidio di fare il giro di tutta la
casa: colui che arrivava da nord vi poteva entrare direttamente, colui che
veniva dal sud vi poteva entrare direttamente, e cos da tutte le direzioni.
Per questo Giobbe fece quattro porte nella sua casa403. Che la tua casa sia
399. Manns, Vivre lcriture pour mieux la comprendre, 53.
400. Cf. Monteore - Loewe, A Rabbinic Anthology, 174.
401. Sulla carit/elemosina cf: A 3,2.6-7; 33,2-3; 41,5; B 31,1; 38,5; 45,10. Oltre i testi citati

nellIntroduzione, sulla povert, riportiamo il testo di Chagiga 96: LEterno guard tra tutte
le buone qualit da dare a Israele e non trov nulla di meglio della povert. Cos gli altri
dicono: la povert si addice a Israele come una briglia rossa a un cavallo bianco.
402. Cos il commento di Duran, in Mello, Detti di Rabbini, 57. Cf. ARN B 45,2.
403. ARN A 7,2. In Berakot 58b tale generosit e larghezza vengono attribuite anche a
Rabbi Huna.

210

M. M. MORFINO

totalmente aperta come la casa di Giobbe era aperta ampiamente a nord


e a sud, poich Giobbe diceva: Da qualsiasi parte il viandante venga egli
possa entrare, come scritto: Aprir la mia porta al viandante (Gb 31,32).
Giobbe inizi a dire: Non ho fatto come altri. Altri mangiano del pane bianco e danno ai poveri pane nero. Altri indossano vestiti di lana e vestono i
poveri di sacco. Io non ho agito cos. Al contrario, di ci che io mangiavo
davo da mangiare ai poveri e con gli indumenti che io vestivo, vestivo i
poveri, secondo quanto detto: Non hanno dovuto benedirmi i suoi anchi, o con la lana dei miei agnelli non si riscaldato (Gb 31,20). Con la
lana che io tosavo e con la quale io mi vestivo, io rivestivo i poveri404.
E i poveri siano come gli a casa tua: Quando quella gran disgrazia
cadde su Giobbe405, egli disse davanti al Santo sia benedetto : Signore
delluniverso, non ho dato forse da mangiare agli affamati e da bere agli
assetati e vestito gli ignudi?406 Senza dubbio il Santo sia benedetto gli
rispose: Giobbe, tu non hai neppure la met della misura di Abramo! Tu te
ne stavi seduto dentro la tua casa e i viandanti dovevano entrare in essa. A
colui che usa mangiare pane di grano tu dai pane di grano; a colui che usa
mangiare carne tu dai della carne; a chi abituato a bere vino tu dai vino.
Ma Abramo non faceva cos. Al contrario, usciva e girava da ogni parte.
Quando incontrava viandanti li portava a casa sua. A chi non era abituato a
mangiare pane di grano, offriva pane di grano; a colui che non era abituato
a mangiare carne, offriva carne; a colui che non era abituato a bere vino, offriva vino. E non solo questo, di pi. Egli si mise a costruire lungo le strade
dei grandi palazzi407 e l lasciava cibi e bevande di modo che, tutti coloro
che vi giungevano e vi entravano, potevano mangiare e bere e benedire i
Cieli408. Insegna lumilt ai gli di casa tua. Perch se un uomo umile e
i suoi domestici sono umili, quando viene un povero e si ferma sulla porta
di casa, domandando loro: Vostro padre qui? Subito gli rispondono: S,

404. ARN B 14,2.


405. Cf. Gb 1,13-19.
406. Cf. Gb 31,17.20. La sofferenza degli altri deve far vibrare empaticamente lascoltatore

della Parola: Dio dice a Israele: Figli miei, ogni volta che date sostentamento al povero,
io lo considero come se aveste dato sostentamento a me. Forse Dio mangia e beve? No,
ma ogni volta che voi date cibo al povero, Dio lo conta come se aveste dato cibo a lui:
Midrash Tannaim 83 (D. Hoffmann, Midrash Tannaim zum Deuteronomium, Berlin 1908;
rist. Jerusalem 1984).
407. Cf. M. Jastrow, Sefer Milim. Dictionary of the Targumim, Talmud Bably, Yerushalmi
and Midrashic Literature, Philadelphia 1903 (rist. New York 1985), 1180.
408. ARN A 7,3.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

211

entra pure. E prima che abbia tempo di entrare, una tavola gi imbandita
davanti a lui. E mentre entra, mangia e beve, benedicendo il Nome del
Cielo409, il padrone di casa ne riceve una grande soddisfazione410.
La sentenza di PA 1,5 e quelle di ARN A 7 e B 15, saldano insieme due
caratteristiche del saggio: laccoglienza verso tutti, soprattutto i poveri che
devono essere trattati come familiari e lumilt411. Il testo sopra riportato
si commenta da solo. I detti mettono in concorrenza Abramo e Giobbe,
quasi in una gara di benevolenza illogica e pienamente gratuita verso chiunque si presentasse nella propria casa. Sappiamo come la Scrittura e la tradizione giudaica presentano Abramo e Giobbe come campioni di fede e di
obbedienza alla parola di YHWH412. Se vero che la casa del saggio una
casa sempre spalancata ai sapienti, a chi studia, conosce e ama la Torah413,
anche altrettanto vero che questa stessa casa, proprio perch casa dove la
Torah ha trovato asilo, non pu che essere ugualmente aperta ai poveri e ai
viandanti, come la casa di Abramo, come la casa di Giobbe. E il trattamento
che l si riserva ai poveri ha una connotazione quanto mai importante: si
tratta di vera condivisione, di una vera solidariet414. Lattenzione a chi
nel bisogno si fa addirittura preveniente: le porte aperte sui quattro lati
della casa, le case costruite lungo la strada e piene di ogni cosa necessaria
409. E quando il povero messo in condizione di non potersi pi avvicinare ad una casa,

anche se il proprietario fosse stato precedentemente considerato pio, pu solo essere considerato empio: Esisteva un uomo pio che si intratteneva spesso con Elia profeta. Avvenne
che tale pio divenne ricco e cos innalz un muro di cinta intorno alla sua casa. Elia smise
di fargli visita e spieg che il tale, innalzando il muro di cinta, era diventato inavvicinabile
ai poveri che chiedevano aiuto. Era diventato pericoloso anche incontrarlo: bBaba Batra
7b. Si vedano anche le pagine di De Benedetti, La santicazione del Nome, in Id., Ci
che tarda avverr, 180-186.
410. ARN A 7,4. Rabbi Meir dice: Riduci le tue occupazioni e occupati di pi della Torah,
ma sii umile di fronte ad ogni uomo. Se trascuri la Torah, ti imbatterai in molte cose futili
che ti contrarieranno. Ma se ti affatichi nella Torah, ti dar una grande ricompensa: PA
4,12.
411. Cf. S. Safrai, Home and Family, in Safrai - Stern (ed.), The Jewish People in the
First Century, vol. II, 728-792.
412. Cf. Gen 26,5; Gb 1,1 e ARN A 33,1-5; ARN B 43,8.
413. Cf. PA 1,4; ARN B 11.13.
414. Tutta la Torah, secondo bShabbat 31a racchiusa nel comandamento Quello che non
vuoi sia fatto a te, tu non farlo ad altri: Una volta un pagano and da Shammai e gli disse:
Mi converto al giudaismo a condizione che tu mi insegni tutta la Torah, mentre io sto su un
piede solo. Con un bastone in mano Shammai lo scacci immediatamente. Il pagano and
da Hillel e di nuovo espresse il suo desiderio. Hillel lo accolse nel giudaismo e lo istru
in questo modo: Quello che vuoi non sia fatto a te, tu non farlo agli altri. Questa tutta la
Torah. Il resto commento. Va e studia.

212

M. M. MORFINO

per chi liberamente vi entra sono ampiamente eloquenti. E nella casa dove
la Torah diventata legge per tutti, il povero pu essere trattato non pi
e non solo come tale ma come uno di casa, come un familiare, ammesso
pienamente, senza distinzioni o riduzioni alla vita familiare. Il connubio
studio-opere buone davvero una costante di molti testi rabbinici415.
La frequentazione della Parola spinge il saggio a fare la Parola concretamente416. Una casa di gente umile dal padrone ai servi sempre
segno che la Parola di Dio, l, ha il posto che le compete. Quello centrale.
molto interessante notare come la bont sia davvero la cosa importante,
linveramento di ogni gesto di carit. Rabbi Eleazar ha detto: La carit
compiuta perfettamente solo se contiene in s la bont. E i nostri maestri
hanno insegnato: Sotto tre aspetti la bont pi importante della carit:
la carit si pratica con il denaro mentre la bont si pratica con il denaro
e con la propria persona; la carit destinata ai poveri, la bont ai poveri
e ai ricchi; la carit per i vivi, la bont per i vivi e per i morti417. Nel
mondo sono state create dieci cose dure. La montagna dura, ma il ferro
pu spaccarla. Il ferro duro, ma il fuoco pu piegarlo. Il fuoco duro,
ma lacqua pu spegnerlo. Lacqua dura, ma le nuvole la portano. Le
nuvole sono dure, ma il vento pu cacciarle. Il vento duro, ma il corpo
umano pu resistergli. Il corpo umano duro, ma la paura pu spezzarlo.
La paura dura, ma il vino pu cacciarla. Il vino duro, ma il sonno pu
vincerlo. La morte pi forte di ogni cosa, tuttavia la carit libera dalla
morte (Pr 10,2)418.
415. Si vedano anche i testi riportati in Leggere la Bibbia con la vita, 59-72.
416. C un testo molto signicativo in Levitico Rabbah, Qiddushin 25,1: scritto: La

Sapienza [la Torah] un albero di vita per chi ad essa si attiene [per coloro che compiono
il comandamento della Legge] (Pr 3,18). Se diceva: La Torah un albero di vita per coloro
che studiano senza praticare (o: per coloro che studiano senza afancare lattivit di studio
ad un qualche lavoro), non ci sarebbe stata salvezza per Israele. Se diceva: per coloro che
la studiano, non ci sarebbe stata salvezza per Israele, ma dice: tutte le parole della Torah
per metterle in pratica (Dt 27,26). Il termine tekumah, tradotto con salvezza, pu essere
reso anche con sopravvivenza (cf. Monteore - Loewe, A Rabbinic Anthology, 105, nota
1). Lattivit culturale, di studio, per quanto nobilissima e necessarissima e cos in tutte le
fonti non ha in s capacit di salvezza, non pu elargire alcuna sopravvivenza. Il testo lega
la vita, la salvezza, allattenersi alla Torah, non allo studio disincarnato che appare non solo
neutro ma addirittura carico di una valenza negativa, di una forza giudiziale nei confronti di
chi lo pratica senza sfociare nella prassi. Per Israele non ci sarebbe salvezza-continuit nel
momento in cui lattivit di studio si spostasse dallimpegno di vita alla mera speculazione
priva di risvolti vitali. Cos per quanto riguarda la casa che accoglie i sapienti ma non si
cura dellaccoglienza e, soprattutto, dei poveri.
417. Sukkah 49b.
418. BBaba Batra 10a. In questo medesimo testo viene ulteriormente specicato il valore di

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

213

Tredicesima condizione amare le correzioni. Viene qui espresso un


importante principio di corresponsabilit: non si tratta di amare solo colui
che commina la correzione ma anche colui che abbisogna della correzione.
una condizione che richiede evidentemente una grande parresia e una
grande libert, dove tutti, indistintamente, si sentono bisognosi di crescita
e, mossi dallamore che qui ha il nome di corresponsabilit , di correggere419. Chi decide di porsi in atteggiamento di serio apprendimento deve
mettere in conto di poter sbagliare: la sapienza dura da acquisire e facile
da perdersi420, perci ci si deve disporre, sbagliando, ad accogliere laiuto
vigile di chi accompagna in questo impegnativo iter. R. Shimeon ben Elazar a nome di R. Meir insegna: Se hai alcuni compagni che ti criticano ed
altri che ti lodano, ama chi ti critica e detesta chi ti loda, poich colui che
ti critica ti dirige verso il mondo futuro, mentre colui che ti loda ti accorcia i giorni421. I maestri conoscono la debolezza dei propri discepoli, ma
soprattutto la loro propria, e mettono in atto ogni possibile risorsa, afnch
lo studio e la pratica della Torah non vengano inciati da atteggiamenti
superciali o malsani422.
1.9. Una generazione narra allaltra
Quattordicesima condizione che caratterizza colui che cerca di acquistare
la Torah studiare per poter insegnare. Chi riceve il dono del tesoro
scritturale non pu stringerselo per s in uno sterile autocompiacimento
cultural-spirituale. La vita che la Torah e dona deve essere condivisa.
ci che viene dato al povero: Fate attenzione a come i modi di fare del Santo benedetto
sia sono diversi da quelli degli uomini. Se voi portate un dono ad un grande sovrano, non
sicuro che questi laccetti e seppure lo accettasse, non siete certi che vi sar concesso di
entrare alla sua presenza. Non cos Dio: se darete anche una piccola cosa ad un povero,
potete esser certi di essere ammessi un giorno alla sua presenza.
419. Luminosit solare e umilt sono realt simili: Di coloro che sono umiliati e che non
umiliano, che accettano le offese e non replicano, che servono per amore e che accettano
nella gioia le correzioni, la Scrittura dice: Quelli che lo amano sono come il sorgere del
sole nel suo splendore (Gdc 5,31): bShabbat 88b.
420. Cf. ARN A 28,5.
421. ARN A 29,1 e Derek Erez Zuta 9. Lo studio della Torah viene presentato come costitutivo dellespiazione realizzata, un tempo, con i sacrici. Certo si tratta di un punto darrivo
di una lunga riessione. Al tempo della distruzione del Tempio, Rabban Yochanan ben
Zakkai dichiara che gli atti di carit e la bont costituiscono lespiazione per Israele, mentre
altri maestri indicano il digiuno come sostitutivo dei sacrici: bMegillah 16b.
422. Cf. Urbach, The Sags, 645-648.

214

M. M. MORFINO

Da qui si comprende il costante imperativo che corre tante pagine della


letteratura in questione: Fatti dei discepoli!423. In molte sentenze rabbiniche, colui che insegna la via della Torah ad altri paragonato ad un
perfetto dal punto di vista cultico: Un saggio che spiega la Torah in
pubblico considerato dalla Scrittura come se avesse offerto allaltare
grasso e sangue (cf. Ez 44,7.15)424, poich colui che studia la Torah
e non la insegna paragonato al mirto nel deserto, il cui profumo si
disperde invano425.
Lultima condizione dettata dal testo biblico di Ester 2,22: Ed Ester
rifer al re, in nome di Mardocheo. Il citare la paternit dei detti non ha
nulla a che fare con la puntigliosa, scientica e moderna caparbiet a
riportare la fonte. , invece, la garanzia per potersi dire nel grande solco
della tradizione, nella sicurezza di un catena mai interrotta. Se ci non avvenisse, si vericherebbe addirittura lallontanamento della Shekinah con
la conseguente mancanza di redenzione426. Se Ester non avesse raccontato
ad Assuero lesistenza del complotto, a nome di Mardocheo, il sovrano
non si sarebbe ricordato di lui e Aman avrebbe potuto trionfare su Israele
e distruggerlo427. Questa catena ininterrotta, che parte da Mos che riceve

423. Cf. PA 1,1; ARN A 1,4 e B 1,3.


424. ARN 4,2.
425. BRosh Hashanah 23a.
426. Fa notare sapientemente E. Smilvitch: en liant indissolublement chaque parole

celui qui la nonce, les PA mettent aussi laccent sur la gnalogie, lhistoire interne
en quelque sorte, de la tradition rabbinique. Cest ainsi que le deux premiers chapitres
tracent la chane ininterrompue de la tradition et de la transmission de la Torah, depuis
Mose ai Sina jusquaux tannam contemporains de la distruction du second Temple
Du coup, et puisque ce trait met en scne les matres le plus important de la Michna
destine affermir son autorit et la valeur de sa juridiction. Mais les Pirq Avot sont
aussi une gnalogie dans un sens beaucoup plus large chaque sage enseigne le droit
chemin sa gnration; si bien que chaque propos, ayant sa rsonance singulire,
demande tre situ dans une sorte dhistoire thique. Cette perspective plus large
nous donne peut-tre accs lide dune chane de la tradition, telle quelle est mise
en jeu dans les premiers chapitres; plus quun status idologique, prsent, certes, mais
insufsant pour expliquer lensamble de louvrage, cette histoire interne de la tradition
orale esquisse plutt le rcit dune geste tique, o le droit chemin propre chaque
gnration est ramass et rsum en une formule singulire, par la parole dun sage. Un
peu comme si, au lieu dune histoire dite relle (qui si manifeste aux yeux de tous), il
sagissait dune histoire plus secrte de lintersubjectivit, dploye dans le temps des
gnrations par une mme raison morale, et qui invite aussi chaque nouvelle gnration
poursuivre le rcit en rptant le mouvment qui lame: Smilvitch, Leons des Pres
du monde, 9-10.
427. Cf. Megillah 15a; Chullin 104b e Niddah 19b.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

215

le Torot al Sinai428, non ha soluzione di continuit e una generazione la


narra allaltra: ecco lurgenza di riportare il nome di colui dal quale si
ricevuto linsegnamento429. Sappiamo dalle fonti che Hillel haZaken,
volendo far prevalere la sua opinone in materia halachica, si vede rigettate
tutte le argomentazioni esegetiche addotte e solo quando assicura di aver
ricevuto tale tradizione dalla zug Shemaja e Abtalion, viene ascoltato430.
Tale catena era pi certa e riceveva pi ossequio degli stessi oracoli
celesti e dei miracoli431: il grande R. Eliezer scomunicato, nonostante
leloquenza dei miracoli compiuti da lui e lautorit di una Bat Qol432.
2. Limpellente necessit di ricordare
Le successive enumerazioni di PA e di ARN si commentano da sole. Un
tema che costantemente si riaffaccia quello della dimenticanza: Israele e
il saggio peccano nella misura in cui si riconsegnano allambito della smemoratezza433. Tutti i testi che no ad ora abbiamo ricordato diventano ora la
cifra per dissigillare i seguenti, inanellati tra loro dallimpellente necessit
di ricordare. A questo proprosito diventa chiaramente esemplicativo e
programmatico il testo seguente di ARN:
Un uomo pu studiare la Torah lungo dieci anni e dimenticarla solo
in due. Come? In questo modo: Se un uomo sta sei mesi senza ripassarla,
si trover [senza accorgersene] a decretare puro limpuro e limpuro puro.
Se non la ripassa per dodici mesi, accadr che confonder i saggi uno per
laltro. Se resta diciotto mesi senza ripassarla, giunger a dimenticare lincipit dei capitoli. Ventiquattro mesi senza ripassarla e giunger a dimenticare lincipit dei trattati e nir per sedersi senza pi parole. Di questo
428. Anche se la dottrina delle due Torot si largamente imposta, anche vero che, seppur

sporadicamente, un certo disagio stato registrato in alcuni testi: Quando i discepoli di


Shammai e di Hillel divennero numerosi e non servivano pi [i loro maestri] come sarebbe
stato necessario, le contese in Israele si moltiplicarono e sorsero due Torot: TSotah 14,9
(nel solo manoscritto Wien, edito da S. Lieberman, The Tossefta, New York 1955-1988).
429. Cf. PA 1,1-3 e Pea 2,6. Si vedano le pagine di Bacher, Die exegetische Terminologie
der jdischen Traditionsliteratur, 188ss e Tradition und Tradenten in den Schulen Palstinaas und Babyloniens, Leipzig 1914 (rist. Berlin 1966), 89-90.
430. Cf. Pesachim 66a. Cf. anche Pea 2,6 e Yadaym 4,3.
431. Cf. Berakot 52a; Chullin 44a; Pesachim 114a.
432. Cf. Baba Mezia 59b.
433. A proposito della memoria nel mondo rabbinico cf. Morno, Siepe alla sapienza
il silenzio, 531.

216

M. M. MORFINO

disse Salomone: Son passato vicino al campo di un pigro, alla vigna di un


uomo insensato: ecco, ovunque erano cresciute le erbacce, il terreno era
coperto di cardi e il recinto di pietre era in rovina (Pr 24,30-31). Quanto
[pi] velocemente cade il muro della vigna, tanto istantaneamente rovina
lintera vigna434.
2.1. Le diverse tipologie di studenti della Parola
Vari sono i testi che indicano con un vocabolario vivido e plastico le diverse tipologie di studenti della Parola: gli smemorati, quelli che sanno ma
non vivono, quelli che sanno entrare nei testi, li vivono ma non li sanno
sviscerare per offrirne la ricchezza ad altri, quelli che ostentano e conoscenza e vita buona ma non possiedono n luna n laltra. Lo studio che
non si fa memoria e linteresse che non si rinfocola viene stigmatizzato da
Rabbi Jeoshua ben Qarcha435 in questi termini: Chiunque studia la Torah
senza tornare su ci che ha appreso, assomiglia ad un uomo che semina e
poi non miete e chi studia la Torah e poi si dimentica ci che in essa ha
imparato come una donna che mette al mondo un glio e poi lo seppellisce436. Sine glossa!
Troviamo degli aforismi cos vividi e cos calzanti che rivestono unattualit capace di attrarre ancora lattenzione di chi desidera gustare la dolcezza della Parola. Leggiamo in PA 5, 12:
Ci sono quattro tipi di discepoli. Chi impara in fretta ma dimentica
in fretta: il suo guadagno viene annullato dalla sua perdita. Chi duro
a imparare, ma difcilmente dimentica: la sua perdita viene compensata
dal suo guadagno. Chi impara in fretta e difcilmente dimentica: un sapiente437. Chi duro ad imparare e dimentica in fretta: questa la parte
peggiore438.

434. ARN A 24,3.


435. O Qorcha, testa calva, Tanna dellultima generazione, tramandato dalle fonti come

eccellente aggadista. Cf. Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 308-321.
436. BSanhedrin 99b.
437. Oppure: questa la parte buona.
438. Troviamo una variante in ARN B 45,10: Ci sono quattro tipi di discepoli. Chi capisce con facilit e difcilmente dimentica. Costui meritevole. Chi capisce con difcolt e
facilmente dimentica. Costui non meritevole. Chi capisce e dimentica facilmente. Il guadagno di costui si annulla con la sua perdita. Colui che capisce con difcolt e difcilmente
dimentica. La perdita di costui si annulla con il suo guadagno.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

217

In ARN A 29,2, a nome di Abba Shaul ben Nannas439 troviamo un


insegnamento signicativo sia dal punto di vista educativo sia per quanto
riguarda la ricaduta della fatica di studio: chi desidera apprendere per poter
aiutare gli altri a conoscere e ad amare, non dimentica.
Ci sono quattro tipi di studenti: chi studia per conto suo, ma incapace
di insegnare agli altri. Chi insegna agli altri, ma non sa studiare per conto
suo. Chi sa studiare per conto suo ed capace di insegnare agli altri. E chi
non sa n studiare per conto suo n insegnare agli altri. Colui che studia
per se stesso e non insegna ad altri. Come si spiega? Quando uno studia un
seder440 o due o tre e non li insegna ad altri ma, tuttavia, egli si impegna
in tale materia e non la dimentica. Tale colui che studia per se stesso ma
non insegna ad altri. Colui che insegna agli altri ma non insegna a se stesso si spiega cos: quando uno studia un seder o due ecc. e lo insegna agli
altri, per non si impegna in essi e li dimentica. Tale colui che insegna
ad altri ma non a se stesso. Colui che studia per se stesso e per gli altri. Si
spiega cos: quando uno studia un seder o due o tre e li insegna agli altri
e si impegna in essi e non li dimentica. Li conosce a fondo e gli altri lo
conoscono a fondo. Tale colui che studia per s e per gli altri. Colui che
non studia n per s n per gli altri si spiega cos: quando uno studia un
seder due o tre volte441 e non lo insegna ad altri n si impegna in essi e li
dimentica. Tale colui che non studia n per s n per altri.
PA 5,15 presenta quattro differenti tipologie di discepoli a partire da unoggettistica assai comune: la spugna, limbuto, il ltro e il setaccio. Ne vien fuori
un aforisma che fotografa sapidamente quattro modi diversi di porsi davanti
alla sapienza da acquisire, comuni alla scuola della Parola di sempre:
Vi sono quattro tipi di persone che si siedono davanti ai saggi: la spugna, limbuto, il ltro e il setaccio. La spugna: perch assorbe tutto; limbuto: perch fa entrare in un orecchio e fa uscire dallaltro; il ltro: perch
lascia passare il vino e trattiene la feccia; il setaccio: perch fa passare la
farina e raccoglie or da ore.
In un lunga collatio textuum di ARN442, sempre a proposito di tipologie
di studenti, sono stilizzati, sempre con pennellate veloci eppure gustosissi439. Della terza generazione dei Tannaim di cui ricordata la controversia con R. Jehudah

bar Ilai. Cf. Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 366-369 e L. Lewy, ber einige Fragmente aus der Mischna des Abba Saul, Berlin 1875.
440. uno dei grandi ordini o parti in cui divisa la Mishnah.
441. Per Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 202, nota 7, la lettura pi corretta
sarebbe quella uguale ai casi precedentemente considerati.
442. Cf. A 40,4-7.

218

M. M. MORFINO

me, alcune tipiche personalit di frequentatori della casa di studio. Allapice della malvagit viene posto colui che non studia e che non permette agli
altri di studiare, anche se poi, a costui, fan corona il millantatore, lostentatore, il menefreghista, il nto umile, il bambino capriccioso imbambolato
dalle perle e dal tozzo di pane ma incapace di mantenere tra le mani n
luno n laltro. Allapice della riuscita, al contrario, posto il pesce del
Mediterraneo: colui che ha studiato e imparato la Miqrah, la Mishnah,
il Midrash, le Halakot e le Haggadot e ha la capacit di spiegarle. Nel
testo, probabilmente, vi un doppio senso443: il Mar Mediterraneo in
questa tradizione letteraria viene chiamato anche Mare grande ham
hgdwl espressione con la quale veniva indicato anche il vasto mare che
il Talmud:
Ci sono quattro tipi di discepoli: colui che desidera studiare e che anche
gli altri studino: il generoso. [Colui che vuole] studiare, ma [vuole] che
gli altri non studino: legoista. [Colui che vuole] che gli altri studino ma
[non vuole] studiare lui: il tipo medio. Secondo altri il comportamento
di Sodoma. [Colui che vuole] non studiare e che neppure gli altri studino:
completamente malvagio. Ci sono quattro tipi tra coloro che frequentano
la bet hamidrash: colui che si pone vicino [al saggio], si siede e prende
parte444. Colui che si pone vicino, si siede e non prende parte. Colui che si
pone lontano, si siede e prende parte. Colui che si pone lontano, si siede e
non prende parte.
[Altri quattro tipi]: Colui che domanda e risponde prendendo parte.
Colui che domanda e risponde senza prender parte. Colui che si siede,

443. Sulla middah del tartey mashma, la regola del doppio senso, cos cara allermeneu-

tica rabbinica rimando alle ricerche di H. Leroy, Rtsel und Misverstndnis. Ein Beitrag
zur Formgeschichte des Johannesevangeliums, Bonn 1968. Sappiamo che tale procedimento
caro non solo allesegesi rabbinica ma anche allAT: K. Fullerton, Double entendre in
the rst Speech of Eliphaz, JBL 49 (1930) 320-374; D.F. Payne, Characteristic Word
Play in Second Isaiah. A Reapprisal, JSS 12 (1967) 207-229; Y. Roth, The Intentional
Double-Meaning Talk in Biblical Prose, I, Tarbiz 41 (1972) 245-254; Y. Hoffman, The
Use of Equivocal Words in the First Speech of Eliphaz (Job IV-V), VT 30 (1980) 114-119.
Una carrellata di esempi biblici sulla paronomasia e sul tartey mashma viene fatta da R.J.
Tournay, Quand Dieu parle aux hommes le langage de lamour, Paris 1982, 113-119.
444. Ysh lw chlq. Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 217, nota 11 traduce:
One takes his place close to [the sage] and is rewarded, cio prende parte alla ricompensa. Smilvitch, Leons des Pres du monde, 270, nota 9 traduce: Sen approcher, sy
installer et avoir parte [ la Torah], vale a dire che ha parte nella Torah. La Navarro Peir,
Abot de Rabb Natn, 253, traduce: se sienta y partecipa, intendendo che questa tipologia
prende parte attiva nello studio della Torah, cosa meritoria in s e degna di ricompensa.
Questultima traduzione pare essere la pi sostenibile tenendo conto del contesto.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

219

sta in silenzio e prende parte. Colui che si siede e resta in silenzio senza
prender parte445.
[Spiegazione dei primi quattro tipi di coloro che frequentano le case
di studio]: Colui che si pone vicino [al saggio] e si siede per ascoltare e
studiare. E prende parte. Colui che si pone vicino e si siede, perch dicano:
Vedete, il tale si pone vicino e si siede davanti al saggio! E non prende
parte. Colui che si pone lontano e si siede per comportarsi rispettosamente
davanti a chi pi grande di lui. E prende parte. Colui che si pone lontano
e si siede, perch dicano: Il tale non necessita di un saggio! Non prende
parte.
[Spiegazione degli altri quattro tipi che frequentano le case di studio]:
Colui che domanda e risponde per ascoltare e apprendere. Prende parte.
Colui che domanda e risponde, perch dicano: Il tale domanda e risponde
davanti ai saggi! Non prende parte. Colui che si siede e resta in silenzio
per ascoltare e apprendere. Prende parte. Colui che si siede e tace, perch
dicano: Il tale si siede e tace davanti ai saggi446. Non prende parte.
Ci sono quattro tipi di persone che siedono davanti ai saggi: vi colui
che assomiglia ad una spugna; vi colui che assomiglia al setaccio; vi
colui che assomiglia ad un imbuto e vi colui che assomiglia ad un ltro.
Chi simile alla spugna? lo studente esperto che si siede in presenza dei
sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot. Come la spugna assorbe ogni cosa, cos anchegli assorbe tutto. Chi
simile al setaccio? lo studente intelligente che siede in presenza dei sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot.
Come il setaccio fa passare la farina e raccoglie solo il or ore, anchegli
fa passare le cose spregevoli e raccoglie solamente quelle preziose. Chi
simile allimbuto? lo studente stupido che siede in presenza dei sapienti e
studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot. Come
limbuto fa entrare da una parte e fa uscire dallaltra, cos lui: qualunque
cosa gli mettono nelle orecchie, entra da una parte ed esce dallaltra, una
445. Due testi del medesimo tenore li troviamo in ARN A 41,5 e B 45,10. Nel primo detto:

Ci sono tre categorie di discepoli dei saggi. Colui che domanda e risponde: saggio. Colui
che domanda e non risponde: inferiore al primo. Colui che n domanda n risponde: il
peggiore di tutti. Il secondo recita: Vi sono quattro tipi tra coloro che frequentano la bet
hamidrash: colui che frequenta e mette in pratica: costui il pio. Colui che non frequenta
e non mette in pratica: costui il malvagio. Colui che frequenta ma non mette in pratica:
costui riceve la ricompensa per esservi andato. Colui che pratica e non frequenta. Costui
riceve la ricompensa per la pratica. Cf. PA 5,14.
446. Perch chi lo vede resti ammirato dalla sua umilt (falsa) e lo creda avanti nella via
della saggezza.

220

M. M. MORFINO

dopo laltra scorrono via. Chi simile al ltro? lo studente empio che
siede in presenza dei sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash,
le Halakot e le Haggadot. Come il ltro lascia passare il vino e trattiene
la feccia, cos egli lascia passare le cose preziose e non trattiene altro che
quelle spregevoli. Rabbi Eliezer b. Yaqov447 dice di questo un qittuah448,
un corno perforato. Cosa fa una qittuah? come un bambino a cui si
diano delle perle e subito dopo gli si dia il pane. Egli getta via le perle e
si prende il pane. Poi gli danno un coccio di argilla. Getta via il pane e
si tiene il coccio. Alla ne non gli resta in mano che un coccio di argilla.
A proposito dei discepoli, Rabban Gamaliele lAnziano449 ne distingueva
quattro specie: il pesce impuro, il pesce puro, il pesce del Giordano e il pesce del Mediterraneo. Il pesce impuro un glio di poveri che ha studiato
la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot ma non le ha
capite450. Il pesce puro un glio di benestanti che ha studiato la Miqrah,
la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot e le ha capite451. Il pesce
del Giordano uno studioso che ha imparato la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot ma non capace di spiegarle. Il pesce del
Mediterraneo invece uno studioso che ha imparato la Miqrah, la Mishnah,
il Midrash, le Halakot e le Haggadot e ha la capacit di spiegarle452.
447. Vi sono due maestri con tale nome e in certi casi difcile distinguerli. Il primo un

Tanna della prima generazione indicato come il Maggiore e trasmette soprattutto tradizioni relative al Tempio. Il secondo discepolo di Aqiba, della terza generazione tannaitica
e fu attivo ad Usha, dopo la seconda rivolta giudaica del 135. Cf. Bacher, Die Agada der
Tannaiten, I, 62-67 e L. Finkelstein, The Pharisees, Philadelphia 1962, 731-734.
448. Di per s il vocabolo signica mutilazione ma qui indica un oggetto concreto. Cf.
Jastrow, Sefer Milim, 1357.
449. Il zaken un Tanna della prima generazione, nipote di Hillel (?) e maestro di Saulo di
Tarso: At 5,34-39. Membro del Sinedrio. Rimando a Neusner, The Rabbinic Tradition about
the Pharisees Before 70, I, 341-376.
450. lopinione della scuola di Shammay: Non si insegner a nessun altro se non chi
intelligente, umile e glio dei Padri (perci escludendo i convertiti). Esiste tuttavia anche
un davar acher, della scuola hillelita: Si insegner ad ogni uomo, poich si sono avuti in
Israele molti peccatori che si avvicinarono allo studio della Torah ed essi hanno avuto una
discendenza di uomini giusti, pietosi e virtuosi: ARN A 3,1. Si veda anche A 15 e B 29
sulle diverse posizioni di queste due scuole.
451. Sul problema del vulgus am haarez incapace di apprendere la Torah, rimando a
Urbach, The Sages, 584-588, 628, 632-639, 642, 644.
452. Testo parallelo lo troviamo in ARN B 45,11: Ci sono quattro tipi di persone che
si siedono davanti ai saggi: imbuto, spugna, setaccio e ltro. Imbuto colui che lascia
scappare da una parte ci che riceve dallaltra. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra
nella casa di studio, ascolta Midrash, Halakah e Haggadah, ma quando esce non si ricorda
pi di nulla. Spugna colui che assorbe tutto. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

221

Praticamente, in PA e in ARN, sapienza sinonimo di conoscenza


della Torah e il saggio colui che conosce/vive/insegna la Torah. In ARN
apprendiamo quali fossero le materie fondamentali che costituivano il
bagaglio indispensabile del Maestro della Legge: in primis, evidentemente,
la Miqrah; poi la Mishnah, il Midrash, la Gemara, la Tosefta, la Halakah,
la Haggadah, il Targum, i Shichin453, i Meshalim454.
Sempre per quanto riguarda le tipologie discepolari ARN A 28,8 presenta uninteressante analogia tra il discepolo e lesposizione al sole delle
pietre: il discepolo , per cos dire, tutto esposto alla sapienza, quando
raggiunge la capacit di muoversi allinterno non solo di uno o pi segmenti dellabbondante tradizione dei Padri ma di spaziare nel suo intero
orizzonte. Allora davvero un discepolo quadrato.
Rabbi Eleazar ben Shammaus dice: vi sono tre tipi di discepoli dei
sapienti da conoscere: la pietra da costruzione, la pietra angolare e la pietra quadrata455. Pietra da costruzione , per esempio, il discepolo che ha
studiato [solo] il Midrash. Quando un discepolo dei sapienti viene a porgli
domande sul Midrash, egli sa rispondere. una pietra da costruzione che

nella casa di studio e ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando esce si ricorda, ma
quando tenta di esporre [ci che ha appreso] lo fa in modo del tutto confuso. Setaccio
colui che lascia passare la farina scadente separatamente, il or di farina separatamente e
la pula separatamente. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra nella casa di studio e
ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando esce si ricorda e pu esporre ogni materia
separatamente. Filtro colui che non lascia passare altro che feccia. Si riferisce al discepolo
dei saggi che entra nella casa di studio e ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando
esce non si ricorda pi di nulla ma non dimentica le parole vane che sente.
453. Dialoghi. Secondo Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan, 95, nota 8,
potrebbe avere il medesimo signicato di shichh che troviamo in Sukkah 28a e Baba Batra
134a in relazione con gli studi di Jochanan ben Zakkai. In questi testi talmudici vien detto
che questi impar, tra le tante cose, la lingua degli angeli ministranti shicht, la lingua degli
spiriti o dei demoni ecc. Forse, si potrebbe leggere il termine shichin come linguaggio
criptico, arcano, da iniziati.
454. Parabole o Illustrazione a carattere allegorico: ventiseiesima middah attribuita a
R. Eliezer ben Jose ha-Galili, Tanna della terza generazione. Troviamo queste indicazioni
in diversi passi di ARN, anche se con varianti: nella versione A 8,2; 14,1; 18,1; 28,8; 29,6;
40,6.7. Nella versione B 18,2; 12,2; 28,2; 45,11. Bisogna tuttavia ricordare che questa vastit non dispersiva. Affatto: Bar Kappara spieg: Qual il breve testo dal quale dipendono
tutte le parti principali della Torah? nei Proverbi di Salomone 3,6: In tutti i tuoi sentieri
pensa a Lui ed Egli appianer il tuo cammino: bBerakot 63a. Cf. J. Petuchowski, The
Theological Signicance of the Parable in Rabbinic Literature and the New Testament,
Christian News from Israel 23 (1972) 76-86.
455. Ebn psyps; si tratta di un termine dalle variegate accezioni. Pu essere un blocco di
pietra ben tagliato, un cubo, un dado, un elemento di mosaico ecc. Cf. Jastrow, Sefer Milim,
1196.

222

M. M. MORFINO

ha solo un lato [esposto]. Pietra angolare , per esempio, il discepolo che


ha studiato il Midrash e la Halakah. Quando si presenta davanti a lui un
discepolo dei sapienti e gli pone domande sul Midrash, questi pu rispondere, sopra la Halakah e questi risponde. pietra angolare, poich ha [solo]
due lati esposti. Pietra quadrata , per esempio, il discepolo che ha studiato
il Midrash, la Halakah, la Haggadah e la Tosefta. Quando un discepolo dei
sapienti viene a porgli domande sul Midrash, questi risponde, sulla Halakah e risponde, sulla Tosefta e risponde, sulla Haggadah ed egli risponde.
pietra quadrata, che ha i quattro lati [esposti] alle quattro direzioni.
2.2. Le modalit con cui si palesa lessere saggio
In PA 5,7 si descrive ancora le modalit con cui si palesa lessere saggio.
Tutto attraverso una serie di espressioni comparative al negativo dove
silenzio, sobriet, pacatezza, ponderatezza, self-control, ordine armonico,
compostezza di tratto, autocoscienza appaiono come frutti caratteristici del
suo frequentare la Parola. Lo stolto, al contrario, indicato come colui che
impersona in s il perfetto opposto degli atteggiamenti del saggio.
In sette cose un uomo saggio si distingue da uno stolto456. Il saggio
non parla dinanzi a chi pi anziano e pi grande di lui in sapienza. Non
interrompe il discorso di un altro457. Non si affretta a rispondere. Fa domande pertinenti e risponde in maniera appropriata. Dice allinizio ci che
va detto allinizio e alla ne ci che va detto alla ne. Di ci che non ha
mai udito, dice: Non lho mai udito. disposto a riconoscere la verit. Per
lo stolto tutto il contrario.
Di grande interesse il lungo testo di ARN A 37,11-15 sotto riportato458, dove il midrashista glossa i detti lapidari di PA 5,7 ricorrendo ad
unautentica collana di testi biblici459. Ne viene fuori una caratteristica
esemplicazione, dove i criteri concreti di discernimento per individuare
il saggio o lo stolto non solo sono desunti magistralmente dalla Scrittura
ma, attraverso tale procedimento fondante, acquistano anche, in un ambito
456. Il testo originale ha golem, embrione, feto, per indicare appunto lo stato primitivo,

appena abbozzato dello stolto, la cui caratteristica, qui, appare appunto lincompletezza.
457. Cf. Gb 21,3.
458. In 37,11 viene riportato il testo di PA.
459. Per i procedimenti tecnici dellesegesi rabbinica rimando alla prima parte di Leggere
la Bibbia con la vita. Abbondante letteratura stata indicata in Siepe alla sapienza il
silenzio, 528-529.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

223

credente, una valenza di carattere universale e una solidit normativa insospettata. Citando inne il testo di Nm 27,6-7, al saggio viene proposta una
modellarit quasi inimmaginabile: quella del Santo che sempre disposto
a riconoscere la verit.
Il saggio non parla davanti a chi pi grande di lui in saggezza o in
et. Come Mos, di cui detto: Aronne rifer tutte le parole che il Signore
aveva rivolto a Mos e comp i segni agli occhi del popolo (Es 4,30). Chi
era pi qualicato a parlare, Mos o Aronne? Senza dubbio Mos, perch
Mos ascolt [le parole] dalla bocca dellOnnipotente, mentre Aronne le
ascolt dalla bocca di Mos460. Senza dubbio Mos pens: Come posso
parlare io, dal momento che qui c mio fratello, che pi grande di me?461.
Perci disse ad Aronne: Parla tu! Per questo si dice: Aronne rifer tutte le
parole che il Signore aveva rivolto a Mos (ibidem). Non interrompe il
discorso quando un altro sta parlando. Come462 nel caso di Aronne, del
quale detto: Allora Aronne disse a Mos: Ecco, oggi, hanno offerto il loro
sacricio espiatorio e lolocausto davanti al Signore; dopo le cose che mi
sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacricio espiatorio,
sarebbe piaciuto agli occhi di YHWH (Lv 10,19)? Senza dubbio Aronne
stette in silenzio no a quando Mos non ebbe terminato di parlare e non
gli disse: Accorcia il tuo dire. Solo dopo disse a Mos: Ecco, oggi, hanno
offerto il loro sacricio espiatorio e lolocausto davanti al Signore; dopo
le cose che mi sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacricio espiatorio, sarebbe piaciuto agli occhi di YHWH (Lv 10,19), perci
siamo in lutto463. Secondo altri, Aronne chiam in disparte dalla comunit
Mos e gli disse: Mos, fratello mio, se ad uno che in lutto proibito di
mangiare della decima, che di minore santit464, a maggior ragione sar

460. Se vero che luomo nativamente chiamato allascolto di Dio che parla, anche vero

che Dio tende lorecchio anche al solo sospirare delluomo, nonostante labissale lontananza
tra Dio e la creatura: Dalla terra al cielo c un cammino di cinquecento anni, ma appena
un uomo sospira o magari medita una preghiera, Dio l ad ascoltarlo: Deuteronomio
Rabbah 2,10.
461. Secondo Es 7,7 Aronne era pi grande di tre anni del Legislatore.
462. Cf. Lv 10,16ss. Al v. 7 Mos rimprovera suo fratello: Perch non avete mangiato la
vittima per lespiazione?. noto come il testo di Lv 10,19-20 sia la base scritturistica della
halakah sui sacerdoti in lutto in relazione con lingestione di alimenti consacrati nel culto.
Cf. Sifra 47c-d e Zebahim 101a.
463. Da Lv 10,1-2 sappiamo che ad Aronne vengono a morire due dei suoi gli, fatto, questo, che lo rende impuro per lofferta del sacricio. In ARN B 40,2 il testo pi trasparente:
Aronne non interrompe suo fratello neppure quando questi palesemente in torto.
464. Cf. S. Schechter, The Rabbinical Concept of Holiness, JQR 10 (1898) 1-12.

224

M. M. MORFINO

proibito ad uno che in lutto mangiare del sacricio espiatorio che di


maggior santit. Senzaltro Mos fu daccordo, come scritto: Quando
Mos ud questo, rimase soddisfatto (Lv 10,20) e cos anche agli occhi del
Potente465. Non si affretta a rispondere. Come Elihu glio di Barachel il
Buzita, come sta scritto: Giovane io sono di anni e voi canuti. Per questo
ho avuto rispetto e ho esitato a manifestarvi il mio pensiero. Dicevo tra
me: Parler let e la sovrabbondanza danni far conoscer la saggezza
(Gb 32,6-7). Questo insegna che i suoi amici sedevano in silenzio davanti a
Giobbe. Quando egli si alzava, anchessi si alzavano; quando si sedeva, essi
si sedevano; se mangiava, essi mangiavano; se beveva, bevevano466. Cos
no a quando egli, avuto il loro consenso, inizi a maledire il suo giorno,
465. Il testo edito da Schechter, Abot de Rabbi Natan, a questo punto, presenta due para-

gra tra parentesi che, in ebraico, iniziano con lespressione tecnica kyws bw: in modo
simile pur senza continuare la spiegazione di PA 5,7 e facendo, invece, il midrash di
Lv 10,16: Mos si sdegn contro Eleazaro e contro Itamar, gli superstiti di Aronne (Lv
10,16). Perci si detto: Quando un uomo offre un banchetto ai suoi discepoli, volter la
sua faccia soltanto verso i pi anziani, ma quando adirato render palese il suo disappunto
solo ai pi giovani, poich scritto: Mos si sdegn contro Eleazaro e contro Itamar. Tuttavia [lespressione i gli di Aronne] insegna che anche Aronne era oggetto della sua collera.
Aronne era pi grande di Mos e il Santo sia benedetto pi grande di Aronne. In tal
caso, perch non parlava con Aronne? Poich non aveva gli che restavano nellinfrazione.
Perch se i suoi gli Eleazar e Itamar fossero rimasti nellinfrazione, non si avrebbe avuto
il peccato di Nadab e di Abiu. Il testo, come si pu ben vedere, non di facile interpretazione. Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 215 (vedi note 54-55) e la Navarro
Peir, Abot de Rabb Natn, 240, traducono il testo letteralmente. Smilvitch, Leons des
Pres du monde, 254 (cf. nota 38, p. 257) ricostruisce un ipotetico testo ma senza portare
motivazioni probanti: Aaron taint plus grand que Mose et le Saint, bnit soit-Il, est plus
grand quAaron. Dans ce cas, pourquoi ne sest-Il pas directement adress Aaron? [On
rpondit: En vrit, Il sest adress Aaron, car il est crit: YHWH parla Aaron en ces
termes etc. (Lv. 10,8). Oui, rpondit le premier, mais Il ne laurait pas fait si] les ls
dAaron, Nadab et Abhiou ne staint pas tenus en infraction. Dal testo biblico sappiamo che Dio parla direttamente con Aronne solo in Nm 18,18.20 (oltre Lv 10,8 che qui si
commenta midrashicamente). Nella Mekilta de-R. Ishmael a Es 12,1 ci si domanda perch
Dio non parlava direttamente con Aronne e viene detto che il fratello del Legislatore era
adeguato come Mos a ricevere la parola divina ma Dio parlava con Mos per rispetto alla
sua gloria. Laltro paragrafo tra parentesi, introdotto dallespressione kyws bw dice: Allo
stesso modo si pu applicare questo ad Abramo, nostro padre, quando stava pregando per
gli uomini di Sodoma. Il Santo sia benedetto gli disse: Se trovassi in Sodoma cinquanta
giusti, perdonerei a tutta la citt per merito loro (Gen 18,26-32). Era evidente, e noto n
dallinizio, a Colui-che-parl-e-il-mondo-fu che se si fossero trovati in Sodoma anche solo
tre o cinque giusti, la sua iniquit non le sarebbe stata imputata. Tuttavia il Santo sia benedetto aspett che Abramo avesse terminato il suo discorso prima di rispondergli, come
scritto: E quando ebbe nito di parlare con Abramo, il Signore se ne and (Gen 18,33). Se
cos si pu dire, come se gli avesse detto: Scusami, ma ora devo andare. Infatti detto:
E anche Abramo ritorn a casa sua (Gen 18,33).
466. Cf. L. Ginzberg, The Legends of the Jews, V, Philadelphia 1955, 387, nota 33.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

225

come sta scritto: Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse:
stato concepito un uomo (Gb 3,1-3). Perisca il giorno in cui mio padre
si un con mia madre, e lei gli disse: Sono incinta. E come sappiamo che
essi non gli risposero disordinatamente467? Poich scritto; Allora Giobbe
riprese e disse (Gb 3,2). Allora prese la parola Elifaz il Temanita e disse
(Gb 4,1). Allora Bildad il Suchita prese la parola e disse (Gb 8,1). E allora
Zofar il Naamita prese la parola e disse (Gb 11,1). E allora Elihu glio
di Barachel il Buzita prese la parola e disse (Gb 32,6). La Scrittura li ha
posti in ordine, luno dopo laltro, per indicare a tutti coloro che vengono
nel mondo che il saggio non parla dinanzi a chi pi grande di lui in sapienza, non interrompe il discorso di un altro e non si affretta a rispondere.
Fa domande pertinenti. Come il caso di Giuda che disse: Lascia venire il
ragazzo468 con me Io mi rendo garante per lui: dalle mie mani lo reclamerai, se non te lo ricondurr (Gen 43,8-9). Chi invece domanda in modo
impertinente Ruben, come sta scritto: Allora Ruben disse a suo padre:
Farai morire i miei due gli, se non te lo ricondurr (Gen 42,37)469. Dice
allinizio ci che va detto allinizio. il caso di Giacobbe470 e, secondo
altri, di Sara471. E dopo quel che viene dopo. Come il caso degli uomini
di Carran472. disposto a riconoscere la verit. Come Mos, di cui si dice:
E YHWH mi disse: Quello che han detto va bene (Dt 18,17)473. E del resto,
il Santo sia benedetto sempre disposto a riconoscere la verit, come
scritto: E YHWH rispose a Mos dicendo: Le glie di Zelofchad dicono
bene (Nm 27,6-7).

467. Vale a dire in ordine di anzianit.


468. Si tratta di Beniamino.
469. Cf. ARN B 40,4 e Genesi Rabbah 91,9.
470. Cf. Gen 32,18ss. Giacobbe d precise indicazioni ai servi di cosa dovranno dire incon-

trando Esa, dove riscontrabile anche una successione delle risposte.


471. Non chiara questa citazione del nome di Sara. Per Smilvitch, Leons des Pres du
monde, 258, nota 46, ci sarebbe una possibile allusione a Gen 21,9-12, ma nulla di certo.
Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 215, nota 62, registra la non chiarezza
domandandosi anche perch poi, in ARN B 40,5 si avr il nome di Rebecca con il supporto
scritturistico di Gen 21,9-12. Ugualmente nellincertezza la Navarro Peir, Abot de Rabb
Natn, 241.
472. Cf. ARN B 40,5 collegato a Gen 29,4-6: Di ci che non ha capito dice: Non lho
capito e non ne ha vergogna.
473. Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 215, nota 64, indica come maggiormente attinente sia la citazione di Lv 10,20: Mos ud ci, e gli piacque, citazione che
troviamo nella versione B 40,5 e suggerisce che per implicazione, Mos era daccordo con
la risposta di Dio alla domanda fatta da Israele.

226

M. M. MORFINO

In ARN B 40,1-5 si enunciano dieci caratteristiche del saggio e dello


stolto, anche se in verit se ne espongono solo otto e se ne indicano i fondamenti scritturistici. Ancora una volta, come modello di una saggezza che
si concretizza nel saper gestire interventi e parola, viene presentato Dio
stesso: Egli non interrompe le parole di Abramo, quando questi pregava a
favore degli abitanti di Sodoma. Se questo ci che Dio ha posto in atto,
a fortiori, luomo deve saper gestire nel rispetto e nella pazienza il suo
dire, il suo agire e il suo reagire. La caratteristica peculiare del saggio che
ben riassume questa pagina iscritta nellaforisma: [il saggio] riconosce
la verit. un detto che, in fondo, svela lidentit profonda del soggetto
in questione: persona capace di ri-conoscere la verit l dove sia e in
chiunque sia perch capace di discernimento, di ponderazione, di attesa,
di ordine. Linsipiente indicato, anche qui, come colui che agisce in
modo opposto a quello del saggio e per lui, la sentenza che lo fotografa,
precisamente il rovesciamento della precedente: non riconosce la verit.
Riportiamo di seguito il testo:
Dieci sono le caratteristiche dello stolto e dieci del saggio. Il saggio non
parla davanti a chi pi grande di lui. Non interrompe il discorso di un altro.
Non si affretta a rispondere. Fa domande pertinenti e risponde in maniera
appropriata. Dice allinizio ci che va detto allinizio e alla ne ci che va
detto alla ne. Di ci che sa dice: Lo so, e di ci che non sa dice: Non lo so.
Riconosce la verit. E non si vergogna di dire: Non lho capito. Quanto allo
stolto, ecco cosa fa: si precipita sempre a parlare. Interrompe, quando uno
sta parlando. Parla di fronte a chi pi grande di lui. Si affretta a rispondere.
Pone domande a sproposito e non d risposta sulloggetto in questione. Dice
allinizio ci che va detto alla ne e alla ne ci che va detto allinizio. Non
riconosce la verit. Si vergogna di imparare. E si vergogna di dire: Non ho
capito. [Questultimo il primo e questo primo il secondo]474. Dieci sono le
caratteristiche del saggio. Il saggio non si precipita a parlare. Ci si riferisce
a Eliu, secondo quanto scritto : Abbi un po di pazienza e te lo dimostrer
(Gb 36,2). Non interrompe il discorso di un altro. Ci si riferisce ad Aronne,
quando Mos gli disse: Perch non avete mangiato la vittima espiatrice nel
474. Lultima espressione tra parentesi appare nel testo originale in aramaico. Per Schechter,

Abot de Rabbi Natan, 111, nota 7, si potrebbe trattare di un commento allespressione Dice
allinizio ci che va detto alla ne e alla ne ci che va detto allinizio, ma confessa di non
capire a fondo lintenzione dellespressione aramaica posta in questo punto. Per Saldarini,
The Fathers According to Rabbi Nathan, 239, nota 7, potrebbe essere il commento di uno
scriba per indicare che lordine saggio-stolto doveva essere invertito. Smilvitch, Leons des
Pres du monde, 421, nota 1, ipotizza: cette phrase dit que du sage au niais, le rapport la
parole est totalement invers et qui le niais est intran par une spirale de mots.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

227

luogo santo (Lv 10,17)475 Il pi grande di tutti [gli esempi] il Santo sia
benedetto che non interruppe le parole di Abramo, nostro padre la pace sia
su di lui quando pregava a favore degli abitanti di Sodoma. E non pronunci
parola476, ma attese no a quando non termin [di parlare] e alla ne gli rispose
nuovamente, come detto: E YHWH, come ebbe terminato di parlare con
Abramo, se ne and e Abramo ritorn alla sua casa (Gen 18,33). E qui vi
la base per trarre una deduzione: se il Santo sia benedetto cui appartiene
il mondo e quanto contiene, non ha voluto interrompere il discorso di Abramo
nostro padre, si deve concludere a fortiori che un uomo [il cui destino] solo
polvere, vermi e marciume, non ha il diritto di interrompere, quando un altro
sta parlando. Si riferisce a Mos, quando il Santo sia benedetto gli disse:
Ed ora va, ti mando dal Faraone (Es 3,10). Mos disse davanti a lui: Signore
del mondo, Aronne, mio fratello, pi grande di me e io non posso parlare
davanti a lui. Cosa fece allora [Mos]? And e prepar le parole [per Aronne],
come detto: E Aronne spos tutte le parole che YHWH aveva detto a Mos
(Es 4,30). E cos dice la Scrittura: Perdona, mio Signore, e manda per favore
il tuo messaggio attraverso unaltra persona (Es 4,13)477. Essi avevano posto
i loro occhi su Michele che langelo pi grande di tutti478. [Linsipiente] fa
475. In Lv 6,18-22 prescritto che siano i sacerdoti a mangiare la carne sacricata per il

peccato.
476. Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan, 240 traduce il termine mwz come
fosse il participio qal di mz: Non trov [lopportunit per rispondere]: God did not
nd [an opportunity to reply]. Secondo Smilvitch, Leons des Pres du monde, 421, nota
4, tale traduzione si integrerebbe male nel contesto perch sarebbe proprio lidea di opportunit ad essere qui respinta: Lexpression sinsinuer au milieu du propos a donc un objet
double: ne pas interrompre celui qui parle oblige chaque interlocuteur uvrer lui-mme
son discours en lappuyant sur le raisonnement, non sur la faute commise par lautre:
p. 421, nota 3. La Navarro Peir, Abot de Rabb Natn, 396, nota 6, citando Jastrow, Sefer
Milim, 588, opina che il termine potrebbe essere considerato anche hil dalla radice yz, ed
essere inteso come proferir parola. Cf. Arakin 5a.
477. Sullinvio di un angelo da parte di Dio, per rispondere al desiderio di Mos cf. Ginzberg, The Legends of the Jews, II, 325 e V, 422 nota 137.
478. Sappiamo che Michele langelo protettore di Israele, colui che lo guid nel deserto.
Cf. Bereshit Rabbah 48,10; Shemot Rabbah 3,4. Per le referenze cf. Ginzberg, The Legends
of the Jews, I, Philadelphia 1954, 5; 3,17.449; 5,4 nota 8. 415 nota 115. Langelologia, in
ARN, abbastanza sviluppata: A 8,3; 12,6; 13,3; 27,3; 34,5; B 1,3; 23,3; 43,8. Sugli angeli
del servizio si veda: A 1,1.10.12.16-17; 2,7; 3,7; 9,5; 12,4; 13,3; 20,2, 23,1; 31,3; 37,2.3; B
1,12; 8,5; 25,1-2.4; 26,1; 27,6; 34,1; 37,6; 38,2; 42,2; 43,5; 44,6. Sullumilt degli angeli: A
12,6; 34,8. Sui Cherubini: A 27,2. Sui Serani: B 1,3. SullAngelo della morte: A 12,5; 31,5;
B 1,10; 25,2; 25,4. Su Gabriele: A 2,12; 12,6; B 24,3. Su Michele: A 12,6; B 24,3; 40,3.
Su Uriel: A 12,6. Sui Demoni: A 35,1.5; 37,3; B 39,1; 47,4. Sullangelologia negli scritti
rabbinici si veda W. Bacher - M. Schwab, Vocabulaire de lAnglologie, MGWJ 42 (1898)
25-258, 570-72; Tradition und Tradenten, Leipzig 1914; F. Bklen, Die Verwandtschaft

228

M. M. MORFINO

domande fuor di luogo e non risponde a tono479. il caso di Ruben, del quale
si dice: Allora Ruben disse al padre: Farai morire i mie due gli se non te lo
ricondurr (Gen 42,37). Forse che il nostro padre Giacobbe era un assasino?
Certamente non si deve rispondere con parole senza senso Quando qualcuno pronunciava una sentenza convincente davanti a Rabbi Tarfon, questi era
solito dire: Ben detto! Ma quando qualcuno diceva qualche cosa senza senso,
era solito dire: Mio glio non scender con voi (Gen 42,38)480. [Il saggio] fa
domande pertinenti e risponde a proposito. Questo il caso di Giuda, del quale
la Scrittura dice: Giuda disse a Israele suo padre: Lascia venire il giovane
con me; partiremo subito per vivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini.
Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai (Gen 43,8-9). Tratta
prima ci che va prima e dopo ci che va dopo. Come per Rebecca, glia di
Betuel, della quale detto: E disse: Di chi sei glia? Dimmelo. C posto per
noi in casa di tuo padre perch possiamo pernottarvi? Ella rispose: Sono la
glia di Betuel, il glio che Milca partor a Nacor. E soggiunse: C paglia
e foraggio in quantit da noi e anche posto per pernottare (Gen 24,23-25).
Di ci che sa dice: Lo so e di ci che non sa dice: Non lo so. Come il caso
degli uomini di Carran, quando Giacobbe disse loro: Fratelli, di dove siete?
Risposero: Siamo di Carran. E domand loro: Conoscete per caso Labano,
glio di Nacor? Risposero: Lo conosciamo. Disse loro: Sta bene? Replicarono:
Bene (Gen 29,4-6). E se desidera parlare [di lui], ecco la glia Rachele, che
viene con il gregge (Gen 29,6). Riconosce la verit. il caso di Mos, del
quale detto: Mos ud ci, e gli piacque (Lv 10,20). Il Santo sia benedetto
riconosce la verit, secondo ci che detto: E YHWH disse a Mos: Dicono
bene le glie di Zelofchad (Nm 27,6-7). Dicono bene quelli della trib dei gli
di Giuseppe (Nm 36,5). YHWH rispose: Lo perdono secondo la tua parola
(Nm 14,20). Da ci i saggi affermarono: Felice colui le cui parole riconoscono
il Santo sia benedetto . Non si vergogna di apprendere. il caso di Mos,
del quale detto: Mos present la loro causa davanti a YHWH (Nm 27,5).
Non si vergogna di dire: Non lo so. Come di Mos del quale detto: Gli
disse Mos: Aspettate qui, afnch ascolti ci che YHWH ordiner a vostro
riguardo (Nm 9,8).
der Jdisch-Christlichen mit der Persischen Eschatologie, Gttingen 1902; Bonsirven, Le
Judasme palestinien, 222-246; L. Jung, Fallen Angels in Jewish, Christian and Mohammedan Literature, Philadelphia 1926; A. Marmorstein, Anges et hommes dans lAgada, REJ
84 (1927) 37-50; E. Peterson, Von den Engeln. Theologische Traktate, Mnchen 1951; G.
Scholem, Jewish Gnosticism, New York 1965; Urbach, The Sages, 135-183.
479. Si veda il contributo di R.B.Y. Scott, Wise and Foolish, Righteous and Wicked, in
Studies in the Religion of Ancient Israel, Leiden 1972, 146-165.
480. Cf. Genesi Rabbah 91,9.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

229

2.3. Alcuni atteggiamenti cardine


interessante notare come ambedue le versioni di ARN, assemblando le
caratteristiche proprie del discepolo della Torah, fanno ruotare il modus
agendi di questi intorno ad alcuni atteggiamenti-cardine. La sobriet e la
ponderatezza dei suoi interventi verbali ad extra pare nascere da una raggiunta e assodata conoscenza di s e da unaltrettanto sedimentata e pur non
sbandierata capacit di possedersi. In altre parole, il saggio frequentatore
della Parola viene fotografato dai testi come uomo dalla forte identit. Forte
identit che lentamente venuta stagliandosi dalla sua assidua e amorevole
frequentazione e familiarit con la Scrittura. In fondo, si tratta di un principio
che corre integralmente lintera Scrittura: luomo si accoglie, si conosce e si
possiede, imparando a decifrare se stesso e diventando ci che chiamato
ad essere, nella misura in cui si incontra con il Tu di Dio481. A dirla con vocabolario rabbinico, la midda, la misura, la regola che interpreta luomo
Dio e la sua Parola. Il saggio dei nostri testi uno che si letto e capito e
che ha colto le sue giuste proporzioni proprio attraverso lintervento verbale di Dio nella storia482. Attraverso la Parola. In questi testi si staglia con
chiarezza uno dei caposaldi biblici prima e rabbinici poi: la signoria salvica
e liberante della parola di Dio sulluomo483. Si comprende quel dato che
incomparabilmente denso di conseguenze per il mondo biblico, giudaico
e poi patristico ed ecclesiale484: la Parola s trampolino di lancio, corsia
preferenziale e necessariamente percorribile per entrare in una vera, sicura
Teo-logia ma anche, sempre e necessariamente lhabitat vitale, il topos
ermeneutico delluomo. lambito dove avviene lo svelamento dellantropologia485. Dove luomo impara di s e impara dellaltro, di chi, come lui, vive
481. Cf. Morno, Scoprire le tue parole entrare nella luce, 36ss.
482. Utile lo studio di E. Fackenheim, La presenza di Dio nella storia, Brescia 1977.
483. Nessuno pu considerarsi veramente libero se non colui che scruta le Scritture: PA

6,2. Si vedano i testi tradotti e commentati in Leggere la Bibbia con la vita, 31-86 e larticolo Lescatologia del Targum di Isaia. Alcuni aspetti, Theologica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna III (1994) 331-370. Interessanti le righe di Stefani,
Il Nome e la domanda; J. Neusner, Classical Judaism: Torah, Learning, Virtue, 3 voll.,
Frankfurt/M. etc. 1993; How Judaism reads the Torah, 3 voll., Frankfurt/M. etc. 1993.
484. Sullargomento si vedano le ricerche di K. Hruby, Exgse rabbinique et Exgse
patristique, in J.E. Menard (ed.), Exgse Biblique et Judasme, Strasburg 1973, 187-218;
Exgse rabbinique et Exgse patristique, RSR 47 (1973) 341-372; M. Simonetti, Prolo
storico dellesegesi patristica, Roma 1981; M. Smith, Tannaitic parallels to the Gospel,
Missoula MN 1968. Rimando a Morno, Ermeneutica biblica ecclesiale e sinagogale a
confronto, 75-136 e Leggere la Bibbia con la vita, 87ss.
485. Per quanto riguarda lantropologia rabbinica rimando alla ricerca M.M. Morno,

230

M. M. MORFINO

lesperienza umana. Il saggio che intrattiene rapporti con la Parola diventa,


insieme, esperto di Dio ed esperto delluomo486. allora questa Parola ad esigere e contemporaneamente e paradossalmente a creare nel saggio quella
esigenza di armonia e di ordine che incornicia e permea queste sentenze.
In ARN A 41,6 leggiamo:
Chi porta il giogo di queste quattro cose accolto come chaver compagno487 dei saggi. Non andare mai in un cimitero. Non allevare bestiame
di picola taglia488. Non dare mai lofferta489 o la decima ad un sacerdote del
volgo490. Non compiere [nessuna prescrizione relativa a] puricazione491 con
un [sacerdote] del volgo n mangiare alimenti profani in stato di purit.
Chaver il membro di una chaburah, un gruppo di persone particolarmente scrupolose nellosservanza delle prescrizioni levitiche sul puro
e sullimpuro, della terumah lofferta alzata e delle decime. Per i
redattori dei testi in questione, i saggi e i loro discepoli sono i veri condiscepoli della Torah, gli eredi pi credibili dei chaverim. Nella Mishnah492,
sono indicate le caratteristiche necessarie per accedere a tale status. Spesso
chaver opposto a am haarez.
ARN A 12,15 presenta una sequenza quadripartita che mostra delle
interessanti connessioni con il nostro tema. Il commento ha il suo incipit
con la mishanah di Hillel che appare in PA 2,6:
[Hillel] vide un cranio galleggiare sulla superce dellacqua e gli disse:
Poich tu ne hai affogato [altri], ti han fatto affogare [a tua volta] e, alla
ne, coloro che ti han fatto affogare, affogheranno493.
Un solo uomo equivale allintera creazione (Abot deRabbi Natan A 31,1). Frammenti di
Antropologia Biblico-Rabbinica, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt
Teologica della Sardegna XI (2002) 327-398.
486. Ed il grande ring della libert: A chiunque prende su di s il giogo della Torah viene
tolto il giogo del governo [malkhut: loccupazione straniera] e il giogo delle occupazioni
mondane. Ma a chi si scrolla di dosso il giogo della Torah viene imposto il giogo del governo e il giogo delle occupazioni mondane: PA 3,6.
487. Cf. bBaba Batra 75a. Si veda W. Bacher, Zur Geschichte der Schulen Palestinas im
3ten und 4ten Jahrhundert, MGWJ 43 (1899) 343ss.
488. Per Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 219, nota 18, la proibizione
avrebbe la sua ragion dessere, perch tali animali devasterebbero le primizie dei raccolti,
producendo un grave danno.
489. Terumah e Maasser, offerta alzata e decima, sono offerte destinate ai sacerdoti,
per la loro sussistenza. Cf. Nm 18,8-19; Dt 18,4 e Lv 27,9-33.
490. Un am haarez.
491. Cf. PA 1,13; 2,6; ARN A 12,15; B 27,7.
492. Cf. trattato Bekorot 30b.
493. Cf. Gb 34,11; Sanhedrin 100a e Sukkot 53a.

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

231

Trattandosi evidentemente di un omicidio, il detto intende esemplicare la regola misura per misura. Ma ci che rende signicativo questo
ultimo brano della carrellata che ci eravamo proprosti , ancora una volta,
la relazione della persona con la Torah:
Ancora [Hillel] disse nella lingua di Babilonia494 quattro cose495: Colui
che rende famoso il proprio nome, lo perde. Colui che non si pone a servizio
dei saggi, merita la morte. Colui che non aumenta [le sue conoscenze], perisce. Colui che fa uso della corona in suo favore, si perde. Colui che rende
famoso il proprio nome, lo perde. Come? Questo insegna che la fama di un
uomo non deve richiamare lattenzione delle autorit. Perch se il nome di
un uomo richiama lattenzione, niranno per prenderlo di mira, lo ammazzeranno e gli sottrarranno i suoi beni496. Colui che non si pone a servizio dei
saggi, merita la morte. In che modo? Si racconta che una volta vi era un
uomo di Beth Rama497 che conduceva una vita particolarmente pia. Rabban
Jochanan ben Zakkai gli invi un discepolo per osservarlo. Il discepolo lo
trov intento a prendere dellolio e porlo in un recipiente sopra un focolaio
kyrym per poi versarlo da l in un miscuglio di fave. Gli disse: Che cosa
stai facendo? Rispose: Io sono un sacerdote importante e sto preparando [per
mangiare] lofferta alzata498 in stato di purit. Il discepolo gli chiese: Questo
focolaio puro o impuro? Rispose: Vi forse qualche cosa nella Torah che
494. Cio in aramaico babilonese che, insieme al mandaico e al siriaco, appartiene al ramo

orientale dellaramaico. Essendo poche le iscrizioni in questa lingua, il suo studio non ha
fatto i progressi di altre lingue ad essa imparentate. Tale mancanza non di poco conto,
perch viene a mancare un apporto fondamentale per ristabilire correttamente i manoscritti
in tale lingua, la cui trasmissione pericolosamente turbata da biblicismi e da una marcata
tendenza alla standardizzazione. Una grammatica certamente valida quella curata da J.N.
Epstein, A Grammar of Babylonian Aramaic, Jerusalem 1960.
495. In ARN B 27,7 le cose dette sono invece cinque.
496. Cf. ARN A 11,4 e B 22,4: in ambedue i testi, colui che calamita lattenzione delle autorit o dei furfanti un amico che con la sua eccessiva e forse interessata meraviglia
per labbondanza di beni, richiama lattenzione di pubblici ufciali. Nel primo caso di
un ofciale srdywt e di un generale hgmwn e nel secondo caso dei banditi. Ma il
nale sempre tragico per colui il cui nome, anche suo malgrado, diventato famoso. Per
Jastrow, il termine hgmwn sarebbe la traslitterazione del greco egemon, mentre srdywt altro
non sarebbe che la traslitterazione del greco stratiotes: Jastrow, Sefer Milim, 331 e 1023.
497. In ARN B 27,7 troviamo il toponimo Ramat bene-Amat. Per L. Finkelstein, Mabo leMassekot Abot we-Abot dRabbi Natan, New York 1950, 152, il testo di ARN A riporterebbe
il toponimo originale, cio Beth Ramtah, citt che nel periodo erodiano viene ribattezzata
Livia. Per A. Neubauer, La Gographie du Talmud, Paris 1868, Beth Ramah indicherebbe
una citt vicino Giaffa, mentre il toponimo Beth Ramtah starebbe ad indicare una localit
della Transgiordania vicino a Gerico. Per Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan,
163, nota 32, il toponimo sarebbe a noi sconosciuto.
498. Anche qui si tratta della terumah. Cf. Nm 18,8ss.

232

M. M. MORFINO

parli dellimpurit del focolaio? Assolutamente no! La Torah parla soltanto


di un forno tnwr impuro, secondo quanto detto: Quanto vi si trover
dentro sar impuro (Lv 11,33). Disse il discepolo: Cos come la Torah dice
di un forno che impuro, cos pure dice di un focolaio: Il forno e il focolaio
saranno distrutti poich sono impuri (Lv 11,35). E aggiunse: Se questo
ci che solitamente fai, non hai [mai] mangiato con purezza terumah nella
tua vita499. Colui che non aumenta [le sue conoscenze], perisce. Come? Ci
insegna che se un uomo studia uno, due o tre trattati e non continua, nir per
dimenticarsi [anche] dei primi500. Colui che fa uso della corona in suo favore,
si perde. Come? Colui che si serve per i propri interessi del nome ineffabile501,
non avr parte nel mondo futuro.
499. Nel testo parallelo di ARN B 27,7, a questo punto vi laggiunta, a nome di Rabbi

Yehoshua di questo detto: Colui che serve, ma non compie [la Torah], merita la peggiore
delle morti Dissero i saggi: Colui che serve, ma non compie [la Torah], merita la peggiore
delle morti.
500. Nel testo parallelo di ARN B 27,7, a proposito del detto Colui che non aumenta [le
sue conoscenze] perisce detto: Questo per insegnarti che tutto ci che insegna una
sezione della Torah deve apprenderla alla perfezione, perch se non ha studiato in modo
completo nir per dimenticarla.
501. Shem ha-mmeforash. Probabilmente il testo allude allutilizzo, a scopo anatematico, dellespressione Shem ha-mmeforash, impegnata proprio come formula di anatema a benefecio
proprio, come, p.e. in Pirqe de-Rabbi Eliezer 38,6 e 47,3. Certamente la pronuncia del Nome
era posta in uso per compiere miracoli ed proprio contro tale pratica che linsegnamento di
Hillel intende intervenire. Sappiamo che in epoca biblica luso del tetragramma sacro, anche nel
linguaggio corrente, veniva usato probabilmente senza creare particolari difcolt. Allinizio
dellepoca rabbinica si registra un cambiamento: il tetragramma sacro viene pronunciato solo
durante le berakot della preghiera giornaliera e nel Yom haKippur, esclusivamente perci in
ambito sacro. Nel trattato mishnico Sotah 7,6 detto: Fuori del recinto sacro [del Tempio]
lo si sostituisce con un altro [nome]. In Qiddushin 71a troviamo unulteriore precisazione:
ancor prima della distruzione del secondo Tempio, il Nome non viene pi pronunciato in
modo comprensibile dai sacerdoti che non fanno altro che sussurrarlo, s che il Nome venne
coperto dal canto dei suoi confratelli. Anche da Sanhedrin 7,5 sappiamo che il tetragramma
sacro non pu essere pronunciato. Per quanto riguarda la pronuncia originale di esso non sappiamo nulla: allinizio sarebbe diventato insegnamento esclusivo trasmesso in totale segreto
ad uno o due discepoli ogni sette anni, per cadere poi nelloblio e diventare terreno battuto
solo dalla Cabala. In ARN, il tetragramma sacro viene sostituito con le seguenti circonlocuzioni: Colui-che-parl-e-il-mondo-fu: A 1,7; 27,1; 37,13; Cieli: A 5,1; 7,3; 11,2; 14,4;
17,1.7; 25,6; 27,7; 29,5; 38,3; 40,14-15; 41,8; B 10,1.3; 22,5; 26,4; 29,7; 30,2; 32,1; 34,4;
46,1; Maqom (Il Luogo: lOnnipresente): A 1,3.6; 2,2.6.9; 8,6; 9,8; 15,5; 32,2; 34,4; 37,7;
39,4; B 1,11; 2,2-3; 7,3; 8,5-8; 11,4; 13,5; 14,3-4; 18,4; 24,3; 25,2.4; 26,1.4; 29,3.5; 30,1-2;
32,1; 35,3; 36,2.4; 42,3; 45,6-7; Padre-che-sta-nei-cieli: A 17,6; 35,5; 41,8; B 16,3; 48,6;
Geburah (Potenza): A 2,5.8; 35,3; 37,12-13; B 25,2; Re-dei-re-dei-re: A 2,12; 9,4; 15,5;
19,1; 25,2; 27,1; 35,4; B 1,1.3; 27,7; 29,6; 34,5; Signore delluniverso (o del mondo
o dei mondi): A 2,7; 3,7; 4,4.9; 6,10; 7,3; 16,10; 17,3; B 8,7; 25,2; 30,1; 40,3; Signore
di tutte le cose: A 18,2. Sui Nomi e gli attributi di Dio si veda A. Altmann, Attributes of
God, in Encyclopaedia Judaica, VII, Jerusalem 1971, 655-669; Bonsirven, Le Judasme

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA

233

Nella esegesi dellaforisma fatta dallo stesso Hillel in ARN A502 vi ancora
uninterpretazione di detti gi commentati: Colui che non si pone a servizio dei
saggi, merita la morte; Colui che non aumenta [le sue conoscenze], perisce;
Colui che fa uso della corona [della Torah] in suo favore si perde, ripetutamente esemplicati in questi nostri testi da diversi maestri. Su quattro degli
insegnamenti fatti dallenumerazione nella lingua di Babilonia, tre, appunto,
interessano la relazione persona-Parola. Innanzitutto viene chiamata in causa
linsostituibile frequentazione dei maestri o servizio dei saggi che, se
non attuato, diventa per linadempiente motivo di morte (meritata). In secondo
luogo lindispensabile crescita nello studio della Parola: chi si ferma, chi si
accontenta di ci che ha avuto grazia di comprendere e di vivere, chi arrivato
e non v oltre, fallisce il bersaglio. Di pi: perisce. Non si tratta di mantenere
uninstabile stasi ma di un precipitare, di un venir meno. Inne, il servirsi a
proprio uso e consumo, per qualsiasi benecio confessato o inconfessabile della
propria conoscenza della Parola, introduce in unorbita sconosciuta, non pi
familiare: si perde. Mi pare interessante che per tutte e tre queste disattenzioni manchevoli nei riguardi della Torah il midrashista impieghi un vocabolario
tanatologico: meritare la morte, perire, perdersi. Viene indicato cos un
livello di nocivit a troppo alto rischio, appunto quello della morte.
Conclusione
La lettura dei testi n qui fatta ci permette di affermare la veracit dellimmagine iniziale, presa a prestito dalla semitista Mara ngeles Navarro Peir, di
trovarci veramente davanti a un cajn de sastre una cassa di sarto della
letteratura aggadica, stracolma di preziosit contenutistiche ed espressive di
ogni tipo. Partendo obbligatoriamente da PA, passando allindividuazione degli
assi tematici di ARN, entrando nellaffascinante, colorato e quasi misterico
mondo delle enumerazioni, spiegate e lette alla luce di altre pagine della
produzione letteraria rabbinica, crediamo di poter meglio comprendere ci
che Rabbi Tarfon afferma riguardo alla Torah e al suo studio, a coloro che la
insegnano e a coloro che lapprendono: Non ti allontanare dalla misura che
non ha misura e da quella realt che non ha ne!503.
palestinien, 116-220; A. Chester, Divine Revelation and Divine Titles in the Pentateuchal
Targumim, Tbingen 1986; J.Z. Lauterbach, Substitutes for the Tetragrammaton, PAAJR 2
(1930-31) 39-67; E. Starobinski-Safran, Signication des noms divins daprs Exode 3
dans la tradition rabbinique et chez Philon dAlexandrie, RThP 106 (1973) 426-435.
502. Nel testo parallelo di ARN B 27,7 il maestro invece R. Yehoshua.
503. ARN A 27,6.

234

M. M. MORFINO

Il segreto e la bellezza attuale di questi sostanziosi frammenti della Torah she-be al pe di tutti i testi riportati e in particolare PA e ARN da
ricercarsi nellancoramento degli aforismi e dei singoli insegnamenti o ad
un versetto, o ad un personaggio, o ad una situazione della Bibbia. Questa
costante disattesa rarissimamente e solo perch negli insegnamenti sempre
riscontrabile un qualche riannodamento allhabitat biblico, anche se implicito
rende seducenti e vivi questi mai invecchiati detti. E una lettura pi attenta
di questa porzione della letteratura rabbinica che evidenzia puntualmente il
legame con la Scrittura, aiuta il lettore a comprendere che non si tratta di una
mera tecnica ad usum delphini, posta in atto per giusticare o avvalorare i
propri insegnamenti. Il testo biblico costantemente chiamato in causa per
autenticare gli aforismi dei Tannaim e degli Amoraim non invocato essenzialmente per la sua autorit o perch basti la sua citazione o allusione
ad accreditare il pensiero di questi ripetitori. Un solo esempio: il tragico
evento, per Israele, della distruzione del Tempio nel 70 d.C. da parte di Tito
viene riannodato in ARN A 4,4.7 a Dt 11,13-17, ad Ag 1,9; 2,15-16.18-19;
Is 10,34 e in e ARN B 6 e 7 a Is 10,34; Pr 21,29; Gb 15,26; 20,22; Dt 32,3738; Sal 89,9; 34,22; Qo 8,10; Gb 1,15; 1Sam 4,13; Zc 11,1-2. Un fatto come
quello della distruzione del Tempio era di una evidenza assoluta e i maestri si
sarebbero potuti astenere dal cercare conferme e supporto nel testo sacro per
rendere legittimo il loro insegnamento. che lunica realt capace di far intus
legere questo evento la coniugazione tra testo scritto e la sua attualizzazione
qualicata nel tempo, vale a dire la Torah orale.
Questo ragionamento diventa ancor pi trasparente, se applicato alle
enumerazioni che architettano le tipologie maestro-discepolo o saggio-apprendista della Torah presenti in PA e in ARN. La Torah orale che questi testi
sono, giunge a riproporre come autoritativo e canonico il testo sacro e si pu
dire che, ad un certo punto, la Torah she-be al pe quasi tace, si autoimpone il
silenzio, per far parlare laltra Voce, pi imperiosa e sempre norma normante
che essa Tora orale sa non essere sua propria e che tuttavia, in un modo o
nellaltro le appartiene. Incarnandola.
Mauro Maria Morno
Ponticia Facolt Teologica della Sardegna (Cagliari Italia)

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES


ACCORDING TO JOSEPHUS

C. T. Begg

As is well-known, Judg 1,12,5, the opening segment of the Book of


Judges, offers an alternative account of events surrounding Israels establishment in its land to that found in the Book of Joshua1. In this essay,
I wish to examine Josephus version of Judg 1,12,5 in his Antiquitates
Judaicae (hereafter Ant.) 5.120-1352. More specically, given the differences among the various ancient witnesses to Judg 1,12,5, i.e. MT3,
Codex Alexandrinus (hereafter A)4, Codex Vaticanus (hereafter B)5, and
the Lucianic (hereafter L) or Antiochene manuscripts6 of the LXX7, the

1. On Judg 1,12,5, see, among more recent discussions: P. Guillaume, An anti-Judean

manifesto in Judges 1?, BN 95 (1998) 12-17; idem, Dating the Negatives Besitzverzeichnis (Judg 1,27-34): The Case of Sidon, Henoch 23 (2001) 131-137; M. lvarez Barredo,
Convergencias redaccionales sobre la conquista de la tierra prometida en Jue 1,2-2,5,
Car 14 (1998) 1-42; S. Niditch, Reading Story in Judges 1, in F. C. Black et al. (eds.),
The Labour of Reading: Desire, Alienation and Biblical Interpretation (SBLSS 36), Atlanta
1999, 193-208; K. van Bekkum, De historiographie van Israels vestiging in Kanan aan
de hand van Richteren 1:1-2:5, NTT 54 (2000) 295-301; Y. Amit, Bochem, Bethel and
the Hidden Polemic (Judg 2,1-5), in G. Galil and M. Weinfeld (eds.), Studies in Historical
Geography and Biblical Historiography: Presented to Zecharia Kallai (VTSup 81), Leiden
2000, 121-131.
2. I use the text and translation of Ant. 5.120-135 of R. Marcus, Josephus V (LCL), Cambridge MA - London 1938, 56-66. I have likewise consulted the more recent text and translation of the passage in E. Nodet, Flavius Jsephe Les Antiquits Juives. II: Livres IV e V,
Paris 1995, 144-148*.
3. For MT I use BHS. No part of Judg 1,12,5 has been found among the Qumran
materials.
4. For the text of Codex A of Judg 1,1-2,5, I use A. Rahlfs, Seputaginta, I, Stuttgart 1935,
405-412 and for the translation of this P. Harl, Les Juges (La Bible dAlexandrie), Paris
1999, 72-86.
5. For the text of Codex B of Judg 1,12,5, I use A.E. Brooke - N. Maclean, The Old Testament in Greek according to the Text of Codex Vaticanus. II.4: Joshua, Judges and Ruth,
Cambridge 1917, 784-791 and for the translation, Harl, Les Juges, 72-87.
6. For a list of these manuscripts, see W.F. Smelik, The Targum of Judges (OTS 36), Leiden
1995, 195. For the readings of these manuscripts, see the apparatus in Brooke - Maclean,
The Old Testament in Greek, ad loc.
7. For a summary discussion of the above three witnesses to LXX Judges and their interrelationships, see Harl, Les Juges, 25-28.
LA 54 (2004) 235-254

236

C. T. BEGG

Old Latin (hereafter OL)8, and Targum Jonathan of the Former Prophets9,
I shall rst try to ascertain which text-form(s) of the Judges text Josephus
had available to him. Secondly, I shall endeavor to identify the various
re-writing techniques applied by Josephus to the data of the Judges narrative and the differences between his version and the biblical one that
result from his application of these.
In making my comparison between them, I divided up the material of
Judg 1,12,5 and Ant. 5.120-135 into four (approximately) parallel units:
1) Exploits of Judah and Simeon (Ant. 5.120-128// Judg 1,1-20); 2) Benjamin and other tribes (5.129// 1,21.27-36); 3) Bethel captured (5.130-131//
1,22-26); and 4) Israels Defection and its consequences (5.132-135// 2,1-5
[+ 2:6-3:6])10.
Exploits of Judah and Simeon
The complex Judg 1,12,5 opens (1,1-2) with an inquiry by Israel,
subsequent to the death of Joshua, about which of its tribes is to initiate military operations against the Canaanites (v. 1), to which the Lord
responds by assigning this role to Judah (v. 2a) to whom he has given
the land (v. 2b). Josephus version of this initial happening (Ant. 5.120a)
introduces a reference to the prophetic mediator of the divine communication: Now after the death of these leaders11, Phinees [Bible: Phineas]12
prophetically announced (profeteu/ei)13, in accordance with the will of
8. For the OL text of Judg 1,12,5 I use U. Robert, Heptaeuchii pars posterioris Versio

Latina antiquissima e codice Lugduensi. II: Version latine du Deutronome, de Josu et


des Juges, Lyon 1900, 105-108.
9. For the text of Tg. Judg 1,12,5 I use A. Sperber, The Bible in Aramaic, II, Leiden 1959,
45-47 and for the translation of this D.J. Harrington - A.J. Saldarini, Targum Jonathan of
the Former Prophets (The Aramaic Bible 10), Wilmington DE 1987, 59-61.
10. On Josephus utilization also of the second introduction to the Book of Judges
(2,63,6) in Ant. 5.130-132, see the treatment of the latter segment below.
11. With his reference to leaders, here Josephus alludes to the contemporaneous deaths
of Joshua and the high Eleazar as related by him in the immediately preceding Ant. 5.117119.
12. On Phineas in post-biblical Jewish tradition, see: L.H. Feldman, The Portrayal of
Phineas by Philo, Pseudo-Philo, and Josephus, JQR 92 (2002) 315-345. Josephus mentioned his succeeding his deceased father Eleazar as high priest just previously in Ant. 5.119.
13. Here, as often elsewhere in Antiquities, Josephus goes beyond the Bible itself in associating the priesthood (represented by Phineas) with prophetic activity. On the phenomenon,

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

237

God (kata thn touv qeouv bou/lhsin)14, that, for the extermination of
the Canaanite race15, the tribe of Judah should be given the command16;
for the people were keenly desirous to learn what was Gods good pleasure17.
Judg 1,3 recounts Judahs direct address appeal to Simeon to join him
in ghting against the Canaanites (v. 3a) and the latters so doing (v. 3b).
Josephus (Ant. 5.120b) conates appeal and response, likewise recasting
Judahs words in indirect address18: So this tribe [Judah], having enlisted
the aid of Simeon, on the condition that, once the Canaanites tributary to
Judah had been destroyed19, they would do the same to those within the lot
of Simeon20 (advanced into battle)21.

see J. Blenkinsopp, Prophecy and Priesthood in Josephus, JJS 25 (1974) 239-262 and
L.H. Feldman, Prophecy and Prophecy in Josephus, JTS 41 (1990) 386-422, pp. 419-421.
(Throughout this essay, I italicize elements of Josephus presentation like the above, which
lack a direct counterpart in Judg 1,12,5 itself.)
14. On the key Josephan concept of the will of God (for which he uses several variants
of the above formula), see H.W. Attridge, The Interpretation of Biblical History in the Antiquitates Judaicae of Flavius Josephus (HDR 7), Missoula MT 1976, 74-76.
15. In Judg 1,1 the Israelites ask about who is to lead the ghting against the Canaanites.
Josephus more emphatic wording echoes Moses injunction as reported by him in Ant.
4.300 that the race of the Canaanites is to be exterminated wholesale.
16. Compare Judg 1,2a, where God directs: Judah shall go up. Josephus leaves aside
the attached divine afrmation (1,2b) I have given the land into his [Judahs] hand.
Also elsewhere in his rendering of Judg 1,12,5, Josephus passes over biblical references
to the Deitys involvement in the events recounted. On this phenomenon of detheologizing as a characteristic of Josephus retelling of biblical history in Antiquities overall,
see L.H. Feldman, Josephus Interpretation of the Bible, Berkeley CA 1998, 205-214,
326-327.
17. This appended notice on the peoples state of mind as the period of the Judges begins
has no biblical counterpart. It serves to highlight the contrast with the indifference to Gods
directives for the nations life into which they will soon fall (see Ant. 5.132).
18. On Josephus penchant for turning biblical direct into indirect address, see C.T. Begg,
Josephus Account of the Early Divided Monarchy (BETL 108), Leuven 1993, 12-13, n.
38.
19. In Judg 1,3 Judah asks Simeon to join him in ghting against the Canaanites (see 1,1).
Josephus more drastic language echoes the divine mandate concerning the extermination
of the Canaanites in 5.120a; see n. 15.
20. Josephus summarizes the biblical data concerning the allotment of Simeon (Josh 19,19) in Ant. 5.82a.
21. The words within parentheses above are supplied by Marcus in his translation. Following B. Niese, Marcus holds that there is a lacuna in the text at the end of Ant. 5.120.
See further the text-critical remarks of Nodet, Antiquits juives, ad loc.

238

C. T. BEGG

Judah and Simeon achieve their rst success against the Canaanites
and the Perizzites, led by Adonibezek22 at a site called Bezek according to Judg 1,4-5. Josephus (Ant. 5.121a) prefaces the biblical episode with
an extended insertion on both the Canaanites material and mental state and
the gure of their leader. This reads: But the Canaanites23, who at that
time were in a ourishing condition24, awaited them with a large army at
Zebek25 having entrusted the command to the king of the Zebeknians26,
Adonizbek27, for adni in the speech of the Hebrews means lord28 and
they were hoping to defeat the Israelites, since Joshua was dead29. Following the above insertion, Josephus compresses the biblical battle account
itself (Judg 1,4-5), eliminating, e.g., its double mention of the defeat inicted on the enemy by Judah and Simon as well as the reference (v. 4a)
to the Lords giving them into the pairs hand30: However the Israelites of
the two tribes which I mentioned, having joined battle with them, fought
brilliantly31, with the result that they slew of the enemy upward of ten
thousand [see Judg 1,4b].

22. This gure is not further identied in Judges 1 itself; in Josh 10,1 (and 10,3) there is

mention of a king of Jerusalem with a rather similar name, i.e. Adonizedek, who ends
up being executed by Joshua (see 10,26). Josephus parallel to Josh 10,1, Ant. 5.58, leaves
the king of the Jerusalemites unnamed.
23. Josephus limits himself to this designation for Judah and Simeons opponent, passing
over the other, less familiar name for them used twice in Judg 1,4-5, i.e. Perizzites.
24. This reference to the Canaanites situation serves to magnify Judah and Simeons subsequent victory over them.
25. Greek: Zebe/kh. Compare MT (Judg 1,4-5) qzb (Eng. Bezek), LXX AB Bezek, OL
B(a)ezee.
26. As pointed out in n. 22, Judges 1 does not explicitly identify Adonibezek. Josephus
qualication of him rests on the identity between the second component of his name and
that of the site (Bezek) of the battle where Judah and Simeon defeat him.
27. Greek: Adwnibe/zeko. Compare MT (Judg 1,5) qzbAynda (Eng. Adonibezek); LXX
AB Adwnibezek; OL Adonibaezec.
28. Such asides concerning the meaning of Hebrew words and names, intended for the
benet of Gentile readers, are a regular feature of Josephus retelling of biblical history. In
Ant. 5.200-201, e.g., he elucidates the meanings of the names Deborah and Barak.
29. The allusion to the death of Joshua as the ground for the Canaanites hope picks up
on the opening mention of his demise in Judg 1,1. Josephus inserted reference to the hope
with which the Canaanites join battle throws into relief the disappointment of that hope
they are about to experience.
30. On such detheologizing as a feature of Josephus version of Judg 1,12,5, see n. 16.
31. Josephus inserts this characterization of Judah and Simeons exploit into his version of
the battle account of Judg 1,4-5.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

239

Judg 1,6-7 tells of the sequels to the Israelite victory with a focus on
the personal fate of Adonibezek: his ight, capture, mutilation, confession, transport to Jerusalem and death. Ant. 5.122-123 evidences a
parallel to each of these ve items, while also adding a further one, i.e.
the enemys commanders burial. The two paragraphs run thus: and
having put the rest to rout [they] pursued them32 and captured Adonibezek,
who with hands and feet mutilated by his captors33, exclaimed: Nay then
I was not destined for ever to escape Gods eye, having suffered the fate
which I scrupled not of yore to inict on two and seventy34 kings35. They
brought him yet alive to Jerusalem, and at his death [see Judg 1,7b], gave
him sepulture36.
Judg 1,8 briey relates a next exploit by Judah (alone) i.e. the capture
of Jerusalem, slaughter of its population, and ring of the city. This presentation seems to stand in tension with what one reads elsewhere in the
Bible concerning the history of Jerusalem and the Israelites dealings with
it. Thus, Josh 15,63 states that the people of Judah could not drive out
the Jebusites from Jerusalem, while in Judg 20,10-12 Jerusalem is spoken
of being in the hands of foreign Jebusites. Moveover in 2Sam 5,6-9//
1Chr 11,4-9 Jerusalem is still ruled by the Jebusites in Davids time and
must be forcibly conquered by him. Faced with this discrepancy among
the relevant biblical texts, Josephus (Ant. 5.124) markedly modies the
account of Judg 1,8, introducing a distinction between a lower and an
upper portion of the city and their respective, differing fates at this mo-

32. In Judg 1,6a the reference is to the ight by and pursuit of Adonibezek personally.
33. Judg 1,6b speaks more specically of the cutting off of Adonibezeks thumbs and

great toes.
34. In MT, LXX AB, OL, and Tg., Adonibezek speaks of his 70 royal victims. Josephus
gure does, however, have a counterpart in a few LXX witnesses; see the apparatus in
Brooke - Maclean, ad loc.
35. Compare the wording of Adonibezeks confession in Judg 1,7a (which more closely
parallels the punishment inicted on him according to 1,6b; see n. 33): Seventy kings with
their thumbs and great toes cut off used to pick up scraps under my table; as I have done,
so God has requited me.
36. Josephus appended notice on Judah and Simeons burial of Adonibezek has a clear
apologetic function, presenting Gentile readers with a picture of his people taking care to
provide this nal honor even for a foreign enemy.
37. Judg 1,8 (see above) attributes the destruction of Jerusalem to the men of Judah,
nothing being said of Simeons involvement in the exploit. Josephus rendering ascribes
the deed to both tribes, in accord with his (and the Bibles) previous presentation of their
acting in concert. See also n. 41.

240

C. T. BEGG

ment. His expanded version of Judg 1,8 states accordingly: Then they37
overran the district, taking the towns, and after capturing very many
of them 38 laid siege to Jerusalem. The lower town they mastered in
time and slew all the inhabitants 39; but the upper town proved too
difficult to carry through the solidity of its walls and the nature of
the site 40.
The biblical account of the exploits of Judah follows its mention
of the tribes destruction of Jerusalem (Judg 1,8) with a notice on its
move against the Canaanites inhabiting the hill country, the Negeb and
the lowland (1,9). The latter notice is subsequently picked up in 1,1719 with further particulars concerning Judah and Simeons operations
in the three regions cited in 1,9. The connection between the related
segments 1,9 and 1,17-19 for its part is interrupted by an extended
segment (1,10-16) dealing with a range of other matters: the capture of
Hebron (1,10, itself resumed in 1,20), the taking of Debir by Othniel
and its sequels (1,11-15), and the settlement of the family of Moses
in-law (1,16).
Josephus, at this juncture, opts to re-arrange the sequence of the Bibles presentation. Specically, he rst gives his (expanded) parallel (Ant.
5.125-127) to the (separate) biblical notices (Judg 1,10 + 1,20) concerning the fate of Hebron, bringing these together in a continuous sequence.
The unit in question opens (5.125a) with Josephus parallel to Judg 1,10:
38. Josephus prefaces his reproduction of the Jerusalem-centered notice Judg 1,8 with this

mention of Judah and Simeons overrunning the citys environs.


39. Josephus omits the nal measure perpetrated by Judah on Jerusalem according to Judg
1,8, i.e. the burning of the city.
40. With the above formulation Josephus not only introduces a distinction between Jerusalems two levels, but also an explanation of why Judah and Simeon were unable to capture
the upper one. In his version of 2Sam 5,6-9// 1Chr 11,4-9 in Ant. 7.61-69, Josephus will
interject the same distinction between Jerusalems upper and lower levels, both of which,
however, will be captured by David who thereby shows himself a still more successful
commander than Judah and Simeon before him.
41. As in the case of Jerusalem so also in that of Hebron, Josephus attributes the cities
capture to both Judah and Simeon (they), whereas the Bible (see Judg 1,8 and 10, respectively) ascribes it to Judah alone; see n. 37.
42. Greek Cebrwn (the codices RO read Nebrwn). Compare MT wrbj (Eng. Hebron),
LXX AB Cebrwn, OL Chebron. Josephus omits the Bibles appended older name for the
site, i.e. Kiriath-arba (MT).
43. Josephus supplies this detail which lacks an explicit counterpart in Judg 1,10. The addition serves to assimilate the fate of Hebron to that of Jerusalem which was also captured
by the tribal pair; see Ant. 5.124.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

241

So they moved41 their camp to Hebron42, took that town43 and massacred
all therein44. Having thus mentioned the massacre of the Hebronites,
Josephus appends a qualication on the point, inspired by the reference
to the sons of Anak (Enak in LXX Judg 1,20 [and its plus of 1,10])
whom Caleb is said to simply drive out in Judg 1,20b. In line with
his earlier treatment of the reference to the sons of Enak at Hebron of
Num 13,22, 33 in Ant. 3.305, Josephus here in 5.125b understands this
group to consist of giants and proceeds to offer an extended appendix
concerning them: Howbeit there remained yet a race of giants45, who
by reason of their huge frames and gures in no wise like to the rest of
mankind, were an amazing spectacle and a tale of terror to the ear46.
Their bones are shown to this day, bearing no resemblance to any that
have come within mens ken47.
Josephus now (Ant. 5.126a) comes to speak (// Judg 1,20a) of the
allotment of captured Hebron. In so doing, he once again elaborates on
the biblical presentation which mentions only the awarding of the city
to Caleb as Moses had enjoined. Josephus prefaces his parallel to that
biblical notice with a version of another Scriptural passage concerning
the disposition of Hebron, i.e. Josh 21,9 where that city is assigned to
the Levites as one of their forty-eight residence-cities in accordance
with Moses directives on the subject as recorded in Num 35,1-8 (// Ant.
4.67): This town [Hebron] they gave to the Levites as a choice boon,

44. Compare Judg 1,10b which speaks of Judahs defeating three named individuals; cf.

also 1,20b which credits Caleb with driving out the three sons of Anak. Josephus wording assimilates the fate of Hebron to that of Jerusalem (see Ant. 5.124) with the inhabitants
of both cities suffering extermination in his presentation.
45. In using this term to designate the group in question, Josephus agrees with Tg. Judg
1,20b, which uses the Aramaic phrase ayrbg ynb of them, in contrast to the sons of Anak
(LXX: sons of Enak) of MT.
46. Josephus appended characterization of the giants (the sons of Enak of Judg 1,20
[and LXX 1,10]) suggests an explanation as to how they managed to survive when the rest
of the Hebronites were massacred as stated just previously by Josephus.
47. It is uncertain whether this further Josephan addition concerning the giants reects
the historians familiarity with an actual contemporary practice involving the (purported)
relics of the ancient giants or is simply an invention by him. In any case, the notice serves
to enhance the credibility of his report about these fabulous beings their bones can still
be seen; compare his references to the ark of Noah that the Armenians of his time were
continuing to exhibit in Ant. 1.92, 20.25.
48. Josh 21,9 itself does not specify the dimensions of the surrounding (pasture) lands given
the Levites. Josephus precision on the point is inspired by Moses relevant directives as

242

C. T. BEGG

along with the tract of two thousand cubits48. He then continues with
his equivalent to Judg 1,20a (see above): but the rest of the land49
they made, in accordance with the behests of Moses,50 to Caleb, who
was one of the spies whom Moses had sent to Canaan51.
Having cited the assignment of Hebron to the Levites and to Caleb (//
Josh 21,9 + Judg 1,20a) in Ant. 5.125-126, Josephus next (5.127) speaks of
another settlement recorded in Judges 1, i.e. that of the family of Moses
in-law as narrated in 1,1652. In formulating his version of this event, the
historian likewise introduces a variety of modications of the source data.
His rendition runs thus: They also gave53 to the descendants of Jethro54
recorded in Num 35,4-5 (// Ant. 4.67, where Josephus follows LXX Numbers 35 in speaking
of 2,000 cubits [as here in Ant. 5.126], whereas MT Numbers 35 rst refers to 1,000 cubits
[see v. 4] and then to 2,000 [see v. 5]).
49. In Judg 1,20a Hebron tout court is given to Caleb; Josephus qualication concerning
the extent of the award reects his earlier insertion concerning the giving of the city and its
environs to the Levites. In the Bible itself the giving of Hebron to Caleb has already been
mentioned in Josh 14,13 where the giver is identied as Joshua. Josephus has no parallel
to this earlier notice and so avoids the Bibles duplication.
50. Compare Judg 1,20a where the giving of Hebron to Caleb is done as Moses had said.
Neither the Bible nor Josephus cites a word by Moses enjoining the giving of Hebron in
particular to Caleb (in Num 14,30; Deut 1,36; Josh 14,9 there is mention of a more general
announcement by Moses about Calebs being allowed by God to enter and possess the land
he had spied out).
51. This (re-)identication of Caleb is without counterpart in Judg 1,20a; it recalls Josephus mention of Caleb as one of the two spies who sought to calm the frightened
people in Ant. 3.308 (// Num 13,30; 14,6-10). Conversely, Josephus lacks an equivalent
to the reference in Judg 1,20b itself duplicating the notice of 1,10b on Judah and Simeons defeating Shebsah, Ahiman and Talman (LXX appends the identication of these
gures as descendants of Enak) that he [Caleb] drove out from it the three sons of
Anak (in LXX A this notice is preceded by a plus, i.e. he [Caleb] took possession of
the three towns).
52. In placing his parallel to Judg 1,16 at this particular point in his presentation, Josephus
might have been inuenced by verses mention of Moses, a gure who appears twice in
Ant. 5.126.
53. In having Simeon and Judah give its allotment to the family of Moses in-law Josephus assimilates the happening to the previous giving of Hebron to the Levites and to Caleb.
In Judg 1,16, by contrast, the Kenites occupy their territory on their own.
54. MT Judg 1,16 does not name the ancestral gure whose descendants obtain their
land at this point. In assigning that gure a name (Greek: Ioqo/r [Marcus: Jethro,
the name used of the gure in Exod 3,1; 18,1]), Josephus agrees with the form read
by LXX B, whereas LXX A and LXX L call him, respectively Ioab and Iobab.
Previously, Josephus called the gure Ragoulos (see Ant. 2.258 [262], 264; 3.63-74;
cf. Reuel in Exod 2,18) and Ietheglaios (see Ant. 2.264). On Josephus treatment
of the personage, see L.H. Feldman, Studies in Josephus Rewritten Bible (JSJSup 58),
Leiden 1998, 38-54.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

243

the Madianite55, the father-in-law56, territory for habitation; for, quitting


their native country, they followed the Hebrews57 and companied them in
the wilderness58.
As noted above, Josephus re-arranges the sequence of Judg 1,9-20, in
such a way that he delays his version of 1,9.17-19 (Judah and Simeons
exploits in the hill country, the Negeb and the plain), rst reproducing the
content of 1,10 + 1,20 (the seizure of Hebron) and 1,16 (the settlement of
the clan of Moses in-law), while likewise leaving aside the segment 1,111559. Having thus disposed of the material of Judg 1,10-20 in this fashion,
Josephus now comes (5.128) to utilize the notices of 1,9.17-19: The tribes
of Judah and Simeon also captured the cities60 in the hill-country of Canaan, and among those in the plain and on the sea-board61, Ascalon and
Aztus. But Gaza and Akkarn escaped them62.

55. MT and LXX Judg 1,16 call Moses in-law a Kenite, while Tg. designates him a

Shalmaite, a term used in the Talmud as an equivalent for Kenite; see Harrington and
Saldarini, Targum Jonathan, ad loc. Josephus designation (Madianite) corresponds to the
name of Jethros country in Exod 2,15-16; 3:1, i.e. Midian (in Ant. 2.257 Josephus calls
Madiane a city situated near the Red Sea).
56. Greek: gambro/. This is the same term, corresponding to MTs tj, used of Moses inlaw in LXX B. LXX A calls him rather the brother-in-law (Greek: penqero/) of Moses.
57. In Judg 1,16 the reference is to the people [literally sons] of Judah. On Josephus use
of the term Hebrews, see G. Harvey, The True Israel: Uses of the Names Jew, Hebrew
and Israel in Ancient Jewish and Early Christian Literature (AGJU 35), Leiden 1996,
124-129.
58. In the above rendition of Judg 1,16, Josephus eliminates the various place stations
cited there (from the city of palms into the wilderness of Judah, which lies in the Negeb
near Arad). The reference to the clans accompanying the Hebrews seems inspired by Num
10,29-32 a passage not reproduced by Josephus in its biblical context where Hobab the
son of Moses Midianite father-in-law Reuel eventually agrees to act as the Israelites guide
on their journey towards the land.
59. This segment focusses on the conquest of Debir and its sequels. Josephus omission of
the unit may be inuenced by the fact that, in contrast to the materials that precede and
follow, it is focussed, not on the exploits of Judah and Simeon, but rather on the activities of
Caleb, his son-in-law Othniel (the later judge [see Judg 3,7-11] whom Josephus nowhere
mentions), and his daughter Achsah.
60. Judg 1,17 mentions one such Canaanite city in particular, i.e. Zephath, which is then
renamed Hormah, meaning ruin.
61. With Josephus catalogue of the three regions in question, compare that of Judg 1,9: the
hill country, the Negeb, and the lowland.
62. In his mention of four Philistine cities here Josephus agrees with LXX AB Judg
1,1 against MT (Gaza, Askelon, and Ekron) and LXX L (Gaza, Ekron and Azotus),
both of which list only three. Josephus likewise agrees with LXX against MT in stating

244

C. T. BEGG

Judg 1,19 interjects a note of qualication into the account of Judah


and Simeons successes as recorded in 1,1-20, this stating: And the Lord
was with Judah and he took possession of the hill country, but he could
not63 drive out the inhabitants of the plan because they had chariots of
iron64. Once again leaving aside the theological note of 1,19a, Josephus
gives a version of 1,19b corresponding to that of MT rather than LXX
(see n. 64): for, being situated in the plain and blest with an abundance of chariots65, they sorely handled their assailants66.
Josephus rounds off his account of the exploits of Judah and Simeon
(Ant. 5.120-128// Judg 1,1-20) with a closing notice of his own creation:
So these two tribes, greatly enriched by their warfare67, retired to their
own cities and laid down their arms.

that not all the cities in question were captured by the Israelites at this point. Whereas,
however, LXX AB aver that none of the four cities listed were occupied, Josephus, as
Marcus, ad loc. points out, presents a kind of compromise between the two versions,
i.e. rather than all three cities being captured (so MT) or none of the four (LXX AB;
LXX L none of the three; see above) suffering capture, he has two (Ascalon and Azotus)
being seized, while the remaining two (Gaza and Akkarn) escape this fate. In any event,
Josephus forms of the cities, names correspond to those of LXX against MT. For more
on Josephus version of Judg 1,18, see A. Mez, Die Bibel des Josephus untersucht fr
Buch V-VII der Archalogie, Basel 1895, 10.
63. MT Judg 1,19 lacks an explicit equivalent to the word could of the above translation
(RSV). Both LXX and Tg. have such an equivalent, the latter likewise motivating Judahs
inability with an inserted plus, i.e. because they sinned.
64. The concluding words of LXX (as also OL) read quite differently than they do in MT
(see above) which attributes Judahs non-expulsion of the plains-dwellers to the latters
having chariots [Hebrew: bkr] of iron. Taking MTs common noun as a proper name,
i.e. Rchab (see Jeremiah 35), LXX AB ascribe the non-expulsion to a prescription
issued by this gure.
65. While he does thus agree with MT against LXX Judg 1,19b in his reference to chariots
here, Josephus diverges from the former witness in speaking, not of the chariots composition (iron), but rather of their (abundant) quantity. In addition, whereas the chariots
mentioned in 1,19b are those of the inhabitants of the plain in general, in Josephus they
belong to the two Philistine cities, i.e. Gaza and Akkarn just mentioned as having escaped capture by the two Israelite tribes.
66. This reference to the damage down by the two Philistine cities to the invaders Judah
and Simeon lacks an explicit parallel in Judg 1,19. It spells out the consequences of the
Philistines possession of chariots for their Israelite opponents who nonetheless venture to
attack them.
67. This phrase highlights the series of successes achieved by Judah and Simeon apart
from their repulse by the two Philistine cities.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

245

Benjamin and other tribes


Judg 1,21 represents a kind of appendix to the preceding account of the
military exploits of Judah and Simeon (1,1-20), noting that the tribe of
Benjamin failed to expel the Jebusites from Jerusalem68. Josephus rendition (5.129a) uses a different terminology to describe the Benjamites
dealings with Jerusalems inhabitants: The Benjamites, within whose
lot lay Jerusalem69, permitted the inhabitants to pay them tribute70; and
thus all reposing, these from slaughter and those from peril, were at
leisure to till the soil71. Following its notice on Benjamin and the
Jebusites (v. 21), Judges 1 continues with a segment on a military
success achieved by Ephraim (vv. 22-26), then proceeds to enumerate
(vv. 27-33) a whole series of other tribes who, like Benjamin, did not
expel the inhabitants of their respective territories, and nally terminates with a complex of notices concerning the Amorites in relation
to the Danites and the house of Joseph (vv. 34-36). At this point in
his rendition of Judges 1 Josephus both reverses the sequence of its
vv. 22-26 and 27-33 (34-36)72 and drastically abridges the content of

68. Thus MT LXX A, and Tg. According to LXX B Judg 1,21 the Benjamites did not take

possession of the Jebusite dwelling in Jerusalem.


69. This insertion concerning the connection between the Benjamites and Jerusalem recalls Ant. 5.82 where Josephus mentions Jerusalem as a border point for the territory of
Benjamin.
70. In ascribing this particular initiative to the Benjamites as opposed to the nonexpulsion/non-taking possession of the Jebusites cited in the biblical witnesses (see n. 68)
Josephus seems to be inuenced by the LXX and Tg. reading in a series of later passages
in Judges 1 (see vv. 28, 30, 33, 35) which refer to other tribes imposing tribute on the
inhabitants of their territories (in the corresponding MT verses the reference is to the imposition of forced labor [Hebrew: sm] on them).
71. This notice on the consequences of the Benjamites taxing the Jerusalemites who
in view of his account in 5.124 are to be identied with the surviving inhabitants of
the upper city for both parties introduces the theme of preoccupation with agricultural
pursuits to the detriment of more important matters which will recur in Josephus reection on Israels decline in Ant. 5.132-135; see below. The remark takes the place of
the etiological notice of Judg 1,21b according to which the Jebusites have dwelt with
the people of Benjamin in Jerusalem to this day a state of affairs that had long since
ceased to ordain by Josephus time.
72. Thereby, Josephus keeps together in a continuous sequence the biblical chapters notices on those tribes which did not achieve military successes against the inhabitants of
their territories, while reserving to a later point his version of Judg 1,22-26 concerning the
successful military initiative of Ephraim. In his presentation then the segment Ant. 5.129

246

C. T. BEGG

the latter segment73, speaking in general terms of what other tribes do


in imitation of Benjamins initiative: The other tribes74, imitating that
of Benjamin75 did the same [i.e. took tribute from the inhabitants]76,
contenting themselves with the tributes paid to them, suffered the Canaanites to live in peace77.
Bethel captured
Having related the pacic tribute-taking by Benjamin and the other tribes
in Ant. 5.129, Josephus now (5.130-131) gives his delayed version of a
further Israelite military exploit, the capture of Bethel (// Judg 1,22-26).
Judg 1,22-23a designates the group that moves against Bethel as the house
of (LXX OL sons of) Joseph and mentions the Lords being with them.
Here too eliminating the reference to Gods involvement, Josephus expatiates (5.130) instead on the circumstances surrounding the siege of Bethel:

(// Judg 1,21, 27-33 [34-36]) the tribes adopting a pacic stance towards the inhabitants) is
framed by two units (5.120-128// 1,1-20 and 5.130-131// 1,22-26) featuring the conquests
achieved by three of the tribes.
73. In the context of his version of Judg 1,12,5 in Ant. 5.120-135, Josephus makes no use
of the closing segment of Judges 1, i.e. its verses 34-36 which relate the interactions among
the Amorites on the one hand and the Danites and the house of Joseph on the other. He
will, however, incorporate the content of 1,34 (the Amorites oppression of Dan) into his
subsequent account of the migration of the tribe of Dan to its new territory which he draws
(very selectively) from Judges 18 in Ant. 5.175-178.
74. With this phrase Josephus compresses into one the separate notices on the initiatives of
ve different tribes in Judg 1,27-33, i.e. Manasseh (vv. 27-28), Ephraim (v. 29), Zebulun
(v. 30), Asher (vv. 31-32), and Naphtali (v. 33). Thereby, he signicantly streamlines the
biblical presentation with its plethora of ancient and obscure place names that would not
likely hold any interest for his Gentile audience.
75. The biblical account says nothing about such an imitation of Benjamin by the other
tribes. The fact that in Judges 1 Benjamin is the rst in the series of tribes which do not
achieve military success against the inhabitants as do Judah, Simeon and Joseph may have
inspired Josephus statement on the matter.
76. As mentioned in n. 70, in speaking of the taxing of the inhabitants by the tribes cited in
Ant. 5.129, Josephus agrees with LXX and Tg. 1:27ff., as against MT which speaks of the
imposition of hard labor on them.
77. This appended notice concerning the other tribes policy of peaceful co-existence with
the Canaanites echoes Josephus previous reference to the consequences of the Benjamites
dealings with the Jerusalemites in 5.129a, thereby reinforcing his claim that the other tribes
acted in imitation of the Benjamites.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

247

The tribe of Ephraim78, in besieging79 Bethel, could attain no result proportionate to the time and the toil expended upon the siege; yet for all their
annoyance, they persevered in the blockade80.
The biblical account appends to its narration of Josephs move against
Bethel (Judg 1,22-23a) a notice on the citys earlier name, i.e. Luz
(1,23b). Josephus leaves aside this latter detail (just as he does the corresponding notice of 1,26 on the Bethels survivors founding a new city
in the land of the Hittites to which he gives the name of Luz). In relating the encounter between the besiegers and the Bethelite Josephus (Ant.
5.131a) likewise introduces several modications of the content of the Judg
1,24: Afterwards, having caught81 one of the inhabitants of the town who
had gone out in search of provisions82, they gave him their word83 that, if
he would betray the city, they would spare the lives of him and his kin84;
and he on these terms swore to deliver it to into their hands85.
78. This designation for Bethels eventual captors replaces that used in Judg 1,22, i.e. the

house/sons of Joseph. Biblically, Ephraim stands in a family relationship to Joseph as


his younger son; see Gen 48,12. Josephus may have drawn the name Ephraim here from
Judg 1,29 where that tribe is cited as one of those who did not expel the Canaanites from
its territory. Bethel, Ephraims target in Ant. 5.130-131, is mentioned as a boundary point
of its territory in 5.83.
79. Judg 1,22-23a does not speak of an actual siege of Bethel, but rather of the Josephites
going up and spying out (so MT; LXX A: reads camped in place of spied out, while
LXX B has the conate reading camped and spied out) the city.
80. This appended notice, highlighting the difculties of the Bethel siege, has no biblical
equivalent. It suggests a reason why the besiegers must have recourse to the services of a
deserter, as they end up doing in both the biblical and Josephan accounts, in order to gain
mastery of the city.
81. In MT Judg 1,24a the Josephites spies simply see the Bethelite and proceed to address
him. Josephus specication about their capturing him does, however, have a counterpart
in the plus of LXX AB and OL.
82. Josephus supplies this motivation for the mans leaving Bethel which is simply mentioned as a fact in Judg 1,24a.
83. In Judg 1,24b the spies simply tell the Bethelite that if he shows them how to get into
the city they will deal kindly with him. Josephus formulation gives a greater solemnity/
bindingness to their promise.
84. Compare the spies direct address word to the Bethelite in Judg 1,24b: show us the
way into the city, and we will deal kindly with you. Josephus addition concerning the
promised sparing also of the mans kin is inspired by the notice of 1,25b that when they
massacred Bethels population the Josephites let the man and all his family go. Josephus
makes the sparing of the latter a part of the besiegers promise to the Bethelite.
85. Judg 1,24 does not mention such a verbal response by the Bethelite to the spies proposal
to him. Josephus addition represents the man as answering the besiegers giving him their
word by swearing to them himself.

248

C. T. BEGG

Judg 1,25 relates the climax of the Bethel story: the Bethelite shows
the spies the way into the city (v. 25a) whose inhabitants they slaughter (v.
25ba) while sparing him and his family (v. 25bb). Josephus (Ant. 5.131b)
compresses, likewise re-arranging the sequence of the source verse: So
he by such treason86 saved himself with his family, while they having massacred all the inhabitants87, occupied the town88.
Israels defection and its consequences
The segment Judg 1,12,5 culminates in 2,1-5 with the story of the appearance of an angel of the Lord89 (v. 1a) who pronounces a word of judgement against the disobedient Israelites (vv. 1b-3) to which they respond by
weeping (v. 4), giving the name Bochim (Weepers) to the site of the
encounter (v. 5a) and sacricing (v. 5b). Josephus version of this concluding segment (Ant. 5.132-135) markedly modies its content in various
respects. First of all, he completely eliminates the gure of the angel who
speaks on Gods behalf in Judg 2,1b-390. Secondly, he recasts the judgement
speech of Judg 2,1b-3 with its theological focus on the relationship between
the Lord and Israel to which Israel has proved unfaithful into an extended
editorial remark on Israels behavior at the beginning of the period of

86. Greek: outw prodou (compare the phrase autw paradonti used of the man earlier

in 5.131). With this formulation Josephus summarily alludes to the content of Judg 1,25a:
he showed them the way into the city. The negative evaluation of the mans deed even
though it is a question of the handing over of a site that constitutes part of Israels God-given
patrimony suggested by Josephus wording regarding it stands in noteworthy contrast to
the Bibles own neutral account of this.
87. This prosaic formulation replaces the more gurative wording of Judg 1,25ba: and they
smote the city with the edge of the sword.
88. This concluding component of Josephus version of the Bethel story has no explicit
equivalent in MT Judg 1,25. It makes clear that the initially unavailing siege of the city
(see 5.131a) did indeed ultimately accomplish its objective. On Josephus non-utilization of
the notice of Judg 1,26 concerning the Bethelite survivors founding a new city of Luz,
see above in the text.
89. So MT and LXX Judg 2,1. Tg. calls the gure the prophet by the commission from
before the Lord.
90. On Josephus angelology with its tendency to replace biblical mentions of angels
with other gures (young men, phantasms, etc.), or, as here, to simply pass over the
given mention, see M. Mach, Entwicklungsstadien des jdischen Engelsglauben in vorrabinischer Zeit (TSAJ 34), Tbingen 1992, 300-322 and Feldman, Josephus Interpretation,
212-213.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

249

the Judges that emphasizes not directly theological, but rather political,
judicial, and economic issues. Thirdly, Josephus appears to combine the
content of Judg 2,1-5 (as adapted by him) with that of the so-called second
introduction to the Book of Judges (2,[6-10]91 11-3,6) which he does not
reproduce as such. Finally, Josephus makes the entire segment 5.132-135
a lead-in to the unit that will directly follow this in his presentation i.e.
Ant. 5.136-174, his (re-positioned) version of Judges 1921, the story of
the Gibeah outrage and the resulting Benjamite war.
With the above remarks in mind, let us now consider in more detail the
component elements of Ant. 5.132-135 in relation to its source material in
the Book of Judges. Josephus begins (5.132) the section with a resumption (and generalization) of his account concerning the policy adopted by
the Benjamites and other tribes in 5.129: Thereafter the Israelites relaxed
the struggle against their enemies92 and devoted themselves to the soil and
to labours thereon93. And as their riches increased, under the mastery of
luxury and voluptuousness94, they recked little of the order of their constitution95 and no longer hearkened diligently to its laws96.
In Ant. 5.133 Josephus comes to speak of the divine response to Israels
defection as cited in 5.132, giving his own version of the notices on the
91. This sequence, to which Josephus has no equivalent in its biblical context, recapitulates

the notices on the end of the period of the conquest in Josh 24,28-31.
92. The charges made against the Israelites in Judg 2,2 (see also 2,11-13) have a more explicitly religious character: they have violated the Lords commands, i.e. not to be make a
covenant with the inhabitants of the land (LXX: + not to bow down before their gods and
to break their statues) and to break down their altars. Josephus keeps attention focussed on
the political-military aspect: the enmity between the Israelites and the Canaanites that the
former have not maintained.
93. This element of Josephus indictment of the Israelites has no counterpart in the charges
of Judg 2,2 (and 2,11-13; see previous note). It does, however, pickup on the reference to
the Benjamites being at leisure to till the soil once they have come to an arrangement
with the Jerusalemites in Ant. 5.129a.
94. Greek: trufh/ kai hdonh/. This collocation recurs once elsewhere in Josephus corpus,
i.e. in Ant. 11.47.
95. Greek: politei/a. On Josephus use of this key term of Greco-Roman political theory, see
L. Troiani, The politei/a of Israel in the Graeco-Roman Age, in F. Parente and J. Sievers
(eds.), Josephus and the History of the Greco-Roman Period, Leiden 1994, 11-22.
96. With these appended remarks, elaborating on Gods accusation you have not obeyed
my command in Judg 2,2b, Josephus spells out the deleterious consequences of the Israelites self-enrichment for the order of their national life. As Feldman (Josephus Interpretation, 144) points out, the connection Josephus makes here between increased wealth and the
slide into political degeneration is a topos of Greco-Roman historians; see, e.g., the prefaces
to Livys Ab urbe condita and Sallusts De Catalinae Coniuratione.

250

C. T. BEGG

matter found in Judg 2,3.14-15.20-23: Incensed thereat,97 the Deity warned


them by an oracle98, rst that they acted contrary to His will in sparing the
Canaanites99, and next that those foes, seizing their occasion, would treat
them with great ruthlessness100.
Judg 2,4b-5 mentions a triple response by the Israelites to the angels
foregoing denunciation of them, i.e. weeping (v. 4b), naming the site
Bochim (weeping, v. 5a), and offering sacrice (v. 5b) there. Josephus
rendition (Ant. 5.134) contains an allusion to the rst of these responses,
while replacing the other two with an attached explanation as to why the
Israelites distress over the divine message received did not lead to changed
behavior by them: But the Israelites, while despondent at this message
from God [compare Judg 2,4b: the people lifted up their voices and wept],
were yet ill-disposed for warfare101, for they had won much from the Canaanites and luxury had by now unnerved them for fatigues102.
Having presented his much-modied version of the angel-people interaction of Judg 2,1-5 in Ant. 5.132-134, Josephus concludes the entire
97. Judg 2,1-5 itself does not record a emotional response of the Deity to Israels defection.

Josephus could, however, have found inspiration for his allusion to this in the recurrent
mentions of the divine anger in Judg 2,6-3,6; see 2,12b.14.20.
98. Greek: ajnairei. Another use of the verb ajnaire/w in this meaning is conjectured by
Thackeray in Ap. 1.306 (a quotation from Lysimachus). In making God himself the speaker
of the following message, Josephus eliminates the angelic intermediary of Judg 2,1-3; see
above in the text.
99. This formulation harks back to the opening of the segment Ant. 5.120-135 in 5.120 where
Phineas announces in accordance with the will of God that Judah is to be given the command
for the extermination of the Canaanite race. The Israelites have now ended up violating Gods
known will regarding the Canaanites. Compare Judg 2,2 where the angels accusation against
Israel concludes: But you have not obeyed my command. What is this you have done? [MT;
LXX: you have listened to my voice when/for you have done these things].
100. Compare the angel's declaration in Judg 2,3a (cf. 2,21): So now I say, I will not
drive them [i.e. the inhabitants of the land, 2,2] out before you; but they shall become
adversaries to you. Leaving aside Gods announcement about the inhabitants threatened
non-expulsion, Josephus version expatiates rather on the harm the spared Canaanites will
do the Israelites. Josephus has no equivalent to the (theological) warning with which Judg
2,3 ends: and their [the inhabitants] gods shall be a snare to you.
101. Conceivably, this notice which has no equivalent in Judg 2,1-5 itself was inspired
by Judg 3,1b which alludes to all in Israel who had no experience of any war in Canaan;
cf. 3,2b which alludes to the Lords intended use of the surviving Canaanites to teach war
to such at least as had not known it before.
102. With this appended remark Josephus provides a double explanation for the Israelites
lack of martial ardor vis--vis the Canaanites as mentioned just previously by him, i.e. the
benets they had acquired from the latter and the enervating effects of luxury (Greek:
trufh/; see 5.132 where the same term is used in conjunction with hJdonh/) upon them.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

251

segment Ant. 5.120-135 (// Judg 1,12,5) with an editorial remark (5.135a)
of his own in which he returns to the topic of the Israelites disregard of
their constitution adumbrated by him in 5.132. This resumptive passage
runs: Aye, even the aristocracy103 of theirs was now becoming corrupted:
no more did they appoint councils of elders104 or any of those magistracies before time ordained by law, but lived on their estates, enslaved to
the pleasures105 of lucre. To it he attaches a notice (5.135b) that draws
out the consequences of this state of affairs and makes the transition to
his following account (Ant. 5.136-174)106 of the Gibeah Outrage and the
Benjamite War this provokes: And so, by reason of this gross listlessness, grave discord107 again108 assailed them and they were launched into
civil war through the following cause109.

103. Greek: ajristokrati/a. On Josephus positive view of this form of political organization

(which Moses declares to be the best in Ant. 4.223), see Feldman, Josephus Interpretation, 145; S. Mason in L.H. Feldman, Flavius Josephus Translation and Commentary. Vol.
3: Judean Antiquities 1-4, Leiden 2000, xxvi-xxvii.
104. Greek: gerousi/ai. The gerousia exercises anachronistically a prominent leadership
role in Josephus presentation of the preceding period of the conquest. On the historians
overall treatment of the institution in various periods of Jewish history, see D. Goodblatt,
The Monarchic Principle: Studies in Jewish Self-Government in Antiquity (TSAJ 38), Tbingen 1994, 30-43, 90-99 and S. Mason, Flavius Josephus in Flavian Rome: Reading on
and Between the Lines, in A.J. Boyle and W.J. Domink (eds.), Flavian Rome: Culture,
Image, Text, Leiden 2003, 559-590, pp. 573-81.
105. Greek: hJdonh/. This term echoes it use in Ant. 5.132 where the reference is to the Israelites being under the mastery of luxury and voluptuousness.
106. On this passage (// Judges 19-21), see: C.T. Begg, Josephus Account of the Benjamite
War, LA 48 (1998) 273-304; idem, The Retellings of the Story of Judges 19 by PseudoPhilo and Josephus: A Comparison, Estudios Bblicos 58 (2000) 33-49; L.H. Feldman,
Josephus Portrayal (Antiquities 5.136-174) of the Benjamite Affair of the Concubine and
its Repercussions (Judges 1921), JQR 90 (2000) 255-292.
107. Greek: sta/si. On this key Josephan term, often used by him in connection with the
failed Jewish revolt of his own time, see Feldman, Josephus Portrayal, 264-265.
108. With this term Josephus alludes to the infamous sedition (Greek: sta/si) led by
Korah that broke out among the Israelites in the time of Moses; see Ant. 4.12ff. (// Numbers
16-17) and cf. L.H. Feldman, Josephus Portrait of Korah, OTE 6 (1993) 399-426.
109. These closing words of Ant. 5.135 make the transition to the immediately following segment of Josephus presentation, i.e. 5.136-174. This later segment, the story of the
Gibeah outrage and the ensuring Benjamite war, is Josephus parallel to a passage (Judges
1921) which in the Bible itself stands at the very end of the Book of Judges. Josephus
repositions the passage to an earlier point in order, inter alia, to provide a graphic illustration of the disastrous consequences of Israels neglect of its constitution as cited by him in
5.132-135. On the point, see further Begg, Benjamite War, 274-275.

252

C. T. BEGG

Conclusion
This essay began by positing two overall questions concerning Ant. 5.120135 in relation to Judg 1,12,5: which text-form(s) of the biblical passage
did Josephus employ and how has he worked with the content of his source
material so as to create a distinctive version of its overture to the period of
the Judges? Here in my conclusion, I wish to briey return to these questions on the basis of my foregoing, detailed comparison of the two units.
On the textual question, we did discover evidence of Josephus afnities in Ant. 5.120-135 with readings peculiar to both MT and LXX Judg
1,12,5. The one noteworthy example of such a Josephus-MT afnity in
our passage is his references to the Canaanites chariots impeding Judah
and Simeons full conquest of the plain (5.128// Judg 1,19), whereas
LXX (AB) attribute this development to a prescription by a certain
Rechab (see further nn. 64-65). Josephus textual afnities with LXX
Judg 1,12,5 are more numerous, albeit fairly minor: various tribes impose
tribute rather than forced labor (so MT) on the inhabitants (see 5.129
and cf. n. 70); Judah and Simeon fail to gain possession of all the Philistine cities cited (see 5.128 and cf. n. 62); Moses anonymous in-law of MT
Judg 1,16 receives a name (see 5.127 and cf. n. 54); the capture of the
Bethelite who exits the city is explicitly mentioned (see 5.131 and LXX
Judg 1,24); and Josephus gure for the number of kings (72 versus 70 in
MT and LXX AB 1,7) degraded by Adonibezek is attested in a few LXX
manuscripts (see n. 34)110.
My second opening question concerned the re-writing techniques
applied by Josephus in Ant. 5.120-135. Prominent among these are his
omissions and compressions of source material. The entire segment Judg
1,11-15 (the conquest of Debir and its sequels) is completely passed over,
as are the unit featuring the Amorites, Judg 1,34-36111 and the allusions to
the old and new Luz in 1,23b and 26, respectively. The detailed notices
on the fortunes of ve distinct tribes cited in Judg 1,27-33 are reduced to
half a paragraph (see 5.129b), while the data of 2,1-5 appear to be conated
(very selectively) with those of 2,(6-10)113,6 (see above). Conversely,
Josephus expands the Bibles presentation with a variety of additional par110. With these ndings compare the more general conclusion of Nodet, Antiquits juives,

xiv-xv that Josephus worked with a Hebrew text of Judges having marked afnities with
that of the LXX L witnesses.
111. Josephus does, however, make use of an element of this unit at a later point in his
presentation; see n. 73.

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES

253

ticulars, these concerning, e.g., the situation of the Canaanites as hostilities


commence (see 5.121), the burial of Adonibezek (5.124), the character and
contemporary remains of the giants (5.125b), the awarding of Hebron
also to the Levites (5.126a), the identication of Caleb (5.126b), the laying down of their arms by Judah and Simeon (5.128b), the connection
between Benjamin and Jerusalem (5.129) and the difculty of the Bethel
siege (5.130).
Equally noteworthy throughout Ant. 5.120-135 is Josephus re-arrangement of the biblical order of events. The separate notices on Judah and
Simeons moves against territories to the south-west (Judg 1,9 + 17-19 //
5.128) are brought together in a continuous sequence and placed after the
tribes conquests of both Jerusalem (5.124// 1,8) and Hebron (5.125, this
itself combining the widely separated indications of 1,10 and 1,20) as well
as the settlement of the family of Moses in-law (5.127// 1,16). Similarly,
Josephus combines his parallel to 1,21 (the fortunes of Benjamin) and
1,27-33 (those of ve other tribes) into a single paragraph (5.129) which
is positioned prior to the account of the fall of Bethel (// 1,22-26), whereas
in Judges 1 this comes between the notices of 1,21 on the one hand and
those of 1,27-33 on the other.
Finally, Josephus also introduces modications and adaptions of other
kinds into his retelling of Judg 1,12,5. Stylistically, he consistently replaces biblical direct with indirect discourse (see n. 18). On the content
level, he turns Israels self-initiated inquiry of the Lord into a prophetic
announcement by the priest Phineas (5.120; compare 1,1). Judah and
Simeon gain only partial control of Jerusalem (5.124; compare 1,8), while
later they capture neither all (so MT Judg 1,18) or none (so LXX 1,18) of
the Philistine cities, but two out of the four that are mentioned (so 5.128).
Moses in-law is called a Midianite (5.127) rather than a Kenite (so MT
LXX 1,16). What Benjamin does with the Jerusalemites is to impose tribute
on them (5.129) instead of not driving them out (so 1,21); see n. 70.
Finally, the angelic appearance and discourse of Judg 2,1-5 becomes an
extended editorial remark by Josephus (5.132-135) in which there is allusion to the Deitys addressing Israel on his own (5.133) and which serves
to make the transition (see 5.135 in ne) to Josephus repositioned version
of the story of the Gibeah outrage and its sequels (Judges 1921).
The version of Judg 1,12,5 that results from Josephus application of
the above rewriting techniques evidences a number of distinctive features.
Overall, he offers a streamlined rendition of the biblical passage, eliminating many of its numerous (obscure) place names that would not have
held much interest for Gentile readers. With an eye to keeping those same

254

C. T. BEGG

readers engaged, he likewise effects a rather sustained detheologizing of


the source account with its recurrent references to Gods support for the
Israelites endeavors (see, e.g., nn. 16, 30), just as he transposes the religious problematic (i.e. Israels defection to other gods) highlighted in Judg
2,13,6 into a more economic-political-juridical one in Ant. 5.132-135 (the
Israelites neglect of their constitution and failure to maintain the system
of magistrates due to the enervating effect of increased wealth). On the
other hand, Josephus goes beyond the Bible itself in insisting on the extermination of the Canaanites as a divine mandate and the reprehensibility
of Israels failure to fully activate this (see 5.120,128,132-135)112. Finally,
Josephus rewriting reects a concern to resolve the problem posed by the
discrepancy between the notice of Judg 1,8 on the fate of Jerusalem at the
hands of Judah and Simeon and what one reads elsewhere in the Bible
concerning the citys history and Israels dealings with it; see 5.124.
As in the macrocosm of the biblical half of his Antiquities (1.111.296), so also in the microcosm of 5.120-135 Josephus oscillates between
close adherence to the Scriptural account and free adaptation of this in every respect. Tracing (and attempting to account for) the interplay between
these opposing tendencies constitutes much of the interest of the kind of
comparative study presented in this essay.
Christopher T. Begg
Catholic University of America, Washington

112. This feature of Ant. 5.120-135 is particularly worthy of note given Feldmans

(Josephus Interpretation, 445-446) observation that in his rendition of the Book of Joshua
in Ant. 5.1-119 Josephus tends to downplay the references to Israelite violence against the
Canaanites that are a hallmark of that book. Josephus Tendenzen in his retelling of biblical history are just that tendencies, from which, as here, he readily allows himself an
occasional deviation.

GREGORIO MAGNO NEL XIV CENTENARIO DELLA MORTE


Spunti per una riessione

G. C. Bottini

Non sono poche le ragioni che invitano una Facolt di studi biblici, teologici e archeologici in Terra Santa a ricordare San Gregorio Magno nel
quattordicesimo centenario della sua morte1. Su questa rivista inoltre anni
addietro gi apparso uno studio sulle lettere di Gregorio Magno riguardanti la Terra Santa2.
noto che la tradizione ha avuto per Gregorio Magno una stima grande
e universale no ad accostare i suoi scritti alle Scritture del Nuovo Testamento. Ne una prova anche la ricca documentazione iconograca gregoriana: Come gli evangelisti, nelliconograa medievale, sono rafgurati
nellatto di scrivere per dettato degli angeli, cos vediamo san Gregorio
stendere i suoi commenti dando ascolto ad una colomba che poggia sulla
sua spalla ed ha il becco al suo orecchio3.
1

Gregorio e la tradizione francescana

In particolare per la tradizione culturale e spirituale francescana si pu


ricordare che san Francesco e santa Chiara conobbero di certo probabilmente attraverso le letture patristiche della Liturgia delle Ore del loro
tempo alcuni scritti di Gregorio4.
1. Il contributo riproduce con ritocchi e integrazioni lintroduzione tenuta in occasione della

Giornata di studio Gregorio Magno nel XIV centenario della morte tenuta dallo Studium
Biblicum Franciscanum Facolt di Scienze Bibliche e di Archeologia a Gerusalemme il
3 maggio 2004.
2. G.C. Bottini, Lettere di Gregorio Magno relative alla Terra Santa, LA 31 (1981) 191198. Sul tema si veda pi avanti in questo volume il contributo di M. Piccirillo, Gregorio
Magno e le Province orientali di Palestina e Arabia.
3. B. Smalley, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, Bologna 1972, 38.
4. Cf. P. Messa, Le fonti patristiche negli scritti di Francesco dAssisi, S. Maria degli Angeli
Assisi 1999; C.A. Acquadro, Chiara discepola dei Padri. Alcune citazioni patristiche nella
I Lettera ad Agnese di Boemia, Forma Sororum 40 (2003) 144-162; L. Padovese, Reminiscenze patristiche nelle lettere di Chiara dAssisi ad Agnese di Boemia, Convivium Assisiense 6 (2004) 233-255 = Atti del Convegno internazionale Clara Praeclaris Praeclara.
Lesperienza cristiana e la memoria di Chiara dAssisi in occasione del 750 anniversario
della morte, Assisi 20-22 novembre 2003.
LA 54 (2004) 255-260

256

G. C. BOTTINI

La prima testimonianza si trova nella prima Regola o Regula non


bullata dove nel capitolo VII, parlando del modo di servire e di lavorare,
Francesco prescrive: Tutti i frati cerchino di affaticarsi nelle opere buone
(studeant et bonis operibus insudare) (7,11), una espressione che proviene
da unomelia gregoriana (Hom. Ev. XIII,1). Unaltra possibile allusione alla
stessa omelia si trova in 2EpFi 275.
Lesperienza del fare misericordia che Francesco nel Testamento dice
che lo fece passare dallamarezza alla dolcezza di anima e di corpo nel vedere i lebbrosi (Test 1-3) si rif a unomelia (Hom. Ev. XXXVI,1-5) dove
Gregorio riette sul tema della dolcezza e dellamarezza6.
Anche il signicato che Francesco attribuisce ai vocaboli spiritus,
videre, credere, oculi nella Prima Ammonizione riette il linguaggio di
Gregorio in diverse omelie sui Vangeli (XXX,7-10; VII,3; XXV,2-3.6 e
II,1-7; XXVI,7-10; XIII,1-57) e due espressioni della Esposizione del Padre
nostro di Francesco precisamente la seconda e lottava riecheggiano la
riessione patristica attestata nelle omelie sui Vangeli di Gregorio (XXX,9
e II,1-7 e XIII,4; XXX,10)8. possibile vedere anche in RegEr 3 un riferimento a Mor. VI,61 di Gregorio9.
Per quanto riguarda santa Chiara, signicativi riferimenti a scritti di
Gregorio si trovano nella prima e seconda Lettera a Agnese di Praga (Hom.
Ev. XXXII,2 e XXXI,2 in 1ClEp 25. 27-29; Dial. Prol. 4 in 2ClEp 12; Hom
Ev. XI,5 in 2ClEp 11.14.18)10. Nella terza lettera ad Agnese Chiara desume
un riferimento mariano probabilmente da Gregorio (3ClEp 18-19)11.
5. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 219 e 230. I rinvii agli scritti di Gregorio si riferiscono sempre

alla recente edizione bilingue della Citt Nuova Editrice: Opere di Gregorio Magno.
6. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 242 e 243-247: lautore indica tutta una serie di paralleli
lessicali e tematici tra Gregorio e Francesco.
7. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 278-279; 286-287; 288-289 e 292; 293-294; 297-298.
8. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 314 e 316; 322.
9. Cf. I. Boccali, Concordantiae Verbales Opusculorum S. Francisci et S. Clarae Assisiensium, S. Mariae Angelorum 1976, 73; I.M. Boccali - L. Canonici, Opuscula S. Francisci et
scripta S. Clarae Assisensium, Assisi 1978, 160.
10. Per la prima lettera ad Agnese si veda laccurata analisi di Acquadro, Chiara discepola
dei Padri, 149-156 che parla di citazioni gregoriane per queste due affermazioni: Quando si
amano le realt temporali, si perde il frutto della carit e Un uomo vestito non pu lottare
con uno nudo. Per via indiretta si pu indicare forse anche un altro riferimento tra 1ClEp 27
(E che non si pu stare con gloria nel mondo e regnare lass con Cristo) e Hom. Ev. XI,5; cf.
Acquadro, ivi, 156-157. Nella seconda lettera si tratta dellinvito a non abbandonare la buona
via intrapresa una volta visto il principio; cf. Padovese, Reminiscenze patristiche, 250.
11. Cf. Padovese, Reminiscenze patristiche, 251-252 (limmagine di Maria come di colei che
tiene in grembo colui che i cieli non possono contenere) che rinvia al Liber responsalis.

GREGORIO MAGNO NEL XIV CENTENARIO DELLA MORTE

257

Gli specialisti cui si rinvia nelle note del presente saggio osservano che
Francesco e Chiara si mostrano non recettori passivi ma trasformano le parole e il pensiero di Gregorio e di altri Padri della Chiesa. La cosa appare
ancora pi notevole se si riette che anche i testi biblici giungono ad essi
non senza la mediazione interpretativa dei Padri.
Anche la tradizione francescana successiva si mostra affezionata al
pensiero di Gregorio Magno, come mostrano gli scritti di maestri quali
Antonio di Padova, Bonaventura di Bagnoregio e Bernardino da Siena, per
citare qualche nome12.
2

Gregorio maestro nella Chiesa

La gura di S. Gregorio e il suo insegnamento sono ancora di grande attualit. Basti accennare soltanto ad alcuni testi gregoriani fatti propri dai
documenti del Concilio Vaticano II per vedere come la Chiesa custodisce
e vive della sua preziosa eredit magisteriale.
Proviene da unomelia di Gregorio, citata alla lettera nella Lumen
gentium, la grande affermazione che la Chiesa universale costituita da
tutti i giusti, dal giusto Abele no allultimo eletto (Hom. Ev. XIX,1;
Lumen gentium 2). In altri sei casi si rinvia a Gregorio insieme ad altri
Padri per indicare che la loro dottrina fa parte del patrimonio tradizionale
della Chiesa (Lumen gentium 19. 23; Dignitatis humanae 10; Ad gentes
4; Presbyterorum ordinis 11; Gaudium et Spes 69). Papa Paolo VI nel Discorso di apertura del terzo periodo del Concilio (14.09.1964), parlando
del rapporto tra il Successore di Pietro e lEpiscopato, disse: Lasciate a
Noi ripetere come Nostre le celebri parole, che il Nostro lontano e santo
Predecessore dimmortale memoria, Gregorio Magno, scriveva ad Eulogio,
Vescovo di Alessandria: Il mio onore il vigore dei miei Fratelli. Allora
io sono veramente onorato, quando lonore dovuto a ciascuno di essi non
gli riutato (Ep. VIII,29)13.
chiaramente ispirata allinsegnamento di Gregorio, oltre che ad Agostino e a Girolamo, lesortazione della Costituzione dogmatica sulla divina
12. Dopo Agostino, Gregorio il Padre pi citato da Antonio e Bonaventura; cf. le stati-

stiche in Padovese, Reminiscenze patristiche, 241. Per Bernardino si veda lindice in S.


Bernardini Senensis Opera Omnia, IX, Firenze / Quaracchi 1965, 450-451.
13. Enchiridion Vaticanum, 1. Documenti ufciali del Concilio Vaticano II 1962-1965,
Bologna 1981, 256*. Si noti per che il Papa cita dalla Patrologia del Migne dove la lettera
di Gregorio ad Eulogio la 30).

258

G. C. BOTTINI

Rivelazione Dei verbum 24 che raccomanda la lettura assidua e orante della


Sacra Scrittura, vale a dire la lectio divina. Anzi nello schema preconciliare si citava esplicitamente il testo della Regola pastorale di Gregorio:
necessario che chi veglia allufcio della predicazione non cessi dallamoroso studio della lettura sacra (Past. 2,11)14.
I commentatori della Dei verbum fanno notare che sono improntati
al pensiero e al linguaggio gregoriano anche altri passi dellimportante
documento conciliare. Cito qualche esempio. La formula tutti interi i
libri sia dellAntico che del Nuovo Testamento hanno Dio per autore
(Dei verbum 11) riecheggia il pensiero di Gregorio (Mor. Praef. I,2)15. La
presentazione della Tradizione come una realt viva e dinamica che viene fatta in Dei verbum 7 e 8 richiama la dottrina cara a Gregorio che la
Scrittura la prima realt trasmessa dalla Tradizione cresce con colui
che la legge (Mor. XX,1)16. Lo stesso si deve dire dellaffermazione che
la Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con laiuto dello stesso
Spirito mediante il quale stata scritta (Dei verbum 12). Letteralmente tale
affermazione deriva da Girolamo, ma il pensiero chiaramente presente
anche in Gregorio, oltre che in Origene, Ilario e Ambrogio17.
3

Gregorio e gli ebrei

Vi un altro aspetto della personalit di Gregorio che deve essere giustamente ricordato. A Gregorio Magno va riconosciuto un atteggiamento
equilibrato nei confronti del Giudaismo e degli Ebrei del suo tempo. Nella
lettera che egli scrisse nel giugno 598 a Vittore, vescovo di Palermo, per
14. Cf. C.M. Martini, La sacra Scrittura nella vita della Chiesa, in La costituzione dog-

matica sulla Divina Rivelazione, Torino - Leumann 1967, 453; per il testo dello Schema n.
26 vedi ivi, 82; R. Boada, La lectura de la Biblia, in L. Alonso Schckel (dir.), Comentarios a la constitucin Dei Verbum sobre la divina revelacin, Madrid 1969, 767-768. Si
vedano al riguardo gli autorevoli studi di B. Calati e di altri autori citati in R. Godding,
Bibliograa di Gregorio Magno (1890/1989) (Opere di Gregorio Magno. Complementi 1),
Roma 1990, 208-210, e pi avanti in questo volume il contributo di I. Gargano, Gregorio
esegeta della Bibbia.
15. Cf. P. Dacquino, Lispirazione dei libri sacri e la loro interpretazione, in La costituzione, 291.
16. Cf. L. Alonso Schckel, El dinamismo del Tradicin, in Idem (dir.), Comentarios, 280
= Idem, Il dinamismo della Tradizione, Brescia 1970, 195.
17. I. de la Potterie, Linterpretazione della Sacra Scrittura nello Spirito in cui stata scritta
(DV 12,3), in R. Latourelle (a cura di), Vaticano II: bilancio e prospetive venticinque anni
dopo (1962-1987), Assisi 1987, 222-240.

GREGORIO MAGNO NEL XIV CENTENARIO DELLA MORTE

259

raccomandare che ai Giudei ivi residenti non fosse fatto alcun danno, enuncia questo principio giuridico: Come ai Giudei non deve essere permesso
di compiere nelle loro sinagoghe nulla al di l di quanto consentito per
legge, cos essi non debbono subire nessun torto in ci che loro concesso
(Ep. VIII, 25).
Lo studioso ebreo Solomon Katz ha dimostrato che questa norma, cui
Gregorio ispir sempre la sua condotta e orient quella degli altri, deriva
dal diritto romano e che divent virtualmente di diritto, anche se non
sempre di fatto, la prassi della Chiesa18. Lo studioso ebreo aggiunge che
lincipit della lettera al Vescovo Vittore divenne lintroduzione ssa di tutte
le Bolle in favore degli Ebrei emanate dai papi che vanno da Callisto II
(1120) a Eugenio IV (1433). Latteggiamento generalmente rispettoso e
equanime di Gregorio proteso a promuovere una pacica convivenza si
riscontra anche in altre lettere riguardanti sia luoghi di culto, che il tema
delle conversioni e le faccende amministrative19.
Sappiamo che il metodo dellallegorizzazione applicato ai testi biblici
talvolta ha mancato di rispetto per le realt storiche, arrivando a svuotare
di signicato la storia del popolo ebreo e a ridurlo a un puro simbolo.
Si tratta dellorientamento che ha condotto alla cosiddetta teologia della
sostituzione del popolo dIsraele o alla sua eliminazione dal piano della
salvezza. Ebbene, come afferma lo specialista Jean Stern, San Gregorio,
cos prodigo di interpretazioni allegoriche, e che nei suoi commenti al libro
di Giobbe parla cos frequentemente della Giudea e della Sinagoga, non
parla mai di queste come se non fossero che tipi o gure della Chiesa. Ai
suoi occhi, il popolo ebreo continua ad occupare un posto proprio nel piano
della salvezza20.

18. Pope Gregory the Great and the Jews, JQR 24 (1933-1934) 133; cf. anche C. Roth,

Gregory I, Encyclopaedia Judaica, 7, Jerusalem 1972, col. 919. Per altri titoli bibliograci
sullargomento cf. Godding, Bibliograa, 61-62.
19. Cf. S. Boesch Gajano, Per una storia degli ebrei in Occidente. La testimonianza di
Gregorio Magno, Quaderni Medievali 8 (1979) 12-43. La stessa autrice in Gregorio, in
Enciclopedia dei Papi, I, Istituto della Enciclopedia Italiana 2000, 569-570 scrive sinteticamente che latteggiamento di Gregorio nei riguardi degli ebrei si caratterizza per dialettica
tra teoria e pratica e per duttilit di comportamenti concreti. E. Bammel, Gregor der
Grosse und die Juden, in Gregorio Magno e il suo tempo. XIX Incontro di studiosi dellantichit cristiana in collaborazione con lcole Franaise de Rome. Roma 9-12 maggio
1990. I. Studi storici (Studia Ephemeridis Augustinianum, 33), Roma 1991, 283-291; I.M.
Fossas, Gregorio Magno y los judos, Liturga y Espiritualidad 35 (2004) 222-232.
20. Il dialogo con il popolo ebreo, in R. Fisichella (a cura di), Il Concilio Vaticano II.
Recezione e attualit alla luce del Giubileo, Cinisello Balsamo 2000, 709.

260

G. C. BOTTINI

Conclusione
Rileggendo la vita di Gregorio si resta impressionati di come, nonostante
la non buona salute, egli riusc a svolgere una molteplice e intensa attivit
in un intreccio costante fra impegni amministrativi, cure ecclesiastiche e
pastorali, interventi missionari, impegno politico e militare, senza dimenticare lattivit di scrittore21. E a tutto ci bisogna aggiungere la sua vita
monastica e la sua missione di pastore che lo portarono a scrivere o dettare
opere di carattere pastorale, omiletico e spirituale.
Opportuna e salutare dunque la commemorazione del centenario della
morte di questo papa veramente grande, come ha ricordato Giovanni Paolo
II: La testimonianza di questo illustre Pontece rimane come esempio
anche per noi, cristiani di oggi, che abbiamo da poco varcato la soglia
del terzo millennio, e guardiamo con ducia al futuro. Per costruire un
avvenire sereno e solidale, converr volgere lo sguardo a questo autentico
discepolo di Cristo e seguirne linsegnamento, riproponendo con coraggio
al mondo contemporaneo il messaggio salvico del Vangelo. In Cristo,
infatti, e in Lui soltanto luomo di ogni epoca pu trovare il segreto della
piena realizzazione delle sue pi essenziali aspirazioni22 .
Un altro Papa, Giovanni XXIII, che aveva unammirazione e devozione
speciale per Gregorio e ne frequentava gli scritti, molto prima di diventarne
successore, lo chiamava una delle glorie pi belle della Chiesa, una delle
gemme pi fulgide del ponticato romano23.
Meritava proprio ricordare San Gregorio a Gerusalemme, non solo per
la sua grandezza di uomo di Dio e di interprete insigne della Parola di
Dio, ma anche per linteresse che egli mostr per la Terra Santa. Un interessamento che andava soprattutto alle persone e al loro bene materiale e
spirituale.
G. Claudio Bottini, OFM
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

21. Cf. Boesch Gajan, Gregorio, 546-574, qui 552. Si veda anche in questo volume il

contributo di E. Arborio Mella, Rendere grazie in mezzo alle lacrime. Sofferenza e limite
in Gregorio Magno.
22. Lettera di Papa Giovanni Paolo II (22 ottobre 2003) a Mons. Walter Brandmller, Presidente
del Ponticio Comitato di Scienze Storiche (LOsservatore Romano 26. 10. 2003, 4).
23. Giovanni XXIII, Il Giornale dellanima e altri scritti di piet, a cura di L.F. Capovilla,
Nuova edizione, Cinisello Balsamo 2000, 227.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

I. Gargano

1. Notizie biograche essenziali su Gregorio Magno


Gregorio Magno nacque a Roma intorno al 540 da una famiglia patrizia che
tradizionalmente si fa risalire alla cerchia degli Anici1. Tra i suoi antenati ci
fu il papa Felice III. Educato nel clima di rinnovamento culturale promosso
in Italia dalla Pragmatica sanctio, si distinse nello studio della grammatica,
della dialettica e della retorica2.
Verso il 572 fu nominato praefectus urbi mostrando spiccate attitudini
di amministratore delle cose pubbliche. Obbligato da questo incarico, nel
573 sottoscrisse la condanna dei Tre Capitoli.
Convertitosi dopo matura riessione e lunga titubanza alla vita monastica negli anni 574-575, trasform la casa paterna in Monastero, dedicandolo
a SantAndrea apostolo, presso il Clivus Scauri dove gi il papa Agapito
aveva istituito la biblioteca della Chiesa romana in vista dellapertura di
una scuola di esegesi biblica progettata dallo stesso papa Agapito e da Cassiodoro, ma che non si pot realizzare a causa della guerra gotica.
Ecco come lo stesso Gregorio racconta la sua conversione condandosi
con lamico Leandro, vescovo di Siviglia:
Troppo a lungo io differii la grazia della conversione, e anche dopo
il desiderio ispiratomi dal cielo, preferii conservare labito secolare. Fin
dallora lamore delle cose eterne mi spingeva verso una scelta precisa,
ma le mie radicate abitudini mimpedivano di cambiare maniera di vivere.
Bench la mia intenzione ormai fosse quella di servire il mondo presente
solo esteriormente, la sollecitudine per questo medesimo mondo a poco a
poco fece crescere in me uninnit di pensieri contrari al mio proposito e
tali da irretirmi non pi soltanto esteriormente, ma, ci che era pi grave,
con la mente. Finch, liberandomi nalmente di tutti questi impedimenti,
guadagnai il porto del monastero, e avendo lasciati per sempre come
invano allora credetti i pensieri del mondo, nudo, scampai al naufragio
1. Per unappropriata introduzione alla vita e alle opere, sia letterarie, sia pastorali, sia

politiche di Gregorio Magno, vedi la voce Gregorio I, santo, curata da S. Boesch Gajano
in Enciclopedia dei Papi, I, Roma 2000, 546-574.
2. molto dibattuto il problema della formazione culturale di Gregorio e soprattutto se e
no a che punto conoscesse la lingua greca. Per tutto questo vedi Boesch Gajano, Gregorio
I, santo, 547-548.
LA 54 (2004) 261-294

262

I GARGANO

di questa vita. Ma come spesso capita quando si scatena la tempesta, che


le onde strappino via una nave male ormeggiata anche dalla baia pi sicura, cos, bruscamente, col pretesto dellordine ecclesiastico, mi ritrovai
nellalto mare degli affari temporali e soltanto allora, dopo averla perduta, scoprii la pace del monastero che non seppi difendere con sufciente
energia quando era il momento di tenerla stretta. Per indurmi ad accettare
il ministero del santo altare si fece ricorso alla virt dellobbedienza ed io
accettai nella convinzione di servir meglio la Chiesa; adesso per, se ci
non fosse colpevole, mi sottrarrei ad esso con la fuga. Pi tardi, contro la
mia volont e nonostante la mia resistenza, mentre gi sentivo il peso del
ministero dellaltare, mi stato imposto anche il fardello della cura pastorale. Questo adesso lo sopporto tanto pi faticosamente in quanto, non
sentendomi allaltezza del compito, mi manca anche il respiro che viene
dalla consolazione della ducia. In questi tempi, poi, funestati da mali crescenti che annunciano ormai vicina la ne del mondo, noi, che ci si crede
tutti intenti a coltivare linteriorit e la spiritualit, siamo assorbiti dagli
impegni esteriori. Per fortuna, allorch io accedevo al ministero dellaltare, questo avvenuto senza che me ne rendessi conto, per consentirmi,
ricevendo il peso dellordine sacro, di montare pi liberamente la guardia
in un palazzo terrestre, dove appunto mi seguirono molti miei fratelli del
monastero, a me legati da un vincolo di amore fraterno. Ritengo che ci
sia avvenuto per divina disposizione, perch, mediante il loro continuo
esempio, io rimanessi ssato come da unncora al lido tranquillo dellorazione, allorch venivo continuamente sballottato dagli affari del mondo.
Nella comunit formata con loro, come nellansa dun porto ben sicuro,
io mi rifugiavo lontano dalle agitazioni e distrazioni terrene; e sebbene
quel servizio, strappandomi dal monastero con la spada del suo impegno,
avesse estinto in me la vita pacica dun tempo, tuttavia in mezzo ai miei
fratelli, grazie alla quotidiana lettura e meditazione della parola di Dio, ero
animato dallo spirito di compunzione3.

Non si sa se abbia mai accettato di essere abate del monastero da lui


fondato, se non forse immediatamente prima di essere eletto papa. Non si
pu affermare con certezza che abbia applicato ai monaci del suo monastero la Regula Benedicti, ma certamente il suo spirito era molto vicino al Benedetto descritto dal futuro pontece stesso nel suo II Libro dei Dialoghi.
Papa Pelagio II lo ordin diacono e lo invi come suo apocrisario
(ambasciatore) a Costantinopoli nel 579 dove rimase no al 585-586.
Di ritorno a Roma svolse funzioni di consigliere e segretario del papa
Pelagio II al quale successe quando questi il 7 febbraio 590 mor vittima
della peste.
3. Moralia in Job, Epistola fratri Leandro, 1, Roma 1990, 82-83.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

263

Del suo servizio ponticale si ricorda con particolare rilievo linvio,


effettuato nella primavera del 596, del priore del monastero del Celio Agostino, con altri quaranta monaci circa, in Britannia per la conversione degli
Angli alla fede cattolica, ma lattivit pastorale, politica, economica, e perno militare, fu incredibilmente dinamica. Ne sono ampia testimonianza le
850 Lettere rimaste di un epistolario molto pi ricco alcuni arrivano ad
ipotizzare circa 2000 lettere che toccano gli argomenti pi vari. Gregorio si
interessava con la stessa seriet sia di garantire i diritti dei poveri o dei perseguitati notevole il suo approccio pastorale nel risolvere problemi relativi
alla presenza ebraica in una societas che si deniva ormai completamente
cristiana sia di stimolare ad una crescita di attenzione alla propria vita
spirituale laici e laiche legati a lui da rapporti ufciali o di ruolo, oppure da semplice amicizia personale. Da segnalare, in questultimo caso, una
lettera diretta da Gregorio ad un amico medico costantinopolitano, di nome
Teodoro, in cui veniamo a conoscere implicitamente il posto privilegiato
che Gregorio attribuiva alla Lectio divina quotidiana perseguita dai semplici
laici. In quella lettera Gregorio scrive, fra le altre cose:
Poich ama di pi chi pi osa, ho qualche lamentela circa il dolcissimo
animo del gloriosissimo glio mio, il signor Teodoro, perch ha ricevuto
dalla Santa Trinit il dono dellingegno, il dono dei beni, il dono della
compassione e della carit, ma si lascia tuttavia prendere incessantemente
dagli affari del mondo, intento alle continue pubbliche manifestazioni e
trascura di leggere ogni giorno le parole del suo Redentore. Che cos, infatti, la sacra Scrittura se non una specie di lettera di Dio onnipotente alla sua
creatura? E certamente, se in qualche luogo la vostra gloria dimorasse altrove e ricevesse una lettera di un imperatore terreno, non indugerebbe, non
riposerebbe, non concederebbe sonno ai propri occhi, se prima non avesse
conosciuto ci che limperatore terreno gli avesse scritto. LImperatore del
Cielo, il Signore degli uomini e degli angeli ti ha trasmesso la sua lettera a
vantaggio della tua anima, e tuttavia, glorioso glio, tu non ti curi di leggere
con passione questa lettera. Sii ben disposto, ti prego, e medita ogni giorno
le parole del tuo Creatore; impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole
di Dio per desiderare pi ardentemente i beni eterni, perch il vostro cuore
arda di pi grandi desideri per i gaudi del cielo. Tanto maggiore allora sar
per esso il riposo, quanto pi ora non cesser di amare il suo Creatore. Ma
per far questo, Dio onnipotente ti infonda lo Spirito consolatore. Egli stesso
riempia della sua presenza il tuo cuore, e riempiendolo lo ricrei4.

Mor il 12 marzo 604.


4. Gregorio Magno, Opere di Gregorio Magno. Lettere, V, 46, Roma 1996, 227-229.

264

I GARGANO

2. Alcuni cenni bibliograci


Il testo fondamentale, e forse il pi completo no ad oggi, che pu introdurre alla gura e allopera di Gregorio Magno con i criteri scrupolosi del
metodo storico-critico, mi sembra Markus Robert A., Gregorio Magno
e il suo mondo, trad. it., Editrice Vita e Pensiero, Milano 2001. Ledizione
originale inglese del 1997.
Per avere unidea sullopera straordinaria che fece di questo patrizio
romano lultimo dei grandi Padri cristiani dellepoca classica e il primo dei
medievali, si pu leggere anche la voce Gregorio, santo, nellEnciclopedia dei Papi gi citata. Un approfondimento della nota missionaria che fu
unica in Gregorio, ma che port a enormi conseguenze per levangelizzazione degli Angli e in successione dellEuropa centrale, ci permettono i
documenti raccolti dagli studiosi nel Libellus responsionum ad Augustinum
Episcopum5.
Se questi riferimenti epistolari possono essere sufcienti per avere
unidea sulla personalit missionaria di Gregorio Magno, essi non lo sono
affatto per per conoscere pi in profondit la ricchezza di un uomo che fu
chiamato Consul Dei, n tantomeno per essere iniziati in modo adeguato
alla sua teologia, alla sua pastorale, alla sua spiritualit, ma soprattutto alla
sua esegesi biblica.
Per approfondire questi ultimi aspetti della personalit di Gregorio
opportuno aggiungere alla segnalazione gi data del lavoro di S. Boesch
Gajano, il capitolo 2 del secondo volume di B. Mc Ginn, Storia della mistica cristiana in Occidente. Lo sviluppo (VI-XII secolo), edizione italiana
Marietti 2003, 47-119. Sempre utili per la saporosa selezione dei testi
5. LAgostino in questione il famoso vescovo di Canterbury, gi monaco al Celio, inviato

da Papa Gregorio ad evangelizzare gli Angli. Questi testi sono stati pubblicati dai Maurini,
Opera Omnia, tomo II, Paris 1705, da J.P. Migne PL 77, Paris 1851; dalle Monumenta
Germaniae Historica, Epistolae, tomi I e II, Berlin 1891 e 1899 e dal Corpus Christianorum,
series latina, voll. CXL e CXL A, Turnhout 1982. Questultima edizione stata riprodotta
dieci anni dopo in Grgoire le Grand, Registre des Lettres, Tome I** (Livres I et II). Introduction, texte, traduction, notes et appendices, par Pierre Minard (SC 371), Paris 1991,
Appendix XI, 490-521.
Ledizione italiana della parte dellepistolario gregoriano, che si potrebbe compulsare per
saperne di pi, e precisamente le lettere commendatizie dirette ad alcuni vescovi della Gallia
per favorire il passaggio di Agostino diretto nella terra degli Angli, stata pubblicata col
testo latino a fronte in V. Recchia (a cura di), Opere di Gregorio Magno, V/2, Roma 1996,
368-377.
Lintera documentazione sul libellus invece accessibile in lingua italiana allinterno del
volume Venerabile Beda, Storia ecclesiastica degli Angli. Traduzione e note a cura di Giuseppina Simonetti Abbolito, Introduzione di Bruno Luiselli, Roma 1987, 71-117.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

265

gregoriani posti allinterno della grande tradizione patristica antica e medievale sono poi due opere che potrebbero essere una sorta di introduzione
generale a quella particolare esegesi della Bibbia che viene spesso denita
spirituale. Le due opere sono: H. de Lubac, Esegesi medievale. I quattro
sensi della Scrittura, I-III, Milano 1986/1988/1996; e J. Leclerq, Cultura
umanistica e desiderio di Dio. Studio sulla letteratura monastica del Medio
Evo, Firenze 1965. A queste due opere si pu aggiungere il contributo di B.
Calati, Gregorio Magno e la Bibbia, in C. Vagaggini - G. Penco (a cura
di), Bibbia e spiritualit, Roma 1967, 121-178, ma recentemente uscita
una monograa sullesegesi biblica di Gregorio. Si tratta di G. Cremascoli,
Lesegesi biblica di Gregorio Magno, Brescia 2001.
Per chi fosse interessato a porre il pensiero di Gregorio Magno
nellambito della storia della spiritualit suggerisco di leggere: A. Blasucci
- B. Calati - R. Grgoire, La spiritualit del primo medioevo, Roma 1988,
in particolare lo studio di B. Calati, La spiritualit del primo medioevo
(sec. VII-XII), 3-200.
Un libretto sintetico, ma ben documentato, su Gregorio Magno inne
quello di V. Paronetto, Gregorio Magno. Un maestro alle origini cristiane
dEuropa. Introduzione di Jean Leclercq, Roma 1985.
3.

Unesegesi decisamente spirituale

Richiamando il fuoco che ardeva perennemente sullaltare del Tempio di


Gerusalemme, altare ormai identicato con lanimo dei fedeli che vivono
bene, Gregorio aggiunge: Giustamente viene chiamato altare di Dio il
loro cuore, dove per lintensit della compunzione, arde il fuoco e si consuma la carne.
Poi, sempre guidato dal richiamo biblico della collocazione di uno dei due
altari nellatrio del tempio, da lui gi identicato col popolo fedele, prosegue: Forse che, fratelli carissimi, non vediamo ogni giorno siffatte persone
in mezzo a questo popolo fedele quasi come nellatrio del tempio? Forse che
non osserviamo la loro vita continuamente a noi proposta come esempio?.
Il ragionamento che, nella pagina precedente, del suo commento aveva
permesso a Gregorio di accostare gli esempi della vita di molti fedeli ai
libri biblici, serve adesso per accostare gli stessi esempi a un elemento
biblico cos pregnante come laltare di Dio collocato al centro del popolo fedele a sua volta identicato col tempio visto da Ezechiele.
Il carattere escatologico dellesegesi di Gregorio non poteva risultare
con maggiore evidenza.

266

I GARGANO

In un contesto decisamente escatologico, che permette di non riferirsi


pi n al libro scritto, n agli edici materiali del tempio, dellatrio e degli
altari, ma agli exempla della vita dei credenti, il papa di Roma penetra ulteriormente nelle profondit misteriose dei sensi nascosti nella vita e nel cuore di coloro che in quei riferimenti biblici erano adombrati, proseguendo:
Laltare quindi di fronte al tempio, essendo molti quelli posti di
fronte alla santa Chiesa che, memori delleterno giudizio, ogni giorno offrono se stessi in sacricio a Dio gemendo compunti. Essi, come si detto
prima, castigano il loro corpo cos da attuare ci che dice il Maestro delle
genti: Offrite i vostri corpi come sacricio vivente, santo e gradito a Dio
(Rom 12,1). La vittima, per offrirla, viene uccisa. Ma il corpo, morticato
per amore di Dio, una vittima vivente. Si dice che vittima e che vivente, perch vive nelle virt ed uccisa rispetto ai vizi. Vittima, perch
ormai morto a questo mondo in ordine alle azioni cattive, ma vivente,
perch compie tutto il bene che pu.

Lapprofondimento ottenuto grazie ad unauctoritas biblica che, in


questo caso, Rom 12,1. Gregorio richiama il famoso testo dellapostolo,
ma, attingendo al patrimonio biblico che custodisce nella sua memoria, fa
osservare lesigenza delluccisione quale conditio sine qua non perch si
possa parlare di vittima.
Da qui la palese contraddictio in terminis, che egli nota nellespressione
paolina, contraddictio che diviene occasione felice per poter concludere
che hostia vivens est corpus pro Domino afictum (in italiano: vittima
vivente un corpo castigato per il Signore), dal momento che lafizione,
paragonabile alluccisione della vittima sacricale, non riguarda in realt
luomo, ma la sua parte viziosa o negativa.
In realt si pu dire conclude soddisfatto il monaco Gregorio che
vittima e che vivente, perch vive nelle virt ed ucciso rispetto ai vizi.
Il pozzo spirituale trovato da Gregorio non si ferma a questa faglia gi
molto profonda, ma progredisce oltre. Scrive Gregorio:
E poich nominando laltare sorto il tema della amma della compunzione, ritengo necessario mostrare i modi diversi di intendere la compunzione.

E spiega:
C la compunzione che nasce dal timore e quella che nasce dallamore. Infatti una cosa fuggire i supplizi, altra cosa desiderare i premi.
Per cui la Legge prescriveva di costruire due altari: uno esterno e laltro interno, uno nellatrio e laltro davanti allarca, uno coperto di bronzo

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

267

e laltro rivestito doro: sullaltare di bronzo si consumavano le carni,


sullaltare doro si bruciavano gli aromi.
Che cosa signica, fratelli carissimi, il fatto che fuori vengono bruciate le carni e dentro gli aromi? Nientaltro che quello che vediamo ogni
giorno: ci sono due specie di compunzione: alcuni piangono ancora per timore, altri invece ormai si afiggono per amore. Molti infatti, memori dei
loro peccati, temendo i supplizi eterni, si afiggono con pianti quotidiani.
Piangono il male che hanno compiuto e bruciano col fuoco della compunzione i vizi, dei quali subiscono ancora la suggestione nei loro cuori.
Che altro sono costoro se non laltare di bronzo sul quale ardono le
carni, perch ancora piangono le loro azioni carnali?
Altri invece, liberi dai vizi carnali e sicuri ormai per lunghi pianti,
ardono nelle lacrime della compunzione della amma dellamore, pongono
davanti agli occhi del cuore i premi della patria celeste, desiderano ormai
di essere tra i cittadini del cielo. Essi sentono che la servit dura, che il
pellegrinaggio lungo. Desiderano vedere il Re nel suo splendore e per
lamore che nutrono per lui non cessano di piangere ogni giorno.
Che cosa sono questi se non laltare doro, nel cuore dei quali sono
stati bruciati gli aromi, perch ardono le virt?
Del medesimo altare detto bene poi che stato collocato davanti al
velo dellArca nel Santo dei santi.
E diventato per noi larca del Testamento colui del quale, come sappiamo, sta scritto: In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della
scienza (Col 2,3). Arca dietro il velo il nostro Redentore in cielo.
Il cuore dei santi poi, che con grandi virt si sono inammati di amore
verso Dio, laltare doro sul quale si brucia lincenso davanti al velo:
per mezzo del santo desiderio ardono per colui che ancora non possono
vedere a faccia svelata.
Tra larca e laltare c il velo, perch ancora non stato rimosso
lostacolo della nostra corruzione che ci separa dalla visione di Dio. Ma
ntanto che ci troviamo davanti al velo, bisogna che ardiamo della amma
damore come incenso profumato.
Le lacrime della compunzione ci aiuteranno a non cercare nulla di
terreno e di transitorio. Ci basti solo colui che ha fatto ogni cosa.
Per mezzo del desiderio trascendiamo ogni cosa per raccogliere la
mente nellUno.
Deposto ormai il timore dei castighi e il ricordo delle colpe, ma accesi
della amma damore, ardiamo nelle lacrime col profumo delle virt6.

Il testo appena letto di una pregnanza spirituale straordinaria. Anzitutto va detto che esso si inserisce armonicamente nelle interpretazioni
precedenti e ne sviluppo assolutamente logico.
6. Omelie su Ezechiele, II, X, 19.20.21.22: trad. it., Roma 1980, 249-252.

268

I GARGANO

Gregorio parte, anche in questo caso, dal libro biblico che parla di due
altari: La Legge prescriveva di costruire due altari: uno esterno e laltro
interno, uno nellatrio e laltro davanti allarca; uno coperto di bronzo e
laltro rivestito doro: sullaltare di bronzo si consumavano le carni, sullaltare doro si bruciavano gli aromi.
Il primo livello intende rispondere alle domande usuali: Quid est hoc?.
Oppure: Quid isti nisi?.
Il secondo livello dato dal legame con linterpretazione gi data in
precedenza con un richiamo esplicito a ci cui aveva appena accennato
quando, con riferimento appunto ai fedeli, aveva detto che viene chiamato altare di Dio il loro cuore, dove per lintensit della compunzione (ex
maerore compunctionis), arde il fuoco e si consuma la carne; e poi aveva
aggiunto: memori delleterno giudizio, ogni giorno offrono se stessi in
sacricio a Dio, gemendo compunti (semetipsos cotidie Deo sacricium in
lamento compunctionis mactant).
Fermandosi pi esplicitamente su alcuni particolari del testo biblico,
gi notati ma non sviluppati nella precedente interpretazione, Gregorio ribadisce che: anzitutto nel testo biblico si parla di due altari: uno exterius e
uno interius; le funzioni dei rispettivi altari sono diverse: uno infatti serve
per bruciare la carne e laltro per bruciare lincenso; i materiali coi quali
sono ricoperti sono a loro volta diversi: uno infatti ricoperto di bronzo e
laltro doro; inne diversa anche la loro collocazione architettonica: uno
infatti collocato nellatrio e laltro davanti allArca.
Il terzo livello dato dallinterpretazione vera e propria che per, a
causa del numero dei particolari evidenziati, non pu che essere a sua volta
articolata.
4. La strada della compunctio cordis
C un lo rosso che collega fra di loro linsieme delle interpretazioni
bibliche proposte da questo grande papa di Roma: la compunctio cordis.
Ma appartiene allesegeta, tractator sacri eloquii, provocarne la emersione
nellanimo degli ascoltatori raggiungedo questi ultimi in qualunque situazione vengano a trovarsi.
Gregorio aveva teorizzato in modo molto esplicito questo suo modo
particolarissimo di fare esegesi in una lettera che aveva scritto allamico
Leandro di Siviglia per presentargli i suoi Moralia in Job. Queste le sue
parole precise:

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

269

In questo commento pu sembrare che io trascuri spesso il senso


letterale per applicarmi con maggiore impegno nel vasto campo del senso
mistico e del senso morale. Ma necessario che chi parla di Dio si preoccupi di rendere migliori quelli che lo ascoltano (quisquis de Deo loquitur,
curet necesse est, ut quicquid audientium mores instruit rimetur), e quindi
pu ritenere di condurre bene il suo discorso se, quando lopportunit di
edicare lo richiede, si allontana utilmente dal suo punto di partenza.
Il commentatore della parola di Dio (sacri enim tractator eloquii) deve
comportarsi come un ume. Un ume, quando lungo il suo corso viene a
trovarsi in valli profonde, subito vi si precipita con impeto e non rientra
nel suo alveo se non dopo averle sufcientemente riempite. Proprio cos
deve comportarsi il commentatore della parola di Dio (sic divini verbi esse
tractator debet): qualunque sia il tema che tratta, se lungo il suo cammino
incontra una buona occasione di edicare (occasionem congruae aedicationis) rivolga verso questa valle londa della sua parola e non rientri
nellalveo del suo discorso se non dopo essersi sufcientemente riversato
nel campo dellargomento sopraggiunto7.

In realt la compunctio cordis non soltanto scopo importante dellesegesi gregoriana, ma anche elemento fondamentale del suo modo particolare
di vivere lattesa escatologica.
Parlando di compunzione Gregorio distingue, in questo testo, due
aspetti diversi di essa che descrive cos: C la compunzione che nasce
dal timore e c la compunzione che nasce dallamore (alia quippe compunctio est quae per timorem nascitur, alia quae per amorem). La prima
caratterizzata dal fatto di essere exterius, la seconda di essere interius;
infatti alcuni piangono ancora per timore, altri invece ormai si afiggono
per amore.
Pur dedicandosi ad approfondimenti di ordine psicologico-spirituale,
Gregorio propone le sue riessioni motivandole come esegesi del testo
biblico intesa come ricerca necessaria del suo senso spirituale.
Con riferimento a coloro che sperimentano una compunzione nutrita
di timore, scrive per esempio: Che altro sono costoro se non laltare di
bronzo sul quale ardono le carni, perch piangono ancora le loro azioni
carnali? Piangono il male che hanno compiuto e bruciano col fuoco della
compunzione i vizi.
Riferendosi poi a coloro che sperimentano la compunzione nutrita dallamore, aggiunge: Che cosa sono questi se non laltare doro, nel cuore
dei quali sono stati bruciati gli aromi, perch ardono le virt? Ardono nelle
7. Moralia in Job, Epistola fratri Leandro, 2, Roma 1990, 85.

270

I GARGANO

lacrime della compunzione della amma dellamore, pongono davanti agli


occhi del cuore i premi della patria celeste Desiderano vedere il Re nel
suo splendore e, per lamore che nutrono per lui, non cessano di piangere
ogni giorno.
La collocazione del velo fra laltare e larca, che Gregorio nota leggendo
meticolosamente il testo biblico, permette inne allesegeta di individuare
la meta stessa della sua tensione escatologica nella visione di Dio cercata
da coloro che ardono di santo desiderio per colui che ancora non possono
vedere a faccia svelata (adhuc revelata facie videre non possunt).
Il velo e larca, posti in successione oltre laltare doro, sono
anchessi occasione di unermeneutica spirituale da parte di Gregorio.
Larca dietro il velo il nostro Redentore, dichiara subito il papa
evocando la Lettera agli Ebrei, ma fondando esplicitamente la sua interpretazione su Col 2,3: In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e
della scienza, al seguito, probabilmente, di una lettura interpretativa cara
a Giovanni Cassiano.
Il velo invece lostacolo della nostra corruzione che ci separa dalla visione di Dio (hoc quod nos adhuc a visione Dei separat corruptionis
nostrae obstaculum).
Ne consegue che, se vogliamo raggiungere larca collocata oltre il velo,
necessario che ardiamo della amma damore come incenso profumato,
non cercando nulla di terreno e di transitorio, cos che bastandoci colui
che ha fatto ogni cosa, trascendiamo per mezzo del desiderio ogni cosa
creata per raccogliere la mente nellUno (transcendamus per desiderium
omnia, ut mentem collegamus in Unum).
Tutto questo, conclude Gregorio, stato gi indicato profeticamente nel
Cantico dei cantici, quando a lode della sposa si dice: Chi costei che sale
attraverso il deserto come una colonna di fumo, esalando profumo di mirra
e dincenso e dogni polvere aromatica? (Ct 3,6).
Il riferimento al Cantico dei cantici apre le cateratte al ume ricchissimo della contemplazione gregoriana che, di fatto, poetizza o canta:
S, quando la Chiesa degli eletti si innalza da questo mondo nelle
devote preghiere con ardente amore (ab hoc mundo in sanctis precibus
ardenti amore se erigit), sale attraverso il deserto che abbandona (per
desertum quod deserit ascendit) come una colonna di fumo di aromi.
Infatti dice il Salmista: Come incenso salga a te la mia preghiera (Sal
140,2).

La contemplazione ha a tal punto permeato il cuore e la mente dellesegeta che egli, ormai fuori di s per lextasis, prosegue:

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

271

Lamore come volute di fumo, formato dagli aromi, che salgono


dritte verso il cielo come una colonna che, cercando unicamente le cose
del cielo, sale cos dritta da non piegarsi assolutamente a chiedere cose
terrene o temporali. E nellardore della compunzione la forza dellamore
cos sottile (in compunctionis ardore tantae subtilitatis est vis amoris),
che non capace di afferrarla (comprehendere) neppure quella stessa anima illuminata che ha meritato di averla (ut hanc nec ipse animus possit
comprehendere, qui illuminatus meruit habere)8.

5. Esegesi come profezia


Il prof. Vincenzo Recchia, curatore delledizione bilingue dellepistolario
gregoriano, ha scritto che lopera di Gregorio non fu unopera dettata solo
da sollecitazioni esterne, come pensava il Grisar, ma lespressione di un
programma ispirato, a quanto si deduce dalle fonti citate, dalla lectio divina. Nelle invettive, per esempio, contro i ricchi, che si incontrano in altri
Padri, come Ambrogio, per fare soltanto un nome, si avverte leco della
topica ricorrente della diatriba losoca. Ambrogio attinge decisamente
da Cicerone. Gregorio attinge invece esclusivamente dalla Bibbia e guarda
agli avvenimenti della storia e alla cronaca quotidiana sotto lispirazione
della Parola divina alla quale ispirandosi, a quanto ci dato desumere dal
Registrum, interviene nella storia e nel quotidiano con tempestivit e, nch gli possibile, con efcacia9.
Collegando lo sguardo profetico di Gregorio sulla storia con linvio
dei monaci celimontani presso gli Angli, Vera Paronetto10, evidente ammiratrice di Gregorio Magno, scriveva a sua volta che questo straordinario
vescovo di Roma riteneva limpegno missionario costitutivo per la chiesa,
perch sentiva in tutto il suo vigore iniziale il mandato di Cristo agli apostoli (Mc 16,15).
Quindi aggiungeva: Visto a distanza di secoli lo sbarco dei monaci
romani nella terra degli Angli pu apparire the retort of the West to the
8. Omelie su Ezechiele, II, X, 22.
9. V. Recchia (a cura di), Opere di Gregorio Magno. V/I: Lettere (I-III), Roma 1996, 84-

85.

10. una collaboratrice dellIstituto Italiano per la storia antica; ha pubblicato Gregorio

Magno. Un maestro alle origini cristiane dEuropa, con Introduzione di Jean Leclercq,
Roma 1985, al capitolo VII intitolato: Gli anglosassoni. La conversione (pp. 93-107); ha
curato alcune scelte di Lettere gregoriane in Prolo di un vescovo, Milano 1983; Gregorio
Magno e gli Anglosassoni, Roma 1990; Gregorio Magno. Lettere, Roma 1992.

272

I GARGANO

challenge of the Northmen, the last act in the drama of Roman conquest in
Britain (F.H. Dudden), ma i monaci volevano portare solo il messaggio
di Cristo. E per una realt che, da allora, quel popolo usc dalla lunga
oscurit storica succeduta alla ne del dominio romano e incominci quel
processo di unicazione che, partendo dal piano religioso, avrebbe assai
presto interessato anche lambito della societ civile11.
P. Benedetto Calati, altro stimato conoscitore del pensiero di Gregorio
Magno12, considerava a sua volta Gregorio Magno profeta per eccellenza
dellincontro fra la chiesa/monachesimo occidentali e i nuovi popoli che
avevano fatto pressione e poi travolto a Nord-Est i conni stabiliti dallimpero romano. Una profezia che il Papa di Roma vedeva attuata soprattutto
grazie al nuovo slancio missionario che stava caratterizzando ai suoi tempi
il movimento monastico cristiano.
Questo Papa-monaco si sent a tal punto ispirato alla pari di un profeta
dellAntico Testamento pensava il P. Calati da credere di poter riconoscere nella fusione dei popoli nuovi con gli antichi popoli mediterranei,
che avveniva sotto i suoi occhi, il ripetersi di ci che il profeta esiliato a
Babilonia aveva profetizzato a proposito delle ossa aride che riprendevano vita grazie al dono della Spirito immesso in esse dalla Parola di Dio.
Gregorio si pot permettere cos di denire la storia a lui contemporanea
una vera e propria realizzazione della promessa messianica attesa per la
ne dei tempi.
Tutta la sua riessione teologica si fondava in ogni caso insisteva P.
Calati su di un dato di fatto: la chiamata di tutti i popoli nel Regno di
Dio. Nessuno poteva sentirsi escluso e nessuno doveva n poteva essere
dichiarato escluso. Anzi, non si sarebbe potuto in nessun modo parlare di
compimento della storia della salvezza, se non si fosse permesso a tutti,
proprio a tutti, di entrare nella sala del banchetto in cui si sarebbero dovute
celebrare le nozze di Dio con lumanit.
Nella realizzazione di tutto questo i Padri, e Gregorio era uno di loro,
tenevano in gran conto lapporto della civilt di Roma. Ma questa era soltanto la cornice del quadro. Il contenuto del quadro e i soggetti che quel
contenuto trasmettevano al mondo, non erano invece identicabili pi con
la semplice cultura greco-romana, perch attingevano da radici diverse e si
arricchivano, cammin facendo, con radici diverse.

11. Paronetto, Gregorio Magno. Un maestro, 99-100.


12. Cf. Gregorio Magno e il dialogo del monachesimo medievale, Vita Monastica n. 88

(1967) 5-24.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

273

Al termine dellintero processo non troviamo dunque gi pi


loccidente o limperialismo greco-romano, ma troviamo la profezia
realizzata di cui si fa interprete il profeta Gregorio Magno il quale, con
la stessa determinazione dei profeti antichi, si lascia portare dallo Spirito
e parla di tempi nuovi e di popoli nuovi, cosciente di annunziare a tutti,
nonostante che il presente fosse costellato solo di sofferenze, di guerre,
di carestie e di morte, il pieno compimento di ci che i profeti di Israele
avevano millenni prima preannunziato.
La meditazione e proclamazione illuminata e sapienziale della Bibbia,
intesa come unit dei due Testamenti con la vita della Chiesa, dava al papa
monaco concludeva B. Calati quella sicurezza profetica che non permetteva di legarsi, e tanto meno identicarsi, mondanamente con le forme
transitorie di una qualsivoglia cultura o civilt, ma piuttosto spingeva tutti a
tenersi sempre in uno stato permanente di esodo per il continuo ingresso
in nuove terre promesse di nuovi popoli che avrebbero permesso di
realizzare, con forme sempre nuove, lunico progetto salvico di Dio valido
per tutti i tempi e per tutti i popoli13.
6. La profezia e il servizio dei predicatori
Un testo conclusivo dei Moralia in Job potrebbe permetterci di toccare da
vicino questa particolare nota profetica dellermeneutica gregoriana. Si
tratta del capitolo XXXV, della Parte sesta dellopera, al paragrafo 48.
Gregorio sta leggendo il testo di Gb 42,16, che recita: Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarantanni e vide gli e nipoti di quattro
generazioni. Poi Giobbe mor vecchio e pieno di giorni (plenus dierum).
Il Papa esegeta abbozza subito la sua interpretazione che focalizza
lattenzione su pieno di giorni, spiegando:
La sacra Scrittura non fa riferimento facilmente alla pienezza dei
giorni, se non quando si tratta di qualcuno del quale loda la vita. E vuoto
di giorni chi, pur vivendo a lungo, consuma il tempo della sua vita in
cose vane. Al contrario, si dice pieno di giorni colui per il quale i giorni,
pur passando, non passano e comunque, dopo che sono passati, il giusto
Giudice glieli conta in base alla quotidiana ricompensa di una vita buona
(ex cotidiana mercede boni operis)14.

13. Cf. Calati, Gregorio Magno, 11-23 passim.


14. Moralia in Job, VI, XXXV, 47.

274

I GARGANO

Ci sono dunque, per Gregorio, due categorie di persone. C chi pur


vivendo a lungo consuma il tempo in cose vane (aetatis suae tempora in vanitate consumit); e c colui per il quale i giorni, pur passando, non passano
(nequaquam dies sui pereundo transeunt) e, dopo che sono passati gli sono
messi da parte (postquam transacti sunt reservantur) dal Giudice giusto che
glieli conta in base alla quotidiana ricompensa di una vita buona.
Andando incontro poi a coloro che amano lintelligenza spirituale
(spiritali intellegentiae) e vogliono interpretare queste cose anche come
gura della santa Chiesa (qui haec etiam in typo sanctae Ecclesiae interpretari desiderent), Gregorio si applica a spiegare ulteriormente in che
senso si possa intendere con riferimento alla Chiesa il versetto appena
citato del libro di Giobbe.
La prima parte dellinterpretazione gregoriana ha lo sviluppo
seguente:
detto bene che il beato Giobbe, dopo i agelli, visse ancora, perch
la santa Chiesa prima viene colpita dal agello della prova, e poi viene
irrobustita con la perfezione della vita. Essa vede anche i suoi gli e i gli
dei suoi gli no alla quarta generazione, perch in questa epoca, che si
svolge annualmente in quattro stagioni, contempla i gli che nascono ogni
giorno no alla ne del mondo per mezzo della bocca dei predicatori. N
siamo lontani dal vero se diciamo che le generazioni indicano le stagioni.
Che infatti il succedersi di ogni stagione, se non un propagarsi del genere
umano?

Fa seguire la citazione dellauctoritas scritturistica di Gen 40,12 su cui


fonda questa sua prima interpretazione, quindi prosegue:
E cos la santa Chiesa vede i suoi gli, quando vede la prima generazione di fedeli. Vede i gli dei gli, quando riconosce che altri sono
generati alla fede dagli stessi fedeli. Essa muore vecchia e piena di giorni,
perch nella luce che verr, deposto il peso della corruzione, passer, mediante la ricompensa delle opere compiute nella quotidianit, alla incorruzione della patria spirituale.
Muore piena di giorni, perch gli anni che passano, per lei non passano, ma diventano stabili grazie alla ricompensa delle azioni che rimangono. Muore piena di giorni lei, che, attraverso queste stagioni che passano,
compie ci che non passa. Perci detto agli apostoli: procuratevi non il
cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna (Gv 6,27).
E cos la santa Chiesa non perde i suoi giorni, neppure quando abbandona la vita presente, perch nei suoi eletti trova la luce tanto pi
moltiplicata quanto pi ora si custodisce in essi da ogni tentazione con
cautela e sollecitudine.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

275

La Chiesa non perde i suoi giorni, perch in questa vita procura di


essere vigilante nel riettere ogni giorno su se stessa, e in tutto ci che
di bene riesce a fare, non si lascia in alcun modo sorprendere dal torpore
dellinerzia. Perci Salomone pu dire di lei: Sorveglia landamento della
sua casa; non mangia il pane oziosa (Prov 31,27).
Sorveglia landamento della sua casa, perch esamina diligentemente
tutti i pensieri della sua coscienza. Non mangia il pane in ozio, perch ci
che con lintelligenza coglie della sacra Scrittura, lo manifesta con le opere
che presenta agli occhi delleterno Giudice.
Si dice che muore, perch quando la contemplazione delleternit
lavr assorbita, la sottrarr totalmente a questa situazione precaria, e cos
non sopravvivr in lei niente di ci che in qualche modo possa impedire
lo sguardo dellintima visione. Tanto pi veramente infatti potr allora
scorgere le realt interiori, quanto pi completamente morir a tutto ci
che esteriore.
Ora questa morte, questa pienezza di giorni, che noi crediamo si sia
vericata nel beato Giobbe, cio in un membro della Chiesa, abbiamo
la speranza che si compir in tutta la Chiesa nel suo insieme; e cos noi
possediamo la verit di ci che avvenuto, senza che si svuoti la profezia
di ci che deve avvenire.
Se infatti i beni della vita dei santi che conosciamo sono privi di
verit, non valgono nulla; se non contengono un mistero, valgono molto
poco.
Perci la vita dei buoni, che per mezzo dello Spirito santo viene
narrata, splenda ai nostri occhi in virt dellintelligenza spirituale, senza
che il signicato si scosti dalla fedelt alla storia. E cos lanimo rimane
maggiormente sso nella sua intelligenza, in quanto, trovandosi come in
mezzo, la speranza lo tiene legato al futuro e la fede al passato15.

Nella prima parte dellinterpretazione constatiamo che, per Gregorio,


La santa Chiesa contempla i gli che nascono ogni giorno, no alla ne
del mondo, per mezzo della bocca dei predicatori.
Affermazioni come queste dicono almeno due cose: primo, che la bocca dei predicatori (ora predicantium), e dunque lannunzio del kerigma,
latto di nascita dei gli della Santa Chiesa; secondo, che questa nascita
di gli della Chiesa prosegue di generazione in generazione sino alla ne
del mondo.
Di conseguenza una delle note permanenti della Chiesa, sino alla ne
del mondo, quella di essere partoriente, funzione generativa o generante
che suppone il servizio della predicazione (per ora predicantium).
15. Moralia in Job, Pars Sexta, XXXV, 48: trad. it. in P. Siniscalsco (a cura di), Opere di

Gregorio Magno. I/4: Commento morale a Giobbe, Roma 2001, 601-603.

276

I GARGANO

I predicatores diventano cos, agli occhi di Gregorio, una sorta di levatrici necessarie perch la Chiesa possa contemplare i suoi gli di generazione
in generazione. Infatti, senza i predicatores non vi sarebbero gli e, senza la
generazione continua dei gli, verrebbe meno la stessa vita della Chiesa.
In conclusione i predicatores permettono alla Chiesa di morire piena
di giorni, perch, grazie al loro lavoro, essa compie, attraverso le stagioni
che passano, ci che non passa, cio semplicemente la vita.
Questa generazione continua che permette alla Santa Chiesa di raggiungere lincorruttibilit le permette inoltre anche di sconggere il tempo.
Infatti: gli anni che passano, per lei non passano, ma diventano stabili grazie
alla ricompensa che essa riceve per le azioni che rimangono.
E cos pu succedere che lei, attraverso le stagioni che passano, compia ci che non passa essendosi procurata non il cibo che perisce, ma
quello che dura per la vita eterna (Gv 6,27), commenta Gregorio fondandosi sullauctoritas dellevangelista Giovanni. Il cibo poi non altro che
la parola di Dio.
Questa parola infatti che, uscendo dalle labbra dei predicatori (ora predicantium), permette alla vita di scorrere no a congiungersi con la vita
eterna, cio con la divinit che, unica, scongge il tempo nella permanenza
dellincorruttibilit.
La dignit dei predicatores dunque altissima, dal momento che sono
essi a permettere alla santa Chiesa non solo di morire in modo tale da essere vecchia e piena di giorni, ma anche da raggiungere lincorruttibilit.
7. I frutti della predicazione
Le parole uscite dalla bocca dei predicatori richiedono non solo di essere pronunziate, ma anche di essere custodite e compiute, perch sono le azioni che
rimangono. E sono queste ultime, in ogni caso, che permettono di superare il
mondo corruttibile quando la santa Chiesa, deposto il peso della corruzione,
passer, nella luce che verr, allincorruzione della patria spirituale.
Sono sempre le azioni-opere che permettono inoltre alla Chiesa di
permanere nellessere, senza perdere i suoi giorni, anche quando abbandona la vita presente. Infatti quanto pi la Chiesa si custodisce con
cautela e sollecitudine (libera) da ogni tentazione, tanto pi trova moltiplicata la luce nei suoi eletti.
Il compimento delle opere richiesta dalla parola annunziata dalla bocca
dei predicatori comporta dunque una custodia particolare della parola stessa, accompagnata dalla vigilanza.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

277

Questultima poi garantisce alla santa Chiesa di riettere ogni giorno su


se stessa (in hac vita cotidie vigilanter pensare non neglegit), e in tutto ci
che riesce a fare di bene, senza lasciarsi in alcun modo sorprendere dal torpore dellinerzia (et ad omnia quae recte facere valet inertia nulla torpescit).
Linsistenza sulla connessione strettissima che dovr esserci nella Chiesa fra annunzio (ora predicantium) e messa in pratica (recte facere) della
Parola, Gregorio la ricava ancora una volta come solito fare nella pars
moralis della sua esegesi da unauctoritas biblica che, in questo caso
concreto, data da Prov 31,27 che recita: Sorveglia landamento della sua
casa; non mangia il pane oziosa.
Questa fonte biblica sapienziale permette a Gregorio di concludere:
Sorveglia landamento della sua casa, perch essa (la Chiesa, come la
donna saggia) esamina diligentemente tutti i pensieri della sua coscienza
e non mangia il pane senza far nulla, perch ci che con lintelligenza coglie della sacra Scrittura lo manifesta con le opere che presenta agli occhi
delleterno Giudice.
La Parola che esce dalla bocca dei predicatori si rivela sorgente inesauribile
di vita a due condizioni ben precise, che si possono sintetizzare nelle parole
di Prov 31,27. Per cui: prima condizione : permettere alla Parola di fare un
esame, il pi preciso possibile, dei pensieri nascosti nella coscienza; seconda,
connettere nel modo pi stretto possibile ci che della Parola di Dio viene
percepito con lintelligenza (intellegendo) con ci che viene presentato agli
occhi del Giudice eterno attraverso opere concrete (exhibendo operibus).
Nella misura in cui il predicator di Gregorio pu essere equiparato
allesegeta, nella stessa misura abbiamo qui la conferma del principio,
condiviso allunanimit dai Padri della Chiesa, che non si pu parlare di
comprensione di un testo biblico se allintelligenza del testo non segue la
prassi della vita.
8. Una morte che apre alla vita
La seconda parte del testo che abbiamo preso in esame, si apre con unaffermazione solenne:
Si dice (di Giobbe-Chiesa) che muore, perch quando la contemplazione delleternit lavr assorbita, la sottrarr totalmente a questa situazione precaria, e cos non sopravvivr in lei niente di ci che in qualche
modo possa impedire lo sguardo dellintima visione.
Tanto pi veramente infatti potr allora scorgere le realt interiori,
quanto pi completamente morir a tutto ci che esteriore.

278

I GARGANO

Gregorio si interroga seriamente, ancora una volta, in questa seconda


parte dellinterpretazione, sul perch venga detto che la Chiesa, come Giobbe, muore: Mori autem dicitur.
Nella prima parte aveva concluso che, se vero che la Chiesa muore alla
vita presente, per altrettanto vero che essa vive, sia per la generazione
continua dei gli che gli vengono garantiti di et in et dalla predicazione,
sia per la particolare stabilit dovuta alla connessione fra parola predicata
e parola praticata, che permette di fatto alla Chiesa di fare, gi n da ora,
lesperienza dellincorruttibilt, nota determinante della vita eterna.
Gregorio aveva aggiunto inoltre che tutto questo talmente vero che
chiunque possa mostrare nelle opere di avere stabilito una intimissima connessione fra ci che ha capito con lintelligenza e ci che vive nella prassi,
pu tranquillamente esporsi allo sguardo indagatore del Giudice eterno.
Approfondendo la sua spiritalis intellegentia Gregorio specica ora che
la Chiesa si sottrarr a questa situazione precaria scilicet della vita presente quando si sar lasciata assorbire dalla contemplazione delleternit:
cum illam aeternitatis contemplatio absorbuerit16.
In cosa possa consistere questo lasciarsi assorbire dalla aeternitatis
contemplatio, il papa lo spiega immediatamente dopo, precisando che:
Tanto verius tunc interna conspicit, quanto cunctis exterioribus plenius
occubuit (trad. it.: tanto pi adeguatamente vedr le cose interiori, quanto
pi pienamente morir alle cose esteriori)17.
Se ne deduce che la contemplatio aeternitatis suppone un impegno
molto preciso a morire alle realt esteriori (exterioribus) in modo tale
da estinguere no in fondo la situazione precaria della vita presente (ab
hac mutabilitatis suae vicissitudine funditus estinguit) e cos assicurarsi
che non venga impedito allo strumento orientato verso lintima visione
(acumen intimae visionis) della eternit (aeternitatis), di scorgere le realt
interiori (interna).
9. La profezia contemplatio aeternitatis
Gregorio non chiarisce, nel testo citato, se riferendosi alleternit pensi
a un oggetto oppure a quellandare oltre i conni del tempo, della cor-

16. Moralia in Job, Pars Sexta, XXXV, 48: trad. it. in Siniscalsco (a cura di), Opere di

Gregorio Magno. I/4: Commento morale a Giobbe, 602.


17. Idem.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

279

ruttibilit, o della mutabilit, di cui ha ampiamente parlato in precedenza.


Ma se, come pare pi probabile, il papa esegeta si riferisce a quellultima
possibilit, allora la contemplatio aeternitatis non altro che uno sguardo
orientato verso la vita eterna partendo da una prospettiva che non si lascia
condizionare da ci che esteriore o esterno (exterioribus), e perci soggetto al tempo e alla caducit, ma va decisamente oltre raggiungendo quelle
realt profonde (interna) che possono essere colte soltanto con lacumen
intimae visionis, cio con lo strumento visivo (acumen) che abita per denizione nellultima intimit di ogni uomo.
Avremmo allora, in questo caso, una vera e propria denizione della
profezia nel pensiero gregoriano. Una profezia che per si coniuga intimamente con quella particolare intellegentia spiritalis che permette come
ha precisato lo stesso Gregorio allinizio dellinterpretazione di Gb 42,16
di interpretare queste cose come gura della santa Chiesa (in typo sanctae Ecclesiae interpretari).
Lesegeta sarebbe dunque autentico nel pensiero di Gregorio quando, utilizzando lacumen intimae visionis, riesce a scoprire, con la spiritalis
intellegentia, la profezia nascosta nel personaggio biblico e, pur tenendolo
continuamente presente, lo libera da tutti quei riferimenti esteriori che
impediscono di raggiungere il contenuto interno o interiore del personaggio stesso. Questa comunque, o di questo tipo, la contemplatio
aeternitatis che caratterizza la Chiesa.
10.

La profezia apertura alla speranza

Riferendosi alla morte di Giobbe, identicato con la Chiesa, Gregorio


aveva aggiunto:
Questa morte, questa pienezza di giorni, che noi crediamo si sia
vericata nel beato Giobbe, cio in un membro della Chiesa, abbiamo
la speranza che si compir in tutta la Chiesa nel suo insieme; e cos noi
possediamo la verit di ci che avvenuto, senza che si svuoti la profezia
di ci che deve avvenire.
Se infatti i beni della vita dei santi che conosciamo sono privi di
verit, non valgono nulla; se non contengono un mistero, valgono molto
poco18.

18. Trad. it. in Siniscalsco (a cura di), Opere di Gregorio Magno. I/4: Commento morale

a Giobbe, 603.

280

I GARGANO

Laffermazione iniziale fondamentale ed costruita intorno a due


espressioni che si richiamo a vicenda: credamus factam / speremus esse faciendam (crediamo si sia vericata / abbiamo la speranza che si compir).
Il passato (factam) accettato nella fede (credamus), fondamento di ci che
si spera per il futuro (speremus esse faciendam). Riecheggia implicitamente
la massima tertullianea: cardo salutis caro. E che di questo si tratti, lo rivela
Gregorio stesso al termine del paragrafo: Le cose buone che conosciamo
sulla vita dei santi (bona quae de santorum vita cognoscimus) se sono prive
di verit, non valgono nulla (si veritate carent, nulla sunt)19.
Daltra parte la Chiesa crede anche spiega Gregorio che vi sia una
sorta di linea continua che congiunge Giobbe, singolo membro della Chiesa, con la Chiesa nel suo insieme (tota simul Ecclesia).
Lesegeta dovr fare di tutto allora per tenere strettamente in mano i
due capi del lo dellevento in modo tale che si tenga ferma la verit di
ci che avvenuto, senza che si svuoti la profezia di ci che si deve ancora
vericare (ita teneatur rei gestae veritas, ut non evacuetur rei gerendae
prophetia).
11. Non c storia senza profezia n profezia senza storia
Potremmo denire lultima frase, appena citata, di Gregorio: il cardine stesso della sua ermeneutica biblica. Infatti, essa ci permete di capire quanto
fosse grande per lui limportanza della rei gestae veritas.
Lespressione, che noi oggi chiameremmo senso storico-letterale,
viene spiegata ulteriormente da ci che abbiamo gi anticipato quando,
citando Gregorio, abbiamo ricordato che se le cose buone che conosciamo
sulla vita dei santi sono prive di verit (si veritate carent), non valgono
nulla (nulla sunt). Laccostamento fra le due espressioni rende possibile
laccostamento fra veritas, rei gestae veritas, veritas historiae e signicato
storico-letterale. Il presupposto delloggettiva verit storica dei fatti, da vericare scrupolosamente, pena il rischio di creare la spiritalis intellegentia
sul nulla, sembra dunque basilare nellermeneutica gregoriana.
E tuttavia Gregorio rivendica un oltre quando pensando allaltro
capo del lo dellevento osservato e descritto aggiunge un ut, consecutivo
a ita, che reclama la necessit di non svuotare il testo di quella carica
particolare che gli permette di essere rei gerendae prophetia.
19. Trad. it. in Siniscalsco (a cura di), Opere di Gregorio Magno. I/4: Commento morale

a Giobbe, 602.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

281

Anche questo riceve chiarimento dallo stesso Gregorio in quel che


segue quando, dopo aver richiamato limportanza fondamentale del signicato storico del testo, aggiunge: si mysterium non habent, minima (sunt),
e cio: se i fatti narrati non possedessero un mistero, sarebbero di pochissima importanza.
Anzitutto osserviamo la precisione con cui parla Gregorio. Infatti quando si tratta di rei gestae veritas conclude che senza di essa si vagherebbe
nel nulla; quando invece si tratta di assenza di un mysterium non conclude
allo stesso modo, ma si limita a dire che il senso dei fatti narrati sarebbe
di pochissima importanza.
Ne consegue che la ricerca dei mysteria, allinterno delle gesta storiche
vissute dai santi, costituisce quel particolare servizio proprio dellermeneuta che permette di leggere il testo biblico, rispettato nella sua storicit,
in modo tale che non venga svuotato mai della sua intrinseca dinamica
profetica. Lermeneuta dovrebbe essere allora qualcuno che sappia tener
fermo un piede sulla solidit della storia, raccontata dal testo, in modo tale
che laltro piede possa approdare sulla sponda opposta attraverso la rei
gerendae prophetia. E che anche questultima debba essere intesa come
prolungamento, a sua volta concretissimo, dei fatti narrati dal testo biblico,
Gregorio lo spiega proseguendo a scrivere:
Perci la vita dei buoni che, per mezzo dello Spirito santo, viene
narrata, splenda ai nostri occhi in virt dellintelligenza spirituale (per
intellectum nobis spiritalem fulgeat), senza che il signicato si scosti dalla
fedelt alla storia (et tamen sensus a de historiae non recedat). E cos
lanimo rimane tanto maggiormente sso nella sua intelligenza quanto pi,
trovandosi come in mezzo, la speranza lo tiene legato al futuro e al passato la fede (tanto xior animus in suo intellectu permaneat, quanto hunc
quasi in quodam medio consitutum, et erga futura spes, et erga praeterita
des ligat)20.

12. Lo Spirito Santo e i sensi mistici della Scrittura ispirata


Gregorio convinto che la motivazione ultima dellimportanza del testo
biblico, risieda nel coinvolgimento dello Spirito santo nellelaborazione
narrativa: per Spiritum sanctum, sanctorum bonorum vita describitur, cio:
la vita dei santi ci viene descritta grazie allo Spirito santo.
20. Ivi.

282

I GARGANO

Questa presenza attiva dello Spirito santo nellelaborazione del testo se


da una parte conferisce unenorme dignit al testo, letto nella sua storicit, dallaltra richiama la necessit di una comprensione secondo lo Spirito,
e dunque spirituale del testo stesso. Infatti il testo pu manifestare tutto
il suo fulgore unicamente quando capito spiritualmente: per intellectum
nobis spiritalem fulgeat.
Ci non toglie ripete ancora lesegeta Gregorio che si debba in
ogni caso mantenere fermo e solido il signicato storico nei confronti del
quale il nostro rapporto deve essere quello proprio della fede (sensus a de
historiae non recedat) e tuttavia aggiunge con la medesima convinzione il
papa di Roma questa fedelt al testo deve essere vissuta in modo tale che
lattenzione al passato non precluda ci che, grazie alla speranza, ncora
lo stesso testo al futuro, facendone profezia di ci che si svilupper ancora
nella storia (rei gerendae prophetia).
La comprensione del singolo esegeta si pone insomma in qualche modo
a mezza strada fra ci che egli riesce a capire del passato e ci che riesce a
intuire del futuro, essendo legato simultaneamente al passato del testo, per
la fede che ripone in esso, e al futuro, per il nutrimento che il medesimo
testo garantisce alla sua speranza.
Gregorio Magno sviluppa questa sua convinzione in modo molto esplicito in un brano assai signicativo delle sue Omelie su Ezechiele. Si tratta
del paragrafo 1.2 dellOmelia X del libro II, in cui Gregorio scrive:
Il profeta comprendendo sapientemente, per ispirazione dello Spirito
santo, i sensi mistici della sacra Scrittura, dice: Meravigliose sono le tue
testimonianze, Signore, perci lanima mia le ha scrutate.

E ancora dice:
Toglimi il velo dagli occhi perch io veda le meraviglie della tua
legge (Sal 118,18). Colui che ancora non comprende le cose occulte
attraverso quelle manifeste, ha gli occhi velati. Chi invece comincia a
comprenderle, contempla senza velo sugli occhi le meraviglie della legge
di Dio, perch interpretando spiritualmente le parole della lettera, si rende
conto della grandezza che vi nascosta. Non forse meraviglioso quando
alle orecchie risuona una cosa e allintelligenza ne appare unaltra che
non risuonava?
A che cosa dunque paragoner la parola della Sacra Scrittura, se non
alla pietra in cui nascosto il fuoco? La pietra focaia, se la si tiene in
mano fredda, ma percossa con un ferro, sprizza scintille; anche questa
pietra, che prima in mano era fredda, ora emette un fuoco che poi arde.
Cos, proprio cos, sono le parole della Sacra Scrittura. Nel racconto della

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

283

lettera rimangono fredde, ma se uno, con intelligenza attenta, ispirato dal


Signore, le percuote, dai suoi sensi mistici vien fuori un fuoco tale che
lanimo arde spiritualmente grazie a quelle parole che prima, limitandosi
alla lettera, ascoltava rimanendo freddo.

Ecco infatti che il profeta dice:


Fuori della porta interna le stanze per i cantori, nellatrio interno che
era dal lato della porta che guardava a settentrione. La loro facciata era
rivolta verso lunica via a mezzogiorno, dal lato della porta orientale che
guardava verso la via settentrionale.
A queste parole della lettera pu forse infervorarsi lanimo di qualcuno
di amore di Dio, o non piuttosto raffreddarsi alla loro lettura?
Se per si scopre il midollo spirituale nascosto nella lettera, da ci
che prima suonava freddo alle orecchie del cuore, vengono fuori scintille
di intelligenza.
Tuttavia, perch a noi si apra, mediante lispirazione del Signore,
lintelligenza profonda, prima deve risultare chiaro il racconto secondo
la lettera21.

Punto di partenza del ragionamento di Gregorio la convinzione che il


profeta tale, perch comprende sapientemente, per ispirazione dello Spirito santo, i sensi mistici della sacra Scrittura (sacri eloquii mysticos sensus
propheta per aspirationem sancti Spiritus prudenter intellegens)22.
Di conseguenza si deve dire che chiunque comprenda prudenter i signicati mistici (mysticos sensus) della sacra Scrittura, pu essere denito
a buon diritto anche lui semplicemente un profeta.
Non si diventa per profeti, se non si viene liberati dal velo degli
occhi. Da qui la preghiera del profeta biblico e di chiunque altro voglia
penetrare come lui i signicati mistici del sacro eloquio: Toglimi il velo
dagli occhi, perch io veda le meraviglie della tua legge (Sal 118,18).
13.

Vedere e ascoltare per poter parlare

La metafora del velo che copre gli occhi, impedendo cos agli uomini di
scoprire lo spirito nascosto nella Scrittura, antica almeno quanto il testo
di Paolo in 2Cor 3,13-15. Gregorio per non sembra ricordare quel testo
21. V. Recchia (a cura di), San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele/2, Libro secondo.

Traduzione di Emilio Gandolfo, Roma 1993, 266-267.


22. Idem, 266-267.

284

I GARGANO

e neppure fa riferimento a tutta la problematica cristologica collegata al


testo paolino. Lunico principio che ritiene di dover affermare con riferimento a quella metafora che Colui il quale non comprende le cose occulte attraverso quelle manifeste (qui necdum occulta de apertis intellegit),
ha gli occhi velati e dunque non pu essere denito ancora in alcun modo
un profeta. Raggiunge infatti la dignit o la qualit profetica soltanto colui che contempla, senza velo sugli occhi, le meraviglie della legge di Dio
(revelatis oculis mirabilia de lege Dei considerat), perch interpretando
spiritualmente le parole della lettera, si rende conto della grandezza che vi
nascosta dentro (quia spiritaliter litterae verba discutiens, quae interius
magnitudo lateat pensat).
Alla metafora del velo, che viene collegato spontaneamente al senso
della vista, Gregorio aggiunge il riferimento alla metafora del suono, che
chiama in causa il senso delludito, quando aggiunge: Non forse meraviglioso che alle orecchie risuoni una cosa, ma allintelligenza ne appaia
unaltra che non risuonava? (an non est mirabile quando aliud auribus
sonat, atque aliud exit ad intellegentiam quod non sonabat?).
E profeta dunque chi sperimenta un cambiamento tale nei suoi sensi
della vista e delludito, da poter vedere linvisibile e udire linudibile, ma
nelluno e nellaltro caso, tutto succede a partire dal visibile o rispettivamente dalludibile. La meraviglia infatti, che caratterizza il dono profetico,
consiste nella discrepanza (aliud/aliud) fra ci che vedono gli occhi o odono gli orecchi e ci che il profeta intellegit penetrando nellintimo segreto
dellinvisibile e dellinudibile.
Come possibile che avvenga questo passaggio? si chiede Gregorio
il quale risponde con laiuto di una metafora assai semplice, ma decisamente efcace:
A che cosa dunque paragoner la parola della sacra Scrittura, se non
alla pietra in cui nascosto il fuoco? La pietra focaia, se la si tiene in mano
fredda, ma percossa con un ferro, sprizza scintille; e questa pietra, che
prima in mano era fredda, ora emette un fuoco che poi arde. Cos, proprio
cos sono le parole della sacra Scrittura. Nel racconto della lettera rimangono fredde, ma se uno, con intelligenza attenta, ispirato dal Signore, le
percuote, dai suoi sensi mistici vien fuori un fuoco tale che lanimo arde
spiritualmente grazie a quelle parole che prima, limitandosi alla lettera,
ascoltava rimanendo freddo23.

23. Idem, 266-267.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

14.

285

Esegesi, combattimento e consanguineit

Il riferimento alla pietra focaia assai suggestivo e Gregorio ne approtta magistralmente per sottolineare alcuni aspetti della sua ermeneutica
biblica.
Anzitutto la metafora gli serve per sottolineare le particolarit, intrinseche al testo biblico, il quale allesterno appare frigido (frigidus), mentre
allinterno nasconde una potenzialit di calore eccezionale (in quo ignis
latet).
La dottrina sulle due nature di un unico soggetto passa cos dalla
cristologia allesegesi biblica, come succede abitualmente nei Padri della
Chiesa.
In un secondo momento la metafora utile per evidenziare il carattere
combattivo dellesegesi-ermeneutica biblica. Il lettore del testo anche un
lottatore. Il testo non si apre spontaneamente, ma va percosso in una specie
di combattimento corpo a corpo fra lesegeta e il testo stesso.
Se il testo lo si accarezza e basta, rimane freddo (qui manu quidem frigidus tenetur), se invece viene percosso sprizza scintille (percussus ferro,
per scintillas emicat).
Ma cosa si nasconde dietro questa ulteriore metafora del ferro? Gregorio non lo chiarisce, in questo suo commento, ma spiega il suo pensiero
legandolo al concetto di ispirazione.
Di ispirazione ha parlato allinizio dellomelia, con riferimento al
profeta biblico (si ricordi il per aspirationem sancti Spiritus). Allo stesso
concetto si riferisce adesso parlando non pi del profeta biblico, ma dellesegeta-ermeneuta posto di fronte al testo ispirato.
Cos adesso Gregorio lega la capacit delluomo di far sprizzare scintille di fuoco dalla fredda pietra, allispirazione divina (aspirante Domino). Lidea gi accennata in precedenza, quando ha parlato di colui che
interpretando (discutiens) spiritualmente le parole della lettera, si rende
conto della grandezza che vi nascosta dentro (spiritaliter litterae verba
discutiens, quae interius magnitudo lateat pensat), viene chiaramente
esplicitata. E infatti Gregorio dichiara ora con estrema precisione: Cos,
proprio cos, sono le parole dalla sacra Scrittura (Sic etenim, sic, verba sunt
sacri eloquii).
La convinzione di Gregorio su questo punto solida come una macigno.
La doppia natura del testo biblico, e dunque anche il doppio signicato che
ad essa connessa, sono fuori discussione. Ma fuori discussione anche la
differenza qualitativa delle litterae verba rispetto alla interius magnitudo.
Infatti, le parole del sacro eloquio, che rimangono fredde se osservate per

286

I GARGANO

narrationem litterae, prendono fuoco se sono provocate, potremmo dire


percosse, da unintelligenza attenta (si intento intellectum pulsaverit).
Ma lintelligenza attenta quella che, grazie allispirazione divina (aspirante Domino) percuote in modo tale il testo da costringerlo a rivelare i
suoi signicati nascosti (mysticis eius sensibus). Questi signicati inne
sono il fuoco di cui si inamma spiritualmente lesegeta grazie a quelle
parole che prima, limitandosi alla lettera, ascoltava rimanendo freddo (ut
in eis verbis post animus spiritaliter ardeat, quae prius per litteram ipse
quoque frigidus audiebat).
La conclusione di enorme portata ermeneutica. Infatti se ne deduce
che non basta osservare il testo per litteram, per raggiungerne la comprensione, ma occorre percuotere il testo, costringendolo ad aprirsi, con il dono
dellispirazione. Non si ha dunque vera comprensione di un testo biblico se
non si possiede la stessa ispirazione avuta dal profeta che il testo biblico ha
prodotto con la sua narrazione. Testo ed ermeneuta si equivalgono al punto
da poter dire che, agendo luno e laltro aspirante Domino, condividono
entrambi il carisma profetico.
15.

Scopo dellesegesi lamor Dei

Lomelia citata prosegue con un passo descrittivo del profeta Ezechiele che
permette a Gregorio di chiedersi retoricamente: A queste parole della lettera (verbis litterae) pu mai infervorarsi lanimo di qualcuno di amore di
Dio (ad amorem Dei cuius animus infervescat), o non piuttosto raffreddarsi
alla loro lettura? (quin potius quis non ex ipsa eorum lectione tepeat)24.
Questa domanda retorica, che pu apparire quasi superua, conferma lo
scopo determinante attribuito da Gregorio alle parole scritturistiche (verbis
litterae): accendere lanimo del lettore di amore divino.
Si scopre cos in modo chiarissimo la precomprensione specica dalla quale parte lermeneutica di questo santo Padre della Chiesa. Aggiungo
che, in questo, Gregorio Magno condivide la convinzione comune a tutto il
periodo patristico. Saremmo fuori strada, condannandoci a non capire quasi
nulla della loro ermeneutica biblica, se non tenessimo presente questa loro
decisiva pre-comprensione nellaccostarsi al testo biblico.
Lo scopo dellesegesi fare esperienza dellamor Dei. Spesso per lo
scopo non viene raggiunto con la semplice comprensione della littera, ma
24. Idem, 266-267.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

287

soltanto se si scopre il midollo spirituale nascosto nella lettera (si latens in


littera spiritalis medulla discutitur). Il passaggio dalla littera alla spiritalis
medulla dunque richiesto dallo sko/po generale della Scrittura ispirata.
Tuttavia raccomanda sapientemente Gregorio perch si apra, mediante
lispirazione del Signore, lintelligenza profonda (ut se, aspirante Domino,
interior intellectus aperiat), prima deve risultare chiaro il racconto secondo
la lettera (ipsa prius narratio iuxta litteram pateat)25.
Una raccomandazione che, se da una parte permette di apprezzare la
saggezza di Gregorio Magno, dallaltra potrebbe essere ritenuta anche
come proposta metodologica fondamentale anche per oggi. Certamente
il signicato che aveva lespressione narratio iuxta litteram in Gregorio
Magno e nei Padri della Chiesa non coincide con il nostro. Ma se identichiamo, come sembra giusto fare oggi, la narratio iuxta litteram con la
comprensione del testo biblico ottenuta col metodo storico-critico, possiamo riconoscere nel prius di questo Papa di Roma una precedenza da dare in
ogni caso al testo, esaminato a fondo in tutti i suoi aspetti storico-letterari,
prima di avventurarsi in qualunque altro tipo di approfondimento del testo
stesso. A una condizione per: che il lavoro conduca comunque a quellamor Dei senza il quale il testo biblico perderebbe la sua caratteristica di
testo, appunto, ispirato da Dio e, propter nos homines et propter nostram
salutem, voluto e inviato da Lui.

16. Intuizioni damore


Nelle Omelie su Ezechiele Gregorio insiste:
Forse qualcuno in cuor suo mi rimprovera che io presumo spiegare i
misteri cos profondi del profeta Ezechiele affrontati da grandi commentatori; ebbene, sappia con quale animo io lo faccio. Non con temerit che
mi accingo a questo, ma con umilt.
So infatti che per lo pi molte cose nella Sacra Scrittura, che da solo
non sono riuscito a capire, le ho capite mettendomi di fronte ai miei fratelli. Attraverso questa scoperta ho cercato di capire anche questo: mi sono
reso conto che lintelligenza mi era concessa per merito loro. Ne consegue,
per dono di Dio, che il senso cresce e lorgoglio diminuisce, quando per
voi imparo ci che in mezzo a voi insegno; perch la verit per lo
pi ascolto con voi ci che dico (propter vos disco quod inter vos doceo;
25. Ivi.

288

I GARGANO

vobiscum audio quod dico). Quindi tutto ci che in questo profeta comprender meno bene, si deve alla mia cecit; se qualcosa invece riuscir a
comprendere in maniera adeguata, si deve alla vostra profonda sensibilit
per il dono di Dio26.

Gregorio alle prese con le difcolt, ma anche con le gioie nascoste


che gli offre il testo ispirato. Brilla prepotente negli occhi lo stupore dal
quale afferrato mentre scopre di avere avuto unintuizione particolarmente felice sul signicato del testo a lungo meditato.
Origene, stupito anche lui di fronte ad esperienze analoghe, aveva
chiamato simili intuizioni baci del Verbo. Gregorio indaga pi a fondo
nelle cause contestuali di simili esperienze e scopre i beni ineffabili fruiti
dallesegeta sia quando immerso nella solitudine, sia quando vive nella
comunione.
Si tratta di momenti assai preziosi durante i quali, grazie alla comprensione del testo, lanima consapevole di ci che ha ascoltato colpita
con la freccia del dolore e, tratta con la spada della compunzione (dum
recognoscit quod audierit, doloris se iaculo percutit, et compunctionis gladio transgit), non prova altro gusto che quello di piangere e lavare le sue
macchie con umi di lacrime. Qualche volta perno rapita a contemplare
cose sublimi (etiam aliquando ad sublimiora contemplando rapitur).
In espressioni come queste ci si accorge di essere stati introdotti in spazi
molto intimi in cui il papa esegeta consuma lineffabile incontro amoroso
con la Parola che gli manifesta se stessa dietro le fessure del testo ispirato. I
verbi che fanno eco nellanimo di Gregorio al suono del quod audierit e, cio:
recognoscit, percutit, transgit, sono come il tocco misterioso della verga
con cui Mos aveva percosso la roccia nel deserto ottenendone abbondanza
uente di acqua salutare per il popolo e per il suo bestiame. E infatti Gregorio insiste nel connettere lazione dei verbi appena rievocati con i umi di
lacrime (uentis etuum), che saziano il desiderio dellesegeta (libeat) e lo
puricano da ogni macchia (maculas lavare) non cessando di lavare il suo
cuore nch non si trasformano in pianto soave (suavi etu), perch lanima si rammarica di essere ancora qui, dove giace prostrata dallinfermit, e
di non essere ancora l dove rivelerebbe tutto il suo vigore e locchio della
mente non ritornerebbe pi alle tenebre della mortalit.
Accanto a momenti tanto intimi e sublimi, consumati nel segreto della
cella, ve ne sono poi anche altri non meno ricchi ma vissuti in un contesto
diverso. Per parlare di questi ultimi per necessario entrare pi in pro26. In Ez, II, hom. 2,1: trad. tr. E. Gandolfo, Roma 1980, 47.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

289

fondit nella consapevolezza del limite personale, che dovrebbe avere ogni
buon esegeta.
Oltretutto giudice ultimo dellutilit di una determinata intuizione sul
signicato del testo semplicemente il lettore: Lascio al giudizio del lettore
avverte per esempio Gregorio di scegliere linterpretazione che preferisce
(lectoris vero iudicio relinquendum est quid magis duxerit eligendum).
Lui, il papa esegeta, disposto perno a farsi discepolo del suo uditore se questultimo propone uninterpretazione pi consona al testo e pi
profonda (subtilius veriusque sentientem). Quando si ha a che fare con un
testo ispirato, latteggiamento fondamentale da assumere sempre infatti
quello della disponibilit al dono dello Spirito, senza gelosie di alcun genere perch ritengo spiega Gregorio donato a me personalmente ci
che laltro comprende meglio di me (quia mihi donatum credo, quicquid
illum me melius sentire cognosco).
17. Tutti sono strumenti della verit
Il sentire umile da parte dellesegeta, un fondamentale principio ermeneutico che dovrebbe rispettare ogni biblista. Infatti spiega Gregorio
tutti noi che, pieni di fede, osiamo parlare di Dio, siamo strumenti della
Verit (organa veritatis sumus). E la verit pu fare sentire la sua voce tanto per mezzo mio ad un altro, quanto per mezzo dun altro a me (in eiusdem
veritatis potestate est, utrum per me sonet alteri, an per alterum mihi).
Non siamo dunque noi a scoprire la verit, ma la verit che si apre a
noi. Infatti pu succedere che, nella sua sovrana libert, essa tocchi uno,
perch ascolti bene ci che gli fa sentire per mezzo dun altro; oppure tocchi un altro, perch faccia sentire bene ci che tutti debbono ascoltare. E
pu accadere che la comprensione di un testo si apra o si chiuda a seconda
della disponibilit mostrata dagli ascoltatori: Spesso concessa al dottore
la parola per merito di chi ascolta e spesso, al contrario, al dottore la medesima parola, per colpa dellascoltatore, viene sottratta. Cos come pu
succedere che la parola della predicazione venga concessa per merito di
entrambi, oppure che per colpa di entrambi venga loro sottratta. In tutti
i casi si dovr concludere che appartiene allocculto giudizio di Dio che
la parola sia concessa a uno e sottratta a un altro (occulto iudicio vel cui
quando detur, vel quando cui subtrahatur).
La comprensione di un testo ispirato non insomma anzitutto frutto
di applicazione esegetica, ma dono imperscrutabile di Dio, legato s e lo
abbiamo visto al merito o al demerito dellascoltatore, dellespositore o

290

I GARGANO

di entrambi, ma sempre sotto il misterioso giudizio di Dio. Da cui la conclusione parenetica di Gregorio: Come pu insuperbire della sua cultura
chi ignora per quale occulto giudizio la parola sia concessa a uno e sottratta
a un altro?.
Se per, allinterno di questa sostanziale indisponibilit della parola
da parte delluomo, si dovesse cercare il contesto pi favorevole alla sua
prodigalit verso luomo, non si potrebbe trovare nulla di pi consono alladagiarsi della Parola, di un grembo comunitario.
ci che emerge dal terzo brano che abbiamo selezionato dal secondo
libro delle Omelie su Ezechiele, specialmente l dove Gregorio confessa
candidamente: Per lo pi molte cose nella sacra Scrittura, che da solo non
sono riuscito a capire, le ho capite mettendomi di fronte ai miei fratelli
(quae solus intellegere non potui, coram fratribus meis positus intellexi).
Non si tratta di un principio assoluto. Subito dopo e lo abbiamo gi
rilevato il papa aggiunge che spesso, per grazia di Dio onnipotente, certi
passi del testo sacro (in eius eloquio quaedam) si comprendono meglio
quando si legge la parola di Dio segretamente (intelleguntur melius cum
sermo Dei secretius legitur). Tuttavia la forza con cui Gregorio sottolinea linusso della comunit dei credenti nella comprensione del testo
impressionante e lo altrettanto la motivazione che gli si impone non
per unintuizione pi o meno felice, ma in conseguenza di una riessione
ponderata: Ho cerato di indagare anche questo per rendermi conto (hoc
quoque intellegere studui, ut scirem). E la motivazione simultaneamente
teologica e spirituale.
18. Ogni comprensione sempre dono per gli altri
Cosa ha capito Gregorio? Ha capito che ci mi dato a pro di coloro che
mi sono vicini (hoc mihi pro illis datur quibus mihi praesentibus datur). Per
cui succede, per dono di Dio, che il senso cresce e lorgoglio diminuisce,
quando per voi imparo ci che in mezzo a voi insegno (propter vos disco
quod inter vos doceo). Lesegeta insomma completamente celato dietro
il servizio fraterno. Non solo, ma proprio questultimo, nella misura in cui
viene compiuto come un carisma da esercitare totalmente in funzione del
bene degli altri, che fa s che il senso cresca e diminuisca lorgoglio.
Appena qualche rigo pi in basso Gregorio spiegher nella stessa
pagina: mediante la parola dellinsegnamento, con laiuto di Dio, devo
annunziare quelle cose che formano la vita e i costumi di quanti ascoltano
(doctrinae sermone, largiente Deo, proferenda sunt quae vitam audientium

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

291

moresque componunt). Questa generosa disponibilit a servire i fratelli


comporta poi una misteriosa reciprocit che permette al papa di confessare
candidamente: Dico la verit, per lo pi ascolto con voi quello che dico
(verum fateor: plerumque vobiscum audio quod dico).
Si potrebbe, o forse si dovrebbe, concludere che lermeneutica non
per Gregorio uno studio del testo nel senso moderno dellespressione, ma
piuttosto un evento. Lermeneuta, che di volta in volta pu essere predicatore, dottore, ascoltatore o semplice credente, si pone davanti
al tocco dello Spirito che, in sovrana libert, tangit ora luno ora laltro
utilizzando i singoli credenti come organa veritatis per ottenerne un suono
udibile da tutti (ut bene quod ab aliis audiatur sonat) e dunque utile per il
bene comune. Lo spazio ideale di un simile evento risponde a sua volta alle
esigenze dello Spirito, che pu introdurre alla contemplazione delle cose
sublimi sia nellintimit di una cella monastica, sia nel grembo fraterno
di una comunit in cui la parola dellinsegnamento viene spezzata col
contributo misterioso di tutti, per formare la vita e i costumi di quanti
lascoltano. E fra coloro che ascoltano si pone lo stesso esegeta o ermeneuta che confessa candidamente lo abbiamo appena sentito vobiscum
audio quod vobis dico.
19. Quasi una conclusione
La comprensione delle Scritture, di cui parla Gregorio Magno, non mai
data per uso e consumo personale. Ogni dono si riceve infatti per poterlo
condividere generosamente con gli altri. La crescita del pastore non sarebbe mai autentica, sosterrebbe Gregorio, se non fosse accompagnata dalla
simultanea crescita del gregge che gli stato afdato.
Ci sono alcuni lamenta Gregorio nella Regula Pastoralis che ricevono doti eccellenti di virt e vengono esaltati per i loro grandi doni capaci
di sostenere gli altri nellesercizio della vita ascetica. Costoro sono puri
per lamore della castit, forti di quel vigore che frutto dellastinenza,
sazi del delizioso nutrimento della dottrina, umili nella loro paziente longanimit, saldi della forza dellautorit, benigni a motivo della loro piet,
rigorosi di quella severit che propria della giustizia.
Costoro per escludono per lo pi anche se stessi da questi doni che
non hanno ricevuto per s soli ma anche per gli altri, se quando siamo
chiamati alla massima dignit del governo delle anime, riutiamo di accettarla. E poich pensano al loro guadagno e non a quello altrui, si privano
proprio di quei doni che desiderano possedere a uso privato. Perci infatti
la Verit dice ai discepoli: Non pu restare nascosta una citt posta su un

292

I GARGANO

monte, n si accende una lampada e la si pone sotto un moggio, ma sopra


il candelabro perch faccia luce per tutti coloro che sono in casa (Mt
5,15). Perci dice a Pietro: Simone di Giovanni, mi ami?) (Gv 21,17).
E lui, che subito aveva risposto che lo amava, si sent dire: Se mi ami pasci le mie pecore. Se dunque la cura pastorale testimonianza damore,
chiunque ricco di virt riuta di pascere il gregge di Dio ha in ci stesso
la prova che egli non ama il Pastore sommo come se perdesse con
vergogna il sandalo di un piede colui che, pensando alla propria utilit,
trascura quella del prossimo.
Ci sono alcuni i quali ardono dal desiderio della sola contemplazione
e riutano di assoggettarsi allutilit del prossimo attraverso il servizio
della predicazione, perch amano la quiete appartata e aspirano alla meditazione in solitudine. Se si deve giudicare con rigore sotto questo aspetto,
essi sono responsabili nei confronti di tante anime, quante sono quelle
cui avrebbero potuto giovare venendo a stare fra gli uomini. In effetti
con quale pensiero colui che avrebbe potuto brillare nella sua dedizione
a vantaggio del prossimo prepone il proprio ritiro alla utilit degli altri,
quando lo stesso Unigenito del Sommo Padre, per giovare a molti, uscito
dal seno del Padre per venire fra gente come noi?27.

Potremmo ricordare, in questa conclusione che la Parola per eccellenza


per Gregorio, come crede serenamente ogni cristiano, l'individuo Ges
nato da Maria nel quale adoriamo il Verbo fatto carne. La Parola di Dio si
rivela per anche, ed la convinzione comune dei padri cristiani, semplicemente nella storia del mondo, nella storia degli uomini.
Padre Benedetto Calati individuava lasse portante della proposta esegetica di Gregorio Magno nella vita delluomo di Dio Benedetto descritto
nel Secondo Libro dei Dialoghi con lausilio della metafora del reditus ad
paradisum.
Nella prima fase del suo cammino spirituale spiegava padre Calati
Benedetto sperimenta una progressiva spoliazione personale, ma nella seconda vive una altrettanto progressiva partecipazione alle virtutes del primo
Adamo fra le quali si distingue una particolare penetrazione del pensiero
di Dio, cio del suo mistero.
Durante tutto il tragitto del suo reditus il vir Dei si nutre ovviamente di
Parola di Dio alla quale gradualmente si assimila grazie alla riacquisizione
di una particolare familiarit col Suo Signore28. Il vir Dei acquisisce cio
unabitudine, o meglio una sorta di respiro quotidiano, che proprio di chi
vive costantemente alla presenza di Dio, secondo la bellissima espressione
27. La Regola Pastorale, I, 5: trad. it. T. Lovato Di Maria, Roma 1981, 49-52.
28. Vita Monastica 50 (1957) 108.

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

293

gregoriana dellhabitare secum in superni spectatoris oculis.


per questo che egli pu ri-ettere nella propria persona limmagine
originaria impiantata da Dio nel primo Adamo. Gregorio, cercando di spiegare meglio tutto questo, parla di uscita da tutto ci che estraneo alla condizione di glio di Dio, di ingresso nellintimo dellanima e di elevazione
al di sopra di s, con conseguente contemplazione delle realt eterne.
La frequentazione degli eloquia Dei, ma soprattutto lattenzione particolarissima ai movimenti creati nellanimo dalla loro vibrazione misteriosa,
permettono cos alluomo di Dio di immedesimarsi con gli eloquia Dei al
punto da essere riconosciuto come presenza di quegli stessi eloquia nella
storia umana.
Questo spiega perch Gregorio possa denire Benedetto uomo pieno
dello spirito di tutti i giusti (scilicet dellAntico e del Nuovo Testamento)
e considerare lexitus corporalis di Benedetto come compimento naturale
del suo exitus mysticus)29, ma spiega anche perch egli possa permettersi
di dichiarare: viva lectio est vita bonorum, equiparando di fatto ogni uomo
di Dio ad una pagina aggiunta dello stesso ispirato.
In un testo straordinario dei Moralia in Job Gregorio arriva ad affermazioni audaci come le seguenti:
La vita dei buoni una pagina biblica vivente (viva lectio est vita
bonorum). Non per nulla i giusti nella sacra Scrittura sono chiamati libri
(unde non immerito iidem iusti in sacro eloquio libri nominantur), come
sta scritto: Furono aperti i libri. Fu aperto anche un altro libro, quello
della vita. I morti vennero giudicati in base a ci che era scritto nei libri
(Apc 20,12). Il libro della vita la visione stessa del Giudice che verr. Si
pu dire che in esso sta scritto ogni precetto, perch chiunque lo vede, si
rende subito conto, con la testimonianza della coscienza (teste conscientia), di ci che non ha fatto. Si dice che furono aperti i libri, anche perch
allora si vede la vita dei giusti nei quali si scorgono impressi con le opere
i comandamenti divini (libri etiam aperti referuntur, quia iustorum tunc
vita conspicitur, in quibus mandata caelestia opere impressa cernuntur).
I morti vengono giudicati in base a ci che scritto in quei libri (iudicati
sunt mortui ex his quae scripta erant in libris), perch nella vita dei giusti,
che si presenta come un libro aperto, leggono il bene che non vollero compiere (quia in ostensa vita iustorum, quasi in expansione librorum, legunt
bonum quod agere ipsi noluerunt) e, al confronto con quelli che lhanno
compiuto, si sentono condannati30.
29. Vita Monastica 50 (1957) 110.
30. Moralia in Job, pars quinta, XXIV, 16: testo bilingue in P. Siniscalco (a cura di), San

Gregorio Magno. Commento morale a Giobbe/3 (XIX-XXVII), Roma 1997, 354-355.

294

I GARGANO

Le conseguenze di un simile accostamento sono di enorme portata.


Gregorio infatti, nel momento stesso in cui si applica con estrema acribia a
compulsare il codice scritto, pienamente cosciente sia dellimportanza di
esso, che della sua paradossale relativit. Il codice sembra anzi totalmente
in funzione sia della visione del Giudice che verr in cui sta scritto ogni
precetto, sia della visione della vita dei giusti nei quali si leggono stampati, con le opere, i comandamenti divini. Il codice biblico cede perci il
passo non solo a Colui nel quale sta scritto ogni precetto, ma anche a coloro nelle cui opere sono stampati (impressa) i comandamenti divini.
Gli eventi narrati dalla Scrittura, limmagine di Cristo, e gli esempi di
vita offerti dai giusti, trovano poi unaltra strada di comunicazione nella
storia raccontata per immagini (per picturae historiam).
Infatti scrive Gregorio ci che offre a coloro che sanno leggere la
scrittura, lo offre, agli ignoranti che vedono, la pittura: perch in essa gli
ignoranti vedono ci che debbono seguire, in essa leggono gli analfabeti;
soprattutto poi per quelli che provengono dai barbari (gentibus) la pittura
sostituisce la lettura (pro lectione pictura est)31.

Il kerigma della Chiesa si esplicita insomma, secondo Gregorio, in tre


forme diverse che possiamo indicare cos: primo, il codice biblico; secondo, il Giudice che verr; terzo, la vita dei giusti. Tutte e tre queste forme del
kerigma possono essere messe poi sotto il denominatore comune di libri,
o, eventualmente, di immagini, a loro volta equiparate ai libri.
Compiuto questo accostamento, non sar pi illegittimo n fuorviante,
agli occhi di Gregorio, utilizzare, secondo le opportunit pastorali, luno o
laltro di questi libri. Infatti nessuno dei tre libri sarebbe comprensibile
se fosse distaccato, separato, o diviso dagli altri due, e tutti e tre si riducono, nel pensiero di Gregorio, ad essere ostensione concreta dei mandata
caelestia.
Innocenzo Gargano
San Gregorio al Celio, Roma

31. Lettere, XI, 10: trad. it. in V. Recchia (a cura di), Opere di Gregorio Magno. V/4: Lettere

(XI-XIV), Roma 1999, 39.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME.


Sofferenza e limite in Gregorio Magno

E. Arborio Mella

Gli storici del cristianesimo sono unanimi nel considerare Gregorio uno dei
pi grandi papi della chiesa di Roma. Non pochi lo ritengono il pi grande
in assoluto. Il che non manca di sorprendere se si pone mente alle enormi
limitazioni cui la sua persona e la sua opera dovettero sottostare. Ci si pu
allora porre una domanda, solo apparentemente paradossale: la grandezza di
Gregorio si espresse nonostante il dramma personale e storico in cui egli si
trov a vivere, o invece proprio grazie ad esso? In altre parole: le immense
difcolt chegli visse dentro e attorno a s furono impedimenti a un pieno
dispiegamento della sua azione, o furono stimoli per la sua riessione, per la
sua crescita spirituale, per la sua azione pastorale, politica e caritativa?
Forse, come spesso accade nella vita, entrambe le risposte sono vere.
Per chi animato da sapienza e da vera vita interiore, lesperienza del limite anche strumento di maturazione.
Certo che la persona di Gregorio (almeno quella che conosciamo dai
suoi scritti, quella cio degli anni del suo impegno ecclesiale) appare fortemente condizionata, e talvolta quasi dominata, da tre grandi limitazioni,
che a loro volta si espressero in tre grandi sofferenze: sofferenza sica (la
malattia), sofferenza che gli venne dal sentirsi costretto ad una turbinosa
attivit chegli sentiva come un freno alla sua vita interiore, sofferenza
dovuta alla drammatica situazione politica e sociale del mondo circostante.
Proviamo a capire come Gregorio visse tutto ci.
1. Sofferenza sica
Sofferenza sica, innanzitutto. Gregorio negli anni del suo ponticato pass
molto tempo a letto, impossibilitato a muoversi e a mostrarsi al suo gregge:
poteva accadere che anche quando riusciva a presiedere una liturgia egli incaricasse qualcuno di leggere a nome suo lomelia, da lui scritta in precedenza.
Cerc tuttavia di costringersi, ogni volta che pot: sia pure a costo di riuscire
a farsi sentire solo da pochi a causa della voce che gli veniva meno1.
1. Cf. Hom. Eu. 21,1; 22,1.

LA 54 (2004) 295-320

296

E. ARBORIO MELLA

Talvolta Gregorio collega questa sua sofferenza al dramma che si svolgeva attorno a s e di cui egli era angosciato testimone. Nellestate del 592,
mentre il duca longobardo di Spoleto Ariulfo devastava il contado romano,
Gregorio in una lettera al vescovo di Ravenna presenta se stesso come dominato da un malessere che oggi chiameremmo malattia psicosomatica:
Il fatto che io non abbia risposto a diverse lettere della Vostra Beatitudine, non
attribuitelo a indifferenza da parte mia, ma alla fatica. Infatti, a causa dei miei
peccati, allepoca in cui Ariulfo marciando sulla citt di Roma uccideva alcuni,
decapitava altri, io sono stato preso da una tale tristezza che sono caduto in un
malessere intestinale2.

Ma gi in questo contesto possibile apprezzare in lui la capacit, direi


quasi il bisogno di trovare una positivit e anzi una benedizione nel male
di cui soffriva. In una lettera al patrizio Venanzio parla dellutilit che pu
venire da una sofferenza vissuta nella vigilanza:
Sono tormentato dai dolori della podagra, che fanno male a me non diversamente
che a voi (...). Posti in mezzo ad essi, cosaltro dobbiamo fare se non richiamare
sempre alla memoria i nostri peccati e rendere grazie a Dio onnipotente? S, perch noi, che molto abbiamo peccato per lallettamento della carne, dallafizione
della carne siamo puricati. Bisogna anzi sapere che la pena presente, se converte
lanima di chi soffre pone termine alla colpa anteriore; se invece non la converte
al timore del Signore, inizio di una pena successiva. Bisogna dunque fare attenzione, attendere con ogni cura a una totale conversione del cuore fra le lacrime,
per non passare da questo tormento ad altri tormenti. Bisogna anche considerare
con quanta pietosa condiscendenza agisce verso di noi il nostro Creatore: batte in
continuazione noi che siamo degni di morte, e tuttavia per il momento si astiene
dal farci perire. Minaccia quello che sta per fare, e tuttavia non lo fa, afnch i
dolori che ne sono lannunzio ci spaventino...3.

La sofferenza dunque, se vissuta nellamore per Dio, purica dalle


colpe trascorse e immette nel cuore il timore del Signore.
Una seconda positivit della sofferenza viene dal fatto chessa produce
una vicinanza allaltro. Dedicando a Leandro di Siviglia i Moralia, che
sono com noto un commento a Giobbe, Gregorio parla della propria

2. Ep. 2,38. In generale i passi gregoriani contenuti in questo studio sono citati secondo

ledizione Corpus Christianorum, Series Latina, voll. CXL-CXLIV. Per i Dialogi ci si riferisce alledizione Sources chrtiennes 251, 260, 265; per la Regula pastoralis alledizione
Sources chrtiennes 381, 382.
3. Ep. 11,18.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

297

sofferenza sica mettendola in connessione diretta con quella, appunto, del


grande sofferente:
Forse questo fu il disegno della divina Provvidenza: che io, percosso, commentassi
Giobbe percosso; che io comprendessi meglio grazie ai miei agelli il cuore di un
uomo agellato4.

La sofferenza aiuta dunque a capire chi soffre. A condizione, anche


qui, che essa sia vissuta nellamore. il principio che viene enunciato in
tono quasi proverbiale, senza essere necessariamente legato alla sofferenza
sica, nel corso di unomelia rivolta al popolo:
Ciascuno porta il suo prossimo nella misura in cui lama. Se ami, porti. Se cessi
di amare, cessi di tollerare5.

Notiamo a questo proposito che Gregorio non particolarmente interessato agli strumenti classici dellascesi cristiana, quali le veglie e i digiuni,
come mezzi di crescita spirituale. Per lui lascesi consiste essenzialmente
nellaccettazione del male che ci colpisce e nel compimento delle buone
opere cui siamo chiamati nei confronti del prossimo. Siamo dunque nella
sfera dellobbedienza amorosa: la stessa che ebbe tanta parte nei Dialogi a
delineare i rapporti fra discepolo e maestro, e che, come vedremo in pi occasioni nel corso di questo studio, indurr Gregorio a piegarsi incessantemente
agli eventi e ai fratelli nella persuasione di piegarsi in tal modo a Dio.
In conclusione, Gregorio non si abbandon mai alla tentazione dellimpotenza: la malattia fu anzi per lui un costante richiamo allumilt
nonch uno stimolo alla necessaria compassione, tanto dovuta in quegli
anni turbati.
2. Sofferenza per la costrizione alla vita attiva
Un secondo motivo di sofferenza venne a Gregorio dalla costrizione a
unattivit molteplice legata al ministero, che non gli lasciava il tempo di
abbandonarsi allattivit che avrebbe veramente desiderato: quella della
quies monastica, del vacare Deo. Gregorio esprime spesso questa aporia in

4. Mor., lettera dedicatoria, 5.


5. Hom. Hiez.2,3,11: Tantum quisque portat proximum quantum amat. Si enim amas, portas;

si desistis amare, desistis tolerare.

298

E. ARBORIO MELLA

termini di contrasto fra vita contemplativa e vita attiva. Non si tratta


nel linguaggio gregoriano di diverse forme di vita religiosa, come generalmente il caso oggi, allorch si parla dei carismi particolari di questa o
quella congregazione. Si tratta piuttosto di diversi momenti nella vita di
ogni persona: momenti che dovrebbero tendere ad alternarsi e ad integrarsi
vicendevolmente per creare lequlibrio interiore necessario al nutrimento
della fede.
Gregorio fu per alcuni anni, come sappiamo, funzionario civile, no a
raggiungere la carica di praefectus urbis. Poi abbandon carriera e beni,
convert in dimora monastica la sua casa al Clivus Scauri sul Celio e vi
divenne monaco. Poco dopo fu ordinato diacono e inviato come apocrisario
a Costantinopoli ove per circa sei anni condusse la vita del diplomatico.
Tornato a Roma riprese la vita monastica intersecata peraltro da unattivit
di segreteria nella curia papale: pochi anni drammatici al termine dei quali
fu chiamato alla cattedra del successore di Pietro. La vita monastica, insomma, lunica che Gregorio abbia veramente scelto e amato, dur pochissimi
anni. Gregorio li rimpianger sempre.
Gli elementi costitutivi di questo genere di vita sono essenzialmente
due: la tranquillit e la preghiera.
Tranquillit
Della tranquillit amata da Gregorio nella vita monastica sono testimonianza alcuni passi degli anni del ponticato: passi in cui dunque il timbro
quello del ricordo nostalgico di un mondo perduto. Cos, nel prologo dei
Dialogi egli si abbandona alla seguente confessione:
Il mio infelice spirito, percosso dalle ferite delle sue occupazioni, si ricorda di
come visse un tempo nel monastero: come tutte le cose caduche erano al di sotto di
lui, come egli dominava dallalto su tutto ci che passa, e il fatto che era abituato
a pensare solo alle cose celesti; che anche trattenuto dal corpo attraversava con la
contemplazione i limiti della carne6.

Lo si vede, il monaco Gregorio era sovrano: grazie alla contemplazione incessante chegli conduceva nulla poteva turbare il suo spirito, e la
realt terrena era misera cosa di fronte alla grandezza della realt divina
che permeava lintera sua vita. Come non pensare alla celebre visione di
6. Dial. 1, prol.,3.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

299

Benedetto, quale viene descritta ancora nei Dialogi, nel corso della quale
il mondo intero, come raccolto sotto un unico raggio di sole, fu portato
davanti ai suoi occhi7?
La stessa esperienza descritta in termini struggenti in una lettera a
Teoctista, sorella dellimperatore bizantino Maurizio, subito dopo la sua
forzata accettazione del ponticato.
Ho perduto le gioie profonde del mio riposo (...). Ogni giorno mi sforzavo di diventare estraneo al mondo, estraneo alla carne, di scacciare dagli occhi dellanima
tutte le immagini materiali e di guardare in modo immateriale alle gioie dellalto.
Aspirando alla visione di Dio dicevo, non solo a parole ma dalle midolla del cuore:
A te ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto, il tuo volto, Signore, cercher
(Sal 26,8 Vulg.). Non desiderando niente in questo mondo, non temendo niente,
mi sembrava di stare su un vertice, al punto da credere quasi che si compisse in
me la promessa del Signore che avevo imparato nel profeta: Io ti far calcare le
alture della terra (Is 58,14)8.

Espressioni di questo genere esprimono chiaramente una memoria


ormai idealizzata, trasgurata nella privazione e probabilmente anche obbediente alle regole della retorica. Del resto, lo stesso Gregorio si rendeva
conto che al tempo in cui conduceva quella straordinaria avventura non
era stato capace di apprezzarla al suo giusto valore. Come accade sempre,
anchegli cap pienamente la bellezza di ci che viveva solo dopo averlo
perduto.
Mentre possedevo la pace del monastero, non la conservai con forza; cos, solo
quando la perdetti mi accorsi di quanto stretta avrei dovuto tenerla9.

In realt, lo vedremo, la vita di Gregorio in monastero fu ben pi complessa di come egli la descrive, pi ricca e pi povera al tempo stesso, pi
segnata dallumanit quotidiana. E la sua stessa preghiera fu molto meno
unicata nel desiderio appassionato della vita divina, stando a come egli
stesso ne parla nei testi che si presenteranno fra un momento. Queste testimonianze tuttavia ci servono per capire il suo gusto profondo per la vita
monastica, e di conseguenza lintensit del senso di deprivazione che ne
accompagn la ne.

7. Dial. 2,35,3.
8. Ep. 1,5.
9. Mor., lettera dedicatoria, 1.

300

E. ARBORIO MELLA

Preghiera
Sulla preghiera dunque, laltro aspetto centrale della vita monastica di
Gregorio, giunto il momento di dire qualcosa. Su di essa anzi converr
soffermarsi un po pi a lungo.
Gregorio amava la preghiera. Essa muoveva per lui principalmente dalla Scrittura, ma anche dalle lezioni della storia: strumenti voluti e benedetti
di costante confronto con Dio per la puricazione di s. In un passo delle
Homiliae in Hiezechielem egli vede nel profeta che contempla la somiglianza della gloria del Signore (Ez 2,1 Vulg.) colui che scorge i segni
dellazione di Dio sulla terra. E commenta:
Appena il profeta ha visto la somiglianza della gloria del Signore caduto faccia
a terra. Questa somiglianza della gloria noi non possiamo vederla con lo spirito di
profezia. Allora dobbiamo instancabilmente cercare di conoscerla, e aver cura di
contemplarla nella parola sacra, nei moniti del cielo, nelle lezioni dello Spirito. E
quando percepiamo qualcosa di Dio, cadiamo faccia a terra perch ci vergognamo
del male che ricordiamo di aver commesso10.

Il contatto assiduo con la Scrittura anima tutta la vita delluomo, ed


utile soprattutto in due direzioni strettamente legate una allaltra: da un
lato per la conoscenza di s, della propria natura e dei meccanismi profondi
della propria psiche; daltro lato per la ricerca di criteri atti a guidare il
comportamento quotidiano. Soprattutto per s, dunque: non tanto per una
conoscenza gratuita delle opere di Dio, per ricavarne una teologia della storia come amava fare Agostino. Illuminante a questo proposito il seguente
passo dei Moralia:
La Santa Scrittura si presenta agli occhi della mente come una sorta di specchio:
noi possiamo vedere in essa il nostro volto interiore. L conosciamo infatti ci che
in noi laido e ci che bello. L ci accorgiamo di quanto avanziamo e di quanto
lontani siamo dal progresso. Essa narra le azioni dei santi e provoca i cuori dei
deboli alla loro imitazione. Ricordando le loro vittorie, essa rassicura la nostra fragilit di fronte allassalto dei vizi. Avviene cos grazie alle sue parole che il nostro
cuore sia tanto meno trepidante nelle lotte che deve sostenere quanti pi trion si
vede posti di fronte da parte di uomini forti. Talvolta invece essa ci racconta non
solo le loro virt, ma ci svela anche le loro cadute. Cos nelle loro vittorie noi
vediamo ci che dobbiamo fare nostro mediante limitazione, e nelle loro cadute
ci che dobbiamo temere11.
10. Hom. Hiez. 1,8,32.
11. Mor. 2,1,1.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

301

Condizione perch ci avvenga , ancora, che la lettura della Scrittura


muova dallamore e sia dunque da esso sostenuta. Il rapporto con la parola
di Dio non pu essere fatto di semplice studio, per quanto attento esso sia:
somma attenzione va posta invece nel mettere lamore al centro di esso.
Ascoltiamolo nei Moralia:
necessario che chiunque si affretta allimpegno della contemplazione interroghi
prima se stesso con sagacia su quanto ama. Infatti la forza dellamore la macchina della mente (Machina quippe mentis est vis amoris): mentre trae la mente
fuori dal mondo la solleva verso lalto. Prima dunque esamini se mentre investiga
le realt pi alte le ha care, se avendole care ha timore, se capace di comprendere
attraverso lamore ci che non conosce e di venerare attraverso il timore ci che
non giunto a comprendere12.

Gregorio esprime ancora questo legame in alcune espressioni lapidarie


che sono una sua peculiare caratteristica di stile. Sempre nei Moralia scrive: per amorem agnoscimus13. E altrove giunge a unire i due concetti in
uno solo nellaffermare: amor ipse notitia est14.
Pu essere interessante anche su questo un confronto con Agostino.
Lidea del giungere alla conoscenza attraverso lamore non certo assente
dagli scritti di questultimo. Egli afferma ad esempio: caritate diligimus,
ut et plenius cognoscamus, amiamo mediante la carit per conoscere pi
pienamente15. Negli scritti agostiniani tuttavia ben pi presente un altro
binomio, quello tra conoscenza e fede, che si condensa nellaffermazione:
crede ut intelligas (da completare daltronde con il suo contrario: Intelligam ut credam)16. Parafrasando Agostino, Gregorio direbbe piuttosto:
ama ut intelligas.
In un passo delle Homiliae in Hiezechielem Gregorio riprende limmagine dellinnalzamento, per concludere che linnalzarsi del credente
produce anche un innalzarsi della Parola. Loccasione la descrizione del
carro della maest divina descritto nel primo capitolo del libro di Ezechiele.
I viventi che sostengono il carro sono immagine di quanti si applicano alla
lettura della Bibbia:

12. Mor. 6,37,58.


13. Mor. 10,8,13.
14. Hom. Eu. 27,4.
15. Agostino, Sermo 71, 12,18.
16. Presenti entrambe nel Sermo 43, 9.

302

E. ARBORIO MELLA

Le parole divine crescono con chi le legge: quanto pi profondamente uno ssa in
esse lo sguardo, tanto pi profondamente le capisce. Le ruote non si elevano se non
si elevano i viventi: perch se lanima di chi legge non avanza verso lalto, le parole
divine giacciono, non capite, come in basso (...). Dove si dirige lo spirito del lettore,
l si elevano anche le parole divine: perch se cerchi in esse con lo sguardo e con il
cuore qualcosa di alto, queste sante parole crescono con te, con te ascendono in alto
(...). Le ruote seguono lo spirito perch le parole del testo sacro, come stato detto
e ridetto, crescono in intelligibilit secondo la disposizione interiore di chi legge.

E ancora:
Le ruote avanzano, si fermano, si elevano assieme ai viventi, perch quale diviene
luomo che cerca di leggere la Scrittura, tale essa viene trovata17.

Si ricordi laffermazione riportata allinizio del presente studio: Se


ami, porti. Se ami, sembra dire qui Gregorio, porti anche le Scritture.
I frutti della preghiera
Val la pena approfondire un poco il tema della conoscenza di s che Gregorio
cercava nella preghiera. Il primo frutto di tale conoscenza la compunctio,
la compunzione. Il termine presente in diversi passi della Vulgata, e indica
un essere punti, un venire feriti interiormente da un sentimento doloroso.
Gregorio distingue due generi di compunctio (o quattro, che si possono per
ricondurre a due): sono la compunzione di timore e la compunzione damore,
la prima data dal ricordo doloroso dei propri peccati, la seconda data dalla
ducia nel perdono divino e dallamore per le realt celesti. Anche questa
ultima ha un aspetto di dolore, perch vi in essa la nostalgia di una patria
perduta che pu dar luogo a lacrime di desiderio e tenerezza. Il primo frutto
della preghiera insomma, potremmo dire, unesperienza di sofferenza. Ma
non chiusa in se stessa: piuttosto il prezzo da pagare per giungere alla conoscenza della bellezza. Leggiamo alcuni testi.
Chi anela per il desiderio delleternit rimproverando accuratamente se stesso,
questi passa al vaglio le sue azioni e cerca se non vi in lui qualcosa con cui possa
offendere il volto del suo creatore (...). Tale in questa vita la fatica dei giusti:
scoprire se stessi, e scoprendosi, portare se stessi a migliorare mediante il pianto
e la correzione18.
17. Hom. Hiez. 1,7,8; 1,7,9; 1,7,16.
18. Mor. 11,42,57.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

303

il primo tipo di compunzione, il risultato della scoperta della propria


miseria. Ma dalle ultime parole ne appare chiara la fecondit. Ci si addentra
allora maggiormente nella vita spirituale:
Se qualcuno comincia gi a gustare con la bocca del cuore cosa sia la dolcezza
delle ricompense celesti, cosa siano gli inni cantati dai cori degli angeli, cosa sia
linesprimibile visione della santa Trinit, allora, pi si fa dolce quanto vede dentro
di s pi si volge in amarezza quanto sopporta al di fuori. Litiga con se stesso al
ricordo del male che ha fatto, dispiace a se stesso mentre comincia a piacere a colui
che tutto ha creato (...). Finch non possiede la visione che desidera, le lacrime
gli sono dolci19.

Ci siamo cos affacciati al secondo tipo di compunzione, inestricabilmente legata alla prima ma portatrice di unesperienza interiore alquanto
diversa. Nel passo seguente le due compunzioni sono presentate in successione:
Spesso la grazia del Signore onnipotente fa s che certi passi del testo sacro si
comprendono meglio, quando si legge la parola di Dio in segreto. Lanima, conscia delle sue colpe, riconoscendo la verit di ci che ascolta si colpisce con la
freccia del dolore e si tragge con la spada della compunzione, al punto che non
ha altro desiderio che di piangere e di lavare le sue macchie in un otto di lacrime.
Cos facendo essa talvolta rapita nella contemplazione di sublimi realt, e nel
desiderio di esse tormentata da un dolce pianto. Questanima afitta di essere
quaggi ove ancora giace prostrata dallinfermit, e di non essere ancora lass, ove
illuminata sarebbe piena di forza e non lascerebbe pi locchio del cuore ritornare
alle tenebre della condizione mortale. Da qui, s, da qui nasce in essa un fuoco, da
questardore sgorga il pianto20.

Lobbedienza al dono della compunzione porta ad unicare poco a


poco la persona in una vita interiore priva di distrazioni, che talora viene
espressa da Gregorio nellespressione habitare secum. Si tratta di espressione proveniente dalla letteratura classica latina (Cicerone, Persio), e che
Gregorio us a proposito di san Benedetto:
Benedetto direi che abit con se stesso (secum habitasse) perch, sempre in guardia (circumspectus) e vigilante su se stesso, vedendosi sempre sotto lo sguardo del
Creatore, esaminandosi sempre, non gett locchio della mente al di fuori di s21.

19. Hom. Hiez. 1,10,43.


20. Hom. Hiez. 2,2,1.
21. Dial. 2,3,7.

304

E. ARBORIO MELLA

Non si tratta ovviamente di una contemplazione morbosa, e in fondo


narcisistica, del proprio peccato; ma di un rendersi sensibile alla presenza
e al dono di Dio, che predispone il cuore alla preghiera:
Benedetto abit con se stesso in quanto si custod nel chiostro del suo pensiero.
Ma ogni volta che lardore della contemplazione lo rap verso lalto, lasci indubbiamente se stesso al di sotto di s22.

Lelevazione verso Dio fa dunque parte dellhabitare secum. Il contrario la realt di colui che distratto:
Ogni volta che siamo condotti al di fuori di noi dal movimento di uneccessiva
preoccupazione, restiamo noi stessi, certo, ma non siamo pi con noi stessi: perch
non vediamo pi noi stessi e vaghiamo qua e l23.

Abitare pienamente con se stessi invece anche sperimentare, presto o


tardi, delle occasioni di vero rapimento al di sopra di s: che non sono certo
il ne della preghiera e che non sono neppure ricercate, ma che giungono
inaspettate a dare consolazione e certezza. Occasioni inesprimibili, cui la
moltiplicazione delle parole pu solo cercare di approssimarsi.
Lo Spirito santo non esprime in una sola volta, allesterno, attraverso la lingua dei
profeti, ci che Egli mostra loro in una sola volta allinterno, nel cuore. Lacqua
della conoscenza di cui si riempie lanima del profeta sovrabbonda impetuosa
nella contemplazione. Ma una bocca umana, apertura di carne, sempre stretta
allo spirito delluomo per esprimere quellimmensit che viene percepita. Allora
la lingua moltiplica i modi di esprimersi24.

I limiti della preghiera


Siamo al punto pi alto dellideale gregoriano della preghiera. Parlare di
rapimenti verso Dio richiede peraltro una precisazione. Gregorio molto
attento al riguardo: si tratta sempre solo di momenti. Lesperienza di Dio
nella mistica non la realt normale delluomo di preghiera, neppure del
santo. Subentra la distrazione, la debolezza psicologica, lincapacit a restare l, le fragilit e le angosce proprie della condizione umana.
22. Dial. 2,3,9.
23. Dial. 2,3,5.
24. Hom. Hiez. 1,8,5.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

305

Si fece silenzio in cielo per circa mezzora (Ap 8,1). Il cielo lanima del giusto
(...). Quando il riposo della vita contemplativa si stabilisce nellanima si fa silenzio in
cielo, perch lo strepito delle faccende terrene viene meno nel pensiero, s da permettere allanima di porre lorecchio agli intimi segreti. Ma questo riposo non pu essere
perfetto in questa vita, per cui non si dice che si sia fatto silenzio in cielo unora intera,
ma circa mezzora; e anche questa mezzora non devessere intesa come completa,
dato che si premette circa. Infatti, non appena lanima comincia ad elevarsi e ad
essere invasa dalla luce del suo intimo riposo, lo strepito delle preoccupazioni subito
riprende, e strappata a se stessa si confonde, e confusa cade nella cecit25.

lesperienza del limite, implacabile. Eppure in questa incapacit,


come gi nellinabilit sica, Gregorio vede pure un elemento di positivit:
in questo caso laiuto che viene alluomo per la salvaguardia dellequilibrio interiore:
Dio fa capire chiaramente che la debolezza custode della virt. Infatti noi veniamo interiormente custoditi bene, quando per disposizione di Dio siamo tentati
esteriormente (in modo da poterlo tollerare) sia dai vizi che dalle tribolazioni (...).
La carne ci trascina in basso, afnch lo spirito non ci innalzi; e lo spirito ci trascina in alto, afnch la carne non ci abbatta (...). Cos, nel grande ordine di Dio,
il progresso interiore ci fa conoscere ci che abbiamo ricevuto, e il limite esteriore
ci che siamo26.
Colui che ci ha creati e che si prende cura di noi regola ogni cosa in modo che chi
avrebbe potuto inorgoglirsi per il dono che possiede viene tenuto nellumilt con
la virt che non possiede27.

Nella sua ricerca di equilibrio interiore Gregorio giunge cos ad affermare che limperfezione meglio della perfezione:
Spesso, quando i principianti nella vita spirituale mostrano le loro buone opere
prima del dovuto, impediscono al seme della perfezione di maturare in esse.
Spesso allora le virt, pi abbondanti del necessario, evaporano. Ecco perch
il Signore respinge i desideri dei suoi eletti se sono prematuri; e se invece essi
vengono al tempo giusto, egli impedisce ai loro progressi di superare la giusta
misura. Se progredissero prima o pi del dovuto, la grandezza dei loro progressi
li farebbe cadere nel peccato di orgoglio (...). Molti, quando concepiscono santi
desideri, ardono dal desiderio di praticare le virt pi elevate in modo che nessuna colpa venga a macchiare lazione, e neppure a turbare il pensiero; con una
25. Hom. Hiez. 2,2,14.
26. Mor. 19,6,12.
27. Mor. 28,10,22.

306

E. ARBORIO MELLA

applicazione incessante cercano di raggiungere la stabilit interiore che propria delleternit. Ma le tentazioni che sopraggiungono li risospingono indietro,
afnch si ricordino delle loro debolezze e non sinnalzino per delle virt che
hanno ricevuto28.

Sappiamo bene come la storia della spiritualit sia piena di eroi dello
spirito che sono sprofondati nella follia per non aver voluto tener conto
dei propri limiti.
Il concetto di misura, apparso nel brano test citato, molto importante
nel linguaggio e nel pensiero di Gregorio. Esso si applica anche al rapporto
fra preghiera e attivit esterna. Bench talvolta egli veda il suo equilibrio
personale messo in pericolo (di questo si dir tra breve), Gregorio vede
tendenzialmente una dialettica feconda tra preghiera e attivit. La preghiera per lui una condizione indubbiamente migliore dellattivit: tuttavia
entrambe sono necessarie per lequilibrio interiore. Si daltronde gi accennato al fatto che tra le acquisizioni cercate da Gregorio nella frequentazione della Scrittura vi era proprio il discernimento di criteri per lazione.
Preghiera e azione sono dunque intimamente legate. Ma in numerosi testi
egli esprime la positivit spirituale dello stesso agire storico in quanto tale.
Prendiamo ad esempio il passo seguente. Del signicato dei termini vita
attiva e vita contemplativa gi si detto.
Nella vita attiva possiamo rimanere stabilmente; nella vita contemplativa noi
siamo assolutamente incapaci di tenere in tensione la mente. Quando lasciamo
il nostro torpore e ci sproniamo a lavorare con ardore per il bene, dove altro andiamo, se non verso la vita attiva? E di l non dobbiamo in alcun modo tornare
indietro (...). Quando invece dalla vita attiva ci eleviamo alla contemplativa, la
nostra mente incapace di restare a lungo in contemplazione, e tutto quello che
esso percepisce delleternit, come in uno specchio e in enigma (1Cor 13,12),
lo vede come furtivamente e di passaggio. Respinta dalla sua stessa debolezza
lontano dallimmensit di una s grande altezza, lanima ricade su se stessa. Deve
dunque tornare alla vita attiva29.

Alla contemplazione dunque ci si eleva, nella vita attiva si cade. Ma


la vita attiva necessaria come base per la vita contemplativa. Negativo
solo il torpore.
Di pi: lazione che nasce dal confronto con la Scrittura, elevando luomo, aiuta la stessa preghiera. La preghiera luomo intero, non pu essere
28. Mor. 29,30,62.
29. Hom. Hiez. 1,5,12.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

307

isolata entro il solo spirito. Nel brano sul carro di Ezechiele citato pocanzi
ad un certo punto si pu leggere:
Se il vivente cammina, cio cerca dei modi di vivere meglio, e facendo un passo
nel cuore trova il modo di porre un passo nellopera buona, allora anche le ruote
avanzano insieme a lui: tu trovi come progredire nel testo sacro a misura che sei
divenuto migliore al suo contatto30.

Per questa via Gregorio giunge ad affermare:


Le due vite attiva e contemplativa, custodite nella mente, sono come due occhi
nella faccia31.

Due occhi da custodire peraltro, precisa subito Gregorio, con la cura


che si addice a ciascuno.
Un giorno, addirittura, dopo aver parlato a lungo delle due vite riaffermando la superiorit delluna sullaltra e dopo averle inquadrate nei
paragoni classici di Lia e Rachele, di Marta e Maria, Gregorio giunse alle
seguenti affermazioni. Egli stava parlando, val la pena notarlo, alla sua
gente, non a persone impegnate nella vita religiosa. Ma forse qualcuno fra
i suoi uditori non avr mancato di sorprendersi a sentirlo parlare cos:
Finch viviamo in mezzo al prossimo, la vita attiva per noi un obbligo, laltra
una libera scelta. Chi mai infatti, conoscendo Dio, entra nel suo regno, se prima
non opera il bene? Si pu entrare nella patria celeste senza la vita contemplativa,
se non si omette di fare il bene di cui si capaci; senza la vita attiva invece non
si pu entrarvi, se si omette di fare il bene di cui si capaci32.

Tale complementarier si trova espressa in due osservazioni contraddittorie:


Nelle attivit terrene il cuore si raffredda grandemente, se non stato ancora reso
saldo da doni che toccano le sue profondit Per cui necessario che assumano alte
posizioni e opere esterne utili alle necessit degli uomini solo quanti hanno gi
imparato a giudicare su queste cose e a dominarle restandone padroni, prendendo
dalle loro profondit la forza per farlo33.

30. Hom. Hiez. 1,7,8.


31. Mor. 6,37,57.
32. Hom. Hiez. 1,3,10.
33. Mor. 12,53,60.

308

E. ARBORIO MELLA

Ma anche:
Il tempo dellazione viene prima, quello della contemplazione lultimo34.

Dunque i doni che toccano le profondit, o i doni della contemplazione, sono il presupposto indispensabile di ogni attivit esterna di un certo
impegno; ma a sua volta la maturazione interiore che conduce a lasciarsi
plasmare dalla preghiera opera di tutta una vita.
Questa complementariet fra contemplazione e azione veniva vissuta
da Gregorio giorno per giorno nellattivit pastorale, ove di conseguenza
essa appare in modo particolarmente evidente. Loperosit instancabile e
minuta legata al ministero, come pure il necessario chinarsi sul prossimo,
furono un costante richiamo al discernimento su di s e un aiuto a evitare
le illusioni. Gregorio ne parla in un passo velatamente autobiograco:
Ai santi capita spesso che, vedendosi toccati da un grande dono di grazia celeste, si
ritengano ormai perfetti; e si pensano obbedienti, ma solo perch non vi nessuno
che ordini loro cose dure; e si credono pazienti, ma solo perch nessuno li urta con
insulti o con avversit. Allora molte volte succede che assumano controvoglia un
ministero spirituale, e siano costretti al governo dei fedeli.

Controvoglia: lesperienza stessa di Gregorio. Il quale cos continua:


Allora essi vengono urtati da ogni parte da grandi tribolazioni. Lanima loro si
turba. Cos si scoprono imperfetti, proprio loro che nch non venivano urtati si
erano creduti perfetti. Di conseguenza accade che rientrino in se stessi e tacitamente arrossiscano dentro di s per la vergogna di esser tanto deboli. Forticati quindi
dalla loro stessa confusione oppongono alle avversit la loro pazienza; grazie alla
tribolazione avanzano. Essi, che prima nella tranquillit dormicchiavano a causa
della loro sicurezza, cominciano ad essere veramente ci che in precedenza pensavano vanamente di essere35.

Diventa cos vitale, per la propria verit umana e spirituale, accogliere


con gratitudine le difcolt quotidiane, e anzi desiderarle:
Lanima del giusto, nel suo progredire, mentre prima si occupava soltanto di ci
che suo e si infastidiva a portare i pesi altrui; mentre, poco portata a compatire
i problemi altrui, non riusciva a stare salda di fronte alle avversit, quando si
34. Mor. 6,37,60.
35. Hom. Hiez. 2,7,12.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

309

lascia attirare a tollerare le debolezze del prossimo diventa salda per superare le
avversit. E cos, per amore della verit, ora desidera le tribolazioni di questa
vita con la stessa forza con cui prima rifuggiva le debolezze altrui. Con il suo
piegarsi si innalza, con il suo inchinarsi tende verso lalto, con il suo con-soffrire si rafforza. E quando si dilata nellamore del prossimo, con una sorta di
esercizio raccoglie le sue forze per innalzarsi verso il Creatore. Quella carit
che ci umilia per darci la compassione ci solleva a una vetta di contemplazione
ancora pi alta36.

Laccettazione grata delle difcolt comprende ovviamente anche lincontro con il male. E ancora una volta giover ricordare la grande affermazione iniziale: Se ami, porti.
Noi non vogliamo portare i mali del prossimo, noi abbiamo deciso che tutti ormai
devono essere santi, riutando di aver qualcosa da sopportare a causa loro. Ma
in questo stesso riuto appare pi chiaro della luce quanto poco di bene abbiamo ancora in noi stessi, allorch ci riutiamo di sopportare i cattivi (...). Spesso,
quando noi ci lamentiamo della vita del prossimo, cerchiamo di cambiar luogo, di
scegliere il nascondimento di una vita pi ritirata. Non sappiamo che se lo spirito
vien meno, non serve il luogo37.

Proviamo, sulla scorta degli ultimi brani citati, a riandare con la memoria alle descrizioni colme di lirica nostalgia con cui Gregorio parlava della
propria vita nel monastero. Quanto profondamente il maestro interiore,
attraverso il limite e la sofferenza, aveva in realt scavato nellanima del
suo discepolo!
Si detto che fra le chiavi cercate da Gregorio nella preghiera vi sono
gli esempi per la propria vita. Lesempio perfetto della compresenza di
interiorit ed esteriorit chiaramente la persona di Cristo.
Cristo la pietra angolare: da una parte perch ha unito in s i due popoli, daltra
parte perch ha mostrato congiunte in s gli esempi delle due vite, attiva e contemplativa. La vita contemplativa in effetti molto lontana dalla vita attiva. Ma
il nostro Redentore, venendo a noi nellincarnazione, le ha unite entrambe in s
mostrandole entrambe a noi. Mentre infatti faceva miracoli nella citt, passava la
notte sul monte in continua orazione. Diede cos un esempio ai suoi fedeli, afnch
questi non trascurino lattenzione al prossimo per amore della contemplazione,
n abbandonino gli esercizi della contemplazione perch eccessivamente occupati
dallattenzione al prossimo: ma stando in entrambe le congiungano in modo tale

36. Mor. 7,15,18.


37. Hom. Hiez. 1,9,22.

310

E. ARBORIO MELLA

che lamore del prossimo non faccia ostacolo allamore di Dio, n che lamore di
Dio, che pi grande, abolisca lamore del prossimo38.

Il grande impegno pubblico


Tutta lassidua dialettica di cui si detto in queste pagine, e che era tesa instancabilmente allequilibrio interiore, come si gi accennato venne messa gravemente in pericolo soprattutto in due occasioni: quando Gregorio fu
nominato da papa Pelagio II apocrisario a Costantinopoli e quando poi fu
eletto egli stesso papa dal popolo di Roma. La seconda, in particolare, sulle
prime gli apparve come una privazione ormai insanabile. Ma in entrambi i
casi egli trover nella propria ricca esperienza di ricerca spirituale il nuovo
equilibrio che gli permetter non solo di sormontare le difcolt, ma anche
di farne motivo di ulteriore ricchezza. I testi citati sopra, molti dei quali
risalgono agli anni del ponticato, ne danno unidea sufciente. Ma come
gi mostrano alcuni passi presentati verso linizio a proposito della trascorsa vita monastica, egli avvert sempre il carico dellattivit pubblica come
una fonte di dispersione. Cos ne parl un giorno nella Regula pastoralis,
in termini generali ma certo autobiograci:
Spesso gli incarichi di governo che ci si assunti agellano il cuore con esigenze
diverse; ci si trova inadeguati a ciascuna, con la mente confusa divisa in molte cose.
Un sapiente ce ne mette opportunamente in guardia dicendo: Figlio, la tua attivit
non abbracci troppe cose (Sir 11,10): perch no a che la mente si divide in occupazioni diverse, non pu assolutamente concentrarsi nelle singole attivit. Mentre
trascinata fuori da preoccupazioni eccessive, essa perde la forza che le viene
interiormente dal timore. tutta presa dal bisogno di condurre le attivit esteriori,
ed ignara soltanto di se stessa. Sa pensare a molte cose ma non conosce se stessa.
Implicata com pi del necessario nelle faccende esteriori, accaparrata lungo il
cammino, dimentica la meta. Cos, disabituata ormai ad osservare con attenzione se
stessa, non si accorge dei danni che subisce e ignora le sue numerose mancanze39.

E altrove, in termini pi personali:


Un cuore sparpagliato in mille occupazioni pu forse raccogliersi in se stesso?
Quando mai potrei occuparmi con coscienza di tutte le faccende che mi circondano
e anche guardare a me stesso con sguardo unicato? Quando potrei correggere con
la dovuta durezza le iniquit dei malvagi, custodire con le lodi e gli ammonimenti
38. Mor. 28,13,33.
39. Past. 1,4.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

311

le azioni dei buoni, mostrare ad alcuni severit e ad altri dolcezza; quando riuscir
a pensare al tempo stesso ai bisogni dei fratelli, a portare la responsabilit della
sentinella che protegge la citt contro la spada nemica perch i cittadini non periscano in un attacco subitaneo, e in mezzo a tutto questo a dispensare pienamente
ed efcacemente la parola di esortazione per la custodia delle anime? Parlare di
Dio richiede una mente molto tranquilla e libera!40.

Fin dallinizio del suo ministero come vescovo di Roma Gregorio avvert questa verit. Val la pena citare almeno una lettera scritta in occasione
della sua elezione in risposta alle congratulazioni che gli erano state fatte
da un amico:
Alle congratulazioni che gli estranei mi fanno per lonore sacerdotale che ho assunto,
io non d un gran peso. Ma che voi vi congratuliate con me per questo, mi addolora
non poco: perch voi conoscete benissimo il mio desiderio, e tuttavia credete che io
abbia avuto una promozione. Il pi grande progresso per me sarebbe stato se fosse
stato possibile colmare i miei desideri, se avessi potuto realizzare la mia volont che
voi conoscete da molto tempo, raggiungendo la pace desiderata.41

Sappiamo che Gregorio cerc di sottrarsi al peso che gli era piombato
sulle spalle; alla ne si pieg con ducia al volere divino percepito attraverso lamore dei fratelli.
Improvvisamente, preso fra la paura e la devozione, levando gli occhi dellanima
a Colui che largisce tutti i beni e messa da parte ogni esitazione, ebbi allistante la
certezza che non poteva essere impossibile ci che mi comandava la carit proveniente dal cuore dei fratelli42.

Non accettare questincarico, fosse anche per un sentimento di umilt,


sarebbe stato superbia. Cos egli enuncia ancora in termini generali nella
Regula pastoralis:
Ci sono alcuni che si sottraggono solo per umilt, per non essere scelti a posizioni
cui si ritengono inadeguati. Lumilt di costoro (se si accompagna anche alle altre
virt) vera agli occhi di Dio, allorch non si ostina a riutare ci che loro
richiesto di assumere utilmente. Perch chi capisce lordine dallalto secondo cui
egli deve presiedere e tuttavia disprezza la presidenza, non veramente umile.
Piuttosto, sottomesso ai piani divini e alieno dal vizio dellostinazione (...) egli
deve da un lato fuggire con il cuore, ma daltro lato obbedire controvoglia.
40. Hom. Hiez. 1,11,26.
41. Ep. 1,3.
42. Mor., lettera dedicatoria, 2.

312

E. ARBORIO MELLA

Ancora una volta, laccenno al controvoglia cela una vicenda autobiograca. Qui il modello Mos:
Presiedere a una s grande moltitudine egli non lha voluto ma vi si sottomesso.
Forse sarebbe stato superbo se avesse assunto la guida di quel popolo numeroso
senza trepidare; e sarebbe stato ugualmente superbo se avesse riutato di obbedire
allordine del suo Creatore (...). Non volle presiedere ai popoli misurandosi da se
stesso, ma acconsent contando sulle forze di chi glie lo ordinava43.

A questo punto, il difcile compito che si poneva davanti a Gregorio


era quello di adattarsi alla nuova situazione senza fuggire da nulla:
Bisogna dunque fare attenzione a che lagitazione dei pensieri non abbia la meglio
sul nostro spirito44.

La via, ancora una volta, lamore, che mantenendo lo spirito in una


vigilanza indefettibile crea in esso un equilibrio sempre rinnovato:
Allorch esteriormente le occupazioni fanno un gran chiasso, interiormente una
pace profondissima si mantiene nellamore; mentre i tumulti delle occupazioni
fuori fanno chiasso, la ragione che presiede quale giudice mette ordine dentro,
dispone le forze che attorno a lei sono meno tranquille45.

In conclusione di questa seconda parte, al termine della breve presentazione fatta sul posto della preghiera nella vita di Gregorio si pu dire
che attraverso il confronto amoroso con la Scrittura, attraverso la fragilit
di questa stessa esperienza, attraverso linterrelazione fra di essa e la vita
attiva, egli giunse ad una profonda conoscenza dei meccanismi profondi
della propria psiche e ad unaccettazione attiva e senza riserve di tutto ci
che gli veniva richiesto. Proprio la saldezza che gli era venuta dalla sua
esperienza lo condusse ad accettare in pienezza di esserne privato. Avendo
posto sempre lamore al centro della sua vita, seppe rinunziare per amore
a dei progetti troppo personali e seppe riconoscere la presenza dei fratelli
come un appello. Avendo scandagliato tanto a lungo le proprie profondit, seppe vedere nelle proprie ripugnanze i lati pi oscuri e seppe quindi
dominarli. Va anche detto che questo cammino si inser su un equilibrio e
unintelligenza nativi: testimoni i numerosi passi in cui Gregorio mostra
43. Past. 1,6 e 1,7.
44. Ep. 7,5 al patriarca di Costantinopoli Ciriaco.
45. Mor. 18,43,70.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

313

la sua sottigliezza nel discernimento degli spiriti, allorch legge i movimenti e le azioni degli uomini46.
3. Sofferenza per la sofferenza circostante
La terza sofferenza da cui Gregorio fu duramente provato fu quella proveniente dalla drammatica realt chegli vedeva dipanarglisi attorno. Realt
di guerra, innanzitutto, con le devastazioni operate dai Longobardi sulle
persone e sulle cose; conseguente abbandono delle campagne, riduzione
delle attivit economiche, carestie; in aggiunta a ci, esazioni e prepotenze
anche da parte bizantina sulle popolazioni teoricamente da essa difese; e
le piene del Tevere, le epidemie. Il tutto in un paese gi duramente provato
dalla guerra greco-gotica appena alle spalle. E poi il contatto quotidiano
con le piccole ma sempre uniche sofferenze che fanno parte di ogni vita.
Tutto ci molto presente negli scritti di Gregorio, e di tutto ci egli fu
partecipe con unintensit talvolta al di l del sopportabile: si visto come
giungesse ad attribuire alla situazione di guerra circostante anche i suoi
malanni sici.
Nelle catastro di cui era testimone Gregorio vedeva il segno della
ne prossima del mondo quale descritta nel cap. 21 dellEvangelo di
Luca. Fine prossima anche se, val la pena notarlo, non necessariamente
immediata: egli intraprese infatti, com noto, delle azioni missionarie che,
se talvolta sono legate al bisogno di preparare al Signore un popolo santo
per il giudizio prossimo come nel caso della missione sarda47, altre volte
mancano totalmente di tale motivazione e appaiono piuttosto dovute a una
visione di vasto respiro come nel caso della missione in Anglia. La ne
prossima comunque anche loccasione di un costante invito alla penitenza: si risolve quindi in una potenziale positivit per la vita spirituale, al pari
di quanto era avvenuto per gli altri tipi di sofferenza n qui considerati.
Il Signore e Redentore nostro, desiderando trovarci preparati, svela i dolori che
colpiscono il mondo nel suo declino per distoglierci dal subirne il fascino. Ci indica quali percosse ne annunciano la ne non lontana, in modo che se non vogliamo
temere Dio in tempi di tranquillit, almeno quando siamo oppressi dalle percosse ci
spaventiamo del suo giudizio ormai prossimo (...). Vi diciamo queste cose, fratelli
carissimi, perch i vostri cuori si preoccupino di stare vigilanti: non si intorpidisca-

46. Cf. ad esempio, per citare solo due passi presi a caso, Hom. Hiez. 1,5,3 e 1,7,2.
47. Cf. ad es. Ep. 4,23.

314

E. ARBORIO MELLA

no nella noncuranza, non illanguidiscano nella supercialit; ma sempre il timore


li stimoli e il fervore li confermi nelle buone opere48.
Ecco, ormai il mondo inaridito in se stesso, eppure nei nostri cuori ancora in
ore. Dappertutto regna la morte, il pianto, la desolazione; da ogni parte siamo
percossi e colmati di amarezza; e tuttavia, nella cecit della mente schiava dellumana concupiscenza, amiamo queste amarezze, inseguiamo la vita che fugge,
ci aggrappiamo a un mondo che crolla. E poich non riusciamo ad arrestare il suo
crollo, crolliamo con esso mentre cerchiamo di trattenerne la caduta. Un tempo
il mondo pot forse allontanarci da Dio; ora cos pieno di piaghe che dovrebbe
ormai orientarci a Dio. Riettete a quanto sia nulla ci che uisce nel tempo! La
ne delle realt terrene ci mostri quanto sia nulla ci che pu passare. La caduta
di tutte le cose ci indichi che ogni cosa che passa fu quasi un nulla anche quando
sembrava stare salda. Riettete su queste verit, fratelli carissimi, con impegno
continuo; ssate il vostro cuore nellamore di ci che eterno!49.

Il linguaggio ricorda quello utilizzato a proposito della sofferenza sica, segno di quella escatologica e per ci stesso opportunit concessaci
per sfuggirvi. Ma certo che largomento parla poco alluomo di oggi: se
cercare nei mali personali uno strumento di crescita sempre possibile e
doveroso, applicare questa ricerca ai mali altrui indubbiamente molto pi
problematico. Gregorio muove qui dal bisogno di dare un senso al male
riferendo ogni cosa a Dio autore di tutto; bisogno acutizzato dalla sua responsabilit di pastore di fronte ad un popolo smarrito.
In generale, Gregorio si sentiva profondamente responsabile della
conversione continua del gregge afdatogli: un giorno ebbe a evocare i
dolori somiglianti alle fatiche materne con cui i pastori partoriscono le
anime nella fede e nella vita, fra il dolore per chi cade e il timore per
chi sta in piedi50. Ci in ogni momento, anche in contesti non legati alla
considerazione della ne del mondo. A tale responsabilit esortava poi i
confratelli nellepiscopato, perch perseverassero nel loro ministero con
una combinazione di forza e di umilt51. Ma in lui la sofferta responsabilit
dellazione quotidiana si univa a un altro, pi duro motivo di sofferenza:
era la convinzione che, soprattutto in quel tempo di prova, i pastori fossero i responsabili della rovina eterna del popolo, sia teologicamente che
di fatto:
48. Hom. Eu. 1,1-2.
49. Hom. Eu. 28,3.
50. Mor. 30,10,42.
51. Cf. ad es. Hom. Hiez. 1,9,4.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

315

Dopo che Ges ebbe narrato i mali che sarebbero venuti, entrando subito nel
tempio per cacciare coloro che vendevano e compravano manifest chiaramente
che la rovina del popolo avviene soprattutto per colpa dei sacerdoti (...). Cristo
elimina dal tempio coloro che vendevano e compravano, perch condanna quelli
che impongono le mani in cambio di doni e quelli che cercano di comperare il
dono dello Spirito santo52.

Se qui il peccato di simonia che porta corruzione nel seno della


chiesa, altrove la pigrizia dei pastori. Ad essi, ai colleghi nellepiscopato
Gregorio si rivolse un giorno con queste parole di terribile forza:
Vedete come il mondo ferito dalla spada, e il popolo ogni giorno perisce per le
percosse che riceve. Di chi la colpa, se non soprattutto del nostro peccato? Ecco
citt saccheggiate, fortezze abbattute, chiese e monasteri in rovina, campagne ridotte alla solitudine. Noi siamo autori di morte di fronte a un popolo che perisce,
noi che dovremmo essere guide alla vita. Per il nostro peccato la massa del popolo
prostrata, perch a causa della nostra negligenza essa non stata istruita per la
vita (...). Chiediamoci allora: quanti si sono convertiti per la nostra parola? Quanti
hanno fatto penitenza lasciando le loro opere perverse perch colpiti dal nostro
rimprovero? Chi ha abbandonato la lussuria per le nostre esortazioni, chi ha abbandonato lavarizia e la superbia?

Talvolta non neppure una situazione di peccato dei pastori ad essere


la radice della morte del popolo: Gregorio vide talvolta una necessit intrinseca alla sua stessa azione, una specie di condanna allindegnit, che gli
era chiesto di assumere bench ne percepisse tutta la distanza dallideale.
Nella situazione di quel momento, insomma, non era possibile essere un
pastore allaltezza del proprio compito.
Un altro fatto, fratelli carissimi, mi rattrista enormemente nella vita dei pastori.
Ma perch quanto sto per dire non rischi di parere ingiurioso a qualcuno, rivolgo
laccusa anche contro me stesso, in quanto, spinto dalle necessit di questi tempi
barbarici, indugio molto in simili faccende, bench controvoglia. Ci siamo tuffati
negli affari terreni; e altro quello che abbiamo accettato con la nostra carica,
altro quanto mostriamo con la nostra attivit. Noi abbandoniamo il ministero della
predicazione, e a nostra punizione, mi sembra, siamo chiamati vescovi, ma di tale
onore teniamo il nome, non la virt. Quelli che ci sono stati afdati abbandonano Dio e noi taciamo (...). Presi dalle preoccupazioni terrene, diventiamo tanto
pi insensibili nel nostro intimo quanto pi ci mostriamo solleciti nelle faccende
esteriori53.
52. Hom. Eu. 39,2.
53. Hom. Eu. 17,16 e 14.

316

E. ARBORIO MELLA

E nella gi citata lettera a Teoctista, sorella dellimperatore di


Bisanzio:
Ecco, mi vien detto, bench io non lo voglia e via sia costretto: Va nella tua casa,
annunzia ci che il Signore ti ha fatto (Mc 5,19). Ma fra tutte queste cure terrene,
chi potrebbe annunziare le meraviglie di Dio? Mi gi difcile ricordarmene!54.

Si ricordino le espressioni di sofferenza per lobbligo di dover assumere


una vita attiva. Ci troviamo qui di fronte ad un ulteriore risvolto di essa:
Gregorio si sentiva imprigionato non solo in una vita pastorale lontana
dalle sue aspirazioni monastiche, ma proprio in quella vita di funzionario
civile che aveva a suo tempo lasciato; si sentiva costretto a unazione che
non giovava alla salvezza eterna del gregge che pur dipendeva da lui. Leffetto di tale visione di s fu talvolta un profondo smarrimento. Cos egli
scrisse un giorno ad un confratello:
Io sono spaventato di fronte al peso della mia debolezza, e ho gli occhi ssi su quel
Padre di famiglia che ritorner dopo aver ricevuto un regno per regolare i conti con
noi. Con quale disposizione interiore mi terr davanti a lui, se non gli porter alcun
guadagno, o quasi, dalla gestione delle anime che ho ricevuto? Aiutami dunque,
fratello carissimo, con la tua preghiera55.

C un ulteriore elemento che rendeva supremamente difcile a Gregorio emergere dalla sofferenza proveniente dalla tragica realt circostante.
Si tratta del fatto che in linea generale, malgrado lidea che le tribolazioni siano inviate da Dio per indurre a pentimento, malgrado i tentativi di
cogliere le opportunit di conversione da esse offerte, in realt Gregorio
non poteva sottrarsi interamente al senso di assurdo che gli veniva dalla
presenza del male. Sostanzialmente mancava a Gregorio una teologia che
ponesse il male, il peccato e la sofferenza allinterno di una visione provvidenzialistica, che li inserisse in un ordine universale. Val la pena a questo
proposito ricordare per contrasto la visione di Agostino, che molto si dilunga su questi temi per dar vita a una ricca e sottile teologia: il male non
creato da Dio ma la sua presenza da lui voluta in vista degli obiettivi
del suo piano di salvezza. In questo piano rientra anche la condanna eterna
dei dannati, che frutto della sua mirabile giustizia56. A Gregorio invece il
comportamento di Dio pu perno apparire al limite dellarbitrio: non per
54. Ep. 1,5.
55. Ep. 2,40 a Domenico vescovo di Cartagine.
56. Cf. ad es. De Genesi ad litt. 11,22,29; Enchiridion 24-27.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

317

nulla la tradizione gli attribu il pianto sulla condanna eterna del pagano ma
pur giusto imperatore Traiano57. Allex-funzionario imperiale formato alla
certezza del diritto romano sembrava talvolta che al peccatore venissero a
mancare le ovvie garanzie giuridiche che sono assicurate a tutti:
Noi sempre riconosciamo di essere peccatori; ma tuttavia, posti spesso tra i agelli,
ignoriamo per quale peccato siamo maggiormente agellati. Allora sottoponiamo
noi stessi ad un esame rigoroso, per cercar di scoprire, se in qualche modo vi
riusciamo, il motivo per cui siamo battuti. Ma dato che per lo pi esso ci rimane
nascosto, la nostra cecit diventa per noi un peso e il nostro patimento ci addolora
ancora di pi. Chiunque entra in giudizio con un suo compagno dice quel che sente
di dover dire, conosce ci di cui accusato, colpisce dove vuole e sa da dove
colpito. Chi invece percosso dal castigo divino sa certo di essere colpito, ma
ignora perch lo sia; sente quel che sente di dover dire, ma non sa che cosa si dice
contro di lui; geme sotto le frustate, ma Dio non dichiara apertamente per quale
delitto lo ferisca58.

Insomma, le ragioni che Gregorio poteva invocare alla presenza del


male nel mondo non spiegavano tutto. In mancanza di una visione armonica che gli fornisse una certa tranquillit teologica, di fronte allimmane
dolore della sua gente gli restava un triplice atteggiamento da assumere. Il
primo la saldezza dello stare al proprio posto nonostante tutto, nella coscienza della propria responsabilit verso Dio e verso i fratelli. Gi si sono
presentati dei testi altamente indicativi al riguardo. Il secondo un imperativo di solidariet con chi soffre: atteggiamento grazie al quale lamore
sempre cercato portava non pi, come per le situazioni viste in precedenza,
a superare la sofferenza propria accettandola con lentrare in se stesso, ma
ad entrare nella sofferenza altrui per sollevarla facendosi altro da s:
Sebbene la vera compassione consista nel soccorrere con generosit il prossimo
che soffre, tuttavia qualche volta, mentre si pronti ad elargire con abbondanza
i beni esteriori, la mano di chi d trova pi rapidamente la capacit di donare di
quanto il nostro cuore trovi la capacit di assumere la sofferenza. Per questo
necessario sapere che dona in modo autentico colui che, mentre elargisce a qualcuno un dono perch afitto, assume in s anche lo stato danimo dellafitto:
dimodoch prima accoglie in s la sofferenza di chi nel dolore, e allora assume
la capacit di soccorrere il suo dolore59.

57. Cf. ad es. Giovanni di Salisbury, Polycraticus 5,8.


58. Mor. 13,26,30.
59. Mor. 20,36,68.

318

E. ARBORIO MELLA

Sempre, beninteso, salvaguardando quellequilibrio interiore chegli


custod con attenzione per tutta la vita. Nel passo seguente riappare quel
concetto di misura che gi abbiamo incontrato pi volte:
Occorre che prima lanimo si intenerisca in modo da essere in sintonia con lafitto: allora potr unirsi a lui e poi trascinarlo. Il ferro non si congiunge al ferro,
se luno e laltro non si sciolgono al fuoco; ci che duro non aderisce a ci che
molle se in precedenza la sua durezza, mitigata, non si ammorbidisce n quasi a
diventare la stessa cosa di quel che si cerca di unire a s. Cos non possiamo rialzare chi sta a terra se non ci pieghiamo, rinunziando alla nostra rigidezza. Finch uno
sta ritto in piedi lontano da chi sta a terra (...). Ma bisogna anche sapere che, se
uno desidera che lafitto sia consolato, deve porre una misura al dolore chegli si
assume: onde evitare che, addolorandosi eccessivamente, non solo non conforti chi
nel dolore, ma spinga lanimo dellafitto alla disperazione. Il nostro dolore deve
associarsi al dolore di chi triste in modo tale che attraverso una partecipazione
equilibrata gli dia sollievo, e non che lo aggravi di un peso ulteriore60.

Lultimo atteggiamento che Gregorio sent di dovere e di potere assumere


in pienezza di fede la certezza della fedelt di Dio. Fu questa certezza che
lo mosse a scrivere i Dialogi, opera destinata a mostrare ai credenti smarriti
che quella povera Italia devastata in realt pullulava di santi per lo pi ignoti,
e a modicare cos la percezione chessi dovevano avere di quel momento
storico. Le tribolazioni non erano lunica realt. quanto esprime ad un certo
punto il ttizio interlocutore di Gregorio, il diacono Pietro:
Anche se ci troviamo tra grandi tribolazioni, il fatto che non siamo assolutamente
dimenticati dal nostro Creatore testimoniato dai suoi straordinari miracoli che
sto ascoltando61.

Fu ancora questa certezza, pur nellassenza di ogni consolazione, che


ad un certo punto permise a Gregorio di erompere in uno straordinario rendimento di grazie. Siamo ai primi mesi del 594. Il re longobardo Agilulfo si
dirige su Roma per porvi lassedio, da ogni parte giungono notizie di morte.
Gregorio aveva intrapreso a commentare per il suo popolo, in una serie
di omelie, il libro di Ezechiele, ma questo commento non giunger mai a
termine: ad un certo punto egli si vede costretto ad interromperlo per essere
dove la nuova situazione lo chiamava. Cos, terminata la spiegazione allegorica di un passo, si rivolge al popolo con queste drammatiche parole:

60. Mor. 3,12,20-21.


61. Dial. 3,30,7.

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME

319

Ecco quanto con laiuto del Signore siamo riusciti a investigare davanti a voi, fratelli carissimi. Ora per nessuno mi rimproveri se dopo aver detto questo smetto
di parlare: perch come voi tutti vedete le nostre tribolazioni crescono. Dappertutto
siamo circondati da spade, dappertutto temiamo limminente pericolo di morte. Vi
chi torna da noi con le mani amputate, altri ci si dice che sono prigionieri, altri
uccisi. Io ormai sono costretto a trattenere la lingua, perch lanima mia stanca
della vita (Gb 10,1). Nessuno ormai mi chieda pi di studiare per lui il libro sacro
(...). Colui che non riesce pi a vivere, come potrebbe parlare dei sensi misteriosi
della sacra Scrittura? Se sono costretto a bere ogni giorno bevande amare, quando
potrei servire bevande dolci? Che resta dunque, tra i agelli che patiamo per le
nostre iniquit, se non...

Che cosa si aspettava di udire a questo punto il battuto e spaurito uditorio dalla voce angosciata del suo pastore? Ecco ci chesso ud:
...rendere grazie in mezzo alle lacrime? Infatti quello stesso che ci ha creati si
anche fatto padre per noi, grazie allo Spirito di adozione che ci ha donato. E talvolta nutre i gli con il pane, talvolta li corregge con il agello. Ma fra dolori, ferite
e doni li forma in vista delleredit eterna. Sia dunque gloria al nostro Signore
onnipotente Ges Cristo che vive e regna...62.

questa forse la pagina umanamente pi toccante dellintera opera di


Gregorio, ed anche una pagina che esprime con la massima pregnanza il suo
atteggiamento di fronte alla presenza del male nella storia. Accanto al dovuto
accenno alle nostre iniquit vi la percezione di un dolore forse troppo
forte per le capacit delluomo, forse tale da mettere anche in questione il
principio enunciato verso linizio: Se ami, porti. Ma vi al tempo stesso
la ducia indefettibile nellamore misterioso di Dio che deve provocare di
ritorno lamore delluomo. Il pensiero corre a una gura familiare a Gregorio: quel Giobbe da lui lungamente commentato, tanto vicino a lui sofferente
stando al brano citato63, ma anche tanto pronto alla lode.
Conclusione
Al termine di questa breve ricostruzione, che ovviamente una delle molte
possibili, della personalit interiore di Gregorio dal punto di vista della
risposta allesperienza del limite, si pu tentare di delineare un semplice
quadro riassuntivo di quanto detto.
62. Hom. Hiez. 2,10,24.
63. In corrispondenza alla nota 4.

320

E. ARBORIO MELLA

Gregorio fu persona dotata di sicura intelligenza e di notevole capacit


di indagare i movimenti profondi dellanimo umano; persona inoltre amante del silenzio e della preghiera, in cui vedeva degli strumenti eminenti di
crescita umana e spirituale. I fatti della vita raramente gli consentirono di
fare ci cui aspirava, e di questo ebbe molto a soffrire, come pure dai mali
che vedeva attorno a s.
Ma nonostante tutto, grazie allattenzione istintiva su di s che gli veniva dalla sua percezione psicologica e grazie alla vigilanza continua messa
in lui dallo spirito di preghiera anche nei momenti pi convulsi, giunse a
non lasciarsi mai sopraffare dalle negativit che viveva, ma riusc anzi a
utilizzarle per la sua vita spirituale. Coltiv infatti in grado eminente larte
di trasformare i limiti in benedizioni: che pu essere una semplice ed esaustiva denizione della santit.
In conseguenza di tutto ci i suoi scritti ebbero nellOccidente latino
unimmensa fortuna, seconda solo alla monumentale costruzione di Agostino e per certi aspetti anche superiore. Se infatti per molti secoli il grande riferimento teologico dellOccidente fu Agostino, il grande maestro di
spiritualit fu piuttosto Gregorio. Il suo modo di porsi di fronte a Dio, agli
uomini e alle cose a partire dalla propria esperienza interiore lo avvicina gi
alla sensibilit dei secoli a venire facendo di lui, a detta di molti, il primo
autore medioevale. Di conseguenza per tutta lepoca di mezzo il linguaggio
legato alla preghiera e allintrospezione spirituale dipender soprattutto da
lui, e in particolare sar assunto con rinnovato vigore nella stagione della
grande letteratura cistercense. La sua inabilit, e forse in certi casi il suo
disinteresse a trovare soluzioni, nonch la sua mancanza di ottimismo storico lo rendono per contro vicino a noi moderni. Questi caratteri della sua
opera letteraria, unitamente alla sua azione pastorale e legislativa di cui qui
nulla si detto, fanno di lui una pietra miliare della storia della chiesa e
della civilt occidentale.
Edoardo Arborio Mella
Comunit di Bose, Jerusalem

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI


DI PALESTINA E ARABIA

M. Piccirillo

Dimostrate chi il primo ad amare. So che entrambi siete asceti, entrambi


siete dotti, entrambi siete umili. necessario che formiate un coro concorde per innalzare la lode al Signore. E come per la scienza della parola
divina possedete il sale, non vi resta che conservare con tutto il cuore la
pace tra voi praticando la carit1.
Papa Gregorio nel giugno 597 rivolge questo caldo e fermo ammonimento (nella traduzione dellamico e compianto don Emilio Gandolfo2) in una lettera al presbitero Anastasio igumeno del monastero della
Nea Theotokos di Gerusalemme rivolgendosi anche al Patriarca Amos
di Gerusalemme. Una nota preoccupata che ritorner anche in unaltra
lettera inviata al Patriarca Isacco, successore di Amos, al tempo della
sua elezione.
In unaltra lettera datata dagli editori al luglio 600, verso la ne del regno dellimperatore Maurizio, Papa Gregorio scrive ad Innocentius prefetto
del pretorio a Cartagine in Africa: De Anamundaro autem quae scripsistis
fecimus, sed voluntatem utinam sequatur effectus, quia quantum ad nos
pertinet, afictis intercessionis nostrae solacium non negamus3.
Dei rapporti di Papa Gregorio con la Terra Santa, in particolare con i
Luoghi Santi di Gerusalemme e del Sinai, si sono interessati diversi studiosi che hanno riletto lepistolario (il Registrum Epistolarum) e le opere
del papa soffermandosi sui riferimenti diretti ai Luoghi Santi e a Gerusalemme, di cui fa parte lammonimento con il quale abbiamo iniziato questa

1. Nunc ergo ostendite, quantum vos prius amastis. Scio quia utrique abstinentes, utrique

docti, utrique humiles estis... Quia ergo per doctrinam verbi caelestis sal habere vos novimus, restat ut per caritatis gratiam etiam pacem inter vos toto corde teneatis. Haec, carissime
frater, dico, quia utrosque vos multum diligo atque omnino pertimesco ne orationum vestrarum sacricia ex aliqua inter vos dissesione maculentur (S. Gregorii Magni, Registrum
Epistularum, VII, 29: Gregorius Anastasio Presbytero, p. 487-488)
2. E. Gandolfo, Gregorio Magno papa in unepoca travagliata e di transizione, Roma 1994,
137. Per la traduzione italiana dei testi del ricco epistolario rimandiamo a V. Recchia (a cura
di ), Opere di Gregorio Magno V/1-4 (Registrum Epistularum [I-III] edidit Dag Norberg),
Lettere (I-III), Roma 1996.
3. X,16: Gregorius Innocentio Praefecto Praetorio Africae, p. 844s.
LA 54 (2004) 321-341

322

M. PICCIRILLO

conversazione. Pochi hanno approfondito il dettaglio della lettera scritta


al prefetto del pretorio dAfrica Innocenzo, secondo passo da noi letto in
unaltra lettera, che interessa il periodo tribolato vissuto dallItalia e dalle
province orientali al tempo di Papa Gregorio.
Se il primo testo ci introduce nellambiente religioso di Terra Santa,
con il secondo entriamo in quello politico dei rapporti tra limperatore
Maurizio e il Papa di Roma in un episodio specico che riguarda direttamente la difesa della Terra Santa e della vicina provincia di Arabia.
Dopo aver fatto un rapido excursus dei risultati della ricerca riguardante
il Papa e i Luoghi Santi, ritorneremo sulla lettera al Prefetto Innocenzo di
cui si interessato a lungo il Prof. Irfan Shahid della Georgetown University di New York e che una scoperta archeologica recente del nostro istituto
in Giordania ha riportato di attualit4.
Papa Gregorio e la Terra Santa
Tralasciamo la lettera comune inviata dal papa a Giovanni IV patriarca
di Gerusalemme dal 575 al 594, che fu inviata anche agli altri patriarchi
dOriente5. Ci fermeremo invece su quella inviata al Patriarca Isacco (601609), suo successore, il quale aveva inviato anche al papa di Roma la lettera sinodica con la sua professione di fede6.
Nel Liber Annuus del 1981 si interessato dellargomento della
nostra conversazione padre Claudio Bottini Lettere di Gregorio Magno
relative alla Terra Santa7. Pi recentemente il prof. Pierre Maraval ha
ripreso largomento in una conferenza dal titolo Grgoire le Grand et
les Lieux Saints dOrient, tenuta nellambito dellincontro su Gregorio
Magno e il suo tempo svoltosi allEcole Franaise di Roma dal 9 al 12
maggio 19908.

4. M. Piccirillo, The Church of Saint Sergius at Nitl. A Center of the Christian Arabs in

the Steppe at the Gates of Madaba, LA 51 (2001) 267-284; I. Shahid, The Sixth-Century
Church Complex at Nitl, Jordan. The Ghassanide Dimension, ibi, 285-292.
5. I, 24: indirizzata ai patriarchi di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia, a Giovanni
di Gerusalemme e allex patriarca di Antiochia, p. 22-32.
6. XI,28: Gregorius Isacio Episcopo Hierosolymitano, p. 914-917.
7. LA 31 (1981) 191-198.
8. Gregorio Magno e il suo tempo, XIX Incontro di studiosi dellantichit cristiana, Roma
9-12 maggio 1990 (Studi storici), I, Roma 1991, 65-76.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

323

Padre Bottini inizia la rassegna dalle due lettere inviate dal Papa a Abba
Palladio e a Abba Giovanni riguardanti il monastero del Monte Sinai, entrambe scritte nel settembre del 6009.
Il Prof. Maraval inizia dal passo di una lettera scritta a Rusticiana nel
febbraio del 601, nella quale Papa Gregorio narra di due monaci del monastero di SantAndrea, il monastero da lui fondato nella sua casa paterna
al Celio, i quali con la scusa di un pellegrinaggio a Gerusalemme, avevano deciso di prendere la fuga10. Un inizio ripreso in chiusura dellarticolo
dove lo studioso afferma che, a suo parere, il papa monaco non si mostra
molto entusiasta del pellegrinaggio ai Luoghi Santi di Gerusalemme, ai
quali preferisce i santuari di Roma e la sua cella di monaco.
Il Papa scrive del pellegrinaggio ai Luoghi Santi e al Monte Sinai, in
tre lettere indirizzate a Rusticiana, nipote di Boezio, in risposta a due lettere inviategli dalla nobildonna romana, che viveva a Costantinopoli, prima
della sua partenza e al suo ritorno dal pellegrinaggio.
Il Papa, che in una lettera precedente le aveva scritto di non riuscire
a comprendere come si possa essere sedotti da Costantinopoli e si possa
dimenticare Roma, gli amici che vi abitano e i beati Petri apostolorum
principis limina11, laveva poi rimproverata bonariamente in due occasioni
per la fretta con cui era tornata nella capitale no a rinunciare a restare un
po di pi nei Luoghi Santi dove avrebbe desiderato accompagnarla e da
dove non sarebbe tornato cos in fretta perch si sarebbe fermato con i Santi
Padri che l vivevano!12

9. G. Hofmann, Sinai und Rom, Orientalia Christiana IX-3, n. 37 (1927) 223; Lettere

Ponticie edite ed inedite intorno ai monasteri del Monte Sinai, OCP 17 (1951) 283-303.
10. XI,26: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 898-901: Alii quoque duo fratres de eodem
monasterio fugierunt atque aliqua prius colloquendo fratribus signa dederunt, quod per
Appiam descendentes Hierosolymam tenderent. Qui exientes deverterunt de itinere et, ut
a sequentibus inveniri minime potuissent, retrusas cryptas iuxta Flammineam portas invenientes in eis se occultaverunt....
11. VIII,22: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 141-142: Et quae tanta sit Constantinopolitanae civitatis delectatio quaeve Romanae urbis oblivio ignoro... Et si praecipiente Deo
sacris eloquiis admonemur ut etiam inimicos diligere debeamus, prnsandum nobis est quantae culpae sit etiam amantes minime amare. Ac si forte dicitur quod amantur, nos certissime
scimus quia nemo potest diligere quos non vult videre.
12. II,24: Gregorius Rusticianae, p. 110: Valde autem miratus sum cur deliberatae viae
eundi ad loca sancta intentionem et votum boni operis deexistis, dum, si quando bonum
aliquod dono Conditoris in corde concipitur, celeri necesse est devotione compleri, ne
dum callidus insidiator animum irretire nititur, subinde impedimenta suggerat, quibus ad
effectum minime desideria sua mens occupationibus debilitata perducat. Unde necesse est
excellentiam vestram omnibus impedimentis piis causis obuiantibus anteire, et ad fructum

324

M. PICCIRILLO

Alla prima lettera aveva risposto che il progetto di andare a vedere i


Luoghi Santi un pio progetto, un santo desiderio, che bisognava assecondare con celerit e non ritardarlo correndo il pericolo di esserne distolto.
Nella seconda lettera, dopo aver saputo che la sua amica era stata anche sul
monte Sinai, il suo pensiero va ai Santi Padri da lei incontrati esprimendo
il desiderio che gli sarebbe piaciuto andare con lei e restarvi!
Da altre due lettere veniamo a sapere che il Papa aveva rapporti con
i monaci del Monte Sinai. Una indirizzata al monaco Palladio al quale
da consigli di vita spirituale per poter restare sereno rivolgendo la mente
allinsegnamento della Scrittura per non dare peso ai giudizi buoni o cattivi degli uomini. Insieme gli invia in dono de benedictione sancti Petri
apostoli una cocolla e una tunica13.
Ad un altro padre del Sinai, abba Giovanni, indirizzata una lettera
scritta nello stesso mese di settembre del 600. Il Papa, preso dalla nostalgia
per la vita serena idealizzata che i monaci del Sinai conducono nel deserto,
si raccomanda alle sue preghiere. Inoltre lo assicura di aver disposto linvio
di suppellettile (coperte di lana per 15 letti) e di una somma per lo xenion
del monastero costruito da un Isaurico14.

boni operis totis cordis nisibus inhiare, ut et in praesenti saeculo tranquille vivere, et in
futuro caeleste regnum valeat possidere; IV,44: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 264265: Excellentiae vestrae scripta suscipiens libenter agnovi qualiter ad montem Sina perrexerit. Sed mihi credite, ego quoque voluissem, vobiscum ire sed vobiscum minime redire.
Quamvis valde mihi sit difcile credere quia ad sancta loca fuistis, patres multos vidistis.
Nam credo si vidissetis, tam celeriter redire ad Constantinopolitanam urbem minime poteratis. At postquam talis civitatis amor de corde vestro nullomodo recessit, suspicor quia
excellentia vestra sancta quae corporaliter vidit ex corde minime attendit.
13. XI,1: Grregorius Palladio Presbytero de Monte Syna, p. 856-857: Transmisimus vobis
de benedictione sancti Petri apostoli cucullam et tunicam, quae ea, petimus, caritate suscipe,
qua a nobis transmissa sunt.
14. XI,2: Gregorius Iohanni Abbati Montis Sinae, p. 860: Vos ergo, qui in tanta quietis vestrae
serenitate tranquillam vitam ducitis et securi quasi in litore statis, nobis navigantibus aut potius
naufragantibus orationis vestrae manum tendite et conantes ad terram viventium pergere quantis
potestis precibus adiuvare... Filio nostro Simplicio renuntiante cognovimus lectos vel lectisternia
in hierochomio, quod a quodam illic Isauro constructum est, deesse. Propterea transmisimus
lenas XV, racanas XXX, lectos XV; pretium quoque de emendis culcitis vel naula dedimus;
quae dilectionem tuam petimus non indigne suscipere et in loco quo transmissa sunt praebere.
La notizia viene ripresa da Giovanni Diacono nella Sancti Gregorii Magni, II, 52 (PL 75, 62242) che scrive di invii annuali al monastero di cibo e vesti. (Il pellegrino Ludholfe de Suchem
- Westfalia del XIV secolo ricorda che nel monastero del Sinai ancora si celebrava la memoria
del papa la cui generosit aveva reso possibile di ospitare no a 400 monaci: Hi etiam monachi
prae aliis festis festum S. Gregorii Papae in speciali habent reverentia (Ludolfus, De itininere
Terrae Sanctae, ed. Deycks, p. 67). Un dettaglio interessante della lettera: il papa sa che lo
xenion del Sinai stato costruito da un architetto isaurico, famosi allepoca.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

325

Una preoccupazione per i pellegrini che si recavano ai Luoghi Santi


che si ritrova nella lettera scritta ad Abba Filippo verso la ne della vita
nel febbraio del 603, in cui si fa riferimento ad una somma gi decisa
per lerezione di un ospizio per i pellegrini a Gerusalemme da parte dellAbba Probo. Di suo il Papa aggiunge 50 solidi, chiedendo di pregare
per lui15.
La lettera pi famosa, data lanimosit che c sempre stata tra il clero cosmopolita di Gerusalemme, quella che abbiamo gi citata scritta
nel giugno 597 al presbitero Anastasio eletto igumeno del monastero della
Nea16. Una nomina di cui il Papa prevede le difcolt future, tenendo presente i problemi di cui era stato messo al corrente, in particolare il rilassamneto della disciplina tra i monaci della comunit, e la disputa in corso tra
ligumeno e il Patriarca Amos. Il Papa, come abbiamo gi letto, fa appello
alla buona volont di entrambi perch si giunga ad una riconciliazione. La
lettera termina con un ringraziamento alligumeno Anastasio per linvio di
una eulogia17.
Nel novembre dello stesso anno una lettera indirizzata al Patriarca
Amos di Gerusalemme chiedendogli di far ricercare laccolito Pietro
che aveva abbandonato il suo ufcio e di rimandarlo a Roma. Nel frat-

15. XIII,26: Gregorius Philippo Presbytero, p. 1027: De solidis vero qui pro faciendo xe-

nodochio a lio nostro Probo abbate Hierosolymis relicti sunt hoc quod deliberatum fuerat,
ut eri debuisset, immutare non potui, sed benedictionem parvulam sanctitati vestrae L
solidos transmisi. Vos igitur pro me, sicut credo quia facitis, enixius orate, ut de praesentis
vitae pelago me omnipotens Deus sua manu eripiat atque me requiescere in aeternae vitae
litore concedat. La notizia ripresa nella Vita Gregorii, II, 52.
Precedentemente, nel IV secolo, sappiamo di ospizi per i pellegrini costruiti sul Monte degli
Olivi da Melania lAnziana con Runo, e a Betlemme da Paola con Girolamo.
16. VII,29: Gregorius Anastasio Presbytero, p. 487-488: Multo autem mihi altior, multo
sublimior videri poteras, si neque ducatum monasterii quod Neas dicitur suscepisses,
quia in eodem monasterio, sicut audio, monachorum quidem species tenetur, multa
vero sub sanctitatis habitu saecularia aguntur. Sed etiam ad hoc te existimabo caelesti
gratia pervenisse, si ea quae in loco illo omnipotenti Deo displicent te fuerint duce
correcta.
Sed quia inter patrem eiusdem monasterii et pastorem Hierosolymorum ecclesiae semper
esse iurgia consueverunt, credo quod omnipotens Deus idcirco dilectionem tuam et sanctissimum fratrem et consacerdotem meum Amos esse uno tempore Hierosolymis voluit, ut ea
quae praedixi iurgia tollerentur.
17. Benedictionem vero quam et prius per Exhilaratum secundicerium et postmodum
per Sabinianum diaconum transmisistis cum gratiarum actione suscepi, quia de loco
sancto decuit vos sancta transmittere et, cui assidue ministratis, ex ipso vestro munere
demonstrare.

326

M. PICCIRILLO

tempo chiede che gli sia negata la comunione prima del suo ritorno a
Roma18.
Nella risposta alla lettera sinodica inviatagli dal Patriarca Isacco, successore dAmos, il Papa si rallegra per la professione di fede, raccomanda
per di stare attenti allabuso di simonia, e ritorna sui dissensi con i monaci
della Nea suggerendo al vescovo una linea pratica di condotta, sempre
avendo come scopo primario la ricerca della pace19.
Papa Gregorio e le reliquie di Terra Santa
Un dettaglio che ha sempre interessato gli studiosi quello delle reliquie
richieste o inviate dal Papa e delle eulogie (che egli in latino chiama benedictiones) per lo pi ricevute in dono.
Da Eulogio, Patriarca di Alessandria in Egitto, in ringraziamento per
una partita di legname che gli aveva inviato, Papa Gregorio riceve eulogie
di San Marco, di cui fa menzione in chiusura della lettera20.
Nella lettera allabate Anastasio della Nea, ringrazia per leulogia inviatagli giusticandola con laggiunta quia de loco sancto decuit vos san-

18. VIII,6: Gregorius Amos Episcopo Hierosolimorum, p. 523: Comperimus autem quod

Petrus acolitus... fugiens ad vestram ecclesiam venerit... quem etiam volumus per vos, quia
sit communione privatus, agnoscere, nec dominici corporis ac sanguinis, quousque ad nos
redeat, audeat mysteria sumere, nisi forte vicino mortis insistente periculo.
19. XI,28: Gregorius Isacio Episcopo Hierosolymitano, p. 914-917: Praeterea pervenit ad
me quia cum ea ecclesia quae Nea dicitur saepe in Hierosolymorum urbe vestrae ecclesiae
iurgia nascuntur. Unde sanctitas vestra debet sollicite cuncta pensare et quaedam mansuete
corrigere, quaedam vero quae corrigi nequeunt aequanimiter tolerare... Navis etenim gubernator cum adversari sibi ventum considerat, quosdam uctus directo clavo exuperat,
quosdam vero, quos superari non posse praevidet, inexo cursu prudenter declinat. Sic
itaque sanctitas vestra quaedam compescendo, quaedam tolerando mitiget, ut in sancta
Hierosolymorum ecclesia pacem cohabitantium per omnia consevet.
Per quanto riguarda il Patriarca Amos, in un capitolo del Pratum Spirituale 149 si racconta
della sua consacrazione. Nelle Pleroforie 105 un testo monosita piuttosto di parte, si racconta di una punizione particolarmente dura contro un monaco (PO 8, 182-183). Inne nel
Chronicon Paschale si ricorda che il Patriarca si dimise dal suo ufcio nel 609 (Olympias
cccxlvii, 609: PG 92, 977).
20. Ep. VIII,28: Gregorius Eulogio Episcopo Alexandrino, p. 549-550: Benedictionem autem Sancti Marci evangelistae, immo quod est verius, sancti Petri apostoli in ea dulcedine
qua est transmissa suscepimus et salutationis alloquium persolventes, petimus ut beatitudo
vestra pro nobis orare dignetur...; Ep. X,21: Benedictionem vero sancti Marci evangelistae
et vestrae beatitudinis accepi....

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

327

cta transmittere21. In una lettera inviata in Sicilia allex console Leonzio


scritta nellagosto 598, il Papa lo ringrazia per alcuni doni particolarmente
graditi tra i quali lolio della Santa Croce e il profumo di aloe, ricambiando
con la chiave del sepolcro di Pietro in cui inserita una benedizione delle
catene dellApostolo22.
Due riferimenti che dagli studiosi sono stati messi in relazione con le
ampolle in metallo conservate nel tesoro della cattedrale di Monza e nellabbazia di Bobbio, entrambe fondazioni della regina Teodolinda. Anche
se i riferimenti non sono costringenti, le ampolle vengono indicate come
un possibile dono di Papa Gregorio alla regina longobarda23.
Da una lettera alla regina veniamo a sapere che il Papa le invi
una reliquia della Santa Croce come benedizione quando Adaloaldo,
glio di Agilulfo e di Teodolinda, fu battezzato nella chiesa cattolica,
aggiungendo tre anelli per la glia24. Lo stesso dono fece in seguito a
Reccaredo re dei Visigoti, al quale aggiunse alcuni capelli di San Giovanni Battista25.
Papa Gregorio e Mariano Vescovo di Arabia
Alle lettere citate possiamo aggiungerne unaltra, su suggerimento di
Pierre-Louis Gatier professore alla Maison de lOrient di Lione, epigrasta

21. Ep. VII,29.


22. VIII,33: Gregorius Leontio Exconsuli, p. 557-559: Hoc etiam valde gaudemus, quod

munera quae transmisistis vestris moribus dissimilia non fuerunt. Oleum quippe sanctae crucis et alois lignum suscepimus: unum quod tactum benedicat, aliud quod per incensum bene
redoleat... Parva vero appellatis munera vestra, quae magna sunt... Praeterea benedictionem
vobis sancti Petri apostolorum principis, clavem sacratissimi sepulchri eius, in qua benedictio de catenis illius est inserta, transmisimus, ut quod eius collum ligavit ad martyrium,
hoc vestrum ab omnibus peccatis solvat.
23. A. Grabar, Ampoules de Terre Sainte (Monza-Bobbio), Paris 1958, 15; B. Bagatti, Eulogie Palestinesi, OCP 15 (1949) 162.
24. Ep. XIV,12, 35: Gregorius Theodelindae Reginae, p. 1082-1083: Excellentissimo autem lio nostro Adalouvaldo regi transmittere lacta curavimus, id est crucem cum ligno
sanctae crucis Domini et lectionem sancti evangelii, theca Persica inclausum.
25. Ep. IX,229: Gregorius Reccared regi Vvisigothorum, p. 805-810: Clavem vero parvulam vobis a sacratissimo beati Petri apostoli corpore pro eius benedictione transmisimus, in
qua inest ferrum de catenis eius inclausum, ut quod collum illius ad martyrium ligaverat,
vestrum ab omnibus peccatis solvat. Crucem quoque latori praesentium dedimus vobis offerendam, in qua lignum dominicae crucis inest et capilli Iohannis Baptistae. Ex qua semper
solacium nostri salvatoris per intercessionem praecursoris eius habeatis.

328

M. PICCIRILLO

specializzato nei monumenti della Provincia Arabia26. Nella nuova edizione


dellepistolario di Papa Gregorio edita da Dag Norberg nel 1982, la lettera
XI,20 intitolata: Gregorius Mariano episcopo Arabiae27, al posto di Gregorius
Mariniano episcopo Arabiae delledizione di Ewald e Hartmann28 titolatura
gi cambiata rispetto a Gregorius Mariniano Ravennae del Migne30 (tenendo
presente che la lettera seguente indirizzata sempre a Mariniano episcopo
Ravennati, uno degli interlocutori abituali di Gregorio).
Il papa a letto sofferente per la gotta e per la febbre risponde ad una
richiesta di reliquie portatagli da Abba Candido. La lettera, con lassicurazione che le reliquie sono state inviate, diventa uno sfogo umano e una
richiesta di preghiere30.
Gatier fa notare che il titolo di vescovo di Arabia potrebbe riferirsi
sia allarcivescovo di Bostra, metropoli della provincia, sia, pi semplicemente, al vescovo di una delle citt suffraganee. La prima ipotesi per
da scartare, perch dalle iscrizioni delle chiese scoperte nel villaggio di
Rihab (e di Khirbet Samra) risulta che larcivescovo metropolita di Arabia
in quegli anni era Polieuctos in sede almeno dal 594 al 62331!
Ora il nome del vescovo Mariano ricorre in tre iscrizioni di Gerasa (una
ancora inedita scoperta casualmente nel mese di gennaio del 2004)! La prima fu recuperata dalla missione anglo-americana tra le rovine della chiesa
cattedrale32. Sono due parole incise sulla pietra con parte di santissimo e il
nome Mariano, tanto che i primi editori non pensarono nemmeno che potesse
trattarsi di un vescovo della citt. Ci che risult invece chiaro dallo scavo
condotto dalla missione polacca che nellarea funeraria a nord dellArco di
Adriano riport alla luce una cappella. Nella iscrizione dedicatoria lungo il
gradino del presbiterio, si leggeva che il santo luogo era stato costruito al
tempo del vescovo Mariano nel mese di Xantico del 632 (era di Gerasa, aprile
del 570 dellera cristiana)33. La recente scoperta proviene da un ambiente
26. P.-L. Gatier, Une lettre du Pape Grgoire le Grand Marianus vque de Gerasa,

Syria LXIV (1987) 131-135.


27. XI,20, p. 889-890;
28. Registrum Epistolarum, MGH, 1891-1899.
29. PL 77, col. 1144-1145.
30. Ep. XI,20: Latore hic praesentium Candido abbate pro petendis reliquiis, quae et concessae sunt, veniente, quanto de fraternitatis tuae nutrimento laetatus sum....
31. M. Piccirillo, Chiese e mosaici della Giordania settentrionale, Jerusalem 1981, 63-96.
32. C.H. Kraeling, Gerasa, City of the Decapolis, New Haven 1938, n. 289, p. 589 (pubblicata da Welles).
33. Jerash Archaeological Project, 1981-1983, I, Amman 1986, 143 e 157.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

329

annesso ad una chiesa costruita fuori del muro della citt sulle pendici della
montagna che degrada da ovest. Nelliscrizione si legge che il diaconicon
venne mosaicato al tempo del vescovo Mariano nel mese di Apellaio, lindizione sesta, datazione che, tenendo presente quella precedente, pu corrispondere al mese di novembre dellanno 572, 587 o 602.
Lultima possibilit rende plausibile lipotesi di Gatier che giustamente
si pone il problema, se il vescovo Mariano al quale il Papa invia le reliquie
nel 601, verso la ne della sua vita, sia lo stesso delle iscrizioni nora
scoperte a Gerasa. Accettando questa possibilit, Mariano occuperebbe la
sede episcopale per pi di trenta anni! A favore di tale evenienza, per lo
stesso periodo e nella stessa provincia, a Bostra documentato lepiscopato
dellarcivescovo Polieucto in sede dal 594 al 62334, e a Madaba, quello del
vescovo Sergio che dalle iscrizioni sappiamo in sede dal 574 al 60335.
Gatier si spinge anche oltre dando per scontato che le reliquie inviate
dal Papa siano dei due martiri per eccellenza di Roma, gli Apostoli Pietro
e Paolo, e che siano state richieste dal vescovo Mariano in occasione della
dedicazione della chiesa dedicata ai due Apostoli costruita a nord ovest
nel quartiere occidentale della citt. Con una difcolt: nel mosaico di
questa basilica si legge il nome del vescovo Anastasio, che diventerebbe
il successore di Mariano, prima del 611 anno nel quale sappiamo in sede
il vescovo Genesio. Una possibilit non da escludere, che, se fosse vera,
darebbe ragione alla conclusione raggiunta da Maraval nellesame della
lettera di risposta allaugusta Costantina: il riuto della reliquia di San
Paolo da lei richiesta non proverrebbe dallimpossibilit, ma da un altro
movente di natura politica36!

34. M. Piccirillo, Aggiornamento delle liste episcopali delle diocesi in territorio transgior-

danico, in Omaggio Mons. Nasrallah (in stampa).


35. M. Piccirillo, Madaba. Chiese e Mosaici, Jerusalem 1989, p. 321.
36. IV,30: Miracula Apostolorum atque Reliquiae Sanctorum Gregorius Constantinae Augustae, pp. 248-250: Serenitas vestrae pietatis religionis studio et sanctitatis amore conspicua,
propter eam quae in honore sancti Pauli apostoli in palatio aedicatur ecclesiam, caput
eiusdem sancti Pauli, aut aliud quid de corpore ipsius, suis ad se iussionibus a me praecepit
debere transmitti. Et dum illa mihi desiderarem imperari de quibus facillimam oboedientiam
exhibens, vestram erga me amplius potuissem gratiam provocare, maior me maestitia tenuit,
quod illa praecipitis quae facere nec possum nec audeo. Nam corpora sanctorum Petri et Pauli
apostolorum tantis in ecclesiis suis coruscant miraculis atque terroribus, ut neque ad orandum
sine magno illic timore possit accedi... Cognoscat autem tranquillissima domina quia Romanis
consuetudo non est, quando sanctorum reliquias dant, ut quicquam tangere praesumant de corpore. Sed tantummodo in buxide brandeum mittitur atque ad sacratissima corpora sanctorum
ponitur. Quod levatum in ecclesia quae est dedicanda debita cum veneratione reconditur, et
tantae per hoc ibidem virtutes unt, acsi illic specialiter eorum corpora deferantur.

330

M. PICCIRILLO

Laugusta Costantina, moglie di Maurizio gli aveva chiesto la testa


o la reliquia di San Paolo da porre nella nuova chiesa in costruzione a
Costantinopoli. Gregorio risponde negativamente adducendo come motivo
la pratica romana di considerare un sacrilegio aprire le tombe (violatio
sepulchri), toccare le ossa dei martiri, e tanto meno smembrare i loro resti.
A conferma racconta lepisodio di due monaci greci che due anni prima
avevano esumato dei cadaveri nei pressi della chiesa di San Paolo a Roma
pretendendo che fossero delle reliquie! Un episodio che scrive il Papa
ha fatto nascere in noi un grande dubbio, se vero che essi dicano di
avere veramente esumato corpi dei santi!37.
Papa Gregorio e il pellegrinaggio
Ritornando al pellegrinaggio, chiudiamo questo excursus con due testi citati
da Maraval. Il primo preso dallOmelia in Ezechiele IX,22: Se manca lo
spirito commenta Papa Gregorio , non serve cambiare posto. Lo stesso
Lot, di cui parliamo, si comport da santo a Sodoma e pecc sul monte.
Che i posti non custodiscono lanimo lo dimostra lo stesso primo padre del
genere umano, che cadde perno in paradiso38.
Idea che egli riprende nella lettera ad Abba Palladio che si trovava sulla
montagna del Sinai: Che la grazia celeste protegga, noi nelle citt e voi nel
deserto, perch lantico nemico, con la tentazione, non lontano dai luoghi della terra. Se nel paradiso ha fatto cadere luomo, quale luogo pu esistere fuori
del paradiso nel quale egli non possa penetrare gli spiriti degli uomini?39.
Sempre sullo stesso argomento che porta lo studioso di Strasburgo a
minimizzare nel pensiero del Papa il signicato dei Luoghi Santi di Gerusalemme e del mondo cristiano in favore della quiete monastica e delle
tombe di Pietro e Paolo a Roma, Maraval cita un altro passo dallOmelia
in Ezechiele X,24: Il luogo della dimora di Dio Gerusalemme, cio la
visione della pace, perch vedono le cose di Dio i cuori che non discendono
37. IV,30, 53: Ex quorum exemplo, sicut praedictum est, maior nobis dubietas nata est,

utrum verum sit quod levari veraciter ossa sanctorum dicuntur.


38. Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1-2. Traduzione, introduzione e note a cura di
E. Gandolfo, Roma 1979, 195.
39. XI,1: Caelestis gratia et nos in urbibus et vos in heremo protegat, quia antiquus hostis
terrarum locis a temptatione non excluditur, quia, si in paradiso hominem stravit, qui locus
esse extra paradisum potest potest, in quo mentes hominum penetrare non valeat? In sola
ergo creatoris nostri protectione dendum est, cui ex intimo corde clamemus: Esto mihi in
Deum protectorem et in locum munitum, ut salvum me facias.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

331

verso la deportazione di Babilonia, cio ai vizi della confusione. Dio infatti


abita l dove si cerca la pace vera, dove si ama la gloria della contemplazione interiore... dunque luogo della dimora di Dio sia ogni anima santa,
sia ogni spirito angelico che rimane in cielo40.
Papa Gregorio e gli imperatori di Costantinopoli
La lettera alla regina Teodolinda con i regali al principino che testimonia,
tra laltro, dei buoni e amichevoli rapporti tra il Papa di Roma e i Longobardi invasori dei territori dellimpero, ci introduce nella seconda parte
della nostra conversazione.
Latteggiamento accondiscente e amichevole del Papa con Longobardi,
Franchi e Visigoti, era in stridente contrasto con la politica dellimpero di
Bisanzio che dai Longobardi si vedeva privato della sua sovranit su gran
parte del territorio italiano che limperatore Giustiniano aveva liberato dai
Goti. Limperatore macedone nel suo lungo regno durato dal 527 al 565 si
era illuso di aver dato inizio ad unera di rinascita dellimpero restituendo
a Roma tutti i privilegi di Roma, come scrisse Giovanni di Lidia41. In realt
la sua epoca fu lultimo periodo di potenza politica e di splendore culturale
dellimpero che noi giustamente chiamiamo lepoca doro di Giustiniano
particolarmente evidenziata nei monumenti della Siria-Palestina42.
Le guerre che avevano permesso la riconquista allimpero dellItalia,
della Spagna e dellAfrica, furono vanicate dallinvasione longobarda in
Italia del 568 e dalla controffensiva visigota in Spagna che nel 578 riconquist denitivamente la citt di Cordova, sede del governatore bizantino43.
Limpero resistette in Africa no allinvasione arabo musulmana del VII
secolo, resa possibile dallindebolimento e successivo sfondamento del
conne in Siria-Palestina e Egitto, una prima volta nel 612 da parte dei
Persiani44, e una seconda volta in modo denitivo nel 636 da parte degli
40. Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1-2. Traduzione, introduzione e note a cura di

E. Gandolfo, Roma 1979, 221-222.


41. Johannes Lydus, De Magistratibus, III, 55, citato in P. Llewellyn, Roma nei secoli
oscuri, Bari 1975, 57.
42. A. Grabar, Let doro di Giustiniano, Milano 1966.
43. G. Ostrogorsky, Storia dellimpero bizantino, Torino 1968, 68-69.
44. Campagna che si concluse con la presa di Gerusalemme, il massacro della popolazione
e lincendio delle chiese (cf. Expugnationis Hierosolymae A.D. 614, Recensiones Arabicae,
ed. G. Garitte, Louvain 1973.

332

M. PICCIRILLO

Arabi musulmani, che fu lultimo atto di una politica logorante condotta


dai successori di Giustiniano45.
Inizi Giustino II (565-578) che si riut di pagare il tributo pattuito
con i Persiani da suo zio provocando la ripresa della guerra con limpero
persiano che dur venti anni stremando le nanze dello stato (gli storici
la chiamarono lulcera dello stato). Nulla pot fare limperatore Tiberio
Alessandro, prima come Cesare a anco di Giustino diventato pazzo e poi
come imperatore (578-582), se non continuare la guerra afdando lesercito al generale cappadoce Maurizio che alla sua morte gli successe come
imperatore (582-602)46.
Questi, apprott dellaiuto chiestogli dal giovane Khusraw II Parwiz
durante la rivolta del generale Bahram, per concludere nel 591 un trattato
di pace con il quale ricevette anche parte dellArmenia, territorio conteso
tra i due imperi allorigine della guerra. La pace su questo fronte permise
di intervenire contro gli Slavi sul Danubio e di riorganizzare la difesa in
Italia e in Africa con la creazione degli esarcati di Ravenna e di Cartagine.
Nel testamento del 597 Maurizio aveva perno deciso di afdare lOriente
al primogenito Teodosio con sede a Costantinopoli, e lItalia e le isole al
glio minore Tiberio con sede a Roma che cos riprendeva il suo ruolo di
capitale. Lo scontento tra i militari da dieci anni in guerra sul fronte del
Danubio port nel 602 alla rivolta di Foca che acclamato imperatore riusc
a sconggere Maurizio e con rara crudelt ad ucciderlo dopo avergli fatto
assistere al massacro dei gli.
Lallora diacono Gregorio, che, ricordiamolo, era stato funzionario
romano no al pi alto grado di praefectus urbis, nel 579 era stato
inviato da Papa Pelagio II come suo apocrisario (rappresentante) a
Costantinopoli. Rest per sette anni no al 586, anno in cui torn a
Roma, dove svolse lufcio di segretario del papa per poi succedergli
nellepiscopato. Durante la sua permanenza nella capitale, ebbe modo
di farsi conoscere dallimperatore Tiberio e dallimperatore Maurizio
che gli chiese anche di fare da padrino al battesimo di Teodosio suo
primogenito.
I rapporti non furono cos idilliaci una volta eletto papa nel 589, anzi
si raffreddarono progressivamente man mano che il papa di Roma da una
parte faceva presenti i suoi diritti nella Chiesa contro le pretese del pa-

45. Eutichio Patriarca di Alessandria (877-940), Gli Annali. Introduzione, traduzione e note

di B. Pirone, Cairo 1987, 335-336.


46. Cf. Ostrogorsky, Storia dellimpero bizantino, 68-73.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

333

triarca di Costantinopoli che usava, secondo lui, abusivamente il titolo di


ecumenico, e dallaltra si adattava alla nuova realt politica creatasi in Italia
stringendo nuovi legami con i re Longobardi e con i popoli che vivevano
nel nord Europa. Il regalo inaspettato fu quando il re Agelulfo e la regina
Teodolinda fecero battezzare nella chiesa cattolica il glio Adaloaldo, dimostrando con i fatti che il monosismo e larianesimo si potevano vincere
anche senza lintervento armato, nello stile che caratterizz tutta lopera
civile e pastorale del pontece romano.
Si raggiunse linsulto quando limperatore in una lettera diede del fatuus al papa di Roma per la sua gestione delle cose dItalia in favore del
longobardo Ariulfo47. lo stesso Papa a ricordarlo scrivendo allimperatore
nel giugno 595 una lettera molto dignitosa e senza peli sulla lingua, invitando limperatore ad avere pi rispetto del Papa e della sua dignit, e di
credere pi ai fatti che alle parole.
In tale contesto si possono forse spiegare le espressioni di gioia ricordate dai cronisti quando le immagini dei nuovi imperatori Foca e Leonzia
giunsero a Roma, dove furono accolte con acclamazioni di esultanza: Exaudi Christe! Focae Augusto et Leontiae Augustae Vita!, immagini che, per
ordine del papa, furono riposte nelloratorio di San Cesario. Dello stesso
tenore il contenuto delle due lettere inviate in Maggio e in Luglio dal
papa al nuovo imperatore: Gloria in excelsis Deo, qui iuxta quod scriptum
est mutuat tempora et transfert regna et qui hoc cunctis innotuit quod per
prophetam suum loqui dignatus est dicens quia dominatur excelsus in regno
hominum et cui voluerit ipse dat illum... Laetentur coeli et exsultet terra
et de benignis vestris actibus universae reipublicae populus nunc usque
vehementer afictus hilarescat48. A parte il vocabolario di corte adatto
47. V,36: Gregorius Mauricio Augusto, p. 304-307: In serenissimis iussionibus suis domi-

norum pietas, dum me de quibusdam redarguere studuit, parcendo mihi minime pepercit.
Nam in eis urbano simplicitatis vocabulo me fatuum appellat. In scriptura etenim sacra cum
in bona intelligentia simplicitas ponitur, vigilanter saepe prudentiae aut rectitudini sociatur...
Ego igitur, qui in serenissimis dominorum iussionibus ab Ariul astutia deceptus, non adiuncta prudentia, simplex denuntior, constat proculdubio quia fatuus appellor. Quod ita esse ego
quoque ipse conteor Nam si hoc vestra pietas taceat, causae clamant. Ego enim si fatuus
non fuissem, ad ista toleranda, quaeque inter Langobardorum gladios hoc in loco patior,
minime venissem... Sed etsi sacerdos non sum, scio gravem esse hanc iniuriam sacerdoti,
ut veritati serviens fallax credatur. Et dudum novi quoniam Norduvulfo plus est creditum
quam mihi, Leoni amplius quam mihi, et nunc eis qui esse ad medium videntur plus quam
meis assertionibus credulitas impenditur... Hoc tamen piissimo domino suggero, ut de me
mala omnia quaelibet existimet, de utilitate vero reipublicae et causa ereptionis Italiae non
quibuslibet facile pias aures praebeat, sed plus rebus quam verbis credat.
48. XIII,32.

334

M. PICCIRILLO

alla circostanza, si pu pensare che il papa non era ancora a conoscenza di


quanto era avvenuto a Costantinopoli!
Il Papa e Anamundaro
Torniamo al secondo passo dellepistolario con il quale abbiamo iniziato
questo incontro. La lettera inviata a Innocentius prefetto del pretorio a Cartagine in Africa datata dagli editori al luglio 600, due anni prima della
tragica ne dellimperatore Maurizio e della sua famiglia: De Anamundaro
autem quae scripsistis fecimus, sed voluntatem utinam sequatur effectus,
quia quantum ad nos pertinet, afictis intercessionis nostrae solacium non
negamus.
Il Papa risponde ad una richiesta di intervento a favore di Anamundaro
inviatagli da Innocenzo49 e assicura il prefetto dAfrica che, secondo la
sua prassi di venire incontro agli afitti, aveva fatto ci che gli era stato
richiesto, anche se non era molto convinto del risultato che evidentemente
non dipendeva da lui50.
Il nome del personaggio per il quale il prefetto Innocenzo e il Papa
si erano mossi, rimanda ad Alamundaro glio di Areta, al-Munthir bin
al-Harith, in arabo, larca della confederazione cristiana dei Bani Ghassan, che Tiberio aveva dichiarato re degli Arabi, titolo gi conferito da
Giustiniano al padre Areta bin Jabala. Per una serie di malintesi, che
risultarono tragici per le province orientali e per i Luoghi Santi di Gerusalemme, il re arabo, accusato di tradimento, con la famiglia e con il
glio Numan, che aveva provato a liberarlo capeggiando la ribellione
contro limpero, era stato prima connato agli arresti domiciliari a Costantinopoli e poi inviato in esilio in Sicilia. Dalle cronache siriache
sappiamo che il re fu liberato, quando Foca divenne imperatore (ab exilio
dimissus est etiam Mundarus rex Arabum, et abiit in regionem suam,
Cronaca siriana 602).
Da questi precedenti storici, nasce la ricostruzione certamente plausibile suggerita dal Prof. Irfan Shahid: nel personaggio al quale il Papa
49. X,16: Gregorius Innocentio Praefecto Praetorio Africae, p. 844-845.
50. Malgrado la preoccupazione che desta la persecuzione di Ariulfo duca di Spoleto, il

Papa, scrivendo al Magister Militum Velox, il Papa, lo invita a liberare alcune famiglie:
Malgrado ci, vi esortiamo prima di tutto di liberare, senza alcun ritardo n scusa, la famiglia di Aloin e di Adobin, e quella di Ingilda Grusinge che si sa si trovano con il magister
militum Maurizio... (II, 4, 14-18).

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

335

si rivolge in favore di Alamundaro bisogna vedere limperatore Maurizio


allorigine, prima come generale di Tiberio e poi come imperatore, della
disgrazia che aveva colpito il re arabo e la sua famiglia, e che successivamente colpir le province orientali restate senza difesa per la dissoluzione
del foedus che teneva uniti allimpero gli arabi cristiani della confederazione da lui guidata51.
La confederazione dei Bani Ghassan giunse dal sud della penisola arabica e penetr nel territorio dellimpero al tempo dellimperatore Anastasio
dove fu accolta dal governatore romano della provincia Arabia e dai larchi
della confederazione cristiana dei Bani Salih di cui divenne tributaria52. Il
gruppo conosciuto nelle fonti siriache anche con il nome di Bayt Thalaba, con gli anni divenne preponderante nch, verso il 530, limperatore
Giustiniano decise di afdargli la difesa del limes arabicus che andava da
Aqaba allEufrate: il settore nord al larca Areta (al-Harith ibn Jabala nelle fonti arabe) dandogli il titolo di re di tutti gli Arabi insieme con quello
onorico di patricius, in modo da contrastare efcacemente Alamundaros
di Hira a capo della confederazione dei Bani Lakhm che combattevano a
anco dellesercito persiano; il settore meridionale sul Mar Rosso (province di Palestina e Sinai) al fratello Abukarib ibn Jabala. Entrambi i larchi
vengono ricordati al anco delle truppe imperiali durante la soppressione
delle rivolta samaritana del 529. Il campo principale dei Bani Ghassan si
trovava a Jabyah sul Golan.
La confrontazione dei Bani Ghassan con il gruppo dei Bani Lakhm,
iniziata per una disputa di frontiera tra i due gruppi arabi e proseguita
con alterne vicende da Cosroe I re di Persia con lintento di raggiungere
Gerusalemme dove sperava di trovare immensi tesori, ebbe il suo culmine
nella vittoria di Calcis (Chinnasrin) del 554, nella quale si distinsero i Bani
Ghassan guidati da Areta. La vittoria condusse alla rma della tregua del
557, e alla pace con limpero persiano del 561 ssata per 50 anni53. Le province di Arabia e di Palestina beneciarono di questo periodo di interesse
imperiale e del lungo periodo di pace.
Nel 563 il larca e re arabo si rec a Costantinopoli dove fu accolto da
Giustiniano con i massimi onori. La visita viene narrata dal cronista Teofa51. I. Shahid, Byzantium and the Arabs in the Sixth Century. I. Part I: Political and Military

History, Washington 1995, 602-605.


52. Per una sintesi del lavoro di I. Shahid cf. Gli Arabi cristiani della provincia, in M.
Piccirillo, LArabia cristiana. Dalla Provincia imperiale al primo periodo islamico, Milano
2002, 190-217.
53. Shahid, Byzantium, I, 240.

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M. PICCIRILLO

ne: Anno 563/4. In Novembre Areta patrizio e larca dei Saraceni venne
a Bisanzio, in quanto era obbligato ad informare limperatore su quale dei
suoi gli, dopo la sua morte, avrebbe ottenuto la larchia, e di discutere
(delle scorrerie) di Ambros, glio di Alamundaros nel suo territorio54.
Alla morte di Areta avvenuta nel 569, quattro anni dopo quella dellimperatore, gli successe il glio Alamundaros (al-Munthir ibn al-Harith) che
dovette subito rispondere con fermezza e determinazione alle provocazioni
dei Bani Lakhm che si erano sentiti in dovere di rompere la tregua, perch
limperatore Giustino II aveva riutato di pagare il tributo versato in precedenza da Giustiniano. Nelle fonti siriache Alamundaros glio di Areta,
diventa leroe cristiano che combatte le battaglie della croce. Dopo una
battaglia vinta il giorno dellAscensione del 570, il Chronicon Maroniticum
scrive: Et feria quinta Ascensionis huius anni praelium iniit Mundar, et
auxiliatus est Dominus Mundaro, et devicit Qabus et crux triumphavit55.
Tutto and bene, nch il re arabo non chiese allimperatore di aumentare il sussidio per le sue truppe. Lo storico Bar Hebreus cos racconta gli
avvenimenti: In quel tempo (durante il regno di Giustino II (565-578),
cerano due campi tra gli Arabi (Tayyaye, in siriaco), quello di Mundar
Bar Harath che era cristiano e i cui soldati erano cristiani dalla parte dei
Romani, e quello di Kaboz dalla parte dei Persiani. Kaboz essendo venuto
contro gli Arabi cristiani, prese tutti i loro greggi, e le mandrie di cammelli
e se ne fugg. Mundar riun un esercito, marci contro di lui e lo batt; e
ritorn con una grande quantit di ricche spoglie e di cammelli. Kaboz
lattacc di nuovo, fu battuto e and a chiedere rinforzi presso i Persiani.
Allora Mundar inform Giustino e gli chiese delloro per pagare le sue
truppe in modo che potessero di nuovo opporsi ai Persiani. Allora Giustino
decise di uccidere Mundar come se egli fosse stato la causa per cui i Persiani invadevano il territorio romano56.
Limperatore, non solo riut la richiesta, ma ordin al magister militum di eliminare sicamente il re arabo giudicato un pericolo per limpero,
dandogli la colpa di aver provocato linvasione arabo persiana. Due lettere
furono inviate, una allo stesso al-Munthir con lordine di informare Marcia54. C. Mango - R. Scott (ed.), The Chronicle of Theophanes Confessor, Oxford 1997,

353.
55. Shahid, Byzantium, I, 345.
56. Lepisodio viene raccontato pi o meno negli stessi termini dal vescovo contemporaneo
Giovanni di Efeso: Quod cum Iustinus rex audivisset, eum idcirco et scripsisse ut aurum
ei mitteret, valde iratus et stomachatus eum probris lacessivit eique graviter minatus est; et
ut eum dolo clanculum occideret enisus est (Shahid, Byzantium, I, 347).

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

337

no dellaccaduto, e la seconda a Marciano, magister militum per loriente,


di assassinare il re arabo o di deporlo. Per una strana coincidenza, lordine
imperiale fu intercettato da Munthir che ricevette la lettera indirizzata a
Marciano. La reazione viene drammatizzata da Giovanni di Efeso per cui
il re avrebbe esclamato: Cos, le mie fatiche e tutto quello che ho fatto per
la terra dei Romani mi si retribuiscono con il taglio della testa? Era questo
che meritavo?57.
Offeso, il re arabo si ritir con i suoi uomini nella steppa interiore (con
tutto il suo esercito se ne part e se ne stette nel deserto... per due o tre
anni), lasciando liberi i Persiani e i Bani Lakhm di fare razzie nel territorio
romano. Questi infatti nel 573 invasero la Siria no a raggiungere Antiochia, devastando e derubando. La citt di Apamea, dove era conservato il
frammento della Vera Croce, e quella di Epifania (Hama) furono date al
fuoco, insieme con altre citt della Siria58.
Il 7 dicembre 574 Giustino fu dichiarato insano di mente e Tiberio
Alessandro Cesare corregente. Nella primavera del 575, al-Munthir, addolorato per quanto stava succedendo alle popolazioni cristiane di Siria59,
fece il primo passo scrivendo a Giustiniano, nuovo magister militum per
Orientem, che era pronto ad incontrarlo nella chiesa di San Sergio di
Rasafa/Sergiopolis per rinnovare il foedus di alleanza con limpero. Lincontro dei due avvenne nel martirion davanti al sarcofago di argento con le
reliquie del martire. Lincontro n con la riconciliazione di cui fu subito
inviata notizia a Costantinopoli60.

57. Nam labores mei et operae pro terra Romanorum suscepti mihi capitis praecisione

retribuuntur? Num hoc merebam? (Shahid, Byzantium, I, 357).


58. Cf. Shahid, Byzantium, I, 357-358. Michele il Siriano ricorda Beit Balas, Qasrin, Beir
Dama, Gaboulaye nella regione di Qinnasrin (Chalcis) e Gazara. Tra i prigionieri si ricordano le 2000 vergini prese prigioniere che Cosroe aveva intenzione di inviare al khagan dei
Turchi e che preferirono suicidarsi (lepisodio ricorda le 400 del tempo di al-Munthir nel
520). Inoltre i Bani Lakhm riuscirono a conquisatre Dara che cadde nel 573.
59. Cum Mondir de dolo qui in eum factus est et de vastatione quam hostes fecerunt et
e terra Romanorum divitias nacti sunt paeniteret et doleret scrive Giovanni di Efeso
(Shahid, Byzantium, I, 361).
60. Cf. Shahid, Byzantium, I, 374-375. Giovanni di Efeso: Ego ab initio dolos Romanorum
audiebam et cognovi; nunc autem dolo hoc mortali qui pro laboribus meis in me structus
est veritatem experimento didici; et posthac ego ut me ipsum principi ullo Romanorum
credam mihi nunquam suscipiam. Et tibi, quoniam te virum christianum et ingenuum qui
Deum timet esse cognovi, si ad domum beati Mar Sergii Resaphae venies, et mihi nuntium
mittes, illuc veniam, cum exercitu meo quasi ad pugnam armatis. Et, si pax mihi obtinget, et
veritatem mecum loqueris, ego et tu etiam in concordia revertemur. Et, si dolum inveniam,
in Deo spero in quem credo, qui manus in me non remisit, nec remitteret.

338

M. PICCIRILLO

Ripreso il suo ruolo nellimpero, al-Mundhir diresse una campagna


contro Hira la capitale dei Bani Lakhm, con lintento di liberare i prigionieri cristiani e di punire le malefatte operate in territorio romano durante
la sua assenza. La campagna termin con la presa della citt e la sua distruzione con il fuoco. Furono risparmiate solo le chiese cristiane. A sfregio,
il re pose la tenda al centro della citt nemica e vi stette per cinque giorni
prima di prendere la strada del ritorno carico di bottino e con i prigionieri
liberati. Molte ricchezze furono distribuite ai monasteri e alle chiese degli
ortodossi (monositi), conclude Giovanni di Efeso61.
Nel 577 Maurizio il cappadoce divenne magister militum per Orientem.
Insieme Maurizio e Alamundaro condussero fortunate campagne militari
contro il territorio persiano. Scrive Michele il Siriano: Maurizio radun
di nuovo gli eserciti dei Romani con Mondar e gli Arabi loro federati, e
invasero le regioni della Persia. Bruciarono, e razziarono, presero numerosi
prigionieri e ricchezze, e se ne tornarono62. Il re arabo raggiunse lapogeo del suo regno, quando nellinverno del 580 fu invitato da Tiberio a
Costantinopoli. Limperatore ricevette lui e i suoi due gli, che lo avevano
accompagnato, con i massimi onori, dandogli anche il diadema regale, un
fatto inusitato, annota Giovanni di Efeso, perch mai un capo degli Arabi
federati ne era stato insignito63. Gregorio si trovava in citt.
Nella capitale, il re arabo, convinto monosita, fece anche da mediatore
per riportare la pace tra i vescovi Giacomo Baradeo e Paolo, i due capi
della corrente monosita, che, grazie alla sua mediazione, si riconciliarono.
Il re us anche la sua inuenza per chiedere allimperatore calcedoniano di
cessare la persecuzione contro i membri della comunit considerata eretica.
Dopo questo successo chiese allimperatore di ripartire64. Fu lultimo atto
di amicizia e di concordia.
61. Shahid, Byzantium, I, 381.
62. Shahid, Byzantium, I, 396.
63. Giovanni di Efeso: Adventus vero gloriosi Mondir anno 891 mense sebat die 8 eius

factum est, qui pompa magna et honore innito a reged misericorde Tiberio receptus est,
qui eum xeniis et muneribus magnis, et donis regiis honoravit, et quidquid volebat ei fecit,
et quidquid rogavit ei dedit, itemque liis eius duobus qui eum comitabantur dignitates
donavit, et diademate etiam regio eum dignatus est (Shahid, Byzantium, I, 399).
64. Post haec vero gloriosus Mondir obsecravit ut ipse etiam dimitteretur, et regem misericordem de pace ecclesiae etiam obsecravit, et ut Christianorum persecutio conquiesceret. Qui ei cum
iureiurando promisit se, si a bellis conquieturus esset, pacem statim facturum. Itaque hac promissione data eum cum magnis honoribus dimisit, et donis regiis auri et argenti multi et vestibus
splendidis, et ephippiis et frenis multis argenteis et armis. Et praeter haec omnia diadema etiam
regium (taga d malkutha) ei donavit, quod usque ad hunc nullis regibus Tayaye umquam fuerat
nec datum erat, sed nonnisi coronam tantum sumere eis fas erat(Shahid, Byzantium, I, 400).

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

339

Alla morte di Cosroe nella primavera del 579, dopo 48 anni di regno,
Maurizio decise di intervenire in territorio persiano con tutto lesercito imperiale e gli ausiliari arabi, approttando della confusione che regnava nella
capitale Ctesifonte per la successione. La spedizione guidata da al-Munthir
e spalleggiata dalla otta che scendeva lungo lEufrate, inizi a Circesium,
e prosegu via terra con lesercito che marciava sulla sponda occidentale
del ume (la via del deserto di Arabia), con lintenzione di attraversare
lEufrate allaltezza di Ctesifonte. Giunti al grande ponte previsto per
lattraversamento, lo trovarono distrutto, e il generale romano, infuriato
per il fallimento dei suoi piani, accus al-Mundhir di aver proditoriamente
preavvisato i Persiani che, come contromossa, avevano invaso il territorio
romano a nord alle spalle dellesercito bizantino. Maurizio dovette interrompere la spedizione e risalire verso il nord, dopo aver dato ordine di dare
fuoco alla otta.
Convinto da Maurizio, limperatore Tiberio prese la decisione di fare
arrestare al-Munthir. Per raggiungere lo scopo si servirono di Magnus un
alto funzionario dellimpero, siriano di origine nato a Hawarin (Evaria) e
amico del re arabo tanto che questi lo aveva gi scelto come suo difensore
presso limperatore contro le accuse mossegli da Maurizio.
Tornato in Siria, Magnus lo invit a partecipare alla dedicazione di una
chiesa, che egli aveva fatto costruire nella sua citt natale, presieduta da
Gregorio Patriarca di Antiochia. Dopo averlo ricevuto con tutti gli onori,
Magnus espose al re lordine dellimperatore in un concitato colloquio
riportato da Giovanni di Efeso: Tu sei stato accusato e tu devi andare di
persona per parlare in tua difesa e scolparti di queste accuse. Davanti alla
resistenza del re, Magnus lo fece arrestare con la forza: Se non vuoi andare di tua volont, io debbo metterti in catene, farti montare su un asino e
inviarti l. Al-Munthir si ritrov come un leone del deserto chiuso in una
gabbia, conclude lo storico65.
A Costantinopoli, al-Munthir fu ricevuto con onore dallimperatore,
ma non gli fu permesso di tornare nella sua provincia. Nella capitale lo
raggiunsero la moglie, due gli e una glia. Larresto di Mundhir provoc
nel 581 la reazione irata del glio Numan che giunse ad assediare il campo
di Magnus che aveva teso il tranello al larca, per poi darsi ad assalire il
territorio della Siria e dellArabia no a porre lassedio alla citt di Bosra,
metropoli della provincia, e ad uccidere in battaglia il comandante della
guarnigione se non il governatore della provincia.

65. Shahid, Byzantium, I, 461.

340

M. PICCIRILLO

Nel 582 venne a mancare anche Tiberio, e Maurizio divenne il nuovo


imperatore. Allora Numan decise di recarsi a Costantinopoli per tentare
una soluzione al conitto che portasse alla liberazione del padre e al rinnovamento del foedus. Secondo Giovanni di Efeso, il nuovo imperatore gli
prospett due condizioni: di rinnovare il foedus di alleanza con i Romani
riprendendo la lotta contro i Persiani, e di accettare la fede calcedonese.
Non potendo accettare la seconda condizione, Numan decise di lasciare
Costantinopoli. Mentre era in cammino, anche lui fu catturato e inviato in
esilio con Mondar suo padre66.
Lo storico Evagrio, un contemporaneo che il solo a riferirlo, scrive
che padre e glio furono accusati di tradimento e del crimine di lesa maest
(crimen maiestatis anche in Giovanni di Efeso) e che perci tutti i giudici
ne chiesero la pena di morte67. Allo stesso storico dobbiamo la notizia che
al-Munthir, poco dopo laccessione al trono di Maurizio nel 582, fu inviato
in esilio in Sicilia, accompagnato da Sergio, uno dei suoi ufciali, seguito
poi dal glio Numan.
Invano Papa Gregorio, che dal 579 era stato apocrisarius di Papa Pelagio II a Costantinopoli (579-586) e che perci aveva avuto la possibilit di
conoscere personalmente il re arabo durante la sua visita del 580, scrisse
nel 600 allimperatore per la sua liberazione su sollecitazione di Innocentius praefectus Praetorio dellAfrica.
Lintervento del Papa infatti non ebbe nessun seguito. Gli storici
antichi e moderni, sono divisi nettamente in due opposte fazioni sul
motivo dellarresto. Evagrio e Procopio sono tra quelli che accreditano
la tesi del tradimento del re dei Bani Ghassan. Giovanni di Efeso e
Michele il Siriano ritorcono tutta la colpa su Maurizio. Le sue accuse
infondate contro al-Munthir e poi contro al-Numan suo glio avrebbero
provocato la rivolta degli Arabi cristiani e la dissoluzione del foedus
con conseguenze funeste per limpero cristiano. La confederazione araba
si sciolse e diverse trib preferirono attraversare lEufrate e passare in

66. Michele il Siriano: Magnus uomo scellerato e molto bugiardo, mor. Allora Numan

decise di andare ad incontrare il Cesare Mauricianus. Questi lo accolse e gli giur che se
combatteva contro i Persiani, avrebbe liberato suo padre dallesilio. Si disse a Numan di
comunicare con i Sinoditi. Egli si riut dicendo: Tutte le trib dei Tayaye sono ortodosse
e se io comunico con i Sinoditi, mi ammazzeranno. Perci aument il suo odio, e partendo,
Naman giur che non avrebbe mai visto di sua volont la faccia dei romani. Fu per questo
che mentre era in viaggio lo catturarono e lo inviarono in esilio con Mundar suo padre
(Shahid, Byzantium, I, 530).
67. Shahid, Byzantium, I, 539.

GREGORIO E LE PROVINCE ORIENTALI

341

territorio persiano. Scrive Bar Hebreus: Il regno degli Arabi si divise


in 15 capi e la maggior parte di essi si alle con i Persiani, tuttavia
qualcuno di loro con i Calcedonesi. Altri deposero le armi e si stabilirono nelle citt e nei villaggi del paese di Senar e di Assiria, in Siria,
e prosperarono no ad oggi nellortodossia (monosita), come quelli
che sono a Haditha, Hit, Ba Arbaya, Qaryatain nella regione di Emesa,
Nabk e in altri luoghi68.
Conclusione
Gli storici hanno visto nella rottura del foedus tra limpero bizantino e
la coalizione ghassanide la causa principale delle conseguenze disastrose
avvenute nei primi decenni del VII secolo, quando limpero sub la doppia
scontta nel 612 da parte dei Persiani che invasero la Siria e la Palestina
no a raggiungere Gerusalemme, e nel 636 da parte degli Arabi musulmani, scontta che signic la perdita denitiva delle province meridionali
dellimpero e della conquista di Gerusalemme nel 638.
Una tragedia di cui lOccidente e Roma avevano gi fatto lamara esperienza uscendone rinnovati, grazie alla lungimiranza di Papa Gregorio.
Michele Piccirillo, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

68. Shahid, Byzantium, I, 548. Nella versione armena della Cronaca di Michele il Siriano

si legge: Queste tristi notizie essendo diventate note nel paese degli arabi, ne ebbero il
cuore tutto turbato e afitto. Si separarono gli uni dagli altri dividendosi in 15 gruppi che
si diedero ognuno un capo. Gli uni si sottomisero ai Persiani, sedotti dai loro doni, gli altri
andarono in soccorso del paese di Kemir (Himiyar) e un piccolo numero tra di loro si diede ai Greci. Fu cos che la perversa eresia di Calcedonia caus la rovina di un bel regno
(Shahid, Byzantium, I, 543).

A GREEK INSCRIPTION DATED BY THE ERA OF HEGIRA


IN AN UMAYYAD CHURCH AT TAMRA
IN EASTERN GALILEE*

L. Di Segni - Y. Tepper

The village of Tamra (map ref. 188/226) is situated on the top and slopes
of a rocky hill in the eastern part of Lower Galilee, between the Jezreel
Valley to the west and Ramot Issachar to the east. Victor Gurin, who visited the region in July 1875, described the remains as une ville antique
qui slevait jadis en amphithtre autour dune source aboundante and
was the rst to identify the remains of two churches, one at the centre of
the village, near the spring, the other on the top of the hill.1 Later the site
was surveyed by the British Survey of Palestine, as well as by Bagatti,
Zori and Gal.2
The excavation
The excavation focussed on the church near the spring already noted by
Gurin. Three areas were opened: one outside the building to the east,
which will not be discussed here, and two within the church, the rst in the
nave and the second in the northern aisle (Fig. 1). Fragments of columns
were discovered in secondary use in the walls of the church, indicating that
in its early phase it was built as a basilica.
Sections opened down to the bedrock revealed, on the smoothed surface
of the rock, a ll and the bedding of a mosaic, as well as some segments
of a ne colourful mosaic in the centre of the nave, featuring rows of birds
(doves and peacocks). The numismatic nds pertaining to this oor give

The excavation (license A-4073/2004) was carried out in February 2004 on behalf of the
Israel Antiquities Authority, under the direction of Y. Tepper and with the assistance of U.
Ben Ziony and H. Smithline (photography), V. Essman and S. Pirsky (drawing), D. Syon
(numismatics), E.J. Stern (pottery), J. Negouer, R. Abu-Diab and A. Genach (preservation),
and Y. Yaaqobi (administration).
1. Gurin 1880: 124-125.
2. Conder and Kitchener 1882: 87-88, 130; Bagatti 1971: 272 (2001: 225-226); Zori 1977:
88; Gal 1998: 72. See also Tsafrir, Di Segni and Green 1994: 239.
LA 54 (2004) 343-350; Pls. 1-2

344

L. DI SEGNI - Y. TEPPER

the end of the fourth century as a terminus post quem for the laying of the
mosaic with the birds.
A bedding of crushed and compressed chalk was laid above this
pavement, on which rests the mosaic oor of the church of the middle
phase. Apparently the plan of the church at this stage did not change,
but the mosaic with the birds was replaced by a pavement of a rich geometrical pattern set in coloured panels in the nave. A panel uncovered
in the area of the ambo displayed medallions with intertwining crosses
and knots in patterns repeated in different colours. At the centre of the
nave the pavement showed a row of crosses, one above the other, facing
east. A guilloche border surrounded the central carpet. Immediately to
the west of the low wall that supported the chancel screen, an inscription was set within a rectangular frame (Fig. 2). Only its right-hand
section survives, but since its end reaches to the southern border of the
mosaic carpet, one can surmise that the inscription originally stretched
along the entire length of the chancel. The inscription is dated in year
725 CE (see below), a date conrmed by the pottery associated with
this pavement.
At a later stage the church collapsed, apparently as a result of an earthquake (probably that of year 749), and it was rebuilt with the same plan
of the Umayyad church, but its elevation was supported by arches leaning
on built pilasters, instead of the original columns. A new bedding was laid
in the bema, and upon it a third mosaic oor with a simple pattern of lozenges, rectangles and chains. The wall supporting the chancel screen was
thickened so that it lay on part of the inscription and thus obliterated it. In
this phase an altar was built in the centre of the bema. The bases of three
of the columns that supported the ciborium were found in situ; they were
made of small marble capitals in secondary use. In the middle between
them was a rounded hollow, evidently the place of a reliquary. From the
material nds it appears that the church was abandoned in the ninth century,
or in the tenth century at the latest, and in its fourth and last stage squatters
built temporary dwellings within its walls.
The position of the mosaic panels and the remains of masonry, including stumps of walls that emerge on surface outside the excavated area,
permit a tentative reconstruction of the church plan. Its nave was about 6 m
wide and the aisles about 3 m each, so that the whole width of the building,
with the walls, would have been 16 m and its proportional length at least
22 m. A monumental entrance in the north wall of the church and remains
to the west of the excavated area indicate that the building was a large and
imposing one, provided also with additional rooms and annexes.

A GREEK INSCRIPTION DATED BY THE ERA OF HEGIRA

345

The inscription
The inscription is set in four lines within a rectangular frame 50 cm wide.
About half of the inscription is lost: the surviving part much broken at
the northern end, but for the rest perfectly preserved stretches almost
exactly from the axis of the church to the southern border of the mosaic
of the nave, for a length of 266 cm. The letters, 7-8 cm high, are traced in
black tesserae. They are squat and widely spaced, except in the last line
where they crowd more closely together and some of the round characters
are squeezed into an oval shape. A narrow, pointed omicron also appears
in l. 2; however, in most cases rounded letters show a tendency to attened
bases that points to a date in the seventh or eighth century.3 The stigma in
l. 2 serves as a punctuation mark. The text reads:
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - NETwUYUFwHTHAEKL
-- - - - - - - - - - - - - - - - - - - AM . RTIONDwRUETEAUTOUMNI
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - IUK . . T . NENTIKoTAUTHPAIYUCH
- - - - - - - - - - E - - - - - - NI - - - NDIKTOGDOHEToEKATOToEBDOMo
Epi; - - - presbutevrou ejgevnetw uJ yuvfwsh" th'" aJ(giva)" ejklhsiva" spoudh/' - - - - -. O K(uvrio)" a[fesin aJmartio'n dwruvsete aujtou'".
Mnivsqhti K(uv r i)e - - - kai; - - - u kai; tw' n ej n ti' kov ( mh/ ) tauv t h/ pav s i"
yuch'".
Eteleiwvqh to; pa'n e[rgon meno;" Iounivou - ijndikt(iw'ni) ojgdovh/ e[tou"
eJkatostou' eJbdovmou.
[Under so-and-so the priest (?)] was made the mosaic of the holy
church [by the efforts of so-and-so. The Lord] will grant them [remittance]
of their sins. Remen[ber o Lord so-and-so and so-and-so] and those (who
live) in this village, each and every soul. [The work was completed on the
- of the month of June (?)] in the eighth indiction, year one hundred and
seven.
The text presents the usual examples of misspelling and iotacism typical of the region and period: uJ yuvfwsh" for hJ yhvfwsi" in line 1, dwruvsete
aujtou'" for dwrhvshtai aujtoi'" and mnis- for mnhvsqhti in line 2, ti' kov(mh/)
3. Cf. Di Segni 2003: 258-259.

346

L. DI SEGNI - Y. TEPPER

and pavsi" in line 3 instead of th/' kwv(mh/) and pavsh", and perhaps menov"
for mhnov" the reading is very uncertain in the last line.
The reconstruction of the missing sections suggested above is not free
of doubt. The inscription might or might not have begun with a cross, but
in all likelihood it opened with the name of the ecclesiastic in charge when
the mosaic was completed. Either the bishop of the diocese or the priest of
the church could be mentioned in this role, and whoever was chosen, his
title may have been written in full or abbreviated and may or may not have
been accompanied by an attribute. If the inscription mentioned the bishop,
would he have been the bishop of Mount Tabor or the metropolitan of Beth
Shean? Both sees had incumbents in the eighth century.4 The village of
Tamra is nearer the former than the latter, but the diocese formerly based
at Helenupolis and later at the holy place of Mount Tabor was probably not
large: it is quite possible, therefore, that Tamra was included in the boundaries of the former capital of Palaestina Secunda. However, the gap in l. 2
does not seem wide enough to contain more than one name, especially if
the name of the man who actually cared for the laying of the mosaic was
accompanied by an epithet, as is likely; and the blessing in the same line,
being formulated in the plural, must refer together to him and to the man
mentioned in l. 1. It seems more likely that remission of sins be asked for
a man present in person and directly involved in the life of the community
than for the bishop, who was usually named as eponym and whose responsibility in the building, if any, was just ex ofcio. It seems preferable,
therefore, to assume that the rst line of the inscription contained the name
of the priest of the church, who was probably also the village priest.
In l. 3, the invocation Remember o Lord can be condently restored,
and both the width of the gap and the solitary hypsilon surviving before kaiv
indicate that the name of some prominent villager appeared before the formula that embraced the entire population. The available space is sufcient
for two names or for a name and patronymic, or less likely for a name and
title: in any case, the person or persons mentioned by name must have been
benefactors who helped paying for the work.
The fourth and last line contains the date. The common formula attached to dated building inscriptions, ejteleiwvqh to; pa'n e[rgon, or something similar, can be condently restored in the missing part, while the
rest contains the full date: month and day (this probably written in full,
considering the width of the gap between the name of the month and the
4. Fedalto 1988: 1031, 1038.

A GREEK INSCRIPTION DATED BY THE ERA OF HEGIRA

347

word ijndikt[ivw'ni]), then the indiction and the year, with all gures written
in full.
But what year of the common era is indicated? The low gure points of
necessity either to an era starting very late or to an abridged date. But on
the one hand, the dominant era in the area would have been the Pompenian
era of Scythopolis, beginning in 64 BCE, and on the other, no chronological system known in the region, however late its starting point, can bring
us to a date that may t the palaeographic appearance of the inscription
and its archaeological context. An abridged date is certainly an option: the
reality of creation eras written without the initial digit representing 6,000 is
now denitively established by an inscription from en-Nueiyima in Jordan
dated year 8, indiction 8, that is, year 6008 of the Byzantine era of creation, 499/500 CE.5 However, by no creation era known in the region can
year 6,107 be translated into a year of the common era that ts the eighth
indiction, not to speak of the fact that year 6,107 by any creation counting would date the pavement between 598 and 615 CE, too early from the
palaeographical point of view.6
The only way to harmonize the year and the indiction is by counting
the years from the Hegira. Year 107 of the Hegira started on May 19, 725,
and the eighth indiction fell in 724/5: thus year and indiction agree from
May 19 to August 31, 725. Until now, only a single case of Greek inscription dated by the era of the Hegira was known in late-antique Palestine:
the Muawiya inscription at Hammath Gader, which is dated both by the
Hegira properly identies as kat Araba" and by the era of Gadara.7 In that case the use of the Hegira was natural enough for, in spite of
the opening cross, this was in fact an ofcial text, modelled on the pattern
of building inscriptions in Arabic set up by the Muslim administration; but
the use of the Hegira in a church seems unaccountable, for the Christians
5. Di Segni 2006 (forthcoming).
6. On the use of eras of the world in late-antique Palestine, both east and west of the Jordan,

see Arav, Di Segni and Kloner 1990; Di Segni 1992; Di Segni 1993; Di Segni 1994; Di
Segni 1997; Di Segni 2003; Tzaferis 2003; Di Segni 2006 (forthcoming).
7. SEG XXX, no. 1687; XXXII, no. 1501; XLII, no. 1433. For a new discussion, see Di
Segni 1997a: 237-240, no. 54. A number of late seventh-century papyri from Nessana
(PNessana 60-66) are dated by the Hegira, but like the Muawiya inscription they originate
from the Muslim administration: in fact, they are bilingual documents in which the Greek
text is the translation of an Arabic text, and both bear Hegira years. Only a single papyrus
from Nessana with such a date (PNessana 56) is a private document, and in its Arabic part
the date is given by the Hegira, while in the Greek part it is reckoned by the era of Elusa,
i.e. the era of Arabia. Even in Egypt, no Greek papyri with a Hegira date have so far been
discovered, except bilingual scal documents: see Worp 1985.

348

L. DI SEGNI - Y. TEPPER

could not ignore the religious signicance of this era or its prominence as
a symbol of the rival faith. Admittedly, Christian inscriptions of the eighth
or ninth centuries dated by a year of the Hegira are not unknown, but they
are rare, and in all the known cases the dating formula is in Arabic or in
Syriac, never in Greek.8 In Tamra the Hegira is recognized for the rst time
in Greek and in a Christian context.
One cannot help remarking how closely does the date of the inscription
follow the edict of Yazid II against images. Was the new pavement laid in
order to hide the mosaic with the birds? If this is true, it might point to
something more than compliance with the will of the overlord. There is
some evidence that in the early centuries after the Islamic conquest Muslims sometimes used churches as their place of prayer,9 and a cohabitation
of Christian and Muslim worship might explain both the need for a new,
aniconic pavement and the use of the era of Hegira in the dedicatory inscription pertaining to it.
Leah Di Segni, The Hebrew University of Jerusalem
Yotam Tepper, The Israel Antiquities Authority

8. Gatier 1992: 149 (Greek-Syriac bilingual from the southern Beqa dated in year 96 of

the Hegira, 714/5 CE); Loffreda 1989: 187-188 (lamps with various dates in Arabic of the
second and third centuries of the Hegira, the earliest corresponding to year 723 CE).
9. According to tradition, space was allotted to Muslim cult within the precinct of the
Church of Nativity in Bethlehem and in the atrium of the Holy Sepulchre: Eutichio,
Annali, ch. XIX, tr. Pirone 1987. 335-337. This is also archaeologically attested in the
Kathisma Church, where a mihrab was added in the southern part of the church during
its third and last building stage, in the eighth century or in the rst half of the ninth:
Avner 2003: 180.

A GREEK INSCRIPTION DATED BY THE ERA OF HEGIRA

349

Bibliography
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350

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Tsafrir Y., Di Segni L. and Green J. 1994
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Tzaferis V. 2003
The Greek Inscriptions from the Church at Khirbet al-Shubeika. In G.C. Bottini, L.
Di Segni and L.D. Chrupcaa, One Land Many Cultures. Archaeological Studies in
Honour of Stanislao Loffreda ofm (SBF. Collectio Maior 41). Jerusalem: 83-86.
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Zori N. 1977
The Land of Issachar, Archaeological Survey. Jerusalem (Hebrew).

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR


A New Perspective in the Light of Samaritan Lamps

V. Sussman

The decorations, style, and origin of the mosaic oor of the Christian edice discovered at Beth Hashitta (Figs. 1a-b, 2: Aharoni 1954) have never
been fully understood. The knowledge accumulated in recent years from
the wealth of decorations on Samaritan lamps* and synagogues enables us
to compare all of them to one another.
The building discovered at Beth Hashitta has two rooms facing eastward (chapels), whose apses, if any, have not been discovered. The complex is identied as Christian because of the cross in the mosaic pavement
in the southern room (Aharoni 1954, Fig. 1). A large medallion occupies the
oor, in which a large cross is depicted, surrounded by a band of irregular
interlocking circles (Fig. 2). This is an unusual pattern in mosaic oors,
though it is known from Samaritan lamps Type 1 of the late third-fth centuries CE (3), and from lamps of the Yabneh workshop of the same period
(Sussman 1968, Pl. XIV: 4 and 5, and Sussman 2002, Fig. 1:8), from an
area known to have been populated by Samaritans (Safrai 1977, p. 97 note
73). The pattern that surrounds the oor is also unusual.

* We dene Samaritan lamps as mould-made lamps with closed discus (45), which was
openened by breaking before use, probably because of strict purity use. Only on this type
of lamps do we nd Samaritan inscriptions (19). These lamps are found in Samaria or in
areas with a known Samaritan population. See Sussman 1983; 2002.
The mosaic oor, the courtesy of the Antiquities authority, Jerusalem.
Other lamps belong to: the Antiquities Authorities: Qastra with thanks to Z. Yeivin: 12 &
32; Beth Shean PAM 40.362: 15, Beth Shean Tzory 1969, IDAM56-94; 54-11: 35 & 36,
Kefar Sava E. Ayalon, IDAM 66-1724: 42, Samaria PAM 32.2397: 46, Arav 1990. Mesilot
g. 5: 6 & 10: IDAM 76-1350 & 76-1371: 43 & 47, Lehavot Haviva, Sussaman 1986,
IDAM 78-311, 78-329 g. 81: 49 & 50: 18 & 48; Ramat Rachel IDAM 64-1367: 20;
Unknown origin: Mayer 1936: 19, IDAM 76-130: 14; 4, 5, 9, 13, 15, 28, 33, 41, 44, 45;
Israeli & Avida Israel Museum 315, 400; 8 & 16; Museum Eretz-Israel, Tel Aviv: 6; Dar,
Rakit 2004, Pl.2:10: 17; Adler Collection 2004: 771: 3. 594: 7, 570: 26, 571: 27, 590: 30,
569: 31, 568: 49; Collection of Mr. Zur Ziv, to whom I am very grateful for bringing them
to my attention and allowing their publication: 29 and 34; British Museum, Bailey, 1988
Q2348 EA: 10; unknown collections. Goodenough no. 342: 11.
My deepest thanks to Dr. Rivka Gersht and to Dr. Leah Di Segni for their reading,
commenting, and advising. The photographs of the mosaic oor (Figs. 1, 2) courtesy of the
Israel Antiquities Authority. The other photographs were taken by N. Sussman.
LA 54 (2004) 351-368; Pls. 3-10

352

V. SUSSMAN

The unique carpet in the oor of the second (northern) chapel (Figs.
1a-b: Aharoni 1954, Figs 1, 2) consists of a rectangle divided into seventy
squares (7x10) framed by a narrow ladder pattern. The seventy squares
of the carpet are lled with different but exclusively geometric elements.
Scattered among them are patterns, which probably had some meaning
and may have been placed in a special order at the time of their creation.
Beyond the frame of the carpet to the east, seven large freestanding items
were depicted, and on west side of the carpet are eight small items. The
workmanship of the mosaics in both rooms is crude. Only black, white,
and red tesserae are used.
Five distinct features of the carpet decoration resemble distinct forms
depicted on Samaritan lamps:
1. The carpet is framed with a narrow ladder pattern, which is a typical
Samaritan decoration on lamps involving frames (3, 4, 7 and others).
2. Two lattice patterns (Figs. 21, 24) are divided into sixteen units
(4x4). One is on the left side of the freestanding items depicted on the
upper (east) side, of the carpet, and a second one is at the centre of the
rst upper row, inside the carpet (square 4A). The same patterns appears on
lamps 4 and 5; other lamps have lattices with different divisions.
3. There is a large freestanding circle in the centre, above the carpet on
the eastern side, similar to lamps 6-12. Within the carpet, many circles of
different sizes are drawn.
4. The oblique cross (X-shaped cross), repeated 20 times on the carpet
is a common pattern on lamps (3, 13-20), and is often combined with other
decorative elements.
5. Many of the different geometrical patterns within squares and circles
resemble those decorating the Samaritan lamps Type 1 and especially lamps
of the Beth Shean region (43, 47).
The carpet
The division of mosaic pavements into squares is not uncommon in the late
Byzantine period, as in the Jericho synagogue and Tell es-Sultan (Baramki
and Avi-Yonah 1938, pp. 73-77), in the Byzantine structure built over the
ruins of the Samaritan village at Zur Nathan (Ayalon 1994, Fig. 18; Dar
2002, pp. 450-451), at Kasr el-Lebia - Lebanon (Domagalski 1990, Pl. 28),
and in the recently discovered pavement at Kh. Zmal, Jordan (Melhem
2001, Fig 1). Observed from the side, parts of the oor appear to form
diagonals.

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

353

Like the semicircle (Sussman 1983, Fig 3; Sussman 2002, Figs.


2, 3), the square is a typical Samaritan decorative element adapted to
decorate various lamps: mainly lamps of Type 1 and lamps common to
the Beth Shean region (Sussman 2002, Fig. 1:9; Hadad 2002, Type 19
). The square, which mainly serves to frame different motifs, is well
known in ancient art, but it is a novelty on lamps. The square is common among architectural decorations: door panels, mosaic oors, murals
and ceilings, Torah shrines, ossuaries, sarcophagi made of stone or lead.
The square is an element which naturally resists application on a curved
surface like that of lamps, but it ts quite well into the at space on the
wide nozzle of the Samaritan lamps (3, 4, 15-16 and others). We may
also occasionally nd the square depicted on wide shoulders, mainly
of late Samaritan lamps until the early Arab period (18, 19 and others;
Sussman 1986-7, Fig. 17). In some instances, more than one square are
depicted: one on the nozzle and two on the shoulders (16; Israeli and
Avidah 1988, no. 400), thus producing the common formulas used on
local lamps typical of the Darom type of the Roman period. Squares,
one or more, may adorn the wide nozzles of multiple-nozzle lamps (3,
Castra 12; Sussman 2002, Fig. 1:4). The frame of the square is outlined either by a single or a double line, or with the typical Samaritan
ladder pattern. Rectangles as net patterns are found on lamps made in
Jerusalem (Ophel, Nablus Road and Ramat Rahel: Aharoni 1964, Figs.
32:5,7; Israeli and Avidah 1988, nos. 294, 296) and on a few pearshaped lamps, versions of the Beit Nattif type lamps, which also host
an oblique cross (20).
The seven freestanding items depicted above the carpet
There is no symmetry in the number of items depicted on either side of the
wide central medallion: two are on the right side, and four are on the left
side, which projects beyond the frame of the carpet. These seven patterns
may have been intended to correspond to the seven vertical columns of the
carpet below.
1. The central piece is a medallion of concentric circles (Fig. 21),
which breaks the ladder frame of the carpet, and is framed by a wavy
line of an ovolo pattern forming an arcade. Such concentric circles appear on Samaritan lamps (6-11). The circle motif, simple or concentric,
is interspersed with the geometric patterns within the carpet (Sq. 3E, 5C,
7A and 7F).

354

V. SUSSMAN

The ovoli surrounding the circle are an architectural element, a pattern


commonly surrounding the lling hole or discus of oil lamps; at the end
of the Roman period it becomes triangles (Sussman 1986, Fig. 78:19, 20;
Sussman 2003, Fig. 6). The pattern depicted on the oor may represent a
large plate, like the glass plate discovered at Beth Shearim (Avigad 1971,
Fig. 100), which is decorated with similar patterns. It may also represent a
round table, on which the Showbread and the sacred vessels were placed,
as depicted on the mosaic of the el-Khirbe synagogue (Magen 2002, Fig.
26). Another possibility is that it may represent the circular window in the
eastern faade of the building, above the lintel, through which the sanctuary at the far end of the room was lit. Large medallions are frequently
depicted on lamps with special meaning as well as on lamps with several
wicks, like the lamp from Castra at the foot of Mount Carmel (Yeivin 1999,
p. 35; Bailey 1988, Pl. 61:Q2348 EA, here 10; Sussman 2002, Fig. 1:3).
The circle motif is often associated with sacred motifs, like the shrine, the
menorah and the palm branch. A shrine stands to the right of the medallion
in our oor, and two shrines are depicted on the shoulders of lamp 7, which
has a circle on its nozzle. Lamp 9 has a circle on the nozzle and a pair of
menoroth at the rear, near the handle. On lamp 11 (Goodenough 1954, no.
342), two medallions ank a menorah, two additional menoroth ank the
handle and a lattice from which a palm grows adorns both shoulders. All
these elements are also found on the oor.
2. To the right of the circle (Figs. 21, 22) is a palm branch, whose top
was found incomplete and was tentatively restored as a Greek cross. It
symbolizes the tree of life or resurrection. A similar palm branch stands
for the lulav at the side of the menorah on the mosaic oor of the Jericho
synagogue (Baramki 1938, Pl. XIX). Branches like these are common
decorations on many lamps of the Samaria region (5, 11, 14-15, 18-19) .
Alternately, it may stand for Aarons rod, as depicted on a sixteenth century
Samaritan hanging (Mayer 1947, Pl. V).
3. The last item on the right (Figs. 21, 23), also repeated in the carpet
(Sq. 3G), could represent a bow or a crab (the zodiac sign of Cancer), if
we regard the two black stones at the top as eyes. It is also similar to the
depiction of the hand of God in the Akedah (Binding of Isaac) scene in the
Beth Alpha synagogue (Sukenik 1932, Pls. XII:2, XIX).
4. The item to the left of the centrepiece is a shrine (hechalit) (Figs.
21, 24, 25), standing on an elevated podium above the ladder band, with
two high bases not connected to the columns. The columns support the
decorated arch from which a square lamp hangs, and which is topped by
what could be a small gable. Such images are known from grafti at Beth

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

355

Shearim (Mazar 1973, Fig. 11), and are found on Samaritan lamps (26,
27; Sussman 2001, Pl. 2:28). There is another shrine within the carpet
(Sq. 7E).
5. To the left of the shrine is a lattice of sixteen units (Figs. 21,
24) and another in sq 4A, which resembles lamps 4 and 5. The lattice
is a natural geometric structure, dividing the square crosswise. It is
found on quite a few lamps, some of which bear special meanings. The
nine-unit lattice, topped with a gabled roof and a hanging lamp anked
by two concentric circles (27), represents a shrine. The writer of these
lines has suggested (Sussman 1978, p. 244, Pl. 40: f:12) that the depiction on lamps of a stepped lattice divided into 15 units (6+5+4) (28)
is to be identied with Mount Gerizim, based on comparison with the
representation of Gerizim on the mosaic oor of Salbit (Sukenik 1949,
p. 29, Pl. XVI).
A lattice of twelve units (4 horizontal, 3 vertical) depicted on a
Samaritan Type 1 lamp (29) the lamp which originally aroused my
interest in this subject has additional short oblique strokes at the
four corners, anked by two large circles in high relief, two dotted
circles and four horizontal bars (columns) depicted close to the rim of
the discus. Three arches rest on the circumference: two are framed by
the ladder pattern, while the central arch is depicted with short rays on
top. The depiction seems to deliver a message: perhaps, as Y. Meshorer
suggested to me, it represents the breastplate of the High Priest (hoshen).
Another lattice with twelve units is represented on a lamp from Zur
Nathan (Ayalon 2002, Fig. 3, rst on the last row). On lamp 32, found
at Castra, there is a lattice of twelve units on the left shoulder and one
of nine on the right, near the handle; beside each lattice is menorah,
and beyond the menorah is a palm branch.
A number of lamps with three lattice patterns have been published (Israeli and Avida 1988, Pl. LXX:400): two of 25 units (5x5) on the shoulders,
and one of thirty units (6x5) on the nozzle, where the top is anked by two
heavy dots, and the line of the base is stretched across the nozzle, as if for
lifting and carrying.
The nine-unit lattice (33) is a common pattern on the Beth Shean type
lamps (Sussman 2002, Fig. 1:9; Hadad 2002, Type 19; here 16). On lamps
made in the Beth Shean region (IAA I 16259; Hadad 2002, Type 19, nos.
128, 129, 132, 143 148, 150, 214, 215, of the fourth-fth centuries CE)
the squares of the lattice are usually lled by an oblique line, dots, or the
oblique cross, which is one of the most commonly repeated patterns on the
mosaic oor of Beth Hashitta.

356

V. SUSSMAN

Lamps from Beth Shean of the seventh-eighth centuries CE (35, 36)


display dense lattice patterns. Lamp 11 (Goodenough 1953, no. 342 is of
a type common at Taanek in the Jenin area (Jelal 2000, lamps 15-19). It
displays almost all the elements depicted upon the carpet: lattice, menorah,
palm branches and concentric circles.
Only a few lattices are divided into four units on lamps, mainly from
the Beth Shean region (Hadad 2002, no. 127 and others).
The division of the lattice on these Samaritan Type 1 lamps is extremely
variable (Adler 2004: lattice of 20:726, 28:713), so that each lamp is nearly
unique. Thus, if the lattice on lamps were meant to have any meaning, as
do the two lattice patterns among the gures on the mosaic oor from Beth
Hashitta, that meaning is probably different in each lamp, since each is
drawn by a different artist, without regard to its general meaning.
6. To the left of the lattice above the carpet is depicted a ower (?)
(Figs. 21, 24), a common gure on murals and oors at the side or above
the menorah.
7. Above the ower (Figs. 21, 24) a short, incomplete double ladder
appears. The ladder is a common pattern on Samaritan lamps (10) and also
appears in Christian art, and may represent Jacobs ladder or the ladder
which connects earth and heaven. However the symbol is unclear and it
may not represent a ladder.
The eight items depicted below the carpet
Among the eight items, six are small rounded geometric patterns, some
of which are also represented among the patterns in the main carpet:
crudely drawn plain and dotted circles. In addition there are two other
motifs at both ends: a lulav (?) at the right end (cf. Beth Shearim, Avigad 1971, Pl. XXV:2 and 3); and on the left what could be an altar or
a table, when compared to a depiction on a lamp (34). It could also be
letters or a signature, resembling the Mount Nebo inscriptions (Pummer
1979, Ill. I:3).
The row of signs below the carpet may have served as a vocabulary intended to help in the reading of the similar signs, which appear in the main panel and whose meaning was probably known to
the congregation or its teachers. Many such circles and some of the
other signs are depicted on the rear part of Samaritan lamps from Beth
Shean (35, 36).

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

357

The geometrical panel


The panel is divided into seventy squares, in each of which is a pattern:
forty-seven squares are decorated with geometric patterns, and twenty-three
squares contain a pattern that seems to portray a primary level of meaning,
familiar to the public at the time they were depicted.
Many of these geometrical patterns have parallels in the patterns depicted on different versions of the Samaritan lamps Type 1, and particularly
on those made in the Beth Shean region until the seventh-eighth century
(Hadad 2002, nos. 144, 182, 220; Israeli and Avida 1988, nos. 313-315;
40-47).
Catalogue
Twenty squares contain oblique crosses, almost all of which are connected.
Twelve other squares contain a combination of the oblique cross either with
circles (which appear among the patterns below the carpet) or squares. These combinations also appear in the decoration of lamps 3, 13-15, 17-20.
Following is a list of the contents of the squares:

Oblique cross, cut by a vertical line (Sq. 3H).


Oblique cross, cutting a circle (Sq. 1B and 5B).
Circle with four rays extending to the corners (Sq. 3A, 5A, 4B and
4I)
Ditto with a dot in the centre (Sq. 1C,7H and 7J)
Oblique cross with arches between the arms (Sq. 6A); cf. lamps 15, and
18 (Adler 2004, 675).
Two concentric circles with double rays extending toward the corners
(Sq. 3F).
Diagonal line, cut perpendicularly at the centre by two short parallel
lines (Sq. 1D).
Cross with circles between the arms (Sq. 1E). Real crosses or crossed
bars are depicted mainly on Samaritan lamps of Type 1, within circles
(41, 45; Sussman 2002, Fig. 14).
Dotted circle with four rays perpendicular to the side of the squares (Sq.
1A and 3C).
Ditto with dots between the arms (Sq. 7C).
Double dotted circle with four rays perpendicular to the side of the
squares (Sq. 5C).

358

V. SUSSMAN

Dotted squares with rays extending from the corners of a dotted square
(Sq. 5I and 6I); cf. lamp 43.
Square with a central dotted circle, and rays extending to the corners
the corners (Sq. 2F); cf. lamp (Fig. 44).
Plain circles (Sq. 2D and Sq. 4D).
Dotted concentric circles (Sq. 3E, 7A and 7F); cf. lamps 4, 6, 9, 11.

Other patterns some of which may have some more meaning:

Lattice of sixteen units below the upper central item (Sq. 4A; Figs. 21
and 24).
Net or a screen, common on Samaritan lamps (Sq. 6B; Fig. 21, 48,
Adler 2004: 692, 711, 715).
Oblique cross with Greek letters between the arms: IH (or IK) C Q
(possibly meaning Ih(sou'") C(risto;") Q(eou' uiJo;") (wthvr), Jesus
Christ Son of God Saviour) between the arms (Sq. 3D; Fig. 39).
Menorah with arched branches standing on a circular base (Sq. 6D; Fig.
38). The menorah, if correctly identied, is very badly drawn. It is a
Jewish and Samaritan symbol.
Two crosses, one above the other, whose horizontal arms terminate in
circles (Sq. 7D; Fis. 37).
Four connected amorphous shapes (Sq. 5E; Fig. 37).
An open wheel or a double axe (Sq. 6E; Fig. 37). The double axe, a
pagan symbol and later a symbol of Zeus, is found on Samaritan lamps
(Sussman 1986-7, Fig. 9), and incised on the wall at Beth Shearim,
symbolizing the soul. A similar design is found on the left side of rear
part of lamp 34.
Arch or gate or shrine (Sq. 7E; Fig. 37); cf. sarcophagus from Hammat
Tiberias (Goodenough 1954, no. 247).
EU or SU Greek letters (Sq. 1G; Fig. 1b).
A beetle, or crab (?) (Sq. 3G; Fig. 1b), similar to the item to the east
of the carpet (Figs. 21 and 23). This motif is known in Christian art
as a symbol of resurrection as depicted in the mosaic oor of Yattir
(Eshel, Magness and Shenhav 2000, Fig. 7; id. 2001; Besonen 2001, p.
44). It appears as the hand of God in the scene of the Binding of Isaac
in the mosaic oor of the Beth Alpha synagogue.
A checkerboard of nine units in black and white, forming a cross (Sq.
4G; Figs. 1b). This has parallels in lamp 42, in lamps from the Beth
Shean region and on other Samaritan lamps of Type 1.
Two opposite trapezoids cut by a short stroke (Sq. 5G; Fig. 1b).

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

359

A square divided vertically in two, with a dot in each half and diagonal
strokes stretching to the corners (Sq. 6G; Fig. 1b). A similar image in
the mosaic oor of the el-Khirbe synagogue represents a case for sacred
scrolls or perhaps an Ark with a double door.
Greek letters B and Q. The letters were oriented to the north and could
be read from the southern side (Sq. 1H; Fig. 1b).
Greek letters U and another unidentiable letter (Sq. 2H; Fig. 1b).
Greek letter P (Sq. 4H; Fig. 1b), cf. a lamp at the Israel Museum in
Israeli and Avida 1988, no. 317.
Greek letter M (Sq. 6H; Fig. 1b).
Greek letter K R (Sq. 1I; Fig. 1b).
Three rows of dots; four in the 1st row, two in the second, and four
in the third (Sq. 3I; Fig. 1b). Many kinds of circles and dots (perhaps
representing scrolls?) are abundant on Samaritan lamps as space llers, anking the menorah and shrine and also arranged to form different structures and patterns, especially in the later Byzantine and early
Moslem periods (46-48; Sussman 1978, Pl. 39:6; Hadad 2002, no. 172;
Israeli and Avida 1988, no. 403).
Short and wide palm branch (Sq. 1J; Fig. 1b), resembling the branch
depicted beside the burning altar at the scene of the Binding of Isaac in
the Beth Alpha mosaic oor, and also anking inscriptions on mosaic
oors, for instance at Raqit (Di Segni 2004 Fig. 133, within the medallion).
Donkey-powered millstone (?) (Sq. 2J; Fig. 1b), a favorite pattern on
Samaritan lamps, indicating their being a farming community (Sussman
2003, p. 225, Fig. 3).
Composition of dots (?) (Sq. 4J; Fig. 40; cf. lamp 48).
An altar (?) standing on four short legs, with four short strokes at its
top and on both sides a crank or handles for carrying. It has a cross
composed of dots on its face, perhaps a book case (Sq. 5J; Fig. 40), cf.
lamp 34. Perhaps it may represent an Ark (aron haqodesh) or a case
for the sacred scrolls.
Rhombus composed of dots (Sq. 6J; Fig. 40).

Interpretation
Following is an attempt to study and compare the lamps and the oor, with
their common decorative elements, to suggest an interpretation of their
meaning, and try to connect them to their origin.

360

V. SUSSMAN

Let us begin with the Oblique Cross, the most frequent patterns (twenty
times) on this mosaic oor.
In each horizontal and vertical row there is at least one oblique cross.
Almost all the oblique crosses are connected one to the others, forming
a net pattern when viewed from the side, similar to the border of other
mosaic oors of the period such as the synagogue at Ramat Aviv (Kaplan
1978, p. 79).
The simplest suggestion is that the oblique cross probably replaced
forbidden decorations such as birds, animals, and sh as depicted in
the sixth century mosaic from Kasr el-Lebia (Domagalski 1990, Pl. 28),
which is also a mosaic panel, divided into 100 squares, where the gurative depictions ank architectural motifs, such as a chapel, town, church
faade etc. The oblique cross is a very common pattern on all generations
of Samaritan lamps (13-18), including types of lamps from the Beth Shean
region made until the seventh-eighth century (Hadad 2002, nos. 127, 142,
340, 347; Sussman 2004, p. 202, Pl. II:10,12 from Raqit, and is also found
on pear-shaped lamps of the third-fourth century (southern type lamp; 20).
Oblique crosses ll the faade of a gabled structure topped with birds, on
a Yabneh lamp (Sussman 2001, Fig. 20). They are also depicted on doors
leading to the shrine (49). Much later the oblique cross was adapted as St.
Andrews cross.
Although they serve as space llers, symbolic meanings could be attached to each of the geometrical patterns and its place in the net-work.
Golan sees the oblique cross as a protective symbol or a charm to ensure
the durability of the building and the good fortune of those living in it or
the four corners of the world (Golan 1991, pp. 163-167). It is a very ancient
motif: oblique crosses are found on draught-boards divided into squares
of the bronze age from Gezer (Macalister 1912, Pl. CCI). The stone door
of the tomb from Kafr Yasif (Goodenough 1954, no. 44), is divided into
squares, six of them bearing oblique crosses among the other patterns: a
rosette, a menorah, a whirlwind, a shrine and a ower. Today the oblique
cross is used as a sign to block, to forbid passage. Their placement and
number at Beth Hashitta may represent some unknown order.
The lattice pattern, which has a central role in the Beth Hashitta mosaic
oor, is quite common on Samaritan lamps (4, 5, 11, 16, 27-36). The two
lattices depicted on the mosaic oor are divided unto sixteen units; one is
at the side of the shrine with cultic elements, and the other, in the centre
of the rst row (Sq. 4A), must have some special cultic meaning. The
same number of units appears on the lamps 4, 5; on lamp 5 a palm branch
grows from the lattice, a pattern similar to lamp 31, where a palm branch

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

361

(menorah?) grows from an altar or Ark standing within a shrine. In lamp


27 there is a gabled lattice of nine units with a hanging lamp (hechalit).
In lamp 11 a palm branch grows from a dense lattice on the shoulders of
the lamp; at the rear above the handle, there is another lattice, and three
menoroth: two on the shoulders and one on the nozzle, anked by circles.
On the mosaic oor each of these symbols stands by itself: the lattice (altar,
Aron haqodesh), next with a shrine (hechalit), and on the other side of the
central piece a palm branch headed with a cross. In square 6D there appears
to be a badly executed menorah (Figs. 37, 38).
When we come to attach meaning to other depictions of the lattice, we
begin with an assumption widely accepted in the study of Samaritan lamps:
many patterns were meant to deliver some symbolic message, by portraying
things mentioned in the Torah, both historical and sacred. Meshorer suggested identifying the twelve-unit lattice on lamp 29 as the High Priests
breastplate (hoshen). In support of this conjecture, we note the presence
of four short straps attached at the corners as means of attachment. The
discs that ank the lattice may stress its importance, as do the two dotted
circles which ank many other important designs and which are identied
as scrolls when anking the menorah. The Holy Ark and the Breastplate
stood inside a shrine with columns: so is the Holy Ark represented in
mosaic pavement of synagogues and in the frescoes of Dura Europos.
On lamp 29, owing to lack of space, the four columns of the shrine were
placed around the lling hole instead of at the side of the lattice to form
a shrine. The same type of column as part of a shrine is depicted on other
lamps (30, 31).
We know that the Hoshen did not have any function in the Byzantine
period, and if depicted it could only be as an illustration of the biblical
text.
From drawings of the Tabernacle made by Jacob ben Uzzi (1899-1907),
which illustrate written Samaritan documents (Purvis 2000, pp. 434-435,
437), a lattice of sixteen units (4x4), as depicted on the mosaic oor, is
represented on the High Priests vestment.
The Breastplate, which is mentioned in the Bible (Exodus 25:10), had
twelve units representing the twelve tribes. Bean (1987, p. 154,) points
out the importance of the Breastplate and the Altar and the close relations between them in the functions of the High Priest. We know that the
Breastplate was kept in a cupboard when not in use. It was never used
after the Hellenistic period, nor was it depicted as a symbol. Hence, it
is difcult to ascertain the meaning attached to this special twelve unit
lattice, and each lattice depicted on the lamps may have meant something

362

V. SUSSMAN

different. But no doubt it was an important element and meant to deliver


some message.
The number twelve could also stand for the twelve stones arrayed by
Joshua when crossing the Jordan (Deut. 27:4; Josh. 4:20), an event sacred
to the Samaritans. These stones were among the three prominent sites on
the summit of Mount Gerizim (Pummer 1987, p. 10).
A dense lattice pattern of eighty and more units, is common on lamps
from Beth Shean (35-36), the latter bearing a Samaritan inscription.
The nine-unit lattice common in the Beth Shean region (33) resembles
the depiction of the panels of doors leading into the shrine (49), or of
the Ark (Goodenough 1954, no. 44 from Kafr Yasif and no. 471 from
Capernaum).
A lattice is depicted on a tombstone from Monteverde (Rome), anking
a menorah (Goodenough 1954, no. 730).
A lattice topped with a circle appears on a lamp of the Umayyad period
(seventh-eighth century; Hadad 2002, Type 32, no. 329).
A lattice of nine large units guarded by two lions is depicted below the
zodiac in the Hammat Gader synagogue mosaic oor, and the name of a
donor was written in each of the squares (Dothan 1983).
The question whether the lattice of twelve and sixteen units stands
for the Breastplate, the Ark, or another item that had a central role in the
synagogue or the Temple remains open. Another possibility is that the lattice represented some kind of window allowing light to come through.
The likelihood of this interpretation depends on whether the faade of
the synagogue at Nawa in the Horan is authentic (Goodenough 1954, vol.
I, 256-257; Vol. III, no. 622). In that faade, there is a lattice anking a
round window above the lintel, like our central wide circle. It has been
also been suggested that the lattice may represent the earth (Golan 1991,
pp. 122-125).
The checkerboard (Sq 4G) forms a cross within the central square. The
checkerboard has many parallels on mosaic oors, as in the synagogues at
Caesarea (Avi Yonah 1993, p. 280) and Samaria (Magen 2002, Fig. 26).
A checkerboard is depicted in the mosaic oor of the synagogue of Maoz
Hayyim (Tzaferis 1982, Pl. 34: A and D), as well as on lamp 42.
Discussion
The craftsmanship of the mosaic is rather poor. The motifs must have been
arranged in a certain meaningful order; however, one nds it difcult to de-

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

363

cipher and understand it today. How should the motifs be read? Vertically,
upside down, horizontally, on an angle, or in all directions? Vertically, while reading the motifs, there is at least one meaningful pattern in each row.
Horizontally, the two rows C and F were left without any particular pattern.
In the upper part, circles follow one another, forming a diagonal line, while
in the lower part, patterns were formed by dots, and Greek letters.
The division of the central carpet into seven by ten squares, amounting to seventy units may have been intentional, based on some unknown
magical table (Testa 1962, pp. 84-91; Bagatti 2001, p. 243). The numbers
seven and seventy are multivalent and abundantly suggestive. For example,
the seventy elders (Num. 11:16-17) had some importance in the Samaritan
tradition, for they were the ones who taught the Torah (Pummer 1987, p.
11). Both numbers, seven and ten, also symbolize wholeness.
All the patterns on the mosaic oor are geometric, without any human
representation, in contrast to the mosaic oor of the nearby Beth Alpha
synagogue (Sukenik 1932), which was also crudely laid, in contrast to the
better-laid mosaics discovered in nearby Beth Shean (Zori 1966, Fig. 4;
Zori 1967). There are similarities in style between some details of the Beth
Alpha mosaic oor and the Beth Hashitta mosaic: the gures curly hair
(Sukenik 1932, Pls.XIII:1; XV:1) resembles the ower depicted above the
carpet (Figs. 21 and 24); the hem of the dress in Beth Alpha was executed
in a ladder pattern (Sukenik 1932, Pl. XIII:2), as is the right border panel of
the shrine; the centre of the ower-like pattern within the square panels of
the doors of the Ark in the Beth Alpha synagogue are lled with geometrical
decorations, dots and checkers, resembling the patterns on the Beth Hashitta
pavement. Only the border of the Beth Alpha mosaic is well executed.
The freestanding items depicted on the east side of the carpet were all
among those used in the Temple, the Jewish or Samaritan synagogue or
the church. They are arranged in similar order in the el-Khirbe Samaritan
synagogue. We may regard the complete scene as a decorated lintel, when
we compare it to the lintel from Hurvat Raqit on Mount Carmel, where
some of the items are illustrated: circles enclosing rosettes, a shrine with an
hanging lamp, a palm branch and a menorah whose lower part is decorated
with oblique crosses (Gersht 2004).
Conclusion
The mosaic oor should be regarded as a regional work, based on regional
popular art. Two mosaic oors representing popular local art were recently

364

V. SUSSMAN

discovered; one at Khirbet Yattir, in southern Judaea (Eshel, Magnes and


Shenhav 2000, Fig. 7; Besonen 2001 and 2002) and the second at Khirbet
Zmal near Irbid (Jordan: Melhem 2001, Fig. 1; Besonen 2002, p. 91). The
mosaic at Khirbet Zmal which is not far from the Beth Shean region
closely resembles the Beth Hashitta mosaic. The mosaic in Jordan is
also divided into squares, and in each square are found different signs or
patterns, many of which match those depicted in Beth Hashitta. These are
also executed in second or even third class artistic workmanship (since
the mosaic from Jordan has not yet been fully discussed, we are not able
to compare it to Beth Hashitta). The Yattir mosaic oor was divided into
twenty-three horizontal registers of mainly geometric decorations, roughly
executed. Some of the motifs are similar to those in Beth Hashitta, though at Yattir they are accompanied by oral motifs, palm trees and birds.
Among the similar patterns are: an arched building with a hanging light, a
double axe, and a beetle (or the zodiac symbol of Cancer).
No doubt the craftsmen who laid the mosaic oor at Beth Hashitta
lived in the Beth Shean region. They were probably Samaritan craftsmen,
rooted in the local Samaritan artistic tradition, as shown by the lamps.
We know that Samaritans engaged in many crafts and worked for other
nationalities as well. Pummer (1987) concluded that the Samaritans made
amulets for Christians and Jews. Thus, it is possible that the oor here was
laid by Samaritans to be used by a Christian congregation. We also know
that some Samaritans converted to Christianity or at least pretended to be
Christians.
When rst published, the mosaic did not t into any known school of art.
Professor Mayer published a hanging from Shechem, in which a courtyard is
shown lled with objects and arches (Mayer 1947). This picture physically
portrays items from the written or oral traditions: the holy shrine, the staff
of Aaron, anked by the Ark drawn in the lattice pattern, and the menorah.
Seven names of the guardians of the shrine are mentioned. Labels appear
also in the scene of the Binding of Isaac in the Beth Alpha synagogue, and in
the synagogue of Sepphoris (Weiss 2005, Fig. 82:25; 94:36, 37), indicating
that the congregation needed written information to help them understand
what was depicted.
The division into seven vertical rows may have many meanings, among
them the seven weeks between Passover and Shavuot. It may indicate a
special event, which was perhaps hinted in the symbols depicted in the
pavement. The building at Beth Hashitta consists of two chapels or two
rooms, meant respectively one for prayer and one for study. This arrangement is a Samaritan idea. The importance of the synagogue as a centre

THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

365

for teaching the Torah to children, as a public institution, is attributed to


Samaritans (Safrai 1977, pp. 92, 96-97).
The last item on the left, below the carpet on west side, resembles
the Samaritan letters found in Mount Nebo inscriptions (Pummer 1979,
Ill. I: 3).
The Date
Aharoni dated the chapel of Beth Hashitta to the fth-sixth centuries, while Avi Yonah dated it to the seventh century. The sixth century date was
given to the Yattir oor and a seventh century to the Ramat Aviv mosaics.
Another mosaic oor of a church (?), decorated with a square pattern, was
laid at Zur Nathan upon the ruins of the Samaritan synagogue, probably in
the sixth-seventh centuries (Ayalon 1994, Fig. 18; Ayalon 2002, p. 284).
There is a close resemblance between the patterns on the mosaic oor
of Beth Hashitta, such as the oblique cross, the lattice, the concentric circles and the palm branches, and those on lamps, which were decorated
with traditional patterns from the fourth century through the fth-seventh
centuries and even later. Moreover, this mosaic oor has common elements
with those at Beth Alpha, Jericho (synagogue), Ramat Aviv and Yattir. All
this suggests that the mosaic oor of Beth Hashitta was also laid in the
sixth or seventh century.
This assumption is also strengthened by lamps dated to the Umayyad
period, prior to 749 CE, which were found in Beth Hashitta (unpublished)
and resemble lamps from Beth Shean which still retain the oblique cross
pattern (Hadad 2002, type 35, nos. 340, 347).
Varda Sussman
Bar Ilan University
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LUSO DELLA BIBBIA E DI ALTRE FONTI


NELLA TRECENTESCA DESCRIPTIO TERRE SANCTE
DI FRA GIOVANNI DI FEDANZOLA DA PERUGIA

G. Loche

Allinterno del pensiero storico stato descritto, tendenzialmente, il Medioevo come un periodo oscurantista, periodo in cui regnava lignoranza
e la brutalit, una mentalit questa e un pregiudizio ancora oggi difcili
da scardinare, nonostante il progredire della ricerca. Questo lavoro vuole
essere un modesto contributo nella linea di quei studiosi che, liberi da preconcetti ideologici, si sforzano di rivalutare i cosiddetti secoli bui.
Durante il Medioevo il libro pi usato e studiato fu senzaltro la Bibbia.
La sacra pagina divenne il punto di arrivo dello studio soprattutto di coloro
che si apprestavano a diventare teologi, i quali si preparavano a tale incontro tramite le scienze ausiliarie: la grammatica, la retorica e la dialettica.
Tuttavia godeva di un posto privilegiato la losoa, denita non a caso
ancilla teologiae, che, dopo la diffusione del pensiero aristotelico, dovuta
agli studiosi arabi Avicenna ed Averro, n col modellare la forma mentis
dei maestri di teologia e, conseguentemente, dei loro discepoli.
Un aspetto non sufcientemente messo in luce, se non in pochi saggi,
il contatto nei secoli XII-XIV degli studiosi cristiani con quelli ebrei,
fenomeno che assume un notevole rilievo nella Francia settentrionale. I
primi poterono conoscere tradizioni e metodi interpretativi, nonch la prassi
esegetica in uso tra gli ebrei e cos approfondire lo studio della Hebraica
veritas trasmessa da Girolamo.
In questa cornice si inserisce il proprium di questo articolo. Il nostro
interesse, infatti, verte sullopera di un pellegrino francescano che comp il
suo viaggio in Terra Santa durante la prima met del XIV secolo. Esamineremo la Descriptio Terre Sancte, composta da fra Giovanni di Fedanzola da
Perugia, dellOrdine dei frati minori, che fu Ministro Provinciale, secondo
la sua stessa testimonianza, Custodiae Terrae Sanctae.
Lapproccio a questopera, interessante sotto tanti aspetti, avr un taglio
storico-culturale, poich ha lo scopo di mettere in luce linusso che lesegesi praticata nelle scuole esercitava su coloro che, attraverso la topograa,
la geograa, le citazioni bibliche e di studiosi autorevoli, le tradizioni delle
diverse religioni (ebraica, cristiana e musulmana), volessero descrivere la
Terra Santa.
LA 54 (2004) 369-406; tavv. 11-16

370

G. LOCHE

Nelle prime righe della sua opera, il Fedanzola d le ragioni che lo


hanno spinto a scrivere e accenna al metodo da lui seguito. Questultimo
punto ha suscitato in chi scrive il desiderio di investigare su quale modo si
studiasse la Bibbia nel Medioevo.
Ecco lincipit a cui si accennava:
Intendens describere Terram Sanctam, prout elegi ex diversis tractatibus et occulata de perspexi, ego frater Iohannes de Perusio minister Terre
Sancte, licet indignus, qui peregrinando lustravi dictam terram incipiens a
Dan, que est terminus ipsius Terre Sancte ex parte aquilonari, et procedens
usque Bersabee, alium videlicet terminum dicte terre ex parte australi, per
montes, colles et valles et regionem Iordanis uvii ex parte orientali, per
planities etiam et maritimam ex parte occidentali; considerans etiam et
examinans diligenter cum Hebreorum iurisperitis de locis Veteris Testamenti, Christianis de Novi et Saracenis de utriusque, prout ipsi didicere
conversatione frequenti; et loca que non potui personaliter visitare, saltem
de montibus et eminentibus locis vidi et diligenter consideravi, hunc modum tenere curando.

In pratica il nostro Autore ripercorre la storia dellAntico e del Nuovo Testamento chiedendo la collaborazione nel suo pellegrinare, secondo
quanto egli stesso testimonia, a ebrei, come esperti per i luoghi dellAntico
Testamento, e a cristiani, in qualit di esperti per i luoghi del Nuovo Testamento, senza disdegnare, quando lo trova necessario, un analogo servizio da parte di musulmani per i luoghi sia dellAntico Testamento sia del
Nuovo Testamento.
Dopo brevi cenni biograci sul Fedanzola, prenderemo perci in esame
il suo lavoro per presentarne le fonti, cercando di mettere in luce il suo
approccio alla Scrittura, i suoi particolari interessi e scopi.
Ci comporter lindividuazione delle citazioni bibliche esplicite e
letterali, implicite e allusive, contenute nellopera, attinte sia dallAntico
Testamento che dal Nuovo Testamento. Si proseguir con le citazioni delle
auctoritates, come Beda il Venerabile, Georgius Nicomediensis, Girolamo
e quelle di signicativi autori antichi quali Giuseppe Flavio, Walafridus
Strabus e Rabbi Shelomoh ben Ysahaq, comunemente conosciuto come
Rashi. Le ultime citazioni presentate sono di autori contemporanei o di
poco precedenti al Fedanzola, come Niccol da Lyra e Pietro Comestor.
Nelle ultime due parti esporremo alcune tradizioni ebraiche presenti
nella Descriptio e in breve il particolare rapporto dellAutore con altri due
pellegrini, Marino Sanudo e Burcardo di Monte Sion, le cui opere, anche
se non citate direttamente, sono alla base del suo scritto.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

371

Naturalmente non era intenzione del pellegrino redigere un manuale


esegetico, ma solo raccontare la propria esperienza, ricavando le notizie anche da autori precedenti, ed esporla soprattutto a coloro che si apprestavano
a compiere la stessa impresa, cio di un pellegrinaggio in Terra Santa.
1. Brevi cenni biograci del Fedanzola
Della vita del nostro Autore sappiamo quelle poche notizie che si ricavano
dalla sua opera1 e da sparuti documenti di archivio.
Per quanto riguarda le testimonianze esplicite sul nostro frate, abbiamo
a disposizione tre espressioni ricavate dalla sua opera. Nellexplicit cos
egli si presenta: ego frater Iohannes de Perusio minister Terre Sancte e pi avanti: ego frater Iohannes Fidanole de Perusio ordinis
minorum fratrum predictus, minister Terre Sancte, mentre per conclusione il compilatore annota: fratre Iohanne Fedanole supradicto de
Perusio.
Da questi dati sappiamo perci che il suo nome era Giovanni, che il
cognome era di Fedanzola, che era nato a Perugia, era religioso dellOrdine dei frati minori e, in ne, che fu Ministro Provinciale della Terra
Santa.
Il termine Fedanole innanzittutto patronimico e diminuitivo del latino Fidantia o Fidana, ma nei cospicui archivi della citt di Perugia, non
ritroviamo questo specico nome se non nella forma attestata nel 1297 e
nel 1308 di Fedanzola Boniiohannis oppure di un certo frate Fidanza Boniohannis, a cui furono afdati dalla citt diversi incarichi pubblici. Unaltra attestazione viene dal libro delle tasse della citt: il Libra del 1285. Nel
rione di porta S. Pietro e appartenente alla parrocchia di san Marino risulta
1. Per la datazione del manoscritto si riporta come termine post quem il 1331, data del Capi-

tolo Generale svoltosi a Perpignan, in cui si stabil che nessuno poteva pubblicare alcun testo
teologico o di altro genere previa approvazione diretta del ministro Generale. Nella formula
di chiusura infatti si specica che detto opuscolo il reverendo padre fra Geraldo, ministro
generale (in carica dal 1329), fece esaminare da fra Bernardo di Arezzo, dottore in sacra teologia. Il predetto ministro generale diede licenza di rendere noto il predetto opuscolo a tutti
coloro che lo volessero copiare; opuscolum quod fecit examinari reverendus pater
frater Geraldus generalis minister per fratrem Bernardum de Aretio, sacre theologie doctorem.
Et dedit predictus generalis minister licentiam comunicandi predictum opuscolum omnibus
volentibus copiare. Mentre per termine ante quem si porta la data della ne del generalato
di Geraldo Oddonis, cio il 1342. Cf. E. Alliata - A. Bartoli Langeli - R. Nelli, La Descriptio
Terre Sancte di fra Giovanni di Fedanzola da Perugia, in A. Cacciotti - P. Sella (a cura di),
Revirescunt Chartae Codices Documenta Textus, I, Roma 2002, 362.

372

G. LOCHE

un certo Bonafedantia Boniohannis; il Finke, trascrivendo una lettera


scritta dai magistrati della citt nel 1327, riporta in modo erroneo un certo
Iohanni Fedangole (per Fedanole) Bichini (per, in quanto abbreviazione
di Boniohannis, Biohis)2.
Da alcuni documenti dellordine e da quelli pontici si possono ricavare ulteriori notizie. Nel convento di san Francesco a Bologna tra il 1317 e
il 1319 compare negli atti un certo frater Ioannes de Perusio che potrebbe
essere il Fedanzola ivi presente per compiervi gli studi, in quanto non compare mai per esempio tra i componenti della fraternit di Perugia agli inizi
del secolo. Nel 1324 lo troviamo come testimone3 della sottomissione di
Spoleto nei confronti della sua citt.
Nel 1327 e 1328 risulta nella carica di Inquisitore, prima della provincia religiosa di Roma e poi di Perugia e Umbria4, carica che detiene almeno
no al 1329, quando gli fu tolta dallallora ministro generale Michele da
Cesena, deposto a sua volta dal papa Giovanni XXII (1316-1334) dopo
le polemiche in seguito alla dichiarazione sulla povert di Cristo e degli
Apostoli pronunciata nel Capitolo generale del 1322 a Perugia. Infatti lo
2. Cf. Alliata - Bartoli Langeli - Nelli, La Descriptio Terre Sancte di fra Giovanni di Fe-

danzola da Perugia, 363-364.


3. Risulta nellatto un certo Ioanne Fidanze ordinis fratrum Minorum de Perusio.
4. L. Wadding negli Annales riporta lambasceria di Giovanni Fedanzola e Umile di Benaudito, mandati da Michele da Cesena ad Avignone presso il papa per riferire limpossibilit
dello stesso di presentarsi di persona a causa della malattia. Troviamo scritto: et paulo
post, elabente mense Julio, misit fratrem Joannem Fedanzolem in provincia Romana Inquisitorem, et Humilem Beneauditum Custodem Perusinum, qui praesentes dem facerent veri,
haudquam cti, impedimenti: L. Wadding (a cura di), Annales Minorum 7, n. 69, Quaracchi
1932, 80. Riguardo allo stesso episodio abbiamo dei riscontri in due lettere del 1327. La
prima dei Capitani di parte Guelfa della citt di Perugia che scrivono al papa scusandosi,
essendo stati ingannati, di avere date le credenziali ai due frati a nome del Cesenate, per la
falsit riscontrata della sua malattia: Littere date ex parte nostra, fratribus Iohanni Fedangole
Bichini et Humili Benoditi de Perusio, fuerant impetrate, tacita veritate, ignorantibus nobis,
quod predicti venirent ad curiam in favorem generalis Ministri Ordinis Fratrum Minorum
[] Insuper ignorantibus nobis, quod cum falsis relationibus ad nos venirent, dicentes, quod
generalis nimia inrmitate gravatus coram sanctitatis vestre presentia non poterat comparere,
quod scimus certitudinaliter esse falsum, sicut oculis corporeis vidimus manifeste: M. Bihl,
Miscellanea, in Archivum Franciscanum Historicum, II, Quaracchi 1909, 161. La seconda testimonianza, come gi riferito sopra, dello stesso papa che scrive da Avignone a fra
Michele, informando di aver accolto benevolmente i due frati da lui mandati in ambasceria:
Dilectos lios Iohannem Fidansolae et Humilem Beneauditi tui ordinis [de Perusio] nuper
ad nostram praesentiam venientes, tuas pro nobis litteras praesentantes, benigne recepimus et,
quae pro parte tua coram nobis voluerunt exponere dictaeque continebant litterae, intelleximus
diligenter. Cumque ipsi asseruerint inter cetera, te iuxta mandatum nostrum esse in itinere ad
sedem apostolicam veniendi, ideo tuam de proximo praesentiam praestolamur: C. Eubel (a
cura di), Bullarium Franciscanum 5, n. 687, Roma 1898, 334.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

373

stesso papa che testimonia della deposizione di fra Giovanni in una lettera
indirizzata allabate perugino di san Pietro in cui chiedeva informazioni
sul dilectus lius.
Quello che appare pi difcile da attestare il provincialato del Fedanzola in Terra Santa. Prima della riscoperta dellopuscolum diversi autori, tra
cui il Golubovich nella sua raccolta di fonti sulla Terra Santa5, dubitavano
della fondatezza di tale notizia.
In base ad alcune date sicure di provincialati e ad altri indizi presenti
nel manoscritto la cui data, come abbiamo detto, non va oltre la ne del
13426, possiamo far risalire il probabile provincialato di Giovanni tra gli
anni che vanno dal 1311 al 13297.
2. Le citazioni bibliche
Nel corpo del testo, come conferma delle indicazioni topograche, troviamo evidenziate diverse citazioni bibliche, prese sia dallAntico che dal
Nuovo Testamento, sia esplicite che implicite. Naturalmente la fonte usata
la versione della Vulgata, ripresa con alcune piccole differenze.
Presenteremo perci delle tavole, in cui riporteremo i rimandi ai testi
biblici, secondo lordine della Vulgata e della Bibbia di Gerusalemme, distinguendo le citazioni letterali ed esplicite da quelle implicite o allusive.
Quanto a queste ultime, spesso difcile identicarle con una o unaltra
suddivisione, perci non daremo delle indicazioni in merito, ma saranno
semplicemente riportate, con qualche indicazione, a mo di elenco.
2.1 Antico Testamento: citazioni letterali ed esplicite
A sinistra riporteremo la Descriptio Terrae Sanctae [DTS], mentre a destra
il rimando al testo della Vulgata [Vulg.] 8.
5. G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliograca della Terra Santa e dellOriente francescano,

III, Quaracchi 1919, 367-369.


6. Non vi si parla, per esempio, della fondazione del 1332-1333 del convento e dunque
dellinsediamento dei francescani a Gerusalemme sul monte Sion.
7. Cf. Alliata - Bartoli Langeli - Nelli, La Descriptio Terre Sancte di fra Giovanni di Fedanzola da Perugia, 367.
8. I testi di riferimento da noi usati per questa analisi sono: U. Nicolini - R. Nelli - S. De
Sandoli - E. Alliata - J. Boettcher (a cura di), Fra Giovanni di Fedanzola da Perugia, Descriptio Terrae Sanctae (SBF Collectio Maior 43), Gerusalemme 2003; R. Weber (a cura
di), Biblia Sacra Iuxta Vulgatam Versionem, I-II, Stuttgart 1969 ; E. Klostermann (a cura
di), Hyeronimus, Onomasticon [Onom.], Leipzig 1904.

374

G. LOCHE

Genesi
DTS 5,1: De hoc habetur Genesis
XXXII.
DTS 8,3: de quo habetur Genesis 32.
DTS 10,3: sicut habetur Genesis
XXXIII.
DTS 11,2: qui in Genesi vocatur
Salem.
DTS 16,10: de qua Genesis 35.
DTS 17,16: Genesis XVIII.
DTS 17,18: de reliquis in Genesi.

DTS 17,22: sicut dicitur in Genesi.


DTS 18,1: Genesis XV.
DTS 18,14; 18,15: Genesis 34.
DTS 18,14: sed illa de qua Genesis 33.
DTS 22,1: pro qua dicitur Genesis 48
Asser pinguis panis eius.. Il rimando al
capitolo 48 errato.
DTS 24,2: Genesis 38.
DTS 25,1: Genesis 4.
Deuteronomio
DTS 3,1: de qua habetur Deuteronomii
IIII.
Giosu
DTS 5,1: et Iosue XIII.
DTS 11,3: de quo habetur Iosue XXII.
DTS 13,8: Iosue 7, 8 et X.
DTS 17,18: De Adam habetur Iosue
XIIII.
DTS 18,23: Iosue 9 et X.
DTS 19,1: de qua habetur Iosue XI.

Gen 32,2 (Storia di Giacobbe ed Esa).


Genesi 32,29-31 (La lotta con Dio).
Genesi 33,17-18 (Arrivo a Sichem).
Genesi 14,18 (Abramo e Melchisedek).
Genesi 35,21 (Incesto di Ruben).
Genesi 18,2-3 (Lapparizione di Mamre).
Genesi 23,2-20; 25,8-10; 35,28-29;
49,31; 50,12-13. Si tratta delle tombe
di Abramo, Sara, Isacco, Rebecca,
Giacobbe e di Lia.
Genesi 21,31-33 (Abramo e Abimlech
a Bersabea).
Genesi 15,12 (Le promesse e lalleanza
tra Dio e Abramo).
Genesi 34,1-2 (Violenza fatta a Dina).
Genesi 33,18 (Arrivo a Sichem).
Genesi 49,20 (Benedizioni di Giacobbe).
Nella Vulg. troviamo: Aser pinguis.
Genesi 38,15 (Storia di Giuda e Tamar).
Genesi 4,23-25 (La discendenza di
Caino e di Set).
Deuteronomio 4,43 (Le citt di rifugio).

Giosu 13,26 (La trib di Gad).


Giosu 22,10 (Erezione di un altare sulle
sponde del Giordano).
Giosu 7,2; 8,1-3; 10,1-2 (Si parla della
citt di Ai conquistata da Giosu).
Giosu 14,14. (La parte di Caleb). Nella
Vulg. al versetto 15 non si parla della
tomba di Adamo.
Giosu 9; 10,12-13 (Israele e Gbaon).
Giosu 11,10-13 (La conquista di Cazor
e delle citt del Nord).

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

DTS 19,1: usque quo persecutus est


Iosue XXIIII reges, Iosue XI . In realt
non si menziona Orma e tantomeno il
numero di 24 re.

375

Giosu 11,7-8 (Vittoria di Merom).

Giudici
DTS 16,1; 19,3: de qua pugna
Iudicum 4.
DTS 17,6: Iudicum 4.
DTS 17,10: Iudicum primo capitulo.
DTS 17,12: Iudicum XIX.
DTS 18,1: Iudicum 18.
DTS 18,9: Iudicum 7.
DTS 18,159: sicut in libro Iudicum.
DTS 20,2: Iudicum IIII.
DTS 29,18: Iudicum XVI.

Giudici 4,12-24 (Disfatta di Sisara).


Giudici 4,21 (Morte di Sisara).
Giudici 1,5 (Insediamento di Giuda, di
Simeone, di Caleb e dei Keniti).
Giudici 19,2-4 (Il levita di Efraim la sua
concubina).
Giudici 18,29 (Fondazione di Dan e del
suo santuario).
Giudici 7,19 (La campagna di Gedeone
ad ovest del Giordano).
Giudici 9,45 (Distruzione di Sichem).
Giudici 4,10-16 (Debora e Barak).
Giudici 16,3-4 (Sansone a Gaza).

1 Samuele (1 Regum)
DTS 14,3: I Regum XX. Il rimando al
capitolo 20 errato.
DTS 17,10: primo Regum capitulo XI.
DTS 17,12: primo Regum IX.
DTS 18,22: de qua primo Regum 13.
DTS 18,22: primo Regum, ubi supra.
DTS 19,10: quia in primo Regum XXV
dicitur quod Samuel sepultus fuit in
Ramatha in domo sua.
DTS 19,10: ut dicitur primo Regum
primo.
DTS 22,6: Regum primo 22 capitulo.

9. Onom. 151,1-7.

1 Samuele 25,3-39 (La morte di


Samuele).
1 Samuele 11,8 (Vittoria contro gli
Ammoniti).
1 Samuele 9,2; 10,26 (Saul e le asine di
suo padre).
1 Samuele 13,2 (Saul contro i Filistei).
1 Samuele 14,13 (Gionata attacca i
Filistei).
1 Samuele 25,1 (Morte di Samuele).
Nella Vulg. invece riportato: et
planxerunt eum et sepelierunt in domo
sua in Rama.
1 Samuele 1,1 (Infanzia di Samuele).
1 Samuele 22,18 (Massacro dei sacerdoti
di Nob).

376

G. LOCHE

DTS 26,210: In libro I Regum, primo


capitulo, testante Ieronimo, dicitur:
Ramathaym Sophym civitas Helcane et
Samuelis.
DTS 285: I Regum 5 capitulo.
2 Samuele (2 Regum)
DTS 5,1: de quo 2 Regum XVII.
DTS 17,17: 2 Regum capitulo 3. Il
rimando al capitolo 3 errato.
DTS 33,1: in ne 2 Regum.
DTS 36,11: 2 Regum V.
DTS 37,6: de quo dicitur 2 liber Regum
18.
DTS 42,5: 2 Regum 13. Il rimando al
capitolo 13 errato.
1 Re (3 Regum)
DTS 12,5: in quo monte mansit Helyas
quando corvi deferebant ei cibum: 3
Regum 17.
DTS 14,3: de quo habetur 3 Regum
18.
DTS 17,5: sicut dicitur 3 Regum XVIIII.
Il riferimento al capitolo 19 errato.
DTS 18,7: de quo 3 Regum 4. Il rimando al capitolo 4 errato.
DTS 18,10: legitur 3 Regum XVI.
DTS 18,11: quando Syri dixerunt: Dii
montium sunt hii, 3 Regum 20.
DTS 18,1511: sicut Regum narrat ystoria.
DTS 19,11: sicut dicitur 3 Regum IX.
In realt si parla di Betoron inferiore.
DTS 20,5: quia dixerant Syri: Dii montium sunt hii, 3 Regum 20.
DTS 21,1: de qua 3 Regum primo.

1 Samuele 1,1. Nella Vulg. abbiamo:


Fuit vir unus de Ramathaim-sophim de
monte Ephraim et nomen eius Helcana.
1 Samuele 5,2 (I Filistei e larca).
2 Samuele 17,24 (Assalonne passa il
Giordano). Nella Vulg. a 2 Re corrisponde 2 Samuele.
2 Samuele 5,5 (Davide consacrato re
dIsraele).
2 Samuele 24,18-25 (Davide e Gad).
2 Samuele 5,9 (Presa di Gerusalemme).
2 Samuele 18,18 (Morte di Assalonne).
2 Samuele 23,13-17 (I prodi di Davide).

1 Re 17,5-6 (Elia al torrente Cherit).


1 Re 18,19 (Lincontro di Elia ed
Acab).
1 Re 18,4 (Lincontro di Elia ed Abdia).
1 Re 9,12-13 (Salomone e Chiram).
1 Re 16,24 (Regno di Omri).
1 Re 20,28 (Vittoria di Afek). La Vulg.
riporta quia dixerunt Syri deus montium est Dominus.
1 Re 12,25 (Geroboamo a Sichem).
1 Re 9,17 (Costruzione del Tempio di
Salomone).
1 Re 20,23 (Guerre contro Aram). Nella
Vulg. abbiamo: Dii montium sunt dii.
1 Re 1,15 (Vecchiaia di Davide).

10. Onom. 33,21: Armathem Som civitas Elcanae et Samuelis.


11. Onom. 151,1-7.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

DTS 37,6: Sed hoc est contra testum


tertii libri Regum, ultimo capitulo.
DTS 37,8: de qua multa dicuntur in
libris Regum.

377

1 Re 22,46 (Regno di Giosafat in


Giuda).
1 Re 1,9 (Vecchiaia di Davide).

1 Cronache (1 Paralipomenon)
DTS 27,2: In libro primo Paralipomenon,
8 capitulo, appellatur Lod.

1 Cronache 8,12 (Discendenza di


Beniamino).

2 Cronache (2 Paralipomenon)
DTS 15,10: et vocatur in Paralipomenon
2, capitulo XX, Vallis Benedictionis.
DTS 18,11: 2 Paralipomenon 13.
DTS 29,14: secundus vero Paralippemenon portum addit.
DTS 33,2: sicut dicitur in 2 Paralipomenon, 3 capitulo.
DTS 37,7: Paralipomenon 2 capitulo
24.
DTS 37,8: et Paralipomenon.

2 Cronache 20,26 (Giosafat contro gli


Ammoniti).
2 Cronache 13,2-21 (Discorso di Abia).
2 Cronache 2,16 (Salomone e il
Tempio).
2 Cronache 33,1 (Mansse distrugge
lopera di Ezechia).
2 Cronache 24,22 (Decadenza di Ioas e
castigo).
2 Cronache 28,3 (Empiet di Acaz).

Tobia
DTS 17,8: Neptalim, civitas Tobie unde
oriundus fuit; hoc habetur libri eius, capitulo I.
DTS 19,2: in valle de quo Thobie primo
habetur capitulo.
1 Maccabei
DTS 19,1: primo Machabeorum.
DTS 25,4: de quibus Machabeorum
primo.
DTS 29,14: Hanc civitatem primus liber
Machabeorum situat iuxta mare.
DTS 29,15: de qua primo Machabeorum.
DTS 42,3: que in primo Machabeorum
9 et X capitulo.

Tobia 1,1.
Tobia 1,1.

1 Maccabei 12,30 (Ginata e Simone).


1 Maccabei 13,27-30 (Sepoltura di
Ginata).
1 Maccabei 14,34 (Decreto onorico in
favore di Simone).
1 Maccabei 5,58 (La disfatta di
Iamnia).
1 Maccabei 9,51; 10,14 (Bcchide).

Salmi
DTS 4,112: Seon regis Amorreorum

Salmo 135,11; 136,19.

12. Onom. 85,4. Nel testo riporta Amorraeroum.

378

G. LOCHE

DTS 7,3: Et Og regem Basan.


DTS 16,3: Invenimus eum in campis
silve.
Cantico dei Cantici
DTS 7,1: Sicut tabernacula Cedar, sicut
pelles Salomonis.
DTS 15,1: que in Canticis Canticorum
dicitur Turris Libani.
DTS 29,3: quem Salomon vocat puteum
aquarum viventium, Canticorum 4 .
DTS 29,5: ut 4 dicitur Canticorum.
Siracide
DTS 29,5: Huic fonti recte congruit
illud Ecclesiastici XXIIII: Inrigabo ortum
plantationum mearum et inebriabo pratus mei fructum, et ecce factus est mihi
trames habundans et uvius meus appropinquavit ad mare.
DTS 33,4: sicut dicitur Ecclesiastici
48.
Isaia
DTS 2,1: de quo in Ysaia XV.
DTS 2,2: Emitte agnum, Domine, dominatorem terre[ae] de Petra Deserti
(cos nella Clementina).
DTS 3,1: Quis est iste qui venit de
Edom (nel testo viene indicato il
capitolo 52, secondo la versione del
Langton).
DTS 4,1: et Ysaie XVI.
DTS 7,4: de qua Ysaia XVI.
DTS 8,4: Ysaia XV.
DTS 25,2: cuius Ysaias meminit dicens : Factus est Saron sicut desertum,
Ysaia 33.
DTS 33,4: dicitur Ysaias VI: Egredere in
occursum Aca ad extremum aqueductus
piscine superioris in via agri fullonis. Il
rimando al capitolo 6 errato.

Salmo 135,20.
Salmo 131,6. Nella Vulg. troviamo
eam.
Cantico dei Cantici 1,4.
Cantico dei Cantici 7,5. Nella Vulg. al
versetto 4.
Cantico dei Cantici 4,15. Nella Vulg.
troviamo: fons hortorum puteus aquarum viventium.
Cantico dei Cantici 4,15.
Siracide 24,42-43. Nella Vulg. abbiamo
dixi rigabo meum hortum plantationum et inebriabo pratus mei fructum et
ecce facta est mihi tramis abundans et
uvius meus propinquavit ad mare.
Siracide 48,19-20.

Isaia 15,1.
Isaia 16,1.
Isaia 63,1.

Isaia 16,8.
Isaia 16,8-9.
Isaia 15,4.
Isaia 33,9.
Isaia 7,3. Nella Vulg. troviamo: egredere in occursum Ahaz tu et qui derelictus
est Iasub lius tuus ad extremum aquaeductus piscinae superioris in via agri
Fullonis.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Geremia
DTS 4,1: Ieremie XIV. Nella Vulg. dal
versetto 35.
DTS 18,24: illud Ieremie: Vox in Rama
audita est etc. La citazione presa dal
Vangelo di Matteo.
DTS 21,3: teste Ieremia.
DTS 37,8: et in Ieremia propheta dicitur
etiam ille locus Tophet, de quo etiam in
Ieremia.
DTS 39,1: sicut ipsemet testimonium
perhibet primo capitulo sui libri.
Ezechiele
DTS 29,2: unde Eechielis 26 dicitur
habitans in mari.
DTS 29,4: Denique qui eius laudes magnas scire voluerit, legat 26 capitulum
Eechielis cum duobus sequentibus.
Gioele
DTS 37,6: ut habetur Iohelis 3.
Michea
DTS 16,10: et Michee 4.
Zaccaria
DTS 29,4: sed et acharias de eius laude loquitur capitulo 9.

379

Geremia 48,34 (Oracoli contro Moab).


Geremia 31,15 (La restaurazione della
promessa ad Israele). La Vulg. riporta:
haec dicit Dominus vox in excelso
audita est.
Geremia 26,20-23 (Arresto e giudizio di
Geremia).
Geremia 7,31 (Culto illegittimo).
Geremia 1,1.

Ezechiele 26,17 (Lamento su Tiro).


Ezechiele 2628 (Contro Tiro).

Gioele 4,2 (Il giudizio dei popoli). Nella


Vulg. al capitolo 3.
Michea 4,8 (Il raduno a Sion del gregge
disperso).
Zaccaria 9,2-4 (La nuova terra).

2.2 Antico Testamento: citazioni implicite e allusive


Genesi
DTS 14,2
DTS 17,9
DTS 17,14
DTS 17,16
DTS 17,19

Genesi 28,11-19 (Il sogno di Giacobbe).


Genesi 37,28 (Giuseppe venduto dai fratelli).
Genesi 48,7 (Giacobbe adotta e benedice i due gli di
Giuseppe).
Genesi 13,18 (Abramo alle querce di Mamre).
Genesi 4,8 (Caino e Abele).

380

G. LOCHE

DTS 17,2213
DTS 18,14
DTS 18,1514
DTS 20,3
DTS 42,4

Genesi 21,27-31; 26,31 (Abramo e Abimelch a Bersabea).


Genesi 14,18 (Melchisedek).
Genesi 33,18 (Giacobbe a Sichem).
Genesi 14,1-20 (La campagna dei quattro re).
Genesi 35,19-20 (Nascita di Beniamino e morte di Rachele).

Esodo
DTS 18,20
DTS 18,20

Esodo 6,23 (Aronne e Elisabetta).


Esodo 6,25 (Eleazaro).

Levitico
DTS 38,1

Levitico 20,3-5 (Colpe cultuali).

Deuteronomio
DTS 18,14

Deuteronomio 27,11-26; 28,1-14 (Cerimonie cultuali).

Giosu
DTS 5,2
DTS 5,2
DTS 10,415
DTS 10,5
DTS 10,5
DTS 11,4
DTS 11,4
DTS 16,316
DTS 18,3
DTS 18,14
DTS 18,19
DTS 18,23
DTS 19,9
DTS 19,9
DTS 19,10
DTS 19,1117

Giosu 2,1 (Le spie di Giosu a Gerico).


Giosu 3,16 (Il passaggio del Giordano).
Giosu 6,1-25 (Presa di Gerico).
Giosu 2,1-6 (Le spie di Giosu a Gerico).
Giosu 6,17-25 (Gerico votata allo sterminio).
Giosu 5,2-9 (La circoncisione degli Ebrei a Glgala).
Giosu 7,25 (Giosu e Acan).
Giosu 18,1 (Raduno di Israele in Silo).
Giosu 11,1-5 (Coalizione dei re del Nord).
Giosu 8,30-35 (Altare e lettura della Legge sul monte
Ebal).
Giosu 24,33 (Morte di Eleazaro).
Giosu 9,3-15 (Astuzia degli abitanti di Gbaon).
Giosu 8,30-32 (Altare e lettura della Legge sul monte
Ebal).
Giosu 8,33 (Altare e lettura della Legge sul monte Ebal).
Giosu 18,1 (Israele a Silo).
Giosu 10,10; 16,3-5; 18,3; 21,22 (Localit di Bet-Coron).

13. Onom. 51,1-69.


14. Onom. 151,1-7.
15. Onom. 105,20-21 in cui troviamo Iesus, che nel Fedanzola abbreviato con ihs.
16. Onom. 157,28-29.
17. Onom. 47,18-22.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

DTS 21,2
DTS 22,8
DTS 23,3
DTS 23,3
DTS 28,4

381

Giosu 24,29-30 (Morte di Giosu).


Giosu 21,16 (Parte dei Keatiti).
Giosu 19,38 (La trib di Nftali). Nella Vulg. scritto
Ieron.
Giosu 12,24 (I re vinti ad ovest del Giordano). Nella Vulg.
scritto Thersa.
Giosu 13,3 (Paesi da conquistare).

1 Samuele (1 Regum)
DTS 15,5
1 Samuele 31,10 (Morte di Saul).
DTS 16,2
1 Samuele 31,1-10 (Battaglia di Gelboe e morte di Saul).
18
1 Samuele 4,10-11 (Presa dellarca da parte dei Filistei).
DTS 16,3
19
1 Samuele 28,7-25 (Saul e la pitonessa di Endor).
DTS 19,3
DTS 19,5
1 Samuele 29,1 (Davide congedato dai capi Filistei).
DTS 25,3
1 Samuele 6,12-14 (Rinvio dellarca).
DTS 28,6
1 Samuele 21,11 (Davide presso i Filistei).
2 Samuele (2 Regum)
DTS 17,18
2 Samuele 3,27 (Assassinio di Abner).
DTS 18,18
2 Samuele 11,21 (Il peccato di Davide).
DTS 18,22
2 Samuele 4,2-8 (Assassinio di Is-Bal).
1 Re (3 Regum)
DTS 10,420
DTS 15,6
DTS 17,11
DTS 18,821
DTS 18,13
DTS 18,18
DTS 19,4
DTS 19,4
DTS 28,2
DTS 28,3
DTS 36,3

1 Re 16,34 (Chiel ricostruisce Gerico).


1 Re 14,17; 15,21.33 (Seguito del regno di Geroboamo).
1 Re 12,29-30 (I vitelli doro).
1 Re 19,16 (Elia sullOreb).
1 Re 22,37-38 (Morte di Acab).
1 Re 12,28 (I vitelli doro). Nel testo biblico non si indica la
sorgente presso la quale, secondo il Fedanzola, furono preparati i due vitelli doro.
1 Re 21,1-19 (La vigna di Nabot).
1 Re 16,29 (Il regno di Acab).
1 Re 17,9-24 (Elia a Zarepta).
1 Re 18,40 (Elia e i profeti di Baal).
1 Re 3,10 (Il sogno di Gbaon).

18. Onom. 157,28-29.


19. Onom. 95,17-19.
20. Onom. 105,20-26.
21. La notizia presa dallOnom. 35,17-18.

382
DTS 37,9
DTS 38,1
DTS 42,1

G. LOCHE

1 Re 1,5 (Vecchiaia di Davide).


1 Re 11,7 (Le mogli di Salomone).
1Re 1,33-38 (Salomone consacrato re).

1 Cronache (1 Paralipomenon)
1 Cronache 7,28 (Trib di Efraim).
DTS 18,1522
2 Cronache (2 Paralipomenon)
DTS 10,8
2 Cronache 20,2 (Gisafat e gli Ammoniti).
DTS 20,6
2 Cronache 35,20-24 (Morte di Giosia).
Giuditta
DTS 15,2-3
DTS 15,4

Giuditta 4,6-22 (Paura per Oloferne).


Giuditta 10,3; 12,7 (Giuditta si reca presso Oloferne).

Giobbe
DTS 7,1
DTS 7,1

Giobbe 2,11 (Satana mette alla prova Giobbe).


Giobbe 1,1 (Satana mette alla prova Giobbe).

Cantico dei Cantici


DTS 15,9
Cantico dei Cantici 1,13.
Isaia
DTS 41,1

Isaia 7,3; 36,2 (Primo intervento di Isaia; invasione di


Senncherib).

Amos
DTS 15,8

Amos 1,1.

Giona
DTS 29,14
DTS 29,15

Giona 1,3 (Giona fugge a Tarsis).


Giona 2,11 (Giona e rigettato dal pesce).

Da una prima analisi delle tavole possiamo rilevare che i libri biblici
sono suddivisi secondo la prassi in Legali, Storici, Sapienziali, Profetici. Le
notizie bibliche, in particolare relative ai luoghi, sono attinte dalla Vulgata
e dallOnomasticon di Girolamo, ma, per la maggior parte, tramite altri
due pellegrini: il Sanudo e il Burcardo23, di cui tratteremo pi avanti. Le
differenze riportate nel testo del Fedanzola, nel suo modo di citare direttamente la Scrittura, sono dovute al linguaggio medievale, che tendeva ad
22. Onom. 151,1-7.
23. Nella sua Descriptio sono numerose le citazioni letterali.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

383

accorciare per esempio il dittongo ae in e, oppure a non essere fedeli


alla lettera. Da rilevare sono i diversi errori di rimandi ai libri biblici, a
cui non sappiamo dare una spiegazione se non quella di distrazione del
copista.
2.3 Nuovo Testamento: citazioni letterali ed esplicite
Matteo
DTS 7,2: Maceda.
DTS 10,2: in Evangelio Mathei 8.
DTS 13,7: et Galilea gentium.
DTS 13,724: sicut in Evangelio legimus.
DTS 18,24: illud Ieremie: Vox in Rama
audita est etc (Vedi Geremia 31,15).
DTS 20,2: de qua Mathei XVII.
DTS 20,3: est ecclesia ubi Christus ait
discipulis predictis: Nemini dixeritis visionem donec.
DTS 28,1: Mathei 15.
DTS 35,1: ubi dicitur quod Christus
apparuit in die resurrectionis dominabus
redeuntibus a monumento quando dixit:
Avete.
DTS 38,2: Mathei XIII capitulo.
DTS 38,6: de quo loco exponunt illud
p[re]cedam vos in Galileam.
Marco
DTS 7,2: Dalmanutha.
DTS 10,2: et Marci 5.
DTS 38,6: de quo loco exponunt illud
p[re]cedam vos in Galileam.

24. Onom. 81,17.

Matteo 15,39 (Seconda moltiplicazione


dei pani). Nella Vulg. si trova Magedan.
Matteo 8,28 (Gli indemoniati gadareni).
Matteo 4,15 (Ritorno in Galilea).
Matteo 4,25 (Ges insegna e guarisce).
Matteo 2,18 (Fuga in Egitto e strage
degli innocenti).
Matteo 17,2 (La trasgurazione).
Matteo 17,9 (Domanda su Elia).
Matteo 15,21 (Guarigione della glia di
una Canana).
Matteo 28,9 (Lapparizione alla pie
donne). Nella Vulg. si trova avete.
Matteo 13,49-50; 24,1-39 (Parabola
della rete).
Matteo 26,32 (Predizione del rinnegamento di Pietro). Nella Vulg. troviamo:
praecedam vos in Galilaeam.
Marco 8,10 (Seconda moltiplicazione
dei pani).
Marco 5,1 (Lindemoniato geraseno).
Marco 14,28 (Predizione del rinnegamento di Pietro). Nella Vulg. troviamo:
praecedam vos in Galilaeam.

384

G. LOCHE

Luca
DTS 12,2: secundum Lucam.
DTS 13,9: ut dicitur in Evangelio.
DTS 16,10: gloria in excelsis Deo et
in terra pax hominibus bone voluntatis . Il Fedanzola riporta, prendendola da Girolamo, la lode angelica della
notte di Natale attribuendola alla visione di Giacobbe descritta in Genesi
28,11-16.
DTS 16,10: Annuntio vobis gaudium
magnum .
DTS 19,7: ut dicitur in Luca.
DTS 20,7: Luca I.
DTS 22,3: angelus dixit: Ave, gratia
plena, Dominus tecum etc..
DTS 22,3: in qua Christus, tradito sibi
Ysaie libro, legit: Spiritus Domini super
me etc..
DTS 22,4: Luca 4: Et dum Iesus transiens per medium illorum ibat.
DTS 22,7: quamvis in Evangelio nominetur castellum.
DTS 22,725: Emaus de quo loco fuit
Cleophas, cuius Lucas evangelista meminit.
DTS 29,3: ubi Christus predicavit
quando mulier extollens vocem dixit:
Beatus venter qui te portavit etc. Il fatto comunque non avvenne nel territorio
di Tiro.
DTS 33,5: venerunt illuc conclamantes:
Crucige, crucige eum.
DTS 33,7: quod hoc fuit quando vertit
se ad mulieres sequentes eum et entes,
dicens: Filie Ierusalem, nolite ere super me, sed super vos ipsas ete etc.,
Luca 24. Il rimando al capitolo 24
errato.
DTS 33,10: Luca XVI.

25. Onom. 91,22-23.

Luca 6,20-49 (Le Beatitudini).


Luca 10,30 (Parabola del buon Samaritano).
Luca 2,14 (Nascita di Ges e visita dei
pastori). Nella Vulg. troviamo: gloria in
altissimis Deo et in terra pax in hominibus bonae voluntatis.

Luca 2,10 (Nascita di Ges). La Vulg.


riporta evangelizo vobis.
Luca 17,12-14 (I dieci lebbrosi).
Luca 1,28 (Lannunciazione).
Luca 1,28 (Lannunciazione).
Luca 4,16-22 (Ges a Nazaret).
Luca 4,30 (Ges a Nazaret).
Luca 24,13 (I discepoli di Emmaus).
Luca 24,18 (I discepoli di Emmaus).
Luca 11,27 (La vera beatitudine).

Luca 23,21 (Ges davanti a Pilato).


Luca 23,28 (Sulla via del Calvario).
Nella Vulg. abbiamo liae Hierusalem.

Luca 16,19-31 (Il ricco cattivo e il povero Lazzaro).

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

385

DTS 37,4: in qua cripta sederunt discipuli quando dixit eis Iesus: Sedete hic et
orate ne intretis in temptationem.

Luca 22,46 (Sul monte degli Ulivi).


Nella Vulg. abbiamo: surgite orate.

DTS 38,7: et videns civitatem evit


super illam dicens: Si congnovisses et
tu etc..
DTS 43,9: quibus inquid angelus:
Evangelio vobis gaudium magnum.

Luca 19,42 (Lamento su Gerusalemme).

Giovanni
DTS 11,2: ut in Evangelio Iohannis
habetur.
DTS 16,4: Iohannes, XI capitulo.
DTS 16,7: Martha dicens: Domine, si
fuisses hic frater meus non fuisset mortuus etc .
DTS 18,15: Hec etiam dicitur in
Evangelio Sychar.
DTS 18,16: quod in Evangelio Iohannis,
4 capitulo.
DTS 18,17: sedens predicavit Samaritane, Iohannis 4.
DTS 18,17: Quia vero in Evangelio
dicitur: Et puteus altus est.
DTS 18,17: quem putant Samaritanam
ostendisse Christo dicens: In monte hoc
patres nostri adoraverunt.
DTS 33,3: Iohannis 5.
Atti
DTS 22,9: Actis 8.
DTS 29,12: Ibi etiam ab angelo audivit:
Orationes tue et elemosine tue etc., Actuum IIII. Il rimando al capitolo 4 errato.
DTS 29,12: Actuum XVI. Il rimando al
capitolo 16 errato.
DTS 29,14: ibique cecidit super eum
mentis excessus et vidit celum apertum
etc., Actuum X.
DTS 29,17: Actuum VIII.
DTS 33,9: Actuum XII.

Luca 2,10 (Nascita di Ges e visita dei


pastori).
Giovanni 3,23 (Ges testimonia su
Giovanni).
Giovanni 11,53 (I capi giudei decidono
la morte di Ges).
Giovanni 11,21 (Risurrezione di
Lazzaro).
Giovanni 4,5 (Ges dai Samaritani).
Giovanni 4,5 (Ges dai Samaritani).
Giovanni 4,6 (Ges dai Samaritani).
Giovanni 4,11 (Ges dai Samaritani).
Giovanni 4,20 (Ges dai Samaritani).
Nella Vulg. riportato patres nostri in
monte hoc adoraverunt.
Giovanni 5,3-13 (Guarigione di un infermo alla piscina di Betzaet).
Atti 8,38 (Filippo e leunuco).
Atti 10,4 (Pietro si reca da un centurione
romano). Nella Vulg. abbiamo: orationes tuae et elemosynae tuae.
Atti 25,10-12 (Paolo si appella a
Cesare).
Atti 10,10-11 (Pietro si reca da un
centurione romano). Nella Vulg. videt
caelum.
Atti 8,26 (Filippo e leunuco).
Atti 12,4 (Arresto di Pietro).

386

G. LOCHE

2.4 Nuovo Testamento: citazioni implicite e allusive


Matteo
DTS 8,5
DTS 9,2
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 12,2
DTS 12,2
DTS 12,6
DTS 12,7
DTS 16,5
DTS 16,9
DTS 18,2
DTS 20,1
DTS 22,2
DTS 23,2
DTS 23,4
DTS 26,1
DTS 27,1; 28,1
DTS 31,1
DTS 32,5
DTS 33,8
DTS 34,7
DTS 35,3
DTS 36,4
DTS 36,9
DTS 38,7
DTS 40,2
DTS 41,1
DTS 43,1

Matteo 3,13 (Battesimo di Ges).


Matteo 8,3 (Guarigione di un lebbroso).
Matteo 8,5-13 (Guarigione del servo del centurione).
Matteo 9,9 (Chiamata di Matteo).
Matteo 5,3 (Le Beatitudini).
Matteo 14,13-21 (Prima moltiplicazione dei pani).
Matteo 57 (Discorso evangelico).
Matteo 4,1-4 (Tentazioni nel deserto).
Matteo 4,8-10 (Tentazioni nel deserto).
Matteo 26,6 (Lunzione a Betania). Nel Vangelo non si parla che Marta e Maria servivano Ges in casa di Simone il
Lebbroso.
Matteo 21,2 (Ingresso messianico a Gerusalemme).
Matteo 16,19 (Il lievito dei farisei e dei sadducei).
Matteo 4,13 (Ritorno in Galilea).
Matteo 2,23 (Ritorno dallEgitto e dimora a Nazaret).
Matteo 10,4 (Missione dei Dodici).
Matteo 4,21 (Chiamata dei primi quattro discepoli).
Matteo 15,22 (Guarigione della glia della Canana).
Matteo 15,22-28 (Guarigione della glia della Canana).
Matteo 4,21 (Chiamata dei primi quattro discepoli).
Matteo 21,1-11 (Ingresso messianico a Gerusalemme).
Matteo 27,32 (La crocissione).
Matteo 27,35 (La crocissione).
Matteo 26,57-67 (Ges davanti al Sinedrio).
Matteo 26,17-29 (Lultima cena).
Matteo 26,75 (Rinnegamenti di Pietro).
Matteo 21,1-7 (Ingresso messianico a Gerusalemme).
Matteo 27,3-10 (Morte di Giuda).
Matteo 27,7-8 (Morte di Giuda).
Matteo 2,1.11 (La visita dei Magi).

Marco
DTS 8,5
DTS 10,2
DTS 12,6
DTS 16,5
DTS 23,2

Marco 1,9 (Battesimo di Ges).


Marco 5,13 (Lindemoniato geraseno).
Marco 1,12-13 (Tentazione nel deserto).
Marco 14,3 (Lunzione a Betania).
Marco 3,18 (Istituzione dei Dodici).

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

DTS 26,2
DTS 31,4
DTS 32,5
DTS 33,8
DTS 34,7
DTS 36,6
DTS 38,1

387

Marco 15,43-46 (La sepoltura di Ges).


Marco 9,2 (La trasgurazione).
Marco 11,1-11 (Ingresso messianico a Gerusalemme).
Marco 15,21 (La via della croce).
Marco 15,15 (Ges davanti a Pilato).
Marco 16,14 (Apparizioni del Risorto).
Marco 16,19 (Apparizioni del Risorto).

Luca
DTS 10,126
DTS 10,6
DTS 10,6
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 12,2
DTS 12,2
DTS 12,6
DTS 19,327
DTS 20,4
DTS 22,2
DTS 22,3
DTS 31,6
DTS 32,5
DTS 33,6
DTS 33,8
DTS 34,7
DTS 36,6
DTS 36,9
DTS 37,5
DTS 43,1.4
DTS 43,3
DTS 43,8

Luca 10,13 (Missione dei settantadue discepoli).


Luca 19,2 (Zaccheo).
Luca 18,35-43 (Il cieco di Gerico).
Luca 7,1-9 (Guarigione del servo di un centurione).
Luca 5,27 (Chiamata di Levi).
Luca 6,20 (Le Beatitudini).
Luca 6,17-49 (Le folle al seguito di Ges).
Luca 6,12 (La scelta dei Dodici).
Luca 4,1-4 (Tentazioni nel deserto).
Luca 7,11 (Risurrezione del glio della vedova di Naim).
Luca 7,11-15 (Risurrezione del glio della vedova di Naim).
Luca 1,26; 2,4.39.51 (Lannunciazione).
Luca 1,26-38 (Lannunciazione).
Luca 17,12 (I dieci lebbrosi).
Luca 19,28-38 (Ingresso messianico a Gerusalemme).
Luca 7,36-50 (La peccatrice perdonata).
Luca 23,26 (Sulla via del Calvario).
Luca 23,33 (La crocissione).
Luca 24,36 (Ges appare agli apostoli).
Luca 22,62 (Rinnegamento di Pietro).
Luca 22,48 (Larresto di Ges).
Luca 2,1-7 (Nascita di Ges).
Luca 2,8-9 (Visita dei pastori).
Luca 2,21 (Circoncisione di Ges). I giorni, secondo Levitico
12,2-4, non sono 40, ma 33 dopo aver partorito un maschio e
66 dopo una femmina.

26. NellOnom. riportato: Chorazin oppidum Galilaeae, quod Christus propter incredu-

litatem miserabiliter deplorat et plangit.


27. Onom. 95,17-19.

388
Giovanni
DTS 12,4
DTS 12,4
DTS 13,1
DTS 15,7; 16,4

G. LOCHE

DTS 36,6
DTS 37,4
DTS 41,2

Giovanni 21,2 (Apparizione del Risorto ai 7 discepoli).


Giovanni 21,9 (Apparizione del Risorto).
Giovanni 1,44; 12,21 (Si parla di Betsaida).
Giovanni 11,54 (I capi dei giudei decidono la morte di Ges).
Nella Vulg. scritto Ephrem e non Effren.
Giovanni 11,1 (Risurezzione di Lazzaro).
Giovanni 11,38 (Risurezzione di Lazzaro).
Giovanni 8,56 (Discorso di Ges su Abramo). Riformula una
frase di Ges.
Giovanni 2,1-11; 4,46 (Le nozze di Cana; secondo segno a
Cana).
Giovanni 1,45-51; 21,2 (I primi discepoli; apparizione del
Risorto).
Giovanni 12,12-16 (Ingresso messianico di Ges a
Gerusalemme).
Giovanni 18,12-23 (Ges davanti ad Anna e Caifa).
Giovanni 19,17 (La crocissione).
Giovanni 19,38-40 (La sepoltura).
Giovanni 20,14-18 (Apparizione del Risorto a Maria
Maddalena ).
Giovanni 20,19.24 (Apparizione ai discepoli).
Giovanni 18,1 (Larresto di Ges).
Giovanni 9,7 (Guarigione di un cieco nato).

Atti
DTS 29,12
DTS 29,14
DTS 36,3
DTS 36,5
DTS 37,2
DTS 41,1

Atti 6,5; 8,40; 21,8-9 (Scelta dei diaconi).


Atti 9,40 (Pietro risuscita Tabit).
Atti 2,14-39 (Discorso di Pietro).
Atti 1,15; 2,1-4 (La sostituzione di Giuda).
Atti 7,56-59 (Lapidazione di Stefano).
Atti 1,18 (La sostituzione di Giuda).

DTS 16,5
DTS 16,6
DTS 17,16.
DTS 23,2
DTS 23,2
DTS 32,5
DTS 33,6
DTS 34,7
DTS 34,9
DTS 34,10; 35,1

In questa seconda raccolta riservata alle citazioni del Nuovo Testamento


si nota lassenza dei vari rimandi alle Lettere apostoliche o allApocalisse,
presenti, anche se raramente, per esempio nel Sanudo, una delle sue fonti
principali se non la prima in assoluto. Il Vangelo di Marco quello meno
citato e, a differenza dellAntico Testamento, sono pochi i rimandi espliciti
o le citazioni letterali.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

389

3. Le citazioni prese dalle auctoritates


Passiamo ora a presentare le citazioni esplicite delle auctoritates, cio
i santi Padri o altri autori di grande rilievo, che si incontrano nella
Descriptio.
3.1 Beda il Venerabile
Beda il Venerabile, nacque nel 672/3 nel territorio una volta propriet del
monastero dei santi Pietro e Paolo presso lodierna Jarrow, in Inghilterra: vi
dimor per ben 55 anni dopo esserci entrato a soli 7 anni. La sua passione
per la Scrittura lo port, secondo la sua stessa testimonianza, ad assimilare
bene il latino e il greco. Lebraico lo conobbe a livello elementare, secondo alcuni autori, ma attingendo anche da Girolamo, in alcune sue opere,
in particolare nel De Schematibus et Tropis Sacrae Scripturae, riferisce
termini ebraici secondo la loro graa originale28. Mor il 26 maggio 735,
giorno dellAscensione.
Nello spazio 18 al numero 4 della Descriptio troviamo due citazioni
esplicite ricavate dalle opere De Locis Sanctis e In Lucae evangelium expositio di Beda che il Fedanzola utilizza quando parla del lago di Galilea e
della sua lunghezza e larghezza.
La prima notizia riguarda il nome del lago di Galilea, di cui Beda
tratta nel commentare il versetto di Lc 5,1: Factum est autem cum turbae inruerent in eum ut audirent verbum Dei et ipse stabat secus stagnum
Gennesareth29.
Il Fedanzola riporta lopinione di Beda30 secondo la quale lo Stagnum
Gennesareth chiamato anche mare di Galilea, per la vicinanza con la Provincia di Galilea, oppure mare di Tiberiade, per la vicinanza con la citt di
Tiberias, che Erode dedic allimperatore Cesare Tiberio, mutando il nome

28. A proposito si veda I. Cecchetti, Beda il Venerabile, in Bibliotheca Sanctorum, II,

Roma 1962, coll. 1006-1074.


29. B. Fischer - I. Gribomont - H.F.D. Sparks - W. Thiele (a cura di), Biblia Sacra, iuxta
Vulgatam versionem, II, Stuttgart 1969, 1614. Nella Bibbia CEI il versetto 1 legato al 2 e
cos recitano: 1) Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Gensaret 2) e
la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate
alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti: La Bibbia di Gerusalemme, Bologna
1993, 2104.
30. Il Fedanzola riporta la citazione di Beda dal Liber Secretorum di Sanudo.

390

G. LOCHE

antico della citt Chennereth in Tiberias31. Lappellativo Gennesar, dipende


invece dal forte vento che si forma generato dalle onde che si increspano
sulla sponda del lago32.
La seconda notizia riguarda la lunghezza del lago, il quale, secondo
Beda di 140 stadi di lunghezza e 40 di larghezza33. Ma il Fedanzola non
accetta questa versione34 e, basandosi su unindicazione di Giuseppe Flavio,
afferma che il lago lungo 100 stadi e largo 40, precisando di aver visitato
diligentemente il luogo35.
3.2 Georgius Nicomediensis
Un altro personaggio, alquanto sconosciuto, viene citato nello spazio 34 al
numero 1. Si tratta di Giorgio, metropolita di Nicomedia, vissuto nel IX secolo e autore di svariati sermoni, tra cui lomelia su Maria sotto la croce36. Il
31. Stagnum Gennesareth idem dicunt esse quod mare Galileae vel mare Tiberiadis. Sed

mare Galileae ab adiacente provincia dictum, mare Tiberiadis a proxima civitate quae olim
Chennereth, vocata sed ab Herode tetrarcha instaurata in honorem Tiberii Caesaris Tiberias
est appellata. Porro Gennesar a laci ipsius natura qua crispantibus aquis de se ipso sibi
excitare auram perhibetur Graeco vocabulo quasi generans sibi auram dicitur: D. Hurst (a
cura di), Beda Venerabilis, In Lucae Evangelium expositio, II, V, 1 (CCSL 120), Brepols
1960, 113.
32. Deinde Iordanis, procedens inter Cafarnaum et Coroaim, Mare ingredit Galilee, sic
dictum ab adiacente provincia Galilee; dicitur etiam Mare Tyberiadis a proxima civitate
Tyberiade. Item dicitur Mare Geneareth quia continue crispantibus undis ventum generat,
secundum Bedam V .
33. Est autem Genesar, id est mare Galilaeae, magnis siluis circumdatum, in longitudine
habens CXL stadia, il latitudine XL: I. Fraipont (a cura di), Beda Venerabilis, De Locis
Sanctis, X, 3 (CCSL 175), Brepols 1965, 270. Le indicazioni numeriche di Beda sono state
accolte dal Sanudo e riportate nella carta geograca della sua opera. Infatti il lago di Galilea
appare un poco allungato verso sud.
34. Anche in questo caso il Fedanzola ricava la citazione di Giuseppe Flavio dallopera
del Sanudo.
35. Et habet in longitudinem, secundum Bedam, 140 stadia, in latitudine vero 40. Secundum Iosophum autem in longitudine habet C, tamen in latitudine XL; et hoc dictum credo
quod sit verius, quia vidi et diligenter consideravi.
36. Cos scrive il prelato: Benecium itaque, cum illi ceu magistro, tum matri, cujus
animum tristitia dire laniet, concede; assumptaque ducia, supplicationem propone. Depone corpus, tibique propositum mundi thesaurum collige. Fac gratiam peregrinis nobis
egenisque, quos universi oderint, ac irrideant; quos noti ac amici deseruerint; quorum
nemo misereatur. Nullus enim est qui protegat; nullus qui auxiliator accedat. Nemo audet
corpus petere : nullus consilium ejusmodi in animum induxit : occurrit nemo qui funus
curaturus sit. Mihi porro, ut vides, neutrum modo praestari potest, quae sola, uno duntaxat

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

391

Fedanzola riporta alla lettera37 il riassunto, eccetto per nec invece di neque,
che ne fa il Sanudo38.
3.3 San Girolamo
Lautore pi frequente39 nelle citazioni dirette senzaltro san Girolamo40,
in particolare le sue lettere, il Liber interpretationis Hebraicorum nominum
e lOnomasticon. Presenteremo i casi di particolare rilievo o interesse.
Nella parte seconda della Descriptio, parlando della Valle di Giosafat, il
Fedanzola si sofferma a considerare lorigine del nome della valle, non accettando lopinione comune che derivasse dalla tomba ivi ubicata e attribuita a
Giosafat, ma dal signicato del nome stesso Giosafat, come dice Girolamo
nel Liber interpretationis, cio domini iudicium giudizio del Signore41, in
quanto in quella valle avverr il Giudizio nale. Lopinione confermata anche
dalla tradizione araba che indica la valle come il torrente dellinferno42.
Il frate umbro parlando della citt di Salim, presso la quale, secondo
Gv 3,23, battezzava Giovanni Battista, cita una delle tante lettere scritte dal
discipulo sociante adstem, ac neque apud Pilatum gratia polleam, nec alioqui opportuna funeri comparare possim: Georgii Nicomediensis, Oratio in assistentiam Mariae ad crucemet
sepulcrum, in PG 100, Parigi 1865, 1483-1486.
37. Unde, cum innotuisset Virgini matri que dilecto lio suo in cruce mortuo astabat quod
illius esset sepulcrum, ut Gg archiepiscopus recitat in sermone, ad eum accessit suasitque ut
omnium vitam suo servaret sepulcro, et sic loquebatur: Nullus audet petere sanctum illius
corpus, nec aliquis curat de eo sepeliendo et per me eri est impossibile; tu ergo collige
mundi thesaurum et ingredere ad Pylatum et postula corpus eius.
38. J. Prawer (a cura di), Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, III,7,2,33-38,
Gerusalemme 1972, 175.
39. Girolamo risulta citato almeno per 12 volte dalle sue lettere, una dal Liber interpretationis Hebraicorum nominum e per ben 51 volte dallOnomasticon.
40. Girolamo nacque intorno al 347 a Stridone e pass gran parte della sua vita in Oriente
Mor a Betlemme nel 420, dopo essersi dedicato completamente allo studio e allapprofondimento della Scrittura. Durante un suo soggiorno a Roma ricevette da papa Damaso
lincarico di revisione della traduzione latina della Bibbia. Diverse sono le sue opere nel
campo biblico, tutte caratterizzate per luso dei testi in lingua originale in quanto per lui la
graeca des e la hebraica veritas, infatti, erano essenziali per una comprensione giusta del
messaggio di Dio contenuto nelle Scritture.
41. Iosaphat domini iudicium: P. Antin (a cura di), Hieronymus, Liber interpretationis
Hebraicorum nominum, III Regum, E-M (CCSL 72), Brepols 1959, 111.
42. Si autem obiciatur quod a predicta sepultura ipsius Iosaphat sit vocata Vallis Iosaphat,
hoc non est verum; sed quia Iosaphat interpretatur, ut dicit Ieronimus, Domini iudicium et
ibi sit iudicaturus Dominus omnes gentes, ut habetur Iohelis 3, ideo dicitur Vallis Iosaphat.
Arabice autem dicitur Iehenem, idest torrens inferni.

392

G. LOCHE

Dottore della Chiesa43, nella fattispecie la lettera Ad Evangelum presbyterum de Melchisedech, in cui attesta che i nomi Salem e Salim non denotano
due citt distinte ma la medesima citt in ragione del fatto che in ebraico
le vocali tra le parole non sono di uso comune44.
Unaltra delle epistole di Girolamo, in realt unorazione funebre, citata
diverse volte lEpitaphium sanctae Paulae, composta probabilmente per il 26
gennaio 404, anno della morte della santa. Di essa nella Descriptio si riporta,
in modo esplicito e talvolta alla lettera, lopinione di Girolamo su alcuni siti
topograci che fanno da cornice al racconto della vita di Paola in Terra Santa.
Il Fedanzola, nel quadro 59 del 15 spazio, parlando di Betania, che denisce castello di Lazzaro, Marta e Maria, afferma che essa era una citt
di sacerdoti45. In realt Girolamo parla della villa di Betfage46.
Nel quadro 63 riporta alla lettera un passo dellEpitaphium, l dove
parla della Torre del Gregge o Torre Ader, nelle cui vicinanze Giacobbe,
pascolando il gregge, ebbe una visione di angeli47.
Unaltra breve citazione letterale la troviamo nel quadro 69, dove
racconta che sotto il terebinto Abramo avendo visto il giorno di Cristo si
rallegr48 e nel quadro 46, quando Paola vide la tomba di Giosu49.
43. In quadro 39 est Salim, civitas iuxta Iordanem prope Hennon ubi erat Iohannes baptians,

ut in Evangelio Iohannis habetur; et distat a Betsan per VIII miliaria versus meridiem. In hac
civitate videtur tenere Ieronimus quod regnaverit Melchisedech, qui in Genesi vocatur Salem,
unde dicit quod Salem et Salim idem sunt. Et hoc dicit in epistula de Melchisedech.
44. Scrive Girolamo: Nec refert, utrum Salem, an Salim nominetur, cum vocalibus in medio litteris perraro utantur Hebraei, et pro voluntate lectorum, ac varietate regionum, eadem
verba diversis sonis atque accentibus proferantur: J. Labourt (a cura di), Saint Jrme,
Lettres 4, LXXIII, 8, Parigi 1954, 25.
45. In 59 quadro eiusdem spatii est Bethania, Laari, Marthe et Marie castellum; et, secundum Ieronimum in epithaphio Paule, villa sacerdotum.
46. Ingressa sepulcrum Lazari, Mariae et Marthae vidit hospitium; et Bethfage, villam sacerdotalium maxillarum: J. Labourt (a cura di), Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 12, Parigi 1955, 172.
47. In 63 quadro dicti spatii est turris Gregis, sive turris Ader, de qua Genesis 35 et Michee
4, iuxta quam, inquid Ieronimus in vita beate Paule, Iacob pavit greges suos et pastores
nocte vigilantes audire meruerunt gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bone
voluntatis. Solo la nale diverge un poco dalloriginale di Girolamo, il quale riporta:
et super terram pax hominibus bonae voluntatis: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 170.
48. Sub qua etiam, ut dicit Ieronimus in libro de vita Paule, vidit Christi diem et letatus
est. Girolamo scrive: ...et vestigia quercus Abraham, sub qua vidit diem Christi, et laetatus
est: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 11, 171.
49. de quo etiam loco beatus Ieronimus in libro de vita Paule, ubi agit de eius peregrinatione in Terra Sancta, cum pervenisset ad Thamnathsare, ubi narrat eam vidisse sepulturam
Iosue, sic ait: Satisque mirata est quod distributor possessionum sibi montana et aspera
deelegisset. In Girolamo troviamo la sola differenza di delegisset, Saint Jrme, Lettres
5, CVIII, 13, 173.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

393

Il Fedanzola, poi, passando alla descrizione della chiesa di san Salvatore, che sorgeva sulla casa che fu di Caifa, parla di una colonna dove fu
legato e agellato Cristo e dice di credere che fosse la stessa di cui parla
Girolamo in un passo in cui racconta di quando Paola, trovandosi sul monte Sion le venne mostrata una colonna del portico della chiesa, alla quale
appunto le dissero fu legato e agellato Cristo50.
Altre citazioni letterali, a conferma delle proprie opinioni, occorrono quando espone il rito che si svolgeva ogni anno sul Monte Oliveto, consistente
nel bruciare una vacca rossa con le cui ceneri si poteva puricare il popolo
dIsraele51. Lo stesso avvenne per il luogo della nascita di Cristo a Betlemme
che Gerolamo denisce specum o spellunca, offrendo una notizia che si oppone
a quella data da altri per cui detto luogo si troverebbe tra due case52.
Lopera di Girolamo che il Fedanzola cita pi di tutte senzaltro
lOnomasticon. Il nostro autore lo menziona come liber de distantia locorum, servendosene per attestare con lautorit di Girolamo tradizioni bibliche. Non raro che ne precisi meglio la toponomastica e la topograa,
completando a volte le citazioni stesse. Un esempio possiamo trovarlo gi
allinizio della Descriptio. Nello spazio 3 si parla della citt di Esbon e fra
Giovanni fa una lunga citazione esplicita dellOnomasticon, per sostenerne
lappartenenza in antico a Seon degli Amorrei, aderendo cos a Geremia e a
Isaia, dei quali il Fedanzola specica anche i capitoli contenenti le notizie
50. Ibi in muro ostenditur pars columpne ad quam fuit ligatus et agellatus, et possum credere

quod sit aliqua pars illius columpne de qua loquitur beatus Ieronimus in libro de vita beate Paule,
sic dicens de ea quando fuit in Monte Syon: Ostendebatur, inquid, illi columpna porticuum ecclesie, substinens infecta cruore Domini ad quam vinctus dicitur agellatus. Girolamo scrive
con piccole differenze: Ostendebatur illic columna ecclesiae porticum sustinens, infecta cruore
Domini, ad quam vinctus dicitur agellatus: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 9, 167-168.
51. De huiusmodi loco et vacca loquitur beatus Ieronimus in libro de vita beate Paule sic:
In Monte Oliveti per annos singulos vacca rufa in holocaustum Deo cremebatur et eius cinis
expiabat populum Israel. Girolamo scrive domini vs. Deo e cuius cinis vs. eius cinis: Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 12, 172.
52. Hunc locum beatus Ieronimus vocat specum et spellunca in libro de vita Paule, quando
loquitur de peregrinationibus sic inquiens: Specum Salvatoris introiens vidit sacrum Virginis
diversorium et stabulum in quo agnovit bos possessorem suum et asinus presepe Domini sui.
Et infra dicit Ieronimus quod ipsa dicebat ibidem: Et ego misera atque peccatrix digna sum
iudicata deobsculari presepe in quo Domini parvulus vagiit, orare in spellunca in qua Virgo
puerpera Dominum fudit infantem? Hec ad litteram ponit Ieronimus. Non ergo erat locus
inter duas domos, ut quidam ponunt. In san Girolamo per la prima parte della citazione
abbiamo: specum Salvatoris ingrediens, postquam vidit sacrum Virginis diversorium, et
stabulum in quo agnovit bos possessorem suum, et asinus praesepe Domini sui : Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 168 per la seconda abbiamo di particolare solo la parte che
recita: deosculari praesepe in quo Dominus parvulus vagiit?, orare in spelunca: Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 170.

394

G. LOCHE

necessarie, arricchendo la relativa documentazione col registrare anche il


nome arabo della citt e la sua distanza da Gerusalemme53.
Unaltra interessante citazione la troviamo nello spazio 9, quando il Fedanzola spiega lesistenza della Iericho ultima, perch in realt, osserva,
vi furono tre diverse citt di Gerico, una spiegazione che, a ben vedere, non
si discosta molto dai dati archeologici. La prima Gerico quella distrutta da
Giosu, secondo il racconto di Gs 6,1-25, la seconda, asmonea ed erodiana, sarebbe stata quella ricostruita da Chiel di Betel54, secondo 1Re 16,34,
frequentata da Cristo (Mt 20,29-34; Mc 10,46-52; Lc 18,35-43; 19,1-10) e
distrutta dai romani; lultima, che sta sotto gli occhi del Fedanzola, quella
costruita entro il perimetro della citt del periodo bizantino55.
Di particolare interesse la citazione del quadrato 55 dello spazio 13,
nel quale si affronta il discorso sulla citt di Betel. Questa secondo Gen
28,11-19 il luogo dove il patriarca Giacobbe ebbe la visione della scala
che congiungeva terra e cielo. Secondo alcuni questa visione avvenne a
Gerusalemme nel luogo dove poi Salomone costru il tempio. Siccome il
Fedanzola dissente da questultima opinione, riporta, a sostegno della propria posizione, un passo di Girolamo56, dove si ricorda una chiesa costruita
a Betel proprio sul luogo della visione di Giacobbe57.
53. In tertio spatio et quadro L est Esebon, que arabice dicitur Heusben, de qua dicit

Ieronimus in libro de distantia locorum: Esebon, inquid, civitas Seon regis Amorreorum in
terra Galaad que, cum fuisset Moabitarum, ab Amorreis belli iure possessa est. Meminit
huius Ieremias Ysaiasque in visione contra Moab; Ieremie XIV et Ysaie XVI. Porro nunc
vocatur Iebus, urbs insignis Arabie in montibus contra Iericho, XX a Iordane miliaribus
distans. Fuit autem in tribu Ruben, separata Levitis.. Girolamo riporta il nome della citt
in modo corretto Esbus, mentre nella Descriptio occorre Iebus, che uno dei nomi della
Gerusalemme prima del periodo davidico. Cf. Onom. 85,4.
54. Nel testo masoretico laeyxi, mentre Girolamo in Onom. 105,20-26 riporta Ozam.
55. In 58 quadro dicti spatii est Iericho ultima. Hoc ideo dico quia beatus Ieronimus refert
triplicem fuisse Iericho in libro de distantia locorum, in hunc modum: Iericho urbs quam,
Iordane transgresso, subvertit Iosue, rege illius interfecto, pro qua estruxit aliam Oam
de Bethel ex tribu Effraym, quam Dominus noster atque Salvator illustrare dignatus est
presentia sua. Sed et hec eo tempore quo Ierusalem expugnabatur a Romanis propter perdiam civium capta atque destructa est; / pro qua tertia rehedicata est, que usque hodie
permanet. Et ostenduntur utriusque vestigia usque in presentem diem. A riguardo si pu
leggere la piccola guida di A. Augustinovi, Gerico e dintorni, Gerusalemme 1951, 20-92.
56. Onom. 5-7.
57. In quadro 55 est Bethel sive Luca, ubi vidit Iacob scalam. Aliqui tamen dicunt quod
hoc fuit in loco ubi postea factum fuit templum per Salomonem in Ierusalem, sed contrarium tenet beatus Ieronimus qui dicit in libro de distantia locorum sic: Sita est autem Bethel
euntibus Elyam de Neapolim in leva parte vie, XII circiter miliario ab Elya. Et usque hodie
parvulus vicus ostenditur. Sed et ecclesia hedicata est ibi, ubi dormivit Iacob pergens
Mesopotamiam; unde et ipsi loco Bethel, idest domus Dei, nomen imponit.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

395

Lo spazio 15 riservato a Silo e il Fedanzola si mostra critico verso


chi sostiene che questa si trovi a 4 miglia da Gerusalemme in una localit
chiamata san Samuele nel territorio della trib di Beniamino. Infatti Girolamo afferma che si trova a 10 miglia da Nablus, perci nel territorio che
apparteneva alla trib di Efraim e non di Beniamino. Fra Giovanni pone
laccento anche sullassenza di vestigia nella prima localit, un indizio
a sfavore dellidenticazione con Silo, mentre nella seconda si trova un
locale dove anche gli ebrei credono sia dimorato il tabernaculum federis58.
Cos in forza di tali argomenti trova naturale far propria la testimonianza
di Girolamo.
Ci piace accennare anche ad un fatto piuttosto curioso riguardante il
villaggio di Magmas. Il Fedanzola dopo aver riportato il passo di Girolamo
concernente labitato59, afferma che questi dice il vero, quando scrive che
il villaggio veramente grande e luogo di piacevole soggiorno, e adduce,
a conferma della testimonianza di Girolamo, che ha constatato di persona
quanto sia accogliente quella localit. E, infatti, annota ibi pluries fui, comedi et bibi60.
Un ultimo passaggio del Fedanzola che ci preme presentare riguarda il
luogo della tomba di Samuele, localizzata presso un monte a poche miglia
di Gerusalemme. Il luogo viene identicato poi con Rama (Ramathaym
Sophyim o Ramatha nel manoscritto e Armathem Som in Girolamo61) in
58. In 53 quadro est Sylo, de qua dicit beatus Ieronimus in libro de distantia locorum sic:

Sylo, inquit, in tribu Effraim, in quo loco archa mansit et tabernaculum Domini usque ad
tempora Samuelis. Est autem in X miliario Neapoleos, in regione Agrabitena. Hec Ieronimus. Errant igitur qui dicunt et ponunt quod Sylo sit ille locus prope Ierusalem ad IIII
miliaria, qui dicitur ad Sanctum Samuelem. Nam ille est in tribu Beniamin; iste vero de quo
loquitur Ieronimus est in tribu Effraym. Deinde ille distat a Sychem, que dicitur Neapolis,
per 18 miliaria; iste vero de quo ait Ieronimus distat a dicta Sychem per X miliaria. In illo
nullum vestigium vel signum mansionis tabernaculi est; in isto, extra civitatem ad medium
miliare et versus austrum, est domus quedam cum columpnis intrinsecus valde mirabilis, que
dicitur Domus Dei, ubi est etiam quedam fenestra ad quantitatem arche testamenti; et dicunt
Hebrei quod ibi stetit dicta archa. Ista domus habetur in tanta reverentia a Iudeis quod non
audent intrare in eam; sed ego cum sociis meis intravi et diligenter consideravi, et credo
rmiter quod ille sit locus ubi tabernaculum federis longo tempore stetit in Sylo et recte de
eo dicitur: Invenimus eum in campis silve, quod exponitur de Deo invento in tabernaculo in
Sanctis Sanctorum in Sylo. Nam ille locus est in silvarum magna solitudine constitutus.
59. Onom. 133.
60. De hac dicit Ieronimus in libro de distantia locorum sic: Magmas usque hodie vicus
grandis ostenditur in nibus Helye, antiquum nomen retinens, novem ab Helya milibus
distans iuxta villam Rama. Hec Ieronimus. Ibi pluries fui, comedi et bibi; verum dicit Ieronimus, quia grandis villa est et habitatio pulcra.
61. Onom. 33.

396

G. LOCHE

quanto secondo 1Re 25,1 (Testo Masoretico 1Sam 25,1), Samuele fu sepolto presso la sua casa, appunto presso Rama, ma, siccome Girolamo scrive
che la citt di Samuele si trova presso Liddam o Diospolim (questo secondo
il Fedanzola, ma Girolamo scrive in regione Thamnitica iuxta Diospolim62),
dove sepolto anche san Giorgio, quindi, scrive il Fedanzola, a pi di 16
miglia di distanza da Gerusalemme, fra Giovanni non accetta tale opinione. Lidenticazione della tomba di Samuele a Rama, dice il nostro frate,
da accettare se si ipotizza che vi sia stata una traslazione di reliquie, da
considerare prassi comune, avvenuta dalla citt di Samuele al monte vicino
la Citt santa63.
4. Le citazioni degli autori antichi
Nei seguenti paragra presenteremo le citazioni esplicite che il Fedanzola
attinge da Giuseppe Flavio, Strabus e Rashi e i rimandi alle loro opere.
4.1 Giuseppe Flavio
Di questo autore si presenteranno prima le citazioni tratte dalla Guerra
Giudaica poi quelle delle Antichit Giudaiche.
Il Fedanzola riporta nel suo scritto passi di una delle maggiori autorit nel campo della storia del popolo di Israele, cio Giuseppe Flavio,
vissuto tra il I e il II secolo d.C., autore del Bellum Iudaicum e delle Antiquitates Iudaicae, testimone della prima rivolta giudaica (66-73 d.C.) nei
confronti dei Romani.
Alcune citazioni sono di particolare importanza per dei luoghi o delle
tradizioni storiche e talvolta abbiamo una citazione letterale delle suddette
62. Onom. 33.
63. In 56 quadro est quoddam magnum hedicium, in cacumine alti montis, quod dicitur

ad Sanctum Samuelem pro eo quod ibi est sepultura sancti Samuelis prophete. Ideo dicunt
Hebrei quod est Ramathaym Sophym quia in primo Regum XXV dicitur quod Samuel sepultus fuit in Ramatha in domo sua. Sed beatus Ieronimus in libro de distantia locorum dicit
quod civitas Samuelis Ramathaym Sophym est iuxta Liddam vel Diospolim, ubi dicitur
esse corpus beati Georgii, et distat a Ierusalem plus quam per XVI miliaria. Locus autem
predictus sepulture Samuelis non distat ab Ierusalem nisi per V ad plus; preterea civitas Samuelis predicta est in Monte Effraym, ut dicitur primo Regum primo, predictus autem locus
dicte sepulture est in tribu Beniamin, ubi non est Mons Effraym. Quod autem ostenditur ibi
sepultura predicta potuit eri per translationem corporis eius, sicut frequenter transferuntur
corpora de una sepultura ad aliam et de una civitate ad aliam.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

397

opere. Per esempio, riferendosi al racconto di Giuseppe64, quando parla


della sorgente di Fiala, il frate riporta la prova fatta con della paglia dal
Tetrarca Filippo, che il Fedanzola afferma essere fratello di Erode, per dimostrare che essa la sorgente da cui scaturiscono le acque che si riversano
poi, tramite un passaggio sotterraneo, a Dan65. Dovendo parlare di Gerico66,
la fonte su cui basa lesistenza della prima citt, costruita presso la sorgente
di Eliseo il IV capitolo della Guerra Giudaica67.
Una citazione diretta si trova nel quadrato 69 dello spazio 16 riservato
a Ebron68. Viene riportata la testimonianza della presenza di un terebinto,
sotto cui avrebbe dimorato a lungo Abramo, che risulterebbe piuttosto
longevo se si afferma stia l sin dalla creazione del mondo69. Il nome di
Giuseppe Flavio si incontra ancora nello spazio 17, circa la testimonianza
64. Quumque olim hoc esse Jordanis principium nesciretur, a tetrarcha quondam Tra-

chonitidis Philippo deprehensum est. Immissis enim ejus jussu in Phialam paleis inventae
sunt delatae in Panium, unde antiquitus uvium nasci crediderunt: G. Dindorf (a cura di),
Flavius Josephus, De bello judaico, III,10,7, in Opera Omnia, Graece et latine, II, Parigi
1865, 178-179.
65. In 18 quadro eiusdem spatii est fons qui Fiala dicitur, qui semper est plenus et efuit,
de quo dicitur fons Dan, unus de fontibus Iordanis, per subterraneum meatum oriri. Quod
quidem per experimentum habetur, ut dicitur: nam palee posite vel misse in dictum fontem
Fyalem recipiuntur in Dan. Hoc autem experimentum fecit, ut dicit Iosephus, Phylippus
Tetrarcha frater Herodis.
66. Da precisare che nel testo del Fedanzola allo spazio 9, la notizia sarebbe tratta dal V
libro dellopera di Giuseppe. Ecco il passo: Prima igitur Iericho, secundum Iosephum, V
libro de bello iudaico, est iuxta fontem Helysei que dulcoravit ex parte orientali, distans ab
eo, meo iudicio, per duos iactus baliste et a Iordane per VI miliaria.
67. Hunc fontem olim ferunt non solum terrae et arborum fructus, sed et mulierum foetus
perdere solitum, in universumque omnibus morbos et perniciem adferre; postea vero mansuevisse, contraque saluberrimum et foecundissimum factum esse ab Elissaeo vate. Hic
autem Eliae discipulus erat et successor, qui, Hierichuntinorum hospitio usus et non vulgari
comitate ab hominibus exceptus, et ipsis et regioni gratiam referebat aeternam. Ad fontem
quippe progressus, quum lagenam ctilem salis plenam in prouentem aquam misisset,
deinde dextram justam ad coelum levasset, et in fontem blande funderet libamina, ipsum
quidem precabatur, ut uentem emolliret et dulciores aquarum venas aperiret: Flavius Josephus, De bello iudaico, IV,8,3, 213-214.
68. De qua etiam Iosephus, loquens de Ebron in V libro de bello iudaico, videtur dicere
cum sic ait: Cernitur autem sexto ab oppido stadio arbor maxima therebintus, eamque
memorant ab initio mundi creatam nunc usque durare. Sub predicta ylice vel therebinto et
circa Habraam longo tempore habitavit.
69. Cernitur etiam sexto ab urbe stadio Terebinthus maxima, dicuntque arborem a Creatione mundi usque haec tempora permanere: Flavius Josephus, De bello iudaico, IV,9,7, 218.
La versione della Descriptio risulta alquanto diversicata dalloriginale, anche se appare
come una citazione letterale: De qua etiam Iosephus, loquens de Ebron in V libro de bello
iudaico, videtur dicere cum sic ait: Cernitur autem sexto ab oppido stadio arbor maxima
therebintus, eamque memorant ab initio mundi creatam nunc usque durare.

398

G. LOCHE

della fondazione della citt di Cesarea70, da parte di Filippo Tetrarca, nella


zona di Paneas71.
Dalle Antichit Giudaiche il Fedanzola riporta due notizie degne di rilievo.
La prima risulta un unicum sul piano storico. Parlando della citt di Samaria,
racconta che gli viene indicata una chiesa costruita sul luogo dove avvenne
la decapitazione di Giovanni Battista72, ma egli oppone a questa tradizione
quella di Giuseppe Flavio, appresa probabilmente dallopera del Burcardo,
secondo il quale la fortezza di Macheronte in Transgiordania il luogo dove
il Battista fu imprigionato e fatto decapitare da Erode73. Subito dopo, il frate,
si sofferma sulle memorie legate ai monti Garizim ed Ebal e ricorda come
Giuseppe Flavio vi ambienti lepisodio di Dt 27,11-26; 28,1-14, dove Mos
comanda di salire su questi monti, da una parte (Garizim) per benedire il
popolo e dallaltra (Ebal) per maledire i trasgressori della Legge74.
4.2 Walafridus Strabus
Il monaco di Fulda, Strabus, visse tra lVIII e il IX secolo e scrisse diverse
opere ascetiche, biograche e le Glosse ordinarie ai libri biblici, da cui
70. Delato autem ad Tiberium Juliae lium Romano imperio, post mortem Augusti, qui

rerum summae praefuit annis septem et quinquaginta, praetereaque mensibus sex, ed duobus
diebus, Herodes ac Philippus, qui in suis adhuc erant tetrarchiis, hic quidem juxta Jordanis fontes in Paneade urbem Caesaream condit et inferiore Gaulanitide Juliadem, Herodes
vero in Galilaea Tiberiadem et in Peraea cognominem Juliae: Flavius Josephus, De bello
iudaico, II,9,1, 100.
71. De situ huius civitatis loquitur Iosophus in 2 libro de bello iudaico, loquens de Phylippo Tetrarcha, in hunc modum: Phylippus hic quidem, iuxta fontes de quibus Iordanis
umen exoritur, in Panniada condidit civitatem quam Cesaream vocavit.
72. In supprema vero parte civitatis, scilicet ubi fuit habitatio regis, ex latere est ecclesia
quedam, nescio si est Armenorum vel Grecorum, ubi dicunt quod fuit decollatus beatus
Iohannes Baptista et ostendunt locum. Iosophus tamen dicit quod hoc fuit in Maceronta,
hoc est in Manaym ultra Iordanem, ubi erat vinculatus in carcere.
73. Erant autem quidam ex Judaeis qui existimarent Dei ira periisse exercitum Herodis, qui
Justas ob interfectum. Joannem, cognomento Baptistam, poenas dabat [...] Atque ille quidem
ob hanc Herodis suspicionem in vincula conjectus, missusque ad castellum Machaeruntem,
cujus supra meminimus, ibidem caesus est : Judae vero persuasum habebant in ultionem
necis ejus deletum esse exercitum, Deo propterea Herodi infenso: G. Dindorf (a cura di),
Flavius Josephus, Antiquitates iudaicae, XVIII,5,2, in Opera Omnia, Graece et latine, I,
Parigi 1865, 704-705.
74. Unde sciendum quod ultra Samariam, versus meridiem per 4 miliaria, sunt duo magni
montes et longi, porrecti a septentrione, in meridiem declinando ad orientem: quorum unus
vocatur Gariim et alter Ebal, quos dicit Iosophus esse illos in quibus fuerunt date benedictiones et maledictiones, secundum legem Moysi.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

399

ricaviamo la fonte della tradizione ebraica trasmessa dal Fedanzola su cui


ci soffermiamo. Essa si rif al commento al capitolo terzo del libro della
Genesi in cui Strabus riferisce dei cento anni trascorsi da Adamo ed Eva,
dopo la morte del loro glio Abele, prima che avessero un altro glio,
Seth75. Il resto delle indicazioni, la grotta dove vissero i nostri antenati,
la sorgente che vi scaturisce, lapparizione dellangelo, le troviamo nel
Sanudo da cui il Fedanzola riprende la notizia76, ma che occorrono anche
nellopera di un altro pellegrino di poco posteriore, cio nel Libro dOltramare di fra Niccol da Poggibonsi, che realizz il suo viaggio in Terra
Santa dal 1346 al 135077.
4.3 Rabbi Shelomoh ben Yshaq
Il pi famoso commentatore della Bibbia e del Talumd durante il medioevo
fu Rabbi Shelomoh ben Ysahq, pi conosciuto con lacrostico Rashi, nato
nel 1040 e morto nel 1105 a Troyes, nella Francia settentrionale. Il Fedanzola lo nomina esplicitamente parlando delle grotte dette di Sedecia e del
tunnel che si credeva arrivasse no a Gerico e per il quale appunto tent
di fuggire il re Sedecia78, come si racconta in 2Re 25,4-5; Ger 39,4. La
grotta descritta come un ambiente talmente grande da contenere diecimila uomini79. Rashi riporta nel commento a 2Re una tradizione ebraica sul
modo fortuito con cui avvenne la cattura del re. I soldati di Nabucodnosor
stavano inseguendo una gazzella per cacciarla e, mentre questa andava a
rifugiarsi nei pressi del tunnel, Sedecia usciva fuori pensando di essere
riuscito a mettersi in salvo, ma fu catturato80.

75. Walafridus Strabus, Glossa Ordinaria, PL 113, 103.


76. Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, III, 177.
77. A. Bacchi - B. Bagatti (a cura di), Niccol da Poggibonsi, Libro dOltramare (SBF

Collectio Maior 2), CXVI, Gerusalemme 1945.


78. per quam dicunt ipsi Hebrei, et maxime Rabi Salomon, quod dictus Sedechias fugit
quando Ierusalem capta fuit per Nabuchodonosor.
79. Et est tante magnitudinis in principio et per bonum spatium quod caperet decemilia
hominum.
80. A.J. Rosenberg, The Book of Kings, II, New York 1993, 432. A proposito si pu vedere
anche L. Ginzberg, The Legend of the Jews, IV, Filadela 1954, 293.

400

G. LOCHE

5. Le citazioni dalle opere di Niccol da Lyra e Pietro Comestor


Precisiamo che Niccol da Lyra contemporaneo del Fedanzola e che
Pietro Comestor pi di un secolo precedente.
5.1 Niccol da Lyra
Nello spazio 10, nel parlare della Valle di Acor, il Fedanzola riporta una
citazione letterale presa dalla glossa che Niccol fa al libro di Giosu, capitolo 7. Lo scopo di evitare la confusione, presente sia in Burcardo sia in
Sanudo81, tra il nome della valle di Achor e il personaggio di nome Achan.
Il Fedanzola dice infatti che in ebraico la valle viene detta di Acor, cio
del turbamento, riferendosi allepisodio del furto di Acan narrato in Gs
7,20-2482. In realt questa citazione non risulta essere riportata alla lettera,
ma compendia diverse postille composte dal Lirano83.
5.2 Pietro Comestor
Lultimo autore che presentiamo e che il Fedanzola riporta esplicitamente
come magister ystoriarum, Pietro Comestor, studioso del XII secolo. Il
Fedanzola in diverse occasioni allude al Comestor ma per discostarsi dalla
sua opinione tralasciando di citarlo.
Allinterno della famosa opera del Comestor Historia Scolastica, si
trova la Historia Evangelica da dove sono prese le due notizie esplicite
del Comestor. La prima riguarda il luogo o meglio il monte, dove Cristo
pronunci il famoso discorso delle Beatitudini, chiamato Mensa e poco

81. Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, 247, 4-5; S. De Sandoli (a cura

di), Burcardo de Monte Sion, Descriptio Terrae Sanctae, XVII, in Itinera Hierosolymitana
Crucesignatorum (Saec. XII-XIII) (SBF Collectio Maior 24), IV, Gerusalemme 1984, 168.
82. Post Galgalam prope sequitur Vallis Acor, quia ibi lapidatus est Achan; qui sic debet
nominari, ut dicit magister Nicholaus de Lira, quia sic scribitur: In hebreo vallis autem dicitur Acor, idest turbationis vel tumultuationis quia ibi tumultuatus est Israel contra istum
Acan, propter turbationem populi expectato furto quod ille commiserat.
83. Per le varie postille si pu consultare il Libro di Giosu in Paganinus de Paganinis,
Biblia cum glossis ordinariis et interlinearibus excerptis omnibus ferme Ecclesiae Sanctae
doctoribus; simulque cum expositione Nicolai de Lyra; et cum concordantiis in margine,
Venezia 1495.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

401

distante da Cafarnao84. Il magister ystoriarum riporta due tradizioni che si


rifanno a Mt 5,1 e Lc 6,17: secondo la prima il Signore lo pronunci, stando seduto sulla cima, ai soli discepoli, nel terzo Vangelo invece ai discepoli
e alla folla che li seguiva85.
La seconda notizia che si trova nello spazio XII si inserisce nel discorso
sulla regione della Decapoli. Il Fedanzola riporta in modo letterale il testo
di Girolamo (Onom. 81,17-18) che presenta la regione come situata nella
Transgiordania presso Ippo, Pella e Gadara e, a conferma della notizia
scrive hoc etiam dicit magister ystoriarum86.
6. Le tradizioni ebraiche
Lungo tutto lo svolgersi dellopera si possono incontrare spesso delle espressioni come ut dicunt Hebrei, ut tradunt Hebrei, vocatur ab Hebreis, oppure
secundum Hebreos. Esse introducono quello che il Fedanzola riporta delle
tradizioni ebraiche acquisite molto probabilmente a viva voce dagli abitanti
di religione ebraica, che incontrava nelle varie localit, o dalla stessa guida
ebraica che lo accompagnava87, cos come lui stesso ci indica nelle prime
84. Scrive il Fedanzola: In hoc spatio fecit Iesus sermonem secrete discipulis de beati-

tudinibus sedendo, secundum magister ystoriarum. In descensu vero istius montis, quasi
ad orientem, fecit, secundum quosdam, ipsum sermonem discipulis et turbe comuniter,
secundum Lucam.
85. Il passo del Comestor cos recita: Hunc sermonem Matthaeus, et Lucas varie narrant.
Ob hoc quidam tradunt Dominum prius eum fecisse discipulis in supercilio montis sedendo, post in latere montis communiter discipulis, et turbis stando. Alii vero tradunt nonnisi
unum sermonem factum communiter discipulis et turbis. Quod autem horum verum sit, non
multum interest nos scire, sicut nec scrire interest, an mons in quo haec facta sunt fuerit
Thabor, an alius mons in Galilaea. Sermonem quidem hunc a Domino ad discipulos factum,
legimus in Matthaeo et Luca tantum: Petrus Comestor, Historia Scholastica, in Evangelia,
PL 198, Parigi 1855, 1336.
86. Et iterum exiit de nibus Tyri, et venit ad mare Galilaeae inter medios nes Dacapoleos, id est pervenit ad illum locum maris, cui regione contra posita erat Decapolis, id est
regio decem urbium circa Pellam et Gadaram contra Galilaeam: Petrus Comestor, Historia
Scholastica, in Evangelia, PL 198, 1578.
87. Anche in un altro pellegrino contemporaneo al Fedanzola troviamo delle indicazioni a
proposito. Si tratta di Jacopo da Verona e della sua opera Liber peregrinationis, composta
probabilmente nel 1335. Alla ne del capitolo V dice espressamente che solamente tra gli
ebrei locali si potevano trovare persone sufcientemente istruite sulle tradizioni locali e quindi
ottime fonti di conoscenza: Et ideo si aliquis peregrinus vellet inquirere civitates et castra
antiqua in Terra Sancta non posset invenire unum nisi per aliquam bonum ductorem cognoscentem terras vel per aliquem Judeum habitantem in illis partibus cum Judei sciant optime
omnia loca antiqua demostracione cum sint optime instructi in lege sua et de locis a suis

402

G. LOCHE

righe della Descriptio: considerans etiam et examinans diligenter cum


Hebreorum iuris peritis de locis Veteris Testamenti, Christianis de Novi et
Saracenis de utriusque, prout ipsi didicere conversatione frequenti.
Spesso le indicazioni del Fedanzola su luoghi o memorie particolari88
risultano interessanti proprio perch riportano tradizioni non comuni alle
altre espressioni religiose e, sebbene siano in alcuni casi smentite, rivelano
nel nostro Autore una particolare sensibilit nei confronti delle testimonianze ebraiche anche per i minimi dettagli presenti nel testo sacro.
Mette conto segnalare le tradizioni, generalmente ignorate negli autori
cristiani, relative alle tombe di alcuni personaggi minori menzionati in diversi passi dellAntico Testamento.
Nello spazio 13 si descrivono alcune grotte e sepolture situate nei pressi
della citt di Tiberiade e del vicino villaggio di Arbel. Il Fedanzola annota
che tradizioni ebraiche locali le riferivano a Iechabeth, madre di Mos ed
Aronne, o alle rispettive mogli Sephore e Helysabet, ma pure ai gli di Giacobbe, Ruben, Simeone, Levi e sua moglie. Una di quelle sepolture veniva
addirittura indicata come la tomba di Set, terzogenito di Adamo ed Eva.
Diversi sono i pellegrini ebrei e arabi che riportano queste tradizioni.
Nel medesimo contesto, una tradizione particolarmente signicativa, i
cui protagonisti con notizie che li riguardano sono menzionati nel Talmud
Babilonese89, lindicazione della sepoltura di Adram-Mlech e Sarzer, gli di Sennacherib, re di Assiria, autori dellomicidio del padre (2Re 19,37),
prima fuggiaschi ad Ararat, in Armenia, e poi, spinti da una forza divina,
tornati in Palestina, dove si convertono e vivono90.
patribus et doctoribus et ideo quum volui inquirere loca ultramarina frequenter et sepissime interrogavi a Judeis ibidem habitantibus et bonum ductorem habui: V. Castagna (a cura di), Jacopo
da Verona, Liber Peregrinationis, in Pellegrinaggio ai luoghi santi, Verona 1990, 265.
88. Particolare rilevanza assume lopera di un autore ebreo originario della Spagna ma
immigrato in Israele e contemporaneo al Fedanzola. Il Sefer caftor va-pherac di Estori haParchi infatti unopera topograca della Palestina terminata nel 1322 e ricca di accostamenti di idee ed espressioni contenute nella Descriptio. Per ulteriori informazioni consultare
J. Elbaum, Estori (Isaac ben Moses) ha-Parchi, in Encycoplaedia Judaica, VI, Jerusalem
1971, 918-919.
89. A riguardo si pu leggere J. Neusner (a cura di), The Talmud of Babylonia, Bavli Gittin
57b (BJS 266), Atlanta 1992, 103; in particolare J. Neusner (a cura di), The Talmud of Babylonia, Sanhedrin 96b (BJS 87), Atlanta 1985, 126-129.
90. Hec est in quodam colle et in declivio sunt due sepulture antiquissime et sollempnes,
que secundum Hebreos dicuntur esse Adremalech et Serasar, scilicet liorum Senacherib.
Qui, licet dicantur in 4 Regum quod postquam interfecerunt patrem suum fugerunt in Armeniam, tamen, audientes divinam virtutem exercuisse plagam in Ierusalem contra patrem,
conversi sunt ad iudaismum et venerunt ad terram liorum Israel; et ibi in recta de viventes, tandem post mortem sepulti sunt in predictis sepulturis.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

403

Quando il Fedanzola nello spazio 17 si sofferma su Ebron aggiunge


al Sanudo, da cui prende le notizie, due tradizioni esclusivamente ebraiche, cio lesistenza in quel sito del palazzo di Abramo e della tomba del
padre del re David, Iesse. Il frate non sembra sconcertato da questa tradizione perch, osserva, la salma potrebbe essere stata traslata ad Ebron da
Betlemme91.
In taluni passaggi lattenzione alla lingua ebraica sintomo duno stretto rapporto del Fedanzola con la guida locale. Ci emerge, per esempio,
quando spiega il signicato del nome della citt di Samaria. La sua resa
con Semeron, infatti, risulta pi vicina alla versione ebraica di Shomeron
rispetto a quella della Vulgata di Girolamo Somer92, cos pure per collis
Finees, espressione appresa probabilmente dagli accompagnatori ebraici e
vicina alla Gabaath Phinees della Vulgata.
Non tace dellinimicizia tra Giudei e Samaritani, quando stabilisce, basandosi sulletimologia della lingua araba, che il nome della citt di Sichem
vuol dire stoltezza, spiegazione del resto confermata dagli ebrei93.
Il Fedanzola, inne, trattando di Gerusalemme, si trova in disaccordo
con le sue fonti principali, il Sanudo e il Burcardo. Questi ultimi, infatti,
sostengono che la tomba a forma di piramide che si trova nella valle ai
piedi del Monte degli Ulivi realmente la tomba di Giosafat, re di Giuda,
da cui la valle avrebbe preso il nome. Non convinto da questa tradizione,
il Fedanzola fa proprie le indicazioni della sua guida ebraica, che gli indica
invece come luogo della probabile tomba di Giosafat il monte Sion, sede
della tomba dei suoi padri94.

91. Ibi enim ostenditur palatium Habrae, et ego fui iuxta eius parietes. Ibi etiam ostenditur

una spellunca ubi dicitur fuisse sepultus Iesse pater David; licet dicatur sepultus in Bethleem, potuit enim fortasse fuisse hoc per translationem, sicut frequenter transferuntur ossa
mortuorum ad alias sepulturas.
92. Nam legitur 3 Regum XVI quod Amri emit montem a quodam Somer et hedicavit in
eo civitatem, quam vocavit nomine domini Semeron, idest in nomine domini montis qui
vocabatur Somer.
93. Hec etiam dicitur in Evangelio Sychar; modo est villa in eodem loco que arabice vocatur Balata, quia Balata arabice idem est quod stultitia. Ideo autem est vocata sic, ut aiunt
Hebrei, propter stultitiam perpetratam in violatione Dine per dictum Sychem.
94. Infra istum autem locum orationis ad meridiem plusquam per magnum iactum lapidis
est unum hedicium ad modum unius palatii non multum lati, cum piramide pulcra desuper,
totum ex uno lapide dependenti saxo montis excisum, quod dicitur monumentum Iosaphat.
Sed hoc est contra testum tertii libri Regum, ultimo capitulo, ubi dicitur quod sepultus fuit
in sepulcro patrum suorum, et hoc erat in Monte Syon.

404

G. LOCHE

7. Il rapporto del Fedanzola con Marino Sanudo e Burcardo di Monte


Sion
Abbiamo incontrato lungo larticolo diversi riferimenti a questi due pellegrini del XIII e XIV secolo che per il Fedanzola sono serviti da base per la
composizione della sua opera, bench non li citi mai esplicitamente. Nelle
pagine che seguono metteremo in luce alcuni punti che li accomunano.
Burcardo di Monte Sion, frate domenicano, nella seconda met del
XIII secolo, soggiorn per diverso tempo sul Monte Sion a Gerusalemme
ed ebbe modo perci di visitare in lungo e in largo la Terra Santa. La sua
Descriptio Terrae Sanctae fu per diversi secoli lopera fondamentale di
base per lo studio e la descrizione della Palestina95.
Marino Sanudo, nobile veneziano, compose nel 1321 e present ad
Avignone a papa Giovanni XXII, lopera a carattere geograco, storico e
militare, Liber secretorum delium crucis, la cui nalit era di illustrare in
modo dettagliato la Terra Santa in vista della sua liberazione.
quasi superuo osservare che si serv ampiamente del lavoro del
Burcardo, anche se in alcuni casi aggiunge o corregge distanze o nome di
luoghi che sono pi vicini alloriginale ebraico rispetto ad alcune della sua
fonte. Il Fedanzola, a sua volta, riprende varie notizie dal Sanudo.
Abbiamo gi accennato alle posizioni critiche del Fedanzola rispetto al
Sanudo circa la valle di Achor. Questo atteggiamento afora anche altrove.
Prendiamo il caso della posizione nella carta geograca che accompagna
lopera del Sanudo della localit di Phaselus o Fasel vicino al Giordano o
della citt di Tiberiade.
Parlando della Decapoli il Fedanzola si oppone allopinione di taluni
(secundum aliquos) per i quali questa regione arrivava a comprendere anche Tiberiade, perch crede pi afdabile la testimonianza di Girolamo96.
Questi alcuni sono il Sanudo, da cui il nostro autore trascrive lelenco
delle citt, il Burcardo e Giacomo da Vitry, Patriarca di Gerusalemme, da
cui il Burcardo, citandolo espressamente, ricava la notizia97.
95. Per ulteriori notizie si veda in De Sandoli (a cura di), Itinera Hierosolymitana Crucesi-

gnatorum (Saec. XII-XIII), 119-120.


96. Beatus autem Ieronimus in libro de distantia locorum ponit quod Decapolis sit intra
Transiordanem et Mare Galilee.
97. Scrive Burcardo: Dicit enim dominus Iacobus de Vitriaco, patriarcha ierosolimitanus et
romane sedis legatus, in libro suo, quem de conquesta huius terre fecit sic: Regionis Decapeolos
fnes sive extremitates sunt mare ab oriente, et Sidon magna ab occidente. Et hoc est latitudo
eius. In longitudine vero protenditur a civitate tiberiadensi et toto littore aquilonali maris Galilee
usque in Damascum: Burcardo de Monte Sion, Descriptio Terrae Sanctae, XII, 154-155.

LUSO DELLA BIBBIA NELLA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

405

Per quanto riguarda le correzioni di parole possiamo prendere lesempio,


nello spazio 12, del castello di Adomin, tra Gerusalemme e Gerico, che il
Sanudo, secondo il linguaggio medievale, riporta come Dumi98, mentre il Fedanzola, con Adomin, si avvicina di pi allebraico99. Cos nello spazio 16 la
citt di Bezec, vicino a Samaria, che il Sanudo chiama Bereth100, nel Fedanzola
chiamata Beech, e la localit di Zarin che il Fedanzola traslittera, secondo
la lingua araba, arayn ben altra cosa rispetto a Carethi del Sanudo101.
Il discorso si fa particolarmente interessante, quando il Fedanzola
prende posizione nei confronti delle indicazioni di distanze di Sanudo e
Burcardo102. Egli contesta la localizzazione di Emmaus proposta da questi
autori, identicando la localit con Latrun sulla base della pi antica tradizione concernente il luogo. Sia il Sanudo che il Burcardo la localizzano a
poche leghe di distanza da Gerusalemme103.
Non sempre, purtroppo, il frate francescano sa discernere correttamente.
Perci pu avvenire che riporti degli errori propri del Sanudo, mentre in
Burcardo troviamo indicazioni esatte. il caso di Cades di Neftali di cui era
originario Barac, che combatt contro Sisara presso il Tabor: il Fedanzola sbaglia, quando riporta il nome del padre del condottiero scrivendo Acchinoem104
invece di Abinoem come riporta in modo corretto il Burcardo.
Conclusione
Della Descriptio Terre Sancte di fr. Giovanni di Fedanzola abbiamo dapprima individuato e presentato le citazioni bibliche esistenti nellopera, evi98. Troviamo nel Sanudo: In LIX castrum Dumi, in via quae ducit a Ierusalem in Iericho,

ad dexteram: Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, 247, 37-38.


99. In 60 quadro dicti spatii est Adomin, castrum quod fuit factum pro securitate vie euntibus ab Ierusalem in Iericho.
100. Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, 248, 8-9.
101. Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, 248, 49-53.
102. Sullidenticazione della Silo biblica si gi parlato nel paragrafo 3.3.
103. In 53 quadro est Sylo, de qua dicit beatus Ieronimus in libro de distantia locorum
sic: Sylo, inquit, in tribu Effraim, in quo loco archa mansit et tabernaculum Domini usque
ad tempora Samuelis. Est autem in X miliario Neapoleos, in regione Agrabitena. Hec Ieronimus . Errant igitur qui dicunt et ponunt quod Sylo sit ille locus prope Ierusalem ad IIII
miliaria, qui dicitur ad Sanctum Samuelem.
104. In 15 quadro est Cedes Neptalim, de qua fuit Barach lius Acchinoem qui pugnavit
contra Sysaram in Monte Thabor, que fuit civitas fugitivorum et sacerdotalis et fertilis
multum, sita in Monte Neptali.

406

G. LOCHE

denziando, in due colonne, la frequenza di quelle letterarie ed esplicite e di


quelle implicite ed allusive. Si rilevata la maggior presenza di citazioni
dellAntico Testamento, secondo lo schema quadripartito di libri Legali,
Storici, Sapienziali, Profetici, rispetto a quelle del Nuovo Testamento. Tra
le citazioni neotestamentarie si nota lassenza delle Lettere apostoliche e
dellApocalisse, cosa piuttosto singolare visto che nelle opere del Sanudo
e del Burcardo, punti di riferimento costante nella composizione della Descriptio, questo gruppo di scritti a pi riprese citato.
In seguito abbiamo esaminato le citazioni esplicite e letterarie delle
auctoritates, cio dei Padri della Chiesa, riservando una particolare attenzione a Girolamo, che lautore pi citato: il Fedanzola cita lOnomasticon
parlando di liber de distantia locorum. Allo stesso modo abbiamo esaminato singolarmente le citazioni di Giuseppe Flavio, Strabus e di Rashi e
altri autori contemporanei o di poco precedenti al nostro Autore, tra cui il
Lirano e Pietro Comestor. E evidente che queste autorit sono citate per
affermare e avvalorare le proprie posizioni soprattutto l dove le opinioni
sono discordanti.
Particolare rilievo abbiamo dato a diverse tradizioni ebraiche presenti
nellopera, apprese dal Fedanzola direttamente o dalla sua guida ebraica o
dalle persone incontrate durante il suo pellegrinaggio. Infatti le indicazioni
su determinati luoghi o particolari tradizioni, risultano interessanti proprio
perch fanno conoscere usanze non comuni alle altre confessioni religiose
e, anche se il Fedanzola in alcuni casi si prende la briga di criticarle, ci
non sminuisce la sincera e positiva considerazione del frate nei confronti
delle tradizioni ebraiche.
Inne abbiamo accennato al particolare rapporto del Fedanzola con
Marino Sanudo e Burcardo da Monte Sion, due pellegrini mai citati espressamente. Il frate, infatti, ricalca in gran parte varie notizie del Sanudo, che
a sua volta dipende dal Burcardo. Tuttavia non bisogna pensare ad una
dipendenza acritica da parte del Fedanzola. In alcuni casi aggiunge o corregge distanze o nomi di luoghi sulla base delloriginale ebraico precisando
in questo alcune notizie errate o lacunose delle sue fonti rispetto ad alcune
della sua fonte.
Giovanni Loche, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

SINTESI DEGLI ARTICOLI


ABSTRACTS

LA 54 (2004) 407-414

ABSTRACTS

RE IOIACHIN, UNA SPERANZA PERDUTA (2RE 25:27-30)

P. Kaswalder

The release of Jehoiachin (2Kings 25:27-30), which is an act of mercy on the


occasion of the ascension to the throne of the new king Evil-Merodach (562
B.C.E.), bears no hope for the future of the Davidic dynasty. The Dtr historian
has judged him severely (cf. 2Kings 24:9), so has the Prophet Jeremiah (cf. Jer
28), and the author of Chronicles (cf. 2Chron 36). It seems, therefore, that some
recent articles on 2Kings 25:27-30 devoted to reevaluate the release of king Jehoiachin are destined to be a failure. In some cases, the authors (J.D. Levenson,
M.D. Goulder) propose to identify king Jehoiachin with the Suffering Servant of
Is 52:1353:12. King Jehoiachin cannot be an appropriate candidate to guarantee
the everlasting promise made to the House of David in 2Sam 7 because, in the
Prophets view, the future belongs to the Remnant of Israel who, while in exile,
has converted to the new plans of Yhwh. In conclusion, the information about
the release of king Jehoiachin in 2Kings 25:27-30 was added by an anonymous
hand to the Deuteronomistic History, but in the words of M. Noth, it adds nothing to the history itself.
Pgs. 9-24

LESSICO DEL SALTERIO

A. Mello

This article is an attempt to investigate the theological vocabulary that is characteristic of the Psalms. Less than forty words have been chosen on a simple
statistical basis because their frequency in the Psalter is relatively higher than
in any other book of the Bible. The choice has also been made on a theological
basis. Indeed, four semantic elds can be established: a) distress, b) prayer, c)
relief, and d) praise. It seems that on the basis of these four semantic elds, the
main lexicon of the Psalter can be arranged and its most important theological
issues can be reached.
Pgs. 25-52

QOHELET ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE


A. Niccacci

Following his article in LA 52 (2002) 29-102, the author analyzes the Book of
Qohelet from the point of view of syntax, translation, and literary composition.
A main result of his analysis is that the verb system of classical Hebrew is kept
throughout the book and there is no evidence of a late date from this point of

410

ABSTRACTS

view. Further, the analysis of the verb syntax provides an essential key to the literary structure and the interpretation of the book. The complete Hebrew text with
accompanying Italian translation is given in parallel columns according to the
following literary composition: a frame, 1:1-11 // 12:8-14; the body with two main
parts, each comprising ve subsections: (I/1) 1:122:26 // (II/1) 7:15-29; (I/2) 3:
1-22 // (II/2) 8:1-15; (I/3) 4:1-16 // (II/3) 8:169:10; (I/4) 4:175:19 // (II/4) 9:
1110:4; (I/5) 6:1-9 // (II/5) 10:5-19; and a central subsection, 11:712:7.
Pgs. 53-94

IL TEMPO VICINO: LESCATOLOGIA NELLAPOCALISSE

G. Biguzzi

Within the book of Revelation, eschatology can be found in three narrative sequences, each having a different function. Rev 13 supports the exhortation for
the churches to be faithful; Rev 616 answers the complaint about the lacking
justice of God regarding those who shed their own blood for him; and Rev 2022
sustains the prayer of the Bride who says: Come, Lord Jesus. The eschatological urgency and imminence which permeate the book of Revelation are rooted in
Johns desire to proclaim that the period of distress and suffering is about to reach
an end and that the reward will not only overwhelm any waiting but is also close
at hand. Thus John shows himself to be a great master of Christian life because
he is a great master of eschatology.
Pgs. 95-118

IL LIBRO DI OSEA SECONDO LA VERSIONE SIRIACA (PESHITTO)

M. Pazzini - R. Pierri

Every attempt to vocalize the Aramaic Bible is a challenging task, but at the same
time stimulating. In this article, the Syriac texts of Hosea is presented here fully
vocalized according to the western system and with the indications of rukkkh
and quy within the context itself. It is forseen, moreover, that the publication of the Syriac texts of the Minor Prophets will soon follow in the near future.
This paper follows up on the Syriac text (Peshitto) of Amos and Jonah already
published in the previous volume of Liber Annuus.
Pgs. 119-139

MOLTIPLICARE LA TORAH MOLTIPLICARE LA VITA (PIRQ ABOT


2,8). MAESTRI E DISCEPOLI IN ALCUNI COMMENTI RABBINICI

M. M. Morno

The article examines the tractates of Pirqe Abot and Abot de Rabbi Nathan with
regard to the study of the Torah. Together with other Rabbinic literature, these

411

ABSTRACTS

texts present a lively and fascinating picture. Various types of master-disciple


relationships emerge offering precise clarication on the existential and spiritual
elements that animated the readers of the Torah. It was a continuous and passionate study conducted under the guidance of tested masters and companions
of study; a study capable of permeating and modifying the ambience and style of
life; a study centered on learning the Torah in order to live it. Whoever desires to
encounter God in His Word knows that there is a price to pay: a life of sobriety,
suffering accepted as opportunity, adopting a scale of values, and above all a
great love for the Word, which manifests itself and grows in every choice in life
and relationship. Man does not become wise suddenly; he must be created little
by little and grow, in order to bring forth copious and recognizable fruit which
inevitably returns to Him who sowed His Word with abundance. Thus to propagate the Torah is to propagate life (PA 2,8).
Pgs. 141-234

THE OVERTURE TO THE PERIOD OF THE JUDGES ACCORDING TO JOSEPHUS C. T. Begg

Judg 1:12:5, with its alternative account of the events surrounding Israels entry
into the land, constitutes the overture to the Book of Judges. This study offers
a detailed examination of Josephus version of the biblical segment in his Ant.
5.120-135. The study focuses particularly on two overarching questions: which
text-form(s) of Judg 1:12:5 did Josephus utilize? And what rewriting techniques
has he applied to the biblical material in developing his own distinctive rendition of this?
Pgs. 235-254

GREGORIO MAGNO NEL XIV CENTENARIO DELLA MORTE. SPUNTI PER


UNA RIFLESSIONE G. C. Bottini

This contribution reproduces the inaugural lecture of the Giornata di studio


organized by the SBF for the 14th centenary of the death of Gregory the Great. It
underlines the person and message of the great Pope. Quotations from the writings
of Gregory found in sources of the Franciscan traditions and in the documents of
the Vatican II are briey presented. The contribution also brings to light Gregorys
attitude towards the Jews, which was substantially respectful.
Pgs. 255-260

GREGORIO MAGNO ESEGETA DELLA BIBBIA

I. Gargano

After having recalled several bio-bibliographical notes on Gregory the Great, the

412

ABSTRACTS

author then points out the spiritual dimension of Gregorys biblical exegesis. The
key to all of Gregorys exegetical works is the importance of the compunction of
heart within the context of an imminent eschatology. The fruit of this compunction
is the removal of the veil of reading the Scriptures that permits the contemplation or vision of God. It also opens a prophetic gift which enables the exegete
to read history and to interpret it as salvation history. Both subjective and
objective elements come into play in the dynamics of exegesis, always under the
inspiration of the Holy Spirit. Exegesis has as its only goal the inclination to and
formation of the love of God. All this, Gregory thought, comes under the common
denominator of the Sacred Books whose reading produces a judgement which will
bring either entry into or exclusion from the eternal beatitude.
Pgs. 261-294

RENDERE GRAZIE IN MEZZO ALLE LACRIME. SOFFERENZA E LIMITE IN


GREGORIO MAGNO E. Arborio Mella

The life of Gregory the Great was marked by three forms of suffering: 1) physical illness; 2) political and pastoral activities that drew Gregory away from the
tranquility of prayer that he so dearly wanted; and 3) daily contact with the
sufferings of the people resulting from years of war and devastation. In each
of these sufferings, Gregory found a reason for thanksgiving and for spiritual
growth. In illness he saw a welcome reminder from God and an encouragement
to understand the sufferings of others. In the excessive activities required from
his ministry, he saw an occasion to balance it with the practice of daily prayer,
in order to grow in the exercise of patience, obedience to God and others. In the
dramatic situation that surrounded him, Gregory saw not only a reminder from
God and an encouragement to solidarity with those who suffered, but also an appeal to understand more profoundly the faith in God, which continuously sustains
a positive outlook even in the midst of tragedy. The condition for these aforesaid
discoveries of good in evil was the constant research of love, which overcomes
darkness even at its thickest point.
Pgs. 295-320

GREGORIO MAGNO E LE PROVINCE ORIENTALI DI PALESTINA E ARABIA


M. Piccirillo

Several letters written by Pope Gregory deal with people and problems of Palestine and Sinai, in particular with reference to the monastic life in Jerusalem and
to pilgrims and pilgrimage to the Holy Sites. Pope Gregory sends offerings for

ABSTRACTS

413

the pilgrim hostels in Jerusalem and Sinai, and in two occasions deals with the
disputes existing among Amos the Patriarch of Jerusalem and the Superior of the
monastery of the Nea Church. Scholars have already discussed these topics, but
only recently I. Shahid has pointed out the possibility of identifying Alamundaros,
the personage referred to in the letter to Innocentio Praefecto Praetorio Africae
(X,16): De Anamundaro autem quae scripsistis fecimus, sed voluntatem utinam
sequatur effectus, quia quantum ad nos pertinet, afictis intercessionis nostrae
solacium non negamus. Anamundarus could be al-Munthir/Alamundarus, the king
of the Christian Arab Confederation of the Beni Ghassan sent to exile in Sicily
by Emperor Mauritius. A recent discovery of a Greek inscription in Jerash with
the name of Marianos, Bishop of Arabia, to whom Pope Gregory writes another
letter (XI, 20: Gregorius Mariano episcopo Arabia) permits the historical identication already proposed by P.-L. Gatier. The precise year for the VIth indiction
given in the inscription can be either 572, 587 or 602only two years before
the death of the Pope.
Pgs. 321-341

A GREEK INSCRIPTION DATED BY THE ERA OF HEGIRA IN AN UMAYYAD


CHURCH AT TAMRA IN EASTERN GALILEE L. Di Segni - Y. Tepper

A recent excavation in the village of Tamra in Eastern Galilee, Israel, has uncovered a church. Four building phases could be discerned. The church was erected
in the Byzantine period and continued to function as such in the Umayyad and
Abbasid periods until it was abandoned. A dated inscription was discovered on
the mosaic pavement of the church of the Umayyad period. The date is apparently reckoned by the era of Hegira to the year 725 AD. The present paper deals
especially with the decipherment and interpretation of this inscription.
Pgs. 343-350

V. SUSSMAN, THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR. A NEW PERSPECTIVE


IN THE LIGHT OF SAMARITAN LAMPS V. Sussman

The article analyzes the motifs on the mosaic pavement of Beth Hashitta, in comparison with motifs on Samaritan lamps, and shows a close connection between
the mosaic and the lamps. A common ideological background and common regional roots can be identied between the mosaic and the Samaritan lamps. The
article endeavours to indicate meanings to some of the motifs that appear on the
pavement and on the lamps.
Pgs. 351-368

414

ABSTRACTS

LUSO DELLA BIBBIA E DI ALTRE FONTI NELLA TRECENTESCA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FRA GIOVANNI DI FEDANZOLA DA PERUGIA

G. Loche

Examining the book named Descriptio Terre Sancte of Giovanni di Fedanzola


from Perugia, Italy, one of the most interesting accounts of pilgrimage to the
Holy Land this article tries to present the sources on which the book is based
and thereby to uncover the authors approach to the Sacred Scripture, his goal
and interests. First, all quotations from the Old Testament and the New Testament whether explicitly and literally or implicitly and allusively are identied. What follows next is an analysis of the quotations of the Auctoritates, such
as the Fathers of the Church (Bede the Venerable, Georgius Nicomadiensis, and
St. Jerome), the important authors of the antiquity (Flavius Joseph, Walafridus
Strabus, Rabbi Shelomoh Ben Ysahaq, who is known as Rashi), and the contemporary authors or those immediately preceding Fedanzola (Nicolaus of Lyre and
Peter Comestor). Furthermore, some Jewish traditions included in this book as
well as the authors special relationship to two other pilgrims (Martin Sanudo
and Burchard of Mount Sion), are also taken into consideration.
Pgs. 369-406

RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA
IN GIORDANIA XXIV - 2004

LA 54 (2004) 415-450; tavv. 17-29

Park of the AMMAN


Baptism
Tell al-Umayri

Mt. NEBO

Umm al-Rasas
Kh. Qazone

Ghor al-Safy

km

Principali localit menzionate nelle relazioni.

50

RICERCA STORICO - ARCHEOLOGICA


IN GIORDANIA LIV - 2004

a cura di M. Piccirillo

I. RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE


1. Un nuovo sito nella lista del Patrimonio dellUmanit Umm al-Rasas Kastron Mefaa nella steppa di Giordania simbolo di convivenza pacica
(Pls. 17)
In Giordania i giornali dell11 Luglio 2004 sono usciti con la notizia che la
28ma Sessione del World Heritage Committee tenutosi a Suzhou in Cina dal
28 Giugno al 7 Luglio, aveva accettato la domanda presentata dal governo
giordano e aveva inserito le rovine di Umm al-Rasas nella World Heritage
List (Fig. 1-2).
Il prestigioso riconoscimento giunge a coronamento dellimpegno di scavo
e di promozione a livello nazionale e internazionale promosso dalla missione
archeologica congiunta dello Studium Biblicum Franciscanum con il Dipartimento delle Antichit di Giordania.
Lindagine iniziata nellestate del 1986 continuata ininterrotta no allestate 2004. I risultati artisticamente e storicamente pi importanti riguardano
lo splendido mosaico dellVIII secolo della chiesa di Santo Stefano nel quale
leggemmo il nome antico delle rovine, Kastron Mefaa, una localit di origine
biblica del Mishor Moab (altopiano di Moab), campo di un distaccamento di
cavalieri ausiliari arabi delle legioni romane, centro di vita monastica cristiana
di Arabia in relazione con una importante tradizione della Vita di Maometto.
Narra Ibn Hisham autore della prima Sirat al-Rasul (Vita del Profeta), che
nella localit di Mayfaah un monaco cristiano predisse la missione del Profeta
degli Arabi. A due secoli dalla decisiva battaglia dello Yarmuk vinta nel 636
dallesercito musulmano contro lesercito imperiale bizantino, una iscrizione in
greco del mosaico pavimentale nella chiesa della steppa giordana datata al 756
rivelava nel territorio della diocesi di Madaba una orente comunit cristiana
ancora ben organizzata con la propria gerarchia ecclesiastica, economicamente
in grado di permettersi il lusso di costruire una grande chiesa e di decorarla
con uno splendido e costoso mosaico. Un edicio che testimoniava sul piano
politico dei rapporti di convivenza e tolleranza tra autorit musulmana e popolazione cristiana (M. Piccirillo - E. Alliata, Umm al-Rasas - Mayfaah. Gli
scavi del complesso di Santo Stefano, Jerusalem 1994).
Allorigine di questa decisione, crediamo ci siano le ragioni storiche di
convenienza per un momento particolarmente teso delle relazioni tra il mondo

418

RICERCA IN GIORDANIA

occidentale, (cristiano suo malgrado), e quello compatto musulmano, alleate


per con una ricchezza artistica che ha nelle vignette delle citt di Palestina,
Giordania e Egitto del pavimento di Santo Stefano e nei motivi gurativi del
pannello della Chiesa dei Leoni, i suoi punti forti, con pochi rivali negli altri
mosaici della regione (M. Piccirillo, The Mosaics of Jordan, Amman 1993,
210-217).
Il lavoro questanno iniziato il luned 2 agosto. Ci si concetrati sullo
scavo di una cappella costruita tra i giardini una volta orenti che nellavvallamento a nord univano la torre alla citt. Giardini la cui sopravvivenza era
assicurata dallacqua piovana ritenuta sulle terrazze e, nel periodo estivo, dallacqua conservata nei vasconi allaria aperta e nelle cisterne gelosamente protette allinterno di case-torrioni di guardia circondate da ampi cortili recintati.
Del piccolo complesso agricolo costruito in una cava di pietra da costruzione
faceva parte infatti un torrione a due piani difeso sullingresso da una pietra
circolare provvisto di una cisterna sottostante scavata nella roccia. Lintonaco impermeabile della cisterna era stato decorato da una croce in rilievo dai
proprietari cristiani. La cappella originaramente coperta ad archi con lastre di
calcare fossillifero occupava il settore a sud della cava dismessa probabilmente
utilizzata come serbatoio allaperto dellacqua piovana. Una cisterna coperta
ad archi scavata sotto il pavimento assicurava la riserva dacqua potabile alledicio sacro tra i pi semplici nora riportati alla luce a Umm al-Rasas. La
cappella si riduceva allaula unica chiusa a est dallabside concava estesa a tutta la larghezza. Il pavimento era stato ricavato livellando la roccia naturale per
il settore orientale con laggiunta delle lastre di chiusura della cisterna per il
settore occidentale nei pressi delle tre porte: una in facciata, e le altre due sulle
pareti laterali con uscita verso lesterno a sud e verso la cava/vascone a nord.
Due vasche in pietra erano poggiate tra le due porte nellangolo di nord ovest.
Nei pressi di due porte restavano gli architravi caduti decorati con croci.
In continuazione, siamo tornati tra le rovine del quartiere settentrionale,
dove la spedizione del Dipartimento delle Antichit impegnata nel consolidamento dei muri degli edici gi scavati aveva iniziato lo sterro dellultima
chiesa ancora non esplorata allesterno del muro settentrionale del castrum.
Purtroppo, ancora una volta ci avevano preceduto i cercatori doro che avevano
messo a soqquadro la zona absidale quasi sicuramente distruggendo il reliquiario ancora intatto conservato sotto laltare, di cui restava sul posto la custodia
in pietra e i frammenti sparsi di pietra e di alabastro della cassa. Ledicio
stato intitolato la Chiesa del Reliquiario, in ricordo di questo importante elemento liturgico distrutto dai tombaroli.
Una iscrizione nel mosaico del pavimento a ovest dellaltare che chiudeva
una composizione di girali di tralci di vite ricordava tra i benefattori Nauma,
Paolo, Procopio di Sergio e il prete Abesobbeo che avevano deciso di fare
abbellire la chiesa. Nei girali superstiti della composizione restano tracce di
un cervo, di un fagiano che mangia luva, la testa di un volatile, una volpe che

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

419

mangia luva, e due gure di giovani sgurate dallintervento iconofobico.


Il lungo periodo di abbandono prima del crollo, durante il quale ledicio
era stato utilizzato come rifugio dai passanti occasionali, aveva causato la rovina estensiva del mosaico della chiesa compresa liscrizione dedicatoria scritta
in alte e eleganti lettere greche in una tabula ansata nei pressi del gradino.
Quanto resta nel settore meridionale ci ha permesso di leggere il nome del
vescovo Sergio, la data 481 della Provincia Arabia (586 dellera cristiana), e i
nomi di alcuni benefattori, come Wail glio di Amrilio e Abosobeo, gi noti
da altre iscrizioni dei mosaici delle chiese di Kastron Mefaa. Gli stralci superstiti del mosaico pavimentale danno la possibilit di ricostruire il programma
della navata centrale composto da un tappeto spaziato da registri sovrapposti
di girali di foglie di acanto circondato da una fascia continua di girali di tralci
di vite. I girali erano decorati con i soliti motivi delle composizioni gi note
nellarea, volatili, ori, animali e scene di caccia, di vendemmia e di pastorizia. In due girali del settore occidentale restano due fenici dalla testa radiata
sgurate dagli iconofobi. Un fagiano intatto si conservato in un girale della
fascia, in parte coperto da un gradino della scala nei pressi della porta.
Dalla distruzione si sono salvati alcuni frammenti con croci dei plutei della
balaustra di chiusura del presbiterio e un bel capitello in pietra decorato con
croci e pitturato in ocra.
Michele Piccirillo
Studium Biblicum Franciscanum
2. Umm al-Rasas 2004, Excavation Report (Pls. 17-24)
The archaeological campaign started on August 2nd, in cooperation with the
Department of Antiquities of Jordan. The Staff was composed by Michele
Piccirillo, director, Carmelo Pappalardo, John Abela, Samanta Deruvo, Gianfranco Micalizzi, Nicoletta Puglisi, Field equipe. The 10 local workmen have
been provided by the kindness of Dr. Fawwaz Khreisheh, Director General
of the Department.
The Chapel near the quarries (R14)
We dedicated the rst phase of the archaeological campaign to the excavation
of a chapel situated in the valley between the Tower and the Castrum (Fig. 1).
It is situated in an area of quarries and near the remains of an embattled tower
already excavated by the Department of Antiquities of Jordan (cf. LA, 2001,
p. 366-368). The roof slabs and supporting arches of the sacred edice had
collapsed inside the perimeter walls (Fig. 14). Seeing the amount of rubble

420

RICERCA IN GIORDANIA

and the huge slabs, particularly those coming from the roof, we decided to use
a crane to help us remove the debris.
Stratigraphy
After removing the fall we proceeded with the excavation of the underlying
layer of abandonment soil which lled all the edice for a height of about
50cm in an almost uniform manner. Under this soil and extending to all the
building, there was a stratum of ashes containing coal fragments and charcoal.
A more consistent layer of ashes was present on the presbytery. The partially
still preserved oor of all the building was made of plaster which was applied
on two clearly distinct situations: all the area of the presbytery and part of the
nave (up to the rst pillar) directly on the rock while the remaining part on the
roof of a cistern hewn out of the rock.
The edice
The externally rectangular chapel, measuring 1120cm by 690cm, preserved
its perimeter walls for a height of three or four rows (Fig. 6). These were
made up of large boulders (150cm by 60cm) some of which well squared. The
chapel had three doors. The main door was at the centre of the western wall
which opened up on a still non excavated area possibly a garden or central
courtyard with surrounding rooms, and where, among the stones, the lintel
with an incised cross was found. The other doors where placed facing each
other between the third and fourth pillar on the northern and southern walls.
The northern door opened directly on a quarry and had the jambs made up of
reused slabs. The mutilated lintel of this door was also found. The door on the
south wall closed on the outside making one think that it led to a service area.
The building was roofed by stone slabs supported by four arches in a North
South direction. From two to four rows of the departure of these arches have
been preserved on both walls of the edice. In the spaces between the rst and
third pillars, on both sides, there were two plastered stone benches, traces of
which where discovered particularly on the northern wall. On the western wall,
on the sides of the main door, there were two jutting niches. The southern one
was rectangular (80cm x 63cm) and plastered of which only the base and the
southern face survived. The northern one was smaller (70cm x 37) and it had a
concave back face. On the southern wall, in the space between the fourth pillar
and the faade there was a small window. The opening of the cistern in the
oor was in correspondence with this window. The cistern (600 x 500 x 300
cm), hewn in the rock, has three arches to support the stone slab roof which
served as oor to the western part of the chapel. The roof of the cistern was

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

421

intact except for a slab, in front of the southern door, which broke under the
weight of the fall. Through this fracture a lot of debris ended up in the cistern.
The apsed presbytery resulted raised by a step of about 10-12cm in respect to
the hall. The apse has been preserved up to the departure of the half-dome.
White plaster has been preserved on the apse wall. Worth noting is the space
between the apse and the rst pillar which strangely extends in such a way as
to reduce the perimeter wall to a single stone. On the oor of the presbytery
there are no traces of the housing for the altar but there is a hole in the centre
next to the step of the presbytery which make us suppose the location of the
altar.
Two stone basins found inside the main door on top of the ashes belong to
the period of reuse of the edice. Finally one has to note the almost complete
absence of pottery shards.
The edice is a small sacred building among quarries probably built on an
abandoned quarry adapted as a cistern under the chapel. The use of the edice
most probably was in relation to the extraction of stone and to the not far away
embattled tower. The abandonment of the building is to be placed in relation
to a probable re of the same which is abundantly and uniformly witnessed by
the ashes and carbon found on the oor.
The Church of the Reliquary (R15)
The second phase of the campaign was dedicated to the excavation of the
church which lies to the east of the Church of the Tabula Ansata and which
we named as Church of the Reliquary. Most of the fall, down to the fallen
arches, had already been removed last year by the workers of the Department
of Antiquities of Jordan. With the help of a crane we removed the ashlars
after making a photographic documentation and having catalogued them (Fig.
7-10).
Stratigraphy
The stratigraphy of the presbytery area resulted compromised by two interventions carried out by gravediggers, one close to the apse arch and the other
directly on the altar.
In the remaining sector of the church the stratigraphy was quite uniform
with an abundant layer of soil and stones (about 90cm) under the fall accumulated after the abandonment of the area. Underneath there was a compact layer
of yellowish soil mixed with stones and pottery shards directly in contact with
the oor. The only exception to this situation was in the southern aisle where
an abundant layer of ashes lied under the abandonment soil and covered also

422

RICERCA IN GIORDANIA

the southern step of the presbytery. It is worth noting that on the mosaic oor
of this aisle, beyond the presbytery step, there was a consistent accumulation
of mosaic tesserae.
The edice
The edice is of the basilical plan (1890 x 930cm), a three naved structure divided by a double series of two pillars (Fig. 11-13). The central apse was inside
the rectangular perimeter wall surmounted by a calotte closed at the front by
an arch. Through two doors the two aisles led to two service areas next to the
apse (not yet excavated). The door of the southern service area was blocked.
On the northern perimeter wall a door communicated with an external edice.
The door on the faade was raised by a series of three steps. These seem to
belong to a later phase in relation to the edice as they are laid directly on the
mosaic oor and are made up of reused material. The presbytery is raised by
a step in respect to the hall and extends to about three metres into the central
nave (Fig. 14). On three sides along the enclosing step there was a balustrade
made up of small pillars and slabs of bituminous schist. Some fragments on
the northern side are still in situ while other fragments have been found on the
oor spread all over the building. The altar, of which there remain the housings
for the small columns, lied within the apsidal chord. Under the altar there was,
still in situ, the container for the reliquiary measuring 70 x 43cm.
The mosaic
Originally the church had a mosaic oor. Of this only a few fragments have
survived as all the gures which decorated it were systematically removed.
The gaps created by this iconophobic intervention were partially integrated by
white tesserae, others where lled by plaster while others were left wide open
(Fig. 11-12).
The decorative programme of the presbytery was made up of two panels:
a rectangle of rhombi lled with diamonds decorated the semicircular lunette
of the apse. The area in front of the altar was decorated by vine scrolls with
bunches of grapes in the resulting spaces and having at the centre some gures of which there remains the head of a rooster, two gures carrying grape
baskets, the body of a volatile and the head of a fox eating grapes. In front
of the altar, the scrolls of this panel, enclosed within a band, left space for a
seven line Greek inscription which has been partially preserved and contained
the names of the benefactors.
Enclosed in a tabula ansata (Fig. 15), just under the step of the presbytery
in the central nave, there was the ve line dedicatory inscription of which the

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

423

southern part survived. In the inscription we could read the name of Bishop
Sergius and the date of 481 of the Arabia era, equivalent to 586 A.D. (Fig. 14).
The mosaic of the central nave was made up of a large carpet enclosed in a
band of vine scrolls containing gures of which only some fragments survived.
The acanthus scrolls of the central carpet seem to have been introduced on the
eastern end, within the band, by a scene of which there remain only traces in a
spear held by a human gure. The scrolls of the carpet are grouped in a series
of three by eight (?) superimposed registers.
The mosaic of the aisles was decorated by geometric motives. That of
the northern aisle was made up of an orthogonal composition of adjacent and
intersecting octagons forming hexagons and squares. The southern aisle had a
more simple motive: a panel of rhombi formed by a triple line of red tesserae
set at an angle lled with diamonds.
The trenches and the tombs
Three trenches were dug during the excavation: one in the eastern end of the
northern aisle, one between the wall of the apse and the altar and another one
between the door on the western wall and the south semi pilaster.
The trench at the eastern end of the northern aisle: After removing the plaster oor (compact and uniform in this area) and the mosaic bed there appeared
a layer of red soil which irregularly covered a strange ll (15-20cm) made
up of fragments of wall plaster some even coloured. Plaster also appeared at
this level on the northern wall of the church, on the presbytery step and on
the faade of the service area. The make and position of this plaster is clearly
distinct from that found abundantly above the mosaic oor. Under this ll we
encountered the virgin soil which was cut in at least at two points: just under
the door of the service area for the foundation of the same and at about 30cm
from the presbytery step. The latter extended up to under the foundations of
the northern perimeter wall and contained a soil ll (in which some fragments
of oil-lamps where found) that covered the slabs of a tomb. This tomb was
made up of a stone sarcophagus closed by ve stone slabs and contained the
remains of three persons. Two of them where piled on the eastern side while
the third was reclined with the head on the western side. Noteworthy is the
fact that the reclined body had the remains of a funerary cloth which was held
in place by strings and a leather belt with a metal bula in the form of a cross.
The sarcophagus, made of fossiliferous stone measuring 190 x 43 x 36cm and
12cm thick, had curved extremities and was broken in at least two places. It
was kept in place by stone wedges and plaster.
The trench in the apse: Taking advantage of the lack of mosaic in the
area behind the altar we decided to extend the trench excavated by the tomb
diggers. We discovered that in this area the mosaic bed had been laid directly

424

RICERCA IN GIORDANIA

on virgin soil as were the foundations of the apse wall.


The trench at the western wall: The stratigraphy here was similar to that
of the trench in R1503: mosaic bed, ll and virgin soil. The difference from
the other was the fact that the ll was made up of splintered stones from the
remains of mosaic works and lime. Furthermore while the foundation of the
south-east half pillar, which was plastered in the level under the mosaic, was
inserted in the virgin soil, that of the western wall laid directly on the mosaic
bed which proceeded under it. It was not possible to further the investigation
due to the lack of time.
The tomb at the south-west corner: A large tomb (200 x 90 x 62cm), closed
by a double series of stone slabs, came to light at oor level in the south-west
corner. It contained the remains of seven or eight bodies ve of which were
aligned one next to each other with their heads to the west and under which
there where three bodies covered with soil and lime. The walls of the tomb
were built by small stones placed very close to each other and held in place
by plaster. The perimeter walls of the church are built directly on two of the
tombs walls. The tomb was closed by a series of ve slabs surmounted by
other slabs.
The church result to belong to a series of sacred edices built at the time
of Bishop Sergius.
John Abela, Carmelo Pappalardo
Studium Biblicum Franciscanum
3. Excavations at Tall al-Umayri
The tenth season of excavations at Tall al-Umayri, which took place during
the summer of 2004, was directed by the authors and sponsored by La Sierra University in consortium with Canadian University College, the Division
of Architecture at Andrews University, Mount Royal College, Pacic Union
College, and Walla Walla College. Excavations took place in four elds, three
of which were located at the western edge of the site. The fourth eld was located on the southern edge. Earlier seasons produced nds from the EB, MB,
LB, Iron I, Iron II, Persian, and, with limited remains, Hellenistic, Roman,
and Byzantine periods. The site provided a location for agriculture during the
Islamic era.
In Field A, the central area on the western edge of the site, we hoped to
expose Iron I remains west of the later Ammonite Administrative Complex and
connect them to Iron I remains already excavated to the north. Excavations
produced at least two ephemeral phases of late Iron II remains above the more
substantial Iron I remains north of a point where the perimeter wall curves
into the site, possibly forming a gate. We located several rooms of a newly

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

425

discovered Iron I house, and in the process, uncovered a oor with early Iron
II remains, which are rare at the site.
In the northwest corner of the site, Field B, we hoped to locate the oors
of two northern rooms in a palatial type of structure found in earlier seasons,
which date to the Late Bronze Age. The oors, farther down than we had thought, were not exposed; however, the limits of the building were outlined. In
addition, a unique cultic installation was discovered in a mudbrick wall in the
largest room (measuring ca. 5 x 8 meters). The cultic niche was whitewashed
and consisted of a platform with at least two plastered steps. On the upper step
was a large dome-shaped standing stone with four smaller ones, two on each
side, with votive pottery vessels placed above the two stones on the right. This
building may be a temple. A seal impression mentioning the Persian Empire
province of Ammon was found in remains above the temple, which brings the
total of such impressions to ve.
In Field H, which is located in the southwest corner of the site, we excavated a large cobbled courtyard where fragments of model shrines and anthropomorphic statue parts had been found in earlier seasons. Excavators removed
several later walls and traced the early Iron II courtyard over a wide area (ca.
6 x 10 meters). A single stone stands at the midpoint of the courtyard.
In the southern part of the site, Field L, we better dened a rural domestic
structure from the Hellenistic period. Partially uncovered in previous seasons,
it demonstrated two phases of use this season. A series of large walls constructed of huge boulders seems to date to the Iron I period. Small walls from
the late Iron II period are sandwiched between them.
Located near the Amman National Park and boasting well preserved
buildings from several periods in pre-Roman Jordan, the site has tremendous
tourism potential, as well as the potential to inform Jordanians about a part of
their earliest history.
Douglas R. Clark Larry G. Herr
Walla Walla College Canadian University College
4. A Summary of Moab, Moabite Place Names and Moabite Kings in
Egyptian and Assyro-Babylonian Inscriptions
On the west side of the western statue of Ramses 11 (1279-1212 BC) at Luxor
there are a number of Asiatic toponyms of which Moab is one name among
other well-known and important places in the Ancient Near East. Hatti, Naharina and Assur are mentioned, followed by Moab (m[w]-j-b = mb). Since Moab
is followed by the determinative for ,region or ,country, state it was known
to Ramses 11 as a territorial or political entity. It is not clear if Moab also has
an ethnic connotation here.

426

RICERCA IN GIORDANIA

Another occurrence of,,Moab in Egyptian sources is among Ramses lls


geographical list on the south wall of the temple in Amara West, which is
derived from a list from the temple of Amenophis Ill in Soleb as well as from
the temple of Ramses 11 at Aksha. The relevant names here are Qatna (el
Mishrife on the Orontes), Pella (TabaqatFah~, Punt, Shasu, Taita, Arrapkha,
Ge[z]er and Moab (m[w]-j-ib-3), followed by Takhshi and Damascus. Again
Moab is dened by the sign connoting a region or state. However, since Moab
is already mentioned by Amenophis Ill (1392-1354 BC) in the 14 th century as
a geographic or political unit, the region of Moab was already known in Egypt
close to the end of the Late Bronze Age. The nd of a scarab dating to the time
of Thutmose Ill (1479-1426 BC) would at least suggest that Moab had come to
the knowledge of the Egyptian pharaohs as early as the 15 th century. A scarab
of Amenophis 111 has also been found near Petra (Ward 1973), which supports
the view that Moab was not a backwater at the end of the Late Bronze Age.
A military campaign under Ramses 11 is mentioned on the eastern wall of
the large courtyard of the temple of Amun in Luxor. In acornmerit describing
the conquest of a Moabite city it is the Land of Moab (2 n m[wl-j-b[wl) and
the town of Butarta (b[w]-t-r-t) which are considered to be enemies of the
pharaoh. Another place name is also mentioned which is generally accepted
as referring to the town of Dibon in the territory of Moab - Although Dibon
Qj-bw-jnUW]) is not written with a determinative indicating land or region it is agreed that,, Tbn should be left in Moab alongside BMrt ( Kitchen
1976). 1 have suggested the region of Jebel Batra c. 17 km southeast of Kerak
to be the site of bwtrt for linguistic reasons and because early Iron Age pottery
sherds were picked up there (Worschech 1990).
The three inscriptions mentioning Moab in the 14 th and 13 th centuries
BC clearly indicate that Moab stood, as far as political importance is concerned, alongside the empire states of the Hittites, Assyrians and the Mitanni.
The nomadic (?) Shasu are also mentioned in this context but Moab is not
one of them. At this point of our discussion the question still remains open
whether or not Moab and the city of,,Dibon are referred to in the inscription
of Thutmoses 111 as t3-pw-nw. But as long as the dispute over the question
of a possible blp-shift is not settled the location of this town in Moab is still
questionable. However, the nd of a scarab with the name of Thutmose Ill at
el-Balu (Worschech 2002) and the identication of the Egyptian y-r-t-wwith
the village of
Yarut c. 20 km north of Kerak should not be ignored in future considerations of this problem, also because near Yarut early Iron Age as well as Late
Bronze sherds have been collected (Worschech 1990).
It is remarkable that after the early Iron Age period Egyptian references
to Moab do not exist, although Egyptian scarabs, seals, statuettes and other
paraphernalia have come to light in several excavations in Moab. There must
have been a strong trade relationship between Egypt and Palestine of which

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

427

Moab also got its share. The inscriptional evidence changed, however, when
the Assyrians, under Tiglath-Pileser Ill (745-727 BC), entered the scene. (For a
comprehensive and detailed discussion of the Assyrian connection with Moab
see Timm 1989).
The Assyrians never made Moab a province, but were mainly interested
in receiving tribute from the smaller Palestinian sheikhdoms. Besides Israel,
Judah, Ammon, Edom and Aram, Moab is rst mentioned as paying tribute
to Tiglath-Pileser Ill in 732 BC. The Moabite king is called by his name Shalamanu. It is possible that he was named after a Moabite deity of that name,
for which there are parallels in other Semitic names. It is also possible that
this king may be referred to in Hos. 10,14, although the town of Bet-Arbel is
unknown.
Still enigmatic is the location and identication of the Land of Dabil and
the Gidirites who attacked Moab, referred to in Letter 14 from Nimrud. It is
unfortunate that the well-preserved letter which dates to the time of Tiglath-Pileser Ill does not give any hints with regards to the event of the attack and the
origin of the attackers, the Gidirites. Timm suggests an area of the steppe in
the Nuqra region where a territory is called - d r. (See Timm 1989: 328. See
also Mittmann 1973 and Weippert 1987).
Twenty years later, when Sargon II (722-705 BC) invaded Palestine, Moab
is mentioned again but no king is referred to. During several campaigns by
Sanherib (705-681 BC) the king Kamoshnadbi of Moab appears on the inscriptions in 703 BC. The incursions of the Assyrian kings into Palestine did not
ignore the country east of the Jordan particularly under Assarhaddon (681-669
BC), who mentioned king Musuri of Moab twice within eight years in 67615
and 668 BC. Several times in the inscriptions Moabite military representatives
are mentioned as L. MAH. ME_ who were either representing their country
in Assyria or were taking part in coalitions against Assyria. The Assyrian diplomacy was intent on presenting Assurbanipal (669-ca. 630 BC) as a successful
king on the eve of the downfall of Assyria. So the successful campaign in 652
BC of the Moabite king Kamashchaita (or Kemoschasa) against the Qedarite
king Ammuladin was presented as a victory of Assurbanipal over the Qedarites, despite the fact that it was Kamashchalta who had captured and taken
Ammuladin to Nineveh and had personally handed him over to the Assyrian
monarch. This and the context in which Moab is referred to indicates the interest of the Assyrian kings to keep Moab and the other Palestinian states as
paying tribute to the Mesopotamian power, which in turn would be willing to
leave a high degree of independence to the Syro-Palestinian regimes.
It appears that Moab was able to withstand the political and military pressure the Assyrians had put on the smaller Palestinian states. So far we have
no evidence for a strong military presence of Assyria in Moab, as for instance
in Edom or Ammon or Israel/Judah. Up till now only few Assyrian type vessel forms have been found in the excavations of elBalu. It is possible that a

428

RICERCA IN GIORDANIA

courtyard house in Area C may have been inuenced by Assyrian architecture.


Later the only reference to Moab during the kingship of Nebuchadnezzar 11
(605-562 BC) is found in Jer. 27,3 when the Judean king Zedekia formed an
alliance with the king of Moab against the Babylonian monarch. The name
of the Moabite king is not mentioned. But Moab seemed to have been a safe
place, at least in the eyes of the Judeans, who ed there in 587 BC when
Nebuchadnezzar 11 destroyed Jerusalem (Jer. 40, 11). If we follow Josephus
(Ant. X 9.7) Nebuchadnezzar 11 nally put an end to Moab and Ammon in 582
BC. Archaeological evidence for this event is not entirely convincing, but it is
evident that during the Iron 111/Persian period the country of Moab, as well
as the other states east of the Jordan, gradually changed their socio-economic
character by shifting into a more or less nomadic kind of society. Probably this
was due to the absence of a central governing power in all of Palestine. Moab
became a backwater of small interest to the Persian kings. However, evidence
of pottery production of the typical late forms of the Iron Age 111/Persian
period came to light during the excavations in el-Balu.
Udo Worschech
Friedensau Adventist University (Germany)
5. Una stele funeraria dalla regione di Moab (Pls. 27)
La stele fu donata dal Direttore del Bible Lands Museum di Gerusalemme al
Museo dello Studium Biblicum, dopo aver ricevuto in deposito permanente 13 oggetti della collezione di Padre Godfrey Kloetzli (30 Maggio, 1916
- 27 Ottobre, 1992), previo accordo che gli oggetti fossero esposti e fossero
accompagnati dalla scritta: In memory of Father Godfrey Kloetzli. Lent by
the Studium Biblicum Franciscanum Museum in Jerusalem (Lettera del 25
Gennaio, 1993).
Lepitafo impaginato in una croce di 25 x 30 cm incisa su una lastra di
pietra arenaria irregolare di ca 30 cm di larghezza x 44 cm di altezza. Negli
angoli della croce sono inseriti due volatili con laggiunta di una croce sul
capo, in alto e due anfore biansate in basso, anchesse sormontate da una croce. Le linee di scritto soltanto incise si si alternano a linee sempre incise ma
dipinte in rosso.
+ Ei|" Qeo;"
oJ pavntwn Despovth"
Mnhmi'on
Zebinqa Mourranou
ajpoqanou'sa
meta; kalou' oJnovmato" kai; kalh'"

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

429

pivstew" ejtw'n X ejn e[ti TXQ ejn mhni; Apelleou EI


ejn hJm(evra/) Kuriak(h'/)
Qavrsi Zebinqa
oujdi;" ajqavnato" +
+ Un solo Dio signore di tutto
Sepolcro di Zebintha (glia) di Murranos
morta con un buon nome
e con buona fede
di anni 60 nellanno 369
nel mese di Apellaio 15
nel giorno del Signore
Coraggio Zebintha
nessuno immortale +
La formula di introduzione si ritrova negli epitaf della regione (cf. IGLS,
nn. 1730, 1834s.), come pure il termine despotes detto di Dio (IGLS, nn. 1579 e
2553), e il pi comune mnemeion per sepolcro, tomba (R. Canova, Iscrizioni e
monumenti protocristiani del paese di Moab, Roma 1954, pp. lxxx, 51 e 74).
Il nome della defunta Zebintha, femminile di Zebina (Eusebio, HE, IX, 5,
martire a Cesarea durante la persecuzione di Diocleziano) viene inserito tra i
nomi di origine nabateo-araba (Canova p. lxxxv). Meno frequente il nome del
padre Mourranos anchesso di probabile origine semitica.
La data riporta al 474-75 d.C. molto alta per la regione di Moab (Canova,
p. xcvii).
M.P.
6. Un amuleto di Salomone cavaliere (Pls. 25)
Il medaglione bronzeo nora inedito che presentiamo proviene dal mercato
antiquario in Giordania e non ne risulta noto il luogo di ritrovamento. Si tratta
di un amuleto (phylachterion) abbastanza comune che veniva realizzato con
diversi materiali come: ematite, argento, bronzo ed argilla. Il medaglione,
lungo circa cm 6,2 (compreso lanello) e largo circa cm 3,5, oggi conservato
presso una collezione privata, appartiene alla categoria degli amuleti magici
che ebbero una notevole diffusione in epoca bizantina (Bonner C., Studies in
Magical Amulets Chiey Greco-Egyptian, Ann Arbor, 1950, pp. 216-219. Sulla
valenza della magia nella societ bizantina si rimanda a H. Maguire (a cura di),
Byzantine Magic, Washington, 1995).

430

RICERCA IN GIORDANIA

Il manufatto, di foggia ovale, provvisto di gancio ad anello con catenella


da sospensione e presenta una frattura irregolare estesa al margine inferiore
di destra: esso ornato con lefge del cavaliere sacro che potrebbe essere
identicato, secondo uniconograa tradizionale, con Salomone. Alcune gemme con la rafgurazione del santo cavaliere presentano uniscrizione che lo
identica con Salomone, collegandolo allopera apocrifa vetero testamentaria
nota come Testamentun Salomonis, ove si narra dei poteri di un anello di elettro posseduto da Salomone in grado di domare i demoni. (Si veda P. Perdrizet,
, in Revue des tudes grecques, 16, 1903, pp. 42-61; B.
Bagatti, Altre medaglie di Salomone cavaliere e loro origine, in R.A.C., 47,
1971, pp. 331-342; Piccirillo M., Un braccialetto cristiano della regione di
Betlem, in L.A., 29, 1979, p. 251. Talora Salomone viene identicato con S.
Sisinnio come nellaffresco della Cappella XVII del monastero di S. Apollo
a Bawit ove appare in veste identica (Si veda Cldat J., Le monastre et la
ncropole de Baouit, I, fascicules 1-2 (Mmoires publis par les membres de
lIstitut Franaise dArchologie Orientale du Caire, XII), Cairo, 1904-1905,
pp. 80-81; Iacobini A., Visioni dipinte. Immagini della contemplazione negli
affreschi di Bawit, Roma, 2000, pp. 198-201).
Nel dritto appare il cavaliere nimbato, visto di prolo, in clamide, mentre
si dirige verso destra, colto nellatto di traggere, con una lunga lancia, una
gura distesa a terra, alla stessa si accosta dal basso a destra uno scarabeo e
forse un quadrupede che appena si intravede a causa della frattura. La singolare
rafgurazione dello scarabeo nella scena del santo cavaliere trova raffronto in
un frammento di tessuto copto (numero dinventario 5171) attribuito al VIVII secolo della collezione del Museo Statale delle Belli Arti A.S. Pushkin di
Mosca (Si veda N.V. Ermakova, Ancient Egyptian Symbols on Coptic Fabrics
from Pushkin Museum of Fine Arts (in russo), in Cultural Heritage of Egypt
and Christian Orient, Mosca, 2004, pp. 189-206). Bagatti riconosce, su alcuni
amuleti del Museo della Flagellazione, la rafgurazione di un quadrupede che
potrebbe essere un leone (il demone leonifer del Testamentum Salomonis) o
un cane (il demone Baculus o Rabdus del gi citato Testamentum (Cfr. Bagatti 1971, op. cit., p. 332, g. 1, 1; g. 3, 1, 5). Uniscrizione in greco che
corre lungo il margine alto del medaglione, organizzata a mezzaluna, recita la
formula apotropaica: [ ] ovvero Dio unico che
scongge [il male]. Lefge del santo cavaliere insieme allacclamazione apotropaica si manifesta anche a lato di immagini che si ispirano alla vita di Cristo
come in due armille in argento provenienti una dallEgitto e laltra dallarea
Siro-Palestinese (Si rimanda a Piccirillo 1979, op. cit., pp. 245-248; mentre
per quanto attiene il rapporto tra immagine apotropaica e devotionalia, si veda
lo studio proposto da G.Vikan, Pilgrimage Art, Dumbarton Oaks, Washington
D.C., 1982, pp. 41-42; G. Vikan, Two Byzantine Amuletic Armbands and the
Group to which they Belong, in The Journal of the Walters Art Gallery, 49/50,
1991, nota 11; G. Vikan, Early Byzantine Pilgrimage Devotionalia as Eviden-

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

431

ce of the Appearance of Pilgrimage Shrines, in Akten des XII Internationalen


Kongresses Fr Christliche Archologie. Bonn 22-28 September 1991, I, Citt
del Vaticano, 1995, p. 380, g. 51b).
La gura equestre, che si trova al centro del dritto, palesa la forza divina
che vince il male inteso come il demonio a volte identicato con un corpo di
sembianze femminili. La gura femminile viene identicata con il demone
Alabasdria in Egitto o con altre gure demoniache come ad esempio Abyzou
come si evince dal Testamentum Salomomis. Gli amuleti con loro efge venivano destinati anche a combattere le malattie (Vedasi G. Vikan, Art, Medicine,
and Magic in Early Byzantium, in Dumbarton Oaks Papers, 38, 1984, pp. 8082). Nel caso del nostro medaglione appare introdotto anche lo scarabeo, che
peraltro non compare su altri phylachteria, e che, secondo alcune interpretazioni, potrebbe essere indicato come il malocchio. Si segnala un analogo connubio
gurativo a anco della gura equestre di S. Sisinnio nellaffresco di S. Apollo
di Bawit in Egitto. Nellaffresco della Cappella XVII di Bawit sono visibili
esseri demoniaci ed uno scarabeo in basso sulla sinistra. (Si veda H. Winlock,
W. Crum, The Monastery of Epiphanios, I, New York, 1926, pp. 151-153; A.
Cutler, J. Nesbith, LArte bizantina e il suo pubblico, Torino, 1986, p.14).
Sul rovescio si svolge invece una scena che richiama, con il ricorso ad altre
rappresentazioni simboliche, il medesimo signicato espresso sul dritto: vi
infatti, nella parte centrale in alto, un occhio aperto e tratto da un tridente e
due elementi appuntiti. Nel Testamentum Salomonis il demone Phtenoth o Rux
Phteneoth confessa a Salomone che i suoi poteri vengono annullati dalla rappresentazione dellocchio sofferente. (Vedasi Bagatti 1971, op. cit., p. 334). Ai
lati estremi sono simmetricamente disposti un leone (a destra) ed una leonessa
(a sinistra) entrambi con fauci aperte, mentre tra loro si accostano, da destra
verso sinistra, un ibis, un serpente ed un scorpione. Un simile abbinamento si
trova sullamuleto di Smirne. (Vedasi Schlumberger G., Amulettes byzantins
anciens destins combattre les maleces et maladies, in Revue des tudes
grecques, 5, 1892, pp. 74-75). Il corpo degli animali si sviluppa in lunghezza
ed reso in maniera accurata rendendo visibile il piumaggio per lIbis, la pelle
ruvida del serpente e quella ispida del dorso leonino. Anche in questo caso la
lotta allinvidia (locchio) e al male (il serpente) appare al centro della trama
espressa sul rovescio.
Il nostro manufatto trova raffronto diretto con alcuni amuleti acquistati a
Beirut e con il celebre medaglione di Smirne pubblicati da Schlumberger ed
altri conservati nel Museo della Flagellazione a Gerusalemme e studiati da
Bagatti (Si Veda Schlumberger 1892, op. cit., nn. 9 e 10, pp. 81-82; Bagatti
1971, op. cit., g. 1, n. 3, pp. 333-334).
La funzione apotropaica e salvica dellamuleto appare esplicitamente
indicata dalliscrizione tradotta in immagine ove le personicazioni del male
(ovvero il corpo disteso a terra) e quello dellinvidia (lo scarabeo) appaiono entrambi vinti dallazione del Nimbato. La gurazione dellocchio sofferente sul

432

RICERCA IN GIORDANIA

rovescio non si discosta da quanto abbiamo accennato prima, in quanto la sua


valenza negativa, considerato portatore delle forze dellinvidia, appare scontta
poich aggredita dalle armi e dagli animali qui chiamati ad assolvere un compito di alto contenuto simbolico ( Russel J., The Evil Eye in Early Byzantine
Society. Archaeological Evidence from Anemurium in Isauria, in Jahrbuch der
sterreichischen Byzantinistic, 32 (3), 1982, pp. 539-548).
A rafforzare tale interpretazione il serpente, gura demoniaca qui attaccato dallIbis ritratto con il becco aperto sopra la testa dellispide. Alcuni
esemplari di amuleti recano sul rovescio solo la scena dellIbis che divora il
serpente. (Si veda Bagatti 1971, op.cit., p. 334). Per Goodenough si tratta di
una scena rappresentata con intenti curativi in quanto lIbis distrugge il serpente, simbolo di disturbi ventricolari. (Si rimanda a E.R. Goodenough, Jewish
Symbols in Greco-Roman Period, II, Bollingen, 1958, pp. 242).
Il valore salvico, protettivo e taumaturgico delle immagini espresse sul
medaglione appare determinare la grande diffusione del soggetto, esplicito
manifesto delle credenze, della superstizione e della religiosit popolari sia in
area Siro - Palestinese che in Egitto, grande fonte di ispirazione gurativa (vedi
linserimento dello scarabeo e dellIbis), ambito geograco ben delimitato ove
possiamo indicare i luoghi di produzione.
Per quanto attiene ai contesti di rinvenimento, spesso sconosciuti, ci sembra
corretto evidenziare labbondanza di manufatti in bronzo, metallo certamente meno
nobile e dunque facilmente reperibile per i gruppi meno abbienti, inoltre le rare
segnalazioni degli amuleti si collegano principalmente ai corredi funerari del IV
secolo sino al VI-VII secolo, essendo oggetti di forte valenza apotropaica chiamati
dunque a perpetuare la loro efcacia, al momento della sepolture, contro i demoni
dellaldil. Bagatti menziona il rinvenimento di quattro amuleti in una tomba di
el-Jish o Giscala in Galilea. (Si veda Bagatti 1971, op.cit., p. 340); un amuleto
segnalato a Beisan Scythopolis (si veda Bonner 1950, op. cit., p. 303); un altro
scoperto a Nahariya (Vedasi R. Reich, A Samaritan Amulet from Nahariya, in
Ravue Biblique, 92, 1985, pp. 383-388); ad Anemurium invece un manufatto
analogo proviene da contesti archeologici della met del VII secolo ( Si rimanda
a J. Russell, The Evil Eye in Early Byzantine Society. Archaeological Evidence
from Anemurium in Isauria, in Akten XVI Internationaler Byzantinistenkongress
II/3, Jahrbuch der sterreichischen Byzantinistik, 32/3, 1982, pp. 539-548).
Basema Hamarneh
7. Orient and Occident: Towards a Better Understanding - What Can
Archaeology Contribute? The Idea of a John the Baptist Regional Park
Only a few years ago, the discovery and identication of a]-Maghtas, the
Baptismal Site ,Bethany beyond the Jordan in Wadi alKharrar, by Moham-

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

433

mad Waheeb (Waheeb 2001 a, 2001 b), attracted world wide media attention
to Jordans share of Biblical heritage sites. The visit by Pope John Paul 11 in
March 2000 has further enhanced the importance of the site for pilgrims and
tourists in general. This came at a time when hopes for a brighter future in the
region were still ourishing.
Since then, a second intifada and disastrous politics have crippled Jordans neighbor to the west almost beyond recognition; its eastern neighbour is
experiencing war and occupation. The September crimes of 200 1, subsequent
terror attacks all over the world, so called anti-terror campaigning and monstrous ideological constructs like ,,clash of civilizations, have sparked off an
atmosphere of confrontation that seems to have gripped the whole globe. It
seems more urgent than ever to promote a deeper understanding between the
worlds different cultures, in all available elds. Archaeology may not come
to the mind immediately in this respect, but there is a very real potential for
ancient sites in Jordan to help promote learning about each other.
Millions of tourists have been visiting the Kingdom, and are thrilled by
its historic heritage, its natural attractions and the hospitality and warmth of
its people. They return home, impressed and enriched - but usually without
having even noticed the intimate proximity that is there between Christianity
and Islam. Rarely do tourist schedules provide opportunities for closer insights
into the religious background of the host country. The prominent Biblical and
Quranic gure of John the Baptist, respectively Naby Yahya (pbuh), could
open such a valuable opportunity for inter-religious education.
In addition to the Baptismal Site near the river Jordan, the mountain fortress of Machaerus, Qalat al-Mishnaqa near Mukawer, is also related to the
legacy of the same prophet (Corbo 1978, 1979, 1980). It lies a few kilometres
north of the Dead Sea, half an hour south-east of Madaba. There, the courtyard of Herod Antipaspalace is the traditional setting for the famous dance of
Salome, which resulted in Johns beheading. The ruins overlook the Dead Sea
and provide a sensational panoramic view. Right down from Machaerus at the
Dead Sea shore, at a distance of ca. 5 km and 1200 meters below, a further Herodian site has been explored and excavated in recent decades by the German
Protestant Institute and the Department of Antiquities (Strobell Wimmer 2003;
Wimmer 1997): In Callirrhoe, Ain ez-Zara, amidst lush vegetation, supported
by numerous thermal springs with healing qualities, Herod the Great built a
palatial villa complex and a harbor. Callirrhoe was linked with Machaerus by
a scenic road that can still be traced by experienced hikers, in an exhausting
half day tour.
All three sites, clustered around the northern and eastern Dead Sea shore,
played a prominent role around the beginning of the Christian era, and, more
specically can be linked to NabyYal-iya (pbuh)/John the Baptist. Linking
these three sites under a common heading, like, John the Baptist Regional
Park, could produce a synergetic effect and further enhance the potential of

434

RICERCA IN GIORDANIA

all three sites. (The project idea was rst introduced to the Seventh International Seminar Forum UNESCO University & Heritage, on December 15, 2002,
in Petra, Jordan (Wimmer, forthcoming). A project expos6-brochure may be
obtained from the author, or at: freundeabrahams@lycos.de. For the Friends
of Abraham Society consult www.freunde-abrahams.de. Moreover, a dimension beyond the considerable archaeological and also natural attractiveness of
the area could then be approached: Inter-religious education would be a major
component of the project. The program for visitors to the park would include
competent information on the role John the Baptist holds in Islam. That in
turn could open deeper insights into the fact that many other Biblical personalities and stories as well, are familiar, and highly esteemed, by Muslims-a
fact still widely unrecognized in the so called Western world. Naturally, such
inter-religious education would work in both directions. Visitors programs to
the park should be designed to attract foreign tourists, but also embrace the
home population as well. As Jordans nation has a signicant Christian component, the linking function would extend over Muslims and Christians from
inside Jordan, too, and could foster the ties between Jordanians of different
faiths.
Ways that could be thought of, in order to incorporate interfaith information in the tour, are obviously numerous. A visitors centre to the park could
possibly be envisaged at Callirrhoe 1Ain ez-Zara. Lectures, lms, scripture
reading (Quranic and/or Biblical), or probably better: encounters and discussions with competent parties from the complementary religion could be offered
there and become a highlight of the tour program. The necessary infrastructure
for the park is to a very large extent already existing. All three sites can already be reached by roads. A circular tour that would enable visitors to combine
and tour them easily in a one day program, is however not possible at present,
because a direct connection between Callirrhoe and Machaerus is missing.
Instead of considering a road through the difcult, mountainous terrain, which
would also considerably impact on the beauty of the environment, the feasibility of a cable car might be studied. Its valley station, at the upper outskirts of
the En ez-Zara oasis, could be combined with the visitors centre. The cable
car, if realized, could become a major attraction for the proposed park, enhance even more the attractiveness of the whole area, and compete with tourist
attractions in the whole Middle Eastern region.
Based on the results of archaeological research and site management,
the project combines the potentials of tourism, cultural heritage and natural
surroundings that are already extant, with the ambition for peace education.
If millions of western tourists nd, as a byproduct of their visit to Jordan, the
chance for a more profound and positive understanding of Islam, the impact for
the societies they come from may indeed become a considerable one.
What would be needed to implement the project are interested parties in
Jordan ready to initiate, support and operate the park. The cable car sub-project

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

435

aside, the necessary nancial requirements are modest. Once qualied personnel for the educational part would be obtained, the project could be launched
in the near future.
Stefan Jakob Wimmer
University of Munich and Friends of Abraham Society (Germany)
8. Survey and Excavations at Khirbet Qazone (2004)
Survey and excavations were conducted at the cemetery of Khirbet Qazone
during April and May 2004. The project was sponsored by the Hellenic Society
for Near Eastern Studies and supported by the National Geographic Society
and the British Academy in collaboration with the Department of Antiquities
of Jordan.
One of the main objectives of the 2004 season was to collect DNA samples from each burial. These will form part of an anthropological study of the
human population in the area during the Roman-Nabataean period.
A contour survey of the cemetery was completed into which all previous
excavation trenches were plotted. The extent of the area of robbed graves approximately doubled since the last season of work in 1997.
Trenches (5m x 5m) were laid in various areas of the site to explore any
potential diversity between sectors of the cemetery. Consequently, various
subdivisions of tomb type and chronology were recognised throughout the
cemetery.
Surface collections at the northwest extent of the cemetery indicated an
area of early Christian burials. Several tombstones with incised crosses were
discovered while the pottery repertoire included large rim fragments of African Red Slip (Hayes form 67) dating to the late fourth century AD. In this
area the tomb structures were aligned east-west and were covered with large
roughly-cut limestone slabs. These graves contained multiple burials, one with
as many as seven individuals. The nds from two such tombs included glass
bead necklaces and iron bracelets. No other grave goods were placed within
these burials.
Trenches in the eastern and central areas of the cemetery yielded several
intact shaft tombs, undercut to the east and sealed with series of ve adobe
bricks. Many of these tomb types yielded well-preserved bodies wrapped
in textiles similar to those found in previous excavations at the site. Tunics
of the Roman tunica type with a purple coloured stripe or clavus running
down from either side of the neck were found. Roman-Nabataean pottery
was associated with this tomb type. A circular cut lled with charred and
blackened material was also associated with one of these tombs. The feature
represented a well-constructed replace suggestive of ritual dining in the

436

RICERCA IN GIORDANIA

cemetery (which would also accord with the associated pottery types). The
feature may relate to the participation of funerary meals that is a common
Nabataean practice.
In the southeastern part of the cemetery two tombs, which were unique to
the cemetery, were recorded. Both tombs represented shaft tombs. Both tombs
had been robbed but spoil from the immediate vicinity yielded Nabataean ne
wares. The rst shaft contained a stone sarcophagus hewn in two pieces (i.e.
the base and the side walls) sealed with two large capstones. The second tomb
contained a rectangular receptacle constructed of adobe mud bricks that occupied the central area of the shaft. The receptacle was sealed with adobe bricks
that were laid horizontally.
In the western area of the cemetery yet another tomb type was recorded.
The graves in this area were markedly different from any others in the cemetery. The grave cuts were arranged on an east-west axis with the heads to the
east. Each grave held one skeleton. The bodies were laid on their sides facing
south. Small natural stones were placed to either side of the head and at the
backs of the knees to prop the bodies in position in several cases. No grave
goods were found.
In total the 2004 season at Khirbet Qazone established ve tomb typologies that seem to refute previous homogeneous/single-period perceptions. A
broad spectrum of the population was associated with each tomb type with
men, women and children being represented. The cemetery, although predominantly Roman-Nabataean (as indicated by the most common tomb type characterised by a deep shaft with an undercut compartment to the east sealed by
adobe bricks), continued in use into the early Christian period, if not beyond,
and was diverse in both its tomb typology, wealth of grave goods and age of
interments.
K. D. Politis
Hellenic Society for Near Eastern Studies
9. Survey and Excavations at Ghor es-Sa 2004
Survey and excavations were conducted in the Ghor es-Sa during March and
April 2004. The project was sponsored by the Hellenic Society for Near Eastern Studies and supported by the Palestine Exploration Fund in collaboration
with the Department of Antiquities of Jordan. Excavations were conducted at
Tawahin es-Sukkar, An Naq and Khirbet Sheikh Isa while the survey was extended with the major sites in the greater Ghor es-Sa area being co-ordinated
over scanned aerial photographs.
An intensive ground survey conducted in the Ghor es-Sa located known
as well as newly identied sites. They included the pre-1970 town of Sa,

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

437

Ayyubid/Mamluk Al Ameri and Birkat, Iron Age Tuleilat Qasr Mousa Hamid, the Byzantine monastic hermitage and possible Nabataean dam site at
the mouth of the Wadi al-Hasa, the ancient road leading down from the
eastern plateau in the Wadi Sarmuj and the Nabataean-Roman fort at Umm
Tawabeen.
The main objective of the excavation was to establish the extent of the
eastern mill-house at Tawahin es-Sukkar and to dene its relation with the city
at Khirbet Sheikh Isa.
At Tawahin es-Sukkar, Trench VI (opened in 2002) was extended northwards in order to establish the entire extent of the eastern mill-house. The
northern extent of the mill-house was uncovered and the northern faade
was cleared to a depth of 4.20m. The northern wall of the building was twotiered, incorporating an arched doorway in its lower storey and the spring of
two large arches in its upper storey. The arched doorway (2.05m x 1.90m)
facilitated access to a vaulted chamber beneath the millstones while the
large-spanning arches of the second storey essentially fronted the milling
room. The area directly outside the doorway (to its north) was used for the
collection of crushed sugar syrup as attested by the presence of hundreds of
broken sugar pots located in the lowest layer at the base of the wall.
At Khirbet Sheikh Isa a 10m x 10m trench was laid to establish the
nature of a monumental wall, previously unearthed in the 1990s through
bulldozer activity. The wall is constructed with nely cut ashlar masonry.
The excavation established the height of the wall, from the spring of an
arched doorway to the base of the foundation trench, as 3.34m (maximum
height). The walls formation and associated pottery prole suggest that it
be associated with a large early Abbasid-period building and that it does
not represent a delimiting feature of the city as was initially thought. This
also concurs with the width of the associated doorway (minimum width of
1.70m) that would not accommodate passing packed animals (barely one);
hence the wall probably denes a large and nely built structure but not a
city entrance.
The excavation also provided evidence for a long-term high standard of
living at the city site with an integral relationship with the adjacent sugar
industry at Tawahin es-Sukkar. The discovery of an intact sugar pot funnel
not only provides the rst complete example at the site, but also bears out
this close relationship between Khirbet Sheikh Isa and Tawahin es-Sukkar.
Recovery of ne examples of almost complete glazed pots and a variety of
other glazed sherds excavated in every context demonstrate the high level of
material culture at the site.
At An Naq (just above Tawahin es-Sukkar) a test trench yielded ten extended articulated burials. The graves were lined with unworked stone slabs
and covered with large roughly cut capstones. The graves were arranged on
a north-south axis with the head to the south. In one instance the head was

438

RICERCA IN GIORDANIA

secured in place by pebbles positioned to either side skull. Only one skeleton
was associated with any grave goods, represented by two small Early Bronze
Age pots found beside the skull.
K. D. Politis
Hellenic Society for Near Eastern Studies
10. Tre capolavori dei mosaicisti egiziani restaurati nel Museo Greco-romano di Alessandria (Pls. 28-29)
Questanno abbiamo collaborato con lAmerican Research Center in Egitto
(ARCE) del Cairo per il restauro di tre splendidi mosaici conservati nel Museo
Greco Romano di Alessandria: la Caccia al cervo di Shatbi-Alessandria (Prima
met del III sec. a.C.), la copia di Berenice di Thmuis (seconda met del III
sec. a.C.) e il frammento di Alo e Aretusa di Thmuis del III sec. d.C.
Il mio coinvolgimento nelloperazione di restauro dei mosaici conservati
nel Museo Greco-Romano di Alessandria inizi nel gennaio 1996 in occasione
dellincontro tenutosi al Cairo per preparare il colloquio internazionale con
il quale intendevamo celebrare il centenario della scoperta del mosaico della
Terra Promessa a Madaba in Giordania. Il famoso mosaico geograco, nel
quale erano presenti lEgitto, Israele e i Territori dellAutonomia Palestinese,
la Giordania, il Libano e la Siria, doveva diventare il logo del processo di pace
per un Medio Oriente senza conni.
Un amico dellambasciata americana che ci aveva dato un forte contributo
per la creazione del Parco Archeologico di Madaba in Giordania, mi chiese di
recarmi al Museo Greco-romano di Alessandria per dare unocchiata ai mosaici
che vi erano conservati e dare un parere sul da farsi per la loro conservazione.
Al termine della visita, la scelta cadde su tre capolavori: la Caccia al Cervo del
III secolo a.C., la cosidetta Berenice del II secolo a.C. e un dettaglio mitologico
di epoca romana con Alo e la ninfa Aretusa datati al III secolo d.C.
La Caccia al Cervo, una ampia composizione di 5 metri x 4, fu scoperta
nel 1921 dallarcheologo italiano Enrico Breccia a pi di due metri di profondit in unarea del quartiere di Shatby oggi occupato dal campus delluniversit
di Alessandria, dove in epoca ellenistica sorgeva il palazzo dei re Tolomei
dEgitto. Qui abit Cleopatra lultima regina dEgitto.
Lopera datata al III secolo a.C. e attribuita a maestranze di mosaicisti
provenienti dalla Grecia che operarono in citt al tempo del re Tolomeo Filadelfo, rafgura nel tappeto centrale tre giovani Eroti che niscono con lance e
spade un cervo gi ferito a morte. La scena inserita allinterno di una doppia
fascia continua di edera su fondo di tessere nere decorata con una sequenza
di animali reali e fantastici, leoni, pantere, cervi, gazzelle, cinghiale, aquile,
tori, chimere e grifoni. I materiali si riducono a tessere bianche, nere e rosee

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

439

con utilizzo di piccoli ciottoli di ume in alcuni dettagli, con linserimento di


strisce di piombo per mettere in risalto i contorni delle gure.
Il manto musivo messo in pericolo dalle barre di ferro del cemento armato
sul quale era stato allettato, stato sezionato in 24 pannelli, liberato dal cemento e posizionato su un nuovo letto di alluminio detto nido dapi, leggero e
resistente, pronto ad essere smontato e rimontato.
Il mosaico della Berenike, cos detto dallidenticazione proposta dagli
studiosi per il ritratto femminile ripetuto nei due esemplari conservati nel
Museo, fu scoperto nel 1923 nella citt di Thmuis nel Delta. E una copia
delloriginale rmato dal mosaicista Solos, come si legge nella scritta greca
in alto. Entrambi rafgurano una donna con la prua di una nave sul capo, i
grandi occhi sbarrati che ssano lo spettatore, una collana al collo, vestita di
una tunica rossa coperta da una corazza e da una clamide tenuta da una spilla
a forma di ancora. Dettagli sono aggiunti sulla prua: delni, un serpente, una
corona, un caduceo. Un nastro volteggia sul lato.
Il mosaico di Alo e Aretusa. Uno splendido frammento di una composizione musiva pi ampia del mito di Alo ed Aretusa legate nella leggenda alla
fondazione della citt di Siracusa in Sicilia. Resta la parte centrale della scena
con la personicazione del ume Alo indicato dal nome e dal ramo che lo
accompagna, incantato dalla bellezza di Aretusa, ninfa del seguito della dea
Artemide che era entrata nelle sue acque per bagnarsi.
Il mito prosegue raccontando che Artemide per salvare la ninfa la cambi
in fonte che sprofondata nelle viscere della terra ritorn alla luce nellisola di
Ortigia mista alle acque del ume Alfeo che laveva seguita.
Il lavoro commissionato dal Centro Americano, stato eseguito dal gruppo
di restauratori mosaicisti italiani che collaborano con la missione francescana del Monte Nebo in Giordania, Mario Arangio di Piazza Armerina, Franco
Sciorilli di Roma, Marco Venturi e Antonino Vaccalluzzo di Ravenna con la
collaborazione dei giovani tecnici del Museo. La direzione scientica afdata
a Padre Michele Piccirillo che per la parte logistica stato coadiuvato dai confratelli della comunit francescana del Cairo padre Antonio Raimondo e padre
Mamduh . Gran parte del lavoro stato realizzato da Antonino Vaccalluzzo e
Franco Sciorilli.
M. P.
11. Visita del Principe di Galles (Pls. 26)
Tra gli ospiti di questa estate, particolarmente gradita stata la visita al santuario di Mos, Mercoled 15 Settembre 2004, del Principe Ali bin Hussein
accompagnato da sua moglie Reem, novelli sposi, che hanno voluto far conoscere il santuario e la nostra comunit al padre della sposa il Diplomatico

440

RICERCA IN GIORDANIA

Akhdar Ibrahimi. E stata una sorpresa anche per lamico Franco Scaglia che
era venuto per presentare il suo ultimo romanzo ambientato in Medio Oriente
Il Gabbiano di sale che ha come protagonista Padre Matteo Francescano di
Terra Santa.
Gioved 28 Ottobre 2004 giunto sul Monte Nebo il Principe Carlo di
Inghilterra. Malgrado le condizioni atmosferiche non proprio ottimali, lelicottero reale proveniente dalla Fortezza di Ajlun atterrato puntuale alle 14.30
sul nuovo eliporto costruito a circa 500 metri a est dellingresso principale del
santuario. LOspite accompagnato dal Principe Ghazi bin Muhammad e dallAmbasciatore del Regno Unito a Amman, stato ricevuto dal padre Michele
Piccirillo e da fra George Lewett. Durante la visita si particolarmente interessato al progetto di copertura della Basilica di Mos. Dopo una breve sosta
nel conventino dove ha rmato il Libro dOnore, padre Michele gli ha offerto
a nome dei Francescani di Terra Santa il volume dedicato ai Codici Liturgici
della Custodia tra i quali si trovano i tre preziosi Antifonari dono del Duca di
Lancaster John of Gaunt (1359-1399) glio di Edoardo III e padre di Enrico
IV re di Inghilterra, alla Comunit del Monte Sion.
Ha dato loccasione per ricordare la prima storica visita in Giordania di
un Principe del Galles nel 1882 . Una visita ricordata anche da un Crocisso
recuperato sul mercato antiquario di Londra dallamico Dottor Raouf Abu Jaber che gentilmente mi ha permesso di fotografare il simpatico oggetto ancora
conservato nella custodia dellepoca. Sul dorso della croce si pu leggere il
seguente testo:
This gure of our Lord is stated to have been found at Hesban. It was
given by Sheikh Falah of the Adwan tribe east of Jordan to Prince Edward of
Wales on Saturday in Easter Week April 15. 1882 on bidding farewell to him
and Prince George after they had recrossed the Jordan at the Damieh ford.
Sheikh Falah had ridden for a week as the representative of the Adwan at the
head of the Princes party over the Valleys and Plains of his people. This was
the rst visit paid by Christian Princes to the country of Moab and Gilead for
over six hundred years.
M.P.

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

441

II. RECENSIONI
Ognibene S., La chiesa di Santo Stefano di Umm al-Rasas. Il problema iconofobico, Roma, 2002, pp. 519, graci e foto b/n e colore.
Il volume di Susanna Ognibene recentemente pubblicato, affronta una problematica assai interessante ed intrigante relativa allobliterazione (totale o parziale) delle immagini degli esseri viventi nei mosaici pavimentali del complesso
di Santo Stefano scoperto nella localit giordana di Umm al-Rasas (diocesi di
Madaba).
A tale fenomeno, attestato in numerose altre fondazioni ecclesiali del
Medio Oriente, stata attribuita talora una valenza religiosa collegandolo al
movimento iconoclasta costantinopolitano e in altre occasioni lo si poneva in
relazione con la conquista islamica della regione caricandolo di conseguenza
di un signicato di natura politica. Il termine iconofobia invece, suggerito da
M. Piccirillo (si veda Iconofobia o iconoclastia nelle chiese di Giordania? In
AA.VV., Bisanzio e loccidente: arte, archeologia, storia studi in onore di F.
De Maffei, Roma 1996, pp. 173-191) pone invece in primo piano il problema
della genesi del fenomeno in ambito locale a distanza rispetto ad ambiti teologici o politici della capitale bizantina.
LA., infatti attraverso lanalisi dei mosaici del complesso di Santo Stefano, dove si possono rintracciare ampie lacune dovute proprio allobliterazione
dellimmagine, cerca di indagare le motivazioni che hanno generato tale evento
in termini ideologici e cronologici. Dopo un breve excursus storico (Capitolo I.
La Giordania: inquadramento geograco e storico pp. 19-25), lA. si sofferma
sulla presentazione del sito di Umm al-Rasas con una descrizione accurata
della storia degli studi, delle fonti e dellindagine archeologica svolta nella
localit (Capitolo II. La citt di Umm al-Rasas Kastron Mefaa, pp. 2948). Non manca una dettagliata analisi topograca dellinsediamento rurale di
Umm al-Rasas (e non citt come sottolinea pi volte lA.) con la descrizione
della struttura castrense, del quartiere sito a nord e delle strutture ecclesiali
scoperte.
Il terzo capitolo dedicato alla chiesa di Santo Stefano (Capitolo III. La
chiesa di Santo Stefano, pp. 51-64) dove viene presentato ledicio di culto, la
sua struttura architettonica e i componenti strutturali sia esterni (muratura) sia
interni (arredo liturgico sso: bema, altare, recinzione presbiteriale) analizzando linsieme seguendo un ordine cronologico per fasi costruttive.
Il programma musivo delledicio di culto viene analizzato in base alla
distribuzione organica allinterno delledicio tra area sacra, navata centrale,
navate laterali, cappelle, ingressi e spazi di risulta (vedasi Capitolo IV. Il mosaico di Santo Stefano). Larea presbiteriale infatti, il cui rifacimento rimanda
al 756 d.C. (come si evince dalliscrizione greca), presenta una decorazione

442

RICERCA IN GIORDANIA

prevalentemente geometrica sebbene in un saggio effettuato sotto laltare a


blocco in muratura ha permesso di rintracciare una porzione esigua del pavimento sottostante reso con reticolo di boccioli di rose, decorazione coerente
con quella della navata centrale prima della sgurazione. LA. prosegue con
la sua descrizione dei brani musivi soffermandosi sul riquadro posto presso il
gradino presbiteriale costituito da una fascia con un lungo testo dedicatorio
in greco che riporta la data del 718 d.C. - che potrebbe riferirsi alla momento
della fondazione a cui segue un ampio riquadro che ritrae una articolata teoria di benefattori dove si possono rintracciare i primi segnali iconofobici. La
navata centrale si presenta con una cornice decorata con immagini ispirati al
Delta del ume Nilo, ove si alternano, tra tipici elementi di ora e fauna, dieci
vignette di citt situate proprio sul Delta. Tale decorazione cinge il tappeto
centrale reso in contrapposizione con le immagini della terra organizzate entro
tralicci di vite animati da elementi zoomor e gure umane tutti assoggettati
alla obliterazione totale o parziale. Va sottolineato per che laccurata rimozione era seguita dal ricollocamento delle medesime tessere prive di ordine segno
di una volont di conservazione del manto pavimentale anche a seguito della
deturpazione della sua armonica integrit.
La cappella nord decorata invece da una tabula ansata con iscrizione
a cui fa seguito un ampio riquadro con iscrizioni dedicatorie organizzate intorno ad una personicazione quasi completamente obliterata dallintervento
iconofobico. Si prosegue con un ampio pannello celebrativo dove appaiono
quattro donatori in pose ofciali in primo piano con la vignetta della localit
di Diblaton. La navata settentrionale invece presenta una continua maglia a riquadri ove vengono calate in confronto araldico coppie di volatili, anfore, cesti
ricolmi di frutta e pesci su vassoi. La navata meridionale appare ricalcare la
sua gemella in perfetta armonia iconograca: abbiamo infatti un pannello con
un donatore di Libb Limbon, e due altre iscrizione in cui una menziona un
monaco da Fisga (Monte Nebo) nella veste di evergeta, si alternano poi sfalsati
riquadri e cerchi campiti da volatili, nature morte e piccoli elementi vegetali.
Linnovazione del mosaico di Santo Stefano si rintraccia nella fascia del intercolumnio costituita da otto vignette per lato con altrettante rappresentazioni
di localit urbane della Arabia (lato nord) e delle Palaestinae (lato sud), con
lunico villaggio costituito dalla stessa Kastron Mefaa Umm al-Rasas con un
forte segnale auto-celebrativo .
Linsieme iconograco, a mio modo di vedere, rimanda a tematiche consuete secondo un repertorio consolidato nei pavimenti della zona offrendoci
una generale visione del cosmo con la terra attorniata dalle acque secondo un
ordine che palesa grosso modo quello della realt; non mancano citazioni di
ispirazione classica come i putti pescatori e in genere le tematiche nilotiche,
la codica delle quali esclusivamente sotto il prolo della lettura simbolica,
come suggerisce Susanna Ognibene, appare per lo pi forzata (si veda anche Maguire H., Pagans, Christians and the Representations of Nature, in

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

443

AA.VV., Begegnung von Heidentum und Christentum im Sptantiken gypten,


Reggisberg, 1993, pp. 131-160). Va comunque sottolineato la grande novit
costituita dagli ampi pannelli con i donatori e dalla presenza della fascia con
le vignette topograche.
Estremamente interessante la descrizione offerta sulle modalit di intervento iconofobico osservato su 57 mosaici della zona, che rappresentano circa
un terzo del numero dei pavimenti monitorati dallA. (Capitolo V. Iconoclastia
e iconofobia: le testimonianze archeologiche, pp. 97-116). Lintervento si manifestava solitamente seguendo due interventi distinti: il primo obliterando le
immagini totalmente con una successiva, accurata o a volte rozza, reintegrazione evitando la ricostruzione della trama originaria. Non manca lintroduzione
a volte di piccoli motivi alternativi che possono essere elementi decorativi o
oreali la cui accurata esecuzione a volte appare in perfetta sintonia con loriginale. Tale cura e la presenza di croci tra i motivi sostitutivi (come il caso
della chiesa di Massuh p. 101) ha suggerito di riconoscere in maestranze
cristiane gli esecutori materiali degli interventi iconofobico. Il successivo esame di numerosissime testimonianze di un numero notevole di edici cultuali
del Medio Oriente permette allautrice di attribuire il fenomeno iconofobico
allarco cronologico che va dal secondo al settimo decennio dellVIII secolo.
Lesame delle fonti documentarie dei due ambiti culturali quello bizantino
ed islamico appare estremamente importante per poter denire quali fossero i
motori ideologici che animarono tale scelte e generarono tale fenomeno (VI.
Iconoclastia e iconofobia: le fonti letterarie, pp. 119-140). In primo luogo un
peso notevole attribuito al movimento iconoclasta che colp inesorabilmente
limpero Bizantino nellVIII e nel IX secolo; lA., dimostra attraverso unindagine accurata dei testi lesclusiva limitazione del fenomeno iconoclasta alle
sole immagini sacre senza interessare peraltro le gure umane o animali. In
ambito musulmano invece si assiste ad una dichiarata avversit alle immagini
a partire dai Hadith attribuiti al profeta Maometto e sino al discutibile editto
di Yazid II del 721 d.C. menzionato solo da fonti cristiane. LA. suggerisce
che lobliterazione delle immagini fosse dovuta allutilizzo dei luoghi di culto
cristiani anche da parte dei musulmani come atto dovuto ad estrema necessit
della popolazione cristiana, in condizioni subalterne, di mantenere rapporti
pacici e di tolleranza verso le autorit musulmane. Il volume si conclude
con un ampio catalogo delle immagini animate con descrizione dettagliata,
rilievi graci (fatti dalla stessa A.) e fotograci di altissima qualit organizzati seguendo la divisione del pavimento per aree facilitando la fruizione del
materiale (si rimanda al capitolo VIII. Catalogo delle immagini animate, pp.
151-459 ). Da ultimo stato aggiunto un corpus dei mosaici del Medio Oriente
dove si riscontrano tracce di iconofobia (pp. 467-485), da ultimo una ricca
bibliograa ed indice.
Il volume di Susanna Ognibene riette una lettura accurata di un fenomeno assai complesso di cui non si tenta di trovare una immediata risoluzione,

444

RICERCA IN GIORDANIA

bens si cerca di affrontare in maniera lucida i molteplici tratti salienti della


formazione della problematica iconofobica estremamente attuale nei mosaici
del Medio Oriente. Tralasciando le motivazione ideologiche che animarono
tale avvenimento, appare fondamentale dal punto di vista archeologico collocare cronologicamente lintervento iconoclasta nella prima met dellVIII
secolo (nel caso di Santo Stefano tra il 719 e il 756), confermato peraltro
dalle date del restauri del pavimento di Ain al-Kanisah nel 762 d.C. e quello
del mosaico completamente aniconico della chiesa della Vergine di Madaba
del 767 d.C. come preziosi elementi datanti che ci permettono di stabilire la
vitalit dei centri urbani e rurali e la frequentazione delle stesse proprio in
epoca omayyade.
Basema Hamarneh
Tonghini C., Qalat Jabar Pottery. A Study of a Syrian Fortied Site of the
Late 11th - 14th Centuries, with contributions by H.J. Franken, H.J. de Haas,
J. Kalsbeek and A. Zaqzuq (British Academy Monographs in Archaeology 11),
Council for British Research in the Levant - Oxford University Press, New
York 1998, 132 pp. - 155 g. - 103 pl.
Il libro la pubblicazione della tesi di dottorato sostenuta dallautrice presso
luniversit di Londra nel 1995. La localit di Qalat Jabar, attualmente sulla
sponda nordorientale del lago articiale al-Assad fu scavata dal Dipartimento
delle Antichit siriano negli anni sessanta in vista della costruzione della diga
sullEufrate. Lo scavo tuttavia non venne mai pubblicato, e i registri di scavo
andarono perduti. Lautrice in vista di pubblicare il materiale dello scavo ha
effettuato due sondaggi in modo da poter fare uno studio stratigraco attendibile. Ad una prima analisi la ceramica da mettere nel contesto del materiale
ttile del XI-XIV secolo in Siria del Nord.
Nel primo capitolo vengono presentati ni e metodi della ricerca, tenendo
presente che la valle dellEufrate stata oggetto di studi in particolare nellultimo trentennio del secolo scorso. In questo contesto a pagina 15 la studiosa
scrive: Although political events are unlikely to have a direct impact on the
ceramic repertoire of a given site or region, major changes in ceramic production and distribution may often be related to socio-economic transformations
in a broad sense, and to this extent, at least, they should be seen in conjunction
with political changes. Questaffermazione, fatta per questo particolare caso,
credo possa valere in generale per lo studio della ceramica non solo del periodo
islamico nella nostra regione. Pi avanti viene ancora meglio specicato come
the present research is based on archaeological evidence, focusing on pottery,
and it aims to investigate the history of a site in the middle Euphrates valley,
Qalat Jabar, in that part of the Jazira known as Diyar Mudar. The sources of

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

445

information used in this research consist of historical records, excavations and


archaeological nds, mainly pottery.
Il secondo capitolo una introduzione storico geograca della regione. Il
sito, stando alle fonti storiche arabe, era conosciuto gi in periodo preislamico
col nome di Dawsar e mantenne questo nome no allXI secolo, quando assunse quello di Qalat Jabar, toponimo immutato no ai nostri giorni. Nelle
rimanenti pagine di questo capitolo viene fatto un excursus storico no ai
nostri giorni. La localit fu visitata da Musil nel 1912, mentre poco prima era
stata documentata fotogracamente da G. Bell.
Il capitolo tre uno dei pi importanti del libro, perch in esso viene
fatta la storia degli scavi e viene descritto il sito stesso nelle sue varie parti e
probabili fasi. La localit stata oggetto di scavi archeologici in tre differenti
periodi: sotto il mandato francese, nel 1929; prima della costruzione della
diga, nel 1967; sotto la direzione di A. Zaqzuq nel periodo che va dal 1970 al
1983. Nel 1982 andarono persi i registri di scavo conservati al museo di Hama
e nel corso degli anni il magazzino a Qalat Jabar fu pi volte scassinato.
Soprattutto a causa di questi eventi la difcolt nellorganizzare lo studio dei
materiali dovette essere molto grande. Tuttavia ci fa ancora di pi apprezzare
il risultato ottenuto con la pubblicazione di questo libro.
Di seguito viene fatta una dettagliata descrizione delle varie parti, ancora
in piedi, restaurate o semplicemente scavate, di quella che doveva essere una
cittadella forticata, circondata da mura in mattoni cotti dalle quali sporgevano
almeno 35 torri. Allinterno si possono individuare una serie di edici: un edicio coperto a volte, presso la posta di sud-ovest; il minareto cilindrico a base
quadrata, costruito probabilmente da Nur al-Din verso il 1170, recentemente
restaurato; ledicio ad est di questo, identicato con una moschea. A proposito
della moschea, lautrice nota come, a differenza dello scavo di Zaqzuq, nel
sondaggio da lei praticato non ha potuto registrare una fase mamelucca. Perci
it thus seems that the Mamluk (and Ottoman) phase at the site is not well
represented (p.26). Altri edici localizzabili sono una cisterna, un serbatoio e
un altro edicio a sud-ovest.
Nel quarto capitolo vengono presi in esame i due sondaggi effettuati nellottobre del 1992. Mentre il primo andato in profondit no ai livelli pi
antichi di XI secolo, il secondo si fermato ai livelli pi alti cercando di chiaricarli. Dal punto di vista cronologico, gli strati pi antichi sono databili alla
seconda met dellXI secolo e si distinguono per la presenza della caratteristica
early glazed slip-ware; un altro strato ben individuabile grazie alla presenza
della cosiddetta grafta ware databile al XIV secolo. Nelle fasi intermedie
da notare lapparizione della ceramica invetriata con disegni sotto il vetro risalente la periodo aiubide. Pi avanti lA. precisa come lunico dato cronologico
certo il fatto che la fase IV del primo sondaggio pi tarda della costruzione
della moschea, che secondo le fonti stata costruita da Nur al-Din Mahmud
dopo i terremoti del 1157 e del 1170. In questoccasione furono rinforzati i

446

RICERCA IN GIORDANIA

muri e costruito il minareto. Da ci si ricava il terminus post quem per le fasi


IV e V dei sondaggi, cio gli anni 1168-1174.
Pi in generale, cercando di ricostruire una cronologia coerente con i dati
stratigraci, si propone per la fase pi antica a cui risalgono le prime costruzioni al 1071-72, in accordo con la datazione della ceramica rinvenuta (fritware 1
o early glazed ship-ware). Per la fase II non viene proposta nessuna datazione
assoluta, mentre si registra che la fase III risale al 1168-1176, periodo in cui
larea del sondaggio venne usata come discarica. La fase IV, che comincerebbe
verso il 1174 per concludersi nel 1259 con linvasione mongola, caratterizzata dallapparizione della fritware 2 o underglaze-painted. Vi poca evidenza
delloccupazione in periodo mamelucco, probabile che dovette essere meno
intensa rispetto ai periodi precedenti. Tuttavia si registra la presenza di grafta
ware. I rinvenimenti di supercie portano inne a ritenere che il sito fu frequentato anche nel tardo periodo ottomano, a cui risalgono i tanti frammenti
di pipa ritrovati.
Nel quinto capitolo lattenzione viene concentrata sulla ceramica, o meglio
su una classicazione e uno studio tipologico di essa. Allinizio viene posto
un interessante principio metodologico, che possiamo considerare valido per
chiunque voglia studiare il materiale ttile proveniente da uno scavo. The
typology established at Qalat Jabar is meant as a proposal of classication
of the pottery excavated at the site organized on an archaeological basis. The
ultimate aim of such a classication is that of understanding and placing Qalat
Jabar in a given chronological and cultural context. In fact, in the intention of
this work, a detailed classication of the pottery is only a starting point; pottery
is treated as documentary evidence, at the same level as historical sources or
stratigraphic data... The typology established here, intending to focus on the
understanding of the site in its historical context, made an attempt to identify
general visual criteria of classication which could be applied elsewhere (p.
37). Posto questo principio, si passa allo studio vero e proprio della ceramica
che viene divisa per classi e sottoclassi.
Nella conclusione lA. mette in evidenza come si sia cercato con successo
di dare coerenza alle informazioni parziali e spesso limitate provenienti dalle
fonti storiche, dai dati degli scavi e dal materiale ceramico. In questa operazione si rivelata particolarmente importante la ceramica.
Pottery, on which this study has focused at length , has played a particularly signicant role as a link between the absolute chronological framework
provided by the historical record, the relative chronology of the new sondages
excavated and the published archaeological literature (p. 69).
La ceramica proveniente dagli scavi precedenti viene trattata fuori da contesti stratigraci, poich i registri che si riferivano ad essa sono andati persi
nel 1982. Questo materiale invece analizzato dal punto di vista tipologico,
sulla base di criteri stabiliti dallA. Tuttavia questa ceramica rappresentativa
per il sito, dal momento che tutte le tipologie sono state rinvenute nei nuovi

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

447

sondaggi, bench vi siano differenze tra le relative proporzioni dei vari tipi. Da
qui il tentativo di mettere in relazione i cambiamenti nella produzione ceramica
con le trasformazioni di carattere storico, grazie soprattutto al contesto cronologico fornito dai nuovi sondaggi. Passando ad analizzare le tipologie, lA.
nota come la fritware, che normalmente viene semplicemente denita Raqqa
ware, venga distinta in ben cinque sotto classi. La turquoise-glazed ware, che
prima era ritenuta il tipo pi comune di ceramica nella valle dellEufrate durante il periodo aiubide, a Qalat Jabar la si trova in quantit limitate, perch
probabilmente ritenuta una ceramica pi povera rispetto a quella sopra, che pur
essendo pi pregiata si trova qui diffusamente, in quanto con ogni probabilit
a Qalat Jabar era un centro di produzione di questa ceramica. Per le altre
classi ceramiche non vengono tratte conclusioni particolari, dal momento che
non si sono avuti grossi riscontri nei sondaggi. In particolare la grande quantit
di lead-glaze ware, ritenuta linvetriata per eccellenza del periodo mamelucco
in questa regione, raccolta in supercie, ma poco registrata nei sondaggi, pu
essere interpretata come segno dellimportanza che ancora aveva il sito e della
contemporanea progressiva diminuzione dellattivit produttiva, testimoniata
anche dalla presenza di porcellana verde di provenienza cinese da far risalire
allo stesso periodo. Ancora pi esigue sono le conclusioni da trarre per la ceramica non invetriata dal momento che questa nei sondaggi stata rilevata in
quantit veramente esigue, non riuscendo a fornire un quadro cronologico denito per la ceramica fuori contesto che viene comunque presentata, riferendola
genericamente al tardo XI-XIV secolo, in un vasto campionario di tipi, molti
dei quali neanche confrontabili con la ceramica dei siti della regione.
Pi in generale vengono tratte alcune conclusioni di carattere storico per
Qalat Jabar. Il sito, bench i dati sul campo sono riconducibili al massimo
a contesti di XI-XII secolo, attestato nelle fonti gi al V-VI secolo, se non
addirittura al II. DallXI secolo Qalat Jabar una delle fortezze costruite
nella regione della Jazira e della Siria del nord per controllare il territorio e le
strade e diviene presto un importante centro di produzione ceramica. Linvasione mongola del 1259, descritta dalle fonti, non ha lasciato tracce evidenti
negli scavi. Tuttavia la discontinuit tra il materiale precedente e quello successivo a questo periodo fa ritenere probabile che la fortezza possa aver subito
sostanziali modiche durante e dopo linvasione. Andando avanti nella storia
Qalat Jabar rimase uno dei pochi centri importanti della regione no al XIV
secolo. Tuttavia dopo il periodo mamelucco la fortezza and progressivamente
perdendo di importanza no ad essere del tutto abbandonata o abitata saltuariamente da popolazione nomade. Evidenza di una occupazione di questo tipo in
periodo ottomano, alla ne del XIX secolo, inizi del XX, sono i resti di pipe
diffusamente rinvenuti in supercie.
Scorrendo il resto delle pagine si apprezza la presenza di alcune appendici.
Di particolare interesse quella di A. Zaqzuq, in cui viene fatta unanalisi mura
e una breve relazione riguardante scavo da lui diretto.

448

RICERCA IN GIORDANIA

Dal punto di vista tipograco, il volume nel suo formato ampio fa ben
apprezzare i disegni e le foto, mentre ill testo impaginato su due colonne e
non risulta di difcile lettura nonostante il corpo piccolo.
Bench relativa ad una regione diversa e a periodi storici differenti, levoluzione storica di un sito come quello di Qalat Jabar ci fa pensare a quella di
Umm al-Rasas, perci guardiamo con interesse alla metodologia adottata dallA. per rendere coerenti i dati storico-archeologici, nel tentativo di ricostruire
la storia abitativa della fortezza. Tentativo particolarmente apprezzabile viste
le oggettive difcolt a cui si dovuto far fronte.
Bisogna altres sottolineare limportanza dello sforzo compiuto in questo
libro nel campo dello studio tipologico della ceramica aiubide, mamelucca e
ottomana, che a tuttoggi salvo alcune eccezioni non stata sufcientemente
studiata, come lo sono state invece le classi ceramiche di periodi storici precedenti quali ad esempio quello romano o bizantino o nanche ommayade.
Carmelo Pappalardo
Piccirillo M. (a cura di), A 70 anni dallinizio dellindagine archeologica sul
Monte Nebo in Giordania, 1933-2003 (SBF Collectio Maior n. 45), Jerusalem
2004.
Dal 13 Luglio 1933 sono trascorsi 70 anni. Dando il via ai lavori di scavo delle
rovine di Siyagha da poco acquisite, la Custodia di Terra Santa intendeva ridare
vita al Memoriale di Mos che gli esploratori avevano identicato, con laiuto
delle memorie dei pellegrini di epoca bizantina e della tenace memoria storica
della toponomastica araba, nel cumulo di pietre dirute che coprivano la cima
occidentale della Montagna di Nebo.
Dallestate del 1973, in modo praticamente ininterrotto, toccato a noi e a
chi con noi ha condiviso gli entusiasmi, le preoccupazioni e la fatica, continuare
il lavoro dei pionieri che componevano la prima missione francescana animata
dalla vitalit operosa di fra Girolamo Mihaic, archeologi, architetti, fotogra,
muratori, fabbri e semplici operai, di cui, a cominciare dal 1935, fece parte anche padre Bellarmino Bagatti che ha signicato nei lunghi anni di convivenza
nello Studium Biblicum Franciscanum la memoria storica di quegli anni.
Durante gli ultimi trenta anni abbiamo cercato di operare con lo stesso
entusiasmo dei nostri predecessori, continuando anno dopo anno la ricerca
archeologica, intervenendo a risolvere i problemi pi immediati, e nello stesso tempo, con il prezioso aiuto di amici professionisti, afnando una visione
generale di salvaguardia del territorio, dalla cima di Siyagha con il santuario,
estesa a quella di Khirbat al-Mukhayyat, e a tutta la montagna, con la denizione dei conni del Mount Nebo Archaeological Park presentato nel 1998 al
compianto Re Hussein accompagnato dalla documentazione raccolta e pubbli-

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

449

cata nel volume Mount Nebo. New Archaeological Excavations 1967-1997.


Rispetto ai nostri predecessori, siamo stati avvantaggiati dal lungo periodo di
pace e di relativa stabilit goduta dalla Giordania, in un Vicino Oriente sempre
in fermento, che ci ha permesso una contituit di presenza e degli interventi
man mano chiariti e decisi.
Il Grande Giubileo del 2000 per noi culminato con la visita di preghiera di
Papa Giovanni Paolo II al Memoriale di Mos, se da una parte ci ha permesso
di realizzare alcune opere al servizio del santuario e dei pellegrini, come il
viale lastricato di ingresso, una ideale Via della Pace che ha nel messaggio
ripetuto in tre lingue sul monolito in pietra dellAmore tra i Popoli il suo fulcro, e il Mount Nebo Interpretation Center inaugurato il 15 Marzo del 2001
dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, dallaltra ha
acuito il desiderio e la necessit di dare alla Basilica un volto pi coerente con
la memoria storica e biblica e con i tesori darte della comunit cristiana di
Arabia che vi sono conservati.
La pubblicazione dei progetti offerti da diversi gruppi di architetti a 70
anni dallinizio dei lavori sul Monte Nebo, vuole essere un passo importante
in questa direzione.
Di architetti ne sono passati tanti al Nebo, alcuni di passaggio, altri come
parte integrante del nostro gruppo di lavoro. A cominciare dal primo, larch.
Cesare Calano dellUniversit di Roma, a Vito Sonzogni giunto nel 1989, tutti
si sono in qualche modo cimentati con limpresa, per lo pi abbandonandola
dopo i primi entusiasmi, anche se le loro proposte sono rimaste come preziosi
suggerimenti di riessione. Questa pubblicazione, che il Presidente della Repubblica Italiana ha voluto onorare con una sua presentanzione, sta infatti a
dimostrare che alcuni hanno accettato la sda e hanno voluto portare no in
fondo la loro proposta.
Il fenomeno di dissesto della struttura metallica e delle murature perimetrali, che ha interessato anche i pavimenti mosaicati delle cappelle meridionali
e il monolito del fonte battesimale, ha reso lintervento di drammatica attualit.
Consapevoli che anche questo volume un passo interlocutorio, e un momento
importante e determinante per il futuro del santuario.
La nuova copertura a protezione della ricca eredit storica da noi riportata alla luce dovr favorire la sosta di preghiera dei pellegrini, nel ricordo di
Mos Profeta e Uomo di Dio che alla ne della vita da questa cima, secondo
il racconto biblico del Deuteronomio, ebbe modo di contemplare la valle del
Giordano e del Mar Morto di fronte a Gerico e a Gerusalemme. Lavoriamo
per dare a tutti la possibilit di una pausa di riessione e di preghiera, con un
augurio di pace in particolare per gli abitanti del Vicino Oriente, ebrei, cristiani
e musulmani che in Mos riconoscono un profeta e uomo di Dio.
Riportiamo a conclusione il sommario del volume.
Introduzione. - PARTE PRIMA. Interventi di restauro e conservazione:
M. Piccirillo (Il restauro del Memoriale di Mos sul Monte Nebo); L. Marino

450

RICERCA IN GIORDANIA

(Monte Nebo - Siyagha. Materiali da costruzione, strutture e loro stato di


conservazione); W. Brown Morton III (Conservation Recommendations for
the Menorial of Moses on Mount Nebo) - PARTE SECONDA. Progetti di
copertura per il Memoriale di Mos: P. Malesani (Indagini geologiche e geologico-tecniche. Progetto degli interventi di consolidamento) - Ing. Guccio
Galluzzi - Arch. Markus Scherer - Padre Costantino Ruggeri e Arch. Luigi
Leoni - Arch. Luigi Marino - Arch. Italo Insolera - Arch. Thierry Bogaert Arch. Luisa Fontana - Arch. Andrea Balsimelli - Arch. Daniele Vitale - Arch.
Roberto Sabelli. - Arch. Vito Sonzogni (Progetto per la Chiesa del Battesimo
sul ume Giordano).
Michele Piccirillo
Studium Biblicum Franciscanum - Monte Nebo

RECENSIONI E LIBRI RICEVUTI

LA 54 (2004) 451-504

RECENSIONI

Cortese E.
Carbone S.P.
Rizzi G.

La preghiera del re. Formazione, redazioni e


teologia dei Salmi di Davide (A. Mello)

455

Aggeo, Gioele, Giona, Malachia (M. Pazzini)

457

Lust J.
Eynikel E.
Hauspie K.

Greek-English Lexicon of the Septuagint (R. Pierri) 459

Fricker D.

Quand Jsus parle au masculin-fminin (F. Manns) 472

Tini O.

La fraternit e la famiglia di Ges in Mc 3,31-35


(G. Bissoli)

474

Orlando L.

Il Vangelo di Giovanni. Lettura teologica


(F. Manns)

476

Orlando L.

Le lettere di San Giovanni. Lettura teologica


(F. Manns)

476

Afdati alla Parola. Ricerche sullOpera di Luca


(L.D. Chrupcaa)

478

San Luca Evangelista testimone della fede


che unisce (G.C. Bottini)

480

Lettere di Pietro. Lettera di Giuda (F. Manns)

483

Liber Scripturae. Miscellanea in onore di


P. Francesco Tudda ofm (G.C. Bottini)

484

Betori G.
Leonardi G.
Trolese F.
Mazzeo M.
Lopasso V.
Parisi S.
Mosetto F.

Ecce ascendimus Jerosolymam (Lc 18,31).

454

RECENSIONI

Schneider A.
McCloskey P.
Balch D.L.
Osiek C.
Chial S.
Adinol M.
Passoni
dellAcqua A.
Krger J.

Miscellanea di studi offerti per il 75 dello


Studentato Teologico Salesiano in Terra Santa
e il Centenario dellIspettoria salesiana del
Medio Oriente (L.D. Chrupcaa)

486

The Lord Is the Spirit. Essays Honoring


Bernardin Schneider (G.C. Bottini)

488

Early Christian families in context.


An interdisciplinary dialogue (C.M. Paczkowski)

490

Isacco di Ninive. Discorsi ascetici. Terza collezione


(M. Pazzini)
493

Enrico Rodolfo Galbiati. Un maestro


(G.C. Bottini)

494

Die Grabeskirche zu Jerusalem. Geschichte


Gestalt Bedeutung (G. Geiger)

496

CORTESE E. LA PREGHIERA DEL RE

455

Cortese Enzo, La preghiera del re. Formazione, redazioni e teologia dei Salmi di Davide (Suppl. alla Rivista Biblica 43), Bologna 2004
Enzo Cortese, tra i biblisti italiani, si distingue per la sua combattivit e la sua
originalit. Combattivo lo perch non gli manca mai il coraggio di infrangere
dei tab consolidati; originale perch non si limita a difendere posizioni conservatrici ma, dal confronto polemico con le tendenze esegetiche pi recenti,
sa derivare nuovi stimoli ed enucleare nuove piste di ricerca.
Negli ultimi anni, si occupato con sempre maggiore frequenza del Salterio, della sua formazione e delle sue tappe redazionali. Adesso ci presenta uno
studio interamente dedicato ai Salmi di Davide, ossia alle raccolte salmiche
che portano lintestazione le-Dawid: Sal 341 (Dvd 1); Sal 5171 (Dvd 2) e
Sal 138145 (Dvd 3); pi altri salmi davidici sparsi, come i Sal 108110; pi
ancora quei salmi che, pur non essendo davidici, da Gunkel in poi sono considerati unanimemente come regali o messianici, come Sal 2, 45, 72, 89, 132.
In pratica, lA. ricostruisce lintero dossier dei salmi a carattere regale, che si
tratti di preghiere fatte dal re o a lui destinate.
Naturalmente, questo lavoro ha dei precedenti, in particolare gli studi di
Eaton e di Croft (nei quali Cortese individua la direzione giusta), ma oggi,
secondo lA., ostacolato da una serie di presupposti negativi, in particolare
lipotesi di una macro-redazione postesilica di tutto il Salterio e la sua cosiddetta davidizzazione midrashica, che non sarebbe pi antica dellautore
delle Cronache. Gli argomenti di Cortese, per contrastare questi presupposti e
dimostrare che le raccolte davidiche rappresentano delle antiche preghiere
regali, sono riassumibili, mi sembra, in questi quattro punti:
a) Antichit linguistica. LA. fa valere un dato linguistico confortato dallugaritico (Dahood, nonostante le esagerazioni): lebraico dei Salmi antico,
sicuramente preesilico (Hurwitz, com noto, fa eccezione per soli 9 salmi, tutti
successivi al Sal 103), quindi di epoca monarchica. La tendenza della scuola
macroredazionale di saltare a pi pari questepoca dellebraico classico, considerando alcuni salmi magari antichissimi, premonarchici, ma tutti gli altri
postesilici. LA. lamenta che questi dati linguistici, messi in risalto soprattutto
dalla scuola israeliana (oltre a Hurwitz, anche Young) non siano abbastanza
considerati dallesegesi salmica, soprattutto da quella di area tedesca.
b) Vocabolario regale. Alcuni termini chiave dei salmi davidici sono tipicamente regali. Kavod, gloria (da non correggere mai in kevedi, mio intimo)
lo splendore regale, e a torto, per es. nel Sal 8, si considera democratizzato.
Chesed (we-emet) indica la particolare predilezione divina verso il re che ,
propriamente parlando, suo glio (Sal 2; 110), come dimostra pi di tutti il Sal
89 dove si rilancia la promessa di Natan a David. Zedeq e mishpat, non solo nei
Salmi, ritraggono lideale di giustizia praticato dal re, quale emerge specialmente nel Sal 72. Anche la radice j-sh-, che pu avere il signicato di vittoria
militare, rientra molto agevolmente nel quadro dellideologia regale.

456

RECENSIONI

Tutti questi sono termini ad altissima frequenza nel Salterio. LA. non pretende che siano, ipso facto, sintomatici di una teologia regale (nel qual caso,
largomento rischierebbe di essere circolare), e ammette che possano essere
usati anche in sensi derivati o non regali. Ma sostiene con forza che lipotizzata democratizzazione di questa teologia accettabile solo nel senso che i fedeli
diventano partecipi della regalit; non nel senso che al re e alla teologia regale
e messianica si sostituisce lidea democratica e il comune fedele (p. 52).
c) Presenza dei nemici. Questo un punto su cui si discute da molto tempo. Gi Birkeland (1955) si era accorto che i nemici dei Salmi possono essere
anche i gojjim: quindi non sono nemici personali ma politici, internazionali.
LA. segue, a grandi linee, questa interpretazione: sono i nemici del re, salvo
precisare che un re pu avere anche dei nemici personali. Oggi, piuttosto, vi
una tendenza anche eccessiva alla metaforizzazione: la descrizione dei nemici,
nei Salmi, sarebbe una metafora per indicare le forze ostili contro cui ciascuno
si trova a dover lottare (anche in termini psicologici). Perci non mi dispiace
che i nemici di Cortese, in questo caso, siano gli esegeti tedeschi fautori dellio
privato nella preghiera dei Salmi.
d) Paralleli extrabiblici. Anche qui, in un excursus introduttivo sulle lamentazioni individuali assiro-babilonesi, lA. entra in polemica con Gerstenberger circa la pertinenza del raffronto fra le preghiere a mano alzata e i
nostri Salmi. Questo un terreno su cui, per mancanza di competenza, io non
posso seguirlo. Fatto sta che la sua conclusione questa: Molte delle stesse
preghiere o intercessioni shu illa fan parte del rituale del re e non sono iniziativa privata (p. 14). Questo, del resto, vale per tutta la documentazione orientale
antica: Mesopotamia, Ugarit, Canaan, oltre, ovviamente , allEgitto.
Da tutto ci consegue che le lamentazioni individuali del Salterio non
sono affatto individuali o private (forse, a questo punto, non ha nemmeno pi
senso mantenere ancora la nomenclatura di Gunkel) ma destinate a un culto
pubblico, nel tempio, il cui protagonista , appunto, il re. Questa ipotesi viene
vericata dallA. in tutti i Salmi considerati che sono, complessivamente, pi
di ottanta, quindi pi di un semplice campione. Questo esperimento mi sembra
perfettamente riuscito e lipotesi convalidata (direi che quella analitica la
parte pi riuscita del libro, pi ricca di osservazioni puntuali e pertinenti).
Ma il saggio di Cortese presenta, secondo me, un altro aspetto interessante,
e riguarda la formazione della raccolte davidiche. Qui, se non sbaglio, lA.
raccoglie la sda posta dallodierna esegesi sincronica o strutturale, ma la fa
interagire con osservazioni di natura diacronica, che ne modicano i presupposti. Per esempio, Cortese osserva che il Sal 14 identico al Sal 53, e quindi
ne deduce che la primitiva raccolta (Sal 314) continuasse in Sal 52ss (cio
in Dvd2, a eccezione del Sal 51). Analogamente, dal fatto che Sal 40=70, egli
deduce lo stesso tipo di continuit fra Sal 40 (41) e 69ss (gli spostamenti dipenderebbero dallinserzione del Salterio elohista). Non posso qui riprodurre
per lo e per segno tutta questa dimostrazione; mi limito a indicarne, som-

CARBONE S.P. - RIZZI G. AGGEO, GIOELE, GIONA, MALACHIA

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mariamente, la conclusione: Scopriamo cos due grosse sezioni dellantico


salterio davidico preesilico emerso dal nostro studio: quella delle lamentazioni
individuali contro i nemici che, dopo 3-14, continuava in 52-64, in Dvd 2, e
quella delle lamentazioni individuali per malattie e peccati che, dopo 30-41 e
51 e dopo 69ss continuava in Dvd 3, col tema della vecchiaia, una malattia
senza speranza di guarigione (p. 107).
Per limitarci a Dvd 1, la struttura presentata da Cortese la seguente: a)
Sal 314, dominata dalla presenza dei nemici; b) Sal 1522 (non si capisce
bene se si debba includere o escludere il Sal 23), che ha come centro la lode
del re (Sal 18; 2021; anche il sole del Sal 19A interpretato in senso regale,
prima di essere attualizzato nella Tor); c) Sal 2429, incentrato sul tempio;
d) Sal 3041 (e 51), dedicati al peccato e allespiazione. Se si confronta la
struttura qui proposta con quella ormai classica di Hossfeld-Zenger (e Barbiero), le divergenze saltano agli occhi. Cortese non considera come inclusive
le due liturgie della porta (Sal 15 e 24), ma d loro un valore introduttivo a
due diverse unit. Perch no? Il Sal 24, a sua volta, farebbe inclusione con il
Sal 29, che celebra la manifestazione della gloria nel tempio. Similmente, non
sarebbero neppure inclusivi i due Salmi alfabetici 25 e 34 (considerati tardivi).
Tutto da discutere, ma intanto un risultato c gi: quello di incrinare lodierna
ortodossia hossfeldzengeriana!
Oltre a questi innegabili meriti scientici, bisogna aggiungere che il libro
ha anche il pregio di una notevole leggibilit. La dimostrazione della tesi salmo
dopo salmo favorisce la coerenza e lo sviluppo di una visione molto chiara.
Lo studio compatto e lineare, senza divagazioni erudite e senza perdere di
vista gli obiettivi che si propone. Anche le note sono ridotte al minimo indispensabile. Kol ha-kavod!
Alberto Mello
Carbone Sandro Paolo - Rizzi Giovanni, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia.
Secondo il testo ebraico masoretico, secondo la versione greca della LXX,
secondo la parafrasi aramaica targumica, Edizioni Dehoniane, Bologna 2001,
544 pp., 54.23
il quinto volume della serie che comprende gi undici profeti minori su dodici
(manca allappello il solo Zaccaria). Il lavoro consiste nella traduzione critica /
annotata dei testi originali in italiano con lintento di fare risaltare le modiche
che il testo subisce nel passaggio dallebraico al greco e allaramaico. Lopera
documenta, altres, il cammino del testo dentro la comunit che linterpreta
secondo lantico detto: La Scrittura cresce con chi la legge. A questo volume,
oltre ai due autori principali S.P. Carbone e G. Rizzi, hanno collaborato anche
E. Poli per il TM-Targum di Aggeo e F. Pesarin per la traduzione dal testo
greco di Aggeo, Giona e Malachia.

458

RECENSIONI

Nel suo complesso si tratta di unimmensa mole di lavoro che potremmo


a ragione denire commentario esegetico sia del TM che della LXX e del
Targum, il quale, oltre che servire da primo approccio ai tre testi, veicola
tantissime informazioni di diverso genere e spessore. Nelle introduzioni che
precedono le tre traduzioni sinottiche sono riassunte le problematiche desunte
dal testo o dalla sua trasmissione plurisecolare.
Ho letto con attenzione la parte dedicata al TM di Giona, preparata da G.
Rizzi, che copre 100 pagine piuttosto dense, la maggior parte delle quali
dedicata ad introduzioni e note. Alle pp. 216-217 vengono elencate le poche
varianti testuali del TM; subito dopo viene discussa una possibile opera di
glossatura del TM di Giona; interessanti le questioni sintattico-grammaticali e
di stilistica trattate alle pp. 218-219, cui seguono tre pagine dense di questioni di lologia che possono rappresentare una buona introduzione alla lingua
di Giona; seguono un paio di pagine di critica letteraria dove Rizzi studia il
fraseggio di Giona in comparazione con la tradizione letteraria biblica (p. 221222); sul versante giudaico vengono evidenziati diversi elementi del midrash
halakah e del midrash haggadah, per terminare con un paragrafo dedicato alle
citt della vicenda di Giona. Lo stesso tipo di lavoro introduttivo viene fatto
con la LXX e con il Targum.
Il testo delle tre fonti viene poi tradotto in parallelo e annotato (p. 255311): anche qui le note esplicative occupano la maggior parte della pagina
(circa i due terzi). Il testo tradotto disposto su tre colonne per pagina. Nella
colonna di sinistra scorre la traduzione del TM e, appaiate al suo anco, quelle
della LXX e del testo targumico. A fondo pagina (o nelle pagine seguenti) sono
sistemate le numerose note per i tre testi, le quali danno ragione delle varianti
riscontrate e contribuiscono in maniera notevole alla retta comprensione dello
scritto. La felice disposizione in parallelo dei tre testi fa risaltare la differente
lunghezza dei versetti e permette, quindi, di notare i frequenti ampliamenti testuali, in particolare del Targum. Dalle numerose citazioni si evince che stato
consultato sistematicamente anche il testo siriaco della Peshitta, soprattutto in
relazione alla lingua del Targum.
Mi permetto un paio di osservazioni. 1) Mi riesce difcile comprendere
perch spesso vengano usate parole in inglese, nel testo e in nota, quasi a
voler spiegare meglio il testo ebraico, come ad es. a p. 218: what are you
doing asleep? (testo), great (even) for God (testo), but Yahweh on his
part (nota 18); east of (nota 23); from raging against us (nota 24).
Queste espressioni in lingua inglese si potrebbero rendere bene anche in
italiano. 2) Talvolta vi sono brani presi da una parte del testo e riproposti integralmente in nota (o viceversa). Ad es. Il nome ebraico collegato (p.
226 e p. 256 nota 2); oppure, in maniera pi sfumata, lappellativo di grande
citt (p. 228 e p. 256 nota 4). Queste riprese ad litteram potrebbero essere evitate apportando leggere modiche al testo, oppure accontentandosi di
rimandi pi generici.

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

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In generale il lavoro, certamente pi analitico che sintetico, evidenzia i


problemi nel loro complesso, ma non sempre li risolve (del resto non questo lo scopo dellopera); per questo risulta, forse, un poco dispersivo, anche
se rimane di certo molto ricco e stimolante. un volume da raccomandarsi
a chiunque voglia sviscerare la problematica concernente i Dodici profeti da
un punto di vista comparativo (testo ebraico, greco e aramaico; questioni
lologiche; ambiente giudaico; ambiente del Vicino Oriente). I lettori culturalmente pi attrezzati potranno sfruttare al meglio le ricche informazioni
ivi contenute.
Massimo Pazzini, ofm
Lust J. - Eynikel E. - Hauspie K., Greek-English Lexicon of the Septuagint.
Revised Edition, Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart 2003, CII-678 pp.
Il Lessico qui recensito raccoglie in un unico volume i testi riveduti delle due
parti pubblicate nel 1992 (A - I) e nel 1996 (K - W). Esso si apre con le Prefazioni alle diverse edizioni a cui fa seguito unampia e articolata Introduzione
curata da J. Lust e che riassumiamo per sommi capi.
Il volume contiene tutte le parole delledizione di Rahlfs e i nomi propri che corrispondono a traslitterazione di nomi comuni ebraici. prevista
unedizione che comprender tutti i nomi propri. Per offrire dati statistici
relativi alle occorrenze gli AA. hanno diviso il corpus dei libri in cinque
gruppi: Torah, Primi Profeti compresi 1Cr e 2Cr, Profeti Posteriori, Scritti
(senza Cronache), e libri non compresi nella Bibbia Ebraica. Ad ogni gruppo
si abbina un numero, un sesto d il totale delle occorrenze. La classicazione
dei libri ordinata secondo il canone ebraico e i nomi dei libri sono quelli
ebraici (XIII).
Oltre alla traduzione dei lemmi, nelle voci dato rilievo a quattro casi
particolari: (a) alle forme verbali e aggettivali (substantival): queste seguono
immediatamente le traduzioni offerte; (b) a espressioni etichettabili come classiche e a combinazioni di parole poco comuni o che si adattano poco al greco
classico ma che sono resa letterale di forme idiomatiche ebraiche; (c) a passi
dove il testo greco pu essere corrotto; (d) a passi dove i Settanta (= Lxx)
divergono dal testo masoretico (= TM) per errata lettura del testo ebraico, per
aver letto il testo di riferimento ebraico in modo diverso o per aver usato un
testo leggermente differente.
Una parola indicata come neologismo (= neol.), quando attestata solo
nei Lxx e nella letteratura che ne dipende. Qualora occorra anche nei papiri e
nella letteratura contemporanea, a cominciare, come punto di riferimento post
quem, da Polibio (II sec. a.C.), alla sigla viene aggiunto un punto interrogativo
(= neol.?). Dunque la sigla neol. indica che, con probabilit, la parola non

460

RECENSIONI

usata prima della composizione dei Lxx. Ma si tratta di una designazione,


avverte Lust, orientativa: non si conosce con esattezza, quando i libri compresi
nei Lxx furono scritti (e/o tradotti) e la datazione di altri testi, soprattutto delle
iscrizioni (XIV).
Il greco dei Lxx innanzi tutto greco di traduzione. Pertanto un Lessico dei
Lxx deve fare riferimento alloriginale semitico almeno dove le differenze tra
una parola greca e lequivalente semitico possono essere spiegate sul piano del
morfema e quando parole greche appaiono incomprensibili per il fatto dessere
traslitterazioni o perch hanno acquistato il signicato delle parole ebraiche o
aramaiche sottostanti.
Alla questione della lingua dei testi dei Lxx sono dedicati diversi paragra. Dopo aver accennato brevemente alle posizioni di J.A.L. Lee (il greco
dei Lxx sostanzialmente quello della Koin) e di G.A. Deissman che not
le corrispondenze del vocabolario del NT con quello dei papiri, Lust afferma
che la sintassi e lo stile dei Lxx inducono a non equiparare semplicemente la
loro lingua a quella della Koin. Ci per due ragioni principali: (a) La sintassi
(da intendere qui come disposizione delle parole) dei Lxx pi ebraica che
greca (quale prova dellaffermazione, nella nota 29 si fa riferimento al CATSS
= Computer Assisted Tools for Septuagint Studies, da dove, notiamo, appare
evidente che i traduttori hanno volutamente fatto corrispondere la posizione
degli equivalenti greci con quella delle parole ebraiche); (b) nessun autore del
periodo classico o della Koin avrebbe mai scritto secondo lo stile dei Lxx
(XVII-XVIII).
evidente lattenzione con la quale i traduttori hanno scelto i termini per
la traduzione. Non abbondano neologismi puri e alcuni termini rari nei Lxx
sono attestati nella Koin e nei papiri. Talvolta i traduttori hanno forgiato nuovi
termini con laggiunta di pressi a vocaboli esistenti o traslitterando lebraico.
Ad ogni modo non sempre il campo semantico dellequivalente greco corrisponde del tutto a quello del vocabolo ebraico tradotto (v. eijrhvnh - MwlDv).
Il greco dei Lxx (per lo pi!) di traduzione e le differenze con la lingua ebraica sono notevoli. Se si tiene conto che i traduttori hanno cercato di
rendere il testo semitico il pi fedelmente possibile, necessario spiegare le
ragioni delle divergenze. Rimanendo nel campo del lessico, le cause possono
essere state: una Vorlage diversa dal TM; fraintendimento del testo ebraico o una comprensione diversa rispetto a quella dei masoreti; la tendenza
ad adattare il testo al pubblico di destinazione e al suo ambiente culturale
(XVIII-XIX).
Spesso i Lxx costituiscono il primo commento alle scritture ebraiche e
nello stesso tempo contengono le scritture canoniche della chiesa primitiva. Rimane discusso se considerali unopera letteraria a s, nel senso che si possono
studiare anche senza tener conto della loro situazione storica (without reference
to its historical situation): probabilmente Lust fa riferimento alla situazione
storica politico-culturale che ha creato le condizioni in cui hanno avuto luce

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

461

i libri dei Lxx; cf. The Public and Their Language, XIX-XX. Mostra di
essere daccordo con quegli studiosi (cita J. Coste e T. Muraoka) per i quali
la specicit dei contenuti dei Lxx messa in luce soprattutto dal confronto
con il TM. Per Lust ci implica che non possibile dimenticare che i Lxx
costituiscono in gran parte una traduzione.
Pertanto esprime meraviglia, quando several leading authorities, pur
accettando che un lessico dei Lxx debba offrire in primo luogo il signicato
inteso dal traduttore, sostengono poi che non bisogna far riferimento, se non
raramente, al testo semitico.
In contrasto con questa posizione Lust sostiene che se lo scopo di un lessico dei Lxx quello di dare il signicato delle parole cos come erano intese
da un pubblico che non aveva alcuna conoscenza del testo semitico sottostante
quello greco, allora si possono evitare riferimenti allebraico. Ma se si sceglie
di offrire il signicato inteso dal traduttore, lopzione non pu essere quella
accennata, e la ragione sta nel fatto che questultimo ha desiderato rendere
la Vorlage nel modo pi fedele possibile per trasmettere lo stesso messaggio
presente nel testo originale (XXI).
Le deviazioni tra il testo ebraico e i Lxx possono risalire a diversi fattori
talvolta concomitanti. Dunque il traduttore: (1a) pur leggendo nella sua Vorlage naturalmente non vocalizzata una parola simile a quella stampata nelle
bibbie ebraiche, diverge nellinterpretazione rispetto al TM, che vocalizzato;
(1b) di fronte a una forma variamente interpretabile deve scegliere a quale
radice riferirla (aryw da ary o da har ?); (1c) deve giudicare come un morfema
composto (LxxNa 2,2 ejk qlivyew" rimanda a hxr / m ma nel TM si legge
hxrwm); (1d) in alcuni casi deve stabilire la divisione delle parole nella loro successione; (1e) talvolta, pur leggendo allo stesso modo del TM, deve scegliere
linterpretazione semantica da offrire: una parola ebraica pu avere diversi signicati che una parola greca pu anche non coprire del tutto; tuttavia, talvolta
il traduttore sembra aver inteso il testo in modo diverso rispetto al TM, ma
difcile giudicare se inserire casi del genere tra le differenze lessicograche
tra i Lxx e il TM.
Altri casi da considerare sono: (2a) il traduttore pu aver letto o sentito
un morfema che differisce leggermente da quello corrispondente del TM non
vocalizzato; ci pu essere dovuto a un errore attribuibile a lui stesso o al copista, ma talora si tratta di cambiamenti legati allinterpretazione o del traduttore
o del redattore del testo semitico; (2b) per somiglianza paleograca alcune
lettere possono essere state confuse (d per r); (2c) pu essere avvenuta una
metatesi (Xlj per Xjl) (anche voluta?); (2d) laggiunta o la caduta delle matres
lectiones possono essere allorigine di differenze nella vocalizzazione e nellinterpretazione. Non mancano differenze attribuibili alla corruzione del testo
greco (XXII-XXIII).
Talvolta il traduttore adopera delle traduzioni convenzionali che poco si
accordano col contesto. Ci si rende conto di questa prassi dal confronto con

462

RECENSIONI

il testo ebraico e aramaico: il campo semantico dellequivalente greco non


coincide con quello del termine semitico. Secondo Lust questi casi andrebbero
registrati nel Lessico, ma lquipe ha per lo pi offerto il signicato dellebraico, rimandando alla letteratura specica.
I traduttori hanno forgiato nuove espressioni spesso sulla base di parole esistenti (ajbatovw da a[bato"; ma nel Lessico si legge ajbatovomai).
Una parola che nei Lxx sembra essere un neologismo pu in effetti essere
attestata nel greco della Koin dei primi papiri. Pertanto nel Lessico la
denizione di neologismo non mai proposta come denitiva. Analoghi
problemi sollevano semitismi e trasposizioni (translationism probabilmente
da intendere come trasferimento meccanico di elementi lessicali e grammaticali dalla Vorlage semitica al testo greco). Lust osserva che tali fenomeni
sono ambigui e non facili da individuare e toccano soprattutto la sintassi
pi che il lessico (cf. qanavtw/ ajpoqanei'sqe vs twmD;t twm contrassegnato come
sem. = semitismo).
Nella conclusione lestensore dellIntroduzione ribadisce alcuni punti gi
accennati: i testi dei Lxx sono in primo luogo testi di traduzione; un lessico
dei Lxx deve far riferimento al testo semitico originale almeno (at least) nei
casi in cui aforano differenze dei morfemi, quando parole greche appaiono
incomprensibili perch sono traslitterazioni o hanno assunto il signicato dellebraico o aramaico sottostante (XXIV).
Passiamo ora ad alcune osservazioni. Nelle Abbreviazioni (XXV), coerentemente a quanto si dice alla p. XIII, i libri dei Lxx appaiono ripartiti
per statistical purposes nei cinque gruppi ricordati, bench qui si parli (e a
ragione) di Testo Masoretico e non di Bibbia Ebraica (XIII). Come stato
dichiarato in precedenza il testo critico di riferimento quello di Rahlfs. Ora
leminente lologo, nella disposizione dei libri, dipende soprattutto da quel
che si capisce, con qualche spostamento e qualche aggiunta dal codice
Vaticano (cf. H.B. Swete, Introduction to the Old Testament in Greek, 2001).
Per cui, nel rispetto della tradizione greca, nonostante le sue oscillazioni,
Rahlfs pone in successione Legge, Libri storici, Libri poetici, Libri profetici.
La collocazione dei libri non contenuti nel TM in un unico gruppo, il quinto,
appare una scelta piuttosto singolare che neppure il raggruppamento al suo
interno per generi, dallo storico allapocalittico, riesce a giusticare. Del resto
la ricaduta pratica di una simile scelta rimane poco persuasiva. Mi riferisco
proprio alle statistiche dei lemmi. Cosa sarebbe cambiato ai ni della raccolta
dei dati, se si fosse adottato lordine di Rahlfs, non si riesce a capirlo. Non vi
sono dubbi che il canone masoretico sia pi conosciuto e che pertanto offra
vantaggi di fruizione nelladottarlo. altrettanto chiaro, per, che sul piano
lologico, se non vi sono ragioni interne ad una data tradizione manoscritta
che la giustichino, unoperazione simile non sembra opportuna. E per tradizione qui si intende quella greca. Rifarsi ad argomenti genetici appare poco
convincente.

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

463

La nota precedente pu apparire capziosa ma non lo . Quando Lust dice


che il greco dei Lxx innanzitutto lingua di traduzione (XVI), compie una
scelta di campo ben precisa, come la sintesi prodotta testimonia largamente.
Tra laltro afferma che lo scopo dei traduttori di riprodurre fedelmente il testo
di partenza, rende inderogabile, per chi compone un Lessico dei Lxx, la spiegazione delle differenze tra la versione greca e la sua Vorlage (XIX), e che
le ragioni di una discordanza possono essere varie e talora, in casi particolari,
compresenti (XXIII).
Ma la nalit di un Lessico qual ? in primo luogo quella di dare il signicato dei lemmi, illustrandone gli usi. Probabilmente non si pu dare una
risposta univoca su quali debbano essere i principi guida a monte della composizione di un Lessico. Per rimanere nel nostro campo, una cosa un Lessico
che mira a coprire la grecit nel suo insieme, per cui avr un taglio certamente
generico, unaltra un Lessico circoscritto alle opere di un dato periodo storico, a un gruppo di scritti di vari autori, a scritti di un singolo autore, se non ad
un unico scritto. Ad una diminuzione dei testi esaminati, in lavori del genere,
corrisponde un proporzionale approfondimento dellesposizione.
Porsi la questione del pubblico a cui era destinata la traduzione un elemento decisivo? Anche altri Lessici parziali obbediscono a principi simili?
Partire dal presupposto che il pubblico a cui era destinata la versione non
conoscesse lebraico, rischia di orientare limpostazione del Lessico verso il
mondo di origine e, lo si voglia o no, di guardare ai testi tradotti in dipendenza
dalla Vorlage. Ma una eventualit, non una necessit. I traduttori non si sono
limitati a trasporre il testo ebraico in greco o, almeno, non hanno voluto solo
questo. Lambiente in cui vivevano, inteso in senso lato e non come ghetto, e la
congiuntura storica contemporanea sono fattori determinanti per comprendere
la loro opera. Il tentativo pi o meno riuscito di transculturazione si coglie
proprio nel lessico adoperato: la posizione delle parole un fattore aggiuntivo
ma non dello stesso valore ideologico.
A ben vedere, poi, se un traduttore ha cercato di rendere la sua Vorlage
in maniera fedele, vuol dire che ha inteso la sua traduzione come unopera
autonoma rispetto a quella. Il rapporto genetico dei Lxx con la Vorlage, sotto
i pi disparati aspetti, sembra essere materia di studio riguardante soprattutto
i commentari o altri contributi specici ma non propriamente un Lessico,
se non in via subordinata. certamente un vantaggio per chi consulta un
Lessico essere avvertito del fatto che un lemma greco una traslitterazione
di una forma ebraica o che una costruzione un ebraismo o un semitismo.
Ma non si vede per quale motivo in una data voce si debba aggiungere al
signicato o ai signicati, ai suoi usi e costruzioni la notazione che, per
fare un esempio, il vocabolo greco non coincide con il suo corrispondente
ebraico per una metatesi presente nel testo di partenza o voluta da chi
traduce? o per il fraintendimento da parte del traduttore del testo che ha
sotto mano e cos via.

464

RECENSIONI

Nonostante le peculiarit dei Lxx, lindicazione delle deviazioni rispetto


alla loro Vorlage, anche per le particolarit che le caratterizzano, non sembra
un compito pertinente in origine a un Lessico riservato ai loro testi, bench ci
abbia i suoi risvolti positivi.
I luoghi in cui i termini greci non hanno alcun corrispondente nel TM sono
numerosi. Una volta ipotizzato o provato lo stesso fenomeno nella corrispettiva
Vorlage, bisognerebbe indicarlo nel Lessico? Il fatto che vi siano libri nei Lxx
scritti direttamente in greco un aspetto secondario? Limportanza dei Lxx, dunque, risiede essenzialmente nellessere soprattutto opera di traduzione di testi?
In conclusione, avere sottocchio il testo ebraico, l dove esiste, senza
dubbio positivo. Nessuno pu negarlo. E daltronde ci ha una sua convenienza in senso lato e non solo nei casi difcili. Ma non si pu sostenere che sia
sempre necessario riferirvisi.
Con queste brevi note non si vuole risolvere una questione cos complessa
e per di pi sostenere linfondatezza dei principi enunciati nellIntroduzione.
Lust si guarda bene dal sostenere che limpostazione teorica del Lessico sia
lunica possibile. Tuttavia apparso necessario discuterne talune affermazioni
che, a mio avviso, offrono un quadro dei fattori in gioco piuttosto orientato e
parziale.
Tenuti presenti questi aspetti, la consultazione del LEH per gli studiosi di
greco biblico (NT e Lxx) rimane indispensabile. uno strumento agile e il
pi completo oggi esistente. La ragguardevole bibliograa consultata e citata
unulteriore garanzia della qualit del lavoro offerto. Ci auguriamo di vedere
fra non molto lannunciato volume sui nomi propri.
Vengono offerti di seguito corrigenda, addenda e note riguardanti alcuni
lemmi. I punti segnati con lasterisco (*) mi sono stati segnalati da P. Lino
Cignelli.
Nel Lessico vi la tendenza a registrare (a) il plurale, se di un termine
occorre solo il plurale; (b) un aggettivo come sostantivo, se laggettivo occorre come sostantivato; (c) *alcuni verbi senza lindicazione delle diatesi (cf.
ejpisavssw e ejpitavssw). Sono scelte francamente non condivisibili, anche se
dovessero essere applicate in modo uniforme, e che andrebbero segnalate nellintroduzione. consigliabile elencare i lemmi secondo le modalit seguite
da altri Lessici affermati e segnalare nella voce se un termine occorre sempre
al plurale, cos come avviene per o{mhro", o come sostantivato, e se un verbo
attestato anche al medio o al passivo oltre che allattivo.
*XXII 1c. Penultima riga: kata; podav" per kata; povda".
*XXIV nota 53: Turino per Torino.
*LII, Gehman 1972: Episkevpomai per Episkevptomai.
*LXVIII, Lhrmann 1971: (eds.) per (eds.),.
*LXXIII, Montevecchi 1957a: christianesimo per cristianesimo.
P. 1 a[bato": (sc. ghvn) per (sc. gh'n).
P. 2 ajgalliavomai per ajgalliavw; a p. XVII si dice che i verbi sono elencati

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

465

con la voce attiva, secondo i criteri del LSJ. Cos avvenuto ad esempio con
ejkmiaivnw (p. 184) che nella passata edizione era al medio.
P. 3 ajggei'on -on per ajggei'on -ou.
P. 5 ajgkaliv" -i'do" per ajgkaliv" -ivdo".
P. 7 ajgriovomai per ajgriovw.
P. 8 ajdamavntio" per ajdamavntino": correggere sia la voce del lemma sia
quella di testata.
P. 9 ajdavma": Am 7,7.8 per Am 7,7.8bis; statistiche: 3 e non 2.
P. 11 aJdruvnomai per aJdruvnw; ajdunatevw: 13 occorrenze invece di 14? Cf.
Hatch - Redpath, Concordance, I, 27-28 s.v.
P. 12 Azwtistiv . Lavverbio occorre in 2Esd 23(Ne 13),24 ma, come
avviene per le altre forme citate di seguito, non registrato. Anche se non
considerato canonico il Prologo del Siracide fa parte dei Lxx. Al versetto 22
riporta lavverbio eJbrai>stiv (cf. BDAG, s.v.). Nel lessico mancano dunque le
voci per ijoudai>stiv (4Re 18,26.28; 2Cr 32,18; 2Esd 23[Ne 13,24]; Is 36,11.13),
suristiv (4Re 18,26; 2Esd 4,7; Is 36,11; Dn 2,4), caldai>stiv (Dn 2,26). Il primo avverbio registrato in Hatch - Redpath, Concordance, III Supplement, 8;
il secondo in Id., 53; il terzo in Id., I, 687; il quarto in Id., III, 148; il quinto
in Id., III, 156. F. Rehkoph, Septuaginta-Vokabular, registra solo il secondo.
B.A. Taylor, The Analytical Lexicon to the Septuagint (1999), riporta le voci,
bench, con una scelta opinabile, alcune le analizzi come nomi propri altre
come avverbi.
P. 15 ai|ma: (Ez 38,22) kai ai{mato" per kai; ai{mato".
P. 16 ai[rw: (2Sam 2,22) ajrw per ajrw'; (Gb 15,25) tou per tou'.
P. 17 aijscrov". Manca lindicazione del comparativo presente in Gen 41,19
(aijscrotevra").
P. 19 akan per a[kan: correggere sia la voce del lemma sia quella di testata.
P. 23 ajkribavzomai per ajkribavzw.
P. 26 a{limo" -h -o": analizzato come (N)ome e non come (A)ggettivo;
cf. LSJ dove appare a{limo" -on ed registrato anche luso sostantivato del
neutro singolare.
*P. 27 ajllavssw: il verbo in Sal 105(106),20, citato nella voce attiva, al
medio.
P. 28 ajllotriovomai per ajllotriovw; *a[llo" -h -on per a[llo" -h -o: il
lemma presentato come aggettivo e non come pronome. In LSJ si parla di
aggettivo e di pronome. La sua origine tuttavia pronominale e luso anche
aggettivale.
P. 29 ajlogevomai per ajlogevw.
P. 31 ajmariva: nelledizione di Rahlfs c aJmartiva (Dt 23,22).
P. 32 ajmbluvnomai per ajmbluvnw.
P. 34 ajmfovteroi per ajmfovtero".
P. 35 ajnabaivnw: (4Re 19,28) wjsiv per wjsivn.

466

RECENSIONI

P. 36 ajnagnwrivzomai per ajnagnwrivzw.


P. 37 ajnagoreuvomai per ajnagoreuvw.
P. 38 ajnavqema: (Dt 13,16) aujth;n per aujthvn; ajnaqemativzw: (Dt 13,16)
auJthvn per aujthvn.
P. 39 ajnakomivzomai per ajnakomivzw; ajnakrouvomai per ajnakrouvw: correggere sia la voce del lemma sia quella di testata.
P. 42 ajnaplavssomai per ajnaplavssw.
P. 44 ajnatlavw: questa forma non gura nel LSJ ma solo nello Stephanus
in alternativa a ajnavtlhmi; tlavw una forma di presente tardiva (cf. LSJ);
Adrados, II, s.v. ajnatlh'nai cita Gb 19,26.
P. 45 ajnafaivnomai per ajnafaivnw; ajnafravssomai per ajnafravssw: correggere sia la voce del lemma sia quella di testata.
P. 53 ajntanaklavomai per ajntanaklavw; ajntanivstamai per ajntanivsthmi;
ajntereivdomai per ajntereivdw.
P. 56 ajntipoievomai per ajntipoievw.
P. 59 ajpagoreuvw: di per s questa forma occorre solo in 4Mac 1,37. Andrebbero segnalate in questa voce le forme suppletive (cf. LSJ, s.v.). In 4Mac
1,33 si ha il perfetto passivo la cui forma non appare altrove (nel Lessico).
Si rimanda a ajpei'pon, in una voce autonoma, dove poi si specica soltanto
che si tratta dellaoristo di ajpagoreuvw. La prima volta che si cita il libro di
Giobbe si legge 9,14 e non 6,14, come poi scritto correttamente nella seconda
citazione.
P. 60 ajpamaurovomai contrassegnato da neol.?. LSJ ha ajpamaurovw
e cita anche Is 44,18. Sempre in LSJ citato Agatarchide (circa 190-105
a.C.). La traduzione di Isaia datata tra il 170 e il 150 a. C. (cf. G. Dorival,
Lachvement, 110 in La Bible grecque des septante); *ajpantavw: in Rt 1,16
registrato il signicato to plead with, to entreat implorare, supplicare, un
hapax; il testo in questione mh; ajpanthvsai ejmoiv, dove il verbo non seconda
singolare dellimperativo medio (cf. Brenton I,351: Intreat me not to leave
thee), ma terza persona singolare (impersonale) aoristo attivo di ajpantavw,
per cui il senso della frase deve essere: Non mi capiti / succeda mai di abbandonarti o di allontanarmi da te!. La traduzione di Brenton non in linea con
la sintassi greca, dove la proibizione dellazione puntuale di seconda persona
si costruisce con mhv e il congiuntivo (cf. BDR 364,3). Taylor incorre nello
stesso equivoco.
P. 66 ajpogravfomai per ajpogravfw.
P. 69 ajpokrivnomai per ajpokrivnw.
P. 70 Integrare il verbo ajpoktevnnw, la cui forma attestata nelledizione di
Rahlfs in Gs 8,24; 2Re 4,12; 4Re 17,25; 1Esd 4,7; 4Mac 13,14; Sap 16,14; Ab
1,17; Is 66,3, come avviene per kruvbw in riferimento a kruvptw a p. 356.
P. 71 ajpovloipon -ou per ajpovloipo" -on: laggettivo trattato come sostantivo e non come sostantivato.
P. 74 ajposeivomai per ajposeivw.

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

467

P. 75 ajpostenovomai per ajpostenovw.


P. 81 ajrgurwvmata per ajrguvrwma; ajreskeiva per ajrevskeia.
P. 82 a[rko": consigliabile intenderlo come nome di genere comune (oJ,
hJ). Cf. Is 59,11; Dan 7,5.
P. 85 ajrcai'o": (Is 37,26) ejx hJmerw'n ajrcaivwn per ejx ajrcaivwn hJmerw'n.
P. 86 Hatch - Redpath, Concordance, I,165 registra ajrcietai'ro" in 2Re
15,32; 16,16. Vi oscillazione in 15,37. Rahlfs ha nei primi due luoghi oJ Arci
eJtai'ro". LSJ ha ajrcietai'ro" e specica che il sostantivo dovuto al fraintendimento del nome proprio Ark in 2Re 16,16. La traslitterazione del nome
tuttavia pu fuorviare e far pensare alla forma ebraica, e non escluso che in
e per LSJ sia proprio cos. Anche Adrados registra il sostantivo, citando pure
15,32 e altri passi non biblici. In questo caso per si ha maggiore chiarezza. Il
fraintendimento riguarda il testo greco: Arci eJtai'ro" vs ajrcietai'ro". Cito
questo sostantivo, perch il testo greco tradito stato pubblicato in forma diversa. La voce discussa, qualora largomentazione prodotta fornisca elementi
convincenti, dovrebbe essere inserita nella pagina indicata.
P. 87 a[rcwn: (3Re 12,24b) a[rcontav per a[rconta.
P. 91 ajsfalivzomai per ajsfalivzw.
P. 94 aujlivzomai: in Ger 38,9 attestato lattivo (aujlivzwn). Cf. LSJ, s.v.
P. 95 aujtov": (1Mac 8:27) aujta; per aujtav.
*P. 96 ajfagnivzw: integrare la diatesi passiva (cf. Nm 19,12.13.19.20).
P. 104 baruwpevomai per baruwpevw; basanisthvria per basanisthvrion
(cf. LSJ Suppl.). Alla voce basivleion il numero complessivo delle occorrenze
non in bold: 12 per 12.
P. 105 bateuvw: si riporta la forma (semplice) non attestata e si rimanda con
(ejm-) al verbo composto, senza offrire almeno il signicato fondamentale del
verbo semplice. Ci si verica anche altrove. Caso mai si pu registrare la sola
forma attestata, quella composta, separando con un trattino il preverbio dalla
forma semplice. In altri termini non si capisce la funzione della voce.
P. 109 blevfara per blevfaron.
P. 110 bohqhvmata per bohvqhma.
P. 111 bostrucov" per bovstruco". bouvlomai. E consigliabile integrare
almeno le forme concorrenti come p.e ejbouvleto (Gdc 13,23) e hjbouvleto (1Re
8,19). Lo stesso vale per duvnamai p. 162: ejduvnanto (Gen 13,6) e hjduvnanto
(Gen 41,49); ejrgavzomai p. 240: eijrgavsanto (Is 44,15) e hjrgavsanto (Gb
24,6); mevllw p. 391: e[mellen (4Mac 17,1) e h[mellen (Sap 18,4); oJravw p.
443: eJwvraka (Dt 9,13) e eJovraka (1Re 16,1).
P. 112 bou'". Si pu indicare che laccusativo plurale nei Lxx sempre
bova".
P. 113 brotov", ou' per brotov", ovvn (o a tre uscite, cf. BDAG) anche se
laggettivo occorre sempre sostantivato; lo stesso vale per brwtov n, ou' vs
brwtov", hv, ovn.
P. 115 gazarhnoiv per gazarhnov".

468

RECENSIONI

P. 116 gaurovomai per gaurovw.


P. 124 gonei'" per goneuv": BDAG, bench il sostantivo occorra nel NT al
solo plurale, registra il lemma al singolare.
P. 129 Perch devdoika (deivdw) e non linverso?
P. 137 diaduvomai per diaduvnw, diaduvw. Loccorrenza in 1Re 17,49 (dievdu)
attiva.
P. 139 diaklevptomai per diaklevptw.
P. 148 diafaivnomai per diafaivnw.
P. 163 dunasteuvmata per dunavsteuma.
P. 164 dusmaiv per dusmhv.
P. 167 ejggivwn: non si specica che laggettivo comparativo di ejgguv",
come invece avviene per ejlavttwn rispetto a ojlivgo" (p. 191).
P. 168 e[gkata per e[gkaton.
P. 169 ejgkloiovomai per ejgkloiovw; ejgkoivlia per ejgkoivlion.
P. 172 Sono registrati tre verbi semplici di seguito senza alcuna notazione se non il rimando alla forma composta (cf. sopra bateuvw). I verbi sono
-edreuvw (per eJdreuvw), -edriavzw (per eJdriavzw), -e{zomai.
P. 174 eijmi per eijmiv; eijmi per ei\mi. Non si vede perch non porre gli accenti propri sulle due forme, le cui radici sono del tutto diverse (ejs- s- per il
primo e eij- ij- per il secondo), come ben evidenziano i due rispettivi inniti
posti in parentesi.
P. 176 eijskuklevomai per eijskuklevw; eijsodiavzomai per eijsodiavzw.
*P. 179 ejkdivdwmi: prima di o{pw" aggiungere P(assivo), perch ejkdoqw'si
di forma e di senso passivo.
P. 180 ejkei'no" -h -on per ejkei'no" -h -o.
P. 182 e[kklhton per e[kklhto".
P. 187 ejkspondulivzomai per ejkspondulivzw.
P. 190 ejkforivon per ejkfovrion.
P. 193 Manca laggettivo verbale ej l eustev o " (2Mac 6,17), citato solo
sotto e[rcomai (p. 243). Lo stesso avviene per ejxetastevo", cf. ejxetavzw (p.
214) e sugcwrhtevo", cf. sugcwrevw (p. 578). senza dubbio pi utile riservare a questi aggettivi una propria voce e rimandare al verbo. I due aggettivi
ajnalhmptevo" (p. 40) e klhtevo" (p. 343) hanno voci proprie nelle quali, per,
non vi alcun riferimento ai rispettivi verbi, ajnalambavnw e kalevw. Tuttavia
questa indicazione non dovrebbe mancare.
P. 195 ejmmoluvnomai per ejmmoluvnw; ejmov" analizzato come pronome, sov"
come aggettivo (p. 561), hJmevtero" come pronome (p. 267), uJmevtero" come
aggettivo (p. 627). Gli usi, invece, sono del tutto simili. Forse preferibile
parlare di aggettivo e indicare dove occorrono come pronomi.
P. 202 ejndovsqia. P. Chantraine, Dictionnaire tymologique, s.v. e[ndon: da
ejntov" stato creato ejndov" da cui ejndovsqia = ejntovsqia. Dunque ejndovsqia pi
che un neologismo sembra essere una forma analogica, bench attestata solo
nei Lxx. Non comporta limpiego di afssi n interessa una qualche forma di

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

469

mutamento semantico. E. Schwyzer, Griechische Grammatik, I, 626 tratta il


termine.
P. 205 ejnoplivzw: ejnoplismevno" per ejnwplismevnoi.
P. 206 ejntavlmata per e[ntalma.
P. 207 ejntrevpomai per ejntrevpw.
P. 208 ejnupotavssomai per ejnupotavssw.
*P. 220 ejpaivrw: integrare la diatesi media (cf. 3Re 1,5).
*P. 229 ejpikalevw: integrare la voce attiva (cf. 3Re 7,7bis; 13,2).
P. 232 ejpivpempton -ou per ejpivpempto" -on.
P. 233 ejpirrwvnuomi per ejpirrwvvnnumi, -uvw.
P. 246 e[to": eijmi ejtw'n per eijmi; ejtw'n. *e{tero", come a[llo", pronome
e aggettivo indenito (cf. H.W. Smyth, Greek Grammar 335 e 337). A ci
va aggiunto che per e{kasto" e eJkavtero" (p. 177) si parla di pronome.
P. 247 eujaggevlion deve seguire e non precedere eujaggelivzw; eujgenivzw
in realt una congettura da quanto si deduce dallapparato critico di Rahlfs
(2Mac 10,13). In un Lessico relativo ad un corpus di libri limitato come quello
in esame, sarebbe opportuno segnalare casi del genere.
P. 248 eujergetevw. E bene segnalare che in questo verbo si pu avere
o no laumento temporale. Cf. Sal 114,7 eujhrgevthsen e Sap 11,5 eujergethvqhsan.
P. 267 h{misu" -eia -u per h{misu" -u. La forma femminile in -eia non
occorre nei Lxx.
*P. 267 h{misu": in Gs 9,2d h{misu non seguito da comparativo ma da
plhsivon (o[rou").
P. 273 qeov". Si pu segnalare il vocativo qeev, visto che il pi delle volte
espresso con oJ qeov". Per le occorrenze cf. 2Re 7,25; 3Mac 6,2; 4Mac 6,27;
Od 14,12; Sap 9,1; Sir 23,4; Ez 4,14.
P. 274 qermavstrei" per qermastriv" o qevrmastri".
P. 277 qnhsimai'on -ou per qnhsimai'o" -a -on.
P. 279 quivskh per qui?skh.
P. 289 ijsovw deve seguire e non precedere ijsovyuco" (p. 290).
*P. 290 i{sthmi: integrare la diatesi passiva (cf. Es 40,17; Lv 27,24 ecc.).
P. 294 kaqarismov": (Gb 7,21) kaqa rismo;n per kaqarismo;n.
*P. 330 katavcreo": laggettivo occorre in Sap 1,4; in base allaccento e
stando alla scelta di Rahlf la forma attestata (katavcrew/) deriva da katavcrew"
-wn.
*P. 332 Integrare il verbo katevsqw (cf. Nm 13,32; Dt 28,55; Bar 6,19; Ez
34,3; 36,13).
P. 354 kreivsswn: (Es 14,12) krei'ssovn hJma'" per krei'sson ga;r hJma'".
P. 361 Manca il sostantivo kupriavrch" che occorre in 2Mac 12,2, probabilmente considerato nome proprio. Ma uninterpretazione dubbia. In seguito
non registrato anche Musavrch" in 2Mac 5,4. In entrambi i casi si tratta di
apposizione. BDAG per Asiavrch" parla a ragione di titolo.

470

RECENSIONI

P. 364 lagovne" per lagwvn.


*P. 365 lambavnw: in Gen 3,6 il genitivo tou' karpou' un oggetto diretto
partitivo e non un caso voluto dal verbo labou'sa (avendo preso del frutto);
lo stesso si dica di Es 10,24 sotto il lemma uJpoleivpw (p. 635).
P. 368 lavfura per lavfuron; lavcana per lavcanon.
P. 370 lekavnh: le occorrenze sono 2 e non 3; forse si potrebbe rimandare
anche a lakavnh (p. 364).
P. 371 leukwvmata per leuvkwma.
P. 372 lhsteuvw per lh/steuvw; lhsthvrion per lh/sthvrion. lhnov". Segnalare che in Is 63,2 si ha pathtou' lhnou'. Qui il sostantivo maschile o
neutro, dal momento che a p. 475 laggettivo a tre uscite? Taylor analizza
il sostantivo come femminile (p.284) e la forma pathtou' come maschile o
neutra (p. 340).
P. 374 limov". In 3Re 18,2 il sostantivo femminile.
P. 376 lov g o": (Gb 7,13) div a lov g on per dia; lov g on; manca la voce
loidovrhsi" attestata insieme a peirasmov" in Es 17,7. Alluso toponomastico
di questultimo termine si accenna a p. 477.
P. 386 mavcaira. ma-caivra" per macaivra".
P. 398 metavfrena per metavfrenon.
P. 400 mhdeiv" va analizzato come pronome e non come aggettivo. Lo
stesso vale per oujdeiv" (p. 450). Per questultimo cf. LxxDan 2,11 kai; oujdeiv"
ejstin o{" e linteressante parallelo di Teodozione kai; e{tero"
P. 409 mualovomai per mualovw.
P. 410 muvlai per muvlh; muxwth're" per muxwthvr.
P. 411 ustikw'" per mustikw'".
*P. 420 nou'", nou' per nou'", noov": correggere sia la voce del lemma sia
quella di testata.
P. 431 oijktrov" -hv -ovn per oijktrov" -av -ovn.
*P. 478 peiravw: integrare la diatesi passiva (cf. 1Mac 12,10; Sir 34,10).
P. 487 perirrhvgnuw per perirrhgnuvw. Hatch - Redpath, Rehkopf e Taylor
hanno perirrhvgnumi.
P. 491 phlivko": pronome - aggettivo.
*P. 499 plou'": al genitivo di seconda declinazione plou' si pu aggiungere
quello di terza ploov" attestato in At 27,9. Cf. nou'".
P. 501 poqeinov " : (4Mac 15,1) tev k nw' n poqeinotera per tev k nwn
poqeinotevra.
P. 530 provswpon: (Gen 33,18) provswpovn per provswpon.
P. 546 savbbaton. Si pu segnalare la forma savbbasin in 1Mac 2,38, visto
che altrove il dativo plurale sempre sabbavtoi".
P. 566 stei'ra -a": nella voce si dice che laggettivo occorre solo al femminile. Ci non toglie che si tratti di un aggettivo a tre uscite -o" -a -on.
P. 570 stoicei'a per stoicei'on.
P. 572 stratiwvti" per stratiw'ti".

LUST J. - EYNIKEL E. - HAUSPIE K. GREEK-ENGLISH LEXICON OF THE LXX

471

P. 575 suggnwvmh: ajpoleivph per ajpoleivph/.


*P. 581 suvmboulo" di genere comune. In 2Cr 22,3 femminile.
P. 584 suvmforon -ou per suvmforo" -on.
P. 603 swthvrion: (3Mac 6,30) swthriva per swthvria.
*P. 606 tavssw: in Es 8,5 la forma del verbo media (tavxai).
P. 617 tosou'to" -auvth -ou'ton per tosou'to" -auvth -ou'to(n). Cf. Nm 15,5
per -ou'to e 2Mac 7,42 per -ou'ton.
P. 651 fonhv: dalledizione di Rahlfs si deduce che fonav" in Sap 12,5
una congettura. Ziegler la registra nellapparato critico, mentre nel testo scrive
foneva" da foneuv". Hatch - Redpath, Rehkopf e Taylor hanno foneuv".
P. 660 cavri". Si pu segnalare che laccusativo singolare in Zc 4,7 e 6,14
cavrita e non cavrin.
P. 661 ceivr: (Gen 9,4) pa'ntwn per pavntwn.
*Non tutto il testo di Rahlfs valorizzato. il caso della sezione 3Re
14,1-20. Cf. le occorrenze di ajpoxenovw in 3Re 14,5-6 non registrate sotto la
propria voce a p. 72.
Unultima ma necessaria annotazione. A p. XV si dice che The Analytical Lexicon to the Septuagint di B.A. Taylor rende superuo la registrazione
dei paradigmi verbali. Lapprezzabile lavoro di Taylor pu anche aiutare i
beginners a districarsi con forme difcili, pure un sussidio pregevole ma
non pu, a mio avviso, sostituire un Lessico e neppure quelle sezioni dei
lemmi in cui sono elencate le forme verbali e nominali imparentate per radici o per temi temporali, secondo la sapiente, feconda e affermata prassi
seguita da altri Lessici. Quello di Taylor dispone le forme analizzate secondo
lordine alfabetico cos come giacciono, perch appunto analitico. Dunque
non un Lessico dei Lxx ma un Lessico che analizza morfologicamente le
forme delle parole presenti nei Lxx. Ed questa la sua ed unica nalit, non
altra. Un Lessico del livello di quello recensito, anche se pubblicato successivamente, non pu rimandare questo aspetto a uno strumento pur valido ma
in concreto un prontuario di prima consultazione. auspicabile che nella
prossima edizione nelle voci verbali compaiano anche i paradigmi e che le
forme pi insolite siano lemmatizzate. Giover anche agli studenti alle prime
armi, casomai dopo aver consultato Taylor e soprattutto se con una debole
preparazione nelle lingue classiche, vedere luna dopo laltra elencate delle
forme che, prese singolarmente, non avrebbe mai immaginato fossero imparentate per radice, per vicinanza semantica o per uso. In un Lessico dei
Lxx non sembra che possano mancare i paradigmi verbali per pura cortesia
professionale.
Concludendo doveroso aggiungere che quello offerto solo un modesto
contributo al miglioramento, se lecito esprimersi in questi termini, di uno
strumento di lavoro destinato a ulteriori sviluppi e che segna nella storia degli
studi dei Lxx una tappa fondamentale. Con il Greek-English Lexicon of the
Septuagint, J. Lust, E. Eynikel, K. Hauspie hanno risposto infatti alle esigenze

472

RECENSIONI

di quanti sono interessati a condurre e ad approfondire le proprie ricerche sui


Lxx o a partire dai Lxx. Si sentiva il bisogno di un sussidio del genere. In
concreto esso contiene, sintetizzandolo, quanto di meglio stato prodotto in
questo campo. Un progetto di tale ampiezza e complessit merita il plauso e
lattenzione degli addetti ai lavori. Va notato inne che il Lessico si segnala
anche per essere uno strumento molto utile per gli studi di letteratura intertestamentaria.
Rosario Pierri, ofm
Fricker Denis, Quand Jsus parle au masculin-fminin. Etude contextuelle et
exgtique dune forme littraire originale (tudes bibliques. Nouvelle Srie
n 53), Editions J. Gabalda et Cie, Paris 2004, 437 pp., 65
Louvrage est le fruit rlabor dune thse de thologie soutenue en 2002
la facult de thologie catholique de Strasbourg. Lintroduction situe le travail
dans le contexte actuel de la recherche exgtique sur Jsus et les femmes
entrepris par B. Witherrington, H. Melzer-Keller et E. Schssler-Fiorenza. La
recherche historique sur les femmes est passe ces dernires annes dune tude
descriptive de la condition fminine la dtermination des rapports entre les
sexes qui permet une approche diffrente des ralits sociales. La distinction
des sexes est le lieu de lhistoire o se repre la ralit de la condition fminine. Cette diffrenciation trouve dans les Evangiles synoptiques une forme
littraire originale appele paire . La paire exprime une ide au moyen
de deux phrases parallles, la premire prsentant une gure masculine, le
seconde une gure fminine. Ce paralllisme synonymique est frquent dans
les logia de Jsus.
LA. commence par dresser la liste des paires tablie par des critres
solidement fonds. Ces logia parallles dcrivent des activits masculines ou
fminines et doivent tre situs dans le contexte sociologique de la Palestine
du premier sicle.
Il sagit ensuite de dterminer la forme littraire par ltude de leur
structure et de leur fonction argumentative. Ici interviennent les tudes sur
le paralllisme et les comparaisons avec le premier Testament. Puis suivent
des confrontations aux formes binaires de lexemple dcrites par Aristote : la
citation des faits historiques et la parabole. On passe du premier Testament
la rhtorique, du monde juif au monde grec.
La dernire partie de louvrage tudie trois textes : Mt 12,41-42/Lc 11,3132 ; Mc 2,21-22 et par. et Mt 6,25-33/Lc 12,22-31. Le masculin-fminin prsent dans ces paires est la croise des tensions du discours de Jsus que
sont les relations entre le prsent et le futur, entre la sagesse et lapocalyptique,
ou encore entre le jugement et le salut.

FRICKER D. QUAND JSUS PARLE AU MASCULIN-FMININ

473

Ce travail sinscrit la suite dune srie douvrages qui ont esquiss la


mme problmatique, savoir les tudes de L. Schottroff, A. Batten, W.E.
Arnal, H. Melzer-Keller et M. Ebner. Le phnomne littraire des paires
est de mieux en mieux circonscrit, bien que la question de son origine et de
son sens soit encore ouvert la discussion.
Ltude des ralits palestiniennes du premier sicle permet de mieux connatre la rpartition des tches entre hommes et femmes dans la Galile des
annes trente o les rles traditionnels entre hommes et femmes sont encore
bien afrms pour la plupart des travaux. Lanthropologie structurale permet
dtablir que cette rpartition nest pas limite la Palestine juive, mais quelle
se situe au fondement de presque toutes les socits orientales connues. On
regrettera que lA. pour cette partie fondamentale de sa recherche ait recours
des tudes secondaires. Il lui arrive de citer lhistorien Flavius Josphe, mais
jamais les sources rabbiniques qui lui auraient fourni des renseignements intressants. Larchologie des sites comme Sepphoris, Capharnam, Betsaida
fait galement gure de parent pauvre et est pratiquement ignore.
La structure parallle des paires a pouss justement lA. faire une
enqute sur le paralllisme biblique en sappuyant sur les tudes de AlonsoSchkel. Cette forme potique joue entre les genres grammaticaux des termes
utiliss, ce qui est typique de tout le Proche-Orient qui conoit les lments
cosmiques selon une identit sexuelle. Pour une part les paires mixtes
relvent de cette expression, mais elles sen distinguent galement par une
importance plus grande de chaque image dveloppe et par une certaine autonomie. Pour Jsus plusieurs comparaisons sont tirs de lordre de la nature et
de la socit. Lordre naturel est le comparant privilgi des aspects positifs
du message de Jsus. Cest dire que le milieu auquel se rattache Jsus est
le milieu sapientiel. M. Ebner avait bien mis en vidence cet aspect dans sa
recherche. Le livre des Proverbes et de Ben Sira, avec leurs paralllismes et
leurs recours lordre de la nature, sont fondamentaux pour comprendre le
message de Jsus. Les paires mixtes y apparaissent souvent. Bien plus, une
des caractristiques de la source Q que lA. exploite, est son lment sapientiel.
Nombre dauteurs lont soulign.
Quant la confrontation entre largumentation des paires et celle de la
rhtorique aristotlicienne, il est permis de se demander si elle est importante.
Il reste prouver si Luc matrisait les lments de la rhtorique classique,
alors quil est ouvert aux traditions juives. Cest dailleurs le mme Luc qui
donne une grande importance au phnomne masculin-fminin dans tout son
Evangile.
La dtermination de la forme littraire paire mixte qui tiendrait de la
mtaphore, telle que Ricoeur la dnie, permet lA. dtudier trois textes
reprsentatifs. Il en conclut quil nexiste pas darguments dirimants contre
lattribution des paires au Jsus de lhistoire, puisquelle apparat dans sa
prdication du rgne. Ce que lA. prsente comme une originalit de Jsus,

474

RECENSIONI

savoir que la paire mixte met en scne des images des ralits immdiates
tires de lobservation de phnomnes naturels relve en fait du milieu sapientiel biblique dans lequel le message de Jsus sinscrit. Plutt que de parler
dun mode dexpression original de Jsus propos des paires mixtes , il
faudrait approfondir ce milieu sapientiel qui est celui de Q et du Jsus de lhistoire. Leschatologie et lhistoire du salut semblent sopposer apparemment
une considration des phnomnes de la vie quotidienne. Mais cette tension
illustre le fait que le rgne de Dieu vient dans la ralit des hommes. Jsus
remet-il en question lordre social de son poque ? LA. pense pouvoir ltablir.
La paire sur les travaux des champs et de la laine que tisse la femme fait
partie dun discours qui prsenterait la relativisation de la division des tches
comme une condition de la recherche du rgne de Dieu. O est la critique de
la domination masculine dans ce texte ? Il est dangereux de partir de problmes
modernes pour y trouver une rponse dans des textes qui retent un tout autre
milieu et qui proviennent dune autre mentalit.
Le mrite de ce travail est davoir vulgaris les ouvrages des exgtes allemands et amricains et de les avoir critiqus et complts en partie. Ltude
des formes paires mixtes permet daborder le problme mentionn au point
de dpart, savoir lattitude de Jsus lgard des femmes. Mais cette approche trs limite nest pas la seule. Si la forme paire mixte tmoigne de la
rpartition des tches entre hommes et femmes, elle ne suft pas elle seule
pour dnir lattitude et la nouveaut de Jsus envers les femmes.
Frdric Manns, ofm
Tini Osvaldo, La fraternit e la famiglia di Ges in Mc 3,31-35 (Seraphicum:
Ponticia Facultas Theologica S. Bonaventurae, Dissertationem ad lauream n.
101), Roma 2003, 182 pp.
LA. dopo esser vissuto per ventidue anni missionario in Zambia ed aver poi
continuato i suoi studi presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e il Ponticio Istituto Biblico di Roma, con questa monograa ha
conseguito il titolo di Dottore in Teologia presso la Facolt di Teologia del
Seraphicum a Roma. La scelta del tema dovuta allesperienza francescana
del Tini unita a quella degli anni trascorsi fra alcune etnie bantu in Zambia
dove molto sentito lo spirito di fraternit. Linteresse personale ha permesso
allA. di darci un buon lavoro scientico su una pericope tante volte malintesa
nel contesto del vangelo di Marco. Basti pensare alle deduzioni mariologiche
ricavate da essa nel dibattito tra confessioni cristiane.
LA. non fa una storia dellesegesi, anche se vi accenna per dire che la polemica non trova qui fondamento. Seguendo il metodo storico critico, dimostra
che la pericope non dipende dalle due immediatamente precedenti, semmai

TINI O. LA FRATERNIT E LA FAMIGLIA DI GES

475

queste vengono illuminate dalla nostra pericope. Questa non devessere legata
ai vv. 20-21 come se formasse con essi una struttura ad incastro, che ricorre pi
volte in Marco (cf. per es. 5,21-24 / 25-34 / 35-43), ma non nel nostro caso.
Tini infatti, basandosi sulla dissertazione del 1993 di A. Yoonprayong su questa
stessa pericope, osserva che nei vv. 31-35 non si riprende lo stesso episodio
con gli stessi personaggi e nemmeno si continua e si sviluppa la stessa linea
semantica (p. 36). Ci troviamo invece di fronte ad un pronouncement story:
cos chiama la forma letteraria V. Taylor nel suo commento a Marco. Lesegeta
inglese descrive le pericopi di questo genere letterario in questo modo: Sono
le brevi narrazioni in cui tutto subordinato al desiderio di riferire un detto di
Ges di particolare interesse e importanza per le comunit cristiane primitive
(V. Taylor, Marco, commento al Vangelo messianico, Assisi 1993, 46). La frase
tua madre e i tuoi fratelli ripetuta ben cinque volte. Dapprima propria del
narratore (v. 31), poi della folla che annuncia la venuta a Ges (v. 32), quindi
con essa Ges formula una domanda retorica (v. 33) e inne viene il detto conclusivo (vv. 34-35). Tini osserva che nonostante siano ripetute le stesse parole,
allinizio si indicano con esse le persone della parentela di origine, mentre alla
ne Ges intende una realt nuova. La sua parola indica e costituisce in stretta unione con lui come madre e fratelli sia gli uditori sedutigli intorno, sia
chiunque fa la volont di Dio. un principio di valore universale formulato
con un pronome indenito singolare perch implica ladesione personale di
ognuno. Nonostante laspro accostamento delle due realt della parentela e del
nuovo rapporto personale con lui, il passo non implica avversione di Ges per
la sua famiglia naturale. La presenza dei parenti serve per offrire il termine di
comparazione della nuova realt che interessa a Ges: anche ai suoi offerta
la possibilit di entrare in questo nuovo rapporto.
Tutti notano che alla frase iniziale si aggiungono inne anche le sorelle,
ma viene taciuto il Padre. Siccome levangelista ha detto sin dalla prima riga
del libro che Ges glio di Dio, il Padre non pu essere che questi. Allassenza che indica una presenza Tini dedica un intero capitolo. Al lettore
basti ricordare che la volont di Dio, come al solito espressa in modo enigmatico dallevangelista, per Ges quella che appare nella scena del Getsemani. Essa costituisce la realizzazione del disegno salvico da parte di Ges
e comporta passione e morte. In questa volont divina entrano pure i discepoli
secondo il noto passo di 8,34-38. Cos appare il fondamento teologico posto
alla realt della nuova fratellanza: attraverso la fratellanza con Ges si diventa
gli di Dio. Tutti i discepoli sono tra loro fratelli. Allinizio della vita pubblica
Ges offre questo dono, che poi implica la sua donazione totale.
Tini avverte che la pericope breve e passa quasi inosservata nellinsieme
del vangelo. Ma per il principio ermeneutico che la parte illumina il tutto e il
tutto a sua volta illumina la parte, passa in rassegna tutto il racconto di Marco
alla luce della fraternit. Essa si fonda sullidentit di Ges. Questa sua identit non viene compresa. I Dodici sono costituiti per stare con lui (3,14), a

476

RECENSIONI

parte ricevono la spiegazione del suo insegnamento. Sono anche rimproverati


perch privi di intelletto (7,18) e con il cuore indurito (8,17). Nella prova
c chi lo tradisce, chi lo rinnega, cui si aggiunge il fatto che tutti labbandonano. Non potendo dilungarsi sui particolari, Tini in breve ricorda come Ges
mostra commiserazione per la folla (8,2), la solleva dalla fame col miracolo
dei pani e dei pesci. Nella notte della passione istituisce per i suoi leucaristia
(14,22-24). Gli stessi che lavevano abbandonato, li riprende come suoi e d
loro appuntamento in Galilea, dove lo vedranno risorto (16,7). La comunione
di mensa con lui segno tangibile di fraternit e anche conferma della realizzazione del banchetto escatologico preparato per tutti i popoli.
impossibile riferire la ricchezza delle annotazioni che Tini fa sul testo di
Marco. Penso che quanto esposto basti a provare che il suo lavoro frutto di
lunga e attenta riessione. Il suo libro merita di esser letto come sussidio ad
una migliore comprensione del vangelo di Marco.
Per nire mi permetto di far notare allA. che nella presentazione a p. 9
egli usa il termine pronouncement story, che ricorre in seguito pi volte, ma
la spiegazione del genere letterario vien data solo da p. 45 e seguenti. Importanti sono le note, tanto ricche da poter essere utili come guida ad un ulteriore
studio. Ho costatato che, dove possibile, Tini cita gli autori stranieri nella rispettive traduzioni italiane, quando esistono. Tuttavia gli sono sfuggite almeno
le traduzioni della grammatica di Blass - Debrunner - Rehkopf, il commentario
del Taylor e il Grande Lessico del Nuovo Testamento del Kittel.
Giovanni Bissoli, ofm
Orlando Luigi, Il Vangelo di Giovanni. Lettura teologica, Puntopace, Taranto
2003, 296 pp., 28
Orlando Luigi, Le lettere di San Giovanni. Lettura teologica, Puntopace, Taranto 2003, 118 + 4 (Appendice) pp., 15
Le premier ouvrage reprend les notes dun cours sur lEvangile de Jean donn
lAthne pontical St Antoine de Rome en 2002. Il conserve un caractre
didactique voulu et entend introduire les tudiants aux problmes poss par la
littrature johannique. Mais plus quun simple tat de la question louvrage oriente et guide son lecteur. Ce nest du ct de lhellnisme, mais du judasme et de
lAncien Testament quil faut chercher larrire-plan du quatrime Evangile.
Les deux premiers chapitres introduisent loeuvre johannique et prsentent objectivement les principales solutions proposes par les chercheurs. Les
problmes de lunit de lEvangile, les diffrentes structures proposes, les
destinataires de lEvangile et le style johannique sont abords tour tour.
Dans la deuxime section lA. passe immdiatement lexamen de la
christologie et de la pneumatologie johannique. Il en rsulte une excellente

ORLANDO L. IL VANGELO DI GIOVANNI

477

synthse base sur les titres donns au Christ. De mme pour lEsprit lA.
distingue les dits sur le Paraclet et les autres textes sur lEsprit Saint. Aprs
cette synthse gnrale lA. commence lanalyse des textes.
Une troisime section est consacre lexamen du Prologue, suivi dun
excursus sur la vrit dans lEvangile de Jean.
La quatrime section tudie la manifestation de Jsus en analysant plusieurs pricopes : le baptme de Jsus, les noces de Cana, les dialogues avec
Nicodme et la Samaritaine, le discours sur leucharistie de Jean 6, la fte
des Tentes, ladultre de Jean 8 et le chapitre 12. Chaque chapitre est suivi
dun excursus qui enrichit cette tude. Ainsi les problmes des miracles et des
signes, du Temple, de Capharnam et du site de Bthanie au-del du Jourdain
sont abords.
La cinquime section aborde ltude de lheure de Jsus. Cinq chapitres
tudient successivement le lavement des pieds, la prire de Jsus, la passion,
les rcits des apparitions et la structure du chapitre 21.
La dernire section sattarde tudier les deux conclusions de lEvangile et
consacre un excursus leschatologie et lecclsiologie johannique. Louvrage se termine sur un long excursus sur le disciple au fminin. Aprs un examen
de la situation de la femme dans la Bible et dans le judasme lA. examine la
place des femmes dans le quatrime Evangile.
Lanalyse des textes suit la mthode historico-critique, ce qui nempche
pas lA. dajouter certains commentaires patristiques et de citer les textes du
magistre. Lordre chronologique des chapitres est sacri lordre thmatique. LA. qui a pass de nombreuses annes en Terre Sainte a gard une sensibilit aux problmes archologiques, comme il ressort de nombreux excursus.
Une abondante bibliographie qui est utilise au cours des analyses couronne
louvrage. La seconde dition devra corriger les quelques coquilles qui se sont
glisses dans les titres allemands. Cette synthse de la recherche rcente fera
la joie des tudiants, mais aussi de nombreux lacs qui souvrent la lectio
divina et qui sentent le besoin dtre guids et clairs.
Le second ouvrage consacr aux lettres johanniques est divis en douze
chapitres dont neuf sont consacrs la premire ptre. Aprs ltude des problmes dintroduction ce sont la christologie, la pneumatologie et lecclsiologie de la lettre qui sont scruts. Tour tour viennent ensuite ltude du genre
littraire et celle de la structure densemble. Les chapitres 4 9 sattachent
ltude de textes. Aprs lanalyse du prologue (1Jn 1,1-4) le thme du pch
est approfondi en 1Jn 1,52,2 ; 2,293,10. Le motif central de lamour qui a
une dimension christologique et ecclsiologique est lobjet dun chapitre entier.
Il est suivi du thme de la foi et des antichrists, puisque la foi est la racine de
lamour. Lpilogue de 1Jn 5,13-21 est approfondi dans un chapitre part. La
conclusion gnrale reprend la christologie, la pneumatologie et lecclsiologie
de la lettre en formant une sorte dinclusion. La seconde et troisime lettre qui
sont beaucoup plus brves sont lobjet chacun dun chapitre. Enn les rapports

478

RECENSIONI

entre les lettres de Jean et lEvangile sont traits dans un chapitre de conclusion. Les problmes christologiques et pneumatologiques laisss en suspens
dans lEvangile sont reformuls dans la premire lettre dans une perspective
ecclsiologique.
De nombreux schmas accompagnent le texte ainsi que la structure gnrale en appendice. Les structures proposes sont en gnral celles de I. de la
Potterie ou de Giurisato. Elles se basent sur des critres thmatiques plus que
sur des critres stylistiques. La seconde dition pourrait ajouter les accents
aux nombreux terems grecs cits en note. Louvrage est bien document et
bien prsent. Il rpond parfaitement au but que lA. sest propos : couter
et intrioriser la parole. Le sous-titre des deux ouvrages soulignent que lA.
entend donner une lecture thologique de loeuvre johannique. La parole de
Dieu scrute avec les moyens modernes de lexgse doit devenir une nourriture solide pour les croyants.
Frdric Manns, ofm
Betori Giuseppe, Afdati alla Parola. Ricerche sullOpera di Luca (ABI.
Supplementi alla Rivista Biblica 42), Edizioni Dehoniane, Bologna 2003, 304
pp., 22.50
Il volume ospita una raccolta di quattordici saggi esegetici di mons. Betori
pubblicati negli anni 1984-2002 in riviste e opere collettive. I contributi, scelti
e con criterio suddivisi da A. Barbi in tre sezioni del libro, affrontano varie
problematiche dellopera lucana (si tratta, in prevalenza, degli Atti degli apostoli, mentre al Vangelo di Luca sono dedicati in pratica soltanto gli ultimi
due). La vasta produzione dellA. dimostra che il suo interesse per lopera di
Luca, iniziato con la pubblicazione della tesi di dottorato nella prestigiosa serie
di Analecta Biblica (Perseguitati a causa del Nome. Strutture dei racconti di
persecuzione in Atti 1,128,4, Roma 1981), era tuttaltro che casuale e con il
passare degli anni ha registrato una notevole crescita non solo quantitativa.
Dopo una Introduzione (pp. 7-13), in cui A. Barbi ha delineato il contenuto
dei singoli contributi, viene la I Parte intitolata Rassegne. Vi sono compresi
quattro saggi: LAntico Testamento negli Atti. Stato della ricerca e spunti di
riessione [1984]: pp. 17-35; La storiograa degli Atti. La ricerca nel nostro
secolo: rassegna e valutazioni [1985]: pp. 37-51; Chiesa e Israele nel libro
degli Atti [1988]: pp. 53-68; Alla ricerca di unarticolazione per il libro degli
Atti [1989]: pp. 69-85. Questi testi mantengono il loro valore, anche se (come
sembra evidente) negli ultimi ventanni la ricerca ha fatto passi in avanti. Infatti, essi sono ancora in grado di guidare e di illuminare chiunque desidera informarsi sulle varie fasi della discussione intorno ai nodi affrontati nelle rassegne
e alle soluzioni proposte dagli studiosi no a questa data. Pi che limitarsi ad

BETORI G. AFFIDATI ALLA PAROLA

479

una mera esposizione, del resto chiara, equilibrata e perspicace, lA. si mostra
abile non solo nel fornire preziosi rilievi critici ma anche nel prospettare nuove
possibili direzioni di indagine e di approfondimento.
Nella II Parte dedicata alle Questioni introduttive vengono riproposti
i seguenti saggi: Gli Atti come opera storiograca. Osservazioni di metodo
[1986]: pp. 89-108; Strutturazione degli Atti e storiograa antica [1991]: pp.
109-118; La strutturazione del libro degli Atti: una proposta [1994]: pp. 119140; Lunit letteraria e narrativa di Luca-Atti: indicazioni dalla struttura
[2002]: pp. 141-159. indubbio, leggendo questi titoli, che la dimensione storica e larticolazione dellopera lucana, specie di Atti, costituiscano per Betori
la materia preferenziale di studio. Per quanto concerne i rapporti tra lopera di
Luca e la storia, lA. ritiene controproducenti, dal punto di vista metodologico,
le ricerche che mirano a collocare gli Atti nellalveo della letteratura contemporanea prima di aver operato unanalisi interna del testo lucano. Soltanto in
questo modo e lo esemplica analizzando At 2,428,4 e poi At 15,1-35 e Gal
2,1-10 si pu cogliere infatti la prospettiva che governa la storiograa lucana
e le intenzioni dellautore biblico. Non meno originale e ricco di stimoli per
ulteriori ricerche si rivela lapporto dato da Betori nel districare la questione
della strutturazione del libro degli Atti. Per raggiungere questo ne egli studia innazitutto la dispositio, una delle regole fondamentali della storiograa
antica, con limpiego della quale Luca ha organizzato in modo ordinato e ha
messo in luce il senso degli avvenimenti storici. Dopo aver individuato questo
criterio formale di fondo, lA. si sente in grado di proporre la sua struttura del
libro degli Atti in cinque parti, che fa perno intorno al cap. 15 (introduzione:
At 1,1-14; I: 1,128,4; II: 8,1b14,28; III: 14,2716,5; IV: 15,3519,22; V:
19,2028,31), basandosi sulle transizioni, ossia su quei testi che servono a
legare le varie parti e ne assicurano la continuit narrativa (At 1,12-14: 8,1b-4;
14,27-28; 15,3516,5; 19,20-22; 28,14b-16). Con lo stesso metodo utilizzato
per il libro degli Atti Betori tenta anche, supportando cos la tesi dellunit di
progetto letterario e narrativo dellopera lucana, di evidenziare larticolazione
del terzo Vangelo; vi distinue un prologo: Lc 1,1-4 seguito da quattro parti:
1,54,15; 4,149,50(56); 9,5119,28; 19,2824,53. Il kerygma cristologico-soteriologico, prima accaduto (Lc) e poi proclamato (At), si presenta quindi per
Luca come un lo conduttore e unicante della sua opera in due volumi.
I saggi della III Parte, la pi consistente, riguardano il campo della
Esegesi e teologia: Lo Spirito e lannuncio della Parola negli Atti degli
apostoli [1987]: pp. 163-191; Lannuncio come testimonianza. I Dodici nel
libro degli Atti [1990]: pp. 193-218; Confermare le Chiese con la parola
dellesortazione: ejpisthri/zein nel libro degli Atti [1998]: pp. 219-230; I
discorsi missionari degli Atti degli apostoli. Il kerygma nel contesto degli
eventi e nella progressivit della narrazione [1998]: pp. 231-241; Lc 24,47:
Gerusalemme e gli inizi della predicazione ai pagani negli Atti degli apostoli
[1991]: pp. 243-262; Zaccaria e Ges: dallantica alla nuova benedizione

480

RECENSIONI

nellopera lucana [1990]: pp. 263-273. Betori convinto, e le tracce di


questa convinzione sono disseminate un p ovunque nei suoi scritti, che
protagonista assoluto del libro degli Atti la Parola e la sua diffusione,
di cui promotori o strumenti sono diversi attori: in primo luogo il Signore
risorto della comunit, poi lo Spirito e inne la chiesa con le sue gure pi
rappresentative (Pietro, Paolo). Questo interesse costante riceve una conferma
tangibile proprio nei saggi di questa parte. Nel primo lA. delinea il ruolo
dello Spirito, denominato a ragione Spirito della Parola, nellespansione dellannuncio ecclesiale. Nei due successivi descrive il nesso che lega
lannuncio della Parola con il ministero apostolico di testimonianza, da
una parte, e con il consolidamento/conferma delle comunit cristiane gi
fondate (At 14,22; 15,32.41; 18,23), dallaltra. Il quarto saggio dedicato
ai discorsi kerygmatici degli Atti e in particolare ai loro elementi costitutivi
che risultano variare in maniera signicativa in relazione al contesto narrativo. Nellarticolo consacrato allanalisi di Lc 24,47 lA. intende mostrare
che nellespressione arxamenoi apo\ Ierousalh/m Luca aveva gi in vista
lannuncio universale di salvezza a tutte le nazioni (ei panta ta eqnh),
come viene comprovato dallevento della Pentecoste (At 2,5) e da altri testi
sulla predicazione in Gerusalemme (At 2,17-21.39; 3,25; 4,12; 5,32). Lultimo
contributo mette in parallelo due episodi collocati nei punti estremi del terzo
Vangelo: la mancata benedizione del popolo dIsraele da parte del sacerdote
Zaccaria (Lc 1,22) e la pienezza della benedizione messianica elargita dal
Risorto prima di ascendere al cielo (Lc 24,50-53).
Chiudendo questa rapida presentazione della raccolta dei saggi, la cui
lettura vivamente raccomandata agli studiosi degli scritti di Luca, vogliamo
sperare che non si realizzi affatto leutanasia di un biblista, come mons.
Betori si era scherzosamente autodenito alla notizia della sua chiamata ad
alti incarichi. Ci auguriamo invece che, nonostante i suoi impegni di pastore e
segretario della CEI, egli trovi modi e tempi adatti per proseguire a coltivare
ancora il campo di ricerca dellopera lucana.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Leonardi Giovanni - Trolese Francesco G.B. (a cura di), San Luca Evangelista
testimone della fede che unisce. Atti del congresso internazionale Padova, 1621 Ottobre 2000. I: Lunit letteraria e teologica dellopera di Luca (Vangelo e
Atti degli Apostoli) (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana XXVIII),
Istituto per la storia ecclesiastica padovana, Padova 2002, 637 pp., 50
Encomiabile liniziativa di celebrare con un grande congresso di studiosi la
presentazione al pubblico delle indagini scientiche condotte in occasione della
ricognizione dei resti di S. Luca custoditi da oltre mille anni nella basilica di

LEONARDI G. - TROLESE F. SAN LUCA EVANGELISTA

481

santa Giustina a Padova. Frutto di questa felice impresa, realizzata nellanno


2000 con lapporto di prestigiose istituzioni civili ed ecclesiastiche, il presente
volume che ne consegna alla stampa i risultati riguardanti il terzo Vangelo e
gli Atti degli Apostoli attribuiti a Luca.
I titoli e lampiezza delle relazioni principali su temi di fondo, lautorevolezza degli studiosi italiani e stranieri che li hanno svolti sono indicativi di
quanta ricchezza vi trova il lettore. Ne diamo lelenco: R. Fabris, Lo scopo
principale dellopera di Luca (Lc-At); G. Betori, Lunit letteraria e narrativa di Luca-Atti; A. Barbi, Koinonia, soluzione dei conitti e rapporti tra
chiese: un aspetto dellecclesiologia degli Atti; M. Perroni, Le donne e Maria la madre di Ges in Luca; A. Poppi, Luca e il problema sinottico; R.
OToole, Il giubileo, la buona notizia (Lc 4,18-19) in Luca-Atti oggi: per
tutti, specie per i poveri e gli ultimi; G. Segalla, Etica ed escatologia futura.
Escatologia presenziale ed etica nellopera lucana; P. Tremolada, Il valore
salvico della morte di Ges nellopera di S. Luca; G. Leonardi, Comunit
destinatarie dellopera di Luca e identit dellautore. Come si vede, in questa sezione messa sotto la tematica Lunit letteraria e teologica dellopera
di Luca, vengono affrontati tutti i punti nodali della ricerca contemporanea
sullopera lucana.
Interessanti e in alcuni casi di ampio respiro anche i contributi offerti
raggruppati dai curatori sotto la tematica Struttura letteraria, narrativa e
temi teologici: G. Giurisato, Ho deciso di scrivere con ordine (Lc 1,3):
struttura del Vangelo di Luca; R. Meynet, Composito o composto? Contributo dellanalisi retorica allo studio del Vangelo di Luca. Qualche esempio;
P. Pokorn, Der Evangelist Lukas und die theologische Bedeutung seines
Werkes; O da Spinetoli, Qualche riessione su la salvezza nellopera lucana (Vangelo e Atti); G. De Virgilio, Limpiego di evangelizzare
(eujaggelizestai) nellopera di Luca; S. Grasso, Fattori ermeneutici per la
codicazione delle parole del Risorto allinterno del Vangelo lucano (24,3643.44-49); J. Bro, Le parole di Ges in croce (Lc 23). Compendio della
preghiera di Ges secondo il Vangelo di Luca; J. B. Green, The Nature
of Conversion in the Acts of the Apostles; A. Bottino, La missione no
allestremit della terra e i suoi protagonisti negli Atti degli Apostoli; S.
Panimolle, Vita di comunione e tensioni nella chiesa delle origini (At 1-15);
A. Valentini, I cantici di Lc 1-2 nel contesto dellopera lucana; M.-L. Rigato, Luca originario giudeo, forse di stirpe levitica, seguace dei testimoni
oculari (Lc 1,2-3). Una rilettura delle fonti pi antiche con riscontri nellopera di Luca. In questa e nella sezione precedente fa piacere trovare la voce
di tre studiose italiane note nel campo degli studi neotestamentari (Marinella
Perroni, Adriana Bottino, Maria-Luisa Rigato).
Sotto la voce Aspetti particolari vengono raccolti gli studi: A. Serra,
Maria conservava tutte queste cose (Lc 2,19: cfr. 2,51b). La madre di
Ges, fonte di informazione per levangelo dellinfanzia? Scrittura e Tradi-

482

RECENSIONI

zione a confronto; J. Kilgallen, The Parable of the Fig Tree (Luke 13,6-9);
M.-E. Boismard, La parabole de lintendant indle en Lc 16,1-9. Au verset
8, qui est dsign par lexpression ho Kyrios?; F. Montagnini, Il corollario lucano dellultima cena (Lc 22,24-38): un abbozzo di ecclesiologia; B.
Prete, Apr loro la mente allintelligenza delle Scritture (Lc 24,45); G.
Marconi, Anania e Safra (At 5,1-11): la guida dello Spirito e la presenza
storica di Satana nella comunit; T. Stramare, Il mistero salvico della
presentazione al tempio e la porneia come idolatria. Annotazioni in Lc
2,22-50 e At 15,20.
Sette contributi vengono collocati sotto il titolo Luca e lambiente socioculturale e religioso: S. Cipriani, Un confronto fra Paolo di Tarso (1Ts) e
Luca (At 20,17-38) sul tema della missione; G. Ross, La questione della
Legge allassemblea di Gerusalemme nella prospettiva di Paolo (Gal 2) e di
Luca (At 15); P. Garuti, San Luca e la Lettera gli Ebrei: unantica teoria da
riconsiderare?; J. Taylor, St Luke and Flavius Josephus; M. Wilcox, Semitisms in Luke-Acts in the light of the Tobit Mss from Qumran and in the
Babatha Archive (P. Yadin); Ch. Sp. Voulgaris, The nature and signicance
of St. Lukes human Genealogy of Jesus Christ; J. Rius-Camps e J. ReadHeimerdinger, The Message of the Book of Acts in the Alexandrian Tradition
and in the Codex Bezae.
Allinfaticabile professore don Giovanni Leonardi si deve una Bibliograa
scelta su Luca (Vangelo e Atti) che copre il ventennio 1980-2000, posta alla
conclusione del volume, e un coraggioso tentativo di presentare in poche dense
pagine i risultati del congresso che egli individua in tre dati pi ricorrenti: 1.
Vangelo e Atti sono ununica opera letteraria, narrativa e teologica e perci da
esaminarsi come tale sia a livello di studio sia a livello pastorale; 2. Due sono
gli scopi teologici principali dellopera (Vg e At): le profezie divine fatte alla
chiesa di Israele si sono ora adempiute in Cristo e nella chiesa messianica
della Nuova Alleanza di Ges nata a Pentecoste e aperta alle genti; il successo
della Parola evangelica assicurato attraverso la sofferenza e la croce; 3. Luca
non di origine pagana, ma ebraica, e pare non della seconda/terza ma della
prima generazione cristiana e lui stesso uno spettatore oculare delle prime
vicende cristiane (p. 37).
Il lettore informato, ma pure chi conosce anche in maniera non approfondita lopera lucana e la problematica storica, letteraria e teologica che la riguarda,
non tarda a scoprire che questo grosso volume costituisce una summula preziosa e stimolante per lo studio del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli.
Come di consueto negli Atti di congressi, si trovano anche qui riprodotti
messaggi e interventi di personalit. Vi spiccano il messaggio insolitamente
ampio di Papa Giovanni Paolo II e quello del Patriarca Ecumenico Bartolomeo.
Somo ambedue diretti allArcivescovo di Padova Antonio Mattiazzo ma hanno
in prospettiva i partecipanti al congresso e quanti saranno raggiunti dai suoi
echi e frutti anche editoriali.

MAZZEO M. LETTERE DI PIETRO. LETTERA DI GIUDA

483

Davvero Luca, evangelista dei fatti e detti di Ges e avvincente narratore


della giovane Chiesa, testimone della fede che unisce la Chiesa di Occidente e la Chiesa dOriente. Un segno dei tempi e un seme di speranza allinizio
del terzo millennio cristiano.
G. Claudio Bottini, ofm
Mazzeo Michele, Lettere di Pietro. Lettera di Giuda. Nuova versione, introduzione e commento, Milano 2002, 486 pp. 29.95
La collection I libri biblici publie par les ditions Paoline de Milan vient de
senrichir dun nouveau volume prcieux d la plume fconde de M. Mazzeo.
LA. dj connu pour ses crits sur lApocalypse de Jean et son introduction
aux Evangiles synoptiques nest pas un novice en fait dexgse. Il le prouve
de nouveau dans ce commentaire des lettres de Pierre et de la lettre de Jude.
Accompagn de notes copieuses le commentaire se prsente demble comme
un ouvrage scientique bien document.
Lintroduction la premire lettre de Pierre tudie en dtail le problme
de la structure et du genre littraire. Un excursus sur le genre des Haustafeln
est offert au lecteur. Les rapports entre la lettre et les crits pauliniens sont
longuement approfondis. Enn les problmes concernant lauteur, la date et
le lieu de composition et celui des destinataires qui font partie de toutes les
introductions sont abords de faon synthtique et fouille. Les commentaires
rcents de Achtemeier et de Elliott sont frquemment exploits. Laissant de
ct les aspects positifs de ce livre, nous nous attachons relever seulement
quelques lments ngatifs dans le but damliorer toujours davantage la recherche exgtique.
La traduction du texte, revue par la Prof. A. Passoni dellAcqua, est en
gnral prcise. Tel ou tel point peut tre contest cependant. Nous nen citerons que deux exemples. Ainsi en 1,11 lA. traduit ricercando con cura
quale tempo o quale circostanza indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro .
Lexpression eis tina peut tre traduite diffremment si on lit le masculin du
pronom tis : Ils cherchaient dcouvrir qui (tina) et quelles circonstances
indiquait lEsprit du Christ qui tait en eux . Le rle des prophtes tait de
discerner le sens christologique des Ecritures. En 1,3 dans lhymne douverture
de la lettre lA. traduit le participe aoriste anagennsas: ci ha rigenerati .
Sagissant dun participe aoriste incohatif on est en droit de traduire : qui a
commenc nous rgnrer. Cette lecture est permise parce quau chapitre
1,23 lauteur de la lettre a recours au participe parfait anagegennemenoi pour
indiquer les rsultats actuels dune action passe. Lagent de la nouvelle naissance nest plus la rsurrection qui a marqu ltape initiale (1,3), mais la
Parole du Dieu vivant.

484

RECENSIONI

Parfois le commentaire manque de prcision. Ainsi en 1,10 lA. interprte


les prophtes dont les prdications annonaient la grce destine aux chrtiens comme tant les prophtes de lAncien Testament (p. 69). Or le terme
prophtai est employ ici sans article. Plusieurs tudes rcentes ont tabli que
le terme employ sans article se rfre aux prophtes du Nouveau Testament.
Si lon admet cette lecture la premire lettre de Pierre fournirait un lment
important sur lorganisation des Eglises primitives. Enn, concernant le problme des citations du Nouveau Testament, lA. aurait intrt tenir compte
de ltude de J. Schlosser, La premire lettre de Pierre et la traduction
vanglique publie dans louvrage Mysterium Regni. Ministerium Verbi.
Mlanges en lhonneur de Mgr Vittorio Fusco. Le message thologique fait
lobjet dune partie importante du commentaire. Lhistoire de linterprtation
offre un status quaestionis de la recherche dbutant seulement avec ltude
de Perdelwitz. La recherche patristique concernant le sacerdoce des dles ou
la descente du Christ aux enfers a t entreprise bien des fois dans le pass.
Cest dire que toute la tradition a scrut cette lettre importante depuis des sicles. LA. semble oublier que lexgse commence avec les Pres de lEglise.
Un lexique biblico-thologique conclut de faon heureuse le commentaire de
chaque crit. Le mme schma est appliqu ltude de la deuxime lettre
de Pierre et la lettre de Jude. LA. rappelle bon escient que pour la lettre
de Jude le recours que fait lauteur au texte apocryphe de 1 Hnoch. Ce
renvoi pose de faon srieuse le problme du canon des Ecritures auquel un
document rcent de la commission biblique ponticale a tent de donner une
rponse. Une bibliographie essentielle conclut louvrage. Relevons quelques
coquilles : Culmann = Cullmann, Los discorsos = Los discursos, aus talmud
und Midrash = aus talmud und Midrasch, Gnve = Genve, authorits =
autorits, Queest-ce = Quest-ce, Giudasmo = Giudaismo, le relations = les
relations. Un index dtaill et fonctionnel permet au lecteur de retrouver rapidement les textes recherchs. Bref, un ouvrage bien inform, bien prsent
et bien crit qui mrite de gurer dans les bonnes bibliothques.
Frdric Manns, ofm
Lopasso Vincenzo - Parisi Serano (a cura di), Liber Scripturae. Miscellanea in onore di P. Francesco Tudda ofm (Teologia e Teologi Pubblicazioni
delIstituto Teologico Calabro San Pio X), Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 2002, 219 pp., 13
La miscellanea che presentiamo con piacere onora un francescano competente e
modesto che ha speso buona parte della vita nellinsegnamento e nellapostolato
biblico. Si tratta di padre Francesco Tudda che, dopo gli studi fatti nel nostro
Studium Biblicum Franciscanum (a.a. 1960-61) e a Roma (Istituto Biblico e

LOPASSO V. - PARISI S. LIBER SCRIPTURAE

485

Antonianum), nel 1962 si laure in teologia con specializzazione biblica. Ad


onorarlo sono soprattutto alcuni suoi discepoli ora suoi successori nellinsegnamento della Sacra Scrittura presso lIstituto Teologico San Pio X a Catanzaro.
Anche tra questi ci piace segnalare nomi di amici (V. Lopasso e M. Mazzeo)
che hanno studiato nella nostra Facolt.
Padre Tudda per oltre un ventennio ha contribuito a formare generazioni di
giovani chierici, ora presbiteri e pastori nelle diocesi della Calabria, allo studio
amoroso del Liber Scripturae e non pochi laici, uomini e donne, alla lettura
intelligente e orante della Parola di Dio scritta.
Il Direttore dellIstituto Teologico, G. Mazzillo, e i curatori della pubblicazione, V. Lopasso e S. Parisi, ricordano il metodo di padre Tudda come
una proposta che sapeva tenere insieme la consistenza dei contenuti e una
dialettica attenta alla personalit degli studenti (p. 15). Egli mirava ad offrire
agli studenti una comprensione della Bibbia quanto pi possibile testuale dellAntico e del Nuovo Testamento richiedeva loro una conoscenza dettagliata
dei vari libri anche nei particolari a prima vista insignicanti, consapevole
che tutto poi dovesse conuire nella comprensione, di pi ampio respiro, del
messaggio teologico della Bibbia, considerata nella sua unit, dalla Genesi
allApocalisse, e avente come centro e vertice Ges Cristo (p. 17). Frutto del
suo zelo per la conoscenza della Bibbia tra i laici e le persone consacrate sono
alcuni libri di iniziazione biblica da lui pubblicati e nei quali ha trasfuso la sua
sapienza e esperienza.
I dieci saggi scritti della miscellanea in suo onore sono ripartiti in due sezioni e abbracciano diversi campi e interessi del mondo biblico. Nella sezione
Antico e Nuovo Testamento si trovano: G. Berlingieri, Il nome di Yhwh
nel contesto dellEsodo; V. Lopasso, La data della vocazione di Geremia;
F. Manns, The Christology of the First Letter of John; M. Mazzeo, Beati
i morti che muoiono nel Signore. S, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro
fatiche (Ap 14,13); S. Parisi, Atti degli Apostoli e modelli storiograci.
Nella seconda, intitolata Studio della Bibbia e vita spirituale, si leggono: G.
de Simone, Il commento di Cassiodoro al Salmo 8; E. Pinciroli, La gura
dei minimi in Mt 25,31-46. Storia della interpretazione recente ed esempi di
utilizzazione del testo; V. Scaturchio, La centralit di Cristo nella Rivelazione biblica; L. Micalizzi, Figure femminili nellEpistolario di San Girolamo;
M. Pazzini, Francesco Scerbo grammatico e lessicografo. I contributi sono
corredati di bibliograa e note critiche e il volume dotato di un utile indice
degli autori citati.
Un volume che potr essere consultato con frutto dalle persone interessate
alle tematiche trattate e che fa onore ai curatori. Padre Tudda pu constatare
con soddisfazione e gioia che i discepoli da lui iniziati al Liber Scripurae
procedono con competenza e determinazione sui sentieri dello studio e della
ricerca.
G. Claudio Bottini, ofm

486

RECENSIONI

Mosetto Francesco (a cura di), Ecce ascendimus Jerosolymam (Lc 18,31).


Miscellanea di studi offerti per il 75 dello Studentato Teologico Salesiano
in Terra Santa e il Centenario dellIspettoria salesiana del Medio Oriente
(Biblioteca di Scienze Religiose 184), Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2003,
487 pp., 28
Come viene indicato nel sottotitolo, il volume intende commemorare due ricorrenze importanti per i salesiani che vivono e operano in Terra Santa. certamente unoccasione propizia per rendere grazie a Dio per il tempo trascorso
e le nalit raggiunte, ma insieme un momento di sosta e di duciosa attesa
in vista dei nuovi traguardi che attendono ancora i gli spirituali di don Bosco
nella patria di Ges. Ecce ascendimus Jerosolymam un titolo quanto mai
appropriato, se si tiene conto del fatto che proprio a partire dallanno 2004 lo
Studio teologico San Paolo, ora Santi Pietro e Paolo, stato trasferito da
Cremisan alla nuova sede del Ratisbonne Monastery a Gerusalemme.
La miscellanea, frutto di collaborazione di 22 docenti legati in vario modo
allo STS, divisa in quattro sezioni a seconda della tipologia dei contributi.
Agli studi riguardanti la Sacra Scrittura (nove) fanno seguito i saggi di carattere sistematico, liturgico ed ecumenico (T. Pavlou, J. Khader, D. Attinger, G.
Caputa, A. Mul Stagno), quelli di teologia morale e pastorale (P. Carlotti, R.
Frattallone, M. Lahham, L.A. Gallo) e alla ne quelli che si riferiscono alla
storia e allarcheologia (I. Grego, A. Strus, E. Ferasin, V. Pozzo).
La parte pi consistente del volume occupano gli studi biblici. In apertura
dei contributi dedicati allAT A. Marchadour riette su Il testo biblico e le sue
letture (pp. 17-26), ripercorrendo i tre momenti particolarmente signicativi
dellinterpretazione della Bibbia nel XX secolo: lapproccio storico-critico
che privilegia un testo-base, lapproccio semiotico interessato invece al testo
attuale, e la Wirkungsgeschichte o la storia degli effetti prodotti dal testo. A
prescindere dal metodo scelto, che resta solo un mezzo e mai un ne della
ricerca biblica, ogni esegeta deve sempre tener presente che la Bibbia un
libro vivo e dato per vivere.
Il saggio di M.M. Morno, Chiam quel luogo Volto di Dio (Gn 33,31).
Lincontro lottato di Giacobbe con Dio paradigma di itinerario umano e
spirituale (pp. 27-51), un tentativo (ben riuscito, penso) di far emergere la
struttura simbolico-spirituale che regge il racconto della lotta di Giacobbe con
Dio e dellincontro/scontro tra Giacobbe e suo fratello Esa (Gn 32,2333,4).
Il testo genesiaco offre cos una metodologia dellincontro con Dio, colta
dalla tradizione biblica, giudaica e cristiana, come un passaggio indispensabile
al ne di giungere allo svelamento alluomo della vera identit di Dio e allacquisizione da parte del credente di una nuova identit.
Una breve ma stimolante riessione di A. Mello, Perlustrer Gerusalemme con lanterne (Sof 1,12) (pp. 53-61), prende spunto da una domanda:
come mai la Terra Santa, specie Gerusalemme, che nella tradizione biblica

MOSETTO F. ECCE ASCENDIMUS JEROSOLYMAM

487

gode di un favore singolare e di una attenzione particolare di Dio, si vede


sempre cos contesa e lacerata? E trova la risposta nel messaggio di Sofonia,
profeta dellira di Dio e del resto dIsraele. Il Signore promette di perlustrare Gerusalemme con lanterne, ossia accorder ai suoi testimoni scelti uno
sguardo profetico in modo tale da renderli capaci di guardare oltre il presente
ingarbugliato e di vincere lapparente signoria delle forze del male. Le lucerne che illuminano Gerusalemme sono i suoi abitanti, nella misura in cui hanno
il coraggio profetico di riconoscere, al di l del male odierno, il bene che Dio
sa trarne, e ha in vista, per il mondo intero (p. 61).
M. Cimosa, Gerusalemme, patria di tutti i popoli. Il Signore scriver nel
libro: l costui nato [Salmo 87 (86)] (pp. 63-74), svolge una lettura universalistica del Salmo 87. Gerusalemme, la citt [e non Ges, come insinua
invece un errore infelice a p. 73] che non ha riconosciuto il momento della
visita di Ges, non cessa di essere un centro di irradiazione della storia della
salvezza e un polo di attrazione per tutti i popoli della terra.
La serie degli studi appartenenti allarea del NT si apre con una indagine
di F. Mosetto, curatore della miscellanea, su Il cammino di Ges verso Gerusalemme nel Vangelo di Luca (Lc 9,51-19,28) (pp. 75-104). LA. descrive
il motivo lucano del cammino, il suo signicato cristologico e quello catechetico, gli aspetti letterari di composizione e termina con una presentazione
sintetica delle dieci sequenze narrative in cui si potrebbe suddividere la parte
centrale del terzo vangelo (9,5110,24; 10,2511,13; 11,1412,12; 12,13-53;
12,5413,35; 14,1-35; 15,1-32; 16,1-31; 17,118,30; 18,3119,28).
Il saggio di G. Zevini, Lora di Ges nel Vangelo di Giovanni alla luce
dellora storica della Gerusalemme doggi (pp. 105-123), studia in unottica
storico-attualizzante uno dei temi portanti del quarto vangelo che ne reggono
anche la struttura (lora ancora non venuta: Gv 112; lora ormai venuta: Gv 1320). Lattuale momento storico di Gerusalemme, citt segnata da
dolorosi contrasti ma avvolta anche di un alone di mistero e di speranza, si
intreccia con lora teologica di Ges in un messaggio di luce e di salvezza
che scaturisce per tutti gli uomini dallincarnazione e dalla missione del Figlio
di Dio.
J.-M. Poffet, Paolo testimone della verit e pastore (Prima Lettera ai Tessalonicesi) (pp. 125-133), illumina in riferimento soprattutto alla 1Tes il
nesso tra lattitudine pastorale di Paolo, fondata sulla percezione del mistero
di Cristo, e la sua parenesi teologica nalizzata a servire o difendere la verit
del Vangelo. Come insegna lesempio autorevole dellApostolo, si pu essere
testimoni della Verit divina, senza essere o diventare fanatici religiosi.
Della gura di Ges Cristo nelle lettere di Paolo (pp. 135-155) si occupa il
contributo di A.M. Buscemi. Egli si interroga anzitutto sul grado di conoscenza del Ges storico da parte di Paolo e in seguito illustra i titoli principali di
Ges presenti nellepistolario paolino: Cristo, Signore, immagine, primogenito
e capo.

488

RECENSIONI

Lo studio di J.B. Vernet volto a dimostrare Lapporto della papirologia


alla datazione degli scritti del Nuovo Testamento (pp. 157-175). Dopo una breve descrizione della papirologia e dellevolversi di questa scienza, lA. passa
a valutare la sua importanza per la datazione di documenti antichi, i Vangeli
in primo luogo, e inne prende in esame un caso particolare: il papiro 7Q5.
Nel 1972 il gesuita catalano J. OCallaghan ne ha identicato il testo con Mc
6,52-53. La proposta ha suscitato una lunga e animata discussione, ancora
in corso. Vernet ritiene lidenticazione almeno possibile, se non addirittura
probabile o certa.
Con la preferenza data in questa breve presentazione alla parte biblica non
si vuole, di certo, sminuire il valore di altri studi che potranno essere apprezzati
dagli specialisti nel campo teologico, archeologico e storico. Accogliendo ben
volentieri il volume faccio proprio laugurio del curatore della miscellanea
che questo piccolo frutto dellimpegno formativo e pastorale dei docenti dello
Studio teologico San Paolo sia come lalba di un nuovo giorno, che speriamo
di pace e operosa collaborazione tra tutte le comunit religiose ed etniche che
vivono oggi nella Terra santa (p. 11).
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Schneider Aquinas - McCloskey Pat, The Lord Is the Spirit. Essays Honoring Bernardin Schneider, Studium Biblicum Franciscanum, Tokyo 2002,
VII-188 pp.
This somewhat peculiar book departs from the general norms followed in
miscellanies in honor of biblical scholars. It reects the uniqueness of the lifestory of Victor Schneider, who became a Friar Minor of the United States with
the name of Bernardin (Bernie for friends) and has spent more than fty years
to let the written Word of God complete its course in Japan. The publication
of the book coincided with the ftieth anniversary of the Studium Biblicum
Franciscanum in Tokyo (1952-2002). This date deserved to be remembered
because Fr. Schneider had a leading role in the realization by the Studium
Biblicum Franciscanum of a great undertaking, i. e. the Catholic translation in
Japanese of the entire Bible in 37 volumes and the Inter-confessional translation
of the Bible in 5 volumes, fruit of an ecumenical collaboration.
The present volume voices the love of his family members (Bernardin has
three other brothers who are Friars Minor and priests) and of his Japanese and
fellow American confrres, classmates, friends and admirers. It collects fteen
contributions all centered on the Holy Spirit, a theme within the realm of Fr.
Schneiders life-long experience and research. The rst report on the Studium
Biblicum Franciscanum in Tokyo, written by Fr. Schneider himself, appeared
on this review LA 11 (1961) 319-323, with further contributions in LA 19

SCHNEIDER A. - McCLOSKEY P. THE LORD IS THE SPIRIT

489

(1969) 373-375 and LA 21 (1971) 338-339. He concludes his report with an


explicit reference to the Holy Spirit, stating that This account, being written
on the Feast of Pentecost, can only ttingly be nished with a prayer to the
Holy Spirit, under Whose inspiration the Sacred Scriptures have been written,
for constant light and strength to be able to carry on this work, with His aid
now solidly begun, to a tting and fruitful conclusion.
A simple list is enough to illustrate the content and vast interest of the
contributions published in this volume: The Role of the Holy Spirit in the
Charismatic Renewal (by F. Mathy, Jesuit); Saint Francis and the Holy
Spirit (by I. Brady, OFM); The Holy Spirit, Freedom and the Franciscan
Movement: Reections on the Clericalization of the Friars Minor (by L. Landini, OFM); The Role of the Spirit in Christian Life (by C. Finnegan, OFM);
The Holy Spirit and Our Moral Life (by D. Kroger, OFM); The Role of
the Spirit in Responding to Gods Call (by N. Lohkamp, OFM); The Spirit
and the 20th-Century Biblical Studies (by H. Kistner, OFM); The Paraclete
in Jesus Farewell Discourses (John 13-17) (by F. Manns, OFM); Preaching
in Words Given by the Spirit (by C. Sweeney, OFM); The Role of the Spirit
in Vatican II (by H. Mayer); The Role of the Holy Spirit in Contemplative
Prayer (by P. Tahashi, Trappist); The Role of the Holy Spirit in My Life as
Minister Provincial (by J. Maekawa, OFM); The Holy Spirit in the Life of a
Bishop (by F. Sato, OFM bishop); The Various Giftedness for Mission (by
C. Parker, Baptist missionary).
Some reections that precede these contributions as well as the subject
of Fr. Schneiders doctoral thesis explain the reason of this emphasis on the
Holy Spirit. Aquinas, Chris and Ric, Bernies brothers, write on The Role
of the Holy Spirit in the Life of B. Schneider. His classmates, A. Hoff and
B. Clancy, illustrate The Role of the Holy Spirit in the Formation Years and
Apostolate of B. Schneider. The journalist T. Cashnelli comments on B. Schneiders language and life in the light of an expression familiar to him, Its
All Gods Providence.
Before dedicating his life to the Japanese translation of the Bible, Fr.
Schneider studied Sacred Scripture at the Antonianum and at the Biblicum in
Rome and then in our Faculty in Jerusalem. He was among the rst students
who, after the Second World War and the rst Arab-Israeli war, arrived at the
Studium Biblicum in the academic year 1950-1951. His doctoral dissertation,
approved with a summa cum laude note in 1951 and soon after published in
Latin, dealt with St. Pauls well-known expression in 2 Cor 3:17a, Dominus
autem Spiritus est. The section of the dissertation which contains Fr. Schneiders careful interpretation of this Pauline phrase is translated into English and
printed in this volume.
The reader in intrigued by the Japanese characters in the titles of the
biblical books as well as by numerous photos that portray Bernie with his
unmistakable smile and in various moments of his industrious and fruitful

490

RECENSIONI

life. In one of the most charming photographs he is with the Servant of God
Fr. Gabriel Allegra, founder of the Studium Biblicum Franciscanum in China,
who encouraged Schneider to do the same for Japan.
Our hearty congratulations to all who have been engaged in the realization
of this volume. We hope it will spread about well beyond the circle of Fr.
Schneiders friends. This book can be of help to all who look for instruction
and inspiration by reecting on the faith that the Lord is Spirit, and where the
Spirit of the Lord is, there is freedom and every other spiritual gift.
Fr. Schneider continues to work and to maintain a friendly relationship
with our Faculty in Jerusalem. The volumes of the Japanese translation and
its annual reports are always accompanied by personal expressions of loving
memory for Jerusalem and the Studium Biblicum. May the Holy Spirit keep
him always spiritually youthful and bless him still with many more serene and
fruitful years. (English translation by E. J. Paniagua).
G. Claudio Bottini, ofm
Balch David L. - Osiek Carolyn (ed.), Early Christian families in context. An
interdisciplinary dialogue (Religion, marriage, and family 1), Eerdmans, Grand
Rapids MI - Cambridge U.K. 2003, xix-412 pp.
Linteresse per la vita familiare nellantichit costituisce un terreno in cui
nasce spontaneo il dialogo interdisciplinare. Si fanno gli studi di carattere
storico, sociologico e culturale uniti alla ricerca sui campi di esegesi biblica
e letteratura cristiana. Le ricerche interdisciplinari non costituiscono pi un
fatto straordinario o un lusso, ma una necessit se si vuol delineare la vera
immagine della famiglia nellepoca del cristianesimo nascente. Negli ultimi
anni gli studi sullargomento sono cresciuti notevolmente e tutti gli interessati
troveranno stimolanti sussidi bibliograci. Il volume che sta per essere presentato certamente ne far parte.
La pubblicazione intitolata Early Christian families in context costituita
dalla raccolta di vari saggi, preceduta da una breve introduzione (pp. xi-xvi). I
singoli contributi sono raggruppati in sei sezioni in cui trovano posto gli studi
sulla struttura delle abitazioni, sulle virt, sulla condizione delle donne, degli
schiavi e dei minorenni. Il volume si chiude con le implicazioni pratiche per
lo studio della teologia. Lo studio di A. Wallace-Hadrill apre la prima sezione.
LA. volge lattenzione alla variet delle abitazioni in epoca romana, basandosi
non tanto sulla rigida distinzione tra domus e insula, ma sulla qualit delle
abitazioni e la loro struttura. La plebe abitava i complessi di edici con alcuni
piccoli ambienti per lattivit artigianale e commerciale. Ai complessi delle
abitazioni si aggiungevano gli edici pubblici e le terme. Invece le spaziose
dimore (palazzi e ville) appartenevano alle classi agiate (pp. 3-18). M. Trmper

BALCH D.L. - OSIEK C. EARLY CHRISTIAN FAMILIES IN CONTEXT

491

esamina la strutture delle case a Delos, individuandone le differenze con gli


edici tipicamente romani. Nelle regioni orientali il cortile non aveva la stessa
struttura e funzione dellatrio romano. LA. nota che le varie domus ecclesiae
possedevano cortili interni di svariate forme e dimensioni (pp. 19-43). Laspetto
di questi edici quello di una casa qualunque, ma ha una chiara disposizione
degli spazi. Lambiente materiale della vita familiare palestinese analizzato
da E. Meyers (pp. 44-69). Egli, basandosi sugli scavi condotti in Galilea, delinea i tratti essenziali delle abitazioni dellepoca greco-romana. Per il Meyers
evidente il predominio delle abitazioni con cortile, ad eccezione di alcune
case cittadine, costruite secondo il modello ellenistico. Ga 3,28 costituisce per
P. Lampe il punto di partenza per uno spaccato sul comportamento sociale
dei credenti in Cristo nellambito civile e della propria comunit (pp. 73-83).
Invece D. Balch porta avanti unipotesi molto attraente sul legame delle scene
mitologiche delle pitture pompeiane rafguranti violenze e torture e la predicazione del Cristo crocisso di stampo paolino (84-108). Si potrebbe supporre
con molta probabilit che gli stessi motivi sovente venivano riprodotti in tante
ville e perci potevano costituire modelli per alcuni cicli iconograci cristiani.
Le testimonianze materiali dellarte paleocristiana non sembrano confermare
questa ipotesi, ma gli elementi a suo favore possono essere ricavati dalle fonti
letterarie posteriori, quando le rafgurazioni di soggetto cristiano non erano
pi opera dei fossores ignari di perizia tecnica e privi di grande gusto artistico,
e quindi si creavano grandi cicli iconograci nelle basiliche.
S. Dixon (pp. 111-129) apre la serie dei saggi che sollevano la questione
femminile, la schiavit e i problemi dellinfanzia nei primi secoli del cristianesimo. Viene rilevato che lamore coniugale non era descritto e lodato nella
letteratura romana. Laccento posto sullamore extraconiugale bandiva limmagine della normale vita familiare e delle coppie felici. A questo proposito
lA. cita testimonianze di Cutullo, Giovenale, Seneca e Plinio il Giovane. Non
meno importanti a proposito della condizione femminile nella Roma imperiale
sono le pagine di Musonio Rufo e Plutarco, testimoni di una concezione della
parit che non sar pienamente recepita in ambito cristiano. Nel cristianesimo
si prola per una concezione aristocratica della vita sessuale e coniugale,
evidentemente legata ai valori pi nobili della tradizione romana. R.S. Kraemer
(pp. 130-156) mette a confronto due biograe di donne appartenenti al popolo
ebraico: Berenice e Babatha. LA. si rif alle fonti letterarie: Giuseppe Flavio e
storici romani dellepoca per Berenice e larchivio personale di Babatha scoperto dagli archeologi israeliani allinizio degli anni sessanta. Grazie alla loro
accurata analisi si scopre a sorpresa che la loro appartenenza religiosa e etnica
non ebbe grande inusso sulle loro sorti e le decisioni. Soprattutto i documenti
appartenenti a Babatha sona una vera e propria nestra sulla cultura e sulla prassi della popolazione che abitava la terra dIsraele allinizio del II secolo.
Uno degli aspetti delle accuse di Celso contro il cristianesimo analizzato da M.Y. MacDonald (pp. 157-184). Il losofo pagano, che si sdegnava al

492

RECENSIONI

vedere i cristiani provocare le divisioni dellimpero e il suo indebolimento,


descrive anche il pericoloso propagarsi della nuova fede nel seno delle famiglie. Secondo il parere di Celso gli adepti della dottrina cristiana venivano
reclutati tra le donne e i bambini, che poi mettevano in pericolo lautorit di
pater familias. certo per che le donne avevano un ruolo eminente nella
evangelizzazione e ci stato puntualizzato dallantico polemista anticristiano.
Celso fa intuire che nelle comunit cristiane si cre una parit sconosciuta ai
costumi del tempo perch le donne erano coinvolte nellannuncio come gli
uomini e condividevano anche il martirio.
Nello studio di R. Saller (pp. 185-204) viene esaminata la relazione tra
il contributo economico dato ai gruppi familiari dagli uomini e dalle donne.
Servendosi delle fonti letterarie e ricostruzioni della struttura sociale, lA. di
questo saggio pu notare la persistenza dello schema di subordinazione della
donna alluomo: si apprezzava non tanto il lavoro delle schiave quanto il loro
potenziale generativo.
I tre studi seguenti di D. Martin, J.A. Harrill e C. Osiek si occupano di
vari aspetti della schiavit che faceva parte integrale della struttura sociale dellantichit. Il primo saggio (pp. 207-230) rileva che gli schiavi partecipavano
alla vita normale (famiglia e incarichi). Si inquadra in questo modo la prassi
della Chiesa che raccoglieva nelle sue le gli schiavi allo stesso titolo e con
le stesse prerogative degli uomini liberi. Ladesione a Cristo diventava cos
un mezzo di riscatto nella comunitaria confessione di fede, testimoniata dai
documenti epigraci e dalle fonti letterarie. J.A. Harrill (pp. 231-254) evoca il
modello letterario dello schiavo fedele e traditore. LOsiek (pp. 255-274)
prende in esame il silenzio delle fonti cristiane sullo sfruttamento sessuale
delle schiave. La ragione di ci va ricercata nella contrapposizione di fondo
tra la necessit di obbedienza da parte degli schiavi e le ragioni spirituali. B.
Rawson (pp. 277-297) si occupa delle testimonianze epigrache concernenti le
sepolture dei bambini cristiani. In unepoca in cui il tasso di mortalit infantile
era altissimo pu sorprendere lestrema cura per la sepoltura dei minorenni.
Le iscrizioni funerarie attestano la fede della comunit, formulata secondo i
concetti palesemente cristiani per esprimere il passaggio allaltra vita di un
membro della Chiesa. Ch. Laes (pp. 298-324) consacra la sua riessione ad
un fenomeno poco conosciuto: limpiego nellambito romano del termine
delicia in riferimento ai bambini, animali domestici e schiavi minorenni.
Il vocabolo appare non solo nelle fonti letterarie, ma pure nelle iscrizioni
commemorative. Con laffermarsi del cristianesimo lespressione comincia a
scomparire gradualmente.
Chiudono il volume alcune riessioni dei tre teologi sulle implicazioni
pratiche delle questioni sollevate. La prima voce quella di A.-J. Levine (pp.
327-336) il quale sostiene che la conoscenza dellambiente del cristianesimo
nascente previene alle considerazioni antiebraiche e anticattoliche (sic) nella
predicazione. Invece il legame tra la morale antica e la visione attuale oggetto

ISACCO DI NINIVE DISCORSI ASCETICI

493

del contributo di T. Sedgwick (pp. 337-344). Si tratta del kerygma e non di un


astratta comprensione della natura umana che muove la riessione cristiana.
M.M. Mitchell (pp. 345-358) con attenzione analizza il linguaggio delle Lettere
Pastorali con la prospettiva immediata di sfruttamento nelle celebrazioni delle
esequie. Inne segue la bibliograa (pp. 359-388).
La pubblicazione Early Christian families in context testimonia che gli
specialisti sono concordi nel considerare i diversi aspetti dellesperienza religiosa e culturale del mondo romano antico. Gli studi interdisciplinari hanno
sfatato gli stereotipi e le semplicistiche generalizzazioni su pagani, giudei
e cristiani. Ciascuno di questi gruppi aveva le proprie caratteristiche, ma si
svilupp secondo la matrice sociale e culturale comune. Rilevare queste caratteristiche era lo scopo degli studi apparsi nel volume preso in considerazione.
Il risultato dellanalisi della specicit del modello familiare ebraico e cristiano
un quadro sintetico della concezione del rapporto di coppia in un mondo in
profondo cambiamento. Sulla base dei dati biblici relativi alla creazione della
prima coppia umana e allepistolario paolino, si sottolinea contemporaneamente una certa gerarchia nel rapporto uomo-donna, in funzione di guida da parte
delluomo e una complementariet di ruoli e funzioni. Le osservazioni puntuali
contenute nei singoli contributi fanno di questo volume un punto di riferimento
essenziale per quanti vorranno approfondire la struttura e i cambiamenti delle
famiglie degli inizi del cristianesimo.
Celestyn M. Paczkowski, ofm
Isacco di Ninive, Discorsi ascetici. Terza collezione. Introduzione, traduzione
e note a cura di S. Chial, Edizioni Qiqajon, Bose-Magnano 2004, 204 pp.,
12.50
Si tratta di quattordici discorsi, ancora inediti per quanto riguarda il testo siriaco, e qui per la prima volta tradotti, che offrono nuove meditazioni sulla vita
spirituale, sulla preghiera e sullinnita misericordia di Dio per gli uomini.
Una lunga introduzione (pp. 9-42) ci avvicina in maniera progressiva e dettagliata al prezioso contenuto spirituale del volume. Vi vengono presentati i seguenti
temi: la vita e gli scritti di Isacco (11-13), il manoscritto di Teheran e gli altri
testimoni della terza collezione (13-17), i temi dominanti della Terza collezione
(18-36), i criteri che hanno guidato la traduzione (36-42). Il corpo dellopera,
costituito dal testo italiano dei Discorsi, occupa le pp. 45-195. Gli indici (delle
citazioni bibliche, patristico e del volume) concludono lopera (197-204).
Nelle pagine introduttive degna di nota la sezione che tratta dei criteri
guida della traduzione. Chial, gi familiare con il linguaggio spirituale di
Isacco, mostra, allatto della traduzione, una spiccata sensibilit linguistica,
in particolare nella traduzione dei termini astratti, cos tipici di questo genere

494

RECENSIONI

letterario. Trovo particolarmente utile la delimitazione per campi semantici:


dellamore-compassione, della quiete, della debolezza e della forza, della
conoscenza, della vita ascetica, ecc. Dopo questa premessa la lettura procede
lineare e senza intoppi; a volte, aiutati in questo dalle note a pi di pagina, si
ha addirittura limpressione di palpare il testo siriaco sottostante.
Fra i diversi Discorsi mi ha colpito il XVI (in realt il XIV e ultimo della
collezione, come ben spiega Chial). In questo breve capitolo Isacco propone
una sottile distinzione fra preghiera pura e preghiera spirituale, mostrando
la sua propensione per questultima. Aiutati dalle note del traduttore non fatichiamo a comprendere cosa intenda trasmetterci Isacco con questa espressione
alquanto insolita nei suoi scritti: la preghiera spirituale pura azione dello
Spirito; in essa non pregano n lanima, n la mente, n i sensi corporei; ed
essa non neppure sotto il potere della volont. Ma, mentre tutto nella quiete, lo Spirito compie in essa la propria volont, e non vi neppure preghiera,
bens silenzio.
Nel suo complesso il volume piacevole alla lettura sia per chi vi cerchi consigli spirituali, sia per gli interessati a sapori pi prettamente linguistici, e questo
grazie anche alla perizia e allingegno del traduttore e curatore del volume.
Massimo Pazzini, ofm
Adinol Marco - Passoni dellAcqua Anna, Enrico Rodolfo Galbiati. Un
maestro, Portalupi Editore, Casale Monferrato 2004, 172 pp., 12
Per pi motivi presento con vero piacere questo volumetto in memoria di
Monsignor Enrico Rodolfo Galbiati che, dopo una vita lunga e laboriosa, si
addormentato nel Signore il 4 marzo 2004 allet di novanta anni.
Mons. Galbiati stato un amico sincero e affezionato dello Studium Biblicum Franciscanum dove stato ripetutamente accolto con stima e calore.
Nel 1960 partecip ad un fortunato corso organizzato dallo Studium per laggiornamento dei docenti di Sacra Scrittura. Indimenticabile la sua presenza
nel novembre 1993 quando venne per presenziare alla presentazione della
miscellanea Early Christianity in Context in onore del docente emerito padre
Emanuele Testa. Lo accompagnava un benefattore e caro amico dello Studium,
Cesare Colombo, ed era visibilmente felice e commosso di trovarsi circondato affettuosamente dai francescani. Di vari incontri conserviamo suggestive
istantanee nellArchivio della Facolt, come quella che lo ritrae insieme al
Custode di Terra Santa che, su proposta dello Studium, gli confer la Croce
doro del Pellegrino.
Il presente volume sbocciato dal cuore e dallimpegno congiunto di padre
Marco Adinol e della professoressa Anna Passoni dellAcqua. Adinol ha
voluto dire il suo grazie a Mons. Galbiati che lo ha onorato per circa trentan-

ADINOLFI M. - PASSONI DELLACQUA A. ENRICO RODOLFO GALBIATI

495

ni della sua amicizia facendogli anche dono di dodici elevate prefazioni per
altrettante sue pubblicazioni. La professoressa Passoni dellAcqua ha voluto
rendere omaggio al suo docente e nella sua rievocazione conda, tra laltro,
che per lei Mons. Galbiati stato non solo il maestro autorevole e stimato, ma
per 35 anni ha potuto sottoporre alla sua revisione i suoi lavori, discutere con
lui i risultati dei suoi studi, condividere con lui i progetti di ricerca (p. 26).
Alla stessa Passoni dellAcqua si deve anche un prolo biograco (La vita,
p. 85-104) che ne rievoca il percorso esistenziale sereno e intenso.
Altri ori offerti alla memoria di Mons. Galbiati e che fanno di questo libro
un orilegio sono i contributi di: P. F. Fumagalli, Il Dottore dellAmbrosiana
(p. 29-36); V. Joannes, LArchimandrita (p. 37-42); E. Apeciti, LOblato
dei Santi Ambrogio e Carlo (p. 43-52); G. Tremolada, Il Pellegrino di Dio
(p. 53-58); M. Mayer Modena, Lamico del Popolo del Libro (p. 59-62); G.
Aldeni, Il Servo Sofferente (p. 63-67). A questi vanno aggiunte le commosse
rievocazioni dei cardinali C.M. Martini (p. 5-7) e D. Tettamanzi (p. 69-75) e
del Vescovo Sotir Ferrara (p. 9-10).
Si tratta di persone che hanno conosciuto da vicino Mons. Galbiati e lo
presentano come apparso concretamente ai loro occhi. Con rapide pennellate
viene delineato il ritratto straordinario di un uomo istruito e sapiente, un prete
ambrosiano proteso alla santit e allamicizia con tutti, un ecclesiastico capace di respirare e pregare allunisono con loriente e loccidente, una persona
colta e pronta a irradiare con disarmante semplicit conoscenze e sapienza, un
grande che ha fatto della piccolezza secondo il Vangelo lideale di pensiero e
di vita.
Un terzo del libro per il totale di 62 pagine costituito dalla Bibliograa
di Mons. Galbiati curata da A. Passoni dellAcqua e G. Borgonovo, accurata
e arricchita da rinvii a successive edizioni o ristampe e alle principali recensioni di libri. Oltre a dare unidea della vastit delle conoscenze di Galbiati e
dellattenzione da esse suscitate, la bibliograa render un servizio prezioso a
quanti in futuro si interesseranno ai molteplici soggetti toccati dalla sua mente
poliedrica.
A riprova di quanto ampio e intenso sia il ricordo di Mons. Galbiati e
sentito il rimpianto per la sua scomparsa in ambienti differenti, mi permetto di
notare che, senza aver fatto unindagine specica, ma prestando semplicemente
attenzione alle riviste che giungono nella biblioteca della nostra Facolt, sue
rievocazioni sono apparse gi in La Scuola Cattolica 132 (2004) 637-700;
Teologia 29 (2004) 115-126; Materia Giudaica 9 (2004) 5-33; Rivista Biblica
52 (2004) 499-505; Annali di Scienze Religiose 9 (2004) 69-70.
Ci rallegriamo vivamente con i due curatori del volume e il suo editore
anche per la tempestivit del ricordo. Don Aldeni, che con i suoi parrocchiani
di Verano Brianza si fatto langelo consolatore degli ultimi sofferti anni di
Mons. Galbiati, si augura che il suo esempio e la sua celeste intercessione
susciti qualche vocazione sulla via del presbiterato.

496

RECENSIONI

Adattando ad altro contesto, ma crediamo senza alcuna forzatura, osiamo


formulare laugurio che il ricordo e la vita esemplare di questo sapiente secondo la Bibbia, grazie anche alla calda e commossa rievocazione che ne fa
questo libro, ispiri altre persone, uomini e donne a seguirlo nella fedelt alla
Parola di Dio, nel servizio al Signore e alla sua Chiesa e nellamicizia per
ogni creatura.
G. Claudio Bottini, ofm
Krger Jrgen, Die Grabeskirche zu Jerusalem. Geschichte Gestalt Bedeutung, Schnell und Steiner, Regensburg 2000, 279 pp.
In der Flle der Literatur ber die Grabeskirche hebt sich das zu besprechende
Werk sowohl durch fundierten Text als auch durch hervorragendes Bildmaterial
hervor.
Nach einem Gruwort des Lateinischen Patriarchen, einem Vorwort des
Autors und einer Einleitung folgt die Beschreibung der Grabeskirche und
ihrer Wirkung weit ber das Hl. Land hinaus, in chronologischer Anordnung.
Schon die Zusammenfassung der Forschungsgeschichte in der Einleitung macht deutlich, da es beim Interesse an der Grabeskirche nicht nur um Kunst und
Architektur, um Geschichte und Archologie geht, sondern auch um Theologie
und, in berraschend starkem Ma, um Politik.
Im kurzen Kapitel Jerusalem, Golgatha und Grab Jesu (das Buch verwendet die aus der lutherischen Tradition stammende Schreibung Golgatha)
fat der Autor die Argumente fr und gegen die Echtheit dieser Orte zusammen, mit dem Ergebnis, da starke Indizien fr ihre Echtheit sprechen, sie aber
nicht bewiesen werden kann.
Das Kapitel ber die konstantinische Kirche schildert ausfhrlich die
Baugeschichte dieser Kirche auf Grundlage von literarischen Zeugnissen (vor
allem des Eusebius), von den sprlichen Resten dieses Baus und von vergleichbaren Bauten aus jener Epoche. Nicht immer gelingt es, die zum Teil widersprchlichen literarischen Angaben und archologischen Befunde in Einklang
zu bringen. So wird nicht klar, wo die von Eusebius erwhnten 12 Sulen (S.
43, Abschn. 38 und S. 51) genau standen und wie sie angeordnet waren (vgl.
die beiden unterschiedlichen Rekonstruktionen S. 48, Abb. 42 und 43). Der
letzte Abschnitt dieses Kapitels behandelt das weitere Schicksal der Kirche
bis zur Kreuzfahrerzeit: das Ende der byzantinischen Epoche, die Perserzeit,
die arabische Herrschaft, die Zerstrung unter al-Hakim und der bescheidene
Wiederaufbau.
Im Kapitel Die Kirche der Kreuzfahrer geht der Autor detailliert und
einfhlsam auf die Geschichte der Kirche in dieser Zeit und auf die Reste, die
davon heute noch brig sind, ein.

KRGER J. DIE GRABESKIRCHE ZU JERUSALEM

497

Das folgende Kapitel, berschrieben mit Schicksal und Wirkung, berichtet ber die weitere Geschichte der Kirche, die Entwicklung des Pilgerwesens und die heute noch bestehenden Spuren davon in der Heimat der Pilger.
Relativ kurz ist dabei der Abschnitt die Realitt 1800-2000, obwohl weite
Teile der Ausstattung der Kirche erst aus dieser Zeit stammen oder in ihr stark
verndert wurden.
ber die Baugeschichte hinaus nimmt der Autor das gesamte Panorama
der Kultur- und Bedeutungsgeschichte in den Blick, heit es im vorderen
Klappentext. Eine Beschreibung der gegenwrtigen Kirche als Gebets- und
Gottesdienstraum ist also nicht Absicht des Autors. Es ist daher verstndlich,
da er das komplexe Zusammenleben verschiedener christlicher Konfessionen
nur in Krze streift. Leider haben sich in die Krze auch Ungenauigkeiten
eingeschlichen. Das heilige Grab ist nicht der einzige gemeinsame Besitz aller
Konfessionen (so S. 222), auch die Kuppel, der Salbungsstein und der Eingangsbereich sind gemeinsamer Besitz. Auerdem stimmt es nicht, da an den
Heiligtmern, die im Besitz einer Konfession sind, Besucher oder Glubige
anderer Konfessionen (...) nur zu privaten Andachten zugelassen sind (Ebd.).
Die im Vorwort (S. 8) erwhnten Prozessionen der Franziskaner und der Armenier sind zwei von zahlreichen Gegenbeispielen.
Es fllt auf, da unter denjenigen Personen, die heute die Verantwortung
fr die Grabeskirche tragen an erster Stelle der Lateinische Patriarch erwhnt
wird (S. 10), jedoch keiner der Franziskaner, die in der Kirche Dienst tun
und auch nicht der Kustos der Franziskaner. Gerade einmal der Direktor des
Christian Information Centres der Franziskaner wird genannt. Ich hoffe nicht,
da mangelnde Kooperationsbereitschaft meiner Mitbrder der Grund dafr
ist. Immerhin zeigen einige der Bilder (z. B. Abb. 79, 160, 241, 251 oder 77
mit dem Schweizer Mitbruder Beat Zuber), da wenigstens der Photograph
Zugang hatte zu Teilen der Kirche, die, von den Franziskanern verwaltet, in
der Regel der ffentlichkeit nicht zugnglich sind. Auch sonst hat man einige
Male den Eindruck, der Autor sei nicht immer ganz unparteiisch. So transkribiert und bersetzt er auf S. 182 die armenischen und lateinischen Inschriften,
erwhnt georgische, thiopische und arabische, bergeht dagegen vllig die
syrischen; nicht einmal den Mnch Sergios (Abb. 205b) erwhnt er, der auf
dem Photo besser zu lesen ist als im Original. Oder da die Wiedererrichtung
des Lateinischen Patriarchates allmhlich zu einem greren Aufschwung der
katholischen Pilgerfahrten fhrte (S. 217), halte ich fr eine gewagte These.
Eher drfte beides Folge gewesen sein eines neu erwachten Interesses des
katholischen Europas am Heiligen Land. Ob sich schlielich die Sule links
vom Eingang gespalten hat, als die Armenier von den Osterfeierlichkeiten
ausgeschlossen waren (so S. 182) oder die Griechen, hngt wohl auch vom
jeweiligen Informanten ab.
Abgesehen von diesen Kleinigkeiten ist Krgers Werk ausgezeichnet gelungen. Es verbindet informativen, materialreichen Text mit schnen und guten

498

RECENSIONI

Photos, die auch den noch berraschen knnen, der diese Kirche schon zu kennen glaubt, siehe z. B. die ungewohnte Perspektive der viel photographierten
Fassade, Abb. 129. Der Autor macht deutlich, da er die Grabeskirche nicht
versteht als Symbol der Kirchenspaltungen oder als unkumenischen Ort, wie
sie von vielen betrachtet wird, sondern als Symbol, wie die Kirche der Zukunft
aussehen kann: Einheit in der Vielfalt: Menschen aus aller Herren Lnder und
jeglicher Konfession kommen hierher, jeder nhert sich Golgatha und dem
Heiligen Grab auf seine Art und wird respektiert. Diese Chance des religiskonfessionellen Miteinanders und Dialogs bietet die Grabeskirche (S. 228).
Corrigenda:
S. 124, rechte Spalte, Zeile 5: nicht Abb. 69, sondern Abb. 64 (S. 69);
S. 159, rechte Spalte, Zeile 8-9: nicht koptisches, sondern georgisches
Kloster;
S. 204, Es gibt zweimal Abb. 227, Abb. 228 fehlt;
S. 217, Ende zweiter Abschnitt: nicht Abb. 245, sondern Abb. 239.
Gregor Geiger, ofm

LIBRI RICEVUTI
Adinol Marco - Passoni dellAcqua Anna, Enrico Rodolfo Galbiati. Un
Maestro, Portalupi Editore, Casale Monferrato 2004, 170 pp., 12 .
lvarez Barredo Miguel, La iniciativa de Dios. Estudio literario y teolgico de
Jueces 9-21 (Serie Mayor 40), Queriniana, Brescia 2004, 212 pp., 17.50 .
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antropologica alla ricerca della piena valorizzazione delluomo (Dissertatio
ad Doctoratum in Facultate Theologiae Ponticiae Universitatis Gregorianae),
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Salmi di Davide, (Suppl. Rivista Biblica 43), Edizioni Dehoniane, Bologna
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Oxford University Press, New York 2004, X-174 pp.
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500

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Exegesis. Essays in Honor of Gerald F. Hawthorne, Eerdmans, Grand Rapids
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tra Otto e Novecento (Religione e Societ. Storia della Chiesa e dei movimenti
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de Marie de Magdala en Jn 20 (Publications Universitaires Europennes, Srie
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Mentuhotep aus der 13. Dynastie. Ein Textzeuge aus der bergangszeit von
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503

Origene - Gerolamo, 74 omelie sul libro dei Salmi (Letture cristiane del primo
millennio 15), Edizioni Paoline, Milano 1993, 737 pp., 23.24 .
Penna Romano, Il DNA del cristianesimo. Lidentit cristiana allo stato
nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2004, 463 pp., 19 .
Porter Stanley E. (ed.), Reading the Gospels Today, Eerdmans, Grand Rapids
MI 2004, XVII-211 pp., 24 $.
Puig i Trrech Armand. (ed.), Perd i reconciliaci en la tradici cristiana
(Scripta Biblica 5), Associaci Bblica de Catalunya Publicacions de lAbadia
de Montserrat, Tarragona 2004, 224 pp.
Rdiger Michael, Nachbauten des Heiligen Grabes in Jerusalem in der
Zeit von Gegenreformation und Barock. Ein Beitrag zur Kulturgeschichte
architektonischer Devotionalkopien, Schnell & Steiner, Regensburg 2003,
276 pp.
Salvatore Emilio, E vedeva a distanza ogni cosa. Il racconto della
guarigione del cieco di Betsaida (Mc 8,22-26) (Aloisiana 32), Gregorian
University Press - Morcelliana, Roma - Brescia 2003, XV-333 pp., 24 .
Sebeos, History, Sources of the Armenian Tradition, New York 1985,
182 pp.
Serra Aristide, Una spada tragger la tua vita (Lc 2,35a) quale spada?
Bibbia e tradizione giudaico-cristiana a confronto, Ponticia Facolt Teologica
Marianum - Servitium editrice, Roma - Palazzago (BG) 2004, 359 pp.,
27 .
Sgargi Giorgio (ed.), Giona (Biblia. I libri della Bibbia interpretati dalla
grande tradizione), EDB, Bologna 2004, LXXI-104 pp., 17.50 .
Steiner Richard C., Stockmen from Tekoa, Sycomores from Sheba. A Study of
Amos Occupations (The Catholic Biblical Quarterly. Monograph Series 36),
The Catholic Biblical Association of America, Washington D.C. 2003, X-158
pp., 10.50 $.
Talgam Rina, The Stylistic Origins of Umayyad Sculpture and Architectural
Decoration. Part I: Text; Part II: Figures, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden
2004, 140 pp., 97 pp.
Taylor Bernard A. - Lee John A.L. - Burton Peter R. (eds.), Biblical Greek

504

LIBRI RICEVUTI

Language and Lexicography. Essays in Honor of Frederick W. Danker,


Eerdmans, Grand Rapids MI 2004, XXI-266 pp., 36 $.
Timm Stefan, Moab zwischen den Mchten. Studien zu historischen Denkmlern
und Texten, (gypten und Altes Testament. Studien zu Geschichte, Kultur und
Religion gyptens und des Alten Testaments 17), Otto Harrasowitz,Wiesbaden
1989, VI-516 pp., 89 .
Tini Osvaldo, La fraternit e la famiglia di Ges in Mc 3,31-35 (Dissertationes
ad Lauream 101), Ponticia Facultas Theologica S. Bonaventurae, Roma 2003,
182 pp.
Verhelst Stphane, Les traditions judo-chrtiennes dans la liturgie de
Jrusalem. Spcialement la Liturgie de Saint Jacques frre de Dieu (Textes
et tudes liturgiques Studies in Liturgy 18), Peeters, Leuven 2003, 224 pp.,
20 .
Westerholm Stephen, Perspectives Old and New on Paul. The Lutheran
Paul and His Critics, Eerdmans, Grand Rapids MI 2004, XIX-488 pp., 35 $.
Wilkinson John, From Synagogue to Church. The Traditional Design. Its
Beginning, its Denition, its End, Routledge Curzon, London 2002, XV-288
pp., 60 .
Winter Bruce W., Roman Wives, Roman Widows. The Appearance of New
Women and the Pauline Communities, Eerdmans, Grand Rapids MI 2003,
XVII-236 pp., 26 $.
Witherington Ben III, Pauls Letter to the Romans. A Socio-Rhetorical
Commentary, Eerdmans, Grand Rapids MI 2004, XXXVIII-421 pp., 36 $.

Studium Biblicum Franciscanum


Anno Accademico 2003-2004

LA 54 (2004) 505-513

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM


ANNO ACCADEMICO 2003-2004
I. STUDENTI
Nellanno accademico 2003-2004 hanno frequentato lo Studium Biblicum
Franciscanum 79 studenti cos suddivisi: 31 alla Licenza, 12 alla Laurea, 3 al
Diploma di Formazione biblica, 26 straordinari e 7 uditori. Uno studente ha
difeso la tesi di laurea e quattro hanno conseguito la licenza in Scienze Bibliche
e Archeologia.
Tesi di Licenza in Scienze Bibliche e Archeologia
V. Chiovaro, Lettura esegetica di alcune pericopi sapienziali secondo unermeneutica relazionale, 118 pp. (moderatore: A. Niccacci).
A. Garofalo, Lunzione di Davide: preludio e sintesi di una regalit secondo il cuore di Dio. Studio esegetico di 1Sam 16,1-13, 138 pp. (moderatore: P.
Pizzaballa).
M. Rangel, La gura de Nicodemo. Ejercitacin metodolgico-exegtica sobre
Jn 3,1-12; 7,45-50; 19,38-42, 120 pp. (moderatore: F. Manns).
R. Wojtowicz, Studio esegetico di Ap 21,1-5b. Il simbolo della tenda nellApocalisse di Giovanni, 132 pp. (moderatore: F. Manns).
Tesi di Laurea

Sebastien Sangbako Djima, Prise en charge matrielle de laptre


Paul par lui-mme. tude exgtique de 1Co 9,1-18, Jrusalem 2004,
385 pp. (Moderatore: A.M. Buscemi; Correlatore: G. Bissoli; Censore: B. Rossi).
Le but de ce travail tait de soumettre la pricope aux analyses critiques bases sur la mthode exgtique dite critique pour pingler
le message dont la porte thologique peut se montrer paradigmatique
pour les glises locales en vanglisation.
Du point de vue exgtique, ltude voulait rejoindre le but parce
quen mettant en vidence aussi biern lunit littraire de la pricope
que son emplacement dans le contexte des chapitre 8-10, elle soutient

508

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

que lordre organisationnel de la pense de Paul dans cette pricope


est particulirement soutenu par les termes vangile/vanglisation;
aptre/apostolat; vous (= Corinthiens); avoir droit et user du droit;
supporter tout.
La structure littraire de 1Co 9,1-18 se dgage de lemploi de ces
termes conrmant de nouveau lunit littraire de la pricope rpartie
en trois parties complmentaires. La premire partie (vv. 1-7) est
centre sur Paul en tant quappel et envoy par le Seigneur Jsus
auprs des Corinthiens comme le sont dautres aptres qui y trouvent
un soutien matriel. La deuxime partie (vv. 8-14) dduit quen tant
quaptre, Paul et Barnab ont droit comme tout autre aptre au
soutien de la part de la communaut. La dernire partie (vv. 15-18)
revient sur Paul en tant quvanglisateur. Elle reprend respectivement la premire et la deuxime partie au moyen de lego de Paul
et de lemploi du terme de lvangile (vv. 12.14), en mme temps
quelle soppose la seconde partie par lafrmation du renoncement
de Paul au droit de se laisser entretenir (vv. 12.15.18).
La contribution de la thse lapprofondissement des recherches
exgtiques sur la pricope rside dans ltude de son genre littraire
identi comme exemplum. En effet, Paul apporte de lextrieur un
sujet de contenu diffrent par rapport la problmatique du scandale
caus par la consommation des viandes immoles aux idoles commence au ch. 8 et continue au ch. 10. Par le rappel du fait quil
travaille de ses mains pour subvenir ses besoins, comportement
connu des Corinthiens, Paul rvle quil prend position en faveur de
lvangile et invite ses lecteurs privilgier le principe de lagap
qui die les frres dans le Christ. Bref, compte tenu des circonstances de risque bien dnies, les avantages personnels licites ou lgaux
doivent cder devant la personne ou la Bonne Nouvelle du Christ.
Lanalyse smantique et philologique montre que la pricope obit cependant une logique argumentative propre et utilise
majoritairement un vocabulaire appropri au sujet de la prise en
charge personnelle que Paul y traite. Dans la mesure o les termes
ay rfrant sont mis en relief, leur analyse critique dans 1Co 9,1-18
rvle la pense thologique de Paul. Si son droit au soutien matriel est fond sur sa vocation daptre, son renoncement tel droit
est justi par la priorit de lvangile du Christ dans le champ de
lvanglisation. La logique de ce renoncement oblige Paul travailler pour se maintenir.
Eu gard une certaine part de larrire-fond dans la dcision de
Paul, il apparat vident que le renoncement de laptre entre dans
le programme de sa libert qui ne signie pas seulement que tout
est permis, mais que trouve sa libert dans la reconnaissance de

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

509

la personne et de la conscience de lautre (cf. 1Co 6,12; 10,23).


A entendre par l que, pour ce qui le concerne, il lui est permis de
vivre lvangile (cf. 9,14), mais lusage de ce droit dans la situation
concrte ndierait pas en ce sens et crerait an obstacle lvangile
(9,12).
Quant une probable dpendance de Paul dans son option pour
la pratique de son mtier de fabricant de tentes en vue de subvenir
ses besoins, il a t dmontr quil a probablement t duqu selon
les rgles rabbiniques fondamentales valorisant lestime envers la
pratique du mtier et la combinaison de la pratique du mtier avec
ltude de la Torah. En outre, si son choix se veut un modle pour
les forts de Corinthe, il lest dune manire particulirement imitable pour les prtres diocsains de la Rpublique Dmocratique du
Congo ou des pays dit de mission dont le ministre presbytral subit
des dures pressions dans la mesure o ils sont toujours contraints
vivre en continuelle dpendance matrielle.
Enn, cette invitation rvle non seulement le prospectives futures du travail, mais elle en signale galement les limites. Limites, parce que non seulement les recherches ont t bases sur des
tudes gnrales de la pricope dans la premire lettre de Paul aux
Corinthiens, mais, en crivant la thse loin du Congo, il na pas non
plus t facile de recueillir des lments pertinents pour approfondir
lapplication de ltude (S.S. D.).
II. NUOVI VOLUMI NELLE SERIE DELLO SBF
M. Piccirillo (a cura di), Io notaio Nicola de Martoni. Il pellegrinaggio ai
Luoghi Santi da Carinola a Gerusalemme 1394-1395 (Bibliothque Nationale
N. 6521 du Fonds Latin) (SBF Collectio Maior 42), Jerusalem 2003, VIII222 pp.
Fra Giovanni di Fedanzola da Perugia, Descriptio Terrae Sanctae. Ms. Casanatense 3876, Ed.: U. Nicolini - R. Nelli, Trad. it. e note: S. De Sandoli - E.
Alliata, Eng. transl. by J. Boettcher, Coord.: A. Bartoli Langeli - A. Niccacci
(SBF Collectio Maior 43), Jerusalem 2003, XXX-187 pp.; 77 tavv.
M. Piccirillo (a cura di), Un progetto di copertura per il memoriale di Mos.
A 70 anni dallinizio dellindagine archeologica sul Monte Nebo in Giordania
(1933-2003) (SBF Collectio Maior 45), Jerusalem 2004, 336 pp.
A.M. Buscemi, Lettera ai Galati. Commentario esegetico (SBF Analecta 63),
Jerusalem 2004, XXVI-691 pp.

510

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

M. Pazzini, Lessico Concordanziale del Nuovo Testamento Siriaco (SBF Analecta 64), Jerusalem 2004, XIX-469 pp.
S. Loffreda, Holy Land Pottery at the Time of Jesus. Early Roman period (63
BC - 70 AD) (SBF Museum 14), Jerusalem 2003, 116 pp.
Liber Annuus 52 (2002) 618 pp.; 63 tavv.
Sono stati inoltre ristampati i seguenti volumi:
V. Corbo, Gli scavi di Kh. Siyar el-Ghanam (Campo dei Pastori) e i Monasteri
dei dintorni (SBF Collectio Maior 11), Jerusalem 1955. Reprinted 2003, XV170 pp.; ills., 62 pls.
E. Testa, Il Simbolismo dei Giudeo-Cristiani (SBF Collectio Maior 14), Jerusalem 1962. Reprinted 1982, 2004, XXXII-590 pp.; ills., 45 pls.
V.C. Corbo, Ricerche archeologiche al Monte degli Ulivi (SBF Collectio Maior
16), Jerusalem 1965. Reprinted 2004, XV-167 pp.; ills., 2 pls.
B. Bagatti, The Church from the Circumcision. History and Archaeology of the
Judaeo-Christians (SBF Collectio Minor 2). English translation by E. Hoade,
Jerusalem 1971. Reprinted 1984, 2004, VII-326 pp.; 159 ills.
B. Bagatti - M. Piccirillo - A. Prodomo, New Discoveries at the Tomb of the
Virgin Mary in Gethsemane (SBF Collectio Minor 17). 2nd Ed. Jerusalem 1975.
Reprinted 2004, 95 pp.; ills., 35 pls.
III. ATTIVIT ARCHEOLOGICA
Restauri a Cafarnao
Le ultime quattro campagne di scavi nella propriet francescana di Cafarnao
(2000-2003) sono state seguite nellestate del 2004 da una lunga stagione dedicata esclusivamente alla preservazione delle rovine. Come modello di restauro
abbiamo adottato la tecnica di costruzione degli antichi muri. Un lavoro di
preservazione non meno urgente fu quello riguardante i pezzi architettonici
della monumentale sinagoga.
I numerosi pezzi architettonici appartenenti alla sinagoga fuori posto sono
stati distribuiti in unarea pi facilmente accessibile secondo un criterio non
arbitrario per agevolarne lo studio e la catalogazione.

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

511

Per offrire unospitalit pi confortevole a un maggior numero di turisti


e pellegrini, abbiamo ampliato la vasta area ombreggiata a occidente della
sinagoga.
Scavi e restauri in Giordania
Monte Nebo - Memoriale di Mos. Campagna archeologica 2004. I lavori si
sono concentrati sul restauro dei mosaici della Chiesa di San Giorgio di Khirbat
al-Mukhayyat e hanno avuto una intenzionale impostazione didattica. Il mosaicista Franco Sciorilli si avvalso della collaborazione di alcuni giovani della
Madaba School e ha visto la partecipazione di giovani giordani, palestinesi,
siriani e libanesi.
Scavo di Umm al-Rasas - Kastron Mefaa. I lavori, che hanno avuto inizio luned
2 agosto, si sono concentrati sullo scavo di una cappella costruita tra le aree
dei giardini che, nellavvallamento a nord, univano la torre alla citt. Del piccolo complesso agricolo, costruito in una cava di pietra da costruzione, faceva
parte infatti un torrione a due piani difeso sullingresso da una pietra circolare
e provvisto di una cisterna scavata nella roccia. Una cappella, originariamente
coperta ad archi con lastre di calcare fossilifero, occupava il settore a sud della
cava. Tra le rovine del quartiere settentrionale della citt, allesterno del muro
settentrionale del castrum, Dellultima chiesa ancora inesplorata, intitolata la
Chiesa del Reliquiario, sono state riportate alla luce iscrizioni con momi di
ecclesiastici e benefattori. I mosaici erano decorati con motivi geometrici e di
vario genere, come spesso altrove sgurati gi in antico dagli iconofobi.
IV. CONVEGNI E SIMPOSI
Dopo alcuni anni di interruzione si ripreso a tenere il corso di aggiornamento
biblico-teologico durante la settimana pasquale (13-16 aprile 2004). Il tema
scelto Il cristiano di fronte alla violenza stato svolto da: G. Bissoli (Introduzione al tema); A. Garofalo (Dio che sceglie, libera e salva); V. Ravanelli (Le
guerre del Signore); A. Niccacci (Ira e misericordia. Linee teologiche dallAntico al Nuovo Testamento); L.D. Chrupcaa (Ges di fronte al potere politico); M.
A. Buscemi (Rinuncia alla violenza e esercizio del potere nelle Comunit); L.
Cignelli (Violenza e non violenza nei Padri della Chiesa); V. Ianniello (Pace e
guerra nellIslam); M. Malagola (Magistero ponticio sulla non violenza dalla
Pacem in terris a Giovanni Paolo II). Il Decano ha concluso il corso riassumendone le linee principali. I pomeriggi sono stati riservati ad alcune visite
e alla celebrazione eucaristica nei santuari. Lultimo giorno stato dedicato a
una escursione a Ein Gedi e a Gerico guidata da Virginio Ravanelli.

512

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

La giornata di studio dellintera Facolt si svolta il 3 maggio 2004 ed stata


dedicata a Gregorio Magno nel 14 centenario della morte - 604, con interventi di E. Arborio Mella (Sofferenza e azione di grazie. Un prolo spirituale
di Gregorio Magno attraverso i suoi scritti); I. Gargano (Gregorio Magno
esegeta della Bibbia); M. Piccirillo (Gregorio Magno e le Province orientali
di Palestina e Arabia). La giornata stata introdotta dal Decano e conclusa dal
Custode di Terra Santa. I contributi vengono pubblicati nel presente volume;
lampia introduzione del Decano si trova nel Notiziario.
Meritano una menzione anche la conferenza Sindone. Vangeli, scienza e
vita cristiana, del noto biblista Mons. Giuseppe Ghiberti (10 gennaio 2004)
e la lezione del Card. Carlo Maria Martini Il Papiro Bodmer VIII (Lettere di
Pietro) nella nuova edizione critica (25 marzo 2004). Di ambedue si d ampia
documentazione nel Notiziario.
V. BIBLIOTECA
Tra le acquisizioni della Biblioteca sono di particolare rilievo tre donazioni
avute tramite M. Piccirillo: (1) Enciclopedia Medievale Treccani, I-XII voll.
Dono della Fondazione Treccani alla Custodia di Terra Santa per interessamento
del Prof. Antonio Cadei Responsabile della pubblicazione. (2) Enciclopedia
Treccani Pompei. Pitture e mosaici, Istituto dellEnciclopedia Treccani, I-VIII
voll. e facsimile delle Pandectae di Giustiniano (Justiniani Augusti Pandectarum Codex Florentinus), ed. A. Corbino - B. Santalucia, I-II voll., Firenze
1988. Dono di Pina e Piero Galimberti di Cernusco sul Naviglio (Milano). (3)
Lintera serie dei dodici volumi del Credito Italiano Antiquam Exquirite Matrem
e la nuova serie di Architettura Urbana. Dono di Agnese e Luciano Cariani di
Cernusco sul Naviglio (Milano).
VI. MUSEO
Al termine delle tre mostre tenutesi rispettivamente presso il Museo das Peregrinaciones di Santiago de Compostela, nel Museo di Aachen e a Parma (Il
Medioevo Europeo di Jacques Le Goff), gli oggetti concessi in prestito hanno
fatto ritorno al nostro Museo. LIsrael Museum ha anche restituito gli oggetti
ricevuti a suo tempo in occasione dellesposizione numismatica.
Ha riguadagnato il suo posto lantipendio in seta, dono del Granduca Massimiliano dAustria, per laltare dei Magi nella Grotta di Betlemme. Il prezioso
panno stato restaurato nel laboratorio del Museo del Tessuto di Prato per
interessamento di don Santino Brunetti. I costi del restauro sono stati sostenuti
dalla Provincia di Prato.
Nuove acquisizioni. Una stele funeraria in arabo rotta in due pezzi proveniente dal Deserto di San Giovanni. Lo scultore Pericle Fossati ha donato

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

513

al Museo un encolpion in bronzo con Crocissione, di epoca bizantina, e una


Resurrezione (tavoletta in bronzo) dello scultore Pericle Fazzini. Dal cimitero
francescano del Monte Sion stata trasferita al Museo la lastra funeraria dellesploratore Cristoforo Costigan, morto nel 1835 nella foresteria del convento
di San Salvatore a Gerusalemme.
Donazioni. La signora Flavia Tesio Romero e i gli Guido e Randa donano
a M. Piccirillo, Direttore del Museo, in memoria del padre e del nonno, dottor
Flavio Tesio, fondatore dellOspedale Italiano di Amman, una tazza in basalto
del III millennio a.C. proveniente dalla necropoli di Bab Dhra (Mar Morto),
gi pubblicata da S. Saller (LA 15, 1964-65, 189s., foto 27).
VII. AVVENIMENTI DI RILIEVO
Il 26 ottobre 2003 viene allo SBF il Ministro Generale dellOrdine e Gran Cancelliere del PAA Fr. Jos Rodrguez Carballo in visita fraterna alla Custodia di
Terra Santa. Cogliamo loccasione per esprimergli affettuosa stima come nostro
ex alunno e riconoscenza per tutto ci che ha fatto in vista della elevazione
dello SBF a Facolt di Scienze Bibliche e Archeologia.
Viene tra noi per una visita di conoscenza in qualit di Segretario per la
Formazione e gli Studi dellOrdine Fr. Massimo Fusarelli (17. 02. 2004).
Fr. Pierbattista Pizzaballa, professore assistente dello SBF, nominato
Custode di Terra Santa (15. 05. 2004).
La prolusione dellanno accademico ha offerto lopportunit di festeggiare
P. Stanislao Loffreda, con la presentazione della miscellanea One Land Many
Cultures, pubblicata in occasione del suo 70 genetliaco e del suo passaggio
a professore emerito. Per latto accademico, svoltosi domenica 9 novembre
2003, era stato invitato il prof. Yoram Zafrir, archeologo e ora direttore della
Biblioteca Nazionale che ha presentato il volume dinanzi a un vasto pubblico
tra i quali vi erano non pochi archeologi israeliani che hanno collaborato alla
miscellanea. Ha presenziato anche p. Marco Nobile, Rettore Magnico del
Ponticio Ateneo Antoniano. Cronaca e testi in inglese degli interventi si trovano nel Notiziario.
Con decreto del Gran Cancelliere del 6 luglio 2004 M. Pazzini viene promosso professore straordinario.

TAVOLE

L. Di Segni
Y. Tepper
V. Sussman
G. Loche
M. Piccirillo

A Greek Inscription Dated by the Era of


Hegira in an Umayyad Church at Tamra
The BetH HaShitta Mosaic Floor. A New
Perspective in the Light of Samaritan Lamps
Luso della Bibbia e di altre fonti nella trecentesca Descriptio Terre Sancte di fra Giovanni
di Fedanzola da Perugia
Ricerca in Giordania XXIV 2004

1- 2
3 - 10
11 - 16
17 - 29

L. DI SEGNI - Y. TEPPER A GREEK INSCRIPTION

Fig. 1 Plan of the church at Tamra.

L. DI SEGNI - Y. TEPPER A GREEK INSCRIPTION

Fig. 2 The Inscription.

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 1a The mosaic floor of


the northern chapel (courtesy
of the Antiquities authority,
Jerusalem).

Fig. 1b The mosaic floor of


the northern chapel (Aharoni
1954).

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 2 The mosaic floor of the southern chapel (courtesy of the Antiquities
authority, Jerusalem).

Fig. 4
Fig. 3

Fig. 5

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10
Fig. 11

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 12

Fig. 13

Fig. 15

Fig. 14

Fig. 16

Fig. 17
Fig. 18

Fig. 19

Fig. 20

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 21-25

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 26

Fig. 27

Fig. 29

Fig. 31

Fig. 34

Fig. 28

Fig. 30

Fig. 32

Fig. 35

Fig. 33

Fig. 36

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 37-40

10

Fig. 41

Fig. 44

Fig. 47

V. SUSSMAN THE BETH HASHITTA MOSAIC FLOOR

Fig. 42

Fig. 45

Fig. 48

Fig. 43

Fig. 46

Fig. 49

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Fig.1 La tavola rappresenta lIncipit del manoscritto Casanatense 3876


(Roma) della Descriptio Terre Sancte del Fedanzola.

11

12

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Fig. 2 Nel foglio 7r sono evidenziati i nomi di Girolamo e Niccol da Lyra,


autori di cui il Fedanzola far uso nella sua Descriptio.

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

13

Fig. 3 Nel foglio 60r, come nella tavola precedente, si evidenzia invece il
nome di Rabbi Shelomoh ben Yshaq, pi noto come Rashi, il pi famoso
commentatore ebreo, durante il medioevo, della Bibbia e del Talmud.

14

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Fig.4 Carta di Terra Santa di Marino Sanudo, riutilizzata dal Fedanzola per
comporre la sua, del Codice Add. 27376, ser. IV, del British Museum, in J.
Prawer (a cura di), Liber Secretorum Fidelium Crucis, Jerusalem 1972, IX.

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Fig. 5 Inizio delle postille di Niccol da Lyra allAntico Testamento.


Manoscritto lat. 14247 della Biblioteca Nazionale di Francia, in P. D. W.
Krey L. Smith (a cura di), Nicholas of Lyra. The senses of Scripture,
Leiden 2000, II.

15

16

G. LOCHE LA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FEDANZOLA

Fig. 6 Esempio di Glossa Ordinaria (marginale ed interlineare) di Ap 7, 914 del manoscritto BM 102 di Laon, in P. Rich G. Lobrichon (a cura di),
Le Moyen Age et la Bible, Paris 1984,102.

UMM AL-RASAS

Fig. 1 Le rovine di Umm alRasas - Kastron Mefaa.

Fig. 2 La prima pubblicazione


dello scavo.

17

18

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 3 La nuova cappella in


relazione con la Torre a nord.

Fig. 4 La mattina dellidentificazione (agosto 1997).

UMM AL-RASAS

Fig. 5 La cappella dopo


lo scavo.

Fig. 6 Planimetria con


la cisterna sottostante (G.
Micalizzi-C. Puglisi).

19

20

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 7 The unexcavated Church (at the centre of the photo) along the
Northern Wall of the Castrum.

Fig. 8 The unexcavated Church.

UMM AL-RASAS

Fig. 9 The Church on August


2004.

Fig. 10 The Church on


August 2004.

21

22

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 11 The Church of the


Reliquary from the East.

Fig. 12 The Church of the


Reliquary from the West.

UMM AL-RASAS

Fig. 13 General Plan of the Church (G. Micalizzi - N. Puglisi).

Fig. 14 The Dedicatory Inscription in front of the Presbytery.

23

24

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 15 The reliquary in the bema of the church.

Fig. 16 The fragments of a capital.

AMULETI

Fig. 1-2 Un amuleto di Salomone Cavaliere

Fig. 3-4 Un secondo amuleto di Salomone Cavaliere

25

26

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 1-2 The


Cross given by
Sheikh Falah of
the Adwan tribe to
Prince Edward of
Wales on Saturday
in Easter Week
April 15. 1882.

MOAB

Fig. 1 Stele funeraria dalla regione di Moab.

27

28

RICERCA IN GIORDANIA

Fig. 1 Il cantiere di restauro nel museo di Alessandria (Egitto).

Fig. 2 Un dettaglio degli Eroti che uccidono un cervo (Shatbi, III sec. a.C.).

RESTAURI

Fig. 3 Documentazione fotografica nel Museo di Suwaydah (Siria).

Fig. 4 Cantiere di restauro nel Museo di Sahba-Philippopolis (Siria).

29

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