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2004
A. Mello
A. Niccacci
25
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G. Biguzzi
95
M. Pazzini
R. Pierri
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M. M. Morfino
C. Begg
G. C. Bottini
I. Gargano
E. Arborio Mella
M. Piccirillo
L. Di Segni
Y. Tepper
V. Sussman
G. Loche
261
295
321
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369
407
Ricerca storico-archeologica
in Giordania XXIII 2003
415
451
505
1-29
FRANCISCANUM
P. Kaswalder
STUDIUM BIBLICUM
Articoli
LIBER ANNUUS
INDICE GENERALE
LIBER ANNUUS
LIV
2004
JERUSALEM
LIBER ANNUUS
Annual of the
Studium Biblicum Franciscanum
Jerusalem
LIBER ANNUUS
LIV
2004
JERUSALEM
Editor
Co-editors
Editorial Board
Eugenio Alliata
Carmelo Pappalardo, L. Daniel Chrupcaa
Giovanni Bissoli, G. Claudio Bottini, A. Marcello
Buscemi, Nello Casalini, Gregor Geiger, Pietro
Kaswalder, Giovanni Loche, Frdric Manns, Alviero
Niccacci, Massimo Pazzini, Michele Piccirillo, Rosario
Pierri, Tomislav Vuk
1951-2004
45 volumes
43
67
14
ISSN 0081-8933
INDICE GENERALE
Articoli
P. Kaswalder
A. Mello
A. Niccacci
G. Biguzzi
M. Pazzini
R. Pierri
M. M. Morfino
C. Begg
25
53
95
119
235
G. C. Bottini
255
I. Gargano
261
295
321
E. Arborio Mella
M. Piccirillo
L. Di Segni
Y. Tepper
V. Sussman
G. Loche
343
351
369
407
Ricerca storico-archeologica
in Giordania XXIII 2003
415
451
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Tavole
1-29
ARTICOLI
P. Kaswalder
La pericope 2Re 25,27-30 narra la grazia che il nuovo re di Babilonia EvilMerodach (Marduch) concede al vecchio Ioiachin, il re di Giuda imprigionato da suo padre Nabucodonosor 37 anni prima (cf. 2Re 24,12).
Questo brano un vero rompicapo per gli esegeti e gli storici dellAT.
Basta vedere i numerosi e frequenti studi che sono dedicati a questo piccolo
brano e le contrastanti conclusioni che ne deducono gli esegeti. I problemi
che lascia aperti sembrano pi forti e numerosi di quelli che apparentemente
risolve, e le suggestioni che provoca rimangono come prive di seguito. Ad
esempio, in uno studio recente D.F. Murray1 definisce questa pericope ambivalente e conclude affermando che la piccola speranza che sembra contenere
non v comunque esagerata. In uno studio a seguire M. Goulder2 propone
di vedere nella parabola esistenziale di re Ioiachin addirittura la figura del
Servo Sofferente di Is 52,1353,12. Sono questi i due estremi entro cui si
snoda la storia recente dellinterpretazione di 2Re 25,27-30.
Le domande che assillano il lettore di questa notizia sono molteplici:
che senso ha questa liberazione? Come si collega alla narrazione precedente che descrive la progressiva dissoluzione della monarchia davidica a Gerusalemme? Quale direzione prender la storia di Israele dopo questo gesto
politico compiuto dalla potenza occupante? Quali rapporti sottende con la
Storia deuteronomistica (dtr) che ha tracciato le vicende di Giuda fino al
momento della distruzione del tempio e di Gerusalemme? Sono domande
che ricevono dal testo di 2Re 25,27-30 risposte ambigue e forse negative.
Commento esegetico di 2Re 25,27-30
Il testo ebraico (TM) di 2Re 25,27-30 non presenta alcuna difficolt di
lettura. Le versioni antiche e i mss portano dei miglioramenti al TM soprattutto in base al brano parallelo di Ger 52,31-34.
v. 27a. hdwhyAlm ykywhy twlgl hnv [bvw yvlvb yhyw. E avvenne nellanno trentasette della deportazione di Ioiachin. Il wayyqtol iniziale si rial1. Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?.
2. Goulder, Behold My Servant Jehoiachin.
LA 54 (2004) 9-24
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4. Pritchard, ANET, 564; Hayes - Miller, Israelite and Judaean History, 471; Becking,
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14. Zenger, Die deuteronomistische Interpretation; Levenson, The Last Four Verses,
357.
15. Cogan - Tadmor, II Kings, 328-329.
16. Becking, Jehojachins Amnesty, 287.
17. Cos anche Murray, Divine Prerogative, 274-276.
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P. KASWALDER
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Vediamo infatti che la formula dtr di 2Re 24,9 espone il giudizio negativo su Ioiachin: wyba hc[Arva lkk hwhy yny[b [rh c[yw: e fece il male
davanti a Yhwh, in tutto come fece suo padre [Ioiachim]. Un giudizio come
questo sembra pi che sufficiente per escludere che Ioiachin possa diventare il prototipo del Servo di Yhwh del Deuteroisaia.
In Geremia ritroviamo una ambivalenza di giudizi su Ioiachin, che si
possono spiegare solo ipotizzando differenti epoche di composizione dei
testi22. Cos si pu pensare che allinizio dellesilio di Ioiachin il profeta di
Anatot fosse favorevole al re23. Si veda la lettera ai deportati del 597 a.C.
nella quale suggerisce di accettare la situazione da esiliati, di comperare
campi, piantare frutti e costruire case (Ger 29). Oppure Ger 42,9-12 dove
Geremia consiglia ai sopravvissuti della casa di Sedecia, cio a quelli lasciati da Nebuzardan in custodia presso Godolia, di non scendere in Egitto,
ma di fidarsi di Babilonia e restare in Giudea. Inoltre il capitolo di Ger 24
dove il profeta giudica buoni i fichi di Babilonia (cio Ioiachin e i deportati) e giudica indigesti i fichi rimasti in Giudea.
Ma come concordare questa visione positiva verso Ioiachin con gli
altri passi, tutti contrari a Ioiachin? Probabilmente la soluzione sta nella
cronologia degli oracoli: allinizio quelli positivi, successivamente quelli
negativi.
Tra questi leggiamo anzitutto la diatriba con il falso profeta Anania
(Ger 28), nella quale Geremia stronca ogni attesa nella libert da Babilonia:
Tu hai rotto un giogo di legno, ma io al suo posto, ne far uno di ferro.
Infatti, dice Yhwh degli eserciti, Dio di Israele: Io porr un giogo di ferro
sul collo di tutte queste nazioni perch siano assogettate a Nabucodonosor,
re di Babilonia (Ger 28,13-14).
In Ger 22,24-28 il profeta annuncia esplicitamente a Ioiachin che non
ritorner pi dallesilio. Di pi: in 22,24 annuncia che nessuno della sua
stirpe avr la fortuna di sedere sul trono di Davide n di regnare ancora
su Giuda. In tal caso Ger 22,24 ripete lidea gi espressa sopra con Ez
17,15-16.
Anche Ger 22,29 ripete a Ioiachin che non avr un successore sul trono
di Davide. Questa profezia si realizza nella storia di Ioiachin esiliato e mai
pi ritornato in Giudea. I suoi discendenti rientreranno dopo leditto di Ciro,
ma ormai il trono di Gerusalemme non sar pi restaurato. Il rientro avviene
22. McKane, A Critical and Exegetical Commentary on Jeremiah. Volume I; McKane, A
Critical and Exegetical Commentary on Jeremiah. Volume II, ad loca; Parke-Taylor, The
Formation of the Book of Jeremiah, ad loca.
23. Seitz, Theology in Conflict. Reactions to the Exile in the Book of Jeremiah, 215-222.
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sotto la guida di Sesbassar, che viene indicato come governatore della Giudea,
ma nessun discendente di Davide avr pi il Regno di Giuda.
Geremia stesso non pone la sua fiducia sulla monarchia, ma sul resto
che dopo lesilio in Babilonia rientrer con un cuore nuovo. Le attese di
speranza non sono pi riposte sul re di Giuda di discendenza davidica, ma
sul nuovo Davide e sul nuovo resto.
C un dettaglio in Ger 52,34 che pu essere letto come giudizio finale
e irreversibile su Ioiachin (wyyj ymy lk wtwm wyAd[) e cio la notizia della sua
morte che assente in 2Re 25,30; la morte di Ioiachin in Babilonia spegne
tutte le speranze finora coltivate.
v. 29a. walk ydgb ta anvw. E cambi le vesti della sua prigione. Nella
descrizione del nuovo stato giuridico di Ioiachin viene aggiunto il cambio
delle vesti, che segnala anche esteriormente la sua nuova posizione. Dopo
aver evitato per un niente la morte, Mardocheo viene rivestito con una veste reale di porpora viola e di lino bianco, una grande corona e un manto
di bisso e di porpora rossa (cf. Est 8,15).
In un testo vicino a 2Re 25,29 il cambio di vestiti assume un significato
molto importante per la funzione del sommo sacerdote Giosu (cf. Zac 3,1-7).
Alla presenza dellAngelo di Yhwh, il sommo sacerdote Giosu, che prima
portava i vestiti immondi dellesilio, indossa i vestiti nuovi e riprende lufficio
sacerdotale nel tempio di Gerusalemme, come prima dellesilio di Babilonia.
Giosu torna a fare il sacerdote non in base allalleanza eterna di Num 25,1011, una alleanza incondizionata che pu essere considerata parallela a 2Sam
7,12-16 che riguarda lufficio del re. Ma Giosu diventa sacerdote dopo un
accordo condizionato: Se camminerai nelle mie vie, e osserverai le mie leggi,
tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri (cf. Zac 3,7).
Lespressione risulta molto vicina alla fraseologia dtr, simile a quanto viene imposto a Salomone (1Re 2,4; 6,12; 8,25; 9,4) o a Geroboamo I (1Re 11,38)24.
vv. 29b-30. wyj ymy lk ... wynpl dymt jl lkaw. E mangi sempre il pane
davanti a lui, tutti i giorni della sua vita. Il suo cibo gli veniva dato sempre
alla (mensa) del re, la porzione giornaliera, tutti i giorni della sua vita. La
nuova condizione di Ioiachin completata dal posto donore alla tavola del
re di Babilonia, per il resto dei suoi giorni.
Nel passo parallelo di Ger 52,34 (wyyj ymy lk wtwm wyAd[) viene aggiunta
la notizia della morte di Ioiachin che ovviamente successiva alla reda24. Nobile, Un contributo alla lettura sincronica della redazione di Genesi-2Re, sulla base
del filo narrativo offerto da 2Re 2,27-30. In questo studio lautore propone i racconti di
Giuseppe (Gen 40-41) e di Daniele come modelli letterari per il re Ioiachin restituito alla
gloria dalla prigione.
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zione di 2Re 25,30. La morte del re esiliato segna la fine delle illusioni su
Ioiachin, e sembra questo il messaggio finale dellaggiunta anonima geremiana. Se nel resto del Libro di Geremia si leggono passaggi favorevoli al
re Ioiachin e si trova la speranza che un giorno egli possa ritornare a Gerusalemme, questa aggiunta cancella tutte le attese. La mancanza di qualsiasi
accenno ai discendenti di Ioiachin in 2Re 25,30 e Ger 52,34 impedisce di
trovare in 2Re 25,27-30 una qualche speranza messianica25.
I rapporti di 2Re 25,27-30 con la Storia dtr
Il brano di 2Re 25,27-30 non solo conclude il secondo Libro dei Re, ma
chiude pure la opera storica deuteronomistica. Come noto, lipotesi di una
Storia dtr che comprende i libri biblici da Deuteronomio fino a 2Re risale
a M. Noth. Lautore tedesco aveva proposto di assegnare la redazione della
Storia dtr ad un unico autore che ha scritto nel periodo immediatamente
successivo allesilio (circa 550 a.C.). In particolare, per M. Noth il brano di
2Re 25,27-30 risulta essere una aggiunta apposta alla Storia dtr da qualche
autore anonimo, appena avuta la notizia che il re esiliato era stato graziato.
Tale notizia non aggiunge nulla alla storia in s terminata della monarchia
di Giuda. una pericope priva di valore allinterno della Storia dtr, e in
particolare non apporta alcuna speranza del ritorno di un discendente davidico sul trono di Gerusalemme26.
Nella scia di M. Noth si trovano alcuni commentari a 2Re che negano valore teologico alla pericope su Ioiachin. E. Wrthwein considera 2Re 25,27-30
una aggiunta non dtr fatta dopo le varie redazioni della Storia dtr27. In questa
linea si pone anche il contributo di H.W. Wolff che non vede alcuna speranza
di restauro della Casa di Davide nella finale della Storia dtr, ma soltanto una
speranza (pi precisamente un kerygma) per il popolo, che sar possibile
dopo lesilio e dopo la necessaria conversione. Tale speranza espressa da
testi assegnati alla Dtr2, testi post-esilici, nei quali lattenzione scivola dallistituzione della monarchia alla risposta del popolo (cf. Dt 4,2-31; 30,1-10;
1Re 8,46-53). Una posizione simile si trova in J.G. McConville, secondo il
quale la speranza degli esiliati, espressa in 1Re 8,46-53 e in Dt 2930,1-10,
vale solo per il popolo e non prevede pi la presenza del re.
25. Begg, The Significance of Jehoiachins Release, 52; Hoffmann, The Deuteronomist
and the Exile, 668; Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?, 261.
26. Noth, The Deuteronomistic History, 74.
27. Wrthwein, Die Bcher der Knige, 481-484.
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P. KASWALDER
D.F. Murray si dice contrario alla linea di G. von Rad, perch la pericope carente nel fornire argomenti per una speranza. Da 2Re 25,27-30
non si apre per la dinastia davidica alcuna prospettiva di restaurazione,
n in Ioiachin n in alcun suo erede. Interessante notare che D.F. Murray
sottolinea il contrasto tra la promessa della lampada (nir), sempre accesa
davanti a Yhwh in Gerusalemme (cf. 1Re 11,36; 15,4), e lo stare davanti al
re di Babilonia (cf. 2Re 25,29: lepanayw): per sempre nelloracolo a Salomone, solo per i giorni della sua vita per Ioiachin; a Gerusalemme per
Salomone, ma a Babilonia per Ioiachin. Le parole finali sono giudicate
addirittura un mocking phantasm of Yhwhs solemn undertaking to David28. La ragione principale per Murray che in 2Re 25,27-30 non viene
menzionato alcun figlio di Ioiachin. Il fatto che in alcuni testi biblici (in
1Cron 1,17; 3,17-18; Ger 22,28-30) e in quelli extra-biblici (cf. le tavolette
di Weidner che menzionano cinque figli del re Ioiachin) siano menzionati i
figli di Ioiachin, rende ancora pi stridente la mancanza di questa notizia in
2Re 25,27-3029. La linea davidica in 2Re 25,27-30 non ha un discendente
che superi i limiti imposti dal re di Babilonia.
Per D.F. Murray la liberazione di Ioiachin sembra realizzare quanto detto
da 1Re 8,50: i conquistatori provano piet per il prigioniero, cos come viene
richiesto nella preghiera di Salomone (1Re 8,46-50). Ma il testo di 2Re 25,2730 non registra alcun pentimento o preghiera da parte di Ioiachin, per cui il
gesto di Evil-Merodach non pu essere considerato il compimento della profezia di 1Re 8,46-50. Tuttavia, ed ecco di nuovo lambivalenza del testo che
riemerge, se si vuole trovare un aspetto positivo nella vicenda di Ioiachin, la si
trova proprio alla luce di 1Re 8,46-50. La speranza per non riguarda pi il re di
Giuda, o qualcuno dei suoi discendenti, ma riguarda il destino dei giudei dopo
lesilio. La prova si avrebbe in 2Cron 36,20-21, laddove viene annunciato il
periodo del 70 anni di esilio, dopo di che il popolo ritorner in Giudea per opera
stessa di Yhwh. Non per nulla 2Cron 36 tralascia di dare la notizia del rilascio
di Ioiachin, per sostituirla con lannuncio di Ciro che rimanda gli esiliati in
Giudea (2Cron 36,20-23). Ma siccome in 2Re 25,27-30 il soggetto non pi
Yhwh, bens il re di Babilonia, questa speranza non pu essere considerata di
grande valore. In pratica D.F. Murray rimanda a quanto sostiene anche C.T.
Begg, secondo il quale la liberazione di Ioiachin una falsa aurora.
28. Murray, Of All the Years the Hopes-or Fears?, 262.
29. Cf. Sesbassar nas (aycn) di Giuda secondo Esd 1,8; oppure Esd 5,14; e anche Shealtiel;
Zerubbabel figlio di Shealtiel per alcuni testi. Zerubbabel fu a capo del gruppo di giudei
ritornato dallesilio e fu posto governatore in Giudea (cf. Esd 2,2; Ag 1,1.12; 2,2: Zerubbabel figlio di Sealtiel, governatore della Giudea).
21
Per altri studiosi invece, la notizia riveste un grande significato teologico e storico, perch viene letta come conferma della promessa di una
dinastia eterna fatta per mezzo del profeta Natan in 2Sam 7. soprattutto
la posizione di G. von Rad ad influenzare questa interpretazione di 2Re
25,27-30 che trova numerosi seguaci30. Secondo G. von Rad la liberazione
di Ioiachin porta una nota di speranza e dice che per la monarchia davidica
non tutto ancora perduto. Ma a mio parere la pi completa rivalutazione
teologica di Ioiachin viene operata da quegli studiosi che propongono di
identificare Ioiachin con il Servo Sofferente di Is 52,1353,1231. In particolare va ricordato M. Goulder, come si diceva sopra riguardo al v. 28 della
pericope.
Una via di mezzo tra le due posizoni estreme, quella pessimista di M.
Noth e quella pi positiva di G. von Rad, viene espressa da quanti cercano
di trovare un senso a 2Re 25,27-30 allinterno della Storia dtr o almeno di
2Re. Si veda al riguardo lo studio di C.T. Begg, il quale trova che la notizia
della grazia fatta a Ioiachin lunica positiva dopo le notizie terribili che si
incontrano a partire da 2Re 23,29, cio dalla morte di Giosia. Begg pensa
di trovare in questa notizia un valore aggiunto, che solleva un pochino la
situazione disastrosa della monarchia di Giuda. Ma resta sempre una magra
consolazione!
In base ai risultati della ricerca pi recente sulla composizione della
Storia dtr, si pone con sempre pi vigore lipotesi di una doppia redazione
della Storia dtr, una giosianica (o pre-esilica) e una post-esilica32. Nella prima redazione (Dtr1), la monarchia israelitica riveste una funzione positiva,
quale garante della fedelt a Yhwh e quale responsabile della costruzione
del tempio di Gerusalemme (cf. 2Sam 7; 1Re 8,1-3). Nella seconda redazione (Dtr2), la monarchia giudicata negativamente e condannata senza
appello come responsabile della rovina di Giuda, del tempio e del popolo
(cf. 2Re 21). Nella redazione post-esilica, che riflette sulle cause dellesilio,
alla monarchia di Giuda viene sostituito il popolo, unico destinatario del
messaggio di salvezza: il ritorno garantito a chi si pente e ritorna allosservanza della Legge mosaica, cio al resto di Israele.
In 2Re 23,26-27 il discorso sembra essere rivolto agli esiliati: nemmeno
tutte le buone azioni di Giosia riescono a cancellare il male causato dai pec30. Von Rad, Deuteronomium Studien, 63-64.
31. Cf. gli studi di E. Sellin, W. Staerk, E. Burrows, L. Coppens, A.S. Kapelrud, P. Grelot,
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P. KASWALDER
cati di Manasse e quindi non riescono a placare lira di Yhwh: Anche Giuda
allontaner dalla mia presenza, come ho allontanato Israele; respinger
questa citt Gerusalemme, che mi ero scelta, e il tempio di cui avevo detto:
l sar il mio nome. In tale situazione Giuda non pu essere purificato e
Yhwh non pu ritirare la sua ira. Il futuro non appartiene pi alla monarchia
che ha fallito il suo compito storico, ma al resto degli israeliti che dopo aver
fatta lesperienza dellesilio torneranno con il cuore rinnovato e fedeli alla
Legge: Grande la collera di Yhwh che si accesa contro di noi, perch i
nostri padri non hanno ascoltato la parola di questo libro (cf. 2Re 23,13).
Il kerygma pieno di speranza per gli esiliati33 prevede proprio questo,
cio la conversione e il pentimento per i peccati commessi da Israele. Il re
Ioiachin non si pentito di nulla, e quindi non fatto rientrare a Gerusalemme. E senza pentimento non si ottiene redenzione. In 2Cron 33,11-13
leggiamo un testo abbastanza oscuro e non certo storicamente, ma molto
istruttivo per capire lorientazione teologica della storia di Giuda: lempio
re Manasse, il principale responsabile della rovina di Giuda, condotto in
esilio dove si pente e viene restituito al trono di Giuda. In questa ricostruzione si vede una relazione diretta con alcuni passi di Geremia e con il kerygma della Storia dtr. Ioiachin stato graziato perch si consegnato al re
di Babilonia (2Re 24,12.15; 2Cron 36,10; Ez 17,12). Ma rimasto in esilio
fino alla morte perch non ha voluto pentirsi nei confronti di Yhwh.
Stranamente la notizia della liberazione di Ioiachin (2Re 25,27-30)
sembra voler riagganciare la storia della dinastia davidica alla corrente di
pensiero e di attese proprie della Dtr1, dopo lesperienza negativa testimoniata dalla Dtr2. Il giudizio che lo storico della Dtr2 pone su Ioiachin
completamente negativo (cf. 2Re 24,9). Non offre alcuna speranza di
redenzione, al pari dei successori di Giosia (Ioahaz, Ioiachim, Sedecia).
La notizia dellamnistia concessa da Evil-Merodach a Ioiachin successiva alla Dtr2 e le anche estranea, perch si dimostra favorevole alla
monarchia. Lautore anonimo che ha posto 2Re 25,27-30 a conclusione
della storia della monarchia di Giuda, non tiene conto della realt nuova
venutasi a creare in esilio, secondo la quale il futuro appartiene al popolo,
non pi alla monarchia di Gerusalemme.
Pietro Kaswalder
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
33. Come viene ipotizzato da Wolff, Das Kerygma des deuteronomistischen Geschichts-
werkes.
23
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A. Mello
Ogni libro biblico ha il suo vocabolario proprio, in particolare i libri poetici. Non mi riferisco solamente ai termini rari o agli hapax legomena, ma
al vocabolario teologico di base. Ho calcolato, approssimativamente, che
nel Salterio si possono rinvenire non meno di centoventi parole di interesse
teologico che vi hanno unincidenza superiore a quella di qualunque altro
libro biblico. Non sono, ripeto, parole ricercate: il lessico dei Salmi quello
della poesia biblica, con una notevole prossimit al linguaggio profetico
(Isaia, Geremia, Ezechiele) e diversi prestiti dal linguaggio sapienziale
(Proverbi, Giobbe).
I lessemi qui inventariati sono quindi parole comuni del lessico ebraico, in certi casi persino comunissime, che per il Salterio utilizza con una
particolare intensit: sia con una frequenza relativamente pi alta che in
altri libri, sia con un rilievo teologico eccezionalmente significativo. Alle
circa centoventi parole selezionate su una base puramente statistica, cio
in ragione della loro frequenza nel Salterio, ho poi applicato una griglia
concettuale, che di fatto ha anche un valore teologico, poich abbraccia
praticamente lintera esperienza spirituale dei Salmi. Ho raccolto le parole
che ho considerato pi significative sotto quattro esponenti: a) lafflizione;
b) la supplica; c) il soccorso; d) la lode. Questi quattro campi semantici
non sono affatto esaurienti ma hanno un forte valore esemplare. Essi mi
hanno permesso di limitarmi a una quarantina di vocaboli che per, rientrando in un certo quadro complessivo, acquistano una rappresentativit
teologica ancora maggiore1.
1. Per una definizione dei campi semantici rimando a S. Ullmann, La Semantica. Intro-
duzione alla scienza del significato, Bologna 1966 (Oxford 1962). Premetto che la ricerca
semantica presuppone una teoria referenziale, e non puramente funzionale, del linguaggio.
Le moderne teorie funzionali, dallo strutturalismo in poi, fanno a meno di un riferimento
concettuale, in quanto superfluo dal punto di vista operativo. La teoria referenziale, invece,
postula come necessaria la mediazione concettuale: per citare unopera ormai classica, il
triangolo segno (parola) - referenza (pensiero) - referente (realt) stabilito da C.K. Ogden I.A. Richards, The Meaning of Meaning, Londra 1936 che, in fondo, non fa che rivitalizzare
le intuizioni degli antichi. Questa prospettiva metodologica attribuisce unimportanza autonoma al significato di una parola, e non lo risolve interamente nella sua funzione in un
dato contesto linguistico. Perci rimane indispensabile la distinzione tra parola e significato,
tra nome e senso. J. Barr, Semantica del linguaggio biblico, Bologna 1968 (Londra 1961)
LA 54 (2004) 25-52
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6. S.J.L. Croft, The Identity of the Individual in the Psalms, Sheffield 1987 (JSOT Suppl.
Series 44) ha il merito di avere ridimensionato gli argomenti di Birkeland, che pure era
favorevole allipotesi dellIo regale. Vedi anche E. Cortese, Poveri e umili nei Salmi,
RivB 35 (1987), 299-306.
7. Cf. E. Jenni, z-r-r. Avversare, DTAT 2, 523-525. Vedi, dello stesso autore, anche la
voce -j-v. Nemico, DTAT 1,103-106, un altro termine particolarmente attestato nel Salterio (74 volte su 282). Ma mentre avversario si pu intendere anche dei nemici personali,
i nemici (quasi sempre al plurale) sono quelli politici o militari.
8. Anche in questo caso, Croft, The Identity, ha riesaminato largomentazione di H. Birkeland, The Evildoers in the Book of Psalms, Oslo 1955, il quale tendeva a confondere gli
empi con i nemici, e i nemici con i gentili. Delle due identificazioni, solo questultima
ammissibile, perch ojevim normalmente un parallelo di gojim o di ammim; ma la prima
non va da s (per esempio, zaddiq normalmente un antonimo di rasha, ma mai di ojev).
29
3. bz[ : abbandonare
Essendo il verbo azav di uso molto comune, la sua percentuale di frequenza nei Salmi non particolarmente impressionante (21 volte su 214,
circa 1/10), ma teologicamente significativa, soprattutto nellespressione
Non abbandonarmi (al taazveni) che ricorre cinque volte e solamente
nel Salterio (Sal 27,9; 38,22; 71,9.18; 119,8). Questo imperativo negativo
del tutto analogo ad un altro: Non stare lontano (al tirchaq), che ricorre ugualmente cinque volte (Sal 22,12.20; 35,22; 38,22; 71,12), ma non
esclusivo dei Salmi9.
Soprattutto, vi il famoso appello del Sal 22 che, essendo divenuto il
grido di derelizione di Ges morente, ha conosciuto una storia interpretativa di straordinaria suggestione teologica: Eli, Eli, lamma azavtani (i
vangeli lo citano in una versione aramaica, che per sensibilmente diversa
da quella targumica)10. Prescindendo dagli sviluppi teologici, il minimo che
si possa dire, in sede esegetica, che questo grido ha qualcosa di estremamente paradossale, perch coniuga la percezione di una reale separazione
da Dio con la pi intensa affermazione della continua appartenenza a lui
(Mio Dio, ripetuto due volte). Del resto, questo sarebbe lunico caso, in
tutto il Salterio, in cui si ammette come reale la possibilit che Dio abbandoni un suo fedele. Altrimenti, questa idea viene sempre fermamente
negata, o rigettata come impossibile:
Non abbandoni chi ti cerca, Jhwh (Sal 9,11).
Ero giovane e ora sono anziano:
non ho mai visto un giusto abbandonato (Sal 37,25).
4. jkv : dimenticare
Shakhach, dimenticare, rappresentato dal Salterio 31 volte su 86 (al qal:
circa 1/3): quindi ha una frequenza relativa molto maggiore di abbandonare. Ma la differenza tra i due verbi che dimenticare ha anche un uso
9. H.-P. Staehli, -z-v. Abbandonare, DTAT 2, 225-228; cf. J. Kuehlewein, r-h-q. Essere
lontano, DTAT 2, 158-165. Si noti che, nel Sal 22, al tirchaq ricorre per ben due volte.
10. Per gli effetti tradizionali del grido di derelizione, si pu consultare lutile fascicolo dei
Cahiers Evangile, Supplment 121 (2002): Mon Dieu, pourqoui mas-tu abandonn?. Si
vedr facilmente quale incredibile variazione di accenti ha conosciuto tale abbandono
negli Apologisti, nei Padri, nella mistica renana, nella Riforma e presso i moderni teologi
tedeschi (Moltmann, Von Balthasar).
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A. MELLO
non teologico. Certo, Dio non dimentica il grido dei poveri (Sal 9,13).
Sotto forma interrogativa: Fino a quando, Jhwh, continuerai a dimenticarmi? (Sal 13,2). Perch ti dimentichi di me? (Sal 42,10). O dubitativa:
Dio si dimentica di avere compassione? (Sal 77,10). Tuttavia, la frase pi
intensamente ripetuta ha un carattere antropologico o obbedienziale: Non
ho dimenticato (la tua legge, i tuoi precetti, le tue volont ecc.: sette volte,
tutte nel Sal 119: 16.83.93.109.141.153.176)11.
5. rts : nascondere
Satar hi (17 volte su 44), specialmente nellidiomatismo haster panim (nascondere il volto, che in pratica una forma riflessiva), e il sostantivo
seter (di nascosto: 10 volte su 35), sono anchessi degli elementi molto
caratteristici della terminologia salmica. Anche qui troviamo, in particolare,
un precativo negativo e una domanda non puramente retorica:
Non nascondere il tuo volto: Sal 27,9; 69,18; 102,3; 143,7.
Perch nascondi il tuo volto?: Sal 44,25; 88,15.
Ma come sopra, a proposito di abbandonare, va notato che lidea
di un nascondimento di Dio (per lo meno, di un nascondimento totale e
definitivo) viene enunciata soprattutto per negarne leventualit. un theologoumenon, infatti, che
Dio non disprezza e non disdegna lumilt del povero:
a lui non nasconde il suo volto (Sal 22,25).
Al contrario, affermare che Dio dimentica, nasconde il suo volto per
non vedere (Sal 10,11) addirittura empio. La possibilit di uninterruzione della comunicazione con Dio non si pu certo escludere a priori,
non fosse altro per la stessa libert di questa comunicazione: Quando hai
nascosto il tuo volto, mi sono spaventato (Sal 30,8). Ma, quanto meno
nei Salmi, il nascondimento del volto di Dio non ha un risvolto tragico,
di condanna inappellabile. Esso non che una momentanea distrazione
dellattenzione: non per sempre, non irreversibile12.
una sua specificit rispetto alla prosa biblica, in quanto il soggetto della dimenticanza
(possibile, apparente o reale) comunque Dio pi spesso che non luomo: nella letteratura
di stampo deuteronomistico, invece, quasi sempre luomo che dimentica Dio.
12. Sul significato teologico del nascondimento di Dio, oltre a G. Wehmeier, s-t-r. Nascondere, DTAT 2, 158-165 vedi soprattutto S. Balentine, The Hidden God. The Hiding
31
of the face of God in the Old Testament, Oxford 1983 (Oxford Theological Monographs);
e anche il mio Quando Dio si nasconde. Una metafora della rivelazione biblica, LA 52
(2002), 9-28. Anche in questo il Salterio si distingue dalluso linguistico deuteronomistico,
dove il nascondimento espressione di una vera e propria maledizione: Si accender la
mia collera contro di esso in quel giorno: li abbandoner e nasconder loro il mio volto
(Dt 31,17).
13. Amal circoscrive un ambito semantico che nelle nostre lingue risulta differenziato:
da un lato, lavoro; dallaltro fatica, pena, affanno: S. Schwertner,-m-l.Fatica, DTAT
2, 299.
14. J.F.A. Sawyer, sh-w-. Inganno, DTAT 2, 796-798. Amal e shaw sono sinonimi nella
letteratura sapienziale: Mi sono toccate lune dinganno (sarebbe meglio dire: dillusione),
e notti di fatica mi sono state assegnate (Gb 7,3).
32
A. MELLO
considera insieme tutti questi sinonimi alla voce b-w-sh. Essere smascherato (sic!), 1,
236-238 (a cura di F. Stolz). Il contrario di questi sentimenti depressivi sono le espressioni
di gioia e di esultanza.
16. Si veda anche lo studio di A. Minissale, Il lessico della preghiera nel primo libro dei
Salmi, in R. Fabris (ed.), Initium Sapientiae, Bologna 2000, 95-112 (Suppl. RivB 36).
33
q-r-. Chiamare, 600-607. Il primo scrive: Zaaq si distingue da qara per il fatto che la
sua veemenza non tende anzitutto a rendersi udibile a distanza, ma motivata da una pressante necessit... e cerca di raggiungere un altro che possa contribuire a risolvere la difficolt... Quindi la radice z--q indica il grido di soccorso delluomo, che ad un tempo grido di
dolore e grido di aiuto (zaaq e shawa sono paralleli in Ab 1,2; Gb 19,7; Lam 3,8).
20. Sulla radice j-sh- e il nome di Ges, vedi il mio In Deo Jesu meo, LA 38 (1988), 17-38.
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A. MELLO
sono figure dei nemici o degli avversari che insidiano la vita del salmista.
Questi, da parte sua, si identifica spontaneamente nei volatili, figure di libert: colombe (Sal 55,7), passeri (Sal 102,8) e rondini (Sal 84,4: il termine
deror, che indica la rondine, significa anche libert). Ci non di meno,
il ruggito del leone, che nei profeti era limmagine del Dio del tuono, e
quindi rappresentava la sua Parola, diventa, nel Salterio (radice sh--g: 6
volte su 26), un termine tecnico della preghiera, soprattutto in quanto questa smuove i sentimenti pi profondi dellanimo umano:
Sono scosso e abbattuto anche troppo
ruggisco per il fremito del mio cuore (Sal 38,9).
Tacevo, si consumavano le mie ossa
mentre ruggivo tutto il giorno (Sal 32,3).
Non si tratta di un uso frequentissimo, ma abbastanza impressionante.
Forse questi passi si potrebbero interpretare anche diversamente, per esempio in chiave patologica. Ma crediamo preferibile riconoscervi una estrema
preghiera, una supplica particolarmente accorata:
Lontane dal salvarmi le parole del mio ruggito
(Sal 22,2: parole cos estreme che i Lxx le hanno fraintese e, anzich
shaagati hanno letto sheghijjotai, le mie trasgressioni, apportando cos
un danno notevole allinterpretazione di tutto il salmo, che non il salmo
di un peccatore).
4. jfb : confidare
I Salmi, comprensibilmente, sono anche il libro biblico che fa pi spazio
allespressione della confidenza (radice b-t-ch: 52 volte su 182; segue Isaia,
con 26 volte). Lintensit e limportanza di questa fiducia si vede bene nel
passo seguente, che in due soli versetti la menziona per tre volte:
In te han confidato i nostri padri
han confidato e tu li hai liberati
a te hanno gridato e sono scampati
in te han confidato e non si sono vergognati (Sal 22,5-6).
Questo un flash back, una memoria del passato. Ma solitamente il
verbo viene usato alla prima persona del perfetto (batachti, 11 volte solo
nei Salmi: Sal 13,6; 25,2; 26,1; 31,7.15; 41,10; 52,10; 56,5.12; 119,42;
143,8) o dellimperfetto (evtach, 4 volte: Sal 44,7; 55,24; 56,4; 91,2). In
entrambi i casi si pu tradurre con il presente: E io confido (perfetto, che
si chiama, appunto, di confidenza) nel tuo amore (Sal 13,6); E io confido (imperfetto) in te (Sal 55,24). Ovviamente, si possono dare anche delle
35
21. Vedi, nel DTAT 1, le due voci di E. Gerstenberger, b-t-ch. Confidare, 261-265 e ch-s-
h. Rifugiarsi, 539-541. La principale differenza tra i due termini sta nel fatto che batach,
oltre alla connotazione fiduciosa o confidenziale, pu avere anche quella di sicurezza, e
la sicurezza umana non sempre motivata dalla fede in Dio. Si noter, per, che il Salterio utilizza poche volte, sette in tutto, il vervo aman hi. (Sal 27,13; 78,22.32; 106,12.24;
116,10; 119,66). La nostra nozione di fede si esprime, nei Salmi, soprattutto attraverso
questi due verbi: batach e chasah.
22. Mi riferisco soprattutto allo studio di J.D.F. Creach, Yahweh as Refuge and the Editing
of the Hebrew Psalter, Sheffield 1996 (JSOT Suppl. Series 217) e allampia recensione di
E. Cortese, Dio rifugio nella preghiera del re e la storia della formazione delle raccolte
davidiche RB 108 (2001) 481-502.
36
A. MELLO
in Sal 7,2; 11,1; 16,1; 25,20; 31,2; 71,1; 141,8; 144,2; analogamente,
troviamo echesh in Sal 18,3; 57,2; 61,5. In tutti questi salmi davidici,
dove incontriamo la prima persona, giocoforza pensare che questo Io
sia quello regale.
d) Tuttavia, un altro uso molto rilevante anche il participio plurale,
sia in forma assoluta (chosim) che in stato costrutto (chos): Sal 2,12; 5,12;
17,7; 18,31; 31,20; 34,23. Si pu notare che, mentre l'uso alla prima persona appare di regola all'inizio del salmo, l'uso participiale compare quasi
sempre alla fine, ed pi facilmente attribuibile a un intervento redazionale. Sicch possiamo concludere che l'uso pi antico del verbo "rifugiarsi"
in Dio era quello regale, ma che in seguito questo uso stato esteso fino
a includere "tutti quelli che si rifugiano in lui". Sicch, alla fin fine, che
cosa vuol dire "rifugiarsi in Dio"? Per il re, voleva dire andare nel tempio
a pregare. Per "quelli che si rifugiano in lui", cio per noi, vuol semplicemente dire pregare i salmi.
6. bgcm : riparo
Ripararsi (sagav) e riparo (misgav) sono termini pi rari di quelli
precedenti. Tuttavia, anche in questo caso, pi della met delle ricorrenze
bibliche si trova nel Salterio (7 volte su 19 il verbo; addirittura 12 volte
su 16 il sostantivo). Etimologicamente, la radice esprime lidea di stare
in alto (al ni.) o di porre in alto, quindi di proteggere, riparare. Luso del
sostantivo particolarmente significativo, perch esso diventa quasi un
titolo teologico:
Jhwh delle schiere con noi
Riparo per noi il Dio di Giacobbe (Sal 46,8.12).
Per sei volte Dio viene chiamato dal salmista misgabbi, il mio riparo
(come, del resto, per sette volte viene anche chiamato machsi, il mio rifugio). Il caso pi eloquente, forse, quella sorprendente moltiplicazione
dei titoli divini che si legge allinizio del Sal 18:
Ti amo Jhwh mia forza
Jhwh mia roccia, mia fortezza, mio liberatore
mio Dio, mia rupe in cui mi rifugio
mio scudo, corno della mia salvezza
mio riparo (Sal 18,2-3; se questi titoli non fossero sufficienti, la versione parallela di 2Sam 22 ne aggiunge ancora degli altri. Ma io ho i miei
dubbi che la versione deuteronomistica sia preferibile, come di solito si
dice, a quella del Salterio).
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7. hwq : sperare
Nellambito concettuale della speranza, la radice principale q-w-h, che
forse denominativa da qaw, corda, filo teso e dunque etimologicamente simile allitaliano attendere. Nelle forme verbali, soprattutto al
pi., questa radice ricorre 18 volte su 47 nel Salterio, e questo gi un dato
di tutto rispetto; ma c da aggiungere, con Westermann, che delle 14
attestazioni profetiche, 8 appartengono a forme di linguaggio proprie dei
Salmi... Una statistica pi accurata indica che, sui 33 casi riferiti a Jhwh,
26 appartengono al linguaggio dei Salmi23. Questo linguaggio, dunque,
teologico:
E ora che cosa spero, Signore?
la mia aspettativa24 solo in te (Sal 39,8).
Veramente ho sperato in Jhwh (Sal 40,2 con ripetizione enfatica del
verbo allinfinito).
ancora Westermann a far notare una importante differenza tra luso
profano e quello salmico della radice q-w-h: mentre nei profeti la speranza
delluomo in Dio o anche di Dio nelluomo pu essere malriposta o andare
delusa (si pensi, per esempio, al cantico della vigna in Is 5), nel Salterio
questo non succede mai. degna di nota, a questo riguardo, lesegesi ebraica del doppio imperativo alla fine del Sal 27:
Spera in Jhwh. Sia forte e coraggioso il tuo cuore
e spera in Jhwh (Sal 27,14).
Secondo Rashi, questo significa che, se anche, per ipotesi, la nostra
speranza dovesse risultare insoddisfatta una prima volta, non per questo
si deve cessare di sperare: Anche se la tua preghiera non fosse esaudita,
continua a sperare25. Ci non ostante, il sostantivo tiqw, speranza, non
molto frequente nel Salterio: tre sole volte (Sal 9,19; 62,6; 71,5). In compenso, da una radice di significato affine, s-b-r, che di per s rarissima,
ha origine un sostantivo la cui attestazione unicamente salmica: sver,
attesa (Sal 119,116; 146,5).
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A. MELLO
C. IL SOCCORSO
1. za : porgere lorecchio
Il verbo shama, ascoltare, troppo usuale per entrare in questa rassegna
del vocabolario salmico. Ma lascolto o esaudimento della preghiera il
primo passo del soccorso che Dio presta al salmista. Oltre al verbo pi
consueto, il Salterio ricorre ad altre espressioni: essere attento, qashav hi.
e soprattutto porgere lorecchio,azan hi. (15 volte su 41: pi frequente
che in ogni altro libro biblico)26. In poesia, questi due verbi generalmente
accompagnano shama in parallelismo sinonimico, e questa precisamente
la situazione anche dei Salmi:
Ascolta, Jhwh, la [mia: Lxx] giustizia
sii attento alla mia preghiera
porgi lorecchio alla mia supplica (Sal 17,1).
Tuttavia, si direbbe che il vocabolario pi proprio della preghiera privilegia il porgere lorecchio, sia nella forma verbale (limperativo haazina,
che ricorre non meno di dodici volte), sia nellespressione idiomatica piegare lorecchio (natah+ozen, sette volte allimperativo). Questa propensione dei Salmi per un linguaggio pi elaborato del semplice ascoltare
ha probabilmente una ragione teologica. Lascolto, in genere, un atteggiamento antropologico: luomo impara ascoltando ed attraverso lascolto
che diventa sapiente (un lev shomea , appunto, un cuore saggio). Dio,
al contrario, non ha bisogno di ascoltare per sapere. Se lo fa, ci dovuto
a una condiscendenza verso luomo che il porgere lorecchio o addirittura
il piegarsi per udire, quale doveva essere latteggiamento del giudice verso
laccusato, manifestano pi eloquentemente di un semplice ascolto.
2. nj : compatire
Compatire e avere misericordia sono pi che due sinonimi, legati come
sono dalla spiegazione del Nome di Dio: Jhwh: Dio misericordioso e compassionevole (Es 34,6). El rachum we-channun: questa formula talmente
26. W. Schottroff, q-sh-v. Fare attenzione, DTAT 2, 616-620; G. Liedke, -z-n. Orec-
chio, DTAT 1, 83-85. Va notato che la forma imperativa: ascolta / porgi lorecchio non
ha una funzione solamente precativa, nella Bibbia, ma pu introdurre degli inni (Dt 32,1;
Gdc 5,3); dei detti o degli insegnamenti sapienziali (Is 28,23; Sal 49,2; 78,1; frequente in
Giobbe); degli oracoli profetici (Is 1,2.10. 32,9; 51,4 ecc.) e cos via.
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27. H.J. Stoebe, ch-n-n. Essere misericordioso, DTAT 1, 509-518; r-ch-m. Avere mise-
ricordia, DTAT 2, 685-692. In termini molto generali, si pu dire che chanan manifesta
maggiormente la gratuit dellamore (per esempio nellespressione trovare grazia agli occhi
di qualcuno) mentre racham ne indica soprattutto il profondo coinvolgimento emotivo,
quasi viscerale.
28. Questo caso presenta una grafia anomala, con tre nun: chaneneni, e viene interpretato,
midrashicamente, come una forma particolarmente intensiva.
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A. MELLO
per esempio (Sal 1,2), o dei suoi santi (Sal 16,3: ammesso che si possa intendere cos). Chafz (verbo) e chfez (nome) ritornano, complessivamente,
24 volte su un totale di 86 ricorrenze bibliche: nessun altro libro li usa con
altrettanta frequenza (Isaia appena 11 volte).
La linea di divisione fra ch-f-z e r-z-h, per la verit non sempre molto
netta. I due termini sono usati frequentemente come sinonimi (Sal 147,10
in parallelo)29. Se traduciamo chafz con compiacersi di, possiamo tradurre razah con gradire, favorire: laspetto transitivo di questultimo
forse la differenza principale tra i due verbi. A mio parere, non va enfatizzato il fatto che razah si sia specializzato nel senso di gradire i sacrifici,
perch anche chafz usato comunemente in questa accezione: cf. Sal 40,7;
51,18. Piuttosto, si pu dire che il sostantivo razon ha uno spettro molto
pi ampio ed emotivamente pi ricco di chfez (che tra laltro, nei testi pi
recenti, si ridotto a significare un oggetto, una cosa). Alcuni esempi di
questa polivalenza del termine sono:
Mio Dio, mi compiaccio di fare la tua volont (Sal 40,9).
Nella tua benevolenza fai il bene a Sion (Sal 51,20).
Jhwh per un momento nella sua ira
tutta la vita nel suo favore (Sal 30,6).
Quanto a me, la mia preghiera a te
Jhwh: sia il tempo del gradimento (Sal 145,16).
Nel Salterio troviamo il verbo razah, al qal, 13 volte su 42; il sostantivo razon 13 volte su 56: pi o meno, con la stessa frequenza del suo
sinonimo30.
4. tmaw dsj : amore e fedelt
Sono persuaso che chesed sia la singola parola teologicamente pi rilevante
di tutto il Salterio, ed anche una di quelle pi frequenti, rappresentando pi
della met delle occorrenze bibliche (127 su 245). Anche il derivato chasid
attestato quasi soltanto nel Salterio (25 volte su 32), e il suo significato
varia da amico, confidente, fedele, fino a santo (se queste qualit en-
41
trano in rapporto con Dio). Una ipotesi a lungo seguita stata quella di
Nelson Glueck, che ha cercato di ricondurre il significato di chesed (quasi sempre singolare e per lo pi determinato da un pronome possessivo)
allinterno di una relazione comportante diritti e doveri e, in definitiva,
allinterno della struttura teologica del patto31.
Senonch, chesed comporta s una certa reciprocit, ma non di tipo
giuridico. Kathleen Sakenfeld lo ha definito, appropriatamente, come un
atto a favore di qualcuno da parte di un altro che ha unautorit superiore,
il quale pu avere una responsabilit morale per compierlo, ma non una
responsabilit giuridica, per cui rimane pur sempre libero di non compierlo32. Le caratteristiche cos descritte, se non convengono alla berit sinaitica,
si adattano invece molto bene all amore gratuito o alla grazia fedele
accordata da Dio al suo Messia. Enzo Cortese sostiene ora in maniera convincente che chesed rappresenta la predilezione divina per il Re dIsraele,
che solo in un secondo tempo (a partire dal Deuteroisaia e dalla sua estensione a tutto Israele delle grazie di David, quelle fedeli: Is 55,3) sarebbe
stata democratizzata e innestata allinterno della teologia del patto tra Dio
e Israele, o nella stessa definizione del Nome divino33:
Tu, Jhwh, sei un Dio misericordioso e compassionevole
lento allira e grande nellamore e nella fedelt (Sal 86,15; cf. 103,17).
Chesed dunque una realt gratuita, originale, che produce un nuovo
ordine di cose; ma, al tempo stesso, ha la caratteristica della permanenza, della fedelt. Gi emun (22 volte su 49) di solito sta in parallelo
con chesed, ma emet (37 volte su 127) costituisce ordinariamente la pi
importante specificazione dellamore di Dio: lendiadi chesed we-emet
tipicamente salmica (Sal 25,10; 40,11.12; 57,4; 61,8; 85,11; 86,15; 89,15;
31. N. Glueck, Das Wort Hesed im alttestamentliche Sprachgebrauche als menschliche und
gttliche gemeinschaftgemsse, Berlin 1927 (BZAW 47) = Hesed in the Bible, Cincinnati
1967. Ma vedi le riserve di H.J. Stoebe, ch-s-d. Bont, DTAT 1, 520-539; e soprattutto
di H.-J. Zobel, Chesed, GLAT III, Brescia 2003, 57-83, secondo cui il collegamento tra
chesed e berit si d solamente nella letteratura postdeuteronomica..
32. K. Sakenfeld, The Meaning of Hesed in the Hebrew Bible. A New Inquiry, Missoula
1978 (Harvard Semitic Monographs 17). Della stessa Autrice, si veda anche larticolo Love
(OT) nellAnchor Bible Dictionary IV, 1992, pp. 375-381.
33. In 2Sam 7,15 tale predilezione non un amore divino generale. Si riferisce alla relazione filiale di Davide e della sua dinastia con Dio, nella cornice dellideologia regale. Che
non si tratti di amore divino generale lo dimostra pi di tutti il Sal 89, che ne parla con
enfasi (vv. 2.3.15.25.29.34.50), descrivendo appunto la promessa di Natan e terminando
con la tragica domanda finale: Dove sono le tue primitive predilezioni?: E. Cortese, La
preghiera del re. Formazione, redazione e teologia dei Salmi di Davide, Bologna 2004
(Suppl. RivB 43), p. 35.
42
A. MELLO
ricchissime derivazioni semantiche, dal credere alla fedelt alla verit, ma anche
sulla possibilit di confusione delluna con laltra, a motivo di quello che Barr ha chiamato
labbaglio della radice, cio del tentativo di ricondurle tutte a un unico significato fondamentale, vedi le sagge osservazioni dello stesso J. Barr nella sua Semantica del linguaggio
biblico (citata alla n.1), specialmente il capitolo su Fede e verit, alle pp. 229-286.
35. Mishpat si legge, nei Salmi, non meno di 65 volte. Tuttavia, molto spesso, il suo significato quello, derivato, di decreto (regale) o, al plurale, decreti (mishpatim), in
particolare nel Sal 119.
36. Vedi, per, anche la nota precedente. Per la definizione di mishpat, la voce sh-p-t. Giudicare del DTAT 2, 902-911 (G. Liedke) non particolarmente illuminante. Ritengo che
uno scritto molto suggestivo, a questo proposito, rimanga ancora quello di H. Cazelles, De
lidologie royale (mishpat et zedaq), JANES 5 (1973), pp. 59-73. Ma adesso lo studio
pi esauriente certamente quello di M. Weinfeld, Social Justice in Ancient Israel and in
Ancient Near East, Jerusalem-Minneapolis 1995.
43
chiamarla giustizia riconciliativa o ricostitutiva: cf. C.M. Martini - G. Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Torino 2003, p. 30ss. Il fondamento biblico di questa concezione della giustizia
stato studiato da P. Bovati, Ristabilire la giustizia, Roma 1986, che si occupa, in particolar
modo, della procedura giudiziaria ebraica nota come il riv, ossia il litigio tra due contendenti
che devono cercare di accordarsi (anzich presentarsi al giudizio da parte di un terzo).
38. In nessun altro luogo la radice z-d-q cos frequente, rilevante e complessa come nel
Salterio: K. Koch, z-d-q. Essere fedele alla comunit, DTAT 2, 456-477, il quale per
eccede non poco nellastrazione per caratterizzare il supposto significato fondamentale della
radice. Si tenga inoltre presente che zedaq pu essere un sinonimo non solo di mishpat,
ma anche di jeshu (cf. Sal 71,15), secondo un uso linguistico che anche deutero e tritoisaiano (cf. Is 56,1).
44
A. MELLO
designa etimologicamente la persona innocente, incensurata, e contrapposta al colpevole, rasha (92 volte su un totale di 343; nei Proverbi 87
volte). Si potrebbe dire che, a proposito della giustizia, il Salterio fonde
lantica ideologia regale con una prospettiva di carattere pi sapienziale.
6: lxn : liberare
Il significato base del verbo nazal, nelle sue diverse coniugazioni (ni. pi.
hi.) quello di strappare una preda dalla bocca di un animale feroce.
Lesempio classico ce lo fornisce Amos:
Come il pastore strappa dalle fauci del leone
due zampe o un lobo dorecchio,
cos saranno strappati i figli dIsraele (Am 3,12).
Qui si passa dalla metafora alla situazione reale: strappare vuol dire liberare. Ma, anche nel suo uso metaforico, il verbo conserva sempre qualche
cosa del suo significato originario. Non vuol dire preservare da un male,
ma togliere via con un gesto coraggioso da una situazione penosa. Il verbo
comunissimo (circa 200 ricorrenze); ci che tipico del Salterio la forma precativa: liberami, hazzileni, con o senza complemento (dai nemici,
dal versare il sangue, dalle grandi acque, ecc.). Questa forma precativa
quasi esclusiva del Salterio, in cui ricorre non meno di 15 volte (Sal 7,2;
25,20; 31,3.16; 39,9; 51,16; 59,2.3; 69,15; 109,21; 119,170; 142,7; 143,9;
144,7.11). A ci si aggiungano espressioni simili: libera la mia anima
(Sal 22,21; 120,2) o equivalenti: affrettati a liberarmi (Sal 70,2)39.
7. [vy : salvare
Liberare e salvare sono perfettamente sinonimi, sia quanto al significato che quanto alluso: Salvami da tutti i miei persecutori e liberami (Sal
7,2). Senonch la radice j-sh- ancora pi frequente, nei Salmi (allhifil,
51 volte su 184; in Isaia, che il principale termine di riferimento, soltanto
25) e ha formato tutta una serie di sostantivi di cui la radice precedente assolutamente priva. Anche questi nomi sono attestati soprattutto nel Salterio:
jesha (20/36); jeshu (45/78); teshu (13/34) e perfino lhapax salmico
39. U. Bergmann, n-z-l. Salvare, DTAT 1,89-92. Esistono, ovviamente, altri verbi affini,
quali p-l-t pi., ma questi, piuttosto che il senso di strappare, hanno quello di scampare,
mettersi in salvo: cf. E. Ruprecht, p-l-t, Salvare, DTAT 2, 379-384..
45
di salvezza, che originariamente fa parte della lamentazione in quanto risposta di Dio, questi
si fa conoscere come colui che presta jesha, aiuto (Sal 12,6)... Quando si professa fiducia
in Dio, viene spesso chiamato Eloh jishi / jishenu, Dio del mio / nostro aiuto: F. Stolz,
j-sh-. Aiutare, DTAT 1, 681.
41. M. Soebo,-sh-r. Proclamare beato, DTAT 1, 225-228, fa il ragionamento inverso:
per stabilire il carattere sapienziale della formula di beatitudine non parte dai Proverbi ma
proprio dai Salmi, nei quali maggiormente attestata, pretendendo per che siano tutti salmi
sapienziali, il che non vero.
46
A. MELLO
situata in un contesto educativo. Nei Proverbi, e anche nei Salmi, la costruzione classica di una beatitudine segue quasi sempre lo schema: Felicit + participio; oppure: Felicit + sostantivo (generalmente: luomo) +
participio. Per esempio:
Felicit del perdonato nel delitto, coperto nel peccato.
Felicit dell'uomo: Jhwh non gli imputa la colpa
e nel suo spirito non vi inganno (Sal 32,1-2).
Felicit di quanti siedono nella tua casa:
ancora ti loderanno. Pausa.
Felicit delluomo: la sua forza in te
sentieri nel suo cuore! (Sal 84,5-6).
Casi di questo genere sono gi abbastanza elaborati, ma si mantengono
ancora allinterno dello schema proverbiale (cf. Pr 3,13; 8,34). Invece il
Salterio apporta, a questa formula, uninnovazione anche sintattica. Questa
variante consiste nel sostituire al participio un relativo: asher, che tra laltro
presenta unassonanza con ashr:
Felicit del popolo che Jhwh il suo Dio (Sal 33,12).
Felicit delluomo che pone in Jhwh la sua fiducia (Sal 40,5).
Questa innovazione sintattica considerevole, perch il pronome relativo permette di introdurre una catena di proposizioni, e quindi uno sviluppo pi articolato della beatitudine. Il caso pi tipico proprio il Sal 1,
nel quale luso del relativo consente di caratterizzare la persona felice sia
negativamente che positivamente, con una catena di cinque verbi:
Felicit dell'uomo
che non va nel concigliabolo degli empi
nella via dei peccatori non sta
nella seduta dei derisori non si siede
ma nella Tor di Adonaj si compiace
e la sua Tor mormora giorno e notte (Sal 1,1-2).
Sicch uno studioso come Gerstenberger ha potuto dire che la struttura
grammaticale e logica del Sal 1 rompe con la vecchia formula per cui si
proclama qualcuno beato42.
2. alp : meraviglia
La radice p-l- (di terza alef, ma talvolta anche di terza he) indica qualcosa
di enigmatico, di inesplicabile o addirittura di impossibile secondo lespe42. E.S. Gerstenberger, Psalms, Grand Rapids MI 1988 (FOTL XIV), p. 41.
47
rienza comune (ma non secondo Dio: Gen 18,14): qualcosa che si avvicina
molto a ci che intendiamo per miracolo. Il sapiente dei Proverbi elenca
alcune cose di questo tipo. Sono tutte meravigliose, e in progressione
crescente, dallambito naturale a quello antropologico:
Tre cose mi sono inesplicabili
anzi quattro non riesco a capire:
la via dellaquila nel cielo
la via del serpente sulla roccia
la via della nave in mezzo al mare
e la via delluomo in una donna (Pr 30,18-19).
La distribuzione statistica della radice pl/plh assai significativa: pi
della met di tutte le attestazioni (41 su 78) si incontra nel Salterio; ma se
si considerano anche i generi letterari dei Salmi negli altri libri il numero
si eleva a 2/3. Diversamente da ot, segno, e mofet, prodigio, pl/plh si
trova raramente nei libri storici, nella profezia poi manca quasi del tutto43.
Insomma, anche questa una parola specificamente salmica. E nel Salterio
essa serve ad esprimere non tanto il miracolo in quanto tale, come fenomeno numinoso e tremendo, quanto la reazione spontanea che esso suscita
nel cuore del credente:
Sappiate che Jhwh fa meraviglie per il suo amico (Sal 4,4).
Fa del tuo amore una meraviglia,
tu che salvi quanti si rifugiano [in te Lxx] (Sal 17,7).
Sicch le niflaot di Dio, le sue opere meravigliose non cessano di
suscitare stupore, di muovere alla sorpresa e alla gratitudine, di essere motivo di confessione e di lode:
Cantate a Jhwh un canto nuovo
poich egli compie meraviglie (Sal 98,1).
Raccontate tra le genti la sua gloria,
tra tutti i popoli le sue meraviglie (Sal 96,3).
3. wlv : pace
Shalom, dal punto di vista linguistico, un termine comune: il Salterio
non lo menziona pi spesso dei profeti (27 volte, contro le 31 di Geremia
43. R. Albertz, p-l-. Essere meraviglioso, DTAT 2, 373. In realt i casi con il verbo di
terza he, nei Salmi, sono tre soli. Due di essi, probabilmente, si possono considerare identici al verbo di terza alef (Sal 17,7; 139,14). Ma, almeno in un caso, la terza he determina
effettivamente un senso diverso: Jhwh mette a parte colui che gli amico (Sal 4,4): cf.
P.C. Craigie, Psalms 1-50 (WBC 19), Waco 1983, 78.
48
A. MELLO
sottrae a questa riserva. Vedi le osservazioni di J. Barr riferite sopra, alla n. 32.
45. C. Westermann, h-l-l. Lodare, DTAT 1, 428-429.
49
cantare ha unincidenza straordinariamente alta nel Salterio. Senza dire della radice z-m-r,
da cui viene mizmor, salmo, talmente esclusiva da dare il nome allintero libro.
50
A. MELLO
6. rkz : ricordare
Anche del verbo zakhar (che comunissimo: solo al qal si legge 171 volte) il
Salterio presenta le attestazioni pi frequenti (44, seguito dal Deuteronomio
con 15). Ricordare il contrario di dimenticare (vedi sopra). Nei Salmi, il
soggetto di questo ricordo Dio stesso, e il complemento oggetto siamo noi:
Che cos luomo che tu lo ricordi? (Sal 8,5). Ricordarsi di qualcuno vuol
dire pensare a lui, prendersene cura. Visitarlo, come si dice nel passo parallelo: e quindi anche affidargli un compito, indicargli una via da percorrere.
Limperativo zekhor, daltro canto, occupa molte pagine salmiche, e in
particolare questa:
Ricorda le tue misericordie, Jhwh,
e le tue grazie che sono da sempre.
I peccati della mia giovinezza, le mie colpe
[Lxx: la mia ignoranza] non ricordare.
Nel tuo amore ricordati di me
in grazia della tua bont, Jhwh (Sal 25,6-7)47.
7. jmc : gioire
Nessun altro libro biblico manifesta tanta gioia quanto il Salterio: tutto il
lessico della gioia vi mobilitato. Il campo semantico corrispondente costituito da almeno cinque termini sinonimi e spesso anche paralleli, che elenco
in ordine di frequenza: gioire (s-m-ch: 43 volte su 126); giubilare (r-n-n:
21/28); esultare (g-j-l: 19/45); allietarsi (-l-z, con la zain o con la zade:
11/26); rallegrarsi (s-j-s: 7/27). Cito ancora Westermann: Questo campo
semantico molto pi ampiamente sviluppato in ebraico che nelle lingue
moderne, poich ivi per gioia non si intende primariamente un sentimento,
unimpressione o uno stato danimo, ma la gioia che si manifesta allesterno,
quindi un fatto in seno alla comunit. Siccome le possibilit di manifestare
la gioia con grida e gesti sono diverse, vi sono in ebraico numerosi vocaboli,
che difficilmente riusciamo a tradurre con precisione48.
47. Cf. W. Schottroff, z-kh-r. Ricordare, DTAT 1, 440-449. Un uso molto particolare, ma
teologicamente rilevante, z-kh-r hi. nel senso di fare affidamento: Questi nei carri e
quelli nei cavalli, ma noi nel Nome di Jhwh nostro Dio nazkhir (Sal 20,8).
48. C. Westermann, g-j-l. Esultare, DTAT 1, 361. Forse in italiano ci sono, per la gioia,
pi vocaboli che in tedesco. Resta vero, per, che riesce molto difficile distinguere luno
dallaltro i vocaboli ebraici di questo significato, e che le mie equivalenze sono del tutto
convenzionali.
51
52
A. MELLO
QOHELET
ANALISI SINTATTICA, TRADUZIONE, COMPOSIZIONE
A. Niccacci
Alla memoria di mio Babbo Renato
nel centenario della sua nascita (16 settembre 1904)
gioia come fatica e dono di Dio a chi lo teme, LA 52 (2002) 29-102, spec. nota 1. Questo
articolo sar citato in seguito come Qohelet o la gioia. I commentari saranno indicati col
solo nome dellautore: F. Delitzsch, The Book of Ecclesiastes, in: C.F. Keil - F. Delitzsch,
Commentary on the Old Testament in Ten Volumes. VI: Proverbs, Ecclesiastes, Song of
Songs, Grand Rapids 1980; R. Gordis, Koheleth The Man and His World, New York 5711/
1951; T. Krger, Kohelet (Prediger), Neukirchen - Vluyn 2000; C.L. Seow, Ecclesiastes. A
New Translation with Introduction and Commentary, New York etc. 1997. Verranno citate
con i nomi degli autori anche le grammatiche di ebraico biblico di Gesenius - Kautzsch
- Cowley (= GKC) e di Joon - Muraoka (= JM).
2. Oltre alla bibliograa che ho segnalato in Qohelet o la gioia, 31, nota 7, rimando a Krger, 19-24, il quale presenta e discute, oltre alla sua proposta, in particolare quelle di A.G.
Wright, Seow, N. Lohnk e L. Schwienhorst-Schnberger. Unaltra proposta interessante
quella di J.A. Loader, Polar Structures in the Book of Qohelet, Berlin - New York 1979, il
quale divide il libro in 12 unit: 1,2-11; 1,122,26; 3,14,16; 4,175,8; 5,96,9; 6,108,1;
8,2-9; 8,109,10; 9,1110,11; 10,12-20; 11,1-6; 11,612,8; pi lepilogo 12,9-14. Si veda
anche infra, la conclusione ( 4).
3. Per guadagnare spazio, quando una sezione pi lunga di quella parallela, amplio la
colonna del testo. Si veda ad es. la disposizione di 1,8-11.
4. Come lho delineato particolarmente in Sintassi del verbo ebraico nella prosa biblica
classica, Jerusalem 1986; The Syntax of the Verb in Classical Hebrew Prose, Shefeld
1990 (edizione corretta e aumentata); Sintaxis del Hebreo bblico, Estella (Navarra) 2002
(edizione corretta e aggiornata). In seguito citer questa opera come Sintassi e il numero
dei paragra (uguale in tutte le edizioni).
5. Cf. Qohelet o la gioia, 33-34, con bibliograa. Ho insistito pi volte che il sistema
LA 54 (2004) 53-94
54
A. NICCACCI
//
12,8-14
//
7,15-11,6
11,7-12,7
55
vento (1,6), i umi (1,7), le parole (1,8), gli eventi (1,9-10). I sei fenomeni sono
incorniciati da due espressioni che specicano la vanit: una domanda che
attende risposta negativa, quale utilit? (1,3) e una negazione esplicita,
non c ricordo (1,11). Vanit che signica movimento continuo, quel
divenire incessante che segna la ne dei vari fenomeni e la loro precariet.
Tutto in movimento, passa e non lascia traccia n ricordo8.
Dopo una valutazione sullautore, che fu saggio non solo per s ma insegn
al popolo e con molta cura formul pregevoli parole (12,9-10), lepilogo
afferma che le parole dei saggi in generale sono come pungoli / e come
chiodi ben piantati (12,11). Inne mette in guardia il giovane discepolo/lettore
(detto glio mio): scrivere molti libri pu essere impresa senza ne e faticosa
(12,12), e condensa linsegnamento del saggio in una lapidaria istruzione di
cinque membri (12,13) conclusa da una motivazione (12,14)9.
Esordio Qo 1,2-11
non c storia, non c ricordo
Epilogo Qo 12,8-14
il tutto delluomo
1,1
12,8
56
A. NICCACCI
infra, 4). Le generazioni sempre vanno e vengono (1,4), il sole sempre sorge e tramonta
([sempre] sorger [sempre] tramonter, 1,5), il vento si muove in tutte le direzioni
(1,6), i umi vanno sempre al mare (1,7), tutte le cose sono stanche, o in movimento; nessuna parola in grado di esprimere questo fenomeno n unaltra esperienza dei sensi pu
esaurirlo. Si direbbe il divenire perpetuo, non per casuale ma guidato da Dio (cf. 3,15). Si
veda Qohelet o la gioia, 44-47.
14. Lunico Pastore Dio (cf. Qohelet o la gioia, 31-32, nota 9). Della stessa opinione
Gordis, 344. Seguendo M.V. Fox, Seow intende invece dDjRa hRoOrEm come by a certain
herder (p. 282, cf. pp. 387-388), mentre Krger traduce: von einem Hirten (sottolineato
nelloriginale), intendendo che lo stesso pastore, designazione del saggio, prepara sia i
pungoli che i chiodi della tenda o del recinto (p. 370).
15. Laccento masoretico zaqef parvum separa w$mwqVm_lRaw da ci che segue e unisce i due
participi Ajrwz PEawv. Identica cos due unit grammaticali: wmwqVm_lRaw e MDv awh Ajrwz PEawv. Ora
wmwqVm_lRaw casus pendens (equivalente sintatticamente a protasi) e il resto proposizione
principale (apodosi; cf. Sintassi, 123-125). La costruzione : participio + participio
+ soggetto + complemento; soggetto e complemento sono in comune per i due participi.
Perci: e quanto al suo posto, / l egli tende (oppure: si affretta) e sorge [sempre]. M.
Carasik, Exegetical Implications of the Masoretic Cantillation Marks in Ecclesiastes, HS
42 (2001) 149-165, pp. 147-148, nota che le traduzioni normali uniscono invece wmwqVm_lRaw
a PEawv. Secondo Carasik qui laccento disgiuntivo intende sottolineare un punto che chiarisce il Midrash, cio che il sufsso di il suo luogo non si riferisce al sole, come sembra
naturale, ma a Dio. Laccento, cio, dovrebbe segnalare il cambio di referente nel sufsso,
pi o meno come il sottolineato moderno, cosa che francamente non mi convince.
16. Il verbo rEhzIh un nifal detto tolerativum (cf. Delitzsch; GKC 5); lett. lasciati
ammonire! (cf. 4,13).
57
tAjA;t vdDj_lD;k NyEaw hRcDoyRv awh h$DcSo`AnRv_hAmw hYyVhyRv awh hyDh`Rv_hAm 1,9
Quello che fu ci che sar / e quello che fu fatto ci che
:vRm`DvAh
sar fatto, / e non c niente di nuovo sotto il sole.
hDyDh rRvSa My$ImDlOoVl hDyDh rDbV;k awh vdDj hRz_hEar rAmayRv rDb;d vEy 1,10
Se c una cosa di cui si dir: / Guarda questo: nuovo!,
:wn`EnDpV;lIm
/ gi fu nei secoli, / in quanto fu prima di noi18.
wyVhyRv MIo Nw$rD;kz MRhDl hRyVhy_al wGyVhyRv MynOrSjAaDl Mgw MyInOvarDl NwrVkz NyEa 1,11
Non c ricordo degli antenati / e neanche dei successori
p :h`DnOrSjAaDl
[= posteri] che saranno / non ci sar di essi ricordo / e neppure di quelli
che saranno dopo19.
78-79. Lutero intende diversamente lultima frase: for that belongs to all men; e Delitzsch,
che riporta questa interpretazione, commenta: It is a great thought that is thereby expressed,
viz. the reduction of the Israelitish law to its common human essence. This has not escaped
the old Jewish teachers (p. 440). Simili Seow, 390-391, e Krger, 364.365.
18. Delitzsch, 225, intende invece le prime due frasi come domanda, la terza come risposta:
Is there anything whereof it may be said: See, this is new?it was long ago through the
ages (aeons) which have been before us. Delitzsch inoltre riferisce hyDh rRvSa a MyImDlOo, bench
questo termine sia plurale, perch intende hyDh as a neut[er] verb (e rimanda a 2,7.9). Io
preferisco intendere hyDh rRvSa come parallelo a hyDh rDbV;k awh.
19. w yVhy v
R MIo, lett. con quelli che furono. La traduzione di Delitzsch: there will be no remembrance for them with those who shall come into existence after them (p. 225), come quella della
Bibbia CEI: ma neppure di coloro che saranno / si conserver memoria / presso coloro che
verranno, sembrano intendere che le generazioni future non conserveranno il ricordo di quelle
passate. Cos anche Gordis, 136.198. Ma luso di MIo in 2,16 (2x) suggerisce un senso diverso:
non ci sar ricordo n degli uni n degli altri (cf. infra, nota 45). Cos anche Seow, 101.111.
58
A. NICCACCI
il suo progetto di sperimentare sia la sapienza che la stoltezza (7,16-18; cf. 1,16-17 e 2,3;
infra, 2.1 e nota 34).
59
II/1 presenta anche vari casi del genere istruzione, con imperativo
(esortazione positiva) e con lAa + yiqtol (ammonizione negativa) e
motivazione (7,16-18.21.27.29), un genere che si incontra per la prima volta
in Qohelet in I/4.
Alcuni richiami tra le due parti sono degni di nota: tenere giustizia/
sapienza e anche malvagit/stoltezza senza esagerare n nelluna n nellaltra
(7,16-18.25; cf. 2,3.12-15); ricerca senza limiti, guidata per dalla sapienza
(7,23; cf. tutto I/1, specialmente 2,9); vantaggio della sapienza sulla stoltezza
(7,19; cf. 2,13), bench anche la sapienza sia relativa (7,20; cf. 2,14); ricerca
di cosa bene per luomo (7,18; cf. 2,3.24).
Nonostante il ritornello che tutto vanit (1,17; 2,15.17.19.21.23.26),
I/1 proclama che non c meglio per luomo che godere di ci che Dio dona
(2,24-25).
(I/1) Qo 1,122,2622
La grande impresa
(II/1) Qo 7,15-29
Sapienza e stoltezza
22. Si pone il problema di come analizzare la sequenza delle forme verbali, soprattutto a
partire da 1,12 dove lautore comincia a raccontarsi. Il racconto orale del passato inizia con
x-qatal (1,12) o con qatal allinizio di frase (cf. 1,14) senza differenza dal punto di vista sintattico (cf. Sintassi, 74-78). La continuazione, dato che il testo ha un andamento poetico
e quindi procede per lo pi per segmenti paralleli (cf. supra, nota 10), avviene ancora con
qatal per presentare uninformazione parallela e sullo stesso livello della precedente (ad es.
1,16; 2,4-8). Se nella continuazione del racconto non compare un qatal iniziale ma x-qatal,
questultimo molto probabilmente di livello secondario, appunto perch la continuazione
sul medesimo livello linguistico avviene con un altro qatal iniziale o con wayyiqtol (cf.
Sintassi, 140-146). Da 1,12 a 2,13 ho marcato con un asterisco (*) linizio delle varie
unit sintattiche, con () un costrutto x-qatal circostanziale (protasi) legato a un seguente
wayyiqtol di livello principale (apodosi; cf. supra, nota 15), e con () un x-qatal o weqatal
di livello secondario (sfondo) legati a un precedente qatal di livello principale (primo piano,
o grado zero; cf. supra, nota 11).
23. Sul valore di questa dichiarazione (fui/sono stato re) discutono i commentari; cf. ad
es. Seow, 119, e Krger, 132-133.
60
A. NICCACCI
(*) Vidi tutte le cose / che sono state fatte sotto il sole, / ed ecco, il tutto vanit e andare
dietro a vento.
61
29. Il segno (cf. nota 22) in 1,16 indica che il costrutto x-qatal
62
A. NICCACCI
lontano
ci che stato / e profondo profondo35,
/ chi potr comprenderlo [trovarlo]?
33. Come 7,16-18, 7,23-25 riprende il tema della ricerca illimitata del saggio delineata pi
63
Vedi
questo che ho trovato, / disse la Qohelet,
/ (ponendo) una cosa su unaltra / per trovare
un calcolo.
:y`I;l hdVmDo yItDmVkDj PAa MIDlDvwryI;b yAnDpVl hDyDhRv lO;kIm yI;tVp$Aswhw yI;tVldgw
2,9
yIl hyDhhnVqIm Mg) sono di livello secondario e sintatticamente dipendono dal qatal iniziale
del versetto (yItynq).
38. Lett. coppiera e coppiere, con termine ripetuto (prima al singolare, poi al plurale) per
indicare una grande quantit; cf. 7,24 con aggettivo ripetuto (nota 35).
39. Un sottile rapporto di questo versetto con la Genesi si mostra nel passaggio dal singolare
MdDaDh luomo, nel senso di essere umano, al plurale essi, che comprende sia luomo che
la donna. Qo 7,29 richiama infatti Gen 1,27: Allora Dio cre luomo/essere umano (MdDaDh)
a sua immagine: a immagine di Dio lo cre (wtOa arD;b), maschio e femmina li cre (MDtOa arD;b).
In fondo, questo ristabilisce la parit tra donna e uomo che sembra negata in 7,28. Per la mia
interpretazione di questo difcile passo (7,26-29) rimando a Qohelet o la gioia, 84-87.
40. I due segni (cf. nota 22) indicano che i costrutti che seguono, rispettivamente due
weqatal (yI;tVpAswhw yI;tVldgw) e un x-qatal (yI;l hdVmDo yItDmVkDj PAa), sono di livello secondario e
64
A. NICCACCI
h#DjVmIc_lD;kIm y%I;bIl_tRa yI;tVonDm_al MRhEm yI;tVlAxDa al yYnyEo wlSa`Dv rRvSa lOkw 2,10
() E tutto
:y`IlDmSo_lD;kIm yqVlRj hDyDh_h`Rzw y$IlDmSo_lD;kIm AjEmDc yI;bIl_y`I;k
quello che chiesero i miei occhi / (*) non glielo riutai, / non trattenni il mio
cuore da alcuna gioia, / () ma il mio cuore gio di tutta la fatica, / () e questa
fu la mia parte da tutta la mia fatica41.
lO;kAh hnIhw twcSoAl yI;tVlAmDoRv lDmDo`Rbw y$dy wcDo`Rv yAcSoAm_lDkV;b yGnSa y`ItyInDpw 2,11
() Ma poi mi volgevo io42
:vRm`DvAh tAjA;t NwrVty NyEaw Ajw$r tworw lRbRh
/ verso tutte le opere che le mie mani avevano fatto / e verso tutta la fatica che
avevo faticato per farle, / ed ecco il tutto era/ vanit e andare dietro a vento,
/ e non cera/ vantaggio sotto il sole43.
yrSjAa awbyRv M#dDaDh hRm yI;k twlVkIsw twlElwhw h$DmVkDj twarIl ynSa y`ItyInDpw 2,12
() Allora mi volgevo a vedere la sapienza
:whwcDo rDbV;k_rRvSa tEa JKRl$R;mAh
/ e la follia e la stoltezza, / poich cos luomo che possa venire dietro al re,
/ a quello che gi (da tempo) hanno fatto [= eletto]44?
2,13
dDjRa hrVqI;mRv yn$Da_Mg yI;tVodyw JKElwh JKRvOjA;b lyIsV;kAhw w$varV;b wyDnyEo MDkDj`Rh 2,14
Il sapiente, i suoi occhi sono sulla sua testa / mentre
:M`D;lU;k_tRa hrVqy
lo stolto nelle tenebre cammina. / Ma anche sapevo io / che un caso unico
capiter a tutti.
zDa yInSa yI;tVmAkDj hD;mDlw yn$rVqy yInSa_Mg lyIsV;kAh hrVqImV;k y#I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDaw 2,15
E dicevo io nel mio cuore:
:lRb`Dh hRz_MgRv y$I;bIlVb yI;trA;bdw rEtwy
sintatticamente dipendono dai due qatal iniziali di 2,8 (yI;tVsnD;k e yItyIcDo). La differenza tra
weqatal e x-qatal riguarda laspetto, nel senso che essi indicano, il primo unazione ripetuta, abituale o descrittiva (cos varie volte in questo brano: 2,5.11.12.13.14.15.17.18.20), il
secondo unazione singola (cf. nota 11). In 2,8 i due weqatal sono coordinati come endiadi;
lett. cos diventavo grande e aggiungevo, cio cos diventavo sempre pi grande.
41. I segni e (cf. nota 22) indicano, rispettivamente, che il primo costrutto x-qatal (con la
particella relativa rRvSa) e i due seguenti yI;k + x-qatal (AjEmDc yI;bIl_yI;k) e waw-x-qatal (yIqVlRj hyDh_hzw)
dipendono sintatticamente dai due qatal negati (yI;tVonDm_al e yI;tVlAxDa al) che compaiono nel
mezzo, indicati con lasterisco (*).
42. il primo di tre weqatal (cf. ynSa yItynDpw in 2,12 e ynDa yItyIarw in 2,13) di livello secondario
che dipendono dai qatal di livello principale che governano il brano da 1,14 in poi (cf. nota
22).
43. Nellasse del passato la proposizione senza verbo nito indica contemporaneit e si
rende in italiano con limperfetto: era cera. Ma se le parole del saggio si prendono
come affermazioni di valore perenne, come altrove in questo capitolo (cf. 2,15.17.19.21.26),
allora il tempo di traduzione sar il presente: c.
44. Su questo difcile versetto rimando a Qohelet o la gioia, 40.
65
lO;kAh MyIaD;bAh MyImyAh rDbV;kRvV;b MDlwoVl lyIsV;kAh_M`Io MDkDjRl NwrVkz NyEa yI;k 2,16
Infatti non c ricordo del saggio
:ly`IsV;kAh_M`Io MDkDjRh twmy JKyEaw j$D;kVvn
/ n dello [con lo] stolto in eterno, / in quanto gi nei giorni che vengono
/ tutto dimenticato. / E come morir il saggio con lo stolto?45
lO;kAh_y`I;k vRmDvAh tAjA;t hDcSonRv h$RcSoA;m`Ah yAlDo or yI;k MyYyAjAh_tRa yItanDcw 2,17
E perci odiavo la vita / perch era male
:Ajwr tworw lRbRh
per me lopera / che stata fatta sotto il sole, / poich il tutto vanit
e andare dietro a vento.
MdDaDl wn$RjynAaRv vRmDvAh tAjA;t lEmDo yInSaRv y$IlDmSo_lD;k_tRa ynSa y`ItaEnDcw 2,18
E perci odiavo io tutta la mia fatica / che io faticavo
:yrSjAa hRyVhyRv
sotto il sole, / che io dovr lasciare alluomo che verr [sar] dopo di me.
yI;tVmAkDjRvw yI;tVlAmDo`Rv y$IlDmSo_lDkV;b fAlVvyw l$DkDs wa hyVhy MDkDj`Rh Ao#dwy yImw 2,19
E chi sa se saggio sar o stolto
:lRb`Dh hRz_Mg vRmDvAh tAjA;t
/ afnch abbia potere46 su tutta la mia fatica / che ho faticato comportandomi
da saggio47 sotto il sole? / Anche questo vanit.
45. Il senso di
MIo insieme con, e quindi come, due volte in questo versetto riconosciuto dai commentatori (a differenza di quello di 1,11; cf. nota 19).
46. Come intendere fAlVvyw? Nella lingua biblica il weyiqtol una forma volitiva utilizzata per
lo pi nel discorso diretto, coordinata a un precedente yiqtol ugualmente volitivo, oppure ne
indica lo scopo (subordinazione sintattica); pi raramente compare nella narrazione storica e
indica lo scopo (cf. Sintassi, 153, e il mio articolo A Neglected Point of Hebrew Syntax:
Yiqtol and Position in the Sentence, LA 37 [1987] 7-19). Perci qui ho tradotto afnch
abbia potere. Una costruzione simile si trova in 6,12. Il senso dunque: chiss se sar
saggio per poter diventare padrone, per saper amministrare il frutto della mia fatica?
47. Si noti la differenza tra la medesima frase con il participio in 2,18: tutta la mia fatica
che io faticavo (lEmDo ynSaRv), e con qatal in 2,19: tutta la mia fatica che ho faticato (yI;tVlAmDoRv).
Tale differenza riette un cambio di prospettiva. In effetti la prima frase indica contemporaneit rispetto allasse del passato in cui Qohelet racconta la sua esperienza, mentre la seconda indica anteriorit rispetto a una prospettiva futura, in quanto il saggio presentato come
uno ancora vivo che pensa a quello che lattende dopo la morte. In italiano tale anteriorit
si pu rendere con il passato prossimo o con il futuro anteriore: tutta la mia fatica che
ho (o: avr) faticato e che sono (o: sar) diventato saggio. Dal punto di vista semantico
si nota un altro caso di endiadi (cf. nota 40 e infra, note 79 e 80) in quanto lespressione
equivale a che ho faticato comportandomi da saggio. Unendiadi simile compare in Es
24,7: oDmVvnw hRcSon promettiamo di fare e promettiamo di obbedire (con yiqtol e weyiqtol
iussivi; cf. nota 46), cio promettiamo di fare obbedendo, di agire in obbedienza; e anche
in Dt 12,28: D;tVoAmDvw rOmVv custodisci e obbedirai tutte queste parole. Per il senso, Qo 2,19
richiama mentre il mio cuore guidava (la mia carne) con sapienza (2,3), e tuttavia la
sapienza mi assistette (2,9).
66
A. NICCACCI
2,20
w n nR t;V y w b; _lAmoD` al; vR Md aD lV w Nwr vV kI bV w tAod bV w hmD kV jD b;V wl mD oS vR M#d aD vyE _yIk; 2,21
poich c un uomo / la cui fatica
:h`D;br hDorw lRbRh hRz_Mg w$qVlRj
nella sapienza e nella conoscenza e nellabilit, / e a un uomo che non ha
faticato in essa [= sua fatica] / dovr darla come sua parte. / Anche questo
vanit e male grande.
:vRm`DvAh tAjA;t lEmDo awhRv w;bIl NwyVorVbw w$lDmSo_lDkV;b MdDa`Dl hRwh_h`Rm yI;k
2,22
Poich cosa viene alluomo per tutta la sua fatica / e per lo sforzo del suo
cuore / che egli fa [fatica] sotto il sole?
lRbRh hRz_Mg w;bIl bAkDv_al hDlyA;lA;b_Mg wYnynIo sAoAkw My#IbOaVkAm wyDmy_lDk yI;k 2,23
Infatti tutti i suoi giorni sono dolori / e pena la sua occupazione.
:awh
/ Neppure di notte non si mai riposato il suo cuore. / Anche questo
nientaltro che vanit48.
yItyaI r h zO _Mg wl mD oS b;A bwf wv pV n _tRa haD r hR w h$tD vD w lkA ay vR M d aD b;D bwf _Ny`aE 2,24
Non c meglio per luomo che egli mangi
:ay`Ih MyIhlTaDh dAyIm yI;k yn$Da
e beva / e faccia godere alla sua anima il bene nella sua fatica. / Anche
questo ho visto io: / che dalla mano di Dio viene ci.
Infatti chi potrebbe mangiare
:yn`R;mIm
/ e chi potrebbe dilettarsi / fuori di me?49
2,25
Pws aT lR Ny n oI NtA n a fR wjlA w hjD mV cI w tAod w hmD kV jD NtA n wyYn pD lV bwf vR M d aD lV yk;I 2,26
Poich
:Ajwr tworw lRbRh hRz_Mg My$IhlTa`Dh yEnVpIl bwfVl tEtDl swGnVkIlw
alluomo che buono davanti a lui / che (Dio) ha dato sapienza e
conoscenza e gioia, / mentre al peccatore ha dato50 loccupazione / di
adunare e di raccogliere / (ma solo) per dare al buono davanti a Dio.
/ Anche questo vanit e andare dietro al vento.
48. Lett. Anche questo [casus pendens], vanit esso [predicato + soggetto] (cf. nota 15).
Altri esempi di casus pendens in Qohelet sono 1,5; 2,23; 3,18; 4,8; 6,2; 7,20; 10,1.
49. Oppure: chi potrebbe affrettarsi a mangiare fuori di me?. Su questo passo, di solito
corretto dagli studiosi, si veda Qohelet o la gioia, 59-60.
50. A motivo dellordine delle parole nei due costrutti x-qatal (ambedue con il verbo NAtn al
secondo posto della proposizione invece che allinizio) e del contesto, il primo enfatico,
pone cio laccento sullelemento x che precede il verbo e lo rende cos predicato sintattico (o elemento nuovo), mentre il secondo indica una contrapposizione rispetto al primo
(resa con mentre). Sulle funzioni del costrutto (waw-)x-qatal, o proposizione nominale
complessa, cf. Sintassi, 163.
67
(II/2) Qo 8,1-15
I limiti delluomo
XwrVpIl tEo aw$prIl tEow gwrShAl tEo 3,3 rDbdV;b dOmSoA;t_l`Aa JK$ElE;t wynDpIm lEhD;bI;t_lAa 8,3
un tempo per uccidere
:twnVbIl tEow Non
:h`RcSoy XOpVjy rRvSa_lD;k yI;k or
e un tempo per curare, / un tempo per abbattere e un tempo per costruire,
68
A. NICCACCI
8,4
dwpVs tEo qw$jVcIl tEow tw;kVbIl tEo 3,4 wl_rAmay yImw NwfVlIv JKRlRm_rAb;d rRvSaA;b
un tempo per piangere
:dwqr tEow per il fatto che la parola
:h`RcSoA;t_h`Am
51. Cos, pi o meno, interpretano Delitzsch, 343 (discharge), Seow, 276 (substitution),
Krger, 272 (Entlassung). Gordis invece intende control (over a battle) supponendo
unellissi per dy tjlvm (pp. 280-281).
52. Costruzione con waw + innito assoluto che continua una forma nita (cf. nota 65).
53. Cio in modo tirannico (cf. Delitzsch, 344-345; Gordis, 281-282); oppure: per il suo
proprio male. Il testo ambiguo secondo Seow, 284, e Krger, 283.
69
54. Delitzsch traduce: And then I have seen the wicked buried, and they came to rest; but
away from the holy place they had to depart, and were forgotten in the city, such as acted justly:
also this is vain. Intende cio che tutto ci che segue waDbw si riferisca non pi ai malvagi ma
a quelli che hanno operato rettamente (NE;k) (pp. 345-347). In modo simile Seow, 285-286, e
Krger, 284-285. Mi sembra per che la forma verbale weyiqtol (cf. nota 46) impedisca questa
interpretazione, o per lo meno suggerisca di preferire lidea che tutto si riferisce ai malvagi.
Intendo perci: Parimenti ho visto malvagi sepolti: / entravano [weqatal descrittivo] e anche
dal luogo santo se ne andavano [con passaggio a un waw-x-yiqtol forse per indicare che dal
luogo santo potevano tranquillamente uscire] / ma (solo) per essere dimenticati [wjV;kA;tVvyw, lett.
afnch fossero dimenticati] nella citt, (dimenticati) che (cio) cos (= male) hanno agito.
La vanit che il saggio denuncia consiste dunque nel fatto che i malvagi vengono sepolti come
tutti, entrano e escono dal luogo santo come le persone perbene, e in n dei conti i concittadini
presto dimenticano che sono stati malvagi. La LXX (kai ephneqhsan) e la Vulgata (et laudabantur) suppongono un originale diverso dal TM, cio una forma del verbo jbv lodare; cos
anche Rashi che si rif ad una interpretazione giudaica pi antica (cf. A.J. Rosenberg, The Five
Megilloth. II: Lamentations, Ecclesiastes, New York 1992, 104), e Gordis, 284-285.
55. Su questo passo e su tutto 3,10-15 (composto di due parti parallele 3,10-13 // 3,14-15)
rimando a Qohelet o la gioia, 43-47.
56. pieno in essi per, forse nel senso di incoraggiato a. Su questo lamentato ritardo
del giudizio divino si pu vedere Qohelet o la gioia, 83.
70
A. NICCACCI
hD;mDv qdRxAh MwqVmw oAv$rDh hD;mDv fDpVvI;mAh MwqVm vRmDvAh tAjA;t yItyIar dwow 3,16
E ancora vidi sotto il sole: / il luogo del giudizio, / l c
:oAvrDh
la malvagit, / e il luogo della giustizia, / l c la malvagit.
57. Come in 6,12 e 7,11-12, ombra ha qui senso positivo (cf. nota 102).
58. Sullanalisi di 3,14-15 nel suo contesto si veda Qohelet o la gioia, 45-47.
59. Cf. Qohelet o la gioia, 81.
60. Su questo passo discusso e sullinterpretazione di 3,16-22 rimando a Qohelet o la
gioia, 62-65.
71
twarIlw MyIhlTaDh MrDbVl M$dDaDh yEnV;b trVb;d_lAo y$I;bIlV;b ynSa y`I;trAmDa 3,18
Dissi io nel mio cuore: / A motivo
:M`RhDl hD;mEh hDmEhV;b_MRhVv
dei gli delluomo, / afnch Dio possa vagliarli, / e afnch vedano che
nientaltro che bestie sono essi per se stessi61.
NE;k hz twmV;k M$RhDl dDjRa hrVqImw h#DmEhV;bAh hrVqImw M%dDaDh_yn`Vb hrVqIm yI;k 3,19
:lRb`Dh lO;kAh yI;k Ny$Da hDmEhV;bAh_NIm MdDaDh rAtwmw lO;kAl dDjRa Ajwrw hYz twm
Poich un caso sono i gli delluomo / e un caso la bestia / e un caso
unico li attende; / come muore luno [questo], cos muore laltro [questo] / e un unico spirito per tutti / e vantaggio delluomo
sulla bestia non c, / poich il tutto vanit.
:r`DpDoRh_lRa bDv lO;kAhw r$DpDo`Rh_NIm hDyDh lO;kAh dDjRa MwqDm_lRa JKElwh lO;kAh 3,20
Il tutto va a un luogo unico; / il tutto venne dalla polvere / e il tutto
ritorna alla polvere.
ayIh tdrOyAh h$DmEhV;bAh Ajwrw hDlVoDmVl ayIh hDlOoDh M$dDaDh yEnV;b Ajwr Ao#dwy yIm 3,21
Chi sa, riguardo allo spirito dei gli delluomo,
:Xr`DaDl hDfAmVl
/ se esso sale in alto, / e riguardo allo spirito della bestia, / se esso
scende in basso alla terra?
yIm yI;k wqVlRj awh_yI;k wy$DcSoAm`V;b MdDaDh jAmVcy rRvSaEm bwf NyEa yI;k yIty#Iarw 3,22
Perci vedevo che non c bene
:wyrSjAa hRyVhyRv hRmV;b tw$arIl wnRayIby
/ pi che luomo si rallegri delle sue opere, / poich questa la sua parte;
/ poich chi lo porter a vedere / quello che sar dopo di lui?
61. Lett. essi [casus pendens], bestie sono essi per se stessi [predicato + soggetto + com-
plemento].
72
A. NICCACCI
(II/3) Qo 8,169,10
Dio e uomo
62. Sembrano delineate tre situazioni legate fra loro, due estreme, la terza moderata da pre-
ferire: da un lato, lattivit e abilit umana tutta mossa dallinvidia (4,4); dallaltro, lo stolto
che si d allozio e cos rovina se stesso (4,5); meglio una mano piena di quiete che ambedue piene di fatica (4,6). Cio, migliore delle due situazioni estreme attivit insaziabile
e indolenza totale unattivit moderata indicata come riempire una palma di quiete,
mentre laltra palma si suppone si dedica al lavoro. In modo simile intendono Delitzsch,
275-276, Seow, 187-188, e soprattutto Krger, 190. Da parte sua, Gordis interpreta contrasti
del genere come discussione implicita di posizioni differenti, per cui 4,5 sarebbe citazione
di opinione altrui e 4,6 lopinione di Qohelet (p. 231). Io ritengo piuttosto che il fatto di
procedere per esperienze contrapposte sia caratteristico del ragionamento di Qohelet, il cui
scopo aiutare il timorato di Dio a tenere insieme le contraddizioni della vita e godere il
bene possibile che Dio stesso concede (cf. Qohelet e la gioia, spec. 94-101).
63. In Qohelet o la gioia, 82-88, ho delineato la dinamica e il senso dellintera sezione
II/3 che si conclude con il secondo invito alla gioia (9,7-10).
64. Cf. 4,7 e nota 30.
73
continua il wayyiqtol del versetto precedente (cf. 8,9). Attestata in ebraico (cf. Delitzsch,
273-274) e nel semitico nord-occidentale (cf. Seow, 178), secondo M.J. Dahood, Canaanite-Phoenician Inuence in Qoheleth, Bib 33 (1952) 30-52 (pp. 49-50), essa caratteristica
dialettale del nord di Israele per inusso della lingua fenicia. La costruzione innito assoluto
+ pronome personale indipendente si trova solo qui in Qohelet, ma costruzioni simili compaiono con qatal (1,16; 2,1; 2,24; 3,17.18; 5,17; 7,25) e con weqatal (2,11.12.13.15.18.20;
4,1.4.7; 8,15; 9,15; 9,16).
66. Come al solito, nellasse del passato il weqatal yItyIarw indica ripetizione, abitudine,
descrizione (cf. nota 36). Dal punto di vista sintattico yItyIarw proposizione principale (o
apodosi) collegata a yI;tAtn rRvSaA;k di 8,16, che ne la circostanza anteposta (o protasi). A sua
volta questultimo costrutto regge la successiva proposizione causale introdotta da yI;k, avente
valore parentetico. Cos Delitzsch, 352-353, e Krger, 292; invece Gordis, 288, e Seow, 289,
suppongono un disordine nel testo.
67. In questo caso la particella tEa rafforza il soggetto, come segnalano le grammatiche, ad
es. GKC 117i (cf. Gordis, 229; Seow, 178; Krger, 168).
74
A. NICCACCI
68. Lett. Vedevo io tutta la fatica / e tutta labilit dellopera, / che essa (cio) invidia
di uno verso laltro, con anticipazione delloggetto del verbo vedere come spesso in
ebraico (JM 157d).
69. Ketiv: chiunque sia scelto per (essere con); qere: chiunque sia unito a. Per lo pi
gli interpreti preferiscono il qere (cf. Delitzsch, 358; Gordis, 294; Krger, 299), mentre
Seow, 300, legge il ketiv al qal yibar e intende la frase come interrogativa (who is the
one who chooses?).
75
luno, / poich essi hanno una buona ricompensa nella loro fatica;
In ogni
tempo / le tue vesti siano bianche / e olio non
manchi sulla tua testa!
70. La domanda una riessione dello stesso uomo di cui si parla in terza persona (cf.
Delitzsch, 276), per questo ho introdotto dice; Gordis invece introduce: He never asks
himself (p. 232). Daltra parte la traduzione di Seow, Yet, their eyes are dissatised with
wealth (p. 177), come quella di Krger, Auch kann >sein Auge< nicht genug Reichtums
sehen (p. 165), non sembrano rispettare il senso di oA;bVcIt_al (cf. 1,8; 5,9; 6,3).
71. Lett. Anche questo [casus pendens], vanit e occupazione cattiva esso [predicato +
soggetto]. Il caso di colui che lavora tutta la vita senza darsi tempo per godere il bene che
il Signore gli concede incorniciato da due dichiarazioni di vanit (4,7.8b).
72. Su questo duro confronto tra la condizione dei morti e quella dei vivi (9,1-6), a cui
connesso linvito alla gioia di 9,7-10, si pu vedere Qohelet o la gioia, 51-56.
76
A. NICCACCI
:dwo rEhzIhVl ody_al rRvSa ly$IsVkw Nqz JKRlR;mIm MDkDjw NE;kVsIm dRlRy bwf 4,13
Meglio un ragazzo povero e saggio / che un re vecchio e stolto / che
non sa pi accettare lammonizione73,
anche se
:vr dAlwn wtwkVlAmV;b MAg yI;k JKlVmIl aDxy MyrwsDh tyE;bIm_y`I;k 4,14
da una prigione fosse uscito a regnare, / anche se nel suo regnare fosse
nato povero74.
non ha ne
tutto il popolo, / tutti quelli che furono prima di loro; / neppure i posteri
gioiranno di lui, / poich anche questo vanit e rincorrere vento75.
77
comunque entrambi i re, anche il giovane successore. Infatti lespressione neppure i posteri gioiranno di lui signica probabilmente che si perder il ricordo anche del re giovane
di cui i contemporanei (detti in 4,15 tutti i viventi / che camminano sotto il sole / con il
ragazzo secondo / che star al suo posto [cio con il successore del vecchio re]) si erano
tanto entusiasmati! Il punto che di tutti si perde il ricordo, anche di un benemerito della
citt (cf. 9,15), per cui tutto vanit. Cos, pi o meno intende anche Seow, 190-192,
mentre Krger, 202-204, vi legge una critica del sistema monarchico.
76. Sulla composizione e il senso di 5,12-19 si pu consultare Qohelet o la gioia,
65-68.
77. La suddivisione II/4 la prima di tre (con II/5 e II/6) che preparano il terzo e ultimo
invito alla gioia di 11,7-12, come ho mostrato in Qohelet o la gioia, 88-89.
78
A. NICCACCI
(I/4) Qo 4,175,19
Attento a Dio!
(II/4) Qo 9,1110,4
Libert di Dio
N
infatti mai luomo conoscer il suo tempo;
/ come i pesci che vengono presi in una rete
cattiva / e come gli uccelli che vengono
presi nella trappola, / cos i gli delluomo vengono catturati in un tempo cattivo,
/ quando esso cadr su di loro allimprovviso.
faccia un voto a Dio, / non tardare a compierlo, / poich non c compiacimento negli
stolti. / Il voto che tu faccia, compilo.
78. Cf. Seow, 193-201. Delitzsch, 283-285, insiste invece che lultima frase va tradotta: for
the want of knowledge leads them to do evil. Tre diverse interpretazioni di questa frase
sono elencate da Gordis, 237-238.
79. Il qatal proseguito da waw + innito assoluto (cf. note 52 e 65) e il collegamento tra
i due unendiadi; lett. tornai e vedere, perci di nuovo vidi.
80. Ancora unendiadi; lett. un tempo e un destino.
79
81. I fatti presentati in 9,14-15 potrebbero riferirsi al passato, anche perch sono intro-
dotti da una forma di passato: ho visto (9,13). In tal caso la proposizione non verbale
fDoVm ;hD;b MyIvnSaw (9,14a) indicherebbe contemporaneit nel passato e quindi andrebbe tradotta
allimperfetto: nella quale erano pochi uomini, e i cinque weqatal che seguono avrebbero
valore descrittivo e andrebbero tradotti ugualmente allimperfetto: quando/se veniva e la
assediava / e costruiva se si trovava salvava (9,14b-15). preferibile per intendere
che lautore presenti un caso emblematico, magari modellato su un fatto reale ma avente
valore generale. In tal caso la proposizione non verbale va tradotta con il presente e i weqatal
con il futuro indicante eventualit, come ho fatto qui sopra. In un caso o nellaltro, il qatal
negato che conclude la sequenza (rAkz al) indica anteriorit rispetto al livello principale della
comunicazione. Delitzsch, 368-369, concorda con Lutero che si tratti di un exemplum
generale, cuius in multis historiis simile reperitur, ma traduce con forme di passato. Egli
ritiene anche che soggetto di NE;kVsIm vyIa ;hDb aDxDmw sia il re (cos recentemente anche Krger,
313), non che il verbo sia impersonale come ho tradotto sopra. Non credo, come afferma
Gordis, 301, che flmw is later Hebrew for the classical flmyw, and he saved; invece
un weqatal che svolge la funzione che gli compete come nellebraico classico, esattamente
come gli altri quattro di 9,14-15. Gordis ha ragione per di affermare che fA;lImw non pu
essere tradotto he could have saved, come propone recentemente anche Seow (and he
might have delivered, p. 310).
82. Secondo gli accenti masoretici si dovrebbe tradurre: For in many dreams and vanities
there are also many words (Delitzsch, 290). Sui problemi di questo versetto si vedano, tra
gli altri, Gordis, 239-240, e Seow, 197.
80
A. NICCACCI
[qere
83. Ho spiegato questa interpretazione di 5,7 e le sue somiglianze con 8,5-7 e con altri passi
81
:wtDorVl wyDlDoVbIl rwmDv rRvOo vRmDvAh tAjA;t yItyIar h$Dlwj hDor vyw 5,12
C un male terribile / che ho visto sotto il sole: / ricchezza conservata
per il suo padrone per il suo male;
:hDmwaVm wdyV;b NyEaw N$E;b dyIlwhw or NAynIoV;b awhAh rRvOoDh dAbDaw 5,13
se quella ricchezza si perder per un affare cattivo, / egli generer un glio
che non avr in mano nulla;
w$l mD oS bA acD y _al h mD w a mV w ab;D vR k;V tRklR lD bwv y Mwr oD w$m; aI NRfb;R mI a xD y rvR aS k;A 5,14
come uscito dal ventre della sua madre, / nudo di nuovo
:wdyV;b JKElOyRv
se ne andr come venuto / e nulla prender della sua fatica / che possa
portare via nella sua mano.
:AjwrDl lOmSoy`Rv w$l NwrVty_hAmw JKEly NE;k aD;bRv tA;mUo_lD;k h$Dlwj hDor hOz_Mgw 5,15
E anche questo un male terribile: / esattamente come uno venuto, cos
se ne andr; / e quale vantaggio avr / colui che faticher per il vento?
Anche se
:PRxqw wyVlDjw hE;brAh sAoDkw lEkay JKRvOjA;b wyDmy_lD;k MAg 5,16
per tutti i suoi giorni manger nel buio / e si dar molta pena, / (ecco viene)
la sua malattia e ira!
successo, a differenza di verso la sua sinistra. Invece il detto di 10,3 meno chiaro. Il
senso sembra essere che lo stolto anche quando cammina per la strada, in pubblico e perci dovrebbe fare maggiormente attenzione, il suo cuore viene meno, cio in un modo
o nellaltro si comporta da stolto e cos si tradisce da solo. Cos, pi o meno, Delitzsch,
373-374, e anche Gordis, 307-308. Gordis per nomina anche la possibilit di tradurre: He
thinks that everyone is a fool, possibilit che adotta Krger, 313, mentre Seow, 313, lascia
aperte le due possibilit.
88. La traduzione di Delitzsch, 374: If the ill-humour of the ruler rise up against thee,
do not leave thy post; for patience leaves out great sins, rende con lo stesso termine
la stessa radice ebraica, anche se di coniugazione diversa: Ajyny e jnA;t, cosa impossibile
in italiano.
82
A. NICCACCI
wnR;mIm lOkTaRl wfyIlVvIhw My%IsDknw rRvOo MyIhlTaDh wl_NAt`Dn rRvSa M&dDaDh_l`D;k MAg 5,18
Pure ogni uomo
:ay`Ih MyIhlTa tA;tAm hOz wlDmSoA;b AjOmVcIlw w$qVlRj_tRa taEcDlw
/ a cui Dio abbia dato ricchezza e tesori / e gli conceda di mangiarne, / di
prendere la sua parte / e di gioire della sua fatica: / dono di Dio questo!
:w;bIl tAjVmIcV;b hRnSoAm MyIhlTaDh yI;k wyDyAj yEmy_tRa rO;kzy h$E;brAh al yI;k 5,19
Infatti non molto / ricorder i giorni della sua vita, / poich Dio (gli)
risponde con la gioia del suo cuore89.
(II/5) Qo 10,5-19
Detti di prudenza
89. Oppure: Poich Dio (lo) tiene occupato (hnSoAm) con la gioia del suo cuore. Su questo
83
91. Lett. questo [casus pendens], vanit e malattia cattiva ci [predicato + soggetto].
92. Su questo difcile detto proverbiale si vedano in particolare Delitzsch, 379-381, e
Gordis, 311-313.
84
A. NICCACCI
wy$rSjAa`Em hyVh`Iy rRvSaw hYyVh`IyRv_hAm MdDaDh ody_al MyrDbd hR;bry lDkD;sAhw 10,14
Per quanto lo stolto moltiplichi le parole, / luomo
:wl dyIgy yIm
non sapr mai quello che avverr, / e quello che avverr dopo di lui,
/ chi glielo riferir?
La fatica degli
:ry`Io_lRa tRkRlDl ody_al rRvSa wnRogyV;t MyIlyIsV;kAh lAmSo
stolti lo [= ognuno di essi]95 stancher, / poich non sa andare in citt96.
Guai a te, o terra
:wl`Ekay rqO;bA;b JKyrDcw rAoDn JKE;kVlA;mRv Xr$Ra
il cui re un giovane, / e i tuoi ministri di mattina banchettino!
10,15
JKDl_y`Ia 10,16
:y`ItVvAb alw hrwbgI;b wl$Ekay tEoD;b JKyrDcw Myrwj_NR;b JKE;kVlA;mRv Xr$Ra JKyrVvAa 10,17
Beata te, o terra il cui re un nobile, / e i tuoi ministri nel tempo adatto
banchettino / in fortezza e non in ubriachezza!
Per ripetuta pigrizia :ty`D;bAh Pldy Mydy twlVpIvVbw hrqV;mAh JKA;my MyA;tVlAxSoA;b
cadr il softto / e per lindolenza delle mani la casa lascer ltrare acqua.
10,18
93. Lett. che sa andare verso la vita; cf. Gordis: who knows how to meet the problems
of life (pp. 160.251); oppure Delitzsch: who knoweth to walk before the living (pp. 308309). Come non sa andare in citt (10,15; cf. Delitzsch, 384-385; Gordis, 314-315), sono
detti proverbiali di cui difcile comprendere il senso nel quadro delle societ antiche, per
cui le interpretazioni date sono differenti (cf. Seow, 202.214; Krger, 222.224).
94. Il senso forse: It is better to enjoy the present good, than to think about other good
(interpretazione di Lutero citata in Delitzsch, 310). Simili Gordis, 251-252, e Krger, 224;
diverso Seow, 214-215.
95. Passaggio dal plurale di categoria al singolare per indicare ciascuno (cf. nota 85).
96. Cf. nota 93.
85
:lO;kAh_tRa hRnSoy PRsR;kAhw MyIyAj jA;mAcy NyAyw MRj$Rl MyIcOo qwjVcIl 10,19
Per il godimento si prepara il pane, / il vino rallegrer la vita / e il denaro
risponder a tutto97.
86
A. NICCACCI
(I/6) Qo 6,107,14
Cosa bene per luomo
(II/6) Qo 10,2011,6
Consigli di saggezza
Manda
il tuo pane sulla supercie delle acque
/ poich dopo molti giorni lo ritroverai101.
100. La sequenza di una forma verbale al qatal, gi stato pronunciato (arVqn) il suo nome,
e di una al weqatal, e sar reso noto (odwnw) cosa un uomo, produce una specie di merismo
(passato - futuro) e indica la totalit della conoscenza (gi fu cos e cos sempre sar). Una
sequenza simile compare in 1,16 (cf. nota 27). In 6,10a la conoscenza riguarda in generale
la creazione e gli eventi della storia umana (cf. Qohelet o la gioia, 68-69), mentre in
6,10b riguarda lessere umano in particolare. Il senso : tutto quello che accaduto nel
mondo stato determinato da Dio, accaduto secondo il suo piano, e lessere umano, la
cui condizione di creatura Dio stesso continuamente manifesta lungo tutte le generazioni,
non potr mai disputare con il Creatore. Unanalisi del genere non fa torto al testo, pace
Gordis, 253, e non c bisogno di mutare il TM come fa Seow, il quale ha al riguardo una
lunga nota (pp. 230-232).
101. Sul senso di questa difcile esortazione (raccomanda la carit o il commercio?) si
vedano in particolare Gordis, 319-320, e Krger, 339-342. Bibliograa pi recente si trova
in Qohelet o la gioia, 89.
102. Ho spiegato la sintassi e il senso di questo versetto in connessione con altri simili
(7,11-12 e 8,12-13) in Qohelet o la gioia, 69-70.
103. Cos anche Krger, 336, e Seow, 328; diversamente Delitzsch, 393: Divide the portion
into seven, yea, eight (parts) (simile Gordis, 184).
87
Meglio ascoltare
:My`IlyIsV;k ryIv oEmOv vyIaEm MDkDj trSog AoOmVvIl
il rimprovero del saggio / di un uomo che ascolta il canto degli stolti,
bwf 7,5
poich
:lRb`Dh hRz_Mgw lyIsV;kAh qOjVc NE;k ry$I;sAh tAjA;t MyryI;sAh lwqVk yI;k 7,6
come il rumore delle spine sotto la pentola, / cos il riso degli stolti.
/ E anche questo vanit.
Poich (il regalo per fare)
:h`DnD;tAm bEl_tRa dE;bAay`Iw MDkDj lElwhy qRvOoDh yI;k 7,7
loppressione render stolto il saggio / e afnch egli rovini il cuore
viene il regalo104.
104. Delitzsch, 317, suppone che la prima parte di questo versetto sia perduta e traduce:
For oppression maketh wise men mad, and corruption destroyeth the understanding. Credo
88
A. NICCACCI
Meglio la ne
:Ajwr_;hAbgIm Ajwr_JKr`Ra bwf wtyIvarEm rDb;d tyrSjAa bwf
di una cosa del suo principio; / meglio chi paziente di chi altezzoso.
7,8
Non essere
:Ajwny MyIlyIsV;k qyEjV;b sAo$Ak yI;k swoVkIl KSjwrV;b lEhAbV;t_lAa 7,9
veloce nel tuo spirito ad adirarti, / poich lira nel seno degli stolti
[sempre] albergher.
hDmVkDjEm al yI;k hR;lEaEm MyIbwf wyDh MyYnOvarDh MyImyAhRv hYyDh hRm r Ama;t_lAa 7,10
Non dire: Com stato / che i giorni precedenti
:h`Rz_lAo D;tVlAaDv
/ furono migliori di questi?, / poich non con sapienza che hai posto
questa domanda.
Buona la sapienza
:vRm`DvAh yEarVl rEtOyw hDlSjn_M`Io
con leredit / e un vantaggio per quelli che vedono il sole,
:Dhy`RlDoVb hRyAjV;t hDmVkDj`Ah tAo$;d NwrVtyw PRsD;kAh lExV;b hDmVkDj`Ah lExV;b yI;k 7,12
poich vera ombra la sapienza / e vera ombra largento / ma il vantaggio
della conoscenza / ( che) la sapienza far vivere i suoi possessori105.
:wtwIo rRvSa tEa N$;qAtVl lAkwy yIm yI;k MyIhlTaDh hEcSoAm_tRa hEar 7,13
Osserva lopera di Dio, / poich chi potr mai raddrizzare / quello che egli ha
fatto storto?
hDcDo hz_tA;mUoVl hRz_tRa MAg hEar hDor MwyVbw bw$fVb hEyTh hDbwf MwyV;b 7,14
Nel giorno
:hDmwaVm wyrSjAa MdDa`Dh aDxVmy a;lRv t#rVb;d_lAo My$IhlTa`Dh
del benessere sii nel bene / e nel giorno della sventura osserva. / Sia questa
che quello ha fatto Dio / allo scopo che luomo non comprenda [trovi] niente
dopo di s [= del suo futuro].
89
vita106. Considero 11,712,7 una sezione a parte perch da un lato contiene una
proclamazione di gioia (11,7-8) a cui segue un invito diretto alla gioia (11,9)
collegato dal punto di vista semantico (cf. jDmc
V y in 11,8 e jAmcV in 11,9), dallaltro
costituisce il culmine e il risultato ultimo dellesperienza del saggio.
Il passo comprende quattro istruzioni costruite secondo una dinamica
analoga: 1a) luomo goda della vita + b) perch verr la morte (11,7-8); 2a) tu
soprattutto, giovane, godi la tua giovinezza + b) e sappi che Dio ti giudicher
(11,9); 3a) dimentica le preoccupazioni + b) perch la giovent dura poco
(11,10); 4a) e ricorda il tuo Creatore nella tua adolescenza + b) prima che
vengano i giorni tristi (12,1), che vengono poi descritti (12,2-7)107.
La sequenza di questi motivi suggerisce di disporre il testo in due
colonne parallele:
Qo 11,712,7
Godi e ricorda!
E dolce
la luce / ed bene per gli occhi vedere il
sole,
106. Cf. Qohelet o la gioia, 89. In questo articolo ho presentato unanalisi abbastanza
90
A. NICCACCI
:XRp`Ej MRhDb yIl_Ny`Ea r$Ama;t rRvSa MyYnDv woyIgIhw h$Dor`Dh yEmy waby_al rRvSa dAo
prima che vengano i giorni tristi / e giungano anni in cui dirai: / Non ne provo
alcun piacere;
rAjAa MyIbDoRh wbDvw MyIbDkw;kAhw AjryAhw rw$aDhw vRmRvAh JKAvVjRt_al rRvSa dAo 12,2
prima che si oscuri il sole e la luce / e la luna e le stelle
:MRv`DgAh
/ e tornino le nubi dopo la pioggia;
wf$EoIm yI;k twnSjOfAh wlVfDbw lyDjRh yEvnAa wtwAoVt`Ihw ty$A;bAh yrVmOv wozyRv MwGyA;b 12,3
nel giorno in cui tremeranno i custodi
:tw;brSaD;b twarDh wkVvDjw
della casa / e si paralizzeranno gli uomini forti, / cesseranno di lavorare
le macinatrici perch saranno rimaste poche / e diventeranno scure
le donne che guardano dalle nestre,
wjAvyw rw$pIxAh lwqVl Mwqyw hDnSjAf`Ah lwq lApVvI;b qw$vA;b MyAtDld wrgUsw 12,4
verranno chiuse le porte sulla strada
:ry`IvAh twnV;b_lD;k
/ quando basso il rumore della macina, / afnch uno si alzi al canto
delluccello / e diventino deboli tutte le cantatrici [glie del canto];
rEpDtw bYgDj`Rh lE;bA;tVsyw dqDvAh XaEnyw JKr$;dA;b MyI;tAjVtAjw wary A;hObgIm MAg 12,5
:MydVpO;sAh qwvAb wbVbDsw w$mDlwo tyE;b_lRa MdDaDh JKElOh_y`I;k hDnwyIbSa`Dh
anche di ci che alto avranno paura e terrori saranno nella via / ma (solo)
afnch orisca il mandorlo e diventi pesante la cavalletta / e fallisca il cappero, poich luomo va alla sua casa di eternit / e si aggireranno per la strada
i lamentatori;
rRbDvItw bDhzAh tA;lg XrDtw PRs$R;kAh lRbRj [qere qEtry ] qAjry_al rRvSa dAo 12,6
prima che si allontani
:rw;bAh_lRa lAgVlgAh XOrnw Aow$;bA;mAh_lAo dA;k
[qere: sia strappata] la corda di argento, / afnch si spezzi la brocca doro
/ e si frantumi la giara alla fontana, / e cos la ruota rotta cadr nella cisterna,
:;h`DnDtn rRvSa MyIhlTaDh_lRa bw$vD;t AjwrDhw hDyDhRvV;k XrDaDh_lAo rDpDoRh bOvyw 12,7
afnch la polvere ritorni alla terra comera (prima), / lo spirito invece
ritorni a Dio che lha dato.
4. Conclusioni
Credo di poter affermare che lanalisi del testo di Qohelet ha permesso di
vericare che il sistema verbale utilizzato nel libro non si discosta da quello
della lingua ebraica considerata classica (cf. supra, nota 5). Nonostante
91
108. Cf. Qohelet o la gioia, 33-34. Lopinione comune data Qohelet in epoca ellenistica
(IV-II sec. a.C.). Poich i frammenti di Qumran suggeriscono come terminus ante quem il
150 a.C. al pi tardi (cf. recentemente E. Puech, Qohelet a Qumran, in: G. Bellia - A.
Passaro [edd.], Il libro del Qohelet. Tradizione, redazione, teologia, Milano 2001, 144-170),
la data oggi prevalente il III sec. a.C. (cos Krger, 39). La datazione in epoca persiana
(VI-V sec. a.C.), mantenuta nel passato (ad es. da Delitzsch, 201-216), poco seguita oggi
(un sostenitore Seow, 11-21, il quale ritiene che la lingua stessa indichi tale datazione).
Una data preesilica stata proposta da W.H.U. Anderson, The Problematics of the Sitz
im Leben of Qoheleth, OTE 12 (1999) 233-248. Dal punto linguistico, Anderson obietta
agli studiosi di accontentarsi di segnalare le somiglianze con lebraico mishnaico senza
curarsi di confrontare lebraico antico. Ma Anderson si interessa soprattutto del contesto
politico di Qohelet. Difcilmente, afferma, uno scrittore di epoca postesilica avrebbe avuto
una stima cos alta del governo e della monarchia come Qohelet; inoltre, dopo il ritorno
dallesilio (538 a.C.) la situazione fu tuttaltro che prospera dal punto di vista economico
(questa opinione per contraddetta da Seow, 21-36). Daltra parte, continua Anderson,
i contatti con la losoa greca (stoicismo, epicureismo e cinismo) sono difcilmente dimostrabili dato che contatti sono stati segnalati anche con testi molto antichi del Vicino
Oriente Antico (basti citare J.Y.-S. Pahk, Qohelet e le tradizioni sapienziali del Vicino
Oriente Antico, in: Bellia - Passaro [edd.], Il libro del Qohelet, 117-143, e C. Uehlinger,
Qohelet im Horizont mesopotamischer, levantinischer und gyptischer Weisheitsliteratur
der persischen und hellenistischen Zeit, in: L. Schwienhorst-Schnberger [ed.], Das Buch
Kohelet. Studien zur Struktur, Geschichte, Rezeption und Theologie, Berlin - New York
1997, 155-247). In conclusione, afferma Anderson, the correct Sitz im Leben for Qoheleth
is the royal court in a pre-exilic setting and the book best makes sense in this context
(p. 243). Tutto considerato, direi almeno che non si pu dare per scontata una datazione
in epoca ellenistica. Qohelet pu essere compreso senza alcun riferimento alla cultura
ellenistica, come ho sostenuto nella recensione a V. DAlario, Il libro del Qohelet. Struttura letteraria e retorica, Bologna 1992, in LA 43 (1993) 551-558, e pi recentemente in
Qohelet o la gioia, 101-102 e nota 129.
109. Ad es. in 1,9 i due x-yiqtol hyVhyRv e hRcDoyRv indicanti futuro si oppongono a due x-qatal
hyDhRv e hDcSonRv indicanti passato. La sequenza passato-futuro indicata in 1,16 con qatalweqatal (cf. nota 27); cos anche in 6,10 (cf. nota 100). Quando invece si riferisce allasse
del passato la medesima sequenza qatal-weqatal indica rispettivamente informazione unicainformazione abituale, ripetuta o descrittiva (cf. molti casi nel c. 2: vv. 9.11.12.13.14.15.
16.17.18.20; cf. nota 36). Abbiamo visto che in alcuni casi incerto se x-yiqtol e w eqatal
si riferiscano allasse del futuro o a quello del passato (cf. 9,14-15; nota 81).
92
A. NICCACCI
(ben distinte da quelle volitive yiqtol e weyiqtol) sono usate per indicare
qualcosa che sempre avverr, come nei passi che proclamano la regolarit
dei fenomeni atmosferici e il succedersi delle generazioni umane (cf.
1,4-8; nota 13), o nei detti proverbiali che enunciano verit perenni 110.
Unaltra funzione di x-yiqtol e di weqatal indicare eventualit nellasse
del futuro, nel qual caso possono essere tradotti con costrutti adatti ad
esprimere possibilit o con forme del congiuntivo (cf. 6,2-4; 7,20; 10,810.17; nota 81).
Come detto allinizio, i criteri che ho adottato per delineare la
composizione del libro di Qohelet sono il genere letterario, le espressioni
guida che introducono alcune suddivisioni, i termini caratteristici e gli
argomenti trattati. Penso che tutti gli interpreti siano daccordo su questi
criteri. Il problema come applicarli in concreto e quali debbano prevalere
nel caso in cui i criteri appena elencati diano indicazioni divergenti. Un
caso del genere lo abbiamo incontrato in 11,7, un passo che dal punto di
vista grammaticale e semantico collegato a 11,6 ma nello stesso tempo
presenta un invito alla gioia collegato al successivo invito alla gioia ( 3).
Un altro criterio, che nora non ho enunciato espressamente ma che
stato il criterio guida della presente ricerca, la struttura grammaticale e
sintattica di Qohelet. Non si ripeter mai abbastanza che le forme verbali
e gli altri costrutti grammaticali che lautore sceglie per comunicare le sue
informazioni costituiscono il veicolo e la griglia interpretativa del testo.
questo perci il criterio primo; diversamente si rischia di stabilire delle
relazioni che non corrispondono allintenzione dellautore. evidente
infatti che bisogna cercare di comprendere la strategia di comunicazione
dellautore, non imporre la propria.
Il rischio di stabilire una struttura o griglia interpretativa che forse
non corrisponde allintenzione dellautore si manifesta, ad esempio, nella
struttura complessiva che Seow, sulla scia di D.C. Fredericks, propone di
5,7-11 in parallelo con 6,7-9 (pp. 216-218). Non direi infatti che 5,76,9
costituisca ununit letteraria, perch da un lato 5,7-8 va unito a ci che
precede, essendo unistruzione composta di ammonizione e motivazione
come le tre precedenti (5,1-2; 5,3-4; 5,5-6); dallaltro in 6,1 inizia una
110. Ad es. 4,9-12; 5,9-11; 6,7-9. Come nella descrizione dei fenomeni atmosferici o delle
generazioni umane, anche nei proverbi si trovano x-yiqtol e w eqatal del futuro accanto a
proposizioni senza verbo nito indicanti lasse del presente. Gli esegeti in genere traducono tutto al presente; occorre notare per che lebraico usa anche le forme del futuro per
indicare lidea di regolarit: cos e cos sempre sar (cf. nota 100).
93
111. Migliore mi sembra lanalisi che Krger fa di 5,96,9, in cui scopre una composizione
concentrica sulla base del genere letterario e del contenuto: 5,9-11 proverbi; 5,12-16 casi
negativi; 5,17-19 casi positivi; 6,1-6 casi negativi; 6,7-9 proverbi (p. 224). Meno chiara mi
sembra invece la sua analisi nei dettagli; ad es. non vedo come 5,15-16 possa essere qualicato come Armut ohne Genuss e 5,17 come Armut mit Genuss (p. 225), se non per
ottenere il parallelismo chiastico voluto, dato che quei versetti non riguardano il povero ma
luomo in generale a cui Dio concede o non concede di godere il frutto della sua fatica.
112. signicativo il fatto che le strutture proposte dagli autori elencati da Krger, 19-24
(cf. supra, nota 2), siano tutte diverse luna dallaltra. Del resto anche la mia ipotesi pu
non essere del tutto sicura. Ad es. ho ritenuto che la formula hDor vy c un male in 6,1
e in 10,5 apra due nuove unit tra loro parallele e che invece in 5,12 introduca una suddivisione minore allinterno dellunit 4,175,19. Il motivo che, per largomento della
ricchezza goduta o non goduta, 5,12-19 si collega a ci che precede (5,9-11). Ma opinioni
diverse sono possibili, soprattutto nei passi di interpretazione incerta.
94
A. NICCACCI
solo una buona uscita dalle contraddizioni della vita, ma anche un modo
signicativo di convivere con esse, cio godere le gioie che il Signore
concede come dono e insieme come frutto della propria fatica, e riettere
quando egli manda la sofferenza.
Alviero Niccacci, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
G. Biguzzi
Contrariamente a ci che molti immaginano, linsegnamento escatologico dellApocalisse rimane abbastanza ristretto. Cos si esprime M.-.
Boismard, e cio colui che ha commentato lApocalisse per la cosiddetta
(e famosissima) Bibbia di Gerusalemme1. Boismard imposta dunque
il problema dellescatologia dellApocalisse in termini di quantit. Un
altro commentatore dellApocalisse, S. Bartina, riscontra tra gli interpreti due posizioni estreme che possono essere riassunte proprio in termini di quantit: C molta escatologia, oppure, non ce n per nulla
(Hay mucho de escatologa, o bien, no hay nada)2. Ma lapproccio di
Boismard, di Bartina e di chi procede come loro, non quello giusto,
perch lApocalisse non un trattato o un catechismo al quale chiedere
un elenco pi o meno sistematico e completo delle verit di fede. Lapproccio giusto invece quello che tiene conto della strategia retorica e
narrativa dellautore. Bisogna cio chiedersi a quali interlocutori lautore
si rivolge, per spingerli a quali scelte e a quale prassi, e con quali procedimenti letterari cerca di ottenere il suo scopo. Solo dopo aver letto il
libro dalla prospettiva da cui stato scritto, solo allora se ne potranno
individuare i presupposti ideologici e confrontarli con la nostra sistematizzazione dei dogmi.
Di fatto, se si va in cerca dellescatologia nella tessitura letteraria
dellApocalisse, essa pu essere individuata in tre complessi narrativi,
oltre che in brevi accenni del prologo (cf. in particolare 1,7) e dellepilogo (cf. in particolare 22,17.20). Il primo quello dei sette messaggi
alle sette Chiese dAsia, ognuno dei quali si conclude con una promessa
escatologica (Ap 23). Il secondo quello della richiesta di vendetta dei martiri (6,9-10) e del conseguente intervento di Dio, prima
medicinale (Ap 816) e poi giudiziale (Ap 1820). Il terzo quello
della radiosa visione della nuova Gerusalemme, che discende dal cielo
(Ap 2122).
1. M.-. Boismard, LApocalisse di Giovanni, in A. George - P. Grelot (edd.), Introdu-
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che, mentre in Dn 7,13 le nubi fanno da sfondo alla visione del Figlio dellUomo, nelle
citazioni neotestamentarie di quel testo le nubi sono invece veicolo della sua venuta.
4. Letteralmente: e [lo vedranno] quelli che ecc.. Il kai/ ha valore rafforzativo: cf. M.
Zerwick, Analysis philologica NT Graeci, Romae 21960, 568-569, che traduce: et inter
eos imprimis qui.
5. Il battersi la testa (Iliade 22,33; Erodoto 2,121), la fronte (Erodoto 6,58) o lanca (Iliade
16,125; Senofonte, Ciropedia 7,3,6) molto pi drammatico e quindi pi credibile che non
loleografico battersi il petto (cf. per Aristofane, Lisistrata 396; Platone, Repubblica 619C).
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99
mare tutta la storia, dalle origini alla conclusione, dice che programmatica. La promessa al vincitore di Smirne dice invece: Il vincitore non sar
toccato dalla seconda morte (o stagno di fuoco; 20,11.14)11.
Le due promesse evocano dunque morte e vita, anche se la morte
menzionata solo per essere esclusa dalla sorte del vincitore. In tal
modo, con le prime due promesse lApocalisse mette di fronte ai soli
due possibili punti di approdo finale, cos come fa il primo vangelo che
a conclusione del discorso programmatico della montagna parla delle due
porte e strade che conducono alla perdizione e, rispettivamente, alla vita
(Mt 7,13-14).
5. Il dittico intrastorico (al vincitore di Pergamo e Tiatira)
La promessa al vincitore pergameno duplice: la promessa della manna e di un nome nuovo (2,17). Ci che in qualche modo accomuna i due
oggetti della promessa il loro carattere esoterico: la manna nascosta,
mentre il nome, graffito su di una pietruzza bianca12, sconosciuto a tutti
fuorch al vincitore che lo riceve. Manna nascosta e nome segreto vanno
ambientati nel corso della storia e non nellescatologia, dove tutto sar
manifesto e dove non ci sar bisogno di difendere con la segretezza ci che
si ha (il cibo della manna) e ci che si (il nome nuovo)13. Tanto pi che
nellimmaginario delluomo biblico la manna legata allesodo, e cio al
11. Sulla (prima e) seconda morte cf. M.G. Kline, The First Resurrection, WTJ 37 (1975)
366, 371 (The first resurrection in not a bodily resurrection, Just as the resurrection of
the unjust is paradoxically identified as the second death, so the death of the Christian is
paradoxically identified as the first resurrection); A. Gangemi, La morte seconda (Ap
2,11), RivB 24 (1976) 3-11; M. McNamara, The Second Death and the Palestinian Targum
to the Pentateuch, in The New Testament and the Palestinian Targum to the Pentateuch
(AnB 27A), Rome 1978.
12. Per E.-B. Allo, Saint Jean. LApocalypse (EtB), Paris 1921, 30, limmagine della pietruzza bianca difficile da decifrare perch presenta analogia con troppi usi antichi. Altri
commentatori fanno notare che qui interessa pi il nome scritto sulla pietra che non la
pietra stessa: cf. per esempio A. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, VD
13 (1933) 277 ( nomen calculo anteponamus); A. Gangemi, La manna nascosta e il
nome nuovo (Ap 2,17), RivB 25 (1977) 336 (Questo nome nuovo, pi direttamente, la
seconda parte del premio). Sugli usi antichi cf. anche D.K.K. Wong, The Hidden Manna
and the White Stone in Revelation 2,17, BS 155 (1998) 346-354.
13. Cf. Allo, Apocalypse, 30 (Il est vident que ce caractre secret ne convient qu la
vie terrestre, et non au ciel, o toute splendeur clatera), e A. Jankowski, Manna absconditum (Ap 2,17) quonam sensu ad eucharistiam referatur, CollTh 29 (1958) 6 (Adjectivum absconditum vix potest componi cum caelo, ubi quidquid latet apparebit).
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e 1Cor 10,3. Cos poi intendeva Berengaudo: Hoc pane aluntur omnes electi, in deserto
atque in itinere hujus saeculi positi, usque dum veniant ad terrram repromissionis (PL
17,861.B-C). Di diverso parere sono G.B. Caird, A Commentary on the Revelation of St
John the Divine (BNTC), London 21987 (11966), 42, che, qualificando (abusivamente) la
manna come celeste / heavenly, la ritiene cibo del banchetto celeste, e Gangemi, La
manna nascosta, 336, che scrive: nel contesto di Ap 2,17 non si parla di deserto, e la
manna la promessa al vincitore. Ci riguarda il termine di un cammino, non il cammino
stesso. La manna il cibo futuro.
15. Cos tra gli altri Allo, Apocalypse, 29; T. Zahn, Die Offenbarung des Johannes (KNT
18), Leipzig 1924, I, 275; krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 239;
Jankowski, Manna absconditum, 3-9 (altri interpreti antichi e moderni sono citati alle
pp. 3-4, testo e nota 2); P. Prigent, LApocalypse de Saint Jean (CNT 14), Genve 2000,
134-135.
16. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 280, per esempio, afferma che la
vittoria sulle genti comincia gi ora, e secondo Caird, Revelation, 46, si costretti (compelled) ad ambientare il compimento della promessa nel mondo presente, perch nella citt
celeste, nella quale non entrer nulla dimpuro, certamente sarebbe fuori posto la vittoria
sulle nazioni. Tra gli antichi cf. Berengaudo, PL 17,865.A, che si chiede: quomodo
electi post mortem gentes dicuntur regere, cum in illa beata vita nullus sit qui regatur in
virga ferrea, ubi nihil distortum, nihilque pravum invenitur?.
101
viglia che E.-B. Allo labbia definita una delle [immagini] pi evidenti
(une des plus claires)17. Lo stesso krinjar ritiene che limmagine sia da
collegare con quella precedente, cos che nellastro del mattino sarebbe
da vedere lo splendore della vittoria sulle nazioni18. Linterpretazione pi
frequente per quella che chiama in causa il pianeta Venere che scompare
per ultimo dal cielo del mattino. In altre parole, secondo la promessa, il
vincitore vedrebbe spegnersi lultima luce della notte, e vedrebbe la notte
della tenebra e del male lasciare il posto al sole che il Cristo19. Ma non
molto logico pensare che al vincitore sia promesso un qualcosa che poi
scomparir, e S. Bartina trova pi logico pensare che lastro del mattino
sia lo stesso sole, lastro (asth/r) che sorge nel mattino (prwino/n) ad illuminare il giorno del vincitore20.
Uninterpretazione alternativa quella della tradizione liturgica e patristica la quale, partendo da Ap 22,16 dove con astro del mattino il Cristo
definisce se stesso (Io sono lastro luminoso del mattino), ha visto nellaggettivo mattutino (prwino/n) un punto di contatto con il mattino della
resurrezione21, perch la finale del secondo vangelo ambienta la resurrezione
17. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 295, citando Allo, Apocalypse, 35.
Ancora pi pessimista di krinjar comunque Hemer, The Letters to the Seven Churches,
126, che scrive: The precise point of this promise is lost.
18. krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 296: stella matutina una
cum potestate promittitur ut in hac exercenda splendor dignitatis effulgeat. Ma cf. anche A. Gangemi, La stella del mattino (Ap 2,26-28), RivB 26 (1978) 241, 267, il quale
scrive: Il fatto che lautore presenti due premi, dice che non possiamo considerare luno
indipendentemente dallaltro, Verga di ferro e stella del mattino sono due elementi che
competono al vincitore (). Stella e scettro stanno in relazione: si annunzia lavvento di
un potere regale.
19. Cf. gi Vittorino di Petovio: stella matutina noctem fugat et lucem adnuntiat, id
est diei initium (PL Suppl. 1,116); Primasio di Adrumeto: Haec enim stella, sicut noctis
finem, sic diei praebere videtur initium (PL 68,809.B-C). Tra i moderni cf. A. Schlatter, Die
Briefe und die Offenbarung des Johannes (Erluterungen zum NT), Stuttgart 1921, ristampa
1964, 167-168 (Ges conduce il vincitore dalla notte del mondo presente al giorno eterno);
Prigent, Apocalypse, 118 ( il sagit du Christ lui-mme, toile matinale qui annonce la
grande lumire finale).
20. Bartina, La Escatologa del Apocalipsis, 308, che cita J. Boehmer (ZNW 1923) e F.J.
Dlger (Mnster 1940) anche se, a dire il vero, nessuno dei due autori si occupa della stella
del mattino dellApocalisse. Fra gli antichi cf. Bruno di Segni: stellam claram et
lucidam, stellam solis et diei nuntiam (PL 165,620.B).
21. Cf. il preconio pasquale che canta: Lucifer matutinus () qui nescit occasum. Ille
qui, regressus ab inferis, humano generi serenus illuxit. Cf. poi Cassiodoro: daturum
se () pollicetur gloriosam resurrectionem, quam stellae commemoratione significat (PL
70,1407.C); Alcuino: Matutinam ergo stellam Dominus vincentibus dabit quando corpus
humilitatis nostrae reformabit, scilicet quando omnes, qui in monumentis audient vocem
Filii Dei, et procedent: quos ad perfectum diem perducet (PL 100,1109.B-C); Aimone di
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107 (1988) 498-501, pensa che non si tratti di una colonna del tempio, bens di una colonna
che, come si ricaverebbe da 2Re 11,14, avrebbe fatto parte del rito dincoronazione del nuovo re, insieme con limposizione di un nuovo nome. Ma in 3,12 la colonna identificata con
la persona in questione ( far [di] lui una colonna nel tempio del mio Dio), e non da
essa distinta come in 2Re 11,14 (Il re stava presso la colonna, secondo lusanza ecc.).
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25. Cf. per esempio Jankowski, Manna absconditum, 6; Prigent, Apocalypse, 135. Di
diverso parere krinjar, Praemia in Ap 2 et 3 Victoriae proposita, 186, che scrive: Vita
aeterna () est ratio communis omnium praemiorum.
26. J.E. Rosscup, The Overcomer of the Apocalypse, GTJ 3 (1982) 261-286, difende e illustra a lungo lovvia affermazione che in Ap 23 vincitori non sono soltanto i martiri ma
tutti i salvati. Cf. la bella definizione di vincitore data da Ambrosio Autperto ( 784):
Quisquis eo labore, eo certamine, eo sudore, pro humano modo uiribusque desuper acceptis
dimicando uicerit, quo ego [il Cristo] dimicans uici (CChr CM 27,202).
27. R. Bauckham, La teologia dellApocalisse (LB 12), Brescia 1994 (Cambridge 1993),
87-88.
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prese in base alla legislazione in vigore sono sentite come persecuzione in particolari circostanze da chi ne colpito, ma le autorit non si sentono nella veste del persecutore quando
applicano leggi e sanzioni; cf. G. Biguzzi, John on Patmos and the Persecution in the
Apocalypse, EstB 56 (1998) 201-202, nota 1.
31. Il verbo ajnapau/ein viene tradotto di solito con pazientare: cf. per esempio le traduzioni CEI 1975 e 1997: e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finch ecc., e la
traduzione della cosiddetta Bibbia di Gerusalemme: en leur disant de patienter encore
un peu. Tuttavia A. Feuillet, Les martyrs de lhumanit et lAgneau gorg. Une interprtation nouvelle de la prire des gorgs en Ap 6,9-11, NRTh 99 (1977), facendo presente
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i loro conservi e fratelli che come loro saranno uccisi (v. 11b). Lo stesso
problema e la stessa risposta sembrano riproporsi nella beatitudine di
14,13a che proclama beati i morti nel Signore, e nelloracolo profetico seguente che approva la beatitudine e la completa: S: [coloro che
muoiono nel Signore] riposino (ina anapah/sontai)32 dalle loro fatiche,
perch le loro opere li accompagnano (14,13b). Circa questo riposo
da dire che, poco prima, langelo annunciatore della caduta di Babilonia,
aveva annunciato lopposto per gli adoratori della Bestia: ... e mentre
nei secoli dei secoli sale il fumo del loro tormento, giorno e notte non
hanno riposo (oujk ecousin anapausin) coloro che ecc. (14,11). Alle
Chiese dAsia dunque, che si interrogavano sulla sorte di chi era stato
fedele fino al sangue, Giovanni rispondeva che le opere seguono oltre
la morte chi fedele a Dio e che per lui c una ricompensa di pace e
di riposo, mentre per quelli del campo avverso c tormento per i secoli
eterni, non riposo.
In altre parole, per i tempi lunghi Giovanni parlava di giudizio giusto
di Dio nei confronti dei persecutori, e di ricompensa per chi si conservava
fedele, ma per i tempi brevi affermava che ci sarebbero stati altri martiri,
e dunque che la persecuzione, nonostante tutti i suoi connotati negativi, non
ultimo il reale pericolo di apostasia, rientrava nel piano di Dio.
2. Dio debole nella storia e potente nellescatologia (Ap 816 e 1820)
In realt poi sette sconvolgimenti cosmici annunciano lira di Dio e sette
gruppi umani, presi dal panico, si rifugiano nelle caverne dei monti e gridano: giunto il giorno grande dellira di Dio e dellAgnello, e chi pu
resistere? (6,12-17). Lira annunciata si scatena nel ciclo delle trombe
e delle coppe. Sette angeli tibicini, facendo squillare uno dopo laltro la
propria tromba, rovesciano flagelli e catastrofi sul mondo dellidolatria dei
che il verbo ajnapau/ein non ha mai quel significato (p. 200), ha sostenuto che anche qui
gli si deve riconoscere il suo significato di riposare. Citando Sap 4,7 e Ap 14,13 (a cui
bisognerebbe aggiungere 4Esd 7,75-101 e la preghiera liturgica del Requiem aeternam), a
ragione lo stesso autore definisce poi il verbo ajnapau/ein come designazione tecnica della
condizione dei giusti dopo la morte (pp. 199-200).
32. Per la traduzione dellespressione retta da ina con un imperativo cf. H.G. Meecham,
The Imperatival Use of ina in the New Testament, ExpT 43 (1942) 180; e Bl. - Debr.,
3874 (Riposino essi!, 4562). In alternativa si potrebbe intendere la frase come causale: cf. Bl. - Debr., 4562 (ina equivarrebbe a uno oti causale. oti qui la varia
lectio di P47).
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giudizio quello delle due Bestie, artefici di unidolatria che scimmiottava il culto del vero Dio: sia la Bestia-dal-mare che la Bestia-dalla-terra
vengono sprofondate nello stagno di fuoco e zolfo che la morte seconda
(19,19-21). Il terzo giudizio quello del Drago (20,7-10), nemico implacabile del Messia (12,3-18), ispiratore delle due Bestie e della loro idolatria (13,2.4; cf. anche 16,13): anchesso viene sprofondato nello stagno
di fuoco e zolfo. Lultimo giudizio, dal valore universale e non limitato
al mondo dellidolatria e dellostilit anti-messianica, quello di Morte
e di Ade (20,11-15)35.
Giovanni ammette che, s, Dio nella storia debole. debole, per,
per scelta. debole perch vuole la conversione, cos che la sua debolezza
non deve essere interpretata come complicit. Se per il male non accetta
di convertirsi, Dio lo distrugger. Debole per scelta nella storia, Dio forte
nellescatologia, per inconciliabilit col male36.
Lescatologia qui risponde alle difficolt di teodicea che sorgono di
fronte alla persecuzione.
III. La Gerusalemme nuova e lepilogo: escatologia e preghiera
1. Lostensione della Gerusalemme nuova (Ap 2122)
Gli ultimi sei capitoli dellApocalisse sono il racconto di due ostensioni37.
Un primo angelo mostra a Giovanni Babilonia che dapprima presentata
come una procace prostituta (17,1-18) e poi come citt ridotta in macerie
(18,119,4). Un secondo angelo mostra a Giovanni invece la sposa dellAgnello che la Gerusalemme nuova discendente dal cielo (21,922,5)38.
La prima ostensione, come s visto, il primo in una serie di quattro
giudizi, mentre la seconda la radiosa conclusione di tutta lApocalisse
nella quale lautore osa descrivere lindescrivibile: la creazione nuova e la
beata eternit39.
35. Cf. Biguzzi, I settenari, 303-304.
36. Cf. Biguzzi, LApocalisse e i suoi enigmi, 246.
37. Cf. C.H. Giblin, Structural and Thematical Correlations in the Theology of Revelation
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G. BIGUZZI
and the New Jerusalem: The Visionary View of Political Reality in the Revelation of John,
in H. Reventlow et alii, Politics ant Theopolitics in the Bible and Postbiblical Literature,
Sheffield 1994, 200, ricordano come nellantichit non si potesse immaginare una citt senza
cinta muraria. Questo vero nonostante le riflessioni dellAteniese interlocutore di Clinia
nelle Leggi di Platone secondo cui una citt non deve avere mura affinch i cittadini siano
stimolati a continua vigilanza (779D-888D).
43. Cf. per esempio Prigent, Apocalypse, 673, che scrive: La formulation suppose une
enceinte dans laquelle les douze portes dlimitent douze portions de mur.
44. C chi si limita a dire che anche le trib del NT hanno il loro prototipo in cielo: cos
O. Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, in O. Bcher et alii (edd.), Kirche und
Bibel. FS E. Schick, Paderborn 1979, 31. C chi ricorda che in Ef 2,20, come qui, agli apostoli
attribuito il compito di essere fondamento: cf. per tutti Comblin, La liturgie de la nouvelle
Jrusalem, 14. Per Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 366, Giovanni invertirebbe provocatoriamente i ruoli, perch ci si aspetterebbe che attribuisca alle trib storiche
dIsraele il compito di essere fondamento e agli apostoli quello di essere porte dingresso al
Regno. Infine du Rand, The Imagery of the Heavenly Jerusalem, 82, fa notare che Giovanni
riconosce valore permanente alle due diverse epoche storiche: It does not dissolve the distinctions between the patriarchs and apostles, but shows that thus do not play the same role.
111
dire che la citt escatologica punto darrivo per la storia di tutto il popolo
di Dio nelle sue due componenti, quella pre-messianica delle trib e quella
messianica degli apostoli45. Il numero quattro con altrettanta evidenza il
numero del cosmo, dal momento che vengono elencati luno dopo laltro
i quattro punti cardinali, su ognuno dei quali sono disposte tre porte della
citt. La citt escatologica dunque riassunto, esito e meta non solo di tutta
la storia, ma anche di tutto il creato. il mondo nuovo, la nuova umanit e
la nuova creazione.
In secondo luogo, bisogna dare significato anche alle operazioni aritmetiche nelle quali Giovanni sembra voler coinvolgere il suo lettore, mentre gli
descrive porte e fondamenti della citt: la pi evidente la somma di 3 +
3 + 3 + 3 porte per un totale di dodici, ma le dodici porte coi dodici nomi
delle dodici trib e i dodici fondamenti con i dodici nomi dei dodici apostoli
danno vita a due equazioni che hanno in comune lo schema: 12 = 12 = 12.
Il popolo di Dio dunque avr nella citt escatologica la sua dimora perfetta: in
essa ogni trib o ogni Chiesa avranno il pieno diritto di cittadinanza, perch
sul loro numero basata tutta la sua architettura escatologica.
3. Misure perfette e preziosit della citt escatologica (Ap 21,15-21)
Dopo lostensione della citt, nel racconto di Giovanni viene la sua misurazione. Il v. 15 dice che linterlocutore di Giovanni aveva una canna mensoria
e che era sua intenzione o suo compito di misurare la citt, le mura e le porte.
Di fatto poi langelo misura la citt (v. 16) e le mura (v. 17), ma non le porte
che saranno per celebrate per la loro preziosit dopo che sar stata descritta la
straordinaria preziosit dei fondamenti, menzionati precedentemente in 21,14,
non nellannuncio della mensurazione (v. 15). Lo strumento mensorio esso
stesso preziosissimo perch doro (v. 15) e poi perch, anche se misura
duomo, pur sempre misura dangelo. In altre parole, anche se espressa
con numeri e parole umane perch il lettore possa capire, lunit di misura
pur sempre angelica, celeste, escatologica46. Le dimensioni della citt sono
45. Cos per esempio Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 21 ( die Einheit
des atl. und ntl. Gottesvolkes) e Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 365
( lebendige Gemeinschaft, aus der Vergangenheit wie aus der Zukunft in der Gegenwart
hineinreichend).
46. Giovanni sembra sentire linsufficienza del linguaggio umano a esprimere il mistero.
M. Topham, A Human Beings Measurement, which is an Angels, ExpT 100 (19881989) 217, ritiene sia rilevante il fatto che il numero 144 si ottiene sommando i valori
numerici delle lettere di BNY LHYM, che in ebraico significa figli di Dio.
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doto, con la sua ziqqurat ([Babilonia] una citt quadrata, e ogni lato misura 120 stadi ecc.
In mezzo al santuario una torre massiccia, lunga e larga uno stadio: su questa torre poggia
unaltra, e unaltra ancora su questa: complessivamente otto, Erodoto, 1,178, e 181): cos tra gli
altri H. Kraft, Die Offenbarung des Johannes (HzNT 16a), Tbingen 1974, 271 ( hier ist
gemeint die antike Stadt Babylon mit ihrer Zikkurat ecc.); du Rand, The Imagery of the
Heavenly Jerusalem, 77; Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367. Tuttavia
Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 22, obietta che il cubo di 21,16 non pu essere
assimilato n alle piramidi egizie n alle ziqqurat mesopotamiche. Numerosi commentatori
vedono nella forma cubica della Gerusalemme dellApocalisse un simbolo e unallusione al
(cubico) santo dei santi del tempio gerosolimitano: cos tra gli altri C. Deutsch, Transformation of Symbols: The New Jerusalem in Rv 21,1-22,5, ZNW 78 (1987) 113; du Rand, The
Imagery of the Heavenly Jerusalem, 77, 81 (The Babylon connection is combined with the
cubic shape of the holy of holies). Spesso si fa notare che la forma quadrata e la forma del dado
avevano per gli antichi valore di perfezione: cf. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367; O. Bcher, Die heilige Stadt im Vlkerkrieg. Wandlungen eines apokalyptischen
Schemas, in O. Betz et alii (edd.), Untersuchungen zu Josephus, dem antiken Judentum und
dem Neuen Testament. FS O Michel, Gttingen 1974, 75 (Der Wrfel gilt der Antike, hnlich
wie die Kugel, als Symbol der Vollkommenheit). Bcher cita poi H. Bietenhardt, che scrive:
Der Kubus ist wie das Quadrat ein Symbol der Vollkommenheit und Harmonie.
48. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367, nota 69, si sente costretto a fare
lipotesi che i 144 cubiti siano appunto la misura dello spessore del muro perimetrale dal momento che, secondo Ap 21,16, laltezza deve essere di 12.000 stadi, come larghezza e lunghezza.
49. Lenormit delle dimensioni induce i commentatori a proporre emendazioni testuali. M.
Del Alamo, Las medidas de la Jerusaln celeste (Ap 21,16), CuBb 3 (1946) 136-138,
propone di eliminare le migliaia in 12.000 e la menzione dellaltezza in Ap 21,16, richiamandosi ad analoghe omissioni di qualche commentatore antico (Apringio di Pax Julia, Beda,
Beato, Berengaudo); M. Topham, The Dimensions of the New Jerusalem, ExpT 100 (19881989) 417-419, propone anchegli di eliminare le migliaia, o di cambiare gli stadi in cubiti. Altri commentatori fanno confronti con distanze geografiche e valori a noi familiari
per rendere meglio lidea delle dimensioni spropositate. Cos, le porte avrebbero un diametro
di 250 piedi (e cio di oltre 76 metri) per E. Burrows, The Pearl in the Apocalypse, JTS 43
(1942) 178; per Del Alamo, Las medidas de la Jerusaln celeste (Ap 21,16), 138, ogni lato
della citt coprirebbe la distanza da Cadice a Londra, cos che la sua superficie supererebbe la
met dellEuropa. Ogni lato del perimetro urbano misurerebbe 2.400 km (stadio = 200 metri)
secondo Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 21; oppure 2.220 km (stadio = 185
metri) invece per Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 367. Il perimetro della
citt sarebbe pi che met della Francia, laltezza pi che 200 volte quella dellEverest, e la
superficie totale pi che met di quella degli Stati Uniti dAmerica, per Topham, The Dimensions of the New Jerusalem, 417. Saggiamente M. Wilcox, Tradition and Redaction
of Rev 21,9-22,5, in J. Lambrecht (ed.), LApocalypse johannique et lApocalyptique dans
le Nouveau Testament (BETL 53), Leuven 1980, 212, fa notare che non solo le proporzioni
della citt sono incredibili ma che anche la sua bellezza straordinaria, suggerendo in ultima
analisi di mettersi dalla prospettiva di un poeta, non da quella di un geometra.
113
50. I commentatori discutono sia sulle fonti cui lautore si sarebbe ispirato per i nomi delle
dodici pietre preziose (Is 54,11; Tob 13,16-17; Es 28,15-30 e 39,6-21 ecc.), sia soprattutto
per il loro ordine. Giovanni si sarebbe ispirato alla lista di Es 28,21 per Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, 27 (il quale giunge addirittura a fare gli abbinamenti tra
pietre preziose e trib, cf. 29, nota 47), e per R. Bergmeier, Jerusalem, du hochgebaute
Stadt, ZNW 75 (1984) 102. Ma lordine delle pietre preziose in Ap 21 non affatto quello
di Es 28: cf. Reader, The Twelve Jewels of Revelation 21,19-20, 435-448; J.A. Draper,
The Twelve Apostles as Foundation Stones of the Heavenly Jerusalem and the Foundation
of the Qumran Community, Neotestamentica 22 (1988) 43-44. Charles, Revelation, II,
fidandosi di unaffermazione di Athanasius Kircher (erudito tedesco, gesuita, 1680), ha
fatto scuola affermando che lordine delle pietre elencate in Ap 21,21 esattamente e polemicamente inverso a quello dellantica astrologia egizia. Ma gli argomenti di Kircher e di
Charles sono stati polverizzati da T.F. Glasson, The Order of Jewels in Revelation XXI,1920: A Theory Eliminated, JTS 26 (1975) 95-100. Anche dopo la stroncatura di Glasson, la
spiegazione anti-astrologica di Ap 21,19-20, riproposta per esempio da Caird, Revelation,
277; U. Jart, The Precious Stones in the Revelation of St. John xxi,18-21, STh 24 (1970)
163; Bcher, Zur Bedeutung der Edelsteine in Offb 21, 30; Georgi, Die Visionen von
himmlischen Jerusalem, 364-365. Hanno cercato altre strade invece J.A. Draper (pp. 4460), e soprattutto W.W. Reader, di cui cf. le equilibrate conclusioni a pp. 455-457.
51. Soprattutto i sostenitori della connessione con lo zodiaco sono convinti che Giovanni
attribuisca alle pietre preziose della Gerusalemme escatologica una funzione apotropaica:
per tutti cf. Bcher, Die heilige Stadt im Vlkerkrieg, 75 ( fr die Dmonen und ihre
Anhnger). Invece per Comblin, La liturgie de la nouvelle Jrusalem, 14-15, le pietre
devono soltanto dire lclat et la richesse de la ville. Georgi, Die Visionen von himmlischen Jerusalem, 354, testo e nota 11, constatando che le mura non sono mura di difesa
perch le loro porte sono sempre aperte, disposto a parlare di forza magica (magische
Kraft), a patto che si tratti di una forza che affascina e attrae, non che respinge (p. 363):
se infatti il diaspro gloria e splendore in Ap 21,11, allora lo deve essere, insieme con le
altre undici pietre preziose, anche nei vv. 19-21 (p. 363, nota 4).
114
G. BIGUZZI
sistendo ogni porta di una sola, massiccia, preziosissima perla. Anche qui
Giovanni invita a calcolare. Il calcolo che riguarda i fondamenti quello
semplicissimo della somma: 1 + 1 + 1 = 12, mentre una semplicissima
equivalenza riguarda sia i fondamenti, sia le porte: 1 fondamento o porta
= 1 pietra preziosa o perla massiccia, per dodici volte.
La manifesta volont di Giovanni di coinvolgere il lettore in calcoli
che rendono creativa la sua lettura52, dice limportanza che attribuisce a ci
che gli va descrivendo: limportanza dellescatologia, della sua angelica,
anzi divina, perfezione. Tutto nellescatologia simmetrico, perfetto e
preziosissimo. E il lettore deve essere inebriato da tanta armonia e dovizia.
Deve desiderare di essere cittadino di quella citt e deve dunque con tutte
le forze difendere la sua appartenenza al popolo delle dodici trib e dei
dodici apostoli, perch la citt perfetta e preziosa conquista, dono e meta
solo per chi a quel popolo appartiene e a quel popolo fedele.
4. I popoli nella Gerusalemme escatologica (Ap 21,22-27)
Il v. 21b che, menzionando la piazza53, tutta doro purissimo come cristallo
trasparente, ha limportante funzione di trasferire lo sguardo del lettore
dallesterno della citt al suo interno. La piazza infatti pensata non, come
in oriente, a ridosso della porta cittadina ma, ellenisticamente, allinterno
dellimpianto urbano54.
52. Cf. U. Vanni Il simbolismo dellApocalisse, in LApocalisse. Ermeneutica, esegesi
e teologia, Bologna 1988 (rist. 1998), 52, nota 53, per il 666 di 13,18; poi a p. 54, per il
144.000 come risultante della moltiplicazione 12 x 12 x 1.000 in Ap 14; e ancora a p.
54, nota 57, per la somma di 12.000 + 12.000 + 12.000 ecc. in Ap 7. Cf. anche Biguzzi,
LApocalisse e i suoi enigmi, 140-141.
53. Il termine greco plateia significa (luogo) largo, spazioso e designa solitamente la
strada, cos che nel nostro contesto dovrebbe essere tradotto con strada, secondo Comblin, La liturgie de la nouvelle Jrusalem, 15, nota 25; Thsing, Die Vision des Neuen
Jerusalem, 22; Caird, Revelation, 278. Per Georgi, Die Visionen von himmlischen
Jerusalem, 365, il termine parlerebbe bens dellampia via processionale analoga alla via
sacra della Babilonia di Nabucodonosor e delle citt romane, che poi nel cuore della citt si
allargherebbe per dare vita alla sua piazza centrale. La citt escatologica cui Giovanni d
forma in Ap 2122 ha per la tipica pianta detta ippodamea perch le sue vie partono dalle
tre porte di ogni lato andando ad incrociare ortogonalmente quelle che giungono dallaltro
asse, e tutte al centro si aprono per fare spazio alla grande piazza una vera e propria piazza
, e al suo giardino.
54. Cf. G. Biguzzi, Giovanni di Patmos e la cultura ellenistica, in E. Bosetti et alii (edd.),
LApocalisse all'inizio del terzo millennio. Bilancio e prospettive. Studi in onore di U. Vanni,
Assisi 2005.
115
Ora, dopo lingresso nella citt, senza che langelo mostri o misuri,
Giovanni vede o, meglio, guardando non-vede. Non vede alcun tempio,
e constata che nella citt escatologica sono superflui sole, luna, lampada.
Dio e lAgnello sono infatti sia tempio che luce. Dopo aver detto, in tal
modo, sia la sacralit (tempio) che la luminosit (lampada) della santa Gerusalemme, Giovanni parla poi di chi viene verso di essa dai quattro punti
cardinali e in essa entra attraverso le porte che mai vengono chiuse, perch
mai vi scende la notte (vv. 24-26). E parla di chi invece dalla citt viene
escluso: Non entrer in essa nulla dimpuro, n chi commette orrori e
falsit (v. 27). Anche altrove Giovanni insiste sullo sbarramento che viene
opposto allingresso di chiunque sia indegno della cittadinanza escatologica: Fuori i cani, gli operatori di magia, i pornoi, gli omicidi, gli idolatri, e
chiunque ama e pratica la menzogna (22,15; cf. anche 21,8 e 22,3a)55, ma
qui insiste molto di pi, e in chiave positiva, su chi ha accesso alla citt: i
popoli e i loro re56. Di essi poi dice soprattutto ci che portano alla citt:
portano la gloria e lonore dei popoli (vv. 24.26), dove gloria e onore
sembrano indicare le ricchezze che noi diremmo culturali57.
Se nellannuncio dellostensione e nellostensione stessa la Gerusalemme escatologica era presentata come dono di Dio ( discendente
dal cielo, da Dio) e come citt dalle misure perfette, dalle dimensioni
imponenti e dallineguagliabile preziosit, ora alla sua caratterizzazione si
aggiunge il contributo delluomo. I valori delle nazioni e delle loro civilt,
ovviamente illuminati e purificati dallannuncio evangelico, entrano nella
Gerusalemme escatologica come frutto, oramai perenne, del vangelo. Forse
proprio per questa dimensione prettamente umana di Ap 21,22-27 che
langelo, ostensore delle opere di Dio allindirizzo di Giovanni, ora non
menzionato: Giovanni di persona in grado di constatare e contemplare
55. Cf. anche Ap 21,8 secondo cui sono esclusi i vili, gli increduli, gli abietti, gli omicidi,
gli immorali, i maghi, gli idolatri e tutti i mentitori, e 22,3a dove detto che ogni maledizione esclusa.
56. Per designare i popoli Giovanni impiega il termine eqnh che nel linguaggio biblico designa i pagani. Colui che meglio esprime questo rovesciamento di sorti Wengst, Babylon
the Great and the New Jerusalem, 199, il quale fa osservare che nella stessa Apocalisse gli
eqnh erano fino a questo punto soltanto una massa perditionis. Wengst precisa poi che,
mentre di solito si intendono questi popoli in opposizione a Israele, in realt essi sono qui
in opposizione ai popoli su cui Babilonia dominava con il suo impero (13,7; 17,15).
57. La menzione di popoli, re e pi avanti dei servi di Dio dovrebbe rendere superflua linterpretazione antropologica degli spazi e delle strutture sostenuta soprattutto da R.H. Gundry, The New Jerusalem. People as Place, not Place for People, NT 29 (1987) 254-264,
ma anche da Thsing, Die Vision des Neuen Jerusalem, 24-27, i quali si richiamano
tra laltro ad Ap 3,2.
116
G. BIGUZZI
58. Bauckham, La teologia dellApocalisse, 168, parla del trono come del simbolo centrale
dellintero libro, e M. Hengel, Die Throngemeinschaft des Lammes mit Gott in der Johannesapokalypse, in 1900th Aniversary of St. Johns Apokalypse. Proceedings of the International and Interdisciplinary Symposium (Athens - Patmos, 17-26 September 1995), Athens
1999, 562, nota come il trono di Dio sia menzionato nellApocalisse quasi tre volte di pi
che in tutto il resto del NT. Cf. poi soprattutto R. Amici, Il governo giusto e provvidente
di Dio nellApocalisse (Ap 4-5), in G. Bortone (ed.), La Provvidenza divina. Approccio
pluridisciplinare, LAquila 2001, 289, che in riferimento ad Ap 4 e 22 scrive: LApocalisse
racchiusa () tutta dallimmagine del trono di Dio, e rimanda al titolo The Book of the
Throne, dato da G.W. West (1934) al suo commentario allApocalisse.
117
parole delloracolo iniziale deve venire sulle nubi (1,7). In Ap 22,16 infatti, mentre Ges sta dicendo: Io sono () lastro luminoso del mattino,
dimprovviso la voce del narratore lo interrompe per dire che lo Spirito e
la sposa invocano la sua venuta (v. 17a). Lo stesso narratore aggiunge poi
tre imperativi desortazione: il primo rivolto allascoltatore (v. 17b), il
secondo allassetato (v. 17c) e il terzo a chiunque ha desiderio (v. 17d):
Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!
E chi ascolta, dica: Vieni!
Chi ha sete, venga
Chi vuole, prenda gratuitamente lacqua della vita (22,17)
In tal modo Giovanni preme sullascoltatore perch, per affrettare la
venuta dello Sposo, ripeta la preghiera che gi sulle labbra di Spirito e
sposa. E poi fa pronunciare allo Sposo la pronta e consolante risposta: S,
vengo presto! (22,20). cos che Giovanni di Patmos porta i suoi interlocutori da una vigilanza escatologica forse allentata, alla sete delle ultime
realt e alla determinazione di conquistarle.
IV. Conclusione: Giovanni di Patmos maestro di escatologia
Lescatologia svolge in Apocalisse non una, ma molteplici funzioni. In Ap
13 sostiene linvito alle Chiese perch siano fedeli. In Ap 616 risponde
alle obiezioni sulla mancata giustizia di Dio nei confronti di chi per lui
giunto fino al versamento del sangue. In Ap 2022 alimenta lardente preghiera della Sposa che grida: Vieni, Signore Ges.
Lurgenza e limminenza escatologica di cui lApocalisse permeata,
ha dunque la sua ragione nel desiderio di Giovanni di dire alle Chiese che
il tempo del travaglio e della sofferenza breve e che la ricompensa non
solo supera ogni attesa e immaginazione, ma anche vicina. a portata di
mano, per cui impensabile che non si perseveri anche a costo del martirio. questa strategia retorica di Giovanni che aiuta a capire le frequenti
espressioni dellurgenza e imminenza escatologica: le cose che devono
presto accadere, il tempo vicino, ancora un piccolo tempo, tempo pi non ci sar, gli resta un piccolo tempo, Ecco viene, Ecco
vengo come un ladro, Ecco, vengo presto, S, vengo presto.
Per tutto questo, la ricchezza di dottrina escatologica dellApocalisse
non va cercata nella quantit dei dogmi contenuti o assenti, come vorrebbero M.-. Boismard e S. Bartina, perch ci che grande in Giovanni
118
G. BIGUZZI
IL LIBRO DI OSEA
SECONDO LA VERSIONE SIRIACA (PESHITTO)
M. Pazzini - R. Pierri
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M. PAZZINI - R. PIERRI
Bibliograa
The Bible Society (ed.), The New Testament in Syriac (titolo siriaco: dytyq dt dmrn yw
my), London 1905 (Vangeli) 1920 (Atti-Apocalisse). Le ristampe successive
riproducono ledizione completa del NT (1920).
Duval R., Trait de grammaire syriaque, Paris 1881.
Kiraz G.A., A Computer-Generated Concordance to the Syriac New Testament, Leiden
- New-York - Kln 1993.
Pusey Ph.E. - Gwilliam G.H., Tetraeuangelium Sanctum, juxta simplicem Syrorum versionem ad dem codicum, massorae, editionum denuo recognitum, Oxford 1901; seconda
edizione, con unintroduzione di A. Juckel, Gorgias Press (Piscataway-NJ) 2003.
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M. PAZZINI - R. PIERRI
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23
M. M. Morno
I. Introduzione
A molti lettori del trattato mishnico Pirq Abot (PA) e del Midrash Abot
deRabbi Natan (ARN)1, familiarizzando con queste avvincenti pagine,
sar talvolta capitato di sentirsi come davanti ad uno scrigno ricolmo di
preziosit di ogni tipo, diversicate e per materiale e per fattura o, secondo
limmagine della Navarro Peir, davanti a un cajn de sastre una cassa
1. Per il trattato di PA rimandiamo a Pirq Avot, secondo il testo stampato nella Mishnah cu-
rato da C. Albeck, Seder Neziqin, Jerusalem 1959, 347-388. Per ARN a S. Schechter, Aboth
de Rabbi Nathan. Hujus libri recensiones duas collatis cariis apud bibliothecas et publicas
et privatas codicibus edidit. Prooemium, notas, appendices, indicesque addidit, Vindobonae
MDCCCLXXXVII. Su PA si possono consultare le ricerche di J.J. Cohen, The Sayings of
the Fathers, Its Commentaries and Translations, Kiryat Sefer 40 (1964/5) 104-117; 277-285;
M. Cohen, Torah dans les Pirkey Abot, MSR 52 (1995) 322-332; L. Finkelstein, Introductory Study to Pirq Avot, JBL 57 (1938) 13-59; D. Flusser, Judaism and the Origins of
Christianity. Collected Essays, Jerusalem 1988; J. Goldin, The Three Pillars of Simeon the
Righteous, PAAJR 27 (1957) 43-58; J. Leibowitz, Sichot al Pirq Avot we-al ha-Ramban,
Tel Aviv 1979; S. Safrai, Teaching of Pietists in Mishnaic Literature, JJS 16 (1965) 15-33;
B.T. Viviano, Study as Worship. Aboth and the New Testament, Leiden 1978. Per quanto
riguarda commenti e traduzioni del trattato: V. Castiglioni, Trattato Aboth, in Mishnayot.
Ordine Quarto Nezikin, Roma 1962, 277-322; Y. Colombo, Pirq Abth. Morale dei maestri
ebrei, Assisi - Roma 1977; J. Goldin, The Living Talmud. The Wisdom of the Fathers and
Its Classical Commentaries selected and translated with an Essay by Judah Goldin, New
York 1957; R.T. Herford, The Ethics of the Talmud. Sayings of Fathers, Oxford 1925 (rist.
New York 1975); D. Lattes, Commento alle Massime dei Padri, Roma 1952; F. Manns, Il
trattato Abot, in Id., Leggere la Mishnah, Brescia 1987, 180-206; M.M. Morno, Siepe
alla sapienza il silenzio. La sobriet come caratteristica eistenziale dellascoltatore della
Parola di Dio nel trattato Pirq Abot e nel Midrash Abot De-Rabbi Natan, in F. Atzeni - T.
Cabizzosu (ed.), Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, Cagliari 1998, 477-544; A.A.
Piattelli, Sefer Pirq Avot. Massime dei Padri, Roma 1968; E. Smilvitch, Leons des Pres
du monde. Pirq Avot et Avot de Rabbi Nathan, Version A et B, Paris 1983; Commentaires
du Trait des Pres (Mose Mamonide, Rachi, Rabbnou Yona, le Maharal de Prague
et Rabbi Hayim de Volozyne), Paris 1990; C. Taylor, Sayings of the Jewish Fathers, I-II,
Cambridge 1877/1900. Per ulteriore e specica bibliograa rimando allaccurato studio di
M.B. Lerner, The Tractate Abot, in S. Safrai (ed.), The Literature of the Sages, First Part,
Assen/Maastricht Philadelphia 1987, 263-281 con labbondante e scelta bibliograa alle
pp. 275ss. Per quanto riguarda ARN, si deve ricordare che la versione A fu tradotta per la
LA 54 (2004) 141-234
142
M. M. MORFINO
143
lettore diventa familiare a massime sapienziali e morali, a narrazioni paraboliche e ad esempi, a racconti edicanti e aneddoti, a plastiche illustrazioni delle pi eminenti virt dellamico della parola di Dio, a riessioni di
carattere etico ed esortativo, a commenti scritturistici e con la stessa Bibbia
esplicitamente invocata come punto di partenza e insieme di arrivo delle argomentazioni esegetiche.
1. Gli assi tematici di PA e di ARN
Le idee che innervano PA e ARN4 sono quelle note a tutto il giudaismo rabbinico5. Soprattutto alcune di queste linee portanti paiono particolarmente
il 300 a.C., mentre secondo il Sefer ha-Qabbalah, scritto da Abraham Ibn Daud intorno al
1160-61, solo dopo il 70 d.C., con Jochanan ben Zakkai). I Tannaim si dividono solitamente in sei generazioni: I (10-80); II (80-120); III (120-139); IV (139-165); V (165-200); VI
(200-220). Il secondo periodo quello degli Amoraim (dalla radice amar, dire, commentare, interpretare): sono i commentatori e gli interpreti qualicati degli insegnamenti dei
Tannaim vissuti tra la redazione nale della Mishnah e la ne dellepoca talmudica (VI sec.
circa d.C.). Le loro interpretazioni, particolarmente in campo halakico, insieme alla Mishnah, costituirono il materiale primario per la formazione dei Talmudim. Si soliti dividere
gli Amoraim in otto generazioni: I (220-250); II (250-290); III (290-329); IV (329-350);
V (350-375); VI (375-425): VII (425-460); VIII (460-500). Segue poi lepoca dei Saboraim (dalla radice sabar, signicare, riettere, scrutare): sono i revisori del Talmud
Bably, portato a conclusione attraverso un lavoro redazionale di confronto di testi. Questi
lavorano tra il VI e linizio del VII sec. Il quarto periodo quello dei Geonim. Gaon sta
per rilievo e quindi, in modo traslato, per eccellenza/eminenza. Era il titolo che veniva
dato ai capi delle scuole rabbiniche di livello superiore nel primo medioevo, prima di tutto
in Babilonia e che riscuotevano enorme stima in tutta la diaspora nei secoli successivi alla
conquista araba. In un secondo momento, il titolo di Gaon venne dato a grandi studiosi in
genere. Quando si parla di periodo gaonico si vuole indicare quello che corre tra il settimo
e lundicesimo secolo della nostra era. Per la bibliograa rimando a Morno, Siepe alla
sapienza il silenzio, 510-511.
4. Per spiegare il rapporto esistente tra PA e ARN, S. Schechter seziona lopera in diverse
parti: i cc. 1-11 (B 1-23) e 12-18 (B 23-30) sono individuati come midrash del trattato
mishnico. I detti, in ARN, sono commentati in maniera assai dettagliata e supportati frequentemente da citazioni bibliche. I cc. 31-41 (B 36-48) possono leggersi come mishnah, visto
che i detti rabbinici vengono tramandati senza alcun commento. Come in PA, i cc. 31-41 (B
36-48) sono composti essenzialmente da massime di carattere numerico; tali detti citano PA
e insieme lo completano secondo lo stile della Tosefta. Non deve meravigliare la denizione
di ARN come Tosefta di PA o come barajta: il testo, infatti, cita in modo del tutto prevalente
Tannaim come fonti autoritative e lebraico usato nellesposizione lo stesso della Mishnah
e non invece laramaico della Gemara. Si vedano le pagine di D. Hoffmann, Die erste Mischna und die Controversen der Tannaim, Berlin 1882, 27; L. Zunz, Die gottesdienstlichen
Vortrge der Juden historisch entwickelt, Frankfurt 1892 (rist. Hildesheim 1966), 114 e C.
Albeck, Einfhrung in die Mischna, Berlin - New York 1971, 410.
5. Utili allargomento sono le ricerche di J.B. Agus, The Jewish Quest. Essays on Basic
144
M. M. MORFINO
Concepts of Jewish Theology, New York 1983; L. Baeck, Lessenza dellebraismo, Genova
1987; E. Berkovits, Man and God. Studies in Biblical Theology, Detroit 1969; J. Bonsirven,
Le Judasme palestinien au temps de Jsus-Christ. I: Sa thologie, Paris 1934; S.S. Cohon,
Essays in Jewish Theology, London 1973; K. Kohler, Jewish Theology. Systematically and
Historically Considered, New York 1968; P.N. Levinson, Einfhrung in die rabbinischen
Theologie, Darmstadt 1982; S. Schechter, Aspects of Rabbinic Theology, New York 1961;
G. Scholem, Concetti fondamentali dellebraismo, Genova 1986; P. Stefani, Il Nome e la
domanda. Dodici volti dellebraismo, Brescia 1988; E.E. Urbach, The Sages. Their Concepts and Beliefs, Jerusalem 1975; F. Weber, Jdische Theologie auf Grund des Talmuds und
verwandten Schriften, Leipzig 1897. Per la riessione strettamente Teo-logica il discorso
su Dio rimando agli studi di Y. Amir, Der jdische Eingottglaube als Stein des Anstoes
in der hellenistisch-rmischen Welt, Neukirchen 1987; H.J. Heschel, Luomo non solo,
Milano 1970, 17-175; P. Kuhn, Gottes Trauer und Klage in der rabbinischen berlieferung,
Leiden 1978; C. Thoma, Gott-Judentum, TRE 13 (1984) 626-645. Sullorigine e la denizione del giudaismo rabbinico si veda lo studio di Neusner, The Formation of Rabbinic
Judaism: Yavneh (Jamnia) from A.D. 70 to 100, ANRW II,19/2 (1979) 2-42.
6. Su altri dati di carattere introduttivo di ARN rimando a Morno, Siepe alla sapienza
il silenzio, 477-581.
7. Cf. ARN A 22,1.3.5; 25,1; 26,1; 27,5; 28,1; 29,6; 33,1; 37,7.9; 40,9.10; B 15,1; 18,1-3;
29,2; 32,1; 32,3; 33,1.3; 34,3; 35,4; 43,3.6; 46,2; 48,5.
8. Cf. PA 1,1; ARN A 1,4; B 1,3. Sui saggi di Israele resta sempre attuale la ponderosa
monograa di Urbach, The Sages.
9. Cf. ARN A 1,6-7; 2,1.3; 2,13-14; 3,1.4.6; 4,2; 6,1-2; 11,4-5; 12,15; 13,2; 14,1.3.6-7; 15,7;
16,11; 18,1-4; 22,2.5; 23,1; 24,3; 25,1.6-7; 27,8; 28,2; 29,6; 31,2; 34,12; 35,4; 36,4.10;
37,11-12.14; 40,5-6; 41,5.11; B 1,12; 3,1.4; 9,2; 11,1-5; 12,3; 14,3; 15,1; 18,3; 21,7; 22,1.5;
27,4.7; 29,1-2.8; 31,1.3; 32,3; 33,1-2; 35,3; 40,1-2.4-5; 42,8; 43,13; 45,11; 46,2-4; 48,6.
10. Cos indicata quella parte della popolazione che non conosceva ed adempiva completamente i precetti divini (soprattutto le prescrizioni connesse con lagricoltura e con la purit
rituale). Gente, insomma, priva di educazione religiosa e rabbinica. Si veda Bonsirven, Le
Judasme palestinien, 59ss e Urbach, The Sages, 584-588, 628, 632-639, 642, 644.
145
conoscenza della Torah senza vivere una profonda vita interiore11. Il discepolo o il maestro che gestisce la sua esistenza favorendo una dicotomia tra
fede e vita paragonato ad un falegname che non possiede gli attrezzi del
mestiere. Non un falegname12.
Tematica riccamente riessa in ARN lelogio della pazienza e dellumilt, virt davvero caratteristiche del Midrash, congiunte strettamente a
tutta quella serie di virt necessarie per lacquisizione della Torah13. Circa il
vocabolario impiegato dal midrashista ci sono alcune precisazioni da fare:
per indicare la pazienza viene usato il vocabolo inwetanut14, che per pu
indicare anche lumilt. Per indicare il vizio opposto limpazienza viene
usato il vocabolo qafdanut, che signica anche collera, irascibilit, impulso non dominato. Talvolta risulta difcile distinguere lintentio auctoris
riguardo le due virt, perch vengono usati in ambedue i casi una serie di
vocaboli legati alla medesima radice nh, che, tra laltro, il trilittero dal
quale deriva la terminologia che indica la povert e il povero15. Ci porta
a concludere che, verosimilmente, i termini sono usati come sinonimi e
che in tutti e due i casi vi sia da registrare un nesso con lessere povero.
Prototipo di pazienza Hillel16 e prototipo di impazienza il suo collega
Shammay17. Lumilt il distintivo dei discepoli di Abramo18 e lumile degli umili Mos19. Ecco perch ai discepoli imperativamente chiesta pazienza umile e umilt paziente20. Certamente lumilt superiore a tutto21.
Spazio considerevole nelle sentenze di ARN dato anche alla dottrina
delle due inclinazioni nella persona umana: jezer tob linclinazione buona
11. La Torah non si trova n negli orgogliosi, n negli arroganti, n in chi girovaga senza
meta (cf. bErubim 55a). Hillel, scultoreamente, parlando del maestro, insegna: Un uomo
in preda alle passioni non pu essere maestro, perch la sapienza non entra in unanima che
opera il male, n abita in un corpo schiavo del peccato (Sap 1,4): PA 2,5.
12. Cf. Esodo Rabbah 40,1 e bShabbat 31b.
13. Cf. C.G. Monteore - H. Loewe, A Rabbinic Anthology, New York 1974, 470ss.
14. Per indicare la pazienza di Dio si ricorre al vocabolario biblico: erek appayim.
15. Cf. le sentenze di ARN A 7,4; B 14,3.
16. Si veda la serie di detti in ARN A 15 e B 29. Per la personalit e lopera di Hillel rimando a Urbach, The Sages, 576-593. Sullonomastica rabbinica rimando ai lavori classici di W.
Bacher, Die Agada der Tannaiten, I, Straburg 1903; II, 1890 (rist. Berlin 1965); Die Agada
der palstinischen Amorer, 3 voll., Straburg 1892-1905 (rist. Hildesheim 1965).
17. Cf. ARN A 15,5 e B 29,6-7.
18. Cf. ARN B 45,2.
19. Cf. ARN A 23,1 e 9,5.
20. Cf. ARN B 24,2; 34,2 e 33,4.
21. BAvoda Zara 20b.
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M. M. MORFINO
34,5. Dellinclinazione al bene: A 14,4; 16,3; 32,2; B 16,3; 29,3. Dellinclinazione al male:
A 3,2; 14,4; 16,1.3.8-10; 20,1; 32,2; B 4,3; 13,1; 16,3; 26,1; 29,3; 30,1; 33,2; 34,2; 42,4.
Per questo concetto rabbinico si veda R.E. Murphy, Rabbinic Judaism and the Problem of
Evil, SJT 29 (1976) 461-476; F. Porter, The Yeer Hara. A Study in the Jewish Doctrine of
Sin, Jerusalem 1902; Schechter, Aspects of Rabbinic Theology, 242ss; Urbach, The Sages,
471-483. Per contestualizzare il concetto dellinclinazione al male utile vedere J. Blank
- J. Werbick (ed.), Shne und Vershnung, Dsseldorf 1986 e A. Bchler, Studies in Sin and
Atonement, London 1928.
23. Cf. ARN A 16,8. Si veda anche ARN B 30,1; Sanhedrin 91b; Genesi Rabbah 34,10;
Midrash Tehillim 9,5.
24. Cf. ARN A e B 16,3.
25. Cf. ARN B 42,4. E questa inclinazione la trova sempre propellente per andare avanti:
Lo jezer ra rinnova le proprie forze ogni giorno: bQiddushin 30b.
26. Fino a questa et il ragazzo considerato moralmente e giuridicamente non responsabile
dei suoi gesti. interessante notare come tale irresponsabilit corrisponde alla trasgressione
del quarto, del sesto e del settimo comandamento (cf. Es 20,2-17). Ci indica in quali ambiti
maggiore lirresponsablit e perch, proprio in tale momento della vita, nasce e si rafforza
linclinazione al bene.
27. I duecentoquarantotto organi corrispondono al numero totale degli organi del corpo:
Nedarim 32b. Tutta la persona, nella sua interezza, assediata dal male. Limpegno eticoascetico della vita, in tale visione antropologica, paragonato ad una strenua lotta, ad un
lavoro di riconquista e di liberazione per strappare da questa morsa dellinclinazione al male
lintero essere. Si tratta di unautentica rivoluzione copernicana che ribalta lintera persona
e le permette di rinascere.
28. Cf. ARN A e B 16,3. detto che linclinazione al male di tredici anni maggiore dellinclinazione al bene. Fin dal seno materno linclinazione al male comincia a svilupparsi
e accompagna luomo [n dalla sua nascita]. Si inizia a profanare i sabati e nulla lo pu
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M. M. MORFINO
Lesempio che viene indicato alluomo Dio stesso che si impegna nel
lavoro della creazione36.
Vero asse tematico nella riessione di ARN la necessit delle opere
di misericordia gemilut chasadim , il porre in atto il bene, il compiere
il comando della Torah37. Nel proseguo della ricerca avremo modo di presentare pi da vicino alcuni particolari testi che enucleano questo tratto del
Midrash, mentre ora tenteremo solo qualche puntualizzazione s da focalizzare il concetto38. Pare emergere, innanzitutto, un sentire che accomuna le
sentenze in questione: lassenza delle opere, del fare, invalida la conoscenza, anche esaustiva, che si pu avere della Scrittura e della Tradizione39.
Da qui lassioma che f il saggio: Parla poco e fai molto!40. Importanza
particolare rivestono le buone opere anche riguardo al merito: non solo
fan conseguire la salvezza nel mondo futuro41 ma queste a differenza di
quanto per la non ereditabilit della conoscenza della Torah42 possono
essere trasferibili di generazione in generazione43. anche se resta saldo il
principio che nel mondo futuro ognuno potr prendervi parte solo a partire
dal proprio personale coinvolgimento44.
36. Cf. ARN B 21,2. Cf. A. Altman, The Rabbinic Doctrine of Creation, JJS 7 (1956)
270-329.
37. Si vedano le ricerche di J. Alonso Daz, Las buenas obras (o la justicia) dentro de
la estructura de los principales telas de la teologia bblica, EE 52 (1977) 445-486.
38. Si veda su tale argomento M.M. Morno, Leggere la Bibbia con la vita. La lettura esistenziale della Parola: un aspetto comune allermeneutica rabbinica e patristica, Magnano
1990, la prima parte e Id., Siepe alla sapienza il silenzio, 500ss.
39. Cf. ARN A 22,1-3; 24,1 e B 32,1; 34,3.
40. Espressione cara sia ai PA 1,15 che ad ARN A 13,1.3 e B 23,1.3.
41. Cf. ARN B 22,3.
42. Nella riessione posteriore, a partire dal commento alla Mishnah di Moshe ben Maimonide (Introduzione a Sanhedrin 10), la Torah posta tra i Iqqarim i fondamenti, i
princpi irrinunciabili della fede ebraica. La Torah la massima delle profezie, il suo
carattere rivelato e sacra la sua immutabilit. Il primo dei Iqqarim , evidentemente, Dio
(la sua esistenza, lunicit, lincorporeit, leternit, il diritto di essere onorato); poi lUomo
(la conoscenza che Dio ha delle azioni umane, la sua ricompensa o la sua punizione); let
messianica, la risurrezione. In seguito, Josef Albo, Averro, Menachem ben Shelomoh haMeiri, Jehudah Arje da Modena, I.A. Francolm hanno ripensato e riscritto variamente la
dottrina, lordine e gli stessi elementi dei Iqqarim. Sullargomento si pu vedere L. Jacobs,
Principles of the Jewish Faith, London 1964.
43. Cf. ARN A 17,1.3; B 30,2 e PA 2,12.
44. Chiarica questo concetto il detto di Eliezer di Modin di PA 3,11 e amplicato, con
importanti varianti, in ARN A 26,4 e B 35,6: Colui che profana le cose sante, colui che
disprezza i giorni festivi, colui che umilia il suo prossimo pubblicamente, colui che rompe
lalleanza di Abramo nostro padre, colui che scopre nella Torah interpretazioni che non son
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Israel. Its Life and Culture, London - Copenhagen 1926: I, 378-410; II, 411-452; P. Sacchi,
Retribuzione e Giudizio fra ebraismo e cristianesimo, RSLR 9 (1973) 407-420; Urbach,
The Sages, 483-511; F. Weber, Jdische Theologie auf Grund des Talmud und verwandter
Schriften, Leipzig 1934, 177-312.
56. Sul sakar, sui castighi, sui luoghi del castigo cf. PA 2,15-16; 4,15; ARN A 2,2; 8,3-4;
9,4.6; 12,15; 16,11; 18,2; 25,3.10; 26,2; 27,4.6; 40,1; e B 9,2; 15,1; 16,2; 27,7; 33,3-4;
35,3-4; 38; 40,2; 41; 42,8; 44,4.
57. Cf. il detto di R. Tarfon in PA 2,15-16 con le interessanti esemplicazioni di ARN A
27,6 e B 35,4. Si veda anche ARN A 8,3-4 e B 15,1; 33,4.
58. ARN A 27,4.
59. Cf. ARN A 25,10 e B 33,3.
60. Cf. ARN A 26,2 e B 35,3.
61. Cf. ARN A 2,2. La morte della donna nel parto viene legata dal nostro testo a tre cause:
il non aver ottemperato le norme della purit mestruale; le regole dellofferta della challah;
le regole dellaccensione della lampada nel giorno di Sabato: ARN B 9,2 e 42,8.
62. Tranne che in ARN A 40,1 e B 44,4.
63. Cf. A. Marmorstein, The Doctrine of Merits in the Old Rabbinical Literature and The
Old Rabbinic Doctrine of God. I: The Names and Attributes of God; II: Essays in Anthropomorphism, Oxford - London 1927.
64. Cf. Midrash Tehillim Sal 106,44. Cf. M. Kaduschin, Aspects of the Rabbinic Concept
of Israel, HUCA 19 (1945-46) 57-96.
65. Yoma 38b. da questo concetto che nasce la certezza della presenza dei Lamed-waw
151
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M. M. MORFINO
riportato per bocca di Rabban Gamaliel in ARN A 28,4, dove non si eccede nella condanna
della malkut, ma la visione abbastanza peggiorativa, visto che questo imperio si mantiene
solo sulle imposte e sui giochi!
77. In B 31,4 che riprende un insegnamento di Rabbi Hananya chiamato qui Nechunya
di PA 3,2: Prega per il benessere del governo malkut , poich se non fosse per il
timore che ispira, gli uomini si divorerebbero vicendevolmente. La versione A ignora del
tutto questa sfumatura positiva.
78. Si vedano i testi di ARN A 11,1 e B 21,1 che commentano il testo di PA 1,10: Non
cercare relazioni con chi governa (reshut). Cf. anche A 11,4; 39,3 e B 22,4; 44,4.
79. Cf. ARN A 11,1 e B 21,1 che fanno propria la sentenza di PA 1,10: Odia il potere,
anche se nellesemplicazione della sentenza di R. Shemaya, il midrashista cerca di aggiustare il tiro, addolcendo la crudezza dellespressione introduttoria: A 11,3 e B 22,1. Si veda
anche A 13,3.
80. Precisamente in B 20,1 e 32,3.
81. Il presidente del Sinedrio. Si veda a questo proposito il testo di ARN A 10,3 che pare
illuminare il nostro testo. Per la gura del Nasi rimando a L.I. Levine, The Jewish Patriarch
(Nasi) in the Third Century Palestine, ARNW II, 19/2 (1979) 649-688.
153
Altra idea della riessione portata avanti in ARN a partire dalla Scrittura la povert e i poveri82: realt non viste positivamente in s anzi presentate come castigo83 ma con la positiva conseguenza di poter esercitare
la carit verso coloro che sono nel bisogno, ci che risulta essere un vero
obbligo84. Negare un pezzo di pane al povero attira su di s maledizioni
senza ne85, mentre loffrirlo fonte di ogni benedizione 86. La povert,
tuttavia, non pu essere addotta come scusa per non studiare la Torah87, n
per avere un particolare occhio di riguardo nei contenziosi in tribunale88.
Ultimo nucleo tematico quello del pentimento e dellespiazione, che
in ARN presenta alcune sfumature degne di nota89. I detti-chiave appaiono
sulla bocca di alcuni maestri che spingono a pentirsi il giorno prima della
propria morte e, anzi, a mantenere giornalmente vivo il ricordo della morte
82. Nel periodo talmudico sorsero delle istituzioni comunitarie che si incaricavano di racco-
gliere e ridistribuire fondi per i poveri e il contributo veniva richiesto a tutti i membri della
comunit. I fondi per la carit kuppah erano destinati essenzialmente per il nutrimento
e labbigliamento, mentre il tachui minestra popolare era istituito per lassistenza ai
poveri di passaggio. Esistevano anche dei fondi per il seppellimento, gestiti dalla Chavrah
qaddisha, una Confraternita santa. Cos pure non mancava la hakhnasat kallah unassociazione per le danzate che pensava a distribuire doti per le giovani meno abbienti.
Cf. Pauvre et Pauvret, in G. Wigoder, Dictionnaire encyclopdique du Judasme, Paris
1993, 854-856 e E. Munk, La justice social en Isral, Neuchtel 1948.
83. Cf. ARN B 14,3.
84. Cf. PA 1,15 esemplicato in ARN A 7,1 e B 14,1. Luminoso esempio resta Abramo che
non se ne stava in casa aspettando il povero ma che usciva per incontrarlo: A 7,2-3 e B 14,2.
Tale obbligo di una concretezza inappellabile, s da indicare le eventuali preferenze per
coloro che devono essere soccorsi e per evitare eventuali situazioni di disimpegno: Tra i
poveri della tua famiglia e quelli della tua citt, dai la precedenza ai primi. Tra quelli della
tua citt e quelli di unaltra citt, dai la precedenza a quelli della tua citt: bBaba Mezia
71a.
85. Il Talmud Bably colloca la disattenzione al povero nella sfera dellidolatria: colui il
quale distoglie lo sguardo dai poveri come se si consegnasse allidolatria: bBaba Batra
10a.
86. Cf. ARN B 14,4.
87. Cf. ARN A 3,4 e B 12,3.
88. Cf. ARN A 10,3 e B 20,2.
89. Si veda a tal proposito Urbach, The Sages, 649-690 (con la bibliograa alle pp. 19341935) e Id., Redemption and Repentance in Talmudic Judaism, in J.Z. Werblowsky (ed.),
Types of Redeption, Leiden 1970, 190-206; A. Mello, Ritorna, Israele! La conversione
nellinterpretazione rabbinica, Roma 1985; utili anche le pagine di L.H. Silbermann, A
Theological Treatise on Forgiveness: Chapter Twenty-Three of Pesiqta de rav Kahana, in
J.J. Petuchowski - E. Fletscher (ed.), Studies in Aggadah, Targum and Jewish Liturgy in
memory of J. Heinemann, Jerusalem 1972, 95-107.
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der Vernunft aus den Quellen des Judentums, Leipzig 1918, 254-277; K. Hruby, Le Yom
ha-Kippurim, ou jour de lExpiation, LOrient Syrien 10 (1965) 41-74; 161-192; 413-442;
J.J. Petuchowski, Le feste del Signore, Napoli 1987, 93-112.
92. Cf. ARN A 30,2 e 39,3.
93. Cf. ARN A 4,6 e B 8,3.
94. Cf. ARB B 27,2.
95. Cf. ARN A 9,2 e 39,1. Anche se Dio non chiede alluomo nulla di pi di ci che pu
realmente fare: Un glio di re era lontano da suo padre cento giorni di cammino. I suoi
amici gli dicevano: Ritorna da tuo padre! Ma egli rispondeva: Non ce la faccio. Allora suo
padre gli fece avere questo messaggio: Cammina quanto puoi, secondo le tue forze e io ti
verr incontro per il resto della strada. Cos disse il Santo sia benedetto : Ritornate a me
e io ritorner a voi (Ml 3,7): Pesiqta Rabbati 44.
96. Cf. ARN A 39,3 e B 35,3.
97. Cf. ARN A 39,1 e B 32,5.
98. Cf. ARN A 29,5.
99. Per largomento rimando alle ricerche di J. Goody - I. Watt, The Consequences of Literacy, in J. Goody (ed.), Literacy in Traditional Societies, Cambridge 1968, 27-68; W.M.W.
Roth, Numerical Sayings in the Old Testament. A Form-Critical Study, Leiden 1965; A.J.
Saldarini, The Enumeration Sayings, in Id., Scholastic Rabbinism, 109-119; W.S. Towner, The Rabbinic Enumeration of Scrptural Examples. A Study of a Rabbinic Pattern of
Discourse with special Reference to Mekhilta DR. Ishmael, Leiden 1973.
155
edizioni del Talmud, stampato per la prima volta nel 1550 insieme ad altri trattati minori da
M.A. Justiniani alla ne del Seder Naziquin. S. Schechter lha riprodotta apportando delle
correzioni a partire dal manoscritto Oxford (Neubauer 408), da quello Epstein del 1509 e
da alcune citazioni medievali. La versone B, di quarantotto capitoli (ricavata dal Codice di
Monaco 222), stata edita in parte gi da S. Taussig, Neweh Schalom, I, Mnchen 1872.
Schechter, da parte sua, edit il manoscritto di Roma (Ass. 303) ma servendosi anche del
manoscritto Parma de Rossi 327, del manoscritto Halberstam della Boedleiana (Oxford
Neubauer 2635) e di altre citazioni medievali: Abot de Rabbi Natan, Wien 1887. Leditio
possiede una Introduzione, Note e Appendici ed stata corretta e ristampata a Hildesheim
nel 1979.
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entrano nel corpo cos come sono: B 48,4. Tre sono le fonti che vi sono
nel mondo: B 48,4. Dieci sono le parti di creature nel mondo; dieci parti di stregoneria; dieci di prostituzione; dieci di bellezza; dieci di castigo;
dieci di necessit; dieci di povert; dieci di eroicit; dieci di saggezza;
dieci di ipocrisia e dieci di Torah: B 48,5.
Tra tutte queste enumerazioni, una ventina tratteggiano con vivaci
pennellate la tipologia maestro-alunno o saggio-discepolo. Su alcune di
queste tipologie desideriamo soffermarci in questo contributo101.
101. Per largomento sia per lambito strettamente rabbinico che per le sue connessio-
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II. Testi
1. Le quarantotto condizioni per accedere alla Torah
Nel capitolo Qinyan Torah del PA Acquisizione della Torah102 ci
tramandato un testo che, mettendo a confronto Torah, Regno e Sacerdozio, pone la Torah al primo posto, enumerando i quarantotto gradini che
introducono in essa. Viene cos stilata una tipologia di altissimo prolo del
frequentatore della parola di Dio:
Grande la Torah, pi del sacerdozio103 e pi del regno104. Perch al
regno si accede mediante trenta gradini e al sacerdozio mediante ventiquattro105, ma la Torah non si acquista a meno di quarantotto condizioni: con
lo studio, con lascolto dellorecchio, con la ripetizione delle labbra106, con
lintelligenza del cuore107, con la conoscenza del cuore, con timore e rispetto,
con umilt, con gioia, col servire i sapienti, con la critica dei compagni108,
102. PA 6,6. Dallincipit della prima mishnah di questo sesto capitolo del PA I saggi
hanno insegnato nella lingua della Mishnah [ci che segue] comprendiamo di trovarci
davanti ad una barajta aggiunta in un secondo tempo al PA. Altro titolo di questa aggiunta
del materiale esterno alle tradizioni dei Padri, come testimoniato in Maimonide e in Rashi,
Capitolo di Rabbi Meir. Tra gli autorevoli commenti di PA e ARN ricordiamo: S. Ben
Zemach Duran, Magen Avot (Scudo dei Padri), Livorno 1763 (riedito: Jerusalem 1961);
R.M. Ben Maimon, Massekhet Avot, (ed. M.R. Rabinowitz), Jerusalem 1949 (pi volte ristampato); R.M. Ben Shelomo Ha-Meiri, Bet ha bechir (Casa di elezione), (ed. B.Z. Prag),
Jerusalem 1964; R.J. Nachmias, Perush Pirq Avot, (ed. M.L. Bamberger), Berlin 1907; S.
Hurwitz (ed.), Machzor Vitry (Rituale di Vitry), Nrnberg 1923, 461-564. R.M.S. Kasher
- J.J. Belkrowitz (ed.), Perush Rabbenu mi-Gherondi al Massekhet Avot, Jerusalem 1969.
A. Mello traduce in italiano diversi passi (oltre PA e ARN A e B) dei succitati commenti nel
suo volume Detti di Rabbini, Magnano 1993; citando gli scritti rabbinici dei sopraelencati
autori ci rifaremo a questa traduzione.
103. Indicazioni importanti sulla polemica tra chakamim e cohanim si possono trovare in R.
Kimelmann, The Conict between the Priestly Oligarchy and the Sages in the Talmudic
Period, Zion 48 (1983) 135-148.
104. Cf. M. Stern, Aspects of Jewish Society: The Priesthood and other Classes, in Safrai
- Stern (ed.), The Jewish People in the First Century, vol. II, Assen/Maastricht Philadelphia 1976, 561-630.
105. Indicazioni numeriche midrashicamente dedotte da Dt 17,15; 1Sam 8,11ss per la regalit e Lv 21,1-20 per il sacerdozio.
106. Caratteristica rabbinica nellapprendimento della Torah proprio la ripetizione: la materia veniva ripetuta almeno quattro volte o tutte quelle volte che appariva necessario per la
comprensione dei discepoli, addirittura no ad ottocento volte: bErubim 54b.
107. Oppure Con lintenzione del cuore.
108. Oppure Con la discussione serrata con i compagni.
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bocca dei discepoli: Ci che un discepolo provato insegner davanti al suo maestro, anche
questo Torah di Mos dal Sinai. Cf. B.J. Bamberger, Revelation of Torah After Sinai,
HUCA 16 (1941) 97-114.
110. Alcune altre versioni qui aggiungono Con la purezza.
111. Alcune versioni aggiungono: Amando lequit.
112. Oppure Pacicando il suo cuore con lo studio.
113. Cf. pShekalim 2,7,47a e Eduyyot 1,5,6. Citare una parola in nome di chi lha detta
signica restare dentro la tradizione: da qui nasce la possibilit di redenzione del mondo.
Cf. G. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, Roma 1995, 84ss.
114. Cf. Megillah 15a; Chullin 104b; Niddah 19b.
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163
mettono in pratica, sia in questo mondo che nel mondo a venire. Come detto: [I precetti
della Torah] sono vita per chi li trova e salute per tutto il suo corpo (Pr 4,22). E aggiunge:
Guarigione per il tuo ombelico, midollo per le tue ossa (Pr 3,8). E si dice pure: Essa
un albero di vita per quanti vi si attengono. Chi si appoggia ad essa beato (Pr 3,18). E
anche: Saranno una ghirlanda graziosa sul tuo capo, e collane intorno alla tua gola (Pr
1,9). E similmente: Porr sul tuo capo una ghirlanda graziosa, ti cinger con un diadema
di gloria (Pr 4,9). E aggiunge: Lunghezza di giorni alla sua destra, alla sua sinistra ricchezza e gloria (Pr 3,16). E ancora: Perch ti aggiungeranno lunghi giorni, anni di vita e
di pace (Pr 3,2).
122. Cf. TPea 3,8; Mekilta de-R. Ishmael, Bachodesh 5; Sifre Numeri 141; Sifre Deuteronomio 41 e 48; Sifra 96, 43b; Levitico Rabbah 22,10; 34,8; bBerakot 9b; bShabbat
30b; Chullin 109b; Seder Elyahu Rabbah 27; bYoma 72b; bNedarim 62a; bPesachim 8b.
Cf. Urbach, The Sages, 390-392, 404, 688, 691, 1004.
123. Le parole della Torah danno luce alluomo che si occupa di esse e chiunque non si
occupa di esse le ignora e vacilla. Si pu fare questo paragone: quando un uomo al buio e
si mette a camminare, trova una pietra e vi inciampa, incontra una fogna e vi casca dentro,
sbattendo la faccia per terra. Perch? Perch non ha una lampada in mano. Cos lignorante
che non possiede parole della Torah. Trova ostacoli, vi inciampa e muore. Per il fatto che
non conosce la Torah va e pecca. Come detto: La via degli empi nelle tenebre; non sanno
in che cosa incespicano (Pr 4,19). Quelli invece che si occupano nella Torah, han luce dappertutto. come chi cammina nelle tenebre ma ha una lampada nella mano. Vede una pietra
e non vi inciampa, vede una fogna e non vi cade dentro perch ha una lampada in mano,
come detto: La tua parola lampada al mio piede, luce sul mio sentiero (Sal 119,105):
Esodo Rabbah 26,95c. Utile vedere anche la ricerca di S. Aalen, Die Begriffe Licht und
Finsternis in Alten Testament, in Sptjudentum und im Rabbinismus, Oslo 1951.
124. Cf. Sifre Bamidbar 6,25; Deuteronomio Rabbah 7,3; Esodo Rabbah 36,3; Baba Batra 4a.
125. Cf. Deuteronomio Rabbah 7,3.
126. Cf. PA 6,7; Deuteronomio Rabbah 7,3; Sifre Bamidbar 10,8; Sifre Levitico 18,5; Sanhedrin 74a; Abodah Zarah 27b; TSotah 7,11.
127. Cf. Cantico Rabbah 4,30; Genesi Rabbah 64,8; Baba Qamma 17a.
128. Cf. Sifre Deuteronomio 11,22.
129. Ibidem.
130. YHWH la presenta ad Israele sotto la duplice immagine del pane e della verga: se
Israele non si nutre del primo, verr colpito dalla seconda: Genesi Rabbah 70,5; Chagiga
14a; Qohelet Rabbah 2,26; Sifre Deuteronomio 11,12.
164
M. M. MORFINO
48,6.
132. Cf. Sifre Bamidbar 6,26; Deuteronomio Rabbah 8,6; Erubim 54a; Baba Mezia 59b.
133. Cf. Sal 1,1-2.
134. Da Abodah Zarah 18b veniamo a conoscere che costui venne messo a morte dai Ro-
mani dopo la seconda rivolta giudaica per aver insegnato la Torah in pubblico. Sua moglie
sub la medesima pena.
135. ARN B 34,1 e PA 3,2.
136. O in fretta, visto che necessario sempre attendere il periodo della tosatura.
137. E le grossolanit, aggiunge un detto parallelo in ARN A 28,5.
138. t shwnh bhn wmshlsh bhn: dove si vuole enfatizzare la ripetizione costante della Torah
da apprendere.
139. Come Mos ha il volto splendente per lincontro con il mondo divino (Es 34,29-35),
cos coloro che studiano la Torah sono fatti da essa luminosi. Si veda il caso di Eliezer ben
Hyrkanos in ARN B 13,4. Cf. anche Pirk deRabbi Eliezer 2,2 e 50,1.
165
Signore limpido, illumina gli occhi (Sal 19,9). Ma se uno resta inattivo
rispetto ad esse, queste son facili da perdersi, come vasi di cristallo, secondo quanto detto: Non la eguaglia n loro n il vetro (Gb 28,17)140. E
ancora, per bocca di R. Elisha ben Abuyah141, a proposito di urgenza nello
studio della Torah, detto: Quando si studia la Torah nella fanciullezza,
le parole della Torah sono assorbite dal sangue e salgono alla bocca con
chiarezza. Quando si studia la Torah nella vecchiaia, le parole della Torah
non vengono assorbite dal sangue e non salgono alla bocca con chiarezza.
Cos il proverbio dice: Se tu in giovent non lo hai desiderato, come potrai
farlo nella tua vecchiaia? (Sir 25,3). E soleva dire: Come i vasi doro, cos
le parole della Torah son difcili da acquistare e come i vasi di cristallo
che son facili da perdersi142, come detto: Non la eguagliano n loro n
il cristallo, n si permuta con vasi di oro puro. Si confronta loro con il
cristallo: senza dubbio, un vaso doro, dopo che stato rotto pu essere
riaggiustato, mentre il vaso di cristallo non pu essere ricomposto, quando
si rompe e non lo si pu riportare al suo stato originale. Ma come spiegare: N si permuta con vasi di oro puro? Questo insegna che colui che si
affatica in esse [le parole della Torah] e le compie, il suo volto brilla come
loro no. Ma chiunque vi fatica in esse e non le compie, il suo volto si
oscura come il vetro143.
molto interessante notare come il detto di PA 1,2, citato nellintroduzione e attribuito a Shimeon il Giusto, presenti come pilastri su cui il
mondo si regge proprio lo studio della Torah e il compimento delle buone
opere: quando linteresse amoroso, diligente nel senso etimologico del
termine per la parola di Dio sfocia in uno stile di vita con-sonante con
140. ARN B 31,2.
141. Maestro di R. Meir. Chiamato spesso Acher, Altro, perch dopo la sua apostasia si
evitava anche di nominarlo. Secondo la tradizione, dopo la sua entrata nel pardes, vale
a dire nella speculazione mistica che il giudaismo ritiene molto pericolosa per colui che
non sia davvero sapiente e saldo (cf. Chagiga 14b) abbandon il giudaismo rabbinico per
passare al dualismo gnostico. Il Talmud considera leresia di Eleazar abominevole, visto che
mina alla radice il monoteismo biblico. Secondo Chagiga 15a, per tale eresia non ci sarebbe
perdono. Cf. A. Bchler, Die Erlsung Elisa b. Abujahs aus dem Hllenfeuer, MGWJ
76 (1932) 412-456; G. Stroumsa, Aher. A Gnostic, in B. Layton (ed.), The Rediscovery
of Gnosticism, II, Leiden 1981, 808-818; H. Yalon, Acher in Talmudisch-Hebrischen,
MGWJ 79 (1935) 239-240 e Urbach, The Sages, 465-466. Cf. anche PA 4,20 e ARN A 22
dove sono riportati alcuni suoi detti.
142. In Rut Rabbah 6,4 viene riportato un detto di Aqiba che contrasta con questo testo di
R. Elisha: Tanto i vasi doro come quelli di cristallo si possono riparare, cos uno studioso
[della Torah] che abbandona il suo studio pu riprenderlo.
143. ARN A 24,2.
166
M. M. MORFINO
il testo sacro studiato, allora lo studio diventa motivo di vita. Solo qui lo
studio al suo top144. Per la stabilit e la sussistenza, allalbero sono molto
pi necessarie le radici che i rami, alla casa le pietre invece che i mattoni,
al fantino un cavallo imbrigliato invece che sbrigliato Cos per chi si
riveste di erudizione trascurando di porre in atto una vita che incarni la Parola studiata. Le opere buone sono le vere radici delluomo saggio, la pietra
che tiene in piedi il suo edicio, la calce che compatta la sua costruzione,
le redini che ben conducono e mantengono saldo il suo andare. questa
stabilit in un vivere quotidianamente buono a fare tale sapiente, credibile:
un vero atto magisteriale nellambito della Scrittura lo pu porre colui che
si accosta alla parola per viverla145.
In PA e in ARN troviamo al riguardo similitudini molto eloquenti:
[Rabbi Eleazar ben Azarjah146] diceva: Colui la cui sapienza supera le
buone opere a che cosa assomiglia? A un albero che ha molti rami e poche
radici: appena arriva il vento, lo sradica e lo capovolge Ma colui le cui
opere superano la sua sapienza [ simile] a un albero con pochi rami ma
molte radici: anche se venissero tutti i venti del mondo a sofargli contro,
non lo smuoverebbero da dove sta147. Elisha ben Abujah dice: Un uomo
che possiede opere buone e che abbia studiato molto la Torah, a che cosa
pu esser paragonato? A uno che costruisce prima con le pietre e poi con i
mattoni: anche se venisse molta acqua e facesse pressione su di essi, non li
smuoverebbe. Ma un uomo che non ha opere buone, bench abbia studiato la Torah, a che cosa lo si pu paragonare? A uno che costruisce prima
con i mattoni e poi con le pietre: basta che venga un poco dacqua e li fa
subito rovinare. Diceva anche: A che cosa si pu paragonare un uomo che
possiede opere buone e che ha studiato molto la Torah? Alla calce posta
sulle pietre: anche se scendesse molta pioggia non riuscirebbe a scioglierla.
144. Rimando ai testi commentati in Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 500ss.
145. Anche se bene ricordare che le opere buone non possono sostituire la preparazione
167
168
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ha imparato la Torah, vedete bene com amabile nei suoi modi e com
integro nelle sue azioni! di lui che parla la Scrittura quando dichiara: Mi
ha detto: Te sei mio servitore, Israele, nel quale sar gloricato. Ma se
un uomo studia la Scrittura e fequenta i sapenti e tuttavia disonesto nel
condurre i suoi affari e scortese nelle sue conversazioni, che cosa dir la
gente? Maledetto questuomo che ha studiato la Torah! Vedete come le
sue azioni sono corrotte e detestabili le sue parole!152.
Ed esclusivamente per lo studio della Torah, il discepolo pu lasciare
la famiglia senza neppure il permesso della moglie, per quaranta giorni153
o addirittura per due o tre anni154. Nessuna meraviglia, perci, che lo
studio della Torah sia considerato pi grande della stessa costruzione del
tempio155.
Resta evidente che mai lo studio della Torah pu essere condotto come
ne a se stesso; resta sempre un mezzo atto a far scaturire uno stile di
vita buono e ogni qual volta lo studio non si tramuta in uno stile di vita
bonicato, lo stesso studio della Parola diventa maledizione e morte. Il
vero saggio, allora, colui che con la vita compie lesegesi di ci che ha
diligentemente studiato.
Rabbi Chanina ben Dosa156 diceva: Colui le cui opere superano la sapienza, conserva la sua sapienza; ma colui la cui sapienza supera le opere,
non conserva la sua sapienza157. Esempio. Un uomo and in una rivendita
e chiese una pinta di vino. Il negoziante gli disse: Dammi il tuo recipiente. Ma luomo gli apr il suo sacco. Chiese ancora al negoziante: Dammi
dellaceto. E quando questi gli chiese il recipiente, egli present il lembo
152. BYoma 86a. Cf. anche bPesachim 113b. Sullo studio della Scrittura come santicazione
del Nome cf. F. Manns, Ltude de lcriture comme sanctication du Nom. Un aspect de
lhermneutique juive et judo-chrtienne, Henoch 2 (1980) 127-149.
153. Cos opina R. Eliezer in Ketubbot 5,6.
154. Cos pensano la maggior parte dei maestri: bKetubbot 62b. Su come combinare studio
e matrimonio, in bQiddushin 29b spiegato: Quando qualcuno pu scegliere tra lo studio
della Torah e il matrimonio, deve prima studiare e solo poi unirsi in matrimonio. Ma se a
costui impossibile vivere senza moglie, prima si sposi e poi studi. La soluzione ottimale
quella di sposarsi prima e studiare poi.
155. Cf. bMegillah 16b.
156. Considerato un taumaturgo, della prima generazione di Tannaim. Non era n fariseo n
rabbi ed ebbe contatti con Jochanan ben Zakkai e con Gamaliele II. Si vedano le ricerche
di B.M. Bokser, Wonder-working and Rabbinic Tradition. The Case of Hanina ben Dosa,
JSJ 16 (1985) 42-92 e G. Vermes, Hanina ben Dosa. A Controversial Galilean Saint from
the First Century of the Christian Era, JJS 23 (1972) 28-50.
157. PA 3,9.
169
della sua veste158. Disse il negoziante: Figlio della perdizione! Tu non hai
un recipiente e vuoi comprare vino e aceto?. Cos Dio dir al malvagio: Tu
non hai opere buone e vuoi studiare la Torah? Non osservi i miei statuti:
come ne potresti parlare?159.
Come la sobriet della vita percepita come irrinunciabile elemento
di chi amico della Parola, lumilt ha valenza di vero comandamento:
la virt delle virt160. Per Aqiba, apice e simbolo di tutta una tradizione,
il maestro orgoglioso repellente quanto una carogna e non ci si pu
che allontanare da lui161. Peggio ancora: un ateo162. Nel Talmud Bably
riportato questo inequivocabile insegnamento di R. Jochanan: Solo se
il maestro somiglia allangelo del Signore delle schiere, gli si domander
di insegnare163. se vero che chi si vergogna non impara, ancor
pi vero che chi si inquieta non insegna164. Ogni intervento educativo
fermo deve essere costantemente temperato, perch irreparabili possono
risultare quegli interventi in cui vince una severit sragionevole. Questo
non con i migliori discepoli ma proprio con coloro che risultano essere
pi deboli od oppositori. Perci sempre la destra deve respingere e
la sinistra deve avvicinare165. Anche per questo fatto il maestro non si
improvvisa e non si autocandida: c necessit di un lungo esercizio di
preparazione, di un impegnativo training, ove la selezione pare quasi feroce: Tra un migliaio di persone che studiano la Bibbia, normalmente un
centinaio giungono ad essere pronti per studiare la Mishanah; tra questi,
una decina giunge ad esser pronta per [studiare] il Talmud e solo uno
giunge a diventare maestro166.
158. In ebraico vi un termine assai raro: hmpwshlwt, dalla radice pshl che signica an-
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M. M. MORFINO
Daltra parte le virt proprie di un credibile maestro della Parola appaiono negli stessi scritti rabbinici assai esigenti: per prima cosa questi non
doveva approttare della corona della Torah, vale a dire il servirsi della
Parola a proprio vantaggio, qualunque esso fosse167. Ci spingeva a prediligere uno stile di vita sobrio, condotto in vera povert168, guadagnandosi
il pane con le proprie mani esercitando un lavoro manuale169 o, talvolta,
sostenuti dalla propria comunit170. E chi accetta danaro per insegnare la
Parola scardina lintero ordine della creazione171. Questa gratuit nellinsegnamento della Parola nasce dalla imitatio Dei: Dio stesso ha donato la
Torah al Sinai senza che da nessuno ricevesse nulla172.
167. Contro coloro che presumono di speculare sul loro sapere biblico ricercando proventi
Hillel afferma: Chi non studia la Torah merita la morte. Chi trae vantaggio dalla corona
della Torah perir. E Rabbi Sadoq diceva: Non fare delle parole della Torah una corona
per gloriartene, n una scure per tagliare. Dunque, hai capito: chi si serve delle parole della
Torah perde la vita futura: PA 1,13 (cf. Dt 34,5 e Pr 14,18). Si veda anche Megillah 28b;
Nedarim 62a e Bacher, Die Agada der Tannaiten, I, 273.
168. Cf. Horayot 10a; Nedarim 50a. Anche se bisogna ricordare che nel tenore di vita
di alcuni rinomati maestri non traspariva tale povert: vero che la maggior parte di
costoro viveva in vera povert, ma alcuni capi-scuola potevano vivere in vera agiatezza. Cf. A. Bchler, Der galilische Am-haAres des zweiten Jahrhunderts. Beitge zur
inner Geschichte des palstinischen Judentums in den ersten Zwei Jahrhunderten, Wien
1906, 252.
169. Cf. H. Strack - P. Billerbeck, Kommentar zum NT aus Talmud und Midrash, III,
Mnich 1928, 338. Rabban Gamaliel, glio di Rabbi Jehudah ha-Nasi, dice: Bello
lo studio della Torah associato ad un lavoro, poich la preoccupazione di ambedue
fa dimenticare il peccato. Lo studio della Torah che non unito ad un lavoro utile
sterile e trascina al peccato (PA 2,2.). Bello lo studio della Torah associato ad un
lavoro. Rabbi Eliezer ben Jaaqov dice: Devi avere due mani, una per la Torah e laltra per unoccupazione: ARN B 35. Scrivevo in Siepe alla sapienza il silenzio,
492: Lo studio della Parola, assunto come diporto culturale e portato avanti con fare
dilettantistico, staccato da una verica impegnata, non solo non capace di aprire ad
una sana comprensione del testo e a non fare maestri ma, addirittura, diventa fonte
di caduta. Si pu dire che il testo tradisca unesperienza assodata: il saggio sa che la
bellezza dello studio della Parola, il poterlo gustare saporosamente, condizionato dalla
seriet e dal coinvolgimento vitale nella fatica del quotidiano. Ed lassociazione studio/lavoro, realt da coniugare strettamente, a permettere al saggio di dimenticarsi del
peccato e di come si pecca! La preoccupazione che signica impegno strenuo ad
accomunare le due realt, pare quasi condurre la persona in un ambito dove il male e
il peccato non pu avere presa su di lei. Cf. A. Ben-David, Talmudische konomie,
Hildesheim 1974.
170. Cf. Sifre Deuteronomio 1,16,68b.
171. Cf. Derek Erez Zuta 4,3.
172. Cf. bNedarim 37a. Se vuoi gloricare Dio procurati di rassomigliargli: sii giusto come
lui, caritatevole, pietoso e misericordioso: bShabbat 133b.
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offerta da Dio. Otto omelie sinagogali della Pesikta Rabbati su Isaia ricordano questa consolazione: cf. M. Gallo (ed.), Sete del Dio vivente. Omelie rabbiniche su Isaia, Roma 1981.
Sulla Pesikta rimando a Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 413-421.
196. Per il fecondo tema della preziosit della sofferenza nella letteratura rabbinica cf.
Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 525-526.
197. 5a.
198. Illuminanti le pagine di M. Kadushin, Aspects of the Rabbinic Concept of Israel,
HUCA 19 (1945-46) 57-96.
199. Dio, tuttavia non n distratto n disattento a questo dolore: Dio nel dolore ogni
qualvolta un uomo soffre. Quando si versa il sangue di un uomo, anche se empio, Dio
piange: Sanhedrin 6,5 e questo perch lui stesso ad essere colpito: quando luomo va
per la strada, una schiera di angeli lo precedono e proclamano: Fate largo allimmagine del
Santo, benedetto sia!: Esodo Rabbah 6.
200. Cos Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 194-195.
175
rimane il contributo di R. Mach, Der Zaddik in Talmud und Midrash, Leiden 1957.
203. Sifra Qiddushin 2,4.
204. Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 195.
205. R. Jonah mi-Gerondi: Mello, Detti di Rabbini, 195.
206. Il prototipo del maestro, secondo Yebamot 62b, certamente Akiba: avrebbe avuto ben
dodicimila paia di discepoli che per morirono a causa dellinvidia. Tuttavia non si diede
per vinto. In Ketubbot 63a detto che ne plasm altri dodicimila dopo dodici anni e dopo
ancora dodici anni altri dodicimila. Cf. anche Genesi Rabbah 61,3. Altri dati in Saldarini,
The Fathers According to Rabbi Nathan, 52, nota 5.
207. Nachmias: Mello, Detti di Rabbini, 195. Cf. anche laltra prospettiva presente in PA
4,6.
208. Tema riccamente approfondito dalla letteratura rabbinica: Tre cose possono annullare
gli effetti del male: la preghiera, la carit e il pentimento: Genesi Rabbah 43,12; C chi
guadagna leternit in molti anni e chi in unora: nellora del pentimento: Abodah Zarah
10; I penitenti sono considerati su un piano pi elevato che gli stessi giusti e perfetti:
Moed Qatan 19; Dio invita i popoli del mondo a pentirsi, perch possa sollevarli a s, sotto
le sue ali: Cantico Rabbah 6,1; Il pentimento una gran cosa, perch se un individuo si
pente, il mondo intero perdonato insieme con lui: Yoma 86a.
209. Per la presenza della Shekinah la presenza/inabitazione di YHWH in mezzo al suo
popolo in ARN cf: A 1,12; 2,12; 11,2; 12,8.12; 14,1; 15,5; 27,7; 34,7.8; 35,4; 38,4; B
18,4; 21,5; 25,3; 27,5; 28,1; 34,1. Per questo tipico concetto rabbinico rimando alle ricerche di J. Abelson, The Immanence of God in Rabbinic Literature, London 1912, 146-173;
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177
persona213, il perno che regge ogni altra attitudine di interesse per la Torah214, ed considerata vera lode a Dio, autentico atto liturgico215.
In PA 2,8 troviamo un detto hillelita che coagula in s il sentire profondo di molte pagine dei maestri di Israele: mentre laffannarsi delluomo
per aggiungere cosa a cosa diventa esperienza gi di morte, il moltiplicare la Torah vale a dire lo studiarla ininterrottamente con amore di
pre-dilezione indicato come esperire gi vita piena, anzi trovare la
fonte della vita: Moltiplicare la carne moltiplicare i vermi. Moltiplicare
i beni moltiplicare gli affanni. Moltiplicare le donne moltiplicare gli
incantesimi. Moltiplicare i servi moltiplicare la lascvia. Moltiplicare gli
schiavi moltiplicare i furti. Moltiplicare la Torah moltiplicare la vita.
Moltiplicare listruzione moltiplicare la saggezza. Moltiplicare i consigli
moltiplicare il discernimento. Moltiplicare gli atti di giustizia216 moltiplicare la pace. Farsi un nome acquistare [solo] per s, ma acquistare le
213. interessante notare come non vi siano scusanti o deroghe a tale obbligo: n la con-
dizione sociale, agiata o disagiata, n il fatto di essere giovane o vecchio, n lessere nel
dolore o nella gioia, n lessere sazio o affamato: Rabbi Ishmael dice: Se tu hai studiato la
Torah nella tua infanzia, non dire: Non la studier nella mia vecchiaia. Studiala piuttosto in
ogni tempo, poich tu non sai affatto ci che riuscir, questo o quello (Qo 11,6). Se tu hai
studiato la Torah nella ricchezza, non restare ozioso nella povert. Se tu hai studiato la Torah
con lo stomaco pieno, non restare in ozio, quando hai fame. Se tu hai studiato la Torah nel
benessere, non restare inattivo nel tempo dellafizione, poich una sola cosa migliore per
luomo nella sofferenza che cento altre nel benessere. Per questo stato detto: La mattina
semina il tuo seme e la sera non dar riposo alle tue mani (ibidem). Rabbi Akiba dice: Se
tu hai studiato la Torah nella tua infanzia, studiala ancora nella vecchiaia e non dire: Non
studier pi la Torah nella mia vecchiaia, poich tu non sai affatto ci che riuscir, questo
o quello (ibidem) o se entrambe le cose resteranno nella tua mano o se le due cose sono
ugualmente buone (ibidem). Se hai avuto discepoli nella tua giovinezza, mantienili anche
nella tua vecchiaia, secondo ci che scritto: La mattina semina il tuo seme e la sera non
dar riposo alle tue mani (ibidem). Rabbi Meir dice: Se tu hai studiato con un maestro, non
dire: Questo mi sufciente! Vai piuttosto dietro un altro saggio per studiare la Torah con
lui. E non indirizzarti verso uno qualsiasi ma avvicinati da colui che ti pi vicino, secondo
quanto scritto: Bevi lacqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo (Pr
5,15): ARN A 3,4. Cf. anche PA 2,14; ARN A 23,4; 24,5; Genesi Rabba 61,3; Qohelet
Rabba 11,10; Yoma 35b.
214. Assai eloquente a questo proposito il detto di bPesachim 50b: Un uomo si deve occupare sempre della Torah, anche se non fosse per amore di lei, perch dal fatto di occuparsene
non per amore giunger ad occuparsene anche per amore.
215. Cf. Sifre Deuteronomio 41. Cf. anche la gi citata monograa di Viviano, Study as
Worship, del 1978.
216. Oppure: gli atti di carit. Cf. Bonsirven, Le Judasme palestinien, 192-204; A. Cronbach, Righteousness in Jewish Literature 200 B.C.-A.D. 100, in IDB, IV, Nashville - New
York 1962, 85-91 e A. Finkel, Gerechigkeit II - Judentum, TRE 12 (1984) 411-414; E.
Toaff, Evoluzione del concetto ebraico di zedaq, AStE 35 (1968-69) 111-122.
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parole della Torah acquistare la vita del mondo futuro217. Non solo: lo
studio della Parola cosa pi preziosa di qualsiasi sacricio: Rabbi Shimeon dice: Le parole della Torah per me sono pi preziose degli olocausti
217. Cf. Dt 30,15ss. Abbiamo qui uneco non velata della polemica tra Farisei e Sadducei.
In ARN A 5 tramandata quasi la magna charta del sentire farisaico: Non siate come dei
servi che non ricercano il maestro se non per ricevere una graticazione. Siate invece come
come quei servi che ricercano il maestro non esigendo di ricevere alcuna graticazione e
che il timore del Cielo sia su voi, afnch la vostra ricompensa sia raddoppiata nei tempi
a venire. Antigono di Soko aveva due discepoli che studiavano le sue parole che poi trasmettevano ai loro propri discepoli e questi [a loro volta] ai propri discepoli. Questi ultimi
si misero a studiare con maggior attenzione i detti [di Antigono] e si domandarono: Perch
i nostri padri giudicarono conveniente insegnare tali cose? possibile che un lavoratore
fatichi per lintera giornata e non pretenda la sera il suo salario? In verit, se i nostri padri
avessero pensato che vi fosse un altro mondo e che ci sarebbe stata una resurrezione dei
morti, mai avrebbero parlato in questo modo!. Allora essi decisero di separarsi dalla Torah
e si divisero in due sette, quella dei Sadducei e quella dei Boeti. Essi usarono per tutta la
loro vita vasellame doro e dargento, non perch fossero particolarmente arroganti ma perch i Sadducei dicevano: una tradizione dei Farisei afiggersi in questo mondo, visto che
nel mondo futuro non avranno proprio un bel nulla!. Il testo rende plasticamente il sentire
del partito dei Sadducei: per questi, sia lera messianica che il mondo futuro non sarebbero
altro che invenzioni recenti, non rintracciabili nelle tradizioni antiche lasciate dai padri.
ARN A 5 mette in evidenza la polemica dottrinale con quei caposaldi del credere farisaico
che sono la retribuzione del merito, i tempi messianici e il mondo futuro. Nelle Antichit
13,10,6, Giuseppe cos tratteggia i novatori, i Farisei: I Farisei hanno presentato al popolo una moltitudine di osservanze ereditate dai loro padri e non tramandate dalla legge di
Mos. Per tale ragione i Sadducei le rigettano, dichiarando che noi dobbiamo ritenere per
obbliganti [solo] le parole scritte e non gi osservare le tradizioni dei padri [la Torah orale]
(Histoire Ancienne des Juifs, Lidis 1968-1981). I Farisei, dunque, sono gli eredi di Esdra e
degli Scribi, veri uomini della legge, tutti tesi a conservare e tramandare la chasssidut, la
vera piet mossa dalla generosit, mentre i Sadducei, legati alla casa reale e al sacerdozio
e quindi strettamente congiunti al mondo politico, non disdegnavano linvasore ellenistico
e lo stile di vita da questi introdotto in Palestina. Commentando questo capitolo di ARN,
Smilvitch, Leons des Pres du monde, 114 osserva: Mais on notera que largumentation
sadducenne a ici pour origine limpossibilit de confrer un sens la gnrosit ou, si
lont veut, la gratuit de lthique, laquelle est alors confondue avec la nullit dune qute
absurde. Par contraste, les Pharisien, qui recherche le Matre en exigeant de ne recevoir
aucune gratication, et dont la meilleure illustration est la gure du juste souffrant, pauvre
et malheureux en ce monde (cf. ARN A 9,25 et ARB B 44) son seul intrt est dans le
monde--venir suspend le mrite la gnrosit qui ose se coner la rigueur et la contrainte dune qute besogneuse qui ne promet quelle-mme et qui est le tout de lthique.
Ce que les Sadducens rejettent nest pas tant cette qute elle-mme que le fait quelle apparaisse immotive voire injuste aux yeux de qui ne se dtermine quen fonction sans laquelle
ceux-ci ne savent dcider ni juger et sont perdus. Aussi lthique est-elle pour eux, au sens
propre, in-signiante. Sul mondo farisaico si veda: S.W. Baron, A Social and Religious
History of the Jews, New York 1952, I, 250-285; L. Finkelstein, An Ancient Tradition of
the Sadducees and the Boethusians, in M. Ben Horin, Studies and Essays in Honor of A.A.
Neuman, Philadelphia 1962, 622-639; The Pharisees. The Sociological Background of Their
Faith, 2 voll., Philadelphia 1966; R. Herford, The Pharisees, London 1924 (rist. New York
179
e dei sacrici218. Sta scritto infatti: La volont219 di Dio [vale pi] degli
olocausti (Os 6,6). Da questo si impara che lo studio della Torah pi
gradito a Dio che gli olocausti. Perch se un uomo studia la Torah, arriva
a conoscere la volont dellOnnipresente, come detto: Allora capirai il
timore del Signore e troverai la volont di Dio (Pr 2,5). Perci, quando un
maestro siede e interpreta [la Scrittura] per la comunit, la stessa Scrittura
glielo accredita come se avesse offerto grasso e sangue sullaltare220.
Credo sia del tutto condivisibile, per quanto riguarda tale particolare propensione alla Torah, laffermazione di J. Bonsirven, quando scrive che tale
impegno di studio rappresenta il tratto pi caratteristico e rappresentativo del
Giudaismo221. Ascoltare e studiare la Torah, perci, un obbligo stretto222 e
senza questo studio guidato davvero impossibile distinguere tra ci che si
deve fare e ci che si deve non fare, tra bene e male223. Abbiamo pi sopra
citato il detto attribuito in PA 4,12 a R. Eleazar b. Shammua, che si concludeva
con un climax che indica il timore per il moreh sullo stesso piano del timore
del Cielo, il timore di Dio. Il maestro impersona linsegnamento divino. E
non si tratta semplicemente di un andare a lezione seppur per imparare la
Scrittura: Miqrah e la Tradizione: Mishnah da questo o da quel rabbi: seguire
un insegnamento che riguarda la Parola santa non atto ordinario. Nella mens
iudaica, invece, la riproposta quotidiana della rivelazione sinaitica. Ecco
perch come l [al Sinai] si stava con timore, con tremore e sudando per la
paura, cos anche qui [nella casa di studio] si deve stare con timore, con tremore e sudando per la paura224. Se nella bet hamidrash ci si pu introdurre
1961); J.Z. Lauterbach, The Pharisees and Their Teachings, New York 1930; J. Neusner,
The Rabbinic Tradition about the Pharisees Before 70, 3 voll., Leiden 1971; From Politics
to Piety. Pharisaic Judaism in New Testament Times, Englewood Cliffs 1972.
218. ARN B 8,1.
219. Letteralmente la conoscenza di Dio. Conoscere Dio conoscere la sua volont. Questa interpretazione di Os 6,6, attribuita a Jochanan ben Zakkai, diventata capitale dopo gli
sconvolgimenti politico-religiosi del 70 d.C. Conoscere Dio studiando la sua Parola come
pi sopra detto un atto di culto non soltanto come i sacrici ma pi dei sacrici, perch
conoscere Dio, in fondo, signica vivere con ununica certezza: di essere da Lui amati.
220. ARN A 4.
221. Le Judasme palestinien, 282.
222. Cos per Rabbi Eleazar di Modin: Mekilta de-R. Ishmael 15,26. Anche gli Apocri
ritornano costantemente su tale obbligatoriet nello studio della Torah. Non solo: proprio
in tale pratica che possibile riconoscere il giusto dallempio: Libro dei Giubilei 3,31; 4,17;
33,16-17; Enoc 37,3; 94,5.10.
223. Cf. Sifre Levitico 1,10.
224. BBerakot 31a.
180
M. M. MORFINO
anche quando si fosse in stato di impurit sica o clinica, sarebbe del tutto
sconveniente entrarvi con una qualche impurit morale. Chi si trova in tale
condizione deve astenersi da ogni contatto col sacro che, proprio nellambito
magisteriale svolto nella casa di studio, ha la sua rivelazione pi immediata
e il disvelamento pi autentico. S, la santit della casa di studio superiore
a quella della sinagoga225! Lamentarsi, poi, che pur studiando la Torah nella
bet hamidrash, le cose procedono non eccellentemente da sciocchi: Rabbi
Aqiba disse: Una volta una volpe stava passeggiando sulle sponde di un corso
dacqua e vide i pesci che, da un punto allaltro, si muovevano compatti, in
gruppo. Domand loro: Da che cosa state fuggendo? Essi risposero: Dalle
reti dei pescatori. Allora la volpe disse: Perch non venite qui sulla terra per
vivere in pace, insieme a me I pesci risposero: Ma sei veramente lanimale
pi intelligente? Sei invece molto stupido! Se abbiamo timore nellelemento
che ci ospita, quanto maggiormente non ne avremmo l dove moriremmo
certissimamente? E il maestro disse: anche per noi cos: se gi siamo in una
situazione precaria quando siam seduti a studiare la Torah, quanto peggiore
sarebbe la nostra situazione se anche la trascurassimo!226.
Tali espressioni non sono n esagerate n paradossali ma sono lesponente pi genuino di un intero vissuto religioso. Nel mondo ebraico lo studio
non un complemento pi o meno utile alla pienezza della vita religiosa;
invece il presupposto indispensabile, il requisito imprescindibile. un impegno costante, un dovere a cui nessuno si pu sottrarre. Con una affermazione
che ricorda lintellettualismo etico di Socrate, i maestri dichiaravano che
lignorante non teme il peccato e il volgo non pu essere pio227 La vera
religiosit si conquista con la conoscenza e la coscienza di ci che si deve
fare. Lo studio della Torah da solo equivale a tutti gli altri precetti228. Alla
ne del primo secolo dellera volgare i maestri discussero a lungo, se fosse
pi importante lazione o lo studio nella vita religiosa conclusero con
una soluzione di compomesso, affermando che lo studio pi importante,
perch conduce allazione229.
225. BMegillah 26a. Per la tradizione dei Abot, anche nei Cieli vi una casa di studio
della Torah, dove Dio stesso la studia e cita una halakah a nome di R. Eliezer! Cf. Pesiqta
deRabbi Kahana, Para (ed. Mandelbaun), 73. Cf. anche bGittin 6b; bBaba Mezia 86a.
226. BBerakot 61b.
227. PA 2,5.
228. Pea 1,1.
229. Di Segni, La sequela del maestro nella tradizione rabbinica, 73. Sul fare la Parola
come telos dello studio rimando ai testi riportati in Siepe alla sapienza il silenzio, 488ss e
Leggere la Bibbia con la vita, soprattutto la prima parte. Per il conitto tra erudizione e azione
e le posizioni delle diverse scuole rabbiniche rimando a Urbach, The Sages, 603-620.
181
cercano una scappatoia che, praticamente, lasci spazio agli opposti: per questioni di Sevarah,
di pensiero e quindi opinabili, meglio farsi discepoli di pi maestri, mentre per questioni di
pi stretta Halakah meglio attenersi ad un unico maestro. Particolarmente signicativo a
questo riguardo il seguente racconto del Talmud babilonese dove R. Chisda, rivolgendosi
ai suoi discepoli insegna: C qualcosa che vorrei dirvi ma esito, perch temo mi abbandoniate. Tuttavia R. Chisda super la sua esitazione e parl ai suoi discepoli. Disse: Colui
che studia con un maestro non vedr mai pienezza di benedizione [= non giunger a gustare
in pienezza i beneci della sua fatica di studio]. Subito i suoi discepoli lo abbandonarono e
andarono da un altro maestro, Raba. Questi disse ai suoi nuovi discepoli: Lindicazione che
voi avete ricevuto dal vostro precedente maestro di aumentare il numero di maestri valida
per un livello pi alto della dialettica. Per gli insegnamenti fondamentali sui quali si basa la
Miqrah meglio studiare sotto un unico maestro: Avoda Zara 19a. Chisda Amora della
terza generazione babilonese. stato discepolo e amico di R. Chuna, aggadista eccellente
che, dopo la morte di R. Jehudah, fu ritenuto il maestro pi rinomato di Sura. Per la bibliograa cf. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 130.
182
M. M. MORFINO
indicato semplicemente con lappellativo di Rabbi o Rabbenu o Rabbenu ha-qadosh il nostro Rabbi santo in ossequio alla sua considerevole statura morale. Sappiamo che era glio
di Rabban Shimeon ben Gamaliel II. Una pia tradizione vuole che sia nato il medesimo
giorno della morte del martire Aqiba. Rabbi cur la sua formazione presso diversi grandi
maestri: Jehudah bar Ilai, Shimeon ben Jochai, Eleazar ben Shammua. Fu pure discepolo di
Natan dal quale, in seguito, nelle sue opinioni, si discoster. Con Jehudah ha-Nasi listituzione del patriarcato prosper in modo notevole e il suo nome legato alla redazione della
Mishnah. Per A. Guttmann, Rabbi sarebbe morto nellanno 217 o 219 della nostra era: The
Patriarch Judah I - His Birth and His Death. A Glimpse into Chronology of the Talmudic
Period, HUCA 25 (1954) 239-261. personaggio di prima grandezza per il giudaismo
rabbinico per essere stato il redattore nale della Mishnah, portando a compimento la fatica
iniziata dallo stesso Aqiba e portata avanti da R. Meir. Pi dettagliatamente si veda Albeck,
Einfhrung in die Mischna, 145-170 e Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 454-486 e A.I.
Baumgarten, The Politics of Reconciliation: The Education of R. Judah the Prince, in E.P.
Sanders et alii, Jewish and Christian Sel-Denition, II, London 1981, 213-225, 382-391.
238. Yoma 53b; pBerakot 2,1,4 e Berakot 27b.
239. BKidushin 31b e bBaba Qamma 73b.
240. BKidushin 32b-33a.
241. Cos Rabbi Joshua ben Chanina che bacia la sedia/cattedra di Rabbi Eliezer: Ct Rabbah
1,20.
242. BKidushin 31b.
243. BSanhedrin 110a. La derek eretz, via della terra, cio le regole della buona
183
Coloro che invece si fanno attenti discepoli di veri maestri sono ben
individuabili, portano in s uno sfraghis, quasi un marchio a fuoco: Come
il fuoco lascia un segno sul corpo di chi lavora con esso, cos le parole
della Torah lasciano un segno sul corpo di colui che lavora su di esse (=
le studia). Come coloro che lavorano con il fuoco sono riconoscibili, cos
i discepoli del saggio sono riconoscibili dal loro modo di camminare, dai
loro discorsi e dal loro modo di abbigliarsi in pubblico244. Il discepolo dei
saggi diviene quasi trasparente e capta senza alcuna posa lattenzione di chi
lo vede: Ogni specie di recipiente pu essere trasportato alla piazza del
mercato senza che nessuno sappia che cosa vi si possa trovare dentro. Ma
quando si tratta di un recipiente di vetro, la gente subito capisce che cosa vi
contenuto. Allo stesso modo, molti sono quelli che possono passare sulla
condotta, richieste soprattutto per coloro che studiano la Parola, sono disseminate in tutti
e due i Talmudim, nei Midrashim e, in particolare in PA e nei trattati Derek Erez Rabbah e
Zuta. Le regole della derek eretz toccano ogni ambito del vivere, no a sconnare in realt
apparentemente insignicanti. Yoma 86a ricorda come sia necessario, nel parlare, mantenere
un tono dignitoso, n sguaiato n condito da urla, non prendendo la parola davanti a chi
pi saggio, non interrompendo il discorso altrui n precipitarsi nella risposta. Berakot 17a
porta come esempio Jochanan ben Zakkai che nessuno riusciva a precedere nel saluto. In
Chullin 84b vengono indicati comportamenti da tenere sia per labbigliamento che per il
cibo: necessario spendere per il proprio abbigliamento tenendo conto dei propri mezzi e
per il cibo si deve spendere sempre meno di quanto i propri mezzi consentono. Il saggio
deve mangiare e bere accontentandosi del minimo necessario per la sua salute, senza alcun
eccesso, in casa propria e sedendosi alla propria tavola e non al mercato perch colui
che mangia al mercato [vale a dire pubblicamente] come un cane: Kiddushin 40b. Mai,
inoltre, un discepolo dei saggi manger in piedi, n si leccher le dita come i golosi: Derek
Erez Zuta 5. Per lui, ingoiare il contenuto del proprio bicchiere tutto dun ato segno di
ingorda avidit: Beza 25b. Nel trattato Shabbat 114a anche ricordato che gli abiti devono
essere di fattura conveniente e sempre puliti, giungendo ad affermare che ogni macchia sul
vestito di un saggio lo rende degno di morte. Il tratto da mantenere poi con le donne, soprattutto con la propria moglie, deve essere improntato a signorilit e amorevolezza, perch
la benedizione di Dio resta sulla casa di un uomo solo a causa di sua moglie. Tutte le cose
che poi riguardano landamento della casa devono essere trattate con lei e se tua moglie
bassa, chinati e parlale: Baba Mezia 59a (cf. anche Taanit 20b e Gittin 6b). Inne, i rapporti
interpersonali di colui che discepolo e maestro della Torah devono far trasparire amore
ed onore per qualsiasi persona: Derek Erez Zuta 1 (cf. PA 2,10), avendo il massimo rispetto
per la casa altrui, dove non ci si deve introdurre di soppiatto (Pesachim 112a). In tutto ci,
lunica cosa seria da fare, per il saggio, limitato Dei: Ogni uomo deve imparare le buone
maniere dallOnnipotente. Egli stette allentrata dellEden, chiam Adamo, come scritto:
Il Signore Dio chiam Adamo dicendo: Dove sei? (Derek Erez Zuta 5). Abbondante raccolta di testi di questo sapore si pu trovare in Monteore - Loewe, A Rabbinic Anthology,
451-523. Cf. anche A. Cohen, Everymans Talmud, New York 1932, 168-266; S. Krauss,
Le trait talmudique Drch r, REJ 36 (1898) 27-46; 205-221; 37 (1898) 45-64; D.
Sperber, A Commentary on Derek Erez Zuta. Chapters Five to Eight, Ramat-Gan 1990.
244. Sifre Deuteronomio 343.
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M. M. MORFINO
piazza del mercato senza che alcuno li degni di uno sguardo, ma quando
passa un discepolo dei saggi, tutti quanti ne parlano245.
I discepoli, come si vedr pi sotto, fanno a gara per servire il maestro.
Per essere vero talmid chakam discepolo sapiente di sapienti indispensabile questa intimit che si fa servizio: questa attitudine che permette al
discepolo di comprendere il maestro e dar vita cos a gesti, scelte, atteggiamenti virtuosi radicati nella tradizione eppure inediti246. una sequela
che, per la sua seriet, chiede ai discepoli di seguire il maestro anche in
esilio, di andare dietro a lui247. Si spiega cos il motivo di alcuni tratti
comportamentali che a primo acchitto parrebbero del tutto sconvenienti,
come lo spiare il proprio maestro in momenti di indiscussa riservatezza e
intimit domestica: il grande Akiba248 segue e osserva cos attentamente
il suo maestro Rabbi Jeoshua da raggiungerlo no in gabinetto e a sua
volta, lui stesso, verr sottoposto ad attenta osservazione da parte del suo
discepolo Ben Azzai249. E, rasentando la quasi tragicomicit, il discepolo si
introduce nottetempo nel letto del maestro per vedere come questi viveva
durante la notte250!
Non desta meraviglia questa sequela quasi asssiante, se si tien conto di
uno dei cardini fondanti la relazione Parola-maestro-discepolo: propriamente nella vita del maestro che il discepolo vede concretizzarsi la Parola
che si fa251. in questa attualizzazione esistenziale il vero atto magisteriale,
245. ARN B 31,3.
246. Cf. ARN 4,5-6; Mekilta de-R. Ishmael 31,13; Berakot 47b; 61b; pChagiga 2,1,7.
247. Cf. PA 1,1 e bMakkot 10a. In questo ultimo testo appare anche la regola inversa: il
maestro deve seguire il discepolo in esilio, per non lasciarlo sprovvisto di guida spirituale.
248. Si vedano le sempre interessanti pagine di L. Finkelstein, Akiva: Scholar, Saint and
Martyr, New York 1936.
249. Cf. TPesachim 1,27; TNegaim 8,2; Ketubbot 96a. Anche se, paradossalmente, dello
stesso Akiba doveroso citare il detto di Pesachim 112a, ove raccomanda al suo proprio
glio di non abitare in una citt che abbia come capo un discepolo dei saggi. Anche in PA
2,10, per bocca di R. Eliezer detto: Riscaldati al fuoco dei sapienti, ma fai attenzione ai
loro carboni ardenti per non scottarti: poich morso di sciacallo il loro morso e puntura di
scorpione la loro puntura e sibilo di serpente il loro sibilo e tutte le loro parole sono come
carboni ardenti. Il detto, evidentemente, pone in luce anche il versante meno brillante della
vita di alcuni maestri. Sulla irascibilit e la suscettibilit di tali maestri, sul non tollerare
contraddizione e, addirittura, sulle maledizioni apportatrici di sciagure e di morte si veda
Sifre Numeri 28,26; Chagiga 5b; Nedarim 7b; Chullin 87a; Baba Batra 75a; Baba Mezia
59b; pBerakot 2,1,8,4b; 5c; 7,2,11b; 9,13b; Taanit 30b. Cf. anche Bacher, Die Agada der
Tannaiten, I, 24.35.161 e II, 69ss.
250. Cf. bBerakot 62a.
251. Il compiere/fare ha unarticolazione peculiare che bene ricordare: Accomplir, au
premier niveau, cest accomplir lEcriture en dcouvrant, par lexgse, ce quoi lEcriture
185
quando, cio, il maestro, nel suo vissuto concreto, diventa lui stesso sacra
pagina, parabola vivente, lui stesso esegesi della Parola che insegna252.
Ed questo uno dei motivi che spingono a fare una scelta molto oculata
del maestro: per i piccoli che devono apprendere i primi rudimenti della
Torah, come per gli adulti che devono continuamente approfondirla, ci si
deve dirigere sempre verso il meglio: il maestro pi rinomato, la scuola
pi accreditata253.
Daltra parte lo stretto rapporto che il discepolo chiamato ad avere
con il maestro ha una sua ragion dessere nella necessit di non mischiare
e confondere le talvolta opposte opinioni che le diverse scuole di pensiero in una dialettica assai democratica ponevano in circolazione254.
Ci avrebbe creato uninevitabile disorientamento nel corpo discepolare
e portato ad una perdita di coerenza del pensiero sostenuto da una stessa
scuola255. per tal motivo che chi si permette di fare una dichiarazione
che non ha ascoltato dalla bocca del proprio maestro spinge la Shekinah
ad allontanarsi da Israele256. E, per trovare una soluzione che porti fuori
dal pantano del dubbio, il discepolo non pu selezionare, tra le differenti
opinioni e gli articolati sistemi che le varie scuole propongono, una qualche
halakah a proprio uso e consumo, ma si deve adeguare con coerenza ad
engage, dans la ligne de laction. Ainsi lEcriture qui dit: Tu aimeras le Seigneur de toute
ton me (Dt 6,5) nest accomplie que si on a vu, avec R. Aqiba, quelle signie: Tu aimeras le Seigneur mme sil te prend ton me, cest--dire ta vie, que tu dois donner dans le
martyre. Ce premier niveau est celui de laccomplissement exgtique proprement dit, celui
que propose le midrash des Sages (Midrash chakamim). Accomplir au deuxime niveau,
cest accomplir lEcriture en agissant conformment au midrash des Sages, lexgse
qui a dj accompli lEcriture au premier niveau. Ainsi R. Aqiba, en donnant son me Dieu
dans le martyre, accomplit-il lEcriture conformment lexgse quil en avait propose
et qui est devenue, grce lui, exgse commune, midrash des Sages. Cest sur la base
de ces deux accomplissements, celui de lexgse et celui de laction, que se comprend le
troisime accomplissement, celui des promesses de la Torah et des Prophtes: Lenhardt,
Voies de la continuit juive, 511. Cf. anche W. Bacher, Die exegetische Terminologie der
jdischen Traditionsliteratur, I, Leipzig 1899, 170-171 (rist. Hildesheim 1965).
252. I testi che supportano tale assioma sono senza numero. Per questo tratto rimando allintera prima parte di Leggere la Bibbia con la vita e Siepe alla sapienza il silenzio,
488ss (soprattutto 504-508). Cf. anche M. Elon, Jewish Law, History, Sources, Principles,
III, Jerusalem 1973, 713-828.
253. Cf. bBaba Batra 21a e bSanhedrin 32b. Specica bibliograa in S. Safrai, Education
and the Study of the Torah, in Safrai - Stern (ed.), The Jewish People in the First Century,
II, 969-970.
254. Singolare, a proposito di tale moltiplicazione di idee, un proverbio sefardita: Tre ebrei,
quattro comunit!
255. Cf. Eduyyot 1.
256. BBerakot 27b.
186
M. M. MORFINO
187
ca la diffusione dellinuenza ellenistica in Palestina. Cf. M. Radin, Jews among the Greeks
and the Romans, Philadelphia 1915; V. Tscherikower, Hellenistic Civilization and the Jews,
Philadelphia 1959; E.J. Bickerman, The Maxim of Antigonus of Socho, HthR 44 (1951)
153-165; Neusner, The Rabbinic Traditions about in the Pharisees before 70, I, 60-61.
264. PA 1,3. Cf. Lc 17,7-10 e Nedarim 62a; Sotah 5,5.
265. BBerakot 28b.
266. BBerakot 33b.
267. Cf. la voce Amour de Dieu, in Wigoder (ed.), Dictionnaire encyclopdique du Judasme, 66-67.
268. Per lumilt come criterio ermeneutico per entrare nel tesoro che la sapienza biblica
rimando ai testi rabbinici e patristici riportati in Morno, Leggere la Bibbia con la vita,
73-76 e 103-106.
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evangelico: Siediti un poco pi in basso di dove dovresti sederti, poich meglio che ti
dicano: Sali pi in alto che invece Scendi!. Cf. Lc 14,7-11.
272. Cf. Sifre Deuteronomio 46; Mekilta deRabbi Shimeon 19,18; Midrash Tehillim 18;
Taanit 7a.
273. Taanit 7a.
274. Sotah 21b.
275. Della prima generazione amoraitica palestinese, detto anche Rabba, per distinguerlo
da un omonimo Amora della terza generazione. Fu discepolo di Bar Qappara e di R. Chijja e
maestro di Jochanan. Si vedano gli studi di D. Bartlemy, Etudes dhistoire du texte de lAT,
Fribourg Gttingen 1978, 140-173 e M.M. Morno, Lesegesi origeniana del Cantico dei
Cantici. Contributo alla storia dellesegesi, Theologica & Historica. Annali della Ponticia
Facolt Teologica della Sardegna VI (1997) 11-57.
276. Taanit 7a.
189
venivano posti in recipienti atti alla loro conservazione, recipienti di terracotta e non di metallo, tanto meno prezioso, che avrebbe fatto avariare
il prodotto277.
Quinta condizione servire i sapienti: il testo di 2Re 3,11 portato a
supporto del procedimento midrashico fuga ogni possibilit di fraintendimento: Eliseo, successore del profeta Elia, ricordato come colui che ha
versato lacqua sulle mani di Elia: ne stato il servitore. S, per entrare
nel cuore della Torah necessario aver avuto familiarit con i saggi. Sino
a servirli. Perci il rapporto maestro-discepolo, oltre che di venerazione
e rispetto, essenzialmente di servizio. Ancora nella Scrittura troviamo
un altro accenno importante a questo riguardo: Giosu glio di Nun, discepolo e successore di Mos stato il meshazet servitore del grande
Legislatore278. A partire da questo dato, i maestri di Israele canonizzano
il servizio ai sapienti, facendone un dato irrinunciabile del discepolato.
Addirittura colui che ha studiato tutta la Torah e tutta la Tradizione ma
non ha servito i sapienti, non pu essere considerato che un am haarez,
semplicemente del vulgus, estraneo al cuore della Torah279 e per di pi
pazzo280. Perci lignorante per denizione colui che pu anche conoscere la Torah scritta e quella orale ma non si mai piegato al servizio
dei maestri. Quando poi in Sifre Deuteronomio alcuni capi-scuola vengono
paragonati alle grandi gure di Israele, come Mos, di loro si dice che
vissero tanto quanto lui, centoventanni: tre tappe di un quarantennio ciascuna e una di queste era stata interamente consacrata allapprendimento
della Torah servendo i maestri281. Sono gli anni che precedono gli ultimi quaranta da questi dedicati alla guida del popolo ebraico; come a dire
che necessario questo lungo tirocinio di servizio per arrivare alla piena
maturit282. Shimeon ben Jochai, proprio commentando il citato testo di
2Re 3,11 richiama lattenzione su come nel testo non si enfatizzi lo studio quanto il servizio e questo perch pi importante il servizio [dei
sapienti] della Torah che il suo studio283.
Wonder, Worker and Magician. Scholar, Saddiq and Hasid, REJ 158 (1999) 349-384.
190
M. M. MORFINO
191
diatriba halakika con Aqiba, si veda J. Gereloff, Rabbi Tarfon. The Tradition, the Man, and
Early Rabbinic Judaism, Missoula MN 1979. La sua identicazione con il Tryfon di cui
parla Giustino di Nablusa dubbia: M. Freimann, Die Wortfhrer des Judentums in den
ltesten Kontroversen zwischen Juden und Christen, MGWJ 55 (1911) 555-585.
291. Sifre Numeri 75. Cf. anche pYebamot 1,6.
292. Cf. bChagiga 14a.
293. BBerakot 32a, ove, sulla bocca di R. Yirmeyah troviamo il detto: La questione dipende forse dallet? [No], dipende dal ragionamento.
192
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Lungo, probabilmente per la sua considerevole altezza che torna in patria, laccoglienza
non certo entusiatica: cf. bShabbat 108a; pPea 6,3; pSota 9,2. Abba Arika pi noto
come Rav, discepolo di Jehudah ha-Nasi e fondatore, secondo una tradizione gaonica della
celebre accademica talmudica di Sura, presso lEufrate (200 d.C.): cf. B.M. Lewin, Iggeret
Rab Scherira Gaon, Frankfurt/M. 1920 (rist. Jerusalem 1972), 78-81. vero tuttavia che
non mancano, per contro, espressioni davvero cariche di positivit: cf. bChullin 59a.
297. Cf. bYebamot 84a; bShabbat 10,5; Menachot 72a.
298. Levi bar Sisi, Tanna della quinta generazione, da non confondere con laggadista Amora Rabbi Levi della terza generazione degli Amoraim palestinesi. Cf. Bacher, Die Agada der
palstinischen Amorer, II, 530-536.
299. Cf. bMakkot 10a. Cf. anche bYebamot 9a.
300. Yirmeyah bar Abba, della seconda generazione di Amoraim babilonesi, viene indicato
nel Talmud babilonese come R. Yirmeyah bar Wa o, ancor pi succintamente, R. Y.
301. Discepolo di R. Shemuel, della terza generazione amoraica babilonese.
302. BBaba Batra 23b, espressione che caus allincauto e poco ne maestro lesclusione
dalla bet hamidrash. Si vedano anche i testi riportati in pNedarim 9,3; bPesachim 34b e
bZevahim 60b.
303. Issi labbreviazione di Josef. Si tratta, verosimilmente, di Issi il Babilonese, discepolo
di Eleazar ben Shammua, anche se, per bPesachim 113b pu essere identicato con altri.
Rimando per la problematica a Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 373-376 e J. Neusner,
A History of the Jews in Babylonian, I, Leiden 1965, 138-139, 188-190.
193
Rabbi Nathan, 203, nota 22, tali maestri, non solo avrebbero la vita decurtata, ma profanerebbero con queste ingiurie vicendevoli, lo stesso Nome di Dio.
305. Amora babilonese della terza generazione. L. Bank, Rabbi Zeira et Rab Zeira, REJ
38 (1899) 47-63, distingue tre maestri con questo nome: due babilonesi (il discepolo di R
Jehudah e un contemporaneo di Rabba) e uno palestinese. Cf. anche Bacher, Die Agada der
palstinischen Amorer, III, 1-34.
306. BMegillah 28a.
307. O riferito alla stessa scuola o riferito al medesimo argomento trattato.
308. BQiddushin 30b. Cf. anche bSota 40b.
309. Cf. PA 1,15; Berakot 35b; pBerakot 9,8,14.
310. Cf. pPea 1,1,15c. R. Shamuel bar Nahman, a nome di R. Yonatan insegna: Coloro
che si danno allo studio della Torah durante la notte sono considerati dalla Scrittura come
se avessero partecipato al servizio del Tempio: bBerakot 35b. Cf. anche bChullin 133a.
311. Cf. pBerakot 9,8,14.
312. Cf. Berakot 35b; pBerakot 1,5,3ab; Sanhedrin 99ab e Sifre Deuteronomio 11,14.
194
M. M. MORFINO
195
316. PA 3,9.
317. BAvoda Zara 3b.
318. Cf. Mello, Detti di Rabbini, 107.
196
M. M. MORFINO
lavoro da fare e non disturbato dai rumori che fanno gli altri. Proprio per
questo, se uno volge il suo cuore a vanit si rende mortalmente colpevole,
perch ha perso unoccasione di avere dei pensieri chiari ed esatti, e ha
distolto la sua mente dal ruminare le parole della Torah319. I giorni di festa
devono essere soprattutto riempiti da questo studio320 e addirittura la stessa
recita dello Shema non pu essere causa sufciente per interrompere lo
studio321. Non solo labbandono ma la stessa interruzione dello studio
considerata vero peccato322. Non solo: studiare ad ore precise conduce a
rompere lAlleanza323. Uno scrittore ecclesiastico che ha avuto a che fare
con il mondo rabbinico, Origene324, registra con ammirazione: Paene indesinenter Legem meditantur325 e Videmus plurimos Judaeorum ab infantia
usque ad senectutem semper discentes326.
1.5. Uno stile di vita perch le parole della Torah tutta intera siano con lui
La nona condizione ridimensiona drasticamente ogni stile di vita allinsegna della sregolatezza e della supercialit divagata: poche preoccupazioni
mondane. E per poter fare ci necessario occuparsi di pi della Torah:
A colui che accetta il giogo della Torah327, il giogo del Regno, il giogo
319. Cf. Mello, Detti di Rabbini, 104.
320. Cf. Pesachim 63b e Besa 15b.
321. Cf. PA 3,7 e anche Menachot 99b.
322. Cf. ARN A 36,8 e 41,2; Chagiga 1,7.
323. Cf. pBerakot 9,8,14.
324. Per le connessioni tra Origene e il mondo giudaico rimando a M.M. Morno, Lele-
zione divina negli scritti di Origene sul Cantico dei Cantici, nel Targum Shir haShirim e
nel Shir haShirim Rabbah, Cagliari 1993; Ermeneutica biblica ecclesiale e sinagogale a
confronto. Rassegna bibliograca per uno status quaestionis sui contatti tra mondo giudaico
e Chiesa patristica nei primi tre secoli con particolare riferimento alla polemica tra Origene
e la Sinagoga sul Cantico dei Cantici, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna IV (1995) 75-136; Conitto interpretativo sul Cantico dei
Cantici? Un confronto intertestuale tra le due Omelie e il Commento di Origene al Cantico
e il Targum Shir hashirim e il Midrash shir hashirim Rabbah e Zuta I, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna X (2001) 115-210; Conitto interpretativo sul Cantico dei cantici? Un confronto intertestuale tra le due Omelie e
il Commento di Origene al Cantico e il Targum Shir hashirim e il Midrash shir hashirim
Rabbah e Zuta II, Theologica & Historica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della
Sardegna XII (2003) 27-76.
325. Cos in Sele. in Ps Hom. 5, 3; PG 1361.
326. Cos nella Hom. Rom. 2,14; PG 14,915.
327. Pagine molto belle sul giogo della Torah e del Regno in Urbach, The Sages, 400-419.
197
delle preoccupazioni mondane saranno risparmiate328, ed sempre urgente limitare le attivit nei propri affari e studiare la Torah329. Lattitudine
allimpegno diuturno di coloro che si colgono depositari di tale ricchezza
, perci, spinta ulteriormente sul piano concreto della vita. Per Rabbi
Shemaja non vi dubbio: il lavoro, la sobriet-riservatezza e il fuggire le
preoccupazioni mondane conservano il saggio nella sua saggezza, mentre
colui che fa la fatica di apprendere la Torah ma per questa conoscenza si
inorgoglisce, paragonato alla carogna puzzolente che i passanti, tappandosi il naso, fuggono.
Ama il lavoro, odia la grandezza e non farti conoscere dalle autorit330.
Ama il lavoro: questo insegna che un uomo deve amare il lavoro e non dovrebbe mai detestarlo. Perch come la Torah fu data con un patto, anche il
lavoro stato dato con un patto, come sta scritto: Per sei giorni lavorerai,
compiendo ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno Sabato per il Signore tuo
Dio (Es 20,9)331. Rabbi Aqiba dice: Ogni volta che luomo lavora liberato
dalla morte, mentre ogni volta che non lavora reo di morte di fronte al
tribunale celeste332. Rabbi Shimeon ben Eleazar dice: Neppure il primo
uomo gust qualche cosa prima di aver lavorato, come sta scritto: E [il
Signore] lo pose nel giardino di Eden, per lavorarlo e per custodirlo. Solo
dopo aggiunge: Di ogni albero del giardino potrai mangiarne liberamente
(Gen 2,15-16)333. Rabbi Tarfon dice: Anche il Santo sia benedetto non
fece riposare la Shekinah sopra Israele no a che questi non ebbe lavorato,
come sta scritto: Mi faranno un Santuario e io dimorer in mezzo a loro
(Es 25,8)334. Odia il potere. In che modo? Rabbi Aqiba dice: Colui che si
insuperbisce delle parole della Torah a che cosa assomiglia? Ad una caro328. Cos insegna R. Nehemia b. Ha-Qana (?) della prima generazione dei Tannaim. Cf.
198
M. M. MORFINO
gna [nevela] abbandonata sulla strada. Tutti coloro che passano si tappano
le narici, si allontanano da quella e se ne vanno, secondo quanto scritto: Se
tu agisci stoltamente [navela] insuperbendoti e se hai dei cattivi pensieri,
poni la tua mano sulla tua bocca (Pr 30,32)335. Ben Azzay gli risponde:
Interpreta questo testo secondo il suo contesto! Se un uomo si umilia [menivel] davanti alle parole della Torah, mangia datteri secchi, indossa abiti
sporchi e si siede vegliando alla porta dei saggi, tutti coloro che passano
dicono: Questo matto! Ma alla ne tu troverai che le parole della Torah
tutta intera sono con lui Scendi per salire e sali per scendere. Colui che
si inorgoglisce delle parole della Torah nir con lessere umiliato ma chi
si umilia per le parole della Torah nir per essere esaltato336.
Partendo dalla radice naval, Aqiba e Ben Azzay giocano sullidea contraddittoria dellumiliazione associata allesaltazione, ci che R. Yose riassume con il detto di sapore evangelico. Insuperbirsi per la Torah studiata
e appresa che poi il segno eloquente di colui che pu anche sapere ma
non vive non solo viene presentato come del tutto sconveniente ma assimila linadempiente alla carogna fetida che tutti, forzatamente, fuggono337.
Nulla pi del malakah, del lavoro, aiuta a fuggire la vacua mondanit:
Israele ha ricevuto lordine di lavorare durante sei giorni e, allo stesso
modo, ha ricevuto lordine di riposarsi il giorno di Sabato338 e perci,
secondo il quasi paradossale insegnamento di R. Yehudah ben Batyra339,
colui che non ha lavoro bene che si dia da fare anche in un campo sterile,
piuttosto che stare in ozio340. Ecco perch ogni maestro aveva un proprio
lavoro: Hillel era taglialegna, R. Jehudah panettiere, R. Jochanan calzolaio,
335. Verso abbastanza oscuro come prova scritturistica per il procedimento midrashico. Si
199
200
M. M. MORFINO
no a che passa il momento della recita dello Shemaa, diventa ozioso nello
studio della Torah352, come detto: Il pigro dice: c un leopardo per la
strada, un leone si aggira per le piazze! La porta gira sui cardini, cos il pigro sul suo letto (Pr 26,13-14). Il vino di mezzogiorno. Questo insegna che
uno non deve desiderare di bere vino a mezzogiorno. Perch se un uomo
beve vino a mezzogiorno diventa ozioso nello studio della Torah, come
sta scritto: Guai a te, o terra, che hai per re un ragazzo, e i cui prncipi
banchettano sin dal mattino (Qo 10,16). E al contrario sta scritto: Beata te,
o terra, che hai per re un uomo libero, e i cui prncipi mangiano a tempo
debito, per rinfrancarsi e non per ubriacarsi (Qo 10,17). Le chiacchiere
dei bambini. Questo insegna che uno non deve programmare di studiare a
casa sua. Perch se uno sta a casa sua a studiare, nisce che chiacchiera
con i gli e con le persone di servizio, e diventa ozioso nello studio della
Torah, mentre sta scritto: Questo libro della Torah non dovr mai separarsi
dalla tua bocca, ma vi mediterai giorno e notte (Gs 1,8). La frequentazione
dei posti in cui si raccoglie la gente ignorante. Questo insegna che uno non
deve sedersi di proposito con coloro che bighellonano a tutti gli angoli delle
strade. Perch se uno si siede con coloro che bighellonano in tutti gli angoli
del mercato, diventa ozioso nello studio della Torah, come sta scritto: Beato
luomo che non cammina nel consiglio degli empi, e sulla via dei peccatori
non sosta, ma nella Torah del Signore si compiace (Sal 1,1-2)353.
Questi detti sono cementati tra loro dal richiamo martellante alla sobriet come indispensabile porta per entrare nella Parola di Dio e quindi
per diventarne discepoli e maestri credibili. Di pi. Il Midrash paragona
coloro che si astengono dalle diverse slabbrature esistenziali agli stessi
angeli del servizio che hanno familiarit con Dio stesso. La passione per
la Torah deve risvegliare il saggio allaurora e questi non deve concedersi
pi del dovuto al suo giaciglio. Il rigirarsi nel letto immagine plastica
associata alla porta che gira sui suoi cardini e tratta dalla prova scritturistica
(Pr 26,14) tradisce la vera identit di costui: non certo saggio ma azel,
pigro. Il cercare e il vedere Dio certamente il desiderio pi pungente del
cuore delluomo, basti pensare con quale accento si parla di tale desiderio nel Salterio. Ma questa ricerca e questa visione non possono avvenire
comunque354. Lastenersi da bevanda inebriante ha la stessa motivazione:
352. Berakot 1,2 pone infatti in relazione lo Shemaa con lo studio della Torah.
353. ARN A 21,2.
354. Vedere Dio e cercare il suo volto: due temi che corrono per intero tutta la Scrittura. Cf.
201
stesso ne il Maestro: PA 2,12 disponiti ad imparare la Torah perch non tua propriet.
356. Sifre Bamidbar 18,20.
357. Sotah 22a; Qiddushin 82b; Genesi Rabbah 49,4; Sifre Bamidbar 15,31; Qohelet Rabbah 5,7; Sifre Deuteronomio 32,2.
358. Addirittura la perdita della vita futura: PA 4,6; Chagiga 1,7; Beza 15b; Berakot 55a;
Sifre Deuteronomio 11,13.
359. Pane e sale indicano il pasto del povero: Berakot 2b.
360. PA 6,4. Cf. anche bJebamot 15b e bBerakot 63b.
202
M. M. MORFINO
di sudore sono beneche al corpo: il sudore dellinfermo, il sudore del bagno [di vapore] e
il sudore del lavoro: ARN A 41,5.
363. Sifre Deuteronomio 11,21.
364. Chagiga 15b.
365. Cf. PA 1,1. Questo testo ebraico viene spesso tradotto Mos ricevette la Torah al
Sinai. Il testo dice qjbl twrah e non qjbl t htwrh: Mos ricevette Torah al Sinai. Il
concetto di Torah, in tal modo, volutamente lasciato spalancato a molteplici possibilit.
Per ulteriori precisazioni e approfondimenti bibliograci sulla Torah shebe alpeh rimando
a Morno, Siepe alla sapienza il silenzio, 516-517.
366. Cf. Schlatter, Jochanan b. Zakkai, 15-16, 24-25.
367. Impossibile riportare anche una sola parziale silloge di queste consulenze di cui
son richiesti i maestri nelle molte pagine degli scritti sinagogali. Si vedano le pagine di A.
Bchler, Types of Jewish-Palestinian Piety from 70 B.C.E. to 70 C.E. The ancient Pious
Men, London 1922, 9ss (rist. New York 1968).
368. Celebri rabbini dicono di s che se tutto il cielo si tramutasse in pergamena e se tutta
lacqua del mare diventasse inchiostro, tutto ci non risulterebbe ancora sufciente per
mettere per iscritto la scienza da essi conosciuta. Cf. Cantico Rabbah 1,20 e Bacher, Die
Agada der Tannaiten, I, 24ss e 100.
203
Non fa perci meraviglia che al Sommo sacerdote369 vengano allora preferiti Rabbi Shemaya e Rabbi Abtalion370.
Eloquenti, circa tale ducia da avere nei saggi, sono i testi che prepongono lobbedienza, la cura, il rispetto, la deferenza al proprio moreh,
il maestro, addirittura prima che al proprio horeh, il proprio genitore371,
perch chi ha insegnato la Scrittura introduce nel olam habba, nel mondo futuro, quello che viene, mentre chi d la luce sica introduce in un
mondo caduco372 e perch vero padre non chi d la vita ad una persona, ma chi lo educa373. Rabbi Eleazar b. Shamua pone il timore/rispetto
al proprio maestro addirittura sullo stesso piano del timore/rispetto del
Cielo374 e non onorare il proprio maestro equivale a profanare il Nome375
ed perci considerata colpa gravissima376. Addirittura il sapiente ha la
precedenza sul re di Israele: se un sapiente muore non ce n un altro
eguale, ma se muore un re di Israele ogni ebreo potrebbe diventare re377.
una ducia, quella dovuta ai maestri, che in Aqiba rasenta laudacia:
369. Se si trattasse di Aristobulo, della famiglia degli Asmonei, o di qualche altro nominato
204
M. M. MORFINO
Tu temerai il [ta]378 Signore tuo Dio. Tale segno indica linclusione dei
discepoli dei saggi379.
1.7. La Parola ha un prezzo
Undicesima condizione la sopportazione delle sofferenze: per lacquisizione della Torah, in ogni modo, vanno messe in conto sofferenze. La
Parola ha un prezzo e il saggio sa che i grandi regali che Dio ha fatto
ad Israele sono giunti e raggiunti sempre attraverso laccoglienza delle
sofferenze. la prova, per luomo, della sua autentica volont di vedere
Dio. Il tema della preziosit della sofferenza assai fecondo nella letteratura rabbinica. Nella Mekilta de-Rabbi Ishmael ad Es 20,23 detto:
Cos dice Giobbe: Il Signore ha dato e il Signore ha tolto: sia benedetto
il nome del Signore (Gb 1,21): per il bene cos come anche per il male che
si sono ricevuti. Gli disse la moglie: Rimani ancora fermo nella tua integrit? Maledici Dio e muori! (Gb 2,9). Ma Giobbe le rispose: Tu non sai
quello che dici! (Gb 2,10). Gli uomini della generazione del diluvio, che si
comportarono male nel tempo del benessere, dovettero subire malvolentieri
il castigo che venne su di loro. Gli uomini di Sodoma, che si comportarono
male nel tempo del benessere, dovettero subire mal volentieri il castigo
che venne su di loro. Ma noi che ci siamo comportati bene nel tempo del
bene, non dobbiamo forse accettare volentieri il tempo del male? Per questo le rispose: Tu non sai quello che dici! Se da Dio accettiamo il bene,
non dovremmo accettare anche il male? Non solo: luomo, anzi, dovrebbe
rallegrarsi di pi per le sofferenze che per il benessere, poich se anche
uno stesse tutta la vita nel benessere, questo non signica affatto che i
suoi peccati siano stati perdonati. Che cosa, invece, pu dargli il perdono
dei propri peccati? Le sofferenze. Rabbi Eliezer ben Jaakov dice: scritto: Figlio mio, non disprezzare il castigo del Signore (Pr 3,11). Per quale
motivo? Perch il Signore prova colui che ama, come un padre il glio in
cui si compiace (Pr 3,12). Se ora, meditando su questo testo ti domandi
che cosa abbia fatto s che il padre si compiacesse in questo glio, devi
dire: sono le sofferenze. Rabbi Meir380 dice: Riconosci in cuor tuo che il
378. La particella ebraica intraducibile, esponente dellaccusativo.
379. BPesachim 22b.
380. Uno degli ultimi discepoli di Aqiba, della terza generazione di Tannaim, era stato
precedentemente alla scuola di R. Ishamel e, in seguito di R. Elisha ben Abuja. Famoso aggadista e specialista di Halakah. Citato ben 330 volte nella Mishnah. Cf. Bacher, Die Agada
205
Signore tuo Dio ti corregge come un uomo corregge suo glio (Dt 8,5). Il
tuo cuore riconosca le opere che hai fatto e le sofferenze che Io ho fatto
venire sopra di te, perch le sofferenze che ho fatto venire su di te non sono
commisurabili con le opere da te compiute. R. Jos ben Jehudah dice: Sono
preziose le sofferenze, perch il Nome del Maqom381 si posa sopra colui che
colpito dalle sofferenze, come sta scritto: Il Signore tuo Dio ti corregge
(Dt 8,5). R. Shimeon ben Jochai dice: Sono preziose le sofferenze perch
i tre grandi doni che furono fatti a Israele e che ogni popolo della terra
desidera non furono fatti se non a prezzo delle sofferenze. Questi sono:
la Torah, la terra di Israele e il mondo futuro. Da dove si ricava questa associazione alle sofferenze per quanto riguarda la Torah? Poich sta scritto:
Proverbi di Salomone, glio di Davide, re di Israele, per far conoscere la
sapienza e il castigo, per far capire i detti della conoscenza (Pr 1,1-2). E sta
anche scritto: Beato luomo che tu correggi, Signore, e che istruisci nella
tua Torah (Sal 94,12) R. Nehemia dice: Sono preziose le sofferenze,
perch, come i sacrici espiano il peccato, cos anche le sofferenze espiano
il peccato. Cosa si dice, infatti, a proposito dei sacrici? Il suo sacricio
sar in espiazione per lui (Lv 1,4). E che cosa si dice a proposito delle
sofferenze? Quando dovranno lasciare la terra espieranno la loro colpa
(Lv 26,43). Non solo, ma anzi le sofferenze espiano il peccato pi che i
sacrici. Per quale motivo? Perch i sacrici toccano luomo unicamente
nei suoi beni, le sofferenze, invece, nel suo corpo. Cos infatti scritto:
Pelle per pelle: tutto ci che gli appartiene luomo lo dar per la sua vita
(Gb 2,4). Un tempo, quando R. Eliezer era ammalato, vennero a rendergli
visita i quattro anziani: R. Tarfon, R. Jehoshua, R. Elazar ben Azarja e R.
Aqiba. Parl R. Tarfon e disse: Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso del
sole, perch il sole fa luce solamente in questo mondo, mentre tu ci hai fatto luce in questo mondo e sul mondo che viene. Parl R. Jehoshua e disse:
Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso che le gocce della pioggia, perch le
gocce della pioggia danno vita solamente in questo mondo, mentre tu ci
hai dato la vita in questo mondo e nel mondo che viene. Parl R. Elazar
e disse: Rabbi, per Israele tu sei pi prezioso di un padre e di una madre,
perch un padre e una madre portano luomo alla vita di questo mondo,
mentre tu ci hai portato alla vita del mondo futuro! Parl R. Aqiba e disder Tannaiten, II, 1-69; N.G. Cohen, Rabbi Meir. A Descendant of Anatolian Proselytes.
New Light on His Name and Historical Kernel of the Nero Legend in Gittin 56a, JJS 23
(1972) 51-59 e R. Goldenberg, The Shabbath-Law of Rabbi Meir, Missoula MN 1978.
381. Cos Genesi Rabbah 69 spiega questo epiteto di Dio: Perch Dio viene chiamato
Luogo? Perch Egli il luogo del mondo ma non il mondo suo luogo.
206
M. M. MORFINO
con le focacce di frutta secca (ahishot); con due fuochi (ishot), il fuoco del Moria e il fuoco
del roveto Rinfrancatemi con mele: queste sono le parole della Torah, il cui sapore
squisito come quello delle mele: Pesiqta de-Rabbi Kahana 12,2.
383. Si veda anche bSanhedrin 101a e bBerakot 5a.
384. Misericordia della quale luomo non pu mai dubitare: nemmeno quando ha la lama
della spada sul collo: bBerakot 10b.
385. BSanhedrin 39a.
207
Il Signore prova i giusti. Cos come un uomo che abbia due buoi, uno
sano e uno malato, su quale dei due porr il giogo? Su quello sano386. E,
daltra parte, le sofferenze sono preziose, perch suo tramite gli esseri
umani raggiungono il mondo futuro387. E.E. Urbach ha evidenziato come
i primi Amoraim fecero la distinzione tra due tipi di sofferenza: quella che
non nasce dal peccato o sofferenza per amore e quella invece dovuta
al peccato, che, al contrario, non sofferenza per amore388. Coloro che accettano la sofferenza con amore e volentieri, fanno entrare la salvezza nel
mondo389. per bocca di Rabbi Jochanan che ci vengono tramandati i criteri che contraddistinguono la sofferenza per amore: quando il discepolo
non interrompe lo studio della Torah e la preghiera, pur attanagliato dalla
sofferenza, si tratta di una sofferenza per amore390. Alcuni insegnamenti
degli Amoraim palestinesi mettono a fuoco questo sentire. A nome di R.
Chisda e di R. Raba391 detto: Se un uomo visitato dalla sofferenza, che
esamini le sue azioni, secondo il versetto: Esaminiamo e proviamo i nostri
comportamenti e ritorniamo a YHWH! (Lm 3,40). Se dopo essersi esaminato non trova [in s] alcuna colpa, attribuisca la sua pena alla negligenza
nello studio della Torah, come suggerito dalla parola: Felice luomo che
Tu castighi, YHWH, e che istruisci con la tua Torah (Sal 94,12). Se f questo e ancora non trova in s alcuna colpa, si tratta sicuramente di sofferenza
per amore, come detto: YHWH castiga colui che ama (Pr 3,12)392.
Se da una parte vi sono molti insegnamenti di maestri che bramano
la sofferenza e istillano ai propri discepoli uguale desiderio393, ve ne sono
altri che, in nome della Halakah aborriscono la ricerca suppletoria di sof386. Genesi Rabbah 22.
387. Genesi Rabbah 9,8; Levitico Rabbah 29,3; bQiddushin 4,14. Cf. anche bSanhedrin
101a. Si vedano De Benedetti, Ci che tarda avverr, 109-11 e D. Malki, Le Talmud et ses
matres, Paris 1972, 155-162.
388. The Sages, 446.
389. Cf. bTaanit 8a e bBerakot 5ab.
390. TBaba Mezia 3,25; bBaba Mezia 3,58b. Cf. anche bShabbat 33a circa lidropisia di R.
Abbaye come motivo della sua sofferenza e non il peccato.
391. Il nome completo Raba bar Josef bar Chama, discepolo di R. Nachman e R. Josef.
Oper a Machoza, sul Tigri. Il Talmud Bably dedica ampio spazio alle dispute halachiche che
ricorrono tra lui e R. Abbaye. Cf. Stemberger, Introduzione al Talmud e al Midrash, 134.
392. BBerakot 5a (si veda anche 5b) e Genesi Rabbah 9,8.
393. Cf. ci che riguarda R. Aqiba che spinge allastinenza i suoi: PA 3,13 o pNedarim 8,1,
dove R. Jochanan f voto di digiunare no a quando non porti a termine lo studio di un
capitolo o di una parasha o ancora, in bQiddushin 81b dove R. Chiyya bar Ashi, discepolo
di Rav, si impone uno stile di vita cos spartano da giungere prematuramente alla morte.
208
M. M. MORFINO
209
nellIntroduzione, sulla povert, riportiamo il testo di Chagiga 96: LEterno guard tra tutte
le buone qualit da dare a Israele e non trov nulla di meglio della povert. Cos gli altri
dicono: la povert si addice a Israele come una briglia rossa a un cavallo bianco.
402. Cos il commento di Duran, in Mello, Detti di Rabbini, 57. Cf. ARN B 45,2.
403. ARN A 7,2. In Berakot 58b tale generosit e larghezza vengono attribuite anche a
Rabbi Huna.
210
M. M. MORFINO
della Parola: Dio dice a Israele: Figli miei, ogni volta che date sostentamento al povero,
io lo considero come se aveste dato sostentamento a me. Forse Dio mangia e beve? No,
ma ogni volta che voi date cibo al povero, Dio lo conta come se aveste dato cibo a lui:
Midrash Tannaim 83 (D. Hoffmann, Midrash Tannaim zum Deuteronomium, Berlin 1908;
rist. Jerusalem 1984).
407. Cf. M. Jastrow, Sefer Milim. Dictionary of the Targumim, Talmud Bably, Yerushalmi
and Midrashic Literature, Philadelphia 1903 (rist. New York 1985), 1180.
408. ARN A 7,3.
211
entra pure. E prima che abbia tempo di entrare, una tavola gi imbandita
davanti a lui. E mentre entra, mangia e beve, benedicendo il Nome del
Cielo409, il padrone di casa ne riceve una grande soddisfazione410.
La sentenza di PA 1,5 e quelle di ARN A 7 e B 15, saldano insieme due
caratteristiche del saggio: laccoglienza verso tutti, soprattutto i poveri che
devono essere trattati come familiari e lumilt411. Il testo sopra riportato
si commenta da solo. I detti mettono in concorrenza Abramo e Giobbe,
quasi in una gara di benevolenza illogica e pienamente gratuita verso chiunque si presentasse nella propria casa. Sappiamo come la Scrittura e la tradizione giudaica presentano Abramo e Giobbe come campioni di fede e di
obbedienza alla parola di YHWH412. Se vero che la casa del saggio una
casa sempre spalancata ai sapienti, a chi studia, conosce e ama la Torah413,
anche altrettanto vero che questa stessa casa, proprio perch casa dove la
Torah ha trovato asilo, non pu che essere ugualmente aperta ai poveri e ai
viandanti, come la casa di Abramo, come la casa di Giobbe. E il trattamento
che l si riserva ai poveri ha una connotazione quanto mai importante: si
tratta di vera condivisione, di una vera solidariet414. Lattenzione a chi
nel bisogno si fa addirittura preveniente: le porte aperte sui quattro lati
della casa, le case costruite lungo la strada e piene di ogni cosa necessaria
409. E quando il povero messo in condizione di non potersi pi avvicinare ad una casa,
anche se il proprietario fosse stato precedentemente considerato pio, pu solo essere considerato empio: Esisteva un uomo pio che si intratteneva spesso con Elia profeta. Avvenne
che tale pio divenne ricco e cos innalz un muro di cinta intorno alla sua casa. Elia smise
di fargli visita e spieg che il tale, innalzando il muro di cinta, era diventato inavvicinabile
ai poveri che chiedevano aiuto. Era diventato pericoloso anche incontrarlo: bBaba Batra
7b. Si vedano anche le pagine di De Benedetti, La santicazione del Nome, in Id., Ci
che tarda avverr, 180-186.
410. ARN A 7,4. Rabbi Meir dice: Riduci le tue occupazioni e occupati di pi della Torah,
ma sii umile di fronte ad ogni uomo. Se trascuri la Torah, ti imbatterai in molte cose futili
che ti contrarieranno. Ma se ti affatichi nella Torah, ti dar una grande ricompensa: PA
4,12.
411. Cf. S. Safrai, Home and Family, in Safrai - Stern (ed.), The Jewish People in the
First Century, vol. II, 728-792.
412. Cf. Gen 26,5; Gb 1,1 e ARN A 33,1-5; ARN B 43,8.
413. Cf. PA 1,4; ARN B 11.13.
414. Tutta la Torah, secondo bShabbat 31a racchiusa nel comandamento Quello che non
vuoi sia fatto a te, tu non farlo ad altri: Una volta un pagano and da Shammai e gli disse:
Mi converto al giudaismo a condizione che tu mi insegni tutta la Torah, mentre io sto su un
piede solo. Con un bastone in mano Shammai lo scacci immediatamente. Il pagano and
da Hillel e di nuovo espresse il suo desiderio. Hillel lo accolse nel giudaismo e lo istru
in questo modo: Quello che vuoi non sia fatto a te, tu non farlo agli altri. Questa tutta la
Torah. Il resto commento. Va e studia.
212
M. M. MORFINO
per chi liberamente vi entra sono ampiamente eloquenti. E nella casa dove
la Torah diventata legge per tutti, il povero pu essere trattato non pi
e non solo come tale ma come uno di casa, come un familiare, ammesso
pienamente, senza distinzioni o riduzioni alla vita familiare. Il connubio
studio-opere buone davvero una costante di molti testi rabbinici415.
La frequentazione della Parola spinge il saggio a fare la Parola concretamente416. Una casa di gente umile dal padrone ai servi sempre
segno che la Parola di Dio, l, ha il posto che le compete. Quello centrale.
molto interessante notare come la bont sia davvero la cosa importante,
linveramento di ogni gesto di carit. Rabbi Eleazar ha detto: La carit
compiuta perfettamente solo se contiene in s la bont. E i nostri maestri
hanno insegnato: Sotto tre aspetti la bont pi importante della carit:
la carit si pratica con il denaro mentre la bont si pratica con il denaro
e con la propria persona; la carit destinata ai poveri, la bont ai poveri
e ai ricchi; la carit per i vivi, la bont per i vivi e per i morti417. Nel
mondo sono state create dieci cose dure. La montagna dura, ma il ferro
pu spaccarla. Il ferro duro, ma il fuoco pu piegarlo. Il fuoco duro,
ma lacqua pu spegnerlo. Lacqua dura, ma le nuvole la portano. Le
nuvole sono dure, ma il vento pu cacciarle. Il vento duro, ma il corpo
umano pu resistergli. Il corpo umano duro, ma la paura pu spezzarlo.
La paura dura, ma il vino pu cacciarla. Il vino duro, ma il sonno pu
vincerlo. La morte pi forte di ogni cosa, tuttavia la carit libera dalla
morte (Pr 10,2)418.
415. Si vedano anche i testi riportati in Leggere la Bibbia con la vita, 59-72.
416. C un testo molto signicativo in Levitico Rabbah, Qiddushin 25,1: scritto: La
Sapienza [la Torah] un albero di vita per chi ad essa si attiene [per coloro che compiono
il comandamento della Legge] (Pr 3,18). Se diceva: La Torah un albero di vita per coloro
che studiano senza praticare (o: per coloro che studiano senza afancare lattivit di studio
ad un qualche lavoro), non ci sarebbe stata salvezza per Israele. Se diceva: per coloro che
la studiano, non ci sarebbe stata salvezza per Israele, ma dice: tutte le parole della Torah
per metterle in pratica (Dt 27,26). Il termine tekumah, tradotto con salvezza, pu essere
reso anche con sopravvivenza (cf. Monteore - Loewe, A Rabbinic Anthology, 105, nota
1). Lattivit culturale, di studio, per quanto nobilissima e necessarissima e cos in tutte le
fonti non ha in s capacit di salvezza, non pu elargire alcuna sopravvivenza. Il testo lega
la vita, la salvezza, allattenersi alla Torah, non allo studio disincarnato che appare non solo
neutro ma addirittura carico di una valenza negativa, di una forza giudiziale nei confronti di
chi lo pratica senza sfociare nella prassi. Per Israele non ci sarebbe salvezza-continuit nel
momento in cui lattivit di studio si spostasse dallimpegno di vita alla mera speculazione
priva di risvolti vitali. Cos per quanto riguarda la casa che accoglie i sapienti ma non si
cura dellaccoglienza e, soprattutto, dei poveri.
417. Sukkah 49b.
418. BBaba Batra 10a. In questo medesimo testo viene ulteriormente specicato il valore di
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214
M. M. MORFINO
celui qui la nonce, les PA mettent aussi laccent sur la gnalogie, lhistoire interne
en quelque sorte, de la tradition rabbinique. Cest ainsi que le deux premiers chapitres
tracent la chane ininterrompue de la tradition et de la transmission de la Torah, depuis
Mose ai Sina jusquaux tannam contemporains de la distruction du second Temple
Du coup, et puisque ce trait met en scne les matres le plus important de la Michna
destine affermir son autorit et la valeur de sa juridiction. Mais les Pirq Avot sont
aussi une gnalogie dans un sens beaucoup plus large chaque sage enseigne le droit
chemin sa gnration; si bien que chaque propos, ayant sa rsonance singulire,
demande tre situ dans une sorte dhistoire thique. Cette perspective plus large
nous donne peut-tre accs lide dune chane de la tradition, telle quelle est mise
en jeu dans les premiers chapitres; plus quun status idologique, prsent, certes, mais
insufsant pour expliquer lensamble de louvrage, cette histoire interne de la tradition
orale esquisse plutt le rcit dune geste tique, o le droit chemin propre chaque
gnration est ramass et rsum en une formule singulire, par la parole dun sage. Un
peu comme si, au lieu dune histoire dite relle (qui si manifeste aux yeux de tous), il
sagissait dune histoire plus secrte de lintersubjectivit, dploye dans le temps des
gnrations par une mme raison morale, et qui invite aussi chaque nouvelle gnration
poursuivre le rcit en rptant le mouvment qui lame: Smilvitch, Leons des Pres
du monde, 9-10.
427. Cf. Megillah 15a; Chullin 104b e Niddah 19b.
215
216
M. M. MORFINO
eccellente aggadista. Cf. Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 308-321.
436. BSanhedrin 99b.
437. Oppure: questa la parte buona.
438. Troviamo una variante in ARN B 45,10: Ci sono quattro tipi di discepoli. Chi capisce con facilit e difcilmente dimentica. Costui meritevole. Chi capisce con difcolt e
facilmente dimentica. Costui non meritevole. Chi capisce e dimentica facilmente. Il guadagno di costui si annulla con la sua perdita. Colui che capisce con difcolt e difcilmente
dimentica. La perdita di costui si annulla con il suo guadagno.
217
bar Ilai. Cf. Bacher, Die Agada der Tannaiten, II, 366-369 e L. Lewy, ber einige Fragmente aus der Mischna des Abba Saul, Berlin 1875.
440. uno dei grandi ordini o parti in cui divisa la Mishnah.
441. Per Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 202, nota 7, la lettura pi corretta
sarebbe quella uguale ai casi precedentemente considerati.
442. Cf. A 40,4-7.
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M. M. MORFINO
me, alcune tipiche personalit di frequentatori della casa di studio. Allapice della malvagit viene posto colui che non studia e che non permette agli
altri di studiare, anche se poi, a costui, fan corona il millantatore, lostentatore, il menefreghista, il nto umile, il bambino capriccioso imbambolato
dalle perle e dal tozzo di pane ma incapace di mantenere tra le mani n
luno n laltro. Allapice della riuscita, al contrario, posto il pesce del
Mediterraneo: colui che ha studiato e imparato la Miqrah, la Mishnah,
il Midrash, le Halakot e le Haggadot e ha la capacit di spiegarle. Nel
testo, probabilmente, vi un doppio senso443: il Mar Mediterraneo in
questa tradizione letteraria viene chiamato anche Mare grande ham
hgdwl espressione con la quale veniva indicato anche il vasto mare che
il Talmud:
Ci sono quattro tipi di discepoli: colui che desidera studiare e che anche
gli altri studino: il generoso. [Colui che vuole] studiare, ma [vuole] che
gli altri non studino: legoista. [Colui che vuole] che gli altri studino ma
[non vuole] studiare lui: il tipo medio. Secondo altri il comportamento
di Sodoma. [Colui che vuole] non studiare e che neppure gli altri studino:
completamente malvagio. Ci sono quattro tipi tra coloro che frequentano
la bet hamidrash: colui che si pone vicino [al saggio], si siede e prende
parte444. Colui che si pone vicino, si siede e non prende parte. Colui che si
pone lontano, si siede e prende parte. Colui che si pone lontano, si siede e
non prende parte.
[Altri quattro tipi]: Colui che domanda e risponde prendendo parte.
Colui che domanda e risponde senza prender parte. Colui che si siede,
443. Sulla middah del tartey mashma, la regola del doppio senso, cos cara allermeneu-
tica rabbinica rimando alle ricerche di H. Leroy, Rtsel und Misverstndnis. Ein Beitrag
zur Formgeschichte des Johannesevangeliums, Bonn 1968. Sappiamo che tale procedimento
caro non solo allesegesi rabbinica ma anche allAT: K. Fullerton, Double entendre in
the rst Speech of Eliphaz, JBL 49 (1930) 320-374; D.F. Payne, Characteristic Word
Play in Second Isaiah. A Reapprisal, JSS 12 (1967) 207-229; Y. Roth, The Intentional
Double-Meaning Talk in Biblical Prose, I, Tarbiz 41 (1972) 245-254; Y. Hoffman, The
Use of Equivocal Words in the First Speech of Eliphaz (Job IV-V), VT 30 (1980) 114-119.
Una carrellata di esempi biblici sulla paronomasia e sul tartey mashma viene fatta da R.J.
Tournay, Quand Dieu parle aux hommes le langage de lamour, Paris 1982, 113-119.
444. Ysh lw chlq. Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 217, nota 11 traduce:
One takes his place close to [the sage] and is rewarded, cio prende parte alla ricompensa. Smilvitch, Leons des Pres du monde, 270, nota 9 traduce: Sen approcher, sy
installer et avoir parte [ la Torah], vale a dire che ha parte nella Torah. La Navarro Peir,
Abot de Rabb Natn, 253, traduce: se sienta y partecipa, intendendo che questa tipologia
prende parte attiva nello studio della Torah, cosa meritoria in s e degna di ricompensa.
Questultima traduzione pare essere la pi sostenibile tenendo conto del contesto.
219
sta in silenzio e prende parte. Colui che si siede e resta in silenzio senza
prender parte445.
[Spiegazione dei primi quattro tipi di coloro che frequentano le case
di studio]: Colui che si pone vicino [al saggio] e si siede per ascoltare e
studiare. E prende parte. Colui che si pone vicino e si siede, perch dicano:
Vedete, il tale si pone vicino e si siede davanti al saggio! E non prende
parte. Colui che si pone lontano e si siede per comportarsi rispettosamente
davanti a chi pi grande di lui. E prende parte. Colui che si pone lontano
e si siede, perch dicano: Il tale non necessita di un saggio! Non prende
parte.
[Spiegazione degli altri quattro tipi che frequentano le case di studio]:
Colui che domanda e risponde per ascoltare e apprendere. Prende parte.
Colui che domanda e risponde, perch dicano: Il tale domanda e risponde
davanti ai saggi! Non prende parte. Colui che si siede e resta in silenzio
per ascoltare e apprendere. Prende parte. Colui che si siede e tace, perch
dicano: Il tale si siede e tace davanti ai saggi446. Non prende parte.
Ci sono quattro tipi di persone che siedono davanti ai saggi: vi colui
che assomiglia ad una spugna; vi colui che assomiglia al setaccio; vi
colui che assomiglia ad un imbuto e vi colui che assomiglia ad un ltro.
Chi simile alla spugna? lo studente esperto che si siede in presenza dei
sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot. Come la spugna assorbe ogni cosa, cos anchegli assorbe tutto. Chi
simile al setaccio? lo studente intelligente che siede in presenza dei sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot.
Come il setaccio fa passare la farina e raccoglie solo il or ore, anchegli
fa passare le cose spregevoli e raccoglie solamente quelle preziose. Chi
simile allimbuto? lo studente stupido che siede in presenza dei sapienti e
studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot. Come
limbuto fa entrare da una parte e fa uscire dallaltra, cos lui: qualunque
cosa gli mettono nelle orecchie, entra da una parte ed esce dallaltra, una
445. Due testi del medesimo tenore li troviamo in ARN A 41,5 e B 45,10. Nel primo detto:
Ci sono tre categorie di discepoli dei saggi. Colui che domanda e risponde: saggio. Colui
che domanda e non risponde: inferiore al primo. Colui che n domanda n risponde: il
peggiore di tutti. Il secondo recita: Vi sono quattro tipi tra coloro che frequentano la bet
hamidrash: colui che frequenta e mette in pratica: costui il pio. Colui che non frequenta
e non mette in pratica: costui il malvagio. Colui che frequenta ma non mette in pratica:
costui riceve la ricompensa per esservi andato. Colui che pratica e non frequenta. Costui
riceve la ricompensa per la pratica. Cf. PA 5,14.
446. Perch chi lo vede resti ammirato dalla sua umilt (falsa) e lo creda avanti nella via
della saggezza.
220
M. M. MORFINO
dopo laltra scorrono via. Chi simile al ltro? lo studente empio che
siede in presenza dei sapienti e studia la Miqrah, la Mishnah, il Midrash,
le Halakot e le Haggadot. Come il ltro lascia passare il vino e trattiene
la feccia, cos egli lascia passare le cose preziose e non trattiene altro che
quelle spregevoli. Rabbi Eliezer b. Yaqov447 dice di questo un qittuah448,
un corno perforato. Cosa fa una qittuah? come un bambino a cui si
diano delle perle e subito dopo gli si dia il pane. Egli getta via le perle e
si prende il pane. Poi gli danno un coccio di argilla. Getta via il pane e
si tiene il coccio. Alla ne non gli resta in mano che un coccio di argilla.
A proposito dei discepoli, Rabban Gamaliele lAnziano449 ne distingueva
quattro specie: il pesce impuro, il pesce puro, il pesce del Giordano e il pesce del Mediterraneo. Il pesce impuro un glio di poveri che ha studiato
la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot ma non le ha
capite450. Il pesce puro un glio di benestanti che ha studiato la Miqrah,
la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot e le ha capite451. Il pesce
del Giordano uno studioso che ha imparato la Miqrah, la Mishnah, il Midrash, le Halakot e le Haggadot ma non capace di spiegarle. Il pesce del
Mediterraneo invece uno studioso che ha imparato la Miqrah, la Mishnah,
il Midrash, le Halakot e le Haggadot e ha la capacit di spiegarle452.
447. Vi sono due maestri con tale nome e in certi casi difcile distinguerli. Il primo un
Tanna della prima generazione indicato come il Maggiore e trasmette soprattutto tradizioni relative al Tempio. Il secondo discepolo di Aqiba, della terza generazione tannaitica
e fu attivo ad Usha, dopo la seconda rivolta giudaica del 135. Cf. Bacher, Die Agada der
Tannaiten, I, 62-67 e L. Finkelstein, The Pharisees, Philadelphia 1962, 731-734.
448. Di per s il vocabolo signica mutilazione ma qui indica un oggetto concreto. Cf.
Jastrow, Sefer Milim, 1357.
449. Il zaken un Tanna della prima generazione, nipote di Hillel (?) e maestro di Saulo di
Tarso: At 5,34-39. Membro del Sinedrio. Rimando a Neusner, The Rabbinic Tradition about
the Pharisees Before 70, I, 341-376.
450. lopinione della scuola di Shammay: Non si insegner a nessun altro se non chi
intelligente, umile e glio dei Padri (perci escludendo i convertiti). Esiste tuttavia anche
un davar acher, della scuola hillelita: Si insegner ad ogni uomo, poich si sono avuti in
Israele molti peccatori che si avvicinarono allo studio della Torah ed essi hanno avuto una
discendenza di uomini giusti, pietosi e virtuosi: ARN A 3,1. Si veda anche A 15 e B 29
sulle diverse posizioni di queste due scuole.
451. Sul problema del vulgus am haarez incapace di apprendere la Torah, rimando a
Urbach, The Sages, 584-588, 628, 632-639, 642, 644.
452. Testo parallelo lo troviamo in ARN B 45,11: Ci sono quattro tipi di persone che
si siedono davanti ai saggi: imbuto, spugna, setaccio e ltro. Imbuto colui che lascia
scappare da una parte ci che riceve dallaltra. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra
nella casa di studio, ascolta Midrash, Halakah e Haggadah, ma quando esce non si ricorda
pi di nulla. Spugna colui che assorbe tutto. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra
221
nella casa di studio e ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando esce si ricorda, ma
quando tenta di esporre [ci che ha appreso] lo fa in modo del tutto confuso. Setaccio
colui che lascia passare la farina scadente separatamente, il or di farina separatamente e
la pula separatamente. Si riferisce al discepolo dei saggi che entra nella casa di studio e
ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando esce si ricorda e pu esporre ogni materia
separatamente. Filtro colui che non lascia passare altro che feccia. Si riferisce al discepolo
dei saggi che entra nella casa di studio e ascolta Midrash, Halakah e Haggadah e quando
esce non si ricorda pi di nulla ma non dimentica le parole vane che sente.
453. Dialoghi. Secondo Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan, 95, nota 8,
potrebbe avere il medesimo signicato di shichh che troviamo in Sukkah 28a e Baba Batra
134a in relazione con gli studi di Jochanan ben Zakkai. In questi testi talmudici vien detto
che questi impar, tra le tante cose, la lingua degli angeli ministranti shicht, la lingua degli
spiriti o dei demoni ecc. Forse, si potrebbe leggere il termine shichin come linguaggio
criptico, arcano, da iniziati.
454. Parabole o Illustrazione a carattere allegorico: ventiseiesima middah attribuita a
R. Eliezer ben Jose ha-Galili, Tanna della terza generazione. Troviamo queste indicazioni
in diversi passi di ARN, anche se con varianti: nella versione A 8,2; 14,1; 18,1; 28,8; 29,6;
40,6.7. Nella versione B 18,2; 12,2; 28,2; 45,11. Bisogna tuttavia ricordare che questa vastit non dispersiva. Affatto: Bar Kappara spieg: Qual il breve testo dal quale dipendono
tutte le parti principali della Torah? nei Proverbi di Salomone 3,6: In tutti i tuoi sentieri
pensa a Lui ed Egli appianer il tuo cammino: bBerakot 63a. Cf. J. Petuchowski, The
Theological Signicance of the Parable in Rabbinic Literature and the New Testament,
Christian News from Israel 23 (1972) 76-86.
455. Ebn psyps; si tratta di un termine dalle variegate accezioni. Pu essere un blocco di
pietra ben tagliato, un cubo, un dado, un elemento di mosaico ecc. Cf. Jastrow, Sefer Milim,
1196.
222
M. M. MORFINO
appena abbozzato dello stolto, la cui caratteristica, qui, appare appunto lincompletezza.
457. Cf. Gb 21,3.
458. In 37,11 viene riportato il testo di PA.
459. Per i procedimenti tecnici dellesegesi rabbinica rimando alla prima parte di Leggere
la Bibbia con la vita. Abbondante letteratura stata indicata in Siepe alla sapienza il
silenzio, 528-529.
223
credente, una valenza di carattere universale e una solidit normativa insospettata. Citando inne il testo di Nm 27,6-7, al saggio viene proposta una
modellarit quasi inimmaginabile: quella del Santo che sempre disposto
a riconoscere la verit.
Il saggio non parla davanti a chi pi grande di lui in saggezza o in
et. Come Mos, di cui detto: Aronne rifer tutte le parole che il Signore
aveva rivolto a Mos e comp i segni agli occhi del popolo (Es 4,30). Chi
era pi qualicato a parlare, Mos o Aronne? Senza dubbio Mos, perch
Mos ascolt [le parole] dalla bocca dellOnnipotente, mentre Aronne le
ascolt dalla bocca di Mos460. Senza dubbio Mos pens: Come posso
parlare io, dal momento che qui c mio fratello, che pi grande di me?461.
Perci disse ad Aronne: Parla tu! Per questo si dice: Aronne rifer tutte le
parole che il Signore aveva rivolto a Mos (ibidem). Non interrompe il
discorso quando un altro sta parlando. Come462 nel caso di Aronne, del
quale detto: Allora Aronne disse a Mos: Ecco, oggi, hanno offerto il loro
sacricio espiatorio e lolocausto davanti al Signore; dopo le cose che mi
sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacricio espiatorio,
sarebbe piaciuto agli occhi di YHWH (Lv 10,19)? Senza dubbio Aronne
stette in silenzio no a quando Mos non ebbe terminato di parlare e non
gli disse: Accorcia il tuo dire. Solo dopo disse a Mos: Ecco, oggi, hanno
offerto il loro sacricio espiatorio e lolocausto davanti al Signore; dopo
le cose che mi sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacricio espiatorio, sarebbe piaciuto agli occhi di YHWH (Lv 10,19), perci
siamo in lutto463. Secondo altri, Aronne chiam in disparte dalla comunit
Mos e gli disse: Mos, fratello mio, se ad uno che in lutto proibito di
mangiare della decima, che di minore santit464, a maggior ragione sar
460. Se vero che luomo nativamente chiamato allascolto di Dio che parla, anche vero
che Dio tende lorecchio anche al solo sospirare delluomo, nonostante labissale lontananza
tra Dio e la creatura: Dalla terra al cielo c un cammino di cinquecento anni, ma appena
un uomo sospira o magari medita una preghiera, Dio l ad ascoltarlo: Deuteronomio
Rabbah 2,10.
461. Secondo Es 7,7 Aronne era pi grande di tre anni del Legislatore.
462. Cf. Lv 10,16ss. Al v. 7 Mos rimprovera suo fratello: Perch non avete mangiato la
vittima per lespiazione?. noto come il testo di Lv 10,19-20 sia la base scritturistica della
halakah sui sacerdoti in lutto in relazione con lingestione di alimenti consacrati nel culto.
Cf. Sifra 47c-d e Zebahim 101a.
463. Da Lv 10,1-2 sappiamo che ad Aronne vengono a morire due dei suoi gli, fatto, questo, che lo rende impuro per lofferta del sacricio. In ARN B 40,2 il testo pi trasparente:
Aronne non interrompe suo fratello neppure quando questi palesemente in torto.
464. Cf. S. Schechter, The Rabbinical Concept of Holiness, JQR 10 (1898) 1-12.
224
M. M. MORFINO
gra tra parentesi che, in ebraico, iniziano con lespressione tecnica kyws bw: in modo
simile pur senza continuare la spiegazione di PA 5,7 e facendo, invece, il midrash di
Lv 10,16: Mos si sdegn contro Eleazaro e contro Itamar, gli superstiti di Aronne (Lv
10,16). Perci si detto: Quando un uomo offre un banchetto ai suoi discepoli, volter la
sua faccia soltanto verso i pi anziani, ma quando adirato render palese il suo disappunto
solo ai pi giovani, poich scritto: Mos si sdegn contro Eleazaro e contro Itamar. Tuttavia [lespressione i gli di Aronne] insegna che anche Aronne era oggetto della sua collera.
Aronne era pi grande di Mos e il Santo sia benedetto pi grande di Aronne. In tal
caso, perch non parlava con Aronne? Poich non aveva gli che restavano nellinfrazione.
Perch se i suoi gli Eleazar e Itamar fossero rimasti nellinfrazione, non si avrebbe avuto
il peccato di Nadab e di Abiu. Il testo, come si pu ben vedere, non di facile interpretazione. Goldin, The Fathers According to Rabbi Natan, 215 (vedi note 54-55) e la Navarro
Peir, Abot de Rabb Natn, 240, traducono il testo letteralmente. Smilvitch, Leons des
Pres du monde, 254 (cf. nota 38, p. 257) ricostruisce un ipotetico testo ma senza portare
motivazioni probanti: Aaron taint plus grand que Mose et le Saint, bnit soit-Il, est plus
grand quAaron. Dans ce cas, pourquoi ne sest-Il pas directement adress Aaron? [On
rpondit: En vrit, Il sest adress Aaron, car il est crit: YHWH parla Aaron en ces
termes etc. (Lv. 10,8). Oui, rpondit le premier, mais Il ne laurait pas fait si] les ls
dAaron, Nadab et Abhiou ne staint pas tenus en infraction. Dal testo biblico sappiamo che Dio parla direttamente con Aronne solo in Nm 18,18.20 (oltre Lv 10,8 che qui si
commenta midrashicamente). Nella Mekilta de-R. Ishmael a Es 12,1 ci si domanda perch
Dio non parlava direttamente con Aronne e viene detto che il fratello del Legislatore era
adeguato come Mos a ricevere la parola divina ma Dio parlava con Mos per rispetto alla
sua gloria. Laltro paragrafo tra parentesi, introdotto dallespressione kyws bw dice: Allo
stesso modo si pu applicare questo ad Abramo, nostro padre, quando stava pregando per
gli uomini di Sodoma. Il Santo sia benedetto gli disse: Se trovassi in Sodoma cinquanta
giusti, perdonerei a tutta la citt per merito loro (Gen 18,26-32). Era evidente, e noto n
dallinizio, a Colui-che-parl-e-il-mondo-fu che se si fossero trovati in Sodoma anche solo
tre o cinque giusti, la sua iniquit non le sarebbe stata imputata. Tuttavia il Santo sia benedetto aspett che Abramo avesse terminato il suo discorso prima di rispondergli, come
scritto: E quando ebbe nito di parlare con Abramo, il Signore se ne and (Gen 18,33). Se
cos si pu dire, come se gli avesse detto: Scusami, ma ora devo andare. Infatti detto:
E anche Abramo ritorn a casa sua (Gen 18,33).
466. Cf. L. Ginzberg, The Legends of the Jews, V, Philadelphia 1955, 387, nota 33.
225
come sta scritto: Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse:
stato concepito un uomo (Gb 3,1-3). Perisca il giorno in cui mio padre
si un con mia madre, e lei gli disse: Sono incinta. E come sappiamo che
essi non gli risposero disordinatamente467? Poich scritto; Allora Giobbe
riprese e disse (Gb 3,2). Allora prese la parola Elifaz il Temanita e disse
(Gb 4,1). Allora Bildad il Suchita prese la parola e disse (Gb 8,1). E allora
Zofar il Naamita prese la parola e disse (Gb 11,1). E allora Elihu glio
di Barachel il Buzita prese la parola e disse (Gb 32,6). La Scrittura li ha
posti in ordine, luno dopo laltro, per indicare a tutti coloro che vengono
nel mondo che il saggio non parla dinanzi a chi pi grande di lui in sapienza, non interrompe il discorso di un altro e non si affretta a rispondere.
Fa domande pertinenti. Come il caso di Giuda che disse: Lascia venire il
ragazzo468 con me Io mi rendo garante per lui: dalle mie mani lo reclamerai, se non te lo ricondurr (Gen 43,8-9). Chi invece domanda in modo
impertinente Ruben, come sta scritto: Allora Ruben disse a suo padre:
Farai morire i miei due gli, se non te lo ricondurr (Gen 42,37)469. Dice
allinizio ci che va detto allinizio. il caso di Giacobbe470 e, secondo
altri, di Sara471. E dopo quel che viene dopo. Come il caso degli uomini
di Carran472. disposto a riconoscere la verit. Come Mos, di cui si dice:
E YHWH mi disse: Quello che han detto va bene (Dt 18,17)473. E del resto,
il Santo sia benedetto sempre disposto a riconoscere la verit, come
scritto: E YHWH rispose a Mos dicendo: Le glie di Zelofchad dicono
bene (Nm 27,6-7).
226
M. M. MORFINO
Abot de Rabbi Natan, 111, nota 7, si potrebbe trattare di un commento allespressione Dice
allinizio ci che va detto alla ne e alla ne ci che va detto allinizio, ma confessa di non
capire a fondo lintenzione dellespressione aramaica posta in questo punto. Per Saldarini,
The Fathers According to Rabbi Nathan, 239, nota 7, potrebbe essere il commento di uno
scriba per indicare che lordine saggio-stolto doveva essere invertito. Smilvitch, Leons des
Pres du monde, 421, nota 1, ipotizza: cette phrase dit que du sage au niais, le rapport la
parole est totalement invers et qui le niais est intran par une spirale de mots.
227
luogo santo (Lv 10,17)475 Il pi grande di tutti [gli esempi] il Santo sia
benedetto che non interruppe le parole di Abramo, nostro padre la pace sia
su di lui quando pregava a favore degli abitanti di Sodoma. E non pronunci
parola476, ma attese no a quando non termin [di parlare] e alla ne gli rispose
nuovamente, come detto: E YHWH, come ebbe terminato di parlare con
Abramo, se ne and e Abramo ritorn alla sua casa (Gen 18,33). E qui vi
la base per trarre una deduzione: se il Santo sia benedetto cui appartiene
il mondo e quanto contiene, non ha voluto interrompere il discorso di Abramo
nostro padre, si deve concludere a fortiori che un uomo [il cui destino] solo
polvere, vermi e marciume, non ha il diritto di interrompere, quando un altro
sta parlando. Si riferisce a Mos, quando il Santo sia benedetto gli disse:
Ed ora va, ti mando dal Faraone (Es 3,10). Mos disse davanti a lui: Signore
del mondo, Aronne, mio fratello, pi grande di me e io non posso parlare
davanti a lui. Cosa fece allora [Mos]? And e prepar le parole [per Aronne],
come detto: E Aronne spos tutte le parole che YHWH aveva detto a Mos
(Es 4,30). E cos dice la Scrittura: Perdona, mio Signore, e manda per favore
il tuo messaggio attraverso unaltra persona (Es 4,13)477. Essi avevano posto
i loro occhi su Michele che langelo pi grande di tutti478. [Linsipiente] fa
475. In Lv 6,18-22 prescritto che siano i sacerdoti a mangiare la carne sacricata per il
peccato.
476. Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan, 240 traduce il termine mwz come
fosse il participio qal di mz: Non trov [lopportunit per rispondere]: God did not
nd [an opportunity to reply]. Secondo Smilvitch, Leons des Pres du monde, 421, nota
4, tale traduzione si integrerebbe male nel contesto perch sarebbe proprio lidea di opportunit ad essere qui respinta: Lexpression sinsinuer au milieu du propos a donc un objet
double: ne pas interrompre celui qui parle oblige chaque interlocuteur uvrer lui-mme
son discours en lappuyant sur le raisonnement, non sur la faute commise par lautre:
p. 421, nota 3. La Navarro Peir, Abot de Rabb Natn, 396, nota 6, citando Jastrow, Sefer
Milim, 588, opina che il termine potrebbe essere considerato anche hil dalla radice yz, ed
essere inteso come proferir parola. Cf. Arakin 5a.
477. Sullinvio di un angelo da parte di Dio, per rispondere al desiderio di Mos cf. Ginzberg, The Legends of the Jews, II, 325 e V, 422 nota 137.
478. Sappiamo che Michele langelo protettore di Israele, colui che lo guid nel deserto.
Cf. Bereshit Rabbah 48,10; Shemot Rabbah 3,4. Per le referenze cf. Ginzberg, The Legends
of the Jews, I, Philadelphia 1954, 5; 3,17.449; 5,4 nota 8. 415 nota 115. Langelologia, in
ARN, abbastanza sviluppata: A 8,3; 12,6; 13,3; 27,3; 34,5; B 1,3; 23,3; 43,8. Sugli angeli
del servizio si veda: A 1,1.10.12.16-17; 2,7; 3,7; 9,5; 12,4; 13,3; 20,2, 23,1; 31,3; 37,2.3; B
1,12; 8,5; 25,1-2.4; 26,1; 27,6; 34,1; 37,6; 38,2; 42,2; 43,5; 44,6. Sullumilt degli angeli: A
12,6; 34,8. Sui Cherubini: A 27,2. Sui Serani: B 1,3. SullAngelo della morte: A 12,5; 31,5;
B 1,10; 25,2; 25,4. Su Gabriele: A 2,12; 12,6; B 24,3. Su Michele: A 12,6; B 24,3; 40,3.
Su Uriel: A 12,6. Sui Demoni: A 35,1.5; 37,3; B 39,1; 47,4. Sullangelologia negli scritti
rabbinici si veda W. Bacher - M. Schwab, Vocabulaire de lAnglologie, MGWJ 42 (1898)
25-258, 570-72; Tradition und Tradenten, Leipzig 1914; F. Bklen, Die Verwandtschaft
228
M. M. MORFINO
domande fuor di luogo e non risponde a tono479. il caso di Ruben, del quale
si dice: Allora Ruben disse al padre: Farai morire i mie due gli se non te lo
ricondurr (Gen 42,37). Forse che il nostro padre Giacobbe era un assasino?
Certamente non si deve rispondere con parole senza senso Quando qualcuno pronunciava una sentenza convincente davanti a Rabbi Tarfon, questi era
solito dire: Ben detto! Ma quando qualcuno diceva qualche cosa senza senso,
era solito dire: Mio glio non scender con voi (Gen 42,38)480. [Il saggio] fa
domande pertinenti e risponde a proposito. Questo il caso di Giuda, del quale
la Scrittura dice: Giuda disse a Israele suo padre: Lascia venire il giovane
con me; partiremo subito per vivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini.
Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai (Gen 43,8-9). Tratta
prima ci che va prima e dopo ci che va dopo. Come per Rebecca, glia di
Betuel, della quale detto: E disse: Di chi sei glia? Dimmelo. C posto per
noi in casa di tuo padre perch possiamo pernottarvi? Ella rispose: Sono la
glia di Betuel, il glio che Milca partor a Nacor. E soggiunse: C paglia
e foraggio in quantit da noi e anche posto per pernottare (Gen 24,23-25).
Di ci che sa dice: Lo so e di ci che non sa dice: Non lo so. Come il caso
degli uomini di Carran, quando Giacobbe disse loro: Fratelli, di dove siete?
Risposero: Siamo di Carran. E domand loro: Conoscete per caso Labano,
glio di Nacor? Risposero: Lo conosciamo. Disse loro: Sta bene? Replicarono:
Bene (Gen 29,4-6). E se desidera parlare [di lui], ecco la glia Rachele, che
viene con il gregge (Gen 29,6). Riconosce la verit. il caso di Mos, del
quale detto: Mos ud ci, e gli piacque (Lv 10,20). Il Santo sia benedetto
riconosce la verit, secondo ci che detto: E YHWH disse a Mos: Dicono
bene le glie di Zelofchad (Nm 27,6-7). Dicono bene quelli della trib dei gli
di Giuseppe (Nm 36,5). YHWH rispose: Lo perdono secondo la tua parola
(Nm 14,20). Da ci i saggi affermarono: Felice colui le cui parole riconoscono
il Santo sia benedetto . Non si vergogna di apprendere. il caso di Mos,
del quale detto: Mos present la loro causa davanti a YHWH (Nm 27,5).
Non si vergogna di dire: Non lo so. Come di Mos del quale detto: Gli
disse Mos: Aspettate qui, afnch ascolti ci che YHWH ordiner a vostro
riguardo (Nm 9,8).
der Jdisch-Christlichen mit der Persischen Eschatologie, Gttingen 1902; Bonsirven, Le
Judasme palestinien, 222-246; L. Jung, Fallen Angels in Jewish, Christian and Mohammedan Literature, Philadelphia 1926; A. Marmorstein, Anges et hommes dans lAgada, REJ
84 (1927) 37-50; E. Peterson, Von den Engeln. Theologische Traktate, Mnchen 1951; G.
Scholem, Jewish Gnosticism, New York 1965; Urbach, The Sages, 135-183.
479. Si veda il contributo di R.B.Y. Scott, Wise and Foolish, Righteous and Wicked, in
Studies in the Religion of Ancient Israel, Leiden 1972, 146-165.
480. Cf. Genesi Rabbah 91,9.
229
6,2. Si vedano i testi tradotti e commentati in Leggere la Bibbia con la vita, 31-86 e larticolo Lescatologia del Targum di Isaia. Alcuni aspetti, Theologica. Annali della Ponticia Facolt Teologica della Sardegna III (1994) 331-370. Interessanti le righe di Stefani,
Il Nome e la domanda; J. Neusner, Classical Judaism: Torah, Learning, Virtue, 3 voll.,
Frankfurt/M. etc. 1993; How Judaism reads the Torah, 3 voll., Frankfurt/M. etc. 1993.
484. Sullargomento si vedano le ricerche di K. Hruby, Exgse rabbinique et Exgse
patristique, in J.E. Menard (ed.), Exgse Biblique et Judasme, Strasburg 1973, 187-218;
Exgse rabbinique et Exgse patristique, RSR 47 (1973) 341-372; M. Simonetti, Prolo
storico dellesegesi patristica, Roma 1981; M. Smith, Tannaitic parallels to the Gospel,
Missoula MN 1968. Rimando a Morno, Ermeneutica biblica ecclesiale e sinagogale a
confronto, 75-136 e Leggere la Bibbia con la vita, 87ss.
485. Per quanto riguarda lantropologia rabbinica rimando alla ricerca M.M. Morno,
230
M. M. MORFINO
231
Trattandosi evidentemente di un omicidio, il detto intende esemplicare la regola misura per misura. Ma ci che rende signicativo questo
ultimo brano della carrellata che ci eravamo proprosti , ancora una volta,
la relazione della persona con la Torah:
Ancora [Hillel] disse nella lingua di Babilonia494 quattro cose495: Colui
che rende famoso il proprio nome, lo perde. Colui che non si pone a servizio
dei saggi, merita la morte. Colui che non aumenta [le sue conoscenze], perisce. Colui che fa uso della corona in suo favore, si perde. Colui che rende
famoso il proprio nome, lo perde. Come? Questo insegna che la fama di un
uomo non deve richiamare lattenzione delle autorit. Perch se il nome di
un uomo richiama lattenzione, niranno per prenderlo di mira, lo ammazzeranno e gli sottrarranno i suoi beni496. Colui che non si pone a servizio dei
saggi, merita la morte. In che modo? Si racconta che una volta vi era un
uomo di Beth Rama497 che conduceva una vita particolarmente pia. Rabban
Jochanan ben Zakkai gli invi un discepolo per osservarlo. Il discepolo lo
trov intento a prendere dellolio e porlo in un recipiente sopra un focolaio
kyrym per poi versarlo da l in un miscuglio di fave. Gli disse: Che cosa
stai facendo? Rispose: Io sono un sacerdote importante e sto preparando [per
mangiare] lofferta alzata498 in stato di purit. Il discepolo gli chiese: Questo
focolaio puro o impuro? Rispose: Vi forse qualche cosa nella Torah che
494. Cio in aramaico babilonese che, insieme al mandaico e al siriaco, appartiene al ramo
orientale dellaramaico. Essendo poche le iscrizioni in questa lingua, il suo studio non ha
fatto i progressi di altre lingue ad essa imparentate. Tale mancanza non di poco conto,
perch viene a mancare un apporto fondamentale per ristabilire correttamente i manoscritti
in tale lingua, la cui trasmissione pericolosamente turbata da biblicismi e da una marcata
tendenza alla standardizzazione. Una grammatica certamente valida quella curata da J.N.
Epstein, A Grammar of Babylonian Aramaic, Jerusalem 1960.
495. In ARN B 27,7 le cose dette sono invece cinque.
496. Cf. ARN A 11,4 e B 22,4: in ambedue i testi, colui che calamita lattenzione delle autorit o dei furfanti un amico che con la sua eccessiva e forse interessata meraviglia
per labbondanza di beni, richiama lattenzione di pubblici ufciali. Nel primo caso di
un ofciale srdywt e di un generale hgmwn e nel secondo caso dei banditi. Ma il
nale sempre tragico per colui il cui nome, anche suo malgrado, diventato famoso. Per
Jastrow, il termine hgmwn sarebbe la traslitterazione del greco egemon, mentre srdywt altro
non sarebbe che la traslitterazione del greco stratiotes: Jastrow, Sefer Milim, 331 e 1023.
497. In ARN B 27,7 troviamo il toponimo Ramat bene-Amat. Per L. Finkelstein, Mabo leMassekot Abot we-Abot dRabbi Natan, New York 1950, 152, il testo di ARN A riporterebbe
il toponimo originale, cio Beth Ramtah, citt che nel periodo erodiano viene ribattezzata
Livia. Per A. Neubauer, La Gographie du Talmud, Paris 1868, Beth Ramah indicherebbe
una citt vicino Giaffa, mentre il toponimo Beth Ramtah starebbe ad indicare una localit
della Transgiordania vicino a Gerico. Per Saldarini, The Fathers According to Rabbi Nathan,
163, nota 32, il toponimo sarebbe a noi sconosciuto.
498. Anche qui si tratta della terumah. Cf. Nm 18,8ss.
232
M. M. MORFINO
Yehoshua di questo detto: Colui che serve, ma non compie [la Torah], merita la peggiore
delle morti Dissero i saggi: Colui che serve, ma non compie [la Torah], merita la peggiore
delle morti.
500. Nel testo parallelo di ARN B 27,7, a proposito del detto Colui che non aumenta [le
sue conoscenze] perisce detto: Questo per insegnarti che tutto ci che insegna una
sezione della Torah deve apprenderla alla perfezione, perch se non ha studiato in modo
completo nir per dimenticarla.
501. Shem ha-mmeforash. Probabilmente il testo allude allutilizzo, a scopo anatematico, dellespressione Shem ha-mmeforash, impegnata proprio come formula di anatema a benefecio
proprio, come, p.e. in Pirqe de-Rabbi Eliezer 38,6 e 47,3. Certamente la pronuncia del Nome
era posta in uso per compiere miracoli ed proprio contro tale pratica che linsegnamento di
Hillel intende intervenire. Sappiamo che in epoca biblica luso del tetragramma sacro, anche nel
linguaggio corrente, veniva usato probabilmente senza creare particolari difcolt. Allinizio
dellepoca rabbinica si registra un cambiamento: il tetragramma sacro viene pronunciato solo
durante le berakot della preghiera giornaliera e nel Yom haKippur, esclusivamente perci in
ambito sacro. Nel trattato mishnico Sotah 7,6 detto: Fuori del recinto sacro [del Tempio]
lo si sostituisce con un altro [nome]. In Qiddushin 71a troviamo unulteriore precisazione:
ancor prima della distruzione del secondo Tempio, il Nome non viene pi pronunciato in
modo comprensibile dai sacerdoti che non fanno altro che sussurrarlo, s che il Nome venne
coperto dal canto dei suoi confratelli. Anche da Sanhedrin 7,5 sappiamo che il tetragramma
sacro non pu essere pronunciato. Per quanto riguarda la pronuncia originale di esso non sappiamo nulla: allinizio sarebbe diventato insegnamento esclusivo trasmesso in totale segreto
ad uno o due discepoli ogni sette anni, per cadere poi nelloblio e diventare terreno battuto
solo dalla Cabala. In ARN, il tetragramma sacro viene sostituito con le seguenti circonlocuzioni: Colui-che-parl-e-il-mondo-fu: A 1,7; 27,1; 37,13; Cieli: A 5,1; 7,3; 11,2; 14,4;
17,1.7; 25,6; 27,7; 29,5; 38,3; 40,14-15; 41,8; B 10,1.3; 22,5; 26,4; 29,7; 30,2; 32,1; 34,4;
46,1; Maqom (Il Luogo: lOnnipresente): A 1,3.6; 2,2.6.9; 8,6; 9,8; 15,5; 32,2; 34,4; 37,7;
39,4; B 1,11; 2,2-3; 7,3; 8,5-8; 11,4; 13,5; 14,3-4; 18,4; 24,3; 25,2.4; 26,1.4; 29,3.5; 30,1-2;
32,1; 35,3; 36,2.4; 42,3; 45,6-7; Padre-che-sta-nei-cieli: A 17,6; 35,5; 41,8; B 16,3; 48,6;
Geburah (Potenza): A 2,5.8; 35,3; 37,12-13; B 25,2; Re-dei-re-dei-re: A 2,12; 9,4; 15,5;
19,1; 25,2; 27,1; 35,4; B 1,1.3; 27,7; 29,6; 34,5; Signore delluniverso (o del mondo
o dei mondi): A 2,7; 3,7; 4,4.9; 6,10; 7,3; 16,10; 17,3; B 8,7; 25,2; 30,1; 40,3; Signore
di tutte le cose: A 18,2. Sui Nomi e gli attributi di Dio si veda A. Altmann, Attributes of
God, in Encyclopaedia Judaica, VII, Jerusalem 1971, 655-669; Bonsirven, Le Judasme
233
Nella esegesi dellaforisma fatta dallo stesso Hillel in ARN A502 vi ancora
uninterpretazione di detti gi commentati: Colui che non si pone a servizio dei
saggi, merita la morte; Colui che non aumenta [le sue conoscenze], perisce;
Colui che fa uso della corona [della Torah] in suo favore si perde, ripetutamente esemplicati in questi nostri testi da diversi maestri. Su quattro degli
insegnamenti fatti dallenumerazione nella lingua di Babilonia, tre, appunto,
interessano la relazione persona-Parola. Innanzitutto viene chiamata in causa
linsostituibile frequentazione dei maestri o servizio dei saggi che, se
non attuato, diventa per linadempiente motivo di morte (meritata). In secondo
luogo lindispensabile crescita nello studio della Parola: chi si ferma, chi si
accontenta di ci che ha avuto grazia di comprendere e di vivere, chi arrivato
e non v oltre, fallisce il bersaglio. Di pi: perisce. Non si tratta di mantenere
uninstabile stasi ma di un precipitare, di un venir meno. Inne, il servirsi a
proprio uso e consumo, per qualsiasi benecio confessato o inconfessabile della
propria conoscenza della Parola, introduce in unorbita sconosciuta, non pi
familiare: si perde. Mi pare interessante che per tutte e tre queste disattenzioni manchevoli nei riguardi della Torah il midrashista impieghi un vocabolario
tanatologico: meritare la morte, perire, perdersi. Viene indicato cos un
livello di nocivit a troppo alto rischio, appunto quello della morte.
Conclusione
La lettura dei testi n qui fatta ci permette di affermare la veracit dellimmagine iniziale, presa a prestito dalla semitista Mara ngeles Navarro Peir, di
trovarci veramente davanti a un cajn de sastre una cassa di sarto della
letteratura aggadica, stracolma di preziosit contenutistiche ed espressive di
ogni tipo. Partendo obbligatoriamente da PA, passando allindividuazione degli
assi tematici di ARN, entrando nellaffascinante, colorato e quasi misterico
mondo delle enumerazioni, spiegate e lette alla luce di altre pagine della
produzione letteraria rabbinica, crediamo di poter meglio comprendere ci
che Rabbi Tarfon afferma riguardo alla Torah e al suo studio, a coloro che la
insegnano e a coloro che lapprendono: Non ti allontanare dalla misura che
non ha misura e da quella realt che non ha ne!503.
palestinien, 116-220; A. Chester, Divine Revelation and Divine Titles in the Pentateuchal
Targumim, Tbingen 1986; J.Z. Lauterbach, Substitutes for the Tetragrammaton, PAAJR 2
(1930-31) 39-67; E. Starobinski-Safran, Signication des noms divins daprs Exode 3
dans la tradition rabbinique et chez Philon dAlexandrie, RThP 106 (1973) 426-435.
502. Nel testo parallelo di ARN B 27,7 il maestro invece R. Yehoshua.
503. ARN A 27,6.
234
M. M. MORFINO
Il segreto e la bellezza attuale di questi sostanziosi frammenti della Torah she-be al pe di tutti i testi riportati e in particolare PA e ARN da
ricercarsi nellancoramento degli aforismi e dei singoli insegnamenti o ad
un versetto, o ad un personaggio, o ad una situazione della Bibbia. Questa
costante disattesa rarissimamente e solo perch negli insegnamenti sempre
riscontrabile un qualche riannodamento allhabitat biblico, anche se implicito
rende seducenti e vivi questi mai invecchiati detti. E una lettura pi attenta
di questa porzione della letteratura rabbinica che evidenzia puntualmente il
legame con la Scrittura, aiuta il lettore a comprendere che non si tratta di una
mera tecnica ad usum delphini, posta in atto per giusticare o avvalorare i
propri insegnamenti. Il testo biblico costantemente chiamato in causa per
autenticare gli aforismi dei Tannaim e degli Amoraim non invocato essenzialmente per la sua autorit o perch basti la sua citazione o allusione
ad accreditare il pensiero di questi ripetitori. Un solo esempio: il tragico
evento, per Israele, della distruzione del Tempio nel 70 d.C. da parte di Tito
viene riannodato in ARN A 4,4.7 a Dt 11,13-17, ad Ag 1,9; 2,15-16.18-19;
Is 10,34 e in e ARN B 6 e 7 a Is 10,34; Pr 21,29; Gb 15,26; 20,22; Dt 32,3738; Sal 89,9; 34,22; Qo 8,10; Gb 1,15; 1Sam 4,13; Zc 11,1-2. Un fatto come
quello della distruzione del Tempio era di una evidenza assoluta e i maestri si
sarebbero potuti astenere dal cercare conferme e supporto nel testo sacro per
rendere legittimo il loro insegnamento. che lunica realt capace di far intus
legere questo evento la coniugazione tra testo scritto e la sua attualizzazione
qualicata nel tempo, vale a dire la Torah orale.
Questo ragionamento diventa ancor pi trasparente, se applicato alle
enumerazioni che architettano le tipologie maestro-discepolo o saggio-apprendista della Torah presenti in PA e in ARN. La Torah orale che questi testi
sono, giunge a riproporre come autoritativo e canonico il testo sacro e si pu
dire che, ad un certo punto, la Torah she-be al pe quasi tace, si autoimpone il
silenzio, per far parlare laltra Voce, pi imperiosa e sempre norma normante
che essa Tora orale sa non essere sua propria e che tuttavia, in un modo o
nellaltro le appartiene. Incarnandola.
Mauro Maria Morno
Ponticia Facolt Teologica della Sardegna (Cagliari Italia)
C. T. Begg
manifesto in Judges 1?, BN 95 (1998) 12-17; idem, Dating the Negatives Besitzverzeichnis (Judg 1,27-34): The Case of Sidon, Henoch 23 (2001) 131-137; M. lvarez Barredo,
Convergencias redaccionales sobre la conquista de la tierra prometida en Jue 1,2-2,5,
Car 14 (1998) 1-42; S. Niditch, Reading Story in Judges 1, in F. C. Black et al. (eds.),
The Labour of Reading: Desire, Alienation and Biblical Interpretation (SBLSS 36), Atlanta
1999, 193-208; K. van Bekkum, De historiographie van Israels vestiging in Kanan aan
de hand van Richteren 1:1-2:5, NTT 54 (2000) 295-301; Y. Amit, Bochem, Bethel and
the Hidden Polemic (Judg 2,1-5), in G. Galil and M. Weinfeld (eds.), Studies in Historical
Geography and Biblical Historiography: Presented to Zecharia Kallai (VTSup 81), Leiden
2000, 121-131.
2. I use the text and translation of Ant. 5.120-135 of R. Marcus, Josephus V (LCL), Cambridge MA - London 1938, 56-66. I have likewise consulted the more recent text and translation of the passage in E. Nodet, Flavius Jsephe Les Antiquits Juives. II: Livres IV e V,
Paris 1995, 144-148*.
3. For MT I use BHS. No part of Judg 1,12,5 has been found among the Qumran
materials.
4. For the text of Codex A of Judg 1,1-2,5, I use A. Rahlfs, Seputaginta, I, Stuttgart 1935,
405-412 and for the translation of this P. Harl, Les Juges (La Bible dAlexandrie), Paris
1999, 72-86.
5. For the text of Codex B of Judg 1,12,5, I use A.E. Brooke - N. Maclean, The Old Testament in Greek according to the Text of Codex Vaticanus. II.4: Joshua, Judges and Ruth,
Cambridge 1917, 784-791 and for the translation, Harl, Les Juges, 72-87.
6. For a list of these manuscripts, see W.F. Smelik, The Targum of Judges (OTS 36), Leiden
1995, 195. For the readings of these manuscripts, see the apparatus in Brooke - Maclean,
The Old Testament in Greek, ad loc.
7. For a summary discussion of the above three witnesses to LXX Judges and their interrelationships, see Harl, Les Juges, 25-28.
LA 54 (2004) 235-254
236
C. T. BEGG
Old Latin (hereafter OL)8, and Targum Jonathan of the Former Prophets9,
I shall rst try to ascertain which text-form(s) of the Judges text Josephus
had available to him. Secondly, I shall endeavor to identify the various
re-writing techniques applied by Josephus to the data of the Judges narrative and the differences between his version and the biblical one that
result from his application of these.
In making my comparison between them, I divided up the material of
Judg 1,12,5 and Ant. 5.120-135 into four (approximately) parallel units:
1) Exploits of Judah and Simeon (Ant. 5.120-128// Judg 1,1-20); 2) Benjamin and other tribes (5.129// 1,21.27-36); 3) Bethel captured (5.130-131//
1,22-26); and 4) Israels Defection and its consequences (5.132-135// 2,1-5
[+ 2:6-3:6])10.
Exploits of Judah and Simeon
The complex Judg 1,12,5 opens (1,1-2) with an inquiry by Israel,
subsequent to the death of Joshua, about which of its tribes is to initiate military operations against the Canaanites (v. 1), to which the Lord
responds by assigning this role to Judah (v. 2a) to whom he has given
the land (v. 2b). Josephus version of this initial happening (Ant. 5.120a)
introduces a reference to the prophetic mediator of the divine communication: Now after the death of these leaders11, Phinees [Bible: Phineas]12
prophetically announced (profeteu/ei)13, in accordance with the will of
8. For the OL text of Judg 1,12,5 I use U. Robert, Heptaeuchii pars posterioris Versio
237
God (kata thn touv qeouv bou/lhsin)14, that, for the extermination of
the Canaanite race15, the tribe of Judah should be given the command16;
for the people were keenly desirous to learn what was Gods good pleasure17.
Judg 1,3 recounts Judahs direct address appeal to Simeon to join him
in ghting against the Canaanites (v. 3a) and the latters so doing (v. 3b).
Josephus (Ant. 5.120b) conates appeal and response, likewise recasting
Judahs words in indirect address18: So this tribe [Judah], having enlisted
the aid of Simeon, on the condition that, once the Canaanites tributary to
Judah had been destroyed19, they would do the same to those within the lot
of Simeon20 (advanced into battle)21.
see J. Blenkinsopp, Prophecy and Priesthood in Josephus, JJS 25 (1974) 239-262 and
L.H. Feldman, Prophecy and Prophecy in Josephus, JTS 41 (1990) 386-422, pp. 419-421.
(Throughout this essay, I italicize elements of Josephus presentation like the above, which
lack a direct counterpart in Judg 1,12,5 itself.)
14. On the key Josephan concept of the will of God (for which he uses several variants
of the above formula), see H.W. Attridge, The Interpretation of Biblical History in the Antiquitates Judaicae of Flavius Josephus (HDR 7), Missoula MT 1976, 74-76.
15. In Judg 1,1 the Israelites ask about who is to lead the ghting against the Canaanites.
Josephus more emphatic wording echoes Moses injunction as reported by him in Ant.
4.300 that the race of the Canaanites is to be exterminated wholesale.
16. Compare Judg 1,2a, where God directs: Judah shall go up. Josephus leaves aside
the attached divine afrmation (1,2b) I have given the land into his [Judahs] hand.
Also elsewhere in his rendering of Judg 1,12,5, Josephus passes over biblical references
to the Deitys involvement in the events recounted. On this phenomenon of detheologizing as a characteristic of Josephus retelling of biblical history in Antiquities overall,
see L.H. Feldman, Josephus Interpretation of the Bible, Berkeley CA 1998, 205-214,
326-327.
17. This appended notice on the peoples state of mind as the period of the Judges begins
has no biblical counterpart. It serves to highlight the contrast with the indifference to Gods
directives for the nations life into which they will soon fall (see Ant. 5.132).
18. On Josephus penchant for turning biblical direct into indirect address, see C.T. Begg,
Josephus Account of the Early Divided Monarchy (BETL 108), Leuven 1993, 12-13, n.
38.
19. In Judg 1,3 Judah asks Simeon to join him in ghting against the Canaanites (see 1,1).
Josephus more drastic language echoes the divine mandate concerning the extermination
of the Canaanites in 5.120a; see n. 15.
20. Josephus summarizes the biblical data concerning the allotment of Simeon (Josh 19,19) in Ant. 5.82a.
21. The words within parentheses above are supplied by Marcus in his translation. Following B. Niese, Marcus holds that there is a lacuna in the text at the end of Ant. 5.120.
See further the text-critical remarks of Nodet, Antiquits juives, ad loc.
238
C. T. BEGG
Judah and Simeon achieve their rst success against the Canaanites
and the Perizzites, led by Adonibezek22 at a site called Bezek according to Judg 1,4-5. Josephus (Ant. 5.121a) prefaces the biblical episode with
an extended insertion on both the Canaanites material and mental state and
the gure of their leader. This reads: But the Canaanites23, who at that
time were in a ourishing condition24, awaited them with a large army at
Zebek25 having entrusted the command to the king of the Zebeknians26,
Adonizbek27, for adni in the speech of the Hebrews means lord28 and
they were hoping to defeat the Israelites, since Joshua was dead29. Following the above insertion, Josephus compresses the biblical battle account
itself (Judg 1,4-5), eliminating, e.g., its double mention of the defeat inicted on the enemy by Judah and Simon as well as the reference (v. 4a)
to the Lords giving them into the pairs hand30: However the Israelites of
the two tribes which I mentioned, having joined battle with them, fought
brilliantly31, with the result that they slew of the enemy upward of ten
thousand [see Judg 1,4b].
22. This gure is not further identied in Judges 1 itself; in Josh 10,1 (and 10,3) there is
mention of a king of Jerusalem with a rather similar name, i.e. Adonizedek, who ends
up being executed by Joshua (see 10,26). Josephus parallel to Josh 10,1, Ant. 5.58, leaves
the king of the Jerusalemites unnamed.
23. Josephus limits himself to this designation for Judah and Simeons opponent, passing
over the other, less familiar name for them used twice in Judg 1,4-5, i.e. Perizzites.
24. This reference to the Canaanites situation serves to magnify Judah and Simeons subsequent victory over them.
25. Greek: Zebe/kh. Compare MT (Judg 1,4-5) qzb (Eng. Bezek), LXX AB Bezek, OL
B(a)ezee.
26. As pointed out in n. 22, Judges 1 does not explicitly identify Adonibezek. Josephus
qualication of him rests on the identity between the second component of his name and
that of the site (Bezek) of the battle where Judah and Simeon defeat him.
27. Greek: Adwnibe/zeko. Compare MT (Judg 1,5) qzbAynda (Eng. Adonibezek); LXX
AB Adwnibezek; OL Adonibaezec.
28. Such asides concerning the meaning of Hebrew words and names, intended for the
benet of Gentile readers, are a regular feature of Josephus retelling of biblical history. In
Ant. 5.200-201, e.g., he elucidates the meanings of the names Deborah and Barak.
29. The allusion to the death of Joshua as the ground for the Canaanites hope picks up
on the opening mention of his demise in Judg 1,1. Josephus inserted reference to the hope
with which the Canaanites join battle throws into relief the disappointment of that hope
they are about to experience.
30. On such detheologizing as a feature of Josephus version of Judg 1,12,5, see n. 16.
31. Josephus inserts this characterization of Judah and Simeons exploit into his version of
the battle account of Judg 1,4-5.
239
Judg 1,6-7 tells of the sequels to the Israelite victory with a focus on
the personal fate of Adonibezek: his ight, capture, mutilation, confession, transport to Jerusalem and death. Ant. 5.122-123 evidences a
parallel to each of these ve items, while also adding a further one, i.e.
the enemys commanders burial. The two paragraphs run thus: and
having put the rest to rout [they] pursued them32 and captured Adonibezek,
who with hands and feet mutilated by his captors33, exclaimed: Nay then
I was not destined for ever to escape Gods eye, having suffered the fate
which I scrupled not of yore to inict on two and seventy34 kings35. They
brought him yet alive to Jerusalem, and at his death [see Judg 1,7b], gave
him sepulture36.
Judg 1,8 briey relates a next exploit by Judah (alone) i.e. the capture
of Jerusalem, slaughter of its population, and ring of the city. This presentation seems to stand in tension with what one reads elsewhere in the
Bible concerning the history of Jerusalem and the Israelites dealings with
it. Thus, Josh 15,63 states that the people of Judah could not drive out
the Jebusites from Jerusalem, while in Judg 20,10-12 Jerusalem is spoken
of being in the hands of foreign Jebusites. Moveover in 2Sam 5,6-9//
1Chr 11,4-9 Jerusalem is still ruled by the Jebusites in Davids time and
must be forcibly conquered by him. Faced with this discrepancy among
the relevant biblical texts, Josephus (Ant. 5.124) markedly modies the
account of Judg 1,8, introducing a distinction between a lower and an
upper portion of the city and their respective, differing fates at this mo-
32. In Judg 1,6a the reference is to the ight by and pursuit of Adonibezek personally.
33. Judg 1,6b speaks more specically of the cutting off of Adonibezeks thumbs and
great toes.
34. In MT, LXX AB, OL, and Tg., Adonibezek speaks of his 70 royal victims. Josephus
gure does, however, have a counterpart in a few LXX witnesses; see the apparatus in
Brooke - Maclean, ad loc.
35. Compare the wording of Adonibezeks confession in Judg 1,7a (which more closely
parallels the punishment inicted on him according to 1,6b; see n. 33): Seventy kings with
their thumbs and great toes cut off used to pick up scraps under my table; as I have done,
so God has requited me.
36. Josephus appended notice on Judah and Simeons burial of Adonibezek has a clear
apologetic function, presenting Gentile readers with a picture of his people taking care to
provide this nal honor even for a foreign enemy.
37. Judg 1,8 (see above) attributes the destruction of Jerusalem to the men of Judah,
nothing being said of Simeons involvement in the exploit. Josephus rendering ascribes
the deed to both tribes, in accord with his (and the Bibles) previous presentation of their
acting in concert. See also n. 41.
240
C. T. BEGG
ment. His expanded version of Judg 1,8 states accordingly: Then they37
overran the district, taking the towns, and after capturing very many
of them 38 laid siege to Jerusalem. The lower town they mastered in
time and slew all the inhabitants 39; but the upper town proved too
difficult to carry through the solidity of its walls and the nature of
the site 40.
The biblical account of the exploits of Judah follows its mention
of the tribes destruction of Jerusalem (Judg 1,8) with a notice on its
move against the Canaanites inhabiting the hill country, the Negeb and
the lowland (1,9). The latter notice is subsequently picked up in 1,1719 with further particulars concerning Judah and Simeons operations
in the three regions cited in 1,9. The connection between the related
segments 1,9 and 1,17-19 for its part is interrupted by an extended
segment (1,10-16) dealing with a range of other matters: the capture of
Hebron (1,10, itself resumed in 1,20), the taking of Debir by Othniel
and its sequels (1,11-15), and the settlement of the family of Moses
in-law (1,16).
Josephus, at this juncture, opts to re-arrange the sequence of the Bibles presentation. Specically, he rst gives his (expanded) parallel (Ant.
5.125-127) to the (separate) biblical notices (Judg 1,10 + 1,20) concerning the fate of Hebron, bringing these together in a continuous sequence.
The unit in question opens (5.125a) with Josephus parallel to Judg 1,10:
38. Josephus prefaces his reproduction of the Jerusalem-centered notice Judg 1,8 with this
241
So they moved41 their camp to Hebron42, took that town43 and massacred
all therein44. Having thus mentioned the massacre of the Hebronites,
Josephus appends a qualication on the point, inspired by the reference
to the sons of Anak (Enak in LXX Judg 1,20 [and its plus of 1,10])
whom Caleb is said to simply drive out in Judg 1,20b. In line with
his earlier treatment of the reference to the sons of Enak at Hebron of
Num 13,22, 33 in Ant. 3.305, Josephus here in 5.125b understands this
group to consist of giants and proceeds to offer an extended appendix
concerning them: Howbeit there remained yet a race of giants45, who
by reason of their huge frames and gures in no wise like to the rest of
mankind, were an amazing spectacle and a tale of terror to the ear46.
Their bones are shown to this day, bearing no resemblance to any that
have come within mens ken47.
Josephus now (Ant. 5.126a) comes to speak (// Judg 1,20a) of the
allotment of captured Hebron. In so doing, he once again elaborates on
the biblical presentation which mentions only the awarding of the city
to Caleb as Moses had enjoined. Josephus prefaces his parallel to that
biblical notice with a version of another Scriptural passage concerning
the disposition of Hebron, i.e. Josh 21,9 where that city is assigned to
the Levites as one of their forty-eight residence-cities in accordance
with Moses directives on the subject as recorded in Num 35,1-8 (// Ant.
4.67): This town [Hebron] they gave to the Levites as a choice boon,
44. Compare Judg 1,10b which speaks of Judahs defeating three named individuals; cf.
also 1,20b which credits Caleb with driving out the three sons of Anak. Josephus wording assimilates the fate of Hebron to that of Jerusalem (see Ant. 5.124) with the inhabitants
of both cities suffering extermination in his presentation.
45. In using this term to designate the group in question, Josephus agrees with Tg. Judg
1,20b, which uses the Aramaic phrase ayrbg ynb of them, in contrast to the sons of Anak
(LXX: sons of Enak) of MT.
46. Josephus appended characterization of the giants (the sons of Enak of Judg 1,20
[and LXX 1,10]) suggests an explanation as to how they managed to survive when the rest
of the Hebronites were massacred as stated just previously by Josephus.
47. It is uncertain whether this further Josephan addition concerning the giants reects
the historians familiarity with an actual contemporary practice involving the (purported)
relics of the ancient giants or is simply an invention by him. In any case, the notice serves
to enhance the credibility of his report about these fabulous beings their bones can still
be seen; compare his references to the ark of Noah that the Armenians of his time were
continuing to exhibit in Ant. 1.92, 20.25.
48. Josh 21,9 itself does not specify the dimensions of the surrounding (pasture) lands given
the Levites. Josephus precision on the point is inspired by Moses relevant directives as
242
C. T. BEGG
along with the tract of two thousand cubits48. He then continues with
his equivalent to Judg 1,20a (see above): but the rest of the land49
they made, in accordance with the behests of Moses,50 to Caleb, who
was one of the spies whom Moses had sent to Canaan51.
Having cited the assignment of Hebron to the Levites and to Caleb (//
Josh 21,9 + Judg 1,20a) in Ant. 5.125-126, Josephus next (5.127) speaks of
another settlement recorded in Judges 1, i.e. that of the family of Moses
in-law as narrated in 1,1652. In formulating his version of this event, the
historian likewise introduces a variety of modications of the source data.
His rendition runs thus: They also gave53 to the descendants of Jethro54
recorded in Num 35,4-5 (// Ant. 4.67, where Josephus follows LXX Numbers 35 in speaking
of 2,000 cubits [as here in Ant. 5.126], whereas MT Numbers 35 rst refers to 1,000 cubits
[see v. 4] and then to 2,000 [see v. 5]).
49. In Judg 1,20a Hebron tout court is given to Caleb; Josephus qualication concerning
the extent of the award reects his earlier insertion concerning the giving of the city and its
environs to the Levites. In the Bible itself the giving of Hebron to Caleb has already been
mentioned in Josh 14,13 where the giver is identied as Joshua. Josephus has no parallel
to this earlier notice and so avoids the Bibles duplication.
50. Compare Judg 1,20a where the giving of Hebron to Caleb is done as Moses had said.
Neither the Bible nor Josephus cites a word by Moses enjoining the giving of Hebron in
particular to Caleb (in Num 14,30; Deut 1,36; Josh 14,9 there is mention of a more general
announcement by Moses about Calebs being allowed by God to enter and possess the land
he had spied out).
51. This (re-)identication of Caleb is without counterpart in Judg 1,20a; it recalls Josephus mention of Caleb as one of the two spies who sought to calm the frightened
people in Ant. 3.308 (// Num 13,30; 14,6-10). Conversely, Josephus lacks an equivalent
to the reference in Judg 1,20b itself duplicating the notice of 1,10b on Judah and Simeons defeating Shebsah, Ahiman and Talman (LXX appends the identication of these
gures as descendants of Enak) that he [Caleb] drove out from it the three sons of
Anak (in LXX A this notice is preceded by a plus, i.e. he [Caleb] took possession of
the three towns).
52. In placing his parallel to Judg 1,16 at this particular point in his presentation, Josephus
might have been inuenced by verses mention of Moses, a gure who appears twice in
Ant. 5.126.
53. In having Simeon and Judah give its allotment to the family of Moses in-law Josephus assimilates the happening to the previous giving of Hebron to the Levites and to Caleb.
In Judg 1,16, by contrast, the Kenites occupy their territory on their own.
54. MT Judg 1,16 does not name the ancestral gure whose descendants obtain their
land at this point. In assigning that gure a name (Greek: Ioqo/r [Marcus: Jethro,
the name used of the gure in Exod 3,1; 18,1]), Josephus agrees with the form read
by LXX B, whereas LXX A and LXX L call him, respectively Ioab and Iobab.
Previously, Josephus called the gure Ragoulos (see Ant. 2.258 [262], 264; 3.63-74;
cf. Reuel in Exod 2,18) and Ietheglaios (see Ant. 2.264). On Josephus treatment
of the personage, see L.H. Feldman, Studies in Josephus Rewritten Bible (JSJSup 58),
Leiden 1998, 38-54.
243
55. MT and LXX Judg 1,16 call Moses in-law a Kenite, while Tg. designates him a
Shalmaite, a term used in the Talmud as an equivalent for Kenite; see Harrington and
Saldarini, Targum Jonathan, ad loc. Josephus designation (Madianite) corresponds to the
name of Jethros country in Exod 2,15-16; 3:1, i.e. Midian (in Ant. 2.257 Josephus calls
Madiane a city situated near the Red Sea).
56. Greek: gambro/. This is the same term, corresponding to MTs tj, used of Moses inlaw in LXX B. LXX A calls him rather the brother-in-law (Greek: penqero/) of Moses.
57. In Judg 1,16 the reference is to the people [literally sons] of Judah. On Josephus use
of the term Hebrews, see G. Harvey, The True Israel: Uses of the Names Jew, Hebrew
and Israel in Ancient Jewish and Early Christian Literature (AGJU 35), Leiden 1996,
124-129.
58. In the above rendition of Judg 1,16, Josephus eliminates the various place stations
cited there (from the city of palms into the wilderness of Judah, which lies in the Negeb
near Arad). The reference to the clans accompanying the Hebrews seems inspired by Num
10,29-32 a passage not reproduced by Josephus in its biblical context where Hobab the
son of Moses Midianite father-in-law Reuel eventually agrees to act as the Israelites guide
on their journey towards the land.
59. This segment focusses on the conquest of Debir and its sequels. Josephus omission of
the unit may be inuenced by the fact that, in contrast to the materials that precede and
follow, it is focussed, not on the exploits of Judah and Simeon, but rather on the activities of
Caleb, his son-in-law Othniel (the later judge [see Judg 3,7-11] whom Josephus nowhere
mentions), and his daughter Achsah.
60. Judg 1,17 mentions one such Canaanite city in particular, i.e. Zephath, which is then
renamed Hormah, meaning ruin.
61. With Josephus catalogue of the three regions in question, compare that of Judg 1,9: the
hill country, the Negeb, and the lowland.
62. In his mention of four Philistine cities here Josephus agrees with LXX AB Judg
1,1 against MT (Gaza, Askelon, and Ekron) and LXX L (Gaza, Ekron and Azotus),
both of which list only three. Josephus likewise agrees with LXX against MT in stating
244
C. T. BEGG
that not all the cities in question were captured by the Israelites at this point. Whereas,
however, LXX AB aver that none of the four cities listed were occupied, Josephus, as
Marcus, ad loc. points out, presents a kind of compromise between the two versions,
i.e. rather than all three cities being captured (so MT) or none of the four (LXX AB;
LXX L none of the three; see above) suffering capture, he has two (Ascalon and Azotus)
being seized, while the remaining two (Gaza and Akkarn) escape this fate. In any event,
Josephus forms of the cities, names correspond to those of LXX against MT. For more
on Josephus version of Judg 1,18, see A. Mez, Die Bibel des Josephus untersucht fr
Buch V-VII der Archalogie, Basel 1895, 10.
63. MT Judg 1,19 lacks an explicit equivalent to the word could of the above translation
(RSV). Both LXX and Tg. have such an equivalent, the latter likewise motivating Judahs
inability with an inserted plus, i.e. because they sinned.
64. The concluding words of LXX (as also OL) read quite differently than they do in MT
(see above) which attributes Judahs non-expulsion of the plains-dwellers to the latters
having chariots [Hebrew: bkr] of iron. Taking MTs common noun as a proper name,
i.e. Rchab (see Jeremiah 35), LXX AB ascribe the non-expulsion to a prescription
issued by this gure.
65. While he does thus agree with MT against LXX Judg 1,19b in his reference to chariots
here, Josephus diverges from the former witness in speaking, not of the chariots composition (iron), but rather of their (abundant) quantity. In addition, whereas the chariots
mentioned in 1,19b are those of the inhabitants of the plain in general, in Josephus they
belong to the two Philistine cities, i.e. Gaza and Akkarn just mentioned as having escaped capture by the two Israelite tribes.
66. This reference to the damage down by the two Philistine cities to the invaders Judah
and Simeon lacks an explicit parallel in Judg 1,19. It spells out the consequences of the
Philistines possession of chariots for their Israelite opponents who nonetheless venture to
attack them.
67. This phrase highlights the series of successes achieved by Judah and Simeon apart
from their repulse by the two Philistine cities.
245
68. Thus MT LXX A, and Tg. According to LXX B Judg 1,21 the Benjamites did not take
246
C. T. BEGG
(// Judg 1,21, 27-33 [34-36]) the tribes adopting a pacic stance towards the inhabitants) is
framed by two units (5.120-128// 1,1-20 and 5.130-131// 1,22-26) featuring the conquests
achieved by three of the tribes.
73. In the context of his version of Judg 1,12,5 in Ant. 5.120-135, Josephus makes no use
of the closing segment of Judges 1, i.e. its verses 34-36 which relate the interactions among
the Amorites on the one hand and the Danites and the house of Joseph on the other. He
will, however, incorporate the content of 1,34 (the Amorites oppression of Dan) into his
subsequent account of the migration of the tribe of Dan to its new territory which he draws
(very selectively) from Judges 18 in Ant. 5.175-178.
74. With this phrase Josephus compresses into one the separate notices on the initiatives of
ve different tribes in Judg 1,27-33, i.e. Manasseh (vv. 27-28), Ephraim (v. 29), Zebulun
(v. 30), Asher (vv. 31-32), and Naphtali (v. 33). Thereby, he signicantly streamlines the
biblical presentation with its plethora of ancient and obscure place names that would not
likely hold any interest for his Gentile audience.
75. The biblical account says nothing about such an imitation of Benjamin by the other
tribes. The fact that in Judges 1 Benjamin is the rst in the series of tribes which do not
achieve military success against the inhabitants as do Judah, Simeon and Joseph may have
inspired Josephus statement on the matter.
76. As mentioned in n. 70, in speaking of the taxing of the inhabitants by the tribes cited in
Ant. 5.129, Josephus agrees with LXX and Tg. 1:27ff., as against MT which speaks of the
imposition of hard labor on them.
77. This appended notice concerning the other tribes policy of peaceful co-existence with
the Canaanites echoes Josephus previous reference to the consequences of the Benjamites
dealings with the Jerusalemites in 5.129a, thereby reinforcing his claim that the other tribes
acted in imitation of the Benjamites.
247
The tribe of Ephraim78, in besieging79 Bethel, could attain no result proportionate to the time and the toil expended upon the siege; yet for all their
annoyance, they persevered in the blockade80.
The biblical account appends to its narration of Josephs move against
Bethel (Judg 1,22-23a) a notice on the citys earlier name, i.e. Luz
(1,23b). Josephus leaves aside this latter detail (just as he does the corresponding notice of 1,26 on the Bethels survivors founding a new city
in the land of the Hittites to which he gives the name of Luz). In relating the encounter between the besiegers and the Bethelite Josephus (Ant.
5.131a) likewise introduces several modications of the content of the Judg
1,24: Afterwards, having caught81 one of the inhabitants of the town who
had gone out in search of provisions82, they gave him their word83 that, if
he would betray the city, they would spare the lives of him and his kin84;
and he on these terms swore to deliver it to into their hands85.
78. This designation for Bethels eventual captors replaces that used in Judg 1,22, i.e. the
248
C. T. BEGG
Judg 1,25 relates the climax of the Bethel story: the Bethelite shows
the spies the way into the city (v. 25a) whose inhabitants they slaughter (v.
25ba) while sparing him and his family (v. 25bb). Josephus (Ant. 5.131b)
compresses, likewise re-arranging the sequence of the source verse: So
he by such treason86 saved himself with his family, while they having massacred all the inhabitants87, occupied the town88.
Israels defection and its consequences
The segment Judg 1,12,5 culminates in 2,1-5 with the story of the appearance of an angel of the Lord89 (v. 1a) who pronounces a word of judgement against the disobedient Israelites (vv. 1b-3) to which they respond by
weeping (v. 4), giving the name Bochim (Weepers) to the site of the
encounter (v. 5a) and sacricing (v. 5b). Josephus version of this concluding segment (Ant. 5.132-135) markedly modies its content in various
respects. First of all, he completely eliminates the gure of the angel who
speaks on Gods behalf in Judg 2,1b-390. Secondly, he recasts the judgement
speech of Judg 2,1b-3 with its theological focus on the relationship between
the Lord and Israel to which Israel has proved unfaithful into an extended
editorial remark on Israels behavior at the beginning of the period of
86. Greek: outw prodou (compare the phrase autw paradonti used of the man earlier
in 5.131). With this formulation Josephus summarily alludes to the content of Judg 1,25a:
he showed them the way into the city. The negative evaluation of the mans deed even
though it is a question of the handing over of a site that constitutes part of Israels God-given
patrimony suggested by Josephus wording regarding it stands in noteworthy contrast to
the Bibles own neutral account of this.
87. This prosaic formulation replaces the more gurative wording of Judg 1,25ba: and they
smote the city with the edge of the sword.
88. This concluding component of Josephus version of the Bethel story has no explicit
equivalent in MT Judg 1,25. It makes clear that the initially unavailing siege of the city
(see 5.131a) did indeed ultimately accomplish its objective. On Josephus non-utilization of
the notice of Judg 1,26 concerning the Bethelite survivors founding a new city of Luz,
see above in the text.
89. So MT and LXX Judg 2,1. Tg. calls the gure the prophet by the commission from
before the Lord.
90. On Josephus angelology with its tendency to replace biblical mentions of angels
with other gures (young men, phantasms, etc.), or, as here, to simply pass over the
given mention, see M. Mach, Entwicklungsstadien des jdischen Engelsglauben in vorrabinischer Zeit (TSAJ 34), Tbingen 1992, 300-322 and Feldman, Josephus Interpretation,
212-213.
249
the Judges that emphasizes not directly theological, but rather political,
judicial, and economic issues. Thirdly, Josephus appears to combine the
content of Judg 2,1-5 (as adapted by him) with that of the so-called second
introduction to the Book of Judges (2,[6-10]91 11-3,6) which he does not
reproduce as such. Finally, Josephus makes the entire segment 5.132-135
a lead-in to the unit that will directly follow this in his presentation i.e.
Ant. 5.136-174, his (re-positioned) version of Judges 1921, the story of
the Gibeah outrage and the resulting Benjamite war.
With the above remarks in mind, let us now consider in more detail the
component elements of Ant. 5.132-135 in relation to its source material in
the Book of Judges. Josephus begins (5.132) the section with a resumption (and generalization) of his account concerning the policy adopted by
the Benjamites and other tribes in 5.129: Thereafter the Israelites relaxed
the struggle against their enemies92 and devoted themselves to the soil and
to labours thereon93. And as their riches increased, under the mastery of
luxury and voluptuousness94, they recked little of the order of their constitution95 and no longer hearkened diligently to its laws96.
In Ant. 5.133 Josephus comes to speak of the divine response to Israels
defection as cited in 5.132, giving his own version of the notices on the
91. This sequence, to which Josephus has no equivalent in its biblical context, recapitulates
the notices on the end of the period of the conquest in Josh 24,28-31.
92. The charges made against the Israelites in Judg 2,2 (see also 2,11-13) have a more explicitly religious character: they have violated the Lords commands, i.e. not to be make a
covenant with the inhabitants of the land (LXX: + not to bow down before their gods and
to break their statues) and to break down their altars. Josephus keeps attention focussed on
the political-military aspect: the enmity between the Israelites and the Canaanites that the
former have not maintained.
93. This element of Josephus indictment of the Israelites has no counterpart in the charges
of Judg 2,2 (and 2,11-13; see previous note). It does, however, pickup on the reference to
the Benjamites being at leisure to till the soil once they have come to an arrangement
with the Jerusalemites in Ant. 5.129a.
94. Greek: trufh/ kai hdonh/. This collocation recurs once elsewhere in Josephus corpus,
i.e. in Ant. 11.47.
95. Greek: politei/a. On Josephus use of this key term of Greco-Roman political theory, see
L. Troiani, The politei/a of Israel in the Graeco-Roman Age, in F. Parente and J. Sievers
(eds.), Josephus and the History of the Greco-Roman Period, Leiden 1994, 11-22.
96. With these appended remarks, elaborating on Gods accusation you have not obeyed
my command in Judg 2,2b, Josephus spells out the deleterious consequences of the Israelites self-enrichment for the order of their national life. As Feldman (Josephus Interpretation, 144) points out, the connection Josephus makes here between increased wealth and the
slide into political degeneration is a topos of Greco-Roman historians; see, e.g., the prefaces
to Livys Ab urbe condita and Sallusts De Catalinae Coniuratione.
250
C. T. BEGG
Josephus could, however, have found inspiration for his allusion to this in the recurrent
mentions of the divine anger in Judg 2,6-3,6; see 2,12b.14.20.
98. Greek: ajnairei. Another use of the verb ajnaire/w in this meaning is conjectured by
Thackeray in Ap. 1.306 (a quotation from Lysimachus). In making God himself the speaker
of the following message, Josephus eliminates the angelic intermediary of Judg 2,1-3; see
above in the text.
99. This formulation harks back to the opening of the segment Ant. 5.120-135 in 5.120 where
Phineas announces in accordance with the will of God that Judah is to be given the command
for the extermination of the Canaanite race. The Israelites have now ended up violating Gods
known will regarding the Canaanites. Compare Judg 2,2 where the angels accusation against
Israel concludes: But you have not obeyed my command. What is this you have done? [MT;
LXX: you have listened to my voice when/for you have done these things].
100. Compare the angel's declaration in Judg 2,3a (cf. 2,21): So now I say, I will not
drive them [i.e. the inhabitants of the land, 2,2] out before you; but they shall become
adversaries to you. Leaving aside Gods announcement about the inhabitants threatened
non-expulsion, Josephus version expatiates rather on the harm the spared Canaanites will
do the Israelites. Josephus has no equivalent to the (theological) warning with which Judg
2,3 ends: and their [the inhabitants] gods shall be a snare to you.
101. Conceivably, this notice which has no equivalent in Judg 2,1-5 itself was inspired
by Judg 3,1b which alludes to all in Israel who had no experience of any war in Canaan;
cf. 3,2b which alludes to the Lords intended use of the surviving Canaanites to teach war
to such at least as had not known it before.
102. With this appended remark Josephus provides a double explanation for the Israelites
lack of martial ardor vis--vis the Canaanites as mentioned just previously by him, i.e. the
benets they had acquired from the latter and the enervating effects of luxury (Greek:
trufh/; see 5.132 where the same term is used in conjunction with hJdonh/) upon them.
251
segment Ant. 5.120-135 (// Judg 1,12,5) with an editorial remark (5.135a)
of his own in which he returns to the topic of the Israelites disregard of
their constitution adumbrated by him in 5.132. This resumptive passage
runs: Aye, even the aristocracy103 of theirs was now becoming corrupted:
no more did they appoint councils of elders104 or any of those magistracies before time ordained by law, but lived on their estates, enslaved to
the pleasures105 of lucre. To it he attaches a notice (5.135b) that draws
out the consequences of this state of affairs and makes the transition to
his following account (Ant. 5.136-174)106 of the Gibeah Outrage and the
Benjamite War this provokes: And so, by reason of this gross listlessness, grave discord107 again108 assailed them and they were launched into
civil war through the following cause109.
103. Greek: ajristokrati/a. On Josephus positive view of this form of political organization
(which Moses declares to be the best in Ant. 4.223), see Feldman, Josephus Interpretation, 145; S. Mason in L.H. Feldman, Flavius Josephus Translation and Commentary. Vol.
3: Judean Antiquities 1-4, Leiden 2000, xxvi-xxvii.
104. Greek: gerousi/ai. The gerousia exercises anachronistically a prominent leadership
role in Josephus presentation of the preceding period of the conquest. On the historians
overall treatment of the institution in various periods of Jewish history, see D. Goodblatt,
The Monarchic Principle: Studies in Jewish Self-Government in Antiquity (TSAJ 38), Tbingen 1994, 30-43, 90-99 and S. Mason, Flavius Josephus in Flavian Rome: Reading on
and Between the Lines, in A.J. Boyle and W.J. Domink (eds.), Flavian Rome: Culture,
Image, Text, Leiden 2003, 559-590, pp. 573-81.
105. Greek: hJdonh/. This term echoes it use in Ant. 5.132 where the reference is to the Israelites being under the mastery of luxury and voluptuousness.
106. On this passage (// Judges 19-21), see: C.T. Begg, Josephus Account of the Benjamite
War, LA 48 (1998) 273-304; idem, The Retellings of the Story of Judges 19 by PseudoPhilo and Josephus: A Comparison, Estudios Bblicos 58 (2000) 33-49; L.H. Feldman,
Josephus Portrayal (Antiquities 5.136-174) of the Benjamite Affair of the Concubine and
its Repercussions (Judges 1921), JQR 90 (2000) 255-292.
107. Greek: sta/si. On this key Josephan term, often used by him in connection with the
failed Jewish revolt of his own time, see Feldman, Josephus Portrayal, 264-265.
108. With this term Josephus alludes to the infamous sedition (Greek: sta/si) led by
Korah that broke out among the Israelites in the time of Moses; see Ant. 4.12ff. (// Numbers
16-17) and cf. L.H. Feldman, Josephus Portrait of Korah, OTE 6 (1993) 399-426.
109. These closing words of Ant. 5.135 make the transition to the immediately following segment of Josephus presentation, i.e. 5.136-174. This later segment, the story of the
Gibeah outrage and the ensuring Benjamite war, is Josephus parallel to a passage (Judges
1921) which in the Bible itself stands at the very end of the Book of Judges. Josephus
repositions the passage to an earlier point in order, inter alia, to provide a graphic illustration of the disastrous consequences of Israels neglect of its constitution as cited by him in
5.132-135. On the point, see further Begg, Benjamite War, 274-275.
252
C. T. BEGG
Conclusion
This essay began by positing two overall questions concerning Ant. 5.120135 in relation to Judg 1,12,5: which text-form(s) of the biblical passage
did Josephus employ and how has he worked with the content of his source
material so as to create a distinctive version of its overture to the period of
the Judges? Here in my conclusion, I wish to briey return to these questions on the basis of my foregoing, detailed comparison of the two units.
On the textual question, we did discover evidence of Josephus afnities in Ant. 5.120-135 with readings peculiar to both MT and LXX Judg
1,12,5. The one noteworthy example of such a Josephus-MT afnity in
our passage is his references to the Canaanites chariots impeding Judah
and Simeons full conquest of the plain (5.128// Judg 1,19), whereas
LXX (AB) attribute this development to a prescription by a certain
Rechab (see further nn. 64-65). Josephus textual afnities with LXX
Judg 1,12,5 are more numerous, albeit fairly minor: various tribes impose
tribute rather than forced labor (so MT) on the inhabitants (see 5.129
and cf. n. 70); Judah and Simeon fail to gain possession of all the Philistine cities cited (see 5.128 and cf. n. 62); Moses anonymous in-law of MT
Judg 1,16 receives a name (see 5.127 and cf. n. 54); the capture of the
Bethelite who exits the city is explicitly mentioned (see 5.131 and LXX
Judg 1,24); and Josephus gure for the number of kings (72 versus 70 in
MT and LXX AB 1,7) degraded by Adonibezek is attested in a few LXX
manuscripts (see n. 34)110.
My second opening question concerned the re-writing techniques
applied by Josephus in Ant. 5.120-135. Prominent among these are his
omissions and compressions of source material. The entire segment Judg
1,11-15 (the conquest of Debir and its sequels) is completely passed over,
as are the unit featuring the Amorites, Judg 1,34-36111 and the allusions to
the old and new Luz in 1,23b and 26, respectively. The detailed notices
on the fortunes of ve distinct tribes cited in Judg 1,27-33 are reduced to
half a paragraph (see 5.129b), while the data of 2,1-5 appear to be conated
(very selectively) with those of 2,(6-10)113,6 (see above). Conversely,
Josephus expands the Bibles presentation with a variety of additional par110. With these ndings compare the more general conclusion of Nodet, Antiquits juives,
xiv-xv that Josephus worked with a Hebrew text of Judges having marked afnities with
that of the LXX L witnesses.
111. Josephus does, however, make use of an element of this unit at a later point in his
presentation; see n. 73.
253
254
C. T. BEGG
112. This feature of Ant. 5.120-135 is particularly worthy of note given Feldmans
(Josephus Interpretation, 445-446) observation that in his rendition of the Book of Joshua
in Ant. 5.1-119 Josephus tends to downplay the references to Israelite violence against the
Canaanites that are a hallmark of that book. Josephus Tendenzen in his retelling of biblical history are just that tendencies, from which, as here, he readily allows himself an
occasional deviation.
G. C. Bottini
Non sono poche le ragioni che invitano una Facolt di studi biblici, teologici e archeologici in Terra Santa a ricordare San Gregorio Magno nel
quattordicesimo centenario della sua morte1. Su questa rivista inoltre anni
addietro gi apparso uno studio sulle lettere di Gregorio Magno riguardanti la Terra Santa2.
noto che la tradizione ha avuto per Gregorio Magno una stima grande
e universale no ad accostare i suoi scritti alle Scritture del Nuovo Testamento. Ne una prova anche la ricca documentazione iconograca gregoriana: Come gli evangelisti, nelliconograa medievale, sono rafgurati
nellatto di scrivere per dettato degli angeli, cos vediamo san Gregorio
stendere i suoi commenti dando ascolto ad una colomba che poggia sulla
sua spalla ed ha il becco al suo orecchio3.
1
Giornata di studio Gregorio Magno nel XIV centenario della morte tenuta dallo Studium
Biblicum Franciscanum Facolt di Scienze Bibliche e di Archeologia a Gerusalemme il
3 maggio 2004.
2. G.C. Bottini, Lettere di Gregorio Magno relative alla Terra Santa, LA 31 (1981) 191198. Sul tema si veda pi avanti in questo volume il contributo di M. Piccirillo, Gregorio
Magno e le Province orientali di Palestina e Arabia.
3. B. Smalley, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, Bologna 1972, 38.
4. Cf. P. Messa, Le fonti patristiche negli scritti di Francesco dAssisi, S. Maria degli Angeli
Assisi 1999; C.A. Acquadro, Chiara discepola dei Padri. Alcune citazioni patristiche nella
I Lettera ad Agnese di Boemia, Forma Sororum 40 (2003) 144-162; L. Padovese, Reminiscenze patristiche nelle lettere di Chiara dAssisi ad Agnese di Boemia, Convivium Assisiense 6 (2004) 233-255 = Atti del Convegno internazionale Clara Praeclaris Praeclara.
Lesperienza cristiana e la memoria di Chiara dAssisi in occasione del 750 anniversario
della morte, Assisi 20-22 novembre 2003.
LA 54 (2004) 255-260
256
G. C. BOTTINI
alla recente edizione bilingue della Citt Nuova Editrice: Opere di Gregorio Magno.
6. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 242 e 243-247: lautore indica tutta una serie di paralleli
lessicali e tematici tra Gregorio e Francesco.
7. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 278-279; 286-287; 288-289 e 292; 293-294; 297-298.
8. Cf. Messa, Le fonti patristiche, 314 e 316; 322.
9. Cf. I. Boccali, Concordantiae Verbales Opusculorum S. Francisci et S. Clarae Assisiensium, S. Mariae Angelorum 1976, 73; I.M. Boccali - L. Canonici, Opuscula S. Francisci et
scripta S. Clarae Assisensium, Assisi 1978, 160.
10. Per la prima lettera ad Agnese si veda laccurata analisi di Acquadro, Chiara discepola
dei Padri, 149-156 che parla di citazioni gregoriane per queste due affermazioni: Quando si
amano le realt temporali, si perde il frutto della carit e Un uomo vestito non pu lottare
con uno nudo. Per via indiretta si pu indicare forse anche un altro riferimento tra 1ClEp 27
(E che non si pu stare con gloria nel mondo e regnare lass con Cristo) e Hom. Ev. XI,5; cf.
Acquadro, ivi, 156-157. Nella seconda lettera si tratta dellinvito a non abbandonare la buona
via intrapresa una volta visto il principio; cf. Padovese, Reminiscenze patristiche, 250.
11. Cf. Padovese, Reminiscenze patristiche, 251-252 (limmagine di Maria come di colei che
tiene in grembo colui che i cieli non possono contenere) che rinvia al Liber responsalis.
257
Gli specialisti cui si rinvia nelle note del presente saggio osservano che
Francesco e Chiara si mostrano non recettori passivi ma trasformano le parole e il pensiero di Gregorio e di altri Padri della Chiesa. La cosa appare
ancora pi notevole se si riette che anche i testi biblici giungono ad essi
non senza la mediazione interpretativa dei Padri.
Anche la tradizione francescana successiva si mostra affezionata al
pensiero di Gregorio Magno, come mostrano gli scritti di maestri quali
Antonio di Padova, Bonaventura di Bagnoregio e Bernardino da Siena, per
citare qualche nome12.
2
La gura di S. Gregorio e il suo insegnamento sono ancora di grande attualit. Basti accennare soltanto ad alcuni testi gregoriani fatti propri dai
documenti del Concilio Vaticano II per vedere come la Chiesa custodisce
e vive della sua preziosa eredit magisteriale.
Proviene da unomelia di Gregorio, citata alla lettera nella Lumen
gentium, la grande affermazione che la Chiesa universale costituita da
tutti i giusti, dal giusto Abele no allultimo eletto (Hom. Ev. XIX,1;
Lumen gentium 2). In altri sei casi si rinvia a Gregorio insieme ad altri
Padri per indicare che la loro dottrina fa parte del patrimonio tradizionale
della Chiesa (Lumen gentium 19. 23; Dignitatis humanae 10; Ad gentes
4; Presbyterorum ordinis 11; Gaudium et Spes 69). Papa Paolo VI nel Discorso di apertura del terzo periodo del Concilio (14.09.1964), parlando
del rapporto tra il Successore di Pietro e lEpiscopato, disse: Lasciate a
Noi ripetere come Nostre le celebri parole, che il Nostro lontano e santo
Predecessore dimmortale memoria, Gregorio Magno, scriveva ad Eulogio,
Vescovo di Alessandria: Il mio onore il vigore dei miei Fratelli. Allora
io sono veramente onorato, quando lonore dovuto a ciascuno di essi non
gli riutato (Ep. VIII,29)13.
chiaramente ispirata allinsegnamento di Gregorio, oltre che ad Agostino e a Girolamo, lesortazione della Costituzione dogmatica sulla divina
12. Dopo Agostino, Gregorio il Padre pi citato da Antonio e Bonaventura; cf. le stati-
258
G. C. BOTTINI
Vi un altro aspetto della personalit di Gregorio che deve essere giustamente ricordato. A Gregorio Magno va riconosciuto un atteggiamento
equilibrato nei confronti del Giudaismo e degli Ebrei del suo tempo. Nella
lettera che egli scrisse nel giugno 598 a Vittore, vescovo di Palermo, per
14. Cf. C.M. Martini, La sacra Scrittura nella vita della Chiesa, in La costituzione dog-
matica sulla Divina Rivelazione, Torino - Leumann 1967, 453; per il testo dello Schema n.
26 vedi ivi, 82; R. Boada, La lectura de la Biblia, in L. Alonso Schckel (dir.), Comentarios a la constitucin Dei Verbum sobre la divina revelacin, Madrid 1969, 767-768. Si
vedano al riguardo gli autorevoli studi di B. Calati e di altri autori citati in R. Godding,
Bibliograa di Gregorio Magno (1890/1989) (Opere di Gregorio Magno. Complementi 1),
Roma 1990, 208-210, e pi avanti in questo volume il contributo di I. Gargano, Gregorio
esegeta della Bibbia.
15. Cf. P. Dacquino, Lispirazione dei libri sacri e la loro interpretazione, in La costituzione, 291.
16. Cf. L. Alonso Schckel, El dinamismo del Tradicin, in Idem (dir.), Comentarios, 280
= Idem, Il dinamismo della Tradizione, Brescia 1970, 195.
17. I. de la Potterie, Linterpretazione della Sacra Scrittura nello Spirito in cui stata scritta
(DV 12,3), in R. Latourelle (a cura di), Vaticano II: bilancio e prospetive venticinque anni
dopo (1962-1987), Assisi 1987, 222-240.
259
raccomandare che ai Giudei ivi residenti non fosse fatto alcun danno, enuncia questo principio giuridico: Come ai Giudei non deve essere permesso
di compiere nelle loro sinagoghe nulla al di l di quanto consentito per
legge, cos essi non debbono subire nessun torto in ci che loro concesso
(Ep. VIII, 25).
Lo studioso ebreo Solomon Katz ha dimostrato che questa norma, cui
Gregorio ispir sempre la sua condotta e orient quella degli altri, deriva
dal diritto romano e che divent virtualmente di diritto, anche se non
sempre di fatto, la prassi della Chiesa18. Lo studioso ebreo aggiunge che
lincipit della lettera al Vescovo Vittore divenne lintroduzione ssa di tutte
le Bolle in favore degli Ebrei emanate dai papi che vanno da Callisto II
(1120) a Eugenio IV (1433). Latteggiamento generalmente rispettoso e
equanime di Gregorio proteso a promuovere una pacica convivenza si
riscontra anche in altre lettere riguardanti sia luoghi di culto, che il tema
delle conversioni e le faccende amministrative19.
Sappiamo che il metodo dellallegorizzazione applicato ai testi biblici
talvolta ha mancato di rispetto per le realt storiche, arrivando a svuotare
di signicato la storia del popolo ebreo e a ridurlo a un puro simbolo.
Si tratta dellorientamento che ha condotto alla cosiddetta teologia della
sostituzione del popolo dIsraele o alla sua eliminazione dal piano della
salvezza. Ebbene, come afferma lo specialista Jean Stern, San Gregorio,
cos prodigo di interpretazioni allegoriche, e che nei suoi commenti al libro
di Giobbe parla cos frequentemente della Giudea e della Sinagoga, non
parla mai di queste come se non fossero che tipi o gure della Chiesa. Ai
suoi occhi, il popolo ebreo continua ad occupare un posto proprio nel piano
della salvezza20.
18. Pope Gregory the Great and the Jews, JQR 24 (1933-1934) 133; cf. anche C. Roth,
Gregory I, Encyclopaedia Judaica, 7, Jerusalem 1972, col. 919. Per altri titoli bibliograci
sullargomento cf. Godding, Bibliograa, 61-62.
19. Cf. S. Boesch Gajano, Per una storia degli ebrei in Occidente. La testimonianza di
Gregorio Magno, Quaderni Medievali 8 (1979) 12-43. La stessa autrice in Gregorio, in
Enciclopedia dei Papi, I, Istituto della Enciclopedia Italiana 2000, 569-570 scrive sinteticamente che latteggiamento di Gregorio nei riguardi degli ebrei si caratterizza per dialettica
tra teoria e pratica e per duttilit di comportamenti concreti. E. Bammel, Gregor der
Grosse und die Juden, in Gregorio Magno e il suo tempo. XIX Incontro di studiosi dellantichit cristiana in collaborazione con lcole Franaise de Rome. Roma 9-12 maggio
1990. I. Studi storici (Studia Ephemeridis Augustinianum, 33), Roma 1991, 283-291; I.M.
Fossas, Gregorio Magno y los judos, Liturga y Espiritualidad 35 (2004) 222-232.
20. Il dialogo con il popolo ebreo, in R. Fisichella (a cura di), Il Concilio Vaticano II.
Recezione e attualit alla luce del Giubileo, Cinisello Balsamo 2000, 709.
260
G. C. BOTTINI
Conclusione
Rileggendo la vita di Gregorio si resta impressionati di come, nonostante
la non buona salute, egli riusc a svolgere una molteplice e intensa attivit
in un intreccio costante fra impegni amministrativi, cure ecclesiastiche e
pastorali, interventi missionari, impegno politico e militare, senza dimenticare lattivit di scrittore21. E a tutto ci bisogna aggiungere la sua vita
monastica e la sua missione di pastore che lo portarono a scrivere o dettare
opere di carattere pastorale, omiletico e spirituale.
Opportuna e salutare dunque la commemorazione del centenario della
morte di questo papa veramente grande, come ha ricordato Giovanni Paolo
II: La testimonianza di questo illustre Pontece rimane come esempio
anche per noi, cristiani di oggi, che abbiamo da poco varcato la soglia
del terzo millennio, e guardiamo con ducia al futuro. Per costruire un
avvenire sereno e solidale, converr volgere lo sguardo a questo autentico
discepolo di Cristo e seguirne linsegnamento, riproponendo con coraggio
al mondo contemporaneo il messaggio salvico del Vangelo. In Cristo,
infatti, e in Lui soltanto luomo di ogni epoca pu trovare il segreto della
piena realizzazione delle sue pi essenziali aspirazioni22 .
Un altro Papa, Giovanni XXIII, che aveva unammirazione e devozione
speciale per Gregorio e ne frequentava gli scritti, molto prima di diventarne
successore, lo chiamava una delle glorie pi belle della Chiesa, una delle
gemme pi fulgide del ponticato romano23.
Meritava proprio ricordare San Gregorio a Gerusalemme, non solo per
la sua grandezza di uomo di Dio e di interprete insigne della Parola di
Dio, ma anche per linteresse che egli mostr per la Terra Santa. Un interessamento che andava soprattutto alle persone e al loro bene materiale e
spirituale.
G. Claudio Bottini, OFM
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
21. Cf. Boesch Gajan, Gregorio, 546-574, qui 552. Si veda anche in questo volume il
contributo di E. Arborio Mella, Rendere grazie in mezzo alle lacrime. Sofferenza e limite
in Gregorio Magno.
22. Lettera di Papa Giovanni Paolo II (22 ottobre 2003) a Mons. Walter Brandmller, Presidente
del Ponticio Comitato di Scienze Storiche (LOsservatore Romano 26. 10. 2003, 4).
23. Giovanni XXIII, Il Giornale dellanima e altri scritti di piet, a cura di L.F. Capovilla,
Nuova edizione, Cinisello Balsamo 2000, 227.
I. Gargano
politiche di Gregorio Magno, vedi la voce Gregorio I, santo, curata da S. Boesch Gajano
in Enciclopedia dei Papi, I, Roma 2000, 546-574.
2. molto dibattuto il problema della formazione culturale di Gregorio e soprattutto se e
no a che punto conoscesse la lingua greca. Per tutto questo vedi Boesch Gajano, Gregorio
I, santo, 547-548.
LA 54 (2004) 261-294
262
I GARGANO
263
264
I GARGANO
da Papa Gregorio ad evangelizzare gli Angli. Questi testi sono stati pubblicati dai Maurini,
Opera Omnia, tomo II, Paris 1705, da J.P. Migne PL 77, Paris 1851; dalle Monumenta
Germaniae Historica, Epistolae, tomi I e II, Berlin 1891 e 1899 e dal Corpus Christianorum,
series latina, voll. CXL e CXL A, Turnhout 1982. Questultima edizione stata riprodotta
dieci anni dopo in Grgoire le Grand, Registre des Lettres, Tome I** (Livres I et II). Introduction, texte, traduction, notes et appendices, par Pierre Minard (SC 371), Paris 1991,
Appendix XI, 490-521.
Ledizione italiana della parte dellepistolario gregoriano, che si potrebbe compulsare per
saperne di pi, e precisamente le lettere commendatizie dirette ad alcuni vescovi della Gallia
per favorire il passaggio di Agostino diretto nella terra degli Angli, stata pubblicata col
testo latino a fronte in V. Recchia (a cura di), Opere di Gregorio Magno, V/2, Roma 1996,
368-377.
Lintera documentazione sul libellus invece accessibile in lingua italiana allinterno del
volume Venerabile Beda, Storia ecclesiastica degli Angli. Traduzione e note a cura di Giuseppina Simonetti Abbolito, Introduzione di Bruno Luiselli, Roma 1987, 71-117.
265
gregoriani posti allinterno della grande tradizione patristica antica e medievale sono poi due opere che potrebbero essere una sorta di introduzione
generale a quella particolare esegesi della Bibbia che viene spesso denita
spirituale. Le due opere sono: H. de Lubac, Esegesi medievale. I quattro
sensi della Scrittura, I-III, Milano 1986/1988/1996; e J. Leclerq, Cultura
umanistica e desiderio di Dio. Studio sulla letteratura monastica del Medio
Evo, Firenze 1965. A queste due opere si pu aggiungere il contributo di B.
Calati, Gregorio Magno e la Bibbia, in C. Vagaggini - G. Penco (a cura
di), Bibbia e spiritualit, Roma 1967, 121-178, ma recentemente uscita
una monograa sullesegesi biblica di Gregorio. Si tratta di G. Cremascoli,
Lesegesi biblica di Gregorio Magno, Brescia 2001.
Per chi fosse interessato a porre il pensiero di Gregorio Magno
nellambito della storia della spiritualit suggerisco di leggere: A. Blasucci
- B. Calati - R. Grgoire, La spiritualit del primo medioevo, Roma 1988,
in particolare lo studio di B. Calati, La spiritualit del primo medioevo
(sec. VII-XII), 3-200.
Un libretto sintetico, ma ben documentato, su Gregorio Magno inne
quello di V. Paronetto, Gregorio Magno. Un maestro alle origini cristiane
dEuropa. Introduzione di Jean Leclercq, Roma 1985.
3.
266
I GARGANO
E spiega:
C la compunzione che nasce dal timore e quella che nasce dallamore. Infatti una cosa fuggire i supplizi, altra cosa desiderare i premi.
Per cui la Legge prescriveva di costruire due altari: uno esterno e laltro interno, uno nellatrio e laltro davanti allarca, uno coperto di bronzo
267
Il testo appena letto di una pregnanza spirituale straordinaria. Anzitutto va detto che esso si inserisce armonicamente nelle interpretazioni
precedenti e ne sviluppo assolutamente logico.
6. Omelie su Ezechiele, II, X, 19.20.21.22: trad. it., Roma 1980, 249-252.
268
I GARGANO
Gregorio parte, anche in questo caso, dal libro biblico che parla di due
altari: La Legge prescriveva di costruire due altari: uno esterno e laltro
interno, uno nellatrio e laltro davanti allarca; uno coperto di bronzo e
laltro rivestito doro: sullaltare di bronzo si consumavano le carni, sullaltare doro si bruciavano gli aromi.
Il primo livello intende rispondere alle domande usuali: Quid est hoc?.
Oppure: Quid isti nisi?.
Il secondo livello dato dal legame con linterpretazione gi data in
precedenza con un richiamo esplicito a ci cui aveva appena accennato
quando, con riferimento appunto ai fedeli, aveva detto che viene chiamato altare di Dio il loro cuore, dove per lintensit della compunzione (ex
maerore compunctionis), arde il fuoco e si consuma la carne; e poi aveva
aggiunto: memori delleterno giudizio, ogni giorno offrono se stessi in
sacricio a Dio, gemendo compunti (semetipsos cotidie Deo sacricium in
lamento compunctionis mactant).
Fermandosi pi esplicitamente su alcuni particolari del testo biblico,
gi notati ma non sviluppati nella precedente interpretazione, Gregorio ribadisce che: anzitutto nel testo biblico si parla di due altari: uno exterius e
uno interius; le funzioni dei rispettivi altari sono diverse: uno infatti serve
per bruciare la carne e laltro per bruciare lincenso; i materiali coi quali
sono ricoperti sono a loro volta diversi: uno infatti ricoperto di bronzo e
laltro doro; inne diversa anche la loro collocazione architettonica: uno
infatti collocato nellatrio e laltro davanti allArca.
Il terzo livello dato dallinterpretazione vera e propria che per, a
causa del numero dei particolari evidenziati, non pu che essere a sua volta
articolata.
4. La strada della compunctio cordis
C un lo rosso che collega fra di loro linsieme delle interpretazioni
bibliche proposte da questo grande papa di Roma: la compunctio cordis.
Ma appartiene allesegeta, tractator sacri eloquii, provocarne la emersione
nellanimo degli ascoltatori raggiungedo questi ultimi in qualunque situazione vengano a trovarsi.
Gregorio aveva teorizzato in modo molto esplicito questo suo modo
particolarissimo di fare esegesi in una lettera che aveva scritto allamico
Leandro di Siviglia per presentargli i suoi Moralia in Job. Queste le sue
parole precise:
269
In realt la compunctio cordis non soltanto scopo importante dellesegesi gregoriana, ma anche elemento fondamentale del suo modo particolare
di vivere lattesa escatologica.
Parlando di compunzione Gregorio distingue, in questo testo, due
aspetti diversi di essa che descrive cos: C la compunzione che nasce
dal timore e c la compunzione che nasce dallamore (alia quippe compunctio est quae per timorem nascitur, alia quae per amorem). La prima
caratterizzata dal fatto di essere exterius, la seconda di essere interius;
infatti alcuni piangono ancora per timore, altri invece ormai si afiggono
per amore.
Pur dedicandosi ad approfondimenti di ordine psicologico-spirituale,
Gregorio propone le sue riessioni motivandole come esegesi del testo
biblico intesa come ricerca necessaria del suo senso spirituale.
Con riferimento a coloro che sperimentano una compunzione nutrita
di timore, scrive per esempio: Che altro sono costoro se non laltare di
bronzo sul quale ardono le carni, perch piangono ancora le loro azioni
carnali? Piangono il male che hanno compiuto e bruciano col fuoco della
compunzione i vizi.
Riferendosi poi a coloro che sperimentano la compunzione nutrita dallamore, aggiunge: Che cosa sono questi se non laltare doro, nel cuore
dei quali sono stati bruciati gli aromi, perch ardono le virt? Ardono nelle
7. Moralia in Job, Epistola fratri Leandro, 2, Roma 1990, 85.
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I GARGANO
La contemplazione ha a tal punto permeato il cuore e la mente dellesegeta che egli, ormai fuori di s per lextasis, prosegue:
271
85.
10. una collaboratrice dellIstituto Italiano per la storia antica; ha pubblicato Gregorio
Magno. Un maestro alle origini cristiane dEuropa, con Introduzione di Jean Leclercq,
Roma 1985, al capitolo VII intitolato: Gli anglosassoni. La conversione (pp. 93-107); ha
curato alcune scelte di Lettere gregoriane in Prolo di un vescovo, Milano 1983; Gregorio
Magno e gli Anglosassoni, Roma 1990; Gregorio Magno. Lettere, Roma 1992.
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I GARGANO
challenge of the Northmen, the last act in the drama of Roman conquest in
Britain (F.H. Dudden), ma i monaci volevano portare solo il messaggio
di Cristo. E per una realt che, da allora, quel popolo usc dalla lunga
oscurit storica succeduta alla ne del dominio romano e incominci quel
processo di unicazione che, partendo dal piano religioso, avrebbe assai
presto interessato anche lambito della societ civile11.
P. Benedetto Calati, altro stimato conoscitore del pensiero di Gregorio
Magno12, considerava a sua volta Gregorio Magno profeta per eccellenza
dellincontro fra la chiesa/monachesimo occidentali e i nuovi popoli che
avevano fatto pressione e poi travolto a Nord-Est i conni stabiliti dallimpero romano. Una profezia che il Papa di Roma vedeva attuata soprattutto
grazie al nuovo slancio missionario che stava caratterizzando ai suoi tempi
il movimento monastico cristiano.
Questo Papa-monaco si sent a tal punto ispirato alla pari di un profeta
dellAntico Testamento pensava il P. Calati da credere di poter riconoscere nella fusione dei popoli nuovi con gli antichi popoli mediterranei,
che avveniva sotto i suoi occhi, il ripetersi di ci che il profeta esiliato a
Babilonia aveva profetizzato a proposito delle ossa aride che riprendevano vita grazie al dono della Spirito immesso in esse dalla Parola di Dio.
Gregorio si pot permettere cos di denire la storia a lui contemporanea
una vera e propria realizzazione della promessa messianica attesa per la
ne dei tempi.
Tutta la sua riessione teologica si fondava in ogni caso insisteva P.
Calati su di un dato di fatto: la chiamata di tutti i popoli nel Regno di
Dio. Nessuno poteva sentirsi escluso e nessuno doveva n poteva essere
dichiarato escluso. Anzi, non si sarebbe potuto in nessun modo parlare di
compimento della storia della salvezza, se non si fosse permesso a tutti,
proprio a tutti, di entrare nella sala del banchetto in cui si sarebbero dovute
celebrare le nozze di Dio con lumanit.
Nella realizzazione di tutto questo i Padri, e Gregorio era uno di loro,
tenevano in gran conto lapporto della civilt di Roma. Ma questa era soltanto la cornice del quadro. Il contenuto del quadro e i soggetti che quel
contenuto trasmettevano al mondo, non erano invece identicabili pi con
la semplice cultura greco-romana, perch attingevano da radici diverse e si
arricchivano, cammin facendo, con radici diverse.
(1967) 5-24.
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I predicatores diventano cos, agli occhi di Gregorio, una sorta di levatrici necessarie perch la Chiesa possa contemplare i suoi gli di generazione
in generazione. Infatti, senza i predicatores non vi sarebbero gli e, senza la
generazione continua dei gli, verrebbe meno la stessa vita della Chiesa.
In conclusione i predicatores permettono alla Chiesa di morire piena
di giorni, perch, grazie al loro lavoro, essa compie, attraverso le stagioni
che passano, ci che non passa, cio semplicemente la vita.
Questa generazione continua che permette alla Santa Chiesa di raggiungere lincorruttibilit le permette inoltre anche di sconggere il tempo.
Infatti: gli anni che passano, per lei non passano, ma diventano stabili grazie
alla ricompensa che essa riceve per le azioni che rimangono.
E cos pu succedere che lei, attraverso le stagioni che passano, compia ci che non passa essendosi procurata non il cibo che perisce, ma
quello che dura per la vita eterna (Gv 6,27), commenta Gregorio fondandosi sullauctoritas dellevangelista Giovanni. Il cibo poi non altro che
la parola di Dio.
Questa parola infatti che, uscendo dalle labbra dei predicatori (ora predicantium), permette alla vita di scorrere no a congiungersi con la vita
eterna, cio con la divinit che, unica, scongge il tempo nella permanenza
dellincorruttibilit.
La dignit dei predicatores dunque altissima, dal momento che sono
essi a permettere alla santa Chiesa non solo di morire in modo tale da essere vecchia e piena di giorni, ma anche da raggiungere lincorruttibilit.
7. I frutti della predicazione
Le parole uscite dalla bocca dei predicatori richiedono non solo di essere pronunziate, ma anche di essere custodite e compiute, perch sono le azioni che
rimangono. E sono queste ultime, in ogni caso, che permettono di superare il
mondo corruttibile quando la santa Chiesa, deposto il peso della corruzione,
passer, nella luce che verr, allincorruzione della patria spirituale.
Sono sempre le azioni-opere che permettono inoltre alla Chiesa di
permanere nellessere, senza perdere i suoi giorni, anche quando abbandona la vita presente. Infatti quanto pi la Chiesa si custodisce con
cautela e sollecitudine (libera) da ogni tentazione, tanto pi trova moltiplicata la luce nei suoi eletti.
Il compimento delle opere richiesta dalla parola annunziata dalla bocca
dei predicatori comporta dunque una custodia particolare della parola stessa, accompagnata dalla vigilanza.
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16. Moralia in Job, Pars Sexta, XXXV, 48: trad. it. in Siniscalsco (a cura di), Opere di
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18. Trad. it. in Siniscalsco (a cura di), Opere di Gregorio Magno. I/4: Commento morale
a Giobbe, 603.
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a Giobbe, 602.
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E ancora dice:
Toglimi il velo dagli occhi perch io veda le meraviglie della tua
legge (Sal 118,18). Colui che ancora non comprende le cose occulte
attraverso quelle manifeste, ha gli occhi velati. Chi invece comincia a
comprenderle, contempla senza velo sugli occhi le meraviglie della legge
di Dio, perch interpretando spiritualmente le parole della lettera, si rende
conto della grandezza che vi nascosta. Non forse meraviglioso quando
alle orecchie risuona una cosa e allintelligenza ne appare unaltra che
non risuonava?
A che cosa dunque paragoner la parola della Sacra Scrittura, se non
alla pietra in cui nascosto il fuoco? La pietra focaia, se la si tiene in
mano fredda, ma percossa con un ferro, sprizza scintille; anche questa
pietra, che prima in mano era fredda, ora emette un fuoco che poi arde.
Cos, proprio cos, sono le parole della Sacra Scrittura. Nel racconto della
283
La metafora del velo che copre gli occhi, impedendo cos agli uomini di
scoprire lo spirito nascosto nella Scrittura, antica almeno quanto il testo
di Paolo in 2Cor 3,13-15. Gregorio per non sembra ricordare quel testo
21. V. Recchia (a cura di), San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele/2, Libro secondo.
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14.
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Il riferimento alla pietra focaia assai suggestivo e Gregorio ne approtta magistralmente per sottolineare alcuni aspetti della sua ermeneutica
biblica.
Anzitutto la metafora gli serve per sottolineare le particolarit, intrinseche al testo biblico, il quale allesterno appare frigido (frigidus), mentre
allinterno nasconde una potenzialit di calore eccezionale (in quo ignis
latet).
La dottrina sulle due nature di un unico soggetto passa cos dalla
cristologia allesegesi biblica, come succede abitualmente nei Padri della
Chiesa.
In un secondo momento la metafora utile per evidenziare il carattere
combattivo dellesegesi-ermeneutica biblica. Il lettore del testo anche un
lottatore. Il testo non si apre spontaneamente, ma va percosso in una specie
di combattimento corpo a corpo fra lesegeta e il testo stesso.
Se il testo lo si accarezza e basta, rimane freddo (qui manu quidem frigidus tenetur), se invece viene percosso sprizza scintille (percussus ferro,
per scintillas emicat).
Ma cosa si nasconde dietro questa ulteriore metafora del ferro? Gregorio non lo chiarisce, in questo suo commento, ma spiega il suo pensiero
legandolo al concetto di ispirazione.
Di ispirazione ha parlato allinizio dellomelia, con riferimento al
profeta biblico (si ricordi il per aspirationem sancti Spiritus). Allo stesso
concetto si riferisce adesso parlando non pi del profeta biblico, ma dellesegeta-ermeneuta posto di fronte al testo ispirato.
Cos adesso Gregorio lega la capacit delluomo di far sprizzare scintille di fuoco dalla fredda pietra, allispirazione divina (aspirante Domino). Lidea gi accennata in precedenza, quando ha parlato di colui che
interpretando (discutiens) spiritualmente le parole della lettera, si rende
conto della grandezza che vi nascosta dentro (spiritaliter litterae verba
discutiens, quae interius magnitudo lateat pensat), viene chiaramente
esplicitata. E infatti Gregorio dichiara ora con estrema precisione: Cos,
proprio cos, sono le parole dalla sacra Scrittura (Sic etenim, sic, verba sunt
sacri eloquii).
La convinzione di Gregorio su questo punto solida come una macigno.
La doppia natura del testo biblico, e dunque anche il doppio signicato che
ad essa connessa, sono fuori discussione. Ma fuori discussione anche la
differenza qualitativa delle litterae verba rispetto alla interius magnitudo.
Infatti, le parole del sacro eloquio, che rimangono fredde se osservate per
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I GARGANO
Lomelia citata prosegue con un passo descrittivo del profeta Ezechiele che
permette a Gregorio di chiedersi retoricamente: A queste parole della lettera (verbis litterae) pu mai infervorarsi lanimo di qualcuno di amore di
Dio (ad amorem Dei cuius animus infervescat), o non piuttosto raffreddarsi
alla loro lettura? (quin potius quis non ex ipsa eorum lectione tepeat)24.
Questa domanda retorica, che pu apparire quasi superua, conferma lo
scopo determinante attribuito da Gregorio alle parole scritturistiche (verbis
litterae): accendere lanimo del lettore di amore divino.
Si scopre cos in modo chiarissimo la precomprensione specica dalla quale parte lermeneutica di questo santo Padre della Chiesa. Aggiungo
che, in questo, Gregorio Magno condivide la convinzione comune a tutto il
periodo patristico. Saremmo fuori strada, condannandoci a non capire quasi
nulla della loro ermeneutica biblica, se non tenessimo presente questa loro
decisiva pre-comprensione nellaccostarsi al testo biblico.
Lo scopo dellesegesi fare esperienza dellamor Dei. Spesso per lo
scopo non viene raggiunto con la semplice comprensione della littera, ma
24. Idem, 266-267.
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vobiscum audio quod dico). Quindi tutto ci che in questo profeta comprender meno bene, si deve alla mia cecit; se qualcosa invece riuscir a
comprendere in maniera adeguata, si deve alla vostra profonda sensibilit
per il dono di Dio26.
289
fondit nella consapevolezza del limite personale, che dovrebbe avere ogni
buon esegeta.
Oltretutto giudice ultimo dellutilit di una determinata intuizione sul
signicato del testo semplicemente il lettore: Lascio al giudizio del lettore
avverte per esempio Gregorio di scegliere linterpretazione che preferisce
(lectoris vero iudicio relinquendum est quid magis duxerit eligendum).
Lui, il papa esegeta, disposto perno a farsi discepolo del suo uditore se questultimo propone uninterpretazione pi consona al testo e pi
profonda (subtilius veriusque sentientem). Quando si ha a che fare con un
testo ispirato, latteggiamento fondamentale da assumere sempre infatti
quello della disponibilit al dono dello Spirito, senza gelosie di alcun genere perch ritengo spiega Gregorio donato a me personalmente ci
che laltro comprende meglio di me (quia mihi donatum credo, quicquid
illum me melius sentire cognosco).
17. Tutti sono strumenti della verit
Il sentire umile da parte dellesegeta, un fondamentale principio ermeneutico che dovrebbe rispettare ogni biblista. Infatti spiega Gregorio
tutti noi che, pieni di fede, osiamo parlare di Dio, siamo strumenti della
Verit (organa veritatis sumus). E la verit pu fare sentire la sua voce tanto per mezzo mio ad un altro, quanto per mezzo dun altro a me (in eiusdem
veritatis potestate est, utrum per me sonet alteri, an per alterum mihi).
Non siamo dunque noi a scoprire la verit, ma la verit che si apre a
noi. Infatti pu succedere che, nella sua sovrana libert, essa tocchi uno,
perch ascolti bene ci che gli fa sentire per mezzo dun altro; oppure tocchi un altro, perch faccia sentire bene ci che tutti debbono ascoltare. E
pu accadere che la comprensione di un testo si apra o si chiuda a seconda
della disponibilit mostrata dagli ascoltatori: Spesso concessa al dottore
la parola per merito di chi ascolta e spesso, al contrario, al dottore la medesima parola, per colpa dellascoltatore, viene sottratta. Cos come pu
succedere che la parola della predicazione venga concessa per merito di
entrambi, oppure che per colpa di entrambi venga loro sottratta. In tutti
i casi si dovr concludere che appartiene allocculto giudizio di Dio che
la parola sia concessa a uno e sottratta a un altro (occulto iudicio vel cui
quando detur, vel quando cui subtrahatur).
La comprensione di un testo ispirato non insomma anzitutto frutto
di applicazione esegetica, ma dono imperscrutabile di Dio, legato s e lo
abbiamo visto al merito o al demerito dellascoltatore, dellespositore o
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di entrambi, ma sempre sotto il misterioso giudizio di Dio. Da cui la conclusione parenetica di Gregorio: Come pu insuperbire della sua cultura
chi ignora per quale occulto giudizio la parola sia concessa a uno e sottratta
a un altro?.
Se per, allinterno di questa sostanziale indisponibilit della parola
da parte delluomo, si dovesse cercare il contesto pi favorevole alla sua
prodigalit verso luomo, non si potrebbe trovare nulla di pi consono alladagiarsi della Parola, di un grembo comunitario.
ci che emerge dal terzo brano che abbiamo selezionato dal secondo
libro delle Omelie su Ezechiele, specialmente l dove Gregorio confessa
candidamente: Per lo pi molte cose nella sacra Scrittura, che da solo non
sono riuscito a capire, le ho capite mettendomi di fronte ai miei fratelli
(quae solus intellegere non potui, coram fratribus meis positus intellexi).
Non si tratta di un principio assoluto. Subito dopo e lo abbiamo gi
rilevato il papa aggiunge che spesso, per grazia di Dio onnipotente, certi
passi del testo sacro (in eius eloquio quaedam) si comprendono meglio
quando si legge la parola di Dio segretamente (intelleguntur melius cum
sermo Dei secretius legitur). Tuttavia la forza con cui Gregorio sottolinea linusso della comunit dei credenti nella comprensione del testo
impressionante e lo altrettanto la motivazione che gli si impone non
per unintuizione pi o meno felice, ma in conseguenza di una riessione
ponderata: Ho cerato di indagare anche questo per rendermi conto (hoc
quoque intellegere studui, ut scirem). E la motivazione simultaneamente
teologica e spirituale.
18. Ogni comprensione sempre dono per gli altri
Cosa ha capito Gregorio? Ha capito che ci mi dato a pro di coloro che
mi sono vicini (hoc mihi pro illis datur quibus mihi praesentibus datur). Per
cui succede, per dono di Dio, che il senso cresce e lorgoglio diminuisce,
quando per voi imparo ci che in mezzo a voi insegno (propter vos disco
quod inter vos doceo). Lesegeta insomma completamente celato dietro
il servizio fraterno. Non solo, ma proprio questultimo, nella misura in cui
viene compiuto come un carisma da esercitare totalmente in funzione del
bene degli altri, che fa s che il senso cresca e diminuisca lorgoglio.
Appena qualche rigo pi in basso Gregorio spiegher nella stessa
pagina: mediante la parola dellinsegnamento, con laiuto di Dio, devo
annunziare quelle cose che formano la vita e i costumi di quanti ascoltano
(doctrinae sermone, largiente Deo, proferenda sunt quae vitam audientium
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31. Lettere, XI, 10: trad. it. in V. Recchia (a cura di), Opere di Gregorio Magno. V/4: Lettere
E. Arborio Mella
Gli storici del cristianesimo sono unanimi nel considerare Gregorio uno dei
pi grandi papi della chiesa di Roma. Non pochi lo ritengono il pi grande
in assoluto. Il che non manca di sorprendere se si pone mente alle enormi
limitazioni cui la sua persona e la sua opera dovettero sottostare. Ci si pu
allora porre una domanda, solo apparentemente paradossale: la grandezza di
Gregorio si espresse nonostante il dramma personale e storico in cui egli si
trov a vivere, o invece proprio grazie ad esso? In altre parole: le immense
difcolt chegli visse dentro e attorno a s furono impedimenti a un pieno
dispiegamento della sua azione, o furono stimoli per la sua riessione, per la
sua crescita spirituale, per la sua azione pastorale, politica e caritativa?
Forse, come spesso accade nella vita, entrambe le risposte sono vere.
Per chi animato da sapienza e da vera vita interiore, lesperienza del limite anche strumento di maturazione.
Certo che la persona di Gregorio (almeno quella che conosciamo dai
suoi scritti, quella cio degli anni del suo impegno ecclesiale) appare fortemente condizionata, e talvolta quasi dominata, da tre grandi limitazioni,
che a loro volta si espressero in tre grandi sofferenze: sofferenza sica (la
malattia), sofferenza che gli venne dal sentirsi costretto ad una turbinosa
attivit chegli sentiva come un freno alla sua vita interiore, sofferenza
dovuta alla drammatica situazione politica e sociale del mondo circostante.
Proviamo a capire come Gregorio visse tutto ci.
1. Sofferenza sica
Sofferenza sica, innanzitutto. Gregorio negli anni del suo ponticato pass
molto tempo a letto, impossibilitato a muoversi e a mostrarsi al suo gregge:
poteva accadere che anche quando riusciva a presiedere una liturgia egli incaricasse qualcuno di leggere a nome suo lomelia, da lui scritta in precedenza.
Cerc tuttavia di costringersi, ogni volta che pot: sia pure a costo di riuscire
a farsi sentire solo da pochi a causa della voce che gli veniva meno1.
1. Cf. Hom. Eu. 21,1; 22,1.
LA 54 (2004) 295-320
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E. ARBORIO MELLA
Talvolta Gregorio collega questa sua sofferenza al dramma che si svolgeva attorno a s e di cui egli era angosciato testimone. Nellestate del 592,
mentre il duca longobardo di Spoleto Ariulfo devastava il contado romano,
Gregorio in una lettera al vescovo di Ravenna presenta se stesso come dominato da un malessere che oggi chiameremmo malattia psicosomatica:
Il fatto che io non abbia risposto a diverse lettere della Vostra Beatitudine, non
attribuitelo a indifferenza da parte mia, ma alla fatica. Infatti, a causa dei miei
peccati, allepoca in cui Ariulfo marciando sulla citt di Roma uccideva alcuni,
decapitava altri, io sono stato preso da una tale tristezza che sono caduto in un
malessere intestinale2.
2. Ep. 2,38. In generale i passi gregoriani contenuti in questo studio sono citati secondo
ledizione Corpus Christianorum, Series Latina, voll. CXL-CXLIV. Per i Dialogi ci si riferisce alledizione Sources chrtiennes 251, 260, 265; per la Regula pastoralis alledizione
Sources chrtiennes 381, 382.
3. Ep. 11,18.
297
Notiamo a questo proposito che Gregorio non particolarmente interessato agli strumenti classici dellascesi cristiana, quali le veglie e i digiuni,
come mezzi di crescita spirituale. Per lui lascesi consiste essenzialmente
nellaccettazione del male che ci colpisce e nel compimento delle buone
opere cui siamo chiamati nei confronti del prossimo. Siamo dunque nella
sfera dellobbedienza amorosa: la stessa che ebbe tanta parte nei Dialogi a
delineare i rapporti fra discepolo e maestro, e che, come vedremo in pi occasioni nel corso di questo studio, indurr Gregorio a piegarsi incessantemente
agli eventi e ai fratelli nella persuasione di piegarsi in tal modo a Dio.
In conclusione, Gregorio non si abbandon mai alla tentazione dellimpotenza: la malattia fu anzi per lui un costante richiamo allumilt
nonch uno stimolo alla necessaria compassione, tanto dovuta in quegli
anni turbati.
2. Sofferenza per la costrizione alla vita attiva
Un secondo motivo di sofferenza venne a Gregorio dalla costrizione a
unattivit molteplice legata al ministero, che non gli lasciava il tempo di
abbandonarsi allattivit che avrebbe veramente desiderato: quella della
quies monastica, del vacare Deo. Gregorio esprime spesso questa aporia in
298
E. ARBORIO MELLA
Lo si vede, il monaco Gregorio era sovrano: grazie alla contemplazione incessante chegli conduceva nulla poteva turbare il suo spirito, e la
realt terrena era misera cosa di fronte alla grandezza della realt divina
che permeava lintera sua vita. Come non pensare alla celebre visione di
6. Dial. 1, prol.,3.
299
Benedetto, quale viene descritta ancora nei Dialogi, nel corso della quale
il mondo intero, come raccolto sotto un unico raggio di sole, fu portato
davanti ai suoi occhi7?
La stessa esperienza descritta in termini struggenti in una lettera a
Teoctista, sorella dellimperatore bizantino Maurizio, subito dopo la sua
forzata accettazione del ponticato.
Ho perduto le gioie profonde del mio riposo (...). Ogni giorno mi sforzavo di diventare estraneo al mondo, estraneo alla carne, di scacciare dagli occhi dellanima
tutte le immagini materiali e di guardare in modo immateriale alle gioie dellalto.
Aspirando alla visione di Dio dicevo, non solo a parole ma dalle midolla del cuore:
A te ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto, il tuo volto, Signore, cercher
(Sal 26,8 Vulg.). Non desiderando niente in questo mondo, non temendo niente,
mi sembrava di stare su un vertice, al punto da credere quasi che si compisse in
me la promessa del Signore che avevo imparato nel profeta: Io ti far calcare le
alture della terra (Is 58,14)8.
In realt, lo vedremo, la vita di Gregorio in monastero fu ben pi complessa di come egli la descrive, pi ricca e pi povera al tempo stesso, pi
segnata dallumanit quotidiana. E la sua stessa preghiera fu molto meno
unicata nel desiderio appassionato della vita divina, stando a come egli
stesso ne parla nei testi che si presenteranno fra un momento. Queste testimonianze tuttavia ci servono per capire il suo gusto profondo per la vita
monastica, e di conseguenza lintensit del senso di deprivazione che ne
accompagn la ne.
7. Dial. 2,35,3.
8. Ep. 1,5.
9. Mor., lettera dedicatoria, 1.
300
E. ARBORIO MELLA
Preghiera
Sulla preghiera dunque, laltro aspetto centrale della vita monastica di
Gregorio, giunto il momento di dire qualcosa. Su di essa anzi converr
soffermarsi un po pi a lungo.
Gregorio amava la preghiera. Essa muoveva per lui principalmente dalla Scrittura, ma anche dalle lezioni della storia: strumenti voluti e benedetti
di costante confronto con Dio per la puricazione di s. In un passo delle
Homiliae in Hiezechielem egli vede nel profeta che contempla la somiglianza della gloria del Signore (Ez 2,1 Vulg.) colui che scorge i segni
dellazione di Dio sulla terra. E commenta:
Appena il profeta ha visto la somiglianza della gloria del Signore caduto faccia
a terra. Questa somiglianza della gloria noi non possiamo vederla con lo spirito di
profezia. Allora dobbiamo instancabilmente cercare di conoscerla, e aver cura di
contemplarla nella parola sacra, nei moniti del cielo, nelle lezioni dello Spirito. E
quando percepiamo qualcosa di Dio, cadiamo faccia a terra perch ci vergognamo
del male che ricordiamo di aver commesso10.
301
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E. ARBORIO MELLA
Le parole divine crescono con chi le legge: quanto pi profondamente uno ssa in
esse lo sguardo, tanto pi profondamente le capisce. Le ruote non si elevano se non
si elevano i viventi: perch se lanima di chi legge non avanza verso lalto, le parole
divine giacciono, non capite, come in basso (...). Dove si dirige lo spirito del lettore,
l si elevano anche le parole divine: perch se cerchi in esse con lo sguardo e con il
cuore qualcosa di alto, queste sante parole crescono con te, con te ascendono in alto
(...). Le ruote seguono lo spirito perch le parole del testo sacro, come stato detto
e ridetto, crescono in intelligibilit secondo la disposizione interiore di chi legge.
E ancora:
Le ruote avanzano, si fermano, si elevano assieme ai viventi, perch quale diviene
luomo che cerca di leggere la Scrittura, tale essa viene trovata17.
303
Ci siamo cos affacciati al secondo tipo di compunzione, inestricabilmente legata alla prima ma portatrice di unesperienza interiore alquanto
diversa. Nel passo seguente le due compunzioni sono presentate in successione:
Spesso la grazia del Signore onnipotente fa s che certi passi del testo sacro si
comprendono meglio, quando si legge la parola di Dio in segreto. Lanima, conscia delle sue colpe, riconoscendo la verit di ci che ascolta si colpisce con la
freccia del dolore e si tragge con la spada della compunzione, al punto che non
ha altro desiderio che di piangere e di lavare le sue macchie in un otto di lacrime.
Cos facendo essa talvolta rapita nella contemplazione di sublimi realt, e nel
desiderio di esse tormentata da un dolce pianto. Questanima afitta di essere
quaggi ove ancora giace prostrata dallinfermit, e di non essere ancora lass, ove
illuminata sarebbe piena di forza e non lascerebbe pi locchio del cuore ritornare
alle tenebre della condizione mortale. Da qui, s, da qui nasce in essa un fuoco, da
questardore sgorga il pianto20.
304
E. ARBORIO MELLA
Lelevazione verso Dio fa dunque parte dellhabitare secum. Il contrario la realt di colui che distratto:
Ogni volta che siamo condotti al di fuori di noi dal movimento di uneccessiva
preoccupazione, restiamo noi stessi, certo, ma non siamo pi con noi stessi: perch
non vediamo pi noi stessi e vaghiamo qua e l23.
305
Si fece silenzio in cielo per circa mezzora (Ap 8,1). Il cielo lanima del giusto
(...). Quando il riposo della vita contemplativa si stabilisce nellanima si fa silenzio in
cielo, perch lo strepito delle faccende terrene viene meno nel pensiero, s da permettere allanima di porre lorecchio agli intimi segreti. Ma questo riposo non pu essere
perfetto in questa vita, per cui non si dice che si sia fatto silenzio in cielo unora intera,
ma circa mezzora; e anche questa mezzora non devessere intesa come completa,
dato che si premette circa. Infatti, non appena lanima comincia ad elevarsi e ad
essere invasa dalla luce del suo intimo riposo, lo strepito delle preoccupazioni subito
riprende, e strappata a se stessa si confonde, e confusa cade nella cecit25.
Nella sua ricerca di equilibrio interiore Gregorio giunge cos ad affermare che limperfezione meglio della perfezione:
Spesso, quando i principianti nella vita spirituale mostrano le loro buone opere
prima del dovuto, impediscono al seme della perfezione di maturare in esse.
Spesso allora le virt, pi abbondanti del necessario, evaporano. Ecco perch
il Signore respinge i desideri dei suoi eletti se sono prematuri; e se invece essi
vengono al tempo giusto, egli impedisce ai loro progressi di superare la giusta
misura. Se progredissero prima o pi del dovuto, la grandezza dei loro progressi
li farebbe cadere nel peccato di orgoglio (...). Molti, quando concepiscono santi
desideri, ardono dal desiderio di praticare le virt pi elevate in modo che nessuna colpa venga a macchiare lazione, e neppure a turbare il pensiero; con una
25. Hom. Hiez. 2,2,14.
26. Mor. 19,6,12.
27. Mor. 28,10,22.
306
E. ARBORIO MELLA
applicazione incessante cercano di raggiungere la stabilit interiore che propria delleternit. Ma le tentazioni che sopraggiungono li risospingono indietro,
afnch si ricordino delle loro debolezze e non sinnalzino per delle virt che
hanno ricevuto28.
Sappiamo bene come la storia della spiritualit sia piena di eroi dello
spirito che sono sprofondati nella follia per non aver voluto tener conto
dei propri limiti.
Il concetto di misura, apparso nel brano test citato, molto importante
nel linguaggio e nel pensiero di Gregorio. Esso si applica anche al rapporto
fra preghiera e attivit esterna. Bench talvolta egli veda il suo equilibrio
personale messo in pericolo (di questo si dir tra breve), Gregorio vede
tendenzialmente una dialettica feconda tra preghiera e attivit. La preghiera per lui una condizione indubbiamente migliore dellattivit: tuttavia
entrambe sono necessarie per lequilibrio interiore. Si daltronde gi accennato al fatto che tra le acquisizioni cercate da Gregorio nella frequentazione della Scrittura vi era proprio il discernimento di criteri per lazione.
Preghiera e azione sono dunque intimamente legate. Ma in numerosi testi
egli esprime la positivit spirituale dello stesso agire storico in quanto tale.
Prendiamo ad esempio il passo seguente. Del signicato dei termini vita
attiva e vita contemplativa gi si detto.
Nella vita attiva possiamo rimanere stabilmente; nella vita contemplativa noi
siamo assolutamente incapaci di tenere in tensione la mente. Quando lasciamo
il nostro torpore e ci sproniamo a lavorare con ardore per il bene, dove altro andiamo, se non verso la vita attiva? E di l non dobbiamo in alcun modo tornare
indietro (...). Quando invece dalla vita attiva ci eleviamo alla contemplativa, la
nostra mente incapace di restare a lungo in contemplazione, e tutto quello che
esso percepisce delleternit, come in uno specchio e in enigma (1Cor 13,12),
lo vede come furtivamente e di passaggio. Respinta dalla sua stessa debolezza
lontano dallimmensit di una s grande altezza, lanima ricade su se stessa. Deve
dunque tornare alla vita attiva29.
307
isolata entro il solo spirito. Nel brano sul carro di Ezechiele citato pocanzi
ad un certo punto si pu leggere:
Se il vivente cammina, cio cerca dei modi di vivere meglio, e facendo un passo
nel cuore trova il modo di porre un passo nellopera buona, allora anche le ruote
avanzano insieme a lui: tu trovi come progredire nel testo sacro a misura che sei
divenuto migliore al suo contatto30.
308
E. ARBORIO MELLA
Ma anche:
Il tempo dellazione viene prima, quello della contemplazione lultimo34.
Dunque i doni che toccano le profondit, o i doni della contemplazione, sono il presupposto indispensabile di ogni attivit esterna di un certo
impegno; ma a sua volta la maturazione interiore che conduce a lasciarsi
plasmare dalla preghiera opera di tutta una vita.
Questa complementariet fra contemplazione e azione veniva vissuta
da Gregorio giorno per giorno nellattivit pastorale, ove di conseguenza
essa appare in modo particolarmente evidente. Loperosit instancabile e
minuta legata al ministero, come pure il necessario chinarsi sul prossimo,
furono un costante richiamo al discernimento su di s e un aiuto a evitare
le illusioni. Gregorio ne parla in un passo velatamente autobiograco:
Ai santi capita spesso che, vedendosi toccati da un grande dono di grazia celeste, si
ritengano ormai perfetti; e si pensano obbedienti, ma solo perch non vi nessuno
che ordini loro cose dure; e si credono pazienti, ma solo perch nessuno li urta con
insulti o con avversit. Allora molte volte succede che assumano controvoglia un
ministero spirituale, e siano costretti al governo dei fedeli.
309
lascia attirare a tollerare le debolezze del prossimo diventa salda per superare le
avversit. E cos, per amore della verit, ora desidera le tribolazioni di questa
vita con la stessa forza con cui prima rifuggiva le debolezze altrui. Con il suo
piegarsi si innalza, con il suo inchinarsi tende verso lalto, con il suo con-soffrire si rafforza. E quando si dilata nellamore del prossimo, con una sorta di
esercizio raccoglie le sue forze per innalzarsi verso il Creatore. Quella carit
che ci umilia per darci la compassione ci solleva a una vetta di contemplazione
ancora pi alta36.
Laccettazione grata delle difcolt comprende ovviamente anche lincontro con il male. E ancora una volta giover ricordare la grande affermazione iniziale: Se ami, porti.
Noi non vogliamo portare i mali del prossimo, noi abbiamo deciso che tutti ormai
devono essere santi, riutando di aver qualcosa da sopportare a causa loro. Ma
in questo stesso riuto appare pi chiaro della luce quanto poco di bene abbiamo ancora in noi stessi, allorch ci riutiamo di sopportare i cattivi (...). Spesso,
quando noi ci lamentiamo della vita del prossimo, cerchiamo di cambiar luogo, di
scegliere il nascondimento di una vita pi ritirata. Non sappiamo che se lo spirito
vien meno, non serve il luogo37.
Proviamo, sulla scorta degli ultimi brani citati, a riandare con la memoria alle descrizioni colme di lirica nostalgia con cui Gregorio parlava della
propria vita nel monastero. Quanto profondamente il maestro interiore,
attraverso il limite e la sofferenza, aveva in realt scavato nellanima del
suo discepolo!
Si detto che fra le chiavi cercate da Gregorio nella preghiera vi sono
gli esempi per la propria vita. Lesempio perfetto della compresenza di
interiorit ed esteriorit chiaramente la persona di Cristo.
Cristo la pietra angolare: da una parte perch ha unito in s i due popoli, daltra
parte perch ha mostrato congiunte in s gli esempi delle due vite, attiva e contemplativa. La vita contemplativa in effetti molto lontana dalla vita attiva. Ma
il nostro Redentore, venendo a noi nellincarnazione, le ha unite entrambe in s
mostrandole entrambe a noi. Mentre infatti faceva miracoli nella citt, passava la
notte sul monte in continua orazione. Diede cos un esempio ai suoi fedeli, afnch
questi non trascurino lattenzione al prossimo per amore della contemplazione,
n abbandonino gli esercizi della contemplazione perch eccessivamente occupati
dallattenzione al prossimo: ma stando in entrambe le congiungano in modo tale
310
E. ARBORIO MELLA
che lamore del prossimo non faccia ostacolo allamore di Dio, n che lamore di
Dio, che pi grande, abolisca lamore del prossimo38.
311
le azioni dei buoni, mostrare ad alcuni severit e ad altri dolcezza; quando riuscir
a pensare al tempo stesso ai bisogni dei fratelli, a portare la responsabilit della
sentinella che protegge la citt contro la spada nemica perch i cittadini non periscano in un attacco subitaneo, e in mezzo a tutto questo a dispensare pienamente
ed efcacemente la parola di esortazione per la custodia delle anime? Parlare di
Dio richiede una mente molto tranquilla e libera!40.
Fin dallinizio del suo ministero come vescovo di Roma Gregorio avvert questa verit. Val la pena citare almeno una lettera scritta in occasione
della sua elezione in risposta alle congratulazioni che gli erano state fatte
da un amico:
Alle congratulazioni che gli estranei mi fanno per lonore sacerdotale che ho assunto,
io non d un gran peso. Ma che voi vi congratuliate con me per questo, mi addolora
non poco: perch voi conoscete benissimo il mio desiderio, e tuttavia credete che io
abbia avuto una promozione. Il pi grande progresso per me sarebbe stato se fosse
stato possibile colmare i miei desideri, se avessi potuto realizzare la mia volont che
voi conoscete da molto tempo, raggiungendo la pace desiderata.41
Sappiamo che Gregorio cerc di sottrarsi al peso che gli era piombato
sulle spalle; alla ne si pieg con ducia al volere divino percepito attraverso lamore dei fratelli.
Improvvisamente, preso fra la paura e la devozione, levando gli occhi dellanima
a Colui che largisce tutti i beni e messa da parte ogni esitazione, ebbi allistante la
certezza che non poteva essere impossibile ci che mi comandava la carit proveniente dal cuore dei fratelli42.
312
E. ARBORIO MELLA
Ancora una volta, laccenno al controvoglia cela una vicenda autobiograca. Qui il modello Mos:
Presiedere a una s grande moltitudine egli non lha voluto ma vi si sottomesso.
Forse sarebbe stato superbo se avesse assunto la guida di quel popolo numeroso
senza trepidare; e sarebbe stato ugualmente superbo se avesse riutato di obbedire
allordine del suo Creatore (...). Non volle presiedere ai popoli misurandosi da se
stesso, ma acconsent contando sulle forze di chi glie lo ordinava43.
In conclusione di questa seconda parte, al termine della breve presentazione fatta sul posto della preghiera nella vita di Gregorio si pu dire
che attraverso il confronto amoroso con la Scrittura, attraverso la fragilit
di questa stessa esperienza, attraverso linterrelazione fra di essa e la vita
attiva, egli giunse ad una profonda conoscenza dei meccanismi profondi
della propria psiche e ad unaccettazione attiva e senza riserve di tutto ci
che gli veniva richiesto. Proprio la saldezza che gli era venuta dalla sua
esperienza lo condusse ad accettare in pienezza di esserne privato. Avendo
posto sempre lamore al centro della sua vita, seppe rinunziare per amore
a dei progetti troppo personali e seppe riconoscere la presenza dei fratelli
come un appello. Avendo scandagliato tanto a lungo le proprie profondit, seppe vedere nelle proprie ripugnanze i lati pi oscuri e seppe quindi
dominarli. Va anche detto che questo cammino si inser su un equilibrio e
unintelligenza nativi: testimoni i numerosi passi in cui Gregorio mostra
43. Past. 1,6 e 1,7.
44. Ep. 7,5 al patriarca di Costantinopoli Ciriaco.
45. Mor. 18,43,70.
313
la sua sottigliezza nel discernimento degli spiriti, allorch legge i movimenti e le azioni degli uomini46.
3. Sofferenza per la sofferenza circostante
La terza sofferenza da cui Gregorio fu duramente provato fu quella proveniente dalla drammatica realt chegli vedeva dipanarglisi attorno. Realt
di guerra, innanzitutto, con le devastazioni operate dai Longobardi sulle
persone e sulle cose; conseguente abbandono delle campagne, riduzione
delle attivit economiche, carestie; in aggiunta a ci, esazioni e prepotenze
anche da parte bizantina sulle popolazioni teoricamente da essa difese; e
le piene del Tevere, le epidemie. Il tutto in un paese gi duramente provato
dalla guerra greco-gotica appena alle spalle. E poi il contatto quotidiano
con le piccole ma sempre uniche sofferenze che fanno parte di ogni vita.
Tutto ci molto presente negli scritti di Gregorio, e di tutto ci egli fu
partecipe con unintensit talvolta al di l del sopportabile: si visto come
giungesse ad attribuire alla situazione di guerra circostante anche i suoi
malanni sici.
Nelle catastro di cui era testimone Gregorio vedeva il segno della
ne prossima del mondo quale descritta nel cap. 21 dellEvangelo di
Luca. Fine prossima anche se, val la pena notarlo, non necessariamente
immediata: egli intraprese infatti, com noto, delle azioni missionarie che,
se talvolta sono legate al bisogno di preparare al Signore un popolo santo
per il giudizio prossimo come nel caso della missione sarda47, altre volte
mancano totalmente di tale motivazione e appaiono piuttosto dovute a una
visione di vasto respiro come nel caso della missione in Anglia. La ne
prossima comunque anche loccasione di un costante invito alla penitenza: si risolve quindi in una potenziale positivit per la vita spirituale, al pari
di quanto era avvenuto per gli altri tipi di sofferenza n qui considerati.
Il Signore e Redentore nostro, desiderando trovarci preparati, svela i dolori che
colpiscono il mondo nel suo declino per distoglierci dal subirne il fascino. Ci indica quali percosse ne annunciano la ne non lontana, in modo che se non vogliamo
temere Dio in tempi di tranquillit, almeno quando siamo oppressi dalle percosse ci
spaventiamo del suo giudizio ormai prossimo (...). Vi diciamo queste cose, fratelli
carissimi, perch i vostri cuori si preoccupino di stare vigilanti: non si intorpidisca-
46. Cf. ad esempio, per citare solo due passi presi a caso, Hom. Hiez. 1,5,3 e 1,7,2.
47. Cf. ad es. Ep. 4,23.
314
E. ARBORIO MELLA
Il linguaggio ricorda quello utilizzato a proposito della sofferenza sica, segno di quella escatologica e per ci stesso opportunit concessaci
per sfuggirvi. Ma certo che largomento parla poco alluomo di oggi: se
cercare nei mali personali uno strumento di crescita sempre possibile e
doveroso, applicare questa ricerca ai mali altrui indubbiamente molto pi
problematico. Gregorio muove qui dal bisogno di dare un senso al male
riferendo ogni cosa a Dio autore di tutto; bisogno acutizzato dalla sua responsabilit di pastore di fronte ad un popolo smarrito.
In generale, Gregorio si sentiva profondamente responsabile della
conversione continua del gregge afdatogli: un giorno ebbe a evocare i
dolori somiglianti alle fatiche materne con cui i pastori partoriscono le
anime nella fede e nella vita, fra il dolore per chi cade e il timore per
chi sta in piedi50. Ci in ogni momento, anche in contesti non legati alla
considerazione della ne del mondo. A tale responsabilit esortava poi i
confratelli nellepiscopato, perch perseverassero nel loro ministero con
una combinazione di forza e di umilt51. Ma in lui la sofferta responsabilit
dellazione quotidiana si univa a un altro, pi duro motivo di sofferenza:
era la convinzione che, soprattutto in quel tempo di prova, i pastori fossero i responsabili della rovina eterna del popolo, sia teologicamente che
di fatto:
48. Hom. Eu. 1,1-2.
49. Hom. Eu. 28,3.
50. Mor. 30,10,42.
51. Cf. ad es. Hom. Hiez. 1,9,4.
315
Dopo che Ges ebbe narrato i mali che sarebbero venuti, entrando subito nel
tempio per cacciare coloro che vendevano e compravano manifest chiaramente
che la rovina del popolo avviene soprattutto per colpa dei sacerdoti (...). Cristo
elimina dal tempio coloro che vendevano e compravano, perch condanna quelli
che impongono le mani in cambio di doni e quelli che cercano di comperare il
dono dello Spirito santo52.
316
E. ARBORIO MELLA
C un ulteriore elemento che rendeva supremamente difcile a Gregorio emergere dalla sofferenza proveniente dalla tragica realt circostante.
Si tratta del fatto che in linea generale, malgrado lidea che le tribolazioni siano inviate da Dio per indurre a pentimento, malgrado i tentativi di
cogliere le opportunit di conversione da esse offerte, in realt Gregorio
non poteva sottrarsi interamente al senso di assurdo che gli veniva dalla
presenza del male. Sostanzialmente mancava a Gregorio una teologia che
ponesse il male, il peccato e la sofferenza allinterno di una visione provvidenzialistica, che li inserisse in un ordine universale. Val la pena a questo
proposito ricordare per contrasto la visione di Agostino, che molto si dilunga su questi temi per dar vita a una ricca e sottile teologia: il male non
creato da Dio ma la sua presenza da lui voluta in vista degli obiettivi
del suo piano di salvezza. In questo piano rientra anche la condanna eterna
dei dannati, che frutto della sua mirabile giustizia56. A Gregorio invece il
comportamento di Dio pu perno apparire al limite dellarbitrio: non per
54. Ep. 1,5.
55. Ep. 2,40 a Domenico vescovo di Cartagine.
56. Cf. ad es. De Genesi ad litt. 11,22,29; Enchiridion 24-27.
317
nulla la tradizione gli attribu il pianto sulla condanna eterna del pagano ma
pur giusto imperatore Traiano57. Allex-funzionario imperiale formato alla
certezza del diritto romano sembrava talvolta che al peccatore venissero a
mancare le ovvie garanzie giuridiche che sono assicurate a tutti:
Noi sempre riconosciamo di essere peccatori; ma tuttavia, posti spesso tra i agelli,
ignoriamo per quale peccato siamo maggiormente agellati. Allora sottoponiamo
noi stessi ad un esame rigoroso, per cercar di scoprire, se in qualche modo vi
riusciamo, il motivo per cui siamo battuti. Ma dato che per lo pi esso ci rimane
nascosto, la nostra cecit diventa per noi un peso e il nostro patimento ci addolora
ancora di pi. Chiunque entra in giudizio con un suo compagno dice quel che sente
di dover dire, conosce ci di cui accusato, colpisce dove vuole e sa da dove
colpito. Chi invece percosso dal castigo divino sa certo di essere colpito, ma
ignora perch lo sia; sente quel che sente di dover dire, ma non sa che cosa si dice
contro di lui; geme sotto le frustate, ma Dio non dichiara apertamente per quale
delitto lo ferisca58.
318
E. ARBORIO MELLA
319
Ecco quanto con laiuto del Signore siamo riusciti a investigare davanti a voi, fratelli carissimi. Ora per nessuno mi rimproveri se dopo aver detto questo smetto
di parlare: perch come voi tutti vedete le nostre tribolazioni crescono. Dappertutto
siamo circondati da spade, dappertutto temiamo limminente pericolo di morte. Vi
chi torna da noi con le mani amputate, altri ci si dice che sono prigionieri, altri
uccisi. Io ormai sono costretto a trattenere la lingua, perch lanima mia stanca
della vita (Gb 10,1). Nessuno ormai mi chieda pi di studiare per lui il libro sacro
(...). Colui che non riesce pi a vivere, come potrebbe parlare dei sensi misteriosi
della sacra Scrittura? Se sono costretto a bere ogni giorno bevande amare, quando
potrei servire bevande dolci? Che resta dunque, tra i agelli che patiamo per le
nostre iniquit, se non...
Che cosa si aspettava di udire a questo punto il battuto e spaurito uditorio dalla voce angosciata del suo pastore? Ecco ci chesso ud:
...rendere grazie in mezzo alle lacrime? Infatti quello stesso che ci ha creati si
anche fatto padre per noi, grazie allo Spirito di adozione che ci ha donato. E talvolta nutre i gli con il pane, talvolta li corregge con il agello. Ma fra dolori, ferite
e doni li forma in vista delleredit eterna. Sia dunque gloria al nostro Signore
onnipotente Ges Cristo che vive e regna...62.
320
E. ARBORIO MELLA
M. Piccirillo
1. Nunc ergo ostendite, quantum vos prius amastis. Scio quia utrique abstinentes, utrique
docti, utrique humiles estis... Quia ergo per doctrinam verbi caelestis sal habere vos novimus, restat ut per caritatis gratiam etiam pacem inter vos toto corde teneatis. Haec, carissime
frater, dico, quia utrosque vos multum diligo atque omnino pertimesco ne orationum vestrarum sacricia ex aliqua inter vos dissesione maculentur (S. Gregorii Magni, Registrum
Epistularum, VII, 29: Gregorius Anastasio Presbytero, p. 487-488)
2. E. Gandolfo, Gregorio Magno papa in unepoca travagliata e di transizione, Roma 1994,
137. Per la traduzione italiana dei testi del ricco epistolario rimandiamo a V. Recchia (a cura
di ), Opere di Gregorio Magno V/1-4 (Registrum Epistularum [I-III] edidit Dag Norberg),
Lettere (I-III), Roma 1996.
3. X,16: Gregorius Innocentio Praefecto Praetorio Africae, p. 844s.
LA 54 (2004) 321-341
322
M. PICCIRILLO
4. M. Piccirillo, The Church of Saint Sergius at Nitl. A Center of the Christian Arabs in
the Steppe at the Gates of Madaba, LA 51 (2001) 267-284; I. Shahid, The Sixth-Century
Church Complex at Nitl, Jordan. The Ghassanide Dimension, ibi, 285-292.
5. I, 24: indirizzata ai patriarchi di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia, a Giovanni
di Gerusalemme e allex patriarca di Antiochia, p. 22-32.
6. XI,28: Gregorius Isacio Episcopo Hierosolymitano, p. 914-917.
7. LA 31 (1981) 191-198.
8. Gregorio Magno e il suo tempo, XIX Incontro di studiosi dellantichit cristiana, Roma
9-12 maggio 1990 (Studi storici), I, Roma 1991, 65-76.
323
Padre Bottini inizia la rassegna dalle due lettere inviate dal Papa a Abba
Palladio e a Abba Giovanni riguardanti il monastero del Monte Sinai, entrambe scritte nel settembre del 6009.
Il Prof. Maraval inizia dal passo di una lettera scritta a Rusticiana nel
febbraio del 601, nella quale Papa Gregorio narra di due monaci del monastero di SantAndrea, il monastero da lui fondato nella sua casa paterna
al Celio, i quali con la scusa di un pellegrinaggio a Gerusalemme, avevano deciso di prendere la fuga10. Un inizio ripreso in chiusura dellarticolo
dove lo studioso afferma che, a suo parere, il papa monaco non si mostra
molto entusiasta del pellegrinaggio ai Luoghi Santi di Gerusalemme, ai
quali preferisce i santuari di Roma e la sua cella di monaco.
Il Papa scrive del pellegrinaggio ai Luoghi Santi e al Monte Sinai, in
tre lettere indirizzate a Rusticiana, nipote di Boezio, in risposta a due lettere inviategli dalla nobildonna romana, che viveva a Costantinopoli, prima
della sua partenza e al suo ritorno dal pellegrinaggio.
Il Papa, che in una lettera precedente le aveva scritto di non riuscire
a comprendere come si possa essere sedotti da Costantinopoli e si possa
dimenticare Roma, gli amici che vi abitano e i beati Petri apostolorum
principis limina11, laveva poi rimproverata bonariamente in due occasioni
per la fretta con cui era tornata nella capitale no a rinunciare a restare un
po di pi nei Luoghi Santi dove avrebbe desiderato accompagnarla e da
dove non sarebbe tornato cos in fretta perch si sarebbe fermato con i Santi
Padri che l vivevano!12
9. G. Hofmann, Sinai und Rom, Orientalia Christiana IX-3, n. 37 (1927) 223; Lettere
Ponticie edite ed inedite intorno ai monasteri del Monte Sinai, OCP 17 (1951) 283-303.
10. XI,26: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 898-901: Alii quoque duo fratres de eodem
monasterio fugierunt atque aliqua prius colloquendo fratribus signa dederunt, quod per
Appiam descendentes Hierosolymam tenderent. Qui exientes deverterunt de itinere et, ut
a sequentibus inveniri minime potuissent, retrusas cryptas iuxta Flammineam portas invenientes in eis se occultaverunt....
11. VIII,22: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 141-142: Et quae tanta sit Constantinopolitanae civitatis delectatio quaeve Romanae urbis oblivio ignoro... Et si praecipiente Deo
sacris eloquiis admonemur ut etiam inimicos diligere debeamus, prnsandum nobis est quantae culpae sit etiam amantes minime amare. Ac si forte dicitur quod amantur, nos certissime
scimus quia nemo potest diligere quos non vult videre.
12. II,24: Gregorius Rusticianae, p. 110: Valde autem miratus sum cur deliberatae viae
eundi ad loca sancta intentionem et votum boni operis deexistis, dum, si quando bonum
aliquod dono Conditoris in corde concipitur, celeri necesse est devotione compleri, ne
dum callidus insidiator animum irretire nititur, subinde impedimenta suggerat, quibus ad
effectum minime desideria sua mens occupationibus debilitata perducat. Unde necesse est
excellentiam vestram omnibus impedimentis piis causis obuiantibus anteire, et ad fructum
324
M. PICCIRILLO
boni operis totis cordis nisibus inhiare, ut et in praesenti saeculo tranquille vivere, et in
futuro caeleste regnum valeat possidere; IV,44: Gregorius Rusticianae Patriciae, p. 264265: Excellentiae vestrae scripta suscipiens libenter agnovi qualiter ad montem Sina perrexerit. Sed mihi credite, ego quoque voluissem, vobiscum ire sed vobiscum minime redire.
Quamvis valde mihi sit difcile credere quia ad sancta loca fuistis, patres multos vidistis.
Nam credo si vidissetis, tam celeriter redire ad Constantinopolitanam urbem minime poteratis. At postquam talis civitatis amor de corde vestro nullomodo recessit, suspicor quia
excellentia vestra sancta quae corporaliter vidit ex corde minime attendit.
13. XI,1: Grregorius Palladio Presbytero de Monte Syna, p. 856-857: Transmisimus vobis
de benedictione sancti Petri apostoli cucullam et tunicam, quae ea, petimus, caritate suscipe,
qua a nobis transmissa sunt.
14. XI,2: Gregorius Iohanni Abbati Montis Sinae, p. 860: Vos ergo, qui in tanta quietis vestrae
serenitate tranquillam vitam ducitis et securi quasi in litore statis, nobis navigantibus aut potius
naufragantibus orationis vestrae manum tendite et conantes ad terram viventium pergere quantis
potestis precibus adiuvare... Filio nostro Simplicio renuntiante cognovimus lectos vel lectisternia
in hierochomio, quod a quodam illic Isauro constructum est, deesse. Propterea transmisimus
lenas XV, racanas XXX, lectos XV; pretium quoque de emendis culcitis vel naula dedimus;
quae dilectionem tuam petimus non indigne suscipere et in loco quo transmissa sunt praebere.
La notizia viene ripresa da Giovanni Diacono nella Sancti Gregorii Magni, II, 52 (PL 75, 62242) che scrive di invii annuali al monastero di cibo e vesti. (Il pellegrino Ludholfe de Suchem
- Westfalia del XIV secolo ricorda che nel monastero del Sinai ancora si celebrava la memoria
del papa la cui generosit aveva reso possibile di ospitare no a 400 monaci: Hi etiam monachi
prae aliis festis festum S. Gregorii Papae in speciali habent reverentia (Ludolfus, De itininere
Terrae Sanctae, ed. Deycks, p. 67). Un dettaglio interessante della lettera: il papa sa che lo
xenion del Sinai stato costruito da un architetto isaurico, famosi allepoca.
325
15. XIII,26: Gregorius Philippo Presbytero, p. 1027: De solidis vero qui pro faciendo xe-
nodochio a lio nostro Probo abbate Hierosolymis relicti sunt hoc quod deliberatum fuerat,
ut eri debuisset, immutare non potui, sed benedictionem parvulam sanctitati vestrae L
solidos transmisi. Vos igitur pro me, sicut credo quia facitis, enixius orate, ut de praesentis
vitae pelago me omnipotens Deus sua manu eripiat atque me requiescere in aeternae vitae
litore concedat. La notizia ripresa nella Vita Gregorii, II, 52.
Precedentemente, nel IV secolo, sappiamo di ospizi per i pellegrini costruiti sul Monte degli
Olivi da Melania lAnziana con Runo, e a Betlemme da Paola con Girolamo.
16. VII,29: Gregorius Anastasio Presbytero, p. 487-488: Multo autem mihi altior, multo
sublimior videri poteras, si neque ducatum monasterii quod Neas dicitur suscepisses,
quia in eodem monasterio, sicut audio, monachorum quidem species tenetur, multa
vero sub sanctitatis habitu saecularia aguntur. Sed etiam ad hoc te existimabo caelesti
gratia pervenisse, si ea quae in loco illo omnipotenti Deo displicent te fuerint duce
correcta.
Sed quia inter patrem eiusdem monasterii et pastorem Hierosolymorum ecclesiae semper
esse iurgia consueverunt, credo quod omnipotens Deus idcirco dilectionem tuam et sanctissimum fratrem et consacerdotem meum Amos esse uno tempore Hierosolymis voluit, ut ea
quae praedixi iurgia tollerentur.
17. Benedictionem vero quam et prius per Exhilaratum secundicerium et postmodum
per Sabinianum diaconum transmisistis cum gratiarum actione suscepi, quia de loco
sancto decuit vos sancta transmittere et, cui assidue ministratis, ex ipso vestro munere
demonstrare.
326
M. PICCIRILLO
tempo chiede che gli sia negata la comunione prima del suo ritorno a
Roma18.
Nella risposta alla lettera sinodica inviatagli dal Patriarca Isacco, successore dAmos, il Papa si rallegra per la professione di fede, raccomanda
per di stare attenti allabuso di simonia, e ritorna sui dissensi con i monaci
della Nea suggerendo al vescovo una linea pratica di condotta, sempre
avendo come scopo primario la ricerca della pace19.
Papa Gregorio e le reliquie di Terra Santa
Un dettaglio che ha sempre interessato gli studiosi quello delle reliquie
richieste o inviate dal Papa e delle eulogie (che egli in latino chiama benedictiones) per lo pi ricevute in dono.
Da Eulogio, Patriarca di Alessandria in Egitto, in ringraziamento per
una partita di legname che gli aveva inviato, Papa Gregorio riceve eulogie
di San Marco, di cui fa menzione in chiusura della lettera20.
Nella lettera allabate Anastasio della Nea, ringrazia per leulogia inviatagli giusticandola con laggiunta quia de loco sancto decuit vos san-
18. VIII,6: Gregorius Amos Episcopo Hierosolimorum, p. 523: Comperimus autem quod
Petrus acolitus... fugiens ad vestram ecclesiam venerit... quem etiam volumus per vos, quia
sit communione privatus, agnoscere, nec dominici corporis ac sanguinis, quousque ad nos
redeat, audeat mysteria sumere, nisi forte vicino mortis insistente periculo.
19. XI,28: Gregorius Isacio Episcopo Hierosolymitano, p. 914-917: Praeterea pervenit ad
me quia cum ea ecclesia quae Nea dicitur saepe in Hierosolymorum urbe vestrae ecclesiae
iurgia nascuntur. Unde sanctitas vestra debet sollicite cuncta pensare et quaedam mansuete
corrigere, quaedam vero quae corrigi nequeunt aequanimiter tolerare... Navis etenim gubernator cum adversari sibi ventum considerat, quosdam uctus directo clavo exuperat,
quosdam vero, quos superari non posse praevidet, inexo cursu prudenter declinat. Sic
itaque sanctitas vestra quaedam compescendo, quaedam tolerando mitiget, ut in sancta
Hierosolymorum ecclesia pacem cohabitantium per omnia consevet.
Per quanto riguarda il Patriarca Amos, in un capitolo del Pratum Spirituale 149 si racconta
della sua consacrazione. Nelle Pleroforie 105 un testo monosita piuttosto di parte, si racconta di una punizione particolarmente dura contro un monaco (PO 8, 182-183). Inne nel
Chronicon Paschale si ricorda che il Patriarca si dimise dal suo ufcio nel 609 (Olympias
cccxlvii, 609: PG 92, 977).
20. Ep. VIII,28: Gregorius Eulogio Episcopo Alexandrino, p. 549-550: Benedictionem autem Sancti Marci evangelistae, immo quod est verius, sancti Petri apostoli in ea dulcedine
qua est transmissa suscepimus et salutationis alloquium persolventes, petimus ut beatitudo
vestra pro nobis orare dignetur...; Ep. X,21: Benedictionem vero sancti Marci evangelistae
et vestrae beatitudinis accepi....
327
munera quae transmisistis vestris moribus dissimilia non fuerunt. Oleum quippe sanctae crucis et alois lignum suscepimus: unum quod tactum benedicat, aliud quod per incensum bene
redoleat... Parva vero appellatis munera vestra, quae magna sunt... Praeterea benedictionem
vobis sancti Petri apostolorum principis, clavem sacratissimi sepulchri eius, in qua benedictio de catenis illius est inserta, transmisimus, ut quod eius collum ligavit ad martyrium,
hoc vestrum ab omnibus peccatis solvat.
23. A. Grabar, Ampoules de Terre Sainte (Monza-Bobbio), Paris 1958, 15; B. Bagatti, Eulogie Palestinesi, OCP 15 (1949) 162.
24. Ep. XIV,12, 35: Gregorius Theodelindae Reginae, p. 1082-1083: Excellentissimo autem lio nostro Adalouvaldo regi transmittere lacta curavimus, id est crucem cum ligno
sanctae crucis Domini et lectionem sancti evangelii, theca Persica inclausum.
25. Ep. IX,229: Gregorius Reccared regi Vvisigothorum, p. 805-810: Clavem vero parvulam vobis a sacratissimo beati Petri apostoli corpore pro eius benedictione transmisimus, in
qua inest ferrum de catenis eius inclausum, ut quod collum illius ad martyrium ligaverat,
vestrum ab omnibus peccatis solvat. Crucem quoque latori praesentium dedimus vobis offerendam, in qua lignum dominicae crucis inest et capilli Iohannis Baptistae. Ex qua semper
solacium nostri salvatoris per intercessionem praecursoris eius habeatis.
328
M. PICCIRILLO
329
annesso ad una chiesa costruita fuori del muro della citt sulle pendici della
montagna che degrada da ovest. Nelliscrizione si legge che il diaconicon
venne mosaicato al tempo del vescovo Mariano nel mese di Apellaio, lindizione sesta, datazione che, tenendo presente quella precedente, pu corrispondere al mese di novembre dellanno 572, 587 o 602.
Lultima possibilit rende plausibile lipotesi di Gatier che giustamente
si pone il problema, se il vescovo Mariano al quale il Papa invia le reliquie
nel 601, verso la ne della sua vita, sia lo stesso delle iscrizioni nora
scoperte a Gerasa. Accettando questa possibilit, Mariano occuperebbe la
sede episcopale per pi di trenta anni! A favore di tale evenienza, per lo
stesso periodo e nella stessa provincia, a Bostra documentato lepiscopato
dellarcivescovo Polieucto in sede dal 594 al 62334, e a Madaba, quello del
vescovo Sergio che dalle iscrizioni sappiamo in sede dal 574 al 60335.
Gatier si spinge anche oltre dando per scontato che le reliquie inviate
dal Papa siano dei due martiri per eccellenza di Roma, gli Apostoli Pietro
e Paolo, e che siano state richieste dal vescovo Mariano in occasione della
dedicazione della chiesa dedicata ai due Apostoli costruita a nord ovest
nel quartiere occidentale della citt. Con una difcolt: nel mosaico di
questa basilica si legge il nome del vescovo Anastasio, che diventerebbe
il successore di Mariano, prima del 611 anno nel quale sappiamo in sede
il vescovo Genesio. Una possibilit non da escludere, che, se fosse vera,
darebbe ragione alla conclusione raggiunta da Maraval nellesame della
lettera di risposta allaugusta Costantina: il riuto della reliquia di San
Paolo da lei richiesta non proverrebbe dallimpossibilit, ma da un altro
movente di natura politica36!
34. M. Piccirillo, Aggiornamento delle liste episcopali delle diocesi in territorio transgior-
330
M. PICCIRILLO
331
332
M. PICCIRILLO
45. Eutichio Patriarca di Alessandria (877-940), Gli Annali. Introduzione, traduzione e note
333
norum pietas, dum me de quibusdam redarguere studuit, parcendo mihi minime pepercit.
Nam in eis urbano simplicitatis vocabulo me fatuum appellat. In scriptura etenim sacra cum
in bona intelligentia simplicitas ponitur, vigilanter saepe prudentiae aut rectitudini sociatur...
Ego igitur, qui in serenissimis dominorum iussionibus ab Ariul astutia deceptus, non adiuncta prudentia, simplex denuntior, constat proculdubio quia fatuus appellor. Quod ita esse ego
quoque ipse conteor Nam si hoc vestra pietas taceat, causae clamant. Ego enim si fatuus
non fuissem, ad ista toleranda, quaeque inter Langobardorum gladios hoc in loco patior,
minime venissem... Sed etsi sacerdos non sum, scio gravem esse hanc iniuriam sacerdoti,
ut veritati serviens fallax credatur. Et dudum novi quoniam Norduvulfo plus est creditum
quam mihi, Leoni amplius quam mihi, et nunc eis qui esse ad medium videntur plus quam
meis assertionibus credulitas impenditur... Hoc tamen piissimo domino suggero, ut de me
mala omnia quaelibet existimet, de utilitate vero reipublicae et causa ereptionis Italiae non
quibuslibet facile pias aures praebeat, sed plus rebus quam verbis credat.
48. XIII,32.
334
M. PICCIRILLO
Papa, scrivendo al Magister Militum Velox, il Papa, lo invita a liberare alcune famiglie:
Malgrado ci, vi esortiamo prima di tutto di liberare, senza alcun ritardo n scusa, la famiglia di Aloin e di Adobin, e quella di Ingilda Grusinge che si sa si trovano con il magister
militum Maurizio... (II, 4, 14-18).
335
336
M. PICCIRILLO
ne: Anno 563/4. In Novembre Areta patrizio e larca dei Saraceni venne
a Bisanzio, in quanto era obbligato ad informare limperatore su quale dei
suoi gli, dopo la sua morte, avrebbe ottenuto la larchia, e di discutere
(delle scorrerie) di Ambros, glio di Alamundaros nel suo territorio54.
Alla morte di Areta avvenuta nel 569, quattro anni dopo quella dellimperatore, gli successe il glio Alamundaros (al-Munthir ibn al-Harith) che
dovette subito rispondere con fermezza e determinazione alle provocazioni
dei Bani Lakhm che si erano sentiti in dovere di rompere la tregua, perch
limperatore Giustino II aveva riutato di pagare il tributo versato in precedenza da Giustiniano. Nelle fonti siriache Alamundaros glio di Areta,
diventa leroe cristiano che combatte le battaglie della croce. Dopo una
battaglia vinta il giorno dellAscensione del 570, il Chronicon Maroniticum
scrive: Et feria quinta Ascensionis huius anni praelium iniit Mundar, et
auxiliatus est Dominus Mundaro, et devicit Qabus et crux triumphavit55.
Tutto and bene, nch il re arabo non chiese allimperatore di aumentare il sussidio per le sue truppe. Lo storico Bar Hebreus cos racconta gli
avvenimenti: In quel tempo (durante il regno di Giustino II (565-578),
cerano due campi tra gli Arabi (Tayyaye, in siriaco), quello di Mundar
Bar Harath che era cristiano e i cui soldati erano cristiani dalla parte dei
Romani, e quello di Kaboz dalla parte dei Persiani. Kaboz essendo venuto
contro gli Arabi cristiani, prese tutti i loro greggi, e le mandrie di cammelli
e se ne fugg. Mundar riun un esercito, marci contro di lui e lo batt; e
ritorn con una grande quantit di ricche spoglie e di cammelli. Kaboz
lattacc di nuovo, fu battuto e and a chiedere rinforzi presso i Persiani.
Allora Mundar inform Giustino e gli chiese delloro per pagare le sue
truppe in modo che potessero di nuovo opporsi ai Persiani. Allora Giustino
decise di uccidere Mundar come se egli fosse stato la causa per cui i Persiani invadevano il territorio romano56.
Limperatore, non solo riut la richiesta, ma ordin al magister militum di eliminare sicamente il re arabo giudicato un pericolo per limpero,
dandogli la colpa di aver provocato linvasione arabo persiana. Due lettere
furono inviate, una allo stesso al-Munthir con lordine di informare Marcia54. C. Mango - R. Scott (ed.), The Chronicle of Theophanes Confessor, Oxford 1997,
353.
55. Shahid, Byzantium, I, 345.
56. Lepisodio viene raccontato pi o meno negli stessi termini dal vescovo contemporaneo
Giovanni di Efeso: Quod cum Iustinus rex audivisset, eum idcirco et scripsisse ut aurum
ei mitteret, valde iratus et stomachatus eum probris lacessivit eique graviter minatus est; et
ut eum dolo clanculum occideret enisus est (Shahid, Byzantium, I, 347).
337
57. Nam labores mei et operae pro terra Romanorum suscepti mihi capitis praecisione
338
M. PICCIRILLO
factum est, qui pompa magna et honore innito a reged misericorde Tiberio receptus est,
qui eum xeniis et muneribus magnis, et donis regiis honoravit, et quidquid volebat ei fecit,
et quidquid rogavit ei dedit, itemque liis eius duobus qui eum comitabantur dignitates
donavit, et diademate etiam regio eum dignatus est (Shahid, Byzantium, I, 399).
64. Post haec vero gloriosus Mondir obsecravit ut ipse etiam dimitteretur, et regem misericordem de pace ecclesiae etiam obsecravit, et ut Christianorum persecutio conquiesceret. Qui ei cum
iureiurando promisit se, si a bellis conquieturus esset, pacem statim facturum. Itaque hac promissione data eum cum magnis honoribus dimisit, et donis regiis auri et argenti multi et vestibus
splendidis, et ephippiis et frenis multis argenteis et armis. Et praeter haec omnia diadema etiam
regium (taga d malkutha) ei donavit, quod usque ad hunc nullis regibus Tayaye umquam fuerat
nec datum erat, sed nonnisi coronam tantum sumere eis fas erat(Shahid, Byzantium, I, 400).
339
Alla morte di Cosroe nella primavera del 579, dopo 48 anni di regno,
Maurizio decise di intervenire in territorio persiano con tutto lesercito imperiale e gli ausiliari arabi, approttando della confusione che regnava nella
capitale Ctesifonte per la successione. La spedizione guidata da al-Munthir
e spalleggiata dalla otta che scendeva lungo lEufrate, inizi a Circesium,
e prosegu via terra con lesercito che marciava sulla sponda occidentale
del ume (la via del deserto di Arabia), con lintenzione di attraversare
lEufrate allaltezza di Ctesifonte. Giunti al grande ponte previsto per
lattraversamento, lo trovarono distrutto, e il generale romano, infuriato
per il fallimento dei suoi piani, accus al-Mundhir di aver proditoriamente
preavvisato i Persiani che, come contromossa, avevano invaso il territorio
romano a nord alle spalle dellesercito bizantino. Maurizio dovette interrompere la spedizione e risalire verso il nord, dopo aver dato ordine di dare
fuoco alla otta.
Convinto da Maurizio, limperatore Tiberio prese la decisione di fare
arrestare al-Munthir. Per raggiungere lo scopo si servirono di Magnus un
alto funzionario dellimpero, siriano di origine nato a Hawarin (Evaria) e
amico del re arabo tanto che questi lo aveva gi scelto come suo difensore
presso limperatore contro le accuse mossegli da Maurizio.
Tornato in Siria, Magnus lo invit a partecipare alla dedicazione di una
chiesa, che egli aveva fatto costruire nella sua citt natale, presieduta da
Gregorio Patriarca di Antiochia. Dopo averlo ricevuto con tutti gli onori,
Magnus espose al re lordine dellimperatore in un concitato colloquio
riportato da Giovanni di Efeso: Tu sei stato accusato e tu devi andare di
persona per parlare in tua difesa e scolparti di queste accuse. Davanti alla
resistenza del re, Magnus lo fece arrestare con la forza: Se non vuoi andare di tua volont, io debbo metterti in catene, farti montare su un asino e
inviarti l. Al-Munthir si ritrov come un leone del deserto chiuso in una
gabbia, conclude lo storico65.
A Costantinopoli, al-Munthir fu ricevuto con onore dallimperatore,
ma non gli fu permesso di tornare nella sua provincia. Nella capitale lo
raggiunsero la moglie, due gli e una glia. Larresto di Mundhir provoc
nel 581 la reazione irata del glio Numan che giunse ad assediare il campo
di Magnus che aveva teso il tranello al larca, per poi darsi ad assalire il
territorio della Siria e dellArabia no a porre lassedio alla citt di Bosra,
metropoli della provincia, e ad uccidere in battaglia il comandante della
guarnigione se non il governatore della provincia.
340
M. PICCIRILLO
66. Michele il Siriano: Magnus uomo scellerato e molto bugiardo, mor. Allora Numan
decise di andare ad incontrare il Cesare Mauricianus. Questi lo accolse e gli giur che se
combatteva contro i Persiani, avrebbe liberato suo padre dallesilio. Si disse a Numan di
comunicare con i Sinoditi. Egli si riut dicendo: Tutte le trib dei Tayaye sono ortodosse
e se io comunico con i Sinoditi, mi ammazzeranno. Perci aument il suo odio, e partendo,
Naman giur che non avrebbe mai visto di sua volont la faccia dei romani. Fu per questo
che mentre era in viaggio lo catturarono e lo inviarono in esilio con Mundar suo padre
(Shahid, Byzantium, I, 530).
67. Shahid, Byzantium, I, 539.
341
68. Shahid, Byzantium, I, 548. Nella versione armena della Cronaca di Michele il Siriano
si legge: Queste tristi notizie essendo diventate note nel paese degli arabi, ne ebbero il
cuore tutto turbato e afitto. Si separarono gli uni dagli altri dividendosi in 15 gruppi che
si diedero ognuno un capo. Gli uni si sottomisero ai Persiani, sedotti dai loro doni, gli altri
andarono in soccorso del paese di Kemir (Himiyar) e un piccolo numero tra di loro si diede ai Greci. Fu cos che la perversa eresia di Calcedonia caus la rovina di un bel regno
(Shahid, Byzantium, I, 543).
L. Di Segni - Y. Tepper
The village of Tamra (map ref. 188/226) is situated on the top and slopes
of a rocky hill in the eastern part of Lower Galilee, between the Jezreel
Valley to the west and Ramot Issachar to the east. Victor Gurin, who visited the region in July 1875, described the remains as une ville antique
qui slevait jadis en amphithtre autour dune source aboundante and
was the rst to identify the remains of two churches, one at the centre of
the village, near the spring, the other on the top of the hill.1 Later the site
was surveyed by the British Survey of Palestine, as well as by Bagatti,
Zori and Gal.2
The excavation
The excavation focussed on the church near the spring already noted by
Gurin. Three areas were opened: one outside the building to the east,
which will not be discussed here, and two within the church, the rst in the
nave and the second in the northern aisle (Fig. 1). Fragments of columns
were discovered in secondary use in the walls of the church, indicating that
in its early phase it was built as a basilica.
Sections opened down to the bedrock revealed, on the smoothed surface
of the rock, a ll and the bedding of a mosaic, as well as some segments
of a ne colourful mosaic in the centre of the nave, featuring rows of birds
(doves and peacocks). The numismatic nds pertaining to this oor give
The excavation (license A-4073/2004) was carried out in February 2004 on behalf of the
Israel Antiquities Authority, under the direction of Y. Tepper and with the assistance of U.
Ben Ziony and H. Smithline (photography), V. Essman and S. Pirsky (drawing), D. Syon
(numismatics), E.J. Stern (pottery), J. Negouer, R. Abu-Diab and A. Genach (preservation),
and Y. Yaaqobi (administration).
1. Gurin 1880: 124-125.
2. Conder and Kitchener 1882: 87-88, 130; Bagatti 1971: 272 (2001: 225-226); Zori 1977:
88; Gal 1998: 72. See also Tsafrir, Di Segni and Green 1994: 239.
LA 54 (2004) 343-350; Pls. 1-2
344
L. DI SEGNI - Y. TEPPER
the end of the fourth century as a terminus post quem for the laying of the
mosaic with the birds.
A bedding of crushed and compressed chalk was laid above this
pavement, on which rests the mosaic oor of the church of the middle
phase. Apparently the plan of the church at this stage did not change,
but the mosaic with the birds was replaced by a pavement of a rich geometrical pattern set in coloured panels in the nave. A panel uncovered
in the area of the ambo displayed medallions with intertwining crosses
and knots in patterns repeated in different colours. At the centre of the
nave the pavement showed a row of crosses, one above the other, facing
east. A guilloche border surrounded the central carpet. Immediately to
the west of the low wall that supported the chancel screen, an inscription was set within a rectangular frame (Fig. 2). Only its right-hand
section survives, but since its end reaches to the southern border of the
mosaic carpet, one can surmise that the inscription originally stretched
along the entire length of the chancel. The inscription is dated in year
725 CE (see below), a date conrmed by the pottery associated with
this pavement.
At a later stage the church collapsed, apparently as a result of an earthquake (probably that of year 749), and it was rebuilt with the same plan
of the Umayyad church, but its elevation was supported by arches leaning
on built pilasters, instead of the original columns. A new bedding was laid
in the bema, and upon it a third mosaic oor with a simple pattern of lozenges, rectangles and chains. The wall supporting the chancel screen was
thickened so that it lay on part of the inscription and thus obliterated it. In
this phase an altar was built in the centre of the bema. The bases of three
of the columns that supported the ciborium were found in situ; they were
made of small marble capitals in secondary use. In the middle between
them was a rounded hollow, evidently the place of a reliquary. From the
material nds it appears that the church was abandoned in the ninth century,
or in the tenth century at the latest, and in its fourth and last stage squatters
built temporary dwellings within its walls.
The position of the mosaic panels and the remains of masonry, including stumps of walls that emerge on surface outside the excavated area,
permit a tentative reconstruction of the church plan. Its nave was about 6 m
wide and the aisles about 3 m each, so that the whole width of the building,
with the walls, would have been 16 m and its proportional length at least
22 m. A monumental entrance in the north wall of the church and remains
to the west of the excavated area indicate that the building was a large and
imposing one, provided also with additional rooms and annexes.
345
The inscription
The inscription is set in four lines within a rectangular frame 50 cm wide.
About half of the inscription is lost: the surviving part much broken at
the northern end, but for the rest perfectly preserved stretches almost
exactly from the axis of the church to the southern border of the mosaic
of the nave, for a length of 266 cm. The letters, 7-8 cm high, are traced in
black tesserae. They are squat and widely spaced, except in the last line
where they crowd more closely together and some of the round characters
are squeezed into an oval shape. A narrow, pointed omicron also appears
in l. 2; however, in most cases rounded letters show a tendency to attened
bases that points to a date in the seventh or eighth century.3 The stigma in
l. 2 serves as a punctuation mark. The text reads:
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - NETwUYUFwHTHAEKL
-- - - - - - - - - - - - - - - - - - - AM . RTIONDwRUETEAUTOUMNI
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - IUK . . T . NENTIKoTAUTHPAIYUCH
- - - - - - - - - - E - - - - - - NI - - - NDIKTOGDOHEToEKATOToEBDOMo
Epi; - - - presbutevrou ejgevnetw uJ yuvfwsh" th'" aJ(giva)" ejklhsiva" spoudh/' - - - - -. O K(uvrio)" a[fesin aJmartio'n dwruvsete aujtou'".
Mnivsqhti K(uv r i)e - - - kai; - - - u kai; tw' n ej n ti' kov ( mh/ ) tauv t h/ pav s i"
yuch'".
Eteleiwvqh to; pa'n e[rgon meno;" Iounivou - ijndikt(iw'ni) ojgdovh/ e[tou"
eJkatostou' eJbdovmou.
[Under so-and-so the priest (?)] was made the mosaic of the holy
church [by the efforts of so-and-so. The Lord] will grant them [remittance]
of their sins. Remen[ber o Lord so-and-so and so-and-so] and those (who
live) in this village, each and every soul. [The work was completed on the
- of the month of June (?)] in the eighth indiction, year one hundred and
seven.
The text presents the usual examples of misspelling and iotacism typical of the region and period: uJ yuvfwsh" for hJ yhvfwsi" in line 1, dwruvsete
aujtou'" for dwrhvshtai aujtoi'" and mnis- for mnhvsqhti in line 2, ti' kov(mh/)
3. Cf. Di Segni 2003: 258-259.
346
L. DI SEGNI - Y. TEPPER
and pavsi" in line 3 instead of th/' kwv(mh/) and pavsh", and perhaps menov"
for mhnov" the reading is very uncertain in the last line.
The reconstruction of the missing sections suggested above is not free
of doubt. The inscription might or might not have begun with a cross, but
in all likelihood it opened with the name of the ecclesiastic in charge when
the mosaic was completed. Either the bishop of the diocese or the priest of
the church could be mentioned in this role, and whoever was chosen, his
title may have been written in full or abbreviated and may or may not have
been accompanied by an attribute. If the inscription mentioned the bishop,
would he have been the bishop of Mount Tabor or the metropolitan of Beth
Shean? Both sees had incumbents in the eighth century.4 The village of
Tamra is nearer the former than the latter, but the diocese formerly based
at Helenupolis and later at the holy place of Mount Tabor was probably not
large: it is quite possible, therefore, that Tamra was included in the boundaries of the former capital of Palaestina Secunda. However, the gap in l. 2
does not seem wide enough to contain more than one name, especially if
the name of the man who actually cared for the laying of the mosaic was
accompanied by an epithet, as is likely; and the blessing in the same line,
being formulated in the plural, must refer together to him and to the man
mentioned in l. 1. It seems more likely that remission of sins be asked for
a man present in person and directly involved in the life of the community
than for the bishop, who was usually named as eponym and whose responsibility in the building, if any, was just ex ofcio. It seems preferable,
therefore, to assume that the rst line of the inscription contained the name
of the priest of the church, who was probably also the village priest.
In l. 3, the invocation Remember o Lord can be condently restored,
and both the width of the gap and the solitary hypsilon surviving before kaiv
indicate that the name of some prominent villager appeared before the formula that embraced the entire population. The available space is sufcient
for two names or for a name and patronymic, or less likely for a name and
title: in any case, the person or persons mentioned by name must have been
benefactors who helped paying for the work.
The fourth and last line contains the date. The common formula attached to dated building inscriptions, ejteleiwvqh to; pa'n e[rgon, or something similar, can be condently restored in the missing part, while the
rest contains the full date: month and day (this probably written in full,
considering the width of the gap between the name of the month and the
4. Fedalto 1988: 1031, 1038.
347
word ijndikt[ivw'ni]), then the indiction and the year, with all gures written
in full.
But what year of the common era is indicated? The low gure points of
necessity either to an era starting very late or to an abridged date. But on
the one hand, the dominant era in the area would have been the Pompenian
era of Scythopolis, beginning in 64 BCE, and on the other, no chronological system known in the region, however late its starting point, can bring
us to a date that may t the palaeographic appearance of the inscription
and its archaeological context. An abridged date is certainly an option: the
reality of creation eras written without the initial digit representing 6,000 is
now denitively established by an inscription from en-Nueiyima in Jordan
dated year 8, indiction 8, that is, year 6008 of the Byzantine era of creation, 499/500 CE.5 However, by no creation era known in the region can
year 6,107 be translated into a year of the common era that ts the eighth
indiction, not to speak of the fact that year 6,107 by any creation counting would date the pavement between 598 and 615 CE, too early from the
palaeographical point of view.6
The only way to harmonize the year and the indiction is by counting
the years from the Hegira. Year 107 of the Hegira started on May 19, 725,
and the eighth indiction fell in 724/5: thus year and indiction agree from
May 19 to August 31, 725. Until now, only a single case of Greek inscription dated by the era of the Hegira was known in late-antique Palestine:
the Muawiya inscription at Hammath Gader, which is dated both by the
Hegira properly identies as kat Araba" and by the era of Gadara.7 In that case the use of the Hegira was natural enough for, in spite of
the opening cross, this was in fact an ofcial text, modelled on the pattern
of building inscriptions in Arabic set up by the Muslim administration; but
the use of the Hegira in a church seems unaccountable, for the Christians
5. Di Segni 2006 (forthcoming).
6. On the use of eras of the world in late-antique Palestine, both east and west of the Jordan,
see Arav, Di Segni and Kloner 1990; Di Segni 1992; Di Segni 1993; Di Segni 1994; Di
Segni 1997; Di Segni 2003; Tzaferis 2003; Di Segni 2006 (forthcoming).
7. SEG XXX, no. 1687; XXXII, no. 1501; XLII, no. 1433. For a new discussion, see Di
Segni 1997a: 237-240, no. 54. A number of late seventh-century papyri from Nessana
(PNessana 60-66) are dated by the Hegira, but like the Muawiya inscription they originate
from the Muslim administration: in fact, they are bilingual documents in which the Greek
text is the translation of an Arabic text, and both bear Hegira years. Only a single papyrus
from Nessana with such a date (PNessana 56) is a private document, and in its Arabic part
the date is given by the Hegira, while in the Greek part it is reckoned by the era of Elusa,
i.e. the era of Arabia. Even in Egypt, no Greek papyri with a Hegira date have so far been
discovered, except bilingual scal documents: see Worp 1985.
348
L. DI SEGNI - Y. TEPPER
could not ignore the religious signicance of this era or its prominence as
a symbol of the rival faith. Admittedly, Christian inscriptions of the eighth
or ninth centuries dated by a year of the Hegira are not unknown, but they
are rare, and in all the known cases the dating formula is in Arabic or in
Syriac, never in Greek.8 In Tamra the Hegira is recognized for the rst time
in Greek and in a Christian context.
One cannot help remarking how closely does the date of the inscription
follow the edict of Yazid II against images. Was the new pavement laid in
order to hide the mosaic with the birds? If this is true, it might point to
something more than compliance with the will of the overlord. There is
some evidence that in the early centuries after the Islamic conquest Muslims sometimes used churches as their place of prayer,9 and a cohabitation
of Christian and Muslim worship might explain both the need for a new,
aniconic pavement and the use of the era of Hegira in the dedicatory inscription pertaining to it.
Leah Di Segni, The Hebrew University of Jerusalem
Yotam Tepper, The Israel Antiquities Authority
8. Gatier 1992: 149 (Greek-Syriac bilingual from the southern Beqa dated in year 96 of
the Hegira, 714/5 CE); Loffreda 1989: 187-188 (lamps with various dates in Arabic of the
second and third centuries of the Hegira, the earliest corresponding to year 723 CE).
9. According to tradition, space was allotted to Muslim cult within the precinct of the
Church of Nativity in Bethlehem and in the atrium of the Holy Sepulchre: Eutichio,
Annali, ch. XIX, tr. Pirone 1987. 335-337. This is also archaeologically attested in the
Kathisma Church, where a mihrab was added in the southern part of the church during
its third and last building stage, in the eighth century or in the rst half of the ninth:
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The decorations, style, and origin of the mosaic oor of the Christian edice discovered at Beth Hashitta (Figs. 1a-b, 2: Aharoni 1954) have never
been fully understood. The knowledge accumulated in recent years from
the wealth of decorations on Samaritan lamps* and synagogues enables us
to compare all of them to one another.
The building discovered at Beth Hashitta has two rooms facing eastward (chapels), whose apses, if any, have not been discovered. The complex is identied as Christian because of the cross in the mosaic pavement
in the southern room (Aharoni 1954, Fig. 1). A large medallion occupies the
oor, in which a large cross is depicted, surrounded by a band of irregular
interlocking circles (Fig. 2). This is an unusual pattern in mosaic oors,
though it is known from Samaritan lamps Type 1 of the late third-fth centuries CE (3), and from lamps of the Yabneh workshop of the same period
(Sussman 1968, Pl. XIV: 4 and 5, and Sussman 2002, Fig. 1:8), from an
area known to have been populated by Samaritans (Safrai 1977, p. 97 note
73). The pattern that surrounds the oor is also unusual.
* We dene Samaritan lamps as mould-made lamps with closed discus (45), which was
openened by breaking before use, probably because of strict purity use. Only on this type
of lamps do we nd Samaritan inscriptions (19). These lamps are found in Samaria or in
areas with a known Samaritan population. See Sussman 1983; 2002.
The mosaic oor, the courtesy of the Antiquities authority, Jerusalem.
Other lamps belong to: the Antiquities Authorities: Qastra with thanks to Z. Yeivin: 12 &
32; Beth Shean PAM 40.362: 15, Beth Shean Tzory 1969, IDAM56-94; 54-11: 35 & 36,
Kefar Sava E. Ayalon, IDAM 66-1724: 42, Samaria PAM 32.2397: 46, Arav 1990. Mesilot
g. 5: 6 & 10: IDAM 76-1350 & 76-1371: 43 & 47, Lehavot Haviva, Sussaman 1986,
IDAM 78-311, 78-329 g. 81: 49 & 50: 18 & 48; Ramat Rachel IDAM 64-1367: 20;
Unknown origin: Mayer 1936: 19, IDAM 76-130: 14; 4, 5, 9, 13, 15, 28, 33, 41, 44, 45;
Israeli & Avida Israel Museum 315, 400; 8 & 16; Museum Eretz-Israel, Tel Aviv: 6; Dar,
Rakit 2004, Pl.2:10: 17; Adler Collection 2004: 771: 3. 594: 7, 570: 26, 571: 27, 590: 30,
569: 31, 568: 49; Collection of Mr. Zur Ziv, to whom I am very grateful for bringing them
to my attention and allowing their publication: 29 and 34; British Museum, Bailey, 1988
Q2348 EA: 10; unknown collections. Goodenough no. 342: 11.
My deepest thanks to Dr. Rivka Gersht and to Dr. Leah Di Segni for their reading,
commenting, and advising. The photographs of the mosaic oor (Figs. 1, 2) courtesy of the
Israel Antiquities Authority. The other photographs were taken by N. Sussman.
LA 54 (2004) 351-368; Pls. 3-10
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V. SUSSMAN
The unique carpet in the oor of the second (northern) chapel (Figs.
1a-b: Aharoni 1954, Figs 1, 2) consists of a rectangle divided into seventy
squares (7x10) framed by a narrow ladder pattern. The seventy squares
of the carpet are lled with different but exclusively geometric elements.
Scattered among them are patterns, which probably had some meaning
and may have been placed in a special order at the time of their creation.
Beyond the frame of the carpet to the east, seven large freestanding items
were depicted, and on west side of the carpet are eight small items. The
workmanship of the mosaics in both rooms is crude. Only black, white,
and red tesserae are used.
Five distinct features of the carpet decoration resemble distinct forms
depicted on Samaritan lamps:
1. The carpet is framed with a narrow ladder pattern, which is a typical
Samaritan decoration on lamps involving frames (3, 4, 7 and others).
2. Two lattice patterns (Figs. 21, 24) are divided into sixteen units
(4x4). One is on the left side of the freestanding items depicted on the
upper (east) side, of the carpet, and a second one is at the centre of the
rst upper row, inside the carpet (square 4A). The same patterns appears on
lamps 4 and 5; other lamps have lattices with different divisions.
3. There is a large freestanding circle in the centre, above the carpet on
the eastern side, similar to lamps 6-12. Within the carpet, many circles of
different sizes are drawn.
4. The oblique cross (X-shaped cross), repeated 20 times on the carpet
is a common pattern on lamps (3, 13-20), and is often combined with other
decorative elements.
5. Many of the different geometrical patterns within squares and circles
resemble those decorating the Samaritan lamps Type 1 and especially lamps
of the Beth Shean region (43, 47).
The carpet
The division of mosaic pavements into squares is not uncommon in the late
Byzantine period, as in the Jericho synagogue and Tell es-Sultan (Baramki
and Avi-Yonah 1938, pp. 73-77), in the Byzantine structure built over the
ruins of the Samaritan village at Zur Nathan (Ayalon 1994, Fig. 18; Dar
2002, pp. 450-451), at Kasr el-Lebia - Lebanon (Domagalski 1990, Pl. 28),
and in the recently discovered pavement at Kh. Zmal, Jordan (Melhem
2001, Fig 1). Observed from the side, parts of the oor appear to form
diagonals.
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Shearim (Mazar 1973, Fig. 11), and are found on Samaritan lamps (26,
27; Sussman 2001, Pl. 2:28). There is another shrine within the carpet
(Sq. 7E).
5. To the left of the shrine is a lattice of sixteen units (Figs. 21,
24) and another in sq 4A, which resembles lamps 4 and 5. The lattice
is a natural geometric structure, dividing the square crosswise. It is
found on quite a few lamps, some of which bear special meanings. The
nine-unit lattice, topped with a gabled roof and a hanging lamp anked
by two concentric circles (27), represents a shrine. The writer of these
lines has suggested (Sussman 1978, p. 244, Pl. 40: f:12) that the depiction on lamps of a stepped lattice divided into 15 units (6+5+4) (28)
is to be identied with Mount Gerizim, based on comparison with the
representation of Gerizim on the mosaic oor of Salbit (Sukenik 1949,
p. 29, Pl. XVI).
A lattice of twelve units (4 horizontal, 3 vertical) depicted on a
Samaritan Type 1 lamp (29) the lamp which originally aroused my
interest in this subject has additional short oblique strokes at the
four corners, anked by two large circles in high relief, two dotted
circles and four horizontal bars (columns) depicted close to the rim of
the discus. Three arches rest on the circumference: two are framed by
the ladder pattern, while the central arch is depicted with short rays on
top. The depiction seems to deliver a message: perhaps, as Y. Meshorer
suggested to me, it represents the breastplate of the High Priest (hoshen).
Another lattice with twelve units is represented on a lamp from Zur
Nathan (Ayalon 2002, Fig. 3, rst on the last row). On lamp 32, found
at Castra, there is a lattice of twelve units on the left shoulder and one
of nine on the right, near the handle; beside each lattice is menorah,
and beyond the menorah is a palm branch.
A number of lamps with three lattice patterns have been published (Israeli and Avida 1988, Pl. LXX:400): two of 25 units (5x5) on the shoulders,
and one of thirty units (6x5) on the nozzle, where the top is anked by two
heavy dots, and the line of the base is stretched across the nozzle, as if for
lifting and carrying.
The nine-unit lattice (33) is a common pattern on the Beth Shean type
lamps (Sussman 2002, Fig. 1:9; Hadad 2002, Type 19; here 16). On lamps
made in the Beth Shean region (IAA I 16259; Hadad 2002, Type 19, nos.
128, 129, 132, 143 148, 150, 214, 215, of the fourth-fth centuries CE)
the squares of the lattice are usually lled by an oblique line, dots, or the
oblique cross, which is one of the most commonly repeated patterns on the
mosaic oor of Beth Hashitta.
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Dotted squares with rays extending from the corners of a dotted square
(Sq. 5I and 6I); cf. lamp 43.
Square with a central dotted circle, and rays extending to the corners
the corners (Sq. 2F); cf. lamp (Fig. 44).
Plain circles (Sq. 2D and Sq. 4D).
Dotted concentric circles (Sq. 3E, 7A and 7F); cf. lamps 4, 6, 9, 11.
Lattice of sixteen units below the upper central item (Sq. 4A; Figs. 21
and 24).
Net or a screen, common on Samaritan lamps (Sq. 6B; Fig. 21, 48,
Adler 2004: 692, 711, 715).
Oblique cross with Greek letters between the arms: IH (or IK) C Q
(possibly meaning Ih(sou'") C(risto;") Q(eou' uiJo;") (wthvr), Jesus
Christ Son of God Saviour) between the arms (Sq. 3D; Fig. 39).
Menorah with arched branches standing on a circular base (Sq. 6D; Fig.
38). The menorah, if correctly identied, is very badly drawn. It is a
Jewish and Samaritan symbol.
Two crosses, one above the other, whose horizontal arms terminate in
circles (Sq. 7D; Fis. 37).
Four connected amorphous shapes (Sq. 5E; Fig. 37).
An open wheel or a double axe (Sq. 6E; Fig. 37). The double axe, a
pagan symbol and later a symbol of Zeus, is found on Samaritan lamps
(Sussman 1986-7, Fig. 9), and incised on the wall at Beth Shearim,
symbolizing the soul. A similar design is found on the left side of rear
part of lamp 34.
Arch or gate or shrine (Sq. 7E; Fig. 37); cf. sarcophagus from Hammat
Tiberias (Goodenough 1954, no. 247).
EU or SU Greek letters (Sq. 1G; Fig. 1b).
A beetle, or crab (?) (Sq. 3G; Fig. 1b), similar to the item to the east
of the carpet (Figs. 21 and 23). This motif is known in Christian art
as a symbol of resurrection as depicted in the mosaic oor of Yattir
(Eshel, Magness and Shenhav 2000, Fig. 7; id. 2001; Besonen 2001, p.
44). It appears as the hand of God in the scene of the Binding of Isaac
in the mosaic oor of the Beth Alpha synagogue.
A checkerboard of nine units in black and white, forming a cross (Sq.
4G; Figs. 1b). This has parallels in lamp 42, in lamps from the Beth
Shean region and on other Samaritan lamps of Type 1.
Two opposite trapezoids cut by a short stroke (Sq. 5G; Fig. 1b).
359
A square divided vertically in two, with a dot in each half and diagonal
strokes stretching to the corners (Sq. 6G; Fig. 1b). A similar image in
the mosaic oor of the el-Khirbe synagogue represents a case for sacred
scrolls or perhaps an Ark with a double door.
Greek letters B and Q. The letters were oriented to the north and could
be read from the southern side (Sq. 1H; Fig. 1b).
Greek letters U and another unidentiable letter (Sq. 2H; Fig. 1b).
Greek letter P (Sq. 4H; Fig. 1b), cf. a lamp at the Israel Museum in
Israeli and Avida 1988, no. 317.
Greek letter M (Sq. 6H; Fig. 1b).
Greek letter K R (Sq. 1I; Fig. 1b).
Three rows of dots; four in the 1st row, two in the second, and four
in the third (Sq. 3I; Fig. 1b). Many kinds of circles and dots (perhaps
representing scrolls?) are abundant on Samaritan lamps as space llers, anking the menorah and shrine and also arranged to form different structures and patterns, especially in the later Byzantine and early
Moslem periods (46-48; Sussman 1978, Pl. 39:6; Hadad 2002, no. 172;
Israeli and Avida 1988, no. 403).
Short and wide palm branch (Sq. 1J; Fig. 1b), resembling the branch
depicted beside the burning altar at the scene of the Binding of Isaac in
the Beth Alpha mosaic oor, and also anking inscriptions on mosaic
oors, for instance at Raqit (Di Segni 2004 Fig. 133, within the medallion).
Donkey-powered millstone (?) (Sq. 2J; Fig. 1b), a favorite pattern on
Samaritan lamps, indicating their being a farming community (Sussman
2003, p. 225, Fig. 3).
Composition of dots (?) (Sq. 4J; Fig. 40; cf. lamp 48).
An altar (?) standing on four short legs, with four short strokes at its
top and on both sides a crank or handles for carrying. It has a cross
composed of dots on its face, perhaps a book case (Sq. 5J; Fig. 40), cf.
lamp 34. Perhaps it may represent an Ark (aron haqodesh) or a case
for the sacred scrolls.
Rhombus composed of dots (Sq. 6J; Fig. 40).
Interpretation
Following is an attempt to study and compare the lamps and the oor, with
their common decorative elements, to suggest an interpretation of their
meaning, and try to connect them to their origin.
360
V. SUSSMAN
Let us begin with the Oblique Cross, the most frequent patterns (twenty
times) on this mosaic oor.
In each horizontal and vertical row there is at least one oblique cross.
Almost all the oblique crosses are connected one to the others, forming
a net pattern when viewed from the side, similar to the border of other
mosaic oors of the period such as the synagogue at Ramat Aviv (Kaplan
1978, p. 79).
The simplest suggestion is that the oblique cross probably replaced
forbidden decorations such as birds, animals, and sh as depicted in
the sixth century mosaic from Kasr el-Lebia (Domagalski 1990, Pl. 28),
which is also a mosaic panel, divided into 100 squares, where the gurative depictions ank architectural motifs, such as a chapel, town, church
faade etc. The oblique cross is a very common pattern on all generations
of Samaritan lamps (13-18), including types of lamps from the Beth Shean
region made until the seventh-eighth century (Hadad 2002, nos. 127, 142,
340, 347; Sussman 2004, p. 202, Pl. II:10,12 from Raqit, and is also found
on pear-shaped lamps of the third-fourth century (southern type lamp; 20).
Oblique crosses ll the faade of a gabled structure topped with birds, on
a Yabneh lamp (Sussman 2001, Fig. 20). They are also depicted on doors
leading to the shrine (49). Much later the oblique cross was adapted as St.
Andrews cross.
Although they serve as space llers, symbolic meanings could be attached to each of the geometrical patterns and its place in the net-work.
Golan sees the oblique cross as a protective symbol or a charm to ensure
the durability of the building and the good fortune of those living in it or
the four corners of the world (Golan 1991, pp. 163-167). It is a very ancient
motif: oblique crosses are found on draught-boards divided into squares
of the bronze age from Gezer (Macalister 1912, Pl. CCI). The stone door
of the tomb from Kafr Yasif (Goodenough 1954, no. 44), is divided into
squares, six of them bearing oblique crosses among the other patterns: a
rosette, a menorah, a whirlwind, a shrine and a ower. Today the oblique
cross is used as a sign to block, to forbid passage. Their placement and
number at Beth Hashitta may represent some unknown order.
The lattice pattern, which has a central role in the Beth Hashitta mosaic
oor, is quite common on Samaritan lamps (4, 5, 11, 16, 27-36). The two
lattices depicted on the mosaic oor are divided unto sixteen units; one is
at the side of the shrine with cultic elements, and the other, in the centre
of the rst row (Sq. 4A), must have some special cultic meaning. The
same number of units appears on the lamps 4, 5; on lamp 5 a palm branch
grows from the lattice, a pattern similar to lamp 31, where a palm branch
361
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V. SUSSMAN
363
cipher and understand it today. How should the motifs be read? Vertically,
upside down, horizontally, on an angle, or in all directions? Vertically, while reading the motifs, there is at least one meaningful pattern in each row.
Horizontally, the two rows C and F were left without any particular pattern.
In the upper part, circles follow one another, forming a diagonal line, while
in the lower part, patterns were formed by dots, and Greek letters.
The division of the central carpet into seven by ten squares, amounting to seventy units may have been intentional, based on some unknown
magical table (Testa 1962, pp. 84-91; Bagatti 2001, p. 243). The numbers
seven and seventy are multivalent and abundantly suggestive. For example,
the seventy elders (Num. 11:16-17) had some importance in the Samaritan
tradition, for they were the ones who taught the Torah (Pummer 1987, p.
11). Both numbers, seven and ten, also symbolize wholeness.
All the patterns on the mosaic oor are geometric, without any human
representation, in contrast to the mosaic oor of the nearby Beth Alpha
synagogue (Sukenik 1932), which was also crudely laid, in contrast to the
better-laid mosaics discovered in nearby Beth Shean (Zori 1966, Fig. 4;
Zori 1967). There are similarities in style between some details of the Beth
Alpha mosaic oor and the Beth Hashitta mosaic: the gures curly hair
(Sukenik 1932, Pls.XIII:1; XV:1) resembles the ower depicted above the
carpet (Figs. 21 and 24); the hem of the dress in Beth Alpha was executed
in a ladder pattern (Sukenik 1932, Pl. XIII:2), as is the right border panel of
the shrine; the centre of the ower-like pattern within the square panels of
the doors of the Ark in the Beth Alpha synagogue are lled with geometrical
decorations, dots and checkers, resembling the patterns on the Beth Hashitta
pavement. Only the border of the Beth Alpha mosaic is well executed.
The freestanding items depicted on the east side of the carpet were all
among those used in the Temple, the Jewish or Samaritan synagogue or
the church. They are arranged in similar order in the el-Khirbe Samaritan
synagogue. We may regard the complete scene as a decorated lintel, when
we compare it to the lintel from Hurvat Raqit on Mount Carmel, where
some of the items are illustrated: circles enclosing rosettes, a shrine with an
hanging lamp, a palm branch and a menorah whose lower part is decorated
with oblique crosses (Gersht 2004).
Conclusion
The mosaic oor should be regarded as a regional work, based on regional
popular art. Two mosaic oors representing popular local art were recently
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Archaeological and Socio-Historical Contents. Jerusalem.
Zori N. 1966, The House of Kyrios Leontis at Beth Shean, IEJ 16, pp. 123-134.
1967, The Ancient Synagogue at Beth Shean, EI 8, pp. 149-167 (Hebrew, English
Summary, p. 73).
G. Loche
Allinterno del pensiero storico stato descritto, tendenzialmente, il Medioevo come un periodo oscurantista, periodo in cui regnava lignoranza
e la brutalit, una mentalit questa e un pregiudizio ancora oggi difcili
da scardinare, nonostante il progredire della ricerca. Questo lavoro vuole
essere un modesto contributo nella linea di quei studiosi che, liberi da preconcetti ideologici, si sforzano di rivalutare i cosiddetti secoli bui.
Durante il Medioevo il libro pi usato e studiato fu senzaltro la Bibbia.
La sacra pagina divenne il punto di arrivo dello studio soprattutto di coloro
che si apprestavano a diventare teologi, i quali si preparavano a tale incontro tramite le scienze ausiliarie: la grammatica, la retorica e la dialettica.
Tuttavia godeva di un posto privilegiato la losoa, denita non a caso
ancilla teologiae, che, dopo la diffusione del pensiero aristotelico, dovuta
agli studiosi arabi Avicenna ed Averro, n col modellare la forma mentis
dei maestri di teologia e, conseguentemente, dei loro discepoli.
Un aspetto non sufcientemente messo in luce, se non in pochi saggi,
il contatto nei secoli XII-XIV degli studiosi cristiani con quelli ebrei,
fenomeno che assume un notevole rilievo nella Francia settentrionale. I
primi poterono conoscere tradizioni e metodi interpretativi, nonch la prassi
esegetica in uso tra gli ebrei e cos approfondire lo studio della Hebraica
veritas trasmessa da Girolamo.
In questa cornice si inserisce il proprium di questo articolo. Il nostro
interesse, infatti, verte sullopera di un pellegrino francescano che comp il
suo viaggio in Terra Santa durante la prima met del XIV secolo. Esamineremo la Descriptio Terre Sancte, composta da fra Giovanni di Fedanzola da
Perugia, dellOrdine dei frati minori, che fu Ministro Provinciale, secondo
la sua stessa testimonianza, Custodiae Terrae Sanctae.
Lapproccio a questopera, interessante sotto tanti aspetti, avr un taglio
storico-culturale, poich ha lo scopo di mettere in luce linusso che lesegesi praticata nelle scuole esercitava su coloro che, attraverso la topograa,
la geograa, le citazioni bibliche e di studiosi autorevoli, le tradizioni delle
diverse religioni (ebraica, cristiana e musulmana), volessero descrivere la
Terra Santa.
LA 54 (2004) 369-406; tavv. 11-16
370
G. LOCHE
In pratica il nostro Autore ripercorre la storia dellAntico e del Nuovo Testamento chiedendo la collaborazione nel suo pellegrinare, secondo
quanto egli stesso testimonia, a ebrei, come esperti per i luoghi dellAntico
Testamento, e a cristiani, in qualit di esperti per i luoghi del Nuovo Testamento, senza disdegnare, quando lo trova necessario, un analogo servizio da parte di musulmani per i luoghi sia dellAntico Testamento sia del
Nuovo Testamento.
Dopo brevi cenni biograci sul Fedanzola, prenderemo perci in esame
il suo lavoro per presentarne le fonti, cercando di mettere in luce il suo
approccio alla Scrittura, i suoi particolari interessi e scopi.
Ci comporter lindividuazione delle citazioni bibliche esplicite e
letterali, implicite e allusive, contenute nellopera, attinte sia dallAntico
Testamento che dal Nuovo Testamento. Si proseguir con le citazioni delle
auctoritates, come Beda il Venerabile, Georgius Nicomediensis, Girolamo
e quelle di signicativi autori antichi quali Giuseppe Flavio, Walafridus
Strabus e Rabbi Shelomoh ben Ysahaq, comunemente conosciuto come
Rashi. Le ultime citazioni presentate sono di autori contemporanei o di
poco precedenti al Fedanzola, come Niccol da Lyra e Pietro Comestor.
Nelle ultime due parti esporremo alcune tradizioni ebraiche presenti
nella Descriptio e in breve il particolare rapporto dellAutore con altri due
pellegrini, Marino Sanudo e Burcardo di Monte Sion, le cui opere, anche
se non citate direttamente, sono alla base del suo scritto.
371
tolo Generale svoltosi a Perpignan, in cui si stabil che nessuno poteva pubblicare alcun testo
teologico o di altro genere previa approvazione diretta del ministro Generale. Nella formula
di chiusura infatti si specica che detto opuscolo il reverendo padre fra Geraldo, ministro
generale (in carica dal 1329), fece esaminare da fra Bernardo di Arezzo, dottore in sacra teologia. Il predetto ministro generale diede licenza di rendere noto il predetto opuscolo a tutti
coloro che lo volessero copiare; opuscolum quod fecit examinari reverendus pater
frater Geraldus generalis minister per fratrem Bernardum de Aretio, sacre theologie doctorem.
Et dedit predictus generalis minister licentiam comunicandi predictum opuscolum omnibus
volentibus copiare. Mentre per termine ante quem si porta la data della ne del generalato
di Geraldo Oddonis, cio il 1342. Cf. E. Alliata - A. Bartoli Langeli - R. Nelli, La Descriptio
Terre Sancte di fra Giovanni di Fedanzola da Perugia, in A. Cacciotti - P. Sella (a cura di),
Revirescunt Chartae Codices Documenta Textus, I, Roma 2002, 362.
372
G. LOCHE
373
stesso papa che testimonia della deposizione di fra Giovanni in una lettera
indirizzata allabate perugino di san Pietro in cui chiedeva informazioni
sul dilectus lius.
Quello che appare pi difcile da attestare il provincialato del Fedanzola in Terra Santa. Prima della riscoperta dellopuscolum diversi autori, tra
cui il Golubovich nella sua raccolta di fonti sulla Terra Santa5, dubitavano
della fondatezza di tale notizia.
In base ad alcune date sicure di provincialati e ad altri indizi presenti
nel manoscritto la cui data, come abbiamo detto, non va oltre la ne del
13426, possiamo far risalire il probabile provincialato di Giovanni tra gli
anni che vanno dal 1311 al 13297.
2. Le citazioni bibliche
Nel corpo del testo, come conferma delle indicazioni topograche, troviamo evidenziate diverse citazioni bibliche, prese sia dallAntico che dal
Nuovo Testamento, sia esplicite che implicite. Naturalmente la fonte usata
la versione della Vulgata, ripresa con alcune piccole differenze.
Presenteremo perci delle tavole, in cui riporteremo i rimandi ai testi
biblici, secondo lordine della Vulgata e della Bibbia di Gerusalemme, distinguendo le citazioni letterali ed esplicite da quelle implicite o allusive.
Quanto a queste ultime, spesso difcile identicarle con una o unaltra
suddivisione, perci non daremo delle indicazioni in merito, ma saranno
semplicemente riportate, con qualche indicazione, a mo di elenco.
2.1 Antico Testamento: citazioni letterali ed esplicite
A sinistra riporteremo la Descriptio Terrae Sanctae [DTS], mentre a destra
il rimando al testo della Vulgata [Vulg.] 8.
5. G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliograca della Terra Santa e dellOriente francescano,
374
G. LOCHE
Genesi
DTS 5,1: De hoc habetur Genesis
XXXII.
DTS 8,3: de quo habetur Genesis 32.
DTS 10,3: sicut habetur Genesis
XXXIII.
DTS 11,2: qui in Genesi vocatur
Salem.
DTS 16,10: de qua Genesis 35.
DTS 17,16: Genesis XVIII.
DTS 17,18: de reliquis in Genesi.
375
Giudici
DTS 16,1; 19,3: de qua pugna
Iudicum 4.
DTS 17,6: Iudicum 4.
DTS 17,10: Iudicum primo capitulo.
DTS 17,12: Iudicum XIX.
DTS 18,1: Iudicum 18.
DTS 18,9: Iudicum 7.
DTS 18,159: sicut in libro Iudicum.
DTS 20,2: Iudicum IIII.
DTS 29,18: Iudicum XVI.
1 Samuele (1 Regum)
DTS 14,3: I Regum XX. Il rimando al
capitolo 20 errato.
DTS 17,10: primo Regum capitulo XI.
DTS 17,12: primo Regum IX.
DTS 18,22: de qua primo Regum 13.
DTS 18,22: primo Regum, ubi supra.
DTS 19,10: quia in primo Regum XXV
dicitur quod Samuel sepultus fuit in
Ramatha in domo sua.
DTS 19,10: ut dicitur primo Regum
primo.
DTS 22,6: Regum primo 22 capitulo.
9. Onom. 151,1-7.
376
G. LOCHE
377
1 Cronache (1 Paralipomenon)
DTS 27,2: In libro primo Paralipomenon,
8 capitulo, appellatur Lod.
2 Cronache (2 Paralipomenon)
DTS 15,10: et vocatur in Paralipomenon
2, capitulo XX, Vallis Benedictionis.
DTS 18,11: 2 Paralipomenon 13.
DTS 29,14: secundus vero Paralippemenon portum addit.
DTS 33,2: sicut dicitur in 2 Paralipomenon, 3 capitulo.
DTS 37,7: Paralipomenon 2 capitulo
24.
DTS 37,8: et Paralipomenon.
Tobia
DTS 17,8: Neptalim, civitas Tobie unde
oriundus fuit; hoc habetur libri eius, capitulo I.
DTS 19,2: in valle de quo Thobie primo
habetur capitulo.
1 Maccabei
DTS 19,1: primo Machabeorum.
DTS 25,4: de quibus Machabeorum
primo.
DTS 29,14: Hanc civitatem primus liber
Machabeorum situat iuxta mare.
DTS 29,15: de qua primo Machabeorum.
DTS 42,3: que in primo Machabeorum
9 et X capitulo.
Tobia 1,1.
Tobia 1,1.
Salmi
DTS 4,112: Seon regis Amorreorum
378
G. LOCHE
Salmo 135,20.
Salmo 131,6. Nella Vulg. troviamo
eam.
Cantico dei Cantici 1,4.
Cantico dei Cantici 7,5. Nella Vulg. al
versetto 4.
Cantico dei Cantici 4,15. Nella Vulg.
troviamo: fons hortorum puteus aquarum viventium.
Cantico dei Cantici 4,15.
Siracide 24,42-43. Nella Vulg. abbiamo
dixi rigabo meum hortum plantationum et inebriabo pratus mei fructum et
ecce facta est mihi tramis abundans et
uvius meus propinquavit ad mare.
Siracide 48,19-20.
Isaia 15,1.
Isaia 16,1.
Isaia 63,1.
Isaia 16,8.
Isaia 16,8-9.
Isaia 15,4.
Isaia 33,9.
Isaia 7,3. Nella Vulg. troviamo: egredere in occursum Ahaz tu et qui derelictus
est Iasub lius tuus ad extremum aquaeductus piscinae superioris in via agri
Fullonis.
Geremia
DTS 4,1: Ieremie XIV. Nella Vulg. dal
versetto 35.
DTS 18,24: illud Ieremie: Vox in Rama
audita est etc. La citazione presa dal
Vangelo di Matteo.
DTS 21,3: teste Ieremia.
DTS 37,8: et in Ieremia propheta dicitur
etiam ille locus Tophet, de quo etiam in
Ieremia.
DTS 39,1: sicut ipsemet testimonium
perhibet primo capitulo sui libri.
Ezechiele
DTS 29,2: unde Eechielis 26 dicitur
habitans in mari.
DTS 29,4: Denique qui eius laudes magnas scire voluerit, legat 26 capitulum
Eechielis cum duobus sequentibus.
Gioele
DTS 37,6: ut habetur Iohelis 3.
Michea
DTS 16,10: et Michee 4.
Zaccaria
DTS 29,4: sed et acharias de eius laude loquitur capitulo 9.
379
380
G. LOCHE
DTS 17,2213
DTS 18,14
DTS 18,1514
DTS 20,3
DTS 42,4
Esodo
DTS 18,20
DTS 18,20
Levitico
DTS 38,1
Deuteronomio
DTS 18,14
Giosu
DTS 5,2
DTS 5,2
DTS 10,415
DTS 10,5
DTS 10,5
DTS 11,4
DTS 11,4
DTS 16,316
DTS 18,3
DTS 18,14
DTS 18,19
DTS 18,23
DTS 19,9
DTS 19,9
DTS 19,10
DTS 19,1117
DTS 21,2
DTS 22,8
DTS 23,3
DTS 23,3
DTS 28,4
381
1 Samuele (1 Regum)
DTS 15,5
1 Samuele 31,10 (Morte di Saul).
DTS 16,2
1 Samuele 31,1-10 (Battaglia di Gelboe e morte di Saul).
18
1 Samuele 4,10-11 (Presa dellarca da parte dei Filistei).
DTS 16,3
19
1 Samuele 28,7-25 (Saul e la pitonessa di Endor).
DTS 19,3
DTS 19,5
1 Samuele 29,1 (Davide congedato dai capi Filistei).
DTS 25,3
1 Samuele 6,12-14 (Rinvio dellarca).
DTS 28,6
1 Samuele 21,11 (Davide presso i Filistei).
2 Samuele (2 Regum)
DTS 17,18
2 Samuele 3,27 (Assassinio di Abner).
DTS 18,18
2 Samuele 11,21 (Il peccato di Davide).
DTS 18,22
2 Samuele 4,2-8 (Assassinio di Is-Bal).
1 Re (3 Regum)
DTS 10,420
DTS 15,6
DTS 17,11
DTS 18,821
DTS 18,13
DTS 18,18
DTS 19,4
DTS 19,4
DTS 28,2
DTS 28,3
DTS 36,3
382
DTS 37,9
DTS 38,1
DTS 42,1
G. LOCHE
1 Cronache (1 Paralipomenon)
1 Cronache 7,28 (Trib di Efraim).
DTS 18,1522
2 Cronache (2 Paralipomenon)
DTS 10,8
2 Cronache 20,2 (Gisafat e gli Ammoniti).
DTS 20,6
2 Cronache 35,20-24 (Morte di Giosia).
Giuditta
DTS 15,2-3
DTS 15,4
Giobbe
DTS 7,1
DTS 7,1
Amos
DTS 15,8
Amos 1,1.
Giona
DTS 29,14
DTS 29,15
Da una prima analisi delle tavole possiamo rilevare che i libri biblici
sono suddivisi secondo la prassi in Legali, Storici, Sapienziali, Profetici. Le
notizie bibliche, in particolare relative ai luoghi, sono attinte dalla Vulgata
e dallOnomasticon di Girolamo, ma, per la maggior parte, tramite altri
due pellegrini: il Sanudo e il Burcardo23, di cui tratteremo pi avanti. Le
differenze riportate nel testo del Fedanzola, nel suo modo di citare direttamente la Scrittura, sono dovute al linguaggio medievale, che tendeva ad
22. Onom. 151,1-7.
23. Nella sua Descriptio sono numerose le citazioni letterali.
383
384
G. LOCHE
Luca
DTS 12,2: secundum Lucam.
DTS 13,9: ut dicitur in Evangelio.
DTS 16,10: gloria in excelsis Deo et
in terra pax hominibus bone voluntatis . Il Fedanzola riporta, prendendola da Girolamo, la lode angelica della
notte di Natale attribuendola alla visione di Giacobbe descritta in Genesi
28,11-16.
DTS 16,10: Annuntio vobis gaudium
magnum .
DTS 19,7: ut dicitur in Luca.
DTS 20,7: Luca I.
DTS 22,3: angelus dixit: Ave, gratia
plena, Dominus tecum etc..
DTS 22,3: in qua Christus, tradito sibi
Ysaie libro, legit: Spiritus Domini super
me etc..
DTS 22,4: Luca 4: Et dum Iesus transiens per medium illorum ibat.
DTS 22,7: quamvis in Evangelio nominetur castellum.
DTS 22,725: Emaus de quo loco fuit
Cleophas, cuius Lucas evangelista meminit.
DTS 29,3: ubi Christus predicavit
quando mulier extollens vocem dixit:
Beatus venter qui te portavit etc. Il fatto comunque non avvenne nel territorio
di Tiro.
DTS 33,5: venerunt illuc conclamantes:
Crucige, crucige eum.
DTS 33,7: quod hoc fuit quando vertit
se ad mulieres sequentes eum et entes,
dicens: Filie Ierusalem, nolite ere super me, sed super vos ipsas ete etc.,
Luca 24. Il rimando al capitolo 24
errato.
DTS 33,10: Luca XVI.
385
DTS 37,4: in qua cripta sederunt discipuli quando dixit eis Iesus: Sedete hic et
orate ne intretis in temptationem.
Giovanni
DTS 11,2: ut in Evangelio Iohannis
habetur.
DTS 16,4: Iohannes, XI capitulo.
DTS 16,7: Martha dicens: Domine, si
fuisses hic frater meus non fuisset mortuus etc .
DTS 18,15: Hec etiam dicitur in
Evangelio Sychar.
DTS 18,16: quod in Evangelio Iohannis,
4 capitulo.
DTS 18,17: sedens predicavit Samaritane, Iohannis 4.
DTS 18,17: Quia vero in Evangelio
dicitur: Et puteus altus est.
DTS 18,17: quem putant Samaritanam
ostendisse Christo dicens: In monte hoc
patres nostri adoraverunt.
DTS 33,3: Iohannis 5.
Atti
DTS 22,9: Actis 8.
DTS 29,12: Ibi etiam ab angelo audivit:
Orationes tue et elemosine tue etc., Actuum IIII. Il rimando al capitolo 4 errato.
DTS 29,12: Actuum XVI. Il rimando al
capitolo 16 errato.
DTS 29,14: ibique cecidit super eum
mentis excessus et vidit celum apertum
etc., Actuum X.
DTS 29,17: Actuum VIII.
DTS 33,9: Actuum XII.
386
G. LOCHE
Marco
DTS 8,5
DTS 10,2
DTS 12,6
DTS 16,5
DTS 23,2
DTS 26,2
DTS 31,4
DTS 32,5
DTS 33,8
DTS 34,7
DTS 36,6
DTS 38,1
387
Luca
DTS 10,126
DTS 10,6
DTS 10,6
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 11,1
DTS 12,2
DTS 12,2
DTS 12,6
DTS 19,327
DTS 20,4
DTS 22,2
DTS 22,3
DTS 31,6
DTS 32,5
DTS 33,6
DTS 33,8
DTS 34,7
DTS 36,6
DTS 36,9
DTS 37,5
DTS 43,1.4
DTS 43,3
DTS 43,8
26. NellOnom. riportato: Chorazin oppidum Galilaeae, quod Christus propter incredu-
388
Giovanni
DTS 12,4
DTS 12,4
DTS 13,1
DTS 15,7; 16,4
G. LOCHE
DTS 36,6
DTS 37,4
DTS 41,2
Atti
DTS 29,12
DTS 29,14
DTS 36,3
DTS 36,5
DTS 37,2
DTS 41,1
DTS 16,5
DTS 16,6
DTS 17,16.
DTS 23,2
DTS 23,2
DTS 32,5
DTS 33,6
DTS 34,7
DTS 34,9
DTS 34,10; 35,1
389
390
G. LOCHE
mare Galileae ab adiacente provincia dictum, mare Tiberiadis a proxima civitate quae olim
Chennereth, vocata sed ab Herode tetrarcha instaurata in honorem Tiberii Caesaris Tiberias
est appellata. Porro Gennesar a laci ipsius natura qua crispantibus aquis de se ipso sibi
excitare auram perhibetur Graeco vocabulo quasi generans sibi auram dicitur: D. Hurst (a
cura di), Beda Venerabilis, In Lucae Evangelium expositio, II, V, 1 (CCSL 120), Brepols
1960, 113.
32. Deinde Iordanis, procedens inter Cafarnaum et Coroaim, Mare ingredit Galilee, sic
dictum ab adiacente provincia Galilee; dicitur etiam Mare Tyberiadis a proxima civitate
Tyberiade. Item dicitur Mare Geneareth quia continue crispantibus undis ventum generat,
secundum Bedam V .
33. Est autem Genesar, id est mare Galilaeae, magnis siluis circumdatum, in longitudine
habens CXL stadia, il latitudine XL: I. Fraipont (a cura di), Beda Venerabilis, De Locis
Sanctis, X, 3 (CCSL 175), Brepols 1965, 270. Le indicazioni numeriche di Beda sono state
accolte dal Sanudo e riportate nella carta geograca della sua opera. Infatti il lago di Galilea
appare un poco allungato verso sud.
34. Anche in questo caso il Fedanzola ricava la citazione di Giuseppe Flavio dallopera
del Sanudo.
35. Et habet in longitudinem, secundum Bedam, 140 stadia, in latitudine vero 40. Secundum Iosophum autem in longitudine habet C, tamen in latitudine XL; et hoc dictum credo
quod sit verius, quia vidi et diligenter consideravi.
36. Cos scrive il prelato: Benecium itaque, cum illi ceu magistro, tum matri, cujus
animum tristitia dire laniet, concede; assumptaque ducia, supplicationem propone. Depone corpus, tibique propositum mundi thesaurum collige. Fac gratiam peregrinis nobis
egenisque, quos universi oderint, ac irrideant; quos noti ac amici deseruerint; quorum
nemo misereatur. Nullus enim est qui protegat; nullus qui auxiliator accedat. Nemo audet
corpus petere : nullus consilium ejusmodi in animum induxit : occurrit nemo qui funus
curaturus sit. Mihi porro, ut vides, neutrum modo praestari potest, quae sola, uno duntaxat
391
Fedanzola riporta alla lettera37 il riassunto, eccetto per nec invece di neque,
che ne fa il Sanudo38.
3.3 San Girolamo
Lautore pi frequente39 nelle citazioni dirette senzaltro san Girolamo40,
in particolare le sue lettere, il Liber interpretationis Hebraicorum nominum
e lOnomasticon. Presenteremo i casi di particolare rilievo o interesse.
Nella parte seconda della Descriptio, parlando della Valle di Giosafat, il
Fedanzola si sofferma a considerare lorigine del nome della valle, non accettando lopinione comune che derivasse dalla tomba ivi ubicata e attribuita a
Giosafat, ma dal signicato del nome stesso Giosafat, come dice Girolamo
nel Liber interpretationis, cio domini iudicium giudizio del Signore41, in
quanto in quella valle avverr il Giudizio nale. Lopinione confermata anche
dalla tradizione araba che indica la valle come il torrente dellinferno42.
Il frate umbro parlando della citt di Salim, presso la quale, secondo
Gv 3,23, battezzava Giovanni Battista, cita una delle tante lettere scritte dal
discipulo sociante adstem, ac neque apud Pilatum gratia polleam, nec alioqui opportuna funeri comparare possim: Georgii Nicomediensis, Oratio in assistentiam Mariae ad crucemet
sepulcrum, in PG 100, Parigi 1865, 1483-1486.
37. Unde, cum innotuisset Virgini matri que dilecto lio suo in cruce mortuo astabat quod
illius esset sepulcrum, ut Gg archiepiscopus recitat in sermone, ad eum accessit suasitque ut
omnium vitam suo servaret sepulcro, et sic loquebatur: Nullus audet petere sanctum illius
corpus, nec aliquis curat de eo sepeliendo et per me eri est impossibile; tu ergo collige
mundi thesaurum et ingredere ad Pylatum et postula corpus eius.
38. J. Prawer (a cura di), Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, III,7,2,33-38,
Gerusalemme 1972, 175.
39. Girolamo risulta citato almeno per 12 volte dalle sue lettere, una dal Liber interpretationis Hebraicorum nominum e per ben 51 volte dallOnomasticon.
40. Girolamo nacque intorno al 347 a Stridone e pass gran parte della sua vita in Oriente
Mor a Betlemme nel 420, dopo essersi dedicato completamente allo studio e allapprofondimento della Scrittura. Durante un suo soggiorno a Roma ricevette da papa Damaso
lincarico di revisione della traduzione latina della Bibbia. Diverse sono le sue opere nel
campo biblico, tutte caratterizzate per luso dei testi in lingua originale in quanto per lui la
graeca des e la hebraica veritas, infatti, erano essenziali per una comprensione giusta del
messaggio di Dio contenuto nelle Scritture.
41. Iosaphat domini iudicium: P. Antin (a cura di), Hieronymus, Liber interpretationis
Hebraicorum nominum, III Regum, E-M (CCSL 72), Brepols 1959, 111.
42. Si autem obiciatur quod a predicta sepultura ipsius Iosaphat sit vocata Vallis Iosaphat,
hoc non est verum; sed quia Iosaphat interpretatur, ut dicit Ieronimus, Domini iudicium et
ibi sit iudicaturus Dominus omnes gentes, ut habetur Iohelis 3, ideo dicitur Vallis Iosaphat.
Arabice autem dicitur Iehenem, idest torrens inferni.
392
G. LOCHE
Dottore della Chiesa43, nella fattispecie la lettera Ad Evangelum presbyterum de Melchisedech, in cui attesta che i nomi Salem e Salim non denotano
due citt distinte ma la medesima citt in ragione del fatto che in ebraico
le vocali tra le parole non sono di uso comune44.
Unaltra delle epistole di Girolamo, in realt unorazione funebre, citata
diverse volte lEpitaphium sanctae Paulae, composta probabilmente per il 26
gennaio 404, anno della morte della santa. Di essa nella Descriptio si riporta,
in modo esplicito e talvolta alla lettera, lopinione di Girolamo su alcuni siti
topograci che fanno da cornice al racconto della vita di Paola in Terra Santa.
Il Fedanzola, nel quadro 59 del 15 spazio, parlando di Betania, che denisce castello di Lazzaro, Marta e Maria, afferma che essa era una citt
di sacerdoti45. In realt Girolamo parla della villa di Betfage46.
Nel quadro 63 riporta alla lettera un passo dellEpitaphium, l dove
parla della Torre del Gregge o Torre Ader, nelle cui vicinanze Giacobbe,
pascolando il gregge, ebbe una visione di angeli47.
Unaltra breve citazione letterale la troviamo nel quadro 69, dove
racconta che sotto il terebinto Abramo avendo visto il giorno di Cristo si
rallegr48 e nel quadro 46, quando Paola vide la tomba di Giosu49.
43. In quadro 39 est Salim, civitas iuxta Iordanem prope Hennon ubi erat Iohannes baptians,
ut in Evangelio Iohannis habetur; et distat a Betsan per VIII miliaria versus meridiem. In hac
civitate videtur tenere Ieronimus quod regnaverit Melchisedech, qui in Genesi vocatur Salem,
unde dicit quod Salem et Salim idem sunt. Et hoc dicit in epistula de Melchisedech.
44. Scrive Girolamo: Nec refert, utrum Salem, an Salim nominetur, cum vocalibus in medio litteris perraro utantur Hebraei, et pro voluntate lectorum, ac varietate regionum, eadem
verba diversis sonis atque accentibus proferantur: J. Labourt (a cura di), Saint Jrme,
Lettres 4, LXXIII, 8, Parigi 1954, 25.
45. In 59 quadro eiusdem spatii est Bethania, Laari, Marthe et Marie castellum; et, secundum Ieronimum in epithaphio Paule, villa sacerdotum.
46. Ingressa sepulcrum Lazari, Mariae et Marthae vidit hospitium; et Bethfage, villam sacerdotalium maxillarum: J. Labourt (a cura di), Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 12, Parigi 1955, 172.
47. In 63 quadro dicti spatii est turris Gregis, sive turris Ader, de qua Genesis 35 et Michee
4, iuxta quam, inquid Ieronimus in vita beate Paule, Iacob pavit greges suos et pastores
nocte vigilantes audire meruerunt gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bone
voluntatis. Solo la nale diverge un poco dalloriginale di Girolamo, il quale riporta:
et super terram pax hominibus bonae voluntatis: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 170.
48. Sub qua etiam, ut dicit Ieronimus in libro de vita Paule, vidit Christi diem et letatus
est. Girolamo scrive: ...et vestigia quercus Abraham, sub qua vidit diem Christi, et laetatus
est: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 11, 171.
49. de quo etiam loco beatus Ieronimus in libro de vita Paule, ubi agit de eius peregrinatione in Terra Sancta, cum pervenisset ad Thamnathsare, ubi narrat eam vidisse sepulturam
Iosue, sic ait: Satisque mirata est quod distributor possessionum sibi montana et aspera
deelegisset. In Girolamo troviamo la sola differenza di delegisset, Saint Jrme, Lettres
5, CVIII, 13, 173.
393
Il Fedanzola, poi, passando alla descrizione della chiesa di san Salvatore, che sorgeva sulla casa che fu di Caifa, parla di una colonna dove fu
legato e agellato Cristo e dice di credere che fosse la stessa di cui parla
Girolamo in un passo in cui racconta di quando Paola, trovandosi sul monte Sion le venne mostrata una colonna del portico della chiesa, alla quale
appunto le dissero fu legato e agellato Cristo50.
Altre citazioni letterali, a conferma delle proprie opinioni, occorrono quando espone il rito che si svolgeva ogni anno sul Monte Oliveto, consistente
nel bruciare una vacca rossa con le cui ceneri si poteva puricare il popolo
dIsraele51. Lo stesso avvenne per il luogo della nascita di Cristo a Betlemme
che Gerolamo denisce specum o spellunca, offrendo una notizia che si oppone
a quella data da altri per cui detto luogo si troverebbe tra due case52.
Lopera di Girolamo che il Fedanzola cita pi di tutte senzaltro
lOnomasticon. Il nostro autore lo menziona come liber de distantia locorum, servendosene per attestare con lautorit di Girolamo tradizioni bibliche. Non raro che ne precisi meglio la toponomastica e la topograa,
completando a volte le citazioni stesse. Un esempio possiamo trovarlo gi
allinizio della Descriptio. Nello spazio 3 si parla della citt di Esbon e fra
Giovanni fa una lunga citazione esplicita dellOnomasticon, per sostenerne
lappartenenza in antico a Seon degli Amorrei, aderendo cos a Geremia e a
Isaia, dei quali il Fedanzola specica anche i capitoli contenenti le notizie
50. Ibi in muro ostenditur pars columpne ad quam fuit ligatus et agellatus, et possum credere
quod sit aliqua pars illius columpne de qua loquitur beatus Ieronimus in libro de vita beate Paule,
sic dicens de ea quando fuit in Monte Syon: Ostendebatur, inquid, illi columpna porticuum ecclesie, substinens infecta cruore Domini ad quam vinctus dicitur agellatus. Girolamo scrive
con piccole differenze: Ostendebatur illic columna ecclesiae porticum sustinens, infecta cruore
Domini, ad quam vinctus dicitur agellatus: Saint Jrme, Lettres 5, CVIII, 9, 167-168.
51. De huiusmodi loco et vacca loquitur beatus Ieronimus in libro de vita beate Paule sic:
In Monte Oliveti per annos singulos vacca rufa in holocaustum Deo cremebatur et eius cinis
expiabat populum Israel. Girolamo scrive domini vs. Deo e cuius cinis vs. eius cinis: Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 12, 172.
52. Hunc locum beatus Ieronimus vocat specum et spellunca in libro de vita Paule, quando
loquitur de peregrinationibus sic inquiens: Specum Salvatoris introiens vidit sacrum Virginis
diversorium et stabulum in quo agnovit bos possessorem suum et asinus presepe Domini sui.
Et infra dicit Ieronimus quod ipsa dicebat ibidem: Et ego misera atque peccatrix digna sum
iudicata deobsculari presepe in quo Domini parvulus vagiit, orare in spellunca in qua Virgo
puerpera Dominum fudit infantem? Hec ad litteram ponit Ieronimus. Non ergo erat locus
inter duas domos, ut quidam ponunt. In san Girolamo per la prima parte della citazione
abbiamo: specum Salvatoris ingrediens, postquam vidit sacrum Virginis diversorium, et
stabulum in quo agnovit bos possessorem suum, et asinus praesepe Domini sui : Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 168 per la seconda abbiamo di particolare solo la parte che
recita: deosculari praesepe in quo Dominus parvulus vagiit?, orare in spelunca: Saint
Jrme, Lettres 5, CVIII, 10, 170.
394
G. LOCHE
Ieronimus in libro de distantia locorum: Esebon, inquid, civitas Seon regis Amorreorum in
terra Galaad que, cum fuisset Moabitarum, ab Amorreis belli iure possessa est. Meminit
huius Ieremias Ysaiasque in visione contra Moab; Ieremie XIV et Ysaie XVI. Porro nunc
vocatur Iebus, urbs insignis Arabie in montibus contra Iericho, XX a Iordane miliaribus
distans. Fuit autem in tribu Ruben, separata Levitis.. Girolamo riporta il nome della citt
in modo corretto Esbus, mentre nella Descriptio occorre Iebus, che uno dei nomi della
Gerusalemme prima del periodo davidico. Cf. Onom. 85,4.
54. Nel testo masoretico laeyxi, mentre Girolamo in Onom. 105,20-26 riporta Ozam.
55. In 58 quadro dicti spatii est Iericho ultima. Hoc ideo dico quia beatus Ieronimus refert
triplicem fuisse Iericho in libro de distantia locorum, in hunc modum: Iericho urbs quam,
Iordane transgresso, subvertit Iosue, rege illius interfecto, pro qua estruxit aliam Oam
de Bethel ex tribu Effraym, quam Dominus noster atque Salvator illustrare dignatus est
presentia sua. Sed et hec eo tempore quo Ierusalem expugnabatur a Romanis propter perdiam civium capta atque destructa est; / pro qua tertia rehedicata est, que usque hodie
permanet. Et ostenduntur utriusque vestigia usque in presentem diem. A riguardo si pu
leggere la piccola guida di A. Augustinovi, Gerico e dintorni, Gerusalemme 1951, 20-92.
56. Onom. 5-7.
57. In quadro 55 est Bethel sive Luca, ubi vidit Iacob scalam. Aliqui tamen dicunt quod
hoc fuit in loco ubi postea factum fuit templum per Salomonem in Ierusalem, sed contrarium tenet beatus Ieronimus qui dicit in libro de distantia locorum sic: Sita est autem Bethel
euntibus Elyam de Neapolim in leva parte vie, XII circiter miliario ab Elya. Et usque hodie
parvulus vicus ostenditur. Sed et ecclesia hedicata est ibi, ubi dormivit Iacob pergens
Mesopotamiam; unde et ipsi loco Bethel, idest domus Dei, nomen imponit.
395
Sylo, inquit, in tribu Effraim, in quo loco archa mansit et tabernaculum Domini usque ad
tempora Samuelis. Est autem in X miliario Neapoleos, in regione Agrabitena. Hec Ieronimus. Errant igitur qui dicunt et ponunt quod Sylo sit ille locus prope Ierusalem ad IIII
miliaria, qui dicitur ad Sanctum Samuelem. Nam ille est in tribu Beniamin; iste vero de quo
loquitur Ieronimus est in tribu Effraym. Deinde ille distat a Sychem, que dicitur Neapolis,
per 18 miliaria; iste vero de quo ait Ieronimus distat a dicta Sychem per X miliaria. In illo
nullum vestigium vel signum mansionis tabernaculi est; in isto, extra civitatem ad medium
miliare et versus austrum, est domus quedam cum columpnis intrinsecus valde mirabilis, que
dicitur Domus Dei, ubi est etiam quedam fenestra ad quantitatem arche testamenti; et dicunt
Hebrei quod ibi stetit dicta archa. Ista domus habetur in tanta reverentia a Iudeis quod non
audent intrare in eam; sed ego cum sociis meis intravi et diligenter consideravi, et credo
rmiter quod ille sit locus ubi tabernaculum federis longo tempore stetit in Sylo et recte de
eo dicitur: Invenimus eum in campis silve, quod exponitur de Deo invento in tabernaculo in
Sanctis Sanctorum in Sylo. Nam ille locus est in silvarum magna solitudine constitutus.
59. Onom. 133.
60. De hac dicit Ieronimus in libro de distantia locorum sic: Magmas usque hodie vicus
grandis ostenditur in nibus Helye, antiquum nomen retinens, novem ab Helya milibus
distans iuxta villam Rama. Hec Ieronimus. Ibi pluries fui, comedi et bibi; verum dicit Ieronimus, quia grandis villa est et habitatio pulcra.
61. Onom. 33.
396
G. LOCHE
quanto secondo 1Re 25,1 (Testo Masoretico 1Sam 25,1), Samuele fu sepolto presso la sua casa, appunto presso Rama, ma, siccome Girolamo scrive
che la citt di Samuele si trova presso Liddam o Diospolim (questo secondo
il Fedanzola, ma Girolamo scrive in regione Thamnitica iuxta Diospolim62),
dove sepolto anche san Giorgio, quindi, scrive il Fedanzola, a pi di 16
miglia di distanza da Gerusalemme, fra Giovanni non accetta tale opinione. Lidenticazione della tomba di Samuele a Rama, dice il nostro frate,
da accettare se si ipotizza che vi sia stata una traslazione di reliquie, da
considerare prassi comune, avvenuta dalla citt di Samuele al monte vicino
la Citt santa63.
4. Le citazioni degli autori antichi
Nei seguenti paragra presenteremo le citazioni esplicite che il Fedanzola
attinge da Giuseppe Flavio, Strabus e Rashi e i rimandi alle loro opere.
4.1 Giuseppe Flavio
Di questo autore si presenteranno prima le citazioni tratte dalla Guerra
Giudaica poi quelle delle Antichit Giudaiche.
Il Fedanzola riporta nel suo scritto passi di una delle maggiori autorit nel campo della storia del popolo di Israele, cio Giuseppe Flavio,
vissuto tra il I e il II secolo d.C., autore del Bellum Iudaicum e delle Antiquitates Iudaicae, testimone della prima rivolta giudaica (66-73 d.C.) nei
confronti dei Romani.
Alcune citazioni sono di particolare importanza per dei luoghi o delle
tradizioni storiche e talvolta abbiamo una citazione letterale delle suddette
62. Onom. 33.
63. In 56 quadro est quoddam magnum hedicium, in cacumine alti montis, quod dicitur
ad Sanctum Samuelem pro eo quod ibi est sepultura sancti Samuelis prophete. Ideo dicunt
Hebrei quod est Ramathaym Sophym quia in primo Regum XXV dicitur quod Samuel sepultus fuit in Ramatha in domo sua. Sed beatus Ieronimus in libro de distantia locorum dicit
quod civitas Samuelis Ramathaym Sophym est iuxta Liddam vel Diospolim, ubi dicitur
esse corpus beati Georgii, et distat a Ierusalem plus quam per XVI miliaria. Locus autem
predictus sepulture Samuelis non distat ab Ierusalem nisi per V ad plus; preterea civitas Samuelis predicta est in Monte Effraym, ut dicitur primo Regum primo, predictus autem locus
dicte sepulture est in tribu Beniamin, ubi non est Mons Effraym. Quod autem ostenditur ibi
sepultura predicta potuit eri per translationem corporis eius, sicut frequenter transferuntur
corpora de una sepultura ad aliam et de una civitate ad aliam.
397
chonitidis Philippo deprehensum est. Immissis enim ejus jussu in Phialam paleis inventae
sunt delatae in Panium, unde antiquitus uvium nasci crediderunt: G. Dindorf (a cura di),
Flavius Josephus, De bello judaico, III,10,7, in Opera Omnia, Graece et latine, II, Parigi
1865, 178-179.
65. In 18 quadro eiusdem spatii est fons qui Fiala dicitur, qui semper est plenus et efuit,
de quo dicitur fons Dan, unus de fontibus Iordanis, per subterraneum meatum oriri. Quod
quidem per experimentum habetur, ut dicitur: nam palee posite vel misse in dictum fontem
Fyalem recipiuntur in Dan. Hoc autem experimentum fecit, ut dicit Iosephus, Phylippus
Tetrarcha frater Herodis.
66. Da precisare che nel testo del Fedanzola allo spazio 9, la notizia sarebbe tratta dal V
libro dellopera di Giuseppe. Ecco il passo: Prima igitur Iericho, secundum Iosephum, V
libro de bello iudaico, est iuxta fontem Helysei que dulcoravit ex parte orientali, distans ab
eo, meo iudicio, per duos iactus baliste et a Iordane per VI miliaria.
67. Hunc fontem olim ferunt non solum terrae et arborum fructus, sed et mulierum foetus
perdere solitum, in universumque omnibus morbos et perniciem adferre; postea vero mansuevisse, contraque saluberrimum et foecundissimum factum esse ab Elissaeo vate. Hic
autem Eliae discipulus erat et successor, qui, Hierichuntinorum hospitio usus et non vulgari
comitate ab hominibus exceptus, et ipsis et regioni gratiam referebat aeternam. Ad fontem
quippe progressus, quum lagenam ctilem salis plenam in prouentem aquam misisset,
deinde dextram justam ad coelum levasset, et in fontem blande funderet libamina, ipsum
quidem precabatur, ut uentem emolliret et dulciores aquarum venas aperiret: Flavius Josephus, De bello iudaico, IV,8,3, 213-214.
68. De qua etiam Iosephus, loquens de Ebron in V libro de bello iudaico, videtur dicere
cum sic ait: Cernitur autem sexto ab oppido stadio arbor maxima therebintus, eamque
memorant ab initio mundi creatam nunc usque durare. Sub predicta ylice vel therebinto et
circa Habraam longo tempore habitavit.
69. Cernitur etiam sexto ab urbe stadio Terebinthus maxima, dicuntque arborem a Creatione mundi usque haec tempora permanere: Flavius Josephus, De bello iudaico, IV,9,7, 218.
La versione della Descriptio risulta alquanto diversicata dalloriginale, anche se appare
come una citazione letterale: De qua etiam Iosephus, loquens de Ebron in V libro de bello
iudaico, videtur dicere cum sic ait: Cernitur autem sexto ab oppido stadio arbor maxima
therebintus, eamque memorant ab initio mundi creatam nunc usque durare.
398
G. LOCHE
rerum summae praefuit annis septem et quinquaginta, praetereaque mensibus sex, ed duobus
diebus, Herodes ac Philippus, qui in suis adhuc erant tetrarchiis, hic quidem juxta Jordanis fontes in Paneade urbem Caesaream condit et inferiore Gaulanitide Juliadem, Herodes
vero in Galilaea Tiberiadem et in Peraea cognominem Juliae: Flavius Josephus, De bello
iudaico, II,9,1, 100.
71. De situ huius civitatis loquitur Iosophus in 2 libro de bello iudaico, loquens de Phylippo Tetrarcha, in hunc modum: Phylippus hic quidem, iuxta fontes de quibus Iordanis
umen exoritur, in Panniada condidit civitatem quam Cesaream vocavit.
72. In supprema vero parte civitatis, scilicet ubi fuit habitatio regis, ex latere est ecclesia
quedam, nescio si est Armenorum vel Grecorum, ubi dicunt quod fuit decollatus beatus
Iohannes Baptista et ostendunt locum. Iosophus tamen dicit quod hoc fuit in Maceronta,
hoc est in Manaym ultra Iordanem, ubi erat vinculatus in carcere.
73. Erant autem quidam ex Judaeis qui existimarent Dei ira periisse exercitum Herodis, qui
Justas ob interfectum. Joannem, cognomento Baptistam, poenas dabat [...] Atque ille quidem
ob hanc Herodis suspicionem in vincula conjectus, missusque ad castellum Machaeruntem,
cujus supra meminimus, ibidem caesus est : Judae vero persuasum habebant in ultionem
necis ejus deletum esse exercitum, Deo propterea Herodi infenso: G. Dindorf (a cura di),
Flavius Josephus, Antiquitates iudaicae, XVIII,5,2, in Opera Omnia, Graece et latine, I,
Parigi 1865, 704-705.
74. Unde sciendum quod ultra Samariam, versus meridiem per 4 miliaria, sunt duo magni
montes et longi, porrecti a septentrione, in meridiem declinando ad orientem: quorum unus
vocatur Gariim et alter Ebal, quos dicit Iosophus esse illos in quibus fuerunt date benedictiones et maledictiones, secundum legem Moysi.
399
400
G. LOCHE
81. Marinus Sanutus, Liber Secretorum Fidelium Crucis, 247, 4-5; S. De Sandoli (a cura
di), Burcardo de Monte Sion, Descriptio Terrae Sanctae, XVII, in Itinera Hierosolymitana
Crucesignatorum (Saec. XII-XIII) (SBF Collectio Maior 24), IV, Gerusalemme 1984, 168.
82. Post Galgalam prope sequitur Vallis Acor, quia ibi lapidatus est Achan; qui sic debet
nominari, ut dicit magister Nicholaus de Lira, quia sic scribitur: In hebreo vallis autem dicitur Acor, idest turbationis vel tumultuationis quia ibi tumultuatus est Israel contra istum
Acan, propter turbationem populi expectato furto quod ille commiserat.
83. Per le varie postille si pu consultare il Libro di Giosu in Paganinus de Paganinis,
Biblia cum glossis ordinariis et interlinearibus excerptis omnibus ferme Ecclesiae Sanctae
doctoribus; simulque cum expositione Nicolai de Lyra; et cum concordantiis in margine,
Venezia 1495.
401
tudinibus sedendo, secundum magister ystoriarum. In descensu vero istius montis, quasi
ad orientem, fecit, secundum quosdam, ipsum sermonem discipulis et turbe comuniter,
secundum Lucam.
85. Il passo del Comestor cos recita: Hunc sermonem Matthaeus, et Lucas varie narrant.
Ob hoc quidam tradunt Dominum prius eum fecisse discipulis in supercilio montis sedendo, post in latere montis communiter discipulis, et turbis stando. Alii vero tradunt nonnisi
unum sermonem factum communiter discipulis et turbis. Quod autem horum verum sit, non
multum interest nos scire, sicut nec scrire interest, an mons in quo haec facta sunt fuerit
Thabor, an alius mons in Galilaea. Sermonem quidem hunc a Domino ad discipulos factum,
legimus in Matthaeo et Luca tantum: Petrus Comestor, Historia Scholastica, in Evangelia,
PL 198, Parigi 1855, 1336.
86. Et iterum exiit de nibus Tyri, et venit ad mare Galilaeae inter medios nes Dacapoleos, id est pervenit ad illum locum maris, cui regione contra posita erat Decapolis, id est
regio decem urbium circa Pellam et Gadaram contra Galilaeam: Petrus Comestor, Historia
Scholastica, in Evangelia, PL 198, 1578.
87. Anche in un altro pellegrino contemporaneo al Fedanzola troviamo delle indicazioni a
proposito. Si tratta di Jacopo da Verona e della sua opera Liber peregrinationis, composta
probabilmente nel 1335. Alla ne del capitolo V dice espressamente che solamente tra gli
ebrei locali si potevano trovare persone sufcientemente istruite sulle tradizioni locali e quindi
ottime fonti di conoscenza: Et ideo si aliquis peregrinus vellet inquirere civitates et castra
antiqua in Terra Sancta non posset invenire unum nisi per aliquam bonum ductorem cognoscentem terras vel per aliquem Judeum habitantem in illis partibus cum Judei sciant optime
omnia loca antiqua demostracione cum sint optime instructi in lege sua et de locis a suis
402
G. LOCHE
403
91. Ibi enim ostenditur palatium Habrae, et ego fui iuxta eius parietes. Ibi etiam ostenditur
una spellunca ubi dicitur fuisse sepultus Iesse pater David; licet dicatur sepultus in Bethleem, potuit enim fortasse fuisse hoc per translationem, sicut frequenter transferuntur ossa
mortuorum ad alias sepulturas.
92. Nam legitur 3 Regum XVI quod Amri emit montem a quodam Somer et hedicavit in
eo civitatem, quam vocavit nomine domini Semeron, idest in nomine domini montis qui
vocabatur Somer.
93. Hec etiam dicitur in Evangelio Sychar; modo est villa in eodem loco que arabice vocatur Balata, quia Balata arabice idem est quod stultitia. Ideo autem est vocata sic, ut aiunt
Hebrei, propter stultitiam perpetratam in violatione Dine per dictum Sychem.
94. Infra istum autem locum orationis ad meridiem plusquam per magnum iactum lapidis
est unum hedicium ad modum unius palatii non multum lati, cum piramide pulcra desuper,
totum ex uno lapide dependenti saxo montis excisum, quod dicitur monumentum Iosaphat.
Sed hoc est contra testum tertii libri Regum, ultimo capitulo, ubi dicitur quod sepultus fuit
in sepulcro patrum suorum, et hoc erat in Monte Syon.
404
G. LOCHE
405
406
G. LOCHE
LA 54 (2004) 407-414
ABSTRACTS
P. Kaswalder
A. Mello
This article is an attempt to investigate the theological vocabulary that is characteristic of the Psalms. Less than forty words have been chosen on a simple
statistical basis because their frequency in the Psalter is relatively higher than
in any other book of the Bible. The choice has also been made on a theological
basis. Indeed, four semantic elds can be established: a) distress, b) prayer, c)
relief, and d) praise. It seems that on the basis of these four semantic elds, the
main lexicon of the Psalter can be arranged and its most important theological
issues can be reached.
Pgs. 25-52
Following his article in LA 52 (2002) 29-102, the author analyzes the Book of
Qohelet from the point of view of syntax, translation, and literary composition.
A main result of his analysis is that the verb system of classical Hebrew is kept
throughout the book and there is no evidence of a late date from this point of
410
ABSTRACTS
view. Further, the analysis of the verb syntax provides an essential key to the literary structure and the interpretation of the book. The complete Hebrew text with
accompanying Italian translation is given in parallel columns according to the
following literary composition: a frame, 1:1-11 // 12:8-14; the body with two main
parts, each comprising ve subsections: (I/1) 1:122:26 // (II/1) 7:15-29; (I/2) 3:
1-22 // (II/2) 8:1-15; (I/3) 4:1-16 // (II/3) 8:169:10; (I/4) 4:175:19 // (II/4) 9:
1110:4; (I/5) 6:1-9 // (II/5) 10:5-19; and a central subsection, 11:712:7.
Pgs. 53-94
G. Biguzzi
Within the book of Revelation, eschatology can be found in three narrative sequences, each having a different function. Rev 13 supports the exhortation for
the churches to be faithful; Rev 616 answers the complaint about the lacking
justice of God regarding those who shed their own blood for him; and Rev 2022
sustains the prayer of the Bride who says: Come, Lord Jesus. The eschatological urgency and imminence which permeate the book of Revelation are rooted in
Johns desire to proclaim that the period of distress and suffering is about to reach
an end and that the reward will not only overwhelm any waiting but is also close
at hand. Thus John shows himself to be a great master of Christian life because
he is a great master of eschatology.
Pgs. 95-118
M. Pazzini - R. Pierri
Every attempt to vocalize the Aramaic Bible is a challenging task, but at the same
time stimulating. In this article, the Syriac texts of Hosea is presented here fully
vocalized according to the western system and with the indications of rukkkh
and quy within the context itself. It is forseen, moreover, that the publication of the Syriac texts of the Minor Prophets will soon follow in the near future.
This paper follows up on the Syriac text (Peshitto) of Amos and Jonah already
published in the previous volume of Liber Annuus.
Pgs. 119-139
M. M. Morno
The article examines the tractates of Pirqe Abot and Abot de Rabbi Nathan with
regard to the study of the Torah. Together with other Rabbinic literature, these
411
ABSTRACTS
Judg 1:12:5, with its alternative account of the events surrounding Israels entry
into the land, constitutes the overture to the Book of Judges. This study offers
a detailed examination of Josephus version of the biblical segment in his Ant.
5.120-135. The study focuses particularly on two overarching questions: which
text-form(s) of Judg 1:12:5 did Josephus utilize? And what rewriting techniques
has he applied to the biblical material in developing his own distinctive rendition of this?
Pgs. 235-254
I. Gargano
After having recalled several bio-bibliographical notes on Gregory the Great, the
412
ABSTRACTS
author then points out the spiritual dimension of Gregorys biblical exegesis. The
key to all of Gregorys exegetical works is the importance of the compunction of
heart within the context of an imminent eschatology. The fruit of this compunction
is the removal of the veil of reading the Scriptures that permits the contemplation or vision of God. It also opens a prophetic gift which enables the exegete
to read history and to interpret it as salvation history. Both subjective and
objective elements come into play in the dynamics of exegesis, always under the
inspiration of the Holy Spirit. Exegesis has as its only goal the inclination to and
formation of the love of God. All this, Gregory thought, comes under the common
denominator of the Sacred Books whose reading produces a judgement which will
bring either entry into or exclusion from the eternal beatitude.
Pgs. 261-294
The life of Gregory the Great was marked by three forms of suffering: 1) physical illness; 2) political and pastoral activities that drew Gregory away from the
tranquility of prayer that he so dearly wanted; and 3) daily contact with the
sufferings of the people resulting from years of war and devastation. In each
of these sufferings, Gregory found a reason for thanksgiving and for spiritual
growth. In illness he saw a welcome reminder from God and an encouragement
to understand the sufferings of others. In the excessive activities required from
his ministry, he saw an occasion to balance it with the practice of daily prayer,
in order to grow in the exercise of patience, obedience to God and others. In the
dramatic situation that surrounded him, Gregory saw not only a reminder from
God and an encouragement to solidarity with those who suffered, but also an appeal to understand more profoundly the faith in God, which continuously sustains
a positive outlook even in the midst of tragedy. The condition for these aforesaid
discoveries of good in evil was the constant research of love, which overcomes
darkness even at its thickest point.
Pgs. 295-320
Several letters written by Pope Gregory deal with people and problems of Palestine and Sinai, in particular with reference to the monastic life in Jerusalem and
to pilgrims and pilgrimage to the Holy Sites. Pope Gregory sends offerings for
ABSTRACTS
413
the pilgrim hostels in Jerusalem and Sinai, and in two occasions deals with the
disputes existing among Amos the Patriarch of Jerusalem and the Superior of the
monastery of the Nea Church. Scholars have already discussed these topics, but
only recently I. Shahid has pointed out the possibility of identifying Alamundaros,
the personage referred to in the letter to Innocentio Praefecto Praetorio Africae
(X,16): De Anamundaro autem quae scripsistis fecimus, sed voluntatem utinam
sequatur effectus, quia quantum ad nos pertinet, afictis intercessionis nostrae
solacium non negamus. Anamundarus could be al-Munthir/Alamundarus, the king
of the Christian Arab Confederation of the Beni Ghassan sent to exile in Sicily
by Emperor Mauritius. A recent discovery of a Greek inscription in Jerash with
the name of Marianos, Bishop of Arabia, to whom Pope Gregory writes another
letter (XI, 20: Gregorius Mariano episcopo Arabia) permits the historical identication already proposed by P.-L. Gatier. The precise year for the VIth indiction
given in the inscription can be either 572, 587 or 602only two years before
the death of the Pope.
Pgs. 321-341
A recent excavation in the village of Tamra in Eastern Galilee, Israel, has uncovered a church. Four building phases could be discerned. The church was erected
in the Byzantine period and continued to function as such in the Umayyad and
Abbasid periods until it was abandoned. A dated inscription was discovered on
the mosaic pavement of the church of the Umayyad period. The date is apparently reckoned by the era of Hegira to the year 725 AD. The present paper deals
especially with the decipherment and interpretation of this inscription.
Pgs. 343-350
The article analyzes the motifs on the mosaic pavement of Beth Hashitta, in comparison with motifs on Samaritan lamps, and shows a close connection between
the mosaic and the lamps. A common ideological background and common regional roots can be identied between the mosaic and the Samaritan lamps. The
article endeavours to indicate meanings to some of the motifs that appear on the
pavement and on the lamps.
Pgs. 351-368
414
ABSTRACTS
LUSO DELLA BIBBIA E DI ALTRE FONTI NELLA TRECENTESCA DESCRIPTIO TERRE SANCTE DI FRA GIOVANNI DI FEDANZOLA DA PERUGIA
G. Loche
RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA
IN GIORDANIA XXIV - 2004
Mt. NEBO
Umm al-Rasas
Kh. Qazone
Ghor al-Safy
km
50
a cura di M. Piccirillo
418
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419
420
RICERCA IN GIORDANIA
and the huge slabs, particularly those coming from the roof, we decided to use
a crane to help us remove the debris.
Stratigraphy
After removing the fall we proceeded with the excavation of the underlying
layer of abandonment soil which lled all the edice for a height of about
50cm in an almost uniform manner. Under this soil and extending to all the
building, there was a stratum of ashes containing coal fragments and charcoal.
A more consistent layer of ashes was present on the presbytery. The partially
still preserved oor of all the building was made of plaster which was applied
on two clearly distinct situations: all the area of the presbytery and part of the
nave (up to the rst pillar) directly on the rock while the remaining part on the
roof of a cistern hewn out of the rock.
The edice
The externally rectangular chapel, measuring 1120cm by 690cm, preserved
its perimeter walls for a height of three or four rows (Fig. 6). These were
made up of large boulders (150cm by 60cm) some of which well squared. The
chapel had three doors. The main door was at the centre of the western wall
which opened up on a still non excavated area possibly a garden or central
courtyard with surrounding rooms, and where, among the stones, the lintel
with an incised cross was found. The other doors where placed facing each
other between the third and fourth pillar on the northern and southern walls.
The northern door opened directly on a quarry and had the jambs made up of
reused slabs. The mutilated lintel of this door was also found. The door on the
south wall closed on the outside making one think that it led to a service area.
The building was roofed by stone slabs supported by four arches in a North
South direction. From two to four rows of the departure of these arches have
been preserved on both walls of the edice. In the spaces between the rst and
third pillars, on both sides, there were two plastered stone benches, traces of
which where discovered particularly on the northern wall. On the western wall,
on the sides of the main door, there were two jutting niches. The southern one
was rectangular (80cm x 63cm) and plastered of which only the base and the
southern face survived. The northern one was smaller (70cm x 37) and it had a
concave back face. On the southern wall, in the space between the fourth pillar
and the faade there was a small window. The opening of the cistern in the
oor was in correspondence with this window. The cistern (600 x 500 x 300
cm), hewn in the rock, has three arches to support the stone slab roof which
served as oor to the western part of the chapel. The roof of the cistern was
421
intact except for a slab, in front of the southern door, which broke under the
weight of the fall. Through this fracture a lot of debris ended up in the cistern.
The apsed presbytery resulted raised by a step of about 10-12cm in respect to
the hall. The apse has been preserved up to the departure of the half-dome.
White plaster has been preserved on the apse wall. Worth noting is the space
between the apse and the rst pillar which strangely extends in such a way as
to reduce the perimeter wall to a single stone. On the oor of the presbytery
there are no traces of the housing for the altar but there is a hole in the centre
next to the step of the presbytery which make us suppose the location of the
altar.
Two stone basins found inside the main door on top of the ashes belong to
the period of reuse of the edice. Finally one has to note the almost complete
absence of pottery shards.
The edice is a small sacred building among quarries probably built on an
abandoned quarry adapted as a cistern under the chapel. The use of the edice
most probably was in relation to the extraction of stone and to the not far away
embattled tower. The abandonment of the building is to be placed in relation
to a probable re of the same which is abundantly and uniformly witnessed by
the ashes and carbon found on the oor.
The Church of the Reliquary (R15)
The second phase of the campaign was dedicated to the excavation of the
church which lies to the east of the Church of the Tabula Ansata and which
we named as Church of the Reliquary. Most of the fall, down to the fallen
arches, had already been removed last year by the workers of the Department
of Antiquities of Jordan. With the help of a crane we removed the ashlars
after making a photographic documentation and having catalogued them (Fig.
7-10).
Stratigraphy
The stratigraphy of the presbytery area resulted compromised by two interventions carried out by gravediggers, one close to the apse arch and the other
directly on the altar.
In the remaining sector of the church the stratigraphy was quite uniform
with an abundant layer of soil and stones (about 90cm) under the fall accumulated after the abandonment of the area. Underneath there was a compact layer
of yellowish soil mixed with stones and pottery shards directly in contact with
the oor. The only exception to this situation was in the southern aisle where
an abundant layer of ashes lied under the abandonment soil and covered also
422
RICERCA IN GIORDANIA
the southern step of the presbytery. It is worth noting that on the mosaic oor
of this aisle, beyond the presbytery step, there was a consistent accumulation
of mosaic tesserae.
The edice
The edice is of the basilical plan (1890 x 930cm), a three naved structure divided by a double series of two pillars (Fig. 11-13). The central apse was inside
the rectangular perimeter wall surmounted by a calotte closed at the front by
an arch. Through two doors the two aisles led to two service areas next to the
apse (not yet excavated). The door of the southern service area was blocked.
On the northern perimeter wall a door communicated with an external edice.
The door on the faade was raised by a series of three steps. These seem to
belong to a later phase in relation to the edice as they are laid directly on the
mosaic oor and are made up of reused material. The presbytery is raised by
a step in respect to the hall and extends to about three metres into the central
nave (Fig. 14). On three sides along the enclosing step there was a balustrade
made up of small pillars and slabs of bituminous schist. Some fragments on
the northern side are still in situ while other fragments have been found on the
oor spread all over the building. The altar, of which there remain the housings
for the small columns, lied within the apsidal chord. Under the altar there was,
still in situ, the container for the reliquiary measuring 70 x 43cm.
The mosaic
Originally the church had a mosaic oor. Of this only a few fragments have
survived as all the gures which decorated it were systematically removed.
The gaps created by this iconophobic intervention were partially integrated by
white tesserae, others where lled by plaster while others were left wide open
(Fig. 11-12).
The decorative programme of the presbytery was made up of two panels:
a rectangle of rhombi lled with diamonds decorated the semicircular lunette
of the apse. The area in front of the altar was decorated by vine scrolls with
bunches of grapes in the resulting spaces and having at the centre some gures of which there remains the head of a rooster, two gures carrying grape
baskets, the body of a volatile and the head of a fox eating grapes. In front
of the altar, the scrolls of this panel, enclosed within a band, left space for a
seven line Greek inscription which has been partially preserved and contained
the names of the benefactors.
Enclosed in a tabula ansata (Fig. 15), just under the step of the presbytery
in the central nave, there was the ve line dedicatory inscription of which the
423
southern part survived. In the inscription we could read the name of Bishop
Sergius and the date of 481 of the Arabia era, equivalent to 586 A.D. (Fig. 14).
The mosaic of the central nave was made up of a large carpet enclosed in a
band of vine scrolls containing gures of which only some fragments survived.
The acanthus scrolls of the central carpet seem to have been introduced on the
eastern end, within the band, by a scene of which there remain only traces in a
spear held by a human gure. The scrolls of the carpet are grouped in a series
of three by eight (?) superimposed registers.
The mosaic of the aisles was decorated by geometric motives. That of
the northern aisle was made up of an orthogonal composition of adjacent and
intersecting octagons forming hexagons and squares. The southern aisle had a
more simple motive: a panel of rhombi formed by a triple line of red tesserae
set at an angle lled with diamonds.
The trenches and the tombs
Three trenches were dug during the excavation: one in the eastern end of the
northern aisle, one between the wall of the apse and the altar and another one
between the door on the western wall and the south semi pilaster.
The trench at the eastern end of the northern aisle: After removing the plaster oor (compact and uniform in this area) and the mosaic bed there appeared
a layer of red soil which irregularly covered a strange ll (15-20cm) made
up of fragments of wall plaster some even coloured. Plaster also appeared at
this level on the northern wall of the church, on the presbytery step and on
the faade of the service area. The make and position of this plaster is clearly
distinct from that found abundantly above the mosaic oor. Under this ll we
encountered the virgin soil which was cut in at least at two points: just under
the door of the service area for the foundation of the same and at about 30cm
from the presbytery step. The latter extended up to under the foundations of
the northern perimeter wall and contained a soil ll (in which some fragments
of oil-lamps where found) that covered the slabs of a tomb. This tomb was
made up of a stone sarcophagus closed by ve stone slabs and contained the
remains of three persons. Two of them where piled on the eastern side while
the third was reclined with the head on the western side. Noteworthy is the
fact that the reclined body had the remains of a funerary cloth which was held
in place by strings and a leather belt with a metal bula in the form of a cross.
The sarcophagus, made of fossiliferous stone measuring 190 x 43 x 36cm and
12cm thick, had curved extremities and was broken in at least two places. It
was kept in place by stone wedges and plaster.
The trench in the apse: Taking advantage of the lack of mosaic in the
area behind the altar we decided to extend the trench excavated by the tomb
diggers. We discovered that in this area the mosaic bed had been laid directly
424
RICERCA IN GIORDANIA
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discovered Iron I house, and in the process, uncovered a oor with early Iron
II remains, which are rare at the site.
In the northwest corner of the site, Field B, we hoped to locate the oors
of two northern rooms in a palatial type of structure found in earlier seasons,
which date to the Late Bronze Age. The oors, farther down than we had thought, were not exposed; however, the limits of the building were outlined. In
addition, a unique cultic installation was discovered in a mudbrick wall in the
largest room (measuring ca. 5 x 8 meters). The cultic niche was whitewashed
and consisted of a platform with at least two plastered steps. On the upper step
was a large dome-shaped standing stone with four smaller ones, two on each
side, with votive pottery vessels placed above the two stones on the right. This
building may be a temple. A seal impression mentioning the Persian Empire
province of Ammon was found in remains above the temple, which brings the
total of such impressions to ve.
In Field H, which is located in the southwest corner of the site, we excavated a large cobbled courtyard where fragments of model shrines and anthropomorphic statue parts had been found in earlier seasons. Excavators removed
several later walls and traced the early Iron II courtyard over a wide area (ca.
6 x 10 meters). A single stone stands at the midpoint of the courtyard.
In the southern part of the site, Field L, we better dened a rural domestic
structure from the Hellenistic period. Partially uncovered in previous seasons,
it demonstrated two phases of use this season. A series of large walls constructed of huge boulders seems to date to the Iron I period. Small walls from
the late Iron II period are sandwiched between them.
Located near the Amman National Park and boasting well preserved
buildings from several periods in pre-Roman Jordan, the site has tremendous
tourism potential, as well as the potential to inform Jordanians about a part of
their earliest history.
Douglas R. Clark Larry G. Herr
Walla Walla College Canadian University College
4. A Summary of Moab, Moabite Place Names and Moabite Kings in
Egyptian and Assyro-Babylonian Inscriptions
On the west side of the western statue of Ramses 11 (1279-1212 BC) at Luxor
there are a number of Asiatic toponyms of which Moab is one name among
other well-known and important places in the Ancient Near East. Hatti, Naharina and Assur are mentioned, followed by Moab (m[w]-j-b = mb). Since Moab
is followed by the determinative for ,region or ,country, state it was known
to Ramses 11 as a territorial or political entity. It is not clear if Moab also has
an ethnic connotation here.
426
RICERCA IN GIORDANIA
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Moab also got its share. The inscriptional evidence changed, however, when
the Assyrians, under Tiglath-Pileser Ill (745-727 BC), entered the scene. (For a
comprehensive and detailed discussion of the Assyrian connection with Moab
see Timm 1989).
The Assyrians never made Moab a province, but were mainly interested
in receiving tribute from the smaller Palestinian sheikhdoms. Besides Israel,
Judah, Ammon, Edom and Aram, Moab is rst mentioned as paying tribute
to Tiglath-Pileser Ill in 732 BC. The Moabite king is called by his name Shalamanu. It is possible that he was named after a Moabite deity of that name,
for which there are parallels in other Semitic names. It is also possible that
this king may be referred to in Hos. 10,14, although the town of Bet-Arbel is
unknown.
Still enigmatic is the location and identication of the Land of Dabil and
the Gidirites who attacked Moab, referred to in Letter 14 from Nimrud. It is
unfortunate that the well-preserved letter which dates to the time of Tiglath-Pileser Ill does not give any hints with regards to the event of the attack and the
origin of the attackers, the Gidirites. Timm suggests an area of the steppe in
the Nuqra region where a territory is called - d r. (See Timm 1989: 328. See
also Mittmann 1973 and Weippert 1987).
Twenty years later, when Sargon II (722-705 BC) invaded Palestine, Moab
is mentioned again but no king is referred to. During several campaigns by
Sanherib (705-681 BC) the king Kamoshnadbi of Moab appears on the inscriptions in 703 BC. The incursions of the Assyrian kings into Palestine did not
ignore the country east of the Jordan particularly under Assarhaddon (681-669
BC), who mentioned king Musuri of Moab twice within eight years in 67615
and 668 BC. Several times in the inscriptions Moabite military representatives
are mentioned as L. MAH. ME_ who were either representing their country
in Assyria or were taking part in coalitions against Assyria. The Assyrian diplomacy was intent on presenting Assurbanipal (669-ca. 630 BC) as a successful
king on the eve of the downfall of Assyria. So the successful campaign in 652
BC of the Moabite king Kamashchaita (or Kemoschasa) against the Qedarite
king Ammuladin was presented as a victory of Assurbanipal over the Qedarites, despite the fact that it was Kamashchalta who had captured and taken
Ammuladin to Nineveh and had personally handed him over to the Assyrian
monarch. This and the context in which Moab is referred to indicates the interest of the Assyrian kings to keep Moab and the other Palestinian states as
paying tribute to the Mesopotamian power, which in turn would be willing to
leave a high degree of independence to the Syro-Palestinian regimes.
It appears that Moab was able to withstand the political and military pressure the Assyrians had put on the smaller Palestinian states. So far we have
no evidence for a strong military presence of Assyria in Moab, as for instance
in Edom or Ammon or Israel/Judah. Up till now only few Assyrian type vessel forms have been found in the excavations of elBalu. It is possible that a
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mad Waheeb (Waheeb 2001 a, 2001 b), attracted world wide media attention
to Jordans share of Biblical heritage sites. The visit by Pope John Paul 11 in
March 2000 has further enhanced the importance of the site for pilgrims and
tourists in general. This came at a time when hopes for a brighter future in the
region were still ourishing.
Since then, a second intifada and disastrous politics have crippled Jordans neighbor to the west almost beyond recognition; its eastern neighbour is
experiencing war and occupation. The September crimes of 200 1, subsequent
terror attacks all over the world, so called anti-terror campaigning and monstrous ideological constructs like ,,clash of civilizations, have sparked off an
atmosphere of confrontation that seems to have gripped the whole globe. It
seems more urgent than ever to promote a deeper understanding between the
worlds different cultures, in all available elds. Archaeology may not come
to the mind immediately in this respect, but there is a very real potential for
ancient sites in Jordan to help promote learning about each other.
Millions of tourists have been visiting the Kingdom, and are thrilled by
its historic heritage, its natural attractions and the hospitality and warmth of
its people. They return home, impressed and enriched - but usually without
having even noticed the intimate proximity that is there between Christianity
and Islam. Rarely do tourist schedules provide opportunities for closer insights
into the religious background of the host country. The prominent Biblical and
Quranic gure of John the Baptist, respectively Naby Yahya (pbuh), could
open such a valuable opportunity for inter-religious education.
In addition to the Baptismal Site near the river Jordan, the mountain fortress of Machaerus, Qalat al-Mishnaqa near Mukawer, is also related to the
legacy of the same prophet (Corbo 1978, 1979, 1980). It lies a few kilometres
north of the Dead Sea, half an hour south-east of Madaba. There, the courtyard of Herod Antipaspalace is the traditional setting for the famous dance of
Salome, which resulted in Johns beheading. The ruins overlook the Dead Sea
and provide a sensational panoramic view. Right down from Machaerus at the
Dead Sea shore, at a distance of ca. 5 km and 1200 meters below, a further Herodian site has been explored and excavated in recent decades by the German
Protestant Institute and the Department of Antiquities (Strobell Wimmer 2003;
Wimmer 1997): In Callirrhoe, Ain ez-Zara, amidst lush vegetation, supported
by numerous thermal springs with healing qualities, Herod the Great built a
palatial villa complex and a harbor. Callirrhoe was linked with Machaerus by
a scenic road that can still be traced by experienced hikers, in an exhausting
half day tour.
All three sites, clustered around the northern and eastern Dead Sea shore,
played a prominent role around the beginning of the Christian era, and, more
specically can be linked to NabyYal-iya (pbuh)/John the Baptist. Linking
these three sites under a common heading, like, John the Baptist Regional
Park, could produce a synergetic effect and further enhance the potential of
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RICERCA IN GIORDANIA
all three sites. (The project idea was rst introduced to the Seventh International Seminar Forum UNESCO University & Heritage, on December 15, 2002,
in Petra, Jordan (Wimmer, forthcoming). A project expos6-brochure may be
obtained from the author, or at: freundeabrahams@lycos.de. For the Friends
of Abraham Society consult www.freunde-abrahams.de. Moreover, a dimension beyond the considerable archaeological and also natural attractiveness of
the area could then be approached: Inter-religious education would be a major
component of the project. The program for visitors to the park would include
competent information on the role John the Baptist holds in Islam. That in
turn could open deeper insights into the fact that many other Biblical personalities and stories as well, are familiar, and highly esteemed, by Muslims-a
fact still widely unrecognized in the so called Western world. Naturally, such
inter-religious education would work in both directions. Visitors programs to
the park should be designed to attract foreign tourists, but also embrace the
home population as well. As Jordans nation has a signicant Christian component, the linking function would extend over Muslims and Christians from
inside Jordan, too, and could foster the ties between Jordanians of different
faiths.
Ways that could be thought of, in order to incorporate interfaith information in the tour, are obviously numerous. A visitors centre to the park could
possibly be envisaged at Callirrhoe 1Ain ez-Zara. Lectures, lms, scripture
reading (Quranic and/or Biblical), or probably better: encounters and discussions with competent parties from the complementary religion could be offered
there and become a highlight of the tour program. The necessary infrastructure
for the park is to a very large extent already existing. All three sites can already be reached by roads. A circular tour that would enable visitors to combine
and tour them easily in a one day program, is however not possible at present,
because a direct connection between Callirrhoe and Machaerus is missing.
Instead of considering a road through the difcult, mountainous terrain, which
would also considerably impact on the beauty of the environment, the feasibility of a cable car might be studied. Its valley station, at the upper outskirts of
the En ez-Zara oasis, could be combined with the visitors centre. The cable
car, if realized, could become a major attraction for the proposed park, enhance even more the attractiveness of the whole area, and compete with tourist
attractions in the whole Middle Eastern region.
Based on the results of archaeological research and site management,
the project combines the potentials of tourism, cultural heritage and natural
surroundings that are already extant, with the ambition for peace education.
If millions of western tourists nd, as a byproduct of their visit to Jordan, the
chance for a more profound and positive understanding of Islam, the impact for
the societies they come from may indeed become a considerable one.
What would be needed to implement the project are interested parties in
Jordan ready to initiate, support and operate the park. The cable car sub-project
435
aside, the necessary nancial requirements are modest. Once qualied personnel for the educational part would be obtained, the project could be launched
in the near future.
Stefan Jakob Wimmer
University of Munich and Friends of Abraham Society (Germany)
8. Survey and Excavations at Khirbet Qazone (2004)
Survey and excavations were conducted at the cemetery of Khirbet Qazone
during April and May 2004. The project was sponsored by the Hellenic Society
for Near Eastern Studies and supported by the National Geographic Society
and the British Academy in collaboration with the Department of Antiquities
of Jordan.
One of the main objectives of the 2004 season was to collect DNA samples from each burial. These will form part of an anthropological study of the
human population in the area during the Roman-Nabataean period.
A contour survey of the cemetery was completed into which all previous
excavation trenches were plotted. The extent of the area of robbed graves approximately doubled since the last season of work in 1997.
Trenches (5m x 5m) were laid in various areas of the site to explore any
potential diversity between sectors of the cemetery. Consequently, various
subdivisions of tomb type and chronology were recognised throughout the
cemetery.
Surface collections at the northwest extent of the cemetery indicated an
area of early Christian burials. Several tombstones with incised crosses were
discovered while the pottery repertoire included large rim fragments of African Red Slip (Hayes form 67) dating to the late fourth century AD. In this
area the tomb structures were aligned east-west and were covered with large
roughly-cut limestone slabs. These graves contained multiple burials, one with
as many as seven individuals. The nds from two such tombs included glass
bead necklaces and iron bracelets. No other grave goods were placed within
these burials.
Trenches in the eastern and central areas of the cemetery yielded several
intact shaft tombs, undercut to the east and sealed with series of ve adobe
bricks. Many of these tomb types yielded well-preserved bodies wrapped
in textiles similar to those found in previous excavations at the site. Tunics
of the Roman tunica type with a purple coloured stripe or clavus running
down from either side of the neck were found. Roman-Nabataean pottery
was associated with this tomb type. A circular cut lled with charred and
blackened material was also associated with one of these tombs. The feature
represented a well-constructed replace suggestive of ritual dining in the
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RICERCA IN GIORDANIA
cemetery (which would also accord with the associated pottery types). The
feature may relate to the participation of funerary meals that is a common
Nabataean practice.
In the southeastern part of the cemetery two tombs, which were unique to
the cemetery, were recorded. Both tombs represented shaft tombs. Both tombs
had been robbed but spoil from the immediate vicinity yielded Nabataean ne
wares. The rst shaft contained a stone sarcophagus hewn in two pieces (i.e.
the base and the side walls) sealed with two large capstones. The second tomb
contained a rectangular receptacle constructed of adobe mud bricks that occupied the central area of the shaft. The receptacle was sealed with adobe bricks
that were laid horizontally.
In the western area of the cemetery yet another tomb type was recorded.
The graves in this area were markedly different from any others in the cemetery. The grave cuts were arranged on an east-west axis with the heads to the
east. Each grave held one skeleton. The bodies were laid on their sides facing
south. Small natural stones were placed to either side of the head and at the
backs of the knees to prop the bodies in position in several cases. No grave
goods were found.
In total the 2004 season at Khirbet Qazone established ve tomb typologies that seem to refute previous homogeneous/single-period perceptions. A
broad spectrum of the population was associated with each tomb type with
men, women and children being represented. The cemetery, although predominantly Roman-Nabataean (as indicated by the most common tomb type characterised by a deep shaft with an undercut compartment to the east sealed by
adobe bricks), continued in use into the early Christian period, if not beyond,
and was diverse in both its tomb typology, wealth of grave goods and age of
interments.
K. D. Politis
Hellenic Society for Near Eastern Studies
9. Survey and Excavations at Ghor es-Sa 2004
Survey and excavations were conducted in the Ghor es-Sa during March and
April 2004. The project was sponsored by the Hellenic Society for Near Eastern Studies and supported by the Palestine Exploration Fund in collaboration
with the Department of Antiquities of Jordan. Excavations were conducted at
Tawahin es-Sukkar, An Naq and Khirbet Sheikh Isa while the survey was extended with the major sites in the greater Ghor es-Sa area being co-ordinated
over scanned aerial photographs.
An intensive ground survey conducted in the Ghor es-Sa located known
as well as newly identied sites. They included the pre-1970 town of Sa,
437
Ayyubid/Mamluk Al Ameri and Birkat, Iron Age Tuleilat Qasr Mousa Hamid, the Byzantine monastic hermitage and possible Nabataean dam site at
the mouth of the Wadi al-Hasa, the ancient road leading down from the
eastern plateau in the Wadi Sarmuj and the Nabataean-Roman fort at Umm
Tawabeen.
The main objective of the excavation was to establish the extent of the
eastern mill-house at Tawahin es-Sukkar and to dene its relation with the city
at Khirbet Sheikh Isa.
At Tawahin es-Sukkar, Trench VI (opened in 2002) was extended northwards in order to establish the entire extent of the eastern mill-house. The
northern extent of the mill-house was uncovered and the northern faade
was cleared to a depth of 4.20m. The northern wall of the building was twotiered, incorporating an arched doorway in its lower storey and the spring of
two large arches in its upper storey. The arched doorway (2.05m x 1.90m)
facilitated access to a vaulted chamber beneath the millstones while the
large-spanning arches of the second storey essentially fronted the milling
room. The area directly outside the doorway (to its north) was used for the
collection of crushed sugar syrup as attested by the presence of hundreds of
broken sugar pots located in the lowest layer at the base of the wall.
At Khirbet Sheikh Isa a 10m x 10m trench was laid to establish the
nature of a monumental wall, previously unearthed in the 1990s through
bulldozer activity. The wall is constructed with nely cut ashlar masonry.
The excavation established the height of the wall, from the spring of an
arched doorway to the base of the foundation trench, as 3.34m (maximum
height). The walls formation and associated pottery prole suggest that it
be associated with a large early Abbasid-period building and that it does
not represent a delimiting feature of the city as was initially thought. This
also concurs with the width of the associated doorway (minimum width of
1.70m) that would not accommodate passing packed animals (barely one);
hence the wall probably denes a large and nely built structure but not a
city entrance.
The excavation also provided evidence for a long-term high standard of
living at the city site with an integral relationship with the adjacent sugar
industry at Tawahin es-Sukkar. The discovery of an intact sugar pot funnel
not only provides the rst complete example at the site, but also bears out
this close relationship between Khirbet Sheikh Isa and Tawahin es-Sukkar.
Recovery of ne examples of almost complete glazed pots and a variety of
other glazed sherds excavated in every context demonstrate the high level of
material culture at the site.
At An Naq (just above Tawahin es-Sukkar) a test trench yielded ten extended articulated burials. The graves were lined with unworked stone slabs
and covered with large roughly cut capstones. The graves were arranged on
a north-south axis with the head to the south. In one instance the head was
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RICERCA IN GIORDANIA
secured in place by pebbles positioned to either side skull. Only one skeleton
was associated with any grave goods, represented by two small Early Bronze
Age pots found beside the skull.
K. D. Politis
Hellenic Society for Near Eastern Studies
10. Tre capolavori dei mosaicisti egiziani restaurati nel Museo Greco-romano di Alessandria (Pls. 28-29)
Questanno abbiamo collaborato con lAmerican Research Center in Egitto
(ARCE) del Cairo per il restauro di tre splendidi mosaici conservati nel Museo
Greco Romano di Alessandria: la Caccia al cervo di Shatbi-Alessandria (Prima
met del III sec. a.C.), la copia di Berenice di Thmuis (seconda met del III
sec. a.C.) e il frammento di Alo e Aretusa di Thmuis del III sec. d.C.
Il mio coinvolgimento nelloperazione di restauro dei mosaici conservati
nel Museo Greco-Romano di Alessandria inizi nel gennaio 1996 in occasione
dellincontro tenutosi al Cairo per preparare il colloquio internazionale con
il quale intendevamo celebrare il centenario della scoperta del mosaico della
Terra Promessa a Madaba in Giordania. Il famoso mosaico geograco, nel
quale erano presenti lEgitto, Israele e i Territori dellAutonomia Palestinese,
la Giordania, il Libano e la Siria, doveva diventare il logo del processo di pace
per un Medio Oriente senza conni.
Un amico dellambasciata americana che ci aveva dato un forte contributo
per la creazione del Parco Archeologico di Madaba in Giordania, mi chiese di
recarmi al Museo Greco-romano di Alessandria per dare unocchiata ai mosaici
che vi erano conservati e dare un parere sul da farsi per la loro conservazione.
Al termine della visita, la scelta cadde su tre capolavori: la Caccia al Cervo del
III secolo a.C., la cosidetta Berenice del II secolo a.C. e un dettaglio mitologico
di epoca romana con Alo e la ninfa Aretusa datati al III secolo d.C.
La Caccia al Cervo, una ampia composizione di 5 metri x 4, fu scoperta
nel 1921 dallarcheologo italiano Enrico Breccia a pi di due metri di profondit in unarea del quartiere di Shatby oggi occupato dal campus delluniversit
di Alessandria, dove in epoca ellenistica sorgeva il palazzo dei re Tolomei
dEgitto. Qui abit Cleopatra lultima regina dEgitto.
Lopera datata al III secolo a.C. e attribuita a maestranze di mosaicisti
provenienti dalla Grecia che operarono in citt al tempo del re Tolomeo Filadelfo, rafgura nel tappeto centrale tre giovani Eroti che niscono con lance e
spade un cervo gi ferito a morte. La scena inserita allinterno di una doppia
fascia continua di edera su fondo di tessere nere decorata con una sequenza
di animali reali e fantastici, leoni, pantere, cervi, gazzelle, cinghiale, aquile,
tori, chimere e grifoni. I materiali si riducono a tessere bianche, nere e rosee
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RICERCA IN GIORDANIA
Akhdar Ibrahimi. E stata una sorpresa anche per lamico Franco Scaglia che
era venuto per presentare il suo ultimo romanzo ambientato in Medio Oriente
Il Gabbiano di sale che ha come protagonista Padre Matteo Francescano di
Terra Santa.
Gioved 28 Ottobre 2004 giunto sul Monte Nebo il Principe Carlo di
Inghilterra. Malgrado le condizioni atmosferiche non proprio ottimali, lelicottero reale proveniente dalla Fortezza di Ajlun atterrato puntuale alle 14.30
sul nuovo eliporto costruito a circa 500 metri a est dellingresso principale del
santuario. LOspite accompagnato dal Principe Ghazi bin Muhammad e dallAmbasciatore del Regno Unito a Amman, stato ricevuto dal padre Michele
Piccirillo e da fra George Lewett. Durante la visita si particolarmente interessato al progetto di copertura della Basilica di Mos. Dopo una breve sosta
nel conventino dove ha rmato il Libro dOnore, padre Michele gli ha offerto
a nome dei Francescani di Terra Santa il volume dedicato ai Codici Liturgici
della Custodia tra i quali si trovano i tre preziosi Antifonari dono del Duca di
Lancaster John of Gaunt (1359-1399) glio di Edoardo III e padre di Enrico
IV re di Inghilterra, alla Comunit del Monte Sion.
Ha dato loccasione per ricordare la prima storica visita in Giordania di
un Principe del Galles nel 1882 . Una visita ricordata anche da un Crocisso
recuperato sul mercato antiquario di Londra dallamico Dottor Raouf Abu Jaber che gentilmente mi ha permesso di fotografare il simpatico oggetto ancora
conservato nella custodia dellepoca. Sul dorso della croce si pu leggere il
seguente testo:
This gure of our Lord is stated to have been found at Hesban. It was
given by Sheikh Falah of the Adwan tribe east of Jordan to Prince Edward of
Wales on Saturday in Easter Week April 15. 1882 on bidding farewell to him
and Prince George after they had recrossed the Jordan at the Damieh ford.
Sheikh Falah had ridden for a week as the representative of the Adwan at the
head of the Princes party over the Valleys and Plains of his people. This was
the rst visit paid by Christian Princes to the country of Moab and Gilead for
over six hundred years.
M.P.
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II. RECENSIONI
Ognibene S., La chiesa di Santo Stefano di Umm al-Rasas. Il problema iconofobico, Roma, 2002, pp. 519, graci e foto b/n e colore.
Il volume di Susanna Ognibene recentemente pubblicato, affronta una problematica assai interessante ed intrigante relativa allobliterazione (totale o parziale) delle immagini degli esseri viventi nei mosaici pavimentali del complesso
di Santo Stefano scoperto nella localit giordana di Umm al-Rasas (diocesi di
Madaba).
A tale fenomeno, attestato in numerose altre fondazioni ecclesiali del
Medio Oriente, stata attribuita talora una valenza religiosa collegandolo al
movimento iconoclasta costantinopolitano e in altre occasioni lo si poneva in
relazione con la conquista islamica della regione caricandolo di conseguenza
di un signicato di natura politica. Il termine iconofobia invece, suggerito da
M. Piccirillo (si veda Iconofobia o iconoclastia nelle chiese di Giordania? In
AA.VV., Bisanzio e loccidente: arte, archeologia, storia studi in onore di F.
De Maffei, Roma 1996, pp. 173-191) pone invece in primo piano il problema
della genesi del fenomeno in ambito locale a distanza rispetto ad ambiti teologici o politici della capitale bizantina.
LA., infatti attraverso lanalisi dei mosaici del complesso di Santo Stefano, dove si possono rintracciare ampie lacune dovute proprio allobliterazione
dellimmagine, cerca di indagare le motivazioni che hanno generato tale evento
in termini ideologici e cronologici. Dopo un breve excursus storico (Capitolo I.
La Giordania: inquadramento geograco e storico pp. 19-25), lA. si sofferma
sulla presentazione del sito di Umm al-Rasas con una descrizione accurata
della storia degli studi, delle fonti e dellindagine archeologica svolta nella
localit (Capitolo II. La citt di Umm al-Rasas Kastron Mefaa, pp. 2948). Non manca una dettagliata analisi topograca dellinsediamento rurale di
Umm al-Rasas (e non citt come sottolinea pi volte lA.) con la descrizione
della struttura castrense, del quartiere sito a nord e delle strutture ecclesiali
scoperte.
Il terzo capitolo dedicato alla chiesa di Santo Stefano (Capitolo III. La
chiesa di Santo Stefano, pp. 51-64) dove viene presentato ledicio di culto, la
sua struttura architettonica e i componenti strutturali sia esterni (muratura) sia
interni (arredo liturgico sso: bema, altare, recinzione presbiteriale) analizzando linsieme seguendo un ordine cronologico per fasi costruttive.
Il programma musivo delledicio di culto viene analizzato in base alla
distribuzione organica allinterno delledicio tra area sacra, navata centrale,
navate laterali, cappelle, ingressi e spazi di risulta (vedasi Capitolo IV. Il mosaico di Santo Stefano). Larea presbiteriale infatti, il cui rifacimento rimanda
al 756 d.C. (come si evince dalliscrizione greca), presenta una decorazione
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RICERCA IN GIORDANIA
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sondaggi, bench vi siano differenze tra le relative proporzioni dei vari tipi. Da
qui il tentativo di mettere in relazione i cambiamenti nella produzione ceramica
con le trasformazioni di carattere storico, grazie soprattutto al contesto cronologico fornito dai nuovi sondaggi. Passando ad analizzare le tipologie, lA.
nota come la fritware, che normalmente viene semplicemente denita Raqqa
ware, venga distinta in ben cinque sotto classi. La turquoise-glazed ware, che
prima era ritenuta il tipo pi comune di ceramica nella valle dellEufrate durante il periodo aiubide, a Qalat Jabar la si trova in quantit limitate, perch
probabilmente ritenuta una ceramica pi povera rispetto a quella sopra, che pur
essendo pi pregiata si trova qui diffusamente, in quanto con ogni probabilit
a Qalat Jabar era un centro di produzione di questa ceramica. Per le altre
classi ceramiche non vengono tratte conclusioni particolari, dal momento che
non si sono avuti grossi riscontri nei sondaggi. In particolare la grande quantit
di lead-glaze ware, ritenuta linvetriata per eccellenza del periodo mamelucco
in questa regione, raccolta in supercie, ma poco registrata nei sondaggi, pu
essere interpretata come segno dellimportanza che ancora aveva il sito e della
contemporanea progressiva diminuzione dellattivit produttiva, testimoniata
anche dalla presenza di porcellana verde di provenienza cinese da far risalire
allo stesso periodo. Ancora pi esigue sono le conclusioni da trarre per la ceramica non invetriata dal momento che questa nei sondaggi stata rilevata in
quantit veramente esigue, non riuscendo a fornire un quadro cronologico denito per la ceramica fuori contesto che viene comunque presentata, riferendola
genericamente al tardo XI-XIV secolo, in un vasto campionario di tipi, molti
dei quali neanche confrontabili con la ceramica dei siti della regione.
Pi in generale vengono tratte alcune conclusioni di carattere storico per
Qalat Jabar. Il sito, bench i dati sul campo sono riconducibili al massimo
a contesti di XI-XII secolo, attestato nelle fonti gi al V-VI secolo, se non
addirittura al II. DallXI secolo Qalat Jabar una delle fortezze costruite
nella regione della Jazira e della Siria del nord per controllare il territorio e le
strade e diviene presto un importante centro di produzione ceramica. Linvasione mongola del 1259, descritta dalle fonti, non ha lasciato tracce evidenti
negli scavi. Tuttavia la discontinuit tra il materiale precedente e quello successivo a questo periodo fa ritenere probabile che la fortezza possa aver subito
sostanziali modiche durante e dopo linvasione. Andando avanti nella storia
Qalat Jabar rimase uno dei pochi centri importanti della regione no al XIV
secolo. Tuttavia dopo il periodo mamelucco la fortezza and progressivamente
perdendo di importanza no ad essere del tutto abbandonata o abitata saltuariamente da popolazione nomade. Evidenza di una occupazione di questo tipo in
periodo ottomano, alla ne del XIX secolo, inizi del XX, sono i resti di pipe
diffusamente rinvenuti in supercie.
Scorrendo il resto delle pagine si apprezza la presenza di alcune appendici.
Di particolare interesse quella di A. Zaqzuq, in cui viene fatta unanalisi mura
e una breve relazione riguardante scavo da lui diretto.
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Dal punto di vista tipograco, il volume nel suo formato ampio fa ben
apprezzare i disegni e le foto, mentre ill testo impaginato su due colonne e
non risulta di difcile lettura nonostante il corpo piccolo.
Bench relativa ad una regione diversa e a periodi storici differenti, levoluzione storica di un sito come quello di Qalat Jabar ci fa pensare a quella di
Umm al-Rasas, perci guardiamo con interesse alla metodologia adottata dallA. per rendere coerenti i dati storico-archeologici, nel tentativo di ricostruire
la storia abitativa della fortezza. Tentativo particolarmente apprezzabile viste
le oggettive difcolt a cui si dovuto far fronte.
Bisogna altres sottolineare limportanza dello sforzo compiuto in questo
libro nel campo dello studio tipologico della ceramica aiubide, mamelucca e
ottomana, che a tuttoggi salvo alcune eccezioni non stata sufcientemente
studiata, come lo sono state invece le classi ceramiche di periodi storici precedenti quali ad esempio quello romano o bizantino o nanche ommayade.
Carmelo Pappalardo
Piccirillo M. (a cura di), A 70 anni dallinizio dellindagine archeologica sul
Monte Nebo in Giordania, 1933-2003 (SBF Collectio Maior n. 45), Jerusalem
2004.
Dal 13 Luglio 1933 sono trascorsi 70 anni. Dando il via ai lavori di scavo delle
rovine di Siyagha da poco acquisite, la Custodia di Terra Santa intendeva ridare
vita al Memoriale di Mos che gli esploratori avevano identicato, con laiuto
delle memorie dei pellegrini di epoca bizantina e della tenace memoria storica
della toponomastica araba, nel cumulo di pietre dirute che coprivano la cima
occidentale della Montagna di Nebo.
Dallestate del 1973, in modo praticamente ininterrotto, toccato a noi e a
chi con noi ha condiviso gli entusiasmi, le preoccupazioni e la fatica, continuare
il lavoro dei pionieri che componevano la prima missione francescana animata
dalla vitalit operosa di fra Girolamo Mihaic, archeologi, architetti, fotogra,
muratori, fabbri e semplici operai, di cui, a cominciare dal 1935, fece parte anche padre Bellarmino Bagatti che ha signicato nei lunghi anni di convivenza
nello Studium Biblicum Franciscanum la memoria storica di quegli anni.
Durante gli ultimi trenta anni abbiamo cercato di operare con lo stesso
entusiasmo dei nostri predecessori, continuando anno dopo anno la ricerca
archeologica, intervenendo a risolvere i problemi pi immediati, e nello stesso tempo, con il prezioso aiuto di amici professionisti, afnando una visione
generale di salvaguardia del territorio, dalla cima di Siyagha con il santuario,
estesa a quella di Khirbat al-Mukhayyat, e a tutta la montagna, con la denizione dei conni del Mount Nebo Archaeological Park presentato nel 1998 al
compianto Re Hussein accompagnato dalla documentazione raccolta e pubbli-
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LA 54 (2004) 451-504
RECENSIONI
Cortese E.
Carbone S.P.
Rizzi G.
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Lust J.
Eynikel E.
Hauspie K.
Fricker D.
Tini O.
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Orlando L.
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Orlando L.
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Betori G.
Leonardi G.
Trolese F.
Mazzeo M.
Lopasso V.
Parisi S.
Mosetto F.
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RECENSIONI
Schneider A.
McCloskey P.
Balch D.L.
Osiek C.
Chial S.
Adinol M.
Passoni
dellAcqua A.
Krger J.
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Cortese Enzo, La preghiera del re. Formazione, redazioni e teologia dei Salmi di Davide (Suppl. alla Rivista Biblica 43), Bologna 2004
Enzo Cortese, tra i biblisti italiani, si distingue per la sua combattivit e la sua
originalit. Combattivo lo perch non gli manca mai il coraggio di infrangere
dei tab consolidati; originale perch non si limita a difendere posizioni conservatrici ma, dal confronto polemico con le tendenze esegetiche pi recenti,
sa derivare nuovi stimoli ed enucleare nuove piste di ricerca.
Negli ultimi anni, si occupato con sempre maggiore frequenza del Salterio, della sua formazione e delle sue tappe redazionali. Adesso ci presenta uno
studio interamente dedicato ai Salmi di Davide, ossia alle raccolte salmiche
che portano lintestazione le-Dawid: Sal 341 (Dvd 1); Sal 5171 (Dvd 2) e
Sal 138145 (Dvd 3); pi altri salmi davidici sparsi, come i Sal 108110; pi
ancora quei salmi che, pur non essendo davidici, da Gunkel in poi sono considerati unanimemente come regali o messianici, come Sal 2, 45, 72, 89, 132.
In pratica, lA. ricostruisce lintero dossier dei salmi a carattere regale, che si
tratti di preghiere fatte dal re o a lui destinate.
Naturalmente, questo lavoro ha dei precedenti, in particolare gli studi di
Eaton e di Croft (nei quali Cortese individua la direzione giusta), ma oggi,
secondo lA., ostacolato da una serie di presupposti negativi, in particolare
lipotesi di una macro-redazione postesilica di tutto il Salterio e la sua cosiddetta davidizzazione midrashica, che non sarebbe pi antica dellautore
delle Cronache. Gli argomenti di Cortese, per contrastare questi presupposti e
dimostrare che le raccolte davidiche rappresentano delle antiche preghiere
regali, sono riassumibili, mi sembra, in questi quattro punti:
a) Antichit linguistica. LA. fa valere un dato linguistico confortato dallugaritico (Dahood, nonostante le esagerazioni): lebraico dei Salmi antico,
sicuramente preesilico (Hurwitz, com noto, fa eccezione per soli 9 salmi, tutti
successivi al Sal 103), quindi di epoca monarchica. La tendenza della scuola
macroredazionale di saltare a pi pari questepoca dellebraico classico, considerando alcuni salmi magari antichissimi, premonarchici, ma tutti gli altri
postesilici. LA. lamenta che questi dati linguistici, messi in risalto soprattutto
dalla scuola israeliana (oltre a Hurwitz, anche Young) non siano abbastanza
considerati dallesegesi salmica, soprattutto da quella di area tedesca.
b) Vocabolario regale. Alcuni termini chiave dei salmi davidici sono tipicamente regali. Kavod, gloria (da non correggere mai in kevedi, mio intimo)
lo splendore regale, e a torto, per es. nel Sal 8, si considera democratizzato.
Chesed (we-emet) indica la particolare predilezione divina verso il re che ,
propriamente parlando, suo glio (Sal 2; 110), come dimostra pi di tutti il Sal
89 dove si rilancia la promessa di Natan a David. Zedeq e mishpat, non solo nei
Salmi, ritraggono lideale di giustizia praticato dal re, quale emerge specialmente nel Sal 72. Anche la radice j-sh-, che pu avere il signicato di vittoria
militare, rientra molto agevolmente nel quadro dellideologia regale.
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RECENSIONI
Tutti questi sono termini ad altissima frequenza nel Salterio. LA. non pretende che siano, ipso facto, sintomatici di una teologia regale (nel qual caso,
largomento rischierebbe di essere circolare), e ammette che possano essere
usati anche in sensi derivati o non regali. Ma sostiene con forza che lipotizzata democratizzazione di questa teologia accettabile solo nel senso che i fedeli
diventano partecipi della regalit; non nel senso che al re e alla teologia regale
e messianica si sostituisce lidea democratica e il comune fedele (p. 52).
c) Presenza dei nemici. Questo un punto su cui si discute da molto tempo. Gi Birkeland (1955) si era accorto che i nemici dei Salmi possono essere
anche i gojjim: quindi non sono nemici personali ma politici, internazionali.
LA. segue, a grandi linee, questa interpretazione: sono i nemici del re, salvo
precisare che un re pu avere anche dei nemici personali. Oggi, piuttosto, vi
una tendenza anche eccessiva alla metaforizzazione: la descrizione dei nemici,
nei Salmi, sarebbe una metafora per indicare le forze ostili contro cui ciascuno
si trova a dover lottare (anche in termini psicologici). Perci non mi dispiace
che i nemici di Cortese, in questo caso, siano gli esegeti tedeschi fautori dellio
privato nella preghiera dei Salmi.
d) Paralleli extrabiblici. Anche qui, in un excursus introduttivo sulle lamentazioni individuali assiro-babilonesi, lA. entra in polemica con Gerstenberger circa la pertinenza del raffronto fra le preghiere a mano alzata e i
nostri Salmi. Questo un terreno su cui, per mancanza di competenza, io non
posso seguirlo. Fatto sta che la sua conclusione questa: Molte delle stesse
preghiere o intercessioni shu illa fan parte del rituale del re e non sono iniziativa privata (p. 14). Questo, del resto, vale per tutta la documentazione orientale
antica: Mesopotamia, Ugarit, Canaan, oltre, ovviamente , allEgitto.
Da tutto ci consegue che le lamentazioni individuali del Salterio non
sono affatto individuali o private (forse, a questo punto, non ha nemmeno pi
senso mantenere ancora la nomenclatura di Gunkel) ma destinate a un culto
pubblico, nel tempio, il cui protagonista , appunto, il re. Questa ipotesi viene
vericata dallA. in tutti i Salmi considerati che sono, complessivamente, pi
di ottanta, quindi pi di un semplice campione. Questo esperimento mi sembra
perfettamente riuscito e lipotesi convalidata (direi che quella analitica la
parte pi riuscita del libro, pi ricca di osservazioni puntuali e pertinenti).
Ma il saggio di Cortese presenta, secondo me, un altro aspetto interessante,
e riguarda la formazione della raccolte davidiche. Qui, se non sbaglio, lA.
raccoglie la sda posta dallodierna esegesi sincronica o strutturale, ma la fa
interagire con osservazioni di natura diacronica, che ne modicano i presupposti. Per esempio, Cortese osserva che il Sal 14 identico al Sal 53, e quindi
ne deduce che la primitiva raccolta (Sal 314) continuasse in Sal 52ss (cio
in Dvd2, a eccezione del Sal 51). Analogamente, dal fatto che Sal 40=70, egli
deduce lo stesso tipo di continuit fra Sal 40 (41) e 69ss (gli spostamenti dipenderebbero dallinserzione del Salterio elohista). Non posso qui riprodurre
per lo e per segno tutta questa dimostrazione; mi limito a indicarne, som-
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i libri dei Lxx; cf. The Public and Their Language, XIX-XX. Mostra di
essere daccordo con quegli studiosi (cita J. Coste e T. Muraoka) per i quali
la specicit dei contenuti dei Lxx messa in luce soprattutto dal confronto
con il TM. Per Lust ci implica che non possibile dimenticare che i Lxx
costituiscono in gran parte una traduzione.
Pertanto esprime meraviglia, quando several leading authorities, pur
accettando che un lessico dei Lxx debba offrire in primo luogo il signicato
inteso dal traduttore, sostengono poi che non bisogna far riferimento, se non
raramente, al testo semitico.
In contrasto con questa posizione Lust sostiene che se lo scopo di un lessico dei Lxx quello di dare il signicato delle parole cos come erano intese
da un pubblico che non aveva alcuna conoscenza del testo semitico sottostante
quello greco, allora si possono evitare riferimenti allebraico. Ma se si sceglie
di offrire il signicato inteso dal traduttore, lopzione non pu essere quella
accennata, e la ragione sta nel fatto che questultimo ha desiderato rendere
la Vorlage nel modo pi fedele possibile per trasmettere lo stesso messaggio
presente nel testo originale (XXI).
Le deviazioni tra il testo ebraico e i Lxx possono risalire a diversi fattori
talvolta concomitanti. Dunque il traduttore: (1a) pur leggendo nella sua Vorlage naturalmente non vocalizzata una parola simile a quella stampata nelle
bibbie ebraiche, diverge nellinterpretazione rispetto al TM, che vocalizzato;
(1b) di fronte a una forma variamente interpretabile deve scegliere a quale
radice riferirla (aryw da ary o da har ?); (1c) deve giudicare come un morfema
composto (LxxNa 2,2 ejk qlivyew" rimanda a hxr / m ma nel TM si legge
hxrwm); (1d) in alcuni casi deve stabilire la divisione delle parole nella loro successione; (1e) talvolta, pur leggendo allo stesso modo del TM, deve scegliere
linterpretazione semantica da offrire: una parola ebraica pu avere diversi signicati che una parola greca pu anche non coprire del tutto; tuttavia, talvolta
il traduttore sembra aver inteso il testo in modo diverso rispetto al TM, ma
difcile giudicare se inserire casi del genere tra le differenze lessicograche
tra i Lxx e il TM.
Altri casi da considerare sono: (2a) il traduttore pu aver letto o sentito
un morfema che differisce leggermente da quello corrispondente del TM non
vocalizzato; ci pu essere dovuto a un errore attribuibile a lui stesso o al copista, ma talora si tratta di cambiamenti legati allinterpretazione o del traduttore
o del redattore del testo semitico; (2b) per somiglianza paleograca alcune
lettere possono essere state confuse (d per r); (2c) pu essere avvenuta una
metatesi (Xlj per Xjl) (anche voluta?); (2d) laggiunta o la caduta delle matres
lectiones possono essere allorigine di differenze nella vocalizzazione e nellinterpretazione. Non mancano differenze attribuibili alla corruzione del testo
greco (XXII-XXIII).
Talvolta il traduttore adopera delle traduzioni convenzionali che poco si
accordano col contesto. Ci si rende conto di questa prassi dal confronto con
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con la voce attiva, secondo i criteri del LSJ. Cos avvenuto ad esempio con
ejkmiaivnw (p. 184) che nella passata edizione era al medio.
P. 3 ajggei'on -on per ajggei'on -ou.
P. 5 ajgkaliv" -i'do" per ajgkaliv" -ivdo".
P. 7 ajgriovomai per ajgriovw.
P. 8 ajdamavntio" per ajdamavntino": correggere sia la voce del lemma sia
quella di testata.
P. 9 ajdavma": Am 7,7.8 per Am 7,7.8bis; statistiche: 3 e non 2.
P. 11 aJdruvnomai per aJdruvnw; ajdunatevw: 13 occorrenze invece di 14? Cf.
Hatch - Redpath, Concordance, I, 27-28 s.v.
P. 12 Azwtistiv . Lavverbio occorre in 2Esd 23(Ne 13),24 ma, come
avviene per le altre forme citate di seguito, non registrato. Anche se non
considerato canonico il Prologo del Siracide fa parte dei Lxx. Al versetto 22
riporta lavverbio eJbrai>stiv (cf. BDAG, s.v.). Nel lessico mancano dunque le
voci per ijoudai>stiv (4Re 18,26.28; 2Cr 32,18; 2Esd 23[Ne 13,24]; Is 36,11.13),
suristiv (4Re 18,26; 2Esd 4,7; Is 36,11; Dn 2,4), caldai>stiv (Dn 2,26). Il primo avverbio registrato in Hatch - Redpath, Concordance, III Supplement, 8;
il secondo in Id., 53; il terzo in Id., I, 687; il quarto in Id., III, 148; il quinto
in Id., III, 156. F. Rehkoph, Septuaginta-Vokabular, registra solo il secondo.
B.A. Taylor, The Analytical Lexicon to the Septuagint (1999), riporta le voci,
bench, con una scelta opinabile, alcune le analizzi come nomi propri altre
come avverbi.
P. 15 ai|ma: (Ez 38,22) kai ai{mato" per kai; ai{mato".
P. 16 ai[rw: (2Sam 2,22) ajrw per ajrw'; (Gb 15,25) tou per tou'.
P. 17 aijscrov". Manca lindicazione del comparativo presente in Gen 41,19
(aijscrotevra").
P. 19 akan per a[kan: correggere sia la voce del lemma sia quella di testata.
P. 23 ajkribavzomai per ajkribavzw.
P. 26 a{limo" -h -o": analizzato come (N)ome e non come (A)ggettivo;
cf. LSJ dove appare a{limo" -on ed registrato anche luso sostantivato del
neutro singolare.
*P. 27 ajllavssw: il verbo in Sal 105(106),20, citato nella voce attiva, al
medio.
P. 28 ajllotriovomai per ajllotriovw; *a[llo" -h -on per a[llo" -h -o: il
lemma presentato come aggettivo e non come pronome. In LSJ si parla di
aggettivo e di pronome. La sua origine tuttavia pronominale e luso anche
aggettivale.
P. 29 ajlogevomai per ajlogevw.
P. 31 ajmariva: nelledizione di Rahlfs c aJmartiva (Dt 23,22).
P. 32 ajmbluvnomai per ajmbluvnw.
P. 34 ajmfovteroi per ajmfovtero".
P. 35 ajnabaivnw: (4Re 19,28) wjsiv per wjsivn.
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savoir que la paire mixte met en scne des images des ralits immdiates
tires de lobservation de phnomnes naturels relve en fait du milieu sapientiel biblique dans lequel le message de Jsus sinscrit. Plutt que de parler
dun mode dexpression original de Jsus propos des paires mixtes , il
faudrait approfondir ce milieu sapientiel qui est celui de Q et du Jsus de lhistoire. Leschatologie et lhistoire du salut semblent sopposer apparemment
une considration des phnomnes de la vie quotidienne. Mais cette tension
illustre le fait que le rgne de Dieu vient dans la ralit des hommes. Jsus
remet-il en question lordre social de son poque ? LA. pense pouvoir ltablir.
La paire sur les travaux des champs et de la laine que tisse la femme fait
partie dun discours qui prsenterait la relativisation de la division des tches
comme une condition de la recherche du rgne de Dieu. O est la critique de
la domination masculine dans ce texte ? Il est dangereux de partir de problmes
modernes pour y trouver une rponse dans des textes qui retent un tout autre
milieu et qui proviennent dune autre mentalit.
Le mrite de ce travail est davoir vulgaris les ouvrages des exgtes allemands et amricains et de les avoir critiqus et complts en partie. Ltude
des formes paires mixtes permet daborder le problme mentionn au point
de dpart, savoir lattitude de Jsus lgard des femmes. Mais cette approche trs limite nest pas la seule. Si la forme paire mixte tmoigne de la
rpartition des tches entre hommes et femmes, elle ne suft pas elle seule
pour dnir lattitude et la nouveaut de Jsus envers les femmes.
Frdric Manns, ofm
Tini Osvaldo, La fraternit e la famiglia di Ges in Mc 3,31-35 (Seraphicum:
Ponticia Facultas Theologica S. Bonaventurae, Dissertationem ad lauream n.
101), Roma 2003, 182 pp.
LA. dopo esser vissuto per ventidue anni missionario in Zambia ed aver poi
continuato i suoi studi presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e il Ponticio Istituto Biblico di Roma, con questa monograa ha
conseguito il titolo di Dottore in Teologia presso la Facolt di Teologia del
Seraphicum a Roma. La scelta del tema dovuta allesperienza francescana
del Tini unita a quella degli anni trascorsi fra alcune etnie bantu in Zambia
dove molto sentito lo spirito di fraternit. Linteresse personale ha permesso
allA. di darci un buon lavoro scientico su una pericope tante volte malintesa
nel contesto del vangelo di Marco. Basti pensare alle deduzioni mariologiche
ricavate da essa nel dibattito tra confessioni cristiane.
LA. non fa una storia dellesegesi, anche se vi accenna per dire che la polemica non trova qui fondamento. Seguendo il metodo storico critico, dimostra
che la pericope non dipende dalle due immediatamente precedenti, semmai
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queste vengono illuminate dalla nostra pericope. Questa non devessere legata
ai vv. 20-21 come se formasse con essi una struttura ad incastro, che ricorre pi
volte in Marco (cf. per es. 5,21-24 / 25-34 / 35-43), ma non nel nostro caso.
Tini infatti, basandosi sulla dissertazione del 1993 di A. Yoonprayong su questa
stessa pericope, osserva che nei vv. 31-35 non si riprende lo stesso episodio
con gli stessi personaggi e nemmeno si continua e si sviluppa la stessa linea
semantica (p. 36). Ci troviamo invece di fronte ad un pronouncement story:
cos chiama la forma letteraria V. Taylor nel suo commento a Marco. Lesegeta
inglese descrive le pericopi di questo genere letterario in questo modo: Sono
le brevi narrazioni in cui tutto subordinato al desiderio di riferire un detto di
Ges di particolare interesse e importanza per le comunit cristiane primitive
(V. Taylor, Marco, commento al Vangelo messianico, Assisi 1993, 46). La frase
tua madre e i tuoi fratelli ripetuta ben cinque volte. Dapprima propria del
narratore (v. 31), poi della folla che annuncia la venuta a Ges (v. 32), quindi
con essa Ges formula una domanda retorica (v. 33) e inne viene il detto conclusivo (vv. 34-35). Tini osserva che nonostante siano ripetute le stesse parole,
allinizio si indicano con esse le persone della parentela di origine, mentre alla
ne Ges intende una realt nuova. La sua parola indica e costituisce in stretta unione con lui come madre e fratelli sia gli uditori sedutigli intorno, sia
chiunque fa la volont di Dio. un principio di valore universale formulato
con un pronome indenito singolare perch implica ladesione personale di
ognuno. Nonostante laspro accostamento delle due realt della parentela e del
nuovo rapporto personale con lui, il passo non implica avversione di Ges per
la sua famiglia naturale. La presenza dei parenti serve per offrire il termine di
comparazione della nuova realt che interessa a Ges: anche ai suoi offerta
la possibilit di entrare in questo nuovo rapporto.
Tutti notano che alla frase iniziale si aggiungono inne anche le sorelle,
ma viene taciuto il Padre. Siccome levangelista ha detto sin dalla prima riga
del libro che Ges glio di Dio, il Padre non pu essere che questi. Allassenza che indica una presenza Tini dedica un intero capitolo. Al lettore
basti ricordare che la volont di Dio, come al solito espressa in modo enigmatico dallevangelista, per Ges quella che appare nella scena del Getsemani. Essa costituisce la realizzazione del disegno salvico da parte di Ges
e comporta passione e morte. In questa volont divina entrano pure i discepoli
secondo il noto passo di 8,34-38. Cos appare il fondamento teologico posto
alla realt della nuova fratellanza: attraverso la fratellanza con Ges si diventa
gli di Dio. Tutti i discepoli sono tra loro fratelli. Allinizio della vita pubblica
Ges offre questo dono, che poi implica la sua donazione totale.
Tini avverte che la pericope breve e passa quasi inosservata nellinsieme
del vangelo. Ma per il principio ermeneutico che la parte illumina il tutto e il
tutto a sua volta illumina la parte, passa in rassegna tutto il racconto di Marco
alla luce della fraternit. Essa si fonda sullidentit di Ges. Questa sua identit non viene compresa. I Dodici sono costituiti per stare con lui (3,14), a
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synthse base sur les titres donns au Christ. De mme pour lEsprit lA.
distingue les dits sur le Paraclet et les autres textes sur lEsprit Saint. Aprs
cette synthse gnrale lA. commence lanalyse des textes.
Une troisime section est consacre lexamen du Prologue, suivi dun
excursus sur la vrit dans lEvangile de Jean.
La quatrime section tudie la manifestation de Jsus en analysant plusieurs pricopes : le baptme de Jsus, les noces de Cana, les dialogues avec
Nicodme et la Samaritaine, le discours sur leucharistie de Jean 6, la fte
des Tentes, ladultre de Jean 8 et le chapitre 12. Chaque chapitre est suivi
dun excursus qui enrichit cette tude. Ainsi les problmes des miracles et des
signes, du Temple, de Capharnam et du site de Bthanie au-del du Jourdain
sont abords.
La cinquime section aborde ltude de lheure de Jsus. Cinq chapitres
tudient successivement le lavement des pieds, la prire de Jsus, la passion,
les rcits des apparitions et la structure du chapitre 21.
La dernire section sattarde tudier les deux conclusions de lEvangile et
consacre un excursus leschatologie et lecclsiologie johannique. Louvrage se termine sur un long excursus sur le disciple au fminin. Aprs un examen
de la situation de la femme dans la Bible et dans le judasme lA. examine la
place des femmes dans le quatrime Evangile.
Lanalyse des textes suit la mthode historico-critique, ce qui nempche
pas lA. dajouter certains commentaires patristiques et de citer les textes du
magistre. Lordre chronologique des chapitres est sacri lordre thmatique. LA. qui a pass de nombreuses annes en Terre Sainte a gard une sensibilit aux problmes archologiques, comme il ressort de nombreux excursus.
Une abondante bibliographie qui est utilise au cours des analyses couronne
louvrage. La seconde dition devra corriger les quelques coquilles qui se sont
glisses dans les titres allemands. Cette synthse de la recherche rcente fera
la joie des tudiants, mais aussi de nombreux lacs qui souvrent la lectio
divina et qui sentent le besoin dtre guids et clairs.
Le second ouvrage consacr aux lettres johanniques est divis en douze
chapitres dont neuf sont consacrs la premire ptre. Aprs ltude des problmes dintroduction ce sont la christologie, la pneumatologie et lecclsiologie de la lettre qui sont scruts. Tour tour viennent ensuite ltude du genre
littraire et celle de la structure densemble. Les chapitres 4 9 sattachent
ltude de textes. Aprs lanalyse du prologue (1Jn 1,1-4) le thme du pch
est approfondi en 1Jn 1,52,2 ; 2,293,10. Le motif central de lamour qui a
une dimension christologique et ecclsiologique est lobjet dun chapitre entier.
Il est suivi du thme de la foi et des antichrists, puisque la foi est la racine de
lamour. Lpilogue de 1Jn 5,13-21 est approfondi dans un chapitre part. La
conclusion gnrale reprend la christologie, la pneumatologie et lecclsiologie
de la lettre en formant une sorte dinclusion. La seconde et troisime lettre qui
sont beaucoup plus brves sont lobjet chacun dun chapitre. Enn les rapports
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entre les lettres de Jean et lEvangile sont traits dans un chapitre de conclusion. Les problmes christologiques et pneumatologiques laisss en suspens
dans lEvangile sont reformuls dans la premire lettre dans une perspective
ecclsiologique.
De nombreux schmas accompagnent le texte ainsi que la structure gnrale en appendice. Les structures proposes sont en gnral celles de I. de la
Potterie ou de Giurisato. Elles se basent sur des critres thmatiques plus que
sur des critres stylistiques. La seconde dition pourrait ajouter les accents
aux nombreux terems grecs cits en note. Louvrage est bien document et
bien prsent. Il rpond parfaitement au but que lA. sest propos : couter
et intrioriser la parole. Le sous-titre des deux ouvrages soulignent que lA.
entend donner une lecture thologique de loeuvre johannique. La parole de
Dieu scrute avec les moyens modernes de lexgse doit devenir une nourriture solide pour les croyants.
Frdric Manns, ofm
Betori Giuseppe, Afdati alla Parola. Ricerche sullOpera di Luca (ABI.
Supplementi alla Rivista Biblica 42), Edizioni Dehoniane, Bologna 2003, 304
pp., 22.50
Il volume ospita una raccolta di quattordici saggi esegetici di mons. Betori
pubblicati negli anni 1984-2002 in riviste e opere collettive. I contributi, scelti
e con criterio suddivisi da A. Barbi in tre sezioni del libro, affrontano varie
problematiche dellopera lucana (si tratta, in prevalenza, degli Atti degli apostoli, mentre al Vangelo di Luca sono dedicati in pratica soltanto gli ultimi
due). La vasta produzione dellA. dimostra che il suo interesse per lopera di
Luca, iniziato con la pubblicazione della tesi di dottorato nella prestigiosa serie
di Analecta Biblica (Perseguitati a causa del Nome. Strutture dei racconti di
persecuzione in Atti 1,128,4, Roma 1981), era tuttaltro che casuale e con il
passare degli anni ha registrato una notevole crescita non solo quantitativa.
Dopo una Introduzione (pp. 7-13), in cui A. Barbi ha delineato il contenuto
dei singoli contributi, viene la I Parte intitolata Rassegne. Vi sono compresi
quattro saggi: LAntico Testamento negli Atti. Stato della ricerca e spunti di
riessione [1984]: pp. 17-35; La storiograa degli Atti. La ricerca nel nostro
secolo: rassegna e valutazioni [1985]: pp. 37-51; Chiesa e Israele nel libro
degli Atti [1988]: pp. 53-68; Alla ricerca di unarticolazione per il libro degli
Atti [1989]: pp. 69-85. Questi testi mantengono il loro valore, anche se (come
sembra evidente) negli ultimi ventanni la ricerca ha fatto passi in avanti. Infatti, essi sono ancora in grado di guidare e di illuminare chiunque desidera informarsi sulle varie fasi della discussione intorno ai nodi affrontati nelle rassegne
e alle soluzioni proposte dagli studiosi no a questa data. Pi che limitarsi ad
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una mera esposizione, del resto chiara, equilibrata e perspicace, lA. si mostra
abile non solo nel fornire preziosi rilievi critici ma anche nel prospettare nuove
possibili direzioni di indagine e di approfondimento.
Nella II Parte dedicata alle Questioni introduttive vengono riproposti
i seguenti saggi: Gli Atti come opera storiograca. Osservazioni di metodo
[1986]: pp. 89-108; Strutturazione degli Atti e storiograa antica [1991]: pp.
109-118; La strutturazione del libro degli Atti: una proposta [1994]: pp. 119140; Lunit letteraria e narrativa di Luca-Atti: indicazioni dalla struttura
[2002]: pp. 141-159. indubbio, leggendo questi titoli, che la dimensione storica e larticolazione dellopera lucana, specie di Atti, costituiscano per Betori
la materia preferenziale di studio. Per quanto concerne i rapporti tra lopera di
Luca e la storia, lA. ritiene controproducenti, dal punto di vista metodologico,
le ricerche che mirano a collocare gli Atti nellalveo della letteratura contemporanea prima di aver operato unanalisi interna del testo lucano. Soltanto in
questo modo e lo esemplica analizzando At 2,428,4 e poi At 15,1-35 e Gal
2,1-10 si pu cogliere infatti la prospettiva che governa la storiograa lucana
e le intenzioni dellautore biblico. Non meno originale e ricco di stimoli per
ulteriori ricerche si rivela lapporto dato da Betori nel districare la questione
della strutturazione del libro degli Atti. Per raggiungere questo ne egli studia innazitutto la dispositio, una delle regole fondamentali della storiograa
antica, con limpiego della quale Luca ha organizzato in modo ordinato e ha
messo in luce il senso degli avvenimenti storici. Dopo aver individuato questo
criterio formale di fondo, lA. si sente in grado di proporre la sua struttura del
libro degli Atti in cinque parti, che fa perno intorno al cap. 15 (introduzione:
At 1,1-14; I: 1,128,4; II: 8,1b14,28; III: 14,2716,5; IV: 15,3519,22; V:
19,2028,31), basandosi sulle transizioni, ossia su quei testi che servono a
legare le varie parti e ne assicurano la continuit narrativa (At 1,12-14: 8,1b-4;
14,27-28; 15,3516,5; 19,20-22; 28,14b-16). Con lo stesso metodo utilizzato
per il libro degli Atti Betori tenta anche, supportando cos la tesi dellunit di
progetto letterario e narrativo dellopera lucana, di evidenziare larticolazione
del terzo Vangelo; vi distinue un prologo: Lc 1,1-4 seguito da quattro parti:
1,54,15; 4,149,50(56); 9,5119,28; 19,2824,53. Il kerygma cristologico-soteriologico, prima accaduto (Lc) e poi proclamato (At), si presenta quindi per
Luca come un lo conduttore e unicante della sua opera in due volumi.
I saggi della III Parte, la pi consistente, riguardano il campo della
Esegesi e teologia: Lo Spirito e lannuncio della Parola negli Atti degli
apostoli [1987]: pp. 163-191; Lannuncio come testimonianza. I Dodici nel
libro degli Atti [1990]: pp. 193-218; Confermare le Chiese con la parola
dellesortazione: ejpisthri/zein nel libro degli Atti [1998]: pp. 219-230; I
discorsi missionari degli Atti degli apostoli. Il kerygma nel contesto degli
eventi e nella progressivit della narrazione [1998]: pp. 231-241; Lc 24,47:
Gerusalemme e gli inizi della predicazione ai pagani negli Atti degli apostoli
[1991]: pp. 243-262; Zaccaria e Ges: dallantica alla nuova benedizione
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zione a confronto; J. Kilgallen, The Parable of the Fig Tree (Luke 13,6-9);
M.-E. Boismard, La parabole de lintendant indle en Lc 16,1-9. Au verset
8, qui est dsign par lexpression ho Kyrios?; F. Montagnini, Il corollario lucano dellultima cena (Lc 22,24-38): un abbozzo di ecclesiologia; B.
Prete, Apr loro la mente allintelligenza delle Scritture (Lc 24,45); G.
Marconi, Anania e Safra (At 5,1-11): la guida dello Spirito e la presenza
storica di Satana nella comunit; T. Stramare, Il mistero salvico della
presentazione al tempio e la porneia come idolatria. Annotazioni in Lc
2,22-50 e At 15,20.
Sette contributi vengono collocati sotto il titolo Luca e lambiente socioculturale e religioso: S. Cipriani, Un confronto fra Paolo di Tarso (1Ts) e
Luca (At 20,17-38) sul tema della missione; G. Ross, La questione della
Legge allassemblea di Gerusalemme nella prospettiva di Paolo (Gal 2) e di
Luca (At 15); P. Garuti, San Luca e la Lettera gli Ebrei: unantica teoria da
riconsiderare?; J. Taylor, St Luke and Flavius Josephus; M. Wilcox, Semitisms in Luke-Acts in the light of the Tobit Mss from Qumran and in the
Babatha Archive (P. Yadin); Ch. Sp. Voulgaris, The nature and signicance
of St. Lukes human Genealogy of Jesus Christ; J. Rius-Camps e J. ReadHeimerdinger, The Message of the Book of Acts in the Alexandrian Tradition
and in the Codex Bezae.
Allinfaticabile professore don Giovanni Leonardi si deve una Bibliograa
scelta su Luca (Vangelo e Atti) che copre il ventennio 1980-2000, posta alla
conclusione del volume, e un coraggioso tentativo di presentare in poche dense
pagine i risultati del congresso che egli individua in tre dati pi ricorrenti: 1.
Vangelo e Atti sono ununica opera letteraria, narrativa e teologica e perci da
esaminarsi come tale sia a livello di studio sia a livello pastorale; 2. Due sono
gli scopi teologici principali dellopera (Vg e At): le profezie divine fatte alla
chiesa di Israele si sono ora adempiute in Cristo e nella chiesa messianica
della Nuova Alleanza di Ges nata a Pentecoste e aperta alle genti; il successo
della Parola evangelica assicurato attraverso la sofferenza e la croce; 3. Luca
non di origine pagana, ma ebraica, e pare non della seconda/terza ma della
prima generazione cristiana e lui stesso uno spettatore oculare delle prime
vicende cristiane (p. 37).
Il lettore informato, ma pure chi conosce anche in maniera non approfondita lopera lucana e la problematica storica, letteraria e teologica che la riguarda,
non tarda a scoprire che questo grosso volume costituisce una summula preziosa e stimolante per lo studio del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli.
Come di consueto negli Atti di congressi, si trovano anche qui riprodotti
messaggi e interventi di personalit. Vi spiccano il messaggio insolitamente
ampio di Papa Giovanni Paolo II e quello del Patriarca Ecumenico Bartolomeo.
Somo ambedue diretti allArcivescovo di Padova Antonio Mattiazzo ma hanno
in prospettiva i partecipanti al congresso e quanti saranno raggiunti dai suoi
echi e frutti anche editoriali.
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life. In one of the most charming photographs he is with the Servant of God
Fr. Gabriel Allegra, founder of the Studium Biblicum Franciscanum in China,
who encouraged Schneider to do the same for Japan.
Our hearty congratulations to all who have been engaged in the realization
of this volume. We hope it will spread about well beyond the circle of Fr.
Schneiders friends. This book can be of help to all who look for instruction
and inspiration by reecting on the faith that the Lord is Spirit, and where the
Spirit of the Lord is, there is freedom and every other spiritual gift.
Fr. Schneider continues to work and to maintain a friendly relationship
with our Faculty in Jerusalem. The volumes of the Japanese translation and
its annual reports are always accompanied by personal expressions of loving
memory for Jerusalem and the Studium Biblicum. May the Holy Spirit keep
him always spiritually youthful and bless him still with many more serene and
fruitful years. (English translation by E. J. Paniagua).
G. Claudio Bottini, ofm
Balch David L. - Osiek Carolyn (ed.), Early Christian families in context. An
interdisciplinary dialogue (Religion, marriage, and family 1), Eerdmans, Grand
Rapids MI - Cambridge U.K. 2003, xix-412 pp.
Linteresse per la vita familiare nellantichit costituisce un terreno in cui
nasce spontaneo il dialogo interdisciplinare. Si fanno gli studi di carattere
storico, sociologico e culturale uniti alla ricerca sui campi di esegesi biblica
e letteratura cristiana. Le ricerche interdisciplinari non costituiscono pi un
fatto straordinario o un lusso, ma una necessit se si vuol delineare la vera
immagine della famiglia nellepoca del cristianesimo nascente. Negli ultimi
anni gli studi sullargomento sono cresciuti notevolmente e tutti gli interessati
troveranno stimolanti sussidi bibliograci. Il volume che sta per essere presentato certamente ne far parte.
La pubblicazione intitolata Early Christian families in context costituita
dalla raccolta di vari saggi, preceduta da una breve introduzione (pp. xi-xvi). I
singoli contributi sono raggruppati in sei sezioni in cui trovano posto gli studi
sulla struttura delle abitazioni, sulle virt, sulla condizione delle donne, degli
schiavi e dei minorenni. Il volume si chiude con le implicazioni pratiche per
lo studio della teologia. Lo studio di A. Wallace-Hadrill apre la prima sezione.
LA. volge lattenzione alla variet delle abitazioni in epoca romana, basandosi
non tanto sulla rigida distinzione tra domus e insula, ma sulla qualit delle
abitazioni e la loro struttura. La plebe abitava i complessi di edici con alcuni
piccoli ambienti per lattivit artigianale e commerciale. Ai complessi delle
abitazioni si aggiungevano gli edici pubblici e le terme. Invece le spaziose
dimore (palazzi e ville) appartenevano alle classi agiate (pp. 3-18). M. Trmper
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ni della sua amicizia facendogli anche dono di dodici elevate prefazioni per
altrettante sue pubblicazioni. La professoressa Passoni dellAcqua ha voluto
rendere omaggio al suo docente e nella sua rievocazione conda, tra laltro,
che per lei Mons. Galbiati stato non solo il maestro autorevole e stimato, ma
per 35 anni ha potuto sottoporre alla sua revisione i suoi lavori, discutere con
lui i risultati dei suoi studi, condividere con lui i progetti di ricerca (p. 26).
Alla stessa Passoni dellAcqua si deve anche un prolo biograco (La vita,
p. 85-104) che ne rievoca il percorso esistenziale sereno e intenso.
Altri ori offerti alla memoria di Mons. Galbiati e che fanno di questo libro
un orilegio sono i contributi di: P. F. Fumagalli, Il Dottore dellAmbrosiana
(p. 29-36); V. Joannes, LArchimandrita (p. 37-42); E. Apeciti, LOblato
dei Santi Ambrogio e Carlo (p. 43-52); G. Tremolada, Il Pellegrino di Dio
(p. 53-58); M. Mayer Modena, Lamico del Popolo del Libro (p. 59-62); G.
Aldeni, Il Servo Sofferente (p. 63-67). A questi vanno aggiunte le commosse
rievocazioni dei cardinali C.M. Martini (p. 5-7) e D. Tettamanzi (p. 69-75) e
del Vescovo Sotir Ferrara (p. 9-10).
Si tratta di persone che hanno conosciuto da vicino Mons. Galbiati e lo
presentano come apparso concretamente ai loro occhi. Con rapide pennellate
viene delineato il ritratto straordinario di un uomo istruito e sapiente, un prete
ambrosiano proteso alla santit e allamicizia con tutti, un ecclesiastico capace di respirare e pregare allunisono con loriente e loccidente, una persona
colta e pronta a irradiare con disarmante semplicit conoscenze e sapienza, un
grande che ha fatto della piccolezza secondo il Vangelo lideale di pensiero e
di vita.
Un terzo del libro per il totale di 62 pagine costituito dalla Bibliograa
di Mons. Galbiati curata da A. Passoni dellAcqua e G. Borgonovo, accurata
e arricchita da rinvii a successive edizioni o ristampe e alle principali recensioni di libri. Oltre a dare unidea della vastit delle conoscenze di Galbiati e
dellattenzione da esse suscitate, la bibliograa render un servizio prezioso a
quanti in futuro si interesseranno ai molteplici soggetti toccati dalla sua mente
poliedrica.
A riprova di quanto ampio e intenso sia il ricordo di Mons. Galbiati e
sentito il rimpianto per la sua scomparsa in ambienti differenti, mi permetto di
notare che, senza aver fatto unindagine specica, ma prestando semplicemente
attenzione alle riviste che giungono nella biblioteca della nostra Facolt, sue
rievocazioni sono apparse gi in La Scuola Cattolica 132 (2004) 637-700;
Teologia 29 (2004) 115-126; Materia Giudaica 9 (2004) 5-33; Rivista Biblica
52 (2004) 499-505; Annali di Scienze Religiose 9 (2004) 69-70.
Ci rallegriamo vivamente con i due curatori del volume e il suo editore
anche per la tempestivit del ricordo. Don Aldeni, che con i suoi parrocchiani
di Verano Brianza si fatto langelo consolatore degli ultimi sofferti anni di
Mons. Galbiati, si augura che il suo esempio e la sua celeste intercessione
susciti qualche vocazione sulla via del presbiterato.
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Das folgende Kapitel, berschrieben mit Schicksal und Wirkung, berichtet ber die weitere Geschichte der Kirche, die Entwicklung des Pilgerwesens und die heute noch bestehenden Spuren davon in der Heimat der Pilger.
Relativ kurz ist dabei der Abschnitt die Realitt 1800-2000, obwohl weite
Teile der Ausstattung der Kirche erst aus dieser Zeit stammen oder in ihr stark
verndert wurden.
ber die Baugeschichte hinaus nimmt der Autor das gesamte Panorama
der Kultur- und Bedeutungsgeschichte in den Blick, heit es im vorderen
Klappentext. Eine Beschreibung der gegenwrtigen Kirche als Gebets- und
Gottesdienstraum ist also nicht Absicht des Autors. Es ist daher verstndlich,
da er das komplexe Zusammenleben verschiedener christlicher Konfessionen
nur in Krze streift. Leider haben sich in die Krze auch Ungenauigkeiten
eingeschlichen. Das heilige Grab ist nicht der einzige gemeinsame Besitz aller
Konfessionen (so S. 222), auch die Kuppel, der Salbungsstein und der Eingangsbereich sind gemeinsamer Besitz. Auerdem stimmt es nicht, da an den
Heiligtmern, die im Besitz einer Konfession sind, Besucher oder Glubige
anderer Konfessionen (...) nur zu privaten Andachten zugelassen sind (Ebd.).
Die im Vorwort (S. 8) erwhnten Prozessionen der Franziskaner und der Armenier sind zwei von zahlreichen Gegenbeispielen.
Es fllt auf, da unter denjenigen Personen, die heute die Verantwortung
fr die Grabeskirche tragen an erster Stelle der Lateinische Patriarch erwhnt
wird (S. 10), jedoch keiner der Franziskaner, die in der Kirche Dienst tun
und auch nicht der Kustos der Franziskaner. Gerade einmal der Direktor des
Christian Information Centres der Franziskaner wird genannt. Ich hoffe nicht,
da mangelnde Kooperationsbereitschaft meiner Mitbrder der Grund dafr
ist. Immerhin zeigen einige der Bilder (z. B. Abb. 79, 160, 241, 251 oder 77
mit dem Schweizer Mitbruder Beat Zuber), da wenigstens der Photograph
Zugang hatte zu Teilen der Kirche, die, von den Franziskanern verwaltet, in
der Regel der ffentlichkeit nicht zugnglich sind. Auch sonst hat man einige
Male den Eindruck, der Autor sei nicht immer ganz unparteiisch. So transkribiert und bersetzt er auf S. 182 die armenischen und lateinischen Inschriften,
erwhnt georgische, thiopische und arabische, bergeht dagegen vllig die
syrischen; nicht einmal den Mnch Sergios (Abb. 205b) erwhnt er, der auf
dem Photo besser zu lesen ist als im Original. Oder da die Wiedererrichtung
des Lateinischen Patriarchates allmhlich zu einem greren Aufschwung der
katholischen Pilgerfahrten fhrte (S. 217), halte ich fr eine gewagte These.
Eher drfte beides Folge gewesen sein eines neu erwachten Interesses des
katholischen Europas am Heiligen Land. Ob sich schlielich die Sule links
vom Eingang gespalten hat, als die Armenier von den Osterfeierlichkeiten
ausgeschlossen waren (so S. 182) oder die Griechen, hngt wohl auch vom
jeweiligen Informanten ab.
Abgesehen von diesen Kleinigkeiten ist Krgers Werk ausgezeichnet gelungen. Es verbindet informativen, materialreichen Text mit schnen und guten
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Photos, die auch den noch berraschen knnen, der diese Kirche schon zu kennen glaubt, siehe z. B. die ungewohnte Perspektive der viel photographierten
Fassade, Abb. 129. Der Autor macht deutlich, da er die Grabeskirche nicht
versteht als Symbol der Kirchenspaltungen oder als unkumenischen Ort, wie
sie von vielen betrachtet wird, sondern als Symbol, wie die Kirche der Zukunft
aussehen kann: Einheit in der Vielfalt: Menschen aus aller Herren Lnder und
jeglicher Konfession kommen hierher, jeder nhert sich Golgatha und dem
Heiligen Grab auf seine Art und wird respektiert. Diese Chance des religiskonfessionellen Miteinanders und Dialogs bietet die Grabeskirche (S. 228).
Corrigenda:
S. 124, rechte Spalte, Zeile 5: nicht Abb. 69, sondern Abb. 64 (S. 69);
S. 159, rechte Spalte, Zeile 8-9: nicht koptisches, sondern georgisches
Kloster;
S. 204, Es gibt zweimal Abb. 227, Abb. 228 fehlt;
S. 217, Ende zweiter Abschnitt: nicht Abb. 245, sondern Abb. 239.
Gregor Geiger, ofm
LIBRI RICEVUTI
Adinol Marco - Passoni dellAcqua Anna, Enrico Rodolfo Galbiati. Un
Maestro, Portalupi Editore, Casale Monferrato 2004, 170 pp., 12 .
lvarez Barredo Miguel, La iniciativa de Dios. Estudio literario y teolgico de
Jueces 9-21 (Serie Mayor 40), Queriniana, Brescia 2004, 212 pp., 17.50 .
Arko Alenka, Luomo interiore secondo San Gregorio di Nissa. Una metafora
antropologica alla ricerca della piena valorizzazione delluomo (Dissertatio
ad Doctoratum in Facultate Theologiae Ponticiae Universitatis Gregorianae),
Roma 1999, 272 pp.
Bazyliski Stanislaw, Guida alla ricerca biblica. Note introduttive (Subsidia
Biblica 24), Editrice Ponticio Istituto Biblico, Roma 2004, 140 pp., 13 .
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Testamentu 11), The Enigma Press, Krakw 2002, 151 pp.
Cortese Enzo, La preghiera del re. Formazione, redazioni e teologia dei
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del Valle Rodrguez Carlos, Historia de la gramtica hebrea. X: La gramtica
hebrea de Ibn Dann en la versin rabe y hebrea (Gramtica hebrea), Aben
Ezra Ediciones, Madrid 2004, 492 pp.
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LIBRI RICEVUTI
LIBRI RICEVUTI
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LIBRI RICEVUTI
LIBRI RICEVUTI
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Origene - Gerolamo, 74 omelie sul libro dei Salmi (Letture cristiane del primo
millennio 15), Edizioni Paoline, Milano 1993, 737 pp., 23.24 .
Penna Romano, Il DNA del cristianesimo. Lidentit cristiana allo stato
nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2004, 463 pp., 19 .
Porter Stanley E. (ed.), Reading the Gospels Today, Eerdmans, Grand Rapids
MI 2004, XVII-211 pp., 24 $.
Puig i Trrech Armand. (ed.), Perd i reconciliaci en la tradici cristiana
(Scripta Biblica 5), Associaci Bblica de Catalunya Publicacions de lAbadia
de Montserrat, Tarragona 2004, 224 pp.
Rdiger Michael, Nachbauten des Heiligen Grabes in Jerusalem in der
Zeit von Gegenreformation und Barock. Ein Beitrag zur Kulturgeschichte
architektonischer Devotionalkopien, Schnell & Steiner, Regensburg 2003,
276 pp.
Salvatore Emilio, E vedeva a distanza ogni cosa. Il racconto della
guarigione del cieco di Betsaida (Mc 8,22-26) (Aloisiana 32), Gregorian
University Press - Morcelliana, Roma - Brescia 2003, XV-333 pp., 24 .
Sebeos, History, Sources of the Armenian Tradition, New York 1985,
182 pp.
Serra Aristide, Una spada tragger la tua vita (Lc 2,35a) quale spada?
Bibbia e tradizione giudaico-cristiana a confronto, Ponticia Facolt Teologica
Marianum - Servitium editrice, Roma - Palazzago (BG) 2004, 359 pp.,
27 .
Sgargi Giorgio (ed.), Giona (Biblia. I libri della Bibbia interpretati dalla
grande tradizione), EDB, Bologna 2004, LXXI-104 pp., 17.50 .
Steiner Richard C., Stockmen from Tekoa, Sycomores from Sheba. A Study of
Amos Occupations (The Catholic Biblical Quarterly. Monograph Series 36),
The Catholic Biblical Association of America, Washington D.C. 2003, X-158
pp., 10.50 $.
Talgam Rina, The Stylistic Origins of Umayyad Sculpture and Architectural
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2004, 140 pp., 97 pp.
Taylor Bernard A. - Lee John A.L. - Burton Peter R. (eds.), Biblical Greek
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LIBRI RICEVUTI
LA 54 (2004) 505-513
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M. Pazzini, Lessico Concordanziale del Nuovo Testamento Siriaco (SBF Analecta 64), Jerusalem 2004, XIX-469 pp.
S. Loffreda, Holy Land Pottery at the Time of Jesus. Early Roman period (63
BC - 70 AD) (SBF Museum 14), Jerusalem 2003, 116 pp.
Liber Annuus 52 (2002) 618 pp.; 63 tavv.
Sono stati inoltre ristampati i seguenti volumi:
V. Corbo, Gli scavi di Kh. Siyar el-Ghanam (Campo dei Pastori) e i Monasteri
dei dintorni (SBF Collectio Maior 11), Jerusalem 1955. Reprinted 2003, XV170 pp.; ills., 62 pls.
E. Testa, Il Simbolismo dei Giudeo-Cristiani (SBF Collectio Maior 14), Jerusalem 1962. Reprinted 1982, 2004, XXXII-590 pp.; ills., 45 pls.
V.C. Corbo, Ricerche archeologiche al Monte degli Ulivi (SBF Collectio Maior
16), Jerusalem 1965. Reprinted 2004, XV-167 pp.; ills., 2 pls.
B. Bagatti, The Church from the Circumcision. History and Archaeology of the
Judaeo-Christians (SBF Collectio Minor 2). English translation by E. Hoade,
Jerusalem 1971. Reprinted 1984, 2004, VII-326 pp.; 159 ills.
B. Bagatti - M. Piccirillo - A. Prodomo, New Discoveries at the Tomb of the
Virgin Mary in Gethsemane (SBF Collectio Minor 17). 2nd Ed. Jerusalem 1975.
Reprinted 2004, 95 pp.; ills., 35 pls.
III. ATTIVIT ARCHEOLOGICA
Restauri a Cafarnao
Le ultime quattro campagne di scavi nella propriet francescana di Cafarnao
(2000-2003) sono state seguite nellestate del 2004 da una lunga stagione dedicata esclusivamente alla preservazione delle rovine. Come modello di restauro
abbiamo adottato la tecnica di costruzione degli antichi muri. Un lavoro di
preservazione non meno urgente fu quello riguardante i pezzi architettonici
della monumentale sinagoga.
I numerosi pezzi architettonici appartenenti alla sinagoga fuori posto sono
stati distribuiti in unarea pi facilmente accessibile secondo un criterio non
arbitrario per agevolarne lo studio e la catalogazione.
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TAVOLE
L. Di Segni
Y. Tepper
V. Sussman
G. Loche
M. Piccirillo
1- 2
3 - 10
11 - 16
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Fig. 2 The mosaic floor of the southern chapel (courtesy of the Antiquities
authority, Jerusalem).
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Fig. 3 Nel foglio 60r, come nella tavola precedente, si evidenzia invece il
nome di Rabbi Shelomoh ben Yshaq, pi noto come Rashi, il pi famoso
commentatore ebreo, durante il medioevo, della Bibbia e del Talmud.
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Fig.4 Carta di Terra Santa di Marino Sanudo, riutilizzata dal Fedanzola per
comporre la sua, del Codice Add. 27376, ser. IV, del British Museum, in J.
Prawer (a cura di), Liber Secretorum Fidelium Crucis, Jerusalem 1972, IX.
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Fig. 6 Esempio di Glossa Ordinaria (marginale ed interlineare) di Ap 7, 914 del manoscritto BM 102 di Laon, in P. Rich G. Lobrichon (a cura di),
Le Moyen Age et la Bible, Paris 1984,102.
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RICERCA IN GIORDANIA
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Fig. 7 The unexcavated Church (at the centre of the photo) along the
Northern Wall of the Castrum.
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AMULETI
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MOAB
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Fig. 2 Un dettaglio degli Eroti che uccidono un cervo (Shatbi, III sec. a.C.).
RESTAURI
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