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Indice
Esterno
Stato
Italia
1 Storia
Regione
2 Planimetria
Localit Ravenna
Religione cristiana cattolica di rito
romano
3 Mosaici
4 Altre immagini
5 Note
6 Bibliografia
Consacrazione VI secolo
Stile paleocristiano, bizantino
architettonico
7 Voci correlate
Inizio 505
costruzione
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni
Emilia-Romagna
Completamento XX secolo
Storia
La basilica fu fatta erigere dal re goto Teodorico nel 505 come
chiesa di culto ariano[1] con il nome di Domini Nostri Jesu
Christi. Fu la chiesa palatina di Teodorico[2] (cio una chiesa
per l'uso della sua corte)[1].
In seguito alla conquista della citt da parte dell'Impero
bizantino (540) l'imperatore Giustiniano pass in propriet della
Chiesa cattolica tutti i beni immobili gi posseduti dagli ariani.
Tutti gli edifici legati ai goti e all'arianesimo furono integrati al
Tipo Culturali
Criterio (i) (ii) (iii) (iv)
Pericolo Non in pericolo
Riconosciuto 1996
dal
Planimetria
Pianta dell'edificio
La navata centrale, larga il doppio di quelle laterali, terminava con un'abside semicircolare all'interno e
poligonale all'esterno, che fu ricostruita nel XVI secolo e decorata nel XVIII secolo, assumendo l'aspetto
attuale, che stato recuperato di recente, segnando per sul pavimento la pianta dell'abside del VI secolo. La
navata mediana delimitata da dodici coppie di colonne poste una di fronte all'altra che sorreggono archi a
tutto sesto.
Mosaici
Come tutte le chiese di Ravenna, dei periodi imperiale (fino al 402-476), ostrogotico (fino al 476-540) e
giustinianeo (dal 540-565 in poi), anche Sant'Apollinare Nuovo decorata con meravigliosi e coloratissimi
mosaici. Tuttavia essi non risalgono alla stessa epoca: alcuni sono
teodoriciani, altri risalgono alla ridecorazione voluta dal vescovo
Agnello, quando l'edificio venne riconsacrato al culto cristiano
cattolico.
Le pareti della navata centrale sono divise in tre fasce ben distinte
dalle decorazioni musive.
La fascia pi alta decorata da una serie di riquadri intervallati dal
motivo allegorico di un padiglione con due colombe. I riquadri
presentano scene della vita di Cristo e sono particolarmente curati
Cristo divide le pecore dai capretti,
nei dettagli, anche se in antico si trovavano ancora pi in alto (per
Sant'Apollinare Nuovo
via della subsidenza) e quindi la loro lettura era tutto sommato ardua.
Alcune scene permettono di evidenziare alcune evoluzioni dell'arte
del mosaico nell'epoca di Teodorico. La scena del Cristo che divide le pecore dai capretti ricorda quella del
Buon Pastore del Mausoleo di Galla Placidia, ma le differenze sono notevoli ( passato poco meno di un
secolo): le figure non sono pi disposte in uno spazio in profondit, ma appaiono schiacciate l'una sull'altra,
con molte semplificazioni . La rigida frontalit e la perdita del senso del volume nel Cristo e negli angeli
imprime un innegabile senso ieratico. In questa scena viene raffigurata la separazione dei buoni e dei cattivi,
espressa simbolicamente per mezzo di due gruppi di pecorelle e capri, affiancati rispettivamente dall'Angelo
del Bene, vestito di rosso, e dall'Angelo del Male, vestito di blu.[3] Nella scena dell'Ultima cena Cristo e gli
apostoli sono raffigurati similmente alle raffigurazioni romane paleocristiane, e le proporzioni gerarchiche
(Cristo pi grande delle altre figure) rientrano nel filone dell'arte tardoantica "provinciale" e "plebea".
La fascia mediana composta da riquadri tra le finestre che incorniciano solide figure di Santi e Profeti dalle
vesti ombreggiate e morbidamente panneggiate. Essi, nonostante l'indefinito fondo oro, si dispongono su un
piano prospettico.
La fascia inferiore, la pi grande, anche quella maggiormente manomessa. Sulla parete di destra
(guardando verso l'altare), raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina
PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati sono mostrati in
prospettiva ribaltata. Ci significa che quello che si vede corrisponde a tre lati del peristilio, schiacciati su un
unico piano. Tra una colonna e l'altra sono tesi dei drappeggi bianchi e decorati in oro, che coprono le ombre
di antiche figure umane rimaste dopo che una parte del mosaico fu condannata alla distruzione: per una sorta
di damnatio memoriae tutte le figure umane (quasi certamente Teodorico stesso e membri della sua corte)
vennero cancellate e si notano ancora le ampie parti di colore leggermente diverso (a riprova di una
ricostruzione avvenuta in un momento diverso) e le incontrovertibili tracce sulle colonne bianche, dove
spuntano qua e l delle mani.
Le colonne che sorreggono gli archi del palazzo sono candide e slanciate (nella realt dovevano essere in
marmo) e terminanti con capitelli in tipico stile corinzio. Sopra gli archi, che riportano motivi di angeli che
tendono festoni floreali, si trova una lunga teoria di archetti bassi protetti da parapetti, e sormontati dal tetto
in tegole. Questo doveva probabilmente essere un lungo terrazzo coperto.
Di l dal Palazzo si notano alcuni edifici basilicali o a pianta centrale che hanno la funzione di rappresentare,
sinteticamente e simbolicamente, la citt di Ravenna.
Sulla parete di fronte raffigurato invece il porto di Classe, che in quel tempo era il pi grande di tutto
l'Adriatico, nonch una delle principali sedi della flotta imperiale romana. Sulla sinistra, i tasselli del
mosaico compongono la figura di tre imbarcazioni allineate verticalmente, che sostano sull'acqua azzurra e
calma del porto, in un'insolita prospettiva "a volo d'uccello", che ne risalta l'ampiezza. Da ambedue le parti
esse sono protette da una coppia di alte torri in pietra. Continuando verso destra, si possono osservare le alte
e
possenti
mura
merlate
cittadine,
Il Porto di Classe
Altre immagini
Le Sante virgini,
dettaglio
Le Sante Vergini
I Santi Martiri
Note
1. ^ a b Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, Ufficio Turismo del Comune di
Ravenna. URL consultato il 22 giugno 2011.
2. ^ a b c d Piero Adorno, Adriana Mastrangelo, Sant'Apollinare Nuovo, in
Segni d'arte, Casa editrice G. D'Anna, 2007, pp. 219-222, ISBN 888104-843-4.
3. ^ Giuseppe Bovini, Ravenna arte e storia, Longo editore, 2006, pag.
teoria di martiri e palazzo di
72.
Teodorico
4. ^ L'ondulazione dei corpi, quasi un movimento di danza, delle
"processioni" ravennati presenta evidenti analogie con la scansione
ritmica delle figure, con la loro disposizione in lunghe file e con la flessione armoniosa della posizione stante presenti
in rappresentazioni artistiche centroasiatiche: i "donatori" nelle Grotte Kizil, le lunghe file di Bodhisaltva di Tunhuang o quella dei "fedeli" di alcune localit di Turfan. (Mario Bussagli, La via dell'arte tra Oriente e Occidente, Art
Dossier, Giunti, pag.35).
Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
Voci correlate
Arte ravennate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Banca dati CIDM (http://www.mosaicocidm.it) Il sito del Centro Internazionale di Documentazione
sul Mosaico di Ravenna
Ravenna Mosaici (http://www.ravennamosaici.it/) Il sito dell'Opera di Religione della Diocesi di
Ravenna
Portale Patrimoni dell'umanit
Portale Romagna
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