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di Halladah
La meditazione accompagna luomo fin dalla sua comparsa sulla terra. Sappiamo del
ritrovamento di un antichissimo manufatto di una piramide sgrossata in forma umana:
un meditante, seduto nella posizione classica. Tuttavia, aldil dei riferimenti
archeologici, i testi pi antichi che la storia umana possa ricordare (i Veda, messi per
iscritto 4000 anni fa, ma frutto di una tradizione orale assai pi antica) citano la
meditazione come pratica fondamentale per mettersi in rapporto con la divinit.
In questo campo, le tradizioni sono numerose e le differenze dipendono da diversit
culturali e storiche, che non investono le strutture fondamentali del processo
meditativo; ci che muta sono soltanto i metodi dapproccio e le interpretazioni a
posteriori delle esperienze ottenute. Le filosofie, le religioni e le teologie appartengono
infatti al molteplice e contrastante mondo della mente, mentre la meditazione tende a
uscirne, approdando a quello spazio dellesperienza che si pu definire, in molti modi,
tipo la nostra natura originaria, il S primigenio, la consapevolezza pura,
lessere nudo e semplice, il samadhi, il nirvana.
Tali conoscenze si sono talvolta fuse tra loro, cos come altre volte luna ha attinto
dallaltra. Inoltre, essendo la meditazione unesperienza esistenziale, che richiede una
sperimentazione diretta, risulta difficilmente condivisibile. Cos, ogni individuo che
nei millenni ne ha sperimentato lo stato, o non si curato / o non ha potuto / o non
stato in grado di trasmetterlo ad altri, limitandosi a viverlo, o ne ha tratto
unespressione particolare, in grado di essere compresa a diversi livelli.
Essendo quindi uno stato dellessere che, pi che descritto, va sperimentato, molto
difficile spiegare in parole cosa sia la meditazione. Ci che pu essere espresso,
semmai, il come arrivarci, ci che la descrizione delle tecniche, vale a dire gli
strumenti per accedere a quello stato esperienziale.
Va sottolineato che il generico essere umano, (e quindi anche molti Liberi Muratori),
ha un "modus" di pensare meccanico, e quindi non cosciente e padrone del proprio
pensiero, e quando vi riesce, quasi sempre pu esserlo solo per un brevissimo istante.
Essere consci oppure, simbolicamente, essere svegli richiede un notevole dispendio di
energia al punto tale che l'energia mentale, di cui normalmente disponiamo, non ci
permette di essere svegli e attenti per molto tempo.
Siccome lo stato di veglia, se trascorso in piena coscienza, richiederebbe troppo lavoro
agli organi preposti a produrre l'energia necessaria, possibile formulare l'ipotesi che,
l'inserimento nel nostro sistema mentale della meccanicit, ovvero del pensiero
automatico, sia stata una via obbligata. Con tale trasformazione, il consumo di energia
mentale infatti viene ridotto al minimo. Questa la ragione per la quale dopo un poco
di tempo che siamo consci, senza che ce ne accorgiamo e automaticamente, subentra
Sedersi e respirare consapevolmente il vero inizio del vivere. ci che avvicina alla
possibilit di osservare la nostra vera natura, svincolati da ci che crediamo o ci
hanno indotto a credere di noi stessi. Unesperienza reale, insomma, e non una
proiezione mentale.
Il respiro dunque il punto di partenza. Subito, per, occorre confrontarsi con unaltra
difficolt: limmobilit del corpo. Pi precisamente, il non fare, il lasciar cadere, il
lasciar andare.
Non semplice come sembra. Finch si tratta di sentire e losservazione
consapevole del respiro serve proprio a questo sufficiente rimanere attenti e
ascoltare. Ma il concetto del non fare va oltre, e presuppone qualit e intenzioni
assai complesse.
Nulla di ci che entra a far parte della nostra esperienza viene veramente percepito
come una semplice parte del tutto. Anzi, noi tendiamo a interpretarlo, a denominarlo,
a farlo entrare in uno schema conoscitivo, fino ad eleggerlo come universo a s,
autogenerante luce propria.
Ma cos facendo limitiamo lesperienza, ne tratteniamo solo la parte
immediatamente percepita, perdendoci tutto il resto. In questo modo la realt quella
realt che si snoda ininterrottamente nel tempo, piena di sfaccettature ci sfugge
completamente. Come se, immersi in un ambiente naturale, ci perdessimo a guardare
un fiore, ignorando che, nello stesso istante, intorno a noi scorrono le nubi nel cielo,
laria ci sfiora la pelle, migliaia di esseri viventi volano, strisciano, corrono e respirano,
le acque scorrono dietro e sotto di noi.
Della realt vediamo solo una modesta porzione: quella illuminata dalla nostra mente;
certo la pi bella, in quanto vivificata dalla nostra esistenza, ma comunque una parte,
non il tutto. Vediamo solo ci che evidenziamo, solo ci che appunto tratteniamo.
E crediamo che la realt sia solo questo.
Limmobilit la resistenza a questo tipo di movimento. Un moto che proprio del
pensiero, e si trasferisce nellazione, nei gesti e negli atteggiamenti del corpo.
Immobilizzare il corpo equivale a paralizzare questa mente irrequieta, che tende a
congelare il divenire in idee e concetti statici, gi morti nel momento in cui vengono
formulati.
Limmobilit conduce, quindi, a non pi evidenziare, non pi trattenere, ma a
lasciar fluire consapevolmente il pi limpido dei fiumi: la nostra vita.
A questo punto, attraverso la tecnica (il respiro, il rilassamento e la corretta posizione
nella pi totale immobilit) siamo dunque arrivati a calmare i pensieri caotici,
ottenendo la condizione di una mente pi calma, con un solo pensiero: quello di
osservare ci che sta avvenendo. Non si tratta di un vero e proprio pensiero, ma
piuttosto di una sorta di intento, unintenzione che occupa totalmente il nostro spazio
mentale.
Abbiamo cos raggiunto lo stato della concentrazione, vera anticamera alla
meditazione propriamente detta. La concentrazione ci consente di essere pi forti e
determinati; ci d lucidit e potere (di fare, di decidere, di comprendere, ecc.); ci d
pi autorit in noi stessi. La mente che osserva ora principe su tutto il resto e ha
finalmente lenergia pulita e sufficiente per andare oltre.
Le tecniche, infatti, portano alla concentrazione, non alla meditazione. Ma, solo una
mente cos concentrata retta concentrazione la definiva il Buddha nellOttuplice
Sentiero in grado di raggiungere lo stadio del pensiero senza pensiero, quella
mente - non mente citata negli insegnamenti pi antichi.
Per questo, la tecnica non serve pi. Occorre un salto daltro genere, una
realizzazione che richiede tempo e pratica costante, e che pu avvenire solo
allinterno di una mente perfettamente stabile nello stato di concentrazione.
un percorso che passa pi attraverso il cuore che non il pensiero, lasciando sempre
pi la mente lucida e calma libera di considerare ci che si presenta, cos com.
Unautentica liberazione, insomma: un abbandono totale alla pienezza del proprio
ritmo, del proprio sentire, del proprio intimo respiro, finalmente liberi di partecipare
ma questa volta dallinterno al processo in atto del pensiero.
In questo modo, possibile giungere a vedere come avviene la nascita e lo sviluppo
del pensiero medesimo; osservare finalmente come dai nostri sensi la percezione si
tramuti in emozione e come, dallemozione, scaturisca il pensiero stesso, sotto forma
di considerazione schematica, riduttiva e limitata, del percepito. In una parola, quel
riflesso condizionato che ordinariamente si enuncia sullo schermo della nostra mente e
noi chiamiamo pensiero.
Si tratta di un momento magico: latto stesso dellosservare si trasforma in
osservatore, enunciando lesistenza di una sorta di principio austero, in noi, che
vigila silenziosamente sul processo; unentit calma e compassionevole, che si ridesta
e veglia dallinterno, avvolgendo il pensiero, quasi per proteggerlo, permettendogli
infine di elevarsi al rango di intelletto libero e creativo, svincolato da qualsiasi forma o
visione concettuale, unico testimone dellineluttabile presenza dellessere.
Ho detto.