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Emmanuelle Arsan

EROSFERA
NOUVELLES DE LEROSPHERE
1975
genere: erotico
TRAMA
Un uomo coinvolto in una sconvolgente avventura con le discendenti delle
mitiche Amazzoni; gli abitanti di un remoto pianeta che scoprono
lesistenza del sesso; una fanciulla trascinata nellharem di un principe
arabo; due adolescenti che spiano le solitarie masturbazioni di una donna;
una ragazza che si batte sulle barricate per lamore libero... tante storie
diverse che hanno per un unico e costante protagonista: lEros, nella sua
piena e felice esplicazione. Un libro che riconferma lArsan, autrice di
Emmanuelle, lAntivergine, I figli di Emmanuelle, come una delle migliori
scrittrici nel campo della letteratura erotica.
FINE TRAMA
NOTA
Emmanuelle Arsan, pseudonimo di Maryat Kasa-sendh (Bangkok 1938),
di nazionalit francese, ha ormai un posto riconosciuto nella storia della
letteratura grazie al successo che hanno ottenuto i suoi romanzi
Emmanuelle (1967), L'antivergine (1975); I figli di Emmanuelle (1975) e
Erosfera (1975), tutti pubblicati da Bompiani. Erosfera, apparso in Italia
nel 1980, conferma il successo dei precedenti libri dell'Arsan, e si pone
sulla scia del primo romanzo, Emmanuelle, da cui stato tratto l'omonimo
film che ottenne uno strepitoso successo in tutto il'mondo.
Il tema che fa da sfondo a tutti i libri della scrittrice francese, come
testimonia anche Erosfera, giocato sul doppio binario dei "Racconti
incredibili" e dei "Racconti veri", la ricerca della pienezza e della felicit
sessuale: ne protagonista un tipo di donna che rifugge dal ruolo di
amante passiva, affidatole tradizionalmente da una societ e da una cultura
di stampo maschilista, e assume decisamente l'iniziativa. Proprio questa
inversione di tendenza, che vede l'uomo giocare un ruolo di spettatore, fino
a diventare quasi uno strumento di piacere nelle mani della donna,
l'elemento di maggiore novit dei romanzi dell'Arsan, che ebbero
l'indiscutibile merito di mettere in discussione vecchi tab sessuali
sull'onda della generale rivoluzione dei costumi che segn gli anni '70.

RACCONTI INCREDIBILI
AMAZZONOGENESI
Bastava la nebbia a spiegare il fatto che io solo avessi preso quell'aereo,
quella sera?
Ho rivolto questa stessa domanda alla hostess, in cima alla scaletta
dell'aereo. Ella non mi ha risposto, mi ha semplicemente invitato, con
laconica fermezza, ad accomodarmi al posto che avessi scelto. Per
prenderla in parola stavo per dilungarmi in una valutazione puntigliosa dei
vantaggi relativi che ognuno dei cinquanta posti vuoti avrebbe potuto
offrirmi, ma vi ho rinunciato, e non tanto perch cos mi suggeriva il
buonsenso, quanto per semplice stanchezza: la giornata era stata
sufficientemente faticosa.
L'intervallo di tempo tra il momento in cui il meccanismo automatico ha
rialzato e chiuso la porta e quello in cui i motori si sono messi in moto mi
sembrato insolitamente lungo. Senza dubbio l'equipaggio si stava
informando delle condizioni meteorologiche (cattive, gi lo sapeva). In
tutto quel tempo non ho fatto che aspettare che qualcuno venisse ad
avvisarmi che il volo era stato annullato. Il pensiero di dover rifare la
strada che collega laeroporto alla citt, di dover cercare un treno, mezzo
di trasporto che detesto, e trascorrervi una nottata probabilmente scomoda
mi ha tenuto in apprensione finch la voce della hostess ha finalmente
annunciato limminente decollo: in tre lingue, per restare fedele alle
normali abitudini, anche se, in quelle circostanze, avrebbe potuto farne
comodamente a meno.
Adesso stiamo volando: abbastanza in alto, immagino, perch i venti e le
nebbie della terra non ci disturbino. Potrei sporgermi verso l'obl e
distrarmi nella contemplazione delle stelle, ma a che servirebbe? Gi la
mia tranquillit non viene turbata da alcuna scossa, da alcuno scricchiolio
inquietante. In un'ora, forse anche meno, sar arrivato.
Il personale di bordo si probabilmente fatta un'idea errata del mio stato
d'animo, perch un uomo esce dalla cabina di pilotaggio per assicurarmi
che il cattivo tempo non pu durare: per il momento la visibilit
all'aeroporto d'arrivo e nulla, ma il comandante spera che, quando saremo
sopra la pista, sia diventata sufficiente a permetterci di atterrare. Queste
affermazioni, a dir la verit, mi stupiscono e mi sconcertano, perch non
mi sembra serio, a cos poca distanza dal punto di destinazione, che un
tecnico responsabile faccia affidamento su un improvviso miglioramento
della situazione. Non mi trattengo dal farlo notare ad alta voce, ma il mio

informatore replica con alcune battute scherzose che non hanno alcun
rapporto con largomento. La sua conversazione mi infastidisce e non sono
scontento quando la hostess vi mette fine portandomi un vassoio con
alcuni dolci e il t.
Tendo le mani per aiutarla, ma questo gesto sembra dispiacerle. Aggrotta le
sopracciglia, stringe le labbra, allontana con una mano il vassoio, mentre
con l'altra, affrontando quelle difficolt che io volevo appunto risparmiarle,
fissa un tavolino mobile allo schienale della poltrona situata davanti a me.
Vi appoggia poi con cautela il suo carico, verifica che tutto sia in ordine,
sempre senza aprir bocca, lacera la bustina di materia plastica trasparente
che proteggeva cucchiaio, forchetta e coltello, appoggia queste posate a
fianco del piatto, apre un sacchetto di zucchero, ne versa il contenuto nella
tazza, senza preoccuparsi di sapere se tali proporzioni mi convengono,
aggiunge del latte, poi, con mia crescente sorpresa, dispone sulle mie
ginocchia un tovagliolo di carta, mi esamina ancora, come per convincersi
che non resta altro da fare, e mi lascia solo quando la mia espressione le
conferma che sono realmente soddisfatto delle sue attenzioni.
Non ho fatto in tempo ad assaggiare un dolce che gi ella ritorna e lo
rimpiazza con un altro. Protesto che non ho fame, ma rimpiango subito di
aver pronunciato tali parole, perch noto immediatamente la sua
irritazione. Mangio perci tutto ci che mi porta, bevo tutto il t che vuole.
Non trovo alcuna impressione di cui farla partecipe, n lei, d'altronde, mi
sembra veramente desiderosa che io le parli. Mi rendo conto che,
sottomettendomi di buon grado ai suoi servizi, riesco sufficientemente a
soddisfarla.
Non voglio, certo, farle credere che sono in caccia di un'avventura.
D'altronde non accordo il minimo credito alle leggende. Il fatto che le
impiegate delle compagnie aeree siano in generale pi giovani e pi belle
della media dei viaggiatori pu spiegare, a rigor di logica, perch questi
ultimi si eccitano: si pu scusarli se credono alla realt dei loro sogni. Da
parte mia, non ho alcun merito se mi tengo alla larga da questi giochi di
societ: tutto quello che finzione mi irrita.
Lora trascorsa. Stavolta mi permetto di avvicinarmi alla paratia e tento
di riconoscere le segnalazioni luminose. Non vedo niente. Tuttavia il
crepitio dellaltoparlante mi fa presagire che stiano per darmi notizie
sullatterraggio. Lhostess far ancora sfoggio della sua concisione
poliglotta? Infatti, parla dapprima in italiano. La pista, dichiara,
inutilizzabile, a causa della nebbia. Lufficiale di bordo dispiaciuto per le
modifiche che questo contrattempo potr apportare ai progetti dei

passeggeri. Lapparecchio atterrer infatti in un aeroporto di disimpegno.


Dove? Ella non lo dice, preferisce ripetere in inglese e in francese
linformazione che avevo gi capito. Sono abbastanza sollevato, lo
confesso, perch in un primo tempo avevo temuto che laereo tornasse a
Roma, il che mi avrebbe messo in una posizione difficile. Ormai nessun
treno potrebbe portarmi in tempo ad incontrare la persona che mi aspetta,
domani alle prime ore del giorno, appuntamento che non posso prendermi
la libert di mancare. Non si tratta di un qualsiasi incontro daffari, ma di
una prova dalla quale uscir capace di vita autentica o votato allipocrita
attesa della morte. (La scelta sarebbe per me facile, senza dubbio, se
sapessi da quale parte sta la rinuncia e da quale il coraggio. Ma sono sicuro
che, seguendo quelli che credo essere i miei gusti, mi protegger
dallinvecchiamento automatico degli altri? Il mondo reale per me
dallidentificazione o dalla separazione?)
Il mutamento che si verifica nel regime dei motori a reazione mi distoglie
dalle mie elucubrazioni e mi convince della mia fortuna. Qualunque sia il
luogo in cui sar sbarcato, mi sar possibile raggiungere in tempo il mio
obiettivo.
La hostess riappare per allacciare con le sue mani, attorno alla mia vita,
con una seriet da chirurgo, la cintura di cui ella deve tuttavia conoscere la
futilit. Ella stessa si siede nella poltrona che fa pendant con la mia,
dallaltro lato del passaggio. Con la testa appoggiata allo schienale,
silenziosi e, per quel che mi concerne, senza timore, aspettiamo che il volo
abbia termine.
Laereo atterra dolcemente, gira, corre sulla pista pi a lungo del solito,
infine si ferma. Prima che abbia potuto farlo io stesso, la hostess mi ha
liberato delle mie cinghie. Prende il mio cappotto, mi aiuta a indossarlo,
mi porge i guanti, poi mi ordina di scendere a terra.
La densit della nebbia tale che riesco a malapena a scorgere, pur sotto la
luce delle lampade, la parte terminale della scaletta di metallo: come ha
fatto il pilota a imboccare esattamente la pista, in questa notte liquida? E se
cos abile, quale difficolt maggiore gli ha impedito di portarmi alla mia
normale destinazione? Il mio umore, fino a quel momento disposto
allottimismo, cambia bruscamente: la necessit di dover perdere diverse
ore in strada adesso mi costerna. Cerco con gli occhi la hostess, per
lagnarmi con lei. Fatica vana: anchella diventata invisibile.
Un uomo infagottato in una tuta dal colore cupo, con un volto
dallespressione stizzosa, le spalle sollevate nel tentativo illusorio di
difendersi dallumidit e dal freddo, mi fa segno di seguirlo. La nostra

marcia nelloscurit sembra un dover finire: sto per protestare quando


finalmente appare una luminosit diffusa e penetriamo in una stanza
deserta, evidentemente priva di riscaldamento, il cui unico mobilio sono
alcune panche e le cui pareti sono decorate con manifesti di localit
turistiche. La mia guida mi intima di aspettare. Resto piantato l, lo
sguardo girato verso la parete opposta a quella da cui siamo entrati: da
quella parte che mi sar permesso di proseguire oltre.
Pi tardi mi chiedo se per caso mi sono addormentato in piedi. Mi sembra
infatti di aver perso la memoria per quanto riguarda il tempo trascorso.
Nessuno venuto a cercarmi. Sono scosso dai brividi, mi stringo nelle
spalle, percorro i pochi metri che mi separano da una porta di ferro
smangiato, mi ritrovo su un marciapiede vuoto. Dove sono. Infine? Avrei
potuto informarmi dalla hostess, se non altro per scaricarmi la coscienza,
chiedere il nome di quellaeroporto.
Nello stesso momento in cui sto per cadere preda dello scoraggiamento,
davanti a me si staglia la sagoma di un pullman, enorme nella nebbia. Un
autista che indossa luniforme gallonata della compagnia aerea mi apre la
porta, mi esorta a mettermi a sedere, aggiunge che la mia valigia al
sicuro sul rimorchio. Alzo le spalle e vado ostentatamente a sedermi
sullultimo sedile del veicolo, alla maggior distanza possibile dal posto di
guida.
Lautomezzo riparte, procede con lentezza. impossibile scorgere la
minima cosa attraverso i vetri: i fari cristallizzano davanti a loro masse di
bruma, in cui il cofano del veicolo sprofonda con una cecit suicida.
Preferisco fingere di dormire. Ma anche dietro le mie palpebre chiuse il
fantasma della nebbia continua ad assillarmi con i suoi miraggi.
Ogni volta che dischiudo le palpebre, il paesaggio sempre lo stesso:
davanti, un riflesso glaciale e, su tutti gli altri lati, il vuoto assoluto della
notte.
Quanto tempo passato, da quando abbiamo cominciato a viaggiare cos?
Non ho notato l'ora dell'atterraggio, n quella in cui sono montato a bordo
del pullman. Ora mezzanotte. L'automezzo si ferma. Una vetrina
illuminata si fa largo vagamente tra le tenebre. Rifiuto di credere che
possiamo gi essere arrivati.
Vado a mangiare un boccone, mi grida l'autista. Le consiglio di fare
altrettanto. Abbiamo ancora un bel pezzo di strada da percorrere.
Sono ripreso dallo scoraggiamento. In quel momento sarei molto pi
vicino alla mia meta, se avessi avuto il buonsenso di prendere il treno. Ho
avuto torto a cedere a un'impazienza che questo viaggio trasforma in

derisione.
Tuttavia, poich non ho alcun mezzo per sottrarmi ai capricci dell'autista,
tanto vale, senza dubbio, che mi adatti al suo ritmo e dia prova di
cooperazione. Mi rassegno dunque a scendere, entro nell'osteria dove un
vecchio, rannicchiato su una sedia, contempla il vuoto. La mia guida, con
i gomiti appoggiati al bancone, mastica pesantemente. Con il mento mi
indica un sandwich, simile al suo, che mi aspetta, appoggiato direttamente
sulla lastra di zinco del banco, tra due bicchieri di vino.
Mangiamo fianco a fianco, senza parlare. I dolci che la hostess mi ha
costretto a mangiare mi hanno tolto l'appetito. Questa fermata inutile ed
esasperante dura allincirca una mezzora. Quando riprendiamo il
cammino mi siedo accanto all'autista e mi arrischio a domandargli:
Quando arriveremo ?
So in anticipo che egli metter di mezzo la nebbia per evitare di
impegnarsi in una risposta precisa, e le mie previsioni si avverano
esattamente. Il calore che mi ha infuso il vino mi aiuta tuttavia a dar prova
di tolleranza. Forse, dopo tutto, ha avuto ragione a obbligarmi a riprendere
le mie forze.
Passiamo attraverso zone meno opache, dove riesco a distinguere alcune
case. Costruzioni prive di alcun carattere, come in tutti i villaggi del
mondo: muri piatti dall'aspetto stretto, pelosit ripugnante dei cavi elettrici.
La strada ha un andamento serpeggiante. Non esiste da queste parti
un'autostrada? Non ancora terminata, mi informa il mio compagno.
Questo scambio di parole ci basta, per circa un'ora.
Trascorso questo tempo, gli rivolgo di nuovo una domanda disincantata:
Quanti chilometri crede che ci restino da fare?
Uno, sogghigna l'altro.
Lo spazio intorno a noi tornato di nuovo imperscrutabile: tutto ci che
riesco a indovinare che avanziamo ormai lungo un rettilineo. Una nuova
zona di luminosit lattiginosa ci appare e ci fermiamo. Lautista si alza e
scende dal pullman. Incerto, lo seguo fino alla parte posteriore
dellautomezzo. Egli estrae una chiave, la introduce nella serratura del
rimorchio, alza lo sportello e mi porge il mio bagaglio.
Lei arrivato, esclama.
Dove?
Non conosce la citt?
S. Ma non vedo niente.
Eppure qui.
Ride senza traccia di simpatia, borbotta una frase che non afferro, mi gira

la schiena e sparisce nell'oscurit. Riesco a decifrare, sul muro accanto al


quale ci siamo fermati, l'insegna dei terminal dell'Alitalia. L'uomo non mi
ha ingannato. Devo soltanto cercare una lancia, quei costosi battelli che
fanno servizio di tass sulle vie d'acqua interne e sulla laguna. A quell'ora e
con quella nebbia non ho speranza di trovare un vaporetto o un motoscafo
che faccia servizio.
Discendo lungo la breve pendenza che separa la piazza dal canale: l'ufficio
della compagnia aerea illuminato e aperto. Mentre sto per entrarvi, ne
esce una giovane donna, con la testa avvolta in una sciarpa di tulle, di un
colore scuro. Ella mi fissa e io la riconosco, sorpreso: la hostess del mio
aereo. Esclamo:
Com' arrivata fin qui?
Lascio volontariamente capire il mio risentimento per non essere stato
invitato a compiere il tragitto insieme con l'equipaggio, in condizioni, ne
sono sicuro, ben pi piacevoli di quelle che mi sono state riservate. Ma la
hostess non d segno di esserne addolorata.
La accompagner a un albergo qui vicino, decide.
La ringrazio, ma ho gi fissato una camera al Luna.
Mi squadra con il suo sguardo dai riflessi dorati, arcua in una smorfia
caustica le sue labbra carnose:
E come pensa di arrivarci?
Stavo proprio per chiedere che mi chiamino una lancia.
Nell'ufficio non c' nessuno. Io sono qui solo per chiuderlo.
Sembra aspettare che io dia segni di resipiscenza. Ma io m'intestardisco:
Non vuole telefonare per mio conto a una stazione di tass fluviali?
E' inutile: ho gi provato, non rispondono neanche.
Bene. Allora andr io stesso fino all'imbarcadero dei tass.
Buona caccia! ella conclude, come se fosse infastidita dal protrarsi di
questa conversazione e avesse fretta di rientrare nel suo abituale mutismo.
Mentre la guardo andarsene, sono preso da un troppo tardivo rimpianto.
Ma infine, perch non ha insistito oltre? Freno l'impulso di correrle dietro:
sarebbe folle, non la ritroverei gi pi.
Pi saggiamente mi metto alla ricerca della imbarcazione di cui ho
bisogno. Mi viene in mente un posto dove se ne trovano sempre, a poca
distanza da dove mi trovo, verso la confluenza del Rio Nuovo.
Infatti le trovo. La sagoma del loro scafo verniciato e dellabitacolo (che
mi immagino ornato di tendine a frange) visibile anche attraverso quei
vapori compatti. Mi sporgo sul ponte, chiamo, batto ai vetri, ma non
ottengo la minima risposta. Quelle imbarcazioni sono vuote.

Devo aspettare qui il ritorno dei battellieri? Ma, se non tornano prima
dellalba?
Inciampo in un corpo addormentato, avvolto in una coperta e sdraiato
direttamente sulla banchina, nel freddo umido. Non sapevo che a Venezia
ci fossero mendicanti.
Costui d prova di un sorprendente buonumore, mentre si mette a sedere e
si stropiccia gli occhi. Parla con un tale accento che devo fargli ripetere
numerose volte quello che dice. Ma si tratta soltanto di considerazioni sul
cattivo tempo. Assumo un atteggiamento amichevole per far s che mi
faccia da guida. Ma egli soltanto il guardiano del luogo. E dai suoi
discorsi riesco a capire, concentrando la mia attenzione, che questa notte
nessuna barca a motore circoler, qualunque sia il prezzo che io posso
offrire, perch non si mai vista una nebbia simile.
Trover, comunque, una gondola.
Neppure in sogno!
Allora, un abusivo.
Avrebbe paura anche lui.
Mi ribello:
Voi battellieri conoscete tanto bene le calli da farvi evoluzioni a occhi
chiusi. E non ci sono segnalazioni luminose, ai passaggi pi pericolosi?
La conversazione piace al vecchio e vi contribuisce con talento. Mi traccia
un quadro storico della navigazione locale, afferma che ai tempi della sua
giovinezza i trasporti erano migliori di oggi: non era ancora venuta la
gente della terraferma a cacciare il naso dovunque...
Non mi resta dunque altro da fare che raggiungere l'albergo a piedi. L'ho
gi fatto una volta, qualche mese fa. Ma quella volta l'avevo fatto, vero,
perch un veneziano voleva farmi provare il piacre di una passeggiata
senza fretta al sole d'autunno, tra quegli antichi muri. E quel giorno non
avevo valigie da portare. Tuttavia, anche tenendo conto dei momenti
d'esitazione in cui mi sarei trovato, qua o l?, per decidere da solo il
cammino da seguire nella notte e degli errori probabili che l'avrebbero
allungato, arriver alla mia meta!
Un attimo dopo, mi pento di non aver pensato a chiedere a quel brav'uomo
di guidarmi e di farmi da facchino. Per, forse, avrebbe rifiutato di lasciare
il suo posto. In ogni modo, ormai troppo tardi perch ritorni sui miei
passi: non sono sicuro di saper tornare senza tentennamenti e perdite di
tempo all'imbarcadero dove abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Se ci
si azzarda a deviare, anche solo di una strada, nel labirinto di Venezia, si
rischia di girare a lungo in tondo, con grave danno dei propri nervi.

Per fortuna mi ricordo abbastanza chiaramente l'itinerario che devo


seguire. A dire il vero, non certo semplice, perch nessuna strada diretta
collega il piazzale Roma, da dove sono partito, al quartiere di San Marco,
dove si trova il mio albergo. In questa citt, molte vie sono senza uscita e
bisogna saperle abbandonare a tempo, se non si vuole essere costretti a
tornare sui propri passi. Spesso l'uscita si offre a met percorso, sulla
vostra destra o la vostra sinistra, sotto un aspetto del pi mediocri:
camuffata da portone d'ingresso di un edificio o da stretto portico, mentre
la bella calle che, l a fianco, ha tutte le apparenze di una arteria principale
termina, venti metri pi in l, contro un muro senza porta o su un canale.
Nel momento stesso in cui penso a questi possibili inganni, eccomene
vittima! La strada perpendicolare al Rio Nuovo, che ho imboccato dopo
aver attraversato questa via fluviale sul primo ponte che ho trovato e aver
evitato la rete dei giardini, punta, lo so, esattamente nella direzione che
voglio seguire: se fosse possibile prolungarla con una linea assolutamente
dritta, questa mi condurrebbe proprio davanti al portico del Luna. Non ho
con me una pianta della citt (senza dubbio, avrei dovuto pensare a
prenderne una), ma sono guidato da un sicuro senso d'orientamento, quasi
un fenomeno di tropismo. Se potessi lasciarmi guidare sempre da questo
sesto senso, non avrei bisogno degli occhi. Sfortunatamente, ho fatto
appena alcuni passi che questa strada gira ad angolo retto e mi porta su una
banchina abbastanza larga e facilmente identificabile: quella del Canal
Grande. La stazione ferroviaria dev'essere proprio in faccia a me: sto per
girare la schiena alla mia meta.
Piuttosto che ritornare sui miei passi, seguo il canale verso sinistra, finch
ritrovo il Rio Nuovo. Eccomi dunque di nuovo qui, ma sulla riva opposta a
quella dove sono attraccate le imbarcazioni a motore e dove il vecchio
guardiano deve essere tornato al suo sonno. Cammino un istante, scopro
un'altra strada ad angolo retto con l'asse della banchina. Mi assicuro che
vada nel senso giusto. Evidentemente... poich quella che mi ha appena
preso in trappola! Mi viene da ridere in modo folle al pensiero di essere
stato sul punto di cascarci di nuovo dentro, tanto questa via mi apparsa,
la seconda volta, diversa; anche a quest'ora della notte e con un tempo
simile, bisogna proprio non saper assolutamente perdere per non divertirsi
a queste malizie di Venezia.
Riprendo la mia ricerca, lungo il rio, e non tardo a essere ricompensato:
una via parallela alla precedente si apre nell'asse di un ponte; avrei dovuto
imboccare quella strada subito, per essere sicuro di non smarrirmi.
L'essenziale, comunque, aver finito per trovare la mia strada.

Effettivamente, dopo una ventina di minuti, durante quali sono stato ben
attento a conservare mentalmente la direzione ideale e a riprenderla, ogni
volta che fossi stato costretto a scantonare provvisoriamente a destra o a
sinistra, sbuco nel piccolo campo di San Pantaleone. Almeno, mi sembra
quello, a giudicare dalla sua disposizione, con la chiesa alla mia sinistra. In
realt mi difficile riconoscere la chiesa, perch la mia vista non va oltre
un'altezza cos minima che la facciata sembra assumere una forma
rattrappita e quasi scimmiesca. Ma se quel muso che emerge da ciuffi di
lana bianca non mi dice niente di preciso, mi ricordo perfettamente che, in
quella mia passeggiata ottobrina, mi era stato indicato come uno dei punti
chiave della strada giusta.
Tento tuttavia, per una maggiore sicurezza, di decifrare l'iscrizione
all'angolo della piazza. Ma un'impresa impossibile: la targa fissata
troppo in alto e, anche se avessi con me un accendisigari o dei fiammiferi,
la loro fiamma non riuscirebbe a farsi largo nella nebbia. Non fa niente:
devo soltanto continuare ad andare dritto.
Ma no: andando dritto finisco in un altro vicolo cieco che si incurva su se
stesso per meglio sviarmi. Ritornato davanti alla chiesa, faccio il giro del
campo tastando i muri e mi rendo conto che sembra offrire quattro
possibili uscite. Per un breve attimo, dubito di poter riconoscere quella da
cui sono arrivato; mi basta per riflettere all'angolatura da cui mi
apparso, la prima volta, il portico della chiesa per riuscire a orientarmi di
nuovo. La soluzione pi logica senza dubbio aggirare le costruzioni che
mi ostacolano il cammino, scegliendo l viuzza che si apre alla mia
sinistra. La imbocco. Ne incrocio un'altra, che mi sembra importante,
incontro uno stretto rio, lo passo grazie a un piccolo ponte molto arcuato,
devo dirottare di nuovo a sinistra per sfuggire a delle fondamenta senza
uscita, deviazione che correggo subito buttandomi nella prima via libera a
destra, evito abilmente l'insidia di un falso passaggio che non altro che
un cortile... e all'improvviso ho il sospetto che tra un attimo finir per
trovarmi da qualche parte vicino alla Scuola di San Rocco, che conosco
bene ma che si trova nella direzione opposta a quella verso cui intendo
andare!
Bench mi costi fare un puro e semplice dietrofront, mi decido a tornare
sui miei passi finch ritrovo San Pantaleone. La mia impresa ha tanto
successo che l'informe facciata si erge davanti a me prima di quanto
sperassi e, una volta di pi, mi torna il buonumore. Anche in pieno giorno
e con il bel tempo, probabilmente non sarei riuscito a evitare questi errori.
Inoltre, ed questo il lato consolante della mia esperienza, la sola via che

ormai mi resta da imboccare per uscire da quel luogo per forza quella
buona. Ma come potevo indovinarlo al primo colpo? Il ponte su cui questa
via mi conduce , a parer mio, perpendicolare all'asse che intendo seguire.
Per essere di nuovo sicuro di mantenere la rotta prestabilita, voglio
costeggiare la riva del canale che il ponte attraversa.
Purtroppo non trovo il modo di mettere in pratica questo piano: il canale
non fiancheggiato da alcuna banchina; le facciate delle case vi
strapiombano a picco. Bisogna dunque che giri a una certa distanza da
esso, arrangiandomi per conservare una direzione che sia parallela.
La mia valigia comincia per a sembrarmi pesante. Mi viene voglia di
servirmene come sedile, per tirare il fiato. La grande piazza in cui sono
appena sbucato sembra invitare a questa specie di scalo. Ne intraprendo
l'attraversamento e ben presto, cos suppongo, ne raggiungo il centro
perch da dove mi sono fermato, sotto l'alone di luce di un lampione, non
vedo alcuno dei suoi lati. Potrei credere di trovarmi in mare, arenato a una
certa distanza dalla costa, ingannato dai bagliori di uno scoglio traditore.
Come riuscir a raggiungere il porto, senza poter vedere le stelle, senza
bussola e senza carte nautiche?... Decisamente questa fermata non pu
aiutarmi: farei meglio a ripartire subito.
Una sagoma in movimento, a pochi passi da me, mi ispira una paura reale:
senza dubbio mi ero tanto abituato alla solitudine che l'in contro con un
altro essere umano mi sembra, in s, un fatto anormale. E in realt costui
che esce dalla nebbia e si ferma davanti a me, cos vicino da poterlo
toccare, ha qualcosa di inquietante, sia per la sua presenza, a quell'ora, in
strada sia per il suo bizzarro abbigliamento: calzoni aderenti di cuoio
giallo paglierino, stivali con borchie di bronzo, redingotte di velluto ocra,
gilet color foglia morta e camicia con jabot di un acceso giallo zafferano,
guanti di camoscio, bastone con limpugnatura a pomo. I lunghi capelli
bianchi non sono nascosti da alcun copricapo e fluttuano, inquadrando
guance dall'aspetto satinato. Il naso corto, quasi mancante; la bocca larga
e le labbra tumide; gli occhi simili a crisantemi. Probabilmente mi trovo
davanti Un gentiluomo del passato, che soffre di nostalgia per tempi
andati. La sua voce, quando apre bocca, vibra di tonalit ben studiate che
servono da elemento di riconoscimento tra gli snob di qualsiasi nazionalit
e lingua.
Lei si perduto, a quanto vedo.
Protesto, mentre mi alzo e lo sovrasto di tutta la testa:
Niente affatto. Mi riposavo.
Finir per prendersi un malanno.

Poi continua, in francese stavolta cosa che mi infastidisce, perch non


pensavo che il mio accento fosse cos individuabile bench avessi
pronunciato appena poche parole:
Mi permette di accompagnarla fino a metterla sulla strada buona?
Ma ci sono gi.
In un certo senso, s. Ma a partire da qui lei rischia di perdersi.
Non lo credo.
Il suo treno arrivato in ritardo?
Sono arrivato in aereo.
Accenna un sorriso, in cui percepisco una vena di scetticismo. Ma perch
perdo il mio tempo a dargli spiegazioni? Qualcosa in lui mi mette a disagio
e non intendo prolungare questo incontro. Faccio un leggero cenno con la
testa, di cui l'altro capisce le intenzioni, perch si inchina, con una certa
cerimoniosit, ed esclama:
Spero di rivederla.
Sono io ad allontanarmi. Questo incidente, bench insignificante, mi ha
depresso. Direi quasi che mi ha guastato la festa, se non fosse esagerato
definire una festa questa mia laboriosa passeggiata: ma pur vero che, fino
a quel momento, non provavo alcun fastidio a camminare cos; ora, invece,
s. E ho fretta di venirne a capo. Consulto il mio orologio: possibile che
sia soltanto l'una e mezzo del mattino? Lo avvicino all'orecchio: si
fermato. Questa nuova contrariet mi sembra eccessiva e accelero il passo,
come se fossi sotto accusa.
Questo campo non finisce pi. Ma all'improvviso vado quasi a urtare
contro alcuni contrafforti: che senso ha questa profusione di chiese, che si
assomigliano tutte e non possono neanche servire da punto di riferimento
al viaggiatore notturno? Questa non l'ho mai vista. Oppure, se l'ho vista,
non me la ricordo. Ma certo che non sono dell'umore giusto per studiarne
lo stile; la lascio alla mia destra e imbocco un ponte, giro a sinistra,
continuo costeggiando un rio e mi ritrovo, ormai chiaro, davanti a
un'altra chiesa, che mi sbarra la strada. Stizzito, torno indietro, passo un
altro ponte, avanzo dritto e senza esitare e annego di nuovo in un mare
senza rive- Stavolta non so proprio pi dove mi trovo. Una voi e,
purtroppo facile da riconoscere, mi costringe a girarmi, Lui ancora l e,
lo giurerei, mi osservava con aria ironica.
Pensavo proprio che sarebbe tornato per chiedermi di aiutarla, dice.
Vuol dire che non si mosso da dove io lho lasciata?
Si inchina ancora una volta.
Era mio dovere attenderla.

Faccio uno sforzo per conservare la calma. In realt, forse al punto in cui
sono sarebbe giusto chiedere a questo importuno di orientarmi. Perci mi
risolvo a farlo. Ma invece di indicarmi la direzione che devo prendere, si
preoccupa di contestare la scelta del mio albergo.
Non posso credere che una persona della sua sensibilit si lasci imporre
un albergo di bassa categoria, mi rimprovera. Trova tollerabile non
appartenere sempre alla prima classe? Prima che abbia il tempo di
mandarlo al diavolo, sorride con garbo, sospira:
Non si viaggia forse soprattutto per sfuggire all'idea fissa che gli altri si
fanno di voi? A questo punto, assume un tono confidenziale piuttosto
assurdo per sussurrarmi:
Avr certamente gi capito che anch'io non sono di qui.
Abbozzo un gesto che dovrebbe fargli capire come questo fatto mi lasci
indifferente. Prorompe in un'esclamazione: .
A proposito, mi sono presentato?
Infila nel taschino del gilet due corte dita guantate, ne estrae un biglietto da
visita, me lo porge. Getto uno sguardo di circostanza su un nome molto
lungo che non mi do la pena di leggere. Riesco appena a intravedere che
sormontato da un simbolo nobiliare. Borbotto, in risposta, il mio casato
plebeo e manco l'occasione di fargli apprezzare la contraddizione che
esiste tra i suoi giochetti nobiliari e i principi che mi sta enunciando. Si
gi lanciato in un nuovo veemente monologo. Ma, preso da una specie di
stupore, riesco a capire soltanto la fine dell'interminabile frase che ha
appena snocciolato:
... e lei conosce le mie opere.
Riesco finalmente a reagire ed esclamo:
Neanche per sogno.
Non sembra mortificato; afferma, come se fosse qualcosa di lapalissiano:
Eppure non ci sono altri storici delle Amazzoni oltre a me.
Poi si sprofonda in una contemplazione interiore che mi offre finalmente
una possibilit di fuga.
Non esco neanche dalla piazza. Ne faccio soltanto il giro, senza
riconoscere nulla. Perch illudermi? Non so pi dove andare. Come far a
indovinare dov' il nord, la terra, la laguna? Non riuscir mai a sfuggire
con le mie proprie forze a questo nulla brumoso.
Ritorno, sconfitto, verso la nuvola illuminata che ormai la sola boa cui io
possa ancorarmi. Il personaggio riprende le sue elucubrazioni, come se non
si fosse accorto della mia assenza: Lei converr con me che non si pu
vivere in pubblico e sfuggire alla classificazione. Ora, chi dice genere dice

mutilazione. Il primo dovere che abbiamo di non lasciarci sminuire. Lei


si trover pi al sicuro in un palazzo privato.
Io le sarei gi molto grato se mi indicasse come posso arrivare al ponte
dell'Accademia per la via pi corta, dico tristemente.
Mi segua, taglia corto laltro.
Mi avr sentito, contro ogni speranza? Ma si ferma accanto a un pozzo, la
cui pietra ornala da un alto fregio raffigurante alcune puledre dalle
zampe asili i dal collo affilato. Il suo parapetto torto dalla nebbia senza
che noi si sia passati da alcuna calle: almeno, non ho visto i muri.
Esamini bene queste figure, esclama il barone. E riuscir subito a
capire il rapporto esistente tra i loro modelli e le mie eroine.
Appoggio la mia valigia sull'acciottolato scivoloso e carezzo la bocca di
marmo del pozzo, che sembra gonfiarsi sotto le mie dita.
Queste puledre si lasciavano montare solo da chi le amava, prosegue il
narratore. E ci si pu amare soltanto tra esseri fatti allo stesso modo.
Replico con stanchezza:
Il genere cessa di essere un male se trasgredisce l specie?
All'improvviso mi guarda come se mi conoscesse da lunga data.
Lei si accanisce a usare parole per negare le sue possibilit, esclama.
E' il segreto di qualsiasi suicida. Ci che ha permesso alle Amazzoni di
sopravvivere che non parlavano.
Scherzo (ma senza dubbio ho torto a far finta di entrare nel suo gioco):
questa l'origine della loro cattiva fama?
Ci che non mai stato loro perdonato d'aver puntato sull'omogeneit
piuttosto che sulla dissomiglianza.
Procedendo per esclusione?
Comprendendo che l'illusione di una essenza contraria non quello che
rende l'amore possibile, ma quello che nasconde i suoi poteri.
La natura fatta dell'organizzazione di elementi e d'avventure
complementari.
La natura ci destina all'infelicit, non alla gioia.
Non abbiamo la scelta di poter andare a vivere altrove.
Si pu far meglio che non conformarsi al caso.
Rifugiandosi nel fantastico?
Il realismo delle Amazzoni consiste nell'aver rigettato la favola di un
mondo fatto di uomini e di donne.
Rifiutarsi di riconoscere la pluralit dei sessi non pu cambiare il reale.
Esse hanno sempre saputo che esiste un solo sesso.
In quale spazio mitologico?

In quello in cui i miti sono messi a nudo.


L'unica demistificazione di cui si possa essere sicuri quella della
morte.
La morte concepibile solo l dove esiste una differenza: l'amore, che
l'antitesi della morte, l'abolizione di qualsiasi diversit.
E le Amazzoni facevano la guerra per amore della vita o per amore della
morte?
Si battevano solamente per essere libere di amare.
E in base a quale metro misuravano la libert dell'amore?
In base a che cosa, in realt, le chiedo, se non alla bellezza dei loro toraci
nudi?
Dunque non erano niente di pi che lesbiche?
Erano padrone di loro stesse.
Una tale arte pu avere diversi sensi.
Il senso che ha in realt ancora non esiste. Almeno, non per altri corpi
che non siano quelli che esse hanno conquistato.
Perch, si sono perpetuate fino ai nostri giorni?
Si mostra insensibile al sarcasmo, osserva semplicemente:
In caso contrario, che cosa farei io qui?
Mi sforzo di essere obiettivo:
E per quale mezzo si riproducono?
Per cooptazione.
Il mio silenzio lo induce senza dubbio a pensare che io mediti su questa
rivelazione. Precisa:
Si reclutano tra le donne capaci di essere uomini e tra gli uomini capaci
di essere donne.
Bisogna credere che, stavolta, io abbia dovuto veramente abbassare le
palpebre perch, bruscamente, non lo vedo pi. Aspetto un attimo, chiamo.
Nessuno risponde. Sollevo la mia valigia con un certo rimpianto. Il freddo
mi attanaglia, i miei capelli sono umidi di nebbia. Mi avvio, con un nuovo,
doloroso sforzo, nel tentativo di uscire dal dedalo nel quale mi sono
lasciato invischiare.
Ormai per me si tratta di andare da qualsiasi parte. Dovunque mi trovi,
finir pur per trovare un rifugio.
Mi allontano dal pozzo, finch incontro un muro. Al termine di questo
muro trovo un passaggio. In fondo al passaggio le solite fondamenta
veneziane. Ma il rio che costeggia queste fondamenta ha certo debordato:
cammino nel bagnato. Pi avanzo, pi l'acqua diventa alta. forse l'inizio
di una di quelle inondazioni cos frequenti a Venezia? Siamo in un periodo

in cui l'opposizione del sole e della luna innalza il livello del mare? So
soltanto che non posso andare avanti da questa parte. Ma ho appena fatto
alcuni passi in un'altra direzione che, di nuovo, l'acqua fetida mi insidia.
Perdo la testa, fuggo. La nebbia diventata ghiaccio liquido, che mi
congela le labbra e mi brucia gli occhi. Mi sento braccia e gambe pesanti,
intorpidite. Mi sembra quasi di sentire sulla mia schiena un fluire livido e
viscoso. Non ne posso pi.
Chiamo a voce alta, senza quasi rendermi conto delle parole che
pronuncio. Le sento rimbalzare beffardamente sul nero specchio salmastro.
Il pozzo! Dov' il pozzo delle Amazzoni?
Al suono di questa preghiera insensata torno in me. Tutt'a un tratto mi
metto a ridere: evidentemente le parole del barone devono avermi stancato
pi del previsto per farmi girare cos la testa! Ora sto meglio. Se non ci
fosse il peso di quell'inutile bagaglio, mi sentirei nelle migliori condizioni
di spirito per affrontare la tappa finale.
Ma, poich la considero inutile, perch continuare a sopportarne il peso?
Per semplice abitudine? O sono forse pi attaccato al suo contenuto di
quanto riesca ad ammettere?
Faccio uno sforzo di volont uno sforzo sproporzionato alla sua causa
e appoggio la valigia che mi cos familiare accanto a un muro. Mi
allontano, cercando di non ascoltare le ragioni di rimpianto che mi corrono
dietro.
Quasi subito mi ritrovo davanti al pozzo. O forse un altro, rassomigliante
al primo? Ce ne sono tanti, nei campi e nei campielli di Venezia. Forse ho
fatto pi strada di quanto non immagini. Esamino con cura il bassorilievo
che lo circonda. Riconosco l'andatura pensosa, la dolcezza dello sguardo,
la tenera linea della schiena delle giovani cavalle di cui lo studioso mi ha
lodato le grazie. E' vero, sono belle. M'inginocchio per meglio osservarne
le curve e accarezzare di nuovo i loro toraci serici. Alcune giovinette nude
in questa carne di pietra non evocherebbero piaceri pi umani. Mi
piacerebbe cavalcare senza sella questi dorsi sensuali, circondare con le
braccia i loro colli percorsi da vene calde e impregnare le mie guance
dell'odore erboso delle loro criniere.
Un timido strofinio contro la mia coscia mi distoglie da questo sogno.
Quando giro la testa, due occhi dorati mi fissano, cos ricchi d'intimit che
non provo n sorpresa n timore. Tendo la mano e tocco una lanuggine
fitta e crespa, tagliata corta e che lascia percepire il tepore della pelle. un
cane, che si sperduto al pari di me e viene a tenermi compagnia nel
freddo: un barboncino, mi sembra, bench la forma del muso sia lunga e

rettilinea come quella di un levriero. Una bestia, comunque, cui stata


inferta una strana ferita. Nel mezzo della fronte, infatti, una tacca verticale
le fende il pelame. Non vedo tracce di sangue: eppure non pu essere una
ferita vecchia, perch i lembi sono rosei e gonfi, come labbra morse:
labbra che, ora, non possono pi restare serrate. Non mi sarei quasi stupito
se la punta di una lingua umida si fosse infilata tra le loro mucose per
leccarle.
Pi la contemplo, pi la stranezza di questa ferita mi sembra evidente. Le
sue linee ellittiche e le sue proporzioni sono cos perfette, la simmetria cos
regolare, il posto cos ben scelto, il colore cos calmo e la smorfia cos
conturbante che non pu essere il prodotto di un incidente o di una
malformazione: denuncia una necessaria correzione dell'ingenuit dei tratti
ereditari, il risultato di una volont di bellezza. A questa bestia stato
fatto qualcosa che la natura, lasciata a se stessa, non sarebbe stata capace
di inventare.
Maschio o femmina? La carezzo: una femmina. Mi sembra che il suo
sguardo pieno di pagliuzze dorate emetta un luccichio malizioso: di buon
grado restituisco alla bestia il suo sorriso. Una zampa si posa sul mio
ginocchio, pi lunga e pi sottile di come sia di solito la zampa di un cane.
Circondo con le dita la caviglia snella. In tutta la mia vita non mi ricordo
di aver mai prestato attenzione a un animale, n di aver desiderato di
tenerne uno con me. E meno che mai una cagna, forse per una paura
inconscia che ad altri venga il sospetto (o che venga a me l'idea) di
possibili rapporti amorosi. Ma questa di una specie particolare. E potrei
immaginare, senza imbarazzo, di tenerla tra le braccia. Forse perch questa
inconsueta bocca incarnata sulla sua fronte offerta suscita in me il
desiderio di chinare la testa e di posare le mie labbra sulle sue?
Senza che i suoi occhi abbandonino i miei, la visitatrice fa uno sforzo per
farmi mollare la presa. Apro la mano. Ella indietreggia, si gira, avanza di
un passo, alza la testa verso di me: cos slanciata che il suo muso mi
arriva all'altezza dell'inguine.
Si direbbe che mi inviti a seguirla. Perch farmi ancora pregare? Senza
dubbio sa meglio di me dove andare.
Pochi passi infatti ci separano dal luogo dove mi conduce, chiuso da
un'alta cancellata di ferro, tra pilastri di marmo livido. Lo stile
dell'edificio, l'altezza del frontone sono particolarit che non conoscevo:
sulla scena dove stato piantato questo portico nero e bianco, i fondali e le
quinte, se esistono, restano nascosti nei vapori che escono dal paiolo dei
truccatori.

La bestia appoggia una zampa sulle sbarre.


Do una spinta e il battente si apre. La mia guida mi precede sotto una volta
appena rischiarata, lungo la quale distinguo per immagini gigantesche.
Mi avvicino a una di esse. E' una donna nuda, di un classicismo attico, che
tiene per il collo una cerva: qualche dea cacciatrice senza dubbio, bench
sprovvista di arco e di frecce. Il cane si fermato, mi attende e io sto per
raggiungerlo, quando un particolare sorprendente richiama la mia
attenzione: il sesso della statua scavato e scolpito con una sicurezza e
una freschezza di taglio e di linea che mi fanno dubitare per un attimo che
possa trattarsi di un'opera antica. Eppure sembra in ogni sua parte erosa e
levigata dal passaggio dei secoli. Forse il sesso e il resto del corpo non
sono stati fatti contemporaneamente?
Seguendo la cagna salgo una scala maestosa, dai gradini consunti che
conduce a un vasto pianerottolo coperto di tappeti. Alcuni candelabri gialli,
affissi a dei pannelli di rovere, spandono una luminosit di sogno e
sembrano invitare al silenzio. Una delle porte aperta e la mia
accompagnatrice la varca. La seguo in un salone immerso nella stessa luce,
troppo fievole perch si riesca a vedere quali tesori custodiscono i Mori di
bronzo o d'ebano che rizzano di stanza in stanza i loro toraci a tutto tondo.
La sala seguente un po' pi accogliente. Alcuni rami d'olivo, che si
potrebbero credere tagliati di recente, guarniscono vasi di vetro verde
pallido o di alabastro lattiginoso. Tavoli di alabastro e divani bassi sono
disposti a una certa distanza gli uni dagli altri, e in questi larghi spazi
emerge il verde stranamente vegetale dei tappeti.
Nessun segno di abitanti: n un suono, n un libro, n tracce di cenere.
L'idea che in questo palazzo io possa trovare qualcuno cui domandare
ospitalit mi sembra sempre pi improbabile, via via che le sale vuote si
susseguono in una deludente sfilata. Dopo un certo tempo decido di tagliar
corto con questa visita: un divano, nella stanza in cui mi trovo, mi offre un
conforto sufficiente perch vi possa aspettare la venuta del giorno.
Mi lascio cadere sui suoi cuscini di cuoio. Ma immediatamente la grande
cagna ritorna sui suoi passi e si ferma davanti a me. Il suo sguardo cos
chiaramente impaziente che mi alzo, quasi senza rendermene conto, e
riparto alla scoperta del palazzo.
Sono arrivato finalmente alla fine delle mie pene? Penetro in una stanza
splendida. Una luce giovanile, colori acidi rianimano il mio spirito. Alcuni
rari mobili attestano la ricchezza e il buon gusto dei padroni del palazzo.
Al centro, un baldacchino di un bruno dorato con riflessi viola sormonta
un letto coperto di pelliccia. Eppure, in quel sentore d'estate, fatto di fiori

secchi e di terra calda, che le mie narici incredule aspirano, verrebbe da


credere che nessun essere vivente, da tempo, vi sia passato.
La cagna si avvicinata al letto e mi aspetta. Mi sono avvicinato anch'io;
essa saltata sulla pelliccia, si allungata, con aria regale, intimidatrice,
senza che ormai quasi pi niente, nella sua astratta posizione da sfinge,
richiami la dolcezza che avevo trovato nelle pagliuzze dorate dei suoi
occhi, l accanto al pozzo. Sulla parete, dietro di lei, una statua di legno,
ricoperta di smalti e di pietre preziose, raffigura un altero e colossale
liocorno. Lo sguardo di topazio che fisso su di me rassomiglia in modo
impressionante a quello della cagna. Tra la bestia leggendaria e quella che
mi ha salvato dalle allucinazioni notturne, la sola differenza visibile ,
sulla fronte della prima, la stalagmite incongrua e fragile del suo corno di
cristallo.
Mi strappo a forza da quell'impressione di sortilegio e mi dirigo verso la
pesante porta dall'architrave di stucco, alla destra del letto; ormai voglio
uscire da quel palazzo disabitato, che comincia a ispirarmi un sentimento
prossimo alla paura. Ma, varcata questa porta, capisco che non andr pi
lontano di cos. Una vasca di marmo ocra, dai rubinetti di bronzo, mi tenta
con la sua acqua calda e schiumosa. Mi aspettavano. Saponi, spugne,
asciugamani ruvidi sono stati preparati per me e si moltiplicano davanti ai
miei occhi negli specchi opachi. Non mi difender.
Mi tolgo gli abiti e fluttuo a lungo nel bagno bollente: chiss quanto tempo
passo cos a lavarmi dalle velleit, dalle tracotanze e dalle illusioni ottiche
della nebbia?
Quando sono tornato nella stanza, con la pelle frizionata, rasato, odoroso
di profumi boschivi, il tirannico animale non era pi l. Devo confessare
che una delusione appena formulabile mi ha stretto il cuore? Ma la mia
stanchezza era troppo grande e troppo sfumati i miei pensieri perch
questa emozione potesse essere pi che furtiva. Mi sono steso
pesantemente sul letto. La ruvidezza del pelame fulvo sulla mia schiena
nuda stata l'ultima impressione che la mia coscienza abbia identificato,
prima che i miei occhi si chiudessero sulla trasparenza, al di sopra di me,
del grande corno mitico.
Sogno che una cagna dai lineamenti umani si erge in piedi e nuda davanti a
me. Tendo le mani verso di lei: ella mostra i denti... Non mi ha morso:
tuttavia, le mie braccia perdono qualsiasi forza e ricadono inerti. Non
conoscer mai il suo amore.
Ella si china su di me: cosa vuole dame? Le sue labbra toccano le mie.
Mi sveglio. Riconosco la stanza dall'atmosfera feudale. Non c' alcuna

cagna. L'enigmatica bestia non tornata. Ma sono veramente solo?


All'improvviso una forma passa ai piedi del letto, concreta, impossibile:
una donna dal torace nudo e anormalmente sottile, di cui ogni muscolo
sembra elastico e duro, visibile sotto la pelle ambrata. Il busto piatto,
punteggiato dai capezzoli scuri e appuntiti. Il viso ha i tratti netti di una
scultura, dal collo sottile fino alla fronte incorniciata da capelli lisci, neri,
tirati verso l'alto e stretti in un nodo, a ricadere in una lunga coda di
cavallo, che, nel momento in cui la donna attraversa la stanza con una
elasticit da atleta, le sferza il dorso flessuoso, le anche impuberi e le
natiche dal profilo sferico e dai fianchi concavi.
La forza quasi minerale e la giovinezza che immortalano questo corpo
dalle cosce di rame mi farebbero forse piombare in un abisso di
disperazione se la sua inimmaginabile bellezza non mi facesse dimenticare
ogni altra ragione. Mi fa anche dimenticare che, io pure, sono nudo,
mentre mi sollevo sul letto e contemplo con un desiderio assurdo questo
fin troppo certo miraggio.
Con un brusco rilassamento delle sue gambe selvagge, la meravigliosa
visione si gira e si volge dalla mia parte. Nei suoi occhi tenebrosi, dal
taglio obliquo che sale leggermente verso le tempie, infossati e circondati
da folte ciglia, tanto che sembrano inghiottire il viso, non riesco a leggere
n interesse n collera. Le labbra larghe e carnose non sembrano volersi
schiudere. Le narici immobili non tradiscono alcuna emozione. Nessun
respiro sembra sollevare il petto dai riflessi appena ondulati delle corazze.
Il mio sesso, tuttavia, si indurisce di passione per il ventre dai rilievi
simmetrici, ombreggiato da fossette come una guancia e nel quale il
disegno ardito del pube smentisce brutalmente l'apparente innocenza.
Nessun vello ne attenua la nudit e il rilievo, che richiamano alla mente gli
zigomi sporgenti del viso triangolare. Inoltre, affascinante singolarit, il
suo solco non , come nelle altre donne, a tre quarti celato tra le gambe,
ma risale in alto, tutto scoperto, nello stesso piano dei seni da ragazzo. Una
forza libera e violenta sembra gonfiare del suo sangue le oblunghe labbra
verticali che si offrono al mio sguardo con l'impudicizia e il sussiego
tutt'affatto strani di una pianta bisessuata.
Sento gi che la scienza delle propriet naturali e degli atti usuali mi
sfugge di mano: di quale genere d'amore capace questo superbo corpo?
Per carnale che sia, la mia brama esita ancora a disturbarne l'ordine. Pur
tuttavia, l'avvenire mi offrir mai di nuovo una simile occasione?
Prim'ancora che mi sia deciso a tentare il gesto che potr conquistarmi la
sua bellezza, l'apparizione previene il mio attacco e indietreggia. Si

addossa al muro, le spalle curve in avanti. Forse per prendere lo slancio e


fuggire? L'ho gi perduta? Oppure, al contrario, ella si prepara a sua volta
a gettarsi su di me, con la ferocia che fanno presentire le sue membra
irrigidite e lo sguardo notturno?
Un progressivo mutamento, per, ammorbidisce il suo atteggiamento e
rischiara il suo viso. La cavit dei suoi occhi si riempie lentamente di
pagliuzze colorate. Si avvicina, senza sorridere ma anche senza pi alcuna
dimostrazione di timore verso di me, tende una mano e l'appoggia sulla
mia bocca. forse, per impedirmi di parlare? Con l'altra mano mi tocca il
sesso.
Per paura di far rinascere in lei altri timori, lascio ricadere il mio corpo
nella posizione in cui ella l'ha sorpreso addormentato. Le mie braccia
riposano immobili sulla pelliccia ruvida, trattenendosi dal circondare le
cosce della donna che indovino pi inclini a serrarsi attorno a una
cavalcatura domata che a lasciarsi esse stesse soggiogare. Le mie mani
rifiutano di esplorare la sfrontata fessura di cui il mio odorato percepisce il
profumo di ginestra. Smetto di volere, nell'attesa di sapere che cosa ella
vuole.
La palma della sua mano e le sue dita passano sulla mia verga, che al loro
contatto sussulta e si tende; poi esse si stringono e serrano in una morsa la
carne spugnosa, affinch le mie vene ansanti l'irrorino di sangue.
La mano sicura mi tiene cos per un momento, senza muoversi, finch la
mia rigidit e congestione le sembrano sufficienti: allora, tira indietro la
pelle, poi rimonta lentamente, fino alla punta del glande, e ripete il suo
movimento senza cambiare il ritmo; aumenta appena la pressione, nel
momento in cui arriva alla fine della sua corsa, con una scossa quasi
impercettibile. L'insistenza di ogni passaggio progredisce tuttavia con un
rigore scientifico.
Gli occhi della fanciulla seguono, senza percettibile emozione, l'opera in
cui la sua mano eccelle. Provo un senso di meraviglia pi spirituale che
sensuale per il talento e l'efficacia con cui ella mi sottomette ai suoi
disegni. Non mi passa neanche per la mente di chiamare il suo gesto una
carezza. Per stordente che sia la spirale in cui mi trascina il va e vieni della
sua mano, per vertiginoso che sia l'incoercibile afflusso dello sperma, la
determinazione che scorgo in lei e, anche, all'improvviso, le possibilit
indefinite che sento in me mi fanno capire che ella si applica non tanto per
procurarmi un piacere fisico, ma piuttosto per liberarmi da una attiva
debolezza.
Contro qualsiasi ragione, spero che la prova duri a lungo: ma perch lei, la

mia educatrice, dovrebbe attardarsi? La sua mano si fa pi imperiosa; la


sua cadenza irresistibile. Viene il momento: sto per disfarmi, scompormi...
Consento a che questa donna mi svuoti dei geni univoci che
predestinavano la mia essenza e scusavano la monotonia delle mie scelte.
Il filtro di cui sognavo di servirmi per assoggettarla alle mie rassegnazioni
e al mio amor proprio fluisce tra le sue dita e sul mio ventre, dove anche le
sue labbra lo lasciano perdersi.
Gli esclusivismi che la mia erezione armava di chimere si seccano gi sulla
mia pelle, con la patetica tenuit delle finzioni e delle false gioie
dell'infanzia. L'unione effimera e il disincantamento solitario dei nostri
corpi distinti creano in me un desiderio di gemellanza.
No, non sono ancora solo. La sconcertante bellezza si inginocchiata e ha
preso nella bocca il mio sesso sfinito. La sua lingua e le sue labbra, la sua
saliva e i suoi denti non cercano pi niente da estrarre da me. Al contrario,
da lei, ne sono sicuro, che mi viene questo succo infinitamente
zuccherino che, a poco a poco, si mescola ai fluidi delle mie vene. Con
infinito diletto il suo volatile sapore si annuncia alla mia gola. Forse lo
possedevo da sempre in me, addormentato, finch un tocco venuto
dall'esterno me l'ha fatto scoprire.
Ma sar in grado di aprirmi ai doni che presagisco? Devo disabituarmi a
tanti pretesti malinconici, prima di poter riconoscere tutta la realt cui do
asilo!
Quel sottile senso tattile, supponevo io forse l'umilt congenita che lo
manteneva assopito? Divento tutto sensibile mucosa. Gli sfregamenti, le
frizioni e le pressioni che incantano il mio fallo illanguidito creano in me
un senso di sollievo dopo le trazioni impazienti e le suzioni interessate.
Una lingua petulante avviluppa e culla il mio sesso, gira, volteggia e torna
ad annidarsi su di esso, trattandolo come un clitoride: i suoi battiti rapidi e
caldi, la sua leggera giocosit, la sua tenerezza, le sue premure, la sua
tranquillit mi promettono squisite tregue e sogni cos durevoli come le
nubili predilezioni.
Mi annido nella bocca che m'ama come mi rannicchierei in un amplesso.
La sua prodigalit risveglia sotto la mia pelle una tenera elettricit
fremente, che si irradia verso la parte alta delle mie cosce e, lungo il mio
ventre, fino al mio petto di cui essa indurisce soavemente i capezzoli.
Accumulo questa preziosa corrente, prevedendo il momento in cui i
condensatori del mio corpo la cambieranno in lampi culminanti.
Ma posso dilatare di quanto mi piacer lo spazio immaturo e ghiotto che
separa il mio desiderio e il mio appagamento. Il sangue che affluisce snza

fretta nel mio voluttuoso intrico di vasi non mi brucia pi del fuoco che
volevo poco fa emettere come un grido: irriga e calma il mio sesso e le mie
tempie. La sua liquida freschezza s'allea alle secrezioni di ghiandole ignote
che umettano la mia intumescenza serica di grosse gocce odorose di una
loro rugiada.
Con una percezione imprevista, ascolto il suono di ritmi sincroni che
chiamano con voce sorda i miei muscoli incitandoli a una danza sensuale:
all'inizio lenta, poi pi baldanzosa e che mi trascina nel suo ritmo ansante.
Il mio bacino si solleva e si distende, aspira l'aria come un polmone.
Intuizioni senza immagini, salve folgoranti mi trafiggono, mi mutano, mi
trasfigurano. Divento cavit. Aspetto soltanto la penetrazione e la
replezione dei miei sogni concavi.
Mi ripiego su me stesso solo per far meglio posto all'ineffabile intimit
che, presto o tardi, mi sar nota... Non desidero pi uscire da me, ma
entrare sempre pi profondamente e pi lontano dentro di me. Mi
concentro su questa interiorit trovata e mi immergo, giubilante, nel suo
narcisismo senza rimorsi. La mia primitiva cattiva coscienza si diluita
per sempre nel mio ventre vezzeggiato.
Chi sono? Il mio sesso diventato seno? E io, in tutto il mio essere, sono
diventato una bocca che una bocca riempie? Mi ricordo ancora tramite
quale bacio ho abboccato a me stesso?
Questo flusso, queste scaturigini di linfa, queste gemmazioni, queste
fioriture, queste antesi, che riscattano della loro ingenuit dioica mille
organi la cui attitudine al prodigio mi era ignota, dovrei respingerne la
grazia, solo perch non so con quale nome chiamarla?
Ma poi ancora vero che non lo conosco? Non oso, forse, pensarci?
Quale timore dunque mi trattiene? Antiche vergogne e fierezze abusive
riusciranno a privarmi di questa possibilit? Mi rinserrer con derisione
all'interno dei limiti appresi, nel momento stesso in cui la loro
inconsistenza mi viene rivelata? Mi trincerer dietro una fatale distinzione
generica, quando scopro le ambigue estasi della donna che potrei anche
essere?
Perch tacermelo pi a lungo? Capisco e il peana che s'innalza dalla
mia gola quello della mia gioia liberata: la breccia, al di l dei generi
immaginari, attraverso cui il mio corpo scorge l'infinito delle sue capacit
d'amore mi d accesso all'incommensurabile felicit delle donne!
Ho trovato l'immemore scorciatoia che porta alla segreta unicit dei sessi.
Miriadi di divergenze fortuite, una ineguaglianza e una privazione senza
speranza si annullano, in questo momento, in me. L'orgasmo popolato di

stelle che non finisce pi di farmi conclamare il mio nuovo splendore pone
fine all'ingiusta separazione e all'errare naufragato della mia frigida
condizione d'uomo. Trionfo!
Ho conquistato la riva d'oro del solitario privilegio femminile! Voglio
abbandonarmi all'estasi del mio sacrilegio inaudito!...
Cos straziante mi appare la vittoria che la sento come una ferita.
Intollerabili denti! Le lacrime che fluiscono dai miei occhi aperti si
mescolano nella mia bocca al sapore del sangue che sale dal loro morso.
La mia coscienza esplode e il mio ventre si squarcia: i canini innamorati
che mi trasfigurano di piacere mi amputano e mi castrano. Sono perduto!
Si fa giorno. La fresca aria frizzante penetra attraverso le finestre aperte.
Sopra di me, l'unicorno di vetro divenuto invisibile nel fulgore del
mattino. Sul mio pube, gi dimentico di dissomiglianze mortali, una vulva
nuova e sanguinante, che le mie mani si apprestano ad agguerrire, indirizza
un sorriso sicuro di s ad armoniose avventure.
PARTENOGONIA
Quando Marie-Chatte arriv al termine dei suoi studi e pass con successo
i suoi esami, il Coordinatore decise che ella avrebbe trascorso il periodo
del suo servizio sessuale su Diana, il pianeta nero del sistema Alfa, nella
costellazione dell'Atelier dello Scultore.
La scelta di questa localit sorprese tutti perch, per poco noti che fossero
gli Artemidi, si sapeva per almeno che non avevano sesso.
Incuriosita e ansiosa di appurare che cosa l'attendesse, la laureata resistette
alle pressioni della famiglia e degli amici, che le consigliavano di chiedere
una revisione di questo programma. Dopo aver salutato tutti, Marie-Chatte
si prepar dunque a indossare il Traspositore che, nell'equivalente di una
settimana terrestre, le avrebbe fatto varcare, con un viaggio che ben poco
aveva di spaziale, i cinquecentomila anni-luce che l'avrebbero separata dai
paesaggi familiari della sua galassia natia. Anche questo breve intermezzo
non sarebbe stato tempo perso per lei. Nello stato d'incoscienza in cui
sarebbe piombata mentre veniva sradicata dalle dimensioni abituali della
sua specie, avrebbe appreso la lingua del paese che doveva visitare. I
dispositivi di cui era munita la sua capsula avrebbero provveduto a tale
educazione senza che ella dovesse darsene la minima pena. Nulla di ci
aveva qualcosa di straordinario, perch la massa incommensurabile di
nozioni che ella aveva appreso in un anno di universit le era stata infusa
mediante procedimenti analoghi. Altrimenti, come avrebbe potuto

raggiungere, a sedici anni appena compiuti, il livello d'intelligenza


richiesto per partecipare al movimento creatore dell'Universo, come stava
per poter fare grazie a quel primo collaudo di vita civile?
I suoi genitori e una folla di suoi amici vennero ad assistere alla sua
partenza, eccitati e loquaci come sempre capita in casi simili. La fanciulla,
dopo averli abbracciati e aver promesso a tutti di far aver loro notizie, si
sbarazz prontamente dell'usbergo di petali di plastica che indossava quel
giorno e il cui contorno, la posizione, le sfumature e i rilievi variavano
continuamente, disegnando sulla sua pelle un balletto in cui le qualit
tattili, le luci, i profumi e i suoni sembravano mettersi in contrasto. Ma
l'effetto che queste propriet producevano sui sensi dimostrava, in realt,
l'abilit del sarto, le cui voluttuose atonalit erano l'ultimo grido della
moda.
Si infil nuda nella capsula. Questa aderiva perfettamente a ogni sua parte
del corpo, essendo stata costruita in base alle sue misure. Richiuso
l'apparecchio, era impossibile capire che Marie-Chatte portava su di s
qualcosa. Eppure la pellicola, il cui spessore non superava alcuni centesimi
di millimetro, duttile e morbida come una calza e assolutamente
trasparente, che l'isolava dal mondo relativo, conteneva nella sua sostanza
un numero di apparecchiature maggiore di quello che, dieci millenni
prima, avevano trasportato i vascelli spaziali, lunghi chilometri, partiti
all'esplorazione della stella pi vicina dove naturalmente non c'era nulla
da trovare.
Pensando alle difficolt che gli uomini avevano dovuto affrontare per
strapparsi alle prime et dell'infanzia, la loro discendente ebbe un sorriso
di tenero divertimento. Fu questo l'ultimo ricordo che i suoi intimi ebbero
di lei: un secondo dopo, Marie-Chatte era scomparsa.
Poco pi di un anno e sar di ritorno! Passer in fretta, osserv
qualcuno, con gli occhi ancora fissi sullo spazio vuoto che ella aveva
lasciato al centro del gruppo.
Poi ognuna lasci l'Istituto per partecipare ad altre feste.
L'Ufficio di Controllo li avvis, quindici giorni dopo, che alcuni
meccanismi del transfert si erano senza dubbio guastati, perch era stato
perso qualsiasi contatto con la viaggiatrice. Dopo aver fatto un'inchiesta
presso le autorit che avrebbero dovuto accoglierla, si pervenne alla
conclusione che non sussisteva alcuna possibilit di ritrovare le tracce
della giovane creatura: si doveva considerare la passeggera come dispersa,
anima e corpo.
In quell'epoca simili incidenti non erano rari e, anche se venivano

menzionati nei notiziari dedicati agli avvenimenti pi svariati della rete


psicotelica, nessuno li prendeva troppo sul tragico. Ci fu tuttavia un
commentatore che appur come nessuno fosse mai andato fin laggi. Egli
espresse l'opinione che sarebbe stato meglio non tentare di nuovo l'impresa
entro breve tempo: non mancavano altre regioni pi accessibili e pi
interessanti; ci si accontentasse dunque di inviare a questa zona galattica
auguri di felice sviluppo, ogni mille anni!
E ci precisamente accadde, non tanto, senza dubbio, per venire incontro a
questa corrente d'opinione, quanto piuttosto per il gioco normale del
principio d'incertezza nell'amministrazione degli affari pubblici.
La famiglia di Marie-Chatte, dal canto suo, si astenne dal manifestare il
suo dolore, perch ci era contrario alla buona creanza. Ma talvolta, scesa
la sera, il padre contemplava la piantagione amichevole delle nebulose e le
rimproverava in silenzio la sua bimba perduta.
Invece Marie-Chatte era viva e ben sistemata sul pianeta al quale era stata
destinata:
semplicemente, nessuno laggi l'aveva identificata. E poich l'indifferenza
e l'inerzia burocratica non erano da meno di quelle della Terra, i messaggi
ricevuti non erano stati trasmessi al personale che sarebbe stato in grado di
rispondere. L'affare fu dunque archiviato localmente in modo altrettanto
sbrigativo di come era stato dimenticato all'Universit di Buona Volont
Cosmica di Sole III.
La fanciulla si era risvegliata in un luogo dall'aspetto vagamente
metallico, che ella seppe subito designare con il suo nome. La sua mente
traboccava di mezzi d'espressione perfettamente consoni al luogo che si
apprestava a conoscere. Marie-Chatte si felicit per l'ottimo
funzionamento dell'infusore del linguaggio. Per nello stesso momento in
cui le venne questa idea, prov una insolita difficolt a formularla. Nella
speranza di sgranchirsi la mente, la ripet nell'idioma del suo nuovo
mondo. Ma l'aveva appena fatto che le sfugg il mezzo di pensare la stessa
cosa in linguaggio terrestre. Bench tentasse e ritentasse, le era divenuto
impossibile ritrovare il vocabolario e la sintassi necessari.
Questo contrattempo l'indispett. Ma ecco che la sua stessa irritazione si
sottraeva alla sua coscienza! Ella la sentiva dissolversi come un gas che
sfugga da un pallone bucato e non gliene rimase nulla, se non una specie di
diffusa nostalgia che, a sua volta, fin per perdersi, ella non seppe neppure
dove.
Dal momento del suo arrivo nel luogo destinato, gli strumenti incaricati di
insegnarle il dialetto artemidiano si erano disintegrati attorno a lei, con il

resto della membrana traspositrice. Ma, nell'eseguire questa fase del


programma, si erano guastati e avevano permesso che la lingua materna di
Marie-Chatte fuggisse dalla sua memoria.
Nel suo cervello vergine di ricordi esprimibili, risuonavano adesso soltanto
concetti che non evocavano alcunch di concreto ai suoi sensi stranieri.
Quando il primo Dianiano le si fece davanti, Marie-Chatte cap molto bene
ci che egli le chiedeva, ma non trov nulla da rispondere. Egli le aveva
chiesto chi ella fosse e che cosa facesse l: la ragazza non lo sapeva.
Lo sbalordimento dell'uno uguagli l'imbarazzo dell'altra.
L'autoctono consult forse un'autorit superiore: in ogni caso, riprese ben
presto la sua sicurezza.
Con ogni probabilit, trasmise alla nuova arrivata, tu provieni da un
sistema recentemente scoperto. Ci spiega perch noi manchiamo di dati
sulla tua struttura. Senza dubbio ti abbiamo fatto venire qui per studiarti.
La fanciulla, nel frattempo, considerava con perplessit il solo oggetto che
le fosse percettibile: il proprio corpo. Non riusciva a capire di che cosa si
trattasse. Frugando nel ricco glossario indigeno, non trovava niente che
potesse servire a descriverlo, e ancora meno a dargli un nome. Al momento
non le venne in mente di muoverlo, di ricavarne un gesto. Restava inerte
come se il suo invisibile scafandro continuasse ancora a contenerla.
E il suo interlocutore, a che cosa assomigliava? Il fatto che potesse porsi
questa domanda era, se non altro, rassicurante. Purtroppo la risposta
sembrava meno facile. Il soggetto infatti era un po' indistinto.
Non riesco a vederti molto bene, reag Marie-Chatte.
La mente dell'ospite trad una certa inquietudine:
Che cosa vuoi dire con questo? Ti sono molto vicino.
Marie-Chatte sgran gli occhi. Mettendoci molta della sua buona volont,
poteva, a voler essere rigorosi, ammettere che una parte dello spazio che la
circondava presentava qualcosa di sfocato. L'essere si trovava
probabilmente l.
A proposito, s'inform costui, con che cosa vedi?
Ma, naturalmente, con i miei...
La parola non le veniva. La cosa cominciava a darle sui nervi. Allora
contrattacc.
E tu, poich non sembri avere difficolt a percepirmi, potresti essere
tanto gentile da dirmi come ci riesci?
Sbalordito, il personaggio protest:
Noi siamo chiaramente in comunicazione: io vedo i tuoi pensieri e tu
vedi i miei. Non capisco il tuo problema.

Marie-Chatte confront rapidamente i dati che le erano stati offerti: erano


sufficienti perch la situazione le diventasse comprensibile.
Immediatamente invent, con una stordente prolissit, alcuni segni mentali
per ci che ella aveva un tempo chiamato occhi, sguardo, oggetto visto e,
dunque, il suo corpo e tutto ci che vi scopriva via via che l'esaminava.
L'interlocutore fu impressionato. Fece sfoggio di una dotta curiosit.
L'acutezza d'osservazione e la facilit di enunciazione di Marie-Chatte
crescevano sempre pi via via che venivano messe alla prova.
Ella ritrov per caso il movimento. Tutto and ancora meglio dal momento
in cui ella pot alzarsi e sgranchirsi le gambe. Una scoperta che invece ella
non riusc a fare fu quella della parola omissione spiegabile d'altronde,
poich, in quella societ telepatica, non sarebbe servita a nulla.
Era piacevole rendersi conto dell'interesse che aveva suscitato nell'ospite.
Marie-Chatte pens che era giunto il momento di fare qualche reclamo.
Per un peccato che tu non abbia una forma sensibile, osserv. Mi
piacerebbe vedere con chi ho a che fare.
Ti sei pronunciata alla leggera, obiett l'interpellato, che sembrava
irritato da questa critica. Se ci sembra il caso, possiamo assumere
qualsiasi conformazione somatica necessaria.
Necessaria a che cosa?
All'adempimento di una funzione, evidentemente.
Cambiate dunque d'apparenza a seconda delle vostre necessit?
In pratica, da molto tempo non facciamo pi uso di questa facolt.
All'attuale livello di evoluzione sociale da noi raggiunto, non abbiamo
bisogno di un supporto organico per scambiare tra noi ci che utile
scambiare. Perch disperdere le nostre risorse per convertire in volgare
stoffa fisica l'energia che ci preziosa per assicurare l'attivit della
mente?
Questa volgare stoffa fisica potrebbe servirti per vedermi, fece notare
Marie-Chatte.
Il Dianiano si perse in quello che doveva essere un labirinto di riflessioni.
Il prodotto della sua meditazione fece sussultare la visitatrice. Due occhi,
sospesi nel vuoto, la contemplavano: iridi verdi, punteggiate di fini
macchie arancioni, circondavano pupille attente, sulla superficie di globi
lucenti. Alcuni filamenti collegavano i globi a una sostanza molle,
incolore, dispersa dietro a loro come un albume d'uovo rovesciato su un
piatto.
Al primo momento la giovinetta ne fu disgustata. Poi decise di prenderla
sul ridere:

Bravo! esclam. Ma non sei bello.


Tuttavia sono i tuoi occhi, osserv l'altro.
Ci vorrebbe qualcosa d'intorno, sugger.
Per far che? chiese l'indigeno, fedele alla logica della sua razza.
Marie-Chatte ebbe un'ispirazione:
Mi hai detto che volevi studiarmi. Se ti materializzi completamente a
mia immagine, se ti incarni esattamente a mia somiglianza, forse potresti
appurare pi facilmente per quale funzione esisto e a cosa servono questa
materia e questa organizzazione del mio corpo che neppure io capisco.
Ancora una volta i suoi suggerimenti ebbero effetto. Ella lo verific da ci
che accadde nelle ore seguenti: infatti, se i Dianiani erano capaci di
prodigiose incarnazioni, non le portavano certamente a termine in un batter
d'occhio soprattutto quando si trattava di ricopiare una struttura cos
estranea come quella il cui originale era loro piombato gi dal cielo, in
quel giorno.
La modella assistette dunque a una penosa fatica. I tentativi i mancati, i
pentimenti e la tenacia del ricercatore la commossero ma anche, in un
certo senso, la resero un po' inquieta. Non aveva forse dato prova di
leggerezza suggerendo, a un essere che le era cos chiaramente superiore
sul piano psichico, un'esperienza il cui risultato poteva certo deluderlo? Se
avesse scoperto, a opera conclusa, che si era dato tanta pena per dotarsi di
uno scheletro, di carne, pelle, sangue, linfa, viscere, tessuti sensoriali,
secrezioni, influssi nervosi, pulsioni che non aggiungevano il minimo peso
al potere della sua intelligenza, non avrebbe cercato altro che di respingere
tutto quel complesso di membra strane come se si trattasse di un abito
fuori moda. E allora dove Marie-Chatte sarebbe andata a nascondere la sua
confusione?
Peggio ancora, questi sforzi bene intenzionati rischiavano di sfociare nella
creazione di un mostro. Era un'assurda scommessa, aver spinto questo
sconosciuto a rivestirsi di una sostanza di cui niente assicurava che egli
fosse in grado di concepire la vera natura e, a maggior ragione, di
sintetizzare correttamente gli elementi? Gli organi viventi che egli
fabbricava sotto gli occhi della giovane donna offrivano forse soltanto una
somiglianza illusoria con la sua costituzione terrestre: quando avesse
voluto farne un uso umano, che cosa sarebbe accaduto se si fossero messi a
funzionare in modo affatto contrario al normale?
Nonostante queste apprensioni, Marie-Chatte non poteva impedirsi di
provare un'esaltazione crescente, via via che vedeva nascere davanti a s,
tanto vicini da poterli toccare, un labbro superiore di un color ocra rosato,

poi, al di sotto, un altro labbro, pi carnoso, pi pallido, pi gonfio di


sogno. Ben presto dei denti opalescenti lo morsero e una lingua appuntita
lo umett. Un pennello invisibile disegn, nell'aria priva di odori del
pianeta di giaietto, la curva ironica di una gota dalla carnagione brunodorata, poi di una seconda, su un rilievo osseo che si allargava allo sguardo
e poi si assottigliava verso un mento appena sporgente, come quello di cui
ella stessa, in quel momento, seguiva i contorni con la punta di un dito. Un
collo prese forma. Due spalle imitarono la mobile fermezza delle sue. Per
coprirne e scoprirne l'abbronzatura a seconda del loro esotico capriccio, il
demiurgo trasse dal nulla masse di bronzo, d'oro, d'argento, di rosso rame e
di serico cobalto, che avevano la fragranza di Marie-Chatte e l'energia
della sua folle capigliatura da finta selvaggia.
Arrivato ai seni, il modellatore confess la sua curiosit. Le ricord:
Avevi previsto che sarei riuscito a dedurre la funzione dalla forma.
Esaminarono insieme quelle sibilline sporgenze. Le cellule, i muscoli, il
grasso, i gangli, i nervi, i vasi sanguigni non stupivano pi l'abitante di
Diana, dopo i capolavori di complessit che aveva trovato nell'encefalo e i
suoi dintorni. Ma che senso aveva la simmetria di quelle sapienti curve?
Che cosa facevano alla loro sommit quelle areole scabrosamente
cesellate? Quale disegno razionale nutrivano quelle fragili escrescenze nel
mezzo che, in quello stesso momento, sembravano volersi dilatare e
indurire, per emettere o ricevere quali segnali, servire d'antenna a quali
onde indecifrabili, venute forse da quelle ghiandole inattivate, attraverso
quei canali che non trasportavano per alcun fluido?
Dal canto suo Marie-Chatte, in preda a un certo turbamento, si chiedeva
perch l'osservazione attenta di questa parte di se stessa le facesse battere il
cuore pi forte, le facesse avvampare le tempie, risvegliasse il suo ventre,
la rendesse cosciente d'altri organi, in zone che non aveva ancora esplorato
e che ora aveva voglia di toccare, di sfregare, di liberare da una esigente
tensione.
Le parve che l'essere progredisse ormai pi rapidamente verso l'obiettivo
finale.
Ecco, fin infatti per annunciare.
Passato il primo attimo di soddisfazione, la sua ragione conobbe ben presto
nuovi motivi di allarme.
Non capisco che cosa si possa fare di questo, recrimin (indicando, con
le lunghe dita, il triangolo di pelo tigrato che puntava verso il punto di
congiunzione delle sue cosce nude). N di ci che vi dietro!
Lo sguardo di Marie-Chatte percorreva avidamente le forme di questa

gemella che le era stata appena donata, le paragonava alle sue e trovava
nella duplicazione del loro enigma un crescente motivo di appagamento.
La sua sosia, contemporaneamente a lei, apprendeva emozioni che le
avrebbero facilitato, cos almeno sperava, la scoperta delle ragioni d'essere
e dei vantaggi di quel corpo che era dovuto, grazie all'aiuto di MarieChatte, a una sublimazione delle attitudini della sua mente.
Le sue mani appena formate si tesero, quasi di loro iniziativa, verso quelle
della modella. Fecero la prova dei contatti, delle relazioni, degli scambi
che potevano esserci tra di loro: le loro palme si applicarono una contro
l'altra, le dita scivolarono tra le dita offerte, tentarono sfregamenti,
ancoraggi, pressioni.
Questo gioco si prolung senza che gli attori pensassero a misurarne la
durata. Il loro pensiero non ne ricavava alcuna chiarezza, non si arricchiva
di concetti ben etichettati; ma zone fin'allpra dormienti dei loro poteri
mentali si gonfiavano, si ispessivano dolcemente, diventavano coscienti di
loro stesse, come accadeva anche alle loro labbra, che erano la sede di
sensazioni prima sconosciute, alle quali diedero il nuovo nome di piacere.
Questa prima conquista ispir loro lo stesso movimento: le loro bocche si
avvicinarono, si toccarono, gustarono il loro reciproco calore, fresco e
arrossato. Si schiusero, le lingue si cercarono, si leccarono sulla punta,
passarono l'una sull'altra, appresero a carezzarsi e a dividere i loro umori.
Nell'attimo seguente, le loro guance si riposarono con tenerezza tra le
scintille invisibili delle loro capigliature.
Poi le loro mani si sciolsero, attirarono ancora pi vicino, uno all'altro, i
corpi che la materialit rendeva capaci d'altre gioie che non fossero quelle
della comunione delle anime. Si meravigliarono di penetrare in loro, di far
sgorgare dalle loro profondit deliziosi succhi, di sentirli perdersi nel
vortice di baratri interiori e di trarre da quei piacevoli smarrimenti una
conoscenza sempre pi lucida delle loro risorse.
Infine le gole, da cui il pensiero non era riuscito a trarre alcun suono,
fecero risuonare per la prima volta su quel mondo abitato i singhiozzi, i
lamenti soddisfatti e le grida incantate che erano il paradossale linguaggio
di quei corpi incomprensibili.
Quando ebbero esaurito la novit dei loro desideri, la Terrestre e il suo
ospite andarono a comunicare la lieta novella al resto del pianeta.
Su Diana il primo amore era nato dall'incontro di due corpi
volontariamente creati all'immagine uno dell'altro. Da quel momento il
corpo di Marie-Chatte venne riprodotto a perdita d'occhio. Ella stessa fece
l'amore con molti di questi doppioni, e sembrava che non dovesse mai

stancarsi di ritrovare in loro la sua sensualit e la sua bellezza di cui ella


era sempre pi innamorata.
La storia del pianeta fu in sguito contrassegnata dalla realt del piacere
che due incarnazioni simili provavano nel carezzarsi. L'identit divenne
cos l'ideale dell'amore felice.
Amarsi voleva dire tentare di rassomigliarsi il pi esattamente possibile.
Una rassomiglianza assoluta era un amore senza difetti. Tra braccia
infinitamente simili alle loro, gli amanti conoscevano gioie infinite.
Si potevano amare soltanto altri se stessi: qualsiasi differenza era un
ostacolo all'amore. Ogni volta che qualche essere sospiroso non riusciva a
forgiare una replica abbastanza fedele del suo amante, il loro legame
veniva considerato come un fallimento: anche lass, dunque, la passione
conobbe le sue delusioni e i suoi dolori.
In compenso, a qul pianeta furono risparmiate le angosce che
accompagnano, sulla Terra, l'incertezza sul vero fine della natura, provata
dall'uomo. L nessuno dubitava che il corpo esistesse per altre funzioni che
per il piacere. Per lavorare e per perpetuare la stirpe da tempo si erano
trovati altri sistemi che non fossero la persecuzione degli organi di carne.
Dunque per un certo tempo Marie-Chatte popol lo spazio di Alfa dello
Scultore della sua effigie pi volte centuplicata. Per venne il giorno in cui
i Dianiani giudicarono fastidiosa questa uniformit. Senza modificare la
loro concezione della felicit, tentarono di immaginare varianti alle loro
figure gemelle.
Per appagare i loro sogni si crearono capelli biondi, castani, rossi, verdi,
azzurri, grigi, o li composero in spighe, spirali, prismi, scale che si
armonizzavano con le loro pianure di olivina. I loro occhi bruciarono di
fiamme reali, che illuminavano le amanti di una luce sconosciuta sulla
Terra. I filtri che versavano dalla bocca dotarono i loro baci di miraggi
comunicabili. Alcuni Dianiani si crearono seni conici le cui punte
comunicavano, secondo la fantasia delle metamorfosi, volutt
surrealmente modulate. Ad altri busti diedero un taglio a corolla, ricca di
polline di fior immaginari, o ancora l'irregolarit di un paesaggio di
corallo. Altrove questi rilievi lasciavano il posto a concavit mutevoli,
spirali cave, crateri, aperture che avevano l'aspetto di stelle, bocche ( in cui
l'amante affondava la sua lingua), ferite (di cui beveva il sangue
profumato). Gli artisti talvolta aggiungevano un ventre, affatto inutile
perch non era fatto per concepire n per nutrirsi. Le anche divennero
colonne eleganti e carnali, da una parte e dall'altra di un portico che
ricordava l'accesso del loro sesso: perch anche quelli tra loro il cui spirito

era pi in novatore non riuscirono mai a dare a questa loro parte una forma
che sembrasse estetica mente pi riuscita e funzionalmente pi
soddisfacente di quella di cui Marie-Chatte aveva portato loro l'esempio.
Tutti infatti alla fine erano stati concordi nel ritenere che per quanto
riguardava il sesso non vi fosse nulla da cambiare. E i corpi che
materializzarono ebbero tutti, per stravaganti che fossero, le stesse lunghe
gambe sensuali della loro ispiratrice, e lo stesso pube, la stessa vulva
umida, la stessa vagina, lo stesso clitoride: erano sempre, chiaramente,
corpi femminili.
Cos, grazie a un'apparizione venuta dagli astri, la cui bellezza suppl alla
scienza perduta, un'intelligenza dell'Universo che, fino a quel momento,
non aveva avuto sesso impar a fare l'amore come lo fanno tra loro le
donne della Terra, senza dubitare, ancora per alcuni milioni di secoli, che
potessero esistere altri modi d'amare.
FUSIONE
Sono bella! Nessun seno mortale pu rivaleggiare con i miei seni calcarei,
resi lisci dalla gemella frescura delle piogge e delle labbra.
Sono bella e mai ho avuto una modella. Anche lo sconosciuto artista che
mi ha scolpito non riconoscerebbe in me l'Afrodite che lo ossessionava. Se
ora non fossero a loro volta la polvere che mi leviga, soltanto color che,
durante un milione delle mie notti, mi hanno ritoccata con le loro carezze
potrebbero sapere di essere loro stessi i veri autori del capolavoro che io
sono.
Sono bella: il mio pube nero sulla mia pelle bianca attesta la rugosit delle
dita dei pastori e le mie natiche profonde lasciano evaporare gli aromi che
vi hanno versato i loro amori notturni. Tutto il giorno, addossati ai versanti
che le loro capre denudano, hanno tenuto nella mano il loro sesso,
trattenendone la forza per sognare di me. Dopo il tramonto, circondano il
mio busto con le loro braccia rivestite di peli, levigano i miei seni con le
loro palme e mordono le mie spalle. I loro ventri si pressano contro le mie
reni. Il solco poroso delle mie natiche accoglie la loro virilit. Uno dopo
l'altro, per tutta la notte, la mia immota compiacenza li ricompensa della
loro attesa. Il mio cuore non ha battiti n i miei nervi hanno fremiti che
possano distrarli dalla loro interiore volutt. Non emetto sospiri che
interrompano il loro soliloquio. Non domando loro niente di quanto
esigerebbe una donna o una bestia. Per questo essi non possono amare
altra amante che me.

La loro passione idolatra, il loro barbaro piacere finiranno con il vento del
mattino, senza aver intenerito le mie mucose di marmo. Oggetto
impenetrabile, sono fedele a me stessa. Troppi amanti leggendari hanno
gioito della mia calda pietra perch io mi accontenti di deboli strette. Mai
sar posseduta da desiderio che possa appagare una carne flessibile. Mai
carne flessibile defiorer la divinit prostituita che sono diventata.
Non so chi fossi, prima che da un anonimo blocco di pietra mi venisse dato
un corpo. Io l'ho trovato, bianco di sole, esposto alle raffiche di sabbia e
alle rapine, su un altopiano di roccia. Pi in basso, in alcune grotte che
servono da museo, altri busti, meno belli, sono tenuti chiusi, con le radici
fossili e gli avanzi di feste, le urne e le collane di bronzo, le steli adorne di
iscrizioni lineari e le armi abbracciate alle ossa, caduti dalla montagna
sventrata. Questa statua, che nessun guardiano sorveglia, non stata
pertanto rubata da nessuno.
Io l'ho presa. Non come una ladra, per adornarne la mia casa o per
venderla, ma perch sia me. L'ho presa in me. Ne ho fatto il mio corpo.
Prima, non ero niente, mi nascondevo. Nessuno mi aveva toccato, non
avrei mai sentito che qualcuno mi toccasse. Come sarei stata amata e chi
avrei amato, poich non avevo corpo che io stessa potessi desiderare?
Perch avrei dovuto accontentarmi di niente di meno della bellezza? Oggi
mi sono scelta bella, al di sopra di questa vaga popolazione sotterranea di
divinit. Alla meno conformista delle loro figlie, per ospitare la mia
coscienza priva di scorza, ho rapito i trenta secoli brillanti di carezze della
sua inaccessibile verginit.
A forza d'amore, mi sono fatta lei. La mia schiena, le mie anche, il mio
ventre sono repliche appena nate della sua bellezza.
Questo corpo solido mio, appartiene a me che non ne avevo mai avuto
uno! L'orgoglio del mio snaturato splendore mi inebria! Di quale futura
empiet ancora pi inventiva mi sono cos resa capace?
Che cos'ho dunque? Non posso amare!
Amante di me stessa, non ho braccia per abbracciarmi. La mia pelle
attende invano il solo piacere che desidera conoscere: quello dello scorrere
su di essa delle mani che non ha potuto darmi la statua mutilata da cui
sono stata tratta.
E come carezzer il sesso il cui segreto mi sfida, tra queste gambe assenti
che non posso aprire? Ma sono almeno sicura di essere bella, io che ho, per
vedermi, soltanto gli occhi perduti del mio busto decapitato?
Il viso che mi manca, colei che lo possiede ne contempla l'immagine sul
muro.

una giovanissima fanciulla, le cui belle gambe dai piedi nudi e le cui
braccia sottili escono da una tunica di tela bruna, grossolana e tagliata
come un sacco, con un buco al posto del collo. Due altre fessure, che
sembrano essere state aperte a colpi di coltello, servono da incavo della
manica. Il bordo inferiore, al disotto dell'inguine che copre a malapena,
irregolare e sfrangiato. Forse, dopo tutto, si tratta veramente di un sacco?
Al primo momento ho pensato che la fanciulla non portasse nient'altro e
che la ruvida stoffa dovesse irritarle l'epidermide come un cilicio. Ma ci
che mi ha ancora pi sconcertata che questo informe abito non lasciava
indovinare nulla del suo corpo.
Gli spettatori che si erano raccolti attorno a lei prestavano per meno
attenzione alla supposta penitenza della visitatrice che alla rassomiglianza
- talmente perfetta da sembrare soprannaturale tra il suo viso e il
disegno che ella osservava.
L'uno e l'altro si trovavano posti alla stessa altezza e avevano uguali
dimensioni. I tratti a inchiostro di china, seppia e bistro del quadro
riflettevano senza la minima variante l capigliatura arricciolata della
visitatrice. Barbe di spighe, resti di scorza e polvere di muschio la
arrossavano delle loro secche fiammelle.
Altrettanto simmetriche, da una parte e dall'altra dell'invisibile specchio,
erano l'immagine e la realt delle lunghe ciglia, piatte e taglienti come un
filo d'erba affilato. L'arcata delle sopracciglia aveva la intimidatrice
regolarit di una curva di equazione semplice. La larghezza e la
trasparenza degli occhi cinerini evocavano quegli invasori provenienti da
oltre lo spazio, ai quali non crediamo se non sono abbastanza diversi da
noi da sedurci e abbastanza simili da farci paura.
Ma, studiandolo meglio, ci si accorgeva che niente di minaccioso filtrava
da quello sguardo, al contrario: una specie di intima assenza, tenera e
triste. Questa espressione di infinita solitudine scavava le guance e
allungava le labbra del dipinto, gonfie e carnose nel mezzo e che la
presenza della loro controparte vivente rivelava color terracotta. La sola
cosa che mi sconcertava senza d'altra parte dispiacermi era la curva
un po' arcaica del naso: forse perch la scena mi faceva quasi provare in
anticipo il gusto del futuro.
Mi sono avvicinata alla fanciulla e le ho domandato se poteva dirmi il
nome dell'artista autore di quel dipinto. Quando ella aveva posato per lui?
La fanciulla si girata per guardarmi: un sorriso silenzioso ha trasformato
i suoi tratti non terrestri in una bellezza che potevo amare, come un sorger
del sole trasfigura in un paesaggio trapunto di laghi brillanti, ondulato e

mosso da tutti i rami dei suoi alberi e da tutti i fiori dei suoi cespugli,
quello che la fine della notte aveva fatto credere un deserto di cinerite e di
erbe calcinate. I suoi occhi parvero, ancora ingrandirsi e le sue palpebre,
nel sollevarsi, parvero spazzare con le loro antere la vegetazione
aggrovigliata che le nascondeva le tempie. Le sue labbra si gonfiarono e si
aprirono: avevano aspirato una boccata d'aria? La punta della lingua si fece
avanti, cremisi e appuntita, lecc un attimo la fila lucente dei suoi denti e
si spinse fuori, come per sfidarmi.
Mi venne l'idea che, forse, la sconosciuta non aveva capito la mia
domanda, ma gi essa aveva perso per me ogni interesse. Soltanto il viso
della fanciulla mi interessava: il solo, lo sapevo grazie a una specie di
immediata intuizione, che mai avrei potuto amare.
Un uomo che mi aveva udita intervenne per dire che quel ritratto risaliva a
un secolo prima e che era perci impossibile che quella fanciulla ne fosse
stata la modella. Un altro sugger che, senza dubbio, la modella fosse stata
un'antenata della visitatrice, perch non era concepibile che una tale
somiglianza fosse il risultato di una coincidenza. Il direttore della galleria
dichiar a sua volta che tale questione andava chiarita e che avrebbe fatto
venire fotografi e giornalisti per rendere pubblico un fatto cos singolare.
Una donna dall'atteggiamento virile prese tra le dita il mento appuntito
dell'eroina, cerc di tirarle indietro i capelli, le domand da quale paese
venisse.
La fanciulla, con un brusco movimento della testa, si liber dalla presa e
dardeggi sull'importuna uno sguardo ostile, di una intensit che doveva
essere intollerabile.
Non parla la nostra lingua, dichiar l'intrusa.
Poi, con un'impudenza che mi sconcert, si impadron della rete di corda
che fungeva da borsa alla visitatrice; vi trov un portafoglio, l'apr, ne
ispezion il contenuto e inform il gruppetto di curiosi che, nel frattempo,
si era fatto pi numeroso:
Ve l'avevo detto: islandese.
La folla si mise immediatamente a discutere su quanto fosse
improbabile che un pittore umbro pazzo, morto a vent'anni, che non
aveva mai lasciato il suo paese natale dove non passava mai nessuno,
avesse conosciuto, nel 1869, una donna nordica senza che questo
particolare venisse a conoscenza dei suoi biografi e da questi subito
trasmesso ai posteri. Era noto come costoro non avessero lasciato
nell'ombra alcun recesso della sua povera vita. Inoltre, essi avevano
stabilito senza possibilit di contestazioni che l'artista in nessun caso

aveva fatto ricorso a modelli viventi. I ritratti da lui eseguiti


rassomigliavano soltanto alle sue visioni interiori, alle sue allucinazioni da
malato, ai suoi fantasmi. Nessun viso reale lo aveva ispirato.
Parlavano in molti tutti insieme, facendo sfoggio della loro erudizione.
Presi la mano della fanciulla per trascinarla lontana da questa agitazione e
da questo rumore. Ella mi rivolse di nuovo il suo affascinante sorriso. Mi
segu. La condussi fino alla mia stanza.
Il mio corpo divino mi ha lasciata sola. Tuttavia, non lo restituir alla sua
eternit inanimata. Voglio donargli il meraviglioso viso che ho trovato.
Ma non priver del suo viso colei che l'ha preso al sogno del pittore
morto. Non le far torto. Siamo della stessa razza, noi che abbiamo la
nostra bellezza in virt dell'opera degli uomini, non dei colpi di dado della
materia. Il nostro genio avventuroso ci mantiene solitarie. Da esso
trarremo l'invenzione che tenteremo di mettere in opera. Il potere che ci ha
fatte belle separatamente ci render capaci di diventare pi belle insieme.
La bellezza la nostra intelligenza e l'intelligenza ci che muta rif.
La nostra ingiusta dissociazione pu essere soltanto transitoria. Veniamo
da un mondo incompleto: saremo complete soltanto quando i nostri
frammenti saranno stati riuniti e avremo fatto delle nostre forme parziali
una forma perfetta. La grazia che ci devono accordare il viso
fantasmagorico che amo e il mio corpo di poterci fondere.
Finalmente! L'antica dualit delle nostre bellezze ha finito di esistere!
Il mio torso nudo ha penetrato il suo, che il sacco pudico non coprir pi a
celare i suoi seni, le sue natiche, il suo ventre da bambina. Il mio corpo
superbo ormai il suo corpo. Ma no: il nostro!
Sono io o lei che l'esplora con mani affusolate, agili come viticci, di cui
la mia innamorata ha adornato il mio busto altrimenti mutilato? Esse
giocano e danzano, tutta la notte, il loro ballo tribalico sul nostro sesso mai
satollo. Le nostre dita ruotano e comprimono tra i loro polpastrelli confusi
le punte del nostro petto pagano, pi sensibili e tenere e pi ricche
d'orgasmo di un clitoride. Alle spalle e ai seni, dove le mani imparano a
scoprire l'odore dei picchi rocciosi e delle mattine bruciate, le mie labbra
da baccante, la mia lunga lingua e la carezza crepitante dei miei capelli
fanno dimenticare a poco a poco il gusto dei baci dei pastori.
O tu, io sono bella! Io, tu sei bella! Noi siamo belle! La tua gola che lo
grida la mia. La certezza voluttuosa della nostra fusione non ha soltanto
la figura adorata che viene cinta dalle mie braccia che sono le tue braccia:
tutt'intorno a noi, dovunque mi portano le tue gambe di oreade, la cui
nudit suscita in uomini e donne un desiderio orgiastico, tutti coloro che,

vanamente, si innamorano di te e me ci riconoscono come una.


Io, io che ti amo in me, io condivido la tua giovane memoria, la tua
curiosit, i tuoi rifiuti. La mia mente di pietra ha preso per noi due la
indocile leggerezza della tua testa di foglie e d'ombra.
O mia belt! Tu, io, amo entrambe. Io in te, ti sento amarci. Il nostro
duplice amore tale da respingere all'infinito la venuta della bruttezza
da fare di noi un corpo che sar forse a lungo felice!
ARABIA FELICE
a D.B. e F.Z.
Tra gli altopiani ocra e le valli popolate da asinelli e da olivi dell'antica
Arabia Petrea, una catena di arenaria cremisi, arancio e giallo zolfo, venuta
dalla Nubia, nutre per una erosione iconoclasta la solitudine degli allori
rosati.
I venti sabbiosi vi consumano da duemila anni facciate corinzie o toscane,
allineate e sovrapposte lungo alcuni strapiombi, come stormi di scheletri
spaesati. I loro peristili a trompe-l'oeil incrostano sui fianchi verticali delle
montagne e delle chiuse le loro ossa logore. Oppure tombe nude come
crani mascherano la roccia con le loro bocche spalancate, i loro nasi erosi e
le loro fronti alte e piatte, cerchiate da un nastro, da idrocefali ispirate.
Una gola, che sembra fatta apposta per le imboscate, conduce a questi
misteri. cos lunga che si ha tutto il tempo di aver paura; cos stretta che,
a tratti, se ne pu toccare entrambe le pareti con le mani; cos profonda che
il sole non ne rischiara mai il suolo coperto di frammenti di bassorilievi e
di resti di vasi la cui terracotta, fine e croccante, ornata di punti e di linee
color bistro, si sbriciola senza fine sotto gli zoccoli degli alteri cavalli.
Questa gola si chiama il Siq. Vi si entra dalla Valle di Mos. I monti entro
cui si incunea sono quelli di Hor, dove Aronne dorme il suo sonno
immortale. Le rovine evanescenti a cui essa conduce sono quelle di Petra,
che in antico fu, cos si dice, la citt santa del popolo edomita, progenitura
d'Esa da sempre votata alla malevolenza e al disprezzo degli ebrei. Questi
primi occupanti non lasciarono per tracce sui muri, al contrario di coloro
per i quali Petra fu pi tardi, per dieci secoli, un campo fortificato, la
capitale-ripostiglio di un regno materialista, una stravaganza nutrita di
miraggi e una necropoli: i Nabatei.
Costoro si dicevano discendenti di Nabath, figlio di Ismaele, e offrivano a
Dh-shar il loro dio nato dalla vergine Chaboon sacrifici ignorati su
sommit spianate, cui era quasi impossibile accedere, onorando ancora pi

segretamente la loro divinit Allt nell'intimit delle rare fonti in cui la


ritrovavano.
Il geloso fanatismo per questi dei non imped loro per di apprezzare in
modo cos folle le linee elleniche e il fasto romano da trasformare poco
alla volta il loro covo di predatori di carovane in tante imitazioni d'acropoli
e in tanti chimerici fori quanti potevano contenerne i rilievi di quel circo
selvaggio o le friabili pareti a strapiombo.
Essi vivevano sotto le tende, insieme con le loro capre, in quel luogo
orgoglioso dei gradini di pietra sanguigna del suo teatro e dei suoi tetti
spioventi, del suo arco di trionfo e dei suoi viali a colonne, della
profusione di statue, di nicchie, di templi, di basiliche, ma dove non si era
avuta la voglia n sentito il bisogno di costruire abitazioni.
I cittadini di Petra nient'altro erano che morti nei santuari dalle sale
cubiche, scavati nel fianco delle tenere rocce e le cui mura levigate con
demente minuziosit offrivano il primo orizzonte solido a quei nomadi
ansiosi della loro sola eternit troglodita.
Vi furono dimenticati. I pastori di oggi vi mangiano e vi dormono con le
loro greggi. Il giorno, i loro rari appelli e, la notte, i tremoli dei loro
caratteristici canti testimoniano, insieme con l'ululato delle civette e le
grida degli animali da preda, che i fantasmi stessi di questi artisti
scomparsi hanno finalmente giudicato inutile la loro veglia.
Un pomeriggio d'estate una fanciulla viaggiava sul dorso di un asino in
mezzo alle loro opere, senza pensare a loro. Ella forse avrebbe evocato ai
loro occhi una di quelle immagini che essi agognavano, l'immagine greca
di quelle giovani Lacedemoni che venivano eufemisticamente chiamate
phainomerides, coloro che mostrano le cosce, perch il loro peplo era
cos aperto sui lati che il profilo del loro corpo si svelava interamente al
minimo movimento.
Per la tunica corta di questa fanciulla lasciava scorgere soltanto le sue
gambe: ma le lasciava intravedere fino alla rotondit delle natiche, sulla
sella cenciosa e sporca. E i due arabi, un vecchio e un giovincello, che
marciavano a ciascun lato della sua cavalcatura, facevano di tutto pur di
riuscire a guardarle il pi vicino possibile. A turno, e a intervalli sempre
pi ravvicinati, abbozzavano gesti spasmodici le cui intenzioni erano ben
chiare e che avrebbero dovuto far temere la straniera nei riguardi della sua
virt: il Siq non un luogo frequentato, anche in questa stagione, e n
davanti n dietro a loro si udiva alcun rumore di cavalli in movimento. Ma
la fanciulla, che non provava evidentemente alcuna inquietudine, rivolgeva
lo stesso sorriso divertito sia alle figure rupestri sia alle sue guide. Il

gruppo arriv fino alla fine del percorso senza che avvenisse altro che
l'insorgere, nella mente dei due asinai, di un inestinguibile rancore.
I monarchi nabatei coinvolgevano le loro mogli nelle responsabilit e nei
piaceri del comando, spiegava il direttore. Le trattavano come loro alter
ego e ci che esse facevano veniva considerato alla stessa stregua delle
loro proprie azioni. Dividevano con loro i doveri e i beni della vita, cos
come si spartivano la faccia delle monete che battevano e che circolavano
da Hediaz fino a Damasco, facendo conoscere tanto il viso e il nome della
regina quanto quelli del ree il credito che l'una e l'altro si erano acquistati
nel mondo di quei tempi.
L'uomo tese a Millicent una piccola moneta, levigata dai secoli, su cui un
profilo di donna dal naso dritto e i grandi occhi a mandorla si staccava su
quello di un uomo dall'aspetto altrettanto giovane e bello e dall'espressione
sicura di s.
Aretas IV Filopatris il Grande (il suo vero nome sarebbe Hrthath: era
un arabo) con la sua sposa Shuqalat.
Era dunque monogamo? si stup la visitatrice.
Forse il suo ospite era troppo occupato a contemplare la parte anteriore
delle cosce di Millicent, la cui abbronzatura rivaleggiava con quella delle
gote di rame di Shulat per prestare ascolto alla domanda. Comunque
fosse, non rispose.
La fanciulla lottava contro un'improvvisa sonnolenza. Era la fatica della
lunga marcia che aveva fatto, sotto il sole torrido, in mezzo all'accavallarsi
sassoso delle gibbosit e delle faglie, per esplorare gli ipogei, frugare nella
ghiaia, raccogliere anse di vasi e persino una statuetta intatta, simbolo
della fecondit? O era l'effetto paradossale del caff ai grani di cardamomo
che il direttore le, aveva appena offerto, dopo averla invitata a entrare nella
caverna che fungeva per lui da stanza per i suoi studi?
Mi ha drogata per potermi violentare, pens Millicent. pi che
naturale.
E rivolse al suo interlocutore, il cui sguardo nero filtrava, con una luce di
pazienza, tra la capigliatura che gli ricadeva sulla fronte e i folti baffi
arruffati, uno di quei puri sorrisi che tanto bene si accordavano con i suoi
lunghi capelli dritti e chiari da angelo femminile, con le sue labbra umide e
rosee e le sue spalle nude. Poi ella si adagi sul cuscino di lana di capra
che fungeva da schienale, abbass con grazia le palpebre e si addorment.
Il suo corpo scivol leggermente in avanti e la gonna venne ulteriormente
raccorciata da questo movimento.
Il giordano rest immobile, con espressione imperscrutabile, gli occhi fissi

sul triangolo biondo i cui riccioli chiari erano imbrigliati nelle mutandine
trasparenti. Pass cos un attimo: forse anch'egli si era addormentato.
Invece si alz, senza fretta, si avvicin a lei, infil un braccio sotto le sue
ginocchia, l'altro sotto la sua schiena, si raddrizz con un colpo di reni e si
avvi verso il fondo della grotta reggendola tra le braccia, con la testa e le
membra di lei che ondeggiavano mollemente.
Un raggio di sole svegli Millicent, venendo a colpirla dritto tra i seni.
mattina, si disse la fanciulla contemplando con piacere, come ogni giorno
a quell'ora, la propria nudit. Ma questa volta il suo sguardo si attard
appena sui seni prominenti e il ventre incavato; l'espressione di giubilo che
apparve sul suo viso, come sempre, a questo semplice spettacolo lasci il
posto, quasi subito, allo stupore provocato in lei dalla vista di ci che la
circondava: un letto tanto largo quanto lungo, dai montanti di legno dorato,
un baldacchino di broccato e, una coperta di seta turchese. Una sola
coperta, tra l'altro, perch nulla copriva il suo corpo. La stanza aveva
dimensioni smisurate. Millicent non vide subito il soffitto intonacato,
nascosto alla sua vista dai tendaggi, n i fregi dai motivi geometrici che gli
correvano tutt'intorno, ma scorse le alte finestre ad arco a forma di ferro di
cavallo e dai vetri policromi, le pareti ornate da pannelli a losanghe che
sembravano fatti di incrostazioni di vetro e porcellana, i tappeti screziati, i
cofanetti di bronzo e di legno, i cuscini tondi di cuoio conciato male e le
selle per cammelli adorne di pelli di montone che servivano da sedili, i
fusti di antiche colonne sormontati da un grande vassoio di rame cesellato
che fungevano da tavoli, le brocche dal becco di tucano che servivano da
caffettiere e cap che si trovava in un palazzo. La situazione le piacque.
Salt dal letto per ispezionare pi a fondo la stanza: era esagonale, con una
finestra su quattro dei suoi lati e una porta bassa su ognuno dei restanti due
lati. Millicent si diresse dapprincipio verso una delle finestre, con
l'intenzione di prendere una boccata d'aria, perch l'aria nella stanza era
molto secca e calda. Ma la maniglia oppose resistenza e altrettanto fecero
quelle delle altre aperture: senza dubbio avevano bisogno di essere oliate.
La fanciulla prov allora ad aprire una porta, ma anche in questo caso il
suo tentativo non ebbe miglior sorte. Era dunque prigioniera. E sia, ella
pens, pi che logico. Prov ad aprire la seconda porta solo per
mettere in pace la sua coscienza e, con grande sorpresa, si accorse che
questa si apriva sotto la sua spinta. Portava in una stanza da bagno.
Millicent vi entr piena di curiosit e non ne fu delusa. Vi trov la vasca di
vaste proporzioni, scavata nel pavimento, che ella stessa avrebbe ordinato
se mai avesse potuto farsi costruire un palazzo in stile arabo. Era di un

accettabile colore pistacchio, ma sarebbe stata pi degna di quel luogo se


fosse stata di mosaico o di marmo, piuttosto che rivestita di piastrelle di
faenza. E i rubinetti di ottone, a forma di testa di cigno o forse, pi
prosaicamente, di anatra, ispirarono all'invitata alcune ulteriori riserve. Ma
non era il momento di istituire un processo al gusto.
L'abbondanza di asciugamani dimostrava, se non altro, la cortesia dei suoi
ospiti e non permetteva di rimpiangere troppo apertamente il fatto che
fossero di un rosa cos slavato. Millicent tolse il tappo a uno splendido
flacone di opaline e aspir il profumo di uno squisito olio da bagno; ne
vers una gran quantit nella vasca verde, ma dovette pazientare un buon
quarto d'ora prima che il misero rivoletto di acqua tiepida e un po' torbida
che usciva dal solo becco di palmipede che non fosse inaridito le
permettesse di bagnarvisi. Cosicch, alla fin fine, ella non ricav da questa
abluzione tutto il piacere che aveva pregustato.
La stanza era rischiarata mediante alcuni finestrini posti molto in alto, ma
che sembravano trasparenti. Alla prigioniera, mentre stava ancora
insaponandosi, venne l'idea che, se avesse trovato qualcosa su cui
arrampicarsi, avrebbe forse potuto gettare un'occhiata all'esterno. Sort
perci dal bagno e, tutta bianca di schiuma, rientr nella stanza da letto.
Ma, non appena varcata la porta, si ferm di colpo, scossa dal trovarsi a
faccia a faccia con un barbarin (cos, ella aveva saputo, vengono chiamati
nel Levante gli schiavi provenienti dall'Africa nera), alto due metri, che
reggeva cerimoniosamente sulle braccia tese la piccola tunica di lino color
foglia morta di Millicent. Soltanto in quel momento ella si rese conto di
non averla in effetti vista da alcuna parte, fin dal momento del suo
risveglio. Senza dubbio al suo arrivo in quel luogo gliel'avevano tolta, per
lavarla e stirarla: era stata un'idea gentile. Ma no! La tunica era sempre
nello stesso stato, un po' polverosa e spiegazzata, in cui l'aveva ridotta il
lento viaggio da Amman a Petra a bordo di un autocarro rudimentale e
gremito, lungo la strada lunare che attraversa l'Arnon, fin dai tempi di
Traiano, precipitando per scarpate e affrontando tornanti vertiginosi. Poi
c'era stato il viaggio a dorso d'asino, le ricerche da archeologo dilettante, la
siesta imprevista negli uffici del museo... Ma chi dunque l'aveva spogliata?
Il direttore del museo? E dov'era andato a finire, quello studioso? E dove
avevano messo le sue mutandine?
Il sudanese non le aveva. Millicent, in preda a questa preoccupazione, non
si ricordava neanche pi di essre nuda. Allegger il servitore del suo
fardello, lo ringrazi con uno dei suoi sorrisi incantatori. Egli se ne and,
con un rincrescimento che ella percep. Ci le ricord che doveva

sciacquarsi.
Terminata la propria toilette, ella si chiese se doveva indossare la sua
veste: certamente, decise, poich gliel'avevano resa. Prima della partenza
da Londra era stata avvertita del senso di pudore degli arabi e non era
venuta fin l per metterli in imbarazzo. Perci si vest, cosa presto fatta, dal
momento che il suo abbigliamento consisteva in un unico pezzo. E i suoi
sandali? Con stupore, li ritrov accanto al letto. Anch'essi non erano stati
ripuliti.
Scoraggiata, Millicent si accorse di aver fame. And allora a picchiare
leggermente alla porta da cui era uscito il negro. Non avendo ottenuto
risposta, torn a sdraiarsi sul letto, chiedendosi come mai potesse
ingannare il tempo in attesa degli eventi che non potevano mancare di
verificarsi al momento opportuno. La sua mente cominci a scivolare
verso rive sognanti che le erano familiari ed ella era sul punto di
consacratisi corpo e anima allorch ebbe l'impressione di una presenza
estranea nella stanza e ritrasse la mano. Gir la testa e rimase sbalordita:
Lawrence d'Arabia in persona stava dritto in piedi davanti a lei.
Lawrence: o piuttosto l'aspetto che gli aveva prestato Peter O'Toole nel
film omonimo. C'era tutto: il pallore della pelle, la figura magra, il
portamento della testa un po' inclinata, l'aria timida, introversa e un po'
malsana. Millicent si alz e osserv l'apparizione con una ammirazione e
una estasi cos evidenti che il nuovo venuto tossicchi in modo
imbarazzato. Parl per primo:
Mi chiamo Fawzi, disse con voce malsicura cui l'accento di Oxford
donava proprio il fascino necessario. Sia la benvenuta nel mio paese.
Millicent abbozz una leggera riverenza, dopodich vi fu un attimo di
silenzio, che ella giudic toccasse a lei infrangere. Invece di pensare a
presentarsi a sua volta, pose una domanda: Lei uno sceicco? chiese.
Sceicco di Petra?
Le sopracciglia dell'ospite si alzarono in un moto di sorpresa, subito
represso.
Non credo che a Petra ci sia uno sceicco, fin per rispondere. E siamo
altrove. Quanto a me, sono emiro.
Millicent, che avrebbe tuttavia voluto dar prova di cortesia, riusciva a
prestare soltanto una attenzione distratta a quelle parole, intenta com'era a
contemplare gli occhi color pervinca e le labbra carnose umettate,
nell'intervallo tra l'una e l'altra delle brevi frasi, dalla punta di una lingua
umida. Si costrinse infine a distogliersi da quella ispezione indiscreta e
rivolse la sua attenzione all'abbigliamento del suo ospite, conforme allo

stile migliore: jelabiya di un cotone molto fine ricamato di seta bianca; una
ampia e ricca abaya di lussuosa lana nera, tessuta con estrema morbidezza,
adorna sulle spalle e all'apertura del collo di galloni e ricami in vero oro,
quello stesso oro di cui era fatta la treccia dell'agal, la spessa cordicella
(questa era quadruplice e articolata a cinque angoli mediante nodi di filo di
seta nera) che sostiene sulla testa il kaffiyeh, quel velo leggero senza il
quale nessun arabo ha veramente l'aspetto di un arabo. Alla cintura portava
un pugnale ricurvo, la cui impugnatura di vecchio argento era ravvivata da
pietre preziose. In mano, tra le dita adorne di anelli, passavano
voluttuosamente i grossi grani d'ambra di un rosario musulmano.
Lei avr fame, sugger il principe, forse per mettere fine a quell'esame
dettagliato. Vuol farmi il piacere di dividere con me la mia colazione?
Millicent, a dire il vero, si aspettava altre richieste e rest sconcertata per
un attimo, prima di rispondere positivamente. Ma non appena ebbe
accettato la proposta le torn l'appetito. Inoltre non le dispiaceva uscire da
quella stanza un po' soffocante, anche se, doveva riconoscerlo, vi si sentiva
gi meno l'aria di rinchiuso da quando il signore del deserto ne aveva
impregnato l'atmosfera con la fragranza delle essenze di cui si era unto.
Egli la precedette in un piccolo cortile a forma di chiostro, al cui centro
una piccola piscina si prosciugava al sole. Da l passarono in una immensa
sala priva di mobili ma le cui finestre, o sollievo, erano spalancate.
Millicent, senza indugio, corse ad affacciarsi al davanzale. Le finestre si
aprivano su un altro cortile, pi grande del primo, impreziosito da quattro
palme da datteri, che ben si accordavano con l'architettura floreale delle
arcate, e da un pozzo: ma non vi si vedeva anima viva. La fanciulla torn
con passo deluso verso il suo anfitrione, che era rimasto in piedi accanto a
un tavolino da bridge ricoperto di panno verde, sul quale si raffreddavano
alcune uova al burro accanto ad alcuni bicchieri di sugo d'arancia.
Preferisco la cucina araba, esclam la fanciulla, decisa a non lasciarsi
imporre nulla. Egli fece un gesto fatalistico.
Avrei voluto fargliela gustare prima della sua partenza, rispose poi, con
un tono che non sembrava certo convinto.
L'invitata rest a bocca aperta.
La mia partenza? non pot trattenersi dall'esclamare, con lo stesso tono
con cui avrebbe detto: E' molto buona!
L'emiro si affrett a spiegare:
S, spero di non averla disturbata troppo: posso farla ricondurre
all'albergo subito dopo che avremo fatto colazione.
Millicent cadeva dalle nuvole. Lo osserv con incredulit, poi senza mezzi

termini gli chiese: Ma allora, perch mi ha condotto qui?


In quello stesso istante una spiegazione si present alla sua mente. Egli
aveva ottenuto ci che desiderava da lei mentre dormiva. A cose fatte, la
rimandava indietro. Le manc il cuore:
Non mi tiene con s nel suo harem? grid, con un accento di dolore cos
sincero che si commosse nell'udire le proprie parole. Non cap per se lo
stesso valeva per l'emiro: gli occhi azzurri assunsero soltanto
un'espressione infastidita e le parole che egli pronunci ne spiegarono la
ragione.
La ringrazio della sua offerta. Veramente, la ringrazio. Ma deve capire:
noialtri nobili sedentari siamo sommersi di tasse, alle quali sfuggono
soltanto i nostri compatrioti nomadi. L'amministrazione pubblica riesce a
mettere le mani soltanto su di noi: allora, lo fa in modo pesante.
Millicent non capiva in che cosa quei problemi fiscali potessero
concernere lei e il suo viso riflett la sua incomprensione. L'emiro cerc
allora, con aria imbronciata, di giustificarsi: Una nuova tassa si
aggiunta a quelle che gi gravavano sull'importazione di donne straniere.
Ormai questo lusso perci assolutamente al di sopra dei nostri mezzi.
Millicent non credeva alle proprie orecchie: Cos, una notte le sarebbe
stata sufficiente, si scandalizz. E che notte! Con una fanciulla in
letargo!
Tocc stavolta all'arabo assumere un'espressione sconcertata. Ma non per
molto: una luce divertita filtr attraverso i vapori della sua distinta
tristezza.
Si rassicuri pienamente, signorina. Nessun male le stato fatto n le sar
fatto, finch lei rester sotto la mia protezione. Sono un gentiluomo,
aggiunge, dopo una pausa calcolata per mettere in evidenza quale offesa
gli fosse stata fatta.
Millicent lo osserv con un misto di commiserazione e di caustica ironia.
Se vero, proprio un peccato, not semplicemente.
L'emiro sembrava in preda a riflessioni contrastanti. Le espose con una
certa precauzione: Credo di capire,
disse, che la prospettiva di essere ammessa a far parte delle mie spose, se
la cosa fosse fattibile, non le sarebbe sembrata completamente
intollerabile.
Sono venuta per questo, lo inform Millicent.
Lei venuta? esclam sbalordito il suo commensale. Ma lei non
venuta e me ne scuso ancora, ma non avrei saputo altrimenti come
riuscirvi di sua completa iniziativa!

Riuscire a far che? chiese Millicent, con un inizio di irritazione. Ma


pens poi che c'erano questioni pi urgenti da regolare e lasci dunque di
lato, per il momento, questo particolare. Voglio dire: che sono venuta in
questa parte del mondo, specific.
Poi, poich ne aveva abbastanza dei suoi cortesi stupori, prosegu senza
lasciargli il tempo di intervenire di nuovo:
Sono inglese e ho l'et della ragione, il che mi d il diritto di fare ci che
mi sembra adatto al mio stesso benessere.
L'emiro Fawzi salut questo esordio con un piccolo cenno del capo, che
tuttavia sarebbe stato arrischiato prendere per approvazione.
Ma gli uomini del mio paese hanno generalmente troppo lavoro e troppe
preoccupazioni per occuparsi con me del mio benessere, continu
Millicent. Se, per caso, per, alcuni di loro decidono di farlo, ben raro
che possano dedicare tutta la loro attenzione a ci che fanno. Il risultato
deludente tanto per me quanto per loro.
Emise un sospiro:
A forza di farlo male, disimparo a fare l'amore, riprese. E molte altre
fanciulle si trovano nelle mie stesse condizioni.
Un'espressione risoluta pass nei suoi occhi.
Allora abbiamo deciso di intraprendere qualcosa. Altrimenti, il nostro
paese e quelli che gli rassomigliano finiranno per perdere il gusto di
vivere. Poich diventiamo sempre pi ignoranti, poich i nostri maestri
vengono meno ai loro doveri, tocca a noi andare a prendere lezioni altrove.
Seguire corsi di studio all'estero, per alcune settimane o alcuni mesi,
secondo la durata del nostro addestramento. Le mie amiche mi hanno
scelta per portare a termine una ricerca preliminare. Si sono tassate per
pagarmi il viaggio. Per questo non posso permettermi di fallire.
Il principe si inform cortesemente:
E cosa vi ha indotto a pensare che i vostri come dire? i vostri corsi
estivi dovessero essere organizzati nelle tombe abbandonate degli antichi
signori di Petra, invece che in qualsiasi altro posto della Terra?
Non ho mai pensato una cosa simile, tagli corto seccamente Millicent.
Ieri (penso che fosse ieri) mi trovavo a Petra, cos come tutti i giorni, da
una settimana, ho vagabondato in altri luoghi isolati dal mondo. Proprio
perch qualcuno come lei mi rapisse. Per riuscire ho dovuto essere molto
paziente.
Scoppi a ridere:
Be', riuscire... si fa per dire!
Fawzi inclin di nuovo la testa, con aria meditabonda:

Lei vuol dire che ha vagato sola, cos, tutto questo tempo, in questa
regione, senza che le sia arrivato nulla di male?
N nulla di bene, conferm Millicent. Ne concludo che ho incontrato
soltanto gentiluomini. O che non sono abbastanza graziosa da tentare
qualcuno.
Un gesto della mano dell'ospite indic che l'una e l'altra ipotesi erano tanto
evidentemente assurde perch fosse necessario discuterne.
Lei mi perdoner, riprese, ma ho paura di non capire ancora bene lo
scopo della sua missione. Nel caso che qualcuno l'avesse rapita
qualcuno come me o, pi probabilmente, un nomade - quale vantaggio
pratico ne avrebbero ricavato le fanciulle che l'hanno mandata qui e che
aspettano il suo ritorno?
Se fosse stato un nomade, tale esperienza mi avrebbe gi permesso di
farmi un'opinione sull'interesse che gli uomini della sua civilt nutrono nei
confronti delle donne e sul modo in cui lo esprimono. Se invece fosse stato
qualcuno come lei lei stesso, per esempio gli avrei chiesto di
accogliere a turno le mie amiche e di tenerle nel suo serraglio il tempo
sufficiente per permettere loro di apprendere ci che nessuno a casa nostra
si preoccupa pi di insegnare.
Qualcosa che poteva interpretarsi come un barlume di interesse si pot
leggere nello sguardo abitualmente distaccato e privo di curiosit
dell'emiro.
Lei ha gi esplorato le risorse di altri paesi? chiese.
No. Ci sembrato ragionevole cominciare dalla sua patria.
Perch questo onore, se posso permettermi di farle una domanda cos
ingrata?
Qui da voi sono state scritte le prime poesie d'amore. E avete il tempo di
comporne ancora, voi che siete meno pungolati di altri a produrre robot e
ad adeguarvi al loro stesso ritmo.
Da qualche attimo l'emiro guardava, con una attenzione tutta nuova, la
tunica di Millicent nel punto in cui si tendeva sopra i suoi seni sodi e
appuntiti.
Sa che sotto sono nuda, pens la fanciulla, e che non c' trucco.
La conversazione stava cominciando a languire e la ragione divenne
evidente quando l'ospite propose, con un tono del tutto falso, di fare una
passeggiata in giardino per digerire. Millicent replic domandandogli di
farle visitare il suo harem, ottenendo il risultato di mettere in un grave
imbarazzo il padrone del posto. Ma la ragazza lo raggir con tale astuzia
che poco dopo egli fin per avviarsi verso il quartiere delle donne e per

farne aprire le porte.


Il successo che Millicent vi ottenne super di molto tutto ci che aveva
potuto immaginare. In dieci secondi si ritrov al centro di un assordante
intrecciarsi di voci, coperta da piccole mani grassottelle che le tastavano le
anche e le natiche, mentre risolini soffocati di compatimento esprimevano
tutta la compassione che la sua magrezza ispirava loro. Altre dita la
impiastricciarono a livello delle palpebre, quasi affondando nelle sue
orbite, e la lasciarono libera solo dopo averla semiaccecata di khol e averle
imbellettato guance e labbra. Le gioviali prigioniere si preparavano a
sottoporre la visitatrice a uno shampoo di loro invenzione allorch l'emiro
decise che era giunto il momento di sottrarre Millicent alle loro cure.
Imbrattata come una bambola paesana, la fanciulla si ritrov, una volta
giunta dietro l'alta cancellata che proteggeva il gineceo, intenta a
esaminare con filosofia la sua vste costellata di macchie di colore. Gett
un ultimo sguardo sul gruppo delle spose, le trov meno attraenti d'aspetto
e meno simpatiche di come se le era immaginate nelle sue fantasticherie, e
si accontent di esprimere a voce alta ci che di loro le piaceva:
Hanno un bel costume, disse infatti.
I colori cangianti dei caftani ricamati, le tinte pastello dei pantaloni a
sbuffo e delle camicie trasparenti, sopra sottovesti sovraccariche di
paillettes e di nastri, le numerose collane, i braccialetti d'argento che
ricoprivano met delle loro braccia l'aiutavano a dimenticare le forme
prosperose e le pesanti capigliature.
Il suo ospite non fece alcun commento su quella visita. Sembrava
contrariato dal fatto che quell'episodio avesse interrotto una conversazione
che sembrava sul punto di dare frutti. Fortunatamente Millicent gli venne
subito in aiuto.
Il mio progetto ravviver l'esistenza del suo harem, esclam. Le sue
donne saranno rallegrate dal vedersi intorno, di volta in volta, nuovi volti.
Ma ci divertir le sue amiche? chiese il principe in tono dubbioso.
Ci sar sempre lei a occuparsi di loro, insinu la fanciulla.
Poich nel frattempo erano ritornati nella stanza dove Millicent si era
svegliata, bastarono poche frasi di questo genere perch si potesse dire che
erano stati osservati i preliminari di rito. L'emiro, per, sembrava ancora
intimidito, cosicch Millicent, con la scusa che doveva assolutamente
lavarsi l'abito, se lo tolse. Questa prima iniziativa contribu a semplificare i
loro rapporti, ma, poich l'uomo non si mostrava ancora completamente a
suo agio, la sua partner continu a condurre il gioco. Fino al termine
dell'operazione le rest il vantaggio dell'offensiva. Millicent ne era in un,

certo senso pi che soddisfatta, ma aveva anche voglia che il suo nobile
amante riuscisse a superare l'handicap della sua buona educazione e si
comportasse con l'autorit, l'efficacia e la foga caratteristiche di quel vero
signore del deserto quale egli era.
Tuttavia, quel giorno egli lasci la sua nuova amante senza approfittare
ulteriormente del permesso che ella gli dava di mettere la sua resistenza
alla prova. Millicent attese con fiducia l'indomani. Il pensiero dei progressi
che avrebbe fatto alla scuola dell'emiro l'aiut a superare la monotonia del
pomeriggio e della sera. Non avendo null'altro da fare, si addorment
presto.
Il principe torn a trovarla nei giorni seguenti. Sembrava apprezzare
sempre pi le audacie e le raffinatezze alle quali Millicent l'incoraggiava e
che, si sarebbe potuto credere dal modo elegante con cui le lasciava
l'iniziativa, non aveva avuto modo di conoscere prima di incontrarla. Ella
si abitu a quel cerimoniale e a ogni loro incontro si impegn a fornirgli
l'occasione di sperimentare con lei una nuova posizione erotica. Le bastava
mostrargliela, per fargli capire che non aveva obiezioni a che egli
l'adottasse, ed egli allora si sentiva autorizzato a seguirla in quella via. Via
via si faceva pi ardito, molto pi che all'inizio, e Millicent cominciava ad
assaporare l'avvicinarsi del giorno in cui avrebbe potuto assumere
francamente il suo ruolo di allieva e rinunciare alla finzione della propria
onniscienza.
Quel giorno, comprese, era arrivato, allorch una mattina Fawzi la venne a
trovare pi presto del solito, circondato da un'aria di mistero ma
nascondendo a malapena un entusiasmo che gli faceva brillare gli occhi e
fregare le mani. L'afferr allegramente per la vita, cosa che non aveva mai
fatto prima di sua iniziativa, e la trascin in una specie di valzer. Ella gli
aveva appena appoggiato la testa bionda sul petto risplendente di ricami
dorati, aspettando, con fervore e assenso, che egli si comportasse secondo
il suo piacere, quando egli allontan da s, esclamando con voce affabile:
Venga presto a vedere la sorpresa che sto preparando da una settimana!
Millicent si rimise la tunica (suo unico indumento, che qualche volta
pensava che le sarebbe piaciuto cambiare, ma non era quello un problema
cos importante da indurla a importunare il suo ospite) e lo segu fuori
della stanza. Si ritrovarono davanti alla porta degli appartamenti
femminili. Chiuda gli occhi, comand l'emiro, evidentemente in vena di
scherzare.
Quando egli gliene diede il permesso, Millicent li riapr e per un attimo
non riusc a capire che cosa stesse succedendo. Davanti a lei erano

allineate le donne del principe, che ridevano scioccamente e stavano dritte


in pose rigide, le corte cosce agitate da fremiti di nervosismo che facevano
tremolare gli abbondanti cuscinetti di grasso. Tutte erano vestite con una
copia perfetta tessuto, taglio e colore del miniabito di Millicent. La
sarta non aveva barato sulla lunghezza: la giovane inglese trov che aveva
veramente tagliato molto corto.
Era dunque questa la sorpresa che il suo ospite aveva preparato per lei: una
mascherata per prendere in giro il suo modo di vestirsi! Forse l'idea non
era eccezionalmente intelligente n lo spettacolo, dal punto di vista
estetico, molto riuscito, si disse Millicent, ma non ci si poteva mostrare
esigenti o delicati in tutto ed ella, da parte sua, era pronta a ridere di cuore
dello scherzo che le aveva fatto l'emiro. D'altronde, pens, scherzare
sempre una cosa valida in s.
E le era tanto pi facile prendere bene questo scherzo in quanto non si
vergognava affatto dlle dimensioni ridotte del suo abito n aveva ragione
di pensare che gli uomini, nella sincerit della loro coscienza, soffrissero
alla vista delle sue belle gambe esposte in tutta la loro lunghezza e, quando
la sorte sorrideva loro, del suo pube riccioluto o delle sue natiche rotonde.
Da parte sua provava piacere a mettersi in mostra e non si vestiva a quel
modo per pura ingenuit.
Non le restava dunque altro da fare che trovare una risposta che fosse
degna della satira o, se possibile, ancora migliore e desse prova del
suo senso dell'umorismo. Se inoltre fosse riuscita a esprimere anche il suo
apprezzamento per la messinscena, tanto meglio.
Si gir verso il principe con un sorriso malizioso. Ma, prima che ella
avesse il tempo di fargli sapere le sue impressioni, il padrone di casa
chiese, con il viso radioso di soddisfazione: Ha indovinato, ora, perch
l'ho fatta rapire? Spero che non me ne voglia.
Il suo entusiasmo crebbe ancora ed esclam:
Vede come sono capitato bene: conoscendo lei, ho preso due piccioni con
una fava.
Le facolt d'intendere di Millicent divennero consce dei propri limiti.
Intanto il principe non si fermava pi:
All'inizio, era mia intenzione modernizzarle soltanto. E avevo bisogno di
un modello. Ma ora non stoneranno affatto quando saranno in Inghilterra.
In Inghilterra? si stup la fanciulla.
S, possiamo andarci subito. Sono molto impaziente... Naturalmente, se
la cosa non la disturba, lei pu fare il viaggio con noi, aggiunse
gentilmente.

Millicent pens che un certo numero di cose chiedevano ancora di essere


chiarite:
Ho tutto il tempo, cominci, per precisare poi: Le mie vacanze non
sono ancora finite. D'altronde, se ha affari da sbrigare l... Ma crede che
sia saggio portarsele dietro tutte? Ma per questo che ci vado! grid il
principe. Proprio lei mi ha dato l'idea: le porto perch possano istruirsi.
Imparare ci che sa lei. Ho trovato queste cose cos meravigliose che
voglio che loro ne sappiano altrettanto.
Aggiunse, in tono sentimentale:
Ci mi aiuter a ricordarmi di lei, quando sar tornato.
Millicent si sent all'improvviso in preda allo scoraggiamento. Tuttavia si
batt coraggiosamente: E... le mie amiche, che contavano di venir qui
dopo di me?
L'emiro parve nuovamente in preda all'imbarazzo. Borbott, con voce
indistinta:
Gliel'ho detto: la vita cara, le tasse...
D'un tratto parve avere un'ispirazione che gli rese il suo buonumore:
Potr presentarmi a loro, quando sar a Londra. Sono sicuro che ho
ancora molto da imparare. Sembr accorgersi, ma troppo tardi, quanto
infelice e scortese fosse quella frase nei confronti di Millicent e si
ingarbugli in una giustificazione, ma la fanciulla tagli corto:
E loro? domand, indicando con lo sguardo l'harem sempre impalato
sull'attenti. Chi si incaricher della loro educazione?
Chi? si stup il signore. Ma gli stessi uomini cui lei deve la sua,
chiaro! Sono certamente individui notevoli, se devo giudicare dalle sue
nozioni.
Questa volta Millicent rimase senza fiato. Alla fine riusc a dire:
Non sapevo che gli arabi fossero cos larghi di vedute.
L'emiro Fawzi sorrise:
I Nabatei, i nostri antenati, cerc di spiegare, consideravano le loro
mogli come parte di loro stessi...
RACCONTI VERI
AMORE
A Yella
I

Marissa non ascolta mai la fine delle lezioni: la sua immaginazione gi


volta fuori dalla classe, alla ricerca delle due sorelle di cui innamorata.
Quando le raggiunger, nei giardini della ricreazione, ella dominer
certamente la tentazione di lanciarsi verso di loro e di affondare la guancia
nei loro lunghi capelli scuri. Ma i suoi occhi lanceranno lampi e le due
fanciulle, pi giovani di lei, rideranno all'unisono nel sole, felici di
lasciarsi amare.
La scuola, alta sopra il lago, ha l'aspetto di una fortezza. Vronique e
Valrie occupano una stanza all'ultimo piano di una delle torri d'angolo. La
loro finestra la sola che sia rivolta verso la collinetta gemella, circondata
da un alto muro e coperta d'alberi.
L, un'altra finestra si apre loro in faccia, lontana, sempre spalancata
all'aria della primavera. Dietro ad essa, di giorno, non possono distinguere
l'interno della stanza, ma di notte, di tanto in tanto, si intravede la luce
luminosa di una lampada.
Allora le due scolare fanno ruotare sulla base d'acciaio il telescopio in
miniatura che stato donato loro dai genitori perch possano studiare le
stelle. Lo orientano verso il rettangolo di luce. Da esperte quali sono
diventate, la mssa a punto per loro uno scherzo. A turno, possono
osservare comodamente la stanza da bagno che si offre al loro sguardo,
sotto un'angolazione ideale. La donna che vi si trova non sospetta di essere
osservata. Quelle persiane socchiuse che lla ha distrattamente notato nella
guardiola del pensionato non le fanno scoprire nulla n nessuno. Ella
stessa si crede invisibile, tra i rami in fiore e le foglie. Non aprirebbe allo
stesso modo le tende della sua camera, che d sulla strada, quando rivela a
se stessa la propria nudit.
Il viale deserto. Marissa comprime contro le sue labbra la fresca bocca di
Vronique, lecca la punta consenziente della sua lingua. Tutto il suo corpo
si eccita, reclama di pi. Ma passi e voci si avvicinano: non potr neppure
baciare Valrie allo stesso modo dell'altra. Eppure ha orrore di carezzare
una meno dell'altra.
Ieri, era ancora completamente nuda. E' rimasta a lungo davanti allo
specchio. L'abbiamo vista benissimo, dice Vronique.
Cosa ha fatto stavolta? chiese Marissa.
Si soltanto guardata, riferisce Valrie. E' talmente bella! I suoi seni
sono sempre pi grossi.
Peccato: erano proprio della misura giusta, esclama dispiaciuta Marissa,
che tuttavia non li ha mai visti.
Un po' pi tondi, sono ancora meglio, si indigna Vronique. Non

temere: non cascano. Al contrario! E il capezzolo rimasto piccolo


com'era prima.
Non deve prendere mai il sole, interviene la sorella. La sua pelle ha
dovunque la stessa tonalit. Ma non neanche troppo bianca, nient'affatto.
Realmente meravigliosa.
Sai, informa con entusiasmo Vronique, pap ci ha fatto avere
l'obiettivo ultraluminoso che gli avevamo chiesto. Ora possiamo vedere le
sue efelidi quasi una per una.
Spero che, stasera, far qualcosa, sospira Marissa.
Poich un'allieva esterna, non ha il permesso di salire nella stanza delle
due sorelle; le regole della scuola sono molto severe. anche vero,
d'altronde, che se potesse scivolare inosservata fino in alto alla torre non
sarebbe per spiare la sconosciuta che vi passerebbe la notte:
l'apprendimento del piacere grazie a quei corpi cos accessibili sarebbe
l'unico miraggio verso cui tenderebbe le braccia.
II vello del pube ha gli stessi riflessi della folta capigliatura: il gioco delle
lampade ne svela illusoriamente i riccioli ardenti.
E' un triangolo equilatero, dimostra Valrie. Con esattamente dodici
centimetri di lato.
Lasciami vedere ancora, chiede Vronique, sospingendo via la sorella
per impadronirsi del telescopio. Oh! Soppesa i propri seni!
L'osservatrice resta un attimo in silenzio, provocando l'impazienza della
sua compagna. Quando riprende a parlare, la voce di Vronique mutata:
Le mani le scendono verso i fianchi. Con dolcezza. Guarda sempre nello
specchio; non abbandona con gli occhi la propria immagine. Ora le dita
scendono lungo le cosce. Risalgono. Sono sul ventre. Sul petto, un'altra
volta. Indugiano sui seni...
A me! interviene Valrie.
La sorella minore le cede il posto.
Che cosa fa?
Si tiene i seni. Credo che li stringa: s, e alza la testa. felice. Li stringe
sempre. Rovescia la testa. Sorride. Ecco, ha lasciato uno dei seni. Continua
a stringere l'altro. Con la mano libera si carezza il ventre. Scende pi in
basso. La mano scomparsa tra le sue gambe.
Voglio vedere.
Aspetta. Ecco. Aspetta... aspetta...
Tutt'e due restano in silenzio, per un lungo momento.
Poi Valrie annuncia:
Ha gridato: ho visto la sua bocca aprirsi. Ha lanciato un lungo grido. E'

finito.
Bacia la sorella sulla guancia, si sfila rapidamente la camicia da notte dalla
testa e va a infilarsi nuda sotto le sue lenzuola fiorite.
Vronique getta un'ultima occhiata attraverso la lente, poi si spoglia a sua
volta e si corica bocconi, nel letto che fa pendant con quello della sorella
maggiore, dall'altro lato della stanza.
Marissa riesce a chiudere alle loro spalle la porta di una classe vuota e
durante la lunga tregua accordata loro da questa mossa astuta pu gioire
perdutamente degli squisiti piaceri che le due collegiali offrono alla sua
esigente sensualit.
Le amo si inebria. Potrei amarle per sempre. Abbiamo anni e anni da
passare insieme. E le vacanze sono ancora lontane...
Ha appena compiuto quattordici anni Vronique ne ha dodici; Valrie,
tredici.
II
Un mattino, le due sorelle rifiutarono alla loro amante i baci che costei
voleva prendere loro.
Eppure l'occasione era propizia, il rifugio sicuro, Marissa bella da far
gridare.
Questa improvvisa e inaspettata freddezza colp la rifiutata come un pugno
al cuore.
Che cosa avete? si lament, con le lacrime agli occhi. Che cosa vi ho
fatto?
Ma le due fanciulle non vollero dirle niente.
I giorni seguenti la evitarono. Tutte le volte che Marissa riusciva,
nonostante i loro tentativi di fuga, a trovarsi sola con loro, s sottraevano
alle sue domande, privandola anche delle confidenze sul comportamento
dell'apparizione notturna.
E' sempre scuro?
Sempre.
Valrie torn a letto. La camicia da notte le dava fastidio, tra le lenzuola,
ma non aveva voglia di togliersela. Fissava senza muoversi la sagoma
meccanica del telescopio girato verso il suo inutile paesaggio di astri.
Subito la sorella si alz, and a riprendere il suo posto di guardia, vi rest
a lungo, immobile vedetta, con i gomiti appoggiati al davanzale di vecchio
legno, dominando la vallata erbosa. Pass un quarto d'ora, mezz'ora, finch
lanci un grido:
Ah, ecco!
La finestra, in distanza, si era accesa. La fanciulla incoll l'occhio alla

lente. Per un momento non disse nulla.


Allora? si spazient la sorella distesa a letto.
Lui l, mormor Vronique, con la voce sorda di dolore.
Le sorelle rivelarono a Marissa la causa del loro dispiacere soltanto
quando ebbero perso qualsiasi speranza di vederla eliminata.
Ora, un uomo viene ogni sera con lei nella stanza da bagno. Non
riusciamo pi a vederla sola. E' finita.
Marissa volle saperne di pi. Che aspetto aveva quell'uomo? Che cosa
faceva? Le sue compagne alzarono le spalle con aria stanca. Ci che
faceva l'uomo non suscitava in loro alcun interesse:
Fanno l'amore nella vasca. O sul tappeto. O in piedi. Non potrebbero
farlo in camera? esclamarono con voce desolata.
Marissa rimase in silenzio, comprendendo la disgrazia che l'aveva colpita.
III
Ormai, terminate le lezioni del pomeriggio, Marissa non sprecava pi
tempo in chiacchiere: perch perdere tempo nel cortile, dal momento che
le sue piccole amiche non le avrebbero pi permesso di trascinarle dietro i
massicci cespugli di ortensie, di aprir loro la camicia e di far scivolare le
mutandine sulle loro gambe da sportive?
Perci se ne andava via, privata (un castigo per quale colpa?) dei loro seni
di sandalo, un tempo cos duri e cos dolci alla sua lingua, teneri ai suoi
denti innamorati. Le sue labbra erano aride per la perdita delle loro. E le
sue proprie carezze, ella lo sapeva, non sarebbero riuscite di notte a
soddisfare l'attesa del suo sesso, ora che le sue dita non potevano
conservare nel candore della loro carne il profumo di altre labbra, n il
ricordo di fremiti e di rugiade, tratti da altre profondit d'ombre, durante il
giorno.
Il desiderio che provava per le sue disperate amanti non riusciva per ad
abbatterla. Al contrario, ravvivava la sua volont e nutriva la sua forza,
mentre si avviava in fretta verso la vicina collina.
Quella sera si ferm di nuovo davanti alla casa dove aveva saputo che
viveva una giovane donna dai capelli rossi, sola, che lavorava in citt
come segretaria, forse (era una donna elegante e sembrava tranquilla e
ragionevole), o come insegnante, pi probabilmente o meglio certamente,
poich le sue lunghe assenze coincidevano puntualmente con le vacanze
scolastiche.
Marissa si divert al pensiero che le sue compagne pi giovani avrebbero
potuto essere le allieve della sconosciuta che tanto le aveva affascinate
finch era rimasta sola. Non sarebbe stata ancora pi amata se, dopo averle

tentate nuda nella notte, avesse loro insegnato, di giorno, il segreto delle
ellissi o dei numeri immaginari, lasciando che ricordassero i suoi seni
lunari e il suo ventre di fiamma sotto i suoi abiti pudichi?
Quali possibili meraviglie! Un sospiro di rincrescimento gonfi il petto
della fanciulla, che avrebbe voluto poter offrire alle sue amiche, ogni
mattina, come un mazzo di fiori, la gioia realizzabile di quel sogno
benefico.
E ora, ecco che l'oggetto stesso dei suoi pensieri rischiava di perdersi!
L'intruso, sorto dal nulla, minacciava di sconvolgere il sogno.
Ma no! Marissa non avrebbe mai permesso a nessuno di sottrarle ci che
per lei contava pi di qualsiasi altra cosa al mondo. Avrebbe fatto tornare
indietro i giorni felici, a costo di atti eroici.
E il primo di questi necessari atti di coraggio consisteva nel liberare la
Bella dalle grinfie del suo rapitore.
Ella non lo vide, bench avesse prolungato fino all'estremo limite possibile
la guardia che montava davanti alla porta dell'edificio. N vide colei che
ormai nel suo cuore chiamava la loro insegnante di scuola d'elezione.
Costei non rispettava dunque pi gli orari fissi del suo ritorno a casa, orari
che le erano stati forniti dalla fiorista, dalla giornalaia e dalla venditrice di
dischi, dalla gelataia e dalla commessa del negozio di articoli sportivi
(tutte fonti alle quali Marissa aveva attinto, con aria innocente, per
mandare avanti la sua inchiesta)?
La fanciulla abbandon bruscamente il suo posto di guardia, dietro il vetro
della pasticceria. Questo metodo, decise, non l'avrebbe portata ad alcun
risultato positivo: certo non in pieno giorno poteva sorprendere sul fatto la
coppia colpevole.
L'indomani sua madre si lasci facilmente convincere a farla andare sola
con due compagne all'ultimo spettacolo del cinema, di sera tardi. Marissa
aveva faticato a trovare due ragazze disponibili, perch, interamente votata
com'era a Vronique e Valrie, non aveva altre vere amiche.
Le sue accompagnatrici videro avverarsi le loro previsioni allorch, non
appena varcata la porta di casa, Marissa le piant in asso senza tante
cerimonie.
Ho un appuntamento, disse. Ma, mi raccomando, non mi tradite!
Se Marissa avesse un boy-friend lo sapremmo, pensarono le altre. Ce
qualcosa di veramente losco sotto. Ma non osarono seguirla e si
limitarono a farle sentire la loro antipatia, prima di vederla sparire in
direzione dei vigneti.
Nell'attraversare quelle zone oscure Marissa provava un po' di paura. Ma

arriv, senza aver fatto cattivi incontri, fino al quartiere che le interessava.
I negozi che conosceva erano chiusi. Dove poteva mettersi ad aspettare?
Non era neanche da pensare che restasse l, ferma davanti alla casa
sospetta, ad aspettare in piedi; certamente sarebbe stata notata da qualcuno
e la storia sarebbe terminata male, peggio che se fosse realmente andata a
incontrare uno spasimante sotto gli alberi di pesco!
Un'ondata di scoraggiamento la sommerse: si era lanciata in una impresa,
che superava le sue possibilit; tanto valeva abbandonare tutto. Ma in tal
caso avrebbe dovuto rinunciare per sempre al suo unico amore!
L'intensit della sua angoscia le fece perdere la nozione del tempo. I
passanti la osservavano con curiosit e riprovazione, senza che ella se ne
rendesse bene conto.
D'un tratto, la vita torn a sorriderle. Da un vicolo davanti a lei era uscita
una coppia.
Marissa not, con un rapido colpo a occhio, una folta capigliatura color
rame. Quanto all'uomo, era bruno, di statura media, da trenta a
trentacinque anni di et, senza dubbio. Portava un paio di occhiali dalla
montatura massiccia, di stile americano. Non aveva altri segni particolari.
Marissa l'osserv con uno sguardo cos penetrante che egli si ferm,
incredulo e come ipnotizzato. Quasi subito, per, si scosse
impercettibilmente, sorrise, chin gentilmente la testa e, prendendo la
compagna per un braccio, si diresse verso l'altra estremit della strada.
La fanciulla cerc, in tutta fretta, di classificare le sue osservazioni:
L'ho gi visto da qualche parte. Ma dove? E si direbbe che anche lui mi
abbia riconosciuta. Bisogna che assolutamente mi torni in mente dove l'ho
visto! Che sappia come ritrovarlo.
Soltanto pi tardi, dopo essere rientrata a casa dove era tornata facendo
tutto il tragitto di corsa ( Quel film era troppo stupido: ce ne siamo andate
prima della fine ), riflett che quell'uomo non aveva veramente niente di
speciale: n un'espressione interessante, n una bella figura, n fascino.
Come poteva piacere alla Bella?
Ma, in realt, quella donna era bella? Non lo sapeva. Non l'aveva neanche
guardata in faccia.
Le settimane che seguirono furono molto difficili per Marissa. In classe si
faceva rimproverare spesso per la sua disattenzione e per i compiti buttati
gi alla meno peggio. Anche i momenti di ricreazione erano per lei un
supplizio. La madre, da parte sua, si allarmava vedendola consumarsi in
fantasticherie segrete e malinconiche sui libri di cui non girava pi le
pagine. Tutti i tentativi fatti per rimproverarla, confortarla o distrarla

sembravano non servire a nulla. Marissa ritrov momentaneamente le sue


energie soltanto per opporsi alla idea di una visita medica: lo fece con un
rifiuto cos selvaggio che la madre vi rinunci.
Un pomeriggio, sul tardi, costei le propose di andare con lei a scegliere il
colore della vettura che aveva deciso di acquistare. Non appena furono
entrati nel negozio del concessionario di quella marca di automobili,
Marissa sembr elettrizzata. Da parte sua, l'impiegato che le ricevette
diede evidenti segni di interesse.
Marissa ora si ricordava chi egli fosse: il venditore che aveva persuaso sua
madre ad acquistare una nuova vettura, all'ultimo salone dell'auto. Ed era
l'amante della giovane donna dai capelli ramati.
A bruciapelo, l'adolescente dimostr una grazia cos erotica che la madre la
prese sul ridere. Quanto al loro interlocutore, aveva l'aria lusingata
anche se, forse, un po' perplessa.
Insistette per far loro provare il modello; le condusse a tutta velocit lungo
le rive del lago, poi per le strette viuzze che si arrampicavano a zigzag
verso l'entroterra. Marissa, seduta in mezzo a loro, con la gonna tirata
indietro fino al merletto delle mutandine, faceva danzare sotto i loro occhi
le sue cosce abbronzate e a ogni curva si proiettava contro la spalla di lui,
frustandogli il viso con i capelli sciolti e fluttuanti. Al minimo pretesto
scoppi di risa, troppo esuberanti per essere sinceri, le rovesciavano la nuca
contro il cuoio del sedile, tendendo sulla punta dei suoi seni il jersey color
carne che la scolpiva pi nuda di una ninfa di pietra sotto lo sguardo di un
fauno.
Che cosa fa tutto il giorno? Lei deve godere di una libert pazzesca, lo
interrogava. E che successo, ne sono sicura!
Quando si ritrovarono sole, la madre le rimprover la sua indiscrezione.
Come poteva interessarle la vita di quell'uomo, le chiese in tono beffardo.
Mi dicevo, spieg Marissa, che il suo mestiere deve essere molto
comodo per poter sedurre le ragazze.
La madre scoppi a ridere.
Un pensiero edificante, per una vergine! (Le piaceva prendere in giro la
figlia, che si vantava a ogni occasione della sua verginit.) Lascia per
che su questo punto chiarisca le tue idee, a costo di disilluderti. Un
collaudatore e una compagnia un po' troppo vistosa. E una vettura, un
mezzo di rapimento troppo classico: il seduttore verrebbe ben presto
rintracciato. E lo scandalo gli farebbe perdere il posto.
Marissa rivolse a sua madre un languido e incantevole sorriso, che non
lasciava capire quali sentimenti o quali propositi ella stesse nascondendo.

IV
Per tutto quel tempo le due sorelle non erano mai andate a dormire senza
aver prima controllato se la Bellezza era sempre prigioniera: ahim, la
lente offriva loro, notte dopo notte, soltanto spettacoli di noia e di
bruttezza.
Solo quando ormai non ci speravano pi, ritrovarono la loro visione di
felicit. All'inizio non osavano credere ai loro occhi, per paura di vederla
nuovamente sparire. Si convinsero della loro fortuna solo dopo che molte
sere furono trascorse senza che l'uomo fosse ricomparso e la donna dal
vello color erba bruciata fu tornata, dopo una attesa paralizzante, ai gesti
ineffabili del suo splendore solitario.
Non avevano voluto confidare a Marissa la loro vittoria finch questa non
fosse sicura. Ma ormai sapevano o, meglio, sentivano con certezza
che non avevano pi ragione di dubitare dell'avvenire: decisero perci di
annunciare finalmente alla loro amica la gloriosa notizia. Gi i loro sensi si
intenerivano al pensiero delle tenerezze che avrebbero nuovamente
provato.
Ma quella mattina Marissa era introvabile.
Inquiete e imbronciate, si lamentarono per quella assenza con la direttrice
del collegio. Che cosa aveva, quella ragazza, per non venire in classe? Era
malata?
Non rivedrete pi Marissa, le inform laconicamente la direttrice. Ed
meglio che la dimentichiate. Non una ragazza seria ed stata espulsa
dalla scuola.
LA FELICITA'
Solo raramente vanno al cinema, perch si annoiano a vedere film che
trattano di avventure o sentimenti che sono troppo diversi dai loro. Quella
sera, tuttavia, dopo aver assistito alla proiezione di La felicit-, Dan
chiede a Marion:
Ti annegheresti anche tu se ti annunciassi che ho un'amante e che vi amo
entrambe?
Certo. O, meglio, annegherei te. Perch punire me stessa per una colpa
tua?
Sei sicura che sia una colpa, essere capace di amare pi di una donna alla
volta e di esserne felice ? questo ci che ti rimasto di una promettente
immoralit?
Non si tratta di morale, ma di logica. Se tu cessassi di essere logico non

ti vorrei pi. Tu mi hai convinta che io sono la donna pi bella del mondo.
Se tu te ne prendessi un'altra, ci vorrebbe dire che costei altrettanto
bella o pi bella e io avrei vergogna di me stessa; oppure, che tu ti
accontenti di qualcuna che non mi vale: allora avrei vergogna di te.
Non ti amerei pi, perch non potrei pi ammirarti.
Dan ride, abituato com' ai ragionamenti perentori di sua moglie, che si
sforza di considerare boutades. Ma, in realt, ogni parola di Marion lo
tocca e decide, per il momento, del suo umore allegro o triste.
La tua logica ben nota, osserva. quella della gelosia. Un cocktail
di insicurezza, orgoglio mal riposto e calcoli sbagliati.
Perch mai calcoli sbagliati?
Perch, invece di aiutarti a conservare ci a cui tu tieni, questa logica te
lo far perdere. Per la forza della sua noia. Essa annoia veramente tutti.
Credi che potresti amare due donne senza che ci vada a scapito dell'una
o dell'altra? Ci sarebbe per forza una perdente. L'uguaglianza non sarebbe
possibile.
Non amerei un'altra donna pi o meno di te, l'amerei in modo diverso.
Anche lei mi porterebbe qualcosa di diverso. Si pu aver bisogno di pi di
un consiglio... Questo avrebbe dovuto cercare di spiegare quel falegname a
quell'oca di sua moglie, ma costei non avrebbe certo capito. Per lei,
l'amante le " prendeva " il suo uomo. Se non poteva aver tutto e averlo solo
per s, non le restava niente. L'idea di condividere l'amore, come si pu
condividere con altri la gioia di vivere, sembra fuori della portata delle
donne. E, ancora di pi, l'idea che rendere l'amore pi complesso equivale
ad imparare ad amare meglio. Non credo che Agns Varda si sia fatta delle
illusioni. Il suo film non rivoluzionario: rassegnato. Rassegnato alla
semplicit di spirito che i rapporti ritenuti amorosi comportano.
A Marion non interessano le teorie. Ella si richiama ai dati concreti del
loro matrimonio:
Tu mi hai sposata dopo aver provato centinaia di donne.
Che esagerazione.
Hai fatto paragoni, hai impiegato met della tua vita a farti un'opinione
precisa. Sulla base delle tue ricerche, hai deciso che io ero, da ogni punto
di vista, la migliore: che avevo gli zigomi pi alti, i capelli pi lunghi, i
seni pi appuntiti, il ventre pi piatto, le gambe pi indecenti, il pube pi
triangolare, il cervello pi allettante, la giovinezza pi piacevole per un
uomo della tua bella et, le mani e le labbra pi lussuriose. Ora potresti
accontentarti di una qualit pi scadente?
No.

Allora, pensi di poter trovare ora qualcosa di meglio o qualcosa di pari,


sapendo che ci non ti successo, esperto quale sei, nei precedenti venti
anni di ricerche?
Ci sono poche possibilit.
Allora, non perdiamo tempo a discutere una ipotesi idiota.
Marion era innamorata di Dan e non si stancava mai di sedurlo. Ci che
pi di tutto le piaceva era prendere l'iniziativa, dal punto di vista fisico.
Faceva finta di lamentarsi perch ogni volta doveva violentarlo, ma
questa falsa recriminazione era in realt diretta ad aumentare il fascino del
gioco sessuale. Dan, da parte sua, trovava pi eccitante essere l'oggetto di
quegli assalti lascivi che se fosse toccato a lui provocarli.
Non sapeva per quello che passava nella mente della moglie allorch,
dopo averlo portato al grado di eccitazione voluto, ella abbandonava
bruscamente il ruolo attivo, scendeva da lui, per usare le sue parole, e,
rovesciandosi sulla schiena, offrendosi con passione ai suoi colpi violenti,
le braccia e le gambe in croce, chiudeva gli occhi nel momento in cui egli
penetrava in lei. Allora, per il potere di quelle palpebre chiuse, l'uomo che
prendeva Marion non era pi suo marito, ma un giovane ragazzo
abbronzato, nudo e biondo, conosciuto da lei soltanto, e la cui stretta
immaginaria la portava al parossismo dell'orgasmo.
Dan, che si credeva la causa di tanta volutt, avrebbe dovuto ricordarsi
che, le prime volte che avevano fatto l'amore insieme, Marion non vi aveva
trovato alcun piacere. Prima di conoscere lui, aveva distribuito soltanto
alcuni baci. E quali baci! Parsimoniosi contatti camerateschi, ai ragazzi
che venivano infiammati dai suoi occhi temerari, dalle sue gonne corte, dai
seni che sembravano forarle il golf e che ella non permetteva loro di
toccare.
Non l'aveva permesso in un primo tempo neanche a Philippe, la cui
bellezza la lasciava per senza fiato. Si era creduta follemente innamorata
di lui... fino al giorno in cui aveva capito che una ragazza di sedici anni,
sicura del suo genio, poteva intraprendere la conquista della vita soltanto
insieme con un adulto. Avuta questa rivelazione, aveva riso di cuore
dell'infatuazione che aveva provato per un bamboccio della sua et.
Chiam questo episodio sentimentale la sua bambinata e ne guar, col
ragionamento, in pochi giorni.
Fattasi cos matura, si era difesa contro i desideri di Dan il tempo
necessario a fargli capire che aveva a che fare con una vergine innamorata.
Quando Marion fu sicura di avergli fatto comprendere che avrebbe dovuto
dar prova di una bella dose di pazienza per ridurre l'innocenza di quel

corpo appetitoso, era andata di sua iniziativa a trovarlo a casa sua, un


pomeriggio d'estate, e aveva lanciato ai quattro angoli della stanza la sua
camicetta di jersey arancione, la gonna violetta; il reggipetto e le
mutandine da liceale, poi, completamente nuda, gli si era appesa al collo.
Al momento, non aveva fatto di pi, perch non sapeva ancora esattamente
il cammino da percorrere. Ma non aveva tardato ad apprenderlo. Dopo
alcune lezioni Dan non aveva avuto altro da fare che affidarsi
all'ispirazione di Marion, che lo lasciava sempre sbalordito.
La ragazza non riusciva a gioire. Ma n lui n lei se ne facevano un
problema, convinti che la sensualit si sarebbe impossessata di loro un po'
alla volta, con la pratica dell'amore. Quando entrambi si resero conto
chiaramente che andavano d'accordo su tutto, compreso questo punto, si
sposarono.
Un giorno, Marion incontr di nuovo Philippe. Quella stessa sera, mentre
Dan la prendeva, il viso e il corpo del giovane amico si sostituirono
gradatamente, senza che ella l'avesse previsto n voluto, al viso e al corpo
del marito.
Marion chiuse gli occhi per vederli meglio. Strinse tra le braccia la schina
di Dan per sentire meglio quella di Philippe. Un'ondata, che fin'allora le
era stata sconosciuta, la sollev e la trascin. Ella grid, singhiozz, pianse
di volutt, si addorment entusiasta.
Da quel momento non aveva,pi fatto l'amore diversamente. Non evocava
l'immagine di Philippe apposta, per poter gioire: questo rito era
semplicemente diventato per lei una parte naturale dell'atto d'amore. Era
un meccanismo spontaneo che si metteva in moto da s, al momento
giusto, come un ineluttabile e delizioso preliminare dell'orgasmo.
Il piacere che Marion provava era cos completo, cos armonioso, cos
evidentemente legittimo che ella non provava il bisogno di analizzarne o
criticarne i moventi. A questo proposito la coscienza non le rimordeva in
un senso o nell'altro, n pi n meno che se avesse dovuto, per esempio,
mordersi le labbra o stringersi i seni affinch la stretta di suo marito la
soddisfacesse pienamente. L'allucinazione passeggera che ella permetteva
alla sua mente e ai suoi sensi era dello stesso tipo. Per lei gli espedienti
dell'amore venivano giustificati dal risultato.
Nessun altro amante veniva a sostituire Philippe nella disposizione delle
sue fantasticherie. Marion non aveva tentato una tale variante, non vi
aveva neppure pensato, cos come, quando si trovava lontana dalle braccia
del marito, non le veniva in mente di pensare minimamente a Philippe. Di
natura era fedele. La sua intesa con Dan era cos riuscita che non

concepiva neppure di potersi interessare a un altro uomo. La sua bellezza


poco comune, la sua giovinezza, che l'et del marito rendeva pi impudica,
la nudit messa in evidenza dalle vesti corte o dagli chemisiers appena
allacciati attiravano su di lei, in qualsiasi stagione, uno sciame di desideri.
Non che Marion ne fosse poco fiera. Ma l'idea di cedere all'uno o all'altro
di questi corteggiatori le sembrava cos irreale e assurda come sarebbe
stata quella di fare l'amore con i sarti o gli sportivi di cui ella apprezzava in
pari modo la compagnia.
La sua inaccessibilit era cos evidente che gli aspiranti seduttori
perdevano in genere speranze e coraggio prima ancora di mettere Marion
alla prova. Coloro che, per minor vigliaccheria o maggior cecit, si
lanciavano ugualmente nell'avventura, incoraggiati da un invito a cena
accettato, da un ballo fatto insieme, da un passaggio in macchina offerto,
vedevano i loro sforzi ricompensati da una risata di commiserazione cos
sincera che le creavano intorno subito dopo, per rancore, una reputazione
di donna sprezzante e snob.
Sei mesi dopo il matrimonio, la pi graziosa ragazza della citt era
diventata la pi impopolare tra gli uomini, a tal punto che il marito finiva
per rammaricarsene, perch aveva perso, a causa della virt della moglie,
un buon numero di amici.
Quella notte, per, Marion non si addorment senza prima essersi posta
molte domande: per la prima volta rifletteva sulla strana abitudine che
aveva preso.
Le venne il sospetto di reprimere forse, a sua insaputa, un ossessivo
desiderio nei confronti di Philippe e che questa inconscia repressione
avesse fatto di lei una nevrotica. Un simile pensiero l'esasper. D'altra
parte non si stava comportando in maniera perfettamente illogica, restando
fisicamente fedele a un marito con cui riusciva a far bene l'amore soltanto
ingannandolo mentalmente?
Questi interrogativi le tolsero il sonno. Quando spunt il sole aveva deciso
che cosa le rimaneva da fare.
Philippe intimidito. Non capisce che cosa vuole Marion. La ragazza gli
chiede di accompagnarla sulla spiaggia. Gli parla teneramente per tutto il
pomeriggio. Via via che trascorrono le ore, sempre pi nuda. Quando si
ritrovano tutti e due stesi su un tappeto di tiepidi aghi di pino, al riparo
dagli intrusi, Philippe non ha bisogno di far forza su se stesso per gustare
quel corpo imprevedibilmente libertino.
Marion si meraviglia che egli sia, nella realt, ancora pi desiderabile che
in sogno. Contempla e tocca quel petto largo e quelle natiche muscolose, i

corti capelli frondosi su quel viso sensuale. certamente l'essere pi bello


che abbia mai conosciuto! E il pi ardente, il pi entusiasta. Quale
leggendaria virilit, in quelle reni lanuginose!
Animalesco e superbo, si pasce di lei con una ispirazione da fenice. Due,
tre, quattro, cinque volte. Marion si chiede se sar mai sazio.
contenta quando, alla fine, egli deve confessarsi sfinito. Marion ha un
po' di male al cuore. E male anche un po' dappertutto, dove l'ha graffiata,
morsa, presa. Ma, soprattutto, infastidita dalla constatazione di aver fatto
l'amore tutto quel tempo senza aver provato altro che una tenera simpatia,
un'ammirazione estetica, una vanit soddisfatta e un certo divertimento.
In nessun momento il vigore appassionato di questo ragazzo e i suoi doni
naturali hanno fatto raggiungere a Marion, anche in minima parte, il
godimento. Quale differenza con le notti che ella passa nel letto di suo
marito!
Ment per giustificare il suo ritardo a casa, evit Dan, dorm male e,
l'indomani, telefon a Philippe per dirgli che era stata delusa dalla
esperienza fatta e che non voleva pi rivederlo.
Soltanto allora si ritrov a suo agio e quasi giubilante. Liberata dal suo
fantasma, avrebbe potuto appartenere interamente, senza artifici cerebrali,
a suo marito. Bruciava d'impazienza, al pensiero di questa gioia.
Bench abituato ai suoi assalti, Dan resta sconcertato davanti alla foga e
alla lubricit di cui Marion d prova nel violentarlo. Decisamente, ha
fatto un buon affare sposandola ed ella ha ragione di affermare di essere la
migliore amante del mondo!
Risponde a sua volta a questa foga e Marion si dice che anche lui fa
l'amore meglio di quanto abbia mai fatto. Tuttavia, nonostante i suoi sforzi,
ella resta insensibile. Stanco e sfinito, Dan rinuncia al tentativo di portarla
all'orgasmo.
Che cos'hai, dunque?
Non so. Forse non sto bene.
Simile scusa difficile da accettare, dopo i preliminari di cui si mostrata
capace.
Scambiano alcune frasi imbarazzate, comuni a tutti gli amanti i cui corpi si
sono male accordati. Si promettono che, la prossima volta, il loro gioco
avr un esito migliore.
Ma ci non accade. E cos per molte volte ancora.
Di nuovo Marion tenta di immaginarsi che Philippe a prenderla,
sperando di ritrovare il piacere perduto. Ma l'immagine di quella pelle
abbronzata, di quelle spalle da ginnasta e di quella capigliatura vegetale,

che pu evocare con maggior precisione di un tempo, ora la disturba, le


provoca quasi la nausea. A tal punto che non permette neppure a Dan di
continuare a prenderla. Lo respinge, si ritrae, si gira, si chiude nel silenzio
e nel dolore.
Dan si irrita, le rimprovera quella nuova freddezza, pronuncia parole
terribili:
E' chiaro: non mi ami.
Ma s! Non capisci...
Allora fammi capire!
Marion piange per la stanchezza e il nervosismo. Egli la investe:
Ami qualcun altro? Sai bene che puoi dirmelo. Non siamo pi nel
Medioevo: non ti metter la cintura di castit.
Stai vaneggiando! Se almeno potessi amare un altro, ci forse mi
aiuterebbe. Invece...
Cercano di mantenere la calma, di essere razionali, scientifici. Discutono:
fisiologia, psicologia... La loro sofferenza non fa che aumentare.
Pi tardi, Dan parla del loro caso con uno dei suoi amici, che lo mette in
contatto con uno psicanalista per il quale il caso di una semplicit
lampante: gli si mandi Marion, egli l'esaminer, trover ci che non va in
lei. Ma Dan non osa suggerire questa via d'uscita a sua moglie; e a ragione,
perch lei non sarebbe stata dell'umore adatto per accondiscendervi.
Marion accetter trattamenti e soluzioni soltanto da se stessa. Tuttavia lei
la prima ad essere sorpresa della piega che prendono i suoi pensieri. Un
giorno le si presenta alla mente l'idea che Dan e lei devono lealmente
riconoscere che il loro matrimonio stato un insuccesso e questa idea la
stordisce e le fa male come un pugno in pieno viso. Copre con le mani i
seni ansimanti. Le sue iridi di giada assumono di colpo il colore della
notte. Ma ha la passione del coraggio. Si dice che la sofferenza non pu
essere un criterio per stabilire cosa sia bene e cosa sia male, cosa sia giusto
e cosa ingiusto, n che possa decidere al suo posto ci che ella deve fare.
Spetta soltanto all'intelligenza disporre il da farsi.
Prima di tutto, non vero, si dice, che sia frigida. Lo ha constatato
sentendosi mancare di piacere sotto le carezze di Dan. Che non abbia
provato nulla con Philippe, che cosa ha di straordinario? Egli non sa fare
l'amore, lo fa come un cucciolo di leone, come un ragazzo alle prime armi.
Una ragazza deve andare a letto soltanto con un uomo che abbia almeno il
doppio della sua et.
Semplicemente, le serve trovare qualcuno che sia capace di farla gioire.
Come sapeva farlo Dan, finch ella non ha guastato tutto ingannandolo.

Perch, Marion lo capisce bene, se ora non si intendono pi ci dipende


dal fatto che da qualche parte in fondo alla sua coscienza deve esserci un
rimorso dell'adulterio che crea uno sbarramento tra lei e lui. La sua attuale
frigidit il meritato prezzo del riscatto richiesto dalla colpevole
consapevolezza di quel segreto non condiviso.
Improvvisa illuminazione! Marion si meraviglia di non aver pensato prima
a quell'evidente rimedio: si liberer della sua malattia soltanto
confessandosi con Dan. Egli la capir, non le rimproverer la sua sbandata.
Quella notte, con il cuore che, nonostante tutto, le batte furiosamente in
petto per l'apprensione, Marion racconta a Dan il suo pomeriggio prduto,
sulla spiaggia: il desiderio represso che provava per Philippe, che aveva
giudicato valesse la pena di soddisfare piuttosto che trascinarselo dietro
ipocritamente; e aveva" fatto bene, poich ora tale idea non l'avrebbe pi
tentata.
N sei sicura? contesta Dan. Trovo che questo ragazzo non un
concorrente da trascurare. Prima di tutto pi giovane di me...
Appunto!
E pi bello.
Senza alcun dubbio!
Ha tutte le qualit che mi mancano.
Allora, perch avrei scelto di sposare te?
Me lo domando.
Marion spiega. La giovinezza, la bellezza, sono doti che spetta a lei portare
nel loro matrimonio. Se fosse l'uomo ad averle, quale mai ruolo
spetterebbe a lei? Dan ritiene forse che Philippe sia pi intelligente di lui,
abbia pi carattere, pi personalit, pi cultura, creativit, umorismo,
audacia, saggezza? Che cosa ha fatto di se stesso e della sua vita, che possa
interessare una donna?
Lasciagliene il tempo.
Ma certo. Si prenda tutto il tempo che vuole per crescere. Quando sar
diventato un uomo, possibile che abbia altrettante attrattive delle tue. Ma
allora io non ne avr pi per lui. Capisci? Insomma, non hai altra
soluzione che me.
Lui, o qualcuno che gli rassomigli, pensa Marion, ma non esprime il suo
pensiero a voce alta. decisa a cercare questo qualcun altro, a provare con
lui ci che con Dan non le riesce pi di fare.
Ha dunque dimenticato lo scopo di queste confidenze? Poich si liberata
del suo segreto, senza dubbio ora potr di nuovo gioire. Ma Marion non ci
crede.

Tuttavia ritiene che sia suo dovere far rivivere il loro antico cerimoniale
erotico. Ma Dan a disagio la ferma:
Non stasera. Lascia che mi abitui all'idea.
Marion sorpresa. Cos, geloso! D'un tratto si ribella, protesta, supplica,
lo blandisce. Dan si rifiuta di ammettere che soffre per l'infedelt della
moglie, infelice, non ha l forza di perdonare. Ella se ne rende conto,
delusa, respinta.
A loro non resta veramente altro che il divorzio, conclude Marion, ma non
lo dice ad alta voce. Dan non sembra pensare a una simile eventualit. La
donna vi si preparer dunque da sola, il cuore stretto, senza lasciar
sgorgare le lacrime che le gonfiano il petto.
Esteriormente la loro vita non cambia. Escono pi spesso di prima, fanno
tardi con gli amici. Niente pi li richiama a casa, ora che non fanno pi
l'amore insieme.
Trovare un successore a Dan non sar difficile, pensa Marion, passando
in rassegna gli spasimanti che non sono stati scoraggiati dalla sua
freddezza di un tempo o quelli che non l'hanno conosciuta prima. Permette
loro d avvicinarla pi facilmente, di tastare, mentre danzano, il suo corpo
sotto l'abito. Ma ha paura che si rinnovi la delusione della pineta.
Questa volta mi lancer solo a colpo sicuro, promtte a se stessa.
Andr a letto solo con l'uomo che, a mio parere, potr sostituire
degnamente Dan.
Non sa ancora se gli chieder di sposarla o meno. Ma certa che l'uomo
prescelto sar il solo a possederla. Non decisamente donna da dividersi
tra due uomini.
Una sera simile a tante altre, lo sceglie all'improvviso. Ha pressappoco
l'et di Dan, esattamente come aveva previsto. E assomiglia anche un po' a
suo marito, anche se un po' meno bello, deve convenirne. Le critiche si
sommano alle critiche e dopo qualche giorno Marion decide che questo
pretendente non vale Dan sotto nessun punto di vista. dunque
ragionevole che ella abbandoni l'uno per l'altro?
Ma non serve a niente opporsi al corso delle cose: non sar la prima
moglie, pensa con tristezza, che divorzia per sposare una pallida copia del
primo marito. Sorte ironica, senza dubbio, ma la vita fatta anche di simili
derisioni. Se me ne rendo conto senza per questo farne un dramma, un
punto a mio favore, si dice; ci vuol dire che sto raggiungendo l'et
della ragione.
Ultima notte senza sonno: Marion si prepara a sedurre il nuovo amante che
ha deciso di prendersi. Si immagina in anticipo ci che avverr.

Ella ha preteso sempre dal marito che le insegnasse tutto ci che pu


essere messo in pratica da un uomo e da una donna (non le mai venuta
l'idea e Dan non gliel'ha sollecitata che si possa fare l'amore in pi di
due). Passa perci mentalmente in rivista, senza omettere alcun dettaglio,
il profitto che pu trarre dalle diverse risorse del suo corpo, per persuadere
obiettivamente il suo partner dell'eccezionale fortuna che gli capitata per
caso.
Lo carezzer con le sue mani, non per stimolarlo, ma per soddisfarlo al di
l di qualsiasi concepibile speranza. Poi gli far vedere come questo
piacere sia nulla in confronto a quello che pu conoscere nella sua bocca.
Ricomincer questa dimostrazione con il ventre, le cosce, i piedi, le
ascelle, i capelli, il naso, le labbra, la lingua, i seni, le natiche. Lo attirer
dentro di s per tutti gli accessi del suo corpo e tutti i ritrovati della sua
scienza. Lo sottometter alla sua volont di perfezione e gli doner
un'abitudine carnale pi impellente di qualsiasi vizio o droga. Non gli
lascer neppure la possibilit di inventare da s un piacere inedito: glieli
avr gi prodigati tutti con tale talento (se ne vanter ampiamente) da
superare qualsiasi prostituta d'alto rango e con tale slancio (lo far
risuscitare per lui) da eguagliare una vergine della sua et.
Per tutta la notte la sua immaginazione prepara questo exploit con
un'attenzione esacerbata. Marion ritorna dieci volte su ogni gesto, se ne
rappresenta la riuscita, assiste con intensit da studiosa agli spasmi virili, si
congratula con se stessa per i propri orgasmi, apprezza senza modestia gli
elogi che sicura di meritare.
Questa prova generale dovrebbe rendere infuocati i suoi sensi: in realt li
lascia inerti. Anche le sue dita, da parte loro, non cercano neanche di
risvegliare i suoi seni o il sesso, che sanno da sempre indifferenti alle loro
carezze.
Comunque Marion convinta di aver fatto la scelta migliore: l'uomo che
ha eletto a diventare suo amante proprio quello che le ci voleva. Riuscir
a soddisfarla. All'improvviso, Marion sente il desiderio impellente di fare
l'amore con lui, di avere l'esperienza concreta di tutto ci che la sua mente
ha elaborato.
semiaddormentata? ancora obnubilata dal sogno che ha fatto? Ha
dimenticato la lite... e la propria fierezza? Si avvicina a Dan addormentato,
strofina sul suo corpo il proprio pube nudo, le cosce, i seni appuntiti. Egli
si risveglia, la tocca con mano ingorda. Marion! si stende su di lui: le sue
labbra corrono su tutto quel corpo che le familiare, lo piegano ai loro
desideri, gli restituiscono le sue capacit di desiderio. Dan, senza parlare,

si presta al loro stile preferito, distende sul dorso la donna consenziente,


l'apre, la lavora. Sembra che non si preoccupi di sapere quali siano i
sentimenti di lei.
Marion, segretamente, confessa di essere felice, se lo ripete come una
cantilena. La sua mente e il suo cuore sono sazi, pieni. Che cosa potrebbe
desiderare di pi? Ormai, dice a se stessa, avr il coraggio di ammettere
con tutta franchezza che le importa poco gioire fisicamente. Una
preoccupazione di meno, nella sua vita! La sua unione con Dan pu far
bene a meno di questo legame materiale. Non hanno forse altre e
sufficienti ragioni per amarsi? Come aveva potuto far finta di ignorarle?
Che senso aveva voler ripetere la prova dell'amore con uno sconosciuto
e certamente con minori possibilit di riuscita? Questo sconosciuto che, un
attimo prima, Marion era pronta a sposare e che ora, gi, sul punto di
dimenticare!
E in realt, com' quest'uomo? In tutto il tempo in cui ella ha messo a
punto il programma dei loro piaceri, non si preoccupata di richiamare
alla mente il viso n ci che ha potuto vedere del corpo. Si sforza,
tardivamente, di ricostruirli, di immaginare quale aspetto avrebbe lo
sconosciuto se in quel momento fosse al posto di Dan, nella posizione in
cui ora Dan, facendo i movimenti che fa Dan: entrando in lei, uscendo,
entrando di nuovo, con un'ostinazione esigente, duro, lungo, concentrato
su questo sfregamento inesorabile, pensando soltanto allo spesso fluido il
cui passaggio lungo la sua verga e la cui eiaculazione nel fondo della
vagina stretta, umida, calda, muscolosa, attiva di Marion gli procurer ben
presto un piacere senza eguali.
Sul velo nero formato dai suoi occhi chiusi, Marion non riesce subito a
disegnare i tratti e l'espressione che cerca come a tentoni. Davanti a lei,
all'inizio, danzano soltanto colori, raggi di luce. Marion li dispone
pazientemente, ne tira fuori linee, forme. Alla fine il miraggio auspicato
anima lo schermo riluttante. L'amante esce chiaro, riconoscibile,
dall'incoerente genesi. Subito Marion lo desidera con tutto, il suo sesso,
con tutta la sua anima. E lui, in risposta, la schiaccia e la stringe con il suo
corpo favoloso.
proprio colui che, la sera prima, Marion aveva scelto perch sostituisse
Dan. Ma, ora che ha l'irrecusabile esistenza del sogno, Marion si rende
conto che non sar mai n il successore n il sostituto di suo marito: egli ,
in quello stesso istante, il commensale obbligato di Dan, il suo doppio
necessario, che prende Marion insieme a lui. coricato su di lei nel corpo
di Dan. Traggono la vita l'uno dall'altro.

Marion ormai non riesce pi a distinguere chi suo marito e chi l'altro.
L'incomparabile piacere che prova nel rappresentarsi i loro ventri in
simbiosi che infrangono il suo ventre, le loro bocche che la baciano e
l'intossicano di una saliva composita, i loro sessi confusi uno nell'altro che
si affondano e avanzano in lei, pi lontano di quanto potrebbe mai fare un
uomo solo, il loro spasimo indivisibile, finalmente che la riempie di uno
sperma per met adultero le fa comprendere che mai pi ella potr
soddisfarsi del loro amore disgiunto.
Un orgasmo insostenibile cresce in lei, si gonfia, batte, sale fino al suo
cuore che si ferma, fino alla gola che urla, fino alla testa che esplode in
milioni di frammenti, portati al calor bianco pi che qualsiasi pietra.
Dan ansima, contemplando con fierezza la moglie che torna lentamente in
s.
Non ho mai provato un piacere simile, sospira Marion, ridendo di
tenerezza.
Circonda il collo del marito con le braccia appagate, copre di baci il
compagno ritrovato:
Pensa! per poco non ti ho perso. Dovevo essere impazzita! Ma ora
passato. So che posso fare l'amore soltanto con te. Con te soltanto posso
gioire. Soltanto con te posso amare.
RAGIONE GRECA
A M. e N.
L'hotel di Gran Bretagna aveva visto ben altri spettacoli e il portiere capo
non lasci trapelare alcuna emozione all'arrivo scaglionato delle tre coppie.
I primi a presentarsi furono Lucas e Antonia, provenienti dalla rotta che
attraversa l'Italia e il Peloponneso. Occuparono una delle grandi stanze che
Lucas aveva prenotato. L'impiegato trascrisse sul registro: signor Ran,
funzionario internazionale, 34 anni, nazionalit francese; signorina De
Linhes, indossatrice, 22 anni, nazionalit brasiliana. Attese che i nuovi
arrivati fossero nell'ascensore prima di formulare, a bassa voce, tutto
beneficio dei suoi colleghi, i commenti che gli ispiravano le lunghe cosce
nere come la lava sotto la minigonna pi corta che fosse stata vista ad
Atene dopo l'instaurazione del nuovo Ordine Morale.
La seconda camera fu occupata, la sera del giorno seguente, da Roman e
Ccile, che Lucas e Antonia erano andati a prendere all'aeroporto di
Hellinikon. La stessa persona procedette, senza il minimo trasalimento, a
registrare Ccle, che, dal suo passaporto diplomatico, risultava essere

tuttavia la moglie legittima di Lucas. Anch'ella era francese e aveva 24


anni. Il suo compagno di viaggio e di letto fu registrato come dottor Sand,
docente universitario, 36 anni, nazionalit britannica. Erano partiti da New
York quella mattina stessa.
L'apparizione a mezzanotte di Cliff e Margot, arrivati anch'essi in aereo
provenienti dalla Spagna, fu pi movimentata. Non appena entrato nella
hall, Cliff si indign perch per lui e per la sua fidanzata era stata riservata
una sola stanza: Lucas aveva perso qualsiasi buonsenso? Era evidente che
avevano bisogno di due camere separate...
L'albergo riusc a trovare le due camere richieste e Cliff le accett, non
senza essersi prima assicurato che non fossero comunicanti.
Dopo di che, i sei, finalmente al completo, se ne andarono a centellinare
Youzo e il caff turco sotto il fresco cielo di piazza della Costituzione, fino
a notte tarda.
Che cosa significa quell'orrore? chiese Cliff, indicando con il mento tre
lettere azzurre al neon, che dovevano essere alte almeno trenta metri, a
giudicare dallo spazio che occupavano sulla sommit del colle del
Licabetto.
Nai, cio s, tradusse Antonia, che aveva cominciato a imparare il greco
da quando, otto giorni prima, era sbarcata a Patrasso.
S a che cosa?
Ai poteri dittatoriali del governo.
Come si dice no? chiese Ccile.
Ochi. una parola difficile da pronunciare, ma non ha molta importanza,
perch non permesso servirsene.
Andiamocene da qui, concluse Cliff. Non potranno insudiciare il
mare, almeno lo spero. Speriamolo, esclam Lucas, perch, sulla
terraferma, non c' pi un luogo sicuro. A ogni chilometro di strada, ci si
imbatte in un enorme cartellone bianco che proclama: " Viva l'esercito".
Zit o Stratos precis la brasiliana, gridando a squarciagola.
Gli occupanti dei tavoli vicini si girarono e la osservarono con aria
perplessa.
Ti prendono per una provocatrice!
Zit i Fthniki Kyvernisis! Hellas Hellinn Christiann! prosegu
Antonia, imperturbabile. Che ti succede? si inquiet Roman.
Mi esercito ai miei doveri di cittadina: grido "Viva il governo nazionale!
Grecia dei Cristiani Greci!" I muri, i tetti, le montagne me l'hanno ripetuto
mille volte. Ottimo per imparare a leggere. Ma tutto quello che mi
ricordo della strada di Sparta.

Anche sull'Acropoli ci sono cose simili? chiese Margot.


Non hanno ancora osato farlo, rispose Lucas.
Ma non ci sar da aspettare molto, previde Antonia. Venite a vedere!
Li trascin in un vicino viale, davanti alla vetrina di una galleria. Vi
troneggiava uh gigantesco dipinto ad olio che raffigurava Ges in persona,
con il dito alzato, che guidava verso il Partenone tre colonnelli, il cui viso
esprimeva una santa risoluzione.
bello, non vi pare? disse, in buon inglese, un adolescente
dall'espressione cordiale che si era unito al loro gruppo.
Le piace? chiese Cliff.
Certo, rispose il ragazzo. Posso presentarmi? Mi chiamo Georges.
Studio ingegneria; prender la laurea il prossimo anno. Come trovate il
mio paese?
Interessante, disse. Cliff. Venga a prendere un caff con noi.
Si sedettero sulla terrazza di un altro bar.
Eravate gi venuti altre volte in Grecia? s'inform il loro ospite.
Non pi da duemilacinquecento anni questa parte, si scus Roman.
Ci metta al corrente degli ultimi progressi. Lei soddisfatto del sistema
politico vigente?
Certo.
Perch?
Prima si discuteva troppo. Era difficile capirci qualcosa, raccapezzarsi.
Non si sapeva a che punto si era.
Ora lo sapete?
Tutto in ordine: si sa in quale posto devono stare le cose e ogni cosa
al suo posto.
E il suo posto, qual ? chiese Ccile.
Il giovane greco parve sconcertato.
Ma io non ne ho ancora. Ve l'ho detto: sono soltanto uno studente.
Lei non pensa che sia questo il solo posto che l'uomo dovrebbe
mantenere per tutta la vita?
fece notare Roman. Poi, senza lasciare al suo interlocutore il tempo di
pronunciarsi a questo proposito, interrog, per abitudine professionale:
Terminati gli studi, che cosa pensa di fare?
Lasciare il paese, rispose il ragazzo. Sembra che in America abbiano
molto bisogno di ingegneri.
Esatto, replic Cliff.
Lei americano? s'inform Georges, in tono speranzoso. E impegn
Cliff in una conversazione infarcita di banalit, che Margot si premur di

interrompere annunciando che aveva sonno.


Vi rivedr domani? volle sapere il ragazzo.
Temo di no, si scherm Cliff. Partiamo di buon'ora.
Senza essere stati sull'Acropoli! si scandalizz Georges. Non volete
che vi ci accompagni?
La prego, intervenne Roman, non ci parli dell'Acropoli. Lasci che in
questo paese ci sia almeno un luogo dove niente n nessuno possa mai
trovare il suo posto.
Il mattino seguente presero il primo volo per Rodi, dove li attendeva lo
yacht che Cliff voleva comprare. Proprio per farne la prova aveva invitato
Lucas e Roman che, d'altronde, non si intendevano di imbarcazioni pi di
lui, ma che almeno potevano dargli un parere imparziale.
E non meno avrebbero contato le opinioni di Margot, nella sua qualit di
futura e quarta signora Petersborough; di Ccile, di cui Cliff
apprezzava in modo particolare il giudizio e il gusto; e, infine, di Antonia,
in quanto perfetta sconosciuta, perch Lucas l'aveva incontrata a Parigi
soltanto due settimane prima e aveva fatto una sorpresa a Cliff portandola
con s.
Il gruppo fu preso da un senso di ammirazione e di rispetto davanti allo
scafo a tre alberi, ancorato nel porto per imbarcazioni da diporto di
Mandraki. Rimasero per un lungo attimo a contemplare dalla banchina, in
preda a sognanti fantasie, il suo scafo azzurro dai fianchi stretti, le
rifiniture di rame lucidato, il bianco lattiginoso delle vele piegate, il
disegno logico e altero dei pennoni e dei cordami, albero di un mondo
immaginario le cui pulegge di legno si staccavano come frutti brillanti
contro il cielo opaco.
Poi si riempirono la bocca con i nomi meravigliosi che l'attuale
proprietario, prima di lasciarli soli a bordo, attribuiva ai vari tipi di
sartiame, a ogni angolo del ponte, a ogni raffio, e di cui disperavano gi di
potersi ricordare. Ritrovarono per un linguaggio per giudicare
l'ammobiliamento del salone e delle quattro cabine, esigue ma che
sembravano essere state sfruttate nel modo migliore, oltre che delle
minuscole docce, della cucina e della zona destinata all'equipaggio, la cui
inumana pulizia fece quasi dubitare loro che fosse mai stata abitata.
Ma fu presentato loro il capitano ed essi ne apprezzarono subito la calma
magrezza, l'aspetto orientale che gli davano le rughe bruciate dal sole della
sua pelle, la fessura dei suoi occhi e il sorriso pensoso e distante che non lo
abbandonava neppure mentre essi gli parlavano. Un po' in francese, uh po'
in inglese, egli rispondeva con frasi cos corte e con un tono cos calmo

che i sei amici furono ben presto colpiti e imbarazzati dalla loro stessa
loquacit e la conversazione fin a poco a poco per prendere un andazzo
monosillabico che approd in un silenzio totale.
Il silenzio fu rotto dall'apparizione di altri quattro marinai, uno dei quali
era molto bello. Il primo greco che incontro che rassomigli a quelli di un
tempo, esclam Antonia.
Ora, declam Cliff, in tono lirico e citando l'Anabasi, viaggeremo
come Ulisse, coricati sul dorso!
Due giorni dopo alzarono le vele. Il mare era trasparente e tranquillo.
Gettarono l'ancora in una baia per fare il bagno. La nuotata stimol
l'appetito di Cliff che rimprover il cuoco di bordo per non aver preparato
da mangiare a sufficienza. I suoi commensali erano d'idea contraria e il
cibo serv da base per la conversazione fino al momento della siesta.
Ccile propose ad Antonia di riposarsi sul ponte. Si sistemarono a prua, sul
tavolato di legno di tek sbiancato dai lavaggi. Ccile si tolse i due pezzi del
suo bikini e si distese supina. Antonia rimase seduta, con le braccia che
circondavano le ginocchia.
Non ti togli il costume? si stup la sua compagna.
Non ho bisogno di abbronzarmi, osserv con un sorriso la brasiliana.
Potresti spogliarti per farmi piacere.
Sono gi troppo nera.
Troppo in rapporto a che cosa? replic Ccile. Da che cosa valuti se
un colore buono o cattivo giusto o sbagliato, bello o brutto?
E tu, allora, perch vuoi cambiare il tuo?
Ccile indic i seni e il basso ventre, il cui pallore spiccava chiaramente
sull'abbronzatura del resto del suo corpo.
Sono queste zone a causarmi dei rimorsi, spieg.
Vedi bene allora che anche tu hai dei pregiudizi in favore di una tinta
piuttosto che di un'altra.
No: non sono neppure sicura che sia pi piacevole avere un'abbronzatura
uniforme che essere a righe. Mi piacerebbe anzi essere una zebra. Ma mi
dispiace esserlo per un puro senso di vergogna. Infatti, se sono abbronzata
a chiazze, questo non per una scelta precisa o per uno scherzo della
fantasia, ma soltanto perch non oso mettermi nuda sulle spiagge che
frequento.
Hai paura dei vigili, normale.
Ho soprattutto paura di scandalizzare, di essere giudicata male. Ho paura
della morale pi che della legge.
Eppure non trovi nulla di male nel fatto che io sia l'amante di tuo

marito.
Perch non c' nulla di male. Se tu fossi brutta o sciocca, sarei furiosa. E
umiliata al pensiero che egli possa avere cattivo gusto.
Guard con aria pensosa Antonia, poi aggiunse:
Anche lui potrebbe rimproverarmi di fargli un'offesa se amassi uomini
che valgono meno di lui. Ma vedi, Roman, per esempio, uno studioso. Ed
bello da guardare, non trovi?
molto diverso da Lucas. Quale preferisci?
Lucas mio marito, non l'ho sposato senza ragione. Ci non mi
impedisce per di apprezzare le qualit di altri uomini. Ma trovo stupido
fare paragoni: paragonare gi cominciare a privarsi. E come ci si pu
permettere di preferire questo a quello, quando la vita non abbastanza
lunga da permetterci di imparare a conoscere?
Finirono per addormentarsi una accanto all'altra.
Le isole lasciavano il posto ad altre isole. A ogni porto immensi slogan
luminosi proclamavano le virt degli eserciti e della razza. Finirono per
odiare quasi quegli scali, ma dovevano pur scendere a terra per rifare le
provviste. L'appetito di Cliff non sembrava voler diminuire. I suoi amici
finirono per rimproverarglielo.
Non sono un ingordo, egli replic, sono un buongustaio. La buona
cucina un'arte.
Un'arte primitiva, contest Lucas. Una arte da popoli sottoalimentati,
incapaci di sfidare qualsiasi altra cosa che non sia la loro fame da lupi. Un
giorno, speriamo, l'umanit progredir tanto da non pensare pi a
mangiare.
I greci antichi si preoccupavano tanto della gastronomia quanto Cliff?
volle sapere Margot.
Non sapevano che l'uomo un animale, interfer il suo fidanzato.
La discussione rinasceva quasi a ogni pasto e una sera Lucas confid a sua
moglie che vivere su un'imbarcazione cos piccola creava un
inconveniente: li forzava a vivere un po' troppo gli uni sugli altri.
Ma non abbastanza, a quanto sembra, fece osservare Ccile, da
provocare un ravvicinamento tra Cliff e Margot, ravvicinamento che pur
sarebbe nell'ordine delle cose.
Tu che opti tanto per la natura, disse pi tardi al loro ospite, in separata
sede, trovi naturale portare in crociera con te la tua fidanzata e non
andare a letto con lei? Desideri forse che resti vergine?
Fare l'amore con le mie mogli non mi mai riuscito, ma non voglio
perdere questa: l'amo.

Non capisco. Sar diverso, quando sarete sposati?


No, rispose Cliff, senza esitare.
Lasci passare un attimo, poi aggiunse:
Perch dovrei ritenermi obbligato a comportarmi come tutti?
Il tono della sua risposta significava che non desiderava dover rispondere
ad altre domande. Ccile non riusc a soddisfare la sua curiosit il suo
stupore.
Al largo d'Icara si alz il vento e il mare divenne agitato. Margot si sent
male: le consigliarono di sdraiarsi sul ponte posteriore, dietro il timone,
governato dal capitano. Il resto dell'equipaggio sembrava stranamente
inattivo. Il pi giovane e il pi bello dei marinai non sembrava pi a
suo agio della piccola americana e fin per andare a stendersi al suo fianco.
Non si fecero la minima confidenza, pallidi e sofferenti com'erano
entrambi; ma trovarono un reciproco conforto nell'essere l'uno accanto
all'altra.
Ccile e Antonia, che se ne stavano in piedi vicino alla cabina, ben protette
dai loro giubbetti impermeabili e apparentemente insensibili al beccheggio
dell'imbarcazione, si trovarono d'accordo nel giudicare che la giovane
fanciulla bionda e il ragazzo dai folti riccioli neri offrivano uno spettacolo
di rara bellezza.
Quanti anni ha il Kouros? chiesero al capitano, che ormai sapeva chi
esse designassero con quel nome.
Vent'anni, rispose, e per un attimo i suoi occhi si chiusero, quasi a
nascondere una luce indulgente.
Come Margot, allora.
Non stiamo qui a invidiarli, disse Ccile. Vieni con me.
Trascin Antonia con s, nella cabina.
Ti prego, disse, non appena ebbe chiuso la porta, lascia che ti baci.
Antonia la guard con un sorriso pieno di curiosit, senza incoraggiarla,
ma senza neppure mostrare imbarazzo.
Non sono lesbica, disse poi, per con un tono che non era di difesa, ma
come se avesse dovuto confessare che non sapeva giocare agli scacchi.
Neanch'io, replic Ccile, scoppiando a ridere. Ma sto per
innamorarmi di te: non la stessa cosa. Ho voglia di sentire il tuo corpo tra
le mie braccia.
La sua compagna assunse un'aria meditabonda.
Se oggi faccio l'amore con te, so che continuer a farlo, rivel infine il
suo pensiero Non voglio trovarmi nella posizione di chi non pu pi fare
a meno di una certa cosa.

Io gi non sono pi libera di fare a meno di te, disse Ccile.


Non voglio che la gente dica di me che tutte le donne dalla carnagione
scura sono lesbiche.
In tal caso dir loro che la negra sono io, mormor Ccile con fervore.
Che non possono sapere fino a qual punto sono negra! E felice di non
essere la sola ad essere cos.
Circond Antonia con le braccia e la strinse a s, pos le labbra sulle sue.
Poi allontan un attimo il viso da quello dell'amica, per contemplarne gli
occhi turbati.
Solo quando ci priviamo di ci che amiamo, per rispetto a parole che non
comprendiamo, allora diventiamo perverse, disse ancora. Dovremmo
vergognarci soltanto del fatto che proviamo vergogna. E non dovremmo
permettere a coloro che non ci conoscono di darci altri nomi che non siano
quelli che noi stesse abbiamo scelto.
Ccile tolse ad Antonia l'impermeabile e la camicetta, carezz la punta dei
seni che si ergevano verso di lei, apr la chiusura lampo dei pantaloni di
tela, li fece scivolare sulla carne morbida come seta delle cosce,
s'inginocchi davanti al vello cos messo a nudo e ne carezz con le labbra
il triangolo arruffato. Antonia, che fino a quel momento era rimasta
immobile, pos finalmente entrambe le mani sulla testa di Ccile, la spinse
pi verso il basso, e le curv la nuca, in modo che la bocca della sua
innamorata trovasse il suo sesso. Poi la tenne stretta tra le sue lunghe dita
affinch quel piacere non l'abbandonasse.
Vedi come siamo belle, le disse molto pi tardi Ccile, quando Antonia
si fu stancata di gioire in piedi e le loro gambe e le loro braccia si furono
allacciate sulla stretta cuccetta, dove i loro due corpi tenevano poco pi
posto di uno solo. Credi che in tutto questo ci possa essere qualcosa di
male? Avresti paura se qualcuno potesse vederci?
No, rispose Antonia. No, se a vederci fossero Lucas o Roman.
L'ondeggiare e il ripiombare delle onde le cullarono nel loro ritmo liquido.
Le due donne restarono per lunghe ore a gioire del fresco tepore della loro
pelle, della durezza delle loro cosce cos simili, della dolcezza dei loro seni
e della loro lingua. Nessuna pretese di insegnare alcunch all'altra n di
apprendere alcunch. Insieme scoprirono senza fretta terre sconosciute che
avevano il sapore mobile e salato del mare.
Sono andato apposta a Olimpia per rivedere il piccolo bronzo erotico che
il solo pezzo del museo che; a mio giudizio, non possa essere datato
facilmente, disse Lucas a cena. Ma bisogna pensare che mettesse in
pericolo la sicurezza dello Stato, dal momento che i colonnelli l'hanno

fatto togliere dalla sua bacheca.


E' vero che stanno riscrivendo le tragedie di Eschilo, per far s che
concordino con la loro politica? domand Cliff.
Non soltanto quelle: ora Pericle definisce la democrazia un regime
"istituito per il bene del popolo".
E non abbiamo visto una danza folcloristica in cui le donne non si
gettassero dall'alto di un dirupo per sfuggire al pericolo di essere violentate
da terribili stranieri, esclam Antonia divertita. Gli antichi greci non
erano molto pi larghi di vedute, ricord Roman.
Almeno risparmiavano la bellezza, si oppose Ccile.
Qualche volta si mettevano a rompere tutto con altrettanta alacrit dei
barbari!
Ma solo per fare qualcosa di meglio, insistette Ccile.
Lucas sostenne il suo punto di vista:
La differenza sta nel fatto che i barbari sognavano di restare cos per
sempre.
Il greco Zeus, scherz Ccile, ha passato la vita a mettere in ridicolo
quella cretese di sua moglie una barbara, se mai ve ne fu una! per
dimostrare che l'intelligenza nasceva dall'azzardo, non certo dalla fedelt.
Comunque il mondo continua ad onorare i puritani piuttosto che i
fantasiosi, riflett Lucas. Sono state le lezioni di questa buona donna, e
non quelle dell'amore camaleontico, ad essere state ascoltate.
Gli dei di quel tempo, corresse Roman, non insegnavano mai niente,
consapevoli che gli esseri umani la sapevano ben pi lunga di loro in
quanto a logica.
La quale sostituiva a volte la realt, disse Lucas. Le sue categorie ci
nascondono ancora la semplicit delle cose.
Non si pu pensare senza le categorie della logica, replic Cliff.
forse pensare credere che una donna sia fatta di una diversa essenza a
seconda che la si chiami moglie e ti dia dei figli, prostituta e ti aguzzi lo
spirito, o cortigiana e ti ecciti il piacere? Da quando gli abitatori dello
Ionio le hanno cos logicamente distinte, le tre specie non sono mai pi
state riunificate.
Ho paura, disse Roman a Ccile, che tuo marito ritenga responsabile
la tua dea del labirinto della nostra propensione a designare la stessa cosa
con nomi diversi!
Non me la prendo con le divinit morte, precis Lucas. Me la prendo
con i loro inventori mortali.
Tutto si metterebbe a posto e noi saremmo forse felici, sugger Antonia,

se ci servissimo di parole nuove. Quelle vecchie, quanto pi lo sono,


tanto pi fanno male.
Roman si affrett a sostenere il concetto della bella brasiliana con un
esempio tratto dalla sua esperienza scientifica:
Non si pensa che un protone possa avere pi o meno virt, dignit o
diritti di un neutrone. Ma lo si pensa per quanto riguarda una sposa e
un'amante.
Perch si tratta di nozioni che risalgono all'antichit, proruppe Lucas.
L'emozione vi ha una maggior parte che non l'intelligenza.
L'intelligenza consiste dunque nel giudicare che una cosa ne vale un'altra
e che tutto simile? insorse Cliff. Soltanto non confondendo i generi si
comprendono meglio le bellezze della vita. Anche l'arte dipende da una
buona ripartizione dei ruoli.
Fidati, esclam Ccile, del susseguirsi dei giorni: esso si incarica di
organizzare le cose. Sempre che, naturalmente, tu non gli renda pi
difficile il compito ingombrando la tua casa di statue, anche se tu le rivesti
di minigonne a guisa di peplo.
Tu che sai tanto, egli la canzon, non vedi dunque alcuna differenza
tra amare un pezzo di marmo e il dorso nascente di una ninfa che gioisce?
Da lontano l'isola di Mikonos, a parere di tutti, rassomigliava a un idolo
delle Cicladi, con il viso rivolto verso il cielo, le labbra socchiuse, carnale
e sibillino.
Gli uomini del paese furono giudicati dalle tre donne cos arcigni da far
loro ribattezzare Pisola Misoginos. E l'imbarcazione ripart per altre rive,
che si intravedevano vicine, sembrando quasi non toccare il mare,
sostenuto sulle braccia da qualche divinit sottomarina.
Cielo greco! Cielo greco! invocava Ccile, abbagliata dai freddi spruzzi
d'acqua salsa, perch mi hai lasciata? Che ti ho mai fatto? Cielo greco,
non sono venuta qui per respirare le brume del dubbio. Per te io sono
venuta! Non per le vestigia che tu proteggi, ma per ci che tu puoi
insegnarmi dell'avvenire.
Il sole non riusciva pi a filtrare attraverso le nuvole e il mare, nero e
bianco di schiuma, non permetteva loro di pensare ad altro che ad esso.
Cliff si lamentava di non poter scrivere e di doversi accontentare di panini
imbottiti; Roman e Lucas si lagnavano di non poter nuotare; Ccile di non
potersi offrire alle calde carezze del sole. Antonia pensava che ci si
metteva troppo tempo a raggiungere il porto seguente, poich ne
ripartivano troppo presto per aver avuto il tempo di conoscerlo.
Insomma, passiamo otto ore al giorno per non andare da nessuna parte,

osserv. Non era necessario venire in Grecia per far questo.


Dici cos perch il mare per te solo una strada che collega una terra
all'altra, esclam Margot. Se io invece un giorno dovessi andare sulla
Luna, o pi lontano, credo che ci che mi interesserebbe maggiormente
sarebbe lo spazio.
Gli ondeggiamenti dell'imbarcazione non la facevano pi star male. Girava
ormai sul ponte con piede sicuro, le mani infilate nelle tasche del suo
accappatoio, le lunghe ciocche dei capelli color seta grezza che le uscivano
dal cappuccio appuntito. Sembrava essere la sola a non annoiarsi.
Ti ricordi certo delle statuette votive micenee, i cui piccoli seni si ergono
sotto le vesti a righe: tu ne eri entusiasta, disse Lucas a Ccile. Margot
me le fa tornare in mente.
Questa volta Cliff ha fatto una buona scelta.
Ma anche lui si accontenta di guardarla.
Forse non ha torto, replic Ccile; non conosco niente di pi bello al
mondo di Margot nell'atto di fare l'amore.
Dove l'hai vista? Con chi lo faceva?
Con il Kouros. Avrei voluto contemplare ancora, senza smettere mai, una
simile perfezione. Vedere i muscoli del ragazzo danzare sotto la sua pelle,
a ogni movimento che fa per meglio impossessarsi delle adorabili
profondit della sua amante. L'uno e l'altra sembrano possedere un infinito
potere di godimento. Cos immensa la felicit che sprigiona dai loro
corpi nudi che tutti coloro che sono capaci di ammirarla senza provare
gelosia ne ricevono un riflesso. E' raro, non credi, incontrare un uomo e
una donna che abbiano ricevuto una tale grazia: saper fare l'amore non
soltanto per se stessi, ma anche per gli altri?
Lucas scosse affermativamente la testa.
E pi raro ancora che qualcuno come te li comprenda cos bene, disse
attirandola a s.
Ccile gli circond con amore il collo con le braccia, pos la sua guancia
contro quella di lui.
Ho imparato da te che l'amore il contrario dell'egoismo. L'avevo sentito
dire spesso, ma ora non ho pi bisogno di parole: lo sento nel mio stesso
corpo. Mai pi potr essere privata dell'amore, anche se lo volessi. Tutto
ci che ama e che bello viene a far parte di me, si aggiunge a me: non
smetto di crescere.
Lo baci sulle labbra, poi aggiunse:
Non chiederti perci chi sia a godere, quando tu senti qualcuno, in
qualunque posto, gridare di piacere: sono io.

Io medito, annunci Cliff, dall'alto delle rovine di Tirinto, sulla


stupidit ciclopica del dovere di grandezza. Tutti questi contrafforti e
queste gallerie sono stati fatti per conformarsi ad alcuni riti sociali, non
perch rispondessero a bisogni reali. Dallo spessore inutile delle mura vi
riconoscevano come un vero signore e vi accordavano gli onori dovuti al
vostro rango. E dovevate comportarvi da signori, allorch eravate ritenuti
tali. Anche se ci vi infastidiva da crepare. E faceva crepare gli altri di
noia. O d'acuta indifferenza. Per questa ragione non comprer lo yacht.
Le vele bianche li portarono fino al porto dove si separarono.
Quali progetti avete? chiese il loro ospite, colto da una subitanea
tristezza al pensiero di dover lasciare quei compagni che, nei giorni
precedenti, lo avevano soprattutto innervosito.
Ritornare a Cornell, naturalmente, disse Roman.
Io torno a Parigi, sospir Lucas.
E voi due? chiese vagamente Cliff, girandosi verso Antonia e Ccile. Fu
quest'ultima a rispondere:
Andremo a passare un mese d Lucas, poi un mese da Roman. E cos di
seguito.
Tutt'e due insieme o separatamente? volle sapere Cliff, che sembrava
non riuscire a comprendere il loro piano.
Per Roman e per Lucas sar pi piacevole averci insieme, spieg con
pazienza Antonia. E anche per noi. Inoltre, nel mese che li lasceremo soli
ognuno di loro potr fare nuove scoperte.
Siete d'accordo? volle sapere Cliff, rivolgendosi ai due uomini.
Lucas disse, mentre l'altro approvava con un cenno della testa:
L'esperienza vale certamente la pena di essere fatta. E tu, quando ti
sposi?
Subito, disse Cliff.
Margot gli sorrise teneramente. Poi afferm:
E portiamo Michaelis con noi.
Il Kouros? si stup Roman.
Il sorriso della fanciulla si fece pi pronunciato:
S. Anche se il nome vecchio, cercheremo di non entrare in una
categoria che ci tenga troppo costretti.
Siamo troppo felici, osserv Lucas. Certo, finiremo per saziarci di
felicit a casa nostra. E per restarvi.
Ochi, disse Antonia.
UN TEMPO PER ALTRE COSE

A N. P. e M. R.
Com' bella la Rivoluzione! confida Mary, l'americana, al suo
magnetofono portatile. Com' bella la Rivoluzione, con le sue ragazze
dalle gonne corte, che s passano i sassi di mano in mano! Eretta la
barricata, esse vi si arrampicano con le loro gambe da innamorate per
radunare i ragazzi attorno alla bandiera nera delle loro chiome, in mezzo
alla nebbia prodotta dai gas che arrossano i loro occhi.
Un'esplosione assordante, cos vicina che Mary salta istintivamente
all'indietro, le mozza il fiato e i pensieri. La ragazza si stringe
l'apparecchio al petto.
Non aver paura, le dice Daniel. Ameno-ch tu non le riceva in pieno
viso, quelle granate sono bidoni.
E quando le ricevi in pieno viso? chiede Mary.
Una marea di giovani la trascina nel suo movimento di risacca. L'invitata
si lascia portar via. Alcuni altoparlanti sbraitano:
Diffidate dei provocatori! Conservate il vostro sangue freddo.
Abbiate sangue caldo! registra Mary, il microfono premuto contro le
labbra. Siate provocanti, ninfe della rivolta! Non lasciatevi mai pi
ricondurre alla verginit!
Si ode un lontano brontolio, come il rombo di un treno o l'avvicinarsi di un
esercito zul. Per un attimo le bombe smettono di esplodere: le forze
dell'ordine tendono l'orecchio. Una gioiosa eccitazione si diffonde tra la
massa disordinata degli insorti:
Eccoli!
Sono i cortei di studenti e operai, partiti alle sei di sera dalle porte di Parigi
e che hanno camminato fino a mezzanotte, convergendo verso il Quartiere
Latino. La folla numerosa trabocca contemporaneamente nelle vie laterali,
che sembrano dover quasi scoppiare.
Le loro voci, simili all'ansimare di un pistone, ripetono senza fine la frase
che richiama dalle loro case gli individui pacifici e i paurosi:
Siete tutti parte in causa! Siete tutti parte in causa!
I borghesi benestanti, i bottegai, tutti escono dai loro rifugi. notte,
nessuno li vedr. Seguono l'allegra marcia, si ritrovano a dissigillare gli
edifici pubblici, a smantellare la pavimentazione delle strade.
Le vetrine crollano, gli alberi vengono abbattuti, le automobili
parcheggiate lungo i marciapiedi vengono sollevate a forza di braccia, il
lastricato grandina insieme con roba eterogenea.
All'inizio c'erano tre barricate: un'ora dopo, ce ne sono ventiquattro.

All'angolo tra la via Hautefeuille e Boulevard Saint-Germain Mary ha le


mani indolenzite per aver fatto la catena per passare sassi e altre masserizie
per erigere una barricata. Ora guarda con fierezza la sua opera, alta tre
metri, sulla quale silenziosi giovani pieni di baldanza stanno finendo di
issare enormi cancellate di ferro, portate via chiss da dove.
Che cosa fanno gli sbirri? domanda inquieta.
Va' a vedere, le dice Daniel.
Ella si strofina le palme delle mani sui fianchi coperti di lana bianca,
pettina con le dita sporche di terra i capelli chiari che le frustano il collo,
stacca il magnetofono dalla sua cintura di cuoio, ne gira la cartuccia, ne
verifica le pile, poi si avvia verso l'incrocio di Saint-Andr-des-Arts,
giocando di gomiti per aprirsi la strada attraverso uno spessore fluido di
uomini e di donne di tutte le et, vestiti nei modi pi eterogenei.
Piazza Saint-Michel un calderone di streghe. coperta da una specie di
catrame nero, privo del minimo luccichio, fatto da migliaia e migliaia di
robot dell'ordine, in ranghi cos compatti che devono essere incastrati uno
nell'altro e respirare tutti contemporaneamente, ammesso che respirino.
Sopra i loro troppo grandi scudi tondi, dai bordi taglienti, che essi non
sanno come tenere per non ferirsi gli uni con gli altri, pende il grugno delle
loro maschere a gas. Mary si meraviglia, reclama uno spettacolo che la sua
voce troppo flebile priva della possibilit di realizzazione:
Polizia: fate lo spogliarello!
Meno fantasiosi, i suoi vicini vociferano:
C.R.S. = S.S.! C.R.S. = S.S.!
In risposta arrivano traiettorie punteggiate di scintille, uscite dal nero. Un
oggetto atterra ai piedi di Mary. La ragazza si gira per mettersi a correre.
Non fuggite, compagni! gridano voci che riescono a sovrastare il
baccano.
Mary si ferma con gli altri e piange tutte le sue lacrime. Le sue mani si
alzano in direzione degli occhi infuocati, ma si controlla, ricordandosi i
consigli: Non fregarsi le palpebre. Non bere, non mangiare niente per
quattro ore...
E ha cos sete. E come le fanno male gli occhi. Piange con rabbia. Un
nuovo lancio innalza davanti al suo gruppo una cortina scoraggiante e
bluastra. Si sente un odore diverso. Mary, il petto stretto in una morsa, i
polmoni bloccati, vacilla. Tutto diventa nero. Qualcuno la riceve tra le
braccia, la trascina indietro.
Avvelenatori! urlano i suoi compagni. Assassini!
Gas di guerra! Vogliono ucciderci! Facciamo loro paura!

Niente panico, si sgola qualcuno. Non vi scoraggiate, compagni!


Sono soltanto C.B.{1,} non ne morremo.
Vigliacchi! urlano gli studenti ai poliziotti. Venite dunque avanti!
Guardateci negli occhi! C.R.S. = S.S. riprende il coro.
Una giovanissima fanciulla in camicia bianca distribuisce compresse di
garza. Mary ne applica una sulle narici e sugli occhi, tenta di respirarvi
attraverso. Ansima e sta per cadere, rinuncia alla maschera improvvisata.
Comincia a cadere una leggera pioggia; Mary alza il viso verso l'alto,
perch l'acqua del cielo lavi le sue palpebre torturate. Impreca di dolore.
Non farlo! l'avverte un ragazzo, se non vuoi diventare cieca. Mantieni
gli occhi asciutti. Mary scoppia a ridere. Mantenere gli occhi asciutti...
bisognava pensarci prima! Tra i mezzi singhiozzi ripete quella battuta nel
microfono del registratore. Dov' Daniel? Finalmente lo ritrova.
Andiamo alla grande barricata, egli le intima. Ci sar tumulto, laggi.
Si aprono la strada verso l'incrocio Saint-Michel-Saint Germain. I C.R.S.
sono avanzati. Una massa indistinta brontola e rumoreggia a una ventina di
metri dal bastione fatto di pietre saccheggiate un po' dappertutto, di ferro e
di legno. D'un tratto, uno scoppio fa tremare la terra e una fiammata larga
quanto la strada sale fino ai tetti, davanti al museo di Cluny.
Che cosa succede?
Un camion che salta per aria.
stupendo!
Proiettili enigmatici passano nell'aria sibilando. Razzi zampillano
descrivendo orbite circolari e ricadono come pioggia di scintille. Nebbie
colorate si innalzano come fuochi del Bengala. Alcune torce creano
nell'avversario il terrore ancestrale del fuoco greco.
We shall overcome! intona appassionatamente Mary, nient'affatto
spaventata dalle granate offensive. Raccoglie un sasso dal selciato e lo
lancia con tutte le sue forze in direzione degli scudi alzati. We walk in
hand! We are not afraid! We shall overcome. To-day! Today!
Vicino a lei la bellezza di una fanciulla bruna, una piccola testa
incorniciata da corti capelli, una tunica di cuoio color miele, d a Mary un
accresciuto senso del dovere. Il sasso caduto a met strada dai fantaccini
neri.
Non stato un gesto molto creativo! si scusa.
Non si fa la rivoluzione per creare, le grida la brunetta nell'orecchio.
Si fa la rivoluzione per conquistare il diritto di creare.
Per stabilire le condizioni che renderanno possibile la creazione, precisa
un giovane che le ha udite.

vero, riflette Mary. La creazione non era pi possibile; non valeva


nemmeno pi la pena di tentare. Queste notti sono la nostra ultima
possibilit. Ora che finalmente riusciamo a farci ascoltare, non bisogna
permettere alla borghesia di rimettersi dal suo sbigottimento. N a noi
stessi di disabituarci al nostro.
Si china a prndere un altro sasso:
L'immaginazione al potere!
I gas e le grida di guerra l'hanno fatta diventare roca. Intorno a lei nel
frattempo si canta:
Non siamo rassegnati!
Attenzione! avvisa la ragazza bruna.
La tira per la camicetta di jersey che si apre e lascia intravvedere la
stupenda nudit dell'americana. Un cilindro lacrimogeno cade proprio
nel punto dove si trovavano pochi secondi prima.
Saresti rimasta ustionata. Vieni sulla barricata.
Mary prende la mano della ragazza. Gli ondeggiamenti e le spinte della
folla le separano, poi le riuniscono. Finiscono per raggiungere la base di
quella costruzione di fortuna. Alcuni degli occupanti le respingono:
Non c' pi posto. Ci darete fastidio.
Altri le afferrano e le issano in alto, le sistemano sulla sommit come
stendardi della fiducia e della bellezza.
Una raffica di bombe lacrimogene cade davanti alla barricata. Le fanciulle
ne sentono la ventata sulle gambe.
Senza che nessun ordine sia stato dato, una linea di studenti si lancia gi,
disdegnando di attaccarsi ai ferri e ai rami, passa come una carica di
cavalleria attraverso il baluardo di vapori venefici, va a lapidare i poliziotti
simili a tante Meduse, con un'azione fulminea.
I ragazzi che non restano sul terreno, asfissiati o raggiunti da
manganellate, attraversano di nuovo la nube di zolfo e vengono a crollare
ai piedi della barricata. Li portano dall'altro lato; alcuni volontari in camice
bianco e croce rossa bagnano loro gli occhi con il collirio, facendoli
gemere di dolore. Ansimano, si dimenano, si raddrizzano, si scrollano,
raccolgono altre munizioni e ripartono all'attacco correndo.
Il fragore dei proiettili di pietra e di ferro contro gli scudi anacronistici, il
miagolio delle granate e i canti dei giovani fanno scomparire i lamenti dei
feriti. L'apparecchio di Mary registra questa musica concreta della festa.
Come ti chiami? chiede Mary.
Un'ovazione, che saluta l'incendio di un'indistinta impalcatura, caduta
dall'alto dei tetti sulla massa dei poliziotti, nasconde la risposta.

Io ho ventun anni, prosegue Mary. Capisci il mio francese? Sai, io ero


contraria alla violenza! E tu? Che et hai?
Diciott'anni, risponde la bruna. Tutto sta cambiando.
Se la squagliano, annuncia un ragazzone dai capelli rossi, che tira fuori
dalla tasca un foglio e una matita e scrive qualcosa. Ora potremo sentire
quanto diciamo.
Mary si rivolge alla ragazza bruna:
La rivoluzione cominciata perch ragazzi e ragazze volevano andare a
letto insieme, non vero?
Abbiamo, sempre fatto l'amore, interviene un giovane con gli occhiali.
Ma non vogliamo pi dover domandare il permesso.
La bruna rincara la dose:
Ci che pi ci dispiace il tono con cui ci parlano.
Tutte queste sono valide ragioni per fare la rivoluzione, ma non la
rivoluzione, medita ad alta voce Mary. Bisogna invece cambiare il
modo di fare l'amore. Non soltanto poterlo fare nel modo che si vuole, con
chi si vuole. Bisogna inventare qualche altra cosa. O fare tutto
altrimenti...
I poliziotti protetti dai caschi e dalle maschere caricarono con una tale
rapidit e in cos gran numero che il gruppo degli insorti che, fino a quel
momento, aveva ostruito la loro avanzata in direzione della grande
barricata fu travolto e sminuzzato in pochi attimi, a colpi di manganello e
di scudo. Il viale era cosparso di corpi. Un brontolio sordo annunci
l'avvicinarsi di un automezzo, cui gli spasimi degli incendi attribuivano
proporzioni irreali.
I carri armati! gridarono gli studenti. Mandano avanti i carri armati!
Era soltanto un bulldozer che avanzava senza preoccuparsi di gambe o
spalle alle quali strappava pezzi di stoffa e di carne. Arriv di colpo
davanti alla fortezza di lastricato...
Quando la mischia si fu un po' calmata, ogni contendente si ritrov dal lato
della barricata opposto a quello che occupava pochi attimi prima. Una
larga breccia era stata aperta in mezzo a quella muraglia simbolica: il
bulldozer l'aveva tagliata in due. Ma anch'esso era in fuoco: una bottiglia
Molotov doveva aver raggiunto il segno. Estintori portatili ebbero ragione
delle fiamme senza soverchia fatica. Da una parte e dall'altra del baluardo
intaccato ribelli e poliziotti non sapevano esattamente quale nuova azione
perseguire.
Gli studenti alla fine si accontentarono di restare l dov'erano. Dopo tutto,
la loro tattica consisteva nell'occupare, non nell'avanzare. Invece i tutori

dell'ordine ricevettero ordini, tramite gli walkiestalkies in possesso dei loro


capi. Abbandonarono sul posto i loro oppositori e partirono a passo di
corsa verso l'altra estremit del boulevard, piombando a braccia conserte
sulla folla, molto meno bellicosa, che vi sostava. I curiosi, i giornalisti e gli
addetti al pronto soccorso si ritrovarono con le ossa rotte e il cranio
spaccato. I poliziotti si ritrovarono al Panthon.
Un ritornello cadenzato si innalz per tutta la lunghezza del boulevard, si
propag nelle vie adiacenti dove ci si batteva nell'oscurit. Le sillabe
martellate da migliaia di gole salivano nell'aria umida della primavera:
E' solo l'inizio!
Il combattimento continua...
Mary aveva visto passare, alla sua destra e alla sua sinistra, colonne
vociferanti di uomini neri, il manganello alzato, ed era stata scossa da un
riso dionisiaco:
Quanto sono coglioni! gridava a squarciagola, e il suo accento straniero
dava alle parole una musica e una poesia che sembravano incantare i suoi
compagni.
Ma in un batter d'occhio una gragnuola di bombe lacrimogene trasform il
loro comune peana in soffocazione e tosse.
La ragazza bruna emerse dal fumo:
Ritornano! annunci.
Le erano alle calcagna. Mary cominci a confidare qualcosa al suo
magnetofono, ma il tumulto dovette rendere incomprensibili le sue
impressioni. Uno sfollagente nero sibil davanti a lei. La ragazza, per
proteggersi, alz il minuscolo apparecchio davanti al viso. Il magnetofono
fu ridotto in un ammasso di ferraglia. Rabbia e rancore si impossessarono
di Mary. Lanci i taglienti pezzi di metallo sulla faccia mascherala di un
pretoriano. Ma un altro la colp sulle labbra, allo stomaco. Fu gettata a
terra, calpestata. Con il respiro mozzo, ella implor:
Non sui seni!
Con le mani che sanguinavano si aggrappava agli stivali. Riusc Infine a
girarsi sul ventre. Qualcuno le salt, a piedi uniti, sulla schiena: la ragazza
sent le sue ossa scricchiolare. Una mano ferma la sollev e la rimise in
piedi.
Sei ferita, compagna?
No, sto bene.
Non sentiva dolore da nessuna parte. Tent ancora di ridere ma questa
volta riusc solo a fare una smorfia.
Ritornano! esclam una seconda volta la folla.

Basta, pens Mary, me ne vado.


Si avvi. La barricata aveva talmente cambiato aspetto che al primo
momento non la riconobbe.
Due grandi alberi, tagliati con una sega elettrica, la rinforzavano. La
breccia era stata chiusa. Il numero dei ragazzi e ragazze che vi stavano
appollaiati era raddoppiato. Mary ritrov il sorriso, tese le mani perch
l'aiutassero a raggiungere la vetta. Si sentiva in piena forma.
Un'ondata cantante la trascin suo malgrado dall'altro lato del mucchio di
pietre, verso la parte bassa del boulevard, incontro a nuove file di poliziotti
che rifacevano il percorso dei precedenti, senza un filo di immaginazione.
All'incrocio Saint-Germain, Mary fu colta all'improvviso da un folle
scoppio di risa: in mezzo a quel finimondo, imperturbabili, i semafori
stradali passavano dal rosso al giallo al verde, come se le sorti del mondo
dipendessero dalla loro perennit automatica. Mary punt verso di loro un
dito libertario:
Bisogna spaccarli, grid. Ma nessuno la sent.
Ne ho abbastanza di piangere, si ribell Mary.
Un colpo di manganello la raggiunse in pieno viso, seguito subito da un
altro, sulla piaga aperta.
Le sue ginocchia si piegarono. Due braccia l'afferrarono sotto le ascelle, le
strinsero i seni, la trascinarono di lato, la lasciarono in piedi sul bordo della
strada. Mary tese le braccia in avanti:
Non riesco pi a vedere, si lament.
La sua voce si spense in un singhiozzo:
Non voglio essere cieca!
Altre mani la guidarono, passandosela dall'una all'altra con precauzione.
Un tampone di garza asciug il sangue che impiastricciava il suo viso.
Vieni, disse una voce che le fece dimenticare il terrore. Noi ti
cureremo.
Il respiro della ragazza bruna era vicinissimo alla sua gota. Mary, a tentoni,
circond con le braccia le spalle coperte di cuoio. La sua testa cieca tent
di riposarsi nell'incavo del collo riconosciuto. Ma la costrinsero a
camminare, a correre, e di nuovo ebbe paura.
Qualcuno la fece salire in una macchina, la stese su un sedile, le lav le
ferite con un liquido che bruciava e che la fece singhiozzare.
Apri gli occhi, le ordinarono.
Mary si costrinse a compiere quello sforzo doloroso, sollev le palpebre
viscose, distinse una camicia bianca, sent di nuovo clamori del
combattimento.

Hai la fronte tagliala, disse l'infermiere improvvisato, con fermezza.


Ti facciamo una bendatura e puoi tornare in campo.
Un'ondata di felicit avvolse Mary: non sarebbe stata privata delle foglie e
dei fiori del giorno, dei fuochi verdi, arancio e rosso della notte. I suoi
occhi agguerriti avrebbero gioito pi che mai della realt delle
metamorfosi.
Finita la fasciatura, Mary baci l'infermiere,m che sembr molto sorpreso.
Egli non aveva prestato molta attenzione alle belle gambe, lunghe e nude
al di sotto della gonna stiacciata e sporca, n ai seni appuntiti, finemente
messi in rilievo sotto il jersey umido. Vide tutto questo per la prima volta.
Non resterai sfigurata, disse a Mary, per farle capire la sua
ammirazione, e le sorrise.
Mary usc dalla macchina. La ragazza bruna la scrut:
Ti fa male la testa? chiese.
Mary scosse i capelli frangiati di sangue e trattenne un lamento.
Ho sonno, invent.
ferita, la scus un ragazzo che la contemplava con lo sguardo carico
d'ammirazione.
Mary pens che costui avrebbe certo voluto andare a letto con lei. Ha
ragione, si disse. Si lament:
Torno a casa mia.
Daniel l'avrebbe ritrovata l.
La brunetta l'osservava con aria pensosa; fin per dire:
Ascolta: io ho un amico, che amo molto...
Si ferm per un attimo, parve riflettere. Mary attese. La ragazza bruna
riprese a dire:
Io voglio... da molto che voglio fargli un regalo... Ma un regalo che gli
faccia veramente piacere, che gli faccia capire quanto amore io provi per
lui. Ho trovato cosa regalargli.
Che cosa? domand Mary.
Te, rispose la bruna. Sei d'accordo?
S, rispose Mary, felice.
La zona era stranamente calma. I gruppetti vari circolavano
chiacchierando. Come sempre si sentivano discussioni sui diversi aspetti
dottrinari. Una radio annunciava che i combattimenti infuriavano in place
Maubert e rue Monge, ma che il boulevard Saint-Michel era
momentaneamente calmo. In effetti non vi si vedeva pi neanche un
poliziotto. Gli insorti, che solo in quella zona dovevano essere almeno
ventimila, riedificavano con metodo la barricata, che l'ultima carica aveva

una volta di pi buttato all'aria.


E finita? chiese Mary.
Per oggi, s.
Che cosa faremo, in seguito?
La brunetta ebbe un gesto d'ignoranza. Mary le prese la mano. Si misero in
cammino, aprendosi la strada tra gli altri. Stava venendo loro un'idea.
{1 Granate a gas ad azione paralizzante, soffocante e nauseante a base di
ortoclorobenzalmalononitrile (note come C. B. in Francia e come C.
S. nella nomenclatura anglosassone), utilizzate recentemente dalla polizia
parigina per rinforzare l'azione delle C. N. lacrimogene. La loro
tossicit e i loro effetti a lungo termine sono sconosciuti e hanno provocato
nutrite proteste da parte degli ambienti scientifici e delta stampa.}
FINE

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