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Lo spettro Moby Prince

I Familiari delle 140 vittime della tragedia di dodici anni fa


sono convinti che a Camp Darby sappiano come andarono le cose
nella notte del rogo, quando il traghetto urt la petroliera Agip
Abruzzo
e in rada cerano cinque navi USA
di ritorno dalla guerra del Golfo.

di Angelo Mastrandrea
Il Manifesto del 1 marzo 2003
Sono convinto che gli americani sanno quanto accadde la notte
del disastro della Moby Prince. C'erano quattro navi
americane che riportavano alla base di Camp Darby armi e
munizioni dalla guerra del Golfo, quella sera nel porto di
Livorno. Ed e` impensabile che in pieno conflitto e con l'allarme
terrorismo da Camp Darby non controllassero quelle
imbarcazioni militari. Eppure, nonostante la base USA venisse
considerata l'orecchio del Mediterraneo, la sera del 10 aprile
del `91 non ha visto n sentito il botto e le fiamme sprigionatesi
nello scontro tra la Moby Prince, che usciva dal porto, e la
petroliera Agip Abruzzo, ormeggiata proprio tra una delle
imbarcazioni militari e un'altra petroliera, l'Agip Napoli. Erano le
22,25, i soccorsi arriveranno sulla Moby Prince solo attorno alla
mezzanotte e, alla vigilia di una nuova guerra del Golfo e
dell'ennesimo imbarco di armi da Livorno, ai familiari delle
vittime, cio tutti quelli che si trovavano a bordo tranne l'unico
superstite, il mozzo napoletano Alessio Bertrand, non rimane
che
accontentarsi
del
risarcimento
danni
e
di
una
commemorazione che l'anno scorso approdata anche allo
stadio, quando nella curva delle Brigate autonome livornesi
comparso lo striscione Moby Prince, 140 vittime, nessun
colpevole.
Dodici anni dopo, a processi conclusi e reati ampiamente
prescritti, Loris Rispoli, presidente di una delle due associazioni
delle vittime, fazzoletto bianco di Emergency legato a un
pantalone militare e una sorella morta nell'incidente, vede
un'inquietante analogia con quanto accadde allora: L'unica
differenza sta nel fatto che allora le navi cariche di armi
ritornavano dal Golfo, mentre questa volta sono in partenza. E
ancora una volta il porto di Livorno potrebbe trovarsi, malgrado

l'opposizione dei portuali, al centro di un traffico militare che non


gli competerebbe, legato alla contiguit geografica con la pi
grande base americana in Europa, punto nevralgico di sbarco e
imbarco d'armi e mezzi militari. Sono stati proprio i traffici di
armi a impedire che emergesse la verit, insiste Angelo
Chessa, figlio del comandante della Moby Prince e presidente
del secondo comitato di familiari delle vittime, che non crede alla
versione dei militari e pensa invece che le registrazioni e le foto
satellitari esistano eccome, anche perch sulle navi USA, in quei
giorni, lo stato era di massima allerta. D'altronde, anche l'allora
comandante della Guardia di finanza di Livorno Gentile testimoni
di aver visto quella notte movimenti di navi americane nella rada
racconta - anche se non abbiamo mai saputo con certezza che
cosa trasportassero.
Di tre sappiamo anche i nomi: Cape Flattery, Cape Breton e
Gallant 2. Presenza confermata dagli americani, che anzi
correggono: le navi non erano quattro, bens cinque. E lo fanno
rispondendo al consigliere regionale della Margherita, Erasmo
D'Angelis, che chiedeva loro la consegna dei tracciati e delle foto
satellitari sull'incidente. Cos, il Dipartimento di Stato USA, con
una lettera firmata dal capitano di vascello della Marina militare
USA, John T. Oliver, capo ufficio responsabile dell'avvocatura
militare, scrive da una parte che la base di Camp Darby non
aveva alcun motivo di monitorare il porto di Livorno con un
sistema di immagini satellitari e dall'altro ammette che nel porto
si trovavano quella sera cinque navi merci noleggiate dal
comando trasporti militari USA, una delle quali dovette essere
rapidamente allontanata perche' minacciata dalle fiamme della
Moby Prince.
Chi ci dice che una di queste non abbia ostacolato la manovra?,
attacca D'Angelis, al quale, al pari di Rispoli, pare strano che,
con cinque navi cariche di armi in rada, il governo USA non abbia
predisposto un sistema di controllo e di monitoraggio satellitare
del porto e soprattutto che non esistesse un sistema di
comunicazione in grado di coordinare le operazioni militari in
mare tra Camp Darby e la capitaneria.
Ma le stranezze non finiscono qui. Nei fascicoli processuali
riportata la comunicazione radio tra una fantomatica nave
Therese e un altrettanto mai identificata nave uno: This is
Therese, this is Therese to ship one in Livorno ancorage, i'm
moving on, i'm moving on, i'm moving on (qui Therese a nave
uno nel porto di Livorno, sto andando via).
Ancora, a una trasmissione televisiva di quei giorni arriv una

telefonata di un anonimo che diceva di essere di servizio quella


notte, che abbiamo visto tutto, ma che, riferitone a un ufficiale,
si sarebbe sentito rispondere che la decisione sulla eventuale
divulgazione sarebbe spettata alle autorit americane. Abbiamo
pensato che si dovesse trattare di una persona che lavorava
all'interno della base, e gli unici italiani che possono avere
accesso alla base sono carabinieri, spiega Rispoli, che si dice
convinto che a Camp Darby sappiano tutto. Nonostante la
lettera del Dipartimento di Stato USA affermi che il governo
degli Stati Uniti ha ampiamente contribuito alle indagini ufficiali
svolte dalle autorit italiane.

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