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Ugo Sartorio

(a cura)

Nuovi vizi

Italiani allo specchio

Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

mediare

Mediare, dal punto di vista di questa collana, signica assumere la sda di comunicare il Vangelo nelloggi della storia degli uomini. In unepoca di polarizzazioni, di tentazioni fondamentaliste, di diboscamento ma anche di maggiorazione delle identit, di turbinio comunicativo, mediare dare giusto peso ai numerosi interlocutori e contendenti che sono in campo e spesso, prima ancora, dentro di noi.

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UGO SARTORIO (a cura)

NUOVI VIZI
Italiani allo specchio

Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

ISBN 978-88-250-2784-6
Copyright 2010 by P.P.F.M.C. MESSAGGERO DI SANTANTONIO EDITRICE
Basilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova www.edizionimessaggero.it
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Introduzione

I vizi non niscono mai

Se i vizi fossero solo sette ci sarebbe da stare tranquilli. Ma non cos. Oltre a quelli che il Catechismo della Chiesa cattolica raggruppa sotto la dizione capitali1, perch a capo di un lungo corteo di vizi minori, ma per niente innocui, ve ne sono altri che vengono a galla e acquistano consistenza nelle grandi svolte epocali, quando lumano si ridenisce, la convivenza viene ricongurata e cambiano gli stili di vita. I vecchi nomi non bastano pi a coprire e rendere ragione in profondit dei nuovi comportamenti: lo spreco di una volta o anche lessere prodigo del famoso glio della parabola del Vangelo di Luca sono lontani anni luce dal consumismo cos come noi lo conosciamo e pratichiamo. E se il maleducato dei bei tempi andati era qualcuno
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Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, 1992, n. 1866

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che non aveva appreso le regole del buon comportamento in societ o faceva eccezione nellapplicarle, tuttaltra cosa limbarbarimento dei rapporti che coinvolge larghe fasce di popolazione, in Italia ma non solo: automobilisti infuriati e condomini esasperati, giovani insofferenti e adulti tracotanti, uomini insicuri e violenti e donne arroganti e indisponenti.

Nuovi vizi bussano alla porta


Andare in cerca, o meglio catalogare alcuni comportamenti diffusi e antisociali oltre che distruttivi di s come nuovi vizi, in aggiunta a quelli veicolati dalla tradizione cristiana, non una novit. Alcuni anni or sono ebbe un certo successo il libro di Umberto Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi2, nel quale
2 Cf. U. GALIMBERTI, I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003. Si offrono nuovi peccati, titola lultimo capitolo del volume di F. SAVATER (I sette peccati capitali, Mondadori, Milano 2007) nel quale si parla di crudelt, vanit, competitivit, fondamentalismo, consumismo, lauta (amore di se stessi), menzogna, ecc., come nuovi comportamenti considerati da molti alla stregua di peccati. Si veda anche, nella prospettiva dellarte discreta del ben vivere, S. NATOLI, Dizionario dei vizi e delle virt, Feltrinelli, Milano 1996. In chiave cattolica, Gianfranco Ravasi che pure ammette come molte nuove tendenze peccaminose non sono poi cos nuove avverte la necessit di allargare in qualche

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dopo aver parlato di ira, accidia, invidia, superbia, avarizia, gola, lussuria, seguendo il settenario classico ci si soffermava su consumismo, conformismo, spudoratezza, sessomania, sociopatia, diniego e culto del vuoto, comportamenti che sono caratteristici della personalit contemporanea e ne indicano in parte il dissolvimento. Si tratta, al fondo, di tendenze collettive alle quali luomo doggi fatica a sottrarsi, anche perch questo signicherebbe uscire da quello sciame3 che costituisce il usso confortante e compattante del cos fan tutti. Di questi nuovi vizi si pu dire che riguardano pi la collettivit che il
modo il settenario dei vizi relativamente a comportamenti verso i quali la sensibilit sociale accresciuta: Ci sono atteggiamenti che, pur potendosi raccordare al settenario classico, hanno una loro identit ben delineata. Essi sono stati pi marcatamente segnalati e denunciati solo in epoca moderna. Pensiamo ai comportamenti individuali e sociali che militano contro i diritti umani e la dignit della persona, oppure a tutti gli atti che provocano devastazioni ambientali ed ecologiche. Pensiamo anche a certe opzioni generali diffuse, come il ricorso a una doppia morale o a una doppia verit, allutilitarismo, allindifferenza etica, allirrazionalismo, al deismo, al fanatismo, al relativismo, al servilismo, al capriccio, allipocrisia, a un pessimismo o a un ottimismo di maniera, alla stupidit conclamata, alla banalit comportamentale e cos via, G. RAVAsI, Le porte del peccato. I sette vizi capitali, Mondadori, Milano 2007, p. 20. 3 Con questa immagine Z. BAuMAn denisce le trib postmoderne dei consumatori, allinterno delle quali lo stigma pi temuto quello della non-conformit: Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Erickson, Trento 2007.

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soggetto, non nel senso che il soggetto non ne sia implicato, ma per il fatto che essi sono resi possibili dalla complessicazione sociale intervenuta e alla quale lindividuo legato a doppio lo. Pensiamo solo al culto del vuoto che viene attribuito al risucchio nichilistico cui sottoposta let giovanile4, oppure a quella spudoratezza che nella scia della rivoluzione sessuale sessantottesca ha alterato la costruzione dei rapporti nel tempo e soprattutto ridenito i conni dellintimit, trasformandosi recentemente in dittatura della trasparenza5, dissoluzione di ogni barriera tra esteriorit e interiorit. Presupposti dai quali deriva lattuale massiccia esibizione pubblica dellintimit, dei sentimenti e del proprio percorso biograco, come accade nel raccontarsi tra il frivolo e il morboso di divi improvvisati o in cerca di rilancio in seguitissimi reality show, spettacoli che danno in pasto a un pubblico pantofolaio emozioni e aggressioni, frustrazioni e rivalse, amori virtuali e volgarit reali. Il tutto pilotato da abile rega, che richiede allo stesso pubblico di decidere chi salvare e chi escludere, quasi in forma messianica.
Oltre a GALIMBERTI, I vizi capitali e i nuovi vizi, pp. 115121, chiaricante la lettura di IDEM, Lospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007. 5 Cf. M. SELZ, Il pudore. Un luogo di libert, Einaudi, Torino 2005.
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Troppe mitologie contemporanee, insomma, foraggiano limmaginario di uomini sempre pi svuotati e tirati in supercie, che niscono per identicare la libert di espressione con il massimo di conformismo6: si pensi ai giovani, ma anche agli adulti, cos griffati eppur cos anonimi. Si tratta di mitologie pseudo-salviche, che chiedono lealt assoluta e in cambio danno poco, molto poco. Cos il mito della tecnica che tutto pu, della comunicazione facile e della globalizzazione felice, del benessere senza bene e delleducazione senza guide e maestri. Anche la Chiesa, da parte sua, ha cercato di individuare una serie di nuovi vizi (peccati), naturalmente non intesi solo come forme di disadattamento sociale ma come vere e proprie deviazioni morali, inosservanze della legge di Dio e al contempo deformazioni dellumano. Si tratta, com facile capire, di un aggiornamento che non riguarda la sostanza del credere, ma il mutamento dorizzonte sociale che rende pi sensibili a determinati comportamenti. Lattenzione alle tematiche
Con ironia, legge il conformismo come collante di molti -ismi contemporanei Gillo DORFLEs, La morte dellautenticit Castelvecchi, Roma 2008 (I ed. Donzelli 1997), p. 18: Il conformismo la morte dellautenticit. Il conformismo peggio del fanatismo, dellesibizionismo, del populismo, del laicismo, del misticismo. O forse, in un certo senso, tutti li comprende e ingloba.
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ambientali, ad esempio, chiama in causa chi inquina; i disordini nanziari fanno puntare il dito contro gli operatori del settore che agiscono in modo disinvolto7; ogni abuso, di carattere sessuale ma non solo, suscita indignazione e chiede giustizia davanti ai tribunali umani oltre che di fronte a Dio. Il magistero di Benedetto XVI di grande chiarezza su questi argomenti, come dimostrano lenciclica Caritas in veritate (2009) e la Lettera indirizzata, il 20 marzo 2010, ai cattolici irlandesi.

Guardarsi allo specchio, perch?


Per sondare quali sono i vizi, oltre a quelli elencati dal Catechismo, che pi caratterizzano litaliano medio, ci siamo afdati a unaccurata indagine realizzata in esclusiva per il Messaggero di santAntonio dallagenzia Astra Ricerche8. I risultati sono stati analizzati nella rivista da febbraio a dicembre 2009, allinterno di un percorso di catechesi attua7 Daltra parte, arricchirsi, impoverendo subdolamente altri, attraverso complicate esercitazioni di ingegneria nanziaria, certo una rafnata estensione del concetto di furto nellultima rivoluzione del sistema capitalista. G.ROssI, La rivoluzione nanziaria e il furto, in P. PRODI - G. ROssI, Non rubare, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 144-155. 8 Il testo scaricabile in versione pdf dalla homepage del sito www.messaggerosantantonio.it

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lizzante9, e si tratta in sostanza del materiale raccolto in questo volume. Senza grandi sorprese, almeno a prima vista, anche se incrociando i dati per leggerli pi a fondo qualcosa di inaspettato e curioso venuto fuori10. Oltre a essere un popolo di poeti, santi, navigatori, insomma italiani brava gente, gli abitanti della penisola italica sono anche in ordine decrescente affetti da maleducazione e arroganza, individualismo e consumismo, in9 Questo lo schema di ogni dossier: articolo di avvio, La provocazione, afdato alla penna briosa di Umberto Folena; E noi cristiani?, intervento di volta in volta commissionato a provveduti autori (Domenico Sigalini, Vittorio Nozza, Chino Biscontin, Luigi Merola, Arrigo Miglio, Luciano Massarotto, Angelo Casile, Enzo Bianchi); Chi punta il dito, box informativo, a cura di Alberto Friso, che riprende i dati incrociati della ricerca Astra per valorizzarne i risvolti pi interessanti; Di che vizio sei?, riessione dallandamento mai scontato di Giovanni Ventimiglia, che invita a meglio guardarsi intorno e dentro, sempre con effetto sorpresa; Spunti di catechesi, pezzo conclusivo nel quale Tonino Lasconi crea dialoghi suggestivi per diradare i fumogeni dietro ai quali il vizio si cela prima di tutto agli occhi dello stesso vizioso. 10 Per quanto riguarda irresponsabilit e indifferenza, ad esempio, se ne lamentano pi gli uomini che le donne, pi i giovani-adulti che gli anziani, pi i single rispetto a chi vive in famiglia. Evidentemente chi condivide la quotidianit con altre persone un po meno esposto alla sofferenza derivante dallindifferenza altrui. Quelli che maggiormente puntano il dito contro lo scarso rispetto per la natura e lambiente sono mamme e pap (35-44enni) con due o pi gli: la loro critica sociale appare pi severa proprio per la presenza in casa di bambini, condizione che fa impennare la sensibilit rispetto ai temi dellambiente.

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differenza e irresponsabilit, disonest e corruzione, scarso rispetto per la natura e lambiente, dipendenza da sostanze, carrierismo e competizione senza regole e freni, immaturit e infantilismo, intolleranza e fondamentalismo. Noterete come in sette casi su nove si optato per un binomio, anche per esplicitare al meglio il comportamento da valutare. Il termine arroganza va a chiarire il tipo di maleducazione di cui si vuol parlare, e fa intendere che si allude al progressivo degenerare, verso il becero a pi non posso, delle relazioni sociali. Cos come il fondamentalismo indirizza a sondare una delle pi devastanti e attuali degenerazioni dellintolleranza. E cos via. Inoltre, come osserva il sociologo Enrico Finzi nellintroduzione generale ai dati della ricerca, i primi quattro comportamenti criticati dagli italiani hanno a che fare con lo scadimento delle relazioni, dei legami, del senso di appartenenza a una comunit, e quindi col drastico venir meno delletica personale e collettiva. Lio si chiude come a bozzolo e declina le proprie scelte unicamente in base al criterio dellautorealizzazione e della graticazione istantanea, in tutto e per tutto autoreferenziale, costi quel che costi11. Si prola
11 Nella scia della lezione bultmanniana, cos scrive Carmine DI SAnTE: Se autentica lesistenza segnata dalla bont, dalla responsabilit e dalla giustizia, inautentica quella in cui lio, recidendo il duplice legame con Dio e

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cos un egoismo tranquillo, unossessiva conta in ogni relazione di perdite e guadagni con bilanci sui tempi brevi, un trasformismo che vestendo troppe maschere non rammenta pi alla ne che cosa si voleva nascondere o mostrare, una patina di giovanilismo omologante e di esteriorit in ansiosa ricerca di approvazione, il tutto messo a vorticare nel frullatore del turboconsumismo, il vero meccanismo che detta le regole del gioco. Vi poi la questione delle categorie a cui i comportamenti viziosi vengono attribuiti. Se sono poche le incertezze degli intervistati nellindicare i soggetti pi a rischio: chi esercita una leadership politica, imprenditori e banchieri (mai cos impopolari!) ma anche sindacalisti, giornalisti e pubblicitari, non si devono accettare semplicazioni. Nessuno dei nuovi vizi applicabile a tutto tondo a un soggetto o a una categoria, almeno per non scadere nel caricaturale. Una certa trasversalit, che signica compresenza di pi comportamenti viziosi nella medesima persona o
il prossimo, con lamore di Dio istitutivo dellamore per il prossimo, si fa io autoreferenziale e la sua nitezza, da nitezza dallamore e per lamore, si degrada in solipsismo e nichilismo. Peccato il termine biblico per questa autoreferenzialit con cui luomo si recide si taglia e svincola dalla sua origine e dal suo ne, dallamore divino dal quale originato e dallamore per luomo al quale destinato, e si condanna allinautenticit, Lumano buono e i vizi capitali, Cittadella, Assisi 2009, p. 43.

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categoria, rende maggiormente giustizia alla realt. Non fosse altro per il fatto che un essere umano non si riduce mai a un solo vizio, anche se esso domina la sua condotta12. Per quale scopo, ci chiediamo inne, indagare i nuovi vizi degli italiani? Non per attivare quel moralismo di maniera che lascia il tempo che trova, e neppure per mettere alla gogna alcune tipologie sociali nel tentativo di innocentizzarne altre. Niente come la considerazione delle virt e dei vizi occasione per prendere le distanze da s, per guardarsi da fuori e quindi relativizzarsi, come anche per iniziare ad aver cura di s, dando eleganza e stile morale allesistere13. Oggi pi di ieri diventare titolari della propria vita processo arduo, espropriati come siamo dei contesti sempre pi lontani, precari, incontrollabili, criptati nei quali si esercita la libert, o quel che ne resta. Motivo pi che valido per lanciare uno sguardo disincantato sulle debolezze comuni, nazionali, alle quali almeno in piccola parte ognuno di noi offre il proprio contributo. Ricordando sempre che, in genere, quanto negli altri pi ci infastidisce ci che appesantisce e deforma anche la nostra vita.
12 Judit N. SHKLAR, Vizi comuni. Crudelt, ipocrisia, snobismo, tradimento, misantropia, Gruner+Jahr/Mondadori, Milano 2010, p. 290. 13 Cf. NATOLI, Dizionario dei vizi e delle virt, p. 10.

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Combattere i (nuovi) vizi, possibile?


Nellindagine Astra Ricerche non era prevista una domanda su come superare i comportamenti viziosi. Ci si limitava a chiedersi il perch tanti e tali vizi, almeno i nove indicati, abbiano un cos gran successo. Mancanza di valori, indebolimento delleducazione dei giovani sia da parte della famiglia che della scuola, inuenza negativa dei mass media: queste le tre cause maggiori segnalate. Credo valga la pena di soffermarsi sul termine educazione, visto che in questo decennio la Chiesa italiana sar impegnata su tale versante. possibile, mi chiedo, innescare processi educativi che, al di l degli allarmismi consueti e inconcludenti, permettano di pianicare strategie di contrasto dei comportamenti viziosi, antisociali, disgreganti e distruttivi che mettono in carico alle generazioni future ( il caso della deregulation in ambito ecologico) pesi schiaccianti? La presa di coscienza che si richiede non cosa da poco, visto che quando si parla di vizi, di peccati, di abitudini peccaminose, si sente spesso dire che inutile soffermarsi a parlarne e a riconoscerli come tali, perch vi si cade comunque, oppure che, tutto sommato, questi vizi non sembrano poi cos negativi: tanto vale quindi disfarsi di uninutile
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ossessione prendendo la vita come viene14. I vizi son tornati, si sentenzia in trasmissioni passatempo e talk show modaioli, ma il fatto che alla ne vengono considerati alla stregua di categorie psicologiche, di temi per ricreative conversazioni da salotto. Hanno un carattere descrittivo, e quasi pi a nessuno viene in mente che si tratta anche di categorie normative, che hanno a che fare con la salvezza delluomo15. La gola, solo per fare un esempio, ormai per acclamazione vizio accettabile, e mentre contro superbia, invidia, ira e avarizia si ancora parzialmente prevenuti, alla lussuria e allaccidia si schiaccia locchiolino: sono da condannare, certo, ma non in modo grave, e per una buona percentuale di italiani si tratta di comportamenti abbastanza accettabili16. Ma veniamo al dunque. Cos scrive, in chiave pedagogica, Lucetta Scarafa: Ma come si pu, oggi, insegnare ai ragazzi a fuggire dai vizi dal momento che nella nostra cultura la loro condanna scomparsa? Basta fare attenzione, ed eccoli tornare, rivestiti per di pi
G. CuccI, Il fascino del male. I vizi capitali, Edizioni AdP, Roma 2008, p. 12. 15 Cf. C. CAsAgRAnDE, I sette vizi capitali: genesi e fortuna, in AA.VV., Pubblicit: i vizi capitali, a cura di P. Testa e F. Unnia, Giuffr Editore, Milano 2010, pp. 19-20. 16 Cf. L. VIgAn, Evviva le virt, in Corriere della Sera Magazine, 18 giugno 2009, pp. 100-105.
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di vesti sontuose, e accettati da tutti come comportamenti lodevoli, da praticare17. E questo vale non solo per il settenario classico, ma anche per quei comportamenti viziosi che la ricerca allorigine di questo libro considera e valuta. Se la maleducazione che si tramuta in arroganza preoccupa nove italiani su dieci, anche vero che viviamo nel Paese in cui insultare ganzo e ostentare in modo cafone del tutto normale. E se la corruzione legata alla disonest diffusa scandalizza e provoca sdegno, non possiamo certo essere rassicurati dal fatto che la maggior parte dei nostri giovani non disdegnerebbe una raccomandazione pur di trovare lavoro. E, a livello pi alto, dallabitudine di buttare a mare le regole della convivenza civile e politica per crearne di nuove a proprio vantaggio. Come poi sia difcile insinuare lidea che chi inquina paga, a tutti evidente a partire dalla tta e inconcludente sequenza di summit per stabilire regole, traguardi e tempistiche che poi nessuno rispetta. Limmaturit, se si vuole unulteriore esemplicazione, appare ormai sdoganata e a piede libero in una societ a responsabilit limitata, nella quale cio la colpa di tutti e quindi di nessuno. Inutile cercare responsabili!
L. ScARAFFIA, Quando i vizi tornano di moda, in LOsservatore Romano, 13 giugno 2010, p. 1 (testo tratto dal Messaggero di santAntonio n. 6/2010)
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Quanto detto non signica che i vizi, antichi e nuovi, non si possano contrastare. Perch questo accada per necessario che vengano riconosciuti come tali, non vezzeggiati e blanditi, e nemmeno individuati e presi di mira solo nel campo del vicino. C poi da aggiungere che il modo migliore per fuggire il male quello di abbracciare il bene, di coltivare solidariet, di alzare lasticella della moralit innanzitutto personale, di nutrire grandi ideali. Ma questo sarebbe un altro, lungo, discorso.

Una via duscita: vergognarsi un po, tutti


Non volendo proporre rimedi generici, tampone o passepartout, per fronteggiare lallargato ventaglio dei vizi (tradizionali, nuovi, seminuovi, emergenti), vorrei contribuire alla causa con un unico spunto, forse non decisivo n vincente ma concreto. Si tratta della riscoperta della vergogna, sentimento che da sempre ha segnalato alluomo la sua posizione nel mondo, di fronte agli altri ma anche a se stesso. Oggi questo sentimento primordiale latita, e il fatto denota un concomitante decit di umanit che si traduce nellestrema contrazione utilitaristica del18

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le relazioni, nello stato confusionale circa il darsi o meno di una soglia del pudore, in forme massicce di cinismo corrosivo con suggestioni nichiliste. Qualcuno parla di vergogna amorale, cio non pi legata a codici etici o regole condivise violate, ma piuttosto alletica del successo imposta dallinvincibile conformismo. La vergogna scrive Marco Belpoliti diventata un tab. O meglio si trasformata in vergogna di non avere successo, di non essere notati: la terribile vergogna dessere nessuno. La nostra vergogna contemporanea consiste nel sentimento del fallimento della propria esibizione. Ci si vergogna di vergognarsi, poich questo richiama lattenzione di tutti sullunica cosa che si vuole nascondere: linsuccesso18. Si pensi alla gi citata pseudocultura del reality show, che in parte ha indotto e in parte rispecchia un clima sociale nel quale identit fragili cercano conferma nellapparire, nellesserci, nella sovraesposizione mediatica, no a crearsi un personaggio. Probabilmente, il fatto di essere guardati da qualcuno comunica alle persone che la loro vita ha qualcosa di interessante. E chi non ha nulla da mettere in mostra un corpo, una competenza o unabilit da ammirare
18 M. BELpOLITI, Senza vergogna, Ugo Guanda Editore, Parma 2010, p. 29.

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esibisce la sua sfera pi intima. Pur di farsi notare, arriva a vetrinizzare completamente i suoi sentimenti e le sue emozioni19. Ecco il criterio in base al quale si muovono molte vite e si accendono i fuochi delle emozioni: la visibilit come obiettivo numero uno dellesistenza, per raggiungere il quale tutto e tutti sono sacricabili. Gli psicologi ci avvisano che il passaggio da Edipo (il mondo delle regole, conittuale ma alla lunga maturante) a Narciso (il mondo degli specchi, graticante nellimmediato ma ingannevole) si ormai consumato. Sul lettino dello psicanalista non si denunciano pi sensi di colpa e quindi di vergogna, quanto piuttosto un senso profondo di inadeguatezza, di sottile rassegnazione, di debolezza dei sentimenti e di mancanza sostanziale di energia per portare a compimento le decisioni della volont20. Allangoscia e alla percezione della colpa di Edipo si sostituisce il disagio e linadeguatezza di Narciso, mai abbastanza al centro e mai riconosciuto a sufcienza. E cos si diventa seriali nellesaudire i propri bisogni, mentre sempre pi ci si allontana dai propri desideri. E alla ne lio, tutto esteriorizzato, rimane sempre pi solo e inascoltato.
19 V. CODELuppI, Vivere in vetrina. Tutti Divi, Laterza, Roma-Bari 2009, p. 5. 20 Cf. P. FERLIgA, Attraverso il senso di colpa. Per una terapia dellanima, San Paolo, Milano 2010.

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Nel frattempo, per, la colpa viene gettata sulle spalle altrui, implacabilmente, e mai riconosciuta come propria. Cos maleducati, disonesti e carrieristi, intolleranti e inquinatori sono sempre e solo gli altri. Di noi non si pu dire nulla, anzi purtroppo non si dice il bene che si dovrebbe, ma tutta invidia. Svestire i panni di Narciso, oggi signica rientrare nella taglia della nostra storia reale, dignitosa certo ma non per forza primeggiante (e che bisogno c?); fuggire dallillusione che sotto le telecamere si acquisti un valore aggiunto, quasi in automatico; sgonare almeno un po quel pallone che la nostra immagine, il personaggio e non la persona; tornare a vergognarci perch, anche quando siamo rigidi nello stabilire o sostenere a spada tratta regole di comportamento, pu capitarci di essere i primi a non rispettarle. Come dire che, a ben vedere, sono anche un po nostri i vizi che ci rimanda lo specchio comunitario del campione di italiani indagato. 

UgO SARTORIO

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Arroganti e maleducati
di Enrico Finzi

Gli italiani?

Quali sono i principali vizi degli italiani, quelli cio a un tempo pi gravi e pi diffusi? Quali le principali cause dei nostri maggiori difetti nazionali? E quali i gruppi sociali pi colpevoli? A queste domande risponde una vasta indagine demoscopica, realizzata nella seconda met del 2008 in esclusiva per il Messaggero di santAntonio. Unindagine basata su circa 700 interviste telefoniche a un campione rappresentativo dei nostri connazionali tra i 18 e i 79 anni, i quali ammontano a 45 milioni. Il quadro che emerge da questo studio per molti versi negativo, a volte angosciante. Vediamo perch, aiutandoci con la prima tabella riportata alla ne del capitolo (graco n. 1) che mostra la classica dei vizi non secondari nella societ nazionale. Al primo posto troviamo la maleducazione, spesso sposata allarroganza nei rapporti tra le persone: ben nove su dieci abitanti del Bel Paese puntano il dito contro questo vizio. L80 per cento denuncia un altro insie 23

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me negativo: quello formato da individualismo e consumismo materialistico, connesso allegoismo della societ contemporanea che ricerca ossessivamente i beni materiali, dimenticando ogni dovere (e piacere) legato alla solidariet tra gli esseri umani. Al terzo posto, col 77 per cento delle indicazioni, incontriamo il menefreghismo: quel misto di indifferenza e di assenza di responsabilit che pare attanagliare il nostro popolo, il cui cuore troppo spesso irrigidito e il cui impegno etico nellambito sociale ridotto ai minimi termini. In stretta connessione, con un valore di poco inferiore (74 per cento), ecco quel tipo di degenerazione etica che si traduce nella disonest e anche nella corruzione. Considerando i primi quattro posti in classica, possiamo gi fare una prima valutazione: la pi aspra preoccupazione della gente riguarda in generale limbarbarimento della vita e delle relazioni interpersonali, fondato sul trionfo dellio isolato dagli altri e sul venir meno delletica personale e collettiva. Di diversa natura, ma in fondo non cos dissimile, il quinto macro-difetto della nostra gente, lamentato dal 71 per cento dei 18-79enni: si tratta dello scarso rispetto per la natura e per lambiente. In fondo, a ben vedere, siamo di fronte a un altro esempio di egoismo: questa volta riferito non agli umani 24

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ma agli animali, alle piante, alle risorse naturali allinterno del cui mondo si svolge la nostra esperienza di vita. Gli ultimi quattro vizi hanno un peso inferiore, a partire dalla dipendenza da sostanze, e in particolare da droghe, contro la quale punta il dito il 53 per cento dei nostri connazionali, preoccupato e spesso indignato sia per i danni che tale schiavit nisce per apportare a chi ne soffre, sia per le conseguenze spesso nefaste che la tossicodipendenza o dipendenze similari frequentemente iniggono ad altri cittadini del tutto incolpevoli (si pensi al caso degli incidenti stradali determinati da guidatori ubriachi, drogati, ecc.). Il 49 per cento indica come vizio pi grave il carrierismo e la competizione senza regole e senza freni, essi stessi determinati dalle goismo, dallinsana volont di potenza, dal considerare gli altri solo un mezzo per raggiungere i propri obiettivi oppure solo ostacoli sulla via del proprio successo. Al penultimo posto in questa triste classica ecco il dilagare tra gli italiani dellimmaturit e spesso dellinfantilismo. Si tratta secondo il 47 per cento degli intervistati di una sindrome sempre pi diffusa, connessa allindebolimento dellapproccio adulto alla vita, quello capace di accogliere e di valorizzare i limiti che lesperienza umana inevitabilmente propone.
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Inne, il 42 per cento denuncia la crescita nella nostra societ dellintolleranza (a volte religiosa, a volte politica, spesso culturale, spessissimo sportiva): quellincapacit di accettare e anzi di valorizzare la pluralit e la variegatezza delle opinioni e dei comportamenti che rende democratica e civile, oltre che moralmente solida, qualunque civilt. Il rischio quello del fondamentalismo, che non attribuibile solo allislamismo deteriore ma inizia a corrodere anche le basi delle nostre societ giudaico-cristiane: il che avviene quando la sana convinzione della validit dei propri principi degenera nel non riconoscimento delle esperienze diverse dalle nostre, trasformando le fedi in aggressivit anti-umana, la verit in arma letale.

Chi ha pi vizi?
Contano poco le differenze per sesso, et, area geograca, titolo di studio, professione, e cos via: lintero Paese risulta coinvolto in un gigantesco allarme collettivo per la progressiva perdita di civilt e, pi profondamente, per la perdita della dignit personale, di se stessi, delle migliori caratteristiche del nostro popolo. Diverso il discorso per quel che attiene ai gruppi sociali che sono accusati di avere pi 26

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vizi e vizi pi gravi. Unocchiata alla seconda tabella riportata al termine del capitolo (graco n. 2) mostra alcuni fenomeni rilevanti. Il primo, gi ampiamente noto, ha a che fare con la profonda caduta dimmagine della politica e dei politici, aventi lassoluta leadership di questa classica negativa. Limpressione quella di unimmensa presa di distanza da unattivit, quella basata sulla gestione della polis, che ben sappiamo essere insostituibile e se gestita in modo equilibrato preziosa e nobile: tale presa di distanza riguarda tutti gli schieramenti politici. Gli altri soggetti sono spesso criticati da percentuali assai simili, rilevanti seppur minoritarie. Un primo esempio quello dei sindacalisti, degli imprenditori e dei banchieri, tutti e tre vicini al 40 per cento di riuto sociale per la loro comune identicazione con i difetti e non con i pregi del Paese: a conferma di un generale calo di reputazione di quasi tutti i gruppi sociali dotati di responsabilit. Tra le diverse generazioni e classi di et, i giovani sono pi criticati (dal 36 per cento) degli adulti (25 per cento) e ancor pi degli anziani (solo 6 per cento): ci conferma che il dominante vissuto collettivo quello di un degrado iniziato col secondo dopoguerra e via via progredito. I vecchi, infatti, appaiono assai pi immuni dal generale imbarbarimen 27

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to rispetto alle nuove leve, penalizzate dal benessere senza valori e dallindividualismo senza solidariet. Alcuni gruppi professionali specici soffrono di un livello di disistima piuttosto compatto: i giornalisti (35 per cento), i magistrati, i liberi professionisti, i commercianti (tutti attorno al 30 per cento), i pubblicitari (25 per cento). Si salvano invece alla grande i lavoratori dipendenti (i salariati e gli stipendiati), giudicati marci solo dal 9 per cento del campione, oltre alle casalinghe (severamente criticate da un ancor pi basso 6 per cento). Altre tre osservazioni meritano di essere fatte. Da un lato gli immigrati extracomunitari sono oggetto di severe reprimende da parte del 32 per cento del campione, ossia di un terzo di cittadini italiani, a ulteriore smentita della tesi che vuole i migranti responsabili del degrado del Paese. Dallaltro, i pi gravi e diffusi difetti dei nostri connazionali sono addebitati pi agli uomini (27 per cento) che alle donne (19 per cento), anche se certo non per gli stessi motivi che tradizionalmente portavano a dire in Italia Ah, gli uomini, che mascalzoni!. Inne, i sacerdoti sono oggetto di riserve e a volte di dure critiche da parte del 28 per cento degli italiani adulti, collocandosi perci nella parte medio-bassa della classica. Emerge sempre 28

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pi, quindi, la convinzione che il clero, gli uomini di Chiesa, non siano affatto immuni da vizi e manchevolezze, essendo a tutti gli effetti esseri umani (e dunque peccatori) come gli altri. Nel contempo, lanticlericalismo che alberga in alcuni segmenti della popolazione non trova un particolare sostegno, proprio perch i preti, i frati, i religiosi in genere non sono certo considerati i portatori pi gravi dei vizi nazionali.

Viziosi perch?
La terza area tematica oggetto di approfondimento stata quella delle cause alla base dei difetti cos diffusi nella nostra societ. Ne sono state esaminate dieci, di cui sette sono indicate dalla maggioranza del campione. In testa alla classica per il 74 per cento degli intervistati troviamo la mancanza di valori, ossia quel vero e proprio infragilimento etico a cui si gi fatto cenno. questo il lo rosso che raccorda quasi tutti i vizi pi gravi e diffusi nella societ italiana; un problema che nasce anzitutto dallindebolimento delleducazione dei giovani, sia da parte della famiglia (secondo il 73 per cento degli intervistati) sia da parte della scuola
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(67 per cento). Insomma, lopinione largamente prevalente tra i nostri connazionali che siano meno trasmessi, e quindi meno efcaci, i principi morali che, come una bussola, orientano la vita di ciascuno di noi e delle comunit di cui facciamo parte. Aver indebolito listituzione familiare e, insieme, quella scolastica ha fatto danni giganteschi secondo la valutazione dei pi: danni che sono stati ulteriormente aggravati dallinuenza negativa dei mass media, a partire dalla televisione. Questultima, pi ancora della radio e dei giornali, costituisce una fonte di informazione e di ricreazione largamente utilizzata dai pi; e non viene criticata in s ma per la scarsa qualit dei programmi, i modelli trasmessi, gli stili di vita rappresentati, lincapacit di parlare anche degli eventi positivi e non solo di quelli negativi. Certo, il degrado morale che attanaglia lItalia deriva anche da motivazioni economico-sociali: laggravarsi delle ingiustizie e le sempre pi numerose difcolt quotidiane secondo il 59 per cento del nostro campione rendono pi ardua e spesso drammatica la vita di decine di milioni di italiani. Ci tanto pi vero se tra le difcolt del vivere si considerano non solo quelle materiali ma anche quelle psicologiche legate sia al disagio psichico sia alla solitudine che desertica per il 54 per cento le giornate di tanti 30

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abitanti del Bel Paese (non solo anziani ma anche tantissimi adulti privi di qualcuno con cui condarsi). Su un valore identico (54 per cento) troviamo altres la perdita del senso di solidariet. Per la maggioranza degli italiani la societ si sta slabbrando, come una tela sempre pi lisa e forata: saltano i li che ci legano gli uni agli altri. Questi ultimi divengono prima estranei, poi incomprensibili e inne nemici. Gli spiriti religiosi leggono in ci la perdita dellidea della comune umanit come comune somiglianza a Dio; ma anche coloro che sono alieni da una fede spesso avvertono dolore e dissenso nello scoprire il venir meno del senso dappartenenza a ununiversale fraternit. In fondo a questa classica incontriamo la ne dei grandi progetti di miglioramento della societ nelle loro diversicate espressioni novecentesche. Senza entrare nel merito di queste ideologie, quel che 17 milioni di italiani lamentano il fatto che le grandi speranze di trasformazione sociale siano venute meno, talch la societ nel suo insieme ha perso progettualit, venuta ripiegandosi sulloggi e sul particulare, ha nito per arretrare, come sempre accade quando le prospettive esistenziali si fanno corte, prive di respiro, non animate da ideali forti. Resta da chiedersi: nella crisi sin qui lun 31

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gamente descritta, quale ruolo hanno giocato il clero e la Chiesa in genere? Un ruolo negativo per il 35 per cento degli intervistati: se i preti, i frati, le suore, la Chiesa nel suo insieme fossero stati e fossero pi allaltezza della loro missione, le cose sarebbero andate e andrebbero meglio. Ma, appunto, la Chiesa di questo mondo e spesso non riesce a sottrarsi ai suoi vizi diffusi o, almeno, non riesce a contrastarli con sufciente determinazione: in particolare, secondo circa 15 milioni di italiani, essa non ha saputo adeguatamente opporsi al processo di degenerazione individualistica. Peraltro, una percentuale quasi uguale (30 per cento) reputa, allopposto, che alla base di molti vizi ci sia stata e ci sia la secolarizzazione della societ italiana, con la conseguente minor inuenza della cultura cristiana nella nostra vita collettiva. Qui, ovviamente, la critica attiene al meno Chiesa, mentre quella precedente era incentrata su una cattiva Chiesa: i due orientamenti, per, si equivalgono e quasi si elidono a vicenda. Al fondo, la netta maggioranza del Paese si aspetta una Chiesa e un clero pi presenti nel senso alto della testimonianza e delleducazione collettiva, fuori dalle pastoie della cattiva politica, lontana dal potere e dai poteri, poveramente vicina alla semplicit rivoluzionaria del Vangelo. 32

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Grafico 1 33

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Grafico 2

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1.

Arroganza e maleducazione

Per cominciare
Di fronte a realt come la sporcizia sui muri e nelle strade, alla sguaiataggine nei luoghi pubblici, alla volgarit ostentata, si resta impotenti e scoraggiati. Ed questo atteggiamento dimissionario che alla ne ringalluzzisce i maleducati, li fa sentire impuniti e invincibili e fa tendere verso il basso il comportamento collettivo. Cominciano i genitori a lasciar perdere, per evitare discussioni; la societ si fa indifferente e tollerante, la scuola non osa intervenire per evitare rogne. E cos dilaga il cattivo gusto e trionfa
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la grossolanit e la rozzezza. Mai come in questo caso andare controcorrente segno di dignit e coraggio1.

La provocazione

Larroganza ai tempi del Suv


di UMBERTO FOLENA Bruno spavaldo e affronta la vita, nellItalia del boom, con la sicurezza di chi non deve rendere conto di niente a nessuno. Suscita al tempo stesso riprovazione e ammirazione: riprovazione, perch sovverte le regole; ammirazione, perch un vincente. Accanto a s trascina Roberto, che tutto lopposto: timido e riservato, educato e impacciato. A bordo della sua Lancia Aurelia Sport, in un tragico nale sulla strada che costeggia la scogliera tra Livorno e Castiglioncello, Bruno condurr Roberto alla morte. Un incidente; ma anche il logico abisso reso necessario dal cinema morale, fortemente civile, di Dino Risi Ormai dovreste averlo capito. Stiamo
1 G. RAVAsI, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico, Mondadori, Milano 2008, p. 122.

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parlando del lm Il sorpasso, capolavoro del 1962, con Vittorio Gassman nella parte di Bruno e Jean-Louis Trintignant in quella di Roberto. Bruno lantesignano e prototipo di un nuovo genere di arrogante che va affermandosi in unItalia ormai dimentica delle angustie della guerra e dellumilt necessaria a chi vuol ripartire da zero. Larrogante, al contrario, si sente gi arrivato. Gode di tutto ci di cui pu godere senza curarsi delle conseguenze. Lumile che costruisce ha un progetto e un futuro; larrogante non sa che farsene dei progetti e sguazza in un eterno presente. Bruno, dal 1962 a oggi, cresciuto e si moltiplicato; e la sua arroganza diventata, secondo il giudizio degli italiani, il primo e peggiore e pi diffuso e molesto dei nuovi vizi. Bruno, con il suo veicolo un Suv cicciuto, un Tir ipertroco, ma anche unindisciplinata utilitaria parcheggia in seconda la o nei posti riservati ai disabili, lui che disabile non ; sulle strisce pedonali tira dritto; in autostrada a 130 allora te lo ritrovi a pochi centimetri dietro di te, scalpitante e mortalmente pericoloso, deciso a mettere a repentaglio, assieme alla sua vita, anche la tua e pressoch certo dellimpunit: quando mai un simile comportamento criminale viene multato?
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Bruno il dirigente che maltratta i sottoposti; il giovanotto che non cede il posto allanziano in tram ma anche lanziano che, furtivo, ti passa davanti quando sei in la; Bruno ti fa fare anticamera anche se non ce n bisogno e non ti richiama mai al telefono. Ah, il telefono Bruno strilla i fatti suoi al cellulare davanti a tutti in treno, sul bus, in sala daspetto, al bar, per la strada. Bruno parla ma non ascolta. Se fuma, getta il mozzicone per terra allo stesso modo in cui suo glio si disfa della gomma americana masticata o della carta della merendina. Bruno, da perfetto tetragono e implacabile arrogante, non prova vergogna; anzi, c chi afferma che larroganza serva appunto a neutralizzarla, la vergogna. Bruno di sicuro non sa che arroganza deriva dal latino ad rogare, che signica richiedere e attribuirsi ci che in realt non spetterebbe. Ma richiede e si attribuisce come se lo sapesse perfettamente. Sar anche additata come il peggiore dei nuovi vizi, larroganza. Eppure il mercato, che ci scruta con attenzione e difcilmente sbaglia un colpo, da quasi trentanni decreta il successo di un profumo, per lui e per lei, che si chiama appunto Arrogance. Un comunicato stampa dellaprile 2007 lo presenta cos: Punta a tutti quelli che vivono i nostri tempi con la fermezza e il temperamento 38

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necessari. E sette mesi dopo lazienda descrive il nuovo Arrogance 7 Uomo con queste parole: Un profumo intensamente maschile, fresco e sensuale, che contiene tutta la forza e il mistero delluomo. Linvolucro grigio, richiamo alla roccia e al suo vigore. Retorico, esagerato, fastidioso? Eppure funziona e vende. I tempi di Bruno sono ancora lungi dal tramontare.

E noi cristiani?

Il barile di aceto e la goccia di miele


di DOMENICO SIGALINI Il maleducato crede di essere il centro del mondo, ma spesso non ne ha colpa. Chi doveva educarlo ha creduto che lui (cos come lessere umano in genere) non avesse dentro una grande voglia di bene, ma solo una forza irresistibile che lo portava allegoismo. Oppure, ha pensato che nella vita il bene fosse spontaneo, e la persona non andasse educata alla sua ricerca. Lo ha lasciato, quindi, tranquillo a fare perno su di s anzich sugli altri. Ha scambiato il semplice istinto di conservazione, molto importante per vivere, per una legge denitiva di crescita. Non gli ha
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fatto vedere com bella la vita con gli altri, quanto si ha bisogno di loro e quanto si pu imparare da tutti. Cos il piccolo imperatore, quando ha cominciato a capire che la felicit la trovava solo aprendosi allamore verso gli altri, mettendo gli altri al centro delle proprie attenzioni, si scoperto incapace di dialogo, senza una vera considerazione di s, senza delicatezza, senza sentimenti tenui, senza allenamento, e si sentito come un elefante in una cristalleria. Trover, nella sua vita, qualcuno che, senza fare sconti, lo aiuter a riscoprire limportanza di una norma di comportamento, che poi sempre la legge dellamore? Il maleducato spesso crede di essere coar tato da questa societ, mentre lui vuole vivere in modo spontaneo. In fondo giusto porsi lobiettivo di una libera espressione del proprio io che sia manifestazione di tutto lessere, della personalit e della piena integrazione tra le diverse sfere della vita, intellettuale, affettiva e sensitiva. Per nella strutturazione di una propria personalit e nelledicazione di s come soggetto umano maturo e adulto, la legge, le norme, le regole che ispirano la buona educazione hanno un ruolo ineliminabile: insegnano a non rimanere prigionieri delle proprie pulsioni e dei bisogni immediati e danno, cos, accesso alla vera libert. 40

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Larrogante, mentre crede di imporsi con la forza, in realt schiavo di se stesso e non ha intelligenza per valutarsi e denirsi. Non solo non fa attenzione agli altri, ma li schiaccia, li tratta come pezze da piedi, sbaglia direzione nel tentativo di costruire rapporti belli, puliti, forti e nobili. C speranza? Nella vita delluomo non si pu dire la parolaccia ormai: si pu e si deve sempre ricominciare, perch le persone hanno energie impensabili di bont da stanare e far crescere, mettere a disposizione e canalizzare. In denitiva, allora, che fare? Provo a suggerire un decalogo di comportamento per aiutare a costruire rapporti belli anche con chi sembra ci voglia sovrastare o disprezzare: non ti sentire mai offeso, nessuno pu entrare nel sacrario della tua coscienza; non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi laltro a perseverare; non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia; spesso maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita; sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio; si fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che Dio;
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. per valutarsi nella verit di se stesso, ha . . .


bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta; se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: su una buona strada; la buona educazione non il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale; conquisti pi arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto.

Chi punta il dito

I preoccupati per la prepotenza


di ALBERTO FRIsO Ben nove italiani su dieci lo considerano un difetto grave e dilagante. il mix di maleducazione e arroganza il nuovo vizio pi avvertito dalla popolazione adulta del nostro Paese, secondo lindagine realizzata in esclusiva per il Messaggero di santAntonio dallIstituto Astra Ricerche. Ma qual lidentikit dellaccusatore? Analizzando i dati, si notano alcune accentuazioni che identicano un prolo tipo. Intanto, let: sono i 42

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45-54enni a incriminare la maleducazione/ arroganza, ritenuta grave dal 95 per cento di questa fascia. Un fenomeno che coinvolge in particolare Lombardia e Veneto, le due regioni leader per incivilt diffusa, almeno a giudicare da come la pensano i loro abitanti. Quanto alle dimensioni dei centri abitati, non vi dubbio: sono le citt medio-grandi e grandi (con pi di 250 mila abitanti) quelle nelle quali pi forte il disagio collettivo per la scortesia e la prepotenza dei nostri connazionali. Addirittura il 96 per cento dei residenti in citt ha puntato il dito contro questo vizio. Altri elementi del prolo: il nostro accusatore vive in una famiglia nella quale non ci sono gli minorenni ed preferibilmente single (93 single su cento hanno denunciato questo vizio). Per quanto riguarda il gruppo sociale di appartenenza, a lamentare di pi il problema sono i ceti up, ovvero imprenditori, dirigenti e liberi professionisti, ma anche i salariati, cio commessi, agricoltori, operai. Entrambe le classi hanno raggiunto il 94 per cento di denuncia. Meno signicative sono altre caratterizzazioni. Ad esempio, sono uomini e donne in egual misura a dolersi per questo neo vizio. Anche il titolo di studio non fa differenza: non serve una laurea per percepire la maleducazione montante.
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Di che vizio sei?

Prima luomo, poi le regole


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Se la maggioranza degli italiani pone maleducazione e arroganza in testa nella classica dei nuovi vizi, i maleducati e gli arroganti da che parte stanno? Dalla parte della minoranza? Non credo. Anzitutto stigmatizzare gli altri come maleducati maleducato. Ho in mente una signora veramente educata: mai usc dalla sua bocca un commento negativo su qualcuno. Noi quante volte sentenziamo: Quello un cafone? La verit che ci sentiamo tutti beneducati, informati come siamo di ogni regola del galateo. Mai come ai nostri giorni, infatti, si vendono libri sul bon ton: questo non si fa, questaltro non si dice. Dire buon appetito, per esempio, non si fa, scrive qualche simil nobil donna. E se a tavola uno ci guarda negli occhi, augurandoci un cordialissimo buon appetito, che facciamo? Rispondiamo allaugurio o restiamo muti per non cedere al maleducato? E se la colf extracomunitaria, nel servire il caff durante un pranzo con i nostri ospiti, commette un errore di bon ton, che facciamo? La riprendiamo di fronte a loro (con la malcelata intenzione di far capire che noi le 44

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buone maniere gliele abbiamo insegnate ma lei, ahim, non recepisce)? E se, suonando alla porta di casa di persone importanti, viene ad aprirci un cameriere lippino, porgendoci la mano, mentre poco lontano la padrona di casa ci viene incontro, che facciamo? Stringiamo la mano al lippino o andiamo spediti incontro alla signora (pensando a quel prima la padrona di casa! che abbiamo letto nel lultimo libro)? Sono casi limite, certo, ma proprio l che cade il nto beneducato. Il quale ha letto forse qualche recente libro di bon ton ma certo non il Galateo di monsignor Della Casa, dove si spiega n dallinizio la regola aurea di tutte le buone maniere: lattenzione e il rispetto per laltro, chiunque sia. Per questo, nei casi limite, tra la regoluccia e laltro, vince sempre laltro. Ecco perch maleducato dire maleducato, perch un giudizio che umilia laltro. E se laltro ci augura buon appetito, non lo si umilia con un maleducatissimo silenzio. E non si umilia la colf, rimproverandola di fronte a tutti, o il lippino, lasciandolo con la mano vuota. Senza attenzione allaltro c, al di l di qualunque regola, solo maleducazione e arroganza. Per lo stesso motivo, se siete le commesse di un negozio di articoli per giovani e vi si presenta un anziano, distinto signore, vi prego, non umiliatelo con quel terribile Ciao. Lui si aspetta un Buongiorno come il lippino
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di prima si aspettava il vostro saluto: laltro in tutti i gradini della scala sociale. Attenzione e rispetto per laltro: ecco lantidoto alla maleducazione e allarroganza. Non regolette di bon ton e nemmeno manuali di morale, pieni di elenchi sterili di valori. Perch il rispetto per laltro non si legge da nessuna parte: si impara per imitazione di testimoni, nasce dalla memoria di essere stati noi un tempo, in famiglia e a scuola, riconosciuti, rispettati, amati. Ultimamente, credo, nasce dalla consapevolezza che la nostra stessa vita, tutto quello che siamo e abbiamo, la conseguenza di unattenzione, di un amore, da parte di un Altro. Ricordo un pranzo in una casa considerata esemplare in fatto di buona educazione. Mi permisi, nellapprestarmi a desinare, di accennare a una preghiera. Fu il gelo. Intuii che non si usava, che non era annoverata tra le buone maniere. Mi spiegarono poi, con molto garbo, che solo le famiglie povere erano solite ringraziare il buon Dio per il cibo ricevuto, non quelle benestanti, dove il cibo non mancava mai. Dunque, pensai, questi benestanti ritengono di bastare a loro stessi. E quindi non si sentono oggetto dellattenzione di Dio. Poverini! Come potranno essere capaci di vera attenzione agli altri? Cio di autentica buona educazione? 46

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Spunti di catechesi

Arrogante io?
di TONINO LAsCONI Beneditemi, padre, perch ho peccato. Il Signore sia nella tua bocca e nel tuo cuore. Quali sono i tuoi peccati?. Ho dimenticato le preghiere della sera e della mattina; mi scappata qualche parolaccia; ho perso la pazienza; ho detto qualche bugia, ma a n di bene; ho saltato la Messa alla domenica. Poi?. Poi, niente! Grazie a Dio, altri peccati non ne faccio. Almeno credo. Mi aiuti lei. Vediamo. Hai mai parcheggiato la macchina senza fare attenzione se fosse di intralcio agli altri?. Occhi sgranati: S, credo di s. Non ci faccio caso. Per. Hai mai occupato il posto riservato ai disabili?. Quando vado di fretta s, tanto gli handicappati non ce li ho mai trovati. S, per se uno solo, una sola volta ne avesse bisogno In autostrada, hai mai sorpassato a destra?. A volte s. Sa, padre, ci sono certi guidatori della domenica. Ma.
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E i fari abbaglianti? Come ti comporti con i fari abbaglianti?. Scusi, padre, le posso fare una domanda?. Certo!. Mi sta facendo la confessione oppure le same per la patente?. Bella domanda! Ti rispondo dopo. Adesso passiamo a un altro campo. Hai usato il telefonino in luoghi non opportuni, oppure parlando forte senza tenere conto del fastidio arrecato agli altri?. Non lo so. Non mi sono mai posto il problema. Hai rispettato la la?. Questa poi! Con tutte le le che bisogna fare, se uno non si arrangia, quando aftta?. In autobus o in metropolitana, hai ceduto il posto a persone pi anziane o in difcolt?. E no! Questo no. Questo non si usa pi. A me nessun giovane ha mai ceduto il posto. Ricordo una volta che mi faceva male la schiena, ho chiesto a un giovanotto se mi faceva il favore, nemmeno mi ha risposto. Da quella volta, vecchi o non vecchi, non sento storie. S, infatti Ges ha detto: Se uno ti fa uno sgarbo, tu rifaglielo. Che centra, padre! Al tempo di Ges mica cera la metropolitana. 48

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No, ma i vecchi e i deboli cerano. E Ges la precedenza gliela dava. Se cos, un cristiano deve viaggiare sempre in piedi. Non mi pare il caso. E gi! Ma, a proposito di chiesa Ti capita di masticare la gomma americana durante la Messa?. Questa poi Anche adesso ce lho in bocca. Non mi dir che anche masticare la gomma peccato. peccato, peccato vero, qualsiasi cosa che non rispetta gli altri. E come si fa a sapere che non si rispettano gli altri?. Ges ci ha lasciato un criterio semplicissimo: Non fare agli altri. Ci che non vuoi che gli altri facciano a te. Bravo! Semplicissimo!. Semplicissimo da imparare, non da praticare. per questo che siamo peccatori e dobbiamo ricominciare a convertirci ogni giorno.

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2.

Individualismo e consumismo

Per cominciare
Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi camminare lontano, cammina insieme. un missionario di passaggio in Italia a segnalarmi questo bel proverbio del Kenya. Vediamo prolarsi, nella prima parte del detto, limmagine della nostra societ, modulata sullindividualismo aggressivo e competitivo [...]. Ma c la seconda parte di quel proverbio ad ammonirci di un rischio che sempre in agguato [...]. Raggiunto il successo, ci si accorge subito che breve e fragile [...]. Limportante, infatti, per la creatura umana non primeggiare ma attuarsi in pienezza. Come
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dice laforisma keniota, non arrivare primo ma giungere lontano, no alla perfezione. Ed per questo che necessario essere insieme. Nel tempo della caduta, se hai vicino laltro che ti vuol bene, egli ti solleva e ti sostiene2.

La provocazione

La corsa innita nel cinodromo della vita


di UMBERTO FOLENA Il cinodromo sta allippodromo come i levrieri stanno ai purosangue. Corrono, i cani, mentre gli umani scommettono su chi arriver primo. Per convincerli a correre, gli si mette davanti una lepre, nta. I levrieri si gettano entusiasti allinseguimento per acchiapparla. I levrieri sono convinti che proprio quello sia lo scopo del gioco: acchiappare la lepre, possibilmente per primi. Solo cos saranno soddisfatti, in attesa di poterne acchiappare unaltra. Non sanno, i poverini, che non lacchiapperanno mai. Infatti lo scopo del gioco farli correre. In altri termini:
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G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 7/11/2006.

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per loro la corsa un mezzo e la lepre il ne. Ma nella realt tutto il contrario: la lepre il mezzo e il ne farli correre. Il consumismo funziona esattamente cos. I consumisti pensano che il denaro sia uno strumento per impossessarsi di quelle merci sulle quali si posato il loro desiderio. In real t le merci sono strumenti per raggiungere il vero ne: far loro spendere denaro. Questo lo scopo della consumerist society, la societ dei consumatori: non accumulare beni ma consumarli, ossia cambiarli di continuo. Lobiettivo far circolare il denaro, tanto e vorticosamente. Proprio come i levrieri nel cinodromo, i consumisti sono in perenne competizione tra di loro e lobiettivo arrivare primi, consumare di pi e cambiare pi velocemente: automobile, telefonino, televisore, scarpe, abiti Sono spinti da un forte desiderio che, se irrisolto, genera in loro insoddisfazione e ansia; per placarle, occorre spendere e possedere loggetto del desiderio. Ma il sollievo sar di breve durata; presto subentreranno nuovi desideri e nuove ansie; come per i levrieri nel cinodromo, avranno sempre una lepre da inseguire. Questo il destino della nostra societ che, come osserva acutamente il sociologo Zygmunt Bauman, si tramutata da societ di produttori in societ di consumatori.
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Siamo ricchi di mezzi e poveri di ni, ossia abbiamo smarrito il senso profondo di ci che facciamo e non sappiamo esattamente dove stiamo andando. Come levrieri nel cinodromo, scambiamo un miserabile mezzo (la lepre) per il ne. I consumisti, a poco a poco, si convincono che tutto sia consumo e che il desiderio individuale sia lunico principio cui restare fedeli. Se perno la moglie o i gli intralciano i desideri, nessun problema: si cambia, secondo limplacabile logica consumista in base alla quale nulla per sempre, neanche un affetto. Il consumista talmente intriso di individualismo che gli impossibile costruire legami stabili e solidi. Nessuna comunit nel suo orizzonte. Tranne quelle nte. Ad esempio il reality show, come il Grande Fratello o lIsola dei famosi, formidabili icone della consumerist society. Viene costituito un gruppo, i cui membri sono incoraggiati a stabilire relazioni, a dialogare, a irtare, a collaborare. Sembra davvero che lo scopo sia appunto creare una comunit. Quando lamico viene eliminato, si versano lacrime Ma n dallinizio lo scopo del gioco invece rimanere soli, dopo aver fatto fuori tutti gli altri. Il reality lo specchio di una colossale ipocrisia sociale. Se oggi il consumismo individualista riconosciuto come vizio grave da quattro italia54

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ni su cinque (ossia anche da molti consumisti individualisti!), gi ieri il pericolo mortale dellognun per s era ben individuato dagli spiriti pi lucidi. Scriveva Thomas S. Eliot (Assassinio nella cattedrale): Qual il signicato di questa citt? Vi ammassate, o vivete insieme perch vi amate lun laltro? Cosa risponderete? Siamo insieme per cavare denari luno dallaltro o risponderete: questa una comunit?.

E noi cristiani?

Nuovi passi contro lindividualismo


di VITTORIO NOZZA Due gli eventi principali che oggi fanno da cornice alla nostra riessione sul vizio del lindividualismo e del consumismo: la crisi dilagante e la Quaresima, tempo liturgico che ci esorta a intraprendere sempre nuovi percorsi di conversione. Qual latteggiamento che il cristiano deve avere? Quello di chi, mentre la folla si dirige in un senso, va invece in tuttaltra direzione. E per, mostrando il volto alla folla controcorrente, ridesta in coloro che lo osservano qualcosa di grande. Mentre tutti parlano di
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crisi economica, di difcolt a guadagnare abbastanza e rischiano di ripiegarsi sempre pi su se stessi, ecco che il Papa si mette a parlare di digiuno ed elemosina. Ci invita a una relazione pi serena, sobria, essenziale con noi stessi. Non perch restiamo lontani dalla gente, ma perch sappiamo immergerci nel mondo che ci circonda con azioni di comunione, di fraternit, di servizio e di carit. Ci prende in contropiede, ma rammenta a tutti qualcosa di essenziale. Senza lessenziale, infatti, ogni preoccupazione rischia di trasformarsi in ansia quasi patologica degli individui e della societ. Perci, mentre tutti si preoccupano dei soldi, il Papa ci parla di gesti di aiuto per rammentarci che non siamo padroni della vita e dei beni. Per ricordarci che la natura umana fatta per amare, fatta per la gratuit. Per invitarci, in denitiva, a vivere lordinariet a partire dalle persone ultime: da chi manca di tutto, da chi non ha lavoro, da chi soffre, da chi non ha una famiglia, da chi ferito in tanti modi, per riordinare la comunit nel segno della fraternit e della solidariet. questa la carta vincente contro lindividualismo, ed un gesto realista perch prende atto che il bisogno dei poveri attorno a noi tale che tante nostre pretese e lamenti suonano spesso addirittura indegni. La carit ricevuta da Dio nella sua gratuit 56

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ma anche espressa dai nostri gesti e dalle nostre parole diventa carta vincente in una societ che ha bisogno soprattutto di cogliere dei segni. Daltro canto la crisi in atto pu essere il momento del fermiamoci e ragioniamo. Proviamo a individuare i passi di un vero cammino di conversione personale e pastorale. In primo luogo i passi dellutilizzo dei beni rispetto al bene della persona e della comunit. Sono i passi della destinazione universale dei doni che Dio ci elargisce, che chiede luscita da ogni forma di mercato e di spreco quotidiano di alcuni beni essenziali: lacqua, la terra, lenergia; e relazionali: la pace, listruzione, linformazione, la salute per arrivare a una condivisione diffusa nel rispetto dellambiente, nella moderazione e sobriet nelluso delle risorse naturali, e nellattenzione alla qualit della vita contro uno sviluppo disordinato. Proviamo a individuare nei nostri consumi e stili di vita, anche se apparentemente innocui, abitudini da superare perch sia possibile una giustizia vera, equa per tutti. Ricerchiamo comportamenti e scelte coerenti, che non si accontentano della denuncia, n del singolo gesto beneco; aderiamo a proposte quali il commercio equo e solidale, il consumo critico, loperazione bilanci di giustizia, le varie forme di nanza etica.
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Inoltre i passi della costruzione di nuovo territorio, chiamato a favorire incontri, relazioni, confronto, tutela dei diritti. Un territorio aperto che sa gestire il passare delle persone in una logica di prossimit pi che di invisibilit. Un territorio che rende accessibili i suoi beni pi che farli diventare strumento di differenza e di nuovo protezionismo. Sono passi che ci allontanano dal vizio dellindividualismo e del consumismo, ma che esigono concreti impegni di cambiamento nella vita delle singole persone e di ogni comunit parrocchiale e hanno anche bisogno di essere sostenuti da percorsi educativi che possono dare voce e futuro a queste attenzioni.

Chi punta il dito

Abbasso lego smisurato


di ALBERTO FRIsO Preoccupati per il diffondersi di individualismo e consumismo? Siete in buona compagnia: infatti, ben quattro italiani su cinque hanno dichiarato agli intervistatori dellindagine realizzata per il Messaggero di santAntonio da Astra Ricerche di con58

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siderare questi vizi come gravi e diffusi. Il pensare disordinatamente solo a s, ovvero il mix di individualismo e consumismo, quindi, nella percezione comune, ben presente nella nostra societ. Vediamo chi laccusatore-tipo, grazie ad alcuni dati desunti dalla ricerca. Vive di preferenza nelle aree urbano-metropolitane, e dunque nei comuni dai 30 mila abitanti in su, e a maggior ragione nelle grandi citt (86 per cento). Come zona geograca si distingue il Nord con esclusione dellEmilia Romagna e ancor pi il Lazio: a Roma si registrato il record, con ben l85 per cento dei residenti che ha puntato il dito contro questi vizi. Per quanto riguarda let, ci collochiamo nella fascia adulta, con unaccentuazione maggiore nel decennio 35-44 anni (l85 per cento di persone in questa fascia di et ritiene grave questo vizio) seguito a ruota dalla fascia a cavallo dei cinquantanni (84 per cento). Le differenze per titolo di studio appaiono assai modeste, anche se emerge che a essere pi coinvolti nel fenomeno sono i laureati (84 per cento), diversamente dai cittadini con la sola licenza elementare o nessun titolo di studio. Questo dato confermato dallanalisi per ruoli socio-professionali: il problema avvertito maggiormente dal ceto impiegatizio, e in particolare dagli insegnanti (83 per cento). In denitiva la classe media che rigetta al
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massimo lindividualismo consumistico, che risulta soprammedia anche nelle famiglie numerose con quattro o pi componenti, dove in egual misura pap e mamme biasimano questo neo vizio.

Di che vizio sei?

Consumisti subdoli cio avari


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Come siete andati oggi al lavoro? Da soli in automobile, magari con il fuoristrada? E avete mandato a quel paese lextracomunitario che al semaforo voleva lavare il vetro della vostra auto in cambio di qualche spicciolo? Bene! Siete nella media degli italiani: individualisti e consumisti. Non mi sembra, infatti, ci sia immagine migliore per descrivere insieme questi due difetti: un individuo solo in un bene di consumo come un inutilissimo fuoristrada, fermo in coda in mezzo a tanti altri individui soli in altrettante costosissime auto, tutti rigorosamente irritati dagli extracomunitari che gironzolano supplichevoli in cerca di denaro per sopravvivere. Fino a qui il test del vizio semplice. Ma passiamo a domande pi difcili: siete anda60

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ti al lavoro in bicicletta, non vi interessano i beni di consumo e siete tanto ma tanto altruisti? Bene! Non detto che non siate comunque individualisti e consumisti. Prendiamo per esempio coloro che evitano i beni di consumo perch parchi e risparmiatori. Qualche volta non si tratta di non consumisti ma di semplici avari. I quali, proprio perch ossessionati dalla paura di perdere ci che hanno, rivelano un attaccamento ai beni materiali uguale, se non maggiore, a quello che anima i consumisti semplici. Li chiamerei consumisti subdoli. Vi sono poi persone, soprattutto giovani, contrarie al consumismo e alla globalizzazione, rispettose dellambiente e perennemente collegate in rete tramite iPhone. Li chiamerei generazione wireless. Non pi attratti, forse anche complice la crisi economica, dal consumismo di beni materiali, mi sembrano per ammalati di consumismo di quel bene immateriale che la privacy altrui. Youtube, facebook, myspace, reality show, google latitude: un ininterrotto sistema di consumo di vita privata non loro, da divorare con la stessa voracit con cui si consumano i sorbetti della pubblicit. Consideriamo adesso una categoria che sembra opposta a quella degli individualisti: gli altruisti. Anche in questo caso non sempre oro quello che luccica.
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Vi sono altruisti che non riescono a trattenersi dal bisogno di aiutarvi. Anche quando non ne avete affatto bisogno e, anzi, vorreste nalmente affrancarvi da loro. Penso ad esempio ad alcuni genitori che inseguono i loro gli con un atteggiamento forzatamente altruistico (Che cosa hai fatto ieri sera?; Perch non parliamo, sono qui per te!) che in realt non altro che desiderio, individualistico, di trattenerli ancora presso di s, proprio quando sarebbe bene, invece, tagliare nalmente il cordone ombelicale. Quante volte il nostro altruismo altro non che lindividualismo di chi pretende di essere sempre indispensabile? Vi sono, inne, gli altruisti educatori. Alcuni concepiscono la loro missione con un tale zelo da trasformarsi in plagiatori. Piuttosto che il bene e la libert dei loro gli, dei loro studenti, dei loro gli spirituali, hanno di mira la conquista della loro anima, cio limposizione, seppure con forme suadenti, della propria visione del mondo e del proprio modello di vita. E si placano solo quando vedono studenti o gli spirituali trasformarsi in loro fotocopie. Come li deniamo? Altruisti o individualisti in incognito a piede libero? Forse, il contrario dellindividualismo non un altruismo morboso e zelante ma un amorevole rispetto del s degli altri, della loro libert, della loro privacy, della loro ir62

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ripetibile, e inviolabile, interiorit. Che poi il luogo, scriveva Agostino, in cui abita la Verit: in interiore homine habitat Veritas.

Spunti di catechesi

E il bene, lo hai fatto?


di TONINO LAsCONI Beneditemi, padre!. Il Signore sia nel tuo cuore e nelle tue parole. Quali sono i tuoi peccati?. I soliti. Qualche preghiera dimenticata, qualche bugia, qualche atto di impazienza, qualche parolaccia. Bestemmie, per, no. E il bene, lo hai fatto?. In che senso?. Nel senso che il cristiano non chi non fa i peccati, ma chi si preoccupa del bene degli altri. Il cristiano deve essere come il sale e la luce. Deve portare dovunque qualcosa in pi, una qualit di vita pi alta. Padre, io cosa posso portare in pi? I soldi mi bastano s e no per tirare avanti. Non mi avanza niente da dare agli altri. Qualche volta, per, un po di spiccioli agli extracomunitari glieli ho dati. Ma se dai retta a tutti. Spiccioli a parte, ti interessi degli altri?
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Sei attento alle loro esigenze? Nel condominio per esempio. Questo proprio no. Io mi interesso ai fatti miei e non mi curo di quelli degli altri. Nel condominio, per esempio, buon giorno e buona sera, e ognuno a casa sua. Altrimenti si nisce per litigare. E poi i pettegolezzi, le rogne, i fastidi. Gi, i fastidi. Eppure san Paolo raccomanda di portare ciascuno i pesi degli altri, di piangere con chi piange e gioire con chi gioisce. Lo so, san Paolo dice bene. Ma la vita di oggi non pi come una volta. Mamma mi racconta che quando era giovane, tutti lasciavano la chiave sulla porta. Lasciacela un po oggi, che non basta pi nemmeno lantifurto. Scusi, padre, ma lei non la vede la televisione? Non vede tutto quello che succede, tutto legoismo che c?. Proprio perch cos, noi cristiani abbiamo il compito di portare pi solidariet, pi altruismo, pi generosit. Ah, se per questo, io di solidariet ce nho tanta. A me la gente che sta male, mi fa tanta pena. Ma io cosa ci posso fare? Ci deve pensare il governo. Ho capito. Senti, stai attento a non fare spese inutili, a non seguire la pubblicit in modo passivo, a non fare sprechi? Stai attento, per esempio, a risparmiare lacqua?. 64

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Padre, non mi racconter anche lei la barzelletta che lacqua che risparmio a casa mia nisce in Africa, e quelli non muoiono pi di sete?. Certo che no! Ma se contribuiamo a crea re una mentalit di sobriet, pian piano le ricchezze del mondo verranno distribuite in modo pi giusto. Figurati se il mondo diventa pi giusto se io mi faccio qualche doccia in meno. Senta padre, abbiamo faticato tanto per arrivare ad avere queste comodit, adesso non possiamo privarcene perch in Africa non ce lhanno. Si diano da fare! Quelli piangono la miseria, ma i soldi per le armi li trovano sempre. Non ho ragione, padre? A proposito, quante Ave Maria devo dire per penitenza?.

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3.

Irresponsabilit e indifferenza

Per cominciare
Sotto la pressione dellopinione pubblica Pilato incarna un atteggiamento che sembra dominare nei nostri giorni, quello dellindifferenza, del disinteresse [...]. Per quieto vivere e per proprio vantaggio, non si esita a calpestare verit e giustizia [...]. Lindifferenza la morte lenta della vera umanit. Lesito nella scelta nale di Pilato. Come dicevano gli antichi latini, una giustizia ipocrita e apatica diventa simile a una ragnatela nella quale incappano e muoiono i moscerini ma che gli uccelli squarciano con la forza del loro volo. Ges, che uno dei piccoli della Terra, senza
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poter emettere una parola soffocato da questa rete. E come spesso facciamo anche noi, Pilato guarda dallaltra parte, se ne lava le mani e come alibi lancia secondo levangelista Giovanni (13) leterna domanda tipica di ogni scetticismo e di ogni relativismo etico: Che cos mai la verit?3.

La provocazione

E liberaci dagli altri


di UMBERTO FOLENA Sono le 22 del 13 febbraio 2009 a San Vitale, quartiere periferico di Bologna. Una ragazza di quindici anni scende in strada per aspettare gli amici. Le si avvicina un uomo di trentatr anni che la molesta. Le tira degli schiaf e la trascina dietro i cespugli di un giardino, dove la violenta. Un vicino di casa di quarantaquattro anni sente la ragazza gridare e invocare aiuto. Accorre, vede la scena e chiama subito il 113. Intanto intima allaggressore di lasciar stare la ragazza, ma quello se ne inschia, anzi lo minaccia. Il soccorritore cerca di fermare due auto, invano. Chiede aiuto anche a un
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G. RAVAsI, Commento alla Via Crucis. Stazione 5, 2007.

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uomo di passaggio. Stanno violentando una ragazza gli dice. E quello: Non sono affari miei. E si allontana. La polizia arrester il violentatore. Il questore di Bologna ringrazier di persona lunico testimone. Ma non questo il punto. Episodi del genere sono purtroppo frequenti. Una persona in difcolt circondata dallindifferenza dei passanti; e spesso la situazione si risolve perch, tra tanti indifferenti, qualcuno responsabile si trova ancora. Il punto che tutto sembrerebbe dare ragione a Melodie Beattie, autrice di un celebre manuale di autoapprendimento che negli Stati Uniti ha venduto pi di cinque milioni di copie. Il modo pi sicuro per impazzire scrive la Beattie farsi coinvolgere negli affari altrui, e il modo pi sicuro per essere sani e felici farsi gli affari propri. Il titolo del suo best-seller, E lberati dagli altri, non lascia spazio a equivoci. Chi oserebbe dirsi daccordo con lei? Apertamente, quasi nessuno. Per poi, allatto pratico, moltissimi si comportano cos. La regola non scritta che guida lesistenza di una larga porzione di umanit appunto questa: non lasciarsi coinvolgere; se ti lasci coinvolgere sei fregato; chi si fa coinvolgere non pi padrone della propria vita e condanna se stesso allinfelicit.
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Poco importa che proprio lesperienza suggerisca lesatto contrario. Diametralmente opposta a quella della Beattie la posizione di Matthieu Ricard, monaco e studioso di buddismo tibetano: Il miglior modo per assicurarci la felicit, assicurare quella altrui; essere reciprocamente altruisti una situazione che comporta benessere per tutti. Non solo, egli afferma, tutto ci virtuoso, ma anche ragionevole: Gli studi condotti su centinaia di soggetti hanno rivelato che vi uninnegabile correlazione tra altruismo e felicit: le persone pi altruiste sono in assoluto quelle che ap paio no pi felici. Chi si ostina sempre e assolutamente a farsi gli affari propri, anestetizzando la propria anima per non provare emozioni di fronte allaltrui grido di aiuto, sarebbe dunque irragionevole. Eppure lindifferenza sembra prevalere, e non soltanto nei confronti dei nostri vicini, come la ragazza bolognese, ma anche nei confronti dei lontani. Pochi si sentono direttamente coinvolti nei drammi del Darfur o del Congo o della Birmania; e pochi, anche se politicamente impegnati, avvertono un sussulto di fronte alla mancanza di democrazia e libert dei popoli della Corea del Nord o di certe pseudo-democrazie dellAmerica Latina, per non parlare dei diritti civili e della libert religiosa in Cina. 70

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Dov nito il celebre I care (vale a dire Mimporta, mi sta a cuore) che don Lorenzo Milani tendeva ad applicare a tutto, senza sconti? E il senso di responsabilit, parola che letteralmente signica rispondere in maniera abile, consona, appropriata? Se la responsabilit coraggio, lindifferenza vigliaccheria. Per George Bernard Shaw era ancora di pi: Il peggior peccato contro i nostri simili non lodio, ma lindifferenza; questa lessenza della disumanit.

E noi cristiani?

Unopportunit da non perdere


di CHINO BIsCONTIN Nella parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro (cos intitola la nuova Bibbia di Gerusalemme, Lc 16,19-31), c un particolare che va sottolineato. Del ricco non si dice che era cattivo. Non si dice, ad esempio, che aveva ottenuto la ricchezza imbrogliando o magari derubando Lazzaro e riducendolo cos in miseria, che non si recava al tempio per le grandi feste, che era arrogante con la servit, o altro
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ancora. Semplicemente lo si descrive come un uomo cos ricco che non si limitava a cibarsi, ma ogni giorno si dava a lauti banchetti; che non solo si copriva, ma che indossava vestiti di porpora e di lino nissimo. Eppure Ges, dopo la morte, lo colloca negli inferi tra i tormenti. Perch? La risposta che emerge dal racconto questa: alla sua porta cera un povero coperto di piaghe, ma lui non se n mai curato. Erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe, annota malinconicamente Ges. lindifferenza di fronte alla miseria altrui, quindi, che ha determinato il fallimento totale, la perdizione di questo ricco. Il fatto che ogni volta che noi reagiamo davanti a una provocazione che ci viene dal prossimo nel caso di Lazzaro la provocazione alla solidariet decidiamo anche di noi stessi. Quando riceviamo da Dio la nostra esistenza, essa solo un progetto che egli ha appena impostato e abbozzato; spetta a noi, nel corso della vita, condurla verso una gura personale che sia un capolavoro, in modo tale da raggiungere la piena oritura del nostro essere. Ora, proprio il prossimo che mi sta davanti con il suo appello a un comportamento positivo, mi offre lopportunit di dilatare la mia positivit. Ma allora la decisione con la quale dono la mia solidariet agli altri rappresenta anche il colpo dala che mi porta pi in alto, che mi rende pi grande. In n dei conti, chi 72

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mi chiede bont mi sta offrendo lopportunit di crescere nella bont. La risposta negativa sia essa quella dellindifferenza o dellirresponsabilit, entrambe risposte positive mancate rattrappisce il mio essere, mi condanna alla piccineria. Al punto tale che san Paolo, nel celebre Inno alla carit (1Cor 13,1-13), afferma che se non avessi la carit, sarei un nulla. Non forse per questo che Ges assegna un nome al povero quello di un amico che gli caro, Lazzaro mentre il ricco rimane senza nome? Se nel passato la predicazione ha peccato di moralismo (al punto tale che nel dizionario la parola predica ha come sinonimi: sgridata, rimprovero, ramanzina, paternale), va detto che, attualmente, si sente lesigenza di una chiara e insistita riaffermazione, nelle omelie e nella pedagogia catechetica, del fatto che nel cristianesimo lamore verso Dio non pu essere mai slegato dallamore verso il prossimo. Deve essere chiaro a tutti che la decisione che prendiamo consapevolmente o meno riguardo al prossimo in difcolt, la prendiamo anche riguardo a Dio (come insegna Mt 25,31-46), e che dallapertura o dalla chiusura davanti a Dio dipende la nostra stessa salvezza o la nostra perdizione. Lamore verso il prossimo non pu allora limitarsi a essere slogan che riempie la bocca e suona bene nel discorso, senza impegnarsi nellanalisi
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realistica dei problemi e dei bisogni altrui. E non pu essere nemmeno sentimentalismo, che inonda il cuore di dolcezza ma si arrende di fronte allamarezza che inevitabilmente richiede la ricerca dellefcacia nel dare una vera mano agli altri. Devessere, invece, un amore che si possa misurare con lorologio: tempo che sottraiamo a noi stessi e dedichiamo alle necessit degli altri; che si possa vedere nel portafoglio: denaro che decidiamo di donare agli altri. Un amore, cio, fatto di gesti concreti, di disponibilit a offrire agli altri il nostro tempo, i nostri beni e, perch no?, anche la nostra competenza ed efcacia nel perseguire in modo tenace e fedele la solidariet.

Chi punta il dito

La denuncia del menefreghismo


di ALBERTO FRIsO Indifferenza? Irresponsabilit? Si tratta di neo vizi molto sentiti da quattro italiani su cinque. A balzare agli occhi non sono tanto le differenze tra gli intervistati ritenenti gravi e diffusi tali atteggiamenti, quanto un sostanziale appiattimento senza picchi, come avviene di solito quando uno tsunami socio74

Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

culturale ha deturpato lintero paesaggio. Alcune sottolineature, comunque, permettono di tracciare lidentikit dellaccusatore. A essere preoccupati lavreste detto? sono pi gli uomini che le donne. Altra sorpresa: sono pi i giovani adulti che gli anziani. I picchi, infatti, si hanno nei 35-44enni (l84 per cento ritiene gravi e diffusi indifferenza e irresponsabilit) e nei 18-24enni (80 per cento), soprattutto del Nord-Ovest, e ancor pi in Lombardia. In quali centri abitati il fenomeno accentuato? Qui tutto come nelle attese, perch sono le grandi citt a svettare (83 per cento), anche se lambiente metropolitano non lunico a soffrire di isolamento relazionale: sono pure i residenti nei piccoli comuni con meno di diecimila abitanti a lamentare soprammedia il dilagare del menefreghismo, forse perch nei paesi il fenomeno recente e meno accettato. Indagando il nucleo familiare, si vede come siano soprattutto i single a preoccuparsi del disinteresse per il prossimo. Evidentemente chi vive nella quotidianit di casa insieme ad altre persone un po meno esposto a questa sofferenza. Anche internet non sembra aiutare: lindifferenza inquieta chi naviga in rete pi di chi non lo fa. Per concludere il prolo, merita un accenno la condizione sociale, che quella media, formata da laureati o diplomati che lavorano come impiegati, docenti o tecnici.
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Di che vizio sei?

Meglio meneghino o meridionale?


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Mio nonno faceva ancora le visite di cortesia. Se in paese Gangi per la precisione: una delizia di case arroccate su un monte al centro della Sicilia in una famiglia di amici o conoscenti vi era stato un lieto evento (una nascita, un matrimonio o anche solo la laurea di una glia), oppure una disgrazia (una malattia, un lutto), mio nonno si annunciava e andava, di solito il giorno dopo, a far loro visita di cortesia, peraltro molto gradita. Altri tempi, altri luoghi. Ve lo immaginate un milanese oggi che vi telefona per annunciare la sua visita il giorno dopo per congratularsi per la laurea di vostra glia o anche soltanto per la nascita di un glio o in occasione di una malattia? Ma non gli passa neanche per la mente di autoinvitarsi e disturbarvi! discreto ed educato lui, mica un terrone! O forse, a volte pi verosimilmente, di voi e di vostra glia non gliene importa assolutamente nulla, impegnato com a seguire, fra lo stress di mille impegni e mille happy hour, gli andamenti della Borsa. E ipocritamente spaccia per rispetto nei vostri confronti il suo sconnato meneghino menefreghismo. Nelle grandi citt del Nord Italia prevale di solito lindifferenza. 76

Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

In compenso al Sud in genere impera lindifferenza nei confronti delle cose, specialmente quelle pubbliche. Tutti conosciamo il degrado in cui versano strade e parchi pubblici delle citt del Meridione dItalia. unindifferenza verso le cose che poi indifferenza verso le persone che non si conoscono, possibili utenti di quel bene pubblico. Daltra parte, si sa che la cultura meridionale tendenzialmente familistica: se laltro amico, allora appartiene alla mia famiglia e merita tutto, compreso quello che illecito, se invece uno sconosciuto, non appartiene alla mia famiglia e non merita nemmeno un giardino pubblico pulito. Per questo nella stessa citt esistono case private pulitissime e strade pubbliche immonde. Della cosa pubblica non ci si sente responsabili. E noi? Di che menefreghismo siamo? Tipo meneghino o meridionale (essendo queste intese come categorie dello spirito)? Domandine: salutiamo gli altri in ascensore? Se, posteggiando, tamponiamo un auto, lasciamo un biglietto con il nostro numero di telefono? E in coda, fermi in autostrada, spegniamo il motore dellauto? E della cosa pubblica quanto ce ne importa? Quanta partecipazione dimostriamo agli amici negli eventi lieti o tristi della loro vita? La scorsa estate sono tornato, dopo molti anni, nel paese di mio nonno. In tre giorni
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Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

non sono riuscito a pagare una sola volta al bar. Gente a me ormai quasi sconosciuta si premurava di venirmi a salutare, offrirmi da bere, invitarmi a pranzo a casa sua. La signora Aurora ha persino aperto il suo ufcio di domenica, per darmi un documento che cercavo. Ero sommerso da un calore umano commovente. A Gangi, come in tanti altri paesi simili, non abita lindifferenza. Cos, alla cassa del bar, allennesimo mio tentativo di ricambiare tanta attenzione, il proprietario mi ha detto: A me basta che mi stringi la mano... e poi tu sei il nipote di un galantuomo. Cos mi sono tornate alla mente le visite di cortesia di mio nonno. E la Chiesa, a che punto ? Quanto conta oggi nella Chiesa essere una compagnia per gli uomini, contro lindifferenza dilagante? Nellagenda di un cattolico pi importante andare alle riunioni settimanali per contarsela sulla Chiesa e i suoi nemici o dedicarsi in silenzio alle opere di misericordia corporali e spirituali? Vi ricordate? Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, allog giare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati...!

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Paolo Emilio Biagini - paoloemiliobiagini@libero.it - 11/01/2011

Spunti di catechesi

Qual il posto degli altri nella tua vita?


di Tonino Lasconi Sia lodato Ges Cristo. Sempre! Il Signore sia nel tuo cuore e nella tua bocca. Allora, che peccati hai fatto?. Mi dica qualcosa lei, io non so che cosa dire. Come mai? Non ti sei preparato?. che, a essere sincero, io i peccati non ce li ho. E allora perch sei venuto a confessarti?. A essere sincero, stata mia moglie. Dai, vatti a confessare! tanto che non lo fai Io, poi, ci tengo a essere cristiano. I miei genitori mi hanno insegnato cos e io faccio cos. Io non sono come quelli che.... Ho capito. Allora sentiamo un po: sei in pace con tutti?. Certo! Io non do fastidio a nessuno. Io con tutti: Buon giorno e buona sera. Se uno mi fa del male, non lo odio. Per me come se non esistesse. Ho capito. Ma in famiglia, nel condominio?. In famiglia tutto a posto. Nella famiglia mia, grazie a Dio, si fa come dico io e non c problema. Io non sono come quelli che.
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E con gli altri, nel condominio, sul posto di lavoro?. Nel condominio, lho detto: Buon giorno e buona sera. Alle riunioni ci mando mia moglie. Tanto servono solo per arrabbiarsi. Ma, nel lavoro, ti interessi dei problemi di tutti, sei disponibile ad aiutare chi in difcolt?. Padre, lo sa anche lei, nel lavoro ognuno pensa per s. Quando ho iniziato il mio lavoro, facevano di tutto per farmi commettere degli errori. Avevano paura che gli passassi davanti. Io questo non lo fo. Per non mi voglio impicciare di niente e di nessuno. Ognuno per s e Dio per tutti. Be, in realt Dio ha detto: portate ciascuno i pesi degli altri. Cio?. Cio, aiutatevi a vicenda, sempre. Caro padre, una volta si poteva fare, oggi no. Oggi se dai un dito, ti prendono anche il braccio. Io per a Messa ci vengo sempre. Poi mi vede. Vengo alla mattina presto, quando c poca gente, quando non si fanno tutti quei canti, quelle storie Per esempio, io quella di darsi la mano in chiesa proprio non la capisco. Ma che signica?. Signica che se uno si d la mano durante la Messa, se la deve dare anche fuori, in famiglia, nel condominio, nel lavoro, dappertutto.... 80

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A proposito, padre, adesso mi ricordo: una volta mi scappata una bestemmia, ma me lhanno proprio tirata fuori. Stavo a fare una pratica in comune e cera uno che voleva per forza passarmi davanti. Be si faceva i fatti suoi, come fai tu. Ma, tornando alla Messa, la pace che ci si scambia l un impegno a creare pace anche nella vita, altrimenti inutile venire a Messa. Ah no! A Messa io sempre! Me lhanno insegnato i genitori, e io li rispetto. Ma, padre, non mi ricordo, quante Ave Maria devo dire per penitenza?.

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4.

Corruzione e disonest

Per cominciare
La prosperit mette gli animi a dura prova, perch le miserie si sopportano, ma la felicit ci corrompe. un lettore a passarmi questa frase delle Storie (I,15) del grande Tacito. Essa pu servire a una sana smitizzazione dellostentazione che si fa ai nostri giorni della ricchezza e del successo, presentati come segno di felicit [...]. In realt facile scoprire che il benessere corrompe: se si solleva il manto dorato che avvolge personalit popolari nei vari campi del successo, emergono miserie morali, vergogne, disonest, corruzione [...]. Labbondanza intacca la coscienza rendendola amorale, colpisce la
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mente ottundendola e ferisce il cuore cancellandone la sensibilit. Dice il salmista: Dellorgoglio si fanno collana, la violenza il loro vestito, dal loro cuore traboccano pensieri perversi, scherniscono e parlano con malizia, minacciano dallalto con prepotenza, levano la bocca no al cielo e la loro lingua percorre la terra (73,6-9)4.

La provocazione

Corruzione, un lento suicidio


di UMBERTO FOLENA Il 17 dicembre 1992 lingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato in agranza di reato. Stringe ancora in mano 7 milioni di lire, la prima tranche di una mazzetta di 14 milioni che avrebbe dovuto versargli il titolare dellazienda di pulizie vincitore di un appalto da 140 milioni: una tangente del 10 per cento, come si usava allora. Chiesa restituir svariati miliardi, sconter cinque anni e quattro mesi di galera e soprattutto, con la sua confessione, spalancher lepoca di Tangentopoli.
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G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 16/4/2003.

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Il 31 marzo 2009 lingegner Mario Chiesa viene arrestato con laccusa di essere al centro di un giro di tangenti legato a un trafco illecito di riuti. Allaffare avrebbero preso parte, pure, la prima e la seconda moglie, due gli e un cognato. Nel 1992 le tangenti servivano anche, a volte soprattutto, per nanziare i partiti. Nel 2009 a intascare tutto sono le singole persone. Gli antichi partiti Dc, Psi, Psdi sono scomparsi, gli affari viaggiano su altri binari ma la corruzione non stata sradicata: forse i tanto famigerati partiti ne erano unoccasione e un pretesto, ma non la vera causa. Che sta altrove. Ma davvero tanto diffusa la corruzione in Italia? Al di l delle sensazioni personali, che possono essere vere ma anche fallaci, gli studi suggeriscono che s, siamo uno dei Pae si pi corrotti al mondo. Il Bribe Payers Index, redatto da Transparency international, una classica dellonest pubblica stilata intervistando 11 mila uomini daffari di 125 Paesi. Tra i trenta Paesi pi forti economicamente, ossia quelli che gestiscono l80 per cento delle esportazioni mondiali, lItalia si colloca al ventesimo posto, ultima nellUnione europea; in fondo alla classica, India, Cina e Russia. Considerando invece tutti gli Stati del mondo, lItalia si colloca in quarantunesima posizione. La stessa Corte dei conti, lo scorso 10
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febbraio, denunciava i controlli inadeguati nella pubblica amministrazione, la troppa corruzione, le troppe tangenti, lo spreco di risorse pubbliche, le tante opere incompiute La stagione di Tangentopoli non riuscita a fare pulizia. Secondo lalto commissario Achille Serra, il sistema della corruzione esce danneggiato ma non scardinato dalle inchieste giudiziarie degli anni Novanta. E per Furio Pasqualucci, procuratore generale presso la Corte dei conti, la corruzione nella pubblica amministrazione non sta diminuendo. Ieri era legata ai partiti, oggi di natura pi individuale. Un Paese corrotto votato al suicidio, ma noi italiani non sembriamo preoccuparcene. Ci lamentiamo, ma sembriamo subire la corruzione come una sorta di calamit naturale, quasi non dipendesse da noi e dai nostri comportamenti. La corruzione, intanto, prosciuga il denaro pubblico, ossia le nostre tasse. E gli investitori stranieri sono sempre meno allettati dallItalia, dove tutto insicuro, lento, complicato. Nel 2007 gli investimenti dallestero sono calati del 28 per cento, passando da 39 a 28 miliardi di dollari. Proprio cos, un lento suicidio. Gli italiani sussurrano: un problema di educazione. Bene, in tempi non sospetti lavevano detto i vescovi italiani. Un anno prima dellarresto (il primo) dellingegner Chiesa, 86

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il 4 ottobre 1991, la Commissione ecclesiale giustizia e pace pubblicava un documento intitolato Educare alla legalit in cui, tra laltro, si leggeva: Il senso della legalit non un valore che si improvvisa. Esige un lungo e costante processo educativo. Chiamava in causa famiglie, scuola, associazioni, partiti, tutti. Gli stessi che anche oggi dovrebbero domandarsi: noi, che cosa facciamo?

E noi cristiani?

Essere onesti, senza scorciatoie


di LuIGI MEROLA Corruzione e disonest sono due facce dellimbarbarimento della vita sociale e delle relazioni personali. Una realt allarmante nel Nord come nel Sud Italia. E non si salva nessuna istituzione. Prima come parroco di Forcella in Napoli e oggi come presidente di una fondazione che si occupa di bambini cosiddetti a rischio, ho toccato con mano che in Italia si fa poca prevenzione. Non si investe a sufcienza nella formazione. venuta meno unetica sociale perch mancano le agenzie educative e, dove pur esistono, spesso non lavorano insieme. Parlo della fa 87

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miglia, della scuola e della Chiesa, che hanno un ruolo fondamentale. In casa non c pi la mensa attorno alla quale ci si parla, sosti tui ta dalla televisione-spazzatura. Sempre pi famiglie italiane sono divise o separate. Pur di fuggire al tempo ci si rifugia spesso nei centri di bellezza e in quelli commerciali. A scuola mancano maestri consapevoli della propria missione, che parlino ai ragazzi con coraggio e determinazione, che mettano al centro lalunno come persona e non lo considerino un numero. Mancano le scuole aperte no a sera tardi dove ci si incontra per fare attivit laboratoriali, per togliere i ragazzi dalla strada. E poi, come diceva Paolo VI, nella Chiesa mancano i testimoni. Troppe chiese chiuse, troppi burocrati del sacro in giro. San Giovanni Bosco considerava loratorio lunico luogo adatto per formare onesti cittadini e buoni cristiani. Ma che cos lonest? la buona abitudine di fare il proprio dovere no in fondo. Costi quel che costi, il cittadino onesto non si tira indietro di fronte a una scelta giusta, non accetta il compromesso n la via facile, non si lascia suggestionare dai soldi. Ci sono in giro troppi corrotti e corruttori, entrambi colpevoli alla stessa maniera. Certo non aiutano gli interi quartieri delle citt del Sud abbandonati a se stessi, senza illuminazione adeguata, fo88

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gne, servizi di aggregazione per i ragazzi. E poi troppi uomini politici accettano il compromesso e si fanno eleggere con i voti dei maosi. Ci sono lunghe pagine di processi terminati con dure condanne verso uomini di partito. Troppi concorsi truccati o appalti dati senza rispetto delle regole. Lelenco potrebbe essere lungo. Ma perch si arrivati a questo punto? Dallindagine del Messaggero emerge anche la risposta: c richiesta e urgenza di valori. Esiste una fragilit dovuta al poco sforzo fatto e ai pochi sacrici sostenuti. Abbiamo dato ai nostri giovani troppo, senza distinguere ci che bene da ci che male, col risultato di un infragilimento etico diffuso. Valore nel vocabolario italiano signica punto di riferimento. Quali punti di riferimento abbiamo offerto? Non insegniamo scorciatoie ai ragazzi, ma parliamo di pi dellimportanza dellonest, per esempio nel superare bene un esame perch si studiato e non perch abbiamo chiesto una raccomandazione. Il tutto con lo sguardo al domani, perch saranno proprio loro, i giovani, i futuri amministratori di una citt, i tutori dellordine, i magistrati, gli insegnanti. quello che vado dicendo negli incontri in tante scuole italiane come referente nazionale della legalit a nome del Ministero dellIstruzione. E mi rendo conto che basta poco per
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appassionare i nostri giovani, farli infervorare e trascinarli verso il bene. C bisogno di uno sforzo in pi nelleducazione e nella formazione. Invochiamo per la nostra Italia pi insegnanti, pi educatori, pi maestri e meno poliziotti e carabinieri. Quando questi ultimi arrivano, gi troppo tardi. Lho sperimentato sulla mia pelle, ora che vivo sotto scorta. Ce la possiamo fare a cambiare lItalia, rendendola pi giusta e onesta. Concludo con le parole di don Peppino Diana, parroco di Casal di Principe (Caserta), ammazzato dalla camorra il 19 marzo 1994: Morire per cambiare? No, cambiare per non morire. Non aspettiamo altre indagini per cambiare le nostre cattive abitudini e comportamenti. Cambiamo oggi, per costruire unItalia in cui ci siano sempre pi buoni cristiani e onesti cittadini.

Chi punta il dito

Con gli intrallazzi nel mirino


di ALBERTO FRIsO Quanti accusano gli italiani di essere corrotti e disonesti intrallazzatori? Questo neo vizio si piazza al quarto posto nella classica 90

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stilata dagli intervistati dellindagine realizzata per il Messaggero di santAntonio da Astra Ricerche. Tre votanti su quattro hanno indicato che disonest e corruzione sono gravi e diffuse nel nostro tessuto sociale. A differenza del podio dei vizi, occupato dai tre precedentemente analizzati, in questo caso le accentuazioni delle risposte tratteggiano un identikit molto pi preciso dellaccusatore. Primo indizio, let: il nostro da poco diventato maggiorenne, e comunque non ha superato i 34 anni. Il 79 per cento dei giovani, infatti, urtato dalla disonest e dalla corruzione dilagante: sono tutte persone che negli anni di Mani pulite frequentavano le superiori o addirittura le scuole dellobbligo. Invece i pi adulti, forgiati dallesperienza, forse si fanno meno illusioni in proposito Grosso modo corrisponde anche il ceto, perch la fascia pi preoccupata per questo vizio quella degli studenti e degli inoccupati (84 per cento), seguita a ruota dai laureati, visto che l81 per cento di loro si lamentato in proposito. Parliamo di giovani, quindi non stupisce troppo scoprire che laccusatore naviga di frequente in internet, dove pu avere accesso a molte informazioni, da cui verosimilmente ricava dati che lo confermano nella sua preoccupazione. Altro particolare carico di signicato la provenienza: le grandi citt dal Lazio in gi, cio Roma, Napoli, Palermo,
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Bari. Otto abitanti di queste zone su dieci ritengono grave e diffusa la corruzione e la disonest. Completano il quadro, ma con percentuali meno signicative, il sesso e la composizione del nucleo familiare. Prevalgono di poco gli uomini, abitanti in famiglie con quattro o pi componenti.

Di che vizio sei?

Se a essere malata la mentalit


di GIOVANNI VENTIMIGLIA In un memorabile lm del 1962 Tot vendeva a uno sprovveduto ricco italo-americano nientedimeno che la fontana di Trevi. Era una metafora dellItalia. Tuttavia in quegli anni la disonest era soltanto una magnica, esilarante goliardata. Poi, a poco a poco, negli anni Ottanta, diventata uno stile di vita diffuso, seppure praticato ancora con un certo senso di colpa. Ai nostri giorni, invece, essa viene non solo praticata a tutti i livelli, ma addirittura ostentata come una virt di cui andare eri. Da ridere non c pi assolutamente nulla. Il punto non tanto il numero, elevatissimo, degli atti di corruzione e di disonest, ma 92

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la nuova mentalit che si imposta. La disonest praticata senza pi nemmeno quella che Gian Antonio Stella chiama la sanzione morale da parte della collettivit e senza il minimo senso di colpa da parte del criminale protagonista. Anzi, al contrario, corruzione e disonest vengono presentate non solo come fatti generalizzati, ma come regole da seguire, in alcuni casi addirittura come leggi dello Stato. Si tratta di un nuovo credo, con tanto di dogmi: la disonest paga, lonest no; leconomia comporta il libero mercato, cio la legge del protto a tutti i costi e non letica dellonest; la storia non la fanno gli idealisti e gli ingenui ma i realisti e i furbi. Dunque, per valutare il tasso di disonest e di corruzione morale nel nostro organismo, dobbiamo sottoporci, mi sembra, a due tipi di esami: uno veloce, che valuta la disonest dei piccoli gesti quotidiani e uno, pi complesso, che valuta la disonest che abbiamo, per cos dire, in testa, cio nelle nostre convinzioni. Cominciamo dal primo. Se la cassiera al supermercato ci d un resto superiore al dovuto, lo restituiamo prontamente o lo incassiamo senza atare? In albergo portiamo via gli asciugamani? Al lavoro usiamo il telefono per chiacchiere private? Se siamo medici, prescriviamo un farmaco pi costoso, perch la ditta farmaceutica ci regala poi un bel viaggio premio? E se siamo politici,
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pratichiamo lassenteismo? Se siamo professori universitari, nei concorsi premiamo i candidati pi meritevoli? E se dobbiamo sostenere un concorso, ci chiediamo conosco il programma desame oppure conosco i membri della commissione? Se lavoriamo in banca, ci comportiamo con il cliente come veri consulenti o come subdoli venditori di prodotti-spazzatura? Questultimo esempio pu servire per passare allesame della disonest nella nostra testa. Il business comporta inevitabilmente la disonest? Lattuale crisi economica dimostra il contrario. Il mercato, infatti, ha bisogno di ducia. Certo, ognuno persegue il proprio protto, ma se lo persegue senza unetica, senza onest, il sistema implode, perch nessuno si da pi di nessuno: il correntista della propria banca, e le banche delle altre banche. E tutto si ferma, come sostengono persino i pi accesi liberisti, che propongono di lasciar fallire le banche disoneste. Leconomia la fanno gli onesti: ne siamo convinti? E la storia, alla ne, chi la fa? Solo i furbi e i disonesti? Non lo credo affatto, perch non si pu dar credito, alla lunga, ai disonesti al potere: alla ne ci si ribella. Ricordo uno dei miei maestri, il professor Adriano Bausola, che fu rettore dellUniversit Cattolica. Quasi alla ne della sua vita, lui, gi ammalato, a un intervistatore che gli chiedeva che cosa 94

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gli avesse insegnato il potere, rispose: Mi ha insegnato che non si pu tutto, cio che non tutto quello che era in mio potere di fare si poteva moralmente fare. Diresse la Cattolica per ben quindici anni. Non sempre i disonesti fanno la storia. E poi volete mettere la serenit di morire con la coscienza a posto?

Spunti di catechesi

Ma questi sono peccati?


di TONINO LAsCONI Scusi padre, ce lha due minuti per me?. Certo! Si vuole confessare?. S, ma prima vorrei parlare un po. Va bene. Mi dica. Un mese o due fa, non ricordo bene, mi sono venuto a confessare da lei. Non so se si ricorda. Se ricordassi tutti quelli che si vengono a confessare E allora?. Niente! Come ho sempre fatto, come mi hanno insegnato i genitori e al catechismo, cominciai a confessare i miei peccati: parolacce, qualche bestemmia, preghiere dimenticate, messe saltate, arrabbiature in famiglia e sul lavoro Lei mi ferm e mi chiese
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se avevo parcheggiato senza fare attenzione alle esigenze altrui, se avevo guidato con prudenza, se in metropolitana avevo ceduto il posto ai pi anziani. S, questo me lo ricordo, perch lo chiedo sempre a tutti. Ha dimenticato qualcosa?. No. che mi ha fatto pensare. Se questi fossero peccati, da lei ci sarebbe la la come alle Poste. Quindi per lei questi comportamenti non sarebbero peccato?. Saranno pure peccato, non dico di no. Ma come si fa? Viviamo in una societ corrotta. Se vuoi sopravvivere Le faccio un esempio. Ho portato mia moglie dal medico per una visita specialistica. Con la fattura: 250 euro. Senza: 180. Per pochi minuti di visita. Capisce? Potevo esigere la fattura? E io, piccolo commerciante, come faccio se non evito qualche scontrino? Un altro esempio. Dovevo allargare di qualche metro il magazzino. Progetti, perizie, processioni negli ufci Niente. Con un mio amico, che ha un amico politico, si risolto tutto. Ma non creda che lamico del mio amico mi abbia fatto la carit. E quelli che non pagano? Qualche cliente mi deve pagare da anni. Gli faccio causa? Se ha un avvocato pi bravo del mio sono quelli che hanno i soldi che non pagano, non creda! rischio anche di perdere la causa. E se vincessi, tra quanti anni accadrebbe? 96

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Sono tre volte che vado a testimoniare per fare un favore a un amico, e il giudice non si fatto mai trovare. una catena, padre, una catena. Le catene bisogna spezzarle. E chi le spezza?. Noi cristiani! Noi siamo chiamati a essere assetati e affamati di giustizia. Se tutti coloro che si dicono cristiani decidessero di essere cos, la corruzione e la disonest riceverebbero un bel colpo. Uhm! Se essere cristiani signica questo, tanti smetterebbero di andare a Messa e a confessarsi. Meglio! Un popolo che vanta le sue radici cristiane e continua a ritenersi fondamentalmente cristiano, non pu accettare di essere uno dei popoli pi inquinati da corruzione e intrallazzi. E come si fa?. Cominciando a farlo noi due. Adesso vuole confessarsi?. Mi sa che vengo unaltra volta.

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5.

Scarso rispetto per la natura, per lambiente

Per cominciare
La Bibbia era convinta che i cieli narrano la gloria di Dio (Sal 19) e che dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce lautore (Sap 13,5). Eppure c sempre qualcosa di enigmatico che ci impaura o ci sconcerta e la stessa armonia che si pu scoprire nel creato non necessariamente rivela a tutti il suo autore, tant vero che ci sono scienziati credenti e atei. Pascal, grande pensatore francese, nei suoi Pensieri di fronte alla bellezza e alla stravaganza del creato dichiarava: La natura
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ha delle perfezioni per mostrare che limmagine di Dio, ma ha anche dei difetti per mostrare che ne solo limmagine. Ecco, dunque, latteggiamento giusto da tenere: da un lato, essere in contemplazione della creazione nelle sue mirabili manifestazioni, nella sua funzione materna, nella sua potenza, ma anche non adorarla come una realt divina e intangibile. Rispettarla e amarla nel suo mistero ma anche conoscerla, coltivarla e custodirla5.

La provocazione

Quegli insospettabili nemici dellambiente


di UMBERTO FOLENA Laspetto pi sconcertante dellOperazione Ecoboss di due anni fa? Scoprire che il clan dei casalesi gli stessi camorristi del romanzo, e lm, Gomorra smaltiva i fanghi tossici nellagro di Casal di Principe, ossia avvelenava i terreni del proprio circondario. Laspetto pi sconcertante, ma istruttivo, scoprire che si pu essere tanto voraci da di5

G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 21/09/2007.

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vorare se stessi, da fare del male alle proprie famiglie. Questa la vera tragedia: la mancanza di rispetto per la natura e lambiente, tra tutti i nuovi e antichi vizi, probabilmente il pi redditizio. La cosiddetta ecomaa il settore della criminalit organizzata che si dedica a incendi, smaltimento di riuti, e cos via, distruggendo alle radici la nostra terra nel 2007 ha raggiunto un fatturato di quasi 20 milioni di euro, un quinto del fatturato totale della maa. Lecomaa un settore che non conosce crisi: nel 2007, gli illeciti accertati sono stati 30.124, pi 27,3 per cento rispetto al 2006; le persone denunciate 22.069 (con 195 arresti), pi 8,7; i sequestri 9.074, pi 19. Mai come in questo settore lItalia un Paese diseguale: il 30 per cento dei reati contro lambiente concentrato in Calabria e Campania. Introducendo il Rapporto 2007 di Legambiente, il procuratore nazionale antimaa Pietro Grasso annota: Numerose inchieste delle Direzioni distrettuali antimaa si imbattono in piani criminali per accaparrarsi risorse pubbliche legate al ciclo del cemento e dei riuti, e per utilizzare a ni predatori le risorse ambientali. Fini predatori Il predone vive di solo presente, non si occupa n preoccupa del futuro. In genere un predone non ha una famiglia o dei gli a cui afdare
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una terra; se li ha, immagina che seguiranno il suo esempio e saranno predoni a loro volta. Barbari? Peggio. Vengono in mente, per limitarci alla letteratura popolare, gli alieni di Independence Day, che a bordo della loro astronave-mondo dal diametro di 550 chilometri, dopo aver divorato il loro habitat, vagano di pianeta in pianeta da invincibili predoni spaziali. Senza aver fatto i conti con il trio Will Smith, Bill Pullman e Jeff Goldblum Uno spettacolo retorico e incredibile, eppure a modo suo perfetto; e istruttivo, se si pensa che quegli alieni spietati, senza etica alcuna, assomigliano terribilmente a certi umani. Casalesi, e non solo. Scrive ancora Grasso: I primi a difendere il proprio territorio dovrebbero essere i cittadini che lo abitano, considerandolo la propria casa: a nessuno piacerebbe vedersi buttare in casa propria un sacco dimmondizia. Bisognerebbe, pertanto, osservare tutte le norme in modo da evitare linquinamento proprio tramite unaccresciuta forma di educazione alla legalit ambientale. Educazione, gi. Leggendo di ecomae, qualcuno potrebbe aver pensato: allora questo nuovo vizio non mi riguarda. E invece no. Per poter prosperare, le mae hanno bisogno di una cultura accogliente. Di occhi che si girano dallaltra parte. Di cuori che non sindignano di fronte 102

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alle aggressioni. Ad esempio, in Italia la raccolta differenziata riguarda appena il 27,5 per cento dei riuti (media Ue: 39); ancora normale, per molti italiani, usare lautovettura senza alcun bisogno, inquinando; tenere acceso il riscaldamento o il condizionatore alleccesso; e se un bambino viene guardato storto quando getta in terra una cartina di caramella, il fumatore che getta il mozzicone viene tollerato. Piccole, piccolissime cose che, messe luna sullaltra, fanno una montagna; e rischiano di tramutarci in alieni predatori, che succhiano voraci al presente senza curarsi del futuro.

E noi cristiani?

Ripartiamo dal creato


di ARRIGO MIGLIO Negli ultimi decenni, specialmente negli ultimi dieci-quindici anni, la sensibilit per il rispetto della natura e dellambiente continuamente cresciuta. Non che prima mancassero tra i cattolici i movimenti attenti a questa tematica: basti pensare alla tradizione della spiritualit francescana o, dagli inizi del XX secolo, al movimento scout, presente
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nel nostro Paese e nella Chiesa n dagli anni precedenti la prima guerra mondiale. Questo per citare due correnti spirituali e culturali conosciute un po da tutti. Se poi guardiamo alla tradizione liturgica della Chiesa, troviamo anzitutto la preghiera delle Rogazioni, che si tenevano il giorno di san Marco (25 aprile) e nei tre giorni precedenti il gioved dellAscensione, con processione e benedizione della campagna. Molto antica anche la celebrazione delle Quattro Tempora, legate al cambio delle stagioni, il mercoled, il venerd e il sabato della terza settimana di Avvento, della prima di Quaresima, della settimana dopo la Pentecoste e della settimana dopo il 14 settembre. Queste tradizioni liturgiche oggi hanno rilievo differente, e sono lasciate alle Conferenze episcopali per gli opportuni adattamenti. Paradossalmente, mentre andata crescendo la sensibilit generale per il rispetto della natura e dellambiente, si attenuata la piet popolare legata alle preghiere liturgiche ricordate. Abbiamo invece una maggiore attenzione ai segni liturgici sacramentali, come il pane, il vino, lacqua, lolio, non solo per un bisogno di maggiore visibilit e autenticit del segno, ma anche per una riscoperta dei legami che uniscono la liturgia agli elementi della natura che sono i primi doni del Creatore e diventano materia per celebrare 104

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la redenzione portata da Cristo a benecio delluomo e del creato. Rimando a una Nota pastorale Cei del 2005, dedicata al mondo rurale in Italia e intitolata Frutto della Terra e del lavoro delluomo, dove, nella terza parte, vengono sviluppati gli spunti appena ricordati. Abbiamo dunque una lunga e solida tradizione cui attingere per nutrire e rinvigorire la nostra spiritualit, che oggi sente il bisogno di una maggiore attenzione alla salvaguardia del creato. Il principale riferimento per un cristiano senzaltro il primo articolo del Credo, con la professione di fede in Dio Padre onnipotente creatore del cielo e della terra. Tutto questo mi sembra importante per capire che lattenzione al creato non qualcosa di opzionale nella vita del cristiano ma appartiene alla struttura stessa della nostra fede. Altro aspetto importante il valore ecumenico che questo tema ha assunto ormai da tempo. Pensiamo a quanto scritto nella Carta Ecumenica del 22 aprile 2001, rmata dal Consiglio delle Conferenze episcopali dEuropa e dalla Conferenza delle Chiese Europee, dove al n. 9 si dice, tra laltro: Credendo allamore di Dio Creatore, riconosciamo con gratitudine il dono del creato [...] guardiamo con apprensione al fatto che i beni della
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terra vengono sfruttati senza tenere conto del loro valore intrinseco [...] senza riguardo per il bene delle generazioni future [...]. Raccomandiamo listituzione, da parte delle Chiese europee di una Giornata ecumenica di preghiera per la Salvaguardia del creato. Ci impegniamo: a sviluppare uno stile di vita [...] responsabile e sostenibile; a sostenere le organizzazioni ambientali delle Chiese e le reti ecumeniche [...] per la Salvaguardia della creazione. Effettivamente la Giornata ecumenica di preghiera per la Salvaguardia del creato stata istituita in diverse nazioni, tra cui lItalia, ed ssata il primo settembre, come gi fatto dal patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I. Vorrei aggiungere ancora un accenno al limportanza di questo tema per la ricerca del Bene Comune. Pensiamo ai tanti problemi che riguardano, ad esempio, i riuti, linquinamento da riscaldamento e da refrigerazione, la cementicazione, e alle politiche o mancate politiche sviluppate in questi ambiti, dove il vantaggio economico di qualche gruppo passa sopra alla salute di tanta gente, ma anche alla facilit con cui tanta gente accetta di monetizzare il danno ricevuto o che ricever. Ripartire dal creato potr aiutarci a far crescere anche una ecologia umana, se106

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condo la bella e forte espressione usata pi volte da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace.

Chi punta il dito

Mamme e pap preoccupati


di ALBERTO FRIsO Della natura? Sembra non interessarsene nessuno. O meglio: sono in molti a denunciare lo scarso rispetto per lambiente in cui viviamo. Il 71 per cento dei nostri connazionali si detto preoccupato per la poca attenzione verso la natura. Questa sensibilit critica un fenomeno recente, anche perch in passato erano meno forti gli effetti dellindustrializzazione e dei consumi di massa. I sociologi in proposito parlano di ecologismo banalizzato di massa, per dire che la sensibilit alla tutela dellambiente seppur con elementi di semplicazione, che ne fanno una realt banalizzata non pi n litaria n connessa a speciche opzioni politiche. A denunciare questo neo vizio, comunque, sono soprattutto le nuove generazioni. In ogni caso lidentikit dellitaliano urtato dallo scempio del territorio registra un picco tra i
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35-44enni: ben tre su quattro hanno preoccupazioni di tipo ambientalista. Il prolo quello di mamme e pap con due o pi gli: la critica sociale da parte loro appare pi severa proprio per la presenza in casa di bambini, che fanno impennare la sensibilit rispetto ai temi dellambiente (naturale e non) nel quale le nuove generazioni sono costrette a vivere. Il nostro accusatore vive preferibilmente nei piccoli comuni con meno di 10 mila abitanti del Mezzogiorno, dove risultano meno applicate le norme anti-inquinamento e la cultura dellillegalit ha provocato gravi ferite al territorio. Per quel che riguarda il titolo di studio, la denuncia massima tra chi in possesso di licenza media o del diploma di scuola media superiore. Queste mamme e pap sono per lo pi salariati, agricoltori, o casalinghe.

Di che vizio sei?

Oltre la cultura dellistante


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Quando vivevo in Germania mi successe un giorno una cosa strana. In autostrada, in un tratto assolutamente rettilineo e a quat108

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tro corsie, improvvisamente le auto davanti alla mia frenavano, rallentando vistosamente. Non capii. Una settimana dopo, passando per lo stesso tratto di autostrada, aguzzando la vista, notai un divieto indicante un limite di velocit a 80 km/h. Da italiano, lo confesso, non lavevo notato prima. La circostanza spiegava per solo una parte della stranezza, ovvero il motivo dellimprovvisa decelerazione delle auto, ma non spiegava ancora tutto: come mai, in un tratto di strada rettilineo a quattro corsie si trovava quel limite di velocit a 80 km/h? Un amico tedesco mi svel il mistero: Si vede che nelle vicinanze dellautostrada c un centro abitato e, dunque, per diminuire linquinamento atmosferico e acustico, si diminuisce la velocit. Incredibile! Oggi vivo in Svizzera ed normale per me vedere in autostrada, nelle giornate estive particolarmente calde, il segnale di limite di velocit a 80 km/h, corredato dalla seguente indicazione: ozono. Per contrastare i rischi dellimpennata dei livelli dellozono nellatmosfera, infatti, il Canton Ticino abbassa i limiti di velocit. E tutti rispettano quel limite. In Italia sarebbero quasi impensabili, sia il divieto che il suo rispetto. tristissimo ammetterlo, ma lItalia, tanto pi se confrontata con altri Paesi, eccelle in scarso rispetto per lambiente, si distingue in monnezza. La raccolta differenziata dei
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riuti domestici pratica quotidiana di tutti gli italiani? Quanti hanno coscienza del fatto che vernici, pile, batterie dauto, lampade al neon, apparecchi elettronici ed elettrici, medicinali scaduti sono riuti speciali che per nessun motivo andrebbero gettati insieme agli altri e tantomeno abbandonati fuori a caso? Quanti italiani spengono lautomobile se fermi in coda o al passaggio a livello? Quanti si sono costruiti la loro immonda casa abusiva condonata dai politici in cambio di voti deturpando cos coste e zone verdi? Certo, non si tratta, in questultimo caso, di inquinamento atmosferico vero e proprio. Tuttavia, a parte la distruzione di coste e polmoni verdi, vi sembra insignicante, nel cosiddetto bel Paese, linquinamento estetico? E che dire, poi, dellinquinamento acustico? Perch in Germania le ambulanze in citt accendono la sirena solo agli incroci e in Italia invece la accendono tutte le auto che ne sono dotate, dalle ambulanze alle auto blu di rappresentanza, sempre, persino simulando una nta emergenza al solo ne di svicolare meglio in mezzo al trafco? una cultura generalizzata di assoluto menefreghismo per ogni forma di inquinamento. Qualcuno si giustica, ironizzando contro gli ambientalisti ossessivi, che rincorrono feticistiche adorazioni della natura: riserve in parte condivisibili. Quello che non condivisibile, per, lassoluta in110

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differenza nei confronti delle bellezze lasciateci dalle generazioni precedenti e nei confronti del benessere delle generazioni future. Perch il rispetto per lambiente ha, tra tante giusticazioni, unultima, profonda ratio: la capacit tutta umana di vivere nel rispetto di chi non c pi, cio le generazioni passate, e di chi non c ancora, le generazioni future. Chi non ne capace rivela solo una cosa: quellattaccamento al solo piolo dellistante che il segno distintivo, come scrisse Nietzsche, delle bestie: Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e cos dallalba al tramonto e di giorno in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cio al piolo dellistante.

Spunti di catechesi

E tu, rispetti tutti gli ambienti?


di TONINO LAsCONI Il parroco, durante la Messa, stato tentato di cantargliele chiare a quei due, probabilmente marito e moglie, presenti alla celebrazione con pantaloncini e canottiera
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molto arieggiati. Per, per vivere la verit nella carit, si morso la lingua. Ma dopo, a chiesa vuota, trovando i due estasiati davanti a un affresco quattrocentesco, non se li lascia scappare. Buongiorno!. Buongiorno, reverendo!. In vacanza?. Un weekend alla ricerca di paesaggi e bellezze. Io sono insegnante e la mia compagna architetto. Siamo ecovolontari e viviamo cos i nostri ne settimana. Eco che?. Ecovolontari. Volontari per lambiente. Giriamo lItalia per segnalare alla nostra organizzazione le offese allambiente sia naturale che architettonico e artistico. Sicch voi siete attenti allambiente. Non lo avrei detto. E perch? Cosa dice reverendo?. Dico che chi rispetta lambiente, deve rispettare ogni ambiente, perch il rispetto dellambiente una scelta di vita, e le scelte di vita non possono essere fatte a targhe alterne, o a macchia di leopardo. Non la capisco, esclama la donna gi sullagitato. Allora mi spiego. Anche la chiesa un ambiente, cos come la celebrazione. Come tali dovrebbero essere rispettati, anche con un vestito adeguato. 112

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Aaaah! Adesso capisco! la solita paura del clero nei confronti del corpo, soprattutto di quello della donna. Se la turbo scappo, oppure chiuda gli occhi. Non centra niente la paura del corpo. Tuttaltro. proprio per la consapevolezza che il corpo bello e che attira giustamente attenzione e ammirazione che va gestito nel rispetto dellambiente. Proprio non la capisco. Rispettare lambiente vuol dire rendersi conto di dove ci si trova e di quello che sta accadendo, per evitare di spostare su se stessi lattenzione che va lasciata al luogo e al fatto. Ditemi: chi non rispetta lambiente? chi scambia il ume per la sua discarica, il bosco o laria per il suo cestino dei riuti, il bene pubblico per il suo interesse privato. Proprio ci che noi denunciamo e condanniamo, caro il mio reverendo. S. Non nego che la vostra intenzione sia buona, ma inefcace, perch si illude di riuscire a evitare i comportamenti senza accettare o avere bene chiara la motivazione che pu impedirli. E sarebbe?. Che la Terra di Dio, che noi siamo di Dio, che tutto di Dio. Ogni volta che, coscientemente o meno, gli rubiamo il posto e mettiamo noi al centro, comportandoci come se tutto lacqua, laria, il bosco, la strada,
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la Messa fosse nostro, rompiamo larmonia. E addio ecologia. E addio ecovolontari. Buon weekend!.

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6.

Dipendenza da sostanze

Per cominciare
Non c giorno che il tema della droga non saffacci sulle pagine dei giornali; non c famiglia che non viva con ansia il sabato notte con un glio in discoteca o altrove, forse con in bocca uno spinello; non c analisi sociologica che non registri il diffondersi drammatico della cocaina, divenuta quasi il ben misero status symbol di una societ vana e vacua. Le asperit nella strada della vita si sono sempre presentate nella storia dellumanit. Ma in passato la persona aveva dentro di s, proprio per leducazione civile e
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religiosa ricevuta, una sorta di attrezzatura che la invitava a procedere con fermezza e coraggio, nonostante il rischio. Certo, anche allora cerano gli scontti e i rinunciatari, ma avevano ragioni diverse da accampare rispetto a oggi. Adesso, infatti, al primo ostacolo si subito pronti a tornare indietro oppure ad accasciarsi a terra [...]. Dobbiamo, allora, ritrovare leducazione a una virt cardinale che ha un nome preciso, fortezza, e che tenacia e carica interiore6.

La provocazione

Quel vizio che non un vizio


di UMBERTO FOLENA Brutto vizio, la droga. Brutta qualsiasi forma di dipendenza. La droga poi cambia volto, si adatta, inganna. Negli anni Sessanta era associata alla rivolta giovanile ed era il simbolo della libert, della controcultura, della lotta alle convenzioni borghesi. Le droghe pi consumate erano marijuana e acidi e servivano a viaggiare, a sognare, a
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G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 19/07/2007.

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esplorare altri mondi o luoghi reconditi della propria anima o almeno cos si illudeva chi ne faceva uso. Negli anni Settanta e Ottanta cambia tutto: la droga principe, la droga assassina, diventa leroina e serve a fuggire, a placare la fatica, la delusione e il dolore di vivere, ad anestetizzarsi e assopirsi. Con la ne degli anni Ottanta, e poi i Novanta e il Duemila si cambia ancora. Nessuna velleit di trasformare il mondo con una nuova cultura; nessuna ansia di fuga; bisogna produrre e divertirsi, essere brillanti ed efcienti. Scocca lora di una droga in fondo antica, che da privilegio di una lite diventa prodotto di massa: la cocaina, e con essa tutti gli stimolanti, a cominciare dallecstasy e i suoi cugini da discoteca. Brutto vizio, specialmente se non pi considerato un vizio. Il manager, lo showman, il politico che fa uso sporadico di cocaina in determinate circostanze forse considerato un vizioso o un tossicomane? No. E a che cosa pensano gli italiani che, intervistati, denunciano il pericolo delle sostanze psicotrope? Che cos una droga? E quali pericoli comporta? Secondo il Rapporto mondiale 2008 del lUnodc, lUfcio dellOnu per la lotta alla droga e al crimine, il 5 per cento della popolazione mondiale ha assunto droghe nel 2007 e lo 0,6 (26 milioni di individui in tutto) vive
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in condizione di forte dipendenza. Ma a far pensare sono le morti. I decessi causati da uso di droghe illegali sono 200 mila. Tanti. Ma pochi se paragonati a quelli per eccesso di alcol, 2 milioni e mezzo, o ai 5 milioni di morti per tabacco. E in Italia? I morti per droga calano, dai 606 del 2007 ai 502 del 2008. Una piccola e tragica strage, nulla per se confrontata allabuso di alcol, la vera piaga italiana. Qui i dati variano, pur restando preoccupanti. Per lIstat gli italiani che hanno comportamenti a rischio sono 8 milioni e mezzo, tra cui 6 e mezzo maschi. La novit degli ultimi anni il binge drinking, lassunzione fuori pasto di pi di sei bevande alcoliche in ununica occasione: a ubriacarsi sarebbero il 22 per cento dei maschi tra i 18 e i 24 anni e il 46 per cento degli over 65. Le cifre dellIstituto superiore di sanit sono agghiaccianti: si ubriacherebbe il 65 per cento dei maschi (42 tra gli under 18) e il 34 per cento delle femmine. Stando alla relazione del sottogretario Eugenia Roccella in vista della prima Conferenza nazionale sullalcol del 20-21 ottobre 2008, ad abusare di alcol il 19 per cento degli under 18. Il vizio c, raramente considerato droga ma uccide molto di pi. I giovani uccisi dallalcol in Europa sono 195 mila allanno, il 25 per cento del totale. Bisogna per pen118

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sare che il 46 per cento dei decessi di giovani tra i 15 e i 24 anni causato da incidenti stradali, la maggior parte per guida in stato di ebbrezza. E molti suicidi vanno associati allabuso di alcol. La diffusione delle droghe viene collegata dagli italiani alla caduta di valori. Corretto. Ma lalcolismo era una piaga in gran parte tollerata gi in epoche remote, quando pare che i valori tenessero. Forse il nuovo vizio della droga non poi cos nuovo e ha a che fare pure con un demone che ci portiamo dentro, e con il quale ci ostiniamo a non voler fare i conti.

E noi cristiani?

Frati nel sociale: non solo accoglienza


di LuCIANO MAssAROTTO Tossicodipendenza e alcolismo non sono parole che riguardano solo gli altri. Noi che ci occupiamo di persone afitte da questi problemi, sappiamo bene di non essere migliori di loro, ma forse solo pi fortunati, perch la vita non ci ha messo nelle condizioni di cadere nello stesso vizio. Un vizio
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per molti cominciato come un gioco. Magari gi da giovanissimi, solo per seguire il leader del gruppo che si impasticcava o utilizzava lalcol sistematicamente per sballare. Un vizio che oggi, a ragione, viene nalmente denunciato. Ne parlano i mezzi di comunicazione, si attivano le prime timide iniziative, come quella, recente, approvata dal comune di Milano, che vieta la vendita di alcolici ai minori di sedici anni. Finalmente, dicevamo. Perch se vero che dinanzi alla droga lopinione pubblica sensibile, dinanzi allalcol c ancora un certo livello di tolleranza. Del resto, no a pochi anni fa in molte famiglie al ragazzino appena adolescente veniva concesso di bere in famiglia, a tavola, un bicchiere di vino, a riconoscimento del suo nuovo status di persona adulta. E cos, adesso, c chi continua a non considerare patologiche le sbornie periodiche dei gli. Nonostante le oltre 40 mila vittime provocate ogni anno dallalcol nella sola Italia. E nonostante lOrganizzazione mondiale della sanit parli chiaro: nelle sue statistiche alcol e stupefacenti sono raggruppati sotto la stessa voce, drugs, droghe appunto. La Chiesa, che forse non stata sempre pronta a cogliere i cambiamenti sociali, di fronte a questo problema ha reagito in anticipo rispetto agli altri. Le prime comunit terapeutiche sono sorte proprio in ambito 120

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ecclesiale, per dare una risposta alla sofferenza di tanti giovani e tante famiglie cui lo Stato non sapeva provvedere. Agli inizi le risposte sono state un po caserecce: ci si preoccupava semplicemente di accogliere queste persone. Poi, con il tempo, arrivata anche una certa professionalizzazione; solo in seguito il settore pubblico si accodato. Ma limpegno della Chiesa ha comunque mantenuto un valore aggiunto rispetto ad altri interventi: portare anche nel mondo del disagio una visione delluomo come creatura di Dio, redenta attraverso lincarnazione. Per noi la vita umana un bene prezioso. In qualsiasi condizione, anche la pi estrema. Non abbiamo, per, ricette risolutive. Certo, la professionalit, soprattutto in questi settori, fondamentale. Ma anche la capacit di costruire relazioni importante. Nella comunit terapeutica che io dirigo, un gruppo di frati convive quotidianamente con un gruppo di giovani che hanno problemi di dipendenza da sostanze. Nellindifferenza di una vita fatta spesso solo di relazioni superciali, noi vogliamo essere per questi giovani specchio dellamore di Dio. E non si pensi che per vivere con loro sia necessario avere personalit particolarmente strutturate: talvolta, per certi aspetti, sono proprio questi giovani ad aiutare noi.
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I ragazzi, oggi, risultano particolarmente esposti a problemi di questo tipo: viviamo in una cultura del piacere a ogni costo, che ci rende incapaci di negare a noi stessi qualcosa di apparentemente buono, anche se tutti dicono che ci fa male. Ci vengono richieste performance sempre maggiori, per rispondere alle quali facile ricorrere a un aiuto esterno. Per questo agli adulti noi diciamo sempre che devono essere prima di tutto testimoni credibili: non possono dire ai propri gli di non bere mentre loro hanno il bicchiere in mano o di non fumare mentre loro fumano. Non possono dire ai giovani che la loro vita importante se sono i primi a dimostrare disinteresse di fronte a un bisogno che essi hanno. E anche noi, come Chiesa, abbiamo il dovere della coerenza: non possiamo dire che lalcol una droga e poi nelle nostre feste distribuire alcolici solo perch abbiamo bisogno di raccogliere un po di soldi per il patronato. Dobbiamo essere credibili e coerenti: i nostri giovani ci guardano e, ai loro occhi, conta pi un testimone che vive ci che predica piuttosto di un maestro che insegna s, ma talvolta senza credere no in fondo a ci che dice.

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Chi punta il dito

Quelle che dicono no


di ALBERTO FRIsO Scordatevi la gura dellaccusatore anzia no o del genitore ansioso. A essere preoccu pati per la gravit e la diffusione della dipen denza da droghe e altre sostanze sono prima di tutto i giovani. Lallarme risulta essere maggiore della media in tutte le fasce di et al di sotto dei 55 anni, con un picco tra i 18-24enni. Verosimilmente, pi facile che i giovani abbiano avuto di recente la possibilit di venire a contatto con la realt delle dipendenze da sostanze stupefacenti e da alcol. Non si pu generalizzare, ma sono pochi quelli cui non mai stata fatta la proposta di una pasticca, della marijuana, o di ubriacarsi in compagnia, per una malsana idea di divertimento. Sono realt di fronte alle quali bisogna per forza prendere posizione: o accetti linvito del gruppo, o ci pensi e dici il tuo no. Dalla ricerca risulta che le prime a reagire in questo senso sono le donne. In un ideale identikit, infatti, il nostro accusatore una ragazza che vive nel Triveneto oppure, con maggior probabilit, nelle aree urbano-metropolitane del Lazio. In mo 123

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do coerente con let, la nostra giovane sta ancora studiando alluniversit, o comunque non lavora: pu permetterselo, perch la sua famiglia ha un reddito medio alto, se non addirittura superiore. Unaltra sottolineatura riguarda, in negativo, il livello di istruzione: contrariamente a quel che in genere si pensa, tra i laureati la preoccupazione e la denuncia sono minori della media. Laccesso a internet, le dimensioni del nucleo familiare, la presenza in casa di 0-17enni non determinano speciche accentuazioni, il che signica che, in ogni caso, lallarme trasversale.

Di che vizio sei?

Il gusto di farcela da soli


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Se sfoglio il Messaggero di santAntonio, posso immaginare che non sia uno di quei mensili che va a ruba tra i tossicodipendenti. Signica che i lettori di questa rubrica possono sentirsi del tutto immuni da questo vizio? Non lo penso. Perch la tossicodipendenza un fenomeno che trova nella cultura occidentale, in cui viviamo tutti, lhumus 124

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ideale nel quale svilupparsi (tanto vero che i trafci della droga hanno come meta proprio i nostri Paesi). la cultura del benessere, che ha generato unumanit profondamente viziata. Test del vizio: se avete difcolt ad addormentarvi, con quanta facilit ricorrete a una benzodiazepina (per esempio il Lexotan)? Riu scite ad affrontare anche solo uninuenza senza prendere un farmaco analgesico? Se vi sentite stanchi e dovete lavorare ancora, con quanta facilit ricorrete al caff? Se invitate a casa degli amici, riuscite a evitare di offrire quel po di alcol, garanzia della leggera ebbrezza che fa andar bene la serata? Naturalmente non mi sogno di includere fra i tossicodipendenti tutti coloro che prendono ogni tanto un po di Lexotan, di paracetamolo, qualche tazza di caff o un sano bicchiere di vino. Sto semplicemente confermando quanto ha scritto Ivan Illich in Nemesi medica, ovvero che nelle culture cosiddette avanzate non si pi capaci di affrontare il disagio anche piccolo e provare a farcela da s. C sempre, in ogni circostanza, una sostanza da prendere subito, che elimina sul nascere la minima difcolt. Ma che, di conseguenza, distrugge tutte le difese naturali che luomo possiede per affrontare il negativo: la pazienza, la sopportazione, il coraggio, la speranza, la fortezza, la pace interiore. Sopportare con pazienza
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una notte insonne, il dolore di uninuenza, la stanchezza di un lavoro lungo, non fa pi parte della nostra cultura. Persino lo sforzo di intrattenere gli ospiti, la capacit di raccontare una barzelletta (con lincognita del risultato: la risata degli altri) non fa parte della nostra cultura: pi comodo comprare una bottiglia di vino. Dove un tempo cera una virt, oggi c una sostanza. Al tempo delle virt lesperienza umana era unavventura, piena di tutta la difcolt, lemozione, la gioia di farcela da s. Al tempo delle sostanze psicotrope ogni esperienza indotta, e la noia prodotta dalla mancanza di esperienza umana avventurosa, generata dalla stessa sostanza, subito rimpiazzata da un altro farmaco: antidepressivo, stimolante, allucinogeno. Per questo motivo siamo tutti ormai tossicodipendenti, nel senso che, anche senza essere dipendenti da qualcosa di tossico, siamo comunque inesorabilmente dipendenti da qualche sostanza esterna. Gli sportivi fanno uso di droghe, cos come gli intellettuali che, secondo una recente indagine, assumono sostanze psicotrope per potenziare la loro capacit cognitive. Ora, se gli atleti si drogano per correre e gli intellettuali per scrivere, con che diritto diciamo ai nostri gli di non impasticcarsi per divertirsi? Quando loro hanno visto in noi la capacit e la gioia di farcela da soli? Certo, bisogna evitare il 126

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mito del buon selvaggio. Da sempre luomo assume sostanze, naturali o articiali, che lo aiutano nellesistenza. E io penso che oggi sia molto grave non aiutare un depresso a rivolgersi a uno specialista e ad assumere antidepressivi. Ma mi chiedo a monte: come evitare la tossicodipendenza in una cultura dove ogni virt, ogni esperienza umana in prima persona, sostituita da una emozione indotta da sostanze psicotrope? A proposito: questo articolo stato scritto senza far uso di sostanze che potenziano le capacit cognitive (Ritalin o Provigil). Lho scritto da me. un prodotto di cultura biologica.

Spunti di catechesi

Una vita verso lalto


di TONINO LAsCONI Chi si rivede!. Il parroco accoglie con entusiasmo Sergio. Aveva partecipato ai gruppi giovanili, ma poi si erano persi di vista. Allora? Sapessi quante volte ti ho pensato. So che sei diventato importante. Di, racconta!. Luomo invece scoppia a piangere. O Signore! Che succede?.
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Mio glio, quello di diciassette anni ne ho un altro di diciannove , un drogato. Me lhanno riportato a casa i carabinieri completamente fatto. Sar stata una ragazzata. Purtroppo non cos. venuto fuori che da quasi un anno che sniffa. Santo cielo! E tu e tua moglie non vi siete accorti?. Niente. E questo mi tormenta. Sapevamo che lui e il fratello si facevano qualche spinello, ma tutti i gli dei nostri amici e non solo i loro gli lo fanno. Poi sai, com la vita oggi. Io e mia moglie lavoriamo tutti e due, abbiamo raggiunto successo e soldi, ma non abbiamo pi tempo per niente. Alla sera hai voglia soltanto di stare un po in pace. S, ma qualche segnale. I segnali Sembra facile. A scuola combina poco. Ma combinano poco tutti. La continua richiesta di soldi. Ma li chiedono tutti. La mania per le mode. Ce lhanno tutti. La noia. Si annoiano tutti. Il prete rimane in silenzio. Riprende Sergio: Non parlare, so quello che diresti. Non ho dimenticato ci che dicevi quando ero ragazzo. Ne ero convinto e ne sono convinto, ma poi Con il lavoro ho interrotto ogni riferimento alla Chiesa, anche perch mia moglie non ce lha mai avuto. E i gli ci hanno seguito. qui che ho sbagliato? Ci vuole 128

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la fede per non ricorrere alle droghe? Eppure tanti miei amici che la Chiesa non sanno nemmeno cos alla droga non ci hanno mai pensato. Sergio, quelli della tua et, pur non avendo avuto uneducazione religiosa, il cristianesimo lhanno comunque respirato, perch era nellaria. Ma questi bambini, ragazzi, giovani di oggi, se non trovano unefcace educazione a certi valori, cosa trovano? Il vuoto. Anzi, di pi: il vuoto riempito dal vuoto. Che vuoi dire?. Ti faccio un esempio. Oggi la cosa pi intelligente che gli adulti sanno dire ai giovani che al sabato sera, uno a turno non deve ubriacarsi per riportare a casa gli altri. E non giusto?. Giustissimo! Ma il messaggio che passa che la sbornia normale. Basta che ci sia chi ti riporta a casa. Cos arriva il giorno che ti riportano a casa i carabinieri. Lavoro, weekend, ponti, ferie Caro Sergio, questa una spirale verso il basso, verso il vuoto. La vita ha bisogno di salire verso lalto. E adesso cosa posso fare?. Spingere e accompagnare tuo glio verso lalto. Sar dura, ma lunica strada.

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7.

Carrierismo e competizione

Per cominciare
Il carrierista difcilmente arriver in cima; troppo occupato a non far salire chi sta in basso. Molti forse hanno sul tavolo di lavoro una di quelle agende che hanno per ogni giorno una breve frase. Far contento lo scrittore e giornalista Dino Basili, dicendogli che oggi propongo proprio questa sua battuta trovata su unagenda. Ho visto anchio non pochi smaniare per una promozione: per far carriera si pronti a tutto, a lodare falsamente, a cambiare idea, a consumarsi la vita nella tensione. Spesso, per, lincubo peggiore non il tuo fallimento ma il successo del
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tuo collega che tu ritieni meno dotato e meno degno di te. Il carrierismo, larrivismo, lambizione sfrenata sono, comunque, un morbo che alligna in ogni ambiente, anche in quelli ecclesiastici, e rende infelici molti, smaniosi tanti e soddisfatti pochi [...]. Ben pi serio il principio di Ges, quello di mettersi allultimo posto perch sia il Signore a dirti: Amico, passa pi avanti! [...] Perch chi si esalta sar umiliato e chi si umilia sar esaltato7.

La provocazione

I tanti Macbeth del mercato nanziario


di UMBERTO FOLENA Io difdo della tua natura, troppo piena del latte dellumana tenerezza per prendere la via pi corta. Lady Macbeth ha saputo che il marito, da barone di Glamis, diventato barone di Cawdor. E conosce la profezia delle tre Norne, le streghe: Macbeth, inne, sar re. La dark lady pi famosa del palcoscenico ha ducia nel marito, ma no a un
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G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 15/03/2007.

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certo punto. Secondo lei, non abbastanza privo di freni inibitori, si fa troppi scrupoli: Tu aspiri alla grandezza, non sei senza ambizione, ma senza la malizia che vale a sostenerla. Quello che ardentemente vorresti, vorresti averlo santamente. Il Macbeth di William Shakespeare una delle tante prove di come carrierismo e competizione senza freni n regole siano un vizio nuovo, ma anche antico. In ogni epoca viene declinato in modi diversi, perch diversa lorganizzazione della societ. Oggi si declina soprattutto sul versante economico, nel lavoro, nel far carriera, nel far soldi. Ma lady Macbeth, la personicazione del demone che tutti ci portiamo dentro e ci tenta, afnch prendiamo le pi sbrigative scorciatoie verso il potere, lady Macbeth c ancora. E continuamente ci suggerisce di dimenticare il latte dellumana tenerezza. Macbeth sar spinto a precipizio in una estenuante catena di omicidi nch sar proprio lui a cadere sotto la spada. A tradirlo sar leccessiva ducia nella propria capacit dinterpretazione delle ultime profezie delle Norne: nessun nato da donna potr fargli danno ma il suo giustiziere nato con un parto cesareo; e mai Macbeth verr scontto nch il grande bosco di Birnan non avanzi verso lalto colle di Dunsinane, verso di lui. Una foresta che cammina Sorride, Mac 133

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beth, e sembra di veder sorridere, arroganti, nanzieri e banchieri che commentano: Il prezzo degli immobili che crolla, quando sempre aumentato che sciocchezze. I soldati di Duncan taglieranno i rami della foresta per avvicinarsi alla fortezza, celando il proprio numero: un bosco in marcia. E il valore degli immobili negli Usa croller, per la prima volta, tra lo sciocco stupore dei carrieristi troppo sicuri di s. Come Macbeth, abbattuti allo stesso modo; perch lingordigia rende ciechi e sordi, incapaci di valutare la realt. I carrieristi senza scrupoli avvelenano la vita dei miti, ma anche la propria. Passando dal dramma alla commedia, chi non ricorda il perdo Henry Potter (no, non il maghetto, quello Harry Potter), lemulo di Ebenezer Scrooge che nel lm La vita meravigliosa, diretto nel 1946 da Frank Capra, rovina, con un trucco sleale, il generoso George Bailey, interpretato da James Stewart? Sar lintervento di un buffo angelo di seconda classe a impedire che George venga sopraffatto dalla disperazione. E sar la solidariet degli abitanti della cittadina di Bedford a sconggere Potter, il cattivo solitario, privo di amici perch la competizione sfrenata prevede soltanto rivali e avversari da sottomettere. La competizione sfrenata avvelena ogni settore del mondo del lavoro. Anche il gior134

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nalismo. Mentre il pi grande reporter del Novecento, Ryszard Kapuscinski, intitola signicativamente un suo libro Perch il cinico non pu fare il giornalista, in tante redazioni si danno lezioni pratiche di cinismo, e chi non capace di apprenderlo viene spesso deriso ed emarginato. Viene in mente Lasso nella manica, crudo lm realizzato da Billy Wilder nel 1951, nel quale il giornalista Charles Chuck Tatum, interpretato da Kirk Douglas, ritarda di proposito i soccorsi a un uomo intrappolato in una miniera per poterne fare una storia da vendere meglio e far carriera. Il nuovo vizio descritto alla perfezione pi di mezzo secolo fa.

E noi cristiani?

Far carriera alla rovescia


di ANGELO CAsILE Di che questi miei due gli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno (Mt 20,21). Cos la madre dei gli di Zebedeo si rivolge a Ges chiedendo un posto privilegiato per i gli, gli apostoli Giacomo e Giovanni, tra lo stupore e lo sdegno degli
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altri discepoli. Ma Ges, allambizione e alla smania dei discepoli di primeggiare, oggi diremmo di far carriera a ogni costo, risponde: Chi vuole diventare grande tra voi, sar vostro servitore (20,27) indicando lantidoto al carrierismo: il servizio. Ai gli di Zebedeo e ai discepoli che desiderano la gloria, Ges indica la via del servizio e dellumilt. Il santo padre Benedetto XVI ci aiuta a comprendere le parole di Ges: Il Signore ci vuole santi, cio tutti suoi, non preoccupati di costruirci una carriera umanamente interessante o comoda, non alla ricerca del plauso e del successo della gente, ma interamente dediti al bene delle anime, disposti a compiere no in fondo il nostro dovere con la consapevolezza di essere servi inutili, lieti di poter offrire il nostro povero apporto alla diffusione del Vangelo (24 maggio 2009). Il carrierismo, noto come ambizione e smania di far carriera anche cedendo ad atteggiamenti poco dignitosi o ad azioni moralmente biasimevoli, condiziona pesantemente i nostri modi di pensare e le azioni quotidiane e si caratterizza con la ricerca spasmodica dellessere i primi, i pi belli, i pi bravi a ogni costo. Ma qual per noi cristiani latteggiamento giusto da tenere nei confronti del carrierismo e della competizione spietati? Anzitutto occorre costruire quotidianamente la propria 136

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vita sulla roccia (cf. Mt 7,24-27) della parola di Dio, fondamento di tutta la realt, e non sulla sabbia dellapparenza, del successo, del tornaconto personale, dei soldi (cf. Benedetto XVI, 6 ottobre 2008). Costruiamo la nostra vita nel fedele ascolto della parola di Dio e sullesempio di Ges: Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita (Mt 11,29). Unaltra indicazione ci data da Ges quando interviene nella discussione sopra ricordata tra i dodici: necessario mettersi in un atteggiamento di servizio. Qualunque sia il nostro ruolo o lavoro, siamo anzitutto delle persone con una propria identit e non ruoli o mansioni freddamente esercitate. bello presentarsi luno allaltro con il proprio nome e cognome e poi magari aggiungere la mansione svolta, piuttosto che esordire con il ruolo esercitato e afdare a questo la propria identit. Anche lapostolo Paolo non manca di darci un prezioso suggerimento: Gareggiate nello stimarvi a vicenda (Rm 12,10). Che signica vedere anzitutto ci che di positivo c nelle persone con cui viviamo, lavoriamo o che incontriamo, per accoglierle e valorizzarle come un dono per me, respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, gelosie (Novo millennio ineunte, 43).
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Soprattutto per noi sacerdoti vale quanto il santo padre Benedetto XVI ha sottolineato durante la cerimonia di ordinazione di alcuni vescovi: Nella societ civile e non di rado anche nella Chiesa, molti tra coloro che hanno responsabilit lavorano per se stessi e non per la comunit. A ggiungendo il monito: Non cerchiamo potere, prestigio, stima, ma conduciamo gli uomini verso Cristo. Viviamo i nostri giorni nellumilt e lieti del servizio che il Signore ci ha afdato, prendendoci cura gli uni degli altri, secondo lantico e sempre nuovo comandamento Ama il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18; Lc 10,27).

Chi punta il dito

Sgomitare? No grazie
di ALBERTO FRIsO A essere preoccupato per il carrierismo, la competizione senza regole e senza freni, un italiano su due, precisamente il 49 per cento. La denuncia di questo modo distorto di lavorare, nel quale emerge chi sgomita di pi, vede in prima la gli uomini, e in par138

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ticolare i 35-44enni (il 56 per cento di loro reputa grave e diffuso questo neo vizio) e, a ruota, i 45-54enni (52 per cento). Sono le fasce det in cui si concentrano i lavoratori sia dipendenti sia indipendenti, imprenditori inclusi. Non stupisce che il carrierismo sia percepito di pi nelle grandi citt con oltre 250 mila abitanti, anche se larea territoriale nella quale si registra il picco di denuncia il Triveneto delle piccole e medie citt e delle piccole e medie imprese, in feroce lotta nel mercato nazionale e internazionale. Non la competizione in s a essere sotto accusa, quanto quella sregolata, che passa sopra a tutto, espressione secondo le dominanti percezioni collettive duna sorta di non positiva americanizzazione della nostra societ, un darwinismo sociale del tutto estraneo alle tradizioni delleconomia sociale di mercato tipica del capitalismo europeo rispetto a quello doltre Atlantico. Vista laccezione professionale del carrierismo, importante capire in quale tipo di lavoro impegnata la persona in sofferenza per questo neo vizio. Il soggetto in questione ha il diploma di scuola media superiore, e lavora come impiegato, quadro, insegnante o ancor pi probabilmente come operaio o bracciante. Il disagio poi maggiore nella classe media, tra coloro che accedono personalmente a internet, nelle famiglie con minorenni.
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Di che vizio sei?

Un passo avanti con grande umilt


di GIOVANNI VENTIMIGLIA Un giovane prete africano si rec un giorno da un cardinale per chiedergli un favore: Vorrei diventare vescovo: potrebbe darmi una mano?. Il cardinale, santo uomo, rispose: Ma una delle condizioni per diventare vescovo proprio quella di non volerlo diventare!. Il prete non cap. Aveva sentito parlare tante volte di suoi amici diventati vescovi con laiuto di alti prelati. Possibile che quel cardinale non sapesse come va il mondo? Il cardinale, naturalmente, lo sapeva benissimo. E proprio per questo cercava di ricordare al giovane prete una semplice, dimenticata virt: lumilt. Ho conosciuto, non ho alcuna difcolt a scriverlo, solo due sacerdoti che hanno declinato linvito a diventare vescovi. Certamente molti altri ne esistono, che brillano di umilt. Tuttavia ne ho conosciuti purtroppo altri che si sono seriamente impegnati, specialmente nei mesi di consultazione precedenti la nomina, nella diffusione capillare della notizia che loro proprio non ci tenevano assolutamente a diventar vescovi! Umili o falsi, pi dellingenuo prete africano? Si dir: il carrierismo esiste ovunque e, 140

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quindi, anche nella Chiesa. Non c da stupirsi. Certo, ma c da indignarsi! C da combattere! Nella Chiesa e fuori. Il nostro test del vizio comincia dunque da una domanda di fondo: che cosa conta di pi nella nostra vita? La carriera e quello che pu derivarne, cio potere, fama, onori, denaro? Io non so se voi avete presente la solitudine infernale di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita solo a queste cose, dimenticandosi degli altri. Chi si dimentica degli altri per la carriera, sar dimenticato, gi in questa vita, dagli altri. Fine settimana di uomini in carriera: lo dedicate a giocare con i vostri gli o vi ammazzate di lavoro per cercare di ottenere la promozione? Non si tratta qui di demonizzare la carriera. Se gli uomini capaci rinunciano ai posti di responsabilit, per nta umilt, chi occuper poi quei posti? Gli incapaci e i mascalzoni. Il punto, dunque, di saper vivere i posti di responsabilit come occasioni di servizio agli altri. Non si insister mai troppo su questo aspetto in tempi, come i nostri, di lamentosa retorica populista. Tuttavia, se un uomo, che dichiara di voler fare carriera con spirito di servizio, non capace di passare un giorno alla settimana con la sua famiglia, le sue buone intenzioni, di certo, sono solo dichiarate. Se fossi ministro del Lavoro, renderei obbligatoria per tutti gli uomini di potere
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una giornata alla settimana da dedicare alla famiglia e una giornata al mese di puro volontariato. Per allenarli a servire gli altri e non se stessi. Altro test, relativo a un corollario del carrierismo: se venite a conoscenza di qualche voce di corridoio su un collega, andate a riferirla direttamente allinteressato o continuate a diffonderla con la malcelata intenzione di eliminare lavversario e far carriera sul suo cadavere? Propongo qui una piccola pratica di resistenza; ogni volta che un collega in camera caritatis (che di caritatevole non ha proprio nulla!) vi viene a raccontare qualche malignit sul conto di un terzo collega, rispondetegli: Perch non vai a dirlo direttamente a lui?. Naturalmente, avr molta difcolt a farlo, perch il chiacchiericcio non ha come scopo la correzione fraterna ma la eliminazione fraterna, spesso per ragioni di carrierismo personale. La cosa ignobile, tra laltro, che il metodo della susurratio, come la chiamavano pittorescamente i medievali, non d allignara vittima nemmeno il diritto di difendersi, smentendo eventualmente le calunnie sul suo conto. Lo scopo del carrierista diffamatore, infatti, non per nulla quello di appurare la verit delle accuse, ma semplicemente quello di utilizzarle per eliminare il concorrente. Vergogna! 142

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Spunti di catechesi

La Chiesa e il tarlo del potere


di TONINO LAsCONI Ciao! Come sono andate le ferie? chiede il parroco a uno dei suoi parrocchiani pi collaborativi. Benissimo. Anche se. Qualche complicazione?. Ho fatto una scoperta che mi rimasta sullo stomaco e che ancora non riesco a smaltire. Allora grave!. Molto. Almeno per me. Ne parliamo?. Certo!. Sentiamo. Durante quei giorni, tutte le volte che potevo, come faccio qui purtroppo raramente, ho partecipato alla Messa, anche nei giorni feriali, in una chiesa vicina. Il parroco, incuriosito dalla mia presenza tra le sue solite devote, una sera mi ha chiesto chi ero. Cos abbiamo cominciato a parlare, e mi sono accorto che aveva una grande voglia di sfogarsi. E un prete con la voglia di sfogarsi ti ha scioccato tanto?. Non per lo sfogo, ma per i motivi. Oddio! innamorato!.
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Peggio!. E cosa c di peggio?. La carriera. scontento perch la parrocchia non allaltezza dei suoi meriti. Ha due lauree. Meriterebbe qualcosa di molto pi importante e almeno qualche incarico diocesano di prestigio. Vabbe, star attraversando un momento di debolezza. No. Ho capito che la sua unangoscia, quasi unossessione, perch vuole diventare vescovo e nch lo lasciano l Mi ha confessato di avere fatto ricorso a tante sue conoscenze, ma nora Ma tu non ti scomponi pi di tanto. E no! Purtroppo non sono sorpreso. Ma come? C carrierismo anche nella Chiesa? Se come nellazienda dove lavoro, come nella politica, allora. Allora?. Io non riesco a credere che un prete possa cercare il successo come le ragazzotte che smaniano per un buco in tiv, o come qualche mio collega pronto a vendersi lanima. Senti. Ricordi Giacomo e Giovanni che mandano la madre a chiedere a Ges le poltrone pi vicine al suo trono, e gli altri apostoli che si arrabbiano con i due per il tentativo di scavalcamento? Ricordi gli apostoli che, nonostante le lezioni del Maestro, continuano a discutere su chi tra loro fosse 144

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il pi grande? Ricordi che Ges, visto che le parole non entravano, costretto a ricorrere al gesto della lavanda dei piedi?. Ma certo!. Amico mio, lansia di arrivare sul monte pi alto per dominare sugli altri la pi insidiosa delle tentazioni. stato tentato Ges e lo siamo tutti. S, per la Chiesa. La Chiesa deve respingerla e combatterla come Ges, a tutti i livelli, a cominciare dai suoi rappresentanti patentati. Che non lo faccia sempre con la dovuta decisione e limpidezza, questo s che un peso sullo stomaco. E quel parroco?. Preghiamo che si converta, perch sui cedimenti alla tentazione del potere il Signore non fa sconti a nessuno.

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8.

Immaturit, infantilismo

Per cominciare
Un uomo aveva deciso di tirare a sorte tutte le sue decisioni. Ebbene, non gli accadde maggior male rispetto a quelli che calcolano tutto. Leggo questa osservazione ironica nei vari appunti che il poeta francese Paul Valry ci lasci nei suoi quaderni intitolati Tal quale (1941-43). A prima vista si deve riconoscere che non ha tutti i torti [...]. C, infatti, nellesistenza un imponderabile, c qualcosa che trascende i nostri piani [...]. Tuttavia, soprattutto ai nostri giorni, ci sembra necessario ridimensionare la considerazione di Valry.
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La supercialit con cui si affronta ogni scelta tale da far rimanere sconcertati: si pensi solo al modo con cui si arriva non di rado al matrimonio. naturale che sei mesi dopo si sia gi in difcolt e forse si pensi alla separazione. Lirriessivit, la leggerezza, lavventatezza rivelano unimmaturit radicale che sconna nellirresponsabilit e nellincoscienza. Ma la vita non un gioco di dadi o uno scherzo in cui tutto ammesso e tutto si ricompone senza danno8.

La provocazione

Bamboccioni, in cammino senza meta


di UMBERTO FOLENA Ah, questi uomini eterni bambinoni, immaturi e infantili, voglia di crescere zero. S, uomini. In genere il rimprovero proviene dalle donne, evidentemente convinte di essere tutte mature e cresciute Ma forse hanno ragione, quello maschile oggi lanello debole di unumanit in crisi didentit: non sapen8

G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 09/08/2005.

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do cosa dover o voler diventare, gli uomini non diventano niente e restano fanciulli. Cresciuti, e con responsabilit notevoli sulle spalle. Politici, amministratori, insegnanti. Soprattutto genitori. Eppure bambini. Ma poich essere maturi signica non avere uno sguardo miope limitato al primo orizzonte, anche storico, guardiamoci alle spalle. La difcolt di diventare davvero maturi, e la domanda su che cosa sia la maturit, antica. Il verso pi noto del Re Lear, che William Shakespeare mette in bocca a Edgar, rivolto allanziano padre cieco e disperato, Ripeness is all, La maturit tutto. Il mondo non un giocattolo in mano a di capricciosi, n palcoscenico per i pazzi. E maturi si diventa, maturit cammino lento, arduo, perno doloroso verso la verit. Il buon vecchio Will, da cinque secoli di distanza, sembra ammonire i bamboccioni odierni. Cari bamboccioni, voi pensate che maturo sia chi statico, immobile, inerte. E per questo vi agitate, in una frenesia senza logica n direzione, in bala del desiderio. Invece tutto il contrario. Voi girate in tondo e restate immobili, eterni infanti; luomo in cammino verso la maturit invece cammina, in movimento, ma con una meta precisa, con una bussola che gli indica la rotta. Voi non correte rischi, lui li corre. Voi non fate fatica, lui ne fa.
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Il bambinone, inseguendo i suoi desideri del momento, anche il consumatore perfetto. Di merci e pure di donne, e il consumo di rapporti lesatto contrario della costruzione di una relazione, non passeggera ma stabile. Viene in mente la lezione del professor Antolini al giovane Holden, adolescente pi che maturo, nellomonimo romanzo di Jerome D. Salinger: Ci che distingue luomo immaturo che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ci che distingue luomo maturo che vuole umilmente vivere per essa. La societ dei bambinoni sterile. Morta. una societ sedotta dal dio bambino, titolo del monologo (teatro devocazione) che Giorgio Gaber porta in scena nellautunno del 1993. Il dio bambino la divinit tirannica che tiene prigioniero lindividuo al suo io, impedendogli di dire noi. Cos Gaber, intervistato da Ugo Volli, spiega il signicato del suo lavoro: Ci sono due sensi. Il primo negativo. Siamo in una societ dove tutti vogliono sentirsi bambini, e si comportano di conseguenza. Riutano ogni responsabilit, pretendono di avere diritto a ogni capriccio, a ogni sciocchezza, pur di sentirsi autentici. Il secondo senso invece positivo, quel contatto vero con la vita che racconto nella scena del parto, dove il neonato costituisce davvero una rivelazione. Gi. La crisi del rapporto tra un uomo150

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bambino e una donna si risolve quando interviene un terzo, un bambino (vero) che nasce, una nuova vita, un fatto dinamico che costringe padre e madre a guardare fuori da s. Le ultime parole dello spettacolo sono un invito a camminare verso la maturit: Bisognerebbe proprio ricominciare ogni volta da capo. Abbandonare i nostri pensieri, fermi, sicuri, inamovibili. Abbandonare quellegoismo ossessivo che ci accompagna da sempre. Abbandonare il nostro bisogno smisurato di affermazione. Abbandonare persino il proprio io [...]. Abbandonare tutto questo per non rimanere eternamente bambini, bambini, bambini.

E noi cristiani?

Ma il regno dei cieli non dei piccoli?


di DOMENICO SIGALINI Chi per un cristiano la persona matura? chi non ha bisogno di nessuno? Chi si arrangia e pu sdare tutti perch autosufciente? colui che sentenzia e giudica con propriet tutti i fatti della vita? Essere
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un bambino signica solo essere incapace di prendere le decisioni giuste nella vita, non assumersi alcuna responsabilit, giocare di fronte alle tragedie, isolarsi nel virtuale? Per un cristiano la maturit vera quella di Cristo, di un uomo capace di fare della sua vita un dono no allultima goccia, e nello stesso tempo di mettersi con serena ducia nelle braccia di un padre, del Padre, il Signore Iddio. Credo che oggi siamo esageratamente infantili e immaturi e tutti lo siamo in certe situazioni della vita perch non siamo in grado di cogliere che la vita riuscita se capace di farsi dono, di mettersi a disposizione. Siamo troppo autocentrati, e quando gli occhi sono sempre rivolti allo specchio che riette la nostra immagine non ci accorgiamo degli altri, siamo egoisti, non prendiamo sul serio la vita, fuggiamo dal rispondere in prima persona, ci nascondiamo dietro un dito e diventiamo pure insolenti. Ges, quando cercava di insegnare ai suoi apostoli che tipo di comunit, di relazioni di vita, di societ sarebbero state quelle che si ispiravano al Vangelo, ha preso un bambino e ha detto: se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. Ha forse consacrato linfantilismo? Ha obbligato gli adulti a girare con i pantaloncini corti tutta la vita? Ha inneggiato alla irresponsabilit? Ha pensato di riportarci a uninnocenza ro152

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mantica? Penso proprio di no. Ha detto solo che il bambino la congurazione fondamentale del cristiano, perch il bambino capace di afdarsi sempre a suo pap. Il cristiano maturo colui che si afda senza riserve e senza paura, con determinazione e con gioia a Dio Padre, proprio come Ges. Lafdamento per non una fuga, ma affrontare tutte le difcolt della vita con la serenit di una certezza: lamore di Dio. Ges ha avuto paura nel Getsemani, ma la sua non era mancanza di coraggio. Anche lui ha vissuto la situazione che noi tutti viviamo quando ci sentiamo impreparati di fronte alle sorprese negative della vita, ma Ges ha saputo buttarsi nelle braccia di Dio e affrontare con determinazione la sua morte terribile. Il cristiano che vuol vincere linfantilismo e lirresponsabilit non ha bisogno solo di rimproveri, ma di sapere che c una forza su cui pu sempre contare per non scoraggiarsi di fronte al rischioso mestiere di vivere, per non fuggire alle responsabilit che spesso lo atterriscono, lo rendono fragile, lo fanno regredire: la ducia in Dio, il sapere che dalle sue braccia non cadr mai. Questa legge di gravit certissima. bello sapere che il cristiano pu anche contare su un dono impareggiabile per farsi maturo: la presenza forte di una madre, Maria. Ges sulla croce ha detto a sua madre: donna qui c tuo glio; quando questi uomini
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non sapranno come diventare grandi, tienili sotto la tua protezione, sono sempre tuoi gli, aiutali a crescere come hai fatto con me. Il cristiano non un mammone, ma sa che quando la vita impossibile da vivere, quando il dolore distrugge la volont di reagire e la forza di prendere in mano la propria vita, c sempre un caldo abbraccio di una madre che sa stare ai piedi di una croce, che non toglie al glio la sua scelta, ma lo sostiene. Essere cristiani non mai essere superuo mini o eroi, ma santi; non deve far paura la debolezza, perch Dio la preferisce alla sicumera e allautosufcienza.

Chi punta il dito

Ramanzina in gonnella
di ALBERTO FRIsO Donna, mamma, docente. questo in sintesi lidentikit di chi nel nostro Paese si lamenta per limmaturit e linfantilismo, difetti a un tempo gravi e diffusi secondo quasi la met (47,1 per cento) dei nostri connazionali. Dallindagine sui neo vizi curata da Astra Ricerche si ricava, come cera da attendersi, che 154

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ad accusare linfantilismo degli italiani sono le italiane. Sarebbe una forzatura ritenerla una guerra di genere, maschi contro femmine, nemmeno fossimo tornati alle elementari, anche perch non automatico che laccusato di essere infantile sia un uomo. Ci nonostante, di certo la sottolineatura al femminile importante per delineare il prolo di chi si lamenta di questo vizio. Let (45-54 anni) quella della mamma con gli grandi, nel pieno dellattivit lavorativa (insegnante o impiegata), laureata o diplomata, col nucleo familiare composto da quattro o pi persone. Sono tutte caratteristiche che almeno in parte spiegano come la nostra accusatrice si sia fatta lidea che tanti, nella societ, sono immaturi: infatti una persona dalle intense relazioni sociali, con i giovani (gli e studenti), con i loro genitori (per amicizia o lavoro), con i colleghi. Sembra quindi che abbiano inuito di pi le conoscenze dirette, rispetto ad esempio ai continui modelli di infantilismo lanciati dalla tv. Anche perch il soggetto in questione preferisce informarsi su internet, cui accede pi della media. Per completare il prolo, bisogna individuare la residenza dellaccusatrice: con maggior probabilit vive nelle aree urbanometropolitane, ossia nei comuni dai 30 mila abitanti in su, di Lazio, Abruzzo e Sardegna.
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Di che vizio sei?

Quella pericolosa regressione


di GIOVANNI VENTIMIGLIA La parola infantilismo deriva da infante, letteralmente non (in) parlante (fans). Infantilismo dunque il vizio di chi si comporta come coloro che non hanno ancora luso della favella, cio i bambini piccoli, prima del decimo mese di vita, quando, di solito, cominciano a dire le prime parole. Per comprendere bene che cosa sia linfantilismo, dunque, utile ricordare come si comportano i neonati. Ebbene essi vivono ancora dentro un solo mondo: il loro. Per questo non comprendono ancora e non sanno gestire il tempo, le regole, gli altri. Il tempo: vogliono tutto e subito; le regole: non le comprendono e vivono di conseguenza i no degli adulti come offese personali, come non ti voglio bene; gli altri: non si rendono ancora conto che, oltre a loro, esistono altre persone con le proprie esigenze e quindi interpretano, per esempio, lassenza della mamma (addormentata perch snita) come mancanza di affetto nei loro confronti. straordinario vedere quanto simili siano tali atteggiamenti a quelli degli adulti affetti da infantilismo. Anchessi, infatti, impazienti, vogliono tutto e subito, beni materiali 156

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o corpi umani che siano. Inoltre non sono in grado di sopportare un diniego, un no, detto da qualcun altro o da unistituzione impersonale, come un tribunale. Ogni no, ogni punizione, interpretata non come la giusta conseguenza di qualche malefatta, ma come lesa maest, unoffesa personale, ordita in un disegno di complotto contro la loro persona. Inne, non hanno idea che possano esistere anche gli altri, i quali non sono venuti al mondo per essere sempre a disposizione delle loro esigenze. E noi? A che punto siamo con linfantilismo? Sappiamo rinunciare alle cose che ci piacciono (comprese le ragazzine che potrebbero essere nostre glie)? Sappiamo aver pazienza? Siamo permalosi? Sappiamo accettare un rimprovero senza piagnucolare, inventare bugie per scagionarci o, peggio, gridare al complotto? Sappiamo concepire un no come un semplice diniego sulla base di una regola, di una legge violata, che non comporta un giudizio globale di disistima nei nostri confronti? Hai sbagliato? Paghi. Punto. La tua grandezza sta pi nellaccettare la punizione con dignit che nello sbattere i piedi accusando il superiore, o il giudice, di avercela con te. Sappiamo rinunciare a qualche nostra esigenza in favore di quella degli altri? O percepiamo le nostre esigenze con la stessa impellenza del poppante affamato di latte?
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Sappiamo guardare allaltro come a uno che pu aver bisogno di noi, invece di guardarlo come uno di cui si ha bisogno (vedendo negli altri mamme pronte ad allattarci)? Come si giunti a questo punto? Alcuni studi indicano nellassenza del paterno una delle cause di questa situazione. Dopo diverse letture sullargomento, mi sono convinto che lassenza del paterno, come antidoto allinfantilismo, si trova profondamente implicata nella societ della tecnica. Perch, da che mondo mondo, il destino della tecnica quello di agevolare luomo, esonerandolo da tutta una serie di azioni che vive come negative. Tuttavia, esonerandolo, lo vizia. Insomma la tecnica, se da un lato, esteriormente, strumento di progresso, dal punto di vista della crescita interiore ostacola il progresso del soggetto, perch lo blocca a una fase infantile: agevolandolo e viziandolo, gli impedisce di crescere e di diventare un vero uomo. Luomo supertecnologizzato coincide dunque con il superbamboccio, incapace di affrontare da uomo ogni situazione negativa, e dimentico delle parole di Eschilo alle origini della nostra civilt: Luomo saggio colui che ha imparato dalla propria sofferenza.

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Spunti di catechesi

Sembra di stare allasilo


di TONINO LAsCONI Ciao, don Piero!. Ciao!. Solo un ciao? Cosa c? Non hai preso ancora il caff?. Se per questo, ne ho presi gi due. Allora cos che ti va di traverso? Non capita spesso di vederti a orecchie basse. Qualche volta pu succedere. Ho capito. Ieri hai avuto la chiesa vuota. Ma no! Anzi, se fosse un po pi vuota, quasi quasi sarei contento. Accidenti! proprio burrasca. Ma cosa ti successo?. Niente di particolare, ma grave proprio perch non particolare, ma usuale. Senti! O ti decidi a parlare chiaro, oppure ti lascio e vado a comperare la settimana enigmistica. E va be. Lo sai che sto facendo una serie di incontri sul rapporto tra fede e vita, fede e problemi sociali, fede e politica. Bene cio, male! Con i nostri cristiani non si riesce a fare un discorso serio, da adulti. Sembra sempre di avere davanti i bambini del catechismo. Eppure non dovrebbe pi essere
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cos. Ormai sono anni che abbiamo ripreso in mano la Bibbia, che non ci afdiamo pi al devozionismo e al si fatto sempre cos. Eh, caro mio, gli anni, per quanto molti, sono pochi rispetto ai secoli. Abbiamo alle spalle una storia lunghissima di fede vissuta per tradizione e non sar facile uscirne. Anche perch la societ di oggi, cos progredita, in realt sembra affetta da infantilismo cronico. Di che cosa sentiamo parlare tutti i giorni? Di politici che litigano come i bambini dellasilo: se uno dice bianco, laltro dice nero; se poi il primo cambia idea e dice nero, laltro dice bianco. Quelli di qua dicono che la colpa di quelli di l; quelli di l dicono che la colpa di questi di qua. E la stampa, sia nei giornali che in televisione, cosa fa? Racconta che uno ha detto nero e laltro bianco, che quelli di qua danno la colpa a quelli di l e quelli di l. I politici E i sindacalisti? E i giudici?. E la Volevo dire la Chiesa. Diciamo: noi cristiani? Tu stai facendo incontri per gli adulti, ma in quante parrocchie si fa qualcosa di serio e di sistematico al di l della catechesi per i bambini e i ragazzi? Diciamola tutta: in quante parrocchie si fa una catechesi per i ragazzi adeguata alle loro esigenze? Per non parlare di livelli pi alti. Un esempio: i documenti, belli, importanti, per la pastorale del primo decennio del nuovo millennio che 160

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ne hanno fatto? C stata una verica seria? Niente! Si passa da un documento allaltro. Un bel convegno di presentazione, e poi. E allora non ho il diritto di stare con le orecchie gi?. No, caro mio! Perch non reagire alle situazioni difcili un grave segno di infantilismo.

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9.

Intolleranza, fondamentalismo

Per cominciare
Nulla pi pericoloso di unidea, quando lunica che abbiamo. Le idee chiare e precise sono le pi pericolose, perch allora non si osa pi cambiarle; ed unanticipazione della morte [...]. Lo scrittore francese Andr Gide (1869-1951), nella sua opera Pretesti punta lattenzione sulle idee chiare e precise che certamente sono da lodare no a quando, per, non si trasformano in idee rigide, simili a stampi freddi che coagulano e raggelano lincandescenza della realt. S, perch gli eventi e la complessit delle situazioni e delle cose esigono duttilit, capacit di comprensione,
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agilit mentale. Purtroppo spesso, in tutti i campi, compreso quello religioso, facile che attecchisca il fondamentalismo. Allinizio si pu anche partire con la giusta convinzione di combattere la deriva del relativismo, ma piano piano si scivola verso la grettezza, lostinazione, la sicumera, il disprezzo degli altri. E ha ragione Gide: avere idee cos bloccate e perimetrate gi unanticipazione del rigor mortis mentale e spirituale9.

La provocazione

Pane e tolleranza in tavola


di UMBERTO FOLENA La giovane Joey torna a casa dei genitori, a San Francisco: raggiante. Ha conosciuto un uomo fantastico il suo uomo, con cui ha deciso di sposarsi. In effetti il dottor Prentice un autentico luminare della medicina, pur essendo giovanissimo. I genitori di Joey, due liberal impegnati (il padre dirige un grande quotidiano progressista) sono felici, senonch beh, il danzato un afroamericano. Allora il dubbio afora anche nella mente,
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G. RAVAsI, Mattutino, da Avvenire 24/07/2003.

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e nel cuore, della persona pi democratica. Lavrete capito. la trama di Indovina chi viene a cena?, celeberrimo lm girato nel 1967 da Stanley Kramer e interpretato da Sidney Poitier (il medico nero), Katharine Houghton (Joey), Katharine Hepburn (sua madre) e Spencer Tracy (il padre). Grande lm, grandissimi attori, qualche accusa di buonismo forse ingenerosa. E il tema della tolleranza affrontato senza ipocrisie. Non poi difcile dirsi tolleranti e accoglienti, quando si parla di cose lontane che non ci toccano direttamente. Ma che cosa succede se il paladino della pari dignit dei neri scopre che la sua unica glia intende sposarsi con un nero? Le idee cozzano con la vita, le speranze, le aspettative; e accade pure ai neri, perch i genitori del dottore sono scettici proprio per le enormi difcolt che una coppia simile dovr affrontare; per non dire della domestica, che affronta il dottore a muso duro: ma chi ti credi di essere, tu che sei nero come me? Viene in mente la strofa di una canzone scritta da Giorgio Gaber pochissimi anni dopo, nel 1972, Unidea: In Virginia il signor Brown / era luomo pi antirazzista / un giorno sua glia spos un uomo di colore / lui disse: Bene! / ma non era di buon umore. Con questo ritornello: Unidea soltanto unidea / nch resta unidea / soltanto
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unastrazione / se potessi mangiare unidea / avrei fatto la mia rivoluzione. Bisognerebbe riuscire a essere tolleranti, accoglienti, benevoli nella carne e nelle ossa, non soltanto a parole. Bisognerebbe riuscire a viverla, la tolleranza. Mangiarla. Il problema maggiore che nessuno pu dirsi del tutto esente dai pregiudizi e la nostra vita intera una battaglia per liberarcene; e gli altri non sempre possono essere come noi li vorremmo, gradevoli e accomodanti ed educati e rispettosi. Gli altri, a volte, arrivano ad approttarsene, contando sui sensi di colpa di chi crede nella tolleranza: Io faccio quello che mi pare, e tu mi devi tollerare. Rischiamo, dopo secoli di imposizione di norme dure e intolleranti, di peccare di eccesso di tolleranza, tollerando la maleducazione, la microcriminalit, larroganza altrui. Ogni intervento per arginarle, per rendere migliore la convivenza, viene considerato unimposizione autoritaria, perno un po fascista, quindi disdicevole. Un esempio apparentemente banale quello delle bande di fra cassoni che percorrono insonni le notti dei centri storici di molte citt, gon dalcol, impedendo agli altri di dormire, in nome della propria libert. Perno un autore al di sopra di ogni sospetto come Michele Serra intervenuto pi volte, sullargomento, su la Repubblica e Lespresso. 166

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E noi cristiani?

Dolci e miti testimoni di speranza


di ENZO BIANCHI Nel nostro contesto sociale e religioso i vizi del fondamentalismo e dellintolleranza si manifestano in modi cos vari che sarebbe impensabile analizzarli nel breve spazio di un articolo. Per questo motivo, vorrei limitarmi ad affrontare la questione dal punto di vista delle tre grandi religioni monoteiste (senza dimenticare che il cristianesimo un monoteismo particolare, nel quale Dio si fatto uomo, nel quale un uomo concreto e reale, Ges di Nazaret, ci ha narrato compiutamente il volto di Dio). Smascherare gli atteggiamenti patologici che si annidano tra le pieghe della pratica religiosa mi pare, infatti, un contributo decisivo che i credenti possono fornire a tutti i loro fratelli e sorelle in umanit. possibile distinguere tre ambiti in cui si sono storicamente manifestati, e tuttora si manifestano, lintolleranza e il fondamentalismo: nei rapporti dei monoteismi tra loro, allinterno di ciascun monoteismo e nei rapporti tra i monoteismi e gli altri uomini, i non credenti. Innanzitutto, se ebraismo, cristianesimo e islam si rifanno allunico Dio e si riconoscono discendenti di Abramo, questa comune eredit divenuta motivo di gelosia,
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di opposizione e persino di violenza. Ciascuno dei tre monoteismi stato ostile e a volte persecutore nei confronti dellaltro monoteismo certamente in misure diverse e da valutarsi in maniere differenziate o comunque stato in rapporto di rivalit con esso, con conseguenze ancora sotto i nostri occhi. Quanto al secondo ambito, molti periodi storici insegnano che le tre religioni hanno saputo convivere pacicamente tra loro e hanno invece riversato al proprio interno lattitudine persecutoria. Come non pensare, per esempio, allintolleranza e alla persecuzione rivolta dalle autorit religiose contro i profeti inviati da Dio per comunicare la sua Parola? La storia e anche la nostra esperienza ce lo mostrano in modo evidente: sono molti quelli che durante la vita sono stati perseguitati e ai quali dopo la morte stata edicata la tomba (cf. Mt 23,29), o addirittura sono stati onorati con il titolo di santi Inne, nel monoteismo, specie nelle sue espressioni cristiana e islamica, va riconosciuta la presenza di alcune tentazioni legate alluniversalismo, ossia al volersi religione che deve raggiungere tutti. Certo, la dimensione universalista pu essere declinata come universale bisogno dellaltro, come fede parlata nelle lingue degli altri; ma pu essere vissuta come imperialismo missionario che nel diffondere la fede la impone con modi militanti. 168

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Detto questo, non ritengo tuttavia sostenibile laccusa che oggi sembra diventata una sorta di moda di addossare alla forma monoteista in quanto tale la responsabilit del fondamentalismo e dellintolleranza. No, il problema consiste piuttosto nelluso che si fa del monoteismo: questo che lo pu rendere fattore di inimicizia e divisione tra gli uomini. La deriva ideologica del fatto religioso sempre in agguato, lo stesso cristianesimo conosce oggi la tentazione della sua funzionalit sociale nella forma della religione civile. Deriva ideologica, sempre potenziale fomentatrice di violenze, che si registra quando il connotato di evento della religione passa in secondo piano rispetto allaspetto istituzionale, quando si strappa limmaginario religioso dal suo orizzonte di fede per subordinarlo a un orizzonte etico o politico. Quale antidoto a queste e altre derive analoghe? Per noi cristiani si tratta di conformare la nostra vita a quella di Ges, luomo che ha narrato denitivamente Dio (cf. Gv 1,18). guardando alla vita di Ges che possiamo riscoprire lautentica universalit come un aspetto essenziale (e che ogni uomo pu fare proprio) della fede in Dio. Alla sua sequela, quando il cristiano incontra qualsiasi altro uomo ha il debito verso di lui dellamore (cf. Rm 13,8) e quello di testimoniare, se laltro
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glielo chiede, la speranza che lo abita (cf. 1Pt 3,15). A chiunque e senza alcun limite, ma sempre con dolcezza e mitezza (1Pt 3,16). Questo il vero fondamento della nostra prassi tra gli uomini; questo lantidoto a ogni forma di intolleranza.

Chi punta il dito

I resistenti alla semplicazione


di ALBERTO FRIsO Italiani intolleranti? Guardando alla nostra societ, non sembra essere questo il problema principale. Infatti solo due italiani su cinque hanno dichiarato di ritenere grave e diffusa lintolleranza e il fondamentalismo nel nostro Paese. Una preoccupazione che coinvolge soprattutto i maschi adulti che hanno tra i 35 e i 44 anni, ossia coloro che sono nelle fasce di et ove si concentrano i gli minorenni. Vivono infatti in nuclei di quattro o pi persone, preferibilmente in Piemonte o Lombardia, nelle citt con meno di 250 mila abitanti. Dopo il diploma, subito il lavoro, come insegnante o come impiegato. Il reddito quello che : infatti laccusatore dellintolle170

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ranza e del fondamentalismo rientra nella classe medio-inferiore, se non addirittura in quella pi povera. Lidentikit che si ricava descrive una persona che su tanti fronti, in questo tessuto sociale complesso, chiamata a prendere posizione, e a scegliere, se essere a sua volta intollerante o se arginare questa deriva venendo a pi miti consigli: nelle assemblee di condominio coi vicini di casa; nelle riunioni dei genitori a scuola; in ufcio, dove le tensioni e le rivendicazioni da mediare non mancano mai; nelle scelte politiche, perch scivolare nellintolleranza un rischio concreto; magari anche a casa, specie quando i gli entrano nelladolescenza. Accogliere queste complessit fa anche allarmare chi con un giudizio netto o una semplicazione arrogante non si sforza un minimo di uscire dai propri recinti per ascoltare i bisogni dellaltro.

Di che vizio sei?

Ti amo a condizione che...


di GIOVANNI VENTIMIGLIA In che rapporti siamo con il terrone che abita dentro di noi, con lextracomunitario
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che ci portiamo dentro? Ho osservato qualche volta la ridondanza di odio di alcuni razzisti nostrani: mi diceva molto sulla loro inquietudine interiore. Oltre che in guerra con gli altri, mi sembravano anzitutto non in pace con se stessi, con molte parti di s. Lo psicologo Hillman va ripetendo da alcuni anni che lintolleranza xenofoba ha radici non soltanto storiche e politiche ma anche psicologiche. Nasce precisamente da una mancata accettazione di alcuni aspetti della nostra anima, i quali, negati e rimossi, niscono col generare proiezioni paranoidi nei confronti di nemici esterni. Ecco perch una domanda chiave nella questione dellintolleranza : a che punto siamo con la tolleranza verso noi stessi? Una grande responsabilit in questo campo da imputare al moralismo, cio a quelli dea di virt come recita di uno stile artefatto di coerenza. Per esempio, il moralismo della laboriosit costringe i suoi adepti a recitare la parte dei laboriosi a oltranza e, di conseguenza, a odiare ogni personale tendenza allozio. Ebbene, come giudicheranno i moralisti della laboriosit tutte quelle persone, o quei popoli, che non disdegnano lozio? Eppure, come insegnavano gi gli antichi greci, lozio ha una sua profonda positivit, dal momento che non si pu vivere per lavorare ma, al contrario, si dovrebbe lavorare per vivere. 172

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Altro esempio: il moralismo del laicismo costringe i suoi adepti a recitare la parte dellateo a oltranza e, di conseguenza, a reprimere ogni interiore senso religioso come fosse pericoloso. Ebbene, come giudicheranno i moralisti del laicismo quelle persone e quei popoli particolarmente religiosi? Anche in questo caso lintolleranza verso gli altri avr a che fare con lintolleranza nei confronti dellinnato senso religioso che abita dentro di s. Essere in pace con tutti dipende dalla capacit di essere in pace con tutte le parti di noi stessi. Da che cosa nasce, a sua volta, il moralismo? Ho il sospetto che nasca dallessere stati amati a condizione che, e precisamente a condizione di conformarci a un modello di vita, a un copione. Ti amo a patto che tu sia come voglio io; a patto che tu rinunci a tutta una serie di tue tendenze, per recitare una sceneggiatura moralistica che ti fornisco. Altrimenti non ti amo. Si tratta di una patologia diffusa e subdola dellamore, da cui non sono immuni neanche alcuni gruppi cristiani. Quante volte abbiamo intuito che chi diceva di amarci non ci amava in realt come persona ma come terra di conquista, come materia da plasmare? Quante volte abbiamo percepito di non essere amati tutti interi ma solo in parte e solo a patto di rinunciare a tante cose di noi? Io ho visto amici
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miei cedere al ricatto, rinunciare ad aspetti importanti di s in cambio dellaccoglienza in un gruppo, in cambio di una manciata di amore sotto condizione. E ho ritrovato gli stessi amici, dopo anni, molto cambiati: tutti presi da uno zelo sinistro, impegnati in unascetica rinuncia a molte parti di s, e in una xenofoba intolleranza nei confronti dellaltro. L il cerchio perverso era chiaro: essere amati a patto di chiudere le porte ad alcune parti di s aveva generato una tolleranza zero anzitutto nei confronti di se stessi e, di conseguenza, nei confronti dellaltro. E noi? Quante volte amiamo a patto che laltro rinunci a molte parti di s? E quante volte cediamo al ricatto e, in cambio di pochi spiccioli di amore fasullo, dichiariamo guerra a molti aspetti di noi, tradendo noi stessi? Sibi similis, Deo similis: Chi simile a s diceva san Bernardo simile a Dio.

Spunti di catechesi

Lontano meglio...
di TONINO LAsCONI Dopo la Messa, don Italiano fa la solita capatina al bar, dove sa di trovare parrocchiani 174

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e non che lo aspettano per il caff e per qualche animata discussione. Ancora sullingresso, lo accoglie una domanda: Don, quando li spediamo a casa questi musulmani?. I musulmani soli? Tutti gli stranieri. Sci! Tutti a casa loro, aggiunge un altro, mostrando un giornale che riporta la cronaca di una violenta rapina a opera di delinquenti con accento straniero. Sentite chi parla! Proprio lui che, se ha una casa, lo deve al padre che se l guadagnata in Argentina. S, ma mio padre. E gi con i soliti discorsi sui nostri emigranti che andavano allestero per lavorare onestamente. Dopo le battutacce, arriva anche una domanda seria: Perch i musulmani da noi fanno come gli pare e invece se noi andiamo nei loro Paesi non possiamo fare nemmeno il segno della croce?. Il prete coglie loccasione per spiegare perch i cristiani non possono non fare in Italia quello che i musulmani fanno in Arabia Saudita: Pi noi prendiamo alla lettera il Vangelo, come fanno certi musulmani con il Corano, meno possiamo essere fondamentalisti e intolleranti come loro. Ges afferma che lui presente in tutti senza distinzione di razza, di sesso, di et, di cultura. Quindi il nostro fondamentalismo lesatto contrario di quello loro. accogliere e rispettare tutti,
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anche quelli che non ci rispettano. E lunica nostra intolleranza combattere ogni forma di intolleranza. Bella fregatura essere cristiani!, sentenzia il tipo sempre intento a sfogliare il giornale, guadagnandosi una grossa risata generale. Ciao, gentaccia!, saluta don Italiano. Ciao, pretaccio!, contraccambiano. E uno aggiunge: Certo che voi preti, a parole, aggiustate sempre tutto. Per strada, da solo, il prete si congratula con se stesso per il ragionamento sul fondamentalismo e lintolleranza che gli era riuscito cos bene, ma quella battuta sui preti che a parole aggiustano tutto gli rovina la soddisfazione con i cristiani, non solo quelli della domenica e non solo laici, che non accettano di cambiare le loro abitudini religiose, ma, anzi, ritirano fuori dagli scaffali delle sacrestie vecchi arredi e paramenti; che non sanno e non vogliono collaborare tra gruppi, associazioni, movimenti, comunit, perch soltanto il loro Ges quello giusto; che magari organizzano accoglienza per gli stranieri ma guai a collaborare con le parrocchie vicine. Un po di fondamentalismo cristiano in pi ci vorrebbe proprio, conclude don Italiano.

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ELENCO DEI COLLABORATORI

EnZO

BIAncHI: fondatore e priore della Comunit monastica di Bose. Autore di numerosi volumi, tra cui ricordiamo: La differenza cristiana (2006), Il pane di ieri (2008), Per unetica condivisa (2009), Laltro siamo noi (2010), tutti pubblicati da Einaudi, e Le Vie della felicit. Ges e le beatitudini (Rizzoli 2010). editorialista de La Stampa.

BIscOnTIn : sacerdote, insegna Omiletica alla Facolt Teologica del Triveneto; Cristologia, Antropologia Teologica e Teologia Morale Fondamentale agli ISSR di Portogruaro (VE) e Padova; dirige la rivista Servizio della Parola (Queriniana). Tra le sue pubblicazioni: Com fatto un cristiano (2006), Il respiro dellanima (2008) e Una grande speranza (2009), Biblioteca dellImmagine; Predicare oggi: perch e come (Queriniana 2001) e Predicare bene (Edizioni Messaggero Padova 2008).
AngELO CAsILE : sacerdote, dal settembre 2008 direttore dellUfcio Cei per i problemi sociali e il lavoro. Da maggio 2001 a settembre 2008 stato segretario particolare di monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della CEI. Ha pubblicato Il nuovo allorizzonte. Intuizioni e prospettive del Progetto Policoro (Monti 2003).

CHInO

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EnRIcO

FInZI : laureato in losoa, specializzato in psico-sociologia, presidente di Astra Ricerche (indagini sociali e di marketing, scenari e consulenza) che ha realizzato in esclusiva per il Messaggero di santAntonio la ricerca I nuovi vizi degli italiani. autore di numerosi saggi e studi di sociologia, marketing e storia contemporanea.

FOLEnA : giornalista e scrittore, editorialista dellAvvenire, autore, tra laltro, di Per sempre? La famiglia morta, la famiglia vive (Ave 2006); I Pacs della discordia. Spunti per un dibattito (2006), e Alfabeto delle paure quotidiane (2009), entrambi presso ncora.
ALBERTO FRIsO : giornalista. Dopo aver curato il sito Disabili.com, dal 2007 redattore del Messaggero di santAntonio. TOnInO

UMBERTO

LAscOnI: sacerdote, giornalista e scrittore, ha allattivo numerose pubblicazioni rivolte al mondo degli adolescenti e dei giovani, tra le quali ricordiamo: Quando la fede diventa difcile. Domande e risposte su Dio, Ges, la Chiesa, la morte, laldil (Elledici 2009) e I ragazzi ai loro preti... e ai loro catechisti (Cittadella 2010).

LucIAnO MAssAROTTO : frate minore conventuale, dirige la Comunit San Francesco, di Monselice (PD), per persone con problemi correlati alluso di alcol o sostanze stupefacenti, della quale stato co-fondatore.

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LuIgI

MEROLA : sacerdote, ex parroco di San Giorgio, nel quartiere napoletano di Forcella, stato consigliere sulla legalit del ministro della Pubblica istruzione. Dal marzo scorso consulente per la Commissione parlamentare antimaa. Ha pubblicato Forcella tra inclusione ed esclusione sociale (Guida 2007).

ARRIgO MIgLIO : vescovo di Ivrea. stato assistente ecclesiastico generale dellAgesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Attualmente presiede il Comitato scientico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.

NOZZA : sacerdote, dal 1986 al 1998 stato direttore della Caritas diocesana di Bergamo. Durante questi anni ha ricoperto, tra gli altri, anche i seguenti incarichi: cappellano delle carceri orobiche, membro del Consiglio pastorale nazionale Cappellani delle carceri, membro del Consiglio nazionale di Caritas Italiana. Dal 1998 nellorganico di Caritas Italiana come responsabile dellArea Promozione Caritas diocesane e Formazione. Dal marzo 2001 direttore di Caritas Italiana, incarico nel quale stato confermato nel 2006 dal Consiglio permanente della CEI SIgALInI : vescovo di Palestrina, assistente ecclesiastico generale dellAzione cattolica italiana e presidente della Commissione
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DOMEnIcO

VITTORIO

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episcopale per il laicato. autore di numerose pubblicazioni, soprattutto per ragazzi e giovani, tra le quali ricordiamo: Il prete e i giovani. La compagnia della fede (Cittadella 2009), Un cielo vicino. Con il Vangelo in mano per una Quaresima inquieta (2009), Vangeli per lestate (2009) e Vangeli sotto lombrellone (2010) pubblicati da Ave.
GIOVAnnI VEnTIMIgLIA: nato a Palermo nel 1964, insegna Filosoa teoretica allUniversit Cattolica del Sacro Cuore e Ontologia e Antropologia losoca alla Facolt di Teologia di Lugano (dove dirige anche lIstituto di losoa applicata). Insegna altres Ontologia ed etica del virtuale allUniversit degli Studi di Pisa. responsabile dellarea Tomismo analitico della Videocattedra Rosmini (www.cattedrarosmini.org). membro corrispondente della Ponticia Accademia san Tommaso dAquino e Cavaliere di Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di Malta. Ha fondato Pro-lo-umano, unassociazione no prot di volontariato che si occupa di promuovere la losoa come forma di servizio sociale (nelle carceri, nelle comunit di recupero, ecc.). Ha allattivo numerosi scritti per addetti ai lavori e un piccolo curioso libro molto interessante: Vizi. Esercizi per casa (Apogeo 2007).

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Indice
Introduzione

I VIZI NON FINISCONO MAI (Ugo Sartorio) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nuovi vizi bussano alla porta . . . . . . . . . Guardarsi allo specchio, perch? . . . . . . . Combattere i (nuovi) vizi, possibile? . . . . . Una via duscita: vergognarsi un po, tutti

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Gli italiani?

ARROGANTI E MALEDUCATI (Enrico Finzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Chi ha pi vizi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Viziosi perch? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 35 35 36 39 42 44 47 51 51 52 55 58 60 63

1.

Arroganza e maleducazione . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Larroganza ai tempi del Suv . . . . . . . . . . Il barile di aceto e la goccia di miele . . . . I preoccupati per la prepotenza . . . . . . . . Prima luomo, poi le regole . . . . . . . . . . . . Arrogante io? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Individualismo e consumismo . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La corsa innita nel cinodromo della vita Nuovi passi contro lindividualismo . . . . . Abbasso lego smisurato . . . . . . . . . . . . . . Consumisti subdoli cio avari . . . . . . . . . E il bene, lo hai fatto? . . . . . . . . . . . . . .

2.

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3.

Irresponsabilit e indifferenza Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E liberaci dagli altri . . . . . . . . . . . . . . . . . Unopportunit da non perdere . . . . . . . . La denuncia del menefreghismo . . . . . . . Meglio meneghino o meridionale? . . . . . . Qual il posto degli altri nella tua vita?
4.

67 67 68 71 74 76 79 83 83 84 87 90 92 95

Corruzione e disonest . . . . . . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Corruzione, un lento suicidio . . . . . . . . . . Essere onesti, senza scorciatoie . . . . . . . . Con gli intrallazzi nel mirino . . . . . . . . . . Se a essere malata la mentalit . . . . . . Ma questi sono peccati? . . . . . . . . . . . . .

5.

Scarso rispetto per la natura, per lambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quegli insospettabili nemici dellambiente Ripartiamo dal creato . . . . . . . . . . . . . . . . Mamme e pap preoccupati . . . . . . . . . . . Oltre la cultura dellistante . . . . . . . . . . . E tu, rispetti tutti gli ambienti? . . . . . Dipendenza da sostanze . . . . . . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quel vizio che non un vizio . . . . . . . . . . Frati nel sociale: non solo accoglienza . . .

99 99 100 103 107 108 111 115 15 1 116 119

6.

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Quelle che dicono no . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 23 Il gusto di farcela da soli . . . . . . . . . . . . . 124 Una vita verso lalto . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
7.

Carrierismo e competizione . . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I tanti Macbeth del mercato finanziario Far carriera alla rovescia . . . . . . . . . . . . . Sgomitare? No grazie . . . . . . . . . . . . . . . . Un passo avanti con grande umilt . . . . . La Chiesa e il tarlo del potere . . . . . . . . .

31 1 131 132 135 138 140 143 47 1 147 148 151 154 156 159 163 63 1 164 167 170 171 174

8.

Immaturit, infantilismo . . . . . . . . Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bamboccioni, in cammino senza meta . . . Ma il regno dei cieli non dei piccoli? . . . Ramanzina in gonnella . . . . . . . . . . . . . . . Quella pericolosa regressione . . . . . . . . . . Sembra di stare allasilo . . . . . . . . . . . . . . Intolleranza, fondamentalismo Per cominciare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pane e tolleranza in tavola . . . . . . . . . . . . Dolci e miti testimoni di speranza . . . . . . I resistenti alla semplificazione . . . . . . . . Ti amo a condizione che... . . . . . . . . . . . . . Lontano meglio... . . . . . . . . . . . . . . . . . .

9.

ELENCO DEI COLLABORATORI . . . . . . . 1 77


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Finito di stampare nel mese di settembre 2010 Villaggio Graca Noventa Padovana, Padova

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