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Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

IL CASO ITALIANO: DALLO STATO LIBERALE AL FASCISMO


1) DIFFICOLT ECONOMICHE NEL PRIMO DOPOGUERRA 1.1 Gli effetti della guerra e gli squilibri strutturali delleconomia: Per quanto riguarda le conseguenze relative al dopoguerra, il caso italiano risulta essere quello pi particolare e significativo. Il sistema politico venne attaccato alle sue fondamenta da uno scontro sociale senza precedenti e dallo schieramento dei ceti medi e della borghesia industriale e agraria verso i movimenti reazionari. Lo stato liberale, che aveva accompagnato lItalia nel periodo di guerra, venne travolto da un nuovo regime autoritario, fonte di ispirazione dei movimenti reazionari: il fascismo. Questione molto discussa nella storiografia italiana stato il tema relativo alle modalit di questo fenomeno: In Italia gli effetti della guerra furono particolarmente gravi: la disoccupazione, linflazione, la riconversione della produzione caratterizzarono un lungo periodo di lotte sociali. A questi problemi si aggiunsero gli squilibri strutturali delleconomia. In Italia non si pot che creare un clima in cui il riassetto economico e politico erano visti come mete irraggiungibili. Come sappiamo, la guerra favor lo sviluppo del settore industriale, in modo particolare delle grandi imprese, provocando lespansione e la concentrazione dellindustria. Industrie come lIlva, la Fiat, lEdison si servirono dei capitali pubblici per estendere la loro egemonia nei settori pi disparati (abbigliamento, giornali, navi, automobili..). I nuovo colossi industriali, per, erano spesso dei giganti dai piedi dargilla, in quanto investivano ingenti somme di denaro e compivano azzardate speculazioni contando sulla protezione dello stato (il committente massimo). Dal momento che le imprese necessitavano di capitali, lintreccio tra queste e le banche fu una conseguenza inevitabile. Infatti il monopolio industriale (triangolo industriale: Milano, Torino e Genova) si intrecci con il quadrumvirato di banche (Banca commerciale, Credito italiano, Banco di Roma e Banco di sconto). Un esempio clamoroso di questo intreccio di interessi quello dellAnsaldoBanca di Sconto che negli anni della guerra divent un unico gruppo economico. La guerra diede origine ad un sistema capitalistico monopolistico, nel quale lo stato aveva il duplice ruolo come organizzatore dellofferta e regolatore della domanda (fatto che modific pesantemente i meccanismi della concorrenza). Il dualismo delleconomia italiana era dovuto al fatto che le aziende del triangolo industriale sfruttavano le risorse pubbliche e sottraevano gli investimenti al Mezzogiorno. Questo nuovo sistema non fece altro che accentuare il divario tra nord e sud, costringendo le famiglie dei contadini ad emigrare per poter sopravvivere, dato che le terre erano nelle mani dei latifondisti e della borghesia cittadina. Ma nel 1917, il governo americano un provvedimento per ridurre limmigrazione straniera, togliendo cos ai contadini italiani lunica occasione di riscatto. Negli Usa si pass da 550mila a 50mila emigrati italiani.

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1.2 La questione meridionale: Come gi sappiamo, la questione irrisolta delle terre e le varie promesse mai mantenute aveva portato i contadini a vedere la guerra come garante per laccesso alla propriet. Il contadino-soldato combatt per poter raggiungere il miraggio della terra. Ma, ovviamente, lo stato liberale non fu in grado di affrontar la questione agraria e di garantire la nascita della piccola propriet contadina, che avrebbe consentito la diminuzione del divario tra nord e sud. In risposta allincapacit dello stato, i braccianti, guidati dalle leghe sindacali socialiste e dallAssociazione dei combattenti, occuparono i latifondi chiedendo il possesso delle terre incolte appartenenti alle grandi propriet. La reazione dello stato fu del tutto neutrale. Cos la scissione tra stato e contadini poveri del sud aument notevolmente e divenne uno degli anelli deboli dello stato liberale italiano. A capire la centralit della questione meridionale fu Antonio Gramsci e il gruppo dei giovani socialisti torinesi (LOrdine nuovo), i quali sostenevano che i contadini dovessero diventare i protagonisti della rivoluzione sociale e della ricostruzione del paese. 2) IL BIENNIO ROSSO IN ITALIA 2.1 La crisi nel settore industriale: La conclusione del conflitto fece inaridire la spesa pubblica, cos il settore industriale fu investito da una profonda crisi, che vedeva il crollo delle grandi imprese sviluppate tramite le commesse dello stato. Per impedire il collasso del sistema italiano si innesco un processo di interventi di salvataggio da parte dello stato. Gli italiani erano troppo poveri per garantire un livello di consumo privato che potesse alimentare le industrie e il mercato interno italiano non era in grado di sostituire la domanda pubblica. Cos lo stato cre un mercato fittizio tramite le sue commesse, il che garantiva la giusta sopravvivenza del popolo. La conseguenza inevitabile e prevedibile fu laumento della disoccupazione, aggravato dal crollo della lira (basti pensare che per comprare un dollaro servivano ben 28 lire, contro le 13 dellanno precedente). 2.2 La mobilitazione del proletariato industriale: Esito di questa crisi fu un ciclo di lotte operaie senza precedenti. Tra il 1918-20 vi furono oltre 3500 azioni di sciopero. Le richieste dei sindacati erano le seguenti: 1) Riduzione della giornata lavorativa 2) Laumento dei salari; 3) Delle condizioni lavorative pi umane; 4) Il riconoscimento degli organi di rappresentanza dei lavoratori dentro le fabbriche (le cosiddette commissioni interne). I braccianti delle zone industrializzate, a differenza di quelli del sud, non chiedevano le terre, ma salari pi elevati e un controllo sullorganizzazione del lavoro agricolo. I lavoratori riuscirono a tutelare il loro potere dacquisto e ottennero diverse normative, tra le pi importanti la giornata lavorativa di 8 ore. 2 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

Ovviamente, le lotte avevano anche un fine politico. Si parla di biennio rosso italiano quando le lotte operaie raggiunsero il vertice della loro conflittualit: siamo nel giugno-luglio del 1919 e gli scioperi insorsero contro il rincaro del genere alimentare. In molti casi sorsero dei soviet che requisirono i beni di prima necessit distribuendoli alle famiglie pi povere. Lo stato reag in maniera pesante e calmier i prezzi dei prodotto di largo consumo. 2.3 La frustrazione dei ceti medi: Linflazione che aveva inondato questo periodo colpiva sia i contadini pi poveri e la classe operaia, sia la piccola-media borghesia, colpita non solo nel salario, ma anche nel suo risparmio; infatti essa era riuscita ad accumulare titoli di stato nellet giolittiana e l'inflazione non stava facendo altro che diminuire il loro valore. Cos, alle difficolt economiche si aggiunse anche un periodo di crisi didentit sociale. La piccola borghesia, in periodo di guerra, aveva goduto di un gran prestigio, che venne poi a mancare nel dopoguerra, periodo in cui il tenore di vita degli ex combattenti peggior vertiginosamente, non solo per lassenza del lavoro, ma anche per lavvicinamento alle classi proletarie, ritenute socialmente inferiori. Dal momento che gli stipendi degli impiegati furono danneggiati maggiormente rispetto a quelli degli operai, nacque una sorta di risentimento nei loro confronti, che si manifest attraverso organizzazioni sindacali e politiche, le quali volevano esaltare lo stato di classe intermedia della piccola borghesia, differenziandosi da quella proletaria. Inoltre, il risentimento era anche verso la borghesia agiata, ritenuta egoista, avida e profittatrice di guerra (i pesciani rappresentano appunto coloro che avevano accumulato ricchezze speculando sulle commesse statali). Queste proteste esprimevano la frattura fra la grande borghesia e gli strati sociali intermedi. In tutto ci, non poteva che sorgere un sentimento di totale sfiducia nei confronti della classe dirigente liberale, incapace di rappresentare politicamente i bisogni e gli interessi dei ceti medi. 2.4 Benito Mussolini e la nascita del Movimento dei fasci e delle corporazioni: Benito Mussolini fu il massimo esponente della corrente rivoluzionaria del partito che colse il disagio del certo medio, che si sentiva mal rappresentato e minacciato. Dopo essere stato espulso per propaganda nazionalista, Mussolini fond a Milano nel 1919 il Movimento dei fasci e delle corporazioni, costituito da ufficiali e sottoufficiali delusi e dai ceti medi colpiti dalla crisi. Lobbiettivo che questo movimento si era posto era quello di indebolire il movimento operaio e le sue organizzazioni, sostituendosi allo stato e facendo uso della violenza. 2.5 Il mito della vittoria mutilata e la questione di Fiume: Come ben sappiamo, per quanto riguarda la questione di Fiume, Orlando e Sonnino non riuscirono a imporre il rispetto di tutte le clausole del patto di Londra, dal momento che essi pretendevano lannessione di Fiume, seppur essa non facesse parte del patto. Cos, Fiume venne proclamata repubblica italiana con un plebiscito e i due abbandonarono la conferenza. Queste serie di eventi, fece nascere il mito della vittoria mutilata dellItalia, che <aveva vinto la guerra, ma perso la pace>, slogan utilizzato dalla propaganda nazionalista contro lincapacit dello stato liberale, accusato di possedere uno spirito rinunciatario un totale disinteresse per i diritti della nazione. 3 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

Incapace di affrontare il conflitto sociale, Orlando diede le dimissioni e venne sostituito da Nitti, esponente del piano liberalismo riformista che si dimostr del tutto incapace di risolvere la profonda crisi italiana. La situazione peggior notevolmente quando Fiume venne proclamata citt libera posta per 15anni sotto il controllo della Societ delle nazioni, infatti si susseguirono una serie di incidenti tra italiani e truppe francesi presenti nella citt. Cos, la commissione dinchiesta arriv alla decisione di ridurre il contingente italiano, trasferendo parte di questo a Ronchi. Proprio da questa citt, Gabriele dAnnunzio part alla volta di Fiume e dopo aver dichiarato la sua annessione allItalia rimase il padrone della citt per un anno. Questo fatto evidenzia chiaramente la debolezza del governo, che per pi di un anno non fu in grado di intervenire, lasciando lesempio d Fiume come modello politico per i nazionalisti. Solo con il trattato di Rapallo Fiume venne proclamata citt libera e la citt venne sgomberata dalla presenza degli italiani. 2.6 Il Partito popolare e il cattolicesimo democratico di Sturzo: Il Ppi non altro che il Partito popolare italiano nato da questo contesto di crisi generale e fondato nel 1919 da un esponente del cattolicesimo democratico, don Luigi Sturzo. Lobbiettivo del partito era quello di raccogliere ladesione dei cattolici per dar origine ad una nuova forza politica , capace di rappresentare sia gli interessi del mondo operaio, sia gli interessi degli esponenti moderati o reazionari. La maggior parte delle adesioni provenivano dalle campagne , nelle aree meno industrializzate del paese, dove linfluenza dei parroci era maggiore, ma ricevettero div ersi consensi anche dal mondo operaio e dai ceti medi urbani. Per quanto riguarda il programma di Sturzo, possiamo riassumere in alcuni punti la sua dottrina: Rispetto della propriet privata unito allo sviluppo della solidariet sociale; La riforma agraria e tributaria per una distribuzione pi equa della terra e dei redditi; Maggiore giustizia sociale; Piano istituzionale: Decentramento amministrativo (anzich essere concentrato in un unico posto, doveva essere distribuito nel territorio); Maggiore autonomia degli enti locali. Con il nuovo Papa Pio IX il Pps perse via via gran parte della sua influenza nel mondo dei cattolici fino al suo scioglimento a opera del fascismo 1926. 2.7 La vittoria dei partiti popolari: Il paese fu chiamato alle urne. Lelezione si svolgeva con il nuovo sistema proporzionale, voluto sia dai cattolici che dai socialisti. A differenza del vecchio sistema uninominale, esso prevedeva lelezione di pi candidati in ciascun collegio in proporzione al numero dei voti. Questo nuovo sistema favor i partiti ben organizzati (come il Partito socialista e il Partito popolare) penalizzando i notabili locali e di conseguenza aggravando le difficolt del Partito liberale. Infatti, il Patito popolare e il Partito socialista uscirono vittoriosi e Mussolini ottenne poco pi di 4000 voti e nessun seggio. 4 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

2.8 La difficile ricerca dei nuovi equilibri: Dal momento che il potere venne affidato nelle mani dei due partiti popolari, rimase aperto il problema della formazione di un governo autorevole, in grado di affrontare la crisi politica e sociale del paese; infatti nessuno dei tre partiti principali era in grado di governare da solo n intendeva allearsi con uno degli altri due. Nella disperazione, venne richiamato in causa Giolitti, con la speranza che egli riprodusse quel compromesso tra la borghesia e le classi lavoratrici avvenuto nel periodo del decollo industriale. Il suo programma, nettamente riformista, venne rifiutato da gran parte del Partito popolare e dai socialisti, sempre pi orientati verso il massimalismo. E intanto in Italia il fascismo assumeva delle dimensioni sempre pi inquietanti. 2.9 Loccupazione delle fabbriche: la rivoluzione alle porte? Potremmo dire che la rivoluzione sembr alle porte proprio quando, nel 1920, gli operai dellAlfa Romeo occuparono la fabbrica in risposta allannuncio della chiusura da parte del dirigente. A seguito, mezzo milione di lavoratori occuparono le fabbriche del triangolo industriale . Torino fu lepicentro delloccupazione ed era l che operava il gruppo dellOrdine nuovo in cui spiccavano i protagonisti che due anni dopo avrebbero creato il Partito comunista dItalia (Toglia tti, Terracini, Gramsci e Tasca). Loccupazione delle fabbriche non poteva che diventare una questione politica che investiva le responsabilit del Partito socialista, il quale si rifiut di guidare il movimento e la Cgl cerc subito di depotenzialo, riducendolo ad un semplice obbiettivo sindacale. A capo delloccupazione rest soltanto la Federazione italiana operai metallurgici (Fiom) che non riusc, per, a coinvolgere gli operai degli altri settori produttivi. 2.10 La crisi del compromesso giolittiano: Nel 1920 venne stabilito laccordo che pose fine alloccupazione delle fabbriche, esso prevedeva un forte aumento del salario e il riconoscimento delle commissioni interne. Nonostante gli operai siano stati ascoltati, il conflitto sociale viveva ancora. Infatti, la borghesia industriale era contro i metodo giolittiani, e riteneva che i sindacati e le pretese degli operai fossero la causa prima dei disordini sociali e limpedimento per il risanamento economico nazionale. Inoltre, dal momento che gli operari erano riusciti a far funzionare le officine in assenza dei dirigenti, gli industriali si sentirono in un certo senso minacciati, e decisero di abbandonare Giolitti per favoreggiare il nuovo movimento fascista che stava alle porte. 2.11 Dal biennio rosso al biennio nero: Allinterno del Psi le continue polemiche tra i massimalisti e i riformisti contribuivano a mirare la credibilit politica e il consenso elettorale: Gi dopo le elezioni del 20 liberali conservatori, nazionalisti e fascisti ottennero risultati a loro favorevoli; Operai e contadini sentivano gli effetti di una nuova, breve ma acutissima, crisi economica. Lavvenimento che segn la prima offensiva degli squadristi fascisti fu la presa del municipio socialista bolognese, seguita da una serie di scontri a fuoco. Un mese dopo attaccarono il municipio socialista ferrarese, seguito da altre azioni analoghe che diffondevano il terrore in tutta la val padana. Si pass cos dal biennio rosso al biennio nero. 5 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

3) LAVVENTO DEL FASCISMO 3.1 La crisi del 1921: trasformazione dello scenario economico-sociale Tenendo presente la situazione economica precedente ( inflazione, i colossi dai piedi dargilla, il triangolo industriale, il quadrumvirato, lintreccio banca-industria), non ci stupiremo ora nel sapere che agli inizi del 21 lIlva e lAnsaldo furono sullorlo del fallimento, trascinando, di conseguenza, le banche che li avevano finanziati. Lo stato intervenne in modo da farle sopravvivere, in tutti i settori ci fu un calo degli investimenti e linflazione diminu leggermente, ma il fronte sindacale si indeboliva sempre pi dato che sempre pi persone cercavano lavoro a costo di accettare condizioni meno favorevoli. Questo non fece altro che indebolire il potere contrattuale e gli sforzi del proletariato operaio compiuti nel biennio rosso. Nel 21, Giolitti prese alcuni provvedimenti: 1) Abol il prezzo politico del pane;

2)
Forn a prezzi bassi i generi indispensabili per la sopravvivenza alla popolazione; 3) Aument le tariffe protezionistiche per tutelare il sistema industriale nazionale. 3.2 La fine del compromesso giolittiano e la nascita del Partito fascista: Con grande intuizione Mussolini pens che la crisi del compromesso giolittiano e le difficolt del movimento operaio potessero spianargli la strada per una riorganizzazione sotto l insegna dei Fasci. Cos, il Movimento dei Fasci si orient in senso conservatore, abbandonando linteresse sociale. Mussolini organizz il partito gerarchicamente dando origine al Partito nazionale fascista (Pnf), avente gi migliaia di iscritti. Per contrastare la Confederazione delle corporazioni sindacali, che voleva il consenso dei sindacati socialisti e dei cattolici, e per avvicinarsi alla base politica del suo partito, egli abbandon il carattere anticlericale e antimonarchico del Partito. In campo parlamentare, Mussolini riusc ad ottenere la simpatia di Papa Pio IX e quella delle alte gerarchie militari, rifiutando ogni interesse verso la repubblica. La violenza contro il movimento operaio faceva ancora parte del suo progetto, cos Mussolini potenzi le squadre dazione ed aument le spedizioni contro ogni tipi di cooperativa sindacale e le rispettive sedi centrali, comprese le cooperative rosse e quelle bianche. 3.3 Gli errori della prospettiva giolittiana e la difficile situazione del Psi: Possiamo attribuire alle forze liberali e allo stesso Giolitti lerrore dellascesa del fascismo. Si pensava che una volta aver represso i movimenti operaio e bracciantile, i fascisti potessero essere in un certo senso scartati e repressi, ma, come sa ppiamo, cos non avvenne, tanto che il fascismo venne accolto ingenuamente da migliaia di persone. La sconfitta del movimento operaio dovuta soprattutto alla debolezza del Partito socialista, continuamente messo in crisi dallegemonia dei rivoluzionari e dei massimalisti, in continuo conflitto. I riformisti non erano in grado di fornire un piano di riforme che tutelasse gli interessi dei ceti medi e il riconoscimento dei ceti imprenditoriali. Inoltre, nonostante il Psi avesse vinto le elezioni del 21 s i trovo isolato, dal momento che liberali, nazionalisti e fascisti si erano alleati (256 deputati in parlamento appartenenti al blocco nazionale). 6 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

3.4 Le spaccature nel Partito socialista: Come sappiamo, il Psi era al suo interno diviso tra massimalisti e riformisti e lo scontro continuo di queste componenti non face altro che indebolire il partito. Quando la componente riformista tent di prendere una posizione rispetto a quello massimalista la direzione decise di espellerla dal Partito; cos, Turati, Modigliani e Treves fondarono il Partito socialista unitario (Psu), con Matteotti come primo segretario. Davanti a questa scelta la Cgl assunse una posizione autonoma rinunciando allalleanza con il Psi; la minoranza comunista del partito decise anchessa di staccarsi dal Partito e di fondare il PcdI (Partito comunista dItalia). Con un Partito socialista cos frammentato e isolato il fascismo ebbe strada libera. Il 2 maggio Italo Balbo invase la citt di Ferrara, mentre Bologna veniva occupata giorni dopo dai fascisti armati, che riuscirono ad assalire anche il municipio cremonesi, radendo al suolo le sedi delle associazioni socialiste e popolari. 3.5 La marcia su Roma: lItalia verso la dittatura Mussolini aveva ormai tutte le carte in regola per poter accelerare la presa del potere: lo stato non aveva pi alcun controllo dellordine pubblico, il parlamento era paralizzato dalle sue spaccature interne, lopposizione socialista e liberale non aveva pi le forze di resistere alla pressione fascista, caduto il governo Giolitti si succedettero ministeri sempre meno in grado di affrontare la situazione; Bonomi, successore di Giolitti, cadde anchegli, accentuando maggiormente la profonda crisi pilitica, mentre i fascisti rappresentavano una forza in grado di dettare legge su tutto e tutti. I piani dellinsurrezione: Il 28 ottobre milioni di fascisti armati marciarono verso la capitale, occupando ogni citt e paese di passaggio, mentre Mussolini attendeva lincarico del re di riformare il governo. Il re Vittorio Emanuele III, anzich accettare la proposta Facta che avrebbe consentito allesercito di intervenire contro le squadre fasciste che erano state bloccate alle porte di Roma, assegn a Mussolini il potere di riformare il governo. I fascisti, grazie allaiuto del re, al favore della borghesia industriale, alla neutralit della chiesa e al sostegno militare divennero i padroni assoluti dello scenario politico e, come sapremo, sar questo linizio di una dittatura aggressiva e distruttiva. 7 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

4. LA COSTRUZIONE DEL REGIME 4.1 I fascisti al governo: Tra i primi provvedimenti del nuovo regime possiamo individuare: Piano economico: vi fu un periodo di ripresa economica che riguarda il triennio 1923-25, in cui la produzione manifatturiera crebbe del 54% grazie allaccumulazione dei capitali e agli investimenti. La leva principale utilizzata fu quella del fisco: Le leggi fiscali (Giolitti) vennero dichiarate decadute; I redditi azionari vennero defiscalizzati; Operai e contadini dovettero pagare limposta sul reddito; Le imposte indirette aumentarono i prezzi sui beni di consumo; Gli imprenditori avevano libert diniziativa; Parallelamente, la spesa pubblica diminu drasticamente per poter tenere sotto controllo il debito pubblico (12% di tutta la ricchezza nazionale). Piano politico e istituzionale: il regime proib progressivamente le libert di parola e diniziativa. Inoltre il regime agevol la produzione e gli investimenti attraverso grandi prestiti capitali. Piano sociale: per stimolare la produzione interna, il regime lanci due grandi iniziative: 1) La battaglia del grano: essa consisteva nellaumentare la produzione agricola, dei cereali, mediante lintroduzione di nuovi macchinari. 2) La bonifica integrale: consisteva nel dover aumentare la superficie coltivabile ricavandola dalla palude e dallincolto, principalmente nel Mezzogiorno. Queste due iniziative necessitavano di parecchia manodopera, il che avrebbe sicuramente diminuito il numero dei disoccupati, fornendo numerosi posti di lavoro nelle campagne. 4.2 Il delitto Matteotti: Nei primi anni di governo, Mussolini, dette avvio ad un programma di radicali trasformazioni istituzionali. Tradizionalmente ostile al Parlamento, il fascismo ne sostenne le caratteristiche essenziali, costituendo dei nuovi organismi in sostituzione di esso, che erano conformi alle esigenze della futura dittatura. Cos, nacquero il gran consiglio del fascismo, a cui furono attribuite alcune funzioni che in principio spettavano al parlamento, e la milizia volontaria per la sicurezza nazionale, incaricata della difesa del regime e della quale entr a far parte anche la squadra dassalto; aumentano naturalmente le restrizioni in materia di libert di stampa e di riunione. Nel 1924 le elezioni vennero vinte dal listone (fascisti e conservatori) per mezzo di voti truccati ed intimidazioni. Solo Giacomo Matteotti (deputato socialista) ebbe il coraggio di denunciare tale fatto al Parlamento, venendo cos rapito ed ucciso a Roma il 10 giugno 1924. Tale delitto suscit una grande indignazione nellopinione pubblica ed in parlamento alcuni deputati abbandonano la Camera, attuando una protesta morale che rest tuttavia solo simbolica (la secessione dellAventino) in quanto Mussolini, sebbene apparisse preoccupato e dubbioso, utilizz laiuto e la protezione del re Vittorio Emanuele III. Sicuramente, uno dei punti di forza del fascismo fu il sostegno di papa Pio IX, che era il rappresentante della componente cattolica pi conservativa, che si opponeva al socialismo. 8 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo

4.3 Il 1926, lanno di svolta: la costruzione del regime fascista: Passata la bufera in seguito allassassinio di Matteotti, Mussolini diede una svolta radicale alla sua politica, in quanto fino a quel momento aveva sempre rispettato formalmente le regole costituzionali. Cos, prese corpo un assetto istituzionale e politico conosciuto con il nome di regime fascista anche per mezzo di iniziative parallele quali: riduzione al minimo dellattivit di opposizione politica togliere al parlamento la funzione di massimo organismo politico allargare il consenso al fascismo per mezzo della mediazione sociale, cio attraverso sindacati di stato, istituti di assistenza e previdenza. Il vero anno di svolta fu comunque quello compreso tra il 1925 e il 1926: si pass da un regime ad una vera e propria dittatura, attraverso la promulgazione di una serie di decreti governativi con la collaborazione di Alfredo Rocco (ministro della Giustizia), uno dei capi del nazionalismo. Tali decreti limitavano ancora di pi la libert di stampa e di attivit politica. Allo stesso tempo si ebbe una svolta accentratrice dei poteri nelle mani dello stato: il duce riun in se i poteri di capo del governo, del partito e titolare di alcuni ministeri come quello della Guerra, degli Interni e degli Esteri. Non viene abrogato lo statuto Albertino, ma subisce nette e sostanziali modificazioni delle sue norme costituzionali. Il parlamento si vide togliere la funzione legislativa che pass al governo e nello stesso tempo divent un semplice organo di controllo. Venne modificato anche lassetto amministrativo della compagine statale: vengono sostituiti sindaci e presidenti di provincia con podest e presidi; il potere locale passa nelle mani del prefetto che risponde direttamente al duce del suo operato. Vennero dichiarati illegali tutti i partiti politici escluso quello fascista; nacque il tribunale speciale per la difesa dello stato allo scopo di sopprimere le opposizioni al regime. Cos, venne attuata una legislazione repressiva che port allarresto di Gramsci (comunista) e alla nascita del fenomeno del fuoriuscitismo dei dirigenti dei partiti socialista, popolare, repubblicano e liberale tra i quali spiccavano i nomi di Turati, Sturzo e di Nello e Carlo Roselli. 4.4 Le leggi sindacali: Nel 1925 laccordo di palazzo Vidoni obblig la Confindustria a stipulare accordi solo con il partito fascista. Infatti, nellaprile 1926 vennero promulgate delle leggi sindacali che resero illegali scioperi e chiusure delle fabbriche. Gli organismi di rappresentanza sindacale vennero riconosciuti come organismi di stato ed inquadrati in corporazioni professionali che avrebbero dovuto risolvere i conflitti sociali a favore degli interessi superiori della nazione. La tutela di questi interessi della nazione venne affidata alla Magistratura del lavoro. Con tale azione repressiva venivano disconosciuti i lavoratori come forza sociale e, nello stesso tempo, diventavano semplice forza lavoro. Da queste leggi si nota la volont di creare uno stato totalitario che impedisce ai lavoratori di difendersi e contrattare liberamente i propri interessi. Nellanno successivo venne stilata l a cosiddetta Carta del lavoro, che presentava gli obiettivi generali della nuova politica sociale, che avrebbero dovuto favorire una collaborazione tra le classi. 9 Capitolo 7: Dallo stato liberale al fascismo 10

4.5 La svolta in politica economica: la rivalutazione della lira Nel 1926, con il discorso di Pesaro, Mussolini lanci loperazione Quota 90, che consisteva in una rivalutazione della lira nei confronti della sterlina , che era la principale moneta di scambio. La nuova fase prevedeva: una diminuzione dellinflazione per mezzo del controllo dei prezzi, la protezione di risparmiatori la tutela dei settori industriali pi forti, facendo ricorso ad un rigido protezionismo. Tale azione rafforz il consenso interno ed estero e stimol la grande industria pur danneggiando la piccola impresa esportatrice. La rivalutazione politica fece capire inoltre che in Italia lunica volont politica era quella del duce; si trattava di una prova di forza che fece capire agli industriali che il nuovo governo non assomigliava minimamente a quello vecchio e che la mediazione non era comunque tanto semplice e scontata. Mussolini aveva dimostrato di saper fornire garanzie e di saper mediare i suoi interessi verso i lavoratori; tutto doveva essere subordinato alla completa adesione al regime e al riconoscimento del suo potere indiscusso. La svolta politica andava quindi resa in questa ottica: lo stato corporativo e lirreggimentazione degli organi statali erano condizioni indispensabili affinch le conseguenze sociali della rivalutazione della lira non portassero ad una nuova conflittualit sociale. 4.6 Gli effetti sociali della rivalutazione: il consenso della piccola borghesia Quota 90 port ad una nuova crisi nei settori economici dediti allesportazione e aument la disoccupazione a dismisura e si verific una forte erosione dei salari. Cos, si giunge ad un biennio di squilibri e tensioni sociali in particolare nel triangolo industriale. La carta del lavoro del 1927, di fronte alle nuove lotte, dimostr la sua inconsistenza. In queste gravi condizioni il regime scelse di appoggiare i grandi gruppi industriali, scaricando i costi della rivalutazione sui salari. Il regime continu cos a rafforzarsi in quanto la rivalutazione si dimostr strumento di difesa del piccolo risparmiatore. La borghesia assunse la funzione di base di massa del regime, lambito sociale in cui il partito raccoglieva i maggiori iscritti e consensi. Anche la chiesa contribu ad aumentare lo sviluppo del fascismo in quanto prima toller la distruzione del partito popolare e lo scioglimento delle organizzazioni giovanili e poi appoggi la svolta totalitaria del regime.

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