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Osservando su un planisfero i profili della costa occidentale africana e di quella orientale del Sud America, si pu notare come esista

tra loro una perfetta corrispondenza. Questa constatazione, supportata da una serie di prove, consent al meteorologo tedesco A. Wegener (1880-1930) di formulare, nel 1915, la teoria della deriva dei continenti: secondo questa teoria, circa 240 milioni di anni fa tutte le terre emerse si sarebbero trovate riunite in un unico grande blocco, un supercontinente chiamato Pangea (dal greco pn, tutto, e ga, terra), circondato da un unico oceano detto Panthalassa (dal greco pn, tutto, e thlassa, mare). In seguito, circa 180 milioni di anni fa, la Pangea si sarebbe divisa in due grandi parti: a nord, la Laurasia, costituita dalle attuali porzioni del Nord America, della Groenlandia, dell'Europa e dell'Asia; a sud, il Gondwana, formato dalle attuali porzioni del Sud America, dell'Africa, dell'India, dell'Australia e dell'Antartide; questi due grossi blocchi, separati da un oceano chiamato Tetide (da Teti, nome della divinit greca del mare), si sarebbero poi successivamente divisi e progressivamente allontanati l'uno dall'altro, "andando alla deriva" e originando gli attuali continenti (fig. 12.1). Wegener riteneva che i continenti, formati di materiale relativamente poco denso (mediamente simile al granito e chiamato Sial), galleggiassero come zattere su un involucro fluido sottostante di materiale pi denso (simile al basalto e chiamato Sima). Oltre alla gi citata corrispondenza fra le coste dei continenti, la teoria formulata da Wegener era avvalorata anche da prove geologiche, paleoclimatiche e paleontologiche. Esiste una continuit fra le rocce che si trovano lungo le coste dei continenti sudamericano e africano, attualmente separati dall'oceano Atlantico, e ci ne testimonierebbe un'origine comune, a cui avrebbe fatto seguito la loro separazione. L'analisi di rocce sedimentarie rinvenute in alcune aree del pianeta indica che esse si sono originate in zone con climi diversi da quelli propri delle latitudini a cui ora si trovano; quest'apparente contraddizione si pu spiegare ammettendo che i continenti non siano sempre stati alle latitudini attuali, ma che si siano spostati. Esistono notevoli affinit tra i fossili di organismi terrestri ritrovati sulle due coste dell'oceano Atlantico. In un primo tempo, si ipotizz l'esistenza di "ponti continentali", cio sottili strisce di terra che attraversavano l'oceano e che avrebbero permesso agli organismi di spostarsi; tuttavia, questa possibilit fu poi esclusa e la presenza di questi fossili fu spiegata ammettendo che, in alcuni periodi della storia della Terra, continenti oggi distanti tra loro fossero uniti e popolati da organismi della stessa specie. La "rivoluzionaria" teoria della deriva dei continenti fu fortemente osteggiata dai geologi contemporanei di Wegener, anche perch non venivano chiarite le cause degli spostamenti e, d'altra parte, non si conoscevano forze tanto potenti da provocare il movimento dei continenti; secondo Wegener, i continenti sarebbero andati alla deriva come iceberg che si muovono sul mare, sotto l'effetto di forze gravitazionali differenziali, legate alla forma della Terra, o di rigonfiamenti della superficie terrestre che indurrebbero la crosta a spostarsi per ristabilire l'equilibrio (queste supposizioni, comunque, non erano dimostrate). La teoria della deriva dei continenti cadde in oblio fino agli anni '60, quando fu nuovamente presa in considerazione in seguito alle rilevanti scoperte che si andavano accumulando grazie all'esplorazione dei fondali oceanici. La struttura interna della terra. Un modello dell'interno della Terra a involucri concentrici di differente composizione fu proposto, nel 1885, dalgeologo austriaco E. Suess (1831-1914), che ipotizz

l'esistenza di tre strati, detti Sial, Sima e Nife, cos chiamati dalle iniziali degli elementi chimici in essi prevalenti. Il Sial (da silicio e alluminio) lo strato esterno, di densit pari a 2,7 g/cm3, formato in prevalenza da silicati di alluminio. All'involucro sialico corrispondono le rocce acide eruttive. Il Sima (da silicio e magnesio) lo strato intermedio, di densit pari a 3,4 g/cm3, ricco di silicati di ferro e magnesio. La parte superiore corrisponderebbe ai tipi pi basici delle rocce magmatiche. Il Nife (da nichel eferro) il nucleo centrale, formato da un ammasso di ferro e nichel. A questo modello, a cui si riconosce un valore storico, se ne sostituito oggi un altro, molto pi circostanziato, che, grazie allo studio della propagazione delle onde sismiche, ha permesso di stabilire che la Terra effettivamente costituita da tre involucri fondamentali, diversi per spessore, composizione e densit, ai quali si d il nome di crosta, mantello e nucleo (fig. 11.1). La crosta La crosta terrestre lo strato pi esterno: costituisce un involucro rigido e sottile, delimitato verso il basso dalla discontinuit di Mohorovicic, dal nome del suo scopritore, il geofisico iugoslavo A. Mohorovicic (1857-1936), detta anche pi semplicemente Moho. La crosta terrestre viene distinta in crosta continentale, quella che costituisce i continenti, e crosta oceanica, che forma i fondali oceanici; esse differiscono per spessore, densit e composizione. La crosta continentale ha uno spessore medio di 35-40 km, ma pu arrivare fino a pi di 70 km in corrispondenza delle pi alte catene montuose. Ha una densit attorno a 2,8 g/cm3 ed composta essenzialmente da rocce granitiche, via via pi basiche procedendo dalla superficie verso la Moho. Inoltre, le rocce che la costituiscono possono avere diverse et, fino a circa 4 miliardi di anni. La crosta oceanica, pi sottile rispetto alla crosta continentale, ha uno spessore medio di circa 8-10 km e una densit media di 3 g/cm3 ed costituita da rocce basaltiche ricche di alluminio, silicio, ferro. La crosta oceanica risulta ovunque tripartita: in superficie essa coperta da uno spesso strato di rocce sedimentarie, soprattutto fanghi silicei e calcarei (strato 1), al di sotto si ritrova ovunque un grosso strato dirocce eruttive basaltiche (strato 2), che in profondit passa a gabbro (strato 3). L'et delle rocce che costituiscono la crosta oceanica non supera i 200 milioni di anni. Il mantello Al di sotto della discontinuit di Moho comincia il mantello, che si estende fino alla discontinuit di Gutenberg, alla profondit di circa 2900 km. La densit passa da circa 3 g/cm3 in prossimit della Moho sino a 5,6 g/cm3 nelle parti pi profonde; in esso la temperatura aumenta da poche centinaia di gradi, vicino alla Moho, fino a pi di 300 C presso la discontinuit di Gutenberg; anche la pressione aumenta con la profondit, da 9 kbar a circa 1400 kbar (1 kbar = 1000 bar, circa mille volte il valore della pressione atmosferica a livello della superficie terrestre). Il mantello composto da rocce dense e pesanti, relativamente povere di silicio ma ricche di ferro e magnesio, dette ultrabasiche. Rocce di questo tipo, le peridotiti, affiorano solo in alcune zone della superficie terrestre e sono composte principalmente da minerali come i pirosseni e le olivine. Il nucleo

Al di sotto della discontinuit di Gutenberg si trova il nucleo, un grosso nocciolo il cui raggio misura circa 3470 km, pi di met del raggio terrestre. La densit di circa 10 g/cm3 a livello della discontinuit di Gutenberg e aumenta progressivamente fino a circa 13,5 g/cm3, il che depone a favore dell'idea di un brusco cambiamento della composizione chimica; la temperatura sale da 3000 C in prossimit del mantello fino a oltre 4000 C al centro della Terra; anche la pressione aumenta da 1400 kbar fino a oltre 3600 kbar. Lo studio delle onde sismiche ha inoltre permesso di distinguere nel nucleo due strati: il nucleo esterno, liquido, in cui le onde sismiche di tipo S non si propagano, separato dalla discontinuit di Lehmann dal nucleo interno, solido. In merito alla composizione chimica del nucleo, si possono fare solo delle ipotesi: attualmente si tende a credere che esso sia composto da una lega di elementi come il ferro e il nichel, forse con l'aggiunta di altri elementi pi leggeri, come lo zolfo e il silicio. Il nucleo responsabile di una delle caratteristiche peculiari della Terra, la presenza di un campo magnetico terrestre. Questo pu essere registrato da strumenti come la bussola e anche dalle rocce al momento della loro formazione e nel tempo pu subire variazioni tanto forti da portare allo scambio di posizione dei poli stessi. Il campo magnetico terrestre. Gi nel 1600, si sosteneva che "tutta la Terra fosse un grosso magnete", che genera un campo magnetico che fa sentire i suoi effetti sul piccolo magnete dell'ago della bussola, cos da allinearlo secondo l'asse nord-sud. Oggi la maggioranza degli studiosi crede che il campo magnetico terrestre possa essere paragonato a quello di una sfera uniformemente magnetizzata, caratterizzata da due poli magnetici, che non coincidono, per, con i due poli Nord e Sud geografici (fig. 11.2). La struttura del campo magnetico terrestre mostra che esso pu considerarsi generato prevalentemente da un dipolo magnetico, situato nel centro della Terra e inclinato di 1130' rispetto all'asse terrestre. I punti in cui l'asse del dipolo incontra la superficie terrestre sono detti poli geomagnetici. Il polo geomagnetico situato nell'emisfero boreale si indica convenzionalmente con B e si trova a 7830' N, 69 W; il polo geomagnetico situato nell'emisfero australe si indica convenzionalmente con A e si trova a 7830' S, 111 E. In realt, l'origine del campo magnetico non ancora del tutto chiarita e attualmente si ipotizza che esso possa essere generato dal movimento di cariche elettriche (ipotesi della dinamo ad autoeccitazione). Si pu applicare alla Terra il modello della dinamo, immaginando: 1) la presenza iniziale di un debole campo magnetico non uniforme; 2) la presenza di un nucleo fuso, buon conduttore; 3) la possibilit di movimenti nel nucleo stesso. I movimenti nel nucleo fuso inducono una corrente che produce un campo magnetico nuovo, che a sua volta induce una nuova corrente nel nucleo, che da parte sua provoca un nuovo campo magnetico e cos via. Date queste caratteristiche, il modello stato chiamato della "dinamo ad autoeccitazione". Si pensa che le sorgenti di energia pi probabili per mantenere il movimento all'interno del nucleo siano dei movimenti di calore

all'interno del nucleo, paragonabili a quelli che si sviluppano in un liquido messo a bollire (moti convettivi). Il paleomagnetismo Studi compiuti negli anni Cinquanta evidenziarono che in passato si sono verificate variazioni dell'intensit e anche inversioni di polarit del campo magnetico terrestre. Lo studio di tali cambiamenti prende il nome dipaleomagnetismo, o magnetismo fossile, e ha contribuito in modo rilevante alla scoperta dell'espansione dei fondali oceanici e alla formulazione della teoria della tettonica a placche. In particolare, si sono fatte alcune scoperte.

Il campo magnetico della Terra si invertito varie volte rispetto a quello attuale, come se i poli si fossero scambiati di posto; le inversioni di polarit si riconoscono quando, in colate basaltiche successive, in corrispondenza delle dorsali mediooceaniche (sorta di fessure sul fondale oceanico, da cui fuoriesce magma proveniente dall'astenosfera), si riscontrano direzioni del campo magnetico divergenti di 180. Tale fenomeno una prova utilizzata a favore dell'espansione dei fondi oceanici. Il campo magnetico ha subito rilevanti migrazioni rispetto alla crosta terrestre, suffragando cos l'ipotesi della migrazione dei poli. Cos sembrerebbe che il polo nord magnetico si sia spostato verso nord per un lungo periodo di tempo a partire dal Permiano (circa 320 milioni di anni fa), quando si trovava alla latitudine di 5 N. Le interpretazioni paleomagnetiche tratte da rocce coeve in diversi continenti hanno indicato diverse posizioni dei poli, suggerendo la probabilit di una deriva dei continenti da quando le rocce si sono formate. Informazioni riguardo al magnetismo fossile si ottengono dallo studio di molte rocce ignee (lave basaltiche) e sedimentarie (arenarie rosse), contenenti minerali magnetici che registrano fedelmente la direzione del campo magnetico presente al momento della loro formazione. Quando la temperatura di un magma scende al di sotto di un valore detto punto di Curie (diverso a seconda del minerale), i minerali magnetizzabili (per esempio, la magnetite) cristallizzano, magnetizzandosi secondo la direzione del campo magnetico esistente in quel momento. Ci pu avvenire sia quando un magma solidifica in profondit, dando origine a una roccia intrusiva, sia quando una lava effusa si raffredda sulla superficie terrestre. Nel caso di rocce sedimentarie clastiche, quando avviene la deposizione del materiale detritico sul fondo di un bacino sedimentario (per esempio, un lago), le particelle di minerali magnetizzabili presenti si orientano secondo la direzione del campo magnetico presente in quel momento sulla Terra. Dagli studi effettuati, si potuto stabilire che l'inversione dei poli magnetici sia avvenuta circa ogni 500 000-600 000 anni; tuttavia, non sono ancora state chiarite le cause e le modalit del fenomeno. Alcuni scienziati ipotizzano che l'inversione dei poli magnetici abbia una grande importanza per la sopravvivenza di interi gruppi di organismi. Infatti, nei momenti di inversione la schermatura magnetica, che normalmente protegge la Terra da alcune radiazioni solari, meno efficace e quindi aumentano d'intensit gli effetti nocivi di alcune radiazioni solari su interi gruppi di organismi viventi. Proprio per ci, molti studiosi collegano le estinzioni di intere famiglie faunistiche, come i dinosauri o le ammoniti, con momenti di inversione del campo magnetico terrestre.

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