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GERUSALEMME COME MADREPATRIA UNIVERSALE di S.Em. Rev.

ma il Signor Cardinale Gianfranco Ravasi Conferenza tenuta a Roma Casa di Dante 1 dicembre 2010 O.E.S.S.G. Luogotenenza Italia Centrale Sezione Roma Mi stato assegnato un tema ben preciso, dal quale vorrei far sbocciare una mia r iflessione su Gerusalemme, la citt santa, il centro, punto di riferimento, luogo imprescindibile in sede religiosa e letteraria. Il testo che prendiamo qui in es ame rappresenta un brano innico brevissimo, facente parte di quella celebre racc olta di componimenti nota col nome di Salterio, i 150 canti o salmi di Israele. Si tratta del Salmo 87 (86 della liturgia), uno dei cosiddetti Inni di Sion o a Sio n. Proprio partendo da quei pochi versi, desidererei costruire una mappa ideale d ella Citt Santa di Gerusalemme; ovviamente non una mappa topografica, bens teologi co-spirituale, in un certo senso, anche culturale. Le tre pietre di Sion Trattandosi di una mappa, quattro sono i punti cardinali pr escelti. Inizier subito dal primo, desumendolo proprio dallincipit di questo canto . Sui monti santi cos inizia il Salmo Egli, Adonai, lha fondata; il Signore ama le porte di Sion. Quindi, allinizio, vediamo la rappresentazione dei monti santi, f ondamento della stabilit. I monti, la roccia, la rupe sono simboli che ininterrot tamente vengono applicati a Dio partendo appunto da Gerusalemme, una citt situata a ottocento metri daltezza su un colle arido, tant vero che una delle decifrazioni filologiche molto ipotetiche della parola ebraica Sijjon quella di luogo pietro so, quindi secco e arido. Ebbene, proprio la pietra fondamentale come primo punt o cardinale di Gerusalemme, perch le tre grandi religioni e culture che in questa citt si incrociano, si intrecciano e perfino si scontrano, sono tutte fondate su una pietra. Partiamo, perci, dalla pietra fondante dellebraismo, la pietra chiamata dagli ebrei ktel, ossia la parete per eccellenza, quella che tradizionalmente si definisce Muro del pianto. Dobbiamo far presente, tuttavia, che tale pietra , in v erit, il punto terminale di un itinerario di pietre che sono l sottese. Infatti, g li archeologi hanno tentato di ricostruirle genealogicamente: si vede chiarament e che quei massi squadrati sono in stile erodiano, perch facevano parte del tempi o che Erode aveva sontuosamente costruito, lo stesso tempio che Ges frequenter. Qu elle pietre sono riconoscibili per il fatto che, di solito, i massi erodiani pre sentano una sorta di battitura o fascia che frontalmente accompagna il rettangol o del masso. L, dunque, si pu dire che abbia sede il tempio di Sion, cio il cuore d ellebraismo, un cuore sempre amato, continuamente esaltato, perennemente celebrat o e considerato come la stella polare, non solo della spiritualit, ma anche della stessa esistenza giudaica. Si potrebbe quasi affermare che da qui inizia un can to che varca i secoli, partendo proprio dai Salmi biblici che parlano di quella pietra particolare che il Tempio. A questo punto, vorrei citarvi unespressione che mi sembra molto emblematica: lattingo al Salmo 102, versetto 15, Poich ai tuoi ser vi sono care le sue pietre, che nelloriginale ebraico si presenta in una veste mo lto pi significativa che le traduzioni, come spesso accade, di solito fanno perde re. Infatti, aveva ragione Cervantes quando diceva che ogni traduzione come il r ovescio di un arazzo, o Mounin nel suo saggio sulla traduzione, La Belle Infidle, La bella infedele. Il testo ebraico dice Ki rats abdeka et-abaneha. Lelemento fondame tale risiede in quel rats, cio sono care ai tuoi servi le pietre di Sion, le sue pie tre. Rats, per, in ebraico deriva dal verbo ratsah, che indica un piacere quasi fi sico, una comunione passionale, pertanto quella pietra che fredda, tu la baci co me se fosse la tua sposa. Si tratta, quindi, di un verbo che indica piacere quas i erotico , un verbo che contiene un nesso istintivo, primordiale. La seconda pietr a, come ben sanno i Cavalieri del Santo Sepolcro e tutti i pellegrini, quella de l Santo Sepolcro, che come anima e cuore ha la pietra ribaltata del sepolcro di Cristo, segno di morte ma al tempo stesso di vittoria sulla morte. Nel Libro dei Proverbi si dice che lo sheol termine ebraico per designare gli inferi come una bocca sempre aperta che inghiotte continuamente i morti. Ebbene, il cristianesi mo afferma che questo ciclo inesorabile interrotto, poich la pietra tombale viene rovesciata per celebrare la vita. E tale celebrazione pasquale affidata a quell a grande basilica di Gerusalemme che, come noto, presenta una planimetria partic olarmente tormentata. Infatti, come sempre, attorno alle pietre si muovono anche dei corpi che, quindi, trasformano in pietre vive ledificio materiale. Iniziando

dallimperatrice Elena per poi, via via, proseguire fino ai crociati, alla fine l a Basilica del Santo Sepolcro riassume in s tante dimensioni diverse. Per questa ragione, essa significativamente chiamata dagli ortodossi non Basilica del Santo Sepolcro che sarebbe evocazione di una pietra morta, almeno apparentemente , bens B asilica della Anstasis, cio della Risurrezione, che in arabo suona Qiyama, che vuol dire ergersi, salire, ascendere verso lalto e linfinito di Dio. Si arriva, cos, alla t erza pietra sulla quale si fonda la terza religione e, al tempo stesso, la terza cultura che ha in Gerusalemme la sua patria: si tratta della cosiddetta Qubbet as-Sakhra, cio la Cupola della Roccia, comunemente detta Moschea di Omar. Una defini zione, questa, erronea perch non una moschea e non fu neppure Omar a definirla ta le. Almeno, come si presenta oggi, vediamo che al centro ha una rupe appunto la Cupola della Roccia e su questa roccia la spiritualit dellIslam ha una sua radice. Si racconta, infatti, che da qui il profeta Mohammed sia asceso al cielo sulla sua giumenta alata, entrando, quindi, nella comunione con Dio. Perci, anche in qu esto luogo facile rinvenire una dimensione di eternit e di infinito che trae orig ine e ha come seme proprio una pietra. Ecco il primo punto cardinale che volevo ri cordare, partendo dai versetti: Sui monti santi fondata Gerusalemme, sulla pietr a lanima di Gerusalemme si ritrova, su tre pietre che sono meta ininterrotta di m oltitudini di pellegrini e visitatori. Esse rappresentano i grandi nodi che teng ono insieme la diversit delle professioni di fede e la molteplicit delle persone c he accedono a Sion. La citt di Dio Il secondo elemento e secondo punto cardinale presente allinterno di q uesti due versetti (vv. 2-3) del Salmo il seguente: il Signore ama le porte di S ion pi di tutte le dimore di Giacobbe, ossia tutte le case, tutte le citt della Te rra Santa. Inoltre: Di Te si dicono cose gloriose, ir elohm, citt di Dio, che potrebbe tradursi come citt divina. Tra laltro, si parla delle porte di Sion, e qui il ter mine porte ovviamente una metonimia per rappresentare la totalit, ossia le porte e tutto ci che sta allinterno della porta stessa. Quando Cristo dice: Io sono la p orta delle pecore, in un certo senso fa riferimento alla porta del Tempio, quasi dicesse Io sono il nuovo Tempio. Tra laltro, ricordiamo che la parola Babilonia Babilu in accadico ha assunto un significato generico in base a unetimologia di t aglio popolare, ossia luogo della confusione, giocando sullassonanza col verbo eb raico balal che vuol dire confondere. In verit, in lingua accadica si tratta dellesp ressione bab ilu, dove bab sta per porta, come in arabo e ilu, il, el, elohm Dio. Quindi, il suo vero significato porta di Dio, di qui la citt di Dio, ir elohm. Con rmine di solito si esalta una citt gloriosa e santa. Ed ecco allora il secondo pu nto: la citt. Non soltanto il tempio in quanto tale, ma tutta la citt che nel suo grembo accoglie appunto il tempio. E si va anche oltre, dicendo che lAltissimo la tiene salda e la rende compatta. Qui abbiamo unaltra componente che vorrei ricor dare. Si tratta della teologia legata alla citt di Sion, una teologia che parados salmente stata in seguito studiata in maniera molto pi sofisticata dallantropologi a culturale, ma gi presente, ad esempio, nel Salmo 46. Perci, era gi stata idealmen te intuita e concepita da Israele. Una delle tesi fondamentali del famoso studio so di storia delle religioni, Mircea Eliade, quella secondo cui lorganizzazione d ello spazio viene fatta dalluomo primitivo attraverso la costituzione di un centr o, ossia il perno attorno al quale ruota tutto lessere. Ebbene, lumanit delle origi ni antiche pone al centro anche con lo sviluppo della cultura larea templare e lar ea palatina, quindi il tempio e il palazzo del re. Si tratta del cuore che tiene insieme non soltanto la citt, ma il mondo intero che, altrimenti, si sfalderebbe . Infatti, il Salmo 46 rappresenta il mondo che si sta sgretolando in una sorta di de-creazione. Lunica a rimanere salda , invece, Gerusalemme, fondata sulla roccia , come appunto si diceva prima. E tutto questo grazie a due presenze: quella di Dio allinterno del tempio e, quindi, nello spazio e la presenza della divinit nel tempo e, quindi, nella storia attraverso il palazzo reale, dimora della dinastia di Davide. Essa costituisce la sequenza verticale, diacronica lungo i secoli e rappresenter poi anche la dimensione messianica. Pertanto, Gerusalemme diviene il grembo di questa duplice presenza divina su cui torneremo. A questo punto, vorrei ricordare un bellissimo aforisma rabbinico che descrive tale universo organizza to in un centro, e lo fa con originalit poetica ispirandosi alla struttura dellocc hio. Il mondo, dice, come locchio: il mare il bianco dellocchio, la terra liride, G

erusalemme la pupilla, mentre limmagine in essa riflessa il Tempio. La mappa universale di Sion Affrontando il terzo punto cardinale della nostra rif lessione, entriamo proprio nel tema fondamentale che, per, era necessario prepara re prima illustrando altri punti fondamentali. Parliamo delluniversalismo. Se ver o che Sion, la citt che ha al suo interno il Tempio, quindi una presenza spaziale e storica, il cuore, il centro del mondo, allora chiaro che tutti i popoli, oss ia lintera mappa geopolitica, vi devono convergere. Ed ecco allora le parole del poeta ebreo che fa poesia ricorrendo a una sorta di toponomastica dal significat o particolare, anche se per il lettore occidentale, probabilmente, dice poco o n ulla. Attenzione ai nomi adesso, perch si tratta di una sequenza: Iscriver Rahab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono, dice il Signore. Ecco Filistea, Tiro e d Etiopia, l costui nato (v. 4). Che significa tutto ci? Per ora lasciamo lultima f rase che riprenderemo pi tardi e guardiamo questa mappa. Prima di tutto Rahab, ch e era diventato un mostro acquatico nellambito della tradizione mitologica biblic a, ma che era anche il termine con cui si definiva lEgitto, ossia la superpotenza dellOccidente di allora. Ecco, subito dopo, il termine Babel, Babilonia, che inv ece era la superpotenza orientale. Perci, da una parte lOvest, dallaltra lEst. Si pa ssa poi al centro, dove il poeta, che chiama questarea Filistea, Pelishtim, cio la Palestina, un vocabolo, questultimo, che nasce dalla trascrizione del termine fil isteo. Quindi prosegue citando Sur, la citt di Tiro che in Fenicia e che rappresen ta il Nord. Infine, Cush, cio lEtiopia, che il Sud. Sono stati scelti cinque toponim i per costruire la mappa planetaria di quel tempo quasi per dire che tutti, in f ondo, sono nati a Gerusalemme e in questa citt hanno la loro sorgente. Detto in a ltri termini, il poeta ebreo ricorda che queste grandi potenze che incutevano ri spetto e timore loccidentale e lorientale, la commerciale di Tiro e, infine, quell a che forniva materie prime, cio lEtiopia insomma tutti questi importanti paesi, t utti questi popoli forti e potenti convergono verso Sion, anzi sono retti da un cuore che la Citt Santa, la citt di Dio, Gerusalemme. Questo tema andrebbe commentat o con un cantico stupendo, opera del profeta considerato una specie di Dante del la letteratura ebraica, cio Isaia. E proprio nel capitolo 2 del suo libro, questo grande profeta immagina che su tutta la terra si stenda una sorta di coltre osc ura, un sudario di tenebra. Solo un monte illuminato, quasi fosse una sorta di g rande asse. Ed ecco che tutti i popoli della Terra cominciano a muoversi verso q uel punto cardinale. Da quella citt, che Sion, esce la Parola di Dio personificat a. Essa va incontro ai popoli che vengono da ogni luogo e, una volta giunti a Ge rusalemme , questa, la grande intuizione dello shalom, della pace messianica lasc iano cadere dalle loro mani spade e lance che verranno trasformate in aratri e f alci per lavorare la terra e produrre frutti. Cos, la guerra finir per sempre e la pace regner come strumento di benessere tra i popoli i quali ormai si stringono la mano. E come suggello, Isaia lancia un appello finale alla casa di Giacobbe p erch non resti indietro in questa grande processione dei popoli. Una stupenda visio ne, senzaltro, ma, nellavviarmi verso il quarto e ultimo punto cardinale, vorrei r icordare che in questa rappresentazione, comprendente al suo interno non solo Ge rusalemme con il Tempio, ma anche lintero cosmo, si ha unaltra possibilit di epifan ia divina, di teofania. Dio, infatti, non si presenta soltanto in Gerusalemme ov e, come si legge in I Re 8, nella preghiera di consacrazione del Tempio, shem sha m, ossia l il mio nome, l la mia presenza. C qualcosa di pi: tutto luniverso dive pio, unintuizione, questa, che viene modulata sul fatto che Gerusalemme santifica tutto lo spazio e lo consacra. Il Salmo 148 particolarmente significativo nel p resentare un corale Alleluia, voce verbale ebraica dellimperativo, hallel-Jah, che vuol dire lodate il Signore. Un alleluia corale che intonato da ventidue o ventitr creature. Ci si aspetterebbe ventuno, cio tre per sette, dato che il sette il num ero della pienezza. Perch, invece, ventidue (o ventitr, a causa di una ripetizione ). E qui la risposta , per certi versi, addirittura folgorante: ventidue o ventit r sono le lettere dellalfabeto ebraico. Quindi, tutte le realt che vengono denomina te con lalfabeto costituiscono idealmente una lode a Dio. E luomo grande allinterno della creazione. Un Salmo bellissimo, il 148, con il semplice ricorso allelencaz ione la quale diventa un modo per esaltare il Tempio cosmico universale. I cieli narrano la gloria di Dio, lopera delle sue mani annunzia il firmamento, come can ta il Salmo 19, il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte

ne trasmette notizia. Anche qui c una sorta di rivelazione cosmica, che si associa alla rivelazione che risuona in Sion attraverso la Torah. La tradizione cabalisti ca medievale, dal canto suo, ha portato avanti la riflessione, cercando di risol vere la famosa antinomia tra infinito e spazio. Dio infinito per definizione, ma il cosmo, che noi consideriamo infinito, non partecipa pienamente dellinfinito d i Dio, perch Dio oltre il cosmo stesso. Esiste un canto cabalistico medievale, di cui vorrei leggere la strofa principale, che va oltre Sion, oltre il Tempio cos mico universale, e tenta di interrogarsi su questo mistero lasciandolo in sospes o mediante un gioco di parole ebraiche. Maqom in ebraico vuol dire luogo, e di sol ito il luogo per eccellenza, il luogo santo, quindi il Tempio. Il canto medieval e dice: weh hammaqm shel maqm ween lammaqm meqom, che vuol dire: Egli il luogo (weh qm). Dio il luogo che assorbe tutti i luoghi. Subito dopo si aggiunge shel maqm, i l luogo di ogni luogo, e ween lammaqm meqom, che significa questo luogo non ha luoghi. Lintuizione sta nel concepire Dio come il luogo per eccellenza, che comprende e con sacra tutti i luoghi ma, essendo infinito, Dio non luogo. Sono in te tutte le mie sorgenti! Ed eccoci ora allultimo punto cardinale che poi la conclusione di tutto il nostro discorso. Come si pu osservare, ci siamo mossi co ntinuamente attorno a una serie di elementi annodati tra loro: il Tempio, la cit t, luniverso, come un tutto compatto. Noi sappiamo, per, che Sion , s, un tempio, qui ndi uno spazio, espresso attraverso unarchitettura, una citt globale, ma anche una presenza viva, che non solo quella di Dio. Sono presenza viva anche gli uomini e le donne, per questo il Salmo si interroga sullumanit, ossia sui cittadini del mo ndo, per indicare un autentico universalismo. Infatti, se vero che Gerusalemme il cuore, il centro che tiene insieme tutto, essere cittadini di Gerusalemme vuol dire anche essere cittadini del mondo. Ecco, allora, le parole del poeta che enume ra Rahab, Babilonia, Filistea, Tiro, Etiopia. L costui nato. Si dir di Sion: Luno e laltro in essa sono nati. E ancora: Il Signore registrer nel libro dei popoli: L cost ui nato. Come si vede, una marcata ripetizione, che in ebraico suona cos: jullad s ham / jullad bah, L e in essa siamo nati tutti. Ed veramente suggestiva quellimmagin e di Dio visto quasi come il sindaco della citt universale di Gerusalemme, che semb ra avere davanti a s lanagrafe, il libro nel quale registra tutti i popoli della t erra, non soltanto gli ebrei, ma il popolo di Cush, cio gli etiopi, perfino il ne mico Babel, perch tutti sono nati l in Sion. L ha sede la loro terra. Ed questa, di rei, lultima coordinata della straordinaria lettura di Gerusalemme che viene fatt a dal Salmo 87. Pertanto, Gerusalemme, anche se ci ha poche probabilit politiche di riuscita dovrebbe tornare a essere una citt internazionale, non appartenente escl usivamente a un solo popolo, perch questo , in un certo senso, fondamentale nella stessa teologia di Sion. Essa la citt di cui tutti si devono sentire cittadini, i n cui tutti devono ritrovare la propria residenza; in Sion tutti hanno una sorta di cittadinanza nativa, anche se poi ciascuno ha la propria cultura. Non si dev e dimenticare che, per molti versi, Gerusalemme nella storia stata a lungo un pu nto di riferimento e di accoglienza dove convergevano le popolazioni pi varie che , per, ritrovavano idealmente l la loro identit. A Gerusalemme, tenendo conto delle diverse liturgie che vi hanno luogo e delle varie componenti culturali che la c itt abbraccia, si registrano e si usano almeno dodici alfabeti differenti. Di con seguenza, Gerusalemme, anche in questo caso, rappresenterebbe proprio il converg ere vitale di tutti i popoli che ritrovano nella spiritualit di questa citt la lor o matrice. Come suggello al percorso che ho proposto, vorrei concludere con una ri flessione sul fatto che il cristianesimo tende progressivamente a relativizzare lo spazio di Gerusalemme, soprattutto quellarea fondamentale che il Tempio. Il cr istianesimo, infatti, comincia a far capire che, se si vuole scoprire la vera an ima di Gerusalemme, non la si deve pi ridurre a un puro e semplice spazio e al po ssesso di una particella di terra, come purtroppo avviene ancora ai nostri giorn i. E qui spontaneo pensare alla suddivisione del Santo Sepolcro in particelle di spazio, dovuta a ragioni di presenza di ciascuna confessione cristiana. Ma ci ch e pi importante riuscire a rendere vivo tale spazio, a farne la presenza vitale d i una realt trascendente, come la stessa figura di Cristo dimostra senza alcuna a strazione. Come noto dai Vangeli, Cristo ama e frequenta il tempio di Erode. Tut tavia, nel celebre prologo di Giovanni ed , questo, un elemento non immediatament e decifrabile allinterno del testo greco si dice che il Verbo, ossia il Logos ete

rno e infinito, pose la sua tenda in mezzo a noi (1,14). E si tratta della tenda della carne, cio il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi. E la tenda per eccellenza il Tempio che, per, nella visione cristiana, fatto di carne , cio una persona che reca in s la presenza suprema del divino, ossia Ges Cristo. I l Tempio, in un certo modo, viene relativizzato: Cristo stesso dichiara che se s ar distrutto, in soli tre giorni egli lo far risorgere. Giovanni nota, ovviamente, che Ges intendeva parlare del suo corpo che risorge vincendo la morte. Ebbene, n el testo greco di Giovanni 1,14 si usa il verbo skenon e il termine sken indica la tenda, perci esknosen strettamente parlando vuol dire ha piantato la sua tenda in m ezzo a noi. Si potrebbe addirittura cogliere una certa assonanza con la parola f ondamentale con la quale gli ebrei definivano la presenza di Dio nel tempio: la shekin, ove si ha la radicale s-k-n corrispondente alle lettere greche ?, sigma, ?, kappa e ?, ni di sken, tenda. In ebraico, invece: shin, kaf, nun. Le stesse cons onanti, la stessa radicale per assonanza, pur essendo diverse semanticamente tra loro: una vuol dire presenza, laltra tenda. Il prologo di Giovanni afferma, cos, che ormai il Tempio divenuto la persona di Cristo. E Ges stesso dir alla samaritana: Cr edimi, donna, viene lora in cui n su questo monte n in Gerusalemme adorerete il Pad re Ma viene lora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit (Gio vanni, 4, 21-23). Ecco, ancora una volta appare il bisogno di trasferire e trasfor mare quelle pietre da cui siamo partiti, ossia quella citt concreta, in un simbol o, in un segno che rappresenta Dio stesso in mezzo a noi, cio lIncarnazione. Vorre i qui ricordare limpressionante e grandiosa scena finale del libro dellApocalisse. Lapostolo Giovanni saffaccia su una nuova e perfetta Gerusalemme, divenuta ormai citt celeste. Egli la guarda e scopre una realt sorprendente: In essa non vidi alcu n tempio: il Signore Dio, lOnnipotente, e lAgnello sono il suo tempio (21,22). Ma a l di l di questa suggestiva immagine simbolica di Sion, Gerusalemme deve tornare a essere un segno concreto da custodire, deve essere soprattutto un segno delluma nit che avverte in s la presenza di Dio. Quindi, Gerusalemme la nostra patria, non gi come terra in cui siamo nati, ma come luogo delle nostre profonde origini spi rituali, come dice il Salmo 87: Sono in te tutte le mie sorgenti. Una volta, da giov ane, prendendo parte a lavori di scavo archeologico nel Vicino Oriente, ebbi occ asione di ascoltare un archeologo scozzese, che aveva scavato il cosiddetto Coll e dellOphel, dove sorgeva la citt di Davide. Quel lavoro di scavo mirava a scoprir e qualche traccia del tempio di Salomone. Larcheologo mi raccontava un fatto curi oso: i suoi genitori erano contadini e non erano mai stati neppure a Londra, se non forse quando si erano sposati. La domenica, per, quando entravano nel tempio presbiteriano per cantare inni, quando intonavano i Salmi di Sion, lo facevano c on tanta gioia e amore come se la citt di Sion la conoscessero bene, quasi fosse la loro patria, proprio perch avevano capito che quella Gerusalemme non era puram ente geografica, era ormai diventata un simbolo. E qui, secondo questa forte sim bologia, Gerusalemme rimane un grande segno della storia dellumanit, nelle sue gio ie e nei suoi dolori, per questo essa , s, gloriosa, ma anche striata di sangue. Des idero, allora, concludere attingendo di nuovo alla tradizione ebraica, sulla bas e di un testo rabbinico. Dio sta creando il mondo, gli angeli gli si avvicinano. Su un vassoio il primo angelo regge dieci porzioni di bellezza, ossia la bellez za delluniverso. Dio prende nove porzioni di bellezza e li assegna a Gerusalemme, mentre una sola porzione di bellezza viene destinata al resto del mondo. Il sec ondo angelo porta un vassoio con dieci porzioni di sapienza e di conoscenza. Dio prende nove porzioni di sapienza e le assegna a Gerusalemme, che per eccellenza la terra della voce dei profeti, mentre una sola al resto del mondo. E cos via. Finch arriva lultimo angelo che cupo, vestito di scuro, anchegli con un vassoio sul quale, per, ci sono dieci porzioni di dolore, di sofferenza, di pianto, di lacri me. E in questo caso ci si aspetterebbe un ribaltamento dellequazione nove a uno. E, invece, il testo rabbinico dice che Dio dette nove porzioni di dolore a Geru salemme e una sola al resto del mondo, proprio perch Gerusalemme deve rappresenta re, in ogni situazione, il respiro pieno dellumanit.

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