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IL CANE SECONDO ME. Lautore. PER COMINCIARE. Lamico intelligente. PRIMA PARTE. La sapienza del cane.

Menti a confronto, il cane e luomo. Il confronto continua: cultura, emozioni ed empatia. Viaggio nella mente del cane (e dintorni). Padrone, questa notte ti ho sognato. I cani comprendono le parole, i gesti, le espressioni. E badi bene, il guinzaglio non un giocattolo! Mascheramenti. Limmagazzinamento. Torna a casa sulle ali del vento. Sul supposto senso di colpa. I perros mendigos delle Ande, i cani di Ischia Il cane che corse a chiedere soccorso. SECONDA PARTE. Nella famiglia umana. Riti di legame tra mamma umana e cucciolo di cane. Regalare un cane a un bambino. Il cane nella famiglia umana. Cani soldatini e altri cani. Storie di cani e padroni. Somiglianze tra cani e padroni. Troppi cani insieme non va bene. TERZA PARTE. Uomini e cani, aggressivit e sadismo. La mente aggressiva del cane. Divertirsi assistendo a combattimenti tra animali. Cani e sadismo. Un esempio positivo: i cani dei punkabbestia. QUARTA PARTE. Cani e gatti. Chi vince la partita? Cari nemici. Gente da cane, gente da gatto. Sullabbandono: il cane ed il gatto durante le vacanze. Un poco di pet therapy fa bene a tutti. Lettera ad un gatto inesistente. QUINTA PARTE. Origine ed evoluzione. Laddomesticamento del lupo: lo scenario. Il ruolo dei segnali infantili. E lImprinting fece il resto. Limprinting e la socializzazione secondaria. Preadattamenti. Lorigine delle razze canine. Lindistricabile complessit delle parentele tra le razze.

La normalizzazione del mostruoso. Il dingo e la dinastia dei cani fulvi. La lezione che ci viene dal dingo... ... e quella che ci viene da Zanna Bianca. SESTA PARTE. Storia di alcune razze. Il cirneco dellEtna. I segugi italiani. I border collie e gli altri cani che guidano le greggi. I cani nudi, una storia di convergenze. Il mastino di Napoli. Il cane da pecora abruzzese ed il molosso pugliese. La gente umana (e non) intorno al gregge. Storia del moderno cane corso. Il maltese, cucciolo perenne. Il pechinese. Fox terrier, il futurista - ma il cane del futuro il jack russell. Il volpino italiano. Il lagotto. Il Pitbull, una razza infelice. I bovari svizzeri. Il terranova. Levrieri orientali. Il cane secondo loro. APPENDICE. PRIMA PARTE. Lorigine del cane ci svela la sua natura. SECONDA PARTE. Come deve essere un buon leader. TERZA PARTE. Come affrontare larrivo del cane in casa senza commettere errori. QUARTA PARTE. Campanelli dallarme QUINTA PARTE. Fattori di accresciuta pericolosit. Letture consigliate. Ringraziamenti.

COPERTINA.
Danilo Mainardi: Il cane secondo me. con unAppendice di Luisa Mainardi.

CAIRO EDITORE.
(Pagine: 319). Il libro contiene 15 disegni dellautore. www.cairoeditore.it/libri ISBN 978-88-6052-316-7. 2011 CAIRO PUBLISHING S.r.l., CORSO MAGENTA 55, MILANO. Prima EDIZIONE: OTTOBRE 2010. Seconda EDIZIONE: GENNAIO 2011. In copertina: fotografia di Giovanna Dal Magro.

IL CANE SECONDO ME.


Intelligente, sensibile, affettuoso, allegro.

Sono solo alcuni degli aggettivi che possono definire


il cane, questo animale che accompagna luomo da tempo immemorabile. Ce ne sarebbero molti altri, perch i cani sono dotati di personalit multiforme e, forse, non sono ancora stati compiutamente compresi. Per questo letologo Danilo Mainardi ha deciso di dedicare loro un intero volume, sommando le riflessioni dello studioso ai racconti della sua vita con i cani, o meglio dei cani della sua vita. Non infatti il classico manuale del bravo educatore, quello che vi trovate tra le mani perch, da osservatore nato, Mainardi ha sempre avuto con i suoi animali un atteggiamento poco ortodosso, nel senso che il piacere di scoprire comportamenti spontanei ha sempre prevalso sullidea di addestramento. Certo, per comprendere quegli atteggiamenti essenziale ripercorrere, insieme a lui, la storia naturale e culturale della specie a partire dal progenitore lupo, accolto per primo nella famiglia umana, lontanissimo capostipite delle oltre quattrocento razze canine ufficiali di oggi. Per non parlare dei cosiddetti meticci (definizione politically correct dei bastardini, o bastardoni che siano), rappresentanti di un universo affascinante ove possibile scoprire storie che se non fossero vere parrebbero davvero incredibili. Pure divertente nonch sorprendente la scoperta delletologicamente raffinata interazione che il cane sa imbastire col suo pi caro nemico, il gatto. Non manca, in chiusura, unappendice concretamente applicativa, a cura di Luisa Mainardi, sullinserimento e la corretta educazione del cane nella famiglia

umana, in cui ritroverete il distillato pratico di tante affascinanti narrazioni canine. Quando chiuderete questo libro, osserverete il vostro cane con occhi liberi da pregiudizi, frasi fatte ed indottrinamenti vari. E ne scoprirete un altro. Quello vero. Ai cani della mia vita.

Lautore.
Danilo Mainardi, etologo, ecologo e divulgatore scientifico, professore emerito di Ecologia comportamentale allUniversit Ca Foscari di Venezia e direttore della Scuola internazionale di etologia di Erice. presidente onorario della LIPU (Lega italiana protezione uccelli), membro di accademie e societ tra cui lAccademia Nazionale delle Scienze (dei Quaranta) e lInternational Ethological Society di cui stato presidente. Collabora con il Corriere della Sera ed ospite abituale di Piero Angela a Superquark. Per Cairo Editore, ha pubblicato i saggi Nella mente degli animali (2006), giunto alla quinta edizione, La bella zoologia (2008), Lintelligenza degli animali (2009) e i gialli etologici Lacchiappacolombi (2008) e Un innocente vampiro (2010).

PER COMINCIARE. Lamico intelligente.


Felice aveva una specialit: a far finta di niente era un artista. stato il secondo fox terrier della mia vita, Felice, e aveva un caratterino niente male. Per dirla tutta, era un bellattaccabrighe. Prima o poi imparer, mi dicevo. Siccome per lo lasciavo fare, ne ha fatte di zuffe i primi anni della sua vita, ne ha prese di botte. Sempre da cani pi grossi di lui, a onor suo e del vero. Ma poi ha imparato. Non essendo stupido ha progressivamente preso coscienza delle sue possibilit offensive e difensive rispetto a quelle degli altri maschi, e gi questo fu un bel passo avanti. Ma ha appreso anche di pi: impar, e ci cambi la sua esistenza, a gestire pacificamente i suoi rapporti con gli altri cani. Esiste un rito canino, a proposito di questa gestione, che gli etologi chiamano assessment, che in italiano pu venir tradotto come valutazione per confronto. E, se avete voglia di fare quel piccolo esercizio conosciuto dai lettori pi irrequieti come salto nel libro, andate in fondo, ma proprio in fondo in fondo, a questo libro, e scoprirete, nellultimo capitolo, cosa scrive Seplveda a proposito di due cani che si incontrano per la prima volta. Un ritratto eccellente, il suo, da etologo provetto. Il breve testo tratto da Patagonia Express, dove lepisodio dei due cani che, incontrandosi per la prima volta, si annusano reciprocamente, viene usato per analogia per farci immaginare il suo primo incontro, al Caf Zurich di Barcellona, con Bruce Chatwin. Incontro che, per la cronaca, venne combinato dai rispettivi editori, nellillusione che i due scrittori, dopo essersi conosciuti, avrebbero

collaborato per scrivere insieme la storia romanzata della vita di Butch Cassidy e Sundance Kid. Gli editori, a ogni modo, fecero cilecca, perch i due, dopo essersi presi le misure proprio come due cani da pagliaio, liberi cio di fare quel cavolo che volevano, non collaborarono affatto. Ma a noi questo importa ben poco. Potrebbe invece importare, almeno spero, losservazione di carattere generale che, piuttosto spesso, sono i letterati di un certo tipo, in questo caso Seplveda, a regalarci le migliori descrizioni sul comportamento animale. Dove per di un certo tipo intendo bravi osservatori e descrittori delle cose della natura, nonch poco o niente propensi a interpretazioni antropomorfiche. Questa volta, fortunatamente, sono pi i due uomini, Luis e Bruce, a venire cinomorfizzati, che non i due cani a essere umanizzati. Il che, se non altro per loriginalit dellevento, senza dubbio meglio. La qualit letteraria, comunque, paga sempre, anche se uno scrive di scienza o fa divulgazione. Credo infatti che scrivere bene soprattutto significhi spiegarsi meglio, e ci vale ovviamente per qualsiasi tipo di testo. E ora, fatta questa forse non inutile digressione e solennemente promesso di non costringervi pi a fare altri salti allinterno del libro (disciplina non olimpica), torno a Felice che a spese sue divenne, unesperienza dopo laltra, un vero cane di mondo. Un cane, cio, capace di districarsi senza danni anche nelle situazioni socialmente pi imbarazzanti. Come quando - lho osservato molte volte - gli capitava di vedersi venire incontro, sullaltro lato della strada, un cagnone grosso e apparentemente terribile. Libero come lui. Ebbene, ormai non era pi lingenuo giovincello pronto per ogni rissa, a sue spese aveva imparato. Cos, incontrando un cane particolarmente preoccupante, semplicemente fingeva di non vederlo. Andava dritto per la sua strada guardando fisso davanti a s come se stesse pensando a chiss cosa. Invece proprio a quello pensava, a quel cagnone terribile. E sapete come facevo a intuirlo? Perch la sua recita, altrimenti impeccabile, aveva una piccola falla: i peli della sua schiena erano tutti dritti. Fenomeno detto orripilazione. Il linguaggio del corpo, dunque, parlava chiaro. Altro che distratto: Felice stava semplicemente facendo finta di niente. Ottima strategia alternativa per scavalcare lostacolo senza ulteriori rotture di scatole. Aveva insomma trovato, potremmo dire con un gioco di parole, una scappatoia senza dover scappare. Il che, per uno orgoglioso come lui, sarebbe stato intollerabile. E, anche, senza dover perdere tempo con lelaborato rito descritto da Seplveda, efficace quasi sempre, ma comunque ben pi impegnativo. Laneddoto, con ci, finito. Devo ora spiegare perch lho raccontato. Primo, per dirvi che il cane un animale intelligente, o che almeno viene al mondo con le potenzialit per divenirlo. Secondo, per spiegarvi che lintelligenza al cane si sviluppa se gli viene concesso di fare le sue esperienze, sociali e non sociali. Terzo... no, mi fermo qui, perch, a dir la verit, con questa numerazione potrei andare avanti per un pezzo, ma non il caso. Questa, infatti, vuole soltanto essere unintroduzione a quanto poi, prendendomi tutto il tempo necessario, vi dir.

Entriamo, a ogni modo, un po pi nello specifico parlando del caso di Felice. Ammetterete che, qualsiasi cosa esattamente significhi, ci vuole pur sempre una bella mente per fare finta. Senza contare che quel comportamento ha senso solo in presenza di un qualcuno che ci caschi, che creda nella recita. Non basta, perci, possedere una mente fina, occorre anche che si tratti di una mente sociale. La mente di un animale che s evoluto per vivere in gruppo e, perci, per leggere il comportamento altrui. C poi unaltra curiosit a proposito di Felice che fa finta. Siamo sicuri che quellastuzia fosse tutta farina del suo sacco? Che discendesse, cio, esclusivamente da sue individuali esperienze, da osservazione e deduzioni partorite dalla sua mente fina, o non pu invece darsi che una qualche tendenza innata a fare finta risulti scritta nel suo Dna? Eccoci cos arrivati al classico dilemma: istinto od apprendimento? Sapienza dellindividuo o sapienza della specie? Ebbene, il busillis non soltanto classico, anche, per molti aspetti, superato. E meno male! Ma se vogliamo davvero sapere come stanno oggi le cose, non possiamo fare riferimento soltanto a ci che conosciamo sul comportamento del cane, perch letologia cognitiva, la disciplina che sinterroga su questi problemi, scienza comparativa e sempre ragiona in una prospettiva evolutiva. Tornando a questo libro, perci, anche se il cane ne sar il protagonista, non sar, n potr mai essere, una sorta di monade. Tuttaltro: la storia naturale e culturale del cane piena di finestre cui merita affacciarsi. Scoprire riferimenti, collegamenti. Innanzitutto con la nostra specie, perch il cane un prodotto delluomo (la cosiddetta selezione artificiale), ma non solo. Incontreremo - e non potrebbe essere diversamente - molti altri animali. A uno, tra laltro, il suo carissimo amico-nemico gatto, lopposto speculare, verr addirittura dedicata una parte del libro. Solo cos, e cio mantenendo quella che chiamo lottica evolutiva, sar possibile, secondo me, veramente capire, o almeno tentare di capire, la multiforme personalit del nostro amico intelligente. E, gi che ci sono, voglio spendere - lui senzaltro se li merita - un altro paio di aggettivi: perch il cane anche affettuoso e allegro. Il che non assolutamente cosa da poco, se ci pensate, per un amico. Ce ne fossero di amici cos. Ho scritto, poche righe sopra, secondo me. Sembrano niente, queste due parole, ma io le ritengo, invece, molto impegnative. Non per niente le ho volute nel titolo e desidero spiegarne il motivo. Mi preme infatti dire che questa mia un poco scomoda presenza allinterno del titolo del libro non , n vuole essere, un segno darroganza. Al contrario semmai. Quel secondo me vuole piuttosto essere limitativo, nel senso che esprime il concetto che altri potrebbero pensarla diversamente da me. C sempre, daltronde, chi la vede diversamente, e benvenuto a lui. Ma non questo il punto principale. Il punto principale che noi esseri umani viviamo in comunione con quel peloso e scodinzolante personaggio da tempo immemorabile, eppure, credo proprio, non labbiamo ancora compiutamente compreso. Ne utilizziamo, vero, la straordinaria duttilit facendogli fare i pi diversi mestieri; talora ne apprezziamo le capacit intellettive delegandolo a scelte responsabili e quasi sempre gli vogliamo bene, un mare di bene. Eppure, e temo di sapere il perch, siamo anche

fortemente portati a sottovalutarlo. Il che poi significa, se ben ci pensate, a trattarlo peggio di quanto non si meriti. Ecco, il secondo me sottolinea la mia convinzione che il cane sia ancora per buona parte da scoprire, anche se gli strumenti conoscitivi per poterlo fare ormai li possediamo tutti. E questi strumenti - vedrete - spesso li scopriremo in osservazioni che riguardano altre specie, prima di tutto la nostra. E il motivo semplice: perch stato Homo sapiens il creatore del cane. Il secondo me, inoltre, vuole spiegare il mio atteggiamento non sempre ortodosso, nel senso di da manuale del bravo educatore, nel confronto dei miei cani. E parlo al plurale, badate, perch intendo tutti i cani della mia vita. Non ho mai posseduto contemporaneamente, infatti, pi di due cani per volta. Di solito uno solo. E anche di questa mia scelta spiegher il motivo. Comunque, a proposito del mio atteggiamento non proprio da manuale, capirete bene cosa intendo leggendo questo libro. Anticipo parzialmente la spiegazione confessandovi che mi piace scoprire cosa passa per la mente dei miei cani e cosa scelgono liberamente di fare. Sono un osservatore nato e mi diverto a scoprire i comportamenti, talora inattesi e sorprendenti, degli animali in genere, dei miei cani in particolare. Per far ci con profitto essenziale che abbiano in me una fiducia totale, che riconoscano la mia leadership, e non perch mi temono, ci mancherebbe, ma per ben altre ragioni. Il bello , e questo mi piace sottolinearlo, che i miei cani, quando chiedo loro di fare qualcosa, di norma la fanno. E volentieri. Si potrebbe dire che mi ubbidiscono, anche se questo non sarebbe proprio il verbo adatto. Fanno, in altre parole, ci che chiedo perch mi sentono come il loro leader e - la natura del cane fatta cos - a loro piace accontentare il loro leader. Il che, se ci pensate, qualcosa di sottilmente diverso dallubbidire. C pi convinzione e meno costrizione in questo tipo di rapporto. Esiste, daltronde, un metodo moderno dallevamento del cane, conosciuto come educazione gentile, che funziona allincirca in questo modo, ma non sono certo io la persona adatta per insegnarlo, non il mio mestiere e nemmeno ci tengo. Lunica osservazione che voglio fare al proposito che, per una specie come il cane, allevare significa anche insegnare. Lo fa la mamma coi suoi cuccioli e dopo di lei dobbiamo farlo noi. La trasmissione culturale, daltronde, nasce sempre come cura parentale e noi, che ci siamo presi la responsabilit di quel cucciolo, un po di cure di quel tipo gliele dobbiamo certamente. Conviene a noi, oltretutto, non solo a lui. Lavrete ormai capito, nel mio rapporto con i cani prevale, piuttosto che lo spirito delladdestratore, lo spiritello dello sperimentatore. La mia curiosit, inoltre, ha sempre, o quasi sempre, scavalcato la supposta necessit dellubbidienza a ogni costo, che nemmeno mi piace. Pi duna volta, infatti, un cane ha dimostrato daver lui ragione rifiutandosi, pi o meno garbatamente, pi o meno cocciutamente, di fare ci che gli chiedeva il padrone. Perch anche il cane pensa e sa, e a volte, per misteriosi motivi, pensa addirittura meglio del padrone, o sa cose che il padrone non sa e non pu sapere. E unaltra cosa che non fa per me concepire i cani come se fossero macchinette che funzionano attraverso il semplice meccanismo stimolo-risposta. Lo so che funziona, e per molti, umani e non umani, pu anche andar bene, perch sia gli umani che i cani sadeguano facilmente a questa semplificazione. Per me per cos non va. I cani mi piace scoprirli come persone piene di sfaccettature.

Persone non umane ma ugualmente complesse ed interessanti. Ognuna con la sua storia, il suo carattere, simpatie ed antipatie. Con la sua personalit, insomma. Ma basta cos. Capirete meglio leggendo e soprattutto - a fare ci che voglio incoraggiarvi - osservando il vostro cane con occhi ingenui. Liberi, cio, da pregiudizi, frasi fatte ed indottrinamenti vari. Scoprirete, allora, un altro cane. Quello vero. Ultimissima annotazione: credo sia ormai chiaro che questo libro non , n pretende di essere, un manuale in cui si insegna come tirar su un cane. tuttaltra cosa e, al massimo, qualche lettore potr trarre qualche idea generale su come rapportarsi col proprio cane, niente di pi. Insomma, come se una mamma, o pi genericamente un genitore, per apprendere come allevare il proprio figlio si comperasse un testo di antropologia. Non cos che di solito si fa. Ma, siccome un qualcosa di pratico, di concretamente applicativo, non pu che fare bene, in fondo a questo saggio forse un po troppo teorico troverete, come appendice, un breve testo pratico intitolato Linee guida per linserimento e la corretta educazione del cane nella famiglia umana. Lha scritto mia figlia Luisa, che ben pi pratica di me nel rapportarsi con i cani e che, dopo essere stata una splendida mamma di bambini umani, ora lo , altrettanto, di cuccioli di cane.

PRIMA PARTE. La sapienza del cane.


I cani sono animali intelligenti. Ragionano, pensano, hanno una memoria formidabile. Sono anche animali equilibrati, perch alla sapienza individuale, frutto della loro mente fina, sassomma quella collettiva della specie, scritta nel Dna e collaudata dalla selezione naturale. I cani sono inoltre animali sociali, nati per apprendere, prima dalla madre, poi dalla famiglia umana di cui entreranno a far parte. straordinaria limportanza, per lo sviluppo della loro intelligenza, del come li si educa, del come li si fa crescere. Narrer, chiudendo questa prima parte, alcuni casi in cui i cani hanno manifestato sorprendenti capacit intellettive. Vi sembreranno straordinarie, quasi incredibili, eppure non solo sono vere, ma potrebbero svilupparsi in ogni cane se lo si sapesse allevare correttamente, regalandogli man mano fiducia e autonomia secondo le esigenze della sua natura. Come, in altre parole, ogni cane si merita. Hanno, infatti, un bisogno immenso, i cani, di questo corretto allevamento. attraverso questa via che ogni cane pu regalare al proprio padrone il meglio di s, ma purtroppo ci, per vari motivi, non sempre avviene. per questo che inizio questo libro trattando della sapienza del cane.

Menti a confronto, il cane e luomo.


Un tempo credevamo esistesse solo la mente umana, ora non pi cos. E nemmeno cos per quanto riguarda il pensiero, la cultura, lintelligenza. Parole una volta tab e guai ad attribuirle ad altre specie. Di sapiens ceravamo soltanto noi. Per le altre, semmai, era consentito, ma solo a livello divulgativo, luso delle virgolette. Il cane pensava di tornare a casa, il che significava che era come se pensasse, non che pensasse davvero come ora, invece, sappiamo. Ormai, finalmente, possiamo parlare, in termini scientifici, della mente del cane, ma non solo. Esiste quella del gatto, dello scimpanz, del delfino, del corvo, del pappagallo, dellape e perfino del polpo e della seppia, e di tanti altri animali. Chiss di quanti. La mente del cane, a ogni modo, assai speciale, perch non c animale, pi del cane, che sappia mettersi in contatto, mentalmente e con ci che ne consegue, con la mente umana, anche se i possessori di questultima, purtroppo, se ne sono accorti troppo tardi. Quando e se, se ne sono accorti. Partiamo dallinizio per, e cio chiedendoci di cosa parliamo quando, in senso generale, e cio zoologico, parliamo di mente. Chiaro che, se numerose specie hanno evoluto quella cosa che chiamiamo mente, non possiamo aspettarci che tutte queste menti non-umane, queste menti in qualche modo aliene, corrispondano in tutto e per tutto allunico modello usato per secoli per definire che cosera, elencandone tutti gli attributi, quellunica entit conosciuta. O per meglio dire ufficialmente riconosciuta. Ogni mente ha infatti una sua storia, il che significa una storia evolutiva. Il che, a sua volta, significa che ogni mente stata plasmata, massimamente dalla selezione naturale, per corrispondere a differenti necessit adattative. Chiarito ci, torniamo al modello originario, quello della mente umana. Per descriverla vado al sodo e cio, in qualche modo, semplifico. Prendo dunque in mano un libretto assai istruttivo, La mente di Paolo Legrenzi, saggio semplice e chiaro come solo un grande studioso in grado di produrre, e annoto che le principali propriet della mente umana sono essenzialmente le seguenti: 1) sa costruirsi delle rappresentazioni del mondo in cui si muove e sa fissarle nella memoria; 2) sa ragionarci su e agire secondo programmi impostati sulla base delle proprie esperienze; 3) sa coordinarsi, grazie a un raffinato sistema di comunicazione, con altre menti e acquisire e trasmettere informazioni accumulando, a livello individuale e di gruppo, conoscenza; 4) sensibile alle emozioni e le sue manifestazioni sono sempre il risultato di un intreccio tra cognizione ed emozione. Questa, in parole comprensibili e sommarie, la composita nozione di mente riferibile alla nostra specie. Parole semplici in cui sono nascosti tutti i tab di cui dicevo, e altro ancora. Mi riferisco, perch nelluomo cos, soprattutto allemozionabilit e alla socialit partecipativa, cio allempatia. Ed eccoci dunque qui, ora, con davanti ai nostri occhi, quelli veri e quelli della mente, i quattro numeri che rappresentano la pietra di paragone da usare nel nostro esercizio. Ebbene, se raffronto, per quel che ne so, la mente canina a quella umana ottengo questo risultato solo apparentemente straordinario: le due menti dal

punto di vista qualitativo si assomigliano molto. Ci perch quei quattro punti che, in certo qual modo, rappresentano e caratterizzano le principali propriet della mente umana, sono tutti presenti anche in quella canina. Straordinario? S, straordinario. Per, come ho scritto sopra, solo apparentemente. Perch le differenze ci sono, eccome, ma sono tutte di ordine quantitativo. E non raramente, si sa, anche lassommarsi di differenti quantit pu fabbricare differenti qualit. Facciamo, a ogni modo, il giochetto della pietra di paragone. Partiamo, cos, considerando insieme i punti 1 e 2. Il numero uno - importante saperlo - fondamentale per decidere se una specie possiede o meno una mente. Costruirsi rappresentazioni del mondo, infatti, significa, letteralmente, saperlo immaginare. Noi - ben lo sappiamo - per pensare a qualcosa di fisico, di concreto, siamo assai facilitati dal chiudere gli occhi. Se il mio interesse va, tanto per dire, al Colosseo, chiudo gli occhi e lo vedo con gli occhi della mente. Ossia lo immagino, perch il verbo immaginare significa, semplicemente, costruire mentalmente immagini. Il che, ovviamente, possibile solo se una mente la si possiede. Ebbene, c un facile esperimento che dimostra che, se a un cane si pone un problema per cui, per raggiungere un luogo, deve inizialmente allontanarsi da esso e sapersi mentalmente costruire, il che significa immaginare, un tragitto alternativo, il cane lo sa fare. Cos come lo conosco, e come tante volte lho osservato, lesperimento - detto del detour - molto semplice. Pensate a due pareti di plastica trasparente alte e lunghe un paio di metri, messe verticalmente a formare un angolo acuto. Al di l del vertice dellangolo, distante circa un metro, c solitamente una paratoia dietro cui si cela un operatore. Questi tiene in mano una cordicella che, penetrando diretta sotto la parete di plastica, continua fin quasi in fondo allapparato e termina con un sacchettino di tela contenente qualcosa di buono da mangiare. Un po di carne trita, per esempio, e se puzzolente, tanto meglio. E a questo punto lesperimento pu cominciare. Piazziamo allora un cane appena fuori dallapparato, in modo tale che possa subito percepire il sacchettino puzzolente. Capisce immediatamente di che si tratta e gli si avvicina intenzionato a prenderlo. Ma a questo punto loperatore tira la cordicella e trascina il sacchettino sempre pi allinterno del triangolo, col cane che lo segue, finch il sacchettino passa sotto alla parete, dove langolo inizia, e finisce al di l, fuori portata. E a questo punto, chiaro, il cane ci resta male ma, dopo un piccolo spazio temporale su cui dovr tornare, immagina ci che deve fare. Immagina cio se stesso che fa il detour. Che cio torna indietro quanto basta per raggiungere, passando dallesterno, il prezioso sacchettino. Il che semplice, ma solo per chi possiede una mente, perch solo chi la possiede 1) sa costruirsi delle rappresentazioni del mondo e 2) sa ragionarci su e agire secondo programmi impostati sulla base delle proprie esperienze. Non mi dilungo su questa faccenda del detour, perch dovr tornarci ancora. Dico solo che, in situazioni analoghe, una gran quantit di animali non per niente in grado di fare ci che un cane sa fare, per semplice che possa sembrare.

Il confronto continua: cultura, emozioni ed empatia.


E veniamo ora al punto 3, quello che riguarda il rapporto con altre menti, o meglio ancora con altri esseri possessori di una mente, che nel caso del cane possono ovviamente essere sia umani che non umani. un punto fondamentale per la nostra specie, perch il passaggio di informazioni da un individuo allaltro, tramite ci che in senso generale viene definito come apprendimento sociale, sta alla base della nostra capacit di produrre cultura. Che poi sarebbe la nostra maggior specialit, la nostra scelta evolutiva, quella che sempre pi ha fatto slittare dallevoluzione biologica a quella culturale il nostro comportamento. Chiaro che, quanto a produzione culturale, il cane non pu assolutamente piazzarsi al nostro livello, siamo distanti mille miglia; limportante, per, scoprire se almeno una briciola di questa capacit di trasmissione di informazioni per via sociale la si ritrovi anche nella specie canina. Ebbene, soprattutto allinterno delle cure parentali che troviamo le maggiori evidenze. Quelle cure parentali che sicuramente rappresentano il momento pi antico, la base di partenza, di ogni fenomeno culturale. Figurativamente si potrebbe dire, al proposito e facendo riferimento alle tante e diverse specie sociali dove compare un poco della capacit di trasmissione, via apprendimento, di informazioni, che si tratta di quei casi in cui la specie non s accontentata di trasmettere sapienza per via genetica (lantica sapienza degli istinti) ma ha voluto integrare quella trasmissione con qualcosaltro. Insomma, la cultura nasce quando i genitori iniziano a trasmettere qualcosa anche dopo, dopo cio che i figli sono stati concepiti e sono nati. daltronde divenuto un modo di dire abbastanza frequentato che la prima cultura nasce con le cure parentali. Il che significa che, oltre a nutrimento, calore e protezione, in certi casi i genitori, o almeno uno di essi, ha qualcosaltro da trasmettere. Nella preistoria umana, del resto, ancora non cerano n maestri n pedagoghi e lessenziale arte del cacciare e del raccogliere erano i genitori a trasmetterla, culturalmente, ai ragazzini e alle ragazzine. E lo stesso pu dirsi della gatta, che notoriamente insegna ai gattini come e cosa si preda. Ebbene, pi o meno la stessa cosa avviene nelle famiglie di lupi, i progenitori dei cani - anzi, essendo animali sociali, grande spazio dedicato anche allinsegnamento di come si fa a convivere senza conflitti - e, quanto ai cani, senzaltro la madre, sempre attentissima, che tiene docchio i figli mentre giocando apprendono le prime regole della socialit. E se questi sbagliano qualcosa lei interviene, li guida e li corregge. Anche perci buona regola che i cuccioli se ne stiano insieme ai fratelli e alla madre per almeno due mesi e mezzo. noto infatti che i cagnolini svezzati troppo presto e tolti dalla loro famiglia naturale mostrano poi, frequentemente, difficolt nei rapporti sociali con altri cani. Al di l della trasmissione sociale intesa come cura parentale, esistono altre evidenze sulla capacit dei cani di trasmettere per via di apprendimento informazioni, soluzioni di problemi, nuovi comportamenti. Attualmente, so che numerosi esperimenti sono in corso e, inoltre, affronter ancora, pi avanti, questo problema, per esempio quando racconter degli straordinari cani mendicanti, o oranti, delle Ande. Mi piace per, fin dora, raccontare questa divertente, ma soprattutto significativa, osservazione, cos come me lha narrata il mio amico prof. Alessandro Finzi delluniversit della Tuscia:

Mentre cenavo a casa di un amico, si sentivano dei rumori secchi (crack, crack). Incuriosito, dopo un po ho incominciato a guardarmi intorno e ho visto uno dei cani di casa, un maremmano, che prelevava le nocciole da un vassoio posto su un tavolino molto basso, le spaccava coi denti e se le mangiava. I proprietari mi hanno raccontato che anche loro erano rimasti sorpresi, anche perch inizialmente non riuscivano a capire lorigine del rumore, finch non hanno scoperto che il cane rubava le nocciole e poi, forse per non destar sospetto, se ne andava a spaccarle in unaltra stanza dove hanno trovato una quantit di gusci. Adesso tutti i cani della casa mangiano le nocciole. Allora ho commissionato uno studio presso i miei amici. Il risultato che tutti i cani, pur apparentemente non potendo sentire alcun odore specifico, nel giro massimo di un paio di giorni, e quindi con tempi diversi, imparano a mangiare le nocciole. Idem per le noci. chiaro che, non essendo i cani provvisti di specifiche istruzioni innate su come rompere il guscio di noci e nocciole, contrariamente agli scoiattoli, ai ghiri e ai moscardini, in questo interessante caso non pu che trattarsi della scoperta di un singolo (forse stimolata da qualche comportamento umano), che stata poi trasmessa culturalmente agli altri individui. daltronde interessante il fatto che, come stato evidenziato, nella maggioranza (85 per cento) dei casi, di fronte a problemi di difficile soluzione, i cani guardano in faccia il padrone ed in vario modo gli si rivolgono sperando in un suo aiuto. E se poi il padrone una dritta gliela d, loro sanno come approfittarne. Ma anche di ci avr ancora occasione di parlare, quando, tra poco, raffronter la mente sociale del cane a quella autonoma del gatto. C poi, tra i tanti, un altro fenomeno che pure ha a che fare con la trasmissione sociale di informazioni e che, verosimilmente, potrebbe suggerire lesistenza anche nei cani di quei neuroni specchio presenti e attivi nei primati, o almeno di qualcosa di funzionalmente analogo. Il fenomeno quello che gli etologi chiamano facilitazione sociale e, per i cani, il caso meglio conosciuto e facilmente evidenziabile si ritrova in quelli da ferma, come i pointer, i setter, i bracchi e gli spinoni. la cosiddetta ferma da consenso, che consiste nel fatto che, se un gruppetto di questi cani percepisce, anche piuttosto lontano, uno di loro che, individuata una preda, la sta fermando, subito anchessi si mettono in ferma. Che poi sarebbe quella posa che non a caso diciamo statuaria, dato che tanti scultori lhanno nei secoli fissata nel marmo o nel metallo. Eccoci cos giunti al punto 4, che si riferisce allintreccio tra cognizione ed emozioni. E, a proposito di queste ultime, penso sia utile che inizi con qualche considerazione di carattere generale. La nostra specie, quando si tratta di emozioni, ha infatti idee contraddittorie. Innanzitutto ritiene, e spesso non a torto, che vadano in qualche modo controllate. Che se prevale la ragione meglio. Ci perch questultima, rispetto agli impulsi dettati dalle emozioni, risulta pi equilibrata, sensata e ponderata. E ci sarebbe ben poco da argomentare, fin qui, almeno in teoria. Andiamo per avanti col ragionamento, che - spesso e volentieri prosegue cos: se lasciassimo prevalere le emozioni daremmo spazio alla nostra animalit, ai nostri istinti, a quel tocco di bestiale che purtroppo ancora ci portiamo dentro. E qui s che ci sarebbe da obiettare, ma la vera contraddizione, a ogni modo, questa: che, se da un lato vediamo nel comportamento emozionale un che di animalesco, dallaltro non raramente pensiamo, con risultati catastrofici per quanto concerne il nostro rapporto con le altre specie, che lemotivit sia una nostra esclusiva prerogativa. Ancora molta gente, infatti, si stupisce che gli

animali provino emozioni. Sentimenti quali affetto, amore, rabbia e paura sarebbero soltanto nostri. E loro, gli altri animali, praticamente automi. E pensare che, per farsi unidea delle capacit emotive non umane, basterebbe possedere un cane e starselo un poco a osservare... Gi, perch una delle principali fonti di informazione sullesistenza e la qualit delle emozioni animali sta proprio nel fatto che esse, in particolar modo nelle specie pi sociali, vengono espresse a livello facilmente percepibile. I sentimenti - che nascono allinterno, che hanno fondamenti neuro-fisiologici - lasciano infatti, anche per motivi squisitamente comunicativi, tracce palesi nei comportamenti. da ci, del resto, che nasce, quando nasce, lempatia. Detto ci, ritengo istruttivo riportare la e-mail che, per la cronaca, ho ricevuto esattamente il 10 marzo 2010: Gentile Professore, mi rivolgo a Lei per avere un parere qualificato circa una domanda che si posto mio figlio di 9 anni e mezzo (quarta elementare): Gli animali provano dei sentimenti?. Questo il quesito che ci si posti a scuola e in famiglia. Io e mio marito sosteniamo che gli animali (dotati di intelligenza quali scimmie, delfini, cavalli, cani, gatti ecc.) possono provare dei sentimenti, mentre linsegnante di nostro figlio ritiene che non avendo unanima, gli animali sono incapaci di provare dei sentimenti. Lei cosa ne pensa? possibile che di fronte alla morte di un cucciolo una mamma animale possa provare qualcosa di simile a quello che proverebbe una mamma umana? Se la paura un sentimento, gli animali provano paura? Le sar infinitamente grata se ci aiuter a chiarire i nostri dubbi. Con stima... La lettera, cos pacata ma insieme cos sconvolgente, era ovviamente firmata e proveniva da una grande citt del nostro Nord. Io credo, o almeno spero, con la mia risposta daver aiutato chi lha scritta, e soprattutto quel ragazzino di 9 anni e mezzo, a chiarire i loro dubbi. Ci che mi chiedo, e chiedo a tutti voi, questo: mai possibile che qualcuno, osservando il comportamento del proprio cane, possa avere dei dubbi sui suoi sentimenti, sulle sue capacit emotive? Non risultano forse evidenti, osservando un cane, di volta in volta la sua gioia, la sua paura, la sua curiosit, la sua aggressivit, la sua incertezza? Quellincertezza che nasce dallinterno conflitto tra, per esempio, curiosit e paura? Eppure, purtroppo, dobbiamo risponderci che s, che possibile, e ci perch noi esseri umani siamo cos condizionati dalla nostra cultura, che non sempre una buona cultura, e cos, se fin da piccoli veniamo indottrinati in modo sbagliato, la forza di questo indottrinamento ingannatorio pu renderci ciechi. Incapaci, cio, di guardare i fenomeni della natura, e non solo della natura, con occhi attenti e mente aperta. Libera, soprattutto, da offuscanti pregiudizi. Ma c di pi perch, a far capo dallo splendido e ottocentesco Lespressione delle emozioni nelluomo e negli animali di Charles Darwin per arrivare fino al

recentissimo La vita emozionale degli animali di Marc Bekoff, una raccolta straordinaria di dati scientifici sullargomento a disposizione di tutti noi, se solo vogliamo essere informati. Detto ci, e per venire al punto, che poi sarebbe quello dellintreccio tra cognizione ed emozioni, esso decisamente presente, e sempre si fa sentire, sia nella nostra specie che in quella canina. Mi piace, a questo proposito, citare la significativa frase di Alfred Tennyson, lottocentesco poeta inglese, che cos ebbe a confessare: La scuola nulla mi ha insegnato, non avendo nutrito il mio cuore. Ebbene, esattamente la stessa cosa avviene con i nostri cani, a cominciare da quando entrano, cuccioli indifesi e un poco spersi, nelle nostre case. Loro sono nati per apprendere, prima dalla madre e poi, essendo animali domestici, da noi. Ma ogni istruzione, ogni informazione, dovr necessariamente passare attraverso il canale affettivo. E se loro saranno cani buoni e intelligenti oppure no dipender solo da noi. Anche perch, sempre e comunque, un animale spaventato non apprende nulla.

Viaggio nella mente del cane (e dintorni).


Raccontando lesperimento del detour, dopo che il cane cera rimasto male perch il bocconcino era finito fuori dalla sua portata, ho continuato affermando che comunque sapeva quasi subito risolvere il problema girando, appunto, attorno a una delle due pareti di plastica. Anzi, non ho scritto quasi subito, ho preferito scrivere dopo un piccolo spazio temporale su cui dovr tornare. Ebbene, questo il momento di tornarci su, su quel misterioso spazio, e spiegare cosa mai succede in quel piccolo intervallo temporale. Ricordate? Allora parlavo della mente del cane raffrontata a quella umana; ora invece mi utile confrontare la mente del cane con quella del gatto. facendo cos, e cio passando dalluna allaltra specie, che capiremo veramente come funziona la mente del cane. C, infatti, una sostanziale differenza tra il comportamento del gatto e quello del cane di fronte al problema del detour. Il gatto, semplicemente, dopo quel fatidico ci resta male risolve subito il problema; il cane, invece, quasi subito. E sapete cosa fa in quel piccolo spazio temporale che si piazza tra il ci resta male e lesecuzione del detour? Ricordo al proposito un esperimento filmato alluniversit di Lipsia, dove si vedeva un bel labrador che, avendo seguito il bocconcino che, trascinato dalla solita cordicella, gli sfuggiva davanti fino a mettersi al di l dellinvalicabile ostacolo, poi se ne stava fermo come un salame semplicemente uggiolando, muovendo incerto la coda e, soprattutto, puntando il muso dove intuiva fosse nascosto loperatore, che ovviamente non poteva, secondo la norma sperimentale, fornirgli alcuna indicazione. Quel labrador, era palese, stava chiedendo un aiutino. Perch cos lavora la mente sociale del cane. La sua primaria strategia di soluzione di problemi infatti di vedere un po cosa gli comunicano gli altri membri del gruppo. E sempre le solite parole vengono in mente: collaborazione, coordinamento, altruismo. E potrei anche usarne unaltra: gerarchizzazione. Il cane infatti, in presenza di esseri umani, si aspetta sempre un ordine, per dolce che sia. Guardando quel labrador, infatti, si aveva chiara la sensazione che non si

fosse nemmeno posto il problema, ma che piuttosto sattendesse da quellessere umano al di l dellapparato unindicazione che in qualche modo gli dicesse: certo, gira intorno, di l. Come con ogni probabilit sarebbe successo se non si fosse trattato di un esperimento. Che il cane sappia sbrigarsela anche da solo di fronte a problemi di detour ampiamente provato, ma per molti cani la soluzione autonoma solo la seconda opzione, quella che viene subito dopo aver tentato con lausilio sociale. Daltronde come potrebbe stare al mondo un animale come il lupo, da cui il cane direttamente deriva, se non potesse districarsi nel complesso territorio in cui vive? Le mappe mentali sono ovviamente il suo forte, e sa fare questo e altro. Vivo a Venezia ormai da una ventina danni e questa meravigliosa citt , si potrebbe dire, un laboratorio naturale per esperimenti di detour, con i suoi tanti canali e i suoi pochi ponti. un divertimento stare a vedere come gli ormai pochi cani lasciati liberi sappiano districarsi facendo percorsi complessi semplicemente per raggiungere qualcosa che si trova a pochi metri da loro, ma sullaltra riva, al di l di un canale. La faccenda pertanto semplice: il cane ha una mente sociale, il gatto ne ha una individuale, autonoma. Ragiona di pi con la sua testa, il gatto. E, come sempre, le spiegazioni vanno ricercate nella storia evolutiva. Perch se il cane deriva dal lupo, per cui la muta tutto, il gatto domestico deriva dal solitario e scontroso gatto selvatico. Meraviglioso e misterioso personaggio che fa sempre tutto da solo. Detto ci, non si deve per neanche credere che il cane, al di fuori da ogni socialit, sia un incapace. Tuttaltro. Ho assistito a tanti esperimenti in cui si chiedeva, in parallelo, la soluzione individuale di un problema a un cane e a un gatto. Ebbene, quasi sempre il confronto finiva in parit. Ricordo lesperimento in cui si chiedeva a questi animali di riuscire a ottenere un bocconcino irraggiungibile traendo verso di s un tappetino, su cui il bocconcino era posato, con le zampe anteriori. Volendo, e in mancanza di meglio, un semplice caso da risolvere per tentativi ed errori. Ebbene, sapevano risolverlo egregiamente ambedue le specie, anche se ho notato nel cane una maggiore irruenza, nel gatto una maggior tendenza ad una cauta ispezione preliminare, direi quasi alla meditazione, alluso del pensiero. In altre parole, il cane (era un bassotto) cominciava subito, con irruenza, a fare mosse come se volesse scavare; poi, notato che cos facendo il tappetino si spostava, comprendeva rapidamente la soluzione ed il suo comportamento diveniva subito mirato nella sua intenzionalit. Quanto al gatto, il primo approccio era quello di girare intorno allapparato che impediva lestrazione, poi timidamente toccare il tappetino con una zampa facendolo muovere e, anche in questo caso, scattava in fretta lilluminazione. Insomma, il risultato era il medesimo, ma la strategia no, anche se bisogna dire che forse, se invece di un bassotto si fosse trattato di un cane di unaltra razza, un cane un po pi calmo e pensoso come potrebbe essere un golden, un labrador, un terranova, forse il risultato sarebbe stato diverso. O forse anche se si fosse usato un cane maturo, ricco desperienza. Ma ci, in quelloccasione, non venne fatto. Sempre a proposito di mente canina, pi o meno sociale, pi o meno attenta, cio, a guardare ci che fanno altri individui, umani o canini, esistono due interessanti ricerche di Sarah Marshall-Pescini e collaboratori (Agility and search and rescue training differently affects pet dogs behaviour in socio-cognitive tasks e Does training make you smarter? The effects of training on dogs performance in a problem solving task, ambedue pubblicate in Behaviour al

Processes) che chiaramente dimostrano come lattenzione per gli altri dipenda anche, e non poco, dalle esperienze vissute. Lattenzione alla ricerca di esempi positivi pu crescere o diminuire a seconda delle competenze individuali acquisite o, in alternativa, dal frutto ricavato tenendo docchio il comportamento di altri esseri. Ora, dopo tutta questa scienza, consentitemi di raccontarvi un aneddoto personale. Passeggiavo per una calle veneziana preceduto da Orso, il mio vecchio cane. Era tre o quattro metri davanti a me e stava pensando agli affari suoi quando, dun tratto, s messo a fiutare laria. Ha alzato la testa, s sollevato sulle zampe posteriori poggiandosi a un muro e come se niente fosse ha scovato, sul davanzale di una finestra del pianterreno, un pezzo di pizza abbandonato. Sono fantastici i cani, quanto a olfatto sentono tutto. Mentre Orso masticava, il piccolo episodio mha fatto ripensare a cosa deve aver significato, per una specie come la nostra, il loro addomesticamento. La nostra specie di allora, intendo, cio quando gli uomini vivevano tutti una vita da cacciatori-raccoglitori. Immensa devesser stata la differenza tra lavere o il non avere un cane come compagno di caccia. A parte il fatto che la preda la inseguiva e la fermava, cera, in quel miglior amico appena scoperto, il plusvalore dun olfatto strepitoso, che percepiva la selvaggina da segnali minimi e poi la sapeva stanare anche seguendo piste veramente flebili. Lavere acquisito luso di quel supernaso signific, per quegli uomini che vivevano di caccia, una moltiplicazione straordinaria della loro produttivit. La nostra evoluzione biologica ci aveva infatti costruito provvisti di unottima vista e dun udito eccellente ma, quanto a naso, decisamente scarsi; laddomesticamento del lupo ci regal, tra le altre cose, anche il servizio di un organo insieme raffinato e potente. Usando le parole della scienza: eravamo per natura microsmatici, la cultura ci ha reso, per mediata persona (lex lupo), macrosmatici. Storia vecchia, quella, ma non finita. Faccio un salto di ben pi di diecimila anni e considero il cane nellattualit. Il che vuole dire, oltre che dellolfatto, parlare anche della sua specialissima mente. Perch luomo, regalandosi il cane, non ha solo acquisito un olfatto strepitoso ma, potrei dire, un olfatto intelligente e collaborativo. Perch questo , nel senso pi generale, il cane. M capitato recentemente di seguire il lavoro di un cane poliziotto che doveva scegliere, tra numerosi oggetti, di cui alcuni messi come controllo, quello effettivamente usato da un uomo nel corso di unazione delittuosa. Per spiegarmi meglio: uno scassinatore aveva abbandonato sul luogo del delitto quellarnese metallico che si chiama piede di porco, essenziale ferro del mestiere per chiunque faccia quella professione non proprio nobile. Occorreva dimostrare che le tracce odorose lasciate erano di quelluomo. Cos una serie di ferri analoghi era stata proposta al cane, un bellissimo pastore tedesco tipo commissario Rex. Naturalmente, tra questi, era celato anche quello incriminato. Il cane, dopo aver fiutato qualcosaltro maneggiato dal sospetto, aveva il compito di scegliere tra quei ferri, se mai cera, quello che portava la medesima traccia odorosa. La traccia cera e il cane, in una serie di prove successive, mai sbagli nellidentificare lattrezzo incriminato. E fin qui tutto bene, anzi benissimo, perch aveva fatto il suo lavoro. Cera qualcosa in pi, per, osservando il rapporto tra quel cane ed il suo addestratore (ma potrei anche dire, pi semplicemente, il suo padrone). Cera un palese desiderio di collaborare, cera divertimento. Cera, infine, il piacere della carezza ricevuta. E questo il cane, perch a lui piace lavorare in gruppo, se possibile gioiosamente, e soprattutto gode se lodato.

Perch il cane, appunto, un animale socialissimo. Lo , si potrebbe dire, per necessit, proprio perch discende dal lupo e questo animale selvaggio si realizza soltanto allinterno della sua muta. Ogni sua azione comunicata, condivisa, coordinata. Basterebbe guardarlo mentre preda. Ognuno recita la sua parte, dallidentificazione della vittima designata allinterno della mandria di erbivori allaccerchiamento, allattacco, alla spartizione della carcassa. Se poi, dalla predazione lupesca, si passa al lavoro del cane da pastore, ben poco cambia. Il rapporto, in questo caso, tra un uomo e, a seconda dei casi, uno o pi cani, ma il comportamento di questi ultimi per buona parte omologo a quello dei lupi predanti. Ed una storia piuttosto interessante, questa. Dir del border collie, uno dei cani da guida del gregge pi noti. Il border, quando guida le pecore, si atteggia in un modo caratteristico che gli etologi hanno riconosciuto come un comportamento predatorio bloccato nella sua fase iniziale. Esattamente quello dellantenato lupo quando cautamente si avvicina alla preda, le gambe un po piegate, la coda bassa, lo sguardo attento e fisso. Tale atteggiamento funzionale alla guida delle pecore perch queste lo colgono e, in risposta, si compattano luna accanto allaltra. Una risposta di difesa antipredatoria. Il cane cos pu, con piccoli movimenti, guidarle senza mai venire in contatto fisico col gregge. I pastori, infatti, dicono che il border collie guida le pecore semplicemente con lo sguardo. E fin qui vi ho detto del rapporto tra pecore e cane, basato su comportamenti e messaggi per buona parte innati e su ci ritorner scrivendo di evoluzione delle razze, ma la mente del cane, la sua consapevolezza, la sua intelligenza, la sua capacit di cogliere segnali e di eseguirli, emerge nel rapporto col padrone. Perch questultimo che comunica al cane le istruzioni su cosa deve fare. Usa di norma parole oppure fischi e pertanto si potrebbe in definitiva affermare che il border collie addestrato conosce, oltre a quella canina, due altre semplici lingue, ciascuna fatta di sei parole o, in alternativa, di sei fischi. Esattamente: una parola (o fischio) che significa guarda dietro, utile per verificare se qualche pecora s allontanata dal gregge; una seconda (o fischio) che significa vieni qui, una terza (o fischio) che significa vai da destra a sinistra; una quarta (o fischio) che significa vai da sinistra a destra; una quinta (o fischio) che significa muoviti adagio; una sesta (o fischio) che significa frmati. Il border collie, in fin dei conti, come se fosse una centralina che da un lato sta in contatto, piuttosto istintivamente, con le pecore, dallaltro riceve comunicazioni dal padrone. Comunicazioni, o se volete ordini, che poi mette prontamente in atto. Ed in questa seconda parte comunicativa che salta fuori tutta lintelligenza, la capacit di apprendimento, la straordinaria socialit del cane.

Padrone, questa notte ti ho sognato.


I cani non usano parole umane, ma se le usassero, una frase cos forse il mio Orso potrebbe anche concepirla, pensarla, comunicarmela. Fantasia? Certo, fantasia, pura fantasia. So per che luniverso canino piccolo, un mondo in cui si muovono pochi personaggi, alcuni dei quali, tra laltro, molto amati, soprattutto molto presenti nei loro pensieri. inoltre un mondo, solitamente, di pochi luoghi, di cui per i cani san tutto e tutto ricordano, anche a

distanza di grandissimo tempo. Anche perci tanto ci stupisce la loro imbattibile memoria. Poi, a rendere la mia fantasia un poco verosimile, c di pi: i cani sognano. Vediamo dunque cosa si sa, in generale, su questo affascinante argomento. Praticamente tutti gli animali dormono, ma non tutti sognano. Se sognare essere svegli altrove, come ormai appurato, occorre infatti che questo altrove esista, e non pu essere che in quellessenza vaga ma concreta che convenzionalmente chiamiamo mente. Sognare pertanto unesperienza che condividiamo con altri animali, tra cui i nostri domestici. Ma se ogni essere umano ha esperienza dei propri sogni, ricordando le avventure che ha vissuto, i sentimenti che ha provato in quel mondo mentale staccato e misterioso, per conoscere qualcosa delluniverso onirico delle altre specie occorre percorrere differenti tragitti. Chi possiede cani sa bene che questi ogni tanto si agitano nel sonno, ringhiano o scodinzolano o, ancora, guaiscono. Accennano a movenze che alludono a giochi, aggressioni, predazioni. La deduzione, per la gente comune, scontata: stanno sognando. Questa la strada del buon senso: luso a fiuto delle analogie. Esistono per, a consolidare le nostre certezze, altri approcci conoscitivi e, dato che trascorso poco pi di mezzo secolo - era il 1953 - da quando Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman annunciarono la scoperta del sonno REM (Rapid Eye Movement), il sonno di quando si sogna, tanto vale partire da questo importante fenomeno, anche perch lalternarsi tra veglia e sonno viene riflesso dal tracciato elettroencefalografico. Ebbene, i due studiosi descrissero la comparsa, raggiunto il sonno pi profondo, del tipico tracciato dellattenzione; contemporaneamente, sotto le palpebre abbassate, gli occhi si muovono rapidi. Se, a questo punto, svegliamo il soggetto dormiente, questi ci informa che stava sognando. E il fenomeno non solo umano. Oltre ai cani, anche i gatti, le scimmie e tanti altri mammiferi e uccelli effettivamente presentano, mentre apparentemente stanno sognando, i movimenti oculari e lelettroencefalogramma di quando si sogna. Eppure durante il sogno il sonno profondo. Cade completamente il tono muscolare e, pur manifestandosi lattivit cerebrale tipica dellattenzione, il risveglio dovuto a stimoli esterni difficile. come se, mentre sogniamo, fossimo svegli altrove. Chi sogna, pur essendo dissociato dal suo ambiente, concentrato su immagini immagazzinate nella memoria. Una recente modalit dindagine che consente addirittura di esplorare il contenuto stesso dei sogni la registrazione in vivo dellattivit neuronale. Ci pu attuarsi con la PET (Tomografia ad Emissione di Positroni) e altre tecniche non invasive o scarsamente tali, comunque mai dolorose, che evidenziano lattivazione o meno dei neuroni deputati a un comportamento specifico, nelle fasi REM e nREM (sonno senza sogni). Palese lutilit di questo tipo di analisi per verificare come anche certi animali vivano nel sogno esperienze che possono essere precisamente identificate, anche perch corrispondenti ai comportamenti che in parallelo possono essere osservati. Pur essendo i progressi scientifici relativi allattivit onirica considerevoli, ancora non esiste una vera concordanza dopinioni sul significato e la funzione dei sogni. C chi prospetta uninterpretazione funzionale, associando sogno e memoria, e si fonda su certi esperimenti davvero interessanti che dimostrano

come certi animali ripassino consolidandole le informazioni che hanno appena appreso. Per esempio i diamanti mandarini, che sono dei piccoli uccelli passeriformi, memorizzano sognando i motivi in cui si sono cimentati il giorno prima; mentre i ratti, quando dormono, ripercorrono il tragitto del labirinto in cui da svegli hanno tentato di orientarsi. C poi unaltra ipotesi, detta non adattativa, che considera invece i sogni come dei semplici residui, totalmente privi dogni funzione, dellattivit mentale svolta durante la veglia. Detto delle due ipotesi interpretative, cui i proponenti, com ovvio, rimangono molto attaccati, c da aggiungere che, verosimilmente, esse possono benissimo convivere, nel senso che, di volta in volta, pu prevalere, nel sonno REM, la funzione adattativa oppure laltra. Il fatto cio che i sogni, talora, non abbiano alcun manifesto significato funzionale. Nidiacei e cuccioli dormono pi degli adulti, soprattutto se nascono immaturi: un cagnolino od un gattino di una settimana trascorrono in fase REM il 90 per cento del tempo. Prede facili hanno brevi fasi REM, dormono a intervalli e complessivamente meno dei carnivori o di animali di grossa taglia, che presentano fasi consistenti di sonno REM. Specie molto immature alla nascita conservano anche da adulti lunghe fasi REM. Balene e delfini, che hanno uno dei pi elevati rapporti encefalo/massa corporea e grandi prestazioni intellettive, ma partoriscono piccoli gi maturi, hanno fasi REM molto ridotte o assenti (solo 10 minuti su 10 ore di sonno in Tursiops truncatus). Tra i mammiferi, il campione di sonno REM il primitivo ornitorinco (8 ore di sonno REM su un totale di 14). Nellopossum, un marsupiale che partorisce piccoli molto immaturi, le fasi REM rappresentano un terzo delle sue 18 ore di sonno. La specie umana su 8 ore di sonno ne presenta 2 in fase REM. Se avete trentanni e siete nella media avete sognato per circa 1000 giorni, cio due anni e mezzo della vostra vita.

I cani comprendono le parole, i gesti, le espressioni.


Fino a pochi anni fa non lavevo notato, poi ho cominciato a badarci. vero, se un cane vicino al padrone non fa che guardarlo in viso. Alza continuamente il muso e ne studia lespressione. A farmi fare questa in verit piuttosto dilettantesca osservazione stato un filmato e, soprattutto, una ricerca (ambedue di qualche anno fa) con cui sera dimostrato in modo stupefacente che i cani sanno interpretare, con grande raffinatezza, gli sguardi dei loro padroni. Era cos possibile dare indicazioni ammiccando o muovendo gli occhi nelluna o nellaltra direzione. Questa scoperta, tra laltro, dette il via a tanti altri esperimenti, che permisero di appurare come i cani sappiano usare anche altre nostre indicazioni. Scoprire per esempio un cibo nascosto se a segnalarlo un dito puntato od un movimento del capo. E, sempre a proposito di movimenti del capo, apprendono facilmente che, se lo muoviamo orizzontalmente, vogliamo dire no, se verticalmente, s. Lultima ricerca - almeno finora - pubblicata su Animal Cognition (gennaio 06) da J. Riedel, D. Buttelmann, J. Call e M. Tomasello dellistituto Max Planck di Lipsia, focalizza lattenzione su un aspetto diverso, seppure collegato: luso comunicativo che, questa volta, pu assumere un oggetto usato dalluomo per fornire indicazioni. Gli autori hanno compiuto esperimenti su sessantaquattro individui, in

parte meticci e in parte di varie razze, evidenziando che i cani possono effettivamente comprendere il contenuto simbolico di un oggetto (nellesperimento si trattava di una spugnetta) arbitrariamente scelto. Ci avviene sia che:

 loggetto venga mostrato contemporaneamente allindicazione, fatta puntando un dito nella direzione in cui il cane deve andare a cercare il cibo;  il cane veda laddestratore deporre loggetto dove il cibo era stato in precedenza nascosto;  lanimale scopra la semplice presenza delloggetto.
Non occorre molto insegnamento, insomma, perch un cane percepisca, attraverso lesperienza, il contenuto informativo di un certo oggetto. A complemento e ampliamento di quanto detto fin qui, mi piace citare anche due casi assai speciali documentati in un filmato, realizzato con la consulenza dello stesso istituto Max Planck e delle universit di Kiel e di Budapest, dedicato alle capacit cognitive di cani e gatti (Hund oder Katze - wer ist klger?). Il primo offre ulteriori informazioni relativamente ai messaggi provenienti dallo sguardo umano. Alcuni cani (pochi per la verit) possono addirittura raggiungere la consapevolezza che, se laddestratore ha gli occhi chiusi, non pu vederli. A questo punto, dopo essere passati attraverso un evidente (e piuttosto divertente) conflitto motivazionale, vanno, disubbidendo a un inequivocabile ordine, a prendersi un bocconcino posato in bella vista sul pavimento. In parole povere approfittano del vantaggio di sapere di non essere pi sotto lattento controllo visivo del padrone. Il che, chiaramente, non cosa da poco ma daltronde, ormai lo sappiamo, anche la mente canina tuttaltro che cosa da poco. Consentitemi, comunque, di raccontarvi nel dettaglio quel curioso conflitto motivazionale cui va incontro il cane sapendo che il padrone, avendo gli occhi chiusi, non pu vederlo, e cos prende il coraggio a quattro zampe e decide di disubbidire. Provo a descrivere la scena anche se, certo, vedere il filmato unaltra cosa. Comunque il cane, un grosso meticcio, l, seduto. Glielha chiesto la sua padrona. E anche questultima l, a due passi, piazzata su una seggiola. Se ne sta, stranamente, con gli occhi chiusi e il cane se n reso conto. Poi, un po pi in l, c - ce lha messo la padrona-addestratrice - un ghiotto bocconcino che il cane guarda con lacquolina in bocca. Perch sa anche, perfettamente, che gli stato ordinato di non muoversi. E lui un bravo cane e di solito ubbidisce, ma questa volta sa che la padrona non pu vederlo. Che fare allora? Andare, disubbidendo, a mangiarselo, oppure no? Lincertezza (il conflitto motivazionale) evidente: il cane continua a spostare lo sguardo dalla padrona al bocconcino. Non sa proprio che fare. Si gratta un po ( quella che gli etologi chiamano unattivit di sostituzione), poi si alza in piedi, si sposta di poco in direzione del bocconcino, tenendo per, continuamente, docchio la padrona. Poi si risiede, riprende a grattarsi. Un poco di saliva gli cola dalle labbra. Controlla per lennesima volta gli occhi della padrona, che sono sempre chiusi. Infine, di colpo, prende la decisione: salza - scodinzolando un poco - e con quattro passi veloci raggiunge quella golosit e rapidissimamente linghiotte. Fine del conflitto. Ha vinto la gola, ma il cane sa bene di averla fatta grossa. Basta vederlo come sallontana mogio. E qui, logicamente, dovrei parlare anche di senso di colpa, tema che, vedrete, mi mette sempre in difficolt. Ma questo lo imparerete pi avanti.

C una continuazione a questa storia del cane che sapeva se gli occhi della sua padrona-addestratrice erano aperti oppure chiusi, e cosa ci avrebbe potuto significare. A forza di guardare il filmato mi sono infatti accorto, seppure con un ritardo un poco fastidioso, del momento preciso in cui il cane risolve il suo conflitto motivazionale e decide di fare la monellata. Facile in realt, perch in quel momento che salza in piedi per avvicinarsi al bocconcino e mangiarselo. Ma soprattutto in quel momento che inizia a scodinzolare. Una scodinzolata breve, pochi secondi, ma come se il cane, in quellistante, avesse pensato: vada come vada ho deciso, che sollievo! E, appunto, a sottolineare il sollievo per la soluzione del conflitto, la scodinzolata. C dellaltro per, perch ormai sappiamo che i cani hanno due modi per scodinzolare: lo hanno dimostrato nel 2007 tre studiosi italiani, A. Quaranta, M. Siniscalchi e G. Vallortigara, e pubblicato su Current Biology con il titolo Asymmetric tail-wagging responses by dogs to different emotive stimull. Si tratta di questo: lo scodinzolare dei cani rivela le loro emozioni. Se la coda vira leggermente a destra perch il cane tende ad avvicinarsi bonariamente a qualcosa o a qualcuno, mentre se vira a sinistra indica la presenza di una componente di paura, come in presenza di un possibile pericolo. Tale differenza, ovviamente, segnala in questi animali lesistenza di unasimmetria funzionale tra i due emisferi cerebrali. Saputo di questa scoperta, m venuta, ovviamente, una gran voglia di riguardare il filmato per cercare di capire se quel cagnone scodinzolasse destro oppure mancino. Considerata la monellata appena fatta ci sarebbe stato da aspettarsi, immagino, il viraggio verso sinistra, e cio un piccolo segno di paura. E cos ho guardato e riguardato, ma quel filmato, chiaramente, ripreso comera da un lato, non mha regalato alcuna certezza. Ho poi discusso, recentemente, con Giorgio Vallortigara, e lui assai gentilmente mi ha spedito alcuni filmati originali dei loro esperimenti, dove tutto si vede benissimo, e si comprende. Cos, almeno, grazie a Giorgio posso ora regalarvi questinformazione in pi riguardo allo scodinzolare dei cani. E, se volete, anche questa curiosit (sempre suggerita da Vallortigara): i cani sapranno cogliere la differenza osservando questi due modi di scodinzolare? Lasimmetria tra gli emisferi ha cio prodotto due differenti segnali comunicativi? Secondo me, ma tiro un poco a indovinare, o questa capacit discriminante comparsa nel lupo, e il cane lha semplicemente ereditata dallantenato, oppure niente da fare. Mi risulta infatti difficile pensare che nei quindicimila anni da quando avvenuto laddomesticamento, e sotto le sempre pi forti pressioni selettive prodotte dalluomo, abbia potuto evolversi una capacit comunicativa insieme cos raffinata e cos poco utile per luomo stesso. Staremo a ogni modo a vedere, perch gli studiosi del comportamento canino stanno lavorando a pieno ritmo, in questi ultimi anni. Eccovi ora il secondo caso di un pastore belga che ha appreso a mostrare al padrone oggetti simbolicamente rappresentanti certe sue necessit (voglio uscire, voglio giocare, voglio bere, sono stanco: voglio smettere di lavorare). Ma questo solo linizio, perch, una volta compreso questo sistema comunicativo, lo straordinario animale, sorprendendo tutti, prese sua sponte questa incredibile iniziativa: scelse un oggetto (un contenitore per pellicola fotografica) per comunicare qualcosaltro, e cio la sua incapacit ad eseguire un ordine. Ormai normalmente mostra al padrone il contenitore se un ordine lo mette in imbarazzo.

Un esempio: se il padrone gli dice di portargli le chiavi e lui saccorge che non pu raggiungerle perch sono localizzate troppo in alto, gli porta invece il contenitore. E, lha imparato, anche una richiesta di aiuto. Che quelloggetto possa essere in qualche modo analogo a una parola non potrei affermarlo con certezza, immagino che dipenda, come sempre, dalla definizione che si ha in mente. comunque straordinario che quel minimo lessico familiare sia stato ampliato per iniziativa dello stesso cane. Infine, considerando in unottica comparativa le sopradescritte capacit, gli studiosi hanno evidenziato che, mentre i cani, anche se cuccioli, sanno facilmente e pressoch spontaneamente comprendere le indicazioni provenienti dalla nostra mimica e dai nostri sguardi, ci risulta sempre difficile, spesso impossibile, non solo per gatti, scimpanz ed oranghi, ma perfino per i lupi, che pure dei cani sono i diretti progenitori e sono anchessi socialissimi. Eppure la speciale attitudine a unattenzione mirata allespressivit del nostro volto si sarebbe evoluta solo dopo laddomesticamento, in funzione della nuova socialit che da allora ci coinvolge. Perci ci guardano in faccia. E ci capiscono. Affrontiamo, ora, labilit che il cane pu acquisire di comprendere parole umane. Trattando della mente canina, ho gi anticipato del piccolo vocabolario (solo sei parole) necessario al cane da pastore perch possa fare il suo intelligente mestiere. Dir ora di Rico, anchesso un cane da pastore, un border collie che, stato dimostrato coi crismi della scienza, comprende in modo qualitativamente ben pi raffinato, e quantitativamente ben pi considerevole, il significato delle nostre parole. veramente bravo spiega Julia Fischer dellistituto Max Planck di Lipsia, che lha studiato, perch capace di imparare in fretta i nomi nuovi delle cose che gli mostro. Apprende associando il nome alloggetto che gli faccio vedere, esattamente come farebbe un bambino. Il suo vocabolario ha ormai raggiunto le duecento parole, ma si prevede aumenter. Sa effettuare collegamenti tra nomi e oggetti, scegliendoli tra molti altri che gli vengono contemporaneamente presentati. Comprende non solo parole, ma semplici frasi tipo Metti i giocattoli nella scatola o Porta il giornale al nonno. Largomento davvero affascinante, ragioniamoci un po. Rico, come sappiamo, un cane da pastore. Lho gi detto, nessun cane di questa razza potrebbe svolgere il suo complesso lavoro se non sapesse interpretare ordini che possono s essere parole, ma anche fischi, gesti, in ogni caso segnali con un preciso significato. Il cane da pastore, se losservate mentre lavora, sembra una centralina: riceve ordini e li trasmette al gregge, che esegue. Sa, per esempio, fare attraversare un ponte a un centinaio di pecore o suddividerle in gruppi, capace di isolare una pecora dalle altre, e cos via. Il fatto che il cane deriva dal lupo, un animale intelligente e sociale. Come potrebbe un lupo collaborare allinterno della muta, se non fosse in grado di percepire dai suoi simili segnali dai precisi contenuti? Certo, in questo caso non saranno parole, saranno segni assai diversi, ma a questo livello la differenza non poi cos importante. In verit ogni animale sufficientemente sociale non pu non avere abilit comunicative, e non mi riferisco solo a delfini, scimpanz e pappagalli. Penso anche ad api e formiche che pure, quanto a linguaggio, non scherzano. Mi viene

da commentare, parafrasando un vecchio modo di dire proprio del giornalismo: la zoosemeiotica, bellezza! Tornando al cane, che sappia associare suoni a oggetti o azioni rientra nelle sue capacit di apprendimento e sensoriali. Lo stesso vale per quella di comprendere, se ben addestrato, un consistente vocabolario di vere parole umane, anche perch possiede una memoria formidabile. Detto ci, sembrerebbe che gli esperimenti di Lipsia abbiano dimostrato una cosa ovvia, ma non affatto cos, perch quei risultati rappresentano unefficace via per penetrare nella mente canina. Se si ordina a Rico di prendere un oggetto semplicemente nominandolo, e il cane esegue lordine, ci infatti dimostra la sua capacit di raffigurarsi un oggetto non concretamente presente. Il che vuol dire che in grado di pensarlo. Dimostra inoltre, se sollecitato a ricuperarlo, di sapere proiettare il suo comportamento in un vicino futuro. Ma Rico sa fare di pi. Sa trarre logiche deduzioni, perch di questo si tratta quando, sentendo una parola che non conosce, va a prendere un oggetto ignoto tra i tanti noti che gli sono stati messi a disposizione. I cani associano dunque significati a parole (comunque a segni) come fanno i bambini piccoli. Questa la via normale per apprendere un linguaggio, ma se si tratta di quello umano allora questo rappresenta solo il primo passo, perch la nostra comunicazione complessa e piena di significati. I linguisti ci insegnano che loperazione del parlare decisamente pi raffinata di ogni altra forma di comunicazione. Implica elevate capacit, come luso della grammatica e della sintassi, nonch quella cognitiva di produrre concetti astratti e generalizzazioni, di cogliere sfumature simboliche e cos via. Assurdo aspettarsi che un cane sappia fare tutto ci, perch un cane non un uomo. Non possiamo dimenticarci che il lupo, da cui il cane deriva, ha percorso un tragitto evolutivo diverso, che lha reso adatto per un altro ambiente, unaltra vita. Il lupo, e con lui il cane, che pure un altro passo evolutivo con laddomesticamento lha compiuto, non sono dunque meno evoluti di noi, semplicemente lo sono in modo diverso.

E badi bene, il guinzaglio non un giocattolo!


Cos disse, anzi intim la brava allevatrice da cui andammo a prelevare Orso, appena compiuti i suoi tre primi mesi. Era una dolcezza bionda e un poco spersa, Orso. Quanto allallevatrice, che pure era una bellezza bionda, non era spersa per niente e tra le tante istruzioni che ci regal cera appunto anche questa, che , tutti direbbero, sacrosanta (nonch lapalissiana): il guinzaglio non un giocattolo! Gi, parole veramente sagge. Ma se, invece e disgraziatamente, a noi non piacesse per niente essere saggi? Cos per Orso il guinzaglio fu, devo ammetterlo un poco vergognandomi, soprattutto un giocattolo. Anche considerato il fatto che lui, nella sua lunga vita, stato, e felicemente continua ad esserlo, soprattutto libero. stato un male - ancora mi chiedo - aver mantenuto, per questoggetto sicuramente utile, lambiguit gioco-non gioco? E, dopo tanti anni da quel fatidico giorno, ancora mi rispondo di no. Non fu un male perch Orso seppe fin da subito

comprendere, senza alcuna fatica, la duplicit duso di quello strano aggeggio che sempre ci accompagna nelle nostre passeggiate. Ed proprio questo, no?, il bello dei cani, che da loro si pu ottenere, e con facilit, molto di pi intellettualmente se non li si considera come semplici macchinette viventi, capaci solo di rispondere in maniera sensata associando risposte prefabbricate a premi o a punizioni. I cani hanno una mente assai fina, non dimentichiamolo, e ci li rende ben pi raffinati, complessi e affascinanti se gli insegniamo a usarla, la loro bella mente. Occorre darle spazio, per, fino da giovani. Farla esercitare e farla crescere. Farle acquisire anche responsabilit e autonomia. Anche coi cuccioli umani, del resto, occorre fare cos. Tornando a noi, Orso ha fatto in fretta e ha capito perfettamente quando il guinzaglio devessere solo un guinzaglio, e allora non si sogna di usarlo come gioco. Se glielo aggancio al collare, mentre stiamo passeggiando, non fa una piega. Per, siccome di solito mi segue, o mi precede, libero, quando saccorge che lo metto al guinzaglio si incuriosisce e si chiede cosa mai stia succedendo. Si guarda intorno e di solito capisce, e subito, il motivo. Motivo che pu essere: perch da qualche parte sta arrivando un vigile. E allora noi, col guinzaglio che ci unisce come se ci tenessimo per mano, facciamo finta di niente, come se veramente fossimo brave persone ligie al rispetto delle leggi. Non si pu, daltronde, continuare a combattere come Don Chisciotte, e nemmeno continuare a pagare (schei xe schei, dicono qui a Venezia) multe sempre pi salate. Oppure, altra possibile risposta, il guinzaglio gli viene agganciato perch stiamo per incontrare uno di quei cani che, poveretti loro, essendo stati sempre, appunto, tenuti al guinzaglio, sono cresciuti un po troppo aggressivi. Orso, con loro, pu comportarsi in due modi. O nemmeno li guarda, il che pi semplice per tutti, oppure emette la sua abbaiata dordinanza, per onore di firma si direbbe, e poi tira dritto come niente fosse. Quanto al guinzaglio inteso come gioco, a volte Orso che mi chiede di usarlo cos, e io se posso laccontento. E i giochi principali sono due: il primo che lo getto lontano e lui corre a prenderlo; laltro invece il classico tiro alla fune, che pure gli piace moltissimo. Ma il bello che, e ci mi d una grande soddisfazione, se gli dico adesso basta, finito, lui smette subito. Orso , a suo modo, un cane ben educato. Molto a suo modo, naturalmente. Dimenticavo una cosa: non di duplicit duso avrei dovuto parlare, perch ce n anche un terzo, di uso, per il nostro guinzaglio. Quando infatti stiamo per salire in vaporetto faccio passare la parte terminale del guinzaglio, cio la manopola, sotto il collare e questa, quando rispunta dallaltra parte, viene indossata dal muso di Orso. La maniglia, cio, recita la parte, con un po di buona volont da parte di tutti, marinaio incluso, della museruola. Sono certo che Orso non abbia mai capito - e come avrebbe potuto? - il vero significato di questo strano rito. A ogni modo non solo lo sopporta ma, rassegnato, quando sta per salire in vaporetto addirittura lui che volge il muso verso di me per facilitarmi nellopera. Chiss cosa pensa. Forse che la manopola messa cos significa: abbonato! Scherzo, naturalmente.

E, sempre a proposito di museruole (strumenti tra laltro tristissimi perch i cani normali mai dovrebbero sentire il desiderio di mordere) mi preme ricordarvi finalmente unistruzione pratica, da manuale del bravo padrone - che le museruole possono, se mal usate, trasformarsi in oggetti pericolosi. Per due motivi: il primo perch i cani per termoregolarsi usano soprattutto, quando c caldo, iperventilarsi. Devono cio respirare a pieni polmoni, con la bocca spalancata e con la lingua tutta bella esposta. Se invece hanno il muso costretto da una di quelle museruole dette a fettuccia, possono stare malissimo. Meglio usare quelle a gabbietta, che consentono di tenere la bocca spalancata. Il secondo possibile pericolo questo: un cane lasciato libero di vagare con la museruola pu sempre perdersi. Allora, per lui, questo aggeggio diventerebbe un guaio in pi, perch gli impedirebbe di nutrirsi e, soprattutto, di bere. Il lungo racconto sul guinzaglio inteso come oggetto polivalente e sulle potenzialit della mente canina ha lo scopo preciso di far da preludio alla descrizione di un comportamento molto importante per ogni cane, quello del gioco. Il cane infatti a giocare ci sta sempre, e niente gli piace di pi che giocare col proprio padrone. Pensate che, recentemente, molti addestratori di cani hanno sostituito il premio rappresentato dal tradizionale bocconcino col lancio di una pallina da tennis, perch giocare a rincorrere la pallina pu divenire una remunerazione ancor pi ambita di una leccornia. Fenomeno facile ed insieme difficile quello del gioco animale. Facile perch tutti noi, etologi e non, siamo convinti di capire, subito e sempre, quando un animale sta giocando. Difficile perch in realt non cos, e molti sono stati gli abbagli. Difficile, inoltre, perch il gioco un fenomeno complesso, dalle molteplici e non sempre chiare funzioni. In effetti - e questo sintomatico della nostra seppur parziale ignoranza - del gioco esistono varie teorie mentre, se fosse tutto chiaro, ne basterebbe una, che tra laltro non si chiamerebbe nemmeno cos. Come capire quando degli animali stanno giocando? La domanda sembrerebbe oziosa ma non lo perch, obiettivamente, analizzando, un modulo comportamentale dopo laltro, quello che fanno gli animali mentre giocano, semplicemente ritroviamo gli stessi comportamenti tipici di altre attivit, come la predazione, la lotta e cos via. Eppure, se osserviamo meglio, innanzitutto notiamo nel complesso una certa rilassatezza, una certa esagerazione nel manifestare i vari atteggiamenti, e ci soprattutto nella parte iniziale di questa ludica attivit. Il ritmo diverso, decisamente rallentato, e lente sono pure le singole movenze, come fossero riprese al rallentatore. Ed questa esagerazione, magnificazione e lentezza che, nel suo insieme, fabbrica un messaggio supplementare, modificante quello che era il significato originario. Si parla, allora, di metacomunicazione, e cio della capacit, che molte delle specie che giocano hanno, di emettere vari tipi di messaggi che qualificano diversamente, o meglio ancora specificano, quelli che sarebbero stati i messaggi originali. Cos certi animali quando giocano a fare la lotta assommano, o fanno precedere, al primo dei segnali aggressivi anche il metasegnale di gioco, che talora completamente separabile da quello successivo. un segnale a s che informa in modo chiaro il ricevente del fatto che laggressione non vera ma scherzosa. Che va, dunque, letta in tuttaltra chiave. Che esige una risposta diversa, anchessa ludica.

Faccio qualche esempio. I cani e i leoni si piegano un po sulle zampe anteriori; i galletti e i maialini compiono una sorta di giravolta, le scimmie fanno la classica faccia da gioco. Le volpi digrignano i denti ma tengono le orecchie rivolte in avanti. E fin qui ho citato soltanto segnali visivi. Esistono per, pensate, anche segnali acustici (esempio: la vocalizzazione di gioco della mangusta nana) e perfino olfattivi, il che sembrerebbe incredibile, ma larvicola agreste effettivamente produce un suo feromone del gioco. Del resto proprio questa diversit il bello della vita, la sua vera essenza. Ma c dellaltro. In certi casi, quando un genitore che gioca con un figlio, si ritiene che si tratti di una speciale e raffinata cura parentale tendente a far fare al ragazzino, o ai ragazzini, un certo tipo di pratica, o magari a far emergere con lesperienza ludica certi moduli della vita vera. E infatti spesso nelle lotte giocose, sia tra adulti e giovani che tra solo giovani, si assiste allo scambio dei ruoli. Osservando dei cuccioli di varie specie che lottano frequente che una volta insegua luno, unaltra laltro, proprio come quando i ragazzi giocano a guardie e ladri. soprattutto da osservazioni di questo tipo che ha preso corpo la teoria della pratica, secondo cui il gioco sarebbe in realt una sorta di esercitazione in funzione della vita adulta. Ma i giochi non sono soltanto sociali. Spesso i cuccioli si scatenano in corse pazze, salti, capriole. Ci manifesto soprattutto negli ungulati, ma anche i cani lo fanno. Cpita che un puledro da solo inizi questattivit, che sembra non abbia altra ragione che lo scaricamento di un eccesso di energie, e un po per volta ne trascini altri, cosicch il gioco solitario viene talora ad assumere, anche per la sincronizzazione che a mano a mano si raggiunge tra gli individui, un tocco di socialit. Queste corse apparentemente immotivate si osservano spesso anche tra i pulcini dei polli domestici. Ecco, cos ho accennato a unaltra teoria sul gioco, quella detta del surplus denergia. I cuccioli, nutriti e protetti dalle cure parentali, avrebbero cio un di pi da spendere, e il gioco sarebbe lo sfogo. chiaro che nei cani - che come ben sappiamo giocano anche da adulti e, di norma, la loro pappa se la trovano senza faticare belle pronta - poi quelle corse pazze le fanno anche da adulti, e a vederle sono uno spettacolo. Del resto, parlando del gioco in generale, anche se a giocare sono soprattutto i giovani, non sempre cos. I lupi adulti, per esempio, giocano, e cos i delfini. Si tratta, nel caso dei primi, di giochi sociali, che sicuramente hanno unimportante funzione coesiva nellmbito della muta. Esattamente come gli altrettanto sociali esseri umani hanno gli sport di gruppo (quei cinquantenni che giocano a calcetto...), o anche le ben pi semplici e rilassanti partite a carte. I delfini, invece - e questo lo racconto per la cronaca - si dilettano di giochi creativi. Inventano cio nuovi movimenti, salti, forse anche vocalizzi. E tali giochi diventano poi imitativi, cosicch linvenzione del singolo individuo pu trasformarsi in una sorta di segnale distintivo di appartenenza ad un determinato gruppo. E con ci sono giunto a parlare del rapporto tra gioco ed esplorazione, e dunque della terza teoria, quella detta della pulsione. Certi animali, soprattutto cuccioli, avrebbero una vera e propria appetenza ludico-esploratoria, fornita di un suo sistema motivazionale. facile, soprattutto nelle scimmie, scoprire questo giocoesplorazione del mondo, basato molto sulle loro formidabili capacit di manipolare

gli oggetti. Ma se vero che le scimmie sono tra tutti gli animali le pi curiose ed esplorative, ricordiamoci che anche i nostri cani, soprattutto i cuccioli, hanno grandissime necessit di esplorare lambiente, sia quello fisico che quello sociale. Ed appunto cos che si fabbricano una loro competenza e sviluppano la loro intelligenza. Il gioco, pertanto, sembra essere unattivit confinata soprattutto nelle classi degli uccelli e dei mammiferi, anche se recentemente sono stati documentati giochi da parte di varani. Si tratta in ogni modo di unattivit assolutamente essenziale per lo sviluppo normale dei giovani, dai molteplici aspetti e dalle multiple funzioni. abbastanza probabile che le teorie che tentano di spiegare le differenti attivit ludiche contengano tutte una parte di verit. Certo , comunque, che questo fenomeno bello e appariscente necessita ancora di molti studi, osservazioni, esperimenti, per poter essere davvero compreso. Per ora accontentiamoci di sapere che giocare col proprio cane una cosa bella, e non solo per lui.

Mascheramenti.
Una cosa che proprio non amiamo dei nostri cani la maledetta abitudine che quasi tutti hanno, se trovano una carogna o dello sterco, di rotolarcisi dentro. E con che gusto, con che soddisfazione! Poi, siccome sono contenti, ci vengono incontro allegri ed difficile fargli capire, cos a distanza di tempo, che a noi questo comportamento, questo modo di profumarsi non piace, disturba. Sembrano stupiti, e siccome li sgridiamo dopo un bel po da quando si sono, diciamo cos, profumati, il risultato che non capiscono per cosa li stiamo sgridando e vanno in confusione. C sicuramente una forte base innata in questo comportamento. Mi ricordo alcuni miei cuccioli, privi di ogni diretta esperienza, che pure al primo incontro con quegli oggetti puzzolenti, subito iniziavano il rituale del rotolamento, dello sfregamento. Davvero sgradevole, e anche ormai inutile. E dico ormai perch oggi al cane, civilizzato e dipendente com, ci che pi dovrebbe importare dovrebbe essere il non farci arrabbiare, visto che siamo noi che gli procuriamo da vivere, che gli diamo da mangiare. Ma una volta, tanti anni fa, non era cos. Una volta il cane era il lupo, era un predatore, e quel chimico mascheramento era funzionale per avvicinare la preda senza allarmarla. Proprio perci ritroviamo tale abitudine un po in tutti i predatori interessati ad animali dallolfatto fino. Cito le volpi, i licaoni, gli sciacalli, le iene. E, compiendo un gran salto, potrei parlare anche degli uomini, quando sono cacciatori. Potrei ricordare i nostri cacciatori di cinghiali che la sera prima della battuta appendevano (chiss se lo fanno ancora) nella stalla i vestiti da caccia, perch assorbissero lodore di bovino, o i pigmei che prima di cacciare gli elefanti si spalmavano di sterco delefante ancor umido lintero corpo e si spremevano addosso, perfino in bocca, il fetente liquame che esce dallo sterco. Infine, ma per unanalogia rovesciata, voglio raccontarvi dellimmenso, feroce varano di Komodo. Lui no, lui non si spalma di sterco e di carogne per sorprendere

la preda. Lui, e soltanto quando giovane, si spalma per non essere mangiato. Cannibalizzato, per meglio dire. Perch, come spesso avviene nella famiglia dei varanidi, gli adulti non vanno molto per il sottile. Non poi tanto raro perci che un grosso esemplare assalga e mangi un conspecifico pi piccolo, se ci riesce. Cos i giovani varani di Komodo (sotto il metro e mezzo di lunghezza; gli adulti raggiungono e spesso superano i tre metri) vengono frequentemente osservati rotolarsi dentro le viscere (soprattutto gli intestini) delle grandi prede di cui si nutrono. I varani infatti non mangiano mai gli intestini delle loro prede, ha scoperto Walter Auffenberg, che ha studiato in natura questo rettile cos affascinante. Lodore repellente, dunque, funziona per i giovani varani da passaporto. Per continuare a vivere. Tornando ai nostri cani, lunico modo possibile per insegnargli a non strofinarsi nello sterco od in qualcosa di peggio, sarebbe quello di coglierli sul fatto, e pi volte di sguito, spiegandogli subito con fermezza che assolutamente non devono farlo. Solo cos si potrebbe ottenere qualcosa, anche se non detto, perch la motivazione in certi casi davvero fortissima. Non ci resta, altrimenti, che portare pazienza. una tassa da pagare, se si possiede un cane.

Limmagazzinamento.
Da qualche giorno la mia cagnetta Mimi (il mio fox numero tre), che da poco aveva compiuto i cinque mesi, sera messa a nascondere cibo. Il comportamento era apparso allimprovviso, quasi sapienza innata. Ci che si dice istinto, insomma. Mimi, nel greto del torrente in cui passava ore giocando, esplorando e razzolando, trovava ossa in abbondanza, che poi nascondeva sottoterra. Cera un guardarsi intorno circospetta, uno scavare nel terreno, un deporvi il prezioso reperto e infine un risistemarvi sopra, con cura, la terra spingendola e assestandola con il dorso del muso. Mimi mi guardava sospettosa, se la spiavo. Mai terrier ha avuto muso pi terroso. Mi guardava come se avesse vissuto chiss quali brutte avventure di latrocini dossa, e invece io sapevo che desperienze simili non ne aveva mai avute. Tutto scritto dentro, tutto genetico, almeno nel suo caso. A un certo punto, crescendo, maturato dentro qualcosa, ed ecco comparire il sapiente comportamento. Sapiente perch previdente, e prevedere significa vedere avanti, nel futuro. Significa sapere che verranno, o potranno venire, tempi duri, e dunque meglio accatastare, fare la formica. A proposito di formiche, bisogna che vi dica che labitudine di accumulare scorte assai diffusa nel regno animale, soprattutto tra insetti, uccelli e mammiferi, e spesso essenziale per la sopravvivenza. Lallevamento della prole, per esempio, non raramente si basa sui depositi alimentari. C chi si fabbrica un unico grande magazzino, chi invece ricorre a tanti piccoli nascondigli sparpagliati. soprattutto in tal caso che listinto, da solo, non basta pi. Occorre ricordarsi le singole localizzazioni e questo, stato assodato, lo sanno fare assai bene, per esempio, le cince. Ci potrebbe voler dire,

contrariamente a quanto di solito si sostiene, che non vero che gli animali vivono solo nel presente. Le cince sono abilissime nel crearsi scorte. Nascondono il cibo nei posti pi diversi; se si tratta di prede vive sanno perfino fare speciali preparazioni: gli afidi, che sono insetti piccolissimi, vengono compressi in agglomerati che ne contengono fino a una cinquantina, i bruchi sono nascosti dopo che sono stati loro rimossi la testa e lintestino. Ma le cince sono anche ladrone. frequente, dove le due specie convivono, che cince bigie (Parus montanus) stiano a osservare il previdente lavoro delle cince more (Parus ater) e poi, quando queste si sono allontanate, portino via tutto. proprio vero insomma, non possibile separare del tutto istinto e apprendimento.

Torna a casa sulle ali del vento.


Quando si dice torna a casa... un nome viene in mente a tutti, obbligatoriamente, e il nome Lassie, il cane attore. Quella per era finzione cinematografica, commovente finzione non lontana, comunque, dalla realt, perch non raramente i cani - e non solo loro - sanno tornare a casa n pi n meno di Lassie. Mi ricordo che una volta, ormai sono passati molti anni, una certa signora Agnese Caleffi di Varese mi scrisse per raccontarmi lavventurosa storia di Frullino, il suo cane, che, diceva lei, era (e probabilmente ancora, almeno spero) un quasi-bergamasco. Frullino, durante una gita in montagna, a un certo punto spar. Era entrato allegro in un boschetto di faggi, attratto forse da qualche animale selvatico, e non si era fatto pi vivo. Agnese ed i familiari si disperarono, chiamarono, aspettarono laspettabile e poi, tristemente, tornarono a casa senza Frullino. Passa un giorno, passa laltro e niente, nessuna notizia. La famiglia Caleffi prov con le solite cose: avvisi, manifesti e promesse di mance. Niente. Poi, quando tutti cominciavano a rassegnarsi - ormai era passata una decina di giorni - ecco che, scodinzolante ed allegro seppure un po provato, Frullino comparve alla porta di casa. Cos mi chiese, la signora Agnese, come aveva fatto, il suo cane, a ritornare da una distanza in linea daria di un centinaio di chilometri circa, forse anche pi. Ho qui con me la risposta che le inviai: Cara signora, facile domandare diffcile rispondere. La storia di Frullino, a ogni modo, uguale a tante altre. Non sono pochi i cani, infatti, che dimostrano di sapere tornare a casa, misteriosamente, da grandi distanze, da luoghi sconosciuti. Il meccanismo con cui sorientano ignoto, ma quasi certamente questi fedeli amici non arrivano a casa per pura combinazione, come potrebbe dedursi dal fatto che s vero che alcuni sanno tornare anche da centinaia di chilometri, ma molti sono quelli che non tornano pi. E si sa: i cani che tornano fanno notizia, gli sperduti assai meno. C per dellaltro, ed ci che fa propendere per lesistenza di un qualche meccanismo biologico piuttosto che di una banale casualit. Si sa infatti che i cani che ritornano lo fanno senza indecisioni, dopo essere stati per un certo tempo a girovagare qua e l

nellincertezza. Prendono di colpo la giusta direzione ed in breve sono a casa. Coshanno percepito? Noi umani fatichiamo perfino a concepirlo il mondo degli odori, altri sono i sensi su cui principalmente basiamo la nostra esistenza, ma per gli animali laria foriera di sicuri messaggi. verosimile (cos ritengono gli studiosi dellorientamento) che i cani, sempre possessori dun olfatto straordinario, sappiano riconoscere, portato dal vento, lodore di casa. Andando allora contro corrente saprebbero raggiungere larea nota e da qui, sulla base delle loro conoscenze dei luoghi, arrivare alla meta. C da aggiungere che il lupo, il progenitore di tutti i cani, si basa molto sullolfatto nel suo peregrinare. Frullino un pastore bergamasco. Questa razza ha sempre necessitato, per il suo modo di vita, di sensi acuti, di raffinata capacit di lettura dellambiente. Forse anche per questo Frullino tornato. Anche Lassie, daltronde, era un cane da pastore.

Sul supposto senso di colpa.


Possono gli altri animali provare qualcosa di simile al nostro senso di colpa? A dir la verit ho seri dubbi in proposito. Eppure Konrad Lorenz lo suppose per i cani e, pi recentemente, Frans de Waal, dopo averci ragionato molto su, lha attribuito agli scimpanz. E non sono, n Lorenz n de Waal, due scienziati da prendere alla leggera. Certo che, a mia opinione e semplicemente analizzando il comportamento di animali colpevoli di qualcosa di brutto, mi pare davvero arduo discriminare tra un loro supposto senso di colpa e, ben pi prosaicamente, il timore di una prevedibile punizione. Il senso di colpa forse qualcosa di troppo umano per loro, proprio perch implicante un atteggiamento tutto sommato etico. Penso che occorra una gran cautela prima di attribuirlo ad altre specie. Non posso infatti dimenticare - e vi assicuro che non una bella memoria - quei processi medioevali in cui si mandavano al rogo animali che, appunto essendo inconsapevoli (o non sufficientemente consapevoli) dei reati loro attribuiti, ne erano ovviamente irresponsabili. Il problema, comunque, pare stia tornando di moda tra gli etologi, e coinvolge fenomeni che, se non sono il classico senso di colpa, entrano per in quella difficilmente definibile area emozionale ove si situa il dispiacere che accompagna le azioni in qualche modo compiute erroneamente. Dispiacere cui fa sguito il rimpianto per quanto avrebbe invece potuto essere fatto. Questo ritorno dinteresse soprattutto dovuto al saggio intitolato Giustizia selvaggia, opera di un etologo assai stimato, Marc Bekoff, e di una studiosa di filosofia, Jessica Pierce. Bekoff porta una sua personale casistica soprattutto sui cani e sui coyote. Ragiona per in senso pi generale considerando anche altre cosiddette evidenze riguardanti certi animali selvatici osservati per in cattivit, soprattutto tigri, e poi grandi scimmie, in particolare scimpanz. I dati pi interessanti mi sembrano quelli riguardanti gli animali studiati in situazioni naturali, oppure i cani. Quanto ai coyote, un aspetto interessante del loro comportamento che, se mentre giocano eccedono in aggressivit, facendo cos del male ai loro compagni, poi si mostrano immediatamente dispiaciuti. E comportamenti analoghi pare si manifestino anche nei cani, che mostrano ripetuti

segnali di dispiacere in questo caso rivolti ai padroni. Il che fatalmente come risposta umana determina, nella maggior parte dei casi che ha studiato, una qualche sorta di perdono. Per ritornare comunque ai coyote, quelli che non mostrano mai, se sbagliano, alcun segno di dispiacere, vengono, dopo pochi episodi, colpiti da un vero ostracismo da parte della loro piccola muta. Risultano degli esclusi e le loro probabilit di sopravvivenza in solitudine, sostiene Bekoff, si riducono a circa un quarto. Il che ci riporta allormai scontata domanda: si tratter davvero di pentimento o non, piuttosto, di semplice convenienza? Magari addirittura fissata, grazie alla selezione naturale, nel codice genetico. Una situazione un po pi chiara sembra essere quella degli animali, per in questo caso si tratta di scimmie, che di fronte a una situazione da cui potrebbero trarre vantaggio, sbagliando strategia in realt non lottengono. Niente di sociale dunque, ma in esse ugualmente si evidenzia mortificazione, dispiacere, cui per segue, e ci assai significativo, un positivo cambiamento della strategia. cos chiaro come il sentirsi addolorati, se a ci si mette rimedio, fornisca una valida spiegazione, in unottica evolutiva e adattativa, del perch naturalmente sempre si produca, dopo un errore, un senso di mortificazione. Descritto tutto ci, assume un utile significato dimostrativo una ricerca compiuta da alcuni neurobiologi americani in cui si mette in evidenza lattivarsi dei neuroni duna ben definita area cerebrale nei macachi che sperimentano la delusione per il mancato ottenimento dun premio prevedibile ma non ottenuto a causa di un loro errore. Anche in questo caso gli autori sottolineano leffetto positivo di questo sentirsi dispiaciuti, dato che proprio in ci sta la molla per il loro susseguente aggiustamento di tiro. Platt, uno degli autori, intervistato al proposito dal New York Times, commenta infine che, se questo non avvenisse, le scimmie si comporterebbero come fece Don Chisciotte, che mai smise di combattere i mulini a vento perch incapace di addolorarsi del suo errore.

I perros mendigos delle Ande, i cani di Ischia


e quelli della metropolitana di Mosca. Cordigliera delle Ande, Bolivia, sui tremila metri. Immaginate un tratto dellInterandina, la via che, curve e curve e ancora curve, scorre per tutta la cordigliera. Il tratto in questione unisce Quillacollo a Oruro, due agglomerati di case (pueblos) arroccati lass. l, tra quei posti sperduti e battuti da gelidi venti, che possibile assistere a uno spettacolo straordinario, un monumento allintelligenza animale. E anche in altri tratti, come vedrete, possibile assistere allo stesso spettacolo. A ogni modo , quella di cui sto per dirvi, la giornaliera messa in scena dei perros mendigos, i cani mendicanti descritti da Nstor Taboada Tern in El predo del estao (Gisbert y Cfa, La Paz 1983), e di cui anche altri, dopo di lui, hanno parlato. Solo ora per due scienziati italiani, Alessandro Finzi ed Eleonora Rava, hanno studiato scientificamente il loro comportamento. Devo ringraziarli perch mi hanno permesso di parlare del loro studio Begging Strategy of the Andean Dogs prima ancora che venga pubblicato. I perros mendigos sono cagnoni dal cervello fino che vivono in mute, semidomestici, ma che quando vanno a fare il loro lavoro se ne partono soli,

vincendo cos il loro istinto gregario. La cosa straordinaria che ciascuno s scelto una sua postazione, la pi redditizia possibile, per ottenere lattesa elemosina. facile osservarli in quel tratto di Interandina, disseminati non casualmente lungo le curve, luno dopo laltro ma sufficientemente distanziati. E limportante che vengano percepiti per tempo dai conducenti delle auto, delle corriere, dei camion. Perci quei cani se ne stanno, strategicamente e consapevolmente, sul lato esterno della strada, dove i dossi montagnosi non li nascondono. Poi, altra cosa intelligente, hanno capito che solo dove la strada non asfaltata i mezzi di trasporto vanno abbastanza adagio da poter permettere ai conducenti di gettar loro lambito tozzo di pane. Del loro comportamento niente lasciato al caso. Tutto viene da loro, come si dice, ottimizzato. Ecco allora la conclusione: non solo quei cani sanno spegnere un istinto (anche una chiocciola sa farlo, abbiamo visto sufficiente essere in grado di assuefarsi), ma sanno anche fare tanti bei ragionamenti, come, per esempio, capire dov meglio starsene appostati e in solitudine. E, considerato che labitudine va avanti da molto tempo e che la si ritrova anche in altre zone delle Ande, verosimile, per non dire certo, che essa venga trasmessa da un individuo allaltro per via di apprendimento sociale. Che sia cio divenuta una tradizione pi o meno locale, a ulteriore conferma che i cani, appunto, sono capaci di trasmettere un poco di cultura. Anche in altri tratti dellInterandina, dicevo, possibile osservare cani randagi che, in ordine sparso, restano in attesa del cibo buttato da veicoli in transito, soprattutto dai camionisti. In certe zone, o in alternativa, questi cani non sono detti mendigos, cio mendicanti, ma rezadores, cio cani che pregano. Vengono chiamati cos perch, mentre se ne stanno fermi in attesa del cibo, incrociano le zampe cos da dar limpressione di pregare per ottenere la loro elemosina. Il fatto di nutrirli avrebbe la popolare funzione scaramantica di richiesta di protezione per i non pochi pericoli del viaggio. Oltre al caso dei perros mendigos, o se volete rezadores, altri casi ci raccontano che i cani sanno, opportunisticamente, organizzare la loro socialit in tanti modi diversi. Nel nostro Sud, come noto, esistono molte bande di cani inselvatichiti che in vario modo hanno riacquistato lantica lupesca abitudine della vita di gruppo, diventando schivi delluomo e non raramente pericolosi. Ne parler ampiamente pi avanti, quando tratter di evoluzione ed ecologia, nel paragrafo intitolato Feralit. Mi piace qui, per, anticipare un poco il discorso, in funzione di una migliore comprensione della plasticit e intelligenza della mente canina, raccontando il caso dei cani di Ischia, esempio assai positivo di come si possa, volendo, gestire un rapporto talora difficile con cani altrimenti lasciati a se stessi in modo irresponsabile. Il caso dei cani di Ischia lo conosco personalmente. Mi ci sono imbattuto qualche anno fa, quando casualmente mi capit di passeggiare per le belle stradine dei paesi locali. E accanto a ogni negozio, tranquillo e felice, stava un cagnetto od un cagnone. Grasso e felice, spesso addormentato e comunque sereno. Tanti cani, ma non pi una banda, una muta, bens tutti cos: cani singoli che - lo si capiva subito - si sentivano a casa loro. La spiegazione: i sindaci dei comuni dellisola si erano infatti coordinati facendo s che i molti cani senza compagno umano presenti a Ischia potessero circolare

liberamente per le strade, accolti e graditi da tutti. Ed bello e istruttivo osservare come essi, da quando sono trattati in un modo pi che accettabile, abbiano acquisito quello che stato definito come un comportamento estremamente civile e dignitoso. Tutti i cani di Ischia sono infatti seguiti dallASI locale e la popolazione li aiuta a sopravvivere senza far loro soffrire la fame e la sete. Regalando loro - anche questo importante - un poco di affetto. Cos si respira, in questisola magica, unaria un poco pi felice che altrove. E i turisti se ne accorgono e apprezzano limportante differenza, ciascuno esternando a modo suo la simpatia per questi animali e questi umani gentili. Se andate a Ischia, e io vi invito a farlo, non scordatevi di osservare i suoi cani diversamente ferali. Essi regalano, col loro modo dessere, una bellezza in pi. Infine desidero accennare al caso dei cani, anchessi a loro modo diversamente ferali, che ormai da pi di quindici anni usano la metropolitana di Mosca per andare ogni mattina in centro citt per accattonare cibo, per poi tornare in periferia, dove passano la notte. Andrei Poiarkov del Moscow Ecology and Evolution Institute, che li sta studiando da pi di un decennio, ha evidenziato le straordinarie capacit di orientamento di questi cani, che sanno dove salire e dove scendere, si divertono a farlo saltando sulla metropolitana allultimo istante e coinvolgono nella loro allegria i passeggeri umani, che hanno imparato a rispettarli e ad amarli. Come tutti gli accattoni intelligenti hanno infatti imparato le strategie migliori per farsi regalare un poco di cibo e ormai si pu affermare che abbiano acquisito una loro peculiare professionalit, trasmessa culturalmente da una generazione allaltra. Esistendo, di questi straordinari cani, unaffascinante documentazione fotografica, inviterei i lettori a entrare in Google con dogs russian underground. Vedranno a cosa possono arrivare dei cani se sono da un lato stimolati dalla necessit e dallaltro se non vengono mortificati da una cattivit troppo restrittiva. in casi come questi che salta fuori tutta la loro intelligenza e che si manifesta, comparativamente, anche con la loro plasticit sociale. I tre casi che ho descritto, infatti, ben rappresentano come, pur rimanendo sempre presente una base forte di socialit, la distribuzione nello spazio e le interazioni dei cani andini, di quelli di Ischia e di questi ultimi della metropolitana moscovita tra essi stessi e con gli umani risultano essere decisamente e significativamente diverse. La loro creativa plasticit sociale, infatti, di volta in volta li ha resi adattativi in modo ottimale alle situazioni con cui questi straordinari cani si sono dovuti, e ancora si devono, confrontare. Ormai diventata unabitudine: anche qui devo fare una piccola appendice, perch questultima storia dei cani moscoviti mi spinge a ricordare altri casi, ben tre, in qualche modo analoghi. Il primo quello di un jack russell che, nel 2006, impar a prendere il bus per raggiungere un pub dove un barista gentile aveva preso labitudine di regalargli pezzettini di salsiccia. A Dunnington, nel North York, divent un personaggio popolare e tutti si divertivano a seguirlo per constatare come non sbagliasse mai a scendere, e cio n prima n dopo della giusta fermata. Il secondo caso, assai simile, riguarda un gatto inglese di nome Macavity, abitante in Wolverhampton che, circa nello stesso periodo del jack russell di cui sopra, ogni giorno prendeva il bus 33 1 per andare a far visita ad un suo amico gestore di un fish and chips, ovviamente anchegli assai generoso. Infine, terzo caso, il fatto che anche i colombi torraioli londinesi sappiano usare la metropolitana. Lo ha certificato la rivista di divulgazione scientifica New

Scientist con una serie di documentazioni e testimonianze. Il primo caso di ormai qualche decennio fa, quando venne segnalato un colombo che abitualmente entrava nella metropolitana e si faceva trasportare da una stazione allaltra. Poi, dopo dallora, molti altri casi si sono verificati. C da tenere conto, a proposito dei colombi domestici, che il loro progenitore, il colombo selvatico, suole riprodursi nelle grotte, che penetra e colonizza abitualmente. E inoltre si deve tener conto dellopportunismo della specie, capace, nelle nostre citt, di districarsi in mezzo a una folla e di entrare nelle stazioni, se le circostanze sono favorevoli, alla ricerca di briciole di cibo nei bar, nelle sale daspetto, dove cpita. La stessa cosa, del resto, fanno abitualmente quegli altri grandi clandestini in citt che sono i passerotti. Cos, possiamo immaginare che qualche colombo, atavicamente attratto da quelle grotte moderne che sono le metropolitane, abbia cominciato a colonizzarle, come del resto la sua natura un poco cavernicola gli suggeriva. Poi, alla ricerca di cibo, pu avere imparato a entrare nei vagoni e, dopo un po, a uscirne. Provvisti come sono di un ottimo senso di orientamento, i colombi, anche ritrovandosi allaperto in una zona cittadina differente da quella in cui cominciato il loro viaggio, certamente non dovrebbero avere difficolt a tornare a casa (homing dicono gli inglesi). E questo tutto, una piccola magia in definitiva spiegabile. Una delle nuove tradizioni animali che fabbrica lurbanizzazione. Quello che non si sa, piuttosto, se durer. Pare infatti che i responsabili della London Underground non si siano per niente commossi. Li consideriamo nocivi e quando vengono catturati devono essere soppressi ha detto inflessibile un portavoce della societ. Sar. Avr pure ragione (anche se personalmente non ci credo), ma non sarebbe pi bella la vita se si lasciasse pi spazio alle altre specie e, perch no, alla poesia?

Il cane che corse a chiedere soccorso.


Il padrone rischiava di morire tra le fiamme, ma Buddy, il suo pastore tedesco di cinque anni, riusc a salvarlo. Non una storia cinematografica, veramente successo in Alaska. Lintelligente animale seppe infatti guidare una pattuglia di poliziotti attraverso sentieri boscosi fino alla casa dove il suo padrone, Ben Heinrichs, si trovava in gravissime difficolt. Stava riparando il suo camioncino in garage quando una scintilla accidentalmente diede fuoco al locale ed incendi la tuta che portava addosso. Luomo si precipit allaperto rotolandosi nella neve per spegnere le fiamme, ma poi gli sovvenne che Buddy era rimasto intrappolato in casa e subito rientr per liberarlo. Fu allora che Buddy, ormai sano e salvo, si mise in azione: corse in cerca daiuto e quando incontr unauto della polizia le si par davanti e, attratta cos lattenzione dei poliziotti che erano a bordo, si mise a correre guidandola verso casa ogni tanto girandosi per esser certo che lo stessero seguendo. Buddy ha percepito la gravit della situazione ed agito correttamente ha dichiarato il colonnello Audie Holloway, capo della polizia dellAlaska. Poi, con una cerimonia Buddy venne, come daltronde sera meritato, festeggiato e ufficialmente premiato.

La notizia, che, il giorno dopo, apparsa sia su internet, accompagnata da un video, che su numerosi quotidiani, ha tuttavia dellincredibile. Soprattutto perch quel cane avrebbe agito non secondo il suo istinto, che sarebbe stato quello, trattandosi di un animale altruista ed empatico, di cercare in ogni modo di intervenire direttamente, tentando in prima persona, se cos si pu dire, di aiutare il proprio padrone, ma in modo ben pi elaborato e raffinato. Pi, verrebbe da dire, umano. Ma mai possibile tutto ci? Ebbene, provo, aiutandomi con le nozioni che letologia ci mette a disposizione, a dare una risposta ragionata. Servir, per, seguire un lungo e piuttosto complesso tragitto. Partiamo dunque dallistinto. Secondo la sapienza popolare con ci si intende, e non credo che sia poi tanto sbagliato, quella che viene detta la sapienza della specie, rappresentata da quellinsieme di risposte innate che vengono sparate fuori al momento giusto, il che significa quando un animale si trova di fronte a un determinato tipo di stimolo. E fin qui la sapienza popolare potrebbe anche funzionare. Ci che per gli scienziati hanno in vario modo dimostrato che i cosiddetti comportamenti istintivi non sono quasi mai totalmente indipendenti dalle esperienze individuali o, se vogliamo allargare il discorso, da influenze in vario modo ambientali. E, a questo punto mi servono, per proseguire il mio ragionamento, un paio di esempi. Come attore, per il primo, bene si presta una chiocciolina. C inoltre da dire che lesperimento, perch di questo si tratta, facilissimo sia da fare che da comprendere. Eccoci allora in mezzo a un prato, alla ricerca di uno di quei simpatici molluschi. Trovatolo, lo pigliamo delicatamente con le dita, e lui che fa? Chiaro, sentendosi in pericolo si ritrae entro il suo guscio. Una semplice azione istintiva, utile per la sua sopravvivenza. Piazziamo allora la chiocciolina, tutta nascosta entro il suo guscio, su una tavoletta di plastica e la lasciamo l, pazienti, ad aspettare per vedere che mai far. E di pazienza, in verit, poca ne serve perch, sentendosi presto tranquilla e, insieme, non piacendole affatto il nuovo ambiente dove labbiamo piazzata, tira fuori il suo capino, con quel che segue, e tenta di svignarsela. Un classico. Siamo, con ci, arrivati alla seconda fase dellesperimento. Ora ci servono una bacchetta e un cronometro. Prima di tutto la bacchetta, con la quale diamo un leggero colpo sulla tavoletta e, insieme, facciamo partire il cronometro. La chiocciola, come sente la vibrazione dovuta al colpo, subito si ritrae e noi, allora, misuriamo quanto tempo occorre perch ancora fuoriesca e nuovamente tenti la fuga. La misurazione di questo intervallo temporale essenziale per stabilire il ritmo con cui, dora in avanti, dovranno essere dati quei colpetti. Cio luno dallaltro distanziati di un tempo appena un po pi lungo di quello necessario perch la chiocciolina riemerga dal suo guscio. E a questo punto il giochetto facilissimo, perch baster continuare cos: un colpetto - la chiocciola si ritrae - spazio temporale necessario e la chiocciola riemerge - altro colpetto - la chiocciola ancora si ritrae - per riemergere ancora - e

cos via... ma non indefinitamente. Dopo un po di colpetti, infatti, la chiocciola smette di ritrarsi e non si ritrae pi perch, grazie alla sua personale esperienza, ha assodato che il colpetto non rappresenta alcun pericolo. In altre parole la chiocciola in grado di spegnere il suo istinto di ritrazione. Questo esperimento uno dei tanti possibili che ci illustrano che lesperienza dellindividuo pu influenzare quella della specie. Che lapprendimento in qualche modo pu interagire su quella cosa, listinto vecchia maniera, che si riteneva totalmente indipendente da ogni forma di apprendimento. Per la cronaca, lapprendimento messo in atto dalla chiocciola si chiama assuefazione (la chiocciola si semplicemente assuefatta al periodico toc toc) e, altra informazione importante, per fare questo esercizio non nemmeno necessario che la chiocciola possieda una mente. E infatti non la possiede. Per il ragionamento che sto proponendo il caso dellassuefazione essenziale perch serve a dare per acquisito che un istinto possa venire messo sotto controllo e, se il caso, bloccato, da un qualche tipo di esperienza individuale. Acquisito ci, resta il fatto che, se un animale possiede una mente, allora pu succedere ben altro. Scelgo, per darvene unidea, un animale dalla mente finissima, un corvo. Bisogna sapere che, per la loro intelligenza, questi uccelli vengono spesso detti, dagli etologi, gli scimpanz del mondo degli uccelli. Quelli della Nuova Caledonia (Corpus moneduloides) poi, grazie allabilit nelluso di bastoncini per estrarre larve dai tronchi dalbero, ricordano davvero moltissimo gli scimpanz, perch anchessi, usando bastoncini, pescano le termiti dai termitai. Quei corvi, daltronde, gi avevano stupito gli etologi cognitivi per lintelligenza con cui serano dimostrati capaci, in laboratorio, di fabbricarsi arnesi a uncino forzando listarelle metalliche, cos da poter agganciare il manico di contenitori altrimenti irraggiungibili. Recentemente, poi, sono tornati alla ribalta grazie a un nuovo studio condotto da alcuni ricercatori delluniversit di Auckland (Nuova Zelanda) in cui hanno dimostrato capacit ancor pi sorprendenti. Sette corvi della Nuova Caledonia, infatti, hanno saputo risolvere un problema assai complesso proprio perch implicante una serie di passaggi che partono assai lontano rispetto alla meta da raggiungere. Il che, come gi ho sottolineato, richiede non solo la costruzione mentale di una strategia elaborata, ma anche il fatto di sapersi autoinibire - e questo per il mio ragionamento essenziale - quella che, per molti animali, sarebbe listintiva e insieme ovvia tendenza a mirare direttamente alloggetto ambito. Veniva infatti richiesto, a quei corvi, di riuscire a procurarsi un pezzetto di carne che stava racchiuso in un contenitore e da cui, per estrarlo, occorreva luso di una lunga bacchetta. Questa, per, se ne stava situata oltre una grata, e per raggiungerla era prima necessario sapersi procurare unaltra bacchetta che, a sua volta, se ne stava, poco pi in l, tenuta da una cordicella e penzolante nel vuoto. Ebbene quei corvi, presa rapidamente consapevolezza del problema, hanno saputo costruirsi mentalmente la corretta strategia per risolverlo. Il corvo detto Sam, sicuramente il pi sveglio della compagnia, per fare il tutto impieg solo 110 secondi. Gli altri non ci hanno messo molto di pi. Tutti hanno comunque saputo

bloccare listinto di avventarsi direttamente sulla carne, per poi mettere in atto il medesimo progetto prima elaborato mentalmente. Ecco, il mio ragionamento, suffragato dai due esempi, si conclude qui: se un animale possiede una mente pu non solo spegnere un cosiddetto istinto, ma pu fare ben di pi, in alternativa. E vi assicuro che di esempi come i due che ho illustrato pi sopra ne esistono tantissimi. A questo punto, la domanda : pu un cane - soprattutto un cane esperto come Buddy -, bloccata linnata tendenza di correre direttamente in soccorso al suo padrone, progettare e mettere in atto una soluzione che consiste innanzitutto nellallontanarsi dalloggetto di suo interesse (questo semplicemente significherebbe fare un detour) per poi eseguire un piano complesso comprendente anche il coinvolgimento di altri individui? A me pare che, sulla base di quanto finora sappiamo detologia cognitiva, ci non sia completamente da escludere. Il che, in altre parole, significa che la spiegazione prospettata, se non la si pu, n la si vuole, definire con certezza vera, pu almeno essere considerata verosimile. Piccola appendice. Nel 1998 avvenne un caso analogo a quello di Buddy, solo che in quel caso lanimale implicato non era un cane, ma un maiale. Occorre, a proposito di questa specie cos spesso poco considerata e maltrattata - sempre la solita storia di una cultura sbagliata che ce la descrive come non e che con ci ci chiude gli occhi -, affermare che, invece, il maiale un animale intelligente e sensibile, capace di affezionarsi e di comunicare con noi. Lo sanno bene, per esempio, i cercatori di tartufi che, in certe zone, specie della Francia, li usano con successo invece dei cani. Ma c di pi, non sono pochi, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, coloro che tengono in casa un piccolo maiale da compagnia, traendone le stesse soddisfazioni che si possono avere con un cane. E ora, brevemente, la storia. Jo Ann e Jack Altsman abitavano in una villetta prospiciente al lago Erie, sponda statunitense, e possedevano e amavano moltissimo la loro Lulu, una maialina nana appartenente alla razza vietnamese pot-bellied. Lulu, come fosse una cagnolina, faceva realmente parte della loro famiglia. Ebbene, un brutto giorno, mentre Jack se ne stava tranquillamente pescando in mezzo al lago, Jo Ann venne colpita da un infarto cardiaco, quando in casa cera solo Lulu. La donna era distesa sul pavimento palesemente sofferente e Lulu, dopo esserle stata per un poco accanto in uno stato di grande e penosa eccitazione, usc per strada tentando letteralmente di fermare qualche macchina di passaggio. Dopo alcuni tentativi falliti finalmente una macchina si ferm e Lulu accompagn, precedendolo, il guidatore fin dentro casa. Luomo scopr cos Jo Ann che ormai era quasi priva di conoscenza, telefon allospedale per unambulanza e cos, grazie a quellintelligente ed empatica maialina, la storia fin nel migliore dei modi. La BBC, avvalendosi della consulenza scientifica e del commento di Marc Bekoff, il notissimo etologo delluniversit di Boulder, Colorado, recentemente ha ricostruito linteressante storia intitolandola The pig that calledfor help. Penso sia interessante riportare, anche se colloquiale ed un po interrotto come talora cpita nelle interviste, il testo originale, tratto da quel filmato, di un commento di Bekoff: I think it would he entirely reasonable to think... that Lulu... was going... well, something is wrong bere and I need to go find someone or

somebody who could help. Sure shed seen a car stop in certain situations so... I think she was just putting two and two together... that ifl want to get the attention of someone who can help I need... to stop a car. Come scrivevo a proposito di Buddy, anche in questo caso siamo, mi sembra di capire, almeno nel campo del verosimile. E se pure Bekoff la pensa cos...

SECONDA PARTE. Nella famiglia umana.


Un cane solo un cane infelice. Frase che funziona anche per un lupo, perch in realt un cane non altro che un lupo addomesticato. E per un lupetto, cos come per un cucciolo di cane, la vita dovrebbe iniziare e svolgersi tutta allinterno del suo gruppo familiare. Certo che un po unimpresa, per un cucciolo di cane, salutare mamma, fratellini e sorelline e fare, a due mesi e mezzo det, quel gran balzo che lo render una sorta di figlio adottivo, un figlio un po diverso ma certamente non stupido, allinterno di una famiglia composta tutta desseri umani. Eppure, come sapete, il cucciolo ce la fa. C tanta biologia, tanta cultura, a dargli una mano. Fatto sta che, giorno dopo giorno, il cucciolo cresce, diventa adulto e si trova un suo spazio, affettivo con tutti, di giochi soprattutto coi bambini, e molte volte anche uno spazio lavorativo, di responsabilit. Perch il cane, com ben noto, sa fare molte cose utili. Sa fare la guardia, per esempio, oppure pu aiutare a guidare un gregge (esistono anche le famiglie di pastori, ce leravamo dimenticato?). Tanto per dire di quanto il cane faccia sentire la sua presenza nella famiglia umana, lo sapete che gli psichiatri che soccupano delle interazioni, pi o meno patologiche, allinterno delle famiglie umane, sempre pi spesso devono considerare, se c un cane, e anche il suo ruolo? Nella dinamica familiare, infatti, legge o non legge, il cane ha un suo ruolo ben preciso. un fatto concreto; daltronde il cane, con la sua socialit, con la sua affettivit, il suo spazio se lo sa scavare egregiamente, e se non si sta attenti lui punta, o almeno ci prova, a far la parte del predominante. sempre stato cos. Solo nella sua famiglia umana un cane felice.

Riti di legame tra mamma umana e cucciolo di cane.


Esiste una sorta di ponte che si forma ad unire un essere umano, in genere di sesso femminile, e un cucciolo di cane. Si basa su unesigenza, accompagnata da uninnata capacit, di comunicazione e di affetto. , quel ponte, un miracolo pi biologico che culturale ma, in ogni caso, c un po delluno e un po dellaltro. Analizziamolo. Gli psicologi conoscono bene il rito di legame tra madre e neonato, la dolce interazione determinante, appunto, lo speciale attaccamento che ogni madre ha per il suo bimbo, e viceversa. Ogni mamma, infatti, a qualsiasi cultura appartenga,

mette in atto e ripete quel rito come fosse una sua tenera invenzione, ignara che quellintimo piacere , addirittura, una caratteristica della nostra specie. Si tratta, volendolo descrivere, di una cerimonia che, per la sua ridondanza, viene considerata come un po teatrale, ben diversa perci da tutti gli altri rapporti, pi neutri e pacati, che la stessa mamma ha col suo piccolo. Nello svilupparsi del legame di rito la madre usa invece un linguaggio caratterizzato da un tono di voce particolare, che allincirca di unottava pi alto del normale. E poi il linguaggio assai semplificato, spesso ritmato, organizzato in filastrocche e brevi melodie, ricco di parole dolcemente storpiate o addirittura inventate. Del resto, chiss quante volte lavete sentito. O addirittura usato, se siete delle mamme. Non finita qui, per. Penetrando pi a fondo nellelaborato comportamento rituale, si scopre infatti che la parte che recita la madre un po istintiva ma un po anche culturale, mentre quella del bambino, invece, , ovviamente, solo istintiva. Perch lui, piccolino com, di cultura ancora non ne ha. La madre, invece, a una comunicazione non verbale fatta di baci, abbracci, carezze, sorrisi e teneri contatti fisici, abbina sempre una parte verbale che il frutto spontaneo della sua creativit. Le dolci paroline un po storpiate, un po inventate, sono sue, soltanto sue. Insomma, nonostante tutto il geneticamente determinato che c dentro, ogni coppia madre-figlio finisce col costruirsi un rito che soltanto suo. Personale, privilegiato e irripetibile. Ebbene certe donne (e spesso, ma non sempre, sono quelle i cui figli ormai son troppo grandi, oppure che di figli non ne hanno) lo stesso rito se lo fabbricano con un cucciolo di cane. Con il loro cucciolo di cane. Compaiono allora le stesse paroline dolci e un po storpiate, lo stesso tono, le stesse carezze e, ci che straordinario, la stessa risposta istintiva da parte di quel peloso e dolcissimo bambino adottivo o, in qualche caso, addirittura del cane adulto. E lui, sia il cucciolo che ladulto, quelle coccole le capisce e ci sta. Eccome se ci sta. Assume una faccia beata, leggibile come una sorta di sorriso. Sta a pancia allaria e offre una zampa anteriore, a volte anche una posteriore. Sventola la coda e se la gode un mondo. Insomma, se al posto del bambino c un cucciolo di cane in realt non cambia molto: si tratta sempre dun rito di legame. , questa, una bella dimostrazione di come il cane sappia effettivamente entrare, come parte integrante, nella famiglia umana. Il rito di legame spostato su un animale - potremmo chiederci - cosa buona oppure riprovevole? Personalmente non ci vedo niente di male. Senza contare che un dato di fatto, forse sempre esistito, anche se una volta era tenuto un po celato, e non fa male a nessuno. Forse semmai fa bene.

Quanto a coloro che possono vedere in questatto un amore sprecato, vorrei rassicurarli che sono proprio le stesse signore che amano tanto gli animali quelle che poi maggiormente simpegnano nel sociale. Perch, se c lamore, c per tutti.

Regalare un cane a un bambino.


Regalare un cane a un bambino, o a una bambina, che poi lo stesso, pu essere uniniziativa importante, educativa, bellissima. La scelta giusta per offrirgli non solo un simpatico, sempre allegro compagno di gioco e di avventure, ma anche loccasione per fare utili esperienze. Per aiutarlo addirittura a crescere. Chiunque da bambino abbia avuto un cane per amico lo sa. Quellamicizia resta incisa per sempre nella memoria. Ricordi lieti, talora tristi, ma quel cane, quel primo cane sar sempre con noi, dentro di noi. Si cresce insieme e, se va bene, quel cane accompagner il suo compagno di giochi per tanti anni, forse fino alluniversit, forse anche oltre. E quante sono le persone, uomini e donne, che ancora si ricordano del loro primo cane che, con lo scorrere del tempo, sempre pi viene idealizzato fino a diventare un qualcosa di mitico. Di caro e di mitico, cui rivolgere sempre un pensiero affettuoso. E basterebbe ci per dimostrare che regalare un cane a un bambino sarebbe quasi doveroso, per le esperienze uniche che quel cane regaler al suo giovane amico. Ma, essendo appunto una scelta importante anche per i genitori, una decisione da meditare bene. Perch tutto funzioni occorre la famiglia giusta. Indispensabile innanzitutto la consapevolezza che il nuovo ospite non umano diverr un membro effettivo e stabile della famiglia. Occorrer poi sapere come farlo crescere, e il comportamento degli adulti sar un esempio fondamentale per il bambino. Un esempio di grande rilievo generale perch il bambino imparer cos il rispetto - un valore, a mio parere, superiore a quello dellamore - per chi diverso ma comunque intelligente, sensibile, e a sua volta ricco daffetto da donare. Ma c di pi perch, se il bambino verr coinvolto nella cura del suo cane sicuramente crescer pi responsabile, pi attento ai bisogni altrui, meno egoista. Imparer a leggere il suo comportamento, i suoi inviti al gioco ma anche la sua naturale aggressivit. Divenuto cos, tramite la sua diretta esperienza, competente, sapr poi lui stesso, sempre, come comportarsi con i cani. E anche se ci pu sembrare cosa di poco conto, purtroppo non cos, perch la stragrande maggioranza dei bambini aggrediti dai cani - evento raro ma comunque esistente - proprio rappresentata da quelli che hanno culturalmente ereditato dalla famiglia un generale disinteresse per gli animali o anche, in questo caso solo da qualche membro, addirittura la fobia per questi animali e che, di conseguenza, emettono risposte e segnali pericolosamente sbagliati. Segnali che, appunto, possono evocare unaggressione.

Infine - anche questo raro ma ogni tanto purtroppo succede - pu capitare che un bambino per qualche motivo si perda e allora, non raramente, viene ritrovato da un cane alluopo addestrato. Pensate allora al suo sollievo, al suo conforto immediato, se si tratta di un bambino abituato a frequentare i cani e a considerare positivamente la loro presenza, mentre invece pensate a quale surplus di paura, in qualche caso addirittura di terrore, laspetta se a quel povero bambino stata trasmessa la fobia, che ben peggio della semplice incompetenza, per questi animali che in realt sono sempre dolci e altruisti.

Il cane nella famiglia umana.


Vi racconto un aneddoto, piccolo ma significativo. Stiamo andando a spasso vicino a casa, a Venezia, con Orso che ci precede di qualche passo, quando sentiamo qualcuno che, da dietro, ci urla qualcosa. Ci voltiamo ed il padrone di un bar che vuol consegnarmi una busta che qualcuno ha lasciato per me. Ebbene, sapete come ci sta chiamando? Cos: Signori Orso!. Quel barista, non ricordando il mio cognome, ma essendo amico di Orso (succede, succede...), ci regala, per cognome, il nome del nostro cane. Non proprio un patronimico, ma quasi. Pu succedere, la natura della cultura. E funziona perch il nostro cane fa effettivamente parte della nostra famiglia. Orso, pensiamo, un bel cognome davvero. Ce ne andiamo divertiti. Mintendo poco di leggi, non il mio mestiere. Vorrei, a ogni modo, esprimere il mio parere sulla proposta perenne, in realt qui da noi mai realizzata, di includere il cane di casa nel nucleo familiare. Nello stato di famiglia, credo che si dica. Quella cosa, insomma, che si dichiara allanagrafe. Il mio parere questo: sarebbe una buona idea, che potrebbe portare a risultati positivi per la vita, troppo spesso infelice, dei nostri cani. Anzi, voglio dire di pi. Una legge cos non farebbe altro che riconoscere una realt di fatto. Esattamente come quando si riconoscono effettivi (se ho ben capito) i matrimoni di fatto. Quelle unioni cio dove una donna e un uomo, o due uomini o due donne, vivono insieme ed in comunione di tante cose. Dallaffetto allaffitto, per fare una battuta. Il cane di casa nel nucleo familiare di fatto ci sta gi, o per lo meno ci dovrebbe stare (se non cos una brutta faccenda). Lipotetica legge, pertanto, non farebbe altro che sancire una realt ormai nota, almeno a chi, come me, si occupa di comportamento animale. Non credo che mi servano molte argomentazioni per dimostrare che il cane fa concretamente parte della famiglia in cui vive. A ogni modo il cucciolo entra nella famiglia umana con un classico meccanismo dadozione evocato dai segnali infantili. cos da quando stato addomesticato: figuratevi che in molte culture primitive il cucciolo veniva addirittura allattato al seno dalla sua madre adottiva, se aveva il latte. E poi, comunque, veniva e viene nutrito, accudito, istruito. Infine c - e questo il punto fondamentale - il fenomeno dellattaccamento mediato dallimprinting. Il cucciolo si sente membro della famiglia che lha preso con s, risulta fortemente affezionato ai componenti del suo nuovo gruppo

familiare. Ne fa parte e senza di loro infelice. Esattamente come un cucciolo umano. Voglio anche dire dei possibili riflessi positivi dellacquisizione (a titolo di legge) del cane come membro della famiglia umana. Un primo effetto dovrebbe essere una maggiore responsabilizzazione da parte di chi decide di mettersi in casa un cane. Troppo spesso purtroppo si vedono cani che, pur essendo magari amati, sono male allevati, educati. Per esempio cani che (questo, lavrete capito, un mio chiodo fisso), essendo sempre tenuti al guinzaglio, non hanno potuto sviluppare una normale socialit coi propri simili e che, di conseguenza, manifestano uneccessiva aggressivit. Oppure cani che, a detta dei proprietari, se liberati fuggono. Ebbene, nessun cane allevato correttamente, e cio cui consentita regolarmente una normale, e dovuta, libera attivit di esplorazione, fugge. Ci mancherebbe altro. Ma questi sono soltanto due tra i tanti possibili esempi. Cani sani e ben educati, invece, accompagnati da proprietari competenti, dovrebbero poter entrare dappertutto. Non avere n creare problemi. Che senso avrebbe impedirne, per esempio, laccesso in negozi, ristoranti, alberghi, stabilimenti balneari, pinacoteche? Tenete presente, tra laltro, che ormai, per via della pet therapy, entrano normalmente nelle scuole e negli ospedali. E questo entrare dappertutto produrrebbe il secondo, consequenziale, effetto: una vita pi facile e felice per uomini e animali. Soprattutto la fine di quel fenomeno orrendo che labbandono. Ho assimilato, prima, entro certi limiti, lamore canino (che sicuramente un qualcosa di un po diverso) a quello che si instaura allinterno di una coppia, lelemento portante di ogni tradizionale famiglia umana. Qualcuno potrebbe forse trovare ci inappropriato, perfino irriguardoso. Effettivamente una grossa differenza c, perch lamore canino , sempre e comunque, per la vita. Fosse per lui, un cane non divorzierebbe mai. Mettiamoci, infine, dalla parte del cucciolo che, con tutta la sua ingenuit e, insieme, buona volont, si trova sbalzato, da un giorno allaltro, dalla sua famiglia canina, la mamma e gli altri cuccioli, a una famiglia questa volta soltanto umana, per giunta fatta di sconosciuti. Come non bastasse, si trova anche in un luogo altrettanto sconosciuto ed estraneo. Credo sia opportuno parlarne perch sarebbe bene che chi acquista un cucciolo se ne renda conto. Quello , pi di tutti, per il cucciolo un momento fondamentale e sarebbe importante che i membri umani si dessero un po da fare per aiutarlo. Occorre, innanzitutto, sapere che il cucciolo non dovrebbe mai lasciare la sua famiglia canina prima dei due mesi e mezzo di vita. Prima di allora infatti la presenza della madre e dei fratelli essenziale perch il cucciolo apprenda le basi della buona educazione canina. Della convivenza cio con altri cani. La mamma sa infatti esattamente come fare con i figli e la sua didattica essenziale. Per esempio, quando questi, per eccesso di vivacit, esagerano con lirruenza dei giochi, insegna loro, intervenendo appropriatamente, che cos non va, che non si deve fare. Ed essi imparano subito. Daltronde indispensabile che i cuccioli si esercitino fin da giovanissimi giocando e lottando tra loro, perch solo cos si sviluppa normalmente la loro socialit, il loro modo di esprimersi nel linguaggio canino: segnali di predominanza e di sottomissione, inviti al gioco e cos via... Poi, superata la soglia dei due mesi e mezzo, meglio ancora dei tre mesi, ecco che arriva veramente il difficile. Il cucciolo, appunto, che entra, inconsapevole di tutto, nella famiglia umana. Inconsapevole di tutto, s, ma anche predisposto ad

apprendere, e pieno di buona volont. E questa volta si tratta di altre regole, altro modo di comunicare. Meno istinto e pi apprendimento. Ed questo il momento in cui la famiglia umana, al completo, dovrebbe intuire le sue difficolt e aiutarlo comunicandogli ci che pu fare e ci che non pu fare in modo semplice, gentilmente, senza assalirlo con durezza e senza vere punizioni. Anche perch, il cucciolo, si comporter in modo tanto pi intelligente quanto pi sar tranquillo e giocoso. Per lui come per tutti, infatti, la paura e lo stress non aiutano. Dolcezza dunque, e pazienza, e sarete ampiamente ricambiati. E a proposito di dolcezza, e questa volta accompagnata da un poco di buon senso, ricordatevi che quel cucciolo fino al giorno prima se ne stava tranquillo e sicuro in un nido caldo, insieme alla sua mamma e ai suoi fratelli. Non pensabile che non possa essere terrorizzato se viene sbattuto di colpo in una stanza da solo per passarvi la notte. Poi imparer, si dice, ma a che costo! E mi viene in mente che una volta, non tanto tempo fa, anche ai bambini piccoli si facevano fare le stesse terribili esperienze, senza comprendere che qualsiasi cucciolo, se si sente abbandonato, sagita e strilla proprio in funzione dellessere ritrovato e rassicurato. Non cos, dunque, che si deve fare, tanto pi che ci vuole tanto poco a tenersi il cucciolo vicino, ai piedi del letto, per qualche notte. Poi sar lui, un po per volta, a scegliersi dove gli piace dormire, e consapevole e rispettoso dei posti dove farlo gli proibito. Impra tutto, un cane, con le buone maniere e se gli si spiega con chiarezza i suoi diritti e i suoi doveri. Sempre, beninteso, che non riceva informazioni contrastanti da parte dei membri della famiglia umana. E gi che parlo del dove gli piace dormire, scoprirete che il cane sensibilissimo alle variazioni di temperatura e che pertanto, se gli concesso, sa procurarsi tante postazioni, anche in stanze diverse, a seconda delle stagioni, e di come si sente in quel momento. Molti cani, tra laltro, vengono spaventati dai temporali e dai botti dei fuochi dartificio. Ve li troverete, allora, in cerca di rassicurazione e di conforto. Avranno il respiro affannato, segno certo di stress, e sar il momento di rassicurarli, anche mostrandovi allegri e per niente preoccupati. Infine, dato che non mi piace possedere un cane soldatino, uno di quelli cio cos ben addestrati da fare soltanto ci che gli stato insegnato, ma di gran lunga preferisco quelli che invece sanno esprimere, ovviamente entro certi limiti (questo per me significa, umani e non umani, la buona educazione), le loro preferenze, la loro intelligenza, la loro personalit, ecco allora che anche il fatto che scelgano, di volta in volta, dove dormire, diventa un segno positivo. Mi informa infatti sulla loro tranquillit e sul loro benessere. Sul fatto, in definitiva, che sono veramente parte della nostra famiglia.

Cani soldatini e altri cani.


Voglio dire qualcosa di pi a proposito di quelli che ho definito cani soldatini. Devo farlo perch non vorrei offendere la composita categoria fatta duomini e cani che davvero non lo meriterebbe. E tra cui, oltre tutto, ho tanti amici, sia delluna che dellaltra specie. Mi riferisco, in generale, ai cani di salvataggio e ai loro istruttori. Gente meravigliosa sia per abilit che per altruismo. E poi, quelle coppie miste, umane e canine, rappresentano al meglio come le due specie sappiano cooperare scambiandosi continuamente segnali comunicativi. Sono, se

vogliamo entrare un po pi nel merito, le unit cinofile di ricerca in superficie di persone scomparse, oppure di persone travolte da macerie oppure ancora da valanghe e, infine, le unit di salvataggio di persone che si trovano in pericolo di annegamento. Com facile capire, sono tutte unit impegnate in un lavoro di grande responsabilit, ed da qui che nasce la necessit di disporre di animali assolutamente affidabili. Ed appunto perci che c bisogno di cani che, come fossero dei militari, quando il caso sappiano obbedire senza discutere. Proprio perci gli istruttori devono acquisire un completo dominio sul comportamento dei loro cani. E devo dire che, in generale, hanno perfettamente compreso come ci possa essere ottenuto senza esercitare alcun tipo di violenza. Basta daltronde osservarli mentre lavorano, questi cani e questi padroni. come se giocassero, seppure con estrema attenzione e seriet. Perch per questi cani raggiungere lo scopo prefissato una sfida importante e, gi di per s, riuscire ad accontentare il padrone risulta essere una grande soddisfazione. Fanno notare, questi istruttori, come essi raggiungano i migliori risultati senza praticare alcuna forma di autoritarismo, ma piuttosto usando insieme gentilezza e determinazione, risolutezza e coerenza. Quanto ai premi concreti, sempre assai graditi, vanno dalle carezze a golosi bocconcini, oppure - e anche ci piace molto - al farli giocare, quando hanno svolto bene il compito assegnato, con una pallina o con un manicotto di juta. C infine da aggiungere, a proposito di questi cani cos seriamente impegnati, che solitamente sono il frutto di una selezione fatta, assai precocemente, allinterno delle nidiate, perch fin da giovani possibile comprendere, grazie a specifici test, quali tra i tanti siano maggiormente provvisti delle caratteristiche richieste affinch listruzione che poi riceveranno dia gli attesi risultati. Fin qui a proposito di quei cani, e quei padroni, che devono svolgere un vero lavoro; meno capisco invece quei proprietari di cani che sentono la necessit di far educare un cane da un istruttore pur possedendo un cane tutto sommato normale. Un cane che, cio, potrebbe benissimo essere educato da un normale proprietario. Questi cani, infatti, cpita poi spesso di vederli mentre vengono fatti esibire da padroni, che si vantano di averli mandati a scuola, e che poi li trattano, dandosi delle arie, come se fossero animali da circo. Spesso gli danno ordini per fare cose piuttosto prive di senso e quelli, beccandosi il loro bocconcino, fanno la loro esibizione: una piroetta, un salto, oppure si mettono in un modo o nellaltro e cos via. Non un gran che, secondo me, sia per i cani che per i padroni. Robetta da circo di serie B. Detto ci, chiaro che molti proprietari di cani hanno davvero la necessit di farsi aiutare da un esperto, che se veramente competente pu risolvere con estrema facilit molti problemi, ma questo un altro discorso. Insomma, in un mondo normale il padrone ed il cane dovrebbero senza fatica organizzarsi secondo lunica logica gerarchia possibile e, in questmbito, dovrebbero, e potrebbero, trovare entrambi un modo felice di convivenza. Semplicemente imparando a conoscersi, prendendosi reciprocamente le misure. Poi, il mutuo desiderio di accontentarsi che, meravigliosamente bilanciandosi dalle due parti, produce una gradevole convivenza.

A ogni modo, attenzione: questo, non dovete mai dimenticarlo, non un manuale, e io non voglio dare consigli a nessuno, ci mancherebbe. Dico per che a me, come amico intelligente, un cane soldatino piace poco perch, lasciando il mio cane un po pi libero e soprattutto meno oppresso dallobbligo di unobbedienza sempre e comunque, mi pi facile scoprire la sorprendente raffinatezza della sua mente. In altre parole, una volta stabilito che sono io lindividuo alfa e insegnato al mio cane, semplicemente segnalandogliele con un no deciso e inequivocabile, tutte le cose che non deve fare, poi mi piace che scelga lui come comportarsi. E quante volte il mio cane mha lasciato sorpreso, quante volte ho capito che anchio, che pure sono un etologo di professione, non avrei mai immaginato di quante e diverse e raffinate doti intellettive si dimostra dotato un cane che tranquillamente fa - sotto il mio sguardo curioso ma non troppo incombente - ci che gli pare. Quanta memoria, quanta sapienza, quanta capacit di soluzione di problemi risiede nella mente di un cane. E quanta bont, quanto altruismo, soprattutto se il cane cresciuto senza aver accumulato cattive esperienze. Ci perch - ultima sacrosanta verit - quando un cane ha la possibilit di esprimere liberamente se stesso senza essere stressato, o spaventato, come se fosse ancora pi buono e intelligente. Esattamente come succede, del resto, a noi esseri umani. Li. La giornata del 12 aprile 2010 era cominciata triste. Era un luned e il giornale radio delle sette mi aveva appena informato della scomparsa prematura - aveva solo cinquantanove anni - di Edmondo Berselli. Poi, uscito con Orso per la colazione, avevo intravisto nelle edicole la sua bella faccia emiliana sorridermi da tutti i quotidiani. Poverino, mi ero detto, mi spiace molto, eppure di persona non lavevo mai conosciuto. Oppure s? Perch in verit lavevo conosciuto personalmente, avendo letto il suo Li. Biografia morale di un cane. Un libro, bello e un poco strampalato, ideale per conoscere qualcuno. Personalmente, appunto. Tramite Li infatti ero entrato nella sua famiglia, umana e non umana. Grazie a quella labrador nera e un poco cicciotella, Edmondo aveva saputo accendere, chiss in quanti, i neuroni specchio, quelli dellempatia, e io Edmondo lavevo riconosciuto come membro della mia stessa setta di padroni di cani. Padroni speciali, come vedrete. Avevo cos deciso per la mia giornata: salutato ci che avrei dovuto fare, avevo ripreso in mano Li. Guardando ancora la faccia aperta di quel modenese di Campo Galliano, mi ero rituffato nel capitolo 8, quello che pi di tutti accende lempatia. Ecco perch inserisco, a sguito del capitolo sui cani soldatini e gli altri cani, questa non programmata appendice. Vuol essere un omaggio a quellEdmondo che in realt non ho mai incontrato e anche un esempio di come mi piacerebbe fossero tutti i padroni dei cani. Cani che, come Li, hanno vinto la loro battaglia contro certi addestratori

non tutti per, fortunatamente, sono cos - per non diventare soldatini. O soldatesse. Lascio la parola a Berselli: ... Al cane, ammonisce tetro listruttore scientifico Bronislaw, non si parla. Mentre voi, brutte cacchine, spiega dallalto del suo gelo professionale, siete innamorati della bestia, e questo non va bene. Gli parlate, discutete, non vedete che lo intontite di chiacchiere? Ladorate mentre mangia, la idolatrate mentre sgranocchia, la venerate mentre ripulisce a linguate il parquet, addirittura lamate quando beve. Ma beve con suprema eleganza, protesto io, e senza versare una goccia dacqua fuori dalla ciotola. Non importa, il cane deve essere unantenna, captare limmanenza del silenzio e, pi che il silenzio, deve perfino subire moralmente lindifferenza siderale degli esseri a lui superiori come un incombere alieno, la cappa di un potere sovrano, un nomos inesorabile, una forza mentale senza accessi, da cui lasciarsi semplicemente dominare. una dimensione oscuramente pi vicina al sacro che non alla trasparenza della natura e alla consistenza lieta della fisicit. In questo modo i suoi sensi si affinano, i suoi nervi si tendono, diventa disponibile ai comandi, una molla pronta ad eseguire: ti aggancia lo sguardo ed una macchina di muscoletti e tendini attenta a scattare a ogni desiderio del padrone o della padroncina, due occhi neri che ti seguono infallibili, ti cercano, ti scrutano, aspettano un gesto, un segno, un indizio, un invito. Questo spettacolino di freddezza cos calcolata dura uneternit, ossia circa un giorno e mezzo, in una via crucis di sofferenze esistenziali inspiegabili agli estranei. Ignorate il cane si chiede con voce spezzata e implorante agli amici che sono venuti in visita a vedere il labrador e vorrebbero coccolarlo fate finta di niente! Il cane non esiste, si assevera con la certezza di un ateo ottocentesco che parla atrocemente di Dio. Una tortura. Un giorno e mezzo. Il tempo di vedere mia suocera Wanda, entit assai poco scientifica, che, indifferente a qualsiasi prescrizione etologica e lorenziana, afferra e cinge Li a tradimento: Dammi unabbracciatona!. E poi strillando: Questa la reginetta della casa!. Mezza frittata fatta. Mio suocero Vittorio le d di nascosto i bocconcini, parlandole con complicit a bassa voce. Due terzi di frittata. E infine Marzia, frittata intera: leducatrice insindacabile rovescia la bestiolina per terra, le afferra le orecchie, le scuote la pancia, le strofina le tettine, le tira la coda e, davanti alla mia occhiata indignata per leso protocollo malinowskiano distruzione canina, lancia verso di me uno sguardo di sbieco e sibila: E sia ben chiaro che il cane mio e ci faccio quel che mi pare. Per poi sottolineare, come trasgressione finale, che del rigore delladdestramento e del decalogo di Bronislaw non gliene importa nulla, ma proprio nulla, un fico secco. Se no, ringhia a brutto grugno, che cosa lo prendevo a fare, il cane?* In quel triste luned daprile ci che speravo e che sapevo che Li, leccandole una lacrima con la sua lingua calda, tenera e rosa, avrebbe regalato un poco di conforto a Marzia, pur essa conosciuta e sconosciuta. Anche a questo servono i cani, e non cosa da poco.

Edmondo Berselli, Li. Biografia morale di un cane, Mondadori, Milano 2009, pp. 59-60, per gentile concessione.

Storie di cani e padroni.


Per noi che, come si dice, abbiamo raggiunto una certa et, Edmondo De Amicis autore assai noto grazie al suo Libro Cuore. E chiss mai perch questopera la chiamano, o la chiamavano, tutti cos, con davanti al vero titolo (Cuore) la parola libro. Sto ripetendo cose che tutti sanno, cos come tutti sanno che i ragazzini, e le ragazzine, ormai hanno smesso di leggerlo, quel libro, e le maestre e le professoresse di consigliarlo, e i genitori, i nonni e gli zii di regalarlo. Il Libro Cuore, si diceva una volta, formativo. Ora, evidentemente, non lo pi, e forse qualche motivo c. Ma non questo, ora, il punto del discorso. Il punto attuale la scoperta, o riscoperta, di unopera minore, unoperina, intitolata Il mio ultimo amico, che De Amicis pubblic nel 1900. Pensate, ben pi di un secolo fa. Operina, secondo me, commovente, sincera, interessante e, questa s, soprattutto attuale. Ben quattro aggettivi ho speso per descriverla. Quanto ai primi due, credo che rientrino appieno nello stile dellAutore, quello fin troppo accattivante e coinvolgente che probabilmente ha fatto storcere un po il naso a qualche critico un po troppo critico. E forse anche per questo che il Libro Cuore ormai decisamente fuori moda. E comunque sugli ultimi due aggettivi - interessante ed attuale - che voglio soffermarmi. In Il mio ultimo amico De Amicis descrive il rapporto reciprocamente affettivo che si andato costruendo tra lui, ormai anziano, e il suo cagnolino Dick. Ebbene, ci che trovo interessante che lAutore racconta di essere partito, come del resto moltissime persone, temo quasi tutte, da una serie di idee preconcette, ereditate dal comune modo di pensare agli animali. Ovvero, per dirla con un termine un poco pi brutale e rozzo, alle bestie. E si sa bene cosa si intende per bestie: esseri di poco valore quanto a intelligenza, sensibilit, emotivit, affettivit. Tutte caratteristiche bellissime ma che, appunto, si reputavano soltanto umane. E questo stato, per lAutore, il punto di partenza. Poi, probabilmente spinto anche da dolorosi motivi personali, De Amicis ha saputo aprire gli occhi e fare quella cosa, insieme facile e difficilissima, che losservare il suo cane con occhi privi di pregiudizi. Ed ecco allora che, meravigliosamente, ha scoperto che Dick non era una bestia (un bruto), ma un essere dotato di capacit intellettive, comunicative ed affettive. E di una bont connaturata, quasi fisiologica. Insomma, De Amicis ha semplicemente scoperto cos effettivamente un cane. Perch un cane, ogni cane, altro non che una persona diversa. Una persona che, per, quando entra nella famiglia umana, ne diviene parte compiutamente. Voglio poi dire dellattualit di questa deliziosa operina. Anche se sono passati pi di centanni da quando De Amicis la scrisse, i cani ancoroggi, purtroppo, vengono sottovalutati per quanto riguarda sia le loro doti

mentali che le loro capacit affettive. Vengono dunque poco compresi e, di conseguenza, troppo spesso maltrattati. Ebbene, non se lo meritano e noi dovremmo smetterla di agire cos spesso malamente nei loro confronti. Dovremmo, invece, mostrare quella gratitudine che essi si meritano per quanto di bello sanno sempre regalarci. Dicevo, inizialmente, del Libro Cuore e del fatto che non viene pi letto dai ragazzi. Forse, effettivamente, superato. Ci che sicuramente so che sarebbe assai utile se i ragazzi, e non solo loro, leggessero il piccolo libro sul cane Dick, perch sincero e permeato di quella curiosit conoscitiva e di quellempatia verso ogni forma di intelligente diversit che tutti noi dovremmo sempre coltivare intensamente. Detto di De Amicis e del suo cagnolino, a cui ho voluto dare la precedenza, per parlare di cani e padroni si pu andare ben pi lontano nel tempo. Esiste uninfinit di testimonianze letterarie, storiche, naturalistiche. Dai primi lupi addomesticati da cacciatori-raccoglitori, di cui ci parlano gli antropologi, al vecchio Argo di Ulisse, ai tanti cani che accompagnarono la vita e le cacce di Federico II, a quelli di Luigi XIV. Come lo capisco il Re Sole, che i suoi cani voleva nutrirli personalmente, e voleva che dormissero con lui. Che gusto cera, altrimenti? Nessuno, come per quei padroni attuali che, poveretti loro, devono farsi accompagnare fuori il cane dalla (o dal) dog-sitter. E non si pu non ricordare il cane da pollaio che Thomas Mann ha raccontato in Cane e padrone. Secondo Lorenz la pi bella descrizione dellanimo canino. E, se lo dice lui, senzaltro un invito ad andarselo a leggere, questo racconto. C poi Flush - stesso nome per cane e racconto - di Virginia Woolf. C la segugia Perla di Renato Fucini in Le veglie di Neri. Ce ne sono tanti altri. Ebbene, ci che si scopre che sempre viene descritta, pur nel variare dei tempi e degli stili di vita, la medesima alleanza, quasi una simbiosi mutualistica. Io do tanto amore a te, tu lo dai a me. Oppure lo davo. Pensiamo alloggi, infatti, ai nostri cani. Oggi dobbiamo infatti considerare, e sono tristi notizie, ci che sta succedendo ai cani-oggetto di questa nostra et consumistica e troppo spesso stolta. sufficiente, per farlo, un solo e assai attuale riferimento letterario: il personaggio canino Ror, descritto da Marco Lodoli in Cani e lupi. Ror un bassotto che, poveretto, costretto a muoversi sempre in mezzo al cemento, tra i gas di scarico delle automobili, perennemente provvisto di guinzaglio. Lui si ribella e allora, per giunta, gli viene appioppata una museruola. E se cercassimo di comprenderli, una buona volta, i nostri poveri cani? Sia come sia, nella loro pur cos ampia parabola temporale i tanti casi conosciuti ci mostrano che, a dare fondamento al rapporto tra cane e padrone, sempre sussiste un medesimo, immutabile intreccio tra biologia e cultura. Un patto affettivo suggellato da qullimprinting che, esso stesso, fenomeno biologico e culturale insieme. Svisceriamolo, perci, questo patto e, per far ci, scelgo le preziose testimonianze di Konrad Lorenz e di Sigmund Freud.

Condividevano, quei geniali studiosi del comportamento, la passione per i chowchow, i leonini cani cinesi. Pochi conoscono il rapporto affettivo che Freud mantenne con quella razza orientale. Ne possedette almeno due, Lun e Jofi, e fu amico di Topsy, il chow della sua allieva Marie Bonaparte. Donna singolare ed affascinante che fu, tra laltro, importante per Freud e per la storia della psicanalisi (ricordo un suo bel saggio su Poe). Importante anche per la storia del chow, perch su tale cane, anzi su Topsy, scrisse nel 1937 un libretto intitolato Topsy: Chow-Chow au poil dor, che venne tradotto in tedesco nientemeno che dallo stesso Sigmund insieme con Anna Freud. Non tutto per, perch la chicca questa: una lettera che Freud sped a Marie e che riporto per i suoi contenuti che sono mirabilmente esplicativi della qualit dellamicizia che pu instaurarsi tra un uomo e un cane. Le ragioni per cui si pu in effetti volere bene con tanta singolare intensit ad un animale come Topsy, oppure il mio Jofi, sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai confini difficilmente sopportabili con la civilt, la bellezza di unesistenza in s compiuta. E, nonostante la diversit dello sviluppo organico, il sentimento di unintima parentela, di unincontestabile affinit. Spesso, nel carezzare Jofi, mi sono sorpreso a canticchiare una melodia che io, uomo assolutamente non dotato per la musica, ho riconosciuto essere laria dellamicizia nel Don Giovanni Voglio che siamo amici. Quanto a Jofi, il grande psicanalista, convinto comera che i cani fossero ottimi giudici del carattere delle persone e contribuissero a mettere a loro agio i pazienti, gli permetteva di assistere alle sedute di analisi. Se il paziente era calmo e tranquillo il cane gli stava sdraiato vicino, mentre se il cane manteneva le distanze ci significava che il paziente era pieno di tensioni. Questo, comunque, non era lunico talento di Jofi, n il pi utile. Jofi infatti riusciva immancabilmente a comprendere quando una seduta doveva aver termine. Trascorsi i 50 minuti canonici, il grosso chow-chow si alzava, si stiracchiava e si avviava verso la porta dello studio. Cos Freud sapeva sempre quandera ora di accomiatarsi dal paziente senza dover consultare lorologio. Venendo a Lorenz, anchegli possedette molti chow, per buona parte incrociati con pastori tedeschi. Una vera dinastia; ne cito alcuni: Wolf, Stasi, Pygi, Susi. Nomi che si ripetevano nel tempo entro il lato canino della sua famiglia allargata, come normalmente avviene. Cerano, per esempio, Wolf II, Pygi II. Erano cani che sempre accompagnavano letologo nelle sue passeggiate, nelle sue nuotate nel Danubio. ...quando ne ho fin sopra i capelli del lavoro intellettuale, quando non ne posso pi di dire cose intelligenti e di comportarmi come si deve, quando alla vista di una macchina da scrivere vengo colto da una nausea irresistibile, sintomi questi che compaiono verso la fine dellanno accademico, io divento un cane tra i cani... Cos scrive Lorenz in Canicola, il pi bel racconto di Lanello di re Salomone. Lorenz si ritira, con Susi ( di lei che parla nel racconto), dal consorzio umano. Fuggono insieme, liberi, lungo il fiume dalle rive selvagge, nuotano felici luno accanto allaltra. Lei caccia topi, lui impigrisce al sole. lamicizia allo stato brado, da lupo a lupo. il perfetto benessere al di sopra dei processi mentali superiori. E il sentire di Lorenz - scopriamo - in perfetta sintonia con quello di Freud (...il senso di una vita semplice e libera dai confini difficilmente sopportabili con la civilt...).

E ancora Lorenz annota come lui e i suoi cani si sentano come le cinquecento scrofe di Goethe divenute proverbiali. Non so nulla di questo proverbio austriaco, forse tedesco. Credo per di intuire che in qualche modo alluda alle basi naturali su cui si fonda ogni amicizia. Unestensione affettiva, immagino, del senso di parentela mediato, in questo caso, da quellimprinting che consente di scavalcare perfino le barriere di specie. Perci quel cucciolo di lupo che per primo venne adottato, molti millenni fa, da una primitiva famiglia umana, riconobbe in essa la propria famiglia. Perci nella specie umana scopr unestensione della sua stessa specie. E da allora niente cambiato, una generazione di cani dopo laltra, un imprinting allargato dopo laltro. Il bello del possedere un cane sta proprio in questo: lui che diventa uno di noi. Che ci comunica, sociale ed affettivo com, i suoi sentimenti. Che collabora con noi: la guardia alla casa, la guida del gregge. Che, soprattutto, ci ama. Ed questo che, oggi che ci siamo quasi tutti inurbati, massimamente vogliamo. Non raramente scoprendo in lui, cos bisognoso di cure, cos dipendente da noi, un eccellente sostituto di quel cucciolo umano sempre pi spesso assente. Questo sembra essere il nuovo ruolo che pi di tutti e prepotentemente si fa largo tra le tante potenzialit, tra i tanti nuovi mestieri che il cane sa rapidamente apprendere. Un sostituto dumanit che, oltre tutto, la selezione ha in molte razze, le pi adatte allo scopo, infantilizzato. E che amiamo nutrire, coccolare. Una storia, questa dellalleanza tra uomo e cane, che d da pensare. Prima di concluderla, per, voglio ricordare un altro elemento che rinforza lidea, che cos bene sintuisce dalla lettera di Freud, del cane inteso come parente. Il fatto che, sempre pi, prendano piede i cimiteri canini. Basta, per scoprire queste parentele da imprinting, quanto scritto sulle lapidi. Sono pseudomamme, pseudobabbi umani che piangono i loro figlioli pelosi morti anzitempo perch la loro vita, purtroppo, pi breve della nostra. Byron fu, al proposito, un precursore. Quando mor il suo adorato terranova, fece erigere nellabbazia di Newstead, in Scozia, un monumento alla sua memoria. Vi stil sopra questo epitaffio: In questo luogo deposta la spoglia di uno che fu bello senza vanit forte senza ferocia. Possedeva tutte le virt delluomo senza i suoi vizi. E questa lode che non sarebbe che una mendace adulazione se di resti umani si trattasse non che un giusto omaggio alla memoria di Botswain che nacque a Terranova nel maggio 1801 e mora Windsor il 18 novembre 1815. Daltro canto, come dicevo, oggi si prende in considerazione sempre pi seriamente linserimento del cane di casa nello stato di famiglia. Sembrerebbe una buona cosa, anzi lo . Eppure la crescente tendenza allumanizzazione, peggio

ancora quella infantilizzante, da un lato ci fa perdere alcuni dei lati pi gradevoli del possedere un cane, dallaltro rende infelice lanimale stesso. Perch un cane un essere che, se ben cresciuto, intelligente e responsabile. Sa accompagnarci libero, senza mai combinare guai, allegramente. Liperprotettivit dei padroni moderni, invece, soprattutto il limitante guinzaglio, se usato sempre e comunque, sta costruendo cani irresponsabili e indiscriminatamente aggressivi perch, sempre costretti, rimangono incompetenti del mondo. Del come gestire le proprie relazioni sociali, soprattutto. Va cos a finire che dei cani stiamo perdendo il meglio. Devo confessare che, a dare la botta finale al mio pessimismo sul futuro del nostro rapporto coi nostri amici a quattro zampe stata la scoperta, ormai nemmeno pi tanto recente, della messa in vendita di tapis roulant per cani che non fanno abbastanza moto. Maledetto consumismo: non erano sufficienti le magliette di Strass e le spruzzate di, per loro nauseante, confondente profumo? Eppure cera da giurarlo che sarebbero arrivate anche queste macchine infernali per far fare moto a cani troppo grassi e sedentari (come i loro padroni, del resto). Siamo sicuri che i cani userebbero la parola benessere, come sta scritto in tanti dpliant, per descrivere questo moderno sostituto della passeggiata che, si potrebbe dire, sempre spettata loro di diritto? Ludica, sociale, esploratoria. Mi viene un brivido solo a pensare a quei poveri esseri costretti a muovere le zampe su un pavimento scorrevole. Senza odori, senza incontri sociali, senza uno straccio di motivazione. E non posso, a questo punto, non pensare ancora ai cani felici che accompagnavano Lorenz sul Danubio. Ebbene, che abbiamo noi, e loro, in cambio ora? Confortevoli tapis roulant per tutte due? Palestre separate o, democraticamente, quelle umane saranno aperte anche per loro? Poveri noi ma, soprattutto, poveretti loro che, in questottica perversa, hanno tutto. Tutto, per, tranne quello che a loro veramente piace.

Somiglianze tra cani e padroni.


C un modo di dire che di solito riguarda le coppie umane: dio li fa e poi li accompagna. Ebbene, non pochi ritengono che questo luogo comune valga anche per unaltra accoppiata, quella tra il cane ed il suo padrone. Chiaro che dio, nelluno e nellaltro caso, non centra per niente. Nel primo caso, semmai, centrano le preferenze sessuali, nel secondo qualcosaltro di cui dir. Credo daltronde che sia capitato anche a voi di cogliere curiose somiglianze tra cani e padroni. Somiglianze che sempre ci stupiscono, che talora, anche, ci divertono. proprio di questi casi, tuttaltro che rari, che voglio parlare. Walt Disney, forse lo ricordate, seppe descrivere da par suo questo dato di fatto con unesilarante sfilata di coppie umano-canine in Lilli e il Vagabondo. Altro caso famoso: la celeberrima conduttrice televisiva statunitense Oprah Winfrey, durante un suo talk show, fece uninchiesta chiedendo al suo numerosissimo pubblico se ritenesse di somigliare al proprio cane. Chi ne era convinto avrebbe potuto inviare una foto che mettesse in evidenza la somiglianza.

Lo staff della Winfrey fu stupefatto di aver scatenato una simile valanga di adesioni. E non solo molti padroni sapevano benissimo di somigliare al proprio cane, ma dichiaravano di esserne addirittura fieri. Quando sono in giro con Buffalo raccontava un tale Joe dalla mascella robusta e dalla faccia tonda e schiacciata la gente ci guarda e ci chiede chi che sta portando a passeggio laltro. E spiegava che a lui i bulldog erano sempre piaciuti e che non gli dava per niente fastidio assomigliare a questa strana razza, anzi... Fino a non molto tempo fa, per, a proposito di questa somiglianza si era andati solo a sensazioni. E si sa benissimo che queste possono essere ingannatorie, perch se la somiglianza c tutti la notano e se la ricordano, mentre se manca nessuno ci fa caso. A ogni modo ben pochi, al di l del divertimento di rinvenire, talora, sorprendenti specularit tra certi cani e certi padroni, avrebbero messo la mano sul fuoco sulleffettiva verit dellantico detto. Eppure nella cultura popolare uno dei dogmi pi pervicaci che uno sceglie il cane che gli assomiglia, e sopravvive pure la credenza che le persone col tempo arrivano ad assomigliare al proprio cane. Detto tutto ci sta di fatto che ora abbiamo una vera dimostrazione scientifica che se non altro ci convalida, almeno nel caso dei proprietari di cani di razza, lidea duna decisa umana preferenza per animali che in qualche modo richiamino limmagine di chi ha fatto la scelta. Nicholas Christenfeld, professore di psicologia alluniversit di California San Diego, ha escogitato il seguente esperimento. Ha preso le fotografie di coppie cani-padroni, a ciascuna coppia ha aggiunto la foto di un altro cane di differente razza, poi ha mostrato le triplette a osservatori cui ha chiesto, in ogni caso, di rimettere insieme quelle che, secondo loro, erano le coppie originali. Ebbene, gli osservatori non hanno avuto alcuna difficolt ad azzeccare quasi sempre, e comunque, con elevata significativit, le giuste coppie. C da dire che il medesimo esperimento, ripetuto con animali non di razza, non ha invece palesato alcun risultato significativo ma, spiega Christenfeld, se chi compra un cane di una determinata razza ha ben in mente limmagine dellanimale adulto che laccompagner per la vita, lo stesso non si pu certo dire per chi adotta un cucciolo dorigine indefinita. Rimane da chiedersi il perch di queste preferenze, che poi sarebbe la domanda etologicamente pi importante. Ebbene, secondo molti studiosi si potrebbe rispondere con questa apodittica frase: la somiglianza genera simpatia. In altre parole, quanto pi uno, umano oppure no, ci somiglia, tanto pi ci affezioneremo a lui, e stiamo parlando di qualcosa che, anche per quanto concerne il cane, sicuramente pu andare ben oltre il solo aspetto fisico. Daltro canto, generalizzando un poco, pare proprio che il successo dei servizi on-line per cuori solitari consista soprattutto nellaccoppiare le persone sulla base della somiglianza, fisica ma anche di altre attitudini: politiche, religiose, sociali e cos via.

Troppi cani insieme non va bene.


Ho qualche dubbio sullitaliano di questo titolo ma, scusatemi, a me suona bene cos. Ho gi fatto, daltronde, un piccolo sacrificio, perch avrei voluto scriverlo cos: troppi cani insieme non va bene, secondo me. Poi, per, ho deciso che era

meglio non tirar troppo la corda, come mi dicevano quando ero un ragazzino. Questo, daltronde, un capitoletto cui tengo molto, anche se lho scritto soprattutto perch m capitato di trovare un paio di testimonianze che sullargomento quanti cani insieme praticamente dicono tutto loro. Avrete gi capito che sono del parere che di cani meglio averne uno per volta, massimo due. cos che li si pu conoscere bene, che sono proprio nostri. Credo poi che anche loro siano pi contenti se non hanno troppa concorrenza, troppa gente canina intorno. Inoltre, se si un po fortunati e se, soprattutto, li si cura come meritano, nel corso di una vita, di cani non se ne possono avere poi tantissimi, una decina, forse anche meno. Tutti importanti, tutti fissati per sempre nella nostra memoria e nel nostro affetto. Confesso di sospettare un po, perci, di quelli che, chiss perch vantandosi, affermano che loro di cani ne hanno, o ne hanno avuti, moltissimi. Quasi che il numero fosse gi di per s un merito. Eccoci, a ogni modo, alle testimonianze. La prima lho trovata in una intervista rilasciata da Miguel Bos a Maria Laura Giovagnini per Io donna, il settimanale femminile del Corriere della Sera, pubblicata il 15 maggio 2010. Domanda: Ama i cani?. Risposta: S, ne ho 18, di tutte le razze, da un San Bernardo a un Toy, un barboncino. Ho sempre avuto la passione per gli animali: sono figlio di un torero e tutte le famiglie dei toreri vivono in campagna con gli animali: cavalli, oche, fagiani.... La seconda testimonianza un malinconico testo di Dino Buzzati in cui parla dei cani della sua vita, inciso per la Rai il 10 marzo 1959. Io posseggo, e sono posseduto, da quattro cani morti e meravigliosi, forse non pi belli degli altri cani defunti nelleternit del passato, che onorarono questa valle di lacrime, comunque molto meravigliosi. Il primo un piccolo barbone e si chiama Tobi. Mor di nefrite alla clinica veterinaria di Milano, coperto da una piccola gualdrappa di lana; e i medici, bench scienziati, furono molto pietosi. Il secondo un boxer di razza dubbia e si chiama Napoleone. Era giovinezza e primavera. Mor sotto unautomobile. Il terzo un magnifico barbone e si chiama Tobi come il precedente. Era un cane di immense capacit spirituali, capace di prendere da solo il tram giusto per andare da piazza della Repubblica a piazza Piemonte, e viceversa. Il tutto senza pagare biglietto. Il quarto Napoleone II, a cui ho voluto e voglio ancora pi bene. Non era un genio, ma non saprei dire il perch, era un cane immenso. Era il Moloc, era il dio degli aztechi, era Sua maest, era la vita. Anche lui morto. Di lui non resta pi nulla se non una breve macchia sul muro bianco, sotto il tavolino, l dove si accucciava quando era arrabbiato o malinconico. In questi giorni ho fatto imbiancare la casa ma quella macchia ho voluto che non la togliessero. lultima cosa al mondo che rimane di lui, povero Napoleone. Per io la guardo, questa macchia (pi che macchia unombra sullintonaco

bianco). Di giorno in giorno misteriosamente impallidisce. Il tempo si porta via anche quella. Maledetto. Se fossi un cane non avrei dubbi, mi piacerebbe avere un padrone come Dino Buzzati.

TERZA PARTE. Uomini e cani, aggressivit e sadismo.


Laggressivit canina ha creato molti problemi in questi ultimi anni, per motivi almeno in parte propri della vita moderna. Senzaltro alla vita moderna legato il fatto che molti cani crescono iperaggressivi a causa di errori di allevamento. Ho gi insistito, nelle due prime parti di questo libro, sul fatto che il cane, in quanto essere sociale, deve apprendere fin da cucciolo a gestire la propria normale aggressivit, e per far ci gli necessario vivere certe esperienze che invece molti padroni troppo protettivi gli impediscono. Ci avviene soprattutto nelle citt dove, tra laltro, molti regolamenti civici di fatto rendono ai cani impossibile, obbligati come sono sempre al guinzaglio, crescere sviluppando un normale comportamento sociale. Basta del resto andare in qualche paesino di campagna, meglio ancora di montagna, per poter assistere al bello spettacolo di gruppi di cani che tra loro pacificamente interagiscono. I cani, del resto, sono degli ex lupi, e i lupi sono dei veri specialisti della vita pacifica di gruppo. Esiste pertanto una patologia dellaggressivit canina che senza alcun dubbio frutto della modernit e delle costrizioni che impone. Un altro punto importante che a molti esseri umani piace possedere un cane aggressivo. Da qui nasce la scelta di certe razze da parte di persone sbagliate. A ci si aggiunge il problema che molte persone traggono piacere dallassistere a combattimenti tra cani, palesando forme di sadismo su cui si innescano fenomeni malavitosi come quello delle scommesse clandestine. C infine il problema del randagismo, che tratter dettagliatamente nella quinta parte sotto la voce feralit. Nellmbito di questo fenomeno assistiamo, in unottica etologica, a una sorta di slittamento da una forma di aggressivit, quella sociale, a unaltra, quella di tipo predatorio. Se infatti un cane randagio nasce fuori dalla presenza umana e non subisce limprinting sulla nostra specie, nei confronti di un essere umano si comporter come se questultimo fosse un qualsiasi competitore per qualche risorsa o una preda. Molti bambini, purtroppo, sono stati gravemente feriti, o addirittura hanno perso la vita, per questo motivo. Non c alcun dubbio, a ogni modo, che i problemi che scaturiscono dallaggressivit canina trovano la loro origine in comportamenti umani sbagliati.

La mente aggressiva del cane.


Che sta succedendo ai nostri cani? Possibile che, sempre pi spesso, si parli di loro come di esseri potenzialmente pericolosi? Loro che, da quando il lupo stato addomesticato, hanno accompagnato lumanit recitando la parte del miglior amico?

Eppure una cosa certa. , come si dice, scientificamente provata. Pigliando due cuccioli di una qualsiasi razza e fra loro geneticamente identici (tanto per dire, come se luno fosse il clone dellaltro), possibile, praticando due opposti modi dallevamento, ottenerne, da adulti, due individui tra loro totalmente diversi. Addirittura, per certe caratteristiche comportamentali, opposti. Luno affidabile, sociale, intelligente, laltro aggressivo, socialmente incompetente e, anche perci, pericoloso. Dir, dunque, della costruzione di una mente canina, provando anche - potrebbe essere utile - a stilare alcune semplici regole per chi voglia continuare a godere del rapporto bellissimo che si pu instaurare tra cane e padrone. Utili, mi piacerebbe, anche per coloro che si occupano di stilare leggi e regolamenti su come i cani devono essere gestiti. La prima regola questa, e non mi stancher mai di ripeterla: consentire che i cani facciano, fin da giovani, esperienze sociali, e ci per vari motivi. ovvio, perci, che debbano godere di un po di libert. Ci gi comprensibile, oltretutto, per esigenze di ordine fisico: il cane ha bisogno di fare corse sfrenate e giocose, di sfogare la grande energia che ha dentro soprattutto nelle prime fasi della sua vita. I danni peggiori per, se gli viene inibita questa libert, e anche un po di autonomia, sono di ordine sociale. Perch, innanzitutto, il cane deve apprendere come gestire le interazioni con i suoi simili, e ci pu avvenire esclusivamente tramite il progressivo accumulo di esperienze con cani diversi. Con altri cuccioli e con adulti di entrambi i sessi. Un cane impedito a fare ci perch, per esempio, viene tenuto costantemente al guinzaglio, diviene fatalmente iperaggressivo. la classica iperaggressivit da isolamento sociale nota, e sperimentalmente provocabile, praticamente in ogni animale sociale. Il cane, attraverso liberi incontri con altri individui prende, fin da cucciolo, le misure di s e degli altri. La sua mente accumula esperienze formative fondamentali. Si tratta di un fenomeno noto agli etologi sotto il nome di autovalutazione per confronto (assessment). Ci, ovviamente, coinvolge anche la questione della coscienza di s che il cane, si capisce, pu costruirsi in modo diverso a seconda delle esperienze che ha vissuto. Grazie a questa capacit, quando adulto, il cane cui stato consentito di interagire con altri individui della sua stessa specie sapr come comportarsi correttamente in ogni interazione sociale. Sapr soprattutto quando fermarsi in quelle segnate dallaggressivit. Entrando nello specifico etologico: fiuter il presunto rivale, gli mander segnali minacciosi sollevando il pelo della schiena e camminando rigido, magari ringhiando sommessamente, ma poi si allontaner. Anzi, sallontaneranno, se tutti e due sono individui socialmente competenti. ben raro, quasi impossibile, che due maschi normali che si incontrano su un libero terreno arrivino a un vero scontro. I combattimenti avvengono solo (ma raramente) se un individuo penetra in un territorio altrui, o se c competizione per una femmina in estro. Il cane deprivato di queste esperienze, sia esso maschio o femmina, soprattutto quando al guinzaglio e, proprio perci, sente la protezione del padrone, tende invece ad aggredire e, se pu, effettivamente aggredisce qualsiasi altro cane. Lavrete notato: nelle nostre citt si incontrano, tenuti al guinzaglio, botoli microscopici che ringhiano come ossessi minacciando cagnoni che neppure li degnano di uno sguardo. E i padroni si affannano a trattenerli, o cambiano marciapiede, e da

lontano, ridicolmente, si informano del sesso dellaltro cane ( maschio? femmina?). Per non parlare di quei padroni che, ogni volta che incontrano un altro cane, prendono in braccio il proprio, impedendogli cos ogni contatto sociale. Qualsiasi cane, cos trattato (o meglio maltrattato), non pu che venire rapidamente ridotto in uno stato di sofferenza e di patologia comportamentale. Seconda regola, sempre a proposito del guinzaglio. C un altro effetto di cui voglio parlare. Esistono proprietari che non liberano mai il loro cane altrimenti scappa. Figurarsi! Il fatto che il cane ha lassoluta necessit di conoscere, esplorandola progressivamente e memorizzandola, larea in cui vive, per costruirsi ci che gli etologi chiamano la mappa mentale dellarea familiare (home range). Si tratta di una pulsione che opportuno venga soddisfatta, e basta poco: sufficiente che il padrone consenta al cucciolo, fin da subito, di seguirlo liberamente, almeno per una parte del tragitto giornaliero. Il cane star attentissimo a non perdere il contatto col padrone e, accumulando di giorno in giorno informazioni e memorizzandole, si costruir quella mappa cognitiva, per buona parte olfattiva, delle zone che circondano il suo territorio. facile comprendere, a questo punto, come un cane che, dopo una vita di frustrazioni, riesca a liberarsi della prigionia di un guinzaglio perenne, si dia da fare per soddisfare questa sua naturale esigenza. Magari, ormai, in modo approssimativo e incompetente, mettendosi cos nei guai o restando lontano per ore. Talora col risultato finale davvero crudele e distruttivo di essere addirittura punito, una volta finalmente tornato a casa autonomamente oppure ritrovato. La terza regola riguarda la genetica e la predisposizione allaggressivit. Analizziamo brevemente il problema. Il comportamento aggressivo dei cani cosiddetti da combat timento, come i purtroppo ben noti pitbull, deriva dallassommarsi di tre componenti. Una indubbiamente genetica, perch questi animali vengono selezionati apposta per essere aggressivi. Ci non di meno, e i tanti casi di pitbull docili e affidabili lo dimostrano - io ne conosco tre e sono una delizia, oltre che un importante esempio - la componente genetica, di per s, non la pi importante. Potrei dire che attribuisce allanimale una predisposizione di cui tener conto, ma, sapendo agire correttamente, facilmente controllabile. , invece, lesperienza quella che soprattutto conta. E i pitbull di norma sono allevati, oltre che selezionati, per crescere aggressivi. Talora perci duramente maltrattati, anche se questa, a mio parere, una componente di relativa importanza. Ce n invece unaltra che rappresenta lelemento fondamentale per lottenimento di un individuo aggressivo: i cani da combattimento vengono in tutti i modi incitati e incoraggiati ad aggredire per primi, a non mollare la presa, a sconfiggere lavversario persino, al limite, addirittura ammazzandolo. E i cani assimilano tutto ci. Nelle loro semplici menti si rinforza sempre pi linformazione, acquisita attraverso ripetute esperienze, che la loro ferocia sia gradita al padrone. E questo, per ogni cane, ci che maggiormente conta. C infine unosservazione da fare a proposito delle razze selezionate per laggressivit. Basterebbe un po di selezione (poche generazioni) nel senso contrario, e cio contro laggressivit, per ricondurle a livelli pi che accettabili. La storia del bulldog al proposito illuminante. Originariamente costruito per combattere contro i tori, ormai divenuto un amabile cane da compagnia. Lo stesso potrebbe succedere, e me lo auguro, perfino per i pitbull. Occorrerebbe, per, perch ci avvenisse, che venissero finalmente rispettate le norme che impediscono i combattimenti clandestini, veri serbatoi di cani geneticamente aggressivi.

Ultima regola, cos ovvia che potrei persino tralasciarla, ma lesperienza mi dice purtroppo che meglio insistere anche su questo aspetto: scegliere il cane giusto. Assodato che qualsiasi cane pu divenire, se allevato nel modo sbagliato, potenzialmente pericoloso, chiaro che un cane di notevoli dimensioni, soprattutto se geneticamente predisposto, risulti pi difficile da gestire di uno piccolo. E parallelamente cambiano le sue esigenze in quanto a spazi di libert e di movimento. pertanto importante che, nella scelta di un cane, si cerchi di commisurarlo con le nostre capacit fisiche, col tempo che vogliamo o possiamo dedicargli, con la competenza che abbiamo acquisito. Fortunatamente esiste una gran quantit di razze ben caratterizzate tra cui scegliere, per non parlare di tutti i meticci, assai consigliabili soprattutto se possibile conoscerne i genitori (o almeno la madre). Prima di comperare, o adottare, un cane, dovremmo comunque convincerci della necessit di acquisire le competenze necessarie per trattare correttamente con questi animali sociali e intelligenti che spesso, purtroppo, vengono ridotti, per semplice ignoranza, a poveri esseri irresponsabili e aggressivi. Sarebbe pertanto opportuno acquisire che ormai il cane fa parte, a tutti gli effetti, della famiglia umana. Eticamente lo impongono le qualit di intelligenza, consapevolezza, socialit, comunicazione, ma soprattutto il legame affettivo che il cucciolo sviluppa, per la vita, nei confronti dei suoi parenti umani. E indispensabile sarebbe pure lattenzione e la competenza degli altri, i nonproprietari. Il destino dei cani anche nelle loro mani. Limposizione di restrizioni assurde dovute a ignoranza o, peggio, a intolleranza, pu infatti essere la causa remota dei pi o meno consapevolmente crudeli comportamenti dei proprietari, nonch dellaggressivit patologica che i loro cani purtroppo sviluppano e quindi manifestano. Post Scriptum (dal Corriere della Sera del 25 aprile 2009): Cani aggressivi? S, come i padroni. Una ricerca Usa dimostra il rapporto di aggressivit tra il cane ed il padrone. Secondo Laurie Ragatz delluniversit del West Virginia di Morgantown il cane assimila i difetti della persona con cui vive. E cos un cane considerato aggressivo, come un pitbull, spesso ha un padrone poco raccomandabile. La ricerca ha dimostrato che nella maggior parte dei casi i cani pericolosi sono tenuti al guinzaglio da persone portate, o inclini, a commettere atti illeciti come vandalismo, uso di droga e tendenza alla rissa. Il test stato eseguito su 758 studenti americani e ha evidenziato lesistenza della relazione uomo-cane entrambi aggressivi in 563 casi, mettendo in luce il fatto che un cane considerato tra quelli capaci di provocare lesioni alluomo viene scelto dal padrone proprio per questa caratteristica. Fin qui la notizia. Il mio commento: chiaro, ci sono sempre gli altri quasi duecento casi, e non sono pochi, e in essi, certamente, stanno nascosti tutti i pitbull buoni. A ogni modo la notizia fa meditare, e inoltre sempre bene avere una conferma scientifica di quanto gi, purtroppo, si sapeva.

Divertirsi assistendo a combattimenti tra animali.


Per comprendere la complessit del problema relativo ai combattimenti tra animali organizzati dalla nostra specie utile, a mio parere, un inquadramento generale. Occorre soprattutto spostare lattenzione dagli animali alluomo, perch

in questultimo che risiede la primaria origine dei misfatti compiuti da quegli esseri sfortunati e infelici che sono i cani aggressivi. La loro natura, infatti, centra ben poco, talora niente. Perch la natura certe cose non le fa. Da migliaia danni gli uomini organizzano combattimenti tra animali selezionando razze speciali. Ben noti sono quelli dei galli e dei cani, ma pochi sanno che luomo ha geneticamente costruito razze di pesci, di quaglie e di oche per poi vederle combattere fino ad ammazzarsi lun laltra. NellAsia sudorientale, nellarcipelago della Malaysia e in Thailandia pesci del genere Betta, ben conosciuti dagli acquariofili, vengono da tempo allevati per organizzare combattimenti pubblici. Le quaglie furono addomesticate pi di seicento anni fa in Giappone per il medesimo scopo. Le germaniche oche di Steinbach e le russe di Tuia e di Arsamskara, ottenute iridando leuropea Anser anser con la siberiana Anser cygnoides, sono ancor oggi apprezzate per la loro spettacolare pugnacit. Quanto ai galli, la loro storia antichissima. Gi prima di Cristo i soldati se li portavano appresso per divertirsi nelle soste tra le battaglie. Molte sono le razze conosciute e, per farsi unidea dellumana atmosfera che ancor oggi si crea attorno a questi cruenti spettacoli, istruttivo leggere il capitolo Gallos de pelea in La polvere del Messico di Pino Cacucci. Una volta i combattimenti avvenivano legalmente, ora quasi ovunque nellillegalit. Ci ha fatto prosperare - fondamentale tenerne conto unindustria malavitosa basata sulle scommesse. Ho scritto che la natura certe cose non le fa. Non infatti conveniente, per le differenti specie, che gli individui si uccidano tra loro. Si sono cos evolute delle strategie alternative. Se gli animali sono sociali, come nel caso dei cani, che sono lupi addomesticati, ogni combattimento termina con la resa di uno dei contendenti, la segnalazione della sua sottomissione e lo stabilirsi duna gerarchia. Ci consente una pacifica convivenza. Se invece si tratta di specie poco sociali, la soluzione sta nellallontanamento dello sconfitto. Come ben noto, due galli non possono vivere in uno stesso pollaio. Luomo ha perci dovuto, per il suo sadico divertimento, intervenire. Lha fatto incrementando con la selezione laggressivit e limitando lambiente dove avvengono gli scontri. La strategia della fuga, per esempio, inibita nei pesci e nei galli costringendoli a scontrarsi in vasi di vetro di modeste dimensioni o in arene chiuse. Ai galli, inoltre, vengono applicati, a ricoprire i cornei speroni, degli affilati stiletti metallici. Cos i combattimenti divengono, letteralmente, allultimo sangue. Ben diversa la trafila per i cani, anche se linizio il medesimo, con selezione per laggressivit e arene senza via di fuga. Il fatto che per loro fondamentale lesperienza che fanno crescendo. E i cani sono allevati proprio per crescere aggressivi. Spesso vengono duramente maltrattati, cos che sappiano che niente di buono possono aspettarsi dalla vita. Vengono inoltre sollecitati a essere aggressivi, e anche premiati tanto pi lo sono, ed essi imparano benissimo il loro implacabile ruolo da combattenti. Chi volesse pu leggere - anche la letteratura aiuta - il capitolo di Zanna Bianca intitolato Il nemico della propria specie. Capir subito di che si tratta. Ma c di pi, e verosimilmente questo, spesso, lelemento fondamentale: quei cani sono

in tutti i modi spinti ad aggredire per primi, a non mollare la presa, a sconfiggere lavversario persino ammazzandolo. E quei cani assimilano. Con le loro semplici menti percepiscono che quanto pi sono feroci tanto pi accontentano i loro padroni. E per loro questo che conta. Facile pertanto comprendere come un pitbull, allevato correttamente, possa divenire un cane normale, cos come un cugino di Lassie, si fa per dire, possa viceversa trasformarsi in un killer.

Cani e sadismo.
Il 7 maggio 2010, la Repubblica riportava la notizia di alcuni ragazzi di Torino che, preda della noia, hanno avuto lorribile pensata di bruciare vivo un cane. Cos, per passare il tempo. E il giorno dopo, sempre la Repubblica riportava che a Trepuzzi, provincia di Lecce, altri ragazzini hanno dato fuoco, sempre per divertimento, ad Aura, una cagnolina di otto mesi che viveva per strada, abbandonata. Sono storie che, in questa nostra povera Italia, povera moralmente, si ripetono con ritmo impressionante, crescente. Non molto tempo prima, infatti, appena fuori Genova alcuni individui avevano legato un cane alle rotaie del treno sperando poi di assistere allorribile spettacolo del suo investimento. Fortunatamente, per, il convoglio sera fermato in tempo e cos, almeno in quel caso, linnocente bestiola se l cavata col solo spavento. comunque finita sui giornali e ho potuto vederlo quel cagnolino: un bastardino dallaria mite, occhi grandi e tondi e orecchie ripiegate allingi. I tipici segnali infantili, come dimostr Lorenz, che a tutti noi provocano tenerezza. E quelli di Torino, di Trepuzzi e di Genova non sono per niente casi isolati, perch ancora recentemente in Sicilia alcuni ragazzi si sono divertiti a torturare ed a impiccare un altro cane, un piccolo, inerme yorkshire. E poi, come se non bastasse, quei ragazzini si sono poi scattati foto ricordo accanto al loro penzolante trofeo. E ho anche in mente - come dimenticarlo? - quellaltro cane che, ancora recentemente, venne gettato in mare da una scogliera. Sempre per puro divertimento. Come si fa, mi chiedo, a essere tanto crudeli? E s che noi esseri umani possediamo quei neuroni specchio detti, un po imprudentemente, dellempatia. Gi, perch forse sarebbe meglio andarci un po pi cauti considerandoli semplicemente strutture che consentono una percezione partecipata ad emozioni e comportamenti altrui. E ci anche se una vera empatia quasi sempre coinvolta nel complesso disegno sociale che a tale percezione consegue. Resta il fatto che in quegli squallidi individui che torturano i cani, lempatia non solo non esiste, ma viene sostituita dal suo opposto: un godimento sadico in risposta ad una sofferenza percepita. Ma parliamo dei cani, ora. chiaro che leggere la sofferenza in animali cos sociali e comunicativi facile. Fanno poi parte, sempre pi con lavvenuta urbanizzazione, della famiglia umana, tant che si continua a parlare del loro inserimento nel nostro stato di famiglia. inoltre noto che, soprattutto per le persone sole, i cani ben interpretino la parte di

sostituti di umanit. Questo , ormai, il loro pi importante e moderno mestiere. Ed anche perci che vanno forte i cani provvisti di segnali infantili, che sembrano, e un poco sono, perennemente cuccioli. Pi che generici sostituti dumanit, questi fanno la parte dun bambino che non c, o che non c pi. Ormai spesso, infatti, si sente ripetere questa asserzione (per taluni fastidiosa): sono la mamma di Jack, di Pippo, di Diana e cos via. Tutti cani-figli, ovviamente. E non raramente si pu addirittura scoprire, spostato su un canino figlio-sostituto, il dolce rituale materno fatto di paroline un po storpiate (il mammese), di baci e di carezze. E il bello che il figlio-cane, cucciolo od adulto che sia, queste coccole le percepisce. Assume una faccia beata, sta a pancia in su e offre una zampa, oppure sventola la coda e comunque se la gode un mondo. Ecco allora che, per chi ha tendenze sadiche, i cani, proprio per queste loro caratteristiche, tanto pi se magnificate dai segnali infantili, possono divenire oggetti privilegiati delle sue perverse intenzioni. E c dellaltro, perch la crudelt rivolta agli animali viene purtroppo punita poco e per di pi, com noto, raramente. Anche perci questo sadismo low cost compare cos frequentemente. Credo, a ogni modo, che il fenomeno della crudelt gratita verso gli animali sia assai allarmante perch chi usa sostituti dumanit pu facilmente venir tentato di abbandonare questa gi crudelissima via per qualcosa di, per lui, ancor pi appetitoso. In ogni caso il problema - e ci la regola se c coinvolta la nostra specie - come sempre totalmente culturale, o quasi. Sia per quanto riguarda i cani, o in generale gli animali, da noi considerati in genere oggetti non meritevoli dun rispetto adeguato alla loro intelligenza e sensibilit. Sia per il ben pi specifico problema del sadismo, che di norma non scaturisce per tare genetiche n, tanto meno, per colpa dei neuroni specchio, semplici strumenti, seppure raffinati, del nostro saperci mettere in sintonia con gli altri, ma soprattutto per la qualit delle esperienze vissute, o meglio subite, nelle prime fasi della nostra vita. Sarebbe pertanto colpevole sottovalutazione non considerare con allarmata attenzione questi recenti, terribili casi.

Un esempio positivo: i cani dei punkabbestia.


Dei punkabbestia non so un gran che, sono i loro cani che mi interessano. Cani grandi e tranquilli, onnipresenti se ci sono loro, i punkabbestia, appunto. Quanto a questi ultimi, a ogni modo, mi pare che siano pur essi gente tranquilla. Gente che sta nel proprio brodo. il loro look, semmai, che d nellocchio, e a non pochi fastidio: scarpe da skater, felpe sovrabbondanti, piercing, tatuaggi, rasatura sui lati della testa e capelli colorati. Ma diciamo dei cani: alcuni sono bastardoni (i cosiddetti cani da pagliaio); altri per presentano quei tratti fisionomici che, secondo una fastidiosamente persistente ottica lombrosiana, li fanno classificare, ahim, come potenzialmente pericolosi. Classificazione peraltro insensata, perch ogni cane, purch in possesso di una certa stazza, pu divenire pericoloso. Esattamente come le automobili, che per, mai, vengono guardate con sospetto. da un po che vado osservando i cani dei punkabbestia. Tutto sommato sono ben tenuti e, soprattutto, sembrano rilassati e felici. Mai dimostrano aggressivit. Li osservo perch sono, sempre e comunque, curioso di animali e poi, nello specifico, perch spesso passeggio con Orso, un golden che

ormai ben conoscete, che, quando gli cpita, liberamente interagisce con loro. E, vi assicuro, mai che nasca una rissa, mai neppure una minaccia. Quei cani sono gente che, davvero, sa stare al mondo. Che non fa mai quelle scene che invece ci propinano certi cani signorini tenuti, purtroppo per loro, sempre al guinzaglio. Cani che sembrano assatanati quando incontrano un loro simile, tanto pi se pur esso tenuto al guinzaglio. Pu darsi che i cani dei punkabbestia subiscano un po di selezione, nel senso che, se di natura son troppo aggressivi, la vita di strada non fa per loro e cos non ci rimangono; certo , per, che non questo il motivo della competenza sociale che sempre li contraddistingue. Il motivo sta nel come sono stati cresciuti, nel come vengono tenuti. Leggo, a proposito dei punkabbestia (fonte Wikipedia), che i punti che li contraddistinguono sono comportamenti di avversione verso i costumi della societ o comunque verso lestablishment, con motivazioni politiche (per esempio legate allanarchismo) o puramente personali (molti punkabbestia vengono da situazioni familiari particolarmente oppressive o con difficolt educative o di droga). ragionevole, pertanto, pensare che questi ragazzi i cani tendano a lasciarli piuttosto liberi. E questa, gi di per s, pu essere unottima partenza educativa. Chi conosce davvero i cani sa infatti che devono imparare fin da cuccioli a gestire le loro interazioni sociali tramite esperienze spontanee con i propri simili. quel fenomeno gi citato che prende il nome di assessment, ossia la presa di consapevolezza di s e degli altri. Ogni cane divenuto cos socialmente competente ben raramente finir poi per essere aggressivo, e se ci avverr sar solo per qualcosa di serio, per esempio la competizione per una femmina in estro oppure se il padrone gli insegna ad esserlo. E il cane, si sa, vuole soprattutto compiacere il suo padrone. Il discorso, a dire il vero, potrebbe anche essere ben pi complesso ma, tutto sommato, il punto centrale resta questo: per costruirsi un equilibrio i cani devono essere lasciati fare liberamente le proprie esperienze sociali. Che i cagnoni dei punkabbestia siano sempre cos tranquilli e consapevoli deriva sicuramente dal fatto che la libert di cui godono li ha resi socialmente competenti. E il loro modo dessere oltretutto possiede, per chi lo sa apprezzare, un fascino antico, che li accomuna a certi cani di una volta, i compagni di vita dei pastori e dei malghesi, che accompagnavano nei pascoli e nelle transumanze, oppure dei carrettieri oppure, per tornare ai tempi nostri, perch ancora ne esistono, a quelli degli artisti di strada. Una solidale famiglia interspecifica, una vita insieme. Una vita errabonda ma, si sa, per i cani la casa dove c il padrone, nullaltro gli interessa.

QUARTA PARTE. Cani e gatti.


Proprio non ce la faccio: se devo parlare del cane m difficile non tirare in ballo anche il gatto. Lavete, del resto, gi visto a proposito della mente canina. Il gatto, con la sua mente cos autonoma, m stato praticamente indispensabile per spiegare cosa sintende quando si dice che il cane possiede una mente sociale. Insomma, il gatto tutto ci che non il cane. E viceversa, si potrebbe dire. Eppure, fantasticamente, sono loro due gli animali su cui si concentra tutta laffettivit che abbiamo da spendere al di fuori della nostra specie. S, vero, adesso ci sono anche i conigli da compagnia, i criceti, c perfino qualcuno che si

tiene in casa (e fa malissimo) un serpente o un camaleonte, oppure che sinnamora di un pesce rosso, ma volete mettere. Anche perch il gatto, che pure il contrario del cane, un suo affetto speciale ce lha, da regalare ai suoi padroni. Anzi, no, mi sono sbagliato, perch la parola padrone per il gatto non va assolutamente bene. Il gatto, semmai, ha degli amici, amici cari o semplici conoscenti, ma comunque, il suo modo di rapportarsi con lumanit tende assolutamente al paritetico. Altro che padrone, una parola buona per i cani, perch sono loro che discendono dal lupo, ed per loro che funziona la gerarchia, lo stato sociale... Loro, i cani o stanno sotto o stanno sopra, mentre i gatti, invece... Ecco, cos avete capito perch, se si parla del cane, il gatto non pu che saltar fuori. E allora, mi sono chiesto: perch non dedicare una parte di questo libro a quei due personaggi messi insieme? E detto fatto, questa parte dedicata a loro: i migliori amici delluomo. Anzi, scusate, di donne e di uomini, come vedrete, diversi.

Chi vince la partita?


Fare una gara a punti confrontando cane e gatto non pu che essere una cosa piuttosto sciocca ma anche, purtroppo, decisamente popolare. Almeno cos pare. Alla gente infatti piace, genericamente, tenere per qualcosa. Labbiamo fatto per Bartali e Coppi e continuiamo a farlo per Milan e Inter, Roma e Lazio e cos via. Limportante tenere e il divertente sta proprio nel fatto che poi si dibatte, si litiga. Ci si sente, anche, parte di un gruppo e contro un altro gruppo. In tutto sto gran casino, evidentemente, la ragione centra poco. Lavete presente, no?, il Processo del luned. Ebbene, cos come esistono quelli del Milan e dellInter, pronti a scannarsi, pi o meno metaforicamente, per sostenere la propria squadra, esiste pure gente che tiene con tutto il suo cuore o la sua anima (quelle robe l) per il cane o per il gatto. Anche se poi, per quel che ne so, queste due agguerrite fazioni alle mani non vengono mai. Ed gi qualcosa. Sta di fatto che, ne sono certo, un ipotetico Processo del luned dove si affrontassero canisti e gattiani avrebbe un successo non da poco. E altrettanto sicuro che non potrebbe essere, per nessun motivo, una cosa seria. Questo almeno il mio parere. Non meraviglia, perci, visto che i giornali vanno a caccia di lettori, che il New Scientista rivista inglese di divulgazione scientifica piuttosto popolare, abbia avuto molto successo per aver realizzato sulle sue pagine una sorta di scientifica disfida di Barletta tra cane e gatto. Basta leggere la valanga di lettere ed argomentazioni da bar sport che a commento sono state spedite dai singolari e comunque sfegatati tifosi di questi animali domestici. Perch il tifo, si sa, una faccenda di cuore, mai di testa. Ai miei tempi si diceva, e sono sicuro che si dica ancora: il Toro una fede. Ecco, anche il cane ed il gatto, come la squadra del Torino, sono una fede. Senza alcun dubbio.

Vediamo un po, dunque, nei dettagli, cosa ha combinato la popolare rivista scientifica inglese presentando quello che ha chiamato il grande regolamento dei conti tra i due pi amati animali domestici. S inventata alcune sfide dirette, dal numero di neuroni allimpronta ecologica, tutte - asserisce - misurabili in laboratorio, per stabilire quale dei due animali amici delluomo sia da ritenere superiore. La disfida inizia con un confronto sui cervelli: e per una volta, e meno male, le dimensioni non contano. Per, pallottoliere alla mano, i neuroni della corteccia cerebrale felina numericamente surclassano quelli della controparte: 300 milioni contro 160. Gatti 1, cani 0. E cos via: la storia delladdomesticamento dei cani pi lunga di quella dei mici? Risultato: 1 a 1 (e chiss perch). Poi, il legame tra animale e padrone sembra pi saldo nei cani (1 a 2), che paiono anche avere una maggiore capacit di comprendere parole e sguardi (1 a 3). I gatti, per, sono pi popolari (2 a 3) e hanno unabilit superiore nella comunicazione acustica (fantastica rimonta: 3 a 3). I cani a questo punto stringono i denti, non mollano e tornano in vantaggio essendo pi bravi a risolvere problemi (3 a 4) e sul fronte, ma pensa un po, delladdestrabilit (3 a 5). I mici, ed , ora, la volta dei mici, che non si arrendono e, con una zampata tipicamente felina, agguantano un punto per la voce supersensi (4 a 5) e, mettendocela tutta, pareggiano con lecosostenibilit, il che vorrebbe significare che mangiano meno dei cani, bella scoperta davvero (comunque 5 a 5). Lultimo punto di questa partita estenuante, quello che finalmente regala la palma della vittoria, va per a Fido per la voce utilit. Lui infatti ne sa una pi del diavolo: sa andare a caccia, fare la guardia, sniffare droghe e chi pi ne ha pi ne metta. Altro che il gatto, che sa solo cacciare topi. Una sfida emozionante? Vi siete divertiti? Insomma, quelli del New Scientist, bisogna dargliene atto, se non altro ce lhanno messa tutta. A me, comunque, sembra solo una gran stupidata. Concludo, a ogni modo, ricordando due dati di fatto: il primo che, questa volta s scientificamente, stato dimostrato - e lo vedremo nei dettagli - che gli amanti dei cani e dei gatti hanno caratteristiche psicologiche e sociali differenti. Il secondo che per far vincere luna o laltra specie basta scegliere certe prove piuttosto che altre e decidere che certe caratteristiche sono pregi invece che difetti. La tanto strombazzata partita cane-gatto non ha infatti altro senso che quello di aver fatto lievitare il gradimento di lettori un po sempliciotti.

Cari nemici.
Se due persone non vanno daccordo si dice che sono come cane e gatto. Ma sar proprio cos? Il rapporto tradizionale tra questi due, a ogni modo, quello del gatto che scappa e del cane che insegue. Sembrerebbe tutto ovvio, eppure non cos. Il gatto ha paura del cane e dunque fin da lontano, quando lo vede, sallarma,

sarruffa, parte in una fuga precipitosa. E il cane ben contento dinseguirlo. Finch il felino non finisce su un albero. Poi solo questione di tempo. Dopo un po il cane si stufa di saltare, di fare baccano, di tentare in ogni modo di raggiungerlo, fa dietrofront e se ne va. Il gatto, a sua volta, anche lui se la squaglia alla chetichella. In qualche caso, per, anche il cane pu avere la sua brava dose di paura. infatti sufficiente che il gatto decida di smettere di fuggire e subito sassiste allimprovvisa, prudente frenata del cane. Poi se ne stanno l, a minacciarsi a vicenda, ma a debita distanza. Quei due, insomma, raro che giungano davvero a un corpo a corpo. Sembra quasi, il loro, un innocuo rito. Vi dir allora di certe osservazioni di unetologa, Helen Spurway. Not, questa studiosa, che i gatti, se non vengono a contatto con concreti stimoli evocanti la fuga, se li vanno a cercare. Quasi che ogni tanto il fuggire fosse, per loro, un bisogno da soddisfare. E il bisogno lo soddisfano, soprattutto nellambiente urbano, grazie ai cani. Il conflitto sarebbe dunque soltanto una finta, o addirittura un piacere reciproco che i due si fanno, considerato che tutte due, a loro modo, pare che si divertano. Detto ci, e ammesso che la Spurway abbia ragione, godetevi ora questa descrizione. La dobbiamo a Claudio Piersanti, ed tratta dal suo Il filo dellacqua, edito nel 2009 dal Consorzio Venezia Nuova: Tornando verso il motoscafo il cane ed il gatto, un muscoloso persiano, li scortarono giocando. Il gatto, sollevandosi allimprovviso sulle zampe posteriori, fingeva di graffiare il cane da guardia, che dopo due attacchi consecutivi del gatto abbai e minacci di inseguirlo. Il gatto non aspettava altro e con due balzi era gi in fondo al molo di legno, pronto a saltare su una vecchia bricola sbilenca. Lass si acciambell sbadigliando e cominci a specchiarsi nel mare. Un gatto fetente, lo descrisse suo padre. Piersanti, nel suo romanzo, racconta di un padre e di un figlio che stanno, nella scena descritta, passeggiando sullisola della laguna veneziana denominata Lazzaretto Nuovo, unisola bellissima dove sono stato e, addirittura, ho conosciuto quel cane e quel gatto. Quel gatto fetente, secondo il padre del protagonista del romanzo. Ebbene, la pantomima che quei cari nemici hanno messo in scena, con tantissime repliche a gentile richiesta, diventata veramente un rito. cominciata, penso, come tutte le tantissime tenzoni tra un cane ed un gatto, ma poi la ripetizione, sempre obbligatoriamente coi due soggetti a recitare le solite parti, ha fatto s che avvenisse la ritualizzazione, perch il rito cos, e in questo caso davvero uno strano cocktail di biologico e culturale. Il prodotto, a ogni modo, di due superbe menti non-umane. Sempre a proposito di gatti fetenti, voglio raccontarvi di un mio bel gatto rosso, di nome Kuo, che spesso e volentieri si divertiva a recitare lui la parte del predatore mentre lasciava alla mia cagna Gilda, una placida basset-hound, il ruolo della preda. Il gioco-predazione di Kuo aveva sempre luogo quando vivevamo in una baracca situata sullalto Appennino parmense. E il rituale con cui il gioco iniziava era sempre lo stesso. Alla mattina Gilda andava a farsi il suo lungo e consueto giro, che consisteva soprattutto in una visita alle pattumiere di tutte le case sparse nei dintorni. Poi, dopo circa unoretta, la si vedeva da lontano tornare beata, la coda alzata, trotterellando. Se Kuo saccorgeva per tempo di questo

ritorno, andava in tutta fretta a nascondersi dietro il grande asse che fiancheggiava la porta dingresso della baracca. Di l stava in agguato, tutto contratto e attentissimo, sporgendo ogni tanto dun minimo il muso, per essere al corrente delle mosse della sua futura vittima. E questa, come un salame, e sempre con la sua aria paciosa e beata, ci cascava ogni volta. Mai che avesse un sospetto. A meno che, al contrario furbissima, non recitasse, cos per gioco, la parte della tonta. Ma forse, al proposito, fantastico troppo. A ogni modo saliva i tre gradini di legno e, come sapprestava ad entrare in casa, improvvisa la belvetta le saltava al collo, graffiandola, mordendola, ma sempre dolcemente. Iniziava cos una lotta divertentissima, che talora durava per pi di mezzora, con Kuo e Gilda che salternavano, senza mai farsi male, nelle parti della preda e del predatore. Piuttosto recentemente, nel 2008, stata pubblicata una ricerca, questa volta sui rapporti tra cani e gatti che vivono nelle stesse famiglie umane (N. Feuerstein e J. Terkel, Interrelationships of dogs and cats living under the same roof, in Applied animal behaviour science). Risulta che queste due specie cos diverse ma cos intelligenti possono apprendere benissimo regole di convivenza utili per tutte due, e sviluppare una sorta di linguaggio comune, o perlomeno una via per comprendersi. Insistono molto, gli autori, sul fatto che, volendo un cane ed un gatto conviventi, prima si adotti un gatto e dopo un cane.

Gente da cane, gente da gatto.


Sono loro i numeri uno, il cane ed il gatto, e io li metterei davvero a pari merito, quando si tratta di fare la parte, o diciamo pure il mestiere, di amici delluomo. Di entrare cio nella casa come uno di famiglia, di essere battezzati con un nome proprio. Di volere e di farsi voler bene. Eppure sono cos diversi. Ed appunto questo saper offrire un rapporto caratteristico e differente, che ha suscitato in molti limpressione che esista, nella grande diversit tra gli uomini, gente da cane e gente da gatto, cos come esistono i tifosi delle diverse squadre di calcio, che mai, per nessuna ragione al mondo, cambierebbero loggetto del loro amore. Ma queste persone, questi da cane e questi da gatto, sono davvero diversi? Lho sempre sospettato, conoscendo quello che il cane pu dare e non pu dare, e lo stesso vale per il gatto. Un conto per avere unimpressione, un altro poter affermare una realt suffragata da dati. Ebbene, qualche dato ce labbiamo. Esiste infatti una ricerca di due studiosi californiani, Aline e Robert Kid, che hanno confrontato la personalit di 200 uomini e donne, di et compresa tra i 18 e i 76 anni, tutti possessori di un cane o di un gatto. Eccovi, in sintesi, alcuni tratti di queste personalit. Il 48 per cento della gente da cane risulta molto attratta dai bambini piccoli, contro il 30 per cento della gente da gatto. Il 30 per cento dei primi, inoltre, gradisce la compagnia di adolescenti mentre, per quanto riguarda i secondi, la percentuale sotto il 15. I proprietari, maschi e femmine, di cani, hanno poi ottenuto un pi alto punteggio per un attributo della personalit che in inglese detto nurturance, e che pu, grosso modo, essere tradotto come il desiderio di essere coinvolti nella vita e nei problemi altrui. Infine, con qualche differenza tra

maschi e femmine, risulta che gli amanti dei cani sono pi aggressivi e hanno maggiore tendenza al predominio (dominanza sociale) rispetto agli amanti dei gatti. In particolare, le donne da gatti sono decisamente sotto la media della popolazione femminile per quanto riguarda laggressivit. Cos, anche se in genere non sono troppo portato ad apprezzare ed a credere ai ritrattini statistici basati sui test psicologici (chiss in quanti non ci si riconoscono), in questo caso mi sembra proprio tutto chiaro. La gente da cane , statisticamente, pi sociale, pi tendente alle gerarchie, pi coinvolgibile in rapporti interpersonali (anche il gatto e il cane di casa sono persone) che non la gente da gatto. Esattamente, se ci pensate, le stesse differenze che distinguono i nostri amici cane e gatto. indubbio, infatti, che il cane del padrone, che gli sottomesso, che sempre disponibile a far festa e a obbedire. Il rapporto con il gatto assai diverso. , soprattutto, basato sulla pariteticit. Il gatto, vero, anche lui spesso fa festa, dimostra affetto, ma solo se ne ha voglia, e comunque non mai sottomesso, e nemmeno cos libro aperto, cos sempre comunicativo e comprensibile come invece la sua scodinzolante controparte. La causa di queste differenze, lho gi raccontato, sta quasi interamente nelle origini: il lupo, il progenitore di tutti i cani, animale gerarchizzato e socialissimo; il gatto selvatico no. Lui proprio, per sua natura, un solitario nato. Dunque in questo strano mestiere creato per loro dalla domesticit, di fare con sentimento e convinzione la parte di amici delluomo, il cane ed il gatto risultano in un certo senso antitetici e complementari. Coprono, dando ciascuno ci che pu e ci che sa, le esigenze di gente, ora sappiamo, un po diversa. Limportante, in ogni caso, non chiedere limpossibile, e cio che il gatto faccia la parte del cane e viceversa.

Sullabbandono: il cane ed il gatto durante le vacanze.


Il cane fa parte della famiglia umana, o almeno cos dovrebbe. E, a modo suo, lo stesso vale per il gatto. Perci, almeno per una volta allanno, diventano dei parenti decisamente scomodi. Si tratta, lavrete capito, del momento delle vacanze. Labbandono - ormai sempre pi gente lo percepisce - un atto di grande crudelt, e come tale devessere punito. Dipendono infatti completamente da noi questi animali domestici, sia fisicamente che affettivamente. Non si pu, perci, tradirli cos. Labbandono, insomma, in un mondo umano consapevole e partecipe delle sofferenze altrui, non dovrebbe esistere. E c da sperare che, a forza di martellarli con spiegazioni, e anche di punirli sempre pi severamente, i proprietari di questi animali casalinghi la smettano una buona volta con questa pratica irresponsabile e barbara. Non lo possediamo, almeno noi esseri umani, il senso di colpa?

Ci che infatti mi chiedo come, al di l di ogni possibile minaccia di punizione, una vacanza spensierata possa sussistere a prezzo di un tale tributo di sofferenza. Si pu ancora, sapendo dei patimenti provocati in esseri, tra laltro, che ci vogliono un gran bene, mantenersi allegri e spensierati? Non c solo labbandono vero, a ogni modo. Esiste anche quellabbandono temporaneo, certo molto meno crudele, in una cosiddetta pensione che pu pure provocare sofferenza a questi nostri quasi-figli a quattro zampe. S, perch purtroppo, pur essendo decisamente intelligenti, praticamente impossibile spiegargli, come se fossero umani, e cio semplicemente dicendoglielo, che non corrono rischi, che in effetti non sono stati abbandonati. Che possono invece starsene tranquilli - certo un po tristi lo saranno ugualmente - ad aspettare il nostro auspicato ritorno. Se non dicendoglielo, per possibile, usando opportune strategie, farglielo arguire con lesperienza. E, vi assicuro, ne vale la pena. Strategie che certamente richiedono un po dimpegno, ma che sicuramente faranno bene, al momento delle vacanze, sia a loro che a noi. Ebbene, per raggiungere il miglior risultato bisogna lavorare su due fronti, ma soprattutto occorre farlo col dovuto anticipo. Il primo fronte consiste nella scrupolosa ricerca della pensione adatta magari, ma non solo, facendoci consigliare da qualche amico fidato. E poi, questa pensione, andarla a visitare. Cercare insomma di farsene unidea il pi possibile personalmente. Perch limportante che i gestori siano persone veramente amanti degli animali e, insieme, competenti. Che sappiano cio trattare il nostro cane o il nostro gatto con affetto, facendoli un po svagare, magari addirittura giocare, in spazi larghi. Che abbiano poi la sensibilit e la capacit di assortirli con altri ospiti adatti. Insomma: che anche il nostro cane ed il nostro gatto si facciano, per quanto possibile, un poco di vacanza. Perch ci avvenga, per, assolutamente fondamentale che i nostri animali non si sentano abbandonati, ed questo il fronte pi importante. Occorre allora, a questo punto, far comprendere loro, con adeguato anticipo e con dosi crescenti desperienza, che non c niente di terribile se essi vengono per un po di tempo lasciati in affidamento a qualcun altro. Far capir loro che poi si torna e li si riporta nella casa vera. La prima volta, magari, li si lascer solo per qualche ora, ma intanto principieranno a conoscere il luogo e le persone che li accudiscono. Poi, le volte successive, si potr aumentare progressivamente il tempo in cui li si lascia l. State tranquilli, loro capiscono tutto e sanno anche, e sono bravissimi, fare di necessit virt. Mai, infatti, sottovalutare la loro intelligenza. Pu perfino accadere, nei casi migliori, che, se si sono trovati bene ed in buona compagnia, alla fine vadano volentieri in quella nuova casa (che diventer sempre pi loro), con quei nuovi amici umani e non umani. E sar un gran sollievo per tutti. Mi sono occupato, finora, di due delle tre categorie di proprietari di cani e di gatti: i veri crudelissimi irresponsabili abbandonatori e quelli, certo non paragonabili ai primi, che invece i loro animali decidono ben pi responsabilmente di lasciarli in pensione. Esistono infine, e tra questi mi ci piazzo a pieno titolo, quelli che preferiscono fare le vacanze con il loro animale domestico. E vi assicuro che sempre possibile, se si cerca per tempo il posto adatto. In Italia, vero,

ancora abbastanza difficile, soprattutto al mare; in altri paesi europei assai pi facile perch gli animali domestici sono ben accetti dovunque. Sarebbe opportuno, comunque, che anche questultima categoria insegnasse ai propri animali un po dautonomia. Infatti non si sa mai. Leccesso di dipendenza dal padrone non mai una bella cosa, e quando c basta un niente per provocare sia in un cane che in un gatto una depressione poi difficile da far scomparire. C unappendice indispensabile a questo mio discorso sullabbandono: ho detto che una pratica crudele, e ci verissimo e moralmente importante. Ma c dellaltro: labbandono provoca rinselvatichimento e gli animali domestici rinselvatichiti fanno in vario modo male alla natura (il caso del dingo ce lo insegner). Una parte dei cani abbandonati, infatti, riesce a sopravvivere nella natura. Questi si mettono insieme e formano mute simili, ma ovviamente non del tutto, a quelle dei lupi. E in vario modo interferiscono con gli equilibri naturali, senza contare che, dalla seconda generazione in poi, non sperimentando pi limprinting sulla nostra specie, finiscono col trattare luomo come un qualcosa di totalmente estraneo, talora perfino come una preda. E del resto diversi recenti episodi, in qualche caso addirittura mortali, lhanno purtroppo dimostrato. Ormai dobbiamo assolutamente tenerlo presente: tra i motivi per cui non dobbiamo abbandonare animali domestici esistono anche i dettami delletica dellambiente.

Un poco di pet therapy fa bene a tutti.


Gli animali sono dispensatori di benessere psichico? assodato, e una cosa almeno la so: molti di noi se incontrano un cane, ma anche un gatto, un cavallo, altri animali ancora, sentono il desiderio, quasi il bisogno, di toccarli, di accarezzarli. Il mio cane Orso, che come ormai sapete un vecchio dolcissimo golden, passeggiando per Venezia bersaglio perenne di carezze da lui quasi sempre gradite, talora addirittura cercate. Ci sono volte che, se del giusto umore, se le va ad incassare prendendo lui liniziativa e creandomi, talora, un poco di imbarazzo. Lui, nella sua ingenuit, di vergogna non ne ha. E, pensando al gatto, che ne dite del distensivo, sedativo ron ron delle sue fusa? ormai qualche decennio, daltronde, che si parla di pet-facilitated psychotherapy o, pi semplicemente, di pet therapy, la cura di certe malattie umane che ha luogo grazie allaiuto di un animale da compagnia. Ricordo, al proposito (il vantaggio di essere vecchi), due delle prime, ormai storiche ricerche, una condotta in un ospedale americano, laltra invece presso il domicilio dei pazienti, in Inghilterra. Nel primo caso si trattava, per lo pi, di persone giovani, che per cause varie si trovavano in gravi condizioni di abulia e di rifiuto di comunicazione, gente refrattaria a tutte le cure precedenti. Alcuni, addirittura, dovevano essere nutriti con una sonda. A questi pazienti venne offerto, come animale terapeutico, un cagnolino. Nel secondo caso i pazienti, se cos possiamo chiamarli, non erano altro che persone anziane che vivevano sole e che, proprio perci, erano fortemente depresse, a livello psicosomatico, per la solitudine. A essi venne regalato, semplicemente, un pappagallino ondulato. Ebbene, in ambedue i casi i risultati furono notevoli.

Anzi, per quei tempi, addirittura strabilianti. Quegli animali, infatti, suscitarono immediatamente un forte interesse nei pazienti; nel primo caso molti, per la prima volta, come per miracolo si alzarono dal letto e presero a interagire con lanimale. Alcuni dei pi gravi ripresero addirittura a nutrirsi da soli, spontaneamente. E anche nel secondo caso, quello delle persone anziane e depresse, si assistette alla comparsa generalizzata di una serie di eventi positivi. Quegli animali risultarono infatti capaci di stimolare lapertura di un utilissimo rapporto affettivo e sociale. Furono inoltre sempre mediatori di nuove interazioni amichevoli con diverse persone. Con medici e con altri pazienti nel primo caso, mentre nel secondo promuovendo, semplicemente con la loro stimolante presenza, visite, soprattutto da parte di bambini. Chi non ha notato, daltronde, che basta un cagnolino per far instaurare a tante persone vecchie e sole unamicizia con altre che pure hanno un cane, che poi si incontrano nei giardinetti sotto casa. Cosicch la loro vita non pi la stessa. E quei cani e quei padroni diventano quasi ununica e lieta famiglia. Passando per a situazioni un po pi serie, ormai molto si sa sullefficacia della pet therapy per tante e differenti malattie della psiche, e non solo di questa. Penso al caso veramente speciale e scientificamente comprovato dellippoterapia, dove il cavallo montato dal paziente non gli fa solo da raffinato psicoterapeuta, ma anche da utile strumento per lo sviluppo dellequilibrio e della muscolatura. Promuove, insomma, una divertente ginnastica come se fosse un vivente cavalletto. C anche dellaltro, tanto che in certi casi pare accertato che un animale terapeuta possa, addirittura, far meglio delle solite pillole. A partire dagli anni Settanta numerose ricerche si sono concentrate in modo particolare sulleffetto che la presenza, meglio ancora la compagnia di un animale, soprattutto di un cane o di un gatto, ha sulla salute del sistema circolatorio, in particolare della pressione sanguigna. Molti ricercatori hanno cos dimostrato come semplicemente latto di accarezzare un cane o un gatto possa indurre un effetto calmante ed una conseguente riduzione della pressione. S addirittura rilevato che, in molti casi, non nemmeno necessario che lanimale venga accarezzato. sufficiente la sua presenza e leffetto permane a lungo dopo che lanimale stato allontanato. Ricordo, al proposito, che nel 1992, presso il Baker Medical Research Institute di Melbourne, in Australia, venne condotto quello che probabilmente fu il pi imponente studio, coinvolgente ben 5741 persone tra i 20 e i 60 anni al fine di esaminare le relazioni esistenti tra il possedere un animale ed i fattori di rischio di malattie cardiovascolari. Risult che i soggetti maschi proprietari di animali avevano un livello significativamente pi basso di trigliceridi e di colesterolo e che, inoltre, presentavano valori di pressione sistolica significativamente pi bassi. Anche le proprietarie di animali tra i 40 e i 59 anni avevano una pressione sistolica inferiore a quelle di controllo. Interessante, seppure assai diversa come significato, anche la ricerca fatta da A.H. Katcher e A.M. Beck nel 1983. Questi studiosi dimostrarono che effetti positivi sulla pressione sanguigna venivano indotti perfino dallosservazione prolungata dei pesci di un acquario, anche se tale fenomeno pare sia collegabile a uno stato di rilassamento di tipo ipnotico. Desidero anche ricordare, sempre a proposito di patologie veramente serie, lopera straordinaria che fanno certe persone che, come volontariato, sapplicano a quella che viene definita terapia assistita con gli animali (TAA) mirata a

persone affette da morbo di Alzheimer. Un mio amico che si dedica a questa benemerita attivit Andrea Schiavon, appassionato e competente cinofilo veneziano, e riporto qui, perch la mia ammirazione diventi di tutti noi, la frase, molto sentita (un frammento di mail), che recentemente mha scritto: Vedere i malati di Alzheimer... che purtroppo consideriamo come delle lampadine spente... e vedere come queste si riaccendono solo perch arriviamo noi con i cani, ci fa apprezzare ancora di pi questo unico amico che abbiamo... un vero amico.... Grazie, Andrea, a te ed a tutti quelli come te. E grazie ai cani, naturalmente, buoni e altruisti per natura, e lieti di esserlo perch, se ancora non lo sapete, compiere azioni altruistiche fa bene anche a chi le fa. E ci vale anche, e soprattutto, per noi umani. Abbandoniamo per, per concludere, le malattie fisiche e mentali, e pensiamo un pochino anche a noi stessi intesi come, finch la fortuna ci assiste, sani. O almeno che ci illudiamo di esserlo. E cos ripropongo la domanda iniziale: e a noi? Pensate dunque al piacere impagabile che ci regala, appunto, lallegria che sa donarci un cane che ci corre accanto durante una passeggiata, magari una corsetta, oppure un gatto caldo ronfante sulle nostre ginocchia. S, vero, il gatto pi casalingo, pi intimo, mentre il cane pi estroverso, pi esploratore del mondo. Ma con tutti e due questi splendidi amici si parla, si comunica. Non si mai soli. E loro, crescendo con noi, accumulano sapienza, abitudini, aspettative, piccoli rituali della vita quotidiana. cos che diventano parte della nostra famiglia. Il cane ed il gatto, a loro modo (che poi un modo splendido) ci vogliono infatti bene, ci fanno festa, ci dimostrano di avere bisogno di noi. E poi, volendo allargare il discorso ad altre specie, ci sono anche gli altri, dal cavallo allintelligentissimo coniglio (possederne uno da compagnia una scoperta): ognuno d ovviamente quello che ha, che sempre tanto, a saperlo cogliere. Ma questo compito nostro: non siamo noi, infatti, Homo sapiens? S, insomma, quello che desidero affermare solo questo: che un poco di pet therapy, senza saperlo, ce la pigliamo tutti, ed una bella medicina, senza controindicazioni e negativi effetti secondari. Loro infatti qualcosa sempre danno, ed sempre qualcosa di bello.

Lettera ad un gatto inesistente.


Caro Gatto Inesistente, oggi la giornata della nostalgia. Chiss, forse perch nellaria ristagna la voce di Adriana Varela, che sta cantando corazones perversos, un tango argentino. Fatto sta che io sento una nostalgia di qualit felina. Sar anche perch qui a Venezia c lacqua alta e dalla mia finestra scorgo gabbiani in volo e cielo grigio. Sar perch me ne sto qui in poltrona, imbacuccato dentro una coperta, e mi curo un inizio di influenza succhiando - sempre meglio del termometro - un mezzo toscano. Insomma, sia come sia, in questo clima sciroccoso ci che mi manca un gatto.

Un gatto da tenere in braccio. Un gatto che fa ron ron beato. Preferibilmente rosso. Preferibilmente grosso. La mia prepotente cinofilia i gatti li ha resi compagni rari. Ai miei piedi c infatti Orso, che dorme buono e bravo. I cani, per, vogliono sempre uscire. Dovr indossare gli stivaloni e portarlo a sguazzare nel campo sotto casa. Far inquinamento lagunare. Meglio la sua pip della diossina, indubbio. Adriana intanto continua a cantare argentino. Orso, sempre ai miei piedi, dorme ed uggiola. Sogna di inseguire uno come te e la cosa per ora gli piace, perch scodinzola. Pensieri da febbre. Mentre faticosamente calzo gli stivali mi chiedo: ma se ci fossi anche tu, mio bel Gatto Inesistente, non sarebbe meglio? Prima di uscire (che barba, la tiro alla lunga) trovo - sta qui sul tavolino - e rileggo la poesia di Roberto Piumini intitolata Gatto. Ascoltala anche tu e dimmi che ne pensi. Mai mio accarezzato, nasconde nel molle i pungiglioni, alza lo sguardo tondo e mosserva con peloso interesse. Vaga a coda dritta fiutando e rifiutando doni dovuti e in un attimo balza sullangolo impossbile del tetto. Si lecca con compunto piacere e ammicca in segreto al suo sogno felino. Mai mio miao. Lo so, lo so, tu preferisci un po di latte o un uccellino da acciuffare, o una pallina tirata con lo spago. Ma dimmi almeno questo: sei tu quel gatto? Ebbene, prima o poi ti trover e ti chiamer cos: Inesistente. Un desiderio che diventa un gatto. Un gatto inesistente ma esistente. Coi gatti questo e altro. Mai mio, miao.

QUINTA PARTE. Origine ed evoluzione.


Il progenitore di tutti i cani il lupo, che fu il primo essere a venire addomesticato. E non a caso fu proprio lui, il terribile predatore sociale, a entrare per primo nella famiglia umana. A inaugurare una nuova categoria di esseri, i domestici. Aggettivo derivante da domus, la casa, e in contrapposizione con selvatico, che invece viene da silva, la selva. Non a caso, ho scritto, perch esiste uno straordinario parallelismo di stili di vita tra quei predatori e la nostra specie, soprattutto se si va indietro al paleolitico, quando gli uomini erano, come si dice, cacciatori-raccoglitori. Tutto ci lo capiremo in questa quinta parte, dove verr anche illustrato come il lupo, o meglio le tante sottospecie di lupi, s in vario modo modificato dando origine a quello straordinario ventaglio di razze, circa quattrocento riconosciute, che va dal chihuahua al terranova, dal bulldog al levriere afghano.Tutto ci, appunto, lo vedremo in dettaglio, e tanto altro ancora. C unipotesi interessante, per, che voglio dirvi subito. Il fatto strano che, dal punto di vista della sistematica zoologica, il lupo venga ritenuto appartenere a una specie diversa dal cane. Il primo infatti si chiama Canis lupus, il secondo Canis familiaris. Il che, oltretutto, inconsueto, perch di norma le forme addomesticate, come avviene per esempio per il maiale, che deriva dal cinghiale, mantengono lo stesso nome specifico Sus scrofa. Il problema, come suggerisce mia figlia Luisa che a ci ha molto pensato, potrebbe essere dordine psicologico. Sentite il suo ragionamento, che recentemente mi ha espresso in una lettera: Per secoli gli uomini hanno rimosso lidea che i cani, tutti i cani, altro non fossero che lupi domestici. Lhanno fatto al punto da creare un falso scientifico, e dare a cani e lupi due nomi diversi: Canis lupus e Canis familiaris. Le ragioni sono ovvie, i lupi sono predatori estremamente efficienti e intelligenti, e hanno terrorizzato gli uomini per millenni. La nostra tradizione piena delle tracce di questa paura: Attenti al lupo, Fai il bravo altrimenti arriva il lupo cattivo, il lupo di Cappuccetto Rosso eccetera. Oggi, nel 2010, tutto ci appare un po grottesco, come se volessimo sostenere che un aborigeno australiano e un signore finlandese appartengono a due specie diverse.... Il suo ragionamento procede, ma a noi basta cos. Personalmente lidea di Luisa non mi dispiace, la trovo, oltre che verosimile, affascinante.

Laddomesticamento del lupo: lo scenario.


Il lupo stato il primo animale a venir addomesticato, e ha prodotto il cane. Gli uomini che, inconsapevolmente, iniziarono quel processo evolutivo che poi si ripet per quasi tutti gli altri animali che vennero addomesticati, avevano vissuto, fino ad allora, totalmente immersi nella natura. Poi non fu pi cos. Quegli uomini, che ancora non avevano piante ed animali al loro servizio, vivevano uno stile di vita semplice, quello stile che gli antropologi definiscono come di caccia e di raccolta. E non poteva essere altro che cos. Tutta lumanit era in pratica suddivisa in piccoli gruppi erratici che condividevano territori pi o meno grandi a seconda delle risorse in essi contenute. Conosciamo bene quellantico stile di vita perch alcuni gruppi umani sono arrivati fino a noi e sono stati oggetto di studi da parte degli antropologi culturali. Cito alcuni di questi gruppi: i veddah dello Sri Lanka, i boscimani del Kalahari, i pigmei bambuti del Congo, i waorani (aukas) dellAmazzonia. Vivevano, quelle primitive popolazioni, cos: i maschi cacciavano

in gruppo o, sempre in gruppo, scoprivano e utilizzavano, per s e per le loro famiglie, i resti delle prede dei grandi predatori; le femmine invece raccoglievano vegetali, uova e piccoli animali. Tutto ci sulla base di semplici tradizioni culturali trasmesse di generazione in generazione da genitori a figli. Da mamme a figlie, da babbi a figli. Col contributo, anche, di qualche parente - nonni e nonne, figli e figlie, cugini e cugine. E di qualche amico, se faceva parte del gruppo. Tradizioni selezionate nel tempo per la loro efficienza e adattativit e fondate su una straordinaria conoscenza della natura, di cui i nostri antenati sapevano leggere ogni anche minima traccia. Solo cos potevano sopravvivere. Bastava a quegli uomini unocchiata in cielo per capire se degli avvoltoi convergevano, lass in alto, su una carcassa abbandonata che la loro vista superba aveva intercettato laggi, chilometri pi in l; o era sufficiente cogliere orme tenuissime, o un frammento di sterco, o rami brucati per percepire la presenza del passaggio di una possibile preda. E sapere perfino di quale animale si trattasse. E di conseguenza organizzarsi per poter applicare la strategia adeguata. La stessa sapienza naturalistica possedevano ovviamente le donne per dirigersi in modo mirato dove prevedevano di raccogliere le loro piccole prede o le loro ancora selvatiche messi. Il nido-cella di una coppia di tucani, le uova di un varano, dei frutti, dei tuberi sepolti. E poi, non dobbiamo scordarcelo, quei nostri primitivi antenati potevano anche recitare, spesso ma certamente non volentieri, la parte delle prede. Deve pertanto farci meditare quanto scrisse David Quammen in Alla ricerca del predatore alfa: Grandi e terribili belve carnivore hanno da sempre condiviso lo spazio con gli esseri umani. Erano parte del contesto ecologico nel quale si evoluto Homo sapiens. Erano parte dellambiente psicologico nel quale sorto il nostro senso di identit come specie. Erano parte dei sistemi spirituali da noi inventati per far fronte alle alterne vicende dellesistenza. I denti e gli artigli, la ferocia e la fame dei grandi predatori erano truci realt che si potevano eludere ma non dimenticare. Di tanto in tanto un mostruoso carnivoro emergeva come una fatalit da una selva, a uccidere ed a cibarsi del cadavere. Era - come oggi gli incidenti dauto - una sventura consueta, che ogni volta rinnovava il trauma e lorrore. E comunicava un sicuro messaggio. Una delle prime forme dellautoconsapevolezza umana fu la percezione di essere pura e semplice carne. Anche questo esisteva nella vita quotidiana, e nella mente, di quei piccoli gruppi umani. E cerano, anchessi mobili allinterno della loro vita erratica, i campi-base. Le postazioni e le fragili abitazioni continuamente e sapientemente costruite per passarvi una o poche notti. Perch cos era lesistenza di quei nomadi che in pratica non possedevano altro che poche cose e la loro, quella s grande, conoscenza della natura. Una vita di sussistenza era infatti la loro, e se alcuni erano pi ricchi di altri lo erano soltanto per sapienza e per carisma. Fu tra quella gente, in quello scenario, che vide la luce il primo essere addomesticato: il cane.

Il ruolo dei segnali infantili.


I campi-base delluomo del paleolitico mi interessano specialmente perch era intorno a essi che, in modo variamente mirato, saggiravano animali diversi, tra cui, dove cerano, i lupi. Mute o, pi raramente, qualche individuo solitario. Attratti comunque dai resti delle prede consumate da quegli esseri bipedi e strani. Sociali, rumorosi, dunque palesemente intelligenti e perci, anche, potenzialmente pericolosi. Dal fitto i lupi spiavano quelle scimmie nude o seminude. E, quando erano certi di non essere a loro volta osservati, rubavano qualche resto. Un osso, una cartilagine. Poi sinfrattavano per rosicchiare al coperto. Tutte e due erano, uomini e lupi, specie curiose ed intelligenti, predatrici sociali. In competizione tra loro, verosimilmente. E fu cos, per via di quella curiosit, di quellintelligenza viva che sempre le si accompagna, che qualche lupetto disperso (forsanche risparmiato, contrariamente ai suoi genitori) venne raccolto e, soprattutto, non casualmente adottato da qualche essere umano. Gi, raccolto e poi, non casualmente, adottato. Non ucciso, non mangiato, a ogni modo. Occorre, a questo punto, che riprenda, per ribadirla, una parola usata iniziando questa antica storia. E cio: inconsapevolmente. Proprio cos, perch quegli uomini, semplice gente paleolitica, non potevano certo sapere, n tanto meno immaginare, ci che stavano facendo adottando quel lupetto. Agivano distinto, si potrebbe dire, e senza porsi tante domande. Penso allora - non potrei fare altrimenti - a Konrad Lorenz, letologo che per primo descrisse ed interpret i segnali infantili. La prima molla che scatt per dare il via allo straordinario fenomeno delladdomesticamento. stato infatti Lorenz il primo che saccorse che cuccioli e pulcini possiedono certe caratteristiche, fisiche e comportamentali, che evocano, anche al di fuori della specie, atteggiamenti protettivi, talora addirittura parentali. Che bloccano, in alcuni casi, laggressivit predatoria. Caratteristiche che formano un certo tipo di messaggio complesso che, nellinsieme, gli autori di lingua inglese chiamano il baby-schema, e che si possono riassumere cos:

 testa grossa in confronto al corpo;  fronte arcuata e convessa, cranio grande rispetto alla lunghezza del muso o del becco;  occhi grandi e tondi;  estremit corte e grassocce, e nei mammiferi orecchie brevi e per lo pi ripiegate;  forme del corpo arrotondate;  strati superficiali soffici ed elastici, guance paffute, rotonde e prominenti.
E poi, per quanto riguarda il comportamento, movimenti pi incerti, saltellanti e giocosi, e uggiolii, pigolii. Insomma, inutile che insista: i cuccioli e i pulcini li conoscete bene. Ma perch esiste questa duplice forma comunicativa, sia intraspecifica che interspecifica?

Ebbene, verosimile che la funzione pi primitiva e antica sia quella di evocare, allinterno della specie, i comportamenti parentali. Nei pulcini e nei cuccioli poi, secondariamente, sarebbe avvenuto un fenomeno evolutivo di convergenza, per cui certe caratteristiche infantili, quelle, tanto per intenderci, del baby-schema, sarebbero andate unificandosi, in modo da essere percepite anche al di fuori della specie. Sarebbe perci, appunto secondariamente, avvenuto un ampliamento (interspecifico) di significato. Cos i predatori avrebbero potuto venir scoraggiati, meglio ancora bloccati, nelle loro azioni di predazione. E proprio questo avvenne con quel lupetto, che fu raccolto, portato al campo base e, assai verosimilmente, allattato al seno, se era ancora nellet dellallattamento, da qualche umana mamma paleolitica. Cos spesso avviene, infatti, nelle societ umane pi primitive, quando si adottano cuccioli non umani, come caprette, orsetti e, appunto, lupetti. I segnali infantili, daltro canto, sono il punto di partenza di vari fenomeni evolutivi, e penso che sia bene, magari divagando un po, che ve ne parli. Su questi segnali per esempio si appoggia il caso altruistico degli aiutanti (helpers), che saccompagnano (o si sostituiscono) ai genitori per tirar su una prole non loro; quello del parassitismo del nido, con il piccolo uccello parassita (un giovane cuculo, per esempio) che, evolvendo segnali infantili magnificati, detti superstimoli, estorce cure preferenziali dai suoi inconsapevoli ospiti; infine certa comunicazione di molti individui adulti, che usano in vario modo segnali infantili nei corteggiamenti e perfino in interazioni che, altrimenti, potrebbero sfociare nellaggressivit. Occorre anche, ora, che mi soffermi sulla specie umana, che ai segnali infantili assai sensibile, e non soltanto allinterno della specie, ma anche nelle interazioni con le altre. Del resto noi tutti lo sappiamo benissimo per esperienza personale. Lo sperimentiamo ogni volta che ci imbattiamo in un cucciolo od in un pulcino sperduto: ci viene la voglia di adottarlo, un qualcosa che ci viene dal profondo. Laddomesticamento di uccelli e mammiferi, daltronde, trova quasi sempre la sua prima origine nel blocco del comportamento di predazione che i segnali infantili di possibili vittime hanno determinato in nostri antenati, stimolando in alternativa proprio quellatteggiamento di adozione che cos ben conosciamo per esperienza diretta. E la preferenza, generazione dopo generazione, per gli individui pi infantili ha finito con il determinare, alla lunga, un processo evolutivo tale per cui, in moltissimi casi, i nostri animali domestici sono, in confronto con i selvatici dorigine, decisamente infantilizzati. Lappello dei segnali infantili, daltronde, si fa inoltre sentire anche a livello culturale, e chiedo scusa anche per questa digressione, che ritengo utile, o almeno lo spero, per comprendere la grande e generale portata del fenomeno. Particolarmente studiati sono stati, per esempio, certi personaggi dinvenzione usati dalla pubblicit oppure nei cartoni animati. Pippo, Topolino, Pluto, tutti personaggi positivi, sono infatti portatori di superstimoli infantili; Gambadilegno, cui spetta da sempre il necessario ruolo di cattivo, ne invece privo. Di Topolino, addirittura, stata ricostruita, usando i metodi della biometria, quella che stata definita la sua evoluzione verso la neotenia, cio verso la caratteristica di mantenere, essendo adulto, caratteri infantili. Il topo disneyano, infatti, spinto dalla pressione selettiva dei vari indici di preferenza, nel mezzo

secolo abbondante della sua fortunata carriera non ha fatto altro che infantilizzarsi sempre pi. Tornando al nostro lupetto che, generazione dopo generazione, s trasformato in cane, andato accumulando, salvo in casi speciali, tutti i possibili segnali infantili, sia fisici che comportamentali. Soprattutto in quelle razze che, potrei dire per vocazione, sono diventate da compagnia. Quanto ai casi speciali, si tratta ovviamente di quelle che sono state selezionate per la difesa o, addirittura, per il combattimento. C, a questo punto, da osservare che luomo, se una cosa gli occorre, non si ferma di fronte a niente. Cos, siccome selezionare unoperazione che esige molto tempo e soprattutto molta pazienza e determinazione, in molti casi allazione selezionante subentrata unaltra operazione ben pi rapida e risolutiva: quella della chirurgia. chiaro, il cane deriva dal lupo, che possiede un bel paio di orecchie appuntite, ritte, mobili e attente. Orecchie per niente infantili, pertanto. Ma, come ho gi detto, nel corso delladdomesticamento quelle orecchie (che non sono solo strumento di sensibilit acustica ma anche, a loro volta, segnali visivi) si sono andate progressivamente infantilizzando. Cos, quando certe razze, secondariamente, hanno dovuto assumere specifiche funzioni di guardia, di difesa o addirittura di combattimento, come successe gi migliaia di anni fa agli antichi molossi che seguivano gli eserciti, si sent la necessit di una rapida correzione di significato. E le orecchie ritornarono ritte ed appuntite grazie alla chirurgia. Per venire alloggi: pensate al doberman, al pitbull, a tanti altri cani caratterizzati dallaspetto aggressivo. Alla chirurgia per buona parte lo devono, o meglio fino a ieri lo dovevano. Perch ora, finalmente, ci non avviene pi o, se non altro, la legge proibisce questoperazione. Ma il cambiamento recente, cosicch ancora si incontrano cani con le orecchie mozzate. E credo anche che risulti chiaro come un doberman con le orecchie in gi, a ciondoloni, perda non poco della sua aria aggressiva. Unultima annotazione: linfantilismo delle razze domestiche lascia tracce anche scheletriche. Risulta cos possibile, se non facile, studiando i fossili, stabilire e datare lorigine del fenomeno delladdomesticamento. Quando infatti i lupi iniziarono il nuovo tragitto evolutivo che li trasform in cani, subito, o quasi subito, cominciarono a possedere crani con la volta un po pi bombata, con i denti un po pi piccoli. Poi, col progressivo accorciarsi del muso, comparvero anche crani dove, addirittura, il numero dei denti era ridotto, sempre pi ridotto, rispetto al numero di base, quello del lupo. Immaginatevi il cranio di un bulldog, per esempio. Con la testa che si ritrova, col muso cos rincagnato.

E lImprinting fece il resto.


I giovani di molte specie durante certe fasi del loro sviluppo, non raramente addirittura subito dopo la nascita, fanno esperienze che non dimenticheranno pi, e che in vario modo influenzeranno la loro vita adulta. Il pulcino appena uscito dalluovo, per esempio, focalizza la propria attenzione sul primo oggetto in movimento che incontra, identifica in esso la propria madre e le caratteristiche della specie a cui appartiene e sar attratto, socialmente e sessualmente, da

quelloggetto e da altri simili. Questa forma di apprendimento cos peculiare, limprinting, caratterizzata dalla presenza di un periodo detto critico o sensibile, dallirreversibilit degli effetti dellesperienza e, infine, dal fatto davere luogo anche se il giovane non ottiene alcun premio concreto da questa forma di attaccamento. Diciamo innanzitutto del periodo sensibile. Per le specie a prole inetta, come il caso degli uccelli passeriformi, delle tortore e dei colombi e, tra i mammiferi proprio del cane, oltre che di molte altre specie, il periodo sensibile abbastanza prolungato nel tempo (o i periodi - perch talora ne sono stati evindenziati pi duno). Dura talora mesi. Per quelle a prole precoce, invece, come sono i pulcini, le ochette e gli anatroccoli, oppure gli agnelli, le caprette o i porcellini dIndia, il periodo di solito assai breve. Un giorno od anche meno. La maggior durata dei cuccioli a prole inetta dipende certamente dalla loro maggiore immaturit alla nascita e da un pi prolungato periodo di tempo durante il quale quei giovani hanno grandissime probabilit di trovarsi in stretto contatto con loggetto naturalmente corretto, cio la madre, i genitori o anche, se la socialit maggiore, i membri del gruppo familiare, perch il loro apprendimento vada secondo natura. Esistono per anche altre forme di imprinting, sempre con periodi critici ben definiti, seppure dislocati in momenti differenti della vita. Si conoscono cos, in certe specie, un imprinting prenatale, un imprinting materno, un imprinting alimentare, un imprinting sulla qualit della preda e, anche, un imprinting sui luoghi, tipico questultimo dei colombi viaggiatori. Torniamo comunque al nostro lupetto che, tramite il fascino tutto speciale dei segnali infantili, riuscito a penetrare in una famiglia umana. Ebbene, se ladozione avvenuta, grosso modo, tra la terza e la settima settimana di vita, il gioco fatto, perch quel lupetto riconoscer, per tutta la sua vita, i membri della specie umana come membri della sua stessa specie. E questa una delle cose interessanti delladdomesticamento, e cio che, una generazione dopo laltra, gli animali addomesticati necessitano, per entrare veramente nella doppia socialit che li caratterizza, di ripetere lesperienza del doppio imprinting. Quello con la propria specie genetica e poi, al tempo giusto, con la specie umana. Infatti, anche per quanto concerne i cani, ormai sappiamo che, perch le cose funzionino nel migliore dei modi, il distacco del cucciolo dalla madre naturale dovrebbe avvenire intorno ai due mesi e mezzo dopo la nascita. Solo cos limprinting sulle due specie risulta ben calibrato e il cane dimostrer di essere parimenti attratto da cani e da uomini, di sentirsi cio parte sociale di quel suo strano mondo allargato. Il fenomeno delladdomesticamento, daltronde, per quanto concerne gli aspetti etologici, non riguarda solo limprinting, che un apprendimento, col suo periodo sensibile e con lirreversibilit dellappreso, alquanto peculiare. Altre informazioni devono essere acquisite, durante le prime fasi della vita, dalla madre e, spesso, anche dai fratelli attraverso altre forme di apprendimento sociale. Sono i primi, essenziali elementi della vita canina di gruppo: gioco sociale, comunicazione, gestione dellaggressivit e della gerarchia. Senza contare che, se il cucciolo viene tolto dal suo gruppo naturale troppo presto, e cio fin dallinizio del suo periodo sensibile, anche lattrazione sociale e sessuale verso la propria specie ne risulter penalizzata.

importante notare, a proposito dellinteresse sessuale che il cucciolo va sviluppando, come lesperienza e linsegnamento progressivamente lo conducano a rivolgere la sua sessualit esclusivamente verso la specie dorigine, in ci anche facilitato da stimoli fisici e fisiologici, mentre, parallelamente, lattaccamento affettivo tenda a rivolgersi in modo assai consistente verso i membri della famiglia umana. Non raro, a ogni modo, che un cucciolo, o addirittura un cane adulto, si mostri sessualmente disorientato, tentando di avere rapporti sessuali con individui della specie umana. Pu dipendere, ci, da un imprinting sulla sua specie dorigine terminato troppo precocemente a causa di un distacco dalla madre e dai fratelli avvenuto prematuramente, ma anche dalla mancanza, da parte dei membri della famiglia umana, del necessario insegnamento. Il cucciolo, in altre parole, dovrebbe venire subito informato, gentilmente ma decisamente, che gli esseri umani non accettano alcun suo tentativo di carattere sessuale. Basta spiegarglielo con secchi no! e spingendolo via con decisione. Intelligente com, smetter subito quei suoi incauti approcci, togliendo tra laltro dimbarazzo i suoi padroni. Mi sono molto dilungato su questi aspetti, anche pratici, della doppia socialit e affettivit che, a ogni generazione, deve svilupparsi nel cane in quanto animale domestico. Al di l del fatto genetico ed evolutivo, perch laddomesticamento sia effettivo, deve infatti sempre essere presente anche questo aspetto esperienziale, questa difficile normalit, difficile proprio perch doppia. Ben pi difficile, comunque, di quella che nel loro sviluppo devono acquisire gli animali selvatici e, daltronde, anche i cuccioli umani. Proprio perci il cucciolo, entrando nella famiglia umana, ha assolutamente bisogno di essere compreso e aiutato. Deve cio trovare, allinterno della nuova famiglia, una figura di riferimento (il sostituto della madre naturale) che sappia mostrargli come agire e cooperare in sintonia con tutto il nuovo gruppo familiare. E in questa figura di riferimento dovr riporre il massimo della fiducia, e sar su questa figura che si svilupper il maggior attaccamento affettivo. Strano e peculiare fenomeno pertanto laddomesticamento. Un evento che ha in s gli elementi dellevoluzione biologica e insieme culturale, e su cui fortemente si fa sentire il peso di una selezione proveniente per massima parte dai desideri, dalle necessit, dalle preferenze della specie umana. Il cane il prodotto di tutto ci, e si tratta di un essere che deve essere culturalmente formato allinterno di questo processo coevolutivo. Cos stato dalle origini e cos ancora , pur con i cambiamenti che la nostra evoluzione culturale ha imposto e continuamente impone al nostro stile di vita, ai nostri bisogni materiali e psichici, alla nostra sensibilit etica.

Limprinting e la socializzazione secondaria.


Cani e volpi, ma soprattutto cani, sono stati molto studiati e vengono considerati classici esempi di quel tipo di imprinting che ha luogo in animali a prole inetta. Il periodo sensibile notevolmente lungo, ed anche difficile stabilire con certezza il suo inizio e la sua fine, anche perch variabile da razza a razza. Dovrebbe, in linea di massima, iniziare alla terza settimana di vita e terminare, con ampia variabilit, alla settima. In questintervallo il cucciolo mette a fuoco limmagine

delle caratteristiche della propria specie, soprattutto attraverso esperienze visive, probabilmente accompagnate da altre di carattere prevalentemente olfattivo. Si conoscono esperimenti di cuccioli allevati in isolamento durante il periodo sensibile, oppure isolati dalluomo ma cresciuti in gruppi di fratelli e sorelle, oppure allevati solo in contatto con luomo, o con qualche altra specie: gatti, conigli, ovini. Ebbene, gli individui che durante il periodo sensibile hanno avuto esperienze in questo senso innaturali hanno sviluppato un comportamento sociale in ogni caso anomalo. Diventano asociali e timidi se allevati in isolamento; preferiscono luomo al cane se allevati solo con luomo, oppure il gatto, il coniglio o la pecora se cresciuti solo con queste specie; divengono invece dei normali cani selvaggi, cio timorosi delluomo od aggressivi in modo non sociale verso gli esseri umani, se allevati solo tra cani. Bastano per, durante il periodo sensibile, brevi contatti con lessere con cui lanimale dovr stringere un legame socioaffettivo, perch ci avvenga - pur con i limiti dovuti allassenza di altri apprendimenti - abbastanza normalmente. sufficiente, per la socializzazione con luomo, che per esempio il cucciolo venga sottoposto, ogni settimana, a due periodi di contatto con luomo di venti minuti luno. Si sa anche dellaltro sullimprinting canino. Lapertura del periodo coinciderebbe con linizio del funzionamento delle capacit visive, come si potuto stabilire attraverso studi elettro-encefalografici, e del resto sembrerebbe ovvio, dato che per buona parte i segnali che il cane deve apprendere a riconoscere sono di carattere visivo. In fin dei conti il motivo per cui nelle specie a prole inetta il periodo sensibile inizi dopo un po che i giovani sono nati, e non subito, o quasi subito, dopo la nascita, come invece avviene per le specie a prole precoce, sta infatti essenzialmente nel fatto che nelle specie a prole inetta i piccoli nascono decisamente pi immaturi. Occorre dunque che passi un po di tempo perch effettivamente siano in grado di raccogliere tutti gli stimoli dal mondo esterno che devono essere fissati. E si capisce anche perch il periodo dellimprinting duri pi a lungo: perch maggiore il periodo in cui garantito un contatto con loggetto naturale su cui deve fissarsi lapprendimento. Non pochi, a ogni modo, sono i ricercatori che ritengono che limprinting termini quando, nei giovani, compare la paura per ci che viene da essi ritenuto estraneo. C, volendo, una certa logica in questidea, perch riconoscere un oggetto come non familiare richiede - tautologico - laver accumulato una certa dose di esperienze. Se ci non ancora avvenuto, pertanto, tale discriminazione non pu insorgere, e di conseguenza neppure la paura per ci che estraneo pu generarsi e manifestarsi. Solo dopo che si sono familiarizzati con un ambiente e con gli esseri che li circondano, dopo averne cio appreso le caratteristiche, i giovani possono dunque rispondere a ogni novit - cio a ogni evento od essere sconosciuto manifestando, come del resto logico e funzionale, se non proprio paura almeno una salutare prudenza. Sulla base di queste osservazioni il periodo critico dellimprinting potrebbe perci essere esteso, almeno teoricamente, allinfinito semplicemente eliminando ogni tipo di esperienza; in realt certi esperimenti fatti in questa direzione hanno permesso di estenderlo un po, e ci anche usando farmaci tranquillanti, che cio eliminano, o almeno attenuano, la paura.

Bisogna inoltre sapere che il cucciolo, tramite limprinting, sattacca alluomo in ogni caso, anche se questultimo non fa niente perch si affezioni. Non serve, in altre parole, alcun premio palese, sufficiente la presenza. Deve dunque esistere una notevole spinta interna - unimpellente motivazione da soddisfare - cosicch si potrebbe dire che il vero premio per questa peculiare forma di apprendimento deve proprio trovarsi nel soddisfacimento della tendenza innata a costruire, comunque, un legame socio-affettivo. Per comprendere a pieno cos limprinting anche utile conoscere gli esperimenti che sono stati fatti, con cani selvaggi e con lupi, tentando di farli socializzare con luomo dopo la fine del periodo critico dellimprinting. Viene detta, questa socializzazione, secondaria, in contrapposizione con quella dellimprinting, detta primaria. Il primo ostacolo da vincere, in questo nuovo e differente caso, logicamente la paura. Occorre perci che luomo, per conquistare la fiducia, assuma un atteggiamento dolce, anche se, a sua volta, deve mostrare di non averne, di paura. E ci soprattutto, se si ha a che fare con individui adulti. Lo sperimentatore deve stare seduto fermo e calmo, non deve mai muoversi a scatti. Ha, inoltre, grande importanza contrariamente a quanto accade con limprinting - la quantit di tempo in cui luomo e il cane, o il lupo, stanno insieme, e il fatto che luomo offra premi, in special modo cibo. Chiaro , dunque, come in questo caso si tratti di processo di apprendimento totalmente differente, che porta s, spesso, a vincere la naturale timidezza, o il terrore talvolta, verso luomo, ma che non produce mai un reale totale inserimento del cane, o del lupo, entro la societ degli uomini. Il cane resta solo cane, luomo solo uomo. Pensando a quanto ho appena spiegato mi ritorna in mente una frase, ascoltata tanti anni fa e di cui ho gi scritto nel mio vecchio saggio Il cane e la volpe. Forse che, nella sua semplicit, o se vogliamo addirittura ingenuit, mi sembr allora, e ancora mi sembra, assai significativa. Ero allora consulente di Riccardo Fellini, che girava per la tv di stato Lo zoo folle, la triste storia degli animali selvaggi catturati e destinati a zoo e circhi. Riccardo aveva, tra i tanti, intervistato anche alcuni domatori, e tra questi Bruno Togni della celebre famiglia circense. Ecco un frammento di quellintervista. Fellini: Senta, ma di questi leoni quanti sono nati in gabbia e quanti sono stati importati dallAfrica? Togni: Quattro sono nati in gabbia e tre li abbiamo importati dallAfrica. Fellini: E a che et vi arrivano? Togni: Qui arrivano quando hanno da otto mesi a un anno. Fellini: Ho capito. E c differenza tra gli uni e gli altri? Quali sono i pi pericolosi, per esempio? Togni: I pi pericolosi sono quelli che nascono in gabbia qui da noi. Fellini: Perch?

Togni: Perch da piccolini tutti li pigliano in braccio, gli fanno le carezze, e cos loro hanno pi confidenza con luomo e sono molto pi pericolosi. Sanno... capiscono di pi la situazione delluomo. Invece quelli che importiamo hanno pi rispetto. La prima volta magari attaccano; vedono che luomo si difende ed allora rimane quel rispetto fra luomo e lanimale... Insomma, loro sono loro e noi siamo noi. Ebbene, proprio questultima la frase che mi pare rappresenti in modo generale, semplice ma perfetto, ci che distingue gli animali cresciuti secondo natura da quelli che invece hanno avuto contatto con luomo durante il periodo dellimprinting. Per i primi loro sono loro, noi siamo noi; per i secondi invece si sviluppa una strana ambiguit. Cosa diventano infatti gli animali imprinted sulluomo? Quante domande vengono in mente. Hanno una doppia personalit? E come si sentono? Come indirizzano la loro affettivit, la loro sessualit, la loro aggressivit? La loro, insomma, socialit? Fenomeno misterioso limprinting, e anche per questo affascinante. Certo che noi esseri umani, che tanto abbiamo speculato, nel senso pi basso di approfittato, su questo fenomeno, perch tramite questa forma strana e diversa di apprendimento che gli animali li abbiamo soprattutto asserviti, dovremmo ora, meglio tardi che mai, anche imparare ad aiutarli, il che innanzitutto dovrebbe significare comprenderli. Comprendere le difficolt che discendono, per menti semplici s ma non per questo poco intelligenti, da questa doppia appartenenza specifica. E torno a pensare al cane, al cucciolo di cane che, cresciuto nella famiglia allargata canina-umana, per stare al mondo decentemente deve necessariamente apprendere le regole sociali di tutte e due le specie. Deve saperne leggere i messaggi comunicativi, saper discriminare tra differenti attrazioni sessuali (con gli altri cani s, con gli esseri umani no), deve saper gestire due differenti qualit di aggressivit e di gerarchizzazione. E cos via. Ecco perch cos importante comprendere che quando un cucciolo di cane entra nella sua nuova famiglia umana, ad accoglierlo trovi persone preparate, culturalmente ed affettivamente. Desiderose e capaci di farlo crescere nel modo migliore.

Preadattamenti.
Levoluzione un dato di fatto. Non bastassero i fossili a raccontare la storia della vita ci sono lanatomia comparata, lembriologia, letologia, per non dire del Dna che ci ha fatto scoprire tutti parenti. Solo chi fortemente prevenuto pu avere dubbi. Ma se levoluzione un fatto incontestabile, lo stesso non pu dirsi per linterpretazione dei meccanismi che la determinano. Non tutto semplice da capire nonostante la fondamentale illuminazione darwiniana. Cos sempre nuove ipotesi, verifiche e distinguo fanno continuamente lavorare le menti degli specialisti. Non tutto agevole spiegare, infatti, semplicemente in termini di mutazione-selezione-adattamento.

Un intrigante problema , al proposito, quello dellemergenza delle cosiddette novit evolutive. La comparsa, tanto per dire, dei polmoni nei vertebrati terrestri o quella delle penne negli uccelli. Prima della conquista delle terre emerse, infatti, i vertebrati respiravano grazie alle branchie, cos come prima della comparsa degli uccelli non cera niente di simile alle penne. Strutture complesse e raffinate, tali per cui difficile, se non impossibile, concepire che si siano evolute per gradi perch, se cos fosse stato, non se ne vedrebbe, per le fasi intermedie, il vantaggio selettivo. A che avrebbe potuto servire, per esempio, una via di mezzo tra la squama cornea di un rettile ed una penna, quando ancora inadatta per supportare il volo? Ebbene, la risposta al non facile quesito sta nel concetto di preadattamento, o pi modernamente nellintraducibile exaptation, questultimo elaborato negli anni Ottanta partendo per da assai lontano. Idee seducenti gi risiedevano, infatti, nella mente di Darwin, idee che poi si svilupparono grazie soprattutto alle scoperte degli studiosi di anatomia comparata. Quanto a Darwin, le sue parole furono fin da subito illuminanti: Lesempio della vescica natatoria dei pesci particolarmente appropriato, perch dimostra un fatto molto importante: che un organo originariamente costruito per uno scopo, cio la funzione idrostatica, pu trasformarsi in uno capace di una funzione completamente diversa, cio la respirazione. Parole gi da allora illuminanti, perch anche nel riutilizzo di strutture preesistenti per nuove e differenti funzioni consiste il bricolage dellevoluzione. Prima si usava, fino agli anni Ottanta appunto, il termine preadattamento, che per suggeriva, secondo alcuni ipercritici studiosi, pensieri vagamente finalistici, ed perci che ora si preferisce exaptation. Da allora ad ora, naturalmente, il concetto s un po perfezionato, e proprio in questo sta il bello della scienza: nellinarrestabilit del suo progredire. Pensando al lupo, tra tutti gli animali potenzialmente addomesticabili era senzaltro il pi dotato quanto a preadattamenti. Ricordo che - ne ho gi parlato - fino ad allora le piante e gli animali erano solo selvatici e luomo viveva in equilibrio con la natura secondo lo stile dei cacciatori-raccoglitori. Lo scenario generale, ricordate, era questo: i maschi cacciavano in gruppo, le femmine raccoglievano vegetali e piccoli animali quali bruchi, molluschi, uova e nidiacei. Tutto avveniva allinterno di immensi territori entro cui i gruppi umani erravano mantenendo alcune postazioni stabili, i campi-base. Ebbene, gi da pi di centomila anni fa, dove il lupo era presente, serano differenziate mute che, vivendo presso gli umani, profittavano dei loro resti alimentari. Erano sempre lupi, per, e non ancora cani, perch il vero processo daddomesticamento labbiamo visto - passa attraverso altre vie: limprinting, i segnali infantili, una selezione umana sempre pi consapevole. Probabile per che furono questi lupi, soprattutto ma non solo, a venir poi addomesticati. Lupi-spazzini che erano verosimilmente pi accostabili perch avevano subto, girando attorno alluomo, la socializzazione secondaria. Non fu a ogni modo per caso se proprio i lupi, i tanti lupi di questa polimorfa specie, furono i primi esseri a venire addomesticati, proprio perch erano gli animali che, pi di tutti, possedevano gi le fondamentali caratteristiche etologiche per poter conquistare il nuovo ambiente, quello entro cui gli esseri

umani rappresentavano la specie predominante. preadattati.

In questo senso i lupi erano

Vediamo di considerarle, queste caratteristiche. In primo luogo fu la socialit, in particolare la capacit di inserirsi in una gerarchia, a fargli fin da subito accettare un padrone. Seconda qualit: essendo poi un predatore di gruppo seppe utilmente inserirsi in quello di cacciatori umani. Terza qualit: lessere animale territoriale facilit inoltre la sua capacit di trasformarsi in cane da guardia. Tutto ci al servizio del padrone, perch il fenomeno dellimprinting gli consent fin da subito di estendere la sua socialit e affettivit al di l dei confini della sua propria specie includendovi gli esseri umani. Fu cos, per la prima volta nella nostra storia, che un essere di specie diversa seppe penetrare allinterno della famiglia umana. Ci avvenne magnificamente anche grazie alla grande intelligenza e socialit del lupo, alle sue capacit espressive ed affettive, al suo altruismo. E fu una straordinaria metamorfosi: dal lupo, per tradizione considerato il peggior nemico, al cane, anche questo tradizionalmente definito come il miglior amico delluomo. Amico provvisto anchesso di una mente sociale, capace di immedesimarsi nel ruolo fin dalle pi antiche funzioni, o se volete mestieri, che luomo gli attribu, compagno di caccia e difensore del campo-base e degli stessi esseri umani da belve allora assai minacciose, tra cui, non raramente, lupi selvaggi. Poi, millenni dopo, ausiliario alla pastorizia. Insomma lex lupo sempre seppe, e ancora sa, comportarsi con intelligenza, mostrando grandi capacit di apprendimento e, oltre tutto, il desiderio altruistico di mettersi a disposizione dei suoi padroni umani. E cos fiorirono, e continuano a fiorire, sempre nuovi mestieri per quellanimale sempre e comunque disponibile.

Lorigine delle razze canine.


La comparsa delle razze canine non solo un evento straordinario se considerato nellottica etologica. I cani non furono, infatti, soltanto i primi animali che, tramite il loro imprinting doppiamente indirizzato, forse un po strabico, fecero crollare quella barriera sociale ed affettiva che secondo natura tiene separate le specie. Se c un altro dato incontrovertibile infatti anche questo: i cani - che ci venga o meno riconosciuto da qualche legge - hanno cominciato fin da subito a far parte, addirittura, della famiglia umana. E ci sono riusciti benissimo. C per un ulteriore aspetto forse ancor pi importante, che riguarda laddomesticamento del lupo considerato nellottica dellecologia umana. I cani che da esso derivarono, infatti, col loro contributo come cacciatori (un naso straordinario connesso a un cervello intelligente e collaborativo) e con quello apportato come guardiani del comune territorio canino-umano, determinarono fin da subito un sensibile incremento alle risorse dei gruppi umani di cui facevano parte. Ci fu linizio, per la nostra specie, di una storia totalmente nuova. Quellincremento delle risorse, infatti, minimo allinizio ma poi progressivamente crescente con laddomesticamento di altre specie, sia animali che vegetali, accompagn, ma forse sarebbe meglio dire determin, il progressivo distacco delluomo dalla natura. s vero che laccelerazione nella produzione di risorse si verific soltanto con laddomesticamento di certi erbivori e di certe piante, cui corrispose, per il nostro

stile di vita, lavvento della pastorizia e dellagricoltura, ma comunque la prima svolta, senza alcun dubbio, la provoc lingresso nella nostra socialit delle prime razze canine. in quel momento che, a saperlo leggere, si scopre un primo segnale di cambiamento, se non altro per la comparsa, nella storia della vita sulla terra, di una nuova e diversa categoria di viventi. Non pi solo esseri selvatici, ma anche domestici. Fu la prima naturale transizione, in senso evolutivo, dalla silva (fin allora tutti gli esseri erano selvatici) alla domus (la comparsa dei primi, nuovissimi domestici). Straordinariamente importante, per la nostra storia, fu dunque quellantica adozione di un lupetto. Ma interessiamoci, ora, del differenziamento delle razze canine. Partiamo dunque con quella che ritengo sia la definizione pi accettabile e completa di addomesticamento: un processo di evoluzione biologica nel tempo sempre pi condizionato dallevoluzione culturale umana. Mi spiego: che il processo, in s, sia biologico mi sembra evidente, basti pensare che allorigine del cane, o meglio delle circa quattrocento razze canine, c ununica specie, il lupo. E da questunica entit, in circa quindicimila anni, s andato differenziando un ventaglio di razze tra loro diversissime. Dal chihuahua al San Bernardo, dal levriere afghano al bulldog ai differenti cani bassotti, e cos via... ricordo, per allargare lottica, i giganteschi danesi, i massicci mastini, i cani nudi cinesi o sudamericani. Lelenco straordinario e sorprendente. E tutto questo differenziarsi di forme, dimensioni e attitudini avvenuto, e ancora avviene, sotto la spinta di pressioni selettive massimamente provenienti dalla nostra specie. Pressioni selettive rispondenti a scelte e desideri umani, consci oppure inconsci, spesso mirati a rispondere a una qualche pratica esigenza ma anche, non raramente, a soddisfare il nostro senso estetico oppure la nostra sete di affettivit. C un altro fattore da tenere presente: il lupo essendo un animale sociale, adatto per agire in gruppo e collaborare, naturalmente provvisto di una grande variabilit tra gli individui. Variabilit che concerne le differenti abilit che si manifestano nel lavoro di squadra. Ebbene, anche su questa base che luomo selezion le varie razze, che corrispondono alle specializzazioni presenti e differenzianti le diverse razze, o i gruppi di razze. Senza contare che il lupo, specie che vive in varie regioni del mondo, sicuramente stato addomesticato molte volte prendendo origine da sottospecie o razze naturali differenti e differentemente adattate. E tutto ci, anche se solo in parte, gi di per s giustifica lo straordinario fiorire delle razze canine. Ricordo poi la nostra innata preferenza per i segnali infantili, preferenza che ha poi creato cani quasi tutti, chi pi chi meno, diventati un po pi cuccioli perenni dellantenato lupo che, a dire il vero, una volta adulto, salvo per lattitudine ludica costante, non lo per niente. E quanto allinfantilizzazione del cane, per un lungo periodo almeno la selezione avvenne inconsciamente. Solo in un secondo tempo s consapevolmente mirato a infantilizzare certe razze da compagnia cos da offrire al mercato cani che fanno la parte di cuccioli perenni, dovendo assumere il ruolo familiare di sostituti di bambini altrimenti inesistenti. Ebbene, anche questo del sostituto di unumanit inesistente ma di cui si sente il desiderio e la necessit per il cane un mestiere, uno dei tanti di questa nostra

vita sempre pi snaturata. E altrettanto moderno il mestiere del cane psicoterapeuta. Il cane usato nella pet therapy. Ecco dunque cosa intendo quando affermo che laddomesticamento condizionato dallevoluzione culturale della nostra specie. Il progredire della nostra cultura fa cambiare le nostre esigenze e, di conseguenza, fa adattativamente evolvere le nostre razze canine. Nuovi ambienti, nuovi tipi dadattamento. Pensate, altro esempio, al bulldog: un secolo fa, come detto, veniva selezionato ed era costruito per aggredire i tori, mentre ormai anche lui divenuto un simpatico, e gentile, cane da compagnia. Uno squisito, un po strano, gentiluomo inglese forse anche un po bamboccione. Oppure pensate al golden retriever; anzi, meglio ancora, procuratevi la fotografia di un esemplare duna cinquantina di anni fa, quando quel cane professava il mestiere del cane da riporto, e poi confrontate quella vecchia immagine con quella di uno degli attuali, che ormai nella stragrande maggioranza sono diventati dei perfetti, dolcissimi cani da compagnia. Ci cascano tutti (quorum ego, come diceva Gianni Brera). Hanno acquisito infatti, quei cani, unespressione sempre pi dolce, dolcissima, direi quasi perennemente ridente, hanno una calotta cranica infantilmente pi bombata, occhi grandissimi e tondi, un pelo setoso... Insomma, meno male che sono anche buoni e bravi, perch a cani cos veramente impossibile dire di no. Finora, comunque, ho parlato genericamente di cultura, ma ancor pi interessante soffermarsi sulla specifica evoluzione della cultura biologica e delle biotecnologie che ne derivano. Evoluzione che tra laltro stata nellultimo secolo sempre pi rapida, rapidissima. E che ha introdotto, nella storia evolutiva delle razze canine, elementi nuovi come, per citarne uno piuttosto raffinato, la clonazione, ma anche una pratica sempre pi frequente del parto cesareo. Come avviene per la nostra specie, del resto. Per non dire dellinseminazione artificiale, o almeno assistita. Cose tutte che lasciano il segno. Ci sono razze ormai - pensate - che non nascono pi per parto naturale, e ci le ha cambiate definitivamente, di dentro e di fuori. Anche perch senza lausilio umano non saprebbero pi partorire. Queste razze sono perci, per la loro sopravvivenza, divenute totalmente dipendenti dalla nostra specie, esattamente come, per analogia, il cuculo dipende dai suoi ospiti per la sua sopravvivenza. Torniamo comunque al tempo antico, quando per la prima volta si fecero sentire i preadattamenti. Voglio concentrarmi soprattutto su due, sul fatto che il lupo un predatore che agisce in gruppo, esattamente come luomo, e sullaltro, pure importante, che il lupo anche un animale territoriale, dunque predisposto per fare la guardia. Tutto ci - lho gi spiegato - favor il suo inserimento allinterno di quella umanit fatta esclusivamente di cacciatori-raccoglitori provvisti dei loro mobili campi-base. Quel lupetto, e chi da lui deriv, si mostr dunque un valido aiuto per la caccia e anche per tener docchio, dare lallarme e se necessario difendere, quelle modeste propriet e, in qualche caso, anche le persone stesse, che in certe circostanze potevano - anche questo labbiamo ormai ben percepito - fare la parte ingrata delle prede. Ebbene, nei lupi cera gi dentro tutto questo e tantaltro ancora. Cera, soprattutto, una gran dose di variabilit tra gli individui, perch appunto cos che funziona la socialit. Ed proprio da questa ancora un po confusa e primitiva

variabilit che hanno avuto origine le razze domestiche. I cani da caccia discendono da differenti specializzazioni presenti nella muta di lupi: segugi, cani da ferma, riportatori. E lo stesso vale per i cani da guardia, da difesa e da battaglia, che vennero selezionati dai pi aggressivi, dai pi territoriali. E lo stesso discorso vale per quelli da pastore e cos via, fino appunto alle razze, moderne o antiche che siano, da compagnia, da guida per ciechi, da tartufo, persino utili per fare le veci della borsa dacqua calda, come pare che facessero un tempo in Messico i chihuahua. E non dimentichiamoci i cani di salvataggio, da naufragio e da valanga, per non dire di quelli anti-mine. Se non esiste nessun altro animale domestico cos differenziato in razze come il cane ci dipende dal fatto che il lupo, proprio per la sua socialit, gi presentava allinterno della sua specie una straordinaria variabilit, sia morfologica che attitudinale, entro cui luomo, sempre pi consapevolmente, andava costruendo le sue razze. Ma perch dico il lupo? Gi, dico il lupo perch si tratta di ununica specie, ma questunit sistematica, appunto Canis lupus, s adattata a climi e ad ambienti assai diversi tra loro. E infatti, sempre nellottica della sistematica, la specie lupo si suddivide in tante sottospecie, talune del Nord, Alaska, Canada, Scandinavia, Finlandia e cos via, fino ad arrivare a quelle dei climi pi caldi, come per esempio quello indiano (i lupi del Libro della giungla), quello del Nord Africa e quello della parte pi meridionale dellEuropa. Un lupo tanto pi tozzo, dalla pelliccia folta e dalle orecchie corte quanto pi sta a nord, e tanto pi smilzo, a pelo corto e dai padiglioni auricolari pi estesi quanto pi sta a sud. Ma sempre tutti lupi sono. E i lupi possono vivere in pianura o in montagna, nella foresta o nelle praterie. E cos come si dimostrano adattabili per la loro morfologia e fisiologia, cos lo sono per il loro comportamento - istinti e apprendimento.

Lindistricabile complessit delle parentele tra le razze.


Levento delladdomesticamento del lupo ebbe luogo in differenti aree della terra e prendendo origine da lupi di differenti sottospecie. Tutto ci quasi contemporaneamente anche se la cosiddetta prima volta pare che proprio fu nellAsia mediorientale, come del resto conferma unapprofondita indagine sul Dna appena pubblicata da ricercatori delluniversit californiana di Los Angeles. Si tratta, comunque, di una storia complessa, come non pu che essere una storia di eventi quasi contemporanei che convergono nel fenomeno che possiamo definire come la comparsa del primo domestico in assoluto, quel cane cos variabile sia per forma, dimensione ed attitudini. E dato che gli uomini si spostano e, cos facendo, da sempre si portano appresso i loro animali domestici, tanti e difficilmente districabili furono gli intrecci, voluti o casuali, tra le antiche razze. Cani di diverse provenienze, infatti, si sono senzaltro da sempre accoppiati tra loro, sotto lo sguardo distratto od addirittura benevolo dei loro padroni. Troverete, nella sesta parte, un paio di esempi riguardanti luno i cani nudi, che sono comparsi come mutazioni indipendenti sia in America centromeridionale che in Estremo Oriente, laltro il bovaro del Bernese, nella cui ricostruzione moderna pare sia intervenuto (secondo alcuni sicuramente, mentre altri allevatori lo negano) il cane di Terranova. Chiaro che operazioni di questo

genere, raramente giustificabili, non possono che creare confusione a chi si occupa della ricostruzione storica e conseguente classificazione delle razze, che vengono trasformate in una sorta di rompicapo filogenetico. C inoltre un susseguirsi di eventi temporali a scandire il fenomeno evolutivo. Nel suo divenire, infatti, la storia delladdomesticamento del cane pu, grosso modo, venire suddivisa in tre periodi. Un primo, il pi antico, quello in cui gli ex lupi, ancora sottoposti a una scarsa selezione umana ma insieme protetti dai rigori della selezione naturale, manifestano unesplosione di variabilit sia morfologica che funzionale; c poi un secondo periodo in cui luomo s, attraverso le sue esperienze, costruito una serie di modelli mentali (gli standard delle razze) di ci che ritiene siano i modelli ottimali che, attraverso pratiche di selezione, vuole ottenere; c infine un periodo, questo moderno, corrispondente tra laltro con la globalizzazione e pertanto con la contemporanea presenza di un grandissimo numero di razze di differente origine, in cui sempre pi prepotentemente si fanno sentire gli effetti delle biotecnologie. in questo periodo che noi viviamo. Ebbene, da tempo immemorabile s tentato, sempre con modesti e assai scontati risultati, di ripercorrere gli intricati tragitti che hanno portato alla formazione delle tante e differenti razze. Occorre ammetterlo: finora s trattato della costruzione di alberi filogenetici assai incerti, che hanno prodotto classificazioni dove anche razze assai distanti, dal punto di vista sia della genetica che dellorigine geografica, venivano accomunate soprattutto per motivi di convergenza funzionale e di somiglianza fisica. E anche ora, secondo me, non che si siano fatti molti passi avanti, anche se qualcosa in pi, con le nuovissime tecnologie, senzaltro possibile sapere. Non credo molto, per. Differenti autori hanno recentemente tentato di integrare una grande variet di informazioni non solo di carattere genetico, ma anche storico, studiando antichi testi e soprattutto raffigurazioni. Il principale risultato che in genere sottiene consiste di norma nel far convergere le razze canine in cosiddetti gruppi di parentela che, nonostante tutto, sempre mantengono un preciso significato funzionale. Gruppi di questo tipo: levrieri (sight hounds), segugi (scent hounds), cani da guardia e da lavoro, cani da compagnia, cani nordici, spaniels, cani da riporto, cani da ferma, terriers e cani da pastore. Vorrebbe significare, luso del termine gruppi di parentela, lesistenza di una certa garanzia che con questi nuovi tentativi, seppure non particolarmente originali, di classificazione, si sono finalmente messi insieme raggruppamenti di razze tra loro legate dalla condivisione di un alto numero di geni, il che gi sarebbe qualcosa. Ma, daltro canto, si fa notare che questa sarebbe soltanto la prima parte di un lavoro in divenire. Lo studio del genoma del cane, la cui mappatura stata completata nel 2005, non risulta finora aver consentito un importante avanzamento delle conoscenze su quellintrico di parentele che indubbiamente si nasconde allinterno di questa specie polimorfa e cosmopolita. Ci non vuol assolutamente dire che limponente massa di lavoro non sia servita a niente. Nel 2007, per esempio, si capito che il gene denominato IGFl correlato alle dimensioni ridotte delle razze canine, il che ha consentito di sostenere che il Medio Oriente sia stata la culla (si dovrebbe andare indietro di circa 12000 anni) delle pi antiche razze miniaturizzate, sebbene ci non ci dia alcuna garanzia che la mutazione non sia avvenuta anche in altre parti del mondo. Come del resto suggerirebbe la dimostrata presenza del chihuahua messicano.

Insomma, siamo sempre l, ed perci che voglio manifestare la mia scarsa fiducia sulla soluzione di questo problema e ribadirne il motivo. I cani infatti, come tutti i domestici daltronde, hanno da sempre seguito luomo nelle sue peregrinazioni e sempre si sono incrociati tra loro, spontaneamente o meno. Quando lha fatto luomo ci stato per scopi pratici precisi. Ripercorrendo la storia delle nostre razze attuali frequenti sono i casi in cui si legge di vari tipi di incroci migliorativi, e spesso con individui di razze lontanissime, geneticamente e geograficamente, il che significa derivate in origine addirittura da differenti sottospecie di lupi. Troverete esempi di ci quando parler dei cani nudi oppure del bovaro del Bernese. Per non parlare, inoltre, degli incroci mantenuti occulti e di cui solo si sussurra tra allevatori. Temo pertanto che anche i pi raffinati studiosi del Dna non possano farcela a rintracciare in modo soddisfacente gli effettivi tragitti che hanno portato alle tante e bellissime razze canine domestiche. E mi verrebbe da dire: ma in fin dei conti che importanza ha? Ci che davvero importa che queste bellissime razze esistano e che, per il futuro, si sappia mantenerle seguendo regole che pienamente ne garantiscano la salute fisica e comportamentale. Il che, per tanti motivi, non sempre facile.

La normalizzazione del mostruoso.


soprattutto facendo un viaggio entro il sottile bisogno, proprio dello spirito umano, di novit, di divertimento, di bellezza, che troviamo la maggiore evidenza di quello strano fenomeno che la normalizzazione del mostruoso. Esiste un bovino che si chiama niata descritto da Darwin ne La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico. Il niata razza presente in Sudamerica fin dal Settecento e, potremmo dire, tra i bovini ci che il bulldog tra i cani. La sua pi spiccata caratteristica, infatti, il drastico accorciamento delle ossa nasali, con tutto quanto ne consegue: la mascella inferiore che si ricurva in su per mettersi a contatto con la superiore, il labbro superiore fortemente ritirato indietro, le narici aperte e poste molto in alto, gli occhi sporgenti, la fronte corta, larga e bombata. Cos che anche il corpo, landatura e la postura risultano modificati. Darwin sottolinea la difficolt che lanimale ha per brucare, cosicch la razza niata in una posizione svantaggiosissima, e finisce per perire se non aiutata. Perch, ci si pu chiedere, luomo si d tanto da fare per mantenere al mondo siffatte mostruosit? Chiunque pratichi lallevamento sa come ogni tanto compaia il mutante, la stranezza, lo scherzo di natura, e pure sa come il nuovo attragga, sia esso rappresentato dal colore, forma o comportamento. Luomo creativo: soffre a buttare via le novit, gode piuttosto a riprodurle. Ed proprio cos che lo scherzo di natura, il mostro, replicato e codificato, diviene razza con tanto di standard e con ci si normalizza. Per questo il bulldog, o il canarino gibber (che significa gobbo), che aderiscono perfettamente allo standard, non solo non sono pi dei mostri, ma scavalcano addirittura la normalit divenendo campioni. Lallevatore, lintenditore, perfino luomo qualsiasi ci fa su locchio e dice: sono bellissimi.

Di storie evolutive come quelle dei pesci rossi cinesi, accumuli di malformazioni genetiche che li fanno sembrare dei draghi, del niata, del gibber, ce ne sono moltissime e da sempre. Racconta, per esempio, Erodoto, che in Arabia esisteva una razza di pecore provviste di una coda cos lunga e grassa da essere costrette ad andarsene in giro con un carrettino che la trasportava. Sembra incredibile, ma pare sia vero. Scopro unillustrazione della strana pecora dotata dellaltrettanto strano aggeggio sul New History of Ethiopia del 1682; e poi leggo, sul saggio decisamente pi recente (1963) A History of Domesticateci Animals, opera di Frederick Zeuner, che queste pecore ancora si trovano in certe localit dellIndia e dellAsia Minore e che ancora (almeno nel 1963) viene usato un carrettino per mantenere integra lestremit caudale dellanimale, considerata dalle popolazioni locali una leccornia (in questo caso luomo non era solo alla ricerca del bello per il bello). Se lillustrazione seicentesca riproduce lanimale come effettivamente era (e forse ) ben si capisce lutilit del mezzo di trasporto. Quella pecora infatti si trascina unappendice mostruosa, una sorta di mazza turgida e spugnosa, seppure ricoperta del suo vello. Se non fosse per il provvidenziale carrettino la coda trascinata sul terreno si ulcererebbe, con sofferenza dellanimale e dei suoi interessati allevatori. Un animale mostruoso pertanto, ma non un animale singolo, bens una razza, costruita dalluomo e durata, se vogliamo credere a quanto ho riportato, una grande quantit di tempo. Generazioni di ovini infelici allevati in funzione della loro peculiare mostruosit. Ebbene, nellmbito dellattuale dibattito sui limiti della liceit delluso degli animali per scopi vari, tra le crudelt possibili che si dovrebbero condannare, c pur quella, diciamo cos, genetica. La selezione operata dagli allevatori pu infatti mantenere in certe razze malformazioni che inficiano la salute degli animali stessi; pu, in definitiva, crudelmente creare generazioni di viventi condannati a un perenne stato di malessere. Ci avevamo mai pensato? Credo di no, e probabilmente stato proprio il fenomeno della normalizzazione del mostruoso a impedirci tale pensiero. Adesso per siamo consapevoli, e pertanto non possiamo pi essere distratti. Quanto alla domanda: cosa ne facciamo delle tante razze, ormai tradizionali, dalla patologia normalizzata? Razze che, pi che vivere, sopravvivono in compagnia di una perenne sofferenza? E la risposta, che non poi tanto difficile, non pu essere che questa: le si fa evolvere, tramite selezione artificiale, quanto basta perch smettano di soffrire, e parallelamente si cambia lo standard. Feralit. Il linguaggio specialistico produce parole strane, che spesso fanno inorridire i puristi e che magari sembrano poco utili. Sono vocaboli che tendono a definire fenomeni nuovi o, se non altro, che si propongono allattenzione con una forza prima inesistente. il caso, per la zoologia, del termine feralit, che, oggettivamente, non indica un fenomeno nuovo. Rimane, per, un problema purtroppo sempre attuale. Perci, probabilmente, nato il neologismo, che poi sarebbe (come ormai avviene quasi sempre per la scienza) un anglismo. Perch la sua origine feral, aggettivo che non ha niente a che vedere (se non, forse, andando a scavare nelletimologia) con il nostro ferale (una ferale notizia). Feral, in inglese, vuol dire, grosso modo, rinselvatichito. Sono feral, per esempio, i colombi delle piazze.

E allora perch feralit? Non sarebbe meglio rinselvatichimento? Forse, ma la lingua internazionale della comunicazione scientifica linglese, ed quindi intorno a ferality che s lavorato con le definizioni, con sottili distinguo. Per lo specialista ormai feralit ha - come potrei dire? - una maggiore precisione, una sorta di valore aggiunto rispetto a rinselvatichimento. Insomma, anche cos che nascono i neologismi. Veniamo per al concreto, e consideriamo il cane, che animale domestico per eccellenza, e il suo corrispettivo selvatico, il suo antenato lupo. Ebbene, tra lo stato di domesticit e quello di selvaticit esistono altri stati, ed in questmbito che si colloca la feralit. Quando si parla di domesticit, e si parla del cane (cos come di altri animali), due elementi vanno tenuti in considerazione: la genetica e lapprendimento. Laddomesticamento infatti un processo evolutivo, durante il quale laddomesticato geneticamente si trasforma; ma nel contempo anche un fatto esperienziale, perch il giovane deve legarsi socialmente alluomo, non averne paura. Non ritorno a spiegare il notissimo fenomeno dellimprinting, mi basta ricordare che lanimale, venendo precocemente in contatto con esseri umani, li include nella sua socialit. Se ne capace - come il caso del cane - li fa anche oggetto di affettivit. utile usare il cane come esempio di questo strano e ambiguo stato perch proprio su questa specie, e sul suo spesso problematico essere ferale, che stato pubblicato, dai due autori italiani Luigi Boitani e Paolo Ciucci un saggio (Comparative Social Ecology of Feral Dogs and Wolves), comparso ormai da anni, ma sempre valido, su Ethology, Ecology andEvolution. Il cane, lo sappiamo bene, del padrone e da lui dipende quasi per tutto, dal cibo allantirabbica. Succede, per, che tale dipendenza possa scomparire, e allora quello che nella terminologia scientifica viene definito house dog, cane di casa, diventa di colpo stray dog, cane randagio. Ma, attenzione, questo non ancora lo stato di feralit. Il cane fuggito, perso, abbandonato rimane infatti, in prima generazione, pur sempre imprinted sulluomo: ne attratto, anche se, magari, per esperienze recenti lo teme, perch lo teme come si pu temere un conspecifico. , in definitiva, pronto per essere nuovamente adottato. I rifugi del cane sono pieni di cani cos. Il ritorno nellmbito umano, per, a volte non avviene, mentre invece giunge il periodo della riproduzione. Una cagna randagia, per partorire, va di norma a cercarsi un posto isolato, nascosto, e cos i cuccioli nascono senza fare la precoce esperienza dellimprinting sulluomo. Saranno loro i veri cani ferali, geneticamente domestici ma selvatici per carenza esperienziale. qui che si localizza linizio della feralit. Nei circa quindicimila anni di addomesticamento, il lupo s trasformato attraverso la selezione umana in razze che vanno dal pechinese allalano, dal bulldog allafghano e che presentano notevoli differenze morfologiche, funzionali e mentali. Differenze che tutte funzionano finch se ne stanno sotto il controllo delluomo, ma che succede di quegli specialistici, talora strampalati, corredi

genetici quando se ne ritornano in natura? Quanto c rimasto, nascosto sotto le multiformi sembianze canine, dellantenato lupo? Quanto ha da spazzar via, perch inadatto per la nuova vita ferale, la selezione naturale? Una complessa nuova evoluzione si mette in marcia allinterno dellappena acquisita feralit. Tratter del caso del dingo, il cane rinselvatichito australiano, giunto dallAsia sotto le sembianze del semidomestico orientale cane pariah poco meno di diecimila anni fa. Nel nuovo ambiente, con il passare del tempo, divenuto qualcosa di ben caratterizzato, anche se certo non identico allantenato progenitore di tutti i cani dellAsia meridionale. Ma diecimila anni sono tanti. Che ne delle feralit recenti? Il confronto con il lupo interessante, cos come lo il paragone tra i maiali rinselvatichiti e i cinghiali. E potrei citare tanti altri esempi, perch la feralit fenomeno estesissimo, zoologico e botanico. Fenomeno e problema. Perch luomo dissemina domestici a sproposito, e questi possono geneticamente inquinare i selvatici con cui riescono a riprodursi, oppure possono mettersi in competizione con loro nellmbito di una preesistente biodiversit. Possono, insomma, in unottica ecologica, essere di disturbo. E poi chi sono, cosa rappresentano, che valore hanno, gli esseri della feralit? Allinterno di quali leggi (anche laspetto giuridico importante) vanno considerati? Sono selvatici? Domestici? Chi li protegge sia come patrimonio biologico che nellottica bioetica, chi li controlla? La feralit, in definitiva, un terzo stato. Da dove viene lo sappiamo; misterioso, invece, rimane il punto di arrivo.

Il dingo e la dinastia dei cani fulvi.


Gli etologi lo sanno bene: stare nei pressi di una sorgente australiana lideale per osservare il dingo, perch il continente arido e lacqua per tutti un bene prezioso. Se poi c anche la luna piena allora s che il massimo della bellezza e del divertimento. Per gli etologi di campagna intendo, che se va bene usano radiocollari e radiotelemetria, perch per gli altri, quelli, per intenderci, di laboratorio, lausilio che fa capire tante altre cose losservazione in cattivit, la comparazione con altri cani domestici o inselvatichiti. E poi col lupo, lantenato di tutta la multiforme gena. Un ritratto del dingo oggi - anatomia, fisiologia, genetica ed etologia - insomma possibile. Per non parlare dellecologia, la terribile, nefasta ecologia del dingo, un placentato capitato dove non avrebbe mai dovuto n potuto e che, proprio perci, ha fatto danni irreparabili nel paese dei marsupiali. Per comprendere, a ogni modo, lintima essenza del fulvo e splendido cane australiano occorre anche conoscerne la storia, e non solo quella naturale. Del resto lui, per inselvatichito che sia, rimane sempre un cane, cio un prodotto duna selezione che stata per buona parte umana. Pertanto non si pu, studiando questo magnifico prodotto duna storia che insieme naturale e culturale, trascurare il suo storico oscillare tra luna e laltra. Altro non , infatti, che un ex lupo che ha ritrovato una selvaticit impropria, non sua. Il che ha spiazzato sia lui che tutti gli altri, con tanti saluti a biodiversit e coevoluzione e,

soprattutto, agli equilibri naturali. Ed qui che sta il suo fascino un poco perverso. E la difficolt, e la nebbia dellincertezza garantita, perch qui, e soprattutto nella storia umana, che il dingo diviene un protagonista, forse il principale, entro una dinastia che in diecimila anni, o forse pi, s distesa per linee un poco vaghe ma nel complesso reali attraverso i continenti. Qual infatti lorigine, quali i motivi umani e naturali, quali le parentele e lo stato attuale del dingo e degli altri appartenenti allavventurosa dinastia dei cani fulvi? Penso, sommerso dalla complessit della domanda, a un oceano solcato da correnti. E se vero che queste si possono definire per la temperatura differente, per la salinit, per la velocit che le contraddistingue, per chiss quali altre caratteristiche che io ignoro, altrettanto vero che le correnti marine sono pur sempre, per, dei fiumi dacqua definiti da sponde dacqua. Acqua dentro e acqua fuori: una continuit di materia. Ebbene, chi lavora a districare le correnti di parentela entro una specie percepisce la stessa sensazione di continuit dovunque e sempre pi la genetica ci insegna che la continuit pressoch onnipresente tra le varie forme di lupi, di quasi lupi, di cani domestici di razza, meticci o, addirittura, inselvatichiti. Difficile dunque ripercorrere il filo dArianna duna cos tenue e vaga filogenesi. Lalbero ha troppi rami intricati, rami che talora formano pseudocespugli. E lincertezza non finisce qui, perch nella storia dal lupo - o per dire dei tanti lupi possibili - al cane interferisce robustamente, sintreccia la storia delluomo con le sue migrazioni, i suoi incontri, ricchi di scambi dogni tipo tra popolazioni, i suoi desideri e le sue finalit. Antiche selezioni naturali hanno perci contribuito alla costruzione degli esseri che ci interessano, in questo caso il dingo e i suoi fratelli, integrandosi con quelle nuove espresse dei pi recenti ambienti conquistati. Con le pressioni, insieme, della selezione direttamente proveniente dalluomo. E tutto ci, per gran parte, non in tempi di storia ma di preistoria. Fate perci un po voi. Io, comunque, brancolando in questa nebbia una mia idea me la sono fatta, ed appunto questa idea che voglio raccontare. Quando James Cook o chi per lui (si fa il nome del francese Binot Paulmier de Gonneville, di olandesi provenienti dallarcipelago della Sonda, si narra di cinesi) scopr in tempi storici lAustralia, questa era gi stata ovviamente scoperta, in tempi preistorici, dai cosiddetti aborigeni. Gli esploratori storici per non rinvennero, in quella a loro sconosciuta terra di marsupiali e monotremi, soltanto placentati conspecifici, intendendo con ci i cosiddetti aborigeni. LAustralia era anche sorvolata da varie specie di pipistrelli e percorsa dalle scorrerie delle mute di fulvi cani selvaggi, i dingo. Difficile farsi unidea di quando arrivarono i chirotteri - meno del come, essendo mammiferi volanti - non sempre facile sapere dei tanti altri, tra cui ratti e conigli. Nel caso del dingo, per, a fare un poco di luce pu aiutare lantropologia. Un poco, anche le pi recenti tecniche paleontologiche. Fu uno studioso australiano, N.W.G. Macintosh, che ormai parecchi anni fa proclam che lorigine del dingo sarebbe sempre stata un enigma irrisolvibile, e non aveva tutti i torti. Dipende, per, anche un po dal sapersi accontentare. Se

infatti praticamente impossibile, sulla base dei dati sia allora che ora a disposizione, stabilire con certezza il luogo geografico e il periodo dinizio della trasmigrazione di questo canide dallAsia meridionale al continente australiano, e anche stabilire con certezza quale sia stato il vero progenitore, occorre per, a questo punto, essere chiari. Non solo il lupo attuale suddiviso in un gran numero di sottospecie, spesso non chiaramente definibili; a rendere intricato il problema , a mio parere, il malvezzo dei paleontologi di considerare come entit specifiche una gran quantit di fossili sulla base di qualche minima differenza morfologica, senza poter sapere se tra quelle forme fossili la variabilit era continua oppure no e se tra di esse fosse esistita, il che poi sarebbe la stessa cosa, una qualche possibilit di scambio genetico. Le cose, per, fortunatamente stanno un poco cambiando, ma fuor di dubbio che, se ci si tuffa nel mare magnum delle supposte specie fossili di lupi, cani, sciacalli e gi di l, allora s che lorigine duna qualunque forma attuale diviene un enigma. Supero perci tutti gli ostacoli accontentandomi di una storia un po pi vaga, dai contorni un po sfumati per quanto riguarda il tempo, lo spazio e soprattutto la sistematica. E soprattutto mi diverto, perch cos facendo ecco che scaturisce una storia bella e, ci che pi importante, decisamente credibile. E, come si suol dire, chi mi ama mi segua. Ecco allora i fatti disponibili. I reperti paleontologici, datati in base al C14, ci informano che la prima colonizzazione dellAustralia da parte delluomo avvenne almeno trentamila anni fa, necessariamente per via di mare. Quegli antichissimi uomini, dunque, sapevano gi navigare. Ci perch, anche nei periodi di mare assai basso, durante le glaciazioni, rimasero almeno due assai profondi bracci larghi un centinaio di chilometri da superare. Indubbia anche lorigine di quegli uomini, un qualche posto nel Sud o nel Sudest asiatico. Quanto al cane (lantenato del dingo), sicuramente arriv con loro, ma assai pi tardi, in una delle ondate migratorie successive. Esistono, a supporto di questa asserzione, almeno due fatti, uno indiretto e laltro pi concretamente diretto. Lindiretto che si ritiene che laddomesticamento del lupo sia avvenuto, parallelamente in pi parti del mondo, allincirca una quindicina di migliaia di anni fa, e quellantico cane trasportato non poteva che essere almeno un poco addomesticato. Gi un ex lupo, insomma. Quanto al fatto concreto, esistono fossili di dingo i pi antichi dei quali sono stati datati a circa ottomila anni fa. Pi indietro nel tempo non si va, ma occorre dire, perch questa volta si tratta di un fossile completo e bellissimo, che stato reperito lo scheletro di un cucciolo, con tutte le sue brave caratteristiche infantili, datato tremila anni fa. Il dingo, dunque, giunse in Australia assai verosimilmente ben dopo che vi si insedi il primo essere umano. Domanda successiva: chi era quel cane che divenne il progenitore del dingo? C, in realt, ben poco da scegliere. Non poteva infatti che essere quello che oggi viene definito il cane pariah dellIndia e di buona parte dellAsia meridionale. Il cane pariah dallora, ovviamente, che non doveva esser poi tanto diverso da quello attuale, frutto delladdomesticamento, forse allora solo parziale, del lupo di quei posti, il Canis lupus pallipes.

Ho dunque dato - lavrete notato - una bella sfoltita a ipotesi e congetture scegliendo come progenitore di tutta la dinastia dei cani fulvi (che talora non sono proprio fulvi, come vedrete) un animale in certi luoghi ancora molto frequente. Il lupo delle leggendarie Amala e Kamala, le bambine che si pens, quasi certamente sbagliando, allevate da una muta di questi predatori. Quei lupi affascinanti di cui il prototipo letterario PAkela di Kipling. Un animale smilzo e rossastro, gambe lunghe ed orecchie grandi come appunto si conviene ai mammiferi viventi in climi caldi. Un lupo bello e diverso da quello nordico della tradizione, ma certo assai somigliante ai veri dingo, soprattutto quelli non inquinati da moderni imbastardimenti con cani domestici. Un animale, quel lupo, dalla distribuzione geografica vastissima, scavalcante il Medio Oriente per sconfinare nel Nord Africa e sulle coste del Mediterraneo giacch lo si ritiene il progenitore, addirittura, del cane egizio. Il cane dei Faraoni. Esiste infatti una continuit tra tutti questi cani meridionali, e linteresse biologico sta soprattutto, a mio parere, nel fatto che, allinterno della stessa struttura di base, entro la stessa stirpe, si siano andate evolvendo forme che vanno dal selvaggio, seppure di ritorno, come il dingo, al superdomestico. Al domestico, cio, che ormai punta ad uno standard che luomo stesso ha, in tempi assai recenti, definito con precisione. Sono cos arrivato, nella mia storia a ritroso da oriente verso occidente, fino al cane egizio, un altro punto fermo. Un cane che sicuramente serv da prototipo quando Aristotele, nel suo De natura animalium, descrisse come antico cane mediterraneo. Pensate, antico gi allora. Era anchesso un animale smilzo, dalle grandi orecchie, dal muso lungo e appuntito, dal profilo del corpo iscrivibile in un quadrato. Quel cane elegante, insomma, che cos spesso compare nellarte egizia. Ecco, anche per noi italiani quel cane s concretizzato in una razza: il cirneco dellEtna. E cos, allantica descrizione aristotelica, posso aggiungere de visu anche un colore, giacch questo cane, come presumibilmente quasi tutti i suoi parenti, massimamente fulvo. Quanto al divenire pura razza, a ogni modo, per questo cane italiano stato un fatto tutto sommato assai recente, ma di esso dir separatamente. Ci che ora voglio significare che, sempre viaggiando da oriente a occidente, possibile scoprire una intera famiglia di cani tra loro apparentati e tutti derivati dal Canti lupus pallipes. Alcune ormai razze moderne riconosciute, come il podenco portoghese, quello di Ibiza (ibicenco), quello delle Baleari, mentre altri, altrettanto belli, ancora no. E forse mai lo diventeranno. Merita per che mi soffermi, per lo strano fascino della sua storia, che ripercorre antichissime radici sia naturali che culturali, sul basenji, il primitivo cane centrafricano. Millenni prima di Cristo gli egiziani fecero varie puntate nel cuore dellAfrica. Ne troviamo tra laltro chiare tracce studiando le lingue centrafricane. Parole e cani, insomma, che sono serviti a leggere antichi tragitti di popoli umani e dei loro animali cos come, nella favola di Pollicino, servirono i sassolini bianchi astutamente abbandonati. Ebbene, gli egiziani, nelle loro esplorazioni, disseminarono appunto sia parole che cani. Va sempre a finire cos, daltronde, quando un popolo umano si mette a

viaggiare: del suo passaggio lascia tracce sia culturali che biologiche. E cos, parlando ora di cani, chiaro che il basenji altro non che un derivato dellantico cane egizio, o del moderno (perch cos ora ufficialmente si chiama) cane dei Faraoni. Lantico, per, cio quello disegnato sui geroglifici, se ne part per il cuore dellAfrica millenni fa, e da allora ha vissuto isolato nel cuore della foresta, e come sempre avviene quando un essere di savana, o comunque di ambienti aperti, si adatta ad un ambiente boscoso, il basenji s fatto un po pi tozzo del suo progenitore. Ma per il resto sempre lui: stesso colore, stesse inconfondibili caratteristiche generali. Ebbene, lallora misterioso cane, usato da tempo immemorabile come compagno di caccia soprattutto dai pigmei, cominci a destare interesse negli europei alla fine dellOttocento. In quellepoca infatti alcuni esemplari vennero esibiti al Jardin dAcclimatation di Parigi, allo zoo di Berlino e, in Inghilterra, al Crufts Show del 1895. Solo nel Novecento, per, e soprattutto negli anni Trenta e in Inghilterra, il basenji cominci a essere allevato e selezionato. Il nome di quel piccolo gruppo di cani che, dopo essere stati importati, dettero origine alla razza, moderna ed europea, di basenji, c noto. Si chiamavano Amatangazig, Bongo, Bokoto, Bereke, Bashele, Mgoo, Nyanabiem, Senji, Tokwa e Zaalah. Cos almeno venne scritto, forse fantasiosamente, il loro nome, ma chiss come veramente veniva pronunciato dai loro proprietari africani, prima del loro sbarco avventuroso qui da noi. Sia come sia, furono essi gli iniziatori del ceppo europeo, anche se, ovviamente, poi altri se ne aggiunsero. Nel 1939 venne fondato il Basenji Club of Great Britain e venne definito il primo standard moderno della razza. Fatto sta che il basenji, quel semiselvaggio nipote del cane egizio e pronipote del lupo dai piedi pallidi pure lui s trasformato in un europeo e distintissimo cane da compagnia e, volendo, da mostra canina. Ma c, comunque, qualcosa dimportante che ci testimonia lantichit, la diversit e soprattutto il lungo isolamento in cui visse laffascinante cane. In primo luogo, infatti, non abbaia. Semmai mugola, uggiola, ulula e guaisce. Sa produrre, insomma, il repertorio vocale di tutti i cani che conosciamo meno labbaio. La femmina del basenji, inoltre, va in estro una sola volta allanno e non ogni sei mesi, come fanno tutte le altre cagne. Il che ci dice - e ci istruttivo per comprendere la storia evolutiva dal lupo al cane - che queste due caratteristiche, labbaiare ed il raddoppio del ciclo estrale, devono essere un cambiamento abbastanza recente. pertanto lecito pensare che quando il cane egizio raggiunse il centro dellAfrica quelle due novit evolutive non erano ancora comparse. E lafricano basenji, rimasto l isolato e semiselvaggio, verosimilmente non le ha mai raggiunte. Sono ormai quasi trentanni da quando ho saputo di queste ancestrali diversit del cane centrafricano nel confronto di tutti gli altri suoi parenti domestici, e m venuta la curiosit di sapere se, da quando, alla fine dellOttocento, ha conquistato lo stile di vita dei nostri domesticissimi cani, per caso non abbia anche lui acquisito queste due caratteristiche. Tanto pi che, per quanto almeno concerne la seconda, e cio il raddoppio del ciclo estrale, ci sarebbe in linea con ci che normalmente avviene quando gli animali subiscono un processo di addomesticamento. Il fatto cio che, per dirla in generale, i domestici potenziano al massimo le loro capacit riproduttive. Basta pensare, tanto per fare un esempio, che mentre i colombi selvatici producono in media un paio di nidiate allanno, i loro progenitori domestici ne fanno perfino una decina, fermandosi soltanto al momento della muta autunnale.

Ebbene, questa curiosit recentemente me la sono cavata. Pochi giorni fa mi sono informato e cos ho saputo che i basenji europei, almeno quelli garantiti purissimi, non sono per niente cambiati nei confronti dei loro parenti che sono rimasti laggi, nel cuore dellAfrica. Anchessi, ancora, non abbaiano e producono una sola nidiata nel corso dellanno. Basenji e dingo, dunque. Due cani spazialmente lontanissimi ma, ci nonostante, geneticamente vicini. E non solo vicini per parentela ma anche per la funzione cui vengono adibiti. Racconta infatti M. J. Meggitt, che studi a fondo i rapporti tra i dingo e gli aborigeni australiani (The Association Between Australian Aborigines and Dingoes, Washington 1965), che quando eccezionalmente la loro vita viene spesa in foresta, o per meglio dire in foreste pluviali analoghe a quelle africane, ecco che allora nasce (o meglio rinasce) la tendenza alla caccia cooperativa con luomo, assai simile a quella che praticano, da quando sono giunti laggi dallEgitto, basenji e pigmei, e soprattutto che praticarono i cacciatori-raccoglitori coi loro primissimi cani. Negli altri casi, per, il dingo rimane, semplicemente, un cane inselvatichito senza particolari rapporti con luomo. E c addirittura chi a torto sostiene la sua non addomesticabilit. Del resto qualche ceppo nuovamente addomesticato di dingo qua e l esiste, e m anche capitato di vederne. In generale, a ogni modo, il rapporto tra dingo e aborigeni sembra proprio ripercorrere, in questi ultimi tempi, e dopo un suo radicale ritorno dentro la natura, le prime fasi dellantichissimo addomesticamento. Quel cane semiselvaggio, cos come fece il lupo, circola intorno agli accampamenti aborigeni agendo da spazzino. Viene considerato utile perch fa la guardia. Non raramente, inoltre, i suoi cuccioli vengono adottati e sinizia cos, tramite imprinting, quel processo di socializzazione uomo-cane sempre essenziale per laddomesticazione. Infine, in certe aree pi vicine alla civilt dei bianchi, hanno luogo episodi di ibridazione con cani domestici, e di ci si trova traccia in una ben maggiore variabilit tra gli individui. Il dingo comunque, nella maggior parte delle sue popolazioni, totalmente inselvatichito. E questo suo ritorno a una natura cos diversa da quella originaria dei lupi (in particolare del pallipes) ormai storia vecchia di molte migliaia di anni. Il dingo ha dunque percorso una sua nuova storia naturale divenendo qualcosa di decisamente diverso dal suo vero progenitore. perci lecito chiedersi: cos in realt il dingo selvaggio? Esistono, al proposito, molte credenze mescolate a fatti accertati. Mha incuriosito in particolare leggere unantica cronaca pubblicata nel 1933 (A.M. Duncan-Kemp, Our Sanbili Country: man and nature in Southwest Queensland, Angus and Robertson, Sidney) in cui si racconta di uomini inseguiti, minacciati e a stento salvatisi da un drappello di dingo affamati. Una storia che straordinariamente ricorda quelle di Jack London, Zanna Bianca e il Richiamo della foresta per intenderci, location a parte. E molto s anche scritto a proposito dei dingo predatori di gruppo, cio cooperanti, soprattutto di animali domestici di grandi dimensioni. Ebbene, tutto ci, secondo i pi recenti studi etologici, dovrebbe essere almeno in parte ridimensionato. La tendenza evolutiva del dingo sarebbe invece verso una diminuzione della socialit, e ci dipenderebbe dal fatto che la preda pi frequente, il coniglio anchesso inselvatichito ed eteroctono, si preda bene individualmente ed giusta dose alimentare per un individuo.

Questo non significa, ovviamente, che il dingo sia divenuto, o stia divenendo, asociale, anche se, solitamente, lo si osserva predare in solitudine. s vero che non raramente preda in coppia, o in piccoli gruppi, ma tutto sommato questa sua capacit cooperativa ridotta rispetto a quella del suo antico progenitore. Si piazzerebbe, a ben pensarci, sui livelli sociali della volpe o dello sciacallo. Ci non di meno la sua socialit rimane cospicua e complessa. Iniziando questo capitolo ho affermato che una sorgente dacqua il luogo ideale per appostarsi e osservarlo. Lacqua infatti un importante punto dincontro, ed l che si possono osservare i rituali di riconoscimento, di saluto, di evidenziamento dei relativi livelli gerarchici. l che i giovani in fase di emancipazione allacciano le prime conoscenze, amicizie ed alleanze al di fuori dello stretto mbito familiare. l che avviene una sorta di presentazione nella societ allargata. E presso lacqua ha luogo la riproduzione. La tana infatti, spesso gi in parte scavata nella terra arida dai conigli selvatici, loro prede abituali, immancabilmente in vicinanza di una sorgente. Il dingo, come il lupo, come il basenji, ha un ciclo estrale annuale. Come il lupo, come il basenji, non abbaia. I cuccioli, solitamente quattro o cinque, crescono in un sistema di monogamia con aiutanti, giovani adulti normalmente parenti stretti della coppia. Questi partecipano al mnage rigurgitando per la nidiata parte delle loro prede. Poi, quando i cuccioli iniziano a metter fuori il muso dalla tana, inizia la stagione dei giochi sociali. Una grande scuola di vita, per loro, anche perch c sempre qualche coniglio da inseguire, da soli o in compagnia. Ed interessante sapere che questa preda importante per unampia zona attorno alla tana viene rispettata dagli adulti mentre viene predata solo dallallegra compagnia dei dingo ragazzini, pi per gioco e per esercitazione che per altro. questa dunque la storia del dingo, ex lupo meridionale, ex cane pariah e ricco di parenti in mezzo mondo. In origine era un semplice emigrante, ma col tempo si sta facendo sempre pi australiano. Sempre pi, cio, adattato al nuovissimo mondo. E quanti animali, in parallelo, hanno dovuto adattarsi, se mai ce lhanno fatta, a quellantico, nuovissimo cane.

La lezione che ci viene dal dingo...


Se qualche lettore esclusivamente interessato a vita morte e miracoli del cane allora, forse, questo capitoletto potrebbe anche saltarlo. Poco male, del resto. Se invece gli interessasse un discorso pi allargato, un discorso sulla natura e sullecologia, allora ecco che il dingo, e la sua storia, qualcosa dimportante potrebbero anche insegnarglielo. E potrebbero anche farci fare, appunto il dingo e la sua storia antichissima, uno straordinario salto conoscitivo, che va da quel passato l, quando certi uomini provenienti dallAsia arrivarono in Australia portandosi appresso alcuni cani pariah, migliaia di anni fa, fino alla nostra modernit, quella, tanto per dire, che non si stanca di dibattere a proposito della pericolosit di quegli esseri biotecnologici che sono gli organismi geneticamente modificati. Gli OGM, come ormai tutti li chiamano. Pensate: dal dingo agli OGM. Eppure si tratta sempre della stessa storia, se ci che importa sono la natura e i suoi equilibri. Sembra incredibile ma vero. Cerchiamo di capire perch.

Il dingo, abbiamo imparato, secondo il disegno intelligentemente messo in atto da madre natura, indubbiamente un animale fuori luogo. Sia gli animali che i vegetali si suddividono, infatti, in due grandi categorie: o sono selvatici o sono domestici. In verit anche luomo, fino a qualche decennio fa, poteva essere detto selvaggio (variante di selvatico) e talora era presente, in ci, una nota positiva: il buon selvaggio. Quei cosiddetti selvaggi, comunque, non esistono ormai quasi pi, o almeno non li si pu pi dire tali. E non solo perch non sarebbe politicamente corretto. Perch - e ci ha maggior importanza - ogni cultura ha una sua consistenza, realt, valori, e non sta a noi, che apparteniamo a quella dominante, metterci a fare gerarchie. Proprio volendo, a ogni modo, potremmo dire che luomo, inteso come specie, un animale che si autoaddomesticato. Esistono, di ci, prove fin che si vuole. Il mio scopo per un altro: voglio, a titolo innanzitutto esplicatorio, giocare intorno allantinomia tra domus e silva. Fra ecologia umana ed ecologia altra, e mi viene in mente, per questultima, una variante: marride il capriccio di chiamarla foresta. Foresta, per, intesa come aggettivo. Mi spiego, o meglio mi giustifico: il fatto che ormai da moltissimo tempo abito a Venezia, che diventata la mia citt. E, quando impazza il carnevale, sui manifesti (ce ne sono, di antichi, di bellissimi) da sempre compare la dicitura per veneziani e foresti. S, non c dubbio, foresta dunque laltro ambiente. Foresto dunque, o forestiero, equivale pertanto, in questa bellissima citt, a tutto ci che altro. Ecco allora che gli animali (e i vegetali) si addomesticano rendendoli inquilini della domus. Facendoli espatriare dalla silva. Senza contare che il passaggio pu generare una terza, sempre indesiderata e fastidiosa categoria, quella degli inselvatichiti. E sempre di tragitti biologici si tratta, ma anche, come abbiamo visto, di tragitti culturali. Eccoci dunque al nostro mondo, cui corrisponde lecologia umana, in qualche modo addomesticata, mentre fuori c la selva. E c dellaltro? S, c dellaltro, ma meglio assai sarebbe se non ci fosse o, pensando al dingo, se non ci fosse stato. E dico ci pensando al dingo, che storia vecchia, o pensando, ma guarda un po, addirittura agli organismi geneticamente modificati, i cosiddetti OGM, che a tutti sembrano storia nuovissima. Eppure c qualcosa che li accomuna, questi esseri troppo spesso, in senso letterale, spaesati. State perci a sentire. Esiste, nei riguardi degli OGM, un atteggiamento ostile che, se generalizzato, francamente non razionale. Eppure tale atteggiamento s sviluppato in molta gente che non ha fatto sufficienti calcoli tra benefci e costi. Dimenticando, tra laltro, di quante vite umane sono state migliorate o addirittura salvate da organismi, appunto, transgenici. E al proposito larea pi produttiva, quanto a benefci, indubbiamente quella della produzione di medicinali a basso costo. Per fare un esempio, il caso delleccellente insulina prodotta da batteri geneticamente modificati. E promettente pure quella dei vegetali arricchiti in microelementi. Il fatto negativo, casomai, che spesso brevettazioni e ritorni economici sono a favore solo di poche multinazionali che hanno condizionato quella che avrebbe potuto o potrebbe essere, e talora , la ricaduta positiva per la collettivit. C per da chiedersi, volendo per imparzialit allargare il discorso: non potrebbero, le stesse logiche perverse, penetrare anche nel mercato

economicamente sempre pi interessante del biologico e del naturale? Niente lo vieterebbe, o forse un giorno lo vieter. Il problema non dunque insito negli organismi in quanto tali, modificati oppure no, ma nelluso che se ne vuole fare. Vero che la valutazione dei diversi pr e contro che caratterizzano questi nuovi esseri che, occorre dirlo, ormai fanno parte delleffettiva vita sul pianeta, dovrebbe sempre essere razionale. Non condizionata da animosi ideologismi e da paure talora immotivate. Ebbene, nellmbito di questo ancora incompiuto dibattito generale, c unarea purtroppo poco frequentata: quella dellimpatto che gli OGM possono avere se penetrano, per azioni pi o meno deliberate, nella natura. Eppure questo, probabilmente, lunico mbito scientifico per cui disponiamo di una teoria non facilmente contestabile e di uninfinit di dati che ci consentono di sostenere che gli OGM possono sempre essere potenzialmente pericolosi per lambiente naturale. Nasce, questa teoria (che non considera solo gli OGM ma che ha un valore ben pi ampio - ed appunto qui che entra in ballo il nostro dingo) dal concetto di coevoluzione, essenziale per comprendere il vero significato di biodiversit interspecifica. Rappresenta, questultima, linsieme delle specie che hanno colonizzato, tra loro integrandosi in dinamici equilibri, i differenti ambienti. La coevoluzione infatti il processo che ha reso possibili gli equilibri che relazionano tra loro e con lambiente fisico-chimico le differenti specie. grazie alla coevoluzione, per fare un esempio, che la strategia antipredatoria di ogni preda calibrata su quella predatoria dei suoi predatori, e viceversa. E lo stesso vale per il mantenimento degli equilibri numerici delle popolazioni delle prede e dei loro predatori. Nellmbito della biodiversit caratterizzante un determinato ambiente, in altre parole, ogni specie allo stesso tempo oggetto e soggetto di azioni selettive naturali esercitate dalle altre che insieme a lei si sono evolute, cio coevolute. Questo il motivo per cui la scomparsa di una specie autoctona o la repentina apparizione di una specie estranea pu determinare una cascata di ricadute negative difficilmente prevedibili. La distruzione di un predatore, per esempio, pu causare lo spropositato incremento demografico delle sue prede ed insieme lespandersi di malattie epidemiche. Allo stesso modo la comparsa improvvisa di una specie estranea (si pensi, appunto, a quello che successo col dingo in Australia) pu provocare lestinzione di numerose specie autoctone. Seppure antichissimo, il caso del dingo, che come sappiamo venne introdotto in Australia migliaia di anni fa, addirittura didascalico per linquadramento teorico del caso nuovissimo degli OGM. insomma, per dirla con parole povere, esattamente la stessa storia. Il dingo infatti era un animale asiatico addomesticato, un cane pariah. Era, pertanto, un estraneo, nel senso che non si era coevoluto con le altre specie australiane. Perci la sua repentina apparizione nel nuovissimo e naturale teatro decret non solo estinzioni di tanti erbivori e di carnivori competitori, e in seconda battuta ebbe ricadute anche sullo stato di certe specie vegetali che, con quelle

animali autoctone, si erano, sui tempi lunghi propri dellevoluzione biologica, adattate a coesistere in equilibrio. Cos come il dingo, anche gli OGM sono esseri che hanno seguito la trafila delladdomesticamento. Processo che ora sta vivendo, proprio grazie ai progressi delle biotecnologie, la fase caratterizzata dalla comparsa e proliferazione degli organismi geneticamente modificati. Il discorso, a ogni modo, dal dingo agli OGM non cambia e non pu cambiare, perch contempla una verit che bene conosce chi si occupa di conservazione della natura, questa: gli esseri che penetrano in una biodiversit che non li ha visti partecipi della sua storia coevolutiva sono potenzialmente pericolosi perch possono, con la loro estraneit, turbare gli equilibri naturali. Fin qui la teoria. Quanto agli esempi concreti, purtroppo non mancano. Penso ai vegetali (Bt-crops) modificati inserendo nel loro genoma un frammento di Dna del Bacittus thuringensis, determinante la produzione di una tossina con propriet insetticide. Questa sostanza infatti non solo elimina i cosiddetti insetti nocivi, ma ha un effetto tossico ben pi ampio e generalizzato. Inoltre per alcuni mesi uccide le larve di molti insetti nel terreno dove la pianta morta e s decomposta. s vero che queste piante domestiche non dovrebbero trovarsi nella natura selvaggia, ma da un canto molti insetti frequentano, nei loro spostamenti, anche le aree coltivate (la farfalla monarca, negli Stati Uniti, stata molto colpita proprio da questa tossina), dallaltro ben difficile impedire che gli organismi transgenici, una volta allevati nelle aree agricole, non sappiano conquistare nuove aree. In qualche caso, addirittura, il cambiamento indotto pu trasformarli in qualcosa di assai simile a pericolose specie invasive. Altro e analogo esempio negativo quello delle trasformazioni indotte in vegetali domestici per renderli resistenti agli erbicidi. Ovvio che lo scopo quello, nelle coltivazioni, di usare poi massivamente questi erbicidi. stato dimostrato che ci, determinando la scomparsa di certe specie vegetali nocive, ma che per producono semi consumati pi o meno selettivamente da popolazioni di uccelli, ne riduce drasticamente le popolazioni. E gli esempi potrebbero continuare. Chiaro dunque che la produzione di OGM, di per s accettabile per alcuni indiscutibili effetti positivi che pu o potrebbe produrre per la nostra specie, pu nel contempo rappresentare una minaccia per gli ecosistemi naturali. Il problema su cui ci sar molto da lavorare pertanto quello, serio e di difficile soluzione, di immaginare e costruire barriere veramente invalicabili tra quelle tante parti del pianeta che ormai fanno parte degli ecosistemi che luomo ha snaturato per i suoi fini e quelle, preziose perch sempre pi ridotte, ove ancora sopravvivono gli equilibri naturali. Tra domus e silva, in fin dei conti.

... e quella che ci viene da Zanna Bianca.


Jack London, dopo il grande successo di Il richiamo della foresta (The Call of the Wild), nel 1904 scrisse una lettera a George P. Brett, il suo editore della Macmillan & Co. di New York, per illustrargli lidea del suo nuovo libro.

Caro Signor Brett, Le scrivo poche righe eccitato da unidea - lidea per il libro che scriver allinizio del prossimo anno. Non il sguito di The Call of the Wild. un accompagnamento, perch qui io rovescio il procedimento. Invece della devoluzione o decivilizzazione di un cane, presenter la sua evoluzione: la civilizzazione di un cane, lo sviluppo della domesticit, la fedelt, lamore, la moralit e ogni altra amena virt. E sar davvero un libro di accompagnamento - con lo stesso stile, la stessa maniera concreta e mordente. In parte ho gi la mappatura pronta. Sar una totale antitesi a The Call of the Wild. E con quel libro come predecessore, dovrebbe essere un successo. Cosa ne pensa? Jack London. Scoprire questa lettera - lha pubblicata su Colibr lAssociazione Filofestival di Mantova nel numero di febbraio 2010 - mha dato una grande emozione. Adoro infatti quellAutore e quel libro. Perci, ora, voglio parlarvene a modo mio. Anzi, ancora meglio, vi riporto alcuni stralci di unintroduzione a Zanna Bianca che scrissi anni fa - era il 1975 - per leditore Sonzogno. Eccoveli. Nel 1952 mi trasferii a Parma, dalla mia cittadina, per frequentare lUniversit. Mi ero iscritto al corso di laurea di Scienze biologiche, ed ero cos assetato, cos curioso di tutto ci che riguardava la zoologia, che mero messo a seguire, in modo goloso e perci disordinato, anche le lezioni dei corsi successivi al mio. Cos, una sera, scoprii il Professore, e insieme con lui la legge biogenetica fondamentale. Quella sera mi ero seduto nellultimo banco dellaula ad anfiteatro del vecchio istituto di zoologia e lui lo vedevo l, in fondo, maestoso per la pancia che gli tendeva il bianchissimo camice (quello da lezione), per i baffi spinosi tinti di nicotina, per il vocione dallaccento teutonico; l ad appoggiare le sue argomentazioni con complicati schemi alla lavagna, oppure indicandoceli in disegni appesi alle pareti. Tabelle ottocentesche e polverose che il Professore, per dar forza al suo dire, violentava con una lunga bacchetta di bamb. Quelle s che erano lezioni cattedratiche (termine del 68). Comunque, io la legge biogenetica fondamentale lho imparata e ora, appena finito di leggere Zanna Bianca (una seconda lettura, la prima la feci, con molta emozione, da ragazzo), pensandoci su, di quella legge mi sono ricordato, per analogia. Ma occorre andare per ordine: prima devo parlarvi della legge, poi discuteremo dellanalogia. La legge. Come suo solito il Professore aveva scritto il nome alla lavagna, poi laveva sottolineato due volte: HAEKEL. Era lui lestensore della legge, legge che il Professore enunci, e poi anche scrisse e sottoline: lontogenesi riepiloga la filogenesi. Parole misteriose, mai udite, polverose come tutto l dentro (le tabelle, gli animali imbalsamati, i vasetti con organi galleggianti in formalina). Parole che incutevano rispetto. Eppure da quellinizio si distric una lezione chiara e bellissima, una lezione che ci entusiasm. Perch, in parole povere, la legge voleva significare che se sappiamo guardare nel nostro sviluppo embrionale (lontogenesi) possiamo leggerci dentro, riassunta, la nostra storia evolutiva (la filogenesi). Un altro modo, insomma, ma altrettanto avventuroso, di andare per fossili. E infatti tracce fossili erano i derivati branchiali che il Professore ci disegnava, le tracce cio del nostro passato di pesci: le arcate branchiali che lembrioncino giovane giovane di mammifero per un attimo possiede e che poi riutilizza, plasmando altre strutture pi confacenti al suo nuovo modo di essere.

Volava, il Professore, indicandoci con la bacchetta le tabelle del pronefro del mesonefro del metanefro, dei tre reni cio che via via caratterizzarono il progresso evolutivo dei vertebrati, e che si formano dentro di noi mammiferi, in et diverse del nostro sviluppo embrionale. Ma certamente non voglio, qui, rifarvi quella lezione, e neppure discutere i limiti di quella legge. Voglio solo trasmettervi, con limpressione di quello strano, esaltante tardo pomeriggio, lidea che possibile, nel continuo ricostruirsi del nostro organismo - generazione dopo generazione - scoprire la storia antichissima di noi come categoria sistematica. Di noi mammiferi, cio: leggerci dentro di quando eravamo pesci, anfibi, rettili. Lidea, insomma, che certi riassunti sono realt, possono esistere. Lanalogia: un libro come un embrione. Vendono, per gli studenti, degli atlanti dello sviluppo embrionale di certi animali. I pi rappresentati, ovviamente: la rana, il pollo, luomo. Sfogliandoli, tavola dopo tavola, possibile scoprirvi le tracce della legge biogenetica. Ecco io, leggendo Zanna Bianca, due storie evolutive ho scoperto, riassunte in quellunico organismo. Una la storia dellevoluzione dellimmagine-lupo nella nostra cultura, laltra quella dellevoluzione da lupo a cane. Sono due storie distese, nella loro realt, in tempi lunghissimi. Il libro Zanna Bianca riepiloga, nel suo sviluppo (la sua ontogenesi?), la loro filogenesi. Levoluzione dellimmagine-lupo. Vi ricordate comerano feroci gli indiani di Ombre rosse? E avete notato come sono buoni quelli di Soldato blu? Bella forza: alle giovani generazioni gli indiani non fanno pi paura: sono gente da riserva ormai, gente da proteggere. Esattamente come i lupi. Anche i lupi hanno fatto paura (leggete il vecchio Brehm, il naturalista tedesco autore della Vita degli animali, pensate a Cappuccetto rosso o ad altre favole). Adesso invece sono gente da studiare: troppo lontano il tempo in cui ci si barricava in casa e gi schioppettate. Adesso si scopre che hanno un comportamento sociale interessante, sono diventati un fatto culturale. E questo vale sia per gli indiani che per i lupi. S, le due storie sono parallele, e oggi questi esseri in via destinzione sono diventati i cocchi, rispettivamente, dellantropologo culturale e delletologo. Il lupo, ci spiega Konrad Lorenz, davvero buono; la (bianca, mite) colomba s che cattiva. E per dimostrarcelo ci informa che se mettiamo due lupi maschi insieme in una gabbia uno si sottomette, offre allaltro il collo da mordere, e questo rituale blocca ogni loro aggressivit. Cos i due lupi possono convivere incruentamente. Ma se invece facciamo lo stesso esperimento con due colombi, luno continuer a beccare laltro finch non lavr ucciso. O per lo meno scalpato. Ecco, leggendo Zanna Bianca troverete, nei capitoli iniziali, i lupi prima maniera, ferocissimi e pericolosissimi; poi, pian piano, limmagine-lupo si trasformer completamente: nellarco di quel libro ontogenetico raggiungeremo il lupo come ora sappiamo che : un essere sociale, di buone maniere. O, per dirla con gli etologi, un essere dal comportamento (soprattutto quello aggressivo) altamente ritualizzato. Levoluzione da lupo a cane. Studiando a fondo il comportamento del lupo e quello del cane, noi etologi siamo riusciti abbastanza bene a farci ragione di come il lupo fu capace di conquistare la nostra amicizia, la nostra fiducia, la nostra casa. A diventare insomma, grosso modo in diecimila (forse quindicimila) anni, il miglior amico delluomo. Vi sono, allorigine di tutto ci, caratteristiche comuni

alla specie lupo e alla specie uomo, che hanno consentito loro di parlarsi, di comprendersi, di integrarsi. Il primo passo di quellunione si appoggia sui due pilastri delletologia: i segnali infantili e limprinting. Leggendo Zanna bianca fate attenzione al formarsi del rapporto tra il lupetto e il suo primo padrone. Non certo dolce lindiano Castoro Grigio; esercita anzi, su di lui, una sorta di doma: eppure il legame affettivo dei pi forti. Zanna Bianca soffrir moltissimo, quando perder il suo padrone. Far di tutto per ritrovarlo. questa una fondamentale caratteristica del carattere del lupo, indispensabile per il suo trasformarsi in cane. Il lupo naturale accetta lautorit del capobranco; il lupo che ha esteso limprinting alla specie uomo accetta quella del padrone. Il padrone il capobranco. Il lupo, insomma, naturalmente strutturato per avere un padrone. Penso che molto del senso del libro sia condensato in questa verit, cos bene percepita da London. Che qui stia la forza, la necessit della simbiosi uomo-cane. Entrato nella famiglia umana, il lupo poi s evoluto in tante specialit: i principali gruppi di razze canine. Per alcune attivit era specificamente dotato, perch le basi gi erano presenti allo stato selvaggio, e si tratta delle capacit per fare il cane da guardia (il lupo difende il suo territorio): il territorio del lupo domestico la propriet del padrone-capobranco, il cane da pastore (il lupo, predatore di gruppo, si inserisce senza fatica in un gruppo di cacciatori umani). Per altre, purtroppo, meno. E mi riferisco al cane da slitta e, soprattutto, a quello da combattimento. Quanto al cane da slitta, Jack London stato mirabile nel comprendere la psicologia del gruppo da traino: lo vedrete. Riguardo invece al cane da combattimento, o meglio a Zanna Bianca cane da combattimento, mi sono sorte alcune perplessit, di cui dir in sguito. Zanna Bianca (qui sta la seconda analogia) nellarco della sua vita ha davvero vedrete - riepilogato la storia evolutiva del cane. Nato lupo, ha sperimentato limprinting umano e ha dato alluomo (a differenti tipi di uomo) ci che luomo gli ha chiesto: il lavoro, la sofferenza, lamore. Ma chi , infine, Zanna Bianca? Un killer o un eroe? Zanna Bianca possiede la mossa fatale che gli consente di freddare un rivale, in un combattimento. Questo, francamente, non da lupo. Si conoscono, vero, alcune eccezioni che gli etologi, stupiti, hanno descritto. Ma il lupo quellanimale socialissimo di cui s detto, dallaggressivit (entro la specie) ritualizzata, cio sublimata in linguaggio. Per questo i lupi stanno assieme, formano mute, vivono in gruppo. Il lupo che uccide i compagni, s detto, svantaggiato, perch i lupi predano in gruppo, cooperano nellaccudire la prole, devono, per sopravvivere, stare insieme. Perci la mutazione killer, se cpita, viene spazzata via, secondo la legge darwiniana della selezione naturale: non conviene. Pu convenire, invece, lungo le strade delladdomesticamento. Il lupo (o il cane) che uccide un altro lupo (o un altro cane) un deviante, culturale o genetico, quanto pi non percepisce, o non viene bloccato, dal segnale di sottomissione del rivale sconfitto. Continua a colpire, perci uccide. Ci pu piacere, far comodo, allallevatore di cani da combattimento, pu far spettacolo. Cos la selezione artificiale, oppure un distorto insegnamento, possono far persistere, dare spazio, alla devianza.

Ma Zanna Bianca non era un cane selezionato, era (quasi del tutto) un lupo. Era allora un casuale mutante killer? Oppure, in quanto lupo, non riconosceva pi i suoi parenti domestici come appartenenti alla sua stessa specie? Oppure, terza ipotesi, le esperienze terribili cui uomini crudeli lavevano sottoposto gli avevano insegnato a non pi dare ascolto allantica voce dellistinto? Tutto ci, sappiamo, pu succedere. Esercitazioni accademiche, a mio parere. Il mio sospetto, vi dir, questo: Zanna Bianca leroe, e alleroe, spesso, concesso di uccidere. quasi una regola per i romanzi, i fumetti, i film western e cos via. E Zanna Bianca, ricordiamocelo, pur sempre una storia scritta da un uomo per altri uomini. Ma allora, Zanna Bianca, un uomo? Forse, ma solo in parte. Penso sia bene che, letto il libro, cerchiate dentro di voi la vostra risposta. Io, da parte mia, vi regalo, in chiusura, questa sentenza-paradosso: se Zanna Bianca fosse stato creato da un lupo per divertire altri lupi, forse non sarebbe stato un killer. Aggiungo solo, a quanto scrissi cos tanti anni fa, uninformazione: il nome del Professore. Si chiamava Bruno Schreiber e divenne il mio amatissimo Maestro. Se sono quel che sono, per buona parte a lui che lo devo.

SESTA PARTE. Storia di alcune razze.


Qualche domanda. Bastardini o cani di razza? Oppure: vero che di solito un bastardino pi intelligente? Senza contare che se uno va in un rifugio del cane e si porta a casa un trovatello, fa certamente unopera buona e si sente, perci, anche pi appagato. pertanto un consiglio facile e non sbagliato quello di propendere per il bastardino (o bastardone che sia), anche se, per la verit, oggi come oggi la gente preferisce chiamarli meticci, questi cani privi di pedigree. E lo preferisce perch ignora che gli eufemismi decadono rapidissimamente e dunque non vale la pena di usarli. Io, a ogni modo, i bastardini o bastardoni li adoro cos come sono e non sento per niente la necessit di chiamarli meticci. Lasciamo comunque perdere il nome, anche perch, vorrei proporre un paio di considerazioni, anzi tre, a proposito dei cani di razza e non di razza. Considerazione numero uno: sul valore delle razze. Se penso a come, nel corso dei secoli, il cane s andato differenziando, aderendo cos alle varie esigenze umane ed insieme adattandosi alle pi diverse condizioni ambientali, mi pare che le razze canine siano un patrimonio biologico e culturale che non dobbiamo perdere. Chi si dedica a mantenere ed a migliorare tali razze fa dunque unazione davvero meritoria. Considerazione numero due: il cane una persona. Questo, secondo me, il punto centrale di ogni discorso sul rapporto uomo-cane. Voglio dire: quando uno sceglie di prendersi un cane, deve capire che dar il via ad un processo socioaffettivo. Il cane vive per sentimenti. Trova il suo equilibrio, la sua identit, il suo benessere allinterno del legame affettivo che instaura con la famiglia in cui sinserisce.

Ci che temo che invece qualche padrone, pi o meno consciamente, possa essere influenzato dal valore economico del proprio cane, quasi che lanimale fosse una cosa. Pu cos accadere che chi s comprato un esemplare di razza lo allevi e lo tenga diversamente da chi invece s scelto un bastardino. Ed liperprotezione di cui soffre il cane di valore, proprio il non lasciarlo emancipare, in altre parole il non rischiarlo, che pu essere allorigine della fama di minor intelligenza che talora questo cane dimostra davere. Mentre invece si tratta, soprattutto, di minor esperienza, di minor furbizia acquisita. Penso che il padrone ideale dovrebbe sentirsi il dovere morale di trattare ugualmente il campione ed il bastardino. Questo rende la scelta del cane meno importante, e ciascuno pu, dopo averci ben pensato, fare a suo piacimento. Infine c unultima, breve considerazione: chi non accetta la numero due, e cio che il cane una persona, meglio che un cane in casa non lo prenda mai. Sijmadicandhapajiee, canta Paolo Conte. Il che significa siamo dei cani da pagliaio. vero, ogni tanto ci svegliamo e ci piacerebbe essere cos. Ingenui come dei cani da pagliaio. Furbi come dei cani da pagliaio. Rozzi come dei cani da pagliaio. Affascinanti figli di buona donna. Come dei cani da pagliaio. Bastardi, insomma.

Il cirneco dellEtna.
Dicendo del dingo e della trib dei cani rossi, gi ho nominato il cirneco dellEtna. Che, considerata la sua origine, non potrebbe essere che un cane smilzo di colore fulvo, con orecchie appuntite dritte allins. Dritte allins e ampie, di grande superficie, perch il cirneco un cane del Sud e padiglioni auricolari grandi sono utili, a tutti gli animali omeotermi che abitano in climi caldi, per smaltire un po di calore. , inoltre, un cane disegnato in un quadrato, il cirneco, duna bellezza perfetta e dichiaratamente meridionale, perch il pelame corto, anzi cortissimo, e poi, a dire Sud, soprattutto ci sono quei padiglioni auricolari, che sono come una griffe. Cos come i fennec, le volpi del deserto, cos come gli elefanti, specie quelli africani, che sventolano i loro naturali radiatori e cos facendo si rinfrescano. E difatti il cirneco un tipico cane siciliano, appartenente, come gi abbiamo visto, a una dinastia che ha radici e parentele antichissime, diramate ben al di fuori del bacino del Mediterraneo. La sua storia recente, a ogni modo, ben nota. cominciata nel Giardino Bellini di Catania e, ogni volta che gli passo accanto, e mi cpita spesso perch ho tanti amici catanesi, non posso non pensarci. Vedo allora, con gli occhi della mente, quellindimenticabile giugno del 1953. Fu un raduno storico, il punto di partenza per dare forma e sostanza ad una razza finalmente moderna, con uno standard definito e con tanto di libri genealogici.

Nel Giardino Bellini erano presenti, insieme a un manipolo di cani fulvi, certo non tutti perfetti, nobildonne, signori, contadini. Cos infatti succede in queste occasioni, ormai lho imparato: limportante era solo che tutti fossero proprietari di quei cani che da millenni erano, nella zona etnea, i cani. Cos come, pi o meno, erano i cani, ben pi estesamente, di tutta larea mediterranea. Quei cani che Aristotele descrisse nel De natura animalium come, gi allora, antichi. Per meglio dire gli antichi cani mediterranei. Erano i cani dei geroglifici egiziani. Erano anche i cani di Cirene e infatti Aristotele ne osserv molti, in quella citt, ed probabile che il nome cirneco proprio da Kirenaikos discenda. O forse deriva, come altri pensano, dal siciliano cirniri? Verbo che vuol dire cernire, discriminare, analizzare, cos come quei cani sanno fare cos bene - una vocazione senzaltro genetica - quando cercano una pista nel loro lavico ambiente. Gi, lascia sempre incertezze letimologia. E del resto rimangono un po intricate e vaghe anche le linee di parentela che collegano le razze entro cui luomo ha classificato quellantico modello di cane. Esistono infatti, derivati dallo stesso ceppo, i podenchi portoghesi, di Ibiza, e delle Baleari, c il nostro cirneco etneo, infine c il cane egizio, che probabilmente il capostipite di tutti, perch furono i mercanti fenici a disseminare per il Mediterraneo quel tipo longilineo di cani. DallEgitto, poi, come sappiamo, lo stesso cane penetr fin nel cuore profondo dellAfrica, dove divenne il basenji. Cane decisamente pi tozzo, perch cos avviene quando un animale sadatta alla foresta. E la storia non finisce qui, ma lho gi raccontata. In origine troviamo il Canis lupus pallipes e poi, sul versante orientale, il cane pariah dellIndia, per arrivare allaustraliano dingo, inselvatichito. Che storia dunque, e che tragitti, che parentele. Quei cinofili del 1953, pertanto, non furono i creatori di una razza (normalmente le razze non si inventano). La loro opera, tanto meritoria, fu soprattutto di definizione, di censimento, di protezione, di propaganda. Ma il cane era gi vero e, pi o meno, gi cos. C da pensare che la sua forma smilza, il suo stile aggraziato, siano stati pi opera della natura che delluomo. E c da fare un augurio al bellissimo cane, che non divenga troppo di moda, che non esca troppo, cio dalla sua mediterraneit. Sarebbe infatti triste trovarlo spaesato sulle Alpi, o magari nel cuore della fredda Europa continentale, cos come triste scoprire i cani nordici in Sicilia. E questo, purtroppo, sta gi avvenendo. E fin troppo.

I segugi italiani.
Anche se ormai solo teoricamente, in una vera muta di segugi dovrebbero esserci il guidaiolo, il marcatore, laccostatore, alcuni scovatori e infine linseguitore. Una muta di segugi non dovrebbe mai essere, come sanno i cinofili competenti di questa antica trib canina, un coacervo costituito da unimprovvisata accozzaglia di cani. Ogni individuo, al contrario, dovrebbe

assumere, seguendo lattitudine, un suo ruolo e una sua specialit. Quasi che la muta fosse una sorta di macchina animata, una macchina che cerca e scova il selvatico. E comunica, anche, coi canettieri. La canizza, sempre gli intenditori sostengono, deve essere musicale, armoniosa, martellante. E sar senzaltro cos per chi ha vissuto certe esperienze venatorie. Oggi per che la caccia piuttosto decaduta e che sempre pi gente propensa a parteggiare per la lepre, la canizza pu suonare anche lugubre. Cos almeno a me pare, quando dautunno schioppettate ed abbaiamenti mi sciupano il piacere di girare per boschi e per prati. Per non parlare dei motivi etici, che mi fanno sembrare sempre pi inaccettabile uno sport basato massimamente sulla sofferenza, seppure di gente non umana. Ed proprio questo secondo il motivo principale della mia contrariet. Sarebbe sciocco, a ogni modo, disconoscere quanto ancora di meravigliosamente naturale si manifesti allinterno di una muta di segugi. E dico naturale perch quel funzionale gruppo di carnivori teso alla cattura della preda mantiene ancora, dentro di s, lintelligenza collettiva della muta originaria, quella dei lupi. O forse potrei dire che , quanto a intelligenza collettiva, la muta di lupi, seppure ormai al servizio delluomo. Il che, in un certo senso, aggiunge qualcosa invece di toglierla, perch quei segugi, oltre allindividuo alfa che sempre presente allinterno dogni gruppo canino (o lupino), devono anche prestare attenzione ed ubbidienza a uno od a pi super-alfa esterni al gruppo, i padroni umani, i cosiddetti canettieri. Certo, il dolcissimo segugio non pi il lupo selvaggio - lunga stata la strada da allora ad ora. Nella sua testa per s mantenuta lantica capacit di integrarsi, di cooperare. Lantica motivazione a unirsi ad altri per lavorare insieme. La caccia, fortunatamente, decaduta, e non c cacciatore che ormai non lammetta. Quanto ai segugi, depositari duna caccia primitiva e complessa, la vera decadenza inizi gi secoli fa. Potrei dire, grosso modo, allinizio del 1700. Il declino della nobilt e il perfezionamento e la diffusione delle armi da fuoco ne furono tra le cause principali. Non potevano infatti, i borghesi subentranti, permettersi i maestri di caccia e le grandi mute che ogni nobile medievale, o del primo Rinascimento, manteneva. Non ne avevano, forse, nemmeno la mentalit. Inoltre, in quei tempi antichi, funzione della muta era di portare la preda, ormai stremata, davanti ai cacciatori, che potessero finirla, praticamente ferma, con larco o la balestra. Il nuovissimo fucile, invece, consentiva di colpire la preda in movimento. Cos addio grandi mute, e con ci addio a tutta, o quasi, quellintelligenza collettiva. Oggi, bisogna dirlo, ancora si tenta, con prove di lavoro e con la selezione, di mantenere al bellissimo e nobile cane le antiche qualit, ma ci sempre pi anacronistico. Il mondo cambiato e quella caccia (forse, speriamo, ogni caccia) decisamente in via di estinzione. Il pi bel segugio, il pi vero nel suo senso antico, vien proprio da pensare che ormai sia solo unicona. Quella cui tutti gli appassionati fanno riferimento: il nobile cane dalle lunghe orecchie raffigurato nel secentesco dipinto del Castello di Borso dEste.

I border collie e gli altri cani che guidano le greggi.


Il cane da pastore un animale antico, ma non per questo primitivo. Anzi, esso porta in s tracce decisive di eventi evolutivi essenziali, avvenuti quando la domesticazione era gi avanzata, quando lui e il suo padrone, in stretta simbiosi, gi stavano mutando la faccia del mondo. Quando, insieme, costruivano il progresso. Che asserzioni m toccato fare! Eppure non vorrete dirmi che il passaggio dallo stato di cacciatore a quello di allevatore di bestiame non sia stato, per luomo, un cambiamento decisivo. Ebbene, era un cane a dargli il suo aiuto, e quel cane era un cane da pastore. Io non so, in questa nostra civilt cos estraniante ed estraniata, quanti ancora conoscano, o abbiano ammirato, il sublime lavoro dun cane specializzato nel manovrare un gregge. uno spettacolo, e non lo dico tanto per dire. Tant vero che ci sono nazioni in cui questi cani con i loro padroni sesibiscono sulle pubbliche piazze (meglio se erbose, naturalmente). Io li ho ammirati in Scozia, ma mi hanno riferito che si possono vedere anche negli Stati Uniti dove, per esempio, per lungo tempo Jack Knox, di origine scozzese, ha dato spettacoli con straordinario successo. La sua compagnia era composta, oltre che da se stesso, da un po di pecore e da un po di cani, e sapete di che razza erano questi artisti non umani? Erano dei border collie, ed proprio di questa razza che voglio parlarvi perch non c niente di meglio, che io sappia, quanto ad abilit nel manovrare un gregge. Il mio discorso, per, sar abbastanza generale da andar bene, allincirca, per tutti i veri cani da pastore. La prima cosa che sottolineo, affrontando da etologo lazione che svolge il cane da pastore, la sua posizione centrale: da un lato interagisce con le pecore, dallaltro con il padrone. Il cane, dunque, unintelligente centralina che origina e smista messaggi di una comunicazione interspecifica in cui si mescolano istinto e apprendimento. Ma guardiamo, innanzitutto, cosa fa il cane con le pecore. Il border collie, quando manovra un drappello dovini, assume un atteggiamento particolare, un po piegato sulle quattro zampe, come se volesse nascondersi tra lerba. Il capo e la coda sono tenuti bassi, e quanto maggiore lintensit del suo impegno, tanto pi il corpo savvicina al suolo, fin quasi a strisciare. Ma la cosa che pi colpisce lo sguardo. Uno sguardo che non molla mai le pecore, come se fosse un qualcosa di concreto, un guinzaglio, un elastico, un paio di redini con cui da una distanza definita, diciamo qualche metro, poterle controllare. Bloccare anche. I pastori, nella selezione, riconoscono e valutano questa qualit. Vogliono cani con della forza nellocchio. Per spiegarvi cosa fanno le pecore, vi invito a riandare con la memoria ad una scena che certo avete visto, almeno in qualche documentario. Cpita infatti spesso di osservare mandrie di erbivori, come zebre, gnu e gazzelle, pascolare tranquille a distanza ravvicinata dai loro predatori. Imprudenti? Assolutamente no. Semplicemente quegli animali sono abili lettori del comportamento dei loro predatori. Quando una leonessa intende cacciare, le gazzelle lo sanno, e state pur tranquilli che non se ne stanno a far le spiritose. Ecco, questo un fenomeno generale: cos come il cane non stacca mai gli occhi dalle pecore, queste tengono docchio lui che, quando vuole manovrarle, si muove in modo da evocare in loro una sensazione dallarme. Una tendenza a compattare il gruppo e a mantenere la distanza di sicurezza. E sapete perch?

Perch le movenze del border sono quelle dun predatore allinizio della caccia. Il cane da pastore le ha ereditate dal suo antenato lupo, un predatore di grandi erbivori, un manovratore di mandrie, capace, da queste, di enucleare singoli individui. La selezione umana ha raffinato tali qualit, e ha inibito, nel domestico, la parte finale, consumatoria, del processo di predazione. Cos una predazione diventata una guida. Una guida guidata, per, perch il cane obbedisce agli ordini del pastore. Ordini che sono parole oppure fischi. Anche qui c un filo diretto, e stavolta, certo, lapprendimento ha un peso assai maggiore. Comunque non tutti i cani possono divenire da pastore, solo alcuni possiedono, geneticamente, questa abilit. I padroni istruiscono i loro pupilli ad adempiere a comandi che consentono ogni manovra, e attraverso un particolare modo di calibrare i suoni riescono a stimolare, o quando serve a rallentare, i comportamenti in atto. Gli ordini (avvicina il gruppo, allontanalo, fermalo, fallo voltare a destra eccetera) ai cani vengono insegnati, e al proposito esistono, nel mondo, varie tradizioni. Secondo alcuni etologi, per, certi suoni funzionano meglio di altri per convogliare le differenti informazioni. In effetti nelle diverse lingue i messaggi che hanno lo stesso significato sassomigliano molto. Uno stop, insomma, sempre breve e secco in qualsiasi idioma (o fischio) lo si comunichi.

I cani nudi, una storia di convergenze.


Ma insomma questo stranissimo cane cos? Umano? Sovrumano? Oppure subumano? Parlo dello xoloitzcuinde, il cane nudo del Messico, una razza stranissima perch caratterizzata dalla pressoch totale assenza di pelo. Quasi tutto il corpo infatti nudo, trovandosi pochi peli solo in cima alla testa e verso lestremit della coda. La sua pelle - recita lo standard - liscia e dolce al tatto. Sar per questo, forse, che proprio i suoi cuccioli sono, di preferenza, allattati al seno dalle donne indiane autoctone, insieme oppure in vece di un bambino, se questo muore. Sar perci, anche, che i cani nudi vengono, per antica tradizione, tenuti a dormire dentro il letto. Sar per questo o perch la loro pelle particolarmente calda? O per le due cose insieme? Non so. Resta il fatto che il cane nudo, per le antiche tradizioni messicane, un po pi umano del cane medio. Ma, dicevo, nello stesso tempo un poco sovrumano e subumano. Sovrumano perch rappresenta, per quelle genti, il dio Xolotl; sottumano perch, pur essendo il dio venerato e temuto, gli indios spesso e volentieri lo mangiano, quel cane. Sia come sia, un cane nudo fa sempre un certo effetto, e bisogna proprio dire che alluomo il diverso, lo stravagante piace, se ha pensato di selezionare anche queste razze; di mantenere queste mutazioni quando compaiono. Perch non c solo lo xoloitzcuinde, di cane nudo. Ricordo il levrieretto dAfrica, il peo sin pelo de los Incas, il cane nudo delle Antille, del Guatemala, dellIndocina. Li ho elencati cos, un po in ordine sparso, tali glabri amici delluomo, e di proposito ho lasciato a parte il cane cinese a criniera - variet nuda o chinese crested dog, come pi comunemente oggi si dice. Si dice in inglese perch, si sa, gli attuali cinesi non amano molto i cani, e cos sono di solito gli inglesi che si preoccupano di salvare, e magari anche di

migliorare le loro razze. Dove il migliorare significa tante cose diverse, talora addirittura opposte, dal fare incroci migliorativi assurdi al renderle effettivamente sempre pi tipiche. E il cane nudo cinese accidenti se tipico. Se posso darvi la mia impressione personale, sembra un fantasma. Certo non faccio una gran scoperta asserendo che dietro quel cane cinese c tutta unantica e raffinata cultura, e che si vede benissimo, soprattutto raffrontandolo con la sua controparte messicana. Perch questultimo un cane nudo e basta; quello cinese invece stato ornato, trasfigurato, reinventato lavorando di selezione sui pochi peli che la sua infelice natura gli aveva concesso. Cos abbiamo un cane che s nudo come un baco ma con una capigliatura lunga e setosa che sembra quella di Einstein. E i piedi sono calzati riccamente, mentre la coda termina a fiocco. Limpressione, vassicuro, sconcertante, anche perch (almeno per quei quattro che ho visto) il corpo di norma scuro, i peli invece sono candidi. Accanto alla variet nuda, del cane crestato cinese esiste unaltra variet, dal corpo coperto da una quasi impalpabile lanugine: il chinese crested powderpuff, nome grazioso quanto mai, perch powderpuff, per chi non lo sapesse, vuol dire piumino da cipria. I cani nudi, a ogni modo, che sono in parte centro- e sudamericani e in parte asiatici, sono un bellesempio - ora che con la globalizzazione si trovano in tutto il mondo e possono pertanto venire accoppiati tra loro da allevatori che puntano semplicemente a qualche presunto o reale miglioramento - di come si vada facendo sempre pi indistricabile lintreccio e la filogenesi delle razze canine. Sono infatti, in origine, due ceppi separati che semplicemente sassomigliano per convergenza di certi importanti caratteri, e che di conseguenza non dovrebbero venir classificati come particolarmente affini. Avendo per in varie occasioni mescolato il loro patrimonio genetico ci rende di fatto ogni tentativo di comparazione praticamente confondente ed in definitiva illeggibile.

Il mastino di Napoli.
Maciste da tempo diventato un cane di razza, bello e ammirato. Pu capitargli addirittura dessere il cocco di una distinta signora milanese, di passeggiare per via Monte Napoleone, di passare le vacanze a Cortina. Poco male, penso io: il meritato riposo del guerriero. Maciste il mastino napoletano, cane antico e verace. E se non ci credete andate a Napoli al museo di San Martino a vedere il settecentesco presepe Cuciniello. C anche lui tra i pi tipici personaggi della Napoli popolare, tra guappi, macellai, contadini e mandriani. Una viva terracotta ce lo mostra proprio come ancora. Quanto al nome, ho detto Maciste, ma il suo nome pi vero stato Siente, e cio ascolta. Appellativo assai appropriato, per un cane da guardia e da difesa. Pu iniziare, la storia del mastino, duemilacinquecento anni fa. Penso a un bassorilievo assiro in cui si scopre, per la prima volta, il possente cagnone dallaspetto orsino, dal passo dinoccolato. E con quel passo, sappiamo, accompagn, lui stesso soldato, ogni esercito antico.

Fu con Ciro, Alessandro, Serse. Raggiunse la Grecia e da l tutto il Mediterraneo. Fu oggetto di commercio per i fenici; fu adottato dai romani. Giulio Cesare librid con i suoi pugnaces Britanniae, i feroci molossi del Nord. E a Roma, era fatale, entr nel circo. Lott contro leoni, orsi, tori e uomini. Poi, nel Medioevo, cessate le attivit militari e gladiatorie, si diffuse per le campagne con meno specifiche funzioni, e dilu nel tempo la propria tipicit. Rivoli del suo sangue si dispersero in linee pi leggre e veloci. Ha lasciato tracce, vedremo, nel pastore abruzzese, che nella sua forma primitiva ha spesso lesotico tocco molossoide; certo ha partecipato in modo essenziale alla formazione del cane corso, il tenace molosso dei carrettieri meridionali. Insomma, lunica isola dove il mastino rimasto tale il Napoletano. E c un perch. Mentre in Italia serano perse le pressioni selettive atte a mantenerne le tipiche caratteristiche, in Spagna cera il peo de presa, anchesso derivato dal primitivo mastino mediterraneo, inizialmente usato in battaglia da Hernn Cortes e dai suoi Conquistadores e poi impiegato nella tauromachia. Un particolare prolungamento delle antiche funzioni, dunque. E il peo venne importato in gran quantit a Napoli dagli Aragona, da Ferrante in particolare, e qui, dallincrocio con lantico parente ritrovato, il mastino napoletano si ridefin, si riconcretizz, giungendo fino a noi. C da fargli, ora, laugurio che abbia sempre un padrone bravo e responsabile che lo sappia ben allevare e ben guidare. Il mastino, infatti, cane possente che pu essere buono e saggio, ma anche ferocemente micidiale.

Il cane da pecora abruzzese ed il molosso pugliese.


Trottava sotto i carri lantico cane corso, il terribile molosso dei carrettieri. Un cane grezzo e robusto, nero, tigrato, grigio, dalla coda e dalle orecchie mozze. I carrettieri, quando le greggi svernavano in pianura, raggiungevano le masserie per ritirare i prodotti della pastorizia e portarli al mercato, e cos il cane corso entrava prepotente nel territorio dei cani da pastore e saccendevano lotte feroci. Il molosso, forte ed atletico, era un osso davvero duro per il cane da pecora abruzzese. Terribile soprattutto per la sua abitudine a non mollare mai la presa. Ma non solo antagonista fu quel molosso per il cane da pecora: gli entr nel sangue. I pastori infatti vollero che alcune specifiche qualit del cane dei carrettieri si trasmettessero ai loro cani, e numerosi furono gli incroci. Perci molti cani da pastore abruzzesi palesano tracce del molosso pugliese. Sono pi robusti, hanno la testa larga, il muso corto, langolo tra la fronte ed il naso accentuato. Sono quei cani che, normalmente, vengono detti molossoidi, in contrasto con gli altri, detti lupoidi. Se si osservano i bianchi cani dAbruzzo su per i loro monti, salta subito allocchio una continuit dalluna allaltra forma. questa la realt del cane da pastore vero, quello che vive ancora nellantica nicchia. Il cane che i pastori hanno, pi o meno consciamente, plasmato lungo i secoli. Una popolazione variabile, s, ma ben caratterizzata, adattata alla durezza della situazione ambientale ed al lavoro. Tale, dunque, da meritare lattenzione dei cinofili, che hanno sentito il desiderio di includerla tra le razze, diciamo cos,

ufficiali. Di definire uno standard, di allevarla in modo controllato, tenendo nota della genealogia. nato cos, in tempi recenti, il cane da pastore dallevamento, che di norma non sta pi con le pecore ma negli ambienti pi diversi, perfino, e non raramente, al guinzaglio in citt. S formata, quindi, una nuova popolazione, assai meno variabile (lo standard ha scelto la forma lupoide, cio un lato della curva della variabilit originale) e tesa ad aderire a un ideale estetico definito e preciso, che rifiuta lantica parentela con il molosso. perci in atto, tra il verace pastore dei monti e il pi raffinato delle mostre, un progressivo scollamento di forma e di funzioni. E tra un po non sapremo pi qual il vero cane da pastore dAbruzzo, se quello degli stazzi o quello delle mostre, che tra laltro ha aggiunto, allantico aggettivo abruzzese, quello ben pi recente di maremmano.

La gente umana (e non) intorno al gregge.


Erano detti biscini, in Abruzzo, i ragazzetti che aiutavano i pastori a condurre le pecore; insieme a loro cera, e forse c ancora, il manziero, un montone castrato e addestrato con grande abilit che, obbedendo agli ordini delluomo, trascinava con s lintero gregge. la presenza di questi due ausiliari che spiega il ruolo del cane da pecora abruzzese, tutto in funzione della guardia e della difesa del gregge. Non era un lavoro da poco: basta che dica lupi, basta che dica orsi, basta che dica abigeato. E se lupi e orsi ormai fan sempre meno danno al loro posto, a minacciare le greggi, vi sono molti cani rinselvatichiti. Quanto ai ladri, ovvio, quelli non si estingueranno mai. Ancora oggi, dunque, i bianchi e lanosi cagnoni spesso armati di verecale (il collare di ferro fornito di punte) sono utili sentinelle attorno alle greggi, pronti a scattare minacciando e, se il caso, lottando con uomini e bestie. Sempre allaperto, sempre accanto alle pecore, sempre pronti a difenderle. Sono perci robustezza e coraggio le doti principali del pastore abruzzese, oltre a un assoluto, perfino mitico, attaccamento agli ovini. La loro quindi una guardia estenuante e senza fine: ogni rumore, ogni movimento, soprattutto di notte, , in prima istanza, sospetto. Per fortuna, per, luomo spesso offre loro un aiutante, direi quasi una sveglia esplosiva, al saggio e ponderato guardiano: un volpino locale detto pomacchio o pumetto, affettuosi nomignoli nostrani che deriverebbero da Pomerania, la patria del suo pi nobile e blasonato parente. Pomacchio o pumetto, tra laltro, non sono solo nomi abruzzesi, ma anche pugliesi, perch la migrazione delle greggi ha unito da sempre i monti dAbruzzo al Tavoliere, e c unantica e fitta relazione culturale tra le due regioni, figlia della transumanza. Ma torniamo al pumetto, che un cane tutto pepe: se presente, a fianco dei cagnoni, senzaltro lui il primo a sentire ogni rumore, ogni parvenza dallarme, e a partire sparato abbaiando. Una sorta di tranquillante, dunque, per i cani da pecora abruzzesi, che, con vicino quel demonio che tutto sente, possono permettersi qualche sana, rilassata dormitina.

Le cose stanno, comunque, cambiando anche nel mondo dei pastori. In primo luogo le greggi sono trasportate dalla montagna ai pascoli invernali a bordo di camion, e questa la fine dei meravigliosi tratturi, le larghe piste erbose che per secoli e secoli hanno unito lAquila e Pescasseroli al Tavoliere; poi, ovviamente, i biscini non ci sono pi, e da tempo: frequentano la scuola media. allora comparso, a fianco dei cani guardiani, un aiutante nuovo, il cosiddetto cane lupo, che sta al pastore tedesco come il pumetto sta al volpino di Pomerania. lui il moderno biscino. E lo sar, assai probabilmente, chiss per quanto tempo a venire.

Storia del moderno cane corso.


Lallevatore esce dal box portando al guinzaglio Sophie, giovane femmina di cane corso; antica fierezza nel cane, orgoglio e soddisfazione nelluomo. Dal gennaio del 1994 il cane corso divenuto ufficialmente la quattordicesima razza canina italiana. un prezioso recupero e il merito - va detto subito - di alcuni cinofili che una quindicina di anni prima della fatidica data diedero inizio alla difficile impresa. Una sfida, come lha definita Stefano Gandolfi, che fu presidente della Societ amatori cane corso. Ma se il recupero di questo splendido molosso storia recente, le origini del cane sfumano quasi nella notte dei tempi. Da quando esiste la lingua italiana il molosso sempre stato chiamato corso, ma corso non significa della Corsica. Nel dialetto pugliese (la Puglia la regione di massima diffusione) come anche, con alcune varianti, in quello lucano, Calabro e siculo, la parola esiste e significa robusto, fiero. Letimologia del vocabolo incerta. Per alcuni corso deriva dal greco kortos (cortile, recinto) o dal latino cohors (guardia); per altri lorigine celtica ed legata al significato di forte, potente. Incerto anche il tragitto che ha portato nel nostro Sud questa razza. Potrebbe essere arrivato grazie ai procuratores cinogiae che importavano nellantica Roma cani da tutte le regioni dellimpero romano. Erano cani distinti allora in celeres, per rincorrere la selvaggina, pugnaces, per attaccarla, e villatici, per la guardia. Oggi in queste tipologie si tende a riconoscere rispettivamente il levriere, il corso e il mastino napoletano. Quali che siano le origini e letimologia, sta di fatto che nel cane corso forza, potenza e fierezza si fondono in una struttura agile e compatta: taglia mediogrande, testa grossa, collo possente con un po di giogaia, pelo corto nero, grigio, tigrato e fulvo. Nessun carattere estremo ed questo che lo rende bello. Armonia e scioltezza non discendono daltra parte da selezioni troppo spinte, ma piuttosto da una reale funzionalit. stato, e ancora , un cane da difesa, da guardia delle propriet e del bestiame. Era lasciato a vigilare le masserie abbandonate dopo il raccolto. Era utilizzato come bovaro, per la guida e la custodia delle mandrie allo stato brado. Accompagnava i carrettieri che trasportavano le derrate attraverso le campagne deserte. Era impiegato nella caccia alla selvaggina pericolosa, al cinghiale per esempio. Bracchi e segugi scovavano e inseguivano la preda; veniva quindi sciolto il corso che, con un morso al muso od alle orecchie, bloccava il cinghiale. Un cane dalluso eclettico, dunque, intimamente legato alla storia e alla cultura delluomo. Numerose sono le testimonianze scritte ed ampia liconografia. Lo

citano Machiavelli, Verga e Sciascia. Lo ritroviamo raffigurato in bassorilievi assiri, in incisioni settecentesche, come anche nel gruppo scultoreo di Diana e Atteone alla reggia di Caserta. Il rapido mutare delle condizioni socioeconomiche ha inevitabilmente penalizzato questo cane. Nel dopoguerra rischiava lestinzione. Infine il recupero della razza. Quasi unavventura. La ricerca degli ultimi esemplari nelle masserie del Foggiano, le prime riproduzioni in consanguineit, laffidamento dei cuccioli a cinofili appassionati, la definizione dello standard. Ultimo atto, il riconoscimento ufficiale. La quattordicesima, dopo il mastino napoletano, il pastore bergamasco, il maremmano-abruzzese, il bracco, lo spinone, il segugio a pelo raso, quello a pelo forte, il cirneco, il maltese, il bolognese, il volpino, il piccolo levriere, il lagotto.

Il maltese, cucciolo perenne.


I peli del capo candidi, lunghi e setosi sono come capelli, e siccome il cagnolino sembra sempre un cucciolo, spesso lo si scopre anche da adulto infantilmente ornato con nastri variopinti o pettinato con vezzose treccine. del maltese che sto parlando, un cane antico che fin da tempi remoti stato selezionato proprio per fare la parte di un bambino. Io li conosco bene i maltesi. Sono stato a lungo amico di Ugo, che poverino ora non c pi, ma di cui tengo cara una foto che lo ritrae insieme col mio Orso, e ora c Nino, che da Ugo ha ereditato ogni spazio, fisico e affettivo. Ben sappiamo che tutti i cani, chi pi chi meno, sono sempre disponibili, per la loro affettivit, per la loro socialit, a divenire sostituti dumanit. Per certi, per, ci non avviene quasi mai, e penso ai cani dutilit, ai bracchi e ai segugi cacciatori, ai molossi guardiani, ai bovari che guidano le mandrie. Poi, per, esistono i cani detti da compagnia oppure, recentemente, daffezione. Quei cani che una volta erano considerati un lusso, e infatti la tassa da pagare per possederli era pi alta che per gli altri cani. Oggi, a ogni modo, s finalmente capito che anche il dare, e il ricevere, affetto e compagnia pu essere unutilit, e cos la discriminante, e non solo quella economica, definitivamente scomparsa, ed era ora. Maltese significa, ovviamente, cane di Malta, per quel cagnolino - che tra laltro nellisola stato a lungo presente - , si pensa, originariamente un cane greco. Oggi, soprattutto, cane nostro, italiano. Cos almeno viene classificato da chi si occupa di queste cose. Certo che gli antichi greci, i raffinati ateniesi, lo tenevano come cane da vezzeggiare. Di ci c testimonianza nellistruzione che Teofrasto (371-286 a.C), il successore di Aristotele nellAccademia, diede ai suoi concittadini: ... e se muore / un cagnolino Maltese / si erige una tomba / con una piccola stele / su cui si incide / rampollo di Malta. Da quei tempi remoti il cagnolino segu la storia dellumanit, col medesimo ruolo, fino a giungere a noi. Vedere per credere: lo scopriamo in arazzi, come quello denominato Dama e liocorno, nella tavola del Carpaccio conosciuta come Il miracolo della reliquia di Santa Croce, in numerosi altri dipinti di Bruegel, Drer, Goya, Tiziano, Tintoretto, Veronese e di tanti altri pittori.

C poi, pi recente, la storia di Loulou, che fu compagno inseparabile ed amatissimo di Verdi e di Giuseppina Strepponi. Si trovava, il Maestro, a Reggio Emilia - era il 1857 ed in quella bella e melomane citt stava provando il Simon Boccanegra - quando un cucciolo di maltese gli venne regalato, si dice, dal proprietario dellalbergo dove la coppia alloggiava. Da allora Loulou recit, come appunto spesso gli succede, lintrigante parte del sostituto di quel figlio che non c mai stato. Basta leggere, a testimonianza del suo ruolo grandemente affettivo, alcuni frammenti delle lettere raccolte nei Carteggi Verdiani. Qualche esempio. La Strepponi (lettera a Cesarino De Sanctis, SantAgata, 6 maggio 1858): Loulou saluta i suoi amici e ammiratori. Corre a briglia sciolta e litiga continuamente con Black, il mastino. Verdi (lettera ad Arrivabene Gatti, Fidenza, 1 agosto 1862): Caro Arrivabene, io sto bene, ma il nostro Loulou, il nostro povero Loulou, morto! Povera bestiolina! Il mio dispiacere grande e la Peppina nella desolazione! Non ho voglia di venire a Torino.... Se poi vi capitasse di visitare villa Verdi a SantAgata, presso Busseto - una gita, tra laltro, interessante - potreste scoprire, nel bel giardino, la tomba di Loulou. A pi di due millenni dalle istruzioni di Teofrasto, anche Giuseppe Verdi volle mettere una stele. Sopra vi leggerete: A un vero amico.

Il pechinese.
Pekin Peter un nome scanzonato, da marinaio giramondo. Ricorda unatmosfera alla Corto Maltese, unaria da personaggi esotici e scafati, gente dai nervi saldi e dal cuore di leone. E Pekin Peter, nonostante la nobile origine, o forse proprio perci, era proprio cos. Questo almeno vuole la leggenda, che dice appunto che nel piccolo cane alberga un cuore da leone. Il piccolo cane il nobile pechinese, e Pekin Peter fu uno dei primi a sbarcare, verso la fine dellOttocento, in Inghilterra. Il primo, chiss come si chiamava, venne portato in omaggio alla Regina Vittoria negli anni Sessanta di quel secolo. Pekin Peter fu invece offerto in dono da un dignitario del palazzo imperiale a un ufficiale inglese che poi, tornato in patria, lo esib nel 1894 alla mostra canina di Chester. Insomma, nella seconda met dellOttocento una manciata di cani-leone approd in Europa dopo millenni di vita di corte per iniziare lavventura occidentale. E quel cane fu subito di moda, anche da noi. Ne ricordo, per sentito dire, uno di famiglia, e conservo una bella foto di mia mamma, vestita anni Trenta, con il suo Yu Tong tra le braccia. Il pechinese era, nellantica Cina, un cane esclusivo, un nobilcane per nobiluomini e, per darvene unidea, mi piace riportare alcuni dei dettami - anzi, scusate, delle perle cadute dalle labbra - di Sua Maest Tzu Hsi, imperatrice della Terra dei Fiori: Sia il cane-leone piccolo, sorni con una superba cappa il collo e faccia mostra dellondeggiante splendore del suo dorso. Il suo viso sia nero e peloso, la fronte dritta e bassa. Siano gli occhi grandi e luminosi, le orecchie modellate come le vele della giunca di guerra e il suo naso sia simile a quello della sacra scimmia

degli Ind. Siano i suoi arti anteriori curvi cos che non desderi vagare lontano e lasciare i recinti imperiali. Il suo corpo sia formato come quello del leone cacciatore che spia la preda. Sia vivace, cos da intrattenere con salti e capriole, sia prudente cos da non mettersi in pericolo, socievole nelle sue abitudini tanto da poter vivere in amicizia con gli altri animali che trovano protezione nel palazzo imperiale. Il suo colore deve essere quello del leone, sabbia dorata, per poter essere portato nelle maniche dun abito giallo, o del colore dun orso rosso o di un orso bianco e nero oppure macchiato come un dragone, cos da avere le tinte appropriate per qualunque abito del guardaroba imperiale. Che si comporti con dignit e impri a fronteggiare istantaneamente i diavoli stranieri. Che sia esigente per il suo cibo affinch appaia chiaro, proprio per la sua raffinatezza, che si tratta di un cane imperiale... Mi pare daver ben tratteggiato, grazie alle perle dellimperiale Maest, come nasceva quel Pekin Peter, cane forzatamente avventuriero, dal nome certo fittizio ma appropriato per un nobile cinese in fuga. Il pechinese da allora s un po occidentalizzato; stato sottoposto a differenti seppur tenui selezioni e gi si vanno delineando moderne e pi nostrane variet.

Fox terrier, il futurista - ma il cane del futuro il jack russell.


Quando compii sei anni i miei genitori decisero che era giunto il momento di regalarmi, o meglio di regalare alla nostra famiglia, quello che per me fu il primo amatissimo cane. Il suo nome era Bibi. E la scelta fu categorica: doveva essere un fox terrier. Mio padre fu infatti uno dei primi futuristi, poeta e pittore, e la sua preferenza, da tutti noi accettata con entusiasmo, fu motivata col fatto che Marinetti quel cane laveva preso come esempio nel Manifesto tecnico della letteratura futurista. Il venerato maestro di mio padre aveva scritto cos: Gli scrittori si sono abbandonati finora allanalogia immediata. Hanno paragonato, per esempio, lanimale alluomo o ad un altro animale, il che equivale ancora, pressa poco, a una specie di fotografia. Hanno paragonato, per esempio, il fox terrier a un piccolissimo purosangue. Altri, pi avanzati, potrebbero paragonare lo stesso fox terrier trepidante ad una piccola macchina Morse. Io lo paragono, invece, a unacqua ribollente. V in ci una gradazione di analogie sempre pi vaste, vi sono dei rapporti sempre pi profondi e solidi, quantunque lontanissimi... E Bibi si rivel davvero acqua ribollente, tutti lo riconobbero. Mi piace, a ogni modo, prevaricare il fatto personale e parlare pi in generale di questa razza cos speciale, cos peculiare. Mi sono andato convincendo che il fox terrier sia veramente lincarnazione di unidea; a volte addirittura credo che il fox terrier perfetto non esista, non possa esistere. Voi andate in giro e incontrate, per le strade dei quartieri popolari, in campagna nelle cascine, botoli bianchi, neri, soprattutto pezzati. Orecchie dritte o ripiegate, oppure una ritta e laltra che sta gi. Gambe storte, occhi rotondi sporgenti. Code corte, lunghe, trionfalmente arricciolate, voltate sotto, sopra, di lato. Ringhiosi o festosi, sempre una faccia furba, consapevole. Unattenzione viva.

Botoli insomma. Chiedete: Cos quel cane?. (Oppure vi raccontano, perch quei botoli entrano sempre nei racconti; sono, per definizione, cani da racconto). E la risposta sempre, immancabilmente: Un fox terrier. (Oppure, nel racconto: Bill era un fox terrier...). Il fox terrier, insomma, una razza ma anche una non-razza. Per moltissimi, infatti, solo un modo di dire. E se il botolo, o meglio la stessa gamma assurda di diversit, ha invece il pelo un po lungo e un po setoso, allora la risposta (o il racconto) : Un volpino. In questo caso, per, la coda non gli si tagliava, e buonanotte. Altri tempi, e si trattava, in fin dei conti, di un modo ingenuo e simpatico per nobilitare un po quei figli di ignoti che sanno offrirci, tra laltro, uno dei modi pi spontanei, pi belli e liberi di possedere un cane. Non per niente sono cani da racconto. C per anche il fox terrier purosangue, il piccolo atleta, la macchina Morse, lacqua ribollente. a lui che pensava Marinetti. a lui che penso quando dubito che esista. Non c cane infatti pi di lui che debba, necessariamente, concretizzare lidea cristallina del rigido disegno della razza. Lideale, dunque lidea. Perch se vero che ogni domestico sempre costruito, pi o meno, per aderire a unidea ( questa, in fin dei conti, la cosiddetta selezione artificiale), solo per il fox, credo, che la perfezione rappresenti il limite minimo tollerabile. Perch solo lui che, se sgarra anche dun minimo, deborda inevitabilmente nel continuo dei botoli: nel ventaglio delle piccole analogie. Fox dunque o non fox: una razza oppure un modo di dire. Se per si possiede lincarnazione perfetta di unidea (sar mai successo?), allora s che il massimo. Perch quellipotetico cane sarebbe, per ben due volte, un cane da racconti. Pensando a che significa per me un fox terrier, inteso come razza, mi sono fatto lidea, molto personale per la verit, che il primo cane, come il primo amore, non si scorda mai. Si nasconde dentro di noi - quasi fosse un imprinting - una sorta di preferenza per quella razza che rappresent la nostra prima idea di cane. Cos resta spesso una preferenza forte, quando si tratta di scegliere altri cani, nel corso della vita. Io, per esempio, che pure ho posseduto cani diversi, di razza oppure no, dopo il mio primo fox terrier, Bibi, per altre due volte sono tornato a comprarmi un cane di questa razza. Mi ricordo che, nel 1975, appena prima di comprarmi il mio secondo fox terrier, denominato poi Felice (anchesso, come gi sapete, un cane da racconti), spesi circa una settimana in compagnia di Konrad Lorenz che, saputo di questo mio desiderio, cerc in tutti i modi di farmi cambiare idea. Lui infatti preferiva, come noto, i chow chow, i pastori tedeschi e gli ibridi tra queste due razze. Io lascoltavo e sembrava quasi che mavesse convinto. Poi, per, quando se ne fu andato, vinse

limprinting, o presunto tale, o il ricordo struggente di Bibi. Fatto sta che arriv Felice, uno splendido fox terrier a pelo liscio. Ultimo pensiero, ancora a proposito di quei botoli detti, tanto per dire, fox terrier. Il fenomeno risulta sempre meno frequente, e sapete perch? Perch sono arrivati in Italia e divenuti popolari quei cagnetti quasi di razza, cio di una razza, almeno per ora, non ufficialmente riconosciuta, che sono i jack russell. Grazie a loro oggi ancora pi facile fare lantico confondente giochetto perch, se uno possiede un qualsiasi botolo che pi o meno rientra negli schemi morfologici, forse anche caratteriali, del fox terrier, gli riesce meglio affermare: il mio un jack russell. Un cane che, insomma, ha per definizione uno standard vago. Un cane che tutto fuor che, come ho scritto, lidea cristallina - lo standard assolutamente invalicabile - duna razza veramente pura. Risulta cos essere il jack russell la pi recente e vera concretizzazione, direi quasi lufficializzazione, dellidea fumosa del botolo come di un qualcosa che vale. Tanto pi che sempre pi prende valore, e giustamente, laspetto affettivo su quello estetico. Il fox terrier, pertanto, come del resto fatalmente sempre succede, si sta evolvendo da cane futurista a cane passatista. Com il destino, appunto, dogni avanguardia.

Il volpino italiano.
Me lo ricordo ancora quel volpino, colore bianco e coda sbarazzina, bello vivace e sicuro di s. Prima arrivava lui, poi il suo padrone, cui faceva fiero da apripista per calli e campielli. Li salutavo tutti e due, ci fermavamo un po, eravamo amici. Lho conosciuto anni fa, quel cane, quando abitavo da pochi mesi a Venezia. Avevo due finestre che davano su un canale: rio della Madonnetta. Vedevo, da quellosservatorio, i gabbiani volare ed alcuni colombi torraioli che, sui cornicioni del palazzo di fronte, si corteggiavano oppure spiavano tuttintorno per vedere se qualcuno, generoso, mettesse mai un po di becchime su qualche davanzale. Se, invece, guardavo gi verso lacqua, dal mio quarto piano potevo notare, attraccati sotto casa, barconi da lavoro. Tutti, tranne uno, dipinti di blu. Uno, invece, era verde. Era quello il barcone del volpino, ed di questultimo che ora voglio parlare. La mattina di buonora lo sentivo sempre abbaiare, quando il padrone accendeva il fuoribordo. Doveva esserci un conto in sospeso tra lui e quel motore, oppure, pi probabile, semplicemente si trattava solo di un gioco ripetuto, perch ai cani, come ai bambini, piace molto rifare, giorno dopo giorno, i medesimi giochi. Finch diventano un rito. Poi la partenza. Li vedevo sparire, barcone, cane e padrone, verso il Canal Grande, ed era sempre un bel vedere. Pensavo: sono contento che a Venezia ci sia almeno un volpino italiano, e che, oltre tutto, saccompagni a un mezzo di trasporto da lavoro. Perch quel volpino, una volta, era un cane cos, da mezzi di trasporto.

Facciamo un po di storia. Era frequente, quel cane, soprattutto in Toscana (veniva detto volpino di Firenze) ed era spesso lamico dei carrettieri, che in tutte le stagioni trasportavano vino, grano e altre mercanzie su carri trainati da magri cavallucci. Era il volpino che faceva la guardia quando il padrone sallontanava per qualche commissione oppure - caso frequente assai - si fermava in qualche osteria per una mescita di buon chianti. Ed era un antifurto eccezionale: bastava accostarsi al carro perch dallapparente matassa di pelo biancastro venisse fuori un musetto dagli occhi vispi e neri, con due orecchie puntute e un abbaio insistente ed acuto. Quel cane non avrebbe permesso mai, a nessun estraneo, di avvicinarsi. Oltre che amico di povera gente (del popolo minuto, si diceva a Firenze) il volpino venne anche amato dalla ricca borghesia, tanto che a Roma lo si diceva cane del Quirinale. Non lo so con certezza, ma viene da pensare che, forse, qualche volpino abbia abitato proprio in quel palazzo frequentato da gente importante. Ma torniamo al mio volpino veneziano, quello di rio della Madonnetta tanto per intenderci. Non so se avesse proprio tutte le carte in regola quanto a purezza della razza. Se insomma sarebbe stato accettato od addirittura premiato in una mostra. Ma cosa importa? Io so che era bellissimo, soprattutto per lintelligenza che emanava, per la consapevolezza che dimostrava, per la perenne allegria. Vedete, una delle cose simpatiche dellabitare a Venezia che ci si muove, necessariamente, sempre a piedi, senza lincubo delle automobili, e cos si incontra la gente umana e non umana, tutti indistintamente dal volpino al sindaco, e si impra a conoscerli. E questo un valore aggiunto per la citt pi bella del mondo. Ebbene, giorni fa ho incontrato il padrone del volpino, ma il volpino non cera. Perch non c pi quel volpino, finito. Ci siamo guardati negli occhi e abbracciati. Che tristezza quando muore un volpino. Un volpino cos.

Il lagotto.
Come sempre mi piace, per raccontarvi di un moderno cane di razza, il lagotto, partire da lontano. Solo cos, davvero, si impra cosa c dentro un cane. Perch ogni cane fatto di natura e di cultura, e ogni possibile proprietario dovrebbe sempre conoscerne la storia. Esiste, sparsa per lItalia, una preziosa editoria locale che mantiene nella memoria usanze antiche, parole altrimenti perdute. Lagt, per esempio, un termine che si pu trovare nel Vocabolario romagnolo-italiano italiano-romagnolo pubblicato a Ravenna, Edizioni del Girasole, nel 1971. Cos, cercando quel lemma, si impra che aggettivo proveniente da lago, e di sguito si legge del can lagt, cane da acqua. E dello stesso cane si legge in ben pi antiche opere. C perfino una stampa che lo raffigura come una sorta di barbone, furbo e attento. Lo si immagina, dallatteggiamento, scodinzolante. Storie di un tempo passato, di quando la Romagna era diversa, pi acqua e meno terra. Prima delle bonifiche cerano lagune ricche di uccelli, cerano

personaggi pittoreschi, i vallaroli, e loro compagno, sempre presente sui barchini, recuperatore diligente di folaghe, gran nuotatore, era il ricciuto cane dacqua, il lagt appunto. E probabilmente, gi allora, era anche un po cane da tartufi, perch i vallaroli facevano di tutto, e cos i loro cani. La specialit completa e circoscritta s andata per sviluppando solo negli ultimi centanni o poco pi, quando i cercatori di tartufo hanno iniziato unempirica selezione basata sul risultato pratico immediato. Cos i lagotti hanno cambiato la loro vocazione primaria, di cani dacqua, e il loro successo ne ha fatto estendere la distribuzione anche nelle zone collinari dellEmilia Romagna, e in altre zone ricche di tartufi. Il lagotto un cane piccoletto, di pelo ricciuto, di coda lunga sempre in movimento, e siccome il cane con la coda parla e, quando lagita, io penso che rida (o almeno sorrida), questo vuol dire, a mio parere, che il lagotto un cane di umore buono, e dato che i compagni di vita proprio cos mi piacciono, chiss che un giorno non me ne compri uno. Secondo gli esperti, a ogni modo, la coda in movimento importante perch informa che il bersaglio raggiunto. Inquadro la scena: autunno avanzato, quasi inverno. Sottobosco, foglie fradice, nebbiolina. Il lagotto attentissimo censisce odori trottando e fiutando, il naso a terra. Lallegria laccompagna (gioco e lavoro sono per lui la medesima cosa), la coda sventaglia bassa. Poi, dimprovviso, si ferma, gira un po intorno fiutando il terreno, comincia a scavare. Allora la coda salza dritta e sbandiera forte. il segnale: il tartufo stato scoperto. Il padrone sposta gentilmente il cane, lo premia (un bocconcino) e, estratto lapposito strumento, si mette lui stesso alla ricerca. Questo il lagotto quando lavora, e questa storia secolare. Ma ho scritto anche, iniziando, che il lagotto razza moderna. infatti da poco che la cinofilia ufficiale ne ha stabilito uno standard e ha organizzato i libri genealogici. Ha dato inizio, insomma, a quella necessaria trafila di controlli e di scartoffie che garantiscono la purezza di un cane. Ha certificato, potrei anche dire, levoluzione dal lagt al lagotto. E ora il lui tutto nostro, perch, come tutti i suoi simili, soprattutto lamico delluomo. Che vada in cerca di tartufi oppure no.

Il Pitbull, una razza infelice.


Io li amo i pitbull, li amo e mi fanno pena. Oppure li amo perch mi fanno pena? A ogni modo, quante sono, ormai, le persone aggredite e, talora, gravemente ferite da dei pitbull? Credo sia giunto il momento di affrontare, con senso di responsabilit e senza altri indugi questo problema, che serio e che, altrimenti, fatalmente destinato ad andare avanti allinfinito. Un passo importante stato, sicuramente, lapprovazione della legge che definitivamente impedisce i combattimenti tra cani. Ma - occorre dirlo - il problema permane perch, come purtroppo spesso accade, manca la capacit, quella legge, di farla rispettare. Tante altre cose, per, sarebbe opportuno fare, perch il fenomeno dellaggressivit dei pitbull, e in genere canina, complesso e riguarda non solo i

cani ma, e forse anche pi, i loro proprietari, nonch, con non inferiori responsabilit, gli allevatori. Analizziamo, brevemente, il problema. Il comportamento aggressivo dei pitbull deriva dallassommarsi di tre componenti. Una genetica, perch questi animali vengono selezionati apposta per essere aggressivi. Ci non di meno - e i tanti casi di pitbull buoni e affidabili lo dimostrano - la componente genetica, di per s, non la pi importante. Potrei dire che attribuisce allanimale una predisposizione di cui tener conto, ma, sapendo come fare, controllabile. , invece, lesperienza quella che soprattutto conta. E i pitbull di norma sono allevati, oltre che selezionati, per crescere aggressivi. Talora perci duramente maltrattati. questa la seconda, e pi importante, componente. Ma ce n unaltra che, a mio parere, rappresenta davvero lelemento fondamentale: i cani da combattimento vengono in tutti i modi incoraggiati ad aggredire per primi, a non mollare la presa, a sconfiggere lavversario persino ammazzandolo. E i cani assimilano tutto ci. Nelle loro semplici menti rinforzano il concetto (proprio cos) che la loro ferocia accontenti i loro padroni. E questo, per un cane, ci che conta maggiormente. Ecco allora limportanza del coinvolgimento e della responsabilizzazione degli allevatori. Questi, in primo luogo, dovrebbero vendere i loro cuccioli soltanto a persone equilibrate e mature, che danno garanzie di affidabilit, poi, in secondo luogo, gli allevatori dovrebbero offrire istruzioni per un corretto allevamento e addestramento. Gi il rispetto di questi due punti incrementerebbe grandemente il numero di quei pitbull buoni e affidabili di cui s detto. Inoltre unultima cosa potrebbero (o meglio dovrebbero) fare: invertire la tendenza selettiva. Attualmente, per le richieste della parte peggiore del mercato (ma che, verosimilmente, non la minore) vengono scelti come riproduttori gli individui, maschi e femmine, pi aggressivi. Basterebbe scegliere, invece, dalla parte opposta della curva dellaggressivit per ottenere, in poche generazioni, dei pitbull totalmente diversi dal punto di vista comportamentale. Diciamo, infine, dei proprietari. Possedere un pitbull, evidentemente, non come possedere un barboncino. Non tutti sono in grado di allevarli bene e poi di saperli controllare. Lo so, sarebbe un poco laborioso, ma forse non sarebbe inutile che, una volta raggiunta la maturit dellanimale, la coppia cane-padrone venisse sottoposta ad un semplice esame. Tanti sono gli esperti che, rapidamente, sarebbero in grado di rendersi conto, con poche semplici prove, del temperamento dellanimale ed insieme della capacit e affidabilit del padrone. Etologi, veterinari, addestratori, gli stessi allevatori. Lho anticipato, non facile, ma solo affrontando il fenomeno globalmente, solo avendo la forza di fare rispettare le necessarie leggi, sar possibile risolvere questo tristissimo problema.

I bovari svizzeri.
Una storia che mi ha sempre affascinato quella dei bovari svizzeri. Fino a non molti decenni fa le quattro razze attuali non erano completamente distinte e definite. Per usare una parola ora di moda si potrebbe dire che, allinterno delle

popolazioni di quei bovari, esisteva una interessante e funzionale biodiversit. noto, infatti, che quei cani tra loro diversi agivano bene in gruppo, quasi fossero una societ dove ciascuno faceva la sua parte. Cos, per fare un esempio, un bovaro piccolo, come attualmente potrebbe essere quello dellEntlebuch, saccorgeva di un qualche pericolo per la mandria, come lavvicinarsi di un animale o di un uomo estraneo, e subito avvisava, abbaiando, un suo collega di taglia grossa, quello che oggi sarebbe un bernese o un grande bovaro. A questo punto toccava a questultimo occuparsi del problema. Insomma, ciascuno aveva un suo ruolo e proprio perci quella biodiversit era funzionale. Come accade sui pascoli dellalto Appennino centrale nei gi citati grandi cani abruzzesi che venivano allertati da piccoli pometti, tanto simili ai volpini. A dire la verit, se queste storie di biodiversit, di alleanze, di suddivisione di ruoli mi affascinano perch si tratta di una storia antica che continuamente si ripete: basta pensare allorigine delle tante e diverse razze canine, tutte derivate dal selvatico lupo. Una biodiversit importante, fisica e comportamentale, era infatti gi presente, e non poteva essere diversamente, nelle mute di lupi, dalpallipes al nordico, dove la suddivisione dei ruoli era ed essenziale perch possano fare utilmente squadra. C chi segue la traccia del selvatico, chi laggira e impedisce la via di fuga, chi per primo laggredisce. stato proprio dalla biodiversit insita negli antenati selvatici, morfologica e soprattutto comportamentale, che luomo seppe selezionare, attraverso un percorso evolutivo durato pi di diecimila anni, le differenti razze canine, caratterizzate, oltre che dallaspetto, da tante diverse vocazioni. La storia dei bovari svizzeri, nel suo piccolo e nel suo recente, non fa dunque che replicare una storia antica. Il bovaro del Bernese uno di quei cani dalla bellezza che si potrebbe dire facile, nel senso che non bisogna essere specialisti per coglierla. E anche per restarne affascinati. una bellezza cos naturale da parlare a tutti, diversa com da quella di certe altre razze che hanno dovuto fissare ed addirittura normalizzare mutazioni che in origine altro non erano se non patologie. Razze estreme, razze strane. Ebbene, verosimile che il moderno successo che il bovaro del Bernese va cogliendo in varie parti del mondo - pare tra laltro sia stato, a scopo estetico, anche un poco incrociato col terranova - sia per buona parte da addebitare proprio alla sua bellezza, al suo fascino immediato. Il che, di per s, non ovviamente un male, ma pu anche nascondere dei pericoli. Perch la bellezza del bernese pu spingere allacquisto persone impreparate ad apprezzarne le grandi doti di intelligenza, di equilibrio, di autonomia. Doti che si sono andate geneticamente raffinando in una lunga storia evolutiva spesa lavorando in collaborazione con gente che sapientemente sapeva prima farle sviluppare e poi utilizzarle. Facendolo agire in una vita ricca di stimoli, di compiti, vera e soprattutto responsabile. Una vita che naturalmente esaltava quellaltra bellezza, quella comportamentale. Perch lesperienza, lautonomia, che costruisce lequilibrio, la consapevolezza, insomma lintelligenza del cane. evidente che ormai molti cani sono destinati a una vita urbana, da animali da compagnia. C modo e modo, per, per farli crescere, per tenerli. Niente di pi triste, infatti, che vedere uno di questi grandi cani umiliato da un perenne guinzaglio, sacrificato in una, seppure dorata, cattivit. Impossibilitato ormai di esprimere le sue straordinarie potenzialit. Credo sia dovere degli allevatori non

solo selezionare, ma anche istruire i futuri proprietari al fine di non umiliare la pi importante bellezza dei loro cani, quella che non si vede.

Il terranova.
Ogni anno la Societ di Salvamento attribuisce, a numerosi cani dacqua, il brevetto da bagnino, e per lo pi si tratta di cani di Terranova. Due le prove per essere promossi: trarre in salvo un bagnante e raggiungere unimbarcazione in pericolo. Cose, a ben pensarci, che sanno fare solo i cani e gli uomini (forse i delfini), e tra i cani non ci sono solo i terranova ma ovviamente anche altri cani. Questi cani con la patente, poi, si esibiranno sulle spiagge in manifestazioni di propaganda e, assai pi importante, dovranno cimentarsi con eventi questa volta veri e perigliosi, e sar allora che mostreranno tutta la loro intelligenza e il loro coraggio. dunque del terranova che voglio parlare, di lui che giustamente stato definito il San Bernardo delle acque. Il terranova un immenso, pelosissimo, dolce, brontolone, cisposo, tollerante cagnone nero. Io che da bambino ne ho per anni frequentato uno, ben mi ricordo di come era bello toccarlo, prendere tra le mani, un po grattando, un po dolcemente scuotendo, quel testone largo e poderoso. Penso che un cagnone cos, immenso e saggio, possa dare molta sicurezza ad un bambino. Io almeno ho ricavato questa impressione, ho mantenuto questo ricordo, e voi dovete perdonarmi queste incursioni nella lontana memoria personale: voglio dirvi che il terranova lo conosco bene. Che uno dei miei. E ora voglio spendere qualche riga raccontando la specialit del simpatico bestione. cane dacqua, vho detto, e in effetti da tempo immemorabile, nel suo paese dorigine e dovunque, stato usato come cane da salvataggio nei casi di naufragio. un nuotatore formidabile, robusto, docile e facilmente educabile; facendogli seguire un apposito addestramento possibile ottenere da lui quelle poche cose essenziali per il soccorso di chi sta annegando, oppure per portare aiuto a una barca in difficolt. Il terranova infatti sa apprendere a portare in acqua un salvagente o, tuffandosi a comando da una scialuppa, a trascinare una fune sino a riva. E sa accompagnare a terra una persona che in acqua si trova in difficolt. Accetta che gli si metta un braccio intorno al collo e nuota lento, attento e deciso. Oltre al classico terranova di colore nero ne esistono alcune varianti, ben pi rare, a macchie bianche e nere o di un colore rosso cupo. E poi c il Landseer, pure bianco e nero, che prende il nome da un pittore ottocentesco inglese, Sir Edwin Landseer, che ne dipinse molti. Il Landseer ora viene considerato razza a s, perch da tempo non pi incrociato con i terranova. Le differenze tra le due razze, a ogni modo, sono tali da sfuggire a chi non un esperto specifico di queste razze.

Levrieri orientali.
Per chi non lo sapesse, nel Settecento un certo Johann Kaspar Lavater si divert a evidenziare somiglianze tra le fisionomie umane e quelle di certi animali. Poi,

piuttosto fantasiosamente, attribu loro significati caratteriali. La donna-gallina, tanto per dire, non avrebbe dovuto essere poi tanto intelligente. Allora si ignorava, infatti, la sublime intelligenza dei polli (per saperne di pi, come si dice, leggere G. Vallortigara, Cervello di gallina, Bollati Boringhieri, Torino 2005). Lavater, a ogni modo, sinvent una scienza un po lombrosiana, la fisiognomica, che ovviamente nessuno pi prende sul serio. Nemmeno io, naturalmente. Eppure - mi spiace confessarlo - ma, dovendo parlare del levriere russo, detto anche borzoi, non posso non pensare (spero che qualcuno ancora lo ricordi) a quello splendido attore che fu Misha Auer, caratterista russo sbarcato a Hollywood. Quel Misha, per citare il meglio, de Limpareggiabile Godfrey, di Rapporto confidenziale ma, soprattutto, di quellHellzapoppin i cui geni immancabilmente rispuntano in quasi tutti i pi moderni e originali film comici. proprio vero: Misha, cos allampanato e cos russo, ha il fisico e lo spirito di un borzoi, anche se il cane vero, forse, sembra un po pi nobile dellallegro-triste, spesso squattrinato attore, ma tant, ci che assolutamente garantito che luno richiama terribilmente laltro, e viceversa. Questidea della straordinaria nobilt dei levrieri russi (a parte che lo sono davvero) viene da molto lontano. Ai miei tempi, quandero un ragazzino, cera la moda della rivista. Quella di Dapporto, di Walter Chiari e di Rascel ma, soprattutto, della divina Osiris, la Wandissima che strabiliava noi allora di primo pelo non solo col lancio di rose rosse in platea e con il conturbante prepotente profumo, ma anche col suo drappello di maestosi levrieri russi. Il massimo, pensavamo, quanto a distinzione. E, abbandonando i ricordi personali, posso fare un ulteriore passo indietro raccontando di quella Milano ottimista e luminosa dove i buoni ambrosiani, facendo i loro tradizionali quaterpass in galeria, semozionavano incrociando, alti e slanciati, Guido da Verona e la sua favolosa amica bionda in compagnia di due stupendi borzoi, alti e slanciati pur essi. Cani, dunque, che furono dabbigliamento, usati per conferire un tono, unimmagine. E in realt lo sono ancora, dato che, ormai, se si vuole ammirarne qualcuno, la soluzione di cercarlo sulle pagine duna rivista di moda. Purch sia alta, naturalmente. Il fatto che il borzoi di quando ero un ragazzo era gi in totale decadenza. Perch - Misha ce lo spiegava coi suoi personaggi - quelli erano i tempi dei nobili russi in esilio, costretti a far da autisti o da portieri gallonati. E pure essi, come i loro divini borzoi, conferivano raffinatezza ai nuovi ricchi che in vario modo se li erano accaparrati. Stessa gente stessa sorte, i cui tempi belli sono finiti ormai da un pezzo. Da quando, cio, quegli uomini e quei cani cacciavano insieme i lupi nella steppa. Allora la loro bellezza era vera e funzionale allazione e mai, immagino, era possibile scoprire nel loro sguardo tagliente, umano-canino, quel velo di noia che poi ha reso cos distaccato, cos distinto, ma anche cos perdutamente triste, quel cane e, sua vaga caricatura umana, quel comico chiamato Misha. Tra i levrieri orientali, a ogni modo, c pure lafghano, anchesso stupendo e fuori moda. Cane abbinabile, per storia e per immagine, al russo borzoi. Cos abbinabile che - lho scoperto per caso sere fa - in certi spettacoli televisivi pu addirittura fare la sua controfigura. In questo ruolo lho visto, o meglio lho ammirato, in quella trasmissione di ritagli che Supervariet di Rai Uno. Ho infatti

scoperto, nel rifacimento di uno spettacolo di Wanda Osiris con, ovviamente, una falsa Wanda, anche dei falsi borzoi, interpretati perfettamente per, essendo anchessi tristissimi, da alcuni sfigatissimi afghani. Luci (e ombre) del variet. E, sempre in tema di cani e di spettacoli, devo ora dire dei fratelli Marx che, forse non tutti lo sanno, originariamente erano cinque, non tre, e tutti col loro bravo nome darte terminante in o. I pi famosi erano Chico, Groucho e Harpo, ma cerano anche Gummo e Zeppo. Ebbene, fu questultimo, il pi giovane dellallegra brigata, che dopo un po la smise con lo spettacolo per dedicarsi alla cinofilia. Fu lui che per primo introdusse gli afghani in America. Cani anchessi, come i borzoi, antichi e fieri. C gi traccia di loro in un papiro egizio del IV millennio a.C. Li si ritrova poi in antiche iscrizioni ebraiche, indiane e russe, e indizi della loro presenza sono stati scoperti un po in tutto lOriente, sia medio che estremo. Accompagnavano i nomadi mercanti di lapislazzuli trasportando quelle pietre preziose in bisacce legate ai loro dorsi. La loro vera patria, comunque, rimase sempre lAfghanistan, e il loro vero, antico lavoro, la caccia alle capre selvagge di montagna. Parimenti ai borzoi erano nobili e fieri, e mi vien da pensare che questo loro essere fatalmente fuori moda dipenda proprio da questa loro severa distinzione. Se guardo infatti i cani ora di moda, anche di grossa taglia, in loro sempre scopro tracce di infantilismo: penso ai golden retriever, ai labrador, ai pastori bernesi, perfino ai terranova. Fronti bombate, grandi occhi tondi, muso non troppo lungo, orecchie ripiegate in gi, aspetto pacioccone e carattere giulivo. Lopposto, rispetto a quei distinti signori dun tempo che fu. Non sar, il loro declino, anchesso un segno dei tempi? E, PER FINIRE, UN FLORILEGIO DI CITAZIONI.

Il cane secondo loro.


Enrico Bagnato, Languilla nella cisterna. Quelli del comune vennero una mattina, / lo presero col laccio, lo spinsero / nel furgone e chiusero il portello. / Fine della libert per Black. Per anni / cane di cantieri e poi guardiano / avventizio di villette periferiche, / ai cui cancelli prendeva scarso cibo / in cambio. Sulla pelle del randagio / trionf la legalit. Charles Baudelaire, Lo spleen di Parigi. Il cane infangato, il cane povero, il cane che non ha casa, il cane passeggiatore, il cane saltimbanco, il cane in cui listinto, come nel povero, nel vagabondo, nellistrione, aguzzato a meraviglia dalla necessit, questa buona madre, questa vera padrona delle intelligenze. Edmondo Berselli, Li. Biografia morale di un cane. Cos, non appena la si sente uggiolare inquieta, basta un rapido sguardo tra me e Marzia per raggiungere immediatamente la linea ideale di un tacito ma liberatorio accordo, il cui primo comma recita: al diavolo le norme regolamentari, gli ammonimenti dei coniugi Preti, le regole accademiche severissime orecchiate o lette qua e l: adesso il cane viene a dormire qui in camera con noi, e niente storie. E chi se ne frega dei precetti. Dino Buzzati, Corriere della Sera, a proposito di Laika.

Addio dunque, gentile cagnolino che non scodinzoli pi, che non avrai pi una cuccia, temo, n il prato, n la palla, n il padrone. Tu morrai in crudele solitudine senza saper dessere un Eroe della Storia, un Simbolo del Progresso, un Pioniere degli Spazi. Ancora una volta luomo ha approfittato della tua innocenza, ha abusato di te per sentirsi ancora pi grande e darsi un mucchio di arie. Charles Darwin, Lespressione delle emozioni nelluomo e negli animali. Il mio cane, quando per gioco mi afferra con i denti la mano ringhiando, se mi fa un poco male e io gli dico Piano, piano! continua a mordermi, ma scodinzolando e accucciandosi sulle zampe anteriori sembra dirmi Non preoccuparti, tutto un gioco ! Edmondo De Amicis, Il mio ultimo amico. Povero mio Dick, fedele amico! Tu vieni ogni mattina a darmi il buon giorno, come se questaugurio avesse ancora per me un significato, e quando, irritato di rivedere il sole, ti respingo, tu aspetti un miglior momento, e ritorni. Jerome K. Jerome, I pensieri oziosi di un ozioso. Non si cura di chiedersi se abbiate torto o ragione; non gli interessa se abbiate fortuna o no, se siate ricco o povero, istruito od ignorante, santo o peccatore. Siete il suo compagno e ci gli basta. Egli sar accanto a voi per confortarvi, proteggervi e dare, se occorre, per voi, la sua vita. Egli vi sar fedele nella fortuna come nella miseria. il cane! Primo Levi, Laltrui mestiere. Certo, per quanto ci sforzassimo, non raggiungeremmo mai le prestazioni di un cane, plasmato da millenni di selezione naturale ed umana, e costantemente allenato: un bracco che segue una pista, col naso a terra e quasi correndo, esegue a ogni istante una complessa analisi dellaria, quali- e quantitativa, che sfida quanto potrebbe fare il miglior gascromatografo attuale; il quale oltre a tutto costa molti milioni, non sa correre ( anzi delicato e mal trasportabile) e, non si affeziona al padrone. Jack London, Zanna Bianca. Sotto la tutela del dio folle Zanna Bianca divenne un demone. Fu tenuto incatenato in un pollaio in disuso dietro il forte, e l Beauty Smith lo sfidava e lo irritava, stimolando la sua ferocia con mille piccole vessazioni. Luomo scopr ben presto la suscettibilit di Zanna Bianca al riso, e non mancava mai, dopo averlo tormentato spietatamente, di ridere di lui. Era un riso rumoroso e sprezzante, sottolineato da un indice puntato ironicamente contro di lui. In quei momenti la ragione abbandonava Zanna Bianca, che nei suoi trasporti di rabbia diveniva pi folle dello stesso Beauty Smith. Konrad Lorenz, E luomo incontr il cane. La fedelt del cane un dono prezioso che impone obblighi morali non meno impegnativi dellamicizia con una creatura umana. Curzio Malaparte, Cane come me. Mia questa sua dignit di fronte agli uomini, mio questo suo orgoglioso coraggio di fronte alla vita, questo suo disprezzo per i facili sentimenti umani. Mia

la sua coscienza morale. Ma pi assai di me egli sensibile agli oscuri presagi, alla voce della natura. Franco Marcoaldi, Parola di cane. Dai retta a me, padrone mio, / pensa di meno a te / e asseconda il vento. / Svuotato lio, sarai pieno di vita: / importa poco se per un anno, dieci o cento. Anna Maria Ortese, Alonso e i visionari. Questa bestia, indecisa pareva, come tutte le bestie stanche e smarrite, ci guardava dal margine di un marciapiede dove si era rifugiata. Era un cane di taglia media, di razza qualsiasi, o indefinibile, di mantello del tutto bianco - bianco come la neve - ma sparso di macchie rosse. Si era ferito forse, capitando sotto una macchina, o aveva ricevuto delle sassate. Barcollava, come se fosse infinitamente vecchio e non ricordasse pi da dove proveniva, o dove voleva andare. I suoi occhi erano aperti, ma direi secchi - forse bruciati da qualche sevizia, o piaga non vedevano sicuramente. Francisco Garca Pavn, Le sorelle scarlatte. Il povero uomo tende al ricordo, a far rivivere quello che fu, per illudersi che cos non morir del tutto. E conserva quadri scuri raffiguranti mele ormai finite in bocca ad un maiale di quattro secoli fa, o disgustosa selvaggina morta, il collo allingi, color corteccia dalbero. O ritratti di mastini di molti secoli fa, che per non fanno pena, perch loro non vanno a vedersi nei musei e non conservano nei vecchi canterani i collari degli avi, n gli importa di quello che sono o di quello che stato. Vite perfette, le loro, vissute fra il muso e la coda, sempre uguali, senza aldil metafisici n aldiqu futuribili. Umberto Saba, Scotch-Terrier, poesia dedicata alla figlia Linuccia. Avevi un cane, Ilo di nome, bello, / che a vederlo su un prato in tondo correre / la sua felicit chiamava lacrime. / Ti mor quella volta della Francia. / E fu un lutto domestico e del mondo. Cathleen Schine, I newyorkesi. Naturalmente, si era presa un cane. Allinizio aveva deciso per un gatto pensando che, visto che sembrava lanciata a precipizio verso uneccentrica zitellaggine, avrebbe dovuto cominciare a equipaggiarsi. Ma quando era arrivata allASPCA, la societ che si occupa della prevenzione delle crudelt contro gli animali, aveva visto un vecchio cane, un grosso pitbull incrociato, cos bianco da sembrare quasi rosa, una femmina che scodinzolava con un tale signorile pessimismo che laveva portata a casa con s. Laveva chiamata Beatrice, malgrado avesse giurato di non darle un nome da umano, trovandola una cosa bizzarra e particolarmente patetica per una donna senza figli. Ma il cane le sembrava meritare un nome vero. Beatrice non era giovane. LASPCA laveva trovata mentre vagava per le strade del Bronx. Quasi morta di fame e coperta di pulci, era palesemente sopravvissuta ad unesistenza difficile. Beatrice era un nome con una sua intrinseca dignit, e Jody pensava che la vecchia cagna lo meritasse. Arthur Schopenhauer citato in I colloqui di Schopenhauer di Julius Frauenstadt. Se non ci fossero i cani io non vorrei vivere. Luis SepLVEDA, Patagonia Express.

Che fanno due cani quando si incontrano per la prima volta? Non latrano, non uggiolano, non dicono nulla, si limitano ad annusarsi il posteriore, a volte fermi, altre girando. Non fanno che questo, annusarsi il posteriore senza pensare a contratti o a condizioni. Alla fine di questo rituale cos semplice decidono se si attaccheranno, se ciascuno continuer per la sua strada dimenticando laltro o se, insieme, imboccheranno un sentiero che li porter fino allinferno. Mark Twain, Lettera a WD. Howells. Il cane un gentiluomo. Spero di andare nel suo paradiso, non in quello degli uomini.

APPENDICE.
Linee guida per linserimento e la corretta educazione del cane nella famiglia umana, di Luisa Mainardi. (luisamainardi@doggypark.it) Il punto di riferimento per comprendere, prevenire, ed eventualmente rimediare a eventuali comportamenti patologici del cane la conoscenza dello sviluppo del suo comportamento normale. I cani sono lupi domestici, cio selezionati dalluomo per meglio adattarsi a vivere ed a lavorare allinterno delle comunit umane. Gli ultimi progressi sulla conoscenza del comportamento dei cani e dei lupi e sulle potenzialit delle loro menti intelligenti ci aiutano a capire molte cose sul comportamento dei nostri amici cani e su come bene rapportarsi con loro.

PRIMA PARTE. Lorigine del cane ci svela la sua natura.


Quando il lupo divenne cane. Il lupo, tra tutti gli animali, fu il primo a essere addomesticato. Ci avvenne circa quindicimila anni fa quando gli uomini ancora vivevano cacciando e raccogliendo quello che poteva essere mangiato. Lallevamento del bestiame e lagricoltura non erano ancora nati, e fu proprio grazie ai lupi domestici, cio ai cani, che gli uomini poterono sviluppare con successo queste attivit cos importanti per il loro benessere e per la loro evoluzione. Ritratto dellantenato. Perch, tra tutti gli animali con cui luomo migliaia di anni fa veniva in contatto, fu scelto proprio il lupo? Vediamolo assieme. 1) I lupi hanno una struttura sociale molto simile alla nostra, addirittura sovrapponibile. La famiglia del lupo formata da: DUE LEADER: padre e madre;

FIGLI QUASI ADULTI: cooperano attivamente con le attivit del branco e sono ormai pronti per staccarsi dalla famiglia (lupo solitario) e cercare un compagno per formare una nuova famiglia; GIOVANI: cooperano attivamente con le attivit del gruppo ma sono ancora troppo giovani per formare una nuova famiglia; FIGLI PICCOLI: sono del tutto dipendenti dalla famiglia e spendono il loro tempo a imparare, principalmente attraverso le attivit di gioco. 2) I lupi, come gli uomini, sono animali sociali. Hanno quindi la capacit di formare profondi legami affettivi allinterno del loro gruppo familiare. 3) I lupi sono predatori e cercatori dal fiuto e dalle capacit formidabili. Anche gli uomini, quando circa quindicimila anni fa cominciato il processo di domesticazione, erano cacciatori-raccoglitori. Le loro attivit erano dunque estremamente simili. 4) I lupi sono animali territoriali e quindi fanno la guardia. 5) I lupi, come gli uomini, sono capaci di riconoscere la leadership e di fare lavoro di squadra. 6) I lupi, come gli uomini, sono capaci di specializzarsi in molti compiti differenti. 7) I lupi sono animali molto intelligenti, che come noi sono capaci di imparare cose nuove nel corso di tutta la vita. 8) I lupi sono animali estremamente adattabili, che proprio grazie alla loro straordinaria capacit di imparare possono adeguarsi ad ambienti molto diversi. Principalmente per questi motivi i lupi domestici risultarono ben presto essere di grandissimo vantaggio evolutivo per gli uomini che li possedevano, garantendo un maggiore successo nella caccia e nella ricerca del cibo, e consentendo alle famiglie umane di difendersi meglio dai predatori e dai nemici che li minacciavano. Da quei primi momenti, nel corso di tutta la successiva storia delle nostre societ, i lupi domestici, cio i cani, sono stati sempre presenti accanto agli uomini. E con laumentare ed il diversificarsi delle attivit degli uomini anche i cani, grazie alla loro duttilit genetica, sono stati selezionati per ottenere tipi differenti di cane, specializzati nello svolgimento di compiti specifici. Nel corso dei millenni sono state selezionate moltissime variet di lupo domestico, differenti tra loro per forma, dimensione, colore, ma anche per attitudine fisica e mentale allo svolgimento dei pi svariati compiti lavorativi. Sono cos nate le razze canine, ciascuna con una differente specializzazione, ma tutte accomunate dalla straordinaria capacit di legarsi affettivamente e di imparare a cooperare attivamente con luomo. La societ e la leadership. C un etologo canadese, David Mech, che da pi di ventanni studia i lupi in natura. grazie ai suoi studi che oggi possiamo interpretare tanti comportamenti dei cani (si veda link http://www.wolf.org/wolves/learn/basic/resources/mech_ pdfs/2 67 alphast atus_english .p df). I lupi, infatti, prima di allora, erano stati studiati solo in cattivit, e questo aveva portato a convinzioni errate e fuorvianti. Dobbiamo a lui la scoperta che quelli che

venivano chiamati branchi di lupi sono in realt famiglie molto simili alle nostre, guidate da un padre e da una madre. Unaltra scoperta, forse la pi sorprendente, riguarda la leadership. In tutti gli anni di osservazione infatti Mech non ha mai assistito a uno scontro cruento tra i membri dello stesso gruppo familiare, ma ha potuto constatare come la leadership allinterno delle famiglie venga esercitata senza luso della violenza, ma solo attraverso la comunicazione fisica (irrigidimento del corpo, fissit dello sguardo, esposizione dei denti, orripilazione eccetera), vocale (emissione di brontoli e ringhi trascinati e prolungati), e con la prossemica, cio attraverso il controllo attivo delle distanze e degli orientamenti del corpo tra i contendenti. Niente lotte cruente per la dominanza quindi, come si credeva un tempo, ma solo tanta comunicazione per risolvere tutti i dissapori che inevitabilmente possono sorgere quando si vive assieme. Ebbene, la mente sociale e gerarchica dei nostri cani discende da quella del lupo, con le ovvie differenze sorte nel corso del loro addomesticamento. Di ci verr tenuto gran conto in questa appendice, il cui scopo principale essenzialmente pratico.

SECONDA PARTE. Come deve essere un buon leader.


Vediamo quali tratti distinguono i bravi capobranco, cio i leader capaci di guidare con successo e senza conflitti i loro cani. Un buon leader non aggredisce mai i membri della propria famiglia. Come succede allinterno delle famiglie di lupi, lo stesso deve succedere nella famiglia adottiva del cane. I leader fanno tante cose: insegnano, proteggono, guidano il gruppo, distribuiscono il cibo, decidono e impongono le loro decisioni, ma mai, proprio mai, lo fanno usando la violenza allinterno della loro famiglia. E questo perch i lupi, come molte specie sociali, hanno evoluto tutta una serie di comportamenti, spesso ritualizzati, che consentono di risolvere i conflitti tra gli individui dello stesso gruppo e di valutare la rispettiva forza fisica e caratteriale senza ricorrere allo scontro diretto. Gli scontri infatti tra grandi predatori come i lupi, o come i cani, potrebbero risolversi con ferite gravi o gravissime per i contendenti, indebolendo cos lintero gruppo familiare. Le armi, che nel caso dei cani e dei lupi sono i denti, vengono usate solo verso i nemici e le prede, e mai allinterno della famiglia. Tornando ai cani, che entrano nelle nostre case come componenti in tutto e per tutto delle nostre famiglie, conoscere il lupo ci aiuta a capire quanto pericoloso possa essere luso delle punizioni fisiche a scopo educativo. Il cane, infatti, che un lupo domestico, non le capisce. Si aspetta che in caso di conflitto tutto si risolva con luso della comunicazione sociale, e mai della violenza. Per lui ogni forma di maltrattamento equivale a una aggressione ed a una dichiarazione di conflitto, non a una indicazione su come fare o non fare qualcosa. Se sgridiamo il nostro cane urlando, se lo picchiamo, se gli facciamo fisicamente male, il nostro cane si dimostrer avvilito.

Questo perch aggredendolo ci comporteremo da nemici, e non da componenti della stessa famiglia. Sul momento smetter di fare quello che sta facendo e cercher di capire perch lo stiamo aggredendo. Poi quasi certamente cercher di farci calmare, mandandoci dei segnali di calma, usando cio la comunicazione per risolvere il conflitto senza ricorrere alla violenza. Se per continueremo ad aggredirlo ignorando i suoi segnali di calma e pacificazione, quello che gli comunicheremo sar che noi siamo suoi nemici, e che tra noi i patti di non belligeranza, che per i cani allinterno delle famiglie sono sacri, non esistono pi. E se le occasioni di aggressione si ripeteranno il cane avr la conferma del fatto che noi non solo non siamo i suoi leader, ma anche che non siamo suoi familiari. E a quel punto il cane si sentir autorizzato a scegliere un modo per difendersi. A seconda delle dimensioni e del carattere suo e dellaggressore sceglier se scappare, se minacciare ringhiando in un estremo tentativo di evitare lo scontro armato (a morsi), o se attaccare mordendo. Un buon leader stabilisce le regole di convivenza e fa s che vengano rispettate e condivise da tutta la famiglia. Le regole per il cane e per i loro proprietari sono uno strumento importantissimo. Esse infatti consentono di vivere in un ambiente predittivo, un ambiente cio nel quale il cane pu sapere in anticipo cosa succede e quali sono le cose che pu e che non pu fare. Le regole inoltre consentono a noi di coccolarlo e viziarlo dando e ricevendo il massimo dellamore senza mai rischiare di avere un cane maleducato. Di particolare importanza sono le norme che regolano laccesso alle risorse, in particolare agli alimenti, ai giocattoli e ai posti dove riposare. Per capire provate per un attimo a mettervi nei panni di un cane ed immaginate di essere appena stati accolti allinterno di una famiglia che vi ha adottato. Supponete di dovere accedere a una delle risorse della casa, in questo caso allacqua da bere. Il primo giorno vi viene sete, allora andate in cucina al frigorifero, prendete un bicchiere dacqua e bevete. Mentre state bevendo passa dalla cucina uno dei bambini di casa, vi vede bere, si ferma a scambiare quattro chiacchiere con voi e vi fa una carezza. Pi tardi confortati dalla prima esperienza tornate in cucina a bere, passa la mamma di famiglia, e inaspettatamente vi strappa la bottiglia dalle mani e vi aggredisce sgridandovi. Poi arriva il pap, gi vi aspettate di essere nuovamente aggrediti, ma invece passa senza neanche guardarvi e se ne va. Come vi sentireste? Bere diventerebbe una incredibile fonte di stress, e la sola idea di avvicinarvi al frigorifero vi metterebbe in ansia. Se poi la stessa incertezza regolasse laccesso ai letti, ai divani, ai giocattoli (per un cane qualunque oggetto pu essere un giocattolo), al cibo, la vostra vita diventerebbe un vero incubo. Ecco perch le regole sono tanto importanti per il benessere del cane e della sua famiglia. Ed ecco perch importante che le regole siano condivise da tutti. Il cane deve sapere dove pu o non pu dormire, cosa pu o non pu prendere per giocare, quando e cosa pu mangiare. compito dei leader stabilire le regole, ed pure compito loro far s che tutti in famiglia si comportino coerentemente con le regole e col cane.

Un buon leader insegna al cane serenamente e con positivit le regole di convivenza e le abilit che gli servono. Quando il cane arriva in una nuova casa, deve imparare moltissime cose nuove. Alcune sono regole, altre sono vere e proprie abilit. Per salutare le persone pu usare letichetta canina, arrampicandosi fino alla faccia e leccando a pi non posso, o deve imparare un altro modo differente che ancora non conosce? Per fare pip e pup pu andare dove sembra pi giusto a lui, o deve imparare a conoscere dei posti che sono pi giusti per noi? Per giocare a catturo la preda e la uccido pu usare le scarpe nuove della mamma o deve imparare che in casa ci sono oggetti che sembrano dei giocattoli ma che invece non lo sono? Per schiacciare un pisolino pu andare ad acciambellarsi sul divano del salotto o deve imparare a usare degli altri posti che gli umani chiamano cucce? Potrei continuare allinfinito, e a ogni periodo incontreremmo la parola imparare. E proprio qui sta il bello, ma sta anche la nostra bravura. I cani infatti non solo sono molto intelligenti, ma hanno anche una straordinaria capacit di imparare a fare cose nuove. Tutto sta nel dare loro dei bravi maestri. Ed qui che entrano in gioco i padroni. Di nuovo mettiamoci nei panni del cane. Pensiamo a come reagiremmo noi se dovessimo imparare qualcosa, per esempio a nuotare, e se ogni volta che facciamo un errore il nostro istruttore si arrabbiasse con noi, ci urlasse contro od addirittura ci picchiasse. La prima conseguenza sarebbe che di certo non impareremmo a nuotare, o comunque saremmo troppo stressati per imparare a nuotare bene. Poi come minimo ci passerebbe la voglia di nuotare, e di certo il nostro istruttore non ci farebbe una grande simpatia. Se continuasse a dimostrarsi maleducato e violento potremmo arrivare a odiarlo, e comunque faremmo il possibile per evitare di andare in piscina. Sappiamo invece che un bravo maestro pu portarci a conoscere ed amare qualunque cosa. Per il cane lo stesso, per imparare ha bisogno di bravi maestri, di potersi applicare con serenit, e di divertirsi nellimparare, traendo soddisfazione dai successi e sicuro che anche se sbaglia non ci saranno conseguenze negative. Tante cose che a noi sembrano banali in realt per il cane non lo sono affatto. Vediamo labilit del camminare al guinzaglio, che affligge tanti cani e padroni. Pu sembrare la cosa pi semplice del mondo, ma per il cane non lo . Se infatti osserviamo un cane spostarsi liberamente da un posto allaltro noteremo che non cammina come noi, ma trotterella ad un passo ben pi sostenuto del nostro. Inoltre non va dritto da un posto allaltro, ma si muove a zigzag seguendo delle tracce odorose, invisibili ai nostri occhi ma estremamente evidenti per lui. Uomini e cani hanno dunque due andature naturali completamente diverse. Chiedere al

cane di camminare al nostro passo un po come chiedere a noi di arrivare fino alledicola (si fa per dire) muovendoci come lui. Il tutto legati a un corto guinzaglio. Converrete che per farlo bisogna imparare. Non difficile, unabilit che tutti i proprietari possono insegnare e che tutti i cani possono imparare. Ma capire che il cane per fare una cosa per lui nuova deve prima imparare a farla fondamentale. Ecco alcune altre abilit che il cane non ha nel suo kit naturale di conoscenze e che per questo gli vanno insegnate: venire quando lo richiamiamo, anche se per lui c qualcosa di attraente come un altro cane o un bocconcino per terra; stare educatamente accucciato accanto a noi senza far niente, serve per potercelo portare dietro mentre sbrighiamo delle faccende oppure al bar o al ristorante; salire e scendere dalla macchina dietro comando; aspettare in un posto senza seguirci, mentre noi ci allontaniamo di alcuni metri. Un cane che ha imparato queste nozioni di base certamente un cane pi felice, perch pu senza problemi seguire la sua famiglia ovunque senza risultare di peso a nessuno. Un buon leader favorisce la socializzazione tutelando al contempo il proprio cane dalle esperienze traumatiche. I cani hanno bisogno di fare tante esperienze. Pi esperienze fanno e pi equilibrati crescono. Per questo un bravo padrone evita di tenere il proprio cane sotto una campana di vetro e coglie al volo ogni occasione per farlo socializzare. Questo per non vuol dire che i cani, soprattutto se cuccioli, debbano essere lasciati in balia degli eventi senza criterio. I cani infatti non sono giocattoli, e non sono neppure santi, ma sono animali intelligenti e sensibili. Esattamente come fa un bravo genitore con i propri figli, un bravo leader regola le esperienze che il proprio cane fa con gli altri cani, con i bambini, con gli estranei in generale, con i mezzi di trasporto ecc. e fa s che siano il pi possibile esperienze positive ed istruttive. E comunque non traumatiche. dunque una prerogativa e una responsabilit del leader decidere chi si incontra e in che modo. Ed pure compito del leader decidere la durata e la modalit degli incontri. Mi spiego meglio. fondamentale che il nostro cane socializzi, ma con criterio. Se quando cucciolo le sue esperienze di gioco sono traumatiche da grande potrebbe avere paura di un certo tipo di cani (cani grandi, maschi, femmine, cani a pelo lungo eccetera). Se lasciamo che qualche bambino lo bistratti da cucciolo, non pretendiamo poi di avere un cane che ama i bambini. Se invece insegniamo ai bambini a giocare in modo corretto con lui, il nostro cane imparer ad amarli. Particolare attenzione va posta quando camminiamo con il cane al guinzaglio. Essendo legato infatti non pu decidere autonomamente se incontrare o non incontrare cani e persone. In quella situazione chi tiene il guinzaglio che ha la responsabilit di decidere.

Se il nostro cane ha un carattere timido e non ama essere toccato dagli estranei, e mentre siamo a passeggio una persona ci chiede di accarezzarlo, nostro compito dire che no, al nostro cane non piace, e impedire che lestraneo si avvicini troppo a lui. Se ha paura dei cani grossi, non forziamolo a un incontro che lui non desidera. In questo modo il nostro cane quando al guinzaglio con noi si pu rilassare, perch sa che al timone della situazione ci siamo noi, che abbiamo il polso di ci che succede e che decidiamo per il meglio. quello che succede a noi quando ci invitano a fare una gita in barca. Per rilassarci e divertirci abbiamo bisogno che le condizioni del mare siano buone e che la nostra fiducia nel capitano sia assoluta. Tanto pi dobbiamo allontanarci dalla costa, tanto pi il mare grosso, tanto maggiore deve essere la nostra fiducia nel capitano perch il giro in barca risulti unesperienza divertente e positiva. Per il cane lo stesso. Quando con noi al guinzaglio deve sapere di potere fare affidamento sulle nostre scelte e sulla nostra guida per potere essere sereno. E tanto pi ci che si fa per il cane pauroso e difficile, tanto pi in una passeggiata al guinzaglio ci allontaneremo da casa, addentrandoci magari in territori di altri cani, tanto pi la sua fiducia in noi dovr essere grande perch ci che succede venga affrontato con la giusta serenit e risulti una esperienza divertente, magari eccitante, nel complesso positiva. Un buon leader affronta le cose con il giusto spirito. Educare un cane unavventura meravigliosa, ricca di soddisfazioni ma anche di responsabilit. Larrivo di un cane come larrivo di un bambino in famiglia, per di pi di unaltra specie, a cui bisogna insegnare tutto, e sar bene quindi armarsi di amore, ottimismo, allegria, buon umore e tanta pazienza. Amore, perch la linfa vitale del rapporto, e il nostro cane sar pronto a darne e riceverne moltissimo. Ottimismo, allegria e buon umore perch ci aiutano a pensare meglio e ad affrontare nel modo giusto le inevitabili difficolt (sono quasi sempre difficolt di comunicazione) che ogni tanto ci capiter di incontrare. Pazienza perch il cane che arriva a casa, soprattutto se un cucciolo, un po come un bambino, e come si sa con i bambini ci vuole pazienza. Pazienza perch cani e uomini parlano una lingua completamente diversa, e quindi per comunicare e costruire un linguaggio comune allinizio ci vorr tanta buona volont da parte di tutti e due. Il lato buono che, se affrontata con il giusto spirito, leducazione di un cane si rivela unesperienza straordinaria. Inoltre il nostro cane coglie alla perfezione i nostri stati danimo, e lottimismo, lentusiasmo e il buon umore facilitano e accelerano lapprendimento. Se proviamo a guardare la situazione dal punto di vista del cane ci rendiamo infatti conto di quale sforzo debba fare. Il primo scoglio che incontra riguarda la comunicazione: la sua nuova famiglia non solo parla una lingua completamente

diversa dalla sua, ma anche nella maggior parte dei casi non capisce nulla del linguaggio dei cani.

TERZA PARTE. Come affrontare larrivo del cane in casa senza commettere errori.
Organizzarsi per larrivo del cucciolo e insegnargli dove sporcare. Larrivo di un cucciolo sempre motivo di grande gioia ed eccitazione ma, come quando in una famiglia nasce un nuovo bambino, rappresenta anche un grosso impegno. E tra le tante cose a cui pensare una delle priorit senzaltro quella di insegnargli quali sono i posti giusti dove sporcare. Vediamo come fare e come organizzarsi evitando di commettere errori. Innanzitutto importante rendersi conto che il cucciolo un po come un bambino piccolo, e per questo meglio tenerlo sotto controllo. Noi esseri umani per evitare che i nostri piccoli combinino pasticci e si mettano nei guai li mettiamo nei box, nei lettini con le sbarre, legati sui passeggini o sui seggioloni. E li lasciamo muovere in libert il pi possibile, ma solo quando un adulto li pu supervisionare. Con il cucciolo bisogna organizzarsi e comportarsi nello stesso modo. Lasciandolo sempre pi libero man mano che cresce e con laumentare delle sue capacit di autocontrollo. In previsione del suo arrivo preparate dunque un box chiuso, dove farlo dormire e stare quando non potete controllarlo. Deve essere ampio, confortevole, e arredato di un bel cuscino e di molti giocattoli differenti. E se il cucciolo deve passarci diverse ore al giorno, quando per esempio non potete essere a casa, deve avere da un lato il cuscino e allangolo opposto un faldone su cui sporcare. I cuccioli non sporcano mai nel posto in cui dormono, tranne che non vi siano costretti, e questo ci aiuter ad impostare le giuste abitudini. Cercate poi di capire quando e ogni quanto sporca. Se molto piccolo succeder 8-10 volte al giorno, ma crescendo gli intervalli si allungheranno. Di solito lo fa dopo avere mangiato, giocato e dormito. Dategli da mangiare a orari regolari, in modo da impostare un ritmo e, se possibile, tenete un piccolo diario. Portatelo allora fuori regolarmente, nel posto che avete scelto sar la sua toilette (giardino, strada, terrazzo...), cercando di prevenire gli incidenti in casa. Camminate lentamente avanti e indietro, oppure girando in tondo. E dite gentilmente al vostro cagnolino di fare la pip. Ripetete la parola pip anche mentre la sta facendo. E appena ha finito fategli un sacco di complimenti, siate entusiasti e fategli capire che quando sporca in quel posto il cagnolino pi bravo e bello del mondo. Per lui uscire a fare pip diventer uno dei momenti pi belli della giornata, e cos imparer in fretta a non sporcare in casa. E ora qualche raccomandazione importante riguardo agli incidenti in casa. Che come facile immaginare sono inevitabili, specialmente se il cane piccolo. Per prima cosa non arrabbiatevi, il vostro cucciolo non capirebbe, e si spaventerebbe molto. Togliete piuttosto tutti i tappeti da terra e armatevi di un buon detergente specifico per togliere ogni traccia di odore. Questo perch i cuccioli tendono a essere abitudinari e a sporcare dove sentono di averlo gi fatto. Se poi qualcuno vi ha consigliato di sgridare il cucciolo quando sporca in casa, di strusciargli il naso sulla pip, di picchiarlo o spaventarlo con un giornale, ebbene non fatelo assolutamente. Sarebbe estremamente dannoso per il vostro rapporto, e tutto ci che otterreste sarebbe di avere un cane che si rifiuta di sporcare in vostra

presenza. Con il bel risultato di fare lunghe e sterili passeggiate al guinzaglio senza che combini niente (il cane che stato sgridato ha paura di sporcare quando accanto al suo padrone), e di vederlo poi, appena rientrati a casa, correre a nascondersi dietro un divano per liberarsi lontano dai vostri occhi. Insegnare al cucciolo larte della condivisione. Con i cuccioli si sa, ci vuole pazienza. Chi ci passato sa bene di che si tratta. Sono sempre in movimento, pronti ad afferrare qualunque cosa si trovi nel raggio di azione dei loro dentini. Seguono un irrefrenabile impulso che per mesi li porta a prendere, trasportare e mordicchiare gli oggetti pi disparati. E poco importa se ci che scelgono appartiene ai padroni. Anzi, prediligono proprio le cose che vedono in mano od addosso alle persone che amano. Per loro questo periodo della vita importantissimo, non solo perch con questi giochi scoprono come fatto il mondo che li circonda, ma anche perch mangiucchiando e trasportando oggetti imparano a modulare la forza del morso e a usare i denti con precisione. Per i padroni invece una fase impegnativa, anche perch molto di ci che sar il cane dipende proprio da questo periodo della crescita. Da un lato si trovano a dover salvaguardare gli oggetti di casa, mettendo in salvo dal piccolo rosicchiatore scarpe, calze e suppellettili varie, dallaltro importante che favoriscano un equilibrato sviluppo del proprio cane, insegnandogli con calma e senza conflitti ci che pu e ci che non pu essere fatto. Vediamo dunque come si fa e quali sono gli errori da non commettere. Sbagliato aggredire o sgridare il cucciolo che ha preso qualcosa in bocca. Lunica cosa che si ottiene infatti di farci considerare dal nostro cagnolino come ladri pericolosi, dai quali bene scappare e nascondersi ogni volta che trova qualcosa di bello con cui giocare. Pure sbagliato strappare con la forza gli oggetti dalla bocca del cane. Entrambi sono gesti violenti, che il cucciolo subisce solo perch troppo piccolo per reagire, ma che se ripetuti possono portare a gravi problemi comportamentali. Alcuni cani infatti sviluppano la pericolosa abitudine di ingoiarsi gli oggetti pur di non vederseli sottrarre con la forza. Altri invece crescendo diventano aggressivi, ringhiando e minacciando di mordere tutte le volte che si impossessano di un oggetto o di un luogo che per loro di valore. Sono cani che a causa di questi errori vivono in perenne conflitto tra le mura domestiche, e per questo non sono mai rilassati e pienamente felici. Ci che invece il padrone deve fare insegnare al cucciolo a condividere gli oggetti, il cibo, e tutto ci che gli piace senza conflitti. Questo risultato si ottiene praticando alcuni semplici esercizi. Il primo consiste nel fare i complimenti al cane ogni volta che prende qualcosa in bocca, in modo che non scappi ma venga subito a farci vedere cos. Il secondo si pratica insegnandogli a scambiare gli oggetti. Se per esempio ruba qualcosa possiamo afferrare una pallina e muoverla allontanandoci da lui, facendogli vedere che la pallina pi divertente. Appena lascia ci che ha in bocca dobbiamo offrirgliela in cambio, facendogli tantissimi complimenti per avere lasciato ci che aveva preso. Ripetendo lo scambio con tanti giocattoli insegniamo al cane che le mani sono buone, perch ci che prendono ridanno. E quando tolgono qualcosa lo fanno per regalarne una pi bella. Questi esercizi piacciono molto ai cani e vanno ripetuti spesso, perch giocando a portare e scambiare oggetti i cani imparano larte della condivisione. E sono fondamentali per recuperare dalla bocca dei nostri beniamini le cose che ci appartengono senza apparire ai loro occhi come pericolosissimi ladri. Insegnare al cane adulto larte della condivisione.

Spesso chi adotta un cane gi adulto non ha modo di sapere quali sono state le sue esperienze passate. Potrebbe avere vissuto brutte esperienze, e dunque essere spaventato o prevenuto nei nostri confronti e nei confronti delle nostre mani. In questo caso nellinsegnare al cane a condividere il cibo, gli spazi e gli oggetti, bene partire con una certa cautela. Per alcuni giorni non bisogna chiedere nulla, ma solo dare e portare al cane. Prendiamo allora qualcosa di buono da mangiare, come della carne o del formaggio, e tagliamolo in piccoli pezzi. Diamogli tanti bocconcini, uno per volta: il nostro nuovo cane vedr per tante volte le nostre mani che gli regalano qualcosa. Regaliamogli anche dei giocattoli, quando per esempio torniamo a casa. Se poi, per esempio, ci spostiamo da una stanza allaltra diamogli una bella copertina piegata per consentirgli di riposare comodo accanto a noi. Ripetiamo queste azioni pi volte e per pi giorni. Facciamogli insomma capire che di noi non deve avere paura, e che siamo pronti a volergli bene. E parliamogli sempre con dolcezza. Le mani, che forse un tempo lo avevano trattato male, diventano cos per lui buone, da amare e da non temere. Dopo questa prima fase si pu cominciare a fare i giochi del portare e dello scambiare, che ho descritto per il cucciolo. Bisogna iniziare con oggetti assolutamente privi di valore, come per esempio dei bastoncini di legno. Se ne fa muovere uno a terra in modo da renderlo interessante. Appena il cane lo prende in bocca si fa muovere laltro e si comincia a scambiare, lanciando un oggetto e recuperando laltro. E facendo al cane contemporaneamente molti complimenti. Gradualmente si pu passare a utilizzare degli oggetti a cui il cane d pi valore. importante osservare attentamente ogni fase, e procedere con cautela. E nel caso il cane si mostri aggressivo importante smettere questi esercizi, evitare ogni conflitto e rivolgersi a un professionista competente per farsi aiutare. Il contatto fisico. Avete la sensazione che il vostro cane non ami le coccole? Ebbene, dovete sapere che in genere questo atteggiamento non dipende dal carattere dei cani, ma piuttosto dal fatto che i loro padroni non sono stati capaci di toccarli e farli toccare nel modo corretto. I cani infatti, come noi, danno grande importanza al contatto fisico, e ne hanno una percezione ed un giudizio che somiglia molto al nostro. Non amano essere spinti, manipolati o trascinati contro la loro volont e, come succede a noi, quando cpita lo percepiscono nel migliore dei casi come una prepotenza. Riuscire per a capire quello che provano quando mettiamo loro le mani addosso senza il loro permesso non poi tanto difficile, e richiede solo un poco di empatia. Che in parole povere significa provare a calarci nei loro panni. Noi accettiamo di farci toccare ed accudire finch siamo piccoli, ma man mano che cresciamo e sviluppiamo le competenze motorie e le capacit intellettive preferiamo fare da soli. Per i cani lo stesso. Se infatti corretto - e viene senzaltro accettato - aiutare un cucciolo che non riesce a salire in un posto alto, invece scorretto afferrare un cane adulto per metterlo a forza in un posto dove magari non vuole andare. E questa azione viene vissuta come una violenza. Alla quale il cane potrebbe reagire cercando di difendersi. C poi il contatto fisico con gli estranei. Tra noi umani praticamente un tab, e quel poco che avviene si svolge comunque allinterno di rituali consolidati. Infatti

per fare conoscenza al massimo ci stringiamo la mano, e il resto della comunicazione avviene parlando. Anche i cani hanno i loro rituali: si annusano, si prendono reciprocamente le misure girandosi attorno, mentre con il linguaggio dei segni si scambiano informazioni sul loro stato emotivo e sulle loro intenzioni. Anche loro si toccano pochissimo, e con modalit ritualizzate. Pensate ora a come vi sentireste se un estraneo si prendesse la libert di toccarvi la testa o palparvi la pancia. Vi farebbe piacere? Ebbene quello che provano i cani quando qualcuno che non conoscono, o con cui non hanno confidenza, si permette di accarezzarli quando non ne hanno voglia. E la vostra reazione quale sarebbe? Come per le persone anche per i cani la reazione soggettiva, dal senso di disagio alla sensazione di subire una vera e propria violenza. Alcuni potrebbero cercare gentilmente di sottrarsi, mentre altri potrebbero irrigidirsi e indurire lo sguardo (che per i cani sono segni di minaccia) e poi (per fortuna raramente) anche sentirsi realmente minacciati, ringhiare o mordere. dunque bene sempre fare prima conoscenza e poi, ma solo se il cane laccetta o addirittura lo chiede, accarezzarlo. E in famiglia come vanno toccati i cani? Per noi umani gli abbracci e le carezze sono riservate a persone ed a momenti speciali. E sono belle solo se non ci vengono imposte. Cos anche per i cani. Amano le coccole. Alcuni cani le amano moltissimo. A patto per di avere la sensazione di non essere forzati al contatto. Toccate dunque i vostri cani, toccateli anche tanto, ma ricordate sempre di offrire il contatto, e di capire ci che a loro piace. E, tranne nei casi di effettiva necessit, cercate di non imporlo mai. Per educare il cane senza sgridarlo od aggredirlo usiamo i rinforzi positivi. I cani imparano da ci che ricevono da noi, e memorizzano con grande facilit ci che ci ha portato a premiarli e a prestare loro attenzione. Considerano i premi in cibo, i giocattoli e le attenzioni, come indicazioni su ci che devono fare. Per ottenere dunque che il cane si comporti in un determinato modo lo premiamo dandogli una cosa che lui desidera. Il premio che riceve detto tecnicamente rinforzo positivo. Mi spiego meglio con un esempio. A tutti i cani piace ricevere un bocconcino mentre i loro padroni sono a tavola, e per questo provano a proporre ogni tipo di comportamento. Tipico : appoggiare la testa sulle gambe del padrone, bussare con una zampa o col muso, guardare insistentemente, uggiolare, saltare, sedersi, accucciarsi... I padroni in genere notano solo le manifestazioni pi moleste o divertenti, ma il cane prova di tutto. Vediamo allora che il bravo padrone non gli dar mai dei bocconcini a tavola, per non rinforzare il comportamento scorretto di disturbare. In questo modo il cane imparer a non elemosinare ed a non dare fastidio a nessuno, ospiti compresi. Far invece assaggiare al cane ci che si mangiato una volta finito e tornati in cucina. Il padrone che vizia il cane invece premier uno o pi dei comportamenti proposti, e in questo modo, inconsapevolmente, insegner al proprio cane a disturbare mentre le persone mangiano a tavola. Il primo cane potr allora felicemente godere della compagnia della sua famiglia in ogni occasione, il secondo cane invece dovr essere chiuso ogni volta che si vuole mangiare in santa pace. Per essere dei bravi padroni ricordatevi dunque di insegnargli cosa deve fare, premiandolo generosamente quando si sta comportando nel modo corretto. E fate in modo che non ottenga nulla di vantaggioso dai comportamenti sbagliati. Queste indicazioni saranno per lui fondamentali, e solo cos potr svolgere bene il suo lavoro di amorevole compagno.

QUARTA PARTE. Campanelli dallarme


Quali sono i comportamenti del cane che ci fanno capire che il rapporto tra cane e padrone non corretto? Cosa deve farci pensare a una non sufficiente capacit di controllo, o a una frattura nel rapporto tra cane e padrone, oppure a uno sviluppo non corretto delle competenze sociali del cane? Eccovi alcuni tra i principali sintomi: 1) il cane manifesta comportamenti di guardia al territorio e il proprietario non riesce a farlo smettere, o lo fa smettere solo con luso di metodi coercitivi (trascinandolo via, minacciandolo, picchiandolo); 2) il cane difende oggetti, i luoghi in cui riposa o il cibo minacciando i familiari; 3) il cane minaccia di mordere o morde in almeno una delle occasioni della vita quotidiana; 4) il cane salta rimbalzando insistentemente e maleducatamente addosso, fa male con le unghie e col muso, spinge e colpisce intenzionalmente; 5) il cane non ascolta e non risponde alle indicazioni del proprietario. Ognuno di questi comportamenti, soprattutto se esibiti in presenza o nei confronti del proprietario e dei suoi familiari, dimostra che in una o pi situazioni non si ha il corretto controllo del proprio cane. E che il cane in quella circostanza tende a imporre la propria volont su quella della propria famiglia. O che in presenza di situazioni che il cane legge come pericolose, la capacit di guida, di scelta delle strategie e di protezione del gruppo da parte del padrone non viene ritenuta adeguata ad affrontare il problema. Il cane dunque sceglie di seguire una propria strategia (fuga, minaccia, attacco) senza che il proprietario sia in grado di esercitare il dovuto controllo. In altre parole il cane tender ad assumere il ruolo di leader, o per il gruppo familiare o per se stesso. Tutti i cani possono in queste condizioni diventare potenzialmente pericolosi.

QUINTA PARTE. Fattori di accresciuta pericolosit.


Esistono dei fattori congeniti, sociali, emotivi e ambientali che accrescono la potenziale pericolosit di un cane. importante conoscerli per prestarvi, alloccorrenza, la dovuta attenzione e prevenire cos il rischio di morsicature. Fattori congeniti di accresciuta pericolosit. DIMENSIONI. Quanto pi un cane grande, tanto meno in caso di conflitto si sente inibito nel confronto. Particolare attenzione va posta per i cani dai 20 kg in su. SESSO. I maschi tendono a essere pi aggressivi delle femmine. RAZZA. Sono pi pericolose le razze selezionate per avere una minore inibizione del morso, in particolare quelle per la guardia al gregge, per la difesa, e per la caccia con attacco alla preda. Fattori sociali di accresciuta pericolosit.

MANCANZA DI LEADERSHIP DA PARTE DEL PROPRIETARIO. Consiste nellincapacit del proprietario di aiutare e guidare il cane, in particolare in presenza di circostanze che il cane legge come minacciose. Un esempio. Mentre al campo parlo con la proprietaria di Meta, una cucciolona di pastore tedesco, si avvicina un operaio alla recinzione. Meta assume un atteggiamento di guardia, correndo, abbaiando, minacciando loperaio e fermandosi solo contro la rete. in approccio frontale, pelo dritto, testa alta. Labbaio acuto, manifesta aggressivit, ma anche ansiet e paura. Sta facendosi carico in toto della difesa del gruppo, e ha solo 5 mesi. La padrona continua a parlare con me, si gira solo un attimo a guardarla distrattamente, poi mi dice: Vedi, lo fa sempre!. Meta in questa circostanza completamente sola, la padrona non le d nessuna indicazione su ci che pi giusto fare, e neppure le dice se la persona che si sta avvicinando realmente pericolosa. Allavvicinarsi di un estraneo Meta reagisce nel modo che le sembra pi opportuno. Allo stesso tempo si carica di ansia e stress, perch si sta gravando di un compito, quello della difesa della sua famiglia, troppo oneroso per i suoi 5 mesi. La proprietaria non solo non le dice cosa fare (dovrebbe essere il leader) ma neppure le insegna quale il modo corretto di comportarsi quando un uomo si avvicina al gruppo. Meta non ancora pericolosa perch ha solo 5 mesi e difficilmente potrebbe trovare il coraggio di mordere ma, se non le verr insegnato cosa fare, da adulta lo potr diventare. PUNIZIONI FISICHE. Le punizioni fisiche hanno diverse conseguenze negative. Causano una grave frattura nel rapporto tra cane e padrone. E in questo modo il padrone perde ancor pi il controllo sulloperato del cane. Laltro aspetto pericoloso legato alle punizioni fisiche sta nel fatto che il cane impra a riconoscere le situazioni in cui verr aggredito, e perci sar portato a difendersi. Il cane infatti associa alle aggressioni dei padroni luoghi, movimenti, parole ed oggetti. In futuro quindi tender ad anticipare laggressione quando le circostanze si ripresentano, attivando i meccanismi di autodifesa. Potr essere inibito verso il proprietario per timore nei suoi confronti, specialmente se un uomo, ma reagire mordendo nei confronti di persone pi deboli, come donne, anziani o bambini. Per esempio un cane che stato picchiato con le mani pu mordere senza preavviso se qualcuno alza la mano o cerca di accarezzarlo sulla testa. MANCANZA DI CAPACIT DI CONDIVISIONE DELLE RISORSE. Il cane a cui sono stati strappati dalla bocca cibo e giocattoli, tender a classificare le persone, o certe categorie di persone, come ladri. E da esse, quando ha qualcosa di prezioso in bocca o tra le zampe, per quello che pu si difender. Inoltre, non essendogli stato insegnato, non sapr condividere le risorse, e affronter in modo ansioso le situazioni sociali in cui vi sono a portata di tutti oggetti di valore (giocattoli, cibo, posti dove riposare e dormire). Fattori emotivi di accresciuta pericolosit. PAURA; STRESS;

STANCHEZZA FISICA; DOLORE FISICO. Quando il cane si trova in uno di questi stati emotivi importante non stuzzicarlo e lasciarlo tranquillo, perch pu pi facilmente reagire ringhiando o mordendo se viene disturbato. Fattori ambientali di accresciuta pericolosit. Cani legati alla catena, chiusi, confinati: i cani che vivono in queste condizioni hanno pochissime occasioni di reale contatto con le persone, e per questo tendono a classificarle genericamente come pericolose. Vivono in uno stato di reclusione e quindi di disagio psicologico, e possono facilmente interpretare come attacco o minaccia il fatto che qualcuno entri nel loro territorio. Rumore, confusione, affollamento: il cane vive in genere con disagio questo tipo di condizioni, specie se non ha piena fiducia nel suo proprietario e se, essendo legato al guinzaglio, non vi si pu sottrarre. Pu dunque reagire in modo eccessivo, magari mordendo o ringhiando se viene urtato, o aggredendo una persona che tra tutte gli sembra pi pericolosa e agitata. Stimoli alla predazione: un bambino che corre in bicicletta, una persona che fa jogging, un uomo in motorino possono scatenare nei cani listinto della predazione. Si tratta di un istinto molto forte, che fa vedere al cane in ci che si muove una preda da cacciare e non un essere umano verso cui avere una interazione sociale. In queste condizioni i cani possono essere estremamente pericolosi, specialmente se agiscono in gruppo. Il loro attacco infatti non avviene per autodifesa, ma per catturare la preda, abbatterla e ucciderla. Strategie di intervento. Cosa fare se ci si accorge che il proprio cane comincia ad essere poco gestibile ed in certe circostanze addirittura minaccioso? La prima cosa da fare valutare la pericolosit del cane. infatti di primaria importanza evitare di esporre le persone che vivono o vengono a contatto con il cane a rischi di morsicature. La seconda cosa da fare , quando possibile, ritrovare la leadership. La terza dare al cane le competenze che spesso mancano, cio spiegargli e insegnargli cosa fare quando si trova in una certa situazione. Per fare ci si quasi sempre costretti a un forte esame critico che aiuti a capire dove sono stati commessi errori nella fase di educazione e nella gestione del nostro cane. Deve poi essere messo a punto un programma specifico che tenga conto delle peculiarit e dei problemi del cane e della sua famiglia, nonch della composizione della stessa (presenza di bambini piccoli, di donne, di persone anziane). A seconda delle necessit si agisce poi su vari fattori, e in particolare su: diminuzione dei livelli di stress o di paura del cane; capacit di leadership del proprietario; acquisizione da parte del cane di competenze comportamentali.

sia

emotive

che

Questo lavoro pu risultare difficile e, soprattutto nel caso di reali problemi, consigliabile e necessario farsi aiutare da una persona competente capace di aiutarci nella valutazione e nel lavoro col cane. Chi sono i tecnici in questo lavoro? il veterinario comportamentista: si occupa dei disturbi comportamentali causati da patologie del cane; leducatore cinofilo: si occupa dei disturbi comportamentali causati da un rapporto scorretto con i proprietari e da una cattiva educazione. Entrambi per le proprie competenze e spesso in collaborazione possono guidarci verso una giusta scelta e un corretto percorso di recupero del rapporto con il cane. in ogni caso di massima importanza assicurarsi che leducazione non sia impostata su metodi coercitivi, dolorosi e/o violenti. Particolarmente dannosi sono luso dei collari a strangolo, dei collari con le punte e dei collari elettrici (questi ultimi vietati per legge). Se infatti il cane ha dei problemi di rapporto e di leadership con i propri padroni, luso di strumenti che gli fanno male e che lo spaventano non pu che causare un peggioramento delle sue condizioni e un aumento sia per numero che per intensit delle manifestazioni di aggressivit.

Letture consigliate.
ANSELMI, G.M. e G. Ruozzi, Animali della letteratura italiana, Carocci, Roma 2009. ASOR ROSA, A., Storie di animali e altri viventi, Einaudi, Torino 2005. Bekoff, M., La vita emozionale degli animali, Perdisa, Bologna 2010. BERSELLI, E., Li. Biografia morale di un cane, Mondadori, Milano 2009. BUDIANSJY S., Lindole del cane, Cortina, Milano 2000. Capra, A. e D. ROBOTTI, Compagni di viaggio, Calderini, Bologna 2009. Colette, Cane & gatto, Donzelli, Roma 2009. Comincini, M. (a cura di), Luomo e la bestia antropofaga, Unicopli, Milano 2002. DARWIN, C, La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, UTET, Torino 1876. DARWIN, C, Lespressione delle emozioni nelluomo e negli animali, Boringhieri, Torino 1982. De Amicis, E., Il mio ultimo amico, Salvatore Biondo, Palermo 1900. DeglInnocenti, G., Il legame uomo-animale, Edizioni Eva, Venafro (Isernia) 2009. FRANCO C, Senza ritegno. Il cane e la donna nellimmaginario della Grecia antica, Il Mulino, Bologna 2003. GiARDINA, A., Le parole del cane, Le Lettere, Firenze 2009. GOULD, S J. e E. S. VRBA, Exaptation. Il bricolage dellevoluzione, Bollati Boringhieri, Torino 2008.

GROMIS DI Trana, C, Vita da cani. Confessioni di un capobranco, Blu Edizioni, Torino 2008. LEGRENZI, P, La mente, Il Mulino, Bologna 2002. LONDON, J., Zanna Bianca, Sonzogno, Milano 1975. LORENZ, K., Lanello di re Salomone, Adelphi, Milano 1967. LORENZ, K., E luomo incontr il cane, Adelphi, Milano 1973. MAINARDI, D., Il cane e la volpe, Einaudi, Torino 1992. Mainardi, D., Del cane, del gatto e di altri animali, Mondadori, Milano 1996. Marchesini, R., Lidentit del cane, Apiron, Bologna 2004. Marchesini, R., Intelligenze plurime, Perdisa Editore, Bologna 2008. Masseti, M., Uomini e (non solo) topi, Firenze University Press, Firenze 2002. McHugh, S., Storia sociale dei cani, Bollati Boringhieri, Torino 2008. Meneghetti, V., Luomo e il cane, Mursia, Milano 2010. MILLAN, C. e M. J. PETTER, Luomo che parla ai cani, Salani, Milano 2008. Ortalli, G., Lupi genti culture, Einaudi, Torino 1997. PICCINO, S., Pet therapy psicomotoria, Editoriale Olimpia, Firenze 2010. Pryor, K., Larte di addestrare il cane, Eraora, Roma 2005. QuAMMEN, D., Alla ricerca del predatore alfa, Adelphi, Milano 2005. Schine, C, I newyorkesi, Mondadori, Milano 2007. STALL, S., 1100 cani che hanno cambiato la storia, Sperling & Kupfer, Milano 2008.

Ringraziamenti.
Se qualcuno mi chiedesse di disegnare un cane non avrei problemi. Prenderei un pennarello, un foglio bianco, e la mia mano, in perfetta autonomia, si metterebbe a viaggiare. Insomma, ci penserebbe lei. Prima le orecchie, poi gi il profilo della fronte, un occhio, una macchia per quellaltro. E poi il muso completo, il nero del naso... A questo punto mallontanerei un po - mi serve per farmi unidea dellinsieme. Ecco, ora lho tutto in testa: zampe anteriori, un segno per la coda, un altro, un altro ancora e poi zac... spunterebbero le zampe di dietro, una linea... Eccolo l, e quel che gli manca, il che succede spesso, idealmente ce lo piazzerebbe, cio se lo immaginerebbe, chi lo sta guardando. Nascono cos i miei cani disegnati. Belli non so, non credo, ma uno diverso dallaltro questo s. Irripetibili, perch identici non saprei sicuramente farli. Ebbene, ho limpressione che anche questo libro sia nato cos. Come se mi fossi detto: ora scrivo un libro sul cane. E la mia mano andata. E sono certo che, se ripartisse, nascerebbe un altro libro. A iniziarlo non ci sarebbe pi, probabilmente, il Felice che finge. Chiss chi ci sarebbe e cosa mai farebbe.

Forse nemmeno ci sarebbe la lumachina a spiegare lassuefazione, ma un ragno o uno spaventapasseri. Chiss, gli scherzi della mente (e della mano) umane. Eppure lo so bene: questo libro che mi illudo daver fatto cos, con la mano che vola, anche opera collettiva, lavoro di gruppo. Tanti sono stati gli apporti esterni, tanti i secondo me che ho ascoltato. Come se - torno allesempio del disegno - ciascuno di quelli che ringrazier (o che, forse, e chiedo scusa, mi sto dimenticando di ringraziare) mi avesse detto: la coda falla cos, le orecchie cos. Complici, a modo loro. Ed ora eccomi qui, con questo libro mio e anche non mio, a ringraziare gente cui devo riconoscenza e pure un pizzico di gioia. E so perfettamente con chi devo cominciare. Con Luisa, perch mia figlia. Quante telefonate lunghissime, unico tema i cani. bello con un figlio, o una figlia, aver qualcosa da spartire oltre laffetto. S buttata in questa avventura dei cani, Luisa, con una determinazione, con una bravura... Lei e la sua educazione gentile. Ma basta con queste lodi sperticate (che poi fatte dal padre non valgono niente); devo ora ringraziare i miei amici professori: primo tra tutti Alessandro Finzi, universit della Tuscia, che vuol dire Viterbo; subito dopo Giorgio Vallortigara, quella di Trento. Li avete incontrati nel libro, perci del loro contributo qualcosa gi sapete, ma mhanno dato molto di pi, e anche di ci li ringrazio; viene poi Pier Francesco Ferrari, che mha spiegato tutto dei neuroni specchio e che, un poco, un mio nipote culturale essendo allievo di un mio allievo (Stefano Parmigiani). C infine Paolo Legrenzi, psicologo dellIUAV, luniversit di architettura di Venezia. Abita accanto a me e tante volte mi sono fermato, soprattutto dopo cena sulle Zattere, a chiacchierare con lui e sua moglie Maria. Cicole speciali, con Orso paziente ad aspettarmi, e cos ho scippato, ho scippato... Mi viene poi da ringraziare Vittorino Meneghetti. Il suo ultimo libro, straordinario, non ho fatto in tempo a discuterlo nel mio, solo a citarlo, ma ugualmente mha regalato tanti pensieri, tante idee. stato bello leggerlo. Ci sono infine le amiche di una vita Donatella Barbieri (ALI) e Patrizia Carrano. Un grazie grande per i suggerimenti utilissimi e intelligenti, per laffetto prezioso; e le splendide Signore della Cairo, che mi hanno fatto rivivere lesperienza antica di un autore di una volta, di quando gli editori stavano in centro citt, in appartamenti che parevano sartorie di classe. Si discute, con queste Signore, si condividono idee, si lavora insieme. E ottimamente. Grazie dunque a Benedetta Centovalli, Carolina Tinicolo, Stella Boschetti, Elena Grimi, Virginia Rossetti, Rita Colombi. Questo libro anche loro, il nostro libro sul cane. FINE. Finito di stampare nel gennaio 2011 presso Rotolito Lombarda, Seggiano di Pioltello (Milano). 07/04/11 11:07:52

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