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ROBERTO VALANDRO

Di alcune leggende, tradizioni e superst izioni

nell'Area Monselicense

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ROBERTO VALANDRO

Di alcune leggende,
tradizioni e superstizioni

nell'Area Monselicense

CLUB CASTH,I'LO
BIBLIOT. PARROCC.

Edizione patrocinata dalla BANCA ANTONIANA DI PADOVA E TRIESTE

Filiale di Monselice

Fotogra6e de11o STUDIO E. ZANGROSSI

di

Monselice

Che nella scuola debba essere approfondito il rapporto tra insegnamento delle materie letterarie e patimonio locale della cultura popolare,
un'esigenza tanto sentita quanto scarsamente pra-

ticata: ne discutono gli studiosi (1), ma gli insegnanti chiamati a mettere in pratica linee generali e suggerimenti specifici oppongono resistenze formidabili dovute a cause molteplici, non ultima quella della loro completa estraneit a un ambiente spesso otiginale e trascurato (2). Conducendo un'indagine sistematica in tale direzione possibile ampliarc 7a capacit di avvicinare e riconoscere un tipo di cultura che, soprattutto nelle nostre campagne. sta forse vivendo Ia sua u]tima sra-

@ 1979. Tutti i diritti riservati all'Autore. La distribuzione af/idata alla <<Libreria Editrice di Este.

Zielo>>

(l) Un esempio, {ra i tanti: P. Toscur, La letteratura po' polare: oentamenti e probleni, in <La letteratura popolate nella Va11e Padana>, Firenze 1972, pp. 1.-4. Rivendica dignit e autonomia al mondo culturale del popolo, rispetto ai ceti dominanti, I'opera di G. Cocculan,t, Le origini della poesia popolare, Torino 1966. (2) R. Ve.rlNono, La stoa locale: una materia trascurata, in <<Atheste>>, anno XXI n. 4, agosto-settembre 1918, p. 7.

gione (3). D'altro canto, per tale strada, sembra pir facile risalire a una visione maggiormente completa e problematica di quello che staro il cammino della civilt occidentale (a) o addiritura lo sviluppo della storia dello spirto (s). Al di 1 di un discorso tanro complesso, che non ci compete pe catenza di conoscenze e dj attitudine critica, desideriamo ugualmente proporrc all'attenzione dei lettori alcuni documenti 7umeggiari in maniera approssimativa, convinri come siamo che possano provare la fertilit di un campo poco o nulla esplorato. Pu interessare intanto il contesto originario del loro reperimento. Il presr-rpposto iniziale appariva specificaramente scolastico: offrire 1'opportunit ad allievi della scuola media superiore di compiere un'esperienza in presa diretta con I'ambiente rurale nel quale vivevano e contro il quale mostravano insofferenza e disaffezione, persuasi che <la ricerca eseguita di persona, a contatto con la vita del popolo, accende la passione per lo studo e facilita la compren-

sione ()> del popolo stesso e delle sue tradizioni'

Dopo aver delimitato un'area abbasLanza o' mogenea, il Monselicense, con ftange che toccavano temitori limitrofi (Pozzonovo, Schiavonia d'Este, Baone). ci siamo dedicati alla raccolta del materiale (i) partendo dai capitelli, testimonianze cer' te del samo (8), e addentrandoci poi nel mondo della fantasia e della superstizione. L'inchiesta si
sviluppata con un'indagine a tappeto, Tocalizzando i punti del sacro ufficiale e colloqr-riando con quanti erano in grado e accettavano di fornire notizie su di essi. Attraverso questo primo con-

tatto si sviluppata, quasi naturalmente, la seconda fase e molti testimoni hanno preteso di confidare agli intetvistatori fatti miracolosi, racconti strani. dicerie. scivolando man mano nella superstizione, delineando un interessante nucleo narrativo su streghe e stregonerie. E' stato possibile in tal modo articolare un denso dattiloscrit-

(3) C. CoRR^rN, R. Var,cNlno, Vecchio mondo contadino e manulatti prestorici nella Bassa Padouana.. analogie e ipcttcsi di conuergenza, <<Quaderni del Gruppo Bassa Padovana>>, l, Cittadella 1978, p. 11.
(+)

(6) P. ToscHr, Guida alLo studio delle tradizoni popriari, Torino 7974, p. 56.

E. te MenrrNo, Magia e ciuilt,


Milano
1976. 197J.

<<I GarzantiArgo-

menti>>,

slotld dcl mdRtsmrt, I orino

(5) E. DE Menrrno, IL mondo magico. Prolegomeni a una

Fortin, M. Gobbin, M. Norti, S. Sguotti e A. Veronese. Desideriamo qui ringraziarle per 1a diligenza e l'entusiasmo di mostrati in un lavoro paziente e diffcile, ma confortato da ottimi risultati a livello didattico e non. (8) G. FR^NcESCHErro, I cdpitelLi di Cittddelld e Camposatnpiero. Inagine suL saoo nell'alto pat)ouatto, Roma 1972.

17)

Il gruppo di

ricerca era formato clalle studentesse M.

to (') presentato come lavoro di gruppo agli esami di maturit: dalf insieme della documentazione abbamo isolato alcuni frammenti oggetto della presente trattazione, ritenendoli i pi originali e presnanti.

Monselice vanta alcune ttadizioni di derivazione dotta o medioevale: la leggenda della fondazione dovuta a Opsicella, compagno di Antenore (10), oppure I'altra Iegata a Egrna e Sarpedone, rispettivamente regina della Rocca e re del Monte Ricco (11). C' poi la storia omanzata di personaggi e avvenimenti ruotanti attotno alla figura e aifattrdiEzzelino III da Romano, vicario dell'imperatore Federico II e per alcuni anni signore e tiranno a Monselice (12) e in altri luoghi del Padotradizioni affrdate alla piet vano. E ci sono ^ncora religiosa popolare: il pane di Santa Lucia e la notte di S. Giovanni. Il 13 dicembre, durante una funzione mattutina presso la chiesa di S. Martino, viene dismibuito da tempo immemorabile un pane a forma d'occhio stllizzato, con quattro corti bracci di(lo)
(9t R. V,qreNono (a cura), Indagine su alcune testimonianze orali del sacro popolare e del superstizioso nell'area monselicense, dattiloscritto di pp. 100, Monselice anno scolastico
1977-78. 1,940,

A. M,{zzAtorLr, Monselice. Notizie


7.

storicbe, Padova

p.

1tt; A. Ma.rN, Montericco. Dall' epoca antica alla medioe' uale, Monselice 1936, p. 8. (12) F. SARToRT, Fra Gontarino ouuero Monselice nel secolo decimoterzo, Monselice 1880.

39 0E
-il

sposti a croce intorno a un globo ovoidale. <<Una volta, rievoca un'anziana, di gente ne veniva mo]ta, anche dai dir-rtorni, e c'eralo Messe e pane benedetto no a mezzogiorno. A casa, spiegano altre, il pane viene divjso e usanza vr_role che esso si mangi per devozione a S. Lucia e nella fede che la salute, specie quella della vista, ne sia prorerra (13)>.

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Il 24 giugr-ro nvece, festa della nativit di S. Giovanni Battista, 1'appuntamenro per tutta la popolazone era sul Monte Ricco, dove sorgevano un eremo e una chiesina dedicati al santo. La vigilia si andava su di rotte per raccogliere la rugiada, quclla stessa che sarebbe servita ad ottenere i\ leu, lrosso pezzo dt pasta cruda lievitata dal quale ricavare nel volgere dell 'anno 11 leuadn con cui impastare periodicamenre 7a arina del pane fatto in casa. Inerpcandosi a piedi lungo i viottoli del col1" (''), le famiglie a gruppi, con i panieri delle vi vande, attortriavano giovani canterini d'occasione: I'allegria appariva insolita, vivacissima, mentre la Iuna illtrminava ogni pi recondito anfratto. La mat(r3)

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Il.

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Il

pane

Gruppo Bassa Padovana>>, 2, Este 1976, p. 70. I1 merito clela paginetta consiste nell'aver rammentato Ia cospicua tradizione e nell'aver ilrdrettamente suggerito l'idea di ripropotla, come stato fatto, con grande entusiasmo e .successo.

srra provincia>, anno XX n.2, Pad<>va 1914, p.6. (14) R. VAL^Notto, Per strade antiche, <<Quaderni del

di

Santa Lutiu,

in

<<padova e

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Monte Ricco - Atlante che solleva il mondo. Il gruppo scul" toreo conclude una ripida gradinata che conduce dall'eremo "S. Domenica" ad un ampio e natutale balcone aperto sopra

Monte Ricco - Eloquente e gradevole prova della trasformazione subita dalla vetta del colle dopo al conte Cini.

le

cave sul versante occidentale del colle.

il

passaggio

in propriet

t0

11

tina presto una cerimonia religiosa conch-rdeva la lunga veglia presso il minuscolo oratorio. Assai praticata fino a tlltto I'Ottocento, questa consuetudine si spenta a poco a poco dopo che la famiglia Cini ha ridotto a propriet privata parte del monte, cosffuendo una villa imponente sulla cima pi alta (ls) e riplasmando il paesaggio attorno con la messa a dimora di piante ornamentali e d'alto fusto. Ripresa un paio d'anni fa da un gruppo di monselicensi, nella prima riuscita scampagnata, che si protratta fino a tarda notte fra canti
e briose esecuzioni musicali, ben due persone anzia-

ne attfaverso i loro ricordi

infantili hanno riannoda-

to un filo ideale con vicende che sembrereL,bero collocarsi in una dimensione temporale ancestrale. Non pare fuor di luogo ipotizzare la fedelt, ormai inconsapevole, a una cerimonia che si richiama al mondo pagano, precristiano, un omaggio

corale alle divinit del colle

in

una delle notti

magiche dell'anno. Ci sono dei momenti nodali nella storia di Mon-

selice che

si mostrano inrinsecamente legati ai

lLroghi, alle cose, al paesaggio: il Monte Ricco, appunto, la Rocca, il Bisatto, certe localit finitime che risvegliano subito ricordi di campagna ma anche
Monte Ricco - La chiesuola-oratorio dedicata a S. Giovanni Battista e il chiostrino ricornposto secondo modi architet-

tonici

classicheggianti.

(ls) R.

FERRART

R. VauNrno, Perduta Terra, Parma 7975,

p. 5).

L2

L)

di piccole comunit gelose della propria individualit, dei propri costumi, come Monticelli, Marendole. Ca'Oddo. S. Bortolo e S. Cosma. Artraverso la ricerca ci stato facile ffovarne conferma: soprattutto Marendole apparsa una ta le zone pi conservative, suggerendo inseme I'ipotesi che l'aria di mistero aleggiante attorno ai punti di riferimento della frazione (il vecchio ponte, la villa padronale con la chiesa, la collinetta alle spalle, 1'oratorio-capitello ai confini di Baone) non sia disgiunta dall'antichissima tradizione abitativa, dai reperti preistorici emersi qua e l nel terreno lavorato, dal villaggio collocabile tra I'et del bronzo e del ferro e individuato nel corso di scavi oir o meno sistematici (t). A volte sembrano essee stati precisi fatti di cronaca a suscitare una teazione apparentemente irraztonale tra gli abitanti. Celso Carturan racconta infatti nella sua inedita cronaca (17) che a71a Crosarona di Ca'Oddo venivano giustiziati dagli Austriaci i condannati a morte: e 1 attorno abbiamo raccolto una storia di feroci becrl, di macellai, <<che squatavano tutti coloro che osassero passare di

notte per la Crosarona, uomini o animali che fossero>>. Riteniamo opportLrno, a tal proposito, suggerire come da un rinvenimento archeologico sie probabilmente nata la pi radicara adizione monselicense: I'essere stata fondata, la chiesa di S. Pao1o, su di un pteesistente tempio pagano dedicato a Giove Ammone. Passando ora a un'analisi dettagliata, I'indagine condotta ha evidenziatola persistenza di racconti che si accomunano a quel vasto patrimonio di credenze e superstizioni studiato con perizia e passione da Gisla Franceschetto per l'alto Padovano (18). Eccone alcuni rapidi esempi. Di sera, alle Crosare di Ca' Oddo, si aggiravano 7e f ate della notte, che lavavano su lavelli improvvisati la biancheria e la stendevano ad asciugare fino all'alba, quando scomparivano ai primi raggi del sole. Poi c'era I'orco, un personaggio cattivo che amava le metamorfosi pir impensate: si ttas{ormava in mulo onde distribuire calci ai passanti, in caval1o per rovinare i raccolti calpestandoli, in uomini vestiti di ,bianco per spaventare la gente di notte, in ombre per rincomere gli sprovveduti passanti, in maiali per ingannare f ingenuo campagnolo: rinchiusi nel porcile, questi si tamutavano sr-r-

O,,-u

(1) G. FocoLARr, 19572, p. 16. CanrunaN, 1tz)

Il museo nazionale atestino in


Storia di Monselice, n Padova.

Este,

C.

dattiloscrittcr

(18)

G.

FRANcEScHETTo,

La

societ rurale drcaica


L971
.

di

Cit

(1949 circa), ptesso gli eredi

tadella e Camposampiero, Roma

74

I5

bito in zucche o sparivano addirittura, beffando


amaramenre

il

malcapitato.

Una mattina un contadino vide in mezzo al suo ,un bell'agnello. L,uomo se 1o mise sul_ te spr[e tellce e contento e si avvi verso casa. Cam_ minando sent un peso gravarlo sempre pi ed escla_ m: .<Che pesante che te si>. Rispose l''agnello: <A so b-o grasso ci>. Udendolo purlu.., il"contadino tercottzzato si scroll di dosso l,animale e scapp a gambe levate: aveva inconato l,orcol ll9)
'spagnaro'

na, vlenl qu1)>, mentre con gesto sgarbato lasciava il fuso affinch la pastoiella lolaccattasse. Lei, ubbidiente, si chinava per prenderlo in mano, ma {i cglno I'orco tirava su il fuso: voleva proprio abbindolarla. Poi, quasi pentito, raccoglieva p... . -.le e le gettava alla fanciulla, invitandola a mansiare. Marina lo accontentava, ricordandosi per semp"re di buttar via l'ultimo pezzettino del frutto, altrimenti
cadere sarebbe diventata come Salvanello.

nario e un po' dispettoso.

Assieme all'orco mettevano paura gli scampi, si annidavano in mezzo al grunot.,r.o, aI formentn, rubavano le giacche agli uomini, si sedevano sopra le loro scarpe, facendole diven_ tare pesantissime e impedendone il cammino. E in_ frne Saluanello, un folletto di spirito, un po' bo_
on'rbre che

Questo mondo popolato di personaggi fantastici e irreali sapeva anche creare situazioni e storie pi vicine all'uomo, coagulate in episodi straordinari che si esaurivano in se stessi, come fatti di cronaca eccezonal: potevano forse ripetersi, ma intanto rimanevano conclusi e classificati nell'esperienza e nella memoria di tr-rtti. Una domenica sera un uomo anziano usc di per andare all'osteria. Allora esistevano a Marendole due osterie: una a destra e l'altra a sinistra del ponte che attaversa il Bisatto. passava il tempo, ma il vecchio non faceva ritorno. La moslie e il figlio_andarono a cercarlo: all'osteria sepp"r .h" si era allontanato senza che poi nessuno l,avesse pi visto. Lo cefcarono dappertutto, per un giorno jntero, e venne ancora sera. Raccoltisi in casa, ad un tratto sentirono bussare alla porta. Uscirono pieni di spetanza, ma non videro nessuno. Rimasero allora-al_
casa

Una volta c'era un orco di nome Salvanello, vestito di losso e con i piedi di bue. Si divertiva a filare la lana. sopra gli alberi. TJna tagazza, che an_ ocva^a pascolare le pecore, si incontrava spesso con Itri. Sirlvarrello allora la chirmavr dicendole: .Mari_

(19) I testi di seguito riportati costituiscono i locuwenti accennavamo: verranno man mano distnti dal cofimento attraverso l'uso di carattere minore. La trascrizione, italianjz_ z,^ta' cerca di rispettare il pi possibile l'andamento sintattico

cul

del racconto colto dalla viva voce del parlante.

zati, ad aspettare. Ed ecco lluovamente i colpi, il precipitarsi fuori, il cortile deserto: e nel bui, a mezz'aria e come sospese, due piccole luci, immobili. I1 figJio si avvicin, per vedere rneglio. Sirbito le luci

t6

I1

cominciarono a muoversi e lui le segu. Lo portarono per i campi, si accostarono alla riva di un fosso ricolmo, si immersero nell'acqua e sparirono. Il giovane impaurito rincas, promettendo tra s di tornare appena fatto giorno: I'indomani, nel fossato, avrebbe trovato il corpo del padre anrellaro.
1

Lungo l'argine del canale che da Marendole poresiste tuttora un pilastro. Ecco la storia del ponte di legno che un tempo sorgeva 1 vicino, fatto gettare ta le due rive dal nobile del paese
La

a Ca' Barbaro

e rnaledetto da una srrega per un po'di le-qna chiesta e non concessa durante i lavori della sua cosrrLr-

un esile lumino. Una notte il bambi no strill in maniera terribile: 7a balia e i genitori accotsero appena in tempo per scorgere una serpe che fuggiva. La sera seguente il marchese vigil accanto al figlio: il sonno lo colse e insieme venne la morte del primogenito. La piccola salma fu compospegneva, come

glio del matchese, da poco nafo, anzich crescere ed ingrassare dventava ogn giorno pi magro. Nessun medico sapeva curarlo: pi mangiava e pi si

zione. Da quel giorno erano passati alcuni anni. I1 fi-

sta e vegliata per una notte ancora. Poco dopo I'una accorsero della serpe che, penetrando dalla finestra, si avvicinava al corpicino e ne cercava la bocca. Il padre, inorridito, afferr un candelabro per colpirla: la serpe alz il capo, 1o fiss ondeggiando con occhi rossi accecant e in un attimo si dilesu. 11 marchese corse fuori, la cerc, ma vide sol rrna fiammella sospesa nell'aria che si dirigeva verso il ponte di legno. Allora I'insegu, ma questa, giuntavi sopra, scomparve. L'indomani il bimbo rov sepoltura nel parco. Di notte per si udirono strani rumori: il si qnore e lo stalliere imbracciarono i fucili e si precipi-

si

)
.)

- La secentesca cappella della villa padronale. Nel cortiletto intetno, una mirabile vera da pozzo in ferro battuto con il tioico selciato in trachite.
Marendole

1B

l()

- Sul vetusto ponte che attfaversa il Bisatto due lapidi ne ricordano la fondazione (1591) e il rifacimento
Marendole

Monte Fiorin - La lapidc trachitica incastrata ai piedi DOMINO CONFIDO: la soitta, in regolarissimi catatte,
testimoniava fino

della collinetta ormai semidistrutta con inciso il motto IN

(174J) ad opera della nobile famiglia De

Buzzaccarini.

a poco tempo fa Ia

leggenda

del

drago.

20

II

tarono verso la tomba, appena in tempo per scorgervi, attorcigliata sopra, quella maledetta serpe. Uno sparo e la sua testa cadde a terfa staccata di netto. Ed ecco sprigionarsi una fiammata, scivolare leggera e ondeggiante verso il ponte e immergersi nell'acqua del canale. Il giorno seguente il por-rte era gi abbattuto per ordine de.l marchese e da allota tlltto ritorn alla normalit.

Il tema clel serpente appare sviluppato, sempre a Marendole, in un contesto denso di significati, riallacciandosj il racconto popolare a77e storie di dragbl presenti in mbiti che hanno visto lo stanziamento di popolazioni barbariche. E i Longobardi, a Monselice, sono vissuti per quasi due secoli come dominatori, impiantandovi la capitale di una vasta giudiciria. Pu essere una coincidenza, pu darsi che la tradizione del drago di Monte Fiotin sia abbastanza recente: ci sir consentiio r-rgualmente rilevarla come stimolante ipotesi di lavoro.
A Marendole, ai piedi di Monte Fiorin e fino a pochi anni fa, si poteva scorgere una strana lapide semintemata che portava ir-icisa una frase in latino: IN DOMINO CONFIDO. I giovani non sanno ormai pi niente a proposito della leggelrda sorta artorno a quella lapide.(20) Raccontavano un tempo
Baone

restaurato, si appoggia a una casa colonica abbandonata e rimane I'unica presenza "viva" tra Monte Buso e Monte Fiorin, attotniato da un paesaggio sconvolto dalla ingordigia dell'uomo,

re" o "Madonta dle ve". Recentemente

- Il minuscolo santuario detto "La Madonna della Tor-

accenna il Gloria, da1 Salomonio sepoltrrra nella chiesa monselicense di

(20)

I1 morto

mc

IN DOMINO

CONFIDO ricordato, coa proposito di una S. Paolo: ornava il

1a

23

soltento dopo qualche lempo igenirori ne avvertirono I'assenza: 1o chiamafono, 1o cercarono, rna invano. Improvvisamente si ud un sordo brontolio ver-iire dalla collinetta e molti si avvicinarono tinorosi. Ad un tratto si fermarono, atterriti da una scena paufosa: Ln gigantesco serpente, con una cresta sulla testa, mandava ruggiti uemendi e teneva in bocca i poveri resti del piccino ucciso. Il temore impose la fr-rga precipitosa verso la chiesa, per cl-riedere al parroco di scagliare la sua benedzione contro il mostro. La gente, un po' rincuorata, si arm di forche e fiaccole e si avvi alla volta di Monte Fiorin, guidata dal prete che reggeva in mano, ben stretto, l'aspersorio. Arrivati sul luogo della uagica apparizione, il serpente non c'era pi: unico segno tangibile, un
vcssillo di Filippo BevilaqrLa capitano dclla veneta Repubblica morto nel 1615 (A. Gronra, Il territorio padouano il-

che dei contadini si fossero recati nella zor\ pet tagliare i rovi e dissodare il teneno (21), aiutati dalle fanriglie al completo. Il lavoro procedeva abbastanza spedito e a mezzogiorno tutti si riunirono per mangiare. Un bambino, incautamente, lasci il gruppo e

grosso foto prima mai visto sulla parete del monticello. Passarono giorni, mesi, anni ma del drago nessuna traccia. Allota i contadini, gtati a Dio per averli liberati, si avviarono in processione e sopra l'apertura della tana collocarono la lapide, a perpetua memoria dell'accaduto e come pegno che il mostro non si sarebbe giammai ridestato dal sonno eterno (22).

L'ingeuua fede religiosa della popolazione di Marendole e dei dintorni ci pare simbolicamente rappresentata dalla sopravvivenza di un piccolo santuario campestre, in territoro di Baone e officiato la domenica per i vecchi del luogo, trovando essi scomodo recarsi fino alla lontana chiesa parrocchiale per la messa. E' I'Oratorio delle due Torri, detto volgarmente Madonta dle ue, la Madonna deile api, sorto dieno Motebuso e addossato a una antica torre del XVI secolo (23). Lo

line (cfr. G. Drvoro, Auuiamento alla etimologia


Dizianario etimologico, Firenze 19602, s.v. roncare).

Bologna 1973, ristampa anastatica, p. 147). E' probabile che la frase entrasse anche nello stemma di qualche nobile fan'riglia e cl're da una loro plopriet sia venuta la pietra collocata a Monte Fiorin. Di insolito c' il luogo, che appariva conpletamente disabitato e isolato, attorniato da vignet c tcrreni coltivati. 1zt; Tale operazione divenne tipica ne1 nosro tcrritorio in et rnedioevale, quando molti terreni furolro bonilcatj e riJotti a colttrra. Esisreva arrzi un lermine appropriato per designare il particolare lavoro, runcare, da cui i frequenti toponim llonchi dirsi oggigiorno in campagna e sulle col-

lttstrato, vol.

III,

italiana.

122; Della curiosa leggenda, in versior.re pi cor.rcisa, avcvamo gi parlato ne1 citato volumetto Per strad.e anticha, accennando in proposito (p. 51 52) alla ricomparsa dcl drago sotto lc vesti di un modcrno cementificio: <(Il n.ostro sta ingl'riottet-rdo Ia scaglia con 1e sue enorm bocchc fumanti e sputa cemcnto: ancora una volta la fantasia popolare ha visto giusto, ha immaginato qualcosa che poteva prma o poi eccadere, e sta accaclendo, anche se Monte Fiorin non un colle importante, come il Monte Ricco. E' soltanto, anz ua, una collinetta che quasi non si vedc, rrna piccola altura la cui scomparsa, cos si deciso, non compronetter 1'equilibr:io ecologico de1la zona n l'armonia del paesaggio!> (23) A. CALLEGtw, Guida dei Coll Euganei, Padova 19733,

p.

84.

24

25

ricorda il veneziano Marin Sanudo nei suoi Diarii per una apparizione della Vergine che avrebbe dato vita all'oratorio stesso, efetto nel 1526 ('o).La fama e la devozione che subito hanno circondato il capitello si sono tramandate nel tempo, subendo qr-rel primo miracoloso episodio arnplificazioni e adattamenti. La testimontanza che abbiamo rac-

colto sembra proporsi infatti come una modesta continuazione, mantenendone alcuni tratri essenziali. Ma ccco lrt narrazione
.

Presso la cappelletta della 'Madonna delle due Torri' un tempo c'era utt pozzo che forniva acqua alle famigiie e al bestiame di due contadini. Sopravvenne un periodo di grande siccit e 1l pozzo cominci a irraridire tanto da destare viva preoccupazioue ir co-

loro che 1o usavano. La paura che l'acqua non


(24) F. FRANcf.scHL,TTr, Baone e la sutt anticu pieue. Me, morie storchc, Padova lc))), p. 26-27. <<D:ue pecorai di nome Gzrsparc e Angelo, al servizio di Giovanni Todesco, cittadino di Estc, tornavano in citt la sera de1 venerd santo clel 1526, clopo essere stati a confessarsi dai Padri Eremitani di Terr:alba; giunti cssi nclla localit detta Montebuso, dove il lolo padrone era ptoprietario di terreni, c precisamente nel sito ove a strada passava fra due antiche torri, videro ivi presso, seduta sopra un sasso, ltnd donna risplendente, coperttt tLttt(t d negro, in habito uiduale - La quale lo da quelli gratiosamente saLtttata; a cui la predetta donna rese benignamente il saluto, poi disse a loro: "Io vorlei che faccste una ambasciata da n'ria parte al patron vostro, et diteli che alre fiate io Ii ho fatto intenclefe (per un suo di casa) ch'el mi debba far r:n capitello in questo loco, et non 1'ha volllto fare, pcr i1 chc non poca castigatione aspetti a l'anima sua se'l nol rrre far far Jirro trpitello": a , ui rispr's,ro li dut paslori: "Madonna, nui .t-ror-r li potremo parlate ch' quattro giolni sor.ro chc'l non parla a nissuno, perch il ditto giace in letto a l'estremo cii n-rorte, et nui semo poveretti, et non ci sar dato fede". A cui rspose La Madre di gratia: "Io non cognosco voi csser poveri, siando sani della persona vostra; andate che entrati che sarete da lui, e1 detto parler, et dteli che io sono la Regina del Cielo e de11a Terra, et anunciateli da parte n'ria che presto terminer la vita sua, et pubblicate alle genti che ciascuno che degiuner tre sabati, uno dopo I'altr:o a honor mio, et che poi mi atldimandino una gratia che

e proprio odio. Cominciarono i dispetti: di notte uno rubava l'acqua all'alffo. Una sera un contadino si recr)

bastasse aliment ben presto diifidenza, sospero e infine vero

vesparo non
casa

li sar concessa, et che'l sabato dopo si debbia lavorare in Ino passata la festa". Scomparsa la visionc, i due pecorai alrdarono subito alla
honesta sia, senza dubio

da qaella apparitione in qu diuenuta perletissima ct bona. Cos narra la leggencla raccolta da Marin Sanudo... Il Sanuto aggiunge che lo l'anno 1526 deL mese di apriL que.sto miracolo soprasuitto. Noto che in qr-rell'anno la Pasqua cadeva il gior'no primo di aprile; si comprende quindi che l'elezione clelI'oratorio deve essere stata molto rapida, e doveva essere cos, perch I'opera di n.uratura si era limitata a trasformafe in sacello una delle due vecchie torri...>>

subito egli ordin cbe si fabbricasse ditto capitelLo. Il Tomor l'ultima festa cli Pasqr-ra, ecl i suoi figliuoli fecelo tosto erigere il clesiderato capitello doue concoyre innuncr,t bile populo, et sono stati latti di grandssini ct eDidenti miraculi, di illuminar ciechi et sanar infermi; ct iui tpptL!to corle un acqua di paludo cbe prima era fetente et putritla, at
desco

del Giovanni Todesco e chiesero ai suoi figliuoli di potcr'ammessi nella stan, za dell'ammalato, il quale miracolosamente leu il cupo admandando qwello che uoleuano, ed espostigli il messaggio,

gli parlare, e dopo varie insistenze furono

Itt

21

'a.I pozzo portando un grancle rccipiellte , mi con melaviglia e spavellto scorse una clonna vestita cli nero fer-

ma accanto alla cl'iiesettr: mcravigli,r,

pe L'cr

era un'ora

insolita, e spavento, percl-r solo le streghe potevano


aggirarsi impunemente di notte in aperta crrnpagna, e lui delle streghe aveva davvero pallrz. La clonnr, clLrrsi inttrendo il suo stato d'anin-ro, lo rassicur subito: <,Non aver tin-rore di me, ma di ci che zrccadr stanotte. Aspettavo per zrvrrisarti che fra poco bagnetai la terra di sangue. Ascoltami, torna a casa e non muoverti prima dell'alba>. Il contadino rispose in malo modo: anzi. ie intim di allontanarsi. E mentre la clonna, senza ubbidirgli, cominciavz a ptegare, costu si avvicin a\ pozzct per attingere accltra. Proprio in qr:el momento aniv I'alffo contadino, imprecando e

brandendo un coltello. I due uomini si avvinghiarolro con rabbia, lottando come animali inferociti ; alla 6ne il coltello penetrc nella carne clel prinro contadino

che sfamazz

a terra inanimato. Il feritore

rinserv
a

meglio, rnentfe il sangue cessava di sgorgare. Poi si dr-re ltiganti e disse: <Andate a casa e ticor' datevi di questo momento affinch tra di voi regni sempre la pace. Ora t pozzi sono dr-re e l'acqul non vi
rivolse ai
mancher pir>. Il contadino sano aiut il compagno ferito ad aIzarc e si avviarono insieme verso le loro povere dimore. Fatti pochi passi si girarono per salutare

chiarttarc pcr uomc il corrrl'taAno, a irtvocrre trrtti i Santi del Paradiso. La donna. che fino a quel momento rrveva assistito alla scenr silenziosr e irr Jisparte. si avvicin, raccolse il coltello sporco di sangue e lo conficc per terra: all'.istante si sprigion unzr pollzr d'ac' c1r-ra. Il n'risterioso personaggio prese un fazzoletto, 1o bagn e lav la ferita del contadino che stette subito

tr-rtto d'un colpo, cominci a disperarsi, a piangere,

Ca' Oddo - La povolata a primavera inolrata: la folta

vege-

la donna, ma inutilmente: efa svanita nel nulla.

tazione del vecchio albero allontana immagini di diavolerie e sttegonerie, stehperate in un paesaggio di campagna sereno e accattivante.

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indicare Lrn tempo i grandi alberi pianrari pef segnare j confini della propriet o 1o sbocco di una via secondaria sulla strada maestra. La derivazione. dal letno populus - pioppo. resrimoni ulll antichit indiscussa per territori che hanno conosciuto 7a centuazione romana e restitr-rito numerosi e importanti reperti archeologici (2s). Il piccolo centro di Ca' Oddo rimasto fermo da secoli, legato al latifondo di un'unica grossa propriet, dominato dal palazzo signorile con gli annessi rr-rstici e dalla modesta chiesa parrocchiale di recente fondazione. In mezzo 7a pouolata, simbolo della frazione. Il grande albero si alza isolato e getta la sua ombra per un vasto spazio attorno. La leggenda informa di una strega bruciata e sepota sotto le radici la quale, per vendetta, avrebbe impedito l'espandersi della conrada: forse la fantasia popolare ha volurto in ta1 moclo giustificare un destino urbanistico poco propizio, ma creCa' Oddo - D'invetno e con la burna, caratteristica nebbia
della bassa, ecco che la povolata si trasforma in un immane scheletro dalle braccia protese quasi a sommergere la vicina parrocchiale sorta, secondo un fantasioso facconto, a protezione del paese cohtro i misfatti compiuti da una smega imprigio-

In un ambito rurale tanto conservativo e legato a lontane memorie non ci parso infine strano imbatterci in un facconto che consideriamo esemplare: la storia della pouolata di Ca' Oddo. La denominazione, ormai caduta in disuso, stava a

f^ta ta le radici della pianta

secolare.

(25) R. VALANono, Nuoae testimonianzc rom(tne su Monselice, Padova 1972, estratto dagli <Atti e Memorie dell'Accademia Patavina di Scienze Letere ec1 Ar.ti>, vol. LXXXIV (1911-12), parte III, pp. 179-189.

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)1

diamo che la piccola saga caoddrana abbia legami profondi e lontani con un tipo di cultura arcaica, primitiva, quando agli albeti si tributavano onori divini. E' una eventualit solleticante, che ripaga intanto del lavoro compiuto e spinge a continuare una esplorazione che ci auguriamo utile e fruttuosa.
Raccontano che la povolata sia stata interrata per imbrigliare le forze malefiche di una strega bruciata in quel luogo: costei, morendo, predisse la propria resurrezione nel momento stesso n cui la pianta sarebbe stata abbattuta e t^gli^ta. Sotto le fronde dell'albero si riuniscono i gatti a miagolare per notti intere: ri petono i lamenti della strega e dei suoi compagni stregoni. Dai rami si sprigonano lampi che possono lacerare le nuvole e lasciar cadere tempesta sui campi di coloro che si sono inimicati la strega. E' stata lei

che

le radici abbjano raggiunto l'Inferno e nelle notti di bu{era le cime lanciano fuoco, creano Iampi e fulmni. Un contadino, volendo togliere una radice che sporgeva in mezzo al suo cortile 1 vicno, rimase sbalordito sentendo un lamento al primo colpo
Sembra che d'accetta e vedendo uscire del sansue. Molti si dicevano convinti che i rami della povolata fossero flessibili e permetressero alla srrega di indispetrire e im-

il

suo fusto sia caldo d'inverno e freddo d'estate.

paurire gli uomini avvicinatisi di notte, togliendo loro il cappello, facendo 1o sgambetto, chiamandoli per nome, battendo dei colpi sulle spalle. A volte la
pianta spandeva una strana nebbia che faceva perdere

a far

crescere vicino alla pianta

gli edifici pi irn-

l'orientamento a chi doveva necessariamente transitare per la strada principale del paese; oppure da lei uscivano ombre deformi che inseguivano le persone, menre i prati attorno si coprivano di bianchi lenzuoli. Chiss per quale motivo nessun uccello ha mai nidificato ua quei rami! Soltanto un cuclo visse parecchi anni ospite de1la povolata e quando mandava il suo verso, sussurravano fosse la strega che si prendeva gioco

portanti del paese, perch odiava la solitudine. Negl alberi spuntati attorno si celano le anime dei suoi compari. Una donna raccontava di aver visto e udito in una calmissima notte d'estate muoversi le loro fronde al chiaro d luna, una alla volta, e mugolate come se stesseto chiacchierando. Quando imperversava la siccit e i raccolti inaridivano, gli uomini si riunivano sotto la povolata e chiedevano alla strega di mandare la pioggia in cambio della loro compagnia. Una notte, sempre d'estate, un uolno scorse un ramo del1a povolata allungarsi e toccare le campane, facendole echeggiare per tutto il paese. La chiesa sarebbe sorta appunto per scongiurare gli influssi malefici della strega. L'albero manifesta sensibilit opposte: dicono

di

qualcuno.

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Desideriamo ringraziare per la c'oLlaboruzionc alcuni amici monselicensi, e in particolare Gianranco Baso, Aurora Gialain, Sandra Marin, Lucio e Nicoletta Raise, Camillo Trevisan , che da teillpo operdno per la saluaguardia e la ualorizzazione del patrimonjo culturale delld nostra Citt.

Cralche

[ir:rq.lic

P;rcLrv.,

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