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Care sorelle, cari fratelli,

leggiamo nel quarto capitolo dell'Evangelo di Giovanni:


46 Gesù dunque venne di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un
ufficiale del re, il cui figlio era infermo a Capernaum. 47 Come egli ebbe udito che Gesù era
venuto dalla Giudea in Galilea, andò da lui e lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché
stava per morire. 48 Perciò Gesù gli disse: «Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete». 49
L'ufficiale del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50 Gesù gli disse:
«Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detta, e se ne andò.
Se ne andò, tornò per la strada che aveva fatto per arrivare a Cana, una strada difficile, una strada di
montagna, ora tutta in discesa verso il mare di Galilea. Il sole era già oltre lo zenit, non sarebbe
riuscito a raggiungere il suo traguardo prima del calar della notte, ma voleva tornare, tornare da suo
figlio gravemente malato, voleva tenergli la mano, voleva rinfrescare la sua fronte piena di sudore,
ma voleva soprattutto essere presente quando ...
No, questo no, questo non dovrebbe accadere, anzi non sarebbe accaduto. Non aveva appena sentito
che suo figlio era vivo? Non credeva forse a quelle parole? Perché questi dubbi?
“Sarà la paura di tanti giorni trascorsi al letto di mio figlio”, pensò, “la paura di perderlo, di perdere
il mio unico figlio.” Nella sua mente si fecero strada delle immagini, immagini emerse dal passato:
gli occhi vitrei dalla febbre, il ragazzo che si girava e rigirava nel letto nelle fantasie provocate dalla
febbre, i capelli bagnati di sudore. Queste immagini si mescolarono con altre, il ragazzo che giocava
nella sabbia, che si faceva dei bagni nel lago e insieme a queste immagini emersero i ricordi del
primo sorriso e dei primi goffi tentativi di camminare.
Salì in lui la voglia di piangere, ma impedì alle lacrime di scorrere. “Hai avuto troppo poco tempo
per tuo figlio”, si accusò, “il tuo lavoro è stato più importante di tuo figlio. Fra poco tuo figlio sarà
grande e tu lo conosci appena!”
Si accorse di avere avuto un pensiero pieno di speranza, la speranza che suo figlio potesse guarire.
Questa speranza diede ali ai suoi piedi, camminava concentrato e a passo veloce.
Tornò nei suoi pensieri al colloquio con Gesù. Era venuto da Gesù per chiedere aiuto. Dopo tutto
ciò che aveva sentito di lui, trovò deludente la reazione di Gesù alla sua preghiera, anzi scandalosa:
“Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete”. Che cosa aveva a che fare questa risposta con
la sua preghiera? Non era mica venuto per questioni di fede, lui era semplicemente interessato alla
salute di suo figlio. Se non fosse stata la preoccupazione per suo figlio a tormentarlo e ad averlo
portato da Gesù, se ne sarebbe andato subito, o avrebbe iniziato a litigare.
La preoccupazione, la paura di perdere suo figlio però, gli fece in modo che egli mantenne la calma,
se di calma si poteva parlare, e che rifece la preghiera: Signore, scendi prima che il mio bambino
muoia!
“E se ...”, pensò terrorizzato, “e io non sono con lui, ma non faccio altro che correre dietro a questo
Rabbino e poi mi faccio anche insultare. Alla fine rifiuta pure la mia preghiera di scendere insieme
a me, dice che mio figlio è vivo e mi manda via. 'tuo figlio vive' - certo, Gesù sembrava convinto di
ciò che stava dicendo, e io me ne sono andato pieno di speranza e incoraggiato, dall'altro canto
avevo l'impressione che non potevo fare di più.”
Era stata un'idea giusta incamminarsi, lasciare la moglie sola con il figlio ammalato, era stata
un'idea giusta aggrapparsi a questo filo?
Il centurione si ricordò una parola che aveva sentito dire da un predicatore di strada a Capernaum:
Non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante. Non conosceva le scritture
degli ebrei, ma ora le connetté con la persona di Gesù. Ciò gli diede forza e lo fece uscire dal tunnel
dei dubbi e delle angosce. Continuava la sua discesa verso Capernaum.
La discesa era ripida e piena di pietre, sentì dolore nelle ginocchia, la sete rese difficile il respiro.
Prese un sorso dalla sua borraccia. L'acqua era calda e non gli diede nessun sollievo. Poco dopo – il
sole fu già vicino all'orizzonte, sentì la chiamata di un pastore. “Porterà il suo gregge ad una fonte
di acqua fresca”, e decise di seguire il gregge. Ben presto vide che aveva pensato giusto. Il pastore
gli fece cenno di avvicinarsi.
Dopo essersi salutati, il pastore gli offrì acqua fresca e un pezzo di pane e gli chiese da dove veniva
e dove era diretto. Il padre raccontò di suo figlio ammalato, del suo incontro con Gesù, parlò delle
sue speranze e dei suoi dubbi. Il pastore, dopo un momento di silenzio disse: “Fidati delle parole di
Gesù, non perdere la speranza.” Ora il pastore mise insieme un po' di legna per fare un fuoco e
invitò il padre a rimanere per cena: “Puoi rimanere qui.” Indicò una grotta.
Dopo la cena a cui il padre contribuì con frutta fresca si misero a dormire. Il pastore dormiva
tranquillo, il padre non dormiva bene. Sempre di nuovo erano dei rumori strani a svegliarlo e
quando riuscì a dormire, sognava suo figlio. Erano sogni di suo figlio quasi adulto, forte, solare.
Questi sogni lo sconvolsero, ma gli diedero anche coraggio.
Svegliato dal freddo mattutino vide che il pastore aveva già munto le pecore e cotto il pane. Dopo la
colazione, il padre si congedò, il pastore gli disse di nuovo: “Fidati delle parole di Gesù, non
perdere la speranza.”, gli diede una focaccia ancora calda, acqua fresca e si girò per dedicarsi al suo
gregge.
Nonostante il poco sonno, il padre si sentì rinfrescato e rinforzato, e prima che il sole fosse a
mezzogiorno, vide Capernaum ai suoi piedi. Volle accelerare il suo passo, rimase invece fermo. Fu
la paura a fermarlo, la paura che potesse arrivare in ritardo, la paura di aver fatto il viaggio invano.
Si irrigidì e con gli occhi spalancati dalla paura continuava a guardare Capernaum.
Allora sentì la voce del pastore come se venisse da molto lontano: “Fidati delle parole di Gesù, non
perdere la speranza.”
La sua paura diminuì ed egli riprese la discesa verso il lago.
51 E mentre già stava scendendo, i suoi servi gli andarono incontro e gli dissero: «Tuo figlio vive».
52 Allora egli domandò loro a che ora avesse cominciato a star meglio; ed essi gli risposero: «Ieri,
all'ora settima, la febbre lo lasciò». 53 Così il padre riconobbe che la guarigione era avvenuta
nell'ora che Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»; e credette lui con tutta la sua casa. Amen

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