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CIPRO for Sale


Agosto 2015

Alati da inesauribile sete di conoscenza, The Phoenicians, viaggiatori nel


mediterraneo, armati di passione per larcheologia, corredati di infradito e libro/bibbia
delleminente archeologo cipriota Vassos Karagheorghis, giungiamo nellultima isola
europea del mediterraneo: Cipro.
Qui tante genti, egee, micenee, levantine, adorarono insieme (dal III millennio a. C.) la
grande dea della fertilit, detta Astarte da cananei e fenici (presenti qui dal XI secolo
a. C.)o Afrodite dai greci.
Dopo tanta convivenza, nel 1974 i turchi occuparono la parte nord, straziando lisola in
2 parti distinte, con confine, postazioni militari e come cuscinetto, la buffer zone: la
terra di nessuno gestita dallOnu.
In questi ultimi anni, dopo lennesimo tentativo di riconciliazione tra le due etnie,
fallito nel 2003, entrambe le parti hanno cominciato a vendere a ritmo incessante le
terre (specialmente nella parte nord dove forte era la presenza greca, prima del 1974
maggioritaria in tutta lisola) appartenute a greci, impedendo cos definitivamente il
ritorno dei legittimi proprietari sfrattati.

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Nella parte greca sono arrivati prima i russi, attirati qui dal bel clima e di recente i
cinesi, attirati dalla possibilit di ottenere la cittadinanza europea con un modico (per
loro) investimento ad aver comprato tutto o quasi, nella parte turca stanno tornando i
massa gli inglese, specialmente pensionati.
Risultato: una cementificazione incessante ed invadente di questa isola, antica
testimone della storia delluomo, che si avvia a diventare un blocco di albergoni e
villette a schiera.
Ma noi siamo qui per i siti archeologici e partiamo alla volta dellisola dalla Sicilia, con
breve stop a Malta.
Arriviamo allaeroporto di Larnaca e da qui, via taxi, a Paphos, luogo natio di un caro
amico Emilio, greco cipriota incontrato anni prima in Florida insieme ad altri 2 amici,
Berk&Burak, che come i Dioscuri, animeranno impalpabili con la loro geminea
presenza tutto il viaggio cipride.
Phaphos, una delle 10 citt-stato in cui Cipro era divisa dall VII secolo a. C., fu
capoluogo dell'isola sotto i Romani. La citt era particolarmente celebrata da Omero
come sede del culto di Afrodite (il cui mito greco diceva nata proprio a Paphos dalla
spuma del mare).
Prima notte a Paphos Harbour in un appartamento che si presenta subito in condizioni
da bombardamento. Il bagno: scarafaggi stecchiti in vasca, rubinetto crollato al primo
tocco e sciacquone col fil di ferro; la camera da letto: un forno crematorio, a causa dei
40 di temperatura, percepiti come 50; il soggiorno: mobili inclinati da post
deflagrazione e divano con segni di sangue da post sgozzamento.
Proprio accanto al palazzo una discoteca pompante musica al massimo della potenza,
fino alle 6 del mattino.
Paphos si presenta a prima vista come una cheap Las Vegas per russi di poche
pretese: ristoranti numerosi e dozzinali, hotel a raffica di standard meno che mediocre,
prezzi ovunque esorbitanti ma con lacqua del porto limpida e invitante.
Una colonna romana di granito spicca fra i lettini della spiaggia di un alberghetto sul
mare e resti di un antico abitato disturbano il parcheggio di un'altra struttura
alberghiera appena dietro.

Proseguendo lungo lalveo del porto (grondando 1 litro di sudore ad ogni passo)
arriviamo fino alla sua estremit delimitata da un castello.
La fortezza, originariamente bizantina, ricostruita dai Lusignano (una nobile dinastia
francese originaria di Poitier che regn su Cipro dal XII al XV secolo) fu rimaneggiata
da Veneziani e poi da Ottomani che conquistarono lisola nel XVI secolo: ingresso 9,50
E a persona.

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Di fronte a cotanto prezzo, desistiamo istantaneamente dallentrare e optiamo per il
bar di fronte dove abbeverandoci tra un succo di frutta e un cappuccino caldo al miele,
facciamo conoscenza con due simpatici libanesi (a dispetto del nome): Antonio e
Mario.
Commentiamo il prezzo di ingresso al castello e Mario osserva che alcuni anni fa era
solo 2 E.
Evidentemente Paphos Harbor una zona di Paphos sviluppatasi molto di recente. La
stragrande maggioranza degli edifici stata costruita in fretta e con materiali che
molto ricordano la cartapesta e la plastica e personaggi come i Flingstones rallegrano
(?!) lingresso di molti ristoranti.
Parallelamente alla cemento-plastificazione del porto, si velocemente proceduto con
un adeguamento dei prezzi.

Accanto a tutto ci, lingresso di Kato Paphos, la zona archeologica, la nostra prima
meta.
Il sito (Unesco dal 1980) molto ricco e comprende i resti dellantica citt ellenisticoromana, prima capitale dellisola: odeon, ville dai colorati pavimenti musivi, agora,
tempio di Asklepios.
Bellissimo parco e pulitissime toilettes, ingresso moderno e ordinato, custode musone
e nero di pelo e di umore.
La zona archeologica si estende lungo il mare, su uno sperone piatto e polveroso.

Un padiglione celebra gli uccellini dellisola, in natura e sulle ceramiche.

Case romane con ben tenuti mosaici, distributori di bevande ed altre toilettes, al
centro dellagor scavano italiani e pi lontano catacombe e il castello bizantino di
Saranta (che significa 40, dal numero delle colonne del castello, in origine forse
facenti parte di unantica agor).
Fuori dal parco archeologico altre catacombe, il teatro ellenistico-romano scavato
dagli australiani e molto pi lontano, su una lunga strada costellata da cartelloni in
cinese con terreni, foto di villette a schiera in vendita e fiumi di scritte in cirillico.
Ci dirigiamo verso le tombe dalle colonne doriche, dette dei re (TAFOI TON
BASILEON, lV secolo a. C.) per la loro magnificenza, da cui assistiamo ad un caldo
tramonto.

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Ritornando a Paphos Harbour cambiamo alloggio. Un albergo con 3 stelle ma con vari
peli su federe e lenzuola (80 E a notte).
Il giorno dopo saltiamo sul primo bus e arriviamo nella vera Paphos, la zona dellAgora,
situata in alto che conserva ancora edifici ottomani come un bellissimo hammam di
cui una parte stata riconvertita in ristorante (grazie alle conoscenze del gestore) e
unaltra parte visitabile gratuitamente.

Saliamo attraversando il mercato/souk ed in cerca del caff di Emilio, vediamo i resti


della moschea di Santa Sofia, visitata da un bel gattino festoso, uno dei tantissimi
gatti amichevoli e pasciuti che abitano lisola.

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Dopo poco troviamo Emilio. Il suo locale caff Grafico gestito da lui e dalla famiglia,
ha un arredamento moderno e confortevole. Emilio ci confessa che in precedenza
apparteneva ad un turco, sfrattato dopo il 1974, ragion per cui, lha potuto ottenere in
cambio di un modesto affitto. Mentre ci squagliamo dal caldo, ci serve un cappuccione

dal gusto italiano ma dalle proporzioni americane. Buono!

Commozione e ricordi degli anni passati a Miami scorrono tra una goccia di sudore e
un sorso di caff e poi di fresca aranciata.
Al termine della rimpatriata proseguiamo verso il museo di Paphos.
Alcuni edifici neoclassici ci fanno compagnia lungo la strada.

Il museo piccolo ma interessante e ci d unintroduzione sulla ceramica cipriota,


rilevante soprattutto nel periodo calcolitico e nellet del bronzo e per la prima volta
vediamo lidoletto calcolitico a forma di croce (che adorna anche la moneta cipriota da
2 euro) rappresentazione della dea.

Alla fine della visita, la custode Janna ci rivela di conoscere Berk&Burak (oltre ad
Emilio)!
Giriamo per la citt fra condomini ottomaneggianti che sembrano musei, per poi
entrare nel museo etnografico, una casa tradizionale di un archeologo George Eliades,
tenuta ancora dalla sua sposa.
Al piano terra una zona dedicata agli attrezzi e attivit agricole, al primo piano tra gli
arredi ottocenteschi, alcune vetrine zeppe di reperti ciprioti.
La mattina dopo, scoraggiati dalla nostra avversione per la guida, saltiamo di nuovo su
un bus zeppo di russi in costume da bagno, direzione Palaikastro, importante centro
miceneo su una penisoletta che tanto ricorda Thapsos in Sicilia.

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Tuttintorno albergoni e mega yachts che sfrecciano ricolmi di bagnanti.


Dopo i resti delle fortificazioni (appiccicate ad un hotel che era assente nella foto del
nostro libro risalente al 2006) e del piccolo abitato, in un bunker sotterraneo
sormontato da un grande scudo di bronzo, troviamo vari pannelli esplicativi della
storia del sito.
Alluscita, Georgios, il custode ci d la cattiva notizia che tutti i bus fermano a Agios
Georgios, l vicino e nessuno prosegue per la spiaggia di Lara o Polis, la parte pi a
nord, dove speravamo di fare un bagno con pochi russi..
Si ritorna quindi indietro col rammarico di non aver vinto la nostra fobia del volante e
non aver affittato una macchina e proseguiamo direzione di Kouklia/Paleopaphos, in
piedi, nel mezzo pubblico stracolmo di russi (perch trattasi dello stesso che porta alla
celeberrima rocca, punto di nascita di Afrodite, detta PETRA TOU ROMIOU).
Delle strutture del tempio della cipride dea poco rimane. Ledificio, usato
ininterrottamente dallet del bronzo allet classica, era come altri dellisola, sede di
culti ancestrali legati alla fertilit. Veniva qui praticata la prostituzione sacra, una delle
risorse principali del tempio, insieme al pellegrinaggio.
In molti arrivavano da Paphos camminando per 15 km per venerare la dea della
giovinezza e della fertilit. Durante la marcia portavano falli e sale, simbolo del mare
dalla cui spuma la dea era nata.
Il tempio era circondato da un bosco sacro e vicino ad esso aveva sede un oracolo
molto stimato nellantichit.
Trovate a Kouklia molte figurine cruciformi.
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La nostra emozione culmina quando vediamo un nero betl (roccia sacra)!

L'idolo della dea che, secondo Tacito, era costituito proprio da una pietra conica e fa
bella mostra di s, con altri reperti, in unantico maniero (XIII sec.) della casata dei
Lusignano, usato per lamministrazione e la produzione della canna da zucchero, ora
trasformato in antiquarium che ospita anche un sarcofago dipinto (forse di un
guerriero) con scene dellIliade e dellOdissea di recente scoperta, da molti datato V
sec. a. C.

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Fra i pezzi ciprioti a partire dal periodo cipriota arcaico (secondo la cronologia propria
di Cipro) anche arte fenicia ed il famoso mosaico romano che ritrae Leda (la madre dei
Dioscuri).
Trovato nella vicina necropoli di Skales un obelos (spiedo) in bronzo con uniscrizione
riconosciuta come la pi antica arcaica forma di greco a Cipro, il dialetto arcadocipriota, in uso nellXI secolo a. C., di derivazione micenea.
Il custode della sala incuriosito dal nostro interesse si avvicina.
Con lui, alto, cipriotamente piacevole nei lineamenti marcati dal sole e nei lunghi
riccioli scuri ,si intavola una lunga conversazione su Cipro, passato presente e futuro.
Con questo simpatizzante del partito di destra ELAM, tifoso dellApoel (squadra di
calcio di Nicosia), residente nel villaggio montano di Trodos, famoso per il suo
monastero ortodosso, parliamo delle nostre prime impressioni sullisola,
dellattaccamento al denaro dei negozianti che abbiamo visto, pronti a tendere la
mano per aver presto i loro soldi ma indisponibili ad accennare un mezzo sorriso e
anche della nostra tristezza per la divisione dellisola.

Ci dice che fino a 20 anni prima la gente ci avrebbe accolto nella loro casa e che
nonostante anche lui amerebbe che lisola fosse di nuovo una e di nuovo luogo di
incontro e convivenza di genti provenienti da oriente e occidente, lui MAI mostrer il
suo passaporto alle autorit turche di confine per accedere alla parte nord.
Crediamo di poter capire questa fierezza, anche se il dispiacere della sempre viva
tensione tra le due parti e dei risultati tangibili sul territorio, ci accompagneranno per
tutta la nostra permanenza.
Riprendendo lautobus, notiamo di fronte alla fermata un piccolo cimitero turco
abbandonato.

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Lindomani ci decidiamo ad affittare la macchina e proseguiamo in direzione Limassol,


con brevissima sosta di rito alla roccia che si vuole punto di nascita dalle spume
marine della pi bella tra le dee.

Tentiamo di rubare una foto ad una bella russa appollaiata su un puntuto scoglio,
mentre ammiriamo le varie gradazioni di azzurro del mare circondato da bianche
colline gessose. Questo lunico punto in cui non vedremo acqua cristallina ma
opacizzata di bianco dal calcare delle rocce che si sciolgono nel mare.
Viene la voglia di addentrarci tra le montagne bianche, verso Trodos, ma dobbiamo
proseguire.
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Nella zona di Avdmou notiamo qualche moschea, testimonianza della comunit turca
sfollata dopo il 1974.

Mangiamo un paninazzo con prosciutto e halloumi (il formaggio ceroso locale di latte
di pecora e capra) sul mare e passiamo da Akrotiri, una delle due basi militari inglesi
(insieme a Dhekelia) e la prima che incontriamo a Cipro, basi ancora territorio
britannico.
Cipro infatti fu dominio e poi colonia del Regno Unito, dopo la fine dellimpero
ottomano e vogliamo ricordare che gli inglesi, per impedire lindipendenza dellisola ed
una eventuale unione con la Grecia, nel 1957 uccisero giovani manifestanti come
Petros Yaillouros (17 anni), la cui lapide fu distrutta a Rizokarpaso (oggi Dipkarpaz)
dopo loccupazione turca e rimpiazzata da un monumento ad Ataturk.
Visitiamo il tempio di Apollo, da epoca ellenistica chiamato Hylates (il protettore dei
boschi), con le colonne i cui capitelli ricordano la manopola di un rubinetto.
Il culto di tale divinit appartiene a queste terre forse dal bronzo antico e viene
attribuito ad Apollo dal V secolo a. C. e a noi, dal cuore fenicio, fa venire in mente il
principe arboreo per eccellenza: Adonis, da sempre associato al culto della dea
dellamore.
La prima fase attestata del santuario risale al VIII secolo a. C. Ci che vediamo oggi
il risultato del rimaneggiamento che il tempio, insieme alle strutture del santuario
(portico, themenos, palestra, terme, alloggi per i pellegrini) sub nel I-II secolo d. C.
Testimonianza delluso arcaico, laltare circolare che ha restituito ceramica del bronzo
antico (red polished ware) fino al VII secolo a. C., in questa struttura circolare
dovevano svolgersi danze sacre e nelle vicinanze ci doveva essere il boschetto sacro.
Purtroppo, oggi a Cipro di alberi quasi non ce ne sono pi.
Ma Apollo era anche detto Lenanios. Lenos significa torchio e quindi il lattributo
indica unimplicazione di questo culto locale con la vendemmia (e guarda caso anche
oggi la zona rinomata per il vino).
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Nel II secolo, dopo un devastante terremoto, lingresso al santuario fu
monumentalizzato con un propylon (arco di ingresso) che faceva iniziare con grande
effetto la strada di 1,5 km che portava allacropoli della citt di Kourion dove anche noi
ci dirigiamo.
Di passaggio notiamo lo stadio a forma di U (II secolo d. C.).
La splendida citt romana di Kourion ben conservata sullomonimo monte dalla
vista spettacolare e ci d ancora la sensazione di essere una citt. Non una carta sulla
terra polverosa e bianca che calpestiamo.

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Il sito di frequentazione micenea abitato sin dal neolitico. Il parco archeologico oggi
mostra subito al visitatore i resti romani della citt (II-IV secolo d. C.): i mosaici di
Achille, la casa di Eustolios, il teatro, le terme, il foro, gi agor fino allepoca
ellenistica e poi rimaneggiata, il ninfeo, la casa del gladiatore e quelli di due basiliche
bizantine.
Proseguiamo per Amathus, sito fenicio e romano che ci aspetta accanto alla moderna
citt balneare di Limassol. Palazzi bianchi, tantissime scritte in russo e una sfilata di
hotel sul lungomare con gente che fa jogging come a South Beach.
Non facciamo in tempo a vedere il suo grande museo che chiude alle 16.00 e
proseguiamo per il sito di Amathus.
La citt dominava un fiorente porto. La parte bassa e romana ha tra le rovine ancora
gattini affettuosi e tra le colonne, alcune ragazze russe giocano a posare a turno con i
loro cappelli a larghe falde e i pantaloncini ascellari che per lasciano sfuggire met
glutei.
Lattivit umana pienamente attestata nel sito sin dalla prima et del ferro (XII
secolo a C). Il leggendario fondatore della citt si dice fu Cinira, per alcuni padre di
Adone. Cinira diede al nuovo insediamento il nome della madre. Ma altri miti, pi
propriamente ellenici, ci tramandano che il nome della citt derivava da quello di
Amatheo, nipote di Eracle a cui qui era intitolato un tempio sullacropoli, dove si
trovava anche il tempio della dea Afrodite.

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Incerta lorigine degli abitanti di Amathus. Secondo alcuni pare facessero parte della
popolazione indigena dellisola che si esprimeva tramite una scrittura sillabica,
derivante dalla lineare A micenea, unico alfabeto risalente allet del bronzo, che
sopravvisse in uso fino al IV secolo a. C. Ad Amathus sono stati rinvenuti oggetti
risalenti al X secolo a. C, tra i quali delle coppe metalliche, dette cipro-fenicie, con
dediche a Baal del Libano, cosa che attesterebbe la presenza fenicia a Cipro in epoca
molto antica e che hanno indotto a pensare che Amathus potrebbe essere stata un
insediamento fenicio, con tracce di Tophet (cimitero di infanti) nella sua necropoli.
Ad Amathus venerato era Adone durante le feste in suo onore: le Adonie.
il sito fu distrutto dagli arabi nellVIII secolo d. C.
Scaliamo la parte alta dove il tramonto ci coglie sulla cima del colle da cui ci godiamo
un tramonto che cola pennellate di rosa e arancio pastello accanto ad un enorme
calderone lapideo di squisita arte fenicia.

Musica di sottofondo dal vicino bingo che d i numeri in russo, mentre suona una
canzone greca

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Di nuovo in viaggio, alle 21.00 circa giungiamo a Larnaca.


Costeggiando lacquedotto ci perdiamo e litigando furiosamente, arriviamo in una
zona di clubs di bassa lega, accanto al porto commerciale della citt.
Lhotel Elisso ci accoglie per 40 E, vista sul Fantasia Strip-Club e grillo (che tanto
pareva una blatta) inclusi.
Alla taverna Apostolos Andreas, la cena per ci ripaga.
Grigliata mista con insalatona greca di porcellana e feta, riso alla zucca, vino bianco
retsina. Tutto ottimo, economico e abbondante, servito con garbo e simpatia dalla
proprietaria,Stavroula.

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Lindomani mattina si va in cerca di Kition , citt fenicia florida per lintenso


commercio del rame che proprio dietro di noi o meglio sotto, sovrastata dallodierna
Larnaca.
Kition, sito prima miceneo (detto Kittim) e poi fenicio, luogo natale del filosofo greco
Zeno, possiede il pi grandioso dei templi di Astarte, vicino al tempio di Melqart che
per sopravvive solo nelle fonti.
A Cipro il culto di Astarte dallet del bronzo rimase invariato per pi di sei millenni.
Tra i riti che lo caratterizzavano cera, la prostituzione sacra (ierodulia) e il taglio di
capelli da parte di barbieri sacri che rasavano le chiome degli adoratori in visita al
tempio per la prima volta. Le danze in onore della dea venivano fatte tenendo in mano
fiori e indossando maschere di toro.

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Un ponticello di legno divide in due, dallo scorso inverno (che fortuna !) il glorioso
tempio di Astarte.
Accanto al tempio un praticello che notiamo costituito da tenere foglioline di fico che
ben si addice alla dea della fertilit e ci fa immaginare quanto rigoglioso e quanto
perci venerato e visitato dovesse essere questo luogo.

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Andiamo poi al museo e alle rovine di Bamboulia, localit in cui sorgeva il fiorente
porto. Ci rendiamo conto di quanto tutto fosse diverso in antico e di quanto prossimo
fosse il mare, ora lontano ben 400 metri.

Visitiamo poi il museo privato, con una vasta collezione appartenente ad una
eminente famiglia del luogo, il museo Pierides, in un grazioso palazzo in legno bianco
dei primi dell800.

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Ci rimettiamo in strada e una gigantesca statua di Makarios (capo della Chiesa


ortodossa di Cipro e nel 1960 primo Presidente della Repubblica di Cipro dopo
l'indipendenza politica) ci indica la via per il lago salato e lattigua moschea di Hala
Sultan Tekke (X IX secolo a. D.), famosa anche per le sue tombe, fra cui quella della zia
del profeta Mohamed.
Ledificio,sorto su un sito dellet del bronzo ed accanto ad alcuni quartieri industriali
ed insediamenti fenici, oggi luogo romantico per le coppie della citt che amano
recarvisi in estate anche dal lago salato che asciugandosi calpestabile, mentre in
inverno si ricopre di fenicotteri rosa.

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Avevamo programmato un t in moschea collamico facebook, lImam Shakir, invece


assente al momento della nostra visita.
Visitiamo il museo archeologico di Larnaca, interessante anche fuori.

La giornata si conclude in un vicolo del centro di Larnaca, tra i tavoli di una taverna
greca, carne buona, grigliata come sempre ma poca e cara, insalata rachitica, servizio
frettoloso e svogliato.
Lindomani andiamo a cercare il sito fenicio di Idalion, oggi Dali. Arriviamo ad ora di
pranzo e affamati prendiamo unaltra grigliata, stavolta di pollo e gamberoni (oltre alle
onnipresenti patatine fritte e tsatsiki).
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Idalion era una delle citt stato cipriote, da noi visitate come Paphos, Kourion,
Amathous e Kition, Salamina e Kyrenia, citt che insieme ad altre facevano parte delle
dieci citt-stato di Cipro elencate in un'iscrizione del re assiro Esarhaddon (673-672
a.C).
Nel caldo sahariano, dopo un rifornimento dacqua, ci avviamo alla ricognizione del
sito che si estendeva su due acropoleis e una area pi in basso.
Fondata dal mitico esule troiano Khalcanos, occupata nel V secolo a. C. dai fenici di
Kition, ha rilasciato manufatti di uno stile unico che influenz altre zone dellisola. Fra i
ritrovamenti una tavoletta di bronzo la cui decifrazione permise di individuare il
sillabario ciprota come lingua propria dellisola.
Secondo le fonti qui sorgevano i templi di Apollo, Afrodite e Atena/Anat, ma solo di
questultimo ci sono resti.
Trovati recentemente un palazzo reale fortificato, un frantoio e varie abitazioni.
Anche Idalion fu saccheggiata da un nostro infame connazionale, Luigi Palma di
Cesnola che nell800 scav a Cipro decine di migliaia di reperti, molti dei quali finirono
venduti al Metropolitan Museum di New York.
Con nostro rammarico, il custode ci avvisa che il palazzo del re ed il frantoio non sono
accessibili, visitiamo quindi una delle due acropoli e ci godiamo il panorama che spazia
fino al confine turco coperto da alcuni capannoni militari (notiamo anche resti di
postazioni armate greche).

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Bellantiquarium con capitelli fenici, in stile proto eolico,ben conservati che ci


accolgono prima delle vetrine e ci fanno provare molta emozione a vederli dal vero!

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Il bigliettaio, custode anche dellantiquarium, ci confessa che siamo gli unici visitatori
della giornata e ci suggerisce di andare a vedere la residenza della veneziana Caterina
Cornaro, andata in moglie al re Lusignano dellisola e perci regina di Cipro nel XV
secolo.
Bagno anche qui immacolato, come in qualsiasi esercizio pubblico e privato della parte
greca (hotel esclusi).
Ci indica la via un monumento al milite greco della guerra del 74 col fucile alzato e con
un pensiero alla Cornaro e anche alla per noi troppo lontana Tamassos e alle sue
tombe reali, a corto di tempo, guidiamo in direzione della capitale, Nicosia.

Dopo uniniziale difficolt troviamo le mura veneziane che racchiudono il grazioso


centro storico della parte greca dove si trova il nostro alberghetto, piccolo, tradizionale
e con rifiniture in legno che ricordano una baita montana.
Lasciate le valige, scendiamo per una passeggiata e nella reception ci imbattiamo in
unalta signora bruna, dal seno pompato e dai capelli lunghissimi (come tutte le donne
greche o russe da noi incontrate), fasciata in un corto tubino nero che prende una
stanza in compagnia di un anziano signore.
Il centro, tra divanetti e shishe, a tratti, ricorda pi la cultura turca che greca.
In Ledra Street vediamo per la prima volta un crossing point greco-turco. I turisti
mostrano il passaporto, prendono il visto turco e attraversano il confine divertiti,
nonostante le facce burbere dei sorveglianti. A noi il battito aumenta per lemozione.
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Valichiamo il confine e ci troviamo in un lurido e puzzolente bazar anatolico con
qualche ristorantino, hammam e un bel mercato dove compriamo t e dolcini
gommosi turchi.
Belli anche la cattedrale lusignana, convertita in moschea e il caravan serraglio Buyuk
Han. Poi una sfilza di casin (22!) e spreco di bandiere/lenzuolo col rosso della
repubblica turca e il bianco dello stato cioriota turco.
La sera ci incontriamo col nostro giovane amico, Fatih, appena arruolato nella leva
della repubblica turca di Cipro nord, che col suo fuoristrada, prima ci offre una ricca
cena di kebab e airan e poi ci scarrozza per le strade della parte turco cipriota di
Nicosia, da loro chiamata Lefkoa (da noi Left Coscia).

Il ragazzo ricorda tanto nel suo viso e nella sua gentilezza, i mitici Berk&Burak e ci
mostra con particolare orgoglio la gigantesca illuminazione della bandiera cipriota
turca sulla montagna.
Finiamo in un locale pieno di ragazzi muscolosi, ragazze musulmane in minigonna e
negri che non sono migranti ma ci dicono essere figli di ricchi pap che dallAfrica li
mandano a Cipro a studiare in una delle tante universit cipriote.

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Impressionante la variet di monumenti sempre inneggianti al padre fondatore della


Turchia: Ataturk.
Ci facciamo una birra (Efes) anche noi.
Lindomani, mattina interamente passata al museo di Nicosia, in un bel palazzo
neoclassico.

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Questo museo, con i suoi reperti rari e ben conservati (dal neolitico allepoca romana),
un paradiso in 14 grandi stanze, un paese dei balocchi pieno di leccornie per gli
amanti dellarcheologia e del mondo fenicio. Meriterebbe almeno 2 giorni di
immersione totale, ma non li abbiamo. Dobbiamo correre tra brocche calcolitiche, polpi
micenei, arredi fenici in avorio e lidoletto cornuto di Enkomi, la nostra prossima tappa,
con deviazione per a Salamina.

Subito, usciti dal museo, iniziamo lavventura nella parte occupata turca non
riconosciuta dal mondo, se non dalla Turchia. Troviamo laccesso in auto con difficolt
ma poi riusciamo ad imboccare la direzione per le rovine romane di Salamina.

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Proprio sul mare, accanto allaccesso agli scavi c la grande terrazza di una trattoria
dove mangiamo una grande frittata con una birra, godendoci lo spettacolo delle
mussulmane che si fanno il bagno in camicia a maniche lunghe e pantaloni
coloratissimi.

Entriamo nel sito che ci saluta con polvere e immondizia.


Di questa antica citt, diventata nellVII secolo a. C. la pi potente citt-stato
dellisola, di leggendaria fondazione ellenica da parte del re dellisola di Salamina di
ritorno dalla guerra di Troia, ci appaiono i resti di epoca romana.

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Ricostruita dallimperatore Costantino, conserva alcune testimonianze dei periodi prearcaico ed ellenistico. Tra tutto spicca il ginnasio ellenistico, rifatto in epoca romana,
adornato con statue ed il teatro anchesso romano, tutte rovine ampiamente
saccheggiate e riciclate per nuove costruzioni dopo la distruzione definitiva del sito da
parte degli arabi.

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Lasciamo Salamina e dopo unocchiata di striscio alla chiesa dedicata allapostolo San
Barnaba, oggi museo, terminiamo la giornata tra le rovine di Enkomi.

Enkomi, sin dallet del bronzo importante centro commerciale industriale per
lesportazione del rame. Fu distrutta quasi completamente da un incendio intorno
alla met dell XI secolo a seguito di un terremoto. Dopo questo disastro la citt
venne abbandonata.

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Al crepuscolo, in mezzo alle strutture dellabitato, in quello che fu il tempio del famoso
dio cornuto, identificato da alcuni con il dio di Alasia, protettore delle miniere di rame
dell'isola, corre una volpe..

Riprendiamo il viaggio tra strade bardate per le parate militari, Ataturk vari e bandiere,
di un paese simil nord-coreano e giungiamo a Famagosta (da noi ribattezzata Fama
Ghost Town).

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Allimbrunire ci fermiamo per la notte allHotel Portofino, proprio accanto alle mura
veneziane.
Il bagno dellhotel sintetizza al primo sguardo tutta la pelle doca che si potrebbe
accumulare dopo la visione di una dozzina di film dellorrore.
Anche qui la cena consolatrice, in centro storico il miglior ristorante di tutto il viaggio
(Aspava restaurant)!
Portate genuine, innumerevoli e tutte irrinunciabili.

Lindomani misera colazione in hotel su tovaglia che sembra a pois (in realt, per,
non sono pois ma macchie!) vicino al buffet, una piscina circondata da guano di
piccione.
La vista per sulle mura insuperabile, si scorge anche la chiesa di San Nicola, oggi
moschea Lala Pasha, che non vediamo lora di andare a vedere da vicino, nonostante i
40 gradi mattutini.
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Famagosta, citt UNESCO raccoglie tra le mura veneziane le rovine del periodo
francese (qui detto lusignano) e veneziano distrutte e/o rimaneggiate dopo la
conquista ottomana.
La citt, durante la presenza dei veneziani sub lassedio e la conquista da parte degli
ottomani nel 1571 comandati da Lala Kara Mustafa Pasha. A dirigere la difesa della
citt il Provveditore della Repubblica veneziana Marcantonio Bragadin.
Ai circa 6000 uomini della guarnigione veneta si opposero 200000 turchi con 1500
cannoni e 150 navi.
Famagosta resistette per 11 mesi, poi, dopo aver finito i viveri, Bragadin si arrende in
cambio di un salvacondotto dei superstiti veneziani per Creta.
Ma Lala Kara Mustafa Pasha dopo la resa, cattura Bragadin, mutilandolo, seviziandolo
e umiliandolo per 12 giorni.
Il martirio termin con la sua decorticazione appeso ad unantica colonna romana che
ancora oggi si trova (senza alcuna lapide in ricordo dei fatti avvenuti) nella piazza
principale accanto alla chiesa di San Nicola e di fronte ad alcuni caff e ristoranti dove
la gente consuma spensierata.

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Dopo la morte gli ottomani continuarono ad oltraggiare ci che rimase di lui, la sua
pelle che fu usata come fantoccio, appesa allalbero della nave come bandiera, trov
finalmente pace a Venezia, nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, ove ancora giace
in un sepolcro che la Serenissima giustamente gli dedic.
I turchi invece hanno di recente dedicato un museo vicino al porto a Lala Kara Mustafa
Pasha, in cui si omettono i truci dettagli del comportamento del comandante
ottomano ma non si manca di definire traditore Bragadin.
Brucia come il sale che gli ottomani cosparsero sulle mutilazioni inflitte a Bragadin che
la chiesa venga comunemente chiamata moschea (anche dai pochi gruppi di stranieri
che visitano in giornata la citt) che sia stata intitolata al crudele e infame ottomano
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Lala Kara Mustafa Pasha, mentre nessuno dei 4 italiani incontrati durante la nostra
permanenza conosca ne il nome ne tantomeno la storia del coraggioso veneziano.
Con un pensiero al valore della parola data che un tempo caratterizzava i gentiluomini
in tutto il mondo, facciamo strada per Kyrenia. (Girne per i turchi a cui piace cambiare
i nomi greci)

Piccola citt portuale e godereccia, ad uso e consumo delle frotte di naioni in libera
uscita e dei numerosissimi turisti anche e soprattutto turchi che amano recarvisi per la
sua bellezza e per frequentare i suoi Casin.
Spicca sul bel porticciolo un altro castello, sviluppatosi dal XII secolo su uniniziale
struttura ellenistico romana.

Il castello ospita al suo ingresso il negozio di ceramiche dellamico face book Sevket
Piro. Affabile, affettuoso e gentilissimo, Sevket ci d il benvenuto illustrandoci il lavoro
suo e della famiglia, che riproduce fedelmente le ceramiche cipriote dellet del
bronzo.
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Il castello fra le belle architetture, propone in alcune stanze, avvalendosi di manichini,


la ricostruzione dei metodi di tortura usati da francesi e veneziani (ovviamente non
ottomani!) e un antiquarium che lascia fuori uno splendido busto, muto testimone
delle origine molto pi remote del sito.

Tra russe in completino a fiorellini pastello e cappelloni, che anche qui posano stridule
e quellaria di toilettes trascurate, tipica della parte cipriota turca, si fa fatica a non
pestare le decine di bottigliette dacqua abbandonate vuote dai turisti.
Usciti dal castello, dopo aver tracannato un mega american frappuccione ,troviamo le
energie per rimetterci in macchina per 3 ore e mezzo, meta i bungalows sulle spiagge
dellultima parte semi incontaminata dellisola: la penisola di Karpaz.
Attraversando paesini abitati da genti anatoliche (curdi?) dai visi zingareggianti, ci
fermiamo in localit Dipkarpaz e ci fermiamo di fronte ad una casa aperta. Dentro, una
famiglia sorridente, che con un amichevole <Ela, ela!> ci invita ad entrare e ci
rassicura che siamo sulla strada giusta.

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In soggiorno una riproduzione dellUltima Cena di Leonardo che insieme allidioma
familiare, ci fa notare che si tratta di greci, tra i pochi superstiti sfuggiti, in questa
sperduta penisola, allepurazione perpetrata dai turchi dopo loccupazione.
A notte inoltrata prendiamo alloggio in un piccolo villaggio di modesti bungalow sul
mare(Livana), modesta cena inclusa, allesoso prezzo di 110 E.
La mattina ci tuffiamo nelle acque chiare e blu di Karpaz e di nuovo in macchina,
andiamo alla ricerca della fine della strada.

Teke place, Golden Beach (una spiaggia FKK per nudisti ma di nudi noi vediamo solo gli
asini) e Turtle beach si susseguono sotto i nostri occhi, fino alla riserva degli asini
che popolano liberi la parte finale della penisola.
Rallentando per fotografarli, i dolci quadrupedi si presentano porgendoci il muso
vellutato dal finestrino.

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Purtroppo ,non c tempo per visitare Lamboulia, a Lepta, dove ci sono dei resti di
quella che definita come una piscina romana ma che a noi pare un simil kothon
fenicio (ricorda, infatti, il bacino presente nellisola fenicia di Mozia, in Sicilia) e
facciamo dietro front.

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Lasciamo la miriade di monasteri abbandonati con moschea e minareto/missile subito
accanto (per sfregio turco, si suppone) e voltiamo la macchina in direzione Famagusta,
riuscendo a trovare il crossingpoint per ritornare nella parte greca.
Atraversiamo km interminabili, fra controlli turchi, filo spinato, buffer zone, English
zone
Arrivati a Larnaca, ritorniamo ancora allhotel Eleonora, in centro, ormai familiare, ci
sentiamo a casa e stremati da kebab, meze e cibi vari ma sempre noiosamente
grigliati, la sera ci abbuffiamo in un buffet di fresco sushi.
Lultimo giorno utile prima della partenza, lo dedichiamo ad una passeggiata alla
chiesa di San Lazzaro

e poi a visitare due delle mete preferite dai turisti russi che (molto graditi dai locali)
occupano pacificamente tutta la parte greca: Capo Greco e Ayia Napa.

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Sulla via di Capo Greco ci imbattiamo in un posto di guardia dellONU, accanto a cui
sorge un piccolo zoo, al tempo stesso torretta di osservazione per i turisti su Varosha,
la citt svuotata dopo laggressione turca nel 1974 ed ora nella zona cuscinetto.
Ci rifiutiamo di pagare 4 E a persona per guardare questo strazio ma ci soffermiamo a
leggere un pannello che ricorda luccisione di due dimostranti greci che nel 1996
tentarono disarmati di penetrare nella zona occupata dai turchi e furono da questi
velocemente massacrati senza conseguenze penali.
Dopo qualche indecisione sulla strada da prendere e grazie allintraprendenza fenicia ,
decidiamo di inoltrarci lungo una stradina sabbiosa che a sorpresa ci conduce di fronte
ad un chiarissimo mare.

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Ci buttiamo subito, lacqua anche qui colorata e calda, la costa rocciosa costellata
da capanne costruite dai locali per ripararsi dal vento.
Nuotiamo fin quasi al confine greco con la buffer zone e vediamo da lontano la povera
Varosha, ex citt balneare, ridotta ad un insieme grigio di scheletri di cemento sul
mare.
Usciti dallacqua, vediamo due o tre navi cariche di russi che si avvicinano alla buffer
zone urlando spiegazioni col megafono. Uno di noi scopre i glutei al loro passaggio
Andiamo poi a vedere lo spettacolo naturale offerto dalla costa a Capo greco dove, fra
altri connazionali, una coppia di russi celebra il proprio matrimonio.

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Ritornando a Larnaca passiamo per la mecca del divertimento cipriota Ayia Napa.
Locali, plastica e gente ubriaca che vuole divertirsi gi dal pomeriggio, albergoni
megagalattici senza fine, sulla strada varie altre coppie di sposini russi.
Tramonto arancio su Larnaca e ultima notte a Cipro al ristorante cinese, dopo una bella
passeggiata sul lungomare fino alla moschea, al castello medievale di Larnaca ed un
saluto alla statua dellillustre kitionate Zeno.

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Il 12 giorno si parte, di nuovo scalo a Malta con Emirates e le sue posate metalliche
(evidentemente loro non hanno paura di attentati).
Bella e fresca ci appare la Sicilia ma un forte ricordo rimarr in noi della calda Cipro.
Isola dai tramonti ramati, oggi venduta agli speculatori stranieri e occupata da molti
eserciti, un tempo crocevia di commerci, punto di scambio di culture e idee.

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BIBLIOGRAFIA
Sabatino Moscati I fenici 1992
Vassos Karagheorghis 2002
Corinne Bonnet I fenici 2010
Sergio Ribichini, Paolo Xella La religione fenicia e punica in Italia 1994
Silvana Errico CIL, 5182 - Scritto nella pietra 2012

Le foto di depliant e mappe sono stati forniti dai siti visitati e dagli uffici turistici di
Cipro (parte greca) e Cipro Nord (parte turca), gli autori di tutte le altre foto sono The
Phoenicians (Daniele Leone, Alessandra Conti).

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