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Capitolo 42  10 anni dopo

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Era una mattina di sole, misto a grosse nuvole, ovviamente. A Londra, a
settembre, non si poteva chiedere di pi. La gente camminava tranquilla nelle
strade, approttando di quel prezioso sole domenicale, forse l'ultimo tepore
prima dell'inverno.
Chi fosse mancato da Londra da una diecina di anni non l'avrebbe riconosciuta. Il Grande Fuoco se l'era mangiato tutto, il centro di Londra, proprio dieci
anni prima. E appena le ceneri si erano spente su quella che era stata una
grande capitale, Christopher Wren, l'architetto di corte, aveva potuto scatenare
la sua arte e la sua fantasia, e aveva cominciato a ricostruirla, magnica, monumentale, pi capitale di prima. Da due anni fervevano i lavori della cattedrale
di S. Paolo, anch'essa bruciata, anch'essa in ricostruzione.
Non molto distante, il Monument, il monumento commemorativo al Great
Fire, era quasi ultimato. Ed era gi una meta obbligata della gente che, nella
passeggiata domenicale, gi sostava con il naso all'ins, a ammirare tra le impalcature quella meraviglia dell'edilizia. Una altissima, gigantesca colonna dorica,
all'interno 311 scalini di una innita scala a chiocciola, in tutto 61 metri di
altezza. E anche 61 metri di distanza da Pudding Lane, Eastcheap, e precisamente dal punto dove dieci anni prima sorgeva il forno di Thomas Farriner. L
era cominciato tutto. L tutto andava ricordato.
X ansimava un po' mentre saliva gli ultimi scalini della scala a chiocciola.
Era una fatica che faceva ogni giorno, a volte pi volte al giorno, ora che i lavori
si concentravano nell'ultimo pezzo. Non era pi giovanissimo, ma se lo poteva
permettere ancora. Si ferm un attimo su un pianerottolo a prendere respiro.
La mano corse nella tasca, dove carezz l'oggetto metallico, ormai una abitudine
quotidiana, quasi continua, da molti anni a quella parte.
Appoggi l'altra mano a piatto sulla pietra della parete, fredda, levigata,
solida. Quella era roba sua. Si, la storia avrebbe ricordato che Monument era
stato progettato da Wren e da Hooke, ma il capo dei lavori era stato lui. E
la gente non sa che chi progetta ha solo delle idee, che butta gi schizzi su
carta, solo lavoro di fantasia. E poi chi deve fare i conti con i pesi, i materiali, le
spinte di forza un altro: appunto il capocantiere. Lavoro facile e lavoro sporco.
Fantasia e sudore. Fantasia anche poco, dato che alla ne si trattava di una
colonna greca. Sudore tanto, e anche sangue. Pi di un operaio ci era rimasto,
in quei dieci anni, schiacciato dai blocchi o precipitato dalle impalcature. Ma
era una colonna come i greci non si erano mai sognati, la pi alta mai costruita.
Il pi alto monumento di Londra. E il miracolo per cui stava in piedi era stato
suo. Di Mastro X, non di Wren o Hooke.
Pochi scalini ancora ed era arrivato in cima. Sbuc dal portello provvisorio
ricavato nella costruzione in pietra cubica che sormontava il capitello nale della
gigantesca colonna. Tirava un vento forte, teso, che gonava come vele le tele di
juta che coprivano alla vista le impalcature. Il cantiere era vuoto, come sempre
di domenica. E come sempre di domenica lui saliva su da solo, a contemplare
la citt dall'alto del suo capolavoro. Stava anche ore l, in contemplazione, cosa
che non avrebbe potuto fare nello schiamazzo dei muratori, il martello degli
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scalpellini, il cigolare degli argani e delle carrucole. Da l la sua vista dominava


a 360 sulla citt di Londra, un tempo un ammasso putrescente di catapecchie
maleodoranti, ora in ricrescita di purezza.
Tutti intendevano il Monument come la celebrazione di un evento infausto.
Ma il Great Fire, X lo sapeva bene, era stata la fortuna di Londra, l'evento che
aveva permesso che la citt spiccasse il vero ultimo balzo per essere la sontuosa
capitale del mondo che meritava. E lui l'aveva costruito con quello spirito. Per
ricordare il trionfo delle amme sul sudicio e sul lerciume, per celebrare il fuoco
che aveva puricato la terra rendendola pronta a nuova gloria. E anche quello
era merito suo.
La mano corse di nuovo all'oggetto metallico che aveva in tasca. Un acciarino
unico nel suo genere, anch'esso frutto della mente di un genio, Leonardo, che
aveva armato la mano di un genio, mastro X, per compiere un grande miracolo.
Rivide ancora, come lo rivedeva nella mente innite volte, come quell'oggetto
aveva funzionato perfettamente, come la molla era scattata tirando la catenina,
come la ruota aveva girato vorticosamente contro la pietra focaia, come uno
spruzzo di scintille si era riversato sul mucchio di stoe e frammenti di legno
nell'angolo buio di Pudding Lane. Il vento che gli soava ora negli orecchi, e gli
scomponeva i capelli, era lo stesso che tirava quel giorno, che si era intrufolatoa
nei vicoli stretti di Eastcheap, che aveva trasformato quelle scintille in una
ammella, e da una ammella, miracolo dei miracoli, nel Great Fire.
Lo voleva vedere ancora una volta, quell'acciarino magico, fatto fare a perfetta imitazione di un disegno del grande Leonardo. Lo estrasse dalla tasca per
sollevarlo, come in un gesto religioso, verso il vento e il cielo. Ma il gesto fu
troppo rapido, la presa insicura. Una sporgenza dell'acciarino si impigli in un
alamaro della giacca e l'oggetto gli sfugg di mano. Come in una sequenza rallentata lo vide roteare nell'aria verso il bordo del Monument. Lasci l'appiglio
all'impalcatura e tese entrambe le mani per acchiapparlo a mezz'aria, sporgendosi in avanti. Il piede destro, su cui poggiava il peso del corpo, scivol sulla
fanghiglia di pioggia, sabbia e calce che copriva la supercie del Monument.
E fu nel vuoto.
Le teste dei passanti si levarono a guardare in alto quando dalla cima della
colonna giunse il grido inumano. Ma la caduta fu cos rapida che non la videro
nemmeno. Il rumore sordo, ovattato che fece il fagotto nero, ormai non pi
urlante, sul selciato della strada, quello lo sentirono benissimo. Poi fu un baccano tremendo. Urla, pianti, gente che correva da tutte le parti, qualcuno
vomitava nell'angolo: era passato troppo tempo dalla morte nera e i londinesi
avevano recuperato il loro stomaco debole alla vista del sangue e dei corpi disfatti.
EEE si fece avanti piano verso il corpo sfracellato e scomposto. Gli occhi del
morto erano aperti. Increduli.
EEE pass poco oltre e si chin a raccogliere un piccolo oggetto metallico.
Lo contempl con attenzione. Era come una impugnatura di pugnale, lungo la
quale si apriva una lunga scanalatura, che lasciava vedere all'interno una grossa
molla metallica. Dalla ne del manico usciva una rotella di metallo, con il bordo
ruvido e dentellato, che strusciava su una piccola pietra focaia incastrata di lato
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al manico. Rivide il disegno del codice leonardesco che aveva trovato nel volume
della biblioteca alla Royal: si, era una replica quasi perfetta. Ed era nuova di
zecca, come se non fosse mai stata usata, o solo poche volte. Una sola volta,
immaginava. Ed era esattamente come gliela aveva descritta Ratto e come lui
l'aveva tratteggiata con il carbincino, su quel prato vicino alla Torre, mentre il
Great Fire imperversava. Bravo ragazzo, Ratto, buon osservatore.
EEE si mise l'acciarino in tasca. Lanci un ultimo sguardo al fagotto insanguinato a pochi passi da lui, intorno al quale si assiepava una folla di curiosi
urlanti. Si allontan verso l'altro alto della strada, avvicinandosi ad una donna
e a un giovane che lo guardavano interessati.
Cosa hai raccolto ? Disse il giovane
Niente di importante, Cricket disse EEE, o forse si, ma ne parliamo
dopo
Sempre misterioso aggiunse la donna, rimettendosi a posto una ciocca
della rigogliosa capigliatura rossa, che era stata scompigliata dal vento
Non sempre. Non per molto, almeno questa volta disse EEE con un
sorrisino
E' morto, immagino disse Cricket, indicando l'uomo precipitato
Morto s, e questo chiude anche questo episodio
Quale episodio ?  disse Rubella
L'episodio del Great Fire
Non capisco
Neanche io
Capirete, se avete un po' di pazienza. Ora dobbiamo sbrigarci. Stasera
devo ripartire per Boston e non posso perdere il postale. Il messaggio che ho
ricevuto mi costringe a ritornare quanto prima. E poi a questo puzzo non ci si
abitua mai, specie dopo l'odore di resina della piantagione, e nomn vedo l'ora
di non sentirlo pi
Ma l'episodio ? disse Rubella. Era come un martello quella, non mollava
mai l'osso
L'episodio sar chiarito a breve, quando avremo fatto due passi e saremo
arrivati a casa di Ratto, o almeno noi lo conosciamo cos, ma dubito che continui
a farsi chiamare con quel nome, ora che alderman. E Ratto vi racconter la
ne dell'episodio EEE esit un attimo Di questo episodio, intendo
Si allontanarono. Un po' piegati contro il vento forte.
Dalla parte di Thames Street stavano arrivando di corsa degli sbirri per
capire cosa aveva radunato quella piccola folla vociante.

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