Sei sulla pagina 1di 14

TRE UOMINI IN BICICLETTA

Di Dario Markovic (trieste) Diario di viaggio come trattato darchitettura Tesina su Tre uomini in bicicletta

Indice: 1 Biografia Altan Francesco Tullio 2 Biografia Rigatti Emilio 3 Biografia Rumiz Paolo 4 Tre uomini in bicicletta 7 Viaggio in Bosnia Herzegovina 12 Bibliografia e sitografia

In copertina Altan, vignetta tratta da P.Rumiz, Tre uomini in bicicletta, Feltrinelli, Milano 2002

Francesco Tullio Altan

Nasce a Treviso il 30 settembre 1942. Pi spesso noto solo come Altan un autore di fumetti un autore di fumetti, disegnatore, sceneggiatore e autore satirico. Oggi vive ad Aquileia, in Friuli, paese di origine della famiglia. Figlio del grande antropologo friulano Carlo Tullio Altan, Inizia gli studi all'Istituto universitario di architettura di Venezia che non porta a termine per dedicarsi al cinema e alla televisione nel ruolo di scenografo e sceneggiatore. Nel 1970 si trasferisce a Rio de Janeiro, dove crea il suo primo fumetto per bambini pubblicato da un quotidiano locale. Nel 1974 Altan inizia a collaborare come fumettista per alcuni giornali italiani. Nel 1975, in coincidenza con il suo ritorno in Italia, crea la cagnolina Pimpa, ( la cagnolina a pois rossi dalle lunghe orecchie) uno dei suoi personaggi pi riusciti e famosi, che sar pubblicato inizialmente sul Corriere dei Piccoli. La Pimpa non il solo personaggio per bambini creato da Altan. Oltre alla Pimpa infatti, ci sono Kika e Kamillo Kromo. Altan ha creato anche storie a fumetti per un pubblico adulto come le storie e inoltre, ha realizzato le vignette di alcuni libri scritti da Gianni Rodari. Decennale la sua collaborazione con riviste come L'espresso, Panorama e ultimamente con il quotidiano La Repubblica per il quale disegna vignette di satira politica. In genere, nelle vignette satiriche di Altan vengono raffigurate persone comuni, mentre quasi mai si trovano personaggi politici.

La bicicletta: Una Specialized biammortizzata di un bel grigio militare inquietante su un carro armato, piacevole su una due ruote del 1993, ed praticamente nuova avendo percorso in tutto 4000 chilometri. E equipaggiata con uno Stimano LX a otto velocit e componentistica di medio livello ma comunque affidabile

Emilio Rigatti

E nato a Gorizia nel 1954. Sposato, con figli, insegnate ditaliano alle scuole medie, scrittore ma soprattutto cicloviaggiatore ha appeso il volante al chiodo da ormai 10 anni, proprio dopo il viaggio ad Istanbul. Ha scritto La strada per Istanbul, premio 'Albatros' 2002 per la letteratura di viaggio). Da allora si sposta solo in bicicletta, anche per compiere i 20 Km giornalieri per recarsi al lavoro. Con la casa editrice Ediciclo ha pubblicato inoltre Minima Pedalia (2004) e Yo no soy gringo (2005) e Italia fuorirotta. La bicicletta diventata ormai non solo lunico mezzo con cui si sposta ma un vero e proprio stile di vita. Incoraggia anche lutilizzo di essa per insegnare. In un intervista dice: E ribadisco che oggi la bici lo strumento pi indicato per riavvicinare i ragazzi al tempo del corpo e delle stagioni, alla disciplina che la strada suscita nel ciclista (che se non ce lha soccombe), a un po di sensualit da appaiare almeno alla virtualit verso cui siamo diretti. un mondo affascinante anche quello virtuale, ma perch togliere ai ragazzi luso dei sensi? uno strumento ottimo per insegnare geografia e scienze. Aiuta lo sviluppo della narrazione visuale, del ricordo sequenziale, ordinato. Se affiancato a una pratica di diario la bici, indirettamente, pu stimolare il piacere per la scrittura. I genitori? Si divertono pi dei bambini. Ah, niente macchine a seguito, nei giorni di gita. Devono sentire il sapore del viaggio.

La bicicletta: Una splendida Turner Burner XC, biammortizzata, equipaggiata col gruppo XTR Shimano al completo. Uscita dalle mani di David Turner, che ne costruisce pochi esemplari al anno con tecniche da gioielliere, nel lontano Colorado. Molto costosa, alluminio speciale e componenti assai sofisticati. Telaio bianco latte e grigio metallizzato.

Paolo Rumiz

Paolo Rumiz nato a Trieste il 20 dicembre 1947 un giornalista e scrittore italiano. Inviato speciale del Piccolo di Trieste e in seguito editorialista de La Repubblica, segue dal 1986 gli eventi dell'area balcanica e danubiana; durante la dissoluzione della Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e successivamente in Bosnia Erzegovina. Nel novembre 2001 stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, per documentare l'attacco statunitense all'Afghanistan. Ama molto viaggiare tant vero che molti dei suoi reportage narrano di viaggi compiuti attraverso lItalia e lEuropa. Ha vinto molti premi tra qui ricordiamo il premio Hemingway 1993 per i suoi servizi dalla Bosnia e il premio Max David 1994 come migliore inviato italiano dell'anno In un intervista dir: Non posso continuare a fare il giovanotto in eterno... Quello che credo importante ascoltare il flusso della vita. Comincia ad avvicinarsi il tempo in cui dovr sedermi sull'uscio di casa e ascoltare in sostanza le vie dei canti... Quindi conoscere le storie del mondo da quelli che passano davanti alla porta di casa mia. Anche questa una delle caratteristiche magnifiche di Sarajevo: piena di piccoli artigiani che avevano la bottega sulla strada e da cui non si muovevano mai, eppure possedevano una profonda saggezza e una grande conoscenza del mondo e di tutto quello che succedeva in citt. Senza mai spostarsi! Ricordo che discussi a lungo con un artigiano di Baarija (quartiere turco, nel centro di Sarajevo) al quale dicevo che solo l'uomo che viaggia pu capire il mondo.

La bicicletta: Una Haro Estreme, rigida, color rosa confetto. Comprata a Panama nel 1990 ma ancora perfetta. Dotata di cambio Stimano LX Dehore con sette velocit, la vernice punteggiata da cicatrice che ricordano una caduta o un imprudenza. Ha macinato Ande,Alpi, Frusta Gora, Balcani e Tracia, migliaia di chilometri percorsi so ogni tipo di fondo.

Diario di viaggio come trattato d'architettura: questo il titolo del corso.

Il libro "tre uomini in bicicletta" pi di questo, non riguarda solamente l'architettura o il viaggio ma un insieme. Un insieme di storia,geografia,sport,passione, descritto perfettamente attraverso odori, sapori, sensazioni ed emozioni. E' un diario che parla di un viaggio che a sua volta racconta di una scoperta quella dell' Est,dell' Oriente, un mondo cos vicino che per noi respingiamo o per ignoranza o per paura. "Tre uomini in bicicletta" non una guida turistica, non scende nel analisi commerciale, non consiglia alberghi o ristoranti, non parla di piazze e musei, fa di pi: fa venir voglia di viaggiare,ma anche di osservare, di memorizzare, di vivere, di trasmettere, di scrivere... Perch Paolo Rumiz, uno dei tre protagonisti, non soltanto giornalista e viaggiatore, uno scrittore, che sa cogliere dalle cose,fulmineamente, i diversi strati, anche storici, da cui queste sono prodotte. Duemila kilometri in 18 giorni, da Trieste a Istanbul attraverso prati rasati,locande,cascate,covoni, faggi secolari,case rurali,fieno bagnato,campi di girasole, guglie a meringa, moschee, chiese ortodosse, cimiteri turchi campanili a cipolla... Non sarebbe un impresa semplice per dei giovani sportivi figuriamoci per dei gentili signori ormai sulla cinquantina. Ebbene queste18 tappe, pubblicate a puntate sul Corriere della Sera, le hanno macinate assieme il sopracitato giornalista Paolo Rumiz, Francesco Tullio Altan famoso vignettista italiano e il professore Emilio Rigatti. Nel agosto del 2001 acchiappano le proprie biciclette e decidono di attraversare la Diagonale del Bosforo. Ma perch proprio in sella a delle bici? Lo dice Rumiz nei commenti finali del racconto : "Oggi, a un mese di distanza, mi accorgo che quel nostro viaggio su due ruote stato anche un atto politico. Attraversare luoghi appena usciti da guerre non con una grossa cilindrata ma col mezzo pi vulnerabile era un modo per dire agli italiani: l'Oriente non la terra degli orchi, non sta altrove. Fa parte del nostro mondo, della nostra Europa, e deve uscire dalle nostre semplificazioni di comodo. Mostrarsi per quello che . Non soltanto una sentina per le nostre bombe;uno spazio di clandestini in fuga; luogo di terrorismo, tensioni, e pregiudizi; topografia di guerre e rancori. E non basta: le due ruote sono state anche lo strumento per rileggere il territorio nelle sue differenze, penetrare i luoghi, incontrare la gente. Un mezzo che buca i network,sbugiarda i duty free, viaggia contro la corrente globale." Prima di partire dovremmo capire cos' il viaggio per noi. C' il viaggio come leggerezza, come nomadismo esistenziale ed eliminazione del superfluo, raccontato per esempio da Marco Aime nell'attraversamento del Sahel. Ci sono la lentezza e la memoria, descritte da Giulio Mozzi, scrittore padovano che ha percorso l'Italia a piedi. Ci sono la fuga e la solitudine negli elementi, come ha saputo dire quel lupo solitario che lo skipper Paolo Rizzi dopo un naufragio in mezzo all'Atlantico. O il viaggio come introspezione, il pellegrinaggio talvolta penitenziale di Werner Herzog e Peter Handkle. Il viaggio come moviola di immagini porta a Roger Depardon, reporter francese. O a Partizio Esposito, originalissimo fotografo e raccontatore napoletano. E c' il viaggio all'antica, come sa fare regalmente Detalmo Pirzio Broli

che sulla soglia dei novanta andava ancora in Africa per dei mesi. E l'andare come vagabondaggio, alla Chatwin, che teorizza l'utilit di sbagliar strada, di non avere una mappa e nemmeno una meta; come Franco Perlotto, alpinista esploratore. O il viaggio come narrazione, andatura che diventa ritmo del racconto e quindi scrittura, alla maniera di Claudio Magris in Danubio. E ancora, l'itinerario come ricerca, atto mistico, sballo, terapia. Forse non lo capiremo ne prima ne dopo cos' il viaggio per noi, ma sicuramente ci renderemo conto che ci ha dato qualcosa in pi,ci ha fatto maturare, ci ha aiutato a ritrovarci,ci ha sorpreso,ci ha cambiato... Quindi appena ne abbiamo l'occasione prepariamo le valigie ed emuliamo qualche nostro "eroe". Riassumere un libro utile solo a chi l'ha letto, serve per fissare nella memoria determinati concetti e idee. Altrimenti dannoso, certo d un infarinatura basilare per sapere di cosa parla ma in compenso toglie tutta la magia,la personalit e l'efficacia della lettura. Quindi meglio evitare tale operazione propendendo piuttosto per una spiegazione personale. Scriver dei paesi toccati dalle ruote di questi tre "ciclisti" per come la penna di Rumiz me li ha fatti immaginare, per le suggestioni che mi ha dato. Slovenia. Un piccolo paese popolato da gente semplice. Un paese poco trafficato, abbastanza sicuro ma con ancora i segni del passato e di un'indipendenza conquistata anche con le armi. In questa terra non manca niente: foreste ed orti, acqua e ponti, castelli ed antiche rovine, citt e piccoli paesini. Tutto molto ordinato e i tetti molto pendenti richiamano il nord Europa. Regnano i colori pastello e l'odore di abete. Croazia. La prima cosa che viene in mente la forma, come una mano. Il che significa pi esteso e vasto, che va ad abbracciare la Bosnia. Sicuramente ricco di paesaggi assai diversi e di ogni sorta di turismo ma non commercializzato. Qua i segni della guerra sono pi visibili ma si percepisce la ricerca di ordine e pulizia. Le persone qui sono pi altere, i fiumi pi dilatati e il traffico caotico. Lontano dalle citt regna il verde dei boschi e l'azzurro dei fiumi e dei mari, l'odore caratteristico quello di tiglio. Serbia. Se non fai un veloce corso di alfabeto cirillico qui ti perdi,praticamente tutte le indicazioni stradali sono scritte cos. Potremmo quasi pensare di essere in Svizzera per via delle belle colline ma tanti elementi ci fanno capire che un paese col classico illusionismo balcanico, pieno di luoghi turchi che pretendono di non essere tali. Un posto dimenticato ma tranquillo, molto apprezzato dai camionisti. Qui le persone sono pronte ad aiutare,mantengono la parola data ma anche molto orgogliose. Persone in perenne attesa del ombra della notte perch durante il giorno fa troppo caldo. Chiaramente una terra che richiama l'Oriente, le molte guglie a meringa ricordano il Cremlino e la moschea di Solimano. Le vecchie case in citt sono

orrende, vie di mezzo tra mausolei staliniani e gasthaus tedesche. Facilissimo incontrare zingari coi loro ottoni e rimanere intrappolati in qualche concerto improvvisato . In poche parole c' la rilassatezza del Oriente e la bonomia del alcol occidentale e l'odore caratteristico potrebbe essere quello del fieno. Bulgaria. Della Bulgaria ho diverse immagini. Cominciamo dalla capitale, anzi dalla sua periferia. Percepiamo i grandi grattacieli, edifici della collettivizzazione di una Sofia del '800. Poi la citt vera e propria da dividere in citt dei viali e citt dei vicoli. Nei primi rimane la polvere del comunismo ed qui che il capitale multinazionale ha fatto il nido. Nei vicoli invece fermenta la vera iniziativa, individuale, autoctona, sembra quasi che qui si annidi la resistenza ai totalitarismi. Sembra che questa citt abbia prosciugato i campi e i villaggi limitrofi,poich al di fuori troveremo poca vita. Lontano dalla capitale infatti pieno di sali-scendi, assai montuoso, gli inverni sono duri e le strade rettilinee con qualche monastero isolato, talvolta anche medievale, pittoresca. Poi c' la Bulgaria del abbandono industriale piena di fabbriche di epoca comunista, le quali non si capisce se siano vive, morte o ancor peggio solamente agonizzanti. Ma c' anche la Bulgaria degli imprenditori italiani, generalmente veneti, generalmente cinquantenni e con in testa una cosa soltanto. Poi c' la la Bulgaria delle minoranze turche, piccoli villaggi puliti e appartati, i primi minareti, campi di tabacco, essiccatoi, mandrie; non terra di trebbiatrici ma di orti, la valle non campagna ma giardino. Riassumendo la Bulgaria un p tutto questo: solitudini claustrali bizantine, desertificazioni industriali sovietiche, richiami di frescura mediterranea, ruderi tipo ex Germania nazista, infuocati valichi messicani, spazi dilatati e autostrade deserte, solitudini alpestri incontaminate, un Islam recondito e gi anatolico. Turchia. Infine ecco la Turchia,desertica e ventosa per buoni tratti e poi incredibilmente trafficata e pericolosa. Si pu dire che la gente sia assai frenetica e che regni una gran confusione, ma questa pu essere l'impressione data dalle strade. Ci sono poi piccoli paesi o il vecchio centro citt di Istanbul che sono come li abbiamo sempre immaginati. Mercati ovunque con l'odore ricorrente di spezie e poi succo di mandarino, moschee, chioschi, bazar, tappeti, caff turco... Qui tutto pi calmo e ordinato per niente aggressivo. D'altronde l'Oriente non un luogo, ma cresce dentro di noi.

Viaggio in Bosnia I Balcani sono la mia seconda casa, pi precisamente lo la Bosnia Erzegovina. Dieci anni che vado ogni estate a trovare i miei nonni eppure non la conosco. Si certamente ricordo le autostrade,le statali, gli incroci, le pompe di benzina, i punti di sosta;

ricordo il tragitto ma non il viaggio. Non c' mai stato un viaggio, la curiosit, la scoperta, l'assimilazione, non v' mai stata l'opportunit almeno fino a quest'anno. Nel agosto di quest'anno si presentata l'occasione : una settimana di ferie e un amico disposto ad accompagnarmi nella scoperta della mia terra. E' bastato soltanto un giorno per convincerlo a preparare le valigie ed eccoci l'indomani alla stazione di Opicina, ad aspettare il treno che ci porter in Croazia. E' l'una di notte e ti aspetteresti il silenzio e la desolazione pi totali, invece siamo in mezzo ad una festa, circondati da almeno una cinquantina di nostri connazionali che aspettano lo stesso ed unico convoglio. L'unica differenza nella destinazione, noi scenderemo a Zagabria per acchiappare un altro treno, mentre loro in Ungheria, sono tutti diretti ad un festival che attira migliaia di giovani da tutt'Europa, lo Sziget. Noi in poche parole ci stiamo dirigendo in quella che veniva chiamata la polveriera d'Europa, dove le religioni si mischiano, dove "tutti sono criminali", "tutto contraffatto" e quindi "tutto costa poco". Sono le ore 01.20 del 8 agosto 2010 e finalmente arriva il nostro mezzo. Pienissimo, tanto che ci toccher accomodarci su due seggiolini in corridoio. Grazie al clima gioioso e alle birre regalateci le successive ore di viaggio passeranno velocemente, fortunatamente, poich apparte le luci in lontananza si vede ben poco. Ormai l'alba, 05.50, quando arriviamo nella capitale croata, le burocrazie di confine ci hanno fatto perdere un po di tempo ma tutto sommato siamo quasi in orario. La coincidenza, si fa per dire, che ci porter a Banja Luka parte appena per le 9.53, quindi decidiamo per una fugace visita della citt senza allontanarci troppo dalla stazione, vuoi per la paura di perdere l'unico treno utile del giorno, vuoi per il peso dei bagagli. Una citt molto grande e con un enorme variet di servizi. In pochi chilometri vedremo tram,filobus,funicolari,treni. Siamo riusciti a vedere la cattedrale Edificio in stile neogotico considerato uno dei simboli della citt di Zagabria,con i suoi 105 metri d'altezza l'edificio pi alto della capitale croata e di tutta la Croazia. Si vedono influenze gotiche,neoclassiche, medievali e romaniche. 10.10 partiamo per la Bosnia, il treno molto simile a quello preso nella notte, solo che qui ci sono decisamente meno passeggeri, di conseguenza v' molto pi spazio ed pi silenzioso. L'ideale per un pisolino, che non faremo, per via delle meraviglie mai monotone che si presenteranno al nostro orizzonte. Avanti cos sino alla frontiera, attraverseremo variopinte pianure, dolci colline, boschi verdissimi, gallerie buie, campi coltivati, piccoli paesi. 12.20 ecco il treno fermo al confine tra la Croazia e la "Republika Srpska" per il controllo dei documenti e il cambio del personale. Cambia anche la locomotiva, cambia la sigla della societ gestrice da H a RS. La spiegazione chiss, magari una politica aziendale, magari diverse norme di sicurezza, diverse dimensioni o purtroppo ancora la paura. In un paese teatro tra il 1991 e il 1995 di una sanguinosa guerra, dove si disgregavano associazioni, amicizie e addirittura famiglie per via di diverse religioni, diverse aspirazioni, diversi simboli meglio evitare ogni tipo di revanscismo. Dopo una buona mezz'ora, finite tutte le operazioni di routine, si riparte. D'ora in poi ci divertiremo a ripassare il cirillico; qui tutti i segnali sono scritti, se avete fortuna, sia in alfabeto latino che cirillico oppure solo col secondo tipo. Cambiano i cartelli ma non

il paesaggio, splendido come prima in Croazia, forse ora un p pi intimo e personale. Tanti "occidentali" trascorrono le vacanze sulle splendide isole dalmate o nei parchi del Quarnero, ma quanti si spingono nella sconosciuta Bosnia ?. Nemmeno i russi o i cinesi la frequentano, preferiscono le coste montenegrine. D'altronde chi non le preferirebbe visto che il mio paese ha uno sbocco di soltanto 25km da dividere tra porto industriale, commerciale e balneare. Il macchinista si riconoscerebbe subito di dov' originario, fa fischiare il treno ad ogni stazione, ad ogni passaggio a livello, e per ogni contadino che zappa la terra. Viene da chiedersi se li conosce, percorre ogni giorno quei binari se li sar fatti amici magari ha bevuto una rakija con loro; oppure si trascina vecchie abitudini di quando percorreva tutta la Yugoslavia e salutava, suonava, fischiava perch tutti si sentivano fratelli. L'ultimo tratto prima di arrivare alla stazione costeggia il fiume Sava, distinguiamo venti canne da pesca tese in acqua e solamente un pescatore, per di pi addormentato,stranezze balcaniche. L'orologio segna le 14.00 quando scendiamo a Banja Luka con mezz'ora di ritardo, ma cosa ce ne importa; la giornata splendida,soleggiata ma non troppo calda, c' un meraviglioso odore nell' aria e tanta gente per le strade. L'autobus che ci porter a casa mia dovrebbe passare da l a 10 minuti, ma ormai abbiamo capito l'antifona e ci sediamo tranquillamente a bere la nostra merita "kafa domaca", caff di casa. Durante la nostra permanenza nei balcani questo tipo di caff lo sentiremo chiamare in varie maniere, serbo,bosniaco,croato,turco ma il risultato sar sempre lo stesso. Arriva il nostro mezzo, nel frattempo abbiamo comodamente bevuto, pagato e chiaccherato con la cameriera. Ed eccoci, dopo 25 minuti, in un piccolo paese di 20.000 abitanti. Resteremo qui il 9 e il 10 agosto. Prnjavor,questo il nome, una cittadina piccola ma molto carina, ci sono molti locali e abbastanza giovani. Di musei,edifici importanti o luoghi storici ce ne sono pochi ma di interesse culturale tutto quanto. Semplicemente stando in mezzo alla gente si pu imparare tantissimo, usi e costumi, cultura, modi di rapportarsi,pensieri politici e tanto altro. Le persone sono molto aperte e fare amicizia non niente di impossibile, anche se conosciute da poco si apriranno volentieri, parlano di ricordi, di lavoro e universit, di speranze. Cos passeranno questi due giorni tra visite ai familiari e bevute coi nostri nuovi amici. Alle 10.25 del 11 agosto siamo sul treno che, tre ore dopo, ci porter a Sarajevo. Due cose ci saltano al occhio, come il nord della Bosnia sia caratterizzato da tanto verde mentre il sud da un sacco di blu per via degli innumerevoli corsi d'acqua. Il secondo fatto che nonostante si rimanga nello stesso paese,a Doboj, si effettua nuovamente il cambio del personale e della locomotiva, da RS a FBIH. Paragonandolo ad un esempio italiano come se tra Lombardia e Piemonte ci fosse un cambio delle consegne. Finalmente si arriva nella capitale bosniaca, dopo pochi metri mi vengono alla memoria le pagine dei viaggiatori del '600: "Vi sono cento e una moschea, e sette di esse hanno il tetto di piombo. Il fiume che attraversa la citt si chiama Miljacka, con ponti ben costruiti, in pietra e legno. La citt piena di giardini, bei viali e 169 belle fontane". Mi chiedo quanto pu essere cambiata sono passati pi di 400 anni, ha subito il dominio di diversi popoli, stato un importante centro della Yugoslavia (olimpiadi invernali del'84) e ha subito un assedio di quasi 3 anni. Una cintura di ferro attorno a una popolazione di 380.000 abitanti: 80.000 serbi, 31.000 croati che

convivono con 260.000 bosniaci musulmani. Quanto pu essere cambiata dopo tutti questi avvenimenti, quanti edifici sono stati bombardati, quante chiese sono state bruciate, quanti quartieri divisi... Mi chiedo sopratutto come mi sentir a camminare in questa citt miracolo. Sarajevo : Una citt che nel suo centro ha quattro luoghi di preghiera. raro. Un luogo mussulmano, due cristiani, uno ebraico. A un centinaio di metri uno dall'altro. Non esiste in nessuna altra parte del mondo. L'aveva scritto tempo fa, prima della guerra, un rabbino sefardita, chiamato Kaa lo disse Predrag Matvejevic in un intervista per La storia siamo noi Effettivamente una citt unica al mondo. Dove si pu trovare un miscuglio cos intenso di religioni e popolazioni anche dopo che sciacalli ingordi di denaro tentarono forzatamente di separarle. Di questa citt ci si ricorda soprattutto per lattentato che scaten la Prima Guerra Mondiale quando lo studente Gavrilo Princip spar mortalmente al l'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando. Camminando per la citt si pu aver la sensazione addirittura di viaggiare nel tempo, incredibile. E il punto dincontro tra Oriente e Occidente dove si vedono influenze turche e austroungariche per non parlare di quelle socialiste. Piena di monumenti e musei ma a colpirmi sono determinate cose. Le tombe sono veramente dappertutto, nei giardini, accanto ai campi da calcio, nel centro citt, ovunque. La sensazione poi di prendere il tram,nel quale anni prima potevi morire per colpa di qualche cecchino. Fare compere al mercato, o la fila per lacqua dove potevi morire per lesplosione di qualche granata. Per non parlare delle preghiere in damija con centinaia di persone inginocchiate, abbiamo anche avuto la fortuna di trovarci a Sarajevo nel mese del ramadam e quindi vedere coi nostri occhi come la gente si strafoghi solo dopo il tramonto. Sensazioni nuove miste a stupore,derisione e paura. Ma la cosa che ha pi colpito sono stati i ponti. Ognuno di essi famoso per un assassinio. Come detto prima il ponte del assassinio al erede al trono austro-ungarico; il ponte intitolato alla fratellanza e allunit dove sono morti due innamorati Admira Ismi e Boko Brki passati poi alla storia come Giulietta e Romeo bosniaci, lei bosgnacca e lui serbo. Poi vi il ponte di Vrbanja dove si ricordano le prime due vittime di questa guerra Suada Dilberovi e Olga Sui, quello con la lapide in memoria di tutti i giornalisti morti, e infine anche una ponte e una lapide in memoria di Gabriele Moreno Locatelli pacifista italiano ucciso da un cecchino durante una manifestazione. Passeremo 2 giorni in questa citt indefinibile. Il mattino del 13 agosto noleggiamo un auto, comoda ed economica ovviamente; effettivamente in tutta la Bosnia i prezzi sono bassi, ma ancor pi basse le paghe ( un impiegato d'ufficio statale prende 250 euro al mese). Alle 10.20 ci si mette alla guida verso Mostar, le strade sono buone, gli autisti civili e i paesaggi da Amarcord, mi sembra di conoscerli da sempre senza saperlo. A met strada d'obbligo fermarci nella citt di Jablanica. un comune davvero piccolo coi suoi 12.000 abitanti ma qui vi un importante pezzo di storia della Yugoslavia e del suo maresciallo Josip Broz Tito. In questo luogo nel 1943 le forze partigiane di Tito vennero accerchiate dai tedeschi e dai loro alleati. Fece brillare lunico ponte sulla Neretva, ci confuse il comando tedesco e con una grande azione strategica riusc a salvare i suoi soldati e soprattutto come aveva promesso tutti i feriti e gli ammalati. Questa azione diventer molto famosa, verranno fatti alcuni film e il ponte diventer monumento. Questa cittadina era, fino alla morte di Tito, visitata da migliaia di turisti ogni giorno. Vi anche un

museo pieno di documenti, fotografie, e altri reperti storici; tutto ovviamente per celebrare e ingrandire il mito della Bitka za ranjenike , del armata popolare e del suo comandante. Dopo questa breve sosta da turisti ripartiamo e per lora di pranzo siamo a Mostar. Qui sono molto visibili i segni della guerra anche se il centro storico ormai quasi totalmente ricostruito grazie agli aiuti internazionali. E una citt molto turistica sia perch piena di attrattive sia per la vicinanza con Meugorje. Il centro storico un posto magico, e quando arrivi al famoso ponte stenti a trattenere le lacrime o qualsiasi altra emozione. A completare il tutto leffige con su scritto DONT FORGET, non dimenticare e non ripetere mai pi un orrore del genere. Basti pensare che la distruzione del ponte non aveva alcun valore strategico volle colpire un simbolo, il simbolo dell'alleanza tra due mondi che si volevano ad ogni costo separare. Dopo aver camminato tra bancarelle e locali per turisti ci sediamo in un ristorante un po defilato per mangiare una cena tipica; infine a dormire in ostello che lindomani ci aspettano ore di guida. 14 agosto ore 9.00 partenza da Mostar con meta finale un villaggio in Serbia, Gua. La strada caratterizzata da strade tortuose, pendii scoscesi, e gallerie senza luce. Vicini al confine con la Serbia ci fermeremo prima a Dobrun per una visita lampo al monastero ortodosso del 1400 e poi a Viegrad. Questultima famosa anchessa per il suo ponte , grazie a Ivo Andric (Il ponte sulla Drina), premio nobel per la letteratura. Dopo un pranzo leggero, per modo di dire, e un veloce tuffo nella Drina rimontiamo in auto e attraversiamo il confine semideserto ma con funzionari molto gentili e simpatici. In Serbia le cose si fanno pi difficili, qua i cartelli sono esclusivamente in cirillico. Passiamo attraverso Mokra Gora, tocchiamo le citt di Uice e Poega e finalmente alle 17.15 possiamo piantare la tenda a Gua; citt di 2000 abitanti famosa per il suo festival di trombe che si svolge regolarmente dal 1961 e questanno per il cinquantenario ha attirato circa 600.000 persone secondi i promotori. E si alla fine sembra che anche noi godremo del nostro festival, come tutti i ragazzi partiti da Opicina. Forse meno famoso e meno commerciale ma ugualmente divertente e maggiormente coinvolgente, si pu tranquillamente parlare di squisita ciliegina sulla torta. Che dire a posteriori, cos stato questo viaggio? Una semplice vacanza o qualcosa di pi. Sicuramente molto pi che una semplice scampagnata perch mi ha lasciato dentro davvero tanto. Andare alla scoperta di nuovi paesi sempre affascinante ma se questi paesi sono i tuoi, sono nel tuo dna qualcosa di ancor pi emozionante. Si aggiunga inoltre il mistero e anche un po di timore, bene o male stiamo parlando di un paese che uscito da una guerra interna, di religione, di etnia, quindi qualche rancore pu ancora esserci. Aggiungiamo quella malinconia e nostalgia del non poter dire di essere Jugoslavo e per uno che ha origine bosniache, nato in Croazia, gioca con una squadra slovena e ha met dei parenti in Serbia pu risultare importante. Andare forzatamente contro i pregiudizi e scoprire che non c niente di alieno ti riempie di gioia. Comprendi che il tuo paese pi ampio di una singola citt, che certe volte devi andare contro le persone che ti circondano, contro le persone ignoranti e impaurite per scoprire di appartenere a un mondo pi grande. Come lo definirebbe questo viaggio Magris, rettilineo? circolare?... Un po tutti e due, a me sembra di non essermi mosso col corpo ma solo con la mente, mi accorgo di aver percorso non solo

spazi e confini fisici ma anche temporali. Di aver compreso diverse realt di essermi sentito migliore e peggiore, pi istruito e pi ignorante, di aver viaggiato sia in un paese reale che in uno utopico. Appunto le sensazioni sono tante e contrastanti ma se c qualcosa di sicuro che forse ho appreso di pi in questa settimana on the road che in un anno di istruzione forzata. Ci torner nuovamente magari col piacere di descrivere, dipingere ad altri amici o anche perfetti sconosciuti quello che per me la Bosnia. Viagger ancora, e spero tanto e ovunque, voglio vedere certi luoghi di persona, dal vivo; se penso a ci che ho provato solamente guardando foto o ascoltando racconti non riesco nemmeno a immaginare o a definire ci che succeder quando sar l in piedi e ripenser a queste righe.

Bibliografia.

I. Krzovi, Arhitetktura Bosne i Herzegovine , Sarajevska Zima, Sarajevo 1987 P. Del Giudice, Sarajevo!, edizioni E, Trieste 1995

P. Rumiz F. Altan, Tre uomini in bicicletta, Feltrinelli, Milano 2002 C. Magris, Linfinito viaggiare, Oscar Mondatori, Milano 2005 J. Divjak, Sarajevo, mon amour,Infinito edizioni, Roma 2005

Sitografia.

www.larepubblica.it www.wikipedia.it www.visitsarajevo.ba www.sarajevo.it www.balcanicaucaso.org

Potrebbero piacerti anche