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LE PAGINE DA 1 A 8 DI QUESTO FILE SONO MATERIA

D’ESAME SIA PER GLI STUDENTI FREQUENTANTI SIA


PER GLI STUDENTI NON FREQUENTANTI E SONO
OGGETTO DI SPECIFICHE DOMANDE DURANTE
L’ESAME

Amara Lakhous (Algeri, 1970)

Dichiarazioni di Amara Lakhous sulla lingua e sulla scrittura


«Io sono cresciuto in una situazione interculturale, perché mia madre mi parlava
berbero e da piccolissimo sono andato in una scuola coranica imparando l’arabo. Ho
poi studiato il francese durante gli anni della scuola. Sai, la lingua è importante, delle
volte la gente la sottovaluta, la lingua è il pensiero, quando parliamo pensiamo, la
lingua porta con sé tutto anche la riflessione. Per me il bilinguismo, il trilinguismo
sono una cosa spontanea».

«non c’è una radice più forte della lingua. Ogni persona che lascia la propria terra è
come un albero trapiantato altrove, guai a privarlo delle proprie radici».

«Sono cittadino della lingua italiana. La lingua è come la madre. Ti ama perché sei
figlio. Per imparare la lingua non sono necessari visti, passaporti, Schengen, permessi
di soggiorno».

1. La vita di Amara Lakhous


Amara Lakhous (Algeri, 1970) è uno scrittore e giornalista algerino con cittadinanza
italiana. Ha vissuto e lavorato a Roma per 16 anni, dal 1995 al 2011. Ha poi vissuto a
Parigi e si è infine trasferito a New York, dove vive attualmente.

Amara Lakhous nasce nel 1970 ad Algeri, la capitale dell’Algeria.


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L’Algeria si costituisce in Repubblica democratica dopo la liberazione dal
dominio coloniale francese nel 1962. L’Algeria fa parte dell’area geografica del
Maghreb africano e si affaccia sul mar Mediterranneo. Il Maghreb (= Occidente)
è il nome con il quale gli arabi designano i paesi dell'Africa settentrionale, a Ovest
dell'Egitto, spesso utilizzato in opposizione a Mashriq, cioè l’"Oriente". Il Maghreb
può comprendere una fascia geografica più ristretta composta da Tunisia, Algeria,
Marocco e una più ampia, composta da Tunisia, Algeria, Marocco, Libia e
Mauritania.

Amara è sesto di nove figli: appartiene a una numerosa famiglia di origini berbere; il
berbero è la sua lingua madre. Berbero vuol dire ‘uomo libero’: i berberi o ‘uomni
liberi’ sono popolazioni autoctone dell’Africa settentrionale, che preesistevano alla
conquista degli arabi, avvenuta nel 7° secolo a.c. A quattro anni frequenta la scuola
coranica, dove impara l’arabo classico. Presto viene a contatto con l’arabo algerino
che si parla nelle strade della sua città, ed inoltre in terza elementare impara a scuola
il francese. Il multilinguismo è una caratteristica precoce nell’infanzia
dell’autore, che capisce da subito l’importanza della lingua, quando si trova, ad
essere interprete tra la nonna e le zie che non parlano francese e alcuni cugini nati in
Francia che non conoscono né arabo né berbero.

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Durante l’adolescenza legge Mahfouz, Flaubert e Hemingway. Dopo la maturità, si
iscrive alla facoltà di Filosofia di Algeri, per “imparare a pensare con la proprio
testa” e mettere in discussione le basi dell’identità algerina: la religione, la guerra di
liberazione, la superiorità maschile. Dopo la laurea collabora con la radio algerina,
subendo minacce come tanti amici e colleghi (giornalisti e scrittori) di
formazione laica da parte dei movimenti islamici fondamentalisti che durante gli
anni Novanta del Novecento compiono una serie di atti di terrorismo e veri e
propri massacri di popolazione in tutta l’Algeria. Questa lunga fase di guerra
civile durerà dieci anni (dal 1991 al 2002) e causerà più di 150.000 morti tra la
popolazione civile. In questo clima da guerra civile, Lakhous decide di lasciare
l’Algeria nella quale non tornerà per ben otto anni (fino al 2004) perché come dice:
“ero stanco di aspettare il mio assassino”. Arriva a Roma nel 1995, senza bagagli, ma
portando con sé un manoscritto, un romanzo scritto in arabo, che verrà pubblicato
quattro anni dopo. Il titolo è Le cimici e il pirata (1999), con la traduzione italiana di
Francesco Leggio.

Arrivato in Italia all’età di 25 anni come rifugiato politico, lo scrittore ha confessato


di aver sempre nutrito una passione profonda per la lingua italiana: la lingua di
Fellini, di Gassman, di tutti quei registi e interpreti che l’autore amava. “Volevo
parlare l’italiano come lo parlavano loro. Io sono stato sempre affezionato
all’italiano, anche perché l’Italia è stato il paese che mi ha accolto per proteggermi.
Ho iniziato a imparare l’italiano all’aeroporto, il primo giorno che sono arrivato.
Intorno a me c’era tanta gente che mi faceva domande sui documenti, sul permesso di
soggiorno e altre cose burocratiche. Ho capito subito, dunque, che imparare la lingua
mi avrebbe permesso di difendermi”. Lakhous otterrà la cittadinanza italiana nel
2008.

Al suo arrivo, Amara Lakhous va ad abitare a Piazza Vittorio: uno spazio multietnico
al centro di Roma che lo aiuta a curare le ferite della memoria. Alla Sapienza
consegue la sua seconda laurea, in Antropologia culturale, e un dottorato con una tesi
sugli immigrati arabi musulmani in Italia. Esce nel 2006 in Italia il suo secondo
romanzo, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, ‘riscritto’, non
tradotto dal romanzo del 2003 pubblicato in Algeria e successivamente in Libano,
Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda. Questo romanzo è una riflessione
sul tema dell’identità, rappresentata non come uno spazio chiuso ma come un
progetto aperto.

Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio è stato tradotto in francese


(Actes Sud e Barzakj), in olandese (Mistral), in inglese (Europa Editions –New
York), in tedesco (Wagenbach) e in coreano. Ha vinto il premio Flaiano per la
narrativa 2006, il premio “Racalamare –Leonardo Sciascia” 2006 e il premio dei
librai algerini 2008 (il più importante premio letterario in Algeria). Inoltre è
uscito nelle sale italiane il film tratto dal romanzo, diretto da Isotta Toso e prodotto
da Imme Film. Nel giugno 2010 è uscito il suo nuovo romanzo in arabo in Libano.

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Invece la versione italiana è uscita a settembre 2010 con il titolo “Divorzio
all’islamica a viale Marconi” (Edizioni E/O).
Altri suoi romanzi, pubblicati tra il 2011 e il 2014, sono segnalati qui di seguito.
Opere
• Le cimici e il pirata, traduzione di Francesco Leggio, Arlem, Roma, 1999, pp. 138 pp.,
ISBN 978-88-86690-23-2.
• Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda, Al-ikhtilaf, Algeri, 2003.
• Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, collana Assolo, e/o, Roma, 2006,
pp. 189 pp., ISBN 978-88-7641-716-0.Il libro ha ricevuto il Premio letterario Racalmare
Leonardo Sciascia nel 2006.
o Dal libro è stato tratto l'omonimo film per la regia di Isotta Toso
• Divorzio all'islamica a viale Marconi, e/o, Roma, 2010, pp. 192 pp., ISBN 978-88-7641-
929-4.
• Un pirata piccolo piccolo, e/o, Roma, 2011, p. 176, ISBN 978-88-6632-012-8.
• Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, e/o, Roma, 2013, p. 160, ISBN 978-
88-6632-338-9.
• La zingarata della verginella di Via Ormea, e/o, Roma, 2014, p. 160, ISBN 978-88-6632-
521-5.

2. Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio


Piazza Vittorio è la Chinatown romana. Un tempo luogo ricco, simbolo della
borghesia nascente, oggi si è completamente trasformato. Sotto il porticato che si
snoda lungo tutta la piazza prima c’erano lussuosi negozi, mentre oggi ci sono le
bancarelle, i mercati di frutta e verdura e i piccoli negozi della comunità cinese
romana. Piazza Vittorio – dice Lakhous - è “una sorta di laboratorio sociale a cielo
aperto”. Il fastoso porticato che si estende su tutti e quattro i lati della piazza
riecheggia i portici torinesi, città simbolo dell’immigrazione dalle regioni del Sud
Italia. Quegli stessi portici che mettono in contatto storie, culture e tradizioni
differenti, costringendo “l’io” a incontrarsi con “l’altro”.

Piazza Vittorio è appunto il luogo in cui ha vissuto l’autore per 15 anni. Qui Lakhous
ha “incontrato” i personaggi dei suoi libri, personaggi che, ha affermato, “inseguo
come se cercassi me stesso”. Sono personaggi diversi per cultura e provenienza
geografica. “Per questo – ha detto l’autore – scrivo i miei libri in due lingue diverse:
l’arabo e l’italiano. È come se la lingua mi costringesse a specchiarmi in un’altra
identità, diversa da me, ma senza la quale neanche l’io esisterebbe”.

Nei libri di Lakhous c'è sempre il tema dell’immigrazione, dall’estero e dal Sud
Italia, che secondo l’autore è una “ferita ancora aperta nella storia italiana”. Amara
Lakhous si è scontrato per la prima volta con questa “ferita” nel suo primo viaggio a
Torino. Stava andando lì come giornalista e durante il viaggio dalla stazione all’hotel
era stato accompagnato da un tassista che per tutto il tempo parlò di Torino e di come
fosse stata rovinata, distrutta dal Sud e dai meridionali. "Io fui così colpito dalla sua

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aggressività che decisi di scriverci un romanzo e di ambientarlo a San Salvario, dove
ero arrivato per caso mentre passeggiavo per la città. San Salvario è il simbolo delle
sfide rappresentate dall’immigrazione, è un laboratorio sociale. In questo mi
ricordava molto Piazza Vittorio e il quartiere in cui sono cresciuto in Algeria. L’Italia
può farcela e potrebbe uscire più forte da questa esperienza. Prima però deve aprirsi
alla sua vecchia ferita, rimarginarla, soprattutto capire che fa parte di sé, della sua
storia. Deve ripartire dalle sue vere radici se vuole proiettarsi verso il futuro. In
fondo, la storia dell’Italia è la storia dell’immigrazione”.

Amara Lakhous:
l’esperienza di piazza Vittorio è stata fondamentale, perché ho vissuto per due anni in
un centro d’accoglienza con immigrati e rifugiati con cui dividevo lo spazio, il tempo,
il cibo, l’emozione e questo mi ha cambiato veramente la vita.
Dico spesso che non sono stato in Bangladesh, non sono stato in Pakistan
fisicamente, ma posso dire che conosco i bengalesi e i pakistani più di moltissimi
turisti. Ho vissuto con loro. Quando un turista va in un paese non sta con la gente,
pensa a divertirsi. Io invece li ho visti piangere, ridere.
Clash of Civilizations tells the story of a Roman neighborhood, Piazza Vittorio,
where there are immigrants and also southern Italians. This choice did not happen by
chance. There’s one who comes from Milan, professor Marini, and the Neapolitan
concierge. That was a great idea, because in that novel, you can see that Italian
society is already a multicultural society, even without counting the immigrants. If
we leave out the immigrants for a moment, and look at the Italians themselves —
you’ll see it’s a multicultural society. In fact, when people say that Italy is becoming
a multicultural society thanks to the arrival of immigrants, I say: No. What country
are you living in?
I think of the five million immigrants living in Italy today, whether they are Italian
citizens, residents, or whatever. Through this presence, of today’s immigrants, I try to
open a discussion of southern Italian immigration, which is a shameful thing,
forgotten.

«Dopo 15 anni in Italia, ho capito che non ero al 100 per cento algerino e che non
avevo una sola identità. Questa per me è una caratteristica positiva perché avere una
sola identità è come vivere in una prigione. Io ho deciso di spezzare le sbarre e uscire,
questo è stato il mio destino. Sapete, l’emigrazione è un atto di ribellione.
[…] Quando uno nasce in un paese vuol dire che dio ha voluto che quella persona
nascesse e crescesse lì. Chi decide di andarsene compie un atto di ribellione».

«I wrote the first version of Divorzio all’Islamica a viale Marconi (Divorce Islamic
Style), which was published in 2010, in Italian (I work on multiple versions — for
example, Clash of Civilizations . . . had about twenty versions). When I finished — as
you know, in Arabic you write from right to left — I divided the file and made two
tables: Italian text on the left and Arabic text on the right. I have a multi-language

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keyboard, so I can go from one language to the other. And I would look at the Italian
text, and write in Arabic, and if I found something that seemed more convincing as
an image in Italian, I would change it. So the two texts were born together, and
published within a month of one another: the Arabic text was published in August
and the Italian text in September. They’re twins».

3. Per capire Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio: che cosa è la
commedia all’italiana (su cui cfr. il punto di vista di Amedeo in La verità di
Johan Van Marten, p. 84).
Commedia all'italiana è il termine con il quale viene indicato un filone
cinematografico sorto in Italia nel corso degli anni Cinquanta del Novecento e
sviluppatosi nei successivi anni Sessanta e Settanta dello stesso secolo. L'espressione
fu coniata parafrasando il titolo di uno dei più grandi successi dei primi anni di
questo genere cinematografico, il film Divorzio all'italiana (1961) del regista Pietro
Germi. Il termine indica un periodo in cui in Italia venivano prodotte principalmente
commedie brillanti che però con toni leggeri e comici paralvano di difficili e spesso
tragiche questioni sociali italiane. In Divorzio all’italiana, per esempio si raccontava
in modo comico la vicenda seria e tragica del delitto d’onore: nel film, un uomo
uccide la moglie non amata per potersi unire in matromonio con la giovane amante e
ususfruisce di uno sconto significativo di pena simulando di avere scoperto
all’improvviso un tradimento di lei. Durante il processo, il suo avvocato giustica
l’assassinio attraverso un codice del diritto italiano, poi abrogato solo nel 1981
(venti anni dopo il film di Germi), che concedeva appunto una significativa
dimunzione della pena per l’assassinio motivato dall’onore: un assassinio compiuto
sullo slancio insopprimibile dell’ira per vendicare il proprio onore ferito. L’onore è
un valore prettamente maschile e patriarcale, perché è fondato sulla tutela del corpo
della propria moglie, sorella o madre, la cui inviolabilità e inacessibilità per gli altri
uomini garantisce appunto l’onore del marito, fratello o figlio. Di conseguenza,
statisticamente il delitto d’onore era (e in molte parti del mondo è tuttora) un
femminicidio. La commedia all’italiana si basa quindi su una scrittura aderente alla
realtà e all’attualità, che spinge lo spettatore a riflettere sull'evoluzione della società
italiana di quegli anni. Sono per l'Italia gli anni del boom economico, cui faranno
seguito quelli delle conquiste sociali. Sono gli anni di un mutamento radicale della
mentalità e del costume sessuale degli italiani. La ricerca di nuove forme di
emancipazione economica e sociale, nel lavoro, nella famiglia e nel matrimonio sono
i temi che si rintracciano nei film appartenenti a questo filone. Per capire questo
intreccio di comico e tragico cfr. questo frammento da Divorzio all’italiana (Divorzio
all’italiana, cornuto) https://www.youtube.com/watch?v=TYYV6_gFkxQ
Da una intervista ad Amara Lakhous:
«I had a deep passion and a deep admiration for Italy’s culture, especially cinema. I
had discovered it as an adolescent, when I used to go to a cinema in Algiers that
showed the films of the great directors, and I was crazy about it. I used to go twice a

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week and I realized immediately that Italian cinema is something truly exceptional —
especially Fellini. And when I got to Italy, one of my motivations in learning Italian
— you always need something to motivate you to learn a language — it’s crazy, but
really it was this: to be able to see Italian films that hadn’t been dubbed, to hear
someone like [Vittorio] Gassman or Alberto Sordi acting in their own voice and
language. And that was a great pleasure. I remember I soliti ignoti (Big Deal on
Madonna Street, 1958), a film by [Mario] Monicelli with Gassman and [Marcello]
Mastroianni. In the version I had seen in Algeria, which was dubbed in French,
Gassman spoke a normal kind of French. But in the Italian, he stutters and stammers
(alcuni minuti del film ‘i soliti ignoti mario monicelli’:
https://www.youtube.com/watch?v=9FHl-F27-Gw). . . it’s fantastic. All that gets lost
in dubbing — the character gets lost. So, I had the chance to recover Gassman, to
save him!».

4. Per capire Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio:


che cosa è il pregiudizio (cfr. anche il file sul Pregiudizio a cura di G. Jervis che
è materia d’esame)
Il pregiudizio non è originato solo dall’ignoranza, ma dalla volontà
psichica, sociale e politica di rafforzare se stessi attraverso il proprio
pregiudizio. Il pregiudizio razziale è stato storicamente espresso,
sostenuto e argomentato anche da persone colte. In Scontro di civiltà,
infatti, uno dei personaggi più esplicitamente razzisti verso
imeridionali e gli stranieri è un professore universitario di Storia
contemporanea, Antonio Marini. I primi firmatari del manifesto
italiano della razza del 1938 erano importanti docenti universitari
italiani delle aree scientifiche e il tirolo originario del Manifesto era
Manifesto degli scienziati razzisti. Nel manifesto potete leggere
affermazioni come: “Esiste ormai una ‘pura razza italiana’ ” (punto 6);
“E’ tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti” (punto
7); “Gli ebrei non appartenono alla razza italiana” (punto 8). Non
bisogna mai dimenticare che il Manifesto della razza fu un atto
politico molto grave, perché diede una giustificazione teorica alle leggi
razziali promulgate nello stesso anno e, con esse, alla vergognosa
persecuzione e poi all’assassinio nei lager degli ebrei italiani.
http://www.anpi.it/storia/114/il-manifesto-della-razza-1938

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QUESTE PAGINE 9-10 SONO MATERIA D’ESAME SOLO ED
ESCLUSIVAMENTE PER GLI STUDENTI FREQUENTANTI

Per gli studenti frequentanti


I collegamenti qui di seguito elencati tra Scontro di civiltà per
un ascensore a Piazza Vittorio e le lezioni introduttive (testo
d’esame solo per i frequentanti) sono materia d’esame per i
frequentanti, ma non sono le uniche domande che possono
essere poste all’esame su Scontro di civiltà per un ascensore a
Piazza Vittorio.
Stabilire i seguenti collegamenti tra Scontro di civiltà per un
ascensore a Piazza Vittorio e le lezioni introduttive:
- collegare il rifiuto di Parviz Mansoor Samadi verso pizza e pasta e la
sua conseguente convinzione di essere licenziato dai ristoratori
romani a causa di questo rifiuto alla questione del primordialismo
generato dalla globalizzazione nei paragrafi 13a e 14d delle Lezioni
introduttive.
- collegare i pregiudizi di Benedetta Esposito verso gli stranieri (cfr.
scheda sul pregiudizio di Giovanni Jervis in piattaforma elearning e
sempre materia d’esame) alla questione del primordialismo
generato dalla globalizzazione nei paragrafi 13a e 14d delle Lezioni
introduttive.
- «Io sono un rifugiato, non un immigrato» (Scontro di civiltà per un
ascensore a Piazza Vittorio, p. 21): mettere in collegamento questa
frase di Parviz e la vicenda di riconoscimento di status da lui
raccontata nella sua Verità con il par. 5 delle Lezioni introduttive.
- sempre in base al par. 5 delle Lezioni introduttive ricostruire la
vicenda di riconoscimento di status di Iqbal Amir Allah.
- collegare i pregiudizi di Antonio Marini (cfr. scheda sul pregiudizio
di Giovanni Jervis in piattaforma elearning e sempre materia
d’esame) verso gli italiani del Sud e in generale verso il Meridione
con i paragrafi 7, 8 e 9 delle Lezioni introduttive.
- collegare il pregiudizio positivo di Stefania Massaro alla scheda sul
pregiudizio di Giovanni Jervis (in piattaforma elearning e sempre
materia d’esame).
- collegare le dichiarazioni fondamentaliste di Abdallah Ben Kadhour
(Scontro di civiltà, pp. 111-116) alla questione del primordialismo
generato dalla globalizzazione nei paragrafi 13a e 14d delle Lezioni
introduttive).
- Collegare lo spazio di conflitto e scambio e decostruzione dei
pregiudizi di Piazza Vittorio ricreato nella struttura e nel plot di

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Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio con il terzo spazio
(par. 15 delle Lezioni introduttive).

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