Sei sulla pagina 1di 46

- i54 (2) Una dichiarazione di Luigi XV del 4 niarzo 1724, volle puniti di morte i furti clemestici qualunque ne fosse

i l valore. Qual fu 1' effetto di queslo esorbitante rigore? M e r c i e r nel suo Tablenu de P a r i s {cap. 25, pag. 82 ) risponde che la impunit dei furti domestici fu la conseguenza di quella legge, perchb i padroni repugnando a consegnare le proprie fantesche al patibolo le congedavano piuttosto che denunziarle: a talch dice egli presso noi quattro fantesche sopra dieci sono abitualmente ladre. Questo orrore dovette anche accrescersi in Francia per i frequenti esempi di condanne a morte di servi e fantesche riconosciute poscia innocenti, che ricorda M o l i n i e r nel suo eccellente scritto La repression du vol. pag. 29 et suiv., Toutoibse 1869. h indubitato che se vi delitto nel quale la condanna per Jndiz renda probabile il sacrifizio di un innocente, tale il furto domestico per la facilit della disparizione di qualche oggetto nelle famiglie, e per la facilita dei. padroni a sospettare la fedelt dei domestici. Un caso di condanna per furto di una fantesca innocente nella Inphilterra ricordato ancora da C b e s t e r t o n (lieuelatiotzs o f pvisons life vol. 2, pag. 146 ) ma almeno cola non si ebbe a deplorare un omicidio giudioiario.

I1 famulato improprio si verifica nel fatto del1' operaio o giornaliero prezzolato che rubi a danno di chi si vale dell' opera sua, o di altri, purchb il furto cada sopra oggetti che si ritrovino nel luogo (2) ov' egli pestava il servigio, e purchb al furto gli abbia prestato comodit il servigio medesimo. Gli estremi del famulato improprio si coordinano a quelli del famulato proprio. Anche qui si esige la pattuita mercede, ma niente interessa che il lavoro prestisi ad ora o a giornata; n che la mercede sia

y~ailzdeo piccola; in denavo o in roua :determinccta o inindeterminata. Non deve per considerarsi come 1neg~cec7eCassazione 28 aprile 1855;Annali Toscn( %.i XVII, 1, 370) la pa+*tecij~azione utili della agli
lavorazione. Anche qui si richiede l' estremo che il servigio abbia offerto la comodit di rubare: onde necessario che il furto commettasi durante la lavorazione. Al qual concetto riannodasi l' altro della Zocalith nella quale richiedesi che il furto si sia consumato.
(1) Tra il fumulalo proprio e lFimproprio vi direferenza eziandio i n ordine al lzsogo. Il servo douunque rubi la cosa del padrone reo di furto qualificato purche abusi della comodit del servizio. Cos giudicato anche in faccia al codice Sardo dalla Corte di Cassazione di Palermo nel suo decrelo del 20 maggio 1865 : l' operaio invece non lo ugualmente se ruba in luogo diverso da quello dove il padrone lo aveva posto a lavorare. Cib chiaro per la lettera deli' art. 377 let. m del codice Toscano: ed in termini del codice Sardo f u stabilito (inerendo alla lettera dell' art. 607, n. 4 ) dalla Corte di Cassazione di Milano nel siio giudicato del 25 novembre 1864.

Il codice Toscano ha su questo proposito sanzionato una nuovit rovesciando il caso della qualifica : e riconoscendo meritevole di speciale protezione non solo il padrone in faccia all' operaio, ma anche l'operaio in faccia al padrone. Se taluno (art. 377 let. m) chiama a sb un giornaliero per un lavoro, e nel1' occasione di questo lo deruba, si aggrava il furto ugualmente che nel caso inverso. Io non divido la

opinione di coloro che hanno censurato questa disposizione. Trovo perfetta parit cli ragione fra caso, e caso ;n la maggiore rarit di un caso suffisciente motivo perch non vi si provvegga quando possibile. Soltanto osservo che la coerenza imperiosamente esige, poich si riconosce come Lzc:compwato da circostanza aggravante il furto commesso dal padrone a danno dell' operaio; che si consideri come tale anche il furto commesso da un padrone a danno del servo: e non so comprendere come mai il M o r i che accattava dal codice di Baclen (art. 391) cotesta nuovit, la prendesse in un caso e non in entrambo i casi, come 1' aveva stabilita il legklatore badese.

ildesso a dirsi della ipotesi della cmzseyfzu. Molto prevalse fra gli antichi dottori la opinione che quando il servo o 1' operaio avesse rubato una qualche cosa che a lui era stata data in consegna per occasione del suo servigio, il titolo qualificato O 'aggravato scomparisse ; e siffatta teorica fondavasi sopra una ragione altrettanto semplice quanto radicale. La consegna dell' oggetto esclude la figura giuridica della conlrettaziorze per sostituirvi 1' altra distinta figura della distrazio~e il colpevole ha : violato il do~minioe non ha violato il possesso. Ci basta perch il titolo d ficrto scomparisca per far luogo al titolo minore di tmffa, che un furto in?? q)vq~-io. qaando la legge dispone intorno alle Ora qualifiche od alle aggravanti di un reato, presuppone completo nella sua essenza il reato che vuole qua-

- i57

lificare. I1 ihmulato qualifica i1 furto o lo aggrava secoilclo i casi : iila yarclie il fatto riceva l' ngLTavaiite o la rjrinliticn I~isognnche innanzi tutto sia fial*to (1). regoh generalc clie uiia truffa non dcgenera in furto per il sopraggiungere di una r p lificc~, eseinpio le due l~ersuile, teml~o notte, per il cli la casa abitata la pubblica via, o simili. JIa la appropriazione in~lel~ita cose consegnate al servo delle o al lavoratore non fuilto: dunque la qualifica non pu9 rei~derlo tale perch un criterio misuratore non pu9 sripplire al difetto di un criterio essenziale. Due risl~ostesonosi date a cjuesto ragionamento, e per le quali i moderni codici hanno eliminato la distinzione cli che si parla. La prima si ti quella che la consegna al servo od a1 lavoratore i> neces.ruviu, : e questa b una formula tutta politica, perch la necessita non muterebbe la co~iclizionegiuridica del fatto, n&farebbe cessare la abilitazione del possesso per p;:rte del proprietario. La seconda quella cbe il servo possicde sempre a nome del padrone : e questa parve formula giuridica che attaccasse alla radice 1' oljietto :perc11B se il servo non possiede mai, ma sempre per lo suo mezzo possiede il padrone, h cliinro clie la appropriazione della cosa consegnata al servo non pi viola il solo gius cli do~ninio, ma viola ancora il possesso.
(1) Che la consegnrc escluda il titolo di furto e la pena ordinaria anche riipporto a1 servo lo insegnarono espressamente S c 11 o e p f e r o sgnopsis pnndcct. l i l . (le fit-tis 11. 60; e implicilrtrnenle C a r 1) z o v i o juri6pritdentia prr1.s 4 , constit. 41, ilef. 1 4 : e in terniini di cosa consegnata al servo percli la portasse in qualche luogo lo sostennero pure Tit-

b o r Racemara dcf. crim. ad art. 170, S. 6: e C l a s e n a d art. 170, C. C. C. in fin. Prese a combatterli L e y s e r fspec. 635, medit. 20) confessando perb che tale opinione era prevalsa nel foro. Ma egli ragiona la sua opinione sopra un argomento che . piuttosto morale, anzichb politico, o giuridico. Egli dice che quanto maggiore stata la fiducia del padrone nel servo tanto maggiore deve essere la sua pena: laonde se si appropria cose che il padrone aveva a lui dato in consegna E pi colpevole dell' altro che abbia rubato un oggetto dal padrone custodito gelosamente presso di s. Questo che forma tutta l' argomcntazioae di L e y s e r un trasporto della morale nel foro, e prova troppo perch 3 demolisce tutta la teorica dei furti impropri. i l'argomento col quale i nioderni romanzieri francesi divenuti tanto entusiasti della confutazione del codice penale, propugnarono doversi punire l'abuso di fiducia pi del furto. h una confusione del criterio morale col criterio politico.

Ma una volta accettate queste due osservazioni per eliminare il titolo di truffa e mantenere quello di furto nella appropriazione per parte del servo delle cose a lui consegnate, sembrava doversi dire altrettanto intorno alle cose consegnate d lavoratore non ascritto a servizio continuo, per il quale sorgeva il famtdato impoprio. La questione relativa a riconoscere o negare all' accidentalit della consegna la facolt cl' impropriare o no la qualifica vuol esser decisa con l' istesso criterio tanto se la qualifica stessa sia propria, quanto se essa sia impropriata per la precariet del servigio (1). Ora senibrava che se quanto al servo si era mantenuto il titolo di f u ~ t omalgrado la consegna per le due ra-

gioni della necessita di questa e del possesso a nome i del padrone, lo stesso dovesse dirsi e non f a r ~passaggio al titolo di truffa in proposito del lavoratore: perch anche in proposito del lavoratore ricorrevano quelle due ragioni. Se io chiamo in mia casa un operaio a ripnlirmi 1' argenteria, la consegna che di questa a lui faccio necessaria, e lo B tanto se in mia casa Ia ripulisce quanto se altrove : anche costui possiede quell'argenteria a nome mio tanto se lavora nella mia casa quanto se altrove intorno la medesima. Parrebbe dunque che se ci porta al furto e non alla truffa nell' uno; al furto e non alla truffa dovesse portare parimenti nell' altro. Malgrado ci il codice Toscano avendo apposto quella estensione contemplativa anche del caso della consegna all'articolo 385 dove contempla i1 fatto del servo, e non avendola ripetuta all' art. 377 let. m, dove contempla il fatto del lavoratore, d ragione di sostenere che A abbia voluto escludere il titolo di famulato improprio dalla sottrazione che questi faccia degli oggetti a lui consegnati. Ci ne rende perplessi : e conduce a dubitare che il lavoratore facciasi debitore di furto aggravato se porta la mano sovra altri oggetti nella casa dov' egli accolto; ma non sia debitore che di sola truffa se porta via gli oggetti che a lui erano stati consegnati per esercitarvi sopra il lavoro al quale era chiamato, tanto se la opera sua intorno a quell' oggetto dovesse da lui esercitarsi fuori della casa ilel proprietario quanto se dovesse esercitarsi entro la meclesima.
(1) Anclie in proposito della appropriazione commessa dai lavoratori non servi sulle cose consegnate loro per cagiono

- 260

del lavoro, prevalse la opinione che fosse truKa e non furto. I pi rigorosi dissero che era una truffa quali6c:ita in rai. gione della persona ( e ci sta bene) ma scriipre ~ r u l f ~Una speciale e frequenle applicazioue di qiiesta regola si fece in Germania nei termini di t r i t u r a l o r i d i grani. Sembra che in ordine a questi lavorarili fossero l degli usi speciali, poicli trovianio clie si distingue fra tritzucitores i i l r a t i e trilttrlores non j u r a t i . RIa per gli uni e per gli altri, figuralo il caso che questi mercenari portassero via giorrialniente. nei loro calzoni una quantit di grano che quantunque piccola. diveniva importante per la somma (ci1 modo stesso che si pratica da certi facchini nel trasbordo dei grani a Livorno) si decise non trattarsi di furto proprio, niu di truffa stante la consegna del padrone: C a r p z o v i o praclica p a r s 2, quaest. 81, n. 43 et aeqq. S L r e C l; e r de firibus frunlentariis cap. 2 W e r n h e r obserurit. p n r s 6, obs. 103 Ho m m e1 rhapsodine obscrurct. 20. La Corte di Cassazione di Napoli ha peraltro deciso il !) gennaio 1866 clie la sottrazione conlmessa dall' operaio anche sulle cose a lui consegnate sia furto e non truRa, inercndo alle illimitate disposizioni dell'art. 607 del codice Sardo. La questiono peraltro preliminare: s e nel tema di sottrazione di cosa consegnata vi sia bisogno di trovare nello statuto locale una disposizione eccezionale per escluderltr dal /'urto, o di una disposizione eccezionale per esclitderlic dalla trufit. 11 iepisliitore toscano pens, e parini assai rettamente, che la disposizione eccezionale fosse necessaria a d escluder la truffa, poichS questa era il resultato giuridico delle coudizioni onlologiche del fatto. La Corte di Cassazione di Miliino col suo giudicalo del 10 marzo 1866 ha deciso clic il fdcaliino consegnatario di uii baule chiuso a chiave per triisportarlo in un deterniinaio luogo, se roinpe il baule per rubare un qualche oggetto contenuto nel medesinio non reo di senipiice truff,i o abuso di fiducia, nia di vero e proprio furto, per:h il padrone avendo ritenuto la chiave mostr di non aver fiducia in lui, e serb a s il possesso

degli oggetli che erano sotto la chiave da lui tenuta. Quesio giudicato ha un3upparcnza di esatta armonia coi sottili principii giuridici relativi al possesso. BIa pure il fatto della consegna esiste, e disiinguendo fra continente e contenuto, si viene all'assurdo che se il facchino rubava tiitto i l hriule sarebbe punito meno di quello riol fosse per aver rub;i~o alcuni oggetti nel medesinio racchiusi.

Queste sono le clifficolta nelle cluali s' inlpaccia la ilioclerna scuola, che vuole considerare coine indifferente nel faliinlato proprio la circostanza della colzsegnn, e poi non ha coraggio di riprodurre (come logica vorrebbe) la sua dottrina nella materia clel farilnlato improprio : percl18 comprende che introducendola ancora qui scoinl~arirebbero tutte le truffe nei fatti al~usividi chiunque lavora a guaiiagno, sia che lavori precariainente nella casa clel proprietario che lo inll>iega, sia che lavori nella officina l~rol~ria; perchi: sempre in nmbo i casi ha luogo per l~artedcl padrone la consegna della matericc sua sulla quale 1' altro devc lavorare. E sempre potrebl~e iaipetcrsi che quella consegna non e va1utal)ile perc1iii i? necessa?.ia (giacchb non posso ottenere che il sarto mi acconci 1' abito se non glielo mando a hnt,tcga) e sempre potrebbe ripetersi che il sarto non possiede l'al~itoa noinc proprio, ma a .nolire del paclrone. Sicchi?questi due vantati argomenti in fine dei conti si trovano a provar troppo ; ed il primo Iia il vizio di essere empirico nicntre il secondo ha il vizib di confondere il possesso ciuile col possesso nnlzcp*nlc. Qui sta 1' errore. Ci clie distingue il furto VOL.IV. 11

M a trnffa

B la violazione del possesso naturale, e non la violazione del possesso civile; tanto B vero
che il possessor civile si pu rendere nei congrui casi colpevole di furto se sottrae la cosa al possessore naturale. Non vi B pia idea possibile di truffa con codesta dottrina : il comodatario, il depositario ed ogni altro che (per comune consenso della scuola) commette truffa e non furto quando distrae la cosa ad altro uso in lucro suo, sempre possedevano in rapporto a quell'uso diverso a nome del proprietario (1).
(1) Analogo B il dubbio relativo al servo o lavoratore che non sottragga un oggetto ma essendo consegnatario di denaro del'padrone se ne appropri una parte pareggiandoe la direrenza con aumentare fittiziamente il valore della roba acquistata per ordine del padrone con quel denaro. Tale questione si esamina dal D r a b b e (de furto domestico cap. l, 16) il quale nega ricorrere in siffatta ipotesi i pccg. terrniui di furto e conclude nulla poena irrognri potest, La conclusione mi sembra ardita poiclib anche ammessa la ragione che ne d il D r a b b e quia abest contrectutio invito donaino, rimangono per sempre gli elementi di una truffa. Ma se quando il servo si appropria denaro dato per spenderlo a certo fine in pro del padrone si dice che non furto perchh abest consrectatio, parrebbe doversi dire lo stesso se il servo non si appropria denari ma derrate od altri oggetti a lui consegnati per un uso determinato. Io nQa veggct la ragione di distinguere fra caso e ciiso,

D' altronde non mancano anche fra i moderni dei giureconsulti di grande valore che mantengono l'antc tearia; ed applicano anche d famulato la distinia

zione tra furto di cosa che non era specialmente consegnata al servo e appropriazione (i) di cosa specialmente a lui consegnata. I1 professore K i t k a in una sua clissertazione riprodotta nell' Eco dei TriEn~nali (a?z?zo 1859, 92. 881) fa il caso della fantesca che rubi l'argenteria a lei clata in consegna per porla poi in uso a certe occasioni, e dice clie non ir furto. Fa il caso poi del servo a cui sia data in consegna la chiave dei foraggi per valersene mano a mano ai bisogni dei cavalli del padrone, e clie venda quei foraggi tc suo profitto : e qui osserva ' che 1 unica ragione di dubitare sorgeva perchi! ai servo era stata consegnata la chiave e non gi la cosa, e malgrado ci sostiene che e truffa (infedeltd) e non furto. Anche J e n u l l (Eco dei T?-ibzcnali anno 1859, n. 880 ) accett tale opinione. Soltanto saviamente clistinse fra quella consegna generale di tutti gli oggetti che si trovano nei luoghi dove il servo deve impiegare l' opera sua; e la consegna speciale che di certi oggetti sia stata a lui fatta dal paclrone. 11 primo afficlo che B consequenziale alla natura clcl servigio, e non procede da una particolare deterniinazione di volonta non elimina il titolo di furto : lo elimina bensi il secondo : e qui lo J en u l1 si fece a dettare alcuni criterii clai quali secondo lui veniva a sorgere questa consegna speciale. In sostanza si vuole che il servo abbia una particolare responsabilitb (almeno morale) di quei t d i oggetti in faccia al padrone. E ci pare a me che modifichi anche lo elemento politico del reato; perchi! nella prima ipotesi il domestico pui, sperare pii1 facilmente di tener celata la propria partecipanza alla sottrazione: non lo pu ugualmente nel secondo.

Se io prendo un giovine al mio servigio perclil: mi accompagni alla caccia, incomincio dal dargli uno (le' miei fucili ed egli ne usa legittimamente portandolo seco qua e l finche sta al mio servigio. Ma se un giorno ei lo vende non sar reo di furto, bens di truffa. Dal lato politico S meno temibile il reato in tali condizioni perch B inevitabile la scoperta. Dal lato giuridico si applica qui la osservazione acutissima di J e n u l l clie il dolo criminoso incomincia quando il domestico si upp~?op~iucosa e non giA la (juando la contretta: lo che appunto risponde al colicetto fondamentale che tutta informa la separazione della truffa dal furto.
(1) Accade frequentemente che i domestici prendano le cose del padrone non per venderle, ma per Qqi~eg?zavle a profitto loro. In questi casi nasce la disputa se il valore clel tolto si debba niicurarc sillla valiila integrale della cosa, o sulla somma lucrata mediante la oppignorazione. La Corte di Cassazione di Firenze nel caso di argenteria portata al inonte dal cameriere stabili con decreto del 23 gennaio 1865 fiiti1inl Toscani XVII, 1,74) che lo nrnniontare del furto dovesse misurarsi dal denaro occorso al prolxietorio p e r redimer e il pegno. hla chi da questo giudicato v o l c ~ s c trarre una regola generale per stabilire che quando il ladro non vende ina impegna la cosa il suo delitto deve misiirarsi sul inero ricavato dal pegno, parnii che errerebbe a partito, e cleinolirebbe il principio fondairientale sulla misura del tolto, pel quale ilella valutazione del furto si cerca quarito vtilga 116 cosa, e non quanto ne abbia lu,crato il sottrattore. lat.. Corti nostre poterono decidere in qii~11:iguisa nel caso speci&, I)F~c~II?rileii~leroche il servo non avesse avuto I'aniino di spogliare il padrone dell' argenleria, ma soltiiiilo (li servirseiir s procacciarsi quel denaro: nei qiiali teriiiiiii su-

- 165 bentra la figura del furto d' uso, in ordine alla quale gin dicemmo di sopra che non si stima la cosa ma si stima il valore dell' uso indebitamente fattone. Nell'istessa guisa dovrebbe certamente decidersi tutte le volte cIie il ladro dopo avere rubato ed impegnato restituisse spontaneamente le polizze al proprietario; o quando in una parola consti che non vi era li animo di appropriarsi la cosa ma soltanto di servirsene a darla in pegno per far denaro con l'animo poi di riscattarla e restituirla. Ma quando di ci sufficientemente no11 consti, chi ruba una cosa del valore di cento, ruba cento, e come il suo reato non minora se poscia la vende per dieci cos non minora se la impegna per dieci. La diverSenza non sta dunque sul determinare come si slizi la cosa tolta, ma sul determinare cosa siasi veramente volulo togliere; se ci08 la sostanza della cosa o un uso momentaneo della medesima. In questi giorni (maggio 1867) acciiduto in Lucca un caso singolare che pu presentare elegante questione analoga a quanto sopra. Un ricco signore fu approssimato notturnamente da un individuo che gli domand la limosina. I1 signore rispose che non aveva denari. Lo sconosciuto replic dunque mi dia 1' orologio, ho e con modi violenti lo costrinse a darglielo. Alla fame mattina successiva quel signore ebbe avviso do un fornaio che il suo orologio era presso di lui dove era stato impegnato la sera precedente da un incognito per prendere un panc. La questione non qui quella della scusa per necessit di fame che stimerei ardua a sostenersi fino al punto della scriminazione. La questione se il furto si debba misurare dal valore del17 orologio o da quel tanto (valore del pane) per cui fu impegnalo. E non esiterei a sostenere che si tratta di un furto di 40 centesimi perch il sottrattore non volle togliere al proprietario la proprietii de117orologio ma soltanto quell' uso determinato.

E veramente ci pare che di distinzioni vi sia bisogno. Perch se in faccia alla scienza ci sembra troppo sfrenato nel senso di rigore il principio formulato dal codice Toscano; pel quale in ultima analisi si viene a dire che il servo non commette mai truffa quando si appropria la cosa del padrone; dal1' altro lato vediamo pericoloso il principio opposto che facilmente ridurrebbe a truffa gran parte dei farti domestici se non si procedesse con debite limitazioni. Cosi troviamo che il supremo tribunale di Vienna (decisione riportata al n. 640 dell' ECO dei Tribnali 26 agosto 18.56) dichiarb non furto ma infedelt la sottrazione che il servo aveva fatto di un oggetto consegnatogli dal padrone per portarlo ad un amico; e troviamo che 1 eccelso tribu' nale veneto (decisione del 15 gennaio 1856, ndl' Eco dei Tribunali .n. 610) dichiar truffa e non furto il fatto del servo che condotto seco dal padrone nella sua gondola mentre recavasi a visitare un amico e lasciato da quei10 momentaneamente a custodia della gondola, aveva gpinto via la medesima per appropriarsela insieme con tutti gli oggetti che conteneva. Questo ci pare che sia spinger troppo oltre la dottrina della consegna spsciale valevole a convertire il furto domestico in truffa: perch la consegna (almeno nel secondo di tali casi) non dava al servo alcuna balia di contrettare la cosa, oltre il modo prescritto. Colui non aveva licenza di muover la gondola di colk: ne era posto a guardia, piuttostochb avere avuto facoltd di farne un uso qualunque

- 167 e vera consegna. Cosicchk divenendo colpevoIc anche il primo momento della contrettazione bene vi si adattano i caratteri giuridici del furto. Vedasi da questo per quanto sia delicata e difficile la questione con la quale chiudo il presente capitolo.

M o d o .

I1 modo scelto per commettere il furto funziona come criterio misuratore della quantit del reato o in ragione dell' audacia mostrata dal ladro, o in ragione de117arte speciale da lui adoperata per rubare; o in ragione della violenza di cui si valse. L' audacia sviluppa il titolo del fwto commesso in presema cklproprietario. L'arte speciale fa nascere il titolo di furto con destrezza. La violenza poi pu cadere o su.lIa per.sona del proprietario, e sorgono i titoli di fwto violento, di estorsione, di ricatto e e di girateka ;o pu cadere s d l a cosa r ~ b a t a sorge il titolo di rapina; o pub cadere sulle czcstodie della cosa involata, e sorgono i titoli di efrazione, di scalamento, di chiave falsa. Tutti questi titoli dimandano particolari osservazioni.

Questa partita enumerazione delle qualifiche del furto desunte dal modo B il frutto della lenta elaborazione della scienza penale che forse nel suo

ulteriore progresso far sorgere nuove distinzioni e nuove figure speciali. Negli antichi scrittori, come nelle antiche legislazioni molti dei titoli che ancliamo ad esporre si trovano confusamente aiioinhrati. La Carolina ( a modo di esempio) con lo articolo 150 e la costituzione elettorale sassonica (co~zstit.34, pars 4) furono infelicissime : perchb 1' una e 1' altra adottarono come indicatrice di grave qualifica nel furto la formula di furto pericoloso. Ci6 diede occasione (.i) acl infinite divergenze negli scrittori ed a fluttuazioni nella giurisprudenza. Alcuni vollero definire con certi connotati speciali questo carattere di pericoloso nel furto ;alcuni opinarono non potersi definire a priori, ma dipendere dalle singole circostanze. Alcuni intesero che la legge alludesse al per~icolo personub e mentre trovarono la clualifica del pericolo nel solo tempo notturno o nclla invasione del domicilio, o nella presenza di armi, o nel numero clei ladri, non lo vollero riconoscere nella mera effrazione scalamento o chiave falsa, avvenuta in luoghi non abitati. Altri invece sostennero che la legge qui proteggeva le cose, e non le persone; e che doveva guardarsi al pericolo delle propriet8 pii1 che al pericolo degli uomini; e cosi trovarono la qualifica dove i primi non la trovavano, e respettivamente non la trovarono dove i primi volevano ricbonoscerla.Queste incertezze quando hanno origine ilalla legge sono perniciosissime perchb ne emerge quella difformit nel punire casi simili, e quella parita nel punire casi difformi che tanto commuove la coscienza pubblica. Non sono dunque tecnicisrni pedanteschi ma utilissimi ritrovati, le distinzioni delle scuole moderne.

- 169 (1) (Juesta fluttuanza delle giurisprudenze germaniche sull;i interpretazione del pericolo fu lamentata anche recentemente dall' E r h a r d (de nolione fiu-li pay. 150) il quale ricordtr di aver veduto condannare ad otto anni di ergastolo un uomo che senza circostanze aggravanti aveva rubi~to tredici imperiali; e condannare poi a soli quattro anni di ergastolo un notissimo ladro convinto di dodici furti tutti notturni, e con effrazione. Ma questa pur troppo una verit dolorosi che viene rivelata dallo studio delle giurisprudenze penali. I delitti di furto sono quelli che nei diversi casi pratici offrono la maggiore sproporzione, fra castigo e castigo. Forse la cagione di ci tale che male si frena dalle leggi, voglio dire il diverso modo di sentire dei giudici intorno ai demeriti del ladro. i3 indubitato che se i ladri incontrano in generale un' antipatia esagerata non S raro peraltro trovare persone anche pratiche che guardano questo come un lieve delitto, o facilmente si muovono a compassionare chi lo ha commesso sotto la larva della povert molte volte voluta. lo ebbi un giorno a disputare con un mio collega rinomatissimo il quale mi diceva aver sempre dubitato se veramente il furto potesse dirsi delitto. In quanto al diverso significato attribuito alla formula furto pericoloso nella Alemagna vedasi T a b o r Racen~atio?&es 463 pag. II a r pp r e C h t decis. 1, 12. 39, png. 7; decis. ?, n. 33, png. 56; deBo h e m e r meditat. a d art. 159 cise20, n. 31,pag. 157 C. C. C. CI a s e n commentar. a d art. 159 C. C. C.

T I T O L O I.

Fuurtoconzvaesso alla preseiiza del proprietario.

Le diverse opinioni sostenute dai dottom per dare spiegazione del furto manifesto dei Romani e del

- 170 singolare criterio di penalit trovato da loro nella sorpresa, possono ridursi a tre - 1.O La pi coniune opinione referisce il furto manifesto al caso del ladro che sia sorpreso con la roba indosso prima di averla recata eo loco quo destinaverut : G u n t h e r Priracipiajuris Rowanipag. 796 E e i l s trae& tus crivtinalis pug. 410; e questa la dottrina che incontra maggiori dBcolt per rintracciarne la ra. gionevolezza 2"Vi fu chi lo riferi al caso in cui il ladro fosse stato sorpreso prima che ponesse la mano sulla roba, quod occursum illi fuerit ad ap-

pehendedum, antequam venerit ad locunz dstinw turn; e questa interpetrazione si sostenne come la pi vera dal B e l l a p e r t i C a nella Ripetigione in Zeg. fabzcs C. de furtis n. 6. In tal guisa avrebbero i romani punito il furto tentato pi severamente 3." Altri perb del consumato, e cresce 1' assurdo insegnarono che il ladro manifesto era colui che aveva rubato sotto gli occhi del padrone, quem dominus vidit. Questa interpetrazione che si propugnU da parecchi fra gli antichi repetenti concilierebbe la distinzione romana con i dettati di ragione ed allora nella teorica del furto manifesto troverebbesi il primo fonte della qualifica opgidi generalmente riconosciuta del furto commesso aila presenza del proprietario. Secondo questa dottrina il ritoglimento della cosa al ladro afilequam eam attulerit quo deestinaverat non sarebbe la condizione ontologica del furto manifesto : sarebbe invece la condizione giuridica della actio furti, e i dottori avrebbero scambiato supponendo nei vari frammenti ove era cenno del ritoglimento, che invece di esser questo una W va conizione ad agire fosse la com?,iziove esseri-

sicile della qualit di manifesto (1) nel furto. I1 furto sarebbe manifesto tostoch il padrone l &~ubave, ; e la ra;ione dello aggravamento romano si troverebbe spontanea nella maggiore audacia del ladro che ruba sotto gli occl~i proprietario : esso avrehdel lje gi incorso la pena del quadruplo essendo per parte sua completo il delitto. M a il quaclrnplo non si potrebl~e esigere, n sperimentare l' azione dal proprietario che tranquillamente lasci compiere al ladro anche la asportazione, perchb allora il furto apparirebbe fatto sciente et patiente donzijzo.
(1) Ho gi accennato nella nota al 9. 2048 varie ipotesi poste innanzi dagli eruditi per rintracciare la causa per cui la sorpresa del ladro fosse pei Romani cagione di pena pi severa; ed ho mostrato che nessuna di queste elimina l'assurdo. L' E r li a r d o fde notione furti pug. 127) si ritrae dallo aggredire la difficolt contentaiidosi di porre in rilievo 1' assurdo. Qualunque fosse (egli dice) la origine e la causa di questa differenza di penalitl appo i Romani, certissimo che il ladro il quale agisce con tanta malizia da occultar s e la roba sottratta assai pi pericoloso e temibile che no1 sia quello esordiente cile si lasiia cogliere col furto indosso; ed b impossibile che alcuno mai pretenda oggi d i rovesciare per lo esempio romano questo criterio di proporzione. E 1' 17, r h a r d dice benissimo in ci. Ma appunto perclib 1' assurdo si grande, bisogna concluderne che la intelligenza comune non sia esatta, e che a rendere manifesto il furto non bastasse 1' accidentalit che il padrone fosse sopraggiunto, ed avesse ripreso la roba : ma propriaioente occorresse che il ladro si fosse accinto a rubare sotto gli occhi del padrone. R in questo argomento ab absurdo la ragione che mi determina ad accettare la dottrina meno ricevuta circa la nozione del furto manifesto nelle XII tavole, perchb con tale dottrina si purga il dettato romano da una

stranezza inconcepibile, r si coordina invece coi buoni prinoipii di ragione penale. In tale opinione mi conferina il frammento 7, S. 1 , de furtis dove sull' aulorit di P o n i si culla tibi furtu111 f ( i c e ~ - e i ~ ~ do1110 cle p o n i o dicesi tuo, abscondisti te, ne le occidunl: etinna si vidisti f i i r t u n ~ fieri, attanzen non est mnnifesturn. Cib mostra che la qualitk di manifesto non si desumeva soltanto dallo uvere il padrone veduto rubare, ma bens dallo avere il 2cidi.o veduto il padrone, ed avere cib non ostante audacemente rubalo in presenza sua.

Ma sia che vuolsi di questa indagine gcnetliaca certo che la qualifica desunta dalla p?7csefz,-cr, clel proprietario fondata in ragione e si coordina alle Ihrmule nostre. Come puo il possessore a fronte di Tln temerario che sotto i suoi occhi s'impadronisce delle sue cose confidare nella difesa ~irivata? Qual custorlia maggiore pu egli adoperare del tenere le cose presso di s e sotto gli occhi suoi? L'auclacia di cotcsto ladro massima; e se non si estrinseca in una vera e propria violenza, indica l' animo preparato ad usarla, o almeno fa supporre al padrone che colui il quale osa cotanto sia pronto a resistergli quando esso voglia impedirlo.

Trova dunque pienissima giustificazione In regola introdotta in aumento aile aggravanti previste dai codici contemporanei, dal codice Toscano (a& 377, let. k) che novera tra i furti aggravati quello comiriesso in pesenza del proprietario. Questa circostan-

zs perb dine si h introdotta la sridilivisiona tra ftii'to xg~rnvatoe f'urto clrlaliticato, non & semhrata me-

ritevoli: cli costitriire rera rlualifica, clandole sol(! virtU di elevare la pena nella sua c7ut.crta senza caiill-~iarnei ,qi~ecie. 1:

Nelio inteiyetrare la nozione cli questa aggra~~ante la giurisp~udenzalia concorclcmente richiesto che il furto sia stato commesso mentre il proprietario trovavasi in tale situazione da poter vedere i1 ladro nell' atto di rril~nre(1). Se il proprietario mome~ztaneamente erasi allontanato, od anclie per accideritali occnliazioni crtlsi rivolto ad altra l~arte guisa in che non gli fosse possi1,ile vedere il ladro, la nostra giuris;l,rudenza in questa precaria remissione di vigilanza ha trovato una ragione per escludere lo aggravtlwiento. Tranne cib, niente influisce che la cosa fosse pi o meno prossima alla persona del padrone, purchk egli potesse vederla.
(1) Questa niassirna pacifica. E tanto b vero che la r:igione di questa aggravante trovaci pi nella audacia di intraprendere il furto che nella destrezza nel consumarlo, che la Corte di Cassnziooe uel 1869 f Annali 5"oscrrn.i XSI, 1, 263, 2 6 4 ) decise non essere aggravato il furto se il ladro al sopraggiungere del proprietario ne aveva desis~ito.In applicazione di quesli principii la Corte di Cassazione di Firenze nel 1854 fiinlzuli Toscn~li V I , 1, 1008) decise noi1 X essere punibile coine furto aggravato dtilla presenza del proprietario il fatto di chi avendo ottenuta la consegna della cosa dal proprietario asserendo di volerla pagare, la porli via senza effettuarne il pagamento. stato pure deciso fAri-

nali Toscani XX, l,5 9 9 ) non essere aggravato il furto per la presenza del proprietario se f u coinmesso mentre i1 proprietario dormiva. Del resto la stessa Corte nel 1855 fAnnali Toscani XVII, 1, 1006) giudic saviamente che

decidere sul concorso della presetite qualifica era questione di fatto e non di diritto.

F u ~ i o o n destrezza. c

singolare che mentre il codice Toscano ed altri codici contemporanei fanno del furto con estrezga

un furto aggravato, le antiche pratiche italiane'e germaniche (1) consideravano come meno grave il furto dei borsaiuoli e lo punivano con pene straordinarie e piii miti. Anche questa variazione risale a parer mio alla causa che trovammo in tante altre.Fu la pena di morte improvvidamente minacciata contro il furto che costrinse gl' interpetri a trovare delle attenuanti dove noi troviamo delle aggravanti. Di ci si deve il biasimo ai legislatori, e lo elogio agl' interpetri: ma bisogna concluderne che la teorica del furto non ha sicura guida nelle dottrine dei pratici, i quali la costruirono pi col cuore che con la mente, e deve dalla scienza moderna essere rinnovellah.
(1) Pare indubitato che Is pena di morte anche nei tempi del maggior rigore contro i ladri non si applicasse mai ai borsajuoli: hI u l I e r o nd S t r u v i 11 m 8yntagona juvis ciui-

- 175 lis exercit. 48, tites. 25, lit. p. C a r p z o v i o jztrisprz~dentia p a r s 4, constit. 53, def. 7, n. 8 I1 a r p p r e C h t ecisio 6,n. 12 B e r l i c h i o conclus. pract. p a r s 5, conclus. 46, n. 19. Non si comprende bene il principio giuridico al quale si rannodasse cotesta pratica: ma la medesima S comunemente attestata come vigente in vari paesi del17Alemagna e se ne adduce a tutto criterio la dificolt di provare il corpo del delitto. Altri per insegnarono che i borsajuoli si dovessero punire alla pari di ogni altro autore di furto sen~plice: H e i 1s tructatus crim. cap. 6, S. 57. N manc anche fra gli antichi chi sostenne doversi a questa specie di ladri irrogare una pena pi severa; e trovo fra questi l? a r n a C C i o praxis quaestio 157, p u r s 1, n. 30. E nello erudito libro del T o s e l l i intitolato Ce~ztzi foro su1 Cri?)iinale Boloynese vol. 1,pciy. 15, trovasi ohe nell' anno 3317 fu condannata ad essere arsa viva una donna oome colpevole di borseggio. Convinta la prima volta di questo reato era stata condannata alla frusta: ricaduta nello stesso reato fu sottoposta alla suddetta pena ex vigore nrbitrii nobis concessi.

Gi notai di sopra (9. 2024, nota 2 ) come i Romani, ed i pratici dopo di loro, distinguessero i ladri di che adesso parliamo con nomi particolari (i) secondo la diversa forma con la quale esercitavasi la loro meravigliosa destrezza, pra col mezzo ( come in quei tempi credevasi) di arti magielle ora del taglio delle tasche, ora della semplice agilith deile clita. Questi nomi distinti sebbene qua e l riprodotti anche oggi nel linguaggio volgare non hanno influsso giuriilico: oggi comunemente si designano costoro in Toscana col nonie di borsajoli, ed in a'tre parti d' Italia la forma del loro delitto chiamasi

bo~seggio;mentre poi nel linguaggio legale si designa col titolo di ficrto co.12 destrezsn. La ragione dello aggravamento ci deve dettare le conclizioni particolari del medesimo. Tale ragione sta in questo che il borsajolo mostra un rudimento particolare, uno studio, una proficienza, un' abilit, che quantunque perniciosa spesso mirabile. Ci da un Iato rivela ima determinazione a delinquere, un' abitudine a far mestiero del furto, che porta il dolo al sommo su9 grado: e dall' altro lato presenta un pericolo pil grave e pi esteso in tutti i proprietarii, poichb in faccia a cotesti mariuoli non B pi guarentigia bastevole della propriet nostra il tenerla in dosso e hen riposta nelle nostre tasche. Che se spesso quei mariuoli scelgano a loro vittime i pi gonzi e stupidi, talvolta per6 riescono anche a danno di persone accortissime e vigilanti. Lo aggravamento trosra dunque la sua giustificazione in faccia a tutte le scuole (2).
cieitnc Rotlie tom. 2 , prrg. 135 L a n g l e u s se~nestrirt/?r lib. 8 , cap. 4. (2) I3isogna per0 guardarsi dallo accettare come regola assoluta che 13 ri-inggiore clstuziu matii~estatadal ladro rrieriti sempre uno aggravamento di pena. Questa formula indefinitamenle usata da alcuno vera soltanto quando la mnggiore iisLuzia del ladro produce l'effetto di rendere inutile la tutela privata dellb propriet. Laondo un' asluzia particolare iisnla dopo il furto per nascondere le cose rubate rioti potrehbo tenersi come aggravante..

Ma appunto per cotesta ragione vengono a prununciarsi le due condizioni necessarie a tale qualifica 2.' che ii furto cada sopra oggetto tenztto in dosso (1) dal proprietario - 2.' che il furto sia commesso con sola ciestt*ezm. Se ii furto cade soma oggetti che erano soltanto uicinni alla persona 'del possessore, ma non sulla medesima, potr nascere la qualifica della presenza del padrone, ma non quella della destrezza; appunto perche in tale ipotesi occorre audacia, ma non abilit particolare. Se poi la cosa di dosso al padrone fu tolta non per sorpresa ed arte ma per violenza, sparir anche una volta la qualifica della destrezza per far luogo ai pii1 atroci titoli di rapina o di furto violento.

(1) Non sarebbe furto con destrezza la sottrazione di tiri oggetto che si trovasse sopra un animale domestico d~ nostra propriet. Questa osservazione mi richiama alla mente una specie particolare di ladri che meritarono provveclimenti eccezionali iiell' antico reame di Napoli, e che potrebber-o dirsi pelacode. Una pragruatica napoletana del 15 gennajo l597 prese a considerare ivi chc in qtteslo fedelissima Cittci d i Napoli d a molti s i d inventato (li .andare pelando le code a cavalli per vetzdere poi i peli di esse cc pescatori i n grave interesse de' pnclro~zi d i quelli prlr essere le code cc detti cavalli grccndissi)~zoornrimenlo. Al seguito di che con ,voto e pcrrere del Regio Collateral Consiglio fu niinacciata la pena di tre anni di galerri contro ivi - quultinqtic pcrsojzn che ardisca o presttlna d i pelare dette code (1: predeiti ctcunlli; raccomandando di pi a i iIc~g~zi/ci Reggitori e Giudici della G r a n Corte tlelln

VOL.IV.

i2

Vicnrin che debbono tenere pnrlicoliir pensiero della 0sseruanza tlel presente bando. Quando parlai di sopra del furto della cosa minin.ln dimenticai di allegare questo esempio; clie davvero non potrebbe trovarsi cosa pi minima del furto di un pelo. Vedasi questo bando in A l f e n o V a r i O prugtrzuticae snnctioltes vol. 2 , tit. 85, prcty)n. 4 . (Juesto furto oggi, avendo mancato i nostri legislatori di provvedere alla sicurezza delle code, sarebbe semplice a meno che non si operasse mentre il proprietario S sul cavallo, nel qual caso potrebbe offrire un dubbio la qualifica desunta dalla presenza (le1 proprietario. Vedasi anche Ia nota 1. a S. 2225.

E singolare clie per una abituiline quasi istintiva del basso popolo tutte le volte che in una fiera o c1oncorsopopolare viene sorpreso un borsqjuolo nello esercizio del suo mestiero, la plebe gli piomba addosso a malmenarlo di colpi. Pare che questo brutto uso non corra soltanto fra noi, ma anche in CTerinania, poiclih lo vepgo riprovato ddl' 1 o m1 111 e l 1~ita21socliue observ. 104. Al~ponoi ho potuto verificare clic a tale procedimento B spinto il volgo clalla credenza (cosi mi B stato risposto) che ai bors:ijuoli la giustizia non fa niente, e per bisogna dic il popolo dia loro una lezione. & questa forse la credenza per la quale ho vecluto spesso anche persone oneste riclerc con indifferenza a tali spettacoli di furie popolari. Utilc O dunque che qucsta f~ggia furto sia colpita con pene cli qualche dridi rata, pcrchb poco b a sperarsi dalla correzione di clii avendo sacrificato sttidi particolari ad erudirsi nell' arte di dcliticjricre trova repugilanza acl aljbancionariie le praticlie. I1 codice Toscano pei combinati

- 179 disposti delle art. 376, e dellhrt. 377, let. i e 378, S. $1, aggiunge alla pena del furto semplice un aumento di carcere non minore di un mese, ne riinggiore di un anilo (1). I1 codice Sardo lo prevede aU' art. 623 e lo colpisce con auinento di carcere, ordinando che la medesima non possa essere niai niinore di un anno.
(1) per speciale nel codice Toscano clie la aggravante della destrezza non la considera traane quando il furto siil corninesso in luogo e tempo di popolare concorso; cosicchk il borsajolo che accostato un cittadino per via solitaria o nel suo domicilio allegando un preleslo per trattenerlo a discorso g17 involi un oggetto di tasca, incorre 1' aggravante della presenza del proprieiario rria non quella del borseggio.

P u , ~ t ov i o l e n t o .

Quando il uia1vagio che agogna arricchirsi sulla roba d t ~ u sceglie per giungere al pravo fine il i rnezzo della ~~ioleilza sulla persona del proprietario, egli inilubitatamente d i opera acl un malefizio, che cluanclo anche non abbia recato efritchi dccnni allci persona offesa (lesioni o scoiic~rtidi salute) prcsenta pur scrnpre caratteri trasconclenti (1) di gr:tvitu. In primo luogo vi senipre la offesa cli clrrti diritti, o hrse cli tre, perche 1' aggressore oltre ;id attaccare il ilirittu cli prol~i'ieli~, irilznomette coiiic. iilezzo per lo meno il diritto (li liberth individrinlc, e ilualdie volta ancora il dii~itto dclla iiitegritit

personale. In secondo luogo c? innegabile che per cagione di tale mezzo la potenza della difesa privata viene ad essere grandemente menomata e quasi distrutta; onde ognuno sa ed ognuno sente che i furti violenti eccitano massima costernazione e singolare spavento nei cittadini, si perchb ternesi della propria personale sicurezza, si perchh in faccia alla probal~ileripetizione di simili fatti non si trova nella propria vigilanza e nelle forze private guarentigia sufficiente alla tutela delle propriet. Nel furto violento ewi inoltre questo di speciale che la tenuit del tolto (2) fa un giuoco tutto diverso dall' ordinario. Se ne attenua, c? vero, il danno immediato e cosi la quantit naturale del nialefizio ; ma il danno mediato, e cos la qaantitk politic? del medesimo, se ne accresce di tanto di quanto climinriisce il valore del tolto. Anche qui riscontrasi uiia delle appIicazioni che mostrano ijlIace la teorica della spinta. Come nell'omicidio la levit della cazbsa aggrava anziche diminuire la quantit politica del reato, cosi nel furto violento la esiguitk del valore ne accresce la quantit politica per la maggiore diffondihilita del danno mediato. Se in fatti si eserciti violenza per un lucro di parecchie migliaia di franchi, il maggior numero dei cittadini che non arrivano a possedere tanta somma si tranquillizza nel pensiero che i loro piccoli averi non possano offrire seduzione bastevole a tanta scelleratezza. Ma se invece la violenza si us per la miseria di pochi franchi se ne spaventano i poveri, e se nc spaventano i ricchi, di facile argomentando potersi fare pii alacremente per molto ci che per poco e nieschino lucro fu fatto. I1 criterio della violenza B

clunque assorbenfe.'Esso riceve, vero, incremento clal concorso di altre circostanze, come il numero dei ladri, la ?mite, le armi (3), la invasione del dmi~icilio, simili: ina non tollera modificazione per o la tenuit del valore sottratto.
(1) K o c k finsliltitiones lib. 2, cap. 1, S. 188) opinb che
i soli furti violenti dovessero dirsi qualificati. Lo confut per

tillro H o m m e l nella dissertazione de fitrto qualificato ~ ~ o nrnzato. tt (2) C r e ni a n i (de j u r e c r l ~ nlib. 2, cap. 7, cirt. 2, Cj. 2; . Ca r m i g n a n i fElemcnta S. 1507) e G i u l i a n i flstituzioni 2901.2, pag. 532) ripeterono che uel furto violento non ha importanza come criterio misuratore la qaaritilh del tolto. lo accetto questa dottrina, ma dico di pi che nel furto violento la tenuit del tolto diviene circostanea aggravante come lo diviene nello assassinio la tenuith della mercede. (3) Sui caratteri della violenza qualificalrice del furto rioii furono concordi i criminalisti aleruanni. Alcuni insegnavano non potersi avere furto violento se i ladri non erano armati: 1 ' e r n h s r observationes tom. Il, p n r s 9, obser. 182, 1 png. 556. Altri invece sostennero non essere al furto violento necessario il requisito delle armi : L e y s e r steditntiones i pandect. specinaen 535, nledilat. 11. In questa disputa pare che esercitasse influenza la incertezza della nozione del furto pericoloso, sulla quale gih dissi al S. 2109 nota. Vedasi ancora W e i t t e n a u consil. 3, n. 4 9 , 5 0 , 51, 52,53, 54. Dalla confusa nozione della violenza nata la incertezza nella quale caddero alcuni moderni sul definire il furto commesso al mezzo di cloro, o di datura stramonia, con cui siasi privato dei sensi il propri.etario al fine di derubarlo. Alcuni dissero che questo era un caso nuovo. Io niente esilo a ravvisarvi un furto violento. Tutte le volte che una forza fisica ha ridolto a niente le forze individuali del proprietario onde iinpedirgli di opporsi al furto, ed il fine si B per tal

guisa raggiunto, io non veggo come possa dubitarsi del concorso di una violenza. La fisica azione del cloro e della datura non differisce sotto il punto di vista giuridico dalla azione fisica della fune con la quale il proprietario siasi legato: r si l' una che 1' altra di tali forze paralizzatrici della polenza di resistere sono state poste in esercizio dalla mauo del laclro R fine del furto.

S.

21 19.

Ehbero dunclue buona ragione tutti i legislatori se si mostrarono specialmente severi contro il @t?*i o violento; ina in questa severit si venne ad eccesso quando si conserv contro i1 furto violento la pena di morte. Ci nelle antiche leggi altro non era che l' applicazione di un falso principio generale, per cui il reato di furto purch si aggravasse di poco era colpito ilello estremo supplizio. Ma poiche la civiltk e la scienza ebbero fatto riconoscere codesto errore nella generalit dei furti, fu errore pi grave eccezionare iiella abolizione della pena capit'ale i furti violenti, per quanto la eccezione si liinitasse al concorso di altre circostanze aggravanti, come neli' art. 381 del codice Francese, e nella legge toscana del 1816. Ci fu una ingiustizia ed uno sbaglio politico. Fu una ingiustizia perchb si vennero a punire ugualmente di morte due delitti immensamente disuguali fra loro, quanto lo sono la uccisione e la violenza a fine di rubare: fu uno sl~agliopolitico perchb si diminui per tal guisa la privata sicurezza spingendo i ladri violenti alla uccisione del proprietario (1).
(1) Vi vuol poco a comprendere quanto sia potente in un ladro clie scese alle violenze contro il proprietario lo inte-

resse di distruggere il tesfirnonio che potrh riconoscerlo iri faccia alla giustizia,per non sentire il bisogrio di arrrsk~re la mano micidiale con un rincaro di pena. Cib non fii ~ e d u t o dai legislatori francesi del 1810 che all5rt. 581 punirono rli inorte nel concorso di altre asgravanfi il fiirlo violento. Lo compresero i riformatori del 1802 che nel nuovo art. 381 sostituiroi~oalla pena di inorte i larori puhhlici a vita. 4Ia questo non servi ad impedire che in Lucca, dove ci mantenne il codice francese del 1810 fino al 1848 in tutta la sua feroce purit, si decapitassero nel 1846 in un sol giorno cinque rei di furti violenti che non avevano tolto la vita a nessun proprietario. Vizioso sempre accettare una legislazione da paese straniero; ma imperdonabile la ostinazione di non correggerla quando lo straniero da cui l'abbiamo accattata ha crcdifo doverla egli stesso correggere.

La uioletz~usi costituisce cosi dail' uso di forza fisica, come dall' uso di forza morale : tanto elle siasi afferrato il proprietario, rinclriuso in una stanza, o percosso, o cinto di legami perchi? non impedisca il furto; tanto clie al medesimo fine si sia posta una pistola al petto di lui od in altro modo siasi voluto spaventare : sul che da notarsi che la violenza si giudica piuttosto obiettivamente elle subiettivamente. Se (a modo di eseil-ipio) si minacci0 con una pistola elle fosse vuota, la violenza rimane pur sempre; poich il proprietario nzinacciaio, ignaro ciella innocuiti, di ciuell' arnw, dovette spriventarsenc. La giurisprudenza su questo proposito ha usato di una interretrazione larghissima (I) applicando i titoli di furto violento e di edorsioi~e anche dove la minaccia non era esplicita, o non conteneva realtzi

- 184 di pericolo, purch in fatto avesse commosso l'ani-

mo del proprietario per guisa da indurlo a patire il furto senza resistenza.


(1) Di tale larghezza mi piace ricordare uno eseuipio. Un celebre masnadiero denominato Stoppa infestava le campagne toscane ed era il terrore della nostra maremma p e r le moltissime stragi da lui commesse. Si giunse finalmente ad arrestarlo, e la giustizia di Dio lo colse nella prigione prima che lo colpisse la giustizia degli uomini. Ma intanto che egli stava nel carcere, un malandrino si present solo e senza armi alla casa di un proprietario di campagna. Introdottosi a parlare in privato col padrone gli disse queste sole parole: i sono Stoppa, sono fuggito dal cnrcei.e, ed ho bisogno o d i danaro. Niente di brusco nei suoi modi, i quali anzi furono affettatamente cortesi. Il proprietario gli diede un cento di lire, ma il malandrino con un'altra reverenza osserv che gli erano pochc, e il proprietario dovette dargliene quante ne volle. Scoperto ed arrestato costui, nacque grande disputa nei nostri tribunali sull' argomento della violenza. I1 proprietario ne escludeva qualunque accenno, ma soltanto depose di essersi trovalo tutlo compreso da terrore nel pensare che egli era alla baia di quel famoso masnadiero. La maggioranza ritenne il concorso della violenza cos subiettiva come obiettiva: snbiettiva perchb ritenne che il colpevole si fosse dato il nome di Stoppa a bella posta p e r incuter terrore: ohiettiva perch realmente era riuscito ad intimidire, e con la intimidazione commettere il furto. Questo esenipio ritrae nei suoi ultimi terminl il criterio della violenza.

La violenza incontra naturalmente un subalterno criterio misuratore nella maggiore o minore gravit, degli effetti che essa abbia recato a detrimento

clella persona. Pi grave se produsse lesioni o sconcerti nella salute ; e tanto pi grave quanto pit serii furono cotesti danni. FinchC peraltro i medesimi non giungono alla strage del proprietario sicchi! ne swga il titolo di latrocinio (g. 1190) il reato non muta mai classe: rimane il titolo di furto qualificato dalla pi grave fra le qualifiche in ragione dello attacco ai diritti personali che gli servito di mezzo; ma non si considera mai che il mezzo superi il fine, perche se volesse osservarsi a ci vi sarebbe una continua fluttuanza di titolo; cosiccli8 per altra differenza col latrocinio la consumazione (1) del furto violento non si raggiunge con le sole violeme, ma col rubare.
(1) Esercitale le violenze sopra il passeggiero al fine di rubare a suo danno, se avviene poscia che i malandrini non

trovitndo in dosso a quello che pochi soldi lo lascino senza prendere neppure questi, si avr o no il titolo di tentativo punibile? Si potr dire che in quanto alla somma che non esisteva nelle tasche del passeggiero il tentativo manca nei suoi elementi per la non esistenza del soggetto passivo? Si potr dire che in quanto al denaro che il passeggiero aveva, il tentativo non punibile perchb rimasto tale per libera volont. del colpevole? L uno e 1' altro aveva affermato la camera ' delle accuse di BIodena. Ma il Procuratore del Re avendo attaccato il decreto avanti allacorte di Cassazione di Torino, questa con sua senteuza del 6 febbraio 1866 inserita nel giornale la Legge n. 43 del 1866, cass il dccreto, (3 dichiar che ai termini dell' art. 96 del codice Sardo esiste tentativo punibile di grassazione ancorch il viandante non abbia denari in dosso. La Cassazione ritenendo il tentalivo sanzionb a mio creder? un errore giuridico renduto necessario dal linguaggio del codice Sardo. Aveva errato la Camera di accusa rinviando gl' in-

quisili d;i ogni persecuzioiie peiiale. Il teiitativo mancava degli clementi giuridici per la pi ricevuta dottrina e per le dislinzioni che esposi nel mio opuscolo Co?zalo complicitci pny. 56, 59; ma il fatto restava punibile coine violenza contro le persone.

f3. 2122.
l?, chiaro da ci clie la violenza pu senza dubbio esser tacita, e vale 1' istesso. Ma potr egli riconoscersi rina qualifica nella violenza preszc?zta? Per regola io persisto a non ammettere in penale la parificazione del presunto al tacito :ammetto per6 che la violenza presunta possa in qualche caso costituire un' aggravante per disposizione speciale di legge, purch la pena non si elevi mai alla pari di quella sancita contro il furto violento. Di ci ne trovo due esempi clie mi paiono meritevoli di essere a questo luogo notati.

I1 primo esempio B nella delazione di armi palesi o nascoste per parte del ladro. Quando la violenza fu realmente esercitata, l' arme (come ho detto) potr essere un' aggravante della qualifica. Quando fu brandita sar un elemento di violenza tacita, da equipararsi ala espressa. Ma quando il ladro altro non fece che delare l'arme (i), troppo si correrebbe se in ci si volesse tosto trovare un criterio di violenza. vero che lo essere il ladro munito di arme fa sospettare un pericolo che possa corrersi dal padrone in caso di sorpresa; ma non pu anzmettersi la induzione che se il ladro aveva seco un' arme,

clunilue crceiicc 232 aliir110 di usare violenza. In ]vimo luogo non B accettabile questo ragionameilto se volesse adeguarsi l' animo di usare violenza con In violenza realniente usata, assimilando in tal guisa la mera intenzione (ed anche la intenzione supposta ) al fatto iuateriale che solo foima l' oggetto delle sanzioni penali. Inoltre k fallacissin~acotesta argomentazioi~e,o per lo iueno abbisogna di molteplici clistinzioni. Bisogna clistinguere se l' arma era tale da mostra~eclie il ladro se ne mun con apposita determinazione, o tde invece che ei la recasse seco per abituiline, o per qualche sua occorrenza, come avviene spesso di un fucile o di un'arnese rusticale. Bisogna distinguere se il furto fu preorclinato o naccpe per occasione imprevista, conic nella ipotesi di un cacciatore clie girando in cerca (li preda vegga una casa aperta, e vi entri e prenda un qualche oggetto. In una parola io penso che costituire della mera delazione di un' arma una qualifica costante del furto senza il concorso di altre circostanze, sia cosa piena di grandi pericoli per la giustizia.
(1) I-lo gi notato di sopra come rimanessero confuse in Germania per le antiche coslituzioni la nozione del furto violcltto, e del [urto pericoloso. La denominazione di furto pericoloso si era mantenuta dal codice di Baviera del 1815 all' art. 221 che lo applicava alla banda, alla effrazione, alla chiave falsa, alla scalata, e alla presenza d'armi, invasione notturna di domicilio, e rottura di sigilli pubblici. La conserva pura i l codico di Boden al $. 581 che la applica a casi simili agsiungendovi quello in cui il ladro si fosse introdotto in un luogo tale che essendovi sorpreso non si sarebbe potuto inrolarc. Da ci chiaro che in sostanza il concetto di

tale qualifica B quello di una violenza presunta, o piuttosto inlenzionale, in quanto si ritiene che il ladro siasi accinto al furto nel preconcetto di usare violenza. Su tale idea parmi che in generale si ragionassero le sanzioni che della sola delazione di armi costituivano la violenza: poich ben altro dire che del furto violento la delazione o l' uso di armi sia un' aggravante ulteriore (lo che iutuitivo) e ben allro dire che la presenza di armi renda violento il furto anche dove violenza non fu di fatto adoperata. klolti negarono che 11 solo possesso di un'arme bastasse a qualificare il furto, e distinsero tra furto c u m gestatione a r m o r u m e furto UVmatn m a n u : H a r p p r e C li t decis. 1, n. 58 et seqq.: ct decis. 21, n. 26. Ma parecchi statuti procederono senza distinzione a considerare corno elemento di violeriza per parte del ladro il possesso di armi; e il codice Austriaco S. 174, I. parifica alle armi gli strumeriti pericolosi nll' nlt r u i sicurezza. Allora fu necessario introdurre delle dislinzioni; e cos fu dello che sotto tale qualifica uon cadesse il ladro quando sorpreso dal proprietario si era munito di armi trovate sul luogo: N i s s e n de furto trrmato pag. 5 , $. 2; sul che peraltro dissentiva I' antica pratica toscana: Annala' Toscani XIII, l, 842. Cos dovette dirsi che 1' uso d i arme non qualificava il furto di animali commesso nel parco altrui ( H a r p p r e C h t consil. 28, n. 24 et seqq.J perch I' arme era strumento necessario a commettere il furto uccidendo gli animali. Vedasi N i c c o1 i n i questioni di diril-

to pard. 9, cap. 9.

S. 2124.
Un altro esempio di violenza presunta lo trovo nel codice di Malta ali' art. 256, n. 6, dove si aggrava la pena del frirto quando sia caduto sopra oggetti che recava in dosso un fanciullo al disotto di nove anni. Evidentemente questa disposizione non 8' ispira ad altro concetto tranne quello della

violefi$a presunta. I1 legislatore maltese vide in simile fatto un abuso di forza quantunque violenza reale non si fosse usata, e lo pun coi lavori forzati da sette mesi a due anni. Riseter peraltro a questo proposito le osservazioni da me fatte nell' argomento della violenza carnale al 9. 1493; con questa avvertenza per che la reluttanza fisica del bambino avverso chi lo spoglia delle vesti o degli oggetti che reca in dosso pu con facilit presumersi, meglio assai che la resistenza a carezze che lo allettano.

5, 2125.
Una questione che ha diviso le opinioni dei giuristi sorge nel caso della violenza che il ladro abInia adoperata quando sia stato sorpreso dal proprietario nell' atto dell' asportazione delle cose involate. Molti aderendo al rigore dei principii sostennero che dovendo ormai riconoscersi la consuriiazione del furto nella sola contrettazione, il ladro che gi si allontanava col bottino in dosso se fri colto per via e resisi8 al proprietario non potb aggiungere una qualifica al delitto giA compiuto, essendo repugnante che un reato si qualifichi per un accidente posteriore alla propria consumazione. Altri osservi, ancora che il pi delle volte questa resistenza in caso di sorpresa procedeva dal timore per parte del ladro di esser vittima di offese, o consegnato alla giustizia. Laoncle concludevano doversi giuclicare i due fatti distintaniente: punirsi ci08 coine due delitti separati il furto senza la qualifica della violenza, e la violenza successiva come delitto contro le persone secondo la sua speciale gravitti.

Forse in faccia alla verit antologica questa dottrina era piU esatta. hla generalmente prevalse (l) una distinzione: e si disse che il furto dovesse punirsi come violento anche quando la violenza era avve-p nuta dopo lo impossessamento, tutte le volte che resultasse essersi la medesima usata. ilal ladro per il fine di mantenersi nel possesso clelle cose rut~ate. Divers:imente doversi dire quando (la altra cagione o per altro fine il ladro avesse usato violenza contro il proprietario. E questa fu la opinione accolta dal codice Toscano all' art. 389 lit. 71.
(1) Un giudicato clellii Corte di Cassazione di Torino del 1 ottobre 18UG in teiila della grassiizione prevista dal codice Sardo agli art. 596 e 600, ha stabilito una n~assirnache in generale sarebbe accomunabile a tutti i furti violenti: ciol! che per incorrere in quel titolo deve constnra essersi i ladri recati ;i rubare col preordinato divisamento di usare violeiizii nel caso clie fossero stati sorpresi. Altrimenti se i ladri al sopraggiungere del proprietario usarono violenza contro cli Iiii, doversi ritenere che la violenza fosse usata (cluantunque asportassero gli oggetti) al fine cli difendere le proprie perconc, e noti di commettere il furto. Questa dottrina presa in senso assoluto pii sembraro ardita e pericolosa: e per lo meno devia dalla dottrina pratica comune. Clie noti possa obiettarsi la qualifica di violento al furto s e la violenza non f u usata al fine di appropriarsi le coso altrui, b regola apodittira. Clie quando alla violenza si fecero dai ladri preparativi i t n l e ~ i o r si debba ritcnere che la violenza fosse preordiniitn i coriie mezzo a1 furto, B parimente una regola coiriprovala dalla logica congetturale. 1iiIa che questa ultima regola poss:i rovcsci;irsi e stabilire ciic la violenza conimossa per moto improvviso e per imprcueduta sorpresa rion qualifichi iriai il fiirto, pu essere argomento di grave dispiita. Certo b che tale questione riducrsi atl una apprezzazionc di rutto, e la

scienza quando ha detto che la issa nata ad occasione del furto non Io rende violento tutte le volte che ebbe causa diversa dallo intendimento di consumare la asportiizione, ha esaurito il suo compito e bisogna che lasci alla prudeuza del giudice la valutazione delle contingenze che conducono all'applicazione della regola. Cos trovo a tal fine portati in calcolo eziandio la indole irascibile del ladro, 13 niniist, e la tenuiti della cosa involata come argomenti esclusivi del furto violento. Cos la Corte di Cassazione nel 22 settembre 1855 (Annali Toscani XVII, 1, 901, 902) decise che quando il proprietario oltre le cose a lui involate dal ladro volesse togliergli altre cose che erano di sua pertinenza, si deve presumere che il colpevole usasse violenza per manlenersi in possesso delle cose proprie e non dell' altrui. il poi chiaro che la violenza deve essere esercitata contro il pro.prietario od altri che legittimamente procedono al recupero: se i pi ladri vengono a rissa tra loro nel reparto delle cose fiirtive, quantunque sia violenau usflto per n ~ u n t e n e ~ i)z si possesso, non sorge il titolo di furto violento.

Del resto pacifico fiia i dottori che il furto violento non si elimini per la circostanza die il ladro avesse odio o grave nimista contro il derubato, c dica che se rubh per aviditk egli percosse per per vcncletta e non per facilitare il furto. l$ intuitiva la ragione che respinge cotesto sistema defensionale: la cjualifica si desume dal t i l e s o e non ddle accident:~lit&dcll' c~~z1'9izo dell'agente ; e cosi le condizioni ontologichc assorbiscono le considerazioni ideologidlc. Trovo soltanto nei pratici che si avuto uli riguardo iiclln punizione qunnilo il furto violento era coilimesso dal rriarito a danno clell' ndrrlleio da lui sorpreso iri. flagranti (1).

- 192 (1) Sulle conseguenze civili di questa contingenza vedaci H o m m a l rhapsodiae observnt. 795.

I1 furto violento si punisce dal codice Tosc;i-no con la casa di forza che pnO estendersi (art. 390) da otto anni fino all' ergastolo secondo le accessorie circostanze che lo accompagnarono o la gravit dei resultati della violenza. Al codice Sardo non possibile tener dietro in questo argomento, perchb con le due nozioni della depredazione e della g~assn,"ione, create dal medesimo in guisa che non trova accordo in nessuna scuola, mescola insieme le varie forme di furto che in questo capitolo esponiamo, per guisa che non offre modo di combinarle con le configurazioni pi generalmente ricevute nelle nostre scuole.

T I T O L O IV.
Estorsione.

Se la parola esto~~sione prendesse nel suo sisi gnificato volgare noi vi troveremmo soltanto un fiovte del furto violento senza vederne sorgere una distinta fisonornia giuridica. Infatti nel comune linguaggio si applica il nome di furto a colui chepigZia d a sB: e se per pigliare pi liberamente usa violenza al proprietario, si dice violento il furto; laddove la csto~sionesi ravvisa quando il ladro in-

vece d i piglia?-e da s cost~~ingepossessore a &Til gli la cosa. Ora comprende ognuno come fino a tanto che tutta la differenza sta nel pigliare o farsi dag.e, ma la cont~ettazionedella cosa contegrq~olnPzea alla violenza esercitata, sia impossibile trovare una ragione giuridica per tener separate le due ipotesi e farne due titoli distinti. Tanto che il ladro mentre porta la mano nella mia cassa m'impedisca con una pistola impugnata di respingerlo ; tanto che con la pistola alla mano mi sforzi a prendere io stesso nella mia cassa il denaro e farne a lui la consegna. Non i: dunque in codesto senso che pu dal giurista concepirsi la figura della cstwsione.

La esto~*sione senso giuridico odierno (1) tragnel ge i caratteri della sua specialit da uno interuallo di t~mnpoche debba trascorrere (sia pur breve) fra la minaccia di un male e la sua esecuzione, oppure fra la minaccia del male e lo inipossessamento della cosa. Per aver furto violento bisogna clie il laclrcs abbia detto o d c ~ ~ ~ z m icosa o t i zcccida, oppure la abbia con la forza fisica costretto a dada : per avere la estorsione bisogna invece che il ladro al~bia detto o d u ~ ~ r w i coscc o t i zcccicZev, o vado a b~z~eiCC?"W la la casa, o simili, oppure abbia detto pronzelli cZi cl~cm~nii cosa o t i zcccido. In una parola il male la i??z??zine?zle la, contemporanea locuplctazione costie ~ tuiscono il furto violento : il male f u t w ~o la locupletazione flctura costituiscono la cstorsione. La ragione dclla diffcrcnza sta dunque in qtiesto, che quando il mde minacciato imilizinenle e In conVOL.IV. 13

- i94 t,rettnzione contelirporanea il medesimo sernprc: inevitabile, e bisogna dare o patirlo: quando invece il male B futuro o futura la perdita della proprieti, vi e un intervallo di tempo che lascia possilsilit,k cli evitare il male minacciato senza perdere la roba. E perci che nella pi esatta nozione della estorsione al male futuro minacciato alla persona si equipara il male imminente ininacciato alle proprieta, appunto perche non 6 uiai tanto inevitabiIe quanto qriello che si minaccia allo individuo dalla mano sovrastante del malfattore.
(1) La estorsione se si cerca nel diritto romano fa capo al crimen vis: e questo d occasione alle note dispute circa al criterio di sceveramenlo della violenza privata dalla violenza pubblica, del quale gi parlammo addietro al S. 1560, e dovremo ancora tornarvi quando parleremo della violenza pubblica. Questa idea fu riconosciuta anche dalla Carolina art. 128 e 129: e influ ancora sopra alcuni codici moderni, come sull'Austriaco al S. 98 let. a, pel quale si introdotta la formula di violenze pubblica a mezzo di estorsione. Al nostro modo di guardare le specie criminose repugna codesta formula, e adottiamo invece la opposta di estorsione a l mezzo di violenta, che ci pare pi esatla perch veramente la violenza il ntezFo e la estorsione il fine. Laonde secondo il metodo della scuola di C a r m i g n a n i classando sempre i reati secondo il fine lranne quando incontrisi prev(11enza di gravit obiettiva nel mezzo sopra il fine, noi collochiamo la estorsione fra i delitti contro la propriet (liiindo si consurnb al mezzo di violenza privntn, lo che il ciiso pi ordinario; salvo poi quando fosse commessa al rnezzo di violenza pubblica a rispettare la prevalenza del rnezzo sul fine referendo il fallo ai delitti soci;ili, e precisarnente al titolo di violenza pubblicn, percli nel nlezzo vi B 1' ?ttacco di un diritlo unive~strle. Cos la classazi~ne

nostra e la definizione delle fisonomie dei diversi reati i: coordinata sempre ad un principio costante di metodo che risparmia molte incerlezze ed un numero grande di equivoci.

Tale la nozione che ci da di questo titolo il codice Toscano (1) all' art. 393. Ivi alla lettera a contempla la forma di estorsione che consiste nella minaccia di un male imminente, ma con la quale invece di costringere a dar tosto il denaro si costringe invece a firmare una obbligazione o consegnare un documento qualunque dispositivo di diritti patrimoniali: ma questa prima forma non offre nel codice Toscano che una diversita puramente nominale, perche il fatto e punito alla pari del furto violento. Al contrario alla lettera b contexriplti. la piu propria estorsione, facendo il caso clie sia futuro il male minacciato alla persona, oppure siasi minacciato soltanto un grave danno patririioniale, oppure si sia simulato un ordine del]' autorit per costringere altri a dar danaro od altra roba; e questo fatto punisce con la casa di forza, riia in quaiitita rninore di quella inflitta al furto violento. E chiaro per la lettera di quell' articolo clie la violenza esc* citata oiiile costringore n firmare un docurilento y~lobc~tol~inche non contenga disposizione ili beni (2) palrinio~iiali,non 6 dal nzedcsimo contemplata e rieiltra nel mero litulo di violcnza privata.
(1) La noziont? di qucsto delitto iii fi~ccia cotlice Sardo al hisotna rilevarla cornbioando gli articoli 601 e 626, i quali eiitrrimbo prevedono il caso di un lucro estorto mediante

- 196 eccitu~nento di timore, mentre il primo ne fa nascere il titolo di estorsione e il secondo quello di fisode. E la conciliazione e definizione dei due distinti casi bisogna desumerla dalla diversa natura del timore incusso, che per avere la estorsione deve referirsi a d uno dei mali accennati nell'articolo 601, od analoghi a quelli , mentre Io eccitamento di altri timori uani od immaginarii non costituisce che la frode, Perci la Carte di Cassazione di Milano il 1." agosto 1865 annull come incompleta la dichiarazione dei giurati c h ~ rendeva costante essersi estorto denaro con modi atti ad incuter timo?-e, e la sentenza che a tale dichiarazione aveva applicato il titolo e la pena della estorsione quantunque il verodetto non specificasse quel liinore e quei modi che essenzialmente si esigono a cosliluire la estorsione. (2) Se la intimidazione avesse per fine di estorcere uno scritto che senza portare obbligazione patrimoniaie servisse ad offendere 1' onore dello scrivente, parmi chiaro (checch opini C a r n o t code pe'nnl a r t . 400, S. 7 ) che il titolo di estorsione non sarebbe applicabile. Avremiiio una \.iolenza privata e nienle di pi.

Questo delitto B assai frequente tra noi e la sua forma ordinaria si verifica in lettere anonime scritte con ordine di depositare denaro od altro in certi luoghi designati, sotto la comminatoria di gravi danni qualora non si obbeclisca. Per la nostra giurisprudenza quosto delitto peraltro nel novero di quelli alla consumazione dei quali si esige la coope8razione del paziente: perch se lo intimato non si imponga della minaccia, e malgrado quella si ostini s non dar niente, o ricorra alla giustizia, si applica il tiiolo di estorsioiie tcvztata (I),

- 107 (1) Le Corti di Toscana hanno sempre applicato il titolo di esforsione tentata anche quando il minaccialo aveva fatto il deposito 31 luogo ordinato dopo avere avvertito la polizia, che aveva procurato l' arresto dei malfattori prima che potessero impadronirsi del denaro. Cos fu giudicato dalla Corte di Appello di Firenze il 13 novembre 1865 e sempre. Io uno di questi casi accadde una specialit che nientre ditnostra la dabbenaggine dei nostri agenti di polizia suscita una questione di diritto. Gli agenti della forza furono nascosti in buon numero presso il luogo destinato al deposito; ma in cambio di collocarvi un involto di denaro vi posero un sacchetlo pieno di rena. L' operazione and fallita per altre imprudenze: a a facendo la ipotesi che il colpevole fosse stato arrestato nell' atto in cui aveva preso quel sacclletlo ( supponendolo tanto stolido da non accorgersi che quella eri1 rena) noi ci dimandammo se fosse stato possibile condannarlo come reo di estorsa'onc consumta. Stimo evidente clie no, per le teorie generali della consumazione. Opino di piY clie neppure il tentativo di estorsione si fosse potuto adattare a quel caso. Si aveva una minaccia con ordine o una violenzcz privatn condotta alla sua consumazione, e punibile come tale. RIa gli atti successivi allo invio della lettera mancavano di soggetto passivo. Tutto ci che si riferiva alla lettera cadeva sul soggetto passivo dell' nltentato, cio sulla persona ;e cos non poteva dare elernento che ad un conntu venzoto, che naturalmente si assorbiva nel titolo speciale gi consurnato. Gli alti costituenti il conato prossinzo incominciavano da quelli che si diricevano sul soyyetto passiua della cansuntc~xione.&aquesto (che doveva essere in rapporto al titolo di estorsione il denaro da carpire) non era mai esistito.

S. 2132.
Cosi la estorsione completa la nozione della minaccia che gi svolgemmo a . 1573 e segg. e psesenta il progresso giuridico deUa azione criminosa

- 19s c-he si esercita snil'altrui libert. Qu=ari~lo scvrt;cr1wrlporsi nlczcn alt,-o fitz tranne rluel111 Lt' ;tttel'l'il'r s'intirna ad altri un male ingiusto si h : la ,,risltrcriif ~ sct~q~lice. Quando si minaccia ad altri un 111nle futuro per indurlo a fare o non fare una qualclic? cosa che non urrecJ~i lucro al minacciante si Ira la ~)ainaccia ordine; e se la minaccia e njzozzi,iit~ colz si ha lo sco~~elisjtao. Quando con la incussionc del timore si indotto altri a fare o non fare o patire una cosa che non rechi lucro al minacciante, si ha la ~~ioleiaza privata. Quando con la minaccia di un niale inuninente si costretto altri a darci una qualche cosa per veduta di lucro, si ha il furto siobrzto. Quan(lo finalmente per veduta di Zztcro si k minacciato un lilale futuro onde costringere a darci to.~lo, si i? mi.o riacciato un male imminente per ottenere una proinessa od una dazione futura, si ha la esto~*sl'one (l).
(1) In proposito della estorsione nato il dubbio s e la regola che non vuole punibile il furto commesso dal figlio i1 danno del padre si debba estendere eziandio alla estorsione ed al furto violento. Comunemente il dubbio si risolve nel senso che i rapporti di filiazione non valgano a togliere la criminosit di un fatto nel quale benchb 1' ultimo fine del colpevole sia un attacco alla propriet, il mezzo scelto si estrinseca in un attacco alla persona. Direste voi (osserva benissimo R a u t e r t r a i t du droit crimin. $. 624) che il parricida non punibile quando agisca per fine di furto?

Del pari che il furto violento la estorsione non esaurisce la sua oggettivita giuridica nella offesa alla libert individuale, rna bens nella offesa al (li-

vitto d i prorprietci, poich in questa classe si novera.


Tale criterio importantissinio per distinguere il momento della consuvzazio~ze semplice tentatiuo. dal La estorsione non consumata finch la proprieti non lesa; e cosi rimane una semplice estorsione tentata qualunque intimidazione che non raggiunse lo effetto dello spoglio del proprietario. Se per quanto la intimidazione fosse grave il proprietario niente diede o a niente si obblig8, sia perchhb ricorresse all' autorit, sia perche si trincerasse nel suo proprio coraggio, la estorsione resta sempre nell' ambito del mero conato. Allora intorno alla punibilith di tale conato sorgeranno le quistioni relative alla idoneit o inidoneith dei mezzi adoperati, per con~:ludernesecondo i principii generali del conato o che la insufficienza dei mezzi intimidatorii essendo meramente relativa lo attentato Pi punibile, o che tale insufficienza essendo assoluta spariscono i caratteri del conato punibile, e la giustizia non puc) colpire che i soli mezzi adoperati in quanto i medesimi offrano un titolo per sB stante di criminosit. Questi principii sono certi; e le difficolt non lievi che s' incontrano nelle loro pratiche applicazioni dipendono tutte dalla apprezzazione delle circostanze. Certo per si & che il delitto mancato non possibile a configurarsi in questo malefizio perch sempre il non raggiunto effetto si connetter con i nzexxi adoperati dal colpevole. Quando pero la promessa fu estorta, ottenuto il documento, e simili, il delitto consumato; n&cessa di esserlo se per successivi impedimenti il documento ottenuto non arreca al malfattore quei benefizi pecuniarii che egli agognava ottenere.

Potrebbero piacerti anche