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FACOLTÀ DI SCIENZE ECONOMICHE E GIURIDICHE

____________________________________

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE GIURIDICHE

Prova Finale in
DIRITTO PRIVATO
Titolo
“La tutela del mercato agroalimentare e
la libera circolazione delle merci”

RELATORE CANDIDATO
Chiar.mo RAFFAELE CATONE
Prof, Bruno Tassone MATR. 01422/01508

Anno Accademico 2023/2024


“La tutela del mercato agroalimentare e la libera circolazione
delle merci”

INDICE

Indice .................................................................................................................. 2
Introduzione......................................................................................................... I
Capitolo Primo ................................................................................................... 1
1.1 Food Security ...............................................................................................1
1.1.1 Le dimensioni della Sicurezza alimentare ...............................................5
1.1.2 Il diritto al cibo tra disponibilità e accesso ..............................................8
1.1.3 Crisi ed emergenza: garantire l’accesso al cibo in periodi di guerra o
pandemia ................................................................................................15
1.2 Gli indicatori ufficiali della crisi alimentare ..............................................23
1.3 Il diritto al cibo come fondamento giuridico ..............................................26
1.4 Traduzione ed interpretazione delle norme ................................................29
Capitolo Secondo ............................................................................................. 34
2.1 I principi fondamentali della sicurezza alimentare nell’UE .......................35
2.1.1 Legislazione e regole della gestione del rischio ....................................38
2.1.2 Le regole di responsabilità .....................................................................45
2.1.3 Il controllo sugli OGM e i Novel Feed ..................................................46
2.2 Quadro normativo transeuropeo su sicurezza alimentare e tutela alla libera
circolazione delle merci e della salute ........................................................50
2.2.1 Le politiche pubbliche nel settore agroalimentare .................................56
2.2.2 Il commercio internazionale nelle politiche pubbliche..........................62
2.2.3 L’agricoltura e politiche alimentari .......................................................64
2.3 Le politiche pubbliche europee ..................................................................74
2.3.1 La Politica Agricola Comune ................................................................76
2.3.2 Horizon Europe .....................................................................................78
2.3.3 European Green Deal............................................................................79
2.3.4 Farm To Fork Strategy ..........................................................................82
2.4 I diritti fondamentali del consumatore .......................................................83
2.4.1 Il diritto ad una corretta informazione ...................................................84
2.4.2 Il diritto all’informazione nel regolamento n. 1169 del 2011................87
2.4.3 I rimedi civilistici alla violazione degli obblighi ...................................89
Capitolo Terzo .................................................................................................. 95
3.1 Libera circolazione delle merci e tutela dei marchi e dell’origine .............95
3.2 La qualità dei prodotti agroalimentari nella disciplina dell’Unione europea
....................................................................................................................98
3.2.1 Salvaguardare il Made in Italy.............................................................100
3.2.2 Le indicazioni comunitarie di qualità: STG, DOP e IGP ....................102
3.3 Il sistema di controllo come mezzo di garanzia della sicurezza alimentare
..................................................................................................................104
3.3.1 Il Codex Alimentarius .........................................................................108
3.3.2 Il Regolamento CE n. 178/2002 ..........................................................111
3.4 Questione di purezza: principi generali e controlli ufficiali sui prodotti. 113
3.4.1 Tracciabilità .........................................................................................114
3.4.2 HACCP ................................................................................................115
3.5 Frodi o tentate tali ....................................................................................119
3.5.1 L’Italian Sounding vera e propria frode ..............................................121
3.5.2 Il Made in Italy di qualità ....................................................................122
Conclusioni ..................................................................................................... 126
Bibliografia ..................................................................................................... 128
INTRODUZIONE
Il moderno sistema alimentare globale, regolamentato in parte dal diritto inter-
nazionale, è composto da una serie di sistemi a livello locale, nazionale e interna-
zionale che producono, trasformano e distribuiscono cibo in modi complessi e di-
versificati, influenzando profondamente la vita umana e animale in modo unico. La
complessità di questi sistemi alimentari moderni ha spinto i Paesi negli ultimi anni
a rafforzare i loro regimi legali in materia alimentare. Lo sviluppo legale mira a
regolamentare la sicurezza alimentare, il marketing (etichettatura e pubblicità) e la
nutrizione.
Ad esempio, il Food Safety Modernization Act del 2011 negli Stati Uniti e la
Food Safety Law del 2015 in Cina impongono l’uso di strumenti innovativi e pre-
ventivi per garantire la produzione e l’importazione sicura di alimenti in questi ri-
spettivi Paesi. Oltre alla regolamentazione del commercio alimentare, le profonde
conseguenze dei moderni sistemi alimentari hanno portato a ulteriori innovazioni
normative. Ad esempio, per affrontare preoccupazioni legate alla nutrizione e
all’obesità, sono state introdotte regolamentazioni innovative come il regime bri-
tannico di etichettatura frontale, il divieto polacco di pubblicità e vendita di cibi non
salutari nelle scuole e la recente tassa messicana sulle bevande zuccherate. Oltre
alla regolamentazione della salute pubblica, le leggi che affrontano i costi ambien-
tali, la sicurezza alimentare e l’equità alimentare sono promosse in numerosi Paesi.
Questo impegno nello sviluppo di strumenti legali per affrontare i problemi ge-
nerati dai moderni sistemi alimentari ha portato alla creazione di corsi e programmi
di diritto alimentare in tutto il mondo. Anche se i corsi sono stati lenti nell’integrare
il diritto internazionale nel curriculum del diritto alimentare, sembra che i pro-
grammi giuridici stiano evolvendo verso un’analisi internazionale. Questo suggeri-
sce lo sviluppo del diritto alimentare internazionale come campo di studio e disci-
plina, essenziale se si vuole contribuire per vie legali al miglioramento del sistema
alimentare globale, dalla produzione alla tavola.
Il punto di partenza per comprendere il diritto alimentare internazionale è alli-
nearne la definizione con quella del diritto internazionale: legge che “consiste nelle
regole e nei principi di applicazione generale che trattano della condotta degli Stati
e delle organizzazioni internazionali nei loro rapporti internazionali tra loro e con

I
individui privati, gruppi minoritari e società transazionali”. Le fonti del diritto in-
ternazionale si collegano alla Corte Internazionale di Giustizia, un tribunale inter-
nazionale permanente situato all’Aia, nei Paesi Bassi, e l’organo giudiziario princi-
pale delle Nazioni Unite. L’articolo 38 dello Statuto della Corte Internazionale di
Giustizia enumera le fonti del diritto internazionale: (1) convenzioni o trattati inter-
nazionali, (2) consuetudine internazionale e (3) principi generali di diritto.
Esistono numerosi accordi internazionali rilevanti per l’alimentazione. Questi
accordi tentano di regolare come i governi si relazionano tra loro su una serie di
questioni, il che alla fine influenza i rapporti giuridici tra gli attori della catena ali-
mentare globale e il cibo consumato dai consumatori. Gli accordi commerciali sono
tra i tipi più comuni di accordi internazionali che contribuiscono al diritto alimen-
tare internazionale e che consentono un sistema di commercio alimentare robusto.
L’accordo commerciale fondamentale che influisce sull’alimentazione è l’Accordo
Generale sulle Tariffe e sul Commercio del 1947 (GATT). Oltre al GATT, altre
regole e accordi dell’OMC che forniscono il quadro giuridico per il commercio ali-
mentare internazionale sono stati prodotti durante il Round dell’Uruguay. Questi
accordi includono l’Accordo sugli SPS (Sanitary and Phytosanitary Measures) e
l’Accordo sugli Ostacoli Tecnici al Commercio (TBT Agreement). Gli accordi SPS
e TBT sono destinati a facilitare il commercio alimentare. Altri accordi commerciali
significativi che influenzano l’alimentazione includono l’Accordo sull’Agricoltura
(AA) e l’Accordo sugli Aspetti dei Diritti di Proprietà Intellettuale relativi al Com-
mercio (TRIPS).
Il forum di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC) è stato utilizzato per risolvere controversie regolamentari ali-
mentari di alto profilo, incluse le proibizioni di carne trattata con ormoni della cre-
scita e il divieto sull’approvazione dell’importazione di prodotti alimentari OGM.
Attualmente, i negoziati commerciali dell’OMC (Round di Doha) sono iniziati nel
novembre 2001, ma sono fermi, riducendo significativamente le possibilità di suc-
cesso e spingendo i Paesi di tutto il mondo a perseguire accordi commerciali bila-
terali e regionali come alternativa, molti dei quali risolvono le problematiche rego-
latorie alimentari.
La consuetudine internazionale e i principi generali di diritto hanno anche un

II
ruolo importante come fonti del diritto alimentare internazionale. Ad esempio, al-
cuni studiosi di diritto internazionale sostengono che il diritto al cibo sia diventato
diritto consuetudinario internazionale, concludendo che il diritto al cibo o il diritto
ad essere liberi dalla fame ha raggiunto lo status consuetudinario. Altrimenti, questi
studiosi affermano che i principi generali di diritto nell’ambito dell’articolo 38 si
estendono al diritto al cibo.
Un aspetto interessante e significativo del diritto alimentare internazionale è rap-
presentato dall’armonizzazione dei regimi normativi alimentari nazionali. L’Ac-
cordo sugli SPS (Sanitary and Phytosanitary Measures) nomina specificamente la
Commissione del Codex Alimentarius (Codex) come l’organizzazione incaricata di
“armonizzare il più ampiamente possibile le misure sanitarie e fitosanitarie” attra-
verso l’istituzione di “standard internazionali, linee guida o raccomandazioni”.
Nonostante l’uso degli standard Codex crei presupposti favorevoli negli strumenti
legali internazionali, gli Stati non sono obbligati a implementare tali standard nella
regolamentazione nazionale. Le differenze che sorgono nella regolamentazione ali-
mentare in ogni Paese dipendono da variabili come il tipo di sistema legale (ad
esempio, civile, di Common law, ecc.), la precedenza storica nella regolamenta-
zione alimentare, l’orientamento culturale verso il cibo e le risorse disponibili.
L’analisi comparativa dei sistemi normativi alimentari sovrani è fondamentale
per comprendere il diritto alimentare internazionale. È importante ricordare, tutta-
via, che il diritto comparato va oltre il semplice confronto. È lo studio del rapporto
tra un sistema legale e le sue regole con un altro. La natura di tale relazione è indi-
viduabile solo attraverso lo studio della storia del sistema o delle regole. Riguarda
anche la natura del diritto e lo sviluppo legale: conosciuto anche come giurispru-
denza. Di conseguenza, il diritto comparato coinvolge storia e giurisprudenza. Il
valore del diritto alimentare comparato è quello di fornire una conoscenza più ap-
profondita dei regimi normativi alimentari e di fungere da stimolo per migliorare e
armonizzare tali regimi.
In virtù di questa breve analisi sul diritto alimentare e sulla libera circolazione
delle merci che, come accennato, è diventata un’arma in mano ai Paesi più ricchi
per propagandare uno stile di alimentazione che mortifica la produzione agricola
dei Paesi più poveri, il presente lavoro tratterà di tutti quelli legami internazionali

III
che hanno determinato la situazione attuale. In particolare, il primo capitolo sarà
dedicato all’espressione del diritto al cibo così come presentata, in una analisi com-
parativa, dal diritto internazionale in parallelo al diritto pubblico locale. Il secondo
capitolo sarà invece dedicato alla normativa adottata a livello europeo per salva-
guardare il diritto all’accesso al cibo e alla salute così come espressa dalle Costitu-
zioni degli Stati membro. Il terzo capitolo invece tratterà di come spesso le pratiche
poco oneste finiscono per danneggiare in particolare il Made in Italy e mortificano
la qualità dei prodotti italiani attraverso “sosia” di bassa fattura e dubbia salubrità.

IV
CAPITOLO PRIMO
LA SICUREZZA ALIMENTARE

Il concetto di “sicurezza alimentare”, come enunciato nella risoluzione del Par-


lamento Europeo del 18 gennaio 2011, rappresenta un diritto fondamentale che as-
sicura a tutti l’accesso fisico ed economico a un’adeguata, sana e nutriente alimen-
tazione per soddisfare le necessità nutrizionali e le preferenze alimentari. Questo
diritto non riguarda solo la disponibilità di risorse alimentari ma include anche il
diritto al cibo e a un’alimentazione sana per tutti.
Esistono due significati distinti di “sicurezza alimentare”: uno di natura quanti-
tativa, che mira a risolvere il problema della fame e dell’ineguaglianza alimentare,
e uno di natura qualitativa, che si concentra sulla soddisfazione delle diverse esi-
genze di commercializzazione e tutela della salute, particolarmente rilevanti nelle
società avanzate. In queste ultime, la preoccupazione riguarda i rischi per la salute
derivanti dalla produzione e commercializzazione di alimenti “non convenzionali”,
come OGM e Novel Food.
Negli ultimi anni, c’è stata una maggiore attenzione verso la legislazione alimen-
tare, con un’enfasi sulla produzione e il consumo responsabili del cibo, sulla salute
umana e animale, sulla qualità degli alimenti e sull’etichettatura trasparente. Ciò ha
portato a un aumento della vigilanza, della valutazione dei rischi e dei controlli, con
l’obiettivo di garantire un sistema di certificazioni e di tracciabilità più robusto. Di
conseguenza, i consumatori sono diventati più consapevoli e orientati verso l’ac-
quisto di prodotti alimentari che riducano al minimo i potenziali danni alla salute,
mentre i produttori alimentari si sono concentrati sulla qualità del cibo in ogni fase
della catena di produzione e distribuzione.
Tuttavia, nonostante i progressi nella legislazione preventiva sulla sicurezza ali-
mentare, la disciplina della responsabilità del produttore per danni derivanti da pro-
dotti alimentari difettosi o non sicuri non ha ancora adeguatamente affrontato la
questione del rischio di sviluppo, mantenendo la possibilità di esonero dalla respon-
sabilità per tali produttori.

1.1 Food Security


La sicurezza alimentare è un concetto complesso che comprende due aspetti

1
fondamentali: la sicurezza alimentare quantitativa e la sicurezza alimentare quali-
tativa. La prima si riferisce alla disponibilità e all’accesso a cibo a sufficienza per
soddisfare i bisogni nutrizionali di base, mentre la seconda riguarda la qualità, la
sicurezza e la salubrità degli alimenti consumati.
Nei Paesi meno sviluppati, la principale preoccupazione è spesso legata alla
mancanza di cibo e alla fame; dunque la sicurezza alimentare quantitativa è priori-
taria. Al contrario, nelle società avanzate, dove l’accesso al cibo è generalmente
garantito, emerge l’importanza della sicurezza alimentare qualitativa. Quest’ultima
è influenzata dalla globalizzazione dei mercati e dai rapidi progressi tecnologici che
comportano sia opportunità che rischi.
La globalizzazione ha ampliato la varietà di prodotti alimentari disponibili ma
ha anche introdotto rischi per la salute legati all’uso di tecnologie avanzate nella
produzione alimentare. Queste tecnologie, se non regolamentate o utilizzate in
modo inappropriato, possono comportare effetti nocivi sulla salute umana e
sull’ambiente, anche a lungo termine, rendendo difficile prevedere o quantificare
tali conseguenze.
La crescente consapevolezza etica riguardo all’alimentazione ha spinto i consu-
matori a prestare maggiore attenzione alla provenienza e alla qualità degli alimenti
che acquistano, cercando di minimizzare i potenziali danni alla salute. D’altra parte,
i produttori alimentari hanno dovuto adottare pratiche più attente e trasparenti lungo
l’intera catena di produzione, dalla coltivazione alla distribuzione, incluso il moni-
toraggio e la gestione dei rischi associati.
A livello normativo, sia a livello nazionale che europeo, esistono diverse fonti
legislative che cercano di garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti. Tuttavia,
l’applicazione di queste normative può essere complessa a causa delle molteplici
fonti normative e degli interessi divergenti tra produttori e consumatori.
È essenziale trovare un equilibrio tra la tutela delle imprese alimentari e la sicu-
rezza dei consumatori. Ciò richiede una cooperazione internazionale per ridurre il
protezionismo e favorire il libero scambio di prodotti alimentari all’interno
dell’Unione Europea, oltre a un’attenta valutazione degli impatti dell’innovazione
tecnologica nel settore alimentare.
È importante considerare e rispettare le tradizioni alimentari e le abitudini

2
dietetiche, anche mentre si incoraggiano i cambiamenti necessari per migliorare la
qualità e la sicurezza degli alimenti. Questo equilibrio richiede un costante dialogo
tra i vari attori coinvolti, inclusi governi, industrie alimentari, consumatori e orga-
nizzazioni di regolamentazione, al fine di garantire un approccio sostenibile e re-
sponsabile alla sicurezza alimentare 1.
La sicurezza alimentare 2 globale ha assunto una rilevanza crescente a partire dal
2007-2008, quando un improvviso aumento dei prezzi agricoli ha causato gravi dif-
ficoltà di sussistenza per milioni di persone nel mondo, in particolare nei Paesi in
via di sviluppo 3. Questo evento ha generato un impatto economico negativo per
molte famiglie, portando alcuni Paesi a destinare oltre il 3% del loro PIL alla lotta
contro la povertà causata dall’aumento dei prezzi alimentari 4.
La crisi economica, ambientale ed energetica ha richiesto una ridefinizione del
concetto di sicurezza alimentare, superando le tradizionali distinzioni tra Nord e
Sud. Anche in Europa, l’incremento della povertà ha reso necessaria una riflessione

1
BELLIGGIANO, A. Percezione della sicurezza alimentare e nuovi modelli di
organizzazione della produzione. in Rivista di diritto alimentare, 3(4), 42-44. 2009.
2
Il concetto di sicurezza alimentare è stato delineato nel 1996 dal World Food Summit
come la condizione in cui tutte le persone hanno accesso, in ogni momento, a cibo
sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le loro esigenze e preferenze alimentari,
garantendo così uno stile di vita sano e attivo. Questo include sia l’accesso fisico che
economico a cibo che rispetti le necessità e le scelte alimentari individuali.
Nell’agenda politica dell’Unione europea, la sicurezza alimentare è stata posta come
una delle principali priorità. È divenuta un obiettivo trasversale integrato in diverse aree di
competenza comunitaria, tra cui la politica agricola comune, lo sviluppo rurale, la tutela
dell’ambiente, la salute pubblica, la protezione dei consumatori e il completamento del
mercato interno.
In risposta alle crisi alimentari degli anni ‘90, come la BSE e l’afta epizootica, la
Commissione europea ha pubblicato un libro bianco sulla sicurezza alimentare nel gennaio
2000. Questo libro rappresenta un passo importante nella trasformazione della legislazione
europea in questo settore. Essenzialmente, annuncia l’intenzione di creare un quadro
giuridico che copra l’intera catena alimentare, dall’agricoltura alla tavola, attraverso un
approccio globale e integrato.
Secondo questo approccio, la sicurezza alimentare coinvolge diversi aspetti, tra cui la
nutrizione e la salute degli animali, la protezione e il benessere degli stessi, i controlli
veterinari, le misure di sanità pubblica, i controlli fitosanitari e l’igiene nella produzione
alimentare. Il libro bianco sottolinea anche l’importanza di stabilire un dialogo costante
con i consumatori, fornendo loro informazioni ed educazione in modo da garantire una
maggiore consapevolezza riguardo alla sicurezza alimentare.
3
COHEN, M. J., & SMALE, M. Global food-price shocks and poor people: Themes and
case studies. Routledge. Abingdon. 2014.
4
DESSUS, S., HERRERA, S., & DE HOYOS, R. The impact of food inflation on urban
poverty and its monetary cost: some back‐of‐the‐envelope calculations. in Agricultural
Economics, 39, 417-429. 2008.

3
sulle politiche interne di sicurezza alimentare, spesso ancorate a enunciazioni del
passato e non allineate alle attuali sfide 5.
Recentemente, nel dibattito contemporaneo, si è fatto sempre più frequente rife-
rimento alla sicurezza alimentare come diritto umano. Questo approccio, basato sui
diritti, ancora in via di attuazione, inserisce la sicurezza alimentare in un contesto
sociale e politico, oltre a quello puramente tecnico ed economico. La Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo del 1948 6 e la Convenzione internazionale sui diritti
civili e politici del 1976 7 riconoscono il diritto di ciascun individuo a un tenore di
vita che includa il cibo necessario per la salute e il benessere.
Successivamente il concetto di sicurezza alimentare come diritto è stato ulterior-
mente sviluppato nel 1999 con il General Comment no. 12 del Comitato ONU 8 sui

5
CORDELL, D., DRANGERT, J.-O., & WHITE, S. The story of phosphorus: global food
security and food for thought. in Global environmental change, 19(2), 292-305. 2009,
GODFRAY, H. C. J., BEDDINGTON, J. R., CRUTE, I. R., HADDAD, L., LAWRENCE, D., MUIR,
J. F., PRETTY, J., ROBINSON, S., THOMAS, S. M., & TOULMIN, C. Food security: the
challenge of feeding 9 billion people. in science, 327(5967), 812-818. 2010.
6
UDHR, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo https://www.un.org/en/about-
us/universal-declaration-of-human-rights, 1948
7
ICESCR, International Covenant on Social, Economic and Cultural Rights ratified by
Canada in 1976, United Nations.
In particolare, in base all’art. 11 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali
e Culturali, gli Stati firmatari riconoscono il diritto di ogni individuo a un tenore di vita
adeguato per sé e la propria famiglia, comprendente cibo, vestiario e alloggio sufficienti,
nonché al progressivo miglioramento delle condizioni di vita. Gli Stati si impegnano a
prendere misure adeguate per garantire il pieno raggiungimento di questo diritto,
riconoscendo l’importanza cruciale della cooperazione internazionale basata sul consenso
libero.
Inoltre, gli Stati aderenti al Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di tutti ad essere
liberi dalla fame, si impegnano, sia individualmente che attraverso la cooperazione
internazionale, ad adottare misure necessarie, compresi programmi specifici, che
comprendono:
(a) Miglioramento dei metodi di produzione, conservazione e distribuzione di cibo,
sfruttando appieno le conoscenze tecniche e scientifiche, diffondendo principi nutrizionali
e sviluppando o riformando sistemi agricoli per ottenere lo sfruttamento più efficiente delle
risorse naturali;
(b) Considerando i problemi sia dei Paesi importatori che esportatori di cibo, garantendo
una distribuzione equa delle riserve alimentari mondiali in relazione ai bisogni.
https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/international-
covenant-economic-social-and-cultural-rights
8
Cfr. Committee on Economic, Social and Cultural Rights (CESCR) (1999), General
Comment 12, Twentieth session Geneva, 26 April-14 May 1999 nel quale, in merito
all’artt.11 di nota precedente, si precisa all’art. 6 che il diritto al cibo adeguato si realizza
quando ogni uomo, donna e bambino, da solo o in comunità con altri, ha sempre accesso
fisico ed economico a un cibo adeguato o ai mezzi per procurarselo. Il diritto al cibo
adeguato non deve essere interpretato in senso stretto o restrittivo, equiparandolo a un

4
diritti economici, sociali e culturali. Questo documento sottolinea i doveri degli
Stati nell’assicurare un’adeguata alimentazione per i propri cittadini, distinguendo
tra doveri di rispetto, protezione, facilitazione e provvedimento.
Le implicazioni politiche di questi doveri degli Stati sono significative: gli Stati
sono responsabili di agire nelle situazioni di insicurezza alimentare. Un esempio
concreto è stato il caso della Corte Suprema Indiana, che nel 2001 ha richiesto al
governo di fornire pasti gratuiti e standard nutrizionali minimi nelle scuole pubbli-
che, portando alla creazione del Mid Day Meal Scheme, che ha raggiunto milioni di
alunni 9.
Al fine di analizzare il problema è necessario un approccio sistemico che consi-
dera la sicurezza alimentare come risultato di molteplici attività condotte da attori
diversi e soggette a regole varie 10. Questo approccio permette di identificare chi ha
diritti e chi ha doveri, analizzando i meccanismi che generano sicurezza o insicu-
rezza alimentare e individuando le responsabilità dei diversi attori, mentre mette in
luce eventuali contraddizioni e conflitti.

1.1.1 Le dimensioni della Sicurezza alimentare


La sicurezza alimentare di un Paese non può essere considerata assoluta se non
garantisce adeguatamente il diritto al cibo per parte della sua popolazione. La que-
stione riguarda sia gli individui che il sistema nel suo complesso. Mentre le defini-
zioni ufficiali si concentrano sulle persone, le politiche di intervento si riferiscono
ai sistemi, locali, nazionali o globali.
Un approccio centrato sul sistema è cruciale per individuare leve di cambia-
mento, ma se eccessivamente concentrato 11 può trascurare i diritti dei più deboli,

pacchetto minimo di calorie, proteine e altri specifici nutrienti. Il diritto al cibo adeguato
dovrà essere realizzato progressivamente. Quindi, gli Stati hanno l’obbligo fondamentale
di adottare le misure necessarie per mitigare e alleviare la fame, come previsto nel
paragrafo 2 dell’articolo 11, anche in tempi di disastri naturali o altri eventi catastrofici.
https://www.refworld.org/pdfid/4538838c11.pdf
9
SINGH, A., PARK, A., & DERCON, S. School meals as a safety net: an evaluation of the
midday meal scheme in India. in Economic Development and Cultural Change, 62(2), 275-
306. 2014.
10
ERICKSEN, P. J. Conceptualizing food systems for global environmental change
research. in Global environmental change, 18(1), 234-245. 2008, FRASER, E. D., MABEE,
W., & FIGGE, F. A framework for assessing the vulnerability of food systems to future
shocks. in Futures, 37(6), 465-479. 2005.
11
La concentrazione è frutto di una combinazione di diverse imprese mediante fusione

5
escludendoli dall’analisi e trasmettendo una visione ottimistica della performance.
D’altra parte, un approccio esclusivamente individuale evidenzia le disuguaglianze
nella distribuzione delle risorse, ma rischia di ignorare le cause profonde dell’insi-
curezza alimentare.
Un approccio completo dovrebbe collegare la sicurezza degli individui e quella
del sistema in un’unica cornice concettuale. Iniziare identificando coloro i cui diritti
non sono rispettati, ovvero gli individui e i gruppi più vulnerabili, è essenziale, an-
che se possono essere difficili da individuare a causa della complessità dei loro per-
corsi individuali e delle variazioni dei contesti.
Esaminare le attività del sistema, come la produzione, la distribuzione e il con-
sumo di alimenti, richiede considerare tutte le forme di approvvigionamento ali-
mentare, inclusi i servizi di mensa pubblica e le reti di solidarietà sociale. Imprese
private, famiglie, istituzioni pubbliche e organizzazioni della società civile giocano
un ruolo fondamentale in molte nazioni nell’assistenza alimentare 12. Bisogna inol-
tre considerare la distribuzione della ricchezza proprio dal punto di vista geografico
urbanistico; se, ad esempio, in uno stesso contesto convivono gruppi a basso reddito
in un contesto ad alto reddito può sicuramente esserci un problema di accesso alle
risorse dei primi per la presenza di prodotti di alta fascia non in disponibilità eco-
nomica dei redditi più bassi 13.
Analizzare il sistema deve anche considerare attività come l’informazione,

giuridica. Se da un lato la concentrazione può avere un effetto positivo sul mercato


dall’altro provocano effetti devastanti, se la concentrazione diventa eccessiva, proprio per
le fasce più deboli in quanto diminuisce la concorrenza e naturalmente aumentano i prezzi
se si rafforza la posizione di un attore dominante. Proprio al fine di prevenire una eccessiva
restrizione della concorrenza la Commissione europea esercita un controllo quando queste
concentrazioni scavalcano le frontiere di un Paese dell’UE o talune soglie di fatturato con
veti.
12
INGRAM, J. A food systems approach to researching food security and its interactions
with global environmental change. in Food security, 3, 417-431. 2011, INGRAM, J., &
BRKLACICH, M. Global Environmental Change and Food Systems GECAFS: A new
interdisciplinary research project. In Earth System Science in the Anthropocene (pp. 217-
228). Springer. 2006.
13
CUMMINS, S. Food deserts." The Wiley Blackwell Encyclopedia of Health, Illness,
Behavior, and Society. In: John Wiley & Sons, Inc. Hoboken, NJ, USA, 2014, DUBOWITZ,
T., GHOSH-DASTIDAR, M., COHEN, D. A., BECKMAN, R., STEINER, E. D., HUNTER, G. P.,
FLÓREZ, K. R., HUANG, C., VAUGHAN, C. A., & SLOAN, J. C. Changes in diet after
introduction of a full service supermarket in a food desert. in Health Affairs (Project Hope),
34(11), 1858. 2015.

6
l’educazione e la produzione culturale che influenzano i comportamenti alimentari.
La mancanza di educazione nutrizionale e di competenze nella preparazione dei cibi
può aumentare la vulnerabilità, specialmente tra i bambini 14.
È essenziale considerare gli effetti delle attività del sistema sul benessere sociale,
economico e ambientale, e viceversa. Comprendere come tali attività influenzino il
benessere sociale ed economico può contribuire a prepararsi meglio in caso di crisi
alimentari.
Quindi, l’analisi del sistema è complessa poiché molte attività non sono regolate
dal mercato 15. L’assistenza caritatevole o l’agricoltura urbana possono essere ele-
menti fondamentali per la sicurezza alimentare, ma non sempre sono facilmente
valutabili o regolamentabili come parte del sistema di mercato.
Nel 2001, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agri-
coltura (FAO) ha rivoluzionato il concetto di sicurezza alimentare, integrando il
termine ‘sociale’ alla Dichiarazione di Roma, al World Food Summit del 1996 16.
Questa riformulazione ha enfatizzato il diritto universale all’accesso a un cibo suf-
ficiente, sicuro e nutriente, introducendo una prospettiva innovativa che pone al
centro l’accessibilità fisica, economica e sociale al cibo 17, in linea con le teorie di
Amartya Sen (1981) 18.
La nuova definizione ha ampliato l’orizzonte della sicurezza alimentare, incor-
porando una valutazione nutrizionale che considera non solo la presenza di proteine
e fibre, ma anche di micronutrienti essenziali e l’accettabilità culturale degli ali-
menti.
La sicurezza alimentare si articola in tre dimensioni fondamentali: la

14
VEREECKEN, C. A., TODD, J., ROBERTS, C., MULVIHILL, C., & MAES, L. Television
viewing behaviour and associations with food habits in different countries. in Public health
nutrition, 9(2), 244-250. 2006.
15
KORTRIGHT, R., & WAKEFIELD, S. Edible backyards: A qualitative study of household
food growing and its contributions to food security. in Agriculture and Human Values, 28,
39-53. 2011.
16
HUSSEIN, K. Food Security: Rights, Livelihoods and the world food summit–five years
later. in Social Policy & Administration, 36(6), 626-647. 2002, SHAW, D. J. World Food
Summit, 1996. In D. J. Shaw (Ed.), World Food Security: A History since 1945 (pp. 347-
360). Palgrave Macmillan UK. https://doi.org/10.1057/9780230589780_35 London. 2007.
17
MAXWELL, S. Food security: a post-modern perspective. in Food Policy, 21(2), 155-
170. https://doi.org/https://doi.org/10.1016/0306-9192(95)00074-7 1996.
18
SEN, A. Ingredients of famine analysis: availability and entitlements. in The quarterly
journal of economics, 96(3), 433-464. 1981.

7
disponibilità, l’accesso e l’utilizzo del cibo. Queste dimensioni sono interconnesse
e possono influenzarsi reciprocamente. La stabilità di queste dimensioni nel tempo
è un elemento chiave per garantire la sicurezza alimentare, poiché fattori come va-
riazioni stagionali, fluttuazioni dei prezzi e eventi meteorologici possono creare dif-
ficoltà temporanee.
In aggiunta, è stata introdotta una quinta dimensione, non ufficialmente ricono-
sciuta nei documenti ma sostenuta sia da Sen che dal movimento per la sovranità
alimentare 19. Quest’ultima dimensione, denominata “controllo”, riguarda la capa-
cità degli individui e delle comunità di influenzare le altre dimensioni della sicu-
rezza alimentare.
Le dimensioni della stabilità e del controllo offrono una valutazione dinamica
della sicurezza alimentare, permettendo di confrontare la situazione attuale con sce-
nari futuri, la sicurezza alimentare effettiva rispetto a quella potenziale, e di identi-
ficare punti critici e la resilienza del sistema alimentare. Questo approccio consente
di sviluppare strategie più efficaci per affrontare le sfide della sicurezza alimentare
nel mondo contemporaneo.
Le dimensioni della sicurezza alimentare possono essere rappresentate in un mo-
dello che integra disponibilità, accesso e utilizzo come dimensioni principali, con
stabilità e controllo che attraversano trasversalmente il sistema.

1.1.2 Il diritto al cibo tra disponibilità e accesso


La disponibilità di cibo viene valutata su un piano regionale, nazionale o globale,
dipendendo dalla produzione, dagli stock e dal commercio estero rispetto alla do-
manda entro un dato intervallo temporale. Il dibattito sulla disponibilità si concentra
sulle questioni climatiche, sull’aumento demografico, sulla produttività e sui com-
promessi tra differenti destinazioni delle risorse, come ad esempio, l’uso del suolo
per l’agricoltura e l’urbanizzazione, la produzione di cibo rispetto a biocarburanti o
alimenti per animali e umani. Inoltre, il problema degli sprechi alimentari e l’im-
patto della transizione alimentare verso diete con maggiore consumo di alimenti
trasformati e di origine animale hanno impatto a livello globale 20. A livello

19
MARTÍNEZ-TORRES, M. E., & ROSSET, P. M. La Vía Campesina: the birth and
evolution of a transnational social movement. in The Journal of Peasant Studies, 37(1),
149-175. 2010.
20
Op. cit., GODFRAY, BEDDINGTON, CRUTE, HADDAD, LAWRENCE, MUIR, PRETTY,

8
nazionale e sub-nazionale, la stabilità e il controllo della disponibilità diventano
cruciali durante le crisi alimentari, come avvenuto nel 2008, quando l’aumento dei
prezzi alimentari ha mostrato l’interconnessione tra domanda di commodity agri-
cole, produzione di biocarburanti e impatti sul commercio internazionale. Il dibat-
tito sul controllo si estende anche alle politiche tecnologiche e all’integrazione nei
mercati, come nel caso delle politiche di protezione della proprietà intellettuale
sulle sementi, che possono rendere i Paesi dipendenti da grandi monopoli interna-
zionali. Questo aspetto può limitare la capacità di un Paese di esercitare il controllo
sulla propria agricoltura. Tali dibattiti hanno avuto impatti significativi sugli ac-
cordi commerciali globali, cercando un equilibrio tra liberalizzazione e sicurezza
alimentare.
L’importanza delle politiche commerciali e agricole nella promozione della si-
curezza alimentare e nella riduzione della povertà ha assunto un ruolo di rilievo solo
di recente all’interno dei negoziati commerciali multilaterali gestiti dall’Organizza-
zione Mondiale del Commercio (WTO). L’Uruguay Round, 21 conclusosi nel 1994
come primo accordo a vincolare le politiche agricole interne e commerciali a regole
multilaterali, non ha posto la questione dell’insicurezza alimentare al centro dei ne-
goziati. Ciò ha portato l’Accordo sull’Agricoltura derivante da tale round a trattare
marginalmente il problema dell’insicurezza alimentare. Ad esempio, l’articolo 12
dell’accordo ha sollecitato i Paesi ad adottare politiche di restrizione delle esporta-
zioni di prodotti alimentari, considerando gli impatti di tali politiche sulla sicurezza
alimentare dei Paesi importatori, ma non ha previsto sanzioni concrete per il man-
cato rispetto di tali indicazioni. Inoltre, determinate politiche, come la costituzione
di scorte alimentari di sicurezza acquistate ai prezzi di mercato o gli aiuti alimentari
interni, sono state escluse dal computo dei sostegni interni nell’ambito della “sca-
tola verde” dell’Accordo sull’Agricoltura, con particolari restrizioni 22.
Tra gli impegni presi al termine dell’Uruguay Round era anche inclusa la

ROBINSON, THOMAS AND TOULMIN, Food security: the challenge of feeding 9 billion
people. 2010.
21
STEWART, T. P. The GATT Uruguay Round: A Negotiating History (1986-1994). in
The GATT Uruguay Round, 1-960. 1999.
22
In particolare (a) la spesa per la creazione di scorte da utilizzare a fini di sicurezza
alimentare, a condizione però che gli alimenti siano acquistati ai “prezzi correnti di
mercato” e (b) la spesa per interventi interni di aiuto alimentare ai bisognosi.

9
considerazione degli impatti negativi delle riforme agricole sui Paesi meno svilup-
pati e sui Paesi importatori netti di alimenti. Tuttavia, questa decisione non è stata
attuata adeguatamente nelle Conferenze Ministeriali periodiche del WTO, né è stata
oggetto di un monitoraggio sistematico all’interno della Commissione sull’agricol-
tura.
Solo successivamente la sicurezza alimentare ha guadagnato importanza nei ne-
goziati agricoli del WTO, grazie a diversi fattori. Il primo di questi nuovi fattori è
emerso già a partire da Doha 23; il maggior peso negoziale dei Paesi in via di svi-
luppo come Cina, India e Brasile ha influenzato i negoziati del WTO, rendendoli
meno dominati dai Paesi sviluppati più forti.
Una significativa svolta è stata innescata dalla grave crisi che ha colpito i mercati
dei principali prodotti alimentari, come i cereali, nell’anno 2007/08. In tale periodo,
i prezzi di tali prodotti hanno registrato un repentino aumento, seguito da una rela-
tiva stabilizzazione ma su livelli notevolmente più elevati rispetto a quelli prece-
denti alla crisi. Tale situazione ha rappresentato un passaggio da mercati interna-
zionali globali caratterizzati da abbondanza e prezzi contenuti a mercati contraddi-
stinti da scarsità e prezzi elevati. Fino a quella crisi, i negoziati commerciali erano
prevalentemente influenzati da un contesto di mercato caratterizzato da prezzi dei
prodotti alimentari relativamente bassi e in progressiva diminuzione in termini reali.
Questa situazione aveva focalizzato l’attenzione dei Paesi in via di sviluppo sulla
necessità di proteggere i loro produttori interni da importazioni a basso costo. Il
documento che ha tracciato lo stato dei negoziati agricoli prima dell’emergere della
crisi del 2007/08 evidenzia la preoccupazione dei Paesi in via di sviluppo riguardo
alla necessità di proteggere il loro mercato interno dagli impatti dei bassi prezzi
internazionali degli alimenti. È stato evidente in proposte quali l’introduzione di
eccezioni nella riduzione delle protezioni tariffarie per “prodotti speciali” limitate
solo ai Paesi in via di sviluppo e la proposta di un “Meccanismo Speciale di Salva-
guardia” per consentire l’aumento delle tariffe in caso di forti aumenti delle impor-
tazioni o significative riduzioni dei prezzi. La sicurezza alimentare è diventata un

23
ANANIA, G., & BUREAU, J.-C. The negotiations on agriculture in the Doha
Development Agenda Round: current status and future prospects. in European Review of
Agricultural Economics, 32(4), 539-574. 2005.

10
tema centrale nei negoziati multilaterali solo in seguito, poiché si è assistito a un
cambiamento negli interessi dei Paesi poveri che importavano alimenti: dal deside-
rio di proteggere l’agricoltura interna dalle importazioni a basso costo alla necessità
di garantire un’offerta sufficiente di alimenti a prezzi relativamente accessibili per
i consumatori.
Un’altra novità significativa è stata la risposta di molti Paesi esportatori all’au-
mento dei prezzi dei cereali e del riso nel 2007/08 e, in misura minore, nel 2010/11.
In queste occasioni, numerosi Paesi, soprattutto in via di sviluppo, hanno adottato
misure per ridurre o vietare le esportazioni al fine di controllare l’incremento dei
prezzi a livello interno. Tuttavia, ciò ha contribuito ad aumentare ulteriormente i
prezzi sui mercati internazionali, aggravando i problemi di insicurezza alimentare
nei Paesi poveri che importavano cibo.
Un altro elemento chiave che ha sollevato l’attenzione sui temi della sicurezza
alimentare all’interno del WTO è stata la richiesta avanzata da un gruppo di Paesi
in via di sviluppo di includere, nella categoria delle politiche esenti dai vincoli sul
sostegno interno (la cosiddetta “scatola verde”), gli acquisti pubblici di cibo a
prezzi superiori a quelli di mercato, nell’ambito delle strategie per garantire la si-
curezza alimentare interna.
Per quanto riguarda il Doha Development Agenda round, è importante sottoli-
neare che è stato il negoziato più prolungato e complesso nella storia del Gatt e del
WTO. Nel corso di oltre 13 anni, i negoziati hanno conosciuto diversi momenti di
svolta. Tuttavia, nel luglio del 2008, dopo un’approfondita riunione a Ginevra, è
diventato evidente che i Paesi non erano in grado di concordare su un testo accetta-
bile per tutti. I punti di disaccordo principali includevano l’accesso ai mercati per i
prodotti non agricoli e le questioni relative agli aiuti alimentari, tra gli altri. A quel
punto, i negoziati sono stati sospesi. Successivamente, nel novembre 2013, la no-
mina di Roberto Azevêdo come Direttore Generale del WTO ha contribuito a riav-
viare i negoziati, portando all’accordo durante la Conferenza Ministeriale di Bali
nel dicembre dello stesso anno. Tuttavia, l’importanza di tale accordo risiede nel
fatto che è stato raggiunto, indipendentemente dai contenuti effettivi, costituendo il
primo accordo in quasi 20 anni di storia del WTO. Questo accordo ha incluso deci-
sioni su vari aspetti, tra cui la facilitazione del commercio internazionale e le

11
modalità di attuazione delle quote a tariffa ridotta. Tale accordo ha anche impegnato
i Paesi a definire un piano di lavoro per concludere il Doha Round entro la fine del
2014.
Tuttavia, dopo Bali, si è verificato qualcosa di inaspettato: nell’agosto 2014,
l’India ha bloccato l’implementazione dell’accordo sulla facilitazione del commer-
cio, condizionando tale azione alla rapida risoluzione del problema relativo alle po-
litiche di costituzione di scorte per la sicurezza alimentare. In sostanza, l’India ha
cercato di spingere gli altri Paesi membri a riesaminare l’orizzonte temporale entro
cui affrontare questa questione, precedentemente deciso a Bali 24.
L’impasse è stata risolta da un accordo bilaterale tra l’India e gli Stati Uniti lo
scorso novembre, successivamente adottato dagli altri Paesi membri. L’accordo ha
stabilito un’interpretazione dell’accordo di Bali, specificando che le politiche di co-
stituzione di scorte non saranno oggetto di controversie oltre la data del dicembre
2017 fino a quando non sarà trovata una soluzione definitiva. Questo accordo im-
pegna anche a cercare una soluzione entro la prossima Conferenza Ministeriale,
inizialmente prevista nel 2017, ora spostata al dicembre 2025. L’India, non otte-
nendo la decisione rapida desiderata, ha garantito che il suo National Food Security
Act non sarà oggetto di dispute, poiché la soluzione definitiva richiede il suo con-
senso. Questo accordo ha permesso l’approvazione del protocollo per l’attuazione
dell’accordo sulla facilitazione del commercio. Inoltre, la scadenza per definire un
nuovo “programma di lavoro” per concludere il Doha Round è stata spostata a lu-
glio 2025.
Nell’agenda negoziale post-Bali, i problemi di insicurezza alimentare richiedono
misure di intervento diverse, affrontando le dimensioni a breve e medio termine.
Nel lungo termine, l’obiettivo è eliminare la povertà e garantire una crescita soste-
nibile della disponibilità alimentare in linea con la crescita della popolazione. Nel
breve termine, è fondamentale avere meccanismi di protezione per garantire una
rete di sicurezza durante le crisi alimentari.
L’evoluzione dei mercati alimentari ha portato a cambiamenti nelle politiche per
affrontare l’insicurezza alimentare, con una maggiore volatilità e la frequenza di

24
ANANIA, G. La sicurezza alimentare nel negoziato Wto sull’agricoltura. in
Agriregionieuropa, Anno 11, n° 40. 2015.

12
eventi atmosferici avversi, spingendo verso politiche efficaci di sicurezza alimen-
tare anche a livello nazionale.
Nel contesto del WTO, ci sono tre questioni chiave per le politiche di breve ter-
mine sulla sicurezza alimentare: il sostegno alla produzione interna per la costitu-
zione di scorte, l’introduzione di meccanismi di salvaguardia per i Paesi in via di
sviluppo e la disciplina delle politiche di restrizione delle esportazioni in risposta a
forti aumenti dei prezzi internazionali.
Il WTO è chiamato a fornire risposte efficaci a queste questioni, ma la disciplina
attuale delle politiche non è sufficiente. L’ipotesi di accordo dall’ultima bozza del
documento delle “Modalità” nel 2008 sembra escludere gli elementi essenziali per
affrontare l’insicurezza alimentare, come la costituzione di scorte attraverso acqui-
sti a prezzi sussidiati, i meccanismi di salvaguardia e la disciplina delle restrizioni
alle esportazioni.
Ci sono divergenze su quanto l’accordo proposto possa realmente affrontare l’in-
sicurezza alimentare in modo significativo, con alcune opinioni che suggeriscono
che gli elementi essenziali per affrontare la sotto-nutrizione non siano inclusi
nell’accordo emerso dalle “Modalità” 25.
Nonostante la maggiore presenza di poveri nelle zone rurali, l’accesso al cibo sta
diventando sempre più un problema urbano in un’epoca di crescente urbanizza-
zione. In Paesi come l’Italia, il numero di poveri è in aumento e molti lutano ad
avere pasti adeguati durante la giornata. Le fasce più vulnerabili includono anziani,
famiglie monoparentali, bambini, disoccupati e lavoratori precari 26. Gli studi
sull’accesso si basano sulla teoria di Sen, che identifica tre modi di accesso al cibo:
diretto, indiretto e tramite trasferimento. Le titolarità sono trasformate in benefici e
dipendono dalle capacità individuali e dal contesto. L’accesso può variare in base
alla titolarità e al contesto in cui questa viene esercitata, determinando diversi livelli
di sicurezza alimentare.
L’utilizzo si concentra sull’adeguatezza del cibo rispetto ai bisogni, sia fisiolo-
gici che culturali. Problemi di malnutrizione sono spesso legati a dieta inadeguate,

Ibidem
25

GENTILINI, U. Banking on food: The state of food banks in high‐income countries. in


26

IDS Working Papers, 2013(415), 1-18. 2013.

13
scarsa qualità alimentare, condizioni igieniche precarie, mancanza di acqua potabile
e scarse abilità nella preparazione dei cibi. Anche i rapporti di potere all’interno
delle famiglie possono influenzare la malnutrizione, soprattutto tra donne e bam-
bini. Gli aspetti culturali possono comportare costi aggiuntivi per le politiche di
assistenza alimentare, poiché richiedono una comprensione delle abitudini e delle
tradizioni alimentari. Il controllo, considerato come libertà di scelta alimentare
all’interno delle comunità, diventa un aspetto cruciale in relazione all’utilizzo del
cibo.
La questione, tutt’altro che chiusa, si è andata comunque complicando col pas-
sare degli anni e con la diffusione della globalizzazione, allargando il divario tra
mondo “occidentalizzato” e resto del mondo. Secondo il rapporto ONU del 2020
sull’alimentazione la fame e la malnutrizione stanno colpendo un numero sempre
maggiore di individui in tutto il mondo. Il rapporto annuale redatto dalla FAO e
altre agenzie delle Nazioni Unite evidenzia che negli ultimi cinque anni decine di
milioni di persone si sono aggiunte alle fila dei cronici sottonutriti, con molteplici
Paesi che affrontano varie forme di malnutrizione.
Secondo l’ultimo rapporto sulla sicurezza alimentare, nel 2019, quasi 690 mi-
lioni di persone in tutto il mondo hanno sofferto la fame. Questo rappresenta un
aumento di 10 milioni rispetto all’anno precedente e di quasi 60 milioni rispetto ai
cinque anni precedenti. A questi si aggiungono circa 2 miliardi di persone che af-
frontano livelli di insicurezza alimentare moderati o gravi.
L’Asia ospita il maggior numero di individui afflitti dalla fame, ma è l’Africa
che sta sperimentando da anni l’aggravarsi della situazione alimentare sia per la
malnutrizione che per la mancanza di risorse per i più poveri. A causa della pande-
mia di COVID-19, già agli inizi del 2021, altri 130 milioni di persone si sono unite
alla popolazione dei sottonutriti.
Nonostante gli sforzi per aggiornare gli indicatori di fame, la tendenza negativa
continua a persistere nonostante le false speranze che avevano visto un calo costante
fino al 2014 dopo di che la malnutrizione cronica è tornata a crescere. L’Asia ri-
mane la regione più colpita, seguita da Africa e America Latina.
Anche se la percentuale di denutrizione globale è stabile al 8,9%, l’aumento de-
mografico comporta che sono sempre di più le persone che si trovano in situazione

14
di disagio alimentare con l’Africa che costituisce la regione più colpita, con il
19,1% della popolazione che soffre di denutrizione, più del doppio rispetto all’Asia
(8,3%) e all’America Latina e Caraibi (7,4%).
Si prevede che entro il 2030, oltre la metà delle persone affamate croniche si
concentrerà in Africa. La pandemia di COVID-19 ha peggiorato le vulnerabilità e
le inadeguatezze nei sistemi alimentari globali così che entro la fine del 2020, tra
83 e 132 milioni di persone in più hanno cominciato a sperimentare la fame a causa
della recessione economica causata dalla crisi.
Porre fine alla fame e alla malnutrizione richiede più di fornire solo cibo per la
sopravvivenza. È necessario garantire un cibo nutriente, soprattutto per i bambini.
Tuttavia, il costo degli alimenti nutrienti e l’accesso a un’alimentazione sana rap-
presentano ostacoli significativi per molte famiglie. Il rapporto mostra che una dieta
sana è costosa e che oltre 3 miliardi di persone nel mondo non possono permetter-
sela.
La carenza alimentare colpisce tra il 25% e il 33% dei bambini sotto i cinque
anni, mentre 38 milioni di questi bambini sono in sovrappeso. Anche tra gli adulti,
l’obesità è diventata una pandemia.
Il rapporto suggerisce che una transizione globale verso una dieta sana potrebbe
ridurre significativamente i costi legati a una cattiva alimentazione e l’impatto am-
bientale. Invita i governi a intervenire lungo l’intera catena alimentare, a promuo-
vere cambiamenti nelle abitudini alimentari e a integrare la nutrizione nelle politi-
che e negli investimenti nazionali.
Le agenzie delle Nazioni Unite coinvolte nel rapporto si impegnano a sostenere
questo cambiamento radicale in modo sostenibile per il benessere delle persone e
del pianeta 27.

1.1.3 Crisi ed emergenza: garantire l’accesso al cibo in periodi di guerra o


pandemia
Negli ultimi decenni, il sistema alimentare globale ha affrontato diverse crisi,
inclusi i cambiamenti climatici e la pandemia di COVID-19, che hanno causato
interruzioni nelle catene di approvvigionamento e sollevato preoccupazioni

27
https://www.unicef.it/media/rapporto-sicurezza-alimentare-2020-malnutrizione-
globale-in-aumento/

15
riguardo alla sicurezza alimentare. Di conseguenza, i prezzi degli alimenti sono au-
mentati a partire dalla metà del 2021 a causa delle interruzioni nelle catene di ap-

Figura 1: Come si vede dal grafico l’indice dei prezzi del cibo segue l’andamento dell’economia mon-
diale e risponde alle crisi a seconda dei provvedimenti adottati. La timida ripresa del 2023 è dovuta alle
misure adottate per calmierare i prezzi

provvigionamento generate dalla pandemia 28, dell’incremento della domanda glo-


bale e dei raccolti scadenti in diversi Paesi 29. Anche i prezzi del carburante, dei
fertilizzanti e dei pesticidi sono saliti a livelli quasi record 30. Inoltre, l’Indice dei
Prezzi Alimentari della FAO (FFPI) ha superato un nuovo record nel febbraio 2022,
registrando un aumento del 2,2% rispetto al picco precedente di febbraio 2011 e del
21% nell’anno precedente 31. Poiché la maggior parte dei Paesi europei dipende

28
VOS, R., GLAUBER, J., HERNÁNDEZ, M., & LABORDE, D. COVID-19 and rising global
food prices: What’s really happening. in IFPRI Blog, 11. 2022.
29
RICE, B., HERNANDEZ, M. A., GLAUBER, J. W., & VOS, R. The Russia-Ukraine war
is exacerbating international food price volatility. in IFPRI book chapters, 24-26. 2023.
30
GLAUBER, J. W., & LABORDE DEBUCQUET, D. How will Russia's invasion of Ukraine
affect global food security?, in IFPRI book chapters, 10-14. 2023.
31
PEREIRA, P., ZHAO, W., SYMOCHKO, L., INACIO, M., BOGUNOVIC, I., & BARCELO, D.
The Russian-Ukrainian armed conflict impact will push back the sustainable development
goals. in Geography and Sustainability, 3, 277-287. 2022, TORERO, M. FAO: Impact of the
Ukraine-Russia conflict on global food security and related matters under the mandate of
the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO). in. 2022.

16
dalle importazioni per soddisfare la domanda energetica, il continente ha subito
un’impennata dei costi a partire dall’estate del 2021. L’aumento dei prezzi
dell’energia ha colpito molti degli input utilizzati dagli agricoltori europei, come
mangimi e fertilizzanti. Pertanto, l’inflazione annuale nell’Unione Europea (UE) ha
raggiunto il 5,2% nel novembre 2021 (4,9% nell’area dell’euro), il 27,5% nel set-
tore dell’energia e il 2,2% nel settore alimentare, alcol e tabacco 32.
Il 24 febbraio 2022, nella storia recente, segna un deciso spartiacque tra il prima
e il dopo dell’economia europea. Se la pandemia aveva messo in difficoltà i mercati
del vecchio continente, quando la Russia ha iniziato un’invasione militare a pieno
regime dell’Ucraina, causando vittime civili e la distruzione di infrastrutture vitali,
oltre a significative perdite umane e devastazione, ha messo a repentaglio la sicu-
rezza alimentare globale interrompendo la produzione agricola e il commercio in
una delle regioni esportatrici di cibo più significative al mondo 33. Ha contribuito
significativamente all’incremento rapido dei prezzi alimentari globali, aggravando
le vulnerabilità esistenti del sistema alimentare già peggiorate dai cambiamenti cli-
matici e dalla pandemia di COVID-19. Gli impatti che ha avuto il conflitto sulla
produzione agricola e sulla sicurezza alimentare sono chiari: ha causato una grave
diminuzione delle esportazioni e della produzione di materie prime essenziali
(come i cereali) in entrambi i Paesi. Il loro prezzo è schizzato in tutto il mondo,
minacciando di spingere milioni di persone verso la fame e la povertà, specialmente
nei Paesi a Basso Reddito Deficitari di Alimenti (PRDA). La Commissione Europea
ha previsto che fino a 25 milioni di tonnellate di grano dovranno essere sostituite
per soddisfare le richieste alimentari globali nelle stagioni correnti e future.

32
ANTONIO, A. R. Question time: Food price inflation in Europe. in Policycommons
2023.
33
BEN HASSEN, T., & EL BILALI, H. Impacts of the Russia-Ukraine war on global food
security: Towards more sustainable and resilient food systems? Foods 2022, 11, 2301. in
Challenging the Status Quo to Shape Food Systems Transformation from a Nutritional and
Food Security Perspective, 99. 2023, BLOEM, J. R., & FARRIS, J. The COVID-19 pandemic
and food security in low-and middle-income countries: a review. in Agriculture & Food
Security, 11(1), 55. 2022, COUSIN, E., BASKARAN-MAKANJU, S., UNNIKRISHNAN, S.,
WOODS, W., MITCHELL, C., & HOO, S. The War in Ukraine and the Rush to Feed the World.
in Boston Consulting Group. 2022, JAGTAP, S., TROLLMAN, H., TROLLMAN, F., GARCIA-
GARCIA, G., PARRA-LÓPEZ, C., DUONG, L., MARTINDALE, W., MUNEKATA, P. E.,
LORENZO, J. M., & HDAIFEH, A. The Russia-Ukraine conflict: Its implications for the
global food supply chains. in Foods, 11(14), 2098. 2022.

17
Sebbene Russia e Ucraina contribuiscano solo a circa il 2% del Prodotto Interno
Lordo (PIL) globale, sono entrambe panieri alimentari globali, producendo ed
esportando materie prime agricole, minerali, fertilizzanti ed energia. Questi Paesi
forniscono circa il 30% del grano scambiato a livello globale, il 20% del mais e il
70% dell’olio di semi di girasole. Pertanto, nel 2021, erano tra i primi tre esportatori
globali di grano e mais, contribuendo a più del 50% e del 25% di tutto l’olio di semi
di girasole venduto in tutto il mondo. In generale, Russia e Ucraina esportano circa
il 12% del totale degli scambi alimentari calorici a livello mondiale 34. Inoltre, prima
del conflitto, la Russia era il maggior fornitore mondiale di fertilizzanti (come
azoto, potassio e fosforo) e uno dei principali esportatori di petrolio e gas naturale,
grazie alle sue vaste riserve 35.
Di conseguenza, il conflitto ha inflitto un duro colpo ai mercati delle materie
prime, in particolare alimentari, fertilizzanti ed energia, incidendo sui modelli di
commercio, produzione e consumo globali in modo tale da mantenere i prezzi a
livelli storici fino alla fine del 2024, mettendo a rischio la sicurezza alimentare glo-
bale 36 . Prezzi più elevati dell’energia, degli input e degli alimenti potrebbero in-
fluenzare considerevolmente la sicurezza alimentare mondiale, in particolare nei
Paesi vulnerabili. A causa dell’interdipendenza intrinseca nel commercio interna-
zionale, le ripercussioni più ampie si avvertono in tutto il mondo nell’attuale eco-
nomia globale iperconnessa con profondi legami commerciali. Secondo la Banca
Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (IMF) 37, nel gennaio 2023 i prezzi

34
Op. cit., GLAUBER AND LABORDE DEBUCQUET, How will Russia's invasion of
Ukraine affect global food security?, 2023.
35
BENTON, T. G., FROGGATT, A., WELLESLEY, L., GRAFHAM, O., KING, R., MORISETTI,
N., & SCHRÖDER, P. The Ukraine war and threats to food and energy security. in Chatham
House—International Affairs Think Tank, 4. 2022, HELLEGERS, P. Food security
vulnerability due to trade dependencies on Russia and Ukraine. in Food security, 14(6),
1503-1510. 2022, Op. cit., JAGTAP, TROLLMAN, TROLLMAN, GARCIA-GARCIA, PARRA-
LÓPEZ, DUONG, MARTINDALE, MUNEKATA, LORENZO AND HDAIFEH, The Russia-Ukraine
conflict: Its implications for the global food supply chains. 2022.
36
Op. cit., BEN HASSEN AND EL BILALI, Impacts of the Russia-Ukraine war on global
food security: Towards more sustainable and resilient food systems? Foods 2022, 11, 2301.
2023, Op. cit., BLOEM AND FARRIS, The COVID-19 pandemic and food security in low-
and middle-income countries: a review. 2022.
37
PROGRAMME, W. F. Global Operational Response Plan: Update #7. World Food
Programme. 2023, ROTHER, B., SOSA, S., DEBBICH, M., CASTROVILLARI, C., & PRIFTI, E.
Global Food Crisis Update: Recent Developments, Outlook, and IMF Engagement. in IMF
Notes, 2023(002). 2023.

18
del mais e del frumento erano rispettivamente aumentati del 27% e del 13% rispetto
a gennaio 2021, mentre il prezzo del riso era inferiore del 10%. Pertanto, tra set-
tembre e dicembre 2022, il 94,1% delle nazioni a basso reddito, il 92,9% dei Paesi
a reddito medio-basso e l’89% dei Paesi a reddito medio-alto avevano un’infrazione
superiore al 5%, con molti di essi con infrazioni a doppia cifra. L’alta inflazione è
anche diffusa nei Paesi ad alto reddito, compresi alcuni in Europa, con circa l’85,5%
che soffre di un’alta inflazione dei prezzi alimentari 38.
Il conflitto ha anche influenzato significativamente il sistema alimentare euro-
peo, già alle prese con interruzioni nelle linee di approvvigionamento a causa
dell’epidemia di COVID-19 39. L’approvvigionamento alimentare nell’UE non è

38
SUN, Z., SCHERER, L., ZHANG, Q., & BEHRENS, P. Adoption of plant-based diets
across Europe can improve food resilience against the Russia–Ukraine conflict. in Nature
Food, 3(11), 905-910. 2022.
39
La Commissione Europea ha presentato un piano d’azione a breve e medio termine
per affrontare l’aumento dei prezzi alimentari e dei costi degli input come energia e
fertilizzanti nell’UE e per migliorare la sicurezza alimentare globale. Questo piano è stato
sviluppato in risposta all’incremento dei prezzi delle materie prime a livello globale,
aggravato dall’invasione russa in Ucraina, sottolineando la necessità di rendere più
resilienti e sostenibili le catene alimentari dell’UE, in linea con la strategia “Farm to Fork”.
L’UE si impegna a garantire la sicurezza alimentare globale, in particolare in Ucraina e
in altre regioni fortemente dipendenti dalle importazioni di cereali, oltre ad Asia e Africa
subsahariana. L’obiettivo è garantire che l’UE, un importante esportatore di cibo, possa
contribuire significativamente alla sicurezza alimentare mondiale.
Sebbene attualmente non ci siano problemi di disponibilità alimentare nell’UE, l’UE è
dipendente da specifici prodotti agricoli importati, come le proteine per mangimi. Questa
fragilità, unita ai costi elevati degli input, sta generando difficoltà nella produzione agricola
e rischi di aumento dei prezzi alimentari.
La Commissione si impegna a fornire sostegno all’Ucraina, colpita dall’invasione russa,
con un programma di emergenza di 330 milioni di euro per garantire beni di prima necessità
e protezione alla popolazione. Inoltre, la Commissione si concentrerà su un’analisi costante
dei prezzi alimentari e dell’insicurezza alimentare, oltre ad aumentare gli aiuti umanitari
nelle regioni più colpite.
Per sostenere agricoltori e consumatori dell’UE, sono state proposte misure come
aliquote IVA ridotte e l’accesso ai fondi dell’UE per assistenza alimentare ai più
vulnerabili. Inoltre, sono stati adottati pacchetti di supporto finanziario per i produttori
agricoli più colpiti dalla crisi in Ucraina.
La Commissione mira anche a migliorare la resilienza e la sostenibilità dei sistemi
alimentari attraverso l’innovazione e la riduzione della dipendenza da importazioni
energetiche e di mangimi. Horizon Europe investirà nella ricerca per sostituire l’uso di
fertilizzanti sintetici e per aumentare l’efficienza nell’uso di risorse agricole.
Infine, l’UE si impegna a coordinarsi con organismi internazionali come FAO, OMC,
G7 e G20 e ad adottare politiche per evitare restrizioni alle esportazioni e favorire un
mercato unico funzionante, in modo da affrontare la crisi alimentare globale e rafforzare i
sistemi alimentari verso la sostenibilità e la resilienza.
European Commission Commission. Acts for Global Food Security and for

19
compromesso, poiché la maggior parte dei Paesi europei beneficia di una produ-
zione agricola ben sviluppata e sono per lo più autosufficienti in molti prodotti.
Tuttavia, il settore agricolo europeo è un importatore netto di prodotti specifici,
come mangimi animali. Questa vulnerabilità, unita agli alti costi degli input come
fertilizzanti ed energia, crea difficoltà nella produzione per gli agricoltori e minac-
cia di far aumentare i prezzi alimentari, influenzando la disponibilità e l’accesso ai
cibi 40. Infatti, la forte dipendenza di alcuni Paesi europei dall’approvvigionamento
energetico russo rende difficile evitare aumenti dei prezzi su articoli essenziali
come il cibo 41. Ciò aumenta i costi di produzione e influisce sui prezzi alimentari,
suscitando preoccupazioni sulla capacità di acquisto dei consumatori e sul reddito
dei produttori. L’inflazione influisce sui prezzi delle merci di base, in particolare
per i nuclei familiari a basso reddito, per i quali l’accessibilità ai pasti nutrienti era
già una sfida prima dell’inizio del conflitto 42.
Il conflitto ha evidenziato le vulnerabilità del sistema alimentare europeo, come
la sua dipendenza dall’energia, dai fertilizzanti e dai mangimi animali importati.
Nel 2019, la Russia ha fornito all’Unione Europea oltre il 40% del suo gas naturale,
il 25% del suo petrolio e quasi il 50% del suo carbone 43. Dopo decenni di bassa
inflazione 44, l’UE si trova di fronte a nuove sfide economiche, politiche e sociali a
causa dell’aumento dei prezzi al consumo. L’aumento dei prezzi dell’energia e de-
gli alimenti sta già generando alti costi sociali in termini di potere d’acquisto ridotto.
Si prevede inoltre che esacerbi la privazione materiale, la povertà e l’esclusione

Supporting EU Farmers and Consumers. Accessibile online:


https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_22_1963 (accessed on 09
December 2023).
40
European Committee of the Regions Repercussions of the Agri-Food Crisis at Local
and Regional Level.
https://www.ceps.eu/download/publication/?id=37928&pdf=QG0422090ENN.pdf
41
TOLLEFSON, J. What the war in Ukraine means for energy, climate and food. in
Nature, 604(7905), 232-233. 2022.
42
Ibidem
43
MENYHERT, B. The effect of rising energy and consumer prices on household
finances, poverty and social exclusion in the EU. in Publications Office of the European
Union, Luxembourg, DOI, 10, 418422. 2022.
44
FUND, I. M. IMF. World Economic Outlook, October 2022: Countering the Cost-of-
Living Crisis. Retrieved from
https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2022/10/11/world-economic-outlook-
october-2022, 2022

20
sociale in tutta l’UE 45. I prossimi mesi saranno tra i più impegnativi nella storia
moderna per i settori agroalimentari europei e globali 46. Sebbene i prezzi futures
siano diminuiti e i mercati internazionali si siano adeguati e adattati, c’è la possibi-
lità di un aumento dell’inflazione a breve termine a causa della trasmissione ritar-
data degli aumenti dei prezzi degli alimenti e dell’energia dai mercati globali delle
materie prime ai prezzi al consumo. Ad esempio, il Fondo Monetario Internazionale
prevede che l’inflazione globale salirà dal 4,7% nel 2021 all’8,8% nel 2022 prima
di scendere al 6,5% nel 2023 e al 4,1% nel 2024. In Europa, gli effetti sono accen-
tuati dall’importante impatto degli shock energetici legati alla guerra 47.
In questo contesto, devono essere valutati i possibili impatti della guerra tra Rus-
sia e Ucraina sulla sicurezza alimentare nei Paesi europei affrontando due fonda-
mentali domande: in primo luogo, quali sono state le principali conseguenze del
conflitto sulla sicurezza alimentare nei Paesi europei, e quanto sono state significa-
tive? In secondo luogo, in che modo la guerra ha influenzato la condizione di sicu-
rezza alimentare delle popolazioni europee? Diversi studiosi, rappresentanti gover-
nativi e mezzi di comunicazione hanno esaminato le implicazioni del conflitto tra
Russia e Ucraina sulla sicurezza alimentare. Nonostante i numerosi studi condotti
sull’argomento, nessuno si è concentrato espressamente su questa regione e sulle
possibili ripercussioni che potrebbe affrontare a causa del conflitto in corso. La
maggior parte delle ricerche esistenti si è concentrata sull’impatto del conflitto sulla
sicurezza alimentare globale 48, sulla sicurezza energetica 49 o sulle sue implicazioni
economiche 50. Per la determinazione del reale impatto del conflitto sulla sicurezza

45
Ibidem
46
Op. cit., JAGTAP, TROLLMAN, TROLLMAN, GARCIA-GARCIA, PARRA-LÓPEZ, DUONG,
MARTINDALE, MUNEKATA, LORENZO AND HDAIFEH, The Russia-Ukraine conflict: Its
implications for the global food supply chains. 2022.
47
Op. cit., FUND, IMF. World Economic Outlook, October 2022: Countering the Cost-
of-Living Crisis., 2022
48
Op. cit., BEN HASSEN AND EL BILALI, Impacts of the Russia-Ukraine war on global
food security: Towards more sustainable and resilient food systems? Foods 2022, 11, 2301.
2023, Op. cit., BLOEM AND FARRIS, The COVID-19 pandemic and food security in low-
and middle-income countries: a review. 2022, Op. cit., MENYHERT, The effect of rising
energy and consumer prices on household finances, poverty and social exclusion in the
EU. 2022.
49
ZHOU, X.-Y., LU, G., XU, Z., YAN, X., KHU, S.-T., YANG, J., & ZHAO, J. Influence of
Russia-Ukraine war on the global energy and food security. in Resources, Conservation
and Recycling, 188, 106657. 2023.
50
MBAH, R. E., & WASUM, D. F. Russian-Ukraine 2022 War: A review of the economic

21
alimentare in Europa, vanno però valutati gli aspetti trascurati fino a questo mo-
mento quali, per esempio, i potenziali rischi e le sfide che possono sorgere, così
come le strategie potenziali per mitigare tali rischi ed è solo attraverso queste infor-
mazioni che si avrà una migliore comprensione del complesso rapporto tra conflitti
e sicurezza alimentare in Europa e oltre.
Sebbene la sicurezza alimentare sia solo uno degli aspetti delle conseguenze
della guerra, è un aspetto critico che influisce sul benessere di milioni di persone in
tutto il mondo. Pertanto, il focus sull’impatto della guerra sulla sicurezza alimentare
è vitale perché mette in luce l’urgente necessità di misure per affrontare questi pro-
blemi. È anche opportuno notare che la sicurezza alimentare è interconnessa con
altri aspetti delle conseguenze della guerra, come l’inflazione, la povertà e l’insta-
bilità sociale. Pertanto, affrontando la sicurezza alimentare, è possibile ottenere ef-
fetti positivi su altri aspetti delle conseguenze del conflitto.
Gli impatti della guerra mostrano una variabilità regionale e possono persino
differire tra i Paesi all’interno della stessa regione. Altre regioni del mondo che
potrebbero essere più seriamente colpite dall’impatto della guerra sulla sicurezza
alimentare, come il Medio Oriente e il Nord Africa (MENA) 51, potrebbero avere
dinamiche e fattori diversi in gioco che richiedono diverse politiche d’intervento.
Per comprendere meglio gli effetti estesi e multi sfaccettati della guerra sul sistema
alimentare globale, è fondamentale avere analisi relative a Paesi in via di sviluppo
e sviluppati (ad esempio, l’Unione Europea). Concentrandosi specificatamente
sull’impatto del conflitto russo-ucraino sulla sicurezza alimentare in Europa, ci
sono dunque raccomandazioni politiche mirate adatte al contesto e alle sfide speci-
fiche della regione. Nel contesto del conflitto, è cruciale considerare le dinamiche
e i fattori unici in ciascuna area per sviluppare soluzioni efficaci.

impact of Russian-Ukraine crisis on the USA, UK, Canada, and Europe. in Advances in
Social Sciences Research Journal, 9(3), 144-153. 2022, YOUSAF, I., PATEL, R., &
YAROVAYA, L. The reaction of G20+ stock markets to the Russia–Ukraine conflict “black-
swan” event: Evidence from event study approach. in Journal of Behavioral and
Experimental Finance, 35, 100723. 2022.
51
AL-SAIDI, M. Caught off guard and beaten: The Ukraine war and food security in the
Middle East. in Frontiers in Nutrition, 10, 983346. 2023.

22
1.2 Gli indicatori ufficiali della crisi alimentare
Negli ultimi anni, l’escalation dei prezzi alimentari ha sollevato preoccupazioni
crescenti riguardo alla sicurezza alimentare a livello globale. Queste preoccupa-
zioni sono state ulteriormente esacerbate da sfide quali i cambiamenti climatici,
l’aumento della popolazione, l’incremento del reddito e le mutate abitudini alimen-
tari. Nonostante la rilevanza di questi temi, persiste una mancanza di consenso su
quali indicatori siano più appropriati per misurare e monitorare efficacemente la
sicurezza alimentare globale. Questo dibattito è alimentato dalla mancanza di ac-
cordo sulle metodologie tra le istituzioni coinvolte e dalla scarsa coerenza tra di-
verse indagini statistiche.
Al momento, la stima annuale della sottalimentazione globale fornita dalla
FAO 52 è l’unico indicatore ufficialmente riconosciuto, nonostante le critiche, per
monitorare i progressi verso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Tuttavia, esi-
stono numerosi indicatori utilizzati da diverse agenzie per analizzare la sicurezza
alimentare, che si differenziano per approcci uni o multidimensionali, qualitativi o
quantitativi, livelli di aggregazione e scopi. Questa diversità rende complesso il
confronto nel tempo e la valutazione della sicurezza alimentare globale. Questa
complessità sottolinea la necessità di un approccio più unificato e coerente per af-
frontare questa questione cruciale.
Fu durante il World Food Summit del 1996 53 che fu definita la sicurezza alimen-
tare condizione in cui tutte le persone, in ogni momento, hanno un accesso fisico,
sociale ed economico a cibo sufficiente, sicuro e nutriente che soddisfi le loro ne-
cessità e preferenze alimentari, permettendo loro di condurre una vita attiva e sana.
Questo concetto si articola in quattro dimensioni fondamentali:
1. disponibilità alimentare: si riferisce alla presenza di una quantità di cibo
sufficiente e di buona qualità, ottenuta tramite produzione interna, importa-
zioni o aiuti alimentari.
2. accesso all’offerta alimentare: riguarda l’accesso alle risorse necessarie
per ottenere cibi che soddisfino una dieta adeguata.
3. utilizzo degli alimenti: comprende le condizioni igienico-sanitarie

52
Indice Globale della fame https://www.globalhungerindex.org/pdf/it/2023.pdf
53
http://www.fao.org/docrep/003/w3613e/w3613e00.HTM

23
necessarie per garantire un livello nutrizionale ottimale che soddisfi tutti i
bisogni fisiologici.
4. stabilità nella disponibilità delle risorse alimentari: indica la costante re-
peribilità di cibo nel tempo, indipendentemente da shock economici, clima-
tici o fluttuazioni nella produzione.
Questi elementi sono gerarchizzati, sottolineando la natura multidimensionale
della sicurezza alimentare e l’importanza di utilizzare misure e indicatori che riflet-
tano la complessità del fenomeno. Attualmente, gli indicatori utilizzati da analisti
ed esperti si basano su uno schema concettuale che comprende due livelli principali:
le quattro dimensioni della sicurezza alimentare e il livello di analisi a cui si riferi-
scono (globale, nazionale, familiare o individuale). Questa struttura evidenzia la
necessità di un approccio olistico e integrato per affrontare la questione della sicu-
rezza alimentare.
La sicurezza alimentare a livello globale è strettamente legata alla disponibilità
di cibo, determinata dalla produzione nazionale, dalle riserve e dalle importazioni
dei singoli Paesi, insieme agli aiuti alimentari. La capacità produttiva di un Paese è
influenzata dai suoi capitali, dalle risorse, dalle politiche agricole e da fattori clima-
tici. Allo stesso tempo, la capacità di importare cibo è determinata dal reddito na-
zionale, dalla possibilità di scambiare valuta estera e dalle condizioni di mercato
internazionali. Questi fattori, insieme al reddito familiare, determinano l’accesso al
cibo per le famiglie, che può avvenire tramite acquisti sul mercato o trasferimenti
di prodotti in natura. Infine, la distribuzione interna delle risorse alimentari all’in-
terno delle famiglie influenza direttamente la quantità e la qualità del cibo a cui ogni
individuo ha accesso.
La raccolta di dati statistici che misurano la sicurezza alimentare a livello globale
o nazionale è agevolata da una buona disponibilità di dati sulla produzione agricola
e alimentare, sul commercio e su altre variabili che consentono di valutare la dispo-
nibilità di cibo. Tuttavia, la raccolta di dati a livello familiare e individuale è più
complessa e spesso avviene solo a intervalli di anni, rappresentando una sfida per
una valutazione accurata della sicurezza alimentare a livello micro.
La sicurezza alimentare differisce dalla sicurezza nutrizionale in quanto la prima
rappresenta un bisogno primario affrontato dalle famiglie insieme ad altri bisogni

24
quando allocano le risorse economiche; la seconda, invece, è il risultato del soddi-
sfacimento dei bisogni alimentari e di altri bisogni primari, come la salute e l’igiene.
Nel contesto delle misurazioni di sicurezza alimentare, diversi metodi e indica-
tori sono utilizzati dalle agenzie e dagli esperti:
1. sotto-alimentazione: utilizzata dalla FAO, stima il livello di sicurezza ali-
mentare di un Paese valutando la disponibilità di risorse alimentari rispetto
al fabbisogno della popolazione. Si basa sulla disponibilità calorica pro ca-
pite e sulla percentuale di individui sottonutriti sulla popolazione totale. Tut-
tavia, presenta svantaggi legati alla qualità dei dati e alle ipotesi implicite
nelle stime.
2. dati di consumo delle indagini sulle famiglie: forniscono informazioni
dettagliate sulla quantità di cibo consumato o acquistato dalle famiglie, con-
sentendo una stima più accurata della carenza energetica. La raccolta di dati
da questo tipo di indagini è in costante aumento e può contribuire a una
migliore stima della sottonutrizione.
3. diversificazione alimentare: alcuni problemi di alimentazione derivano da
una carente qualità dei regimi alimentari. Questo metodo conta il numero di
alimenti o gruppi di alimenti consumati in un periodo di riferimento.
4. Food Consumption Score (FCS): elaborato dal Programma Alimentare
Mondiale, è un punteggio che valuta la diversificazione alimentare ponde-
rata basandosi sulla frequenza di consumo di diversi gruppi alimentari.
5. scale di esperienza d’insicurezza alimentare: basate su reazioni comuni
degli individui all’esperienza dell’insicurezza alimentare, come la House-
hold Food Insecurity Access Scale (HFIAS), valutano l’accesso al cibo e
l’ansietà associata all’acquisto alimentare.
6. Coping Strategy Index (CSI): aggrega informazioni sulla frequenza e se-
verità di strategie di coping utilizzate dalle famiglie in contesti di emergenza
o di insicurezza alimentare per valutarne l’impatto.
7. Food Adequacy Question (FAQ): un metodo soggettivo che valuta la per-
cezione delle famiglie riguardo all’adeguatezza del consumo alimentare.
8. fattori non-alimentari: comprendono dati sulle condizioni igieniche, la
cura della persona, l’accesso ai servizi sanitari e all’acqua potabile,

25
contribuendo a determinare il livello di sicurezza alimentare.
Questi metodi e indicatori, pur presentando diversi vantaggi e limiti, sono fon-
damentali per valutare la sicurezza alimentare a livello globale, nazionale e fami-
liare, offrendo una panoramica completa delle sfide legate all’alimentazione nel
mondo 54.

1.3 Il diritto al cibo come fondamento giuridico


La questione del diritto al cibo ha acquisito una crescente attenzione da parte
della comunità internazionale a partire dagli anni ‘50 e ‘70, portando a un interesse
sempre più marcato verso il problema della malnutrizione e della fame. L’analisi
delle numerose normative e carte internazionali sui diritti umani, in cui il diritto al
cibo è stato riconosciuto e tutelato, è fondamentale per comprendere l’ampiezza di
questo diritto e i relativi obblighi.
La mancata adozione interna di tale diritto da parte di molti Stati rende com-
plesso stabilire un preciso meccanismo di giustiziabilità. La ricerca dei profili giu-
ridici del diritto al cibo e del più ampio “diritto ad avere diritti”, come definito da
Stefano Rodotà, conduce a una dimensione multidisciplinare di difficile interpreta-
zione. Questo richiama la natura poliedrica e frammentaria dei diritti che riguardano
l’alimentazione, come precedentemente discusso. Il bisogno primario di cibo, in-
sieme ad altri diritti fondamentali, ha generato una convergenza e ha evidenziato
una relazione strumentale tra questi diritti e l’alimentazione stessa.
Partendo dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, l’arti-
colo 25 ha sancito il diritto a uno standard di vita adeguato, che include cibo, ve-
stiario, alloggio, assistenza medica e servizi sociali necessari. Questo riconosceva
il cibo come elemento essenziale per garantire uno stile di vita dignitoso sia per
l’individuo che per la famiglia.
Le basi di questo articolo possono essere fatte risalire a un progetto del 1942
della American Law Institute che ha radunato un comitato di esperti per redigere
una “international bill of right”. Successivamente, la Divisione dei diritti umani
del Segretariato delle Nazioni Unite ha formulato una versione iniziale del progetto

54
CARLETTO, C., ZEZZA, A., BANERJEE, R., & PAOLANTONIO, A. Indicatori di sicurezza
alimentare: il ruolo delle indagini statistiche sulle famiglie. in Agriregionieuropa, Anno
11, n° 40. 2015.

26
di Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo, indirizzata alla Commissione
per i diritti umani nel 1947.
La Dichiarazione del 1948 ha riconosciuto il diritto umano al cibo nell’Articolo
25 come parte essenziale di un tenore di vita dignitoso. Tuttavia, ha trascorso quasi
un ventennio prima che questo diritto fosse ulteriormente sottolineato nell’Articolo
11 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966. Que-
sto articolo stabilisce il diritto ad essere liberi dalla fame, richiedendo agli Stati
Parte di adottare misure, anche tramite cooperazione internazionale, per migliorare
la produzione, conservazione e distribuzione del cibo e assicurare una distribuzione
equa delle scorte alimentari mondiali.
Il diritto al cibo rappresenta una combinazione di due disposizioni evidenziate
nell’Articolo 11: il diritto a un’adeguata alimentazione e il diritto ad essere liberi
dalla fame. Sebbene possano sembrare sinonimi, riflettono differenze nelle loro
sfere di applicazione. Il diritto a un’adeguata alimentazione sembra sottolineare la
libertà dalla fame come suo nucleo essenziale.
A conti fatti, sebbene la Dichiarazione del 1966 non riconosca l’autonoma posi-
zione giuridica soggettiva del diritto al cibo, ha svolto un ruolo significativo
nell’identificare una soglia minima di tutela che gli Stati devono garantire. Questo
documento ha costituito un passo avanti importante nella tutela del diritto al cibo.
Questa evoluzione sottolinea l’importanza di un approccio più integrato e olistico
per affrontare la questione della sicurezza alimentare, che va oltre la semplice for-
nitura di cibo e si estende alla garanzia di un accesso equo e sostenibile a un’ali-
mentazione adeguata per tutti 55.
Il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali 56 ha giocato un ruolo signi-
ficativo nel consolidare l’autonomia del diritto al cibo, abbandonando progressiva-
mente l’idea che fosse un diritto derivato 57. Si è notevolmente sviluppato il ricono-
scimento internazionale del diritto all’acqua nel tempo, il che riflette l’evoluzione

55
GIACOMELLI, L. Diritto al cibo e solidarietà, Politiche e Pratiche di recupero delle
eccedenze alimentari. in Osservatorio costituzionale, Fascicolo I, January, 10. 2018.
56
CESCR, U. General comment no. 12: the right to adequate food. in E/C, 12(1999), 5.
1999.
57
FASCIGLIONE, M. La tutela del diritto all'alimentazione in situazioni di crisi
economico-finanziaria: alcune riflessioni. in Diritti umani e diritto internazionale(2), 429-
450. 2014.

27
delle nozioni di diritti umani.
Il General Comment No.12 del 1999 è stato fondamentale nel delineare il conte-
nuto normativo del diritto al cibo e gli obblighi statali correlati, rappresentando
un’interpretazione chiave dell’articolo 11 del Patto Internazionale sui Diritti Eco-
nomici, Sociali e Culturali.
Nel preambolo del Commento Generale, si sottolinea l’indispensabilità del di-
ritto al cibo 58, collegandolo strettamente alla dignità intrinseca della persona
umana. Inoltre, il riferimento alla libertà dalla fame come libertà fondamentale sot-
tolinea l’urgenza di attuare questo aspetto specifico del diritto al cibo.
Il Comitato ha chiarito la definizione del diritto a un’alimentazione adeguata
come l’accesso fisico ed economico continuo al cibo. Questo non dovrebbe essere
interpretato in termini ristretti come un pacchetto minimo di calorie o nutrienti spe-
cifici, ma come un accesso fisico ed economico costante a cibo adeguato.
I relatori speciali come Jean Ziegler 59 e Oliver De Schutter 60 hanno ulterior-
mente sviluppato questa definizione nei loro rapporti, enfatizzando gli aspetti isti-
tuzionali del diritto al cibo.
Il Comitato ha spiegato anche l’obbligo di cooperazione internazionale degli
Stati per garantire il diritto al cibo nei Paesi terzi e l’importanza di astenersi da
misure come gli embarghi alimentari che potrebbero compromettere l’accesso al
cibo in altri Paesi.
Il Commento Generale ha approfondito le già citate tre dimensioni del diritto al
cibo: disponibilità, accessibilità e adeguatezza.
La disponibilità si riferisce alla possibilità di accedere a cibo sicuro, accettabile
e in quantità sufficienti per soddisfare i bisogni alimentari. L’accessibilità include
l’accesso economico e fisico al cibo senza discriminazioni di razza, religione, etnia,

58
Op. cit., CESCR, General comment no. 12: the right to adequate food. 1999. Par. 4
59
ZIEGLER, J. The Right to Food: Report by the Special Rapporteur on the Right to
Food. in UN General Assembly A/62/289, 22. 2001.
60
DE SCHUTTER, O. Countries tackling hunger with a right to food approach. in United
Nations, 1. 2010. Il Briefing alla nota 1 redatta dal Relatore Speciale per il diritto al cibo,
pagina 1, afferma: “Il diritto, per tutti, di avere quadri legali e strategie in atto che
favoriscano il conseguimento del diritto a un cibo adeguato, come diritto umano
riconosciuto dal diritto internazionale. Indirizzando l’adozione di tali politiche, il diritto al
cibo rappresenta una bussola per garantire che le politiche siano orientate verso la riduzione
della fame e della malnutrizione”.

28
cultura, politica o status sociale. L’adeguatezza si riferisce alla qualità del cibo che
soddisfa i bisogni dietetici e culturali senza compromettere la sostenibilità e la si-
curezza alimentare per le generazioni presenti e future.
Il Comitato ha sottolineato l’importanza di garantire un adeguato accesso al cibo
per gruppi socialmente vulnerabili e ha chiarito che la mancanza di accessibilità
economica è spesso la radice della fame e della malnutrizione.
Infine, la nozione di adeguatezza è fortemente connessa alla sostenibilità e alla
sicurezza alimentare, assicurando cibo per le generazioni presenti e future senza
compromettere la salute e l’ambiente.
La sicurezza alimentare, garantendo il benessere alimentare e l’accesso regolare
al cibo, riflette un principio chiave di protezione per ogni individuo.

1.4 Traduzione ed interpretazione delle norme


Nel contesto giuridico internazionale, il diritto al cibo è un tema di rilevanza
fondamentale. Le responsabilità e gli obblighi che ne derivano per le autorità pub-
bliche sono complessi e articolati. In particolare, si fa riferimento al Patto Interna-
zionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1996, che impone una serie di
obblighi legali a tutti gli Stati firmatari. Questi obblighi, come delineato da Asbjørn
Eide 61 e ribadito nelle Linee Guida sul diritto al cibo, si suddividono in tre catego-
rie: il dovere di rispettare, di proteggere e di realizzare.
Prima di analizzare questi obblighi specifici, è importante menzionare le obbli-
gazioni legali generali degli Stati. Gli articoli 2 e 3 del Patto stabiliscono rispettiva-
mente l’obbligo di garantire che il diritto al cibo sia realizzato senza discriminazioni
e che sia esercitato equamente tra uomini e donne 62. Questa clausola di non discri-
minazione è stata definita nei Principi di Limburg, uno strumento interpretativo
volto a definire le violazioni dei diritti economici, sociali e culturali 63. Quando uno
Stato diventa parte del Patto, deve abolire tutte le leggi, i regolamenti e le pratiche

61
EIDE, A. The right to adequate food and to be free from hunger. in United Nations.
1999.
62
GOLAY, C. The Right to Food and Access to Justice: Examples at the national,
regional and international levels. Food and Agriculture Organization of the United
Nations. 2009.
63
The Limburg Principles on the Implementation of the International Covenant on
Economic, Social and Cultural Rights. in Human Rights Quarterly, 9(2), 122. 1987.

29
discriminatorie che influenzano il godimento dei diritti umani. Il General Comment
No. 12 afferma che costituisce una violazione del Patto l’esistenza di disposizioni
discriminatorie basate su razza, colore, sesso, lingua, età, religione o opinione po-
litica che possano compromettere l’accesso all’alimentazione.
Per quanto riguarda la parità di realizzazione del diritto al cibo da parte di donne
e uomini, è necessario modificare tutte quelle leggi che impediscono alle donne
l’eguale accesso alle risorse produttive o il pari diritto a godere di una remunera-
zione adeguata. Gli Stati hanno l’obbligo di attuare misure positive per evitare che
la discriminazione abolita per legge possa persistere nella pratica 64.
L’obbligo di rispettare il diritto al cibo è sostanzialmente un obbligo negativo,
un dovere degli Stati di astenersi dall’adottare misure che impedirebbero agli indi-
vidui di avere accesso a un’alimentazione adeguata 65. Jean Ziegler, Relatore Spe-
ciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, ha specificato le implicazioni di tale
dovere, “to respect”, che possono andare dalle azioni governative che limitano l’ac-
cesso alla terra alla mancanza di controlli sulla catena alimentare, fino alla rimo-
zione di tutte le disposizioni in materia di previdenza sociale verso le categorie più
vulnerabili 66.
Questo obbligo si applica anche in situazioni di catastrofi naturali o provocate
dall’uomo, dove la fame deliberata nei confronti dei civili è vietata 67. Nei conflitti
armati, il diritto internazionale umanitario vieta la fame di civili come metodo di
guerra, insieme a tutte le attività di distruzione dei beni indispensabili alla soprav-
vivenza della popolazione civile 68. Per quelli non internazionali l’art. 14 del II Pro-
tocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla
protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, andava a ribadire quanto
scritto nel I Protocollo all’art. 54 ancora vieta l’utilizzo della fame dei civili come

64
Op. cit., GOLAY, The Right to Food and Access to Justice: Examples at the national,
regional and international levels. 2009.
65
Op. cit., CESCR, General comment no. 12: the right to adequate food. 1999. Par. 15
66
ZIEGLER, J. Report of the Special Rapporteur on the right to food. in UN Human
Rights Council, GE, 08-10098. 2008.
67
PILLOUD, C., SANDOZ, Y., SWINARSKI, C., & ZIMMERMANN, B. Commentary on the
additional protocols: of 8 June 1977 to the Geneva Conventions of 12 August 1949.
Martinus Nijhoff Publishers. 1987.Par. 2097
68
COTULA, L., & VIDAR, M. The right to adequate food in emergencies. Food &
Agriculture Org., 2003.

30
metodo di combattimento 69.
Il dovere “to protect”, come specificato dal General Comment No. 12, richiede
l’adozione di misure per assicurare che terzi non impediscano agli individui di go-
dere del diritto di accesso a un’adeguata alimentazione 70. Gli Stati hanno il dovere
di controllare il comportamento di entità private o individui, per evitare violazioni
dei diritti economici, sociali e culturali. Obbligo questo ripreso dalle linee guida del
Trattato di Maastricht nel quali gli Stati hanno il dovere di attuare un quadro legi-
slativo-istituzionale per la protezione dei diritti economici, sociali e culturali di ogni
loro singolo cittadino 71.
L’obbligo “to fulfill” implica l’impegno degli Stati a garantire l’accesso e l’uti-
lizzo di risorse e mezzi necessari per la sicurezza alimentare delle singole persone,
to facilitate, nonché a fornire il diritto all’alimentazione quando un individuo o un
gruppo non è in grado di accedervi per ragioni al di là del proprio controllo.
Questo obbligo richiede un impegno attivo da parte degli Stati per garantire la
realizzazione del diritto al cibo per tutti i cittadini anche attraverso riforme struttu-
rali per l’agricoltura e la sostenibilità.
Il quadro delle responsabilità statali nei confronti del diritto al cibo si sviluppa
in diverse sfaccettature, delineate dai doveri imposti dagli accordi internazionali e
dalle linee guida elaborate da organizzazioni come la FAO.
Gli Stati sono chiamati a rispettare, proteggere e facilitare l’accesso alle risorse
fondamentali per il sostentamento, quali terra, acqua, aree forestali, pesca e be-
stiame, in modo sostenibile, equo e non discriminatorio. Introdurre politiche di ri-
forma agraria rivolte a coloro privi di terreni coltivabili rientra tra le strategie per
migliorare le prospettive lavorative e l’autosufficienza alimentare di tali individui 72.

69
ZAGATO, L. La protezione dei civili nei conflitti armati. in DEP. Deportate, Esuli,
Profughe, 13, 222-243. 2010.p. 224
70
Op. cit., CESCR, General comment no. 12: the right to adequate food. 1999. Par. 15
71
Op. cit., GOLAY, The Right to Food and Access to Justice: Examples at the national,
regional and international levels. 2009. p. 17. Per i suoi contenuti l’obbligo arriva a
determinare una responsabilità da parte dello Stato anche nel caso la privazione del diritto
ad una alimentazione non adeguata sia commessa da attore non istituzionale. Ad esempio,
se per opera di un privato le falde acquifere venissero inquinate lo Stato dovrebbe
obbligatoriamente intervenire e avere la responsabilità di perseguire l’inquinatore e
ristabilire la funzionalità ecologica della falda. ZIEGLER, J., WAY, S.-A., GOLAY, C., &
FIORINI, M. Dalla parte dei deboli: il diritto all'alimentazione. M. Tropea. 2004.p. 52
72
Op. cit., ZIEGLER, WAY, GOLAY AND FIORINI, Dalla parte dei deboli: il diritto

31
Questi obblighi si applicano anche in situazioni di catastrofi naturali o conflitti
armati, dove gli Stati sono tenuti a consentire il libero passaggio degli aiuti umani-
tari, incluso il sostegno alimentare destinato a popolazioni colpite, anche se appar-
tenenti a nazioni ostili 73.
L’obbligo di facilitare il diritto al cibo si estende anche agli Stati di transito, che
non sono direttamente interessati da calamità o emergenze, ma devono agevolare il
transito di personale e attrezzature internazionali attraverso i loro territori 74.
Con l’obbligo “to provide”, gli Stati sono tenuti a garantire l’accesso al cibo a
coloro che non possono ottenerlo autonomamente, estendendo questo dovere alle
categorie vulnerabili come bambini, detenuti, anziani e disabili. Questo include
l’istituzione di reti di sicurezza alimentare e sociale per coloro che non possono
provvedere a sé stessi, utilizzando anche risorse comunitarie per supportare questo
obiettivo 75.
L’obbligo di “provvedere” si applica anche durante conflitti internazionali 76,
dove il diritto internazionale umanitario impone doveri specifici verso prigionieri
di guerra e detenuti. A livello locale lo Stato potrebbe demandare tale compito ad
attori al di fuori del panorama pubblico ma resterà comunque responsabile per l’at-
tuazione delle disposizioni relative al diritto di accesso al cibo nonostante possa
affidarsi ad una pletora di altri attori 77.
Quando uno Stato non riesce a garantire il livello minimo di protezione per evi-
tare la fame e fornire un adeguato accesso al cibo, viola il Patto internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali 78. In questi casi, lo Stato deve giustificare la
mancanza di adempimento dei suoi obblighi a livello internazionale, dimostrando
di aver fatto ogni sforzo possibile per utilizzare le risorse disponibili e ottenere

all'alimentazione. 2004.
73
Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, del
12 agosto 1949, art. 23 e art. 59.
74
Op. cit., COTULA AND VIDAR, The right to adequate food in emergencies. 2003. p. 33
75
Op. cit., GOLAY, The Right to Food and Access to Justice: Examples at the national,
regional and international levels. 2009. p.18
76
Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra. art.
55
77
Op. cit., COTULA AND VIDAR, The right to adequate food in emergencies. 2003. p. 34
78
MOCCHEGIANI, M. Il diritto ad un cibo adeguato davanti ai giudici. In Ambiente,
Energia, Alimentazione. Modelli Giuridici Comparati Per Lo Sviluppo Sostenibile (Vol. 1,
pp. 145-156). Fondazione CESIFIN Alberto Predieri. 2016.

32
supporto internazionale per soddisfare questi obblighi 79.
Nonostante la struttura vincolante del Patto sui diritti economici, sociali e cultu-
rali, gli Stati godono di una certa discrezionalità nella loro implementazione e pos-
sono introdurre limitazioni o modifiche nei diritti sanciti 80.
Un aspetto critico riguarda l’assenza di un organo con poteri vincolanti per va-
lutare le misure degli Stati in conformità con gli accordi internazionali, rendendo
necessaria l’istituzione di meccanismi di monitoraggio o ricorso. Anche se il Co-
mitato sui diritti economici, sociali e culturali può ricevere comunicazioni indivi-
duali e condurre indagini su presunte violazioni, vi sono limiti strutturali e restri-
zioni procedurali che influenzano la sua efficacia.
La violazione degli obblighi di garantire il diritto al cibo può derivare da una
vasta gamma di situazioni e comportamenti, tra cui la mancata attuazione della le-
gislazione necessaria, l’adozione di politiche incompatibili con gli obblighi legali
esistenti e la negazione discriminatoria dell’accesso al cibo.
Quindi, mentre il Patto sui diritti economici, sociali e culturali costituisce un
fondamentale strumento di garanzia, sono necessarie ulteriori iniziative per garan-
tire la piena attuazione e il monitoraggio efficace degli obblighi statali nei confronti
del diritto al cibo.

79
CARLETTI, C. Diritto al cibo tra accessibilità e giustiziabilità. Il contributo del
relatore special delle Nazioni Unite sul tema. in Ordine internazionale e diritti umani, 2.
2015.
80
VIOLA, F. Dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ai Patti internazionali.
Riflessioni sulla pratica giuridica dei diritti. in Ragion pratica, 11, 41-57. 1998.

33
CAPITOLO SECONDO
LA LEGISLAZIONE ALIMENTARE TRA MERCATO INTERNO E COMPETENZE DELL’U.E.

L’armonizzazione della legislazione alimentare tra i vari Stati membri


dell’Unione Europea (UE) rappresenta un elemento fondamentale per il funziona-
mento del mercato interno. Questo processo, tuttavia, non è privo di sfide, poiché
deve bilanciare le esigenze di un mercato unico con la necessità di proteggere la
salute dei consumatori e garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari.
La legislazione alimentare dell’UE si basa su una serie di principi chiave, tra cui
la trasparenza, la responsabilità, la coerenza e la proporzionalità. Questi principi
sono stati sviluppati per garantire che le norme alimentari siano applicate in modo
uniforme in tutta l’UE, promuovendo così la libera circolazione dei prodotti ali-
mentari e proteggendo al contempo i consumatori.
Il quadro giuridico dell’UE in materia di sicurezza alimentare è vasto e com-
plesso, comprendendo una serie di regolamenti, direttive e decisioni che coprono
una vasta gamma di questioni, tra cui l’etichettatura degli alimenti, la tracciabilità,
i controlli ufficiali, la gestione delle crisi alimentari e la sicurezza dei prodotti ali-
mentari.
Tuttavia, nonostante l’armonizzazione delle norme alimentari a livello dell’UE,
esistono ancora notevoli differenze tra gli Stati membri in termini di interpretazione
e applicazione di queste norme. Queste differenze possono creare barriere al com-
mercio e ostacolare il funzionamento del mercato interno.
Inoltre, la competenza dell’UE in materia di legislazione alimentare è condivisa
tra l’UE e gli Stati membri. Questo significa che, sebbene l’UE abbia il potere di
adottare norme armonizzate in materia di sicurezza alimentare, gli Stati membri
hanno il diritto di adottare misure più rigorose se ritengono che ciò sia necessario
per proteggere la salute pubblica.
In questo contesto, è fondamentale un costante dialogo e cooperazione tra l’UE
e gli Stati membri per garantire un’efficace attuazione e applicazione della legisla-
zione alimentare dell’UE. Solo attraverso un impegno congiunto sarà possibile rag-
giungere l’obiettivo di un mercato interno funzionante che garantisca al contempo
la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari.

34
2.1 I principi fondamentali della sicurezza alimentare nell’UE
La risoluzione del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2011 stabilisce la “sicu-
rezza alimentare” come un diritto fondamentale 81 che garantisce a tutti l’accesso a
un’alimentazione sana, nutriente e adeguata per soddisfare le necessità nutrizionali
e le preferenze alimentari. Tale definizione enfatizza la necessità di un accesso fi-
sico ed economico continuo a un cibo salutare per una vita attiva e sana. Questo
concetto comprende il diritto al cibo e all’accesso a un’adeguata alimentazione per
tutti, contribuendo così alla sicurezza alimentare globale.
La sicurezza alimentare, come descritta nella risoluzione, si articola in due prin-
cipali aspetti. Innanzitutto, la sicurezza alimentare “quantitativa” mira a risolvere
il problema della fame e dell’ineguaglianza alimentare, prevalente nelle società
meno sviluppate. D’altro canto, la sicurezza alimentare “qualitativa” si concentra
sulla soddisfazione delle diverse esigenze di commercializzazione e di tutela della
salute nelle società avanzate. Questo aspetto si traduce nella gestione dei rischi per
la salute associati alla commercializzazione di alimenti “non convenzionali”, come
i prodotti geneticamente modificati (OGM) e i Novel feed, che sono considerati so-
stanzialmente equivalenti ai prodotti alimentari tradizionali. La globalizzazione dei
mercati e il progresso tecnologico hanno alimentato questa crescente domanda di
sicurezza alimentare.
Tuttavia, c’è incertezza sulla sicurezza dei prodotti alimentari derivanti dalle
moderne tecnologie, poiché anche se vengono immessi sul mercato sulla base delle
prove scientifiche disponibili al momento, possono comunque manifestare effetti
dannosi a lungo termine, dopo continue esposizioni o assunzioni costanti nel tempo.
Nell’ultimo ventennio, c’è stata una crescente enfasi sull’aspetto etico e la c.d.
“giuridificazione” 82 del settore alimentare, evidente nell’attenzione della legisla-
zione sull’alimentazione verso la produzione, la tracciabilità, il consumo, la salute
umana e animale, la qualità degli alimenti e la trasparenza nelle transazioni com-
merciali, inclusa l’etichettatura. Questo ha portato a una maggiore vigilanza,

81
GIUFFRIDA, M. Il diritto fondamentale alla sicurezza alimentare tra esigenze di tutela
della salute umana e promozione della libera circolazione delle merci. in Rivista di diritto
alimentare(3), 34-44. 2015.
82
RAMAJOLI, M. La giuridificazione del settore alimentare. In L. Ferrara & D. Sorace
(Eds.), La giuridificazione (Vol. III, pp. 393). Firenze University Press. Firenze. 2015.

35
valutazione dei rischi, verifica delle sostanze alimentari tramite un sistema di certi-
ficazioni 83 e controlli 84. Tale consapevolezza è stata riscontrata anche nei consu-
matori, che cercano prodotti alimentari che riducano al minimo i danni alla salute 85,
specialmente quelli associati ai prodotti non convenzionali 86.
Questo progresso nella legislazione per la sicurezza alimentare non è stato ade-
guatamente supportato da una disciplina sufficiente sulla responsabilità del

83
Cfr, BENEDETTI, A. Certezza pubblica e «certezze» private. Poteri pubblici e
certificazioni di mercato (Vol. 11). Giuffrè Editore. 2010.
84
Cfr. https://www.salute.gov.it/portale/uvacpif/archivioNormativaUvacPif.jsp
Il Regolamento UE 2017/625, promulgato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il
15 marzo 2017, rappresenta un punto di svolta nella legislazione alimentare dell’Unione
Europea. Questo regolamento, che riguarda i controlli ufficiali e altre attività ufficiali, è
stato concepito per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi,
nonché delle normative riguardanti la salute e il benessere degli animali, la sanità delle
piante e i prodotti fitosanitari.
Questo regolamento ha introdotto modifiche significative a una serie di regolamenti
precedenti, tra cui il (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n.
1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del
Parlamento europeo e del Consiglio, nonché ai regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n.
1099/2009 del Consiglio. Ha inoltre influenzato le direttive 98/58/CE, 1999/74/CE,
2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e ha abrogato i regolamenti (CE)
n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive
89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del
Consiglio, e la decisione 92/438/CEE del Consiglio.
Conosciuto come “regolamento sui controlli ufficiali”, questo documento ha un ampio
raggio d’azione. Comprende una vasta gamma di disposizioni e modifiche legislative volte
a rafforzare e consolidare il quadro di controllo e applicazione delle norme esistenti
riguardanti alimenti, mangimi, salute e benessere degli animali, sanità delle piante e
prodotti fitosanitari nell’Unione Europea.
Le modifiche apportate mirano a migliorare l’efficacia dei controlli ufficiali, a
rafforzare la trasparenza e la coerenza nei processi di controllo, nonché a garantire
l’applicazione uniforme delle normative tra gli Stati membri dell’Unione Europea. Inoltre,
questo regolamento mira a rafforzare la fiducia dei consumatori nell’ambito della sicurezza
alimentare, assicurando che i prodotti alimentari commercializzati rispettino rigorosi
standard di qualità e sicurezza.
Nel complesso, il regolamento UE 2017/625 rappresenta un passo significativo
nell’armonizzazione e nel miglioramento dei controlli ufficiali nell’Unione Europea. Il suo
obiettivo è garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica, della sicurezza
alimentare e del benessere degli animali, nonché promuovere la trasparenza e la coerenza
nelle attività di controllo. Questo regolamento rappresenta un impegno significativo da
parte dell’Unione Europea per garantire che i prodotti alimentari siano sicuri, di alta qualità
e prodotti in modo etico e sostenibile.
85
GENCARELLI, F. Il Regolamento (CE) n. 1924/2006 in materia di indicazioni
nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari: una difficile applicazione. in Il
Dir. dell’UE, 1, 111. 2014.
86
PETRELLI, L. I regimi di qualità nel diritto alimentare dell'Unione Europea (Vol. 53).
Editoriale scientifica. 2012.

36
produttore per i danni derivanti da prodotti alimentari difettosi o non sicuri. Esiste
ancora la possibilità per i produttori di appellarsi alla causa di esonero dalla respon-
sabilità, che si riferisce al rischio di sviluppo, nonostante l’evoluzione normativa in
materia di sicurezza alimentare sia mirata a una prevenzione e precauzione più ef-
ficaci.
Il libero scambio di merci, un pilastro fondamentale del mercato unico
dell’Unione Europea, rappresenta un aspetto cruciale per lo sviluppo dell’UE. At-
traverso la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione, sono state attuate
politiche volte a garantire una protezione uniforme del consumatore, dell’ambiente
e delle risorse energetiche, sviluppando una strategia integrata per garantire un ele-
vato livello di tutela della salute attraverso misure coerenti e controlli adeguati.
Queste politiche si fondano sui principi sanciti nella Carta dei diritti fondamen-
tali dell’Unione Europea. La Carta riconosce la libertà d’impresa ma cerca di bilan-
ciarla con la tutela della salute e dei consumatori, garantendo un elevato livello di
protezione per entrambi 87. Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea ri-
flette quest’equilibrio, impegnandosi per lo sviluppo sostenibile, la crescita econo-
mica equilibrata e la stabilità dei prezzi, mentre sostiene un’economia sociale di
mercato fortemente competitiva.
Particolarmente significativo è l’articolo 168, che enfatizza l’azione dell’Unione
per migliorare la sanità pubblica, prevenire malattie e affezioni e eliminare le fonti
di pericolo per la salute fisica e mentale, compresi i rischi transfrontalieri. L’articolo
169, a sua volta, si concentra sulla tutela della salute, sicurezza e interessi econo-
mici dei consumatori, promuovendo il loro diritto all’informazione, all’educazione
e all’organizzazione per difendere i propri interessi.
Il Regolamento (UE) n. 254/2014, riguardante un programma pluriennale per la
tutela dei consumatori per gli anni 2014-2020, mira a porre il consumatore infor-
mato al centro del mercato interno, garantendo la loro tutela in termini di sicurezza,
interessi economici, informazione e diritti di ricorso.
Inoltre, l’Unione Europea adotta il principio di precauzione, fondamentale sia
per le politiche ambientali che per la salute pubblica. Questo principio impone alle
autorità competenti di adottare misure preventive per evitare potenziali rischi per la

87
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32011R1169

37
salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente, anche in assenza di una certezza assoluta
riguardo a un nesso causale tra l’evento dannoso e i suoi effetti.
Tuttavia, l’applicazione di questo principio deve essere bilanciata per non limi-
tare la libera concorrenza, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi
nell’Unione Europea. Gli Stati membri possono applicare divieti o restrizioni
all’importazione, all’esportazione e al transito per giustificati motivi di tutela della
salute e della vita delle persone e degli animali, purché tali divieti non costituiscano
discriminazioni arbitrarie o restrizioni mascherate al commercio tra gli Stati mem-
bri.

2.1.1 Legislazione e regole della gestione del rischio


L’ordinamento europeo si è attivato per garantire un controllo accurato sugli ali-
menti, dall’inizio della loro produzione fino alla fase di distribuzione al consuma-
tore, in un approccio di tutela sia preventiva che successiva a vantaggio dei consu-
matori.
La tutela preventiva, in particolare, è sostenuta dalla Direttiva 2001/95/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, focalizzata sulla sicurezza generale dei pro-
dotti 88. Questa direttiva mira a proteggere la salute dei consumatori e a promuovere
il libero scambio dei prodotti, compresi quelli alimentari.
Tuttavia, l’articolo 1 di questa direttiva stabilisce che ciascuna delle sue dispo-
sizioni si applica solo se non esistono già altre disposizioni specifiche nell’ambito
della normativa comunitaria che disciplinano la sicurezza dei prodotti in questione.
In tal senso, attualmente, il fulcro della legislazione alimentare comunitaria è rap-
presentato dal regolamento n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio,
che stabilisce principi generali e requisiti per la legislazione alimentare, fissando
procedure nel campo della sicurezza alimentare.
Questo regolamento mira a bilanciare la libera circolazione degli alimenti con i
principi di sicurezza alimentare, favorendo un elevato livello di tutela della salute e
degli animali lungo l’intera catena alimentare, “from farm to table”. Esso ha

88
In Italia, il Regolamento (CE) n. 178/2002, il quale stabilisce principi e requisiti
generali della legislazione alimentare e istituisce l’Autorità europea per la sicurezza
alimentare, è stato recepito e attuato attraverso il Decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 190.
Questo decreto disciplina le sanzioni per le violazioni del suddetto regolamento in materia
di sicurezza alimentare.

38
impostato una riforma della legislazione sulla produzione e commercializzazione
degli alimenti, con particolare attenzione alla sicurezza alimentare e ai processi pro-
duttivi.
Tuttavia, le regole stabilite dal Regolamento 178/2002 sono considerate generali
rispetto a quelle specifiche che disciplinano settori come gli organismi genetica-
mente modificati, i cosiddetti “novel food” 89, gli additivi alimentari 90 e i requisiti
di purezza specifici degli additivi alimentari 91. Questi settori sono regolamentati da
normative più specifiche.
Il regolamento n. 178/2002 evidenzia un ruolo predominante delle istituzioni
comunitarie nelle funzioni legislative, mentre Commissione, organi di governo de-
gli Stati membri e Autorità nazionali ed europee svolgono un’azione di «co-ammi-
nistrazione» 92 per garantire la sicurezza alimentare.
Inoltre, il privato produttore è riconosciuto come attore principale del settore
alimentare, assumendo un ruolo centrale nella gestione del rischio alimentare in-
sieme all’azione pubblica. Questo rapporto dialettico tra azione pubblica e privata
si orienta costantemente verso la tutela dei consumatori, affidata alla sicurezza ali-
mentare 93.
La relazione tra la normativa europea e quella nazionale segue il principio del
coordinamento. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare svolge ruoli e com-
piti diversi, incluso l’istituzione di reti tra organizzazioni e la responsabilità del loro
funzionamento.
Nel contesto dell’ordinamento italiano, la competenza sull’alimentazione e sulla
tutela della salute è affidata congiuntamente allo Stato e alle Regioni. Lo Stato for-
mula la normativa di base, mentre le Regioni definiscono le norme di attuazione,
collaborando attraverso la Conferenza Permanente Stato-Regioni 94.

89
Regolamento UE 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il
reg. CE 258/97
90
Regolamento CE n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio
91
Direttive n. 2008/60/CE, n. 2008/84/CE, n. 2008/128/CE e n. 2009/10/CE
92
RANALDI, V. Il Confronto tra Stati Membri ed Unione Europea In materia di OGM
nella Giurisprudenza Nazionale e Comunitaria. In Diritto del Commercio Internazionale
(pp. 1011-1049). Giuffrè. Milano. 2014.
93
ANTONIOLI, M. Precauzionalità, gestione del rischio e azione amministrativa. in
Rivista italiana di diritto pubblico comunitario(1), 52-76. 2007.
94
GENESIN, M. P. La Disciplina dell'Alimentazione fra Stato e Regioni: verso quali
scenari?, in Il Foro amministrativo TAR(10), 3005-3025. 2009.

39
Il dispositivo normativo del regolamento n. 178 del 2002 rappresenta il fulcro
centrale della normativa alimentare nell’Unione Europea, configurandosi come un
corpus complesso mirato a assicurare la sicurezza degli alimenti e a proteggere i
consumatori. Questo insieme di regolamenti, conosciuto come “pacchetto igiene”
insieme ai regolamenti 04/852, 04/853 e 04/854 95, si propone di riformulare le di-
sposizioni concernenti i requisiti igienici degli alimenti nell’ambito dell’UE.
Il nucleo essenziale di questa normativa ruota attorno all’analisi approfondita dei
rischi connessi alla catena di produzione e distribuzione alimentare, adottando ri-
gide regole tecniche ispirate al sistema HACCP 96. Impone agli operatori del settore
alimentare, compresi produttori e distributori, l’obbligo di commercializzare esclu-
sivamente prodotti conformi ai precisi requisiti di sicurezza previsti. Il regolamento
dettaglia con precisione le disposizioni riguardanti l’analisi dei rischi (art. 6), il
principio di precauzione (art. 7), la salvaguardia degli interessi dei consumatori (art.
8), la trasparenza nella stesura delle leggi alimentari (art. 9), l’informazione ai con-
sumatori (art. 10), gli obblighi di sicurezza per gli operatori del settore (artt. 11-20)
e le procedure in caso di emergenze alimentari (artt. 50-57). In aggiunta, prevede la
costituzione dell’Autorità europea per la sicurezza (artt. 22-49), finalizzata a raffor-
zare ulteriormente la tutela della sicurezza alimentare.

95
abrogato con effetto dal 14 dicembre 2019 dal regolamento (UE) 2017/625
96
Il metodo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) rappresenta un
sistema strutturato e razionale per attuare il controllo autonomo dei processi. È una prassi
obbligatoria solo per gli Operatori dei settori post-primari e mira a favorire un livello più
elevato di sicurezza alimentare.
I principi fondamentali alla base della pianificazione dell’HACCP comprendono:
1. Identificare e valutare ogni pericolo per prevenirlo, eliminare o ridurne l’impatto.
2. Identificare i punti critici di controllo (CCP - Critical Control Points) in cui è
possibile intervenire per prevenire, eliminare o ridurre un rischio.
3. Stabilire limiti critici per i punti critici di controllo, definendo i valori che separano
la situazione accettabile da quella non accettabile.
4. Applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo.
5. Attuare azioni correttive se un punto critico non rispetta i limiti stabiliti.
6. Definire procedure periodiche per verificare l’efficacia delle misure adottate.
7. Documentare e registrare in modo appropriato, considerando la natura e le
dimensioni dell’impresa alimentare.
La prima normativa europea relativa all’HACCP risale al 1993 con la Direttiva
43/93/CEE (recepita in Italia tramite il D. Lgs 26 maggio 1997 n. 155, attualmente
abrogato). Questa direttiva è stata sostituita dai Regolamenti CE 178/2002 e CE 852/2004,
che hanno introdotto nuove disposizioni in materia di sicurezza alimentare.
https://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=1225&area=sicurezzaAlimentare&
menu=igi

40
Sotto il profilo soggettivo, l’operatore del settore alimentare, così come definito
dall’articolo 3, è individuato come “la persona fisica o giuridica responsabile di
garantire l’osservanza delle disposizioni della legislazione nell’impresa alimentare
o di mangimi sotto il suo controllo”. Tale figura è gravata dall’onere di assicurare
la sicurezza dei prodotti in tutte le fasi, dalla produzione alla distribuzione finale,
richiedendo un grado di diligenza che va oltre la semplice prevenzione e implica
l’adozione di misure precauzionali per garantire la conformità ai criteri stabiliti per
la sicurezza alimentare 97.
Gli operatori hanno una responsabilità primaria nell’assicurare la conformità dei
prodotti, sia dal punto di vista dell’etichettatura che delle disposizioni di legge, ge-
stendo prontamente eventuali richiami o ritiri dei prodotti. Inoltre, essi giocano un
ruolo cruciale nella tracciabilità della catena alimentare, raccogliendo e fornendo
informazioni essenziali alle autorità competenti per ricostruire la filiera di produ-
zione in situazioni di emergenza o di rischio alimentare.
L’obbligo di diligenza richiesto agli operatori ha implicazioni di rilievo sul piano
dell’applicazione delle regole di responsabilità del produttore, ponendo un’enfasi
maggiore sulla responsabilità e sulla collaborazione con le autorità per garantire la
sicurezza alimentare nell’ambito dell’Unione Europea.
Il regolamento n. 178 del 2002 definisce il consumatore come l’ultimo destina-
tario del prodotto alimentare, colui che ingerisce l’alimento, secondo l’art. 3, c. 1
lett. a del Codice del consumo. L’alimento è definito come qualsiasi sostanza o
prodotto destinato ad essere ingerito dagli esseri umani 98, mentre i mangimi sono

97
rif. artt.14-20 del reg.178/2002. In realtà, i regolamenti europei n. 178 del 2002, n.
852 del 2004 e n. 853 del 2004 impongono obblighi diversi a seconda degli operatori
coinvolti nella catena alimentare. Gli articoli 14-20 del Regolamento CE n. 178 del 2002
si applicano entro i limiti delle attività specifiche e in base alla capacità di controllo delle
condizioni di sicurezza del prodotto alimentare. La natura dell’obbligo di conformità è
determinata dai requisiti delineati negli articoli 14 e successivi del regolamento n. 178 del
2002, negli allegati tecnici del regolamento n. 852 del 2004 (che riguarda l’igiene degli
alimenti di origine animale) e nelle normative specifiche del settore.
98
Il regolamento stabilisce cosa non viene considerato come “alimento”. Non rientrano
nella definizione di alimenti:
a) Mangimi destinati alla nutrizione per via orale degli animali. b) Animali vivi, tranne
se preparati per essere immessi sul mercato per il consumo umano. c) Vegetali prima della
raccolta. d) Medicinali, secondo le direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE. e)
Cosmetici, conformemente alla direttiva 76/768/CEE del Consiglio. f) Tabacco e prodotti
del tabacco, in linea con la direttiva 89/622/CEE del Consiglio. g) Sostanze stupefacenti o

41
destinati alla nutrizione per via orale degli animali. Quindi sostanzialmente si parla
di mangimi, per i quali è la «nutrizione» l’azione essenziale, distinguendoli dall’ali-
mento sul quale l’azione principale è l’«ingestione» Il regolamento non si applica
ai medicinali, né a prodotti che, pur non avendo effetti terapeutici 99, si presentano
come tali 100.
Uno dei principi cardine della legislazione alimentare è l’analisi del rischio,
come indicato nell’art. 6.1 del Regolamento 178 del 2002. Il legislatore comunitario
distingue due momenti fondamentali: la valutazione del rischio, basata su elementi
scientifici condotti in modo indipendente, obiettivo e trasparente (comma 2), e la
gestione del rischio, che considera i risultati della valutazione e i pareri dell’Auto-
rità della sicurezza alimentare, oltre al principio di precauzione (comma 3) 101.
Il regolamento definisce il rischio come la probabilità e la gravità di un effetto
nocivo sulla salute derivante dalla presenza di un pericolo. Il pericolo è definito
come «un agente biologico, chimico o fisico contenuto in un alimento o mangime,
o la condizione in cui un alimento o mangime può provocare un effetto nocivo sulla
salute» (art. 3 n,14). Gli alimenti a rischio sono considerati dannosi per la salute o

psicotrope, come definite dalle convenzioni delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961
e sulle sostanze psicotrope del 1971. h) Residui e contaminanti.
99
La Direttiva 2001/83/CE definisce il medicinale in due categorie principali: uno
presentato come avente proprietà curative o preventive delle malattie umane (medicinale
“per presentazione”) e un altro da somministrare all’uomo per stabilire una diagnosi
medica o per ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo
(medicinale “per funzione”).
100
L’art. 2, lett. a) della direttiva 2002/46/CE definisce gli integratori alimentari come
prodotti destinati a integrare la dieta normale, offrendo una fonte concentrata di sostanze
nutritive o altre sostanze con effetti nutritivi o fisiologici. Questi possono essere composti
da una sola sostanza o da più sostanze, presentati in forme di dosaggio come capsule,
pastiglie, compresse, pillole, polveri in bustina, liquidi in fiale o flaconi a contagocce e altre
forme simili, pensate per essere assunte in piccole quantità unitarie.
101
L’articolo 7 del regolamento CE n. 178/2002 implementa il principio di precauzione
stabilendo che, in circostanze specifiche, se sussiste la possibilità di effetti dannosi sulla
salute umana ma persiste un grado di incertezza scientifica, possono essere adottate misure
provvisorie di gestione del rischio. Queste misure sono finalizzate a garantire un elevato
livello di tutela della salute mentre si attendono ulteriori informazioni scientifiche per una
valutazione più completa del rischio. Il regolamento richiede che tali misure siano
proporzionate, includendo solo restrizioni commerciali necessarie per raggiungere un
elevato livello di tutela della salute nella Comunità, tenendo conto delle fattibilità tecnica
ed economica e di altri aspetti rilevanti. Inoltre, queste misure devono essere riesaminate
entro un periodo ragionevole, considerando la natura del rischio individuato per la vita o la
salute e il tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere l’incertezza e ottenere
una valutazione più completa del rischio.

42
inadatti al consumo umano, con effetti immediati, a breve termine, o a lungo ter-
mine sulla salute delle persone che li consumano, o con probabili effetti tossici o
cumulativi 102.
La valutazione della sicurezza degli alimenti avviene in base alle condizioni nor-
mali di utilizzo dell’alimento in tutte le fasi della produzione, trasformazione e di-
stribuzione, nonché alle informazioni fornite sull’etichetta o relative agli effetti no-
civi dell’alimento. Il regolamento categorizza gli alimenti a rischio come quelli dan-
nosi per la salute e quelli inadatti al consumo umano, vietandone l’immissione sul
mercato.
L’analisi del rischio è determinata da un iter stabilito dallo stesso regolamento.
Il Regolamento CE n. 178/2002 svolge un ruolo cruciale nel garantire la sicu-
rezza alimentare nell’Unione Europea attraverso un approccio meticoloso e struttu-
rato.
Una fase iniziale comprende la valutazione del rischio, focalizzata sulla proba-
bilità e gravità degli effetti dannosi sulla salute derivanti dalla presenza di pericoli
negli alimenti o mangimi. Questa valutazione, nota come risk assessment, è con-
dotta dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), integrando infor-
mazioni provenienti da Stati membri, autorità nazionali, consumatori, imprese ali-
mentari e comunità accademiche avvalendosi di metodologie scientifiche per la de-
terminazione della probabilità e della gravità dell’effetto nocivo sulla salute (art. 3
punto 13) 103.
In seguito, la Commissione Europea gestisce il rischio (risk management) in ac-
cordo con il principio di precauzione (art. 7), utilizzando informazioni disponibili e
valutando gli effetti negativi sulla salute. Vengono adottate misure preventive e re-
strittive per proteggere la salute attraverso scelte di controllo e interventi appropriati
(art. 3 punto 12).
Segue la fase della comunicazione del rischio, che coinvolge lo scambio di

102
art. 14, paragrafo 2, punti 2 e 4, lett. a) e b)). Secondo l’art. 14.1 del regolamento n.
178 del 2002 «gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato». La nozione
di «alimento a rischio» è prevista dal regolamento nelle categorie degli «alimenti dannosi
per la salute» (art. 14.4) e degli alimenti «inadatti al consumo umano» (art. 14.5).
103
COCCONI, M. Le garanzie del cittadino rispetto ai giudizi scientifici contenuti nei
pareri dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. in Rivista di diritto alimentare,
3, 4-18. 2016.

43
informazioni e pareri tra responsabili della gestione, consumatori, imprese alimen-
tari e altri attori interessati, concentrandosi sugli elementi di pericolo e sui rischi
individuati. Il sistema di sorveglianza «Rapex» facilita l’intervento delle autorità di
controllo in situazioni di rischio urgente per la salute dei consumatori.
Il Regolamento UE 2017/625 istituisce il piano nazionale integrato pluriennale
dei controlli ufficiali, che coordina e ottimizza le attività di controllo sul territorio
nazionale riguardanti alimenti, mangimi, salute e benessere degli animali. La tem-
pestività delle notifiche attraverso il sistema rapido di allerta comunitario (RA-
SFF) 104 consente il ritiro tempestivo di prodotti pericolosi prima che possano cau-
sare danni alla salute umana o animale.
Il regolamento n. 178/2002 impone obblighi di sicurezza ispirati al principio di
trasparenza. L’etichettatura 105, la pubblicità e la presentazione degli alimenti non
devono ingannare i consumatori. Introduce anche il concetto di rintracciabilità 106,
che permette di ricostruire il percorso di un alimento o un mangime durante le di-
verse fasi di produzione e distribuzione. Questo strumento aiuta a individuare il
responsabile delle violazioni delle norme di sicurezza alimentare e facilita il ritiro
del prodotto dal mercato quando necessario.
Questa legislazione dell’UE mira a bilanciare gli interessi dei produttori alimen-
tari con la tutela dei consumatori, garantendo un approvvigionamento di alimenti
sicuri e sani sul mercato.

104
La rete coinvolge la Commissione Europea, l’Autorità per la sicurezza alimentare
(EFSA) e gli Stati membri dell’Unione. L’obiettivo principale è garantire un flusso
completo e immediato di “allerte”, attraverso una comunicazione condivisa e tempestiva
tra gli Stati membri tramite una rete online in tempo reale. La rapidità delle allerte consente
di rimuovere dal mercato prodotti potenzialmente pericolosi per la salute umana o animale
prima che possano causare effetti dannosi.
105
Con riferimento alle normative sull’etichettatura dei prodotti alimentari, vanno
menzionati diversi regolamenti. Tra questi, il Regolamento 1169 del 2011,
successivamente modificato per quanto concerne i novel feed dal Regolamento 2015/2283.
Inoltre, vi è il Regolamento 1924/2006, che riguarda le informazioni nutrizionali e relative
alla salute presenti sui prodotti alimentari. Infine, vanno considerati i Regolamenti 29 e 30
del 2003, che disciplinano l’etichettatura dei prodotti alimentari contenenti organismi
geneticamente modificati (OGM).
106
L’obbligo di «rintracciabilità» del cibo introdotta dall’art. 18, era inizialmente
previsto per le carni bovine a seguito della crisi scatenata dal «morbo della mucca pazza»
con il regolamento 1760/200/CE. Comprensibilmente era necessario comprendere nei
controlli i bovini provenienti da allevamenti dove il morbo era stato scoperto per evitare
che fossero macellati e arrivassero sulla tavola della gente.

44
2.1.2 Le regole di responsabilità
La complessa evoluzione della normativa europea riguardante la responsabilità
per danni da prodotti agro-alimentari è stata influenzata dalla questione della pre-
sunta “naturalità” delle produzioni agricole. Inizialmente, ciò ha reso difficile l’ap-
proccio del legislatore comunitario su questo tema, evidenziato dalla vicenda della
direttiva 85/375 e le sue successive modifiche.
Con l’adozione della direttiva 99/34, implementata nell’ordinamento italiano
tramite il decreto legislativo 25/01, si è operata una modifica all’articolo 2 della
direttiva 85/375, includendo i prodotti agricoli nella sfera di applicazione della nor-
mativa sulla responsabilità del produttore. Questo ha allineato l’intervento legisla-
tivo riguardante la produzione agro-alimentare con la tendenza generale della disci-
plina europea della responsabilità.
L’articolo 2 della direttiva 85/375, nella sua formulazione originaria, permetteva
agli Stati membri di scegliere se esentare i prodotti agricoli non sottoposti a prima
trasformazione dal regime di responsabilità dei produttori, una scelta adottata anche
dal legislatore italiano tramite il d.p.r. 224/88 107. Attualmente, la disciplina sulla
responsabilità del produttore è contenuta negli articoli 114-127 del d.lgs. 206/05, il
codice del consumo.
Le disposizioni riguardanti la responsabilità del produttore di prodotti agro-ali-
mentari devono essere coordinate con le normative sulla sicurezza alimentare. Que-
sto perché la nozione di difetto del prodotto, richiesta per l’applicazione delle regole
di responsabilità previste dalla direttiva 85/375, è correlata alla mancanza di sicu-
rezza del prodotto stesso, e un prodotto agro-alimentare risulta difettoso e non si-
curo in quanto destinato all’alimentazione.
I principi chiave del regolamento 178/2002, precedentemente esaminati, pon-
gono enfasi sull’importanza del settore agro-alimentare nell’economia europea, sot-
tolineando l’obiettivo di garantire un elevato standard di sicurezza alimentare ai
consumatori. Pertanto, tutti i soggetti coinvolti nella catena alimentare devono ga-
rantire la sicurezza degli alimenti, assumendo una responsabilità primaria nei con-
fronti dei consumatori.

107
MAZZO, M. La responsabilità del produttore agricolo. Giuffrè Editore. 2007,
PISCIOTTA, G. L'impresa agricola tra mercato e statuto speciale. in Rivista Di Diritto
Dell'economia, Dei Trasporti E Dell'ambiente 7, 1-35. 2009.

45
Il regolamento individua l’impresa alimentare come ogni soggetto pubblico o
privato che svolge attività connesse alla produzione, trasformazione o distribuzione
degli alimenti. Questo significa che un soggetto può essere considerato imprendi-
tore alimentare e assumere obblighi e responsabilità correlati semplicemente parte-
cipando a una qualsiasi fase di produzione, trasformazione o distribuzione degli
alimenti.
Il principio di precauzione, presente nel regolamento, gioca un ruolo fondamen-
tale nelle regole di relazione tra l’impresa e i consumatori. L’obbligo di fornire in-
formazioni che consentano al consumatore di valutare la sicurezza del prodotto ali-
mentare, presente nell’articolo 16, si riflette nell’ordinamento italiano con la legge
204/04 sull’etichettatura di alcuni prodotti agro-alimentari e sull’indicazione obbli-
gatoria dell’origine dei prodotti alimentari.
Il regolamento impone all’impresa alimentare la vigilanza sull’intero mercato
anche dopo la vendita del prodotto, attraverso procedure e modalità organizzative
coerenti con le disposizioni del regolamento stesso. Le regole di ritiro dal mercato
e richiamo dei prodotti forniti ai consumatori, sancite negli articoli 19 e 20, sono
strumenti di controllo e sicurezza per garantire che gli alimenti non siano dannosi,
nonostante il loro stato sicuro all’atto della messa in circolazione.
Infine, il regolamento evidenzia il collegamento con le disposizioni sulla respon-
sabilità per danni da prodotti difettosi. Le azioni del consumatore per il risarcimento
dei danni da prodotto difettoso trovano legittimazione nelle regole poste dal rego-
lamento stesso, che definiscono la sicurezza degli alimenti e stabiliscono le carat-
teristiche necessarie affinché un prodotto sia considerato sicuro. Tale sicurezza non
esclude la possibilità di un prodotto dannoso in quanto, se quando viene messo in
circolazione le prove scientifiche lo definiscono “sicuro”, non si può essere certi
che studi scientifici a posteriori possono mettere in evidenza una pericolosità prima
non riconosciuta 108.

2.1.3 Il controllo sugli OGM e i Novel Feed


La discussione sull’etichettatura dei prodotti alimentari derivati da organismi ge-
neticamente modificati (OGM) è influenzata dal processo scientifico di

108
BELLISARIO, E. Il danno da prodotto conforme tra regole preventive e regole
risarcitorie. in Europa e diritto privato(3), 841-882. 2016.

46
manipolazione del patrimonio genetico degli organismi per creare nuove caratteri-
stiche. Questo metodo di produzione richiede una considerazione attenta in vari
ambiti di tutela, tra cui l’ambiente, la libertà di scelta del consumatore e gli interessi
dei produttori convenzionali o biologici. L’obiettivo è sviluppare una regolamenta-
zione europea uniforme che tenga conto degli avanzamenti scientifici continui.
Inizialmente, la legislazione europea si basava su un approccio che mirava alla
protezione della salute umana e dell’ambiente in contesti di produzione e commer-
cializzazione di OGM, come indicato dalle direttive 90/219 e 90/220. Queste nor-
mative trattavano delle attività che coinvolgono microrganismi geneticamente mo-
dificati e l’emissione nell’ambiente di OGM, nonché la vendita di prodotti conte-
nenti OGM come alimenti, mangimi, sementi o prodotti farmaceutici. Successiva-
mente, si è adottato il principio della “sostanziale equivalenza” (reg. 97/258, noto
come “novel food”), basato sull’equiparazione tra prodotti OGM e quelli non mo-
dificati geneticamente che sono considerati “equivalenti”.
Tuttavia, si è presto avvertita la necessità di implementare in modo più sistema-
tico il principio di precauzione. Questo principio, nato dall’imperativo di informare
i consumatori sul contenuto degli alimenti e garantire la sicurezza sanitaria, si basa
sulla prudenza nel controllo del rischio, incoraggiando l’approfondimento scienti-
fico quando le conoscenze attuali non sono sufficienti a evitare danni potenziali. Si
discosta dal principio di responsabilità tradizionale poiché propone un modello di
prudenza per controllare il rischio senza attribuire immediatamente connotazioni
negative alle nuove tecnologie, ma piuttosto delineando i limiti entro cui il pro-
gresso scientifico non comporti danni irreparabili.
Sotto il profilo della potenziale minaccia, i principi di precauzione e responsabi-
lità convergono, contribuendo a formulare un’etica della cautela, un’anticipazione
preventiva del rischio di fronte all’incertezza del sapere scientifico. L’emergere
della scienza incerta richiede misure atte a proteggere i nuovi diritti fondamentali
generati dalle nuove tecnologie, collegati alla salvaguardia del pianeta e ai diritti
della personalità. Questi aspetti sono rilevanti nell’ambito del biodiritto e dei diritti
biologici, e mirano a bilanciare lo sviluppo scientifico con la protezione dell’uma-
nità e dell’ambiente.
La disciplina sugli organismi geneticamente modificati (OGM) ha subito

47
un’evoluzione significativa, soprattutto nell’ambito delle politiche di armonizza-
zione degli ordinamenti interni dell’Unione Europea (UE). La direttiva più rilevante
è stata la direttiva 2001/18/CE, che ha abrogato e sostituito la direttiva precedente
90/220 riguardante l’emissione deliberata di OGM nell’ambiente e la loro immis-
sione in commercio. Questa nuova direttiva ha stabilito le condizioni per tale emis-
sione, inclusi criteri, procedure e monitoraggio dei rischi ambientali, tenendo conto
della tutela della salute umana e dando importanza all’azione preventiva.
Successivamente, la direttiva 2001/18/CE è stata emendata con la Direttiva (UE)
2015/412, che ha permesso agli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di
OGM sui loro territori. In Italia, questa direttiva è stata recepita attraverso il Decreto
legislativo 227 del 14 novembre 2016.
Altri interventi legislativi rilevanti che seguono il principio di precauzione sono
i regolamenti 1829/2003 e 1830/2003, che riguardano la tracciabilità, l’etichettatura
degli OGM e la tracciabilità degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM. Questi
interventi normativi rivelano la consapevolezza del legislatore europeo sulla possi-
bilità di contaminazione tra OGM e organismi non modificati geneticamente.
Tuttavia, c’è un dibattito sull’efficacia dell’etichettatura per proteggere i consu-
matori da eventuali rischi legati agli OGM. La normativa sembra scaricare sul con-
sumatore la responsabilità del rischio associato alla tecnologia sconosciuta, anziché
fornire una protezione più completa. Inoltre, la disciplina relativa alle sementi evi-
denzia il rischio per il patrimonio genetico delle colture tradizionali (non OGM) a
causa della presenza accidentale di OGM in lotti di sementi che non dovrebbero
contenerli.
La valutazione del rischio è un elemento centrale nella normativa sugli OGM,
ma l’incertezza scientifica è un aspetto rilevante che comporta obblighi generali e
specifici per i produttori e gli utilizzatori di OGM. Tuttavia, la messa in circolazione
di tali prodotti avviene senza una certificazione assoluta dello stato delle cono-
scenze tecniche e scientifiche.
Questa incertezza impone obblighi comportamentali ai produttori per ridurre i
rischi e fornire informazioni chiare ai consumatori, ma al momento della commer-
cializzazione del prodotto. Inoltre, solleva dubbi sulla responsabilità del produttore
in caso di difetti nel prodotto derivante dagli OGM, in quanto potrebbe essere

48
difficile dimostrare l’inesistenza di difetti con le conoscenze scientifiche attuali.
Questa situazione mette in luce l’importanza del principio di precauzione per
garantire la protezione delle generazioni future, specialmente nei prodotti alimen-
tari contenenti OGM. Il principio di precauzione dovrebbe essere considerato in
parallelo alle norme di responsabilità, al fine di assicurare una protezione più ade-
guata e allineata agli sviluppi scientifici futuri.
Al di là degli OGM, anche la legislazione sull’alimentazione in generale è stata
oggetto di revisione per garantire un elevato livello di tutela della salute umana e
degli interessi dei consumatori, in particolare per quanto riguarda i cosiddetti
“nuovi alimenti” (Novel food). Il nuovo regolamento (UE) 2015/2283 del Parla-
mento europeo e del Consiglio 109 mira a garantire l’efficace funzionamento del
mercato, preservando la salute umana e gli interessi dei consumatori.
Il concetto di “nuovo alimento” è centrale nella disciplina regolamentare. Si
identifica come “nuovo alimento” qualsiasi cibo non significativamente utilizzato
per il consumo umano nell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997, compresi
quelli provenienti da fonti innovative (come l’olio omega-3 derivato dal krill) e
quelli ottenuti tramite nuove tecnologie o l’uso di nuove sostanze (ad esempio, i
fitosteroli o steroli vegetali).
Tuttavia, non rientrano nella definizione di “nuovi alimenti”: a) gli alimenti ge-
neticamente modificati, soggetti al regolamento (CE) n. 1829/2003. b) gli alimenti
quando utilizzati come: i) enzimi alimentari, disciplinati dal regolamento (CE) n.
1332/2008. ii) additivi alimentari, soggetti al regolamento (CE) n. 1333/2008. iii)
aromi alimentari, regolamentati dal regolamento (CE) n. 1334/2008. iv) solventi da
estrazione utilizzati o destinati alla preparazione di prodotti o ingredienti alimentari,
soggetti alla direttiva 2009/32/CE.
Altri alimenti non considerati “nuovi” sono quelli che hanno una storia di uti-
lizzo sicuro nell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997, sia derivati da piante
o varietà ottenute tramite pratiche tradizionali di riproduzione alimentare, sia deri-
vanti da pratiche non tradizionali di riproduzione che non comportino cambiamenti
significativi nella composizione o struttura dell’alimento che potrebbero

109
VOLPATO, A. La riforma del regolamento sui Novel Food: alla ricerca di un
impossibile equilibrio?, in Rivista di diritto alimentare, 9(4), 26-43. 2015.

49
influenzarne il valore nutrizionale, il metabolismo o il contenuto di sostanze inde-
siderabili.
Solo i nuovi alimenti autorizzati e inclusi in un elenco specifico, curato dalla
Commissione UE, possono essere commercializzati nell’Unione Europea o utiliz-
zati nei prodotti alimentari, a condizione che rispettino le condizioni d’uso e i re-
quisiti di etichettatura specificati nel regolamento (articolo 6).
Le condizioni generali per l’autorizzazione dei nuovi alimenti sono definite
nell’articolo 7: a) l’alimento non presenta rischi per la salute umana in base alle
prove scientifiche disponibili. b) l’uso previsto dell’alimento non induce in errore i
consumatori, specialmente quando è destinato a sostituire un altro alimento con un
cambiamento significativo nel suo valore nutrizionale. c) se l’alimento è destinato
a sostituire un altro, non ne differisce in modo da renderne svantaggioso il consumo
in termini nutrizionali.
Il regolamento prevede una procedura di autorizzazione per l’introduzione dei
nuovi alimenti nel mercato dell’Unione Europea, che si applica anche ai prodotti
provenienti da Paesi terzi. In questa procedura, l’EFSA (Autorità europea per la
sicurezza alimentare) svolge un ruolo centrale nel controllo della sicurezza alimen-
tare. Questo solleva interrogativi sulla sicurezza dei pareri espressi dall’Autorità.
Per quanto riguarda gli “alimenti tradizionali”, un sottoinsieme dei nuovi ali-
menti, si riferiscono a cibi consumati tradizionalmente in Paesi al di fuori
dell’Unione Europea e devono dimostrare la loro sicurezza d’uso per almeno 25
anni in un Paese esterno all’Unione.
L’inserimento nell’elenco non garantisce automaticamente la sicurezza del
nuovo alimento. L’aggiunta e l’eliminazione dall’elenco sono possibili, mentre
l’etichettatura e il monitoraggio post-immissione sul mercato sono obbligatori per
garantire la sicurezza dei consumatori. Questo solleva la necessità di un ripensa-
mento della responsabilità del produttore in merito alla sicurezza alimentare.

2.2 Quadro normativo transeuropeo su sicurezza alimentare e tutela alla li-


bera circolazione delle merci e della salute
Il quadro normativo multilivello composto da fonti internazionali, dell’Unione
Europea, nazionali e regionali ha generato sfide nell’equilibrare gli interessi della
tutela delle imprese produttrici di alimenti e la salvaguardia dei consumatori.

50
Questa complessità richiede una cooperazione approfondita tra i Paesi coinvolti per
ridurre il protezionismo e favorire il libero scambio dei prodotti alimentari all’in-
terno dell’Unione Europea. È fondamentale anche limitare gli impatti disruptivi
dell’innovazione tecnologica nell’ambito alimentare, considerare le posizioni dei
gruppi di pressione 110 e allo stesso tempo adattarsi ai cambiamenti delle abitudini
alimentari e delle tradizioni.
I principali ostacoli relativi alla sicurezza alimentare derivano dalle disparità
nell’applicazione delle leggi sulla sicurezza dei prodotti tra diversi Stati membri
dell’Unione Europea. Le prescrizioni legislative relative alle merci risultano com-
plesse per gli operatori economici, che devono navigare attraverso una serie di atti
normativi da applicare a un singolo prodotto alimentare. Inoltre, nella legislazione
sui prodotti, sono emerse incongruenze, come l’uso di terminologie differenti per
descrivere concetti comuni alla legislazione europea.
Un altro aspetto problematico riguarda i contrastanti interessi e comportamenti
dei soggetti coinvolti, tra la tutela della libera circolazione dei prodotti alimentari e
la salvaguardia della salute dei consumatori. In questo scenario, è necessario ricon-
figurare il quadro normativo. È importante, innanzitutto, esaminare il confronto tra
l’articolo 32 e l’articolo 41 della Costituzione italiana.
L’articolo 32 della Costituzione italiana offre tutela sia alla salute individuale
che a quella collettiva 111. In particolare, il terzo comma di tale articolo, affermando
che “La legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”,
consente di bilanciare gli interessi individuali con quelli della collettività 112.
Dall’altro lato, l’articolo 41 della Costituzione stabilisce che la libertà econo-
mica non può essere in contrasto con la sicurezza della persona e che la legge deve
definire “i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica
e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Questo articolo

110
Riguardo alla pressione esercitata dalla lobbies sulle decisioni politiche cfr.
CAMERLENGO, Q. Lobbies e processi di decisione politica. In F. Rigano (Ed.), La
Costituzione in officina - Il primo intervento urgente (pp. 37). Pavia University Press.
Pavia. 2013, PETRILLO, P. L. Le lobbies della democrazia e la democrazia delle lobbies. in
Ovvero note. 2013.
111
RODOTÀ, S., & TALLACCHINI, M. Ambito e fonti del biodiritto (Vol. 1). Giuffrè
editore. 2010.p.18
112
Ivi pp. 21-22

51
presuppone il controllo pubblico sulle attività d’impresa in funzione dei fini so-
ciali 113.
Sul rapporto tra la tutela della salute e la libertà d’impresa, si sono sviluppate
diverse interpretazioni dottrinali. Alcuni ritengono che un bilanciamento tra l’inte-
resse alla salute e l’interesse economico delle imprese sia applicabile, ma tale bi-
lanciamento dovrebbe essere effettuato in base al principio di proporzionalità 114. Al
contrario, un’altra opinione suggerisce che la tecnica del bilanciamento presup-
ponga l’assenza di una gerarchia costituzionalmente vincolante di interessi e valori,
in cui un interesse o un dovere subordinato sarebbe sempre sacrificato 115.
Dopo aver analizzato il diritto alla salute e alla libertà economica secondo la
Costituzione italiana, è essenziale esaminare l’ordinamento dell’Unione Euro-
pea 116. La libera circolazione delle merci costituisce uno dei principi fondamentali
dell’Unione Europea e rappresenta il fulcro del mercato unico. La legislazione
dell’Unione Europea si è concentrata sulla protezione del consumatore, dell’am-
biente e delle risorse energetiche, garantendo al contempo la libera circolazione
delle merci all’interno dell’Unione.
L’Unione Europea ha elaborato una strategia integrata per assicurare un alto li-
vello di tutela della salute attraverso misure coerenti e controlli adeguati 117. Queste

113
Ivi p. 36
114
Op. cit., RODOTÀ AND TALLACCHINI, Ambito e fonti del biodiritto. 2010.p. 38
115
FALZEA, A. Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica (Vol. 3).
Giuffrè Editore. 2010.
116
Op. cit., RODOTÀ AND TALLACCHINI, Ambito e fonti del biodiritto. 2010.p- 68
117
La progressiva introduzione del “nuovo approccio” legislativo nel 1985 mirava a
armonizzare il processo di libera circolazione all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia,
l’applicazione di tale metodo è stata problematicoìa a causa della presenza sul mercato di
beni non conformi e pericolosi, generando condizioni di concorrenza sleale per gli operatori
economici. La tracciabilità delle merci non conformi e dei fornitori provenienti da Paesi
terzi rappresenta una sfida per le autorità di sorveglianza nazionali. Inoltre, la vigilanza del
mercato all’interno degli Stati membri non è sempre uniforme e rigorosa, consentendo così
la circolazione di merci potenzialmente pericolose.
Poiché la vigilanza del mercato è principalmente a livello nazionale, è necessario
migliorare con urgenza il monitoraggio, il coordinamento e lo scambio di informazioni a
livello dell’Unione Europea per garantire una maggiore coerenza nella sicurezza dei
prodotti all’interno dell’UE. Le prescrizioni legislative riguardanti le merci sono diventate
sempre più complesse per gli operatori economici. Anche le discrepanze minori possono
confondere gli operatori economici che cercano di conformarsi alle normative dell’UE.
Questo può portare gli operatori onesti a investire ingenti risorse in settori non necessari,
credendo erroneamente di ottenere totale conformità. Al contrario, le ambiguità e le
incoerenze legislative forniscono opportunità a operatori senza scrupoli di eludere i

52
azioni europee hanno facilitato una protezione uniforme del consumatore e dell’am-
biente. La politica europea ha supportato e integrato le politiche nazionali a favore
della sicurezza alimentare e della salute.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea riconosce il diritto alla
libertà d’impresa (articolo 16), ma sottolinea anche la garanzia di un elevato livello
di protezione della salute umana (articolo 35) e dei consumatori (articolo 38). Nel
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, la salute è equiparata all’impresa
e al consumatore 118. L’Unione si impegna a garantire un livello elevato di

controlli delle autorità pubbliche.


Le strategie di sorveglianza del mercato variano tra gli Stati membri, causando un livello
eterogeneo di regolarità e rigorosità nella vigilanza del mercato all’interno dell’UE,
creando un ambiente di concorrenza non equa per fabbricanti e importatori.
Nel 2003, la Commissione Europea ha comunicato al Parlamento e al Consiglio
sull’attuazione del “nuovo approccio” del 1985, suggerendo una revisione e integrazioni
legislative a tale metodo. Un’azione per realizzare il mercato unico è stata rappresentata
dal “pacchetto merci” del 9 luglio 2008, che ha promosso il principio del riconoscimento
reciproco e della sorveglianza del mercato. Questo pacchetto mirava a favorire la libera
circolazione delle merci attraverso la legislazione sulla sicurezza dei prodotti, migliorando
la tutela dei consumatori e creando condizioni di concorrenza più eque per gli operatori
economici.
Successivamente, la strategia “Europa 2020” ha delineato un’efficace economia di
mercato sostenibile e inclusiva per il ventunesimo secolo, supportando il settore agricolo
per garantire un elevato livello di sicurezza e qualità degli alimenti. L’Unione Europea ha
sottolineato l’importanza della formazione professionale, dell’accesso all’istruzione, della
diffusione della conoscenza e dello scambio delle migliori pratiche nel settore agricolo.
Inoltre, in relazione alla sicurezza alimentare, si è sostenuto l’accreditamento degli
organismi di valutazione della conformità e si è elaborata una strategia generale di
sorveglianza del mercato per le merci, come sancito anche dall’articolo 3 del Trattato
sull’Unione Europea. Questo articolo ribadisce l’obiettivo dell’Unione di promuovere uno
sviluppo economico equilibrato, una società di mercato competitiva, la piena occupazione
e un alto livello di tutela e miglioramento ambientale, sottolineando il progresso scientifico
e tecnologico.
Per quanto riguarda la disciplina della sicurezza alimentare, vi sono stati contributi
significativi, come evidenziato da CASSESE, S. La nuova disciplina alimentare europea. In
Per un’autorità nazionale della sicurezza alimentare (pp. 113 e ss.). Bari. 2002.
118
L’art. 3 del trattato sull’Unione europea stabilisce l’impegno dell’Unione verso lo
sviluppo sostenibile dell’Europa, fondato su una crescita economica equilibrata, la stabilità
dei prezzi, un’economia sociale di mercato altamente competitiva, orientata alla piena
occupazione e al progresso sociale, nonché a un elevato livello di protezione e
miglioramento dell’ambiente.
L’art. 6 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) conferisce
all’Unione il compito di sostenere, coordinare e completare le azioni degli Stati membri
per la protezione e il miglioramento della salute. L’art. 168 del TFUE, in particolare,
garantisce un livello elevato di protezione della salute nell’attuazione delle politiche e delle
attività dell’Unione. Questo articolo si concentra sulla prevenzione delle malattie e delle
affezioni, nonché sull’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute. L’azione

53
protezione della salute attraverso la prevenzione delle malattie e la rimozione dei
pericoli per la salute fisica e mentale.
In merito alla protezione dei consumatori, l’Unione Europea contribuisce a tute-
lare la loro salute, sicurezza ed interessi economici 119, promuovendo anche il loro
diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei
propri interessi. Un regolamento specifico del Parlamento Europeo e del Consiglio
si propone di garantire una maggiore tutela per i consumatori nel mercato unico
attraverso l’acquisto di beni e servizi, coinvolgendo i consumatori nella definizione
di quadri normativi per migliorare l’offerta di prodotti e servizi 120.

dell’Unione in questo campo include la lotta contro le malattie più gravi e la loro diffusione,
nonché la gestione delle minacce serie alla salute che hanno un impatto transfrontaliero.
Così come nota, per le novità introdotte dal Trattato di Lisbona rispetto al testo previsto
dall’art. 152 del Trattato di Nizza, NASCIMBENE, B. Unione europea: trattati (Vol. 1).
Giappichelli Editore. 2017.
119
Ex art. 169 del TFUE ( vecchio art. 153 del TCE) che recita:«[…] l’Unione
contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori
nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione
per la salvaguardia dei propri interessi». La Decisione 2007/602/CE, emanata il 10 ottobre
2007, ha istituito un “gruppo di dialogo delle parti interessate” nell’ambito dei settori della
salute e della tutela dei consumatori. L’obiettivo principale di questo gruppo era quello di
fornire consulenze alla Commissione Europea in merito alle pratiche di consultazione e di
adattamento in tali ambiti.
Questo gruppo di dialogo ha svolto un ruolo significativo nell’elaborare un codice di
buone pratiche da applicare durante le consultazioni per la DG Salute e consumatori.
Inoltre, è stato capace di mantenere un equilibrio tra i rappresentanti dell’industria e delle
organizzazioni non governative nei settori di competenza della direzione generale per la
Salute e dei consumatori. Questo equilibrio ha garantito una vasta gamma di conoscenze
specialistiche e una distribuzione adeguata delle opinioni e delle prospettive all’interno
dell’Unione Europea.
120
L’articolo 2 del regolamento in oggetto stabilisce l’obiettivo principale di mettere il
consumatore informato al centro del mercato interno. Questo obiettivo viene perseguito
attraverso il contributo del programma, che si propone di tutelare la salute, la sicurezza e
gli interessi economici dei consumatori, promuovendo al contempo il loro diritto
all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la difesa dei propri interessi.
L’articolo 3 del medesimo regolamento elenca gli obiettivi specifici e gli indicatori per
valutare il raggiungimento di tali scopi. Questi obiettivi specifici includono:
• Sicurezza: potenziamento e miglioramento della sicurezza dei prodotti attraverso
una sorveglianza efficace del mercato in tutta l’Unione, misurata soprattutto
attraverso l’attività del sistema di allerta rapida dell’UE per i prodotti pericolosi
(RAPEX).
• Educazione e informazione: miglioramento dell’educazione, dell’informazione e
della sensibilizzazione dei consumatori sui propri diritti, sviluppo di dati per la
politica dei consumatori e sostegno alle organizzazioni dei consumatori.
• Diritti e ricorsi: rafforzamento dei diritti dei consumatori tramite iniziative
normative e miglioramento dell’accesso ai mezzi di ricorso, incluso il ricorso alla
risoluzione alternativa delle controversie transnazionali e alla risoluzione online

54
A completamento di questo quadro normativo, l’art. 191 del Trattato sul Funzio-
namento dell’Unione Europea (ex art. 174) costituisce una pietra miliare nell’am-
bito normativo europeo, incorporando il principio di precauzione. Tale principio
mira non solo alla salvaguardia dell’ambiente ma anche alla tutela della salute 121.
Si tratta di una disposizione che obbliga le autorità competenti a intraprendere mi-
sure preventive per evitare potenziali rischi per la salute pubblica, la sicurezza e
l’ambiente, anche in assenza di una chiara identificazione del legame causale tra
un’azione dannosa e i suoi effetti negativi. In situazioni in cui gli effetti dannosi di
un prodotto o di un processo non sono stati completamente identificati e in cui le

delle controversie a livello dell’UE.


• Tutela dei diritti: promozione della tutela dei diritti dei consumatori attraverso il
potenziamento della collaborazione tra organismi nazionali competenti e l’offerta
di servizi di consulenza ai consumatori.
L’articolo 7 di questo regolamento prevede la partecipazione al programma da parte dei
Paesi dell’Associazione europea di libero scambio partecipanti allo Spazio economico
europeo, dei Paesi terzi, dei Paesi candidati e in via di adesione all’Unione, nonché dei
potenziali candidati e dei Paesi cui si applica la politica europea di vicinato. Questa
partecipazione avviene secondo i principi e le condizioni fissate nei rispettivi accordi
quadro, decisioni del Consiglio di associazione o convenzioni simili.
121
L’articolo 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (ex articolo 174
del Trattato CE) sottolinea che la politica ambientale dell’Unione Europea è basata sui
principi della precauzione. Questo principio, originariamente emerso in Germania, ha
trovato accoglimento in vari trattati internazionali mirati alla salvaguardia dell’ambiente e
della salute. Nel contesto dell’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS
Agreement) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), il paragrafo 5.7
affronta la questione della mancanza di prove scientifiche complete e stabilisce che uno
Stato può adottare misure sanitarie o fitosanitarie basandosi sulle informazioni disponibili.
Tuttavia, tali misure devono essere temporanee, e lo Stato è tenuto ad acquisire ulteriori
informazioni e a riesaminare le misure adottate entro un lasso di tempo ragionevole.
Nel contesto della normativa comunitaria, il principio di precauzione assume diversi
significati. Una comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000, reperibile
su www.europa.eu, stabilisce gli orientamenti comuni relativi all’applicazione del principio
di precauzione. Questi orientamenti chiariscono che il principio di precauzione consente
una risposta rapida a potenziali pericoli per la salute umana, animale o vegetale e per la
tutela dell’ambiente. Se i dati scientifici disponibili non consentono una valutazione
completa del rischio, l’uso di questo principio consente, ad esempio, di evitare la
distribuzione o ritirare dal mercato prodotti potenzialmente pericolosi.
Secondo tale comunicazione, l’applicazione del principio di precauzione si basa su tre
principi specifici:
• Un’approfondita valutazione scientifica e la determinazione, nella misura del
possibile, del grado di incertezza scientifica.
• Un’analisi del rischio e delle potenziali conseguenze in caso di mancata azione.
• La partecipazione di tutte le parti interessate nel processo decisionale riguardo alle
misure precauzionali, non appena risultati dalla valutazione scientifica e/o
valutazione del rischio diventano disponibili.

55
valutazioni scientifiche preliminari non hanno determinato il rischio con sufficiente
certezza, l’applicazione del principio di precauzione ha permesso di impedire la
distribuzione o ritirare dal mercato prodotti alimentari pericolosi, garantendo la
priorità alla protezione della salute pubblica o dell’ambiente rispetto agli interessi
economici.
Tuttavia, l’applicazione di questo principio richiede un bilanciamento con altri
principi, come quelli di libera concorrenza, libertà di stabilimento e libera presta-
zione dei servizi sanciti dal Trattato dell’Unione Europea.
Per quanto riguarda il controllo degli scambi di prodotti alimentari all’interno
dell’Unione Europea, l’articolo 36 del TFUE (vecchio art. 30 del TCE) permette
divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da
motivi di moralità pubblica, ordine pubblico, sicurezza pubblica, tutela della salute
e della vita delle persone, degli animali o dei vegetali, ma esclude discriminazioni
arbitrarie o restrizioni nascoste al commercio tra Stati membri.
Di conseguenza, uno Stato membro ha il diritto di condurre controlli non discri-
minatori prima di importare animali o prodotti di origine animale da un altro Stato
membro dell’Unione Europea. Inoltre, la Commissione Europea elabora un elenco
di organismi e autorità di controllo riconosciuti ai fini dell’equivalenza per l’espor-
tazione nei Paesi terzi.
Le disposizioni principali per l’esportazione di prodotti alimentari richiedono la
conformità alle normative sull’igiene alimentare vigenti nel Paese esportatore, men-
tre il requisito fondamentale per l’importazione consiste nel rispetto dei Regola-
menti CE 852/2004 e 853/2004. È essenziale che i produttori garantiscano la trac-
ciabilità dei prodotti alimentari dalla fase di produzione fino al consumo finale. In
caso di rischi potenziali per i consumatori legati alla produzione di un alimento, è
necessario attivare procedure per individuare e ritirare il prodotto dal mercato, an-
che se esportato in altri Paesi. La sicurezza dei prodotti esportati richiede un’equi-
valenza di condizioni con i Paesi terzi, garantendo gli stessi standard di sicurezza
dei prodotti importati in Italia. Gli sforzi compiuti mirano a migliorare la sicurezza
dei prodotti mediante una sorveglianza efficace del mercato in tutta l’Unione Euro-
pea.

2.2.1 Le politiche pubbliche nel settore agroalimentare

56
l cibo si trova al centro delle più pressanti questioni sanitarie, ambientali, econo-
miche, sociali e politiche del nostro tempo. La malnutrizione è responsabile di un
numero di malattie e decessi superiore a qualsiasi altro fattore di rischio; oltre 800
milioni di individui patiscono di carenze alimentari croniche; la produzione alimen-
tare contribuisce per circa un terzo alle emissioni di gas serra, accelerando il cam-
biamento climatico; nei conflitti di maggiore rilevanza, il cibo diviene un’arma bel-
lica; innumerevoli individui impiegati nei sistemi alimentari ricevono retribuzioni
insufficienti e subiscono trattamenti ingiusti, nonostante la ricchezza generata dai
sistemi alimentari stessi.
La responsabilità dell’attuale diffusione della fame e della malnutrizione, che ha
raggiunto proporzioni enormi, non può essere attribuita unicamente alla mancanza
materiale di cibo, ma anche all’insufficienza dei programmi sociali e politici pro-
posti dalla governance a livello globale e locale.
Il ruolo della politica alimentare nel risolvere questi problemi sta emergendo a
vari livelli, ma la persistenza delle questioni relative all’alimentazione sottolinea
l’urgenza di una politica più efficace. Questi interventi influenzano diverse compo-
nenti del sistema alimentare in modi differenti, tanto che esistono politiche relative
al commercio, all’agricoltura, allo spreco alimentare, all’assistenza alimentare e
molte altre. La maggior parte di queste politiche, tuttavia, ha un impatto, diretto o
indiretto, sul settore privato, dal momento che lo Stato non produce cibo, ma sono
le aziende a farlo, le quali possono ricevere dal settore pubblico l’autorità di imple-
mentare le politiche pubbliche in questi ambiti. Allo stesso modo, il settore privato
può influenzare significativamente l’elaborazione delle politiche pubbliche, eserci-
tando pressioni a favore o contro specifiche iniziative 122.
Le politiche alimentari rappresentano gli sforzi congiunti di governi e privati per
influenzare il funzionamento del sistema alimentare; esse sono destinate a plasmare
l’ambiente decisionale di produttori, consumatori e rivenditori di alimenti. In altre
parole, esse comprendono tutte le politiche che influenzano il sistema alimentare e
la dieta delle persone.
Pertanto, è fondamentale definire gli obiettivi che ogni sistema deve raggiungere

122
HAWKES, C., & PARSONS, K. Brief 1: Tackling Food Systems Challenges: The Role
of Food Policy. In City Research Online. Centre for Food Policy. London. 2019.

57
e come raggiungerli (ad esempio, come produrre, qual è l’impatto ambientale pre-
visto o quali micronutrienti le diverse aziende decideranno di includere nei loro
prodotti).
Il sistema alimentare può essere definito come l’insieme degli attori, tra cui isti-
tuzioni coinvolte nelle decisioni, aziende e società civile, e delle risorse utilizzate
per svolgere tutte le attività relative alla produzione di cibo, alla sua trasformazione,
all’acquisto e alla commercializzazione di questi beni, e a queste attività in gene-
rale. Nel loro funzionamento, essi devono affrontare una tripla sfida, che prevede
di garantire la sicurezza alimentare e la nutrizione per tutti, di fornire mezzi di sus-
sistenza agli agricoltori, promuovendo così lo sviluppo rurale, e infine, i sistemi
alimentari devono garantire la sostenibilità ambientale attraverso l’utilizzo di ri-
sorse naturali che rispettino l’ambiente, riducano le emissioni di gas serra e soddi-
sfino le aspettative della società 123.
La politica alimentare rappresenta un elemento cruciale nel contesto dei sistemi
alimentari globali, influenzando direttamente la produzione, la distribuzione e il
consumo di cibo. I sistemi alimentari costituiscono una parte fondamentale delle
sfide globali attuali, poiché sono coinvolti in problemi quali salute pubblica, soste-
nibilità ambientale, sicurezza alimentare e disuguaglianze socioeconomiche 124. La
necessità di una riconsiderazione della politica alimentare emerge per affrontare le
sfide attuali e future, inclusi gli impatti negativi sulla salute, sull’ambiente e sulle
condizioni sociali causati dai sistemi alimentari inadeguati.
Le decisioni politiche, sia direttamente correlate al cibo sia indirette, influenzano
i sistemi alimentari a vari livelli, dalle politiche agricole alle regolamentazioni
sull’ambiente, dal lavoro all’educazione 125. La comprensione dei trade-off e l’ado-
zione di un approccio sistemico rappresentano un punto fondamentale nella formu-
lazione di politiche alimentari efficaci, in grado di bilanciare interessi divergenti e

123
OECD. Innovation, Productivity and Sustainability in Food and Agriculture: Main
Findings from Country Reviews and Policy Lessons. OECD Publishing. 2019.
https://www.oecd-ilibrary.org/sites/c9c4ec1d-
en/index.html?itemId=/content/publication/c9c4ec1d-en
124
Op. cit., HAWKES AND PARSONS, Brief 1: Tackling Food Systems Challenges: The
Role of Food Policy, 2019.
125
OECD. Making Better Policies for Food Systems. https://www.oecd-
ilibrary.org/content/publication/ddfba4de-en 2021.

58
di promuovere equità e sostenibilità 126.
I sistemi alimentari, al centro delle sfide della sicurezza alimentare e della mal-
nutrizione, richiedono politiche e interventi mirati a garantire la disponibilità di
cibo, preservando allo stesso tempo l’ambiente e promuovendo la salute umana 127.
Il superamento di questa “triplice sfida” richiede una riflessione critica sulle poli-
tiche esistenti e sull’adozione di nuovi approcci per garantire un sistema alimentare
equo, sostenibile e nutriente 128.
Questi obiettivi fondamentali, che sono interconnessi, richiedono l’implementa-
zione di politiche integrate, al fine di non affrontare in modo isolato le questioni
relative a una vita dignitosa e sostenibile, in particolare nel contesto dell’alimenta-
zione.
Un elemento essenziale dei sistemi alimentari, che emerge da un approccio più
integrato, è la governance, cioè l’interazione tra entità pubbliche e/o private che
possono intervenire per raggiungere gli obiettivi, influenzando significativamente i
risultati della sicurezza alimentare e nutrizionale.
Tuttavia, queste connessioni e relazioni sono mutate nel tempo a seguito dei pro-
cessi di smantellamento dello Stato sociale, che hanno portato a un decentramento
della governance tra attori più strettamente collegati ai singoli cittadini. Inoltre, la
globalizzazione ha reso possibile il trasporto di qualsiasi bene in qualsiasi luogo,
anche a migliaia di chilometri di distanza, in un lasso di tempo molto breve. Più
specificamente, la governance alimentare implica l’effettiva fornitura di sicurezza
alimentare e nutrizione a tutti i membri della società, in particolare ai più vulnera-
bili.
Le politiche rappresentano un elemento critico della governance in quanto sono
multisettoriali, il che significa che il successo dello sviluppo e dell’attuazione delle
politiche richiede la collaborazione tra diversi individui, istituzioni e sistemi 129.

126
BROUWER, I. D., MCDERMOTT, J., & RUBEN, R. Food systems everywhere:
Improving relevance in practice. in Global Food Security, 26, 100398.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2211912420300523 2020.
127
FANZO, J. Achieving Food Security Through a Food Systems Lens In C. Béné & S.
Devereux (Eds.), Resilience and Food Security in a Food Systems Context. Palgrave
Studies in Agricultural Economics and Food Policy. Brighton, UK. 2023.
128
https://www.wur.nl/en/show/Food-System-Policy-Processes.htm
129
FANZO, J., & DAVIS, C. Transformations Across Diets and Food Systems. In Global
Food Systems, Diets, and Nutrition: Linking Science, Economics, and Policy (pp. 71-84).

59
Ad esempio, nei Paesi con una solida governance alimentare, i governi si impe-
gnano a elaborare piani alimentari nazionali come parte della strategia di sviluppo
nazionale, convocando comitati di coordinamento intersettoriali e conducendo re-
golarmente indagini e raccolte di dati.
In ambito alimentare, l’attuale approccio richiesto ai responsabili delle politiche
si orienta verso una visione più integrata e globale, superando l’adozione di politi-
che frammentate che potrebbero condurre a risultati incoerenti. Questo nuovo pa-
radigma richiede di gestire le divergenze e le preferenze eterogenee tra gli attori
coinvolti, spesso con problemi e obiettivi differenti, al fine di sviluppare politiche
più efficaci e inclusive.
Tale approccio, oltre a favorire una maggiore consapevolezza delle interconnes-
sioni tra diversi ambiti politici, permette una migliore cooperazione tra comunità
politiche a livello nazionale, globale e locale, promuovendo una visione più allar-
gata dell’intero sistema alimentare 130.
In aggiunta, le politiche alimentari devono necessariamente considerare i diritti
dei lavoratori, le necessità delle comunità rurali e l’accesso equo al cibo per le fasce
a basso reddito.
Recentemente, i responsabili delle politiche hanno avuto un ruolo in evoluzione,
puntando maggiormente a garantire non solo una maggiore qualità dei prodotti ali-
mentari, ma anche un loro prezzo accessibile per tutti. Questo approccio mira a
promuovere una disponibilità di cibo migliore piuttosto che una quantità maggiore.
Negli ambienti economicamente svantaggiati, spesso si tende a optare per alimenti
economici ma di scarsa qualità, impattando negativamente sulla salute delle per-
sone.
È essenziale riconoscere che i modelli di consumo alimentare non salutari pos-
sono costituire un onere per la salute pubblica, contribuendo all’aumento di malattie
e problemi legati alla malnutrizione.
L’adozione di politiche alimentari dovrebbe necessariamente considerare i diritti
dei lavoratori, le esigenze delle comunità rurali e l’accesso al cibo per le persone a

Springer International Publishing. Cham. 2021.


130
Op. cit., OECD., Innovation, Productivity and Sustainability in Food and
Agriculture: Main Findings from Country Reviews and Policy Lessons. 2019.

60
basso reddito. Negli ultimi anni, i responsabili politici hanno dovuto rivedere il loro
ruolo, ponendo maggiore enfasi sulla ricerca di una maggiore qualità dei prodotti
alimentari ad un prezzo accessibile per tutti, piuttosto che concentrarsi sulla quan-
tità. Nei contesti economicamente svantaggiati, si verifica spesso l’acquisto di ge-
neri alimentari a basso costo ma di scarsa qualità, con impatti negativi sulla salute.
I modelli di consumo alimentare non salutari rappresentano un onere per la salute
pubblica, potenzialmente associati ad un aumento delle malattie e della malnutri-
zione. Gli interventi pubblici dovrebbero mirare direttamente ai consumatori, for-
nendo informazioni sulla dieta, programmi educativi e consulenze nutrizionali, con
un’attenzione particolare all’educazione alimentare nelle scuole 131.
Parallelamente, è possibile incentivare l’industria alimentare a modificare for-
mulazioni, etichettature e strategie di marketing per promuovere alimenti più salu-
tari. I governi potrebbero anche contemplare l’introduzione di tasse sui prodotti ali-
mentari legate alla salute per spingere i consumatori a riconsiderare le loro scelte
alimentari.
Le politiche alimentari devono focalizzarsi sullo sviluppo di nuovi regolamenti
sull’uso delle risorse e sulla definizione di standard di lavorazione. Questi interventi
devono garantire la conservazione delle risorse naturali, sostenere i mezzi di sussi-
stenza agricoli e contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Tuttavia, la gestione efficiente delle risorse, pur essendo cruciale per alimentare
una popolazione in crescita, potrebbe avere conseguenze negative sulla nutrizione
generale, facilitando l’aumento dell’offerta di cibi poco salutari e altamente proces-
sati 132.
Le politiche alimentari hanno subito un notevole cambiamento nel tempo. Se in
passato si concentravano sulla riduzione della fame e sull’aumento della produtti-
vità alimentare, oggi l’attenzione è maggiormente rivolta verso problematiche quali
l’urbanizzazione, l’obesità e le dinamiche del commercio globale. Tuttavia, la mag-
gior parte di queste politiche è di natura frammentata, affrontando specifici aspetti

131
INSTITUTE, I. F. P. R. 2022 global food policy report: climate change and food
systems. In: International Food Policy Research Institute Washington, DC, USA, 2022,
SWINNEN, J., KOSEC, K., HEBEBRAND, C., STEDMAN-EDWARDS, P., YOSEF, S., DAVIS, C.,
FALIK, J., ABAY, K., AKRAMOV, K., & BELTON, B. Global food policy report 2023:
Rethinking food crisis responses. in. 2023.
132
Op. cit., OECD, Making Better Policies for Food Systems. 2021.

61
del sistema alimentare anziché considerare in modo completo le sfide attraverso un
approccio olistico.
Le riforme politiche diventano cruciali anche se complesse. I governi devono
attuare politiche di mitigazione e adattamento, incentivare la produzione riducendo
le emissioni e favorire la libertà nel mercato agro-alimentare. È fondamentale che
tali politiche siano orientate a garantire cibo nutriente a costi accessibili per tutti,
eliminando politiche inadeguate o ingiuste, controllando costantemente i prezzi di
mercato e assicurando la disponibilità di cibo.
Ulteriori politiche pubbliche per migliorare la sostenibilità ambientale potreb-
bero includere misure per aumentare la trasparenza e la tracciabilità lungo la catena
alimentare. L’utilizzo di tecnologie digitali potrebbe fornire nuove opportunità per
migliorare la raccolta, l’elaborazione e la condivisione dei dati, oltre a garantire una
maggiore trasparenza nelle pratiche di approvvigionamento 133.
È imperativo formulare politiche capaci di soddisfare le reali esigenze dei con-
sumatori e dei produttori, integrando azioni provenienti da contesti più vicini alla
società civile, come le comunità locali. In risposta alle crisi scaturite dalla pandemia
e dal conflitto tra Russia e Ucraina, vengono implementate risposte a livello nazio-
nale, ad esempio con divieti di esportazione di colture di base e fertilizzanti. La crisi
energetica, derivante da tali eventi, potrebbe presentare gravi problemi a livello eu-
ropeo, minacciando la disponibilità di cibo per i più vulnerabili a causa dell’au-
mento dell’inflazione e della scarsità di risorse economiche 134.

2.2.2 Il commercio internazionale nelle politiche pubbliche


L’agricoltura rimane uno dei settori con il maggior numero di occupati a livello
mondiale, soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo. Organizzazioni internazionali
come il GATT (successivamente il WTO) hanno sostenuto la liberalizzazione del
commercio internazionale per garantire una migliore sicurezza alimentare su scala
globale. Questo commercio è essenziale per la distribuzione e il movimento di di-
versi tipi di alimenti, con differenti valori nutrizionali, in tutto il mondo.

133
Op. cit., OECD., Innovation, Productivity and Sustainability in Food and
Agriculture: Main Findings from Country Reviews and Policy Lessons. 2019.
134
ABAY, K. A., BREISINGER, C., GLAUBER, J., KURDI, S., LABORDE, D., & SIDDIG, K.
The Russia-Ukraine war: Implications for global and regional food security and potential
policy responses. in Global Food Security, 36, 100675. 2023.

62
Sebbene il commercio aperto sia associato a prezzi più bassi per i prodotti ali-
mentari, i suoi effetti possono rendere le opzioni salutari inaccessibili per le fasce
più bisognose. La globalizzazione e la liberalizzazione del commercio spesso faci-
litano l’accesso a cibi ad alta densità energetica e altamente trasformati, con scarsa
valenza nutrizionale, specialmente nelle aree urbane dei Paesi a basso e medio red-
dito.
Attualmente, il commercio internazionale influenza notevolmente la produzione
agricola ed è dominato dai Paesi più ricchi ed avanzati che costituiscono sia i mag-
giori mercati di esportazione che di importazione 135. Questa situazione rende diffi-
cile ai Paesi più poveri esportare le loro materie prime e importare prodotti finiti.
La liberalizzazione dei mercati, attraverso accordi internazionali e organizzazioni
come il GATT e il WTO, ha favorito la riduzione delle tariffe sull’importazione di
prodotti non prodotti internamente e ha sostenuto i sussidi per le esportazioni.
Il commercio internazionale potrebbe agevolare una migliore relazione tra do-
manda e offerta all’interno dei vari Paesi, consentendo il trasferimento di beni che
altrimenti verrebbero sprecati 136. Tuttavia, l’incremento dei prezzi determinato
dalle varie crisi recenti può compromettere la possibilità delle famiglie più povere
di diversificare la loro dieta, rendendo difficile l’acquisto di alimenti base come
riso, mais e frumento, fondamentali per garantire l’apporto calorico necessario.
In contesti come l’Etiopia, l’aumento dei prezzi alimentari ha portato a una ri-
duzione dei pasti giornalieri e al passaggio a cibi meno graditi, mentre in zone rurali
della Repubblica Unita di Tanzania, gli aumenti dei prezzi del mais hanno ridotto
la domanda di altri nutrienti, influenzando i livelli di carenza di ferro e vitamina A.
Il commercio internazionale può non solo attenuare l’impatto dei cambiamenti
climatici e delle crisi sui prezzi e sulla produzione agricola, ma può anche rafforzare
la diversità e la sicurezza alimentare, promuovendo diete migliori 137. Le politiche
commerciali non solo influenzano la disponibilità di cibo su scala globale, ma anche
la produzione e le importazioni di alimenti a livello nazionale e mondiale, e possono
modificare i modelli di produzione, promuovendo miglioramenti nelle pratiche di

135
Op. cit., FANZO AND DAVIS, Transformations Across Diets and Food Systems, 2021.
136
STEIER, G., & PATEL, K. K. International food law and policy. Springer. 2016.
137
https://www.fao.org/newsroom/detail/global-report-on-food-crises-acute-food-
insecurity-hits-new-highs/it

63
produzione e distribuzione alimentare.

2.2.3 L’agricoltura e politiche alimentari


Il settore agricolo rappresenta la principale fonte di arricchimento e di sostenta-
mento per molti Paesi nel mondo. Di conseguenza, le politiche da attuare in questo
settore devono considerare ogni minimo dettaglio dei prodotti agricoli per essere
veramente efficaci e non perdersi nella complessità del sistema.
Oggi è cruciale monitorare l’agricoltura moderna intensiva, che potrebbe causare
danni a lungo termine. Una strategia per farlo è supportare maggiormente l’agricol-
tura sostenibile, biologica e basata su produzioni locali. In questo modo si pone
maggiore attenzione sui prodotti tipici e sulla promozione culturale, superando al-
cuni regolamenti che non proteggono sufficientemente il consumatore.
Tuttavia, la produzione agricola su larga scala o intensiva può avere impatti ne-
gativi sull’ambiente, come deforestazione, erosione del suolo e riduzione della bio-
diversità. Anche se politiche come il Green Deal avevano obiettivi ambientali e
sociali, la loro implementazione ha semplificato eccessivamente l’agro-ecosistema,
con una meccanizzazione e una ridotta biodiversità che non hanno risolto le proble-
matiche della produzione errata.
Le politiche per contrastare la fame finora si sono concentrate sull’aumento della
produzione alimentare tramite politiche settoriali centralizzate, ma hanno avuto
solo un modesto impatto sulla riduzione della fame.
Tra le varie politiche agricole reintrodotte, si trovano i sussidi agricoli, che mi-
rano a garantire una migliore salute umana e ambientale e a promuovere l’adozione
di pratiche sostenibili nella produzione. Tuttavia, nel passato questi sussidi hanno
creato problemi, portando a diete non sane in zone che non potevano sostenere pro-
duzioni salutari e sostenibili. La reintroduzione di questi finanziamenti mira a be-
neficiare sia i produttori che i consumatori.
Tali sussidi dovrebbero supportare economicamente i prodotti locali mantenen-
done i prezzi più elevati sul mercato. Dovrebbero anche trasferire pagamenti ai pro-
duttori in base all’impatto delle loro risorse sull’ambiente e sui prodotti finali, pre-
miando coloro che preservano la biodiversità e l’ambiente.
Tuttavia, è necessario rivedere radicalmente l’uso dei sussidi agricoli in tre
aspetti principali: riformularli per promuovere diete sane e sostenibili, affrontare la

64
disparità tra i livelli di sussidi nei diversi Paesi e considerare come i sussidi a livello
mondiale possano sostenere meglio i beni pubblici globali.
Queste politiche agricole hanno molteplici obiettivi: promuovere l’efficienza,
correggere i fallimenti di mercato, sostenere l’equità e garantire beni pubblici alla
società. I sostegni agricoli includono pagamenti diretti per mantenere i redditi agri-
coli, sussidi per i fattori di produzione e investimenti nella ricerca e sviluppo.
La riduzione degli investimenti pubblici degli ultimi anni richiede un coinvolgi-
mento del settore privato attraverso partenariati pubblico-privati, al fine di sfruttare
appieno nuove tecnologie per affrontare i rischi del cambiamento climatico e mi-
gliorare l’efficienza della catena alimentare, riducendo le perdite dalla raccolta alla
vendita al dettaglio.
Durante i primi anni del nuovo millennio, l’alimentazione ha perso il suo ruolo
principale nei programmi degli Stati considerati sviluppati, dove grazie agli inter-
venti implementati la fame e la povertà hanno mostrato un calo significativo. Tut-
tavia, nel Sud globale, specialmente in America Latina e in Africa, la malnutrizione
è rimasta diffusa nonostante l’ottimismo delle istituzioni e della società civile. In
risposta, si sono resi necessari approcci territoriali che considerassero la diversità
geografica e la capacità di reazione agli shock come soluzioni per affrontare le pro-
blematiche strutturali ed emergenti della sicurezza alimentare, come la fame e la
malnutrizione su scala globale.
Durante questo periodo, la sicurezza alimentare ha assunto un’importanza sem-
pre maggiore sia a livello settoriale sia nelle decisioni urbanistiche, in conseguenza
dell’aumento dell’urbanizzazione mondiale. Questa prospettiva sulla sicurezza ali-
mentare, particolarmente centrale nelle aree urbane, è stata accompagnata da di-
verse crisi, tra cui la crisi finanziaria del 2007/2008, il cambiamento climatico con-
tinuo e un’insicurezza alimentare crescente, che ha richiesto un cambiamento nei
regimi alimentari.
Si è verificata una fase di sperimentazione politica durante la quale si è svilup-
pata una nuova equazione alimentare, caratterizzata dall’aumento dei prezzi dei
prodotti alimentari, dalla diminuzione delle risorse naturali, dall’appropriazione
delle terre e dalle tensioni sociali, nonché dagli impatti del cambiamento

65
climatico 138. Questo nuovo concetto di sicurezza alimentare ha portato a un ricono-
scimento dell’importanza delle città, luoghi dove si concentrano molti attori econo-
mici e politici e dove si prendono decisioni che influenzano il sistema alimentare
globale.
Le città sono state viste come luoghi altamente influenzabili, dove le privazioni
dei beni essenziali come cibo e acqua possono facilmente scatenare proteste politi-
che 139. Tuttavia, sono anche luoghi dove si manifestano movimenti di opposizione
e resistenza che cercano soluzioni per i problemi del sistema alimentare contempo-
raneo attraverso attività come i movimenti alimentari, le politiche alimentari urbane
e le reti alimentari alternative 140.
Le città rappresentano un’importante area di intervento strategico per orientare
le politiche verso modelli più resilienti, riconoscendo nella produzione agricola un
fenomeno integrato nella vita cittadina anziché antitetico a essa 141. La nuova geo-
grafia della sicurezza alimentare ha dato spazio a un nuovo localismo che ha coin-
volto la società civile nelle decisioni, ma che ha richiesto un equilibrio tra la pro-
duzione locale e il consumo di alimenti stagionali e la globalizzazione delle catene
alimentari 142.
Le politiche alimentari urbane sono diventate un elemento chiave nel dibattito
sulla sostenibilità e sull’efficienza dei sistemi alimentari, coinvolgendo sia approcci
istituzionalizzati che processi spontanei attuati dai policymaker 143. Sono state svi-
luppate come risposta alle esternalità negative del sistema alimentare dominante e

138
SONNINO, A., CHULUUNBAATAR, D., & RUANE, J. Food security, sustainability and
agricultural innovation. in Geotema, 20(52), 27-30. 2016, SONNINO, R. The new
geography of food security: exploring the potential of urban food strategies. in The
Geographical Journal, 182(2), 190-200. 2016.
139
MORGAN, K., & SONNINO, R. The urban foodscape: world cities and the new food
equation. in Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, 3(2), 209-224. 2010.
140
DANSERO, E., PETTENATI, G., & TOLDO, A. Il rapporto fra cibo e città e le politiche.
Urbane del cibo: uno spazio per la geografia?/[The Relationship between Food and Cities
and Urban Food Policies: a Space for Geography?]. in Bollettino della Società Geografica
Italiana, 10(1-2), 5-22. 2017.
141
SPADARO, C., & PETTENATI, G. Le politiche urbane del cibo come possibile arena
per la governance climatica urbana. in Rivista Geografica Italiana 129(2), 92-109. 2022b.
142
Op. cit., DANSERO, PETTENATI AND TOLDO, Il rapporto fra cibo e città e le politiche.
Urbane del cibo: uno spazio per la geografia?/[The Relationship between Food and Cities
and Urban Food Policies: a Space for Geography?]. 2017.
143
DEZIO, C., & MARINO, D. Il cibo nelle politiche urbane. La sfida della pianificazione
alimentare. in EyesReg, 6, 137-139. 2016.

66
hanno assunto diverse forme di governance, coinvolgendo attori diversi e puntando
a obiettivi specifici. Queste politiche urbane sono emerse come uno strumento es-
senziale per affrontare l’insicurezza alimentare, un problema che riguarda non solo
i Paesi in via di sviluppo ma anche molte realtà sviluppate tanto che New York e
Londra, nonostante il loro status nel capitalismo globale, furono le prime città nelle
quali furono create delle strategie politiche urbane per far fronte allo spettro della
fame dalle loro strade 144.
Durante gli ultimi decenni, numerose città, soprattutto nei Paesi del Nord, hanno
avviato strategie di resilienza urbana per affrontare i cambiamenti climatici, consi-
derati una delle principali fonti di shock e stress esterni per i sistemi alimentari
urbani nel XXI secolo. Esempi notevoli includono Rotterdam e Copenaghen, che
hanno implementato interventi su componenti sociali, ecologiche e tecnologiche
per attenuare gli impatti dei cambiamenti climatici locali, basandosi su valutazioni
degli scenari IPCC 145. Questi interventi hanno coinvolto la creazione di infrastrut-
ture verdi e blu 146 per aumentare la resilienza delle città contro precipitazioni

144
Op. cit., MORGAN AND SONNINO, The urban foodscape: world cities and the new
food equation. 2010.
145
L’International Panel on Climate Change (IPCC) rappresenta l’organo principale a
livello internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Fondato nel 1988 dalla
World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment
Programme (UNEP), l’IPCC è stato creato con l’obiettivo di fornire una visione completa
e scientificamente accurata dello stato attuale delle conoscenze riguardanti i cambiamenti
climatici e le loro possibili implicazioni sia sull’ambiente che sulle dinamiche
socioeconomiche.
L’IPCC svolge un ruolo cruciale nel raccogliere e sintetizzare informazioni scientifiche
di alta qualità provenienti da esperti e ricerca in vari campi legati ai cambiamenti climatici.
Questi dati vengono successivamente analizzati per produrre relazioni e rapporti che
riflettono lo stato attuale della ricerca climatica a livello globale.
Il principale obiettivo dell’IPCC è quello di fornire ai decisori politici, alle
organizzazioni internazionali e alla società nel suo complesso informazioni scientifiche
obiettive e affidabili sui cambiamenti climatici. Attraverso la diffusione di queste
informazioni, l’IPCC mira a informare e guidare le decisioni politiche e le azioni volte ad
affrontare e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici su scala globale.
146
Le infrastrutture verdi rappresentano un insieme di elementi progettati con l’obiettivo
di migliorare la qualità ambientale e fornire servizi di interesse pubblico. Queste
infrastrutture agiscono come dispositivi che contribuiscono a diversi scopi:
1. Riducono la frammentazione degli habitat naturali: le infrastrutture verdi sono
progettate per limitare la separazione o la frammentazione degli habitat naturali,
preservando la continuità degli ecosistemi.
2. Ripristinano i processi naturali nelle città: esse mirano a reintrodurre o migliorare
i processi naturali all’interno degli ambienti urbani, consentendo il funzionamento
di cicli ecologici tipici degli ecosistemi naturali.

67
intense e ondate di calore.
Bologna, attraverso il progetto Life Blue Ap, ha anch’essa adottato misure per
mitigare gli impatti locali dei cambiamenti climatici sulla salute umana e sull’equi-
librio urbano generale, considerando le ondate di calore e le precipitazioni più in-
tense 147.
Il problema dell’insicurezza alimentare, soprattutto per i bambini, ha richiesto
una nuova progettazione dell’agricoltura urbana per garantire un approvvigiona-
mento alimentare proveniente dall’interno della città o dalle aree circostanti. Questa
prospettiva locale sull’alimentazione ha ridefinito le relazioni tra le aree urbane e
rurali, sottolineando il ruolo centrale della scala urbana.
Nella letteratura, si distingue tra “urban food gardening” (giardinaggio urbano)
e “urban farming” (agricoltura urbana professionale), distinguendo tra attività agri-
cole non profit e pratiche agricole a livello professionale che traggono beneficio
dalla vicinanza alla città 148.
Entrambe le forme di produzione possono costituire una fonte di reddito signifi-
cativa, migliorando l’accesso ad alimenti nutrienti e contribuendo alla stabilità del
consumo alimentare delle famiglie.
L’agricoltura urbana, coinvolgendo dal 10% al 70% delle famiglie, garantisce
diversità alimentare e apporti calorici sostanziali, diventando un aspetto non

3. Aumentano la biodiversità e la capacità di autorigenerazione: favoriscono la


diversità biologica, contribuendo all’incremento delle specie vegetali e animali e
allo sviluppo di ecosistemi più resilienti.
4. Costruiscono corridoi di connessione con habitat esterni: consentono la creazione
di percorsi o corridoi ecologici che facilitano lo scambio di specie e la connessione
con habitat esterni, promuovendo la biodiversità e la sopravvivenza delle specie.
5. Riducono l’impronta ecologica delle città: le infrastrutture verdi contribuiscono a
limitare l’espansione delle aree urbane sul territorio circostante, preservando e
proteggendo gli ecosistemi naturali.
6. Incrementano la resilienza dell’ecosistema urbano: potenziano la capacità delle
città di sopportare gli impatti ambientali, migliorando le prestazioni ambientali e
rafforzando la capacità di adattamento alle variazioni climatiche.
7. Mitigano gli effetti del cambiamento climatico: attraverso la loro progettazione e
implementazione, le infrastrutture verdi possono contribuire a ridurre gli effetti
negativi del cambiamento climatico, ad esempio attraverso la riduzione delle
temperature urbane e l’assorbimento di CO2.
147
COPPOLA, E. Infrastrutture sostenibili urbane. INU Edizioni–Collana Accademia.
2016.
148
BRANDUINI, P. N., & LAVISCIO, R. Agricoltura urbana in Italia: primi esiti di un
lavoro di confronto. in Agriregionieuropa, 44, 39-42. 2016.

68
trascurabile dell’economia urbana 149.
La centralità dell’agricoltura urbana è determinata non solo dalle sue diverse
possibilità di reddito e apporto alimentare, ma anche dai limiti delle moderne prati-
che agricole intensive e dalla necessità di trovare soluzioni alternative. Inoltre, evi-
denzia i cambiamenti nelle dinamiche rurali-urbane e le migrazioni in entrambe le
direzioni.
L’importanza delle piccole aziende agricole nel contesto urbano è al centro di
importanti dibattiti politici, richiedendo politiche di sostegno se risultano benefiche
per l’ambiente e la società complessiva, mentre potrebbero richiedere interventi
specifici in situazioni problematiche 150.
Organizzazioni come l’International Food Policy Research Institute (IFPRI) e
la Food and Agriculture Organization (FAO) hanno contribuito significativamente
alla promozione dell’agricoltura urbana 151. L’IFPRI ha sviluppato politiche che
hanno incoraggiato l’agricoltura urbana come strategia di autoproduzione e soprav-
vivenza per le famiglie, mentre la FAO ha introdotto concetti innovativi come il
“City Region Food System” 152, che mira a creare sistemi alimentari locali e

149
ZEZZA, A., & TASCIOTTI, L. Urban agriculture, poverty, and food security:
Empirical evidence from a sample of developing countries. in Food Policy, 35(4), 265-273.
2010.
150
BRUNORI, G., GALLI, F., GRANDO, S., & PAOLO, P. Il ruolo delle piccole aziende
agricole europee nei sistemi alimentari sostenibili e nella sicurezza alimentare e
nutrizionale. in Nutridialogo 2, 163-176. 2020.
151
GIOVANELLI, G. Le politiche urbane del cibo tra sostenibilità e crisi. Sapienza
University Press. Roma. 2022.
152
Il concetto di “City Region Food System” (CRFS) rappresenta un sistema complesso
e interconnesso che coinvolge diversi attori, processi e interazioni legati alla produzione,
trasformazione, commercializzazione e consumo di alimenti all’interno di una specifica
regione geografica. Quest’area include un nucleo urbano centrale e il suo circondario, che
può estendersi sia in zone periurbane che rurali. Questo sistema si sviluppa in un paesaggio
regionale in cui vengono gestiti i movimenti di persone, beni e servizi ecosistemici.
Il CRFS è una rete intricata che coinvolge diversi elementi:
1. Produzione alimentare: comprende le attività agricole, la coltivazione di colture
e la produzione di alimenti sia nelle aree rurali circostanti che nelle zone
periurbane.
2. Trasformazione: coinvolge la lavorazione e la trasformazione degli alimenti dai
processi primari (come la coltivazione) a quelli più avanzati (come la
trasformazione industriale o artigianale).
3. Commercio: riguarda la distribuzione, la commercializzazione e la logistica degli
alimenti, inclusi i mercati, i canali di distribuzione, i trasporti e la vendita al
dettaglio.
4. Consumo: comprende gli individui, le comunità e gli enti che consumano gli

69
sostenibili.
Un altro importante passo in avanti è stata l’Agenda Urbana Europea (AUE) 153,
lanciata nel 2016, che ha definito una serie di obiettivi focalizzati sullo sviluppo
sostenibile delle aree urbane. Questi obiettivi includono l’inclusione dei migranti,
la qualità dell’aria, la riduzione della povertà, l’economia circolare, l’adattamento
ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile del territorio e altro ancora.
Le Politiche Urbane del Cibo (PUC) mirano a integrare i sistemi alimentari nelle
politiche urbane esistenti, coinvolgendo la società civile e i movimenti legati al cibo
nella definizione delle politiche. Queste politiche mirano a integrare le diverse po-
litiche settoriali relative alla produzione, distribuzione e consumo di cibo, puntando
a strategie più sostenibili e inclusive 154.

alimenti, inclusi i comportamenti alimentari, le scelte di acquisto e i modelli di


consumo.
Il CRFS si estende oltre il semplice flusso degli alimenti, coinvolgendo anche servizi
ecosistemici, come la gestione delle risorse naturali, la biodiversità, la gestione dei rifiuti
alimentari e l’accesso all’acqua.
Questo sistema è orientato a garantire un approvvigionamento alimentare sicuro, equo,
sostenibile e resiliente per le comunità urbane e i territori circostanti. Si concentra sulla
gestione integrata dei processi alimentari e sull’ottimizzazione della relazione tra
produzione, distribuzione e consumo alimentare, con una particolare attenzione alla
riduzione dello spreco alimentare, alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità ambientale.
Inoltre, il CRFS mira a promuovere una maggiore consapevolezza della provenienza
degli alimenti, incoraggiando la collaborazione tra attori locali, istituzioni, produttori,
distributori e consumatori per sviluppare un sistema alimentare più sostenibile e resiliente
a livello regionale.
https://www.fao.org/in-action/food-for-cities-programme/overview/crfs/en/
153
Il “Patto di Amsterdam”, noto anche come Agenda Urbana Europea, rappresenta un
impegno chiave dell’Unione Europea verso lo sviluppo sostenibile, equilibrato e integrato
delle città. Questa iniziativa si ispira ai principi delineati nella nuova Agenda Urbana delle
Nazioni Unite, che mira a promuovere uno sviluppo urbano armonico e sostenibile.
Il Patto di Amsterdam invita attivamente le città europee a svolgere un ruolo più
significativo all’interno della legislazione dell’Unione Europea. Le città sono incoraggiate
a partecipare attivamente ai finanziamenti dell’UE e a condividere le loro esperienze e
conoscenze. Quest’ultimo punto mira a rendere più accessibili e comprensibili le realtà e
le dinamiche delle città per i cittadini, permettendo loro di comprendere meglio il contesto
in cui vivono.
Attraverso questa Agenda Urbana, l’UE promuove un coinvolgimento più attivo delle
città nell’elaborazione delle politiche europee, incoraggiando la condivisione di buone
pratiche e l’interazione tra le città stesse. Inoltre, si mira a facilitare una maggiore
trasparenza e comprensione delle decisioni e delle iniziative prese a livello cittadino e a
favorire l’accesso ai finanziamenti europei per sostenere lo sviluppo urbano sostenibile.
https://asvis.it/approfondimenti/22-869/il-patto-di-amsterdam-per-lagenda-urbana-
dellunione-europea
154
SPADARO, C., & PETTENATI, G. Le politiche urbane del cibo come possibile arena
per la governance climatica urbana. in RRivista Geografica Italiana 129(2), 92-109.

70
In definitiva, le politiche alimentari urbane rappresentano un campo d’azione
diversificato, con una vasta gamma di obiettivi e forme di governance che vanno
dalla promozione della produzione locale e sostenibile di cibo alla riduzione degli
sprechi alimentari. Queste politiche, osservate a livello locale e urbano, mostrano
come gli attori e i contesti locali possano influenzare le geografie complesse della
globalizzazione nel settore alimentare 155.
Le sperimentazioni per ripensare i sistemi alimentari hanno messo in evidenza
la necessità di riconfigurare i rapporti di potere nella regolamentazione delle politi-
che alimentari. Un equilibrio rinnovato tra privati, società civile e attori pubblici è
stato promosso attraverso l’istituzione dei Food Policy Councils 156. Le aziende pri-
vate, agendo con rapidità nella destinazione di risorse finanziarie e nella ridefini-
zione delle priorità, possono accelerare l’attuazione di politiche urbane del cibo 157.
Secondo le osservazioni di Roberta Sonnino 158, le politiche urbane non si con-
centrano su un contesto territoriale ben definito, ma piuttosto cercano di creare un
continuum spaziale, economico, ambientale e sociale che coinvolge diversi attori e
interessi. Concentrandosi su queste interazioni, tali strategie hanno rinnovato

2022a.
155
Op. cit., DANSERO, PETTENATI AND TOLDO, Il rapporto fra cibo e città e le politiche.
Urbane del cibo: uno spazio per la geografia?/[The Relationship between Food and Cities
and Urban Food Policies: a Space for Geography?]. 2017.
156
I Food Policy Councils sono organizzazioni che riuniscono rappresentanti di diversi
settori legati al cibo con l’obiettivo di esaminare il funzionamento del sistema alimentare e
formulare raccomandazioni per migliorare le abitudini alimentari. Questi consigli
assumono varie forme, spesso istituiti dal governo a livello statale o locale, e hanno
dimostrato successo nell’istruire sia gli ufficiali pubblici che il pubblico in generale. Essi
sono stati efficaci nel plasmare le politiche pubbliche, nel migliorare il coordinamento tra
programmi esistenti e nell’avviare nuove iniziative.
Le loro azioni includono la mappatura e la promozione delle risorse alimentari locali,
l’istituzione di nuove rotte di trasporto per collegare aree poco servite con negozi di
alimentari a servizio completo, la promozione di acquisti da parte delle agenzie governative
direttamente dagli agricoltori locali e la creazione di orti comunitari e mercati agricoli.
Queste iniziative sono finalizzate a migliorare l’accesso ai prodotti alimentari freschi e
locali, a sostenere l’agricoltura locale e a promuovere la consapevolezza sui vantaggi di
un’alimentazione più sana e sostenibile. HARPER, A., SHATTUCK, A., HOLT-GIMÉNEZ, E.,
ALKON, A., & LAMBRICK, F. Food policy councils: Lessons learned. ©2009 Institute for
Food and Development Policy. 2009.
157
GIANNELLI, N., PAGLIALUNGA, E., & TURATO, F. Le politiche per la sicurezza
alimentare e la sostenibilità nel contesto europeo e degli accordi commerciali
internazionali. in Argomenti(18). 2021.
158
Op. cit., SONNINO, The new geography of food security: exploring the potential of
urban food strategies. 2016.

71
l’attenzione sul ruolo fondamentale delle infrastrutture fisiche e sottolineato l’im-
portanza di integrare politiche diverse per migliorare la sicurezza e la sostenibilità
alimentare.
Queste politiche possono influenzare diverse fasi dei sistemi alimentari, dalla
produzione alla distribuzione, al consumo e alla gestione dei rifiuti del settore
agroalimentare. Le politiche specifiche, adattate al contesto locale e basate sulle
condizioni e le conoscenze locali, risultano cruciali per costruire sistemi alimentari
più resilienti, produttivi e responsabili.
La caratteristica peculiare delle aree rurali è spesso il loro legame con zone scar-
samente popolate e con limitati servizi e connessioni con città più dense 159.
Queste aree possono essere vulnerabili all’insicurezza alimentare a causa della
mancanza di sviluppo e accesso limitato ai mercati. Tuttavia, se promosse politiche
mirate, le interazioni tra aree rurali e urbane possono costituire una via per lo svi-
luppo, collegando maggiormente le comunità al mercato e creando nuove opportu-
nità di lavoro.
L’approccio territoriale allo sviluppo richiede un coinvolgimento attivo della po-
polazione locale come attore centrale del cambiamento. Lo sviluppo rurale coin-
volge lo Stato, il mercato, la società civile e i sistemi di conoscenza, strumenti
chiave per la creazione di politiche efficaci. Un adeguato sviluppo rurale può mi-
gliorare la sicurezza alimentare, ma è cruciale l’attenzione a un’economia locale
diversificata e al mantenimento delle risorse all’interno della regione.
Le politiche agricole, spesso concentrate solo sul settore agricolo, hanno sotto-
valutato le potenzialità delle comunità rurali. Gli attori locali devono garantire un
accesso equo alla terra e alle risorse agricole, promuovere investimenti nelle infra-
strutture e servizi rurali, e favorire politiche per migliorare l’accesso al cibo e la
produttività agricola.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel
suo rapporto del 2006 sul Nuovo Paradigma Rurale 160, evidenziò la necessità di
evolvere i contesti rurali per modificare il paradigma delle politiche di sviluppo

https://www.fao.org/cfs/cfs-hlpe/en/
159

PUBLISHING, O. The new rural paradigm: Policies and governance. Organisation for
160

Economic Co-operation and Development. 2006.

72
rurale. Questo nuovo paradigma si è caratterizzato per una maggiore attenzione ai
luoghi anziché ai settori economici e un’enfasi maggiormente incentrata sugli inve-
stimenti piuttosto che sui trasferimenti e le sovvenzioni nazionali.
Le sfide affrontate includevano un ambiente internazionale competitivo più im-
pegnativo, una popolazione rurale in crescita rapida, una maggiore pressione sulle
risorse ambientali limitate e il cambiamento climatico. Le opportunità sperate in-
cludevano progressi nell’informazione e nelle comunicazioni, nell’agricoltura,
nell’energia e nelle tecnologie sanitarie per affrontare le sfide dell’epoca.
Nuovi meccanismi di governance innovativi sono stati sviluppati negli ultimi
anni per migliorare il coordinamento tra settori e livelli di governo, coinvolgendo
parti interessate pubbliche, private e non profit. Il potenziamento della governance
e delle capacità si è dimostrato essere un fattore cruciale per lo sviluppo di strategie
di sviluppo rurale e territoriale nei Paesi in via di sviluppo.
Le politiche focalizzate sull’agricoltura spesso riflettono un approccio settoriale
limitato nello sviluppo rurale, che è stato criticato per non considerare appieno le
esternalità e le potenziali opportunità. Tuttavia, data l’importanza delle attività agri-
cole nelle comunità rurali per la sicurezza alimentare, ignorare il potenziale dello
sviluppo agricolo sarebbe un errore.
In generale, gli attori locali dovrebbero 161:
1. garantire un accesso più equo alla terra e alle risorse agricole per i piccoli
produttori, fondamentali per la sicurezza alimentare nei Paesi meno indu-
strializzati.
2. sostenere gli investimenti nelle infrastrutture rurali, nei servizi agricoli e
nell’accesso ai mercati per mitigare la migrazione rurale-urbana.
3. sviluppare politiche mirate per aiutare le persone povere nelle aree rurali e
urbane ad accedere a cibi nutrienti e ambienti alimentari più sani.
4. collegare le crescenti esigenze alimentari rurali e urbane ai mezzi di sussi-
stenza sostenibili nelle campagne, al fine di attrarre i giovani, anche nelle
città di dimensioni minori.
5. sostenere gli investimenti pubblici e privati nell’agricoltura periurbana e

161
https://unric.org/it/obiettivo-2-porre-fine-alla-fame-raggiungere-la-sicurezza-
alimentare-migliorare-la-nutrizione-e-promuovere-unagricoltura-sostenibile/

73
urbana per avvicinare ai mercati prodotti freschi, specialmente quelli orto-
frutticoli deperibili e ricchi di micronutrienti.
Il rapporto dell’High Panel of Experts on Food Security and Nutrition of the
Commitee on World Food Security sottolinea gli obiettivi principali per politiche
mirate al cambiamento di paradigma. La pandemia di Covid-19 ha reso le città più
dipendenti dalle catene alimentari globali, mettendo in luce la necessità di azioni
tempestive dei governi locali per affrontare le sfide legate all’accesso al cibo.
Nel contesto della sicurezza alimentare, la prima serie di azioni previste ha inte-
grato una serie di iniziative volte a garantire la stabilità alimentare. Queste iniziative
hanno incluso la mappatura dei soggetti più vulnerabili e delle loro modalità di ac-
cesso a cibi nutrienti, lo sviluppo di meccanismi per tenere conto dell’approvvigio-
namento alimentare come servizio sostanziale, e il mantenimento di mercati aperti
e piccole occupazioni economiche 162.
Diverse iniziative sono state messe in atto nei vari contesti internazionali, sia in
piccoli centri che in grandi metropoli del Nord del mondo. Queste iniziative sono
state in grado di rispettare i propri programmi nel breve periodo, coinvolgendo tutti
gli attori del sistema alimentare 163.
Infine, la crisi pandemica ha mostrato una propensione del settore alimentare
verso lo scambio e la condivisione di soluzioni e idee che promuovono e legittimano
il ruolo nello sviluppo di sistemi sostenibili e resilienti alle crisi 164.

2.3 Le politiche pubbliche europee


Il problema della sicurezza alimentare, della malnutrizione e della povertà non è
esclusivo dei Paesi meno sviluppati. Anche nelle nazioni più avanzate, le sfide le-
gate al cibo, alla produzione agricola e al commercio alimentare sono sempre più
evidenti, sebbene con circostanze differenti e non è esente da questo l’Europa, dove

162
WORLD HEALTH ORGANIZATION, FAO, IFAD, UNICEF, & WFP. The state of food
security and nutrition in the world 2020: transforming food systems for affordable healthy
diets (Vol. 2020). Food & Agriculture Org., Roma. 2020.
163
UNITED, NATIONS, DEVELOPMENT, & PROGRAMME. HUMAN DEVELOPMENT
REPORT 2020: The Next Frontier-human Development and the Anthropocene. UN. 2021.
164
Op. cit., GIOVANELLI, Le politiche urbane del cibo tra sostenibilità e crisi. 2022,
OWUSU-PEPRAH, N. T. World Development Report 2022: Finance for an Equitable
Recovery. in The International Trade Journal, 38(1), 129-132.
https://doi.org/10.1080/08853908.2023.2284939 2024.

74
molte regioni meridionali rischiano la riduzione delle rese dei cereali a causa dello
spostamento delle colture verso nord. Questo spostamento potrebbe aggravare la
situazione alimentare, limitando l’accesso a cibo essenziale per un numero mag-
giore di persone e famiglie che si trovano già in un contesto di vulnerabilità 165.
L’Unione Europea (UE) ha elaborato diverse politiche e partenariati nel corso
degli anni per affrontare queste sfide. Tuttavia, è importante esaminare anche come
l’UE stia rispondendo alle recenti crisi globali, come la pandemia di COVID-19, il
conflitto Russo-Ucraino e il cambiamento climatico. Le decisioni e le politiche
dell’UE si basano sui trattati stipulati con altre organizzazioni o governi nazionali,
seguendo il principio di sussidiarietà per garantire azioni più vicine alla popolazione
e ai singoli individui 166.
La sicurezza alimentare è diventata una tematica sempre più rilevante nella po-
litica agricola europea, sebbene la politica stessa rimanga ancora ambigua. Questo
sottolinea l’importanza di politiche più trasparenti e rigorose per garantire la sicu-
rezza alimentare e tutelare la salute dei cittadini, oltre a promuovere politiche coe-
renti e collaborazioni per il benessere dei consumatori 167.
L’UE ha riformulato diverse politiche negli ultimi 20 anni, inclusa la politica
degli aiuti alimentari e la Politica Agricola Comune (PAC). Tuttavia, le politiche
alimentari dell’UE hanno creato barriere commerciali non tariffarie che hanno
escluso agricoltori a basso reddito dai mercati globali, con effetti sia protezionistici
che di adattamento nelle catene globali del valore 168.
Le politiche dell’UE, quali la PAC e le politiche di energia rinnovabile, hanno
destabilizzato i mercati globali e compromesso la sicurezza alimentare nei Paesi in
via di sviluppo. La recente pandemia e il conflitto Russia-Ucraina hanno ulterior-
mente evidenziato l’impatto di tali politiche, con effetti significativi sui mercati

165
Op. cit., GIANNELLI, PAGLIALUNGA AND TURATO, Le politiche per la sicurezza
alimentare e la sostenibilità nel contesto europeo e degli accordi commerciali
internazionali. 2021.
166
OSKAM, A., MEESTER, G., & SILVIS, H. EU policy for agriculture, food and rural
areas. Wageningen Academic Publishers. Wageningen. 2011.
167
MALFER, L. New public family management : welfare generativo, family
mainstreaming, networking e partnership. Franco Angeli. 2018.
168
BUREAU, J.-C., & SWINNEN, J. EU policies and global food security. in Global Food
Security, 16, 106-115. 2018.

75
alimentari e sulla sicurezza alimentare globale 169,
L’UE, sebbene autosufficiente per molte colture agricole, è vulnerabile alle im-
portazioni per alcuni prodotti alimentari. Il conflitto Russia-Ucraina ha innalzato i
prezzi alimentari, limitando l’accesso al cibo. Inoltre, la guerra ha messo in luce la
fragilità del sistema alimentare globale, richiedendo un ripensamento e una rico-
struzione per aumentare la resilienza a futuri shock e conflitti 170.
La Commissione europea ha delineato diverse direzioni per il futuro delle poli-
tiche alimentari nell’UE, comprendenti la promozione di diete sane, la riduzione
degli sprechi alimentari, la promozione dell’agricoltura sostenibile, l’aumento della
trasparenza nella catena del valore alimentare e l’impulso alla ricerca e all’innova-
zione nel settore agroalimentare.

2.3.1 La Politica Agricola Comune


La questione della sicurezza alimentare ha recentemente recuperato una rile-
vanza significativa nel panorama pubblico, specialmente nell’ambito della discus-
sione sulla struttura della Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea.
La nascita della PAC negli anni ‘50 coincideva con il periodo di ricostruzione
dell’Europa occidentale dopo un lungo periodo di conflitti bellici, ponendo come
prioritaria l’assicurazione di un approvvigionamento costante di cibo. I primi obiet-
tivi, definiti nel Trattato di Roma del 1958, includevano l’incremento del tenore di
vita degli agricoltori, l’aumento della produttività agricola tramite progressi tecno-
logici e l’ottimizzazione delle risorse produttive, la stabilizzazione dei mercati, la
garanzia di approvvigionamento alimentare e l’assicurazione di prezzi accessibili
ai consumatori 171.
Inizialmente, la PAC si concentrava esclusivamente sulle necessità agricole
senza considerare altre variabili cruciali per la sicurezza alimentare. Tuttavia, seb-
bene la PAC fosse stata introdotta con l’obiettivo di garantire l’approvvigionamento
alimentare europeo, attualmente l’UE produce una quantità di cibo che supera la

169
RABBI, M. F., BEN HASSEN, T., EL BILALI, H., RAHEEM, D., & RAPOSO, A. Food
Security Challenges in Europe in the Context of the Prolonged Russian–Ukrainian
Conflict. in Sustainability, 15(6), 4745. https://www.mdpi.com/2071-1050/15/6/4745
2023.
170
Ibidem
171
MIZZI, L. La politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale. in
Agriregionieuropa, 22(6), 28-30. 2010.

76
domanda e la maggioranza dei cittadini non sperimenta carestie. L’accumulo di sur-
plus ha portato a significativi sprechi alimentari, un problema che l’Unione si im-
pegna a mitigare.
Per circa tre decenni, l’UE ha gestito il surplus alimentare attraverso la PAC, ma
recentemente ha adottato il Fondo per l’aiuto europeo agli indigenti (FEAD) come
parte della politica sociale, offrendo supporto materiale, inclusi generi alimentari e
beni di prima necessità, alle persone bisognose. Questo approccio richiede un’inte-
grazione sociale più ampia, spesso gestita dalle organizzazioni caritative, mentre
gli Stati membri si occupano delle necessità primarie delle persone considerate
svantaggiate.
La PAC si è adattata nel tempo per affrontare le mutevoli dinamiche di mercato,
le esigenze alimentari e questioni come il cambiamento climatico e lo sviluppo so-
stenibile. La riforma post-2013 della PAC 172, vigente fino al 2020, mirava a garan-
tire ai consumatori cibo sicuro, di qualità e accessibile, con un focus crescente
sull’ecosostenibilità dei pagamenti alle aziende agricole, la diversificazione delle
colture, una distribuzione più equa degli aiuti alle famiglie bisognose e un sostegno
mirato agli agricoltori in difficoltà, come i giovani agricoltori, secondo quanto sta-
bilito dal Consiglio Europeo del 2019.
La prospettiva futura della PAC, entrata in vigore nel 2023, mira a gestire la
produzione alimentare considerando la volatilità dei prezzi (in risposta a conflitti,
crisi sanitarie e climatiche), integrando l’impatto ambientale dell’agricoltura e con-
siderando i Paesi in via di sviluppo, soprattutto i produttori e lavoratori emarginati.
Le nuove politiche devono dimostrare di non generare impatti negativi.
Oggi, la PAC include regimi ecologici per promuovere pratiche agricole soste-
nibili e investire in una transizione verso sistemi più resilienti. Le tecnologie come
l’agricoltura di precisione, sfruttando dispositivi digitali e intelligenza artificiale,
consentono un controllo dettagliato delle condizioni del terreno, dosando con pre-
cisione fertilizzanti, pesticidi e livelli di irrigazione in base alle specifiche coltiva-
zioni 173.

172
In questa riforma viene introdotto il principio di condizionalità da parte dei decisori
politici. Secondo questo principio i beneficiari diretti di pagamenti e sussidi devono
rispettare un insieme di regole ambientali, sanitarie e di benessere degli animali.
173
Op. cit., GIANNELLI, PAGLIALUNGA AND TURATO, Le politiche per la sicurezza

77
Un risultato significativo delle politiche europee è la riduzione del rischio di po-
vertà e esclusione sociale, un obiettivo chiave della strategia europea 2020 nell’am-
bito della sicurezza alimentare e della lotta alla povertà.

2.3.2 Horizon Europe


La ricerca sulla relazione tra cibo e salute attualmente presenta diversi punti de-
boli che ostacolano un approccio integrato e completo. Tra questi, si evidenziano la
frammentazione delle capacità di ricerca, la mancanza di strategie nazionali e la
scarsa allocazione di risorse per la ricerca congiunta su questi due aspetti fonda-
mentali. La Commissione europea, in passato, ha tentato di colmare questa lacuna
istituendo la Piattaforma tecnologica europea “Cibo per la vita” nel 2011, guidata
dalla Confederazione europea dell’industria alimentare e delle bevande (ora nota
come Food Drink Europe). Tuttavia, questa iniziativa è stata prevalentemente le-
gata all’industria alimentare, senza un parallelo sviluppo per i settori di interesse
pubblico e senza coinvolgere la società civile nelle agende di ricerca. Questo squi-
librio ha portato a una visione della prospettiva dei cittadini come meri “clienti”
dell’industria alimentare.
Nell’ambito del piano di ricerca dell’Unione Europea, si è focalizzato non solo
sull’aumento dei finanziamenti per la Ricerca e Sviluppo, ma anche sulla ricerca di
soluzioni industriali per affrontare le sfide sociali, tra cui l’alimentazione e la salute.
La Commissione europea ha lanciato uno studio per valutare le strutture di ri-
cerca sul cibo e sulla salute in Europa, identificando lacune e necessità nel sostegno
alla ricerca. Da questo studio è nato il FAHRE (Food and Health Research in Eu-
rope), che ha analizzato le strutture esistenti e individuato le carenze alimentari in
tutta l’Europa 174.
Attualmente, la povertà e il rischio associato sono principalmente valutati attra-
verso indicatori come il rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali, la percentuale
di famiglie con una bassa intensità lavorativa e la grave privazione materiale legata
all’accesso al cibo proteico. Tuttavia, l’attenzione sulla povertà alimentare è limi-
tata e la raccolta dati avviene principalmente attraverso organizzazioni caritative,

alimentare e la sostenibilità nel contesto europeo e degli accordi commerciali


internazionali. 2021.
174
MCCARTHY, M., CLUZEL, E., DRESSEL, K., & NEWTON, R. Food and health research
in Europe: Structures, gaps and futures. in Food Policy, 39, 64-71. 2013.

78
non riflettendo necessariamente la portata reale della povertà alimentare in Europa.
Il programma “Horizon Europe”, avviato nel 2021, mira ad affrontare sfide so-
ciali ed economiche cruciali come il cambiamento climatico, la competitività delle
imprese europee, la tutela della salute e la creazione di nuovi posti di lavoro. Questo
programma favorisce la collaborazione tra ricercatori, università, imprese ed istitu-
zioni politiche.
Nonostante le difficoltà nel comprendere lo stato effettivo della povertà in Eu-
ropa e nell’intervenire efficacemente per affrontare gli sprechi alimentari e garan-
tire la sicurezza alimentare, l’aumento delle iniziative di supporto alimentare in Eu-
ropa può essere considerato un segnale rilevante dell’urgente necessità di affrontare
la povertà alimentare.

2.3.3 European Green Deal


Il Green Deal Europeo (EGD), che propone di raggiungere un’Europa neutrale
dal punto di vista climatico entro il 2050, pone un forte focus sulla transizione verso
un’agricoltura e un sistema alimentare più sostenibili al fine di contribuire alla mi-
tigazione dei cambiamenti climatici e alla protezione della biodiversità. La Com-
missione Europea mira a ridurre le emissioni del 50-55% rispetto al livello del
1990 175, e la strategia “Farm to Fork” (F2F) si propone di assicurare che agricol-
tura, pesca, acquacoltura e filiera alimentare contribuiscano significativamente a
tale obiettivo. L’EGD spiega che sarebbero necessarie modifiche strategiche in
un’ampia gamma di attività per affrontare le crisi climatiche e della biodiversità. Si
prevede che cibo, agricoltura, e gestione più ampia delle risorse terrestri richiedano
cambiamenti nella direzione desiderata, ovvero la de-intensificazione di alcuni si-
stemi produttivi 176. Poiché l’agricoltura rappresenta il secondo settore responsabile
delle emissioni di gas serra (11%) nell’Unione Europea (UE), precedendo il settore
industriale (9%) 177, la trasformazione del settore agricolo verso un’agricoltura più

175
CONCERNE, E., & FR, D. Communication from the Commission to the European
Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee
of the Regions. in. 2020.
176
BUCKWELL, A., NADEU, E., WILLIAMS, A. Sustainable Agricultural Soil
Management in the EU: What’s stopping it? How can it be enabled?, Rise Foundation.
Brussels. 2022.
177
Agenzia Europea per l’Ambiente, (2021). Annual European Union greenhouse gas
inventory 1990 – 2021 and inventory report 2023

79
sostenibile e rispettosa del clima potrebbe contribuire in larga parte al raggiungi-
mento degli obiettivi del Green Deal.
Tra il 1990 e il 2019, si è verificata una diminuzione del 20,5% nel settore agri-
colo, principalmente dovuta alla diminuzione della popolazione di bovini (28%) e
alle quantità di fertilizzanti sintetici (25%) e organici (13%) applicati 178. I sottoset-
tori specifici della fermentazione enterica e delle emissioni dirette dai suoli agricoli
hanno contribuito a una diminuzione del 4,3% delle emissioni totali tra il 1990 e il
2019, e sono tra i settori che hanno ridotto di più le loro emissioni, equiparabili alla
riduzione delle industrie del cemento, alluminio e fluoro chimiche insieme. Nono-
stante ciò, la fermentazione enterica contribuisce ancora con oltre il 40% alle emis-
sioni totali dell’agricoltura oggi, mentre le restanti emissioni nel settore agricolo
sono principalmente legate alla gestione dei suoli (fertilizzanti), colture e residui 179.
Per comprendere i sistemi agricoli e identificare forme di produzione più soste-
nibili, è importante riconoscere che gli agroecosistemi producono molto più di sem-
plici colture e che le terre rurali possono fornire molto più di semplici prodotti agri-
coli. Nell’ultimo decennio, una grossa mole di sforzi da parte della comunità scien-
tifica è stata indirizzata verso il cambiamento del nostro paradigma sull’agricoltura
e lo sviluppo rurale, cercando di passare dall’ottimizzazione della produttività agri-
cola alla gestione degli agroecosistemi che forniscono una gamma di servizi ecosi-
stemici. L’agricoltura e i servizi ecosistemici forniti dagli agroecosistemi si trovano
sempre più all’incrocio di diverse strategie e politiche europee, in particolare all’in-
terno del Green Deal, come la strategia Farm to Fork , la strategia per la biodiver-
sità 180, e la strategia del suolo per il 2030 181. Ma l’agricoltura sostenibile è anche
centrale ad altre politiche europee come la visione a lungo termine per le aree rurali

178
Ibidem
179
BOIX-FAYOS, C., & DE VENTE, J. Challenges and potential pathways towards
sustainable agriculture within the European Green Deal. in Agricultural Systems, 207,
103634. 2023.
180
Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and the Committee of the regions. EU
Biodiversity Strategy for 2030 bringing Nature back into our lives, 27 pp. Biodiversity
strategy for 2030.
181
Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and the Committee of the regions. EU Soil
Strategy for 2030: Reaping the Benefits of Healthy Soils for People, Food, Nature and
Climate. Soil strategy.

80
dell’UE 182 e la Missione dell’UE per un Accordo sul Suolo per l’Europa 183. L’obiet-
tivo principale di tutte queste strategie e politiche è rendere la produzione agricola
più sostenibile per diete salutari in suoli sani, contribuire alla mitigazione dei cam-
biamenti climatici e alla protezione della biodiversità in aree rurali valorizzate e ben
integrate, considerando la giustizia sociale senza lasciare indietro nessuno.
Gli agroecosistemi interagiscono con i sistemi naturali nella fornitura di servizi
alla società. Tuttavia, il sistema intensivo agro-industriale attuale di produzione e
consumo alimentare non è sostenibile in quanto non considera queste interazioni ed
è in gran parte responsabile di disastri ambientali e degrado del suolo, inclusa la
perdita di materia organica e biodiversità del suolo, erosione del suolo e inonda-
zioni, sovrasfruttamento, inquinamento e eutrofizzazione delle risorse superficiali
e sotterranee, livellamento del suolo e rimozione della vegetazione 184.
Quando gli agroecosistemi sono ben gestiti, servono la società e il benessere
umano generando una serie di servizi ecosistemici, molti dei quali si basano sulle
funzioni del suolo, sulla biodiversità, sulle caratteristiche paesaggistiche e sulla co-
noscenza tradizionale. Il Green Deal Europeo e le sue strategie Farm to Fork, Bio-
diversità e Suolo, forniscono obiettivi e target chiari per de-intensificare i sistemi
produttivi, rendendoli meno dipendenti da input esterni 185, e promuovendo i servizi
ecosistemici forniti da aree rurali e sistemi agricoli alla società. Ad esempio, con il
40% del territorio dedicato all’agricoltura, le aree rurali sono attori attivi nelle tran-
sizioni verdi e digitali europee attraverso la produzione alimentare, la conserva-
zione della biodiversità e la lotta contro i cambiamenti climatici. Inoltre, gli

182
LVTRA, Communication from the Commission to the European Parliament, the
Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the regions.
A long-term vision for the EU’s rural areas – towards stronger, connected, resilient and
prosperous rural areas by 2040, 27 pp. A long-term vision for the EU’s rural areas
183
Caring for soil is caring for life – Ensure 75% of soils are healthy by 2030 for healthy
food, people, nature and climate, 56 pp. In: Directorate- General for Research and
Innovation and Directorate-General for Agriculture and Rural Development. Caring for soil
is caring for life
184
ÁLVAREZ-ROGEL, J., BARBERÁ, G. G., MAXWELL, B., GUERRERO-BROTONS, M.,
DÍAZ-GARCÍA, C., MARTÍNEZ-SÁNCHEZ, J. J., SALLENT, A., MARTÍNEZ-RÓDENAS, J.,
GONZÁLEZ-ALCARAZ, M. N., JIMÉNEZ-CÁRCELES, F. J., TERCERO, C., & GÓMEZ, R. The
case of Mar Menor eutrophication: State of the art and description of tested Nature-Based
Solutions. in Ecological Engineering, 158. 2020.
185
Op. cit., BUCKWELL, Sustainable Agricultural Soil Management in the EU: What’s
stopping it? How can it be enabled?, 2022.

81
agricoltori svolgono un ruolo chiave nella conservazione della biodiversità attra-
verso l’agricoltura sostenibile e, allo stesso tempo, la biodiversità migliora la pro-
duttività agricola fornendo cibo sicuro, sostenibile, nutriente ed economicamente
accessibile.
Per comprendere la fornitura di servizi ecosistemici dall’agricoltura, è impor-
tante comprendere l’interazione continua tra gli ecosistemi agricoli e naturali: (i)
gli agroecosistemi ben gestiti generano servizi ecosistemici benefici come la riten-
zione del suolo, la produzione alimentare e valori estetici o culturali che riducono
la pressione umana sui sistemi naturali; (ii) gli agroecosistemi ricevono servizi eco-
sistemici benefici da altri ecosistemi, come l’impollinazione da ecosistemi non agri-
coli o la fornitura di acqua dalle risorse superficiali e sotterranee; e (iii) i servizi
ecosistemici dai sistemi non agricoli possono essere influenzati dalle pratiche agri-
cole, portando a servizi negativi dall’agricoltura.

2.3.4 Farm To Fork Strategy


L’Unione Europea (UE) ha adottato diverse politiche e azioni mirate a fronteg-
giare le sfide attuali, in particolare in relazione alla sicurezza alimentare. L’UE ha
ampliato le proprie politiche e azioni a lungo termine per affrontare le crisi alimen-
tari, promuovendo una cooperazione internazionale attraverso incontri regolari con
organizzazioni internazionali come la FAO, l’OMC, il G7 e il G20. Questi sforzi
mirano a sostenere interventi umanitari nelle regioni più colpite. Parallelamente agli
sforzi di cooperazione internazionale, l’UE ha concentrato attenzione internamente
per rafforzare la resilienza del sistema alimentare attraverso la “Farm to Fork Stra-
tegy”, una strategia a lungo termine che promuove l’utilizzo di innovazioni come
l’agricoltura di precisione, tecniche genomiche avanzate, una migliore gestione dei
nutrienti e l’integrazione della gestione dei parassiti per migliorare la produttività
agricola.
La strategia “Farm to Fork” mira a rendere l’intero sistema agroalimentare più
sano, sostenibile e resistente ai cambiamenti climatici. Questo piano prevede azioni
lungo tutta la catena alimentare, dalla produzione al consumo, includendo anche la
distribuzione. Ogni Stato membro ha adottato normative proprie per raggiungere
gli obiettivi stabiliti dall’UE, basandosi su un quadro generale europeo.
Gli obiettivi specifici della strategia includono garantire una produzione

82
alimentare sostenibile, assicurare la sicurezza alimentare, promuovere una filiera
alimentare sostenibile, sostenere il consumo di cibi sostenibili e favorire abitudini
alimentari più sane, ridurre gli sprechi alimentari e combattere le frodi lungo la
catena alimentare.
Per raggiungere tali obiettivi, sono necessarie misure governative forti e con-
crete. È cruciale agire sull’aspetto conoscitivo, investire nella formazione degli
agricoltori e riformulare gli strumenti di sostegno economico nel settore alimentare.
Queste azioni puntano a garantire che gli obiettivi di sicurezza alimentare e soste-
nibilità delineati dall’UE possano essere efficacemente implementati a livello na-
zionale attraverso politiche, normative e supporto economico adeguato.

2.4 I diritti fondamentali del consumatore


Il consumatore, nel contesto economico moderno, non è soltanto il destinatario
finale dei beni e dei servizi offerti sul mercato, ma rappresenta anche il soggetto
vulnerabile in un rapporto spesso asimmetrico con i fornitori. L’evoluzione dei di-
ritti è intimamente legata all’espansione del commercio, alla globalizzazione e alla
complessità delle transazioni commerciali, nonché al progresso tecnologico che ha
trasformato radicalmente il modo in cui i consumatori interagiscono con i prodotti
e i servizi.
La protezione di tali diritti ha origine nel riconoscimento della necessità di ga-
rantire un equilibrio tra la libertà di impresa e il bisogno di tutela dei consumatori
contro pratiche commerciali sleali, informazioni ingannevoli, prodotti difettosi e
pratiche contrattuali abusive. Tali diritti si configurano come una rete di salvaguar-
die legali, normative e istituzionali che mirano a garantire la sicurezza, la salute,
l’informazione e la partecipazione attiva dei consumatori nel mercato.
Nei diritti fondamentali rientrano quindi principi cardine, tra cui il diritto all’in-
formazione chiara, completa e veritiera sui prodotti e servizi offerti, il diritto alla
sicurezza e alla qualità dei beni, il diritto alla scelta, alla libera concorrenza e alla
tutela della privacy e dei dati personali nell’ambito dei rapporti di consumo. Tali
diritti costituiscono la base per l’equilibrio e la fiducia nelle relazioni tra consuma-
tori e imprese. In Europa, la Dichiarazione dei Diritti del Consumatore, adottata nel
1985, ha segnato un passo significativo verso la definizione di principi comuni di
tutela dei consumatori nei paesi membri dell’Unione Europea. Successivamente, il

83
Trattato di Lisbona del 2009 ha istituzionalizzato il diritto alla protezione dei con-
sumatori come uno dei valori fondamentali dell’Unione Europea.
La costante evoluzione del panorama digitale e la crescita esponenziale del com-
mercio online hanno sollevato nuove sfide per la tutela di questi diritti. L’accesso a
una vasta gamma di beni e servizi attraverso piattaforme digitali ha reso necessaria
l’adattamento delle normative esistenti per garantire una protezione adeguata anche
nei contesti virtuali. La questione della protezione dei dati personali, della traspa-
renza delle transazioni online e della risoluzione delle controversie in rete sono di-
ventate priorità nell’agenda dei diritti fondamentali del consumatore nel contesto
digitale; la sostenibilità ambientale e sociale, inoltre, è emersa come un tema cen-
trale all’interno dei diritti fondamentali del consumatore. La consapevolezza ri-
guardo all’impatto ambientale dei consumi e la necessità di pratiche commerciali
responsabili hanno portato all’introduzione di normative e politiche volte a promuo-
vere la sostenibilità e a garantire ai consumatori informazioni trasparenti sulle ca-
ratteristiche ambientali e sociali dei prodotti.

2.4.1 Il diritto ad una corretta informazione


Il comportamento del consumatore nell’acquisto di prodotti alimentari è influen-
zato da distorsioni cognitive che rendono spesso le scelte irrazionali e non ben pon-
derate. Questo processo decisionale non si limita alla fase di acquisto, ma coinvolge
un complesso iter procedurale guidato non solo dall’atto finale di selezione del pro-
dotto, ma anche dalle norme che proteggono la libertà di autodeterminazione del
consumatore che rappresenta il contraente “debole” 186.
L’informazione gioca un ruolo fondamentale in questo processo: se da un lato
può prevenire e proteggere dalle distorsioni cognitive, dall’altro può essere la causa

186
Cfr. sul punto BENEDETTI, G. La formazione del contratto. Proprietà, obbligazioni
e contratti. In C. Castronovo & S. Mazzamuto (Eds.), Manuale di diritto privato europeo
(Vol. 2, pp. 347 e ss.). Giuffrè Editore. Milano. 2007., all’interno del quale il concetto di
recesso di pentimento all’interno della disciplina del consumatore è stato analizzato
attraverso la distinzione tra consenso interno e consenso esterno. Il consenso interno si
riferisce alle regole volte a tutelare la consapevolezza e la libertà di scelta del contraente,
mentre il consenso esterno si riferisce alle regole procedurali finalizzate al perfezionamento
formale del contratto. Questa distinzione è stata fondamentale nel tentativo di comprendere
e definire il recesso di pentimento all’interno delle normative dedicate alla tutela dei
consumatori.

84
principale di queste torsioni, a causa dell’ambiguità del linguaggio 187, delle diffe-
renze tra informazioni e del mezzo utilizzato per la sua trasmissione.
Per comprendere appieno come il consumatore faccia le sue scelte, è cruciale
considerare non solo l’importanza dell’informazione in sé, ma anche la quantità e
la qualità di questa informazione 188. Si pone quindi la questione se l’informazione
debba servire al benessere del consumatore o se debba invece favorire la sua auto-
determinazione.
Dal punto di vista normativo, sembra non esserci spazio per un’informazione
orientata al benessere, ma piuttosto un’informazione che favorisca l’autodetermi-
nazione 189. Tuttavia, c’è stato un cambiamento significativo nell’interpretazione
dell’articolo 1337 del Codice civile, che ha posto l’accento sul ruolo del consenso
come elemento necessario, oltre a essere privo di difetti, deve essere anche effettivo
e consapevole.
Questo cambiamento ha portato a una maggiore attenzione alla violazione delle
regole di comportamento durante le trattative precontrattuali, creando una respon-
sabilità e obblighi risarcitori in caso di violazione della clausola generale di buona
fede, anche quando l’informazione violata non riguarda un difetto di validità del
contratto. Questa responsabilità può sorgere anche al di sotto della soglia della colpa
del soggetto obbligato a fornire l’informazione.
L’evoluzione del concetto di responsabilità nell’ambito della disciplina della tu-
tela del consumatore mostra una notevole emancipazione dalla sua tradizionale con-
nessione con l’invalidità contrattuale 190. Questa trasformazione è particolarmente
evidente nelle regole informative per i consumatori, dove lo status di professionista
è considerato fonte di obblighi informativi per compensare le asimmetrie informa-
tive.

187
Cfr. CATERINA, R. Processi cognitivi e regole giuridiche. in Sistemi intelligenti,
19(3), 381-390. 2007.
188
ELGUETA, G. R., & VARDI, N. Oltre il soggetto razionale (Vol. 1). Roma TrE-Press.
2014.
189
Ibidem
190
In base al sistema di invalidità del Codice civile italiano, la nullità è considerata la
risposta più severa ai difetti gravi del contratto, seguita dall’annullamento per difetti nel
consenso durante la fase di formazione del contratto. Questo evidenzia una preferenza nel
sistema legale per la validità del contratto piuttosto che per la sua non conclusione,
mostrando un orientamento verso la conclusione del contratto anziché verso la sua
evitabilità, basandosi su una logica di tipo reattivo anziché preventivo.

85
Nel 2007, una pronuncia significativa della Corte di Cassazione 191 ha confer-
mato che la violazione degli obblighi informativi non determina l’invalidità del
contratto. Tuttavia, esiste una prospettiva più ampia in cui la violazione dell’obbligo
informativo può portare all’invalidità, ad esempio, quando la legge prescrive una
particolare forma per la trasmissione delle informazioni.
Nel contesto della disciplina del consumatore, gli obblighi informativi durante
la fase precontrattuale, attualmente previsti dall’articolo 48 del codice del con-
sumo 192, sono stati notevolmente ampliati e predeterminati dalla legge. Queste in-
formazioni non solo aiutano il consumatore a comprendere le condizioni di un con-
tratto che non ha contribuito a elaborare, ma lo guidano anche nella scelta delle
opzioni più idonee ai propri bisogni individuali. Di conseguenza, è necessario che
tali informazioni siano chiare, complete e comprensibili.
Si potrebbe dedicare maggiore attenzione all’informazione preventiva, conside-
rando le tecniche utilizzate per la sua divulgazione e verificando la corrispondenza
del suo contenuto alla realtà dei fatti. La legislazione europea, ad esempio, pone
enfasi sulla trasparenza, come evidenziato nella disciplina sulle clausole abusive.
Secondo un orientamento dominante, l’informazione fornita durante la fase

191
Cass. civ. 19-12-2007 n. 26724. Secondo la suprema Corte la violazione dei doveri
di informazione del cliente e del divieto di effettuare operazioni in conflitto di interesse o
inadeguate al profilo patrimoniale del cliente stesso, non danno luogo a nullità del contratto
di intermediazione finanziaria per violazione di norme imperative.
Se tali violazioni avvengono nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del
contratto d’intermediazione, possono dar luogo a responsabilità precontrattuale, con
conseguente obbligo di risarcimento dei danni4. Se invece riguardano le operazioni di
investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto, possono dar luogo a
responsabilità contrattuale per inadempimento (o inesatto adempimento), con la
conseguente possibilità di risoluzione del contratto stesso, oltre agli obblighi risarcitori
secondo i principi generali in tema di inadempimento contrattuale.
192
L’articolo 48 del Codice del Consumo riguarda gli obblighi di informazione nei
contratti diversi da quelli conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali. Esso
stabilisce che prima che il consumatore sia vincolato da un contratto di questo tipo o da
un’offerta corrispondente, il professionista è tenuto a fornire al consumatore informazioni
chiare e comprensibili su diversi aspetti, a meno che tali informazioni non siano già evidenti
dal contesto:
a) Le caratteristiche principali dei beni o servizi, nella misura adeguata al mezzo di
comunicazione e alla natura dei beni o servizi. b) L’identità del professionista, il suo
indirizzo fisico e il numero di telefono, e se pertinente, l’indirizzo fisico e l’identità del
professionista per conto del quale opera. c) Il prezzo totale dei beni o servizi inclusi gli
eventuali oneri e tasse, o se la natura dei beni o servizi rende impossibile calcolare il prezzo
in anticipo, le modalità per determinarlo (…).

86
precontrattuale, sebbene possa integrare il contratto, diventa parte integrante di esso
e non può essere modificata senza il consenso delle parti. Inoltre, la violazione di
questi obblighi informativi può determinare una responsabilità contrattuale per il
professionista, non più solamente precontrattuale.
Ad esempio, nella vendita di beni mobili di consumo, la responsabilità del ven-
ditore per la consegna di beni non conformi al contratto sorge anche se la cosa ven-
duta manca delle caratteristiche specifiche indicate nelle dichiarazioni pubbliche.
Questo perché la legge attribuisce al messaggio pubblicitario la funzione di comu-
nicare le qualità del bene venduto.
Inoltre, l’obbligo di informare il consumatore lega il professionista agli elementi
forniti, rendendo definitivi quegli aspetti del contratto. Di conseguenza, una viola-
zione di questi obblighi porta a una responsabilità contrattuale anziché precontrat-
tuale, determinando la “contrattualizzazione dell’informazione”.
Questo evoluto quadro normativo riflette un impegno crescente nella protezione
dei consumatori attraverso un’informazione chiara e trasparente, assumendo un
ruolo cruciale nella definizione delle relazioni contrattuali.

2.4.2 Il diritto all’informazione nel regolamento n. 1169 del 2011


In base alle considerazioni svolte, emerge il ruolo centrale del consumatore come
detentore di un effettivo diritto all’informazione 193. Tale diritto non è solo ricono-
sciuto al singolo individuo, ma coinvolge l’intera collettività 194. L’art. 14 del Re-
golamento 178/2002 sulla sicurezza alimentare ne è un esempio, richiedendo che
solo gli alimenti sicuri possano circolare nel mercato, considerando elementi infor-
mativi essenziali per valutare i prodotti “a rischio” e prevenire danni alla salute
umana.
Il consumatore non è solamente un soggetto passivo di una legislazione protet-
tiva ma diventa parte attiva di un processo finalizzato a garantire un mercato

193
In questo senso GERMANÒ, A., RAGIONIERI, M. P., & ROOK, E. Diritto
agroalimentare. Giappichelli. Torino. 2019.p. 77
194
GIROLAMI, M. Etichettatura, informazioni e rimedi privatistici nella vendita di
prodotti alimentari ai consumatori. in Le Nuove leggi civili commentate(1/2014), 139-168.
2014.p. 155 afferma che chiunque faccia parte della catena alimentare ha il dovere di
fornire informazioni precise sul proprio prodotto. La mancanza di informazioni adeguate
costituirebbe una violazione del diritto fondamentale alla corretta informazione per tutti i
soggetti coinvolti nella filiera alimentare.

87
alimentare esclusivamente con alimenti “sani e sicuri” 195. Le regole sull’informa-
zione non solo proteggono la salute del consumatore, ma consentono la libertà di
scelta e autodeterminazione nell’acquisto del prodotto più adatto alle sue esigenze
personali. Inoltre, queste regole mirano anche a facilitare gli scambi e la circola-
zione dei prodotti alimentari, beneficiando sia il consumatore sia il mercato.
Il Regolamento 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio contribuisce
a uniformare le regole sull’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti ali-
mentari, rendendole obbligatorie e uguali per tutti gli Stati membri. Questa norma-
tiva mira a garantire una circolazione più efficiente dei prodotti, semplificare la
legislazione esistente e fornire al consumatore informazioni chiare, comprensibili e
trasparenti sui prodotti alimentari che acquista.
L’obiettivo di questa normativa non è solo razionalizzare le leggi sull’etichetta-
tura ma anche assicurare un’informazione adeguata ai consumatori, tenendo conto
di molteplici fattori che influenzano le loro scelte. Questo approccio mira a benefi-
ciare non solo il mercato interno, semplificando la normativa e riducendo gli oneri
amministrativi, ma anche i cittadini, fornendo loro informazioni chiare e trasparenti
per una scelta consapevole.
Il contesto legale e normativo europeo riveste un ruolo centrale nell’incidenza
delle informazioni sulla salute nell’ambito contrattuale, soprattutto per quanto ri-
guarda il settore alimentare. Le disposizioni europee considerano obbligatorie spe-
cifiche informazioni sulla salute, le quali influenzano direttamente il contenuto e il
consenso contrattuale del consumatore.
È fondamentale notare che le informazioni nel settore alimentare vanno al di là
del principio di correttezza nelle trattative stabilite dall’art. 1337 del Codice civile
italiano. Queste informazioni rappresentano un “elemento standardizzato e confor-
mante” del contenuto contrattuale. È impensabile che un consumatore dia il proprio
consenso all’acquisto di un prodotto alimentare che non rispetti i requisiti di sicu-
rezza e affidabilità imposti dalla legge.
Il regolamento del 2011 non esaurisce completamente la questione dell’informa-
zione alimentare, ma si integra con altre disposizioni “verticali” su specifici

ALBISINNI, F. The new EU Regulation on the provision of food information to


195

consumers. in Rivista di diritto alimentare, 2, 66-78. 2011.

88
prodotti alimentari come integratori 196, acque minerali 197, denominazioni di ori-
gine, indicazioni geografiche, tra gli altri 198. Questo è specificato nel considerando
n. 8 del regolamento che indica come alle caratteristiche generali di etichettatura si
aggiungano ulteriori requisiti da specifiche disposizioni relative a determinati ali-
menti o circostanze.
Inoltre, le norme europee sull’etichettatura alimentare si applicano anche ai pro-
dotti destinati alle collettività come ristoranti, mense, scuole, ospedali e servizi di
catering. Questo ampliamento degli obblighi normativi mira a garantire maggiori
diritti ai consumatori, assicurando un livello elevato di tutela della salute conside-
rando i potenziali rischi legati al consumo di cibi non conformi.
Si nota un cambiamento nell’orientamento della politica europea nel settore ali-
mentare, poiché oltre alla tutela individuale, si punta a un mercato europeo libero
da distorsioni concorrenziali e più razionale. Il consumatore diventa un attore in-
formato e responsabile delle proprie decisioni, grazie agli obblighi informativi im-
posti ai professionisti.
È da considerare l’art. 3, par. 3 del regolamento del 2011 che prevede un periodo
transitorio dopo l’entrata in vigore delle nuove normative sull’informazione alimen-
tare. Durante questo periodo, i prodotti alimentari non conformi possono essere an-
cora commercializzati fino a esaurimento delle scorte, al fine di consentire agli ope-
ratori del settore il tempo necessario per adeguarsi alle nuove disposizioni.
È interessante notare che questa disposizione si applica sia alle informazioni ob-
bligatorie, incluse quelle rilevanti per la salute umana, sia a quelle facoltative. Que-
sto approccio sembra essere meno rigido rispetto alle regolamentazioni precedenti,
mostrando una certa flessibilità nella disciplina europea sull’informazione dei pro-
dotti, rispetto al sistema precauzionale e di vigilanza delineato nel regolamento del
2002. Quest’ultimo era caratterizzato da un intervento rapido necessario nel sistema
di allarme e precauzione.

2.4.3 I rimedi civilistici alla violazione degli obblighi


Il ruolo delle informazioni trasmesse dal professionista al consumatore, secondo

196
Dir. 10-06-2002 n. 46.
197
Dir. 18-06-2009 n. 54.
198
Reg. 20-03-2006 n. 510 in materia di DOP e IGP, con disposizioni ora contenute
negli artt. 5-16 del Reg. 21-11-2012 n. 1151.

89
le direttive europee, diventa cruciale, con l’etichetta che assume un ruolo predomi-
nante, sebbene non esclusivo, tra i vari mezzi utilizzati. Tuttavia, ci si trova di fronte
a un problema: il crescente numero di regolamenti nel tempo che, anziché armoniz-
zare, diventano settoriali e difficili da consultare. Questo rende gravoso per l’inter-
prete e il consumatore individuare la normativa più appropriata.
Un’altra criticità risiede nella mancanza di sanzioni connesse alla violazione de-
gli obblighi informativi, sia per produttori che venditori, quando omettono infor-
mazioni importanti o trasmettono indicazioni non veritiere. La mancanza di conse-
guenze pratiche potrebbe rendere inefficaci le dichiarazioni di principio della nor-
mativa stessa 199.
Il regolamento del 2011 stabilisce precise disposizioni sugli obblighi informativi
e sulle modalità di divulgazione dei dati relativi a determinate categorie di prodotti
alimentari. Tuttavia, non prevede un sistema sanzionatorio con rimedi specifici per
la violazione di tali disposizioni. Questo è legato alla visione del consumatore di
alimenti non solo come parte debole del rapporto contrattuale ma anche come tito-
lare di una situazione giuridica con implicazioni pubblicistiche nella tutela del mer-
cato e della collettività 200.
Si rileva un allontanamento generale del legislatore europeo dai dettagli nego-
ziali nel rapporto professionista-consumatore, mitigato solo parzialmente dalle di-
sposizioni degli artt. 3 201,47 202 e 54 203 del regolamento 1169/2011. Queste

199
Op. cit., GIROLAMI, Etichettatura, informazioni e rimedi privatistici nella vendita di
prodotti alimentari ai consumatori. 2014. p. 167
200
Ivi p. 143
201
Art. 3 Reg. 1169/2011: «Quando la normativa in materia di informazioni sugli
alimenti stabilisce nuovi requisiti, è opportuno garantire un periodo transitorio, dopo
l’entrata in vigore di tali requisiti, salvo nei casi debitamente motivati. Durante detto
periodo transitorio, gli alimenti la cui etichetta non soddisfa i nuovi requisiti possono
essere immessi sul mercato e gli stock dei suddetti alimenti immessi sul mercato prima
della scadenza del periodo transitorio possono continuare a essere venduti fino ad
esaurimento»
202
Art 47 Reg. 1169/2011: «[…] la Commissione: a) stabilisce un periodo transitorio
appropriato per l’applicazione delle nuove misure, durante il quale gli alimenti la cui
etichetta non è conforme alle nuove misure possono essere immessi sul mercato e dopo il
quale gli stock dei suddetti alimenti immessi sul mercato prima della scadenza del periodo
transitorio possono continuare ad essere venduti sino a esaurimento».
203
Art 54 Reg. 1169/2011: «Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del 13
dicembre 2014 che non soddisfano i requisiti del presente regolamento possono essere
commercializzati fino all’esaurimento delle scorte»

90
disposizioni prevedono principalmente la non-commerciabilità dei beni che non ri-
spettano le prescrizioni informative obbligatorie e facoltative come unica sanzione
e quindi formalmente una sanzione debole.
Questo divieto di commercializzazione potrebbe avere conseguenze rilevanti
non solo a livello pubblicistico ma anche civilistico 204, considerando che il prodotto
alimentare costituisce l’oggetto diretto dell’operatore del settore alimentare, essen-
ziale nell’identificare l’oggetto del contratto di compravendita.
Qualunque vicenda comporti uno scambio di merce a questo punto comporterà
ripercussioni sull’intero regolamento sui contratti in quanto secondo quanto posto
dall’art. 1325, n. 3, cod. civ. 205 infatti, se per un bene per il quale la legge impedisce
la commercializzazione di un bene alimentare a causa della violazione delle pre-
scrizioni informative, dovrebbe rendere l’oggetto del contratto impossibile, por-
tando alla nullità del contratto stesso 206. Questo solleva interrogativi sulla reale uti-
lità della nullità come rimedio per il consumatore, specialmente se si tratta di beni
di scarso valore o già consumati, rendendo difficile o impossibile la restituzione 207.

204
Cfr. Op. cit., GERMANÒ, RAGIONIERI AND ROOK, Diritto agroalimentare. 2019. p.
124 e ss. dal quale si deduce che in base alla distinzione tra informazioni considerate
“elementi essenziali” e quelle relative a “elementi non essenziali” in un contratto, la nullità
potrebbe non derivare direttamente dalle disposizioni degli articoli 3, 47 e 54 del
regolamento del 2011. Le informazioni considerate “elementi essenziali” sono quelle sulle
quali le parti basano il loro consenso, e la mancanza o falsità di queste informazioni
potrebbe condurre direttamente alla nullità del contratto. D’altra parte, le informazioni
relative a “elementi non essenziali”, come la data di scadenza di un prodotto, potrebbero
causare l’annullamento del contratto per vizio del consenso, specialmente se il consumatore
è stato ingannato dall’omissione o dalla falsità di tali informazioni. In questo contesto, la
nullità potrebbe essere giustificata non tanto dalle disposizioni specifiche del regolamento,
ma piuttosto dalla distinzione tra informazioni fondamentali e non fondamentali
nell’ambito del contratto, che possono influenzare il consenso delle parti e l’affidabilità del
contratto stesso. La sentenza significativa del 19-12-2007 n. 26724 della Corte di
Cassazione a sezioni unite sottolinea l’importanza di distinguere tra norme che disciplinano
il comportamento dei contraenti e norme relative alla validità del contratto stesso. La Corte
ribadisce che la violazione delle prime può comportare responsabilità e risoluzione del
contratto se equivale a un’inadempienza del dovere generale di protezione o degli obblighi
specifici del contraente. Tuttavia, questa violazione non incide direttamente sull’esistenza
stessa del contratto, almeno nel senso che non è sufficiente per provocarne la nullità.
205
Al n. 3 l’art. 1325 rimanda all’art. 1346 c.c. per l’oggetto che deve essere possibile,
lecito, determinato o determinabile, pena la nullità
206
Prevista e disciplinata dagli artt. 1418, comma 2, c.c. e 1346 c.c.
207
Nel caso in cui la legge non solo proibisca la commercializzazione di un bene, ma
anche sanzioni la sua traslazione tramite contratto, si determina l’illiceità dell’oggetto per
violazione di norme imperative, come quelle del regolamento 1169 del 2011. Questo
comporta la nullità del contratto stesso. Tuttavia, l’applicazione di questo rimedio della

91
In sostanza, la nullità del contratto può risultare utile solo in circostanze limitate,
ad esempio, se il consumatore ha acquistato grandi quantità di prodotto con valore
sostanziale. In altri casi, potrebbe non portare a benefici concreti per il consumatore,
poiché non potrebbe restituire la merce o ottenere un rimborso significativo.
Il tema dei rimedi privatistici in relazione alla tutela del consumatore di alimenti,
in caso di violazione degli obblighi informativi imposti al professionista dal legi-
slatore europeo, presenta sfide significative nell’ambito del sistema giuridico. Tut-
tavia, sembra che il ripristino dello stato contrattuale precedente, attraverso il si-
stema di invalidità previsto dal nostro ordinamento, raramente possa fornire una
tutela soddisfacente, sebbene sia un’opzione possibile in circostanze eccezionali.
Si è considerato se la normativa consumeristica all’interno del codice del con-
sumo potesse offrire un aiuto. È importante notare che questa normativa ha un am-
bito soggettivo più circoscritto, applicandosi solo ai consumatori come “persone
fisiche” e non alle “comunità” menzionate nel regolamento del 2011. Questa di-
screpanza sembra non corrispondere appieno al consumatore di alimenti, oggetto di
norme pubblicistiche sulla sicurezza, pubblicità ed etichettatura, e al consumatore
a cui si rivolgono le disposizioni privatistiche contrattuali del codice del consumo
in conformità alle direttive comunitarie.
Dal punto di vista oggettivo, le disposizioni generali in materia di informazioni
ai consumatori e sicurezza dei prodotti nel codice del consumo non si applicano al
mercato alimentare a causa di specifiche prescrizioni comunitarie racchiuse nei re-
golamenti 1169/2011 e 178/2002.
Nel contesto della compravendita e somministrazione di prodotti alimentari tra
professionisti e consumatori, si applicano gli articoli 128-135 del Codice del con-
sumo sulla vendita di beni mobili di consumo 208. L’articolo 129 stabilisce l’obbligo

nullità potrebbe sollevare dubbi sulla sua reale utilità per il consumatore nell’ambito degli
alimenti. Il consumatore potrebbe incontrare difficoltà nel ricevere un vantaggio
sostanziale tornando dal rivenditore per ottenere un rimborso o restituire la merce. Questo
perché, specialmente se si tratta di beni di valore modesto, di quantità limitata o di cibi
deperibili o già consumati, la nullità del contratto potrebbe non permettere la restituzione
o il rimborso. Tuttavia, in situazioni in cui il consumatore acquista grandi quantità di
prodotto o lo riceve in modo regolare (ad esempio, in un piano di somministrazione
regolare), la nullità potrebbe essere utile. In questi casi, la restituzione della merce non
adeguata e il rimborso del prezzo di scambio potrebbero essere vantaggiosi per il
consumatore.
208
Cfr. MAZZAMUTO, S. Il contratto di diritto europeo. Giappichelli Editore. Torino.

92
del venditore di fornire beni conformi al contratto di vendita, con criteri che inclu-
dono l’idoneità all’uso, la conformità alla descrizione data dal venditore, le qualità
e prestazioni attese, nonché l’idoneità all’uso particolare richiesto dal consumatore
e accettato dal venditore.
Qualsiasi difetto di conformità al momento della consegna legittima il consuma-
tore al ripristino della conformità tramite riparazione o sostituzione, oppure alla ri-
duzione del prezzo o alla risoluzione del contratto, se i primi due rimedi risultano
impossibili, eccessivamente onerosi o non effettuati entro un congruo termine dalla
richiesta, arrecando notevoli inconvenienti al consumatore.
Questi criteri gerarchizzati definiscono i limiti dei rimedi ripristinatori, distin-
guendoli dai mezzi di tutela edilizi. Mentre l’impossibilità deriva da casi fortuiti o
di forza maggiore, l’eccessiva onerosità rende la prestazione possibile ma spropor-
zionata rispetto ai mezzi previsti in contratto 209.
La responsabilità contrattuale del venditore può essere invocata entro due anni
dalla consegna, previa denuncia entro due mesi dalla scoperta del difetto di confor-
mità. Le informazioni fuorvianti o ingannevoli sul prodotto costituiscono un difetto
di conformità, legittimando l’applicazione dei rimedi previsti dal codice del con-
sumo.
Tuttavia, l’applicazione dei rimedi specifici della vendita dei beni mobili di con-
sumo sembra non garantire una tutela soddisfacente per il consumatore di alimenti.
La sostituzione del prodotto difforme con uno equivalente potrebbe essere teorica-
mente praticabile, ma risulta problematica quando il difetto deriva da un’informa-
zione errata sull’etichetta.
La riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto possono offrire una minore
tutela, specialmente considerando la natura deperibile e il valore ridotto dei prodotti
alimentari acquistati singolarmente.
In conclusione, i rimedi contrattuali sembrano avere un’utilità marginale nei

2017.pp. 331 e ss. per una attenta analisi sul criterio gerarchico dei rimedi nella disciplina
consumeristica.
209
Per Mazzamuto, ivi p. 334, «coincide con la figura dell’impossibilità oggettiva e
relativa quale concetto delineato “in relazione al contenuto del concreto rapporto in
questione così come risulta determinato dalla sua fonte”». Dove il virgolettato è riferito
alla voce Responsabilità contrattuale, Enc. Dir., XXXIX (Milano 1988), 1086 e ss. così
come redatta da Mengoni, L.

93
confronti del consumatore di alimenti, lasciando spazio a dubbi sulla loro effettiva
efficacia nella tutela di quest’ultimo.

94
CAPITOLO TERZO
LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI E LA PROTEZIONE DEI MARCHI

Il processo di globalizzazione nel settore agroalimentare ha vissuto un’accelera-


zione significativa dagli anni Novanta. Tale fenomeno si è manifestato attraverso
una maggiore internazionalizzazione delle attività, inclusa l’acquisizione di materie
prime sui mercati globali, il dominio delle imprese multinazionali lungo la catena
di distribuzione e la crescente dipendenza di molti paesi dalle importazioni alimen-
tari per soddisfare la domanda interna. In parallelo, si è registrata una richiesta sem-
pre più ampia di varietà alimentari, specialmente nei paesi sviluppati, accompa-
gnata da un cambiamento nei comportamenti di consumo orientato verso una mag-
giore sostenibilità ambientale.
Questi sviluppi hanno portato ad una globalizzazione e complessità sempre mag-
giori dell’intera filiera agroalimentare, con impatti significativi sui requisiti minimi
necessari per garantire la sicurezza, la salubrità e la qualità del cibo. Considerando
anche la vulnerabilità delle attività agroalimentari ai cambiamenti climatici, emerge
la necessità di garantire l’accesso a cibo sano bilanciando la sostenibilità dei pro-
cessi di produzione, distribuzione e consumo.
La sicurezza alimentare, pertanto, diviene un tema di portata globale che subisce
influenze sia dalle dinamiche interne dei singoli paesi o regioni economiche, sia
dagli obiettivi di sviluppo sostenibile proposti dalle istituzioni internazionali e ne-
goziati globali per contrastare i cambiamenti climatici.
L’obiettivo della trattazione di questo capitolo è esaminare alcuni aspetti chiave
che sottendono al processo di globalizzazione nel settore agroalimentare, con par-
ticolare attenzione alle questioni specifiche legate alla sicurezza alimentare.

3.1 Libera circolazione delle merci e tutela dei marchi e dell’origine


Il percorso verso l’integrazione europea e la creazione di un mercato comune è
stato un obiettivo ambizioso e fondamentale sin dai Trattati di Roma del 1957. Tut-
tavia, il cammino verso questo traguardo subì una battuta d’arresto a causa della
crisi economica del 1965. Jacques Delors 210, Presidente della Commissione

210
In un accorato discorso il politico, morto pochi giorni or sono, evidenziava come
l’Unione Europea era e doveva essere un obiettivo per garantire non solo la libera

95
Europea dal 1985 al 1995, si impegnò a riprendere questo percorso di integrazione
attraverso una serie di misure che favorirono il mercato comune, fondamentale per
l’Unione Europea (UE).
Il mercato comune, come definito negli articoli dei Trattati istitutivi delle Co-
munità europee, mirava a eliminare le barriere tra gli Stati membri per fondere i
loro mercati in uno spazio economico unico. L’obiettivo principale era facilitare il
commercio, creando un ambiente economico uniforme attraverso la liberalizza-
zione degli scambi all’interno dell’UE.
Questo processo di integrazione ha origine dal dopo la Seconda Guerra Mondiale
con l’obiettivo di evitare conflitti e gestire le risorse, in particolare quelle legate al
carbone e all’acciaio, tra Francia e Germania. La Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio (CECA) fu il primo passo verso questo processo, seguita poi dalla Co-
munità Economica Europea (CEE) e dalla Comunità Europea per l’Energia Ato-
mica (EURATOM) nel periodo 1951-1957.
Successivamente, il processo di integrazione è stato ampliato con nuovi paesi
membri e con l’introduzione di atti normativi e strumenti per adattarsi alle esigenze
di un mercato sempre più libero. L’Atto Unico Europeo (AUE) del 1987, seguito
dal Trattato di Maastricht e dal Trattato di Amsterdam, hanno portato importanti
innovazioni nel processo di integrazione europea, tra cui una moneta unica e una
politica estera e di sicurezza comune.
Il Trattato di Nizza ha ulteriormente modificato il funzionamento delle istitu-
zioni europee, mentre il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2007, ha raffor-
zato l’Unione Europea e ha sottolineato la necessità del rispetto delle competenze
assegnate all’UE.
Il concetto di “mercato comune” è stato ridefinito nel corso di questi Trattati,
spesso utilizzando termini come “mercato interno” per indicare la creazione di uno
spazio senza frontiere interne in cui è garantita la libera circolazione di merci, per-
sone, servizi e capitali. Sebbene alcune interpretazioni suggeriscano differenze tra
i due concetti, nella pratica sono stati considerati sinonimi per indicare l’obiettivo
di creare un unico e libero mercato tra gli Stati membri dell’UE.

circolazione delle merci ma anche la loro qualità superiore.

96
L’evoluzione dei Trattati ha risposto alle sfide contemporanee, come i cambia-
menti climatici, la sicurezza e la globalizzazione, conferendo valore giuridico alla
Carta di Nizza e ampliando le competenze dell’Unione Europea.
Le norme relative al mercato interno e alla libera circolazione delle merci
nell’Unione Europea sono principalmente contenute nel Trattato sul Funziona-
mento dell’Unione Europea (TFUE).
All’interno del TFUE, nel Titolo I della Parte terza, si trovano le norme riguar-
danti il mercato interno, compresi gli articoli 26 e 27 (precedentemente articoli 14
e 15 del TCE). Qui è fornita la definizione di mercato interno, conforme a quanto
stabilito dall’Atto Unico Europeo.
Il Titolo II della stessa parte del trattato contiene le norme che regolano la libera
circolazione delle merci. Gli articoli 28, 29, 30, 31 e 32 del TFUE (precedentemente
articoli 23, 24, 25, 26, 27 del TCE) stabiliscono le disposizioni dell’Unione doga-
nale. Questi articoli vietano l’imposizione di dazi doganali sia all’importazione che
all’esportazione, così come qualsiasi imposta che abbia un effetto equivalente a un
dazio doganale. Inoltre, istituiscono una tariffa doganale comune. Al fine di com-
pletare questa disciplina sulla libera circolazione delle merci, è essenziale coordi-
nare tali divieti con l’articolo 110 del TFUE (vecchio articolo 90 del TCE).
Quest’ultimo articolo proibisce l’applicazione di tributi interni che discriminano o
favoriscono prodotti provenienti da altri Stati membri, con l’obiettivo di evitare
forme di elusione dei divieti precedentemente menzionati.
Queste disposizioni mirano a garantire la libera circolazione delle merci all’in-
terno dell’Unione Europea, prevenendo la discriminazione e gli ostacoli al com-
mercio tra gli Stati membri attraverso l’abolizione di dazi e tasse doganali discri-
minatorie o protezionistiche.
L’intensificazione degli scambi commerciali globali, spinta da vantaggi produt-
tivi e dall’evoluzione tecnologica, ha avuto un ruolo fondamentale nel XX secolo.
Questo processo, sostenuto dall’e-commerce, dai trasporti intermodali e dagli inve-
stimenti su vasta scala, ha creato un mercato globale unificato, guidato dalle tecno-
logie dell’informazione e della comunicazione (ICT), caratterizzato da cambia-
menti rapidi e continui.

97
Il settore dello shipping, specialmente il trasporto marittimo di merci tramite
navi, ha subito un’evoluzione sorprendente, evidenziata dal gigantismo navale, so-
prattutto nelle navi porta-container. Questo gigantismo mira a ottenere economie di
scala e a ridurre i costi dei servizi di spedizione via mare, aumentando di conse-
guenza la domanda di spedizioni.
Le imprese hanno focalizzato i loro sforzi sull’efficienza, cercando di abbattere
i costi e minimizzare i tempi attraverso lo sviluppo delle tecnologie di supporto. In
questo contesto, la materia doganale ha acquisito importanza, regolando i traffici
internazionali attraverso funzioni doganali complesse che mirano a proteggere cit-
tadini e mercati interni da rischi sanitari, fitosanitari, di sicurezza ed economici.
La politica daziaria è incentrata sulla protezione dei mercati interni e sull’equi-
librio dei prezzi delle merci scambiate. I controlli doganali si estendono anche alla
prevenzione di traffici illegali come armi, droghe, e sostanze psicotrope. La cono-
scenza del diritto e delle dinamiche che regolano i traffici globali è cruciale per
molte aziende coinvolte in questi processi.
Le imprese che ignorano questa materia rischiano di restare indietro rispetto alla
concorrenza, limitando le loro opportunità di espansione internazionale o standar-
dizzando processi operativi senza comprendere appieno il loro ruolo nella catena
logistica. Questo può portare a terziarizzare l’attività doganale, ma mantenendo co-
munque la piena responsabilità dei traffici, comportando rischi legali significativi.
Le numerose modifiche burocratiche e procedurali possono causare disinforma-
zione ed errori sanzionabili dalle autorità competenti. Spesso, le imprese si affidano
a diversi consulenti, ma la conoscenza completa di questa materia rimane spesso
protetta e difficile da condividere.

3.2 La qualità dei prodotti agroalimentari nella disciplina dell’Unione euro-


pea
Il concetto di “qualità” nell’ambito alimentare è complesso e controverso a
causa dei molteplici requisiti coinvolti nell’identificare un alimento come tale.
Manca una definizione normativa univoca 211, e il concetto stesso di qualità è

211
La definizione di qualità nel contesto degli alimenti è stata oggetto di ampio dibattito
nella dottrina, senza giungere a una definizione univoca, se non utilizzando concetti
flessibili come quelli adottati dall’ISO. Secondo l’ISO, la qualità è la “totalità degli attributi
e delle caratteristiche di un prodotto o servizio che concorrono a soddisfare le esigenze

98
influenzato da sovrapposizioni ideologiche riguardo agli obiettivi del “sistema qua-
lità”.
Gli alimenti devono rispettare determinati parametri igienici e di sicurezza per
essere commercializzati e venduti agevolmente, ma possono anche soddisfare re-
quisiti aggiuntivi che certificano una qualità superiore. Questi requisiti aggiuntivi
comprendono caratteristiche speciali come un particolare sapore, un’origine diversa
o un metodo di produzione peculiare.
Non rientrano tra i requisiti di qualità i parametri igienici e di sicurezza, né i
requisiti di identificazione o le modalità di produzione che devono essere rispettati
per tutti secondo la normativa comunitaria 212. I veri requisiti di qualità sono quelli
adottati volontariamente e che vanno oltre i parametri di base, differenziando un
prodotto sul mercato e conferendogli un vantaggio competitivo rispetto ai concor-
renti.
Il concetto di “alta qualità” va oltre il rispetto dei parametri di base (ambiente,
benessere degli animali, bassa presenza di pesticidi). Non si basa solo su requisiti
identitari o estetici, ma si concentra sul valore aggiunto che rende un prodotto di-
stintivo e competitivo 213.
La valutazione della qualità si basa sulla percezione soggettiva e personale di
ciascun individuo, ma per essere universalmente riconosciuta, deve essere resa og-
gettiva attraverso misurazioni e certificazioni 214.

specifiche o implicite” (norma 8402).


Questa definizione ISO implica che la sicurezza è parte integrante della qualità, in
quanto condizione essenziale per soddisfare le aspettative implicite. La Commissione
europea ha riconosciuto la validità di questa definizione ISO della qualità in una
comunicazione del 1989, affermando che “la qualità è legata all’adeguatezza del prodotto
nel soddisfare le esigenze degli utenti e dei consumatori, cioè del mercato”.
212
Art. 14 Regolamento 178/2002
213
Un vantaggio che dipende essenzialmente dalla connotazione del rapporto di fiducia
instaurato tra produttore e consumatore e che fa sì che anche il marchio diventi origine di
qualità superiore a prescindere dai controlli.
214
La definizione del concetto di qualità varia notevolmente in base al punto di vista
dell’osservatore e agli elementi considerati prioritari. Per i consumatori, la qualità è
principalmente associata alla “salute” (igiene, non tossicità, valore nutrizionale), alle
caratteristiche sensoriali, al rapporto qualità-prezzo, al legame con la provenienza e le
tradizioni culturali. Per i produttori, essa comprende lo stato di sicurezza ragionevole, la
competitività sul mercato, l’efficienza tecnico-produttiva, il valore aggiunto (compreso
l’investimento nel marchio) e le caratteristiche sensoriali. Per le autorità pubbliche, la
qualità riguarda la sicurezza assoluta per il consumo umano, il rispetto delle normative, e
talvolta è anche un mezzo per proteggere gli interessi economici nazionali.

99
Le normative devono collegare in modo vincolante dati obiettivi alla sensazione
di piacere che un alimento offre ai consumatori, rendendolo quindi ricercato sul
mercato. Attualmente, il regime comunitario si esprime attraverso regimi di con-
trollo della qualità come DOP, IGP, STG per valorizzare territori di produzione e
ricette tradizionali, e tramite certificazioni BIO per prodotti privi di prodotti chi-
mici. Questi sistemi sono disciplinati da controlli e certificazioni specifiche, oltre a
loghi ed emblemi per differenziarli agli occhi dei consumatori.
La preferenza per determinati alimenti può essere influenzata non solo dal gusto,
ma anche da valori emotivi come il rispetto per il mercato equo e solidale o la so-
stenibilità ambientale. Questi fattori ideologici possono conferire nuovi elementi di
qualità e competitività ai prodotti alimentari.

3.2.1 Salvaguardare il Made in Italy


Il marchio “Made in Italy” rappresenta l’origine e la reputazione di un prodotto
o servizio in termini di qualità, concetto strettamente legato al territorio di prove-
nienza. Le radici di questo marchio risalgono all’uso iniziale nell’alta moda pari-
gina nell’Ottocento, arrivando in Italia nel 1949 grazie alle Sorelle Fontana e al loro
abito da sposa per l’attrice Linda Christian. Questo contesto posiziona l’Italia come
il “paese del bel vivere”, attraendo personalità influenti del mondo del cinema e
dello spettacolo nella capitale. Successivamente, stilisti come Valentino emergono
con piccole botteghe sartoriali.
L’ambiente italiano in cui si sviluppa il marchio è caratterizzato da imprese di
medie e piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, specializzate in produ-
zioni legate alle tradizioni locali. Eventi come la prima sfilata italiana a Firenze nel
1951 contribuiscono alla crescita e al riconoscimento del settore della moda, attrat-
tivo per artisti nazionali e internazionali che introducono nuovi capi e stili.
Il periodo del “miracolo economico italiano” tra il 1958 e il 1963 rappresenta
un’importante fase di crescita economica e tecnologica, portando l’Italia a diventare

È evidente la difficoltà nel definire il concetto di qualità. che può essere considerata una
caratteristica intrinseca del prodotto, misurabile oggettivamente attraverso analisi
strumentali o giudizi sensoriali di esperti, o valutabile soggettivamente dal consumatore.
In quest’ottica, la qualità non è statica ma varia nel tempo e nello spazio, anche in relazione
al contesto socio-economico dell’acquirente. È un concetto dinamico in cui la qualità
intrinseca del prodotto (aspetti igienico-sanitari e nutrizionali) può essere un prerequisito
basilare o un elemento distintivo rilevante per i prodotti considerati di alta qualità.

100
una potenza industriale. Tuttavia, le imprese italiane devono affrontare sfide strut-
turali come la burocrazia, l’instabilità politica, l’evasione fiscale e infrastrutture
inefficienti.
Nonostante le difficoltà, il marchio “Made in Italy” resiste alle crisi economiche
e alla concorrenza dei prodotti a basso costo. Le sue origini sono legate a due teorie
principali: una di riscatto post-guerra e l’altra di sviluppo di una cultura estetica
italiana. Il marchio è soggetto a una normativa che nel tempo ha subito modifiche
e adattamenti.
È importante comprendere concetti come origine, provenienza e origine doga-
nale per analizzare questa normativa, che deve confrontarsi con ostacoli come la
rigidità delle leggi, le esigenze di tutela delle imprese e l’incompatibilità tra la nor-
mativa nazionale e quella comunitaria.
La legge 24 dicembre 2003 n. 350, detta anche Finanziaria 2004, ha affrontato
due principali aspetti: l’identificazione del Paese di origine di un prodotto e il raf-
forzamento della lotta alla contraffazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la legge esamina l’applicazione del marchio
“Made in Italy” anche per prodotti realizzati in parte in Italia e in parte all’estero.
Tuttavia, specifica che l’indicazione “Made in Italy” su prodotti non originari
dall’Italia costituisce una falsa indicazione, secondo le regole del Codice Doganale
Comunitario, che definisce un prodotto Made in Italy quando l’ultima lavorazione
sostanziale avviene in territorio italiano.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, la legge segnala che l’importazione,
l’esportazione o la commercializzazione di prodotti con indicazioni di provenienza
false o ingannevoli costituisce reato, punibile ai sensi dell’articolo 517 del Codice
penale.
Successivamente, il Decreto-legge del 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge
il 14 maggio 2005 n. 80, ha introdotto modifiche per la tutela del marchio d’origine.
Ha aumentato le pene per la vendita di merci con indicazioni ingannevoli e ha pre-
cisato che la commercializzazione nell’Unione Europea di beni provenienti
dall’estero con solo indicazioni italiane non è più accettabile, obbligando a specifi-
care anche il Paese di origine della lavorazione e importazione dei prodotti.

101
Il Decreto-legge del 25 settembre 2009 n. 135, convertito in legge il 20 novem-
bre 2009 n. 166, ha ulteriormente dettagliato la tutela del marchio Made in Italy.
Ha aumentato le pene previste dal Codice penale e introdotto il marchio collettivo
“100% Made in Italy” per prodotti realizzati interamente in Italia, garantendo mag-
giore trasparenza e certificazione per i prodotti italiani.
Infine, la Legge 8 aprile 2010 n. 55 ha ulteriormente specificato le regole per la
protezione del marchio Made in Italy, introducendo norme più rigide e precise sulla
corretta indicazione dell’origine dei prodotti e stabilendo sanzioni più severe per
chi contravviene a tali disposizioni.

3.2.2 Le indicazioni comunitarie di qualità: STG, DOP e IGP


La legislazione comunitaria ha introdotto una disciplina per le denominazioni di
origine protette (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) attraverso il Re-
golamento n. 2081/92. Tale regolamento mirava a garantire un’equa concorrenza e
a fornire informazioni chiare ai consumatori sull’origine dei prodotti, incentivando
la diversificazione dell’agricoltura e promuovendo prodotti specifici come oppor-
tunità di sviluppo per le zone rurali.
Inizialmente, questo regime si estendeva anche a prodotti provenienti da Paesi
terzi, ma solo in caso di reciprocità ed equivalenza 215. La legislazione tutelava an-
che le specialità tradizionali (STG). L’obiettivo principale era garantire maggiori
entrate ai produttori in cambio degli sforzi qualitativi e fornire ai consumatori

215
L’articolo 12 del Regolamento n. 2081/92 prevedeva l’applicazione delle
disposizioni del regolamento stesso ai prodotti agricoli o alimentari provenienti da Paesi
terzi, a condizione che determinati requisiti fossero rispettati:
1. Il Paese terzo dovesse offrire garanzie identiche o equivalenti a quelle stabilite
dall’articolo 4 del regolamento.
2. Nel Paese terzo esistesse un sistema di controllo equivalente a quello definito
dall’articolo 10 del regolamento.
3. Il Paese terzo fosse disposto a garantire ai corrispondenti prodotti agricoli o
alimentari provenienti dalla Comunità una protezione simile a quella prevista nella
Comunità stessa.
In caso di omonimia tra una denominazione protetta di un Paese terzo e una
denominazione protetta della Comunità, la registrazione sarebbe stata concessa
considerando attentamente gli usi locali e tradizionali, nonché i reali rischi di confusione.
L’uso di tali denominazioni era autorizzato solo se il Paese d’origine del prodotto fosse
chiaramente e visibilmente indicato sull’etichetta.

102
maggiori garanzie sull’origine e sul metodo di produzione dei prodotti, aumentando
così la fiducia nei consumi 216.
Tuttavia, diverse controversie sono sorte riguardo alla protezione accordata ai
prodotti extracomunitari. In seguito all’adozione dell’accordo TRIPs sull’aspetto
dei diritti di proprietà intellettuale nel commercio, si è resa necessaria una revisione
della disciplina 217. Questa revisione è stata realizzata con il Regolamento n.
692/2003, che ha incluso nell’ambito della sua disciplina prodotti vitivinicoli, be-
vande spiritose 218 e aceto di vino, precedentemente esclusi, e ha escluso le acque
minerali e di sorgente.
Il Regolamento n. 692/2003 ha riconosciuto la fase di produzione come elemento
determinante per conferire una denominazione o indicazione geografica, influen-
zando le caratteristiche distintive del prodotto. Ha stabilito i requisiti per gli orga-
nismi privati responsabili del controllo sulle DOP e IGP, prevedendo la loro

216
I regolamenti n. 2018/92 e n. 2082/92, relativi alla protezione delle denominazioni
d’origine e delle indicazioni geografiche, suscitarono opposizioni da parte degli Stati del
Nord Europa. Questi Stati ritenevano che tali regolamenti fossero strumenti di tutela
principalmente rivolti alle produzioni dei Paesi mediterranei. Questi ultimi, in quanto più
dotati di veri prodotti agricoli e alimentari tipici legati a territori specifici, erano quelli
maggiormente coinvolti nel processo di individuazione e tutela di tali prodotti. Queste
opinioni erano discusse in varie fonti, come in COSTATO, L., & ADORNATO, F. Trattato
breve di diritto agrario italiano e comunitario. CEDAM. Padova 1997.pp 113-117.
A livello internazionale, la questione della tutela dei segni distintivi dei prodotti agricoli
e alimentari legati al luogo di produzione era rilevante anche nell’Accordo TRIPs (Aspects
of Intellectual Property Rights related to Trade), allegato al Trattato di Marrakech del
1994. Questo accordo imponeva agli Stati firmatari di istituire strumenti giuridici che
consentissero agli interessati di impedire l’uso, nella designazione o presentazione di un
prodotto, di ogni elemento che indicasse o suggerisse che il prodotto provenisse da un’area
geografica diversa da quella di origine, al fine di evitare inganni al pubblico sull’origine
geografica del prodotto (art. 22, comma 2, lett. a).
217
Il legislatore comunitario ha identificato due livelli di riferimento geografico, le
“indicazioni geografiche protette” e le “denominazioni d’origine protetta”, in risposta alle
diverse pratiche nazionali che facevano riferimento a queste categorie. Le DOP
(Denominazioni di Origine Protetta) e le IGP (Indicazioni Geografiche Protette) sono state
definite in modo univoco. La prima definizione di “indicazione geografica” si trova
nell’accordo TRIPs, il quale afferma che le indicazioni geografiche sono indicazioni che
identificano un bene come originario del territorio di un membro, o di una regione o località
in quel territorio, dove una data qualità, reputazione o altra caratteristica del bene è
essenzialmente attribuibile alla sua origine geografica.
218
La normativa in materia di protezione delle indicazioni geografiche e delle
denominazioni d’origine in merito ha subito varie evoluzioni nel tempo. In particolare, il
Regolamento n. 817/70, che inizialmente garantiva un elevato livello di protezione, è stato
sostituito dal Regolamento n. 1493/99 e successivamente abrogato dal Regolamento n.
479/2008.

103
responsabilità per eventuali modifiche o cancellazioni dal registro comunitario.
Successivamente, nel 2006, è stato emanato il Regolamento n. 510/2006, poi
sostituito dal regolamento n. 1151/2012 sui regimi di qualità DOP e IGP. Questo
nuovo regolamento ha introdotto modifiche alle procedure di registrazione e oppo-
sizione, semplificandole per garantire maggiore chiarezza e trasparenza.

3.3 Il sistema di controllo come mezzo di garanzia della sicurezza alimentare


Il panorama della governance dell’Unione Europea si configura come un tessuto
estremamente complesso in cui si bilanciano gli interessi dei vari settori produttivi
e dei consumatori, in un equilibrio delicato tra gli Stati membri e tra di essi 219. In
questo contesto, la sicurezza alimentare emerge come un elemento cruciale, non
solo per la tutela della salute dei consumatori, ma anche in relazione all’ambiente e
al contesto sociale in cui gli alimenti sono prodotti.
La Comunità Europea ha iniziato a focalizzarsi sulla tutela del consumatore fin
dagli anni Settanta attraverso l’introduzione di iniziative come l’etichettatura dei
prodotti e le informazioni sulla presenza di sostanze tossiche. Tuttavia, è stato solo
dopo eventi rilevanti, come la crisi di Chernobyl nel 1986 e il caso della “mucca
pazza”, che la questione della sicurezza alimentare ha assunto un ruolo centrale
nell’agenda europea. La diffusione della malattia neurodegenerativa nei bovini ha
portato a pressioni significative affinché la Comunità Europea adottasse regola-
menti riguardanti l’alimentazione e la cura degli animali di allevamento, insieme a
controlli più rigorosi sull’uso di pesticidi e altri prodotti pericolosi in agricoltura e
nell’industria alimentare.
È stato solo nel 1997, dopo ampie consultazioni con esperti e portatori di inte-
resse, che la Commissione Europea ha proposto un approccio olistico alla sicurezza
alimentare con la pubblicazione del Libro Verde sulla sicurezza alimentare 220. Que-
sto approccio mirava a garantire la sicurezza lungo l’intera filiera di produzione
alimentare, affrontando le emergenze e le minacce alla salute dei consumatori con
tempestività ed efficacia. Inoltre, si è promosso il coinvolgimento dei consumatori

219
Per una trattazione completa si può fare riferimento a WIESNER, C. Actors, concepts,
controversies: the conceptual politics of European integration. in Political Research
Exchange, 5(1), 2258173. 2023.
220
Commissione Europea Principi generali della legislazione in materia alimentare
nell’Unione Europea. COM(97) 176, Bruxelles 30/04/1997.

104
e il loro diritto a ricevere informazioni sulla qualità degli alimenti per effettuare
scelte consapevoli. Questo ha portato alla creazione di nuove normative sull’eti-
chettatura alimentare nel 2011 221 e all’accento sulla sensibilizzazione dei consuma-
tori riguardo a una dieta equilibrata.
In una delle più recenti comunicazioni la Commissione ha rilevato il moderato
successo delle modalità di segnalazione esistenti nei paesi membri nel plasmare il
comportamento dei consumatori 222. Si è anche presa in considerazione la diversità
delle diete locali, impegnandosi a proporre legislazioni che sostengano le filiere di
produzione locale. Tuttavia, alcuni dibattiti hanno sollevato preoccupazioni ri-
guardo a possibili etichettature che non distinguevano tra tipi di grassi o tra prodotti
tradizionali e quelli provenienti dall’industria alimentare su larga scala 223.

221
UE Regolamento numero 69 del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di
informazioni sugli alimenti ai consumatori.
222
Commissione Europea Relazione della Commissione Europea al Parlamento e al
Consiglio sull’uso di forme di espressione e rappresentazione supplementari della
dichiarazione nutrizionale, Bruxelles, 20/05/2020 COM (2020) 207.
223
Prendiamo ad esempio l’interrogazione della Parlamentare Europea Mara Bizzotto
del 31 maggio 2022: « La startup Remilk ha annunciato l’apertura di una struttura di
produzione di latte tramite fermentazione di precisione, utilizzando un investimento di 120
milioni di dollari, che sarà ubicata su un’area di 70mila metri quadrati a Kalundborg, in
Danimarca. Il processo di fermentazione impiega lieviti per creare le proteine del latte,
come caseina e siero, senza coinvolgere animali, producendo, secondo l’azienda, proteine
con caratteristiche organolettiche indistinguibili da quelle del latte vaccino. Aviv Wolff,
CEO di Remilk, ha dichiarato l’intento dell’azienda di produrre latticini identici ai prodotti
derivati dal latte vaccino, mantenendo lo stesso gusto, consistenza e proprietà fisiche.
Wolff ha inoltre affermato l’obiettivo di incrementare notevolmente la capacità produttiva
per offrire prodotti lattiero-caseari nutrienti, gustosi e convenienti, con l’intenzione
implicita di ridurre l’uso di allevamenti bovini. Inizialmente, Remilk mira a servire le
industrie casearie e di trasformazione, ma progetta anche di raggiungere i consumatori
direttamente con una linea di prodotti “animal-free”. La Commissione è stata interrogata
riguardo a questo specifico metodo di produzione di latte e latticini, alla valutazione di tali
prodotti e alle misure di tutela degli allevamenti e dei produttori tradizionali di latte in
Europa. La prima domanda richiede se la Commissione sia a conoscenza di questa nuova
metodologia di produzione di latticini attraverso la fermentazione delle proteine del latte.
In risposta a questa interrogazione, la Commissione dovrebbe esprimere la propria
consapevolezza della tecnologia e delle modalità di produzione innovative e indicare
eventuali iniziative intraprese o pianificate per monitorare o regolare questa pratica
emergente. La seconda domanda riguarda la valutazione della Commissione su questi
prodotti e la sua strategia per proteggere gli allevamenti europei e i tradizionali produttori
di latte. La risposta della Commissione dovrebbe delineare le implicazioni di questa
innovazione sulla produzione lattiero-casearia tradizionale, discutere eventuali iniziative
o politiche previste per sostenere o proteggere gli allevamenti e i produttori tradizionali,
nonché la posizione dell’UE rispetto a prodotti alternativi, come quelli derivati da processi
di fermentazione. La terza domanda chiede alla Commissione se siano stati erogati
finanziamenti europei a Remilk e, in caso affermativo, di specificare l’ammontare degli

105
Il Libro Verde del 1997 ha sottolineato l’importanza del controllo lungo l’intera
filiera di produzione alimentare, richiedendo standard di qualità uniformi tra gli
Stati membri e un sistema di controllo unificato per favorire la circolazione sicura
dei prodotti. Tuttavia, c’è la necessità di rivedere gli accordi commerciali interna-
zionali in modo da garantire standard di tutela della salute dei consumatori senza
ostacolare il commercio di prodotti provenienti da fuori l’Europa.
In questo contesto, il ruolo della Comunità non è tanto quello di sostituire gli
Stati membri nei controlli, ma piuttosto di verificare l’efficacia di tali controlli
all’interno del mercato interno.
Il 2000 segna un momento cruciale per la Commissione Europea in materia di
sicurezza alimentare, soprattutto con l’approvazione del Libro Bianco sulla sicu-
rezza alimentare 224. Questo documento presenta le nuove istituzioni necessarie per

aiuti finanziari assegnati all’azienda. La Commissione dovrebbe fornire dettagli sui


finanziamenti concessi, se esistenti, e spiegare il contesto e i criteri di assegnazione di tali
fondi. In sintesi, l’interrogazione della Commissione è incentrata sulla consapevolezza e
valutazione di questa nuova metodologia di produzione di latte, sulle misure di tutela per
gli allevamenti e i produttori tradizionali e sull’eventuale concessione di finanziamenti
europei a Remilk. ». A questo punto è lecito il dubbio che si possa configurare uno simil
frode del consumatore ignaro di questo tipo di processo e ritrovarsi un prodotto caseario
salvaguardato dalla UE ma nel quale non è presente latte da produzione animale.
224
Il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare fu pubblicato dalla Commissione Europea
il 12 gennaio 2000. Questo documento descrive un insieme di azioni necessarie per
completare e modernizzare la legislazione dell’Unione europea in materia di alimentazione.
Ecco alcune specifiche chiave del Libro Bianco sulla sicurezza alimentare:
1. obiettivo: rendere la legislazione alimentare dell’UE più coerente, comprensibile
ed elastica, garantendo un alto grado di sicurezza alimentare.
2. contenuto: il documento propone una serie di misure per organizzare la sicurezza
alimentare in modo più coordinato e integrato1. Queste misure includono la
creazione di un’Autorità alimentare europea autonoma, un quadro giuridico
migliorato che copra tutti gli aspetti connessi con i prodotti alimentari, sistemi di
controllo più armonizzati a livello nazionale, e un dialogo con i consumatori e le
altre parti coinvolte.
3. principi generali: il Libro Bianco formula i principi generali sui quali dovrebbe
vertere la politica europea in materia di sicurezza alimentare. Questi includono una
strategia globale, integrata, che si applica a tutta la catena alimentare; una
definizione chiara dei ruoli di tutte le parti coinvolte nella catena alimentare; la
rintracciabilità degli alimenti destinati agli esseri umani e agli animali e dei loro
ingredienti; la coerenza, l’efficacia e il dinamismo della politica alimentare;
l’analisi dei rischi; l’indipendenza, l’eccellenza e la trasparenza dei pareri
scientifici; l’applicazione del principio di precauzione nella gestione dei rischi.
4. autorità alimentare europea: la Commissione propone la creazione di
un’Autorità alimentare europea autonoma, incaricata di elaborare pareri scientifici
indipendenti su tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza alimentare, alla gestione di
sistemi di allarme rapido e alla comunicazione dei rischi.

106
garantire l’efficacia del sistema di tutela della salute dei consumatori proposto nella
precedente Comunicazione del 1997.
La Commissione riteneva che la mancanza di un approccio comune nella costru-
zione di un sistema di controllo efficace rappresentasse una delle principali lacune
dei sistemi nazionali di garanzia della sicurezza alimentare. L’aspetto transnazio-
nale delle filiere produttive giustificava l’impellente necessità di regolamentazioni
più integrate, mentre l’interesse predominante restava la tutela del consumatore
come competenza comunitaria. Tuttavia, un episodio politico significativo che ha
contribuito ad accelerare la necessità di definire un approccio scientifico e istituzio-
nale comune è stato il divieto da parte della Francia nell’importare carni dalla Gran
Bretagna nel 1999. Questa azione si basava su una valutazione tecnica divergente
rispetto a quella formulata dal Comitato Scientifico di Coordinamento (SSC), inca-
ricato di fornire pareri tecnici alla Commissione fin dal 1974. La Commissione
portò la Francia davanti alla Corte di Giustizia ottenendo ragione, ma la Francia
mantenne il divieto di importazione fino a quando non ha subito multe dalla Com-
missione stessa.
Questo evento ha enfatizzato l’urgenza per la Commissione di istituire un’auto-
rità tecnica europea indipendente per la sicurezza alimentare, considerata la risposta
più adeguata per garantire elevati livelli di sicurezza alimentare. Tale autorità sa-
rebbe stata una fonte affidabile di informazioni, costituendo il fulcro di una rete di
autorità nazionali capaci di soddisfare le esigenze di consumatori e imprese nel pro-
cesso di implementazione delle azioni previste nel Libro Bianco.
Il documento si concentra sulla filiera alimentare nel suo complesso, eviden-
ziando il suo enorme impatto economico con un giro d’affari di 600 miliardi di euro
e una forza lavoro di 2,6 milioni di persone nel 2000. La Commissione, pur perse-
guendo la tutela dei consumatori, dimostra un’attenzione verso gli aspetti produttivi
e occupazionali della filiera. Inoltre, l’importanza globale del mercato europeo
comporta la proiezione al di fuori dei suoi confini dei principi e del modello adottato
per la sicurezza alimentare, fungendo da modello per altri paesi che devono ancora
strutturare il proprio sistema.
Un confronto con gli Stati Uniti rivela che la FDA, l’autorità federale

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:l32041

107
statunitense per la sicurezza alimentare, in passato era considerata un esempio per
il sistema europeo di tutela del consumatore. Tuttavia, con l’evolversi della norma-
tiva europea, la FDA sembra meno rigorosa rispetto agli standard europei, portando
l’Europa a dover limitare la commercializzazione di prodotti che negli USA sono
autorizzati. Questa disparità è una questione affrontata nei trattati commerciali.
Analogamente, la Cina, destinata a diventare il maggiore mercato alimentare
mondiale, mostra una crescente adozione di principi di tutela, in un modello di con-
trollo che si avvicina a quello europeo, nonostante in passato la tutela fosse più
frammentata e a livello regionale.
In conclusione, l’approvazione del Libro Bianco sulla sicurezza alimentare nel
2000 segna una svolta fondamentale nell’ambito della protezione del consumatore
e della tutela della sicurezza alimentare nell’Unione Europea, evidenziando la ne-
cessità di un approccio integrato e di un’istituzione tecnica indipendente per garan-
tire standard elevati e uniformi 225.

3.3.1 Il Codex Alimentarius 226


Il quadro classico della classificazione delle norme giuridiche distingue netta-
mente tra norme internazionali e norme nazionali: la prima categoria comprende i
trattati, mentre la seconda include le costituzioni, le leggi promulgate dai legislatori
e gli ordini o regolamenti esecutivi emanati in virtù di tali leggi. Sulla base di questo
bipolarismo, si sono sviluppate le dottrine moniste e dualiste. Sebbene questa clas-
sificazione e queste dottrine conservino tuttora il loro valore, un numero crescente
di norme giuridiche ha visto la luce negli ultimi anni, che non si inseriscono age-
volmente in una delle due categorie classiche; la loro adozione è avvenuta attraverso
procedure basate a volte sul metodo convenzionale e a volte su metodi legislativi
senza tuttavia soddisfare tutte le condizioni tradizionali attribuite a uno o l’altro di
questi metodi. Ne consegue che l’applicazione delle dottrine moniste e dualiste a
tali norme deve essere oggetto di alcune precauzioni.
Se è certo che i giuristi non si sono limitati ad osservare le tendenze verso un

225
Op. cit., GIANNELLI, PAGLIALUNGA AND TURATO, Le politiche per la sicurezza
alimentare e la sostenibilità nel contesto europeo e degli accordi commerciali
internazionali. 2021.
226
COMMISSION DU CODEX ALIMENTARIUS. Manuel dé Procedure du Codex
Alimentarius. FAO & OMS 2023

108
allentamento e una diversificazione delle procedure classiche, ma hanno partecipato
attivamente alla formulazione di nuovi metodi più aderenti alle esigenze pratiche
della società moderna, è altrettanto certo che l’origine di tali esigenze è di natura
extragiuridica. Un’analisi delle ragioni profonde di questo sviluppo rientra nel
campo delle scienze economiche, politiche, sociologiche e culturali piuttosto che
del diritto, e quindi non può essere oggetto di un’analisi completa in un breve studio
a portata strettamente limitata. Tuttavia, va riconosciuto che i giuristi generalmente
esitano a abbandonare concetti e istituzioni consolidate a meno che non siano con-
vinti della necessità oggettiva di cercare nuovi metodi. Ciò li porta a esaminare, non
senza esitazioni, la validità di fattori che non rientrano nel loro ambito. Allo stesso
tempo, prima di esplorare “nuovi confini”, cercano forse dei precedenti. È così che
individuano alcuni dei principali fattori alla base delle tendenze verso soluzioni in-
termedie tra trattati e legislazione, tra obbligazione rigorosa e raccomandazione.
Tra questi fattori si potrebbero evidenziare il volume e il ritmo degli scambi inter-
nazionali, l’intensità e la rapidità delle comunicazioni internazionali, persino inter-
continentali, i progressi tecnologici e scientifici, l’integrazione economica e sociale
che si manifesta progressivamente in alcune regioni.
Sotto l’influenza, spesso combinata, di questi fattori, è emersa l’esigenza di ar-
monizzare, se non unificare, le leggi e i regolamenti, e contemporaneamente è stato
necessario riconoscere che le procedure tradizionali relative alla conclusione e alla
ratifica dei trattati e soprattutto alla loro revisione a volte si rivelavano troppo com-
plesse e lente per elaborare e mantenere aggiornata una regolamentazione interna-
zionale in settori in cui lo sviluppo economico e sociale e i progressi tecnici ri-
schiano di superare le norme giuridiche sin dalla loro adozione.
Non vi è dubbio che le organizzazioni internazionali, grazie alle possibilità di
lavoro continuativo e sistematico che offrono sia all’interno dei loro segretariati che
attraverso riunioni di organismi ausiliari specializzati, abbiano contribuito, e conti-
nuino a contribuire, ampiamente allo sviluppo della normativa internazionale nei
più svariati settori. È in questo contesto generale che va esaminata la creazione e lo
sviluppo graduale di un’istituzione come il Codex Alimentarius, analizzandone
l’origine, l’ambito e la natura giuridica e cercando alcuni confronti con le attività
normative svolte da altre organizzazioni internazionali.

109
La storia dell’armonizzazione delle norme tecniche nel commercio alimentare
ha origine nelle prime associazioni di commercianti che, con l’obiettivo di facilitare
gli scambi internazionali, hanno adottato standard produttivi uniformi per evitare la
creazione di prodotti simili dal punto di vista commerciale, ma realizzati in confor-
mità a regole tecniche diverse, risultanti sostanzialmente differenti. Questa situa-
zione è perdurata fino al 1961, quando è stata istituita una Commissione internazio-
nale da parte di due organismi collegati all’ONU: la FAO e l’OMS. Questa Com-
missione aveva il compito di elaborare un insieme di norme relative alla disciplina
uniforme sulla produzione e il commercio di prodotti alimentari. L’obiettivo prin-
cipale era agevolare gli scambi commerciali, garantire transazioni leali e assicurare
alimenti igienicamente sicuri attraverso lo sviluppo e l’armonizzazione delle norme
sanitarie a livello mondiale, al fine di proteggere la salute umana, animale e vege-
tale, nonché preservare l’ambiente. La Commissione creò il Codex Alimentarius,
227 raccogliendo tutte le norme internazionali esistenti in questo Codice.
All’interno della Commissione del Codex, il principale forum internazionale in
materia di sicurezza alimentare e commercio di alimenti, sono state adottate nume-
rose misure. Tra queste figurano i Codici di igiene e di uso tecnologico per la sicu-
rezza alimentare, gli additivi alimentari, i contaminanti e la fissazione dei limiti
massimi di residui e pesticidi nelle derrate alimentari.
L’armonizzazione normativa a livello internazionale è stata principalmente rag-
giunta attraverso gli accordi SPS (sulle misure sanitarie e fitosanitarie) e gli accordi
OTC (sugli ostacoli tecnici al commercio). Questi accordi miravano a ridurre al
minimo gli ostacoli ingiustificati al libero commercio, identificando nel Codex Ali-
mentarius i parametri di riferimento scientificamente validi. Le norme contenute
nel Codex sono considerate sufficienti a garantire la sicurezza, e uno Stato che ap-
plica misure più restrittive deve giustificare scientificamente la propria azione.

Il Codex Alimentarius rappresenta una raccolta di norme internazionali approvate


227

dalla Commissione omonima. L’organo decisionale principale è il Comitato Esecutivo, le


cui decisioni richiedono l’approvazione finale dalla Commissione. La Commissione è
composta da vari organi, tra cui i Comitati orizzontali, che trattano questioni generali, i
Comitati verticali, focalizzati su prodotti specifici o categorie di prodotti, i Comitati
Regionali di coordinamento, che affrontano problemi specifici delle diverse regioni del
mondo, e i Gruppi di lavoro intergovernativi speciali, incaricati di affrontare questioni
limitate sia nel contenuto che nel tempo. Il risultato è rinvenibile online all’indirizzo:
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1225_listaFile_itemName_3_file.pdf

110
Questo è finalizzato a evitare che comportamenti che si discostano da queste norme
possano essere considerati pratiche elusive del principio di libero commercio.
Per garantire la partecipazione italiana all’elaborazione delle norme del Codex,
è stato istituito il Comitato Nazionale Italiano per il Codex Alimentariusnel 1966.
La Comunità Europea è diventata membro del Codex nel 2003 e partecipa alle ses-
sioni della Commissione del Codex insieme agli altri Stati membri.
L’Unione Europea, nell’ambito della razionalizzazione del sistema di sicurezza
alimentare, fa riferimento al Codex nel “Libro Bianco” del 2000, sottolineando
l’importanza degli standard del Codex Alimentarius, riconosciuti come validi e ga-
ranti del massimo livello di protezione per gli interessi in gioco, essendo basati sulle
migliori esperienze e informazioni scientifiche avanzate.

3.3.2 Il Regolamento CE n. 178/2002


Il Regolamento 178/2002 rappresenta un punto di svolta nella definizione di ali-
mento nell’Unione Europea. Prima di tale regolamento, mancava una definizione
generale di alimento che potesse essere estesa uniformemente a tutti gli Stati mem-
bri dell’UE, con un’attenzione limitata al problema a livello nazionale piuttosto che
a quello europeo. Le definizioni di alimento presenti nel diritto inglese e tedesco
costituivano i principali punti di riferimento a livello europeo, mentre a livello in-
ternazionale il Codex Alimentarius fornisce una definizione ampia del termine food.
L’art. 2 del regolamento 178/2002 identifica l’alimento come «qualsiasi sostanza
o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad
essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da
esseri umani». Questa definizione include bevande, gomme da masticare e qualsiasi
sostanza intenzionalmente incorporata negli alimenti durante la loro produzione,
preparazione o trattamento.
Tuttavia, nonostante l’ampia definizione di alimento, il testo legislativo esclude
alcuni prodotti dal novero degli alimenti, come i farmaci, i cosmetici, il tabacco, le
sostanze stupefacenti o psicotrope, residui e contaminanti, oltre ai mangimi, agli
animali vivi, sempre che non siano preparati per l’immissione sul mercato per con-
sumo umano, e ai vegetali prima della raccolta che quindi non vengono ritenuti
alimenti se non separati dalla propria origine naturale anche se si deve tener conto
della modalità di preparazione per la tracciabilità. Questa esclusione si riferisce a

111
prodotti destinati all’ingestione umana ma che non svolgono una funzione nutritiva.
È stato inoltre introdotto l’obbligo di riportare sull’etichetta di ogni prodotto ali-
mentare le relative indicazioni nutrizionali, al fine di fornire ai consumatori infor-
mazioni chiare sulla composizione e sul valore nutrizionale degli alimenti 228.
Il legislatore europeo si è concentrato sull’intenzionalità dell’incorporazione
delle sostanze negli alimenti durante la produzione, escludendo quelle sostanze che
finiscono accidentalmente per contaminazione. Tuttavia, nel caso di contamina-
zione accidentale, il regolamento prevede specifiche forme di responsabilità e san-
zioni per garantire la sicurezza alimentare.
Va sottolineato che la contaminazione dei prodotti alimentari può derivare
dall’ampio uso di antiparassitari e diserbanti, sostanze tossiche che possono conta-
minare gli alimenti. L’etichettatura di un alimento come “naturale” può avvenire
rispettando i limiti di residui imposti dalla normativa comunitaria, anche se può
contenere tracce di sostanze come il piombo, purché entro i limiti consentiti dalla
legge.
Il Regolamento 178/2002 ha pertanto fornito una definizione chiara di alimento,
delineando chiaramente ciò che è considerato un alimento e garantendo standard e
normative rigide per proteggere la salute dei consumatori e garantire la sicurezza
alimentare.
Il Regolamento 178/2002, nell’articolo 3, equipara la definizione di mangime a
quella di alimento, identificando il mangime come qualsiasi sostanza o prodotto,
inclusi gli additivi, destinato alla nutrizione degli animali per via orale. Questa de-
finizione è simile a quella di alimento, ma la distinzione principale è che la defini-
zione di mangime specifica esplicitamente lo scopo di nutrimento per gli animali.
Ogni prodotto all’interno del mercato alimentare è considerato una merce con
un nome associato che consente la conclusione delle operazioni commerciali rela-
tive a quel prodotto. Questi nomi possono essere distinti in “comuni” e “legali”.
Le denominazioni merceologiche comuni identificano l’alimento nella sua forma
naturale, come il latte, le castagne o le arance, senza una composizione legislativa-
mente imposta. Le denominazioni merceologiche legali, invece, identificano i pro-
dotti agricoli che hanno subito trasformazioni in conformità con specifiche norme

228
Regolamento n.1924 del 20-12-2006

112
e conoscenze umane, come nel caso dell’olio, del formaggio, del vino, dove il legi-
slatore impone una composizione specifica per ottenere quel nome.
In un mercato composto da 28 Stati membri, è essenziale garantire la trasparenza
e riequilibrare l’asimmetria informativa tra venditore e consumatore. Il diritto co-
munitario richiede non solo informazioni specifiche sui prodotti alimentari, ma an-
che un significato chiaro e non ingannevole per le parole utilizzate in queste infor-
mazioni. Le informazioni sull’alimento sono riportate sull’etichetta e svolgono un
ruolo fondamentale nell’aiutare i consumatori a fare scelte informate, sia per i pro-
dotti industriali sia per quelli agroalimentari.
Le “denominazioni” dell’alimento, quindi, assumono un ruolo di enorme im-
portanza nel mercato alimentare, influenzando le decisioni di acquisto dei consu-
matori e svolgendo un ruolo cruciale nell’indicare la natura e la composizione spe-
cifiche dei prodotti.

3.4 Questione di purezza: principi generali e controlli ufficiali sui prodotti.


Il Regolamento n. 178/2002 si propone di proteggere i consumatori, consentendo
loro di fare scelte consapevoli riguardo agli alimenti che consumano. L’attenzione
è rivolta a prevenire pratiche fraudolente, frodi alimentari e qualsiasi tipo di inganno
che potrebbe mettere a rischio la salute. Questo regolamento mira a informare in
modo preciso i consumatori sulle caratteristiche degli alimenti, poiché un consuma-
tore informato può fare scelte più consapevoli e sicure.
Le misure adottate per affrontare questa esigenza si concentrano sull’etichetta-
tura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Devono evitare di in-
durre in errore gli acquirenti riguardo alle caratteristiche o agli effetti degli alimenti.
La Direttiva 2005/29/CE vieta pratiche commerciali sleali, false informazioni sulla
natura del prodotto, sulla composizione, sul metodo di fabbricazione, sull’origine
geografica e altre informazioni ingannevoli.
Oltre alla sovra informazione o informazioni inesatte, anche l’omissione di in-
formazioni rilevanti o pratiche limitative della libertà di scelta del consumatore
sono considerate frodi o inganni. Le pratiche adulterative, che modificano la com-
posizione degli alimenti per un maggior profitto a discapito della qualità, sono par-
ticolarmente pericolose. L’adulterazione si verifica quando un alimento non rispetta

113
i requisiti previsti dalla legge alimentare, come contenere materiali sporchi o ava-
riati, elementi tossici o proibiti, o essere diverso da quanto dichiarato.
Queste circostanze possono avere effetti gravi nel settore alimentare, pertanto è
stata implementata una rigorosa normativa che vieta la commercializzazione di ali-
menti a rischio per la salute. Questa normativa prevede disposizioni precise per
l’igiene e la sicurezza degli alimenti, regolamentazioni specifiche per particolari
tipi di alimenti e un sistema di controlli ufficiali e sanzioni per garantire il rispetto
delle norme a tutela dei consumatori.

3.4.1 Tracciabilità
Il concetto di “tracciabilità” e “rintracciabilità”, sebbene indichino direzioni op-
poste nella catena di produzione (il primo riguardante il percorso dall’origine al
consumo e il secondo il percorso inverso), sono spesso usati come sinonimi nel
contesto giuridico 229. Nonostante le questioni terminologiche, il concetto di traccia-
bilità, inizialmente applicato a prodotti non alimentari come attrezzature a pressione
e dispositivi medico-diagnostici, è stato introdotto nel settore alimentare dagli anni
‘90. Inizialmente, è stato applicato a settori specifici come i prodotti biologici, i
molluschi bivalvi vivi 230, i grassi 231 e le carni bovine 232.
La crisi delle carni bovine ha segnato un punto di svolta, spingendo la tracciabi-
lità ad essere uno strumento cruciale per garantire la sicurezza alimentare e la salute
umana. Inizialmente considerata una politica aziendale per migliorare la competiti-
vità e organizzare una collaborazione tra operatori diversi, la tracciabilità è diven-
tata un sistema di identificazione, registrazione ed etichettatura per agevolare i con-
trolli e permettere il ritiro immediato di prodotti pericolosi dal mercato 233.
Il Regolamento 178/2002 del 2005 ha reso la tracciabilità obbligatoria per tutti
gli operatori alimentari, identificandola come uno strumento di “gestione del

229
VETTOREL, A. L’indicazione obbligatoria relativa al Paese d’origine o al luogo di
provenienza degli alimenti: quale informazione?, in Rivista di diritto alimentare, 8(2), 26-
29. 2014.
230
Dir. n. 91/492/CEE recepita in Italia con il D. Lgs. n. 530/1992.
231
Regolamento n. 1638/98/CE.
232
Regolamento n.820/97/CE e Regolamento n. 1760/2000/CE.
233
PACCHIOLI, M. T., & BUSSI, E. Definire la tracciabilità per garantire la sicurezza
alimentare. in INFORMATORE AGRARIO, 59(8), 51-56. 2003, RIGHETTINI, M. S. La
regolazione della sicurezza alimentare tra globale e locale. in Amministrare, 45(2-3), 293-
322. 2015.

114
rischio” per minimizzare i rischi noti. Si applica a tutti gli alimenti, i mangimi, gli
animali destinati alla produzione alimentare e altre sostanze coinvolte nella catena
alimentare, consentendo di ricostruire il percorso dei prodotti durante la produ-
zione, la trasformazione e la distribuzione.
La tracciabilità permette di identificare sia l’azienda fornitrice che quella acqui-
rente dei prodotti, agevolando la ricostruzione della catena di distribuzione e aiu-
tando a individuare eventuali problemi nella filiera. Sebbene la tracciabilità non
garantisca la sicurezza degli alimenti, rappresenta un efficace strumento di gestione
del rischio, facilitando una rapida reazione in situazioni di emergenza alimentare e
consentendo di individuare la fonte del problema.
Inoltre, oltre a scopi di controllo, la tracciabilità ha una valenza commerciale
poiché soddisfa il bisogno informativo dei consumatori e può essere utilizzata come
strumento di marketing, comunicando valori documentati e controllabili. Alcune
aziende offrono sistemi di tracciabilità via web (e-tracking) ai clienti, permettendo
loro di seguire il percorso del prodotto e generando così un processo di fidelizza-
zione.
In un contesto in cui si è perso il rapporto diretto tra produttore e consumatore,
la tracciabilità diventa un elemento fondamentale, specialmente nelle realtà dei
mercati globalizzati.

3.4.2 HACCP
La procedura di autocontrollo nota come HACCP è un sistema progettato per
sorvegliare l’idoneità igienica delle fasi di produzione alimentare al fine di preve-
nire eventuali contaminazioni degli alimenti. Questo metodo ha origine dalla colla-
borazione tra l’esercito degli Stati Uniti, la NASA, la United States Air Force Space
Laboratory Project Group e la Pillosbury Company negli anni ‘60 con l’obiettivo
di garantire la salubrità degli alimenti degli astronauti durante le missioni nello spa-
zio. I principi iniziali dell’HACCP sono stati enunciati per la prima volta nella con-
ferenza sull’igiene alimentare negli Stati Uniti nel 1971, focalizzandosi sull’identi-
ficazione e valutazione del rischio in ciascuna fase di produzione e sull’attuazione
di un sistema di controllo dei punti critici per la sicurezza igienica. Nel 1973, questi
principi sono diventati sette e sono stati pubblicati nel primo testo relativo
all’HACCP dalla Pillosbury Company. La Food and Drug Administration (FDA)

115
ha standardizzato questi principi nel 1974 per affrontare epidemie gravi, determi-
nando così la diffusione completa del metodo HACCP dagli anni ‘80.
In Italia, il metodo HACCP è stato implementato con il Decreto Legislativo n.
155/1997, attuativo delle Direttive n. 93/43/CE e 96/3/CE. Secondo queste dispo-
sizioni, tutte le imprese coinvolte nella produzione, trasformazione, confeziona-
mento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura di ali-
menti, compresa la somministrazione al consumatore, devono adottare la procedura
di autocontrollo per garantire l’igiene degli alimenti. Le imprese possono adattare
la propria organizzazione all’interno dei limiti predeterminati per assicurare l’igiene
alimentare.
Questa normativa mira a promuovere una maggiore conoscenza tecnica nelle
imprese, in modo che possano prevenire e gestire i rischi poiché le pubbliche am-
ministrazioni non sono in grado di controllare efficacemente la sicurezza alimentare
su tutto il territorio. L’approccio si è invertito: prima si effettuava un controllo sul
prodotto finito e, in caso di inidoneità, si procedeva a un’ispezione aziendale; ora
l’ispezione iniziale mira a identificare potenziali pericoli, consentendo interventi
correttivi immediati prima che si verifichino non conformità. Le prove analitiche
sono ora una verifica finale e non iniziale.
La prima parte del controllo è gestita dall’imprenditore, dimostrando di poter
prevenire e gestire i rischi. Il controllo sanitario è invece affidato ai NAS (Nucleo
Antisofisticazione dell’Arma dei Carabinieri) e agli ispettori sanitari e veterinari
dell’ASL, che verificano la documentazione e l’applicazione corretta delle misure
preventive per garantire la salubrità degli alimenti.
La normativa sull’autocontrollo si applica alla maggior parte degli operatori del
settore alimentare e richiede l’adozione di procedure di prevenzione e controllo,
costringendo il responsabile dell’azienda ad analizzare i rischi, identificare i punti
critici, applicare procedure di controllo e sorveglianza e riesaminare periodica-
mente tali processi 234.
I sette principi dell’HACCP devono essere seguiti in diverse fasi dell’implemen-
tazione del metodo.
Il processo preliminare dell’HACCP coinvolge diverse fasi chiave:

234
Art. 3 D.Lgs. 155/1997

116
1. formazione del gruppo HACCP: la presenza di un referente con adeguate
competenze e la partecipazione della Direzione aziendale e degli addetti è
fondamentale. Anche un singolo individuo può essere il referente metodo-
logico, ma è necessario coinvolgere l’intera azienda.
2. descrizione del prodotto: si tratta di delineare le caratteristiche degli ali-
menti finiti, incluso il tipo di confezionamento, parametri microbiologici e
istruzioni d’uso, senza necessità di descrizioni dettagliate.
3. identificazione della destinazione d’uso: una breve descrizione del modo
in cui gli alimenti vengono consegnati al responsabile delle fasi successive
o al consumatore finale.
4. diagramma di flusso e schema d’impianto: questa fase richiede una de-
scrizione dettagliata degli ambienti di lavoro e la rappresentazione sequen-
ziale di tutte le fasi del ciclo di lavorazione del prodotto. È essenziale che
ciò che viene descritto corrisponda alla realtà.
5. conferma sul posto del diagramma di flusso e dello schema d’impianto.
I principi dell’HACCP coinvolgono:
A. analisi dei pericoli 235: ogni fase del processo viene analizzata per identifi-
care i pericoli associati. Si valuta la probabilità e la gravità degli eventi e si
pianificano azioni preventive per ridurre la probabilità di insorgenza o la
gravità dei pericoli.
B. determinazione dei punti critici di controllo (PCC): si individuano i mo-
menti cruciali del processo che richiedono controlli particolari per prevenire
rischi. Questa fase è un obbligo legale e richiede la valutazione delle misure
preventive e di controllo.
C. determinazione dei limiti critici: vengono stabiliti i livelli oltre i quali è
necessaria un’azione correttiva per ogni punto critico identificato. In alcuni
casi, questi limiti sono definiti in regolamenti o codici di pratica.

I pericoli possono essere raggruppati in tre categorie:


235

- biologici, quali la presenza di microrganismi patogeni;


- chimici, quali la presenza eccessiva di antibiotici, residui di detergenti o di
fitofarmaci in concentrazione superiore al limite ammesso;
- fisici, quali la presenza di semi, sassolini, larve.

117
D. sistema di monitoraggio: si pianificano azioni e controlli per mantenere
sotto controllo il rispetto dei limiti critici attraverso analisi microbiologiche,
verifiche chimiche o osservazioni visive.
E. azioni correttive: si definiscono azioni da intraprendere se i limiti critici
vengono superati.
F. procedure di verifica: si stabiliscono procedure per verificare la confor-
mità ai limiti e ai punti critici, l’efficacia del piano HACCP e l’applicazione
coerente delle procedure di prevenzione e controllo.
G. gestione della documentazione: si elabora un manuale operativo e si con-
servano registrazioni, documenti e prove microbiologiche per dimostrare la
conformità alle normative sulla sicurezza alimentare.
L’HACCP richiede un approccio sistematico all’identificazione, valutazione e
gestione dei pericoli lungo la catena alimentare. Gli obiettivi includono la previ-
sione dei pericoli, la prevenzione degli stessi, e la predisposizione di interventi in
caso di emergenza. Il processo di autocontrollo è formalizzato in un manuale ope-
rativo 236 che dettaglia le responsabilità, descrive le attività aziendali e le procedure
preventive, di controllo e di registrazione. Nei suoi allegati sono inclusi dettagli
sulle misure adottate per garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti offerti.
Questi allegati contengono registrazioni relative ai controlli, alle manutenzioni e ai
risultati delle prove microbiologiche effettuate, confermando l’adeguatezza delle
procedure applicate. Inoltre, viene preparata una documentazione che certifica la
conformità alle normative sulla salubrità degli alimenti. La documentazione è un

236
Il Decreto Legislativo n. 155/97, nell’articolo 4, introduce i manuali di corretta prassi
igienica come strumenti volontari mirati a facilitare l’implementazione della metodologia
di autocontrollo (HACCP) nel settore alimentare. Pur essendo di natura volontaria, questi
manuali devono rispettare le raccomandazioni derivanti da regolamenti internazionali come
il Codex Alimentarius. L’elaborazione dei manuali può essere condotta da rappresentanti
di settore, associazioni dei consumatori o dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione
(UNI). Una volta redatti, i manuali di corretta prassi igienica devono essere resi pubblici
per essere valutati dal Ministero della Salute. Se risultano conformi, vengono pubblicati
nella Gazzetta Ufficiale e trasmessi alla Commissione Europea, rendendoli accessibili a
tutti. Questi manuali fungono da linee guida per le imprese nell’elaborazione dei loro piani
di autocontrollo aziendale, offrendo informazioni tecniche specifiche per ciascun settore,
spiegando come attuare un idoneo piano di autocontrollo. La loro pubblicità mira a
promuovere l’uniformità nell’applicazione delle procedure di autocontrollo. L’articolo 5
del D.Lgs. n. 155/1997 sottolinea l’importanza dei manuali di corretta prassi igienica,
stabilendo che i controlli ufficiali per verificare la conformità delle industrie alimentari
devono tenerne conto.

118
mezzo di collaborazione tra le autorità di controllo e le imprese e rappresenta la
padronanza, la consapevolezza e la sicurezza nel controllo del processo alimentare.
La gestione delle non conformità nell’HACCP può portare a sanzioni ammini-
strative e/o penali in caso di discrepanza tra la documentazione aziendale e le veri-
fiche eseguite dalle autorità. La documentazione deve essere costantemente aggior-
nata attraverso registrazioni di procedure, ispezioni, misurazioni interne, gestione
dei flussi di prodotti, e altro ancora. Tali documenti servono a dimostrare la confor-
mità alle normative e sono strumenti essenziali per ottimizzare le procedure ispet-
tive.
In fase di preparazione del piano di autocontrollo, l’attenzione principale è de-
dicata alla selezione del gruppo HACCP, che deve possedere le conoscenze e com-
petenze necessarie e coinvolgere l’intera azienda, inclusi i vertici e il personale.
Talvolta, può essere richiesta la consulenza di esperti del settore per evitare errori.
La formazione riveste un ruolo fondamentale nel migliorare la consapevolezza
sulla sicurezza alimentare. Coinvolge diverse istituzioni, come il Ministero della
Salute, le Regioni, le Unità Sanitarie Locali, le scuole di ogni ordine e grado, e gli
operatori del settore. La responsabilità del percorso formativo ricade sul datore di
lavoro, che deve assicurare che gli operatori siano istruiti sulle corrette pratiche di
lavorazione e sulle misure preventive e correttive in materia di sicurezza alimentare.
L’HACCP è stato ampiamente accettato a livello internazionale come uno stru-
mento economicamente sostenibile per garantire la sicurezza igienica dei prodotti
alimentari. La sua flessibilità e la capacità di adattamento a diversi processi e nor-
mative specifiche hanno favorito la sua diffusione. Il metodo si concentra sulla pre-
venzione senza influenzare negativamente i processi o i prodotti, riducendo i costi
legati alla produzione di scarti, alle non conformità e alla gestione del processo.
Una delle innovazioni più importanti introdotte da questo metodo è il coinvolgi-
mento e la responsabilizzazione dei dipendenti nell’azienda. Questo incremento del
coinvolgimento individuale mira a raggiungere un obiettivo comune: garantire la
sicurezza igienica dei processi e dei prodotti.

3.5 Frodi o tentate tali


Il fenomeno della contraffazione, specialmente quando si tratta del marchio
d’origine Made in Italy, costituisce un aspetto critico che va oltre la mera normativa

119
che regola questi segni distintivi. Contrariamente, evidenziare i limiti e il lato
oscuro di tale realtà diventa imprescindibile.
La contraffazione, come definita dall’Enciclopedia Treccani, rappresenta
un’azione che va dall’imitazione alla falsificazione o allo spacciare come autentici
prodotti simili di valore inferiore, sia intrinseco che commerciale.
Questo fenomeno è particolarmente preoccupante per il marchio Made in Italy
in quanto crea un senso di inganno nei consumatori, compromettendo la fiducia
nella qualità e nella tutela del marchio stesso. Ciò impatta negativamente sul fattu-
rato dei venditori, poiché è difficile garantire la credibilità dei propri beni.
Settori come l’abbigliamento, l’elettronica, i giochi, l’alimentare e persino i far-
maci sono a rischio di contraffazione, con prodotti italiani rinomati e apprezzati che
vengono costantemente imitati. Marchi simili e tentativi di confondere i consuma-
tori sono comuni, spingendo le aziende a tentare di proteggere la propria autenticità.
La contraffazione rappresenta una minaccia sempre crescente per le imprese e
l’economia italiana. Secondo stime dell’Ocse, il valore dei prodotti contraffatti che
violano i marchi registrati italiani supera i 32 miliardi di euro, corrispondenti al
3,6% delle vendite totali nel settore manifatturiero italiano, sia a livello nazionale
che di esportazione. Allo stesso tempo, si stima che prodotti falsi del valore di circa
12,4 miliardi di euro entrino nel territorio italiano tramite importazioni.
I settori più colpiti includono abbigliamento, prodotti elettronici, alimentari e
farmaceutici. Quest’ultimo, in particolare, è soggetto a un controllo sempre più ri-
goroso, con migliaia di farmaci illegali sequestrati solo nei primi mesi di un dato
anno.
La contraffazione nel settore alimentare è particolarmente allarmante, con pro-
dotti “falsi” che vengono venduti come italiani ma spesso non sono neanche pro-
dotti in Italia. È un fenomeno esteso e rilevante: Coldiretti, l’associazione italiana
degli agricoltori, afferma che tre su quattro dei prodotti italiani venduti all’estero
sono contraffatti.
Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, è uno dei prodotti più imitati all’estero, con
nomi ingannevoli e confezioni che inducono i consumatori a credere che il prodotto
sia autentico. Questa pratica non solo danneggia l’immagine del prodotto originale

120
ma alimenta anche una percezione sbagliata nei confronti della qualità dei prodotti
italiani.
La moda italiana, rinomata per stile ed eccellenza, è anch’essa vittima della con-
traffazione. I prodotti falsi, sebbene a volte di scarsa qualità e facilmente identifi-
cabili, possono essere difficili da riconoscere, poiché spesso la contraffazione è
molto sofisticata.
Uno dei motivi principali dietro l’acquisto di prodotti contraffatti è il loro prezzo
più basso rispetto all’originale. Questo rende l’offerta allettante per i consumatori
che desiderano avere accesso a prodotti di status symbol a un prezzo più abborda-
bile. Tuttavia, l’acquisto di falsi rappresenta un allontanamento dall’autenticità del
Made in Italy poiché la vera essenza di questo marchio non può essere replicata con
versioni economiche.
Un elemento interessante è che, secondo stime dell’Ocse, molti acquirenti con-
sapevoli acquistano prodotti falsi, mentre altri vengono ingannati, spesso senza ren-
dersene conto fino dopo l’acquisto.
Quindi la contraffazione rappresenta un problema serio e diffuso che danneggia
l’immagine del Made in Italy, delude i consumatori e crea difficoltà economiche
per le imprese. Riconoscere e contrastare questo fenomeno richiede una combina-
zione di sforzi normativi, controlli più rigorosi, educazione dei consumatori e at-
tenzione alla qualità e all’autenticità dei prodotti.

3.5.1 L’Italian Sounding vera e propria frode


La contraffazione nel settore agroalimentare, in particolare attraverso il concetto
di “Italian Sounding”, rappresenta una pratica diffusa in cui i prodotti italiani ven-
gono imitati e distribuiti fraudolentemente sfruttando la reputazione del marchio
“Made in Italy”. Questo fenomeno ha superato in valore economico l’autentica
produzione italiana, causando danni significativi all’economia del Paese.
La pratica dell’Italian Sounding si basa sull’imitazione di prodotti italiani, uti-
lizzando nomi, combinazioni cromatiche, immagini e simboli che evocano l’italia-
nità senza che il prodotto stesso abbia legami effettivi con l’Italia. Questa situazione
comporta danni economici notevoli, oltre a compromettere l’immagine e la reputa-
zione del vero Made in Italy.
Dal punto di vista giuridico, la contraffazione e l’Italian Sounding presentano

121
differenze sostanziali: la contraffazione può essere legalmente contestata e sanzio-
nata, mentre l’Italian Sounding, in alcuni casi, non viola direttamente i diritti di
proprietà intellettuale e non è punibile legalmente.
La regolamentazione sulle indicazioni geografiche, disciplinata dal diritto comu-
nitario, varia da Paese a Paese. Ad esempio, negli Stati Uniti, tranne per i vini e i
liquori, l’uso di indicazioni geografiche può non costituire una violazione legale.
Questo apre la strada all’Italian Sounding senza conseguenze legali, permettendo
la presenza di prodotti che richiamano l’italianità senza esserne effettivamente rap-
presentativi.
Le aziende che producono falsi alimentari traggono vantaggio dalla notorietà del
marchio Made in Italy, occupando indebitamente una parte di mercato a discapito
delle aziende produttrici reali. Questo comporta danni non solo in termini di man-
cati guadagni, ma anche nell’alterazione dell’immagine autentica del Made in Italy,
danneggiando la reputazione di qualità e maestria che lo contraddistingue.
È fondamentale proteggere la qualità del vero Made in Italy, riconoscendo la
superiorità dei prodotti autentici, frutto di esperienze tramandate e di processi rigo-
rosamente controllati. Le normative giuridiche sono state modificate nel corso degli
anni per proteggere la qualità e la sicurezza dei prodotti italiani, ma la sfida rimane
nell’evitare che terzi traggano vantaggio illegittimo da questa rinomanza. La con-
traffazione non solo causa perdite economiche, ma comporta anche una perdita per
i consumatori, che rischiano di essere ingannati sulla qualità e l’autenticità dei pro-
dotti che acquistano.

3.5.2 Il Made in Italy di qualità


La disciplina sull’origine delle merci mira principalmente a proteggere i consu-
matori garantendo il loro diritto a un’informazione accurata e veritiera, prevenendo
la contraffazione e evitando la diffusione di prodotti pericolosi per la salute. La
normativa di riferimento per il “Made in Italy” deriva principalmente dal Codice
doganale comunitario 237 e dal regolamento per la sua attuazione 238 dalle normative
settoriali specifiche per determinare l’origine dei prodotti.

237
Regolamento 12-10-1992 n.2913
238
Regolamento 02-07-1993 n 2454

122
Alla normativa ordinaria sono state aggiunti la legge n. 350 del 2003 239 e il d.lgs.
206/2005 (Codice del consumo), successivamente arricchite dall’aggiornamento
del Codice doganale comunitario 240 e infine sostituite da un nuovo Codice doganale
comunitario attraverso il regolamento del 9 ottobre 2013, con alcune disposizioni
posticipate all’applicazione fino al 1. maggio 2016. Successivamente, si sono ag-
giunti il regolamento delegato n. 2446/2015 e il regolamento di esecuzione n.
2447/2015 relativi al nuovo Codice doganale.
Dalla vasta normativa emerge chiaramente che l’origine di un prodotto com-
prende sia la sua nazionalità economica sia la classificazione tariffaria, che deter-
mina il trattamento daziario dell’Unione europea per i Paesi non membri. Gli arti-
coli 31 e 32 del regolamento delegato specificano i criteri per definire l’origine
“non preferenziale” di un prodotto, ovvero il trattamento daziario applicabile senza
preferenze tra gli Stati 241.
Il primo criterio riguarda le merci “interamente ottenute” in un singolo Paese 242,
mentre il secondo si riferisce all’«ultima lavorazione o trasformazione sostanziale»
applicabile alle merci prodotte in più Paesi. Una merce lavorata in più paesi sarà

239
Cfr. GAMBINO, G., GALLI, C., & FALCE, V. Codice commentato della proprietà
industriale e intellettuale. UTET Giuridica. Torino. 2011.pp. 2635 e ss.
240
Regolamento 23-04-2008 n.450
241
Il trattamento “preferenziale” nell’ambito delle relazioni commerciali è il risultato
di accordi e convenzioni negoziati dall’Unione europea con Paesi terzi o di azioni
unilaterali dell’UE. Questi accordi mirano a ridurre o esentare dall’applicazione dei dazi
doganali determinati prodotti specificati negli accordi stessi o in atti unilaterali predisposti
dall’Unione Europea. In sostanza, tale trattamento preferenziale consente una riduzione o
esenzione delle tariffe doganali per i beni inclusi in questi accordi o azioni unilateralmente
decise dall’Unione Europea.
242
L’articolo 31 del nuovo Codice doganale definisce il concetto di “merci interamente
ottenute in un territorio”. Secondo questo articolo, tali merci comprendono:
a) Prodotti minerali estratti in quel paese o territorio. b) Prodotti del regno vegetale
raccolti in quel luogo. c) Animali vivi nati, cresciuti e allevati in quel territorio. d) Prodotti
derivati dagli animali vivi allevati in quel territorio. e) Prodotti ottenuti dalla caccia o pesca
praticata in quel territorio. f) Prodotti della pesca marittima o estratti dal mare al di fuori
delle acque territoriali di un paese, dalle navi registrate e battenti bandiera di quel paese. g)
Merci ottenute o prodotte a bordo di navi-officina, utilizzando prodotti menzionati nella
lettera f) originari di quel paese e battenti la sua bandiera, a condizione che tali navi-officina
siano registrate nel paese in questione. h) Prodotti estratti dal suolo o dal sottosuolo marino
al di fuori delle acque territoriali, purché il paese o territorio eserciti diritti esclusivi per lo
sfruttamento di tali risorse. i) Cascami, avanzi risultanti da processi manifatturieri e articoli
fuori uso raccolti in quel territorio, utilizzabili esclusivamente per il recupero di materie
prime. j) Merci ottenute esclusivamente a partire dai prodotti menzionati dalle lettere a) a
i).

123
considerata originaria del paese in cui ha subìto l’ultima trasformazione o lavora-
zione sostanziale.
Questi criteri possono consentire prodotti ottenuti da materie prime di prove-
nienza diversa dall’Italia di essere etichettati come “Made in Italy” grazie alla re-
gola dell’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Questo potrebbe non ga-
rantire al consumatore l’origine geografica del prodotto, ma piuttosto l’origine dal
produttore specifico. Tale regime può favorire fenomeni di contraffazione e pubbli-
cità ingannevole, rendendo necessario un intervento statale che attribuisca rilevanza
penale alle condotte di importazione, esportazione e commercializzazione di pro-
dotti con indicazioni di origine false o ingannevoli.
L’articolo 517 del Codice penale italiano stabilisce sanzioni per falsa e fallace
indicazione sull’origine dei prodotti. La falsa indicazione riguarda l’apposizione del
marchio “Made in Italy” su beni che non hanno origine italiana, mentre la fallace
indicazione si riferisce all’uso di segni che inducono il consumatore a credere che
un prodotto provenga dall’Italia, anche in assenza di indicazioni di origine o con
indicazioni fuorvianti.
L’art 4 co. 49 della legge n. 350/2003 243 definisce le sanzioni per queste pratiche,
mentre l’articolo 16 del decreto-legge 135/2009 classifica come “Made in Italy” i
prodotti per i quali disegni, progettazione, lavorazione e confezionamento avven-
gono esclusivamente in Italia 244. Coloro che falsificano questa indicazione di ven-
dita sono soggetti ad aumenti delle pene previste dall’articolo 517 del Codice pe-
nale.
Sorge un dibattito sull’interpretazione dei segni “Made in Italy”, per i quali au-
torevole dottrina 245 ritiene non siano marchi geografici pubblici. Quando più

243
Così come risulta oggi modificato dall’art. 43 co. 1 del d.l. 22-06-2012 n. 83
244
La disposizione dell’articolo 16 del decreto legge 25 settembre 2009,
successivamente convertito nella legge 20 novembre 2009, assume un ruolo di rilevanza
nel contesto relativo all’etichetta “Made in Italy”. Questo articolo stabilisce la qualifica di
“Made in Italy” per quei prodotti la cui intera fase di sviluppo, che comprende la creazione
dei disegni, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento, avviene in modo
“esclusivo” sul suolo italiano.
245
Cfr sul punto Cass 12-07-2007 n. 27250, per la quale vi è non configurabilità del
reato previsto dall’articolo 4, comma 49, della Legge n. 350 del 24 dicembre 2003, relativo
alla tutela del marchio “Made in Italy”, quando i prodotti agroalimentari o vegetali,
pubblicizzati come di origine italiana a causa della marcatura “Made in Italy”, hanno subito
in Italia un processo di lavorazione o trasformazione “sostanziale”, nonostante una parte o

124
imprenditori utilizzano lo stesso segno, potrebbe configurarsi come un marchio col-
lettivo, gestito da un soggetto privato o pubblico.
La natura di questo segno come marchio geografico pubblico è oggetto di di-
scussione, poiché l’Unione Europea richiede l’indicazione dell’origine geografica
tramite segni come DOP, IGP o marchi collettivi non appartenenti a enti pubblici
territoriali. Ciò è dovuto alla normativa che vieta alle autorità pubbliche di privile-
giare esclusivamente i prodotti nazionali, creando restrizioni al commercio di pro-
dotti importati, vietate dall’articolo 34 del TFUE.
Nel 2011, il Parlamento italiano ha introdotto l’obbligo di indicare l’origine dei
prodotti alimentari in etichetta, specificando che per i prodotti non trasformati si
deve indicare il paese di produzione, mentre per quelli trasformati, il luogo dell’ul-
tima trasformazione sostanziale e il luogo di provenienza della materia prima agri-
cola prevalente.
Oltre alle sanzioni penali, il sistema legale italiano prevede strumenti per con-
trastare la concorrenza sleale, come l’articolo 2598 del Codice civile, che individua
atti quali l’uso di nomi o segni distintivi capaci di creare confusione con quelli le-
gittimamente utilizzati da altri o l’imitazione dei prodotti di un concorrente come
atti di concorrenza sleale.

l’intera materia prima utilizzata provenga dall’estero.


Nel caso specifico, si trattava di una macedonia di frutta in cui una piccola percentuale
del prodotto proveniva dall’estero e di prugne in sciroppo raccolte esclusivamente
all’estero. La Corte ha chiarito che, ai fini della suddetta disposizione di legge, per i prodotti
agroalimentari, il concetto di “paese di origine” si riferisce al luogo in cui i prodotti sono
stati raccolti o dove la merce è stata ottenuta esclusivamente da quei prodotti o dai loro
derivati. Tuttavia, nel caso di prodotti non commercializzati come tali o non derivati
interamente da prodotti raccolti in un paese specifico, il criterio per determinare l’origine è
definito dall’articolo 24 del Codice Doganale Europeo, che considera come paese di origine
quello in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale.

125
CONCLUSIONI
Quando si parla di sicurezza alimentare e libera circolazione dei beni si deve,
gioco forza, fare riferimento a pratiche poco o per niente corrette utilizzate da ope-
ratori di mercato per arrivare ad ottenere maggiori entrate. È d’uso comune, fino ad
oggi, cercare l’imitazione, quasi a limite di legge e spesso e volentieri oltre la legge
stessa, del marchio meglio conosciuto cercando di sfruttare l’etichetta, il nome,
come sinonimo di qualità spesso ingannando il consumatore che si trova a comprare
merce che non corrisponde alla qualità attesa. Se quando si fa riferimento a merce
non deperibile o comunque non pericolosa per la salute umana si può parlare di
pratica in frode del consumatore ultimo, quando si parla di alimenti non poco spesso
si può sforare in attività delittuosa. In virtù di questo, sebbene non si possa definire
il “Parmesan” americano merce alimentare adulterata rispetto al più famoso “Par-
migiano Reggiano” coperto da sigle di garanzia, si può senza alcun dubbio parlare
di tentativo di inganno del consumatore per similitudine. Per regolamentare la pra-
tica che vede l’italian design copiato con conseguentemente danno per le imprese
originarie si stanno mettendo a punto delle legislazioni che tengano conto delle dif-
ferenze che esistono da Paese a Paese anche grazie alle organizzazioni transnazio-
nali come FAO e OMS che sono le principali organizzazioni ad occuparsi del pro-
blema.
Quando si parla di sicurezza alimentare e libera circolazione delle merci bisogna,
quindi, parlare in primo luogo di armonizzazione della legislazione europea in
materia di etichettatura e informazione alimentare e di come si stia procedendo
verso una codificazione completa. Questo non è un fenomeno casuale, ma sembra
essere strettamente legato all’evoluzione del quadro istituzionale di un’Unione
Europea con 27 Stati membri.
In secondo luogo, alcune recenti regolamentazioni stanno “rinazionalizzando”
alcune decisioni in termini di assegnazione effettiva delle risorse finanziarie a
ciascuno Stato membro. Questo potrebbe essere pericoloso se non fosse collegato
a una centralizzazione dal lato del diritto. L’unità dell’Europa in passato è stata
perseguita in gran parte attraverso misure economiche, ma oggi si raggiunge
attraverso strumenti legali.
La tesi qui presentata sottolinea il ruolo crescente delle organizzazioni

126
internazionali nel quadro legislativo europeo. Se la Commissione non si oppone, le
raccomandazioni internazionali passano la frontiera, entrano in Europa e diventano
regole senza alcun controllo preventivo da parte delle autorità legislative
tradizionali, Consiglio e Parlamento; mette in evidenza il ruolo dei consumatori nel
modello legale complesso con cui dobbiamo confrontarci oggi. La legislazione
alimentare non risponde più a piccole questioni, ma a grandi questioni di
governance. I consumatori giocano un ruolo con una sorta di stipulazione mobile: i
confini della comunicazione non sono chiari, ma devono essere chiaramente
comunicati e stipulati.
In conclusione, la tesi evidenzia la necessità di un equilibrio tra armonizzazione
e unificazione, tra economia e diritto, e tra normative nazionali e internazionali.
Sottolinea anche l’importanza di una comunicazione chiara e trasparente con i
consumatori. Questi sono tutti fattori cruciali per garantire la libera circolazione
delle merci nell’Unione Europea.

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