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Non abbiamo ancora capito Julian Assange

Il Post • 14 min
February 21, 2024

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Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, sta affrontando in questi giorni nuove udienze presso l’Alta Corte del Regno Unito, uno
dei principali tribunali del paese, che dovrà decidere se accettare o meno la sua richiesta di appello contro la decisione del
governo britannico di estradarlo negli Stati Uniti. Assange, che da cinque anni si trova in carcere nel Regno Unito, è accusato
negli Stati Uniti di violazione dell’Espionage Act, una legge contro gli atti di spionaggio, e se estradato rischia di essere
condannato a 175 anni di carcere, se si sommano assieme tutti i capi di accusa contro di lui.

Le udienze dell’Alta Corte britannica sono uno degli atti finali della lunghissima vicenda giudiziaria di Assange, ma non l’ultimo.
Se la Corte accetterà la sua richiesta di appello, comincerà un nuovo processo nel Regno Unito, mentre se la rigetterà Assange
potrebbe in teoria fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, cosa che metterebbe in pausa il processo di estradizione.
Secondo la sua difesa, tuttavia, questo è «l’inizio della fine» del percorso di Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti.

Julian Assange è una di quelle persone molto conosciute che provoca nell’opinione pubblica mondiale reazioni forti e per certi
versi divisive: per i suoi sostenitori, è un eroe che da oltre un decennio subisce una persecuzione ingiusta per aver svelato con il
suo lavoro i “segreti dei potenti”, e soprattutto riguardo alle attività militari degli Stati Uniti; per i suoi detrattori, è una minaccia
per la sicurezza nazionale, che ha gestito segreti delicati in maniera impropria e collaborato con l’intelligence russa –
volontariamente o meno – per influenzare il risultato delle elezioni del 2016, quelle vinte da Donald Trump.

Julian Assange, australiano, oggi ha 52 anni. Fondò Wikileaks nel 2006 come sito internet, ong e giornale online che aveva lo
scopo principale di pubblicare documenti segreti e riservati condivisi da fonti anonime. Assange proveniva dall’ambiente degli
appassionati di informatica e internet dei primi anni Duemila, ed era convinto che il libero e diretto accesso alle informazioni e ai
documenti da parte degli utenti avrebbe cambiato il mondo del giornalismo e della politica.

In quasi vent’anni di attività Wikileaks ha pubblicato milioni di documenti riservati, e in alcuni casi la loro pubblicazione ha
portato a svelare grossi scandali e provocato notevoli cambiamenti politici; in altri ha avuto effetti decisamente più controversi,
che hanno danneggiato la reputazione di Wikileaks e di Assange nei confronti di almeno parte dell’opinione pubblica
internazionale.

Wikileaks divenne nota in tutto il mondo a partire dal 2010, quando pubblicò Collateral Murder , un video segreto dell’esercito
americano mai visto prima di allora che mostrava un attacco con elicottero compiuto dagli Stati Uniti nel 2007 a Baghdad, durante
la guerra in Iraq. Nel video si vede come l’elicottero apra il fuoco contro due giornalisti iracheni di Reuters, scambiati per
guerriglieri, e poi di nuovo contro un gruppo di civili disarmati che era accorso a soccorrerli. Il video colpì particolarmente
l’opinione pubblica, sia per la sua crudezza (è girato dal punto di vista dell’elicottero) sia per il compiacimento con cui i soldati
statunitensi commentano l’uccisione degli obiettivi, come se si fosse trattato di un videogioco.

Collateral Murder fu accolto con estremo favore da un’opinione pubblica mondiale già molto contraria alla guerra americana in
Iraq, e trasformò Assange e Wikileaks in celebrità internazionali.

Come sempre, Wikileaks tenne anonima la fonte che aveva consegnato il video, ma un paio di mesi dopo la pubblicazione
l’esercito americano riuscì comunque a individuarla: era Chelsea Manning, che allora faceva parte dell’esercito americano, era in
servizio in Iraq e lavorava come analista d’intelligence che aveva accesso a enormi quantità di documenti sia militari sia
diplomatici (Manning all’epoca era nota con un’identità maschile, per quanto avesse iniziato un percorso di transizione di genere,
e nel 2013 fece coming out come donna trans). Fu scoperta perché aveva confidato online a un celebre hacker di aver trafugato
alcuni documenti, e quello la denunciò alle autorità.

Manning, si scoprì in quei giorni, aveva consegnato a Wikileaks centinaia di migliaia di documenti, video e altro materiale
segreto, spinta dall’idea che le guerre americane in Medio Oriente fossero ingiuste e che l’assoluta trasparenza promossa da
Assange avrebbe migliorato il mondo. Fu immediatamente arrestata, mentre ancora si trovava in Iraq, ma ormai per l’esercito
americano era troppo tardi: i documenti erano arrivati a Wikileaks.

Il grande database di documenti consegnati da Manning fu la fonte di grandi leak (fuoriuscite) di documenti nei due-tre anni
successivi, che provocarono scandali e imbarazzi soprattutto per il governo statunitense. Sempre nel 2010 Wikileaks pubblicò da
quel database centinaia di migliaia di documenti sulla guerra in Iraq che mostravano che il conteggio dei civili uccisi nella guerra
era stato gravemente sottostimato; pubblicò poi decine di migliaia di documenti che mostrarono in maniera inedita il
funzionamento e l’andamento della guerra in Afghanistan.

Molto spesso le pubblicazioni di Wikileaks venivano fatte in collaborazione con grandi giornali internazionali (tra questi, negli
anni, si distinsero il Guardian, lo Spiegel, il País), che aiutavano Assange e gli analisti di Wikileaks a selezionare, verificare ed
editare le storie più interessanti e significative contenute nell’enorme massa di documenti di Manning, e che in cambio
ricevevano l’esclusiva sulla pubblicazione di queste storie. Assange, che diceva di essere spinto da un ideale di trasparenza
assoluta, in molte circostanze continuò a pubblicare tutti i documenti segreti nella loro interezza.

Wikileaks cercava di eliminare da questi documenti i dati personali e altri elementi che avrebbero potuto mettere in pericolo le
persone, ma a volte questo lavoro era fatto frettolosamente. Per esempio il leak sulla guerra in Afghanistan conteneva i dati
identificabili di centinaia di afghani coinvolti in varie maniere nelle operazioni militari americane. Wikileaks fu molto criticata
per questo, ma a oggi non ci sono notizie confermate di persone che sarebbero state messe in pericolo dalla pubblicazione dei
documenti.

Wikileaks fece poi partire il cosiddetto “Cablegate”, un’altra pubblicazione di massa di documenti segreti provenienti ancora dal
database di Manning. Questa volta i segreti non erano militari ma diplomatici: Wikileaks pubblicò centinaia di migliaia di “cablo”
statunitensi, cioè le comunicazioni diplomatiche che ambasciate e consolati americani nel mondo scambiano tra loro e con il
dipartimento di Stato, cioè il ministero degli Esteri. Wikileaks inizialmente avrebbe voluto pubblicare soltanto i cablo più
notevoli, ma a causa di un errore nel 2011 fu costretta a pubblicarli tutti, più di 250 mila.

I cablo contenevano nella stragrande maggioranza informazioni banali, ma alcuni crearono grossi scandali e influenzarono
perfino importanti eventi mondiali. Tra le altre cose, il “Cablegate” rivelò che gli Stati Uniti avevano avviato un programma per
spiare la dirigenza delle Nazioni Unite, compreso l’allora segretario generale Ban Ki-moon. Il “Cablegate” ebbe effetti che
andarono oltre gli Stati Uniti: per esempio, l’opinione pubblica della Tunisia reagì negativamente per vari cablo in cui i
diplomatici statunitensi commentavano le eccessive ricchezze e la corruzione dell’allora presidente Ben Ali. Secondo alcuni,
questo scandalo fu una delle ragioni dell’avvio della rivolta contro Ben Ali in Tunisia, che poi diede inizio anche alle cosiddette
primavere arabe .

Negli anni successivi Wikileaks pubblicò altri leak di documenti riservati, nessuno dei quali ebbe però gli effetti e la notorietà
delle rivelazioni che venivano dal database di Manning. Contrariamente a quanto alcuni potrebbero ricordare, Wikileaks non
ebbe un vero ruolo nello scandalo della NSA, quello in cui nel 2013 Edward Snowden, un informatico che lavorava a contratto per
l’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense (NSA, appunto), aveva trafugato migliaia di documenti che provavano l’esistenza
di un esteso programma di spionaggio digitale da parte degli Stati Uniti. Snowden, anzi, rifiutò esplicitamente il metodo di
Wikileaks, si rifiutò di pubblicare i documenti in massa e affidò i suoi documenti segreti a giornalisti esperti affinché tutto ciò che
veniva pubblicato fosse vagliato. Assange comunque aiutò Snowden nella sua fuga dagli Stati Uniti, e a trasferirsi in Russia (anche
se originariamente sarebbe dovuto andare in America Latina).

Wikileaks non ebbe niente a che vedere nemmeno con un’altra celebre pubblicazione di documenti riservati, quella dei cosiddetti
Panama Papers .

Ad ogni modo, grazie alle eccezionali pubblicazioni dei documenti di Manning, Assange divenne sempre più famoso e sempre più
odiato dalla classe dirigente di molti paesi occidentali.

Nel 2013 gli Stati Uniti arrestarono Chelsea Manning e la condannarono a 35 anni di prigione per violazione di segreti di stato e
altri crimini. Aprirono anche un’indagine su Wikileaks che però non ebbe grandi sviluppi: l’amministrazione di Barack Obama
valutò l’opportunità di incriminare Wikileaks e lo stesso Assange sulla base dell’Espionage Act, una legge del 1917 creata contro le
spie durante la Prima guerra mondiale. Ma alla fine non lo fece perché Wikileaks era di fatto una testata giornalistica che aveva
pubblicato materiale di interesse giornalistico, anche se ottenuto con metodi illegali, e incriminarla per spionaggio avrebbe creato
un precedente pericoloso per la libertà di stampa.

Dopo sette anni di carcere, nel 2017 l’amministrazione Obama graziò anche Chelsea Manning, che tornò in libertà.

Assange ebbe però altri problemi legali: nel 2010 due donne svedesi lo accusarono di stupro e molestie sessuali, e la Svezia fece
richiesta al Regno Unito, il paese dove Assange si trovava in quel momento, di estradarlo. Le autorità britanniche misero allora
Assange in libertà vigilata, in attesa che un tribunale decidesse se la richiesta svedese di estradizione fosse accettabile o no.
Assange si convinse però che l’inchiesta contro di lui fosse in realtà un piano degli Stati Uniti per colpirlo indirettamente, e che se
fosse stato estradato in Svezia il governo svedese lo avrebbe poi consegnato all’America.
Nel giugno del 2012 Assange violò la libertà vigilata e si rifugiò nell’ambasciata a Londra dell’Ecuador, un paese solidale con la
causa di Wikileaks, il cui presidente Rafael Correa gli aveva offerto rifugio. L’indagine per stupro della Svezia fu archiviata
definitivamente nel 2019, ma per allora Assange aveva già nuovi e più grandi problemi giudiziari.

In quel periodo Assange cominciò a sentirsi continuamente sorvegliato, e si convinse che contro di lui fosse in atto un’enorme
operazione di persecuzione ordita dagli Stati Uniti e dai loro alleati, a partire dalla magistratura svedese. I suoi sostenitori hanno
sempre ritenuto questi timori giustificati; i suoi detrattori lo hanno invece accusato di essere paranoico e ossessivo.

Fin dall’inizio della sua carriera Assange è sempre stato un personaggio controverso, anche a causa del suo carattere poco
accessibile, sospettoso e a volte megalomane. Le sue idee di trasparenza assoluta e i suoi metodi non convenzionali nella gestione
di segreti e materiale classificato negli anni gli attirarono grosse critiche, ma almeno inizialmente l’opinione pubblica fu piuttosto
concorde sul fatto che il suo lavoro fosse votato a svelare i segreti dei politici e governi più potenti e rivelare scandali importanti,
di cui era giusto che il pubblico fosse a conoscenza.

Le critiche contro Assange si infittirono con il “cablegate”, perché il grosso della corrispondenza diplomatica americana non era
scandaloso come i documenti sulle guerre mediorientali, e perché Wikileaks gestì i documenti sensibili in maniera un po’
maldestra.

Ma la critiche divennero ancora più intense con la campagna elettorale per le elezioni del 2016 negli Stati Uniti e con i leak sul
Partito Democratico: fu quello il momento in cui agli occhi di molte persone la percezione di Wikileaks cambiò, e la figura di
Assange divenne estremamente polarizzante.

Semplificando molto, tra il 2015 e il 2016 il Partito Democratico americano e il comitato elettorale di Hillary Clinton, la candidata
Democratica alla presidenza, furono vittime di due gravi attacchi informatici, nei quali furono rubate grandi quantità di
documenti, soprattutto email. Si stabilì ben presto che gli attacchi erano stati compiuti da hacker di stato russi, che usarono degli
pseudonimi (il più famoso fu “Guccifer 2.0”) per cominciare a diffondere i documenti online. Ma proprio in quel periodo anche
Wikileaks cominciò a diffondere documenti riservati (soprattutto email) che provenivano dal Partito Democratico americano e
dal comitato elettorale di Hillary Clinton.

Quelle email non contenevano niente di molto scandaloso: alcune testimoniavano le lotte interne a un grande partito come quello
Democratico, altre piccoli intrighi intestini, altre ancora pettegolezzi e maldicenze private tra politici e funzionari di partito. Ma
l’importanza di Wikileaks e l’autorevolezza di Assange trasformarono quelle email in un grosso caso nazionale. I giornali prima
americani e poi di tutto il mondo, ormai abituati a fare articoli sulle grandi rivelazioni di Wikileaks, trattarono i pettegolezzi dei
Democratici come materiale scandaloso. Donald Trump, il candidato Repubblicano, cominciò ad accusare Hillary Clinton di
conservare email segrete su non meglio specificati server, e lo scandalo finì per danneggiare l’immagine della candidata.

Ben presto si capì che la fonte che forniva a Wikileaks il materiale sul Partito Democratico nel pieno della campagna elettorale
erano Guccifer e gli hacker di stato russi: agli occhi dei suoi detrattori Wikileaks si era di fatto resa complice di una campagna del
regime russo per influenzare le elezioni negli Stati Uniti.

Assange ha sempre negato che la sua fonte fosse l’intelligence russa, e ha cercato di sviare l’attenzione dal caso: a un certo punto
fece capire che la sua fonte avrebbe potuto essere Seth Rich, un giovane dipendente del Partito Democratico che era stato ucciso a
metà del 2016, probabilmente durante una rapina. Le insinuazioni di Assange contribuirono a creare diverse teorie del complotto
di estrema destra, secondo cui Rich era stato ucciso da persone ingaggiate da Hillary Clinton e dal Partito Democratico che
volevano punirlo per aver diffuso le email. Assange ha poi smentito di aver fatto riferimento a Rich come possibile fonte.

A ogni modo, le prove del fatto che la fonte di Assange fosse l’intelligence russa sono molto solide: un giornalista del New Yorker
che conosce Assange da anni e che nel 2017 scrisse un noto articolo su di lui le definì «incontrovertibili». Gli hacker russi – che
comunicavano abbastanza apertamente con i giornalisti, sebbene sempre sotto pseudonimo – insinuarono che Assange si fosse
coordinato con loro per la pubblicazione dei documenti, ma su questo non ci sono prove definitive.

La collaborazione – consapevole o meno – con la Russia potrebbe essere confermata anche da vari elementi di circostanza, come
il fatto che Assange vedeva nel governo degli Stati Uniti il suo nemico principale, e che Hillary Clinton, che era segretaria di Stato
al tempo del “cablegate”, gli era particolarmente invisa: in più di un’occasione si disse convinto che Clinton lo voleva morto.
Assange inoltre aveva approfondito nel tempo i rapporti con la Russia, al punto che nel 2012 aveva condotto un programma
televisivo su RT, la tv di stato russa che trasmette propaganda per il regime di Vladimir Putin.

La grossa interferenza di Assange e di Wikileaks nelle elezioni americane del 2016 – che terminarono con la vittoria di Donald
Trump – provocarono nuove divisioni nell’opinione pubblica e tra i suoi sostenitori. Assange guadagnò ammiratori nella destra
trumpiana e nell’estrema destra. Anche nella sinistra europea, e soprattutto nella parte più radicale e antiamericana, Assange è
rimasto assai popolare. Ma molti sostenitori più di vecchia data cominciarono a mettere in dubbio i suoi metodi.

Nel giro di poco tempo anche l’amministrazione di Donald Trump si rivoltò contro Assange, soprattutto dopo che nel 2017
Wikileaks pubblicò “Vault 7 ”, una serie di documenti che rendeva pubbliche le capacità informatiche della CIA. Il dipartimento di
Giustizia aprì contro Assange un’indagine sulla base dell’Espionage Act, la stessa legge che l’amministrazione Obama aveva
ritenuto inadeguata, e avviò le pratiche per la sua estradizione negli Stati Uniti.

Dopo una serie di lunghe controversie, l’11 aprile del 2019 l’ambasciata dell’Ecuador a Londra espulse Assange, che fu
rapidamente arrestato dalla polizia britannica. Da allora Assange si trova in carcere, in attesa di sapere se sarà estradato o meno
negli Stati Uniti.

Se si contano i sette anni trascorsi rinchiuso nell’ambasciata dell’Ecuador e i cinque di carcere, Assange non è in libertà da oltre 12
anni. Negli ultimi anni, peraltro, ha sofferto di una forte depressione e il suo stato di salute è rimasto precario. Anche per questo
c’è oggi un certo consenso sul fatto che il trattamento che gli viene riservato sia ormai sproporzionato.

Negli scorsi giorni Alice Jill Edwards, la relatrice speciale dell’ONU sulla tortura, ha chiesto al governo britannico di non estradare
Assange negli Stati Uniti. Anche Anthony Albanese, il primo ministro australiano, ha detto che «è ora di riportare a casa» Julian
Assange.

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