Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
PROLOGO (vv.1-152)
Monologo di Poseidone (vv.1-47) TRIMETRI GIAMBICI
POSEIDONE:
Io Poseidone giungo/sono giunto avendo lasciato l’abisso salmastro Egeo del mare/l’abisso
salmastro del mare Egeo (Burges), dove i cori/il coro (PQ) delle Nereidi trascinano in cerchio la
bellissima traccia/orma del piede/con il piede (Aristid.). da quando infatti Febo ed io abbiamo posto
tutt’ intorno a questa terra Troiana delle torri/mura di pietra con regoli dritti, mai dalla mia mente è
andata via la benevolenza per la città dei Troiani (per Kovas)/dei miei Troiani (per Cerbo): (la città)
che ora è in fumo ed è distrutta devastata dalla lancia Argiva; Infatti un uomo del Parnaso Epeo
Focese avendo con le macchinazioni/artifici di Pallade messo insieme un cavallo gravido di armi lo
spedì entro le mura un peso funesto/un simulacro funesto (V, fortasse per Kovavcs, adottato da
Murray). [Di qui sarà chiamato dai posteri cavallo DOUREIOS “di legno”, poiché chiude dentro di
sé nascosta una lancia]- versi 13-4 da espungere per Burges, Kovacs, Murray e Diggle, non per
Cerbo-. I recinti sacri (sono) abbandonati e i santuari delle divinità grondano di sangue OPPURE I
recinti sacri e i santuari delle divinità grondano di sangue (Cerbo); sui gradini dell’altare di Zeus
Erceo cadde esanime.
TRASPOSIZIONE dei vv. 18-27 dopo 44 (trasposizione non presente in Murray e in Diggle)
vv. 28-44
Lo Scamandro riecheggia di molti gemiti delle prigioniere che vengono date in sorte ai padroni
(cong. Di Lane non accettata da Murray). Alcune le ha avute in sorte il popolo Arcade, altre il
popolo Tessalo e i Teseidi primi/principi degli Ateniesi. Quante delle Troiane non (sono ancora)
tirate a sorte/assegnate, esse stanno sotto questi tetti, riservate per i capi dell’esercito, con loro la
Tindaride spartana Elena, considerata giustamente prigioniera. Se qualcuno desidera vedere questa
sventurata, è possibile, Ecuba che giace / Se qualcuno desidera vedere questa sventurata è possibile
(sott. Vedere) Ecuba che giace (2 costruzioni possibili oltre quella offerta da PQ con il nominativo:
se qualcuno desidera vedere questa sventurata, è possibile, Ecuba che giace…) davanti alle porte,
(v. 38 espunto da Prinz e da K. ma non da Murray) [che versa molte lacrime e per molti (lutti)]; lei
alla quale la figlia presso il monumento della tomba di Achille sventurata Polissena è morta con
coraggio (in V e in Murray “di nascosto/a sua insaputa”); scomparso Priamo e i figli, Agamennone
trascurando la prerogativa del dio e ciò che è sacro sposerà con violenza come letto oscuro/segreto
Cassandra che Apollo sovrano ha abbandonato vergine invasata/la dotò vergine di delirio profetico.
vv. 18-27
Grande quantità d’oro e spoglie Frigie vengono inviate verso le navi degli Achei; aspettano un
vento favorevole da poppa, cosicché nel tempo della decima semina vedano con piacere le mogli e i
figli (v. 22 espunto da K. ma non da Murray) [i Greci che hanno assediato questa città]. Io (infatti
sono vinto dalla dea Argiva Era e da Atena, che insieme hanno distrutto i Frigi) lascio la celebre Ilio
e i miei altari; infatti quando una funesta/cattiva desolazione si impossessa di una città, le cose degli
dei sono colte da malattia e non vogliono essere onorate.
vv. 45-7
Addio, città un tempo felice e levigata cinta di mura; se non ti avesse distrutto Pallade figlia di
Zeus, ti troveresti ancora (in piedi) sulle fondamenta.
At.:
E proprio nulla subì da parte degli Achei né (nulla) sentì (da parte loro).
Pos.:
Eppure hanno distrutto Ilio con la tua forza.
At.:
Perciò con te/con il tuo aiuto voglio fare loro del male.
Pos.:
Da parte mia sono pronte le cose che tu vuoi/sono pronto per le cose che tu vuoi. Cosa intendi fare?
At.:
Desidero infliggere loro un ritorno dal cattivo ritorno.
Pos.:
Mentre sono ancora sulla terra o sul mare salmastro?
At.:
Quando da Ilio navigano/navigheranno verso le case/la patria. E Zeus manderà pioggia e grandine
infinita e tenebrosi soffi d’aria; mi dice/promette che getterà fuoco del fulmine, (mi promette di)
colpire gli Achei e di incendiarne con il fuoco le navi. Tu poi per parte tua, rendi il mar Egeo che
trema di triplici/enormi onde e vortici del mare/marini, riempi di cadaveri l’insenatura
cava/profonda dell’Eubea, cosicché gli Achei per il futuro sappiano rispettare i miei santuari e
venerare anche gli altri dei.
Pos.:
Sarà così; infatti questo favore non ha bisogno di lunghi discorsi; sconvolgerò la distesa del mar
Egeo. Le rive di Micono e le rocce di Delo e di Sciro e di Lemno e il promontorio Cafereo avranno i
corpi di molti cadaveri. Ma muovi verso l’Olimpo e dopo aver preso i dardi fulminei/delle folgori
dalle mani di (tuo) padre attendi, fino a quando l’esercito Argivo fa uscire/allenta le gomene.
vv. 95-97
IPOTESI DI KIRCHHOFF con ‧ dopo πόλεις (possibile proposta già suggerita dallo scriba di V e
presente anche in gB) / con , dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città; avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti (apposizione di τύμβους) lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI DIGGLE con cong. di Page (δούς <σφ’>) / senza , dopo πόλεις / con , dopo τύμβους θ’
/ con ‧ dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città e templi e tombe, i santuari dei morti; avendoli ridotti
alla desolazione lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI MURRAY accolta dall’edizione BUR con , (posta da Murray senza definire come
vada interpretato il testo, interpretata dalla Cerbo come un ‧ cioè come un punto forte) dopo
πόλεις / con , dopo τύμβους θ’ / con , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
TRADUZIONE BUR
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione i templi e le tombe, i
santuari dei morti, lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI WEST con , dopo πόλεις / con , dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
e con ‧ dopo ἐρημίαι δούς
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti; lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI HARTUNG con ἐκπορθῶν (cong. di Hartung al v. 95) / senza , dopo πόλεις / con ,
dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distruggendo città e templi e tombe, avendo ridotto alla desolazione i
santuari dei morti lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI REISKE con ἐκπέρσας (cong. di Reiske al v. 95) / senza , dopo πόλεις / con , dopo
τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che avendo distrutto città e templi e tombe, avendo ridotto alla
desolazione i santuari dei morti lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI HOLZHAUSEN con cong. di West (<κ>αὐτός v. 97) e con , dopo ἐρημίαι δούς / con ,
dopo πόλεις / con , dopo dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti, anche lui stesso più tardi perisce.
Ec.:
O figlia, nell’anima destata (cong. Aldina-Musuro) mi sono trovata scossa da un brivido di terrore.
Sem. B:
È già arrivato l’araldo dei Danai? A chi sono assegnata come schiava infelice?
Ec.:
Forse sei prossima al sorteggio.
Sem. B:
Ahi ahi.
Chi degli Argivi o degli abitanti di Ftia o di una realtà insulare (cong. Wecklein) mi condurrà
sventurata lontana da Troia? OPPURE Chi mi condurrà nella terra degli Argivi o dei Ftioti o in una
realtà isolana (νήσαιαν...χώραν VPQ) sventurata lontana da Troia?
Ec.:
Ahi ahi.
Di chi sventurata dove in quale parte della terra sarò schiava io vecchia, come un fuco, infelice,
immagine di morte, debole simulacro/monumento esangue dei morti, ahi ahi, facendo la guardia alla
porta o la nutrice di bambini, io che a Troia (vv.193-5 mutili in PQ) avevo onori regali?
II ANTISTROFE (vv.214-229)
Veneranda terra del Peneo, base bellissima dell’Olimpo, ho sentito la voce (secondo cui) trabocca di
ricchezza e di rigogliosa fertilità; in questo secondo paese dopo la sacra venerabile terra di Teseo (io
possa) giungere. E l’Etnea terra di Efesto di fronte alla Fenicia (scil. Cartagine), madre dei monti
Siculi, io sento che è celebrata (cong. Dindorf come forma dorica di κηρύσσεσθαι PQΣ) per le
corone della virtù, e la terra vicina +le correnti del mar Ionio+ (testo corrotto per K. e per M.C. per
cui Kovacs propone ἄιον αὖ θάλλειν πάντως “ancora sentivo che completamente prosperava”),
(terra) che bagna tra i più belli/il bellissimo Crati che arrossa la chioma bionda che con acque divine
nutre e rende prospera la terra di uomini forti.
I EPISODIO (vv.230-510)
ANAPESTI RECITATIVI che introducono l’entrata di TALTIBIO (vv.230-34)
Coro:
- Ma ecco qui dall’esercito dei Danai l’araldo, dispensiere di nuovi discorsi, procede portando
a termine la rapida orma del piede, cosa (ti) riferisce/riferirà? Cosa (ti) dice/dirà? Infatti
ormai siamo schiave della terra Dorica.
Amebeo tra Taltibio ed Ecuba (con una sola battuta del Coro vv.292-3) (vv.235-307)
TRIMETRI GIAMBICI (Taltibio) e DOCMI (Ecuba)
Talt.:
Ecuba - tu sai infatti che io venni spesse volte a Troia come araldo dell’esercito Acheo – essendo da
te conosciuto anche prima (δή cong. Mistchenko al posto di δέ VPQ e M.C. da mettere in
correlazione con γάρ v.235), o donna, io Taltibio sono giunto per riferirti (ἀγγελῶν Q accolto da K.
e da M.C. : -έλλων Ppc) un nuovo discorso.
Ec.:
+Ecco ecco o care donne ciò+ (testo corrotto per K. non per M.C.) (γυναῖκες V accolta da K. :
τρω(ι)άδες PQ accolta da M.C. : “ecco, o care donne, ecco o care Troiane” cong. Diggle) che era da
tempo (la nostra) paura.
Talt.:
Siete già state designate a sorte, se questa era la vostra paura.
Ec.:
Ahimè, di quale città della Ftia (τίνα πόλιν cong. Willink con espunzione di parte della lezione
tradita accettata da K. : τίνα ἢ Θεσσαλίας πόλιν “oppure quale città della Tessaglia” VPQ e M.C.) o
della terra di Cadmo (mi) dici/vuoi dirmi?
Talt.:
Ad un uomo ciascuna (di voi) e non (tutte) insieme siete toccate in sorte.
Ec.:
A chi dunque ciascuna è toccata in sorte? Quale delle Troiane un fortunato destino attende?
Talt.:
Lo so: ma chiedi una cosa per volta, non tutte insieme.
Ec.:
Mia figlia chi mai (<μέν> integraz. Willink accettata da K. metri causa per avere un docmio ma non
da M.C.) l’ha avuta in sorte, dimmi, l’infelice Cassandra?
Talt.:
Il signore Agamennone l’ha presa come sua scelta.
Ec.:
Come serva per la sposa Spartana (scil. Clitennestra)? Ahimè.
Talt.:
No, ma del (suo) letto segreta sposa.
Ec.:
La vergine di Febo, alla quale (il dio) dall’aurea chioma diede come prerogativa una vita priva di
nozze?
Talt.:
L’amore per la fanciulla inspirata dal dio/invasata l’ha colpito.
Ec.:
Getta, o figlia, i rami/i virgulti/le ghirlande (κλάδας da κλάδος cong. Stanley accettata da K. :
κληίδας PQ κλειίδας V come κλῇδας M.C. “chiavi” da κλείς) sacre e via dal corpo i divini
ornamenti delle bende indossate/che indossi.
Talt.:
Non è forse una grande cosa per lei ottenere un letto regale?
Ec.:
Che ne è della figlia che poco fa mi avete preso/strappato? Dove mi è adesso (<νῦν κυρεῖ> integraz.
Diggle accettata da K. ma non da M.C.)?
Talt.:
Dici/Intendi Polissena o di chi chiedi?
Ec.:
Proprio lei; a chi l’ha aggiogata la sorte?
Talt.:
Alla tomba di Achille (le) è stato imposto di servire.
Ec.:
Ohimè; serva ad una tomba l’ho generata. Ma che legge (è) mai questa o, o caro, che norma dei
Greci?
Talt.:
Considera felice tua figlia; sta bene.
Ec.:
Che cosa mi hai detto? Vede ancora il sole?
Talt.:
La possiede un destino, tale da essersi allontanata/liberata dalle pene.
Ec.:
Che cosa ne è della sposa di Ettore indomabile (cong. Burges), l’infelice Andromaca? Quale sorte
ha?
Talt.:
Il figlio di Achille l’ha presa come sua compagna di letto (κοίτην Burges κοίτην σφ’ Kovacs : καί
τήνδ’ VPQ e M.C.).
Ec.:
Ma io a chi (sarò) serva io che nella mano ho bisogno di un bastone come terzo piede, o vecchia
testa (γεραιόν κάρα cong. Wecklein accettata da K. : γεραιῶ(ι) κάρα(ι) VPQ e gB e M.C. lezione
corretta anche in δευομένα βάκτρου γεραιᾶι χερί “ho bisogno di un bastone per la mano vecchia”
cong. Wilamowitz accettata da Diggle)?
Talt.:
Odisseo signore di Itaca ottenne in sorte di avere te come schiava.
Ec.:
Ahi ahi; percuoti il capo rasato, graffia con le unghie entrambe le gote. Ahimè. Ad uomo
abominevole infido ho avuto in sorte di essere schiava, nemico della giustizia, mostro che viola la
legge, lui che <rovescia> (<ἀνστρέφει, τά δ’> integraz. Diggle accettata da K. : ἐνθάδ<ε στρέφει, τά
δ’> M.C.) ogni cosa da una parte all’altra, all’incontrario di nuovo lì con duplice lingua, rendendo
ciò che prima era caro al contrario ostile. Piangetemi (<μ’> integraz. Hartung accettata da K.), o
Troiane (cong. Hartung accettata da K. e da M.C.); +sono finita sventurata,+ (+βεβακα δύσποτμος,
+ testo corrotto per K. ma non per M.C.) sono perduta (οἴχομαι testo accettato da K. ma considerato
da espungere da M.C.) io misera, sono incorsa in uno sfortunatissimo sorteggio.
Coro:
Lo conosco il tuo (destino), o signora; ma la mia sorte chi degli Achei o dei Greci la
possiede/possederà?
Talt.:
Andate, o servi, bisogna al più presto portare fuori Cassandra, perché la consegni (δούς νιν PQ
accettata da K. e da M.C. : δῶμεν V) nelle mani del capo dell’esercito e (poi) conduco/devo
condurre anche agli altri le prigioniere (già) assegnate (εἰληγμένας cong. Heath accettata da K. e da
M.C.). Oh; Quale bagliore di torcia risplende lì dentro? Danno fuoco – o cosa fanno – all’interno
(scil. della tenda) le Troiane, sul punto di essere portate via da questa terra ad Argo, e bruciano i
loro corpi desiderando di morire? Certo in tali circostanze un essere libero con insofferenza
sopporta le sventure. Apri, apri, che ciò che è utile a queste/costoro ma è odioso agli Achei non mi
incolpi.
Ec.:
Non è così, non danno fuoco, ma (è) mia figlia Cassandra menade/invasata (che) si precipita qui di
corsa.
I STASIMO (vv.511-67)
Strofe
Per me riguardo ad Ilio, o musa dai nuovi canti (μοῦσα καινῶν ὕμνων lettura di K. : Μοῦσα, καινῶν
ὕμνων accordato con ὠιδὰν “o Musa, di nuovi inni” lettura di D. e M.C.) canta con lacrime una
melodia funebre; ora infatti un canto per Troia intonerò, come per il quadrupede carro misera io
perii preda di guerra degli Argivi, quando gli Achei lasciarono presso le porte (scil. Scee) il cavallo
dall’auree falere (χρυσοφάλαρον cong. Seidler accolta da K. : χρυσεοφάλαρον VPQ, D. e M.C.) che
(alto) sino al cielo fremeva armato (scil. ornato con armi OPPURE pieno di armati); il popolo (lì)
fermo levò un grido dalla rocca di Troia; Andate, o (voi) che siete cessati dagli affanni/poneste fine
agli affanni, tirate su questo ligneo simulacro per la vergine Iliaca figlia di Zeus. Chi delle giovani
non andò fuori, chi dei vecchi non (uscì) dalle (sue) case? Essendo allegri con canti/Godendo dei
canti ebbero ingannevole rovina.
Antistrofe
N.B.
Mentre in K. la punteggiatura è posta in questo modo:
πεύκαν οὐρεΐαν, ξεστὸν λόχον Ἀργείων, (533-534)
καὶ Δαρδανίας ἄταν, θεᾶι δώσων,
In D. :
πεύκαν οὐρεΐαν, ξεστὸν λόχον Ἀργείων, (533-534)
καὶ Δαρδανίας ἄταν θεᾶι δώσων,
La stirpe tutta dei Frigi alle porte si spinse, per concedere alla dea, (θεᾶι cong. Aldina M. Musurus
cong. accolta da K. e da D. : θέα VPQ : θέαι Σi e M.C. “alla propria vista”) un oggetto fatto di legno
di pino montuoso (πεύκαν οὐρεΐαν cong. Dobree accolta da K. e da D. : πεύκα(ι) ἐν οὐρεία(ι)
“dentro un pino montuoso” VPQΣ e πεύκα(ι) ἐν οὐρεία(ι) ξεστὸν λόχον Ἀργείων “l’agguato degli
Argivi in pino montano levigato” M.C.), l’agguato levigato degli Argivi e la sventura (della terra) di
Dardano, offerta gradita (χάριν cong. Aldina M. Musurus accolta da K., D. e M.C. : καί χάριν
VPQΣ) alla (vergine) non aggiogata dal cavallo immortale (scil. Atena) (ἀμβροτοπώλου cong.
Musgrave accolta da K., D. e M.C. : ἀμβρότα πώλου VΣ : ἀμβρῶτα πώλου P (πόλ-) Q); con lacci di
lino (λίνοιο cong. Bothe accolta da K., D. e M.C. da Σ (λίνου) : λίνοισι VPQ) intrecciato (λίνοιο
ναὸς ὡσεὶ D. e M.C. : λίνοιο, ναὸς ὡσεὶ K.), come (ὡσεὶ cong. Matthiae nero scafo di una nave, lo
posero sulle le sedi di pietra e sui pavimenti, uccisore per la patria (φονέα cong. Diggle accolta da
K. che implica che l’espressione φονέα πατρίδι sia tra virgole e in rif. al cavallo : φοίνια PQ: φοίνιά
τε V : φόνια in rif. a δάπεδά quindi “pavimenti grondanti di sangue” cong. Aldina M. Musurus e
M.C.), della dea Pallade. E quando alla fatica e alla gioia sopraggiunse la tenebra della notte,
risuonava il flauto Libico e i canti Frigi, e le vergini insieme sollevavano un percuotere dei piedi
(ἄειρον ἅμα cong. Diggle accolta da K. : ἀέριον ἀνά “sull’aerea cadenza dei piedi” VPQ e g E e
M.C. : αἰθέριον ἀνά cong. Wecklein sulla base del v.325) e (τ’ VPQ e gE, D. e K. : cancellato da
Burges e da M.C.) intonavano un urlo gioioso, ma nelle case lo splendore radioso <della luna> dava
al sonno/metteva a dormire la nera fiamma del focolare/nell’oscurità la fiamma del
focolare(<μένης> μέλαιναν αἴγλαν πυρός ἔδωκεν integraz. e spostamento di πυρός di Robert
accolto da K. : πυρός μέλαιναν αἴγλαν ἔδωκεν VPQ : πυρός μέλαιναν αἴγλαν <ἄκος> <rimedio>
ἔδωκεν M.C. : πυρός μέλαιναν αἴγλαν +ἔδωκεν ὕπνωι+ lettura di D.).
Epodo
Io allora nella casa la vergine che frequenta i monti, la figlia (κόραν cong. Seidler accolta da K., D.
e M.C. : κόραν ἄρτεμιν VPQ) di Zeus, cantavo tra i cori; dall’alto della città urla insanguinate
riempivano le sedi di Pergamo; bimbi affettuosi protendevano le (loro) mani/braccia spaventate
verso i pepli della madre. Dall’agguato usciva Ares, opera della vergine Pallade (κόρας ἔργα
Παλλάδος v.561- per K. prima di questo verso c’è una lacuna per cui propone <ἐμέλποντο
δ’ἀλαλαγάς> “emettevano lamenti di guerra”). Presso gli altari stragi dei Frigi e nei letti
desolazione che taglia le teste/di teste mozzate recava una corona nutrice di fanciulle (κουροτρόφον
V : -ω(ι) PQ : -ων cong. Diggle) per la Grecia, lutto per la patria dei Frigi.
II EPISODIO (vv.568-798)
Apostrofe del Coro ad Ecuba per l’introduzione del personaggio di Andromaca (vv.568-76)
ANAPESTI RECITATIVI
- Ecuba, vedi Andromaca qui trasportata sopra un carro straniero? Al rumoreggiare dei seni si
accompagna il (suo) caro Astianatte, figlio di Ettore. Dove mai sei condotta sul dorso di un
carro, o donna sventurata (δύστηνε cong. Dindorf accolta da K. e da D. : -ανε VPQ e M.C.),
che siedi accanto alle bronzee armi di Ettore e alle spoglie dei Frigi conquistate con la
lancia, con le quali il figlio di Achille incoronerà i templi di Ftia al ritorno da Troia?
Amebeo tra Andromaca ed Ecuba (vv.577-607) VERSI LIRICI
Strofe
Andr.: Gli Achei padroni mi conducono via. Ohimè.
Ec.: Perché gemi il mio peana/il peana per me?
Andr.: Ahi ahi.
Ec.: Queste (mie) sofferenze, o Zeus, e la (mia) sventura. O figli, un giorno noi eravamo/fummo.
Antistrofe
Andr.: Se n’è andata la prosperità, se n’è andata Troia infelice.
Ec.: E (se n’è andata) la nobiltà dei miei figli.
Andr.: Ahi ahi.
Ec.: Si ahi per i miei mali; doloroso (è) il destino della città che va in fumo.
Strofe 2
Andr.: Possa tu giungere, o sposo da me…
Ec.: Tu invochi mio figlio presso l’Ade/che è nell’Ade, o sventurato (μέλεος cong. Willink accolta
da K. : μελέα VPQ, D. e M.C.), +σᾶς+ (testo corrotto per K. che propone due possibilità di
correzione in cui è sottinteso εἶ: σύ δάμαρτος ἄλκαρ; “sei tu la difesa di tua moglie?” OPPURE τί
δάμαρτος ἄλκαρ; “Quale difesa sei tu/c’è una difesa per tua moglie?” : σᾶς δάμαρτος ἄλκαρ “per
difendere la tua sposa” M.C. e D.).
Antistrofe 2
Andr.: E tu (σύ τ’ P, K. e M.C., testo corrotto per D. : σύ τε VQΣ : σύ δ’ Page) ,
contaminazione/rovina/vergogna per gli Achei (per K. apostrofe a Priamo)…
Ec.: Signore (δέσποθ’ VPQ, K. e M.C. : δή ποθ’ “in passato” cong. Seidler accolta da D.) dei miei
letti (λεχέων cong. Willink accolta da K. : τέκνων “dei miei figli” VPQ, D. e M.C.) o
vecchio/eterno/unico Priamo (Πρίαμ’ὦ cong. Willink accolta da K. : Πρίαμε VPQΣ e M.C. :
Πριάμωι cong. Musgrave accolta da D.) portami (κόμισαι VPQ e K. : κοίμισσαι “addormentami”
Hauniensis, D. e M.C.) nell’Ade (Ἅιδαν cong. Kovacs : Ἅιδου VPQ, D. e M.C.).
vv.595-606 - EPODO per K. e Strofe di Andromaca (vv.595-600) e Antistrofe di Ecuba (vv.601-
606) per D. e M.C.
Andromaca (vv. attribuiti ad Andromaca da Murray e così da Diggle e da Kovacs mentre per VPQ
al Coro):
+Grandi (sono) questi desideri infelici+ (+οἵδε πόθοι μεγάλοι σχέτλια+ testo corrotto per K. che
ammette due possibili correzioni: μεγαλ’, ὦ σχετλία, τάδε πάσχομεν ἄλγη “grandi, o sventurata,
sono questi dolori che noi soffriamo” – proposta di Willink; οἵδε πόθοι μεγάλοι σχέτλ’<ὡς>
τάδε πάσχομεν ἄλγη “questi desideri (scil. per la morte) (sono) grandi dato che crudeli sono questi
dolori che noi soffriamo” – l’integraz. <ὡς> Kirchhoff) (σχετλία “o sventurata” cong. Burges
accolta da D. e M.C., edizioni in cui il v.595 è diviso in due battute cioè οἵδε πόθοι μεγάλοι di
Andromaca e σχετλία, τάδε πάσχομεν ἄλγη di Ecuba; σχέτλιαι come soggetto di πάσχομεν cong.
Scaliger) questi dolori che noi soffriamo per la città che è svanita via/non esiste più (οἰχομένας
πόλεως gen. assoluto per K. riferito ad ἄλγη), e a dolori si aggiungono dolori per l’ostilità degli dei,
da quando tuo figlio sfuggì (ἔκφυγεν cong. Aldina M. Musurus accolta da K., D. e M.C. : ἔφυγ’
VPQ) all’Ade, lui che per letti odiosi distrusse la rocca di Troia; insanguinati corpi di morti presso
la dea Pallade sono stesi per gli avvoltoi cosicché li portino via, egli procurò a Troia giogo servile.
Ecuba: O patria, o sventurata…
Andromaca: Io ti piango mentre ti abbandono…
Ecuba: Ora vedi la fine miserevole.
Andromaca: (Piango) anche la mia casa dove partorii.
Ecuba: O figli, la madre priva della città/come città abbandonata (ἐρημόπολις cong. Seidler accolta
da K., D. e M.C. : ἔρημος πόλις VPQ) viene allontanata da voi. Quale lamento quali sofferenze
lacrime da lacrime sgorgano (vv.604-5 corroti per Diggle) per le nostre case; e (solo) chi è morto
dimentica i dolori.
Commento del Coro (vv.608-09)
Quanta dolcezza (hanno) le lacrime per coloro che stanno (πεπραγόσιν V e g B, K. e D. e M.C. :
πεπονθόσι PQ e gE e Stob.4.54.4) male e i lamenti tra quelli luttuosi/luttuosi e la poesia che contiene
dolori.
Disticomitia tra Andromaca ed Ecuba (vv.610-633)
Andr.: O madre di Ettore dell’uomo che con la lancia una volta annientò moltissimi Argivi, vedi tu
queste cose?
Ec.: Vedo le cose che fanno gli dei, come essi da una parte portano in alto le cose che sono il (τό
cong. Emsley accolta da K., M.C. e D. : τά VP e gE) nulla, dall’altra parte distruggono invece le
cose che hanno un’apparenza.
Andr.: Sono condotta via con (mio figlio) come preda; la nobiltà si è ridotta in schiavitù, subendo
un così grande cambiamento.
Ec.: Ciò che avviene per costrizione/necessità (è) terribile; or ora se n’è andata Cassandra strappata
via da me con violenza.
Andr.: Ahi ahi; un altro Aiace, come sembra, un secondo (scil. Aiace) è apparso per tua figlia.
Soffri anche altre cose/per altri mali.
Ec.: Di queste cose/dolori non c’è per me né misura né numero; infatti male con male giunge a
contesa.
Andr.: Ti è morta la figlia Polissena sgozzata sulla tomba di Achille, dono ad un morto senza anima.
Ec.: Ahimè sventurata. Questo (è) quello che prima mi disse Taltibio in modo non chiaro un enigma
(ora) chiaro/vero.
Andr.: L’ho vista io stessa, e dopo essere scesa da questo carro coprii il cadavere con pepli e mi
sono percossa (il petto).
Ec.: Ahi ahi, o figlia, per il tuo sacrificio empio; ahi ahi ancora, come sei miseramente perita.
Andr.: È morta come è morta; ma tuttavia almeno è morta con un destino più felice di me che vivo.
Ec.: Non (è) la stessa cosa, o figlia, il morire rispetto al vedere/vivere; infatti l’uno (è) il nulla,
mentre nell’altro ci sono speranze.
Rhesis di Andromaca [634-5] (vv.636-83)
Andr. (vv.634-35 espunti da D. e da K. seguendo Dindorf mentre per M.C. solo +ὦ τεκοῦσα+ come
testo corrotto): [O madre, o tu che hai generato (ὦ τεκοῦσα corretto da Musgrave in οὐ τεκοῦσα
“anche se tu non mi hai generato”) ascolta un bellissimo discorso (λόγον correggibile in γόνον
“figlio” come complemento oggetto di τεκοῦσα) affinché io possa mettere/infondere nel (tuo) cuore
piacere.] Io ritengo che il non essere (sia) la stessa cosa del morire.
(v.637 espunto da K. seguendo Cron ma non da D. e da M.C.) [Il morire è meglio del vivere in
maniera dolorosa.]
(v.638 lacuna indicata da Seidler e accettata da Kovacs come lacuna che riguarda la II metà di un
verso e la prima metà del verso successivo. Mentre D. pone tra croci tutto il verso +ἀλγεῖ γὰρ οὐδὲν
τῶν κακῶν ἠισθημένος+, M.C. considera testo corrotto solo +τῶν κακῶν ἠισθημένος+. Il testo di
Kovacs è il seguente: ἀλγεῖ γὰρ οὐδὲν <τῶν ἀγεννήτων πλέον / ὁ νεκρός, οὐδὲν> τῶν κακῶν
ἠισθημένος•) “Infatti <l’uomo morto> non soffre <di più di coloro che non sono nati,> <non>
avendo percezione dei (suoi) mali.”
da v.639
Colui che ha avuto una buona sorte quando cade nella sventura +ἀλᾶται+ +manca+ (testo
considerato corrotto da K. ma non da D. né da M.C. per cui viene proposta in apparato ἀλύει
“soffre” cong. Schenkl) nell’anima del precedente benessere. Ma quella, proprio come se non
avesse mai visto la luce, è morta e nulla sa dei suoi (αὑτῆς cong. Aldina accolta da K., D. e M.C. :
αὐτῆς VP) mali. Io invece che miravo alla buona fama avendola avuta grandemente in sorte sono
stata priva di buona sorte. Infatti le cose sagge che sono state trovate per la donna, queste io
realizzavo sotto i tetti/in casa di Ettore. Per prima cosa, (ci sia o non ci sia motivo di biasimo per le
donne) questo comporta di per sé ascoltare una cattiva fama, quando una donna non resta a casa, di
questo tralasciando il desiderio io restavo a casa; non lasciavo penetrare dentro al palazzo le
chiacchiere delle donne, ma mi accontentavo di avere il mio senno come buon maestro. Offrivo allo
sposo il silenzio della lingua e lo sguardo calmo; conoscevo le cose in cui dovevo/era necessario
che io vincessi lo sposo, e le cose in cui era necessario che io gli concedessi la vittoria. E in
conseguenza di ciò la gloria giunta all’esercito Acheo mi ha rovinato; infatti dopo che fui
presa/catturata, il figlio di Achille volle prendere me come (sua) sposa; e dunque sarò schiava in
casa di assassini. E se respingendo il caro capo di Ettore aprirò il (mio) cuore al sposo presente,
cattiva/spregevole apparirò a colui che è morto; ma se odio questo sarò odiata dai miei padroni.
Eppure dicono che una sola notte allenta l’ostilità di una donna per il letto di un uomo; ho sputato
contro/ho disprezzato colei che abbandonando il precedente marito per un nuovo letto ama un altro.
Ma (anche) la puledra che venga separata da colei con cui insieme è stata allevata non tira/tirerà
facilmente il giogo. Eppure le bestie sono per natura prive di parola e non fanno uso della ragione.
Te, o caro Ettore, avevo come marito che mi bastava, grande +per ingegno+ (ξυνέσει posto tra
cruces per K. : fortasse πάντως : espunto da Paley : accettato da D. e M.C.) per nobiltà per
ricchezza e per coraggio, avendomi preso inviolata dalla casa del padre aggiogasti per primo il
(mio) letto verginale. E ora mentre tu sei morto, io sono portata sulle navi da prigioniera verso un
giogo servile in Grecia. Non ha forse mali minori dei miei la morte di Polissena, che tu piangi?
Infatti non ho neanche ciò che resta ai mortali la speranza, né mi illudo nella mente di avere
qualcosa di prospero/favorevole; invece è una cosa dolce anche crederci.
Co.: Giungi alla mia stessa sorte di sventura; lamentando il tuo stato mi riveli in quale sciagura mi
trovo.
Rhesis di Ecuba (vv.686-705)
Ec.: Io non ancora mai salita sullo scafo di una nave, ma (lo) conosco per aver(lo) visto in un
dipinto e per averne sentito parlare. Infatti i marinai (ναῦται Diggle accettata da K. : ναύταις con
ANACOLUTO VP e D. e M.C che implica l’eliminazione della virgola dopo γάρ), se ci fosse una
tempesta moderata da sostenere, avrebbero il desiderio di salvarsi dalle difficoltà, chi (va) al
timone, chi va alle vele, chi toglie l’acqua (di sentina) dalla nave; ma se il mare grande/ingrossato
agitato cede (senso assoluto)/getta oltre (ναύτας “i marinai” sottinteso), si abbandonano all’impeto
delle onde rimettendosi/affidandosi alla sorte. E così anche io avendo molti dolori (possibile
scioglimento in causale) sono senza parole e cedendo io tengo ferma la bocca (ἔχω cong. Bothe in
D. e K. : ἐῶ “lascio” cioè “rinuncio a parlare” VP e g B e Chr.Pat.631); infatti mi vince/supera
l’ostile tempesta (che deriva) dagli dei. Ma, o figlia cara, lascia stare la sorte di Ettore; non lo
salveranno le tue lacrime. Onora il tuo padrone presente/di ora, dando al marito l’esca amabile dei
tuoi modi/delle tue maniere. E se fai/farai queste cose, insieme rallegri/rallegrerai i (tuoi) cari, e
potresti allevare questo figlio di (mio) figlio come grandissimo vantaggio per Troia, affinché ci sia
(ἵν’ ᾖ cong. Kovacs già proposta da Mesk che è l’unico che non pone la , dopo ὠφέλημ’ “affinchè
un giorno possa essere un grandissimo giovamento per Troia” : ἵν’ εἴ VP accettata da M.C. come εἴ
ποτε “se mai (sarà)” in parentetica : ἵν’ οἵ “affinché a lui” Musurus in Aldina e in D.) un giorno
colui dal quale (ἐξ οὗ P in K. : ἐκ σοῦ “da te” V in M.C. e in D.) essendo generati (altri) figli in
futuro (ὕστερον V in K : Ἴλιον P in M.C. e D.) possano a loro volta stabilirsi e possa esserci ancora
una città.
Annuncio dell’entrata dell’araldo da parte di Ecuba (vv.706-8)
Ma da un discorso viene fuori un altro discorso, chi (è) questo servitore degli Achei che vedo
avanzare messaggero di nuove decisioni?
v.709 e ss. ΚΗΡΥΞ per Σ e Kovacs : Τα. VP, M.C. e D.
Apostrofe di Taltibio o altro messaggero ad Andromaca (vv.709-11)
O tu (che eri) una volta sposa di Ettore (che) prima (era) il più valoroso dei Frigi, non odiarmi; non
volentieri infatti (ti) annuncerò messaggi comuni dei Danai e dei Pelopidi.
Sticomitia tra Taltibio o altro messaggero ed Andromaca (vv.712-724)
An.: Che cosa c’è? Come per me/a mio scapito inizi con preludi funesti/con preludi (e) sciagure.
Ar.: È stato deciso che questo bambino… come riferire il discorso?
An.: Forse che lui non ha il mio stesso padrone?
Ar.: Nessuno degli Achei sarà mai il suo padrone.
An.: Ma che qui lo lasciano come relitto dei Frigi?
Ar.: Non so come riferirti facilmente +delle sventure+ (+κακά+ testo corrotto solo per K.).
An.: Lodo il (tuo) rispetto, eccetto quando (esso) cela/copre (στέγηι Lane in K. : λέγηις “tu dici” VP
in M.C. e D.) cose malvage/sventure (κακά VP in K. e in D. : καλά p “tranne che tu volessi dirmi
qualcosa di buono” in M.C.).
Ar.: Uccideranno tuo figlio, affinché tu apprenda (questa) grande sciagura.
An.: Ahimè, secondo quanto sento (si tratta) di una sventura più grande delle (mie) nozze.
Ar.: Vince Odisseo tra tutti i Greci +dicendo/parlando+ (+λέγων+ testo corrotto solo per K. : λόγωι
cong. West “con il suo discorso”)
An.: Ahimè senza dubbio; infatti soffro mali non misurati/misurabili.
Ar.: Avendo detto di non allevare/far crescere il figlio di un padre eccellente
An.: Possa Odisseo vincere/prevalere riguardo ai suoi stessi (figli).
Rhesis di Taltibio o altro messaggero (vv.725-739)
Ar.: Bisogna gettarlo dalle rocche di Troia. Ma che sia così, e tu ti mostrerai più saggia; non ti
attaccare/avvinghiare a questo, soffri nobilmente le (tue) sciagure, e non pensare poiché non hai
alcun potere/non puoi nulla di essere forte. Infatti in nessun modo hai forza/capacità di resistenza.
Bisogna riflettere: è perita la città e (tuo) marito, mentre tu sei dominata, noi siamo capaci di
combattere contro una donna sola. Per queste ragioni/Perciò io non voglio che tu desideri mai lo
scontro né che tu fai qualcosa di turpe e di ostile né (οὐδ’ cong. Hartung in K., D. e M.C. : οὔτ’ VP)
che tu lanci pure maledizioni sugli Achei. Se infatti dirai qualcosa per cui l’esercito si adirerà,
questo bambino non verrebbe più sepolto né otterrebbe compianto. Se tu taci e fai buon viso ( ταῖς
τύχαις κεχρημένη cong. Hartung in K. : τὰς τύχας κεκτημένη VP in D. e M.C.) alla (cattiva) sorte
non lascerai insepolto il suo cadavere e tu stessa troverai più benevoli gli Achei.
Rhesis di Andromaca (vv.740-79)
An.: O carissimo, o figlio onorato in modo straordinario, tu morirai per mano dei nemici lasciando
la madre infelice, [la nobiltà di (tuo) padre ti ucciderà (ἀποκτενεῖ P e g E e Chr. Pat. 1515 e così in
K., D. e M.C. : ἀπώλεσεν V e gB) (nobiltà) che per gli altri è salvezza. (vv.742-3 tramandati in VP e
gB e gE e Chr.Pat.1515-16 insieme al v.744 : espunti dal Nauck come in K. e in D. ma non in M.C. +
cfr. fragm. 62i Kannincht] il valore di (tuo) padre non ti è risultato al momento
opportuno/opportuno. O miei (τἀμά VP in K., D. e M.C. : τάλανα cong. Schmidt “o letti infelici e
sfortunate nozze”) letti sfortunati e (sfortunate) nozze (κἄγαμα cong. Wecklein “(o miei letti
sfortunati) “e non matrimoniali”), per le quali venni un tempo nella casa di Ettore, per generare mio
<figlio> non come vittima sacrificale (+οὐχ ὡς σφάγιον+ VP da correggere metri causa : οὐχί
σφάγιον Chr.Pat. 77 : οὐ σφάγιον <υἱὸν> Nauck in D. e M.C. : οὐχ ὡς ὕβρισμα “non perché (sia) un
oggetto di tracotanza vel οὐχ ὥς τι θῦμα “non perché (sia) un oggetto di sacrificio” Kovacs ) per i
Danai, ma come sovrano/tiranno dell’Asia molto feconda. O figlio, tu piangi; ti accorgi dei tuoi
mali? Perché mi hai afferrato con le mani e ti tieni stretto/attacchi alle (mie) vesti, come un
uccellino che cade/precipita sotto le mie ali? Non verrà Ettore afferrando la (sua) gloriosa lancia
uscendo dalla terra a portarti salvezza, né la parentela del padre, né la forza dei Frigi; dall’alto
precipitando a capofitti con un balzo funesto senza pietà spezzerai il tuo soffio di vita/respiro. O
recente abbraccio carissimo alla madre, o dolce respiro della pelle; dunque inutilmente ti nutrì in
fasce questo seno, invano mi affaticavo e mi consumai nelle fatiche. Ora, un’altra volta mai più,
saluta tua madre, gettati su chi ti ha generato, avvolgi le braccia intorno alle mie spalle e accosta la
(tua) bocca. O Greci inventori di barbare crudeltà, perché uccidete questo bambino per nulla
colpevole? O germoglio di Tindaro, tu non sei figlia di Zeus, ma da molti padri io dico che tu sei
nata, per primo (sei figlia) del Demone vendicatore, poi di Ostilità/Invidia, di Paura e di Morte e
quanti orrori nutre la terra. Infatti mai crederò che tu sia stata generata (ἐκφῦναί Ppc e gE e K. :
ἐκφῦσαί V e M.C. e D.) da Zeus (Ζηνός cong. Reiske in K. : Ζῆνά γ’ P e gE e in M.C. e D. “che
Zeus abbia generato te” : Ζῆνά σ’ V), rovina per molti uomini barbari e Greci. Possa tu
morire/Maledizione; infatti dai tuoi bellissimi occhi turpemente hai distrutto le illustri pianure dei
Frigi. <Ma> (<ἀλλ’> integraz. Hermann accolta da K., D, e M.C.) trascinate portate gettate, se
gettare è deciso/sembrato opportuno; cibatevi delle sue carni. Infatti dagli dei/per volontà degli dei
noi periamo e noi non potremmo allontanare da (mio) figlio la morte. Coprite il (mio) misero corpo
e gettate(lo) sulle navi; infatti ad un bell’imeneo io vado, dopo aver perduto il mio stesso figlio.
Commento del Coro (vv.780-81)
Co.: Infelice Troia, hai perduto innumerevoli uomini per colpa di una sola donna e di un odioso
letto.
II STASIMO (vv.799-859)
Strofe 1
O Telamone re di Salamina che nutre le api/nutrice delle api, tu che abitavi la sede dell’isola cinta
dai flutti inclinata/piegata sulle colline sacre dove Atena mostrò il primo ramoscello d’ulivo
verdastro, celeste corona e ornamento per la splendida Atene, venisti venisti a compiere atti valorosi
insieme al figlio di Alcmena armato d’arco per distruggere Ilio Ilio un tempo città nostra <…>
(lacuna indicata da Bothe e accettata in K. e D. per cui K. propone e.g. “sul mare privo di onde”
[quando venisti dalla Grecia].
Antistrofe 1
Quando essendo privato (ἀτιζόμενος cong. Jackson in K. e D. : ἀτυζόμενος “essendo sconvolto”
VPΣ1 e in M.C.) dell’onore dei puledri (Eracle) per primo condusse il fiore dell’Ellade, e sul
Simoenta dalla bella corrente lasciò cadere pala del remo/il remo che solca il mare e
intrecciò/annodò le gomene della poppa e dalla nave trasse la buona mira della mano (scil. un arco
infallibile), morte per Laomedonte; le costruzioni dei/dai regoli di Febo dopo aver buttato
giù/distrutto co un soffio purpureo di fuoco<di fuoco> (<πυρὸς> integraz. di Meineke metri causa
in K. e D. ma non M.C.) saccheggiò la terra di Troia. Due volte con due assalti la lancia
insanguinata (φονία cong. Musurus in K. e D. : φοινία VP) distrusse con il fuoco (πυρί cong.
Seidler in K. : περί V posto tra cruces in M.C. : παρά P : πέρι cong. Diggle in D.) le mura della
(terra) di Dardano (Δαρδανίας V in K. e M.C. : Δαρδανίδας cong. Diggle in D. “la lancia
insanguinata distrusse intorno alle mura i Dardanidi”).
Strofe 2
Dunque invano, delicatamente incedendo/camminando tra le auree brocche, o figlio di Laomedonte,
tu hai (il compito del) riempimento/di riempire le coppe di Zeus, splendido servizio, la (città) che ti
ha generato arde di fuoco. Le spiagge marine urlano (βοῶσ’ cong. Wecklein in K e in D. : βοᾶ(ι)
“grida” riferito all’uccello VP) un urlo rituale (ἴακχον cong. Hartung in K. e in D. e in M. ma non in
C. : ἴαχον “urlavano” VΣ e in Cerbo : ἴσχον P) come (quello di) un uccello (οἰωνὸς οἷον inversione
di Hermann accettata da K., D. e M.C. : οἷον οἰωνὸς VP) a proposito dei figli (τέκνων ὕπερ cong.
Diggle seguendo Bothe accolta in K. e in D. : τεκέων ὕπερ cong. Stephanus in M.C. : ὕπερ τέκνων
V : ὕπερ τοκέων P), alcune (parti delle spiagge cioè le persone sulle diverse parti delle spiagge)
(vv.830-31 αἱ per tre volte V e in K. : ἇι per tre volte cong. Wilamowitz in D. e M.C. : ἁ…ἃ… αἱ P)
(gridano sott.) per i letti nuziali (εὐνάς cong. Seidler in K. e in D. : εὐνάτορας lezione ametrica di
VP e in M.C.), alcune per i figli, alcune per le vecchie madri. I tuoi lavacri freschi e le piste dei
ginnasi sono andati via/non ci sono più, tu invece con grazia nutri il viso giovane di bella bonaccia
presso il trono di Zeus; ma la terra di Priamo l’ha distrutta la lancia greca.
Antistrofe 2
Eros Eros, che un giorno venisti alle case di Dardano, caro/stando a cuore ai celesti, come allora
grandemente esaltasti Troia, intrecciando parentela con gli dei. Dunque non pronuncerò più il
rimprovero contro Zeus, la luce cara ai mortali del Giorno dalla bianca ala vide in modo fatale (la
distruzione) della terra (γαίας cong. Bothe e forse da Σi accolta da K. e D. e dalla C. in traduzione:
γαῖαν “vide la terra” VP e in M), la distruzione di Pergamo, lei che aveva nel talamo uno sposo da
questa terra (τᾶσδε P e in K., D. e M.C. : τάδε V : τᾶς δέ cong. Victorius) che procrea figli, che
un’aurea quadriga di stelle avendola rapita la prese, grande speranza per la patria; ma i rapporti
amorosi con gli dei (sono) finiti/scomparsi per Troia.
ESODO (vv.1118-1332)
I PARTE DELL’ESODO (vv.1118-1259)
ANAPESTI del coro che introducono l’ingresso del personaggio cioè l’araldo (vv.1118-1122)
-Ahi Ahi, nuove da nuove (καίν’ ἐκ καινῶν cong. Wilamowitz in tutte le ed. : καινά VPΣi : καί νῶν
P) sciagure si susseguono (μεταβάλλουσι cong. Dobree in K. : μεταβάλλουσαι VPΣi in D. e in
M.C.) per la (nostra) terra; o infelici spose dei Troiani vedete qui Astianatte come cadavere, che
amaro lancio dalle rocche i Danai hanno ucciso.
Rhesis dell’araldo o Taltibio (vv.1123-1155)
Ar.: O Ecuba, essendo rimasto un solo colpo di remo di nave/per la nave sta per trasportare le
restanti spoglie del figlio di Achille alle coste/sponde di Ftia; proprio lui Neottolemo se n’è andato/è
salpato, poiché ha sentito nuove sciagure per Peleo, cioè che Acasto lo ha cacciato dalla (sua) terra,
il figlio di Pelia. Perciò più rapidamente/prima di quanto avrebbe fatto, non (οὐ cong. Bothe da Σi in
K. e D. : ἢ VP in M.C. “se avesse avuto piacere di restare”) avendo piacere/poiché non aveva
piacere della permanenza/di restare, (è) partito, e con lui Andromaca, che fa sgorgare a me molte
lacrime, quando si allontanava da (questa) terra, levando gemiti per la patria e salutando la tomba di
Ettore. E chiese a lui (scil. a Neottolemo) di seppellire/dare sepoltura a questo cadavere, che il figlio
del tuo Ettore caduto dalle mura ha abbandonato l’anima; e il terrore degli Achei, questo scudo dal
bronzeo dorso, che il padre di costui intorno ai fianchi agitava, (ella chiese) di non portarlo al
focolare di Peleo né nello stesso talamo dove andrà sposa [Andromaca la madre di questo morto,
vedere dolori (in apposizione allo scudo)] (v.1140 da espungere per Herwerden e Paley e così anche
per K. e D. ma non per M.C.), ma su questo (scudo) invece che in un oggetto di cedro/una bara di
cedro e in involucri di pietra (ella chiese) di seppellire il figlio; (chiese) di consegnarlo nelle tue
braccia, affinché tu avvolga il cadavere con pepli e corone, per quanto ti (è) possibile, secondo
come è il to stato; poiché ella è partita e la velocità del (suo) padrone le impedì di consegnare lei
stessa alla tomba il figlio. Noi dunque, quando tu avrai addobbato il morto, coprendo questo di terra
solleveremo la nave; tu al più presto compi ciò che (ti) è stato ordinato. Da una fatica almeno ti ho
liberata; infatti attraversando le correnti dello Scamandro ho lavato il corpo e (ne) ho
pulito/purificato le ferite. Ma io andrò a scavare una fossa scavata/tomba, affinché
andando/convergendo insieme ad una sola cosa/verso un unico obiettivo i compiti miei e tuoi in
breve tempo faccia muovere il remo verso casa.
Rhesis di Ecuba rivolta al nipote Astianatte (vv.1156-1199)
Ec.: Deponete a terra lo scudo ben arrotondato di Ettore, spettacolo doloroso e non caro/gradito a
vedersi per me. O voi che avete il vanto della lancia maggiore del senno, o Achei, temendo che cosa
di questo bambino avete compiuto (διηργάσασθε Pac in K. : διειργάσασθε VPpc in D. e M.C:)
un’inusuale uccisione? (Temendo) che un giorno egli avrebbe risollevato Troia caduta? Dunque
nulla eravate/siete, quando noi venivamo distrutti/massacrati mentre Ettore aveva successo in
campo e (con lui) un’altra innumerevole schiera/manipolo, e poi conquistata la città e distrutti i
Frigi avete avuto timore di un simile bambino; non approvo, (οὐκ αἰνῶ, punteggiatura di Dobree
accolta da K : οὐκ αἰνῶ φόβον, “non approvo la paura, se uno teme senza valutare con la ragione”
D. e M.C.) colui che ha paura senza valutare con la ragione. O carissimo, come per te giunse
sventurata la morte. Se infatti tu fossi morto (scil. in circostanze diverse) per la città avendo
ottenuto giovinezza e nozze e potere pari agli dei, tu saresti stato beato, se qualcuna di queste cose
(è) felice/reca beatitudine; e (<δ’> integraz. Reiske in tutte le ed.) ora queste cose (αὔτ’ cong.
Musurus Aldina in tutte le ed. : αὖτ’ VP) tu non avendole viste né conosciute nell’anima, o figlio,
+non lo sai, non ne hai goduto+ (+οὐκ οἶσθ’, ἐχρήσω+ testo corrotto solo in K. ma non in D: e M.C.
: σύνοισθα, χρῆσθαι “tu sei consapevole/conscio nell’anima che mentre hai visto e conosciuto
queste cose, senza riuscire a fare uso alcuno di loro”) pur avendolo avuto in casa. Infelice, come
miseramente le mura patrie, la cinta turrita del Lossia, hanno reciso dal (tuo) capo il ricciolo/i
riccioli che la (tua) genitrice/madre ha tanto curato e riempito di baci, (quel capo) da dove spezzate
le ossa ride fuori il sangue, affinché io non celi (στέγω cong. Diggle in K. e in D. : λέγω “affinché
io non dica cose turpi” VPΣ e Athen. e Eustaz. con δή “perché io possa dire cose davvero
vergognose” cong. Denniston al posto di μή “non”) le cose turpi. O mani, come avete acquisito
dolce somiglianza con quelle del padre, e dissolte nelle giunture giacete davanti a me. O cara bocca,
che spesso emettevi/pronunciavi vanterie, sei finita/distrutta, mi mentisti quando
cadendo/gettando(ti) nelle (mie) vesti (πέπλους P in tutte le ed. : λέχος V), tu dicevi ‘O madre, tu
certo per te una folta ciocca di riccioli (mi) reciderò e alla (tua) tomba condurrò i cortei dei (miei)
compagni, dando(ti) i cari saluti. Ma tu non (seppellisci) me, ma io vecchia senza più patria senza
più figli, seppellisco te più giovane, misero corpo. Ahimè, i tanti abbracci e le mie cure +e quei
sonni+ (+ὕπνοι τ’ ἐκεῖνοι+ testo corrotto solo per K. : πόνοι τ’ ἐκεῖνοι “e quelle fatiche” cong.
Seidler : ἀυπνίαι τε “e le insonnie” cong. Heimsoeth : ὕπνοι τε κοινοί “e quei sonni comuni” cong.
Munro : ἄυπνοι τε κλῖναι “e letti svegli/che non riposano” cong. Lane) (sono) scomparsi per me. E
che cosa mai un poeta potrebbe scrivere di te sulla tomba? Questo bambino lo uccisero un giorno
gli Argivi poiché (lo) temevano? Vergognoso epitaffio per l’Ellade. Ma dunque pur non avendo
ottenuto/avuto in sorte le cose paterne/i beni paterni tuttavia avrai lo scudo dal dorso bronzeo. O tu
che salvavi/proteggevi il braccio dai bei gomiti di Ettore, tu hai perduto il tuo custode migliore.
Come dolce nella tua (σῶι cong. Barnes in tutte le ed. : σός VPΣi) impugnatura giace l’impronta e
nei bordi facili da fornire/ben torniti dello scudo il sudore, che Ettore spesso dalla fronte stillava
avendo fatiche/nelle fatiche quando si accostava (scil. allo scudo) con il (suo) mento/guance.
Apostrofe di Ecuba rivolta alle Troiane (vv.1200-1206)
Ec.: Portate, recate voi tra i presenti l’ornamento per il misero corpo; infatti non per la bellezza/per
lo splendore la divinità assegna (simili) sorti; ma delle cose che ho, tu queste riceverai. (è) stolto chi
tra i mortali pensando di cavarsela bene gioisce in maniera costante (εὖ πράσσειν δοκῶν
βέβαια χαίρει VP in tutte le ed. : πράσσων δοκεῖ...χαίρειν cong. Bothe “chi cavandosela bene pensa
che gioirà in maniera costante”); infatti per i (suoi) comportamenti le sorti/la sorte, come un uomo
incostante/capriccioso, salta qua e là, +e nessuno mai lui stesso felicemente+ (+
κοὐδεὶς αὐτὸς εὐτυχῆ ποτε+ testo corrotto per K. in cui εὐτυχῆ P : +κοὐδεὶς αὐτὸς εὐτυχεῖ ποτε+ “e
nessuno mai sarà lui stesso felice” testo corrotto per D. ma non per M.C. in cui εὐτυχεῖ Vp e g E :
κοὔποθ’ αὑτὸς εὐτυχής ἀεί “e mai la stessa persona è sempre fortunata” cong. Barthold ma in più
per K. è presente una lacuna dopo κοὐδεὶς).
Dialogo tra Coro ed Ecuba (vv.1207-1255)
Co.: Ed ecco le donne qui presenti davanti alle (tue mani)/davanti a te che ti portano l’ornamento di
spoglie Frigie così da metterlo/in cui avvolgere il morto.
Ec.: O figlio, te non perché hai vinto con i cavalli né con l’arco sui compagni, consuetudini che i
Frigi onorano, +non perché essi (le) ricercano fino alla sazietà+ (+οὐκ ἐς πλησμονὰς θηρώμενοι+
testo corrotto per K. e D. : οὐκ ἐς πλησμονὰς θηρωμένη “non però ricercandole fino alla sazietà” :
τιμῶσι, νείκους “onorano, perché essi cercano una sazietà di lotte” cong. Eden), <…> (lacuna
indicata da Scaliger e accettata solo da K.), la madre di tuo padre ti mette gli ornamenti tra quelli
che una volta erano tuoi, ora te li ha portati via Elena odiata dagli dei, e inoltre ha ucciso la tua
anima e tutta la casa ha distrutto.
Co.: ahi ahi, il (mio) cuore hai toccato hai toccato. O tu che per me eri una volta grande signore
della città.
Ec.: Queste cose che tu nelle nozze avresti dovuto (γάμοισι χρῆν cong. Prinz in tutte le ed. : γάμοις
ἐχρῆν VP) porre sul (tuo) corpo/indossare sposando la più nobile delle donne d’Asia, i Frigi
splendori/ornamenti dei pepli (scil. pepli o costituiti di pepli) io avvolgo il (tuo) corpo. E tu, che un
tempo eri glorioso vincitore madre di innumerevoli trofei, caro scudo di Ettore, sii incoronato;
infatti tu vai/andrai giù (κάτει cong. Wecklein in K. : θανῆι “tu che non sei morto morirai insieme
al morto” VP in D. e M.C.) pur non essendo morto insieme al morto; poiché è degno/opportuno
onorare te molto di più delle armi di Ulisse scaltro e malvagio.
Co.: Ahimè ahimè; la terra accoglierà te, o figlio, come amaro pianto/motivo di amaro pianto.
Gemi, o madre. Ec.: Ahimè.
Co.: Il canto dei morti. Ec.: Ohimè.
Co.: Ohimè dunque insopportabili i tuoi mali.
Ec.: Con bende le ferite io ti curerò, come infelice medico, avendo (solo) il nome, non nei fatti. Al
resto tra i morti penserà tuo padre.
Co.: Percuoti percuoti il capo dando(ti) colpi di mano, ahimè ahimè.
Ec.: O carissime donne.
Co.: +Ecuba, le tue+ (+Ἑκάβη, σὰς+ testo corrotto per K. e D. ma non per M.C. “Ecuba, parla alle
tue amiche”) parla; quale voce gridi? (possibile lacuna per D. e K.)
Ec.: +altro non c’era negli dei/nella mente degli dei eccetto i miei affanni+ (+οὐκ ἦν ἄρ’ ἐν θεοῖσι
πλὴν οὑμοὶ πόνοι+ testo corrotto per K. ma valido per M.C. : + οὐκ ἦν ἄρ’ ἐν θεοῖσι+ testo corrotto
per D. : ἐν θεῶν γόνασι “sta sulle ginocchia degli dei (scil. dipende dalla volontà degli dei)”) e
Troia distinta come città odiata di (tutte) le città/odiata più di tutte le città (πλὴν ἐμοὶ πόνοι Τροίαι
τε...μισουμένηι “eccetto a me gli affanni e a Troia…odiata” cong. Bothe), inutilmente
sacrificavamo buoi/facevamo sacrifici. Se la divinità avesse rovesciato gettando giù sotto terra ciò
che stava in alto, noi saremmo non visti/ignorati né saremmo celebrati/cantati (ὑμνήθημεν VP in K.
e M.C. : ὑμνηθεῖμεν cong. Hermann in D.) dando canti/motivo di canto alle poesie dei futuri
mortali. Andate, seppellite nella misera (ἀθλίωι VP in tutte le ed. : ἄθλιον “misero morto” cong.
Pierson) tomba il morto; infatti ha le corone di quelli sotto terra/dei defunto quali bisogna (che
abbia). Ma credo che per i morti fa poca differenza se uno otterrà ricche offerte funebri; questo è un
vano oggetto d’orgoglio/vanteria dei vivi.
Co.: Ahimè ahimè; infelice madre, questa che le grandi +speranze per te+ (+ἐλπίδας ἐπί σοί+ testo
corrotto solo per K. che crede nella caduta di parole dopo ἐλπίδας : ἐν “in te” cong. Porson in D. e
M.C.) della vita fece a pezzi (scil. vide che furono fatte a pezzi) (κατέκναψε cong. Porson in tutte le
ed. : κατέγναψε VP : κατέσκαψε gE). Pur essendo ritenuto fortunato poiché nascesti da nobili
antenati di morte tremenda peristi.
II PARTE DELL’ESODO (vv.1256-1332)
ANAPESTI del coro che introducono l’ingresso del personaggio cioè l’araldo (vv.1256-1259)
Ah ah; chi (τούσδ’ cong. Lenting in K. e D. : ταῖσδ’ “su queste alture” P in M.C. : παῖσδ’ V) io
vedo che rema/muove come se fossero remi sulle alture troiane mani brucianti di torce? Per Troia
sta per aggiungersi una nuova sciagura.
Dialogo tra l’araldo o Taltibio (per K. di Taltibio) ed Ecuba
Araldo o Taltibio (vv.1260-1271)
Ar.: Io dico/ordino ai locaghi/comandanti, che avete ricevuto il compito di incendiare questa città di
Priamo, di non conservare più la fiamma inoperosa nelle mani ma di impiantare il fuoco/appiccare il
fuoco, affiché dopo aver distrutto la città di Ilio possiamo lieti/sereni partire da Troia verso casa. E
voi, affinché lo stesso discorso abbia due forme/aspetti, andate, o figlie di Troiani, verso le navi
degli Achei, quando i capi dell’esercito emettano/emetteranno un acuto suono della tromba,
affinché partiate da (questa) terra, e tu, o vecchia, donna molto sventurata, segui(le). Vengono
questi a cercarti da parte di Odisseo, a cui il sorteggio/la sorte ti manda come (sua) schiava lontano
dalla patria.