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TRADUZIONE TRAGEDIA TROIANE

PROLOGO (vv.1-152)
Monologo di Poseidone (vv.1-47) TRIMETRI GIAMBICI
POSEIDONE:
Io Poseidone giungo/sono giunto avendo lasciato l’abisso salmastro Egeo del mare/l’abisso
salmastro del mare Egeo (Burges), dove i cori/il coro (PQ) delle Nereidi trascinano in cerchio la
bellissima traccia/orma del piede/con il piede (Aristid.). da quando infatti Febo ed io abbiamo posto
tutt’ intorno a questa terra Troiana delle torri/mura di pietra con regoli dritti, mai dalla mia mente è
andata via la benevolenza per la città dei Troiani (per Kovas)/dei miei Troiani (per Cerbo): (la città)
che ora è in fumo ed è distrutta devastata dalla lancia Argiva; Infatti un uomo del Parnaso Epeo
Focese avendo con le macchinazioni/artifici di Pallade messo insieme un cavallo gravido di armi lo
spedì entro le mura un peso funesto/un simulacro funesto (V, fortasse per Kovavcs, adottato da
Murray). [Di qui sarà chiamato dai posteri cavallo DOUREIOS “di legno”, poiché chiude dentro di
sé nascosta una lancia]- versi 13-4 da espungere per Burges, Kovacs, Murray e Diggle, non per
Cerbo-. I recinti sacri (sono) abbandonati e i santuari delle divinità grondano di sangue OPPURE I
recinti sacri e i santuari delle divinità grondano di sangue (Cerbo); sui gradini dell’altare di Zeus
Erceo cadde esanime.
TRASPOSIZIONE dei vv. 18-27 dopo 44 (trasposizione non presente in Murray e in Diggle)
vv. 28-44
Lo Scamandro riecheggia di molti gemiti delle prigioniere che vengono date in sorte ai padroni
(cong. Di Lane non accettata da Murray). Alcune le ha avute in sorte il popolo Arcade, altre il
popolo Tessalo e i Teseidi primi/principi degli Ateniesi. Quante delle Troiane non (sono ancora)
tirate a sorte/assegnate, esse stanno sotto questi tetti, riservate per i capi dell’esercito, con loro la
Tindaride spartana Elena, considerata giustamente prigioniera. Se qualcuno desidera vedere questa
sventurata, è possibile, Ecuba che giace / Se qualcuno desidera vedere questa sventurata è possibile
(sott. Vedere) Ecuba che giace (2 costruzioni possibili oltre quella offerta da PQ con il nominativo:
se qualcuno desidera vedere questa sventurata, è possibile, Ecuba che giace…) davanti alle porte,
(v. 38 espunto da Prinz e da K. ma non da Murray) [che versa molte lacrime e per molti (lutti)]; lei
alla quale la figlia presso il monumento della tomba di Achille sventurata Polissena è morta con
coraggio (in V e in Murray “di nascosto/a sua insaputa”); scomparso Priamo e i figli, Agamennone
trascurando la prerogativa del dio e ciò che è sacro sposerà con violenza come letto oscuro/segreto
Cassandra che Apollo sovrano ha abbandonato vergine invasata/la dotò vergine di delirio profetico.
vv. 18-27
Grande quantità d’oro e spoglie Frigie vengono inviate verso le navi degli Achei; aspettano un
vento favorevole da poppa, cosicché nel tempo della decima semina vedano con piacere le mogli e i
figli (v. 22 espunto da K. ma non da Murray) [i Greci che hanno assediato questa città]. Io (infatti
sono vinto dalla dea Argiva Era e da Atena, che insieme hanno distrutto i Frigi) lascio la celebre Ilio
e i miei altari; infatti quando una funesta/cattiva desolazione si impossessa di una città, le cose degli
dei sono colte da malattia e non vogliono essere onorate.
vv. 45-7
Addio, città un tempo felice e levigata cinta di mura; se non ti avesse distrutto Pallade figlia di
Zeus, ti troveresti ancora (in piedi) sulle fondamenta.

Dialogo tra Poseidone e Atena (vv.48-97) TRIMETRI GIAMBICI


Atena:
È possibile rivolgere la parola a colui che è vicinissimo alla stirpe del padre (scil. di mio padre) e
grande divinità onorato tra gli dei, (dopo) aver sciolto la precedente ostilità?
Poseidone:
È possibile; le conversazioni/i rapporti consanguinei/tra parenti, o signora Atena, (sono) un farmaco
non piccolo per l’animo.
At.:
Lodo il (tuo) mite atteggiamento/temperamento; rendo noti discorsi comuni a te e a me, o signore.
Pos.:
Forse stai per annunciare/annuncerai (var. PQ annunci) da qualcuno degli dei una novità (var. PQ
una parola comune), da parte di Zeus o da parte di un’altra divinità?
At.:
No, ma (è) per Troia, dove andiamo, sono giunta al tuo potere, per averlo alleato.
Pos.:
Non sei forse giunta (var. VPQ certo che…), sciolta/deposta l’inimicizia di un tempo, a
compassione sua (scil. di Troia) ora che è arsa con il fuoco?
At.:
Torna lì alle cose di prima; condividerai (i miei) discorsi e condividerai l’intenzione per
le…/parteciperai alle cose che io desidero compiere?
Pos.:
Certamente; ma io voglio imparare/conoscere anche quello che riguarda te (scil. la tua posizione);
sei giunta per gli Achei o per i Frigi?
At.:
Voglio rallegrare i Troiani prima (a me) ostili, invece all’esercito degli Achei infliggere un amaro
ritorno.
Pos.:
Ma come mai salti così da un atteggiamento all’altro e odi eccessivamente e ami chi ti capita/capita
(var. PQ e trad. indiretta costuz. Impersonale)?
At.:
Non sai che sono stata oltraggiati io e i miei templi?
Pos.:
Lo so; quando Aiace trascinava/ha trascinato con violenza Cassandra.

At.:
E proprio nulla subì da parte degli Achei né (nulla) sentì (da parte loro).
Pos.:
Eppure hanno distrutto Ilio con la tua forza.
At.:
Perciò con te/con il tuo aiuto voglio fare loro del male.
Pos.:
Da parte mia sono pronte le cose che tu vuoi/sono pronto per le cose che tu vuoi. Cosa intendi fare?
At.:
Desidero infliggere loro un ritorno dal cattivo ritorno.
Pos.:
Mentre sono ancora sulla terra o sul mare salmastro?
At.:
Quando da Ilio navigano/navigheranno verso le case/la patria. E Zeus manderà pioggia e grandine
infinita e tenebrosi soffi d’aria; mi dice/promette che getterà fuoco del fulmine, (mi promette di)
colpire gli Achei e di incendiarne con il fuoco le navi. Tu poi per parte tua, rendi il mar Egeo che
trema di triplici/enormi onde e vortici del mare/marini, riempi di cadaveri l’insenatura
cava/profonda dell’Eubea, cosicché gli Achei per il futuro sappiano rispettare i miei santuari e
venerare anche gli altri dei.
Pos.:
Sarà così; infatti questo favore non ha bisogno di lunghi discorsi; sconvolgerò la distesa del mar
Egeo. Le rive di Micono e le rocce di Delo e di Sciro e di Lemno e il promontorio Cafereo avranno i
corpi di molti cadaveri. Ma muovi verso l’Olimpo e dopo aver preso i dardi fulminei/delle folgori
dalle mani di (tuo) padre attendi, fino a quando l’esercito Argivo fa uscire/allenta le gomene.
vv. 95-97

IPOTESI DI KOVACS con cong. di Blomfield (ναούς δέ v. 96)


Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti, lui stesso più tardi perisce.

PROPOSTE DI LETTURA con ναούς τε (testo tradito v. 96)


LETTURA DI gB con γε al posto di δέ al v. 95 per formare una sentenza (γνώμη) e con con ‧ dopo
πόλεις
IPOTESI DELLO SCOLIASTE con ναούς τε (testo tradito v. 96) / con ‧ dopo τύμβους θ’ / senza ,
dopo πόλεις e ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è colui che distrugge città e i templi e le tombe; avendo ridotto alla desolazione i santuari dei
morti lui stesso più tardi perisce.

IPOTESI DI KIRCHHOFF con ‧ dopo πόλεις (possibile proposta già suggerita dallo scriba di V e
presente anche in gB) / con , dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città; avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti (apposizione di τύμβους) lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI DIGGLE con cong. di Page (δούς <σφ’>) / senza , dopo πόλεις / con , dopo τύμβους θ’
/ con ‧ dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città e templi e tombe, i santuari dei morti; avendoli ridotti
alla desolazione lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI MURRAY accolta dall’edizione BUR con , (posta da Murray senza definire come
vada interpretato il testo, interpretata dalla Cerbo come un ‧ cioè come un punto forte) dopo
πόλεις / con , dopo τύμβους θ’ / con , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
TRADUZIONE BUR
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione i templi e le tombe, i
santuari dei morti, lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI WEST con , dopo πόλεις / con , dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
e con ‧ dopo ἐρημίαι δούς
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti; lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI HARTUNG con ἐκπορθῶν (cong. di Hartung al v. 95) / senza , dopo πόλεις / con ,
dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distruggendo città e templi e tombe, avendo ridotto alla desolazione i
santuari dei morti lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI REISKE con ἐκπέρσας (cong. di Reiske al v. 95) / senza , dopo πόλεις / con , dopo
τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che avendo distrutto città e templi e tombe, avendo ridotto alla
desolazione i santuari dei morti lui stesso più tardi perisce.
IPOTESI DI HOLZHAUSEN con cong. di West (<κ>αὐτός v. 97) e con , dopo ἐρημίαι δούς / con ,
dopo πόλεις / con , dopo dopo τύμβους θ’ / senza , dopo ἰερά τῶν κεκμηκότων
Stolto è tra i mortali colui che distrugge città, avendo ridotto alla desolazione templi e tombe, i
santuari dei morti, anche lui stesso più tardi perisce.

Monodia di Ecuba (vv.98-121) DIMETRI ANAPESTICI RECITATIVI


Su, sventurata; solleva dal suolo la testa, solleva il collo (δέρην <τ’> “e solleva il collo” cong.
Musgrave); questo non è più Troia, e noi non siamo più sovrani di Troia. Sostieni il mutare della
fortuna. Naviga secondo la rotta, naviga secondo il destino, non rivolgere la prora della vita verso
l’onda mentre navighi nelle avversità.
Ai Ai.
Infatti cosa c’è da non piangere da parte di me sventurata, a cui è perita la patria e i figli e il marito?
O grande valore/vanto degli antenati che (ti) riduci, come nulla ormai tu sei. Cosa devo tacere?
Cosa non tacere? Che cosa piangere? (v.111 espunto da Tyrrel). Me sventurata per l’infelice postura
delle membra, come sono prostrata, essendo stesa con le spalle sulla terra dura (cong. Hartung
oppure νῶτ’ ἐν στερροῖς λέκτροισι ταθεῖσα “essendo stesa con le spalle su duri giacigli” VPQ e
ταθεῖσ’ testo di Murray/Cerbo/Diggle oppure νῶτ’ ἐν espunto da Seidler). Ohimè per la mia testa,
ohimè per le mie tempie, e i fianchi, quanto ho desiderio di girare e spostare la schiena e la spina
dorsale verso entrambe le mura delle membra/su un fianco e sull’altro, muovendomi sempre verso i
lamenti delle lacrime. Anche questa è una musa/poesia per gli infelici cantare le sventure senza
coro.
PRIMA POSSIBILE LETTURA DALLO SCOLIO
Su, sventurata per opera degli dei (ἐκ θεῶν cioè θεόθεν al posto di πεδόθεν) solleva la testa, solleva
il collo
SECONDA POSSIBILE LETTURA DALLO SCOLIO
Alzati sventurata testa da terra; solleva il collo (ἄνα riferito a κεφαλή e ἐπάειρε che regge solo
δέρην)

vv.122-152 DIMETRI ANAPESTI LIRICI


O prore di navi, che con remi veloci andavate verso la sacra Ilio +attraverso il mare dall’aspetto
purpureo e i porti della Grecia dai belli ormeggi,+ (testo corrotto per Kovacs ma non per
Murray/Cerbo) <con> (integraz. Page) l’odioso peana dei flauti e la voce degli armoniosi degli
zufoli, legaste (forma dorica cong. Kovacs) le corde intrecciate (cong. Musgrave), prodotto educato
(cong. Tyrrell) in Egitto, <ai ai,> (integraz. Page) ai ai, nei golfi di Troia, per inseguire di Menelao
l’odiosa sposa, onta per Castore e disonore per l’Eurota; lei che immola il seminatore di 50 figli
+Priamo, e me l’infelice Ecuba+ (testo accettato da Murray/Cerbo ma considerato corrotto per
Kovacs) che ha fatto approdare/arenare in questa sventura. Ohimè, su quali seggi siedo posti vicino
(cong. Bothe) alle tende di Agamennone. Schiava vengo condotta via da vecchia dalla mia casa
essendo stata distrutta con il capo luttuoso in modo miserevole OPPURE ante πενθήρη PQΣ
κουρᾶ(ι) ξυρήκει VPQΣ – parole cancellate da Murray e da Kovacs – “con un taglio di capelli
rasato” OPPURE ante πενθήρει V κουρᾶ(ι) ξυρήκει VPQΣ “con un luttuoso taglio di capelli
rasato”. Ma o sventurate spose dei Troiani dalle bronzee lance e fanciulle (κοῦραι cong. Aldina-
Musuro), spose / fanciulle (Kovacs) destinate a nozze infelici (δύς<νυμφοι> νύμφαι come
apposizione di κοῦραι invece di δύσνυμφαι VPQ corretto da Kovacs per omissione aplografica),
Troia va in fumo, +piangiamo+ (αἰάζομεν VPQΣ corretto da Aldina-Musuro in congiuntivo
esortativo αἰάζωμεν, congettura accetta da Murray/Cerbo ma non da Kovacs che crede nella
possibile esistenza di una lacuna). Come una madre uccello (ὄρνις cong. Dindorf) ai (suoi) piccoli
un grido, un canto io intonerò, OPPURE Come una madre (ὡσεί τις P e Murray/Cerbo) ai suoi alati
uccelli così io intonerò un grido, un canto, (ὄρνισιν ὄπως VPQ e Murray/Cerbo) non lo stesso quale
una volta mentre Priamo era appoggiato allo scettro (διερειδομένου cong. Herwerden) OPPURE
appoggiata allo scettro di Priamo (διερειδομένα VPQΣ) intonavo alle divinità Frigie (Φρυγίους
cong. Wilamowitz) con i bei risonanti colpi (cong. Seidler) del piede che guida la danza. OPPURE
intonavo alle divinità con i bei risonanti colpi Frigi (Φρυγίαις VPQ et Σ ut vid.) del piede che guida
la danza.
PARODO (vv.153-229)
vv.153-96 AMEBEO ECUBA E I/II SEMICORO DIMETRI ANAPESTICI LIRICI
I STROFE (vv.153-175) cantata dal I semicoro
Semicoro A:
Ecuba, perché gridi? Perché urli? Dove si dirige il (tuo) discorso? Infatti dalle tende udivo i lamenti
che tu gemi. Nel petto la paura si avventa (τάρβος cong. Wecklein invece di φόβος VPQ e
Murray/Cerbo che legge φόβος ἄισσεν “la paura si avventava”) per le Troiane, che dentro queste
tende lamentano la (loro) schiavitù.
Ecuba:
O figlie, verso le navi degli Achei (cong. Schroeder invece di Ἀργείων VPQ che rende il verso
ipermetro) ormai si muove la mano armata di remi.
Sem. A:
Ohimè (cong. Kirchhoff invece di lezioni mss. ametriche), cosa vogliono (fare), forse ormai mi
trasporteranno per mare via dalla terra paterna (cong. Burges)?
Ec.:
Non so, congetturo/arguisco sventura.
Sem. A:
Ahi ahi.
O Troiane infelici, siete venute fuori (cong. Aldina-Musuro invece di ἔξω κομίζεσθ’ che è ametrico
oppure ἐξορμίζεσθ’ cong. Headlam accettata da Diggle “disormeggiatevi”) dalle tende per
apprendere sciagure; mentre preparano gli Argivi il ritorno.
Ec.:
Ahi ahi (ἓἔ Q invece di αἰαῖ cong. Dindorf).
Ora Cassandra invasata dal furore bacchico, vergogna per gli Argivi, non conducetemela fuori
(inversione v. 171 e v.170 di Murray accettata da K.), menade, che al dolore non aggiunga dolore.
Ahi ahi.
Troia, Troia infelice, vai in rovina, infelici quelli che ti abbandonano (cong. Burges) e vivi e morti.

I ANTISTROFE (vv.176-196) cantata dal II semicoro


Sem. B:
Ohimè. Tremante ho lasciato queste tende di Agamennone per venire ad ascoltarti, o regina; è
stabilita la decisione degli Argivi di uccidere me infelice? Oppure i marinai ormai sulle poppe/navi
si preparano a muovere i remi?

Ec.:
O figlia, nell’anima destata (cong. Aldina-Musuro) mi sono trovata scossa da un brivido di terrore.
Sem. B:
È già arrivato l’araldo dei Danai? A chi sono assegnata come schiava infelice?
Ec.:
Forse sei prossima al sorteggio.
Sem. B:
Ahi ahi.
Chi degli Argivi o degli abitanti di Ftia o di una realtà insulare (cong. Wecklein) mi condurrà
sventurata lontana da Troia? OPPURE Chi mi condurrà nella terra degli Argivi o dei Ftioti o in una
realtà isolana (νήσαιαν...χώραν VPQ) sventurata lontana da Troia?
Ec.:
Ahi ahi.
Di chi sventurata dove in quale parte della terra sarò schiava io vecchia, come un fuco, infelice,
immagine di morte, debole simulacro/monumento esangue dei morti, ahi ahi, facendo la guardia alla
porta o la nutrice di bambini, io che a Troia (vv.193-5 mutili in PQ) avevo onori regali?

vv.197-229 PARTE CANTATA DAL CORO DIMETRI ANAPESTICI LIRICI


II STROFE (vv.197-213)
Coro:
Ahi Ahi. (punto fermo inserito da Kovacs mentre Murray/Cerbo legge la virgola) con quali lamenti
tu potresti lamentare questo oltraggio? (τάνδ’ἃν ἐξαιάζοις congetture di Wilamowitz accettate da K.
e da Diggle) OPPURE Ahi ahi, con quali lamenti piangi il tuo oltraggio? (τάν σάν VPQ ἐξαιάζεις V
lezioni accettate da Murray/Cerbo) Non più su telai dell’Ida/di Troia agiterò la spola che gira/si
muove in circolo; per l’ultima volta (cong. νέατον Seidler accettata da K. e da M.C.) guardo le case
dei genitori, (τοκέων δώματα cong. Parmentier accetta da K. e da Diggle) OPPURE i corpi/cadaveri
dei figli (τεκέων σώματα VPQ lezione accetta da M.C.) OPPURE i sepolcri dei genitori (τοκέων
σήματα Wilamowitz) per l’ultima volta (cong. Seidler); <e> pene maggiori avrò, oppure essendomi
avvicinata al letto di un greco (vada alla malora/maledetta sia quella (αὓτα cong. Seidler) notte e
(quel) destino) oppure attingendo (ὑδρευομένα cong. Heiland) le sacre acque (ὑδάτων cong.
Hermann con l’espunzione di ἔσομαι accetta da K. e da M.C.) del Pirene da misera (οἰκτρά P om.
VQ) serva (πρόσπολος VPQ), OPPURE sarò (ὑδάτων ἔσομαι VPQ) destinata ad attingere
(ὑδρευσομένα VPQ accettata da M.C.) le sacre acque del Pirene da serva (πρόπολος σεμνῶν
ὑδάτων ἔσομαι cong. Dindorf con πρόπολος e con l’espunzione della lezione presente solo in P
οἰκτρά), oh se potessimo giungere (ἔλθοιμεν VPQ ἔλθοιμι “se potessi giungere” Σ e Meridor,
lezione che pone brevis in longo alla fine del paremiaco) all’illustre felice terra di Teseo. Infatti non
al vortice dell’Eurota <e> (integraz. Musgrave accetta da K. ma non da M.C.) non all’odiosissima
dimora di Elena, OPPURE Infatti non al vortice dell’Eurota l’odiosissima Terapne (città) di Elena
(Θεράπνη come città del Pelopponeso, dimora di Elena e Menelao, identificata come δίναν
γ’Εὐρώτα secondo schol.210), dove schiava mi troverò di fronte a Menelao, il distruttore di Troia.

II ANTISTROFE (vv.214-229)
Veneranda terra del Peneo, base bellissima dell’Olimpo, ho sentito la voce (secondo cui) trabocca di
ricchezza e di rigogliosa fertilità; in questo secondo paese dopo la sacra venerabile terra di Teseo (io
possa) giungere. E l’Etnea terra di Efesto di fronte alla Fenicia (scil. Cartagine), madre dei monti
Siculi, io sento che è celebrata (cong. Dindorf come forma dorica di κηρύσσεσθαι PQΣ) per le
corone della virtù, e la terra vicina +le correnti del mar Ionio+ (testo corrotto per K. e per M.C. per
cui Kovacs propone ἄιον αὖ θάλλειν πάντως “ancora sentivo che completamente prosperava”),
(terra) che bagna tra i più belli/il bellissimo Crati che arrossa la chioma bionda che con acque divine
nutre e rende prospera la terra di uomini forti.

I EPISODIO (vv.230-510)
ANAPESTI RECITATIVI che introducono l’entrata di TALTIBIO (vv.230-34)
Coro:
- Ma ecco qui dall’esercito dei Danai l’araldo, dispensiere di nuovi discorsi, procede portando
a termine la rapida orma del piede, cosa (ti) riferisce/riferirà? Cosa (ti) dice/dirà? Infatti
ormai siamo schiave della terra Dorica.

Amebeo tra Taltibio ed Ecuba (con una sola battuta del Coro vv.292-3) (vv.235-307)
TRIMETRI GIAMBICI (Taltibio) e DOCMI (Ecuba)
Talt.:
Ecuba - tu sai infatti che io venni spesse volte a Troia come araldo dell’esercito Acheo – essendo da
te conosciuto anche prima (δή cong. Mistchenko al posto di δέ VPQ e M.C. da mettere in
correlazione con γάρ v.235), o donna, io Taltibio sono giunto per riferirti (ἀγγελῶν Q accolto da K.
e da M.C. : -έλλων Ppc) un nuovo discorso.
Ec.:
+Ecco ecco o care donne ciò+ (testo corrotto per K. non per M.C.) (γυναῖκες V accolta da K. :
τρω(ι)άδες PQ accolta da M.C. : “ecco, o care donne, ecco o care Troiane” cong. Diggle) che era da
tempo (la nostra) paura.
Talt.:
Siete già state designate a sorte, se questa era la vostra paura.
Ec.:
Ahimè, di quale città della Ftia (τίνα πόλιν cong. Willink con espunzione di parte della lezione
tradita accettata da K. : τίνα ἢ Θεσσαλίας πόλιν “oppure quale città della Tessaglia” VPQ e M.C.) o
della terra di Cadmo (mi) dici/vuoi dirmi?
Talt.:
Ad un uomo ciascuna (di voi) e non (tutte) insieme siete toccate in sorte.

Ec.:
A chi dunque ciascuna è toccata in sorte? Quale delle Troiane un fortunato destino attende?
Talt.:
Lo so: ma chiedi una cosa per volta, non tutte insieme.
Ec.:
Mia figlia chi mai (<μέν> integraz. Willink accettata da K. metri causa per avere un docmio ma non
da M.C.) l’ha avuta in sorte, dimmi, l’infelice Cassandra?
Talt.:
Il signore Agamennone l’ha presa come sua scelta.
Ec.:
Come serva per la sposa Spartana (scil. Clitennestra)? Ahimè.
Talt.:
No, ma del (suo) letto segreta sposa.
Ec.:
La vergine di Febo, alla quale (il dio) dall’aurea chioma diede come prerogativa una vita priva di
nozze?
Talt.:
L’amore per la fanciulla inspirata dal dio/invasata l’ha colpito.
Ec.:
Getta, o figlia, i rami/i virgulti/le ghirlande (κλάδας da κλάδος cong. Stanley accettata da K. :
κληίδας PQ κλειίδας V come κλῇδας M.C. “chiavi” da κλείς) sacre e via dal corpo i divini
ornamenti delle bende indossate/che indossi.
Talt.:
Non è forse una grande cosa per lei ottenere un letto regale?
Ec.:
Che ne è della figlia che poco fa mi avete preso/strappato? Dove mi è adesso (<νῦν κυρεῖ> integraz.
Diggle accettata da K. ma non da M.C.)?
Talt.:
Dici/Intendi Polissena o di chi chiedi?
Ec.:
Proprio lei; a chi l’ha aggiogata la sorte?
Talt.:
Alla tomba di Achille (le) è stato imposto di servire.
Ec.:
Ohimè; serva ad una tomba l’ho generata. Ma che legge (è) mai questa o, o caro, che norma dei
Greci?
Talt.:
Considera felice tua figlia; sta bene.
Ec.:
Che cosa mi hai detto? Vede ancora il sole?
Talt.:
La possiede un destino, tale da essersi allontanata/liberata dalle pene.
Ec.:
Che cosa ne è della sposa di Ettore indomabile (cong. Burges), l’infelice Andromaca? Quale sorte
ha?
Talt.:
Il figlio di Achille l’ha presa come sua compagna di letto (κοίτην Burges κοίτην σφ’ Kovacs : καί
τήνδ’ VPQ e M.C.).
Ec.:
Ma io a chi (sarò) serva io che nella mano ho bisogno di un bastone come terzo piede, o vecchia
testa (γεραιόν κάρα cong. Wecklein accettata da K. : γεραιῶ(ι) κάρα(ι) VPQ e gB e M.C. lezione
corretta anche in δευομένα βάκτρου γεραιᾶι χερί “ho bisogno di un bastone per la mano vecchia”
cong. Wilamowitz accettata da Diggle)?
Talt.:
Odisseo signore di Itaca ottenne in sorte di avere te come schiava.
Ec.:
Ahi ahi; percuoti il capo rasato, graffia con le unghie entrambe le gote. Ahimè. Ad uomo
abominevole infido ho avuto in sorte di essere schiava, nemico della giustizia, mostro che viola la
legge, lui che <rovescia> (<ἀνστρέφει, τά δ’> integraz. Diggle accettata da K. : ἐνθάδ<ε στρέφει, τά
δ’> M.C.) ogni cosa da una parte all’altra, all’incontrario di nuovo lì con duplice lingua, rendendo
ciò che prima era caro al contrario ostile. Piangetemi (<μ’> integraz. Hartung accettata da K.), o
Troiane (cong. Hartung accettata da K. e da M.C.); +sono finita sventurata,+ (+βεβακα δύσποτμος,
+ testo corrotto per K. ma non per M.C.) sono perduta (οἴχομαι testo accettato da K. ma considerato
da espungere da M.C.) io misera, sono incorsa in uno sfortunatissimo sorteggio.
Coro:
Lo conosco il tuo (destino), o signora; ma la mia sorte chi degli Achei o dei Greci la
possiede/possederà?
Talt.:
Andate, o servi, bisogna al più presto portare fuori Cassandra, perché la consegni (δούς νιν PQ
accettata da K. e da M.C. : δῶμεν V) nelle mani del capo dell’esercito e (poi) conduco/devo
condurre anche agli altri le prigioniere (già) assegnate (εἰληγμένας cong. Heath accettata da K. e da
M.C.). Oh; Quale bagliore di torcia risplende lì dentro? Danno fuoco – o cosa fanno – all’interno
(scil. della tenda) le Troiane, sul punto di essere portate via da questa terra ad Argo, e bruciano i
loro corpi desiderando di morire? Certo in tali circostanze un essere libero con insofferenza
sopporta le sventure. Apri, apri, che ciò che è utile a queste/costoro ma è odioso agli Achei non mi
incolpi.
Ec.:
Non è così, non danno fuoco, ma (è) mia figlia Cassandra menade/invasata (che) si precipita qui di
corsa.

Monodia di Cassandra (vv.308-340) DOCMI, METRI GIAMBICI e METRICA


EOLICA
Cassandra:
Strofe
Solleva, porgi, porta (φέρε cong. Bothe da Σ accolta da K. e da M.C. : φέρω VPQ la fiamma/la
fiaccola; io venero io illumino – ecco ecco (ἰδού ἰδού post ἄναξ v.310 VPQ spostati qui da
Hermann, trasposizione accolta da K. e da M.C.) – con le fiaccole +questo+ (+τόδ’+ testo corrotto
per K. ma non per M.C.) luogo sacro. O signore Imeneo (Ὑμήν “Imene” al posto di ἄναξ per
Hermann sulla base di v.331), beato lo sposo, beata anche io per il letto regale e io che in Argo mi
sposo/sarò sposa. Imene o signore Imeneo; poiché tu, madre, +fra lacrime e+ (+ἐπὶ δάκρυσι καὶ+
testo corrotto per K. ma non per M.C.) gemiti il padre morto +e la patria+ (+πατρίδα τε+ testo
corrotto per K. ma non per M.C.) cara tu continui a piangere, io sulle mie nozze accendo la luce del
fuoco per lo splendore, per il bagliore, e consacro, o Imeneo, a te, e consacro, o Ecate, (questa) luce,
per i letti verginali come (ἇ(ι) PQΣ e lezione di K. e M.C. : ἃ V) vuole il rito.
Antistrofe
Solleva il piede fino al cielo <guida> (integraz. Hermann metri causa accolta da K. ma non da
M.C.) guida (ἄναγε PQ ἄνεχε V) il coro (diversa colometria in M.C. per cui αἰθέριον è riferito a
χορόν) – evoè evoè (scil. grido bacchico) – come nelle vicende più felici di mio padre: sacro (è) il
coro. Guidalo (νιν cong. Musgrave accolta da K. : νῦν VPQ e M.C.) tu Febo; nel tuo
tempio/santuario tra allori io compio sacrifici. Imene o Imeneo Imene. Danza, madre, guida la
danza, volgi il tuo piede qua e là (χόρευμ’ἄναγε, πόδα σόν cong. Diggle accolta da K. : χόρευ’ (-ευε
Q) ἄναγε πόδα σόν PQ : χόρευε... ἄναγε πόδα σόν Cerbo : ἀναγέλασον V e Murray), accordando
con me l’incedere assai amabile dei piedi. Oh canta (βόασον cong. Diggle accolta da K. : βόασατε
τόν V : βόασατ’εὖ τόν PQ - testo tradito con sillaba in più – corretto da M.C. in βόασαθ’Ὑμέναιον)
l’imeneo con canti beati e clamori in onore della sposa. Andate, o Frigie fanciulle dai bei pepli,
cantate il mio sposo destinato al letto (delle mie nozze).

Reazioni del Coro/Taltibio ed Ecuba (vv.341-52) TRIMETRI GIAMBICI


vv.341-42 battute attribuite al coro da VP e dalla maggior parte degli editori tra cui anche K., a
Taltibio da P. Oxy. 4564 e a uno dei due per Σ:
Regina, non prenderai/tratterrai la fanciulla in preda al delirio, affinché non sollevi leggero il passo
verso l’esercito Argivo?
Ecuba:
O Efesto, tu porti la fiaccola nelle nozze dei mortali, ma (qui) attizzi questa fiamma luttuosa/funesta
(λυγράν VΠ accolta da K. e da M.C.) fuori dalle/contraria alle (mie) grandi speranze. Ohimè, figlia,
mai credevo che <tu> (integraz. Musgrave accolta da K. e da M.C.) sotto spinta/per costrizione
della punta della lancia Argiva avresti contratto tali nozze. Consegnami la fiamma; infatti tu non
giustamente porti la fiaccola da menade in preda al furore/con furore di menade, né le tue vicende
(σ’αἰ τύχαι VPQΣ : σαῖς τύχαις cong. Heath accolta da Diggle), o figlia, ti hanno ridato il senno
(σεσωφρονίκας’ Σ lezione accolta da K. e da Cerbo : ἐσωφρονήκας’ VPQΣ - lezione posta tra
cruces da Murray - : σεσωφρόνηκας Nauck accolta da Diggle), ma ancora persisti nella stessa
situazione. Portate le fiaccole, e rispondete con lacrime, o Troiane, ai suoi canti nuziali.

Rhesis di Cassandra (vv.353-405) seguita da interventi del Coro (vv.406-7) e di


Taltibio (vv.408-23) TRIMETRI GIAMBICI
Cassandra:
O madre, cingi tutt’intorno (con corone) il mio capo portatore di vittoria/vittorioso e rallegrati per le
mie nozze regali; e guida(mi), se il mio atteggiamento non è abbastanza ben disposto per te,
sospingimi con forza; se infatti esiste il Lossia (scil. se profetizza cose vere), con nozze più amare
(δυσχερέστερον V accolta da K., Dig. e da M.C. : δυστυχερέστερον PQ) di quelle di Elena sposerà
me l’illustre sovrano degli Achei. Infatti lo ucciderò e devasterò a mia volta la (sua) casa
rivendicando i miei fratelli e mio padre. Ma queste cose le (ἀλλ’ αὔτ’ cong. Musgrave accolta da K.
e da Dig. : ἀλλ’ἄττ’ cong. M.C. : ἀλλ’αἴσχρ’ cong. Parmentier) tralascerò; non canterò la scure, che
sul collo mio e di altri verrà, e gli agoni matricidi, che le mie nozze porranno/susciteranno, e la
distruzione della casa di Atreo. Ma dimostrerò che questa città è più felice degli Achei, certo sono
invasata, ma tuttavia per questo (tempo)/per il (tempo che basta) mi terrò fuori dal delirio estatico;
questi per colpa di una sola donna e di una sola Cipride cercando di prendere Elena fecero morire
miriadi di uomini. E il comandante il saggio per ciò che c’è di più odioso fece perire le cose più
care, sacrificando al fratello i figli le gioie della casa per una donna, e per giunta consenziente e non
rapita con violenza. Quando giunsero presso le rive dello Scamandro, morivano, non perché privati
dei confini della terra né della patria dalle alte torri (ὑψίπυργον πατρίδ’ cong. Lenting accolta da K.,
Dig. e da M.C. : -γου -ίδος VPQ); quanti che Ares prendeva, non videro i (loro) figli (παῖδας V e
K., Dig. e M.C. : παῖδες PQ), né nelle mani della sposa furono avvolti di pepli, ma in terra straniera
giacciono. Ciò che accadeva in patria era simile a queste circostanze/a questo: <…> (lacuna per K.)
le vedove morivano, i (padri) senza figli dopo aver allevato invano (ἄλλως cong. Tyrwhitt accolta
da K. e da Dig. : ἄλλοις VPQ e M.C.) nelle case i propri figli; né vi è chi sulle tombe farà dono per
loro del sangue alla terra.
Davvero una spedizione degna di questo elogio (v.383 da espungere per Diggle insieme a vv.384-
5).
[Tacere le cose turpi è meglio, né la musa diventi per me cantatrice che celebrerà/celebri i mali.]
(vv.384-5 espunti dal Reichenberger come da K. ma non da M.C. mentre Weil li pone dopo v.364)
I Troiani invece per prima cosa, la gloria più bella, morivano in difesa della (propria) patria; coloro
che la lancia prendeva, portati da cadaveri/i loro cadaveri dai loro cari nelle case sul suolo patrio
avevano l’abbraccio della terra, ed erano adornati (scil. ricevevano gli onori funebri) dalle mani di
chi doveva [impf. 3° sing. χρή]; quanti dei Frigi non morivano in battaglia, sempre giorno dopo
giorno con la moglie e con i figli vivevano, gioie che mancavano agli Achei. Ascolta come si
presenta la sorte di Ettore dolorosa (λύπρ’ VP : λύτρ’ Q) per te: è scomparso morto dopo essere
stato considerato l’uomo migliore/più virtuoso, e questo (glielo) procura l’arrivo degli Achei; se (gli
Achei) fossero rimasti in casa/nelle loro case, sarebbe stato nascosto/si sarebbe ignorato che egli era
valoroso (ἔλαθεν ἂν γεγώς VΣ lezione accolta da K. : ὢν ἐλάνθανεν PQ e Chr. Pat. 1658 lezione
accolta da Dig. e M.C. : ὢν ἐλάνθαν’ἄν cong. Burges-Schaefer). Poi Paride ha sposato la figlia di
Zeus; se non l’avesse sposata, la parentela (κῆδος PQ lezione accolta da K., D. e da M.C. : κῦδος
VΣ e Chr. Pat. 1660) nella casa sarebbe passata sotto silenzio (εἶχ’ ἂν cong. Burges accolta da K. e
da D. : εἶχεν PQ e M.C.). Dunque deve fuggire/evitare la guerra chi pensa bene/è assennato; se uno
giungesse a questa, corona non turpe (è) il morire bene per la città OPPURE corona non turpe per la
città (è) il morire bene, (il morire) non bene/indegnamente (è) invece senza gloria/infamante. Per
questo tu non devi, o madre, piangere (questa) terra, e nemmeno il mio letto; coloro che sono per
me e per te i più odiosi con le mie nozze li distruggerò.
Coro:
Come ridi con piacere delle sventure della famiglia e canti ciò che cantando forse mostrerai che non
era chiaro/affidabile.
Taltibio:
Se Apollo non eccitasse la tua mente al delirio, di certo (οὔ τἂν cong. Lenting accolta da K., Dig e
da M.C.) non senza compenso accompagneresti fuori da (questa) terra con tali presagi i miei
comandanti. Ma ciò che è venerabile e all’apparenza saggio non era/è in niente migliore di ciò che
non lo è. Infatti il sommo sovrano di tutti i Greci, il caro figlio di Atreo, si è sottomesso all’amore
scelto per questa menade/per questa menade da lui scelta; e io sono misero/povero, ma (mai) avrei
chiesto/desiderato (ἠιτησάμην cong. Naber accolta da K. e da Dig. : ἐκτησάμην VPQ e M.C.)
un’unione con questa. E quanto a te (σοῦ cong. Hermann accolta da K. e da Dig. : σοί VPQ e M.C.)
(non hai la mente sana) gli insulti contro gli Argivi e le lodi per i Frigi (li) consegno ai venti
affinché se li portino via; ma seguimi fino alle navi, bella sposa per il comandante. Tu poi, qualora
(ἡνίκ’ ἄν Q e K., D. e M.C.) il figlio di Laerte voglia portarti via, (devi) seguir(lo); sarai serva di
una donna assennata, come dicono quelli che sono venuti a Troia.

Rhesis di Cassandra (vv.424-461 con sezione vv.444-61 in TETRAMETRI


TROCAICI CATALETTICI) seguita da reazioni del Coro (vv.462-65) e di Ecuba
(vv.466-510) TRIMETRI GIAMBICI
Cassandra:
vv.424-26 considerati espunti da K. ma non da Dig. né da M.C.
[Davvero terribile questo servitore. Perché mai hanno tale nome (onorifico) di araldi, unico oggetto
d’odio comune a tutti i mortali, i servitori dei tiranni e della città?]
Tu dici che mia madre andrà nella casa di Ulisse; come (sono)/che dire degli oracoli di Apollo, che
a me rivelati dicono che lei morirà qui? Il resto non lo rinfaccerò [fut. da ονειδίζω]. Sventurato
(Odisseo), non sa (ancora) cosa gli resta da patire: come un giorno gli sembreranno essere oro le
mie sventure e quelle dei Frigi. Infatti dopo aver tolto l’acqua dalla stiva (ἀντλήσας PQ e K. :
ἐκπλήσας V, D. e M.C.) per 10 anni oltre a quelli di qui giungerà da solo in patria/nella sua patria
<…> (lacuna per K. tra v.433 e v.435 che implica che del v.434 resta solo l’incipit οὗ δὴ e che il
v.435 manca della prima parte mentre per M.C. e Dig. si tratta di una lacuna di un verso cioè il
v.434 e quindi οὗ δὴ è considerato l’incipit del v.435 che D. pone tra cruces) là dove <…> abita la
doppia corsa/lo stretto angusto della rupe/dello scoglio, la terribile Cariddi, il Ciclope che mangia
cibo crudo/crudivoro che vaga per i monti (ὠμοβρώς τ’ ὀρειβάτης cong. Scaliger accolta da K., D. e
da M.C. : vox nihili di P : ὠμόβορος τ’ ὀρειβάτης Q), e la Ligure – colei che crea forme di suini –
Circe, e i naufragi del mare salmastro, e l’amore/il desiderio del loto, e le vacche sacre del dio Sole,
che un giorno + emetteranno carne dotata di voce+ (σάρκα φωνήεσσαν VPQ testo corrotto per K.
che crede nell’esistenza di una lacuna prima di ἥσουσίν mentre il testo tradito è accolto da M.C..
Invece Dig. legge σαρξὶ φοινίαισιν “con le loro carni insanguinate” cong. Bothe) voce amara per
Odisseo. Per dirla in breve, vivendo andrà nella (dimora) di Ade e sfuggito all’acqua del mare,
giunto [βλώσκω] a casa vi troverà mali infiniti. Ma perché lancio un dardo contro/prendo di mira le
pene di Odisseo? Procedi quanto prima/al più presto possibile verso l’Ade (ἐς Ἅιδου VPQ e K. che
pone · dopo ἐς Ἅιδου; ἐς Ἅιδου preceduto da · in M.C.; ἐν Ἅιδου cong. Heiland e preceduto da · in
D.); uniamoci in nozze allo sposo. Sì miserabile miserabilmente sarai sepolto [fut. da θάπτω] di
notte, non di giorno, o (tu) che credi di compiere qualcosa di venerabile, sovrano dei Danai. E me
davvero da cadavere/corpo senza vita getta via nuda le forre percorse da acque vorticose vicino la
tomba dello sposo daranno da mangiare/in pasto alle belve (me), la serva/sacerdotessa di Apollo, o
bende del più caro a me tra gli dei, ornamenti estatici, addio; ho abbandonato le feste, di cui prima
ero fiera. Via dal mio corpo in brandelli, finché il mio corpo è ancora puro le do/affido alle rapide
brezze perché le portino a te, o profetico sovrano. Dove (è) la nave del comandante? Dove devo
imbarcarmi? (πόδ’ cong. Emsley accolta da K. : πότ’ VPQ e M.C. e D.) Tu potresti non essere più
(in anticipo/Sbrigati a volgere l’attenzione alla brezza per le vele, (sott. ἴσθι sappi) che condurrai via
da questa terra me (che sono) una delle tre Erinni (Ἐρινὺων cong. Burges accolta da K : Ἐρινὺν VΣ
accolta da M.C. e da D.) OPPURE per condurre via da questa terra me (che sono) una delle tre
Erinni OPPURE visto che condurrai via da questa terra me (che) sono una delle tre Erinni (val.
causale di ὡς secondo traduzione Loeb e Kovacs). Addio, madre; non piangere; o patria cara, e
fratelli sotto terra e o tu padre che ci hai generato, non tra molto mi accoglierete; vittoriosa arriverò
nel regno dei morti e dopo aver distrutto la casa degli Atridi, da cui siamo stati distrutti.
Coro:
Custodi dell’anziana Ecuba, non vedete come la (vostra) padrona cade in silenzio distesa? (ἐκτάδην
cong. Verrall accolta da K., M.C. e da D. : εἰς ἅδην P : ἐς πέδον Q) Non la prenderete? O (la)
abbandonerete, o malvagie, una vecchia caduta (a terra)? Sollevate dritto il (suo) corpo.
Ecuba:
Lasciatemi (davvero ciò che non (è) caro/gradito non piace, o fanciulle) giacere caduta (a
terra)/giacere a terra; infatti soffro cose degne della caduta/da cadere a terra e ho sofferto e ancora
soffrirò. O dei; io invoco cattivi alleati, tuttavia ha una sua dignità invocare gli dei, quando uno di
noi incorra in una sorte sventurata. Per prima cosa dunque mi è caro cantare il bene; infatti
getterò/attribuirò maggiore lamento ai mali. Io davvero (ero) regina (ἦ μὲν τύραννος cong. emsley
accolta da K e da D. : ἦμεν τύραννοι “eravamo tiranni” VPQ e M.C. : ἤμεν τύραννος “io ero
regina” Apsines) e mi sono sposata in (casa) di re (τύρανν’ VQ e K., D. e M.C. sott. δώματα), e qui
ho generato figli eccellenti/che sono i migliori, non solo di numero ma i migliori tra i Frigi; (figli)
tali quali né una donna Greca né una donna barbara (τοιάδ’οὔθ’ cong. Weil accolta da K. : οὐ
Τρωιὰς οὐδ’ VPQ e Apsines : οὓς-cong. Stephanus accolta da M.C. e D.- Τρω(ι)ὰς οὐδ’ “(figli) che
né una donna Troiana” D. e M.C.) possa mai vantarsi di aver generato. E vidi quelli/quei (figli)
(κἀκεῖνά τ’ εἶδον VPQ accolta da K., D. e M.C. : καί ταῦτα ἐπεῖδον Apsines : κἀκεῖν’ἐσεῖδον cong.
fort. K.) cadere sotto la lancia Greca e questi capelli ho tagliato sulle tombe dei (loro) cadaveri,
Priamo genitore/colui che li ha generati l’ho pianto non per aver sentito (κλυοῦσα West accolta da
K. : κλύουσ’ VPQ, D. e M.C.) da altri (scil. la sua morte), ma io stessa con questi (miei) occhi l’ho
visto (τοῖσδε δ’ εἶδον ὄμμασιν VPQ : ἤκουον ἀλλά τοῖσδ’ ἐπεῖδον ὄμμασιν Apsines) sgozzato sul
focolare domestico/dell’altare domestico (ἐφ’ ἑρκείω(ι) lezione ricostruita con lo iota ascritto a
partire da ἐφ’ ἑρκείω p : ἐφ’ ἑρκίω(ι) V : ἐφερκίω Q : ἐφερκίου διός ms. A di Apsines corretto in
ἐφ’ἑρκείου “presso l’altare di Zeus”: ἐφ’ ἑρκίωι πυρᾶι ms. B di Apsines), e la città conquistata. E le
vergini/fanciulle che ho allevato per lo speciale onore dei (loro) sposi, dopo averle alleate per altri
(mi) sono state strappate dalle mani. E non (c’è) speranza che io sarò rivista da quelle e io stessa
mai più rivedrò quelle/le rivedrò. Infine, coronamento dei (miei) miseri mali, come schiava donna
vecchia giungerò in Grecia. E le cose che per una tale vecchiaia sono le più
inconvenienti/disgraziate, a queste mi assegneranno, o (come) serva alle porte/alla porta custodire le
chiavi, (io che) ho generato Ettore/la madre di Ettore, o preparare pane, e avere un giaciglio sul
suolo per le (mie) spalle rugose, da/dopo letti regali, laceri cenci di pepli su un corpo lacero,
disonorevoli a portarsi per i prosperi/chi godette della prosperità. Ahi me sventurata, per le sole
nozze di una sola donna quali cose mi sono toccate e quali (ancora) mi toccheranno. O figlia, o
Cassandra, che ti unisci agli dei nel delirio bacchico, per quali sciagure hai sciolto la tua castità. E
tu, o infelice, dove sei mai, o Polissena? Visto che né prole maschile né femminile dei molti figli
(da me generati) soccorre questa sventurata. Perché dunque mi mettete in piedi? Per quali speranze?
Conducete/portate questo (mio) piede un tempo delicato a Troia, ora invece schiavo, a un giaciglio
di foglie steso per terra e a un letto (δέμνι’ cong. Dobree accolta da K. : κρήδεμν’ “velo/manto”
VPQ, D. e M.C.) di pietra, affinché io perisca cadendo e consumandomi in lacrime. E di quelli che
sono fortunati non ritenete nessuno felice, prima che muoia.

I STASIMO (vv.511-67)
Strofe
Per me riguardo ad Ilio, o musa dai nuovi canti (μοῦσα καινῶν ὕμνων lettura di K. : Μοῦσα, καινῶν
ὕμνων accordato con ὠιδὰν “o Musa, di nuovi inni” lettura di D. e M.C.) canta con lacrime una
melodia funebre; ora infatti un canto per Troia intonerò, come per il quadrupede carro misera io
perii preda di guerra degli Argivi, quando gli Achei lasciarono presso le porte (scil. Scee) il cavallo
dall’auree falere (χρυσοφάλαρον cong. Seidler accolta da K. : χρυσεοφάλαρον VPQ, D. e M.C.) che
(alto) sino al cielo fremeva armato (scil. ornato con armi OPPURE pieno di armati); il popolo (lì)
fermo levò un grido dalla rocca di Troia; Andate, o (voi) che siete cessati dagli affanni/poneste fine
agli affanni, tirate su questo ligneo simulacro per la vergine Iliaca figlia di Zeus. Chi delle giovani
non andò fuori, chi dei vecchi non (uscì) dalle (sue) case? Essendo allegri con canti/Godendo dei
canti ebbero ingannevole rovina.
Antistrofe
N.B.
Mentre in K. la punteggiatura è posta in questo modo:
πεύκαν οὐρεΐαν, ξεστὸν λόχον Ἀργείων, (533-534)
καὶ Δαρδανίας ἄταν, θεᾶι δώσων,
In D. :
πεύκαν οὐρεΐαν, ξεστὸν λόχον Ἀργείων, (533-534)
καὶ Δαρδανίας ἄταν θεᾶι δώσων,
La stirpe tutta dei Frigi alle porte si spinse, per concedere alla dea, (θεᾶι cong. Aldina M. Musurus
cong. accolta da K. e da D. : θέα VPQ : θέαι Σi e M.C. “alla propria vista”) un oggetto fatto di legno
di pino montuoso (πεύκαν οὐρεΐαν cong. Dobree accolta da K. e da D. : πεύκα(ι) ἐν οὐρεία(ι)
“dentro un pino montuoso” VPQΣ e πεύκα(ι) ἐν οὐρεία(ι) ξεστὸν λόχον Ἀργείων “l’agguato degli
Argivi in pino montano levigato” M.C.), l’agguato levigato degli Argivi e la sventura (della terra) di
Dardano, offerta gradita (χάριν cong. Aldina M. Musurus accolta da K., D. e M.C. : καί χάριν
VPQΣ) alla (vergine) non aggiogata dal cavallo immortale (scil. Atena) (ἀμβροτοπώλου cong.
Musgrave accolta da K., D. e M.C. : ἀμβρότα πώλου VΣ : ἀμβρῶτα πώλου P (πόλ-) Q); con lacci di
lino (λίνοιο cong. Bothe accolta da K., D. e M.C. da Σ (λίνου) : λίνοισι VPQ) intrecciato (λίνοιο
ναὸς ὡσεὶ D. e M.C. : λίνοιο, ναὸς ὡσεὶ K.), come (ὡσεὶ cong. Matthiae nero scafo di una nave, lo
posero sulle le sedi di pietra e sui pavimenti, uccisore per la patria (φονέα cong. Diggle accolta da
K. che implica che l’espressione φονέα πατρίδι sia tra virgole e in rif. al cavallo : φοίνια PQ: φοίνιά
τε V : φόνια in rif. a δάπεδά quindi “pavimenti grondanti di sangue” cong. Aldina M. Musurus e
M.C.), della dea Pallade. E quando alla fatica e alla gioia sopraggiunse la tenebra della notte,
risuonava il flauto Libico e i canti Frigi, e le vergini insieme sollevavano un percuotere dei piedi
(ἄειρον ἅμα cong. Diggle accolta da K. : ἀέριον ἀνά “sull’aerea cadenza dei piedi” VPQ e g E e
M.C. : αἰθέριον ἀνά cong. Wecklein sulla base del v.325) e (τ’ VPQ e gE, D. e K. : cancellato da
Burges e da M.C.) intonavano un urlo gioioso, ma nelle case lo splendore radioso <della luna> dava
al sonno/metteva a dormire la nera fiamma del focolare/nell’oscurità la fiamma del
focolare(<μένης> μέλαιναν αἴγλαν πυρός ἔδωκεν integraz. e spostamento di πυρός di Robert
accolto da K. : πυρός μέλαιναν αἴγλαν ἔδωκεν VPQ : πυρός μέλαιναν αἴγλαν <ἄκος> <rimedio>
ἔδωκεν M.C. : πυρός μέλαιναν αἴγλαν +ἔδωκεν ὕπνωι+ lettura di D.).
Epodo
Io allora nella casa la vergine che frequenta i monti, la figlia (κόραν cong. Seidler accolta da K., D.
e M.C. : κόραν ἄρτεμιν VPQ) di Zeus, cantavo tra i cori; dall’alto della città urla insanguinate
riempivano le sedi di Pergamo; bimbi affettuosi protendevano le (loro) mani/braccia spaventate
verso i pepli della madre. Dall’agguato usciva Ares, opera della vergine Pallade (κόρας ἔργα
Παλλάδος v.561- per K. prima di questo verso c’è una lacuna per cui propone <ἐμέλποντο
δ’ἀλαλαγάς> “emettevano lamenti di guerra”). Presso gli altari stragi dei Frigi e nei letti
desolazione che taglia le teste/di teste mozzate recava una corona nutrice di fanciulle (κουροτρόφον
V : -ω(ι) PQ : -ων cong. Diggle) per la Grecia, lutto per la patria dei Frigi.

II EPISODIO (vv.568-798)
Apostrofe del Coro ad Ecuba per l’introduzione del personaggio di Andromaca (vv.568-76)
ANAPESTI RECITATIVI
- Ecuba, vedi Andromaca qui trasportata sopra un carro straniero? Al rumoreggiare dei seni si
accompagna il (suo) caro Astianatte, figlio di Ettore. Dove mai sei condotta sul dorso di un
carro, o donna sventurata (δύστηνε cong. Dindorf accolta da K. e da D. : -ανε VPQ e M.C.),
che siedi accanto alle bronzee armi di Ettore e alle spoglie dei Frigi conquistate con la
lancia, con le quali il figlio di Achille incoronerà i templi di Ftia al ritorno da Troia?
Amebeo tra Andromaca ed Ecuba (vv.577-607) VERSI LIRICI
Strofe
Andr.: Gli Achei padroni mi conducono via. Ohimè.
Ec.: Perché gemi il mio peana/il peana per me?
Andr.: Ahi ahi.
Ec.: Queste (mie) sofferenze, o Zeus, e la (mia) sventura. O figli, un giorno noi eravamo/fummo.
Antistrofe
Andr.: Se n’è andata la prosperità, se n’è andata Troia infelice.
Ec.: E (se n’è andata) la nobiltà dei miei figli.
Andr.: Ahi ahi.
Ec.: Si ahi per i miei mali; doloroso (è) il destino della città che va in fumo.
Strofe 2
Andr.: Possa tu giungere, o sposo da me…
Ec.: Tu invochi mio figlio presso l’Ade/che è nell’Ade, o sventurato (μέλεος cong. Willink accolta
da K. : μελέα VPQ, D. e M.C.), +σᾶς+ (testo corrotto per K. che propone due possibilità di
correzione in cui è sottinteso εἶ: σύ δάμαρτος ἄλκαρ; “sei tu la difesa di tua moglie?” OPPURE τί
δάμαρτος ἄλκαρ; “Quale difesa sei tu/c’è una difesa per tua moglie?” : σᾶς δάμαρτος ἄλκαρ “per
difendere la tua sposa” M.C. e D.).
Antistrofe 2
Andr.: E tu (σύ τ’ P, K. e M.C., testo corrotto per D. : σύ τε VQΣ : σύ δ’ Page) ,
contaminazione/rovina/vergogna per gli Achei (per K. apostrofe a Priamo)…
Ec.: Signore (δέσποθ’ VPQ, K. e M.C. : δή ποθ’ “in passato” cong. Seidler accolta da D.) dei miei
letti (λεχέων cong. Willink accolta da K. : τέκνων “dei miei figli” VPQ, D. e M.C.) o
vecchio/eterno/unico Priamo (Πρίαμ’ὦ cong. Willink accolta da K. : Πρίαμε VPQΣ e M.C. :
Πριάμωι cong. Musgrave accolta da D.) portami (κόμισαι VPQ e K. : κοίμισσαι “addormentami”
Hauniensis, D. e M.C.) nell’Ade (Ἅιδαν cong. Kovacs : Ἅιδου VPQ, D. e M.C.).
vv.595-606 - EPODO per K. e Strofe di Andromaca (vv.595-600) e Antistrofe di Ecuba (vv.601-
606) per D. e M.C.
Andromaca (vv. attribuiti ad Andromaca da Murray e così da Diggle e da Kovacs mentre per VPQ
al Coro):
+Grandi (sono) questi desideri infelici+ (+οἵδε πόθοι μεγάλοι σχέτλια+ testo corrotto per K. che
ammette due possibili correzioni: μεγαλ’, ὦ σχετλία, τάδε πάσχομεν ἄλγη “grandi, o sventurata,
sono questi dolori che noi soffriamo” – proposta di Willink; οἵδε πόθοι μεγάλοι σχέτλ’<ὡς>
τάδε πάσχομεν ἄλγη “questi desideri (scil. per la morte) (sono) grandi dato che crudeli sono questi
dolori che noi soffriamo” – l’integraz. <ὡς> Kirchhoff) (σχετλία “o sventurata” cong. Burges
accolta da D. e M.C., edizioni in cui il v.595 è diviso in due battute cioè οἵδε πόθοι μεγάλοι di
Andromaca e σχετλία, τάδε πάσχομεν ἄλγη di Ecuba; σχέτλιαι come soggetto di πάσχομεν cong.
Scaliger) questi dolori che noi soffriamo per la città che è svanita via/non esiste più (οἰχομένας
πόλεως gen. assoluto per K. riferito ad ἄλγη), e a dolori si aggiungono dolori per l’ostilità degli dei,
da quando tuo figlio sfuggì (ἔκφυγεν cong. Aldina M. Musurus accolta da K., D. e M.C. : ἔφυγ’
VPQ) all’Ade, lui che per letti odiosi distrusse la rocca di Troia; insanguinati corpi di morti presso
la dea Pallade sono stesi per gli avvoltoi cosicché li portino via, egli procurò a Troia giogo servile.
Ecuba: O patria, o sventurata…
Andromaca: Io ti piango mentre ti abbandono…
Ecuba: Ora vedi la fine miserevole.
Andromaca: (Piango) anche la mia casa dove partorii.
Ecuba: O figli, la madre priva della città/come città abbandonata (ἐρημόπολις cong. Seidler accolta
da K., D. e M.C. : ἔρημος πόλις VPQ) viene allontanata da voi. Quale lamento quali sofferenze
lacrime da lacrime sgorgano (vv.604-5 corroti per Diggle) per le nostre case; e (solo) chi è morto
dimentica i dolori.
Commento del Coro (vv.608-09)
Quanta dolcezza (hanno) le lacrime per coloro che stanno (πεπραγόσιν V e g B, K. e D. e M.C. :
πεπονθόσι PQ e gE e Stob.4.54.4) male e i lamenti tra quelli luttuosi/luttuosi e la poesia che contiene
dolori.
Disticomitia tra Andromaca ed Ecuba (vv.610-633)
Andr.: O madre di Ettore dell’uomo che con la lancia una volta annientò moltissimi Argivi, vedi tu
queste cose?
Ec.: Vedo le cose che fanno gli dei, come essi da una parte portano in alto le cose che sono il (τό
cong. Emsley accolta da K., M.C. e D. : τά VP e gE) nulla, dall’altra parte distruggono invece le
cose che hanno un’apparenza.
Andr.: Sono condotta via con (mio figlio) come preda; la nobiltà si è ridotta in schiavitù, subendo
un così grande cambiamento.
Ec.: Ciò che avviene per costrizione/necessità (è) terribile; or ora se n’è andata Cassandra strappata
via da me con violenza.
Andr.: Ahi ahi; un altro Aiace, come sembra, un secondo (scil. Aiace) è apparso per tua figlia.
Soffri anche altre cose/per altri mali.
Ec.: Di queste cose/dolori non c’è per me né misura né numero; infatti male con male giunge a
contesa.
Andr.: Ti è morta la figlia Polissena sgozzata sulla tomba di Achille, dono ad un morto senza anima.
Ec.: Ahimè sventurata. Questo (è) quello che prima mi disse Taltibio in modo non chiaro un enigma
(ora) chiaro/vero.
Andr.: L’ho vista io stessa, e dopo essere scesa da questo carro coprii il cadavere con pepli e mi
sono percossa (il petto).
Ec.: Ahi ahi, o figlia, per il tuo sacrificio empio; ahi ahi ancora, come sei miseramente perita.
Andr.: È morta come è morta; ma tuttavia almeno è morta con un destino più felice di me che vivo.
Ec.: Non (è) la stessa cosa, o figlia, il morire rispetto al vedere/vivere; infatti l’uno (è) il nulla,
mentre nell’altro ci sono speranze.
Rhesis di Andromaca [634-5] (vv.636-83)
Andr. (vv.634-35 espunti da D. e da K. seguendo Dindorf mentre per M.C. solo +ὦ τεκοῦσα+ come
testo corrotto): [O madre, o tu che hai generato (ὦ τεκοῦσα corretto da Musgrave in οὐ τεκοῦσα
“anche se tu non mi hai generato”) ascolta un bellissimo discorso (λόγον correggibile in γόνον
“figlio” come complemento oggetto di τεκοῦσα) affinché io possa mettere/infondere nel (tuo) cuore
piacere.] Io ritengo che il non essere (sia) la stessa cosa del morire.
(v.637 espunto da K. seguendo Cron ma non da D. e da M.C.) [Il morire è meglio del vivere in
maniera dolorosa.]
(v.638 lacuna indicata da Seidler e accettata da Kovacs come lacuna che riguarda la II metà di un
verso e la prima metà del verso successivo. Mentre D. pone tra croci tutto il verso +ἀλγεῖ γὰρ οὐδὲν
τῶν κακῶν ἠισθημένος+, M.C. considera testo corrotto solo +τῶν κακῶν ἠισθημένος+. Il testo di
Kovacs è il seguente: ἀλγεῖ γὰρ οὐδὲν <τῶν ἀγεννήτων πλέον / ὁ νεκρός, οὐδὲν> τῶν κακῶν
ἠισθημένος•) “Infatti <l’uomo morto> non soffre <di più di coloro che non sono nati,> <non>
avendo percezione dei (suoi) mali.”
da v.639
Colui che ha avuto una buona sorte quando cade nella sventura +ἀλᾶται+ +manca+ (testo
considerato corrotto da K. ma non da D. né da M.C. per cui viene proposta in apparato ἀλύει
“soffre” cong. Schenkl) nell’anima del precedente benessere. Ma quella, proprio come se non
avesse mai visto la luce, è morta e nulla sa dei suoi (αὑτῆς cong. Aldina accolta da K., D. e M.C. :
αὐτῆς VP) mali. Io invece che miravo alla buona fama avendola avuta grandemente in sorte sono
stata priva di buona sorte. Infatti le cose sagge che sono state trovate per la donna, queste io
realizzavo sotto i tetti/in casa di Ettore. Per prima cosa, (ci sia o non ci sia motivo di biasimo per le
donne) questo comporta di per sé ascoltare una cattiva fama, quando una donna non resta a casa, di
questo tralasciando il desiderio io restavo a casa; non lasciavo penetrare dentro al palazzo le
chiacchiere delle donne, ma mi accontentavo di avere il mio senno come buon maestro. Offrivo allo
sposo il silenzio della lingua e lo sguardo calmo; conoscevo le cose in cui dovevo/era necessario
che io vincessi lo sposo, e le cose in cui era necessario che io gli concedessi la vittoria. E in
conseguenza di ciò la gloria giunta all’esercito Acheo mi ha rovinato; infatti dopo che fui
presa/catturata, il figlio di Achille volle prendere me come (sua) sposa; e dunque sarò schiava in
casa di assassini. E se respingendo il caro capo di Ettore aprirò il (mio) cuore al sposo presente,
cattiva/spregevole apparirò a colui che è morto; ma se odio questo sarò odiata dai miei padroni.
Eppure dicono che una sola notte allenta l’ostilità di una donna per il letto di un uomo; ho sputato
contro/ho disprezzato colei che abbandonando il precedente marito per un nuovo letto ama un altro.
Ma (anche) la puledra che venga separata da colei con cui insieme è stata allevata non tira/tirerà
facilmente il giogo. Eppure le bestie sono per natura prive di parola e non fanno uso della ragione.
Te, o caro Ettore, avevo come marito che mi bastava, grande +per ingegno+ (ξυνέσει posto tra
cruces per K. : fortasse πάντως : espunto da Paley : accettato da D. e M.C.) per nobiltà per
ricchezza e per coraggio, avendomi preso inviolata dalla casa del padre aggiogasti per primo il
(mio) letto verginale. E ora mentre tu sei morto, io sono portata sulle navi da prigioniera verso un
giogo servile in Grecia. Non ha forse mali minori dei miei la morte di Polissena, che tu piangi?
Infatti non ho neanche ciò che resta ai mortali la speranza, né mi illudo nella mente di avere
qualcosa di prospero/favorevole; invece è una cosa dolce anche crederci.
Co.: Giungi alla mia stessa sorte di sventura; lamentando il tuo stato mi riveli in quale sciagura mi
trovo.
Rhesis di Ecuba (vv.686-705)
Ec.: Io non ancora mai salita sullo scafo di una nave, ma (lo) conosco per aver(lo) visto in un
dipinto e per averne sentito parlare. Infatti i marinai (ναῦται Diggle accettata da K. : ναύταις con
ANACOLUTO VP e D. e M.C che implica l’eliminazione della virgola dopo γάρ), se ci fosse una
tempesta moderata da sostenere, avrebbero il desiderio di salvarsi dalle difficoltà, chi (va) al
timone, chi va alle vele, chi toglie l’acqua (di sentina) dalla nave; ma se il mare grande/ingrossato
agitato cede (senso assoluto)/getta oltre (ναύτας “i marinai” sottinteso), si abbandonano all’impeto
delle onde rimettendosi/affidandosi alla sorte. E così anche io avendo molti dolori (possibile
scioglimento in causale) sono senza parole e cedendo io tengo ferma la bocca (ἔχω cong. Bothe in
D. e K. : ἐῶ “lascio” cioè “rinuncio a parlare” VP e g B e Chr.Pat.631); infatti mi vince/supera
l’ostile tempesta (che deriva) dagli dei. Ma, o figlia cara, lascia stare la sorte di Ettore; non lo
salveranno le tue lacrime. Onora il tuo padrone presente/di ora, dando al marito l’esca amabile dei
tuoi modi/delle tue maniere. E se fai/farai queste cose, insieme rallegri/rallegrerai i (tuoi) cari, e
potresti allevare questo figlio di (mio) figlio come grandissimo vantaggio per Troia, affinché ci sia
(ἵν’ ᾖ cong. Kovacs già proposta da Mesk che è l’unico che non pone la , dopo ὠφέλημ’ “affinchè
un giorno possa essere un grandissimo giovamento per Troia” : ἵν’ εἴ VP accettata da M.C. come εἴ
ποτε “se mai (sarà)” in parentetica : ἵν’ οἵ “affinché a lui” Musurus in Aldina e in D.) un giorno
colui dal quale (ἐξ οὗ P in K. : ἐκ σοῦ “da te” V in M.C. e in D.) essendo generati (altri) figli in
futuro (ὕστερον V in K : Ἴλιον P in M.C. e D.) possano a loro volta stabilirsi e possa esserci ancora
una città.
Annuncio dell’entrata dell’araldo da parte di Ecuba (vv.706-8)
Ma da un discorso viene fuori un altro discorso, chi (è) questo servitore degli Achei che vedo
avanzare messaggero di nuove decisioni?
v.709 e ss. ΚΗΡΥΞ per Σ e Kovacs : Τα. VP, M.C. e D.
Apostrofe di Taltibio o altro messaggero ad Andromaca (vv.709-11)
O tu (che eri) una volta sposa di Ettore (che) prima (era) il più valoroso dei Frigi, non odiarmi; non
volentieri infatti (ti) annuncerò messaggi comuni dei Danai e dei Pelopidi.
Sticomitia tra Taltibio o altro messaggero ed Andromaca (vv.712-724)
An.: Che cosa c’è? Come per me/a mio scapito inizi con preludi funesti/con preludi (e) sciagure.
Ar.: È stato deciso che questo bambino… come riferire il discorso?
An.: Forse che lui non ha il mio stesso padrone?
Ar.: Nessuno degli Achei sarà mai il suo padrone.
An.: Ma che qui lo lasciano come relitto dei Frigi?
Ar.: Non so come riferirti facilmente +delle sventure+ (+κακά+ testo corrotto solo per K.).
An.: Lodo il (tuo) rispetto, eccetto quando (esso) cela/copre (στέγηι Lane in K. : λέγηις “tu dici” VP
in M.C. e D.) cose malvage/sventure (κακά VP in K. e in D. : καλά p “tranne che tu volessi dirmi
qualcosa di buono” in M.C.).
Ar.: Uccideranno tuo figlio, affinché tu apprenda (questa) grande sciagura.
An.: Ahimè, secondo quanto sento (si tratta) di una sventura più grande delle (mie) nozze.
Ar.: Vince Odisseo tra tutti i Greci +dicendo/parlando+ (+λέγων+ testo corrotto solo per K. : λόγωι
cong. West “con il suo discorso”)
An.: Ahimè senza dubbio; infatti soffro mali non misurati/misurabili.
Ar.: Avendo detto di non allevare/far crescere il figlio di un padre eccellente
An.: Possa Odisseo vincere/prevalere riguardo ai suoi stessi (figli).
Rhesis di Taltibio o altro messaggero (vv.725-739)
Ar.: Bisogna gettarlo dalle rocche di Troia. Ma che sia così, e tu ti mostrerai più saggia; non ti
attaccare/avvinghiare a questo, soffri nobilmente le (tue) sciagure, e non pensare poiché non hai
alcun potere/non puoi nulla di essere forte. Infatti in nessun modo hai forza/capacità di resistenza.
Bisogna riflettere: è perita la città e (tuo) marito, mentre tu sei dominata, noi siamo capaci di
combattere contro una donna sola. Per queste ragioni/Perciò io non voglio che tu desideri mai lo
scontro né che tu fai qualcosa di turpe e di ostile né (οὐδ’ cong. Hartung in K., D. e M.C. : οὔτ’ VP)
che tu lanci pure maledizioni sugli Achei. Se infatti dirai qualcosa per cui l’esercito si adirerà,
questo bambino non verrebbe più sepolto né otterrebbe compianto. Se tu taci e fai buon viso ( ταῖς
τύχαις κεχρημένη cong. Hartung in K. : τὰς τύχας κεκτημένη VP in D. e M.C.) alla (cattiva) sorte
non lascerai insepolto il suo cadavere e tu stessa troverai più benevoli gli Achei.
Rhesis di Andromaca (vv.740-79)
An.: O carissimo, o figlio onorato in modo straordinario, tu morirai per mano dei nemici lasciando
la madre infelice, [la nobiltà di (tuo) padre ti ucciderà (ἀποκτενεῖ P e g E e Chr. Pat. 1515 e così in
K., D. e M.C. : ἀπώλεσεν V e gB) (nobiltà) che per gli altri è salvezza. (vv.742-3 tramandati in VP e
gB e gE e Chr.Pat.1515-16 insieme al v.744 : espunti dal Nauck come in K. e in D. ma non in M.C. +
cfr. fragm. 62i Kannincht] il valore di (tuo) padre non ti è risultato al momento
opportuno/opportuno. O miei (τἀμά VP in K., D. e M.C. : τάλανα cong. Schmidt “o letti infelici e
sfortunate nozze”) letti sfortunati e (sfortunate) nozze (κἄγαμα cong. Wecklein “(o miei letti
sfortunati) “e non matrimoniali”), per le quali venni un tempo nella casa di Ettore, per generare mio
<figlio> non come vittima sacrificale (+οὐχ ὡς σφάγιον+ VP da correggere metri causa : οὐχί
σφάγιον Chr.Pat. 77 : οὐ σφάγιον <υἱὸν> Nauck in D. e M.C. : οὐχ ὡς ὕβρισμα “non perché (sia) un
oggetto di tracotanza vel οὐχ ὥς τι θῦμα “non perché (sia) un oggetto di sacrificio” Kovacs ) per i
Danai, ma come sovrano/tiranno dell’Asia molto feconda. O figlio, tu piangi; ti accorgi dei tuoi
mali? Perché mi hai afferrato con le mani e ti tieni stretto/attacchi alle (mie) vesti, come un
uccellino che cade/precipita sotto le mie ali? Non verrà Ettore afferrando la (sua) gloriosa lancia
uscendo dalla terra a portarti salvezza, né la parentela del padre, né la forza dei Frigi; dall’alto
precipitando a capofitti con un balzo funesto senza pietà spezzerai il tuo soffio di vita/respiro. O
recente abbraccio carissimo alla madre, o dolce respiro della pelle; dunque inutilmente ti nutrì in
fasce questo seno, invano mi affaticavo e mi consumai nelle fatiche. Ora, un’altra volta mai più,
saluta tua madre, gettati su chi ti ha generato, avvolgi le braccia intorno alle mie spalle e accosta la
(tua) bocca. O Greci inventori di barbare crudeltà, perché uccidete questo bambino per nulla
colpevole? O germoglio di Tindaro, tu non sei figlia di Zeus, ma da molti padri io dico che tu sei
nata, per primo (sei figlia) del Demone vendicatore, poi di Ostilità/Invidia, di Paura e di Morte e
quanti orrori nutre la terra. Infatti mai crederò che tu sia stata generata (ἐκφῦναί Ppc e gE e K. :
ἐκφῦσαί V e M.C. e D.) da Zeus (Ζηνός cong. Reiske in K. : Ζῆνά γ’ P e gE e in M.C. e D. “che
Zeus abbia generato te” : Ζῆνά σ’ V), rovina per molti uomini barbari e Greci. Possa tu
morire/Maledizione; infatti dai tuoi bellissimi occhi turpemente hai distrutto le illustri pianure dei
Frigi. <Ma> (<ἀλλ’> integraz. Hermann accolta da K., D, e M.C.) trascinate portate gettate, se
gettare è deciso/sembrato opportuno; cibatevi delle sue carni. Infatti dagli dei/per volontà degli dei
noi periamo e noi non potremmo allontanare da (mio) figlio la morte. Coprite il (mio) misero corpo
e gettate(lo) sulle navi; infatti ad un bell’imeneo io vado, dopo aver perduto il mio stesso figlio.
Commento del Coro (vv.780-81)
Co.: Infelice Troia, hai perduto innumerevoli uomini per colpa di una sola donna e di un odioso
letto.

Dialogo tra Taltibio o altro messaggero ed Ecuba (vv.783-798)


Ar.: Suvvia bambino, abbandonando/dopo aver abbandonato l’abbraccio della madre sventurata,
sali sulle alti corone delle torri paterne/degli avi, dove è stato stabilita per te il fato di abbandonare il
respiro. Prendetelo. Ma tali cose è opportuno che le annunci uno che sia spietato e caro/incline
all’impudenza più della mia indole.
Ec.: O creatura, o figlio di figlio infelice, ingiustamente siamo derubate della tua vita (tua) madre ed
io. Cosa subisco/patisco? Cosa posso fare per te, o sventurato? Noi ti diamo/offriamo queste
percosse sul capo e colpi al petto; infatti questo abbiamo in potere. Ohimè città, ohimè povero te;
infatti cosa non abbiamo (in sorte), cosa ci manca per uscire dalla rovina per sempre con ogni
slancio?

II STASIMO (vv.799-859)
Strofe 1
O Telamone re di Salamina che nutre le api/nutrice delle api, tu che abitavi la sede dell’isola cinta
dai flutti inclinata/piegata sulle colline sacre dove Atena mostrò il primo ramoscello d’ulivo
verdastro, celeste corona e ornamento per la splendida Atene, venisti venisti a compiere atti valorosi
insieme al figlio di Alcmena armato d’arco per distruggere Ilio Ilio un tempo città nostra <…>
(lacuna indicata da Bothe e accettata in K. e D. per cui K. propone e.g. “sul mare privo di onde”
[quando venisti dalla Grecia].
Antistrofe 1
Quando essendo privato (ἀτιζόμενος cong. Jackson in K. e D. : ἀτυζόμενος “essendo sconvolto”
VPΣ1 e in M.C.) dell’onore dei puledri (Eracle) per primo condusse il fiore dell’Ellade, e sul
Simoenta dalla bella corrente lasciò cadere pala del remo/il remo che solca il mare e
intrecciò/annodò le gomene della poppa e dalla nave trasse la buona mira della mano (scil. un arco
infallibile), morte per Laomedonte; le costruzioni dei/dai regoli di Febo dopo aver buttato
giù/distrutto co un soffio purpureo di fuoco<di fuoco> (<πυρὸς> integraz. di Meineke metri causa
in K. e D. ma non M.C.) saccheggiò la terra di Troia. Due volte con due assalti la lancia
insanguinata (φονία cong. Musurus in K. e D. : φοινία VP) distrusse con il fuoco (πυρί cong.
Seidler in K. : περί V posto tra cruces in M.C. : παρά P : πέρι cong. Diggle in D.) le mura della
(terra) di Dardano (Δαρδανίας V in K. e M.C. : Δαρδανίδας cong. Diggle in D. “la lancia
insanguinata distrusse intorno alle mura i Dardanidi”).
Strofe 2
Dunque invano, delicatamente incedendo/camminando tra le auree brocche, o figlio di Laomedonte,
tu hai (il compito del) riempimento/di riempire le coppe di Zeus, splendido servizio, la (città) che ti
ha generato arde di fuoco. Le spiagge marine urlano (βοῶσ’ cong. Wecklein in K e in D. : βοᾶ(ι)
“grida” riferito all’uccello VP) un urlo rituale (ἴακχον cong. Hartung in K. e in D. e in M. ma non in
C. : ἴαχον “urlavano” VΣ e in Cerbo : ἴσχον P) come (quello di) un uccello (οἰωνὸς οἷον inversione
di Hermann accettata da K., D. e M.C. : οἷον οἰωνὸς VP) a proposito dei figli (τέκνων ὕπερ cong.
Diggle seguendo Bothe accolta in K. e in D. : τεκέων ὕπερ cong. Stephanus in M.C. : ὕπερ τέκνων
V : ὕπερ τοκέων P), alcune (parti delle spiagge cioè le persone sulle diverse parti delle spiagge)
(vv.830-31 αἱ per tre volte V e in K. : ἇι per tre volte cong. Wilamowitz in D. e M.C. : ἁ…ἃ… αἱ P)
(gridano sott.) per i letti nuziali (εὐνάς cong. Seidler in K. e in D. : εὐνάτορας lezione ametrica di
VP e in M.C.), alcune per i figli, alcune per le vecchie madri. I tuoi lavacri freschi e le piste dei
ginnasi sono andati via/non ci sono più, tu invece con grazia nutri il viso giovane di bella bonaccia
presso il trono di Zeus; ma la terra di Priamo l’ha distrutta la lancia greca.
Antistrofe 2
Eros Eros, che un giorno venisti alle case di Dardano, caro/stando a cuore ai celesti, come allora
grandemente esaltasti Troia, intrecciando parentela con gli dei. Dunque non pronuncerò più il
rimprovero contro Zeus, la luce cara ai mortali del Giorno dalla bianca ala vide in modo fatale (la
distruzione) della terra (γαίας cong. Bothe e forse da Σi accolta da K. e D. e dalla C. in traduzione:
γαῖαν “vide la terra” VP e in M), la distruzione di Pergamo, lei che aveva nel talamo uno sposo da
questa terra (τᾶσδε P e in K., D. e M.C. : τάδε V : τᾶς δέ cong. Victorius) che procrea figli, che
un’aurea quadriga di stelle avendola rapita la prese, grande speranza per la patria; ma i rapporti
amorosi con gli dei (sono) finiti/scomparsi per Troia.

III EPISODIO (vv.860-1059)


Ingresso, monologo di Menelao e ordini ai suoi uomini (vv.860-83)
Men.: O questo splendore del sole che splende di bella luce, nel (giorno) in cui
conquisterò/sottometterò mia moglie Elena; infatti io Menelao che ho faticato/penato molto <…>
(lacuna dopo Μενέλαός posta da West e accettata solo da K. e lacuna dopo v.863 che si allarga a
parte del verso successivo posta da Porson e accettata solo da K.) vado (εἰμι VP in M.C. e in D. :
εἶμι cong. Kovacs) e l’esercito Acheo (vv.862-3 da espungere per D. e posti tra cruces in M.C.).
sono venuto a Troia non per una donna come credono di me, ma contro un uomo che traditore degli
ospiti ha rapito (mia) moglie dalla mia casa. Dunque costui ha pagato il fio/la condanna grazie agli
dei allo stesso tempo lui e la (sua) terra caduta per la lancia Greca. Io sono giunto per
condurre/portare via la Spartana (infatti non dico con piacere il nome della sposa che un tempo era
mia); infatti in queste case/tende delle prigioniere è stata annoverata insieme con le altre Troiane.
Infatti coloro che con la lancia hanno penato per lei a me l’hanno data da uccidere, o senza
ucciderla se volessi di nuovo condurla (scil. con me) nella terra Argiva. Mi è sembrato opportuno
rinunciare alla morte di Elena a Troia, ma di condurla in terra Greca con remo che attraversa la
nave/marino e poi là darla da uccidere, come punizione per coloro i cui cari sono morti ad Ilio.
Ma suvvia andate nelle tende, voi del seguito/servi, portatela tirandola per la chioma
assassina/omicida; quando giungano venti propizi, noi la porteremo in Grecia.
Preghiera di Ecuba (vv.884-8)
Ec.: O veicolo della terra e tu che hai sede sulla terra chiunque tu sia, difficile da congetturare, Zeus
o necessità di natura o mente dei mortali, a te mi sono rivolta in preghiera; infatti camminando per
un sentiero senza rumore tu conduci/guidi tutte le cose umane secondo giustizia.
Dialogo tra Ecuba e Menelao (vv.889-94)
Men.: Che cos’è? Così rivolgi agli dei nuove preghiere.
Ec.: Ti lodo, Menelao, se ucciderai la tua sposa. Ma evita di guardarla (ὁρᾶν cong. Stanley in K., D.
e in M.C. : -ῶν VP e gE), che lei non ti prenda con il desiderio. Infatti prende/cattura gli sguardi
degli uomini, distrugge le città, incendia (πίμπρησιν cong. Dobree in K., D. e M.C.) le case; così
ella possiede (questi) incanti. Io la conosco e anche tu e quanti hanno sofferto.
Dialogo tra Menelao, Elena ed Ecuba (vv.895-913)
El.: Ο Menelao, questo è un preludio degno di paura; infatti nelle mani dei tuoi servitori con
violenza/a forza sono mandata fuori davanti a queste tende. Ma so all’incirca di essere invisa/odiata
da te, tuttavia voglio chiedere: quali (sono) le decisioni dei Greci e tue riguardo alla mia vita?
Men.: (Sembra che la decisione) non sia giunta (ἦλθεν Σ in K. e in D. : ἦλθες VP e gB in M.C.)
all’esatezza, ma l’esercito intero ha dato/concesso a me di ucciderti, me che hai offeso.
El.: Dunque è possibile rispondere a queste cose con un discorso, cioè che, qualora io muoia, non
giustamente morirò?
Men.: Non sono venuto per discorsi/per discutere ma per ucciderti.
Ec.: Ascoltala, o Menelao, che/affinché ella non muoia manchevole/senza aver ottenuto ciò, e
concedimi parole contrarie contro costei/un contraddittorio contro costei; infatti dei mali a/di Troia
nulla tu sai. Tutto il discorso così composto la ucciderà cosicché non possa fuggire in alcun modo.
Men.: Questo dono (è) da tempo libero/tempo perso; se vuole parlare, (le) è consentito/possibile.
Per le tue parole, che (lei) lo sappia, io le concederò questo; ma non (lo) concederò per costei/a
favore di costei (scil. per compiacere costei).
El.: Forse tu, sia se sembrerò parlare bene sia se sembrerò parlare male/a torto, non mi risponderai
poiché (mi) consideri una nemica.
Rhesis di difesa di Elena (vv.914-65)
Io invece, le cose entrate/emesse tra le parole di cui credo tu mi incolperesti, risponderò
contrapponendo alle tue le mie accuse nel modo più uguale (τἀμ’ ἰσαίτατ’ cong. Pearson in K. :
τἀμὰ καὶ τὰ σ’ VP in M.C. e v.918 espunto da D. che segue Paley). Per prima cosa questa generò
l’origine dei mali, generando Paride; in secondo luogo mandò in rovina Troia e me quel vecchio che
non uccise il neonato, amara immagine di una fiaccola allora (τότε cong. Lenting in D. e K. : ποτε
VP in M.C.) Alessandro. Quindi il resto ascolta come si presenta. Questo giudicò il triplice
(τρισσὸν Vp in tutte le ed. : -ῶν P) giogo delle tre (τριῶν cong. Wunder in tutte le ed. : τρισσῶν VP)
dee: e il dono di Pallade per Alessandro distruggere la Grecia essendo a capo della Frigia; Era
invece (gli) promise che avrebbe avuto il potere dell’Asia e i confini dell’Europa, se Paride avesse
scelto lei; Cipride ammirando il mio aspetto (gli) promise che (mi) avrebbe dato (a lui) se avesse
superato in bellezza le dee. Da qui (ἔνθεν δ’ q come cong. Tyrrell in K., D. e M.C. : ἐνθένδ’ VP)
considera il discorso come si presenta; Cipride vince le (altre) dee, e così le mie nozze giovarono
alla Grecia; voi non siete vinti/dominati dai barbari, non essendo posti dalla parte della lancia, non
sotto il dominio. Mentre la Grecia ha ottenuto ciò per buona sorte, io fui rovinata poiché fui venduta
per il (mio) bell’aspetto, e (ora) sono biasimata per quelle cose per le quali era necessario che io
ricevessi una corona sul capo. Tu dirai che io non parlo proprio delle cose che (giacciono) sotto i
(nostri) piedi/la cosa più ovvia, cioè come mi sono allontanata di nascosto dalla tua casa. Venne
portando con sé una dea non piccola il demone (che è nato) da questa, sia che tu voglia chiamarlo
con il nome Alessandro sia Paride (v.942 considerato da espungere da Hartung); quello che, o
scellerato, tu dopo averlo lasciato nella (tua) dimora sei salpato da Sparta con la nave verso la terra
di Creta.
Ecco (sia così).
Non a te, ma a me stessa chiederò quello che segue riguardo a questo: pensando cosa/a cosa
pensavo nel momento in cui seguii via dalla casa lo straniero, tradendo la patria e la mia
casa/famiglia? Punisci la dea e diventa più forte di Zeus, lui che ha il potere sulle altre divinità, ma
di quella è schiavo; (c’è) comprensione per me/merito comprensione. Da qui (ἔνθεν δ’ P in tutte le
ed. : ἐνθένδ’ VΣi) tu potresti avere contro di me un argomento conveniente/specioso: quando
Alessandro dopo esser morto giunse nei recessi della terra, era necessario che io, poiché i miei letti
non erano più faticati/fatica per gli dei, avendo lasciato la casa andassi alle navi degli Argivi. In
questo proprio mi sono impegnata: testimoni per me (sono) i custodi delle porte delle torri e le
vedette sulle mura, loro che spesso mi hanno sorpresa mentre dai baluardi con funi cercavo di
portare via di nascosto la mia persona sulla terra. [Ma questo nuovo sposo che mi ha preso con
forza Deifobo mi teneva come (sua) moglie contro il volere dei Frigi. (vv.959-60 citati da Σ
Lycoph. 168 e considerati espunti da Wilamowitz e in tutte le ed.] Come dunque ancora potrei
secondo giustizia morire/essere uccisa, o sposo, <…> (lacuna post v.961 posta da Murray e accolta
in tutte le ed.) da te giustamente, se quello mi prese con violenza come sposa le mie doti
personali/la mia natura caratteriale invece dei premi di vittoria mi hanno reso schiava (ἐδούλωσ’
cong. Dobree in K. e in D. : ἐδούλευσ’ VP “a casa sono stata schiava” in M. e nel testo di C, ma
non in traduzione di C.) aspramente? Se tu vuoi essere più forte degli dei, questo tuo desiderio è
stolto.
Commento del coro (vv.966-8)
Co.: O regina, difendi i tuoi figli e la patria, distruggendo la persuasione di costei, poiché parla bene
essendo malefica; cosa terribile dunque (è) questa.
Rhesis d’accusa di Ecuba (vv.969-1032)
Ec.: In primo luogo diventerò alleata delle dee e dimostrerò che costei non dice cose giuste. Infatti
io non credo che Era e la vergine Pallade siano giunte a così tanta stoltezza, al punto tale da vendere
ai barbari l’una Argo, Pallade Atene perché fosse un giorno schiava della Frigia/dei Frigi, quelle
che (αἳ VP in K. : οὐ Herweden in D. “non sono andate…” : εἰ “se esse fossero venute…” Naber in
M.C.) per giochi (παιδιαῖσι V) e (καί VP in tutte le ed. : κοὐ “e non” Lenting) per bellezza della
figura/dell’aspetto sono giunte sull’Ida. Infatti a che scopo Era una dea avrebbe avuto tale desiderio
di bellezza? Forse per prendersi uno sposo migliore di Zeus? Oppure di quale dio Atena poteva
cercare il matrimonio, lei che chiese al padre la verginità evitando i letti (nuziali)? Non rendere
stolte le dee per abbellire la tua malvagità, <non> (integraz. Seidler in tutte le ed.)
convinci/convincerai le persone sagge. Hai detto che Cipride (infatti queste cose sono molte
ridicole) andò con mio figlio al palazzo di Menelao. Non avrebbe potuto restando tranquilla in cielo
condurti ad Ilio con la stessa Amicle (città della Laconia). Mio figlio era il più straordinario per
bellezza, la tua mente divenne Cipride nel vederlo; infatti tutte le follie sono per i mortali Afrodite,
e il nome della dea comincia in verità con ἀφροσύνη “stoltezza/mancanza di
controllo/dissennatezza”. Vedendolo nelle vesti barbare e luminoso per l’oro tu perdesti la testa.
Infatti finché dimoravi/soggiornavi ad Argo avendo poche cose, poi venuta via da Sparta sperasti di
sommergere di spese scorrendo nell’oro la città dei Frigi; non era sufficiente la casa di Menelao per
trasmodare nel tuo lusso. E sia: tu dici che mip figlio a forza ti ha condotto via; chi tra gli Spartani
se n’è mai accorto? O quale grido hai levato scoppiando in singhiozzi (ἀνωτότυξας cong. Wecklein
in K. : ἀνωλόλυξας VP in M.C. e D.), sebbene Castore e (suo) fratello fossero ancora vivi, non
ancora fra gli astri? Ma quando giungesti a Troia e gli Argivi (vennero) sulle (tue) orme, c’era una
lotta di mortifere lance, se ti venivano annunciati i successi di costui (scil. Menelao), tu lodavi
Menelao/tu lo lodavi, affinché mio figlio si dolesse di avere un grande rivale in amore; se invece
avevano buona sorte i Troiani, costui non era nulla (per te). Tenendo d’occhio il successo facevi
questo/così ti comportavi, affinché ti accompagnassi ad esso, non (perché) volevi (seguire) la virtù.
E poi dici che con delle funi lasciando(ti) cadere portavi via/cercavi di portare via il tuo corpo dalle
rocche, come se tu (scil. a Troia) restassi contro voglia. Dove mai sei stata presa/sorpresa ad
appendere lacci (per impiccarti) o ad affilare una spada, cose che farebbe una donna nobile se
rimpiangesse il precedente marito? Eppure io ti ammonivo molto spesso: ‘O figlia, parti; i miei figli
contrarranno altre nozze, ed io ti manderò (πέμψω Va e q in tutte le ed. : πέμπω VP) alle navi Achee
essendoti d’aiuto nella fuga e porrò fine (παύσω cong. Bothe solo in K. : · καὶ παῦσον VP In M.C. e
D.) alla battaglia tra Greci e noi’. Ma per te questo era amaro. Infatti nel palazzo di Alessandro
volere essere tracotante e venerata dai barbari; grandi cose erano per te. E oltre queste cose sei
venuta avendo preparato la tua persona/il tuo corpo e hai visto/esperito la stessa aria del marito, o
testa esecrabile? Era opportuno invece che tu giungessi umile nei brandelli dei pepli, tremante di
paura, con la testa rasata, avendo per i precedenti errori più saggezza che impudenza. O Menelao,
affinché tu sappia dove concluderò il discorso, incorona la Grecia in modo degno di te uccidendo
costei, e stabilisci questa legge per le altre donne, che sia uccisa colei che tradisca il marito.
Commento del coro (vv.1033-35)
Co.: Menelao, in modo degno dei tuoi antenati e della tua casa punisci (tua) moglie e in nome della
Grecia caccia via/liberati dall’accusa (di avere un comportamento) femminile (τὸ θῆλύ τ’ VP e in
tutte le ed. : τὸ θῆλύ, “libera il genere femminile dal biasimo” cong. Dobree in app. di D.),
mostrandoti nobile nei confronti dei nemici (εὐγενὴς ἐχθροῖς φανείς VP e in tutte le ed. : κεὐγενής
ἐχθροῖς φανῆι “e mostrati nobile ai tuoi nemici” cong. Dobree in app. di D.).
Verdetto di Menelao (vv.1036-41)
Tu sei d’accordo con me nella stessa opinione/sei arrivata alla mia stesa conclusione, che questa di
sua volontà da casa mia se n’è andata ad un letto straniero; e Cipride è stata inserita nelle (sue)
parole per vanto. Va presso coloro che ti lapidano e paga morendo/con la tua morte le grandi pene
degli Achei in breve tempo, affinché tu impari a non disonorarmi.
Dialogo finale tra Menelao, Elena ed Ecuba (vv.1042-59)
El.: No, per le tue ginocchia, non attribuire a me la malattia/il flagello degli dei/che deriva dagli dei
non uccidermi, prendi consapevolezza/sii comprensivo.
Ec.: (ante v.1044 possibile lacuna per Weclein e per K. come segnalato in apparato) Non tradire gli
alleati che questa uccise. Io prego per loro e per i figli.
Men.: Smettila, vecchia; di lei io non mi curo. Dico ai servi di portarla via alle poppe delle navi,
dove navigherà/dirigerà una nave.
Ec.: Che non salga sulla tua stessa nave.
Men.: E perché? Ha forse maggiore peso di prima?
Ec.: Non è amante colui che non ami sempre.
Men.: (Dipende da) come risulta la mente di chi è amato. Comunque sarà come tu vuoi; infatti non
salirà sulla nave dove (salirò) io; e infatti tu non parli male/a torto; tornata ad Argo come ne (è)
degna morirà miserabile miserabilmente e per tutte le donne porrà/rappresenterà la saggezza/essere
saggi. Non (è) facile questo; tuttavia la rovina/morte di costei getterà nel terrore la loro follia, anche
se siano ancora più odiose (di lei) (ἐχθίονες VP in K. e M.C. : αἰσχίονες cong. Hermann in D.).

III STASIMO (vv.1060-1117)


Strofe 1
Così il tempio di Ilio e l’altare odoroso d’incenso hai consegnato agli Achei, o Zeus, e la fiamma
delle libagioni e il fumo della mirra nell’aria e la sacra (ἱράν cong. Heath : ἱερὰν VP in D. e M.C.)
Pergamo e la valle boscosa fertile d’edera dell’Ida dell’Ida inondata da un fiume di neve e la cima
colpita per prima +dal sole+ (+ἁλίω+ VP : τέρμονά πρωτόβολον θ’ἁλίῳ M.C. : ἕωι “dall’Aurora”
cong. Wilamowitz in D. per dimetro giambico), divina dimora che splende?
Antistrofe 1
(Sono) scomparsi sacrifici e armoniosi rumori/suoni di cori e veglie notturne in onore degli dei
nell’oscurità, le figure/forme di aurei simulacri, e le divine luce dei Frigi dodici in tutto/nel
complesso. Mi è caro mi è caro se tu queste cose consideri, o signore, tu che sali/ti siedi sulla sede
celeste e nell’etere, essendo perita la città (πόλεος cong. Seidler in K. e in D. : - εως VPΣi : πτόλεως
cong. Murray in M.C.) che l’impeto ardente del fuoco ha dissolto/distrutto.
Strofe 2
O caro mio sposo, tu morto vaghi senza tomba senza lavacro/privo di abluzione lustrale, invece lo
scafo marino (scil. nave) slanciandosi (ἀίσσον VP in tutte le ed. : ἆισσον cong. Hermann) con le ali
trasporterà ad Argo pastura di cavalli, +dove le mura+ (+ἵνα τείχεα+ in K. ma testo accettato in
M.C. : ἵνα <τε> τείχη “e dove le mura” cong. Seidler in D. con v.1105 πολυδάκρυτον cong. Seidler)
ciclopiche di pietra si protendono alte al cielo. Presso le porte una folla di bambini con lacrime
+sospesa geme con un grido+ (+κατάορα στένει βοᾶι+ testo corrotto in K.) con un grido
(+κατάορα στένει+ testo corrotto in D. : κατᾴορα στένει‧ “sospesa geme”‧ in M.C.): Madre,
ahimè, sola gli Achei mi portano lontano dai tuoi occhi sulla scura nave, poi con remi marini ( εἶθ’
ἁλίοισι cong. Willink seguendo Musgrave in K. : εἰναλίαισι V in D. e M.C.) o a Salamina sacra o la
cima dell’Istmo a due accessi, dove hanno le porte le sedi di Pelope.
Antistrofe 2
Oh se (εἴθ’ cong. Stephanus in tutte le ed. : ἔνθ’ VPΣ) mentre la barca di Menelao va/procede nel
mezzo del mare, che il sacro fuoco splendente come fulmine scagliato a due mani cadesse in mezzo
ai remi +nell’Egeo+ (+αἰγαίου+ testo corrotto in D. e in K. ma non in M.C. : Ἰδαίου “dell’Ida”
cong. Musgrave αἰθαλοῦν “fumoso” cong. Diggle Δῖον “di Zeus” con ἆισσον v.1086 cong.
Schenkl), quando egli da Troia porta via dalla (mia) terra me in molto pianto ( πολυδάκρυον cong.
Bothe in K. : πολύδακρυν VP in M.C. : πολυδάκρυτον cong. Seidler in D.) come schiava
nell’Ellade, e intanto gli aurei specchi, gioie per le vergini, ottiene possedendola la figlia di Zeus
(scil. Elena), né mai in terra Spartana possa egli giungere e al paterno talamo del focolare, né alla
città di Pitane e alla dea (θεάν cong. Musgrave in tutte le ed. : θεᾶς θάλαμον VP) dalla porta di
bronzo (scil. tempo calcieco d’Atena), poiché ha preso (con sé) l’onta/la vergogna di nozze infauste
per la grande Ellade e misere sofferenze per le correnti del Simoenta (ῥοαῖσιν cong. Blomfield in D.
e in K. : ῥοῇσιν cong. Musgrave in M.C.).

ESODO (vv.1118-1332)
I PARTE DELL’ESODO (vv.1118-1259)
ANAPESTI del coro che introducono l’ingresso del personaggio cioè l’araldo (vv.1118-1122)
-Ahi Ahi, nuove da nuove (καίν’ ἐκ καινῶν cong. Wilamowitz in tutte le ed. : καινά VPΣi : καί νῶν
P) sciagure si susseguono (μεταβάλλουσι cong. Dobree in K. : μεταβάλλουσαι VPΣi in D. e in
M.C.) per la (nostra) terra; o infelici spose dei Troiani vedete qui Astianatte come cadavere, che
amaro lancio dalle rocche i Danai hanno ucciso.
Rhesis dell’araldo o Taltibio (vv.1123-1155)
Ar.: O Ecuba, essendo rimasto un solo colpo di remo di nave/per la nave sta per trasportare le
restanti spoglie del figlio di Achille alle coste/sponde di Ftia; proprio lui Neottolemo se n’è andato/è
salpato, poiché ha sentito nuove sciagure per Peleo, cioè che Acasto lo ha cacciato dalla (sua) terra,
il figlio di Pelia. Perciò più rapidamente/prima di quanto avrebbe fatto, non (οὐ cong. Bothe da Σi in
K. e D. : ἢ VP in M.C. “se avesse avuto piacere di restare”) avendo piacere/poiché non aveva
piacere della permanenza/di restare, (è) partito, e con lui Andromaca, che fa sgorgare a me molte
lacrime, quando si allontanava da (questa) terra, levando gemiti per la patria e salutando la tomba di
Ettore. E chiese a lui (scil. a Neottolemo) di seppellire/dare sepoltura a questo cadavere, che il figlio
del tuo Ettore caduto dalle mura ha abbandonato l’anima; e il terrore degli Achei, questo scudo dal
bronzeo dorso, che il padre di costui intorno ai fianchi agitava, (ella chiese) di non portarlo al
focolare di Peleo né nello stesso talamo dove andrà sposa [Andromaca la madre di questo morto,
vedere dolori (in apposizione allo scudo)] (v.1140 da espungere per Herwerden e Paley e così anche
per K. e D. ma non per M.C.), ma su questo (scudo) invece che in un oggetto di cedro/una bara di
cedro e in involucri di pietra (ella chiese) di seppellire il figlio; (chiese) di consegnarlo nelle tue
braccia, affinché tu avvolga il cadavere con pepli e corone, per quanto ti (è) possibile, secondo
come è il to stato; poiché ella è partita e la velocità del (suo) padrone le impedì di consegnare lei
stessa alla tomba il figlio. Noi dunque, quando tu avrai addobbato il morto, coprendo questo di terra
solleveremo la nave; tu al più presto compi ciò che (ti) è stato ordinato. Da una fatica almeno ti ho
liberata; infatti attraversando le correnti dello Scamandro ho lavato il corpo e (ne) ho
pulito/purificato le ferite. Ma io andrò a scavare una fossa scavata/tomba, affinché
andando/convergendo insieme ad una sola cosa/verso un unico obiettivo i compiti miei e tuoi in
breve tempo faccia muovere il remo verso casa.
Rhesis di Ecuba rivolta al nipote Astianatte (vv.1156-1199)
Ec.: Deponete a terra lo scudo ben arrotondato di Ettore, spettacolo doloroso e non caro/gradito a
vedersi per me. O voi che avete il vanto della lancia maggiore del senno, o Achei, temendo che cosa
di questo bambino avete compiuto (διηργάσασθε Pac in K. : διειργάσασθε VPpc in D. e M.C:)
un’inusuale uccisione? (Temendo) che un giorno egli avrebbe risollevato Troia caduta? Dunque
nulla eravate/siete, quando noi venivamo distrutti/massacrati mentre Ettore aveva successo in
campo e (con lui) un’altra innumerevole schiera/manipolo, e poi conquistata la città e distrutti i
Frigi avete avuto timore di un simile bambino; non approvo, (οὐκ αἰνῶ, punteggiatura di Dobree
accolta da K : οὐκ αἰνῶ φόβον, “non approvo la paura, se uno teme senza valutare con la ragione”
D. e M.C.) colui che ha paura senza valutare con la ragione. O carissimo, come per te giunse
sventurata la morte. Se infatti tu fossi morto (scil. in circostanze diverse) per la città avendo
ottenuto giovinezza e nozze e potere pari agli dei, tu saresti stato beato, se qualcuna di queste cose
(è) felice/reca beatitudine; e (<δ’> integraz. Reiske in tutte le ed.) ora queste cose (αὔτ’ cong.
Musurus Aldina in tutte le ed. : αὖτ’ VP) tu non avendole viste né conosciute nell’anima, o figlio,
+non lo sai, non ne hai goduto+ (+οὐκ οἶσθ’, ἐχρήσω+ testo corrotto solo in K. ma non in D: e M.C.
: σύνοισθα, χρῆσθαι “tu sei consapevole/conscio nell’anima che mentre hai visto e conosciuto
queste cose, senza riuscire a fare uso alcuno di loro”) pur avendolo avuto in casa. Infelice, come
miseramente le mura patrie, la cinta turrita del Lossia, hanno reciso dal (tuo) capo il ricciolo/i
riccioli che la (tua) genitrice/madre ha tanto curato e riempito di baci, (quel capo) da dove spezzate
le ossa ride fuori il sangue, affinché io non celi (στέγω cong. Diggle in K. e in D. : λέγω “affinché
io non dica cose turpi” VPΣ e Athen. e Eustaz. con δή “perché io possa dire cose davvero
vergognose” cong. Denniston al posto di μή “non”) le cose turpi. O mani, come avete acquisito
dolce somiglianza con quelle del padre, e dissolte nelle giunture giacete davanti a me. O cara bocca,
che spesso emettevi/pronunciavi vanterie, sei finita/distrutta, mi mentisti quando
cadendo/gettando(ti) nelle (mie) vesti (πέπλους P in tutte le ed. : λέχος V), tu dicevi ‘O madre, tu
certo per te una folta ciocca di riccioli (mi) reciderò e alla (tua) tomba condurrò i cortei dei (miei)
compagni, dando(ti) i cari saluti. Ma tu non (seppellisci) me, ma io vecchia senza più patria senza
più figli, seppellisco te più giovane, misero corpo. Ahimè, i tanti abbracci e le mie cure +e quei
sonni+ (+ὕπνοι τ’ ἐκεῖνοι+ testo corrotto solo per K. : πόνοι τ’ ἐκεῖνοι “e quelle fatiche” cong.
Seidler : ἀυπνίαι τε “e le insonnie” cong. Heimsoeth : ὕπνοι τε κοινοί “e quei sonni comuni” cong.
Munro : ἄυπνοι τε κλῖναι “e letti svegli/che non riposano” cong. Lane) (sono) scomparsi per me. E
che cosa mai un poeta potrebbe scrivere di te sulla tomba? Questo bambino lo uccisero un giorno
gli Argivi poiché (lo) temevano? Vergognoso epitaffio per l’Ellade. Ma dunque pur non avendo
ottenuto/avuto in sorte le cose paterne/i beni paterni tuttavia avrai lo scudo dal dorso bronzeo. O tu
che salvavi/proteggevi il braccio dai bei gomiti di Ettore, tu hai perduto il tuo custode migliore.
Come dolce nella tua (σῶι cong. Barnes in tutte le ed. : σός VPΣi) impugnatura giace l’impronta e
nei bordi facili da fornire/ben torniti dello scudo il sudore, che Ettore spesso dalla fronte stillava
avendo fatiche/nelle fatiche quando si accostava (scil. allo scudo) con il (suo) mento/guance.
Apostrofe di Ecuba rivolta alle Troiane (vv.1200-1206)
Ec.: Portate, recate voi tra i presenti l’ornamento per il misero corpo; infatti non per la bellezza/per
lo splendore la divinità assegna (simili) sorti; ma delle cose che ho, tu queste riceverai. (è) stolto chi
tra i mortali pensando di cavarsela bene gioisce in maniera costante (εὖ πράσσειν δοκῶν
βέβαια χαίρει VP in tutte le ed. : πράσσων δοκεῖ...χαίρειν cong. Bothe “chi cavandosela bene pensa
che gioirà in maniera costante”); infatti per i (suoi) comportamenti le sorti/la sorte, come un uomo
incostante/capriccioso, salta qua e là, +e nessuno mai lui stesso felicemente+ (+
κοὐδεὶς αὐτὸς εὐτυχῆ ποτε+ testo corrotto per K. in cui εὐτυχῆ P : +κοὐδεὶς αὐτὸς εὐτυχεῖ ποτε+ “e
nessuno mai sarà lui stesso felice” testo corrotto per D. ma non per M.C. in cui εὐτυχεῖ Vp e g E :
κοὔποθ’ αὑτὸς εὐτυχής ἀεί “e mai la stessa persona è sempre fortunata” cong. Barthold ma in più
per K. è presente una lacuna dopo κοὐδεὶς).
Dialogo tra Coro ed Ecuba (vv.1207-1255)
Co.: Ed ecco le donne qui presenti davanti alle (tue mani)/davanti a te che ti portano l’ornamento di
spoglie Frigie così da metterlo/in cui avvolgere il morto.
Ec.: O figlio, te non perché hai vinto con i cavalli né con l’arco sui compagni, consuetudini che i
Frigi onorano, +non perché essi (le) ricercano fino alla sazietà+ (+οὐκ ἐς πλησμονὰς θηρώμενοι+
testo corrotto per K. e D. : οὐκ ἐς πλησμονὰς θηρωμένη “non però ricercandole fino alla sazietà” :
τιμῶσι, νείκους “onorano, perché essi cercano una sazietà di lotte” cong. Eden), <…> (lacuna
indicata da Scaliger e accettata solo da K.), la madre di tuo padre ti mette gli ornamenti tra quelli
che una volta erano tuoi, ora te li ha portati via Elena odiata dagli dei, e inoltre ha ucciso la tua
anima e tutta la casa ha distrutto.
Co.: ahi ahi, il (mio) cuore hai toccato hai toccato. O tu che per me eri una volta grande signore
della città.
Ec.: Queste cose che tu nelle nozze avresti dovuto (γάμοισι χρῆν cong. Prinz in tutte le ed. : γάμοις
ἐχρῆν VP) porre sul (tuo) corpo/indossare sposando la più nobile delle donne d’Asia, i Frigi
splendori/ornamenti dei pepli (scil. pepli o costituiti di pepli) io avvolgo il (tuo) corpo. E tu, che un
tempo eri glorioso vincitore madre di innumerevoli trofei, caro scudo di Ettore, sii incoronato;
infatti tu vai/andrai giù (κάτει cong. Wecklein in K. : θανῆι “tu che non sei morto morirai insieme
al morto” VP in D. e M.C.) pur non essendo morto insieme al morto; poiché è degno/opportuno
onorare te molto di più delle armi di Ulisse scaltro e malvagio.
Co.: Ahimè ahimè; la terra accoglierà te, o figlio, come amaro pianto/motivo di amaro pianto.
Gemi, o madre. Ec.: Ahimè.
Co.: Il canto dei morti. Ec.: Ohimè.
Co.: Ohimè dunque insopportabili i tuoi mali.
Ec.: Con bende le ferite io ti curerò, come infelice medico, avendo (solo) il nome, non nei fatti. Al
resto tra i morti penserà tuo padre.
Co.: Percuoti percuoti il capo dando(ti) colpi di mano, ahimè ahimè.
Ec.: O carissime donne.
Co.: +Ecuba, le tue+ (+Ἑκάβη, σὰς+ testo corrotto per K. e D. ma non per M.C. “Ecuba, parla alle
tue amiche”) parla; quale voce gridi? (possibile lacuna per D. e K.)
Ec.: +altro non c’era negli dei/nella mente degli dei eccetto i miei affanni+ (+οὐκ ἦν ἄρ’ ἐν θεοῖσι
πλὴν οὑμοὶ πόνοι+ testo corrotto per K. ma valido per M.C. : + οὐκ ἦν ἄρ’ ἐν θεοῖσι+ testo corrotto
per D. : ἐν θεῶν γόνασι “sta sulle ginocchia degli dei (scil. dipende dalla volontà degli dei)”) e
Troia distinta come città odiata di (tutte) le città/odiata più di tutte le città (πλὴν ἐμοὶ πόνοι Τροίαι
τε...μισουμένηι “eccetto a me gli affanni e a Troia…odiata” cong. Bothe), inutilmente
sacrificavamo buoi/facevamo sacrifici. Se la divinità avesse rovesciato gettando giù sotto terra ciò
che stava in alto, noi saremmo non visti/ignorati né saremmo celebrati/cantati (ὑμνήθημεν VP in K.
e M.C. : ὑμνηθεῖμεν cong. Hermann in D.) dando canti/motivo di canto alle poesie dei futuri
mortali. Andate, seppellite nella misera (ἀθλίωι VP in tutte le ed. : ἄθλιον “misero morto” cong.
Pierson) tomba il morto; infatti ha le corone di quelli sotto terra/dei defunto quali bisogna (che
abbia). Ma credo che per i morti fa poca differenza se uno otterrà ricche offerte funebri; questo è un
vano oggetto d’orgoglio/vanteria dei vivi.
Co.: Ahimè ahimè; infelice madre, questa che le grandi +speranze per te+ (+ἐλπίδας ἐπί σοί+ testo
corrotto solo per K. che crede nella caduta di parole dopo ἐλπίδας : ἐν “in te” cong. Porson in D. e
M.C.) della vita fece a pezzi (scil. vide che furono fatte a pezzi) (κατέκναψε cong. Porson in tutte le
ed. : κατέγναψε VP : κατέσκαψε gE). Pur essendo ritenuto fortunato poiché nascesti da nobili
antenati di morte tremenda peristi.
II PARTE DELL’ESODO (vv.1256-1332)
ANAPESTI del coro che introducono l’ingresso del personaggio cioè l’araldo (vv.1256-1259)
Ah ah; chi (τούσδ’ cong. Lenting in K. e D. : ταῖσδ’ “su queste alture” P in M.C. : παῖσδ’ V) io
vedo che rema/muove come se fossero remi sulle alture troiane mani brucianti di torce? Per Troia
sta per aggiungersi una nuova sciagura.
Dialogo tra l’araldo o Taltibio (per K. di Taltibio) ed Ecuba
Araldo o Taltibio (vv.1260-1271)
Ar.: Io dico/ordino ai locaghi/comandanti, che avete ricevuto il compito di incendiare questa città di
Priamo, di non conservare più la fiamma inoperosa nelle mani ma di impiantare il fuoco/appiccare il
fuoco, affiché dopo aver distrutto la città di Ilio possiamo lieti/sereni partire da Troia verso casa. E
voi, affinché lo stesso discorso abbia due forme/aspetti, andate, o figlie di Troiani, verso le navi
degli Achei, quando i capi dell’esercito emettano/emetteranno un acuto suono della tromba,
affinché partiate da (questa) terra, e tu, o vecchia, donna molto sventurata, segui(le). Vengono
questi a cercarti da parte di Odisseo, a cui il sorteggio/la sorte ti manda come (sua) schiava lontano
dalla patria.

Risposta di Ecuba (vv.1272-1283)


Ec.: Ohimè infelice; proprio questo (è) l’estremo e il termine di tutti i mali già miei; vado via dalla
patria, la città è incendiata con il fuoco. Ma, o vecchio piede, affrettati pur a tento, affinché io saluti
la (mia) infelice città. O Troia che un tempo spiravi cose grandi/grandezza tra i barbari, presto sarai
privata del (tuo) nome glorioso; bruciano te, mentre ormai conducono noi come schiave via dalla
(nostra) terra; ahimè dei. E perché invoco gli dei? Infatti anche prima non ascoltarono anche se
erano stati invocati. Suvvia corriamo alla pira; la cosa più bella possibile per me (è) morire qui con
questa patria che brucia.
Commento di Taltibio o dell’araldo (vv.1284-1286)
Ar.: Sei invasata/deliri, o sventurata, per le tue sciagure. Ma conducete(la) via, non avete/abbiate
compassione; in mano ad Odisseo bisogna consegnarla e inviare la (sua) parte di bottino.
Dialogo finale tra Ecuba e Coro (vv.1287-1332)
(per K. e D. strofe 1 e antistrofe 1 vv.1287-1301 mentre per M.C. si tratta di un proodo e si parte
con strofe e antistrofe da v.1302)
Strofe 1
Ec.: Ahi ahimè ahimè (ὀτοτοτοτοῖ cong. Diggle in K. e D. : ὀττοτοτοτοτοῖ VP in M.C.). O Cronide,
signore dei Frigi, progenitore [padre, cose indegne di Dardano] (v. espunto da Willik e così in K. :
+πάτερ ἀνάξια τῆς Δαρδανίου+ in D. : πάτερ, ἀνάξια τᾶς Δαρδάνου in M.C. : ἀνάξια
τῆς Δαρδανίου P : ἄξια τᾶςδε Δαρδάνου V) della stirpe, vedi queste cose che noi soffriamo?
Co.: Egli (le) ha viste/vede, ma la (nostra) grande città non più città è perita non c’è più Troia.
Antistrofe 1
Ec.: Ahi ahimè ahimè. Risplende Ilio <e> (Ἴλιος <τε> cong. metri causa Kovacs sono in K. : Ἴλιος
VP in M.C. : -ον Σ) la rocca (τέραμν’ cong. Hartung solo in K.) di Pergamo e le estremità delle
mura di fuoco/di fiamme (πυρί τέραμν’ ἄκρα τε τειχέων in K. : πυρί καταίθεται τέραμνα καί πόλις
“dal fuoco è incenerita la rocca e la cittadella” VP e M.C. :
+λέλαμπεν Ἴλιος, Περγάμων τε πυρὶ καταίθεται τέραμνα καὶ πόλις ἄκρα τε τειχέων+ in D.).
Co.: La (nostra) terra caduta per la lancia scompare come fumo con un’ala di vento favorevole
(οὐρίαι cong. Wilamowitz in D. e K. : οὐρανίαι “celeste” VPΣ e M.C.). [(sono) devastati i tetti/le
case violentemente per il fuoco distruttivo e la lancia. (vv. espunti da D. e così in K. : trasposti dopo
v.1297 da Hermann e accolti come testo tradito in M.C.)].
Strofe 2
Ec.: Ahimè terra nutrice dei miei figli.
Co.: Ahi ahi.
Ec.: O figli (τέκεα cong. West in K. : τέκνα VP in D. e M.C.), udite, apprendete il canto della
madre.
Co.: Con un lamento tu chiami coloro che sono morti.
Ec.: Ecco al suolo poggio/piego le vecchie membra e faccio risuonare con le due mani la terra.
Co.: In successione a te pongo il ginocchio sulla terra invocando i miei/nostri sventurati mariti/sposi
che stanno sotto terra.
Ec.: Siamo condotte portate via/oggetto di saccheggio. Co.: Dolore dolore tu gridi.
Ec.: Sotto un tetto schiavo/di schiavitù. Co.: Dalla mia patria.
Ec.: Ahi ahi, o Priamo Priamo, tu morto senza tomba senza persone care tu non hai visto la mia
sventura/rovina.
Co.: Infatti la sacra morte nera (ti) ha chiuso gli occhi con empi/dissacranti sgozzamenti.
Antistrofe 2
Ec.: Ahi dimore degli dei e cara città, Co.: Ahi ahi.
Ec.: Voi subite la fiamma omicida e la punta della lancia.
Co.: Presto cadrete sulla cara terra senza più un nome.
Ec.: La polvere uguale a fumo scagliandosi con la (sua) ala verso l’etere mi renderà priva di casa di
case (αἰθέρ’ ἄισσουσ’ ἄοικον δόμων cong. West in K. : αἰθέρα ἄιστον οἴκων ἐμῶν VP in M.C. e
D. : ἄιστον οἶκον ἐμόν o ἄιστων οἴκων ἐμῶν Σi).
Co.: Il nome della (nostra) terra sarà scomparsa/scomparirà; una cosa è scomparsa in un modo
un’altra in un altro, non c’è più l’infelice Troia.
Ec.: Avete appreso, avete sentito? Co.: Il rumore di Pergamo (<γε> integraz. Seidler in tutte le ed.).
Ec.: Una scossa una scossa intera Co.: inonda (ἐπικλύζει cong. Burges in K. e D. : ἐπικλύσει VPΣi)
la città.
Ec.: Ahi <ahi> (integraz. Kirchhoff in K. e D. non in M.C.), membra tremanti tremanti, sostenete il
mio passo; andate verso (ἐπὶ cong. Burges in K. e D. : ἐπὶ τάλαιναν VP) il nostro giorno di schiavitù
della (nostra) vita.
Co.: Ahi misera città; tuttavia tu muovi il tuo piede verso i remi degli Achei.

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