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Ottimizzare il dimagrimento, aumentare la massa
muscolare e mantenere il risultato per sempre.
Questo libro non intende fornire trattamento o prevenzione a disturbi,
malattie o condizioni cliniche, né sostituirsi al trattamento medico o come
alternativa ad un consulto specialistico. È una revisione di evidenze
scientifiche presentate per scopi puramente informativi. Le raccomandazioni
qui presentate non dovrebbero essere adottate senza una revisione completa
dei riferimenti scientifici forniti ed una visita medica. L’uso delle indicazioni
presentate in questo libro è a completa discrezione e responsabilità del lettore.
Questo libro o qualsiasi parte di esso non può essere riprodotto o riscritto in
nessun modo senza il permesso degli Autori, tranne per brevi citazioni in
articoli critici o di revisione.
Oukside® | Get the Fitness K
Riproduzione e distribuzione vietate
www.oukside.com | info@oukside.com
Indice
Indice
Prefazione: The Body Chance e Vincenzo Tortora
Ricorda: il contesto è tutto
Il problema del dimagrimento
Una nota sulla scientificità
Una nota sulla praticità
Una nota sugli approfondimenti
Più muscoli, meno grasso: di cosa si parla?
(S)composizione anatomica del corpo umano
(S)Composizione funzionale del corpo umano
Utilizzo energetico dei carboidrati di deposito
Utilizzo energetico delle proteine tissutali
Utilizzo energetico del grasso di deposito
Digressione sugli acidi grassi e risvolti sul grasso corporeo
L’organo adiposo e il linguaggio delle cellule
Il deposito adiposo e i tipi di grasso corporeo
Tipi di grassi corporeo e loro funzioni
Grasso corporeo essenziale
Grasso corporeo bruno
Grasso corporeo viscerale
Grasso corporeo sottocutaneo
Endocrinologia dell’organo adiposo
Il linguaggio delle cellule: regolazione ed effetti della leptina
Approfondimento. Leptina, controllo alimentare, fame e sazietà
Diventare più magri, dimagrire… ?
Perdita di peso e composizione corporea
Le vie del dimagrimento sono (quasi) infinite
Meno grasso, stesso muscolo
Meno muscolo, molto meno grasso
Più muscolo, stesso grasso
Più grasso, molto più muscolo
Con intervalli di tempo lunghi il risultato è sempre dimagrimento
Corpo matematico e corpo biologico
Master metabolic disruptor: ingrassamento
Master metabolic inductor: dimagrimento
Il set point: assoluto, relativo, integrato
La via migliore per dimagrire
Nutrire il muscolo, affamare il grasso: the leptin way
Ricavare energia dal grasso corporeo
Bruciare i grassi nel modo giusto
Demolire il grasso corporeo: idrolisi dei trigliceridi
Dieta, allenamento, integratori per potenziare l’idrolisi dei
trigliceridi
Azione sui recettori adrenergici
Azione sui recettori per l’insulina
Azione sui recettori del peptide natriuretico atriale
Azione sulla lipasi sensibile agli ormoni HSL
Azione sulla perilipina
Arrivare a destinazione: trasporto degli acidi grassi
Il destino finale: uptake e ossidazione dei trigliceridi
Raggomitolare tutto
Approfondimento. Grasso più, grasso meno: smart recap.
Come si ingrassa e sintesi dei trigliceridi
Chi lega il grasso: lipoproteina lipasi
E chi lo trasforma: proteina di stimolazione dell’acetilazione
Il dimagrimento dal punto di vista cellulare
Approfondimento. Il dimagrimento dal punto di vista molecolare
Allenamento ed esercizio fisico
Cose da sapere sul tessuto muscolare
Tipi di fibre muscolari
Metabolismo energetico del tessuto muscolare
Sistema dell’ATP-CP
Glicolisi anaerobica
Glicolisi aerobica
Lipolisi aerobica
Fisiologia dell’esercizio e risposta dell’organismo
Allenamento aerobico per dimagrire
Metabolismo energetico e soglia del lattato
Risposta ormonale all’attività aerobica
Interval training, HIT e HIIT
Scala dello sforzo percepito
Metabolismo energetico nell’Interval Training
Risposta ormonale ed effetti lipolitici
Allenamento contro resistenza (pesi)
Metabolismo energetico e tipi di allenamento
Risposta ormonale a diversi tipi di allenamento
Sistemi di allenamento con i pesi
Allenamento di volume “metabolico”
Allenamento di tensione “ipertrofia”
Allenamento di potenza “power”
Consumo di glicogeno durante l’allenamento
Livelli e deplezione di glicogeno
Consumo di carboidrati e resintesi di glicogeno
Sintesi proteica muscolare: come funziona
Ipertrofia vs iperplasia: come avviene la crescita muscolare
Sintesi delle proteine del tessuto muscolare
Approfondimento. AMPK, metabolismo cellulare, dimagrimento e
massa muscolare
Struttura e regolazione dell’AMPK
Effetti dell’AMPK sul metabolismo cellulare
Metabolismo glucidico
Metabolismo lipidico
Metabolismo proteico
Controllo alimentare
Raggomitolare tutto
Miscellanea: premessa alla pratica
Dalla teoria alla pratica: raggomitolare tutto
Applicazioni e applicabilità: dall’astratto al concreto
Fase di dimagrimento
Fase di mantenimento
Fase di anabolismo
Dalla pratica alla messa a punto
Impostazione pratica della settimana
Dieta per le varie fasi
Nutrizione prima, durante e dopo allenamento
Allenamento per le varie fasi
Allenamento con i pesi
Giorno A
Giorno B
Giorno C
Interval training
Bodyweight Training
Giorno A
Giorno B
Giorno C
Miscellanea bruciapelo: tips & tricks utili
Prepararsi per iniziare
Effetto whooshing: dimagrimento ritardato
Modifiche in corso d’opera e ottimizzazioni
Numero e frequenza dei pasti
Scelte alimentari
Giorni e orari di allenamento
Ottimizzare le varie fasi: più dimagrimento
Bodyrecomposition for life: chiusura, full break, rewind
Full break e stallo dei progressi
Integratori: sì, no, forse, perché
Proteine in polvere
Aminoacidi a catena ramificata
Creatina monoidrato
Multivitaminici/minerali e micronutrienti
Acidi grassi essenziali
Magia farmacologica: conoscere per evitare
Inganno neurobiologico
Ergot derivati
Inganno metabolico
Ormoni tiroidei
Simpaticomimetici e correlati
Inganno biochimico
Metilxantine
Disaccoppianti
Ipoglicemizzanti orali
E poi ci fu… The Body Essence
Arte e Scienza della Ricomposizione Corporea
Dieta
Digiuno Intermittente (Intermittent Fasting)
Go Veg
Easy Pocket & Flexible Diet
Allenamento
Tabella di allenamento
In salita: aumentare la massa muscolare
In discesa: ridurre il grasso corporeo
Integratori, supplementi, erbe e spezie, farmaci
Nutrizione peri workout
Integrazione di base
Supplementazione (facoltativa)
Erboristica (facoltativa)
Farmacologia (pericolosa)
Stack possibili
Igiene del sonno per la Body Recomposition
Oltre la Ricomposizione Corporea
Bibliografia essenziale
AMPK e affini
Fisiologia e metabolismo del muscolo e dell’esercizio fisico
Frequenza dei pasti e distribuzione dei nutrienti
Integrazione e supplementazione
Proteine e diete iperproteiche
Metabolismo del tessuto adiposo
Neurobiologia del controllo alimentare
Sostanze farmacologiche
Vari
Sugli Autori
Vincenzo Tortora
Cecilia Valeria Rossi
Myriam Patalano
Prefazione: The Body Chance e
Vincenzo Tortora
(di Vincenzo Tortora)
I tempi passano, le cose evolvono, io cresco. Ero convinto che The Body
Chance sarebbe dovuto rimanere così com’è, ma adesso proprio non ce la
faccio: per quanto possa essere un contenuto “nuovo” per la maggior parte
dei lettori, per quanto presenti concetti molto innovativi tutt’oggi (a diversi
anni dalla sua nascita, nel 2013)… Di questi concetti ora ce ne sono anche
altri e di certo non sono il tipo che se li tiene per sé, così da creare la nuova
edizione da dover comprare e scaricare.
The Body Chance è un lavoro in cui condensai tutto ciò che avevo
accumulato negli anni precedenti, tramite studio ed esperienza sul campo,
specie per l’ambito fitness estetico e ricomposizione corporea spinta verso
un miglioramento della composizione corporea che va oltre il voler stare in
forma e in salute. La crescita professionale ottenuta in questi anni, la
collaborazione con persone fantastiche, la creazione di team di professionisti
d’eccellenza, mi ha permesso di capire che non è importante ciò che si crede
lo sia e neppure ciò che gli altri ritengono importante.
È importante ciò che più di tutto riesce a lasciare un segno nel mondo che
possa essere da stimolo per qualcun altro (fosse anche uno solo). Una volta
una persona mi chiese: “Riesci a dire, in una parola, cosa vuoi fare nella tua
vita?”, la mia risposta fu decisa e sincera (non ridete…): “Scalfire”. Scalfire
in senso buono, lasciare una traccia, un segno, qualcosa che possa essere utile
davvero.
Nel mondo del Fitness il mio desiderio è uno, ed è quello che giornalmente
viene presentato tramite Oukside e il suo splendido team: semplificare. Ho
visto troppe volte questo mondo inquinato da false informazioni e l’isteria di
voler cercare sempre qualcosa di nuovo, per poi capire che tutto ciò che conta
è quello che già si faceva. Robert Fulghum scrive:
“La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come
vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l'ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi
superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell'infanzia.”
Io mi sento un po’ così e sento che tutti dovremmo esserlo. Ci sono sempre
più libri, sempre più informazioni, si va alla ricerca sempre dell’ultimo studio
e dell’ultima ricerca, senza rendersi conto che quello che si ha già nella
propria testa potrebbe far raggiungere lo stesso livello di conoscenza
semplicemente usandolo come andrebbe fatto. Ovviamente, serve avere in
mano dei princìpi di base poco modificabili, quelli che non subiscono
l’aleatoria variabilità del mercato e delle mode… Le leggi fisiche, le leggi
chimiche, le leggi Matematiche. E poi bisogna sapere come utilizzare questi
princìpi.
Allora perché, insieme al resto del Team di Oukside, ho ripreso in mano The
Body Chance per aggiornarlo (e non solo cambiarne il titolo)? Semplice: per
coprire alcuni punti che erano rimasti scoperti e che non davano modo a tutti
di accedere a un cambiamento positivo della forma fisica. In sostanza: The
Body Chance non scalfiva nel modo in cui ritengo si debba scalfire, quando si
fa formazione in questo ambito: la fame di conoscenza per l’argomento
trattato deve essere soddisfatta. Se voi, alla fine di questo manuale, avrete
ancora domande su come fare Ricomposizione Corporea, il mio obiettivo
non sarà stato raggiunto. E neanche quello di Oukside, il cui contributo per
questo manuale è probabilmente più grande di quello da me partito illo
tempore.
Con il contributo del Team di Oukside (quanto è bello creare una realtà che
prende vita e ti restituisce l’impegno che ci hai messo!) abbiamo capito
quello che avremmo dovuto realmente fare: non distruggere, non ricreare, ma
trasformare. In particolare in questo modo:
● revisionare e correggere eventuali errori (in una parola: restaurare)
la vecchia versione di The Body Chance;
● aggiungere ciò che è rimasto non detto da quel lontano 2013;
● ampliare vecchie e nuove sezioni con i dati accumulati in questi anni
uniti alle conoscenze e l’esperienza di tutti coloro che nel corso del
tempo abbiamo incontrato;
● allineare il titolo alla proposta di Oukside: Bodyrecomposition K
Secret.
Ma, prima di procedere, lasciate che vi dica qualcosa su di me. Perché?
Perché ritengo che sia il modo per farvi capire che non sarò io a scalfire voi
in senso professionale per contribuire alla vostra crescita, ma sarà la realtà
Oukside. Il mio contributo l’ho dato a questa realtà, è in questa che ho
“scalfito” ed è da questa che nel corso del tempo sono stato scalfito: Oukside
ha raggiunto una sua indipendenza da me al punto che, proprio come voi, io
stesso ne ricevo i frutti e i benefici in termini di crescita personale e
professionale continua.
Il mio percorso mi ha fatto capire una cosa semplice, ma incisiva: si cresce
professionalmente quando si ha l’apertura di abbracciare ambiti di primo
acchito lontanissimi, che col tempo si riusciranno a collegare sviluppando la
capacità di avere visione d’insieme.
Sono arrivato fin qui passando dall’Ingegneria Elettronica, l’Informatica, la
Matematica, la Fisica, poi la Dietistica, quindi la Psicologia, il Marketing, la
Leadership… Voi seguite un team di persone più brave di me nel loro ambito
specifico, messe insieme da uno che è quasi più un “Filosofo pensatore” che
un “Esperto di Fitness”. Lo fate perché è stato proprio saper cogliere più
ambiti a donare a ciò che è stato creato il valore che ha.
Non sono mai riuscito a lavorare “solo per me stesso”, né ad attingere
informazioni da un singolo settore specifico; è per questo che ho dato vita ad
Oukside, una realtà in cui non si creano contenuti per secondi fini, ma si
creano contenuti per informare e formare Professionisti e Aspiranti tali del
settore Fitness e dare agli Utenti informazioni che semplifichino il loro
approccio a Dimagrimento, Benessere, Salute e non che aggiungano “altre
cose da dover fare”.
Lo stesso consiglio a voi: non trascurate opportunità che pensate non
c’entrino nulla con voi, la vostra vita o la vostra carriera perché… Se seguite
un pattern di vita, carriera, lavoro “standard”, che ritenete sia giusto, finirete
per fare cose già fatte da altri. Nel 2013 scrivevo questo:
“Spero il frutto del mio lavoro possa essere utile a chi, come me, si
interessa di tutto quanto riguardi la nutrizione, lo sport e la forma
fisica, dando qualche spunto di riflessione da cui partire per
sviluppare il proprio campo di interesse, ed a chi, come me, è
sempre alla ricerca di qualcosa che va oltre quello che ha già fatto,
già provato, già sperimentato, già assodato che funzioni, per avere
sempre nuovi stimoli e non rimanere fermo dov’è.”
e ad oggi credo ancora che la vera crescita si possa ottenere solo imparando a
ragionare in modo diverso, piuttosto che imparare a ragionare nel modo in cui
altri vogliono insegnarvi.
Ricorda: il contesto è tutto
Prima di intraprendere qualsiasi scelta, occorre sempre definire il contesto in
cui ci si trova. Grazie a questo, è possibile inquadrare il problema che si
deve/vuole risolvere. Non fate mai l’errore di dare per scontato il problema
da risolvere di chi avete di fronte. Per problema da risolvere intendiamo
“risposte da trovare”: che siate in campo consulenza o in campo formazione,
dovete fornire risposte, ma queste risposte non hanno senso se non inserite in
un contesto. La domanda da farsi sempre e comunque quando si vuole
migliorare o quando qualcuno si rivolge a voi, per una consulenza o una
richiesta, è “Per fare cosa?” (ovvero: “Per quale obiettivo?”).
Prima di intraprendere il nostro percorso, quindi, inquadriamo il contesto:
dimagrimento, ricomposizione corporea, miglioramento del
metabolismo. Il che vuol dire che tutto questo si applica a chi vuole, deve o
ha bisogno di modificare in meglio la composizione corporea e raggiungere
buoni livelli di dimagrimento. L’obeso sedentario o il forte sovrappeso non
ha bisogno di queste strategie e dovrebbe iniziare semplicemente da qualche
sessione di camminata a passo veloce e togliere schifezze dalla dieta. Ora che
sappiamo di cosa stiamo parlando, possiamo andare oltre.
A livello pratico questo si riflette in quello che potete osservare facendo dei
carichi di carboidrati: durante una restrizione energetica e/o glucidica, un
carico di carboidrati ripristina i livelli di leptina e quindi fa vedere un
cambiamento positivo; durante periodi di sovralimentazione, se si fanno delle
giornate di sovralimentazione ancora maggiore, nulla di rilevante si verifica
(se non aumentare il rischio di ingrassare più velocemente). Il punto oltre il
quale più leptina prodotta non implica migliore metabolismo generale varia
da individuo ad individuo e ci permette di definire il concetto di set-point: la
condizione organica (e quindi anche il peso corporeo, la percentuale di grasso
e la quantità di massa muscolare) alla quale il nostro corpo tende, tramite
opportune modificazioni del metabolismo, dell’introito e del partizionamento
energetici. Se, ad esempio, il set-point di un individuo è determinato da una
percentuale di grasso del 15%, ogni qual volta questa scenderà, il
metabolismo comincerà a rallentare, la perdita di tessuto muscolare ad
accelerare e la fame a essere incrementata; al contrario, a percentuali
superiori del 15% succederà il contrario (ma in modo meno efficiente, come
descritto poc’anzi).
Le cose sono un po’ più complicate di così ma questo è il caso in cui
aggiungere un dettaglio alla spiegazione si riflette in un’applicazione pratica
a dir poco vantaggiosa. Il set-point è regolato sulla quantità assoluta di grasso
corporeo più che sulla sua percentuale rispetto al totale: questo vuol dire che,
se nel corso del tempo il corpo mantiene i suoi - esempio - 12 Kg di grasso
corporeo totale, non avrà ragione di attivare alcun meccanismo di
adattamento. Probabilmente ci vedete già qualcosa e il concetto sarà ampliato
dopo, ma per ora ragionate su questo: come si può far sì che la composizione
corporea migliori, nel corso del tempo, se il grasso corporeo in assoluto non
varia o varia di molto poco? Aumentando il peso del tessuto magro. Come
ovvio, anche a questo l’organismo si oppone (non si può aumentare la massa
muscolare all’infinito), ma mirare non tanto alla perdita di peso/grasso (in
termini assoluti), quanto all’aumento della massa muscolare, è più
vantaggioso in termini di adattamenti alla dieta leptina-indotti o, meglio,
neurobiologia-indotti.
Chiarito che livelli sovrafisiologici di leptina non determinano perdita di peso
e/o dimagrimento, l’unico fenomeno che possiamo contrastare per combattere
contro il nostro corpo è cercare di ridurre l’abbassamento della leptina dovuto
alla dieta. Di nuovo: leptina per tutti? In questo contesto potrebbe funzionare
(facendone rialzare la concentrazione, abbassata dalla dieta, a livelli normali
o vicini ad essi), ma come detto la leptina non è poco pratica, troppo costosa
e difficilmente reperibile. Bassi livelli di leptina costringono a combattere
contro un metabolismo rallentato, la perdita di tessuto muscolare e un
pessimo partizionamento (il corpo sarà più abile e propenso a depositare
energia e nutrienti nel tessuto adiposo piuttosto che nel tessuto muscolare) -
nel paragrafo di approfondimento i meccanismi che portano a questi
fenomeni sono spiegati più nel dettaglio; ripetiamo: per gli scopi di questo
manuale basta sapere quanto appena letto -.
Come accennato sopra, è vero che la leptina segnala quanto grasso è presente
nell’organismo, ma è anche vero che risponde ai cambiamenti dell’introito
energetico e in particolare glucidico: la leptina è, in un certo senso, un
sensore per i cambiamenti del metabolismo del glucosio nel tessuto adiposo.
Ogni qual volta la disponibilità di glucosio per il tessuto adiposo diminuisce,
si verifica un abbassamento della leptina; quando il glucosio torna a valori
normali (o superiori) i livelli di leptina vengono ripristinati a valori normali
(o superiori), permettendo a metabolismo energetico e partizionamento di
funzionare correttamente (ma non oltre il normale). Se la domanda che avete
in testa è “Dunque, come fare?”, anticipiamo che bastano poche ore di
alimentazione iperglucidica per far sì che la leptina si normalizzi a seguito di
una prolungata restrizione energetica, a meno che…
Il problema è che ci sono diversi tipi di recettori per la leptina, un tipo
risponde a cambiamenti in acuto, un tipo a cambiamenti in cronico. In
particolare, quelli in acuto rispondono alla sovralimentazione, quelli in
cronico rispondono alle scorte energetiche. Anche questo ha perfettamente
senso dal punto di vista evoluzionistico: se i livelli di grasso corporeo
scendono vertiginosamente, attivando i recettori long, anche se si fa una
giornata di abbuffata di dolci e carboidrati, attivando i recettori short, serve a
poco. Immaginate i recettori long come quelli che forniscono uno stimolo
finale (sulla cellula), mentre gli short sono una sorta di “co-attivatori”, o
meglio degli attivatori dei recettori long. Per usare una metafora: in una
pistola, i recettori short rappresentano il cane della pistola (cioè la piccola
levetta che dopo aver premuto il grilletto, spinge il percussore per fare
esplodere la munizione), quelli long rappresentano il caricatore con le
munizioni. Cosa succede se non c’è il caricatore e premete il grilletto? Nulla;
non potete uccidere nessuno. E se ci fossero poche munizioni, potreste
premerlo 1-2 volte e sparare, ma poi non sparerete ancora.
Lo stesso però dicasi quando i recettori long sono costantemente attivati
(tenendo da parte da questo discorso la resistenza leptinica) anche se gli short
non vengono attivati. Cosa succede se gettate una pistola con caricatore
pieno, con la sicura attivata sia sul grilleto che sul cane (cioè il grilletto è
bloccato, e pure il cane: l’innesco non viene battuto dal percussore), nel
fuoco? Che, anche se non presente uno stimolo short, rischiate di uccidere
qualcuno perché il calore fa esplodere le munizioni.
Tutto questo si riflette, nella pratica, in questo:
● Potete mettere un soggetto obeso o fortemente sovrappeso in diete
molto restrittive (< 1000 Kcal/die) per abbastanza tempo (2-4 mesi)
senza che si notino rallentamenti a livello metabolico né stalli della
perdita di peso; la sua pistola ha il caricatore pieno e voi la state
gettando nel fuoco: pur con le sicure attivate (cioè nessun ingresso
massivo di carboidrati), sparerà.
● A un soggetto molto magro con bassi livelli di grasso corporeo
dovreste assegnare ricariche di carboidrati (come vedremo in
seguito) frequentemente per continuare a perdere grasso corporeo
(anche ogni 2-3 giorni); la sua pistola non ha le sicure, grilleto e
cane sono ben oleati, ma il caricatore contiene poche o zero
munizioni: anche se premete il grilletto 1-2 volte (ricariche massive
di carboidrati), non potrete sparare ancora e dovrete ricaricare (altre
ricariche).
Raggomitolare tutto
Finora il discorso fatto sembra interminabile, soprattutto a coloro che non
amano la Fisiologia o la Biochimica o a cui non interessano i dettagli che
stanno alla base di alcuni fenomeni che all’apparenza sembrano banali. Il filo
del discorso è molto lungo, quindi abbiamo inserito questo paragrafo per
raggomitolarlo ed avere un quadro d’insieme che possa aiutare nella
comprensione dell’obiettivo al quale, pagina dopo pagina, stiamo arrivando.
Nel capitolo precedente abbiamo visto come il tessuto adiposo influenzi
l’introito alimentare ed il dispendio energetico, parlando dei vari ormoni e
citochine da esso prodotti. Siamo arrivati a concludere che per ottenere il
massimo dimagrimento dovremmo ottenere il miglior partizionamento dei
nutrienti, agendo in qualche modo sulla leptina. In questo capitolo, siamo
scesi di un livello: dal controllo centrale (che parte cioè da meccanismi
regolatori del sistema nervoso centrale) siamo passati al controllo cellulare
del metabolismo energetico, nello specifico della lipolisi. Abbiamo capito che
tutto il fenomeno del “bruciare i grassi” è in realtà un insieme di meccanismi
che devono avvenire insieme perché il grasso corporeo venga effettivamente
smaltito: abbiamo parlato della mobilizzazione degli acidi grassi dal tessuto
adiposo, del loro smaltimento da quei distretti e del loro utilizzo a livello
periferico o epatico. Per potenziare tutto il meccanismo della lipolisi abbiamo
capito che il gioco sarebbe fatto se riuscissimo ad agire sulla distribuzione dei
recettori adrenergici alfa-2 e beta-2, tenendo a bada l’insulina.
Ed è qui che le cose si fanno complicate: per tenere a bada l’insulina bisogna
fare una dieta povera di carboidrati. Ma questo, come ormai avete imparato,
influenzerebbe i livelli di leptina, abbassandoli e provocando tutta quella
serie di fenomeni sfavorevoli per gli scopi del dimagrimento, inclusa una
scarsa attivazione del sistema deputato alla produzione di adrenalina e
noradrenalina. Seppure riuscissimo a modificare a nostro favore il rapporto
tra i recettori alfa-2 e beta-2, mancherebbe il segnale: come se, per facilitare
una persona nel fargli fare canestro in una partita di basket, allargassimo il
canestro (miglioriamo il rapporto beta-2/alfa-2) ma gli togliessimo il pallone
(adrenalina e noradrenalina).
Come fare, dunque? La prima cosa da dire è che la vita è fatta di
compromessi: non si può avere tutto, contemporaneamente, ma solo cercare
di ottenere il massimo risultato con il minimo effetto collaterale. Il protocollo
che andremo a delineare mira proprio a questo: massimizzare il dimagrimento
minimizzando gli effetti negativi sul metabolismo, la perdita di tessuto
muscolare e il senso di fame e sazietà. Ma dovrete attendere ancora un po’:
essendo un protocollo integrato di dieta e allenamento (dando per scontato
che, se siete qui, avete già capito che non si può fare l’una senza l’altro e
viceversa), dobbiamo parlare anche di quest’ultimo, per lo meno dei concetti
inerenti l’allenamento che sono utili qui.
Approfondimento. Il
dimagrimento dal punto di vista
molecolare
In un successivo approfondimento all’interno della
sezione allenamento parleremo estensivamente di AMPK,
di come essa sia regolata e di che effetti induca nella
cellula. AMPK è una molecola che rientra in un gruppo
più ampio di proteine cellulari che agisce come sensore
dell’energia cellulare ed effettore dei processi metabolici.
Vale a dire che in base all’energia che sta entrando,
uscendo o restando (sotto forma di accumuli di glicogeno,
per esempio) dalla cellula, questo gruppo di molecole
segnala alla cellula i cambiamenti che deve mettere in
atto per usare, recuperare o smaltire quell’energia. Capite
bene che se potessimo agire sul tessuto adiposo a questo
livello segnalando alla cellula di utilizzare energia dal
grasso avremmo esaudito tutti i nostri desideri. Possiamo
farlo? Non proprio direttamente, ma possiamo avere
qualche speranza e - ancora una volta - sfruttare una
strategia dietetica che si basi sull’alternanza di nutrienti e
carboidrati (e qui aggiungiamo anche: grassi) è utile a
questo scopo. Ma andiamo con ordine e introduciamo i
PPAR - recettori attivati dai proliferatori dei
perossisomi. Non vi spaventate, renderemo tutto più
semplice di questo nome.
I PPAR sono dei fattori all’interno della cellula che
interagiscono con il nucleo, regolano quindi i processi
cellulari (anche) a livello dell’espressione genica: vale a
dire che inducono la codifica di geni per particolari
complessi proteici. A noi cosa interessa? I PPAR
inducono la cellula a costruire nuovi enzimi per il
metabolismo dei grassi; inoltre, nel processo di
differenziazione degli adipociti (da pre-adipociti ad
adipociti a tutti gli effetti) fanno virare la stessa verso la
produzione di adipociti più simili a quelli del tessuto
adiposo bruno, quello che spreca energia sotto forma di
calore; infine, altra cosa interessante, aumentano gli
effetti dell’IGF-1 a livello cellulare e questo sul tessuto
muscolare significa maggiore sintesi proteica. La cosa
adesso si fa più interessante e tutti vorreste attivare i
PPAR. Come si fa?
I PPAR si attivano assieme e tramite i loro coattivatori,
PGC - coattivatori dei PPAR - e questi sono attivati da
alcune cose che abbiamo già incontrato:
Approfondimento. AMPK,
metabolismo cellulare, dimagrimento e
massa muscolare
La molecola che stiamo per introdurre ha importanza
fondamentale per tutto quello che abbiamo finora visto:
praticamente tutto è da essa regolato, a un livello però -
quello cellulare - troppo dettagliato per inserirlo come
argomento a sé in questo manuale. Non pensate però sia
l’unica molecola coinvolta; semplicemente, come visto
nel caso della leptina, è didatticamente perfetta per capire
proprio alcune cose che a noi interessano. Capito come
agisce lei e perché, è facile inquadrarla in un contesto più
ampio in cui sono coinvolte decine di altre molecole,
proteine, sostanze ed enzimi.
Come abbiamo visto tutti i processi cellulari che
richiedono energia non utilizzano i nutrienti direttamente
ma l’ATP. Sempre in base a quanto appreso, l’ATP viene
prodotta all’interno del mitocondrio, considerato la
centrale energetica cellulare. Ora, dovete sapere che gli
eucarioti (il tipo di cellule presenti negli organismi
viventi), non possiedono i mitocondri da sempre,
evoluzionisticamente parlando: questi sono frutto di una
evoluzione. A seguito di questa evoluzione, si è
sviluppata la necessità di un controllo della funzione
mitocondriale, di un sistema deputato alla verifica del
corretto equilibrio tra energia spesa ed energia prodotta:
rappresentativa di questo sistema è la proteina chinasi
attivata dall’adenosina monofosfato (AMPK).
Struttura e regolazione dell’AMPK
L’AMPK è composto da tre porzioni, alfa, beta e gamma.
La porzione alfa è quella catalitica (che cioè fa qualcosa
una volta che la molecola è stata attivata), le porzioni beta
e gamma sono non-catalitiche (legano qualcosa). La
porzione alfa viene costantemente fosforilata da alcune
proteine di cui qui risparmiamo i nomi, ma è anche
costantemente defosforilata impedendo dunque la
costante attivazione dell’AMPK. La porzione beta è una
sorta di ponte tra le porzioni alfa e gamma e permette
all’AMPK di legare il glicogeno. La porzione gamma è
invece quella porzione in grado di legare l’adenosina di
cui sono composti ATP, ADP e AMP, in modo
mutuamente esclusivo: vale a dire che se all’AMPK-
gamma è legato uno dei tre composti, non possono legarsi
gli altri due.
Finora abbiamo conosciuto solo ATP e ADP: come
abbiamo imparato, l’ATP contiene tre gruppi fosfato ed
in seguito alla liberazione di energia tramite la rottura di
un legame ad alta energia, si trasforma in ADP. L’AMP
non è altro che un ADP che ha perso un ulteriore fosfato,
liberando ancora energia. I livelli di AMP cellulare
dipendono dunque da quelli di ADP, in maniera
quadratica e secondo la reazione:
2 ADP ← → ATP + AMP
Come si può facilmente evincere dal nome e dai legami
che può instaurare, l’AMPK è determinante nella
funzione di sensore delle scorte e dello stato energetici
cellulari, in base ai quali agisce per regolare una serie di
meccanismi all’interno della cellula. Prima di vedere in
che modo agisce, vediamo come l’AMPK viene regolata.
Come detto poco sopra, la porzione alfa della proteina è
costantemente fosforilata da una specifica chinasi e
defosforilata da una fosforilasi, che però non agisce in
maniera efficiente quando alla porzione gamma si lega
l’AMP o l’ADP al posto dell’ATP: alti livelli di AMP o
ADP inducono quindi l’attivazione dell’AMPK. Inoltre,
la porzione beta è in grado di interagire sia con la alfa che
con la gamma, oltre che legare il glicogeno, la cui
deplezione cellulare ha come risultato netto una più
potente attivazione dell’AMPK.
L’AMPK è però attivata anche in condizioni in cui i
livelli energetici cellulari non si sono ancora abbassati,
tramite delle specifiche chinasi che rispondo ai
cambiamenti dello ione calcio intracellulare. In maniera
interessante, poiché l’aumento della concentrazione
cellulare di calcio è fondamentale per la contrazione
muscolare, l’attivazione dell’AMPK è indotta anche
dall’esercizio fisico (che, ovviamente, genera anche un
aumento del rapporto AMP/ATP). Il take home message
è il seguente: l’AMPK è attivata da bassi livelli energetici
cellulari, bassi livelli di glicogeno e contrazione
muscolare.
Altri fattori che regolano l’attivazione dell’AMPK sono
la creatina fosfato (CP), che la inibisce, e le citochine
prodotte dagli adipociti: in particolare, leptina e
adiponectina, che saranno discusse in seguito.
Effetti dell’AMPK sul metabolismo cellulare
L’AMPK esplica innumerevoli effetti all’interno della
cellula, regolandone il metabolismo. È implicata infatti
nel metabolismo del glucosio e dei lipidi, nell’espressione
genica e nella sintesi proteica di numerosi tessuti
organici. Di seguito li analizziamo uno ad uno, in maniera
concisa.
Metabolismo glucidico
Per quanto riguarda il metabolismo del glucosio, l’AMPK
esplica effetti di considerevole interesse, tanto da essere
studiato come molecola target dei farmaci per la cura del
diabete mellito di tipo 2. La chinasi infatti è responsabile
della traslocazione dei trasportatori del glucosio GLUT4
(quelli espressi dal muscolo e dal tessuto adiposo) sulla
membrana plasmatica, in maniera non insulino-
dipendente, e della inibizione della glicogeno sintasi.
I farmaci utilizzati per la cura del diabete di tipo 2, i
biguanidi (tra cui la Metformina) ed i tiazolidinedioni,
agiscono in parte attivando l’AMPK e dunque l’uptake di
glucosio da parte delle cellule. I secondi agiscono anche
sul recettore attivato dai proliferatori dei perossisomi
gamma (PPAR-gamma), che tramite un coattivatore
(PGC-1 alfa) aumenta l’espressione membranale dei
GLUT-4. Ma lo stesso PGC-1 alfa è attivato dall’AMPK
e difettoso nel diabete di tipo 2: questo ribadisce ancora
l’importante ruolo metabolico dell’AMPK.
Interessante, i polifenoli, come il resveratrolo (contenuto
nell’uva e nel vino), l’epigallocatechina gallato (EGCG,
contenuta nel tè verde), la capsaicina (nelle spezie
piccanti), la berberina e la quercetina (ci sono molte altre
molecole simili), attivano l’AMPK inibendo la
produzione mitocondriale di ATP e dunque facendo
aumentare il rapporto ADP/ATP - che, come detto, si
correla positivamente con l’attivazione dell’AMPK -.
Metabolismo lipidico
La fosforilazione (l’attivazione) dell’AMPK induce
l’inibizione dell’enzima acetil-CoA decarbossilasi
(ACC), responsabile della produzione del malonil-CoA.
Abbiamo incontrato questo composto nel paragrafo
relativo alla lipolisi, in cui abbiamo capito che alti livelli
di malonil-CoA inibiscono la lipolisi via inibizione della
carnitina palmitoil transferasi I. In quel paragrafo
abbiamo anche specificato che bassi livelli di glicogeno e
contrazione muscolare diminuivano la produzione di
malonil-CoA: ora ne avete la motivazione.
Il quadro comincia a divenire sempre più delineato:
l’AMPK attiva i processi che portano alla produzione
energetica, inibendo quelli dispendiosi; tutto ciò non si
limita solo a proteine, carboidrati e grassi, ma anche a
una marea di altre sostanze. L’AMPK infatti regola
l’attività di numerosi enzimi: tra gli altri,
l’idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA
reduttasi), enzima chiave nella sintesi del colesterolo.
Sappiamo che la sintesi del colesterolo è accentuata in
condizioni di elevato stato energetico cellulare (e non
dall’assunzione del colesterolo alimentare): eccone
spiegati i motivi. Un altro enzima regolato dall’AMPK è
l’HSL: si potrebbe pensare che la chinasi la attivi, come
altri processi coinvolti nella produzione energetica
(ricordiamo che l’HSL è responsabile della scissione dei
trigliceridi presenti nell’adipocita); in realtà la inibisce,
per fare in modo che il tasso di rilascio degli adipociti
non superi quello di trasporto ed utilizzo. Questa potrebbe
essere parte della spiegazione dell’effetto di repentino
svuotamento (whooshing, come sarà descritto in seguito)
del tessuto adiposo in determinate situazioni. L’AMPK
agisce pure sull’enzima che attiva (fa legare acetil-CoA)
gli acidi grassi prima che vengano esterificati nella sintesi
dei trigliceridi.
Metabolismo proteico
L’attivazione dell’AMPK si riflette su una inibizione del
target della rapamicina nei mammiferi (mTOR),
importante fattore coinvolto nella sintesi proteica, con il
risultato netto di inibire quest’ultimo. L’mTOR è
responsabile degli effetti anabolici o anticatabolici della
leucina, il cui utilizzo a ridosso dell’allenamento è molto
consigliato per aumentare la sintesi proteica (ecco
spiegato il perché).
L’AMPK regola anche i processi di autofagia, cioè del
catabolismo dei componenti superflui o danneggiati della
cellula. Ora dovrebbe essere chiaro perché durante una
restrizione energetica non è possibile, come risultato
netto, sintetizzare proteine aumentando in generale il
peso corporeo. Aggiungiamo che questo ha perfettamente
senso da un punto di vista evoluzionistico: poiché la
sintesi proteica è un processo metabolico energeticamente
costoso (circa 0.7 kcal per grammo di proteine
sintetizzate), è bene che sia inibita in condizioni di deficit
energetico. Ciò però non vuol dire che non si possa fare
in modo di shiftare l’energia verso il comparto che a noi
interessa nutrire (il muscolo) togliendolo da quello che ci
interessa far digiunare (il grasso).
Questo può avvenire perché l’AMPK può presentare due
isoforme della porzione alfa, che fanno sì che la molecola
nella sua interezza agiscano e vengano stimolate in
maniera differente (per comodità, parleremo di isoforme
di AMPK e non delle sue porzioni). La prima isoforma
(alfa-1) viene stimolata maggiormente dalla restrizione
calorica, la seconda (alfa-2) dall’esercizio fisico. La loro
azione vede la alfa-1 maggiormente coinvolta nella
soppressione dei processi di sintesi (compresa la sintesi
proteica via mTOR), la alfa-2 nell’induzione di quelli di
degradazione (compresa la sintesi proteica ma non via
mTOR - che agisce sulla sintesi). Inoltre, l’esercizio
fisico a una certa intensità è uno stimolatore diretto di
mTOR, il che vuol dire che il ciclo ideale per nutrire il
muscolo e affamare il grasso deve essere costruito in
modo da fornire molto nutrimento attorno
all’allenamento; in questo modo:
● si ha un’attivazione di mTOR indotta sia
dall’allenamento che dall’assunzione di proteine e
aminoacidi;
● si ha una inibizione dell’inibizione di mTOR
(e quindi sua attivazione) tramite soppressione di
AMPK alfa-1, raggiunta tramite assunzione di
carboidrati.
Controllo alimentare
Un altro paragrafo in cui abbiamo a che fare con il
cervello o, meglio, con quella parte del cervello che
controlla il comportamento alimentare: l’ipotalamo.
Infatti, l’AMPK esercita degli effetti importanti per il
nostro punto di vista anche in questa zona
dell’organismo. Come se il cervello non fosse già
complicato di per sé, gli effetti dell’AMPK
sull’ipotalamo sono tutt’altro che scontati. Infatti, la
proteina chinasi in questione, non si comporta in maniera
coerente nel caso agisca a livello centrale o a livello
periferico.
A livello ipotalamico, i fattori anoressigeni come leptina
e insulina inibiscono l’AMPK; i fattori oressigeni, come
grelina ed adiponectina, la attivano. Inoltre, la
stimolazione diretta dell’AMPK ipotalamico aumenta
l’introito alimentare. Sotto effetti della leptina, inoltre,
l’attivazione di AMPK aumenta sia nel tessuto muscolare
che in quello adiposo.
Raggomitolare tutto
Questo paragrafo di approfondimento può risultare poco
concreto, con informazioni quasi buttate lì senza la
presenza di alcun risvolto pratico. Ma è proprio
comprendendo questi meccanismi che si può uscire dal
semplicismo in cui si crede che non si può nutrire il
muscolo e affamare il grasso contemporaneamente (cioè
in un timeframe non così lungo, dell’ordine di grandezza
di qualche giorno).
Facciamo comunque un piccolo resoconto sull’AMPK,
per capire come applicare ciò che qui abbiamo imparato a
quello che in questa sede ci interessa di più:
dimagrimento e ricomposizione corporea.
Durante una restrizione calorica, aumenta lo stress
energetico cellulare e dunque il rapporto ADP/ATP.
Segue l’attivazione dell’AMPK, un vantaggio in termini
di lipolisi dal momento che induce l’ossidazione del
glucosio e degli acidi grassi. Il prezzo da pagare è
l’aumento dell’appetito e della degradazione proteica,
nonché la diminuzione della sintesi delle proteine (via
mTOR).
In una situazione del genere, l’aumento dell’energia in
ingresso rappresenterebbe l’esatto opposto, con vantaggi
in termini di appetito e sintesi proteica, e svantaggi in
termini di perdita di grasso: come detto all’interno del
capitolo di approfondimento, però, l’esercizio fisico ci
viene in aiuto determinando un aumento dell’AMPK
anche in condizioni di rapporto ADP/ATP e di glicogeno
elevati, agendo tra l’altro su quella isoforma dell’AMPK
che ha meno effetti inibitori su mTOR. Aggiungiamo qui
una piccola nota che sarà utile anche nel capitolo
successivo: l’AMPK è molto sensibile alle variazioni,
attivandosi ed inibendosi nel giro di pochi istanti; la
leptina ed altri fattori coinvolti nel metabolismo e nel
controllo alimentare sono invece più lenti nel
cambiamento.
Miscellanea: premessa alla pratica
Ci siamo quasi, ci siete quasi: dopo tante pagine di informazioni per lo più
tecniche che sembrano avere poco a che fare col mondo pratico, siamo quasi
giunti a destinazione, senza - almeno speriamo - che abbiate dimenticato
l’obiettivo per cui avete iniziato questa lettura. Se così fosse, ve lo ricordiamo
noi: fornirvi un protocollo integrato di dieta (inclusa integrazione) ed
allenamento che miri alla massima perdita di grasso corporeo col minore
grado di deperimento del tessuto muscolare, o al suo opposto, che miri al
massimo guadagno di massa muscolare unito al minor aumento di grasso
corporeo. Come ben sapete la teoria dietro le cose semplici è sempre molto
complicata; ma sapete anche che padroneggiarla vi permette di avere sempre
in mano i princìpi che permettono di fare molta più esperienza creando i
propri metodi sulla base delle situazioni che man mano vi si presentano.
Ora che avete il quadro completo delle informazioni, possiamo fare un
sommario conciso, breve e quasi a bruciapelo che racchiuda tutto ciò che
abbiamo detto collegandolo al mondo reale. Infine, passeremo da questa
“miscellanea” di tutto ciò che finora è stato affrontato, alla presentazione del
protocollo tramite raccomandazioni prettamente pratiche per il suo set-up.
Ora, ci preme dire che i nomi non sono precisamente indicativi di ciò che
accade in ognuna delle tre fasi, ma grosso modo possiamo dire che nella
prima fase è accentuata la perdita di grasso, nella seconda fase c’è una stasi,
in cui si cerca di inibire il catabolismo proteico senza azzerare totalmente la
lipolisi e nella terza si cerca di invertire il catabolismo proteico in favore
dell’anabolismo cercando di ridurre al massimo l’eventuale accumulo
adiposo. Per chi se lo stesse chiedendo, l’intero ciclo dura una settimana; i
motivi sono tre:
1. si inserisce bene nella vita di una persona, dal momento che nel
week-end è previsto un giorno o giorno e mezzo di
alimentazione che permette qualche libertà in più, il che si
avvicina molto al pattern alimentare comune medio;
2. alcuni dei meccanismi fisiologici di nostro interesse, si
incastrano benissimo in un ciclo di questa durata, come sarà
chiaro nelle parti che seguono;
3. è un connubio perfetto tra risultato
(dimagrimento/ricomposizione corporea) e sostenibilità in
termini psicologici: oltre alla ricarica del fine settimana, la lieve
assunzione di carboidrati a metà settimana è l’ideale per
spezzarla e non far vivere la dieta come un patema aspettando il
week end successivo.
Fase di dimagrimento
Poniamo ancora l’enfasi sulla terminologia usata, solo un’etichetta da
attribuire a questa fase, senza che si verifichi effettivamente ciò che
l’etichetta semanticamente indurrebbe a pensare. Anche perché, come avete
imparato, per dimagrimento non si intende semplicemente perdita di
peso/grasso ma ricomposizione corporea. In questo capitolo alla parola
dimagrimento sarà attribuito il significato di perdita di tessuto adiposo.
Detto questo, ripetiamo gli obiettivi che ci proponiamo per ottenere il
massimo in termini di perdita di grasso corporeo. Noi vorremmo leptina alta
(o, meglio, non bassa), AMPK alta per stimolare la produzione energetica
dagli acidi grassi, stimolazione preferenziale dei recettori adrenergici beta-2
con eventuale inibizione degli alfa-2. Può sembrare solo un sogno, ma
possiamo lavorare per questo con la strategia integrata che stiamo per
delineare.
Per quanto riguarda la leptina, assumiamo che si parta da una base di
concentrazione normale. Motivo per cui non sarebbe bene iniziare un
approccio di questo tipo dopo un lungo/lunghissimo passato di forte
restrizione energetica. Prima di esso, meglio riportare gli introiti alimentari a
valori più sostenibili; la cosa può essere ottenuta facilmente con un apporto di
1,5-2 g/kg di proteine, almeno 120-150 g di carboidrati al giorno e 0,8- 1 g/kg
di grassi alimentari. Detto questo, procediamo sul nostro protocollo.
Come detto all’interno del manuale, perché l’organismo si accorga del minor
introito energetico occorre qualche tempo, dell’ordine di 4-5 giorni. Il che
vuol dire che non conviene estendere il deficit energetico-glucidico,
soprattutto se molto intenso, oltre il 4° giorno. Come detto a riguardo
dell’AMPK, questa viene inibita da alti livelli di leptina, a livello
ipotalamico, ma attivata a livello muscolare e adiposo. Poiché stiamo
considerando il solo dimagrimento (in questo frangente: ossidazione di acidi
grassi), questo è un bene. La considerazione da fare è che il controllo
esercitato dall’AMPK è molto più rapido di quello esercitato dalla leptina: la
chinasi infatti si accorge subito di un calo dell’energia o del glicogeno
cellulare. Ma questo gioca sempre a nostro favore: entro i primi 4-5 giorni di
restrizione energetico-glucidica, il rapporto ADP/ATP comincia ad elevarsi e
l’AMPK ad essere sempre maggiormente stimolata, inducendo la
mobilizzazione delle riserve energetiche dal tessuto adiposo.
A riguardo di adrenalina, noradrenalina e recettori adrenergici, ci sono due
importanti considerazioni interessanti e di utilità pratica:
1. La prima è che con la restrizione energetico-glucidica la
produzione delle due catecolamine incrementa causando un
aumento del dispendio energetico e dell’ossidazione degli FFA;
qui cade la nozione “Molti pasti stimolano il metabolismo” o
quella de “Il digiuno/la restrizione glucidica fa abbassare il
dispendio energetico”: la realtà è che il tasso metabolico basale
aumenta piuttosto che diminuire, con qualche giorno di digiuno
o simil digiuno (ottenuto ad esempio con una restrizione
glucidica). Si ottiene un aumento plasmatico delle catecolamine
attorno al 3°-4° giorno; ovviamente, gli inconvenienti nascono
se il digiuno è protratto.
Naturalmente, se questi fenomeni sono molto positivi nel breve termine, con
un effetto netto di aumento della lipolisi sostanziale dal 2°-3° giorno di
restrizione energetico-glucidica (per l’effetto combinato dei due), non lo sono
sul lungo termine per gli effetti peggiorativi sulla produzione di leptina e
degli altri ormoni catabolici suddetti. L’amato-odiato cortisolo, per esempio,
se è bene che si elevati in acuto e con picchi ben definiti temporalmente, è un
male che sia cronicamente elevato e a lungo termine. Questo vuol dire che la
nostra restrizione non va estesa a lungo, ed è per questo che si dovrà passare
alla fase di mantenimento successiva.
Un meccanismo molto interessante dal punto di vista dei recettori adrenergici
riguarda il peptide natriuretico atriale e l’angiotensina II, sostanza prodotta a
seguito di una diminuzione della perfusione renale (passaggio di fluido
attraverso il glomerulo, unità funzionale del rene). Abbiamo già incontrato
entrambi e capito i loro effetti a livello recettoriale e per quanto riguarda il
fenomeno della lipolisi, ed è qui che loro entrano in gioco a livello pratico.
Vediamo come. Ricapitoliamo: l’ANP è prodotto a seguito dell’aumento del
volume di sangue ed incrementa la lipolisi nel tessuto adiposo; l’angiotensina
II, che invece genera vasocostrizione, viene inibita a seguito dell’aumento
della volemia e la sua attività determina l’aumento dell’espressione genica
per i recettori adrenergici alfa-2 nonché la loro sensitività. Aumentare la
volemia dunque potrebbe avere effetti lipolitici sia per stimolazione dell’ANP
che per inibizione dell’angiotensina II: elevati apporti idrici uniti a buoni
apporti di sali minerali potrebbero aiutare nella lipolisi. Questo lo si fa
facilmente in maniera molto pratica: al mattino a digiuno, la prima cosa da
fare sarebbe bere “un’ondata” di 500-750 mL di acqua (c’è chi è capace o ha
necessità di arrivare a 1lt - 1lt e mezzo) accompagnata da 1-2 g di sale marino
integrale (un pizzicotto preso tra pollice, indice e medio garantisce quella
quantità).
Manca qualcuno all’appello? Sì: l’insulina. In questa fase si cerca di tenere a
bada l’insulina ma, come detto, senza ossessioni. Abbiamo capito come
lavora l’AMPK e che ha diverse sottostrutture che risentono l’influenza sia
dei cambiamenti energetici cellulare, sia di quelli del glicogeno, sia
dell’insulina. Ma abbiamo anche imparato che se l’insulina si eleva
transitoriamente, anche con un buon picco (ad esempio dopo ingestione di
aminoacidi), poiché la frazione beta è meno attivata dal glicogeno (c’è poco
di quest’ultimo), e quella gamma legata ad ADP o AMP (perché c’è bassa
energia cellulare), l’AMPK non subisce chissà quali inibizioni della sua
attivazione, per lo più per poco tempo.
Questo si traduce in:
● sì a una dieta con pochi carboidrati, relativamente a quelli assunti
complessivamente;
● no a ossessioni quali non prendere qualche aminoacido, verdura
cruda o - in certi casi - addirittura l’assunzione di piccole quote di
carboidrati diretti se all’interno di un pasto contenente anche altri
macronutrienti.
Abbiamo finora affrontato il discorso in termini di perdita di grasso, ma cosa
accade al tessuto muscolare? Si ha un netto catabolismo proteico: come già
annunciato, non possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca, ma
ottenere solo un compromesso, cercando di limitare al massimo la perdita
delle proteine muscolari durante il deficit energetico e glucidico. Non c’è
comunque da preoccuparsi: proprio perché baseremo il protocollo su un ciclo
di Up & Down calorico-glucidico, nella fase più anabolica massimizzeremo
l’altro aspetto, cioè la sintesi proteica e della massa muscolare.
Oltre a questo, non ci scoraggiamo se nella fase di dimagrimento si assiste a
un catabolismo muscolare, non tutti i mali vengono per nuocere. Innanzitutto,
la fase è appositamente limitata nel tempo; in secondo luogo, è vero che la
sintesi proteica muscolare netta è inibita con scarse concentrazioni di
insulina, ma è anche vero che dopo l’esercizio fisico (che dunque ci viene in
aiuto) la quantità di insulina occorrente perché gli aminoacidi esercitino
un’azione positiva sulla sintesi proteica è pari a quella registrata a digiuno
(grazie soprattutto all’attivazione della molecola mTOR). In secondo luogo,
con una restrizione di carboidrati, un aumento della quota proteica è in grado
di contrastare gli effetti catabolici indotti dalla mancanza di insulina. Inoltre,
la stessa attività del mTOR indotta dall’assunzione di aminoacidi ed in grado
di stimolare la sintesi proteica, promuove un potenziamento degli effetti
insulinici in grado di contrastare la proteolisi nel tessuto muscolare ma non la
lipolisi nel tessuto adiposo. Infine, le proteine degradate per via della scarsa
concentrazione insulinica sono prevalentemente proteine sarcoplasmatiche,
mentre quelle sintetizzate via mTOR sono prettamente miofibrillari: se pure
ci fosse questa grande perdita muscolare, la perdita della capacità contrattile
non sarebbe di grande entità ed il volume muscolare riacquistabile in poco
tempo.
Dal punto di vista dell’esercizio fisico, quello che vorremmo è una
stimolazione in grado di contrastare la proteolisi netta, nonché qualcosa che
ci aiuti nell’aumentare la lipolisi. Il primo obiettivo lo otteniamo con una
stimolazione intensa a carico di tutte le fibre muscolari, il secondo tramite
una buona deplezione delle riserve di glicogeno: in questa maniera viene
stimolata la produzione e successiva traduzione dell’mRNA e stimolato
l’AMPK in modo da aumentare la produzione energetica dai substrati lipidici.
L’allenamento conterrà dunque componenti a intensità molto elevata e
componenti tali da sfruttare il sistema della glicolisi. Nota interessante, sia
l’esercizio fisico che una dieta iperproteica e ipoglucidica aumentano la
produzione dell’IGF-1 muscolare, avviando la cascata mTOR-mediata che
porta a sintetizzare proteine.
Per passare alla pratica e cioè al “Come fare tutto questo?” dobbiamo
considerare quanto detto in merito al glicogeno e al suo consumo. In
particolare, si cerca di portare il glicogeno muscolare a circa 60 mmol/kg;
considerato un livello basale di 110-120 mmol/kg, questo richiede un tempo
di contrazione effettiva di 170-180 secondi (in base al consumo, visto in
precedenza, di 0.35 mmol/kg ∙ secondo di contrazione), che divideremo tra
sforzi intensi e sforzi prettamente glicolitici. Come detto nel paragrafo sul
consumo di glicogeno, l’approssimazione regge.
170-180 secondi sono di contrazione effettiva, cioè Tempo Sotto Tensione
(TUT): approssimando una ripetizione o un’accosciata o il completamento di
un gesto nel corpo libero con un tempo di esecuzione di circa 2 secondi,
significa totalizzare circa 90 ripetizioni; in sprint/running significa eseguire
sforzi per totalizzare quei tempi. Ma a questo arriveremo successivamente:
prima di arrivare a una condensazione dovremo fare altre considerazioni.
Fase di mantenimento
Definiamo questa fase di mantenimento perché si cerca di effettuare, se pure
in modo lieve, una sorta di inversione (o, per meglio dire,
inibizione/rallentamento) dei processi metabolici che stavano avvenendo
nella fase precedente. Come infatti anticipato, non possiamo estendere il
periodo di restrizione troppo a lungo: la cosa migliore è sfruttare tutto ciò che
si può sfruttare minimizzando gli effetti collaterali, in primis l’abbassamento
della leptina e secondariamente l’eccessiva stimolazione dell’AMPK che
potrebbe portare ad una soppressione dell’mTOR con conseguente
catabolismo proteico sul lungo termine.
Rispetto a quello che si fa tradizionalmente nelle diete cicliche 5+2 o 6+1,
cioè 5 o 6 giorni di restrizione e 2 o 1 di sovralimentazione, noi abbreviamo
la durata di questi cicli. Questo per sfruttare proprio le tempistiche di
attivazione/disattivazione che abbiamo studiato: rallentiamo il calo
fisiologico della leptina che avviene in pochi giorni, e sfruttiamo almeno in
parte l’inversione/inibizione dei processi metabolici operando su AMPK (con
le sue isoforme) e mTOR.
Come fare, dunque? Poiché una significativa riduzione della leptina si
registra al 4°-5° giorno dall’inizio della restrizione calorica e dal momento
che per alzarne i livelli sono utili 5-6 ore di iperalimentazione, possiamo
pensare di introdurre un intervallo di tempo in cui vengano aumentati i
carboidrati e in generale i nutrienti assunti. Ricordiamo inoltre che vogliamo
incastrare tutto in una settimana e che dobbiamo stare ad alcuni tempi
necessari perché particolari processi biochimici avvengano, nonché fare
entrare nel programma un tipo particolare di allenamento. Programmiamo
quindi una introduzione di carboidrati al 3° giorno dall’inizio della
restrizione, quando abbiamo anche già sfruttato gli effetti lipolitici delle
catecolamine, come descritto nella fase precedente.
Vediamo quali sono gli effetti vantaggiosi di questa scelta. Introducendo un
allenamento prima di elevare l’apporto di carboidrati, facciamo in modo che
questi vengano stoccati preferenzialmente nel muscolo scheletrico, dove
andranno a ripristinare (in parte) le scorte di glicogeno. In questa situazione,
il glicogeno presente nel fegato non viene ripristinato se non in minima parte,
permettendo dunque che l’AMPK a livello epatico rimanga elevata: la
chinasi, attivata, riduce la produzione di malonil-CoA, sostanza che inibisce
la CPT e dunque la lipolisi. Quello che abbiamo ottenuto è, dunque, una
parziale inversione dello stato metabolico muscolare perpetuando il più
possibile quello epatico/sistemico: mentre nei muscoli, ricaricati di glicogeno,
l’AMPK viene inibita permettendo la massima sintesi proteica, potenziata
dagli effetti dell’insulina sul mTOR (quest’ultima, inoltre, viene direttamente
attivata dall’allenamento), nel fegato continua l’ossidazione dei substrati
energetici per ricavare energia. Il glicogeno muscolare è ricaricato in parte
perché vogliamo attenuare la proteolisi ma non totalmente inibire
l’ossidazione lipidica, che rimane comunque elevata per concentrazioni di
glicogeno intorno alle 70 mmol/kg: occorre dunque reintegrare solo 40-50
millimoli, considerando una quasi totale deplezione di glicogeno (dovremmo
essere arrivati a ~20-30 mmol/kg).
Benché abbiamo considerato i processi avvenire in maniera del tutto
compartimentalizzata, dovete tenere presente che nella realtà tutto avviene su
un continuum. Il che vuol dire che se prima del piccolo carico di carboidrati
l’organismo stava utilizzando massimamente substrati lipidici per ottenere
energia, anche se abbiamo adottato tutte le accortezze per fare in modo che
continui, in ogni caso lo farà un po’ meno perché, volenti o no, non possiamo
indirizzare il 100% dei carboidrati verso un solo tessuto. Dunque, tutto il
discorso equivale a dire che la degradazione proteica netta nel tessuto
muscolare diventa un po’ meno accentuata, mentre l’ossidazione dei substrati
energetici nel tessuto epatico continua ma con un po’ meno enfasi. Non può
invece accadere che nel muscolo si abbia sintesi proteica netta mente nel
fegato produzione energetica massima.
Sul fronte allenamento, quello che si cerca è la massima deplezione di
glicogeno in modo che i carboidrati siano indirizzati preferenzialmente ai
muscoli - perché vengono stimolate la glicogeno sintasi e la traslocazione dei
GLUT4 sulla membrana cellulare - e uno stimolo allenante tale da aumentare
numero e attività dei ribosomi (sempre via mTOR), a fronte dei giorni che
verranno e, presumibilmente, per aumentare la traduzione degli mRNA
precedentemente prodotti. L’attività sarà dunque costituita da esercizi ad
intensità non troppo elevata, che richiederebbero il sistema energetico ATP-
CP senza utilizzo di glicogeno, né troppo voluminosa, che richiederebbero
l’utilizzo di bassi carichi non in grado di stimolare l’mTOR. Tutto questo è
ottenibile tramite un allenamento con tempo di contrazione totale di circa 90
secondi (da trasformare in numeri utili per il workout, come vedremo), in cui
il glicogeno arriva intorno alle 30 mmol/kg.
Fase di anabolismo
In questa fase l’obiettivo è invertire lo stato metabolico dell’intero organismo
da catabolico ad anabolico; si cerca la massima sintesi proteica unita alla
minore rideposizione di lipidi nel tessuto adiposo. A dire il vero, un ottimo
risultato ottenibile è una modesta sintesi proteica muscolare netta unita ad
una neosintesi lipidica nulla o lievemente negativa (nei casi fortunati). Tra i
maggiori vantaggi vi è, comunque, una normalizzazione dei livelli di leptina
o quantomeno un ritorno a livelli quasi basali (sperare in un ripristino
completo al 100% in un più ampio ciclo di restrizione sarebbe utopico).
Poiché, però, non abbiamo esteso molto la restrizione calorica, i livelli di
leptina non si sono abbassati al punto da compromettere in modo
determinante il partizionamento dei nutrienti assunti, che volgiamo a nostro
vantaggio anche tramite l’allenamento.
Per ottenere gli effetti descritti di inibizione di quei processi metabolici messi
in atto dall’organismo, si cerca di ripristinare le scorte di glicogeno fino a
concentrazioni precedenti la ricarica aumentando i carboidrati per un giorno o
un giorno e mezzo, per mezzo di una cosiddetta ricarica di
carboidrati/glucidi in cui questi vengono assunti in grandi quantità. Gli
effetti di un elevato introito energetico e glucidico sulla liposintesi sono
ridotti proprio per il partizionamento che abbiamo volto a nostro favore (cioè
con le condizioni create è il tessuto muscolare a farsi carico
dell’assorbimento della maggior parte dei nutrienti); inoltre, la sintesi di
trigliceridi a partire dai carboidrati è molto bassa. Infine, abbiamo creato e -
con un ulteriore allenamento - contribuiamo a creare le condizioni favorevoli
perché l’organismo possa sintetizzare proteine, processo che richiede molta
energia. L’aumento dei carboidrati genera inoltre un incremento dei livelli di
insulina che potenzia gli effetti degli ormoni anabolici (slegandoli dalle loro
proteine di trasporto) come testosterone, GH ed IGF-1, la cui produzione
nonché disponibilità recettoriale sono indotte dall’allenamento.
Immediatamente prima delle 24-36 ore di anabolismo, dunque, bisogna
programmare un allenamento che preveda intensità tali da stimolare tutte le
fibre muscolari e la sintesi di nuovo mRNA (quindi molto elevata), e tali
anche da permettere una buona deplezione del glicogeno e un aumento
nell’attività e nella produzione dei ribosomi (che, stimolati dal mTOR,
daranno il via alla sintesi delle proteine). Il tempo sotto tensione richiesto
dall’allenamento, per ottenere questi scopi, è di circa 90 secondi.
Dalla pratica alla messa a punto
Avete sudato, avete faticato, avete aspettato ed avete sperato per questo
momento: finalmente i vostri sforzi sono stati ripagati. Come mettere a punto
questa strategia integrata di alimentazione ed allenamento? Bene, qui
dimentichiamo tutte le basi teoriche e ci occupiamo prevalentemente di dare
applicazioni. Vi accorgerete come tutte le pagine precedenti possano essere
condensate in non più di qualche foglio: questo è significativo di quanto sia
complesso l’organismo umano con i processi che avvengono al suo interno.
Una restrizione energetica non è, metabolicamente parlando, una semplice
restrizione, come abbiamo avuto modo di vedere, ma uno stimolo che segnala
all’organismo di mettere in moto determinati meccanismi. Accantoniamo le
troppe parole e passiamo alle indicazioni pratiche.
● Persone con una percentuale di grasso a cui sono giunti con una
qualche restrizione non proprio semplice, intorno al 12-13% per gli
uomini e 21-23% per le donne, faranno una ricarica più lunga e più
intensa (36 h a 10-12 g/kg).
Siccome l’indicazione delle 24-36 h potrebbe creare scompiglio su quando
iniziare o finire la ricarica, il modo per non complicarsi la vita esiste ed è
fattibile. Poniamo il caso che il pattern alimentare abituale di una persona sia
distribuito su 4 pasti (2 entro il primo pomeriggio, 2 dopo) e abbiate
impostato una ricarica di 24 h che inizia nel primo pomeriggio. Imposterete la
ricarica in modo che:
● 2 pasti siano ancora della fase di dimagrimento (quelli entro il primo
pomeriggio);
● 4 pasti siano di ricarica, 2 dal primo pomeriggio di un giorno, e 2
entro il primo pomeriggio del giorno successivo;
● i restanti 2 pasti del giorno in cui è finita la ricarica saranno pasti di
dimagrimento.
C’è da aggiungere che, sebbene l’optimum sia far coincidere l’inizio della
ricarica (quindi della fase di recupero qui descritta) con la fine
dell’allenamento, impegni e necessità della vita potrebbero trovare scomodo
questo approccio, specie se si considera il fatto che la fase di recupero può
essere utilizzata per le occasioni sociali in cui tendenzialmente si mangia di
più e diversamente. Si può quindi attendere per la ricarica, e farla iniziare il
giorno successivo, includendo in essa anche un pasto libero prettamente
spostato sui carboidrati.
Nutrizione prima, durante e dopo allenamento
Per la nutrizione cosiddetta peri allenamento, cioè a cavallo
dell’allenamento, si possono fare delle considerazioni specie in base al
livello della persona a cui si andrà ad applicare questo protocollo. Non
occorre, comunque, un livello di differenziazione estremo: i piccoli dettagli
sarebbero comunque ampiamente superati dagli effetti del quadro generale,
ma per quello che ci proponiamo qui potrebbe essere utile fare la stessa
divisione fatta sopra, tra persone con percentuale di grasso media (uomini:
14-16%; donne: 23-25) e persone con percentuale di grasso bassa (uomini:
12-13%; donne: 21-23%). Quindi:
● Per percentuali di grasso medie: non differenziare la nutrizione
prima, durante, dopo allenamento nei vari giorni della settimana; si
assegnerà un piccolo pasto (meglio uno shaker) con 15-25 g di
proteine, 20-30 g di carboidrati (preferibilmente zuccheri) a cui
facoltativamente si possono aggiungere 6-10 g di BCAA e 3-4 g di
creatina.
Scelte alimentari
Gli alimenti che entreranno a far parte dello schema nutrizionale, come detto,
possono essere scelti avendo cura di rispettare (sempre e comunque non in
modo maniacale) l’introito di nutrienti impostato. Nei giorni a basso apporto
glucidico, il consiglio è quello di consumare buone dosi di verdure condite
con una modesta quantità di grassi per ottenere un effetto saziante intenso e
duraturo, nonché un adeguato apporto di minerali di cui una dieta povera di
carboidrati promuove l’escrezione. Poiché l’apporto proteico è elevato e dal
momento che oggigiorno è sempre più difficile assumere proteine da fonti
attendibili e qualitative, sarà opportuno pensare a un buon integratore di
proteine in polvere. Il mercato delle proteine in polvere è ormai di massa
quindi l’asticella della qualità si è elevata e non ci si deve più preoccupare di
“quante proteine realmente ci sono rispetto a quelle dichiarate”. Tutt’al più
un’azienda potrebbe utilizzare nei suoi processi di produzione sostanze che
provocano sensibilità in certe persone (ma non in altre). Bisogna
sperimentare e trovare la proteina che risulti digeribile, ricordandosi che può
diventarlo meno, nel tempo - nella parte sugli integratori qualche consiglio
pratico in merito -.
Molti quando si mettono a “fare definizione” evitano latticini e formaggi per
paura che inficino i loro risultati; Nutrizionisti e Medici sono impauriti dalla
caseina, dal lattosio, e via dicendo. Ma non ha senso: nel grande schema
generale, in un contesto di restrizione energetica e glucidica, e avendo cura di
scegliere alimenti di qualità, una quota di latticini e prodotti caseari non può
che apportare benefici anche a livello nutrizionale. Lo stesso dicasi per le
proteine animali, di cui è giusto avere preoccupazione in un contesto di dieta
sregolata, quando alla loro azione diretta su mTOR (e quindi sulla
proliferazione cellulare) si aggiunge quella di una continua soppressione di
AMPK e quindi deterioramento di tutto il quadro metabolico: si sta
praticamente spingendo l’acceleratore sulla proliferazione cellulare senza
nessun freno, e senza nessuna specificità di tessuti.
In un contesto invece di dieta low carb con ciclizzazione di carboidrati, è
consigliata (anzi, richiesta) la presenza di proteine che possano direttamente
stimolare mTOR e anche in maniera veloce, specie nei giorni di
mantenimento o anabolismo. Bisogna per forza consumare proteine animali?
No, i vegani o vegetariani non sono esclusi da questo approccio, ma sarebbe
bene che nei periodi più anabolici del protocollo proposto inseriscano
proteine che siano notoriamente a più elevato valore biologico. Spesso la
questione viene travisata in quanto si dice che, alla fine dei conti, basta
assumere una certa quantità di aminoacidi, considerando anche il fatto che
l’organismo nel vegetarianesimo/veganesimo modifica il suo microbiota che
inizia a compensare eventuali aminoacidi limitanti. Ma qui vogliamo
massimizzare l’anabolismo, specie in momenti specifici, e farlo in maniera
repentina: se la zuppa di farro e legumi dona tutti gli aminoacidi di cui il
corpo ha bisogno per sintetizzare proteine, non lo fa in maniera così veloce
come interessa a noi in quelle fasi. Il senso è dunque prendere la zuppa nei
giorni low carb (regolando ovviamente gli introiti per rispettare le indicazioni
sui carboidrati) per assumere proteine di altro tipo, come soia, canapa, lupino
- saggio anche tramite polveri proteiche - o uova, latticini, formaggi, nei
giorni di mantenimento e recupero.
Non dovrebbe essere necessario ripeterlo ma, purtroppo, spesso ci facciamo
trascinare da argomentazioni non razionali e anche se le evidenze ci dicono
altro, rimaniamo ancorati alle nostre paure: non esiste un quantitativo
massimo di uova da consumare. È uno di quegli alimenti su cui il buon senso
vince su qualsiasi raccomandazione: si potrebbero mangiare anche 6-10 uova
al giorno; la domanda è: chi lo farebbe, giorno per giorno, mese per mese,
anno per anno? A parte pochissimi (alcuni casi descritti in letteratura, ad
esempio), il buon senso farebbe prima o poi fare scelte differenti. Estendendo
il discorso oltre le uova, pensiamo al colesterolo: troppa confusione in merito
ad esso è stata fatta. Ad esempio, si parla di colesterolo quando in realtà si
stanno indicando le lipoproteine, e si parla di queste ultime facendone una
classificazione superficiale, la solita in VLDL, LDL, IDL, HDL, puntando il
dito contro le prime due, o meglio sulle LDL. La realtà è che le LDL sono a
loro volta divise in sottoclassi (quattro, per la precisione), due delle quali più
aterogene, le altre due quasi per niente, in dipendenza dal loro grado di
ossidabilità. A essere pericolosa è infatti l’infiammazione e l’ossidazione
delle LDL (e tra queste, di quelle più piccole) che ne deriva. Per intenderci: è
più in salute un individuo in equilibrio e buono stato di benessere, con
qualche LDL in più, che uno con basse LDL ma soggetto a forte stress,
maggior rischio di infiammazione, abitudini di vita erronee (come il fumo di
sigaretta, lo scarso sonno, etc.).
Ampliando ancora, per far comprendere che questo grande errore è replicato
a diversi livelli quando si parla di colesterolo plasmatico, colesterolo
alimentare, LDL e rischi di salute, le LDL sono sintetizzate dal fegato per
trasportare il colesterolo, a sua volta prodotto dal fegato stesso in quantità
molto maggiori di quelle che possono essere assunte con la dieta e
inversamente correlate a queste ultime (vale a dire, più colesterolo si
introduce, meno il fegato ne produce). La sintesi del colesterolo è regolata da
fattori diversi dal colesterolo stesso, come l’insulina (la induce) e l’AMPK (la
riduce): in una dieta in cui si applica una restrizione energetica e anche
glucidica, la produzione epatica di colesterolo e quindi il successivo
impacchettamento dello stesso nelle LDL e VLDL (ammesso che queste
siano pericolose…), è limitata. D’altro canto, alcuni alimenti notoriamente
ricchi di colesterolo e grassi, proprio come le uova, contengono sostanze in
grado di inibire l’assorbimento intestinale del colesterolo che essi stessi
contengono.
Definendo dunque il discorso sulle scelte alimentari, non c’è praticamente
motivo di escludere alimenti se non quelli ricchi di carboidrati nei giorni low
carb o quelli troppo ricchi di grassi nei giorni di ricarica. Questo non vuol
dire, da un lato, evitare come la peste i carboidrati e, dall’altro, fare ricariche
senza grassi, ma trovare il giusto compromesso che faccia in modo che in
ultima istanza l’organismo si ponga nelle condizioni metaboliche come ormai
abbiamo imparato a capire. Durante le ricariche, molti hanno paura
dell’accoppiata carboidrati più grassi, ma, benché la combinazione
carboidrati e grassi favorisca la liposintesi maggiormente della loro
assunzione separata, in alcuni momenti è bene trovare il giusto compromesso:
è nei giorni di ricarica che si inseriscono bene 1-2 pasti liberi, e privarsi di un
alimento gradito per paura di assumere grassi in più è un’occasione sprecata
in cui si potrebbe dare respiro a corpo e mente. Il consiglio dunque è:
● Per le fasi low carb: semplicemente escludere alimenti che
contengono elevate concentrazioni di carboidrati (tutti quelli con un
contributo di carboidrati maggiore del 15-20% per 100 g); se
l’indicazione è assumere attorno a 50-70 g di carboidrati per le fasi
low-carb, ad esempio, non vale assumerne zero per tutta la giornata
e poi assumerne 50-70 g in un solo pasto da alimenti che ne sono
densi.
Proteine in polvere
Possiamo considerare le proteine in polvere alla stregua di alimenti,
utilizzabili quando si presentano difficoltà nell’assunzione di un elevato
apporto proteico. Le proteine del siero di latte (whey) così come le proteine
vegetali della soia o del riso sono utili per introdurre velocemente aminoacidi
in circolo, grazie alla loro elevata velocità di assorbimento: si potrebbe
dunque pensare a un’integrazione a ridosso dell’allenamento (prima e/o
dopo). Le proteine delle caseine sono invece a lento assorbimento e possono
essere utili per garantire un rilascio costante di aminoacidi nel plasma: come
detto in riferimento al numero dei pasti, però, un pulse amionoacidemico è
più proficuo in termini di sintesi e catabolismo proteici. Ciò non toglie che
possano essere sfruttare per il loro effetto sulla sazietà per chi ha problemi da
questo punto di vista. In genere, comunque, le proteine in polvere del siero di
latte o della soia, possono sostituire questo effetto in base a come vengono
consumate. Il nostro consiglio? Creare una sorta di mousse sciogliendone in
pochissima acqua, con un pizzico di bicarbonato e sbattendole con una
forchetta, aggiungendo poi yogurt e guarnendo con pezzetti di cioccolato
fondente o altri alimenti ammessi.
Creatina monoidrato
Integratore molto datato, che ha riscosso e continua a riscuotere grande
successo, la creatina monoidrato è utile per aumentare le scorte di creatina
fosfato muscolare e dunque prolungare lo sforzo tramite maggiore
produzione di ATP (sistema dell’ATP-CP). Inoltre, poiché la creatina
richiama molta acqua a livello muscolare, può determinare una maggior
capacità di generare forza tramite un aumento della sezione muscolare
(semplicemente per un miglior leveraggio meccanico) e una migliore
conducibilità dell’impulso nervoso elettrico (per via della maggiore
idratazione). Questo è anche il motivo per cui si è indotti a pensare che la
creatina faccia ritenzione ma in realtà non è così. La creatina può fare
ritenzione in persone sensibili a livello intestinale, per le quali sarebbe bene
non assumerla; o può farla se si assume a caso: meglio farlo, se si notano
effetti ritentivi, attorno all’allenamento o in concomitanza delle ricariche di
carboidrati.
Il consiglio per il protocollo proposto è di inserirla nello shaker peri
allenamento, come già trattato, ma anche come integratore ergogenico (2-3 g
al bisogno, cioè quando si vuole un piccolo boost cognitivo) non è affatto
male. Molti non riconoscono questo effetto della creatina, pensando sia solo
un volumizzatore muscolare, mentre invece è un buon nutrimento per il
cervello; al di là di questo, la creatina agisce direttamente nelle cellule
muscolari su alcuni pathway metabolici propri della sintesi proteica,
sovraregolando l’mRNA per p38 MAPK, ERK6, PKBa/Akt1, e FAK - tutti
fattori coinvolti nel processo che porta alla sintesi di nuove proteine. In
sostanza: è uno stimolatore diretto dei fattori di sintesi proteica e non solo
qualcosa che, aiutando nella prestazione, fa migliorare l’allenamento e quindi
gli adattamenti che ne derivano.
La creatina può essere utilizzata anche per fare entrare più nutrienti nel
tessuto muscolare, quando è stato ben stimolato e quando ci sono tanti
nutrienti da fare entrare: per quello che abbiamo creato, quindi, il momento
ideale è costituito dalle ricariche. 3-5 g di creatina ogni 100-200 g di
carboidrati assunti possono fare la differenza nella performance dei giorni
successivi e la sintesi di nuove proteine muscolari. L’attenzione qui è posta
sugli effetti intestinali: in una ricarica l’intestino è già messo alla prova, e
troppa creatina potrebbe dare effetti spiacevoli. Non ci sono segreti: solo
trovare la quota più idonea situazione per situazione.
Multivitaminici/minerali e micronutrienti
Un integratore di vitamine e minerali potrebbe essere utile in una restrizione
energetica in cui potenzialmente ci sono carenze, in specie nei micronutrienti.
Da notare comunque che l’assorbimento dei micronutrienti è molto maggiore
se questi provengono da alimenti naturali (alcune sostanze, in sinergia,
migliorano reciprocamente la loro biodisponibilità). Inoltre, l’integrazione di
vitamine e minerali non deve costituire una scusa per non fare una dieta
variata, ricca di alimenti ad alto contenuto vitaminico, minerali e di
antiossidanti. 1-2 capsule di un integratore di qualsiasi fidata marca sono più
che sufficienti per evitare una eventuale carenza e l’idea è di utilizzarlo a cicli
in qualsiasi contesto alimentare/sportivo: 4-6 settimane ogni 3-4 mesi (quindi
2-4 volte/anno). Detto questo, per le persone più impegnate, si può ricorrere
ai cosiddetti integratori di verdure (vere e proprie verdure in compressa);
anche in questo caso, il ricorso a questa soluzione non deve dare la libertà di
evitare alimenti salubri e naturali che apportano anche varietà alla dieta,
tranne in casi eccezionali - ad esempio quando si vuole aumentare il peso
partendo da una situazione di magrezza e c’è una necessità (comunque
temporanea) di assumere molti nutrienti e meno spazio per le verdure.
Inganno neurobiologico
Seguendo i passi fatti nel manuale, ripartiamo dal principio, quando abbiamo
parlato di cosa accade durante una restrizione energetica, nello specifico
cos’è che fa in modo che l’organismo si adatti alla dieta abbassando il tasso
metabolico, incrementando la perdita proteica, peggiorando il
partizionamento dei nutrienti, aumentando il senso di fame e diminuendo
quello di sazietà. Avete capito che questo ha a che fare di nuovo con la
leptina. Si può in qualche modo contrastare l’abbassamento della leptina? Sì,
se prima vengono presentati degli altri concetti correlati. La leptina esplica i
suoi effetti legandosi a recettori presenti sulla superficie di un gruppo di
neuroni dopaminergici, producenti cioè dopamina (DA). Quando la leptina
si abbassa, segue un calo della dopamina che si traduce in tutti i fenomeni
descritti molte pagine fa. Possiamo dunque infischiarcene del calo della
leptina, concentrandoci solo su quello della dopamina? Almeno per quanto
riguarda il controllo neurobiologico dell’alimentazione e del metabolismo e
almeno in parte, sì: è la dopamina che, legandosi ai recettori dopaminergici
(ce ne sono diversi tipi, qui ci concentreremo sui D1 e D2), fa da tramite per
gli effetti della leptina.
Ergot derivati
L’ergot è un fungo che cresce sulla pianta della segale cornuta e da cui è
possibile sintetizzare l’ergotamina, sostanza dagli effetti psichedelici. Giusto
per inciso, dall’ergotamina si ottiene la dietilammide dell’acido lisergico,
meglio nota come LSD (il nome di “funghetti” attribuito ad alcuni
psichedelici ha ora il suo perché). L’interesse qui punta a tre sostanze, in
particolare, tutte di derivazione dall’ergot (più o meno direttamente),
utilizzate clinicamente per il trattamento del Morbo di Parkinson (insieme ad
altri disturbi minori). Perché parlare di questi farmaci anti-parkinsoniani?
Perché sono dopamino-agonisti, vale a dire che mimano gli effetti della
dopamina, stimolando i suoi recettori.
La bromocriptina (derivante dall’ergocriptina) è un farmaco utilizzato più
che per il Morbo di Parkinson, per l’iperprolattinemia (nell’ipotalamo sono
presenti anche neuroni producenti prolattina). Saltando il significato clinico
di questa sostanza, di nostro interesse è che la bromocriptina è un potente
agonista dei recettori dopaminergici D2, debolmente dei D1. L’assunzione di
bromocriptina può permettere di ingannare il sistema nervoso che ci siano
sufficienti livelli di leptina (via segnale dopaminergico), tali da non
comportare i fenomeni avversi per il dimagrimento e la ricomposizione tanto
discussi nel corso di questo manuale. Questo può tradursi in un buon
partizionamento dei nutrienti anche a livelli molto bassi di grasso corporeo e
in un minor tempo occorrente perché un piccolo introito alimentare possa
bastare a soddisfare il bisogno (o la voglia) di mangiare. Sia chiaro, la
bromocriptina non fa dimagrire, ma permette di rimanere a percentuali basse
di grasso corporeo senza che questo comporti un notevole calo del
metabolismo e aumento dell’appetito.
La cabergolina è una sostanza simile, in termini di effetti, alla bromocriptina.
Viene utilizzata per il trattamento del Morbo di Parkinson, dal momento che,
rispetto alla bromocriptina, la maggiore emivita (69 ore contro 12-14 della
bromocriptina) permette un controllo più costante dei sintomi. Ovviamente,
l’emivita fa sì che anche il modo di assunzione sia completamente differente:
in termini di dimagrimento e ricomposizione corporea, sarebbero sufficienti
due assunzioni settimanali.
La pergolide, con struttura molto simile all’LSD, di cui è considerata la
cugina, in termini di dimagrimento e ricomposizione corporea sarebbe quella
più indicata, poiché stimola sia i recettori D1 che i D2. Alcuni case report
sugli effetti della pergolide suggeriscono un partizionamento dei nutrienti
strepitoso, al punto che assunzioni assurdamente elevate di nutrienti e calorie
(anche in parte da cibo spazzatura) non hanno provocato aumenti del tessuto
adiposo ma solo di massa muscolare. Comunque, quanto più potente in
termini di ricomposizione corporea, tanto più in termini di effetti collaterali:
effetti psicologici quali psicosi, allucinazioni, shopping compulsivo e/o gioco
d’azzardo (tutti associati a un’alterazione della produzione dopaminergica) e
fisici quali alterazioni delle valvole cardiache possono seguire l’assunzione di
pergolide.
Inganno metabolico
Anche se le sezioni sono divise tra sostanze che agiscono prettamente sul
sistema nervoso centrale e sostanze che agiscono nei tessuti periferici (fegato,
muscolo o grasso), sottolineiamo che non si può fare una distinzione così
netta: le sostanze agiscono su ambo i fronti, in maniera più o meno
determinante (per esempio la bromocriptina aumenta anche l’uptake di
glucosio da parte del muscolo scheletrico; altre hanno effetti prominenti sia
sull’uno che sull’altro versante).
Ormoni tiroidei
Durante una fase di perdita di grasso corporeo, uno degli adattamenti che
l’organismo mette in atto per difendersi dalla perdita di peso è sottoregolare
la produzione e l’attività degli ormoni tiroidei. Il primo meccanismo
modulato è quello che vede coinvolto l’enzima 5’-deiodinasi, responsabile
della conversione della tetraiodotironina (T4), poco attiva, in triiodotironina
(T3), più attiva. La terapia sostitutiva può dunque riguardare sia il rimpiazzo
di T4 che di T3, con alcune considerazioni. Poiché l’enzima di conversione è
prodotto in minor misura quando lo stato energetico degli epatociti è basso,
assumere T4 potrebbe portare a risultati non proprio sorprendenti, mentre il
T3, vera forma attiva degli ormoni tiroidei, si tradurrebbe in maggiori risultati
sul metabolismo energetico.
Il problema è il seguente: il corpo (che non è stupido) ha sottoregolato la
deiodinasi per un motivo, proteggere da un eccessivo depauperamento sia
delle scorte energetiche che dei tessuti. In una situazione del genere, con
introito energetico basso, assumere T3 causerebbe un catabolismo muscolare
consistente. Per questo la scelta più conveniente (dal punto di vista della
ricomposizione corporea) potrebbe essere rappresentata dall’assunzione di T4
e non di T3: dare il substrato a monte anziché la sostanza a valle. Bisogna
inoltre aggiungere la nota che l’attività di conversione del T4 in T3 viene
aumentata dalla stimolazione adrenergica: come vedremo a breve, infatti, il
T4 è usato spesso in uno specifico stack (assunzione combinata di più
sostanze).
Simpaticomimetici e correlati
Per mimetico si intende una sostanza (in genere esogena) in grado di mimare
gli effetti di un’altra sostanza (in genere endogena). I simpaticomimetici o
simpatomimetici sono in grado di mimare le sostanze prodotte propriamente
dal sistema adrenergico, come l’adrenalina e la noradrenalina, sulle quali qui
ci concentreremo. Facciamo una piccola digressione biochimica e fisiologica:
adrenalina e noradrenalina vengono prodotte sia dal surrene e riversate nel
circolo sanguigno (comportandosi da ormoni) che dal sistema nervoso
centrale e inviate da un neurone a un altro (comportandosi da
neurotrasmettitori). Gli ormoni sono molecole che vengono riversate nel
circolo sanguigno ed esplicano i loro effetti a distanza; i neurotrasmettitori
sono composti prodotti da un neurone (pre-sinaptico) che stimolano un
neurone adiacente (post-sinaptico) che presenta recettori per quel particolare
composto. Ora capite perché prima avete letto che le cose non possono essere
divise in maniera netta: un simpaticomimetico infatti esercita sia effetti
periferici che centrali.
L’efedrina è forse il fat burner più conosciuto ed usato; questo alcaloide si
trova naturalmente nella pianta del Ma Huang, mentre quello sintetizzato
artificialmente si trova nella forma di cloridrato. L’efedrina è illegale, perché
da essa è facile produrre le amfetamine che differiscono per struttura chimica
per la presenza di un solo gruppo -OH. A parte i dettagli chimici, che
correlazione ha col nostro discorso? L’efedrina è un simpatomimetico che
esplica i suoi effetti soprattutto a livello pre-sinaptico, stimolando la
produzione di noradrenalina; a livello post-sinaptico, si comporta come
stimolatore dei recettori adrenergici non specifico (si lega ugualmente bene a
tutti i tipi di recettori, alfa, beta e loro sottotipi). A livello periferico stimola
dunque la lipolisi (ormai sapete come e perché), diminuendo il catabolismo
del tessuto muscolare perché maggiori substrati lipidici sono utilizzati per la
produzione energetica anziché glucosio e aminoacidi; a livello centrale
diminuisce l’appetito, stimolando blandamente anche la produzione di
dopamina. L’efedrina è spesso assunta in concomitanza alla caffeina e
all’aspirina, trattate a breve: questo stack prende il nome di ECA; per
l’elevata possibilità di effetti collaterali (ulcere), comunque, spesso viene
consigliato di non includere l’aspirina, riducendo lo stack all’EC con
diminuzioni minime sull’efficacia.
Tra gli altri simpaticomimetici, quelli che hanno riscosso maggiore successo
come fat burner sono sicuramente i beta-2 agonisti, tra cui i più noti sono il
clenbuterolo ed il salbutamolo (o albuterolo). Poiché il meccanismo d’azione
è praticamente lo stesso (in specie nell’ottica di come è organizzato questo
capitolo), parleremo solo del clenbuterolo (amichevolmente chiamato clen).
La più nota differenza tra le due sostanze è la loro emivita, 36 ore contro 2.5-
5 ore, rispettivamente: questo è uno dei motivi per cui il clen è più utilizzato;
la facilità di utilizzo è maggiore, dal momento che può essere assunto una
sola volta al giorno. La sua lunga emivita ha fatto in modo che fossero
proposti anche cicli con assunzione “due giorni sì e due giorni no”, ed è bene
infatti pensare a una ciclizzazione che tenga conto del fatto che rimane in
circolo per molte ore. Il clen è un farmaco incredibilmente potente ed
efficace, checché la comunità medica tenti di sostenere il contrario: gli effetti
del clen sono assolutamente non trascurabili e tremendamente palesi.
Più elevata la potenza, più elevati gli effetti collaterali: infatti, pochi giorni di
assunzione di clenbuterolo fanno si che i recettori beta-2 adrenergici vengano
sottoregolati e nel giro di due settimane gli effetti vengano inibiti fin quasi ad
annullarsi. Per questo motivo il clen viene sempre accompagnato da una
sostanza di cui parleremo a breve, in grado di contrastare la downregulation
dei recettori adrenergici beta-2. Il clen può trovarsi in stack anche con gli
ormoni tiroidei, ed insieme le due sostanze potenziano gli effetti sulla lipolisi
l’una dell’altra e viceversa.
Non propriamente un simpaticomimetico, la yohimbina è una sostanza che si
lega ai recettori adrenergici alfa-2, inibendoli ed impedendo ad adrenalina e
noradrenalina di legarsi ad essi per esplicare i loro effetti. Questo si traduce in
un risultato netto lipolitico, dal momento che i recettori alfa-2 sono i freni del
sistema adrenergico. Per questo motivo non è una saggia scelta combinare
efedrina o clenbuterolo con yohimbina: i primi premono sul pedale
dell’acceleratore, la seconda fa rilasciare quello del freno e l’effetto totale
può essere troppo intenso.
Se ricordate il discorso relativo ai recettori adrenergici, abbiamo indicato che
ci sono alcune zone del corpo con rapporto beta-2/alfa-2 molto basso, che
dunque possono non rispondere come ci si aspetterebbe a una restrizione
energetica o a una qualche sostanza che stimoli il sistema adrenergico. In una
delle sezioni precedenti abbiamo parlato dell’angiotensina II e dei suoi effetti
nei confronti del numero e dell’attività dei recettori adrenergici alfa-2: questa
citochina è in grado di stimolare entrambi. Va da sé che bloccare la
produzione di angiotensina II potrebbe fare in modo di diminuire numero ed
attività dei recettori alfa-2. Proprio per questo motivo gli ACE-inibitori, che
agiscono inibendo l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), sono
utili per quanto riguarda l’aumento della lipolisi, poiché diminuiscono i livelli
circolanti di angiotensina II: quello maggiormente utilizzato a tale scopo è il
Captopril.
Per elevare il rapporto beta-2/alfa-2, abbiamo visto come fare agendo in
modo da diminuire i recettori adrenergici alfa-2; ovviamente, poiché si tratta
di un rapporto, è possibile anche elevare i beta-2, mantenendo invariato il
numero degli alfa, ottenendo comunque un rapporto aumentato. Come
aumentare il numero dei recettori adrenergici beta-2? Esiste un farmaco
utilizzato per la cura delle allergie (il Ketotifene, un antistaminico) che ha il
sorprendente e interessante effetto collaterale di aumentare l’espressione
genica per i recettori adrenergici beta-2. Ecco perché si inserisce bene in un
ciclo di clen, di cui può aumentarne l’efficacia per molte settimane piuttosto
che le 2-3 se non si assume ketotifene.
Inganno biochimico
Come avrete certamente notato, stiamo ripercorrendo le tappe incontrate nel
corso del manuale, dal punto di vista del trick farmacologico che si può
effettuare per ingannare l’organismo in vari punti dei diversi step. Avendo
visto come fare a livello neurobiologico ed a livello metabolico, vediamo ora
i possibili inganni a livello biochimico: le sostanze di seguito riportate
agiscono infatti su alcuni meccanismi cellulari che si ripercuotono in termini
sia neurobiologici che fisiologici (ancora una volta, la distinzione salta).
Metilxantine
Appartengono a questa classe caffeina (contenuta nel caffè), teofillina
(contenuta nel tè) e teobromina (contenuta nei semi di cacao). Poiché hanno
effetti grosso modo simili e la caffeina è, come si suole dire, “la droga più
utilizzata al mondo”, descriveremo esclusivamente gli effetti di quest’ultima.
La caffeina, o 1,3,7-trimetilxantina, agisce sia a livello centrale che a livello
periferico, interferendo con i recettori per l’adenosina (compete con essa) ed
inibendo non selettivamente le fosfodiesterasi (PDE).
Poiché l’adenosina ha effetti inibitori sul sistema nervoso centrale, la
caffeina, non permettendo a essa il legame al suo recettore, ha un effetto netto
stimolatorio (per questo motivo la prendiamo per stare svegli); recettori
adenosinici sono presenti pure nel rene, dove sotto stimolazione determinano
un aumento del riassorbimento di sali ed acqua, diminuendone dunque
l’escrezione: questo spiega gli effetti diuretici della caffeina, specie ad alte
dosi.
L’effetto più interessante per noi è comunque quello sulle PDE: la caffeina le
inibisce in maniera non selettiva, compresa dunque la PDE-3. Se avete letto
l’approfondimento relativo alla lipolisi, forse vi ricorderete che la PDE-3 è
quell’enzima che catalizza la reazione di degradazione del cAMP, mediatore
degli effetti cellulari dell’adrenalina e della noradrenalina, compresi quelli
lipolitici sulle cellule del tessuto adiposo. L’attività della PDE-3 stessa è
indotta dall’insulina, che inibisce gli effetti delle due catecolamine. Proprio
per l’aumento del cAMP cellulare, la caffeina è utilizzata congiuntamente
all’efedrina: elevata stimolazione dei recettori adrenergici e diminuita
degradazione del cAMP fanno dello stack un ottimo fat burner.
Disaccoppianti
Per capire cosa sono i disaccoppianti occorre prima fare un piccolo discorso
biochimico, che cercheremo di rendere breve e semplice. Come sapete, il
mitocondrio è la centrale energetica cellulare, vale a dire l’organulo dove
viene prodotta l’ATP utile alla cellula per le sue funzioni metaboliche. Come
viene prodotta ATP? Sulla membrana mitocondriale, in realtà costituita da
due membrane, separate dallo spazio intermembranale. Sulla membrana
interna, una serie di proteine fa in modo che attraverso specifiche reazioni
vengano accumulati protoni (H+) nello spazio intermembrana. Un’altra
proteina, situata sempre sulla membrana mitocondriale interna, sfrutta questo
gradiente protonico per comportarsi come un rotore e produrre energia sotto
forma di ATP. L’insieme delle proteine che pompano i protoni all’esterno
della membrana interna e la ATP-sintasi (proteina che produce ATP)
funzionano in modo strettamente accoppiato. Un disaccoppiante è una
sostanza che blocca in qualche modo la produzione di ATP disaccoppiando,
appunto, i due processi: l’energia accumulata viene dunque sprecata nella
produzione di calore. Come curiosità, alcuni veleni, come il cianuro,
inducono la morte cellulare perché bloccano la produzione energetica
mitocondriale a questo livello.
L’aspirina, chimicamente acido acetilsalicilico, così come altri salicilati, si
comporta come disaccoppiante. Per questo motivo è utilizzata in stack con
efedrina e caffeina: l’efedrina stimola il sistema adrenergico, la caffeina ne
potenzia gli effetti e l’aspirina fa in modo che i substrati ossidati non siano
utilizzati per produrre ATP bensì per la produzione di calore. Gli effetti
dell’aspirina sono comunque blandi, in confronto al disaccoppiante simbolo
per eccellenza: il 2,4-dinitrofenolo, molto più noto per il suo nome
abbreviato, DNP. Il DNP può fare aumentare il metabolismo energetico
basale fino al 50% causando perdite di peso considerevoli in tempi brevissimi
(ci sono alcuni case report di circa mezzo chilogrammo di puro grasso al
giorno). Un effetto negativo del DNP, dal punto di vista del dimagrimento, è
comunque quello di inibire la conversione epatica di T4 in T3 in poco tempo,
per cui i cicli di questo disaccoppiante sono ristretti nel tempo. Inoltre, il
DNP si comporta in un certo senso anche come ipoglicemizzante
(aumentando il rapporto ADP/ ATP, stimola l’AMPK), cosa che può renderlo
pericolosissimo se utilizzato insieme ad altri ipoglicemizzanti. Infine, l’uso di
DNP fa aumentare enormemente le richieste idriche dell’organismo e questo
potrebbe riflettersi in danni a carico del rene, nel caso un adeguato apporto di
acqua non sia garantito (alcuni case report suggeriscono fino ad oltre 10 litri
di acqua al giorno). Per concludere, come detto, questi composti aumentano
la produzione di calore, dunque un disaccoppiante non è niente più niente
meno che un veleno, una sostanza tossica: una dose sbagliata può uccidere
cuocendo tessuti e organi interni, in particolare il cervello (che subisce danni
irreversibili se la temperatura sale oltre i 42° C).
Ipoglicemizzanti orali
La classe farmacologica degli ipoglicemizzanti è molto ampia, ma in questo
manuale, non un trattato di Farmacologia, ne descriveremo solo alcuni, di due
famiglie in particolare. La scelta di trattare solo quelli orali non è a caso:
l’ipoglicemizzante iniettabile per eccellenza è l’insulina, utilizzata nel
trattamento del diabete di tipo 1 e, da alcuni, per motivi prestazionali. Benché
non siamo d’accordo sull’utilizzo di alcun farmaco per motivi di
miglioramento della forma fisica o della performance sportiva, vediamo
l’utilizzo dell’insulina qualcosa di estremamente insensato e azzardato:
mentre assumere qualche microgrammo in più di clenbuterolo potrebbe
tradursi semplicemente in aumentato battito cardiaco a cui si può ovviare
stando buoni buoni sdraiati per un po’, sbagliare la dose di insulina è un
attimo e può tradursi in salutare in via anticipata questo mondo. Sappiamo
bene che molte persone mettono in primo piano il fisico rispetto ad altri
problemi come un fegato un po’ ingrossato, reni malfunzionanti o problemi
psichici, ma forse la morte è un prezzo troppo alto da pagare, per tutti.
La metformina, appartenente alla classe dei biguanidi e utilizzata nel diabete
di tipo 2, agisce stimolando l’AMPK e tutta la rete sensore dell’energia
cellulare (come PPAR, PGC e compagnia), che promuovono la traslocazione
dei trasportatori del glucosio GLUT-4 sulla superficie della membrana
cellulare. Da qui capite che gli ipoglicemizzanti, in termini di dimagrimento,
non sono utili solo per i loro effetti sulla glicemia - o meglio, questo è un
effetto marginale e che richiede che il farmaco sia ciclizzato, assunto ad
esempio vicino a dosi più alte di carboidrati - ma per la stimolazione
dell’AMPK, che promuove la lipolisi. L’AMPK aumenta anche il
catabolismo proteico, o meglio, inibisce la sintesi proteica (via mTOR) e
questo può risultare in un risultato netto di degradazione delle proteine.
Un’altra sostanza, l’AICAR (da non confondere con l’alcar, con cui viene
indicata l’acetil-l-carnitina), viene metabolizzata ad una sostanza simile
all’AMP (il ZMP). L’AMPK viene attivata da un elevato rapporto ADP/ATP
o AMP/ATP, per cui indirettamente l’AICAR attiva la chinasi. Questo è
interessante, perché se ne deduce che qualsiasi sostanza (o fenomeno, presto
capirete) in grado di indurre un consumo di ATP potenzialmente promuove
l’AMPK: i disaccoppianti visti prima, diminuendo notevolmente l’ATP
cellulare, attivano la chinasi AMP dipendente. Anche l’esercizio fisico fa
consumare ATP e produrre ADP, motivo per cui è sempre indicato nei casi di
alterazioni della glicemia o del metabolismo lipidico. D’altro canto, le
sostanze che attivano l’AMPK sono talvolta nominate “esercizio fisico-
mimetici”, perché mimano quello che l’esercizio fisico promuove a livello
cellulare. Altri attivatori dell’AMPK sono i tiazolidinedioni (TZD), una
classe di anti-diabetici, che agiscono stimolando i PPAR-gamma. Non a caso
la WADA (World Anti Doping Agency) ha incluso tra i farmaci dopanti gli
attivatori dell’AMPK e dei PPAR-gamma.
E poi ci fu… The Body Essence
The Body Essence costituisce una pubblicazione fatta dopo anni di prove ed
errori del protocollo descritto in The Body Chance, rivisitato in veste
Oukside: soltanto poche pagine di sole indicazioni pratiche, gli schemi da
seguire come quelli che assegneremmo ai nostri clienti per risultati di
dimagrimento e ricomposizione corporea a lungo termine. Dopo la sua
pubblicazione online, abbiamo fatto diètro frónt e pensato di unirlo a The
Body Chance, ampliando quest’ultimo in quei passaggi che ci sembravano di
più difficile comprensione e inserendo anche in esso delle informazioni di
carattere pratico da applicare tout court. La differenza di The Body Essence è
che integra altre informazioni per volgere il protocollo sul lungo termine con
una declinazione molto semplice: creando cioè dei cicli di ricomposizione
corporea in salita e in discesa. Aggiunge anche concetti estrapolati dalla
dieta flessibile, la categorizzazione degli alimenti per creare modelli
nutrizionali con semplicità e l’interpretazione dell’allenamento secondo piani
di lavoro piuttosto che muscoli specifici in modo da creare strutture
sostenibili. Il motivo per cui la dieta e l’allenamento così posti risultano
essere mantenibili a lungo termine è che viene lasciata la libertà di scegliere
tra diversi alimenti o ruotare tra diversi esercizi. Fatte queste premesse, vi
lasciamo agli How To per dimagrimento e ricomposizione corporea. Il succo
di quello che bisogna fare, niente fronzoli.
Go Veg
È possibile strutturare la dieta facendola risultare vegetariana o vegana.
Allenamento
Si può fare tutto con pochissimi esercizi:
● coi pesi/bilanciere: possono bastarne due, come lo Stacco da Terra
e il Military Press; in linea di massima, scegliere per ogni
allenamento 1 esercizio per la parte bassa e 1-2 per la parte alta;
● a corpo libero: possono bastarne quattro, come gli High Jump, i
Bodyweight Squat, i Push Up esplosivi e i Push Up; scegliere per
ogni allenamento 1 esercizio per la parte bassa e 1-2 per la parte
alta.
(per sprint/running, occorre comunque aggiungere degli esercizi per la parte
alta)
Esercizi possibili con i pesi: Squat (Back Squat o Front Squat), Stacco da
Terra (Deadlift - Regular o Sumo), Military Press, Distensioni su Panca
Piana, Military Press, Trazioni, Dip.
Esercizi possibili a corpo libero: Jump e “varianti” (High Jump, Long Jump,
Squat Jump), Push Up e “varianti” (appesantiti, esplosivi), Affondi.
Gli elementi chiave:
● Tecnica di esecuzione. Tendere alla perfezione.
● Velocità di esecuzione. Spingere alla massima velocità possibile.
● Sforzo percepito. Dominare il peso; l’alzata/la ripetizione deve
essere fluida, sempre.
Tabella di allenamento
Esempio di tabella di allenamento per pesi/bilanciere:
Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3
• 2 esercizi base • 2 esercizi base • 2 esercizi base
multiarticolari multiarticolari multiarticolari
• ramping a 1-3 • ramping 4-6 • ramping di 3-5
ripetizioni, e poi ripetizioni, e poi ripetizioni, e poi
scalare 5-10% scalare 5-10% scalare 5-10%
aumentando 2-3 aumentando 2-3 aumentando 2-3
ripetizioni per ripetizioni per volta ripetizioni per
volta per 3 volte per 3 volte volta per 3 volte
• Esempio: Squat, • Esempio: • Esempio: Stacco
faccio serie da 2 Distensioni su da Terra, faccio
ripetizioni, salgo Panca Piana, faccio serie da 3
fino a 140 Kg, poi serie da 4 ripetizioni, salgo
scarico a 130 Kg ripetizioni, salgo fino a 180 Kg, poi
ed eseguo 4 fino a 120 Kg, poi scarico a 160 Kg
ripetizioni, scarico a 110 Kg ed ed eseguo 5
scarico a 120 Kg eseguo 6 ripetizioni, ripetizioni, scarico
ed eseguo 6 scarico a 100 Kg ed a 140 Kg ed
ripetizioni, eseguo 8 ripetizioni, eseguo 7
scarico a 110 Kg scarico a 90 Kg ed ripetizioni, scarico
ed eseguo 8 eseguo 10 a 120 Kg ed
ripetizioni. ripetizioni. eseguo 9
ripetizioni.
Integrazione di base
Questa integrazione dovrebbe essere tenuta a mente come “base”, da fare
comunque in periodi dedicati, aumentando compliance e sostenibilità (sia
psicologica, sia economica):
Multivitaminico Vitamina C Omega-3
2 cps al mattino 2-4 g al mattino 1-3 g al giorno per
per 4 settimane, per 4 settimane, 4 settimane, per 3-
per 3-4 volte per 3-4 volte 4 volte all’anno
all’anno all’anno
Supplementazione (facoltativa)
Queste indicazioni sono facoltative in quanto possono essere utilizzate in
situazioni particolari, in aggiunta a quanto sopra esposto sugli integratori.
BCAA L-Tirosina L-Teanina Acido Alfa
Lipoico
4-5 g al 5 g al mattino 400 mg alla • utili 1200-
mattino in in caso di sera in caso 2400 mg prima
caso di scarsa capacità di difficoltà dei pasti ricchi
scarso di a prendere di carboidrati.
recupero e concentrazione sonno • opzionali 600-
stanchezza 800 mg al
giorno per 4
settimane, per
3-4 volte
all’anno
Erboristica (facoltativa)
Erbe e spezie possono essere un valido aiuto in questo e in altri contesti; qui
un modo semplice e pratico per introdurli ai fini della ricomposizione
corporea.
Cannella Aceto Pepe nero Noce
moscata
• nei periodi “in 20-40 mL un 1-2 noci
discesa”, 5-10 g al prima dei cucchiaino moscate
mattino per 4-6 pasti prima dei intere (o 1-
settimane. Distanziare ricchi di pasti 2 cucchiai
i periodi di assunzione carboidrati ricchi di se
di almeno 2 settimane carboidrati macinate)
• in generale, 5-10 g prima dei
prima dei pasti ricchi pasti ricchi
di carboidrati. Assunta di
solo in questi carboidrati
momenti, non occorre
sospensione.
Farmacologia (pericolosa)
Di seguito i protocolli di utilizzo di alcuni farmaci in ottica dimagrimento e
ricomposizione corporea. I criteri di inserimento dei farmaci sono i seguenti:
● Aspirina+Caffeina+Salbutamolo
● Aspirina+Caffeina+Yohimbina
● Caffeina+Clenbuterolo
Bromocriptina o Cabergolina o Pergolide non interferiscono con gli altri:
significa che agli stack suddetti possono essere aggiunti (in maniera
mutuamente esclusivi); lo stesso dicasi per la Metformina, così come
consigliata (cioè vicino ai pasti con più carboidrati). L’Aspirina è l’unica che
non è efficace da sola ed è quindi da utilizzare solo come da “Stack
possibili”.
AMPK e affini
● King MW. “AMPK Master Metabolic Regulator.” The Medical
Biochemistry Page. Modificato il 01/03/2013 (consultato il
01/03/2013). Disponibile all’indirizzo
http://themedicalbiochemistrypage.org/ampk.php.
● McDonald L. “AMPK: Master Metabolic Regulator.”
Bodyrecomposition.com.
● Viollet B, Andreelli F. “AMP-activated protein kinase and
metabolic control.” Handb Exp Pharmacol. 2011;(203):303-30.
● Draznin B, Wang C, Adochio R, Leitner JW, Cornier MA. Effect of
dietary macronutrient composition on AMPK and SIRT1 expression
and activity in human skeletal muscle. Horm Metab Res. 2012
Sep;44(9):650-5. doi: 10.1055/s-0032-1312656.
● Wang YX. PPARs: diverse regulators in energy metabolism and
metabolic diseases. Cell Res. 2010 Feb;20(2):124-37. doi:
10.1038/cr.2010.13.
Integrazione e supplementazione
● Uno studio sull’utilità degli aminoacidi a catena ramificata:
Howatson G, Hoad M, Goodall S, Tallent J, Bell PG, French DN.
“Exercise-induced muscle damage is reduced in resistance-trained
males by branched chain amino acids: a randomized, double-blind,
placebo controlled study.” J Int Soc Sports Nutr. 2012 May
8;9(1):20.
● Stout JR, Antonio J, Kalman D. Essential of Creatine in Sports and
Health. NV, Humana Press, 2008.
● Ottimo libro in cui si trovano, tra l’altro, informazioni riguardanti
l’utilizzo di alcuni integratori: McDonald L. The Protein Book. A
Complete Guide for Coach an Athlete. TX, 2007. ISBN 0-9671456-
6-x.
Sostanze farmacologiche
● Un testo che descrive un particolare protocollo alimentare e
contenente la descrizione di alcuni composti farmacologici:
Duchaine D. Underground Bodyopus: Militant Weight Loss &
Recomposition. Xipe Press, 1996. ISBN 0965310701.
● Libro ben fatto sulle sostanze dopanti: Llewellyn W. Anabolics
2006. FL, Body of Science, 2006. ISBN 0967930456.
Vari
● Riferimento per alcune nozioni di biochimica: Champe PC, Harvey
RA, Ferrier DR. Le basi della biochimica. Bologna, Zanichelli,
2006.
● Interessante testo in cui, tra l’altro, viene spiegata abbastanza bene
la sintesi degli ecosanoidi: Di Pasquale M. La Dieta Metabolica.
Figline Valdarno (FI), Ciccarelli, 2000. ISBN 88-87197-44-X.
● Testo da cui sono state tratte alcune nozioni sull’allenamento con i
pesi: Rippetoe M, Kilgore L. Practical Programming for Strength
Training. TX, 2008. ISBN 0976805413.
● Sulla composizione cellulare dell’organismo: Wenner M. “Humans
Carry More Bacterial Cells than Human Ones”. Scientific
American™. 30/11/2007 (consultato il 08/02/2013). Disponibile
all’indirizzo http://www.scientificamerican.com/article.cfm?
id=strange-but-true-humans-carry-more-bacterial-cells-than-human-
ones.
● Sull’effetto placebo: Bystad M, Bystad C, Wynn R. How can
placebo effects best be applied in clinical practice? A narrative
review. Psychol Res Behav Manag. 2015 Jan 29;8:41-5.
Sugli Autori
Vincenzo Tortora
Vincenzo è incessantemente all'opera per raffinare le sue strategie di dieta,
allenamento e stile di vita per dimagrimento e ricomposizione corporea. Il
suo approccio punta alla massima sostenibilità possibile in un contesto di vita
varia, per far sì che i risultati di forma fisica raggiunti possano essere tenuti
vita natural durante, anche dalla persona più impegnata e con poco tempo a
disposizione.
Myriam Patalano
Myriam utilizza la nutrizione inserendola nel più ampio contesto
dell'interazione mente-corpo-ambiente. Studiare la risposta dell'organismo ai
vari stressor la porta a sperimentare giornalmente strategie sempre più
efficaci per migliorare la composizione corporea. Si occupa in particolar
modo di atleti del Power Lifting, del Body Building e di tutti coloro vogliano
un risultato di performance e forma fisica fuori dall'ordinario.