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Consideriamo, ad esempio, il petrolio, e supponiamo che sia destinato ad esaurirsi fra 50 anni.
Supponiamo inoltre che l’Italia decida di risparmiarlo. Quanto? Il 5, il 10, il 50%? No, propongo il
100%: da domani tutto il nostro petrolio sarà messo in cassaforte e ci serviremo solo delle elemosine
dal resto del mondo. Fra 50 anni, quando il petrolio sarà finito, apriremo le nostre casseforti,
condivideremo col resto del mondo, volenti o nolenti, il petrolio che abbiamo così gelosamente
custodito, e siccome l’Italia consuma ogni anno il 2% del consumo annuo mondiale di petrolio,
questo finirà dopo 1 anno: il nostro draconiano risparmio avrà avuto l’effetto di far esaurire il
petrolio fra 51 anziché fra 50 anni. E se fosse il mondo intero a riproporsi di risparmiare petrolio?
Supponiamo, come esercizio accademico, che non essendo riuscito ad applicare neanche un
protocollo di Kyoto, grazie ad un qualche insperato e non meglio identificato miracolo, il mondo
riesca ad applicarne ben quattro e risparmiare così un fantastico 10% di petrolio: in questo caso,
finirebbe fra 55 anziché fra 50 anni. Lo stesso vale per le altre risorse: il gas si esaurisce fra 100 anni
e il carbone fra 300? Un fantastico risparmio del 10% li farebbe esaurire fra 110 e 330 anni,
rispettivamente. La lezione di quanto sopra è che risparmiare unarisorsa finita è praticamente inutile:
ci farebbe guadagnare poco denaro e pochissimo tempo. Naturalmente, non ha parimenti senso
risparmiare una risorsa infinita (se non per risparmiare denaro).
Quand’è, allora, che ha senso risparmiare? Ha senso risparmiare solo quella risorsa che è illimitata
ma disponibile in quantità razionata. Risparmiamo il denaro del nostro stipendio per poter arrivare
alla fine del mese, certi dell’accredito del mese successivo; in mancanza, un eventuale risparmio ci
porterebbe sul lastrico al 5 anziché al 2 del mese successivo. E che dire dell’energia? L’unica forma
di energia che ha senso risparmiare è quella dal sole, che è illimitata e razionata. Ad esempio,
dovremmo bruciare la legna e consumare l’acqua dei bacini idroelettrici con parsimonia per dare il
tempo all’energia dal sole di ripristinare le foreste e riempire i bacini.
Ma affinché sia il sole ad alimentare il mondo è necessario che 5 miliardi dell’umanità sparisca. La
nostra civiltà è destinata allora a sparire con la scomparsa dei combustibili fossili? Grazie a Dio, no:
disponiamo di uranio e torio dai quali produrre, grazie alla tecnologia della fissione nucleare, tutta
l’energia che vogliamo per decine di migliaia d’anni. Se nel frattempo anche la fissione diventerà
obsoleta perché diventerà realtà qualche altra diavoleria, non saprei dirlo. Per certo posso dire che,
grazie alla fissione nucleare, quello energetico - contrariamente a quel che vogliono farci credere i
mercanti di quella colossale illusione che è l’energia dal sole - non è un problema dell’umanità per le
prossime decine di migliaia d’anni. Sarà invece un problema nelle prossime decine d’anni, quando i
combustibili fossili andranno verso l’esaurimento, se l’umanità ascoltasse quei mercanti e si
rifiutasse di ricorrere alla fonte nucleare. L’umanità, però, è più saggia di quel che si sospetta, molto
più saggia dei Verdi, dei burocrati di Bruxelles e dei romanoprodi del mondo; insomma, di tutti quei
mercanti che hanno avuto la sfrontatezza di inventare, e farci pure celebrare, la giornata delle nostre
privazioni.
risorsa finita è praticamente inutile: ci farebbe guadagnare poco denaro e pochissimo tempo.
Naturalmente, non ha parimenti senso risparmiare una risorsa infinita (se non per risparmiare
denaro).
Quand’è, allora, che ha senso risparmiare? Ha senso risparmiare solo quella risorsa che è illimitata
ma disponibile in quantità razionata. Risparmiamo il denaro del nostro stipendio per poter arrivare
alla fine del mese, certi dell’accredito del mese successivo; in mancanza, un eventuale risparmio ci
porterebbe sul lastrico al 5 anziché al 2 del mese successivo. E che dire dell’energia? L’unica forma
di energia che ha senso risparmiare è quella dal sole, che è illimitata e razionata. Ad esempio,
dovremmo bruciare la legna e consumare l’acqua dei bacini idroelettrici con parsimonia per dare il
tempo all’energia dal sole di ripristinare le foreste e riempire i bacini.
Ma affinché sia il sole ad alimentare il mondo è necessario che 5 miliardi dell’umanità sparisca. La
nostra civiltà è destinata allora a sparire con la scomparsa dei combustibili fossili? Grazie a Dio, no:
disponiamo di uranio e torio dai quali produrre, grazie alla tecnologia della fissione nucleare, tutta
l’energia che vogliamo per decine di migliaia d’anni. Se nel frattempo anche la fissione diventerà
obsoleta perché diventerà realtà qualche altra diavoleria, non saprei dirlo. Per certo posso dire che,
grazie alla fissione nucleare, quello energetico - contrariamente a quel che vogliono farci credere i
mercanti di quella colossale illusione che è l’energia dal sole - non è un problema dell’umanità per le
prossime decine di migliaia d’anni. Sarà invece un problema nelle prossime decine d’anni, quando i
combustibili fossili andranno verso l’esaurimento, se l’umanità ascoltasse quei mercanti e si
rifiutasse di ricorrere alla fonte nucleare. L’umanità, però, è più saggia di quel che si sospetta, molto
più saggia dei Verdi, dei burocrati di Bruxelles e dei romanoprodi del mondo; insomma, di tutti quei
mercanti che hanno avuto la sfrontatezza di inventare, e farci pure celebrare, la giornata delle nostre
privazioni. rifiuto: esso consiste per il 95% di uranio (l'elemento naturale di partenza) e per l'1% da
plutonio, ed entrambi, se opportunamente riciclati, sono perfettamente utilizzabili come combustibile
in reattori a ciclo chiuso. Il restante 4% è la componente energeticamente inutilizzabile: ma 3.5%
contiene nuclidi che o sono stabili o dimezzano la loro attività ogni 24 ore, mentre 0.4% contiene
nuclidi che dimezzano la propria attività in meno di 10 anni. Alla fine, del combustibile spento meno
dello 0.1% (principalmente stronzio-90 e cesio 137) dimezza la propria attività in circa 30 anni. In
definitiva, è solo la componente energeticamente inutilizzabile del combustibile nucleare che va
trattata come rifiuto e tenuta sotto controllo come già si fa ora, e per soli 100 anni circa e non per i
100.000 fantasticati da Pecoraro Scanio: se l'energia elettrica che ciascuno di noi consuma fosse tutta
da fonte nucleare, le scorie annualmente prodotte da ciascuno di noi occuperebbero il volume di una
tazzina di caffè, sono perfettamente gestibili, e quelle esistenti in 60 anni di nucleare non hanno mai
fatto male a nessuno.
Secondo Pecoraro Scanio «i francesi usano il nucleare perché hanno la bomba atomica». Già, e
usano i coltelli perché avevano la ghigliottina. Come le recenti cronache sull'Iran ci hanno informato,
la verità è che è infinitamente più semplice ottenere il materiale esplosivo per una bomba da un
impianto di arricchimento dell'uranio che non dal combustibile spento di un reattore commerciale.
Né è pensabile che i terroristi possano avere il minimo interesse verso il combustibile spento: hanno
obiettivi ben più facili da colpire, come il triste 11 settembre ci ha insegnato. Piuttosto, potessimo
mai persuaderli a sottrarlo dai luoghi ove è conservato, avremmo trovato il modo per sbarazzarci di
costoro.
Non c'è nulla di non risolto nel problema della gestione del combustibile spento. L'unico problema è
avere dei politici che, magari a prezzo di una manciata di voti, acconsentano che gli ingegneri
facciano il lavoro necessario per curarsi responsabilmente di quelli che impropriamente vengono
chiamati rifiuti nucleari. Il precedente governo, con grande enon apprezzato senso di responsabilità,
ci aveva provato. Questo governo, però, incapace di affrontare il problema anche dei rifiuti ordinari
in Campania, può almeno vantarsi che nel paese di Pecoraro Scanio, in Campania, sono installati più
tetti FV che in qualunque altra parte d'Italia.
Anche Rubbia seppellisce i sogni alternativi di Prodi
di Franco Battaglia - sabato 13 gennaio 2007, 00:00
In una intervista al Corriere della Sera Carlo Rubbia l’ha detto chiaro e tondo, e noi lo riportiamo
testualmente: «Lasciamo perdere energia eolica e tecnologia fotovoltaica: esse resteranno sempre
marginali». Parole che, dette da un premio Nobel, ci danno conforto, non foss’altro perché in queste
pagine le ripetiamo da anni. Ci sconforta invece il sospetto che Pecoraro Scanio continuerà ad
adorare il suo sole, imponendo agli italiani l’acquisto di pannelli fotovoltaici da installare sugli
edifici pubblici, e che Prodi continuerà a seminare vento, obbligando gli italiani a raccogliere
tempesta. Caro Professor Prodi, il Nobel Carlo Rubbia conferma: il suo vento è aria; fritta ma
costosissima.
Purtroppo, temo di dover contraddire il professor Rubbia sul resto della sua affermazione, che qui
completo: «L’unica alternativa praticabile è il solare termodinamico». Prima di spiegare perché
anche questa tecnologia è destinata al fallimento, è bene che tolga subito il dubbio che quasi
certamente vi sarà balenato, spontaneo: com’è possibile che un francobattaglia qualunque si permetta
di criticare l’autorità di un premio Nobel? La risposta è semplice: Carlo Rubbia è indubbiamente un
genio ed è un vulcano di idee. Temo però che della propria idea sul solare termodinamico egli si sia
innamorato, ed innamorarsi delle proprie idee è la prima tentazione in cui ogni scienziato ha il
dovere di non cadere.
I fatti sono che ogni tecnologia di produzione di energia che si serva del sole come fonte è destinata
irrimediabilmente a fallire. E non può essere diversamente, visto che c’è un unico sole, uguale per
tutti. Il solare termodinamico consiste in questo: servirsi di specchi (che molto romanticamente in
Italia chiamiamo specchi d’Archimede) per concentrare l’energia solare su un fluido che viene così
portato ad alcune centinaia di gradi. Quindi, tramite uno scambiatore di calore, si produce il vapore
necessario per azionare le turbine e produrre energia elettrica. L’efficienza dell’intero processo è il
prodotto di tre efficienze: l’efficienza ottica degli specchi (80%, se va bene), l’efficienza termica del
fluido (40%, se va bene) e l’efficienza termodinamica della
trasformazione di calore in elettricità (40%, se va bene). Eseguiamo le moltiplicazioni e otteniamo
un totale inferiore al 13%. Se va bene: 10% è un valore più realistico.
Per soddisfare i soli vincoli imposti dal protocollo di Kyoto l’Italia dovrebbe intervenire sulla
produzione di 10 GW (10 miliardi di watt) elettrici da gas e sostituirli con altrettanti senza emettere
gas-serra, come, ad esempio, gli specchi di Archimede. Quanti? Il conto è presto fatto: l’insolazione,
mediata sulle 24 ore e sulle quattro stagioni è, in Sicilia, di 200 W/mq. L’efficienza del 10% del
solare termodinamico consente allora una produzione elettrica di 20 W/mq: dividendo 10 GW per 20
W/mq si ottiene mezzo miliardo di metri quadrati di specchi.
Ora chiudete gli occhi. Immaginate mezzo miliardo di metri quadrati di specchi. Se la visione non vi
turba ancora, immaginate l’operazione di lavare e lucidare frequentemente (diciamo un paio di volte
al mese) mezzo miliardo di metri quadrati di specchi, operazione necessaria per mantenere alta la
loro efficienza ottica. In America ci sono due impianti di solare termodinamico: il Solar-2 che si
chiama così perché ci fu un Solar-1 distrutto dal calore dal sole, che mandò a fuoco un milione di
litri di olio; e il Segs. Entrambi gli impianti sono stati un fallimento, nel senso che hanno fatto
bancarotta.
Rubbia non dà risposta a queste tre domande
di Franco Battaglia - sabato 24 febbraio 2007, 07:00
Secondo il professor Carlo, il mio articolo titolato «Se Rubbia si arrampica sugli specchi» sarebbe
una polemica personale. Non ne vedrei il movente, giacché mai nulla di personale ci fu tra me e
Rubbia, che, invece e ovviamente, gode della mia stima (cosa di cui non ha bisogno visto che gode
della stima dell'intera comunità scientifica).
La questione è invece solamente tecnica: in base a quale principio della fisica l'efficienza di
trasferimento d'energia dagli specchi al fluido sarebbe senza dispersioni, cioè vicina al 100 per
cento? Io, senza bisogno di conoscere i dettagli tecnici del progetto Archimede ho sottinteso nel mio
articolo un'efficienza totale del 16% (80%x50%x40%), confortato dal fatto che impianti simili in
Usa hanno un'efficienza ben inferiore.
Ma è lo stesso responsabile Enea del progetto, il competente ingegner Vignolini, a dichiarare, in un
suo articolo di «sostegno» al progetto stesso, un rendimento non del 32% come allude Rubbia, ma
del 17% (di cui parte serve a mantenere allo stato fuso il fluido suggerito dal prof. Rubbia).
A parte ciò, il professore non risponde alle vere domande che si evincono dal mio articolo:
1. È vero o no che per soddisfare col FV l'1% del nostro fabbisogno elettrico bisognerebbe spendere
20 miliardi?
2. È vero o no che con 20 miliardi si installano 6 reattori nucleari (10.000 MW) del tipo di quello che
stanno installando in Finlandia soddisfacendo così il 25% del nostro fabbisogno?
3. Quanto costa la realizzazione, recentemente programmata, dell'impianto dimostrativo da 5 MW?
Quanto costerebbe il suo ipotetico impianto di solare termodinamico da 1000 MW? Crede realmente,
in scienza e coscienza, nella possibilità di realizzare la «produzione in massa» di tali impianti?
In scienza e coscienza.