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Khazad Elfrin

Tutto ciò che si sa di Khazad Elfrin è che fu ritrovato in fasce e coperto di sangue accanto ai suoi genitori trucidati in
un’imboscata nei pressi della Via della Costa da una giovane elfa dei boschi di nome Amra Annûn; nell’imboscata in
cui perirono i genitori si contano almeno trenta cadaveri, nessun sopravvissuto a parte questo piccolo che, in
qualche modo, è stato salvato e a cui si è dato nome Elfrin: Immortale.

L’unico lascito che il giovane nano ha dei suoi genitori è un piccolo anello di bronzo con uno zaffiro su cui è intarsiata
una luna bianca; sebbene una volta cresciuto l’anello sia diventato troppo piccolo e non lo riesca più a indossare non
se ne separa mai.
Viene adottato e cresciuto da una piccola comunità di elfi silvani di cui Amra faceva parte, questa comunità è guidata
da un anziano elfo druido: L’Anziano Brûn.

Nel Boschetto viene venerato Padre Quercia, il grande dio Silvanus che protegge e nasconde dai pericoli del mondo
esterno e infatti questa comunità vive isolata; “Silvanus ci offre tutto quel che ci occorre e perciò non deve essere
sfidato ma solo ringraziato” esclama adirato l’anziano ogni qual volta il giovane Elfrin propone una battuta di caccia
al di fuori del Limite Massimo imposto dal burbero capovillaggio.

Puntualmente, il nostro, elude sempre gli ordini di Brûn e, con il suo più grande amico: il giovane elfo Heniol
Gwestad, parte all’avventura ma soprattutto a caccia di nuove e gustose prede. Ebbene sì, se c’è una cosa che
proprio non è mai andata giù a Elfrin era il dannato cibo del Boschetto: vivere di bacche, more e denti di leone
poteva andare bene per quegli esili e gracili elfi ma di certo non per un giovane nano in crescita, bramava la carne.

Il suo caro amico Heniol sulle prime decise di accompagnarlo solo per vedere che non si facesse male e, se ce ne
fosse stata occasione, dimostrare la propria bravura con arco e frecce ma, una volta assaggiata la prima preda di
questa caccia proibita si rese conto che non poteva più farne a meno.

Fondarono un club segreto di cui solo loro conoscevano l’esistenza: il Glutton Club in cui i due giovani organizzavano
banchetti, cucinati con impareggiabile maestria dal nano, in cui si assaggiavano vari tipi di animali mai visti prima e
di cui si assicuravano di prendere nota delle esperienze e delle sensazioni che questi davano.
Elfrin nel corso degli anni imparò l’arte della conservazione del cibo e come non sprecare neanche un’oncia delle
vite che, egli sapeva, Silvanus stava donando loro.

Un giorno, durante una battuta di caccia, videro le tracce di una grossa bestia che non avevano mai visto prima e
decisero di braccarla; non sapevano però di essere braccati a loro volta.
Con un grande balzo il grosso felino balzò fuori da un cespuglio e atterrò Heniol, che tra i due era più avanti, ma
questo grazie ai suoi riflessi prodigiosi riuscì ad assestare una potente pugnalata al fianco della grossa pantera.
Questo colpo, che avrebbe dovuto per lo meno renderla morente, non fece un visibile effetto sulla bestia che, in
risposta, lo finì grazie agli enormi tentacoli spinati che aveva sulla groppa.
Elfrin, giunto solo ora sul luogo dell’agguato, restò pietrificato dall’orrore nel vedere il corpo del suo migliore amico
dilaniato e questa enorme belva che, in qualche modo, sembrava proiettare intorno a sé un’aura di oscurià e morte.
Mentre la bestia preparava il salto verso questo nuovo intruso un enorme cagnone saltò fuori da, beh non si è ben
capito da dove, puntando ad attaccare un punto ben preciso accanto alla pantera la quale però a questo punto
sembrò davvero accusare il colpo e, colta alla sprovvista, fu costretta a battere in ritirata con il grosso cane alle
calcagna.

L’Anziano Brûn, arrivato sul luogo solo qualche minuto troppo tardi per poter salvare l’adorato nipote imputò tutta
la colpa agli atteggiamenti scellerati del nano e lo bandì a vita dal Boschetto. Ancora sconvolto per la morte del
giovane amico, Elfrin camminò molte ore prima di collassare alle porte della locanda di Bo’ness, un piccolo paesino
di pescatori nei pressi di Beregost.
Il nano si diede subito da fare come aiuto cuoco alla locanda per pagarsi vitto e alloggio mentre meditava su cosa
fare e su come dare un senso alla propria vita ora che tutto era cambiato nonostante continuasse a professare una
profonda fede nel buon dio Silvanus che continuava a ringraziare ogni volta che gli veniva commissionata una
pietanza.

Il buon oste Attorn, un umano grassoccio sulla sessantina ben presto si rese conto dell’incredibile bravura del
giovane e, visto che i suoi clienti aumentavano e le voci sulle prelibatezze cucinate dal nano si stavano diffondendo
ai villaggi vicini, decise di nominarlo capo chef, cosa che infastidì molto la moglie Tonia che fino a quel momento
aveva diretto, seppur maldestramente, la cucina.

Una sera, poco prima di cacciare gli ultimi “affezionati” avventori e chiudere l’esercizio notò che un vecchio
marinaio mai visto prima, guercio e privo del braccio sinistro, stava facendo la voce grossa con un altro avventore di
lunga data dell’osteria: “Ti dico che è stato quel mostro a rendermi così, pensi me lo sia tolto da solo il braccio?” –
“vecchio pazzo, sarà stato uno squalo o qualcuno della tua razza a renderti così ma di certo non..” – “Un Mostro ti
dico! Una piovra colossale alta più di 80 braccia e capace di spezzare il più grande dei vascelli con solo uno dei suoi
tentacoli!” – “Solo storie del terrore per mocciosi dico io!” e discorrevano così da qualche minuto quando Elfrin,
preoccupato che con tutto questo fracasso potessero svegliare Attorn li gettò fuori senza tante sviolinate e andò a
letto.

Quella sera Elfrin aveva la mente altrove, per quanto il suo nuovo successo lo appagasse voleva qualcosa di più:
voleva viaggiare, voleva cacciare, voleva cucinare bestie mai cucinate prima, ma più di tutto, avrebbe voluto Heniol
al suo fianco in tutto questo.
La stessa notte, d’improvviso, si svegliò e seppe cosa doveva fare: andò al molo e alle prime luci dell’alba si fece
portare al porto più vicino, la sua avventura era ricominciata.

Giunto nei pressi di Baldur’s Gate si diresse nei quartieri del porto e, dopo aver dato un calcio a un gatto cencioso
che era venuto a supplicare da mangiare (odiava i gatti, specie quelli grossi e infernali), qui, in un’umida locanda,
conobbe una piccola ciurma di canaglie che stavano giusto cercando un cuoco di bordo….

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