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Modifiche al procedimento
elettorale preparatorio in tema
di simboli e sottoscrizioni:
spunti problematici
de iure condito et condendo
di Gabriele Maestri
Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate
Università degli Studi di Roma Tre
Modifiche al procedimento
elettorale preparatorio in tema
di simboli e sottoscrizioni:
spunti problematici
de iure condito et condendo *
di Gabriele Maestri
((Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate;
attualmente dottorando in Scienze politiche
presso l’Università degli Studi di Roma Tre
1. Premessa
Oltre che sull’iter parlamentare delle riforme costituzionali, tuttora in corso1, il dibattito politico
sull’assetto istituzionale futuro dell’Italia si è concentrato in modo significativo sulle modifiche
sostanziali alla legge elettorale che servirà a determinare la composizione della sola Camera dei
deputati. Se l’attenzione dei media e di gran parte della stessa dottrina è stata comprensibilmente
diretta soprattutto all’elemento caratterizzante del sistema elettorale, ossia la formula, alcune
modifiche di rilievo hanno interessato anche il procedimento preparatorio alle elezioni e, in
particolare, la fase di deposito dei contrassegni e delle sottoscrizioni a sostegno delle candidature.
Ora che il cammino parlamentare di questa riforma (cd. Italicum) è terminato, con l’approvazione
2 Per leggere il testo approvato al Senato – con testo originale a fronte – v. A.P. Camera dei Deputati,
XVII legislatura – disegni di legge e relazioni, nn. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-
998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B.
3 Il testo approvato a Montecitorio – frutto dell’unificazione di una proposta d’iniziativa popolare (A.C. 3)
e trenta disegni di legge d’iniziativa di deputati – si trova in A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura
– disegni di legge e relazioni, n. 1385.
4 Senza pretesa di esaustività, di recente (pure sulla tecnica legislativo-parlamentare adottata), v. R. DICKMANN,
A proposito dell’Italicum. Prime osservazioni sul nuovo sistema elettorale di cui alla legge n. 52 del 6 maggio 2015, in Forum
Quad. cost., 3 giugno 2015, disponibile su www.forumcostituzionale.it (ultima consultazione, per tutte le citazioni
dal sito, 10 giugno 2015); C. SBAILÒ, Oltre l’Italicum. Rafforzare esplicitamente l’esecutivo e lavorare sui contrappesi
(intramoenia ed extramoenia), in Confr. cost., 13 maggio 2015, disponibile su www.confronticostituzionali.eu (ultima
consultazione, per tutte le citazioni dal sito, 10 giugno 2015); V. TONDI DELLA MURA, Del Porcellum “camuffato”
e T.E. FROSINI, Rappresentanza + Governabilità = Italicum, in Confr. cost., 12 maggio 2015, disponibili su
www.confronticostituzionali.eu; M. AINIS, Le regole come atto di fede, in Corriere della Sera, 30 aprile 2015, 1 e 2; S.
CECCANTI, La riforma elettorale necessaria nelle calde giornate di Maggio. Guarire da memoria corta, sguardo provinciale e
ottimismi infondati, in Federalismi.it, 2015, 8, 22 aprile 2015; A. SAITTA, La forma di governo in Italia tra revisione
costituzionale e nuova legge elettorale, in Riv AIC, 2015, 2, 17 aprile 2015, disponibile su www.rivistaaic.it (ultima
consultazione, per tutte le citazioni dal sito, 10 giugno 2015); M. AINIS, Le travi che accecano l’Italicum, in Corriere
della Sera, 13 aprile 2015, 1 e 25; V. PALUMBO, La legge elettorale, tra rappresentanza e governabilità, in Confr. cost., 11
marzo 2015, disponibile su www.confronticostituzionali.eu; V. ONIDA, Una legge elettorale che non rispetta la reale
maggioranza, in Corriere della Sera, 10 marzo 2015, 29; V. TONDI DELLA MURA, “Sei stato nominato”: se i sistemi
elettorali plagiano i reality televisivi, in Confr. cost., 3 febbraio 2015, disponibile su www.confronticostituzionali.eu;
P. CIARLO, Contro il voto di preferenza torniamo al Mattarellum, in Confr. cost., 3 febbraio 2015, disponibile su
www.confronticostituzionali.eu; G. PICCIRILLI, Tutto in un voto (premissivo)! La fissazione dei principi dell’Italicum
nel suo esame presso il Senato, in Forum Quad. cost., 30 gennaio 2015, disponibile su www.forumcostituzionale.it;
M. AINIS, I padroni del voto di tutti, in Corriere della Sera, 24 gennaio 2015, 1 e 27; A. GIGLIOTTI, Il voto di
preferenza e l’alternativa del diavolo, in Forum Quad. cost., 20 gennaio 2015, disponibile su
www.forumcostituzionale.it; S. STAIANO, Per un nuovo sistema elettorale: la legge della Corte, la legge del Parlamento, la
legge dei partiti, in Federalismi.it, 2015, 1, 14 gennaio 2015; A. GIGLIOTTI, Sui principi costituzionali in materia
elettorale, in Riv. AIC, 2014, 4, 21 novembre 2014.
5Il riferimento è alla trasformazione del premio di maggioranza (da beneficio per la coalizione più votata a
riconoscimento per la lista col maggior numero di suffragi, al primo turno o al ballottaggio);
all’impossibilità di formare coalizioni o stringere apparentamenti; alla riduzione al 3% dell’unica soglia di
sbarramento valida per ogni forza politica; alla fissazione del numero dei collegi; alla reintroduzione della
doppia preferenza di genere, accanto alla previsione di un capolista “bloccato” di collegio.
6 La disposizione, introdotta a Palazzo Madama, si inserisce in quello che – nel testo approvato dalla
Camera – era l’art. 1, comma 7; l’originaria lettera b) è stata trasfusa nella lettera c). Lo “slittamento”
dall’art. 1 all’art. 2 delle disposizioni è stato dato dall’approvazione dell’emendamento n. 01.103 – a prima
firma del senatore Stefano Esposito (Pd) – con si sono “preposti” al resto della legge i principi e i punti
fondamentali del nuovo testo di ispirazione governativa e si sono fatti venir meno molti emendamenti dei
vari gruppi; sul punto, v. ancora G. PICCIRILLI, Tutto in un voto (premissivo)!, cit. e, amplius, L. CIAURRO,
L’emendamento premissivo omnibus: un nuovo modo di legiferare?, in Osservatorio AIC, 2015, n. 1, 1° marzo 2015.
C’è chi ha voluto accostare gli effetti dell’approvazione dell’emendamento “premissivo” a quelli prodottisi
circa sei mesi prima sempre al Senato (durante l’esame della riforma costituzionale), frutto dell’espediente del
“canguro”, ma il paragone è poco appropriato: allora la “decadenza” degli emendamenti incompatibili –
soprattutto di matrice ostruzionistica – si era prodotta in virtù dell’esercizio dei poteri di razionalizzazione
delle votazioni sugli emendamenti stessi, esercitati dalla Presidenza della Camera o del Senato (e non per la
natura “premissiva” di un emendamento approvato, come nel caso della riforma elettorale). V. F. FABRIZZI,
G. PICCIRILLI, Lavori parlamentari 24-30 luglio. Salta l’accordo sul rinvio del voto finale a settembre, si procede alle
votazioni con il “canguro”, in Federalismi.it (Osservatorio parlamentare sulla riforma costituzionale), 2014, 15, 30 luglio
2014; per una trattazione più approfondita (pur se datata e centrata sulla Camera), v. C. RIZZUTO, Strumenti
procedurali per la razionalizzazione delle deliberazioni della Camera dei Deputati sugli emendamenti, in AA.VV., Il
Parlamento della Repubblica: organi, procedure, apparati, a cura della Camera dei Deputati, 2001, XI/2, 659-721.
7 A norma dell’art. 2, comma 7, lettere a) (approvata nel primo passaggio alla Camera) e c) (aggiunta al Senato).
8 Un intervento simile, peraltro, era stato previsto già da A.P. Camera dei Deputati, XVII legislatura –
disegni di legge e relazioni, n. 356, a firma della deputata Pd Donata Lenzi.
9 A.P. Camera dei Deputati, XVI legislatura – disegni di legge e relazioni, n. 3809. La proposta – la sola della
legislatura a prevedere la partecipazione telematica alle primarie, la più attenta a regolare le fondazioni –
aveva tra i firmatari pure deputati di centrodestra (Luca Barbareschi, Vincenzo D’Anna e Raffaello Vignali.
10 Il risultato diverge da quanto lasciavano intendere le dichiarazioni di voto. Si erano espressi contro (v.
A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta, 22
gennaio 2015) il MoVimento 5 Stelle, con Vito Crimi, e Forza Italia, con Donato Bruno; Luigi Zanda,
presidente del gruppo Pd, pur riconoscendo il «carattere positivo» di una norma che attui l’art. 49 Cost., si
è interrogato sull’opportunità di inserire quella modifica nella (delicata) legge elettorale in esame e con
quella formulazione, stante la non omogeneità delle idee dei parlamentari; tutti i senatori citati hanno però
votato a favore dell’emendamento. A conferma della “anomalia” creatasi in aula, durante la trentina di
secondi in cui è rimasta aperta la votazione elettronica sull’emendamento, sul quadro sinottico (il tabellone
raffigurante l’emiciclo del Senato) almeno 40 punti luminosi hanno cambiato colore da rosso (o, più
raramente, bianco) a verde: altrettanti senatori – collocati in gran parte nei banchi di destra, in cui siedono
tra l’altro gli eletti di Forza Italia – avevano inizialmente votato contro o si erano astenuti, salvo cambiare
idea “in corsa” (cosa che il sistema consente di fare), votando a favore dell’emendamento, forse dopo aver
verificato il diverso orientamento dell’aula. Per il funzionamento del sistema di voto con procedimento
elettronico, v. la Descrizione del dispositivo elettronico di votazione e le Istruzioni per l’uso del dispositivo elettronico di
votazione, in appendice al Regolamento del Senato (scaricabile in pdf su www.senato.it), nonché F. GUELFI,
Dispositivo elettronico di votazione (voce del Dizionario parlamentare), in Rass. parl., 2009, 2, 651-658.
11 Si veda (in A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della
382° seduta, 22 gennaio 2015, 111-112) l’intervento della ministra Maria Elena Boschi, che ha spiegato
come il governo abbia ritenuto estraneo il tema degli statuti dei partiti rispetto a quello della legge
elettorale, riguardando il primo anche «le regole di democrazia e di organizzazione dei partiti e quindi, in
ultima analisi, di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione». Alla fine il parere negativo, pur «volto a
tutelare […] anche una certa democraticità nella possibilità di accedere alla competizione elettorale e,
quindi, a lasciare maggiori margini di ampiezza», è stato rimosso sulla base del dibattito che aveva
coinvolto i gruppi, «visto che […] questo tema sicuramente attiene alla vita dei Gruppi e dei partiti»; ciò,
nonostante la ministra non abbia ritenuto l’intervento risolutivo sul piano simbolico (non senza ragioni,
come si vedrà). Allo stenografico della seduta si rinvierà spesso, per chiarire la portata della nuova norma.
12 Ossia le designazioni, per ogni circoscrizione, dei delegati alla presentazione delle liste (con relativa
documentazione) presso gli uffici elettorali circoscrizionali (art. 17) e, dopo l’entrata in vigore alla fine del
2005 dell’art. 14-bis, anche il programma elettorale e l’indicazione del capo della forza politica (e non più
della coalizione, non prevedendo la nuova legge elettorale la possibilità di effettuare collegamenti).
13 Su tale intervento, relativo soprattutto alla contribuzione volontaria e indiretta a favore dei partiti (ma
che introduce le prime regole sulla democraticità interna dei partiti), v. R. DICKMANN, La contribuzione su
base volontaria ai partiti politici prevista dal decreto legge n. 149 del 2013. Molte novità e alcuni dubbi di costituzionalità,
in Federalismi.it, 2014, 5 e, se si vuole, G. MAESTRI, Simboli dei partiti, controllo degli statuti e registrazione: gli
effetti delle nuove norme sul finanziamento, in Federalismi.it, 2015, 5 (Osservatorio sui simboli politici).
14 Ci si riferisce in primis al contrassegno composito (che contenga due o più simboli); è da valutare come
applicare la norma a emblemi depositati congiuntamente, ma senza grafiche che rimandino ai singoli partiti.
15 La stessa disposizione, però, richiede che i partiti in parola, tanto nel caso del gruppo/componente
parlamentare quanto in quello delle liste comuni, siano già iscritti nel Registro nazionale dei partiti politici
riconosciuti ai sensi del d.l. n. 149/2013 e istituito dall’art. 4 della stessa fonte.
16 V. quanto già detto alla nota 11.
17 V. A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382°
seduta, 22 gennaio 2015, 100-101; lo stesso Crimi aveva avanzato il sospetto che l’emendamento Sposetti
potesse essere «un emendamento trappola, magari per qualche Movimento che si sostiene non abbia
statuto o altro», senza però voler attribuire al collega Sposetti quello specifico intento.
18 A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta,
prescindere dall’esistenza di uno statuto con determinati crismi, come del resto è tuttora possibile fare.
20 V. però P. RIDOLA, Partiti politici (voce), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, par. 6, quando distingue
nettamente, ex art. 49 Cost., «partiti» e «gruppi politici organizzati» (o «gruppi elettorali»): questi ultimi
sono «qualificati dal fatto che la loro azione e la loro funzione organizzativa si esaurisce puntualmente
nell’àmbito del procedimento elettorale; in quanto tali, essi differiscono dai partiti, e, quand’anche il
gruppo elettorale sia espressione di blocchi o di alleanze fra partiti stabilmente organizzati nel Paese,
costituisce una figura soggettiva distinta dai partiti medesimi». La riflessione tornerà buona parlando del
ruolo delle liste nella nuova legge elettorale.
21 Cosa che probabilmente si sarebbe potuta evitare se, ad esempio, si fosse utilizzata una formulazione
come: «I partiti o i gruppi politici organizzati […] debbono depositare presso il Ministero dell’interno il
proprio statuto con le forme e i contenuti di cui all’articolo 3 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13 […]».
22 Irrinunciabile qui è il riferimento a G. FERRARI, Elezioni (teoria generale) (voce), in Enc. dir., XIV, Milano,
1965, spec. par. 3: «poiché un ordinamento può dirsi democratico nella sua totalità, in quanto lo sia anche
– se non prima – nelle sue parti e nei congegni che a queste danno funzionalità, dalla generale
democraticità della Repubblica si deduce la speciale democraticità delle elezioni, le quali sono appunto uno
dei congegni, che conferiscono funzionalità alle strutture». Sul concetto di «repubblica democratica»,
d’obbligo rileggere almeno C. MORTATI, Art. 1, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione.
Principi fondamentali, Bologna-Roma, 1975, 5-6. V. anche E. BETTINELLI, Elezioni politiche (voce), in Dig. disc.
pubbl., 1990, spec. parr. 1 e 2 (contributo in cui peraltro si sottolinea l’importanza nient’affatto secondaria
degli interessi politici di dimensione locale e delle elezioni di rango “inferiore” rispetto a quelle politiche).
23 Senza la minima pretesa di esaustività, v. C. MORTATI, Concetto e funzione dei partiti politici, in Quaderni di
ricerca, 1949, 1; P. BISCARETTI DI RUFFÌA, I partiti nell’ordinamento costituzionale, in Il Politico, 1950, 11 ss.; C.
MORTATI, Disciplina dei partiti politici nella Costituzione italiana, in Cronache sociali, 1950, 2, 25-27, ora in ID.,
Raccolta di scritti, III, Milano, 1972, 39 ss.; C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in La Costituzione
italiana. Saggi, Padova, 1954, 215 ss.; C. MORTATI, Note introduttive a uno studio sui partiti politici nell’ordinamento
italiano, in Scritti giuridici in memoria di V.E. Orlando, II, Padova, 1956, 111 ss.; V. CRISAFULLI, La Costituzione
della Repubblica italiana e il controllo democratico dei partiti, in Studi politici, 1960, 265 ss.; A. PREDIERI, Democrazia
nei partiti nella determinazione della politica nazionale, ivi, 288 ss.; L. ELIA, L’attuazione della Costituzione in materia
di rapporti fra partiti e istituzioni, in AA.VV., Il ruolo dei partiti nella democrazia italiana, Cadenabbia, 1965, 67 ss.;
V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione italiana, in Studi per il XX anniversario dell’Assemblea costituente, II,
Firenze, 1969, p. 113 ss.; E. BETTINELLI, La formazione dell’ordinamento elettorale nel periodo precostituente.
All’origine della democrazia dei partiti (1944-1946), in E. CHELI (a cura di), La fondazione della Repubblica,
Bologna, 1979; P. RIDOLA, Partiti politici (voce), cit., spec. par. 8; C. PINELLI, Disciplina e controlli sulla
“democrazia interna dei partiti”, Padova, 1984; F. LANCHESTER, Il problema del partito politico: regolare gli sregolati,
in Quad. cost., 1988, 3, 437 ss.; C. ROSSANO, Partiti politici (voce), in Enc. giur., XXII, Roma, 1990; A.
BARBERA, Una democrazia con i partiti, in Dem. dir., 1992, 4; G. PASQUINO, Art. 49, in G. BRANCA, A.
PIZZORUSSO (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1992, 2-48, spec. 20 ss.; BARTOLE
S., Partiti politici (voce), in Digesto disc. pubbl., X, Torino, 1995, 705 ss.; LIPPOLIS V., I partiti politici
nell’esperienza repubblicana, in Rass. parl., 2003, 4; M. CERMEL, La democrazia nei partiti, I-II, Milano, 1998-
2003; G. RIZZONI, Art. 49, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla
Costituzione, Torino, 2006, spec. par. 2.7.2.; S. BARTOLE, Partiti politici (voce), in Digesto disc. pubbl., Agg.,
Torino, 2000, 398 ss.; G. CERRINA FERONI, Partiti politici: una regolazione giuridica?, in Rass. parl., 2007, 2;
G.E. VIGEVANI, Art. 49, in R. BIN, S. BARTOLE (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova,
2008; AIC, Annuario 2008. Partiti politici e società civile a sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, Napoli,
2009; S. MERLINI (a cura di), La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, Firenze, 2009. Da ultimo, G.
AMATO, Nota su una legge sui partiti in attuazione dell’art. 49 della Costituzione, in Rass. parl., 2012, 4 e F.
CLEMENTI, Prime considerazioni intorno ad una legge di disciplina dei partiti politici, in Federalismi.it, 2015, 6.
di leggi nel tempo – tanto del criterio cronologico-temporale (la “norma statuti” è più recente), quanto di
quello di specialità (essendo relativa alla sola materia elettorale politica e non alla generica «osservanza del
metodo democratico» da parte dei partiti, ex art. 2 del d.l. n. 149/2013, e neanche al più ampio ambito
elettorale tracciato dall’art. 18 della stessa fonte, la modifica introdotta dall’emendamento ex Sposetti si
configura come lex specialis, che può ben prevedere requisiti aggravati per quella precisa circostanza).
28 In questo senso si può probabilmente interpretare la scelta del Governo, che inizialmente aveva dato
parere negativo sull’emendamento pure per «tutelare, da un certo punto di vista, anche una certa
democraticità nella possibilità di accedere alla competizione elettorale», come spiegato in aula dalla
ministra Boschi (sul punto, v. la nota 11).
29Il dubbio sorge se non altro perché l’art. 18 del d.l. n. 149/2013 fa rientrare nei «partiti politici» anche le
formazioni che abbiano conseguito (almeno) un eletto in un consiglio regionale o delle province autonome.
30 Prescrizioni che sarebbe anche stato facile e naturale esplicitare, a favore della chiarezza del testo.
31 Va sottolineato che, in base all’art. 4 del decreto-legge n. 149/2013, la verifica di cui è incaricata la
Commissione sembra soprattutto di natura formale, dovendo questa controllare «la presenza nello statuto
degli elementi indicati all’articolo 3»; non pare invece che quest’attività possa comportare un esame “nel
merito” del “tasso di democraticità” delle singole previsioni dello statuto. Ciò comporterebbe, nel caso,
l’impossibilità di sindacare le scelte fatte dagli organi del partito in tema di procedure e maggioranze
previste dallo statuto, a meno che siano così “abnormi” da essere assimilabili a una sostanziale mancanza
di certi elementi. In effetti, fino a questo momento la Commissione ha invitato i partiti di cui ha esaminato
lo statuto «ad apportare necessarie modifiche» ai documenti, senza che nulla si sappia sull’effettiva natura
delle modifiche richieste (e poi effettivamente apportate, nei casi in cui si è proceduto all’iscrizione nel
Registro). In ogni caso, immaginare un controllo essenzialmente sull’esistenza di determinati contenuti,
magari solo da esplicitare (mentre una verifica che si concentrasse sulle singole soluzioni adottate potrebbe
essere più invasiva e intervenire molto più a fondo sul documento), unitamente alla possibilità per i partiti
di porre rimedio alle mancanze in un arco di tempo non brevissimo, non sembra deporre a favore di
un’esclusione preventiva dalle elezioni del partito il cui statuto non sia ancora stato controllato.
32 Si veda ad esempio – nel sito del Registro www.parlamento.it/1063 – la deliberazione del 17 ottobre
2014, n. 12/IR, relativa alla richiesta di iscrizione al Registro da parte del partito Realtà Italia: lì si legge che
lo statuto è stato sottoposto per la prima volta all’esame della Commissione il 25 marzo 2014, mentre la
lettera di invito alla modifica era datata 28 maggio. In altri casi, tuttavia, i tempi sono stati molto più
ridotti: lo statuto del Partito socialista italiano, per esempio, era stato sottoposto all’esame il 16 giugno
2014, mentre le modifiche sono state richieste il 24 giugno.
33 I partiti maggiori potrebbero avere convenienza a federarsi con forze minori per puntare al premio di
maggioranza (o, almeno, per approdare al secondo turno). I partiti piccoli, a loro volta, avrebbero interesse
a unirsi in un’unica lista per cercare di superare la soglia di sbarramento al 3%; in più, qualora una delle
forze federate – per piccola che sia – abbia una rappresentanza parlamentare tale da consentire l’esonero
dalla presentazione delle sottoscrizioni, le formazioni che si uniranno a essa nella preparazione della lista –
il cui contrassegno sarà evidentemente composito, con il logo del partito “esentato” – potranno presentare
candidature che diversamente non avrebbero avuto spazio, proprio per la difficoltà di raccogliere le firme.
34 Si vedano in A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della
382° seduta, 22 gennaio 2015, gli interventi dei senatori Luciano Uras (102, «stiamo parlando di una legge
elettorale in cui i partiti scompaiono e appaiono le liste, forse anche i listoni. E, badate, le liste non sono i
partiti, hanno anche altri significati, si compongono anche in altre maniere, hanno anche altre finalità») e
Gaetano Quagliariello (104, secondo il quale lo sforzo per l’attuazione dell’art. 49 «dovrebbe essere ancora
più importante nel momento in cui stiamo discutendo di un disegno di legge elettorale che più che sulle
coalizioni è basato sui partiti o anche sugli accordi e le federazioni tra i partiti»).
35 Sull’evidente scorrettezza di questa pratica nei confronti degli elettori che hanno sottoscritto la lista
22 gennaio 2015, 107-108: «cosa succede, parlando di lista, quando il partito si organizza? Se c’è una lista,
può esserci anche una maxilista. […] nella maxilista, confluiscono vari partiti, entità, realtà e personalità.
[…] Oggi […] parliamo di lista, nella quale credo che tutti i partiti dovranno fare un esame – e forse lo
faranno l’ultima sera di presentazione delle liste stesse – per capire come riempirle, con quali persone.
Questo potrebbe violare le norme che, invece, devono essere sacrosante e stabilite in uno statuto». Si noti
tra l’altro, poco dopo, la reazione piccata del senatore Bruno Marton (M5S), a proposito della possibilità
che una lista prima raccolga firme a proprio sostegno, poi modifichi la composizione delle candidature.
37 A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta,
22 gennaio 2015, 109: «Se fai il listone, farai un’associazione tra i soggetti che compongono il listone che
stabilisce le regole» (il testo è però quello dell’intervento originale di Sposetti, tratto dal filmato dei lavori).
38 Lo sottolinea lo stesso Sposetti, ricordando la costituzione dell’Ulivo, di Uniti nell’Ulivo e dell’Unione:
«quei soggetti giuridici, che sono nati dopo una visita nello studio di un notaio, hanno definito com’era il
simbolo e quali erano le regole che definivano i comportamenti di quella associazione» (A.P. Senato della
Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta, ult. loc. cit.).
39 Sarebbe invece difficile non considerare “cartelli” e federazioni come «partiti politici» ai sensi dell’art. 18
peraltro, «[i] gruppi elettorali appaiono invero come partiti allo stato meramente potenziale, che attendono
dal consenso del corpo elettorale la forza necessaria per estendere la loro sfera di azione, attraverso il
conseguimento di una rappresentanza nelle assemblee elettive, dall’intervento puntuale nelle competizioni
elettorali al concorso permanente nella determinazione della politica nazionale» e proprio da questo
discenderebbe «il loro assoggettamento alle regole del metodo democratico», come pure l’obbligo per lo
Stato di tutelare la parità di chance rispetto agli altri concorrenti. La natura di «partiti allo stato meramente
potenziale», in grado di “attualizzarsi”, è stata dimostrata da esempi come quello di Democrazia è libertà - la
Margherita, che ha partecipato alle elezioni del 2001 come cartello, trasformandosi in partito l’anno dopo.
41 Quanto all’obiezione mossa dal senatore Bruno, pare chiaro che, in caso di federazione/“cartello” che
abbia la forma dell’associazione costituita per atto pubblico, si dovranno seguire innanzitutto le regole
contenute nei documenti fondativi (atto costitutivo e statuto) dell’associazione, regole destinate a prevalere
su quelle degli statuti dei singoli partiti che hanno costituito il progetto elettorale: in caso di “listone” o
“maxilista”, i candidati sarebbero espressione del soggetto collettivo e non direttamente dei singoli partiti.
42 Il fenomeno è stato vistoso in occasione delle elezioni europee del 2014: a pochissimi giorni dalla data di
deposito dei contrassegni presso il Ministero dell’interno si sono definiti gli accordi per la presentazione
della lista Scelta europea (l’emblema fino a qualche giorno prima comprendeva le “pulci” di Centro
democratico e Fare per Fermare il declino, ma non quella di Scelta civica, pronta a presentare una propria
lista – Scelta civica per l’Europa – e ad agire legalmente contro chi avesse utilizzato il termine «Scelta» nel
nome, in chiave confusoria) e del “cartello” tra Nuovo centrodestra e Unione di centro (mentre pochi
giorni prima l’Udc aveva presentato in conferenza stampa un altro contrassegno, condiviso con i Popolari
per l’Italia), che ha consentito all’alleanza di superare la soglia di sbarramento del 4%.
43 L’ipotesi potrebbe essere accostata alle altre fattispecie in cui il contrassegno è dichiarato «senza effetti».
Ciò accade quando la documentazione presentata dal depositante risulta incompleta (perché, ad esempio,
mancano le designazioni dei delegati al deposito delle liste, oppure manca il programma o, ancora, si
dichiara espressamente la volontà di non partecipare alle elezioni): in queste situazioni, la non ammissione
dell’emblema non dipende da un giudizio sullo stesso (anzi, l’esame non viene svolto: la dichiarazione
«senza effetti» non equivale a una bocciatura, ma nemmeno può essere presunta l’ammissibilità del fregio).
44 Ad oggi si può al più immaginare che violazioni di disposizioni statutarie siano oggetto di contenziosi
davanti ai giudici civili (il d.l. n. 149/2013 non pare avere mutato la natura di associazioni non riconosciute
dei partiti); è difficile, tuttavia, ritenere adatti gli ordinari strumenti giudiziari (compreso l’invocatissimo art.
700 c.p.c.) quando si ha a che fare con decisioni prese dai vertici del partito all’interno di un procedimento
elettorale preparatorio. In più, trattandosi di operazioni preliminari alle elezioni politiche, su di esse insiste
già il gravissimo deficit di tutela dovuto allo “scaricabarile” reciproco tra giudici ordinari (e, a volte,
amministrativi) e Giunte delle elezioni delle Camere: sul tema e per la bibliografia v. soprattutto L. TRUCCO,
La giustizia elettorale politica tra riforme mancate ed occasioni perdute, in E. CATELANI, F. DONATI, M.C. GRISOLIA (a
cura di), La giustizia elettorale (Atti del Seminario del Gruppo di Pisa svoltosi a Firenze, il 16 novembre 2012),
Napoli, 2013, 357-372 e P. TORRETTA, Verifica dei poteri e stato costituzionale. Saggio sull’articolo 66 della
Costituzione, Ariccia, 2012; per la materia specifica dei contrassegni, non sia considerato inelegante rinviare a
G. MAESTRI, I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti, Milano, 2012, 265 ss.
45 Non a caso il Comitato per la legislazione, il 22 aprile 2015, ha approvato il parere sulla legge elettorale
allora in discussione nel quale si legge, tra l’altro, che la “norma statuti” «non reca una disciplina espressa
in ordine alla verifica della presenza nello statuto dei requisiti indicati dal citato articolo 3 del decreto-legge
n. 149/2013; non disciplina le conseguenze del mancato deposito dello statuto; non prevede una
procedura per la sanatoria di eventuali irregolarità connesse al deposito dello statuto che possono
pregiudicare la partecipazione del partito o del gruppo politico organizzato alle elezioni, come invece
previsto per le irregolarità connesse al deposito del contrassegno». Nella stessa seduta, una sorta di
“interpretazione autentica” (non dovuta al proponente della norma) è arrivata dal sottosegretario per le
riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto, che nega ogni effetto al mancato
deposito dello statuto: «[…] la collocazione sistematica della disposizione, nel corpo dell’articolo 14
relativo al deposito del contrassegno […] permette – si legge nel resoconto sommario – di ritenerlo un
onere, piuttosto che un vero e proprio obbligo, finalizzato a concorrere alla protezione del partito e
dell’elettore sotto il profilo della riconoscibilità e non confondibilità della lista. Rafforza infatti tale lettura,
oltre al criterio della sedes materiae, anche il confronto con le prescrizioni relative al deposito dei
contrassegni, rispetto alle quali emerge sia la mancata previsione di conseguenze o sanzioni (che
caratterizza la disposizione quale lex imperfecta, recante cioè un principio la cui inottemperanza non è
sanzionata), sia la correlativa assenza di disposizioni in tema di sanatoria o tardiva integrazione in caso di
mancato deposito, che in tale quadro risulterebbero ridondanti stante, appunto, la mancanza di sanzioni».
46 V. l’intervento del senatore Ugo Sposetti (A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea,
resoconto stenografico della 382° seduta, 22 gennaio 2015, 101): «Ora, noi ci accingiamo a votare una
norma che definisce le procedure per l’elezione della Camera dei deputati, e in questa norma è molto
volte ripetuta la parola “partiti”. Ma oggi noi non sappiamo che cos’è un partito [...]; non sappiamo come
si svolge la vita interna di un partito; non sappiamo come vive un partito. Non abbiamo ancora attuato
l’articolo 49 della Costituzione, quindi mi sembrava logico che noi prevedessimo che, per presentare una
lista per l’elezione della Camera dei deputati, fosse stabilita una procedura».
47 Lo stesso Sposetti, in sede di conversione del d.l. sui partiti, era intervenuto in tono critico contro le
norme contenute in quel testo (sul quale ha espresso voto contrario). Ricordando che «[i] Padri costituenti,
con l’articolo 49 della Costituzione, […] hanno voluto porre l’accento sul libero associarsi, sul libero
concorrere da parte dei cittadini e sul metodo democratico, libertà che potremo finalmente garantire solo
attraverso la regolamentazione della vita interna dei partiti, dando cioè finalmente piena attuazione
all’articolo 49» e richiamando il contributo di Luigi Sturzo sul tema (A.P. Senato della Repubblica, XVII
legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 187° seduta, 11 febbraio 2014, 15), il senatore si era
espresso duramente sulla più parte delle disposizioni del decreto, in particolare quelle volte a ridisegnare il
sistema di finanziamento dei partiti, a suo dire troppo ispirate dall’antipolitica e non in grado di concedere
«pari opportunità economiche per produrre politica, per produrre cultura» (ibidem; per approfondire la
posizione, che distingue nettamente «costi della politica» e «costi della democrazia», si rinvia al testo
integrale dell’intervento, depositato dal senatore Sposetti e leggibile ivi, 47 ss.). Nell’intervento in sede di
discussione della legge elettorale, peraltro, sempre Sposetti ha richiamato un precedente intervento del
collega Gaetano Quagliariello, svolto nella discussione della stessa riforma (A.P. Senato della Repubblica,
XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 377° seduta, 15 gennaio 2015, 22 ss., spec. 25-
26): questi, già ministro per le Riforme costituzionali del governo Letta e tra i proponenti del d.l. sui
partiti, dopo aver invitato a «pensare a una legge che attua l’articolo 49 della Costituzione, che prevede
garanzie anche nella formazione di federazioni», ammette che il nuovo sistema di finanziamento della
politica non ha funzionato, poiché «il meccanismo del 2 per mille, che avevamo previsto desse 12 milioni
di euro l’anno, ne ha invece dati circa 600.000 e quindi i partiti […] rischiano di essere debolissimi»).
48 A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta,
22 gennaio 2015, 101: «Quando qualcuno deposita il simbolo, c’è un lavoro enorme a carico del
Ministro dell’interno, che deve fare una selezione dei simboli. Tra l’altro, due cittadini possono depositare
due simboli identici, creando un problema alla magistratura amministrativa». Va però segnalata
l’inesattezza dell’ultima parte dell’affermazione: allo stato attuale, nella situazione delineata alla nota 44, i
giudici amministrativi non hanno spazi di intervento nell’eventuale contenzioso legato alla presentazione
di contrassegni identici o confondibili per le elezioni politiche; il discorso, invece, è corretto per quanto
riguarda le elezioni europee, in cui è previsto un sindacato pre-elettorale del provvedimento contestato
sull’emblema, a norma degli artt. 126 ss. del codice del processo amministrativo. Sul punto, v. di nuovo E.
CATELANI, F. DONATI, M.C. GRISOLIA (a cura di), La giustizia elettorale, cit., in particolare i contributi di
M. CECCHETTI (Il contenzioso pre-elettorale nell’ordinamento costituzionale italiano, ivi, 5 ss.) e, se si vuole, di G.
MAESTRI (I simboli alla sbarra. Il contenzioso sui contrassegni tra giudici da individuare e regole da rivedere, ivi, 163 ss.).
49 A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta,
misto – Italia lavori in corso), Gaetano Quagliariello, Enrico Buemi (gruppo Autonomie – Psi – Maie),
Donato Bruno, Lucio Barani (Grandi autonomie e libertà – Nuovo Psi) e Luigi Zanda (Pd).
51 Intervento del senatore Giacomo Caliendo (Fi), in A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura –
ricostruzioni offerte sono esatte dal punto di vista fattuale, cronologico o giuridico.
53
«Io dal 1992 mi incarico per conto del partito che rappresento di andare a depositare i simboli alle varie
competizioni elettorali e, partendo dal 1992, si dovevano fare le notti per potersi garantire un posto che
non consentisse a qualcuno di presentare delle liste o simboli apocrifi. Gli anni successivi si è avuta una
diversa regolamentazione da parte del Ministero dell’interno; da quest’anno si è ritornati ai tempi in cui
bisognava fare le notti (quest’anno solo tre, per le elezioni europee). E ancora una volta sono stati
depositati i simboli apocrifi della Lega, dei 5 Stelle, dei Fratelli d’Italia, con l’apertura di una procedura di
giorni per poter stabilire se due allegri compagnoni avevano solo portato un simbolo ovvero, come è
capitato al nostro di partito, di qualcuno che ha depositato un simbolo e pretendeva che gli candidassi la
moglie in un posto con elezione sicura per poter ritirare il simbolo che aveva depositato. Quindi, questo
emendamento mi sembra di assoluto buon senso, […] vuol dire regolarizzare il deposito dei simboli,
regolarizzare la vita di un partito che, come giustamente ricordava il collega Sposetti, attende ancora che
qualcuno la definisca nei suoi particolari […] io vorrei pretendere, per i prossimi anni, che quello che
presenta un simbolo per poterti ricattare o per metterti in difficoltà non lo possa più fare» (A.P. Senato
della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta, 22 gennaio
2015, 106-107; si è preferito riportare il testo tratto dal filmato, per una maggiore aderenza all’originale).
54
«C’è un punto delicato: il collega Calderoli […] ha posto un problema, di quelli che presentano i simboli.
Voi non avete idea… che cosa significa al Ministero dell’interno, quando la mattina, alle 8, da tre ore si fa
la fila per essere i primi a presentare… ma questo perché, collega Quagliariello? Perché noi non abbiamo
scritto due righe sul riconoscimento giuridico del partito, perché se ci fosse stato il riconoscimento
giuridico del partito, quel simbolo è il mio e nessun altro me lo può presentare. Oggi è una discussione tra
soggetti diversi, […] di quello che presenta il simbolo e il bravo funzionario del Ministero dell’interno. E
Calderoli sa, perché abbiamo fatto la fila: lui per difendere il simbolo della Lega, io per impedire che trenta
soggetti… trenta soggetti si sono riuniti e hanno detto questo: “I Democratici di sinistra siamo noi”, dopo
la costituzione del Partito democratico… e io ho dovuto seguire tutte le consultazioni elettorali perché
depositavano il simbolo dei Democratici di sinistra. E siccome non c’era il riconoscimento giuridico […],
ad ogni elezione devi essere pronto per andare presso la Corte d’appello o il presso il Tar per intervenire.
Allora queste cose […] sono cose di buonsenso; perché non le dobbiamo normare? […] Perché dobbiamo
rivolgerci sempre a un magistrato? Il magistrato risolve il problema di chi è il simbolo. […] Ma vi sembra
normale che sia un magistrato […], non so di dove, che decide che quel simbolo è di quel partito o di quel
soggetto giuridico? […] Ho sofferto, insieme ad altri colleghi, la non disciplina della normativa che
riguarda i partiti. E siccome noi cambiamo la normativa per eleggere la Camera dei deputati, facciamo in
modo che quel soggetto sappia quello che deve fare» (A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura –
Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta, 22 gennaio 2015, 109-110; anche qui si è scelto di
riportare il testo tratto dal filmato di seduta, preferendo la fedeltà alle parole pronunciate anche quando
ciò ha comportato una minore uniformità sintattica del discorso).
55 Il riferimento è a un contenzioso citato dallo stesso Sposetti: questi si è opposto più volte in sede
elettorale, quale legale rappresentante dei Democratici di sinistra, alla presentazione dell’ultima versione
del simbolo del partito (e a volte anche di liste) effettuata da un gruppo di persone guidato dall’avvocato
barlettese Antonio Corvasce. Costoro, nel 2008, per poter continuare ad appartenere ai Ds e cercare di
depositarne il simbolo in vista delle elezioni politiche, avevano scelto di avviare un nuovo tesseramento
(sostenendo, tra l’altro, che l’iscrizione al Pd dei vecchi dirigenti fosse incompatibile per statuto con la
permanenza nel partito della quercia), convocare un’assemblea generale degli iscritti al partito e subito
dopo un congresso straordinario che ne deliberasse la continuità dell’attività politica. Per il racconto della
vicenda politica e giuridica (il contenzioso in sede civile tra le due dirigenze Ds non risulta ancora
concluso), sia consentito rinviare a G. MAESTRI, Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia
andata a male, Ariccia, 2014, 207-210; non risulta che emblema e liste dei Ds-Corvasce siano mai stati
ammessi a qualche consultazione, ma dal 2009 in poi Sposetti ha sempre fatto depositare l’emblema dei
Ds al Viminale in occasione delle elezioni di rilievo nazionale e ha monitorato vari appuntamenti elettorali
in Italia, preparandosi a intervenire in caso di presentazioni di simboli e liste ritenuti “di disturbo”.
56
Le ipotesi citate si riferiscono al discorso del senatore Calderoli, ma occorre qualche precisazione. Non è
intanto dato sapere cosa egli intendesse per «diversa regolamentazione da parte del Ministero dell’interno»
circa la presentazione dei simboli (non risultano decisioni o direttive del Viminale che negli ultimi anni
siano intervenute sul criterio di prevalenza degli emblemi tradizionali, magari rappresentati in Parlamento,
e sul principio prior in tempore potior in iure, restituendo importanza alla “fila” per il deposito dei loghi).
Secondariamente, l’episodio dei «simboli apocrifi» del MoVimento 5 Stelle e di Fratelli d’Italia (ma in
quest’ultimo caso parlare di emblemi “apocrifi” sembra molto scorretto, anche se non è questo il luogo
per parlare a fondo della vicenda che ha visto contrapposti Fdi e il preesistente Movimento politico
Fratelli d’Italia di Salvatore Rubbino) non risale al 2014, ma alle elezioni politiche del 2013: sul tema, si
perdoni il rinvio a G. MAESTRI, Rifiuti simbolici: i contrassegni ricusati e l’evoluzione normativa, in Federalismi.it,
2013, 3. Alla stessa consultazione è riferito l’altro episodio identificato in modo inequivocabile da
Calderoli, pur senza fare nomi: la Lega Nord si era opposta all’ammissione del contrassegno di «Prima il
Nord!», partito presieduto da Diego Volpe Pasini e il cui nome era identico a uno slogan usato dalla Lega
nelle sue campagne (persino la grafica era simile); dopo che l’Ufficio elettorale centrale nazionale aveva
respinto l’opposizione confermando l’ammissibilità del segno, i media hanno dato notizia della candidatura
di Sara Papinutto (moglie di Volpe Pasini) nelle liste leghiste della Camera, in posizione potenzialmente
eleggibile in Emilia-Romagna, contestualmente alla mancata presentazione delle liste di «Prima il Nord!».
57 Resta facoltà di ogni formazione allegare allo statuto la rappresentazione grafica del simbolo stesso; nella
pratica, quasi tutti i partiti scelgono di allegare pure il disegno dell’emblema, anche nella convinzione che
ciò produca una tutela maggiore.
58 Frase tratta dall’intervento del senatore Stefano Candiani (Lega Nord), in A.P. Senato della Repubblica,
XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta, 22 gennaio 2015, 113.
59 A.P. Senato della Repubblica, XVII legislatura – Assemblea, resoconto stenografico della 382° seduta,
fanno uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che
riproduca tale simbolo».
61 Naturalmente, a prescindere dall’apparente legittimazione, gli organi di controllo potranno verificare per
altre vie che i depositanti non sono legittimati all’uso di un determinato simbolo.
62 La formulazione è molto ampia e potenzialmente molto restrittiva, specie ove si consideri che – fino a
quando dotarsi di uno statuto con forme e contenuti richiesti dall’art. 3 del d.l. n. 149/2013 sarà un onere
per i soli partiti interessati a fruire delle provvidenze dello stesso decreto – a chi voglia fondare un nuovo
soggetto politico potrebbero essere noti con certezza solo i partiti che abbiano ottenuto l’iscrizione nel
Registro dei partiti riconosciuti, oltre che le formazioni rappresentate in Parlamento.
63 Lo prova il fascio di decisioni prese dal Ministero dell’interno, dall’Ufficio elettorale centrale nazionale e
da commissioni locali (oltre che da vari organi di giustizia amministrativa) in materia di scudo crociato nel
corso degli anni. Ne dà conto, se si vuole, G. MAESTRI, Elezioni europee 2014 e contrassegni: poche bocciature, ma
significative, in Federalismi.it, 2015, 9 (Osservatorio sui simboli politici)
64 Ufficio elettorale centrale nazionale, 17-18 gennaio 2013, n. 2, Lega Nord c. Prima il Nord! Si tratta
proprio della decisione con cui è stata respinta l’opposizione della Lega nel caso citato alla nota 56.
65 Può risultare utile, ad esempio, apportare anche solo piccole varianti (magari legate alla forma, al colore
o alla font utilizzata per il testo), evitando di incorrere in una sorta di “imitazione servile” dell’elemento.
66 Per un’analisi dei testi e per la valutazione degli effetti del riconoscimento della personalità giuridica, si
conceda il rinvio a G. MAESTRI, Regolare i partiti: «la volta buona» o un ostacolo alla partecipazione?, in Confr. cost., 11
giugno 2014, disponibile su www.confronticostituzionali.eu (ultima consultazione 12 giugno 2015).
67 Vari progetti prevedevano l’attribuzione della personalità giuridica; nel testo unificato discusso alla Camera,
però, il punto non era stato conservato. Non paia inelegante rinviare a G. MAESTRI, «Con metodo democratico»: i
progetti di legge per attuare l’articolo 49 della Costituzione, nella XVI legislatura, in Rass. parl., 2012, 4, 857-886.
68 G. AMATO, Nota su una legge sui partiti, cit.
69 Vale, ad esempio, per le proposte A.C. 186 (Pisicchio), 199 (Di Lello e altri), 681 (Grassi e altri), 1161
(Rampelli e altri), 1325 (Gitti e altro); A.S. 260 (Finocchiaro e altri), 659 (Pagliari), 807 (Piemonte), 891
(Buemi e altri), 966 (Compagna). Sembra fare eccezione solo A.C. 343 (Pastorino e altri).
70 A.C. 3004 (Fontanelli e altri), A.S. 1852 (Sposetti) e A.S. 1933 (Orellana e altri). I primi due testi
esentano dalla raccolta firme i partiti riconosciuti e con una presenza qualificata nelle assemblee elettive;
gli ultimi due si propongono di regolare anche lo strumento delle primarie.
71 Se si considera il numero di 100 collegi plurinominali, su una popolazione totale di quasi 60 milioni di
abitanti su quel territorio, si può immaginare – con gli evidenti limiti che un conto simile presenta – una
media di circa 600mila abitanti per ogni collegio: la raccolta di firme sarà molto più semplice rispetto a un
recente passato nelle circoscrizioni territoriali più popolose (e con più seggi da assegnare), mentre il livello
di difficoltà resterà simile a quello già noto (o potrà aumentare un po’) nei collegi di magnitudo minore.
72 V. G. FERRARI, Elezioni (teoria generale) (voce), cit., par. 44.
73 Cfr. P. RIDOLA, Partiti politici (voce), cit., par. 6. Per l’uso del verbo «presentare», v. r.d. 13 dicembre 1923,
n. 2694 (Testo unico della legge elettorale politica, successivo alla l. n. 2444/1923, cd. “legge Acerbo”), art.
52: «Le liste recanti il cognome e il nome dei candidati […] debbono essere presentate da almeno trecento e
non più di cinquecento elettori inscritti nelle liste elettorali dei comuni della circoscrizione […]».
74 V. P. RIDOLA, ult. loc. cit.
75 V. S. BIRCH, Electoral Malpractice, Oxford, 2011, 22; L. MASSICOTTE, A. BLAIS, A. YOSHINAKA, Establishing
the Rules of the Game: Election Laws in Democracies, Toronto-London, 2004, 61-65; R.S. KATZ, Democracy and
Elections, Oxford, 1997, 255-262; G.S. GOODWIN-GILL, Free and Fair Elections, Geneva, 1994, 56-57.
76 Sull’importanza della raccolta firme come uno dei rari momenti «di possibile “selezione” (o, se si vuole,
di verifica della rappresentatività) delle formazioni politiche da parte del corpo elettorale» in un sistema a
“liste bloccate” v. L. TRUCCO, Dai terremoti del 1968 alla soppressione delle sottoscrizioni nel 2008: l’espansione della
decretazione d’urgenza in materia elettorale, in P. COSTANZO (a cura di), La decretazione d’urgenza (il caso dei c.d.
“decreti sicurezza”), Genova, 2008, 14-27, spec. 24.
77 G. FERRARI, Elezioni (teoria generale) (voce), ult. loc. cit.
78 Ibidem: «il numero delle sottoscrizioni, troppo basso nelle elezioni politiche, e talvolta troppo alto in un
Italia c. Ufficio elettorale circoscrizionale Italia centrale: si è scelta una pronuncia recente per mostrare che
il principio di rappresentanza nelle assemblee elettive è tuttora considerato fondamentale per concedere
l’esenzione, a prescindere dai risultati effettivi (spesso scarsi) riscontrati a scrutinio terminato.
80 Assieme a una prima sensibile riduzione del numero di firme (la “forchetta” passò da 500-1000 a 350-
700 elettori per collegio). Il taglio colpisce specie se si considera che la possibile “platea” di sottoscrittori
era aumentata: nel 1958 si contavano 32,4 milioni di elettori, nel 1976 – anche per il conseguimento della
maggiore età al compimento del 18° anno, in base alla legge n. 39/1975 – erano saliti a 40,4 milioni.
81 La legge intervenne pure sulla l. n. 18/1979, estendendo alle elezioni europee l’esonero per i contrassegni
compositi con simbolo esente. Dall’inizio era prevista l’esenzione per i partiti con gruppi parlamentari o eletti
alle Camere; la legge n. 61/1984 aveva inserito la deroga per i partiti già presenti al Parlamento europeo (nel
1990 si è aggiunto il vincolo di avere partecipato con proprio emblema alle elezioni precedenti).
82 In seguito il fenomeno sarebbe stato assai evidente in occasione delle elezioni europee, con i movimenti
più piccoli, tra quelli dotati di rappresentanza parlamentare, che consentivano ad altri partiti minori (ma
senza rappresentanti) o emergenti di presentarsi alle elezioni senza firme, magari per ottenerne vantaggi.
83 Vengono in considerazione le leggi 4 agosto 1993, nn. 276 e 277.
84 Parla – non senza sarcasmo – di «legislature virtuose» della «prima parte della cd. transizione», in cui «si
era tutti pieni di buona volontà» C. FUSARO, Presentazione delle liste ed esenzione dalla raccolta firme. Una
buffonata di cui vergognarsi, in Forum Quad. cost, 18 febbraio 2008, disponibile su www.forumcostituzionale.it
(ultima consultazione 16 marzo 2015).
85 La legge n. 90/2004, intervenendo in materia elettorale, aggiunse l’ulteriore deroga – applicata solo in
quel turno – per i partiti che avessero presentato liste nella quota proporzionale della Camera e che, pur
non avendo eletti, risultassero collegate almeno a un deputato eletto in un collegio uninominale, «pur sotto
un diverso contrassegno». Tale novella permise di esentare dalla raccolta firme la lista che impiegava
l’emblema (pure in contrassegno composito) con cui si erano distinte alle elezioni politiche del 2001 le
“liste civetta”, usate dal centrodestra e dal centrosinistra per collegare i loro candidati nei collegi
uninominali della Camera e neutralizzare l’effetto dello “scorporo”. Gli emblemi di Per l’abolizione dello
scorporo e contro i ribaltoni e Paese nuovo furono utilizzati come “pulci” per risparmiare la raccolta firme
ai Verdi Verdi - Verdi federalisti e alla Democrazia cristiana, avvertiti dagli avversi schieramenti come
“formazioni di disturbo”, che altrimenti non sarebbero riuscite a raccogliere le sottoscrizioni richieste.
dell’effettivo contesto quale esso allora si presentava – i privilegiandi, a prezzo di ogni pur minima
ragionevolezza» parla ancora C. FUSARO, Presentazione delle liste, cit.: unico soggetto a non poter fruire di quel
vantaggio fu la Rosa nel pugno, che era coalizzata con liste esentate e poteva contare su almeno un
europarlamentare, ma – come “cartello” che univa radicali e socialisti – aveva già dichiarato l’uso di un
contrassegno diverso da quelli rappresentati a Strasburgo. Connessa al caso e, in generale, all’assenza di tutela
giurisdizionale nel processo propedeutico alle elezioni politiche è Corte cost., (ord.) 22-24 febbraio 2006, n.
79: la Consulta ha dichiarato manifestamente inammissibile il conflitto d’attribuzione sollevato dalla Rosa nel
pugno nei confronti delle Camere che avevano approvato le modifiche alla legge elettorale, ritenendo che i
partiti, non essendo organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà di un potere statale, non
fossero legittimati a sollevare il conflitto. V. A. MANNINO, I partiti politici davanti alla Corte costituzionale, in
Forum Quad. cost., 3 maggio 2006, disponibile su www.forumcostituzionale.it (ultima consultazione, per tutte
le citazioni, 16 marzo 2015); S. CURRERI, Non varcate quella soglia! (prime considerazioni sull’ordinanza n. 79/2006
della Corte costituzionale circa l’inammissibilità del conflitto di attribuzioni sollevato da un partito politico), in Forum Quad.
cost., 18 aprile 2006, disponibile su www.forumcostituzionale.it; A. RIDOLFI, La Corte costituzionale nega ai partiti
politici la possibilità di sollevare conflitti di attribuzione, in Rivista Aic - Cronache, 20 marzo 2006, disponibile su
http://archivio.rivistaaic.it (ultima consultazione, per tutte le citazioni, 16 marzo 2015). Parla di «ripresa
intensa del privilegio partitico», pure con riferimento all’esenzione per i partiti legati ai gruppi parlamentari F.
LANCHESTER, I diritti di partecipazione politica nell’innovazione istituzionale incrementale italiana, in Rivista Aic –
Dossier, 17 novembre 2006, disponibile su http://archivio.rivistaaic.it.
87 Sul tema v. l’approfondito contributo di L. TRUCCO, Dai terremoti del 1968, cit., 23 ss), disponibile su
88 Critica l’intervento normativo d’urgenza nel metodo (il decreto aveva inciso direttamente sulla
possibilità di presentare liste, condizionando l’offerta elettorale e, di riflesso, il voto) e nel merito (lo
strumento era meno discriminatorio di altri, ma comportava una deroga di portata enorme, che rischiava
di moltiplicare la frammentazione, consentendo di correre senza firme a formazioni la cui esigua
rappresentanza magari era emersa addirittura a Camere sciolte) C. FUSARO, Presentazione delle liste, cit.
89 Commenta con sarcastica durezza l’emendamento che ha allargato ancora il novero dei soggetti esentati
– probabilmente, come si legge pure in L. TRUCCO, Dai terremoti del 1968, cit., 23 per includervi Sinistra
critica, cui si riferiva il proponente dell’emendamento, il deputato Salvatore Cannavò – C. FUSARO, Post
Scriptum a Presentazione delle liste ed esenzione dalla raccolta firme. Una buffonata di cui vergognarsi, in Forum Quad.
cost., 21 febbraio 2008, disponibile su www.forumcostituzionale.it (ultima consultazione 16 marzo 2015).
90 Iter conclusosi con l’approvazione della legge 31 dicembre 2012, n. 232.
91 Aveva espresso – comprensibilmente – l’auspicio, enunciando anche altre idee sul vicino appuntamento
elettorale, C. FUSARO, Tempi stretti? Quasi inesistenti. Più qualche altra nota sulla tragicommedia della legge elettorale,
in Astrid, 22 novembre 2012, disponibile su www.astrid-online.it (ultima consultazione 16 marzo 2015).
92 Ne dà conto funditus M. MARSILI, Elezioni, firme false: così fan tutti, in La Voce d’Italia, 26 gennaio 2013,
disponibile all’indirizzo http://voceditalia.it/articolo.asp?id=91279 (ultima consultazione 15 marzo 2015).
93 Cass., sez. V pen., 14 novembre -20 dicembre 2013, n. 51523.
94 Tar Piemonte, sez. I, 9-15 gennaio 2014, n. 66; Cons. Stato, sez. V, 11-17 febbraio 2014, n. 755.
95 Si conceda il rinvio a G. MAESTRI, Il caso delle regionali in Piemonte: se il problema è metterci la firma (e
autenticarla), in Confr. cost., 30 gennaio 2014, disponibile su www.confronticostituzionali.eu (ultima
consultazione 16 marzo 2015).
96 Tar Piemonte, sez. I, 19-25 febbraio 2015, n. 352.
97 Tar Piemonte, sez. I, 9 luglio 2015, n. 1121 (dispositivo).
98 Nei giorni del deposito della sentenza del Tar Piemonte di febbraio, poi, il tribunale penale di Milano
pubblicava la decisione di condanna di Guido Podestà per reati di falso elettorale, circa le sottoscrizioni
per la lista regionale Per la Lombardia e quella provinciale del Pdl a Milano, relativamente alle elezioni
regionali lombarde del 2010 (contemporanee a quelle annullate in Piemonte). Anche tale vicenda non si è
chiusa, ma contribuisce a dare conto della diffusione del problema e della necessità di trovare soluzioni.
99 Con l’aggravante, se si concede l’osservazione, che la parte risultata prevalente alle elezioni aveva scelto
di raccogliere le firme, senza avvalersi delle esenzioni previste dalla legge regionale e cui aveva dritto, come
segnale di “discontinuità” rispetto ai fatti del 2010. In più, ad colorandum, in questo caso – come riportato
dai media, che citano perizie disposte dal pubblico ministero – ci si potrebbe trovare di fronte alla
falsificazione della firma di un autenticatore, questione che, per i giudici, «già allo stato degli atti, può dirsi
sostenuta quanto meno da un principio di prova alla luce delle stesse sconcertanti dichiarazioni rese dal
diretto interessato agli organi di stampa». Sulla gravità di tali episodi, non inficiata dal recentissimo
verdetto di inammissibilità di parte delle censure dedotte, si tolleri il rinvio a G. MAESTRI, Chi di firme ferisce
…. Ancora sul caso Piemonte, la sottoscrizione delle liste e il contenzioso elettorale, in Confr. cost., 12 maggio 2015,
disponibile su www.confronticostituzionali.eu (ultima consultazione 10 giugno 2015).
100 V. A. GIGLIOTTI, Presentazione delle liste e raccolta delle firme: quando rispettare la legge è (quasi) impossibile, in
Ballot. Numeri e voti che contano, 10 febbraio 2013, disponibile su www.associazioneballot.com (ultima
consultazione 16 marzo 2015).
101 Il discorso potrebbe essere replicato, senza sostanziali differenze, anche per gli altri livelli di elezione.
102 In tal senso, volendo, G. MAESTRI, Il voto libero: la necessità di regole chiare e trasparenti sul procedimento preparatorio e
di un contenzioso che decida rapidamente, in Luiss School of Government– Working Paper Series, 2013, 7, 14-15.
103 L’Italia in più il 29 giugno 1990 ha firmato a Copenhagen un documento a chiusura della Conferenza sulla
Dimensione Umana della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Csce/Osce): al punto 7.5
si legge che «[p]er garantire che la volontà del popolo sia alla base dell’autorità di governo, gli Stati […]
rispetteranno il diritto dei cittadini di candidarsi a cariche politiche o pubbliche, personalmente o in
rappresentanza di partiti o organizzazioni politiche, senza discriminazione alcuna». Il testo impegna l’Italia a
consentire candidature indipendenti (e individuali), al di fuori di organizzazioni politiche: ad oggi si è lontani
da ciò, ma ci si dovrebbe chiedere se sarebbe ragionevole chiedere un minimo di firme a sostegno di chi non
è parte di organizzazioni (in alcuni paesi accade), o se anche questo potrebbe essere discriminatorio.
104 Ne sia prova la scomparsa dalle aule parlamentari – anche per colpa delle soglie di sbarramento, ma
non solo – di forze politiche che, fino a pochi giorni prima delle elezioni, potevano contare su vari
rappresentanti eletti tempo prima, mentre alle urne hanno ottenuto risultati minimi, inferiori anche all’1%.
105 Ovviamente ci si riferisce a eletti di primo grado, non ai presidenti e consiglieri delle province di oggi.
106 Lo stesso si potrebbe dire, al limite, per i presidenti e i vicepresidenti dei consigli circoscrizionali.
107 Non sfugge peraltro che, in alcuni casi, la scelta potrebbe essere problematica per ragioni economiche,
visto che certe figure operano a pagamento: la legge dovrebbe preoccuparsi anche di questi aspetti.