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2023

GUIDA PRATICA
FISCALE
Contenzioso Tributario e Istituti Deflativi

TEMI

NUOVE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA

RAFFORZAMENTO DELL’ONERE DELLA PROVA

AMMISSIBILITÀ DELLA PROVA TESTIMONIALE

TREGUA FISCALE: LA LEGGE DI BILANCIO 2023


E IL DL BOLLETTE

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2023

GUIDA PRATICA
FISCALE
Contenzioso Tributario e Istituti Deflativi
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GUIDA PRATICA FISCALE CONTENZIOSO TRIBUTARIO E ISTITUTI DEFLATIVI
R. Lunelli, F. Ravasio, M. Lunelli, L. Lunelli

La Guida Pratica Fiscale Contenzioso Tributario e Istituti Deflativi è arricchita da due preziosi supporti:
il Codice Imposte Indirette 1/2023 e
il Codice Imposte Dirette 2/2023

Legenda:

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2, l'immediata consultazione della fonte normativa, completa di modifiche, riferimenti, giurisprudenza
ed interpretazioni
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P. Ceroli, C. Delladio, R. Esposito, E. Gobbi, M. Iori, M. Postal, M. Pozzoli.

Guida Pratica Fiscale - Contenzioso Tributario e Istituti Sede legale: viale Sarca n. 223 - 20126 Milano
Deflativi 2023 Responsabile di redazione: Irene Chiappalone
Coordinamento editoriale: Sandra Ravaglioli
Direttore Responsabile: ROBERTO ESPOSITO Redazione: Gianluca Lopergolo
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Vice Presidente: CLAUDIA PARZANI ISBN 9.791.254.831.052
Amministratore Delegato: MIRJA CARTIA D'ASERO Il volume è stato chiuso in redazione il 8 giugno 2023
Sommario

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CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Processo tributario
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546
TITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI
Capo I – Del giudice tributario e suoi ausiliari
6 1 – Gli organi della giurisdizione tributaria
8 2 – Oggetto della giurisdizione tributaria
17 3 – Difetto di giurisdizione
19 4 – Competenza per territorio
22 4-bis - Competenza del giudice monocratico
23 5 – Incompet2enza
24 6 – Astensione e ricusazione dei componentidelle commissioni tributarie
26 7 – Poteri delle commissioni tributarie
35 8 – Errore sulla norma tributaria
37 9 – Organi di assistenza alle commissioni tributarie
Capo II – Delle parti e della loro rappresentanza e assistenza in giudizio
39 10 – Le parti
43 11 – Capacità di stare in giudizio
47 12 – L’assistenza tecnica
57 13 – Assistenza tecnica gratuita
60 14 – Litisconsorzio ed intervento
69 15 – Spese del giudizio
82 16 – Comunicazioni e notificazioni
86 16-bis – Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici
92 17 – Luogo delle comunicazioni e notificazioni
97 17-bis – Il reclamo e la mediazione

TITOLO II – IL PROCESSO
Capo I – Il procedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale
Sezione I – Introduzione del giudizio
123 18 – Il ricorso
136 19 – Atti impugnabili e oggetto del ricorso
151 20 – Proposizione del ricorso
153 21 – Termine per la proposizione del ricorso
159 22 – Costituzione in giudizio del ricorrente
165 23 – Costituzione in giudizio della parte resistente
168 24 – Produzione di documenti e motivi aggiunti
171 25 – Iscrizione del ricorso nel registro generale – Fascicolo d’ufficio
del processo e fascicoli di parte
176 25-bis - Potere di certificazione di conformità
177 26 – Assegnazione del ricorso
Sezione II – L’esame preliminare del ricorso
179 27 – Esame preliminare del ricorso
180 28 – Reclamo contro i provvedimenti presidenziali
181 29 – Riunione dei ricorsi
Sezione III – La trattazione della controversia
182 30 – Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione
183 31 – Avviso di trattazione
186 32 – Deposito di documenti e di memorie
188 33 – Trattazione in camera di consiglio
191 34 – Discussione in pubblica udienza
198 35 – Deliberazioni del collegio giudicante
IV SOMMARIO

Sezione IV – La decisione della controversia


200 36 – Contenuto della sentenza
205 37 – Pubblicazione e comunicazione della sentenza

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207 38 – Richiesta di copie e notificazione della sentenza
Sezione V – Sospensione, interruzione ed estinzione del processo
212 39 – Sospensione del processo
216 40 – Interruzione del processo
220 41 – Provvedimenti sulla sospensione e sull’interruzione del processo
221 42 – Effetti della sospensione e dell’interruzione del processo
221 43 – Ripresa del processo sospeso o interrotto
223 44 – Estinzione del processo per rinuncia al ricorso
225 45 – Estinzione del processo per inattività delle parti
226 46 – Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere
Capo II – I procedimenti cautelare e conciliativo
228 47 – Sospensione dell’atto impugnato
238 [47-bis – Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato
e definizione delle relative controversie]
240 48 – Conciliazione fuori udienza
241 48-bis – Conciliazione in udienza
242 48-bis.1 - Conciliazione proposta dalla Corte di giustizia tributaria
243 48-ter – Definizione e pagamento delle somme dovute
Capo III – Le impugnazioni
Sezione I – Le impugnazioni in generale
262 49 – Disposizioni generali applicabili
264 50 – I mezzi d’impugnazione
265 51 – Termini d’impugnazione
Sezione II – Il giudizio di appello davanti alla Commissione Tributaria
Regionale
269 52 – Giudice competente e provvedimenti sull’esecuzione provvisoria
in appello
271 53 – Forma dell’appello
280 54 – Controdeduzioni dell’appellato e appello incidentale
282 55 – Provvedimenti presidenziali
282 56 – Questioni ed eccezioni non riproposte
284 57 – Domande ed eccezioni nuove
287 58 – Nuove prove in appello
289 59 – Rimessione alla commissione provinciale
291 60 – Non riproponibilità dell’appello dichiarato inammissibile
292 61 – Norme applicabili
Sezione III – Il ricorso per cassazione
294 62 – Norme applicabili
316 62-bis – Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentenza
impugnata per cassazione
318 63 – Giudizio di rinvio
Sezione IV – La revocazione
321 64 – Sentenze revocabili e motivi di revocazione
323 65 – Proposizione della impugnazione
324 66 – Procedimento
325 67 – Decisione
Capo IV – L’esecuzione delle sentenze delle Commissioni Tributarie
325 67-bis – Esecuzione provvisoria
326 68 – Pagamento del tributo in pendenza del processo
332 69 – Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente
335 69-bis – Aggiornamento degli atti catastali
336 70 – Giudizio di ottemperanza

TITOLO III – DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE


342 71 – Norme abrogate
342 72 – Controversie pendenti davanti alle commissioni tributarie di primo
e di secondo grado
343 73 – Istanza di trattazione
SOMMARIO V

343 74 – Controversie pendenti davanti alla corte d’appello


343 75 – Controversie pendenti davanti alla commissione tributaria centrale
345 76 – Controversie in sede di rinvio

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345 77 – Procedimento contenzioso amministrativo davanti all’intendenza
di finanza o al ministero delle finanze
345 78 – Controversie già di competenza delle commissioni comunali
per i tributi locali
346 79 – Norme transitorie
346 80 – Entrata in vigore

Organi speciali di giurisdizione tributaria


D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545
Capo I – Gli organi della giurisdizione tributaria
347 1 – Le Commissioni Tributarie
349 1-bis - La giurisdizione tributaria
350 2 – La composizione delle Commissioni Tributarie
351 3 – I presidenti delle Commissioni Tributarie e delle sezioni
353 4 – I giudici delle Commissioni Tributarie provinciali
355 4-bis - Requisiti per l'ammissione al concorso per esami
355 4-ter - Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta
357 4-quater - Commissione del concorso
359 4-quinquies - Tirocinio dei magistrati tributari
359 5 – I giudici delle Commissioni Tributarie Regionali
360 5-bis - Formazione continua dei giudici e magistrati tributari
360 6 – La formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti
Capo II – I componenti delle Commissioni Tributarie
363 7 – Requisiti generali
364 8 – Incompatibilità
366 9 – Procedimenti di nomina dei componenti delle commissioni tributarie
368 10 – Giuramento
368 11 – Durata dell’incarico e assegnazione degli incarichi per trasferimento
371 12 – Decadenza dall’incarico
372 13 – Trattamento economico
376 13-bis - Trattamento economico dei magistrati tributari
378 14 – Responsabilità
378 15 – Vigilanza e sanzioni disciplinari
379 16 – Procedimento disciplinare
Capo III – Il consiglio di presidenza della giustizia tributaria
381 17 – Composizione
381 18 – Durata
382 19 – Il presidente
382 20 – Ineleggibilità
382 21 – Elezione del consiglio di presidenza
384 22 – Votazioni
384 23 – Proclamazione degli eletti. Reclami
385 24 – Attribuzioni
386 24-bis - Ufficio del massimario
387 25 – Convocazione
387 26 – Deliberazioni
387 27 – Trattamento dei componenti del consiglio di presidenza
388 28 – Scioglimento del consiglio di presidenza
388 29 – Alta sorveglianza
388 29-bis – Autonomia contabile del consiglio di presidenza della giustizia
tributaria
Capo IV – Gli uffici di segreteria
389 30 – Ufficio di segreteria del consiglio di presidenza
389 31 – Uffici di segreteria delle commissioni tributarie
389 32 – Personale addetto agli uffici di segreteria delle commissioni
tributarie
390 33 – Trattamento economico del personale degli uffici di segreteria
390 34 – Amministrazione del personale delle segreterie
VI SOMMARIO

390 35 – Attribuzioni del personale delle segreterie


Capo V – I servizi amministrativi del contenzioso
392 36 – Servizi automatizzati

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392 37 – Attività di indirizzo agli uffici periferici
393 38 – Rilevazione ed esame dei motivi di accoglimento dei ricorsi
393 39 – Rilevazioni statistiche
394 40 – Ufficio del massimario
395 41 – Corsi di aggiornamento
Capo VI – Disposizioni finali e transitorie
396 42 – Insediamento delle commissioni tributarie
397 43 – Nomina dei primi componenti nelle Commissioni Tributarie
Regionali e Provinciali
398 44 – Nomina nelle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali
dei componenti della Commissione Tributaria Centrale
399 44-bis - Decisione di controversie pendenti al 1 aprile 1996
399 44-ter – Modifica delle tabelle
399 45 – Prima costituzione del consiglio di presidenza della giustizia
tributaria
399 46 – Personale addetto alle segreterie delle commissioni tributarie
soppresse
400 47 – Rinunzia all’assegnazione alle segreterie delle Commissioni
Tributarie Provinciali e Regionali
400 48 – Modalità particolari di inquadramento del personale delle segreterie
401 49 – Norme abrogate
401 50 – Regolamenti
401 51 – Entrata in vigore
Scadenzario ricorsi, memorie
402 Le regole del processo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale
in sintesi
407 Ultimo termine per presentare il ricorso
408 Ultimo termine per la costituzione in giudizio del ricorrente
409 Ultimo termine per depositare prima della trattazione documenti

411 Formulario degli atti principali nel processo tributario


telematico

ISTITUTI DEFLATIVI DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO


Ravvedimento operoso
439 Artt. 13-13-bis, D.Lgs. 472/1997

Osservazioni e richieste del contribuente sottoposto


a verifiche fiscali
485 Art. 12, co. 7, L. 212/2000

Accertamento con adesione ai fini delle imposte sui redditi


e dell’Iva
516 Artt. da 1 a 15-bis, D.Lgs. 218/1997

Accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette


diverse dall'Iva
569 Artt. 1-13, D.Lgs. 218/1997

Autotutela (tributaria)
590 Art. 2-quater, D.Lgs. 564/1994
591 Artt. 1-8, D.M. 37/1997

Definizione degli avvisi bonari


608 Artt. 2-3-bis, D.Lgs. 462/1997
SOMMARIO VII

Acquiescenza
637 Artt. 15-15-bis, D.Lgs. 218/1997

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Definizione agevolata delle (sole) sanzioni
656 Artt. 16-17, D.Lgs. 472/1997

Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti in


Cassazione
669 Art. 5, L. 130/2022

Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazione


Art. 1, co. 213-218 - L. 197/2022

696 Formulario dei principali atti degli Istituti deflativi


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Indice delle novità

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Processo tributario
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546
Titolo I
Disposizioni generali
Capo I - Del giudice tributario e suoi ausiliari
Oggetto della giurisdizione tributaria (Art. 2)
13 Controversie escluse dalla giurisdizione tributaria (co. 1)
Competenza del giudice monocratico (Art. 4-bis)
22 Competenza del Giudice monocratico
25 Poteri delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado (Art. 7)
29 ONERE della prova
CAPO II - Delle parti e della loro rappresentanza e assistenza in giudizio
Capacità di stare in giudizio (Art. 11)
46 Contribuente fallito
Spese del giudizio (Art. 15)
72 Deroga (parziale) (co. 2)
Liquidazione delle spese processuali «a favore della parte privata» (co.
73
2-quinquies)
Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici (Art. 16-bis)
88 Notifiche e depositi telematici (co. 3 e 3-bis)
90 Indirizzo PEC dei professionisti
Luogo delle comunicazioni e notificazioni (Art. 17)
93 Processo Tributario Telematico P.T.T.
Il reclamo e la mediazione (Art. 17-bis)
98 Processo Tributario Telematico P.T.T.
109 Sanzioni irrogabili e ravvedimento operoso
110 Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI

Titolo II - Il Processo
Capo I - Il procedimento dinanzi alla corte di giustizia tributaria di primo
grado
Sezione I – Introduzione del giudizio
Il ricorso (Art. 18)
124 Processo Tributario Telematico P.T.T.
128 Atti esclusi da C.U.
131 Requisiti essenziali del ricorso (co. 2)
Termine per la proposizione del ricorso (Art. 21)
153 Termine (perentorio) per la proposizione del ricorso (co. 1)
156 Giorni festivi ed equiparati
157 Periodo feriale
Costituzione in giudizio del ricorrente (Art. 22)
162 Costituzione telematica del ricorrente
164 Conformità digitale degli atti
Costituzione in giudizio della parte resistente (Art. 23)
167 Processo Tributario Telematico P.T.T.
Potere di certificazione di conformità (Art. 25-bis)
176 La certificazione di conformità
Sezione IV - La decisione della controversia
Contenuto della sentenza (Art. 36)
202 «Vizi»
204 Motivazione e dispositivo
Richiesta di copie e notificazione della sentenza (Art. 38)
209 Sentenza non notificata o «non conosciuta» (co. 3)
Sezione V – Sospensione, interruzione ed estinzione del processo
Interruzione del processo (Art. 40)
217-218 Interruzione del processo
X INDICE DELLE NOVITÀ

Capo II I procedimenti cautelare e conciliativo


Conciliazione giudiziale (Artt. 48, 48-bis, 48-bis.1 e 48-ter)
Conciliazione c.d. «rafforzata» ex art. 1, co. da 206 a 212, L. 197/2022, di

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246
Bilancio 2023
247 Conciliazione rafforzata delle controversie pendenti con gli Enti locali
248-249 Modalità
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive
253-254 alla prima ex art. 1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio
2023
254-255 Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI
Capo III - Le impugnazioni
Sezione III - Il ricorso per Cassazione
Norme applicabili (Art. 62)
297-298 Modifiche del c.p.c.
299-300 Requisiti
310-312-313-314 Processo Civile Telematico P.C.T.
314 Controricorso e ricorso incidentale

Organi speciali di Giurisdizione Tributaria


D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545
Capo I - Gli organi della giurisdizione tributaria
I giudici delle corti di giustizia tributaria di primo grado
354 Giudici delle Corti di giustizia tributaria di primo grado
Capo II - I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado
Trattamento economico (Art. 13)
374 Trattamento economico (co. 1 e 2)

Ravvedimento operoso
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472
Ravvedimento già operoso (Art. 13)
444-445 Regole generali
453 LIQUIDAZIONE dell’UFFICIO (co. 3)
468-469-470-471-472-473 Singole fattispecie
Osservazioni e richieste del contribuente sottoposto a verifiche fiscali
L. 27 luglio 2000, n. 212
Osservazioni e richieste del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (Art.
12, comma 7)
490-493 Ambito di applicazione del contraddittorio anticipato
494 Fattispecie in cui il contraddittorio anticipato NON si applica
Accertamento con adesione ai fini delle imposte sui redditi e dell'Iva
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Accertamento con adesione ai fini delle imposte sui redditi e dell'iva (Art. 1,
co. 1 e seguenti)
Accertamento con adesione «rafforzato» ex art. 1, co. da 179 a 185 della
544-545-546-547
L. 29.12.2022, n. 297, Legge di Bilancio 2023
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive
550-551 alla prima ex art. 1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio
2023
551-552-553 Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI
Accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette diverse dall'Iva
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette diverse dall'iva
(Art. 1, co. 2 e seguenti)
Accertamento con adesione «rafforzato» ex art. 1, co. da 179 a 185 della
579-580-581-582
L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive
583-584 alla prima ex art. 1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio
2023
Definizione degli avvisi bonari
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462
INDICE DELLE NOVITÀ XI

Definizione degli avvisi bonari (Artt. 2, 3, 3-bis)


Controllo automatico ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 (e 54-bis, D.P.R.
611-612
633/1972)

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618 Istanza di AUTOTUTELA
Definizioni agevolate degli avvisi bonari da controlli automatizzati, periodi
629
d’imposta 2017-2021
630-631 Effetti
631-632 Modalità

Acquiescenza
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Sanzioni applicabili nel caso di omessa impugnazione (Art. 15)
638 Definizione
Acquiescenza «rafforzata» ex art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022,
641-642
n. 197, Legge di Bilancio 2023
642-643 Modalità
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive
647-648 alla prima ex art. 1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio
2023
648-649 Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI
Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione
L. 31 agosto 2022, n. 130
Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti in cassazione (art. 5)
673-674 Effetti

Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazione


L. 29 dicembre 2022, n. 197
Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazione (Art. 1, co. 213-218)
677-678 Rinuncia agevolata delle controversie pendenti con gli Enti locali

Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti


L. 29 dicembre 2022, n. 197
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti (Art. 1, co.
681
186-205)
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INDICE ANALITICO XIII

Indice analitico

Processo Tributario
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Processo Tributario (D.Lgs. 546/1992)
(I numeri riportati accanto alla voce rimandano all'articolo di legge)

Agenti della riscossione Camera di consiglio, trattazione della controversia 33


condanna al rimborso, esecuzione sentenza 69 Capacità di stare in giudizio 11
degli enti locali, impugnabilità atti 4 Cartella di pagamento, impugnabilità 19
parte del processo tributario 10 Cassazione, ricorso per 62
rappresentanza in giudizio 11 Centri operativi
Agenzia delle Entrate impugnabilità atti 4
condanna al rimborso, esecuzione sentenza 69 parte del processo tributario 10
parte del processo tributario 10 Chiamata in causa 14
rappresentanza organica 11 Collegio giudicante, deliberazioni 35
Agevolazioni, provvedimento di diniego, impugnabilità 19 Commissione Tributaria Provinciale
Aiuti di Stato, controversie per il recupero 47-bis procedimento 18
Amministrazione finanziaria ricorso 18
parte del processo tributario 10 rimessione della causa 5
Commissione Tributaria Regionale
rappresentanza organica 11
giudici 5
Appello 52
procedimento 52
autorizzazione 52
Commissioni Tributarie
controdeduzioni dell’appellato 54
astensione e ricusazione dei componenti 6
costituzione in giudizio 53
competenza per territorio 4
domande ed eccezioni nuove 57 giurisdizione 1
forma e contenuto 53 difetto di giurisdizione 3
giudice competente 52 incompetenza 5
inammissibilità 53 organi ausiliari 9
incidentale 54 poteri 7
legittimazione 52 Competenza
non riproponibilità 60 appello 52
norme applicabili 61 per territorio 4
proposizione 53 revocazione 65
prove nuove 58 Comunicazioni 16, 16-bis
provvedimenti presidenziali 65 decorrenza termini 16
questioni ed eccezioni non riproposte 56 luogo delle 17
rimessione della causa 59 sentenza 38
tutela cautelare 52 telematiche 16-bis
Assegnazione del ricorso 26 Conciliazione
Assistenza tecnica in giudizio 12 giudiziale 48, 48-bis, 48-bis.1, 48-ter
difensori abilitati 12 rafforzata 48, 48-bis, 48-bis.1 e 48-ter
esonero dall’obbligo 12 Condoni, provvedimento di diniego, impugnabilità 19
gratuita 13 Conformità poteri di certificazione 25-bis
Astensione, componenti Commissioni Tributarie 6 Contributo unificato atti giudiziari 18
Atti appello 54
catastali, aggiornamento 69-bis Controdeduzioni dell’appellato 54
dei Centri operativi 4 Controversie
dei concessionari della riscossione 4 aiuti di Stato 47-bis
impugnabili 19 catastali 10
impugnati, sospensione 47 giurisdizione tributaria 2
richiesta di copia 25 discussione in pubblica udienza 34
nomina del relatore 30
Avviso
pendenti all’1.4.1996 80
di accertamento, impugnabilità 19
trattazione 31, 33
di liquidazione, impugnabilità 19
valore inferiore a € 3.000,00 12
di mora, impugnabilità 19
Copie
di trattazione della controversia 31
atti e documenti 25
XIV INDICE ANALITICO

sentenza 36-38 Intervento nel processo 14


Processo Tributario

Costituzione in giudizio, appello 53 Istituti deflativi del contenzioso, rapporto con


parte resistente 23 reclamo e mediazione 17-bis

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ricorrente 22 Iscrizione ipotecaria, impugnabilità 19
ricorso per cassazione 62 Istruzione probatoria 7

Decisione, della controversia 36-38 Litisconsorzio 14


della revocazione 67
Deliberazioni del collegio giudicante 35
Deposito, documenti e memorie 32
Difensori abilitati, assistenza tecnica 12 Mediazione 17-bis
Diniego di agevolazioni, impugnabilità 19 Memorie, deposito 32
Discussione in pubblica udienza 34 Motivi del ricorso, integrazione 24
Documenti
deposito 32
produzione 24
richiesta di copia 25 Norma tributaria, obiettive condizioni di incertezza 8
Domande nuove in appello 57 Notificazioni 16, 16-bis
decorrenza termini 16
luogo delle 17
sentenza 38
Eccezioni telematiche 16-bis
non riproposte in appello 56
nuove 57
Ente locale
condanna al rimborso, esecuzione sentenza 69 Organi ausiliari delle Commissioni Tributarie 9
parte del processo tributario 10 Ottemperanza, giudizio di 70
rappresentanza organica 11
Errore sulla norma tributaria 8
Esame preliminare del ricorso 27
Esecuzione delle sentenze 68-70 Parti del processo tributario 10
Estinzione del processo assistenza tecnica 12
cessazione materia del contendere 46 capacità di stare in giudizio 11
inattività delle parti 45 chiamate in causa o intervenute nel giudizio 14
rinuncia al ricorso 44 inattività 45
Patrocinio a spese dello Stato 13
Poteri, Commissioni Tributarie 7
Procedimento
Fallito, rappresentanza in giudizio 11 cautelare 47
Fascicolo, d’ufficio e di parte 25 conciliativo 48, 48-bis, 48-ter
Fermo amministrativo, impugnabilità 19 di revocazione 66
Processo penale, prove acquisiste nel 7
Processo tributario
appello 52-61
Giudizio di ottemperanza 70 comunicazioni 16, 16-bis, 17
Giurisdizione tributaria costituzione in giudizio, parte resistente 23
difetto di 3 ricorrente 22
oggetto 2 decisione della controversia 36-38
organi 1 deliberazioni collegio giudicante 35
Giustizia Tributaria Digitale 33 documenti e motivi aggiunti 24
esecuzione delle sentenze 68-70
estinzione 44-46
giudizio di ottemperanza 70
Impugnazione delle sentenze 49 impugnazioni 49-51
appello 52 interruzione 40-43
cassazione, esecuzione provvisoria 62-bis intervento 14
mezzi 50 litisconsorzio 14
termini 51 notificazioni 16, 16-bis, 17
Incompetenza 5 parti 10
Interruzione del processo 40-42 procedimento, cautelare 47
INDICE ANALITICO XV

conciliativo 48-48-ter costituzione in giudizio 62

Processo Tributario
dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale 18 giudizio di rinvio 63
revocazione 64-67 incidentale 62

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ricorso per cassazione 62-63 motivi 62
sospensione 39-43 norme applicabili 61
spese 15 sentenza di ottemperanza 70
telematico 16-bis, 20, 22 Ricusazione, componenti Commissioni Tributarie 6
Procura alle liti 12 Rimborso
Prove condanna dell’Ufficio 69
acquisite nel processo penale 7 tributi versati in eccedenza 68
nuove in appello 58 Rimessione della causa 59
testimoniali 7 Rinvio della causa 63
Provvedimenti Riscossione, in pendenza del processo 68
di irrogazione sanzioni, impugnabilità 19 Riunione dei ricorsi 29
presidenziali 55 Ruolo, impugnabilità 19
reclamo 28
sulla sospensione e interruzione del processo 41
Pubblicazione della sentenza 37
Sanzioni
disciplinari, giudici tributari 15
tributarie, disapplicazione 8
Questioni non riproposte in appello 56 Sentenza
comunicazione 37
contenuto 36
Rappresentanza in giudizio 11 esecuzione 67-bis-70
agente della riscossione 11 impugnazione 49
contribuente fallito 11 notificazione 38
organica degli Enti locali 11 pubblicazione 37
organica degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria 11 revocazione 64
volontaria della parte privata 11 richiesta di copie 38
Reclamo 17-bis ricorso per cassazione 62-63
contro i provvedimenti presidenziali 28 Soccombenza virtuale 46
Relatore, nomina 30 Sospensione
Repliche, deposito 32 dell’atto impugnato 47
Revocazione 64-67 del processo 39-42
decisione 67 di atti per il recupero di aiuti di Stato 47-bis
motivi 64 Sottoscrizione del ricorso 18
procedimento 66 Spese del giudizio 15
proposizione dell’impugnazione 65
sentenze revocabili 64
Ricorso Termini
alla Commissione Tributaria Provinciale 18 costituzione in giudizio 22, 23
assegnazione 26 impugnazione delle sentenze 51
atti impugnabili 19 ricorso 21
esame preliminare 27 Trattazione della controversia 31
funzione 18 avviso di 31
in appello 53 in camera di consiglio 33
inammissibilità 18 Tributi comunali
integrazione dei motivi 24 regolarizzazione 48, 48-bis, 48-bis.1 e 48-ter
iscrizione nel registro generale 25 Tributi locali
oggetto 19 regolarizzazione 17-bis
proposizione 20
termine 21
requisiti
essenziali 18 Udienza pubblica, discussione della controversia 34
formali 18
rinuncia 44
riunione 29
sottoscrizione 18
Ricorso per cassazione 62-63 Versamenti
controricorso 62 regolarizzazione agevolata 48, 48-bis, 48-bis.1 e 48-ter
XVI
Processo Tributario INDICE ANALITICO

Indice analitico

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Organi della Giurisdizione Tributaria (D.Lgs. 545/1992)
(I numeri riportati accanto alla voce rimandano all'articolo di legge)

responsabilità 14
Collegio giudicante 6 sanzioni disciplinari 15
Commissione Tributaria Provinciale, giudici 4 trasferimento 11
Commissione Tributaria Regionale, giudici 5 trattamento economico 13
Commissioni Tributarie 1 vigilanza 15
collegi giudicanti 6 Giuramento, giudici tributari 10
componenti 6-13, 43-44
composizione 2
giudici 4, 5
insediamento 42 Incompatibilità, giudici tributari 8
presidenti 3
sezioni 6
ufficio di segreteria 30-35
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria Massimario, Ufficio del 40
17-29-bis
alta sorveglianza 29
attribuzioni 24
autonomia contabile 29-bis Nomina, giudici tributari 9
composizione 17
convocazione 25
deliberazioni 26
durata 18 Presidenti di Commissioni Tributarie 3
elezione 21 Procedimento, disciplinare, giudici tributari 16
ineleggibilità 20 Processo tributario, servizi amministrativi 36-41
presidente 19
prima costituzione 45
proclamazione eletti e reclami 23
scioglimento 28 Responsabilità, giudici tributari 14
trattamento dei componenti 27 Rilevazioni statistiche 39
ufficio di segreteria 30
votazioni 22

Sanzioni, disciplinari, giudici Tributari 15


Segreteria delle Commissioni Tributarie 30-35, 46-48
Giudici tributari Servizi automatizzati 36
Commissioni Provinciali 4 Sezioni, Commissioni tributarie 6
Commissioni Regionali 5
corsi di aggiornamento 41
decadenza dall’incarico 12
durata dell’incarico 11 Trasferimento, giudici tributari 11
giuramento 10
incompatibilità 8
nomina 9
procedimento disciplinare 16 Uffici periferici, attività di indirizzo 37
requisiti 7 Ufficio del massimario 40
INDICE ANALITICO XVII

Indice analitico

Processo Tributario
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Istituti Deflativi del Contenzioso Tributario
(I numeri riportati accanto alla voce rimandano alla pagina)

effetti processuali 604


Accertamento con adesione ai fini delle imposte iniziativa del contribuente 600
indirette diverse dall’Iva 571 iniziativa dell'Ufficio 601
adesione «raforzata» 579 limiti 603
ambito oggettivo 572 parziale 595
ambito soggettivo 572 procedimento 600
contraddittorio 577 responsabilità dell’Amministrazione finanzia-
definizione 572 ria 604
effetti 574 sospensione dell’atto in pendenza di riesa-
iniziativa del contribuente 579 me 599
modalità 576 sostitutiva 597
omessi versamenti 583 Avvisi bonari, definizione 610
perfezionamento 582 comunicazioni 613
ufficio competente 576 controllo automatico delle dichiarazioni 611
Accertamento con adesione ai fini delle imposte controllo formale delle dichiarazioni 612
sui redditi e dell’Iva 523 definizione agevolata 625
adesione rafforzata 544 emergenza Covid-19 623
ambito oggettivo 526 modalità di invio 615
ambito soggettivo 525 modalità di pagamento 622
codici tributo 553 omessa dichiarazione Iva a credito 620
consolidato fiscale nazionale 543 sospensione e proroga 623
contraddittorio 538 Definizione agevolata delle controversie tributa-
definizione 525 rie pendenti 681
effetti 554, 558 definizione 681
invito obbligatorio 529 dogane e monopoli 689
istanza del contribuente 533 effetti 688
omessi versamenti 550 ente territoriale 693
perfezionamento 547 modalità 685
procedimento 527
proposta dell’Ufficio 528
tributi locali 551
Acquiescenza 638 Osservazioni e richieste del contribuente 486
acquiescenza rafforzata 641 contesto 486
ambito di applicazione 638, 640 contraddittorio anticipato 490
codici tributo 649 definizione 486
definizione 638 memoria 500
effetti 649 modalità 499
emergenza Covid-19 643
modalità e perfezionamento 641
omessi versamenti 647
tributi locali 648 Ravvedimento (già) operoso 441
ambito oggettivo 444
Autotutela 593 ambito soggettivo 443
ambito oggettivo 594 cause ostative 446
ambito soggettivo 594 codici tributo 471
competenza 595 definizione 442
condizioni 602 effetti 451
definizione 593 errori ed omissioni 458
diniego, impugnabilità 605 liquidazione dell'ufficio 451
XVIII INDICE ANALITICO

omesso, tardivo, insufficiente versamento 455


Processo Tributario

parziale 450 Sanzioni, definizione agevolata 657


regole generali 443 ambito oggettivo 658

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tardiva presentazione della dichiarazione 475 ambito soggettivo 657
tributi diversi 477 costi da reato 662
Richieste e osservazioni del contribuente 486 definizione 657
Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazio- emergenza Covid-19 660
ne 676 effetti 662
definizione 676 fattispecie 663, 664
enti locali 677 irrogazione 663, 664
modalità e perfezionamento 678 modalità e perfezionamento 659
Tributario
Contenzioso

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D.Lgs. 31.12.1992, n. 546

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e succ. modif.
Disposizioni sul PROCESSO TRIBUTARIO in attuazione delle deleghe contenute nell'art.
30, L. 30.12.1991, n. 413 e nell'art. 10, L. 11.3.2014, n. 23

Indice sistematico

TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI

art. 1 - Gli organi della giurisdizione tributaria


art. 2 - Oggetto della giurisdizione tributaria
art. 3 - Difetto di giurisdizione
CAPO I art. 4 - Competenza per territorio
Del giudice art.4-bis - Competenza del giudice monocratico
tributario e dei art. 5 - Incompetenza
suoi ausiliari - Astensione e ricusazione dei componenti delle
art. 6
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado
- Poteri delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado
art. 7
art. 8 - Errore sulla norma tributaria
art. 9 - Organi di assistenza alle corti di giustizia tributaria di primo
e secondo grado

art. 10 - Le parti
CAPO Il art. 11 - Capacità di stare in giudizio
art. 12 - L.:assistenza tecnica
Delle parti art. 13 - Assistenza tecnica gratuita)
e della loro
rappresentanza art. 14 - Litisconsorzio ed intervento
e assistenza in art. 15 - Spese del giudizio
giudizio
art. 16 - Comunicazioni e notificazioni
art.16-bis - Comunicazioni e notificazioni per via telematica
art.17 - Luogo delle comunicazioni e notificazioni
art.17-bis - Il reclamo e la mediazione

TITOLO Il - IL PROCESSO

art. 18 - Il ricorso
art. 19 - Atti impugnabili e oggetto del ricorso
art. 20 - Proposizione del ricorso
Sezione I art. 21 - Termine per la proposizione del ricorso
art. 22 - Costituzione in giudizio del ricorrente
CAPO I Introduzione
del giudizio art. 23 - Costituzione in giudizio della parte resistente
Il procedimento art. 24 - Produzione di documenti e motivi aggiunti
dinanzi alla corte art. 25 - Iscrizione del ricorso nel Registro generale. Fascicolo
di giustizia d'ufficio del processo e fascicoli di parte
tributaria
di primo grado art. 25-bis - Poteri di certificazione di conformità
art. 26 - Assegnazione del ricorso

Sezione Il art. 27 - Esame preliminare del ricorso


L'esame art. 28 - Reclamo contro i provvedimenti presidenziali
preliminare art. 29 - Riunione dei ricorsi
del ricorso
- segue -
4
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

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moLO li- IL PROCESSO

art. 30 - Nomina del relatore e fissazione della data


di trattazione
Sezione lii art. 31 - Avviso di trattazione
art. 32 - Deposito di documenti e di memorie
La trattazione
della art. 33 - Trattazione in camera di consiglio
controversia -
art. 34 Discussione in pubblica udienza
art. 35 - Deliberazioni del collegio giudicante
- segue -
Sezione IV art. 36 - Contenuto della sentenza
CAPO I
La decisione art. 37 - Pubblicazione e comunicazione della sentenza
Il procedimento della -
dinanzi alla corte art. 38 Richiesta di copie e notificazione della sentenza
controversia
di giustizia
tributaria art. 39 - Sospensione del processo
di primo grado art. 40 - Interruzione del processo
art. 41 - Provvedimenti sulla sospensione e sull'interruzione
del processo
Sezione V
art. 42 - Effetti della sospensione e dell'interruzione
Sospensione, del processo
interruzione ed art. 43 - Ripresa del processo sospeso o interrotto
estinzione del
art. 44 - Estinzione del processo per rinuncia al ricorso
processo
art. 45 - Estinzione del processo per inattività delle parti
art. 46 - Estinzione del giudizio per cessazione della materia
del contendere

art. 47 - Sospensione dell'atto impugnato


CAPO Il art. 47-bis - Sospensione di atti volti al recupero di aiuti
di Stato e definizione delle relative controversie
procedimenti art. 48 - Conciliazione fuori udienza
cautelare e art. 48-bis - Conciliazione in udienza
conciliativo
art. 48-bis.1- Conciliazione proposta dalla corte di
tributaria
art. 48-ter - Definizione e pagamento delle somme dovute

art. 49 - Disposizioni generali applicabili


Sezione I
art. 50 - I mezzi d'impugnazione
Le impugnazioni
in generale art. 51 - Termini d'impugnazione

art. 52 - Giudice competente e provvedimento sull'esecuzione


CAPO lii provvisoria in appello
Sezione Il art. 53 - Forma dell'appello
Le art. 54 - Controdeduzioni dell'appellato e appello incidentale
Il giudizio
impugnazioni di appello art. 55 - Provvedimenti presidenziali
davanti art. 56 - Questioni ed eccezioni non riproposte
alla art. 57 - Domande ed eccezioni nuove
Commissione art. 58 - Nuove prove in appello
Tributaria -
Regionale art. 59 Rimessione alla Commissione provinciale
art. 60 - Non riproponibilità dell'appello dichiarato inammissibile
art. 61 - Norme applicabili

-segue -
Processo tributario 5

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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TITOLO li- IL PROCESSO

Sezione lii art. 62 - Norme applicabili


art. 62-bìs - Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria
11 ricorso per della sentenza impugnata per cassazione
- segue - cassazione art. 63 - Giudizio di rinvio
CAPO lii
art. 64 - Sentenze revocabili e motivi di revocazione
Le art. 65 - Proposizione della impugnazione
impugnazioni Sezione IV
art. 66 - Procedimento
La revocazione art. 67 - Decisione
art. 67-bìs - Esecuzione provvisoria

CAPO IV

[
L'esecuzione art. 68 - Pagamento del tributo in pendenza del processo
delle sentenze art. 69 - Esecuzione della sentenza di condanna a favore del
delle corti di contribuente
giustizia tributaria
di primo (art. 69-bìs - Aggiornamento degli atti catastali)
e secondo grado art. 70 - Giudizio di ottemperanza

TITOLO lii - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

art. 71 - Norme abrogate


art. 72 - Controversie pendenti davanti alle Commissioni
Tributarie di primo e di secondo grado
art. 73 - Istanza di trattazione
art. 74 - Controversie pendenti davanti alla Corte d'appello
- Controversie pendenti davanti alla corte di
art. 75
giustizia tributaria di primo e secondo grado
art. 76 - Controversie in sede di rinvio
art. 77 - Procedimento contenzioso amministrativo davanti
all'Intendenza di Finanza o al Ministero delle Finanze
art. 78 - Controversie già di competenza delle Commissioni
comunali per i tributi locali
art. 79 - Norme transitorie
art. 80 - Entrata in vigore
Processo tributario

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D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546
Titolo I
Disposizioni generali
Capo I - Del giudice tributario e suoi ausiliari

Art. 1 - GLI ORGANI DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA [CFF ¶ 4652]

1. La giurisdizione tributaria è esercitata dalle corti di giustizia tributaria di primo grado e dalle corti
di giustizia tributaria di secondo grado di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica
31 dicembre 1992, n. 545. 1
2. I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e
con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile.

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

GLI ORGANI DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA (Art. 1)

Norme applicabili I giudici tributari devono applicare le norme del D.Lgs. 546/1992 e, per quanto
da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del Codice di procedura civile (comprese
quelle di attuazione).
La disciplina del Codice di procedura civile si pone, dunque, rispetto alla normativa «speciale» del
D.Lgs. 546/1992, quale fonte generale secondaria, la cui utilizzazione è subordinata a due condizioni:
a) che nessuna norma speciale disciplini la fattispecie neanche ricorrendo ad una interpreta-
zione estensiva;
b) che la norma generale – astrattamente applicabile – sia compatibile con le norme speciali
del Decreto: «per l’accertamento di compatibilità soccorre il principio enunciato dalla Suprema
Corte di Cassazione (cfr. Cass., SS.UU., 16.1.1986, n. 210) secondo il quale, in primo luogo, l’indagi-
ne deve tendere ad accertare se anche nel processo tributario possa configurarsi una situazione
processuale avente le medesime caratteristiche di quella oggetto delle disposizioni richiamate e, in
secondo luogo, se la disciplina risultante sia o meno compatibile con le norme del processo tribu-
tario e dell’ordinamento tributario in generale.
Il giudizio di compatibilità avrà esito positivo non solo quando non vi è contrasto assoluto tra le
norme, ma anche quando l’applicazione della norma richiamata non comporti una disarmonia
non giustificata» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
La giurisprudenza ha ritenuto
› applicabile:
- il principio di conversione delle cause di nullità in motivi di impugnazione sancito dall’art. 161,
co. 1, c.p.c. e dall’art. 327, c.p.c., per cui il termine semestrale per l’impugnazione della sentenza
decorre «dalla conoscenza della stessa, qualora la parte non costituita dimostri di non avere avuto co-
noscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di
fissazione dell’udienza» (cfr. Cass., Sent. 10.3.2006, n. 5356 e art. 38 del presente Decreto);
- il principio di non contestazione codificato dall’art. 115 c.p.c., secondo cui il giudice deve
fondare la decisione anche sui fatti non specificamente contestati dalla parte costituita (cfr.
Processo tributario 7

Cass., Sent. 7.2.2019, n. 3621 e art. 18 del presente Decreto);

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


- la cd. distrazione delle spese di giudizio a favore del difensore di cui all’art. 93 c.p.c. (cfr.

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art. 15 del presente Decreto);
- l’istituto della correzione delle sentenze previsto dall’art. 287 c.p.c. (cfr. Cass., Ord. 26.9.2017,
n. 22433 e art. 36 del presente Decreto);
- l’art. 124 disp. att. c.p.c., per cui, «in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione
del passaggio in giudicato della sentenza», essa è effettuata dal segretario della Corte di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado (cfr. Cass. Sentenze 20.11.2019, n. 30145;
14.3.2019, n. 7240; Cass. Ordinanze 6.4.2020, n. 7689; 17.5.2019, n. 13333);
- l’istituto del disconoscimento delle scritture previsto dall’art. 214 c.p.c. (cfr. Cass. Sentenze
20.11.2019, n. 30145; 14.3.2019, n. 72400; Cass. Ordinanza 6.4.2020, n. 7689; 17.5.2019; n.
13333), che ha trovato applicazione, tra gli altri, nei casi di disconoscimento:
1. delle sottoscrizioni di fatture da parte di un contribuente, che assumeva di non averle
emesse (cfr. Cass., Sent. 6.2.2006, n. 2483);
2. delle firme apposte su assegni posti alla base dell’accertamento (cfr. Cass., Sent. 31.1.2013,
n. 2361);
3. della sottoscrizione di un atto di rinuncia dell’amministratore al credito per il TFM pro-
dotto dall’Ufficio a sostegno della propria pretesa (cfr. Cass. Sent. 19.10.2018, n. 26402);
4. «della conformità con l'originale delle copie fotografiche o fotostatiche», che può riguardare
tanto il disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto il discono-
scimento dell'autenticità della sottoscrizione e «deve essere specifico, quindi riferito ad una
copia concretamente individuata e successivo, effettuato cioè dopo la produzione in giudizio
della copia medesima» (cfr. Cass. Ord. 4.2.2020, n. 2482);
5. «delle copie degli avvisi di ricevimento delle raccomandate postali utilizzate per la notifica degli
avvisi di accertamento» e della sottoscrizione apposta su detti documenti (cfr. Cass. Ord.
11.2.2020, n. 3331). In proposito, una recente decisione di legittimità ha affermato il seguen-
te principio di diritto: «in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’Agente della ri-
scossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento
(recanti il numero identificativo della cartella), e l’obbligato contesti la conformità delle copie pro-
dotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice, che escluda, in concreto, la esistenza di
una reale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia pro-
batoria alle copie prodotte, in ragione della riscontrata mancanza di tale certificazione, ma deve
valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi
quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche alla eventuale attestazione, da par-
te dell’Agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informati-
che degli originali in suo possesso» (cfr. Cass. Sent. 24.8.2021, n. 23380);
- non applicabile:
1. l’istituto processuale-civilistico della domanda riconvenzionale di rimborso inserita dal con-
tribuente-ricorrente nel contesto del ricorso avverso l’avviso di accertamento, «in quanto di-
sarmonica con la disciplina del processo tributario che richiede per ogni gravame l’esistenza di
provvedimento tributario espresso (avviso di accertamento o diniego di rimborso) o tacito (silenzio-
rifiuto) dell’Amministrazione finanziaria» (cfr. Cass., Sent. 11.3.2010, n. 5928);
2. la preclusione prevista dall’art. 345, co. 3, c.p.c. in relazione alla produzione documentale in
grado di appello, essendo la materia regolata dall’art. 58, co. 2, D.Lgs. 546/1992, che consente
alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti
al giudizio svoltosi in primo grado: un tanto alla luce del principio di specialità espresso
dall'art. 1, co. 2, in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e nor-
ma processuale tributaria, prevale quest'ultima (cfr. Cass., Sent. 22.11.2017, n. 27774).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E


8
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 2 - OGGETTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA [CFF ¶ 4653]

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1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni
genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il con-
tributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni non-
ché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le
controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della
cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all' articolo 50 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni
del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. 2
2. Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori
concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ri-
partizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché
le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e
l'attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controver-
sie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. 3
3. Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle con-
troversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di que-
rela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio. 1

Note
1 Il presente articolo è stato così modificato dall'art. 12, L. 28.12.2001, n. 448 (G.U. 29.12.2001, n. 301, S.O. n. 295).
2 Il presente comma è stato:
- prima così modificato dall'art. 3-bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005;
- poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposi-
zioni non aventi natura tributaria (C.cost. 14.05.2008, n. 130);
- da ultimo così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta di seguito il te-
sto previgente: «1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni ge-
nere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sani-
tario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanzia-
ri, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti
gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso
di cui all' articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad
applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.».
3 Il presente comma è stato:
- prima così modificato dall'art. 3-bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005;
- poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, al secondo periodo, nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giuri-
sdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previ-
sto dall'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni.». (C.cost. 14.03.2008, n. 64);
- poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, al secondo periodo, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice
tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle
acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche).
(C.cost. 11.02.2010, n. 39);
- da ultimo così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta di seguito il testo
previgente: «2. Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti
l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossesso-
ri a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle sin-
gole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le con-
troversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'articolo 63 del decreto le-
gislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue
e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il di-
ritto sulle pubbliche affissioni.».
Processo tributario 9

OGGETTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA (Art. 2)

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Giurisdizione tributaria La giurisdizione è l’attribuzione ad un giudice che appartiene ad un certo
ordine giudiziario, piuttosto che ad un altro, del potere di decidere una controversia (ad es., al
giudice «speciale» tributario, piuttosto che a quello «speciale» amministrativo o a quello «gene-
rale» dell’A.G.O.).
La giurisdizione tributaria è «delimitata» dall’art. 2 – come modificato dagli articoli 12, co. 2, L.
448/2001; 3-bis, co.1, D.L. 203/2005; e 9, co. 1, lett. a), D.Lgs. 156/2015 – con il generico riferi-
mento ai «tributi di ogni genere e specie comunque denominati», per cui si è posta la questione dei
suoi limiti esterni e del rispetto, da parte del Legislatore, di quei limiti: per garantire la compati-
bilità delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado con il divieto costituzionale (art.
102, Cost.) di istituire nuovi giudici speciali.
In particolare, la Consulta,
› dopo aver accertato la natura non tributaria di talune fattispecie attribuite dalla legge alla co-
gnizione del giudice tributario, ha dichiarato la incostituzionalità dell’art. 2 nella parte in cui
attribuiva alla giurisdizione del giudice tributario le controversie:
- relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguis-
sero alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria (cfr. Corte Cost., Sent.
14.5.2008, n. 130, relativa alle sanzioni dirette a contrastare il lavoro irregolare, di cui all’art.
3, D.L. 12/2002);
- relative alla debenza del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue (discipli-
nato, prima, dagli artt. 13 e 14, L. 36/1994, e, poi, dagli artt. 154 e 155, D.Lgs. 152/2006: cfr.
Corte Cost., Sent. 11.2.2010, n. 39);
- in tema di COSAP (cfr. Corte. Cost. Sent. 14.3.2008, n. 64);
› ha riconosciuto la natura tributaria del contributo dovuto da alcune categorie di imprenditori
a favore dell’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato), con conseguente giuri-
sdizione del giudice tributario (cfr. Corte Cost., Sent., 14.12.2017, n. 269; conf. Cass. SS.UU.
Ord. 4.6.2020, n. 10577, C.T.R. Lazio, 3.6.2020, n. 1357);
› ha ricompreso nella giurisdizione tributaria le controversie riguardanti la TIA1, sul presuppo-
sto che tale tariffa «costituisce una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. 507/1993,
conservando la qualifica di tributo propria di quest’ultima» (cfr. Corte Cost., Ord. 24.2.2010, n. 64,
conf. Cass. SS.UU. Ord. 10.4.2018, n. 8822; Cass. Sent. 18.10.2018, n. 26198). Se non che, la Ta-
riffa di Igiene Ambientale - TIA1 - di cui all’art. 49, D.Lgs. 22/1997, è stata sostituita con la Ta-
riffa Integrata Ambientale - TIA2 - di cui all’art. 238, D.Lgs. 152/2006, disciplinando il regime
transitorio nel passaggio dall’una all’altra, e riconoscendo alla TIA2 natura non tributaria. Le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, quindi, precisato che «spettano alla cognizione
del Giudice ordinario le controversie sorte successivamente alla data del 31.5.2010 aventi ad oggetto
la debenza della tariffa integrata ambientale, cd. TIA2, di cui all’art. 238 del D.Lgs. 152/2006, e le
controversie sorte successivamente alla medesima data aventi ad oggetto la debenza della soppressa
tariffa di igiene ambientale [cd. TIA1], in regime transitorio, di cui all’art. 49 del D.Lgs. 22/1997»
(cfr., Cass. SS.UU. Ord. 27.1.2020, n. 1839. Sulla natura non tributaria della TIA2, con conse-
guente giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, si vedano anche: Cass. Ord. 21.6.2018,
n. 16332, richiamata da Corte Cost. 19.10.2018, n. 188).
Controversie rientranti nella giurisdizione tributaria (co. 1) Dal 2002 «l’ambito della giurisdizione
speciale tributaria è esteso a tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie.
Pertanto, ogni tributo, anche di nuova istituzione, rientrerà automaticamente nella giurisdizione tri-
butaria, senza necessità di espresse disposizioni al riguardo» (cfr. Circ. Ag. Entrate 13.3.2006, n. 10/
E, § 7.1).
La giurisdizione tributaria è «generale» e si occupa di tutte le entrate pubbliche coattive – com-
prese quelle regionali, provinciali e comunali – purché le stesse, al di là del nome (es. canoni, ta-
riffe ecc.), abbiano natura tributaria. Essa «deve essere riconosciuta a tutte quelle prestazioni che
non trovino giustificazione o in una finalità punitiva perseguita dal soggetto pubblico, o in un rappor-
to sinallagmatico tra la prestazione stessa ed il beneficio che il singolo riceve» (cfr. Cass., SS. UU.,
Sent. 9.1.2007, n. 123).
Rientrano, dunque, nel perimetro della giurisdizione tributaria:
10
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

a) i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati:


› il canone comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni (rectius, canone per l’in-

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stallazione di mezzi pubblicitari – Cimp. Cfr. sul punto: C.T.P. Pordenone, Sent. 27.7.2022, n.
65), istituito dall’art. 62, D.Lgs. 446/1997 (le controversie sul canone concessorio per la pubbli-
cità spettano, invece, al Giudice ordinario: cfr. Cass., SS.UU., Sent. 7.5.2010, n. 11090. Si ricorda
che detti tributi sono stati sostituiti dal 1° gennaio 2021, dal c.d. Canone Unico: cfr. art. 1, L.
160/2019);
› i tributi amministrati dall'Agenzia delle Dogane (e dei Monopoli): dazi, diritti doganali, so-
vrimposte ecc. (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 23.4.2009, n. 9667, riguardante le liti relative alla op-
posizione all’ingiunzione doganale di pagamento della addizionale sul consumo di energia
elettrica);
› la domanda tesa all’annullamento dell’avviso di liquidazione dell’imposta ipotecaria e dell’im-
posta di bollo, relative alla iscrizione della ipoteca legale, eseguita d’ufficio dal Conservatore
dei registri immobiliari (cfr. Cass. SS.UU. 30.1.2020, n. 2090);
› le tasse automobilistiche di cui al D.P.R. 39/1953 (cfr. Cass., SS.UU., Sentenze 5.7.2011, n. 14667
e 12.2.2010, n. 3242);
› il bollo auto (cfr. Cass., SS.UU., Sentenze 5.7.2011, n. 14667; 23.4.2009, n. 9673; 31.3.2008, n.
8283; 19.11.2007, n. 23832);
› il contributo unificato per le spese di giustizia previsto dall’art. 9, D.P.R. 115/2002 (cfr. Cass.,
Sent. 17.4.2012, n. 5994 e Cass., SS.UU., Sent. 5.5.2011, n. 9840);
› le imposte di fabbricazione e di consumo;
› la tassa d’archivio notarile di cui all’art. 39, L. 1158/1954, cd. «Legge Bucalossi» (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 4.3.2010, n. 5287);
› i contributi in favore di Consorzi di bonifica, in quanto considerabili un «esborso di natura
pubblicistica, non costituendo, in senso tecnico, il corrispettivo di una prestazione liberamente ri-
chiesta (come invece accade ove il consorzio eroghi anche servizi individuali e misurabili come la
fornitura di acqua) e rappresentando, invece, una forma di finanziamento di servizio pubblico at-
traverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, un
beneficio» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 26.7.2007, n. 16428; conf. a Cass., SS.UU., Sentenze 7.5.2010,
n. 11090 e 5.8.2009, n. 17943; sulla natura non tributaria della lite avente ad oggetto la richie-
sta di pagamento di somme pretese per l’utilizzo del servizio di somministrazione di acqua
potabile erogato da un Consorzio, cfr. Cass., SS.UU. Civ., Sent. 14.5.2010, n. 11720);
› i contributi dovuti dagli utenti ai Consorzi stradali obbligatori costituiti per la manutenzione,
la sistemazione e la ricostruzione delle strade vicinali ex art. 7, D.Lgs. 1446/1918 (cfr. Cass.,
SS.UU., Ordinanze 6.7.2017, n. 16693 e 6.5.2013, n. 10403);
› la prestazione dovuta dagli iscritti all’albo degli avvocati per le spese del funzionamento del
Consiglio Nazionale Forense (cfr. Cass., SS.UU., Ordinanze 10.3.2011, n. 5689 e 18.6.2019, n.
16340; 26.1.2011, n. 1782);
› i diritti annuali di iscrizione in Albi e Registri delle Camere di Commercio dovuti ex art. 34,
D.L. 786/1981, che «costituiscono materia devoluta alla giurisdizione delle Commissioni tributarie
dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 23.4.2008, n. 10469);
› il contrassegno SIAE (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 26.1.2011, n. 1780);
› il canone di abbonamento radiotelevisivo, dato che questo «non trova la sua ragione nell’esi-
stenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente (...) e l’Ente – la RAI, appunto
– che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, ma si tratta di una prestazione tributaria fondata
sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo» (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 20.11.2007, n. 24010);
› la «ecotassa» introdotta nell’ordinamento dalla L. n. 549/1995 (cfr. Cass., SS.UU., Sent.,
13.12.2016, n. 25515);
› i provvedimenti con cui l’Agenzia delle Entrate dispone la cancellazione di una Onlus
dall'Anagrafe Unica ex art. 11, D.Lgs. 460/1997 (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 9.10.2008, n. 24883;
conformi: TAR Lazio, Sent. 9.6.2010, n. 16762; Cass., SS.UU., Ord. 27.1.2010, n. 1625): le relative
controversie appartengono alla giurisdizione tributaria, in quanto «riconducibili alla categoria
degli atti di diniego o revoca di agevolazioni fiscali previsti dall’art. 19, comma 1, lett. h)» del D.Lgs.
546/1992 (cfr. Ris. Ag. Entrate 16/E/2010 che richiama la sentenza 27.1.2010, n. 1625 della Cor-
Processo tributario 11

te di Cassazione a Sezioni Unite per ribadire quanto già aveva sostenuto «con circolari n. 14/E

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


del 26 febbraio 2003 e n. 22/E del 16 maggio 2005»);
b) le sovrimposte e le addizionali: ne è un esempio, l’addizionale comunale Irpef, di cui al

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D.Lgs. 360/1998;
c) le sanzioni amministrative irrogate da uffici finanziari conseguenti alla violazione di disposi-
zioni tributarie.
Hanno natura tributaria le sanzioni correlate al mancato pagamento di tributi o all’inosservanza
di obblighi tributari, come
› le sanzioni (pecuniarie e «accessorie») di cui ai D.D.Lgs. 471, 472 e 473 del 18.12.1997;
› le sanzioni irrogate dall'Agenzia delle Dogane in seguito a furto di energia elettrica, in quanto
lo stesso comporta evasione dell’imposta erariale sulla energia elettrica (cfr. Cass., SS.UU.,
Sent. 15.6.2008, n. 14827);
› la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per violazioni della normativa sullo
scontrino fiscale di cui alla L. 18/1983 (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 26.2.2004, n. 3877);
› le sanzioni previste dall’art. 7-bis, D.Lgs. 241/1997, in caso di omessa o tardiva trasmissione
delle dichiarazioni da parte dei cd. «intermediari»;
› le sanzioni di cui all’art. 39, D.Lgs. 241/1997, in materia di «visto di conformità», di «assevera-
zione» e di «certificazione tributaria»;
› le sanzioni irrogate dalla Agenzia delle Entrate in caso di tardiva risposta da parte di un isti-
tuto di credito alla richiesta di informazioni formulata ai sensi degli artt. 32, D.P.R. 600/1973
e 51, D.P.R. 633/1972;
› le sanzioni applicabili ai concessionari del servizio di riscossione dei tributi per la violazione
delle disposizioni relative agli obblighi di riscossione e di riversamento dei tributi e dei relati-
vi accessori derivanti dal rapporto concessorio di cui al capo IV del D.Lgs. 112/1999.
Non hanno, viceversa, natura tributaria:
› le sanzioni previste dall’art. 3, D.L. 12/2002 per l’impiego di lavoratori dipendenti non risul-
tanti dalle scritture obbligatorie, essendo tali sanzioni dirette a contrastare il lavoro irregolare
(cfr. Corte Cost. 14.5.2008 n. 130);
› le sanzioni amministrative irrogate dagli Uffici della Agenzia delle Entrate per irregolarità ac-
certate dagli uffici provinciali del lavoro o per l’utilizzazione di dipendenti pubblici senza la
previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 4.11.2011,
n. 22884);
› le sanzioni amministrative per mancato pagamento nei termini del contributo di concessione
di cui all’art. 3, L. 10/1977 (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 16.3.2010, n. 6314);
› le sanzioni relative all’installazione di videogiochi irregolari (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 18.5.2011,
n. 10872; conf. Cass., SS.UU., Sent. 23.2.2012, n. 2700);
› le sanzioni irrogate dalla Agenzia delle Dogane per la violazione dell’art. 19, D.Lgs. 374/1990
sulla distanza minima di costruzioni e manufatti dagli edifici doganali (cfr. Cass., SS.UU., Ord.
29.3.2013, n. 7936);
› le sanzioni pecuniarie irrogate per infrazioni valutarie, ancorché si tratti di pretese veicolate
attraverso cartelle di pagamento emesse dall’Agente incaricato di riscuotere (anche) i tributi
(cfr. Cass., SS.UU., Sent. 8.2.2008, n. 3001, per cui «la cartella esattoriale deve essere impugnata
avanti al giudice competente a decidere in ordine al rapporto cui la cartella stessa è funzionale»);
d) gli interessi e ogni altro accessorio relativi ai tributi, alle sovrimposte e addizionali: per ac-
cessori si intendono gli aggi dovuti all’agente della riscossione, le spese di notifica, le spese
processuali liquidate dalle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado nel corso dei
giudizi su materie devolute alla loro giurisdizione (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 13.7.2015, n. 14554,
con riferimento alle spese legali liquidate con sentenza passata in giudicato nell’ambito di
un precedente giudizio tributario), gli interessi moratori, ed il maggior danno da svalutazio-
ne monetaria ex art. 1224, co. 2, c.c. (cfr. Cass., SS.UU. Sentenze 23.12.2008, n. 30053 e
4.10.2002, n. 14274). In base al principio di concentrazione della tutela giudiziaria, la giuri-
sdizione delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado si rinviene non soltanto
per il rimborso dei tributi, degli interessi sulle somme dovuti e del risarcimento del danno
derivante da svalutazione monetaria, ma anche per la restituzione delle cauzioni non dovute
(cfr. Cass., SS.UU., Sent. 16.6.2010, n. 14499; conf. Cass., Sent. 28.8.2013, n. 19751).
12
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Rientrano nella giurisdizione tributaria anche:


› le impugnazioni proposte avverso il rifiuto espresso o tacito della Amministrazione finanzia-

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ria a procedere in via di autotutela, dovendosi riconoscere «la possibilità per il contribuente di
rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta la Amministrazione manifesti (anche attraverso la
procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tribu-
tarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare» (cfr. Cass., SS.UU.,
Sent. 10.8.2005, n. 16776; conf. Cass. Sentenze 20.11.2015, n. 23765; 18.2.2014, n. 3774 e
27.3.2007, n. 7388; contra, Consiglio di Stato, sez. IV, Sent. 9.11.2005, n. 6269 che afferma inve-
ce la competenza del giudice amministrativo, si veda oltre, nel commento all’art. 19). La giuri-
sdizione tributaria si configura, infatti, come giurisdizione a carattere generale «che si radica
in base alla materia, indipendentemente dalla specie dell’atto impugnato, [e] comporta la devoluzio-
ne alle commissioni tributarie anche delle controversie relative agli atti di esercizio dell’autotutela
tributaria, non assumendo alcun rilievo la natura discrezionale di tali provvedimenti»; pertanto
non «appare corretto attribuire rilevanza, ai fini della individuazione della giurisdizione, all’art. 19
del D.Lgs. 546/1992, che indica – con elencazione suscettibile di interpretazione estensiva (…) – la
tipologia di atti oggetto di impugnazione, ponendo la diversa questione della proponibilità della do-
manda dinanzi al Giudice tributario, in ragione della inclusione o meno dell’atto nel citato elenco»
(cfr. Cass. SS.UU., Ord. 18.10.2021, n. 28640);
› le controversie derivanti dal ricorso avverso il diniego dell’Agente della riscossione alla richie-
sta del contribuente di rateizzare un debito tributario, dal momento che tale istanza «implica
una questione sulla spettanza o meno di una agevolazione attinente alla fase della riscossione pre-
cedente a quella dell’esecuzione vera e propria»: il rigetto della stessa non può essere considera-
to, infatti, alla stregua di un atto della esecuzione forzata tributaria che sarebbe invece impu-
gnabile davanti al giudice ordinario (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 14.3.2011, n. 5928; Cass., SS.UU.,
Ordinanze 7.10.2010, n. 20778; 1.7.2010, n. 5647; 30.3.2010, n. 7612);
› le controversie contro atti della esecuzione forzata non preceduti dalla notifica del necessario titolo
esecutivo (cartella di pagamento o avviso di accertamento immediatamente esecutivo ex art. 29,
D.L. 78/2010), dal momento che, in queste ipotesi, «l’opposizione agli atti esecutivi (…) si risolve nella
impugnazione del primo atto in cui viene manifestato al contribuente l’intento di procedere alla riscos-
sione di una ben individuata pretesa tributaria» per cui «l’opposizione (…) è ammissibile e va proposta
davanti al giudice tributario (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, e art.
19, estensivamente interpretato)». Ne deriva la conferma del principio di diritto secondo cui «in ma-
teria di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento,
che si assume viziato per la omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti
presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta – ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo pe-
riodo, 19 del D.Lgs. 546/1992, 57 del D.P.R. 602/1973 e 617 cod. proc. civ. – davanti al giudice tributario»
(cfr. Cass., SS.UU., Sent. 5.6.2017, n. 13913; conf. Cass., Ordinanze 3.12.2019, n. 31486; 7.5. 2019, n.
11900; Cass. Sent. 28.11.2019, n. 31090). Il principio è ulteriormente declinato nel senso che, spetta
alla giurisdizione tributaria «la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecu-
tivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul
piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o della intimazione di pagamento, se
validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia
avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai pro-
fili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti alla
esistenza e al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale» (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 14.4.2020, n.
7822; conf. Cass. Ordinanze 28.7.2021, n. 21642; 10.3.2021, n. 6630).
Ne deriva che «in tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi, il cui presupposto im-
positivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento noti-
ficato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli ecce-
pendo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale» (cfr.
Cass. SS.UU., Sent. 16.12.2020, n. 28709);
› il provvedimento amministrativo di fermo dell’autoveicolo (ex art. 86, D.P.R. 602/1973) e la iscri-
zione di ipoteca su beni immobili (ex art. 77, D.P.R. 602/1973), dal momento che non fanno parte
della esecuzione forzata tributaria (che inizia con il pignoramento), ma costituiscono provvedi-
menti amministrativi prodromici, di natura cautelare conservativa, volti a garantirne la fruttuosità
Processo tributario 13

pratica. «Le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di iscrizione di ipoteca su immobili, cui

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


l’Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sul reddito, ai sensi del-

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l’art. 77 del D.P.R. 602/1973, appartengono alla giurisdizione del Giudice tributario in ragione della natu-
ra tributaria dei crediti garantiti dalla ipoteca» (cfr. Corte d’Appello di Reggio Calabria, Sent.
11.10.2021, n. 585 e Sezioni Unite ivi richiamate). Il loro inserimento tra gli atti impugnabili (di cui
all’art. 19) non entra in conflitto con la esclusione disposta dall’articolo in commento per gli atti
della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica del titolo esecutivo.
Controversie escluse dalla giurisdizione tributaria (co. 1) Sono devolute alla cognizione della
Autorità giudiziaria ordinaria:
a) le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica
della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di intimazione ad adempiere di cui al-
l’art. 50, D.P.R. 602/1973 (cfr. Cass., Sent. 31.3.2008, n. 8279): compresa «la eccezione di pre-
scrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamen-
to, sollevata dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare» (cfr. Cass. SS.UU., Sent.
24.12.2019, n. 34447; cfr. anche, Cass. Ord. 24.11.2021, n. 36543), ferma restando la eccezione
delle fattispecie appena indicate.
In proposito, va rilevato che sul riparto della giurisdizione nel caso di eccezione di prescrizione, la
Corte di cassazione ha ritenuto sussistere un contrasto tra l’orientamento espresso con la Sent. n.
34447/2019 e quello sostenuto con la Ord. n. 7822/2020, per cui ha rinviato la questione al Primo
Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ord. I. 8.3.2022, n. 7506).
Questione che la Corte di cassazione, a seguito, però, di richiesta di regolamento preventivo di
giurisdizione, ha affrontato affermando che «anche con riguardo alla prescrizione relativa al perio-
do successivo alla cartella, che il giudice abbia ritenuto validamente eseguita, va affermata la giuri-
sdizione del giudice tributario» (cfr. Cass. SS.UU. Ord. 25.5.2022, n. 16986);
b) tutte le controversie inerenti a rapporti obbligatori che, pur essendo connessi con rapporti
tributari, non hanno natura tributaria; è il caso delle controversie:
› relative al contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del D.L. 19.5.2020, n. 34 (conv. con
modif. in L. 17.7.2020, n. 77), dato che «non si tratta di un contributo dovuto dal cittadino allo
Stato, bensì, al contrario, di un contributo dovuto dallo Stato al cittadino, ricorrendo certi presup-
posti»; il che «basta e avanza per escludere la natura tributaria del contributo in questione», re-
stando, peraltro, irrilevante il fatto che a provvedere alla elargizione del contributo, ovvero al
suo recupero, sia l’Agenzia delle Entrate: «il mero affidamento all’Agenzia delle Entrate di dette
funzioni non può [infatti] snaturare le caratteristiche del contributo che ha natura di diritto sogget-
tivo del cittadino, oggetto, pertanto, della giurisdizione ordinaria» (cfr. C.T.P. Milano, Sent.
16.11.2021, n. 4296; conf. C.T.P. Milano, Sent. 8.11.2021, n. 4176, concernente il contributo a
fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici, di cui all’art. 59 del
D.L. 14.8.2020, n. 104, conv. con modif. in L. 13.10.2020, n. 126);
› relative al «contributo a fondo perduto perequativo di cui all’art.1, commi da 16 a 27 del D.L.
25.5.2021, n. 73 (c.d. Decreto Sostegni-bis)»: la giurisdizione del giudice tributario non può, in-
fatti, «estendersi alle questioni riguardanti la concessione di contributi e sovvenzioni», i quali
mantengono la natura di diritto soggettivo dell’avente diritto a prescindere dal fatto che sia
l’Agenzia delle Entrate ad erogarli, a negarli o a recuperare quelli indebitamente percepiti (cfr.
C.G.T. I° Belluno, Sent. 13.12.2022, n. 55);
› tra contribuente e Amministrazione finanziaria aventi per oggetto il rimborso delle imposte,
nel caso in cui quest’ultima «abbia comunque riconosciuto il diritto al rimborso e la quantifica-
zione della somma dovuta, sì che non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributa-
ria, il quantum del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato» (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 13.9.2005, n. 18120; conformi Sentenze SS.UU.: 19.12.2016, n. 26125; 16.12.2016, n.
25977; 23.9.2010, n. 20077 e 22.7.2002, n. 10725).
Viceversa, «spettano al giudice tributario i procedimenti nei quali il diritto del contribuente [al rim-
borso] sia contestato dall’Erario» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 7.5.2021, n. 12150); e, in generale, quan-
do si controverta sulla spettanza del rimborso. E così, nel caso in cui l’Amministrazione si sia ri-
fiutata di ottemperare alla sentenza di annullamento di un atto impositivo, la tutela giudiziale
per ottenere il rimborso delle imposte versate in base all’atto annullato spetta sempre al giudice
tributario (cfr. Cass., SS.UU. Sent. 8.7.2005, n. 14332): perché - in mancanza di una sentenza de-
14
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

finitiva di condanna dell’Ente impositore alla restituzione di somme non dovute (della quale
può chiedersi l’ottemperanza) – la tutela contro il rifiuto opposto al procedimento di rimborso

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deve essere esperita dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado;
› riguardanti il risarcimento del danno per comportamento illecito dell’Amministrazione finan-
ziaria quando «la posizione dedotta è quella della lesione patrimoniale che si assume subita per un
illecito comportamento della Pubblica Amministrazione rispetto a un rapporto tributario ormai del
tutto esaurito che opera solo come sfondo e che non assume alcuna connessione determinante ri-
spetto alla richiesta di risarcimento dei danni» (Cass., SS.UU., Sent. 4.1.2007, n. 15; conformi
Cass., SS.UU. Sentenze, SS.UU.: 10.6.2013, n. 14506 e 16.4.2007, n. 8958). Se la richiesta risarci-
toria viene proposta nell’ambito del processo tributario, spetta alle corti di giustizia tributaria
di primo e secondo grado il potere-dovere di pronunciarsi anche su tale domanda, giacché
«in base al principio della concentrazione della tutela, (le stesse) possono riconoscere al contri-
buente non soltanto il rimborso delle imposte indebitamente versate, ma pure gli accessori come gli
interessi ovvero il maggior danno o l’importo eventualmente pagato per la prestazione di cauzioni
non dovute» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 16.6.2010, n. 14499), nonché qualsiasi altro danno patito
dal contribuente in conseguenza dell’illegittimo operato della Amministrazione finanziaria e
risarcibile nelle forme previste dall’art. 96, comma 3, c.p.c. (cfr., in proposito, Uff. Massimario
Cass., Relazione 22.3.2012, n. 72);
› tra appaltatore e committente per la rivalsa Iva del primo nei confronti del secondo (cfr. Cass.,
sez. II civ., Sent. 19.6.2003, n. 17861), come pure tra consorzio di bonifica e Concessionario
della riscossione per ottenere il rimborso dell’Iva incassata da quest’ultimo sui compensi per
la riscossione dei tributi consortili (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 18.2.2009, n. 3817; Cass., SS.UU.,
Sent. 24.5.2007, n. 12063);
› proposte dal cessionario o dal committente (consumatore finale) per il rimborso dell’Iva inde-
bitamente assolta all’atto dell’acquisto di beni o di servizi, dato che «la controversia fra l’impre-
sa fornitrice e il beneficiario della prestazione colpita dall’imposta non assume ad oggetto un rap-
porto tributario, tra contribuente e Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privati-
stica tra soggetti privati, controversia che comporta un mero accertamento incidentale in ordine al-
l’ammontare dell’IVA, applicata dalle società erogatrici in misura contestata dall’utente» (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 24.6.2011, n. 13911, conformi sentenze, Cass., SS.UU. Sentenze 28.1.2011, n. 2064;
4.2.2008, n. 2509). Se la domanda di restituzione è proposta nei confronti della Agenzia delle
Entrate, la giurisdizione (ancorché circoscritta alla verifica negativa della legittimazione attiva
e della ammissibilità del ricorso avverso il diniego di rimborso dell’Iva presentato da soggetto
diverso da quello passivo del rapporto tributario) appartiene, invece, alle corti di giustizia tri-
butaria di primo e secondo grado (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 12.7.2010, n. 16281; conformi Cass.,
SS.UU. Sentenze, 13.1.2010, n. 355; 17.4.2009, n. 9142);
› aventi ad oggetto l’indennità pretesa dal Comune per l’occupazione abusiva di un’area che ri-
sulti appartenente al patrimonio disponibile del medesimo (cfr. Cass., SS.UU. Civ., Sent.
1.10.2002, n. 14133);
› aventi per oggetto le azioni di rivalsa del fideiussore escusso dall’Amministrazione finanziaria
nei confronti del contribuente indebitamente rimborsato dell’Iva ai sensi dell’art. 38-bis,
D.P.R. 633/1972 [CFF ¶ 238a] (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 15.10.1998, n. 10188);
› tra la società assicuratrice che abbia rilasciato la polizza fideiussoria al contribuente, ex art. 8,
co. 2, D.Lgs. 218/1997 (nel testo vigente ratione temporis), e l’Amministrazione finanziaria che
intenda escutere la garanzia, allegando l’inadempimento del contribuente (cfr. Cass. Sentenze
11.3.2021, nn. 6833 e 6834).
› «È stata, invece, rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa al ricorso contro le comunicazione
dell’Agenzia delle Entrate (…) alle Compagnie assicuratrici prestanti garanzia fideiussoria alla socie-
tà contribuente per rimborsi Iva»: cfr. Cass. Ord. I. 28.7.2022, n. 23569); e le Sezioni Unite hanno
statuito a favore della giurisdizione ordinaria, ritenendo che l’oggetto del rapporto di garanzia
sia estraneo al rapporto d’imposta (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 16.1.2023, n. 1125);
› tra locatore e conduttore, ove il primo chieda al secondo la rivalsa per il pagamento della
TARSU/TARES/TARI (cfr. Cass., SS.UU. Civ., 6.6.2003, n. 9067);
› tra sostituito e sostituto di imposta, in relazione alla legittimità (o meno) delle ritenute operate dal
datore di lavoro, che sulla base di un precedente orientamento erano attribuite alle corti di giusti-
Processo tributario 15

zia tributaria di primo e secondo grado (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 26.6.2009, n. 15047), ma che ora la

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


giurisprudenza di legittimità devolve alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass., SS.UU.,

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Sent. 8.11.2012, n. 19289; conformi Cass., SS.UU. Sentenze, 8.4.2010, n. 8312 e 27.1.2010, n. 1626), al
pari delle liti attinenti alla interpretazione della volontà delle parti contraenti, in ordine, ad es., alla
circostanza che le somme pattuite in favore del lavoratore debbano essere erogate al lordo oppure
al netto delle ritenute fiscali (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 15.7.2003, n. 11025);
› aventi ad oggetto il pagamento dei canoni e delle indennità per lo sfruttamento di beni dema-
niali (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 14.1.2005, n. 604);
› aventi ad oggetto la controversia relativa al pagamento dei contributi estrattivi a carico dei ti-
tolari della relativa autorizzazione e «dei concessionari alla coltivazione di giacimenti per attività
estrattiva, atteso che tali contributi (…) trovano la loro ratio nella esigenza di indennizzare la collet-
tività per i pregiudizi recati dallo sfruttamento del suolo all’ambiente circostante» (cfr. Cass.
SS.UU., Ord. 21.1.2020, n. 1182, relativa a contributi previsti dalla legislazione campana);
› le controversie relative alla «impugnazione di atti che possono coinvolgere un numero indetermi-
nato di soggetti con pronuncia avente efficacia nei confronti della generalità dei contribuenti», co-
me nel caso delle tariffe incentivanti per la gestione dei servizi energetici (cfr. Cass. Ord.
20.7.2022, n. 22697);
› sul rimborso del dovuto in seguito ad adesione al condono edilizio (cfr. Cass. SS.UU., Sent.
31.5.2011, n. 11965, che ne attribuisce la competenza al TAR);
› relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero
caseari attualmente devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi (cfr.
Comm. Trib. Prov. Salerno, Sent. 17.10.2006, n. 265);
› proposte dallo scommettitore (nel lotto) per ottenere il rimborso della somma scommessa, in
quanto la gestione del lotto si configura come un'attività imprenditoriale di natura privatistica;
› inerenti a rapporti previdenziali obbligatori, dato che «la giurisdizione si determina dalla natura del
diritto di credito azionato, non dalla procedura di esazione adottata. Perciò la controversia inerente a di-
ritti ed obblighi conserva tale sua natura anche se originata da pretesa azionata dall’ente previdenziale a
mezzo di cartella esattoriale, e spetta perciò alla giurisdizione del giudice ordinario» (cfr. Cass., SS.UU.,
Sent. 27.3.2007, n. 7399; Cass. SS.UU., Ord. 18.3.2010, n. 6539). Lo stesso principio si applica nel ca-
so la cartella esattoriale sia emessa dall'Ente locale per il mancato pagamento del corrispettivo do-
vuto per l'erogazione di gas metano (cfr. Cass. SS.UU. Ord. 29.4.2021, n. 11293);
› concernenti l’interpretazione delle norme di diritto che disciplinano il potere regolamentare dei
Comuni di stabilire l’aliquota dei tributi locali: in quanto «spetta agli organi della giustizia ammi-
nistrativa rilevare la carenza di una disposizione che disciplini il potere comunale di fissare aliquote
diverse dell’ICI per le singole tipologie di immobili destinati ad usi non abitativi, limitandosi con ciò
alla interpretazione delle norme di diritto che disciplinano il potere di stabilire l’aliquota ICI»
(cfr. Cass., SS.UU., Sent. 25.1.2007, n. 1616);
› relative alla Tarip (Tariffa puntuale sui rifiuti), dato che il prelievo è connotato dal rapporto si-
nallagmatico tra il servizio goduto e il corrispettivo dovuto (cfr. Cass. SS.UU., Ord. 29.4.2021, n.
11290);
› relative all’accertamento, in capo al contribuente, «dei requisiti stabiliti dalla legge per ottenere la
qualifica di imprenditore agricolo», quand’anche dal mancato ottenimento della predetta qualifi-
ca derivino effetti tributari (nel caso, la decadenza dalle agevolazioni tributarie connesse: cfr.
Cass. SS.UU. Sent. 11.9.2018, n. 22086).
› concernenti la mancata adesione alla proposta di transazione fiscale da parte dell’agenzia fiscale,
dato che il Legislatore (sia nella disciplina previgente che in quella attuale), ha collocato l’istituto
all’interno delle procedure concorsuali, piuttosto che nell’ambito delle procedure di attuazione dei
tributi (cfr. Cass. SS.UU. Ord. 25.3.2021, n. 8504; conf. Cass., SS.UU. Ord. 22.11.2021, n. 35954);
› relative ai provvedimenti di esclusione dagli elenchi del 5 per mille, stante la natura non fiscale
della quota del 5 per mille e configurandosi un potere vincolato in capo all’Amministrazione fi-
nanziaria quanto alla sua erogazione (cfr. Cass. Ord. 1.6.2021, n. 15273).
Controversie «catastali» (co. 2) Rientrano nella giurisdizione del giudice tributario «le controversie che
abbiano ad oggetto atti relativi alle intestazioni o alle variazioni catastali e che si pongano come presuppo-
sto per l’assoggettamento a tributi o per la determinazione della entità degli stessi (…) rispondendo il con-
tenzioso catastale di cui all’art. 2, co. 2 e all’art. 19, lett. f), D.Lgs. 546/1992 unicamente ad una nozione
16 Processo tributario

d’interesse fiscale come interesse congiunto del Fisco e del contribuente alla definizione di un corretto ambi-
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

to censuario». Viceversa, «appartiene al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alle controversie tra
privati, o anche tra privati e Pubblica Amministrazione, aventi ad oggetto la verifica della esistenza e della

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estensione del diritto di proprietà: e in tali controversie le risultanze catastali ben possono essere utilizzate a
fini probatori, (…)» (cfr. Cass., SS.UU., 23.7.2018, n. 19524; Cass., Ordinanze, 4.1.2018, nn. 119 e 120;
Cass., SS.UU., 16.2.2016, n. 2950; Cass., SS.UU., 26.7.2007, n. 16429).
Questioni da cui dipende la decisione di controversie tributarie (co. 3) Il giudice tributario ha il
potere di risolvere in via incidentale, cioè senza effetto di giudicato, ogni questione pregiudiziale
o incidentale quando sia necessaria per decidere sulla questione principale (cfr. Cass., SS.UU.,
Sent. 15.11.2002, n. 16156).
E così, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria eccepisca la inefficacia dello scudo fiscale
(opposto dal contribuente all’accertamento), per essere le attività rimpatriate o regolarizzate de-
rivanti da un reato diverso da quelli per i quali era prevista la esclusione della punibilità, «il giu-
dice tributario deve accertare incidenter tantum, sulla base del materiale probatorio acquisito agli at-
ti, la sussistenza (o no) di un siffatto reato» (cfr. Cass. Ord. 12.5.2021, n. 12510).
Invece per le questioni in materia di querela di falso e di stato e capacità delle persone (diversa
dalla capacità di stare in giudizio), la competenza esclusiva resta in capo all’Autorità giudiziaria
ordinaria e il giudice tributario non può decidere in via incidentale ma deve, ex art. 39, D.Lgs.
546, «sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stes-
sa (…) trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione» (cfr. Cass. Ord.
30.11.2017, n. 28671); l’art. 39 «dispone [quindi] una deroga - in ipotesi predeterminate - al criterio
secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di giuri-
sdizione sulla domanda» (cfr. Cass. Ord. 4.1.2019, n. 115).
Mutamenti di giurisdizione Le reiterate modifiche legislative e le successive declaratorie di inco-
stituzionalità (parziale) dell’art. 2, D.Lgs. 546/1992 vanno coordinate con il principio generale di
cui all’art. 5 c.p.c. (cd. «perpetuatio jurisdictionis»), per effetto del quale la giurisdizione (e la
competenza) si determinano con riguardo alla legge vigente e allo «stato di fatto» esistente al
momento di proposizione della domanda: senza che abbiano rilevanza, rispetto ad esse, i suc-
cessivi mutamenti intervenuti nella legislazione.
In assenza di una normativa transitoria specifica, pertanto:
› per le controversie incardinate innanzi ai giudici (diversi dalle corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado) correttamente individuati in base alla precedente normativa (che non
lo sarebbero più, a seguito della «generalizzazione» della giurisdizione tributaria), rimane fer-
ma la rispettiva giurisdizione: nel senso che il procedimento prosegue innanzi a detti giudici;
› a partire dalla introduzione del nuovo criterio di riparto della giurisdizione, il ricorso deve es-
sere proposto alla corte di giustizia tributaria (di primo grado), per poi proseguire secondo le
regole del D.Lgs. 546/1992, anche in relazione alla «nuova» materia.
Va, comunque, tenuto presente che – in tema di mutamento della giurisdizione – l’art. 5 c.p.c. si
applica solo quando una legge successiva alla proposizione della domanda renda carente di giu-
risdizione il giudice adito; nel caso, invece, in cui la domanda giudiziale sia stata proposta dal
contribuente ad un giudice carente di giurisdizione, che, solo successivamente e nel corso del
giudizio, sia divenuto competente a decidere una determinata categoria di controversie, il «di-
fetto di giurisdizione» viene rimosso e l’organo originariamente incompetente può – per ragioni
di economia processuale – legittimamente pronunciarsi (cfr. Corte Cost., Ord. 7.11.2008, n. 363;
Cass., SS.UU., Ord. 17.1.2008, n. 857 e Sent. 24.7.2007, n. 16289).
Il citato art. 5 del c.p.c. non trova applicazione in caso di sopravvenuta incostituzionalità della
norma inerente la giurisdizione (come avvenuto con le citate sentenze della Corte Costituzionale
n. 64/2008, n. 130/2008 e n. 39/2010), in quanto «la norma dichiarata costituzionalmente illegitti-
ma – a differenza di quella abrogata – non può essere assunta, data l’efficacia retroattiva che assiste
tale tipo di pronunce della Corte Costituzionale, a canone di valutazione di situazioni o di rapporti an-
teriori alla pubblicazione della pronuncia di incostituzionalità, salvo il limite dei rapporti esauriti al
momento di pubblicazione della decisione» (cfr. Cass., SS.UU., Ord. 16.11.2004, n. 21645). Ne deriva
che le controversie prese in considerazione dalle citate sentenze (in materia di COSAP, di san-
zioni non tributarie irrogate da Uffici delle Agenzie fiscali e di canone fognature), se ancora
pendenti al momento della dichiarazione di incostituzionalità di una parte dell’art. 2, D.Lgs.
Processo tributario 17

546/1992, rientrano nella giurisdizione della A.G.O. e devono pertanto essere riassunte dinanzi

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


al giudice fornito di giurisdizione (cd. «translatio iudicii»).

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DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 5 Codice di procedura civile


Momento determinante della giurisdizione e della competenza

Art. 14, co. 33, D.L. 31.5.2010, n. 78


Interpretazione autentica art. 238, D.Lgs. 152/2006

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 13.3.2006, n. 10/E, § 7.1 Circ. Dip. Finanze 11.11.2010, n. 3/DF

Ris. Ag. Entrate 5.3.2010, n. 16/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.1

Art. 3 - DIFETTO DI GIURISDIZIONE [CFF ¶ 4654]

1. Il difetto di giurisdizione delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado è rilevato, an-
che d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. 1
2. È ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall'art. 41, primo comma, del codi-
ce di procedura civile.

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

DIFETTO DI GIURISDIZIONE (Art. 3)

Il difetto di giurisdizione (co. 1) Consiste nell’erronea individuazione dell’ordine giudiziario desti-


nato dalla legge a risolvere la specifica controversia: così, ci si deve rivolgere, ad es., all’Autorità
Giudiziaria Ordinaria anziché alle corti di giustizia tributaria; o al TAR anziché all’A.G.O., alle
corti di giustizia tributaria anziché all’A.G.O. o al TAR.
Il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti o rilevato d’ufficio dal giudice, in qualsiasi
stato e grado del processo, finché sul punto non sia intervenuto il giudicato (anche implicito, dato
che la decisione sul merito implica una previa decisione sulla giurisdizione: Cass., sent. 28.6.2013,
n. 16337; Cass., SS.UU., sentenze 12.4.2012, n. 5762; 27.1.2011, n. 1864; 25.5.2009, n. 11986; 9.10.2008,
n. 24883). «Ai sensi dell’art. 324 c.p.c. si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta
né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi
di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 396 c.p.c.» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
«Translatio iudicii» Dal 2007, sia la Corte di Cassazione (cfr. Sentenze 22.2.2007, n. 4109 e Sent.
29.2.2008, n. 5431) che la Corte costituzionale (cfr. Sent. 5.3.2007, n. 77, conf. Ord. 30.7.2009, n.
257) hanno riconosciuto anche ai giudici di merito (compresi quelli tributari) il potere di disporre
la cd. «translatio iudicii». Con tale istituto giuridico si consente che il processo, iniziato erronea-
mente davanti ad un giudice privo di giurisdizione, possa continuare davanti al giudice che ne
sia fornito. La sentenza del giudice di merito declinatoria della giurisdizione non può, però, im-
porre al giudice ad quem (quello del quale è stata affermata la giurisdizione) di adeguarsi a tale
pronuncia; esso potrebbe a sua volta dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, costringendo
18
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

così le parti a denunciare il conflitto negativo di giurisdizione mediante ricorso per cassazione
(ex art. 362, comma 2, c.p.c.).

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L’estensione del meccanismo della traslazione (anche fra giudici di merito di ordini diversi) com-
porta la conservazione degli effetti (processuali e sostanziali) prodotti dagli atti compiuti davanti
al giudice dichiaratosi privo di giurisdizione, per cui l’atto erroneamente impugnato (ad es., da-
vanti alle corti di giustizia tributaria) non diventa definitivo.
Il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione deve indicare, con sentenza, il giudice
che ritiene munito di giurisdizione: in attuazione dei principi (recepiti dall'art. 59, L. 69/2009):
› di prosecuzione del processo davanti al giudice munito di giurisdizione (in caso di pronuncia
declinatoria della giurisdizione del giudice inizialmente adito);
› di conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda posta al giudice privo di
giurisdizione.
Se, entro il termine perentorio (a pena di estinzione del processo e del venir meno degli effetti
sostanziali e processuali della domanda) di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia
declinatoria, la parte interessata ripropone la domanda al giudice designato, le parti restano vin-
colate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda
avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dal-
l’instaurazione del primo giudizio (ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute).
Il giudice davanti al quale la causa è riassunta, però, può sollevare d’ufficio, fino alla prima
udienza fissata per la trattazione del merito, questione di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione (salvo che le stesse non si siano già pronunciate sulla questione). Può,
cioè, contestare la propria giurisdizione, «ma solo ponendosi in esplicita posizione di contrasto con il
primo giudice»; non può, invece, «rimettere alla Corte le più varie ipotesi avanzate in giudizio» (cfr.
Cass. SS.UU. Ord. 16.4.2018, n. 9336).
Le prove già raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valu-
tate come argomenti di prova dal giudice dinanzi al quale si ripropone la domanda.
Regolamento «preventivo» di giurisdizione (co. 2) «Finché la causa non è decisa nel merito in 1°
grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che risolvano le questio-
ni di giurisdizione (...)» (cfr. art. 41 c.p.c.). Questo strumento giuridico – che «permette di ottenere
una decisione definitiva e vincolante sui limiti della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria o
dei giudici speciali» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E) – ha carattere preventivo e dev’essere
proposto – nelle forme e secondo le modalità previste dagli artt. 365 e segg. c.p.c. – prima che il
giudice del merito abbia emesso la sentenza, anche solo limitata alla giurisdizione, dato che «la
formula della prima parte dell’art. 41 c.p.c., anziché essere interpretata nel senso che solo una pronun-
cia che abbia attinto il merito della causa preclude il regolamento, deve essere letta nel senso che qual-
siasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato ha efficacia preclusiva del re-
golamento» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 19.8.2002, n. 12246; Cass., SS.UU., Sent. 28.5.1999, n. 80).
Al regolamento (previsto nell’art. 41 c.p.c.), che deve essere attuato preventivamente, si aggiunge,
dunque, la riassunzione davanti al giudice fornito di giurisdizione, quale possibile rimedio «a
posteriori» di eventuali vizi di giurisdizione.
La «richiesta deve provenire dalla parte, in quanto è escluso che il regolamento possa essere promosso
d’ufficio.»
«L’istanza si propone con ricorso diretto alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, quale organo su-
premo, senza che sulla questione di giurisdizione si pronuncino i giudici investiti della causa.
Il ricorso deve essere sottoscritto – a pena di inammissibilità (ex art. 365 c.p.c.) – da un avvocato am-
messo al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione e iscritto all’apposito Albo» (cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 41, 50, 366, 367 Codice di procedura civile


Regolamento di giurisdizione - Riassunzione della causa - Contenuto del ricorso - Sospensione
del processo
Processo tributario 19

Art. 59, L. 18.6.2009, n. 69

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Decisione delle questioni di giurisdizione

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PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 4 - COMPETENZA PER TERRITORIO [CFF ¶ 4655]

1. Le corti di giustizia tributaria di primo grado sono competenti per le controversie proposte nei
confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui
all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che hanno sede nella loro circo-
scrizione. Se la controversia è proposta nei confronti di articolazioni dell’Agenzia delle Entrate,
con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di ammi-
nistrazione di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è competente la cor-
te di giustizia tributaria di primo grado nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano
le attribuzioni sul rapporto controverso. 1 2 3
2. Le corti di giustizia tributaria di secondo grado sono competenti per le impugnazioni avverso le deci-
sioni delle corti di giustizia tributaria di primo grado, che hanno sede nella loro circoscrizione. 4

Note
1 Il presente comma prima modificato dall'art. 28 D.L. 31.05.2010, n. 78 con decorrenza dal 31.05.2010, poi sostituito
dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato da ultimo nuovamente modificato dall'art. 4,
comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 È costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente an-
teriormente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.
156 (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6,
comma 6, e 10, comma 1, lettere a e b, della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in cui prevede che per le controver-
sie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione è competente la commissione tributaria provin-
ciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente lo-
cale concedente. (C.cost. 03.03.2016, n. 44).
3 In applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), è costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente a seguito
della sostituzione operata dall’art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 156 del 2015, nella parte in cui prevede che per le
controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle
detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi
locali) è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anzi-
ché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale impositore. (C.cost. 03.03.2016, n. 44).
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

COMPETENZA PER TERRITORIO (Art. 4)

Competenza territoriale Una volta individuata la «giurisdizione», nell’ambito di questa va identi-


ficato il giudice specifico – inteso, ovviamente, come «organo» e non come persona – a cui sot-
toporre la controversia (competenza).
Nel processo tributario – a differenza che nel processo civile, nel quale rileva anche il criterio
«per valore» e «per materia» – l’unico criterio che regola la competenza è quello per territorio:
pertanto, il «giudice specifico» (competente per territorio) sarà, di volta in volta, la Corte di giu-
20
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

stizia tributaria di primo grado di Udine piuttosto che quella di primo grado di Treviso, di Bolo-
gna o di 1° grado di Trento; quella di secondo grado del Friuli Venezia Giulia con sede a Trieste

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piuttosto che quella di secondo grado del Veneto con sede a Venezia (Mestre) o dell’Emilia Ro-
magna con sede a Bologna o di 2° grado di Trento.
«Il criterio della competenza è fissato con riguardo al giudice di primo grado, in quanto la competenza
del giudice di appello è conseguenziale a quella fissata in primo grado».
La competenza territoriale è «funzionale ed inderogabile» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Corti di giustizia tributaria di primo grado Hanno competenza sulle controversie instaurate dal
contribuente nei confronti degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate (nella quale è confluita, dal 1°
dicembre 2012, anche quella del Territorio) o delle Dogane e dei Monopoli, degli Enti locali e de-
gli Agenti della riscossione che hanno sede nella loro circoscrizione provinciale.
Nel caso in cui l’Ufficio tributario che ha formato il ruolo e l’Agente della riscossione che ha
emesso l’atto di riscossione non ricadano nello stesso ambito territoriale, «qualora il contribuente
impugni la cartella di pagamento (anche facendo valere in via esclusiva vizi propri del ruolo, non no-
tificato precedentemente e, quindi, conosciuto solo tramite la cartella), è territorialmente competente la
commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’Agente del servizio di ri-
scossione che ha emesso l’atto impugnato, pure se non coincidente con quella in cui ha sede l’Ufficio
tributario che ha formato il ruolo, in quanto il combinato disposto dal citato D.Lgs. n. 546 del
1992, art. 19, comma 1, lett. d), e comma 3, e 21, comma 1 – considerando i due atti (ruolo e cartella
esattoriale) in modo unitario ed impugnabili congiuntamente – esclude, da un lato, il frazionamento
delle cause tra giudici diversi, e, dall’altro, la rimessione al ricorrente della scelta del giudice territo-
rialmente competente da adire» (cfr. Cass., Sentenze 29.7.2016 n. 15829; 1.10.2014 n. 20671;
23.3.2012 n. 4682; Cass. Ord. 31.10.2019, n. 28064).
Nel caso di azione del contribuente a seguito del silenzio opposto dalla Amministrazione finan-
ziaria ad una sua istanza di rimborso, la competenza è della corte di giustizia tributaria di primo
grado nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio al quale l’istanza è stata presentata e che con il
proprio silenzio l’ha implicitamente rigettata. Se, però, l’istanza è stata presentata ad un Ufficio
incompetente a provvedere, fermo restando l’obbligo di quest’ultimo di trasmettere l’atto all’Uf-
ficio competente (o comunque di indicare al contribuente l’Ufficio a cui indirizzare l’istanza),
non si realizza il silenzio-rifiuto che consente di presentare un ricorso tributario (e, se presenta-
to, dovrà essere dichiarato inammissibile: non tanto per difetto di competenza della corte di
giustizia tributaria di primo grado nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio al quale è stata erro-
neamente destinata l’istanza, quanto per mancanza di un provvedimento impugnabile: cfr.
Cass., Sent. 6.5.2005, n. 9407).
Nel caso «di ricorso avverso il rifiuto espresso o tacito sull’istanza presentata da soggetto non resi-
dente per ottenere il rimborso delle ritenute IRPEF sulla pensione corrisposta da istituto previdenziale
italiano», l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un interpello, ha precisato che l’Ufficio contro-
parte a cui notificare il ricorso è il Centro operativo di Pescara; «conseguentemente, la Commissio-
ne tributaria provinciale territorialmente competente è quella di Pescara». La gestione di tali istanze,
infatti, «dal 1° gennaio 2002, è stata attribuita al predetto Centro operativo» (cfr. Ris. Ag. Entrate
18.12.2003, n. 226/E).
Nel caso di diniego all’istanza (presentata all’Ufficio Provinciale dell’Ag. Entrate e da questi tra-
smessa alla D.R.A.E.) di interpello antielusivo, ex art. 37-bis, co. 8 del D.P.R. 600/1973, la Corte di
Cassazione ha ritenuto che il ricorso vada incardinato presso la corte di giustizia tributaria di
primo grado nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rap-
porto controverso (Ufficio Provinciale dell’Ag. Entrate), in quanto si tratterebbe di una contro-
versia instaurata nei confronti di una articolazione dell’Agenzia delle Entrate (cfr. Cass. Ord.
26.11.2020, n. 26977. Si veda anche: C.T.P. Reggio Emilia, Sent. 26.2.2021, n. 41).
Competenza sugli atti emessi dai Centri operativi Dipende dal tipo di atto.
Per le controversie relative agli atti di controllo e accertamento realizzati con modalità automa-
tizzate, la competenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado va individuata nella cir-
coscrizione in cui ha sede l’Ufficio (Direzione Provinciale o Regionale) della Agenzia delle Entra-
te «al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso, individuato in ragione del domicilio fi-
scale del contribuente, al quale è riconosciuta anche la legitimatio ad causam». È il caso degli «atti
di accertamento parziale con modalità automatizzate, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA, che il
Processo tributario 21

provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 2011/16271 del 28 gennaio 2011 (…) ha

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


attribuito alla competenza del Centro operativo di Pescara» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, §

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1.2. Si veda anche Circ. Ag Entrate 15.2.2011, n. 4. Per la competenza sul recupero dei crediti Iva
utilizzati in difformità dall’art. 10 del D.L. 78/2009, si veda il Provv. A.E. 9.3.2011).
Per le controversie proposte nei confronti del Centro relativamente ad atti diversi dai preceden-
ti, «comprese quelle riguardanti atti connessi ai controlli non realizzabili con modalità automatizzate,
quali quelli relativi alle istanze presentate per la fruizione del credito d’imposta (…) è competente la
Commissione tributaria provinciale di Pescara e il Centro è parte nel processo dinanzi alla stessa
Commissione» (cfr. Provv. Dir. Ag. Entrate, 28.1.2011; si veda l'art. 10 del presente Decreto).
L’assetto organizzativo e le attribuzioni, rispettivamente del Centro operativo di Pescara, con la
dipendente struttura decentrata di Reggio Calabria, del Centro operativo di Cagliari e del Centro
operativo di Venezia sono delineati con Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
In definitiva la legittimazione processuale delle articolazioni della Agenzia delle Entrate e, con
essa, la competenza territoriale del Giudice tributario finiscono per dipendere dalle funzioni ad
esse attribuite dalla stessa Agenzia nell’ambito del proprio potere di organizzazione. La Corte di
Cassazione, però, sul duplice presupposto che i predetti Centri Operativi svolgono alcune delle
funzioni prima attribuite ai Centri di Servizio e che mantengono lo stesso rapporto che questi
ultimi avevano con gli Uffici, ha sostenuto che il Centro Operativo di Pescara è privo di rilevan-
za «esterna», con conseguente assenza di legittimazione processuale (passiva) che, dunque,
spetta, in ogni caso, alla Direzione Provinciale determinata con riferimento al domicilio fiscale
del contribuente (cfr. Cass., Sent. 12.11.2010, n. 23003).
Atti dei gestori dell’accertamento e della riscossione dei tributi locali Nel caso in cui il servizio
di accertamento e di riscossione di tributi locali sia stato affidato dal Comune ad un soggetto
«privato» (abilitato al servizio di riscossione) che abbia sede in una circoscrizione diversa da
quella dell’ente locale concedente, la competenza territoriale va individuata in relazione alla se-
de dell’ente locale (cfr. Corte Cost. Sent. 3.3.2016, n. 44; principio ribadito da Corte Cost. con
Sent. 25.6.2019, n. 158, in caso di opposizioni alle ingiunzioni emesse dal concessionario cui
l'ente locale abbia affidato il servizio di riscossione; conforme Cass., Sent. 21.11.2018, n. 30054).
Si ricorda che l’art. 1, co. 792 e segg., della L. 27.12.2019, n. 160 (c.d. Legge di Bilancio 2020) ha
introdotto la riforma della riscossione degli Enti locali, prevedendo:
› l’istituto dell’accertamento esecutivo anche per le entrate locali: a partire dal 1° gennaio 2020,
e con riferimento ai rapporti pendenti a tale data;
› l'istituzione di una sezione separata nell’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività
di liquidazione, accertamento e riscossione delle entrate locali (di cui all’art. 53, D.Lgs.
446/1997).
Corti di giustizia tributaria di secondo grado Sono competenti per le impugnazioni avverso le
decisioni delle corti di giustizia tributaria di primo grado che hanno sede nella loro circoscrizio-
ne (cioè nella Regione di pertinenza).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 5, co. 10, Delibera Agenzia delle Entrate 30.11.2000, n. 4


Uffici periferici

Art. 1, co. 360, L. 24.12.2007, n. 244


Disposizioni in materia di entrata

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Ris. Ag. Entrate 18.12.2003, n. 226/E


22
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Provvedimento Dir. Ag. Entrate 28.1.2011, punti 5.1 e 5.2

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Provvedimento Dir. Ag. Entrate 9.3.2011, punti 1.1 - 1.4

Circ. Ag. Entrate 15.2.2011, n. 4

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.2

Art. 4-bis - COMPETENZA DEL GIUDICE MONOCRATICO [CFF ¶ 4698]

1. Le corti di giustizia tributaria di primo grado decidono in composizione monocratica le controver-


sie di valore fino a 5.000 euro. Sono escluse le controversie di valore indeterminabile. 2
2. Per valore della lite si intende quello determinato ai sensi dell'articolo 12, comma 2. Si tiene con-
to anche dell'imposta virtuale calcolata a seguito delle rettifiche di perdita.
3. Nel procedimento davanti alla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione mono-
cratica si osservano, in quanto applicabili e ove non derogate dal presente decreto, le disposizio-
ni ivi contenute relative ai giudizi in composizione collegiale. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 4, comma 1, lett. b), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022 ed
applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 40, comma 2, D.L. 24.02.2023, n. 13 con decorrenza dal 25.02.2023
ed applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2023.

COMPETENZA DEL GIUDICE MONOCRATICO (Art. 4-bis)

Competenza del Giudice monocratico La L. 31.8.2022, n. 130 - «Disposizioni in materia di giustizia e


di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - in vigore dal 16 settembre 2022, introduce, nel
contesto della riforma (strutturale) dei componenti gli organi della giurisdizione tributaria, il nuo-
vo art. 4-bis (cfr. art. 4, co. 1, lett. b) della L. 130/2022), che prevede la figura del giudice monocrati-
co per le cause di minor valore. Al giudice delle corti di giustizia di primo grado in composizione
monocratica viene attribuita, infatti, la competenza per le cause di valore non superiore a
3.000,00 euro, per le quali il contribuente può stare in giudizio senza l’assistenza tecnica.
La neo introdotta disposizione è stata modificata dall’art. 40, co. 2, del D.L. 24.2.2023, n. 13 (in
G.U. 24.2.2023, n. 47), in vigore dal 25.2.2023, che ha innalzato la soglia di valore da 3.000,00
euro a 5.000,00 euro, con riferimento ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2023 (Il
C.N.D.C.E.C. propone di abrogare la citata modifica, considerata l’estrema complessità ed etero-
geneità del giudizio tributario, i tempi lunghi per la professionalizzazione dei giudici tributari,
la distonia con il limite previsto per coltivare il giudizio senza l’assistenza tecnica: cfr. CNDCEC,
Audizione D.D.L. 13/2023, Senato 6.3.2023)
La nuova disposizione prevede che:
«Le corti di giustizia tributaria di primo grado decidono in composizione monocratica le controversie
di valore fino a 3.000 euro» (5.000,00 euro dal 1° luglio 2023), con la (espressa) esclusione di
quelle di valore indeterminabile (cfr. co. 1).
La norma stabilisce, poi, cosa si intenda «per valore della lite», richiamandosi a quanto prescritto
dall’art. 12, co. 2, del presente Decreto, e precisando che si deve tenere conto, altresì, «dell’impo-
sta virtuale calcolata a seguito delle rettifiche di perdita» (co. 2).
Ne deriva che, in linea generale, per valore della controversia si intende:
› l'importo del solo tributo (al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto
impugnato), nel caso di controversie aventi per oggetto un avviso di accertamento;
› l’importo delle sole sanzioni, nel caso di atto di irrogazione sanzioni.
Processo tributario 23

Nel caso di accertamento che rettifichi le perdite, il valore della lite «va determinato con riferi-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mento all’imposta virtuale e/o alla maggiore imposta effettiva relativa alla differenza tra la perdita

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dichiarata e la minor perdita accertata dall’Ufficio» (Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291. Si veda il
commento all’art. 12, del presente Decreto). Infine, la norma stabilisce che: «nel procedimento da-
vanti alla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica si osservano, in
quanto applicabili e ove non derogate dal presente decreto, le disposizioni ivi contenute relative ai giu-
dizi in composizione collegiale» (co. 3).
Da ultimo (e per completezza), si ricorda la disposizione per cui il giudice monocratico, se rileva
che la controversia, che gli è stata assegnata, avrebbe dovuto essere trattata dalla corte di giusti-
zia tributaria in altra composizione, la rimette al Presidente dalla sezione per il rinnovo dell’as-
segnazione (cfr. il neo introdotto co. 1-ter dell’art. 6 del D.Lgs. 545/1992).

Art. 5 - INCOMPETENZA [CFF ¶ 4656]

1. La competenza delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado è inderogabile. 1


2. L'incompetenza della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado è rilevabile, anche
d'ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce. 1
3. La sentenza della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado che dichiara la propria in-
competenza rende incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza della corte di giusti-
zia tributaria di primo e secondo grado in essa indicata, se il processo viene riassunto a norma
del comma 5. 1
4. Non si applicano le disposizioni del codice di procedura civile sui regolamenti di competenza.
5. La riassunzione del processo davanti alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado
dichiarata competente deve essere effettuata a istanza di parte nel termine fissato nella senten-
za o in mancanza nel termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa. Se la rias-
sunzione avviene nei termini suindicati il processo continua davanti alla nuova commissione, al-
trimenti si estingue. 1

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

INCOMPETENZA (Art. 5)

Incompetenza territoriale «La competenza delle commissioni tributarie è inderogabile» (cfr. Circ.
Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
L’incompetenza territoriale della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado adita può
essere rilevata:
› dalle parti: se la trattazione avviene in camera di consiglio, entro i 10 giorni liberi precedenti;
se la trattazione avviene in pubblica udienza (quando ne sia stata fatta richiesta da almeno
una delle parti), in sede di discussione;
› d’ufficio;
ma solo nel grado di giudizio al quale il vizio si riferisce (ad es., l’incompetenza della corte di
giustizia tributaria di primo grado non può essere eccepita dalle parti di fronte alla corte di giu-
stizia tributaria di secondo grado o rilevata d’ufficio dalla stessa, se non è già stata sollevata e
discussa nel primo grado di giudizio).
L’errore sulla competenza non fa venir meno la possibilità di esercitare l’azione, ma impone
l’onere di riassunzione della causa (come è stato riconosciuto anche per il difetto di giurisdizio-
ne: cfr. il commento all’art. 3), che deve avvenire nel termine fissato nella sentenza o, in man-
canza, nel termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa, pena la estinzione del
processo; se avviene nei termini indicati, il processo continua davanti alla nuova corte di giusti-
zia tributaria (che è quella competente).
24
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

La sentenza della Commissione che stabilisce la competenza di un’altra Commissione non può
essere impugnata se il processo viene riassunto ad istanza di parte (cioè con ricorso proposto ai

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sensi dell’art. 20) davanti alla corte di giustizia tributaria dichiarata competente (cfr. Cass., Ord.
12.12.2017, n. 29688; Cass. Sentenze 11.10.2013, n. 23125; 22.12.2000, n. 16081).
Non si applicano le norme del Codice di procedura civile sul regolamento di competenza, ma so-
lo le disposizioni del D.Lgs. 546/1992 appena ricordate, per cui «la pronuncia che dichiari l’incom-
petenza, a seguito di eccezione rilevata, d’ufficio o dalla parte, in violazione dei limiti temporali stabi-
liti per la sua rilevabilità, non è impugnabile con il regolamento necessario di competenza ex art. 42
c.p.c., ma deve essere impugnata con l’appello (o, nel caso di declaratoria emessa in sede d’appello con
il ricorso per cassazione ex art. 360, n. 4, c.p.c.), in quanto l’errore in procedendo così verificatosi non
riguarda la competenza, ma la violazione delle norme del procedimento attinenti al rilievo dell’eccezio-
ne» (cfr. Cass., Ord. 3.8.2005, n. 16299; conf. Cass. Ord. 17.9.2004, n. 18815).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 2.1

Art. 6 - ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEI COMPONENTI DELLE CORTI


DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4657]

1. L'astensione e la ricusazione dei componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado sono disciplinate dalle disposizioni del codice di procedura civile in quanto applicabili. 2
2. Il giudice tributario ha l'obbligo di astenersi e può essere ricusato anche nel caso di cui all'art.
13, comma 3, e in ogni caso in cui abbia o abbia avuto rapporti di lavoro autonomo ovvero di
collaborazione con una delle parti.
3. Sulla ricusazione decide il collegio al quale appartiene il componente della corte di giustizia tri-
butaria di primo e secondo grado ricusato, senza la sua partecipazione e con l'integrazione di
altro membro della stessa corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado designato dal
suo presidente. 2 1

Note
1 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decor-
renza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEI COMPONENTI DELLE CORTI


DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO (Art. 6)

Gli istituti dell'astensione e della ricusazione del giudice tributario Richiamano la disciplina
processualcivilistica (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Astensione Il giudice delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado si asterrà:
› obbligatoriamente (e, in difetto, potrà essere ricusato):
a) nei seguenti cinque casi previsti dall’art. 51, co. 1, del c.p.c.:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al 4° grado, o è convivente o assiduo frequentatore
(cd. «commensale abituale») di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o de-
Processo tributario 25

bito con una delle parti (ad esclusione dell’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria) o con

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


uno dei suoi difensori;

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4) se è stato consulente o patrocinatore o testimone nella causa, oppure ne ha conosciuto,
come magistrato (in altro grado del processo) o come arbitro o come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è
amministratore o gerente di un Ente, di una associazione anche non riconosciuta, di un
comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa;
b) nei due (specifici) casi previsti dall’art. 6, co. 2, del D.Lgs. 546/1992 e cioè:
1) «se abbia fatto parte di una commissione per l’assistenza tecnica gratuita che ha esaminato
controversie attinenti al processo in cui è chiamato a giudicare» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996,
n. 98/E); la quale è stata sostituita dalla Commissione del patrocinio a spese dello Stato
(«composta da un presidente di sezione, che la presiede, da un giudice tributario designato dal
presidente della commissione, nonché da tre iscritti negli albi o elenchi di cui all’art. 12, co. 2,
del Decreto 546/1992», designati al principio di ogni anno a turno da ciascun Ordine pro-
fessionale del capoluogo in cui ha sede la Commissione e dalla Direzione Regionale del-
l’Agenzia delle Entrate: cfr. art. 138, D.P.R. 112/2002);
2) se ha (attualmente) o ha avuto (in passato) rapporti di lavoro autonomo e/o di collabora-
zione con una delle parti. «Per lavoro autonomo deve intendersi qualsiasi attività di lavoro
non subordinato, sia abituale che occasionale; inoltre, (…) il rapporto professionale può avere
qualunque oggetto, non solo di consulenza tributaria» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Rientra, invece, nella nozione di collaborazione sia la collaborazione coordinata e conti-
nuativa, che qualsiasi attività di lavoro subordinato;
› facoltativamente, quando esistono gravi ragioni di convenienza, cioè nel caso di situazioni
che inducano a ritenere inopportuno che il giudice esplichi, in quella causa, la sua funzione
(art. 51, co. 2, del c.p.c.).
Ricusazione Negli stessi casi in cui è prevista l’astensione obbligatoria, l’art. 52 c.p.c. prevede la
possibilità, per le parti, di proporre la ricusazione, mediante ricorso (contenente i motivi spe-
cifici e i mezzi di prova), da depositare nella Segreteria della Commissione:
› se è noto il nome dei giudici, due giorni prima dell’udienza;
› se non è noto il nome dei giudici, prima della trattazione o discussione.
Il ricorso (cioè l’istanza di ricusazione) sospende il giudizio ed in relazione ad esso si pronun-
cia - con ordinanza non impugnabile - il collegio cui appartiene il giudice tributario ricusato,
ma senza la sua partecipazione (esso viene sostituito da un altro giudice designato dal Presi-
dente della Commissione).
In caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della ricusazione, la parte che l’ha pro-
posta (non il suo difensore) può essere condannata al pagamento di una pena pecuniaria non
superiore a 250,00 euro (cfr. Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E a commento dell’art. 54
c.p.c.).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 51 - 52 Codice di procedura civile


Astensione e ricusazione dei giudici

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 2.5


26
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 7 - POTERI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4658]

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1. Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti de-
dotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiari-
menti conferite agli uffici tributari ed all'ente locale da ciascuna legge d'imposta. 4
2. Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, quando occorre acquisire elementi cono-
scitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'am-
ministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovve-
ro disporre consulenza tecnica. I compensi spettanti ai consulenti tecnici non possono eccedere
quelli previsti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319 e successive modificazioni e integrazioni. 4
[3. È sempre data alle commissioni tributarie facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ri-
tenuti necessari per la decisione della controversia.] 2
4. Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini del-
la decisione e anche senza l'accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta
con le forme di cui all'articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tri-
butaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa
soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale. 1
5. Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento
o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto de-
dotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente. 4
5-bis. L'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice
fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo
se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a di-
mostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria
sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle san-
zioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non
sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati. 5 3

Note
1 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. c), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022 ed applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato abrogato dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005.
3 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
5 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 6, L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

POTERI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO


E SECONDO GRADO (Art. 7)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria La Legge 31 agosto 2022, n. 130 - «Disposizioni
in materia di giustizia e di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - sostituisce il comma 4
dell’articolo in esame che prevede(va) la (in)ammissibilità della prova testimoniale nel processo
tributario e introduce il comma 5-bis, che sancisce, da un lato, l’onere, dell’Amministrazione fi-
nanziaria, di fornire in giudizio la prova circostanziata e puntuale delle ragioni su cui si fonda la
pretesa e, dall’altro, l’onere del contribuente di fornire le ragioni della richiesta di rimborso.
Istruzione probatoria (co. 1) Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, ai fini
istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, hanno tutte le facoltà di accesso, di richiesta da-
ti, di informazioni e chiarimenti conferite agli Uffici tributari e agli Enti locali dalle singole leggi
d’imposta.
Processo tributario 27

L’inciso «nei limiti dei fatti dedotti dalle parti» circoscrive i poteri istruttori del giudice tributario

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


ai fatti che le parti hanno enunciato nei loro atti e nelle loro memorie; ogni iniziativa che superi

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tali «confini» deve considerarsi illegittima.
È stata eliminata la facoltà delle corti di giustizia tributaria di ordinare alle parti il deposito di do-
cumenti ritenuti necessari per la decisione della controversia: «la ratio della modifica (…) va indivi-
duata nella volontà del Legislatore di rimettere all’iniziativa delle parti l’andamento del processo, raffor-
zando il carattere dispositivo del processo tributario (…). Resta in ogni caso salva la facoltà, per ciascuna
delle parti, di chiedere al giudice di ordinare il deposito di documenti non conosciuti in possesso della
controparte» (cfr. Circ. Ag. Entrate 13.3.2006, n. 10; o di un terzo: Cass., Sent. 11.6.2014, n. 13152). «Il
potere istruttorio di ordinare il deposito di documenti può essere esercitato dal giudice tributario soltan-
to a seguito della previa istanza di una delle parti processuali e non più, come in precedenza, d’iniziativa
della stessa Commissione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 13.3.2006, n. 10; nonché, Cass., Sent. 9.6.2009, n.
13201; Corte Cost., Sent. 29.3.2007, n. 109). Esso presuppone che «l’assolvimento dell’onere della pro-
va a carico del contribuente sia impossibile o sommamente difficile» (cfr. Cass., Sent. 17.7.2018, n.
18940; Cass. Ordinanze 2.12.2021, n. 38062; 27.12.2018, n. 33506; 3.12.2018, n. 31117; 31.10.2018, n.
27827). Tale potere «dev’essere interpretato alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il
quale non consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi
oneri probatori: [esso], pertanto, può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di in-
certezza, al fine di integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti, e non anche nel caso in cui il ma-
teriale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia» (cfr. Cass.,
Sent. 17.11.2006, n. 24464; conformi Cass., Ordinanze 28.2.2019, n. 5904; 28.11.2018, n. 30786;
2.12.2016, n. 24720; Cass., Sentenze 26.6.2020, n. 12798; 20.1.2016, n. 955; 7.10.2011, n. 20599;
19.1.2010, n. 725; 2.11.2009, n. 23176; 28.10.2009, n. 22769; 14.1.2009, n. 683). E così:
› nel caso in cui l’ufficio abbia emesso, nei confronti di un contribuente, un avviso di accerta-
mento fondato sul processo verbale di constatazione elevato a seguito di verifica condotta
presso un altro contribuente e abbia prodotto in giudizio solo il P.V.C., senza i documenti esa-
minati e raccolti dai verificatori, la Cassazione ha confermato che «l’esercizio dei poteri di ac-
quisizione d’ufficio, attribuiti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, alle Commissioni tributa-
rie» non ha «la funzione di sopperire al mancato assolvimento dell’onere della prova» a carico (nel
caso di specie) dell’ufficio (cfr. Cass., Sent. 25.9.2009, n. 20634; nonché, Cass., Sentenze
25.10.2021, n. 29856; 28.10.2016, n. 21823);
› mentre, «qualora nel giudizio siano già presenti indizi sugli stessi fatti che una parte intende pro-
vare, allora l’ordine di integrazione probatoria da parte del giudice di merito è possibile, a maggior
ragione se il processo verbale sia già conosciuto dal contribuente, perché in tal caso l’ordine del giu-
dice non introduce nel processo alcun elemento nuovo» (cfr. Cass. Ord. 31.7.2020, n. 16476; Cass.
Sent. 11.5.2021, n. 12383; conf. Cass. Ord. 22.6.2021, n. 17748).
Conclusione: «nel processo tributario, retto dal principio misto acquisitivo-dispositivo, l’art. 7, co. 1,
del D.Lgs. 546/1992, stante l’abrogazione del co. 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in
“supplenza” della parte probatoriamente inerte), attribuisce alle commissioni tributarie, nei limiti dei
fatti dedotti dalle parti, un potere di “soccorso istruttorio” che, motivatamente, può essere esercitato,
non per supplire a carenza delle parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in
funzione integrativa degli elementi di giudizio già in atti o acquisiti in quanto non sufficienti per pro-
nunziare una sentenza ragionevolmente motivata» (cfr. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12383).
Il contenzioso tributario è un processo dispositivo nel quale vige la regola generale di cui all’art.
115 c.p.c., secondo cui il giudice deve porre a fondamento della propria decisione le prove propo-
ste dalle parti e i fatti non specificatamente contestati da controparte, fatta salva la possibilità di
fare ricorso alle nozioni di comune esperienza, cioè al c.d. fatto notorio, il quale, «comportando
una deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, in quanto introduce nel processo (…) prove non
fornite dalle parti (…) va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della col-
lettività con tale grado di certezza tale da apparire indubitabile ed incontestabile» (cfr. Cass. Ord.
20.9.2019, n. 23546; conf. Cass. Ordinanze 7.2.2019, n. 3550; 11.10.2018, n. 25218. Si veda l’art. 18
del presente Decreto). «Non si possono, dunque, reputare rientranti nella nozione di fatti di comune
esperienza (…), quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica
di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché que-
sta, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice
28
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie» (cfr. Cass. Ord. 13.8.2020, n. 17045,
nella quale il giudice ha utilizzato una certa percentuale di ricarico per accertare i ricavi di un

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esercizio commerciale).
Elementi di particolare complessità (co. 2) Nel caso in cui occorra acquisire elementi conoscitivi
di particolare difficoltà, le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado possono richie-
dere apposite relazioni ad organi delle Amministrazioni dello Stato o di altri Enti Pubblici (com-
preso il Corpo della Guardia di Finanza) ovvero disporre consulenza tecnica con richiesta, quin-
di, anche di valutazioni.
1. Consulenza tecnica Per l’affidamento e l’espletamento della consulenza tecnica disposta dalle
corti di giustizia tributaria valgono le regole di cui agli artt. 191 e segg. del Codice di procedura
civile, pertanto «il giudice, nell’ordinanza di nomina del consulente tecnico, deve formulare i quesiti
di natura tecnica in ordine ai quali si chiede la consulenza» e il consulente deve «trasmettere la pro-
pria relazione alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con l’ordinanza. Con la medesima
ordinanza, il giudice deve fissare il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le
proprie osservazioni sulla relazione nonché il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale
il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valu-
tazione sulle stesse» (cfr. Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 3.2 e 3.3).
Anche tale potestà deve essere esercitata nel rispetto delle disposizioni sul giusto processo (art.
111 Cost.), che non consentono al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti (cfr.
Cass., Sentenze 13.1.2016, n. 404; 20.6.2008, n. 16923; Cass., Ordinanze 3.3.2021, n. 5788;
24.1.2018, n. 1728; 15.9.2017, n. 21433): la disposizione, infatti, «deve essere interpretata alla luce del
principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non consente al giudice di sopperire alle carenze
istruttorie della parti; ma ciò non esclude che detto potere, quando si sostanzia nella richiesta di rela-
zioni tecniche, possa essere esercitato in presenza di un’obiettiva situazione di incertezza, al fine di in-
tegrare gli elementi di prova già forniti dalle parti» (cfr. Cass. Ord. 31.5.2022, n. 17504).
La consulenza tecnica d’ufficio è «un mezzo ausiliario ed integrativo di conoscenza e valutazione del
giudice di merito» al quale spetta «stabilire se - con riguardo alla emersione in corso di causa di par-
ticolari profili extra giuridici di natura tecnica o scientifica - essa sia necessaria ovvero opportuna al
fine del decidere», fermo restando l’onere probatorio delle parti (cfr. Cass. Sent. 9.10.2019, n.
25261).In questo senso, la CTU è sottratta alla disponibilità delle parti e ancorata alle allegazioni
e produzioni da esse effettuate, sicché «non può costituire il presupposto per formulare nuove do-
mande, introdurre nuove eccezioni o prospettare motivi aggiunti ex art. 24, D.Lgs. 546/1992» (cfr.
Cass. Sent. 6.5.2021, n. 11969).
Le parti, però, possono muovere contestazioni e rilievi critici alla consulenza tecnica d’ufficio at-
traverso la formulazione di argomentazioni difensive «volte a sollecitare il potere valutativo del
Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio» (cfr. Cass. SS.UU. Civ. 21.2.2022, n. 5624).
Fermo restando, dunque, che fatti e situazioni, posti a fondamento della domanda o delle ecce-
zioni delle parti, debbono necessariamente essere provati dalle stesse, il Consulente tecnico
d’ufficio «può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti», anche quando risulti da
documenti non prodotti dalle parti, ma a condizione «che si tratti di fatti accessori, rientranti nel-
l’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai
quesiti formulati» (cfr. Cass. Ord. 23.8.2021, n. 23295).
In proposito, la Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione della nullità – re-
lativa o assoluta – della consulenza tecnica d’ufficio che si estenda a fatti estranei al «thema deci-
dendum» o a indagini su fatti non allegati dalle parti, o, comunque, che vìoli il principio disposi-
tivo del processo (cfr. Cass. Ord. Int. 14.4.2021, n. 9811; nonché Cass. Ord. 31.3.2021, n. 8924), e le
Sezioni Unite si sono espresse affermando che concretizza una nullità relativa (rilevabile ad ini-
ziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso), il
caso in cui si accertino fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della do-
manda o delle eccezioni (e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rile-
vabili d’ufficio), o si acquisiscano, nei predetti limiti, documenti che il consulente nominato dal
giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del con-
traddittorio delle parti. Laddove, invece, nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice, il
consulente accerti fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della doman-
da o delle eccezioni (e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili
Processo tributario 29

d’ufficio), insorge la violazione del principio della domanda e del principio dispositivo e tale vi-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


zio è fonte di nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, di motivo di impugnazione da farsi

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valere ai sensi dell’art. 161 c.p.c (cfr. Cass. SS.UU. 28.2.2022, n. 6500).
Da ultimo, si segnala che anche i professionisti, che esercitano attività difensiva avanti le corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado, possono trasmettere telematicamente la domanda
di iscrizione nell’elenco speciale dei consulenti tecnici d’ufficio (se già iscritti nell’elenco del
C.T.U. del Tribunale), al proprio Ordine, che, a sua volta, la trasmetterà al Consiglio di Presiden-
za della Giustizia Tributaria per la formazione del relativo elenco (in proposito, si vedano:
C.P.G.T. e CNDCEC Inf. 2.2.2021, n. 11 e 16.3.2021, n. 32).
2. Perizie giurate di parte Non hanno efficacia probatoria, nemmeno rispetto ai fatti che il consulente
asserisce di avere accertato; «ad esse si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento
proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito,
il quale non è obbligato (…) a tenerne conto» (cfr. Cass., Sent. 13.10.2008, n. 25104; conf. Cass. Ordinan-
ze 8.4.2022, n. 1146; 17.2.2022, n. 5177). Però, il mancato esame delle risultanze della consulenza tec-
nica integra un vizio della sentenza se, nel corso del giudizio di merito, sono state espletate più con-
sulenze «in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, ed il giudice si sia uniformato ad una sola»
di esse, «senza valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza» e senza fornire
«adeguata giustificazione del suo convincimento» (cfr. Cass. Ord. 3.12.2019, n. 31487).
Secondo altro orientamento, infine, «anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento
del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le
quali la ritenga corretta e convincente», perchè nel processo tributario «esiste un maggiore spazio
per le prove cosiddette atipiche» (cfr. Cass. Sent. 23.2.2022, n. 6038).
ONERE della prova Con l’aggiunta, nell’art. 7, del comma 5-bis, introdotto dall’art. 6, co. 1 della
citata L. 31.8.2022, n. 130 - viene espressamente regolata, con effetto dal 16 settembre 2022, la ri-
partizione dell’onere della prova a carico delle parti processuali.
Tale disposizione è stata ritenuta di natura procedimentale e dunque applicabile a tutti i proce-
dimenti in corso, anche iniziati prima del 16 settembre 2022 (cfr. CGT I° Reggio Emilia, Sent.
2.3.2023, n. 33); conf. CGT II° Emilia Romagna, Sent. 12.1.2023, n. 90 e CGT I° Reggio Emilia,
Sent. 27.12.2022, n. 281.
In proposito, va ricordato che, nella previgente versione della norma, la consolidata giurispru-
denza di legittimità, ha, da sempre, affermato che spetta all'Amministrazione finanziaria (o al-
l’Ente locale o all’Agente della riscossione) l’onere di provare l’esistenza dei fatti posti a fonda-
mento della propria pretesa: «anche nel processo tributario, vale la regola generale in tema di distri-
buzione dell’onere della prova dettata dall’art. 2697 c.c. e, pertanto, in applicazione della stessa, l’Am-
ministrazione finanziaria, che vanti un credito nei confronti del contribuente, è tenuta a fornire la
prova dei fatti costitutivi della propria pretesa» (cfr. Cass. Sent. 25.10.2021, n. 29856). Di conse-
guenza l’onere del contribuente di dedurre in giudizio elementi in senso contrario scatta solo
dopo che l’«attore sostanziale» ha fornito gli elementi a proprio carico (cfr. Cass., Sentenze
26.6.2001, n. 8712; 2.8.2000 n. 10148).
Invece, «ove la controversia abbia ad oggetto la impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di
un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice
conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamen-
to impositivo rivendicato e che le argomentazioni con cui l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la
qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione proces-
suale (Cass. n. 21197 del 08/10/2014; n. 29613 del 2011)» (cfr. Cass. Sent. 23.5.2018, n. 12732).
La introduzione del comma 5-bis nell’art. 7 ha, quindi, «istituzionalizzato» il principio generale
(cfr. art. 2697 c.c.) del riparto dell’onere della prova, stabilendo:
› da un lato, che «l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugna-
to» e «il Giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’at-
to impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insuffi-
ciente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa
tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e la irrogazione
delle sanzioni». E così, il giudice annulla l’atto impugnato quando «l’Agenzia non ha dedotto ele-
menti tali da dimostrare in modo circostanziato e
puntuale le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e la irrogazione delle sanzioni»
30
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

(cfr. C.G.T. 1° Reggio Emilia, Sent. 30.12.2022, n. 293; conformi: CGT I° Enna, Sent. 27.12.2022,
n. 1509; CGT II° Puglia, Sent. 29.12.2022, n. 3633);

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› dall’altro, che «spetta, comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso,
quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati».
La prova, che l’Amministrazione dovrà fornire in giudizio, dunque, non potrà essere contradditto-
ria, nè insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, le ragioni della propria prete-
sa impositiva e sanzionatoria; mentre spetterà al Giudice di valutare «in coerenza con la normativa
tributaria sostanziale» gli elementi forniti in giudizio, provvedendo ad annullare l’atto impositivo
che ne sia carente. Resta fermo che il giudice tributario può esercitare tale facoltà «nel rispetto del
thema dedicendum delimitato dalle parti e, dunque, su impulso di esse», dato che «il potere di indicare
i fatti rilevanti per il giudizio appartiene in via esclusiva alle parti», per cui il giudice «non può indaga-
re su fatti che non siano stati» da esse indicati (cfr. CNDCEC, FNC, Doc. di ricerca del 14.12.2022:
«L’onere della prova nel processo tributario, a seguito della Legge 31 agosto 2022, n. 130»).
Lo specifico richiamo alla coerenza con la «normativa tributaria sostanziale», dovrebbe comportare
che non sarà più possibile addossare al contribuente l’onere della prova della deducibilità dei costi,
o della loro inerenza alla produzione del reddito, o dell’assenza di complicità del contribuente nel-
la frode Iva commessa da altri, come sinora affermato dal prevalente orientamento di legittimità.
Per contro, la novella non influisce sulle disposizioni che stabiliscono presunzioni (legali) a fa-
vore dell’Amministrazione finanziaria, le quali, quindi, continuano a valere: «É appena il caso di
sottolineare» che il neo introdotto co. 5-bis «ha ribadito, in maniera circostanziata, l’onere probato-
rio gravante in giudizio sull’Amministrazione Finanziaria in ordine alle violazioni contestate al con-
tribuente, per le quali (…) non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere della
prova» (la decisione riguarda operazioni soggettivamente inesistenti). Pertanto, secondo la giu-
risprudenza sul punto, la nuova formulazione «non stabilisce un onere probatorio diverso o più
gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative
in tema di prova, che assegnano alla istruttoria dibattimentale un ruolo centrale» (cfr. Cass. Ordi-
nanze 27.10.2022, n. 31878 e n. 31880). Si è, però, osservato «che il “nuovo” obbligo posto a carico
del Fisco fa sì che solo nelle ipotesi di inversione legale dell’onere probatorio (…) l’Amministrazione fi-
nanziaria possa esimersi dal fornire
la prova in giudizio, a pena di annullamento dell’atto da parte del giudice»; mentre «non sembra che
la presunzione “giurisprudenziale” [ad es.] della “ristretta base” possa prevalere rispetto al nuovo pre-
cetto, atteso che in questo caso (…) non esiste alcuna disposizione “sostanziale” da salvaguardare» (cfr.
CNDCEC, FNC, Doc. di ricerca del 14.12.2022, cit.).
E così la giurisprudenza ha precisato - nel caso, ad es., degli accertamenti sintetici - che «nel pro-
cesso tributario (…) alla inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di
prove contrarie a dimostrazione della inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire,
ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può,
pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel pro-
cesso relativa agli indici di spesa» (cfr. Cass. Ord. 7.6.2022, n. 18178). Sull’obbligo del giudice di meri-
to di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente, nel caso di
accertamento a seguito di indagini finanziarie, si veda Cass. Ordinanze 7.6.2022, n. 18245;
30.5.2022, n. 17413. Sulla illegittimità della decisione del Giudice di merito di ridurre la percentuale
di ricarico applicata dall’Ufficio nell’atto di accertamento, in assenza di «alcuna spiegazione nè giu-
stificazione circa la sua concreta applicabilità», si veda C.T.R. Lombardia, Sent. 8.8.2022, n. 3298).
Quanto, infine, all’onere, a carico del contribuente, di fornire la prova dei fatti a base della ri-
chiesta di rimborso, diversa da quella «conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti
impugnati», essa rispecchia il consolidato orientamento giurisprudenziale.
MEZZI di prova Il processo tributario è di tipo documentale, cioè limitato alla produzione in giudi-
zio di prove formate fuori dal processo, ma con le novità di seguito indicate.
1. Prova testimoniale (co. 4) È ora ammessa in forma scritta, nei limiti previsti dal comma in esame,
come sostituito dall’art. 4, co. 1, lett. c) della più volte citata L. 130/2022, per i ricorsi notificati a
decorrere dalla sua data di entrata in vigore e, quindi, dal 16 settembre 2022. Resta, viceversa,
confermata la inammissibilità del giuramento.
Il comma 4 dell’art. 7, D.Lgs. 546/1992, in vigore dal 16 settembre 2022, prevede che:
«Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della
Processo tributario 31

decisione e anche senza l’accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le for-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


me di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fon-

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data su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circo-
stanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale».
L'art. 257-bis c.p.c. (rubricato «Testimonianza scritta») è stato introdotto con la (parziale) riforma
del codice di procedura civile, di cui alla L. 18.6.2009, n. 69, la quale ha inciso anche sul processo
tributario (cfr. art. 1, co. 2 del D.Lgs. 546/1992), ma limitatamente ad alcune disposizioni del co-
dice di procedura civile, tra le quali non era compreso - (almeno secondo l’Agenzia delle Entra-
te: cfr. C.A.E. 31.3.2010, n. 17) - l’art. 257-bis c.p.c., ora invece espressamente previsto come pos-
sibile strumento di formazione del convincimento del Giudice.
La norma processual civilistica prevede che il Giudice, «su accordo delle parti, tenuto conto della na-
tura della causa e di ogni altra circostanza», possa assumere la deposizione del testimone per iscrit-
to. In questo caso, la parte che ha richiesto la testimonianza predispone un modello di testimo-
nianza, che il testimone provvederà a compilare fornendo risposte separate a ciascun quesito, pre-
cisando quali siano i quesiti ai quali non è in grado di rispondere e sottoscrivendo il modello.
Il comma 4 dell’art. 7 prevede che la corte di giustizia tributaria possa ammettere la prova testi-
moniale scritta, assunta con le stesse modalità indicate dall'art. 257-bis c.p.c., «ove lo ritenga ne-
cessario e anche senza l’accordo della parti». Pertanto, il testimone, nel termine fissato dal Giudi-
ce, dovrà fornire per iscritto le risposte ai quesiti contenuti nel modello predisposto da chi ha ri-
chiesto l’assunzione della testimonianza.
Il modello utilizzabile per l’assunzione della testimonianza scritta, secondo il MEF, è lo stesso pre-
visto dal codice di procedura civile: si ritiene, infatti, che l’espresso richiamo alle forme previste
dall’art. 257-bis citato, «unitamente alla previsione di carattere generale contenuta nell’art. 1, co. 2 del
D.Lgs. 546/1992 (…) comporta la estensione al processo tributario degli stessi adempimenti ed obblighi
previsti nel processo civile. In quest’ultimo», ricorda il MEF, «è stato adottato [ex art. 103-bis delle di-
sposizioni di attuazione del c.p.c.] il modello approvato con decreto del ministro della Giustizia del 17
febbraio 2010». Tale modello è utilizzabile anche nel processo tributario «fermo restando che allo
stesso dovranno essere apportate le necessarie modifiche quali, ad esempio, i riferimenti della Corte di
giustizia tributaria adìta presso cui è stata ammessa la prova testimoniale da parte del giudice tributa-
rio» (cfr. le Risposte del Dip. Delle Finanze del MEF pubblicate su Il sole 24 ore del 30.1.2023).
Quanto all’autentica della firma del sottoscrittore - da parte di un segretario comunale o del
cancelliere di un ufficio giudiziario (cfr. art. 103-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c.;
nonchè Istruzioni al modello) - si è posta la questione di chi, nel processo tributario, sia legitti-
mato all’autentica, questione risolta dal MEF affermando che «le funzioni svolte dai segretari e dai
cancellieri rispettivamente nell’ordinamento della giustizia tributaria e ordinaria – indipendentemente
dal diverso nomen agli stessi attribuito – risultano le medesime. Pertanto (…), i segretari delle Corti di
giustizia tributaria, al pari dei cancellieri, assumono la qualifica di pubblici ufficiali e, in quanto tali,
possono autenticare la firma del testimone apposta sul modello» (cfr. le Risposte del Dip. Delle Fi-
nanze del MEF pubblicate su Il sole 24 ore del 30.1.2023).
In conclusione, la possibilità – prevista dall’art. 257-bis del c.p.c. – che il giudice (civile) dispon-
ga l’acquisizione della testimonianza per iscritto, sulla base di un modello predisposto, secondo
le modalità riportate dalla parte che ne faccia richiesta è, dunque, applicabile anche al processo
tributario, seppure nei limiti indicati.
Nella disciplina previgente alla modifica, invece, non erano ammesse nel processo tributario nè
la prova testimoniale nè il giuramento (cfr. Corte Cost., Ord. 27.7.2001, n. 324 e Sent. 20.1.2000,
n. 18, che hanno confermato la legittimità costituzionale dell’art. 7 nella parte in cui prevede il
divieto della prova testimoniale; conf. Cass., Sent. 2.11.2005, n. 21267).
Solo in casi eccezionali tale divieto poteva essere derogato: ad es. per la perdita incolpevole di
documenti. In proposito, la Cassazione,
› premesso che «in tema di Iva, la deducibilità (rectius, detraibilità) dell’imposta pagata dal contri-
buente per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa è subordinata, in caso di
contestazione da parte dell’Ufficio, alla relativa prova, che deve essere fornita dallo stesso contri-
buente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate»;
› ha affermato che «nel caso in cui il contribuente dimostri di trovarsi nell’incolpevole impossibilità
di produrre tali documenti (nella specie, a causa di furto) e di non essere neppure in grado di acqui-
32
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

sire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale
prevista dall’art. 2724 del Codice civile, n. 3, secondo cui la perdita incolpevole del documento occor-

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rente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione
dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso
alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti» (cfr. Cass., Sent.
9.12.2009, n. 25713; conformi Cass. Ordinanze 22.9.2014, n. 19956; 15.1.2010, n. 587; Cass., Sen-
tenze 4.3.2011, n. 5182, 27.1.2010, n. 1650).
2. Dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale Tali dichiarazioni (quali, ad es., quelle raccolte
dai verificatori ed inserite nel processo verbale di constatazione) «non hanno natura di prove te-
stimoniali, bensì di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative; ed hanno,
pertanto, il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate dal
giudice, con la conseguenza che non possono costituire da sole il fondamento della decisione, potendo
essere utilizzate quando trovino ulteriore riscontro nel contesto probatorio emergente dagli atti»
(cfr. Cass., Sent. 27.9.2007, n. 20353; conformi Cass., Sentenze 22.7.2021, n. 20970; 18.12.2019, n.
33582;14.9.2016, n. 18065; 9.9.2016, n. 17810; 8.4.2015, n. 6953; 5.12.2012, n. 21813; 27.6.2011, n.
14055; 25.1.2010, n. 1329; 30.12.2009, n. 28004; 18.6.2008, n. 16477; 11.1.2008, n. 450; Cass., Ordi-
nanze 9.3.2021, n. 6405; 15.1.2021, n. 592; 22.9.2014, n. 19965; 24.3.2010, n. 7118).
Esse possono assurgere a fonte di prova presuntiva, «anche se non rese in contraddittorio con il
contribuente». (cfr. Cass. Ord. 20.5.2020, n. 9316; conf. Cass. Ordinanze 23.2.2022, n. 6031;
28.1.2022, n. 2604).
«Il [previgente] divieto di prova testimoniale (…) si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le
garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, la impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione,
le dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai
privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale,
rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il con-
vincimento del giudice. (…) Ciò, analogamente, vale per il contribuente (…)». (cfr. Cass. Ord. 16.3.2018, n.
6616; conf. Cass. Ordinanze 5.4.2022, n. 10885; 17.1.2019, n. 1139; 13.9.2018, n. 22349; Cass. Senten-
ze 3.11.2020, n. 24294; 27.5.2020, n. 9903; 5.7.2018, n. 17627; 7.4.2017, n. 9080).
Tali dichiarazioni, infatti, possono essere introdotte in giudizio sia da parte del soggetto che
emette l’atto impugnato (Agenzia delle Entrate, Ente locale, Agente della riscossione), sia da
parte del contribuente «beninteso, con il medesimo valore probatorio, dando così concreta attuazione
ai principi del giusto processo come riformulati nel nuovo testo dell’art. 111 Cost., per garantire il prin-
cipio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa» (cfr. Cass., Sent.
27.3.2013, n. 7707; conformi Cass., Sentenze 23.9.2021, n. 25804; 18.12.2019, n. 33582; 4.11.2016, n.
22413; 14.9.2016, n. 18065; 18.11.2011, n. 24240; 21.4.2008, n. 10261; 16.4.2008, n. 9958; 16.5.2007,
n. 11221; Cass. Ordinanze 9.8.2022, n. 24576; 19.1.2022, n. 1522; 27.10.2021, n. 30209; 23.7.2020, n.
15744; 23.5.2019, 13979; 16.5.2019, n. 13174; 19.11.2018, n. 29757; 12.3.2015, n. 5018).
«La valenza indiziaria riconosciuta alle dichiarazioni di terzi anche in favore della parte contribuente
costituisce, infatti, concreta attuazione dei principi del giusto processo ex art. 6 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) (…) e garantisce il principio di pa-
rità delle armi processuali, nonché la effettività del diritto di difesa» (cfr. Cass., Sent. 27.5.2020, n.
9903). Senza, però, che dette dichiarazioni possano assumere valore di prova neanche se vengono
rese con la forma delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di cui all’art. 47, D.P.R.
445/2000 (cfr. Cass., Sent. 17.6.2008, n. 16348; conformi Cass., Sentenze 12.5.2021, n. 12487;
13.1.2017, n. 701; 24.1.2013, n. 1663; 19.3.2010, n. 6755; Cass., Ordinanze 4.5.2022, n. 14173; 4.11.2021,
n. 31588; 27.4.2021, n. 11034; 8.1.2010, n. 149; in senso contrario Cass., Sent. 18.2.2016, n. 3244).
«Se, dunque, da un lato, è vero che è consentito nel processo tributario, ad entrambe le parti, di intro-
durre in giudizio anche dichiarazioni rese da un terzo, con valore di prova indiziaria (…), d’altro lato,
ciò non può comportare il superamento del limite del divieto della prova testimoniale, non essendo
consentito né alle parti, né al giudice (attivando i propri poteri officiosi), di introdurre una prova ora-
le, procedendo all’assunzione della prova nel giudizio» (cfr. Cass. Ord. 11.5.2021, n. 12406).
3. Dichiarazioni rese dal contribuente (o dall’amministratore di società) in contraddittorio con i
verificatori Tali dichiarazioni (risultanti dal processo verbale di constatazione debitamente sot-
toscritto dal contribuente) possono assumere il valore di confessione stragiudiziale (cfr. Cass.,
Sentenze 16.10.2015, n. 20980; 14.11.2012, n. 19862; 23.9.2011, n. 19524; Cass. Ordinanze 15.1.2021,
Processo tributario 33

n. 592; 4.12.2019, n. 31600), costituendo prova diretta (non indiziaria) della pretesa fiscale (senza

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


necessità di ulteriori riscontri).

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«Nel concorso di particolari circostanze, ed in ispecie quando abbiano valore confessorio», tali dichia-
razioni possono integrare, quindi, «non un mero indizio, ma una prova presuntiva, ai sensi dell’art.
2729 c.c., idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento»
(cfr., Cass. Ord. 17.12.2020, n. 28944).
Anche se, in realtà, dovrebbe essere considerato il contesto in cui è stata espressa la dichiarazio-
ne, nonché lo stato d’animo e la consapevolezza del dichiarante; ma quello è l’orientamento del-
la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sent. 3.2.2017, n. 2871).
Quanto al verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione e sotto-
scritto sia dall’Amministrazione finanziaria che dal contribuente, la Corte di cassazione ha sta-
bilito che esso «costituisce un documento probatorio utilizzabile a fini probatori nel giudizio tribu-
tario anche in caso di mancato perfezionamento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la va-
lenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla vo-
lontà delle parti che l’hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del Giudice di valutare la rilevanza
e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate» (cfr. Cass. Ord. 28.2.2022, n. 6391).
Prove acquisite nel processo penale Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado
possono fondare il proprio convincimento anche sulle prove acquisite nel procedimento penale
(e, in particolare, nel corso di indagini di polizia giudiziaria relative a reati tributari), purché
procedano ad una autonoma valutazione degli elementi probatori (cfr. Cass., Sentenze 7.4.2017,
n. 9442; 22.5.2013, n. 12506; 19.4.2013, n. 9552; 20.3.2013, n. 6918; 7.2.2013, n. 2916; 23.2.2010, n.
4306; 10.3.2010, n. 5746; 30.12.2009, n. 27954; 4.11.2005, n. 21434; 8.3.2001, n. 3421 e 22.9.2000,
n. 12577), i quali, dal rango di «prove» in sede penale, regrediscono, nel giudizio tributario, a
quello di «informazioni/indizi». È il caso, ad esempio, delle intercettazioni telefoniche legittima-
mente espletate nel processo penale, che entrano a far parte del materiale probatorio e indizia-
rio di cui il giudice tributario deve tenere conto (cfr. Cass., Sentenze 10.12.2019, n.
32185; 7.2.2013, n. 2916): soprattutto se i verbali delle predette intercettazioni sono contenute nel
P.V.C. allegato all'atto di accertamento (cfr. Cass., Ord. 29.5.2019, n. 14606); o delle testimonianze
raccolte nel processo penale che possono essere liberamente apprezzate dal giudice tributario
sotto l’aspetto indiziario (cfr., Cass. Sent. 3.4.2013, n. 8037).
Sui limiti alla utilizzabilità ai fini fiscali – ed eventualmente nel processo tributario - di elementi
probatori acquisiti nell’ambito di una indagine penale, la giurisprudenza ha statuito:
› «in materia di accertamento delle violazioni di carattere tributario e di applicazione delle relative
sanzioni, l’utilizzazione a fini fiscali di dati e documenti acquisiti dalla Guardia di Finanza è su-
bordinata al rispetto delle disposizioni dettate dalle norme tributarie, anche nell’ipotesi in cui la
stessa operi nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria» (cfr., Cass., Sent. 17.1.2018, n. 959);
› «gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza senza il rispet-
to delle formalità di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale, non sono inutilizza-
bili nel procedimento di accertamento fiscale, stante l’autonomia del procedimento penale rispetto a
quello di accertamento tributario» (cfr., Cass., Sent. 24.11.2017, n. 28063; conf. Cass. Ordinanze
30.3.2022, n. 10175; 23.2.2022, n. 6031);
› «l’autorizzazione giudiziaria, richiesta per la trasmissione, agli uffici delle imposte, dei documenti,
dati e notizie acquisiti dalla Guardia di finanza nell’ambito di un procedimento penale, è posta a
tutela della riservatezza delle indagini penali, non dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo
o di terzi, con la conseguenza che la mancanza dell’autorizzazione, se può avere riflessi anche di-
sciplinari a carico del trasgressore, non tocca l’efficacia probatoria dei dati trasmessi, né implica
l’invalidità dell’atto adottato sulla scorta degli stessi» (cfr. Cass., Sent. 19.2.2009, n. 4001; conf.
Cass., Sentenze 14.6.2019, n. 15995; 21.10.2013, n. 23729; Cass. Ord. 29.1.2019, n. 2408);
› «non si può estendere [infatti] la efficacia di una norma processuale penale, posta a garanzia dei diritti
di difesa in quella sede, a dominii processuali diversi, come quello tributario, muniti di regole proprie.
Una nullità meramente processuale prevista dal codice di procedura penale non costituisce, quindi, ne-
cessariamente una nullità del processo tributario (…)» (cfr., Cass., Sent. 27.4.2018, n. 10197);
› per concludere che «nell’ordinamento tributario non esiste un principio generale di inutilizzabi-
lità delle prove illegittimamente acquisite, introdotto soltanto nel “nuovo” Codice di procedura pe-
nale e valevole soltanto all’interno di tale specifico sistema procedurale (v. art. 191 c.p.c.). Ne conse-
34
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

gue che l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la
inutilizzabilità degli stessi» (cfr. Cass. Ord. 25.2.2020, n. 5105). Infine, la trascrizione di conver-

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sazioni effettuate via iMessage o WhatsApp non è utilizzabile nel processo tributario, in quan-
to, «pur concretandosi essa nella memorizzazione di un fatto storico, costituente prova documentale
ex art. 234 c.p.p., la sua utilizzabilità è tuttavia condizionata alla acquisizione del supporto telema-
tico o figurativo contenente la relativa registrazione al fine di verificare l’affidabilità, la provenienza
e l’attendibilità del contenuto di dette conversazioni» (cfr. Cass. Pen. Sent. 25.10.2017, n. 49016;
conf. C.T.P. Reggio Emilia, Sent. 14.4.2021, n. 105. Sulla natura di documenti informatici degli
“SMS”, dei messaggi WhatsApp, nonché di quelli di posta elettronica memorizzati nel compu-
ter, cfr. Cass. Pen. 14.7.2021, n. 27122). Va, peraltro, evidenziato che le fonti provenienti dal
processo penale, una volta ottenuta l’autorizzazione del Pubblico Ministero, possono legitti-
mamente fare ingresso nel processo tributario.
Giudicato penale Non ha automatica efficacia (vincolante) nel processo tributario, neanche quando i
fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento tributario, ma rileva co-
me semplice elemento di prova, liberamente valutabile dal giudice tributario. «Il giudice tributario
[infatti] non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale irrevocabile, di condanna o di as-
soluzione, emessa in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo al-
la azione accertatrice del singolo ufficio, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della
condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso, verificarne la rilevan-
za nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare» (cfr. Cass., Sent. 31.1.2011, n. 2235; conformi
Cass., Ordinanze 22.4.2022, n. 12854; 15.9.2021, n. 24779; 25.5.2021, n. 14307; 12.5.2021, n. 12510;
2.10.2020, n. 21126; 27.11.2019, n. 30941; 28.6.2019, n. 17536; 28.12.2018, n. 33641; 19.10.2017, n.
24650; 28.6.2017, n. 16262; Cass. Sentenze 1.3.2022, n. 6786; 23.9.2021, n. 25804; 12.1.2017, n. 573;
22.5.2015, n. 10578; 14.5.2010, n. 11785; 16.2.2010, n. 3564; 10.7.2009, n. 16238; 11.6.2009, n. 13503;
25.5.2009, n. 12022; 8.4.2009, n. 8488; 2.12.2008, n. 28564; 5.9.2008, n. 22438; 3.9.2008, n. 22173).
Ad esempio, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti incluse in una frode carosello,
«il Giudice tributario, nel verificare se il contribuente fosse consapevole dell’inserimento delle opera-
zioni in una evasione d’imposta, non può riferirsi alle sole risultanze del processo penale, ancorchè ri-
guardanti i medesimi fatti, ma, nell’esercizio dei suoi poteri, è tenuto a valutare tali circostanza sulla
base del complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario, non potendo attribuirsi al-
la sentenza penale irrevocabile sui reati tributari alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa
l’autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova e dei criteri di valutazione» (cfr. Cass.
Ord. 11.11.2021, n. 33310. Sulla eventuale rilevanza del giudicato penale in ordine ai fatti sui cui si
controverte in sede tributaria, si veda Cass. Ord. 22.9.2021, n. 25632).
Invece, «la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (cosiddetto patteggiamento) costi-
tuisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale effi-
cacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussi-
stente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Detto riconoscimento,
pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utiliz-
zato come prova dal giudice tributario nel giudizio di legittimità dell’accertamento» (cfr. Cass., Sent.
1.2.2006, n. 2214; conformi Cass., Sentenze 16.11.2012, n. 20133; 8.9.2008, n. 22548; Cass., Ordinanze
24.5.2017, n. 13034; 12.1.2017, n. 573). E lo stesso principio rileva nel caso di un provvedimento di
archiviazione emesso dal G.I.P. (cfr. Cass. Ord. 21.1.2021, n. 1157); o nel caso della «confessione pe-
nale», sulla quale il giudice tributario può fondare il proprio «libero convincimento» in ordine alla
colpevolezza o meno del contribuente sotto il profilo fiscale (cfr. Cass., Sent. 18.12.2002, n. 9320).
Potere di disapplicazione (co. 5) Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado hanno il
potere di disapplicare un regolamento o un atto amministrativo generale rilevante ai fini della deci-
sione, se ritenuto illegittimo e nei limiti del caso oggetto di giudizio (cfr. Cass., Sent. 1.4.2016, n.
6358 e Cass., SS.UU., Sent. 26.7.2007, n. 16428; Cass. Ordinanze 24.8.2021, n. 23412 e 28.11.2019, n.
31112): in questo caso «non si procede all’annullamento dell’atto generale» (cfr. Cass., SS.UU., Sentenze
8.4.2010, n. 8313; 22.3.2006, n. 6265), ma alla sua disapplicazione in relazione all’oggetto dedotto in
giudizio (ad es., redditometro, coefficienti, parametri, studi di settore, indici sintetici di affidabilità).
Non hanno, invece, il potere di disapplicare gli atti amministrativi particolari, come, ad esempio,
la «convenzione attuativa dell’accordo di programma» in variante al PRG «con carattere negoziale a
valenza pubblicistica» (cfr. Cass. Sent. 29.3.2022, n. 10027).
Processo tributario 35

Il potere di disapplicazione degli atti amministrativi – «proprio perché conferito ad un giudice diverso

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


da quello amministrativo, giudice «naturale» della legittimità di tali atti, nell’interesse, di rilevanza pub-

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blicistica, alla loro applicazione in giudizio solo se legittimi – ben può essere esercitato dal giudice tribu-
tario anche d’ufficio, purché, però, detti atti siano – nella singola fattispecie sottoposta al suo esame – ri-
levanti per la decisione. Il che, in concreto, si verifica allorquando gli atti in questione siano stati, in
qualche modo, investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto imposi-
tivo impugnato» (cfr. Cass., Sent. 13.6.2012, n. 9631; conf. Cass. Ordinanze 24.8.2021, n. 23412;
27.11.2019, n. 30935; Cass., Sentenze 29.3.2022, n. 10027; 17.6.2016, n. 12545).
Tale potere può riguardare anche un atto divenuto definitivo per l’inutile decorso dei termini per
la sua impugnazione dinanzi al giudice amministrativo (cfr. Cass., Sent. 5.3.2004, n. 4567). Risulta,
però, precluso quando la legittimità di un atto amministrativo sia stata affermata dal giudice am-
ministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato (cfr. Cass., Sentenze
24.1.2019, n. 1952; 31.3.2008, n. 8278; 22.6.2005, n. 13400); nel caso opposto, in cui la sentenza del
giudice amministrativo dichiari la illegittimità dell’atto presupposto rispetto all’applicazione del-
l’imposta, la illegittimità di tutti gli atti impositivi deriva da detta decisione, senza che sia consen-
tito al giudice tributario procedere ad una valutazione propria sulla legittimità del provvedimento
amministrativo, neppure in relazione ai contribuenti che non siano intervenuti nel giudizio ammi-
nistrativo (cfr. Cass., Sent. 31.1.2011, n. 2199. . Per l’applicazione del principio, nel caso di annulla-
mento della delibera comunale della Tarsu, si veda Cass. Sent. 14.6.2022, n. 19199).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 12, L. 27.7.2000, n. 212


Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E CNDCEC, FNC, Doc. di ricerca, 14.12.2022

Circ. Ag. Entrate 13.3.2006, n. 10/E, § 7.2 Risposte MEF a Telefisco 2023

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 3.2 e 3.3.

Art. 8 - ERRORE SULLA NORMA TRIBUTARIA [CFF ¶ 4659]

1. La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste
dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e
sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce. 1

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

ERRORE SULLA NORMA TRIBUTARIA (Art. 8)

Disapplicazione delle sanzioni tributarie Le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado (e anche il
giudice di legittimità: cfr. Cass., Ord. 14.7.2016, n. 14402) possono dichiarare non applicabili le sanzioni ammi-
nistrative (pecuniarie ed «accessorie») previste dalle norme tributarie nei casi in cui sussistano «obiettive con-
dizioni di incertezza sulla portata» e sull’interpretazione delle disposizioni violate: sia che si tratti di fonti nor-
mative primarie (leggi) che secondarie (regolamenti) (cfr. Cass., Sent. 23.8.2001, n. 11233).
36
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«Per i giudici della Corte, con la locuzione “incertezza normativa oggettiva” nel panorama del diritto tributario, si
suole intendere la impossibilità di definire con certezza ed in maniera univoca, al termine di un procedimento inter-

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pretativo corretto sotto il profilo metodologico, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile» (cfr.
Cass. Ord. 18.1.2022, n. 1434).
La disapplicazione delle sanzioni, da parte del giudice, è possibile «solo se domandata dal contribuente nei modi e
nei termini processuali appropriati, cioè, secondo i principi generali in tema di processo tributario, sin dal ricorso intro-
duttivo» (cfr. Cass., Sent. 21.7.2015, n. 15294; conf. Cass. Sent. 12.4.2022, n. 11890; Cass., Ord. 14.7.2016, n. 14402),
per cui «deve escludersi che il giudice tributario possa rilevare d’ufficio l’esistenza di una esimente in mancanza di una
domanda del contribuente, il quale ha anche l’onere di dimostrare la ricorrenza, nella fattispecie concreta, dei relativi pre-
supposti» (cfr. Cass., Sent. 2.10.2013, n. 22524; conformi Cass. Ord. 3.10.2019, n. 24707; Cass., Sentenze 19.6.2015, n.
12768; 14.3.2012, n. 4031; contra, e cioè a favore della rilevabilità anche d’ufficio, Cass., Sent. 21.3.2001, n. 4053).
L’incertezza interpretativa deve essere oggettiva, come nel caso:
› di divergenze sul contenuto di Circolari o Risoluzioni della Amministrazione finanziaria (per un caso di
«ondivago comportamento amministrativo della P.A., più volte ritornata, con soluzioni divergenti, sulla stessa ma-
teria»: cfr. Cass., Sent. 30.9.2015, n. 19412; per un caso di circolare dell’Amministrazione finanziaria emessa
a notevole distanza di tempo dalla normativa che era destinata a commentare, per chiarirne i dubbi inter-
pretativi: cfr. Cass. Sent. 11.4.2019, n, 10126). La stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la sussistenza
della incertezza rispetto al susseguirsi della recente normativa emergenziale, affermando che non sono do-
vute le sanzioni «nel caso in cui il contribuente, che abbia già fruito del contributo» a fondo perduto di cui al-
l’art. 25 del D.L. 34/2020, solo a seguito dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 22/2020, «conosca di
aver assunto un comportamento non coerente con i chiarimenti forniti con il menzionato documento di prassi»
(cfr. C.A.E. 20.8.2020, n. 25, § 1.2.2. Per l’applicazione dello stesso principio nel caso di indebita percezione
del contributo a fondo perduto di cui all’art. 1, del D.L. 41/2021, si veda la Risp. A.E. 8.9.2021, n. 581);
› di contrasti fra giudicati della Corte di Cassazione o di Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado
(cfr. Cass., Sent. 3.7.2003, n. 10495; per un caso di pronunce discordanti della giurisprudenza anche di legit-
timità «tanto che si è resa necessaria la introduzione della norma di interpretazione autentica»: cfr. Cass. Ord.
19.4.2019, n. 11084);
› di assenza di precedenti giurisprudenziali e in presenza di una «articolata interpretazione offerta dalla Corte
per superare il dato letterale» della norma (cfr. Cass. Sent. 14.2.2022, n. 4599);
› «ovvero quando si sia in presenza di un orientamento giurisprudenziale solo successivamente superato, a maggior
ragione quando tanto avvenga a seguito dell’intervento di norma di interpretazione autentica» (cfr. Cass. Sent.
26.6.2020, n. 12798);
› «quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, [di difficile] coordinamento
(…) per equivocità di contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul con-
tribuente» (cfr. Cass. Sent. 30.9.2015, n. 19412; conf. Cass. Ordinanze 6.5.2021, n. 11981; 15.12.2016, n. 25853).
Viceversa deve escludersi «che ad integrare un’obbiettiva incertezza sulla portata di una norma sia sufficiente di per sé
una sua formulazione letterale in modo non assolutamente chiaro ovvero l’assenza, nell’esegesi della medesima, di un
orientamento giurisprudenziale» (Cass., Sent. 9.5.2003, n. 14476; conforme: cfr. Cass., Sent. 10.08.2001, n. 11014).
Così come va escluso che la incertezza normativa possa derivare dal mancato coordinamento con la giuri-
sprudenza eurounitaria: «in tema di Iva e sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, non essendovi
incompatibilità strutturale e logica tra l’abuso del diritto e l’esimente di cui all’art. 8, D.Lgs. 546/1992, non sussistono i
presupposti per la disapplicazione – alla luce della giurisprudenza Halifax della Corte di Giustizia – della previsione
menzionata con riferimento alle sanzioni per la violazione del principio generale antielusivo il quale, sia pure
espressamente delineato e codificato solo successivamente al compimento delle condotte oggetto di provvedimento
sanzionatorio, è nondimeno principio immanente nell’ordinamento» (cfr. Cass. Sent. 13.1.2022, n. 862).
Ancora, «deve escludersi la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza nella interpretazione delle norme violate, nel
caso in cui la giurisprudenza della Suprema Corte, alla quale soltanto spetta assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme
interpretazione della legge (…), sia consolidata, senza che assumano rilevanza eventuali contrasti nella giurisprudenza
di merito» (cfr. Cass. Ord. 6.2.2019, n. 3431; conf. Cass. Ord. Ordinanze 20.12.2021, n. 40695; 3.10.2019, n. 24707).
La oggettiva incertezza deve essere, peraltro, adeguatamente motivata dal giudice; non sarebbe sufficiente
che il giudice di merito, nell’accogliere l’istanza di esclusione dalle sanzioni per obiettive condizioni di incer-
tezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma si limitasse ad affermare che «la richiesta di ridu-
zione degli imponibili accertati e decisi va rigettata mentre è suscettibile di favorevole accoglimento quella diretta al-
l’applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8» (cfr. Cass., Sent. 28.7.2006, n. 17218).
In argomento si ricordano, anche:
Processo tributario 37

› l’art. 10, co. 3, L. 27.7.2000, n. 212 [CFF · 7101] (sullo Statuto dei diritti del contribuente), in base al quale le

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


sanzioni amministrative non possono essere irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni

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di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria;
› l’art. 6, co. 2, D.Lgs. 472/1997 [CFF · 9469] (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative tribu-
tarie), in base al quale non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condi-
zioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono;
› l’art. 10, co. 2 della (citata) L. 212/2000 che tutela il legittimo affidamento prestato dal contribuente che, con
la propria condotta, si sia conformato a indicazioni contenute in atti della Amministrazione finanziaria
(quali circolari e risoluzioni) che successivamente siano state modificate dalla stessa.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 6, co. 2 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472


Cause di non punibilità

Art. 10, co. 2 e 3 L. 27.7.2000, n. 212


Tutela dell'affidamento e della buona fede ed errori del contribuente

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25, § 1.2.2.

Risp. Ag. Entrate 8.9.2021, n. 581

Art. 9 - ORGANI DI ASSISTENZA ALLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4660]

1. Il personale dell'ufficio di segreteria assiste la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado se-
condo le disposizioni del codice di procedura civile concernenti il cancelliere. 1
2. Le attività dell'ufficiale giudiziario in udienza sono disimpegnate dal personale ausiliario addetto alla se-
greteria. 2

Note
1 Il presente comma prima rettificato con avviso pubblicato in G.U. 27.03.1993, n. 72, è stato poi così modificato dall'art. 4, comma
1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

ORGANI DI ASSISTENZA ALLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO


GRADO (Art. 9)

Organi ausiliari Le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono assistite, nello svolgimento
delle loro attività, dal personale dell’Ufficio di Segreteria (che è equiparato, quanto a ruolo e mansioni, al
personale di cancelleria degli uffici della Autorità Giudiziaria Ordinaria, con conseguente applicabilità
delle disposizioni contenute negli artt. 57 e 58 c.p.c.).
Ai sensi dell'art. 9, D.Lgs. 546/1992 e art. 35, D.Lgs. 545/1992 (concernente le attribuzioni del personale
delle Segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado), spetta al personale dell’Uffi-
38
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

cio di Segreteria, in base alle rispettive qualifiche professionali:


› la ricezione dei ricorsi;

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› la tenuta degli incartamenti;
› l’assistenza alla Commissione in tutte le relative incombenze (udienze e camera di consiglio);
› il rilascio di copie di atti e di documenti;
› l’attività di comunicazione e notificazione;
› ogni altra funzione attribuitagli dalla normativa specifica (D.Lgs. 546/1992) o generale (c.p.c.).
Il personale ausiliario di Segreteria, in udienza, svolge le mansioni dell’Ufficiale giudiziario, per cui «as-
siste il giudice (…), provvede all’esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre
incombenze che la legge gli attribuisce» (art. 59 c.p.c); fuori udienza non svolge le mansioni proprie del-
l’Ufficiale giudiziario, tant’è che quest’ultimo viene chiamato ad assolvere tali funzioni anche nell’ambi-
to del processo tributario (notifica dei ricorsi, degli appelli e delle sentenze).
Il personale della Segreteria, nell’esercizio delle suddette funzioni, risponde civilmente (art. 60 c.p.c.)
quando senza giusto motivo, si rifiuta di compiere gli atti che gli sono legalmente richiesti oppure omet-
te di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice; ovvero quando compie un atto
nullo con dolo o colpa grave.
Da ultimo, si ricorda che, a seguito dell'introduzione «del Processo Tributario Telematico e dei servizi infor-
matizzati dedicati ai componenti delle Corti di Giustizia Tributaria», compete alle Segreterie «aggiornare gli
archivi e banche dati del sistema S.I.Gi.T. a quanto disposto con i decreti adottati dai Presidenti di Corti di Giu-
stizia Tributaria», e, quindi, far acquisire al S.I.Gi.T. le variazioni della composizione delle sezioni e dei
collegi (cfr. C.P.G.T. Risoluzione 6.12.2022, n. 5).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 57 - 59 Codice di procedura civile


Attività del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

C.P.G.T. Risoluzione 6.12.2022, n. 5


Processo tributario 39

Capo II

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Delle parti e della loro rappresentanza

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e assistenza in giudizio

Art. 10 - LE PARTI [CFF ¶ 4661]

1. Sono parti nel processo dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado oltre al
ricorrente, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, gli altri enti impositori, l’agente della riscossione ed i
soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che
hanno emesso l’atto impugnato o non hanno emesso l’atto richiesto. Se l’ufficio è un’articolazio-
ne dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuata
con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300, è parte l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. 2 1

Note
1 Il presente articolo prima modificato dall'art. 28 D.L. 31.05.2010, n. 78 con decorrenza dal 31.05.2010, è stato poi così
sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

LE PARTI (Art. 10)

Parti del processo tributario Sono:


› il ricorrente, cioè colui che ha proposto il ricorso e che chiede, in nome proprio, il provvedi-
mento del giudice; e
› il resistente, cioè colui nei confronti del quale il ricorso è proposto e contro il quale viene ri-
chiesto il provvedimento del giudice.
Nel primo grado di giudizio, cioè di fronte alla Corte di giustizia tributaria di primo grado:
› ricorrente è sempre il contribuente sia esso persona fisica o persona giuridica;
› resistente è la autorità che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto:
cioè, di volta in volta, l’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate o delle Dogane e dei Mono-
poli, l’Ente locale o l’Agente della riscossione/Agenzia delle Entrate-Riscossione (dall'1.1.2017):
infatti, «gli artt. 10 e 11, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 attribuiscono la legittimazione
processuale, nonché la difesa diretta in giudizio, all'ufficio che ha emanato l'atto impugnato o non
ha emanato l'atto richiesto» (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E, § 2).
L’art. 10 definisce «la parte attiva secondo l’accezione del codice di procedura civile, richiamando ge-
nericamente la figura del ricorrente (…), introducendo altresì la nozione di parte legittimata in senso
sostanziale rispetto alla parte resistente, individuata nell’ufficio o ente che ha emesso l’atto impugnato
o non ha emesso l’atto richiesto (silenzio rifiuto)» (cfr. Cass. Ord. 2.7.2020, n. 13633).
Amministrazione finanziaria Dall'1° luglio 2017, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è subentrata, a
titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle Società del Grup-
po Equitalia (che sono state sciolte, cancellate d'ufficio dal Registro delle imprese ed estinte, sen-
za procedura di liquidazione: cfr. art. 1, D.L. 193/2016, conv. con mod. in L. 225/2016). L’esercizio
delle funzioni relative alla riscossione nazionale (di cui all'art. 3, co. 1, D.L. 203/2005, conv. con
modif. in L. 248/2005) è, dunque, attribuito all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e «la successio-
ne a titolo universale (…) in favore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (…) costituisce (…) successione
nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 c.p.c. poiché (…) è stato individuato sul piano normativo il
soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuite alla stessa,
sicché i giudizi pendenti proseguono con il subentro del successore» (cfr. Cass., Ord. 15.6.2018, n.
40
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

15869; conf. Cass. Ord. 18.12.2019, n. 33738; Cass., Sent. 9.11.2018, n. 28684).
L'Agenzia delle Entrate-Riscossione (ente autonomo rispetto all’Agenzia delle Entrate, anche se

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ad essa strumentale da essa controllato) assume la qualifica di agente della riscossione con i po-
teri e secondo le disposizioni di cui al Titolo I, Capo II, e al Titolo II, del D.P.R. 29.09.1973, n. 602,
e può svolgere anche le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali dei Comuni
e delle Province e delle società da essi partecipate.
Dal 1° dicembre 2012, l’Agenzia delle Entrate ha incorporato quella del Territorio e l’Agenzia delle
Dogane e dei Monopoli, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, con attribuzione
delle relative funzioni, compresi i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali.
Dal 1° gennaio 2001, a seguito della entrata in funzione delle Agenzie fiscali (cfr. D.Lgs. 30.7.1999,
n. 300 e successivo Regolamento di attuazione, D.M. 28.12.2000), gli Uffici periferici della Agen-
zia delle Entrate (o delle Dogane e dei Monopoli), hanno sostituito gli Uffici periferici del Ministe-
ro delle finanze, assorbendone le funzioni più importanti, ivi compresa la trattazione del conten-
zioso (cfr. Cass. Ord. 6.12.2017, n. 29183).
Agenzia delle Entrate Le Direzioni provinciali dell'Agenzia delle Entrate sono strutturate in uno o
più Uffici territoriali, in un ufficio controlli e in un ufficio legale (cfr. art. 5, Regolamento di am-
ministrazione della Agenzia delle Entrate).
Gli Uffici territoriali si dedicano all'informazione e all'assistenza ai contribuenti, alla gestione
delle imposte dichiarate e ai controlli formali; l’ufficio controlli è preposto a tutte le funzioni di
controllo e accertamento; l’ufficio legale si occupa del contenzioso di tutta la Direzione provincia-
le (compreso il procedimento di reclamo e mediazione di cui all’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992).
Regola La controparte processuale dei contribuenti di fronte alle corti di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado va individuata, di norma, nella Direzione provinciale dell’Agenzia delle En-
trate che ha emesso l’atto da impugnare o non ha emesso l’atto richiesto e che resiste in giudizio
tramite il proprio ufficio legale.
Nel caso di soggetti di grandi dimensioni – cioè dei contribuenti con volume d’affari, ricavi o
compensi (va assunto il parametro maggiore) non inferiori a cento milioni di euro – la contro-
parte processuale va individuata nella Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate che ha
emesso l’atto da impugnare o non ha emesso l’atto richiesto (a decorrere dall’1.1.2009, infatti,
l’art. 27, D.L. 185/2008 ha attribuito alle Direzioni regionali dell'Agenzia delle Entrate – in ag-
giunta alle tradizionali funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo sugli
Uffici periferici – anche la gestione del contenzioso).
Il relativo ricorso va promosso di fronte alla Corte di giustizia tributaria di primo grado compe-
tente in base alla sede della Direzione Regionale stessa. Peraltro, la notificazione dell’atto ad un
ufficio della sede periferica dell’Agenzia delle Entrate diverso da quello competente (cioè dall’ef-
fettivo destinatario), non comporta la invalidità della notifica «in quanto la distinzione tra gli uffici
della medesima Agenzia è espressione di una distribuzione delle competenze ad essa intrinseca, dispo-
sta con atti interni – decreti direttoriali – aventi natura oggettiva e soggettiva di atti amministrativi e
privi di efficacia verso il pubblico degli utenti (Cass. n. 23349 del 2004; Cass. n. 20085 del 2009)» (cfr.
Cass., Ord. 6.12.2010, n. 24758; conformi: Cass., Ordinanze 13.7.2020, n. 14847; 4.10.2016, n. 19828
e Cass., Sent. 6.3.2015, n. 4551). Inoltre, se l'errata individuazione dell’Ufficio legittimato passiva-
mente è tra «uffici della medesima sede periferica dell’Agenzia delle Entrate», non vi sono con-
seguenze processuali (cfr. Cass. Ord. 6.12.2010, n. 24758 e Cass. Sent. 27.9.2013, n. 22185).
Atti emessi dalle «articolazioni dell’Agenzia delle Entrate» Hanno competenza su tutto il terri-
torio nazionale (tra cui i Centri operativi) Nelle relative controversie sono parti gli Uffici periferi-
ci cui spettano le attribuzioni sul rapporto controverso: limitatamente, però, agli atti connessi
con procedure di controllo e accertamento automatizzate e salva l’attribuzione – nei casi regola-
mentati dalla Agenzia delle Entrate – della legittimazione processuale passiva del Centro operati-
vo autore dell’atto contestato. Ne deriva che la legittimazione processuale delle articolazioni del-
la Agenzia delle Entrate (al pari della competenza territoriale del Giudice tributario) finisce per
dipendere dalle funzioni ad esse attribuite dalla stessa Agenzia nell’ambito del proprio potere di
organizzazione e funzionamento, il cui esercizio assume rilevanza esterna a seguito dell’art. 1,
co. 360, L. 244/2007, che rimette al Regolamento di amministrazione della Agenzia delle Entrate
l’individuazione degli uffici competenti a svolgere le attività di controllo e di accertamento e che
rispondono di tale attività nei rapporti con i terzi.
Processo tributario 41

Singole fattispecie Nei casi:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› di controversia relativa alla restituzione di un credito d’imposta su dividendi percepiti all’este-

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ro da soggetto non residente (cfr. Cass. Sent. 31.1.2020, n. 2313) o
› «di ricorso avverso il rifiuto espresso o tacito sull’istanza presentata da soggetto non residente per
ottenere il rimborso delle ritenute IRPEF sulla pensione corrisposta da istituto previdenziale italia-
no»,
l’Ufficio controparte a cui notificare il ricorso è il Centro operativo, e «conseguentemente, la Com-
missione tributaria provinciale territorialmente competente è quella di Pescara». «Il predetto Cen-
tro [infatti] è l’ufficio operativo dell’Agenzia delle entrate competente a ricevere e a provvedere sul-
l’istanza di rimborso presentata dal contribuente», la cui gestione, «dal 1° gennaio 2002, è stata attri-
buita al predetto Centro operativo con provvedimento del Direttore dell’Agenzia» (cfr. Ris. Ag. Entrate
18.12.2003, n. 226/E. Si veda anche l'art. 4, D.Lgs. 546/1992).
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli «Ai fini esclusivi del rapporto processuale, la qualità di parte
dinnanzi alle commissioni tributarie è assunta dal singolo ufficio dell’Amministrazione finanziaria pe-
riferica che ha trattato la controversia, ossia, secondo il tenore dell’art. 10 del D.Lgs. 546/1992, l’ufficio
che ha emanato l’atto impugnato o che non ha emesso l’atto richiesto», per cui «se l’ufficio è un’artico-
lazione dell’Amministrazione (…) anche dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con competenza su
tutto o parte del territorio nazionale, è parte l’Ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto con-
troverso, vale a dire l’Ufficio locale delle Dogane» (cfr. Cass. Sent. 23.7.2019, n. 19795).
Agente della riscossione (dall'1.7.2017 l’Ente Pubblico Economico «Agenzia delle Entrate-Riscos-
sione») Secondo una regola consolidata sia in giurisprudenza (cfr. Cass., Sent. 6.6.2014, n. 12746),
sia nella prassi amministrativa – è parte del processo tributario solo «quando oggetto della contro-
versia sia l’impugnazione di atti a lui direttamente riferibili, nel senso che trattasi di errori imputabili
allo stesso» Agente «(errori connessi alla compilazione, e alla intestazione della cartella di pagamento
o degli avvisi di mora, alla notificazione degli stessi atti ecc.)» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E
e successivo Comunicato stampa del 5.8.1996).
«Secondo una interpretazione letterale dell’art. 10, legittimato passivo è il soggetto che “ha emesso l’at-
to” notificato al contribuente»; ne deriva che «la legittimazione passiva del Concessionario sussiste
nei casi in cui oggetto della controversia sia la impugnazione di atti allo stesso direttamente riferibili»,
non nei casi di atti emanati, sottoscritti e notificati dall’ente (nel caso, il Comune: cfr. Cass. Ord.
2.7.2020, n. 13633).
Pertanto, «il debitore [contribuente] che intende impugnare dinanzi al giudice tributario un atto della
riscossione:
› deve ricorrere contro l'ufficio dell'Agenzia se contesta vizi dell'attività della stessa, vale a dire motivi
di ricorso concernenti la legittimità della pretesa;
› deve, invece, ricorrere contro l'Agente della riscossione se contesta vizi dell'attività dello stesso, vale
a dire motivi di ricorso che riguardano l'attività svolta successivamente alla consegna del ruolo.
L'Agente della riscossione, quindi, è legittimato passivo nei giudizi in cui si controverte in merito a
vizi relativi alla formazione della cartella, come ad esempio errori di individuazione del contribuen-
te, vizi di notifica, mancanza della sottoscrizione o del responsabile del procedimento di emissione o
di notificazione della cartella di pagamento. Qualora oggetto della impugnazione siano atti
dell'Agente della riscossione diversi dalla cartella (iscrizione di ipoteca, fermo di beni mobili regi-
strati ecc.), legittimato passivo è sempre l'Agente della riscossione, tranne i casi in cui nei motivi di
ricorso venga contestata la mancata notifica degli atti "presupposto" o la legittimità della pretesa
tributaria» (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.4.2012, n. 12/E).
Nel caso di vizi propri della cartella di pagamento, l’impugnazione deve essere rivolta all’Agente
della riscossione «non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore, con
conseguente inammissibilità del ricorso proposto esclusivamente nei confronti dell'amministrazione,
dovendosi escludere la possibilità di disporre successivamente l'integrazione del contraddittorio nei
confronti dello stesso concessionario» (cfr. Cass., Sent. 11.3.2011, n. 5832; conformi: Cass., Senten-
ze 11.3.2020, n. 6860; 30.1.2019, n. 2564; 9.11.2016, n. 22729; Cass., Ordinanze 4.2.2020, n. 2480;
28.4.2017, n. 10528; 3.9.2014, n. 18651; 2.2.2012, n. 1532). Invece, in tutti i casi in cui non sia indi-
viduabile con certezza una responsabilità esclusiva o dell’Ente creditore (che ha formato il ruolo)
o dell’Agente della riscossione (che lo ha portato a conoscenza del contribuente attraverso la
cartella di pagamento), è necessario essere prudenti per cui o si coinvolgono, fin da subito, en-
42
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

trambi i soggetti (impugnando sia il ruolo che la relativa cartella di pagamento); o, più corretta-
mente in linea di diritto, viene convenuto in giudizio l’Agente della riscossione (che ha emesso la

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cartella di pagamento), dato che esso è gravato dell’onere di chiamare in causa l’Ufficio tributario
o l’Ente creditore (cfr. art. 39 del D.Lgs. 13.4.1999, n. 112) per fatti relativi alla debenza del tributo:
l’Agente della riscossione, infatti, è il destinatario «naturale» del ricorso avverso la cartella di pa-
gamento (che dovrebbe riflettere il ruolo). A questa conclusione è pervenuta anche l’Agenzia del-
le Entrate, precisando che «se l’azione del contribuente per la contestazione (sostanziale: cioè per
motivi che non riguardano la regolarità o la validità degli atti esecutivi) della pretesa tributaria (...) è
svolta nei confronti del concessionario (ora, Agente della riscossione), questi, se non vuole rispondere
dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di cre-
dito» (cfr. Circ. Ag. Entrate 17.7.2008, n. 51/E, che richiama Cass., SS.UU., Sent. 25.7.2007, n.
16412; conf. Cass. Ordinanze 3.12.2019, n. 31476; 22.2.2019, n. 5292 e 5294. Si veda anche art. 20,
D.Lgs. 546/1992). Da tale previsione deriva, inoltre, la «operatività nei confronti dell’Agenzia delle
Entrate del giudicato formatosi nella lite tributaria fra il contribuente e l’agente della riscossione, indi-
pendentemente dalla denuntiatio litis all’Agenzia» (cfr. Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14566, che richiama
Cass. Ord. 3.12.2019, n. 31476).
Quanto alle spese di giudizio, esse «vanno poste, in solido tra loro, a carico dell'ente impositore e del
concessionario alla riscossione, che siano stati convenuti insieme dal contribuente, essendo entrambi
soccombenti, in base al principio di causalità, rispetto all'opponente (…)» (cfr. Cass. Ord. 22.3.2017, n.
7371, richiamata da Cass. Ord. 16.1.2018, n. 809, si veda anche Cass., Ord. 23.4.2019, n. 11157).
Casi particolari La progressiva estensione dell’oggetto della giurisdizione delle corti di giustizia
tributaria di primo grado alle controversie concernenti ogni genere e specie di prestazione patri-
moniale di natura tributaria (cfr. art. 2 del Decreto) ha finito per coinvolgere, quali parti «resi-
stenti» del processo tributario, soggetti diversi dagli uffici periferici delle Agenzie fiscali: è il ca-
so, ad es., delle Camere di Commercio, che sono competenti per la riscossione del diritto camera-
le di cui all’art. 18 della L. 29.12.1993, n. 580 e per l’accertamento delle relative violazioni (cfr.
Cass., SS.UU., Sentenze 23.4.2008, n. 10469 e 24.3.2005, n. 13549); o dei Consorzi pubblici di bo-
nifica o di sviluppo industriali, che sono soggetti dotati di potere impositivo autonomo rispetto a
quello proprio degli Enti locali che concorrono a formarli, in relazione ai rispettivi tributi con-
sortili.
Allo stesso modo, in relazione alle opposizioni a cartella di pagamento relativa a contributi previ-
denziali, nonché a quelle concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti successivi alla
iscrizione a ruolo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato la legittimazione
passiva del solo ente impositore constatando la carenza di legittimazione ad agire in capo al-
l’agente della riscossione (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 8.3.2022, n. 7514).
Controversie catastali Le controversie in materia catastale si istaurano tra contribuente e/o Co-
mune (da un lato) e l’Agenzia delle Entrate (dall’altro). Le corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado sono state individuate, in modo oggettivo e univoco, come organo giurisdizionale
competente per le controversie riguardanti il classamento dei fabbricati e l’attribuzione della
rendita catastale, a prescindere dal soggetto che ha promosso la controversia (contribuente-pos-
sessore o ente interessato).
Il fatto che, di regola, sia il contribuente ad adire il giudice tributario per le controversie catasta-
li, non esclude che anche i Comuni, quando ne ricorrano le condizioni, siano legittimati a impu-
gnare il classamento o la rendita catastale attribuita a un fabbricato ubicato nel proprio territo-
rio, ancorché nel connesso rapporto tributario rivestano la qualità di soggetti attivi d’imposta (ad
es., per l’IMU o la TASI, cfr. Cass., SS.UU. Ordinanze n. 15201, n. 15202 e n. 15203 del 21.7.2015. In
precedenza invece, la Cassazione aveva attribuito alla giurisdizione del TAR la controversia rela-
tiva alla domanda proposta dal Comune per ottenere l’annullamento di un provvedimento con
cui l’Agenzia del Territorio aveva convalidato l’inserimento di determinati immobili in una cate-
goria catastale esente dall’ICI: cfr. Cass., SS.UU., Ord. 19.1.2010, n. 675). I Comuni possono, dun-
que, opporsi al classamento e alla rendita catastale attribuita dall’Agenzia delle Entrate dinanzi
alle corti di giustizia tributaria di primo grado, in qualità di portatori di un proprio interesse ad
agire.
Processo tributario 43

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Art. 39, D.Lgs. 13.4.1999, n. 112
Chiamata in causa dell'ente creditore

Art. 4, co. 3, Art. 5, co. 3, 4 e 10, Delibera Agenzia delle entrate 30 novembre 2000, n. 4
Strutture Regionale di vertice e Uffici periferici

Art. 1, co. 360, L. 24.12.2007, n. 244


Disposizioni in materia di entrata

Art. 27, co. 13, D.L. 29.11.2008, n. 185, conv. in L. 28.1.2009, n. 2


Strutture regionali di vertice

Art. 23-quater, D.L. 6.7.2012, n. 95 (inserito dalla L. 7.8.2012, n. 135)


Incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e dell'Agenzia del territorio

Art. 1, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225


Disposizioni in materia di soppressione di Equitalia e di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Ris. Ag. Entrate 18.12.2003, n. 226/E Circ. Ag. Entrate 15.2.2011, n. 4/E, § 10

Circ. Ag. Entrate 17.7.2008, n. 51/E Provv. Dir. Ag. Entrate 9.3.2011, punti 1.1 e 1.4

Provv. Dir. Ag. Entrate 6.4.2009, punto 1 Circ. Ag. Entrate 12.4.2012, n. 12/E

Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.2

Provv. Dir. Ag. Entrate 28.1.2011, punti 5.1 e 5.2

Art. 11 - CAPACITÀ DI STARE IN GIUDIZIO [CFF ¶ 4662]


1. Le parti diverse da quelle indicate nei commi 2 e 3 possono stare in giudizio anche mediante
procuratore generale o speciale. La procura speciale, se conferita al coniuge e ai parenti o affi-
ni entro il quarto grado ai soli fini della partecipazione all'udienza pubblica, può risultare anche
da scrittura privata non autenticata.
2. L’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300 nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è pro-
posto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata.
Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il
contenzioso in materia di contributo unificato. 3
3. L'ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il diri-
gente dell'ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare
della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio. 1
[3-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli uffici giudiziari per il con-
tenzioso in materia di contributo unificato davanti alle Commissioni tributarie provinciali.] 2
44
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Note
1 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 3-bis, D.L. 31.03.2005, n. 88, con decorrenza dal 01.06.2005. Tale

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disposizione si applica anche ai giudizi in corso al 01.06.2005.
2 Il presente comma aggiunto dall'art. 1, comma 30, L. 24.12.2012, n. 228, con decorrenza dal 01.01.2013, è stato sop-
presso dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si ri-
porta di seguito il testo previgente: «2. L'ufficio del Ministero delle finanze nei cui confronti è proposto il ricorso sta
in giudizio direttamente o mediante l'ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso
sovraordinata.».

CAPACITÀ DI STARE IN GIUDIZIO (Art. 11)

Rappresentanza volontaria della parte privata (co. 1) Ferme restando le regole «comuni» dettate
dal Codice di procedura civile sulla rappresentanza degli incapaci e delle persone giuridiche, il con-
tribuente può stare in giudizio (e compiere gli atti processuali), di regola, valendosi di un procura-
tore speciale, talora, di un procuratore generale e, nei casi espressamente previsti, personalmente.
In deroga alle normali modalità per il conferimento della procura (atto pubblico o scrittura privata
autenticata), ai soli fini della partecipazione all’udienza pubblica, la procura speciale che venga
conferita al coniuge, a parenti o affini entro il 4° grado, può risultare anche da scrittura privata
non autenticata (si veda oltre, sull’assistenza tecnica: art. 12 del D.Lgs 546/1992).
Rappresentanza organica degli uffici dell’amministrazione finanziaria (co. 2) Premesso che «per
capacità o legittimazione processuale si intende la capacità della parte di stare in giudizio. (…) Per rap-
presentanza processuale in senso tecnico-legale si intende, invece, la capacità del procuratore di porre in
essere atti processuali in nome e per conto del rappresentato» (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E,
§ 2), gli Uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate (o delle Dogane e dei Monopoli) possono stare in
giudizio:
› direttamente, avvalendosi del titolare (il direttore) o di un suo delegato (che non necessita di
apposita procura: cfr. Cass., Ord. 18.10.2011, n. 21546; Cass., Sentenze 2.4.2010, n. 8070
e 30.12.2009, n. 28036), oppure
› mediante l’Ufficio del contenzioso della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate o della
Direzione Compartimentale della Agenzia delle Dogane ad essi sovraordinati (che può, dunque,
presentare appello anche direttamente, senza alcuna delega da parte dell’Ufficio subordinato
che abbia partecipato al primo grado di giudizio: cfr. Cass., Sent. 3.10.2014, n. 20911).
In proposito, la giurisprudenza ha statuito che: «gli artt. 10 e 11, co. 2, D.Lgs. 546/1992 riconoscono la
qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’Ufficio locale dell’Agenzia
delle Entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da al-
tra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicché è
validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto
competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia
eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante, o, comunque, l’usurpazio-
ne del potere di impugnare la sentenza» (cfr. Cass., Sent. 26.1.2018, n. 1962; conf. Cass. Ordinanze
31.3.2021, n. 8893; 4.4.2018, n. 8238; 13.6.2017, n. 14742; 26.7.2016, n. 15470; Cass., Sentenze
25.1.2019, n. 2138; 14.10.2015, n. 20628 e 21.3.2014, n. 6691; C.G.T. II° Lazio, Sent. 10.3.2023, n. 1308).
Le Direzioni Provinciali della Agenzia delle Entrate partecipano alle udienze con il dirigente del-
l’Ufficio legale o un suo delegato; l’Ufficio del contenzioso della Direzione Regionale con il suo di-
rigente o un suo delegato (cfr. Circ. Min. Fin. 4.3.1999, n. 56/E).
L’art. 41, co. 8, D.P.R. 27.3.1992, n. 287 dispone che la rappresentanza in udienza va «di regola» de-
legata a soggetti appartenenti alle qualifiche dirigenziali o alle qualifiche funzionali non inferiori
all’ottava (2C); secondo il Ministero delle Finanze (cfr. Circ. Min. Fin. 4.3.1999, n. 56/E), la rappre-
sentanza dell’Ufficio può essere conferita anche ad impiegati appartenenti a profili professionali
diversi (e di qualifica inferiore) da quelli espressamente individuati dal citato art. 41, purché rite-
nuti «idonei» per la propria preparazione tecnico-giuridica.
Rappresentanza dell’agente della riscossione (co. 2) Può stare in giudizio direttamente. «Il novel-
lato art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 ha esteso la inammissibilità della rappresentanza proces-
Processo tributario 45

suale volontaria, oltre che espressamente agli Uffici dell'Agenzia delle entrate e a quelli dell'Agenzia delle

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


dogane e dei monopoli ed alle cancellerie o segreterie dell'Ufficio giudiziario, anche all'Ufficio dell'Agente

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della riscossione, il quale quindi deve stare in giudizio - in particolare, solo nel giudizio di merito - di-
rettamente (o mediante la struttura territoriale sovraordinata), cioè in persona dell'organo che ne ha la
rappresentanza verso l'esterno o di uno o più suoi dipendenti dallo stesso organo all'uopo delegati, e
non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle
ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell'Avvocatura dello Stato, come espressamente previsto
dall'art. 1, comma 8 del D.L. n. 193/2016, sebbene detto ente, trattandosi di ente pubblico economico, non
appartenga propriamente all'ambito delle Amministrazioni dello Stato alle quali normalmente si riferisce
la previsione circa la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio per il tramite dell'Avvocatura
dello Stato» (cfr. Cass., Sent. 9.11.2018, n. 28684; Cass., Ordinanze 15.4.2019, n. 10547, 10549; e
15.10.2018, n. 25625).
Rappresentanza organica degli enti locali (co. 3) La rappresentanza in giudizio del Comune, della
Provincia o della Regione può essere esercitata tanto, rispettivamente, dal Sindaco, o dal Presi-
dente della Provincia o dal Presidente della Regione, quanto dal dirigente del servizio o dell’ufficio
tributi, ovvero, per gli enti privi di figura dirigenziale, dal titolare (non dirigente) della posizione
organizzativa in cui è collocato detto servizio o ufficio (cfr. Cass., Ordinanze 25.5.2018, n. 13153;
14.2.2017, n. 3941; Cass., Sentenze 22.12.2016, n. 26719; 12.5.2010, n. 11448 e Cass., SS.UU., Sent.
16.6.2005, n. 12868).
In base al nuovo ordinamento degli enti locali, non è più necessaria l’autorizzazione della Giunta
(comunale, provinciale o regionale) perché costoro possano agire o resistere in giudizio: resta, pe-
rò, ferma la possibilità, da parte dell’Ente locale, di subordinare, per Statuto, la legittimazione
processuale del rispettivo rappresentante alla autorizzazione della Giunta o ad una preventiva de-
terminazione del competente dirigente o ad entrambe.
Se l’accertamento e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbli-
che affissioni o la tassa (comunale) per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche comuni sono stati
affidati dal Comune in concessione (artt. 25 e 52 del D.Lgs. 15.11.1993, n. 507. Si ricorda che, dal 1°
gennaio 2021, detti tributi sono stati sostituiti dal c.d. Canone unico e che, dal 1° gennaio 2020,
anche per i tributi locali è stato introdotto il c.d. accertamento esecutivo: cfr. art. 1, L. 160/2019),
legittimato a stare in giudizio è il concessionario, dato che esso subentra al primo in tutti i diritti
ed obblighi inerenti alla gestione del servizio (cfr. Cass., Sentenze 9.4.2010, n. 8497 e 19.3.2010, n.
6772, ved. anche Cass., Sent. 9.4.2010, n. 8495, per cui, nel caso il contribuente abbia indicato co-
me legittimato passivo l’ente locale titolare del potere impositivo, anziché la società delegata al-
l’accertamento e riscossione dei tributi locali, può configurarsi un errore scusabile nei casi di
obiettiva incertezza dei poteri delegati dall’ente locale alla società concessionaria).
Regioni, Comuni e Province possono attribuire alle Agenzie fiscali, sulla base di un rapporto con-
venzionale, la gestione delle funzioni tributarie ad essi spettanti, compreso lo svolgimento dei
servizi relativi al contenzioso concernente i tributi di loro competenza (art. 57, comma 2, del
D.Lgs. 300/1999). Quasi tutte le Regioni se ne sono valse per la gestione (anche della fase conten-
ziosa) dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF.
Contribuente fallito L’art. 43 del R.D. 16.3.1942, n. 267 (L. Fallimentare) attribuisce la legittimazione
processuale al curatore fallimentare, con conseguente perdita della capacità di stare in giudizio del
fallito (il quale, però, conserva la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento).
La perdita della capacità processuale del fallito può essere eccepita solo dal curatore, «salvo che la
curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legitti-
mazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed è perciò opponibile da chiunque e rilevabile
anche d’ufficio» (cfr. Cass., Sentenze 6.6.2017, n. 13991; 9.3.2011, n. 5571).
Gli atti del procedimento tributario:
› formati dopo la dichiarazione di fallimento, devono indicare, quale destinataria, la procedura e,
quale legale rappresentante della stessa, il curatore fallimentare (cfr. Cass., Sent. 28.3.2018, n.
7634, che ha dichiarato nulla la cartella di pagamento inviata al socio di una s.n.c. fallita, in
mancanza della notifica dell’avviso di accertamento al curatore. Cfr., anche, Cass. Sentenze
13.7.2012, n. 11945; 9.2.2010, n. 2803);
› relativi ad obbligazioni tributarie del fallito, sorte prima della dichiarazione di fallimento o nel
periodo di imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, devono essere notificati al curatore
46
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

fallimentare (in ragione della partecipazione di tali crediti erariali al concorso fallimentare) e,
anche, al contribuente dichiarato fallito (cfr. Cass., Sentenze 16.6.2021, n. 16958; 18.3.2016, n.
5392; 26.10.2011, n. 22277; 17.12.2010, n. 25611; 4.4.2008, n. 8778; Cass., Ord. 16.10.2019, n.

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26127), a pena della relativa inopponibilità. Infatti, «sebbene l’ente impositore o il concessionario
non siano obbligati a pena di nullità a notificare avvisi di accertamento e cartelle esattoriali sia al fal-
lito che alla curatela fallimentare, tale scelta condiziona la futura opponibilità di tali atti o nell’ambito
della procedura fallimentare o nei confronti del fallito tornato in bonis, ai fini della legittima prosecu-
zione della procedura esattoriale; ciò nel senso che la cartella di pagamento notificata unicamente al
curatore fallimentare non è opponibile al fallito tornato in bonis, sicché, in caso di notifica a quest’ul-
timo di un preavviso di fermo che abbia tale cartella come presupposto, egli può sia limitarsi a far va-
lere la nullità dell’atto successivo che gli è stato notificato, sia – qualora ne abbia ancora interesse –
contestare anche la validità e fondatezza dell’atto prodromico che non gli è stato notificato (perché no-
tificato al solo curatore in costanza di fallimento), e di cui sia venuto a conoscenza con l’atto successi-
vo» (cfr. Cass. Sent. 31.1.2022, n. 2857).
Il fallito «restando esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, conseguenti alla definitività del-
l’atto impositivo, è eccezionalmente abilitato ad impugnarlo, nell’inerzia degli organi fallimentari, non
potendo attribuirsi carattere assoluto alla perdita della capacità processuale conseguente alla dichiara-
zione di fallimento, la quale può essere eccepita esclusivamente dal curatore, nell’interesse della massa
dei creditori» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2020, n. 20810).
Peraltro, «il permanere di questa legittimazione [in capo al fallito], operante sotto il controllo del cura-
tore secondo una logica di interesse della massa dei creditori, fa sì che quest’ultimo, al fine di salvaguar-
dare il medesimo interesse collettivo, possa avvalersi dell’esito favorevole dell’azione promossa dal solo
contribuente fallito, eccependo il relativo giudicato, onde limitare nel quantum la pretesa del concessio-
nario insinuatosi al passivo per il recupero dell’intero credito tributario contestato. Pertanto, ove il cura-
tore manifesti il suo interesse a estendere al fallimento l’operatività del giudicato favorevole ottenuto dal
fallito a seguito della sua iniziativa individuale, il giudice del merito dovrà ammettere al passivo il credi-
to tributario nei limiti della minor somma acclarata in via definitiva in sede contenziosa ovvero, in caso
di mancata formazione del giudicato, ammettere l’intera somma con riserva, da sciogliere poi all’esito
della lite.» (cfr. Cass. Ord. 23.5.2018, n. 12854).
In conclusione, il fallito - rimanendo pur sempre soggetto passivo del rapporto tributario sorto
prima della dichiarazione di fallimento - «conserva, in via eccezionale, la legittimazione ad agire», ri-
spetto alla quale «l’inerzia del curatore [rileva quando] sia stata determinata da un totale disinte-
resse degli organi fallimentari; [ma] non anche quando consegua ad una negativa valutazione di que-
sti ultimi circa la convenienza della controversia» (cfr. Cass. Ordinanze 6.10.2021, n. 27209; 3.4.2018,
n. 8132 e 4.9.2018, n. 21602; Cass. Sentenze 6.7.2016, 13814; 25.10.2013, n. 24159; 24.6.2011, n. 13937;
6.2.2009, n. 2910). Invece, qualora «il curatore non rimanga inerte, bensì impugni l’atto impositivo
inerente a crediti tributari (…), non consta alcun residuo interesse del fallito a dolersi della omessa noti-
fica dell’avviso di accertamento al fine di contestarlo» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2021, n. 26506).
Se non chè, la Corte di cassazione, dopo aver rilevato l’esistenza di orientamenti divergenti, ha rite-
nuto «che la questione della legittimazione, straordinaria e succedanea del contribuente, assoggettato a
procedura concorsuale liquidatoria, di impugnare atti impositivi in costanza di procedura e attinenti a cre-
diti concorsuali, in caso di inerzia del curatore, costituisca questione di massima di particolare importan-
za». Tale questione, secondo la Corte, riguarda «in particolare, sia il presupposto della legittimazione
straordinaria del contribuente insolvente (se rilevi la mera inerzia del curatore, intesa come omesso ricorso
alla tutela giurisdizionale, ovvero se occorra accertare se l'inerzia sia o meno frutto di una valutazione
ponderata da parte degli organi della procedura concorsuale), sia gli effetti di tale soluzione sulla natura
(relativa o assoluta) dell'eccezione di difetto di legittimazione e sulle difese, al riguardo, del contribuente»,
per cui ha rimesso la causa al Primo Presidente della Corte di cassazione perchè valuti l’opportunità
di rinviare la causa alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ord. Interlocutoria, 25.8.2022, n. 25373).
E le Sezioni Unite l’hanno risolta affermando «i seguenti principi di diritto:
› in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di falli-
mento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare,
ex art. 43 L. Fall., in caso di astensione del curatore della impugnazione, rilevando a tal fine il com-
portamento oggettivo di pura e semplice inerzia di questi, indipendentemente dalla consapevolezza e
volontà che l’abbiano determinato;
Processo tributario 47

› la insussistenza di uno stato di inerzia del curatore, così inteso, comporta il difetto della capacità

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


processuale del fallito in ordine alla impugnazione dell’atto impositivo e va conseguentemente rile-
vata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo» (cfr. Cass. SS.UU. Sent.

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28.4.2023, n. 11287).
Quanto, infine, agli atti formati ed emessi nei confronti del contribuente «in bonis», si ricorda che
essi sono comunque opponibili alla curatela (cfr. Cass., Sent. 14.5.2010, n. 11784, in relazione ad un
P.V.C. comunicato alla contribuente «in bonis»).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 75, co. 1 , 182, co. 2 Codice di procedura civile


Capacità processuale e difetto di rappresentanza

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E

Circ. Min. Fin. 4.3.1999, n. 56/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.2

Art. 12 - ASSISTENZA TECNICA [CFF ¶ 4663]

1. Le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di
cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, devono essere assistite in giudi-
zio da un difensore abilitato.
2. Per le controversie di valore fino a tremila euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza
tecnica. Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali
sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazio-
ni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
3. Sono abilitati all’assistenza tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali o nell’elenco di cui al
comma 4:
a) gli avvocati;
b) i soggetti iscritti nella Sezione A commercialisti dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili;
c) i consulenti del lavoro;
d) i soggetti di cui all’articolo 63, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settem-
bre 1973, n. 600;
e) i soggetti già iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma
di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limi-
tatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l’IVA, l’IR-
PEF, l’IRAP e l’IRES;
f) i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 31
dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti negli elenchi tenuti dalle Intendenze di finanza competenti
per territorio, ai sensi dell’ultimo periodo dell’articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636;
g) i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e
del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell’articolo 2359
del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, ri-
spettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea magi-
strale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abi-
48
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

litazione professionale;
h) i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 9 luglio

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1997, n. 241, e delle relative società di servizi, purché in possesso di diploma di laurea magistrale in
giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione
professionale, limitatamente alle controversie dei propri assistiti originate da adempimenti per i
quali il CAF ha prestato loro assistenza.
4. L’elenco dei soggetti di cui al comma 3, lettere d), e), f), g) ed h), è tenuto dal Dipartimento delle fi-
nanze del Ministero dell’economia e delle finanze che vi provvede con le risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello
Stato. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministero della giustizia,
emesso ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le
modalità di tenuta dell’elenco, nonché i casi di incompatibilità, diniego, sospensione e revoca della
iscrizione anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense. L’elenco è pubbli-
cato nel sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze.
5. Per le controversie di cui all’articolo 2, comma 2, primo periodo, sono anche abilitati all’assistenza
tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali:
a) gli ingegneri;
b) gli architetti;
c) i geometri;
d) i periti industriali;
e) i dottori agronomi e forestali;
f) gli agrotecnici;
g) i periti agrari.
6. Per le controversie relative ai tributi doganali sono anche abilitati all’assistenza tecnica gli spedizio-
nieri doganali iscritti nell’apposito albo.
7. Ai difensori di cui ai commi da 1 a 6 deve essere conferito l’incarico con atto pubblico o con scrittu-
ra privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sotto-
scrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato. All’udienza pubblica l’incarico può essere
conferito oralmente e se ne dà atto a verbale.
8. Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300, possono essere assistite dall’Avvocatura dello Stato.
9. I soggetti in possesso dei requisiti richiesti nei commi 3, 5 e 6 possono stare in giudizio personal-
mente, ferme restando le limitazioni all’oggetto della loro attività previste nei medesimi commi.
10. Si applica l’articolo 182 del codice di procedura civile ed i relativi provvedimenti sono emessi dal
presidente della commissione o della sezione o dal collegio. 1

Note
1 Il presente articolo prima rettificato con avviso pubblicato in G.U. 27.03.1993, n. 72, poi modificato dall'art 69, D.L.
30.08.1993, n. 331, dall'art 12 D.L.08.08.1996, n. 437, dall'art 3 L. 24.02.1997, n. 27, dall'art. 16 ter, D.L. 28.12.2001, n. 452,
dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005, è stato da ultimo così sostituito dall'art. 9, D.Lgs.
24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta di seguito il testo ancora vigente fino al 31.12.2015: «1. Le parti,
diverse dall'ufficio del Ministero delle finanze o dall'ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono essere
assistite in giudizio da un difensore abilitato.
2. Sono abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli avvoca-
ti, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali, nonché i consulenti del lavoro purché non dipendenti dall'am-
ministrazione pubblica . Sono altresì abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi
albi professionali, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti edili, i dottori agronomi, gli agrotecnici e i periti agrari, per le
materie concernenti l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di pro-
miscuità di una stessa particella, la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della
rendita catastale e gli spedizionieri doganali per le materie concernenti i tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane. In
attesa dell'adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conse-
guente riordino della materia, sono, altresì, abilitati alla assistenza tecnica, se iscritti in appositi elenchi da tenersi presso le
direzioni regionali delle entrate, i soggetti indicati nell' articolo 63, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubbli-
ca 29 settembre 1973, n. 600, i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle ca-
Processo tributario 49

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giuri-
sprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le

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imposte di registro, di successione, di tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'ILOR e l'IRPEG nonché i dipendenti delle associazioni del-
le categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e i dipendenti delle imprese, o delle lo-
ro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del Codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle
quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea in giurispru-
denza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale; con
decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le modalità per l'attuazione delle disposizioni del presente periodo. Sono
inoltre abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie i funzionari delle associazioni di categoria che, alla
data di entrata in vigore del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 risultavano iscritti nell'elenco tenuto dalla Inten-
denza di finanza competente per territorio, ai sensi dell' articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repub-
blica 26 ottobre 1972, n. 636.
3. Ai difensori di cui al comma 2 deve essere conferito l'incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od
anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso inca-
ricato. All'udienza pubblica l'incarico può essere conferito oralmente e se ne dà atto a verbale.
4. L'ufficio del Ministero delle finanze, nel giudizio di secondo grado, può essere assistito dall'Avvocatura dello Stato.
5. Le controversie di valore inferiore a 5.000.000, anche se concernenti atti impositivi dei comuni e degli altri enti locali,
nonché i ricorsi di cui all' art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1980, n. 787, possono essere
proposti direttamente dalle parti interessate, che, nei procedimenti relativi, possono stare in giudizio anche senza assi-
stenza tecnica. Per valore di lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate
con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla
somma di queste. Il presidente della commissione o della sezione o il collegio possono tuttavia ordinare alla parte di mu-
nirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l'inca-
rico a un difensore abilitato.
6. I soggetti in possesso dei requisiti richiesti nel comma 2 possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza di
altri difensori.»

ASSISTENZA TECNICA (Art. 12)

Assistenza tecnica (co. 1, 2 e 9) Nel processo tributario, le parti diverse dagli enti impositori, dagli
agenti della riscossione (e dai concessionari privati della riscossione) devono valersi, in giudizio,
dell'assistenza tecnica, per cui:
› il contribuente, non solo come ricorrente, appellante o appellato, ma anche come intervenuto o
chiamato in giudizio, deve partecipare al processo a mezzo di un difensore abilitato (co. 1);
› può stare in giudizio «personalmente» solo se la controversia:
- ha un valore non superiore a 3.000,00 euro (co. 2);
- è promossa da soggetti abilitati all’assistenza tecnica (co. 9).
Difensori abilitati (co. 3, 5 e 6)
1) per qualunque controversia:
a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali iscritti nella Sezione A
Commercialisti dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (con esclusione
degli iscritti alla Sezione B Esperti contabili), consulenti del lavoro;
b) impiegati delle carriere dirigenziale, direttiva e di concetto dell’Amministrazione finanzia-
ria, nonché ufficiali e sottufficiali della Guardia di Finanza, collocati a riposo dopo almeno
20 anni di servizio effettivo (decorsi almeno 2 anni dalla cessazione del rapporto d’impie-
go), se iscritti in appositi elenchi tenuti presso le Direzioni Regionali delle Agenzie delle
Entrate ai sensi del D.M. 18.11.1996;
2) per controversie aventi ad oggetto materie specifiche:
c) i soggetti già iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dal-
le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in
possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti
o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di
successione, i tributi locali, l’IVA, l’IRPEF, l’IRAP e l’IRES;
d) ingegneri, architetti, geometri, periti industriali, dottori agronomi e forestali, agrotecnici e
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

periti agrari, se iscritti nei relativi albi professionali, per le controversie catastali, cioè
quelle aventi ad oggetto l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo

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fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, la consistenza, il classa-
mento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale (non
sono controversie catastali quelle aventi ad oggetto l’accertamento del valore di cespiti im-
mobiliari, come confermato da Cass., Sent. 19.3.2007, n. 6489);
e) gli spedizionieri doganali iscritti nell’apposito albo per le controversie relative ai tributi do-
ganali;
3) per assistere esclusivamente alcune categorie di contribuenti:
f) i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del decreto le-
gislativo 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti negli elenchi tenuti dalle Intendenze
di finanza competenti per territorio, ai sensi dell’ultimo periodo dell’articolo 30, terzo com-
ma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636;
g) i dipendenti delle associazioni di categoria rappresentate nel CNEL e delle imprese o delle
loro controllate, purché in possesso del diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in
economia (ed equipollenti) o del diploma di ragioneria e della relativa abilitazione profes-
sionale (non è richiesta l’iscrizione nei relativi albi), per le controversie nelle quali sono
parti gli associati, le imprese o le loro controllate;
h) i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) e delle relative società di servizi, purché
in possesso del diploma di laurea magistrale in giurisprudenza, o in economia ed equipol-
lenti o del diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale, per le controver-
sie derivanti dall’attività di assistenza prestata ai propri assistiti (come, ad esempio, quelle
relative al disconoscimento degli oneri e delle spese indicati nella dichiarazione compilata
e trasmessa dal medesimo CAF).
Soggetti diversi dai professionisti iscritti in Albi (Avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro,
ma, anche, ad es., ingegneri, architetti eccetera) ex co. 4 Per essere abilitati alla difesa, devono
essere iscritti in un elenco pubblicato nel sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze.
Le relative modalità di tenuta - nonché i casi di incompatibilità, diniego, sospensione e revoca
della iscrizione, anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense - sono
state adottate con il Decreto M.E.F., 5.8.2019, n. 106, «recante disposizioni in materia di abilitazione
all’assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie». Alla formazione e tenuta dell'elenco - ar-
ticolato in 5 sezioni «in ciascuna delle quali sono rispettivamente iscritte le categorie di soggetti abili-
tati, di cui alle lettere d), e), f), g) e h)» dell’art. 12, co. 3 - provvederà la Direzione della giustizia tri-
butaria.
I soggetti già inseriti negli elenchi, «sono di diritto iscritti nella relativa sezione» purché abbiano di-
chiarato - con l’invio dell’apposito modulo entro il 31.10.2020 (cfr. Circ. M.E.F. 31.3.2020, n. 2/DF, §
3) - di possedere i requisiti prescritti e attestato che non sussistono incompatibilità (cfr. art. 7, D.
MEF 106/2019). Per gli altri soggetti sarà necessario inviare, esclusivamente in via telematica, do-
manda di iscrizione, corredata dai documenti richiesti (cfr. artt. 5 e 6; Circ. M.E.F. n. 2/DF/2020).
Le ipotesi di incompatibilità sono previste dall’art. 9 del D.M. 106/2019 e comprendono, tra l’altro,
l’esercizio di attività di impresa [co. 2, lett. a)] e la qualità di socio ovvero di amministratore/presi-
dente di società commerciali [co. 2, lett. b)]. In proposito, il M.E.F., in risposta a un quesito posto
da parte dei soggetti individuati dall’art. 12, co. 3, lett. e), ha affermato che «la valutazione della
compatibilità non può che basarsi sulla individuazione dell’oggetto sociale e della natura dell’attività
svolta dalla società di cui il professionista si avvale, come di seguito specificato. Qualora il soggetto abili-
tato alla difesa innanzi alle Commissioni tributarie ai sensi dell’art. 12, co. 3, lett. e), del D.Lgs. n.
546/1992, risulti esercitare l’attività professionale in forma societaria in base alle disposizioni di cui alla
Legge 14.1.2013, n. 4, che disciplinano la professione non organizzata in ordini o collegi, si ritiene che le
condizioni preclusive previste dall’art. 9, co. 2, del regolamento n. 106/2019, non risultino applicabili.
Laddove, invece, l’esercizio dell’attività professionale in forma societaria non avvenga in base alle disposi-
zioni contenute nella suddetta legge n. 4/2013, si ritiene che la iscrizione negli elenchi di cui all’art. 12 del
D.Lgs. n. 546/1992, possa essere mantenuta a condizione che il professionista non rivesta nella suddetta
società la qualifica di:
› socio illimitatamente responsabile o amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’eserci-
zio di attività di impresa commerciale;
Processo tributario 51

› amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa;.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione» (cfr. Ris. M.E.F.
22.10.2020, n. 7/DF)

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Accertata la regolarità della domanda, la Direzione della giustizia tributaria provvederà alla iscri-
zione e al rilascio della tessera nominativa - munita di foto - contenente «la indicazione della sezio-
ne dell’elenco nella quale il soggetto è iscritto, il numero di iscrizione e l’eventuale termine di validità»
(cfr. art. 8).
«L’iscritto è tenuto ad uniformarsi, in quanto compatibili, ai principi contenuti nel codice deontologico
forense» (cfr. art. 10, co. 3; Circ. M.E.F. n. 2/DF/2020, § 4): si tratta, ad es., dell’obbligo (a decorrere
dal 1° gennaio 2021) di formazione continua, il cui contenuto e la determinazione dei relativi crediti
saranno definiti con successive linee guida.
L’iscritto può essere oggetto di provvedimenti di sospensione, revoca e cancellazione dall’elenco
(cfr. Circ. M.E.F. n. 2/DF/2020, § 5 e disposizioni ivi richiamate). La Direzione della giustizia tribu-
taria, prima dell’adozione del provvedimento, comunica all’interessato «i motivi che ne comportano
l’adozione, invitandolo a presentare per iscritto eventuali osservazioni» (cfr. art. 11).
Il Regolamento è entrato in vigore il 1° aprile 2020; l’elenco degli iscritti sarà pubblicato sui siti isti-
tuzionali del Ministero dell’economia e delle finanze.
Da ultimo in merito all'assistenza tecnica:
› la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità co-
stituzionale dell’art. 12, co. 2 del D.Lgs. 546/1992 (nella versione vigente prima delle modifiche di
cui al D.Lgs. 156/2015), nella parte in cui la norma in questione non riserva(va) esclusivamente
agli avvocati l’assistenza tecnica davanti alle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do (tale denominazione sostituisce quella di «commissioni tributarie», ovunque ricorra, a valere
dal 16 settembre 2022: secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 1, lett. a) della L. 31.8.2022, n. 130,
introdotto nel contesto della riforma strutturale dei componenti gli organi della giurisdizione
tributaria), con l’effetto di convalidare la piena abilitazione dei dottori commercialisti ed esperti
contabili ecc. (Corte Cost., Ord. 20.5.1998, n. 210);
› la Corte di Cassazione:
- ha considerato il ricorso proposto con il ministero di un professionista munito di abilitazione
limitata (dalla legge) a materie diverse da quella oggetto della controversia, come proposto in
proprio dal contribuente male assistito (cfr. Cass., Sent. 6.10.2006, n. 21510), con la conseguen-
za che il ricorso non sarebbe di per sé inammissibile, ma lo diventerebbe solo se il contribuen-
te non conferisse la procura ad un difensore abilitato nel termine indicato dal giudice ex art.
12, co. 10, D.Lgs. 546/1992;
- ha ritenuto che la difesa esercitata dal curatore fallimentare nell’ambito della procedura con-
corsuale si ponga in contrasto con l’art. 31, co. 3, R.D. 16.3.1942, n. 267 (L. Fallimentare), per ef-
fetto del quale il curatore fallimentare non può assumere la veste di avvocato (o di procurato-
re) nei giudizi riguardanti il fallimento, dichiarando inammissibile (per difetto di legittimazio-
ne processuale) l’atto compiuto dal curatore-difensore (cfr. Cass., Sentenze 25.2.2010, n. 4560;
4.4.2008, n. 8778). Alcuni giudici di merito hanno, invece, ritenuto che – in presenza dell’auto-
rizzazione del Giudice delegato – il curatore possa esercitare la difesa in Corte di giustizia tri-
butaria, in considerazione del carattere di «specialità» della normativa processuale tributaria
(cfr., C.T.P. Verona, Sent. 30.12.2000, n. 309; C.T.P. Imperia, Sent. 20.6.1997, n. 232).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricor-
so notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, gli atti del processo tributario sono formati esclusiva-
mente come documenti informatici e notificati secondo le relative modalità (cfr. art. 16-bis del De-
creto). Pertanto, anche la procura alle liti va redatta su supporto informatico (cfr. art. 4, co. 1 e 2,
D.MEF. 23.12.2013, n. 163 e Circ. MEF 11.5.2016, n. 2/DF), e redatta con le seguenti modalità:
› se il ricorrente è in possesso di firma digitale, potrà firmare digitalmente la procura predisposta
dal difensore;
› se il ricorrente è sprovvisto di firma digitale, la procura sarà rilasciata su atto separato dall’atto
principale, sottoscritta con firma autografa del contribuente e autenticata dal difensore; dopo di
che tale atto sarà «scansionato», firmato digitalmente dal difensore e allegato (di norma, il primo
degli allegati) al ricorso.
Procura (co. 7) Il difensore abilitato assiste il contribuente in forza di una «procura alle liti» che, se-
52
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

condo le regole generali:


› deve essere sottoscritta dal contribuente, a pena di inammissibilità del ricorso (cfr. Cass., Sent.

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23.11.2010, n. 23763). Il ricorso sottoscritto da difensore privo dello ius postulandi potrebbe porta-
re anche ad una condanna del difensore alla rifusione delle spese processuali (cfr. Comm. Trib.
Reg. Emilia-Romagna, Sent. 20.9.2001, n. 152), e, nel giudizio di cassazione anche, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, D.P.R. 115/2002 (cfr. Cass. Ord. 15.6.2020, n.
11437). Invece, la condanna del difensore al pagamento delle spese di giudizio non è ammissibile
«nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem (…), in quanto l’attività pro-
cessuale è provvisoriamente efficace e la procura, benchè sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a deter-
minare la instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di
potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo» (cfr. Cass. Ord. 9.9.2021, n. 24381, fat-
tispecie relativa ad una procura estera priva di autenticazione in lingua italiana);
› nel caso in cui il contribuente sia una persona giuridica, la procura deve contenere le generalità e
la qualifica della persona fisica che conferisce al difensore l’incarico di rappresentare e difendere
la persona giuridica (per cui va indicata, nel mandato e/o nella intestazione del ricorso, la quali-
fica di chi sottoscrive la delega a pena della nullità della procura: cfr. Cass., Sent. 5.6.2008, n.
14846). «La procura conferita al difensore dall’amministratore di una società di capitali “per ogni sta-
to e grado della causa”, è valida anche per il giudizio di appello e resta tale anche se l’amministratore,
dopo il rilascio del mandato e prima della proposizione dell’appello, sia cessato dalla carica (…). In so-
stanza, la sostituzione della persona titolare dell’organo avente il potere di rappresentare in giudizio la
persona giuridica non è causa di estinzione della efficacia della procura alle liti, la quale continua ad
operare a meno che non sia revocata dal nuovo rappresentante legale» (cfr. Cass. Ord. 25.1.2019, n.
2183);
› infine, la procura può essere generale, cioè riferita ad una serie indefinita di processi, o speciale,
se conferita per un determinato processo.
La procura «speciale» può essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata (da un
pubblico ufficiale o da un notaio) o rilasciata mediante delega apposta in calce o a margine di un
atto processuale (sul ricorso; e, in secondo grado, sull’appello o sulla memoria di costituzione), con
sottoscrizione che deve essere autenticata dallo stesso difensore incaricato. «La procura si considera
apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che, però, sia congiunto materialmente all'atto cui
si riferisce» (cfr. Cass.,Ord. 28.2.2018, n. 4617; Cass. Ord. 7.3.2018, n. 5426). La mancata autenticazio-
ne della firma apposta sulla procura integra «una mera irregolarità, che non comporta la nullità della
procura ad litem, perché tale nullità non è comminata dalle legge; né detta formalità incide sui requisiti
indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella formazione del rapporto
processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato» (cfr. Cass., Sent. 20.1.2010,
n. 859; conf. Cass., Sentenze 27.1.2012, n. 1166; 24.11.2010, n. 23821); è però fortemente raccoman-
data l’autenticazione della firma.
«Nel caso di procura rilasciata all’estero e ricevuta da notaio straniero (…) il rispetto della lex fori italia-
na richiede che dall’autenticazione sia chiaramente desumibile che la sottoscrizione sia stata apposta alla
presenza del notaio e che questi abbia accertato l’identità del sottoscrittore» (cfr. Cass. Sent. 2.7.2019, n.
17713). Inoltre, se non viene «allegata la sua traduzione e quella relativa all’attività certificativa svolta
dal notaio», detta procura speciale è nulla (cfr. Cass. Civ., SS.UU., Sent. 5.2.2021, n. 2866). Sulla con-
danna del difensore al pagamento delle spese di giudizio, nel caso la procura estera difetti di au-
tenticazione in lingua italiana, si veda Cass. Ord. 9.9.2021, n. 24381, sopra citata.
In caso di procura conferita a due o più difensori, è opportuno indicare che essa può essere eserci-
tata (anche) in via disgiunta. La giurisprudenza, peraltro, ammette che gli atti possano essere vali-
damente sottoscritti da uno solo di essi, a meno che il delegante non abbia espresso la volontà che
l’incarico venga svolto congiuntamente (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 22.5.2003, n. 11188).
Se dall’atto non risulta una diversa volontà del contribuente, la procura speciale deve intendersi ri-
ferita (ex art. 83 c.p.c.) ad un unico grado del processo, mentre se reca la formula «per il presente
giudizio (...) o processo, causa, lite, ecc.» esprime la volontà di estendere il mandato anche al grado di
appello (cfr. Cass., Sent. 29.12.2011, n. 29591; conformi Cass. Ord. 30.6.2021, n. 18633; Cass., Senten-
ze 17.3.2010, n. 6489; 9.10.2009, n. 21436). «La procura speciale al difensore abilitato all'assistenza tec-
nica davanti al giudice tributario rilasciata in primo grado con riferimento ad "ogni fase del giudizio", in
assenza di espressioni limitative, esprime la volontà della parte di estendere il mandato all'appello e,
Processo tributario 53

quindi, implica il superamento della presunzione di conferimento solo per il primo grado del processo, ai

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


sensi dell'art. 83, comma 4, c.p.c., applicabile al processo tributario in virtù del generale rinvio alle norme

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del codice di rito contenuto nell'art. 1, comma 2, del DLgs. n. 546/1992» (cfr. Cass., Ord. 24.10.2019, n.
27298). È buona regola, peraltro, specificare che essa «vale in ogni stato e grado del giudizio», «per
tutti i gradi e le fasi del presente giudizio» o «per il presente grado del processo e per quelli successivi»
(in tal senso, cfr. Cass., Sent. 29.7.2009, n. 17590).
Nella procura speciale può essere conferito al professionista anche il potere di assistere il contri-
buente nel procedimento di reclamo-mediazione (art. 17-bis del Decreto) o di conciliare la contro-
versia fiscale (art. 48 e segg. del Decreto) e di rinunciare al ricorso (art. 44 del Decreto) che, altri-
menti, richiedono il diretto intervento del ricorrente (cioè del contribuente).
Si ricorda, infine, che l’art. 85 c.p.c. prevede, da un lato, che la procura possa sempre essere revoca-
ta e, dall’altro, che il difensore possa sempre rinunciarvi, «sottendendo con tale formulazione la solu-
zione per cui il recesso dell’avvocato dal mandato è sempre ammessa e non quindi necessariamente anco-
rata alla ricorrenza della giusta causa», fermo restando il riconoscimento (al difensore) degli «onora-
ri relativi all’attività svolta fino al momento del recesso» (cfr. Cass. Civ. Sent. 25.7.2022, n. 23077).
Sanatoria eventuale ex art. 182 c.p.c. (co. 10) In forza del rinvio alle disposizioni dell’art. 182 c.p.c.,
«il Presidente della Commissione o di Sezione o il Collegio verificano d’ufficio la regolarità della costitu-
zione delle parti» e, ove occorra, invitano le stesse «a completare o a mettere in regola gli atti e i docu-
menti che riconoscano difettosi e, in caso di difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione
ovvero di vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegnano un termine perentorio, en-
tro il quale è possibile sanare i relativi vizi con efficacia retroattiva» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n.
38, § 1.3).
«Il Giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, è tenuto a promuovere
la sanatoria (…) indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando a tal uopo un termine al-
la parte» con effetti ex tunc, e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali.
Come si evince dalla interpretazione letterale dell’art. 182 c.p.c. (cfr. Cass. Sent. 29.7.2020, n.
16252), infatti, la norma «trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto oltre che quan-
do essa sia inficiata da un vizio che ne determina la nullità, restando, perciò, al riguardo irrilevante la di-
stinzione tra nullità e inesistenza della stessa» (cfr. Cass. Sent. 29.10.2020, n. 23958; conf. Cass. Ord.
24.8.2021, n. 23353).
Secondo altro orientamento, invece, la sanatoria ex art. 182 c.p.c. «non potrebbe che operare per la so-
la ipotesi di procura materialmente esistente, ma irregolare o viziata, dovendosi dunque distinguere il ca-
so di invalidità da quello della materiale inesistenza del negozio di conferimento del mandato decisiona-
le», con la conseguenza che «in presenza di una procura materialmente inesistente, non potrebbe farsi
luogo ad alcuna sanatoria del vizio». Pertanto, in considerazione del carattere generale della temati-
ca, la Corte di cassazione ha ritenuto di sottoporre al vaglio delle Sezioni Unite la seguente que-
stione: «se, ai sensi del secondo comma dell’art. 182 c.p.c. (…), il giudice debba assegnare un termine per il
rilascio della procura ad litem o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata
al difensore di una parte sia materialmente presente in atti, ma tuttavia risulti affetta da un vizio che ne
determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte sen-
za che in atti esista alcuna procura da quest’ultima rilasciata in suo favore» (cfr. Cass. Civ. Ord.I.
15.2.2022, n. 4932). E le Sezioni Unite della Corte di cassazione l’hanno risolta affermando il se-
guente principio di diritto: «Il vigente art. 182, comma secondo, c.p.c., non consente di “sanare” la inesi-
stenza o la mancanza in atti della procura alle liti» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 21.12.2022, n. 37434).
Infine, nel diverso caso in cui «una parte sollevi tempestivamente la eccezione di difetto di rappresen-
tanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è onere della controparte inte-
ressata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il di-
fetto o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c. pre-
scritto solo in caso di rilievo officioso» (cfr. Cass. Ord. 3.11.2022, n. 32399; conf. Cass. Sent. 20.10.2021,
n. 29244; C.G.T. II° Palermo, Sent. 3.10.2022, n. 8146).
Nel giudizio di primo grado, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto «l’applicabilità della di-
sciplina sulla regolarizzazione dei vizi di rappresentanza, assistenza o autorizzazione (…) da quando (…)
la Corte costituzionale ha evidenziato che (…) la inammissibilità del ricorso deve intendersi riferita sol-
tanto all’ipotesi in cui sia rimasto ineseguito l’ordine del Presidente della Commissione, della Sezione o
del Collegio (…) di munirsi, nel termine fissato, di assistenza tecnica» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015,
54
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

n. 38, § 1.3, in Nota): per concludere che solo nel caso di mancato rispetto del termine fissato dai
giudici si verifica l’inammissibilità del ricorso (Corte Cost., Sent. 13.6.2000, n. 189; conf. Cass. Ordi-

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nanze 30.4.2019, n. 11430; 29.1.2019, n. 2380; Cass. Sent. 26.5.2017, n. 13346; Cass., SS.UU., Sent.
8.7.2004, n. 22601; Corte Cost., Ord. 9.5.2003, n. 158).
Nel giudizio di appello, la giurisprudenza si è mostrata più severa: «L’ordine impartito dal giudice al
contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica – nel caso in cui lo stesso con-
tribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre la impugnazione dell’at-
to impositivo – ancorché astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterato,
con conseguente inammissibilità dell’appello per la mancanza dello ius postulandi. La impugnazione è
parimenti inammissibile se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria assistenza tecnica, sia
stata comunque resa edotta dalla eccezione di controparte, nel giudizio davanti alla Commissione Tribu-
taria Provinciale, della necessità dell’assistenza tecnica necessaria, non dovendo tale invito essere reitera-
to dalla Commissione Tributaria Regionale» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 13.12.2017, n. 29919). Nel caso il
Giudice di primo grado non abbia fissato il termine per consentire al contribuente di munirsi del-
l’assistenza tecnica obbligatoria, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado (riconoscendo che
in primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato: cfr. art. 59, co. 1,
lett. b, D.Lgs. 546/1992) rimette la causa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado che ha
emesso la sentenza impugnata, e, se il ricorrente ottempera all’invito, al difensore abilitato «va ga-
rantito l’esercizio effettivo del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., senza limitazioni derivanti da prece-
denti impostazioni del contribuente» (cfr. Cass. Ord. 31.5.2019, n. 14943; conf. Cass. Ord. 5.9.2022, n.
26027).
Nel giudizio di legittimità, «la invalidità della procura non potrebbe essere sanata attraverso l'ordine di
rinnovazione della stessa ai sensi del novellato (…) art. 182 c.p.c. , atteso che l'applicazione di detta nor-
ma (…) non è conciliabile con la disciplina del conferimento della procura per il giudizio di cassazione, che
(…) considera l'esistenza della procura speciale (…) come un requisito di ammissibilità del ricorso per cas-
sazione, siccome conferma anche l'art. 366 c.p.c., n. 5, il quale, esigendo che il ricorso indichi la procura,
palesa che essa deve esistere prima del ricorso, così contraddicendo l'idea che possa formarsi dopo (salvo
il caso di una sostituzione del difensore originario). La previsione a pena di inammissibilità ricollegata
alla proposizione del ricorso, d'altro canto, comportando che il relativo requisito debba sussistere al mo-
mento di detta proposizione, impedisce la configurabilità del potere di rinnovazione, che in generale con-
cerne la categoria della nullità e non riguarda quella speciale della inammissibilità (Cass. n. 15073/2018;
n. 1255 del 2018; n. 19100 del 2017)» (cfr. Cass. Sent. 9.11.2018, n. 28684; conf. Cass. Ord. 5.7.2019, n.
18095. Sul requisito dell’«anteriorità» della procura, si veda il commento all’art. 62 e la giurispru-
denza ivi richiamata).
Contributo Unificato La procura al difensore non va assoggettata all’imposta di bollo (cfr. art. 18,
D.P.R. 115/2002), dato che gli atti e i provvedimenti relativi ai giudizi promossi davanti alle Corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado mediante ricorsi sono sottoposti a C.U. atti giudiziari
(si veda l'art. 18, D.Lgs. 546/1992).
Modifica dell’indirizzo Sulla esistenza (o meno) dell’onere del difensore domiciliatario di denunciare,
alle parti costituite in giudizio ed alla Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secon-
do grado, l’eventuale cambiamento di indirizzo del proprio studio, la giurisprudenza è divisa:
› una parte ritiene che «costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad indi-
care il luogo di notificazione» (cfr. Cass., Sent. 6.11.2013, n. 24940; Cass., Ord. 23.1.2008, n. 1406;
Cass., Sentenze 2.12.2005, n. 26313; 1.7.2005, n. 14033): tanto più nella ipotesi «in cui il difensore
appartenga al foro del luogo in cui è stato chiamato a svolgere il suo mandato», nel quale caso, egli
non è «tenuto a comunicare alla controparte un successivo mutamento di tale domicilio, che si deve
presumere noto alla medesima in quanto conoscibile consultando l’albo professionale» (cfr. Cass. Ord.
22.9.2020, n. 19754; Cass. Sent. 24.12.2020, n. 29507). Conclusione: «il difensore domiciliatario non
ha, a sua volta, l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio» (cfr. Cass. Ord.
16.3.2021, n. 7320; conf. Cass. Ordinanze 30.11.2017, n. 28712; 27.6.2016, n. 13238);
› altra parte pretende che «il trasferimento dell’avvocato dal luogo della domiciliazione, per acquisire
rilievo come nuova elezione di domicilio, esige una specifica dichiarazione»; in difetto della quale, la
notifica dell’atto può effettuarsi presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado di cui al comma 3 dell’art. 17, D.Lgs. 546/1992 (cfr. Cass., Sentenze 12.3.2008, n.
6578; 23.6.2006, n. 14689); anche se la notifica presso la Segreteria della Corte di giustizia tribu-
Processo tributario 55

taria di primo e secondo grado dovrebbe presupporre la «assoluta incertezza» = la impossibilità

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


del notificante di conoscere il luogo di destinazione dell’atto, difficilmente ipotizzabile quando si

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tratta di reperire l’ubicazione di uno studio professionale (su questi aspetti, si veda anche il
commento al successivo art. 17 del presente Decreto).
È, invece, pacifico che il predetto onere di comunicazione opera nel (diverso) caso di variazione del
domicilio indicato dalla parte, indipendentemente dal conferimento della procura al difensore abi-
litato (ad es., domiciliazione non nella residenza abituale del ricorrente, ma in quella stagionale di
una sua casa di vacanze).
Avvocatura dello Stato (co. 8) Fin dal giudizio di primo grado, cioè di fronte alle Corti di giustizia
tributaria di primo grado, l’Ufficio della Agenzia delle Entrate o della Agenzia delle Dogane e dei
Monopoli può essere assistito dall’Avvocatura dello Stato senza necessità di specifica procura (per
il singolo giudizio), risultando applicabile anche a tale ipotesi la disposizione di cui all’art. 1, co. 2,
del R.D. 1611/1933, secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le
giurisdizioni e in qualunque sede senza bisogno di mandato (cfr., Cass., Sentenze 12.2.2013, n. 3359
e 9.1.2009, n. 217).
Quanto all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, l’art. 1, co. 8, D.L. 193/2016 (conv. con modif. in L.
225/2016) prevede che: «L’Ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai
sensi dell’art. 43 del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio del-
lo Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30.10.1933, n. 1611, fatte sal-
ve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso Ente può altresì avvalersi, sulla base
di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati [dagli Organi di vertice dell’Ente
stesso] di avvocati del libero foro» nel rispetto dei criteri di selezione previsti dal Codice dei contrat-
ti pubblici. In ogni caso, «ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economi-
ci, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’Ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il pa-
trocinio davanti alle Commissioni tributarie», infine, «continua ad applicarsi l’art. 11, co. 2, del D.Lgs.
31.12.1992, n. 546», che consente all’Agente di stare in giudizio direttamente.
Nel giudizio di legittimità, la «facoltà di avvalersi di avvocati del libero foro e non dell’Avvocatura dello
Stato [non essendo discrezionale, può essere esercitata] solo in casi eccezionali», (cfr., Cass., Sent.
9.11.2018, n. 28684), e cioè «a) che «si sia in presenza di un caso speciale; b) che intervenga una preven-
tiva, apposita e motivata delibera dell’organo deliberante; c) che tale delibera sia sottoposta agli organi di
vigilanza (…); d) che sia prodotta in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza dei sud-
detti elementi» (Cass. Sent. 9.11.2018, n. 28684; conf. Cass. Ord. 5.7.2019, n. 18095).
Secondo la giurisprudenza, il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate-Riscos-
sione (deliberato dal Comitato di Gestione il 26 marzo 2018), non costituisce «atto idoneo a legitti-
mare il ricorso al patrocinio dell’avvocato del libero foro» (cfr. Cass. Sent. 9.11.2018, n. 28684), per cui
la mancanza dei requisiti richiesti dalla norma per la validità del mandato ne determina la nullità,
senza possibilità della sanatoria postuma ex art. 182 c.p.c., la cui applicazione è circoscritta al giudi-
zio di merito. Inoltre:
› «qualora il nuovo Ente Agenzia delle Entrate-Riscossione si limiti a subentrare ex lege negli effetti del
rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio,
esso può validamente avvalersi dell’attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato
da Equitalia secondo la disciplina previgente;
› qualora, invece, il nuovo Ente Agenzia delle Entrate-Riscossione si costituisca, in nuovo giudizio ovvero
anche in giudizio pendente, con patrocinio del libero foro, sussiste per esso l’onere, pena la nullità del
mandato difensivo e dell’atto di costituzione su di esso basato, di indicare ed allegare le fonti del potere
di rappresentanza ed assistenza di quest’ultimo in alternativa al patrocinio per regola generale eserci-
tato, salvo conflitto di interessi, dall’Avvocatura dello Stato» (cfr., Cass., Ord. 9.11.2018, n. 28741,
conf. Cass. Ord. 24.1.2019, n. 1992; C.T.P. Roma, 5.3.2019, n. 3082; C.T.P. Parma 12.2.2019, n. 38).
Conclusione: la facoltà di avvalersi di un avvocato del libero foro o la obbligatorietà di farsi rappre-
sentare in giudizio dall’Avvocatura dello Stato è controversa per cui il Legislatore ha ritenuto di
chiarire che l’art. 1, co. 8, del D.L. 193/2016 «si interpreta nel senso che la disposizione dell’articolo 43,
quarto comma, del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente
nei casi in cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, in-
tende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale;
la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

assumere il patrocinio» (cfr. art. 4-novies, D.L. 34/2019, conv. con modif. in L. 28.6.2019, n. 58). In
sostanza, «al di fuori della tipologia di controversie riservate alla difesa dell’Avvocatura dello Stato,

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l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può avvalersi, anche innanzi alla magistratura tributaria, di proprio
personale interno, o di legali del libero foro, selezionati nel rispetto del Codice degli appalti pubbli-
ci» (cfr. Scheda di Lettura D.L. 34/2019 – A.S. 1364).
Nonostante la norma di interpretazione autentica, la Corte di Cassazione ha rimesso la questione
al Primo Presidente della Corte di Cassazione perché valuti l’opportunità di assegnare la relativa
trattazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Civ. Ord. 9.7.2019, n. 18350), che l’hanno risolta affermando
i seguenti principi di diritto:
«Impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale
ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l'Agenzia delle Entrate Riscossione si
avvale:
› dell'Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa inter-
venuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1933, art. 43,
comma 4, di apposita motivata Delib. da adottare in casi speciali e da sottoporre all'organo di vigilan-
za), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero,
in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della Delib. prevista dal richiamato art. 43, comma 4
R.D. cit., - di avvocati del libero foro - nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17 e dei cri-
teri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del medesimo D.L. 193 del 2016, art. 1, comma
5 - in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all'Avvocatura erariale,
questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio»;
› «quando la scelta tra il patrocinio dell'Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro di-
scende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l'Agenzia e l'Av-
vocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell'Agenzia a mezzo
dell'una o dell'altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto
di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimi-
tà» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 19.11.2019, n. 30008; conf. Cass., Ordinanze 8.9.2021, n. 24245;
29.3.2021, n. 8671; 5.3.2021, n. 6272; Cass. Sentenze 29.11.2019, nn. 31240, 31241, 31242. La Cassa-
zione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’avvocato del libero foro in un caso in
cui non venivano in rilievo «questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici», nè era stata
dimostrata la indisponibilità dell’Avvocatura ad assumere il patrocinio, dato che «il Protocollo
d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate-Riscossione, n. (OMISSIS) del 5 luglio 2017,
prevede, in tema di “Contenzioso afferente l’attività di Riscossione”, al punto 3.4.1., che l’Avvocatura
assume il patrocinio dell’Ente nelle “liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria”»: cfr.
Cass. Ord. 31.1.2020, n. 2298).
Quanto alle controversie innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, il Pro-
tocollo «ha poi previsto espressamente, al punto 3.4.2» che «l’Ente sta in giudizio avvalendosi diretta-
mente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro» (cfr. Cass. Ord. 29.3.2021, n. 8671).
Difesa «personale» (co. 2 e 9) L’assistenza tecnica non è obbligatoria per le controversie che:
› hanno un «valore convenzionale» fino a € 3.000,00 (co. 2);
› riguardano soggetti abilitati all’assistenza tecnica nei confronti di «terzi» (co. 9).
In questi due casi il contribuente può stare in giudizio «personalmente», cioè può autodifendersi.
Si ricorda che, ai sensi del neo introdotto art. 4-bis, nel D.Lgs. 546/1992, la competenza per le cause
di valore non superiore a 3.000,00 euro, per le quali il contribuente può stare in giudizio senza
l’assistenza tecnica, è attribuita al giudice delle Corti di giustizia di primo grado in composizione
monocratica, ma solo per i ricorsi notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023.
Valore della lite (co. 2, secondo periodo) Nel caso di atti di accertamento, è costituito dall’importo
del (solo) tributo, senza considerare interessi e sanzioni, nel caso di atti di irrogazione sanzioni, è
costituito dalla somma di queste ultime.
› In caso di rettifica fiscale della perdita d’esercizio dichiarata dal contribuente, il valore della lite
«va determinato con riferimento all’imposta virtuale e/o alla maggiore imposta effettiva relativa alla
differenza tra la perdita dichiarata e la minor perdita accertata dall’Ufficio» (Circ. Min. Fin.
18.12.1996, n. 291; si veda anche l’art. 17-bis del presente Decreto).
› Nel caso di vertenze sulla classificazione catastale degli immobili, parte della giurisprudenza di
merito ha ritenuto che il valore della lite sia indeterminabile, con conseguente obbligo della par-
Processo tributario 57

te di munirsi di assistenza tecnica (cfr. Comm. Trib. Prov. Novara, Sent. 13.12.1999, n. 296); altre

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


decisioni (Comm. Trib. Prov. Firenze, Sent. 24.1.2002, n. 3; Comm. Trib. Prov. Belluno, Sent.

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11.6.1998, n. 86), invece, hanno assunto quale valore della lite l’ammontare della rendita catastale
attribuita (che, però, costituisce la base imponibile su cui calcolare le imposte gravanti sull’im-
mobile stimato).
› In caso di controversia concernente un atto di imposizione relativo a imposte diverse (es. un av-
viso di liquidazione in materia di imposta di registro che, avendo per oggetto cespiti immobilia-
ri, comporta anche il pagamento di imposte ipotecarie o catastali); ovvero più atti di imposizione
impugnati con un unico ricorso (es. ricorso cumulativo contro avvisi di accertamento riferiti a
più periodi di imposta), il criterio del cumulo è applicabile soltanto quando le varie domande so-
no formulate contro il medesimo soggetto in un unico processo, mentre non opera nel caso di
domande proposte in giudizi diversi successivamente riuniti (cfr. Cass., Sent. 23.10.2002, n.
4960).
› Nel caso di controversia concernente il diniego ad una istanza di rimborso relativa a due o più
annualità, il valore della lite, ai fini del contributo unificato, non si determina considerando cia-
scuna annualità d’imposta, ma sulla base dell’unico atto di diniego impugnato; sarebbe, infatti,
«frutto di una forzatura la scissione della unitaria pretesa in due pretese al rimborso, sulla base» dei
periodi d’imposta cui si riferisce la istanza (cfr. C.T.R. Milano, 25.2.2020, n. 627).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 182, co. 2 Codice di procedura civile


Difetto di rappresentanza o di autorizzazione

Art. 4, Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163


Regolamento del Processo Tributario Telematico
Procura alle liti e conferimento di incarico di assistenza e difesa

Art. 1, co. 8, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225
Disposizioni in materia di soppressione di Equitalia e di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291 Reg. M.E.F. 5.8.2019, n. 106

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.3 Circ. M.E.F. 31.3.2020, n. 2/DF

Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF Ris. M.E.F. 22.10.2020, n. 7/DF

Art. 13 - ASSISTENZA TECNICA GRATUITA [CFF ¶ 4664]

Articolo abrogato 1

Note
1 Il presente articolo è stato abrogato dall' art. 299, D.P.R. 30.05.2002, n. 115 con decorrenza dal 01.07.2002.
58 Processo tributario

ASSISTENZA TECNICA GRATUITA (Art. 13)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Assistenza tecnica gratuita Contestualmente all’abrogazione dell’articolo in esame, è stato esteso
al processo tributario il diritto del cittadino non abbiente al patrocinio a spese dello Stato (art.
74, comma 2, D.P.R. 115/2002), che, a differenza del gratuito patrocinio (ufficio onorifico), pre-
vede il pagamento della prestazione professionale del difensore a carico dello Stato con iscrizio-
ne a debito, da parte dell’Erario, degli onorari e delle indennità dovute al difensore, nonché del
contributo unificato a carico del contribuente (cfr. art. 131, co. 1 e 2, D.P.R. 115/2002).
Analogamente si provvede nel caso degli onorari e indennità dovuti a consulenti, notai e custodi,
che, dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 131, co. 3, del D.P.R. 115/2002, («nella
parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati siano “prenotati
a debito, a domanda”, “se non è possibile la ripetizione”, anziché direttamente anticipati dal-
l’erario»), devono essere anticipati direttamente dall’Erario (cfr. Corte Cost. 1.10.2019, n. 217).
Condizioni Per accedere al patrocinio a spese dello Stato sono previste due condizioni:
› il reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiara-
zione, non deve superare il limite (aggiornato, da ultimo, con il D.M. 3.2.2023) di € 11.734,93
(cfr. art. 76, co. 1, D.P.R. 115/2002), tenendo conto del reddito «effettivo» del contribuente in-
teressato. «Presupposto sostanziale per l’ammissione è costituito dal reddito effettivamente percepi-
to nell’anno antecedente alla istanza, dovendosi al riguardo, tenere conto anche dei redditi non rien-
tranti nella base imponibile (o perché esenti o perché non risultanti di fatto soggetti ad alcuna im-
posizione)» (cfr. Cass. Ord. 21.7.2020, n. 15458; conf. Cass. Ord. 30.9.2019, n. 24378). Pertanto,
rilevano anche:
› i redditi esenti dall’IRPEF e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta
sostitutiva (cfr. art. 76, co. 3, stesso decreto), al netto degli oneri deducibili di cui all’art. 10,
T.U.I.R.;
› «i redditi prodotti dai contribuenti che compongono il nucleo familiare del soggetto interessato al
gratuito patrocinio», senza, però, poter «scomputare dal reddito complessivo l’eventuale perdita
subìta nell’esercizio di un’attività d’impresa» da essi svolta (cfr. Ris. Ag. Entrate 20.10.2008, n.
387/E; Ris. Ag. Entrate 21.1.2008, n. 15/E; Cass., Sentenze 12.10.2010, n. 36362; 4.6.2008, n.
22299);
› il reddito di cittadinanza di cui all’art. 1, D.L. 28.1.2019, n. 4, conv. con modif. in L. 28.3.2019, n.
26 (cfr. Risp. Ag. Entrate a Interpello dell’Ordine degli avvocati di Isernia, n. 956-2517/2020,
31.1.2021; nonché Risp. Ag. Entrate 30.4.2021, n. 313); il quale, se è «stato riconosciuto in favore
del nucleo familiare», andrebbe considerato, «ai fini dell’ammissione al patrocinio gratuito (…) per
la quota del 50%, nel presupposto che nel nucleo familiare, oltre ai due coniugi, non ci siano altri
componenti maggiorenni» (cfr. Risp. Ag. Entrate 19.1.2022, n. 31, relativa, però, ad un procedi-
mento di separazione dei coniugi);
› le ragioni del non abbiente devono essere «non manifestamente infondate» (in luogo della pre-
cedente probabilità dell’esito favorevole della causa). La manifesta infondatezza della pretesa,
dipendente dall’aver agito senza la necessaria diligenza che la legge impone, ove si voglia sta-
re in giudizio a spese dell’Erario, implica, di necessità, la ricorrenza della colpa grave, con
conseguente possibilità di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (cfr. Cass.
Civ. Ord. 23.2.2022, n. 6015, che richiama Cass. Ordinanze. 27.11.2020, n. 27203; 24.9.2020, n.
20002. L’adozione del provvedimento di revoca rileva anche ai fini del rapporto tra assistito e
legale, il quale non può rivolgersi al suo assistito per il pagamento dei compensi, prima che
sia adottato il predetto provvedimento: cfr. Cass. Civ. Sent. 19.1.2022, n. 1624).
«L'interessato, che si trova nelle condizioni indicate nell'articolo 76, può chiedere di essere ammesso al
patrocinio in ogni stato e grado del processo» (cfr. art. 78, D.P.R. 115/2002). A tal fine, deve presen-
tare un’apposita istanza, in carta semplice, contenente, tra l’altro, una «dichiarazione sostitutiva
(…), attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione», corredata, nel ca-
so di cittadini di Paese non aderenti all’Unione europea, da «una certificazione dell'autorità con-
solare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato» (cfr. art. 79, co. 2, D.P.R.
115/2002). In proposito, il T.A.R. Piemonte (cfr. Ordinanze 14.6.2020, n. 142 e n. 143) ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, co. 2, D.P.R. 115/2020 «nella parte in cui non
prevede che, nei casi di impossibile produzione dell’attestazione consolare», i cittadini di Paese non
Processo tributario 59

aderenti all’Unione europea «possano produrre forme sostitutive di certificazione (…) qualora dimo-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


strino di aver compiuto tutto quanto esigibile secondo l’ordinaria diligenza per ottenere la prevista at-

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testazione consolare». La questione è stata accolta dalla Corte costituzionale, che, dichiarando la
illegittimità della norma, con pronuncia additiva ha affermato: «a fronte della impossibilità di ot-
temperare all’onere di esibire la documentazione consolare, deve riespandersi, a favore dell’istante, la
opportunità di avvalersi della dichiarazione sostitutiva di certificazione» (cfr. Corte cost. 20.7.2021,
n. 157).
Esclusioni L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa (ex art. 91, co. 1, lett. a), del ci-
tato D.P.R. 115/2002) per i contribuenti indagati, imputati o condannati per reati commessi in
violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul
valore aggiunto (cfr., in proposito, Corte cost., Ord. 29.12.2005, n. 482; conf. da Corte Cost., Ord.
19.4.2007, n. 136); con la precisazione che «l’esclusione dal gratuito patrocinio interviene solo se il
richiedente risulti indagato, imputato o condannato per il reato ostativo nel procedimento nell’ambito
del quale il beneficio è stato richiesto» (cfr. Cass., Sent. 20.10.2009, n. 40589). Pertanto, non viene
meno se il richiedente sia stato condannato in passato o abbia in corso un procedimento – di-
verso da quello in cui si chiede il beneficio – per un reato in materia di evasione fiscale.
Singole fattispecie Da ultimo, la Corte di Cassazione, ha affermato che:
› il principio (ex art. 75 del D.P.R. 115/2002), «in forza del quale l’efficacia dell’ammissione al pa-
trocinio a spese dello Stato permane per ogni grado e fase del giudizio (…) opera in sede di impu-
gnazione soltanto nel caso in cui la parte ammessa al beneficio non sia risultata soccombente nel
giudizio di merito, diversamente rendendosi necessario un nuovo provvedimento di ammissione», il
cui mancato deposito in Corte di cassazione (entro i termini) rende improcedibile il ricorso
(cfr. Cass. Sent. 30.7.2021, n. 21905, relativa all’ammissione al beneficio nel giudizio di merito,
poi revocato, con effetto ex tunc, avendo la parte agito con colpa grave);
› «in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al professioni-
sta. il criterio del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile ha –
quanto alla individuazione dello scaglione di tariffa applicabile – un valore parametrico di massi-
ma, sicché non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi da quel parametro, scendendo al
di sotto di esso, ogni qual volta ciò sia giustificato dalla natura dell’impegno professionale, in rela-
zione alla incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso (v. Cass.
n. 10876 del 2016)» (cfr. Cass., Sent. 9.4.2019, n. 9903);
› «la disposizione, secondo cui il decreto di pagamento dell’onorario in favore del difensore di un
soggetto ammesso al patrocinio statale deve essere contestuale al provvedimento conclusivo della fa-
se, non introduce alcuna decadenza a carico del difensore che depositi l’istanza di liquidazione dopo
la emanazione del provvedimento conclusivo, né alcun impedimento per il Giudice nella valutazione
di tale successiva istanza, avendo la nuova norma [art. 83, co. 3-bis - e art. 82 - D.P.R. 115/2002]
una ratio solo genericamente acceleratoria» (cfr. Cass. Ord. 30.1.2020, n. 2211; conf. Cass. Ord.
22.9.2020, n. 19733; Cass. Sent. 9.9.2019, n. 22448. Per completezza, si segnala – in merito alla
liquidazione dei compensi al difensore – il Provv. 22.12.2021, del Direttore Generale dei Siste-
mi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 76, D.P.R. 30.5.2002, n. 115


Condizioni per l'ammissione al patrocinio

PRASSI AMMINISTRATIVA

Ris. Ag. Entrate 21.1.2008, n. 15/E

Ris. Ag. Entrate 20.10.2008, n. 387/E


60 Processo tributario

Risp. Ag. Entrate a Interpello dell’Ordine degli Avvocati di Isernia, n. 956-2517/2020, 31.1.2021
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

Risp. Ag. Entrate, 30.4.2021, n. 313

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Provv. del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia,
22.12.2021

Risp. Ag. Entrate 19.1.2022, n. 31

Art. 14 - LITISCONSORZIO ED INTERVENTO [CFF ¶ 4665]

1. Se l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti par-
te nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di
essi.
2. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è
ordinata l'integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine
stabilito a pena di decadenza.
3. Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ri-
corrente, sono destinatari dell'atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso.
4. Le parti chiamate si costituiscono in giudizio nelle forme prescritte per la parte resistente, in
quanto applicabili.
5. I soggetti indicati nei commi 1 e 3 intervengono nel processo notificando apposito atto a tutte
le parti e costituendosi nelle forme di cui al comma precedente.
6. Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonoma-
mente l'atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza.

LITISCONSORZIO ED INTERVENTO (Art. 14)

Litisconsorzio Si verifica quando il processo presenta una pluralità di parti, sia in qualità di at-
tori-ricorrenti, sia in qualità di convenuti-resistenti.
Il litisconsorzio può essere:
› attivo: quando in un processo vi sono più attori contro un solo convenuto; ad es.: «ricorso
proposto congiuntamente dal venditore e dal compratore dell’immobile il cui valore dichiarato sia
stato rettificato (ai fini dell’Imposta di Registro) con avviso di accertamento di valore notificato
ad entrambi» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E);
› passivo: quando in un processo vi è un solo attore contro più convenuti; ad es.: ricorso del
contribuente avverso iscrizione a ruolo, proposto nei confronti sia del competente Ufficio
dell’Agenzia delle Entrate o Ufficio Tributi dell’Ente Locale che ha formato il ruolo, sia del-
l’Agente della riscossione che ha emesso la cartella di pagamento; dal 1° luglio 2017, l’ipote-
si di litisconsorzio passivo tra Ufficio dell’Agenzia delle Entrate e Agente della riscossione,
continua ad essere possibile perché l’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate-Ri-
scossione) è soggetto giuridico diverso dall’Agenzia delle Entrate, pur essendo ente stru-
mentale di quest’ultima;
› misto: quando in un processo vi sono più attori-ricorrenti contro più convenuti-resistenti.
Il litisconsorzio, inoltre, può essere:
› necessario (co. 1 e 2), quando «espressamente la legge dispone che più soggetti debbano essere
convenuti nello stesso processo o quando una decisione giudiziale, proprio per il modo in cui è
stata formulata la stessa domanda giudiziale, è efficace solo se pronunciata nei confronti di una
pluralità di soggetti» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); cioè quando una unica causa ri-
guarda una pluralità di soggetti, per cui la sentenza deve valere nei confronti di tutti. Se
l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, costoro devono essere tutti
«parte» nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad al-
Processo tributario 61

cuni di essi. Se il ricorso non è stato proposto da (o nei confronti di) tutti gli interessati, il

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


giudice ordina l’integrazione del contraddittorio mediante la chiamata in causa (entro un

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termine stabilito a pena di decadenza) dei soggetti «mancanti»;
› facoltativo, quando più controversie tra loro connesse hanno come parti una pluralità di
soggetti. Non è però sufficiente che le cause siano «affini», ma devono presentare, tra di
esse, questioni comuni non solo in diritto, ma anche in fatto (quindi, uguali non solo in
astratto, ma basate su un identico fatto storico, nei confronti di più contribuenti). Ricorre
pertanto l’ipotesi di litisconsorzio facoltativo tutte le volte in cui la definizione delle que-
stioni comuni assume rilevanza pregiudiziale rispetto alla decisione delle singole cause che,
in alternativa, potrebbero essere promosse con un unico ricorso collettivo (proposto da più
contribuenti) e cumulativo (nei confronti di più atti impugnabili: cfr. Cass., Sentenze
30.4.2010, n. 10578 e 15.6.2010, n. 14378, entrambe riguardanti il caso della presentazione di
ricorso unico da parte di più professionisti in opposizione a silenzio-rifiuto formatosi sulle
istanze di rimborso presentate da ciascuno di essi per ottenere la restituzione di somme
versate a titolo di IRAP pur in assenza del presupposto della «autonoma organizzazione»).
A. Litisconsorzio necessario
In passato, si riteneva che, nel processo tributario, difficilmente l’oggetto del ricorso potesse
riguardare inscindibilmente più soggetti; già da diversi anni, però, la Corte di cassazione ri-
tiene sussistere litisconsorzio necessario in tutti i casi di «inscindibilità alla quale fa riferimen-
to il comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (…)». «A seguito del peculiare rapporto che con-
cretamente si realizza … [nel processo tributario], tra atto impugnato e contestazione del contri-
buente, allorché la fattispecie costitutiva dell’obbligazione sia connotata da elementi comuni a una
pluralità di soggetti e l’impugnazione, proposta da uno o più degli obbligati, investa direttamente
siffatti elementi (…), il fatto che l’impugnazione concerna la posizione comune ai diversi soggetti
obbligati impone – in ragione della ricordata inscindibilità – un accertamento giudiziale unitario
(con il conseguente litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti obbligati cui sia comune la posizione
dedotta in contestazione) sulla fattispecie costitutiva dell’obbligazione, il solo che possa effettiva-
mente realizzare nella predetta situazione una giusta imposizione. Qualora, invece, colui che [ha]
proposto l’impugnazione abbia dedotto un profilo che sia proprio esclusivamente della sua posizio-
ne debitoria, è da escludere che si determini quella situazione di inscindibilità cui, ai sensi dell’art.
14, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, consegue il litisconsorzio necessario tra i soggetti obbligati,
e potrà darsi solo un’ipotesi di intervento volontario nel processo degli (eventuali) altri destinatari
dell’atto impositivo, giusta il comma 3 della stessa norma processual-tributaria» (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 18.1.2007, n. 1052, con riferimento ad un caso in cui «l’inscindibilità non nasceva
dall’essere tali soggetti coobbligati solidali nel quadro di un rapporto obbligatorio, ma dal loro esse-
re titolari di un diritto reale su porzioni di un bene il cui valore è stato determinato dall’ufficio uni-
tariamente (senza tener conto della avvenuta divisione), attribuendo alle quote dei condividenti un
valore proporzionale mediante una mera operazione matematica, noncurante delle differenti realità
qualitative delle singole porzioni»).
Ne è derivato il seguente principio di diritto: «ogni volta che per effetto della norma tributaria o
per l’azione esercitata dall’Amministrazione finanziaria [oggi l’Agenzia delle Entrate], l’atto im-
positivo debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità della fattispecie costitutiva dell’ob-
bligazione una pluralità di soggetti, e il ricorso proposto da uno o più degli obbligati abbia ad og-
getto non la singola posizione debitoria del ricorrente, ma la posizione inscindibilmente comune a
tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, ricorre una ipotesi
di litisconsorzio necessario nel processo tributario ai sensi dell’articolo 14, comma 1, Dlgs 546/92»
(cfr. Cass., SS.UU., Sent. 18.1.2007, n. 1052; conf. Cass., Ordinanze 13.2.2019, n. 4193; 27.3.2017,
n. 7840; 18.6.2013, n. 15189).
B. Litisconsorzio facoltativo
Mentre l’istituto del litisconsorzio necessario si è sempre più diffuso, il litisconsorzio facolta-
tivo sembra relegato alle ipotesi di obbligazione solidale passiva, le quali danno luogo a con-
troversie che saranno riunite e trattate congiuntamente per convenienza pratica, ma che ben
potrebbero formare oggetto di esame separato, salva l’eccezionale possibilità, accordata dal-
l’art. 1306, co. 2, c.c. al condebitore pretermesso, di avvalersi del giudicato favorevole ottenuto
da altro condebitore nei confronti dell’ente impositore (ad es., processo promosso da un co-
62
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

obbligato solidale del quale siano parti anche gli altri o alcuni degli altri condebitori, come
nel caso di più acquirenti o di acquirente e venditore ai fini dell’imposta di registro o più coe-

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redi: cfr. Cass., Sent. 13.4.2018, n. 9210; conf. Cass. Ord. 30.1.2018, n. 2231; sempre che la sen-
tenza favorevole non «sia fondata su ragioni personali al condebitore nei cui confronti è stata
emessa»: cfr. Cass. Sent. 19.4.2017, n. 9853; conf. Cass. Sentenze 16.12.2019, n. 33095; 1.2.2019,
n. 3105. Per l’applicazione del principio in materia doganale, si veda Cass. Ord. 10.12.2020, n.
28151. Sulla possibilità di avvalersi del giudicato favorevole ex art. 1306, co. 2, c.c., nei rapporti
tra consolidante e consolidata si vedano: Cass. Sent. 22.2.2022, n. 5691 e Cass. Ord. 12.1.2021,
n. 235).
Va, peraltro, precisato che «nel caso in cui il coobbligato non sia rimasto inerte, ma abbia a pro-
pria volta promosso un giudizio e questo si sia concluso in modo a lui sfavorevole, con decisione
passata in giudicato (…), il medesimo coobbligato non può invocare a proprio vantaggio la diversa
successiva pronuncia emessa nei riguardi di altro debitore in solido (Cass. n. 4989 del 2020)» (cfr.
Cass. Ord. 16.2.2021, n. 4008).
«L’obbligazione solidale prevista dall’art. 57 del D.P.R. 131/1986 per il pagamento dell’imposta do-
vuta in relazione a una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti, non grava, quando si
tratti di litisconsorzio facoltativo, sui soggetti che non siano parti del rapporto sostanziale oggetto
del giudizio, assumendo rilievo non la sentenza in quanto tale, ma il rapporto racchiuso in essa,
quale indice di capacità contributiva. Ne consegue che il presupposto della solidarietà non può esse-
re individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudi-
zio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza, dovendosi, invece, avere
riguardo esclusivamente, ai fini della verifica della debenza o meno dell’imposta, pur nascente da
una sentenza, alla situazione sostanziale che ha dato causa alla sentenza registrata. In caso di liti-
sconsorzio facoltativo, infatti, pur nella identità delle questioni, ben può permanere l’autonomia dei
rispettivi titoli dei rapporti giuridici, delle singole cause petendi e dei singoli petita, con la conse-
guenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte» (cfr. Cass. Ord. 5.10.2020, n.
21297).
Singole fattispecie
1. Società di persone e soci I giudici di legittimità hanno enucleato una ipotesi di litisconsorzio
necessario nel processo tributario basandosi sulla previsione dell’art. 40, co. 2 del D.P.R.
600/1973 (per cui alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle società di persone o dalle
associazioni ad esse assimilate si procede con un unico atto ai fini dell’imponibile delle stesse
e di quello dei soci) affermando che «l’automatica inclusione nell’imponibile inerente ai soci od
associati della quota del reddito della società o dell’associazione, in ipotesi di rettifica della dichia-
razione di quest’ultima e di dibattito giudiziale sulla legittimità della rettifica stessa, non può pre-
scindere dal conformarsi dell’ufficio alle previsioni del citato art. 40, e quindi postula la formula-
zione e la notificazione dell’avviso di accertamento anche nei riguardi dei soci od associati, nonché
la partecipazione al giudizio d’impugnazione di tale avviso, ai sensi del predetto art. 14 del D.Lgs.
n. 546 del 1992, di tutti i destinatari. In caso contrario, quando cioè (…) la separata controversia sul
reddito della società o dell’associazione non abbia avuto come contraddittori anche i soci od asso-
ciati (per essere stato l’avviso medesimo illegittimamente emesso solo nei confronti della società od
associazione, oppure, in caso di atto conforme alle prescrizioni del predetto art. 40 del D.P.R. n. 600
del 1973, per non avere il giudice dell’impugnazione proposta dalla società od associazione ordinato
l’integrazione del contraddittorio nei riguardi dei soci od associati), non è invocabile l’imputazione»
diretta «ai medesimi soci od associati ex art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 delle quote del reddito so-
ciale od associativo che risulti dall’esito di quella contesa» (cfr. Cass., Sent. 19.9.2001, n. 11779),
perchè «l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, sancito con sentenza
passata in giudicato, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci, i quali possono opporlo all’Ammi-
nistrazione finanziaria, che è stata parte in causa nel relativo processo»: in applicazione del prin-
cipio per cui «i limiti soggettivi del giudicato garantiscono che nessuna statuizione pregiudizievole
venga adottata senza che il destinatario di tali statuizioni si sia potuto difendere» (cfr. Cass. Ord.
14.3.2022, n. 8211). La conseguenza è che il giudizio (relativo all’accertamento del reddito
d’impresa prodotto in forma associata) celebrato senza la partecipazione di tutti i soci od as-
sociati «è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e 111 secondo
comma Cost., e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedi-
Processo tributario 63

mento, anche d’ufficio» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 4.6.2008, n. 14815; conf. Cass., Sentenze

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


20.10.2016, n. 21288; 4.5.2012, n. 6711; 4.12.2009, n. 25567; 18.5.2009, n. 11466; 5.3.2009, n.

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5262; 14.11.2008, n. 27176; Cass., Ordinanze 3.6.2021, n. 15335; 22.3.2019, n. 8186; 29.8.2018, n.
21294; 28.6.2018, n. 17137; 11.6.2018, n. 15131; 13.9.2017, n. 21269; 2.8.2011, n. 16910; 23.3.2009,
n. 7018), per cui il giudizio deve ripartire dal primo grado (Cass., Sentenze 29.12.2017, n.
31130; 17.2.2010, n. 3703; 25.6.2009, n. 14980; Cass., Ord. 20.5.2009, n. 11659).
Ne deriva che anche «nel processo di cassazione, in presenza, di cause decise separatamente nel
merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conse-
guente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, la violazione del litisconsorzio ne-
cessario tra società e soci determina la rimessione della causa al primo giudice che, tuttavia non è
necessaria ove in sede di legittimità possa disporsi la ricomposizione del contraddittorio mediante
la riunione» (cfr. Cass. Sent. 24.2.2022, n. 6073).
Altro orientamento ha ritenuto che la mancata attuazione del contraddittorio, se rilevata suc-
cessivamente al giudizio di primo grado, non comporta la nullità dei precedenti gradi di giu-
dizio, qualora soci e società si siano attivati separatamente per l’annullamento del medesimo
atto e le Sentenze adottate nei confronti dei soci siano state motivate con la stessa identica
serie di dichiarazioni motivazionali precedentemente adottate per decidere il ricorso della so-
cietà, dovendosi in tal caso – per dare attuazione al contraddittorio – soltanto ricomporre
l’unicità della causa mediante l’istituto della riunione (cfr. Cass. Sentenze 30.11.2011, n. 25501;
23.4.2010, n. 9760; 18.2.2010, n. 3830): «qualora l'avviso di accertamento sia stato impugnato au-
tonomamente da tutti i soci e dalla società e, nei gradi di merito, i giudizi relativi, celebratisi sepa-
ratamente, siano stati esaminati dallo stesso giudice in maniera strettamente coordinata, e decisi
con una identica motivazione, sì da potersi escludere ogni rischio di contrasto tra giudicati, la Cor-
te di cassazione, dinanzi alla quale per la prima volta sia stata sollevata la questione della viola-
zione dell'art. 14 del D.Lgs.546/1992, può legittimamente disporre la riunione dei procedimenti, per
connessione oggettiva ex art. 274 c.p.c., piuttosto che l'annullamento delle Sentenze di merito, do-
vendo ritenersi rispettata la “ratio” del litisconsorzio necessario» (cfr. Cass. Ord. 10.11.2017, n.
26648; conf. Cass. Ord. 8.3.2019, n. 6766). E si è precisato che «l’annullamento dell’atto imposi-
tivo relativo» alla società «ha effetto anche sulle parti della sentenza afferenti all’avviso di accerta-
mento emesso nei confronti dei soci (c.d. espansivo interno della riforma o della cassazione), sicco-
me da esso dipendenti, anche quando questo sia definitivo per essere ormai decorso il termine di de-
cadenza ai sensi dell’art. 14, co. 6, D.Lgs. 546/1992, ovvero per non essere stati autonomamente im-
pugnati i capi della pronuncia che lo riguardano ovvero per essere stato questo confermato con
sentenza passato in giudicato, risolvendosi altrimenti la integrazione del contraddittorio conse-
guente al litisconsorzio necessario tra le parti in un inutile attività processuale» (cfr. Cass. Ord.
14.12.2021, n. 39817).
Il principio, stabilito dalle Sezioni Unite nella Sent. 14815/2008, è applicabile anche nel caso
di:
› società e «socio di fatto» (cfr. Cass. Ordinanze 14.3.2019, n. 7228; 3.10.2018, n. 24025);
› socio accomandante di una società in accomandita semplice, «incidendo l’accertamento in
rettifica della dichiarazione anche sulla imputazione dei redditi di costui, indipendentemente dal
profilo della responsabilità (limitata alla quota conferita o illimitata)» (cfr. Cass. Ord.
25.9.2020, n. 20224). In materia di IVA, ferma restando la responsabilità sussidiaria dei soci
rispetto alla società, detta responsabilità, nel caso di S.a.s., fa capo solo ai soci accomanda-
tari; invece, in materia d’imposte sul reddito, la responsabilità per il debito tributario ri-
guarda anche il socio accomandante: cfr. Cass. Sent. 19.5.2021, n. 13565); nonché
› «in caso di eventuale cancellazione della società di persone dal registro delle imprese», che de-
termina la estinzione della società e crea un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale
i rapporti obbligatori, facenti capo all’ente, si trasferiscono ai soci, che ne rispondono, «a
seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate, nei limiti di
quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza,
i soci subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, determinan-
dosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla in-
scindibilità o meno del rapporto sostanziale» (cfr. Cass. Ord. 13.1.2021, n. 343; conf. Cass. Ord.
22.3.2021, n. 7946; Cass. SS.UU. 12.3.2013, n. 6070). Ancora: «il sopravvenuto fallimento della
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

società estinta entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese non comporta il venir
meno della soggettività passiva del socio della società estinta e, correlativamente, della sua legit-
timazione processuale, essendo questo la “giusta parte” del processo instaurato avverso l’avviso

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di accertamento allo stesso correttamente notificato quale successore», dato che tutti i soci sono
destinati a succedere nei rapporti già facenti capo alla società, per cui «sussiste un litiscon-
sorzio di natura processuale che si delinea nel momento in cui uno solo dei soci agisca per, ovve-
ro sia convenuto in luogo della società estinta» (cfr. Cass. Sent. 20.1.2022, n. 1689)
Il litisconsorzio necessario tra società e soci si verifica, secondo la giurisprudenza, anche:
› nel caso di contenzioso sull’IRAP, in quanto «sussiste una sostanziale coincidenza degli ele-
menti economici che costituiscono i presupposti rispettivamente dell’imposta accertata a carico
della società (IRAP) e dell’imposta a carico dei soci (IRPEF), che vincola il tributo dovuto dai soci
al giudicato sull’imposta a carico della società» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 20.6.2012, n. 10145;
conf. Cass., Sent. 27.3.2013, n. 7708);
› nel caso di un unico atto, per accertamenti IRAP ed IVA fondati su elementi in parte comu-
ni, seppur non coincidenti, a carico di una società di persone: «il profilo dell’accertamento
impugnato concernente l’imponibile IVA, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzio-
ne di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, at-
tesa la inscindibilità delle due situazioni» (cfr. Cass., Sent. 7.5.2014, n. 9774; conformi: Cass.,
Ordinanze 17.9.2020, n. 19379; 20.2.2019, n. 4929; 3.4.2018, n. 8085; 22.2.2018, n. 4284; Cass.
Sentenze 9.3.2018, n. 5756; 21.10.2015, n. 21340; 12.3.2014, n. 5673);
e, invece, è escluso:
› nelle controversie in materia di (sola) IVA, dato che tale imposta è dovuta esclusivamente
dalla società e non è imputabile ai soci «per trasparenza», per cui non è ravvisabile la in-
scindibilità della situazione giuridica soggettiva su cui si fonda il vincolo litisconsortile (cfr.
Cass., Sentenze 14.3.2019, n. 7239; 29.7.2011, n. 16661; 25.3.2011, n. 6897; 22.10.2010, n. 21713;
Cass., Ordinanze 10.3.2021, n. 6617; 9.12.2010, n. 24882);
› nella lite in cui l’apparente socio di una società di persone non contesti l’ammontare del
reddito accertato nei confronti della società, ma puramente e semplicemente la sua qualità
di socio e, dunque, la mera esistenza del vincolo sociale (cfr. Cass., Sentenze 19.6.2013, n.
15332; 17.12.2008, n. 29437; 13.11.2008, n. 27089); in questo caso, è indispensabile la parteci-
pazione al giudizio degli altri soci di fatto o di diritto, ma non quella della società (Cass.,
Sent. 3.9.2013, n. 20215);
› nella lite in cui il socio di una società di persone contesti solamente l’applicazione delle
sanzioni (irrogate a suo carico) per l’inesatta dichiarazione dipendente dalla ridetermina-
zione del reddito derivante dalla sua partecipazione alla società (cfr. Cass., Senten-
ze 10.9.2009, n. 19456; 27.5.2009, 12314);
› nella lite promossa dal socio di una società di persone chiamato a rispondere solidalmente,
ai sensi dell’art. 2291 c.c., dei debiti tributari accertati a carico della società, «atteso che ogni
singolo socio (di società di persone), unito agli altri dal vincolo di solidarietà tributaria, è singo-
larmente soggetto ai poteri di accertamento e riscossione dell’amministrazione finanziaria, senza
che sussista un’unica fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impu-
gnato» (cfr. Cass., Ord. 8.11.2013, n. 25136).
2. Associazione professionale e professionisti Lo stesso legame esistente tra società di persone e
soci sussiste anche tra un’associazione professionale e i professionisti che ne fanno parte, per
cui il giudizio con il quale viene impugnato l’accertamento relativo al reddito prodotto dalla
associazione interessa necessariamente anche gli associati (cfr. Cass., Sent. 6.12.2010, n.
24764; contra, ma isolata e criticata, Cass., Sent. 20.1.2011, n. 1213).
Ne deriva, quindi, che, in caso di violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, «va di-
chiarata la nullità dell’intero giudizio», imponendosi, anche in sede di legittimità, «l’annulla-
mento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse e il conseguente rinvio della causa» al Giudice di
merito (cfr. Cass. Ord. 3.6.2021, n. 15341).
Tale regola rileva anche nel caso di accertamento IRAP (e IVA), con la precisazione, però, che:
«in materia di accertamento IRAP dovuta da uno studio professionale (…) ove nel giudizio siano
stati parti tutti gli associati della medesima associazione professionale, quest’ultima deve ritenersi
ritualmente partecipe della lite, difettando essa di distinta personalità giuridica» (cfr., Cass., Ord.
Processo tributario 65

13.11.2018, n. 29128; conf. Cass. Sent. 18.1.2022, n. 1406).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


3. Società di capitali e soci La Corte di cassazione ha statuito, in proposito, che:
› «la trattazione e la decisione congiunta dei giudizi di impugnazione di due distinti avvisi di ac-

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certamento, proposti l’uno da una società di capitale (…) e l’altro dai singoli soci (…), non incide
sull’autonomia di tali giudizi, con la conseguenza che il passaggio in giudicato del capo di sen-
tenza relativo alla obbligazione tributaria della società non riverbera alcun effetto su quella dei
singoli soci» (cfr. Cass., Sent. 10.1.2013, n. 426);
› «l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, riferito ad utili
extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei
confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promana-
no, con la conseguenza che, non ricorrendo, come per le società di persone, una ipotesi di liti-
sconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior
reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c.» (cfr. Cass., Or-
dinanze 2.12.2015, n. 24572 e 29.8.2017, n. 20507; Cass. Sent. 28.11.2018, n. 30964);
› «in materia tributaria, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capita-
li (nella specie una s.r.l.), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi
del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a
ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente
dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati im-
pone la integrazione del contraddittorio ex art. 14 del D.Lgs. 546 del 1992, nei confronti di tutti i
soci e della società, sicché il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti ne-
cessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’uf-
ficio» (cfr. Cass., Ord. 18.4.2017, n. 9751 che richiama Cass., Ord. 1.12.2015, n. 24472).
4. Consolidato L’art. 40-bis, co. 2, del D.P.R. 600/1973 stabilisce «il litisconsorzio originario neces-
sario tra il soggetto destinatario della rettifica del proprio reddito e la società o ente consolidante»,
sul presupposto dell’unicità dell’atto di accertamento. Pertanto, «il contraddittorio deve essere
garantito anche nei confronti del soggetto che non abbia impugnato nei termini l’avviso di accerta-
mento, fermo restando che la eventuale inerzia del soggetto che, ritualmente chiamato in causa, ab-
bia preferito non costituirsi in giudizio, non impedisce alla sentenza emessa di esplicare la propria
efficacia anche nei suoi confronti» (cfr. Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27/E, § 13.2).
Se il procedimento dinanzi alla corte di giustizia tributaria di primo grado viene introdotto
mediante ricorso presentato da un solo soggetto, «sia esso la consolidata oppure la consolidante,
il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, ordina la integrazione del contraddittorio ex art. 14, co. 2
del D.Lgs. 546/1992, mediante la chiamata in causa dell’altro soggetto entro un termine stabilito a
pena di decadenza. Nel caso in cui l’ordine di integrazione del contraddittorio non sia adempiuto
nel termine fissato, il processo si estingue. (…) È [comunque] fatta salva l’integrazione del contrad-
dittorio mediante l’intervento volontario previsto dal comma 5 dell’art. 14 citato, in quanto (…) ido-
neo a realizzare l’integrità del contraddittorio, salva la eventuale intervenuta decadenza per inos-
servanza dell’ordine di integrazione del contraddittorio di cui sopra» (cfr. Circ. Ag. Entrate
6.6.2011, n. 27/E, § 13.2).
5. Sostituto e sostituito Esistono due orientamenti:
› l’uno esclude che il rapporto di solidarietà passiva tra sostituto e sostituito dia luogo a un
vincolo litisconsortile necessario «trattandosi di cause scindibili, ciascuna delle quali può avere
sorte diversa dall’altra» (cfr. Cass., Sent. 9.2.2000, n. 1433; conf. Cass., Sentenze 30.10.2000,
n. 14278; 4.10.2000, n. 13182; 27.9.2000, n. 12814; 11.9.2000, n. 10613);
› l’altro afferma che la controversia tra sostituto e sostituito «si configura come una causa di
natura tributaria a carattere pregiudiziale che deve essere definita con effetti di giudicato sostan-
ziale e in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria», per cui sussiste «litisconsorzio
necessario, e di carattere sostanziale, non meramente processuale, tra il contribuente sostituito, il
sostituto di imposta e l’Amministrazione Finanziaria» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 16.3.1999, n.
141; conf. Cass., SS.UU., Sentenze 15.11.2005, n. 23019; 17.11.1999, n. 789; Cass., Sentenze
9.11.2005, n. 21733; 23.11.1999, n. 12991). Per concludere che «permane l’interesse “sostanziale”
del sostituito, quale debitore d’imposta, a sostenere le ragioni del sostituto, nel caso in cui questi
contesti la sussistenza dell’obbligazione medesima in sede giurisdizionale»; interesse che viene
riconosciuto e garantito al sostituito «con l’attribuzione della mera facoltà di intervenire nel
processo fra l’Amministrazione ed il sostituto, avente ad oggetto l’accertamento dell’imposta,
66
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

esclusivamente ad adiuvandum» (cfr. Cass. Ord. 11.3.2021, n. 6854).


In proposito, la Cassazione ha affermato che il giudicato esterno - con cui il Giudice abbia di-

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chiarato non imponibile il provento - formatosi in capo al sostituito, fa stato nel processo in-
staurato dal sostituto in merito alla omessa esecuzione della ritenuta (cfr. Cass. Ord.
4.8.2020, n. 16640).
Fattispecie in cui NON sussiste il litisconsorzio necessario:
› fra ente impositore e concessionario/agente della riscossione (Cass., Sent. 16.3.2011, n. 6110;
conf. Cass. Sentenze 11.3.2020, n. 6860; 30.1.2019, n. 2564; Cass. Ordinanze 4.2.2020, n.
2480; 18.11.2019, n. 29798; 24.5.2019, n. 14209; 22.2.2019, n. 5292 e 5294) per cui nel caso di
vizi propri della cartella di pagamento, l’impugnazione deve essere rivolta all’Agente della
riscossione «non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore» (cfr.
Cass., Sent. 11.3.2011, n. 5832. Cfr., anche, il commento all’art. 10). Qualora, però, «vi sia in-
certezza in ordine alla riferibilità della violazione al ruolo ovvero alla cartella di pagamento (il
contribuente) potrà chiamare in giudizio sia l’Ufficio tributario che il concessionario della ri-
scossione (…) in base al disposto dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992» (cfr. Circ. Min.
Fin. 18.12.1996, n. 291/E).
Quanto alla controversia relativa alla opposizione alla riscossione dei crediti previdenziali, la
questione della sussistenza, o meno, del litisconsorzio tra Agenzia delle Entrate-Riscossione
ed Ente previdenziale creditore è stata rimessa alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Lav. Ord. Int.
22.3.2021, n. 8003), che, muovendo dalla peculiare disciplina della riscossione dei crediti pre-
videnziali, hanno affermato: «non può ritenersi ricorrere un’ipotesi di litisconsorzio necessario:
considerato [infatti,] che nel giudizio non si fa questione della legittimità degli atti esecutivi impu-
tabili al concessionario, la sentenza deve ritenersi utiliter data anche senza la partecipazione di
quest’ultimo al processo, mentre l’eventuale annullamento della cartella e del ruolo per vizi sostan-
ziali produce comunque effetti nei confronti del medesimo» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 8.3.2022, n.
7514);
› fra emittente e destinatario di fattura per operazione ritenuta inesistente (cfr. Cass., Sent.
3.10.2014, n. 20928);
› fra curatore del fallimento e fallito, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti
l'esistenza di un credito del fallimento (cfr. Cass. Sent. 11.9.2019, n. 22646);
› nel caso di accertamento di una plusvalenza nei confronti di più comproprietari (cfr. Cass.,
Sent. 13.5.2011, n. 10542);
› nel caso delle imposte di registro, ipotecaria, catastale: «sebbene sul piano sostanziale il ven-
ditore e l'acquirente siano tenuti in solido (…) al pagamento per intero delle imposte di registro,
ipotecaria, catastale, in caso di revoca dei benefici per l'acquisto della prima casa, quando la re-
voca sia dovuta ad elementi oggettivi del contratto stipulato tra le parti, ciò tuttavia non deter-
mina, sul piano processuale, il litisconsorzio necessario tra acquirente e venditore né la necessità
di riunire i procedimenti da essi iniziati separatamente contro la revoca e i conseguenti avvisi di
liquidazione (…). Il rapporto di solidarietà non determina, infatti, la inscindibilità della causa tra
più soggetti nel senso inteso dall'art. 14, comma 1 del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il quale po-
stula che la fattispecie costitutiva dell'obbligazione, risultante dai contenuti concreti dell'atto au-
toritativo impugnato, sia connotata da elementi comuni ad una pluralità di soggetti e che l'impu-
gnazione proposta da uno o più degli obbligati investa direttamente siffatti elementi» (cfr. Cass.,
Sentenze 2.2.2018, n. 2569 e 24.1.2018, n. 1698);
› nel caso di impresa familiare: «nel giudizio di impugnazione avverso l’avviso di accertamento
concernente la rettifica del reddito di una impresa familiare non sussiste il litisconsorzio necessa-
rio tra il titolare dell’impresa familiare e i familiari» che prestano attività lavorativa nella
stessa, dato che «l’accertamento tributario non estende i suoi effetti alle quote di partecipazione
dei collaboratori, titolari di reddito di puro lavoro» (cfr. Cass., Ord. 22.12.2017, n. 30842).
Litisconsorzio necessario processuale Ricorre «quando l’impugnazione non risulti proposta nei
confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rap-
porto litisconsortile necessario, allorché si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti»
(cfr. Cass., Sent. 24.7.2009, n. 17359; conf. Cass. Ordinanze 19.8.2020, n. 17350; 8.3.2019, n.
6833; Cass. Sentenze 21.1.2009, n. 1463 e 7.4.2009, n. 8313, riguardante – quest’ultima – il ca-
so di un avviso di accertamento relativo ad una dichiarazione presentata dai coniugi in via
Processo tributario 67

congiunta, avverso il quale entrambi i coniugi avevano presentato ricorso, ma solo il marito

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


si era costituito anche in appello; si veda anche Cass., Sent. 13.7.2016, n. 14253). In questo, co-

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me nel caso di appello avverso la sentenza di primo grado pronunciata nei confronti di tutte
le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale, la mancata impugnazione nei
confronti di un litisconsorte necessario «impone al giudice di disporre la integrazione del con-
traddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso» (cfr. Cass. Ord. 13.8.2020, n. 17061).
Intervento e chiamata in causa (co. 3) L'intervento e chiamata in causa dei soggetti che, insie-
me con il ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario con-
troverso è possibile, in generale, ma non nel caso di soggetti privi di interesse ad agire in quel
processo come, ad esempio, le associazioni aventi per fine la consulenza e l’assistenza fiscale
dei contribuenti o quelle costituitesi per tutelare gli interessi morali ed economici dei contri-
buenti che non siano destinatarie dell’atto impugnato (cfr.: Cass., Sentenze 27.10.2009, n.
22690; 23.7.2009, n. 17194; 9.1.2008, n. 1909; 14.3.2007, n. 5957).
«Per intervento volontario si intende far riferimento alla iniziativa spontanea di un terzo che, po-
tendo risentire indirettamente delle conseguenze di una sentenza emessa in un processo nel quale è
parte, ha interesse allo svolgimento e all’esito del processo medesimo» (cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E).
E così, l’ente impositore che veda contestato (anche) il quantum della pretesa fiscale, può pro-
porre atto di intervento (da qualificarsi quale intervento adesivo autonomo o litisconsortile)
nel giudizio promosso dal contribuente nei confronti del concessionario avente ad oggetto la
legittimità della iscrizione ipotecaria, assumendo la qualità di parte nel giudizio di primo gra-
do e la (conseguente) legittimazione ad appellare la sentenza (cfr. Cass. Ord. 18.5.2020, n.
9102).
Nonostante la norma circoscriva i possibili interventori ai «destinatari dell’atto impugnato» ov-
vero alle «parti del rapporto tributario controverso», la Corte di cassazione ha ammesso l’inter-
vento «adesivo dipendente», che si verifica quando il terzo che interviene non fa valere un
proprio diritto nei confronti delle parti, ma si limita a sostenere le ragioni di una di esse in
giudizio perché titolare di un rapporto strutturalmente dipendente da quello oggetto del giu-
dizio. La giurisprudenza:
› dapprima, ha, implicitamente, riconosciuto un litisconsorzio necessario processuale in gra-
do di appello, dopo che – durante il processo di primo grado – un Comune era intervenuto
nella controversia tra il contribuente e l’Agenzia del Territorio avente ad oggetto l’attribu-
zione di rendita ad un immobile (cfr. Cass., Sent. 15.6.2010, n. 14423);
› poi, ha, esplicitamente, affermato che «escludere l’ammissibilità dell’intervento adesivo dipen-
dente nel giudizio tributario (…) comporterebbe l’immotivata esclusione della possibilità di inter-
venire in giudizio per soggetti che, lungi dal far valere ragioni consistenti in utilità di mero fatto,
sono portatori di un interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato dalla sussisten-
za di un rapporto giuridico sostanziale fra adiuvante e adiuvato e dalla necessità di impedire che
nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti
riflessi o indiretti del giudicato» (con la conseguenza che, in caso di ritenuta inammissibilità
dell'intervento, per tali soggetti sarebbe esclusa ogni possibilità di tutela giurisdizionale).
Per concludere che «una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 14 deve in-
durre ad una lettura estensiva del concetto di destinatario dell’atto – fino a comprendere in esso
non solo il destinatario stricto iure ma anche il destinatario potenziale e mediato – nonché del
concetto di titolarità del rapporto controverso – fino a comprendere in esso anche la titolarità di
un rapporto dipendente o connesso rispetto a quello costituito dall’atto impugnato» (cfr. Cass.
Sent. 12.1.2012, n. 255). E così la giurisprudenza
› prima, ha ammesso l'intervento adesivo dipendente:
- del soggetto acquirente del ramo di azienda della società destinataria dell’avviso oppo-
sto, nel secondo grado di giudizio (cfr. Cass., Sent. 12.1.2012, n. 255);
- di un Comune, quale ente impositore ICI, al fine di sostenere le ragioni dell’Ufficio del-
l’Agenzia del Territorio e vedere confermata la rendita catastale su cui calcolare l’ICI, nel
giudizio di merito (cfr. Cass., Sent. 3.8.2012, n. 14000);
- di un soggetto potenzialmente inciso dal tributo in quanto destinatario di rivalsa dell’IVA
risultante dal processo tra l’Agenzia delle Entrate ed il proprio fornitore (cfr. Cass., Sent.
68
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

19.4.2013, n. 9567);
- dell’ente creditore, nel caso di omessa chiamata in causa (ex art. 39, D.Lgs. 112/1999), da

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parte del concessionario, nella causa avverso una cartella di pagamento, promossa dal contri-
buente, nei confronti del concessionario (cfr. Cass. Ord. 15.9.2021, n. 24785);
- «del “sostituito” d’imposta nella controversia in cui il “sostituto” abbia definito la controversia
con il pagamento del condono di cui alla legge 289/2002» (cfr. Cass. Ord. 11.3.2021, n. 6854);
› quindi, ha sostenuto che «l'intervento adesivo dipendente, previsto dall'art. 14, D.Lgs. 31.12.1992
n. 546, determina un'ipotesi di causa inscindibile, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., con conseguente
configurabilità di un litisconsorzio necessario processuale in grado di appello (…); l'omessa noti-
fica dell'impugnazione al litisconsorte necessario non comporta l’inammissibilità del gravame
tempestivamente proposto nei confronti dell'altra parte, ma, sempre che la parte non intimata
non si sia comunque costituita, soltanto l'esigenza della integrazione del contraddittorio per or-
dine del giudice, in mancanza del quale la nullità dell'intero processo di secondo grado e della
sentenza che lo ha concluso è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità» (cfr. Cass., Ord.,
28.2.2018, n. 4597);
› infine, ha ritenuto che, nel peculiare caso di società cancellata dal registro imprese (e, dun-
que, estinta) a seguito di fusione per incorporazione, la società incorporante può interveni-
re nel corso della causa intentata dalla società incorporata, o fusa, «per far valere un diritto
proprio nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse»: perché tale facoltà «sussiste indipen-
dentemente dalla effettiva esistenza, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda giudi-
ziale, delle condizioni necessarie all’esperimento di essa, sicché il soggetto legittimato ad interve-
nire può sostituirsi al non legittimato, anche nel corso del processo, nell’esercizio dell’azione giu-
diziale» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 30.7.2021, n. 21970).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con
ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, la previsione della obbligatorietà del processo
tributario telematico comporta che:
› gli atti e i provvedimenti del processo tributario siano formati come documenti informatici
sottoscritti con firma elettronica qualificata o con firma digitale;
› le parti notifichino e depositino gli atti processuali, i documenti e i provvedimenti giurisdi-
zionali esclusivamente con modalità telematiche.
Modalità di costituzione (co. 4 e 5) «Le parti chiamate [in causa], sia in caso di litisconsorzio ne-
cessario che di litisconsorzio facoltativo, devono costituirsi in giudizio (…) mediante deposito del
proprio fascicolo nella segreteria della Commissione entro il termine di sessanta giorni da quello di
notificazione dell’atto di chiamata.
Per quanto concerne l’intervento volontario, in caso di litisconsorzio sia necessario che facoltativo,
il comma 5 precisa che lo stesso si realizza mediante un atto scritto che deve essere notificato a tut-
te le parti e tramite la successiva costituzione in giudizio dell’interveniente. Tale costituzione deve
avvenire nelle stesse forme, sopra cennate, prescritte per il chiamato in causa, con la differenza che
ovviamente, il termine di sessanta giorni decorre dall’ultima avvenuta notificazione dell’atto di in-
tervento». L’intervento «deve ritenersi consentito in qualsiasi momento del giudizio, a condizione
che, comunque, la costituzione dell’interveniente avvenga almeno venti giorni liberi prima del-
l’udienza. Tale termine di venti giorni liberi è desumibile dall’art. 32, comma 1» del D.Lgs.
546/1992 (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Riassumendo, i soggetti che intendono intervenire in giudizio volontariamente, in caso di liti-
sconsorzio (sia necessario che facoltativo), devono:
› notificare la domanda (o comparsa) di intervento (in cui sono formulati i motivi che lo giu-
stificano) a tutte le parti costituite (ricorrente, Ufficio resistente e intervenuti in preceden-
za) e
› costituirsi, entro sessanta giorni dall’ultima notifica, mediante deposito – presso la segrete-
ria della Corte di giustizia tributaria davanti alla quale pende il processo – del fascicolo di
causa contenente l’atto di intervento, la prova delle notifiche effettuate e i documenti offer-
ti in comunicazione (con le copie necessarie).
Non è consentito alle parti chiamate in causa o intervenute volontariamente, dopo il decorso
del termine per impugnare autonomamente l’atto che costituisce l’oggetto del ricorso princi-
pale, allegare motivi di impugnazione loro propri o dedurre eccezioni diverse da quelle fatte
Processo tributario 69

valere dalle parti originarie del processo.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Nel caso in cui il giudice, verificata la necessità del litisconsorzio, ordini «l’integrazione del

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contraddittorio», l’esecuzione dell’ordine giudiziale deve avvenire mediante notificazione (en-
tro il termine previsto, a pena di decadenza) al litisconsorte pretermesso, del ricorso introdut-
tivo del giudizio e del provvedimento collegiale che ordina l’integrazione del contraddittorio,
ovvero di un atto che riproduca integralmente il contenuto del ricorso e riporti gli estremi del
provvedimento della Corte di giustizia tributaria (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E). Il ri-
corso o l’atto notificato dovrà, poi, essere depositato in Segreteria a cura del notificante.
Il giudice, una volta verificata la regolarità e la tempestività della notificazione al litisconsorte
necessario, stabilirà la data dell’udienza di trattazione, che dovrà essere comunicata alle parti.
Le conseguenze del mancato rispetto dei termini, vanno distinte a seconda che:
› la parte incaricata di effettuare la chiamata in causa non l’abbia fatta nel termine perentorio
fissato dal giudice: in tal caso il processo si estingue (ai sensi dell’art. 45, co. 1 del presente
Decreto), anche perché la sentenza emessa senza che si sia integrato il contraddittorio sa-
rebbe «inutiliter data» (cioè non esplicherebbe alcuna efficacia);
› la parte incaricata di effettuare la chiamata abbia provveduto regolarmente, ma il chiamato
in causa, per sua scelta, non si sia costituito: in tal caso, il processo prosegue senza il chia-
mato (che rivestirà la posizione processuale di «contumace»).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 40-bis, D.P.R. 29.9.1976, n. 600


Rettifica delle dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E

Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27/E, § 13

Art. 15 - SPESE DEL GIUDIZIO [CFF ¶ 4666]

1. La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la
sentenza.
2. Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla corte di giustizia tributaria
di primo e secondo grado soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed
eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate. 4
2-bis. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 96, commi primo e terzo, del codice di procedura civile.
2-ter. Le spese di giudizio comprendono, oltre al contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le
spese generali e gli esborsi sostenuti, oltre il contributo previdenziale e l’imposta sul valore aggiunto,
se dovuti.
2-quater. Con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della re-
lativa fase. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il
giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito.
2-quinquies. I compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica sono liquidati sulla base dei parametri previ-
sti per le singole categorie professionali. Agli iscritti negli elenchi di cui all’articolo 12, comma 4, si ap-
plicano i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili.
2-sexies. Nella liquidazione delle spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei sog-
70
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

getti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da
propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati,

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con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene me-
diante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. 2
2-septies. Nelle controversie di cui all’articolo 17-bis le spese di giudizio di cui al comma 1 sono maggio-
rate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento.
2-octies. Qualora una delle parti ovvero il giudice abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata
dall'altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest'ultima le spese del giudizio maggio-
rate del 50 per cento, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della propo-
sta ad essa effettuata. Se è intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo che le
parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. 3 1

Note
1 Il presente articolo è stato così modificato prima dall'art 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, poi dall'art. 1, comma 32, L. 24.12.2012,
n. 228, con decorrenza dal 01.01.2013, e da ultimo dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2-sexies, primo periodo,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come introdotto dall’art. 9, comma 1, lettera f), numero 2), del
decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, recante «Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del conten-
zioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23»,
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 33, quinto comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di
Taranto con l’ordinanza indicata in epigrafe. (C.Cost. 05.07.2022, n. 170 ordinanza).
3 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. d), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022
ed applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

SPESE DEL GIUDIZIO (Art. 15)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria La Legge 31 agosto 2022, n. 130 - «Disposizioni in
materia di giustizia e di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - sostituisce il comma 2-octies,
relativo alla condanna alle spese di giudizio, in caso di ingiustificato rifiuto della proposta di con-
ciliazione (cfr. l’art. 4, co. 1, lett. d), della stessa L. 130/2022), nel caso di ricorsi notificati a decorre-
re dal 16 settembre 2022.
Spese del giudizio Prevedono una regola e una deroga (parziale).
Regola (co. 1) «La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate
con la sentenza».
«La disciplina della condanna alle spese di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, riposa, come la norma
generale di cui all’art. 91 c.p.c., sul principio della soccombenza, che costituisce espressione del principio
di causalità, onde chi abbia dato causa alla necessità della introduzione del giudizio con il proprio com-
portamento rivelatosi contra ius è tenuto alla rifusione delle spese anticipate da controparte» (cfr. Cass.
Ord. 12.10.2018, n. 25594).
«La condanna alle spese processuali ha il suo fondamento nella esigenza di evitare una diminuzione pa-
trimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’at-
tuazione di un suo diritto». Ne deriva che «essa non può essere pronunciata in favore del contumace
vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui
rimborso abbia diritto» (cfr. Cass., Ord. 13.8.2020, n. 16998); come dire che la condanna alle spese
non può essere disposta a favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia sopportato
il corrispondente carico (cfr. Cass. Ord. 15.1.2021, n. 595).
Anche nel processo tributario, vale, dunque, il «principio della soccombenza» (ex art. 91 e segg. del
Codice di procedura civile), per cui, da un lato, «chi perde, paga» e, dall’altro, «soltanto la parte inte-
ramente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle
spese» (cfr. Cass. Ord. 15.3.2021, n. 7149).
Processo tributario 71

Deroga (parziale) (co. 2) «Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte (dalla com-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


missione tributaria)», ma «soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed ecce-

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zionali ragioni che devono essere espressamente motivate».
Rientra, infatti, nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione della opportunità di
compensare in tutto o in parte le spese di giudizio, con obbligo di motivare specificatamente «solo
le ragioni di una eventuale deroga alla regola della soccombenza e non anche la semplice applicazione di
quella regola» (cfr. Cass. Ord. 30.5.2022, n. 17407).
Il principio della soccombenza, è, dunque, temperato:
› nel caso di «soccombenza reciproca», cioè quando le domande delle parti siano state parzial-
mente accolte e parzialmente respinte, o
› nel caso sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate dal
giudice nel dispositivo sulle spese,
› fermo restando l’obbligo del Giudice di motivare esplicitamente le ragioni della disposta com-
pensazione delle spese (cfr. Cass., Ordinanze 24.3.2020, n. 7489; 15.10.2018, n. 25620; 31.5.2018,
n. 13809; 9.3.2017, n. 6059).
Quanto al punto sub 1., la giurisprudenza ha affermato:
› «la nozione di soccombenza reciproca sottende, anche in relazione al principio di causalità, non soltanto
una pluralità di domande contrapposte accolte o rigettate che si siano trovate in cumulo nel medesimo pro-
cesso tra le stesse parti, o l’accoglimento parziale di un’unica domanda articolata in più capi, allorché ne si-
ano stati accolti uno o alcuni e rigettati altri, ma anche (…), l’accoglimento parziale di un’unica domanda
articolata in un unico capo, quando la parzialità sia meramente qualitativa» (cfr. Cass. Ord. 29.11.2021, n.
37155. In proposito si ricorda che la questione relativa alla compensazione parziale delle spese, in ca-
so di soccombenza reciproca, è stata rinviata alle Sezioni Unite da Cass. Ord. I. 14.10.2021, n. 28048,
che l’hanno risolta
affermando il seguente principio di diritto: «In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridot-
ta,
anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza,
configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo
processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e
non
consente, quindi, la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della
parte
soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri
presupposti previsti dall’art. 91, secondo comma, cod. proc. civ.» (cfr. Cass. SS.UU. Civ. 31.10.2022, n.
32061). La soccombenza reciproca va riferita, dunque, alla causa nel suo insieme, cioè con riferimen-
to all’esito finale della stessa (cfr. Cass. Ord. 15.3.2021, n. 7149). Pertanto, non si verifica alcuna forma
di soccombenza reciproca se l’Agenzia delle Entrate provvede al pagamento di quanto dovuto solo «i
[sua] infruttuosa formale messa in mora», non essendoci motivo, in questo caso, per discostarsi dal
criterio generale della soccombenza previsto dall’art. 15, D.Lgs. 546/1992 (cfr. Cass. Ord. 1.2.2022, n.
2963).
Quanto al punto sub 2., la giurisprudenza ha affermato:
› «l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorra-
no “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il Legislatore
ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed
efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito,
con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (Cass., SS.UU., n.
2572/2012)» (cfr. Cass., Ord. 13.4.2017, n. 9605. Si veda anche Corte Cost. 19.4.2018, n. 77).
Il Giudice, quindi, non può compensare le spese in caso di totale soccombenza e in assenza di
coerente esplicitazione dei gravi ed eccezionali motivi (cfr. Cass. Ord. 31.8.2020, n. 18065; C.T.R.
Lazio, 23.6.2020, n. 1860), «affermando semplicemente che sussistono giuste ragioni. La formula uti-
lizzata, infatti, è troppo generica e non consente di effettuare il necessario controllo sulla congruità dei
motivi posti dal magistrato a fondamento della decisione» (cfr. Cass. Ord. 11.1.2022, n. 565). Le gravi
ed eccezionali ragioni, da indicare esplicitamente nella motivazione, infatti, non possono essere
espresse con una formula generica (cfr., tra le più recenti: Cass. Ordinanze 4.8.2022, n. 24178;
1.2.2022, n. 2963), ma devono trovare puntuale riferimento in specifiche circostanze o aspetti
72
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

della concreta controversia.


Anche perchè, «della sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” può essere chiamato a conoscere

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il Giudice di legittimità e ove il Giudice del merito si fosse limitato a una enunciazione astratta o, co-
munque, non puntuale, resterebbe violato il precetto di legge (…). Tuttavia, il sindacato di questa Corte
non può giungere fino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazio-
ne del Giudice non corrispondano le evidenze di causa o la giurisprudenza consolidata» (cfr. Cass. Civ.
Sent. 16.5.2022, n. 15495; conf. Cass. Sent. 8.11.2022, n. 32775).
Le gravi ed eccezionali ragioni possono essere ravvisate, ad es.,
› «nell’assenza di specifici precedenti di legittimità sulla questione di merito sottoposta all’esame del giudice
tributario» (cfr. Cass., Ord. 22.1.2018, n. 1476; Cass. Ord. 21.10.2019, n. 26689);
› nella «assoluta novità della questione trattata o nel mutamento della giurisprudenza rispetto alle questio-
ni dirimenti, o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni» (cfr. Cass., Ord. 2.10.2020, n.
21178,conf. Cass. Ordinanze 20.1.2023, n. 1724; 28.3.2022, n. 9836; 2.11.2020, n. 24240; per la compen-
sazione delle spese a causa della «complessità della materia», si veda C.T.R. Lazio, 22.1.2021, n. 446 e
n. 449; per la compensazione conseguente all’assenza di una consolidata interpretazione giurispru-
denziale, si veda C.G.T. II° Lazio, 28.12.2022, n. 6344);
non in vece:
› «nella contumacia del convenuto, in quanto la sostanziale soccombenza della controparte deve essere ade-
guatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese» (cfr. Cass. Ord. 8.11.2021,
n. 32487; conf. Cass. Civ. Ord. 20.1.2023, n. 1724);
› nella «opportunità di risolvere in via di autotutela le controversie al fine di evitare il proliferare di conten-
ziosi» (cfr. Cass., Ord. 31.5.2016, n. 11222: anche se, nel caso di specie, all'estinzione del giudizio per
cessata materia del contendere a seguito dell’annullamento dell'atto in autotutela, è seguita - non la
condanna dell'ufficio, ma - la compensazione delle spese di giudizio. Detta compensazione dovreb-
be, comunque, intervenire «all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del Giudice tribu-
tario»: cfr. Cass., Ord. 15.9.2021, n. 24841. Per la condanna dell’Ufficio al pagamento delle spese pro-
cessuali a seguito di annullamento dell’atto in autotutela, si veda C.T.R. Lombardia, 30.10.2020, n.
2491);
› nella «complessità della verifica» (fiscale), perché inidonea a consentire l'individuazione delle que-
stioni la cui complessità giustificherebbe la compensazione delle spese, e perché la «complessità e la
pluralità delle questioni trattate non costituiscono ragioni gravi ed eccezionali; semmai di tali parametri si
può tenere conto, in senso diametralmente opposto, al momento della liquidazione delle spese in favore del-
la parte vittoriosa (cfr. Cass. 22598/2018)» (cfr. Cass. Ord. 24.2.2020, n. 4764);
› nella «difficoltà del locale Ufficio delle imposte a gestire un ampio contenzioso (…)» (cfr. Cass. Ord.
2.2.2023, n. 3220);
› «nella particolarità della questione affrontata soprattutto in ragione dello sviluppo temporale dei fatti», in
quanto tali ragioni «risultano illogiche solo che si consideri che tanto il giudice di primo grado che quello
di appello hanno condiviso la interpretazione della parte ricorrente» (cfr. Cass. Ord. 27.7.2020, n. 15989);
› nella sussistenza di decisioni giurisprudenziali di merito di vario segno, «soprattutto in presenza di
soluzioni interpretative non ancora passate al vaglio del giudizio di legittimità, tanto più se riguardanti
controversie di carattere seriale o comunque costituenti un contenzioso diffuso» (cfr. Cass. Ord.
23.10.2020, n. 23188).
› nella pronuncia di inammissibilità dell’appello, non essendo «sufficiente a giustificare la decisione di
compensare, in tutto o in parte, le spese, il mero riferimento alla natura processuale della pronuncia, che,
in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del proce-
dimento» (cfr. Cass. Ord. 28.1.2022, n. 2681; conf. Cass. Ord. 28.3.2022, n. 9836).
La prassi amministrativa si è adeguata alla giurisprudenza. «La nozione di soccombenza reciproca, come
precisato dalla Suprema Corte, "sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di do-
mande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse
parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in
più capi e ne siano stati accolti uno od alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la parzialità dell’accoglimen-
to sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo (così Cass., Ord. n.
22381/09 e n. 21684/2013)" (Cass., Sent. 30.9.2016, n. 19520).
In ordine alla sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni, la Corte di cassazione ha chiarito che gli elementi
apprezzati dal giudice di merito a sostegno del decisum devono riguardare specifiche circostanze della con-
Processo tributario 73

troversia decisa (Cass., Ord. 13.7.2015, n. 14546; Cass., Sent. 11.7.2014, n. 16037) e devono essere soppesate «alla

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


luce degli imposti criteri della gravità (in relazione alle ripercussioni sull’esito del processo o sul suo svolgi-

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mento) ed eccezionalità (che, diversamente, rimanda ad una situazione tutt’altro che ordinaria in quanto ca-
ratterizzata da circostanze assolutamente peculiari)» (Cass., Ord. 17.9.2015, n. 18276)» (cfr. Circ. Ag. Entrate,
29.12.2015, n. 38/E, § 1.4).
«Non può, pertanto, ritenersi soddisfatto l’obbligo motivazionale quando il giudice abbia compensato le spese
“per motivi di equità”, non altrimenti specificati (Cass., Ord. 13.7.2015, n. 14546), né quando le argomentazio-
ni del decidente si riferiscono genericamente alla “peculiarità” della vicenda o alla “qualità delle parti” o alla
“natura della controversia” (Cass., Sent. 17.9.2015, n. 18276)» (cfr. Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, §
1.4), o ancora nell’ipotesi in cui le ragioni addotte in motivazione «si appalesino illogiche o erronee» (cfr.
Cass. Ord. 25.1.2019, n. 2206; conf. Cass., Ord. 2.10.2020, n. 21178); o quando si riferiscono al modesto
valore della lite (cfr. Cass. Ord. 12.10.2018, n. 25594; Cass., Sent. 12.12.2011, n. 26580), rispetto al quale,
anzi, «la immotivata compensazione delle spese finisce con il pregiudicare il concreto esercizio del diritto di
difesa garantito dall’art. 24, Cost.» (cfr. Cass. Ord. 21.12.2020, n. 29211).
Determinazione (co. 2-ter) Sotto il profilo pratico, poi, la Prassi ha precisato che: «al fine di rispettare so-
stanzialmente il principio di soccombenza e di tenere indenne la parte vittoriosa da tutte le spese sostenute nel
giudizio, compresi i c.d. oneri accessori, le spese processuali comprendono – oltre al contributo unificato, agli
onorari e ai diritti del difensore, alle spese generali e agli esborsi sostenuti – anche i contributi previdenziali e
l’imposta sul valore aggiunto eventualmente dovuti» (cfr. Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, § 1.4).
Liquidazione delle spese processuali «a favore della parte privata» (co. 2-quinquies) Avviene a se-
guito della presentazione, da parte del difensore, della nota spese (di cui all’art. 75 delle disposizioni
attuative del c.p.c.), che dovrà indicare, in modo distinto e specifico:
› i compensi, determinati in base agli accordi conclusi con il proprio assistito, o, in difetto, in base ai pa-
rametri ministeriali di cui al D.M. 20.7.2012, n. 140 (adottati in forza dell’art. 9, co. 2, D.L. 24.1.2012, n. 1,
conv. da L. 24.3.2012, n. 27). In proposito, una recente decisione di legittimità ha statuito che va esclusa
«la possibilità per il Giudice di ricorrere ad una liquidazione del compenso (…) in misura diversa da quella
pattuita», in presenza di accordo tra le parti per la sua determinazione, costituendo tale accordo «la
fonte principale per la determinazione del compenso» (cfr. Cass. Civ. Ord. 9.11.2022, n. 33053);
› le spese anticipate sostenute per il versamento del contributo unificato o, se ancora dovuta, la bolla-
tura atti, le spese di notifica ecc. (sulla mancata richiesta specifica delle «spese generali»: cfr. Cass.,
Sent. 26.11.2010, n. 24081).
In proposito, si è affermato che «i compensi del dottore commercialista abilitato ad esercitare il patrocinio
legale innanzi alle Corti di giustizia tributaria, anche in favore di parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato, devono essere liquidati in considerazione dell’attività concretamente svolta, pertanto applicandosi le ta-
riffe relative agli avvocati e non quelle previste per i dottori commercialisti» (cfr. Cass. Ord. 4.4.2023, n.
9266).
Il termine ultimo per la produzione della nota spese è quello del «momento del passaggio in decisione
della causa»; in particolare:
› se la controversia è trattata in pubblica udienza, il termine è la fine della udienza stessa;
› se la controversia è trattata in camera di consiglio, il termine è quello (art. 32, co. 3) per il deposito
delle brevi repliche scritte, cioè cinque giorni liberi prima della udienza (in camera di consiglio).
Ai fini della nota spese, il valore della controversia non è quello previsto dall’art. 12, co. 2 del Decreto,
ma è costituito dalla cd. «materia del contendere», cioè dalla somma dell’imposta, delle sanzioni am-
ministrative e degli interessi (e di ogni altro eventuale accessorio).
Il compenso al difensore - liberamente pattuito tra le parti (professionista e assistito), al momento del
conferimento dell’incarico (cfr. art. 9, D.L. 24.1.2012, n. 1, conv. in L. 24.3.2012, n. 27) - viene determina-
to sulla base dei parametri, non vincolanti, stabiliti dal D.M. 20.7.2012, n. 140, che regola i rapporti tra
professionista e cliente.
Secondo la giurisprudenza, al professionista è dovuto un compenso unico:
› sia nel caso «di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso av-
vocato, (…) senza che rilevi la circostanza che il detto comune difensore abbia presentato distinti atti
difensivi» (cfr. Cass. Civ. Ord. 11.1.2022, n. 518; conf. Cass., Ord. 15.6.2022, n. 19225);
› sia nel caso di riunione di più cause, nel quale: «la liquidazione dei compensi per l’attività svolta
prima della riunione deve essere separatamente liquidata per ciascuna causa in relazione all’attività
prestata in ciascuna di esse, mentre, per la fase successiva alla riunione può essere liquidato un com-
74
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

penso unico» (cfr. Cass. Civ. Ord. 31.5.2022, n. 17693).


L’art. 4, co. 2, del D.M. 55/2014, per entrambe queste ipotesi, stabilisce, peraltro, che il compenso

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unico possa essere aumentato secondo i parametri previsti dalla norma.
Se le spese processuali – comprensive del compenso – sono liquidate dal giudice, i parametri di ri-
ferimento sono quelli regolati dal D.M. 10.3.2014, n. 55, a prescindere dalla eventuale pattuizione
concordata in sede di conferimento dell’incarico. Pertanto, il Giudice, effettuerà: «la liquidazione
giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale (…) prevale sul D.M. n. 140 (…) nel
rispetto del principio di specialità, (…) poiché (…) non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivol-
to a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (…) – a prevalere, ma il D.M. n. 55, il
quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa» (cfr. Cass. Ord.
31.8.2018, n. 21486; conf. Cass. Ordinanze 15.11.2018, n. 29446; 6.11.2018, n. 28267; 19.01.2018, n.
1357; Cass. Sent. 17.01.2018, n. 1018).
Si evidenzia che il D.M. 13.8.2022, n. 147 – in G.U. 8.10.2022, n. 236, in vigore dal 23.10.2022 – sosti-
tuisce le tabelle dei parametri forensi previste dal D.M. 55/2014, con quelle allegate al citato D.M.
147/2022, che si applicheranno alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla entrata
in vigore del D.M. 147/2022 e, quindi, a decorrere dal 23.10.2022. Invece, se tutte le attività difensi-
ve sono state compiute anteriormente a tale data, i parametri di riferimento restano quelli del D.M.
10.3.2014, n. 55 (nella versione anteriore alle modifiche): perchè «diversamente, si effettuerebbe
un’applicazione retroattiva del decreto, non giustificabile» (cfr. Cass. SS.UU. Civ. 14.11.2022, n. 33482.
Quanto al regime intertemporale di applicazione delle tariffe di cui al D.M. 55/2014 rispetto al D.M.
140/2012, si veda Cass. Ord. 1.2.2023, n. 3042, secondo la quale «I compensi di avvocato restano an-
corati ai parametri vigenti al momento dello svolgimento dell’attività anche se liquidati in epoca succes-
siva sotto l’egida di nuove tariffe. Una diversa conclusione, infatti, si tradurrebbe in una vera e propria
applicazione retroattiva delle tariffe non consentita»).
La liquidazione del giudice «In base alla normativa vigente (art. 4, D.M. 10 marzo 2014, n. 55) il giudice li-
quida il compenso al difensore mediante riconoscimento di un importo per ogni fase del giudizio, tenendo
conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che possono essere aumentati o diminuiti in base ai pa-
rametri generali indicati dalla norma stessa». In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che «in ma-
teria di processo civile, la trattazione scritta, consentita dalle disposizioni in vigore in relazione alla
emergenza Covid-19 (…) tiene luogo della discussione in udienza: quindi si tratta di attività compresa
nella fase decisoria ex art. 4, co. 5, lett. d)» del D.M. 55/2014, che deve essere liquidata (cfr. Cass. Civ.
Ord. 31.5.2022, n. 17693).
La liquidazione analitica di spese ed onorari per ciascun grado di giudizio, da un lato, consente alle
parti di controllare i criteri di calcolo adottati dal Giudice, dall’altro, preclude a quest’ultimo il po-
tere di «rideterminare globalmente i compensi in misura inferiore a quelli esposti» nella nota prodotta
dalla parte vittoriosa, obbligando il Giudice a «motivare adeguatamente la eliminazione o la riduzione
delle singole voci» (cfr. Cass. Ord. 25.11.2019, n. 30657; conf. Cass. Ordinanze 3.6.2021, n. 15443;
7.4.2021, n. 9296; 13.11.2020, n. 25788; 23.4.2020, n. 8146; 14.10.2019, n. 25753; 9.10.2019, n. 25393).
Ne deriva che:
› una liquidazione omnicomprensiva, unitaria e priva di qualsiasi specificazione relativa alle sin-
gole voci di ciascuna delle due fasi del giudizio di merito, «è erronea nonché lesiva dei minimi ta-
riffari e del decoro professionale» (cfr. Cass. Ord. 26.11.2021, n. 37009; conf. Cass. Ordinanze
28.3.2022, n. 9836; 25.2.2022, n. 6318); e che
› è esclusa la possibilità di procedere al riconoscimento di una somma del tutto inadeguata o irri-
soria rispetto all’attività svolta (cfr. Cass. Ord. 3.2.2022, n. 3357).
Riduzione del compenso Il potere discrezionale del giudice di determinare il compenso sulla base del-
le tariffe (diverse da quelle «fisse» e in mancanza di accordo tra le parti), può esplicarsi anche nel-
la riduzione o nell'aumento del compenso stesso, con l’unico limite di non liquidare onorari al di
sotto dei minimi tariffari (cfr. Cass. Ord. 18.3.2022, n. 8889; in particolare, la riduzione del 50% dei
valori medi «costituisce un limite oltre il quale il Giudice non ha la possibilità di spingersi»: cfr. Cass.
Ord. 16.11.2021, n. 34573); e con la preclusione – in ogni caso – di liquidare somme simboliche, non
consone al decoro della professione (cfr. Cass. Sent. 1.8.2022, n. 23836; conf. Cass. Ord. 3.11.2022,
n. 32363. Anche se, altra decisione ha ritenuto possibile la liquidazione sotto i minimi tariffari,
purché giustificata «con motivazione ad hoc»: cfr. Cass. Ord. 11.7.2022, n. 21848). E così, il potere at-
tribuito al giudice di ridurre i compensi, nel caso di controversia caratterizzata dalla «ripetitività
Processo tributario 75

delle problematiche che hanno dato luogo a diversi analoghi procedimenti», è giustificato purché «con-

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gruamente motivato ed esercitato in conformità alle tariffe professionali» (cfr. Cass. Ord. 23.9.2020, n.
19906. Nel caso di specie, il giudice aveva basato la propria scelta sulla «natura seriale delle contro-

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versie»).
Motivazione Quanto alla «esigenza di fornire adeguata motivazione, a sostegno della determinazione de-
gli importi riconosciuti alla parte vittoriosa», la giurisprudenza afferma che «essa sorge soltanto a
fronte del deposito, ad opera di quest’ultima [parte vittoriosa], di una nota specifica recante la indica-
zione delle attività svolte e delle somme richieste, dovendo il Giudice spiegare le ragioni della eliminazio-
ne o della riduzione di alcune di esse, al fine di rendere possibile la verifica della conformità della liqui-
dazione alle risultanze degli atti ed ai parametri ministeriali (…)». Nel caso, invece, «in cui la predetta
nota non sia stata prodotta, deve ritenersi sufficiente la distinta indicazione della somma complessiva-
mente spettante a titolo di compenso e di quelle dovute per esborsi, spese generali ed accessori di legge,
incombendo alla parte che ne contesti la liquidazione, l’onere di indicare analiticamente le voci e gli im-
porti in relazione ai quali l’importo riconosciuto deve considerarsi errato» (cfr. Cass. Ord. 26.10.2021, n.
30087; conf. Cass. Ordinanze 3.2.2022, n. 3357; 21.1.2022, n. 1076. Per completezza, si segnala che il
Ministero della Giustizia, in data 15.12.2021, ha pubblicato il «Manuale utente» per presentare le
istanze web di liquidazione delle spese).
Secondo altro orientamento, viceversa, non sussiste(rebbe) a carico del Giudice «un obbligo di moti-
vazione della diminuzione o riduzione di voci tariffarie» neppure rispetto a quelle domandate nella
notula, fermo restando il dovere di non determinare diritti e/o onorari in misura inferiore ai limiti
minimi, o superiore a quelli massimi (cfr. Cass. Ord. 14.12.2020, n. 28425).
La motivazione è doverosa, infatti, anche «allorquando il giudice decida di aumentare (…) ulteriormen-
te gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustifi-
cano lo scostamento e la misura di questo», con la precisazione che «quando la parte presenta la nota
delle spese, secondo quanto è previsto dall’art. 75 disp. att. c.p.c., specificando la somma domandata, il
giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore»
(cfr. Cass. Ord. 5.5.2022, n. 14198).
Peculiarità La liquidazione delle spese di giudizio da parte del Giudice:
› «è necessaria ed obbligatoria (…) tanto che la condanna al pagamento delle spese processuali deve es-
sere emessa d’ufficio dal giudice, anche in mancanza di una esplicita richiesta della parte vittoriosa»
(cfr. Cass. SS.UU. 21.6.2018, n. 16415; richiesta, peraltro, opportuna, tanto che, fin dalla C.M.
291/1996, l’Amministrazione Finanziaria raccomanda agli Uffici di formularla);
› è accessoria rispetto alla decisione; e se non viene indicata nel dispositivo della sentenza (se la
condanna della parte soccombente al pagamento delle spese emerge dalla motivazione) – com-
porta l’applicabilità del procedimento di correzione degli errori materiali ex art. 287 c.p.c. (cfr.
Cass. SS.UU. 21.6.2018, n. 16415).
Quanto, infine, al rimborso forfettario delle spese generali, esso «mira a ristorare il professionista di
quelle voci di spesa (ad esempio quelle relative alla gestione dello studio) che sono effettive e non docu-
mentabili». Dette spese si distinguono da «quelle rese necessarie dal processo, come il contributo unifi-
cato, le marche da bollo (…), i compensi versati al consulente di parte e tutti gli esborsi per i quali è pre-
visto un documento specifico che ne attesti l’esborso e l’ammontare», dal che deriva che le spese vive e
documentate non possono essere incluse nella percentuale del rimborso delle spese generali (cfr.
Cass. Ord. 27.7.2020, n. 15985).
Se il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non contiene «la statuizione
circa la debenza o anche solo la esplicita determinazione della percentuale delle spese forfettarie rimbor-
sabili ai sensi dell’art. 13, co. 10 della L. n. 247 del 2012 e dell’art. 2 del D.M. n. 55 del 2014 [esso] è titolo
per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale, quale massimo di re-
gola spettante, potendo tale misura essere soltanto motivatamente diminuita dal giudice» (cfr. Cass.
Ord. 4.4.2019, n. 9385).
Liquidazione delle spese a favore dell’Agenzia delle Entrate, dell’Agenzia delle Dogane e dei Mono-
poli, degli altri Enti impositori, degli Agenti e dei Concessionari privati della riscossione (co. 2-
sexies) «Nel processo tributario, alla parte pubblica (nella specie, l’Agenzia delle entrate) assistita in
giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione
delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigen-
ti per gli avvocati, con la riduzione del 20 per cento dei compensi ad essi spettanti» (cfr. Cass. Ord.
76
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

1.6.2022, n. 17781), in base alla disciplina «attualmente contemplata dal decreto del Ministro della Giu-
stizia 10 marzo 2014, n. 55», «con la riduzione del 20 per cento».

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Secondo parte della giurisprudenza, il rimborso delle spese di lite è giustificato sia dalla «sottrazio-
ne di attività lavorativa dei funzionari medesimi, utilizzabili altrimenti in compiti interni di ufficio» (cfr.
Cass. Ord. 4.12.2020, n. 27809), sia dalla particolare competenza tecnica che il processo tributario
richiede al funzionario o dipendente delegato (cfr. Cass. Ord. 19.2.2021, n. 4473). In materia tributa-
ria, infatti, il processo ha una sua autonomia che «richiede una particolare competenza nella tratta-
zione, sia che ci si trovi in presenza di difesa tecnica, sia che questa difesa, sulla base delle stesse norme
procedurali, sia svolta da un funzionario o dipendente all’uopo delegato» (cfr. Cass. Ord. 19.7.2021, n.
20590; Cass. Ord. 15.6.2022, n. 19216).Altro orientamento ritiene, invece, di escludere la condanna
della parte privata «al pagamento delle spese processuali sostenute dall'Ufficio per diritti e onorari», se
l'Agenzia delle Entrate è stata in giudizio senza il ministero di un difensore (cfr. Cass. Ord.
1.12.2020, n. 27444): in questo caso, infatti, difettano nel funzionario le qualità di procuratore e di
avvocato che legittimerebbero il rimborso delle relative spese per competenze ed onorari di avvo-
cato (cfr. Cass. 27.4.2016, n. 8413). «L’esercizio della professione di avvocato (…) e il diritto ai compensi
tariffari relativi non possono prescindere dal possesso del titolo accademico specifico e dell’abilitazione
corrispondente», per cui non competono al funzionario dell’Ufficio che «avvocato non è e che svolge
funzioni non professionali in senso tecnico, ma inerenti al rapporto interno di lavoro subordinato e nel-
l’adempimento di un dovere d’ufficio e/o contrattuale» (cfr. C.T.P. di Taranto, Ordinane 9.9.2021, n.
186 e n. 620). Ne deriva che riconoscere, a favore dell’Ente, in caso di vittoria, diritti ed onorari di
avvocato, per la difesa svolta dal funzionario delegato, «significherebbe equiparare un’attività rien-
trante nei doveri del lavoratore alla libera professione forense, in violazione» dell’art. 33 della Cost. Per
questa ragione, e non solo, la C.T.P. di Taranto, con le citate Ordinanze, ha sollevato la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 15, co. 2- del D.Lgs. 546/1992, nella parte in cui stabilisce che
«sexiesnella liquidazione delle spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei sog-
getti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/1997, se assistiti da propri funzionari, si applicano le
disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del 20% dell’im-
porto complessivo ivi previsto». Secondo la Commissione tarantina, infatti, detta previsione violereb-
be, non solo l’art. 33, Cost., ma anche l’art. 3, Cost.: dato che «quando il ricorrente si difenda da sé
(…), non è previsto analogo trattamento a suo favore»; e l’art. 24, Cost.: dato che «quando si difendono
da sé, ricorrente ed ente impositore non contendono ad armi pari: infatti, in caso di vittoria, al ricorrente,
senza avvocato, non spetta nulla, mentre all’ente, senza avvocato, spettano diritto ed onorario di avvoca-
to. Senza avvocato».
La Corte costituzionale, ritenendo solo ipotetica e virtuale la rilevanza delle questioni di legittimità
sollevate, ne ha dichiarato la manifesta inammissibilità (cfr. Corte. Cost. Ord. 5.7.2022, n. 170).
Da ultimo, relativamente ai soli procedimenti in cui risulta soccombente l’Agente della riscossione,
va segnalata la previsione, di recente introduzione, di cui all’art. 5-octies del D.L. 21.10.2021, n. 146
(conv. con modif. in L. 17.12.2021, n. 215), in base alla quale:
«1. L’Agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di
giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge, esclusivamente me-
diante l’accredito delle medesime sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distratta-
rio. A tal fine, le somme di cui al primo periodo sono richieste in pagamento alla competente struttura
territoriale dell’Agente della riscossione, indicata nel relativo sito Internet istituzionale, a mezzo di racco-
mandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata. Il soggetto legittimato è tenuto a for-
nire, all’atto della richiesta, gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla noti-
ficazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle predette somme, se
non decorsi centoventi giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle pronunce di condanna emesse a decorrere dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
La nuova disposizione stabilisce, quindi, che l’Agente della riscossione provvederà al pagamento
delle spese di giudizio:
› esclusivamente con accredito sul c/c della controparte;
› a seguito di richiesta della stessa (contenente gli estremi del proprio c/c), da inoltrare, a mezzo
R.A.R. o PEC, alla competente struttura territoriale dell’Agente della riscossione, individuata dal
relativo sito Internet istituzionale;
Processo tributario 77

› senza possibilità di notificare il titolo esecutivo o di promuovere azioni esecutive per il recupero

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delle somme, prima del decorso di 120 giorni dalla data di ricezione della richiesta.

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La novella ha effetto per le pronunce di condanna emesse dopo il 21.12.2021, data di entrata in vi-
gore della legge di conversione del decreto.
Responsabilità aggravata per «lite temeraria» (co. 2-bis) Anche al processo tributario si applica
l’art. 96, co. 1 e 3 del c.p.c. che, in aggiunta alla condanna alla rifusione delle spese di lite, prevede
la condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata, al fine di scoraggiare le c.d.
«liti temerarie» (applicabilità, peraltro, già riconosciuta, in via interpretativa, dalla Corte di cassa-
zione: cfr. Cass., SS.UU., Sent. 3.6.2013, n. 13899). «La giurisprudenza di legittimità ha elaborato alcu-
ni criteri per il riconoscimento della temerarietà della lite, affermando che "oltre alla soccombenza totale
e non parziale, la condanna per responsabilità aggravata postula che l’istante deduca e dimostri la con-
creta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della controparte,
nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave"(Cass., Sent. 5.3.2015, n. 4443).
(...)
In merito al danno risarcibile, inoltre, la Suprema Corte ha più volte ritenuto inammissibile la domanda
di risarcimento dei danni cagionati nei pregressi gradi di giudizio, dovendo essa farsi valere nel giudizio
in cui i danni dedotti sono stati causati e non in sede di ricorso per cassazione, rientrando il relativo po-
tere nella competenza funzionale ed inderogabile di quel giudice (Cass., Sent. 4.2.2015, n. 1952)» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E), ossia del giudice di merito competente a conoscere della do-
manda principale, il quale solo è in grado di valutare la rilevanza e la consistenza patrimoniale di
un illecito realizzato nell’ambito del processo svoltosi davanti a lui.
Il danno è limitato al grado di giudizio considerato (cfr. Cass., Sent. 4.2.2015, n. 1952; Cass., SS.UU.,
Sent. 3.6.2013, n. 13899) e sono altresì richieste la mala fede o la colpa grave, dal momento che
«agire in giudizio per far valere una pretesa che alla fine si rileva infondata non costituisce condotta di
per sé rimproverabile» (cfr. Cass., Sent. 12.5.2015, n. 9581; conf. Cass. Ord. 13.9.2022, n. 26920).
Quanto all’elemento soggettivo, «il ricorso può considerarsi temerario «solo allorquando, oltre ad esse-
re erroneo in diritto, sia tale da palesare la consapevolezza della non spettanza del diritto fatto valere, o
evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali» (Cass., Sent.
14.7.2015, n. 14611)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E. Si veda anche. Cass. Ord. 17.11.2020, n.
26050).
E così, «laddove il ricorso di legittimità risulti manifestamente inammissibile, la proposizione della im-
pugnazione deve ritenersi avvenuta con colpa grave e costituisce evidente abuso dello strumento proces-
suale da parte del ricorrente, dovendosi certamente ritenere, in una siffatta ipotesi, percepibile dal legale
abilitato all’esercizio presso le giurisdizioni superiori (…), sulla base della diligenza cui è tenuto (…), la
circostanza di perorare tesi infondate, e comunque di avanzare una impugnazione di legittimità non su-
scettibile di accoglimento, stimandosi equo determinare l’importo di tale condanna nella misura pari al
doppio di quello liquidato per le spese del giudizio di legittimità in favore della parte contro ricorrente»
(cfr. Cass. Ord. 26.7.2021, n. 21408. Si veda il commento all'art. 62 del presente Decreto).
La condanna per responsabilità processuale aggravata può essere disposta a carico sia del contri-
buente che dell’Amministrazione, potendo «derivare anche da una pretesa impositiva “temeraria”, in
quanto connotata da mala fede o colpa grave (…) richiedendosi ai fini della sua sussistenza, la violazione
di quel grado di diligenza che consente di avvertire facilmente la infondatezza o la inammissibilità di
quella pretesa» (cfr. Cass., Ord. 17.12.2020, n. 29017).
Infine, il giudice può condannare d’ufficio la parte soccombente a pagare alla controparte una
somma equitativamente determinata (cfr. art. 93, co. 3, c.p.c.), senza la necessità di esperire alcun
accertamento sulla entità del danno (cfr. Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E). Tale condanna è ap-
plicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza e configura una sanzione autonoma e indipendente,
che viene determinata nell’an e nel quantum dal giudice a carico della parte soccombente, «già ob-
bligata ex lege al rimborso delle spese processuali e al risarcimento (integrale) del danno da lite temera-
ria. La valutazione equitativa del giudice (…) dà vita a una nuova obbligazione avente ad oggetto una
prestazione patrimoniale ulteriore e distinta» (cfr. Corte Cost. Sent. 6.6.2019, n. 139; conf. Cass. Sent.
7.8.2019, n. 21055; Cass. Ordinanze 21.7.2020, n. 15445; 11.10.2018, n. 25176), senza che sia «necessa-
rio ai fini della responsabilità aggravata ex art. 96, co. 3, c.p.c., alcun accertamento circa la sussistenza
dell’elemento del dolo o della colpa grave e risultando del tutto sufficiente la valutazione della pretestuo-
sità della condotta processuale tenuta dalla parte» (cfr. Cass. Ord. 24.9.2020, n. 20018; conf. Cass. Ord.
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

18.11.2019, n. 29812. Per la necessità dell’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave, si veda
Cass. Ord. 30.10.2020, n. 24094). «Agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave vuol dire

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azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza della infondatezza della doman-
da o della eccezione, ovvero senza aver adoperato la normale diligenza» (cfr. Cass. Ord. 3.10.2019, n.
24649; conf. Cass. Sent. 17.10.2019, n. 26299). Queste alcune ipotesi individuate dalla giurispruden-
za:
› la «pretestuosità della iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza
consolidata» (non anche, nel caso di contrastanti orientamenti di merito: cfr. Cass. Sent.
12.7.2019, n. 18745);
› la infondatezza «ictu oculi» del motivo di ricorso di legittimità, posto che costituisce abuso del
diritto alla impugnazione, la proposizione di un ricorso per cassazione basato su una censura
manifestamente insussistente (cfr. Cass. Sent. 17.1.2022, n. 1164), ovvero riproposto senza com-
piere «alcuno sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione (…) il diritto
vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta»
(cfr. Cass. Sent. 24.11.2022, n. 34693);
› la difesa impostata su un sofisma, «espressione di una concezione iperformalistica delle regole pro-
cessuali, in aperta discrasia» con l’assetto teleologico delle forme: come nel caso del difensore
che, difendendosi da sé, sostiene che la notifica della sentenza effettuata presso la sua residen-
za, invece che presso il suo studio professionale, «non sia idonea a far decorrere il termine breve
per impugnare» (cfr. Cass. Civ. Ord. 27.1.2022, n. 2472, che richiama Cass. Ord. 21.7.2017, n.
18053).
Conclusione: «la parte, che ha proposto il ricorso di legittimità dichiarato inammissibile, deve essere
condannata per lite temeraria, laddove l’atto di impugnazione risulti proposto quando l’indirizzo giuri-
sprudenziale in materia era da ritenersi ormai consolidato, dovendosi ritenere che la condanna ex art.
96, co. 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere
pubblicistico volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale, la cui applicazione richiede -
non il dolo o la colpa grave, ma - una condotta oggettivamente valutabile alla stregua dell’abuso del pro-
cesso» (cfr. Cass. Ord. 2.9.2021, n. 23810. Sul punto, si vedano anche, Cass. Ordinanze 29.3.2022, n.
10039; 27.1.2022, n. 2472; 5.11.2021, n. 32031; 31.5.2021, n. 15081 e 4.9.2020, n. 18512).
Da ultimo, si segnala che la dichiarazione di responsabilità processuale ex art. 96 c.p.c., incide an-
che sul difensore del soccombente, il cui compenso viene «ridotto del 75% rispetto a quello altrimenti
spettante» (cfr. art. 9, D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 13.8.2022, n. 147); ed è altresì ridotto
– nella misura del 50% – nei casi di «inammissibilità, improponibilità o improcedibilità della doman-
da».
Spese della fase cautelare (co. 2-quater) Al fine di evitare l’abuso delle richieste di tutela cautelare,
la norma prevede che l’ordinanza (non impugnabile) con cui il giudice decide sull’istanza di so-
spensione dell’atto impugnato o di sospensione dell’esecutività provvisoria della sentenza impu-
gnata con appello o con ricorso per cassazione ai sensi, rispettivamente, degli articoli 47 (per la
modifica di questa norma, si veda il relativo commento), 52 e 62-bis, debba contenere anche la sta-
tuizione sulle spese di lite.
«Il giudice conserva, invero, la possibilità di disporre diversamente in ordine alle spese della fase cautela-
re nel provvedimento adottato all’esito del giudizio. In questo caso, la sentenza che definisce il giudizio
assorbe l’ordinanza sia sotto il profilo cautelare che nella disposizione sulle spese di lite. La parte che in-
tenda dolersi della condanna alle spese della fase cautelare potrà, quindi, impugnare la sentenza nel rela-
tivo capo.
Ove il giudice non provveda in sentenza sulle spese di lite della fase cautelare, l’ordinanza adottata in
detta fase sarà assorbita dalla sentenza solo nella parte che ha deciso sull’istanza di sospensione, mentre
conserverà la propria efficacia nel capo che dispone sulle spese del giudizio cautelare. La parte che inten-
da dolersi della condanna alla rifusione delle spese del giudizio cautelare – contenuta nella relativa ordi-
nanza – potrà dunque, in tal caso, impugnare la sentenza in quanto ha omesso di disporre diversamente
in merito alle spese della fase cautelare» (cfr. Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, § 1.4).
In merito all’art. 15, comma 2-quater in esame, la Comm. Trib. Prov. di Treviso (cfr. Ord. 15.1.2016,
n. 99) aveva sollevato questione di legittimità della norma per eccesso di delega, in violazione del-
l’art. 76 della Cost., in quanto la Legge 11 marzo 2014, n. 23 «nulla prevede in punto di spese della fase
cautelare», ma la Corte costituzionale l’ha dichiarata infondata, perchè «va riconosciuta, in capo al
Processo tributario 79

Legislatore delegato, una "fisiologica (…) attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del

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delegante" (sentenza n. 194/2015), che deve, però, svolgersi nell’alveo delle scelte di fondo operate dal Le-

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gislatore della delega, nel pieno rispetto della ratio di quest’ultima e in coerenza con il complessivo qua-
dro normativo (sentenza n. 59/2016). Nel caso in esame, il Legislatore non ha travalicato questi limiti»,
dato che «la previsione di liquidare le spese della fase cautelare già alla chiusura di tale segmento pro-
cessuale (…) costituisce un’applicazione del principio sostanziale di soccombenza con una regola più rigo-
rosa, meramente processuale, che si limita ad anticipare e ad evidenziare l’incidenza di questa fase sulla
distribuzione delle spese processuali, incidenza già implicita nel processo stesso.
Tale anticipazione costituisce, inoltre, un naturale sviluppo del criterio direttivo dell’"incremento della
funzionalità della giurisdizione tributaria" (art. 10, comma 1, lett. b, della Legge n. 23/2014), poiché raf-
forza l’efficacia deterrente della condanna alle spese, favorendo un più ragionato esercizio del diritto di
azione» (cfr. Corte Cost., Sent. 16.12.2016, n. 278).
Controversie assoggettate all’obbligo di reclamo e mediazione (co. 2-septies) Nelle controversie
che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 17-bis del presente Decreto, la parte soccombente
è condannata a rimborsare a favore dell’altra, oltre alle spese di giudizio (sul punto, si veda il neo
introdotto co. 9-bis dell’art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992), una somma pari al 50 per cento delle stesse a
titolo di rimborso delle spese del procedimento amministrativo.
Così, nel caso di «irragionevole rifiuto da parte dell’Ufficio della proposta di mediazione tributaria for-
mulata dal contribuente» risultato vittorioso nei successivi gradi di giudizio (compreso quello di le-
gittimità), l’Ufficio è stato condannato al rimborso delle spese maggiorate del 50% di tutti i gradi di
giudizio (cfr. C.T.R. Emilia Romagna, 18.1.2021, n. 65).
La Corte di giustizia tributaria di primo grado, fuori dei casi di soccombenza reciproca, può com-
pensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se sussistono gravi ed eccezionali ragio-
ni – da indicare esplicitamente nella sentenza – che hanno indotto la parte soccombente a disat-
tendere la proposta di mediazione.
Condanna alle spese in caso di ingiustificato rifiuto di proposta di conciliazione avanzata dalla
controparte (co. 2-octies) Il comma in esame - sostituito dall’art. 4, co. 1, lett. d), della citata L.
130/2022, per i ricorsi notificati a decorrere dalla sua data di entrata in vigore e, quindi, dal 16 set-
tembre 2022 - prevede la condanna al pagamento delle spese di giudizio maggiorate del 50%, qua-
lora una delle parti o il Giudice abbiano formulato una proposta di conciliazione che l’altra parte
non abbia accettato senza giustificato motivo, sempre che il riconoscimento delle sue pretese risul-
ti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. La novella, quindi, stabilisce, da un lato,
che le spese possano essere maggiorate del 50% (analogamente a quanto già previsto nel caso del
reclamo-mediazione); dall’altro, che anche il Giudice possa formulare una proposta di conciliazio-
ne (sul punto, si vedano le modifiche introdotte all’istituto della conciliazione tributaria). Per il re-
sto, è confermata la precedente versione della norma, comprensiva della statuizione per cui, se la
conciliazione ha avuto luogo, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano
convenuto diversamente nel processo verbale di conciliazione.
In proposito, l'Agenzia delle Entrate aveva affermato che:
«Le spese del processo (…), se si conclude una conciliazione (giudiziale), vengono compensate, salvo di-
verso accordo tra le parti. Se, invece, non si addiviene a conciliazione, possono verificarsi le seguenti ipo-
tesi:
1) una parte risulta totalmente soccombente e alla stessa sono addebitate, secondo il principio generale, le
spese di lite, salvo il caso in cui sussistano gravi ed eccezionali ragioni;
2) c’è soccombenza reciproca e la sentenza ha rideterminato la pretesa per un ammontare inferiore al
contenuto della proposta conciliativa, rifiutata da una delle parti per un giustificato motivo, nel qual ca-
so le spese del processo sono compensate;
3) c’è soccombenza reciproca e la sentenza ha rideterminato la pretesa per un ammontare inferiore al
contenuto della proposta, rifiutata da una delle parti senza un giustificato motivo, nel qual caso il giudice
pone le spese dell’intero processo a suo carico;
4) c’è soccombenza reciproca e la sentenza ha rideterminato la pretesa per un ammontare uguale o supe-
riore al contenuto della proposta, nel qual caso il giudice dispone la compensazione delle spese» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E).
Situazioni particolari
1. Spese processuali e difesa personale della parte Si discute se sia legittima la condanna alle spese, a
80
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

carico del soccombente, quando la parte vittoriosa abbia agito in giudizio personalmente o a mez-
zo della sua organizzazione e, di conseguenza, non vi siano compensi da liquidare a terzi: si pro-

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pende per negare i compensi professionali, ma per rimborsare le spese «vive» sostenute per il giu-
dizio (contributo unificato, costo delle copie e delle notifiche ecc.). L’assenza, nella disciplina sul
processo tributario, di una norma che (analogamente a quanto dispone, invece, l’art. 15, comma 2-
sexies , del Decreto, a favore delle Pubbliche amministrazioni) consenta al privato cittadino che si
difende da solo di ottenere la liquidazione dei costi diretti da lui sostenuti determina una disparità
di trattamento tra le parti del processo tributario, che potrebbe essere superata con una interpreta-
zione costituzionalmente orientata: per cui, quando il ricorrente «esca vincitore» dal meccanismo
giudiziario nel quale è stato obbligato ad entrare per errori non suoi, deve uscirne indenne
(Comm. Trib. Prov. Bologna, Sent. 22.2.2006, n. 20). In realtà, la Corte di Cassazione, ribadendo il
proprio orientamento, ha affermato che, se la parte sta in giudizio personalmente, «non può chiede-
re che il rimborso delle spese vive sopportate», mentre l’avvocato (o altro soggetto abilitato) che si di-
fenda in proprio «ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale» purché mani-
festi «l’intenzione di operare [nel processo] come difensore di sé medesimo ex art. 86 c.p.c.» (cfr. Cass.
Ord. 21.1.2019, n. 1518).
2. Spese di giudizio dovute dalla parte soccombente ai fini Iva Secondo il Ministero delle Finanze (R.M.
24.7.1998, n. 91/E) e la Corte di Cassazione (Sent. 17.10.2002, n. 1672), il soggetto soccombente in
giudizio e condannato al pagamento degli onorari e delle spese a favore dell’avvocato della contro-
parte vittoriosa, è tenuto, in via di principio, anche al pagamento dell’Iva relativa; se, però, risulta
vittorioso un «soggetto passivo Iva» – e la vertenza inerisca all’esercizio dell’attività d’impresa (o
professionale o artistica) del vincitore – l’Iva non va rimborsata, dato che – in tale ipotesi – lo stes-
so può esercitare la detrazione dell’imposta che gli è stata addebitata in via di rivalsa (contra Cass.,
Sent. 30.3.2010, n. 7806, secondo cui «la deducibilità di tale imposta può, eventualmente, rilevare solo
in ambito esecutivo, posto che rimane ferma la possibilità, per la parte soccombente, di contestare sul
punto il titolo esecutivo con opposizione al precetto o all’esecuzione, al fine di far valere eventuali circo-
stanze che, secondo le previsioni del citato D.P.R. n. 633 del 1972, escludano, nei singoli casi la concreta
rivalsa o, comunque, l’esigibilità dell’IVA (confr. Cass. civ., Sent. 22.5.2007, n. 11877». Cfr. anche Cass.
Ord. 5.11.2020, n. 24634).
3. Distrazione delle spese di giudizio a favore del difensore Secondo l’Agenzia delle Entrate (Circ.
19.6.2012, n. 25/E), se ricorrono le condizioni legali per l’applicazione dell’istituto della «distrazione
delle spese» (art. 93 c.p.c.), l’amministrazione soccombente deve corrispondere le spese, alla cui ri-
fusione è stata condannata, direttamente al difensore della parte vittoriosa, anziché a quest’ultima
(art. 1, co. 2 del decreto), fermo restando che il difensore distrattario non ha diritto al pagamento
dell’Iva quando il suo cliente può esercitare la detrazione dell’imposta (cfr. Cass., Sent. 21.2.2012, n.
2474). In caso di omessa pronuncia della Commissione sulla richiesta di distrazione delle spese
processuali, esso può esperire il procedimento di correzione di cui all’art. 287 c.p.c. (e non gli ordi-
nari mezzi di impugnazione: cfr. Cass., Sent. 2.8.2013, n. 18518): infatti, «in caso di omessa pronun-
cia sulla istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile (…) è costituito dal
procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli articoli 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari
mezzi di impugnazione (…) rimedio applicabile, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle
pronunce della Corte di cassazione» (cfr. Cass. Ord. 24.9.2021, n. 25940).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 96, co. 1 e 3 Codice di procedura civile


Responsabilità aggravata

Art. 9, co. 1, 2 e 3, D.L. 24.1.2012, n. 1


Disposizioni sulle professioni regolamentate

D.M. 20.7.2012, n. 140


Processo tributario 81

D.M. 10.3.2014, n. 55

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Art. 5-octies, D.L. 21.10.2021, n. 146, conv. con modif. in L. 17.12.2021, n. 215
Modalità di pagamento delle spese di giudizio da parte dell'agente della riscossione

D.M. 13.8.2022, n. 147

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.4

Circ. Ag. Entrate 19.6.2012, n. 25/E, § 10.3


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 16 - COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI [CFF ¶ 4667]

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1. Le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria della corte di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado consegnato alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a
mezzo del servizio postale in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale
non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'avviso. Le comuni-
cazioni agli enti impositori, agli agenti della riscossione ed ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’arti-
colo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono essere fatte mediante trasmissio-
ne di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta,
è restituito alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. La segreteria
può anche richiedere la notificazione dell'avviso da parte dell'ufficio giudiziario o del messo comu-
nale nelle forme di cui al comma 2. 1
[1-bis. Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai
sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Tra le pubbliche ammi-
nistrazioni di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le comunicazioni
possono essere effettuate ai sensi dell'articolo 76 del medesimo decreto legislativo. L'indirizzo di
posta elettronica certificata del difensore o delle parti è indicato nel ricorso o nel primo atto difen-
sivo; nei procedimenti nei quali la parte sta in giudizio personalmente e il relativo indirizzo di posta
di posta elettronica certificata non risulta dai pubblici elenchi la stessa può indicare l’indirizzo di po-
sta al quale vuol ricevere le comunicazioni.] 3
2. Le notificazioni sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura ci-
vile, salvo quanto disposto dall'art. 17.
3. Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante
spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non so-
no apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto, ovvero all'ufficio del
Ministero delle finanze ed all'ente locale mediante consegna dell'atto all'impiegato addetto che ne
rilascia ricevuta sulla copia. 2
4. Gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo
comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria, con l'osservanza delle disposizioni
di cui al comma 2. 4
5. Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data
della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla
data in cui l'atto è ricevuto.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 37 D.L. 04.07.2006, n. 223, con decorrenza dal 04.07.2006, così
come modificato dalla dalla legge di conversione, L. 04.08.2006, n. 248 con decorrenza 12.08.2006, poi dall'art. 39, D.L.
06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011, dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorren-
za dal 01.01.2016, e da ultimo dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 37 D.L. 04.07.2006, n. 223, con decorrenza dal 04.07.2006, così come
modificato dalla dalla legge di conversione, L. 04.08.2006, n. 248 con decorrenza 12.08.2006.
3 Il presente comma inserito dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011, e poi
modificato dall'art. 49, D.L. 24.06.2014, n. 90 con decorrenza dal 25.06.2014, convertito in legge dalla L. 11.08.2014, n. 114
con decorrenza dal 19.08.2014, è stato da ultimo abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal
01.01.2016.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.

COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI (Art. 16)

Processo Tributario Telematico P.T.T. Le comunicazioni e le notificazioni relative ai giudizi instau-


rati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, si effettuano
Processo tributario 83

secondo le regole del P.T.T. e, dunque, a mezzo posta elettronica certificata (PEC). In sede di prima

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


applicazione della novella normativa, la Prassi aveva ammesso la possibilità di continuare ad utiliz-

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zare la modalità analogica, anche nelle successive fasi del giudizio, qualora la parte avesse scelto di
notificare l’atto introduttivo del giudizio di primo o di secondo grado con detta modalità, ad esem-
pio, in data 29 giugno 2019 (cfr. Circ. M.E.F., 4.7.2019, n. 1/DF). Se non che, a seguito dell'emergen-
za epidemiologica da Covid-19, l’obbligo di notificare gli atti successivi alla costituzione (e deposi-
tare i provvedimenti giurisdizionali) «esclusivamente con le modalità telematiche» è stato esteso «a
tutte le controversie tributarie, anche se gestite da una o più parti con le tradizionali modalità analogi-
che»; fermo restando che, alle parti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica, continuano ad
essere «consentiti depositi o notifiche in modalità analogica» (cfr. art. 29, D.L. 23/2020 e Circ. Ag. En-
trate 13.4.2020, n. 9).
In questa sede, si riepilogano i principi tutt’ora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019,
mentre per le regole di comunicazione e notificazione nel P.T.T. si rimanda al commento del suc-
cessivo art. 16-bis.
Le comunicazioni e le notificazioni Nel processo tributario, in linea generale, la Segreteria della
Commissione «comunica», le parti «notificano».
Comunicazioni (co. 1) Consistono nella trasmissione, da parte della Segreteria della Corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado, di notizie di un fatto relativo al processo (ad es.: avviso della
data di trattazione, avviso di deposito della sentenza ecc.) attraverso un documento che può essere
(alternativamente):
› consegnato alle parti, che devono rilasciarne ricevuta (per attestarne anche la data di ricevimen-
to);
› spedito a mezzo del servizio postale, in plico senza busta raccomandato, con avviso di ricevi-
mento;
› spedito tramite telefax (L. 7.6.1993, n. 183);
› rimesso all’ufficiale giudiziario o al messo comunale per la notifica (artt. 137 e segg. c.p.c.).
Nei confronti dell’Ufficio tributario o dell’Ente locale, la Segreteria della Corte di giustizia tributaria
di primo e secondo grado può «comunicare» anche mediante la trasmissione di un elenco in dupli-
ce esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta, le è restituito.
Le comunicazioni devono essere fatte alle parti costituite in giudizio, ma, in taluni casi, vengono ef-
fettuate anche nei confronti di parti non costituite (ad es., comunicazioni agli eredi della parte, ex
art. 43, co. 3 del presente Decreto).
Notificazioni (co. 2, 3 e 4) Portano a conoscenza dei destinatari «atti del processo»; e consistono nel
rilascio o nella consegna di copia – conforme all’originale – dell’atto oggetto di notifica.
Destinatario è colui nei confronti del quale si vuole portare a conoscenza l’atto; consegnatario è
colui che, in determinate circostanze, è legittimato a ricevere l’atto al posto del destinatario (potrà
trattarsi di persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio, all’azienda ecc.).
Le notifiche possono essere eseguite:
› mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta o sulla copia o con do-
cumento autonomo (che va sottoscritto dall’impiegato addetto alla ricezione per certificare la
provenienza e la data di formazione: cfr. Cass., Sent. 24.2.2012, n. 2816): questa modalità non ri-
sulta praticabile se destinatario è l’Agente o il Concessionario della riscossione (dal testo della
norma pare doversi dedurre che la notifica può avvenire solo a mezzo posta o a mezzo ufficiale
giudiziario), ma è stata riconosciuta valida dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sent.
3.2.2017, n. 2905);
› mediante spedizione con raccomandata con avviso di ricevimento, in plico senza busta, per far
sì che il timbro postale recante la data di spedizione risulti sullo stesso atto, al fine di evitare
che possano essere spedite buste prive di contenuto, (la notifica del ricorso contenuto in una
busta «contrasta con il tassativo disposto di cui all’art. 16 cit., secondo cui l’atto deve essere spedito
in “plico senza busta raccomandata con avviso di ricevimento”. Ne deriva che la notificazione era
nulla - non inesistente, in quanto l’atto fu effettivamente consegnato al legittimo destinatario - per
violazione di un requisito essenziale di forma»: cfr. Cass., Sent. 14.4.2010, n. 8846). Quanto alla
prova, che incombe sul notificante, del rispetto del termine di notificazione di atti del giudizio
tributario, la giurisprudenza ha ritenuto che detta prova «si ricava dal timbro riferibile all’opera-
tore postale, che ha natura di atto pubblico fidefaciente, essendo invece esclusa la possibilità di ricor-
84
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

rere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione


finanziaria o informazioni reperibili nel sito dell’operatore postale» (cfr. Cass. Ord. 20.8.2021, n.

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23177);
› a mezzo di ufficiale giudiziario a norma degli artt. 137 e segg. c.p.c. (è la «regola», peraltro, poco
praticata).
Le notificazioni effettuate dagli Enti impositori o dagli Agenti della riscossione possono avvenire
anche tramite:
› un messo comunale regolarmente nominato dal Sindaco (cfr. L. 8.6.1990, n. 142, e Comm. Trib.
Prov. Macerata, Sent. 20.9.1999, n. 216, per la nullità della notifica effettuata da un messo di no-
mina prefettizia) o
› un messo autorizzato dall’Amministrazione finanziaria ex artt. 137 e segg. c.p.c (cfr. Cass., Sent.
10.7.2009, n. 16267).
Le spese di notifica rientrano tra le spese di giudizio da porre a carico della parte soccombente (art.
15 del Decreto).
Notifica a mezzo «posta privata» La giurisprudenza ha dichiarato inammissibileil ricorso notifi-
cato a mezzo «posta privata» - anche dopo la soppressione dell’attribuzione in esclusiva alla
società Poste italiane S.p.A. dei servizi inerenti le alle notificazioni e comunicazioni degli atti
(cfr. art. 1, co. 57, L. 124/2017) - almeno «fino a quando non saranno rilasciate» agli operatori le
licenze per lo svolgimento del servizio «postale» già oggetto di riserva (in merito alla riforma
di cui alla L. 4.8.2017, n. 124, cfr.: Cass. Ordinanze 7.9.2018, n. 21884; 31.5.2018, n. 13855;
3.4.2018, n. 8089; 8.1.2018, n. 234; 11.10.2017, n. 23887; 23.8.2017, n. 20306; 5.6.2017, n. 13956;
Cass. SS.UU. Sentenze 29.5.2017 nn. 13452 e 13453. Sulla inesistenza della notifica a mezzo «po-
sta privata» dell’atto di accertamento, cfr. Cass. Ord. 29.1.2018, n. 2173). Se non che, «la tesi del-
la inesistenza tout court della notifica del ricorso tributario eseguito a mezzo posta da licenziatario
privato sembra» contrastare «con la possibilità che detta notificazione sia assimilata a quella ese-
guita mediante consegna diretta» e con il principio del raggiungimento dello scopo: sarebbe, cioè
«troppo rigida», se si considerano i diversi effetti che derivano dalla inesistenza della notifica
rispetto alla nullità; inoltre si porrebbe in contrasto con lo spirito della disciplina di cui alla L.
124/2017, per cui la Corte di cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite (cfr. Cass.
Ord. 12.4.2019, n. 10276 nonché Cass. Ord. 19.4.2019, n. 11016), che l’hanno risolta affermando il
seguente principio di diritto: «In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giu-
ridico novellato dalla Direttiva n. 2008/69/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è
prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato
non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazio-
ne di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel pe-
riodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta Direttiva e il regime introdotto dalla legge
n. 124 del 2017.
La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private
per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tem-
pestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso mede-
simo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo
abilitativo» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 10.1.2020, nn. 299 e 300, conf. Ordinanze 15.6.2021, n. 16806;
8.1.2021, n. 171; 9.4. 2020, n. 7774). La Corte di Cassazione, con successiva sentenza, ha, quindi,
precisato: «In tema di notificazioni a mezzo posta, per effetto dell’art. 4, del D.Lgs. n. 261/1999 e
ss.mm., se pure è fidefaciente e valida la notifica di atti amministrativi e tributari – nel periodo inter-
corrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58/2011 e quella portata a compimento
dalla legge n. 124/2017 – tramite operatore postale privato in possesso del titolo abilitativo minore, co-
stituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, co. 1, del D.Lgs. n. 261/1999, non si configura, invece,
analoga fidefacienza e validità per la notificazione con la medesima “licenza individuale” di atti giudi-
ziari, ivi compresi i ricorsi introduttivi del processo tributario, là dove, per ragioni di ordine pubblico
correlate a peculiari requisiti di rafforzata affidabilità dell’agente notificatore, tale genere di notifica-
zioni postali è riservata al solo gestore del “servizio postale universale”, nel regime del D.Lgs. n.
58/2011, così come ai titolari di “licenza individuale speciale”, nel successivo regime della legge n.
124/2017» (cfr. Cass. Sent. 12.11.2020, n. 25521, relativa alla notifica di un ricorso introduttivo del
processo tributario avvenuta nel 2012). Infine, «in presenza di una notifica nulla non sanata dalla
Processo tributario 85

costituzione della parte convenuta», la Corte di cassazione ha ritenuto che, «rispetto a tale notifica,

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


non si potrà mai effettuare una verifica con esito positivo della tempestività del ricorso, in quanto ri-

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sulterà sempre priva di certezza legale, non solo la data di consegna da parte del notificante, ma anche
quella di consegna dell’atto al destinatario», non essendo possibile «riconoscere efficacia fidefaciente
all’attestazione dell’incaricato di un’agenzia di recapito privata rispetto a nessuno degli adempimenti
da cui discende la certezza che l’atto sia giunto a conoscenza o nella sfera di conoscibilità del destinata-
rio» (cfr. Cass. Ord. 6.7.2021, n. 19019).
Decorrenza termini delle comunicazioni e delle notificazioni (co. 5) Le comunicazioni e le notifica-
zioni si perfezionano:
› se l’atto viene consegnato, al momento della consegna sia per chi comunica che per chi riceve;
› se l’atto viene spedito tramite l’utilizzo diretto del servizio postale,
- per il mittente, nella data di spedizione del plico postale;
- per il destinatario, nella data di ricevimento dell’atto (cfr. Cass., Sent. 15.5.2008, n. 12185; non-
ché Corte cost., Ord. 21.7.2000, n. 329);
per cui i termini decorrono: per il mittente, dalla data di spedizione; per il destinatario, dalla data
di ricevimento;
› se l’atto viene trasmesso con l’intervento di un agente notificatore,
- per il notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario;
- per il destinatario, al momento in cui riceve il plico;
per cui per il notificante, vale la data di consegna all’ufficiale giudiziario; per il destinatario, la data
di ricevimento (o di ritiro) del piego o, comunque, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione
dell’avviso di tentata notifica (art. 8, co. 2, L. 20.11.1982, n. 890: cfr. Cass., Sent. 2.2.2016, n. 2047,
nonché art. 2, co. 1, lett. e); L. 28.12.2005, n. 263 come da Sent. Corte costituzionale 26.11.2002, n.
477).
Notifica non andata a buon fine La Corte di cassazione ha affermato il seguente principio di diritto:
«la parte che ha richiesto la notifica, nell’ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a lei non
imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve at-
tivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti
necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi
sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325
c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova». (cfr. Cass., SS.UU., 15.7.2016, n. 14594
e, in termini, Cass., Sentenze 12.2.2020, n. 3394; 9.3.2016, n. 4609; 30.11.2011, n. 25513; 10.6.2011,
n.12795; 13.5.2011, n. 10602; Cass., Ordinanze 7.8.2020, n. 16830; 29.1.2020, n. 1981; 23.10.2019, n.
27145; 14.6.2019, n. 16008; 22.3.2011, n. 6587).
Integra una circostanza eccezionale, di cui va data prova rigorosa, «il fatto che la notificazione
non sia andata a buon fine per ragioni imputabili al solo agente notificatore, il quale fornisca atte-
stazioni ideologicamente errate circa la non effettività del domicilio del destinatario invece rimasto
inalterato e positivamente riscontrato da altro agente notificatore in successivo accesso». In questa
ipotesi, al notificante incolpevole è consentito «conservare gli effetti collegati alla richiesta origi-
naria, anche se abbia riattivato il processo notificatorio senza il rigoroso rispetto del limite di tem-
po pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c» (cfr. Cass. Ord. 16.9.2021, n. 25037 e
25038).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 136, 137, 149 e 149-bis Codice di procedura civile


Comunicazioni e notificazioni

Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40


Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo
unificato e attività del contenzioso degli enti impositori
86
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

PRASSI AMMINISTRATIVA

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Circ. Min. Fin. 30.5.1997, n. 135/E

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.5

Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF

Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9

Art. 16-bis - COMUNICAZIONI, NOTIFICAZIONI E DEPOSITI TELEMATICI [CFF ¶ 4667a]

1. Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, ai
sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Tra le pubbliche
amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le co-
municazioni possono essere effettuate ai sensi dell’articolo 76 del decreto legislativo n. 82 del
2005. L’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti è indicato nel ricorso o
nel primo atto difensivo. La comunicazione si intende perfezionata con la ricezione avvenuta nei
confronti di almeno uno dei difensori della parte. 3
2. Nelle ipotesi di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o
della parte ed ove lo stesso non sia reperibile da pubblici elenchi, ovvero nelle ipotesi di mancata
consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le
comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della corte di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado. Nei casi di cui al periodo precedente le notificazioni
sono eseguite ai sensi dell'articolo 16. 4
3. Le parti, i consulenti e gli organi tecnici indicati nell'articolo 7, comma 2, notificano e depositano
gli atti processuali i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità te-
lematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell'economia e delle finan-
ze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione. In casi eccezionali, il Presiden-
te della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado o il Presidente di sezione, se il ricor-
so è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento
motivato possono autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche. 5
3-bis. I soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica ai sensi dell'articolo 12, comma 2,
hanno facoltà di utilizzare, per le notifiche e i depositi, le modalità telematiche indicate nel com-
ma 3, previa indicazione nel ricorso o nel primo atto difensivo dell'indirizzo di posta elettronica
certificata al quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni. 6
4. L’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata valevole per le comunicazioni e le noti-
ficazioni equivale alla comunicazione del domicilio eletto. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 La rubrica del presente articolo è stata così sostituita dall'art. 16, comma 1, lett. a), numero 1), D.L. 23.10.2018, n. 119
con decorrenza dal 24.10.2018, convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 16, comma 1, lett. a), numero 2), D.L. 23.10.2018, n. 119 con decor-
renza dal 24.10.2018, convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018.
4 Il presente comma prima sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. a), numero 3), D.L. 23.10.2018, n. 119 con decorrenza dal
24.10.2018, convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018, è stato poi così modificato
dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 Il presente comma prima sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. a), numero 4), D.L. 23.10.2018, n. 119 con decorrenza dal
24.10.2018 ed applicazione ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal
01.07.2019, convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018, è stato poi così modificato
dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


6 Il presente comma è stato inserito dall'art. 16, comma 1, lett. a), numero 5), D.L. 23.10.2018, n. 119 con decorrenza dal
24.10.2018 ed applicazione ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal

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01.07.2019, convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018.

COMUNICAZIONI, NOTIFICAZIONI E DEPOSITI TELEMATICI (Art. 16-bis)

Comunicazioni telematiche (co. 1 e 2) Le comunicazioni tra privati e tra le Pubbliche Ammini-


strazioni, nell’ambito del Sistema pubblico di connettività, sono effettuate anche tramite PEC,
secondo quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) di cui al D.Lgs. 7 marzo
2005, n. 82.
L’indirizzo PEC del difensore deve essere indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo; nel ca-
so dei professionisti iscritti in albi o elenchi, deve coincidere con quello comunicato ai rispettivi
ordini e collegi.
Le comunicazioni telematiche si intendono perfezionate al momento in cui viene generata la ri-
cevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata (PEC) del desti-
natario (cfr. art. 5, Decreto MEF 23.12.2013, n. 163; si veda anche Cass. Sez. Lav. Sent. 2.11.2021, n.
31045). Nel caso di più difensori della parte, le comunicazioni si intendono perfezionate con la
ricezione da parte di almeno un difensore.
Qualora non sia stato indicato l’indirizzo PEC del difensore o della parte, oppure lo stesso non
sia reperibile dai pubblici elenchi, «ovvero in caso di mancata consegna del messaggio PEC per cau-
se imputabili al destinatario», le comunicazioni a carico degli Uffici di segreteria si intendono
perfezionate mediante deposito nella Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado (ex art. 16 del presente Decreto: cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.6. Per
l’obbligo di eseguire le comunicazioni mediante deposito in cancelleria, quando il difensore non
abbia istituito e/o comunicato l’indirizzo PEC, cfr. Cass. Ord. Int. 25.10.2022, n. 31431).
La imputabilità al destinatario della mancata consegna del messaggio PEC, si verifica qualora il
difensore sia venuto meno agli obblighi previsti dal D.M. n. 44 del 2011, tra cui quello di «dotarsi
di servizio automatico di avviso della imminente saturazione della propria casella di posta elettronica
certificata e di verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione», con la conse-
guenza che, in queste ipotesi, il deposito presso la cancelleria deve ritenersi validamente effet-
tuato (cfr. Cass. Ord. 18.2.2020, n. 3965. Si veda, anche, Cass. Civ. Ord. 7.6.2021, n. 15783, per il
caso in cui il difensore non abbia istituito e comunicato il proprio indirizzo PEC).
Si ricorda che, ai sensi degli artt. 45 e 48 del D.lgs. 7.3.2005, n. 82 (applicabile al P.T.T., «ove non
diversamente stabilito» dal Regolamento di cui al D.M. 163/2013):
› i documenti trasmessi ad una Pubblica Amministrazione, da chiunque, con qualsiasi mezzo
telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito
della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento
originale; ogni documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal
mittente se inviato al proprio gestore; e si intende consegnato al destinatario se reso disponi-
bile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella sua casella di posta elettronica messa a
disposizione dal gestore;
› la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una
ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata - PEC ai sensi del D.P.R.
11.2.2005 n. 68 o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le regole tecniche
adottate ai sensi dell’art. 71, D.Lgs. 7.3.2005 n. 82. La trasmissione così effettuata, equivale,
salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione a mezzo posta (con valenza di
raccomandata con avviso di ricevimento). La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un
documento informatico così trasmesso sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni
di cui al D.P.R. 11.2.2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle regole
tecniche adottate ai sensi del citato art. 71. «Le comunicazioni e notificazioni a cura della cancel-
leria si effettuano, per via telematica, all’indirizzo PEC del destinatario e la trasmissione del docu-
mento informatico (…) si intende perfezionata, con riferimento alla data e all’ora della sua ricezio-
ne, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R. 68/2005»: è «la
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

c.d. ricevuta di avvenuta consegna, che costituisce quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a
prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella PEC del destinatario»

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(cfr. Cass. Sez. Lav. Sent. 2.11.2021, n. 31045).
Notifiche e depositi telematici (co. 3 e 3-bis) Dal 1° luglio 2019, gli atti introduttivi del giudizio
«devono essere notificati alla controparte tramite la posta elettronica certificata (PEC) e (…) depositati
in Commissione tributaria con modalità telematiche (…)» (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Viene, quindi, introdotta la regola della obbligatorietà, nel processo tributario, delle notifiche e
dei depositi telematici, in base alla quale le parti, i consulenti, gli organi tecnici di cui all’art. 7,
co. 2, del Decreto notificano e depositano gli atti processuali (formati come documenti informa-
tici sottoscritti con firma elettronica qualificata o con firma digitale), i documenti e i provvedi-
menti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche.
In proposito, si è precisato che, «quando la produzione di un atto, nativo digitale (…) avvenga in giudizio
tramite l’allegazione al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di
conformità all’originale dell’atto prodotto (…)» (cfr. Cass. Ord. 16.1.2023, n. 981).
«Sono sempre obbligati alla notifica e al deposito telematico degli atti e documenti:
› l’ente impositore e gli enti della riscossione;
› il difensore abilitato all’assistenza tecnica in possesso del mandato rilasciato dal contribuente;
› il difensore abilitato all’assistenza tecnica che sta in giudizio personalmente» (cfr. Circ. M.E.F. 1/
DF/2019).
La notificazione degli atti e il successivo deposito in via telematica presso la competente Corte
di giustizia tributaria di primo e secondo grado si effettuano «secondo le disposizioni contenute
nel regolamento [D.M.] n. 163/2013 [che detta la «disciplina dell’uso di strumenti informatici e tele-
matici nel processo tributario»] e nei successivi decreti di attuazione» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n.
2/DF), quali:
› il Decreto direttoriale M.E.F. del 4.8.2015 che detta le regole tecnico-operative per l’uso degli
strumenti informatici e telematici nell’ambito del processo tributario (c.d. «allegato tecnico»);
› la Circolare M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF che detta le linee guida per la operatività della procedura;
› la
In Circolare
merito alla M.E.F. 4.7.2019,
«violazione dellen.norme
1/DF. e delle regole tecniche in materia di notificazione degli atti
processuali in formato elettronico» la Corte di cassazione ha affermato che detta violazione non
comporta la invalidità della notifica tramite PEC, se controparte ha potuto esercitare «tutte le
proprie prerogative difensive» (cfr. Cass. Ord. 2.5.2022, n. 13795) ed in particolare che «in tema di
notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta istituzionale, non ri-
sultante nei pubblici registri, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di
svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’og-
getto» (Cass. Ord. 28.02.2023, n. 6015; conforme: Cass. Ord. 19.01.2023, n. 1702; contra, C.G.T. II°
Lazio, Sent. 30.12.2022, n. 6507).
E la giurisprudenza di merito ha ritenuto:
› da un lato, che «una irregolarità formale che non ha avuto ricadute concrete sul piano della in-
staurazione del rapporto processuale e del rispetto delle facoltà difensive» non comporta la inam-
missibilità del ricorso (cfr. C.T.P. Cosenza, Sent. 11.10.2021, n. 5290), dato che prevale il dispo-
sto dell’art. 156 c.p.c., per cui la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il
suo scopo (cfr. C.T.P. Bologna, Sent. 25.1.2022, n. 107);
› dall’altro, che il ricorso sottoscritto a mano dal difensore, successivamente scannerizzato e
poi firmato digitalmente sul file immagine, non rispetta i requisiti previsti dal Decreto M.E.F.
4.8.2015, con conseguente inammissibilità del ricorso stesso per violazione dell’art. 16-bis del
D.Lgs. 546/1992 (cfr. C.T.P. Torino, Sent. 10.3.2021, n. 197; e la Corte di giustizia di II Grado
Piemonte, Sent. 10.10.2022, n. 946, che qualifica l’atto come inesistente), e lo stesso dicasi nel
caso di atto non redatto nel formato PDF/A-1a o PDF/A-1b (cfr. C.T.R. Milano, Sent. 25.9.2019,
n. 3609).
Infine, si ricorda che i soggetti che possono stare in giudizio senza l’assistenza tecnica (contro-
versie di valore inferiore a € 3.000,00), hanno la facoltà (non l’obbligo) di avvalersi delle moda-
lità telematiche per le notifiche e i depositi, nel qual caso dovranno indicare, nel ricorso o nel
primo atto difensivo, l’indirizzo di posta elettronica certificata cui ricevere le comunicazioni e le
notificazioni (co. 3-bis).
A. Notificazioni Il Decreto MEF 163/2013 stabilisce che le notificazioni telematiche si intendono
Processo tributario 89

perfezionate al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del ge-

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store di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario (cfr. art. 5, nonché Cass. Ord.

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27.2.2020, n. 5372). Precisamente le «notificazioni, per il mittente si intendono eseguite al momento
dell’invio del documento al proprio gestore PEC, attestato dalla ricevuta di accettazione (RdAC) rila-
sciata al medesimo gestore del sistema; invece, per il destinatario occorre far riferimento al momento
in cui il documento informatico è reso disponibile nella casella PEC del suo gestore», per cui «per il
mittente, ai fini del corretto perfezionamento della notifica risulta indifferente che il destinatario vi-
sualizzi o meno il contenuto della PEC ricevuta».
Qualora non sia stato indicato l’indirizzo PEC del difensore o della parte, oppure lo stesso non
sia reperibile dai pubblici elenchi, «ovvero in caso di mancata consegna del messaggio PEC per cau-
se imputabili al destinatario», «le notificazioni si intendono perfezionate con il deposito in Commis-
sione tributaria solo laddove sono state esperite preventivamente le procedure di notifica indicate nel-
l’articolo 16» (cfr. Relazione illustrativa al D.L. 119/2018); il notificante, cioè, deve provvedere alla
notifica analogica ex art. 16, Dlgs, 546/1992 (per le modalità operative si veda la Circ. M.E.F. 1/
DF/2019).
Le notifiche «possono essere effettuate 24 ore su 24, tutti giorni dell’anno inclusi i festivi» (cfr. Circ.
M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
In proposito, l’art. 147, co. 2, c.p.c., come modificato dal D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 (in G.U.
17.10.2022, n. 38), stabilisce che «Le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio
elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari.
Le notificazioni eseguite ai sensi del secondo comma si intendono perfezionate, per il notificante, nel
momento in cui è generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, nel momento in cui è gene-
rata la ricevuta di avvenuta consegna. Se quest’ultima è generata tra le ore 21 e le ore 7 del mattino del
giorno successivo, la notificazione si intende perfezionata per il destinatario alle ore 7» (per un caso
di ricevuta di accettazione della spedizione generata alle ore 00.00.01, cioè quando era già ini-
ziato il giorno successivo a quello di scadenza, si veda Cass. Sent. 18.1.2023, n. 1519, che ha rite-
nuto la notifica tardivamente perfezionata).
Indirizzo PEC dei professionisti Si ricorda che i professionisti iscritti in albi o elenchi sono ob-
bligati a possedere un indirizzo PEC e a comunicarlo (cfr. art. 16, D.L. 185/2008, conv. in L.
2/2009) al proprio ordine o collegio, i quali, a loro volta, lo comunicano all’Indice nazionale dei
domicili digitali (INI-PEC - istituito presso il Ministero dello sviluppo economico), al fine di fa-
vorire lo scambio di informazioni e documenti con la Pubblica Amministrazione (cfr. art. 6-bis,
D.Lgs. 7.3.2005, n. 82).
In proposito, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha preci-
sato che «presso i registri pubblici INI-PEC e ReGIndE può essere registrato solo un domicilio digita-
le, ossia quello comunicato all’Ordine di appartenenza» e che, anche se «non esiste una norma che
vieti al professionista di avere più di una casella di posta elettronica certificata (…), solo il domicilio
digitale comunicato all’Ordine di appartenenza e da quest’ultimo registrato in pubblici registri potrà
essere validamente utilizzato per le comunicazione con la Pubblica Amministrazione e per i depositi
telematici a valore legale» (cfr. CNDCEC, Pronto Ordini, 17.3.2022, n. 45).Nel caso degli avvocati,
la Cassazione aveva ritenuto nulla la notifica effettuata all’indirizzo PEC risultante dall’Indice
nazionale dei domicili digitali (INI-PEC), invece che all’indirizzo PEC dal Registro generale de-
gli indirizzi elettronici (ReGindE – gestito dal Ministero della giustizia: cfr. Cass. Sent. 8.2.2019,
n. 3709; Cass. Ord. 27.9.2019, n. 24160), ma, poi, ha confermato la validità della notifica al di-
fensore «eseguita presso l’indirizzo Pec risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto
corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art. 6-bis del D.Lgs. 82/2005 (INI-
PEC)»: perché l’ordine di appartenenza è obbligato ad inserire il predetto indirizzo «sia nei re-
gistri INIPEC, sia nel ReGindE» (cfr. Cass. Ord. 15.11.2019, n. 29749; conf. Cass. Ord. 23.3.2021, n.
8095). È, quindi, valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante
dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubbli-
co elenco di cui all’art. 6-bis del D.Lgs. 82/2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di
quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio Ordine e quest’ultimo è obbligato
ad inserirlo sia nei registri INI-PEC, sia nel ReGindE (cfr. Cass. Ord. 24.9.2020, n. 20039). Peral-
tro, «la errata indicazione negli atti giudiziari di parte dell’indirizzo di posta elettronica certificata
del difensore, non esonera in ogni caso la parte notificante dall’onere di diligenza di accertarsi pre-
90
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

ventivamente, mediante accesso ai registri pubblici, del corretto domicilio digitale del legale destina-
tario cui dirigere la notifica telematica» (cfr. Cass. Sent. 20.5.2020, n. 9238; in merito al legittimo

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affidamento sull’indirizzo del difensore tratto dall’albo online, si veda Cass. Ord. 29.4.2022, n.
13493. Si veda, anche, Cass. Civ. Ord. 16.5.2022, n. 15564, richiamata nel commento all’art. 17
del presente Decreto).
Da ultimo, si ricorda che il citato D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 (in G.U. 17.10.2022, n. 38), ha previsto
che l’avvocato possa eseguire «la notificazione mediante inserimento a spese del richiedente nel-
l’area web riservata prevista dall’art. 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza», qualora la
notifica non sia andata a buon fine per causa imputabile al destinatario. Tale disposizione si ap-
plica nei confronti dei soggetti obbligati a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici
elenchi, o sia un soggetto non obbligato a munirsi di un domicilio digitale, ma abbia scelto di
averne uno (cfr. art. 12 del D.Lgs. 149/2022).
Notifica non andata a buon fine La parte processuale (contribuente, Ente impositore o Agente della
Riscossione), la cui notifica non sia andata a buon fine per causa ad essa non imputabile (perché
dipendente da disfunzioni del sistema generale di notifica degli atti a mezzo PEC) deve pronta-
mente – e, comunque, entro la metà dei termini di impugnazione (quindi, entro 30 giorni dalla
notifica del ricorso/appello) – attivarsi riprendendo il procedimento notificatorio e completan-
dolo, senza attendere un provvedimento giudiziale che autorizzi la rinotificazione: in ossequio
al principio di ragionevole durata del processo (cfr. Cass., Ord. 24.8.2017 n. 20381 e Cass., Sent.
8.3.2017, n. 5974). In proposito le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato il se-
guente principio di diritto: «la parte che ha richiesto la notifica, nell’ipotesi in cui non sia andata a
buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collega-
ti alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e
deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatez-
za e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari al-
la metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa
prova» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 15.7.2016, n. 14594. Si veda il precedente art. 16 e la giurispru-
denza ivi richiamata).
«Tale orientamento si fonda sul principio per cui dev’essere escluso che il regime normativo concer-
nente la identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della
parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente
in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati
(…), solo così potranno conservarsi gli effetti della originaria notificazione» (cfr. Cass. Sent.
24.1.2023, n. 2193).
B. Deposito Come sopra anticipato, gli atti processuali, i documenti e i provvedimenti giurisdizio-
nali devono essere depositati esclusivamentecon modalità telematiche. Solo in casi eccezionali il
Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado o il Presidente di Sezione,
qualora il ricorso sia già iscritto a ruolo, ovvero il Collegio, se la questione sorge in udienza,
possono autorizzarecon provvedimento motivato il depositocon modalità diverse dal telematico
(cfr. co. 3) e, dunque, avvalendosi di altre modalità (per esempio, nel caso debba essere prodotto
un filmato o nel caso di bloccogiornaliero della funzionalità del P.T.T.). Il deposito telematico-
degli atti processuali «si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC ovvero la ricevuta di
avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giusti-
zia, non essendo rilevante il momento della iscrizione a ruolo telematica» (cfr. Cass. Civ. Ord.
14.9.2021, n. 24676; conf. Cass. Sez. Lav. Sent. 11.5.2021, n. 12422).
Elezione del «domicilio PEC» (co. 4) «L’indicazione dell’indirizzo PEC, valevole per le comunicazioni
e le notificazioni, equivale alla comunicazione del domicilio eletto» (cfr., anche, art. 6, Decreto MEF
23.12.2013, n. 163 e Circ. Ag. Entrate 15.12.2015, n. 38, § 1.6).
«Il domicilio digitale è, quindi, tipicamente una casella PEC che il professionista (…) elegge come “luo-
go virtuale” al quale gli possono essere trasmesse le “comunicazioni” online con valenza legale. È il re-
capito ufficiale che la Pubblica Amministrazione utilizza per gestire le comunicazioni di atti e altre
notifiche con i professionisti» (cfr. CNDCEC Pronto Ordini 17.3.2022, n. 45).
Decorrenza Per espressa previsione del co. 5 dell’art. 16 del D.L. 119/2018, le modifiche apportate
ai commi 3 e 3-bis dell’art. 16-bis del D.Lgs. 546/1992 si applicano «ai giudizi instaurati, in primo
e secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019». In proposito, va, peraltro, se-
Processo tributario 91

gnalata una recente decisione di merito che ha ritenuto scusabile l’errore del ricorrente che, in

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


data 31 agosto 2019, ha notificato il ricorso per posta e depositato il proprio fascicolo presso la

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Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado «nella forma cartacea». Secondo la Com-
missione tributaria, infatti, si «deve contemperare la compressione dei diritti di difesa e di azione in
giudizio (…), con un comportamento procedurale» che «non è stato di ostacolo alla prosecuzione del
procedimento», mentre una interpretazione estremamente formale delle norme procedurali sa-
rebbe contraria ai principi affermati in più occasioni dalla Corte E.D.U. e (anche) dall’art. 111 del-
la Cost. (cfr. C.T.R. Lombardia, Sent. 15.12.2021, n. 4441).
Fino alla predetta data, resta in vigore la precedente disciplina; non solo, ma il D.L. 119/2018,
con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che il comma 3 dell’art. 16-bis del D.Lgs.
546/1992 «nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si
interpreta nel senso che le parti possono utilizzare [le modalità telematiche] in ogni grado di giudizio
(…) indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del
giudizio di primo grado con modalità analogiche». Detta norma ha «lo scopo di superare i contrasti
sorti in giurisprudenza garantendo la legittimità di tutte le costituzioni in giudizio telematiche del re-
sistente anche se riferite a ricorsi e appelli presentati con modalità tradizionali. Inoltre, assicura la va-
lidità dell’appello telematico anche se il giudizio di primo grado si è svolto con atti depositati su carta»
(cfr. l’intervista al Direttore della Giustizia Tributaria del MEF, pubblicata su Il Sole 24 Ore
l’11.12.2018).
«Se era possibile muovere dal processo cartaceo in primo grado al processo telematico in secondo gra-
do, nessuna disposizione ha mai consentito invece il contrario, cioè la retrocessione del rito telematico
in primo grado al rito cartaceo in secondo grado» (cfr. C.T.R. Emilia Romagna, Sent. 4.5.2021, n.
684, che ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio notificato in modalità cartacea dopo
essersi costituito in primo grado in modalità telematica).
Vige, infatti, «la obbligatorietà, per la parte, di utilizzare le modalità telematiche in secondo grado
laddove la stessa modalità sia stata utilizzata in primo grado» (cfr. C.T.R. Torino, Sent. 10.9.2021, n.
655).
Si ricorda, infine, che l’art. 29 del D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, ha
previsto, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, l’obbligo per gli enti impositori,
gli agenti della riscossione, i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, del D.Lgs. 446/1997, e «le
parti assistite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche» di
notificare e depositare «gli atti successivi, nonché i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con
le modalità telematiche», estendendo, quindi, il predetto obbligo «a tutte le controversie tributa-
rie, anche se gestite da una o più parti con le tradizionali modalità analogiche», fermo restando che
alle parti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica (cioè, coloro che possono difendersi
personalmente nelle cause di modesto - 3.000,00 euro - valore) continuano ad essere «consentiti
depositi o notifiche in modalità analogica» (cfr. C.A.E. 13.4.2020, n. 9).
Quanto alle notificazioni effettuate a mezzo PEC in data antecedente all’attivazione – con decor-
renza diversificata presso le varie Corti di giustizia tributaria di secondo grado – delle specifiche
tecniche (di cui al D.M. 4.8.2015) di attuazione del processo tributario telematico, la costante
giurisprudenza di legittimità ha affermato che esse sono da qualificarsi come inesistenti (e non
sanabili per effetto della costituzione di controparte: cfr. Cass. Ord. 3.12.2021, n. 38299; conf.
Cass. Ordinanze 27.3.2019, n. 8560; 5.10.2018, n. 24640).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale
92
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 6-bis, D.Lgs. 07.03.2005, n. 82


Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti

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Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40
Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo
unificato e attività del contenzioso degli enti impositori

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.6

Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9

Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF CNDCEC Pronto Ordini, 17.3.2022, n. 45

Art. 17 - LUOGO DELLE COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI [CFF ¶ 4668]

1. Le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio
eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all'atto della sua costitu-
zione in giudizio. Le variazioni del domicilio o della residenza o della sede hanno effetto dal deci-
mo giorno successivo a quello in cui sia stata notificata alla segreteria della commissione e alle
parti costituite la denuncia di variazione.
2. L'indicazione della residenza o della sede e l'elezione del domicilio hanno effetto anche per i suc-
cessivi gradi del processo.
3. Se mancano l'elezione di domicilio o la dichiarazione della residenza o della sede nel territorio
dello Stato o se per la loro assoluta incertezza la notificazione o la comunicazione degli atti
non è possibile, questi sono comunicati o notificati presso la segreteria della commissione.
[3-bis. In caso di mancata indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata
consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le
comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione
tributaria.] 1

Note
1 Il presente comma inserito dall'art. 49, D.L. 24.06.2014, n. 90 con decorrenza dal 25.06.2014, convertito in legge dalla L.
11.08.2014, n. 114 con decorrenza dal 19.08.2014, è stato abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza
dal 01.01.2016.

LUOGO DELLE COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI (Art. 17)

Processo Tributario Telematico P.T.T. Le comunicazioni e le notificazioni relative ai giudizi in-


staurati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, si effet-
tuano secondo le regole del P.T.T.. Ne deriva che la indicazione dell’indirizzo di posta elettronica
certificata (PEC) - contenuta nel ricorso introduttivo o nella istanza di reclamo/mediazione (no-
tificati tramite PEC) - equivale ad elezione di domicilio digitale (cfr. art. 16-bis, co. 4, D.Lgs.
546/1992) ai fini delle comunicazioni e notificazioni telematiche (cfr. art. 6, Decreto M.E.F.
23.12.2013, n. 163).
«Il domicilio digitale è, quindi, tipicamente una casella PEC che il professionista (…) elegge come
“luogo virtuale” al quale gli possono essere trasmesse le “comunicazioni” online con valenza legale. È
il recapito ufficiale che la Pubblica Amministrazione utilizza per gestire le comunicazioni di atti e
altre notifiche con i professionisti» (cfr. CNDCEC Pronto Ordini 17.3.2022, n. 45)
Processo tributario 93

Le variazioni dell’indirizzo PEC - effettuate con le modalità tecnico-operative stabilite dal Decreto

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


del Direttore Generale delle Finanze del 4.8.2015 - hanno effetto dal decimo giorno successivo a

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quello in cui sono state notificate alla segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado (tale denominazione sostituisce quella di «commissioni tributarie», ovunque ricorra,
a valere dal 16 settembre 2022: secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 1, lett. a) della L. 31.8.2022, n.
130, introdotto nel contesto della riforma strutturale dei componenti gli organi della giurisdizione
tributaria), e alle parti costituite (cfr. art. 6, co. 2, Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163).
Se la parte ha eletto domicilio in luogo diverso dal suo domicilio:
› le comunicazioni (della Segreteria) e le notificazioni (delle parti) degli atti processuali effet-
tuate presso il domicilio o la residenza del contribuente – a meno che ciò non avvenga me-
diante consegna diretta a mani dello stesso – sono viziate da nullità, che si estende agli atti
(dipendenti) successivi (cfr. Cass., Sent. 16.3.2011, n. 6114);
› la notificazione delle impugnazioni (atto di appello e ricorso per Cassazione) effettuata al do-
micilio reale del contribuente, anziché presso il difensore costituito in giudizio – salva la con-
segna a mani proprie della parte – è viziata da nullità, che però, se la parte intimata si costitu-
isce in giudizio, viene sanata per raggiungimento dello scopo (cfr. Cass. Ordinanze 28.10.2019,
n. 27583; 23.9.2019, n. 23593; 31.3.2017, n. 8426; 6.2.2014, n. 2707).
Infine, «qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo PEC, valevole per le comu-
nicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex art. 16-bis, u.c., del D.Lgs. 546/1992, ed abbia eletto
domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del
D.Lgs. cit., avvenuta direttamente al suo indirizzo PEC non integra la consegna a mani proprie che
l’art. 17 del D.Lgs. 546/1992 fa sempre salva» (cfr. Cass. Ord. 3.4.2023, n. 9165).
In questa sede, si riepilogano i principi tutt’ora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019,
mentre per le regole di comunicazione e notificazione nel P.T.T. si rimanda al commento del
precedente art. 16-bis.
Luogo delle comunicazioni e delle notificazioni (co. 1) Esse vanno eseguite, in via alternativa,
a) o mediante consegna a mani proprie della parte;
b) o nel domicilio eletto;
c) o, in mancanza, nella residenza/sede dichiarata dalle parti nell’atto di costituzione in giudi-
zio.
Sub a) Consegna a mani proprie della parte È la modalità di notificazione cui si può sempre ricorrere.
La giurisprudenza maggioritaria ha confermato la validità di tale forma di notificazione anche
nel caso in cui il destinatario abbia nominato un procuratore ed eletto domicilio presso quest’ul-
timo (cfr. Cass., Sent. 20.1.2017, n. 1528 e, con riferimento alla comunicazione dell’avviso di
udienza, Cass., Sent. 23.5.2014, n. 11458; conformi Cass. Ordinanze 6.7.2021, n. 19113; 12.5.2021, n.
12517; 9.3.2021, n. 6433; Cass., Sentenze 5.4.2012, n. 5570; 17.2.2010, n. 3746; nel senso della nullità
della notifica in un caso analogo, cfr., invece, Cass., Sent. 9.12.2002, n. 17494).Non sono mancate,
peraltro, decisioni di segno contrario (cfr., tra le altre, Cass. Ord. 31.3.2017, n. 8426), per cui la
Corte di cassazione ha ritenuto di rimettere gli atti al Primo Presidente perché valuti la eventuale
assegnazione alle Sezioni Unite non solo della questione della validità «della notificazione dell’atto
processuale effettuata in mani proprie (ex art. 16 e 17, D.Lgs. 546/1992), nonostante la elezione di domi-
cilio, ovvero disposta tramite la interposizione dell’agente postale», ma, anche, al fine «di chiarire la
sussistenza o meno della validità della notifica disposta presso un ufficio periferico dell’ente locale, che
non sia la sede (principale) dell’ente medesimo dallo stesso indicato negli atti difensivi», e «di precisare
se possa ritenersi validamente disposta la notifica, ex art. 16, terzo comma, cit., mediante consegna al-
l’addetto dell’ufficio dell’ente locale, ovvero sia, invece, necessaria la consegna al legale rappresentante
dell’ente locale ovvero dell’Agenzia» (cfr. Cass. Ord. I. 8.2.2022, n. 3984).
E le Sezioni Unite l’hanno risolta affermando il seguente principio di diritto: «La notifica, effet-
tuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell’art. 16, co. 3, del D.Lgs. n.
546/1992, della sentenza di primo grado all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti
difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adot-
tato) l’atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 38, co. 2, e 51, co. 2, del medesimo D.Lgs. n. 546/1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni
per impugnare» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 11.7.2022, n. 21884).
Sub b) Consegna nel domicilio eletto La parte può eleggere domicilio in un luogo diverso dal pro-
94
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

prio domicilio con effetto per tutti i gradi del processo (co. 2). Nella maggior parte dei casi, la
elezione di domicilio viene effettuata presso il professionista incaricato della difesa, contestual-

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mente al conferimento della procura alle liti.
Nel caso «la parte sia rappresentata da due difensori, l’elezione di domicilio presso uno di costoro non
priva la controparte della facoltà di effettuare notificazioni all’altro difensore (…)» (cfr. Cass. Ord.
26.9.2022, n. 27995).
La notifica eseguita presso il difensore che non sia (anche) domiciliatario della parte in causa
è nulla (cfr. Cass. Ord. 21.10.2020, n. 22909), salva la possibilità che ne sia disposta la rinnova-
zione ex artt. 291 e 350 c.p.c., tenuto conto del collegamento tra consegnatario e destinatario in-
sito nel conferimento della procura ad litem avvenuto in prime cure (cfr. Cass., Sent. 17.10.2010, n.
19755; nonché Cass., Sent. 17.2.2017, n. 4233; e, in termini, cfr. Cass., Sent. 19.1.2010, n. 837, ri-
guardante la notifica effettuata presso l’abitazione del difensore, risultando tale residenza l’uni-
co recapito noto anche all’ordine professionale di appartenenza).
In proposito, la Corte di cassazione ha precisato che «al di fuori delle ipotesi di notificazione del-
l’atto processuale (…) in forma telematica, per la quale vale il criterio dell’esecutività del cd. domicilio
digitale del procuratore della parte avversa, anche in difetto di sua indicazione negli atti del giudizio,
l’indicazione del domicilio eletto risultante dagli atti del giudizio di primo grado prevale sulle diverse
risultanze dell’albo professionale, poiché né la parte, né il suo procuratore, sono vincolati ad eleggere
domicilio presso lo studio professionale del secondo. Di conseguenza, se l’appellante sceglie di notifica-
re l’atto di impugnazione presso lo studio del procuratore della parte avversa risultante dall’albo pro-
fessionale, anziché presso l’indirizzo risultante dagli atti di primo grado, l’eventuale esito negativo di
tale tentativo non autorizza la riattivazione tempestiva del procedimento di notificazione, ancorché nei
termini indicati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/2016; non potendosi ravvisare, in tale spe-
cifica ipotesi, la scusabilità dell’errore, né sotto il profilo oggettivo, in assenza di una situazione di in-
certezza dipendente dalla condotta della parte avversa, né sotto quello soggettivo, in presenza di una
scelta consapevole della parte notificante» (cfr. Cass. Civ. Ord. 16.5.2022, n. 15564).
La notifica effettuata presso lo studio professionale che continui ad operare anche dopo il deces-
so del difensore è considerata nulla (e non «inesistente»), per cui la cassazione della sentenza vi-
ziata per violazione del principio del contraddittorio comporta il rinvio al giudice del merito per
l’adozione dei provvedimenti di rinnovazione della notifica dell’atto processuale (cfr. Cass., Sen-
tenze 14.5.2013, n. 11486; 29.7.2011, n. 16673).
Modifica dell'indirizzo del difensore domiciliatario Si discute sull’esistenza (o meno) dell’onere del
difensore domiciliatario di denunciare alle parti costituite in giudizio e alla Segreteria della corte
di giustizia tributaria di primo e secondo grado l’eventuale cambiamento di indirizzo del proprio
studio. La giurisprudenza prevalente lo esclude, dato che «l’elezione, operata dalla parte, presso lo
studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costi-
tuisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad indicare il luogo di notificazio-
ne» (cfr. Cass., Ord. 29.5.2013, n. 13366; Cass., Sentenze 24.12.2020, n. 29507; 22.3.2017, n. 7257;
23.1.2008, n. 1406). Ne deriva, quindi, che «il difensore domiciliatario non ha, a sua volta, l’onere di
comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio» (cfr. Cass. Ord. 16.3.2021, n. 7320; conf.
Cass. Ordinanze 1.4.2022, n. 10565; 30.11.2017, n. 28712; 27.6.2016, n. 13238).
Pertanto, se il recapito del difensore è cambiato o non è più corretto:
› «la notificazione (…) tentata presso il precedente recapito (…) è inesistente (…) e non suscettibile di
sanatoria (…) a seguito della costituzione in giudizio dell’appellato, (…) trattandosi di vizio imputa-
bile al notificante in considerazione dell’agevole possibilità di accertare l’ubicazione dello studio»
(cfr. Cass. Ord. 28.10.2020, n. 23760);
› la notifica, effettuata all’indirizzo risultante dall’albo professionale cui è iscritto il difensore
«non è giuridicamente inesistente, ma affetta da nullità, sanabile ex tunc per effetto del raggiungi-
mento dello scopo dell’atto, sia mediante la rinnovazione della notificazione, cui la parte provveda
spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal Giudice, sia mediante la costituzione in
giudizio» (cfr. Cass. Ord. 25.9.2020, n. 20303).
Altro indirizzo interpretativo afferma, invece, che «il trasferimento dell’avvocato dal luogo della
domiciliazione, per acquisire rilievo come nuova elezione di domicilio, esige una specifica dichiarazio-
ne»; per cui, in difetto, la notifica può avvenire presso la Segreteria della Corte di giustizia tribu-
taria di primo e secondo grado, ai sensi dell'art. 17, co. 3, D.Lgs. 546/1992 (cfr. Cass., Sentenze
Processo tributario 95

12.3.2008, n. 6578; 23.6.2006, n. 14689; 7.6.2006, n. 13320), ancorché tale modalità di notifica

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


presupponga la «assoluta incertezza», cioè una carenza tale da configurare una impossibilità – e
non una mera difficoltà superabile con l’ordinaria diligenza – di conoscere il luogo di destina-

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zione della comunicazione (cfr. Cass., Ord. 18.7.2017, n. 17717; Cass., Sentenze 25.3.2009, n.
7158; 29.10.1999, n. 12166), per cui è difficilmente ipotizzabile quando si tratta di reperire l’ubi-
cazione di uno studio professionale (cfr. Cass., Sent. 30.12.2009, n. 28009. Su questi aspetti, si
veda anche il commento al precedente art. 12).
Diverso è il caso del domiciliatario processuale che, dagli atti di causa, risulti non rintracciabile
«in quanto l’incaricato delle poste ha rilevato il trasferimento d’indirizzo e, successivamente, da infor-
mazioni presso l’ordine dei commercialisti è emerso che il Dott. (…) non è più iscritto all’albo dei com-
mercialisti» (cfr. Cass., Sent. 11.5.2009, n. 10702).
La condizione di difensore domiciliatario del contribuente viene meno nei confronti della con-
troparte solo con la comunicazione della designazione di altro difensore domiciliatario (art. 85
c.p.c.), per cui è valida la notifica effettuata presso il difensore che opponga la rinuncia o la revo-
ca dell’incarico conferitogli dal notificando «qualora tali eventi non siano stati comunicati, ovvero
siano stati comunicati senza porre il notificante in grado di eseguire la notificazione altrove»
(cfr. Cass., Sent. 3.10.2006, n. 21324). Invece «la notifica eseguita presso il procuratore domiciliata-
rio cui sia stato revocato il mandato e sostituito da un altro è inesistente – come tale insuscettibile di
sanatoria ai sensi dell’art. 291 c.p.c. – una volta che, nel giudizio, la controparte abbia avuto conoscen-
za legale della sostituzione (…) essendo state la revoca e la nuova nomina portate a conoscenza della
controparte mediante memoria di costituzione del nuovo difensore» (cfr. Cass., Ord. 11.1.2017, n. 529).
Di contrario avviso altro orientamento, secondo cui «la notifica dell’atto di appello effettuata nei
confronti dell’originario difensore revocato, anzichè in favore di quello nominato in sua sostituzione,
non è inesistente, ma nulla, anche ove la controparte abbia avuto conoscenza legale di detta sostituzio-
ne, sicchè la stessa è rinnovabile ai sensi dell’art. 291 c.p.c.» (cfr. Cass. Sent. 21.7.2021, n. 20840).
Sub c) Consegna nella residenza (per le persone fisiche) o nella sede (per i soggetti diversi dalle per-
sone fisiche) dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio. La notifica ai sog-
getti diversi dalle persone fisiche può essere eseguita anche presso la residenza o domicilio della
persona fisica che ne ha la rappresentanza, qualora nell’atto da notificare risulti specificata la
qualità e la residenza (o il domicilio).
Variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede (co. 1) Se intervengono nel corso
del giudizio, hanno effetto dal 10° giorno successivo a quello in cui sia stata notificata la denun-
cia di variazione alla Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado e alle
parti costituite: in difetto della notifica di tale denuncia, i successivi atti del processo continuano
ad essere validamente notificati nel luogo originariamente dichiarato (cfr. Cass., Ordinanze
3.4.2018, n. 8091; 30.11.2017, n. 28712; Cass., Sentenze 20.4.2016, n. 7938 e 22.9.2011, n. 19324).
È, infatti, onere della parte comunicare (alla Segreteria e alle controparti) eventuali variazioni del
domicilio - «autonomamente eletto dalla parte» (cfr. Cass. Ord. 16.3.2021, n. 7320) - indicato negli
atti del processo (sugli effetti della mancata notifica della variazione del domicilio: cfr. Cass.,
Sent. 21.5.2013, n. 12488), con effetto per tutti i gradi del processo, per cui è rituale:
› sia il ricorso per cassazione notificato presso il domicilio eletto nel ricorso introduttivo (da-
vanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado) anche se il contribuente sia rimasto
contumace nel giudizio di secondo grado (cfr. Cass., Sentenze 7.12.2016, n. 25117; 22.7.2009, n.
17067);
› sia l’appello dell’Ufficio notificato presso il difensore il cui mandato si sia esaurito con il pri-
mo grado (cfr. Cass., Ord. 21.12.2010, n. 25949).
Omessa indicazione del domicilio eletto o della residenza o della sede (co. 3) Se mancano sia
l’elezione del domicilio, sia la dichiarazione della residenza o della sede nel territorio dello Stato
o se, per la loro «assoluta incertezza», la comunicazione o la notificazione degli atti non è possi-
bile, questi devono essere comunicati o notificati presso la Segreteria della Corte di giustizia tri-
butaria di primo e secondo grado, non trovando applicazione nel processo tributario l’art. 143
c.p.c. (che – in caso di residenza, dimora o domicilio sconosciuti – consente la notifica mediante
deposito nella casa comunale dell’ultima residenza: Cass., Sentenze 11.5.2009, n. 10702;
25.3.2009, n. 7158; 11.2.2000, n. 1508).
Trovano, invece, applicazione anche nel processo tributario, gli artt. 139 (sulla notifica in assen-
96
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

za del destinatario) e 140 (sulla notifica al destinatario irreperibile) del c.p.c.; i quali, sul presup-
posto della coincidenza tra residenza indicata negli atti di causa e residenza effettiva, disciplina-

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no la diversa ipotesi in cui la consegna dell’atto nella residenza (conosciuta) del destinatario ri-
sulti impossibile per irreperibilità dell’interessato o delle altre persone legittimate alla ricezione.
Notificazioni degli atti alle Agenzie fiscali
› Nel giudizio di merito, vale la previsione dell’art. 11, D.Lgs. 546/1992, che riconosce agli Uffici
delle Agenzie l’accesso alla difesa «diretta» davanti alle Corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado (salva la facoltà degli stessi di farsi assistere dalla Avvocatura dello Stato, ex
art. 12, co. 8 del Decreto): pertanto gli atti relativi ai primi due gradi di giudizio (ricorsi, appel-
li, notifiche di variazioni di residenza o di domicilio, istanze di pubblica udienza ecc.) devono
essere notificati all’Ufficio (dell’Agenzia) che ne è controparte.
› Nel giudizio di legittimità le Agenzie fiscali hanno la facoltà (non l’obbligo) di avvalersi del pa-
trocinio della Avvocatura dello Stato (art. 43, R.D. 30.10.1933, n. 1611, che riguarda le Ammini-
strazioni pubbliche non statali, quali le Agenzie fiscali. Quanto all’Agenzia delle Entrate-Ri-
scossione si veda il commento all’art. 12). Pertanto, per le sentenze delle Corti di giustizia tri-
butaria di secondo grado e per il ricorso per Cassazione si applicano le seguenti regole gene-
rali previste in materia di notificazione dagli artt. 137 e seguenti c.p.c.:
a) la notifica delle sentenze emesse dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado va effet-
tuata, di regola, presso l’Ufficio locale della Agenzia, a meno che lo stesso non si sia avvalso
del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, nel qual caso la notifica (della sentenza) dovrà es-
sere indirizzata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato costituitasi in giudizio;
b) i ricorsi per cassazione nelle cause promosse contro le Direzioni Provinciali/Regionali della
Agenzia delle Entrate vanno notificati all’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro
tempore, presso la Direzione Generale in Roma, via Giorgione n. 106 (cfr. Dir. A.E. Prot.
179742/2019, con il quale la sede legale dell'A.E. viene ivi trasferita a decorrere dal 15.6.2019.
Si veda l’art. 62, D.Lgs. 546/1992). Con Circolare 28.5.2010, n. 27/E, l’Agenzia delle Entrate
ha, peraltro, invitato le dipendenti strutture operative a non sollevare eccezioni nel caso di
ricorsi per cassazione notificati dai contribuenti all’indirizzo delle Direzioni provinciali o re-
gionali, che siano state parti nei processi di appello. Per quanto riguarda i controricorsi per
cassazione (eventualmente comprensivi di ricorso incidentale), la notifica deve essere fatta
nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Generale, in persona del Direttore pro tem-
pore, presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma via dei Portoghesi, n. 12, quale domi-
ciliataria. In proposito, si rinvia al commento dell'art. 62 del presente Decreto.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 138, 139, 140, 141 e 145 Codice di procedura civile


Modalità di notificazione

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 30.7.2001, n. 71/E

Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E

CNDCEC Pronto Ordini, 17.3.2022, n. 45


Processo tributario 97

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 17-bis - IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE [CFF ¶ 4668a]

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1. Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di
un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della
pretesa. Il valore di cui al periodo precedente è determinato secondo le disposizioni di cui all’articolo
12, comma 2. Le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di quelle di
cui all’articolo 2, comma 2, primo periodo. 2
1-bis. Sono esclusi dalla mediazione i tributi costituenti risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, pa-
ragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014. (3)
2. Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, en-
tro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo. Si applica la sospensione
dei termini processuali nel periodo feriale. 4 5
3. Il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di cui al
comma 2. Se la Commissione rileva che la costituzione e' avvenuta in data anteriore rinvia la tratta-
zione della causa per consentire l'esame del reclamo.
4. Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300, provvedono all’esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante apposite strutture
diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili. Per gli altri enti imposito-
ri la disposizione di cui al periodo precedente si applica compatibilmente con la propria struttura or-
ganizzativa.
5. L’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione, for-
mula d’ufficio una propria proposta avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controver-
se, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.
L’esito del procedimento rileva anche per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponi-
bile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi.
6. Nelle controversie aventi ad oggetto un atto impositivo o di riscossione, la mediazione si perfeziona
con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo tra le parti,
delle somme dovute ovvero della prima rata. Per il versamento delle somme dovute si applicano le
disposizioni, anche sanzionatorie, previste per l’accertamento con adesione dall’articolo 8 del decre-
to legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Nelle controversie aventi per oggetto la restituzione di somme
la mediazione si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo nel quale sono indicate le somme do-
vute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per il pagamento delle
somme dovute al contribuente.
7. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del trentacinque per cento del minimo previsto
dalla legge. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano
sanzioni e interessi.
8. La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di reclamo sono sospesi
fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, fermo restando che in caso di mancato perfeziona-
mento della mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta.
9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche agli agenti della
riscossione ed ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446.
9-bis. In caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata
ai sensi del comma 5, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in
sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle
relative spese di giudizio. Tale condanna può rilevare ai fini dell'eventuale responsabilità amministra-
tiva del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di media-
zione. 6
10. Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all’articolo 47-bis. 1 5

Note
1 Il presente articolo è stato:
- inserito dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011;
- poi modificato dall'art. 1, comma 611, L. 27.12.2013, n. 147 con decorrenza dal 01.01.2014;
98
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

- dichiarato costituzionalmente illegittimo, al comma 2, nel testo originario, anteriore alla sostituzione dello stesso ad opera
dell’art. 1, comma 611, lettera a), numero 1), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio

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annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilità 2014); (C.Cost. 16.04.2014, n. 98);
- sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 10, D.L. 24.04.2017, n. 50 con decorrenza dal 24.04.2017 ed applicazione
agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018, convertito in legge dalla L. 21.06.2017, n. 96 con decorrenza
dal 24.06.2017.
3 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 10, D.L. 24.04.2017, n. 50 così come modificato dall'allegato alla legge di conver-
sione, L. 21.06.2017, n. 96 con decorrenza dal 24.06.2017.
4 Ai sensi dell'art. 83, comma 2, D.L. 17.03.2020, n. 18, convertito in legge dalla L. 24.04.2020, n. 27, con decorrenza dal
30.04.2020, il termine di cui al presente comma è sospeso al 09.03.2020 al 11.05.2020, salvo quanto indicato al comma 3
del medesimo articolo.
5 Ai sensi dell'art. 149, comma 1, lett. c), D.L. 19.05.2020, n. 34, convertito in legge dalla L. 17.07.2020, n. 77 con decorrenza dal
19.07.2020, i termini di versamento delle somme dovute a seguito di accordo di mediazione ai sensi del presente articolo,
sono prorogati al 16.09.2020; ai sensi del comma 2, del suddetto articolo modificante, la proroga si applica con riferimento
agli atti ivi indicati, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il 09.03.2020 e il 31.05.2020.
6 Il presente comma è stato inserito dall'art. 4, comma 1, lett. e), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE (Art. 17-bis)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria La Legge 31 agosto 2022, n. 130 - «Disposizioni
in materia di giustizia e di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - introduce il comma 9-bis,
relativo alla condanna alle spese di giudizio, in caso di rigetto infondato del reclamo, o di mancato
accoglimento della proposta di mediazione (cfr. l’art. 4, co. 1, lett. e), della stessa L. 130/2022).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi tributari instaurati, in primo (e secondo) grado,
con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, è obbligatorio l’utilizzo del processo telematico
(cfr. art. 16, co. 5, D.L. 23.10.2018, n. 119) e pertanto:
› gli atti e i provvedimenti del processo tributario devono essere formati come documenti infor-
matici sottoscritti con firma elettronica qualificata o con firma digitale;
› il ricorso e gli altri atti, compresi quelli del procedimento attivato con l’istanza di reclamo, devo-
no essere notificati utilizzando l’indirizzo di Posta elettronica certificata (PEC) e depositati nella
Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado mediante il Sistema infor-
mativo della giustizia tributaria (S.I.Gi.T.).
Il ricorso-reclamo in forma di documento informatico deve, quindi, essere:
a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
b. privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di se-
lezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto informati-
co di documento analogico;
d. sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente de-
nominazione: <nome file libero>.pdf.p7m.
Le specifiche tecniche di cui al D.M. 4.8.2015 sono state modificate dal D.M.E.F. 21.4.2023 (in G.U.
3.5.2023, n. 102), in vigore dal 15 maggio 2023, come segue:
› il ricorso e ogni altro atto processuale «d) sono sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma
digitale CADES (con estensione.p7m) o PADES (con estensione.pdf);
› 2. I documenti informatici allegati, per i quali è ammessa anche la scansione in formato immagine di
documenti analogici, rispettano i seguenti requisiti:
a. sono in formato PDF/A-1° o PDF/A-1b, TIFF con una risoluzione non superiore a 300 DPI, in bianco
e nero e compressione CCITT Group IV (modalità fax), nonché EML che possono contenere allegati
nei formati di cui alla presente lettera;
b. sono privi di elementi attivi, tra cui macro o campi variabili, e di collegamenti ipertestuali;
c. possono [non più devono] essere sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale» (cfr.
art. 10, D.M. 4.8.2015, modificato dall’art. 1, n. 5) del D.M. 21.4.2023).
Processo tributario 99

La procura va redatta con le seguenti modalità:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› se il ricorrente è in possesso di firma digitale, potrà firmare digitalmente la procura predisposta

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dal difensore (cfr. art. 4, co. 1, D.M. 23.12.2013, n. 163);
› se il ricorrente è sprovvisto di firma digitale, la procura sarà rilasciata su atto separato dall’atto
principale, sottoscritta con firma autografa del contribuente e autenticata dal difensore; dopo di
che tale atto sarà «scansionato», firmato digitalmente dal difensore e allegato all’atto (di norma,
il primo degli allegati: cfr. art. 4, co. 2, D.M. 23.12.2013, n. 163).
Una volta redatto, l’atto si propone in via telematica inviando, all’indirizzo di posta elettronica cer-
tificata della controparte, un file contenente il ricorso-reclamo (con le caratteristiche indicate), con
tutti gli allegati (si veda, però, Cass. Ord. 20.9.2019, n. 23523); la notifica telematica si intende per-
fezionata al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore
di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario.
Se il reclamo non viene accolto o la mediazione non approda ad un accordo, il procedimento, che na-
sce amministrativo, diventa giurisdizionale, per cui il contribuente dovrà costituirsi in giudizio, se-
condo le modalità operative previste per il P.T.T. (cfr. il paragrafo sotto riportato: «Dal procedimento
amministrativo al processo tributario telematico», nonché, il commento all’art. 22 del presente Decreto).
Definizione Il reclamo/mediazione è un duplice istituto giuridico comprendente:
› l'atto (obbligatorio) di ricorso/reclamo diretto ad ottenere un riesame dell’atto (di accertamen-
to) da parte dell’Ufficio, per appurarne la legittimità e il fondamento;
› la (eventuale) proposta di mediazione, diretta alla composizione, in via amministrativa, della
controversia, attraverso lo svolgimento del contraddittorio tra Ufficio e contribuente al fine di
evitare la fase contenziosa.
L’istituto si applica obbligatoriamente agli atti impugnabili, emessi dall’Ente impositore, di valore
convenzionale non superiore a 50.000,00 euro, costituendo, per il contribuente, condizione di pro-
cedibilità del successivo (eventuale) ricorso giurisdizionale «Il ricorso, proposto nelle forme di rito,
produce anche gli effetti del reclamo, che può o meno contenere una dettagliata proposta di mediazio-
ne» (cfr. Relazione illustrativa al D.Lgs. 156/2015). «In sostanza, il procedimento di reclamo/media-
zione è introdotto automaticamente con la presentazione» dell'unico atto di ricorso/reclamo all’Ente
impositore (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38).
Si ricorda, infine, la possibilità, introdotta dall’art. 1, co. da 219 a 221 della L. 29.12.2022, n. 297,
Legge di Bilancio 2023, di regolarizzare gli omessi versamenti delle rate dovute a seguito del per-
fezionamento (anche) del presente istituto (si veda oltre).
Criticità dell’istituto Riguardano l’anticipata esposizione della strategia difensiva, la mancanza di
terzietà dell’organo mediatore, il difetto di coordinamento con gli istituti dell’autotutela (il recla-
mo) e dell’accertamento con adesione (la mediazione); ma la Corte costituzionale ha confermato,
in più occasioni (cfr. Ord. 15.2.2017, n. 38, conforme a Sent. 16.4.2014, n. 98) che:
› il fatto che i motivi e l’oggetto della domanda debbano essere resi noti anticipatamente «non de-
termina alcun pregiudizio per il diritto di difesa del contribuente»;
› la mediazione tributaria «costituisce una forma di composizione pregiurisdizionale delle controversie
basata sull’intesa raggiunta, fuori e prima del processo, dalle stesse parti (senza l’ausilio di terzi), che
agiscono, quindi, su un piano di parità», per cui deve escludersi che un tale procedimento conci-
liativo «il cui esito è rimesso anche al consenso dello stesso contribuente, possa violare il suo diritto di
difesa»;
› «il reclamo e la mediazione tributari, col favorire la definizione delle controversie (…) nella fase pre-
giudiziale (…) tendono a soddisfare l’interesse generale (…) assicurando un più pronto e meno dispen-
dioso (rispetto alla durata e ai costi della procedura giurisdizionale) soddisfacimento delle situazioni
sostanziali oggetto di dette controversie (…); riducendo il numero dei processi di cui sono investite le
commissioni tributarie e, conseguentemente, assicurando il contenimento dei tempi ed un più attento
esame di quelli residui».
La prassi, a sua volta, ha affermato che «la scelta del Legislatore di ampliare la platea degli enti coin-
volti nel procedimento di reclamo si giustifica in base al principio di economicità dell’azione amministra-
tiva, preso atto della efficacia deflativa riscontrata in relazione al contenzioso sugli atti emessi dall’Agen-
zia delle Entrate e dell’elevato numero di controversie di modesto valore che caratterizza in generale il
contenzioso tributario» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.1). Le controversie fino a
50.000,00 euro rappresentano, in effetti, circa l’ottanta per cento del totale del contenzioso, ma
100
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

hanno un valore complessivo di circa l’otto per cento del totale (cfr. M.E.F., Relazione contenzioso
tributario, giugno 2021).

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Ambito soggettivo Il contribuente, destinatario di uno degli atti impugnabili ex art. 19, può presen-
tare un ricorso/reclamo – con o senza proposta di mediazione – in qualità di parte ricorrente del-
l’eventuale successivo processo tributario: direttamente o a mezzo del rappresentante legale, va-
lendosi, come procuratore (speciale), di un difensore abilitato.
Destinatario del ricorso/reclamo è l’Ente impositore che ha emesso l’atto contestato o non ha
emesso l’atto richiesto, in qualità di parte resistente dell’eventuale successivo processo tributario.
Ambito oggettivo Rientrano nell’ambito di applicazione dell’istituto gli atti impugnabili ex art. 19,
D.Lgs. 546/1992 emessi dall’Agenzia delle Entrate (nella quale è stata incorporata l’Agenzia del
Territorio), dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dagli altri Enti impositori e, nei limiti di
compatibilità della disposizione, dall’Agenzia Entrate-Riscossione (cfr. art. 17-bis, co. 4 e 9), la cui
potenziale controversia sia di valore convenzionale non superiore a 50.000,00 euro, dato che «la
individuazione delle controversie soggette al reclamo avviene sulla base di un unico criterio, cioè il valore
della lite non superiore» alla predetta soglia (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.1).
Controversie soggette a reclamo/mediazione Sono quelle «relative a:
› avviso di accertamento;
› avviso di liquidazione;
› provvedimento che irroga le sanzioni;
› ruolo;
› rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non
dovuti;
› diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari»
e, in generale, ogni altro atto per il quale la legge prevede l’autonoma impugnabilità (cfr. Circ. Ag.
Entrate 19.3.2012, n. 9, § 1.1).
Anche qualora il contribuente «intenda impugnare, con il ricorso, un atto presupposto (…) del quale
affermi la mancata precedente notificazione, è tenuto ad osservare preliminarmente la disciplina intro-
dotta dall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 e, quindi, a presentare l’istanza» (cfr. Circ. Ag. Entrate
19.3.2012, n. 9, § 1.1).
Rientrano nell’ambito di applicazione dell’istituto anche gli atti:
› di irrogazione delle sanzioni relative alla omessa o tardiva trasmissione telematica della dichia-
razione da parte dell’intermediario incaricato (di cui all’art. 7-bis, D.Lgs. 241/1997);
› che contestano omessi o tardivi versamenti a seguito di controllo automatizzato della dichiara-
zione ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973, nel caso in cui, in assenza di pagamento da parte del con-
tribuente delle somme richieste con l’«avviso bonario», l’Ufficio proceda a iscrizione a ruolo
(cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 1.2, 1.3, 1.4);
› emessi dall’Agenzia Entrate-Riscossione «nei casi, ad esempio, di vizi propri delle cartelle di paga-
mento (…), ovvero di impugnazione di fermi di beni mobili registrati o di ipoteche» (cfr. Relazione il-
lustrativa al D.Lgs. 156/2015).
Gli atti relativi «al classamento e all’attribuzione di rendita catastale, pur essendo di valore indetermi-
nabile», possono essere oggetto di reclamo/mediazione (cfr. art. 17-bis, co. 1, ultimo periodo, non-
ché Relazione illustrativa al D.Lgs. 156/2015): è il caso delle «controversie promosse dai singoli pos-
sessori concernenti la intestazione, la delimitazione, la figura, la estensione, il classamento dei terreni e
la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché del-
le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attri-
buzione della rendita catastale» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 38/2015, che supera la precedente inter-
pretazione di cui alla Circ. Ag. Entrate 28.12.2012, n. 49/T, che riteneva applicabile l’istituto solo
«qualora oggetto di contestazione sia non solo la rendita attribuita, ma anche il tributo liquidato e/o i
relativi accessori ovvero le sanzioni irrogate con il medesimo atto»).
Possono essere oggetto di reclamo/mediazione anche gli accertamenti relativi all’IVA «riscossa al-
l’importazione, posto che, relativamente a tale tributo (…), laddove il Legislatore ha voluto escluderla …
tale esclusione è stata affermata e ribadita» (cfr. Nota Ag. Dogane 28.10.2016, n. 118196/R.U.).
Controversie escluse dal reclamo/mediazione Riguardano:
› gli atti non autonomamente impugnabili, come, ad es., il P.V.C., il questionario inviato al contri-
buente, l’accordo scaturente dall’accertamento con adesione (per gli atti relativi al recupero de-
Processo tributario 101

gli «aiuti di Stato» ritenuti illegittimi si ricorda che l’art. 47-bis, D.Lgs. 546/1992 richiamato dal

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


co. 10, è stato abrogato dall’art. 61, L. 234/2012);

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› gli atti di valore superiore alla soglia e quelli di valore indeterminabile (co. 1, primo periodo), co-
me, ad es., il provvedimento di cancellazione di una Onlus dall’Anagrafe unica, la revoca della
partita Iva, la irrogazione delle sanzioni per mancata emissione della ricevuta o dello scontrino
fiscale di cui all’art. 12, co. 2, D.Lgs. 471/1997 (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 1.3);
› «il diniego dell’istanza di disapplicazione della normativa per le società non operative, in quanto il va-
lore della controversia risulta essere indeterminabile per la impossibilità di quantificare il valore della
causa» (cfr. Comm. Trib. I° grado di Bolzano, 23.7.2013, n. 97);
› gli atti «aventi ad oggetto tributi costituiti da risorse proprie tradizionali» (cfr. Nota Ag. Dogane
28.10.2016, n. 118196/R.U.), «di cui all’art. 2, par. 1), lett. a), della decisione 2014/335/UE, Euratom
del Consiglio, del 24/05/2014» (cfr. art. 17-bis, co. 1-bis, introdotto dall’art. 10, co. 3-bis, del D.L.
24.4.2017, n. 50, conv. con modif. in L. 21.6.2017, n. 96).
Valore (convenzionale) della controversia (co. 1) Va individuato in base all’art. 12, per cui:
› nel caso di avvisi di accertamento, si considera l’importo del solo tributo (non anche degli inte-
ressi, né delle eventuali sanzioni) e
- «qualora un atto si riferisca a più tributi (per esempio Irpef e Irap ovvero imposta di registro, ipote-
caria e catastale) il valore deve essere calcolato con riferimento al totale delle imposte (…);
- in presenza di impugnazione cumulativa avverso una pluralità di atti, la necessità di uno specifico
e concreto nesso tra l’atto impugnato oggetto dell’istanza di mediazione e le contestazioni formulate
dal contribuente, richiesto dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, impone di individuare il valore della lite
con riferimento a ciascun atto impugnato con il ricorso cumulativo» (cfr. Circ. Ag. Entrate
19.3.2012, n. 9, § 1.3);
› nel caso di avviso di irrogazione di (sole) sanzioni, si considera l’importo di tutte le sanzioni ir-
rogate con l’atto.
Valore (convenzionale) della controversia (co. 1) - Singole fattispecie
1. Istanza di rimborso Nel caso di «controversie aventi ad oggetto il rifiuto espresso o tacito alla restituzione
di tributi, il valore della controversia va determinato tenendo conto dell’importo del tributo chiesto a rim-
borso, al netto degli accessori»; e se «l’istanza di rimborso riguarda più periodi d’imposta», secondo
l’Agenzia delle Entrate, «occorre fare riferimento al singolo rapporto tributario sottostante al singolo peri-
odo d’imposta», per cui «il valore della lite è dato dall’importo del tributo richiesto a rimborso per singolo
periodo d’imposta» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 1.3); mentre, secondo una parte della giuri-
sprudenza di merito, «tali somme non possano essere considerate singolarmente, anno per anno, in
quanto facenti parte di un unico ricorso» (cfr. Comm. Trib. Prov. Pavia, sent. 30.7.2013, n. 270).
2. Perdite Nel caso l’avviso di accertamento rettifichi le perdite
a. se l’atto riduce o azzera la perdita dichiarata (senza che emerga un reddito), si ha riguardo alla
imposta virtuale (calcolata applicando le aliquote vigenti nel periodo accertato sulla differenza
tra la perdita dichiarata e accertata);
b. se rettifica la perdita dichiarata e fa emergere un reddito imponibile, l’imposta commisurata al
reddito accertato si somma all’imposta virtuale (come sopra calcolata);
c. se «rettifica in aumento l’imposta dovuta da persona fisica che aveva utilizzato una perdita di impresa
per ridurre altri redditi, il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e dalla imposta vir-
tuale relativa alla eventuale parte di perdita riportabile» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 1.3.1).
2a. Perdite nel consolidato I criteri indicati sub a) e b) per determinare il valore della controversia
«trovano applicazione anche nel caso in cui sia notificato un atto unico di accertamento» nei confronti
di soggetti aderenti al cd. «consolidato». Se la consolidante presenta – entro il termine di proposi-
zione del ricorso – il Modello IPEC, per chiedere che le perdite di periodo non utilizzate siano
computate in diminuzione dal maggior imponibile derivante dalle rettifiche, «il maggior imponibile
accertato risulterà, a seguito del ricalcolo effettuato dall’Ufficio, diminuito o azzerato con le perdite del
consolidato non utilizzate (e) il valore della controversia deve essere determinato con riferimento all’im-
posta accertata nell’atto unico originario» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 6).
3. Fermo e ipoteca (ex artt. 86 e 77, D.P.R. 602/1973) «Qualora il debitore impugni la comunicazione di
iscrizione di fermo di beni mobili o di ipoteca su immobili, il valore della controversia va determinato con
riferimento all’atto impugnato e, analogamente a quanto previsto per la quantificazione del contributo
unificato, deve essere calcolato in base al valore dei crediti per tributi - al netto di interessi, sanzioni (sal-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

vo che le sanzioni (…) non costituiscano un accessorio al tributo per cui si procede, bensì pretesa autono-
ma) e altri oneri accessori – per i quali l’Agente della riscossione ha comunicato l’iscrizione del fermo o

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dell’ipoteca. Anche nel caso in cui il ricorrente, oltre a contestare vizi propri del fermo o dell’ipoteca, con-
testi anche i crediti per i quali si procede (…), se il valore complessivo dei crediti tributari sottostanti al
fermo o all’ipoteca supera 20.000,00 euro [50.000,00 euro], la lite non è soggetta al procedimento di
mediazione anche se le iscrizioni a ruolo contestate abbiano un valore inferiore alla predetta soglia. In
altri termini, si ritiene che, quando con lo stesso ricorso il debitore impugni sia il fermo o l’ipoteca con
valore della lite superiore a 20.000,00 euro [50.000,00 euro], sia singole iscrizioni a ruolo di valore in-
feriore, prevalga il rito ordinario di impugnazione su quello speciale previsto per le controversie di valore
fino a 20.000,00 euro [50.000,00 euro].
Gli stessi criteri si applicano (…) nel caso di impugnazione di una cartella di pagamento che cumula di-
stinte iscrizioni a ruolo anche se eseguite da diversi enti creditori, se si contesta integralmente la cartella
per vizi propri, nonché le singole iscrizioni a ruolo per vizi riferiti all’attività degli entri creditori» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12).
Atto di ricorso/Reclamo (co. 1) Deve contenere tutti i requisiti richiesti, a pena di inammissibilità,
dall’art. 18; deve, cioè, essere redatto come un normale ricorso e può (non deve) contenere una
motivata proposta di mediazione diretta ad un ridimensionamento della pretesa impositiva (ed ul-
teriori richieste, come, ad es., il contraddittorio).
Requisiti essenziali Il ricorso/reclamo deve indicare:
1. la Corte di giustizia tributaria adìta (competente per territorio);
2. i dati identificativi del contribuente quale possibile futuro «ricorrente», sia esso una persona fi-
sica o una persona giuridica o un centro di imputazione giuridica (come le società di persone),
con il codice fiscale, e, se è obbligato a possederlo, l’indirizzo di posta elettronica certificata –
Pec; le generalità (e la categoria di appartenenza) del difensore abilitato (con il suo codice fisca-
le, l’indirizzo Pec e il recapito fax), cui è stato conferito l’incarico (fatti salvi i due casi in cui il
contribuente può stare in giudizio personalmente);
3. il destinatario del reclamo quale possibile futuro «resistente», cioè l’ente impositore che ha
emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto, cui spetta la legittimazione pro-
cessuale passiva nell’eventuale successivo processo.
Nel caso di atti emanati dal Centro operativo di Pescara per «individuare la struttura territoriale»
competente, «occorre fare riferimento alle previsioni contenute nel regolamento di amministrazione del-
l’Agenzia delle entrate»; pertanto,
› per gli atti emessi a seguito delle attività di controllo e accertamento di cui all’art. 28, D.L.
78/2010 (attività realizzate con modalità automatizzate), «l’istanza va notificata alla Direzione cui
spettano le attribuzioni sul tributo controverso; di contro,
› nel caso di impugnazione di altri atti emessi dal Centro operativo di Pescara, l’istanza va notificata
direttamente a quest’ultimo» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 2.8);
4. gli estremi e la tipologia dell’atto oggetto di contestazione;
5. l’oggetto della domanda, cioè l’annullamento totale o parziale della pretesa impositiva e/o san-
zionatoria (petitum);
6. i motivi di impugnazione, cioè le ragioni – non integrabili e non generiche – in diritto e nel me-
rito, sulle quali si fonda la contestazione (causa petendi).
Il ricorso/reclamo deve contenere non solo l’oggetto della domanda, ma anche, fin da subito, i mo-
tivi di contestazione che la parte intende far valere nei vari gradi di giudizio, dato che non è con-
sentito al contribuente di ampliare (successivamente) il contenuto dell’atto (stante il divieto di in-
tegrazione dei motivi di cui all’art. 24).
Nel ricorso/reclamo va inserita anche la richiesta di condanna alle spese processuali e di restitu-
zione di quanto versato sulla base delle disposizioni sulla riscossione frazionata. «La legge nulla di-
spone in ordine all’onere delle spese per l’ipotesi di accoglimento del reclamo da parte dell’Amministra-
zione finanziaria» ma siccome «il contribuente deve affrontare, per la redazione di tale atto», spese per
l’assistenza tecnica del difensore, «la interpretazione costituzionalmente orientata (…) dell’art. 17-bis
induce a ritenere che l’accoglimento del reclamo, con conseguente annullamento dell’atto illegittimo, da
parte dell’Agenzia delle Entrate, comporta l’obbligo, per la stessa, di rimborsare al contribuente le spese
che lo stesso ha dovuto sostenere per munirsi della difesa tecnica impostagli dalla legge. Diversamente
opinando si perverrebbe alla conclusione che il diritto di difesa (nel quale è ricompreso l’obbligo della di-
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fesa tecnica), è garantito non nella sua interezza, come disposto dall’art. 24 Cost., ma diminuito del-

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l’esborso sostenuto per il compenso al difensore». Pertanto, «gli oneri economici connessi alla procedu-

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ra di cui all’art. 17-bis (…) assumono rilievo comunque, anche nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate
accolga il reclamo e disponga l’annullamento del provvedimento impugnato senza adottare alcun provve-
dimento sulla domanda di rimborso delle spese sostenute per la fase amministrativa» (cfr. Comm. Trib.
Prov. Campobasso, Sent. 24.2.2016, n. 147). Va, peraltro, fatto rilevare che, se il contribuente inten-
de far valere tale suo diritto, deve costituirsi in giudizio per ottenere dalla Corte di giustizia tribu-
taria di primo grado il ristoro delle predette spese.
Una volta redatto, l’atto deve essere sottoscritto: dal contribuente, nel caso possa stare in giudizio
personalmente, o dal difensore abilitato (incaricato), nel caso (normale) di assistenza tecnica ob-
bligatoria. La procura al difensore va conferita con scrittura autenticata a margine o in calce all’at-
to o con atto pubblico.
Anche nel ricorso/reclamo si deve indicare il valore (convenzionale) della lite (art. 14, co. 3-bis,
D.P.R. 115/2002), che, nel caso specifico, ha l’ulteriore scopo di consentire la verifica della obbliga-
torietà del procedimento.
In allegato al ricorso/reclamo, va depositata la copia dell’atto impugnato e di tutti i documenti che
il contribuente intende «depositare presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, con il
proprio fascicolo di causa, per provare in giudizio la fondatezza delle eccezioni sollevate avverso l’atto
impugnato» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 2.6). In proposito, però, la Cassazione ha affer-
mato che «nessuna disposizione prevede, ai fini dell’ammissibilità del ricorso giurisdizionale, che i docu-
menti che lo corredano, depositati alla Segreteria della Commissione Tributaria, siano allegati anche alla
istanza di reclamo presentato all’Amministrazione finanziaria» (nella versione vigente ante riforma
del D.Lgs. 156/2015). «Al riguardo, deve osservarsi» che l’art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992, «rinvia, per
quanto attiene alle modalità di costituzione in giudizio del ricorrente, all’art. 22 (…), che consente espres-
samente il deposito successivo dei documenti allegati al ricorso, stabilendo al comma 4 che il ricorrente,
entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso (art. 20) depositi nella Segreteria della Commissione
tributaria adìta il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, e i
documenti che produce, in originale o fotocopia» (cfr. Cass. Ord. 20.9.2019, n. 23523).
Modalità ed effetti della presentazione Il ricorso/reclamo va notificato entro il termine (perento-
rio) di proposizione del ricorso, cioè entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, tenendo conto:
› della (eventuale) sospensione di 90 giorni che consegue alla istanza di accertamento con adesio-
ne (che, però, non può essere presentata se l’Ufficio ha invitato il contribuente al contraddittorio
di cui all’art. 5 e 5-ter, D.Lgs. 218/1997, prima della emissione dell’avviso di accertamento);
› del periodo di 31 giorni (dal 1° al 31 agosto di ciascun anno) di sospensione feriale dei termini.
Nel caso di rifiuto tacito ad una domanda di rimborso, il reclamo può essere presentato solo dopo
90 giorni dalla presentazione della domanda di rimborso ed entro il relativo termine di prescrizione.
Procedimento (co. 2 e 4) Con «la proposizione del ricorso si apre una fase amministrativa di durata
pari a 90 giorni entro la quale deve svolgersi il procedimento»; tale fase «si colloca temporalmente tra
l’avvio dell’azione giudiziaria … e la eventuale instaurazione del giudizio» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38, § 1.7.3).
Durante la «fase amministrativa», «cioè a decorrere dalla notifica del ricorso e nei successivi 90 giorni,
calcolati applicando le regole dei termini processuali»:
› «il ricorso non è procedibile» fino a quando non «è scaduto il termine per lo svolgimento della
istruttoria»; se il contribuente si costituisce in giudizio «anticipatamente» rispetto al termine di-
latorio di 90 giorni, la Corte di giustizia tributaria rinvia la trattazione della causa per consentire
lo svolgimento della procedura (cfr. art. 17-bis, co. 3);
› è sospesa la esecutività dell’atto contestato, la riscossione e il pagamento delle somme dovute in
base ad esso «fermo restando che, in caso di mancato perfezionamento della mediazione, sono dovuti
gli interessi previsti dalle singole leggi di imposta» (cfr. art. 17-bis, co. 8, D.Lgs. 546/1992). La so-
spensione legale della riscossione consegue automaticamente alla presentazione del ricorso/re-
clamo e opera «anche nel caso in cui il contribuente si costituisca prima dello scadere del termine di
90 giorni» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.3).
I predetti effetti si producono, però, solo «nel caso di rituale instaurazione delle controversie alle quali è
applicabile» l’art. 17-bis. Invece, «qualora il ricorso sia inammissibile (perché, ad esempio, presentato tar-
divamente) oppure sia proposto avverso un atto non rientrante nell’ambito di applicazione del reclamo/me-
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diazione, i termini per la costituzione in giudizio del ricorrente decorrono dalla notifica del ricorso stesso e,
inoltre, non opera la sospensione legale della riscossione» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 38/2015).

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Il termine di 90 giorni – al quale «si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale»
(cfr. art. 17-bis, co. 2, D.Lgs. 546/1992) – va computato dalla data di notifica del ricorso all’ente im-
positore, tenendo presente che, se la notifica è effettuata a mezzo del servizio postale, il termine,
per chi lo riceve, decorre dalla data di ricezione del ricorso.
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, detto termine era stato so-
speso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, co. 2, del D.L. 17.3.2020, n. 18 conv. con modif. in L.
24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; C.A.E. 3.4.2020,
n. 8 e 16.4.2020, n. 10).
Una volta proposto, il ricorso/reclamo viene esaminato e trattato:
› nel caso dell’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e dei Monopoli, da una apposita struttura, di-
versa ed autonoma rispetto a quella che ha emanato l’atto contestato: «struttura deputata alla
gestione del contenzioso» che opera nell’ambito degli Uffici legali delle Direzioni provinciali o re-
gionali (o del Centro operativo di Pescara);
› nel caso degli altri Enti impositori, da una struttura a ciò delegata in conformità con la organiz-
zazione di ciascun Ente. «La decisione finale (peraltro) non può che restare in capo al funzionario
responsabile d’imposta, visto che a tale soggetto la normativa impone, quantomeno in tema di IUC, la
rappresentanza in giudizio dell’ente. Conseguentemente, nel caso in cui l’ente non individui una appo-
sita struttura, si ritiene che non sia necessaria l’adozione di atti che attribuiscano la competenza in ca-
po al funzionario responsabile» (cfr. Nota IFEL 18.12.2015).
L’Ufficio cui viene proposto il ricorso/reclamo:
› prima di tutto, verifica che ne sussistano i presupposti, cioè la sua proponibilità (rispetto all’atto
contestato). Esso è improponibile nel caso
- «di atti non impugnabili»;
- di atti impugnati di valore superiore alla soglia (cinquantamila euro); «o di valore indetermina-
bile [con la eccezione degli atti catastali] (…);
- di provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 21 (Sanzioni accessorie) del D.Lgs. 472/1997;
- di istanze di cui all’art. 22 (ipoteca e sequestro conservativo) del D.Lgs. 472/1997»;
› poi, valuta la «fondatezza dei motivi in base ai quali l’istante contesta l’atto impugnato, chiedendone
l’annullamento totale o parziale ovvero chiedendo la rideterminazione della pretesa» (cfr. Circ. Ag.
Entrate, n. 9/2012, § 5.2).
Dopo di che, a seconda dei casi, l'Ufficio:
› accoglie il reclamo e annulla in autotutela l’atto a suo tempo emesso: in questo caso la procedura
si chiude con la definizione della controversia, restando a carico del contribuente solo le spese del
procedimento amministrativo (si veda, però, Comm. Trib. Prov. Campobasso, Sent. 24.2.2016, n.
147, secondo la quale la interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 17-bis «induce a rite-
nere che l’accoglimento del reclamo, con conseguente annullamento dell’atto illegittimo, da parte del-
l’Agenzia delle Entrate comporta l’obbligo per la stessa di rimborsare al contribuente le spese che lo stesso
ha dovuto sostenere per munirsi della difesa tecnica impostagli dalla legge»); ovvero
› rigetta l’istanza esponendo «in modo completo e dettagliato le ragioni, di fatto e di diritto, poste a
fondamento della pretesa tributaria, avendo presente che il contenuto del diniego, in caso di successiva
costituzione in giudizio da parte del contribuente, varrà come atto di controdeduzioni» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 19.3.2012, n. 9);
› cerca di definire la controversia in via amministrativa attraverso la mediazione.
Fase della MEDIAZIONE (co. 1 e 5) Il ricorso/reclamo può contenere anche una motivata proposta
di mediazione, cioè la richiesta di rideterminazione della pretesa impositiva in contraddittorio con
l’Ufficio, il quale dovrebbe assecondare tale richiesta «ogni qual volta sussistano i presupposti per
raggiungere un accordo di mediazione o quando il confronto diretto appaia necessario per comprendere
appieno le ragioni del contribuente» (testualmente l’allora Direttore Affari legali e contenzioso del-
l’Agenzia delle Entrate, ne Il Sole 24 Ore di lunedì 19 novembre 2012).
È il caso degli accertamenti di tipo analitico-induttivo o delle controversie originate dalle rettifiche
fondate sulla violazione del principio di competenza di cui all’art. 109, D.P.R. 917/1986, per le quali
il contraddittorio costituisce la sede idonea «per operare, su richiesta del contribuente, la compensa-
zione tra l’imposta oggetto di contestazione, riconducibile al componente negativo erroneamente dedotto
Processo tributario 105

in difetto di competenza, e l’imposta rimborsabile che emergerebbe dalla corretta imputazione del mede-

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simo componente» (cfr. C.A.E. 2.8.2012, n. 31, con riferimento all’accertamento con adesione, ma a

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valere anche per il procedimento di reclamo/mediazione).
Costituisce, comunque, una buona pratica evitare frasi dalle quali si possa desumere, anche lata-
mente, l’accettazione, da parte del contribuente, delle contestazioni mosse nell’atto: perché nel
successivo eventuale giudizio tributario, la Corte di giustizia tributaria potrebbe considerare tali
affermazioni come ammissioni della fondatezza della pretesa dell’Ufficio.
a. Se il contribuente ha inserito, nell’istanza di reclamo, anche una motivata proposta di media-
zione, l’Ufficio può valutarla positivamente e, se contiene anche la «rideterminazione» dell’am-
montare del tributo dovuto, può invitarlo a sottoscrivere il relativo accordo di mediazione sen-
za particolari formalità;
b. se, invece, il contribuente non ha formulato alcuna proposta di mediazione, l’Ufficio può for-
mularne una propria «completa della rideterminazione della pretesa» o, in alternativa, può formu-
larne una «che consenta al contribuente di accettare l’intero importo del tributo, accertato con l’atto
impugnato, al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione delle sanzioni irrogate» (cfr. Circ.
Ag. Entrate, n. 9/2012, § 5). La proposta non può essere più favorevole al contribuente rispetto
alla riduzione delle sanzioni fruibili «per effetto di acquiescenza in una fase amministrativa ante-
cedente a quella della mediazione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 3.1), dato che, in mate-
ria di istituti deflativi del contenzioso tributario, vige la regola per cui non può essere utilizzato
un istituto successivo che comporti una riduzione delle sanzioni superiore a quella che sarebbe
stata ottenuta valendosi di un istituto deflativo precedente (di cui il contribuente – potendolo
fare – non si è valso). L’Ufficio deve considerare, in proposito, tre fattori:
› «l’eventuale incertezza delle questioni controverse»: se la sua pretesa contrasta con un (consoli-
dato) orientamento della Corte di Cassazione su (analoghe) «questioni di diritto» «si rende
opportuno favorire un accordo di mediazione; è, però, esclusa la possibilità di mediare in relazione
a questioni risolte in via amministrativa con apposito documento di prassi, cui gli Uffici devono
necessariamente attenersi anche nella gestione delle relative controversie, a nulla rilevando l’even-
tuale contrario orientamento della giurisprudenza cui l’Amministrazione non abbia ancora presta-
to adesione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 5.4.1). «A differenza dei reclami proposti av-
verso atti dell’Agenzia delle entrate», nell’ambito dei tributi comunali «si ritiene [invece] del tut-
to ininfluente la presenza di documenti di prassi amministrativa che abbiano fornito indicazioni
opposte a quelle assunte dall’ente nella emissione degli atti, stante la loro non vincolatività non so-
lo per gli enti locali, ma anche per i contribuenti» (cfr. Nota IFEL 18.12.2015);
› il grado di sostenibilità della pretesa: l’Ufficio terrà conto dell’orientamento della giurispru-
denza di merito della circoscrizione in cui ha sede l’Ufficio su (analoghe) «questioni di fat-
to», «a condizione che [tale orientamento] sia condiviso o, nella negativa, a condizione che non
possa essere utilmente contrastato con ricorso per cassazione»; infine
› il principio di economicità, inteso come ottimizzazione economica delle risorse e dei proce-
dimenti: in caso di scarsa sostenibilità della pretesa, l’Ufficio deve tenere conto anche del ri-
schio di soccombenza nelle spese di lite.
Per facilitare lo svolgimento della procedura, in calce alla proposta di mediazione dell’Ufficio sono
indicati il nominativo e i recapiti del funzionario cui il contribuente può rivolgersi.
Svolgimento del contraddittorio Se l’Ente ritiene praticabile la mediazione «invita [anche tramite
Pec], il contribuente al contraddittorio» richiamando l’istanza e indicando data, ora e luogo della
comparizione.
Se il contribuente (o un suo delegato) non si presenta, tale fatto viene annotato sull’originale del-
l’invito; se, invece, intende partecipare al contraddittorio, può farlo personalmente o a mezzo di
difensore munito di procura.
«Nelle ipotesi in cui, precedentemente alla notifica dell’istanza, sia stata inutilmente esperita la procedu-
ra di accertamento con adesione (…), è opportuno che l’Ufficio valuti (…) se, in fase di mediazione, emer-
gano condizioni tali da ritenere possibile il raggiungimento di un accordo (…) in particolare sulla base di
elementi non noti, sopravvenuti o comunque non presi in considerazione» nella precedente fase dell’ac-
certamento con adesione, tra cui «possono assumere particolare rilevanza:
› i motivi del ricorso», cioè eventuali vizi formali e sostanziali eccepiti dal contribuente;
› «l’eventuale indicazione di documenti non disponibili o non esibiti dal contribuente in fase di accerta-
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mento con adesione (…);


› la formazione di un orientamento della Corte di cassazione, ovvero della giurisprudenza di merito lo-

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cale, contrario o favorevole alla posizione dell’Agenzia» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 6.1).
Il contraddittorio deve svolgersi possibilmente nell’ambito di un unico incontro; l’esito viene ri-
portato in un apposito verbale sottoscritto dal contribuente (o dal suo difensore) e dal Direttore
provinciale o regionale (o da un suo delegato) dell’Ufficio (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9) o,
comunque, dal responsabile dell’Ente che ha emesso l’atto (o da un suo delegato).
L’atto deve contenere la indicazione degli importi dovuti dal contribuente o dall’Ufficio (nel caso
di rimborso) e delle modalità di versamento (compresa la eventuale rateizzazione) o di restituzio-
ne (nel caso di rimborso); nonché la sottoscrizione delle parti, che può avvenire contestualmente
oppure in momenti diversi.
Ipotesi particolari
1. Società. Nel caso di liti concernenti l’accertamento nei riguardi delle società e dei soci, il procedi-
mento nei confronti della prima rispetto a quello dei soggetti partecipanti è indipendente, per cui
la società può concluderlo autonomamente rispetto ai soci. «A loro volta i soci:
› possono concludere la mediazione tenendo conto di quella conclusa dalla società;
› possono concludere autonomamente la mediazione in relazione al proprio rapporto anche se la società
non ha mediato in ordine al proprio;
› possono costituirsi in giudizio dopo avere infruttuosamente esperito la fase amministrativa della me-
diazione relativa al proprio reddito;
› possono presentare direttamente ricorso al Giudice tributario se il valore della lite relativa ai loro red-
diti è superiore a [50.000,00] euro» (cfr. Circ. Ag. Entrate, 19.3.2012, n. 9/E, § 2.2).
Se la società ha già definito la propria posizione, «la posizione del socio deve essere trattata tenendo
conto» della definizione della società, per cui «l’eventuale annullamento totale o parziale o la mediazione
sulla pretesa riguardante la società produce effetti sui rapporti riguardanti i soci, anche se non mediano o
non rientrano nell’ambito di applicazione della mediazione. In questo caso [però] le sanzioni calcolate sul
reddito rideterminato devono essere irrogate per intero» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9/E, § 2.2).
Se il procedimento nei confronti della società e dei soci è di competenza del medesimo Ufficio,
questo provvede alla relativa gestione e conclusione nei confronti di tutti gli istanti; se, invece, la
competenza spetta ad Uffici diversi, ciascuno gestisce la procedura relativamente agli atti di pro-
pria competenza, ma l’Ufficio che riceve l’istanza del socio «deve coordinarsi con quello competente
in ordine alla società, a prescindere dalla presentazione di una eventuale istanza da parte» della stessa.
2. Coobbligati. In presenza di più soggetti obbligati al pagamento dell’imposta, ovvero di soggetti,
obbligati al pagamento di tributi diversi, che sono legati ex lege all’assolvimento del tributo da un
vincolo di solidarietà, è facoltà dell’Ufficio gestire e concludere il procedimento in modo coordina-
to nei confronti di tutti; la procedura «perfezionata con uno o più coobbligati estingue l’obbligazione
tributaria nei confronti di tutti» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 2.3).
Perfezionamento della mediazione (co. 6) Si effettua:
a. con il versamento del dovuto o della prima rata entro il termine (perentorio) di 20 (venti) giorni
dalla sottoscrizione dell’accordo, se la controversia riguarda un atto impositivo o di riscossione;
b. con la sottoscrizione dell’accordo, se la controversia:
› riguarda il rifiuto espresso o tacito alla richiesta di rimborso: in questo caso, l’accordo ha valore
di titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente (cfr. art. 17-bis, co. 6);
› ha ad oggetto operazioni catastali: in questo caso, «gli atti catastali verranno aggiornati a seguito
del perfezionamento della mediazione e nei termini risultanti dall’accordo (si fa riferimento, in parti-
colare, ai ricorsi aventi ad oggetto il classamento o la rendita catastale degli immobili)» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.4).
Sub a) Perfezionamento a seguito di versamento del dovuto Può avvenire in un’unica soluzione o in
forma rateale nel termine (perentorio) di 20 (venti) giorni dalla sottoscrizione dell’accordo.
Si ricorda che anche questo termine era stato sospeso, a causa della emergenza epidemiologica da
Covid-19, dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, co. 2, D.L. 18/2020; art. 36, D.L. 23/2020; C.A.E.
8/2020 e 10/2020 cit.).
Dato che il procedimento rileva anche in termini contributivi, contestualmente al pagamento dei tri-
buti, si deve procedere anche al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali «la cui base im-
ponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.4).
Processo tributario 107

Se la sottoscrizione dell’accordo avviene in momenti diversi, il termine di 20 giorni decorre dalla

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


data dell’ultima sottoscrizione.

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Nel caso di adesione alla proposta di una delle parti, detto termine decorre «dalla spedizione dell’at-
to di adesione da parte del contribuente che l’ha sottoscritto, quando la proposta sia stata formulata dal-
l’Ufficio; dal ricevimento dell’atto di adesione dell’Ufficio, se la proposta era contenuta nell’istanza di me-
diazione presentata dal contribuente» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 6.3).
Entro 10 (dieci) giorni dal versamento, il contribuente deve depositare copia della relativa attesta-
zione presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente, che rilascerà al contribuente copia
dell’atto di mediazione.
Il mancato pagamento dell’importo dovuto o della prima rata nel termine (perentorio) di 20 giorni
impedisce il perfezionamento della mediazione e l’atto originariamente contestato mantiene i suoi
effetti, per cui al contribuente non resta che costituirsi in giudizio, rispettando il termine di cui al-
l’art. 22 (del D.Lgs. 546/1992); scaduto il quale l’atto impositivo diventa definitivo e l’Ufficio può
procedere alla riscossione di quanto dovuto in base ad esso.
Modalità di pagamento Il versamento – del totale o della prima rata – delle somme dovute va effet-
tuato:
› mediante versamento unitario di cui all’art. 17, D.Lgs. 241/1997, con le modalità stabilite dall’art.
19, stesso Decreto (cfr. art. 17-bis, co. 6, che rinvia all’art. 8, D.Lgs. 218/1997, che richiama l’art.
15-bis, stesso Decreto), con possibilità di compensare (nei limiti previsti dalle vigenti disposizio-
ni) le somme dovute con i crediti vantati dal contribuente;
› utilizzando il Mod. F24 (cfr. Provv. Direttore Ag. Entrate 22.3.2012, n. 2012/44332), indicando, nei
campi «codice ufficio», «codice atto» e «anno di riferimento», le informazioni riportate nell’atto di
mediazione. I relativi codici tributo – da esporre nella sezione «Erario», esclusivamente in corri-
spondenza degli «Importi a debito versati» – sono stati istituiti con Ris. Ag. Entrate 19.4.2012, n. 37.
Il pagamento conseguente alla definizione può anche essere compensato - su richiesta del contri-
buente - con i crediti commerciali vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione, nel caso
di crediti non prescritti, certi, liquidi, esigibili e «certificati» (relativi a somministrazioni, forniture
e appalti), ex art. 28-quinquies del D.P.R. 602/1973, se sussistono le seguenti condizioni (stabilite
dal Decreto M.E.F., 14.1.2014):
› il contribuente titolare del debito tributario deve coincidere con il titolare del credito «certificato»;
› la certificazione deve contenere, fra l’altro, la data di pagamento del credito commerciale, rila-
sciata dall’Ente debitore attraverso la cd. «piattaforma elettronica»;
› la compensazione deve avvenire esclusivamente con Mod. F24 telematico, nel quale vanno indi-
cati gli appositi codici tributo relativi ai debiti fiscali, e il codice relativo ai crediti commerciali.
Il modello di versamento denominato «F24Crediti PP.AA.» (con l’apposito campo «numero certifica-
zione credito»), è stato approvato con Provv. Ag. Entrate 31.1.2014, n. 2014/13917; è disponibile solo
in formato elettronico e deve essere «trasmesso esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti
dalla Agenzia delle Entrate».
Anche i contributi previdenziali e assistenziali correlati all’imponibile rideterminato a seguito del-
l’accordo di mediazione, vanno pagati tramite Mod. F24, utilizzando le causali di cui alla Circ. Ag.
Entrate 12.2.2014, n. 1, con possibilità di effettuare il versamento ratealmente.
Versamento RATEALE delle somme dovute Può essere effettuato in un massimo di 8 (otto) o – se
le somme dovute superano 50.000,00 euro – 16 (sedici) rate trimestrali di pari importo, che scado-
no «entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre». Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli inte-
ressi al tasso legale (dall’1.1.2023, 5%: cfr. D.M. 13.12.2022), calcolati dal giorno successivo al termi-
ne di versamento della prima rata, «indipendentemente dalla data in cui è stato eseguito il versamento
che ha determinato il perfezionamento» della procedura. In pratica:
› «il trimestre da considerare per l’effettuazione del versamento della seconda rata (nonché delle rate a
seguire) decorre dal termine previsto per il versamento della prima rata (e non più dalla data in cui la
prima rata è stata effettivamente pagata);
› la scadenza delle rate successive alla prima ricade sempre nell’ultimo giorno di ciascun trimestre» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17).
Se nel corso del pagamento rateale delle somme dovute interviene il decesso del contribuente,
grava sugli eredi il versamento delle rate successive, tenendo presente che:
› vige la regola generale (cfr. art. 65, D.P.R. 600/1973) della proroga di sei mesi di tutti i termini
108
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

pendenti alla data del decesso del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa; la quale
opera a favore degli eredi «anche in relazione ai termini di pagamento delle rate scadenti successiva-

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mente» al predetto evento;
› non sono trasmissibili agli eredi le sanzioni (stabilite nel piano di ammortamento del pagamen-
to del debito) dovute dal de cuius, né quelle irrogate al de cuius nel caso sia incorso, prima del
decesso, nella violazione di ritardato pagamento delle rate o nella decadenza dal beneficio della
rateazione. Infatti, «qualora nel corso di una rateazione si verifichi il decesso del contribuente, in re-
lazione alle rate ancora da versare (…) non [potrà essere chiesto] agli eredi il pagamento delle somme
ancora dovute a titolo di sanzione; ed è altresì escluso il versamento delle somme dovute a titolo di
sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal beneficio del piano di
rateazione»; «l’Ufficio, acquisita notizia del decesso del debitore direttamente o su comunicazione degli
eredi, provvederà a predisporre e comunicare alla/e parte/i interessata/e il computo dei nuovi importi
delle rate dovute al netto delle sanzioni gravanti sul de cuius» (cfr. C.A.E. 7.8.2015, n. 29). Se, però,
l’erede non effettua «il pagamento della rata entro il termine previsto (…), troveranno applicazione le
sanzioni previste in caso di ritardato pagamento o di decadenza dalla rateazione, qualora ne ricorrano
i presupposti» (cfr. C.A.E. 29/2015): restano, cioè, a carico degli eredi le sole sanzioni relative a
violazioni da essi commesse.
Disposizioni connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 149 del D.L. 19.5.2020, n. 34,
conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77, aveva disposto la proroga al 16.9.2020 dei termini di versa-
mento delle somme dovute - anche in forma rateale - a seguito della stipula di un accordo di me-
diazione, se i termini (originari) di versamento scadevano nel periodo compreso tra il 9.3.2020 e il
31.5.2020. In questo caso, i «versamenti prorogati» potevano essere effettuati, senza applicazione
di sanzioni e interessi, alla data del 16.9.2020, o in una unica soluzione, o mediante rateazione fi-
no a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con scadenza il 16 di ciascun mese.
INADEMPIMENTI nel versamento delle somme dovute L’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973 (cfr. rinvio all’art.
8, co. 4, D.Lgs. 218/1997, applicabile anche ai versamenti rateali a seguito di reclamo), disciplina
l’inadempimento nei pagamenti rateali delle somme dovute e le relative conseguenze sanzionatorie
e introduce l’istituto del «lieve inadempimento», che «ricorre ogni qual volta ritardi di breve durata ov-
vero errori di limitata entità nel versamento delle somme dovute [in un’unica soluzione o in forma ratea-
le] non comportano per il contribuente la perdita dei benefici e quindi, a seconda dei casi, non precludono il
perfezionamento» della procedura né determinano la decadenza dalla rateazione (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.4.2016, n. 17). Viene così formalizzata la prassi amministrativa che consentiva all’Ufficio di ritenere
valido il pagamento «qualora le somme versate siano lievemente inferiori a quelle dovute per un errore
del contribuente che, anche oltre il termine di legge, abbia successivamente sanato l’errore», o nel caso di
lieve ritardo o di altre minime irregolarità (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 7.1).
1. Se il contribuente non esegue il versamento delle somme dovute in un’unica soluzione o della
prima rata – entro il termine perentorio di 20 giorni dalla redazione dell’atto – la mediazione
(relativa ad un atto impositivo o di riscossione), di regola, non si perfeziona; ma si perfeziona
se il pagamento è eseguito entro i margini quantitativi e temporali che il Legislatore qualifica
«lieve inadempimento». È considerato tale «il pagamento della prima rata [o in un’unica soluzio-
ne] in misura carente, per una frazione tuttavia non superiore al 3% e comunque per un importo non
superiore a diecimila euro», o il versamento «effettuato con ritardo non superiore a sette giorni ri-
spetto al termine di scadenza del pagamento», tenendo presente che, se la scadenza (anche tele-
matica) del versamento:
› coincide con il sabato o con un giorno festivo, è rinviata al primo giorno lavorativo successi-
vo (cfr. art. 7, co. 1, lett. h), D.L. 70/2011);
› cade nel periodo compreso tra il 1° e il 20 agosto, «i sette giorni entro cui è possibile effettuare
il versamento in ritardo decorrono dal 20 agosto».
2. Il mancato o tardivo versamento delle rate diverse dalla prima non incide sul perfezionamento
della mediazione, ma comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo
dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni (come determinate nell’atto
perfezionato), nonché della (ulteriore) sanzione del 30% aumentata della metà (45%), se il con-
tribuente non esegue «il versamento della rata entro il termine di pagamento di quella successiva (o
comunque esegue un versamento carente in misura eccedente il limite del lieve inadempimento)» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17). Integrano quest’ultima ipotesi «il versamento di una delle rate
Processo tributario 109

diverse dalla prima» nella misura indicata (3%/10.000,00 euro), e quello «effettuato entro il ter-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mine di pagamento della rata successiva», che non comporta la decadenza dalla rateazione né, di

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conseguenza, la iscrizione a ruolo (tenendo conto, nel caso dell’ultima rata, del termine «di 90
giorni dalla scadenza ordinaria», dato che non si può configurare una scadenza successiva: cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17).
Nel caso di avvisi di accertamento c.d. «esecutivi» di cui all’art. 29, D.L. 78/2010, «il recupero delle
somme non versate a seguito di mediazione va effettuato mediante l’intimazione ad adempiere al paga-
mento, prevista dalla medesima norma» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.6).
Sanzioni irrogabili e ravvedimento operoso Il tardivo o carente versamento delle somme dovute
(ancorché lieve, per cui non preclude il perfezionamento della procedura né comporta la decaden-
za dalla rateazione) costituisce, comunque, una violazione sanzionata ex art. 13, D.Lgs. 471/1997,
per cui l’Ufficio procede alla relativa iscrizione a ruolo, a meno che il contribuente, per sanare la
violazione, non si avvalga del ravvedimento operoso ex art. 13, D.Lgs. 472/1997 entro:
› 90 giorni dalla scadenza del versamento, in caso di pagamento in un’unica soluzione o dell’ulti-
ma rata;
› il termine di pagamento della rata successiva, in caso di versamento dilazionato (cfr. Circ. Ag.
Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.7.6).
I relativi codici tributo e le modalità di compilazione del modello di versamento sono stati istituiti
con R.A.E. 4.3.2014, n. 25.
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive alla prima ex art. 1, co.
219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023 I commi da 219 a 221 dell’art. 1 «prevedono –
con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate – la possibilità di regolarizzare l’omes-
so o carente versamento:
a) delle rate successive alla prima relative alle somme dovute a seguito di (…) reclamo o mediazione ai
sensi dell’art. 17-bis, co. 6 del D.Lgs. 546 del 1992, scadute al 1° gennaio 2023 (ossia per le quali, a tale
data, sia decorso il termine ordinario di pagamento) e per le quali non siano stati notificati la cartella di
pagamento ovvero l’atto di intimazione;
b) (…)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Sul punto è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in vi-
gore dal 31.3.2023, che ha precisato che la regolarizzazione è inibita se «alla medesima data» sia stata
notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione: dunque, si deve aver riguardo alla data del
1° gennaio 2023 (cfr. art. 18, del citato decreto, che modifica il co. 219 dell’art. 1 della L. 197/2022).
«La regolarizzazione degli omessi pagamenti avviene mediante il versamento integrale della sola imposta»
(cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Pertanto, l’omesso o carente versamento delle rate successive alla prima,
› scadute alla data del 1° gennaio 2023;
› relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate;
› dovute a seguito di reclamo o mediazione;
possono essere regolarizzate con il versamento integrale della sola imposta dovuta, a condizione
che - «alla medesima data» «non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto di
intimazione» (co. 219).
Nel caso di «omesso o carente versamento di una rata, entro l’ordinaria scadenza e senza che sia ancora
intervenuta la decadenza dalla rateazione, la regolarizzazione (…) deve riguardare il solo importo non
versato entro il 1° gennaio 2023, mentre le rate non ancora scadute non possono essere regolarizzate, con
conseguente versamento di imposte, interessi e sanzioni alle ordinarie scadenze previste dal piano di ra-
teazione» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
Tuttavia, nel caso alla data del 1° gennaio 2023 «sia stato superato anche il termine per il pagamento
della rata successiva, si verifica la decadenza dalla rateazione, con le conseguenze previste dall’art. 15-ter
del D.P.R. 602/1973. In questa ipotesi, la regolarizzazione deve riguardare l’intero ammontare del debito
residuo, in difetto del quale, la intervenuta decadenza determina l’applicazione del citato art. 15-ter» (cfr.
C.A.E 20.3.2023, n. 6).
La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima riguarda
le rate - relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata in
vigore della legge, per le quali, al 1° gennaio 2023, non sia già stata notificata la cartella di pagamento
o l’atto di intimazione. Restano, quindi, escluse dalla definizione i carenti od omessi versamenti delle
rate successive alla prima, relativi al presente istituto perfezionato con riferimento a tributi diversi.
110 Processo tributario

Inoltre, il contribuente non potrà avvalersi della definizione in esame qualora «sia in regola con i
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

pagamenti rateali ancora in corso al 1° gennaio 2023»; «e ciò al contrario del contribuente che, al 1° gen-
naio 2023, è in regola con i pagamenti rateali delle somme derivanti da controlli automatizzati (c.d. av-

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visi bonari)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI Il neo introdotto art. 221-bis dell’art. 1, della L.
197/2022, in vigore dal 28.2.2023, stabilisce che «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 mar-
zo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle
disposizioni dei commi da 206 a 221 alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente stru-
mentale, in alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204 [dell’art. 1 della stessa L.
197/2022]. I provvedimenti degli enti locali (…) acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet
istituzionale dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento
delle finanze, entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis del D.L. 29.12.2022, n. 198, c.d.
Milleproroghe, conv. con modific. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49).
«Con riferimento ai tributi comunali, la regolarizzazione» potrà «riguardare la rateizzazione degli im-
porti dovuti e scaduti alla data del 1° gennaio 2023» relativi al reclamo o mediazione ai sensi dell’art.
17-bis del D.Lgs. 546/1992 (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023; nonché M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF).
«La normativa pone come condizione espressa per accedere alla regolarizzazione la condizione che non
debba essere stata notificata “la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione” (…).
Per quanto riguarda il riferimento alla cartella, nel caso dei Comuni questo può (e deve) essere integrato
o sostituito dalla ingiunzione fiscale, nel caso di riscossione coattiva effettuata – in tutto o in parte – di-
rettamente dall’ente o da un suo ente strumentale». Per quanto riguarda la intimazione ad adempie-
re, la Nota Ifel precisa che «ai fini della verifica della preclusione alla regolarizzazione, per effetto del-
l’avvenuta notifica dell’atto di intimazione, non risultano preclusivi né la intervenuta notifica del prov-
vedimento di decadenza, previsto dall’art. 1, co. 800, L. 160/2019, né l’intervenuto sollecito di pagamento
(…) nel caso di mancato pagamento di quanto dovuto in seguito agli accertamenti con adesione (…)» (la
decadenza, ex art. 1, co. 800, L. 160/2019, consegue al mancato pagamento di due rate anche non
consecutive, nell’arco di sei mesi, nel corso del periodo di rateazione).
La regolarizzazione non può invece essere effettuata «nel caso di avvenuta notifica della cartella, del-
la ingiunzione o della intimazione ad adempiere».
Quanto al perfezionamento, «la data prevista per il versamento della prima rata (31 marzo) coincide
con la data entro la quale il Comune deve approvare il regolamento», per cui «il Comune può (in realtà
deve …) indicare una data pari o successiva al 31 maggio» (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023).
Il regolamento comunale, infine, dovrà procedere ai necessari adattamenti richiesti dal perfezio-
namento della definizione, tenendo conto della regola base per cui gli istituti previsti dalla L.
197/2022:
› sono applicabili distintamente dai Comuni, che possono valutarne l’opportunità per ciascuna delle fat-
tispecie delineate dalla norma (…).
› i margini di decisionalità relativi a ciascuna fattispecie che l’ente locale intenda adottare sono limitati,
in particolare, ai necessari adattamenti che si rendano di volta in volta necessari per le peculiarità ti-
piche dei propri atti.
› Non appare invece modificabile il quadro delle condizioni di applicazione ed adesione richieste ai con-
tribuenti, definito dalla legge (misure dei pagamenti, articolazioni delle eventuali rateizzazioni, ecc.)»
(cfr. IFEL, Nota 1.3.2023).
Il beneficio consiste:
› nell’abbattimento delle sanzioni e interessi, dovendo essere effettuato il versamento integrale
della sola imposta dovuta;
› nella possibilità di rateizzare il pagamento in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo,
in luogo delle 8 o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro - 16 (sedici) rate trimestrali.
La regolarizzazione «comporta il versamento dell’imposta dovuta e si perfeziona con il pagamento del-
l’intero importo entro il 31 marzo 2023 oppure tramite il versamento di un numero massimo di venti
rate trimestrali di pari importo, la cui prima rata deve essere corrisposta entro il 31 marzo 2023»; con la
precisazione che la definizione si perfeziona «con il pagamento integrale di quanto dovuto, a pre-
scindere dal pagamento rateale». L’Agenzia specifica, inoltre, «che per accedere alla definizione (…) la
cartella di pagamento o l’atto di definizione non devono essere stati notificati prima del versamento inte-
grale delle somme dovute a seguito della predetta definizione o del pagamento della prima rata, in caso
Processo tributario 111

di pagamento rateale, posto che, per tale condizione, la disposizione non fa esplicito riferimento alla data

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


di entrata in vigore della legge di bilancio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
La prima delle (massimo venti) rate trimestrali di pari importo, va versata entro la stessa scadenza

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prevista in caso di pagamento unitario e, quindi, entro il 31 marzo 2023, mentre le successive sca-
dono il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo, di ciascun anno. Sulle rate succes-
sive alla prima sono dovuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine per il ver-
samento della prima rata. Diversamente dalla disciplina a regime, è, però, esclusa la possibilità di
procedere alla compensazione ex art. 17, D.Lgs. 241/1997.
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 - al fine di «consentire il versamento tramite modello F24 delle suddette som-
me» - ha istituito i codici tributo «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusivamente in corrispondenza
delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”» (cfr. R.A.E. 14.2.2023, n. 6).
«I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento” sono valorizzati con le informazioni ripor-
tate negli atti emessi dall’Ufficio.
Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valorizzato con il codice della Re-
gione o con il codice catastale del Comune destinatario.» (cfr. R.A.E. 14.2.2023, n. 6).
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it.
Di seguito si riporta la Tabella di cui alla citata Risoluzione.

Codice Codice atto Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di


ufficio tributo Regione/ riferimento
Prov./mese
rif.
COMPILARE COMPILARE TF40 IVA e relativi interessi legali – NON AAAA
Regolarizzazione omessi/carenti COMPILARE
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF41 Altri tributi erariali e relativi NON AAAA
interessi legali – COMPILARE
Regolarizzazione omessi/carenti
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF42 IRAP e addizionale regionale CODICE AAAA
all'IRPEF e relativi interessi legali REGIONE
– Regolarizzazione omessi/ (…)
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF43 Addizionale comunale all'IRPEF e CODICE AAAA
relativi interessi legali – CATASTALE
Regolarizzazione omessi/carenti DEL COMUNE
pagamenti rate – Art. 1, co. da (…)
219 a 221, legge n. 197/2022

Il mancato perfezionamento della regolarizzazione comporta che:


› gli effetti della definizione non si producono; e
› l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e
sanzioni, nonché della sanzione del 30% (prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997), applicata sul
residuo importo dovuto a titolo d’imposta. La relativa cartella è notificata entro il termine di de-
cadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso versa-
mento, integrale o parziale, delle somme dovute per effetto della regolarizzazione.
Infine, l’Agenzia delle Entrate «ritiene che, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non pos-
sano applicarsi le previsioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973, stante il mancato rinvio a tali
disposizioni nella disciplina della definizione di cui trattasi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Sub b) Perfezionamento a seguito di sottoscrizione Nel caso di controversie che riguardano il ri-
fiuto espresso o tacito alla richiesta di rimborso, la mediazione «si perfeziona con la sottoscrizione
dell’accordo» contenente la indicazione delle somme dovute e dei termini e modalità di versamen-
to. Tale accordo «costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente» (cfr. art. 17-
112
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

bis, co. 6) e «consente, qualora non venga data esecuzione al pagamento concordato, l’azione esecutiva
davanti al giudice ordinario» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 38/2015; § 1.7.4): «se l’accordo [di mediazione]

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riguarda somme dovute dall’ente impositore al contribuente, questi dovrà procedere con un’azione esecu-
tiva ordinaria e non con l’attivazione del giudizio di ottemperanza, in quanto il credito non dipende da
un provvedimento giudiziale ma da un titolo esecutivo» (cfr. Nota IFEL 18.12.2015).
Sul credito per i tributi indebitamente versati spettano al contribuente «gli interessi di cui all’art. 1 (In-
teresse per ritardato rimborso delle imposte) del D.M. 21 maggio 2009» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 12/2016).
Effetti della mediazione «A seguito del perfezionamento della mediazione, la pretesa tributaria viene
definitivamente rideterminata nella misura fissata dall’accordo di mediazione e il rapporto giuridico tri-
butario, sottostante all’atto impugnato, si intende definito e non ulteriormente contestabile» (cfr. Circ.
Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 7.2).
La definizione della controversia comporta:
a. il beneficio della riduzione delle sanzioni amministrative al 35% (trentacinque per cento) del
minimo previsto dalla legge (co. 7), tenendo, però, presente che:
› «le regole di determinazione di una sanzione unica in caso di progressione (…) previste per l’accer-
tamento con adesione (ossia l’applicazione separata per ciascun tributo e per ciascun periodo d’im-
posta)» (cfr. C.A.E. 29.12.2015, n. 38, § 1.7.5) sono state estese anche alla procedura di media-
zione, per cui il cumulo giuridico opera limitatamente a ciascuna singola annualità e a cia-
scuna imposta (cfr. art. 12, co. 8, modificato dall’art. 16, co. 1, lett. e), D.Lgs. 24.9.2015, n. 158);
› «in nessun caso è ammessa l’applicazione di una riduzione diversa» dal 35%, ma l’Ufficio, in se-
de di mediazione, può «procedere a una rideterminazione della misura della sanzione irrogata,
riducendola, ad esempio, al minimo edittale. In tal caso, per effetto della conclusione dell’accordo
di mediazione, il beneficio della riduzione al [35%] trova applicazione con riferimento alla sanzio-
ne così rideterminata» (cfr. C.A.E. 3.8.2012, n. 33, § 3.3);
› il contribuente, che abbia ottenuto l’accoglimento parziale del reclamo, può valersi della di-
sposizione di cui all’art. 2-quater, co. 1-sexies del D.L. 564/1994, nel senso che, se rinuncia al
deposito del ricorso in relazione agli altri motivi di doglianza, «è rimesso in termini» per defi-
nire la parte residua dell’atto con riduzione delle sanzioni a 1/3 ex art. 15, D.Lgs. 218/1997
(cfr. C.A.E. 29.12.2015, n. 38, § 1.7.5);
b. la rideterminazione della base imponibile dei contributi previdenziali e assistenziali correlati
agli imponibili tributari; senza, però, applicazione di sanzioni e interessi (cfr. co. 7). L’atto deve
indicare, quindi, «anche i contributi ricalcolati sulla base del reddito imponibile» risultante dalla
mediazione (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.2.2014, n. 1);
c. il venir meno della rilevanza delle violazioni definite con la mediazione, ai fini dell’aumento
della sanzione da «recidiva» di cui all’art. 7, D.Lgs. 472/1997 (come modificato dall’art. 16, co. 1,
lett. c), D.Lgs. 158/2015);
d. la definitività del rapporto tributario sottostante che viene sostituito dall’accordo raggiunto.
«Gli effetti della mediazione conclusa [potranno] riflettersi sull’attività di accertamento per gli anni
successivi (per esempio rideterminazione in sede di mediazione del valore di avviamento di una azienda
che si riflette sulla determinazione delle quote ammortizzabili negli esercizi successivi), [dato che] le
esperienze della mediazione e le valutazioni di legittimità effettuate in quella sede [dovrebbero rilevare]
come parametri utili non solo per definire le strategie di difesa in giudizio, ma anche per migliorare la
qualità della produzione amministrativa» (testualmente l’allora Direttore Affari legali e contenzioso
dell’Agenzia delle Entrate, ne Il Sole 24 Ore di lunedì 19 novembre 2012).
Infine, l’istituto consente al cedente/prestatore (che ha subìto un accertamento definitivo), di riva-
lersi, nei confronti del cessionario/committente, dell’Iva «relativa all’accertamento definito [anche]
mediante uno degli istituti» deflativi, «in caso di successivo pagamento delle somme dovute»; ma, nel
caso di pagamento rateale dell’imposta accertata, solo nel limite di quanto già versato (cfr. Circ.
Ag. Entrate 17.12.2013, n. 35, e art. 60, co. 7, D.P.R. 633/1972).
Effetti PENALI del perfezionamento della mediazione L’istituto integra:
una causa di non punibilità dei reati di:
› omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000);
› omesso versamento Iva (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000);
› indebita compensazione di crediti esistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000);
se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, com-
Processo tributario 113

prese sanzioni amministrative e interessi, sono estinti mediante integrale pagamento degli importi

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dovuti (cfr. art. 13, co. 1, D.Lgs. 74/2000).

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Se la estinzione del debito tributario avviene mediante rateizzazione, prima dell’apertura del di-
battimento di primo grado, il residuo importo dovuto può essere corrisposto entro il termine di
tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi (cfr. art. 13, co. 3, D.Lgs. 74/2000);
› una «circostanza attenuante speciale», ex art. 13-bis, D.Lgs. 74/2000, per gli altri reati di cui al
D.Lgs. 74/2000, che comporta la riduzione delle sanzioni fino alla metà e la non applicazione
delle pene accessorie, se il contribuente provvede al pagamento di quanto dovuto prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento.
Procedimento per i TRIBUTI DOGANALI e sui monopoli Nel caso dei tributi di competenza del-
l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la procedura è simile a quella sopra illustrata (cfr. Circ. Ag.
Dogane e Monopoli 23.12.2015, n. 21/D, di seguito parzialmente riportata).
Prima di tutto, le «apposite strutture» (diverse e autonome rispetto a quelle che hanno curato
l’istruttoria, ex art. 17-bis, co. 4) sono diverse a seconda dell’Area Dogane e dell’Area Monopoli. Ad
esse, l’Ufficio destinatario del ricorso/reclamo dovrà trasmettere, entro 20 giorni, l’atto insieme
con «una documentata relazione sull’attività» che ha portato alla sua emissione, «sui singoli motivi di
impugnazione, nonché una valutazione in ordine all’accoglimento o meno del reclamo e dell’eventuale
proposta di mediazione (…) ovvero in difetto, ogni ulteriore elemento utile in ordine alla successiva valu-
tazione sull’opportunità di formularne una d’ufficio».
«La Struttura competente, tenuto conto della documentazione pervenuta dall’Ufficio, valuterà prelimi-
narmente la sussistenza dei presupposti e dei requisiti [di cui agli artt. 17-bis e 18, D.Lgs. 546/1992] ve-
rificando, poi, nel merito la fondatezza dei motivi in base ai quali il ricorrente ha contestato l’atto impu-
gnato. (…) Se, dopo la verifica in concreto dei presupposti enunciati al comma 5 dell’art. 17-bis (…) la
proposta di mediazione viene accolta integralmente, la Struttura competente predispone l’accordo di me-
diazione e invita il contribuente a sottoscriverlo (…); per l’Amministrazione l’accordo sarà sottoscritto dal
Direttore della Struttura competente e la procedura dovrà concludersi, comunque, entro il termine massi-
mo di 90 giorni dalla notifica del ricorso, ai sensi del comma 2 dell’art. 17-bis».
Una volta sottoscritto l’accordo, il suo perfezionamento - che «è sospensivamente condizionato al
versamento dell’importo dovuto ovvero della prima rata» - comporta la rideterminazione in via defi-
nitiva della pretesa tributaria, che si intende non ulteriormente contestabile, «sì che, con il versa-
mento integrale delle somme pattuite, la pretesa tributaria è soddisfatta integralmente. Nella diversa ipo-
tesi in cui venga stabilito un piano di versamento rateale, l’atto impositivo originario rimane efficace fi-
no al versamento della prima rata concordata, dopo il quale, infatti, in caso di eventuali successivi ina-
dempimenti, l’Ufficio procederà alla riscossione dell’importo residuo non versato sulla base dell’accordo
di mediazione che costituisce titolo esecutivo. In caso di mancato perfezionamento dell’accordo di media-
zione per omesso versamento integrale delle somme dovute, ovvero della prima rata concordata, l’atto
impositivo originario continua a produrre effetti».
«Nelle ipotesi in cui una pluralità di soggetti sia obbligata al pagamento della pretesa tributaria oggetto
dell’atto impugnato, la trattazione della procedura relativa al reclamo e all’eventuale proposta di media-
zione, formulata da ognuno di questi, è coordinata dalla Struttura competente. Si ritiene che l’eventuale
perfezionamento della mediazione non estenda i propri effetti nei confronti di tutti gli altri coobbligati in
solido non aderenti all’accordo» (cfr., anche, Nota 28.10.2016, n. 118196/RU).
Da ultimo, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli suggerisce agli Uffici di apporre «in calce agli
stessi [atti reclamabili] una dicitura che richiami l’attenzione del contribuente sul fatto che, atteso l’am-
montare dell’importo oggetto dell’atto stesso, in caso di ricorso, [esso] … produrrà gli effetti del reclamo
con possibilità per il (…) ricorrente di formulare una proposta motivata di mediazione» (cfr. Circ. Ag.
Dogane e Monopoli 23.12.2015, n. 21/D).
Dal procedimento amministrativo al PROCESSO TRIBUTARIO TELEMATICO Se il reclamo non
viene accolto o la mediazione non approda ad un accordo, il procedimento - da amministrativo
- diventa giurisdizionale e il contribuente deve costituirsi in giudizio a norma dell’art. 22, «median-
te il deposito telematico dell’atto introduttivo tramite il PTT» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF), nel
termine perentorio di 30 giorni, «cui si applica la sospensione feriale, trattandosi, di termine relativo a
un atto processuale» (cfr. C.A.E. 19.3.2012, § 10.1). Il termine per la costituzione in giudizio decorre
«in ogni caso, dal compimento dei novanta giorni dal ricevimento dell’istanza da parte dell’Ufficio», per
cui la eventuale «notifica del provvedimento dell’Ufficio che respinge o accoglie parzialmente l’istanza
114
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

non rileva ai fini della decorrenza» del predetto termine; così come non rileva la ricezione del prov-
vedimento dell’Ufficio dopo la scadenza dei novanta giorni (cfr. C.A.E. 12.2.2014, n. 1), dato che «il

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termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio decorre comunque dal giorno successivo a quello
di compimento dei novanta giorni» (cfr. C.A.E. 19.3.2012, n. 9). «Ai fini della procedura di reclamo/me-
diazione, [infatti] si individua uno spatium deliberandi di 90 giorni che decorre dal perfezionamento
della notifica con la ricezione del ricorso, onde far decorrere dalla scadenza un nuovo termine di 30 gior-
ni per la costituzione del ricorrente» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 29.5.2017, n. 13452).
Se il contribuente deposita il ricorso prima del decorso del termine di 90 giorni, esso è improcedibile
e la Corte di giustizia tributaria rinvia la trattazione della causa per consentire lo svolgimento della
procedura. (Nel testo precedente la modifica di cui all’art. 1, co. 611, lett. a), della L. 147/2013, l’antici-
pato deposito del ricorso, rispetto al termine di 90 giorni, ne comportava la inammissibilità, ma la
Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la disposizione, chiarendo che «con riferimento ai
rapporti non esauriti, la pronuncia di incostituzionalità ha comportato il venire meno degli effetti della pre-
visione normativa sin dall’origine». La Corte di cassazione, a sua volta, ha precisato che detta inam-
missibilità non può essere dichiarata neppure se riguarda situazioni ancora pendenti rispetto alle
quali il contribuente non ha potuto adire la tutela giurisdizionale: cfr. Cass. Ord. 14.10.2021, n. 27955).
Si ricorda che, a causa della emergenza epidemiologica da Covid-19, anche il termine di 30 giorni
era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. 83, co. 2, D.L. 18/2020; art. 36, D.L. 23/2020; C.A.E.
8/2020 e 10/2020 cit.).
Modalità TELEMATICHE di costituzione «Il deposito (…) avviene, previa registrazione e acquisizione delle cre-
denziali di accesso, mediante upload dei file direttamente sulla piattaforma. (…). Ai fini del deposito (…), il si-
stema propone la compilazione di alcune Schede/Tab (…) che, una volta completate, si sostanziano nella reda-
zione della c.d. “Nota di Iscrizione a Ruolo telematica (NIRWeb)”». (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
In pratica:
› il soggetto abilitato deve trasmettere «al S.I.Gi.T. il ricorso [reclamo], la ricevuta di PEC [rectius le
ricevute di accettazione e consegna] che attesta l’avvenuta notifica dello stesso, la procura alle liti, la
documentazione comprovante il pagamento del contributo unificato tributario e gli eventuali allegati,
previo inserimento dei dati richiesti dal sistema per la iscrizione a ruolo (…)». Il file trasmesso al
S.I.Gi.T. deve essere il medesimo notificato alla controparte e tale conformità deve essere atte-
stata nell’atto. ln proposito, è stato chiarito che il potere di certificazione è attribuito ai dipen-
denti dell’Ente pubblico e ai difensori di tutte le parti processuali (cfr. art. 25-bis nel D.Lgs.
546/1992; Risposta MEF a Telefisco del 31.1.2019): in relazione sia agli atti e documenti in pos-
sesso del difensore che a quelli estratti dal fascicolo processuale;
› «il S.I.Gi.T., in seguito alla trasmissione, rilascia con modalità sincrona la ricevuta di accettazione,
contenente numero, data e ora della trasmissione degli atti e dei documenti. Successivamente la stessa
ricevuta viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7). Le ope-
razioni di deposito sono, quindi, «attestate dalla ricevuta sincrona di accettazione rilasciata a video
dal PTT, resa disponibile nell’area riservata del depositante (…) e inviata all’indirizzo PEC della parte»
(cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
Se i controlli danno esito positivo, «il S.I.Gi.T provvede alla iscrizione del ricorso[reclamo] al Registro
Generale e, contestualmente, rende disponibile nell’area riservata» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7) il nu-
mero di ruolo (R.G.R.); in tal caso, «la data di deposito degli atti coincide con la data della ricevuta di
accettazione rilasciata in modo sincrono dal sistema informatico» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
In caso di anomalie, «il S.I.Gi.T. non procede all’iscrizione nel Registro Generale e, contestualmente,
rende disponibile, nell’area riservata, un messaggio contenente la tipologia delle suddette anomalie. La
stessa informazione viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato». Se le anomalie riguardano
gli allegati al ricorso/reclamo, «il S.I.Gi.T. iscrive il ricorso al Registro Generale e non acquisisce i file
contenenti le anomalie riscontrate, rendendo contestualmente disponibile, nell’area riservata, un messag-
gio contenente l’indicazione dei file non acquisiti e le relative anomalie. Le stesse informazioni vengono
inviate all’indirizzo PEC del soggetto abilitato, con invito a provvedere ad un nuovo deposito dei file non
acquisiti» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7).
All’atto della costituzione in giudizio, il contribuente (o chi lo assiste) deve versare il contributo
unificato (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF):
› nella misura dovuta in base al valore della lite: se tale valore è inferiore a 2.582,28 euro, il CU
sarà pari a 30,00 euro; se va da 2.582,29 euro a 5.000,00 euro, sarà pari a 60,00 euro; se va da
Processo tributario 115

5.000,00 a 25.000,00, sarà pari a 120,00 euro; e, infine, se va da 25.000,00 a 50.000,00 euro,

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sarà pari a 250,00 euro;

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tramite:
› modello F23 (i relativi codici tributo sono stati istituiti con R.A.E. 7.12.2012, n. 104);
› versamento in conto corrente postale specifico (per la compilazione cfr. Avviso M.E.F., Diparti-
mento delle Finanze, 24.1.2014);
› versamento presso le rivendite di generi di monopolio e valori bollati contro rilascio di contras-
segno adesivo;
› «il Nodo dei pagamenti SPC (pago PA) per i ricorsi e gli appelli depositati (…) a decorrere dal 24 giu-
gno 2019» (cfr. Decreto Dir. Gen. delle Finanze, 6.6.2019).
Se il pagamento è eseguito in modalità non telematica, l’attestazione di pagamento del contributo
unificato tributario e degli altri diritti e spese di giustizia è costituita dalla copia informatica dell’origi-
nale analogico, ottenuta per scansione e sottoscritta con firma elettronica qualificata o firma digitale.
Si ricorda che la omessa indicazione del valore della lite nelle conclusioni del ricorso/reclamo
comporta il pagamento del CU nella misura massima; la omessa indicazione del codice fiscale del
ricorrente (ex reclamante) e dell’indirizzo Pec e recapito fax del difensore comporta l’aumento del-
la metà del contributo unificato.
Una volta «incardinato», il giudizio prosegue secondo le regole proprie del processo tributario,
con la possibilità di valersi della conciliazione giudiziale sia in primo che in secondo grado, con
sanzioni ridotte, rispettivamente, al 40% e al 50%.
Spese di giudizio La sopra citata L. 130/2022 ha introdotto nell’art. 17-bis, il nuovo comma 9-bis -
in vigore dal 16 settembre 2022 - in base al quale:
› il rigetto infondato del reclamo, o
› il mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata ai sensi del co. 5 dell’art. 17-bis,
comportano la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio, se la soccom-
benza di una delle parti deriva dall’accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o me-
diazione.
Ne deriva che:
› l’Ufficio, nel caso di (suo) immotivato rigetto del reclamo o della mancata adesione alla proposta
di mediazione del contribuente, sarà condannato al pagamento delle spese di giudizio, con una
condanna che potrebbe rilevare anche ai fini della «eventuale responsabilità amministrativa del
funzionario che [appunto] ha immotivamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di me-
diazione». Tale responsabilità amministrativa, comunque, è eventuale e potrebbe essere addebi-
tata al funzionario, ad esempio, quando il rigetto manchi della motivazione (come emerge dal-
l’avverbio utilizzato dalla norma);
› il contribuente, nel caso di (sua) mancata adesione alla proposta di mediazione che l’Ufficio può
formulare
qualora ritenga di non accogliere il reclamo o la mediazione proposta dal contribuente (cfr. il co.
5, dell’art. 17-bis, richiamato nel co. 9-bis), sarà condannato al pagamento delle spese di giudizio.
Oltre alla disposizione di cui alla novella normativa, si ricorda che già l’art. 15, co. 2-septies, D.Lgs.
546/1992, prevede(va) una specifica disciplina, stabilendo, a carico della parte soccombente, una mag-
giorazione del 50% delle spese di giudizio, a titolo di rimborso di quelle del procedimento: con «la du-
plice finalità di incentivare la mediazione (…) e di riconoscere alla parte vittoriosa i maggiori oneri sostenuti
nella fase procedimentale obbligatoria ante causam» (cfr. la Relazione illustrativa al D.Lgs. 156/2015).
Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi Anche se l’Amministrazione finanziaria
ritiene che non sia prospettabile una sovrapposizione tra il duplice istituto del reclamo/mediazione
e i diversi istituti deflativi già presenti nell’Ordinamento tributario - «atteso che il procedimento di cui
all’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 è proiettato sul processo tributario» - in realtà, per gli atti di valore in-
feriore a 50.000,00 euro, l’ambito di applicazione dell’uno e degli altri è spesso il medesimo.
Accertamento con adesione Presenta molte affinità con il reclamo/mediazione anche se solo que-
st’ultimo «attiene a tutti gli atti impugnabili (...), compresi i dinieghi di rimborso e le iscrizioni a ruolo».
Nel caso di atti compresi nell’ambito di applicazione di entrambi, il contribuente può far precedere
la presentazione del reclamo da un’istanza di accertamento con adesione. Se questa si conclude
«positivamente», comporta la riduzione delle sanzioni a un terzo (invece che al 35%); in caso con-
trario, il contribuente potrà presentare un atto di reclamo; e l’Ufficio, nella (conseguente) fase del-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

la mediazione, «andrà ad effettuare la propria analisi in particolare sulla base di elementi non noti, so-
pravvenuti o, comunque, non presi in considerazione» nel procedimento di adesione (cfr. Circ. Ag. En-

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trate 19.3.2012, n. 9), quali, ad esempio, «vizi formali dell’atto» o «sopravvenute modifiche normative o
(…) nuovi orientamenti di giurisprudenza o di prassi» non esaminati in sede di accertamento con
adesione (cfr. Circ. Ag. Entrate 14.5.2014, n. 10).
Autotutela Il reclamo contenente la richiesta di annullamento totale o parziale dell’atto è istituto
analogo all’autotutela, dato che entrambi sono diretti ad ottenere il «ritiro», in via amministrativa,
di un atto impositivo ritenuto illegittimo o infondato; la differenza sta nel fatto che, nel primo ca-
so, la controversia riguarda solo atti di valore non superiore a 50.000,00 euro e c’è la sospensione
del termine di proposizione del ricorso per 90 giorni, mentre, nel secondo, non sono previsti limiti
d’importo e non c’è sospensione di quel termine.
I due istituti possono «intrecciarsi» nel caso in cui un atto di valore superiore alla predetta soglia
sia ridotto al di sotto di tale valore a seguito di un provvedimento di autotutela parziale: se il prov-
vedimento di autotutela parziale interviene in pendenza dei termini per la proposizione del ricor-
so alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, il contribuente, prima di adire la via giurisdi-
zionale, è tenuto a formulare l’istanza di reclamo; se, invece, il provvedimento di autotutela par-
ziale interviene dopo la proposizione del ricorso (avverso l’atto originariamente superiore alla so-
glia), anche se prima del suo deposito presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di
primo grado, «l’art. 17-bis non è applicabile» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 5).
Se il contribuente ottiene «l’accoglimento parziale del reclamo, previa rinuncia al deposito del ricorso
con riguardo agli altri motivi di doglianza non accolti, è rimesso in termini per ottenere eventualmente la
riduzione delle sanzioni ad un terzo prevista dall’art. 15, del D.Lgs. 218/1997» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38, § 1.7.5).
Definizione avvisi bonari L’omesso versamento di quanto dovuto a seguito di controllo automatico
(ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973) comporta la iscrizione a ruolo (da parte dell’Ufficio) della relativa
somma, con conseguente emissione della cartella di pagamento che, se di valore non superiore a
50.000,00 euro, può essere impugnata davanti alla Corte di giustizia tributaria, solo dopo aver
presentato istanza di reclamo/mediazione (ex art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992). In questo caso, «l’Ufficio
– ancorché non obbligato – è legittimato a concludere un accordo di mediazione che confermi integral-
mente il tributo contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio della riduzione delle sanzioni
irrogate» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33; § 1.4): il contribuente ha, dunque, la possibilità di
definire l'iscrizione a ruolo versando, oltre al tributo omesso, la relativa sanzione in misura ridotta
al 10,5% (pari al 35% del 30%) dell’imposta non versata (in luogo del 10% previsto in caso di defini-
zione dell’avviso bonario) nel termine di 30 giorni dalla sua ricezione.
L’accordo confermativo della pretesa tributaria non può, invece, essere effettuato se la riduzione del-
le sanzioni derivante dalla mediazione è più elevata di quanto consentito per effetto di definizione in
una fase amministrativa antecedente a quella della mediazione stessa: è la ipotesi della «iscrizione a
ruolo a seguito di controllo ai sensi dell’art. 36-ter, del D.P.R. 600/1973», che comporterebbe «il paga-
mento di una sanzione pari al 20%, mentre la riduzione conseguente alla mediazione sulla iscrizione a ruo-
lo comporterebbe una sanzione pari al 10,5%» (cioè più favorevole al contribuente che non ha voluto
definire la propria posizione in una fase precedente: cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9).
Acquiescenza È istituto alternativo al reclamo, dato che con l’acquiescenza il contribuente rinuncia
ad impugnare l’atto (e a formulare istanza di accertamento con adesione) e versa le somme dovute
entro il termine di presentazione del ricorso; se, invece, il contribuente decide di impugnare l’atto
«sotto soglia», è tenuto a presentare reclamo, e «nel procedimento attivato con l’istanza di mediazio-
ne non si applica l’art. 15 del D.Lgs. 218/1997» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9, § 6.2).
Definizione delle sanzioni Il contribuente che intenda impugnare il provvedimento di irrogazione
sanzioni - di importo non superiore a 50.000,00 euro - di cui all'art. 16, D.Lgs. 472/1997, ovvero –
ferma restando la definizione delle sanzioni ex art. 17, stesso Decreto – intenda coltivare la lite sul-
la pretesa impositiva, deve preliminarmente proporre ricorso/reclamo, qualora:
› «opti per l’impugnazione immediata dell’atto di contestazione ovvero per l’impugnazione del provvedi-
mento di irrogazione notificato dall’Ufficio successivamente alle deduzioni difensive e il valore della
controversia non superi» i limiti più volte ricordati;
› definisca le sanzioni irrogate contestualmente all’avviso di accertamento e impugni l’atto – di
valore non superiore a detti limiti con riferimento al tributo e/o agli interessi (cfr. Circ. Ag. En-
Processo tributario 117

trate 3.8.2012, n. 33, § 2).

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È, infatti, «ammissibile (...) la definizione delle sanzioni anche nella successiva fase contenziosa, in sede

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di mediazione», ma la riduzione delle sanzioni di cui può beneficiare il contribuente in tale sede «è
stabilita dal Legislatore in misura inferiore a quella spettante in caso di mancata impugnazione dell’at-
to» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 33, § 1).
Conciliazione giudiziale «Nelle controversie instaurate a seguito di rigetto dell’istanza [di ricorso/recla-
mo] ovvero di mancata conclusione della mediazione», il contribuente conserva la facoltà di definire
la vertenza valendosi della conciliazione giudiziale, ma la riduzione delle sanzioni non sarà più
pari al 35% (del minimo previsto dalla legge), ma diventa del 40% o del 50%, a seconda che la con-
ciliazione si concluda nel primo o nel secondo grado di giudizio.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 13, 13-bis, D.Lgs. 10.03.2000, n. 74


Cause di non punibilità e circostanze del reatoDecreto MEF 14 gennaio 2014

Decreto M.E.F. 4.8.2015

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

Decreto Dir. Gen. Fin. 6.6.2019

Art. 1, co. da 219 a 221 della L. 29.12.2022, n. 297


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-
2025

Art. 3-bis, D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14 (c.d. Milleproroghe)
Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi dalle
amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Art. 18, D.L. 30.3.2023, n. 34


Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con ade-
sione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale

Decreto M.E.F 21.4.2023

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Economia e Fin. 21.9.2011, n. 1/DF Circ. Ag. Entrate 17.12.2013, n. 35

Circ. Ag. Entrate 19 marzo 2012, n. 9 Avviso M.E.F., Dipartimento delle Finanze,
24.1.2014
Ris. Ag. Entrate 19 aprile 2012, n. 37
Provv. Ag. Entrate 31.1.2014, n. 13917
Circ. Ag. Entrate 3 agosto 2012, n. 33
Circ. Ag. Entrate 12 febbraio 2014, n. 1
Ris. Ag. Entrate 7 dicembre 2012, n. 104
Ris. Ag. Entrate 4.3.2014, n. 25
Circ. Ag. Entrate 28 dicembre 2012, n. 49/T
Circ. Ag. Entrate 14.5.2014, n. 10
118
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Circ. Ag. Entrate 7.8.2015, n. 29 Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF

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Nota IFEL 18.12.2015 Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. Ag. Dogane e Monopoli 23.12.2015, n. 21/D Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25, § 3.7

Circ. Ag. Entrate 29 dicembre 2015, n. 38 Circ. Ag. Entrate 27.1.2023, n. 2

Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12 Ris. Ag. Entrate 14.2.2023, n. 6

Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17 CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220

Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF IFEL, Nota 1.3.2023

Nota Ag. Dogane e Monopoli 28.10.2016, n. M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF


118196/RU
Circ. Ag. Entrate 20.3.2023, n. 6
Risposta MEF a Telefisco del 31.1.2019
Processo tributario 119

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Tabella codici tributo (istituiti con R.A.E. 37/2012)
Codice Codice Codice Denominazione Rateazione/Regione/ Anno di

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ufficio atto tributo codice tributo Prov./ riferimento
mese di riferimento
COMPILARE COMPILARE 9950 IRPEF e relativi interessi – NON COMPILARE AAAA
reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9951 IRES e relativi interessi – NON COMPILARE AAAA
reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9952 Altre imposte dirette e NON COMPILARE AAAA
sostitutive e relativi interessi
– reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9953 Iva e relativi interessi – NON COMPILARE AAAA
reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9954 Sanzioni dovute relative ai NON COMPILARE AAAA
tributi erariali – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9955 IRAP e relativi interessi – CODICE REGIONALE AAAA
reclamo e mediazione di cui (tabella T0 – codici delle
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 Regioni e delle Province
autonome)
COMPILARE COMPILARE 9956 Sanzioni dovute relative CODICE REGIONALE AAAA
all’IRAP – reclamo e (tabella T0 – codici delle
mediazione di cui all’art. 17- Regioni e delle Province
bis D.Lgs. 546/1992 autonome)
COMPILARE COMPILARE 9957 Addizionale regionale CODICE REGIONALE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi – (tabella T0 – codici delle
reclamo e mediazione di cui Regioni e delle Province
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 autonome)
COMPILARE COMPILARE 9958 Sanzioni dovute relative CODICE REGIONALE AAAA
all’addizionale regionale (tabella T0 – codici delle
all’IRPEF – reclamo e Regioni e delle Province
mediazione di cui all’art. 17- autonome)
bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9959 Addizionale comunale CODICE ENTE LOCALE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi – (tabella T1 – codici degli
reclamo e mediazione di cui enti locali)
all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9960 Sanzioni dovute relative CODICE ENTE LOCALE AAAA
all’addizionale comunale (tabella T1 – codici degli
all’IRPEF – reclamo e enti locali)
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992
COMPILARE COMPILARE 9961 Imposta di bollo e relativi NON COMPILARE AAAA
interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

(segue)
120 Processo tributario

Tabella codici tributo (istituiti con R.A.E. 37/2012)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

Codice Codice Codice Denominazione Rateazione/Regione/ Anno di

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ufficio atto tributo codice tributo Prov./ riferimento
mese di riferimento
COMPILARE COMPILARE 9962 Imposta di registro e relativi NON COMPILARE AAAA
interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

COMPILARE COMPILARE 9963 Imposta sulle successioni e NON COMPILARE AAAA


donazione e relativi interessi
– reclamo e mediazione di
cui all’art. 17-bis D.Lgs.
546/1992

COMPILARE COMPILARE 9964 Imposta ipotecaria e relativi NON COMPILARE AAAA


interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

COMPILARE COMPILARE 9965 Imposta catastale e relativi NON COMPILARE AAAA


interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

COMPILARE COMPILARE 9966 Imposta sostitutiva delle NON COMPILARE AAAA


imposte ipotecaria e
catastale sui contratti di
locazione finanziaria di
immobili e relativi interessi –
reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs.
546/1992

COMPILARE COMPILARE 9967 Tassa ipotecaria e relativi NON COMPILARE AAAA


interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

COMPILARE COMPILARE 9968 Tasse sulle concessioni NON COMPILARE AAAA


governative e relativi
interessi – reclamo e
mediazione di cui all’art. 17-
bis D.Lgs. 546/1992

COMPILARE COMPILARE 9969 Sanzioni dovute relative ad NON COMPILARE AAAA


altri tributi erariali indiretti –
reclamo e mediazione di cui
all’art. 17-bis D.Lgs.
546/1992

(segue)
Processo tributario 121

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Tabella R.A.E. 4.3.2014, n. 25
Codice Codice Codice Denominazione Rateazione/Regione/ Anno di

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ufficio atto tributo codice tributo Prov./ riferimento
mese di riferimento
COMPILARE COMPILARE 9946 Ravvedimento su importi NON COMPILARE AAAA
rateizzati relativi a tributi
erariali a seguito di
definizione
dell’accertamento,
accertamento con
adesione, conciliazione
giudiziale e mediazione -
SANZIONE - art. 13 D.Lgs.
472/1997

COMPILARE COMPILARE 9947 Ravvedimento su importi CODICE ENTE LOCALE AAAA


rateizzati relativi (tabella T1-codici degli
all’Addizionale Comunale Enti Locali)
all’IRPEF a seguito di
definizione
dell’accertamento,
accertamento con
adesione, conciliazione
giudiziale e mediazione -
SANZIONE - art. 13 D.Lgs.
472/1997

COMPILARE COMPILARE 9948 Ravvedimento su importi CODICE REGIONE AAAA


rateizzati relativi (tabella T0 - codici
all’Addizionale Regionale delle Regioni e delle
all’IRPEF a seguito di Province autonome)
definizione
dell’accertamento,
accertamento con
adesione, conciliazione
giudiziale e mediazione -
SANZIONE - art. 13 D.Lgs.
472/1997

COMPILARE COMPILARE 9949 Ravvedimento su importi CODICE REGIONE AAAA


rateizzati relativi all’IRAP a (tabella T0 - codici
seguito di definizione delle Regioni e delle
dell’accertamento, Province autonome)
accertamento con
adesione, conciliazione
giudiziale e mediazione -
SANZIONE - art. 13 D.Lgs.
472/1997

COMPILARE COMPILARE 1984 Ravvedimento su importi NON COMPILARE AAAA


rateizzati relativi a tributi
erariali a seguito di
definizione
dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e
mediazione - INTERESSI -
art. 13 D.Lgs. 472/1997

(segue)
122
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Tabella R.A.E. 4.3.2014, n. 25


Codice Codice Codice Denominazione Rateazione/Regione/ Anno di

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ufficio atto tributo codice tributo Prov./ riferimento
mese di riferimento
COMPILARE COMPILARE 1985 Ravvedimento su importi CODICE ENTE LOCALE AAAA
rateizzati relativi (tabella T1-codici degli
all’Addizionale Comunale Enti Locali)
all’IRPEF a seguito di
definizione
dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e
mediazione - INTERESSI -
art. 13 D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 1986 Ravvedimento su importi CODICE REGIONE AAAA
rateizzati relativi (tabella T0 - codici
all’Addizionale Regionale delle Regioni e delle
all’IRPEF a seguito di Province autonome)
definizione
dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e
mediazione - INTERESSI -
art. 13 D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 1987 Ravvedimento su importi CODICE REGIONE AAAA
rateizzati relativi all’IRAP a (tabella T0 - codici
seguito di definizione delle Regioni e delle
dell’accertamento, Province autonome)
accertamento con
adesione, conciliazione
giudiziale e mediazione -
INTERESSI - art. 13 D.Lgs.
472/1997

Importo del contributo unificato

Valore della controversia Importo del contributo unificato

Fino a 2.582,28 euro 30,00 euro

Superiore a 2.582,28 euro e fino a 5.000 euro 60,00 euro

Superiore a 5.000 euro e fino a 25.000 euro 120,00 euro

Superiore a 25.000 euro e fino a 75.000 euro 250,00 euro

Superiore a 75.000 euro e fino a 200.000 euro 500,00 euro

Superiore a 200.000 euro 1.500,00 euro


Processo tributario 123

Titolo II

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Il Processo

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Capo I
Il procedimento dinanzi alla corte di giustizia
tributaria di primo grado
Sezione I – Introduzione del giudizio

Art. 18 - IL RICORSO [CFF ¶ 4669]

1. Il processo è introdotto con ricorso alla corte di giustizia tributaria di primo grado. 5
2. Il ricorso deve contenere l'indicazione:
a) della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado cui è diretto; 6
b) del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio
eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonchè del codice fiscale e dell'indirizzo di posta elet-
tronica certificata;
c) dell'ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto; 3
d) dell'atto impugnato e dell'oggetto della domanda;
e) dei motivi.
3. Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e contenere l’indicazione:
a) della categoria di cui all’articolo 12 alla quale appartiene il difensore;
b) dell’incarico a norma dell’articolo 12, comma 7, salvo che il ricorso non sia sottoscritto personalmente;
c) dell’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore. 1
4. Il ricorso è inammissibile se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al comma 2,
ad eccezione di quella relativa al codice fiscale e all'indirizzo di posta elettronica certificata, o non è
sottoscritto a norma del comma precedente. 4. 2 7

Note
1 Il presente comma prima modificato dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, è stato poi così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015,
n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Non sono manifestamente fondate le questioni di legittimità costituzionale del presente provvedimento sollevate in riferi-
mento all'art 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 G.U.
29.04.1998, n. 17 Prima Serie Speciale).
3 La presente lettera è stata così modificata prima dall'art. 2, comma 35-quater, D.L. 13.08.2011, n. 138 così come modificato
dalla legge di conversione L. 14.09.2011, n. 148 (G.U. 16.09.2011, n. 216) con decorrenza dal 17.09.2011, e poi dall'art. 9, D.Lgs.
24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 2, comma 35-quater, D.L. 13.08.2011, n. 138 così come modificato dalla
legge di conversione L. 14.09.2011, n. 148 (G.U. 16.09.2011, n. 216) con decorrenza dal 17.09.2011.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
7 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n.
130, con decorrenza dal 16.09.2022.

IL RICORSO (Art. 18)

Il ricorso (alla Corte di giustizia tributaria di primo grado) È l’atto introduttivo del processo e ha una
duplice funzione:
chiamata in giudizio dell’Ufficio che ha emesso l’atto impugnato («vocatio in ius»);
domanda di tutela giurisdizionale rivolta al giudice («edictio actionis»).
124
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Il ricorso va redatto in lingua italiana, fatte salve le eccezioni territoriali sul bilinguismo e in due
esemplari: 1° esemplare per l’Ufficio; 2° esemplare per la Corte (vd., però, par. successivo sul P.T.T.).

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In proposito, la giurisprudenza ha precisato che «la regola della obbligatorietà della lingua italiana –
nel processo tributario come in quello civile – opera solo per gli atti processuali ma non anche per i docu-
menti prodotti dalle parti, relativamente ai quali il giudice ha, pertanto, la facoltà, e non l’obbligo di proce-
dere alla nomina di un traduttore ex art. 123 c.p.c. (…)» (cfr. Cass. Ord. 17.2.2022, n. 5279).
«Quanto al suo contenuto, il secondo comma [dell’art. 18, ne] elenca gli elementi essenziali, soggettivi e
oggettivi» molti dei quali «sono fra loro concettualmente ricollegabili (ad esempio, l’oggetto della domanda
all’atto cui la controversia si riferisce e ai motivi dell’impugnazione, e viceversa) e, quindi, la mancanza o
l’assoluta incertezza delle richieste indicazioni non può che essere valutata in relazione al contenuto com-
plessivo del ricorso».
La sua sottoscrizione (su entrambi gli esemplari) va apposta dal difensore abilitato (del ricorrente)
«con la indicazione del relativo incarico (…), salvo che questi non sia abilitato a stare personalmente in giu-
dizio ai sensi dell’art. 12»; infatti, «nei casi in cui è richiesta l’assistenza tecnica obbligatoria, tutta l’attività
processuale deve portare, di regola, la sottoscrizione del difensore (…) per potersi ritenere giudizialmente
ammissibile» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso
notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 la previsione della obbligatorietà del processo tributario tele-
matico (cfr. art. 16-bis, del Decreto) comporta che il ricorso (e gli altri atti e provvedimenti del proces-
so tributario) sia formato come documento informatico, cioè avente natura digitale, sottoscritto con
firma elettronica qualificata o con firma digitale. Pertanto, il ricorso deve essere:
in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di selezione
e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto informatico di docu-
mento analogico. In proposito, è stata comunque esclusa l’inammissibilità di un atto notificato e de-
positato non in formato c.d. «nativo digitale» (il difensore aveva stampato l’atto, apposto la firma
olografa e, dopo la scansione, ulteriormente apposto la firma digitale) poiché né l’art. 16-bis del D.Lgs.
5467/1992, né l’art. 10 del D.M. 4.08.2015 hanno previsto la sanzione dell’inammissibilità (cfr. Cass.
Sent. 10.2.2023, n. 5744; conformi: C.T.P. Bologna 25.01.2022, n. 107; C.T.P. Cosenza 11.10.2021, n. 5290;
contra, C.T.P. Torino, 10.03.2021, n. 197; C.T.R. Lombardia, 25.09.2019, n. 3609); ciò in conformità con
il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le violazioni che determinano una dichia-
razione di inammissibilità devono essere interpretate restrittivamente e, comunque, non possono es-
sere applicate in assenza di una specifica disposizione di legge che sanzioni con l’inammissibilità una
certa irregolarità nella formazione degli atti processuali;
sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente denomi-
nazione: <nome file libero>.pdf.p7m «Tenuto conto che la firma digitale ammessa dal P.T.T. è quella CA-
DES» e che «dal 6 luglio 2019 il SIGIT consente anche il deposito di file sottoscritti con firma PADES» (cfr.
Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF). Invece, «non è consentito allegare file con estensione <<nome file libero
zip>>. Il sistema, al momento della data del deposito, effettua il controllo della validità della firma digitale
posta sugli atti e documenti digitali depositati; è necessario, quindi, che al momento del deposito la firma
digitale risulti valida indipendentemente dalla validità riscontrata al momento della notifica degli atti alla
controparte» (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Le specifiche tecniche di cui al D.M. 4.8.2015 sono state modificate dal D.M.E.F. 21.4.2023 (in G.U.
3.5.2023, n. 102), in vigore dal 15 maggio 2023, come segue:
› il ricorso e ogni altro atto processuale «d) sono sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma
digitale CADES (con estensione.p7m) o PADES (con estensione.pdf);
› 2. I documenti informatici allegati, per i quali è ammessa anche la scansione in formato immagine di
documenti analogici, rispettano i seguenti requisiti:
- sono in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, TIFF con una risoluzione non superiore a 300 DPI, in bianco
e nero e compressione CCITT Group IV (modalità fax), nonché EML che possono contenere allegati
nei formati di cui alla presente lettera;
- sono privi di elementi attivi, tra cui macro o campi variabili, e di collegamenti ipertestuali;
- possono [non più devono] essere sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale» (cfr.
art. 10, D.M. 4.8.2015, modificato dall’art. 1, del D.M. 21.4.2023).
Processo tributario 125

La procura va redatta con le seguenti modalità:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› se il ricorrente è in possesso di firma digitale, potrà firmare digitalmente la procura predisposta

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dal difensore (cfr. art. 4, co. 1, D.M. 23.12.2013, n. 163);
› se il ricorrente è sprovvisto di firma digitale, la procura sarà rilasciata su atto separato dall’atto
principale, sottoscritta con firma autografa del contribuente e autenticata dal difensore; dopo di
che tale atto sarà «scansionato», firmato digitalmente dal difensore e allegato al ricorso (di norma,
il primo degli allegati: cfr. art. 4, co. 2, D.M. 23.12.2013, n. 163).
Conformità Il file trasmesso al S.I.Gi.T. deve essere il medesimo notificato alla controparte e tale confor-
mità deve essere attestata nel ricorso introduttivo, pena la inammissibilità del ricorso ex art. 22, co. 3,
D.Lgs. 546/1992. Di seguito, un fac simile di dichiarazione di conformità:
«Si attesta, ai sensi degli art. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l’atto notificato alla parte all’indi-
rizzo PEC, come risultante agli atti di causa, e quello depositato telematicamente presso la Commissione
Tributaria Provinciale, sono tra loro conformi».
Il potere di certificazione di conformità digitale degli atti è attribuito ai difensori di tutte le parti pro-
cessuali (cfr. art. 25-bis, D.Lgs. 546/1992).
Quanto al Contributo unificato, nel caso di pagamento eseguito in modalità non telematica, la relati-
va attestazione di pagamento è costituita dalla copia informatica dell’originale analogico, ottenuta
per scansione e sottoscritta con firma elettronica qualificata o firma digitale. «In caso di versamento
del CUT tramite contrassegno, oltre alla suddetta procedura di scansione del file e trasmissione dello stesso,
è necessario che la parte depositi, quanto prima, presso la segreteria della Commissione tributaria l’origina-
le di detto contrassegno» (cfr. Circ. M.E.F., 11.5.2016, n. 2/DF).
In sintesi, con l’avvento del P.T.T., il ricorso è formato su supporto informatico, notificato via PEC,
depositato, in via telematica, in un’unica copia, avanti la competente Corte di giustizia tributaria di
primo grado, e consultabile da tutte le parti del processo, attraverso il fascicolo processuale.
Contributo unificato È dovuto per ciascun grado di giudizio del processo tributario, secondo una pro-
gressività per scaglioni collegata al valore della controversia, come segue:
Esso «ha la funzione di coprire il costo di funzionamento della macchina processuale» e deve, quindi, essere
versato «non una sola volta indipendentemente dalla articolazione del processo in un grado o in più gradi, ma
ogni volta che vi è una iscrizione a ruolo di fronte a giudici di diverso grado» o «quando la causa è iscritta a
ruolo di fronte ad un giudice diverso da quello inizialmente adìto» (cfr. Cass. Sent. 11.4.2018, n. 8912).

VALORE CONTROVERSIA IMPORTO CONTRIBUTO UNIFICATO


Fino a 2.582,28 euro (anche se di valore «zero») 30,00 euro
Superiore a 2.582,28 e fino a 5.000,00 euro 60,00 euro
Superiore a 5.000,00 euro e fino a 25.000,00 euro 120,00 euro
Superiore a 25.000,00 euro e fino a 75.000,00 euro 250,00 euro
Superiore a 75.000,00 euro e fino a 200.000,00 euro 500,00 euro
Superiore a 200.000,00 euro 1.500,00 euro

«È tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato» la parte che per prima si costituisce in giu-
dizio (il ricorrente, nel primo grado di giudizio, l’appellante, nel secondo grado), indipendentemente
dalla presentazione della Nota di iscrizione a ruolo (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 3).
In proposito, si ricorda che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito il principio per
cui «le organizzazioni di volontariato e le Onlus non sono esenti dal pagamento del contributo unificato, ai
sensi dell’art. 10 del T.U. n. 115/2002, non essendo ammessa una interpretazione estensiva o analogica delle
norme che prevedono agevolazioni o esenzioni tributarie, le quali sono soggette al criterio di stretta inter-
pretazione» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 15.4.2021, nn. 10013 e 10014).
Atti soggetti a C.U. (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 2.1):
A) «Il contributo unificato è dovuto per i seguenti atti e provvedimenti:
a) ricorso e appello principale avverso la sentenza di cui agli artt. 18 e 53 del D.Lgs. n. 546/1992 [nonché
reclamo con o senza proposta di mediazione di cui al comma 1 dell’art. 17-bis, al momento del
deposito nella Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo grado];
b) appello incidentale di cui all’art. 54, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992;
126
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

c) riassunzione della causa a seguito di rinvio da parte della Corte di cassazione alla Commissione tribu-
taria provinciale o regionale, di cui all’art. 63, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 [o sulla giurisdizione];

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d) istanza di revocazione ex art. 395, c.p.c., di cui all’art. 64 del D.Lgs. 546/1992;
e) opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.;
f) ricorso in ottemperanza di cui all’art. 70, D.Lgs. 546/1992;
g) motivi aggiunti di cui all’art. 24, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, nei casi in cui configurino la proposi-
zione di un nuovo ricorso avverso atti non indicati in quello introduttivo e depositati in corso di giudi-
zio». Costituiscono motivi aggiunti, in senso proprio, solo quelli proposti avverso provvedimenti
depositati dalle parti in corso di causa; non quelli proposti ad integrazione o chiarimento dei
motivi contenuti nel ricorso originario;
h) atti di intervento di cui all’art. 14, co. 3, del D.Lgs. 546/1992;
i) istanza di iscrizione di ipoteca e sequestro conservativo di cui all’art. 22, D.Lgs. 472/1997;
j) reclamo di cui agli artt. 28 e 45, D.Lgs. 546/1992, rispettivamente, contro i provvedimenti presi-
denziali e contro il decreto presidenziale.
C.U. e imposta di bollo Agli atti e provvedimenti del processo tributario soggetti a CU non si applica
l’imposta di bollo; essa «non si applica, inoltre, alle copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e
dei provvedimenti, purché richieste dalle parti processuali» (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 11), né
all’atto di «delega alla partecipazione alla pubblica udienza rilasciato al difensore» in quanto «rientra tra
gli atti funzionali al processo tributario» ossia tra «quelli posti in essere in dipendenza o al fine di ottenere
un atto o un provvedimento del procedimento giurisdizionale, ovvero, più genericamente, in vista degli stes-
si, anche se la loro esistenza non è condizione necessaria di procedibilità» (cfr. Circ. Ag. Entrate 15.2.2013,
n. 1/E, § 10.1).
La disciplina dell’imposta di bollo rimane, invece, «invariata per le istanze e domande presentate da ter-
zi con qualsiasi mezzo (fax, e-mail ecc.);» nonché «per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli Uffici di
segreteria, compreso il rilascio di certificati, con esclusione degli atti configurabili come antecedenti, funzio-
nali e necessari al processo tributario» (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 11).
Atti esclusi da C.U. (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 2.2)
B) «Il contributo unificato non è dovuto per i seguenti atti e provvedimenti:
a) istanza di sospensione di cui all’art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992, anche nel caso in cui la stessa sia pro-
posta con atto separato, sia antecedente che successivo alla proposizione del ricorso principale. (…);
b) istanza di sospensione della sentenza di primo grado limitatamente alle sanzioni e quella propo-
sta in pendenza del giudizio per cassazione o di revocazione. (…);
c) istanza di correzione materiale della sentenza, in quanto il relativo procedimento ha carattere
non giurisdizionale ma meramente amministrativo. (…);
d) riassunzione del processo dichiarato sospeso o interrotto nei casi previsti dagli artt. 39 e 40 del
D.Lgs. n. 546/1992, in quanto (…) il pagamento del CU è stato già assolto al momento del ricorso
introduttivo;
e) riassunzione del ricorso presso la Commissione tributaria la cui competenza è indicata ai sensi
dell’art. 5 del D.Lgs. n. 546/1992, in quanto il CU è stato già assolto presso l’Ufficio di segreteria
dichiarata incompetente dal giudice;
f) istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, in quanto la stessa comporta un mero effetto
sospensivo del processo tributario, con la conseguenza che il C.U. va corrisposto nell’ambito del
giudizio instaurato presso la Corte di Cassazione»;
«h) reclamo con o senza proposta di mediazione di cui al comma 1 dell’art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992 …
al momento della sua presentazione alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale del-
l’Agenzia delle Entrate che ha emanato l’atto (…);
i) relazione depositata dal consulente tecnico di parte di cui all’art. 7, co. 2, D.Lgs. 546/1992, in
quanto rientrante tra gli atti funzionali e necessari al procedimento giurisdizionale per il quale il
C.U. è stato già assolto;
l) chiamata in causa del terzo di cui all’art. 23, co. 3, D.Lgs. 546/1992, in quanto costituisce una me-
ra integrazione del contraddittorio instaurato in un processo per il quale è stato già assolto il re-
lativo C.U.».
Valore della controversia Stante il rinvio all’art. 12 co. 2 del D.Lgs. 546/1992, si intende:
› l'importo del solo tributo (al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto im-
pugnato), nel caso di controversie aventi per oggetto un avviso di accertamento. Qualora l'atto im-
Processo tributario 127

pugnato contenga più tributi, il valore della lite riguarda solo il tributo di cui si chiede l'annulla-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mento o che, comunque, viene contestato (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 5).

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- Nel caso di accertamenti sul reddito d’impresa in cui viene determinata una minor perdita, oc-
corre calcolare l’imposta virtuale (cfr. Circ. Ag. Entrate 24.10.2011, n. 48, § 3.2 e 19.3.2012, n. 9/E).
- Nel caso di ricorso «cumulativo», cioè contro una pluralità di atti di imposizione (relativamente
omogenei), l’importo del contributo unificato da versare va determinato in base al valore di cia-
scun atto impugnato e non cumulando il valore dei singoli atti (cfr. art. 1, co. 598, L. 27.12.2013,
n. 147, di modifica dell’art. 14, D.P.R. 115/2002, la cui legittimità è stata confermata da Corte
Cost. 7.4.2016, n. 78; nonché Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.18). Ad esempio, se con unico ricorso
vengono impugnati due atti impositivi di valore, rispettivamente, di 2.500,00 euro e di 2.600,00
euro, il ricorrente deve corrispondere un contributo di 90,00 euro pari a quello derivante dal-
l’impugnazione separata dei due atti: 30,00 euro + 60,00 euro (e non di 120,00 euro, come av-
verrebbe computando il contributo su 5.100,00 euro): l’importo del contributo unificato, infatti,
«deve risultare dalla sommatoria dei contributi dovuti con riferimento ad ogni atto impugnato sulla
base del valore di ognuno di essi» (cfr. Cass. Ord. 27.6.2022, n. 20557). In proposito, una recente
decisione di merito ha ritenuto – in un caso di impugnazione di intimazione di pagamento per
vizi propri e per vizi afferenti le sottostanti cartelle – che tale circostanza «non sposta la conclu-
sione in merito alla individuazione del petitum fatto valere in giudizio e non modifica la natura del-
l’unico ricorso che non devolve al giudicante una pluralità di atti, ma si limita a sottoporre alla cogni-
zione i vizi dell’unico atto impugnato, senza che dalla natura, propria o derivata dei vizi denunciati,
derivi l’ampliamento dell’oggetto del giudizio» (cfr. C.G.T.II° Toscana, Sent. 10.11.2022, n. 1272);
› l’importo delle sole sanzioni, nel caso di avviso di irrogazione sanzioni;
› il credito di imposta al netto degli interessi, nel caso di controversie di rimborso;
› il «valore dei crediti tributari, al netto di interessi, sanzioni e altri oneri accessori», nel caso di impu-
gnazione di un avviso di fermo o di ipoteca (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.16);
› l’importo richiesto a titolo di recupero delle spese di giudizio, al netto degli interessi, nel caso di ri-
chiesta di condanna della controparte alla rifusione delle predette spese (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012,
n. 2, § 6.17).
Nel caso di atti di accertamento emessi nei confronti di una società di persone e dei soci, impugnati
con separati ricorsi, il valore della lite «è quello oggetto dei singoli ricorsi presentati dai soci (quota parte
della maggiore IRPEF accertata in capo ad essi). Quanto all’eventuale ricorso della società avverso l’atto di ac-
certamento che rettifica la base imponibile del reddito prodotto dalla stessa, atteso che la maggiore imposta
accertata a titolo di IRPEF è dovuta dai soci, la controversia è da considerarsi di valore pari a zero, sempre
che in capo alla società non siano state accertate imposte di altra natura. Pertanto, il ricorso presentato dalla
società di persone sarà assoggettato al CU di 30,00 euro» (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.19).
Nel caso in cui una società consolidata riceva un atto di accertamento di maggior imponibile (cui
corrisponda, però, una imposta pari a zero), e la consolidante riceva il medesimo atto di accertamen-
to con la relativa imposta, «si ritiene che il ricorso presentato autonomamente dalla società consolidata,
essendo di valore pari a zero, sconti il CU corrispondente al primo scaglione, ossia 30,00 euro» mentre a
quello presentato dalla consolidante «dovrà applicarsi il CU corrispondente al valore dell’imposta - riferi-
bile alla consolidante - risultante dall’atto di accertamento, al netto di interessi ed eventuali sanzioni» (cfr.
Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.20).
Nel caso il contribuente-ricorrente «chieda l’annullamento dell’atto di accertamento ICI e impugni il
classamento come atto presupposto, si ritiene che (…) con riferimento all’atto ICI impugnato, il valore della
lite è dato dall’importo del tributo richiesto nell’atto di accertamento emesso dall’ente impositore» e, con ri-
ferimento all’atto di classamento, cioè di controversia di valore indeterminabile, il CU dovuto sia pari
a 120,00 euro (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.21).
Infatti, nel caso di controversie di valore indeterminabile (es. vertenze inerenti le operazioni catastali; im-
pugnazione del provvedimento di cancellazione o di diniego di iscrizione all’anagrafe delle Onlus di cui
all’art. 11 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460), si applica il contributo unificato nella misura di € 120,00.
Non vanno inclusi nel valore della controversia i crediti di natura previdenziale o derivanti dalle vio-
lazioni del codice della strada, ancorché detti crediti concorrano a formare il valore complessivo del-
l’atto impugnato (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 6.15).
Modalità di versamento del C.U. Va corrisposto:
› con versamento (anche telematico) all’Agente della riscossione utilizzando il modello F23 (codice
128
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

tributo 171-T);
› con versamento in conto corrente postale intestato alla sezione di Tesoreria dello Stato (per la

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compilazione cfr. Avviso M.E.F., Dipartimento delle Finanze, 24.1.2014);
› con versamento presso le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati contro rilascio di con-
trassegno adesivo comprovante l’avvenuto pagamento del contributo unificato;
› «tramite il Nodo dei pagamenti SPC (pago PA) per i ricorsi e gli appelli depositati presso gli Uffici di Se-
greteria delle Commissioni tributarie di tutte le Regioni italiane a decorrere dal 24 giugno 2019» (cfr.
Decreto Dir. Gen. delle Finanze, 6.6.2019).
Il modello F23 o la ricevuta del bollettino postale vanno allegati alla Nota di iscrizione a ruolo. Il con-
trassegno adesivo va apposto direttamente nell’apposito spazio previsto nel modello di Nota di iscri-
zione a ruolo (per caratteristiche e modalità di utilizzo di questa, si rinvia al commento dell’art. 22).
Posto che la Nota di iscrizione a ruolo, va allegata all’originale o alla copia conforme (a seconda della
modalità di notifica alla parte resistente) del ricorso da depositare presso la Segreteria della Corte di
giustizia tributaria, il momento ultimo per il pagamento del contributo unificato coincide con la costi-
tuzione in giudizio della parte gravata dallo stesso. In caso di omesso o parziale pagamento del con-
tributo unificato, la Segreteria della Corte di giustizia tributaria provvede a notificare un invito al pa-
gamento o all’integrazione del contributo, con l’avvertenza che, in caso di mancata ottemperanza
entro il termine di un mese, essa provvederà all’iscrizione a ruolo dello stesso, maggiorato degli in-
teressi legali (decorrenti dalla data del deposito dell’atto introduttivo) e di una sanzione amministra-
tiva dal 100% al 200% dell’importo dovuto e non versato.
La richiesta della regolarizzazione dell’importo dovuto «avviene, ai sensi dell’art. 248 del D.P.R.
115/2002, mediante la notifica dell’invito al pagamento, a mezzo posta elettronica certificata presso il domi-
cilio eletto, entro 30 giorni dal deposito dell’atto giurisdizionale soggetto a tassazione», con la precisazio-
ne che «il suddetto termine di 30 giorni non è perentorio, bensì è da intendersi come termine meramente
ordinatorio ed acceleratorio, alla cui mancata osservanza non consegue alcuna decadenza dall’attività di
recupero» (cfr. le Risposte del Dip. delle Finanze del MEF a Telefisco 2023).
«È opportuno precisare che l’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato non comporta la
inammissibilità del ricorso, bensì [solo] l’obbligo di procedere alla riscossione del contributo dovuto» (cfr.
Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 8); inoltre, mancando «una specifica disposizione di legge (…) che disci-
plini la prescrizione del diritto alla riscossione del contributo unificato (…), il predetto diritto deve intendersi
sottoposto alla prescrizione decennale ordinaria ex art. 2946 c.c.» (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 27).
Gli Uffici giudiziari possono notificare anche atti sanzionatori derivanti da omesso o parziale paga-
mento del CU, con le stesse modalità previste per l’invito al pagamento di cui all’art. 248, D.P.R.
115/2002, e, quindi, tramite posta elettronica (PEC) nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezio-
ne di domicilio, mediante il deposito presso l’ufficio di Segreteria della Corte di giustizia tributaria
(cfr. comma 1-ter dell’art. 16, D.P.R. 115/2002, introdotto dall’art. 29, co. 2, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv.
con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; C.A.E. 13.4.2020, n. 9. Il termine per il computo delle sanzioni di cui
all’art. 16 e per il mancato o ritardato pagamento del CU di cui all’art. 248, è sospeso dall’8.3.2020 al
31.5.2020: cfr. art. 135, co. 1, D.L. 19.5.2020, n. 34).
Dichiarazione di valore L'introduzione del contributo unificato comporta la necessità di indicare, in calce al
ricorso e dopo le conclusioni, la dichiarazione di valore della controversia, al fine di consentire alla Segre-
teria della Commissione di verificare la correttezza dell’ammontare versato: «nei processi tributari, il valore
della lite, determinato ai sensi del comma 5 [2] dell’art. 12 del D.Lgs. 546/1992, e successive modificazioni, deve ri-
sultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni del ricorso, anche nell’ipotesi di prenotazione a
debito» (cfr. art. 14, co. 3-bis, del D.P.R. 115/2002). Esempio di «dichiarazione di valore»:
«Ai sensi dell’art. 14, comma 3-bis, D.P.R. n. 115/2002, il sottoscritto Avv./Dott./Rag. <……….>, difensore abi-
litato del Sig. <……….> / della società <……….>, dichiara che il valore convenzionale della causa ammonta a
euro <……….> per cui ha versato/verserà l’importo di <……….> euro a titolo di Contributo Unificato».
La omessa dichiarazione di valore comporta, come avviene nel processo civile, l’applicazione del
contributo unificato nella misura massima di € 1.500,00 (art. 13 del D.P.R. 115/2002); ma può essere
sanata se, entro 30 giorni dal deposito dell’atto, il difensore, o la parte, deposita un atto, sottoscritto
e datato, in cui indica il valore della causa (prima omesso). La maggiorazione del C.U. non si applica,
inoltre, ove la sua (prima omessa) indicazione «sia contenuta nella nota di iscrizione a ruolo, datata e
sottoscritta dal difensore, potendo in tal caso considerarsi raggiunto lo scopo della norma» (cfr. Cass. Sent.
29.10.2020, n. 23874).
Processo tributario 129

Requisiti essenziali del ricorso (co. 2) Sono 6 (+ 1, la sottoscrizione):

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


1) la Corte di giustizia tributaria di primo grado a cui è diretto: si tratta della Corte di giustizia tri-

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butaria di primo grado territorialmente competente, cioè quella nel cui ambito ha sede l’Ufficio
periferico dell’Agenzia delle Entrate (o delle Dogane e Monopoli) ovvero l’Ente locale o l’Agente
della riscossione (dal 1.7.2017, Agenzia delle Entrate-Riscossione) i cui atti vengono impugnati
con il ricorso. Devono essere specificati sia il grado, sia la sede (di Udine, Bologna ecc.). È stata,
però, ritenuta «del tutto irrilevante l’omissione (della Commissione Tributaria adita, n.d.s.) nell’in-
testazione del ricorso» quando «il contenuto dell’atto era tale da poter essere interpretato senza alcun
dubbio e quindi univocamente come diretto alla Commissione tributaria competente menzionata, sia
pure sinteticamente, nelle conclusioni» (cfr. Comm. Trib. Reg. Lazio, Sent. 23.3.2006, n. 154; Cass.,
Sent. 1.7.2004, n. 12070);
2) il ricorrente (o il suo legale rappresentante), con l’indicazione della residenza o sede legale o del
domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato (di solito, presso lo Studio del difensore),
nonché del codice fiscale (nel caso di società, va indicato anche il codice fiscale del legale rappre-
sentante). Nel caso di soggetto obbligato a possedere un indirizzo di Posta Elettronica Certificata
(PEC), va indicato anch’esso, ma la sua omissione non risulta essere, al momento, sanzionata;
› il ricorrente «persona fisica» è individuato attraverso cognome e nome, luogo e data di nascita, re-
sidenza e codice fiscale. La omissione o la errata trascrizione del codice fiscale comportano l’irro-
gazione di una sanzione amministrativa da € 103,00 a € 2.065,00, (ex art. 13, co. 1, D.Lgs.
605/1973), peraltro, definibile in via agevolata nella misura di 1/3 dell’irrogato ex art. 16, D.Lgs.
472/1997, e, nel caso di omissione, anche la maggiorazione del CU nella misura del 50% (ex art. 13,
co. 3-bis, del D.P.R. 115/2002); senza, però, che si determini l’inammissibilità del ricorso.
Nel caso di minori o interdetti, devono essere indicati sia i dati identificativi del ricorrente (cioè del
minore o dell’interdetto), sia quelli del tutore o di chi esercita la potestà;
› il ricorrente «Società o ente» (con personalità giuridica o meno) avente sede legale in Italia viene
individuato attraverso la denominazione o ragione sociale, la sede, il codice fiscale. Nel caso di so-
cietà o ente è necessario indicare anche gli elementi identificativi (nonché il codice fiscale) e la cari-
ca sociale del legale rappresentante (presidente del consiglio di amministrazione, amministratore
delegato, ecc., citando anche «legale rappresentante»). La carenza delle indicazioni necessarie per
la individuazione del legale rappresentante dell’ente ricorrente integra un vizio invalidante del ri-
corso, che non è passibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156, co. 3, c.p.c. (si
veda Cass., Sent. 5.6.2008, n. 14846). Nel caso in cui la rappresentanza legale non si desume dallo
Statuto, ma da atti diversi, è opportuno (in Cassazione è stato ritenuto necessario) allegare anche
la relativa «procura»;
› il ricorrente «Società o ente» non avente sede legale nel territorio dello Stato deve indicare gli ele-
menti identificativi del rappresentante legale, come da Statuto o da procura speciale (in questo ca-
so si ribadisce l’opportunità – o addirittura la necessità – di richiamare e allegare la copia della
procura).
Nel caso di fallimento, devono essere specificati i dati identificativi del curatore fallimentare e gli
estremi del provvedimento di autorizzazione del giudice delegato alla proposizione del ricorso; a
tal riguardo si ricorda che la legittimazione del curatore deriva direttamente dalla legge, mentre
l’autorizzazione del giudice delegato (richiesta dall’art. 31, L. Fallimentare) è condizione di efficacia
dell’attività processuale del curatore stesso (che, peraltro, deve valersi di un procuratore alle liti
specifico; si veda art. 12 del Decreto); nel caso di concordato preventivo, devono essere indicati i
dati identificativi dell’imprenditore (che mantiene la legittimazione a stare in giudizio) o dell’am-
ministratore (che deve essere debitamente autorizzato) e non del commissario giudiziale; nel caso
di liquidazione (volontaria), vanno forniti i dati identificativi del liquidatore; infine, in caso di avvi-
so di accertamento emanato nei confronti di una società per obbligazioni tributarie ad essa riferi-
bili, l’amministratore di fatto non è legittimato ad impugnare l’avviso notificatogli, non essendo
direttamente responsabile o sanzionabile per le violazioni imputabili alla società amministrata,
atteso che la responsabilità ex art. 36, D.P.R. 602/1973 configura una obbligazione ex lege avente
natura civilistica e titolo autonomo rispetto a quella fiscale (cfr. Cass. Sent. 21.10.2021, n. 29474);
› il ricorrente «ente pubblico territoriale» (Regione, Provincia, Comune) deve specificare i dati, rispetti-
vamente, del Presidente della Regione, del Presidente della Provincia o del Sindaco, nonché la deli-
berazione concernente la proposizione del ricorso e le eventuali autorizzazioni e approvazioni;
130
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

3) il resistente, cioè l’«Ufficio» che ha emesso l’atto che si intende contestare o che non ha emesso
l’atto richiesto (silenzio-rifiuto): sarà, a seconda dei casi, la Direzione Provinciale (o la Direzione

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Regionale per i cd. «grandi contribuenti») della Agenzia delle Entrate (delle Dogane e Monopoli)
o l’Ente locale o l’Agente della riscossione (dal 1°.7.2017, Agenzia delle Entrate-Riscossione) o al-
tro Ente nei cui confronti il ricorso è proposto;
4) l’atto impugnato: deve essere indicata la tipologia dell’atto oggetto della controversia (ad es. avvi-
so di accertamento, avviso di irrogazione sanzioni ecc.), che, di solito, rientra, in una delle cate-
gorie previste dall’art. 19, D.Lgs. 546/1992. Nell’ipotesi di rifiuto tacito alla restituzione di tributi,
mancando un «atto» espresso dell’Ufficio o dell’Ente impositore, è necessario che il contribuente
specifichi, nel ricorso, gli estremi della istanza di rimborso, in modo da consentire di verificare la
sussistenza del «silenzio-rifiuto» preteso dal ricorrente.
La giurisprudenza riconosce come ammissibile sia il ricorso «cumulativo» che quello «collettivo».
› Si ha ricorso «cumulativo» (cfr., Cass., Sent. 23.3.2012, n. 4688; Cass., Ord. 29.3.2011, n. 7159) nel
caso di un unico ricorso avverso più atti di imposizione (cfr. art. 104 c.p.c.). Se ne sconsiglia, peral-
tro, l’utilizzo, non solo perché si può ottenere lo stesso risultato attraverso la (successiva, eventua-
le) riunione dei processi, ma anche perché la stessa Corte di Cassazione si è espressa nel tempo in
modo diverso: ritenendolo dapprima ammissibile solo in caso di identiche questioni di fatto e di
diritto (cfr. Cass., Sentenze 15.6.2010, n. 14378 e 30.4.2010, n. 10578) e, solo in seguito, anche in ca-
so di sole questioni di diritto e non anche di fatto (cfr. Cass., Sentenze 10.5.2013, n. 11168; 3.4.2013,
n. 8076 e 27.10.2010, n. 21955; Cass., Ord. 11.4.2019, n. 10150). Non essendo agevole verificare tali
«coincidenze» (ritenute necessarie), si consiglia di proporre uno specifico ricorso avverso ciascun
atto impositivo che si intende impugnare.
› Si ha ricorso «collettivo» (cfr. Cass., Sent. 22.2.2013, n. 4490) quando soggetti diversi propongono
un unico ricorso avverso gli atti loro notificati, aventi per oggetto identiche questioni. Risulta pra-
ticabile ex art. 103 c.p.c., che consente a «più parti [di] agire o essere convenute nello stesso processo,
quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono,
oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni».
Anche in questo caso, si consiglia, però, di evitare un tale ricorso collettivo e di indurre ciascun
contribuente destinatario di un atto ad impugnarlo autonomamente, chiedendo, se del caso, la
riunione dei vari processi similari.
5) l’oggetto della domanda (petitum): è quanto il ricorrente chiede al giudice tributario a tutela delle
proprie ragioni. In proposito, va ricordato che il giudice è vincolato dal principio processuale della
«corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato» il quale «può ritenersi violato ogni qual volta il giudice,
interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione del-
l’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da
quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente nell’ambito della domanda o del-
le richieste delle parti» (cfr. Cass., Sent. 5.7.2013, n. 16857; conformi: Cass., Ordinanze 15.6.2021, n.
16787; 20.10.2017, n. 24875; Cass., Sentenze 29.5.2015, n. 11232; 5.4.2013, n. 8372; 21.5.2010, n. 12557).
Però, «quando il giudice ravvisa la infondatezza parziale della pretesa dell’Amministrazione non deve, né
può, limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti
dal petitum delle parti, in modo da dare alla pretesa dell’Amministrazione un contenuto quantitativo di-
verso da quello sostenuto dalle parti contendenti (…), senza che ciò costituisca violazione del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, essendo consentita al giudice tributario, in un giudizio che non è
solo “sull’atto” da annullare, ma anche e principalmente sul rapporto sostanziale tra Amministrazione fi-
nanziaria e contribuente, la riduzione della pretesa avanzata dalla prima con l’atto impositivo» (cfr. Cass.
Sent. 9.2.2021, n. 3080). Principio valevole non solo «allorquando è impugnato un avviso di accertamen-
to annullato per motivi di merito, ma anche quando nel giudizio viene accertata la esistenza di una invali-
dità derivata, per ragioni di merito, dell’atto consequenziale impugnato» (nella specie, la cartella di paga-
mento: cfr. Cass. Ord. 13.12.2021, n. 39660). Secondo il consolidato orientamento della giurispruden-
za di legittimità, dunque, «il processo tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e di legalità
formale, ma di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiara-
zione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio (...), sicché spetta al giudice il potere (dovere) di
stabilire i limiti quantitativi di fondatezza della pretesa impositiva in modo da adottare una pronuncia so-
stitutiva sulla sussistenza ed entità dei presupposti della pretesa fiscale» (cfr. Cass. 3080/2021, cit.; conf.
Cass. Ord. 16.9.2021, n. 25037. Per l’applicazione del principio nel giudizio di appello, si veda Cass.
Processo tributario 131

Ord. 27.12.2021, n. 41604.).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


«Ne consegue che il principio secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del

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processo tributario (…) va coordinato con il potere (…) che ciascun giudice tributario ha (…) di qualificare
autonomamente la fattispecie demandata alla sua cognizione, a prescindere dalle allegazioni delle parti in
causa (…) non incidendo tale operazione sugli elementi costitutivi della pretesa fiscale (…)» (cfr. Cass. Sent.
17.4.2023, n. 10117).
Il giudice può pronunciarsi solo sulle richieste avanzate dalle parti; può, nella propria decisione
adottare motivazioni diverse e attingere ad argomentazioni diverse da quelle proposte o assunte dal-
le parti; e può applicare «lo ius superveniens di cui il ricorrente non abbia fatto menzione nel ricorso in-
troduttivo, sebbene notificato successivamente alla introduzione della norma, laddove il motivo di ricorso
censuri la corretta definizione di un regime giuridico che necessariamente presuppone l’applicazione della
norma sopravvenuta» (cfr. Cass. Sent. 13.10.2020, n. 22016). Non può, invece, decidere su questioni
non sottoposte alla sua valutazione (art. 7, D.Lgs. 546/1992 e art. 112 c.p.c.), o pronunciarsi su do-
mande diverse da quelle avanzate dal ricorrente; in caso contrario, la sentenza sarebbe affetta da ex-
trapetizione (cfr., Cass., Sent. 24.7.2014, n. 16873).
Ne deriva che l’oggetto della domanda (cioè il «petitum»), deve indicare fin da subito («hic et nunc»)
tutti i motivi del ricorso; perché, tranne poche eccezioni, al ricorrente non è consentito un (successi-
vo) ampliamento del «thema decidendum» del ricorso (cfr. artt. 24 e 32 del Decreto), che, dunque, deve
essere completo fin dall’origine (cfr. Cass., Sent. 13.4.2010, n. 8823).
L’oggetto della domanda, cioè, il «petitum»:
› deve contenere tutte le contestazioni che si intendono muovere all’atto di accertamento; se l’accer-
tamento viene impugnato solo in parte, l’atto diventa definitivo per la parte non contestata nel ri-
corso: con le relative conseguenze anche sotto il profilo della riscossione (cfr. Cass., Sentenze
18.9.2015, n. 18448; 4.4.2013, n. 8218);
› deve tener conto del fatto che, in linea di principio, non è possibile integrare i motivi indicati nel
ricorso introduttivo (artt. 24 e 32 del Decreto), cioè non è consentito un (successivo) ampliamento
del «thema decidendum» (cfr. Cass., Sentenze 13.1.2017, n. 749; 13.4.2010, n. 8823). Pertanto, anche
la richiesta di rimborso delle somme eventualmente dovute dall’Amministrazione finanziaria, nel-
l’ipotesi in cui la stessa soccomba, va espressa già nel ricorso introduttivo, così come ogni e qual-
siasi eccezione o pretesa che il ricorrente ritenga di poter vantare nei confronti della controparte;
› deve essere chiara e precisa, anche e soprattutto, nelle conclusioni del ricorso, dato che «la manca-
ta riproposizione della domanda (o eccezione) nella precisazione delle conclusioni comporta l’abbandono
delle stesse, assumendo rilievo solo la volontà espressa della parte, in ossequio al principio dispositivo
che informa il processo civile, con conseguente irrilevanza della volontà rimasta inespressa» (cfr. Cass.,
Sent. 5.7.2013, n. 16840; conforme: Cass., Sent. 14.12.2012, n. 2093);
6) i motivi (causa petendi): sono le ragioni in fatto e in diritto su cui si fonda la domanda del ricor-
rente.
«Il giudizio tributario è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscrit-
to alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei
presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contesta-
zioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado»
(cfr. Cass., Sent. 28.4.2017, n. 10524; conf. Cass. Ord. 29.3.2019, n. 8854; Cass. Sentenze 8.7.2022, n.
21656; 14.3.2019, n. 7240), «onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le do-
mande e le eccezioni proposte dalle parti. Da ciò consegue che il mancato rilievo del difetto di motivazione
dell’atto di accertamento nel ricorso introduttivo rende definitivo, sotto tale profilo, l’atto impositivo e che
la sua successiva deduzione del vizio, comportando l’esame di una nuova causa petendi, va dichiarata
inammissibile, anche in sede di giudizio di legittimità (in assenza di precedente declaratoria), restando irri-
levante l’eventuale accettazione del contraddittorio sul merito, dato il rilievo di ordine pubblico del divieto di
ius novorum» (cfr. Cass., Sent. 16.6.2006, n. 14026).
Tale principio vale anche a contrariis, nel senso che «l’ufficio finanziario, restando le contestazioni adduci-
bili in sede contenziosa circoscritte all’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragio-
ni diverse o modificare, nel corso del giudizio, quelle definite dalla motivazione suddetta» (cfr. Cass., Sent.
30.3.2016, n. 6103; Cass. Ordinanze 23.4.2021, n. 10860; 30.9.2020, n. 20784; 24.5.2019, n. 14185; 16.5.2019,
n. 13161; 13.2.2019, n. 4176; 8.2.2019, n. 3762; 21.5.2018, n. 12400; 24.1.2018, n. 1728; Cass. Sent. 18.2.2020,
n. 4070), nè può integrare la motivazione in sede di appello, (cfr. Cass. Sent. 2.4.2020, n. 7649).
132
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«La motivazione dell’avviso, infatti, (…) garantisce il diritto di difesa del contribuente (…), consente una cor-
retta dialettica processuale (…), assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione,

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un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la ratio
della decisione adottata» (cfr. Cass. Ord. 30.6.2022, n. 20933).
E il principio si applica anche nel caso dell’avviso di liquidazione, perché «l’obbligo di motivazione de-
ve essere soddisfatto ab origine», essendo la motivazione «un requisito intrinseco dell’atto», per cui
«non è ammessa la motivazione postuma» (cfr. Cass. Sent. 25.1.2022, n. 2039, relativa ad un avviso di
liquidazione dell’imposta di registro).
In realtà, una recente decisione della Corte di cassazione ha ammesso, in contrasto con l’orienta-
mento appena richiamato, che l’Amministrazione finanziaria possa integrare la motivazione dell’atto
impositivo nel corso del giudizio e ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di obbligo di
motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 7, co. 1, primo periodo, della L. 212
del 2000, è ammessa nel corso del giudizio tributario la integrazione dei presupposti di fatto e delle ra-
gioni giuridiche che hanno determinato una decisione dell’Amministrazione succintamente motivata, qua-
lora la successiva esternazione di una compiuta motivazione non abbia leso il diritto di difesa dell’interes-
sato o quando i fondamenti del provvedimento poi impugnato fossero già percepibili, in base al principio di
leale collaborazione tra privato e P.A., nella fase endoprocedimentale» (cfr. Cass. Ord. 18.10.2021, n.
28560). Il caso esaminato riguardava la impugnazione di un provvedimento di cancellazione di una
società dal VIES, rispetto al quale la Cassazione ha precisato che, in questa fattispecie, la motivazione
è disciplinata - non dall’art. 42, del D.P.R. 600/1973, ma - dall’art. 7, L. 212/2000, che rinvia alla legge
sul procedimento amministrativo (in particolare all’art. 3 della L. 241/1990). Ne ha fatto, quindi, di-
scendere la possibilità di esaminare l’obbligo di motivazione alla luce della giurisprudenza ammini-
strativa, la quale, tendenzialmente, esclude la possibilità di una «motivazione postuma», ma la am-
mette «nei casi in cui la successiva esternazione di una compiuta motivazione – “non abbia leso il diritto
di difesa dell’interessato; nei casi in cui, in fase endoprocedimentale, risultano percepibili le ragioni sottese
alla emissione del provvedimento gravato; nei casi di atti vincolati”». Ne è derivato, quindi, che «la moti-
vazione può anche essere oggetto di una illustrazione postuma», e, dunque, che alla motivazione dell’atto
insufficiente - cioè quella «che, pur omettendo di esplicitare tutti i suoi presupposti, contenga sufficienti
elementi per rendere edotto il destinatario della sua ragione ultima e assicurargli il diritto di difesa (soprat-
tutto quando le ragioni sottese alla emissione dell’atto gravato siano desumibili dagli atti inerenti la fase
infraprocedimentale nei cui confronti, quindi la motivazione postuma si atteggia a semplice specificazione o
chiarimento) - può porsi rimedio nel contraddittorio processuale» (cfr. Cass. Ord. 18.10.2021, n. 28560).
Altra e ben diversa fattispecie è quella in cui si discuta del rigetto di una istanza di rimborso di un
tributo: in questo caso, infatti, la giurisprudenza concorda nel ritenere che l'Amministrazione finan-
ziaria possa «prospettare argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la moti-
vazione di rigetto della istanza in sede amministrativa», perché in questo caso l’Ufficio assume il ruolo
di resistente «e non è pertanto gravato dall'onere di motivare compiutamente le proprie ragioni», essendo
«sufficiente ed adeguata una motivazione del diniego di rimborso che delinei gli aspetti essenziali delle ra-
gioni del provvedimento» (cfr. Cass. Ord. 29.10.2019, n. 27674).
Le argomentazioni giuridiche ulteriori che l’Amministrazione potrebbe «opporre direttamente – nel
giudizio che sia stato avviato nei confronti del diniego di rimborso (e, in specie, in caso di silenzio-rifiuto)»
– comprenderebbero anche, secondo una recente sentenza, «la eccezione di compensazione che, se ri-
tualmente e tempestivamente proposta, costituisce una eccezione in senso stretto (di merito) e non un inde-
bito ampliamento dell’oggetto del giudizio» (cfr. Cass. Sent. 9.3.2021, n. 6395).
Conclusione: di regola (e salvo la eccezione appena indicata e, soprattutto, l'orientamento sopra ri-
chiamato) «l’oggetto del giudizio si risolve nello specifico nesso tra atto autoritativo di imposizione e conte-
stazione del contribuente, che consente di identificare concretamente nel processo causa petendi e petitum
della domanda proposta» (cfr. Cass. Ord. 29.3.2019, n. 8854).
Principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. Vale anche nel processo tributario (cfr. Cass., Senten-
ze 22.1.2016, n. 1144; 6.2.2015, n. 2196; 30.11.2009, n. 25136), per cui:
› «il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti (...) nonché i fatti non
specificatamente contestati dalla parte costituita»;
› «una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica – in difetto di una norma o di un principio che
vincoli alla contestazione specifica – se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur
non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompati-
Processo tributario 133

bili col suo disconoscimento» (cfr. Cass., Sent. 10.5.2011, n. 10397; cfr. anche, Cass. Ord. 23.3.2022, n. 9439).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Le conseguenze processuali che derivano dall’applicazione del principio di non contestazione si rife-

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riscono, però, solo ai fatti (sia storici che processuali), e, in particolare, alle prove sui fatti, non alle
prospettazioni in diritto formulate dalla controparte (cfr. Cass., Sent. 18.5.2018, n. 12287; Cass. Ordi-
nanze 9.4.2021, n. 9394; 2.2.2016, n. 1922).
«Ne consegue che il principio di non contestazione può operare solo con riferimento al merito della causa e
non con riferimento al sindacato di legittimità» (considerato che il giudizio di fronte alla Corte di cassa-
zione, per natura, non è diretto ad una nuova valutazione dei fatti: cfr. Cass. civ. Ord. 3.6.2020, n.
10461). Restano, altresì, estranee all’oggetto del principio di non contestazione le domande, i diritti, le
opinioni e le argomentazioni giuridiche, le espressioni qualificatorie e definitorie (cfr., Cass. Sent.
9.2.2012, n. 1878; conf. Cass. n. 11108/2007), nonché «le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazio-
ne di documenti» (cfr. Cass. Sent. 5.3.2020, n. 6172): «la componente valutativa di un fatto è sottratta, infat-
ti, all’onere di contestazione» (cfr. Cass. Sent. 23.9.2020, n. 19936; conf. Cass. Sent. 22.9.2020, n. 19781).
In applicazione di tale principio diventano prove, nel processo, non solo quelle proposte dalle parti,
ma anche i fatti non specificamente contestati da controparte. Pertanto, quando un «fatto» addotto
da una parte non viene contestato dall’altra, tale fatto si considera assodato o, meglio, provato.
Nella redazione degli atti processuali le contestazioni devono essere precise e puntuali, evitando for-
mule generiche, perché la decisione del giudice si basa:
› sia sulle prove fornite dalle parti nel processo;
› sia sui fatti acquisiti al processo, cioè affermati da una parte e non contestati dall’altra.
In sostanza, la controparte è tenuta a prendere posizione, in modo chiaro e analitico, sui fatti posti
dalla parte costituita a fondamento della propria domanda, perché in caso di contestazione non
chiara e specifica, tali fatti devono ritenersi ammessi senza necessità di prova (cfr. Cass. Civ. Ord.
4.11.2021, n. 31837).
Altro discorso riguarda la possibilità, da parte del giudice, di rifarsi alle nozioni di comune esperienza
(cioè al cd. «fatto notorio»), che, però, «comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddit-
torio (in quanto introduce nel processo prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vaglia-
ti né controllati), va inteso in senso rigoroso e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con
tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile» (cfr. Cass., Sent. 29.10.2014, n. 22950;
conformi: Cass. Ordinanze 20.9.2019, n. 23546; 7.2.2019, n. 3550; 11.10.2018, n. 25218; Cass., Sentenze
18.5.2016, n. 10204; 20.6.2014, n. 14063).
Sintesi «petitum e causa petendi» L’atto introduttivo del giudizio dovrebbe contenere – sia pure in sin-
tesi – l’intero «programma difensivo» che la parte intende far valere in giudizio; sia per quanto ri-
guarda il «petitum » che la «causa petendi »: perché gli artt. 24 e 32 del Decreto non consentono
che i motivi esposti nel ricorso possano essere integrati (ad es. con successiva memoria), ma solo
(salvo specifiche eccezioni), illustrati (o meglio spiegati).
› Il ricorso che risulti privo dell’indicazione dei motivi (cd. ricorso interruttivo) è inammissibile
(cfr. Cass., Sent. 14.5.2010, n. 11783). La giurisprudenza considera tale «non solo il c.d. ricorso inter-
ruttivo, proposto a fini dilatori, senza motivazione o con motivazione di stile» ma anche quelli che
«esaminati nel loro complesso, non consentono (…) di individuare le ragioni poste a fondamento della
domanda» (cfr. Cass., Sent. 12.7.2006, n. 15827). Tale situazione è completamente diversa dalla
enunciazione sintetica dei motivi o «sinteticità» del ricorso, che viene auspicata dai giudici (cfr.
Cass., Sent. 28.4.2017, n. 10524);
› «Il ricorrente che non abbia sviluppato tutti i motivi di impugnazione nel ricorso introduttivo essendosi
limitato ad eccepire solo alcuni vizi dell’atto impositivo con riserva di ulteriori eccezioni» non potrà
estendere (successivamente) con memorie integrative, l’ambito della controversia (cfr. Circ. Min.
Fin. 23.4.1996, n. 98/E). L’unica eccezione prevista nell’art. 24 riguarda l’integrazione dei motivi nel
caso di produzione di nuovi documenti, da parte avversa, ma è una eccezione che conferma la re-
gola per cui tutti i motivi devono essere indicati hic et nunc (fin da subito), nel ricorso introduttivo;
› nel caso di ricorso contro provvedimenti di sospensione (da parte dell’A.F., di un rimborso), il con-
tribuente «deve, da un lato, dedurre i vizi di legittimità della sospensione e dall’altro allegare (e dimo-
strare in caso di contestazione) i fatti costitutivi del proprio diritto di credito» (cfr. Cass., Sent.
28.8.2013, n. 19755);
› è stata ritenuta inammissibile sia l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per omessa in-
dicazione delle aliquote, che la doglianza relativa alla incompetenza territoriale dell’Ufficio che ha
134
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

emesso l’atto di accertamento, in quanto dedotte non nel ricorso introduttivo ma in una memoria
aggiunta (cfr. Cass., Sent. 23.10.2006, n. 22759; Cass. Ord. 11.11.2021, n. 33287), come pure la ecce-

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zione di decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di accertamento non eccepita in
sede di ricorso introduttivo (cfr. Cass., Sent. 20.10.2010, n. 21506).
Peraltro, dato che «al ricorso introduttivo del procedimento tributario non è applicabile il principio di con-
sumazione dell’impugnazione», è possibile presentare un nuovo ricorso – purché entro i termini di de-
cadenza della impugnazione – «contenente anche motivi diversi da quelli espressi nell'atto introduttivo»,
specificando - all’atto della presentazione del secondo ricorso – la volontà «di annullamento e sostitu-
zione» del primo ricorso, il quale «deve ritenersi caducato, per effetto di un meccanismo analogo a quello
della rinuncia» (cfr. Cass. Sent. 30.6.2010, n. 15441).
Sottoscrizione (co. 3) Il ricorso è sottoscritto dal ricorrente (nelle fattispecie in cui – ex art. 12, co. 2 e 9,
D.Lgs. 546/1992 – è ammesso a stare in giudizio personalmente: controversie «minori» o soggetto abi-
litato a difendere altri) o dal suo difensore, che può agire solo se dotato di procura conferita (a margine
o in calce al ricorso, ovvero, nel P.T.T., su foglio separato allegato al ricorso, come sopra indicato).
Il difensore abilitato deve sempre indicare:
› la categoria di appartenenza, secondo l’elencazione contenuta nell’art. 12, cioè, per citare quelli più
frequenti, «iscritto all’Albo dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili della Provincia di (...)» o
«iscritto all’Albo degli Avvocati del Foro di (...)»;
› il suo indirizzo PEC ed il suo numero di fax. La mancanza di tali indicazioni è sanzionata con la
maggiorazione della metà (50%) del contributo unificato dovuto ex art. 13, co. 3-bis, D.P.R.
115/2002. Nel caso di ricorso collettivo avverso distinti atti di accertamento «la omessa indicazione
dell’indirizzo PEC del difensore (...) comporta, trattandosi di un unico ricorso, la irrogazione di un’unica
sanzione (per omessa indicazione dell’indirizzo PEC) da notificarsi presso il domicilio eletto all’atto della
costituzione in giudizio» (cfr. Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2DGT, § 2.6);
› il suo codice fiscale. In mancanza non è prevista una sanzione processuale, ma potrebbe essere ir-
rogata la sanzione amministrativa da euro 103,00 ad euro 2.065,00 ex art. 13, D.P.R. 605/1973 (pe-
raltro definibile in via agevolata nella misura di un terzo ex art. 16, D.Lgs. 472/1997).
«Qualora l’indirizzo PEC del difensore o delle parti ovvero il codice fiscale» non siano riportati nel ricorso
«è possibile sanare l’omessa indicazione di tali dati con il deposito di un atto che li contenga, debitamente
sottoscritto dal difensore o dalla parte, senza che sia necessario che tale atto venga notificato alla contro-
parte» (cfr. Circ. M.E.F., n. 1/2011, § 4.2 e Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2DGT, § 6.23).
Qualora nel P.T.T. si riscontri la irregolarità della firma digitale necessaria per la sottoscrizione del
ricorso, detta irregolarità non inficia, quanto meno secondo le prime pronunce, l’ammissibilità del
ricorso (nel caso specifico, perché la riconducibilità dell’atto al difensore emergeva dal portale del SI-
GiT: cfr. C.T.P. Reggio Emilia, 29.7.2020, n. 164. In proposito, si ricorda che il SIGiT verifica automati-
camente che i documenti siano firmati digitalmente).
Sanatoria eventuale In forza del rinvio dell’art. 12, co. 10, D.Lgs. 546/1992 alle disposizioni dell’art.
182 c.p.c., il Presidente della Commissione o il Collegio «in caso di difetto di rappresentanza, di assi-
stenza o di autorizzazione ovvero di vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegnano un
termine perentorio, entro il quale è possibile sanare i relativi vizi con efficacia retroattiva» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.3). La diretta applicabilità, nel processo tributario, dell’art. 182 c.p.c. era
già stata riconosciuta dalla S.C.: «nel processo tributario non è legittimo dichiarare subito l’inammissibili-
tà del ricorso in caso di vizi che comportano la nullità della procura, o, comunque, in presenza di difetti cir-
ca la rappresentanza e l’assistenza dei contribuenti» (cfr. Cass., Sent. 27.4.2012, n. 6532). «L’inammissibi-
lità può essere dichiarata solo a seguito dell’inottemperanza, da parte del contribuente, circa l’ordine di re-
golarizzare la propria posizione» (cfr. Cass., Ordinanze 29.1.2019, n. 2380; 18.1.2017, n. 1245). «Nell’ipo-
tesi di difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero di un vizio che determini la nullità
della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della perso-
na alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero
per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e
gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione»
(cfr. Cass., Sent. 27.4.2012, n. 6532; conf. Cass. Civ. Sent. 29.10.2020, n. 23958, Cass. Ord. 7.3.2018, n.
5426). Il tutto con l’avvertenza che il difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione è
suscettibile di sanatoria a patto che faccia riferimento ad un caso di nullità della procura e non della
sua inesistenza o mancanza, la quale non è suscettibile di sanatoria ex art. 182, co. 2, c.p.c. (cfr. Cass.
Processo tributario 135

SS.UU. 21.12.2022, n. 37434).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Infine, nel diverso caso in cui «una parte sollevi tempestivamente la eccezione di difetto di rappresen-

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tanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è onere della controparte interes-
sata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto
o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c. prescritto so-
lo in caso di rilievo officioso» (cfr. Cass. Ord. 3.11.2022, n. 32399; conf. Cass. Sent. 20.10.2021, n. 29244;
C.G.T. II° Palermo, Sent. 3.10.2022, n. 8146).
Inammissibilità del ricorso (co. 4) Il ricorso è inammissibile nel caso di mancanza o assoluta incertez-
za di uno dei requisiti essenziali di cui all’art. 18, co. 2 (cfr. Cass. Sent. 28.4.2017, n. 10524 sulla man-
canza/incertezza assoluta dei motivi di ricorso), ad eccezione del codice fiscale e dell’indirizzo di po-
sta elettronica certificata. E così, se il ricorrente:
› si limita ad affermare la illegittimità dell’atto e del comportamento dell’Ufficio senza esplicitarne le
ragioni, in fatto e in diritto;
› formula motivazioni solo generiche, per cui il ricorso può essere considerato «meramente interrut-
tivo» (cfr., Cass., Sent. 7.1.1999, n. 40);
› rinvia alle motivazioni di altro ricorso pendente davanti allo stesso giudice (cd. motivazione «per
relationem»; cfr., Cass., Sentenze 12.5.2011, n. 10387; 4.6.2010, n. 13574); è, infatti, necessario che il
contribuente indichi i motivi di doglianza in relazione a ciascun atto, anche nel caso in cui siano
identici a quelli esposti in altro ricorso avente il medesimo oggetto.
La giurisprudenza ha posto, però, delle (opportune) limitazioni per evitare che errori o violazioni
formali impediscano di realizzare la finalità stessa della proposizione del ricorso (cfr. Cass. Ordinan-
ze. 10.11.2020, n. 25107; 31.7.2019, n. 20617); e così:
› la omessa o incompleta indicazione della Corte di giustizia tributaria di primo grado competente è
rilevante solo se impedisce di conoscere il destinatario dell’atto (cfr. Cass., Sent. 1.7.2004, n. 12070);
› il ricorso notificato alla diramazione territoriale incompetente dell’Agenzia delle Entrate, è valido
in ragione del carattere sostanzialmente unitario delle Agenzie fiscali (cfr. Cass. Ord. 11.11.2021,
33287; conf. Cass. Sent. 6.3.2015, n. 4551);
› la omessa sottoscrizione dell’atto rende inammissibile il ricorso solo se non si può ricondurre il
documento all’autore (che, ad es., ha apposto la firma, non in calce ma, in altra parte del docu-
mento o in altro esemplare).
Essa tende (opportunamente) a limitare la (gravissima) sanzione di inammissibilità del ricorso solo
ai casi in cui il requisito essenziale è «inesistente»; se, invece, non risponde ai requisiti propri del
modello legale, ma assolve la sua funzione e raggiunge lo scopo, si verifica tutt’al più una nullità, per
cui il raggiungimento dello scopo sana il difetto; solo nel caso di «nullità radicale» o di inesistenza, il
difetto non è sanabile e comporta «inammissibilità».
Sotto il profilo processuale (civile) l’atto viene dichiarato:
› inammissibile, se manca fin dall’inizio un presupposto processuale;
› improcedibile, se la mancanza di un presupposto processuale sopraggiunge in corso di procedi-
mento;
› improponibile, se – quando la causa viene decisa – manca (anche) uno dei due requisiti di esisten-
za dell’azione (cioè l’interesse ad agire e la legittimazione attiva).
Nel giudizio tributario l’inammissibilità – non sanabile – è rilevabile d’ufficio (art. 22, co. 2) in ogni
stato e grado del giudizio; la improponibilità – iniziale o sopravvenuta – va verificata dal giudice pri-
ma di esaminare «il merito» (cioè la legittimità e la fondatezza della domanda di parte).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale
Decreto Dir. Gen. Fin., 6.6.2019
Decreto M.E.F. 21.4.2023
136
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

PRASSI AMMINISTRATIVA
Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Avviso M.E.F., Dipartimento delle Finanze,

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Circ. Min. Fin. 21.9.2011, n. 1/DF 24.1.2014

Circ. Ag. Entrate, 5.8.2011, n. 41 Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E

Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9/E Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF

Ris. Ag. Entrate, 7.12.2012, n. 104 Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF

Direttiva M.E.F. 14.12.2012, n. 2/DGT Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9


Risp. M.E.F. a Telefisco, 26.1.2023
Circ. Ag. Entrate, 15.2.2013, n, 1/E

Art. 19 - ATTI IMPUGNABILI E OGGETTO DEL RICORSO [CFF ¶ 4670]

1. Il ricorso può essere proposto avverso:


a) l'avviso di accertamento del tributo;
b) l'avviso di liquidazione del tributo;
c) il provvedimento che irroga le sanzioni;
d) il ruolo e la cartella di pagamento;
e) l'avviso di mora;
e-bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Re-
pubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; 2
e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubbli-
ca 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. 1
f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'art. 2, comma 2; 2
g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri ac-
cessori non dovuti;
h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti
tributari;
h-bis) la decisione di rigetto dell'istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi del-
la direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Con-
venzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte ovvero ai sensi della
Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di im-
prese associate n. 90/436/CEE; 3
i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle corti di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado. 4
2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l'indicazione del termine entro il quale il ri-
corso deve essere proposto e della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado compe-
tente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'art. 20. 5
3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autono-
mamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti
autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impu-
gnazione unitamente a quest'ultimo. 6

Note
1 La presente lettera è stata inserita dall'art. 35 D.L. 04.07.2006, n. 223, così come modificato dalla legge di conversione,
L. 04.08.2006, n. 248 con decorrenza 12.08.2006.
2 Le parole "comma 3" di cui alla presente lettera sono state così sostituite dall'art. 12, D.L. 02.03.2012, n. 16 con decor-
renza dal 02.03.2012 convertito in legge dalla L. 26.04.2012, n. 44 con decorrenza dal 28.04.2012.
3 La presente lettera è stata aggiunta dall'art. 22, comma 1, D.Lgs. 10.06.2020, n. 49 con decorrenza dal 25.06.2020 ed
applicazione alle istanze di apertura di procedura amichevole presentate a decorrere dal 1° luglio 2019 sulle questioni
controverse riguardanti il reddito o il patrimonio, relativi al periodo d'imposta che inizia il 1° gennaio 2018 e ai successi-
vi periodi d'imposta.
Processo tributario 137

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


4 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

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6 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

ATTI IMPUGNABILI E OGGETTO DEL RICORSO (Art. 19)

Atti impugnabili Nel comma 1 vengono elencati gli atti che il contribuente può impugnare con ri-
corso dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado.
Tale elencazione era stata, inizialmente, considerata tassativa («numero chiuso» degli atti impu-
gnabili), ma ormai la giurisprudenza di legittimità ritiene che «ai fini dell’accesso alla giurisdi-
zione tributaria, devono essere qualificati come avvisi di accertamento o di liquidazione di un tribu-
to tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai
definita; ancorché tale comunicazione si concluda non con una formale intimazione al pagamento sor-
retta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito “bonario” a ver-
sare quanto dovuto» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 24.7.2007, n. 16293); «non assumendo alcun rilievo la
mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indica-
zione del termine o della forma da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria com-
petente» (cfr. Cass., Sent. 15.5.2008, n. 12194; confermata da Cass., Ordinanze 5.9.2012, n. 14848,
9.12.2009, n. 25699; 23.7.2009, n. 17202; Cass. Sent. 7.2.2018, n. 2944).
«L’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 (…) [quindi] non preclude la facoltà di im-
pugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una
ben individuata pretesa tributaria». Viene ritenuta, infatti, «possibile una interpretazione estensiva
delle disposizioni in materia, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e
53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), e in considerazione dell’allarga-
mento della giurisdizione tributaria» (Cass., Ord. 5.12.2017, n. 29026; conformi Cass. Sent.
18.10.2018, n. 26198; Cass. SS.UU., Ord. 18.10.2021, n. 28640; Cass., Ordinanze 21.2.2020, n. 4566;
21.1.2020, n. 1230; 27.11.2019, n. 30911; 25.2.2019, n. 5465; 15.2.2018, n. 3775).
«In sintesi, il principio da cui desumere la impugnabilità di un atto si ricava dall’assioma che un atto, che
abbia contenuto impositivo, anche se non assimilabile ad alcuna delle categorie previste dall’art. 19, D.Lgs.
546 del 1992, non può essere privato di tutela giurisdizionale» (cfr. Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30736).
Trattandosi, peraltro, di una facoltà, e non di un onere, «la mancata impugnazione di un atto non
espressamente indicato nell’art. 19 non determina la non impugnabilità (cristallizzazione) di quella
pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 19» (cfr. Cass., Sent.
8.10.2007, n. 21405; conf. Cass. Sentenze 11.5.2018, n. 11471; 11.2.2015, n. 2616; Cass. Ordinanze
8.5.2019, n. 12150; 12.9.2018, n. 22222; 18.7.2016, n. 14675).
L’elenco contiene, dunque, gli atti «tipici», ma non esaurisce il novero di quelli impugnabili, che
devono, comunque, essere atti o comportamenti specifici, non essendo proponibile, nel proces-
so tributario, azioni di mero accertamento (Cass., SS.UU., Sent. 23.12.2009, n. 27209).
Atti «tipici» di cui all’art. 19, co. 1
a) Avviso di accertamento del tributo È l’atto più utilizzato dall’Ente accertatore per manifestare la
propria pretesa tributaria. Il Legislatore utilizza espressioni diverse: per le imposte sui redditi
«avviso di accertamento»; per l’Iva, «avviso di rettifica» o «avviso di accertamento (induttivo)»;
per l’imposta di registro, «avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta» ecc.
Quando gli avvisi di accertamento ai fini Ires, Irap e Iva sono «unitari», cioè risultano da un
unico atto, si pone il problema della praticabilità di scinderne il contenuto per far seguire com-
portamenti diversificati (es. ricorso per l’Ires e l’Irap, acquiescenza per l’Iva).
b) Avviso di liquidazione del tributo È l’atto «che si pone nella fase intermedia fra il procedimento di ac-
certamento e quello di riscossione e ha la funzione di quantificare la pretesa fiscale accertata» (cfr.
Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); viene utilizzato principalmente per le imposte indirette di «ti-
po registro»: imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, imposte sulle successioni e do-
nazioni, imposta di bollo assolta in modo virtuale.
c) Provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie (pecuniarie e accessorie) Ancorché contestuale
138
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

all’avviso di accertamento (o di rettifica), deve essere debitamente motivato (a pena di nullità). Il


procedimento di irrogazione delle sanzioni previsto nei DD.Lgss. 471/472/473-1997, inizia, di re-
gola (art. 16 del D.Lgs. 472 [CFF · 9479]), con la notifica, da parte dell’Ufficio o Ente locale, al-

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l’autore della violazione di un apposito «atto di contestazione»; che deve essere utilizzato per la
irrogazione delle sanzioni relative a violazioni non incidenti sulla determinazione o sul paga-
mento del tributo (c.d. violazioni formali).
Entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione, il destinatario (obbligato principale o in
solido) ha tre possibilità (alternative):
› definire la controversia, con il pagamento di 1/3 della sanzione irrogata nell’atto di contesta-
zione, con il limite del terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a
ciascun tributo; nel qual caso vengono meno le eventuali sanzioni accessorie;
› produrre deduzioni difensive avanti all’Ufficio o all’Ente locale che ha emanato l’atto: se co-
stui, considerate le osservazioni del presunto trasgressore, non le accolga, deve notificare ap-
posito atto di irrogazione sanzioni, nel termine (di decadenza) di un anno dalla presentazione
delle deduzioni difensive che il contribuente può definire solo con il pagamento dell’intero
ammontare. Se l’Ufficio ha richiesto, ai sensi dell’art. 22, D.Lgs. 472/1997 [CFF · 9485], l’appli-
cazione di «misure cautelari» (ipoteca o sequestro conservativo), l’atto di irrogazione di san-
zioni deve essere notificato entro 120 giorni dalla presentazione delle memorie difensive;
› impugnare l’atto di fronte alle Corti di giustizia tributaria di primo grado (art. 18, D.Lgs.
472/1997 [CFF · 9481]), per evitare che la pretesa del soggetto attivo si consolidi, dato che, in
mancanza di memorie difensive o di definizione agevolata, l’atto di contestazione va conside-
rato come vero e proprio «provvedimento di irrogazione di sanzioni».
In deroga alla disciplina prevista dall’art. 16, le sanzioni per violazioni c.d. sostanziali, cioè colle-
gate al tributo cui si riferiscono, devono essere irrogate con un unico atto ex art. 17, D.Lgs.
472/1997. Anche in questo caso è possibile definire in via agevolata la pretesa sanzionatoria con
il pagamento di 1/3 della sanzione irrogata (e comunque non inferiore ad 1/3 dei minimi edittali
previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo), senza, però, che ciò comporti ac-
quiescenza al tributo e, quindi, con possibilità di impugnare l’atto di fronte alle Corti di giustizia
tributaria relativamente al tributo.
d) Ruolo e cartella di pagamento Il «ruolo» è l’elenco dei debitori (e delle somme da essi dovute)
formato dall’Ufficio ai fini della riscossione.
L’Ufficio periferico della Agenzia delle Entrate forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti ter-
ritoriali in cui opera l’Agente della riscossione (prima Equitalia, ora l’Agenzia delle Entrate-Ri-
scossione); in ciascun ruolo sono iscritte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domici-
lio fiscale in Comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce. Il ruolo è sotto-
scritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’Ufficio o da un suo delegato (cfr. art.
12, co. 4, D.P.R. 602/1973); con tale sottoscrizione, il ruolo viene reso esecutivo, per cui viene tra-
smesso all’Agente della riscossione, perché predisponga le cartelle di pagamento e le notifichi ai
debitori (art. 25, D.P.R. 602/1973 [CFF · 7225]).
La cartella di pagamento ha subìto importanti modifiche nel tempo, al fine di renderla il più possi-
bile intellegibile e chiara. Il modello, approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle
entrate del 14.7.2017, n. 134363, per «i ruoli consegnati agli Agenti della riscossione a decorrere dal 1°
luglio 2017», continuerà ad essere utilizzato anche per «le cartelle di pagamento relative ai carichi af-
fidati agli Agenti della riscossione fino al 31 dicembre 2021, indipendentemente dalla data di notifica
della cartella di pagamento che potrà avvenire anche successivamente al 31 dicembre 2021».
La individuazione di un «termine finale» per l’utilizzo del citato modello deriva dalle modifiche
apportate dalla Legge 30.12.2021, n. 234 (c.d. di Bilancio 2022, art. 1, co. 15-17), alla disciplina de-
gli oneri di funzionamento del servizio di riscossione. A decorrere dal 1° gennaio 2022, infatti, è
abolita la quota «di oneri di riscossione a carico del debitore nella misura fissa del 3% delle somme
iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella di paga-
mento, e del 6% delle somme iscritte a ruolo e dei relativi interessi di mora, nel caso di assolvimento
del debito oltre il suindicato termine di legge», per cui si è reso necessario «provvedere alla emana-
zione del nuovo modello di cartella di pagamento che non recherà più alcun riferimento agli oneri di
riscossione a carico del debitore e che verrà utilizzato per le cartelle di pagamento relative ai carichi
affidati agli Agenti della riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2022» (cfr. Provv. A.E. 17.1.2022, n.
Processo tributario 139

14113. Con il Provv. A.E. 17.10.2022, n. 0387971, «il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agen-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


zia delle entrate (…) viene [ulteriormente] aggiornato nei riferimenti ivi contenuti alle commissioni

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tributarie», per tenere conto della nuova denominazione introdotta dalla L. 130/2022, di «corti di
giustizia tributaria di primo e e di secondo grado»).
Sia il ruolo che la cartella di pagamento sono «atti autonomamente impugnabili»; ma siccome il
ruolo viene portato a conoscenza del contribuente proprio attraverso la cartella di pagamento, la
sua impugnazione non può che avvenire insieme con la cartella di pagamento.
La Corte di cassazione a SS.UU. (cfr. Sent. 2.10.2015, n. 19704; conformi Cass., Ordinanze
2.3.2022, n. 6837; 12.10.2021, n. 27860; 3.6.2021, n. 15333; 26.6.2020, n. 12735; 9.9.2019, n. 22507;
18.6.2018, n. 16098; 24.5.2018, n. 12894 e 1.6.2016, n. 11439) ha ritenuto impugnabile anche
l’estratto di ruolo in quanto, portando a conoscenza del contribuente una individuata pretesa
tributaria, «fa sorgere un interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c.».
Tale orientamento (ribadito anche di recente: cfr. Cass. Ord. 2.3.2022, n. 6837), andrà necessa-
riamente riconsiderato alla luce dell’intervento normativo di cui all’art. 3-bis del D.L. 21.10.2021,
n. 146, conv. con modif. in L. 17.12.2021, n. 215, che ha previsto, salve specifiche eccezioni, la non
impugnabilità dell’estratto di ruolo. Con l’inserimento del comma 4-bis, nell’art. 12 del D.P.R.
602/1973 (rubricato «Formazione e contenuto dei ruoli», e, dunque, non con una modifica dell’art.
19 in commento), il Legislatore ha, infatti, stabilito che:
«L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente no-
tificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimo-
stri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di ap-
palto, per effetto di quanto previsto nell’art. 80, co. 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs.
18.4.2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art.1, co.
1, lett. a), del regolamento di cui al D.M.E.F. 18.1.2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del
presente decreto o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione».
La norma – che «riguarda la riscossione delle entrate pubbliche anche extratributarie» (cfr. Cass.
Ordinanze 16.11.2022, n. 33838 e 25.10.2022, n. 31561) – riproduce, quasi esattamente, il testo
formulato, nella Relazione finale del 30.6.2021, dalla Commissione interministeriale per la rifor-
ma della giustizia tributaria, che aveva sottolineato l’esigenza di prevenire «la proliferazione delle
controversie aventi ad oggetto il medesimo interesse ad un bene della vita», come «è il caso delle im-
pugnative proposte avverso gli estratti di ruolo», che rappresentano «circa il 40% delle cause contro
l’Agente della riscossione». «Pertanto, considerata la natura dell’estratto di ruolo – che non costituisce
un atto della riscossione e non contiene, per sua natura, nessuna pretesa esattiva, né impositiva e non
ha natura direttamente lesiva della sfera patrimoniale del debitore – si propone la sua non impugna-
bilità, garantendo comunque i diritti dei debitori che potranno impugnare il primo atto di riscossione
ad essi notificato»; fermo restando che, in base al testo normativo proposto, «si consente la impu-
gnazione dell’estratto di ruolo in peculiari situazioni nelle quali la esigenza di tutela giurisdizionale è
indifferibile» (cfr. Relazione finale 30.6.2021 della Commissione interministeriale cit.: § 13 e Alle-
gato XVI. Si vedano, anche, Cass. Ordinanze 16.11.2022, n. 33838 e 25.10.2022, n. 31561). Si tratta
di quelle situazioni in cui al contribuente può derivare un pregiudizio rispetto:
› alla partecipazione ad una gara di appalto;
› al blocco dei pagamenti da parte della P.A.;
› alla perdita di un beneficio nei rapporti con la P.A..
Secondo l’Agenzia delle Entrate l’intervento (restrittivo) introdotto dalla nuova norma non si
pone in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra richiamato, ma,
anzi, si pone «nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di Cassazione, ed è intervenuto per ribadi-
re la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e prevedere le casistiche in cui l’interesse del debitore ad
impugnare direttamente “il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata”,
senza attendere la notifica dell’atto successivo, è ritenuto sussistere in ragione della emersione di un
concreto pregiudizio (derivante dalla iscrizione a ruolo e da documentarsi a cura del debitore stesso),
in casistiche accomunate dal rilievo che, nelle stesse, in ragione della emersione del pregiudizio in pa-
rola, la esigenza di tutela giudiziale si palesa indifferibile» (cfr. Risp. A.E. a Telefisco del 27.1.2022).
Le casistiche indicate dall’art. 12, co. 4-bis, del D.P.R. 602/1973 sono tassative, per cui è da rite-
nersi inammissibile il ricorso del contribuente che lamenti l’impossibilità di accedere ai finan-
ziamenti bancari a causa di una iscrizione ipotecaria adottata dall’Agente della Riscossione (cfr.
140
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Cass. Sent. 25.10.2022, n. 31561).


Sull’applicabilità «retroattiva» della novella normativa, la Corte di cassazione ha rilevato che «la

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innovazione legislativa non prevede alcuna disciplina transitoria, sicché deve decidersi se» essa «con-
cerna o meno i giudizi attualmente pendenti» (cfr. Cass. Ord. I. 11.2.2022, n. 4526), considerato che,
sul punto, esistono contrapposti orientamenti della giurisprudenza di merito. Infatti,
› «secondo una prima impostazione teorica la nuova disposizione, avendo carattere processuale e
non sostanziale, opera anche per i processi pendenti, in base alla regola “tempus regit actum”,
seppure con particolare focalizzazione sulla sussistenza dell’interesse ad agire»; «altra ricostruzione
teorica, che si muove [anch’essa] a supporto della immediata applicazione della nuova normativa
anche ai processi in corso, muove dalla natura dello ius superveniens, che costituirebbe una norma
di interpretazione autentica» (in questo senso si è espressa la C.T.P. Siracusa, Sent. 19.1.2022,
n. 404; conf. C.G.T. II° Lombardia, Sent. 9.12.2022, n. 4849. Per la inammissibilità dei ricorsi
notificati prima della novella per sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare, cfr. C.T.P.
Catania, Sent. 26.1.2022, n. 608); mentre
› «secondo una diversa ricostruzione dottrinale, il principio generale di irretroattività della legge com-
porta che la nuova disciplina sulla impugnabilità limitata degli estratti di ruolo, o meglio delle cartelle
non validamente notificate, come pure delle iscrizioni ipotecarie irritualmente notificate, conosciute
tramite l’estratto di ruolo, si applichi alle impugnazioni degli estratti di ruolo proposte a decorrere
dalla data di entrata in vigore della novella legislativa, quindi dal giorno successivo a quello della
pubblicazione della legge di conversione sulla G.U. del 20 dicembre 2021» (per questo orientamento
si veda: C.T.P. Messina, Sent. 15.2.2022, n. 483; C.T.R. Sicilia, Sent. 3.3.2022, n. 1812).
La Cassazione richiama, inoltre, gli eventuali profili di illegittimità costituzionale della norma ri-
spetto al diritto di difesa, nonché il possibile contrasto con le norme del diritto Unionale, per con-
cludere: «considerata la duplice chiave di lettura che può avere la questione sollevata (…) alla luce dello
ius superveniens, e tenuto conto della particolare rilevanza dei principi anche costituzionali, sottesi alla
soluzione, con possibili ricadute pure al di fuori del processo tributario, cioè nei processi civili e previden-
ziali aventi per oggetto cartelle relative ad entrate patrimoniali di natura extrafiscale» rimette gli atti al
Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione relativa alla
possibilità di applicare retroattivamente la novella normativa (cfr. Cass. Ord. I. 11.2.2022, n. 4526).
E le Sezioni Unite l’hanno risolta affermando il seguente principio di diritto:
«In tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3-bis g-bis, si applica ai processi pendenti, poichè speci-
fica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata
o invalidamente notificata»; aggiungendo che «sono manifestamente infondate le questioni di legitti-
mità costituzionale della norma, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 104, 113, 117 della Costituzione,
quest’ultimo con riguardo all’art. 69 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Con-
venzione» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 6.9.2022, n. 26283; conf. Cass. Ordinanze 16.11.2022, n. 33838 e
25.10.22, n. 31561. Le conclusioni cui è pervenuta la Cassazione a SS.UU. non sono condivise dal-
la prima - a quanto ci consta - successiva decisione di merito, secondo la quale «posto che tra le
interpretazioni possibili l’interprete deve privilegiare quella costituzionalmente orientata (…), non può
essere condivisa la interpretazione fornita dalle SS.UU. n. 26283/22 e si deve pertanto concludere per
la inapplicabilità della novella ai ricorsi interposti prima del 21.12.2021»: cfr. C.G.T. I° di Reggio
Emilia, Ord. 20.9.2022, n .154. Tant’è che, il principio di diritto, che afferma la efficacia retroatti-
va della norma, ha indotto altra giurisprudenza a rinviare nuovamente la questione di legittimi-
tà costituzionale della novella normativa, ritenendo che ne derivi un vulnus «per la tutela giuri-
sdizionale costituzionalmente garantita»: cfr. Giudice di pace, Napoli, Ord. 3.2.2023, n. 492).
Da ultimo, sulla impugnazione del ruolo e della cartella, si richiama quella giurisprudenza di meri-
to che ha ritenuto autonomamente impugnabile anche l’avviso di presa in carico dell’avviso di ac-
certamento da parte dell’Agenzia Entrate-Riscossione (C.T.P. Roma, Sent. 16.12.2020, n. 10588): in
particolare, non sembra revocabile in dubbio che sia impugnabile l’avviso di presa in carico conte-
nente la pretesa tributaria, «sì da poter essere paragonato, sul piano sostanziale, alla intimazione di pa-
gamento», nel caso in cui, manchi la notifica del prodromico avviso di accertamento c.d. impoesatti-
vo, (cfr. C.G.T. I° Salerno, Sent. 24.10.2022, n. 2487; conf. C.T.P. Roma, Sent. 18.6.2021, n. 7380). In
proposito, si ricorda che la disciplina della concentrazione della riscossione nell’accertamento (c.d.
impoesattivo) – introdotta dall’art. 29, del D.L. 78/2010 (conv. dalla L. 122/2010 e ss.mm.) poi estesa
(cfr. art. 1, co. 792 e segg., L. 27.12.2019, n. 160), agli atti emessi dagli «Enti locali», a partire
Processo tributario 141

dall'1.1.2020 (anche con riferimento ai rapporti pendenti alla stessa data) - prevede che gli avvisi di

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


accertamento (e di irrogazione sanzioni) emessi dall’Agenzia delle Entrate ai fini IRPEF, IRES, IRAP

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e IVA costituiscano titolo esecutivo, per cui, una volta decorso (inutilmente) «il termine ultimo per la
proposizione del ricorso», la riscossione avviene senza ruolo e cartella di pagamento.
e) Avviso di mora Era l’atto che il Concessionario (ora Agente) della riscossione, dopo aver notifica-
to la cartella di pagamento, doveva notificare al contribuente inadempiente prima di intrapren-
dere l’azione esecutiva (espropriazione forzata); dal 1° ottobre 1999, l’avviso di mora è stato so-
stanzialmente abrogato (rimane solo in casi eccezionali).
e-bis) Iscrizione ipotecaria È un provvedimento amministrativo - di natura cautelare conservativa -
dell'Agente della Riscossione prodromico dell’esecuzione forzata tributaria: decorso il termine di
60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, l’Agente della riscossione può (facoltà)
procedere alla iscrizione ipotecaria sui beni del debitore; e deve (obbligo) farlo «se l’importo com-
plessivo del credito per cui si procede non supera il 5% del valore dell’immobile da sottoporre ad espro-
priazione» (art. 77, co. 2, D.P.R. 602/1973 [CFF · 7277]). La impugnazione della iscrizione ipote-
caria relativa a crediti di natura tributaria spetta, infatti, al Giudice tributario, che, in caso abbia
accertato che il credito iscritto a ruolo venga ad essere minore, deve ricondurre anche la iscri-
zione «alla misura corretta, annullandola solo nella parte che trovava il proprio presupposto nelle
maggiori somme originariamente iscritte, nonché ordinando la riduzione dell’ipoteca» (cfr. Cass. Ord.
23.12.2020, n. 29364; ; conf. C.T.R. Palermo, Sent. 24.11.2021, n. 10510).
e-ter) Fermo di beni mobili registrati Il «fermo» (come pure l’iscrizione ipotecaria), «non è atto del-
l’espropriazione forzata (e quindi mezzo realizzativo del credito) ma provvedimento amministrativo
di autotutela conservativa del patrimonio del debitore, in funzione dell’interesse pubblico sotteso alla
soddisfazione del credito tributario attribuito al Concessionario della riscossione» (cfr. Corte Cost.,
Ord. 17.7.2007, n. 297). Non ogni tipo di fermo è impugnabile dinanzi ai giudici tributari: infatti,
«la giurisdizione sulle controversie relative al fermo di beni mobili registrati di cui al D.P.R. n. 602 del
1973, art. 86, appartiene al giudice tributario (…) solo quando il provvedimento impugnato concerne
la riscossione di tributi». Pertanto, «il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un
provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, deve accer-
tare quale sia la natura – tributaria o non tributaria – dei crediti posti a fondamento del provvedi-
mento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di sé, interamente o parzialmente
(se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non
tributaria), per la decisione del merito; e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la
causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii. Allo stesso
modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito. Il debitore, in caso di provvedimento
di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre
originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti» (ved. Cass., SS.UU.,
Ord. 5.6.2008, n. 14831, e – relativamente alle iscrizioni ipotecarie – Cass., SS.UU., Sent.
22.2.2010, n. 4077; confermate da Cass., SS.UU, Ordinanze 2.8.2011, n. 16858 e 11.5.2009, n.
10672, e da Cons. Stato, dec. 6.4.2010, n. 1901). L’Agente della Riscossione può disporre il «fermo
dei beni mobili registrati» (es. auto) appartenenti al debitore o ai suoi coobbligati, subordinan-
done l’esecuzione all’infruttuoso decorso del termine di 60 giorni dalla notificazione della car-
tella di pagamento, dandone comunicazione alla competente Direzione Regionale dell’Agenzia
delle Entrate (D.R.A.E.). Il fermo viene eseguito mediante iscrizione del provvedimento negli ap-
positi registri (ad es., P.R.A.). L’Agente dispone anche del potere di revoca, che avviene con la
cancellazione (cfr. Ris. Ag. Entr. 1.3.2002, n. 64). Le modalità di iscrizione e di cancellazione,
nonché gli effetti del fermo sono tuttora contenuti nel D.Min. Fin. 503/1998.
f) Atti relativi alle operazioni catastali (di cui all'art. 2, co. 2) Riguardano:
› «la intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione
dell’estimo» fra i compossessori di una stessa particella (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E);
› «la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita
catastale» (cfr. Circ. Min. Fin. 98/1996). L’impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita
catastale, unitamente all’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro che in fun-
zione di esso venga definita, è condizionata alla proposizione dell’impugnazione non solo nei
confronti dell’Ufficio che ha emanato tale atto, ma anche nei confronti di quello che ha ema-
nato l’atto di classamento (cfr. Cass., Sent. 16.4.2010, n. 9158).
142
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

È, inoltre, impugnabile «il diniego opposto [dall’Amministrazione finanziaria] ad una istanza di va-
riazione/correzione» presentata dal contribuente per sollecitare un adeguamento dell’esatto valore

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secondo il reddito effettivamente ritraibile dall’immobile, o (anche) per correggere un proprio er-
rore (si veda, da ultimo, Cass. Ord. 4.11.2021, n. 31574). «La previsione della generica impugnabilità
degli atti catastali va di conseguenza letta nell’ottica del rispetto dei diritti di difesa e di tutela giudiziaria
contro tutti gli atti idonei a produrre effetti giuridici negativi in capo al contribuente qual’è la determina-
zione della rendita catastale che rappresenta, ai fini di una pluralità di tributi, la misura della capacità
contributiva del soggetto passivo con riferimento alla titolarità di un diritto di proprietà su un bene im-
mobile sito nel territorio dello Stato» (cfr. Cass. Ord. 13.10.2020, n. 22023).
Non rientrano, invece, nell'oggetto del processo tributario le controversie:
› che coinvolgono la titolarità del diritto dominicale (ad es., le azioni di rivendica o di regola-
mento di confini: cfr. Cass., Sent. 26.7.2007, n. 16429, si veda il commento all'art. 2);
› relative ai provvedimenti di qualificazione, classificazione e determinazione delle tariffe
d’estimo, i quali – avendo carattere generale – vanno impugnati davanti ai Giudici Ammini-
strativi (T.A.R. e Consiglio di Stato), fermo restando che le Corti di giustizia tributaria, se li ri-
tengono illegittimi, possono disapplicarli (ex art. 7, co. 5 del Decreto), nel caso l'atto impositi-
vo sia contestato dal contribuente (ad es., attribuzione di rendita al singolo immobile: cfr.
Cass., Sent. 22.6.1990, n. 6269).
g) Rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non
dovuti «La formulazione tecnica della norma mira a conferire, al silenzio dell’Amministrazione per no-
vanta giorni dalla domanda di restituzione, il valore di provvedimento negativo autonomamente impu-
gnabile, venendo così ad attribuire a tale inerzia un significato tipico» (cfr. Circ. Min. Fin. 98/1996).
Costituisce atto autonomamente impugnabile:
› sia «il diniego di rimborso che non sia meramente confermativo di un precedente provvedimento di
diniego, ma pervenga ad una conferma delle determinazioni già assunte a seguito di un supplemen-
to istruttorio e contenga un’autonoma rivalutazione dell’istanza originaria, sulla base di un nuovo
esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata; ricorre invece
un atto meramente confermativo, non autonomamente impugnabile, quando l’Amministrazione, a
fronte di un’istanza di riesame, si limiti a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento
senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione» (cfr. Cass. Sent.
18.7.2022, n. 22453);
› sia il provvedimento di sospensione del rimborso ex art. 38-bis, D.P.R. 633/1972 «trattandosi di
provvedimento riconducibile alle categorie di atti autonomamente impugnabili» (cfr. Cass. Sent.
28.8.2013, n. 19755; conf. Cass. Ord. 25.3.2013, n. 7630).
Inoltre, secondo la giurisprudenza, anche la indicazione «a rimborso» dei crediti di imposta in
dichiarazione – e la successiva inerzia dell’Amministrazione finanziaria – consente l’impugna-
zione del relativo silenzio-rifiuto (cfr. Cass. Sent. 15.10.2014, n. 21791; conf. Cass. Ord. 13.9.2022,
n. 26907; C.T.R. Roma, Sent. 11.5.2022, n. 2134).
Presupposto per l’impugnazione del silenzio (espresso o tacito) è la presentazione, da parte del
contribuente, di tempestiva istanza di rimborso all’Ufficio competente, però, «l’ufficio non com-
petente che riceva un’istanza di rimborso è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in
conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa amministrazione (cfr. anche la L. 18
marzo 1968, n. 249, art. 5), restando configurabile, in difetto, un silenzio - rifiuto del rimborso medesi-
mo, impugnabile dinanzi alle commissioni tributarie (Cass. 8.10.1988 n. 4878), e ciò sia perché la do-
manda di rimborso non è rivolta ad un organo estraneo all’amministrazione finanziaria, sia perché, in
tema di rimborso, l’ordinamento impone una dovuta costante collaborazione fra organi (arg. D.P.R. n.
602 cit., ex art. 38, comma 3)» (cfr. Cass., Sent. 27.2.2009, n. 4773; Cass. Ord. 6.3.2018, n. 5203).
Il ricorso contro il rifiuto tacito della restituzione (cd. silenzio-rifiuto) può essere proposto sol-
tanto dopo 90 giorni (cfr. art. 21, co. 2, del Decreto) dalla domanda di restituzione presentata en-
tro i termini stabiliti dalle singole leggi d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione di
quanto preteso non sia prescritto (con il decorso di dieci anni, se non è stabilito diversamente;
cfr. Cass. Sent. 29.4.2020, n. 8345). Peraltro,
› qualora l’Amministrazione, dopo il formarsi del silenzio rifiuto sulla istanza di rimborso, in-
terrompa la propria inerzia, notificando al contribuente «un provvedimento di rigetto, anche
parziale», il termine decadenziale per la impugnazione dell’atto esplicito di rigetto inizia a de-
Processo tributario 143

correre, ex artt. 19 e 21, del D.Lgs. 546/1992, dalla data di tale notificazione «dovendosi, pertan-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


to, escludere che il contribuente possa proseguire la controversia già introdotta con la impugnazione

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del silenzio rifiuto» (cfr. Cass. Ord. 21.9.2021, n. 25446);
› «qualora, a fronte di una istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria si limiti,
puramente e semplicemente, ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare
alcuna riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento
medesimo si configura, per la parte relativa all’importo non rimborsato, come atto di rigetto – sia
pure implicito – della richiesta di rimborso originariamente presentata dal contribuente», con la
conseguenza che «detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso, nel ter-
mine di 60 giorni dalla notificazione» (cfr. Cass. Sent. 22.10.2020, n. 23157; conf. Cass. Ordinan-
ze 13.9.2022, n. 26907; 11.9.2020, n. 18872).
Orientamento, questo, affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sent.
22.4.2015, n. 8195), e applicato in sede di merito: il contribuente, che intenda contestare il silenzio ri-
fiuto riferito alle somme non liquidate, deve «impugnare l’atto di rimborso parziale entro 60 giorni dal-
la notifica (…), poiché il termine decennale di impugnazione si applica solo al diniego tacito formatosi sulla
intera istanza di rimborso» (cfr. C.T.P. Pescara, 18.12.2019, n. 757; C.T.R. Abruzzo, 5.10.2021, n. 669).
h) Diniego (o revoca) di agevolazioni e di condoni Assunti con provvedimento esplicito, ma non
necessariamente formale, dal momento che lo stesso non è condizionato dall’osservanza di for-
me prestabilite.
h-bis) Rigetto dell’istanza di apertura di procedura amichevole (MAP) presentata ai sensi della Diretti-
va (UE) 2017/1852, degli Accordi e Convenzioni per evitare le doppie imposizioni o ai sensi della
Convenzione relativa alla eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili
delle imprese associate n. 90/436/CEE. La procedura amichevole è uno strumento finalizzato
alla risoluzione di controversie insorte tra soggetti fiscalmente residenti in Stati membri del-
l’Unione europea in materia di doppia imposizione sul reddito e sul patrimonio. Essa si attiva a
seguito di presentazione, da parte dei soggetti interessati, di una istanza (cfr. art. 3, del D.Lgs.
49/2020, di attuazione della Direttiva (UE) 2017/1852. Le relative regole operative sono contenu-
te nel Provv. A.E. 16.12.2020, n. 381180), all’Agenzia delle Entrate (e, talora, alle Autorità compe-
tenti degli altri Stati interessati), la quale valuta se adottare una decisione di accoglimento o di
rigetto della stessa (cfr. art. 6). Se l’istanza viene rigettata (ad esempio perché presentata nono-
stante il deposito di una sentenza passata in giudicato o di una intervenuta conciliazione ex art.
48 e segg., D.Lgs. 546/1992), il soggetto interessato può impugnare la decisione di rigetto di
fronte alla Corte di giustizia tributaria competente (cfr. art. 8, D.Lgs 49/2020).
i) Altri atti impugnabili in base alla legge Si tratta di una «norma di chiusura», stabilita per l’eventua-
lità che il Legislatore preveda – in relazione alle controversie rientranti nell’ambito della giuri-
sdizione tributaria – l’autonoma impugnabilità di atti diversi da quelli specificamente indicati:
ad es., l’art. 6, D.Lgs. 156/2015, in materia di interpelli, ha previsto che avverso le risposte alle
istanze di interpello disapplicativo di norme antielusive (ex art. 11, co. 2, della L. 212/2000) può
essere proposto ricorso unitamente all’atto impositivo (per la impugnabilità delle risposte alle
istanze di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973 - nel testo
previgente - si vedano Cass., Ordinanze 21.6.2021, n. 17595; 4.3.2021, n. 5953; 27.2.2020, n. 5334;
22.1.2020, n. 1317; 21.1.2020, n. 1230; 25.2.2019, n. 5465; 26.3.2018, n. 7497 e 15.2.2018, n. 3775;
Cass. Sentenze 11.7.2019, n. 18605; 8.5.2019, n. 12150; 26.2.2019, n. 5574); invece, l’art. 2-quater,
co. 1-octies, D.L. 564/1994 (inserito dall’art. 11, co. 1, D.lgs. 159/2015), ha previsto la non impu-
gnabilità del provvedimento di autotutela parziale con cui l’Ufficio rettifica la originaria pretesa
impositiva (conforme: Cass. Sent. 22.3.2023, n. 8226).
Atti «atipici» impugnabili La «norma di chiusura» appena citata va considerata molto «aperta»
alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale (sopra enunciato) che non ritiene più tassativa l’elenca-
zione di cui all’articolo in esame (cfr. Cass. Ord. 1.7.2015, n. 13548); di conseguenza, la Cassazio-
ne ha ritenuto atti autonomamente impugnabili dinnanzi al Giudice tributario:
› la risposta negativa espressa (il cd. «diniego») dell’Ufficio a seguito dell’istanza di autotutela pro-
posta dal contribuente, se con tale istanza viene chiesto l’annullamento dell’atto impositivo
(non per vizi originari di tale atto, ma) per eventi sopravvenuti, trattandosi «di cosa diversa dalla
domanda di annullamento dell’atto stesso per suoi vizi originari» (cfr. Cass. Sentenze 12.9.2012, n.
15220; 20.11.2015, n. 23765; 10.8.2005, n. 16776); con la precisazione che nel caso di mero (ed im-
144
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

motivato) rifiuto di esercizio dell’autotutela, è ammissibile soltanto un sindacato sulla legittimi-


tà del rifiuto (e non sulla fondatezza della pretesa tributaria), in relazione alle ragioni di rilevan-

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te interesse generale che ne giustificano l’esercizio, «dovendo [viceversa] escludersi che possa esse-
re accolta la impugnazione del provvedimento di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vi-
zi dell’atto impositivo per tutelare un interesse proprio ed esclusivo» (cfr. Cass. Ord. 7.3.2022, n. 7318;
conf. Cass. Ordinanze 12.5.2021, n. 12517; 11.5.2021, n. 12440; 24.6.2020, n. 12468; 26.9.2019, n.
24032; 20.2.2016, n. 4933; 13.12.2018, n. 32281; 10.10.2018, n. 25135; 24.8.2018, n. 21146; 17.7.2018,
n. 18999; Cass., Sentenze 14.9.2021, n. 24652; 20.11.2015, n. 23765; C.T.R. Marche, Sent. 8.10.2021,
n. 1177; C.G.T. I° Salerno, Sent. 24.10.2022, n. 2487).
L’interesse generale, concreto e specifico può concretizzarsi «ad esempio, nell’interesse derivan-
te dall’intervenuto annullamento da parte del Giudice amministrativo di un atto presupposto a
quello in questione; [o] di atto basato su una affermazione di principio, suscettivo di generalizzazio-
ne, errata» (cfr. Cass. 23.10.2020, n. 23249);
› l’intimazione di pagamento (art. 50, D.P.R. 602/1973) che l’Agente della riscossione deve noti-
ficare al contribuente, se, entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento (che il con-
tribuente sostenga di non aver ricevuto), non è stata iniziata l’espropriazione (cfr. Cass., Sent.
30.10.2012, n. 18462; conf. Cass., Sent. 20.12.2011, n. 27882); come pure, l’intimazione di paga-
mento con cui – in caso di accertamento esecutivo impugnato – l’Ufficio pretenda le somme
dovute a seguito di sentenza di primo e secondo grado (cfr., C.A.E. 14.5.2014, n. 10, par. 1.1);
› il preavviso di iscrizione ipotecaria (art. 77, co. 2-bis, D.P.R. 602/1973), con la precisazione che
«la sua impugnazione non può che considerarsi meramente facoltativa e non preclusiva di quella
del successivo atto di iscrizione ipotecaria la cui natura di atto autonomamente ed obbligatoriamen-
te impugnabile è invece sancita» espressamente dall’art. 19, co. 1 (cfr. Cass., Ord. 2.11.2017, n.
26129; conf. Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30736);
› il preavviso di fermo amministrativo di cui all’art. 86, D.P.R. 602/1973 (cfr. Cass. Ord.
18.4.2018, n. 9516);
› «la iscrizione a ruolo di un credito tributario, portato da una proposta di transazione ex art. 28-ter
del D.P.R. 602/1973, per farne valere l'estinzione (nella specie, per prescrizione), ex art. 19 del D.Lgs.
546/1992 e nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della detta proposta, atteso che la rela-
tiva mancata accettazione implica la ripresa della procedura coattiva con conseguente pregiudizio
per il contribuente» (cfr. Cass., Ord. 19.10.2017, n. 24638);
› l’ingiunzione fiscale emessa dal Comune ai fini ICI sulla base del R.D. 639/1910 che consiste in
un ordine di pagamento sotto pena delle misure esecutive (Cass., SS.UU., Sent. 5.1.2016, n. 30;
conforme: Cass., Sent. 25.5.2005, n. 10958);
› la cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36-bis del D.P.R. 600/1973, con la
quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso
contribuente, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa
fiscale è comunicata al contribuente (cfr. Cass. Ord. 24.2.2022, n. 6170);
› l’avviso bonario, anche «telematico» (cfr. Cass. Ord. 26.1.2021, n. 1584), emesso a seguito di li-
quidazione automatizzata della dichiarazione dei redditi ex art. 36-bis, co. 3, D.P.R. 600/1973
(cfr. Cass., Sent. 28.11.2014, n. 25297; conforme: Cass., Sent. 11.5.2012, n. 7344). È un orienta-
mento che si va consolidando «in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di
buon andamento della P.A.» da cui deriva che «ogni atto adottato dall’ente impositore che porti,
comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria (...) è impugnabile davanti
al giudice tributario» (cfr. Cass., Ord. 19.2.2016, n. 3315; conf. Cass. Ordinanze 8.9.2022, n.
26523 e n. 26426; 5.11.2021, n. 31922; 11.2.2021, n. 3466; 21.1.2020, n. 1230; C.T.R. Lazio,
5.2.2020, n. 633). In senso contrario, però, si era espressa l’Amministrazione finanziaria (Ris.
Ag. Entrate 22.10.2010, n. 110/E; comunicato stampa del 23.5.2012);
› l’invito al pagamento del Contributo Unificato (notificato al contribuente dall’Ufficio di Segre-
teria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado: cfr. Cass. Sent. 27.10.2020, n.
23532; conf. Cass. Ord. 17.8.2021, n. 22971), che «va qualificato come avviso di accertamento o di
liquidazione, la cui impugnazione non è facoltativa, ma necessaria ex art. 19 del D.Lgs. 546/1992,
pena la cristallizzazione dell’obbligazione» (cfr. Cass. Ord. 7.7.2022, n. 21538);
› l’avviso «bonario» con cui il Comune, tramite il servizio di riscossione, porta a conoscenza del
contribuente le somme dovute a titolo di Tarsu (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 24.7.2007, n. 16293) o
Processo tributario 145

il Consorzio di bonifica chiede il pagamento dei contributi consortili (cfr. Cass., SS.UU., Sent.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


26.7.2007, n. 16428);

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› la bolletta TARI in cui è compiutamente espressa la pretesa impositiva del Comune: perché la
natura tassativa della elencazione di cui all’art. 19 «non preclude al contribuente la facoltà di im-
pugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben
individuata pretesa tributaria» (cfr. Cass. Ord. 20.1.2023, n. 1797);
› l’avviso di recupero del credito di imposta, ad es., per la riscossione di crediti indebitamente
utilizzati in compensazione (cfr. Cass., Sent. 29.7.2015, n. 16006; Cass. Ordinanze 31.3.2017, n.
8429 e 7.3.2018, n. 5422);
› l’avviso di recupero di crediti di imposta per somme relative ad agevolazioni tributarie succes-
sivamente disconosciute (cfr. Cass., Sent. 22.3.2011, n. 6582; conforme: Cass., Sez. Trib., Sent.
2.3.2009, n. 4965) dal momento che «l’avviso di recupero del credito di imposta ex art. 8 della L.
388/2000, pur avendo funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario (…) manifesta, nel
preannunziare la riscossione coattiva, la volontà impositiva dello Stato in ordine ad una pretesa ben
individuata nell’an e nel quantum e quindi oramai definita e non ancora in itinere, cosicché esso
va considerato, ai fini dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 del tutto equiparato ad un avviso di accerta-
mento o di liquidazione» (cfr. Cass., Sent. 11.10.2013, n. 23134; conformi: Cass., Sentenze
29.7.2015, n. 16006 e 12.2.2013, n. 3343);
› la tassa d’archivio notarile, la quale – per espressa qualificazione legislativa (L. 22.11.1954, n.
1158, art. 39, co. 1) – riveste natura tributaria e rientra pertanto, «ratione materiae», nella giuri-
sdizione del giudice tributario (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 4.3.2010, n. 5287);
› la comunicazione con cui l’Amministrazione finanziaria, in risposta ad una richiesta di notizie
del contribuente, ha reso noto che una determinata domanda di agevolazione è stata rifiutata
(cfr. Cass., Sent. 19.3.1997, n. 2453);
› il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate dispone la cancellazione di una ONLUS dalla
Anagrafe Unica ex art. 11, D.Lgs. 460/1997 (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 9.10.2008, n. 24883; con-
formi: Cass., SS.UU., Ord. 27.1.2010, n. 1625; TAR Lazio, Sent. 9.6.2010, n. 16762; richiamata da
Ris. Ag. Entrate, 5.3.2010, n. 16/E);
› il decreto di rigetto della domanda di rateazione dei ruoli ex art. 19, D.P.R. 602/1973, conside-
rando che per «agevolazioni» devono intendersi non solo quelle attinenti all’«an» ed al «quan-
tum» del tributo, ma anche quelle attinenti al «quomodo» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 30.3.2010,
n. 7612, conformi Cass. Ordinanze SS.UU. 7.10.2010, n. 20778 e 1.7.2010, n. 15647);
› il rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza con la quale il contribuente ha ri-
chiesto la rettifica del codice tributo indicato nel modello F24 (cfr. Cass., Sent. 8.4.2014, n. 8214);
› la comunicazione con cui l’Ufficio revochi la procedura di sospensione della riscossione, preceden-
temente concessa in attesa di verificare il diritto allo sgravio (cfr. Cass., Sent. 12.1.2010, n. 285);
› il provvedimento di sospensione della procedura di rimborso del credito IVA e quello che si ri-
solve in via di autotutela nel ripristino di una sospensione precedentemente revocata (cfr. Cass.
Sent. 9.6.2021, n. 15977);
› il «silenzio-rifiuto» opposto dall’Agenzia delle Entrate ad un’istanza di riconoscimento di un’age-
volazione (cfr. Cass., Sent. 30.6.2016, n. 13394; conforme: Cass., Sent. 29.10.2010, n. 26292);
› l'atto di diniego parziale di estinzione di tributi iscritti a ruolo, essendo immediatamente lesi-
vo dei diritti del contribuente» (cfr. Cass. Ord. 30.1.2020, n. 2144);
› «le informazioni tariffarie vincolanti (ITV) rilasciate, su richiesta dell'importatore, dall'Agenzia delle
Dogane e dei Monopoli», perché manifestano «la volontà dell'Amministrazione in ordine all'ali-
quota daziaria applicabile in relazione ad una determinata merce oggetto di importazione»
(cfr. Cass. Sent. 24.7.2019, n. 19998);
› l’atto di rigetto (espresso) con cui l’Agenzia delle Entrate - in qualità di creditore - esprime
voto contrario alla proposta di trattamento del credito erariale contenuta, nella domanda pre-
sentata da una società per l’ammissione al concordato preventivo (cfr. C.T.P. Milano, Sent.
10.12.2019, n. 5429);
› la «nota» con cui l’Amministrazione finanziaria ha negato la definizione agevolata di rapporti tri-
butari, «trattandosi di un atto amministrativo idoneo ad esplicitare la volontà negativa dell’Ufficio ri-
spetto all’istanza avanzata dal contribuente» (cfr. Cass., Sent. 9.8.2006, n. 18008; conforme: Cass.,
Ord. 15.4.2010, n. 9022 in tema di diniego alla definizione mediante il cd. «concordato di massa»);
146
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› le fatture emesse per la riscossione della T.I.A.-Tariffa Igiene Ambientale (cfr. Cass. Sent.
8.4.2022, n. 11481), attesa la competenza direttamente attribuita alle Corti di giustizia tributa-

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ria di primo e secondo grado sulla specifica materia (cfr. Cass. SS.UU. 8.3.2006, n. 4895).
Atti «atipici» non impugnabili La Cassazione ha ritenuto non autonomamente impugnabili di-
nanzi al giudice tributario:
› il P.V.C. (processo verbale di constatazione) redatto dalla Guardia di Finanza o dagli Uffici
dell’Amministrazione finanziaria, in quanto documento istruttorio ed endoprocedimentale, il
cui contenuto e le cui finalità sono funzionali alla conoscenza di elementi utili per l’avviso di
accertamento (cfr. Cass., Sent. 20.1.2004, n. 787; conformi: Cass., Sentenze 30.10.2002, n.
15305; 28.4.1998, n. 4312);
› l’ordine di verifica con cui sia stata disposta la riapertura di una verifica fiscale a carico del
contribuente;
› gli atti istruttori del procedimento tributario, dovendo la relativa contestazione essere differita
al momento dell’impugnazione, per illegittimità derivata, del provvedimento finale (cfr. Cass.,
SS.UU., Sent. 16.3.2009, n. 6315);
› la c.d. certificazione dei carichi pendenti (disciplinata dall’art. 364, D.Lgs. 14/2019, Codice della
crisi d’impresa e dell’insolvenza), trattandosi «di un documento destinato a fornire informazioni
sintetiche e riassuntive sulla esistenza, sulla consistenza, sulla natura e sullo stato dei debiti tribu-
tari» del contribuente. Il tenore sommario e riepilogativo di detto documento «esclude la ido-
neità a contenere una informazione completa ed esaustiva su qualsivoglia (autonoma e/o nuova)
pretesa impositiva (diretta o indiretta), con la conseguenza della non impugnabilità dello stesso»
(cfr. Cass. Ord. 2.7.2020, n. 13536);
› l’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica, «ai sensi dell’art. 52, comma 3, del
D.P.R. n. 633 del 1972, per consentire, nel corso di una verifica fiscale, l’esame di documenti e l’ac-
quisizione di notizie relativamente alle quali il contribuente abbia eccepito l’esistenza del segreto
professionale. Gli eventuali vizi di tale autorizzazione (…) potranno essere dedotti soltanto e nel mo-
mento in cui si impugni il provvedimento che conclude l’«iter» di accertamento. Qualora, invece,
l’attività di accertamento non sfoci in un atto impositivo – come anche nel caso di adozione di un
provvedimento impositivo del tutto avulso dall’esame dei documenti e/o delle notizie secretati –
l’autorizzazione del P.M., in quanto ipoteticamente lesiva del diritto soggettivo del contribuente a
non subire verifiche fiscali al di fuori dei casi previsti dalla legge, e la connessa compressione dei
propri diritti anche costituzionali (in particolare, libertà di domicilio, di corrispondenza, di iniziati-
va economica), sarà autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario» (cfr. Cass., SS.UU.,
Sent. 7.5.2010, n. 11082);
› il questionario inviato dagli Uffici fiscali ai contribuenti;
› l’accordo scaturente dall’accertamento con adesione, in quanto, una volta definito l’accerta-
mento con adesione (con determinazione del «quantum debeatur»), il contribuente deve solo
versare quanto risulta da esso (l’atto impositivo oggetto della transazione non è impugnabile
e conserva efficacia, a garanzia del Fisco, finché non sia stata «perfezionata» la procedura, os-
sia non sia stato pagato «il dovuto» scaturente dal concordato: cfr. Cass., Sentenze 16.3.2016,
n. 5138 e 30.4.2009, n. 10086; CTR Firenze 31.3.2014, n. 671);
› l’intimazione di pagamento emessa dall’Ufficio del Registro ai fini interruttivi della prescrizione;
› l’invito al pagamento da parte dell’Agente della riscossione, perché non riconducibile ad un
potere pubblicistico autoritativo (cfr. Cass., Sent. 28.1.2005, n. 1791);
› l’invito al contribuente a comparire presso gli Uffici comunali per riscontri sul mancato paga-
mento di un tributo (nel caso, l’Ici): cfr. Comm. Trib. Prov. Palermo, Sent. 2.11.1999, n. 168;
› il D.M. contenente tariffe d’estimo per unità immobiliari su tutto il territorio nazionale: essen-
do atto a carattere generale, può essere disapplicato, se ritenuto illegittimo, dalla Corte di giu-
stizia tributaria in sede di impugnazione dell’atto impositivo che utilizza quelle tariffe
(cfr. Cass., Sent. 9.6.2003, n. 9181);
› il D.M. del Ministro delle politiche agricole e forestali che stabilisce ed aggiorna l’elenco dei
prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti in relazione ai quali è stabilita la base imponibile per il
prelievo del 2% a titolo di contributo per la sicurezza alimentare: l’impugnazione (del D.M.)
«non può essere effettuata di fronte al giudice tributario, che può prenderne cognizione solo in via
incidentale nell’ambito dei giudizi che abbiano ad oggetto un atto impositivo [che se ne vale] tra
Processo tributario 147

quelli elencati nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 20.9.2006, n. 20318);

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› il parere reso dall’Amministrazione finanziaria in risposta all’interpello ordinario previsto, ora,
dall’art. 11, co. 1, della L. 212/2000 [CFF · 7120m] (Comm. Trib. Prov. Milano, Sent. 26.11.2004,

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n. 242); esso non è impugnabile neanche dinanzi al TAR, in quanto atto non avente natura di
«provvedimento» amministrativo (cfr. Comm. Trib. Prov. Milano, Sent. 1.3.2010, n. 77 e TAR
Emilia Romagna, Sent. 17.1.2005, n. 47). Allo stesso modo, è stata ritenuta non impugnabile la
risposta dell’Agenzia delle Entrate ad un interpello probatorio riguardante l’opzione per il
consolidato mondiale ex art. 11, co. 1, lett. b), della L. 212/2000 (cfr. C.T.P. Reggio Emilia, Sent.
26.2.2021, n. 49). L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto non impugnabili tutte le risposte ai
vari generi di interpello, ritenendole «espressione di una attività di indirizzo e di interpretazione
dell’Agenzia». Tale orientamento è stato (parzialmente) accolto dal Legislatore: «le risposte alle
istanze di interpello non sono mai impugnabili, salvo quelle rese in relazione agli interpelli c.d. di-
sapplicativi per i quali, in sede di ricorso proposto avverso il successivo ed eventuale atto impositi-
vo, il contribuente può far valere eventuali doglianze riferibili alla risposta resa dall’Amministrazio-
ne» (cfr. Relazione illustrativa all’art. 6 del D.Lgs. 156/2015, che ha razionalizzato l’istituto);
› la deliberazione adottata dal Garante del Contribuente, la cui competenza giurisdizionale spet-
ta al giudice amministrativo (cfr. Tar Puglia, Sent. 25.11.2004, n. 5477);
› il diniego tacito ad una istanza di autotutela, dato che la Corte Costituzionale ha affermato che
nel nostro ordinamento giuridico non sussiste alcun obbligo, da parte dell’Amministrazione,
di rispondere; pertanto non può essere impugnato dinanzi al giudice tributario il diniego di
autotutela dopo il «silenzio-rifiuto» dell’Amministrazione pubblica (cfr. Corte Cost., Sent.
13.7.2017, n. 181);
› «l'annullamento parziale adottato dall'Amministrazione in via di autotutela o comunque il provve-
dimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi (…), non com-
portando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui
noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove,
invece, deve ritenersi ammissibile un'autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliati-
va rispetto alla originaria pretesa» (cfr. Cass. Ord. 23.10.2019, n. 27039, conf. Cass. Ordinanze
20.10.2021, n. 29106; 9.4.2021, n. 9215). Non può, peraltro, «escludersi che la diminuzione del-
l’imponibile accertato con il primo atto trovi causa non in un mero ricalcolo quantitativo (…), ma
incida» sugli elementi strutturali dell’accertamento, nel qual caso «deve ritenersi che la nuova
rideterminazione della pretesa fiscale, pur ridotta rispetto all’atto impositivo originario caducato
per autoannullamento, introduce, comunque, nel rapporto fiscale, elementi di novità, tali da far ri-
tenere che il nuovo atto notificato al contribuente sia un nuovo avviso di accertamento, e ciò al pari
dell’ipotesi dell’aumento» (cfr. Cass. Ord. 14.12.2021, n. 39808);
› l'inerzia dell’Ufficio a fronte di una richiesta di autotutela, dato che il mancato esercizio di un
potere discrezionale – a differenza dal diniego di un atto dovuto – non costituisce un silenzio
rifiuto impugnabile (cfr. Cass., Ord. 13.12.2018, n. 32281; Cass. Sentenze 3.7.2012, n. 11127;
27.3.2007, n. 7388; 16.1.2006, n. 1710; nonché Corte Cost., Sent. 13.7.2017, n. 181);
› la lettera con cui l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente sia la sospensione della ri-
scossione delle somme oggetto di definizione agevolata della lite, sia la mancata sospensione
delle somme non impugnate (cfr. C.T.P. Cuneo, Sent. 19.10.2020, n. 102);
› la comunicazione delle somme dovute per la definizione agevolata dei carichi affidati al-
l’Agente della Riscossione (cfr. C.T.P. Milano, Sent. 1129/2020).
Atti «diversi» da quelli elencati dall’art. 19, co. 1, lettere da a) ad i) (co. 3) Non sono impugna-
bili autonomamente. Ad es., le risposte alle istanze di disapplicazione della disciplina delle so-
cietà non operative ex art. 30, co. 4-bis, della L. 724/1994 «non sono mai impugnabili» (cfr., Rela-
zione illustrativa al D.Lgs. 156/2015), dato che l’art. 6, D.Lgs. 156/2015 ha collocato i relativi in-
terpelli tra quelli probatori (in vigenza della precedente disciplina, invece, la giurisprudenza
aveva ritenuto le predette risposte «direttamente impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie,
ai sensi dell’art. 19, co. 1, lett. h) del D.Lgs. 546/1992»: cfr. Cass., Sent. 20.11.2012, n. 20394; conf.
Cass. Sent. 24.1.2022, n. 1898; Cass. Ord. 21.6.2021, n. 17595). Il loro contenuto può, comunque,
essere contestato in sede di ricorso avverso l’atto impugnabile che si sia basato su di essi. (si ve-
da il paragrafo sull'impugnazione degli atti non notificati).
La Corte di Cassazione:
148
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› dopo aver ribadito la impugnabilità del diniego di disapplicazione di norme antielusive (prima
della modifica normativa), ha rilevato «che l’art. 6 del D.Lgs. 156/2015, che ha stabilito la non im-

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pugnabilità del provvedimento di diniego in esame, non ha valenza interpretativa (…), trattandosi di
norma che ha inteso disciplinare ex novo la materia dell’interpello, con valenza riferibile pertanto
solo per il futuro» (cfr. Cass. Ord. 22.10.2020, n. 23165);
› ha ritenuto non impugnabile il provvedimento di improcedibilità di una istanza di interpello
disapplicativo, poiché non rappresenta una valutazione nel merito effettuata dall’Ufficio (cfr.
Cass. Ord. 26.11.2020, n. 26977).
Contenuto degli atti impugnabili (co. 2) Gli atti impugnabili devono indicare:
1) il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto (cfr. l’art. 21 del D.Lgs. 546/1992);
2) la Corte di giustizia tributaria competente;
3) le modalità da seguire per la proposizione del ricorso.
Tuttavia, la omessa o la incompleta indicazione di quegli elementi non comporta la loro nullità
«non essendo tale conseguenza prevista dal Legislatore e non essendo stabilita alcuna sanzione, per cui
trattasi di semplice irregolarità» (cfr. Cass., Sent. 26.6.2009, n. 15143; conformi, Cass. Sentenze
23.3.2006, n. 11587; 1.7.2004, n. 12070; 30.4.2003, n. 14482), anche se sia il Ministero delle Finanze
(con Circ. 17.5.1996, n. 131) che l’Agenzia delle Dogane (con telefax 28.12.2001, n. 2788), hanno af-
fermato la necessità – in applicazione dell’art. 3, co. 4, L. 241/1990 (Legge sulla trasparenza ammi-
nistrativa) e dell’art. 7, L. 212/2000 [CFF · 7120g] (Statuto dei diritti del contribuente) – che «in
ogni atto notificato al destinatario vengano indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere».
La giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, affermato: «la inefficacia di un atto impositivo che
non contenga i dati previsti dall’art. 19, co. 2, del D.Lgs. 546/1992» (cfr. Cass., Sent. 28.1.2010, n.
1823; conforme: Cass., Sent. 8.2.2012, n. 1767); l’ammissibilità del ricorso proposto fuori termine
se sull’atto impugnato è indicato un termine per proporre impugnazione diverso da quello pre-
visto dalle norme (cfr. Cass., Sent. 27.11.2015, n. 24300); «il riconoscimento della scusabilità dell’er-
rore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente» nel caso di «mancata indicazione nell’impugnato
avviso del termine di impugnazione e dell’organo dinanzi al quale può essere proposto ricorso (…) con
conseguente remissione in termini per l’impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta»
(cfr. Cass., Sent. 24.1.2019, n. 1962); infine, la possibilità di contestare gli atti della riscossione,
anche se i contribuenti non hanno impugnato gli avvisi di accertamento, qualora in questi ulti-
mi atti manchino le informazioni sulle modalità di proposizione del ricorso (cfr. Cass. Ord.
3.4.2018, n. 8082).
Regole di impugnazione degli atti (co. 3)
Atti autonomamente impugnabili Possono essere oggetto di impugnazione esclusivamente per vizi
ad essi inerenti: così, ad es., «la cartella di pagamento, quando faccia seguito ad un accertamento di-
venuto definitivo, si esaurisce in una intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso
e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che essa resta sindacabile
innanzi al giudice solo per vizi propri, con esclusione di qualsiasi questione attinente all’accertamen-
to» (cfr. Cass., Sent. 15.5.2006, n. 11150; conf. Cass. Ordinanze, 4.10.2018, n. 24311; 31.10.2017, n.
25995; Cass. Sentenze 30.06.2016, n. 13396; 21.5.2014, n. 11149); ne deriva che il rigetto delle
«istanze di annullamento» degli avvisi di liquidazione emessi a seguito della definitività degli atti
di accertamento, dai quali è scaturito il debito, non è rilevante (cfr. Cass. Sent. 3.4.2018, n.
8082); ancora, «la cartella esattoriale è impugnabile solo per vizi propri e non per vizi dell’atto da cui
nasce il debito alla fonte dell’iscrizione a ruolo e della cartella, eccettuati i casi in cui solo attraverso la
cartella il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva e dell’atto con cui è stata accerta-
ta» (cfr. Cass., Sent. 18.12.2010, n. 25614; conforme: Cass., Sent. 21.6.2013, n. 15652). In altri ter-
mini, «i vizi dell’atto di accertamento dell’imposta non fatti valere dal contribuente con tempestivo ri-
corso, rendono definitivo l’atto impositivo e, pertanto, non si trasmettono agli atti successivamente
adottati, che restano impugnabili esclusivamente per vizi propri» (cfr. Cass., Sent. 4.8.2006, n. 17724;
conforme: Cass., Sent. 27.6.2011, n. 14072).
Impugnazione degli atti non notificati (o notificati in modo del tutto irregolare) Può essere proposta
unitamente a quella contro l’atto successivo, la cui notificazione ha portato a conoscenza dell’in-
teressato l’esistenza dell’atto precedente non notificato: così, ad es., al contribuente destinatario
di una cartella di pagamento (per la riscossione delle somme accertate con un precedente avviso
di accertamento non notificato) è consentito impugnare congiuntamente la cartella di pagamen-
Processo tributario 149

to e l’avviso precedente (cfr. Cass., Ordinanze 1.8.2019, n. 20735; 19.5.2010, n. 12223; Cass., Sent.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


10.11.2000, n. 14624). La Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui «la correttezza del

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procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza
ordinata secondo una progressione di determinati atti (con le relative notificazioni) destinati, con di-
versa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari: allo
scopo, soprattutto, di rendere possibile, per questi ultimi, un efficace esercizio del diritto di difesa. Nel-
la predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedu-
rale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato; e tale nullità può essere fatta valere
dal contribuente mediante la scelta:
› di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli, rimanendo esposto al-
l’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i ter-
mini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto;
› di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la
pretesa tributaria: con la conseguenza che spetta al giudice di merito (la cui valutazione, se con-
gruamente motivata, non sarà censurabile in sede di legittimità) interpretare la domanda proposta
dal contribuente, al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell’atto consequenziale
in base all’una o all’altra opzione. L’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei
confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi dì li-
tisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la
facoltà di chiamare in causa l’ente creditore» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 25.7.2007, n. 16412; confor-
mi, Cass. Ordinanze 15.9.2021, n. 24785; 15.1.2020, n. 565; 27.11.2019, n. 30911; Cass., Sentenze
31.1.2022, n. 2857; 17.6.2008, n. 16375; 4.3.2008, n. 5791 e 18.1.2008, n. 1024; C.T.P. Taranto,
5.2.2021, n. 101: per la impugnabilità dell’avviso o comunicazione di presa in carico, in caso di
omessa notifica dell’accertamento esecutivo, cfr. C.T.P. Roma, Sent. 18.6.2021, n. 7380, nonché
C.G.T. I° Salerno, Sent. 24.10.2022, n. 2487, sopra citata. Si veda anche il commento all'art. 10).
La Cassazione ha anche affermato che «l’impugnazione della cartella per vizio della notifica dell’at-
to presupposto non può dar luogo a sanatoria di tale vizio, stante la differenza dei due atti» (cfr.
Cass., Sent. 18.9.2009, n. 20098) e, coerentemente, ha rigettato il ricorso del contribuente che, in
luogo dell’autonoma impugnazione della cartella di pagamento, abbia proposto ricorso contro
l’avviso di accertamento fuori termine affermandone la nullità per inesistenza della notifica (cfr.
Cass., Sent. 4.5.2012, n. 6721).
Ha, invece, accolto il ricorso del contribuente che aveva impugnato unicamente la iscrizione
ipotecaria, deducendone la illegittimità per la omessa notifica dell’atto presupposto, affermando
che la omessa notifica della cartella di pagamento costituisca «un vizio procedurale che comporta
la nullità dell’atto consequenziale notificato – nella specie la comunicazione preventiva di iscrizione
ipotecaria», fondata sul mancato pagamento della cartella (cfr. Cass. Ord. 18.5.2021, n. 13314). Più
di recente, ha affermato che, se l’Agente della Riscossione non provvede a comunicare il preav-
viso che «avrebbe iscritto ipoteca ex art. 77 del DPR 602/1973», il contribuente, che intenda conte-
starne la omessa comunicazione, deve impugnare nei termini la comunicazione «inviata dopo la
iscrizione ipotecaria» (cfr. Cass. Sent. 24.8.2021, n. 23380).
Infine, con orientamento costante ha ritenuto che: «Il contribuente può impugnare la cartella di
pagamento della quale, a causa della invalidità della relativa notifica, sia venuto a conoscenza solo
attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò
non ostando l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19, D.Lgs. 546/1992, in quanto una lettura costituzio-
nalmente orientata impone di ritenere che la impugnabilità dell’atto precedente non notificato – uni-
tamente all’atto successivo notificato – non costituisca l’unica possibilità di far valere la invalidità del-
la notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e,
quindi, non escluda la possibilità di far valere la invalidità stessa anche prima, non potendo l’esercizio
del diritto alla tutela giurisdizionale essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non
ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga
un concreto problema di reciproca limitazione» (cfr. Cass. Ordinanze 2.3.2022, n. 6837; 3.6.2021, n.
15333; 26.6.2020, n. 12735; 9.9.2019, n. 22507; 18.6.2018, n. 16098; 24.5.2018, n. 12894; 12.10.2016,
n. 20611; 1.6.2016, n. 11439; C.T.R. Lazio, 8.7.2021, n. 3440; C.T.P. Roma, 2.3.2020, n. 2904; con-
formi a Cass., SS.UU., Sent. 2.10.2015, n. 19704. Sul punto, si veda quanto sopra riportato a pro-
posito della non impugnabilità dell’estratto di ruolo, introdotta dall’art. 3-bis del D.L. 146/2021, e
150
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

ritenuta applicabile dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite anche alle cause pendenti: cfr.
Sent. 6.9.2022, n. 26283, sopra citata).«La conclusione alla quale è pervenuta la sentenza delle SSUU

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[con la Sentenza 19704/2015] è nel senso di escludere, nella interpretazione dell’ultima parte del ter-
zo comma dell’art. 19 cit., che l’impugnazione di un atto non notificato possa avvenire sempre e sol-
tanto unitamente alla impugnazione di un atto successivo notificato; ben potendo ammettersi la possi-
bilità, per il contribuente, di far valere la invalidità dell’atto anche prima che gli sia regolarmente no-
tificato l’atto successivo: per il solo fatto di esserne venuto a completa conoscenza» (cfr. Cass., Sent.
30.5.2017, n. 13584; Cass., Sent. 19.1.2018, n. 1302).
In ogni caso, la conoscenza di un debito tributario avvenuta attraverso un atto non ricompreso tra
quelli espressamente indicati nel novero di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, non integra acquie-
scenza avverso un atto ricevuto successivamente e ricompreso tra quelli impugnabili: la mera co-
noscenza del debito tributario non integra mai acquiescenza, nemmeno se sia stata richiesta auto-
tutela o rateazione del debito iscritto nei ruoli (cfr. Cass. Sent. 8.9.2022, n. 26523).
Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che: «in tema di riscossione
ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la
cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il so-
cio può impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva
escussione del patrimonio sociale» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 16.12.2020, n. 28709; conf. Cass. Sentenze
1.9.2022, n. 25750; 14.1.2022, n. 998; Cass. Ordinanze 5.11.2021, n. 31904; 26.10.2021, n. 30021).
Analogamente, si è statuito che, nel caso di accettazione della eredità con beneficio di inventario
(ex art. 484 c.c.), la eventuale contestazione da parte dell’erede «della limitazione della propria re-
sponsabilità entro il limiti del patrimonio ereditario, non attiene al giudizio con il quale si contesta»
l’avviso di accertamento, ma riguarda la successiva cartella di pagamento, sola modalità che gli
consente di «denunciare (…) il diritto del creditore di procedere esecutivamente» (cfr. Cass. Ord.,
10.8.2021, n. 22571).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 3-bis, D.L. 21.10.2021, n. 146, conv. con modif. in L. 17.12.2021, n. 215
Non impugnabilità dell'estratto di ruolo e limiti all'impugnabilità del ruolo

Art. 12, D.P.R. 29.9.1973, n. 602


Formazione e contenuto dei ruoli

Legge 30.12.2021, n. 234


Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-
2024

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Relazione finale della Comm. interministeriale,
30.6.2021, § 13 e Allegato XVI
Circ. Ag. Entrate 3.3.2009, n. 7/E, § 4
Provv. Ag. Entrate 17.1.2022, n. 14113
Ris. Ag. Entrate 5.3.2010, n. 16/E
Risp. Ag. Entrate a Telefisco, 27.1.2022
Ris. Ag. Entrate 22.10.2010, n. 110/E
Provv. Ag. Entrate 17.10.2022, n. 0387971
Circ. Ag. Entrate 14.5.2014, n. 10/E

Provv. Ag. Entrate. 16.12.2020, n. 381180


Processo tributario 151

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 20 - PROPOSIZIONE DEL RICORSO [CFF ¶ 4671]

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1. Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16 .
2. La spedizione del ricorso a mezzo posta dev'essere fatta in plico raccomandato senza busta con
avviso di ricevimento. In tal caso il ricorso s'intende proposto al momento della spedizione nelle
forme sopra indicate.
3. Resta fermo quanto disposto dall' art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 28 novem-
bre 1980, n. 787, sui centri di servizio.

PROPOSIZIONE DEL RICORSO (Art. 20)

Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 la previsione della obbligatorietà del processo tri-
butario telematico (cfr. art. 16-bis del Decreto) comporta che:
› gli atti e i provvedimenti del processo tributario siano formati come documenti informatici
sottoscritti con firma elettronica qualificata o con firma digitale;
› il ricorso e gli altri atti, compresi quelli del procedimento attivato con l’istanza di reclamo, siano no-
tificati utilizzando l’indirizzo di Posta elettronica certificata (PEC) e depositati nella Segreteria della
Corte di giustizia tributaria mediante il Sistema informativo della giustizia tributaria (S.I.Gi.T.).
Il ricorso (e ogni altro atto processuale) in forma di documento informatico
› deve essere:
a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
b. privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di
selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto infor-
matico di documento analogico;
d. sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente
denominazione: <nome file libero>.pdf.p7m. (per le modifiche apportate dal D.M.E.F.
21.4.2023 - in G.U. 3.5.2023, n. 102 - in vigore dal 15 maggio 2023, alle specifiche tecniche del
ricorso di cui al D.M. 4.8.2015, si veda il commento all’art. 18);
› si propone in via telematica, inviando il file contenente il ricorso in forma di documento infor-
matico (con allegata la procura alle liti) all’indirizzo PEC della controparte, con la precisazione
che la notifica telematica del ricorso si intende perfezionata al momento in cui viene generata
la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata (PEC) del
destinatario (cfr. art. 5, D.MEF 163/2013).
L’orientamento della Corte di cassazione secondo cui «la notifica con modalità telematiche richie-
sta con il rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21 si perfeziona alle ore 7 del giorno succes-
sivo» (cfr., Cass. Ord. 9.1.2019, n. 398; Cass., Sent. 21.09.2017, n. 21915), può considerarsi superato
dalla Sentenza della Corte Costituzionale, 9.4.2019, n. 75, che ha dichiarato la illegittimità costitu-
zionale dell’art, 16-septies del D.L. 179/2012, ritenendo che la fictio juris di differire il perfeziona-
mento della notifica, effettuata entro le ore 24, alle ore 7 del giorno successivo, non giustifichi la
limitazione degli effetti giuridici della notifica stessa (anche) per il mittente. Tale interpretazio-
ne, infatti, impedisce a quest’ultimo «di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria
difesa: termine che l’art. 155 c.p.c. computa “a giorni” e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto,
allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno»; fermo restando il perfezionamento della notifica,
per il destinatario, il giorno seguente (in applicazione del principio di scindibilità degli effetti
delle notificazioni. Si veda anche il commento all'art. 21 D.Lgs. 546/1992). La questione è stata
(ulteriormente) risolta con la modifica dell’art. 147, co. 2, c.p.c. (ad opera del D.Lgs. 10.10.2022, n.
149, in G.U. 17.10.2022, n. 38), in base al quale «Le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata
o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari».
Destinatari del ricorso Il ricorso deve essere proposto nei confronti della controparte che ha ema-
nato l’atto impugnato o non ha emanato il provvedimento richiesto: di volta in volta, l’Ufficio
periferico dell’Agenzia delle Entrate (o delle Dogane e Monopoli), l’Ente locale, l’Agente della ri-
152
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

scossione (per lo più l’Agenzia Entrate-Riscossione) o altro Ente dotato di soggettività tributaria
attiva; cioè nei confronti del soggetto di cui si censura l’operato (cfr. Circ. Ag. Entrate 17.7.2008,

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n. 51/E; Cass. Sent. 26.10.2007, n. 22529; Cass. SS.UU., Sent. 25.7.2007, n. 16412).
Ne deriva che i ricorsi:
› nei quali il contribuente faccia valere vizi inerenti alla pretesa tributaria, vanno proposti diret-
tamente nei confronti del soggetto titolare della pretesa (ad es., Agenzia delle Entrate);
› nei quali siano eccepiti solo vizi attinenti alla regolarità o validità degli atti della riscossione (ad es.,
errori materiali di compilazione della cartella o irregolarità della notifica ecc.), vanno proposti
esclusivamente nei confronti dell’Agenzia Entrate-Riscossione (un ricorso per vizi propri di un at-
to esattivo notificato solo all’Ufficio e non all’Agente della riscossione sarebbe inammissibile; cfr.
Cass., Sent. 11.3.2011, n. 5382; conf. Cass. Sent. 30.1.2019, n. 2564; Cass. Ord. 28.4.2017, n. 10528);
› nei quali sia incerto ricondurre i vizi all’una (Agenzia Entrate-Riscossione) o all’altra (Agenzia
delle Entrate) va chiamata in giudizio l’Agenzia Entrate-Riscossione (quale autore dell’atto
impugnato), con onere di quest’ultima di chiamare in causa l’ente e/o ufficio competente ai
sensi dell’art. 39, D.Lgs. 112/1999, al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli di una condanna
(in proposito, si veda anche l’art. 10 del presente Decreto).
Di seguito si riportano alcuni principi tutt’ora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019.
Modalità di proposizione del ricorso Il ricorso può essere proposto attraverso:
1. Spedizione postale dell’originale in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento; nel
qual caso, il ricorso si intende proposto alla data di spedizione che risulta dal timbro postale (cfr.
Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E). La Corte di cassazione, in diverse circostanze, ha affermato
che la spedizione postale in busta chiusa costituisce «mera irregolarità», salvo che il suo conte-
nuto non sia contestato dal destinatario (cfr. Cass., Sent. 4.07.2014, n. 15309; conformi:
Cass. Ord. 4.2.2.2020, n. 2490; 21.3.2018, n. 7011; Cass., Sentenze 11.2.2020, n. 3234; 5.10.2016, n.
19866; 12.4.2013, n. 8966), ma, in altre occasioni, ha dichiarato, per il medesimo errore di spedi-
zione, la nullità del ricorso (cfr. Cass., Sent. 14.4.2010, n. 8846).
2. Consegna diretta dell’originale all’impiegato addetto dell’Ufficio finanziario o dell’Ente locale, che
lo riceve e ne rilascia ricevuta; il ricorso si intende proposto alla data che risulta dalla ricevuta
stessa o dal timbro apposto sulla copia dell’atto. Questa modalità di consegna non è consentita
nei confronti dell’Agente della Riscossione (si veda, però, Cass., Sent. 3.2.2017, n. 2905).
3. Notifica tramite ufficiale giudiziario a norma degli artt. 137 e segg. c.p.c. In questo caso il ricorren-
te consegna il ricorso – in originale e copia conforme – all’Ufficiale giudiziario il quale, a sua
volta, consegnerà o spedirà all’Ufficio destinatario la copia e restituirà al ricorrente l’originale,
con la attestazione dell’avvenuta notifica (cd. «relata di notifica»). Il ricorso si intende proposto,
per il notificante, al momento della consegna dell’atto nelle mani dell’Ufficiale giudiziario (veda-
si in proposito il commento all’art. 16), per il destinatario, al momento del ricevimento dell’atto,
dato che solo in quel momento la notifica si perfeziona nei suoi confronti.
La notifica ad un Ufficio «non territorialmente competente (…) non comporta né la nullità, né la de-
cadenza dall’impugnazione» (cfr. Cass., Sent. 20.4.2010, n. 9405; conf.: Cass., Sentenze 23.10.2015,
n. 21593 e 15.7.2009, n. 15718). Sarà cura dell’Ufficio non competente (facente parte dell’Ammini-
strazione finanziaria) trasmettere il ricorso all’Ufficio competente, nel rispetto delle regole di
collaborazione tra organi della stessa amministrazione, nonché in ragione dell’esigenza di una
sollecita definizione dei diritti delle parti ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass., Sent. 27.2.2009, n.
4773; conf.: Cass. Ord. 6.3.2018, n. 5203 e Cass., Sent. 26.6.2009, n. 15180).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale
Processo tributario 153

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 17.7.2008, n. 51/E

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF

Circ. Min. Fin. 14.10.1998, n. 238/E Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF

Art. 21 - TERMINE PER LA PROPOSIZIONE DEL RICORSO [CFF ¶ 4672]

1. Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di no-
tificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come
notificazione del ruolo.
2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all' art. 19 , comma 1, lettera g), può es-
sere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i ter-
mini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è pre-
scritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere pre-
sentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il
presupposto per la restituzione. 1

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331

TERMINE PER LA PROPOSIZIONE DEL RICORSO (Art. 21)

Termine (perentorio) per la proposizione del ricorso (co. 1) Il ricorso deve essere proposto en-
tro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato, a pena di inammissibilità, rilevabi-
le, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.
I 60 giorni decorrono dalla «piena ed effettiva conoscenza dell’avviso di accertamento» da parte
del contribuente, che «non può che identificarsi con la conoscenza del contenuto dell’atto e delle ra-
gioni in fatto e in diritto che lo sorreggono», per cui non rileva la data in cui il contribuente abbia
chiesto all’Agenzia delle Entrate informazioni sulla natura del procedimento in corso, ma quel-
la in cui quest’ultima abbia risposto (nel caso con una nota), indicando gli estremi dell’avviso
di accertamento (cfr. Cass. Ord. 18.1.2022, n. 1354). La notificazione dell’atto impositivo, infatti,
«tende allo scopo (immediato) di provocare il decorso del termine di impugnazione dell’atto, funzio-
nale al conseguimento dello scopo (mediato) di provocare, in mancanza di tempestiva impugnazione,
la definitività dell’atto stesso» (cfr. Cass. Ord. 18.1.2022, n. 1354).
Nel caso di doppia notifica dell’atto, se la prima notifica è stata validamente effettuata, il termi-
ne di impugnazione decorre dalla data di detta notifica, anche nel caso di reiterazione della
stessa (cfr. Cass. Ord. 7.7.2022, n. 21623).
«La verifica della rituale e tempestiva introduzione del giudizio impugnatorio rientra nel potere-do-
vere del giudice, così da dover essere effettuata anche d’ufficio sulla base delle risultanze in atti» (cfr.
Cass., Sent. 30.5.2017, n. 13584).
I termini processuali:
› possono essere sospesi con specifici provvedimenti aventi forza di legge in caso di eventi
straordinari quali: la emergenza epidemiologica da Covid-19, che ha comportato la sospen-
sione - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - (tra gli altri), del termine per la proposizione del ricorso in
primo grado, per la costituzione in giudizio del ricorrente e del resistente, per la integrazio-
ne dei motivi (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36,
D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40); le calamità naturali (come gli
eventi sismici accaduti in Emilia-Romagna e Abruzzo: cfr. D.M. 1.6.2012); ovvero le ipotesi in
cui sia stato accertato il mancato o irregolare funzionamento degli Uffici a causa di eventi di
154
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

carattere eccezionale (cfr. Cass., Sentenze 13.3.2013, n. 6269; 20.8.2010, n. 18808 e 4.6.2010,
n. 13576);

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› non possono essere interrotti o sospesi attraverso circolari ministeriali o comunicati stampa:
l’Amministrazione finanziaria può infatti autolimitare la propria azione e sospendere la ri-
scossione (ad es., in tema di «cartelle pazze»), ma non può incidere sul termine (perentorio)
stabilito dall’articolo 21 D.Lgs. 546/1992.
La «impugnazione tardiva», ancorché giustificata da «causa di forza maggiore», era considerata
inammissibile, tant’è che la Corte Costituzionale, con Ordinanza 9.3.2004, n. 89, aveva dichia-
rato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, co. 1, nella
parte in cui non contempla la possibilità di differimento del termine per «forza maggiore».
Con la L. 69/2009 è stata, però, introdotta una deroga, stabilendo che: «la parte che dimostra di
essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere ri-
messa in termini. Il giudice provvede a norma dell’art. 294, secondo e terzo comma» (cfr. art. 153,
co. 2, c.p.c.).
L’istituto – pacificamente applicabile anche nel processo tributario (cfr. Cass., Ord. 20.1.2017, n.
1486. Sul concetto di forza maggiore quale regola generale immanente nell'ordinamento si ve-
da Cass. SS.UU. Civ., Sent. 23.4.2020, n. 8094; Cass. Sent. 17.4.2013, n. 9279; nonché Circ. Ag.
Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 2.15) implica che, se il giudice ritiene scusabile ovvero non imputa-
bile alla parte la mancata presentazione nei termini del ricorso, può rimetterla in termini (cfr.
Cass., Ord. 2.7.2010, n. 15811; conforme: Cass., Sent. 17.4.2013, n. 9279). Esso «presuppone un fat-
to impeditivo della tempestiva proposizione della impugnazione estraneo alla volontà della parte, e
quindi non imputabile, della cui prova essa è onerata (Cass., nn. 23323/2013, 19836/2011), avente
carattere di assolutezza, e non di impossibilità relativa, né tantomeno di mera difficoltà, in rapporto
causale determinante con il verificarsi della decadenza» (cfr. Cass., Ord. 20.1.2017, n. 1486). Ne de-
riva che:
› «giustifica la rimessione in termini (per l’impugnazione dell’avviso di accertamento), la truffa per-
petrata in danno del contribuente da parte del consulente, il quale attesta falsamente di avere defi-
nito l’avviso di accertamento nonché la successiva cartella di pagamento» (cfr. Cass., Ord.
20.1.2017, n. 1486);
› la tardività del deposito telematico di un atto processuale, che sia conseguenza della impos-
sibilità del sistema informatico di caricare l’atto nel fascicolo telematico, consente la rimes-
sione in termini, perché la decadenza è determinata da causa non imputabile alla parte (cfr.
Cass. Civ. Ord. 8.3.2023, n. 6944);
› è «tempestiva» l’impugnazione di un contribuente che aveva fatto ricorso al giudice tributario
oltre i 60 giorni previsti dal D.Lgs. 546/1992 ma entro i 180 giorni che erano stati indicati
nell’atto impositivo (cfr. Cass., Sent. 5.5.2010, n. 10822);
› «alla mancata o erronea indicazione nell’atto impugnabile del termine per proporre ricorso, non
segue la nullità dell’atto ma la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione» (cfr. Cass.,
Sent. 29.12.2010, n. 26265);
› «la mancata indicazione nell’impugnato avviso del termine di impugnazione e dell’organo dinanzi
al quale può essere proposto ricorso (…) comporta, sul piano processuale, il riconoscimento della
scusabilità dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente con conseguente remissione in
termini per l’impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta» (cfr. Cass., Sent.
24.1.2019, n. 1962);
› «la parte che abbia proposto ricorso facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di le-
gittimità […] successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in
errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell’art. 184 c.p.c., ratione tem-
poris applicabile, anche in assenza di un’istanza di parte» (cfr. Cass., Ord. 5.2.2011, n. 2799); e lo
stesso principio si applica quando la parte abbia confidato incolpevolmente nell’esistenza di
una norma tributaria dichiarata poi illegittima per contrasto con l’ordinamento tributario
(cfr. Cass., Sent. 26.10.2011, n. 22282).
Per converso, la Suprema Corte ha ritenuto non applicabile l’istituto della rimessione in termi-
ni:
› nel caso di malattia sopravvenuta del difensore cui era stato affidato il mandato di riassume-
re la controversia (si veda, però, Cass. Ord. 9.8.2019, n. 21304, che ha ritenuto ammissibile la
Processo tributario 155

rimessione in termini del difensore colpito, nella notte anteriore alla scadenza, da un malore

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


grave, improvviso ed imprevedibile);

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› nel caso di circostanze impeditive personali della parte (ad es., uno «stato di malattia [essen-
do] possibile il rilascio di una procura ad hoc per la costituzione»: cfr., Cass., Sentenze 17.6.2015,
n. 12544 e 12561);
› «nell’ipotesi di chiusura dell’ufficio postale nell’ultimo giorno utile per effettuare la notifica, a cau-
sa dello sciopero del personale, poiché – a prescindere dalla necessità che la richiesta di rimessione
deve essere tempestiva, con adeguata dimostrazione dell’assolutezza dell’impedimento – nel rito
speciale tributario, il contribuente può effettuare la notifica del ricorso di primo grado mediante
consegna diretta all’Agenzia delle Entrate, all’impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta, ai sensi
dell’art. 16, terzo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992» (cfr. Cass. Ord. 5.1.2022, n. 268).
Tipologia e computo dei termini I termini stabiliti dalla legge sono normalmente ordinatori, ma
possono essere dichiarati perentori: o esplicitamente (come nel caso in esame) o per fatti con-
cludenti (art. 152, co. 2, c.p.c.).
Per il computo dei termini si osservano le norme dettate dall’art. 2963 c.c. e dall’art. 155 c.p.c.,
pertanto, nel calcolo numerico dei giorni utili:
› si esclude il dies a quo, cioè il giorno iniziale (ad es., il giorno in cui si è ricevuto l’atto notifi-
cato), mentre,
› si conteggia il dies ad quem, cioè quello finale.
«Ai fini del computo della decorrenza dei termini», «occorre distinguere [inoltre] tra:
› termini comuni, per i quali non si computa il giorno iniziale mentre si computa il giorno finale
(…);
› termini liberi, per i quali non si computa né il giorno iniziale né il giorno finale; per essere consi-
derato «libero» un termine deve essere qualificato come tale dalla legge (…).
[e] tra:
› termini «a decorrenza successiva»», quando il termine iniziale precede quello finale;
› termini «a ritroso», quando «l’atto deve essere compiuto un certo numero di giorni prima di una
certa data» (cfr. Circ. Ag. Entrate 24.10.2007, n. 56/E).
Giorni festivi ed equiparati Se l’ultimo giorno del termine è festivo, la scadenza è prorogata di
diritto al primo giorno successivo non festivo (cfr. art. 155 c.p.c.; Cass. Ord. 6.11.2019, n. 28494.
«Non rileva, in alcun modo, invece, che sia festivo il primo giorno del computo del termine»: Cass.
Ord. 5.1.2022, n. 268); salvo che si tratti di termini a ritroso, per i quali «in via prudenziale si
deve considerare la scadenza del termine anticipata al giorno precedente non festivo» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 24.10.2007, n. 56/E).
A seguito della modifica dell’art. 155 c.p.c., il sabato è equiparato ad un giorno festivo: «anche
nelle controversie tributarie, il termine per proporre ricorso, che è a decorrenza successiva e va, per-
tanto, computato escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale, è soggetto all’art. 155
c.p.c., co. 5, sicché ove il dies ad quem cada di sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente
non festivo, essendo irrilevante l’apertura degli uffici postali o la disponibilità ad accettare gli atti in
scadenza l’ultimo giorno (cfr. Cass. n. 11269/2016; in generale, cfr. Cass. n. 310/2016)» (cfr. Cass.
Ord. 20.9.2017, n. 21890; conf. Cass. Ordinanze 29.7.2020, n. 16234; Cass. Ord. 3.10.2018, n.
24030).
«La ricorrenza del Santo patrono [invece], non è considerata giorno festivo ai fini della proroga dei
termini processuali prevista dall’art. 155 c.p.c., eccezion fatta per la festa dei Santi Pietro e Paolo con
riferimento al Comune di Roma» (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.3.2010, n. 12/E, § 9.4).
Si ricorda che:
› l’art. 147 c.p.c. (applicabile ex art. 1, co. 2, D.Lgs. 546/1992), prevede che «le notificazioni non
possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21» (si veda, però, la modifica riportata oltre);
› l’art. 16-septies del D.L. 179/2012, conv. con modif. in L. 221/2012, stabilisce che tale regola si
applichi «anche alle notificazioni eseguite con modalità telematica» (e quindi anche in caso di
notifica a mezzo PEC), precisando che «quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si con-
sidera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo»;
› la Corte di cassazione, con orientamento consolidato, ha interpretato l’art. 16-septies «nel
senso che la notifica con modalità telematiche richiesta con il rilascio della ricevuta di accettazione
dopo le ore 21 si perfeziona alle ore 7 del giorno successivo» (cfr. Cass. Ord. 9.1.2019, n. 398; Cass.
156
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Sent. 21.09.2017, n. 21915.


La Corte ha precisato che, nel caso la ricevuta di accettazione della spedizione sia genera-

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ta alle ore 00.00.01, cioè quando era già iniziato il giorno successivo a quello di scadenza,
la notifica deve considerarsi tardivamente perfezionata: cfr. Cass. Sent. 18.1.2023, n. 1519);
› la Corte di Appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale di detta di-
sposizione per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. (cfr. Ord. 16.10.2017, in G.U. 7.2.2018);
› la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 16-septies «nella par-
te in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è
generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno suc-
cessivo, anziché nel momento di generazione della predetta ricevuta» (cfr. Corte cost. 9.4.2019, n.
75; conf. Cass. Ord. 24.9.2020, n. 20005), ritenendo che la fictio juris di differire il perfeziona-
mento della notifica, effettuata entro le ore 24, alle ore 7 del giorno successivo non giustifi-
chi la limitazione degli effetti giuridici della notifica stessa (anche) per il mittente. Tale inter-
pretazione, infatti, impedisce a quest’ultimo «di utilizzare appieno il termine utile per appron-
tare la propria difesa: termine che l’art. 155 c.p.c. computa “a giorni” e che, nel caso di impugna-
zione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno »; fermo restando il
perfezionamento della notifica, per il destinatario, il giorno seguente (in applicazione del
principio di scindibilità degli effetti delle notificazioni). E aggiunge: «la norma denunciata è,
per di più, intrinsecamente irrazionale, là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma in-
defettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua
diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccani-
smo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione
con modalità telematica ».
Di conseguenza, nel P.T.T., «la notifica eseguita tra le ore 21 e le ore 24 del giorno di scadenza si
perfeziona, e si considera dunque tempestiva, per il notificante, se, entro le 23.59 di quel giorno, è ge-
nerata la ricevuta di accettazione [del gestore PEC del mittente], mentre è solo per il destinatario
che opera il differimento al giorno successivo del momento perfezionativo della notifica stessa» (cfr.
Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF; viceversa, la notifica è tardiva se la ricevuta è generata alle
00.00.01: cfr. Cass. Sent. 1519/2023 sopra citata).
Ne deriva che, «la reductio ad legitimitatem della disposizione si realizza con l’applicazione della
regola generale di scissione soggettiva degli effetti della notificazione anche alla notifica effettuata
con modalità telematiche» (cfr. Cass. Ord. 14.10.2020, n. 22136).
La questione pare, peraltro, risolta dalla modifica dell’art. 147, co. 2, c.p.c. (ad opera del D.Lgs.
10.10.2022, n. 149, in G.U. 17.10.2022, n. 38), che stabilisce: «Le notificazioni a mezzo posta elet-
tronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite sen-
za limiti orari.
Le notificazioni eseguite ai sensi del secondo comma si intendono perfezionate, per il notificante, nel
momento in cui è generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, nel momento in cui è ge-
nerata la ricevuta di avvenuta consegna. Se quest’ultima è generata tra le ore 21 e le ore 7 del mattino
del giorno successivo, la notificazione si intende perfezionata per il destinatario alle ore 7».
Periodo feriale La sospensione dei termini nel periodo feriale si applica anche al processo tribu-
tario, per cui dal 1° agosto al 31 agosto i termini sono sospesi (conferma da Cass., Sent.
30.1.2012, n. 1295 e da Circ. Min. Fin. 98/E del 1996). La sospensione dei termini processuali (L.
7.10.1969, n. 742 [CFF ¶ 4732] nel periodo feriale, comporta che:
a) se l’ultimo giorno utile per proporre il ricorso (60° giorno) cade in tale periodo (1° agosto –
31 agosto), ai fini del computo dei 60 giorni, si sommano i giorni decorsi anteriormente al
1° agosto con quelli successivi al 31 agosto (in altre parole, si «saltano» 31 giorni, cioè il pri-
mo giorno «processuale» successivo al 31 luglio è il 1° settembre);
b) se il primo giorno utile per proporre il ricorso (cioè il giorno successivo alla notifica dell’at-
to impugnato) cade nel periodo feriale, il computo dei 60 giorni utili per la proposizione del
ricorso inizierà a decorrere dal 1° settembre (quel giorno, però, andrà compreso nel compu-
to dei termini).
Nel caso di sospensioni di natura eccezionali – qual è stata quella, dal 9.3.2020 all’11.5.2020, do-
vuta all'emergenza epidemiologica da Covid-19 – la giurisprudenza di legittimità ha assunto
una posizione particolarmente rigorosa ritenendo il periodo di sospensione feriale «interamen-
Processo tributario 157

te assorbito (…) dal concorrente decorso della sospensione stabilita in via eccezionale» (cfr. Cass.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Ord. 29.5.2020, n. 10252),considerando non cumulabili i due periodi di sospensione.

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Poi, però, ha riconosciuto che la relazione tra le due fattispecie di sospensione è «coerente con
la ratio dell’intervento legislativo in materia di emergenza epidemiologica, poiché le esigenze oggetti-
ve di natura sanitaria che hanno giustificato (anche) la sospensione dei termini per un determinato
periodo di tempo non vengono meno, ovviamente, quando si tratti di attività da compiere in un ter-
mine che sia stato già prorogato in precedenza per altra ragione» (cfr. Cass. Sent. 24.1.2023, n.
2095).
Sospensione a seguito di accertamento con adesione La presentazione – da parte del contri-
buente destinatario di un avviso di accertamento – dell’istanza di accertamento con adesione
di cui all’art. 6, co. 2, del D.Lgs. 19.6.1997, n. 218 determina la sospensione del termine per l’im-
pugnazione per 90 giorni, la quale non viene meno per il fatto che le parti non abbiano trovato
un accordo, nel corso di tale periodo (cfr. Corte Cost. 15.4.2011, n. 140; Cass., Sent. 30.6.2006, n.
15171); ma si interrompe se la domanda viene revocata o rinunciata dal contribuente (cfr. Cass.,
Sent. 12.10.2012, n. 17439, in proposito, si rimanda al commento dell’istituto), nel qual caso il
termine per ricorrere non è più di 150 giorni (60+90) ma di 60 giorni più il tempo intercorrente
tra la data di invio della domanda di adesione e quella in cui è stata formalizzata la rinuncia
[esempio: avviso di accertamento notificato il 15 ottobre 2017, istanza di accertamento con ade-
sione presentata il 14 novembre 2017; formale revoca del contribuente dell’istanza di adesione
in data 13 dicembre 2017 (cioè 30 giorni dopo), il termine per la presentazione del ricorso non
cadrà il 14 marzo 2018 (60+90 gg.) ma il 12 gennaio 2018 (60+30)].
Qualora l’ordinario termine di impugnazione (60 gg.) sospeso (per 90 gg.) dall’accertamento
con adesione «cada» nel periodo feriale (1° agosto-31 agosto), i due periodi si cumulano, come
chiarito, con valore di interpretazione autentica, dall’art. 7-quater, co. 18, D.L. 193.2016 (conv.
con modif. in L. 225/2016): «i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con
adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale», e
(già) riconosciuto dalla stessa Amministrazione finanziaria: «i due periodi di sospensione (…)
avendo diverse finalità – collegata al periodo in cui ricadono i termini processuali, quella feriale;
connessa ad un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di adesione, quella dei 90 giorni – non
possono che applicarsi cumulativamente» (cfr. R.M. 11.11.1999, n. 159/E). La disposizione, avendo
portata retroattiva, si applica anche ai procedimenti in corso (cfr. Cass. Ordinanze 31.3.2021, n.
8882; 21.2.2019, n. 5039; 5.2.2019, n. 3278; 6.12.2018, n. 31683; 3.10.2018, n. 24030; Cass. Sent.
20.10.2020, n. 22724. Pertanto può ritenersi superato il contrario precedente orientamento della
giurisprudenza di legittimità. (di cui a Cass., Ord. 5.6.2015, n. 11632).
Si richiama, peraltro, l’attenzione su una pronuncia del Giudice di legittimità, secondo la quale
«l’onere di (allegazione e) prova della tempestività del ricorso si estende alla (allegazione e) prova
del fatto generativo della sospensione, ossia della presentazione dell’istanza di accertamento con
adesione. La rilevabilità d’ufficio della inammissibilità del ricorso tardivo implica, infatti, che il giu-
dice di merito, tanto in primo quanto in secondo grado, debba poter rilevare ex actis la tempestività
del ricorso, con conseguente onere del ricorrente di allegare nel ricorso introduttivo e di provare me-
diante tempestiva produzione documentale eventuali fatti sospensivi del termine ex art. 21, D.Lgs.
546/1992 (e quindi, il fatto di avere presentato una istanza di accertamento con adesione). In difetto
di tale allegazione e prova il giudice di merito non potrà che rilevare la tardività del ricorso introdut-
tivo e dichiararne l’inammissibilità e, ciò, anche in secondo grado (salvo che sul punto non si sia for-
mato un giudicato interno, il quale, tuttavia, presuppone una pronuncia esplicita del giudice di primo
grado)» (cfr. Cass., Ord. 20.2.2013, n. 4247).
Da ultimo, si segnala che la sospensione di 90 giorni prevista dall’art. 6, co. 3, del D.Lgs.
218/1997, si cumulava anche con la sospensione di cui all'art. 83, D.L. 18/2020 (cfr. art. 158,
D.L. 19.5.2020, n. 34; conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77; Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25 §
3.3; 6.5.2020, n. 11 § 5.10; 3.4.2020, n. 8 § 2.7) introdotta, dal 9.3.2020 all’11.5.2020, a causa della
emergenza epidemiologica da Covid-19.
Ulteriori ipotesi di sospensione del termine di impugnazione di 60 giorni Riguardano il caso di
presentazione, da parte del contribuente:
› di una istanza (c.d. IPEA) di scomputo delle perdite pregresse in diminuzione del maggior
imponibile accertato ex art. 42, co. 4, D.P.R. 600/1973 ed art. 7, co. 1-ter, del D.Lgs. 218/1997
158
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

(nel caso sia presentata nell’ambito di una procedura di accertamento con adesione);
› di una istanza (c.d. IPEC) di scomputo delle perdite dai maggiori imponibili derivanti dall’at-

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tività di accertamento nei confronti delle società consolidanti ex art. 40-bis, D.P.R. 600/1973;
senza, però, che detto periodo di sospensione si cumuli con quello feriale.
Termine di proposizione del ricorso avverso il rifiuto tacito ad una istanza di rimborso (co.
2) Il ricorso contro il rifiuto tacito (cd. silenzio-rifiuto) di restituzione di tributi, sanzioni pe-
cuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti (cfr. art. 19, co. 1, lett. g) del Decreto), presup-
pone, prima di tutto, che la domanda di restituzione sia stata proposta nei termini stabiliti da
ciascuna legge d’imposta, e cioè:
› entro quarantotto mesi dal versamento, ex art. 38, D.P.R. 602/1973 [CFF · 7238], nel caso
delle imposte sui redditi;
› entro tre anni, ex art. 77, D.P.R. 131/1986 [CFF ¶ 2077], nel caso dell'imposta di registro;
› entro due anni dal pagamento, nel caso dell'IVA.
Se mancano disposizioni specifiche che individuino un termine per la proposizione della do-
manda di rimborso, si applica «la norma generale residuale di cui all'art. 21, comma 2, proc. trib.,
prevedente il termine biennale di decadenza per la presentazione dell'istanza» (cfr. Cass., Ord.
22.1.2018, n. 1543): è il caso della domanda di restituzione dell’imposta straordinaria versata a
seguito dell’adesione allo scudo fiscale (nel caso, ai sensi del D.L. 350/2001), che non può esse-
re presentata decorsi due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è veri-
ficato il presupposto per la restituzione stessa (cfr. Cass. Sent. 11.1.2022, n. 495).
Inoltre, va considerato come termine iniziale (anche) il giorno in cui si è verificato il presupposto per
la restituzione del tributo (e accessori), se posteriore ai termini indicati, quindi, rileva, per prima, la
data del pagamento indebito e, poi, se successiva, la data in cui si è realizzato il presupposto per la
restituzione: è il caso, ad esempio, del perfezionamento del giudicato sulla legittimità del recupero
dei costi in relazione all’annualità non di competenza (cfr. Cass., Sent. 10.3.2008, n. 6331; conforme:
Circ. Ag. Entrate 4.5.2010, n. 23/E); o del perfezionamento della procedura di accertamento con ade-
sione, rispetto al quale la Corte di cassazione ha affermato che «in caso di adempimento rateale, il ter-
mine di decadenza decorre da ciascuno dei pagamenti e non dalla data dell’ultima quota di pagamento fra-
zionato» (cfr. Cass. Ord. 3.2.2021, n. 2420. La vicenda riguardava «i silenzi rigetto opposti dall’Agenzia
delle Entrate alle istanze di rimborso presentate (…) con riferimento alla doppia imposizione che si era rea-
lizzata con il versamento di quanto dovuto a seguito degli accertamenti», poi definiti in adesione).
In merito ai termini per la domanda di rimborso di imposte indebitamente versate, la Corte di
Cassazione ha affermato:
› da un lato, che «in materia di IVA, il prestatore di un servizio può chiedere all’amministrazione
finanziaria il rimborso dell’imposta indebitamente versata dopo il decorso del termine di deca-
denza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, sebbene esclusivamente per
quell’imposta che egli abbia effettivamente rimborsato al committente in esecuzione di un provve-
dimento coattivo, poiché, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea
nella sentenza del 15 dicembre 2011 nel procedimento C-427/10, il principio di effettività del diritto
comunitario, pur non ostando ad una normativa nazionale in materia di ripetizione dell’indebito
che preveda un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello di decadenza per il
prestatore del servizio, non è soddisfatto quando l’applicazione di tale disciplina abbia la conse-
guenza di privare completamente il soggetto passivo del diritto di ottenere dall’Amministrazione fi-
nanziaria il rimborso dell’IVA non dovuta» (cfr. Cass., Sent. 15.3.2013, n. 6601);
› dall’altro, che il termine utile per chiedere il rimborso di un’imposta indebitamente versata
decorre dalla data di versamento del tributo e non da quella della sentenza della Corte di
Giustizia Europea che lo ha dichiarato illegittimo retroattivamente (cfr. Cass., SS.UU., Sent.
16.6.2014, n. 13676).
Verificato che la domanda di rimborso sia stata presentata nei termini, il ricorso avverso il ri-
fiuto tacito di restituzione deve rispettare (cfr. Circ. Min. Fin., n. 98/E/1996; nonché Cass. Sent.
29.4.2020, n. 8354):
› un termine iniziale, dato che deve essere proposto dopo che siano decorsi 90 giorni dalla da-
ta di presentazione della domanda di restituzione; e
› un termine finale, dato che esso dovrà essere presentato entro i termini di prescrizione pre-
visti dalle singole leggi di imposta o, in assenza, entro il termine di prescrizione ordinaria
Processo tributario 159

(decennale), il quale:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


- comincia a decorrere «solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), [ed] è

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sospeso durante il tempo di formazione del silenzio-rifiuto a norma dell'art. 21 proc. trib.» (cfr.
Cass., Ord. 22.1.2018, n. 1543);
- decorre – per giurisprudenza consolidata – dallo spirare dei 90 giorni, vale a dire dal no-
vantunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda di rimborso (cfr. Cass.,
Sent. 13.11.2008, n. 27057; conforme: Cass., Sent. 20.8.2004, n. 16477).
«Ne consegue che il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fat-
to valere (art. 2935 c.c.), è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto a norma del-
l’art. 21, D.Lgs. 546/1992, laddove la richiesta al Fisco di un rimborso si intenda respinta, a tutti gli
effetti di legge, quando siano trascorsi 90 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l’Uffi-
cio si sia pronunciato» (cfr. Cass. Ord. 26.10.2021, n. 30083).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 147, 153, co. 2 e 155 Codice di procedura civile


Termini e notificazioni

Art. 1, L. 7.10.1969, n. 742


Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale

Art. 6, co. 2 e 3, D.Lgs. 19.6.1997, n. 218


Istanza del contribuente

Art. 16-septies, D.L. 18.10.2012, n. 179, conv. con modif. in L. 17.12.2012, n. 221
Tempo delle notificazioni con modalità telematiche

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 4.5.2010, n. 23/E

Ris. Min. Fin. 11.11.1999, n. 159/E Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF

Circ. Ag. Entrate 24.10.2007, n. 56/E Circ. Ag. Entrate 3.4.2020, n. 8/E § 2.7

Circ. Ag. Entrate 12.3.2010, n. 12/E Circ. Ag. Entrate 6.5.2020, n. 11/E § 5.10

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25/E § 3.3

Art. 22 - COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DEL RICORRENTE [CFF ¶ 4673]

1. Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d'inammissibilità deposita,
nella segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado adita, o trasmette a
mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l'originale del ricorso
notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ri-
corso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizio-
ne per raccomandata a mezzo del servizio postale. All'atto della costituzione in giudizio, il ricor-
rente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l'indicazione delle parti, del difen-
sore che si costituisce, dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore della contro-
versia e della data di notificazione del ricorso. 2 3
2. L'inammissibilità del ricorso è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la
parte resistente si costituisce a norma dell'articolo seguente. 1 3
3. In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell'atto depositato a
160
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l'atto depositato
nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei

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cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente.
4. Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fasci-
colo, con l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce,
in originale o fotocopia.
5. Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e docu-
menti di cui ai precedenti commi. 4

Note
1 È costituzionalmente illegittimo l'art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l'utilizzo del servizio posta-
le (C. Cost. 06.12.2002, n. 520).
2 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005,
poi dall'art. 2, comma 35-quater, D.L. 13.08.2011, n. 138 così come modificato dalla legge di conversione L. 14.09.2011,
n. 148 (G.U. 16.09.2011, n. 216) con decorrenza dal 17.09.2011, e da ultimo dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n.
130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 22, commi 1 e 2, e 27, comma 1, del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costitu-
zione, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova (C. Cost. ordinanza 13.12.2019, n. 273).
4 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DEL RICORRENTE (Art. 22)

Regole generali della costituzione in giudizio del ricorrente (co. 1 e 2) Il processo di fronte alla
Corte di giustizia tributaria si incardina solo con la costituzione in giudizio del ricorrente, ossia
depositando il ricorso presso la segreteria della Corte di giustizia tributaria, entro 30 giorni dalla
sua proposizione.
Il termine dei 30 giorni (non di un mese) per la costituzione in giudizio:
› è perentorio;
› è di decadenza, ma viene fatta salva la sospensione feriale dei termini dal 1° al 31 agosto di
ogni anno;
› va calcolato senza conteggiare il giorno iniziale e computando, invece, il giorno finale;
› decorre dalla data in cui è stato effettivamente proposto il ricorso, a prescindere dal fatto che
il termine di 60 giorni (per la proposizione del ricorso) sia stato utilizzato per intero o meno
[per cui si potranno avere le seguenti situazioni: 60 + 30; 55 + 30 (non 55 + 35); 35 + 30 (non
35 + 55) o, preferibilmente, 55 + 25 (o, quanto meno, 59 + 29 … per evitare rischi)].
Secondo recente giurisprudenza, la regola che equipara il sabato ad un giorno festivo - con con-
seguente proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo - si applica anche con riferi-
mento al termine per il deposito dell’atto presso la Corte di giustizia tributaria adìta: perché, in
base alla Legge delega (art. 30, L. 413/1991) «va perseguito l’adeguamento del processo tributario al
processo civile con una disciplina uniforme per la proposizione del ricorso» (cfr. Cass. Ord. 15.7.2021,
n. 20158, che ha considerato ammissibile l’appello del contribuente depositato in Segreteria, in-
sieme alla sentenza impugnata, il primo giorno feriale successivo al trentesimo giorno dalla no-
tifica a controparte).
Il mancato deposito del ricorso presso la Corte di giustizia tributaria nel termine indicato, inte-
gra il vizio di inammissibilità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (cfr. co. 2).
In proposito, la C.T.P. di Genova (cfr. Ord. 1.4.2009, in G.U. S. Speciale 12.6.2019, n. 24) aveva sol-
levato questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., ma la
Corte costituzionale l’ha dichiarata manifestamente infondata: sia perchè il Legislatore gode di
Processo tributario 161

ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, sia perchè «l’onere della co-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


stituzione in giudizio del ricorrente entro trenta giorni dall’ultima notifica, di per sé non eccessiva-

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mente gravoso, non è manifestamente irragionevole in quanto (…) funzionale al consolidamento del-
l’atto amministrativo e alla tutela dell’interesse pubblico alla certezza e stabilità della pretesa finan-
ziaria oggetto del provvedimento impugnato» (cfr. Corte Cost., Ord. 13.12.2019, n. 273).
«La sanzione processuale della inammissibilità del ricorso» riguarda il «mancato deposito degli atti e
documenti previsti dal primo comma» dell'art. 22 e, quindi, il ricorso e gli altri documenti ivi ri-
chiamati; non riguarda, invece, gli «atti previsti dal quarto comma» che possono essere prodotti
anche in un momento successivo (cfr. Cass. Sent. 14.10.2015, n. 20658; conf. Cass. Sentenze
24.2.2010, n. 4431; 31.5.2018, n. 13817; 12.12.2013, n. 27837).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la costitu-
zione in giudizio del ricorrente era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, D.L.
17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con
modif. in L. 5.6.2020, n. 40; C.A.E. 16.4.2020, n. 10).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, la obbligatorietà del processo telematico comporta
che le parti devono notificare e depositare gli atti processuali, i documenti e i provvedimenti
giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche.
A questo fine, il ricorrente deve effettuare la registrazione al PTT tramite il portale della Giusti-
zia tributaria per «ottenere le credenziali di accesso (UserID e Password)» che «permetteranno an-
che la consultazione del fascicolo processuale informatico» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
La registrazione al PTT presuppone il possesso di una casella PEC, che corrisponde a quella in-
dicata dalle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo ed è riportata nella Nota d’iscrizione a
ruolo. Per poter effettuare la registrazione è, inoltre, necessario il possesso di una firma digitale
CADES (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, l’art. 29, D.L. 8.4.2020, n.
23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, ha previsto l’obbligo per gli enti impositori, gli agenti
della riscossione, i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, del D.Lgs. 446/1997, e «le parti assi-
stite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche» di notificare
e depositare «gli atti successivi, nonchè i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le modali-
tà telematiche». «L’obbligo di utilizzare le modalità telematiche, già previsto per i giudizi instaurati
in primo e secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, è stato ora esteso a tut-
te le controversie tributarie, anche se gestite da una o più parti con le tradizionali modalità analogi-
che», fermo restando che alle parti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica (cioè, coloro
che possono difendersi personalmente nelle cause di modesto - 3.000,00 euro - valore) conti-
nuano ad essere «consentiti depositi o notifiche in modalità analogica» (cfr. C.A.E. 13.4.2020, n. 9).
Sistema informativo della giustizia tributaria (S.I.Gi.T) Il ricorso e gli altri atti, compresi quelli del
procedimento attivato con l’istanza di reclamo, sono notificati utilizzando la PEC, e depositati nella
segreteria della Commissione mediante il Sistema informativo della giustizia tributaria (S.I.Gi.T.).
La registrazione e l’accesso al S.I.Gi.T. presuppone, a sua volta, il possesso della «Carta d’Identi-
tà Elettronica» – CIE o della Carta Nazionale dei servizi – CNS; e consente
a. le notificazioni e comunicazioni;
b. la costituzione in giudizio;
c. la formazione e consultazione del fascicolo informatico;
d. il deposito degli atti e documenti informatici successivi alla costituzione in giudizio.
Al S.I.Gi.T possono accedere solo i giudici tributari, le parti, i procuratori e i difensori, il perso-
nale abilitato delle segreterie delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, i con-
sulenti tecnici e gli altri soggetti di cui all’art. 7, D.Lgs. 546/1992; con la precisazione che «le par-
ti, i loro procuratori e difensori, nonché i consulenti e gli organi tecnici possono accedere alle sole in-
formazioni contenute nei fascicoli del procedimento in cui sono costituiti o svolgono attività di consu-
lenza» (cfr. D.M. 23.12.2013, n. 163, art. 3).
Costituzione telematica del ricorrente Dopo aver proposto il ricorso in via telematica con l’invio
del file all’indirizzo di posta elettronica certificata della controparte, il ricorrente, entro 30 gior-
ni, si deve costituire in giudizio «mediante il deposito telematico dell’atto introduttivo tramite il
PTT» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
162
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«Il deposito del ricorso, degli allegati e degli atti successivi avviene, previa registrazione e acquisizione
delle credenziali di accesso, mediante upload dei file direttamente sulla piattaforma. Tale modalità

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esclude che le parti processuali utilizzino le PEC delle singole Commissioni tributarie per effettuare il
deposito degli atti e documenti digitali.
Nel processo tributario telematico lo strumento della PEC [infatti] è limitato alle comunicazioni effettuate
dagli Uffici di Segreteria, tramite il SIGIT, alle parti processuali e alle notifiche tra le parti stesse. (…)
Ai fini del deposito degli atti, con la scelta della Commissione tributaria adita e la tipologia dell’atto
da depositare, il sistema propone la compilazione di alcune Schede/Tab (ricorrente, resistente, atto im-
pugnato, ecc.) che, una volta completate, si sostanziano nella redazione della c.d. “Nota di Iscrizione a
Ruolo telematica (NIRWeb)”, di cui è possibile effettuare il download.
Una volta verificata la correttezza dei dati inseriti a sistema nella NIRWeb, il ricorrente o qualsiasi al-
tro soggetto depositante potrà procedere con la fase della “Validazione” e la successiva fase di “Tra-
smissione” telematica della NIR e degli atti e dei documenti allegati.
Fino alla “Validazione” dei dati inseriti nella NIRWeb è possibile procedere a modifiche ed integrazio-
ni. Una volta validata, la NIR non è più modificabile e, in caso di verifica di errori, sarà necessario
compilarne un’altra» (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Nel caso di difformità tra quanto scritto nel ricorso e quanto digitato nel programma, «la Segre-
teria non può apportare correzioni ai dati indicati dalle parti con la Nota di Iscrizione a Ruolo, ma
può certamente segnalare all’interessato la incongruenza riscontrata e farla da lui correggere con una
successiva Nota di deposito, nell’interesse della corretta gestione dei dati della causa ai fini statistici e
di ricerca documentale» (cfr. C.P.G.T., Delibera 8.10.2019, n. 1665/19).
In pratica:
› il soggetto abilitato deve trasmettere «al S.I.Gi.T. il ricorso, la ricevuta di PEC [rectius le ricevute
di accettazione e consegna] che attesta l’avvenuta notifica dello stesso, la procura alle liti, la docu-
mentazione comprovante il pagamento del contributo unificato tributario e gli eventuali allegati,
previo inserimento dei dati richiesti dal sistema per l’iscrizione a ruolo (…);
› il S.I.Gi.T., in seguito alla trasmissione, rilascia con modalità sincrona la ricevuta di accettazione,
contenente numero, data e ora della trasmissione degli atti e dei documenti. Successivamente la
stessa ricevuta viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art.
7). Le operazioni di deposito sono, quindi, «attestate dalla ricevuta sincrona di accettazione rila-
sciata a video dal PTT, resa disponibile nell’area riservata del depositante (…) e inviata all’indirizzo
PEC della parte» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
Se i controlli danno esito positivo, «il S.I.Gi.T provvede alla iscrizione del ricorso al Registro Generale e,
contestualmente, rende disponibile nell’area riservata» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7) il numero di
ruolo (R.G.R.); in tal caso, «la data di deposito degli atti coincide con la data della ricevuta di accetta-
zione rilasciata in modo sincrono dal sistema informatico» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
In caso di anomalie, «il S.I.Gi.T. non procede all’iscrizione nel Registro Generale e, contestualmente,
rende disponibile, nell’area riservata, un messaggio contenente la tipologia delle suddette anomalie. La
stessa informazione viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato». Se le anomalie riguarda-
no gli allegati al ricorso, «il S.I.Gi.T. iscrive il ricorso al Registro Generale e non acquisisce i file con-
tenenti le anomalie riscontrate, rendendo contestualmente disponibile, nell’area riservata, un messag-
gio contenente l’indicazione dei file non acquisiti e le relative anomalie. Le stesse informazioni vengo-
no inviate all’indirizzo PEC del soggetto abilitato, con invito a provvedere ad un nuovo deposito dei
file non acquisiti» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7).
«Le anomalie che non permettono l’iscrizione a ruolo dell’atto principale riguardano:
› la presenza di virus nei file;
› il superamento della dimensione massima del singolo file pari a 5MB [10MB];
› la non validità della firma digitale apposta sui file;
› la non integrità dei file firmati».
Le specifiche tecniche disciplinate dall’art. 7 del D.M. 4.8.2015 sono state in parte modificate dal
D.M.E.F. 21.4.2023 (in G.U. 3.5.2023, n. 102), in vigore dal 15 maggio 2023, tra cui si segnala:
› l’anticipazione, delle verifiche su quanto trasmesso, alla «fase di caricamento nel sistema», re-
lativamente alla dimensione, integrità e formato dei file, anche con riguardo agli allegati (cfr.
co. 6 e co. 7 dell’art. 7, modificati);
› la possibilità di considerare «comunque positivo» l’esito del controllo sulla validità della firma
Processo tributario 163

apposta sui file trasmessi «se risulta valida almeno una delle firme apposte sui file degli atti tra-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


smessi con sottoscrizione plurima»(cfr. art. 7, co. 5, modificato). Le firme ammesse per il ricor-

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so e per ogni altro atto processuale sono le firme «CADES (con estensione.p7m) o PEDES (con
estensione.pdf)» (cfr. art. 10, co. 1, lett. d), del D.M. 4.8.2015, modificato).
In merito,
› alla dimensione del file, la Corte di cassazione ha statuito, nel caso del processo civile, che
«ove la costituzione avvenga mediante l'invio di un messaggio di posta elettronica certificata ecce-
dente la dimensione massima stabilita nelle relative specifiche tecniche», il deposito degli atti e
documenti possa avvenire mediante l’invio di più messaggi, «a patto che gli stessi siano coevi al
deposito del ricorso ed eseguiti entro la fine del giorno di scadenza. E per invii coevi si devono in-
tendere gli invii strettamente consecutivi» (cfr. Cass. Ord. 4.2.2021, n. 2657);
› la scadenza del dispositivo di firma digitale del difensore del ricorrente, nel lasso temporale
che intercorre tra la notifica del ricorso e la costituzione in giudizio, è da considerarsi causa
idonea a determinare la rimessione in termini qualora il deposito (con firma scaduta) sia co-
munque avvenuto tempestivamente, a nulla rilevando il mancato perfezionamento (cfr. C.G.T.
di 1° gr. di Bologna, Sent. 23.12.2022, n. 999).
«Il ricorso/appello viene comunque iscritto a ruolo se
a. nell’atto principale si riscontrano anomalie «non bloccanti» riferibili al solo formato dei file (…);
b. negli allegati si riscontrano anomalie sia «bloccanti» sia «non bloccanti» (cfr. Circ. M.E.F.
11.5.2016, n. 2/DF).
Il deposito del ricorso nella segreteria della corte di giustizia tributaria mediante il Sistema infor-
mativo della Giustizia tributaria (S.I.Gi.T.), assicura:
› la individuazione della corte di giustizia tributaria adìta;
› la trasmissione/ricezione di atti e documenti alla/da parte della Commissione competente;
› il rilascio delle attestazioni concernenti le attività di cui ai precedenti due punti;
› la formazione del fascicolo informatico (cfr. D.M. 23.12.2013, n. 163, art. 3).
Requisiti tecnici dei documenti informatici Il ricorso e ogni altro atto processuale, in forma di
documento informatico, deve essere:
in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di se-
lezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto informati-
co di documento analogico;
sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente de-
nominazione: <nome file libero>.pdf.p7m.
I documenti informatici allegati, per i quali è ammessa la scansione in formato immagine di do-
cumenti analogici, devono avere i seguenti requisiti tecnici e, quindi devono essere:
a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, oppure TIFF con una risoluzione non superiore a 300
DPI, in bianco e nero e compressione CCITT Group IV (modalità Fax);
b. privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale.
«La dimensione massima consentita di ogni singolo documento informatico è di 10 MB. Qualora il do-
cumento sia superiore alla dimensione massima è necessario suddividerlo in più file». Non possono
essere trasmessi più di 50 documenti nell’ambito di un singolo invio e la dimensione massima
del complesso di tali documenti non deve eccedere i 50 MB (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 10, sosti-
tuito dall’art. 1, Decreto M.E.F. 28.11.2017): anche perché, in caso contrario, tale superamento co-
stituisce errore bloccante.
Gli atti e documenti depositati in formato analogico (cioè non informatico) sono acquisiti dalla
segreteria della Corte di giustizia tributaria, registrati tramite il S.I.Gi.T., e inseriti nel fascicolo
informatico previa scansione nel formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, in bianco e nero, e sottoscri-
zione con firma elettronica qualificata o firma digitale.
«Gli atti e i documenti analogici da acquisire devono rispettare i seguenti requisiti:
a. fogli formato massimo A4;
b. fogli liberi da rilegatura;
c. fogli numerati» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 11).
164
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Fascicolo informatico I file relativi agli atti processuali e agli allegati depositati dalle parti costi-
tuite in giudizio, tramite il PTT, formano il fascicolo informatico, nel quale sono raccolti «gli at-

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ti, i documenti, gli allegati, le ricevute di posta elettronica certificata, i messaggi di sistema e i dati del
procedimento», le copie per immagini degli atti e documenti depositati su supporto analogico
(cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 12); nonché
a) le «comunicazioni processuali effettuate dalla Segreteria (art. 16 e art 16-bis D.Lgs. n. 546/1992);
b) il verbale d’udienza;
c) i provvedimenti giurisdizionali (sentenze, decreti e ordinanze);
d) gli altri atti eventuali (es.: atto di nomina del consulente tecnico d’ufficio e relativa perizia, etc.). (…)
Le parti e/o i loro difensori che accedono al PTT, in quanto abilitati dal sistema a seguito della registrazio-
ne, possono consultare il fascicolo informatico relativo alla controversia utilizzando il servizio del «Telecon-
tenzioso» ed estrarre copia degli atti ivi presenti. (…). La gestione del fascicolo processuale informatico è cu-
rata dal personale di segreteria delle Commissioni tributarie» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
Contributo Unificato Il pagamento, così come quello relativo agli altri diritti e spese di giustizia, è
eseguito nelle forme previste dal D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (per le modalità di versamento del
C.U., si veda l’art. 18).
Nel caso di pagamento eseguito in modalità non telematica, l’attestazione di pagamento del
contributo unificato tributario e degli altri diritti e spese di giustizia è costituita dalla copia in-
formatica dell’originale analogico, ottenuta per scansione e sottoscritta con firma elettronica
qualificata o firma digitale.
Conformità digitale degli atti A seguito della introduzione dell’art. 25-bis nel D.Lgs. 546/1992,
sono previste delle regole semplificate per la certificazione di conformità digitale delle copie di
atti, provvedimenti e documenti cartacei in relazione sia agli atti e documenti in possesso del
difensore che a quelli estratti dal fascicolo processuale, «ivi compresi i provvedimenti giurisdizio-
nali, presenti nel fascicolo informatico, siano essi nativi digitali ovvero digitalizzati successivamente»
(cfr. Risp. Agenzia delle Entrate a Telefisco del 27.1.2022). In particolare, ai fini del deposito e
della notifica con modalità telematiche della copia informatica di un atto di parte o di un docu-
mento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il potere di
certificazione è attribuito ai dipendenti dell’Ente pubblico e anche ai difensori di tutte le parti
processuali (cfr. Risposta MEF a Telefisco del 31.1.2019).
Si ricorda che il file trasmesso al S.I.Gi.T. deve essere il medesimo notificato a suo tempo alla
controparte e che di tale conformità deve essere fornita attestazione nel ricorso introduttivo
(cfr. art. 18, del presente Decreto).
Va tuttavia considerato che, nel caso di un atto «nativo digitale», il problema della conformità
non dovrebbe porsi dato che lo stesso non viene prodotto «in copia», bensì in originale, essen-
do quest’ultimo suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di es-
sere un atto originale; sul punto, la Suprema Corte ha infatti enunciato il seguente principio di
diritto: «quando la produzione di un atto, nativo digitale, quale la notificazione a mezzo PEC del ri-
corso in appello, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga in giudizio tramite l’allegazione
al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di conformità al-
l’originale dell’atto prodotto da parte del difensore» (Cass. Sent. 16.1.2023, n. 981).
Malfunzionamento del sistema informatico «L’indisponibilità della funzionalità del PTT per il deposito
degli atti e dei documenti ovvero dei relativi servizi funzionali al diritto della difesa, quali, ad esempio, la
consultazione o la richiesta di accesso temporaneo del fascicolo informativo, è resa pubblica mediante appo-
siti avvisi sul portale della giustizia tributaria: www.giustiziatributaria.gov.it. Tali avvisi potranno essere
utilizzati ai fini di una eventuale richiesta di rimessione in termini». (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015

Decreto M.E.F. 28.11.2017, n. 11497/2017


Processo tributario 165

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Giustizia tributaria digitale

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Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40
Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo
unificato e attività del contenzioso degli enti impositori

Decreto M.E.F 21.4.2023

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Delibera C.P.G.T. 8.10.2019, n. 1665/19

Circ. Min. Fin. 11.5.2016, n. 2/DF Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9

Risp. Min. Fin. a Telefisco, 31.1.2019 Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF Risp. Ag. Entrate a Telefisco 27.1.2022

Art. 23 - COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DELLA PARTE RESISTENTE [CFF ¶ 4674]

1. L’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 nei cui confronti è stato proposto il ricorso si co-
stituiscono in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, conse-
gnato o ricevuto a mezzo del servizio postale. 1
2. La costituzione della parte resistente è fatta mediante deposito presso la segreteria della com-
missione adita del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni in tante copie quante sono
le parti in giudizio e i documenti offerti in comunicazione.
3. Nelle controdeduzioni la parte resistente espone le sue difese prendendo posizione sui motivi
dedotti dal ricorrente e indica le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni
processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e instando, se del caso, per la chiamata
di terzi in causa.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si ri-
porta di seguito il testo ancora vigente fino al 31.12.2015: «1. L'ufficio del Ministero delle finanze, l'ente locale o il con-
cessionario del servizio di riscossione nei cui confronti è stato proposto il ricorso si costituiscono in giudizio entro
sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale.».

COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DELLA PARTE RESISTENTE (Art. 23)

Regole generali della costituzione in giudizio della parte resistente (co. 1) L’Ufficio finanzia-
rio, l’Ente locale, l’Agente della riscossione (o altro Ente) che ha emesso e notificato l’atto im-
pugnato e nei cui confronti è proposto il ricorso (definito «resistente»), se intende assumere
un ruolo attivo nel processo, deve costituirsi in giudizio, entro 60 giorni dalla ricezione del ri-
corso, depositando il proprio fascicolo contenente le controdeduzioni e i documenti che inten-
dono produrre.
Il termine (di 60 giorni) per la costituzione in giudizio non è perentorio, né a pena di decaden-
za, per cui la parte resistente può costituirsi anche «tardivamente», «essendo la diversa discipli-
na delle conseguenze derivanti dalla tardiva costituzione evidente riflesso della ben diversa posizio-
ne che, specie in un processo di tipo impugnatorio come quello tributario, la legge coerentemente
attribuisce al ricorrente ed al resistente» (cfr. Corte Cost., Ord. 7.4.2006, n. 144; nonché Cass.,
Sentenze 10.2.2010, n. 2925; 10.6.2009, n. 13331).
Si ricorda che, a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la costituzione
166
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

in giudizio del resistente era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n.
18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L.

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5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
La parte resistente può costituirsi:
› fino a 10 giorni liberi prima della trattazione in camera di consiglio, fatte salve le decadenze nel
frattempo maturate (come, ad es., il deposito di documenti, che è possibile solo fino a venti
giorni prima); in questo caso il ricorrente potrà, a sua volta, depositare repliche scritte fino a
cinque giorni (liberi) prima della data della camera di consiglio (art. 32, co. 3 del Decreto);
› fino all’udienza pubblica, nel caso di discussione in pubblica udienza (che, però, va chiesta, a cura an-
che di una sola parte, entro 10 giorni liberi), fatte salve le decadenze maturate nel frattempo. In que-
sto caso il ricorrente può chiedere il differimento della data della discussione ai sensi dell’art. 34, co.
3, del Decreto, con la motivazione che «la sua difesa tempestiva, scritta o orale, è resa particolarmente
difficile (...) a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti».
La costituzione tardiva della parte resistente, pur possibile, comporta, da un lato, che chi si costi-
tuisce tardivamente «non può opporsi agli atti precedenti alla costituzione compiuti dalle parti, né ha
diritto alla notificazione dei normali atti processuali dei quali ricevono comunicazione o hanno imme-
diata conoscenza le parti costituite» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); e dall’altro, decade «dalla
facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per
la chiamata di terzi» (cfr. Cass. Sent. 4.5.2021, n. 11589).
«Con la memoria di costituzione la parte resistente espone le sue difese, indica le prove di cui intende
avvalersi, propone le eccezioni, processuali e di merito, non rilevabili d’ufficio, propone la chiamata di
terzi in causa (comma 3)» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E). Nello specifico:
› espone le sue difese, prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente. Se nell’ordinario
giudizio tributario (di tipo impugnatorio), controparte deve mantenere le proprie difese nel pe-
rimetro costituito dall’avviso di accertamento e dal ricorso, nel giudizio tributario inerente al-
l’impugnazione del rigetto di una domanda di rimborso (che è sostanzialmente diverso), «non si
può disconoscere la facoltà, in capo all’Amministrazione finanziaria, di esercitare le prerogative previ-
ste dall’art. 23 del D.Lgs. 546/1992 e quindi prospettare, senza che si determini vizio di ultrapetizione,
delle argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la motivazione di rigetto
della istanza in sede amministrativa» (cfr. Cass, Sent. 5.5.2010, n. 10797. In proposito, si vedano,
anche, Cass. Ord. 29.10.2019, n. 27674 e Cass. Sent. 9.3.2021, n. 6395, richiamate nel commento
all’art. 18 del presente Decreto);
› indica le prove di cui intende avvalersi: si ricorda (cfr. commento all’art. 18) che anche al proces-
so tributario si applica il principio generale di non contestazione che comporta l’obbligo del giu-
dice di astenersi dalla verifica istruttoria dei fatti non contestati entro la prima difesa (cfr. Cass.,
Sentenze 6.2.2015, n. 2196; 24.1.2007, n. 1540);
› formula le eccezioni processuali e di merito (non rilevabili d’ufficio) che intende far valere per
confermare le sue pretese;
› propone l’eventuale chiamata in causa di terzi (cfr. Cass., Sentenze 26.11.2007, n. 24563; Cass.,
Sent. 20.7.2007, n. 16119).
Non è causa di inammissibilità della costituzione in giudizio (dell’Amministrazione finanziaria) la
genericità delle difese svolte ed il mancato esercizio, nelle controdeduzioni, delle facoltà di propor-
re le citate eccezioni (processuali e di merito); e, a maggior ragione, la chiamata in causa di terzi,
ma, la parte resistente non potrà esercitare successivamente tali facoltà (cfr. Cass., Sent. 10.6.2009,
n. 13331; conformi: Cass., Sentenze 10.6.2016, n. 11943; 2.4.2015, n. 6734).
La costituzione in giudizio della parte resistente, ancorché tardiva ed effettuata al solo fine di far
rilevare l’irritualità della notifica del ricorso introduttivo, preclude la declaratoria di nullità della
notificazione (e di inammissibilità del ricorso), dato che rivela – con efficacia sanante – che la pro-
cedura di notifica seguita dal ricorrente ha raggiunto il suo scopo (Cass., SS.UU., Sent. 3.12.2008, n.
28657; conf. Cass., Sent. 6.3.2009, n. 5508).
Processo tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricor-
so notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), la obbligatorietà del proces-
so telematico comporta che il resistente, entro 60 giorni dalla ricezione del ricorso, deve costituirsi
in giudizio, tramite il PTT, «mediante il deposito delle controdeduzioni e dei documenti allegati con
modalità telematiche» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
Processo tributario 167

Le controdeduzioni in forma di documento informatico devono essere:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;

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b. prive di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. redatte tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di se-
lezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto informati-
co di documento analogico;
d. sottoscritte con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente de-
nominazione: <nome file libero>.pdf.p7m
«Successivamente alla fase di trasmissione, il sistema procede ad una serie di controlli e verifiche riguar-
danti le controdeduzioni e gli allegati», al termine delle quali provvede alla loro acquisizione, confer-
mando che la trasmissione è andata a buon fine.
Le procedure di controllo sono uguali a quelle per il deposito del ricorso (cfr. commento art. 22),
per cui, in presenza di «anomalie bloccanti, il sistema non rilascia la ricevuta che attesta l’acquisizione
delle controdeduzioni e dei suoi allegati e, contestualmente, rende disponibile nell’area riservata persona-
le la tipologia delle anomalie riscontrate» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF). Sono anomalie bloc-
canti: «la presenza di virus nei file; il superamento della dimensione massima del singolo file pari a
5MB [10MB]; la non validità della firma digitale apposta sui file; la non integrità dei file firmati».
Qualora i controlli siano andati a buon fine, la data di deposito degli atti coincide con quella della
ricevuta sincrona di accettazione.
Gli atti processuali, gli allegati e le ricevute rilasciate dal sistema andranno poi a far parte del fasci-
colo del resistente che, a sua volta, farà parte del fascicolo informatico.
Le specifiche tecniche disciplinate dall’art. 8 del D.M. 4.8.2015 sono state in parte modificate
dal D.M.E.F. 21.4.2023 (in G.U. 3.5.2023, n. 102), in vigore dal 15 maggio 2023, tra cui si segnala:
› l’anticipazione, delle verifiche su quanto trasmesso, alla «fase di caricamento nel sistema»,
con riguardo alla dimensione, integrità e formato dei file, anche relativi agli allegati (cfr. art.
8 modificato);
› la possibilità di considerare «comunque positivo» l’esito del controllo sulla validità della fir-
ma apposta sui file trasmessi «se risulta valida almeno una delle firme apposte sui file degli atti
trasmessi con sottoscrizione plurima»(cfr. art. 8, co. 5, modificato). Le firme ammesse (per il
ricorso e) per ogni altro atto processuale sono le firme «CADES (con estensione.p7m) o PEDES
(con estensione.pdf)» (cfr. art. 10, co. 1, lett. d), del D.M. 4.8.2015, modificato).
Si ricorda che, a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, l’art. 29 del D.L. 8.4.2020, n. 23,
conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, ha previsto l’obbligo per «gli enti impositori, gli agenti della riscos-
sione, i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, del D.Lgs. 446/1997», nonché le parti assistite da un difen-
sore abilitato «che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche» di notificare e depositare «gli atti
successivi, nonchè i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le modalità telematiche». «L’obbligo di
utilizzare le modalità telematiche, già previsto per i giudizi instaurati in primo e secondo grado, con ricorso
notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, è stato ora esteso a tutte le controversie tributarie, anche se gestite da
una o più parti con le tradizionali modalità analogiche» (cfr. C.A.E. 13.4.2020, n. 9).
Sintesi La costituzione in giudizio:
› per il ricorrente costituisce un obbligo soggetto a termine perentorio (30 giorni dalla notifica del
ricorso), e la sua mancanza determina la inammissibilità del ricorso (e, quindi, la impossibilità,
per il ricorrente, di far valere i suoi diritti di fronte alle Corti di giustizia tributaria);
› per la parte resistente costituisce un onere soggetto a termine ordinatorio (60 giorni dal ricevi-
mento del ricorso), e la sua mancanza comporta, a suo carico, solo la perdita di taluni diritti di
difesa (dato che l’intervenuta decadenza del deposito di determinati atti o documenti impedirà
di farlo in data successiva e, quindi, limiterà la sua difesa in secondo grado).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Decreto M.E.F. 28.11.2017

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Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40


Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo
unificato e attività del contenzioso degli enti impositori

Decreto M.E,F. 21.4.2023

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9


Circ. Min. Fin. 11.5.2016, n. 2/DF Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Art. 24 - PRODUZIONE DI DOCUMENTI E MOTIVI AGGIUNTI [CFF ¶ 4675]

1. I documenti devono essere elencati negli atti di parte cui sono allegati ovvero, se prodotti se-
paratamente, in apposita nota sottoscritta da depositare in originale ed in numero di copie in
carta semplice pari a quello delle altre parti.
2. L'integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti
ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perento-
rio di sessanta giorni dalla data in cui l'interessato ha notizia di tale deposito.
3. Se è stata già fissata la trattazione della controversia, l'interessato, a pena di inammissibilità,
deve dichiarare, non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica
udienza, che intende proporre motivi aggiunti. In tal caso la trattazione o l'udienza debbono
essere rinviate ad altra data per consentire gli adempimenti di cui al comma seguente.
4. L'integrazione dei motivi si effettua mediante atto avente i requisiti di cui all'art. 18 per quan-
to applicabile. Si applicano l'art. 20, commi 1 e 2, l'art. 22, commi 1, 2, 3 e 5, e l'art. 23, comma
3.

PRODUZIONE DI DOCUMENTI E MOTIVI AGGIUNTI (Art. 24)

Produzione di documenti e integrazione dei motivi Il comma 1 disciplina la produzione di docu-


menti; i commi da 2 a 4 la integrazione dei motivi, che, di regola, non è consentita né al ricorren-
te, né al resistente.
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), il deposito di documen-
ti informatici e di memorie (di cui al co. 1) deve avvenire con modalità telematiche e, quindi, tra-
mite il S.I.Gi.T.. Il documento deve essere:
a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
b. privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di
selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto infor-
matico di documento analogico;
d. sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente de-
nominazione: <nome file libero>.pdf.p7m
In sede di deposito va indicato, anche, il «numero di RGR/RGA rilasciato precedentemente dal PTT,
ovvero, se non disponibile, il numero della ricevuta di accettazione del ricorso/appello/controdeduzioni
rilasciata dal sistema», facendo attenzione al fatto che «in assenza della indicazione del numero di
RGR/RGA ovvero della ricevuta di accettazione sincrona, il PTT non consente il deposito degli atti suc-
Processo tributario 169

cessivi» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF). Però, «nella fase del deposito di atti successivi, l’indica-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


zione del numero di RGR/RGA non comporta in automatico l’abbinamento di detto atto con quello

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principale: è necessario che la procedura venga confermata dall’Ufficio di segreteria della Commissione
tributaria competente» (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Non è prevista «alcuna comunicazione dell’avvenuto deposito di documenti e memorie a cura della
Segreteria»: la loro «conoscenza rientra nel generale onere delle parti di seguire le reciproche attività
processuali mediante la consultazione del fascicolo processuale» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/
E), e, quindi, consultando il portale della Giustizia tributaria utilizzando le proprie credenziali.
Produzione di documenti (art. 1) I documenti, allegati ad atti processuali, devono essere elenca-
ti negli atti processuali cui vengono allegati; se sono prodotti separatamente, devono essere elen-
catiin apposita notadi deposito.
In merito ai documenti, si ricorda che l’art. 32 del D.P.R. 600/1973, stabilisce che «le notizie e i
dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli in-
viti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente» in sede conten-
ziosa; e che di tale preclusione l’Ufficio deve informare il contribuente. Il costante orientamento
della giurisprudenza ritiene che «la omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in se-
de amministrativa determina la inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo
ove l’Amministrazione dimostri che vi era stata una puntale richiesta degli stessi, accompagnata dal-
l’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiuta-
to la esibizione (…) con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica» (cfr. Cass.
Ord. 21.3.2018, n. 7011, richiamata da Cass. Sent. 22.10.2021, n. 29691; conf. Cass. Ordinan-
ze 7.2.2022, n. 3770; 18.11.2021, n. 35228; 9.11.2021, n. 32608; 15.10.2021, n. 28280). Nel caso non vi
sia stata specifica richiesta degli accertatori, alla quale il contribuente abbia opposto un rifiuto,
ma, piuttosto, a seguito dell’invio di un questionario, lo abbia compilato fornendo risposte «ge-
neriche e tutto sommato imprecise», una recente decisione ha statuito che tale comportamento
non integra il rifiuto di esibizione e, quindi, non è «di ostacolo a che il contribuente esplichi com-
piutamente tutte quante le proprie difese nel giudizio tributario, mediante la produzione dei documenti
dei quali egli ravvisi la rilevanza sul piano fiscale» (cfr. Cass. Sent. 22.10.2021, n. 29691). Infine, «se
il termine concesso al contribuente per la produzione documentale di cui all’art. 32 (nella versione al-
l’epoca vigente), viene prorogato su accordo delle parti, i documenti prodotti entro tale nuovo termine
sono pienamente utilizzabili nel processo tributario, senza alcuna necessità del rispetto delle indica-
zioni procedurali di cui al quinto comma dell’art. 32 citato (allegazione dei documenti al ricorso in-
troduttivo e contestuale dichiarazione di mancato adempimento per causa non imputabile)» (cfr.
Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34538).
Integrazione dei motivi (co. 2 e 3) Con tale espressione si intende l’ampliamento dell’oggetto del
ricorso introduttivo (cd. petitum) o la produzione, a sostegno dello stesso, di nuovi motivi di do-
glianza. «Configurano motivi aggiunti, in senso proprio, solo quelli proposti avverso provvedimenti de-
positati dalle parti in corso di causa. Non costituiscono motivi aggiunti (…) – ancorché [così] denomi-
nati dalle parti, quelli proposti ad integrazione o chiarimento dei motivi contenuti nel ricorso origina-
rio» (cfr. Circ. MEF 21.9.2011, n. 1/DF).
Regola: non è consentito al ricorrente, una volta proposto il ricorso e costituitosi in giudizio, in-
tegrare i motivi (si veda il commento all'art. 18), in quanto «il contenzioso tributario ha un oggetto
rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo […] con
conseguente duplice inammissibilità del mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado
ovvero dell’inserimento di temi d’indagine nuovi» (cfr. Cass., Sent. 24.10.2014, n. 22662; conf. Cass.,
Sentenze 19.112019, n. 29968; 19.4.2013, n. 9588; 25.5.2012, n. 8340; 8.6.2011, n. 12442; Cass. Ord.
11.7.2022, n. 21813). Tale divieto vale sia per il ricorrente, sia per l’Ufficio resistente, dato che «le
ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, che è comunque un
giudizio d’impugnazione dell’atto, sicché l’Ufficio finanziario non può porre a base della propria prete-
sa ragioni diverse e/o modificare, nel corso del giudizio, quelle emergenti dalla motivazione dell’atto»
(cfr. Cass., Sent. 18.3.2014, n. 9819; conforme: Cass. Ordinanze 30.9.2020, n. 20784; 24.5.2019, n.
14185; 13.2.2019, n. 4176; 8.2.2019, n. 3762; 24.1.2018, n. 1728; Cass., Sentenze 18.2.2020, n. 4070;
30.3.2016, n. 6103); né può integrare la motivazione in appello (cfr. Cass. Sent. 2.4.2020, n. 7649).
Anche se, una recente decisione della Corte di cassazione ha ammesso, in contrasto con l’orien-
tamento citato, che l’Amministrazione finanziaria possa integrare la motivazione dell’atto impo-
170
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

sitivo nel corso del giudizio, affermando il seguente principio di diritto: «In tema di obbligo di
motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 7, co. 1, primo periodo, della L.

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212 del 2000, è ammessa nel corso del giudizio tributario la integrazione dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche che hanno determinato una decisione dell’Amministrazione succintamente motivata,
qualora la successiva esternazione di una compiuta motivazione non abbia leso il diritto di difesa del-
l’interessato o quando i fondamenti del provvedimento poi impugnato fossero già percepibili, in base
al principio di leale collaborazione tra privato e P.A., nella fase endoprocedimentale» (cfr. Cass. Ord.
18.10.2021, n. 28560. Si veda il commento all’art. 18).
Eccezione: il divieto di integrazione dei motivi subisce una sola eccezione nel caso di deposito di
documenti (prima non conosciuti) ad opera delle altre parti o per ordine della Corte di giustizia
tributaria, ossia quando tale deposito rende necessaria la integrazione dei motivi dedotti nel ri-
corso, che può avvenire, purché:
a) si tratti di documenti «non conosciuti» (materialmente) né «conoscibili» dal ricorrente, con la
normale diligenza (anche se un contribuente - momentaneamente privo della documenta-
zione contabile da esibire all’Amministrazione finanziaria perché consegnata alla compa-
gnia di assicurazione in relazione ad alcuni furti subiti – è stato ritenuto legittimato a pro-
durla anche in corso di giudizio: cfr., Cass., Ord. 25.1.2010, n. 1344. Sulla eventuale possibilità
di depositare una memoria contenente integrazione dei motivi a seguito di fatti sopravvenu-
ti, si veda C.T.R. Palermo, Sent. 24.11.2021, n. 10510).
b) sussista una correlazione diretta tra documenti prima «non conosciuti» e nuovi motivi ad-
dotti dalla parte con la memoria integrativa; per cui il deposito di un documento «prima
sconosciuto», ma riguardante fatti già dedotti in giudizio con i motivi principali, non con-
sente la produzione di nuovi motivi.
La memoria integrativa va proposta entro il termine (perentorio) di 60 giorni dalla data di noti-
zia del deposito dei nuovi documenti, e decorre:
› nel caso di documenti depositati dalle parti di propria volontà, dal momento in cui la parte ha
estratto copia del documento «non conosciuto» dal fascicolo d’ufficio; in questo caso, il termi-
ne va collegato al momento in cui la parte ha avuto la disponibilità di quei documenti e quindi
ha avuto la possibilità di elaborare gli eventuali «motivi aggiunti»;
› nel caso di documenti richiesti dalla Commissione ad una parte, dalla scadenza dei 60 giorni,
se anteriore a quello in cui la parte ha acquisito la disponibilità materiale dei documenti.
Se è stata già fissata la data di trattazione della controversia, l’interessato deve dichiarare che in-
tende proporre motivi aggiunti, a pena d’inammissibilità, non oltre la trattazione in camera di
consiglio o la discussione in pubblica udienza; in tal caso, il Presidente della Sezione dovrà rin-
viare la trattazione o l’udienza, per consentire la (richiesta) integrazione dei motivi.
Quando i motivi aggiunti configurano la proposizione di un «nuovo ricorso» - avverso atti non
indicati in quello introduttivo e depositati in corso di giudizio - va corrisposto un nuovo contri-
buto unificato (cfr. Circ. MEF 21.9.2011, n. 1/DF). Però, va ribadito che il contribuente può inte-
grare i motivi di ricorso solo nel caso di deposito, da parte del resistente, di documenti «non co-
nosciuti»; mentre non può, mediante l’atto di integrazione, impugnare un provvedimento impo-
sitivo diverso rispetto a quello già impugnato nel ricorso introduttivo (per cui l’atto di integra-
zione non dovrebbe scontare un nuovo contributo unificato rispetto a quello già corrisposto al
momento del deposito in Segreteria della nota di iscrizione a ruolo relativa all’atto impugnato).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la integra-
zione dei motivi era stato sospeso - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18,
conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L.
5.6.2020, n. 40; C.A.E. 16.4.2020, n. 10).
Di seguito si riportano alcuni principi tutt’ora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019.
Documenti e motivi aggiunti Le parti possono produrre, a sostegno delle proprie ragioni, docu-
menti in originale o anche in fotocopia (incombe sulla controparte l’onere di contestarne la con-
formità all’originale ex art. 2712 c.c.: cfr. Cass., Sentenze 30.4.2010, n. 10492 e 24.4.2009, n. 9773).
Se vengono allegati ad atti processuali, i documenti devono essere elencati; se sono prodotti se-
paratamente, devono essere elencati in apposita nota sottoscritta, da depositare in originale e in
tante copie (in carta semplice) quante sono le altre parti (anche non costituite).«I documenti non
elencati negli atti di parte cui sono allegati o, se prodotti separatamente, in apposita nota sottoscritta e
Processo tributario 171

depositata in originale, in violazione dell’art. 24 del D.Lgs. n. 546/1992 non possono essere posti dal

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


giudice a fondamento del proprio convincimento, a meno che la parte legittimata a far valere la irrego-

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larità non ne abbia accettato, anche implicitamente, il deposito, prendendone contezza ed assumendo
posizione sulla loro efficacia probatoria, senza nulla eccepire relativamente alla loro irrituale produzio-
ne» (cfr. Cass., Sent. 10.2.2017, n. 3593).
La integrazione dei motivi, «debitamente sottoscritta dal difensore del ricorrente» (o, eccezional-
mente, dal ricorrente), va effettuata mediante un atto avente gli stessi requisiti e secondo le stes-
se modalità previste per il ricorso (spedizione o consegna diretta o notifica alle controparti e
successivo deposito presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria; cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E).
Non è prevista «alcuna comunicazione dell’avvenuto deposito di documenti e memorie a cura della Se-
greteria»: la loro «conoscenza rientra nel generale onere delle parti di seguire le reciproche attività pro-
cessuali mediante la consultazione del fascicolo processuale» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E), e,
quindi, recandosi periodicamente presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE
Decreto M.E.F. 27.12.2011
Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163
Decreto Direttore Generale del Dipartimento M.E.F. 4.8.2015
Decreto M.E.F. 28.11.2017, n. 11497/2017

PRASSI AMMINISTRATIVA
Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Risp. Min. Fin. a Telefisco, 31.1.2019
Circ. Min. Fin. 21.9.2011, n. 1/DF Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10
Circ. Min. Fin. 11.5.2016, n. 2/DF

Art. 25 - ISCRIZIONE DEL RICORSO NEL REGISTRO GENERALE -


FASCICOLO D'UFFICIO DEL PROCESSO E FASCICOLI DI PARTE [CFF ¶ 4676]

1. La segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado iscrive il ricorso nel registro
generale e forma il fascicolo d'ufficio del processo, inserendovi i fascicoli del ricorrente e delle altre
parti, con gli atti e i documenti prodotti, nonché, successivamente, gli originali dei verbali di udienza,
delle ordinanze e dei decreti e copia delle sentenze. 3
2. I fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono ad esse restituiti al termine del
processo. Le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di
parte e d'ufficio. [I richiedenti diversi dall'ufficio tributario devono corrispondere le spese del rilascio
delle copie mediante applicazione e annullamento da parte della segreteria di marche da bollo nella
misura stabilita con decreto del Ministro delle finanze in base al costo del servizio.] 1
3. La segreteria sottopone al presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado il
fascicolo del processo appena formato. 3 2

Note
1 Il terzo periodo del presente comma è stato abrogato dall'art. 299, D.P.R. 30.05.2002, n. 115 con decorrenza dal 01.07.2002.
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n.
130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
172 Processo tributario

ISCRIZIONE DEL RICORSO NEL REGISTRO GENERALE -


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

FASCICOLO D'UFFICIO DEL PROCESSO E FASCICOLI DI PARTE (Art. 25)

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Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso
notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), il fascicolo d’ufficio, insieme con
i fascicoli del ricorrente, del resistente e delle altre parti, costituisce il fascicolo informatico, formato
dai file relativi agli atti processuali e dagli allegati depositati tramite il PTT dalle parti costituite in
giudizio. «In esso sono raccolte, altresì, le ricevute di PEC ed i messaggi di sistema».
Il fascicolo d’ufficio viene gestito dal personale amministrativo della Commissione tributaria e con-
tiene:
a. «le comunicazioni processuali effettuate dalla Segreteria (art. 16 e 16-bis, D.Lgs. n. 546/1992);
b. il verbale d’udienza;
c. i provvedimenti giurisdizionali (sentenze, decreti, ordinanze);
d. altri atti eventuali (es. nomina del consulente tecnico d’ufficio e relativa perizia, ecc.).
Con riguardo ai punti b), c) e d), trattasi di atti formati d’Ufficio su supporto cartaceo, successivamente
scansionati, firmati digitalmente dal personale di Segreteria e acquisiti al fascicolo (…).
Le parti e/o i loro difensori che accedono al PTT, in quanto abilitati dal sistema a seguito della registra-
zione, possono consultare il fascicolo informatico relativo alla controversia utilizzando il servizio del “Te-
lecontenzioso” ed estrarre copia degli atti ivi presenti» (cfr. Circ. M.E.F., 11.5.2016, n. 2/DF).
Le parti possono richiedere copia autentica degli atti e dei documenti inseriti nel fascicolo proces-
suale telematico, in esenzione dal pagamento dei diritti di copia. Il potere di attestazione di confor-
mità delle copie degli atti e documenti estratti, compete ai dipendenti dell’Ente pubblico e (anche)
ai difensori di tutte le parti processuali (cfr. il successivo art. 25-bis, introdotto dall’art. 16, co. 1, lett.
b), del D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136 e Risposta MEF a Telefisco del
31.1.2019).
Iscrizione a ruolo e fascicolo d’ufficio Il ricorso, con la nota di iscrizione a ruolo (vedi art. 22), va
iscritto nel Registro Generale (dei) Ricorsi (in sigla R.G.R.), con attribuzione immediata, all’atto della
costituzione in giudizio, del numero di R.G.R.
Subito dopo viene formato il fascicolo d’ufficio - contenente i fascicoli di parte, i verbali d’udienza,
le ordinanze, i decreti e la copia delle sentenze - a cura del segretario e previo controllo formale del-
l’inserimento degli atti di parte e dei documenti in essi indicati, nonchè della regolarità, anche fi-
scale, degli stessi. L’accettazione da parte del segretario, senza alcun rilievo formale, degli atti de-
positati fonda una presunzione di regolarità e di esistenza dei medesimi che, tuttavia non deve rite-
nersi assoluta «potendo, al contrario essere vinta da elementi di segno contrario emergenti dalle risultan-
ze processuali», con la conseguenza che la difformità tra l’oggetto del ricorso presente nel fascicolo
di primo grado e i dati riportati nella certificazione della segreteria «vale di per sé a vincere la pre-
sunzione di regolarità e completezza discendente dal controllo, scevro da rilievi, operato dal segretario al-
l’atto della costituzione in giudizio», e che la decisione che non abbia dato alcun valore probatorio al
certificato rilasciato dalla segreteria è corretta (cfr. Cass. Ord. 1.12.2020, n. 27388). «La Segreteria,
dopo aver formato il fascicolo d’ufficio, sottopone lo stesso al Presidente della Commissione» Tributaria
perché provveda ad assegnarlo ad una delle Sezioni (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Richiesta di copia di atti e documenti Le parti possono richiedere copia autentica degli atti e dei do-
cumenti inseriti nei fascicoli di parte e d’ufficio. I richiedenti diversi dall’ufficio tributario sono te-
nuti al pagamento dei diritti di copia quantificati dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Fi-
nanze del 27.12.2011. «Circa le spese per il rilascio delle copie, il comma 2 dell’art. 25 del Decreto legislati-
vo in commento esclude il pagamento delle somme dovute quando trattasi di Ufficio tributario», locuzio-
ne da intendersi riferita non solo «agli uffici dell’Amministrazione finanziaria, ma anche a quelli di
qualunque altro ente impositore (ad es., Comune, Provincia, Regione)» (cfr. Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n.
291/E).
«Le spese per il rilascio, da parte degli uffici di segreteria [delle Commissioni tributarie] sono fissate, per
i richiedenti diversi dall’ufficio impositore, nella misura stabilita dalle tabelle contenute negli allegati 1, 2,
3 e 4 [sotto riportati] … del presente decreto»; esse variano a seconda che si richieda «il diritto di copia
senza certificazione di conformità», «il rilascio di copie autentiche di documenti», «il rilascio di copie in
formato elettronico» prodotte dalle parti o provenienti dall'archivio elettronico dell'Ufficio di segrete-
ria. Dette spese «sono a carico del richiedente e vengono riscosse, all’atto della presentazione della do-
Processo tributario 173

manda, mediante l’applicazione di marche da bollo ordinarie sulla medesima domanda a cura dell’ufficio

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


di segreteria» delle Commissioni tributarie «cui va inoltrata la richiesta» (cfr. Decreto M.E.F.

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27.12.2011, rispettivamente, artt. 1, 2 e 3).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE PRASSI AMMINISTRATIVA


Decreto M.E.F. 27.12.2011 Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E
Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163 Circ. Min. Fin. 21.9.2011, n. 1/DF
Decreto Direttore Generale del Dipartimento Circ. Min. Fin. 11.5.2016, n. 2/DF
M.E.F. 4.8.2015
Risp. Min. Fin. a Telefisco, 31.1.2019
Decreto M.E.F. 28.11.2017, n. 11497/2017
Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Decreto M.E.F. 27.12.2011


Allegato 1
(di cui all’art. 2, comma 1)
Diritto per il rilascio di copia cartacea senza certificazione di conformità
Numero di pagine Diritto di copia forfettizzato
1–4 € 1,50
5 – 10 € 3,00
11 – 20 € 6,00
21 – 50 € 12,00
51 – 100 € 25,00
Oltre le 100 € 25,00 più € 15,00 ogni ulteriori 100 pagineo frazione di 100

Allegato 2
(di cui all’art. 2, comma 2)
Diritto per il rilascio di copia cartacea con certificazione di conformità
Numero di pagine Diritto di copia Diritto di copia Totale
forfettizzato autentica (colonne 2 e 3)
1 2 3 4
1–4 € 1,50 € 9,00 € 10,50
5 – 10 € 3,00 € 9,00 € 12,00
11 – 20 € 6,00 € 9,00 € 15,00
21 – 50 € 12,00 € 9,00 € 21,00
51 – 100 € 25,00 € 9,00 € 34,00
Oltre 100 € 25,00 più € 15,00 ogni € 9,00 € 34,00 più € 15,00 ogni
ulteriori 100 pagine o frazione ulteriori 100 pagine o frazione
di 100 di 100
174 Processo tributario

Allegato 3
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

(di cui all’art. 2, comma 3)

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Diritto per il rilascio di copia, in formato elettronico, di ogni singolo atto e documento informatico
prodotto dalle parti in formato elettronico
Tipo supporto Dimensione del file in Importo forfetizzato
KB
(Kilobyte)
Supporti di memoria Fino a 40 € 1,00
di massa: CD, DVD
Posta elettronica 41 – 100 € 2,00
o prelievo da sorgente 101 – 200 € 4,00
remota
201 – 500 € 8,00
501 – 1.000 € 15,00
Oltre 1.000 € 15,00 più € 6,00 ogni ulteriori 4.928 kilobyte o
frazione di 4.928 kilobyte di sino a un massimo di
€ 500

Allegato 4
(di cui all’art. 2, comma 4)

Diritto per il rilascio di copia, in formato elettronico, di ogni singolo atto e documento informatico
trasferito dall’archivio informatico dell’ufficio di segreteria
Tipo supporto Numero pagine Importo forfetizzato
Supporti di memoria 1–4 € 1,00
di massa: CD, DVD
Posta elettronica 5 – 10 € 2,00
o prelievo da sorgente 11 – 20 € 4,00
remota
21 – 50 € 8,00
51 – 100 € 15,00
Oltre le 100 € 15,00 più € 6,00 ogni ulteriori 100 pagine o frazione
di 100, sino a un massimo di 100.000 pagine
Processo tributario 175

Circ. M.E.F. 26.3.2012, n. 2/DF

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Allegato 1

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Istanze presentate dal 1° marzo 2012 per il rilascio di copia di atti o provvedimenti relative a ricorsi/
appelli notificati fino al 6 luglio 2011 (ante Contributo Unificato)
IMPOSTA DI BOLLO DIRITTI DI COPIA [*]
sulla istanza per l’autenticazione in base diritto
al numero di copia
Parti Terzi Parti Terzi
di pagine/ autentica
processuali processuali
facciate 9 euro
per rilascio di copia NO NO SI
semplice
per rilascio di copia SI SI SI SI SI SI
autentica
per rilascio di copia NO NO SI SI
autentica di sentenza
per ricorso in
Cassazione
per rilascio di copia NO NO SI SI
autentica di sentenza
munita di formula
esecutiva
[*] Diritto di copia dovuto dalle parti (con esenzione per gli uffici tributari) e dai terzi.

Istanze presentate dal 1° marzo 2012 per il rilascio di copia di atti o provvedimenti relative a ricorsi/
appelli notificati a decorrere dal 7 luglio 2011 (post Contributo Unificato)
IMPOSTA DI BOLLO DIRITTI DI COPIA [*]
sulla istanza per l’autenticazione in base diritto
al numero di copia
Parti Terzi Parti Terzi
di pagine/ autentica
processuali processuali
facciate 9 euro
per rilascio di copia NO NO SI
semplice
per rilascio di copia NO SI NO SI SI SI
autentica
per rilascio di copia NO NO SI SI
autentica di
sentenza per ricorso
in Cassazione
per rilascio di copia NO NO SI SI
autentica di
sentenza munita di
formula esecutiva
[*] Diritto di copia dovuto dalle parti (con esenzione per gli uffici tributari) e dai terzi.
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 25-bis - POTERE DI CERTIFICAZIONE DI CONFORMITÀ [CFF ¶ 4676a]

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1. Al fine del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica, anche per im-
magine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento forma-
to su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente di
cui si avvalgono l'ente impositore, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui
all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, attestano la conformità della copia al
predetto atto secondo le modalità di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
2. Analogo potere di attestazione di conformità è esteso, anche per l'estrazione di copia analogica, agli
atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria della corte di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Ministro dell'econo-
mia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche
dell'ufficio di segreteria. Detti atti e provvedimenti, presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in
allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria, equivalgono all'originale anche se pri-
vi dell'attestazione di conformità all'originale da parte dell'ufficio di segreteria. 3
3. La copia informatica o cartacea munita dell'attestazione di conformità ai sensi dei commi prece-
denti equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento detenuto ovvero
presente nel fascicolo informatico.
4. L'estrazione di copie autentiche ai sensi del presente articolo, esonera dal pagamento dei diritti
di copia.
5. Nel compimento dell'attestazione di conformità i soggetti di cui al presente articolo assumono
ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato aggiunto dall'art. 16, comma 1, lett. b), D.L. 23.10.2018, n. 119 con decorrenza dal 24.10.2018,
convertito in legge dalla L. 17.12.2018, n. 136 con decorrenza dal 19.12.2018.
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

POTERE DI CERTIFICAZIONE DI CONFORMITÀ (Art. 25-bis)

La certificazione di conformità La norma (introdotta dall’art. 16, co. 1, lett. b) del D.L. 23.10.2018,
n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136), detta regole semplificate per la certificazione nel
P.T.T., della conformità digitale degli atti, provvedimenti e documenti e, in particolare:
› con il comma 1 attribuisce al difensore e al dipendente dell’Ente impositore, dell’Agente della
riscossione e dei soggetti iscritti all’Albo di cui all’art. 53, D.Lgs. 446/1997, il potere di certifi-
care la conformità di un atto di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento
formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, ai fini del deposi-
to e della notifica con modalità telematiche della copia informatica.
In proposito, «occorre sgombrare subito ogni dubbio sulla corretta lettura dell’art. 25-bis del D.Lgs.
546/1992, per cui il potere di attestazione di conformità di atti e documenti in possesso del difensore
e di quelli estratti dal fascicolo processuale telematico (…) è attribuito sia ai difensori di tutte le par-
ti processuali sia ai dipendenti degli Uffici impositori e dei soggetti della riscossione» (cfr. quanto
riportato in una intervista al Direttore della Giustizia Tributaria del MEF, pubblicata su Il Sole
24 Ore di martedì 11.12.2018; nonché Risposta MEF a Telefisco del 31.1.2019).
Con la introduzione della norma si è inteso, quindi, allineare la disciplina del processo tributa-
rio telematico a quella vigente in materia di processo civile e amministrativo, conferendo ai pre-
detti soggetti il potere di certificazione - ai fini del deposito e della notifica con modalità tele-
matiche - della copia informatica di un atto di parte o di un documento formato su supporto
analogico e detenuto in originale o in copia conforme;con il comma 2 estende, a favore dei me-
desimi soggetti, la facoltà di estrarre e di attestare la conformità di copie analogiche o informa-
Processo tributario 177

tiche di atti e provvedimenti presenti nel fascicolo informatico formato dalla Segreteria della

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, o trasmessi in allegato alle comunicazioni

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telematiche dell’ufficio di segreteria. É il caso della attestazione di conformità che i difensori
possono apporre sulla copia della sentenza estratta direttamente dalla piattaforma del P.T.T., al
fine di notificarla a controparte e far decorrere il termine breve di impugnazione (cfr. Circ.
M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF; nonchè Dip.Finanze, C.T.P. Avellino, 14.1.2021, Prot. 0000147).
La norma, peraltro, «non prevede nessun distinguo tra provvedimento nativo digitale o analogico»,
per cui consente al difensore «di attestare la conformità all’originale degli atti processuali, ivi
compresi i provvedimenti giurisdizionali, presenti nel fascicolo informatico, siano essi nativi digitali
ovvero digitalizzati successivamente» (cfr. Risp. Agenzia delle Entrate a Telefisco del 27.1.2022).
Però, «quando la produzione di un atto, nativo digitale (…) avvenga in giudizio tramite l’allegazio-
ne al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di conformi-
tà all’originale dell’atto prodotto (…)» (cfr. Cass. Ord. 16.1.2023, n. 981);
› con il comma 3 disciplina l’effetto della certificazione: la copia informatica o cartacea attestata
«conforme» equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento detenu-
to, ovvero presente nel fascicolo informatico.
La richiesta di copia autentica degli atti e documenti inseriti nel fascicolo processuale telematico non
comporta il pagamento dei diritti di copia (co. 4); i dipendenti e i difensori della parte pubblica, nel
compimento dell’attestazione di conformità, effettuato secondo le disposizioni contenuta nel CAD
(Codice dell’amministrazione digitale), assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali (co. 5).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

PRASSI AMMINISTRATIVA

Risp. Min. Fin. a Telefisco, 31.1.2019 Dip. Finanze, C.T.P. Avellino, 14.1.2021, Prot.
0000147
Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF
Risp. Ag. Entrate a Telefisco, 27.1.2022

Art. 26 - ASSEGNAZIONE DEL RICORSO [CFF ¶ 4677]

1. Il presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado assegna il ricorso ad una delle
sezioni; al di fuori dei casi di cui all'art. 29, comma 1, il presidente della commissione potrà assumere
gli opportuni provvedimenti affinché i ricorsi concernenti identiche questioni di diritto a carattere ri-
petitivo vengano assegnati alla medesima sezione per essere trattati congiuntamente. 1 2

Note
1 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

ASSEGNAZIONE DEL RICORSO (Art. 26)

Assegnazione del ricorso Il Presidente della Corte di giustizia tributaria provvede ad assegnare il
ricorso ad una delle Sezioni. Fatte salve le ipotesi di riunione dei processi previste dall’art. 29, il
Presidente tenderà ad assegnare alla stessa Sezione le controversie concernenti identiche que-
178
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

stioni di diritto a carattere ripetitivo: non solo per economia processuale, ma anche per evitare
contrasti giurisprudenziali.

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Il compito di stabilire i criteri di massima per l’assegnazione dei ricorsi nell’ambito delle Commis-
sioni divise in Sezioni, è attribuito, ex art. 24 del D.Lgs. 545/1992, al Consiglio di Presidenza della
Giustizia Tributaria - CPGT: tali criteri sono stati fissati con le Risoluzioni 6.12.2022, n. 5, § IV «An-
no 2023 - Criteri e linee guida per l’organizzazione ed il funzionamento delle Corti di Giustizia Tributa-
ria» (Ris. 14.12.2021, n. 4, § IV; per l’Anno 2022; le risoluzioni sono reperibili sul sito del CPGT ht-
tp://www.giustizia-tributaria.it/documentazione/risoluzioni).
Queste, in sintesi, le «regole»:
a. i Presidenti di Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, all’inizio di ogni anno
solare, predispongono un Decreto per predeterminare i criteri oggettivi con i quali intendono
procedere alla formazione di gruppi di ricorsi da attribuire alle varie Sezioni; e ciò tenendo conto
del numero dei ricorsi pervenuti, del numero delle Sezioni della Commissione, delle materie dei
ricorsi, della complessità delle singole fattispecie, delle eventuali sezioni specializzate: cercando
di assicurare una distribuzione omogenea tra le Sezioni di un pari numero di ricorsi e di istanze
cautelari, senza trascurare quanto disposto dall’art. 30 del Decreto (secondo cui, in ciascun mese
e per ciascuna sezione, almeno un’udienza deve essere destinata alla trattazione delle controver-
sie di valore non inferiore a € 51.645,69 ed un’altra udienza deve essere destinata alla trattazione
di controversie nei confronti di società con personalità giuridica o inerenti l’applicazione dell’art.
10-bis della L. 212/2000, ex art. 37-bis, D.P.R. 600/1973 [CFF · 6337a]);
b. ciascun Presidente di Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado depositerà presso le
rispettive Segreterie gli schemi dei citati decreti entro il 15 febbraio 2022 e adotterà entro il 30
giugno i Decreti che stabiliscono le sezioni che, nel periodo feriale, esamineranno le domande di
sospensione cautelare; successivamente, i due «gruppi» di decreti dovranno essere inviati al
Consiglio di Presidenza che ne disporrà la conservazione istituendo un apposito registro;
c. il Presidente di Commissione, formati i gruppi di ricorsi, attribuirà a ciascun gruppo un numero
progressivo ed i gruppi saranno in numero pari alle sezioni della Commissione; l’assegnazione del
gruppo di ricorsi alla sezione avverrà mediante estrazione del numero del gruppo e del numero
della sezione e le operazioni di assegnazione dovranno esaurirsi nella medesima giornata. Il Presi-
dente di Commissione potrà, però, escludere dalla assegnazione sezioni con un numero esiguo di
componenti e/o con notevole arretrato, al fine di assicurare una più sollecita definizione dei ricorsi;
d. i ricorsi con istanze di sospensione o che, comunque, mettano in evidenza, a giudizio del Presi-
dente della Commissione, fondate situazioni di urgenza, saranno assegnati alle sezioni mediante
sorteggio;
e. i ricorsi che presentino ragioni di connessione soggettiva e/o oggettiva (presentati contestualmen-
te o meno) dovranno essere assegnati alla sezione cui è attribuito il ricorso col numero progressivo
più basso; in questo caso, la sezione assegnataria di tali ulteriori ricorsi sarà esclusa dalle successi-
ve turnazioni, fino a ripristinare l’equilibrio numerico di assegnazione tra le varie sezioni;
f. i ricorsi in riassunzione della Corte di Cassazione, a seguito di annullamento con rinvio, dovran-
no essere assegnati a sezione diversa da quella che ha emesso la sentenza impugnata; così come
i ricorsi per revocazione di una sentenza dovranno essere assegnati a sezione diversa da quella
che ha pronunciato la sentenza;
g. i giudizi di ottemperanza saranno, invece, assegnati alla medesima sezione che ha emesso la
sentenza; così come le istanze per la correzione di errore materiale dovranno essere assegnate
alla medesima sezione che ha emesso la sentenza o il provvedimento;
h. i processi in carico ad una sezione congelata andranno riassegnati secondo i criteri generali di
cui sopra.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Ris. C.P.G.T., 15.12.2020, n. 4

Ris. C.P.G.T., 27.4.2010, n. 5 Ris. C.P.G.T., 14.12.2021, n. 4

Ris. C.P.G.T., 20.7.2010, n. 7 Ris. C.P.G.T., 6.12.2022, n. 5


Processo tributario 179

Sezione II – L'esame preliminare del ricorso

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Art. 27 - ESAME PRELIMINARE DEL RICORSO [CFF ¶ 4678]

1. Il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preli-
minarmente il ricorso e ne dichiara l'inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta.
2. Il presidente, ove ne sussistano i presupposti, dichiara inoltre la sospensione, l'interruzione e
l'estinzione del processo.
3. I provvedimenti di cui ai commi precedenti hanno forma di decreto e sono soggetti a reclamo in-
nanzi alla commissione. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 22, commi 1 e 2, e 27, comma 1, del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costitu-
zione, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova (C. Cost. ordinanza 13.12.2019, n. 273).

ESAME PRELIMINARE DEL RICORSO (Art. 27)

Esame preliminare del ricorso «Risponde ad una esigenza di economia del procedimento poiché, al fi-
ne di evitare la trattazione della causa, prevede che il Presidente della sezione possa» dichiarare, con
decreto, l’inammissibilità del ricorso in via preliminare, cioè senza che si giunga al suo esame da
parte della Commissione (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n, 98/E), nei casi di:
1. difetto di giurisdizione (art. 3, co. 1);
2. mancanza o assoluta incertezza di uno degli elementi essenziali del ricorso o della sua sotto-
scrizione (art. 18, co. 2 e 3);
3. ricorso non notificato all’Ufficio o all’Ente impositore;
4. ricorso intempestivo, cioè proposto oltre il termine dei 60 giorni dalla notifica dell’atto impu-
gnato (art. 21, co. 1) oppure tardivamente nel caso di rifiuto tacito di restituzione (art. 21, co.
2); vanno tenute, però, in debito conto eventuali sospensioni dovute al periodo feriale, al-
l’istanza di accertamento con adesione ecc.;
5. mancata o tardiva costituzione in giudizio del ricorrente (art. 22, co. 1);
6. difformità (rilevante) dell’atto depositato in Segreteria per la costituzione in giudizio rispetto
a quello presentato alla controparte (art. 22, co. 2).
«L’esame preliminare corrisponde ad un potere proprio del Presidente di Sezione» nelle Corti di giu-
stizia tributaria sia di primo che di secondo grado (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n, 98/E), non
esercitabile in sede collegiale, essendo di competenza del (solo) Presidente di Sezione.
Si tratta di un esame «preliminare» perché attiene ad una fase processuale antecedente alla
trattazione del merito, che risponde «ad una esigenza al tempo stesso di accelerazione e deflazione
del contenzioso e, in particolare, a quella di evitare di investire la Commissione, organo collegiale, di
ricorsi palesemente inammissibili» (cfr. Cass. Sent. 15.4.2016, n. 7514).
Va, peraltro, ricordato, che le cause di inammissibilità del ricorso possono essere rilevate anche
d’ufficio «in ogni stato e grado del giudizio» (cfr. art. 22, D.Lgs. 546/1992) dalla Commissione nel
caso non siano state rilevate e dichiarate dal Presidente di Sezione nella fase antecedente.
Inoltre, la causa di inammissibilità deve essere manifesta; nel caso di vizi o difetti del ricorso di-
scutibili, il Presidente deve astenersi dal dichiarare l’inammissibilità del ricorso o dell’appello,
lasciando che sia il Collegio a pronunciarsi.
Da ultimo, la norma prevede che il Presidente (di Sezione) dichiari, ove ne ricorrano i presuppo-
sti, anche la sospensione o l’interruzione o l’estinzione del processo (cfr. artt. 41 e 44).
I provvedimenti hanno forma di decreto, soggetto a reclamo innanzi alla Commissione.
180
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 28 - RECLAMO CONTRO I PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI [CFF ¶ 4679]

1. Contro i provvedimenti del presidente è ammesso reclamo da notificare alle altre parti costituite
nelle forme di cui all'art. 20, commi 1 e 2, entro il termine perentorio di giorni trenta dalla loro co-
municazione da parte della segreteria.
2. Il reclamante, nel termine perentorio di quindici giorni dall'ultima notificazione, a pena d'inam-
missibilità rilevabile d'ufficio, effettua il deposito secondo quanto disposto dall'art. 22, comma 1,
osservato anche il comma 3 dell'articolo richiamato.
3. Nei successivi quindici giorni dalla notifica del reclamo le altre parti possono presentare memorie.
4. Scaduti i termini, la commissione decide immediatamente il reclamo in camera di consiglio.
5. La commissione pronuncia sentenza se dichiara l'inammissibilità del ricorso o l'estinzione del
processo; negli altri casi pronuncia ordinanza non impugnabile nella quale sono dati i provvedi-
menti per la prosecuzione del processo.

RECLAMO CONTRO I PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI (Art. 28)

Opposizione ai provvedimenti assunti in via preliminare Contro i decreti di inammissibilità, di so-


spensione o di interruzione o di estinzione del processo, emessi dal Presidente di Sezione, è possibile
proporre reclamo «da notificare alle altre parti costituite», secondo le modalità telematiche previste per
la proposizione del ricorso. Pertanto, il documento nativo digitale - sottoscritto con firma elettronica
qualificata o firma digitale – va notificato a mezzo PEC alle altre parti costituite, nel termine perento-
rio di 30 giorni dalla comunicazione del decreto da parte della Segreteria. «In mancanza di costituzio-
ne della parte resistente (…) l’interessato proporrà reclamo esclusivamente depositando l’atto presso la se-
greteria della Commissione tributaria» (cfr. Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E). Va, invece, «esclusa, per
il principio di specialità, l’esperibilità dell’appello, costituente rimedio di carattere generale, che, se proposto,
deve essere dichiarato inammissibile» (cfr. Cass, Sent. 25.5.2009, n. 12027).
In proposito, una recente decisione di legittimità ha negato l’applicabilità del termine lungo previsto
dall’art. 327 c.p.c., al reclamo avverso il provvedimento di estinzione, non regolarmente comunicato
(cfr. Cass. Ord. 12.9.2022, n. 26700).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la proposizione
del reclamo contro i provvedimenti presidenziali era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art.
83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con
modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Entro il termine perentorio di 15 giorni dall’ultima notificazione, il reclamante, a pena d’inammissi-
bilità (rilevabile anche d’ufficio), deve depositare il reclamo nella Segreteria della Corte di giustizia
tributaria, con le modalità telematiche (e, quindi, mediante il S.I.Gi.T.) previste per la costituzione in
giudizio del ricorrente.
Le altre parti possono presentare memorie entro 15 giorni, decorrenti dalla ricezione della notifica
del reclamo.
Scaduti i termini, la Commissione decide in camera di consiglio,
› con sentenza, se dichiara l’inammissibilità del reclamo o l’estinzione del processo;
› con ordinanza non impugnabile, se decide di far proseguire il processo.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E


Processo tributario 181

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Art. 29 - RIUNIONE DEI RICORSI [CFF ¶ 4680]

1. In qualunque momento il presidente della sezione dispone con decreto la riunione dei ricorsi as-
segnati alla sezione da lui presieduta che hanno lo stesso oggetto o sono fra loro connessi.
2. Se i processi pendono dinanzi a sezioni diverse della stessa commissione il presidente di questa,
di ufficio o su istanza di parte o su segnalazione dei presidenti delle sezioni, determina con de-
creto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di
provvedere ai sensi del comma precedente.
3. Il collegio, se rileva che la riunione dei processi connessi ritarda o rende più gravosa la loro trat-
tazione, può, con ordinanza motivata, disporne la separazione.

RIUNIONE DEI RICORSI (Art. 29)

Riunione dei ricorsi (co. 1) L’istituto, che «assolve alla duplice funzione di favorire una maggiore economia
dei procedimenti e di evitare la formazione di giudicati difformi», è a fattispecie aperte, «lasciando alla di-
screzionalità del giudice l’esame dei presupposti della connessione» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n, 98/E).
Il Presidente della Sezione, infatti, può disporre, mediante decreto, in qualsiasi momento, la riu-
nione dei ricorsi, pendenti presso la stessa Sezione, che
› abbiano lo stesso oggetto o
› siano fra loro connessi, cioè proposti dal medesimo ricorrente nei confronti dei medesimi sog-
getti (connessione soggettiva) oppure che
› presentino oggetto o questioni affini (connessione oggettiva). Sotto quest’ultimo profilo, è stata
esclusa l’identità della causa petendi e, per l’effetto, del thema decidendum tra le cause aventi ad
oggetto l’impugnazione, rispettivamente, dell’avviso di accertamento e della cartella di paga-
mento emessa per la riscossione delle maggiori imposte accertate con il primo atto, dato che tra
le due cause difetta l’identità dei fatti costitutivi oggetto di accertamento; né rileva la relazione
che lega l’efficacia della cartella, quale atto esecutivo, al permanere in vita del prodromico avvi-
so, in quanto tale rapporto «non scalfisce l’autonomia e l’indipendenza dei due giudizi, ma può sol-
tanto portare ad affermare in capo al contribuente il diritto al rimborso di quanto versato, nel caso in
cui il giudizio di accertamento porti ad un esito a lui favorevole» (cfr. Cass., Ord. 11.3.2015, n. 4818):
non ricorrono, pertanto, i presupposti per la riunione dei due procedimenti.
Nel caso di riunione di ricorsi, le cause devono essere decise tenendo conto dell’eventuale rap-
porto di pregiudizialità esistente tra le stesse (cfr. Cass., Sent. 26.9.2008, n. 24221).
Processi pendenti dinanzi a Sezioni diverse (co. 2 e 3) In questo caso, il Presidente della Com-
missione – d’ufficio o su istanza di parte o su segnalazione pervenutagli dai Presidenti di Sezio-
ne – determina (con Decreto) la Sezione davanti alla quale essi devono essere trattati; e il Presi-
dente di quest’ultima dispone la riunione dei processi stessi.
Il Collegio giudicante, a sua volta, se rileva che la riunione dei processi connessi può ritardare o
aggravare la loro trattazione, ha facoltà di separare, con ordinanza motivata, i ricorsi riuniti.
Riunione delle cause in appello È obbligatoria soltanto nell’ipotesi di separata proposizione dell’im-
pugnazione contro la stessa sentenza e in quella di impugnazione di sentenze diverse, ma relative a
controversia sostanzialmente e processualmente unitaria, condizione che si verifica, ad esempio:
› quando la prosecuzione di separati processi di appello potrebbe dar luogo a soluzioni contra-
stanti (cfr. Cass., Sent. 16.5.2002, n. 18072);
› nel caso di giudizi relativi a tributi imputati per trasparenza nei rapporti tra società di persone
e soci, ma decisi separatamente, nonostante il litisconsorzio. In questa ipotesi, «la riunione
delle cause in luogo della declaratoria di nullità può avvenire nel giudizio di impugnazione quando
la complessiva fattispecie (...) sia caratterizzata da identità oggettiva (causa petendi) dei ricorsi,
182
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

proposizione degli stessi avverso un accertamento sostanzialmente unitario con sostanziale identità
di difese, simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi al giudice di merito, identità so-

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stanziale delle decisioni adottate» (cfr. Cass., Ord. 15.2.2018, n. 3789).
In tutte le altre ipotesi, la riunione è rimessa alla discrezionalità del giudice (cfr. Cass., Sent.
13.6.2002, n. 2013): con la conseguenza che il relativo provvedimento non è sindacabile in sede
di legittimità e non comporta nullità di sorta (cfr. Cass., Sent. 10.2.2010, n. 2956). Ad esempio le
controversie relative ad obbligazione solidale passiva possono essere riunite e trattate congiun-
tamente per convenienza pratica, anche se potrebbero formare oggetto di esame separato.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Sezione III – La trattazione della controversia

Art. 30 - NOMINA DEL RELATORE E FISSAZIONE DELLA DATA DI TRATTAZIONE


[CFF ¶ 4681]

1. Se non ritiene di adottare preliminarnente i provvedimenti di cui all' art. 27 , il presidente, scadu-
to in ogni caso il termine per la costituzione delle parti, fissa la trattazione della controversia se-
condo quanto previsto dagli articoli 33 e 34 e nomina il relatore.
2. Almeno una udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è riservata alla trattazione di contro-
versie per le quali l'ammontare dei tributi accertati e delle conseguenti soprattasse e pene pecu-
niarie non sia inferiore a cento milioni di lire. Un'altra udienza per ogni mese e per ciascuna se-
zione è comunque riservata alla trattazione di controversie nei confronti di società con persona-
lità giuridica, nonchè di controversie inerenti l'applicazione dell' articolo 37 bis del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. 1

Note
1 Il presente comma è stato così sostituito dall'art 7 D.Lgs. 8.10.1997, n. 358.

NOMINA DEL RELATORE E FISSAZIONE DELLA DATA DI TRATTAZIONE (Art. 30)

Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione Il Presidente di Sezione, una volta che
siano scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti – sempreché non abbia adottato
un provvedimento di inammissibilità del ricorso o di sospensione o di interruzione o di estin-
zione del processo – fissa la data di trattazione della controversia e nomina il relatore.
La sentenza che fosse emessa a seguito di udienza svoltasi prima del termine di scadenza per la
costituzione della parte resistente sarebbe nulla per violazione del principio del contraddittorio
ex art. 101 c.p.c. e, più in generale, art. 24 Cost. (cfr. Cass., Sent. 29.7.2004, n. 14498).
Il Presidente dovrà tener conto delle cd. «corsie preferenziali», cioè dovrà fare in modo che alme-
no una udienza per ogni mese della Sezione da lui presieduta sia destinata alla trattazione di
controversie:
› di valore non inferiore a € 51.645,69;
› che riguardano società con personalità giuridica;
› inerenti all’applicazione delle disposizioni antielusive di cui all'art. 10-bis, L. 212/2000 (ex art.
37-bis, D.P.R. 600/1973. Cfr. art. 6, D.Lgs. 545/1992, nonché C.P.G.T. Ris. 6.12.2022, n. 5, § III,
per l'anno 2023 e 14.12.2021, n. 4, per l'anno 2022).
Processo tributario 183

PRASSI AMMINISTRATIVA

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E C.P.G.T. Ris. 06.12.2022, n. 5

C.P.G.T. Ris. 14.12.2021, n. 4

Art. 31 - AVVISO DI TRATTAZIONE [CFF ¶ 4682]

1. La segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni
liberi prima. 1
2. Uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di
giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o
per esigenze del servizio.

Note
1 Il termine previsto nel presente comma è stato ridotto a dieci giorni liberi dall'art. 2, D.L. 09.04.2008, n. 59 (G.U.
09.04.2008).

AVVISO DI TRATTAZIONE (Art. 31)

Avviso di trattazione (co. 1) La Segreteria della Commissione Tributaria ha l’obbligo – a pena di


nullità della pronuncia della Commissione (cfr. Cass., Ord. 6.12.2010, n. 24765) – di dare comuni-
cazione della data di trattazione, alle parti costituite in giudizio, almeno 30 giorni liberi prima
della data medesima.
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricor-
so notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del presente Decreto), le comunicazioni –
cioè la trasmissione, da parte della Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado, di notizie di un fatto relativo al processo (come l’avviso della data di trattazione) - si effet-
tuano a mezzo posta elettronica certificata (PEC) e si intendono perfezionate al momento in cui
viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata
(PEC) del destinatario (cfr. art. 5, Decreto MEF 23.12.2013, n. 163; nonché Cass. Ord. 27.2.2020, n.
5372). Nel caso di più difensori della parte, le comunicazioni si intendono perfezionate con la rice-
zione da parte di almeno un difensore (cfr. art. 16-bis, co. 1, del Decreto). Qualora non sia stato in-
dicato l’indirizzo PEC del difensore o della parte, oppure lo stesso non sia reperibile dai pubblici
elenchi, «ovvero in caso di mancata consegna del messaggio PEC per cause imputabili al destinatario», le
comunicazioni a carico degli Uffici di segreteria si intendono perfezionate mediante deposito nella
Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado (cfr. art. 16-bis, co. 2 e Circ.
Ag. Entrate 15.12.2016, n. 38, § 1.6). A questo fine, il notificante deve provvedere alla notifica analo-
gica ex art. 16, D.Lgs. 546/1992 (per le modalità operative, si veda Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Omessa comunicazione alle parti nel termine Essa «Costituisce causa di nullità del procedimento e
della decisione della Commissione tributaria per violazione del diritto di difesa e del principio del
contraddittorio, nullità che si realizza sia nel caso di omesso invio dell’avviso, sia nel caso di invio ef-
fettuato senza il rispetto del termine stabilito dalla legge, realizzandosi, in entrambe le ipotesi, la vio-
lazione della prescrizione stabilita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 31» (cfr. Cass., Sent.
26.5.2017, n. 13319; conf. Cass. Sentenze 27.7.2021, n. 21414; conf. Cass., Ordinanze 27.5.2021, n.
14874; 14.5.2021, n. 13090; 24.1.2019, n. 2003; 11.7.2018, n. 18279; 1.12.2017, n. 28843).
«L’esame preliminare corrisponde ad un potere proprio del Presidente di Sezione» nelle Corti di giustizia
tributaria sia di primo che di secondo grado (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n, 98/E), non eserci-
tabile in sede collegiale, essendo di competenza del (solo) Presidente di Sezione.
Si tratta di un esame «preliminare» perché attiene ad una fase processuale antecedente alla
trattazione del merito, che risponde «ad una esigenza al tempo stesso di accelerazione e deflazione
184
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

del contenzioso e, in particolare, a quella di evitare di investire la Commissione, organo collegiale, di


ricorsi palesemente inammissibili» (cfr. Cass. Sent. 15.4.2016, n. 7514).

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Il principio è stato ulteriormente declinato, affermando che tale regola: «non ammette equipollen-
ti per il caso in cui le parti siano state poste in condizione di partecipare all’udienza di trattazione sul-
l’istanza di sospensione dell’atto impugnato avanzata dal contribuente, attesa l’autonomia funzionale
fra i due ambiti di trattazione» (cfr. Cass. Ord. 3.3.2023, n. 6528).
«La regolare costituzione del contraddittorio, [infatti], è un principio fondamentale del processo in ge-
nerale. In quello tributario, la comunicazione dell’avviso di trattazione dell’udienza ne rappresenta il
presupposto processuale in difetto del quale la sentenza eventualmente pronunciata è da ritenersi nul-
la» (cfr. Circ. Min. Fin., 23.4.1996, n. 98/E). Però, «la predetta nullità può essere sanata per rag-
giungimento dello scopo dell’atto a norma dell’art. 156 c.p.c., comma 3, nel caso in cui, nonostante
l’omessa o irrituale comunicazione dell’avviso, la parte sia ugualmente presente alla udienza (pubbli-
ca), ovvero abbia depositato memorie o documenti a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art.
32, circostanza sintomatica della conoscenza, da parte dell’interessato, della avvenuta fissazione del-
l’udienza (pubblica o camerale) di discussione della causa» (cfr. Cass., Sent. 26.5.2017, n. 13319).
Se la parte non riceve dalla segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do l’avviso, almeno 30 giorni liberi prima «il giudizio va celebrato ex novo dal primo grado.» (cfr.
Cass., Sent. 15.4.2016, n. 7514).
Il predetto effetto derivante dalla omessa comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza si ve-
rifica solo nei confronti delle parti costituite e, quindi, se la parte era già costituita in giudizio (cfr.
Cass., Sentenze 25.2.2013, n. 4712; 1.8.2008, n. 20952; 8.10.2007, n. 21059), mentre, se la parte resi-
stente (o appellata) si è costituita in giudizio dopo la fissazione della data di trattazione e dopo che
tale avviso era stato inoltrato alla parte ricorrente (o appellante), tale omissione non comporta la
nullità del procedimento e della successiva sentenza. Nel caso in cui la ragione della mancata conse-
gna al destinatario nel domicilio eletto non risulti dal piego raccomandato restituito alla Segreteria, il
giudice è tenuto a disporre la rinnovazione della comunicazione della fissazione di udienza (cfr. Cor-
te Cost., Ord. 13.1.2003, n. 12).
L’obbligo di comunicare alle parti la data di trattazione della udienza almeno 30 giorni liberi prima
si applica anche ai giudizi di appello: «nel processo tributario, la trattazione dell'appello in pubblica
udienza, senza preventivo avviso alla parte (…) costituisce una nullità processuale che travolge, per violazio-
ne del diritto di difesa, la sentenza successiva, ma non determina la retrocessione del processo alla commis-
sione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa
una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo
impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio,
comportino l'allungamento dei tempi del giudizio» (cfr. Cass., Ord. 22.7.2019, n. 19642, che richiama
Cass. Sent. 30.12.2014, n. 27496; conf. Cass. Ordinanze 10.9.2020, n. 18717; 22.5.2020, n. 9416;
5.11.2019, n. 28471). Però, anche in appello «la partecipazione del difensore del contribuente all’udienza
di discussione deve intendersi spiegare efficacia sanante della nullità derivante dalla omissione della comu-
nicazione» (cfr. Cass. Ord. 22.5.2020, n. 9416).
Il mancato avviso di trattazione alle parti costituite non esclude il decorso del termine «lungo» per
l’impugnazione e, come tutte le cause di nullità della sentenza, si converte in motivo di reclamo da
far valere, a pena di decadenza, con le modalità ed i termini propri di ciascun gravame (cfr. Cass.,
Sentenze 15.10.2013, n. 23323; 11.3.2011, n. 5846; 15.12.2010, n. 25320; contra Cass., Sent. 11.3.2013,
n. 6048). Ma «la predetta nullità, una volta dedotta e rilevata in sede di impugnazione, non determina
necessariamente la retrocessione del processo al grado precedente. In tal senso depone, da un lato, il ca-
rattere dell’appello, che anche nel processo tributario costituisce un gravame generale a carattere sostitu-
tivo (che impone al giudice dell’impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia) e,
dall’altro, la regola ormai consolidata che i casi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, di nullità –
verificatesi in primo grado e che comportano la rimessione del processo al primo giudice – sono tassativi
(Cass. n. 17127 del 2007) e che tra essi non rientra l’ipotesi in esame» (cfr. Cass., Sent. 30.12.2014, n.
27496; conf. Cass. Ordinanze 5.11.2019, n. 28471; 22.7.2019, n. 19642).
Si ricorda che «”i termini liberi”, a differenza dei termini normali, si computano senza considerare il dies a
quo (giorno iniziale) e il dies ad quem (giorno finale)» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); per cui si
deve procedere a ritroso, e nel caso in cui il giorno «a monte» sia festivo (sabato o domenica) o cada nel
periodo feriale (v. anche commento art. 32), si deve procedere (all’indietro) fino al primo giorno «utile».
Processo tributario 185

Rinvio della trattazione (co. 2) Se il Presidente rinvia la trattazione della causa:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› per giustificato impedimento del relatore, del quale non sia possibile la sostituzione;

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› per giustificato impedimento (anche) di una sola parte;
› per esigenze di servizio,
la Segreteria della Commissione deve avvisare le parti costituite.
Svolgimento delle udienze da remoto e trattazione scritta A seguito della emergenza epidemio-
logica da Covid-19, il Legislatore è intervenuto per disciplinare lo svolgimento delle udienze da
remoto e/o la trattazione in forma scritta della causa, prevedendo che i capi degli uffici giudi-
ziari potessero adottare - nel periodo dal 12.5.2020 al 30.6.2020 (cfr. art. 83, co. 6, D.L. 18/2020,
modif. da art. 3, co. 1, lett. b-bis), D.L. 28/2020, conv. in L. 70/2020) - alcune misure, tra cui:
› l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze [cfr. art. 83,
co. 7, lett. d)];
› lo svolgimento delle udienze da remoto [cfr. art. 83, co. 7, lett. f)];
› lo svolgimento delle udienze mediante lo scambio e il deposito telematico di note scritte, con
successiva adozione fuori udienza dei provvedimenti del giudice [cfr. art. 83, co. 7, lett. h).
Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria aveva, quindi, diramato le indicazioni (cfr.
lett. d) del co. 7 dell’art. 83, D.L. 18/2020) per la fissazione e trattazione delle udienze tributarie,
raccomandando ai dirigenti: «di valutare, altresì, la possibilità di precisare, nell’avviso di trattazio-
ne ex art. 31 D.Lgs. 546/1992, che, ove le esigenze di tutela della salute dei giudici e del personale am-
ministrativo non consentano la loro presenza nell’aula di udienza, qualora non intervenga una rinun-
cia espressa alla richiesta di pubblica udienza già formulata, ovvero qualora una delle parti chieda,
anche successivamente alla ricezione dell’avviso di trattazione, l’audizione personale, la causa sarà
rinviata a data successiva al 31 luglio 2020» (cfr. C.P.G.T., Doc. 12.5.2020).
L’art. 135, D.L. 19.5.2020, n. 34 (conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77), poi, ha sostituito l’art. 16, co.
4, D.L. 119/2018, introducendo, a regime, lo svolgimento delle udienze da remoto sia per la «Tratta-
zione in camera di consiglio», di cui all’art. 33, D.Lgs. 546/1992, sia per la «Discussione in pubblica
udienza», di cui all’art. 34, stesso decreto, prevedendo che: «La partecipazione alle udienze di cui agli
articoli 33 e 34 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, può avvenire a distanza mediante collegamento audiovisivo tra
l’aula di udienza e il luogo del collegamento da remoto del contribuente, del difensore, dell’ufficio impositore
e dei soggetti della riscossione, nonché dei giudici tributari e del personale amministrativo delle Commissio-
ni tributarie, tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in en-
trambi i luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collegamento è equiparato all’aula del-
la udienza. La partecipazione da remoto all’udienza di cui all’articolo 34 del D.Lgs. 546/1992, può essere ri-
chiesta dalle parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero con apposita istanza da deposi-
tare in Segreteria e notificare alle parti costituite prima della comunicazione dell’avviso di cui all’articolo
31, comma 2, del D.Lgs. 546/1992».
Infine, lo svolgimento delle udienze da remoto è stato ulteriormente regolato dalla disposizione
di natura temporanea di cui all’art. 27, D.L. 28.10.2020, n. 137 (conv. con modif. in L. 18.12.2020,
n. 176, modificato dall’art. 6, D.L. 1.4.2021, n. 44, , e più volte prorogato: si veda il commento
all'art. 34 del presente Decreto).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF

Circ. Ag. Entrate 15.12.2016, n. 38, § 1.6 C.P.G.T., Doc. 12.5.2020


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 32 - DEPOSITO DI DOCUMENTI E DI MEMORIE [CFF ¶ 4683]

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1. Le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazio-
ne osservato l' art. 24, comma 1.
2. Fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma ciascuna delle parti può
depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti.
3. Nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio sono consentite brevi
repliche scritte fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio.

DEPOSITO DI DOCUMENTI E DI MEMORIE (Art. 32)

Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado
con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), il deposito
di documenti informatici e di memorie deve avvenire con modalità telematiche e, quindi,
tramite il S.I.Gi.T.. Il documento deve essere:
a. in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
b. privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
c. redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazio-
ni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su sup-
porto informatico di documento analogico;
d. sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la se-
guente denominazione: <nome file libero>.pdf.p7m
In sede di deposito va indicato, anche, il «numero di RGR/RGA rilasciato precedentemente dal
PTT, ovvero, se non disponibile, il numero della ricevuta di accettazione del ricorso/appello/con-
trodeduzioni rilasciata dal sistema», facendo attenzione al fatto che «in assenza della indica-
zione del numero di RGR/RGA ovvero della ricevuta di accettazione sincrona, il PTT non consente
il deposito degli atti successivi» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF) si veda anche Circ. M.E.F.
4.7.2019, n. 1/DF).
Non è prevista «alcuna comunicazione dell’avvenuto deposito di documenti e memorie a cura
della Segreteria»: la loro «conoscenza rientra nel generale onere delle parti di seguire le recipro-
che attività processuali mediante la consultazione del fascicolo processuale» (cfr. Circ. Min.
Fin. 23.4.1996, n. 98/E), e, quindi, consultando il portale della Giustizia tributaria utilizzan-
do le proprie credenziali.
Deposito di documenti, di memorie illustrative e di brevi repliche Devono tenere conto dei
seguenti limiti temporali, che variano a seconda della tipologia di trattazione.
Se la trattazione avviene in pubblica udienza (previa richiesta di una parte),
a) fino a 20 giorni liberi prima della data di trattazione, è consentito alle parti depositare
documenti presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado. Con l’avvertenza che:
› sono considerati «documenti»: i processi verbali di verifica (P.V.V.) e di constatazione
(P.V.C.), i contratti e le scritture private, le perizie, le dichiarazioni dei redditi, gli atti
del procedimento di accertamento che ha preceduto l’emissione dell’atto impositivo
impugnato. Le «perizie estimative, prodotte, singolarmente o nel contesto di scritti difen-
sivi, dal contribuente o da organi tecnici dell'Amministrazione», secondo recente giuri-
sprudenza, hanno «contenuto di allegazione difensiva a contenuto tecnico», per cui ne
deriverebbe la «loro producibilità nel contesto di memoria difensiva nel rispetto del termi-
ne di dieci giorni prima dell'udienza pubblica di discussione della causa in appello, ex artt.
58, comma 2, e 32, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992» (cfr. Cass., Ord. 29.9.2017, n.
22965; conf. Cass, Ord. 27.12.2018, n. 33503);
› non sono considerati documenti – e possono essere prodotti e/o esibiti senza forma-
lità, anche in udienza – i precedenti giurisprudenziali, ad eccezione delle sentenze
inerenti processi (tributari, penali, civili e amministrativi) nei quali il contribuente ha
assunto la qualità di parte, le circolari, risoluzioni e note della Amministrazione fi-
Processo tributario 187

nanziaria, gli articoli di dottrina;

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


b) fino a 10 giorni liberi prima della trattazione, è consentito, a ciascuna delle parti, depo-

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sitare memorie illustrative per spiegare e sviluppare i motivi già dedotti nel ricorso
(non dunque per proporre «nuovi» motivi: cfr. Cass. Ord. 17.1.2019, n. 1161).
Se la trattazione della causa avviene in camera di consiglio, è consentito svolgere brevi re-
pliche fino a 5 giorni liberi prima dell’udienza: per puntualizzare le proprie posizioni e per
sostenere l’infondatezza delle controdeduzioni proposte dalla controparte, la quale non ha
facoltà di ulteriormente controdedurre. I termini di cui sopra (20, 10, 5 giorni liberi) sono
perentori (cfr. Cass., Sentenze 30.5.2011, n. 11929; 27.5.2009, n. 12396; 2.12.2008, n. 28598;
9.1.2004, n. 138) per cui la loro inosservanza impedisce al collegio di tenere conto di memo-
rie e documenti depositati tardivamente.
I documenti prodotti tardivamente in primo grado possono essere utilmente «ridepositati»
nella Segretaria della Corte di giustizia tributaria di secondo grado (cfr. Cass., Sent.
15.10.2010, n. 21309). Ciò vale anche nel caso di deposito successivo ad un rinvio meramen-
te «interlocutorio» dell’udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della
controparte alla produzione tardiva, dato che per gli atti processuali (non anche per l’osser-
vanza di termini perentori) è consentita la sanatoria a seguito di acquiescenza (cfr. Cass.,
Sent. 29.11.2013, n. 26741).
Se, invece, il termine (per il deposito di documenti) viene assegnato dal collegio, nulla im-
pedisce ai giudici di esaminare la documentazione ancorché prodotta dopo la scadenza del
predetto termine (cfr. Cass., Sent. 23.12.2000, n. 16176).
Anche per il deposito di documenti, memorie illustrative e brevi repliche i giorni devono es-
sere «liberi» (cfr. art. 31) e il computo va fatto a ritroso per cui:
› se il giorno iniziale cade nel periodo feriale (1° agosto – 31 agosto di ogni anno) si deve
procedere all’indietro fino al primo «giorno utile»;
› se il giorno di scadenza è festivo (sabato o domenica), le memorie, documenti e brevi re-
pliche vanno depositati il giorno precedente non festivo (in termini, Cass., Sent.
20.9.2002, n. 16343).
Esempio: la trattazione del ricorso è fissata per il 13.9.2019. Quindi, il termine:
› per depositare i documenti scade il 23.7.2019 (12 gg. di settembre; sospensione in agosto;
8 gg. di luglio);
› per depositare le memorie scade il 2.9.2019 (10 gg. dal 12 al 3 settembre; escludendo il 13
e il 2).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il Legislatore aveva
introdotto la sospensione - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - dei termini processuali, prevedendo,
altresì, il differimento dell’udienza o dell’attività da cui decorrono i termini a ritroso, se gli
stessi ricadevano, in tutto o in parte, nel predetto periodo di sospensione (cfr. art. 83, co. 2,
del D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23,
conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; C.A.E. 16.4.2020, n. 10).
Si ricorda, infine, che fino al 30 giugno 2019, il deposito di documenti e memorie si effet-
tuava (e ancora si può effettuare, per le cause di valore non superiore a 3.000,00 euro), con
apposita nota di deposito in originale e in copie per le altre parti; ovvero con atto in origi-
nale e in copie per le parti. Anche, in questo caso, non essendo prevista «alcuna comunica-
zione dell’avvenuto deposito di documenti e memorie a cura della Segreteria», la loro «cono-
scenza rientra nel generale onere delle parti di seguire le reciproche attività processuali median-
te la consultazione del fascicolo processuale» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E), e, quin-
di, recandosi periodicamente presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo
e secondo grado, per prendere visione del fascicolo processuale ed estrarre copia dei docu-
menti di propria competenza.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F 23.12.2013, n. 163


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Min. Fin. 4.7.2019, n. 1/DF

Circ. Min. Fin. 11.5.2016, n. 2/DF Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Art. 33 - TRATTAZIONE IN CAMERA DI CONSIGLIO [CFF ¶ 4684]

1. La controversia è trattata in camera di consiglio salvo che almeno una delle parti non abbia
chiesto la discussione in pubblica udienza, con apposita istanza da depositare nella segreteria e
notificare alle altre parti costituite entro il termine di cui all'art. 32, comma 2. 1 2
2. Il relatore espone al collegio, senza la presenza delle parti, i fatti e le questioni della controver-
sia.
3. Della trattazione in camera di consiglio è redatto processo verbale dal segretario.

Note
1 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, primo comma, sollevata in riferimento agli artt. 24,
secondo comma, 53, primo comma e 101, primo comma, della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 141 G.U.
29.04.1998, n. 17 Prima Serie Speciale).
2 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art 33, primo comma, sollevata in riferi-
mento agli artt. 24, secondo comma, 53, primo comma e 101, primo comma, della Costituzione (C.cost. 30.06 - 09.07
1998, n. 260 G.U. 15.07.1998, n. 28 Prima Serie Speciale).

TRATTAZIONE IN CAMERA DI CONSIGLIO (Art. 33)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria Per i giudizi instaurati con ricorso notificato
dal 1° settembre 2023, l’art. 4, co. 4, della citata L. 130/2022, sostituisce l’art. 16, co. 4 del D.L.
23.10.2018, n. 119 (conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136), stabilendo la regola dello svolgimen-
to delle udienze a distanza, da tenersi secondo la disciplina prevista dalle regole tecnico-opera-
tive di cui al Decreto del Direttore delle finanze 11 novembre 2020 (in G.U. n. 285 del
16.11.2020).
Trattazione in camera di consiglio «Per esigenze di economia processuale [si] prevede, come regime
normale, la trattazione in camera di consiglio, piuttosto che in pubblica udienza, salvo apposita
istanza di parte (…). Nella nuova configurazione normativa il regime pubblico o meno della trattazio-
ne è, quindi, rimesso alla volontà delle parti» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E). In proposito,
la C.T.P. di Catania ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale
della norma (e degli articoli 30, lett. g), n. 1, L. 413/1991, e 32, co. 3, D.Lgs 546/1992), per-
ché «prevede come regime normale la trattazione in camera di consiglio senza la presenza delle parti,
limitando il contraddittorio al deposito di documenti entro dieci giorni prima dell’udienza», per cui
riprodurrebbe, in violazione del giudicato costituzionale ex art. 136 Cost., la precedente disposi-
zione (art. 39, D.P.R. 636/1972), già dichiarata incostituzionale (Sent. 50/1989). La norma viole-
rebbe, inoltre, l’art. 101 Cost., non potendo la pubblicità delle udienze essere limitata sulla base
di esigenze di economia processuale; e violerebbe l’art. 111 Cost., perchè il principio del contrad-
dittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un Giudice terzo, richiede necessariamen-
te lo svolgimento della pubblica udienza. Secondo i Giudici, quindi, la regola della trattazione in
camera di consiglio in luogo della pubblica udienza, subordinando quest’ultima alla richiesta di
una delle parti, contrasta con gli articoli 136, 101 e 111 della Costituzione (cfr. C.T.P. Catania,
Ord. 7.1.2021, n. 11).
La Corte costituzionale, però, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate, affermando:
› quanto alla violazione del giudicato costituzionale ex art. 136 Cost., che, a seguito della rifor-
ma di cui al D.Lgs. 546/1992, è stata sì reintrodotta la regola della trattazione camerale, «pre-
vedendosi, però, all’art. 33, co. 1, la possibilità di derogarvi mediante la richiesta di udienza pubbli-
Processo tributario 189

ca avanzata da almeno una delle parti. Detta facoltà costituisce estrinsecazione del diritto di difesa

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


ex art. 24 Cost., la cui violazione – ravvisabile nel caso in cui la commissione tributaria disatten-

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da una rituale richiesta di fissazione di udienza, decidendo la controversia in camera di consiglio
– comporta una nullità processuale che travolge la stessa sentenza»;
› quanto al contrasto con l’art. 101 Cost., che «il principio della pubblicità dei dibattimenti giudi-
ziari, pur trovando fondamento nel precetto racchiuso nell’art. 101, primo comma. Cost., può subire
eccezioni in relazione a determinati procedimenti e in presenza di giustificazioni obiettive e razio-
nali (…)»;
› quanto al contrasto con l’art. 111 Cost., che «non in tutti i processi la trattazione orale costituisce
un connotato indefettibile del contraddittorio e, quindi, del giusto processo, potendo tale forma di
trattazione essere surrogata da difese scritte tutte le volte in cui la configurazione strutturale e
funzionale del singolo procedimento, o della specifica attività processuale da svolgere, lo consenta e
purché le parti permangano su di un piano di parità».
Pertanto, «neanche nel processo tributario la previsione, come regola, della trattazione scritta è di
ostacolo a una piena attuazione del contraddittorio.
Ciò in quanto le disposizioni censurate, per un verso (…), non escludono la discussione in pubblica
udienza, ma ne subordinano lo svolgimento alla tempestiva richiesta di almeno una delle parti, e, per
un altro, attribuendo ai litiganti la facoltà di depositare, oltre alle memorie illustrative, ulteriori me-
morie di replica in un identico termine in parallelo, garantiscono un’adeguata e paritetica possibilità
di difesa.
Al contempo, la trattazione camerale soddisfa primarie esigenze di celerità e di economia processuale,
particolarmente avvertite in un processo, come quello tributario, che “attiene alla fondamentale ed
imprescindibile esigenza dello Stato di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso
l’attività dell’Amministrazione finanziaria” (ordinanza n. 273 del 2019).
In definitiva, le disposizioni censurate, definendo un modello di trattazione flessibile e capace di assi-
curare, anche nella versione camerale, un confronto tra le parti effettivo e paritario, e conciliandosi
con le caratteristiche strutturali e funzionali del contenzioso tributario, costituiscono espressione non
irragionevole della discrezionalità riservata al Legislatore nella conformazione degli istituti proces-
suali» (cfr. Corte cost. 18.3.2022, n. 73).
Nel caso di trattazione in camera di consiglio, cioè senza la presenza delle parti, la Commissio-
ne decide solo sulla base delle difese scritte e dei documenti prodotti, e la verbalizzazione è ef-
fettuata a cura del segretario. «La trattazione in camera di consiglio della controversia può esaurirsi
in una o più udienze, per cui (in assenza di una richiesta di pubblica udienza) correttamente la Com-
missione tributaria regionale ha proceduto in assenza dei procuratori delle parti disponendo CTU ed
acquisendone i risultati per pervenire alla decisione» (cfr. Cass., Sent. 23.12.2005, n. 28770).
Ciascuna delle parti, peraltro, può chiedere la discussione in pubblica udienza, con apposita
istanza da depositare nella Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do e da notificare alle altre parti costituite almeno 10 giorni liberi prima della data dell’udienza
stessa: non basta il deposito, è necessaria la notifica, in assenza della quale, la sentenza pro-
nunciata in pubblica udienza (con la partecipazione di una sola parte) è nulla (cfr. Cass., Sent.
7.3.2003, n. 16161). Si ricorda che:
› per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere
dall'1.7.2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), il deposito di documenti informatici deve avvenire
con modalità telematiche e, quindi, tramite il S.I.Gi.T., con i previsti requisiti tecnici (cfr. art.
32);
› il termine di 10 giorni liberi (per il deposito della istanza) rileva(va) ai fini dell’eventuale dif-
ferimento dell’udienza (da cui decorrono i termini a ritroso), se esso ricadeva, in tutto o in
parte, nel periodo di sospensione - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - introdotto dal Legislatore a se-
guito della emergenza epidemiologica da Covid-19 (cfr. art. 83, co. 2, del D.L. 17.3.2020, n. 18,
conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L.
5.6.2020, n. 40; C.A.E. 16.4.2020, n. 10).
Modalità di presentazione L’espressione «apposita istanza» (contenuta nell’articolo in esame)
«consente alle parti del processo tributario di formulare l’istanza di discussione in pubblica udienza
non solo con atto separato, ma anche attraverso una esplicita richiesta contenuta nel ricorso intro-
duttivo del processo o nel ricorso o in appello o in altri atti processuali, a condizione, in quest’ultimo
190
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

caso, che detti atti siano notificati alle parti costituite e depositati presso la Segreteria della Commis-
sione» (cfr. Circ. Min. Fin. 21.10.1998, n. 242/E, a seguito di sentenza della Corte Costituzionale

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23.4.1998, n. 141) nel predetto termine di 10 giorni liberi prima della data di trattazione (cfr.
Cass., Sentenze 30.6.2011, n. 14392; 11.5.2009, n. 10678; 23.4.2001, n. 5986). È stata ammessa an-
che l’istanza di discussione pubblica prodotta insieme con l’appello incidentale (che viene de-
positato in segreteria ma non notificato all’appellante principale) «in quanto è necessaria una
apposita notifica dell’istanza solo se questa non sia contenuta in un atto «recettizio», mentre con il
deposito dell’atto di appello incidentale la controparte deve considerarsi informata del contenuto del-
l’atto stesso, compresa l’istanza di trattazione in pubblica udienza» (Cass., Sent. 16.7.2009, n.
16577).
Giustizia Tributaria Digitale L’art. 16, co. 4, D.L. 119/2018 aveva previsto la possibilità, su richie-
sta delle parti, di intervenire all’udienza pubblica, ex art. 34 del D.Lgs. 546/1992, mediante un
collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo indicato dalle parti in causa, ma la di-
sposizione non è mai stata attuata, mancando i provvedimenti di individuazione delle necessa-
rie regole tecnico-operative.
La comparsa della emergenza epidemiologica da Covid-19 ha indotto il Legislatore ad adottare
misure urgenti - comprese quelle in materia di giustizia civile, penale e tributaria - per contra-
starne gli effetti negativi. Gli interventi sul giudizio tributario, che si sono susseguiti a più ri-
prese, hanno riguardato, da un lato, la sospensione o il rinvio di termini in scadenza durante la
emergenza sanitaria, e, dall’altro, lo svolgimento delle udienze tributarie, tenendo conto della
necessità sia di rispettare le misure sul distanziamento personale che di assicurare la continuità
del servizio. E così, dopo una prima fase in cui si è previsto il rinvio d’ufficio delle udienze, si è
passati ad una fase in cui si è previsto lo svolgimento delle udienze da remoto (da autorizzare a
cura del Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado), o sulla base
degli atti o con trattazione scritta, ferma la possibilità per le parti di formulare istanza per la di-
scussione in presenza (cfr. art. 27 del D.L. 28.10.2020, n. 137, conv. con modif. in L. 18.12.2020,
n.176). In quest’ultimo caso, parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto di accogliere detta
istanza e, quindi, di rinviare le parti ad una successiva udienza di discussione in presenza, rite-
nendo che «un contraddittorio cartolare coatto (…) si contrappone a numerosi principi di carattere
costituzionale e sovranazionale», e che «la pubblicità delle udienze costituisce motivo di approfondi-
mento per le parti e per l’organo giudicante oltre che baluardo contro oscurantismi (...) e processi se-
greti che ripugnano ad uno Stato di diritto» (cfr. C.T.P. Napoli, Ord. 28.1.2021, n. 218).
In questo contesto, è intervenuta la modifica dell’art.16, co. 4, D.L. 119/2018 (cfr. art. 4, co. 4 del-
la L. 130/2022), che si applica «ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso notificato
dal 1° settembre 2023» (cfr. art. 4, co. 4-bis, della citata L. 130/2022). Di seguito un estratto del
testo della novella normativa:
«4. La partecipazione alle udienze di cui agli articoli 33 e 34 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, da parte dei
contribuenti e dei loro difensori, degli enti impositori e dei soggetti della riscossione, dei giudici e del
personale amministrativo delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, può avvenire
mediante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità
delle persone presenti nei diversi luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collega-
mento da remoto è equiparato all’aula di udienza. (…)». Il tema è approfondito nel commento al
successivo art. 34.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

Decreto del Direttore Generale delle Finanze 11.11.2020, n. 46

PRASSI AMMINISTRATIVA
Processo tributario 191

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 15.5.2009, n. 24/E

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. Min. Fin. 21.10.1998, n. 242/E

Art. 34 - DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA [CFF ¶ 4685]

1. All'udienza pubblica il relatore espone al collegio i fatti e le questioni della controversia e quindi il
presidente ammette le parti presenti alla discussione.
2. Dell'udienza è redatto processo verbale dal segretario.
3. La commissione può disporre il differimento della discussione a udienza fissa, su istanza della
parte interessata, quando la sua difesa tempestiva, scritta o orale, è resa particolarmente diffici-
le a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti. Si applica l' art. 31,
comma 2, salvo che il differimento sia disposto in udienza con tutte le parti costituite presenti.

DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA (Art. 34)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria Per i giudizi instaurati con ricorso notificato
dal 1° settembre 2023, l’art. 4, co. 4, della citata L. 130/2022, sostituisce l’art. 16, co. 4 del D.L.
23.10.2018, n. 119 (conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136), stabilendo la regola dello svolgimen-
to delle udienze a distanza, da tenersi secondo la disciplina prevista dalle regole tecnico-operati-
ve di cui al Decreto del Direttore delle finanze 11 novembre 2020 (in G.U. n. 285 del 16.11.2020).
Discussione in pubblica udienza Deve essere richiesta da almeno una delle parti e si svolge se-
condo le seguenti modalità.
Il Presidente:
› prima di tutto, dà la parola al Relatore, che espone i fatti e indica le posizioni delle parti e le
motivazioni a sostegno delle loro domande;
› poi, ammette le parti presenti alla discussione orale: inizia il rappresentante del ricorrente (o
dell’appellante) e prosegue il rappresentante della parte resistente (o appellata);
› di seguito, dà la parola nuovamente sia al Relatore che all’altro componente del Collegio per
eventuali domande o chiarimenti;
› infine, se del caso, ammette brevi repliche delle parti.
Dell’udienza viene redatto apposito processo verbale ad opera del Segretario.
Chiusa la discussione e congedate le parti, la Commissione si ritira in camera di consiglio.
La mancata presenza di una parte all’udienza pubblica non può essere interpretata come so-
pravvenuta carenza di interesse alla decisione né come rinuncia implicita alla domanda, ma la
Commissione emetterà la sua sentenza sulla base delle risultanze documentali, delle difese
scritte e dopo aver sentito solo la parte presente (la mancata comparizione delle parti, che ave-
vano chiesto di discutere la causa in pubblica udienza, non impedisce, infatti, né la trattazione
né la decisione della causa nel merito se la convocazione sia stata regolare e tempestiva: cfr.
Cass. Ord. 14.6.2011, n. 13001).
La Commissione può rinviare la discussione ad udienza fissa (cioè con fissazione di altra data)
quando una delle parti abbia formulato apposita istanza di rinvio per gravi motivi oggettivi o
personali o nel caso in cui la difesa di una parte sia resa particolarmente difficile a causa dei do-
cumenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti.
Il provvedimento di rinvio, se tutte le parti costituite sono presenti, viene comunicato nella stes-
sa udienza ed annotato nel verbale; in caso contrario, del rinvio va data comunicazione alle parti
costituite e non presenti, a cura della Segreteria, almeno 30 giorni liberi prima della nuova
udienza (a norma dell’art. 31).
«Il potere del giudice di rinviare la discussione della causa è di carattere discrezionale» (cfr Cass.,
192
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Sent. 30.6.2011, n. 14359). «A differenza di quanto previsto, [seppure] in via eccezionale, nel processo
penale, nel processo civile ed in quello tributario, non è previsto che l’impedimento del difensore sia

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causa di rinvio»; a meno che non venga provata anche l’impossibilità della sostituzione (cfr.
Cass., Ord. 2.11.2011, n. 22713; Cass., Sent. 19.3.2010, n. 6753), quasi mai possibile nel caso di
mandato plurimo o che consente la sostituzione del difensore nominato (in proposito, si veda,
però, Cass. Ord. 9.8.2019, n. 21304, che ha ritenuto applicabile l’istituto della rimessione in ter-
mini nel caso di difesa congiunta da parte di due avvocati di Fori diversi, nel caso in cui quello
deputato all’adempimento sia stato colpito, nella notte anteriore alla scadenza del termine, da
un malore grave, improvviso e imprevedibile, senza che l’altro difensore, stante la distanza tra i
due Fori, potesse provvedere in sostituzione del primo).
Giustizia Tributaria Digitale L’art. 16, co. 4, D.L. 119/2018 aveva previsto la possibilità, su richiesta
delle parti, di intervenire all’udienza pubblica ex art. 34, D.Lgs. 546/1992, mediante un collega-
mento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo indicato dalle parti in causa, ma la disposizio-
ne non è mai stata attuata, mancando i provvedimenti di individuazione delle necessarie regole
tecnico-operative.
La comparsa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha indotto il Legislatore ad adottare
misure urgenti - comprese quelle in materia di giustizia civile, penale, e tributaria - per contra-
starne gli effetti negativi. Gli interventi sul giudizio tributario, che si sono susseguiti a più ripre-
se, hanno riguardato, da un lato, la sospensione o il rinvio di termini in scadenza durante la
emergenza sanitaria, e, dall’altro, lo svolgimento delle udienze tributarie, tenendo conto della
necessità sia di rispettare le misure sul distanziamento personale che di assicurare la continuità
del servizio.
Queste le disposizioni adottate: art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n.
27 e ss.mm., art. 135, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77, art. 27, D.L.
28.10.2020, n. 137, conv. con modif. in L. 18.12.2020, n.176.
A. L’art. 83, D.L. 18/2020 aveva previsto - nel periodo dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - il rinvio d’uffi-
cio a data successiva delle udienze e la sospensione di tutti i termini procedurali, con la eccezio-
ne dei procedimenti la cui ritardata trattazione potesse produrre grave pregiudizio alle parti. Per
il successivo periodo - dal 12.5.2020 al 30.6.2020 (cfr. art. 83, co. 6, D.L. 18/2020, modif. da art.
3, co. 1, lett. b-bis, D.L. 28/2020, conv. in L. 70/2020 ) - i capi degli Uffici giudiziari potevano
adottare alcune misure per contrastare la emergenza epidemiologica, tra cui:
› l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze [cfr. art. 83,
co. 7, lett. d)];
› lo svolgimento delle udienze da remoto [cfr. art. 83, co. 7, lett. f)];
› lo svolgimento delle udienze mediante lo scambio e il deposito telematico di note scritte, con
successiva adozione fuori udienza dei provvedimenti del Giudice [cfr. art. 83, co. 7, lett. h)].
Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria aveva diramato le indicazioni (cfr. lett. d) del
co. 7 dell’art. 83, D.L. 18/2020) per la fissazione e la trattazione delle udienze tributarie, racco-
mandando ai dirigenti:
a. di promuovere, fino al 31.7.2020, lo svolgimento delle udienze da remoto «anche per la tratta-
zione ordinaria dei ricorsi che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle
parti (…);
b. di promuovere la stipula di protocolli con i Consigli dell’ordine degli avvocati locali e con gli Ordini
dei Commercialisti ed esperti contabili (…);
c. di prevedere che anche le camere di consiglio (…) si svolgano da remoto (…);
d. di valutare la gravità del pregiudizio ai fini della "dichiarazione di urgenza" (…);
e. di valutare la possibilità di favorire, per il periodo dal 12.5.2020 al 31.7.2020, la trattazione dei ri-
corsi in cui non è stata presentata istanza di pubblica udienza e di valutare la possibilità di con-
sentire comunque la trattazione dei ricorsi, ove la parte ricorrente lo chieda, rinunciando alla pub-
blica udienza o ai termini processuali di costituzione o di deposito delle memorie;
f. di valutare la possibilità di prevedere che si tengano con le modalità previste dalla lett. h), del co. 7,
dell’art. 83, D.L. 18/2020 (trattazione scritta) le udienze camerali ex art. 33, D.Lgs. 546/1992 (…)
nonché quelle, originariamente iscritte con istanza di discussione in pubblica udienza, per le quali i
difensori vi abbiano rinunciato espressamente;
g. di valutare, altresì, la possibilità di precisare, nell’avviso di trattazione ex art. 31, D.Lgs. 546/1992,
Processo tributario 193

che, ove le esigenze di tutela della salute dei giudici e del personale amministrativo non consentano

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


la loro presenza nell’aula di udienza, qualora non intervenga una rinuncia espressa alla richiesta

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di pubblica udienza già formulata, ovvero qualora una delle parti chieda, anche successivamente
alla ricezione dell’avviso di trattazione, l’audizione personale, la causa sarà rinviata a data succes-
sive al 31 luglio 2020» (cfr. C.P.G.T., 12.5.2020).
La possibilità, per i capi degli uffici, di adottare le misure organizzative necessarie alla celebra-
zione delle udienze – quali: l’udienza a porte chiuse, la trattazione da remoto, la celebrazione
delle udienze mediante scambio documentale e deposito del provvedimento fuori udienza – ha
indotto la Corte costituzionale a dichiarare inammissibili le questioni di legittimità della legisla-
zione emergenziale (tra cui quella relativa all’art. 83 del D.L. 18/2020) - sollevate dal Giudice di
pace di Lanciano - per non aver tenuto «conto del più articolato quadro normativo della disciplina
emergenziale del processo civile e delle possibili opzioni» (cfr. Corte cost. Sent. 3.2.2022, n. 31).
B. L’art. 135, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77, ha sostituito l’art. 16, co.
4, del D.L. 119/2018, introducendo, a regime, lo svolgimento delle udienze da remoto sia per la
«Trattazione in camera di consiglio», di cui all’art. 33, D.Lgs. 546/1992, sia per la «Discussione
in pubblica udienza», di cui all’art. 34, stesso decreto: non solo su istanza di parte, ma anche,
per alcune specifiche controversie, su disposizione del Giudice tributario. La novella prevede
che:
«La partecipazione alle udienze di cui agli articoli 33 e 34 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, può avvenire a
distanza mediante collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo del collegamento da remo-
to del contribuente, del difensore, dell’ufficio impositore e dei soggetti della riscossione, nonchè dei giu-
dici tributari e del personale amministrativo delle Commissioni tributarie, tali da assicurare la conte-
stuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e di udire quanto viene
detto. Il luogo dove avviene il collegamento è equiparato all’aula della udienza. La partecipazione da
remoto all’udienza di cui all’articolo 34 del D.Lgs. 546/1992, può essere richiesta dalle parti processuali
nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero con apposita istanza da depositare in Segreteria e notifi-
care alle parti costituite prima della comunicazione dell’avviso di cui all’articolo 31, comma 2, del
D.Lgs. 546/1992».
«Le relative regole tecnico operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza e le Com-
missioni tributarie presso cui è possibile attivarla» sono demandate a successivi Provvedimenti.
«I giudici, sulla base dei criteri individuati dai Presidenti delle Commissioni tributarie, individuano le
controversie per le quali l’ufficio di Segreteria è autorizzato a comunicare alle parti lo svolgimento del-
l’udienza a distanza».
C. È quindi intervenuto l’art. 27, D.L. 28.10.2020, n. 137 (conv. con modif. in L. 18.12.2020, n.176),
rubricato «Misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario» (modificato dall’art. 6,
co. 1, lett. g), del D.L. 1.4.2021, n. 44, conv. con modif. in L. 28.5.2021, n. 76), che ha previsto, lo
svolgimento delle udienze da remoto o, in alternativa, «sulla base degli atti», ovvero, se sia chie-
sta la discussione e non sia possibile procedere da remoto, con «trattazione scritta» della causa,
nel rispetto di precisi termini temporali, che, se non rispettati, possono comportare il rinvio a
nuovo ruolo. La disposizione, di natura temporanea, non vieta, comunque, la possibilità di cele-
brare le udienze in presenza, nel qual caso il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria
suggerisce di provvedere con la chiamata ad orario, così da evitare forme di assembramento
(cfr. C.P.G.T., Delibera 11.11.2020, n. 1230).
Il primo comma, primo periodo dell’art. 27, prevede che «lo svolgimento [anche parziale] delle
udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto è autorizzato»
con decreto motivato del competente presidente della Corte di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado,, da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza.
La disposizione è stata più volte prorogata, da ultimo, con l’art. 16 co. 3 del D.L 31.12.2021 n. 228,
conv. con modif. in L. 25.2.2022, n. 15 (c.d. Milleproroghe), che ha previsto lo «svolgimento delle
udienze da remoto nel processo tributario» fino al 30 aprile 2022.
Ne deriva che, dal 2 maggio 2022, «la disciplina della trattazione della causa ritorna ad essere a re-
gime (dal 2 maggio) quella già prevista dagli art. 33 e 34 del D.Lgs. 546/1992, caratterizzata dalla ca-
mera di consiglio (regola generale) e dalla pubblica udienza su impulso di parte», e, quindi, si applica
la disciplina, a regime, prevista dall’art. 16, del D.L. 119/2018 sopra richiamato, in luogo della di-
sposizione temporanea di cui all’art. 27 in esame. Non essendo più prevista la decisione sulla ba-
194
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

se degli atti «le modalità di decisione sono ridotte a due (pubblica udienza in presenza o a distanza e
decisione in camera di consiglio ove non sia richiesta la pubblica udienza). L’udienza da remoto potrà

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essere chiesta (…) anche da una sola parte nel ricorso, nel primo atto difensivo o in altra istanza, da
depositare prima della fissazione dell’udienza (art. 16, co. 4)», senza che occorra l’accettazione della
controparte. «L’istanza di partecipazione all’udienza “da remoto” deve essere depositata “prima della
comunicazione dell’avviso di cui all’art. 31, co. 2, D.Lgs. 546/1992” (comunicazione a cura della segre-
teria della data di trattazione, almeno 30 gg. prima). Se l’istanza viene presentata dopo (…) è facoltà
del Presidente del Collegio autorizzare (…) l’udienza a distanza, purchè venga proposta almeno 10 gg.
liberi prima dell’udienza, al fine di consentire alla segreteria le comunicazioni attinenti l’udienza da
remoto»: così la C.T.R. Lombardia con Decreto 11.4.2022, n. 9.
Quanto alla disciplina in vigore fino al 30 aprile 2022, l’art. 27 del D.L. 137, stabilisce che l’avviso
dell’ora e delle modalità di collegamento sono comunicate dalla segreteria alle parti, almeno tre
giorni prima della trattazione. Delle udienze che si svolgono da remoto si redige apposito verba-
le nel quale si dà atto delle modalità con cui si accerta la identità dei soggetti partecipanti. Tanto
i verbali quanto i provvedimenti adottati si considerano assunti presso la sede dell’Ufficio giudi-
ziario.
Il comma 2 prevede che «in alternativa alla discussione con collegamento da remoto, le controversie
fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che al-
meno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti
costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione. I difen-
sori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti». Se una delle parti chiede la discussione
in pubblica udienza o da remoto e il giudice di merito decide la controversia in camera di consi-
glio, la violazione del diritto al contraddittorio è manifesta e determina «la rimessione delle parti
avanti al giudice del primo grado ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 546/1992» (cfr. C.T.R. Lombardia,
Sent. 13.12.2021, n. 4406). Se manca la notifica della «apposita istanza», la richiesta di trattazione
in pubblica udienza va respinta (cfr. C.T.R. Lazio, Sent. 22.1.2021, n. 418). Ove sia chiesta la di-
scussione e non sia possibile effettuare il collegamento da remoto, «si procede mediante tratta-
zione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per deposito
di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell’udienza per memorie di replica».
Nonostante il comma in esame non sia richiamato dall’art. 16, co. 3 del D.L. 228/2021 (conv. con
modif. in L. 25.2.2022, n. 15), la Relazione illustrativa al decreto afferma che «la disposizione è
volta a prorogare fino al 31.3.2022 [30.4.2022] il regime degli strumenti processuali a disposizione
delle parti e del Giudice tributario – l’udienza a distanza e la trattazione con scambio di note scritte –
per limitare la presenza degli operatori di settore presso le sedi delle Commissioni tributarie». E
l’Agenzia delle Entrate conferma: «la proroga non riguarda solo la possibilità dei presidenti delle
Commissioni tributarie di autorizzare lo svolgimento delle udienze a distanza, ma anche l’alternativa
della trattazione scritta, qualora, pur essendo stata richiesta la discussione pubblica, non sia possibile
procedere mediante collegamento da remoto (…). Pertanto, la proroga non potrebbe che riguardare
proprio l’intera disciplina dell’art. 27 del D.L. 137/2020 (…), comprendente anche l’udienza cartolare»
(cfr. Risp. A.E. a Telefisco 27.1.2022).
Il comma 2 prosegue prevedendo che, se non è possibile garantire il rispetto dei termini appena
indicati, «la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta
nel rispetto dei medesimi termini. In caso di trattazione scritta le parti sono considerate presenti e i
provvedimenti si intendono comunque assunti presso la sede dell’ufficio».
Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, nel fornire indicazione sull’applicazione
della norma, ha, tra l’altro, individuato alcuni parametri in merito «alla valutazione delle istanze
di discussione orale formulate dai difensori delle parti, che non abbiano accettato il contraddittorio
cartolare», precisando che «sarà opportuno tenere conto nella valutazione delle istanze di rinvio post
emergenziale della rilevanza, novità, complessità della questione, del suo valore, del numero di docu-
menti da esaminare e quant’altro ritenuto utile al loro accoglimento» (cfr. C.P.G.T., Delibera
11.11.2020, n. 1230).
Il comma 3 consente di esonerare i componenti dei collegi, residenti o domiciliati o dimoranti in
luoghi diversi da quelli in cui si trova la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado di
appartenenza, dalla partecipazione alla udienza o camera di consiglio da svolgersi presso la se-
de della Commissione: su loro richiesta e previa comunicazione al Presidente.
Processo tributario 195

Il comma 4, infine, precisa che, «salvo quanto previsto nel presente articolo» resta confermata la

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


disciplina stabilita dall’art. 16 del D.L. 119/2018 in ordine alle modalità di svolgimento delle

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udienze da remoto.
D. La formulazione dell’art. 16, co. 4 del D.L. 119/2018, dal 1° settembre 2023.
In questo contesto, è intervenuta la modifica dell’art.16, co. 4, D.L. 119/2018 (cfr. art. 4, co. 4 della
L. 130/2022), che si applica «ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso notificato
dal 1° settembre 2023» (cfr. art. 4, co. 4-bis, della citata L. 130/2022). Di seguito il testo della no-
vella normativa:
«4. La partecipazione alle udienze di cui agli articoli 33 e 34 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, da parte dei
contribuenti e dei loro difensori, degli enti impositori e dei soggetti della riscossione, dei giudici e del
personale amministrativo delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, può avvenire me-
diante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle
persone presenti nei diversi luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collegamento
da remoto è equiparato all’aula di udienza. La partecipazione alle udienze di cui all’art. 34 del D.Lgs.
31.12.1992, n. 546, secondo le modalità previste nel primo periodo del presente comma, può essere ri-
chiesta dalle parti nel ricorso, nel primo atto difensivo o in apposita istanza de depositare in segreteria
almeno venti giorni liberi prima della data di trattazione. L’udienza si tiene a distanza se la richiesta è
formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina del-
l’udienza da tenere presso la sede delle corti di giustizia tributaria contenuta nell’art. 34 del D.Lgs.
546/1992».
La novella prosegue, poi, con le seguenti specifiche disposizioni: «Le udienze di cui all’art. 34 del
D.Lgs. 546/1992, tenute dalla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocrati-
ca, e quelle di cui agli articoli 47, comma 2, e 52, comma 3, del medesimo D.Lgs. 546/1992 si svolgono
esclusivamente a distanza, fatta salva la possibilità per ciascuna delle parti di richiedere nel ricorso,
nel primo atto difensivo o nell’appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all’udienza
del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. Il Giudice decide
sulla richiesta di cui al periodo precedente e ne dà comunicazione alle parti con l’avviso di trattazione
dell’udienza. In ogni caso in cui l’udienza si tenga a distanza è comunque consentita a ciascun Giudice
la partecipazione presso la sede della corte di giustizia tributaria. Le regole tecnico.operative per con-
sentire la partecipazione all’udienza a distanza sono disciplinate dal Decreto del Direttore generale
delle finanze 11 novembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 16 novembre 2020. Il Di-
rettore generale delle finanze, d’intesa con il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e sentiti
il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia digitale, può in ogni momento
modificare il suddetto decreto, anche tenuto conto della evoluzione tecnologica».
Udienze da remoto Al fine di consentire l’attivazione delle udienza a distanza, sono state stabilite
- con Decreto del Direttore Generale delle Finanze 11.11.2020, n. 46 (in G.U. Serie Generale, n.
285 del 16.11.2020) - le regole tecnico-operative per lo svolgimento delle udienze – pubbliche o
camerali – da remoto.
L’art. 2 del Decreto prevede che le udienze a distanza si svolgano mediante collegamenti da re-
moto utilizzando il programma informatico «Skype for Business» ed effettuando i collegamenti
tramite dispositivi che utilizzano esclusivamente infrastrutture e spazi di memoria collocati al-
l’interno del Sistema Informativo della Fiscalità (SIF) del Ministero dell’Economia e delle Finan-
ze, nei limiti delle risorse e degli apparati assegnati ai singoli Uffici.
I dispositivi utilizzati rispettano le caratteristiche tecniche e di sicurezza di cui alle «Linee guida
tecnico-operative» pubblicate sul sito Internet dedicato alla Giustizia Tributaria del MEF e aggior-
nate periodicamente.
L’art. 3 del Decreto prevede che la partecipazione all’udienza avvenga con modalità tali da assi-
curare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone collegate e la possibilità di udi-
re quanto viene detto, a garanzia della partecipazione e del contraddittorio. La decisione del
Presidente di svolgere l’udienza a distanza è comunicata alle parti a mezzo di una prima PEC, ex
art. 16-bis, D.Lgs. 546/1992; cui segue, prima dell’udienza, l’invio, a cura dell’ufficio di Segrete-
ria, di una seconda PEC, contenente il link per partecipare all’udienza e l’avviso che l’accesso
tramite tale link comporta il trattamento dei dati personali ai sensi del Regolamento sulla pri-
vacy. «Il link è diverso per ciascuna udienza, strettamente personale e non cedibile a terzi, fatta ecce-
zione per l’eventuale difensore delegato» (co. 2).
196
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«In caso di mancato funzionamento del collegamento da remoto, il Presidente sospende l’udienza e, nel
caso in cui sia impossibile ripristinare il collegamento, rinvia» l’udienza (co. 3). Il verbale di udienza

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è redatto come documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma di-
gitale dal Presidente o dal Giudice monocratico e dal segretario dell’udienza. Se non è possibile
procedere con la sottoscrizione digitale, il segretario effettua la copia informatica del verbale
con firma autografa e la inserisce nel fascicolo d’ufficio, previa apposizione della propria firma
digitale (co. 4. In merito al processo verbale dell’udienza, si veda anche quanto statuito dall’art.
6 del Decreto 6.11.2020, n. 44).
Le «Linee guida tecnico-operative» necessarie ad individuare le specifiche tecniche funzionali al-
la partecipazione dei difensori e delle parti (di cui al co. 5), pubblicate a novembre 2020, preve-
dono che, per partecipare all’udienza a distanza, «è sufficiente avere un dispositivo compatibile con
la versione di Skype Web App, per i sistemi operativi Windows, oppure l’App Skype for Business per
tutti gli altri casi, entrambe gratuite. Inoltre occorre dotarsi di una webcam e di un apparato audio (…)
oltre che di una connessione di rete con ampiezza di banda dedicate di almeno 0,5 Megabit/secondo in
upload e di almeno 1.3 Megabit/secondo in download.
Le parti costituite e/o i difensori loro delegati, riceveranno una prima PEC (…) con la comunicazione
della data di trattazione del ricorso/appello nella modalità di udienza a distanza e successivamente
una seconda PEC che conterrà l’ora prefissata per la discussione e il collegamento all’evento Skype for
Business.
Per lo svolgimento dell’udienza a distanza è necessario collegarsi con qualche minuto di anticipo ri-
spetto all’ora fissata (ad es. 10/15 minuti) per verificare il funzionamento dei dispositivi. L’accesso può
avvenire solamente dopo aver ricevuto la PEC con il collegamento dell’evento Skype for Business, da
parte del Segretario della Commissione tributaria competente per la controversia (…).
Il Segretario gestisce l’avviso dell’udienza, procede alla verifica preliminare della presenza in videocon-
ferenza delle parti processuali e alla identificazione delle stesse e/o dei difensori e di loro delegati»
(cfr. «Udienza a distanza. Linee guida tecnico-operative per le parti processuali», Sogei/MEF, no-
vembre 2020).
Il CPGT, tenuto conto di quanto disposto dal Decreto del Direttore Generale n. 46/2020 sopra ri-
chiamato, ha chiarito che compete al Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado stabilire, ad inizio anno, «i criteri generali sulla base dei quali i presidenti delle sezioni
potranno provvedere a trattare le controversie per le quali venga ammesso lo svolgimento da remoto e
l’ufficio di segreteria sia autorizzato a darne comunicazione alle parti» (cfr. C.P.G.T. Ris. 6.12.2022, n.
5, § III).
Alcune Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, in ottemperanza a quanto sopra
disposto, hanno adottato i relativi provvedimenti attuativi.
La C.T.R. Lombardia, con decreto presidenziale del 27.11.2020, n. 0001562 - «preso atto che sono
state realizzate le necessarie modifiche all’applicativo Sigit per consentire la gestione delle udienze a
distanza» - dispone che per quelle «fissate e fissande nel periodo emergenziale, i sigg. Presidenti di
Collegio individueranno le cause per le quali riterranno di disporre udienze pubbliche da remoto, co-
municandolo tempestivamente ai rispettivi Segretari, in modo tale da consentire il rispetto dei termini
di cui al primo comma dell’art. 27 cit.».
La C.T.R. Friuli Venezia Giulia, con decreto presidenziale del 18.11.2020, n. 0001881- «preso atto
che sono venute meno le ragioni ostative allo svolgimento delle udienze da remoto» - dispone che «il
presidente di Collegio valutata la concreta possibilità di accogliere l’istanza [di trattazione della pub-
blica udienza a distanza] autorizza la trattazione con tale modalità».
La C.T. di II° di Trento, con decreto presidenziale dell’11.11.2020, autorizza lo svolgimento delle
udienze pubbliche e camerali da remoto «con le dotazioni informatiche di cui si è attualmente in
possesso».
La C.T.R. Puglia, con decreto presidenziale del 9.12.2020, n. 8470, autorizza, per il periodo emer-
genziale, «in via generale e su domanda di parte, ai sensi dell’art. 27 del D.L. 28.10.2020, n. 137, lo
svolgimento delle udienze pubbliche e camerali, anche parzialmente, con collegamento da remoto»; e
analogo provvedimento è adottato dalla C.T.R. Calabria (cfr. Decreto 20.11.2020, n. 0000056).
La C.T.R. Veneto, con decreto presidenziale del 18.11.2020, n. 0000481, autorizza lo svolgimento
delle udienze pubbliche e camerali, con collegamento da remoto, su richiesta di parte, «solo lad-
dove la segreteria sia abilitata all’utilizzo della piattaforma informatica Skype for Business»; in caso
Processo tributario 197

contrario, la causa verrà trattata allo stato degli atti, ovvero con trattazione scritta. «Il rinvio al

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


periodo post-emergenziale della pubblica udienza partecipata dalle parti», precisa ancora il decreto,

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«potrà essere accordato solo per gravi e giustificati motivi quando risultino inadeguati i riti alternati-
vi».

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

Art. 135, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77


Disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato

Art. 27, D.L. 28.10.2020, n. 137, conv. con modif. in L. 18.12.2020, n.176
Misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario

Decreto del Direttore Generale delle Finanze 11.11.2020, n. 46

C.T. di II° di Trento, decreto presidenziale, 11.11.2020

C.T.R. Veneto, decreto presidenziale, 18.11.2020, n. 0000481

C.T.R. Friuli Venezia Giulia, decreto presidenziale, 18.11.2020, n. 0001881

C.T.R. Calabria, decreto 20.11.2020, n. 0000056

C.T.R. Lombardia, decreto presidenziale, 27.11.2020, n. 0001562

C.T.R. Puglia, decreto presidenziale, 9.12.2020, n. 8470

C.T.R. Lombardia Decreto 11.4.2022, n. 9

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

C.P.G.T., 12.5.2020

C.P.G.T., Delibera 11.11.2020, n. 1230

Udienza a distanza. Linee guida tecnico-operative per le parti processuali, Sogei/MEF, novembre
2020

Risp. Ag. Entrate a Telefisco 27.1.2022

C.P.G.T. Ris. 6.12.2022, n. 5, § III


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 35 - DELIBERAZIONI DEL COLLEGIO GIUDICANTE [CFF ¶ 4686]

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1. Il collegio giudicante, subito dopo la discussione in pubblica udienza o, se questa non vi è stata,
subito dopo l'esposizione del relatore, delibera la decisione in segreto nella camera di consiglio.
2. Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata di non ol-
tre trenta giorni.
3. Alle deliberazioni del collegio si applicano le disposizioni di cui agli articoli 276 e seguenti del co-
dice di procedura civile. Non sono tuttavia ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad
alcune domande.

DELIBERAZIONI DEL COLLEGIO GIUDICANTE (Art. 35)

Deliberazioni del Collegio giudicante Il Collegio giudicante, subito dopo la trattazione della con-
troversia (sia in camera di consiglio che in pubblica udienza), decide in camera di consiglio, cioè
senza la presenza delle parti, dei loro rappresentanti e (anche) del segretario. «I giudici che deli-
berano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni»: a pena
di nullità della sentenza (cfr. Cass., Sent. 19.5.2010, n. 12259); possono, invece, essere diversi ri-
spetto a quelli che hanno emanato provvedimenti ordinatori, quali il rinvio o l’acquisizione di
una perizia (cfr. Cass., Sent. 15.4.2011, n. 8614).
Il Collegio delibera a maggioranza con un ordine prestabilito di votazione: il primo voto è quello
del relatore, poi si esprime l’altro componente ed infine il Presidente.
Nel caso in cui non si formi la maggioranza o si prospettino soluzioni diverse, il Presidente met-
te ai voti due soluzioni alla volta finché non si addivenga ad una sola alternativa e, infine, alla
decisione.
La deliberazione può essere rinviata di non oltre 30 giorni dalla data di trattazione della contro-
versia: «il termine massimo di trenta giorni (dalla discussione in pubblica udienza o dalla esposizione
del relatore (…) per il caso di rinvio della deliberazione del collegio giudicante), ha carattere ordinato-
rio ed acceleratorio, non essendo espressamente dichiarato perentorio dalla legge (ai sensi dell’art. 152
secondo comma cod. proc. civ.). La violazione del predetto termine, quindi, non comporta nullità della
sentenza ma è suscettibile di produrre altre conseguenze, comprese quelle disciplinari a carico dei re-
sponsabili» (cfr. Cass., Sent. 31.3.2008, n. 8249; conf. Cass. Ord. 31.1.2020, n. 2299).
Al processo tributario sono applicabili gli artt. 276 e seguenti c.p.c. (relativi alla «decisione della
causa» nel processo di cognizione davanti al Tribunale); non sono ammesse, peraltro, sentenze
non definitive o limitate solo ad alcune domande (cfr. Cass., Sentenze 22.2.2019, n. 5260;
31.1.2011, n. 2254).
L'art. 35, co. 3, «costituisce una norma a carattere eccezionale che introduce una deroga rispetto al re-
gime previsto per il processo civile dall'art. 279 c.p.c.; tale deroga è giustificata dalla esigenza di evitare
gli inconvenienti cui il frazionamento del giudizio dà generalmente luogo anche nel processo civile,
avuto specifico riguardo alla struttura del processo tributario ed al sistema della riscossione frazionata
dei tributi, con i quali l'istituto della sentenza non definitiva, ed, a maggior ragione, quello della impu-
gnazione differita, che solitamente vi si accompagna, verrebbero inevitabilmente a confliggere» (cfr.
Cass. Ord. 15.9.2022, n. 27249).
La decisione dei giudici può essere basata anche su questioni rilevabili d’ufficio; in tal caso, l'art.
101 c.p.c. dispone che «il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un ter-
mine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in
cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione». La norma «dovrebbe tro-
vare applicazione anche nel processo tributario (…) quando la Commissione tributaria intende porre a
fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio come, ad esempio, il difetto di giurisdizione
ai sensi dell’art. 3, co. 1 del D.Lgs. 546/1992» (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.3.2010, n. 12/E, § 9.2).
Giustizia Tributaria Digitale La comparsa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha indotto
il Legislatore ad adottare misure urgenti relative, tra l’altro, allo svolgimento delle camere di
consiglio. L’art. 83 del D.L. 18/2020 (conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27 e ss.mm.; nonché art.
135, D.L. 19.5.2020, n. 34 conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77) aveva, infatti, previsto la possibi-
Processo tributario 199

lità per i dirigenti degli Uffici di adottare misure idonee ad evitare assembramenti all'interno

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


degli uffici e contatti ravvicinati tra le persone. Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributa-

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ria (cfr. C.P.G.T., Doc. 12.5.2020), ha, quindi, diramato le relative indicazioni, raccomandando
di «prevedere che [nel periodo dal 12.5.2020 al 31.7.2020] anche le camere di consiglio, quale logica
prosecuzione delle udienze pubbliche o camerali - anche ove non immediatamente successive alle stesse
ed anche se precedute dal deposito di scritti difensivi - si svolgano da remoto, mediante gli applicativi
messi a disposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ferma la necessità di garantire la se-
gretezza della camera di consiglio e di evitare la visibilità della stessa da parte di terzi».
Successivamente sono state adottate - con Decreto del Direttore Generale delle Finanze 6.11.2020, n.
44 (in G.U. 13.11.2020, n. 283) - le regole tecniche per la redazione dei provvedimenti giurisdizionali
digitali (PGD). Il Decreto, in attuazione dell’art. 3, co. 3 del D.M. 23.12.2013, n. 163, ha:
› regolamentato la redazione in formato digitale e il deposito telematico dei provvedimenti del
Giudice; la redazione del processo verbale di udienza in formato digitale da parte del segreta-
rio; la redazione e trasmissione telematica degli atti digitali da parte degli ausiliari del Giudi-
ce; nonché la trasmissione dei fascicoli processuali informatici (cfr. art. 2);
› introdotto la «Scrivania del Giudice» intesa come «area di lavoro contenente le applicazioni in-
formatiche utili allo svolgimento dell’attività giurisdizionale a cui il Giudice accede via web con
proprie credenziali» (cfr. art. 3);
› disciplinato la redazione dei provvedimenti giurisdizionali digitali (PGD), prevedendo che sia-
no redatti in formato PDF/A, «derivante dalla conversione di un documento testuale, senza limiti
per le operazioni di selezione e copia parti, sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digi-
tale, nel rispetto delle disposizioni contenute nel CAD» (cfr. art. 4).
Una volta redatto il provvedimento del giudice, il segretario di sezione lo pubblica digitalmente
«mediante deposito nel fascicolo processuale», utilizzando le specifiche funzionalità del
S.I.GI.T. «All’atto della pubblicazione del provvedimento mediante apposizione della firma elettronica
qualificata da parte del segretario, il S.I.GI.T. attribuisce automaticamente il numero e la data del
provvedimento» (cfr. art. 5). «Il processo verbale di udienza è redatto dal segretario in formato PDF/
A, sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale e inserito nel fascicolo processuale in-
formatico» (cfr. art. 6).
Il Decreto ha previsto, infine, che «le regole tecniche operative sono adeguate alla evoluzione scienti-
fica e tecnologica, con cadenza almeno biennale, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decre-
to» (cfr. art. 9).
L’entrata in vigore delle nuove disposizioni - stabilita dall’art. 10 del Decreto, dall'1.12.2020 per la
C.T.P. di Roma e la C.T.R. del Lazio, e dall'1.6.2021 per le altre - ha subìto un parziale differimen-
to dovuto alla necessità «di completare il programma di formazione dei giudici tributari relativo alla
redazione in formato digitale e al deposito con modalità telematiche dei provvedimenti giurisdiziona-
li», richiesto dal C.P.G.T. con Nota n. 8862 del 30.4.2021 (cfr. Decreto del Direttore Generale delle
Finanze, 18.5.2021, n. RR553, che ha sostituito l’art. 10 del Decreto 44/2020). Ferma restando la
decorrenza per la C.T.P. di Roma e la C.T.R. del Lazio (dall'1.12.2020), il nuovo calendario ha pre-
visto le seguenti date di entrata in vigore:
› «il 1° giugno 2021 presso le C.T.P. di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, nonché presso le C.T.P. e
C.T.R. Calabria, Campania, Lombardia, Puglia e Sicilia;
› il 1° ottobre 2021 presso le C.T.P. e C.T.R. delle regioni Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Toscana
e Veneto;
› il 1° dicembre 2021 presso le C.T.P. e C.T.R. delle regioni Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia,
Marche Molise, Sardegna, Umbria, Valle D’Aosta, nonché presso le Commissioni di primo e secondo
grado di Trento e Bolzano» (cfr. art. 10, co. 1, Decreto 44/2020, modificato).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 276 e 277 Codice di procedura civile


Deliberazione e pronuncia di merito
200
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

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Decreto del Direttore Generale delle Finanze 6.11.2020, n. 44

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 12.3.2010, n. 12/E

C.P.G.T., 12.5.2020

C.P.G.T. Nota 30.4.2021, n. 8862

Sezione IV – La decisione della controversia

Art. 36 - CONTENUTO DELLA SENTENZA [CFF ¶ 4687]

1. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana.
2. La sentenza deve contenere:
1) l'indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori se vi sono;
2) la concisa esposizione dello svolgimento del processo;
3) le richieste delle parti;
4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto;
5) il dispositivo.
3. La sentenza deve inoltre contenere la data della deliberazione ed è sottoscritta dal presidente e
dall'estensore.

CONTENUTO DELLA SENTENZA (Art. 36)

Giustizia Tributaria Digitale L’art. 3, co. 3, D.M. 23.12.2013, n. 163 ha previsto che «con uno o più
decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, (…) sono individuate le regole tecnico-operative per
le operazioni relative (…) alla redazione e deposito delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze». Le
regole tecniche per la redazione dei provvedimenti giurisdizionali digitali (PGD) dei giudici tribu-
tari sono state, quindi, disciplinate con il Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020,
n. 44 (in G.U. 13.11.2020, n. 283), modificato dal Decreto del Direttore Generale delle Finanze,
18.5.2021, n. RR553, che, sostituendo l’art. 10, ha previsto la seguente decorrenza scaglionata per
l’entrata in vigore delle citate regole:
› «il 1° giugno 2021 presso le C.T.P. di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, nonché presso le C.T.P. e
C.T.R. Calabria, Campania, Lombardia, Puglia e Sicilia;
› il 1° ottobre 2021 presso le C.T.P. e C.T.R. delle regioni Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Toscana
e Veneto;
› il 1° dicembre 2021 presso le C.T.P. e C.T.R. delle regioni Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia,
Marche Molise, Sardegna, Umbria, Valle D’Aosta, nonché presso le Commissioni di primo e secondo
grado di Trento e Bolzano» (cfr. art. 10, co. 1, Decreto 44/2020, modificato);
› ferma restando la decorrenza, dall'1.12.2020, per la C.T.P. di Roma e la C.T.R. del Lazio.
Ne deriva che, i provvedimenti giurisdizionali digitali (PGD) delle Corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado saranno redatti in formato PDF/A, «derivante dalla conversione di un do-
Processo tributario 201

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


cumento testuale, senza limiti per le operazioni di selezione e copia parti, sottoscritti con firma elettro-
nica qualificata o firma digitale, nel rispetto delle disposizioni contenute nel CAD» (cfr. art. 4).

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Una volta redatto, il provvedimento del giudice verrà pubblicato digitalmente dal segretario
«mediante deposito nel fascicolo processuale informatico», con il che «il S.I.GI.T. attribuisce automa-
ticamente il numero e la data del provvedimento» (cfr. art. 5).
Contenuto (formale e sostanziale) della sentenza
Parti (co. 2, n. 1)
› «Qualora non vi sia stata una reale violazione del principio del contraddittorio e del diritto di dife-
sa, l’omessa indicazione, nell’epigrafe della sentenza della commissione tributaria, del nome del di-
fensore del contribuente non costituisce motivo di nullità della sentenza stessa» (cfr. Cass., Sent.
19.5.2010, n. 12259).
› Allo stesso modo, «l’erronea indicazione nella sentenza come contumace, della parte regolarmente
costituita, integra un vizio della sentenza soltanto se l’errore abbia determinato un concreto pregiu-
dizio alla parte medesima, dovendo essa indicare quale limitazione abbia subito nell’esercizio del di-
ritto di difesa e quale incidenza vi sia stata sull’esito della lite» (cfr. Cass., Sent. 21.4.2010, n.
9469).
Richieste delle parti (co. 2, n. 2 e 3) «In tema di contenuto della sentenza, la "concisa esposizione del-
lo svolgimento del processo" (…) e le "richieste delle parti" (…), non costituiscono un elemento mera-
mente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della
decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo
di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o pre-
supposti nella decisione (Cass., 20.1.2015, n. 920)» (cfr. Cass., Sent. 3.3.2020, n. 5798). In ogni caso,
la struttura della sentenza del giudice tributario deve contenere una chiara ed ordinata esposi-
zione delle ragioni della decisione da cui il collegio abbia desunto il proprio convincimento, do-
po aver svolto una disamina logico-giuridica esplicativa del percorso argomentativo seguito
(cfr., Cass. Ord. 19.1.2023, n. 1614; conf. Cass. Sent. 20.12.2021, n. 40735).
Motivazione (co. 2, n. 4) Deve essere intelligibile, senza rinvio ad elementi esterni e deve consen-
tire alla parte soccombente di cogliere le ragioni del rigetto delle proprie domande.
«Il Giudice di merito deve, nell’esercizio del suo potere esclusivo di conoscere della causa, effettuare
due distinte, ma connesse, attività di acquisizione della conoscenza, delle quali deve, poi, fornire la
descrizione:
› anzitutto, deve conoscere della esistenza dei fatti di causa e dei fatti rilevanti per la prova dei fatti
di causa; la relativa attività è attività di acquisizione di conoscenza della specie della scienza (attivi-
tà di scienza) e il risultato finale di questa prima operazione è l’accertamento (atto di scienza) degli
uni e degli altri fatti;
› in secondo luogo (…), deve adottare i comportamenti intellettivi idonei a valutare la (in)idoneità dei
fatti addotti come prova dei fatti di causa a svolgere la funzione ipotizzata dalle parti e i comporta-
menti intellettivi idonei a qualificare i fatti di causa come giuridicamente (ir)rilevanti e, quindi,
(in)idonei ad esser inseriti in una categoria dei fatti assunti da una norma giuridica come loro ele-
mento costitutivo; la relativa attività è attività di acquisizione di conoscenza della specie del giudi-
zio (attività di giudizio) e i risultati finali sono, rispettivamente, la valutazione dei fatti di prova e
la qualificazione dei fatti di causa (atti di giudizio).
Di tutti questi comportamenti cognitivi, volti a consentire il passaggio della mente del Giudice dalla
sua iniziale condizione di ignoranza dei fatti di causa e dei fatti della loro prova e della loro rile-
vanza giuridica allo stato di conoscenza finale, il Giudice di merito deve fornire la descrizione, in
modo che la subdichiarazione motivazionale a contenuto dinamico sia, per usare una efficace
espressione impiegata dalla dottrina, una rappresentazione linguistica di un ragionamento deciso-
rio» (cfr. Cass., Sent. 30.12.2009, n. 27935; conformi: Cass. Ord. 25.1.2022, n. 1974; Cass., Sen-
tenze 11.3.2016, n. 4791; 21.1.2011, n. 1364).
«Vizi» La motivazione deve ritenersi:
› «omessa e/o insufficiente e/o illogica quando il giudice di merito omette di indicare, nella senten-
za, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una ap-
profondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattez-
za e sulla logicità del ragionamento» (cfr. Cass., Sent. 18.11.2016, n. 23484; conf. Cass., Ordinan-
ze 9.12.2020, n. 28043; 8.11.2016, n. 22693);
202
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› «solo apparente (...) quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fon-
damento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il

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ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi la-
sciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (SS.UU., sentenza
n. 22232 del 3.11.2016)» (cfr. Cass. Ord. 2.11.2017, n. 26130; conf. Cass., Sentenze 4.1.2022, n. 13;
6.10.2021, n. 27178; Cass. Ordinanze 8.2.2023, n. 3799; 5.7.2022, n. 21177; 21.10.2021, n. 29277;
14.10.2021, n. 27952; 22.9.2021, n. 25622; 8.9.2021, n. 24145; 15.6.2021, n. 16868; 10.6.2021, n.
13374; 28.4.2021, n. 11148; 9.4.2021, n. 9400; 9.3.2021, n. 6476; 17.12.2020, n. 29017; 13.8.2020, n.
17032; 22.2.2018, n. 4294). E lo stesso dicasi, quando la sentenza «si limiti a richiamare principi
giurisprudenziali asseritamene acquisiti, senza, tuttavia, formulare alcuna specifica valutazione sui
fatti rilevanti di causa e, dunque, senza ricostruire la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in
quella astratta» (cfr. Cass., Ord. 21.2.2018, n. 4178). «L’apparenza, peraltro, si rivela ogni qual vol-
ta la pronuncia evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il
Giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicita-
zione sul quadro probatorio (Cass. 14.2.2020, n. 3819)» (cfr. Cass. Ord. 19.1.2021, n. 751; conf.
Cass. Ord. 17.3.2022, n. 8658).
E così, deve ritenersi viziata da motivazione apparente, la decisione del giudice che ritenga le-
gittimo l’avviso di iscrizione ipotecaria e la relativa comunicazione preventiva, per l’asserita
rituale notifica della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, «senza esplicitare i do-
cumenti e i dati di riscontro» della notifica (cfr. Cass. Ord. 8.2.2023, n. 3799).
L’obbligo dei giudici tributari di esporre – seppure in modo succinto – le motivazioni della pro-
pria decisione non è soddisfatto:
› da enunciazioni del tipo «l’appellante non produce nessuna documentazione a sostegno dei motivi
addotti» (cfr. Cass., Sent. 5.3.2000, n. 2511);
› dalla semplice attestazione della legittimità dell’operato dell’Ufficio (cfr. Cass., Ord. 26.3.2012,
n. 4881; Cass., Sentenze 21.3.2007, n. 6729; e 17.5.2005, n. 16331; Cass., Ord. 2.11.2017, n. 26130,
in materia di studi di settore; Cass., Ord. 30.11.2017, n. 28679, in materia di Irap);
› dal mero rinvio:
- alle risultanze di un processo verbale della Guardia di Finanza (cfr. Cass.,Ord. 22.2.2018, n.
4294);
- ai soli elementi su cui si fonda l’accertamento (senza la possibilità di un controllo sulla
esattezza del ragionamento seguito dal magistrato: cfr. Cass. Ord. 15.1.2021, n. 591);
- alla motivazione della sentenza di primo grado (cfr. Cass. Sent. 2.3.2016, n. 4146; conformi:
Cass., Sentenze 21.10.2014, n. 22315; 4.6.2014, n. 12467; 6.12.2011, n. 26168; 6.10.2011, n.
20441; 8.6.2011, n. 12427; 11.4.2011, n. 8149). E così, «è nulla, per violazione del D.Lgs. n.
546/1992, artt. 36 e 61, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della Commissione Tribu-
taria Regionale completamente carente della illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla
statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disatten-
derle e che si sia limitata a motivare "per relationem" alla sentenza impugnata mediante la mera
adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile la individuazione del "thema deciden-
dum" e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione
della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione della infon-
datezza dei motivi di gravame» (cfr. Cass., Ord. 5.5.2017, n. 11131; conformi Cass., Ordinanze
15.10.2021, n. 28311; 24.8.2021, n. 23416; 12.4.2021, n. 9584; 28.1.2020, n. 1864; 22.2.2019, n.
5331; 5.10.2018, n. 24452; 30.4.2018, n. 10394; 5.3.2018, n. 5131; 19.2.2018, n. 3999; 26.10.2017,
n. 25452; Cass. Sentenze 19.7.2021, n. 20434; 18.6.2020, n. 11823). Invece, «la sentenza di ap-
pello può essere motivata per relationem, purchè il Giudice dia conto, sia pure sinteticamente,
delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione, ovvero della identità delle
questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado» (cfr. Cass. Ord.
12.3.2021, n. 6998). In conclusione, la sentenza non è nulla «qualora le ragioni della decisione
siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esau-
stivo» (cfr. Cass. Ord. 10.6.2021, n. 16455);
- ad una sentenza emessa nei confronti della società, se la sentenza decide il processo instau-
rato dal socio di società di persone (cfr. Cass., Sent. 18.6.2008, n. 16427; contra, Cass., Sent.
3.8.2007, n. 17125, secondo cui la sentenza, in tal caso, è legittima, perché «non è motivata
Processo tributario 203

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


per relationem, bensì attraverso l’affermazione – di per sé idonea a manifestare la ratio deci-
dendi – secondo cui il reddito accertato a carico della società si riflette automaticamente nel pa-

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trimonio del socio»);
› quando la sentenza ridetermina il valore degli immobili accertato dall’Ufficio senza adeguata-
mente motivare le fonti di convincimento e i criteri adottati (cfr. Cass. Ord. 4.6.2020, n.
10563);
› dall’acritica adesione, a fronte di successive consulenze tecniche pervenute a risultati difformi,
ad una di esse, «senza farsi carico di sviluppare un’analisi comparativa con le altre consulenze»
(cfr. Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14599. Si veda, però, Cass. Sent. 1.11.2021, n. 34210, riportata oltre);
› quando manca, nella sentenza, la esposizione «dello svolgimento del processo, dei fatti rilevanti
della causa». «La estrema concisione della motivazione in diritto determina la nullità della sentenza
allorquando renda impossibile la individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno
a fondamento del dispositivo» (cfr. Cass., Sent. 3.10.2008, n. 24610, conf. Cass., Sentenze
16.4.2010, n. 9145 e 21.1.2009, n. 1450);
› quando la sentenza «lungi dall’esaminare analiticamente le argomentazioni addotte dal contri-
buente, si rifugi in una generica formula motivazionale che non spiega le ragioni del convincimento
e che potrebbe essere posta a base di qualsiasi decisione di ratifica dell’operato degli uffici finanzia-
ri. Come dire ipse dixit! Invertendo i termini e le negazioni, si potrebbe giungere a conclusioni op-
poste, con la stessa legittimazione e disinvoltura» (cfr. Cass., Sent. 26.5.2010, n. 12837; conf. Cass.
Ord. 23.6.2021, n. 17892);quando si limiti a rappresentare il giudizio conclusivo di un processo
cognitivo che deve, invece, essere descritto in modo tale da far comprendere (anche) il pas-
saggio dallo stato iniziale di ignoranza del giudice «di ciascun fatto probatorio, alla condizione
finale di giudizio formalmente espressa nella, perciò insufficiente, motivazione della sentenza»
(cfr. Cass., Sent. 7.2.2008, n. 2816; conf. Cass. Ord. 5.7.2021, n. 18941).
Il Giudice, infatti, «non può, nella motivazione, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste
la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motiva-
zionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è pas-
sato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio,
che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa» (cfr. Cass. Ord.
25.1.2022, n. 1974);
› quando non provveda a rideterminare l’ammontare dei tributi e delle sanzioni, in quanto
spetta al giudice di merito «il potere (dovere) di stabilire i limiti quantitativi di fondatezza della
pretesa impositiva in modo da adottare una pronuncia sostitutiva sulla sussistenza ed entità dei
presupposti della pretesa fiscale» (cfr. Cass. Sent. 9.2.2021, m. 3080);
› quando - nel contenzioso conseguente ad accertamenti sintetico-induttivi – non esamini in
modo analitico la documentazione depositata dal contribuente, ovvero si limiti «a giudizi som-
mari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di
spesa» (cfr. Cass. Sent. 1.12.2021, n. 37662).
Motivazione copiata dalle difese di una delle parti Sulla questione della legittimità, o meno, di una
tale motivazione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente princi-
pio di diritto: «Nel processo civile – ed in quello tributario (...) – non può ritenersi nulla la sentenza
che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero
di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso,
sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara,
univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata. È inoltre da escludere che, alla
stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sinto-
matico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giuri-
sdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle
parti» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 16.1.2015, n. 642; conf. Cass., Ordinanze 3.8.2021, n.
22092; 2.3.2021, n. 5617; 14.1.2020, n. 435; 4.12.2017, n. 28929).
Anche se, la sentenza nella quale il Giudice si limiti «a riportare le ragioni esposte da una delle
parti, senza prendere in considerazione quelle contrapposte dall’altra, sarebbe censurabile se ed in
quanto oggettivamente incompleta», perchè tradirebbe un «difetto di attribuibilità della decisione al-
l’organo giudicante» (cfr. Cass. Ord. 12.11.2021, n. 33711); come pure è ritenuta viziata «la sentenza
che riproduce pedissequamente intere parti e periodi degli atti difensivi dell’Agenzia delle Entrate se
204
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

non contiene anche una adeguata valutazione critica delle argomentazioni dedotte dal contribuente»
(cfr. Cass. Sent. 26.10.2022, n. 33083).

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Motivazione conforme alle conclusioni del consulente tecnico La giurisprudenza ha ritenuto che «il
giudice del merito non è tenuto a fornire un’argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca
alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, men-
tre, ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l’obbligo di fornire una precisa ri-
sposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale mo-
tivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio» (cfr. Cass., Sent.
1.4.2016, n. 6357; Cass. Ord. 12.10.2018, n. 25526; si veda anche Cass. Sent. 31.3.2017, n. 8404 sulla
legittimità della motivazione basata su una stima effettuata da un organo tecnico dell’Ammini-
strazione finanziaria; nonché Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14599 sopra richiamata).
Ancora, «il Giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico, che nella rela-
zione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della moti-
vazione con la indicazione delle fonti del suo convincimento e non deve necessariamente soffermarsi
anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte» (cfr. Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34210).
Sentenza con refusi La sentenza che presenti evidenti refusi nella sua redazione «verosimilmente mu-
tuata per copia-incolla da altra sentenza relativa ad altra controversia tra diverse parti», è nulla e, di
conseguenza, il giudizio di secondo grado dev’essere rifatto (cfr. Cass. Sent. 24.6.2022, n. 20506).
Motivazione e dispositivo In merito al rapporto tra motivazione e dispositivo, la giurisprudenza
ha ritenuto:
› da un lato, che «la portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del
dispositivo, ma anche della motivazione, quando il primo contenga comunque una decisione che,
pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrato dalla seconda» (cfr. Cass.
Civ. Ord. 12.9.2022, n. 26802, che richiama Cass. Sent. 25.9.2015, n. 19074).
Inoltre, poiché il dispositivo ha la funzione di esprimere in forma riassuntiva la decisione,
l’incertezza interpretativa emergente per la mancata riproduzione nel dispositivo di una parte
della decisione non può che essere sciolta nel senso della prevalenza della motivazione (cfr.
Cass. Sent. 8.3.2023, n. 6884);
› dall'altro, che, se la motivazione della sentenza confligge con il dispositivo, la sentenza è nulla
se ed in quanto il contrasto «incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere
conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore mate-
riale» (cfr. Cass. Ord. 17.10.2018, n. 26074; conf. Cass. Ord. 22.9.2021, n. 25628; ; nonchè Cass.
Sent. 13.4.2021, n. 9608; C.T.R. Lazio, Sent. 14.10.2011, n. 105; C.T.R. Puglia, Sent. 3.3.2011, n. 62).
In questo secondo caso, l'errore - può essere «conseguente [ad esempio] ad una mera svista o di-
sattenzione nella redazione della sentenza, e, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, sen-
za bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabi-
le ed individuato senza incertezza» (cfr. Cass., Sent. 4.9.2012, n. 14801); pertanto esso può essere
emendato valendosi del c.d. procedimento di correzione di errore materiale ex art. 287 c.p.c. (cfr.
Cass. Ord. 12.6.2018, n. 15315). Ad esempio, il contrasto tra la indicazione dell'importo comples-
sivo delle sanzioni irrogate (con l'avviso di accertamento) e la pronuncia adottata in motivazio-
ne, che conferma la sanzione irrogata, «non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e
sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, emendabile con la procedura prevista dall'art.
287 c.p.c., (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie)», se tale contrasto
non incida «sulla idoneità del provvedimento (…) a rendere conoscibile il contenuto della statuizione
giudiziale» (cfr. Cass., Ord. 15.10.2019, n. 25985).
Infine, «nell'ipotesi di mera difficoltà di comprensione del testo stilato dall'estensore con scrittura ma-
nuale o di difficile leggibilità», in mancanza di una espressa comminatoria, non è configurabile la
nullità della sentenza «atteso che in tali casi la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti
di validità per essa stabiliti» (cfr. Cass. Ord. 29.8.2018, n. 21311). «Deve, perciò escludersi versarsi in
ipotesi di difficile leggibilità» quando «il testo della sentenza è oggettivamente comprensibile attraver-
so una lettura attenta (…). Comprensibilità agevolata dalla scritturazione a stampa dello svolgimento
del fatto che ha reso possibile la pertinente articolazione dei plurimi motivi di ricorso» (cfr. Cass. Civ.
Ord. 8.10.2021, n. 27361).
Altri requisiti (co. 3) La sentenza deve contenere la data della deliberazione e la firma sia del
Presidente (della Sezione) sia dell’estensore.
Processo tributario 205

«La indicazione della data di deliberazione della sentenza non è, a differenza della indicazione della

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data di pubblicazione (che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica), elemento essen-

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ziale dell'atto processuale, e la sua mancanza non integra, pertanto, gli estremi di alcuna ipotesi di
nullità deducibile con l'impugnazione, costituendo, per converso, fattispecie di mero errore materiale
emendabile ex artt. 287 e 288 c.p.c. (Cass. 23.2.2007, n. 4208; Cass. 20.9.2017, n. 21806)» (cfr. Cass.,
Ord. 5.12.2019, n. 31816).
La sentenza emessa senza una delle due sottoscrizioni (del Presidente del collegio ovvero del re-
latore), secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Sent. 20.5.2014, n. 11021), è affet-
ta da nullità sanabile ai sensi dell’art. 161, primo comma, c.p.c., «trattandosi di sottoscrizione in-
sufficiente e non mancante, la cui sola ricorrenza comporta la non riconducibilità dell’atto al giudice;
mentre una diversa interpretazione, che accomuni le due ipotesi [una firma / nessuna firma] con ap-
plicazione dell’art. 161, secondo comma, c.p.c., deve ritenersi lesiva dei principi del giusto processo e
della ragionevole durata» (cfr. Cass., Sent. 12.4.2017, n. 9440).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 132, 279 Codice di procedura civile


Contenuti della sentenza e forma di provvedimenti del collegio

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto del Direttore Generale delle Finanze 6.11.2020, n. 44

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553

Art. 37 - PUBBLICAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA SENTENZA [CFF ¶ 4688]

1. La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria del-
la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado entro trenta giorni dalla data della delibe-
razione. Il segretario fa risultare l'avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e
la data. 2
2. Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di
cui al precedente comma. 1

Note
1 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

PUBBLICAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA SENTENZA (Art. 37)

Giustizia Tributaria Digitale A seguito della pubblicazione (in G.U. 13.11.2020, n. 283) del Decreto
del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020, n. 44, sono state introdotte le regole tecniche per
la redazione dei provvedimenti giurisdizionali digitali (PGD) dei giudici tributari, prevedendo la
possibilità, per tutte le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, di redigere la sen-
tenza in formato digitale.
A norma dell’art. 5 del Decreto 44/2020, il segretario di sezione provvede alla pubblicazione di-
gitale del provvedimento del giudice «mediante deposito nel fascicolo processuale», utilizzando le
specifiche funzionalità del S.I.GI.T.. All’atto della pubblicazione «mediante apposizione della firma
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

elettronica qualificata da parte del segretario, il S.I.GI.T. attribuisce automaticamente il numero e la


data del provvedimento». «In caso di deposito in formato analogico, il segretario estrae copia informa-

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tica del provvedimento cartaceo e ne attesta la conformità all’originale, apponendo la firma elettronica
o qualificata». «Il provvedimento giurisdizionale in formato digitale o la copia informatica del provve-
dimento analogico (…) sono pubblicati in forma integrale nel fascicolo informatico».
L’entrata in vigore delle nuove disposizioni - ferma restando quella prevista, dall'1.12.2020, per
la C.T.P. di Roma e la C.T.R. del Lazio - è stata differita, per le altre Commissioni, secondo un
calendario scaglionato, per consentire «di completare il programma di formazione dei giudici tribu-
tari relativo alla redazione in formato digitale e al deposito con modalità telematiche dei provvedi-
menti giurisdizionali» (come richiesto dal C.P.G.T. con Nota n. 8862 del 30.4.2021: cfr. Decreto del
Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553, che ha sostituito l’art. 10 del Decreto
44/2020. In proposito, si veda il commento all’art. 35).
In precedenza, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria aveva, comunque, già dira-
mato le linee-guida - a valere per tutto il periodo della emergenza - per il deposito dei provvedi-
menti giurisdizionali da parte dei giudici tributari in possesso di firma digitale, disponendo che:
1. «il Relatore redige la sentenza con il proprio sistema di video scrittura, la salva in formato PDF/A e
la sottoscrive con firma digitale;
2. il Relatore invia all’indirizzo di Posta Istituzionale del Presidente del collegio (…) la sentenza firma-
ta digitalmente (…);
3. il Presidente, se nulla osta, sottoscrive digitalmente la sentenza;
4. il Presidente invia all’indirizzo di Posta Istituzionale della Commissione Tributaria la sentenza fir-
mata digitalmente, unitamente ad un messaggio indirizzato al Segretario di sezione (…) ai fini del de-
posito della stessa;
5. il Segretario provvederà, infine, ad apporre la propria sottoscrizione digitale.
6. Nel caso il Presidente ritenga esservi motivi ostativi alla controfirma della sentenza, procederà a re-
stituirla al mittente (…) con indicazione delle ragioni della omessa controfirma, affinché il Relatore
possa provvedere alla revisione del testo» (cfr. C.P.G.T., Delibera 22.4.2020, n. 433/2020).
Il documento indicava, anche, i passaggi da seguire nel caso di Giudice monocratico o quando il
Presidente sia anche il Relatore/estensore della sentenza; nonché gli indirizzi PEC e le firme di-
gitali utilizzabili, precisando, a quest’ultimo riguardo, che «unica preclusione nella apposizione
delle firme digitali tra Relatore e Presidente attiene alle tipologie di firme utilizzate, in quanto ambe-
due dovranno essere del tipo PADES. Inoltre, il documento deve essere salvato in formato PDF/A. sia
prima dell’apposizione della firma digitale, sia al momento dell’apposizione della firma digitale» (cfr.
C.P.G.T., Delibera cit., modific. da Delibera 29.4.2020, n. 437/2020).
Si ricorda, infine, che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il decorso dei ter-
mini processuali, compresi quelli «contemplati nei confronti degli organi giurisdizionali e degli uffi-
ci di Segreteria, quali, ad esempio, quelli inerenti alla pubblicazione della sentenza, di cui all’art. 37 del
D.Lgs. 546/1992» era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18,
conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L.
5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Pubblicazione della sentenza (co. 1) La sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado è resa pubblica attraverso il deposito in Segreteria del «testo integrale» (costituito
dal «dispositivo» e dalla «motivazione») entro 30 giorni dalla data della deliberazione.
Il Segretario fa risultare il deposito apponendo sulla sentenza la data e la firma.
L’«attestazione del deposito della sentenza da parte del segretario (...) ha funzione certificativa della
data del deposito, la quale» è molto rilevante, dato che:
› fino a quel momento, la Commissione può modificare la propria decisione ed ha l’obbligo di
applicare lo ius superveniens, nonché di tener conto delle pronunce di incostituzionalità pub-
blicate dopo la deliberazione che incidano sul rapporto controverso;
› da quella data decorre il termine semestrale per l’impugnazione (cd. termine «lungo», si veda
art. 38, co. 3 del Decreto). In proposito, una recente decisione della Cassazione Civile ha affer-
mato che «in tema di redazione della sentenza in formato digitale, il procedimento decisionale è
completato e si esterna fin dal momento del suo deposito per via telematica, divenendo da tale da-
ta il provvedimento irretrattabile da parte del Giudice che lo ha pronunciato e legalmente noto a
tutti, con conseguente decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327
Processo tributario 207

c.p.c.» (cfr. Cass. Civ. Ord. 9.11.2022, n. 33019).

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Ove su una sentenza risultino apposte due date di pubblicazione, al fine di valutare la ammissibi-

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lità del ricorso, si deve fare riferimento alla data più recente (cfr. Cass., Ord. 16.2.2011, n. 3797;
Cass., Sent. 24.6.2005, n. 13693. Si veda anche l’art. 51 del Decreto).
Le parti, prima della pubblicazione della sentenza, non hanno alcun diritto di conoscere il disposi-
tivo.
Il termine di 30 giorni (dalla data della deliberazione), per il deposito della sentenza ha natura
puramente ordinatoria; la sua (frequente) inosservanza non comporta conseguenze giuridiche,
anche quando tali ritardi siano patologici (diversi mesi, talora più di un anno). L’interessato può
solo chiedere alla Segreteria di sollecitare il Relatore ed il Presidente.
Comunicazione della sentenza (co. 2) La Segreteria, entro 10 giorni dal deposito, comunica via
PEC, ai difensori delle parti costituite in giudizio, il (solo) dispositivo della sentenza (termine an-
ch’esso ordinatorio, per cui l’eventuale ritardo nella comunicazione può determinare conseguenze
tutt’al più sul piano disciplinare). È evidente che con il P.T.T. i tempi sono drasticamente ridotti.
La data della comunicazione è sempre irrilevante ai fini della decorrenza del termine di proposi-
zione dell'appello, perché se la sentenza:
› non viene notificata, il termine (di sei mesi) decorre dalla data di pubblicazione della sentenza
(cioè dal suo deposito in Segreteria: cfr. art. 38, co. 3), non dalla comunicazione della Segrete-
ria alle parti, «trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento di pubblica-
zione, della quale non è elemento costitutivo, nè requisito di efficacia» (cfr. Cass. Ord. 14.10.2019,
n. 25727; conf. Cass. Ordinanze 23.7.2021, n. 21192; 20.7.2021, n. 20656; 26.5.2021, n. 14429);
› viene notificata, il termine decorre dalla data di notifica (60 giorni).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020, n. 44

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553,

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

C.P.G.T., Delibera 22.4.2020, n. 433/2020 C.P.G.T. Nota 30.4.2021, n. 8862

C.P.G.T., Delibera 29.4.2020, n. 437/2020

Art. 38 - RICHIESTA DI COPIE E NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA [CFF ¶ 4689]

1. Ciascuna parte può richiedere alla segreteria copie autentiche della sentenza e la segreteria è te-
nuta a rilasciarle entro cinque giorni dalla richiesta, previa corresponsione delle spese [a norma
dell'art. 25, comma 2]. 2
2. Le parti hanno l'onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti
a norma dell'articolo 16 depositando, nei successivi trenta giorni, l'originale o copia autentica
dell'originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta,
con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servi-
zio postale unitamente all'avviso di ricevimento nella segreteria, che ne rilascia ricevuta e l'inseri-
sce nel fascicolo d'ufficio. 3
3. Se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l'art. 327 comma 1,
del codice di procedura civile. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri
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di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della co-
municazione dell'avviso di fissazione d'udienza. 1

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Note
1 Secondo quanto previsto dall' art. 21 L. 13.05.1999, n. 133 (G.U. 17.05.1999, n. 113, S.O. n. 96/L) in vigore dal 18.05.1999,
il presente articolo si interpreta nel senso che le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e dalle
Commissioni tributarie di secondo grado delle province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del decorso del termine
di cui all' art. 325 secondo comma, del Codice di procedura civile, vanno notificate all'Amministrazione finanziaria pres-
so l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente ai sensi dell' art. 11 secondo comma, del testo unico approvato con
R.D. 30.10.1933, n. 1611 e successive modificazioni.
2 Le parole tra parentesi quadre, contenute nel presente comma, sono state abrogate dall'art. 299, D.P.R. 30.05.2002, n.
115 con decorrenza dal 01.07.2002
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 3 D.L. 25.03.2010, n. 40 con decorrenza dal 26.03.2010. Si riporta di
seguito il testo previgente: «2. Le parti hanno l'onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle
altre parti a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile depositando, nei successivi trenta giorni,
l'originale o copia autentica dell'originale notificato, nella segreteria, che ne rilascia ricevuta e l'inserisce nel fascicolo
d'ufficio.».

RICHIESTA DI COPIE E NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA (Art. 38)

Richiesta di copia autentica (co. 1) Ciascuna delle parti può richiedere copie autentiche della
sentenza, che la Segreteria deve rilasciare, entro cinque giorni dalla richiesta.
Tali copie non vanno assoggettate ad imposta di bollo (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/D).
L’imposta di bollo è, invece, dovuta con riferimento al rilascio di copie di documenti contenuti
nel fascicolo digitale, nella misura forfettaria di 16,00 euro, a prescindere dalle dimensioni dei
documenti, se prodotti in conformità con il Codice dell’amministrazione digitale; nella misura di
16.00 euro per ogni foglio, in caso contrario: cfr. Risp. A.E. 6.4.2022, n. 170).
Oltre alle parti del processo, anche ciascun cittadino ha diritto di ottenere – per motivi di studio
e di informazione – una copia «semplice» (cioè non autenticata) delle pronunce delle Corti di
giustizia tributaria (tale denominazione sostituisce quella di «commissioni tributarie», ovunque
ricorra, a valere dal 16 settembre 2022: secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 1, lett. a) della L.
31.8.2022, n. 130, introdotto nel contesto della riforma strutturale dei componenti gli organi del-
la giurisdizione tributaria); e, nel caso di ingiustificati ritardi od omissioni da parte del segreta-
rio, può far causa all’Amministrazione davanti al giudice ordinario (Cass., SS.UU., Sent.
27.1.2010, n. 1629).
Notifica della sentenza (co. 2) Non c’è alcun obbligo, per le parti in causa, di notificare la senten-
za (nella forma integrale: dispositivo e motivazione); se, però, intendono far decorrere il termine
di impugnazione cd. «breve» hanno l’onere di notificarla in copia autentica alle altre parti.
La notifica a mezzo PEC della sentenza nel domicilio digitale del difensore risultante dai pubbli-
ci elenchi (nel caso INI-PEC), espressamente indicato come domicilio eletto, è «idonea a far de-
correre il termine breve per impugnare» (cfr. Cass. Civ. Ord. 12.1.2022, n. 726). «Ne consegue che deve
dichiararsi inammissibile l’appello proposto oltre il termine breve, laddove la notifica della sentenza di
primo grado, effettuata con modalità telematica alla parte presso l’avvocato all’indirizzo PEC estratto
dal pubblico registro INI-PEC è idonea a far decorrere il termine di impugnazione ex art. 325 c.p.c.»
(cfr. Cass. Civ. Ord. 24.2.2022, n. 6136. Si veda, l'art. 17).
Nei successivi trenta giorni dalla notifica, le parti hanno l’ulteriore onere di provvedere al depo-
sito presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria dell’originale (o copia autentica) della
sentenza (insieme con le ricevute della PEC), dato che il mancato adempimento di questa ulte-
riore formalità comporta, secondo la giurisprudenza, la inapplicabilità del termine breve di im-
pugnazione «automaticamente conseguendo all'inadempimento (…) il decorso del diverso termine di
impugnazione, ovvero quello lungo, previsto dall'art. 327 c.p.c.» (cfr. Cass. Ord. 8.11.2017, n. 26449).
Il termine breve - sessanta giorni (più eventuale periodo di sospensione feriale) - per l’impu-
gnazione rileva nei confronti di tutte le parti in causa, compreso il soggetto che procede alla no-
tifica: esso, infatti, «decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica viene eseguita nei
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confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, quale la decorrenza del

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termine predetto (…) sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti» (cfr. Cass. SS.UU.

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Civ., Sent. 4.3.2019, n. 6278; conf. Cass. Civ. Ord. 12.1.2022, n. 726).
Nel caso di processo con pluralità di parti, «la regola della unitarietà del termine di impugnazione
(…) trova applicazione soltanto nelle ipotesi di cause inscindibili (…), ovvero in quella in cui la contro-
versia concerna un unico rapporto sostanziale o processuale e non anche quando si tratti di cause
scindibili o, comunque, tra loro indipendenti (…). In tali ipotesi, il termine per la impugnazione non è
unico ma decorre dalla data delle singole notificazioni della sentenza a ciascuno dei titolari dei diversi
rapporti definiti con l’unica sentenza (…)» (cfr. Cass. Ord. 19.5.2022, n. 16141).
Sentenza non notificata o «non conosciuta» (co. 3) Ove la sentenza (completa) non sia stata ri-
tualmente notificata alla controparte, l’impugnazione può essere fatta nel cosiddetto «termine
lungo», pari a sei mesi dal deposito della sentenza nella segreteria della Corte di giustizia tribu-
taria (art. 327 c.p.c.), cui può eventualmente aggiungersi (se il termine dei sei mesi scade nel pe-
riodo compreso tra il 1° e il 31 agosto), il periodo di sospensione feriale (cfr. il commento all’art.
51 del Decreto).
Il precedente termine di un anno di cui all’art. 327 c.p.c. è stato sostituito con quello di sei mesi,
a decorrere dal 4 luglio 2009 e tale riduzione «disposta con riferimento all’ordinario rito civile, tro-
va applicazione anche nei giudizi tributari, che sono regolati dal rito speciale di cui al D.Lgs. 546/1992
ma, per quanto da esso non disposto e con esso compatibile, sono disciplinati dalle norme del codice di
procedura civile». In «materia, l’art. 38, co. 3, del D.Lgs. 546/1992 dispone che, se nessuna delle parti
provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327, co. 1, c.p.c., non vi è pertanto una di-
sposizione specifica del rito tributario (…), ed anzi la legge opera espresso riferimento all’applicabilità
della disciplina del processo civile, ricorrendo un’ipotesi di rinvio c.d. mobile, con la conseguenza che le
modifiche del termine c.d. lungo di impugnazione, disposte con riferimento all’ordinario rito civile,
trovano applicazione anche nei giudizi tributari» (cfr. Cass. Ord. 16.2.2023, n. 4824).
Si ricorda, infine, che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, era stato sospeso -
dal 9.3.2020 all’11.5.2020 – il decorso dei termini processuali (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18,
conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L.
5.6.2020, n. 40), compresi «i termini concernenti la proposizione dell’atto di appello di cui (…) all’art.
38, co. 3, del D.Lgs. 546/1992» (cfr. C.A.E. 16.4.2020, n. 10); ma una sentenza di merito ha, inspie-
gabilmente, ha ritenuto inammissibile, in quanto tardivo, un appello proposto tenendo conto di
questa sospensione straordinaria (cfr. C.T.R. Piemonte, Sent. 21.4.2021, n. 291).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, le notifiche degli atti processuali, dei documenti e
dei provvedimenti giurisdizionali, si effettuano esclusivamente con modalità telematiche, utiliz-
zando l’indirizzo di Posta elettronica certificata (PEC) e si intendono perfezionate al momento in
cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica
certificata (PEC) del destinatario (cfr. art. 16-bis del presente Decreto, nonché art. 5, Decreto
MEF 23.12.2013, n. 163): «qualora la notifica della sentenza impugnata sia stata eseguita con modali-
tà telematiche, a mezzo P.E.C. dal difensore, la stessa si perfeziona unicamente al momento della gene-
razione della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio nella casella di posta elettronica del desti-
natario» (cfr. Cass. Sez. Lav. 13.1.2022, n. 958). «In altri termini, una volta che il sistema abbia ge-
nerato la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella di posta elettronica del de-
stinatario, la notificazione deve ritenersi regolarmente perfezionata», con la conseguenza che «la
eventuale mancanza di conoscenza dell’atto notificato da parte del destinatario della notificazione (…)
dovuta ad eventuali malfunzionamenti del sistema, va, di regola, imputata a mancanza di diligenza
del difensore (…) il quale (…) è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne
l’adeguatezza tecnica e l’efficienza (…)» (cfr. Cass. Civ. Ord. 2.3.2022, n. 6912).
Quanto all’invio tramite PEC, la Prassi suggerisce di «indicare nell’oggetto [della PEC] la dicitura
“notificazione ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992” e nel messaggio [di] specificare
che si tratta di notifica ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. n. 546/1992, ai fini della decorrenza del termine
breve».
«Per quanto concerne gli indirizzi PEC degli enti impositori e dei soggetti della riscossione, l’indice
delle pubbliche amministrazioni (IPA) è il solo elenco utilizzabile ai fini della notifica degli atti del
processo tributario». Per l’Avvocatura dello Stato «si ritiene opportuno fare riferimento agli indirizzi
210
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

PEC presenti nel “Registro delle PA” (…) consultabile sul sito istituzionale dell’Avvocatura dello Stato»
(cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).

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La sentenza «è attualmente redatta e sottoscritta in modalità analogica. Una copia informatica della
stessa viene inserita nel fascicolo informatico a cura del personale dell’Ufficio di segreteria» (cfr. Circ.
M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Peraltro, l’art. 3, co. 3, del D.M. 23.12.2013, n. 163 aveva già previsto che, «con uno o più decreti del
Ministero dell’economia e delle finanze, (…) sono individuate le regole tecnico-operative per le opera-
zioni relative (…) alla redazione e deposito delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze», per cui le re-
gole tecniche per la redazione dei provvedimenti giurisdizionali digitali (PGD) dei giudici tribu-
tari, compresa la possibilità di redigere la sentenza in formato digitale, erano già state adottate
con il Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020, n. 44, per tutte le Corti di giustizia
tributaria (anche se con decorrenza scaglionata: si veda il commento all’art. 35).
Ai fini della notifica, i difensori possono estrarre copia della sentenza, direttamente dalla piatta-
forma del P.T.T., e attestarne la conformità ai sensi dell’art. 25-bis del presente Decreto (cfr. Circ.
M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF; nonché Dip. Finanze, C.T.P. Avellino, 14.1.2021, Prot. 0000147), indipen-
dentemente dal fatto che il provvedimento sia nativo digitale o analogico (cfr. Risp. Agenzia del-
le Entrate a Telefisco del 27.1.2022, richiamata nel commento all’art. 25-bis).
Quanto, infine, alla decorrenza del termine lungo di impugnazione ex art. 327 c.p.c., la giuri-
sprudenza ha statuito che:
› la pubblicazione della sentenza in formato digitale «si perfeziona nel momento in cui il sistema
informatico provvede (…) ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, in quanto è
da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati e consente, inoltre, la
estrazione di copia cartacea o informatica, da attestarsi conforme da parte dei soggetti abilitati,
compresi i difensori» (cfr. Cass. Ord. 23.7.2021, n. 21192);
› «in tema di redazione della sentenza in formato digitale, il procedimento decisionale è completato e
si esterna fin dal momento del suo deposito per via telematica, divenendo da tale data il provvedi-
mento irretrattabile da parte del Giudice che lo ha pronunciato e legalmente noto a tutti», per cui il
«dies a quo di decorrenza del termine lungo per impugnare si identifica con la data in cui il magi-
strato estensore ha apposto la firma in modalità telematica» (cfr. Cass. Civ. Ord. 9.11.2022, n.
33019).
«Impugnazione tardiva» La impugnazione può essere proposta anche oltre il termine lungo, solo,
se, congiuntamente, «la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per
nullità della notifica del ricorso e per nullità della comunicazione dell’avviso di trattazione della con-
troversia» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E; nonché Cass., Sent. 13.6.2014, n. 13468; confor-
mi: Cass., Ordinanze 20.7.2021, n. 20656; 14.10.2019, n. 25727; Cass., Sentenze 15.10.2013, n.
23323; 31.8.2009, n. 18933; 28.5.2009, n. 12623). «Detta situazione non può ravvisarsi in capo al ri-
corrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell'azione (...). Né assume ri-
lievo l'omessa comunicazione della data di trattazione (...), in mancanza della quale la decisione assu-
me valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato» (cfr., Cass. Ord. 17.6.2016, n. 12664;
in senso contrario, cfr. Cass., Sent. 11.3.2013, n. 6048). In sostanza, «l’impugnazione tardiva, ex
art. 327, co. 2, c.p.c., presuppone la contumacia incolpevole nel processo chiusosi con la sentenza impu-
gnata» (cfr. Cass. Ord. 5.2.2018, n. 2764).
Nel caso di sentenza non notificata, «per stabilire, ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546, se sia ammissibile l'impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che l'impugnante
non abbia avuto conoscenza del processo, a causa di un vizio della notificazione dell'atto introduttivo,
occorre distinguere due ipotesi: se la notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza
della lite, da parte del destinatario, si presume “iuris tantum”, ed è onere dell'altra parte dimostrare
che l'impugnante ha avuto comunque contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si pre-
sume “iuris tantum” la conoscenza della pendenza del processo da parte dell'impugnante, e dovrà es-
sere quest'ultimo a provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell'atto» (cfr. Cass.,
Ord. 5.3.2018, n. 5133).
Di seguito si riportano alcuni principi tutt’ora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019.
La notifica della sentenza si effettua con le modalità previste dall’art. 16:
› o «avvalendosi (…) dell’Ufficiale giudiziario (art. 16, comma 2)» (e artt. 137 e seguenti del c.p.c.);
› o «a mezzo del servizio postale mediante spedizione in plico senza busta raccomandato con avviso
Processo tributario 211

di ricevimento (art. 16, comma 3)».

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Il contribuente può notificare la sentenza anche «mediante consegna all’impiegato addetto [del-

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l’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria o dell’Ente locale] che ne rilascia ricevuta sulla copia
(art. 16, co. 3)» (cfr., in proposito, Cass., Ord. 28.2.2018, n. 4616).
«Ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza può essere fatta alla
parte personalmente soltanto mediante “consegna a mani” di quest’ultima, da effettuarsi, ove il desti-
natario sia l’Amministrazione finanziaria, “mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne
rilascia ricevuta sulla copia (art. 16, co. 3, ultima parte, D.Lgs. 546/1992). Diversamente, la notifica va
effettuata a mezzo posta in plico raccomandato senza busta e con avviso di ricevimento, presso i luo-
ghi indicati dall’art. 17 del citato D.Lgs., ovvero nel domicilio eletto della parte o, in mancanza, nella
residenza o nella sede dalla stessa dichiarata in sede di costituzione in giudizio, oppure per via telema-
tica (a mezzo posta elettronica certificata) che è modalità» attualmente prevista dall’art. 16-bis del
D.Lgs. 546/1992 «non equiparabile alla “consegna a mani” prevista dal citato art. 16» (cfr. Cass. Ord.
12.5.2021, n. 12517; conf. Cass. Ord. 6.7.2021, n. 19113).
Ancora, il contribuente può notificare la sentenza, presso la sede centrale dell’Agenzia delle En-
trate o presso l’Ufficio periferico, a prescindere dalla scelta meramente organizzativa circa la
modalità di costituzione nel precedente grado di giudizio (che può avvenire mediante il Diretto-
re generale, l’Ufficio periferico o l’Ufficio del contenzioso della Direzione regionale: cfr. Cass.
Ord. 16.12.2020, n. 28755).
«Nell’ipotesi di notificazione a mezzo posta, la prova della sua tempestività esige che, nel termine di
cui all’art. 327 c.p.c., vi sia stata la presentazione dell’atto all’ufficiale postale»; prova che può essere
«fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle
Poste» (cfr. Cass. Ord. 23.2.2021, n. 4742).
Gli Enti impositori e gli Agenti della riscossione possono notificare la sentenza anche «a mezzo
del messo comunale o di messo autorizzato dall’Amministrazione finanziaria, con l’osservanza delle
disposizioni del comma 2 (art. 16, comma 4)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 21.6.2010, n. 37/E).
Nei successivi trenta giorni, la parte che ha notificato la sentenza deve provvedere al suo depo-
sito (originale o copia autentica) presso la Segreteria della Corte di giustizia tributaria, produ-
cendo:
› la «relata di notifica apposta dall’ufficiale giudiziario o dal messo comunale o speciale sull’originale
o copia autentica della sentenza notificata»;
› copia dell’avviso «di ricevimento attestante la data in cui il destinatario ha ricevuto, tramite servi-
zio postale, la sentenza in plico senza busta» (cfr. Circ. Ag. Entrate 21.6.2010, n. 37/E. In tal caso
non è necessaria la redazione di apposita relata: cfr. Cass., Sent. 22.4.2015, n. 8151);
› copia della «ricevuta rilasciata dall'Ufficio al quale è consegnata la sentenza».

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 327 Codice di procedura civile


Decadenza dall'impugnazione

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020, n. 44

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF

Circ. Ag. Entrate 21.6.2010, n. 37/E Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF


212
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Circ. Ag. Entrate, 16.4.2020, n. 10 Risp. Ag. Entrate a Telefisco 27.1.2022

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Dip. Finanze, C.T.P. Avellino, 14.1.2021, Prot. Risp. Ag. Entrate 6.4.2022, n. 170
0000147

Sezione V – Sospensione, interruzione


ed estinzione del processo

Art. 39 - SOSPENSIONE DEL PROCESSO [CFF ¶ 4690]

1. Il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudi-
ziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di
stare in giudizio.
1-bis. La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dispone la sospensione del processo
in ogni altro caso in cui essa stessa o altra corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado
deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa. 6
1-ter. Il processo tributario è altresì sospeso nei seguenti casi:
a) su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia stata presentata un'istanza di apertura di
procedura amichevole ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le dop-
pie imposizioni di cui l'Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all'eliminazione
delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE;
b) su richiesta del contribuente, nel caso in cui sia stata presentata un'istanza di apertura di proce-
dura amichevole ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017. 4 1 2 3 5

Note
1 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 47, sesto comma, sollevata in riferimento agli
artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione (C.cost. 23.02 - 26.02.1998, n. 31).
2 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 47, sesto comma, sollevata in
riferimento agll artt 3 e 24, secondo comma, della Costituzione (C.cost. 12.04 - 16.04.1999, n. 136).
3 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 sollevata in riferimento all'art 76
della Costituzione (C.cost.18.01 - 21.01.1999, n. 8, G.U. 27.01.1999, n. 4 Serie Speciale).
4 Il presente comma aggiunto dall'art. 9, comma 1, lett. o), D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato
poi così sostituito dall'art. 22, comma 2, D.Lgs. 10.06.2020, n. 49 con decorrenza dal 25.06.2020 ed applicazione alle istan-
ze di apertura di procedura amichevole presentate a decorrere dal 1° luglio 2019 sulle questioni controverse riguardanti il
reddito o il patrimonio, relativi al periodo d'imposta che inizia il 1° gennaio 2018 e ai successivi periodi d'imposta.
5 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 Il presente comma aggiunto dall'art. 9, comma 1, lett. o), D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, poi
sostituito dall'art. 22, comma 2, D.Lgs. 10.06.2020, n. 49 con decorrenza dal 25.06.2020 ed applicazione alle istanze di
apertura di procedura amichevole presentate a decorrere dal 1° luglio 2019 sulle questioni controverse riguardanti il
reddito o il patrimonio, relativi al periodo d'imposta che inizia il 1° gennaio 2018 e ai successivi periodi d'imposta, è sta-
to da ultimo così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

SOSPENSIONE DEL PROCESSO (Art. 39)

Sospensione del processo Comporta l’arresto temporaneo del processo a causa di un determina-
to evento, in attesa di una sua probabile ripresa. La ratio dell’istituto «risiede principalmente nella
esigenza di evitare il contrasto tra giudicati» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9).
Sospensione necessaria «esterna» (co. 1) Nei rapporti processuali tra processo tributario e pro-
cessi non tributari cd. «esterni», il primo deve essere sospeso:
› quando è stata presentata querela di falso, sempre che la controversia tributaria che dovrebbe
Processo tributario 213

essere sospesa sia rilevante ai fini della decisione: «in materia di querela di falso, il giudice tribu-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


tario è tenuto, ai sensi dell'art. 39 del D.Lgs. 546 del 1992, a sospendere il giudizio fino al passaggio in

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giudicato della decisione in ordine alla querela stessa (o fino a quando non si sia altrimenti definito il
relativo giudizio), trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui
egli non può conoscere neppure "incidenter tantum"; tuttavia, in caso di presentazione di detta que-
rela, anche nel processo tributario il relativo giudice non deve semplicemente prenderne atto e sospen-
dere il giudizio ma è tenuto a verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al do-
cumento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione» (cfr. Cass. Ord. 30.11.2017, n. 28671).
La sospensione del processo è correlata alla previa presentazione della querela di falso previ-
sta dall’art. 221 c.p.c., per cui non può essere disposta dal Giudice per consentire la presenta-
zione della querela stessa (cfr. Cass. Ord. 2.2.2021, n. 2228); non comporta, invece, la sospen-
sione del giudizio una denuncia querela penale eventualmente formulata per gli stessi fatti
(cfr. Cass. Sent. 24.7.2018, n. 19560);
› quando deve essere decisa, in via pregiudiziale, una questione sullo stato o sulla capacità delle
persone (diversa dalla capacità di stare in giudizio, il cui accertamento negativo operato dalla
stessa Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado giudicante provoca l’interruzione
del processo).
In tutti gli altri casi in cui si presentino questioni pregiudiziali ordinariamente riservate alla co-
gnizione di altro giudice, le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado hanno il pote-
re, da un lato, di decidere incidenter tantum anche in merito ad esse (cfr. art. 2, co. 3 del Decre-
to): possono, ad esempio, procedere alla verifica, in via incidentale, delle scritture private (in
proposito, si veda, Cass. Sent. 19.10.2018, n. 26402); dall’altro, di disapplicare un regolamento o
un atto amministrativo generale rilevante ai fini della decisione (cfr. art. 7, co. 5 del Decreto).
Pertanto, la sospensione necessaria del processo, per la pendenza di un giudizio riguardante gli
atti amministrativi presupposti del provvedimento impugnato, è ipotizzabile «soltanto quando il
Giudice amministrativo debba decidere una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico con effi-
cacia di giudicato (…), mentre deve essere esclusa nel caso in cui la considerazione di tali atti risulti
irrilevante ai fini della decisione» (cfr. Cass. Ordinanze 24.8.2021, n. 23412 e 28.11.2019, n. 31112).
In sintesi, l’art. 39, co. 1 «regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizia-
lità esterna) solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o
sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, (…): tale norma dispone una deroga -
in ipotesi predeterminate - al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, "incidenter tan-
tum", dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda» (cfr. Cass. Ord. 4.1.2019, n. 115).
Sospensione necessaria «interna» (co. 1-bis) «Riproducendo essenzialmente l’art. 295 c.p.c.», la
norma regola «la sospensione necessaria per pregiudizialità nei rapporti tra liti instaurate innanzi
alle commissioni tributarie» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.9), stabilendo che il pro-
cesso va sospeso «in ogni altro caso in cui [la Commissione] stessa o altra commissione tributaria
deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa». Viene, così,
recepito quanto da tempo riconosciuto dalla Corte di Cassazione, per cui «la sospensione del pro-
cesso (…) è conseguenza necessaria della applicazione di altri istituti processuali vigenti anche nel pro-
cesso tributario, in relazione ai quali si determinano ipotesi di pregiudizialità ricadenti nella previsio-
ne dell’art. 295 del codice di procedura civile, in questi limiti applicabile perché non derogato dall’art.
39 del D.Lgs. n. 546/92» (cfr. Cass., Sent. 30.10.2000, n. 14281; conf., Cass., Ord. 8.10.2014, n.
21291). In altre parole, la «sospensione necessaria» (di cui all’art. 295 c.p.c.), – ora, espressamen-
te prevista dal comma in commento - si applica anche nel processo tributario «qualora risultino
pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità, tale
che la definizione dell’uno costituisca indispensabile presupposto logico giuridico dell’altro» (cfr. Cass.
Ord. 20.6.2018, n. 16212 che richiama Cass. Ord. 20.9.2017, n. 21765).
L’art. 39, co. 1-bis, non si applica se la pregiudizialità è invocata rispetto al Giudice amministrativo,
«essendo eventualmente applicabile l’art. 337 c.p.c., co. 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la
cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione fa-
coltativa di quest’ultimo» (cfr. Cass. Ord. 4.1.2019, n. 115; conf. Cass. Ordinanze 31.10.2019, n. 28161;
1.4.2019, n. 9049, 3.7.2018, n. 17412. Per l’applicazione dell’art. 337, co. 2, c.p.c. in grado di appello, si
veda Cass. Ordinanze 15.1.2020, n. 718 e 6.10.2017, n. 23480; Cass. Sent. 9.10.2019, n. 25250).
Esempi di pregiudizialità individuati dalla prassi riguardano i rapporti tra il giudizio:
214
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› «avente ad oggetto il provvedimento di diniego o di cancellazione della iscrizione dall’Anagrafe del-


le ONLUS e i giudizi vertenti sugli atti impositivi emessi per recuperare le imposte o le maggiori im-

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poste non versate»;
› «avente ad oggetto il disconoscimento di perdite di periodo e la controversia relativa al conseguen-
ziale accertamento dell’indebito utilizzo delle predette perdite in compensazione in periodi d’imposta
successivi».
E, ancora:
› «il giudizio sulla spettanza di un’agevolazione pluriennale ha carattere evidentemente pregiudiziale
rispetto alle controversie aventi ad oggetto l’accertamento delle imposte riferite alle singole annuali-
tà o il rimborso delle imposte nelle more versate dal contribuente; (...)
› [la] controversia avente ad oggetto il diniego opposto dall’ufficio alla domanda di adesione ad un
istituto definitorio [è pregiudiziale] rispetto al giudizio relativo agli atti impositivi recanti la prete-
sa interessata dalla definizione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9).
Però, l’operatività dell’art. 295 c.p.c. è limitata alle sole ipotesi di «pregiudizialità tecnico-giuridi-
ca, determinata da una relazione tra rapporti giuridici sostanziali distinti e autonomi, uno dei quali
(pregiudiziale) integra la fattispecie dell’altro (dipendente), in modo tale che la decisione sul primo
rapporto si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione del secondo» (Cass., SS.UU.,
Sent. 26.7.2004, n. 14060).
Pertanto, nel caso in cui non sia possibile la riunione dei giudizi perché pendenti in gradi diver-
si, la «sospensione necessaria» del processo «dipendente» può avvenire:
› quando il contribuente, dopo avere chiesto il riconoscimento giudiziale della spettanza di una
esenzione e l’annullamento del provvedimento di rifiuto del diritto invocato (cd. «causa con-
tenuta»), abbia chiesto, promuovendo un altro processo, la restituzione delle imposte già ver-
sate in presenza, a suo parere, di esenzione (cd. «causa contenente»): questo secondo giudizio
è continente rispetto al giudizio di accertamento del diritto alla agevolazione fiscale, per cui si
verifica una «parziale identità» tra le due cause pendenti che, per coerenza di decisioni, le
rende interdipendenti (cfr. Cass., Sentenze 30.10.2000, n. 14281; 28.4.1998, n. 4326);
› quando, rispetto ad un processo riguardante il merito dell’accertamento relativo ad una im-
posta, risulti la pendenza di un giudizio tra le medesime parti sulla validità o perfezionamen-
to del condono relativo alla stessa imposta (cfr. Cass., Ord. 4.7.2012, n. 11206);
› quando, in pendenza di un giudizio avente a oggetto la revoca delle agevolazioni previste ai
fini dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, tra le stesse parti si instauri un se-
condo giudizio (dipendente dal primo) concernente la legittimità dell’avviso di liquidazione
della maggiore imposta (e delle conseguenti sanzioni) emesso per negare la spettanza del-
l’agevolazione per aver acquistato altra abitazione (non di lusso) entro un anno dall’alienazio-
ne della prima (cfr. Cass., Sent. 22.5.2013, n. 12520);
› quando – nell’applicazione dell’imposta di registro o dell’Ici (cd. «causa pregiudicata») – il va-
lore del fabbricato, iscritto o da iscrivere in catasto, negoziato o posseduto dipenda da un atto
di attribuzione o variazione di rendita catastale sub iudice (cd. «causa pregiudiziale»), dato che
la decisione sulla determinazione della rendita si riflette necessariamente sulla decisione rela-
tiva alla liquidazione delle predette imposte, la cui base imponibile è costituita proprio dalla
rendita immobiliare (cfr. Cass., Ord. 10.1.2014, n. 421). In considerazione del «vincolo esistente
tra base imponibile dell’imposta (Ici) liquidata dal Comune e rendita catastale attribuita dall’Agen-
zia (ex) del territorio la sentenza pronunciata nel giudizio pregiudiziale tra il contribuente e l’Agen-
zia del territorio farà stato, quando emessa, anche nei confronti del Comune e, quindi, nel giudizio
relativo al rapporto dipendente che si svolge tra l’ente locale ed il medesimo contribuente» (cfr.
Cass., Sent. 11.12.2006, n. 26380; conf. Cass. Sent. 9.10.2019, n. 25250). Ancora, «tra la contro-
versia che oppone il contribuente all’Agenzia (ex) del territorio in ordine alla impugnazione della
rendita catastale attribuita ad un immobile e quella, instaurata dallo stesso contribuente contro il
Comune, avente ad oggetto la impugnazione della liquidazione dell’ICI gravante sull’immobile cui è
stata attribuita la rendita catastale, sussiste un rapporto di pregiudizialità che impone (…) la so-
spensione del secondo giudizio fino alla definizione del primo con autorità di giudicato» (cfr. Cass.
Ord. 11.6.2021, n. 16581; conf. Cass. Ord. 26.1.2021, n. 1570).
La sospensione (ex art. 295 c.p.c.), prevista dal co. 1-bis della norma in commento si applica, inoltre,
nel caso di controversia riguardante la rettifica dell’imponibile delle società di capitali e di quello dei
Processo tributario 215

soci delle stesse: «in caso di pendenza separata di procedimenti relativi all’accertamento del maggior red-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


dito contestato ad una società di capitali e di quello di partecipazione conseguentemente contestato al sin-

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golo socio, quest’ultimo giudizio deve essere sospeso (…) in attesa del passaggio in giudicato della sentenza
emessa nei confronti della società. Ciò in quanto l’accertamento tributario nei confronti della società costi-
tuisce un indispensabile antecedente logico giuridico di quello nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto
amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, non ricorrendo, com’è per le società di persone,
una ipotesi di litisconsorzio necessario» (cfr., Cass., Sent. 28.11.2018, n. 30964; conf. Cass. Sentenze
6.7.2020, n. 13824; 21.11.2019, n. 30351; Cass. Ordinanze 10.12.2021, n. 39285; 29.8.2017, n. 20507;
2.12.2015, n. 24572; in senso contrario Cass., Ord. 8.2.2012, n. 1867).
Nel caso di controversia riguardante la rettifica dell’imponibile delle società di persone (o delle asso-
ciazioni ad esse assimilate) e di quello dei soci delle stesse, la sospensione pregiudiziale ex (art. 295
c.p.c. ) co. 1-bis (della norma in commento) non è utilizzabile. In particolare, il rapporto di pregiudi-
zialità non è configurabile se il socio ricorrente contesta l’accertamento del reddito, perché tale ac-
certamento «più che essere graduale, è unico, sicché ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario origina-
rio, derivante dalla unicità dell’accertamento sia nei confronti della società che nei confronti dei soci» (cfr.,
Cass., Ordinanze 11.6.2018, n. 15131 e 22.9.2017, n. 22135). In sostanza, «il rimedio della sospensione per
pregiudizialità è efficace quando la progressione pregiudiziale si sviluppi tra le stesse parti, e si presti al fra-
zionamento, pur garantendo a tutti il diritto al contraddittorio, in separati processi (…). Quando, invece, (…)
si è in presenza di un rapporto giuridico plurisoggettivo sul versante passivo, ma sostanzialmente unico, i
cui presupposti (…) devono essere ricostruiti attraverso un percorso logico-giuridico unitario, l'accertamento
giudiziario non può che essere unico nei confronti di tutti i soggetti interessati, nell'alveo di un unico in-
scindibile rapporto processuale» (cfr., Cass., SS.UU., Sent. 4.6.2008, n. 14815).
Il processo tributario deve essere sospeso anche nel caso di:
› proposizione di regolamento di giurisdizione (art. 3, co. 2, che rinvia all’art. 41, co. 1 c.p.c.);
› instaurazione del procedimento di ricusazione (art. 6, co. 1 );
› incidente di legittimità costituzionale di una norma che sia sollevato nel corso del processo
(art. 23, co. 2, L. 11.3.1953, n. 87);
› questione sulla interpretazione del Trattato istitutivo della UE (cfr. art. 267, Trattato UE).
La sospensione del processo tributario è, invece, vietata nel caso in cui penda un processo pena-
le in relazione agli stessi fatti (ex art. 20, D.Lgs. 74/2000; e Corte Cost., Ord. 24.11.2010, n. 335).
Infine,
› «non può essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c.» il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione
della cartella di pagamento emessa ex art. 68, D.Lgs. 546/1992, «in attesa che si concluda il pro-
cedimento riguardante l'impugnazione della sentenza in base alla quale è stata emessa la cartella,
non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità atteso che la pretesa erariale azionata con la car-
tella è fondata su una sentenza e, quindi, su un titolo diverso rispetto all'avviso di accertamento la
cui legittimità è ancora "sub judice", poiché altrimenti, la sospensione della efficacia esecutiva della
sentenza in questione sarebbe surrettiziamente surrogata con la sospensione del giudizio di impu-
gnazione della cartella di pagamento» (cfr., Cass., Ord., 29.11.2017, n. 28595);
ed è stato negato l’obbligo di sospensione del processo:
› promosso contro l’iscrizione a ruolo (provvisoria) di somme pretese sulla base di un atto im-
positivo già contestato davanti alle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado: «il
fatto che la validità e la efficacia della cartella esattoriale siano comunque subordinate al definitivo
accertamento giudiziale della debenza del tributo da essa cartella portato non significa affatto che il
processo tributario che abbia ad oggetto la impugnazione della cartella esattoriale dipenda dall’esito
del giudizio avente ad oggetto l’accertamento, atteso che la stessa legge consente, regolandolo, il pa-
gamento del tributo in pendenza del processo (sull’atto impositivo), con ciò univocamente signifi-
cando che la cartella esattoriale per il pagamento del tributo ben può essere emessa anche in pen-
denza del processo» (cfr. Cass., Sent. 6.9.2004, n. 17937),
› relativo ad accertamenti sulle imposte sui redditi in attesa della definizione dei processi in
materia di Iva (Cass., Sent. 26.1.2006, n. 1591).
Sospensione del processo concordata (o su istanza delle parti) Di regola, la sospensione del
processo tributario – a differenza di quelle del processo civile (cfr. art. 296 c.p.c.) – non può es-
sere richiesta dalle parti, al di fuori:
› delle ipotesi in cui vi è l’obbligo della sospensione d’ufficio e
216
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› del caso in cui sia dato corso ad una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni contro
le doppie imposizioni.

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Le norme del processo tributario devono adeguarsi, di regola, a quelle del processo civile, ma –
con riferimento alla disciplina della sospensione – devono essere finalizzate ad «abbreviare la
pendenza del processo in relazione all’inerzia delle parti»: di qui il divieto di sospensioni rimesse
alla disponibilità delle parti, fatte salve quelle (viste sopra) nelle quali il giudice è obbligato ad
eliminare, d’ufficio, specifiche anomalie processuali (per prevenire il rischio di duplicazione di
attività processuali o di giudicati contrastanti).
Sospensione richiesta per l’inizio di una procedura amichevole (co. 1-ter) La norma introduce
«una ipotesi di sospensione del processo su istanza delle parti, allorché sia iniziata una procedura ami-
chevole ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni» ovvero su richiesta del contribuente,
nel caso sia stata presentata una istanza di apertura di procedura amichevole ai sensi della Dir.
(UE) 2017/1852 (cfr. D.Lgs. 49/2020, che, in attuazione della predetta Direttiva, ha previsto la disci-
plina dei meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea; non-
ché il Provv. A.E. 16.12.2020, n. 381180, che ha dettato le relative regole operative). «Le procedure
amichevoli (MAP - Mutual Agreement Procedure), che consistono in una consultazione diretta tra le
amministrazioni fiscali dei Paesi contraenti, sono finalizzate a risolvere casi di doppia imposizione e rap-
presentano, quindi, uno strumento per la composizione delle controversie fiscali internazionali. Esse tro-
vano fondamento nelle Convenzioni internazionali bilaterali per evitare le doppie imposizioni e, in am-
bito europeo, nella Convenzione 90/436/CEE del 23.7.1990 per la eliminazione delle doppie imposizioni
in caso di rettifica degli utili di imprese associate, in applicazione della normativa in materia di prezzi di
trasferimento». Ne deriva «la facoltà delle parti di ottenere, su concorde richiesta, la sospensione del
processo quando sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per
evitare le doppie imposizioni, ovvero una procedura amichevole ai sensi della Convenzione sulla elimina-
zione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE del 23
luglio 1990» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9.1).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 20, D.Lgs. 10.3.2000, n. 74


Rapporti tra procedimento penale e processo tributario

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9

Provv. Ag. Entrate 16.12.2020, n. 381180

Art. 40 - INTERRUZIONE DEL PROCESSO [CFF ¶ 4691]

1. Il processo è interrotto se, dopo la proposizione del ricorso, si verifica:


a) il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle
parti, diversa dall'ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappre-
sentanza;
b) la morte, la radiazione o sospensione dall'albo o dall'elenco di uno dei difensori incaricati a sensi
dell' art. 12.
2. L'interruzione si ha al momento dell'evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di
cui al comma 1, lettera b). In ogni altro caso l'interruzione si ha al momento in cui l'evento è di-
chiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della par-
te a cui l'evento si riferisce.
Processo tributario 217

3. Se uno degli eventi di cui al comma 1 si avvera dopo l'ultimo giorno per il deposito di memorie in

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


caso di trattazione della controversia in camera di consiglio o dopo la chiusura della discussione

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in pubblica udienza, esso non produce effetto a meno che non sia pronunciata sentenza e il pro-
cesso prosegua davanti al giudice adito.
4. Se uno degli eventi di cui al comma 1, lettera a), si verifica durante il termine per la proposizione
del ricorso il termine è prorogato di sei mesi a decorrere dalla data dell'evento. Si applica anche a
questi termini la sospensione prevista dalla legge 7 ottobre 1969, numero 742.

INTERRUZIONE DEL PROCESSO (Art. 40)

Interruzione del processo Anche nel caso di interruzione del processo, come in quello di sospen-
sione, si verifica l’«arresto (temporaneo)» del processo a causa di un determinato evento, in at-
tesa di una sua (probabile) ripresa.
Diverse sono, però, le cause, perché diversa è la funzione dei due istituti:
› la interruzione «del processo ha la funzione di consentire una corretta ed effettiva estrinsecazione
del principio del contraddittorio tra le parti», per cui è prevista quando «una parte, in particolare
il contribuente, non possa più “stare in giudizio”» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E);
› la ratio della sospensione, invece, «risiede principalmente nella esigenza di evitare il contrasto tra
giudicati» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9.).
Le cause di interruzione del processo tributario riguardano (co. 1):
a) la parte o il suo legale rappresentante [lettera a)];
b) il difensore della parte «privata», cioè del contribuente (o dell’Agente della riscossione) [let-
tera b)].
Non comporta, invece, la interruzione del giudizio il «venir meno» dell’Ufficio: in particolare «la
estinzione ope legis [dal 1.7.2017] delle società del Gruppo Equitalia ai sensi dell’art. 1 del D.L.
193/2016 (…) non determina interruzione dei processi pendenti» (cfr. Cass. Ord. 9.11.2018, n. 28741),
poiché «è stato individuato sul piano normativo il soggetto giuridico [Agenzia delle Entrate-Riscos-
sione] destinatario delle funzioni precedentemente attribuite» alle predette società (cfr. Cass. Ordi-
nanze 15.6.2018, n. 15869 e 24.1.2019, n. 1992).
La lettera a) prevede la interruzione del processo per cause riguardanti direttamente la parte in
causa; e quindi:
› per la persona fisica, se sopravviene la morte (cui è equiparata la dichiarazione di morte presunta
di cui all’art. 58 e ss. c.c.); o «la perdita della capacità di stare in giudizio»; la quale si verifica con una
sentenza che dichiara la interdizione o la inabilitazione della persona; o con la dichiarazione di as-
senza, di scomparsa e con l’apertura del fallimento (ex art. 43, co. 3, R.D. 267/1942).
Se la morte della parte si verifica «dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima
della scadenza del termine per la costituzione» si determina «l'automatica interruzione del processo, a
prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi
attività diretta a determinarla» (cfr. Cass. Sent. 29.3.2023, n. 8835);
› per le persone giuridiche, se viene meno, cioè se si estingue in conseguenza di fallimento, liquida-
zione coatta amministrativa e amministrazione controllata.
La estinzione interviene, in generale, con la cancellazione della Società dal Registro delle Imprese
(art. 2495 c.c.); ma ai fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, con-
tenzioso e riscossione dei tributi, solo una volta che sia decorso il termine di cinque anni dalla ri-
chiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese (art. 28, co. 4, del D.Lgs. 175/2014). In questo
(lungo) periodo, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce ai soci:
«l’aver ricondotto la fattispecie ad un fenomeno successorio – sia pure connotato da caratteristiche sui
generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società
– consente abbastanza agevolmente di ritenere applicabile – quando la cancellazione e la conseguente
estinzione della società abbiano avuto luogo in pendenza di una causa di cui la società stessa era parte –
la disposizione dell’art. 110 c.p.c. (come già affermato anche da Cass. 6.6.2012, n. 9110). Tale disposizione
contempla, infatti, non solo la «morte» (come tale riferibile unicamente alle persone fisiche), ma altresì
qualsiasi «altra causa» per la quale la parte venga meno, e dunque risulta idonea a ricomprendere anche
l’ipotesi dell’estinzione dell’ente collettivo» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 12.3.2013, n. 6071).
218
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«Pertanto, qualora la estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si
determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c. con eventuale prosecuzione o rias-

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sunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.» (cfr. Cass.
Sent. 12.7.2022, n. 22060), i quali rispondono nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della li-
quidazione (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 12.3.2013, n. 6071).
La Corte di cassazione - avendo rilevato che esistono orientamenti diversi in merito al rapporto
tra quest’ultimo aspetto (e, quindi, sulla responsabilità dei soci nei limiti di quanto riscosso in ba-
se al bilancio di liquidazione) e la successione dei soci di società estinta nel corso del processo - ha
rinviato detta questione al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di rimetterla alle Sezioni
Unite (cfr. Cass. Ord. I. 14.3.2023, n. 7425).Il principio si applica anche alle società di persone, la cui
cancellazione dal Registro della Imprese «ne determina la estinzione e le priva della capacità di stare
in giudizio, operando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti
capo all'ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regime
giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate» (cfr. Cass., Ord. 18.12.2018, n. 32682;
conf. Cass. Ordinanze 4.4.2022, n. 10678; 22.3.2021, n. 7946; Cass. Sent. 18.5.2018, n. 12242).
La dichiarazione di fallimento «intervenuta prima della costituzione in giudizio, ma in pendenza del ter-
mine per la costituzione e per la proposizione dell’eventuale appello incidentale (…), determina la interru-
zione automatica del processo e comporta (…) la invalidità delle attività processuali eventualmente svolte
nella ritenuta contumacia della parte» (cfr. Cass. Ord. 2.11.2020, n. 24242).
La trasformazione, la fusione (sia essa «propria» o «per incorporazione»), l’apertura della fase di li-
quidazione, la variazione della ragione o della denominazione sociale – in quanto non incidono sulla
identità e continuità della soggettività giuridica del ricorrente (o appellante o appellato) – non confi-
gurano un evento interruttivo del processo.
In realtà, sulla «legittimazione processuale della società incorporata», si era creato un contrasto giuri-
sprudenziale, nel caso di società cancellate dal registro imprese a seguito di fusione per incorpora-
zione, che le Sezioni Unite Civili della Corte di cassazione hanno risolto con l’affermazione del se-
guente principio di diritto: «la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non
può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, avendo facoltà la società incorpo-
rante di spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disci-
plinano» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 30.7.2021, n. 21970).
La decisione prende le mosse dalla premessa che la fusione determina un fenomeno di concentra-
zione, dal quale consegue la imputazione alla società incorporante, o risultante dalla fusione, dei
rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società incorporata o fusa; la quale si estingue, la-
sciando come unico soggetto giuridico l’incorporante. Si realizza, quindi, non una mera vicenda mo-
dificativa, ma la estinzione giuridica della società incorporata o fusa con contestuale fenomeno suc-
cessorio. «La prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva del-
l’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difen-
dersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società
incorporata». Ciò, però, non comporta che il processo – instaurato dalla società incorporata e, ormai
estinta (e, dunque, non legittimata) a seguito della fusione – debba essere interrotto, dato che «la fa-
coltà concessa ad ogni interessato di intervenire nel processo, pendente tra altri soggetti, per far valere un
diritto proprio nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse, sussiste indipendentemente dalla effettiva
esistenza, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda giudiziale, delle condizioni necessarie al-
l’esperimento di essa, sicchè il soggetto legittimato ad intervenire può sostituirsi al non legittimato, anche
nel corso del processo, nell’esercizio dell’azione giudiziale» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 30.7.2021, n. 21970).
Sempre la lettera a) prevede la interruzione del processo anche in alcuni casi riguardanti il «legale
rappresentante della parte in causa», e quindi, se viene meno – per morte o altre cause – o se perde
la capacità di stare in giudizio, o se tale rappresentanza cessa. Se la «parte» è una persona fisica, il
decesso del rappresentante legale costituisce causa interruttiva del processo; quando, invece, la parte
in causa è una persona giuridica, non si verifica interruzione, dato che il concetto di «rappresentante
legale» è riferibile solo ai soggetti incapaci (quindi, alle persone fisiche), per implicito rinvio all’art.
299 c.p.c.; gli amministratori o i liquidatori di enti con personalità giuridica sono «mandatari» e cioè
«rappresentanti volontari» del soggetto che sta in giudizio (cfr., in questo senso, Cass., Sent.
20.10.1994, n. 8584).
La lettera b) riguarda le cause di interruzione del processo relative al difensore (abilitato) del ricor-
Processo tributario 219

rente (o dell’appellante o dell’appellato).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Se, proposto il ricorso, uno dei difensori decede, viene radiato o sospeso dall’Albo o dall’elenco pro-

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fessionale di appartenenza, o si cancella volontariamente dall’Albo, il processo, di regola, si inter-
rompe; ma se uno degli eventi di cui sopra si verifica:
› dopo l’ultimo giorno utile per il deposito di memorie (in caso di trattazione della controversia in
camera di consiglio), ovvero dopo la chiusura della discussione (in caso di trattazione in pubblica
udienza), non si ha interruzione del processo (salvo il caso in cui la Corte di giustizia tributaria –
anziché pronunciare la sentenza – disponga la prosecuzione del giudizio, ad es., per esperire ulte-
riore attività istruttoria ritenuta necessaria per la decisione della causa, come la nomina di un
Consulente Tecnico di Ufficio: cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E. La denominazione «commis-
sioni tributarie», ovunque ricorra, è stata sostituita con quella di «corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado» dall’art. 1, co. 1, lett. a) della L. 31.8.2022, n. 130, introdotto nel contesto
della riforma strutturale dei componenti gli organi della giurisdizione tributaria, a valere dal 16
settembre 2022);
› «prima della presentazione del ricorso, ma durante la pendenza dei termini per la [sua] presentazione
(…), tali termini sono prorogati di sei mesi dalla data dell’evento» (ferma restando, se del caso, la so-
spensione per il periodo feriale: cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Se la parte stava in giudizio personalmente e nei casi indicati nel comma 1, lettera b), l’effetto inter-
ruttivo opera automaticamente, mentre in tutti gli altri casi l’interruzione si ha al momento in cui
l’evento è dichiarato dal difensore della parte a cui l’evento si riferisce.
Ne deriva che «la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso
non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano (…), che, il medesimo procuratore, qualo-
ra originariamente munito di procura valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre
impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione (…); ed è, di conseguenza, ammissibile la notifica
della impugnazione presso di lui (…)» (cfr. Cass. Ord. 23.3.2021, n. 8037). In questo caso, «giusta la rego-
la della ultrattività del mandato alla lite», il difensore continua «a rappresentare la parte come se l’evento
stesso non si fosse verificato» (cfr. Cass. Ord. 9.4.2021, n. 9400; conf. Cass. Ordinanze 26.5.2021, n.
14465; 9.10.2017, n. 23563; Cass. Sent. 22.7.2016, n. 15177; Cass. SS.UU. Civ. 4.7.2014, n. 15295).
Per il caso di svolgimento dell’udienza c.d. cartolare, a seguito della emergenza da Covid-19, la Corte
di cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «l’evento della morte della parte costituita,
che sia dichiarato in udienza – nella specie, mediante nota scritta scambiata e depositata in telematico
nell’ambito dello svolgimento dell’udienza in forma cartolare, secondo le modalità previste dalle disposizioni
per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 – produ-
ce, ai sensi dell’art. 300, co. 2, c.p.c., l’effetto automatico della interruzione del processo dal momento di tale
dichiarazione, e il conseguente termine per la prosecuzione o riassunzione, come previsto dall’art. 305 c.p.c.,
decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore nei confronti delle altre parti, senza
che abbia alcun rilievo, a tal fine, il momento nel quale venga adottato il successivo provvedimento giudi-
ziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva» (cfr. Cass. Ord.
24.5.2022, n. 16797).
Degli atti del processo compiuti durante l’interruzione (compresa la sentenza) può dolersi solo la di-
fesa della parte colpita dall’evento interruttivo, perché «l’interruzione del processo è preordinata dalla
legge a garanzia dell’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale e/o alla difesa della parte nei cui con-
fronti intervengono determinati eventi idonei a pregiudicarlo» (cfr. Cass., Sent. 23.5.2001, n. 7007; Cass.,
Sent. 28.5.2001, n. 7216), ), per cui essa non può essere «rilevata dal giudice, né eccepita dalla contropar-
te come motivo di nullità della sentenza» (cfr. Cass. Ord. 29.4.2022, n. 13492, nel caso di morte dell’uni-
co difensore, intervenuta nel corso del giudizio di cui il giudice e le altre parti non abbiano avuto co-
noscenza).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 2495 Codice civile


Cancellazione della società
220
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 28, co. 4, D.Lgs. 21.11.2014, n. 175


Coordinamento, razionalizzazione e semplificazione di disposizioni in materia di obblighi tributari

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PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9

Art. 41 - PROVVEDIMENTI SULLA SOSPENSIONE E SULL'INTERRUZIONE


DEL PROCESSO [CFF ¶ 4692]

1. La sospensione è disposta e l'interruzione è dichiarata dal presidente della sezione con de-
creto o dalla commissione con ordinanza.
2. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo a sensi dell'art. 28.

PROVVEDIMENTI SULLA SOSPENSIONE E SULL'INTERRUZIONE DEL

Provvedimenti di sospensione e interruzione del processo (co. 1) La sospensione è dispo-


sta, l’interruzione va dichiarata, nei casi previsti negli articoli precedenti:
› con decreto del Presidente di Sezione, quando la loro causa si verifica prima della fissazio-
ne dell’udienza di trattazione;
› con ordinanza del collegio, negli altri casi.
La sospensione del processo deve essere «disposta» dal Presidente di Sezione o dal Collegio
dopo aver accertato una causa (di sospensione), mentre la interruzione del processo avviene
al verificarsi dell’evento o quando l’evento interruttivo viene manifestato dal difensore della
parte, per cui l’interruzione viene (solo) «dichiarata» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Eventuale impugnazione del decreto presidenziale (co. 2)
› Secondo l’Amministrazione finanziaria, avverso tale provvedimento è ammesso solo il re-
clamo ex art. 28, non essendo applicabile, nel processo tributario, la disciplina processual-
civilistica che dispone che i provvedimenti di sospensione possono essere impugnati solo
con il regolamento di competenza (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
› Secondo la Corte di cassazione, «l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali garantiti dall’art.
24 Cost., comma 1, dall’art. 111 Cost., comma 2, e dall’art. 6, comma 1, della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» induce a ritenere che sia sen-
z’altro ammissibile, alla stregua del combinato disposto dell’art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 546 del
1992, e dell’art. 42 c.p.c., la proposizione del regolamento di competenza avverso i provve-
dimenti di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. (cfr. Cass., Sent. 2.4.2007, n. 8129, in
termini Cass., Sent. 11.3.2016, n. 4790).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E


Processo tributario 221

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 42 - EFFETTI DELLA SOSPENSIONE E DELL'INTERRUZIONE
DEL PROCESSO [CFF ¶ 4693]

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1. Durante la sospensione e l'interruzione non possono essere compiuti atti del processo.
2. I termini in corso sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla presentazione dell'istanza di cui
all'articolo seguente.

EFFETTI DELLA SOSPENSIONE E DELL'INTERRUZIONE DEL PROCESSO (Art. 42)

Effetti della sospensione ed interruzione del processo Durante il periodo di sospensione o di


interruzione non può essere compiuta alcuna attività processuale e, se compiuta, è nulla, con
l’eccezione della richiesta di provvedimenti cautelari (cfr. Circ. Min. Fin., n. 98/E).
I termini in corso sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla presentazione dell’istanza di
trattazione, così come regolata dal successivo art. 43, fermo restando che «per esigenze di econo-
mia processuale, tutti gli atti processuali compiuti anteriormente alla sospensione o interruzione del
processo sono fatti salvi» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 43 - RIPRESA DEL PROCESSO SOSPESO O INTERROTTO [CFF ¶ 4694]

Dopo che è cessata la causa che ne ha determinato la sospensione il processo continua se entro sei mesi da
tale data viene presentata da una delle parti istanza di trattazione al presidente di sezione della commis-
sione, che provvede a norma dell'art. 30 .
Se entro sei mesi da quando è stata dichiarata l'interruzione del processo la parte colpita dall'evento o i
suoi successori o qualsiasi altra parte presentano istanza di trattazione al presidente di sezione della com-
missione, quest'ultimo provvede a norma del comma precedente.
La comunicazione di cui all'art. 31, oltre che alle altre parti costituite nei luoghi indicati dall'art. 17, deve es-
sere fatta alla parte colpita dall'evento o ai suoi successori personalmente. Entro un anno dalla morte di
una delle parti la comunicazione può essere effettuata agli eredi collettivamente o impersonalmente nel
domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dal defunto risultante dagli atti del processo. La
parte colpita dall'evento o i suoi successori possono costituirsi anche solo presentando documenti o me-
morie o partecipando alla discussione assistiti, nei casi previsti, da difensore incaricato nelle forme pre-
scritte.

RIPRESA DEL PROCESSO SOSPESO O INTERROTTO (Art. 43)

Ripresa del processo sospeso (co. 1) Cessata la causa di sospensione, il processo tributario continua
solo se almeno una delle parti interessate presenta, entro sei mesi dalla data di sospensione, istanza
di trattazione al Presidente di Sezione della Commissione. Solo a tale condizione e con il rispetto del
termine (perentorio) il processo sospeso riprende il suo corso; «in caso contrario, il processo si estingue
per inattività delle parti ai sensi del successivo art. 45» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Ripresa del processo interrotto (co. 2) Nel caso di interruzione del processo tributario, la parte colpi-
ta dall’evento (o i suoi successori) o qualsiasi altra parte interessata alla ripresa del processo interrot-
to deve presentare istanza di trattazione, al Presidente di Sezione, nel termine (perentorio) di sei me-
si da quando è stata dichiarata l’interruzione.
222
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Termini Nel processo tributario non opera il termine di riassunzione o prosecuzione del processo civile
interrotto o sospeso, fissato in tre mesi dagli articoli 297, co. 1, e 305 c.p.c., dato che i commi 1 (so-

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spensione) e 2 (interruzione) dell’articolo in commento indicano il diverso termine di sei mesi, che è
«speciale» del processo tributario (cfr. Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E, § 3.5).
La norma «prevede la decorrenza del termine sempre dal momento della dichiarazione della interruzione,
dovendosi così ritenere che un provvedimento del Giudice, dichiarativo dell’evento interruttivo, è sempre
necessario ai fini del computo del termine per la riassunzione del giudizio» (cfr. Cass. Ord. 2.11.2020, n.
24242; conf. Cass. Sent. 16.3.2022, n. 8627).
Sulla decorrenza del termine utile per la riassunzione del processo interrotto:
› se l'interruzione avviene con decreto del Presidente di Sezione (quando la causa di interruzione si
verifica prima della fissazione dell’udienza di trattazione), il dies a quo coincide con la dichiarazio-
ne giudiziale dell’interruzione; in questo caso, la parte interessata dall’evento interruttivo ne viene
a conoscenza attraverso la comunicazione che consente alla stessa di esercitare il diritto al recla-
mo previsto nel comma 2 dell’art. 41;
› se, invece, l’interruzione viene dichiarata dalla Commissione (negli altri casi), la relativa ordinanza
non è oggetto di comunicazione, per cui le parti potrebbero trovarsi nella condizione di non poter
rispettare il termine in commento: con conseguente estinzione del processo. Una interpretazione
della norma costituzionalmente orientata dovrebbe, però, suggerire di conteggiare il semestre non
dalla data della dichiarazione collegiale di interruzione, bensì da quella in cui le parti ne abbiano
avuto legale conoscenza (mediante dichiarazione, notificazione, comunicazione o certificazione
dell’evento realizzatasi nel processo), in conformità con quanto espresso dalla Consulta sull’omo-
logo art. 305 c.p.c. (cfr. Corte Cost., Sent. 21.1.2010, n. 17).
In proposito, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno statuito che, nel caso di processo in-
terrotto a seguito di dichiarazione di fallimento, «ferma l’automatica interruzione del processo (…) il ter-
mine per la relativa riassunzione o prosecuzione (…) decorre da quando la dichiarazione giudiziale della in-
terruzione stessa sia stata portata a conoscenza di ciascuna parte», precisando che «tale dichiarazione,
ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza (…) va direttamente notificata alle parti o al cura-
tore da ogni interessato ovvero comunicata (…) anche dall’ufficio giudiziario» (cfr. Cass. SS.UU. Sent.
7.5.2021, n. 12154; conf. Cass. Ordinanze 8.2.2022, n. 4031; 3.2.2022, n. 3444).
Infine, una recente decisione della Corte di cassazione (Sent. 16.3.2022, n. 8627) ha ritenuto che «al
termine per la presentazione dell’istanza di trattazione, necessaria alla ripresa del processo di merito sospe-
so o interrotto», non si applica la «sospensione legale del termine “di riassunzione”, disposta per le contro-
versie definibili dall’art. 6, co. 11, D.L. 119/2018» (il quale prevedeva la sospensione per nove mesi, tra
l’altro, dei termini di riassunzione delle controversie definibili).
Modalità «L’istanza di trattazione deve contenere gli elementi indispensabili per consentire al Presidente di
Sezione di assumere i provvedimenti necessari» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E) per la prosecu-
zione del processo sospeso o interrotto e, quindi, conterrà gli estremi della controversia, «la causa e
gli estremi del provvedimento di sospensione o di interruzione» (decreto presidenziale o ordinanza col-
legiale), nonché «il motivo che giustifica la ripresa del processo» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
In proposito, la giurisprudenza ritiene che «la istanza di trattazione, prescritta dall’art. 43 del D.Lgs. n.
546 del 1992 al fine di impedire la estinzione del giudizio, postula la manifestazione della volontà della
parte – espressa anche in forme non sacramentali – di dare ulteriore corso al giudizio, sicché essa non è in-
tegrata dalla mera nomina di un nuovo difensore ad opera della parte colpita dall’evento interruttivo, atto
rilevante unicamente per le notificazioni e le comunicazioni degli atti in caso di eventuale prosecuzione del-
la lite» (cfr. Cass. Ord. 4.12.2020, n. 27815).
La parte che riassume il processo dichiarato sospeso o interrotto non è obbligata al versamento del
Contributo Unificato essendo stato lo stesso «già assolto al momento del ricorso introduttivo» (cfr. Circ.
M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 2.2).
Una volta presentata l’istanza, il Presidente di Sezione fissa la data di trattazione della controversia e
nomina il relatore, gravando gli oneri successivi sulla Segreteria della Corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado: «una volta depositata l'istanza di trattazione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art.
43, comma 2, nel termine ivi previsto, la specialità del rito tributario, rispetto all'ordinario rito civile, detta
una sequenza procedimentale ben precisa di carattere officioso, nella quale il Presidente, esaminata l'istan-
za, fissa l'udienza di trattazione e nomina il relatore e quindi la segreteria, a norma del D.Lgs. n. 546 del
1992, art. 43, comma 3, provvede alla comunicazione» dell’avviso di trattazione ex art. 31, D.Lgs.
Processo tributario 223

546/1992 (cfr. Cass. Ord. 10.1.2020, n. 304; conf. Cass. Ordinanze 4.5.2021, n. 11661; 11.10.2018, n.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


25363).

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L’avviso di trattazione deve essere comunicato, oltre che alle parti costituite, anche alle parti non co-
stituite che sono state colpite dall’evento o ai loro successori; in questo ultimo caso, la comunicazio-
ne va effettuata, entro un anno dalla morte di una delle parti, «agli eredi collettivamente o impersonal-
mente nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dal defunto risultante dagli atti pro-
cessuali» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
La parte colpita dall’evento o i suoi eredi possono costituirsi in giudizio anche solo con la presenta-
zione di memorie o di documenti o partecipando alla discussione con l’assistenza del difensore (abili-
tato) incaricato.

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E

Circ. Min. Fin. 21.9.2011, n. 1/DF

Art. 44 - ESTINZIONE DEL PROCESSO PER RINUNCIA AL RICORSO [CFF ¶ 4695]

1. Il processo si estingue per rinuncia al ricorso.


2. Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo fra loro.
La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla commissione con ordinanza non impu-
gnabile. 1
3. La rinuncia non produce effetto se non è accettata dalle parti costituite che abbiano effettivo in-
teresse alla prosecuzione del processo.
4. La rinuncia e l'accettazione, ove necessaria, sono sottoscritte dalle parti personalmente o da loro
procuratori speciali, nonché, se vi sono, dai rispettivi difensori e si depositano nella segreteria
della commissione.
5. Il presidente della sezione o la commissione, se la rinuncia e l'accettazione, ove necessaria, sono
regolari, dichiarano l'estinzione del processo. Si applica l'ultimo comma dell'articolo seguente.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta
di seguito il testo ancora vigente fino al 31.12.2015: «2. Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti
salvo diverso accordo fra loro. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla commissione con ordinanza
non impugnabile, che costituisce titolo esecutivo.».

ESTINZIONE DEL PROCESSO PER RINUNCIA AL RICORSO (Art. 44)

Cause L'estinzione del processo può avvenire per:


a) rinuncia al ricorso (art. 44 del Decreto);
b) inattività delle parti (art. 45);
c) cessazione della materia del contendere (art. 46).
Rinuncia al ricorso (co. 1) La parte che intende rinunciare al ricorso deve manifestare tale sua in-
tenzione con apposito atto scritto, che deve essere depositato nella Segreteria della Corte di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado entro la data fissata per la trattazione della controver-
sia. La rinuncia produce effetto solo se è accettata dalle parti costituite.
Rinuncia e accettazione (co. 3, 4 e 5) Esse devono essere:
224
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› sottoscritte sia dalle parti personalmente (o dai loro procuratori speciali), sia dagli eventuali
difensori muniti di procura speciale (cfr. Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, Sent. 15.2.2012, n.

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14); e
› depositate nella Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado.
Secondo la prassi «non è ammessa una rinuncia [solo] verbale fatta nell’udienza pubblica» (cfr.
Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E), mentre secondo la Corte di cassazione, «una dichiarazione re-
sa in udienza, alla presenza del segretario e del Collegio, integra gli estremi del verbale-atto pubblico,
fidefacente, talché siffatta dichiarazione assume la forma – e la garanzia – dell’atto di fede privilegia-
ta, quindi un quid pluris rispetto all’atto scritto e, pertanto, la sostituzione della forma scritta con la
dichiarazione a verbale in corso di udienza è da considerarsi ammissibile» (cfr. Cass., Sent.
15.3.2004, n. 5270; in termini, Cass., Sentenze 11.1.2006, n. 305; 14.4.2004, n. 7082; nonché, sulla
validità ed efficacia della rinuncia all’appello formulata in sede di udienza dal funzionario rap-
presentante dell’Ufficio della Agenzia delle Entrate, cfr. Cass., Sentenze 10.3.2010, n. 5762 e
15.2.2010, n. 3519).
L’estinzione del processo è dichiarata dal Presidente della Sezione con decreto reclamabile o
dalla Commissione con ordinanza non impugnabile, previa verifica della regolarità della rinun-
cia e dell’eventuale accettazione.
Spese di giudizio (co. 2) Il ricorrente che rinuncia è tenuto al rimborso delle spese alle altre parti,
salvo diverso accordo; la liquidazione delle spese a suo carico è disposta con ordinanza che non
costituisce (più) titolo esecutivo, dato che l’unico strumento utilizzabile per dare esecuzione ai
provvedimenti di condanna (anche delle spese legali in favore del contribuente) delle Corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado è il giudizio di ottemperanza. Per le spese liquidate
in favore dell’ente impositore e degli altri soggetti equiparati è prevista, invece, l’iscrizione a
ruolo.
Se, nelle more del giudizio, l’Ufficio resistente decide di revocare il proprio atto impositivo, la
giurisprudenza di legittimità, dopo aver affermato che il giudizio si estingue per cessazione del-
la materia del contendere (art. 46), ha ritenuto sia che dall'estinzione non derivi l’addebito auto-
matico delle spese a carico della parte resistente (cfr. Cass., Sent. 30.3.2012, n. 5127), sia che deri-
vi la compensazione delle spese di giudizio (cfr. Cass., Ord. 31.5.2016, n. 11222). Secondo la giuri-
sprudenza di merito, l’annullamento dell’atto impugnato in corso di causa non si configura co-
me cessazione della materia del contendere (dato che la riemissione di un nuovo atto impositivo
fa permanere la pretesa tributaria), ma come rinuncia agli atti del giudizio: con conseguente ap-
plicabilità dell’articolo in commento e addebito «automatico» delle spese di lite a carico dell’Uf-
ficio che si era ritirato dal contenzioso (cfr. C.T.P. Treviso, Sent. 15.3.2004, n. 35. Per un caso di
condanna dell’Ufficio al pagamento delle spese processuali a seguito di annullamento dell’atto
in autotutela, si veda C.T.R. Lombardia, 30.10.2020, n. 2491). In realtà, la sentenza della Corte
costituzionale del 4.7.2005, n. 274, emessa in relazione all’art. 46, co. 3 (si veda il relativo com-
mento), ha dichiarato illegittima la compensazione delle spese «automatica» in caso di effettiva
(... non apparente) «cessazione della materia del contendere» per rinuncia (da parte dell’Ufficio
o Ente impositore) alla pretesa tributaria, ma non ha introdotto l’opposto automatismo dell’ad-
debito delle spese di lite a carico del rinunciante (che vale appunto solo in caso di rinuncia agli
atti): pertanto, nell’ipotesi di cessata materia del contendere, la decisione sulle spese spetta al
Collegio giudicante.
Effetti La rinuncia al ricorso produce effetti circoscritti all’ambito del rapporto processuale, per cui:
› non impedisce al contribuente rinunciante di ripresentare – nel rispetto dei termini di legge –
un «nuovo» ricorso avente ad oggetto la medesima domanda;
› se si verifica nel giudizio di appello (promosso avverso una sentenza che si era pronunciata
nel merito), investe solo gli atti del procedimento di gravame (in primo luogo, l’appello), com-
portando il passaggio in giudicato della decisione di prime cure, «perché, ai sensi dell’art. 310
c.p.c., l’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel
corso del processo, e qualora, quindi, il giudizio sia stato definito in primo grado con una decisione
sulla fondatezza dell’azione, la rinuncia agli atti del giudizio compiuta in sede di appello, non po-
tendo che investire soltanto gli atti del giudizio di gravame, comporta il passaggio in giudicato della
decisione stessa in conseguenza della sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione» (Cass.,
Sent. 16.10.2003, n. 5026).
Processo tributario 225

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Artt. 306, co. 2, 310, co. 2 Codice di procedura civile
Rinuncia agli atti del processo ed effetti dell'estinzione del processo

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 45 - ESTINZIONE DEL PROCESSO PER INATTIVITÀ DELLE PARTI [CFF ¶ 4696]

1. Il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o
integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla
legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo.
2. Le spese del processo estinto a norma del comma 1 restano a carico delle parti che le han-
no anticipate.
3. L'estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d'ufficio solo nel grado
di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti.
4. L'estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con
sentenza. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo alla commissione che
provvede a norma dell'art. 28.

ESTINZIONE DEL PROCESSO PER INATTIVITÀ DELLE PARTI (Art. 45)

Inattività delle parti L’estinzione del processo per inattività delle parti si verifica nei casi in
cui le stesse non abbiano provveduto, entro il termine perentorio fissato dalla legge o dal
giudice, a proseguire, riassumere o integrare il giudizio (e non anche quando manchi un
impulso di parte diretto ad accelerare il corso del processo: cfr. Cass., Sent. 15.6.2001, n.
8133).
«Si ha estinzione del processo per inattività delle parti», ad esempio, nel caso di:
› «sospensione, per qualsiasi motivo, del processo e mancata riassunzione dello stesso entro il
termine di legge (art. 43, co. 1);
› interruzione del processo e mancata riassunzione dello stesso entro i termini di legge (art. 43,
co. 2)».
La estinzione può verificarsi, inoltre, «nell’ipotesi di cui all’art. 5, co. 5 (…), relativa alla rias-
sunzione del processo davanti alla commissione dichiarata competente; nell’ipotesi prevista dal-
l’art. 14, co. 2, dettato in tema di integrazione del contraddittorio, nel caso ricorra il litisconsor-
zio necessario» (cfr. Cass. Ord. 7.8.2020, n. 16830).
Essa «è rilevabile anche d’ufficio, ma solo nel grado di giudizio in cui si verifica» e «viene di-
chiarata dal Presidente della Sezione con decreto, reclamabile a norma dell’art. 28, o dalla
Commissione con sentenza». Le (eventuali) doglianze avverso tale decreto devono essere
fatte valere – in applicazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione – «con
il reclamo previsto dall'art. 45, comma 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e non per mezzo del ricorso
per cassazione, esperibile solo nei confronti dei provvedimenti giurisdizionali definitivi aventi
contenuto decisorio (anche se emessi sotto forma di ordinanza o di decreto), rispetto ai quali
non sia previsto uno specifico rimedio impugnatorio» (cfr. Cass., Ord. 13.9.2017, n. 21254).
Diversamente dall'ipotesi di estinzione per rinuncia (ex art. 44), in questo caso «le spese di
lite restano a carico della parte che le ha sostenute» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
L’estinzione del processo rende inefficaci gli atti compiuti, escluse le sentenze di merito
pronunciate nel corso del giudizio e quelle che regolano la competenza (art. 310, co. 2°,
c.p.c.); se l’estinzione si verifica nel corso del processo di impugnazione, trova applicazio-
226
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

ne l’art. 338 c.p.c. che stabilisce il passaggio in giudicato della sentenza appellata, salvo
che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento

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estinto (cfr. Cass., Sent. 18.6.2014, n. 13808). Pertanto, la estinzione che interviene «in ap-
pello, in un giudizio già definito in primo grado con decisione favorevole al contribuente di an-
nullamento dell’atto impugnato, determina la cristallizzazione della situazione giuridica so-
stanziale come definita dalla sentenza di merito impugnata, che passa in giudicato, per cui non
può rivivere il provvedimento impositivo» (cfr. Cass. Ord. 4.12.2020, n. 27815).
Per i giudizi di rinvio dalla Cassazione, l’estinzione riguarda l’intero processo e comporta
il consolidamento dell’atto impositivo originariamente impugnato e la esigibilità della
somma pretesa con tale atto (cfr. commento dell’art. 63).

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 46 - ESTINZIONE DEL GIUDIZIO PER CESSAZIONE DELLA MATERIA


DEL CONTENDERE [CFF ¶ 4697]

1. Il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie pre-
visti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere.
2. La cessazione della materia del contendere è dichiarata, con decreto del presidente o con
sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell'art. 28.
2

3. Nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estin-
to restano a carico della parte che le ha anticipate. 1 3

Note
1 È costituzionalmente illegittimo l'art. 46, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.
413), nella parte in cui si riferisce alle ipotesi di cessazione della materia del contendere diverse dai casi di defini-
zione delle pendenze tributarie previsti dalla legge (C. Cost. 12.07.2005, n. 274).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si ri-
porta di seguito il testo previgente: «2. La cessazione della materia del contendere è dichiarata, salvo quanto diver-
samente disposto da singole norme di legge, con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il prov-
vedimento presidenziale è reclamabile a norma dell'art. 28.».
3 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si ri-
porta di seguito il testo previgente: «3. Le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della
parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge.».

ESTINZIONE DEL GIUDIZIO PER CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE


(Art. 46)

Cessazione della materia del contendere (co. 1) Le cause possono ricondursi:


› a norme di legge, come la conciliazione giudiziale «totale», di cui agli artt. 48, 48-bis, 48-
bis.1 e 48-ter, o i condoni e le sanatorie fiscali, quando definiscono l’intero contesto (cfr.
Cass. Ord. 2.4.2021, n. 9142; Cass. Sent. 30.11.2018, n. 31021; C.T.R. II° Lazio, Sent.
28.12.2022, n. 6343, in relazione all’art. 6 del D.L. 119/2018);
› al comportamento delle parti, spesso determinato dal riconoscimento, in corso di causa,
della fondatezza delle altrui ragioni (cfr. Cass. Ord. 27.2.2020, n. 5351), come nel caso in
cui:
Processo tributario 227

a. il Fisco riconosca, in via di autotutela, la illegittimità o infondatezza della propria

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


pretesa (cfr. Cass. Ord. 28.12.2018, n. 33587);

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b. il contribuente presti acquiescenza alla pretesa tributaria dopo averla contestata.
Quanto all’ipotesi sub a), la Cassazione ha statuito che la causa di estinzione del giudizio di
cui all’art. 46 «per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in
via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale anche su eventuali cause di inammissi-
bilità del ricorso per cassazione e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua della cassazione
senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di
contrasto tra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perchè inidonee a
regolare il rapporto tra le parti» (cfr. Cass. Sent. 15.3.2022, n. 8295).
Non integra una causa di cessazione della materia del contendere lo sgravio della cartella di
pagamento disposto dall’Ufficio in provvisoria ottemperanza della sentenza di primo grado
favorevole al contribuente (a meno che il prodromico avviso di liquidazione non sia stato an-
nullato in autotutela: cfr., Cass., Ord. 26.9.2013, n. 24738; Cass., Sent. 28.12.2012, n. 24064); né
il pagamento, nelle more del giudizio, da parte del ricorrente/contribuente, dell’importo re-
clamato (cfr. Cass. , Ord. 19.4.2019, n. 11153). In proposito, la giurisprudenza ha, infatti, affer-
mato il «principio della inidoneità del pagamento non spontaneo (bensì coatto) a provocare la ces-
sazione della materia del contendere», da cui deriva che il pagamento da parte del contribuente
«come anche la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento» a processo in-
staurato «non integra[no] acquiescenza alla pretesa tributaria» (cfr. Cass. Ord. 1.10.2020, n.
20962).
Mentre la rinuncia agli atti del processo incide sul grado di giudizio cui si riferisce, la cessa-
zione della materia del contendere produce effetti sull’intero giudizio.
Ne deriva che, mentre la rinuncia agli atti in appello determina il passaggio in cosa giudicata
della sentenza di primo grado, la cessazione della materia del contendere fa venir meno le
sentenze emesse nei precedenti gradi di giudizio, e riprende validità l’atto amministrativo
originario oggetto del ricorso (cfr. Cass., Sentenze 8.2.2008, n. 3040; 4.7.2003, n. 16987), che,
pertanto, deve essere previamente annullato.
Modalità (co. 2) L’estinzione opera di diritto e viene dichiarata con decreto (reclamabile) del
Presidente della Sezione o con sentenza (appellabile) della Corte di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado adita (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
«La pronuncia di cessazione della materia del contendere deve essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio
(Cass., Sent. 6.2.2007, n. 2567; Cass., Sent. 3.3.2006, n. 4714) e senza che sia necessario un espresso accordo
delle parti in tal senso (Cass., Sent. 7.5.2009, n. 10553; Cass., Sent. 8.9.2008, n. 22650), atteso che, indipen-
dentemente dalle conclusioni, spetta al giudice valutare l’effettiva esistenza del venir meno dell’interesse del-
le parti ad una decisione nel merito (Cass., Sent. 16.3.2015, n. 5188; Cass., Sent. 30.1.2014, n. 2063; Cass.,
Sent. 8.7.2010, n. 16150)» (cfr., Cass., Sent. 4.8.2017, n. 19568).
Spese di giudizio (co. 3) La norma limita la compensazione delle spese di lite «alle ipotesi di
cessazione della materia del contendere per definizione delle pendenze tributarie “previste dalla
legge”»: vengono, quindi, recepiti «i principi affermati nella Sentenza 12 luglio 2005, n. 274, con
cui la Consulta ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 46, co. 3, laddove prevedeva che
le spese del giudizio estinto restassero a carico della parte che le aveva anticipate in ogni caso di
cessazione della materia del contendere» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E).
Pertanto la Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dovrà, ora, pronunciarsi
sulle spese ai sensi dell’art. 15, co 1, del Decreto, avuto riguardo alla «generale previsione [ivi
contenuta], compresa la possibilità di compensazione delle stesse, nel concorso delle condizioni
previste» (così Cass., Sent. 21.9.2010, n. 19947; conformi Cass., Sentenze 12.5.2011, n. 10379;
25.3.2011, n. 6926; 29.12.2010, n. 26273).
Soccombenza virtuale A seguito della citata Sentenza di illegittimità costituzionale (Corte Cost.
274/2005), la Corte di cassazione aveva dato atto della rilevanza – ai fini della condanna alle
spese – all’esito virtuale della controversia, affermando che «nell’ambito del giudizio tributario,
la dichiarazione di cessazione della materia del contendere per sostituzione di un atto impositivo
viziato sul piano formale (nel caso deciso, per mancata indicazione delle aliquote di imposta
applicate) con altro che sia idoneo a sanare quel vizio, tempestivamente rilevato dal contribuente,
costituisce proprio uno dei casi di soccombenza virtuale dell’Amministrazione, onde la motivazione
228
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

del giudice di merito che legittimamente – sia pure in base ad una norma di legge riformulata, ora
per allora, a seguito del suo giudizio di legittimità costituzionale – condanni l’ufficio per soccom-

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benza virtuale a rifondere le spese sostenute dal contribuente, non è affatto contraddittoria ma
pienamente coerente con la ratio della previsione legislativa in tali sensi resa conforme a Costitu-
zione» (cfr. Cass., Sent. 4.10.2006, n. 21380; Cass., Sent. 15.10.2007, n. 21530; C.T.R. Lombar-
dia, 30.10.2020, n. 2491).
Più di recente, la giurisprudenza ha delimitato il perimetro di applicazione del principio, sta-
tuendo che «alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di au-
totutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccomben-
za virtuale qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedi-
mento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, la obiettiva
complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto
annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88
c.pc., che può essere premiato con la compensazione delle spese» (cfr. Cass., Sent. 13.4.2016, n.
7273; Cass. Ord. 23.6.2017, n. 15767).
Sempre con riferimento agli effetti processuali del riconoscimento della pretesa altrui, meri-
ta, infine, segnalare quella giurisprudenza (Comm. Trib. Centr., Dec. 10.12.2002, n. 516) per
cui se l’Ufficio – in pendenza del processo originato dalla impugnazione del diniego (tacito o
espresso) di una istanza di rimborso – riconosce la sussistenza del diritto del contribuente, il
giudice non può dichiarare cessata la materia del contendere, perché con tale declaratoria fa-
rebbe venir meno il titolo al rimborso e, quindi, il relativo diritto, a meno che quel diritto
non sia stato previamente riconosciuto ufficialmente dall’Ufficio.

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Capo II - I Procedimenti cautelare


e conciliativo

Art. 47 - SOSPENSIONE DELL'ATTO IMPUGNATO [CFF ¶ 4698]

1. Il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere
alla corte di giustizia tributaria di primo grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'at-
to stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti
e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all' art. 22. 11
2. Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di
consiglio utile e comunque non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione della medesima
istanza, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima.
L'udienza di trattazione dell'istanza di sospensione non può, in ogni caso, coincidere con l'udien-
za di trattazione del merito della controversia. 10
3. In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, può disporre con de-
creto motivato la provvisoria sospensione dell'esecuzione fino alla pronuncia del collegio. 6
4. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza mo-
tivata non impugnabile nella stessa udienza di trattazione dell'istanza. Il dispositivo dell’ordinan-
za deve essere immediatamente comunicato alle parti in udienza. 7
5. La sospensione può anche essere parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’ar-
ticolo 69, comma 2. La prestazione della garanzia è esclusa per i ricorrenti con “bollino di affidabili-
Processo tributario 229

tà fiscale”. Ai fini della disposizione di cui al periodo precedente, i ricorrenti con “bollino di affidabi-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


lità fiscale” sono i contribuenti soggetti alla disciplina di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 24
aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ai quali sia stato

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attribuito un punteggio di affidabilità pari ad almeno 9 negli ultimi tre periodi d'imposta precedenti
a quello di proposizione del ricorso per i quali tali punteggi siano disponibili. 8
[5.bis. L'istanza di sospensione è decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della
stessa.] 5
6. Nei casi di sospensione dell'atto impugnato la trattazione della controversia deve essere fissata
non oltre novanta giorni dalla pronuncia. 1 2
7. Gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado.
8. In caso di mutamento delle circostanze la commissione su istanza motivata di parte può revoca-
re o modificare il provvedimento cautelare prima della sentenza, osservate per quanto possibile
le forme di cui ai commi 1, 2 e 4.
8-bis. Durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la
sospensione amministrativa. 9 3 4

Note
1 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt 39 e 47, comma sesto, sollevata in riferimento agli
artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione (C.cost. 23.02 - 26.02 1998, n. 31).
2 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 47, comma sesto, sollevata in
riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione (C.cost. 12.04 - 16.04.1999, n. 136 ).
3 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt 20 e 47 del D.Lgs. 31.12 1992,
n. 546, nonchè dell'art 10 del D.P.R. 28.11.1980, n. 787 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione (C.cost.
14.07 - 24.07 1998, n. 336 G.U. 02.09.1998, n. 35 Prima Serie Speciale).
4 La rubrica del capo di cui il presente articolo fa parte è stata così modificata dall'art 12 D.L. 08.08.1996, n. 437
5 Il presente comma inserito dall'art. 7 D.L. 13.05.2011, n.70, così come modificato dall'allegato alla legge di conversione L.
12.07.2011, n. 106 con decorrenza dal 13.07.2011(G.U. 12.07.2011, 160), è stato poi abrogato dall'art. 4, comma 1, lett. f),
L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
7 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e
poi dall'art. 4, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e
poi dall'art. 2, L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
9 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
10 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
11 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

SOSPENSIONE DELL'ATTO IMPUGNATO (Art. 47)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria La Legge 31 agosto 2022, n. 130 «Disposizioni
in materia di giustizia e di processo tributario» - (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - in vigore dal 16 settem-
bre 2022, modifica e integra i commi 2, 4 e 5, e abroga il comma 5-bis dell’articolo in esame.
Si ricorda, inoltre, che, per i giudizi instaurati con ricorso notificato dal 1° settembre 2023, l’art.
4, co. 4, della stessa L. 130/2022, stabilisce la regola dello svolgimento delle udienze di sospen-
sione a distanza, fatta salva la possibilità per le parti di richiedere, per comprovate ragioni, lo
svolgimento in presenza.
Procedimento cautelare È un procedimento endoprocessuale e incidentale che consente al ricor-
rente di chiedere alla Corte di giustizia tributaria (investita del processo principale) di sospende-
re l’esecuzione dell’atto impugnato.
La sospensione cautelare «non incide sulla efficacia del provvedimento impugnato, il quale conserva
nelle more del giudizio i suoi effetti e la sua validità, ma esclusivamente sulla esecutività dello stesso,
230
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

con la sola conseguenza che, se e fin quando permane il provvedimento di sospensione, non potrà pro-
cedersi alla riscossione coattiva né dei tributi né degli interessi relativi (…)» (cfr. Cass., Sent.

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19.1.2018, n. 1312. Si veda, però, Cass. Ord. 20.12.2017, n. 30584).
«Nell’ipotesi in cui il contribuente ottenga la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’avviso di ac-
certamento impugnato (…), [infatti] sono inibiti, dopo tale pronuncia, alla Amministrazione la forma-
zione del ruolo e la successiva iscrizione “provvisoria”, rispettivamente, ex artt. 12 e 15 del D.P.R. n.
602 del 1973; sicché sussiste l’interesse ad agire - della società che svolge attività di affidamento di
commesse pubbliche - alla impugnazione della cartella di pagamento successivamente emessa, nono-
stante la sospensione giudiziale della efficacia dell’avviso di accertamento, sia per non incorrere nella
esclusione dalle gare pubbliche, sia per il pagamento di interessi ex art. 30 D.P.R. n. 602 del 1973, di
importo maggiore rispetto a quello di cui all’art. 20 del D.P.R. n. 602 del 1973» (cfr. Cass. Sent.
14.12.2021, n. 40047).
Concorde anche la giurisprudenza di merito, secondo la quale, considerato che «gli effetti della so-
spensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado», ne deriva «che, in questo
lasso di tempo, l’ufficio non può emettere atti incidenti nella sfera giuridica del contribuente» perché,
«diversamente opinando, si svilirebbe lo stesso senso dell’istituto teso per l’appunto a non incidere nega-
tivamente nella sfera patrimoniale del contribuente stesso» (cfr. C.T.R. Molise, 14.3.2018, n. 113).
«Funzione essenziale della sospensione dell’atto impugnato è paralizzare temporaneamente gli effetti
pregiudizievoli dello stesso, in attesa della sentenza di primo grado». La proposizione del ricorso, in-
fatti, «non ha di per sé effetto sospensivo dell’atto impugnato, ma va a tal fine integrata da una appo-
sita istanza, contenuta nel medesimo atto introduttivo del giudizio o presentata con atto separato, de-
bitamente notificato a controparte e depositato – solo a seguito della costituzione in giudizio del ricor-
rente ex art. 22 – presso la segreteria della commissione tributaria competente» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38/E, § 1.10).
Condizioni per l’accoglimento dell’istanza di sospensione cautelare (co. 1) Sono: la sussistenza
sia del «fumus boni juris» che del «periculum in mora».
a) Il «fumus boni juris» (= indizio di buon diritto) si verifica quando, da una «delibazione nel
merito», il ricorso appare fondato. La «delibazione» consiste in un giudizio sintetico in esito
a un esame sommario sulla fondatezza delle eccezioni fatte valere dal contribuente, senza
con ciò esprimere un giudizio sul «merito vero e proprio della controversia (in quanto) costitui-
rebbe una illegittima anticipazione del giudizio finale» (cfr. Comm. Trib. Prov., Reggio Emilia,
Sent. 5.7.1996, n. 52).
Si è ritenuto che sussista il «fumus boni juris»:
› nel caso di «non manifesta infondatezza», cioè quando le argomentazioni del ricorrente non sono
sfornite di fondamento (cfr. Comm. Trib. Prov. Modena, Ord. 12.4.1999, n. 216) o «presentino
qualche profilo di possibile fondatezza» (cfr. Comm. Trib. 2° grado Bolzano, Ord. 6.8.2007, n. 30;
conforme, Comm. Trib. Prov. Forlì, Ord. 9.5.2007, n. 30), come pure di «fondatezza prevedibile»
(cfr. Comm. Trib. Prov. Reggio Calabria, Ord. 31.7.1996) o, ancora, di «fondatezza probabile» cioè
di «fondata possibilità di soccombenza dell’Ufficio» (cfr. Comm. Trib. Prov. Parma, Ord. 26.7.1996);
› qualora «l’intervenuta consistente riduzione della materia del contendere rende sproporzionata
l’iscrizione a ruolo di cui si chiede la sospensione» (cfr. Comm. Trib. Prov. Genova, Ord.
30.7.1996, n. 31);
› in presenza di «sentenza penale che abbia dichiarato il non luogo a procedere per insussistenza del
fatto» (cfr. Comm. Trib. Prov., Milano, Ord. 6.7.1996, n. 16).
b) Il «periculum in mora» (= pericolo nel ritardo) si verifica quando, nel periodo di tempo ne-
cessario a far valere il suo diritto in via ordinaria (cioè attraverso il ricorso principale), il
contribuente potrebbe subire un danno grave (connotazione quantitativa) e irreparabile
(cioè quasi irreversibile; da non confondere con non risarcibile, dato che tutti i danni sono
risarcibili, ma non tutti sono riparabili). La gravità del danno va valutata in relazione alle
condizioni economiche del ricorrente e alle conseguenze che gli potrebbero derivare dal-
l’esecuzione dell’atto impugnato.
Si è ritenuto che sussista il «periculum in mora» quando:
› il contribuente dovrebbe «ricorrere all’improvviso smobilizzo di beni patrimoniali senza la possi-
bilità di fissare condizioni di vendita adeguate e di individuare idonea controparte» (cfr. Comm.
Trib. Prov. Modena, Ord. 12.4.1999, n. 216; Comm. Trib. Prov. Firenze, Ord. 10.1.1997, n. 10;
Processo tributario 231

Comm. Trib. Prov. Pesaro, Ord. 27.7.1996, nn. 37 e 39; Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, Ord.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


5.7.1996; Comm. Trib. Prov. Bari, Ord. 3.5.1996, n. 1);
› c’è sproporzione fra il vantaggio derivante al creditore procedente (l’Erario) ed il pregiudizio

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derivante al debitore esecutato, cioè al contribuente ricorrente (cfr. Comm. Trib. Prov. Mode-
na, Ord. 12.4.1999, n. 216; Comm. Trib. Prov. Novara, Ord. 2.12.1996);
› l’ammontare dei tributi in riscossione è rilevante (cfr. Comm. Trib. Prov. Asti, Ord. 24.6.1996),
avendo riguardo «all’ammontare delle somme oggetto dell’accertamento» (cfr. Comm. Trib. 2°
grado Bolzano, Ord. 4.3.2003, n. 3); e alla possibilità – intesa come disponibilità di mezzi eco-
nomici – del soggetto (persona fisica o Società) di pagare (per la Società: cfr. Comm. Trib.
Reg. Lombardia, Ord. 11.4.2017, n. 495/16; Comm. Trib. Prov. Verbania, Sent. 21.11.2012, n. 53;
per la persona fisica: cfr. Comm. Trib. Reg. Lazio, Sent. 20.6.2017, n. 982. Non quando la som-
ma pretesa dall’Erario è «non certamente proibitiva»: cfr., Comm. Trib. Prov. Lecce, Ord.
29.6.1996).
La irreparabilità del danno va intesa come tendenziale irreversibilità delle conseguenze sfavore-
voli che il ricorrente potrebbe subire - nelle more del giudizio - dalla esecuzione dell’atto recla-
mato e si riporta alla impossibile «restitutio in integrum» (cioè di reintegrazione del bene nella
sua entità originaria). La giurisprudenza ha ravvisato il requisito dell’irreparabilità:
› nel caso di impresa con esposizione bancaria tale da non consentirle di assolvere alle iscrizio-
ni provvisorie a ruolo, con conseguente rischio di pignoramento ed asportazione di beni
aziendali strumentali all’attività dell’impresa stessa, nonché possibili ripercussioni sulla situa-
zione occupazionale dei dipendenti (cfr. Comm. Trib. Prov. Latina, Ord. 8.5.1996);
› nel caso di società con situazione finanziaria tale da non consentirle di far fronte alla riscos-
sione provvisoria se non attraverso lo smobilizzo a condizioni svantaggiose delle proprietà
immobiliari (è il caso, ad esempio, della società che «per far fronte alla pretesa erariale (…) do-
vrebbe alienare il patrimonio immobiliare in tempi brevi e comunque tali da non consentire il rea-
lizzo del giusto corrispettivo», con la conseguenza «che qualora ciò si verifichi, anche per l’attuale
situazione di stasi del mercato immobiliare, sussiste il concreto rischio di esecuzione esattoriale» la
quale «verosimilmente provocherebbe la revoca degli affidamenti bancari e, con essa, il conseguente
prevedibile dissesto»: cfr. Comm. Trib. Prov. Firenze, Ord. 10.1.1997, n. 1; conforme: Comm.
Trib. Prov. Reggio Emilia, Ord. 7.4.1998);
› nel caso di «palese sfasamento (in senso negativo) tra elementi attivi e passivi a breve, per cui un
ulteriore esborso di oltre 1700 milioni [di lire] (pari a un terzo del maggior carico fiscale accertato)
potrebbe portare a modificare i piani previsionali dell’attività sociale, ovvero a nuovi indebitamenti
suscettibili anche di creare situazioni irreparabili» (cfr. Comm. Trib. Prov. Udine, Ord. 27.9.1996);
› quando il pagamento delle somme richieste a titolo di riscossione provvisoria potrebbe essere
effettuato solamente ricorrendo a mezzi straordinari (cfr. Comm. Trib. Prov. Bari, Ord.
3.5.1996);
› quando la «differenza (scarto) fra gli interessi passivi che il soggetto dovrà corrispondere a terzi per
effetto del ricorso al credito – nell’ipotesi in cui tale ricorso sia necessario per assolvere l’obbligazione
tributaria provvisoria in attesa del giudizio ordinario – e gli interessi previsti espressamente dalle sin-
gole leggi d’imposta che il legittimato passivo (Amministrazione finanziaria; ente locale) dovrà corri-
spondergli, in uno con il rimborso delle somme nel tempo introitate, nel caso in cui esso ricorrente ri-
sulti vittorioso nel giudizio ordinario» possa «sovvertire gravemente la situazione personale e giuridi-
co-patrimoniale del soggetto che lo subisce» (cfr. Comm. Trib. Prov. Milano, Ord. 7.10.1996);
› «quando la perdita di disponibilità dei beni, conseguente alla possibile vendita all’incanto, rende il
danno anche irreparabile, in particolare per quanto attiene alla spoliazione della casa di abitazione
oggetto della vendita all’asta, la cui perdita si palesa non suscettibile di risarcimento in forma speci-
fica, data l’impossibilità di ripetere il bene nei confronti dell’eventuale acquirente e di considerare il
ristoro patrimoniale equivalente al valore dell’immobile» (cfr. Comm. Trib. Reg. Veneto, Ord.
20.12.2004, n. 68);
› quando «la sottrazione della notevole somma, richiesta dall’Ufficio, alla destinazione ai fini istitu-
zionali dell’ente in attività di ordinaria gestione finirebbe per impedire di fatto il perseguimento del-
lo scopo sociale, in ciò configurandosi il pregiudizio grave ed irreparabile connesso alla limitazione
reale dell’esplicazione del diritto di personalità dell’ente collettivo» (cfr. Comm. Trib. Prov. Saler-
no, Ord. 2.9.1996, n. 6);
232
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› «nella partecipazione della parte ricorrente a gare di appalto con “scadenze prossime” rispetto alle
quali l’odierna controversia potrebbe avere effetti pregiudizievoli per il buon esito della predetta

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partecipazione» (cfr. Comm. Trib. Prov. Catanzaro, decr. presid. 30.1.2013, n. 46);
› quando il contribuente abbia «la necessità di continuare ad onorare, mediante il versamento di
tranches di rilevante importo, un piano di rateazione di altri debiti erariali», con il rischio che la
nuova pretesa determini «il mancato adempimento e quindi la caducazione di tale accordo di dila-
zione» (cfr. Comm. Trib. Reg. Puglia, Ord. 29.7.2016, n. 217).
I due presupposti («fumus boni juris» e «periculum in mora») devono essere valutati entrambi e
insieme, perseguendo un loro (opportuno) bilanciamento «ispirato al principio dei vasi comuni-
canti» (cfr., cit. supra, Comm. Trib. Reg. Lombardia, Ord. n. 495/2016), per cui la tutela cautelare
dovrebbe essere concessa: sia in presenza di una situazione di pericolo di tale gravità da essere
irreversibile, sia in presenza di una palese fondatezza delle eccezioni del contribuente (anche se
la pretesa erariale non è particolarmente rilevante). Diversamente, quando il contribuente di-
mostri soltanto il fumus boni juris e non dia conto del danno grave ed irreparabile, la istanza
cautelare non è accoglibile (cfr, C.T.R. Lazio, Sent. 3.4.2019, n. 1986).
Atti oggetto di sospensione Il ricorrente può chiedere la sospensione:
1) dell’avviso di accertamento (quale che sia la denominazione formale);
2) dell’avviso di liquidazione dei tributi;
3) del provvedimento che irroga le sanzioni;
4) del ruolo e delle cartelle di pagamento.
L’avviso di accertamento - e il connesso provvedimento di irrogazione sanzioni emessi dall’Agen-
zia delle Entrate - ai fini dell’Irpef, dell’Ires (e delle relative addizionali, ritenute, imposte sosti-
tutive e crediti di imposta indebitamente utilizzati), dell’Irap e dell’Iva «divengono esecutivi decor-
si sessanta giorni dalla notifica e devono espressamente recare l’avvertimento che, decorsi trenta giorni
dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste (…) è affidata in carico agli
agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata». All’avviso di accertamento è stata as-
segnata anche la funzione di titolo esecutivo tributario (che aveva il ruolo), per cui è diventato
un atto «impoesattivo», che, come tale, può essere oggetto di richiesta di sospensione giudiziale
(cfr. Nota Ag. Entrate 30.9.2011, prot. 141776, § 8).
Va, peraltro, tenuto presente che la sospensione della esecutività non rileva ai fini del calcolo degli
interessi che decorrono, comunque, dalla notifica dell’atto: «conseguentemente gli interessi per il ri-
tardato pagamento, costituendo parte del debito del contribuente, non possono essere determinati da uno
strumento solo processuale e provvisorio quale quello della sospensiva, per cui va affermato il principio
[in base al quale] la sospensione della esecutività della cartella esattoriale non rileva ai fini del calcolo
degli interessi che comunque decorrono dalla notifica della cartella, come disposto dal D.P.R. n. 602 del
1973, art. 30, che non è derogato nel caso di sospensione provvisoria della esecutività della cartella stes-
sa» (cfr. Cass. Sent. 5.12.2019, n. 31786; conf. C.T.R. Lombardia, Sent. 6.7.2021, n. 2567).
Si ricorda, infine, che anche gli atti, emessi dagli «Enti locali», a partire dal 1° gennaio 2020, co-
stituiscono titolo esecutivo (cfr. art. 1, co. 792 e segg., L. 27.12.2019, n. 160).
Atti esclusi Non può, viceversa, «chiedersi la sospensione di atti a contenuto non impositivo» (cfr.
Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, § 1.10 e, in precedenza, Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/
E), cioè dei c.d. «atti negativi», come:
› i dinieghi di esenzioni tributarie, dal momento che «il potere cautelare conferito dall’art.47 è li-
mitato alla sospensione dell’esecuzione degli atti impositivi che siano dotati di efficacia esecutiva,
mentre, nel caso (…) di un diniego di esenzione (…) non è prevista alcuna attività esecutiva da parte
dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, nessuna possibilità per la Commissione tributaria di so-
spenderne l’esecuzione» (cfr. Comm. Trib. Prov. Udine, Ord. 7.6.2005, n. 123);
› i dinieghi di richieste di rimborso «in quanto (…) la misura cautelare opera sul provvedimento,
configurando un suo provvisorio stato di quiescenza, di giuridica inefficacia a produrre gli effetti
che pure sono propri di quell’atto (…). La declaratoria di inefficacia (provvisoria) del diniego di rim-
borso non equivale ad un ordine (provvisoriamente) esecutivo di immediato pagamento», per cui
eliso «ogni effetto del diniego non è dato di pervenire, per ciò stesso, alla implicita formulazione di
un ordine di pagamento» (cfr. Comm. Trib. Prov. Padova, Ord. 12.6.1998, n. 170; contra, però,
autorevole dottrina);
› il provvedimento di rifiuto di iscrizione al sistema Vies («Vat Information Exchange System»),
Processo tributario 233

sia perché «la sospendibilità è riferibile unicamente agli atti con cui l’A.F. manifesta una pretesa

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impositiva esecutiva, sia perché non è consentito, in sede cautelare, imporre un obbligo di facere al-

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la Pubblica Amministrazione» (cfr. Comm. Trib. Prov. Campobasso, Ord. 4.6.2013, n. 127);
› gli atti sprovvisti di natura esecutiva, come, ad esempio, l’iscrizione di ipoteca, in quanto «solo
per gli atti che costituiscono titolo esecutivo (e che dunque possono fondare un’azione esecutiva) può
ipotizzarsi un’esecuzione e una correlativa sospensione della stessa», mentre «l’atto che dovrebbe
sospendersi (un’iscrizione ipotecaria) ha natura non esecutiva ma costitutiva, posto che il relativo
diritto viene ad esistenza solo con l’iscrizione» (cfr. Comm. Trib. Prov. Caltanissetta, Ord.
23.5.2013, n. 231).
Presentazione dell’istanza di sospensione (co. 1) Per ottenere la sospensione dell’esecuzione
dell’atto impugnato, il contribuente può presentare istanza motivata:
› in sede di ricorso introduttivo alla Corte di giustizia tributaria di primo grado;
› con atto autonomo (e successivo al ricorso) da notificare alle (altre) parti costituite e da depo-
sitare nella Segreteria della Corte di giustizia tributaria di primo grado con le formalità stabi-
lite per la costituzione in giudizio (quindi, con le stesse modalità del ricorso introduttivo).
Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio
2019, la obbligatorietà del processo tributario telematico comporta che gli atti (compresa l’istan-
za in esame), e i provvedimenti siano formati come documenti informatici, sottoscritti con firma
elettronica qualificata o con firma digitale, notificati utilizzando l’indirizzo PEC e depositati con
modalità telematiche e, quindi, tramite il S.I.Gi.T.
Esame dell’istanza (co. 2) A seguito della modifica del comma 2 (cfr. art. 4, co. 1, lett. f), della so-
pra citata L. 130/2022), l’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione:
› va fissata non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’istanza stessa (per cui viene abrogato il
co. 5-bis della norma, secondo il quale la decisione sull’istanza di sospensione era assunta en-
tro 180 giorni dalla relativa presentazione);
› va comunicata alle parti almeno 5 giorni (non più 10) liberi prima;
› «non può, in ogni caso, coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia».
Ne deriva che la Circolare esplicativa della norma, secondo la quale: «Il Presidente – della Sezione
alla quale la causa è stata assegnata o della Commissione tributaria, qualora l’assegnazione non abbia an-
cora avuto luogo – fissa, con decreto, la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di con-
siglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti (a cura della Segreteria) almeno 10 giorni
liberi prima» dell’udienza (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.10), va, ora, letta come se facesse
riferimento alla nuova formulazione normativa.
Inoltre, dovrebbe considerarsi superato l’orientamento secondo cui: «il giudice che, senza ritardo,
decida il merito della causa senza pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato», non
viola il diritto di difesa del contribuente «in quanto l’art. 47 (...), prevede che «gli effetti della so-
spensione cessano alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado», sicché non è ipotizzabile
alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole, sarebbe co-
munque travolta dalla decisione di merito» (cfr. Cass., Sent. 9.4.2010, n. 8510, conf. Cass., Ord.
30.7.2019, n. 20454; Cass. Sentenze 11.3.2022, n. 7960; 20.3.2013, n. 6911; C.T.R. Lazio, Sent.
3.1.2022, n. 22; C.T.R. Abruzzo, Sez. IV, 10.7.2018; C.T.R. Liguria, 19.2.2004, n. 24).
A seguito della modifica normativa, dunque, non può più accadere che la Corte di giustizia tri-
butaria fissi l’udienza di merito senza preventiva delibera sulla richiesta di sospensiva e che esa-
mini insieme – in tempi rapidi – le due richieste
Invece, nel caso del giudizio di secondo grado, la Corte di cassazione (già) aveva ritenuto nulla
«la sentenza emessa dal Giudice di appello prima ancora di fissare l’udienza per la discussione perché
(…) impedisce ex sè ai difensori il completo esercizio del diritto di difesa senza che sia necessario verifi-
care la sussistenza, in concreto, di un pregiudizio che da tale inosservanza sia derivato alla parte»
(cfr. Cass., Ord. 8.10.2019, n. 25094).
Procedura interinale d’urgenza (co. 3) In caso di eccezionale urgenza, al Presidente è attribuita la
facoltà di disporre «la provvisoria sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, inaudita altera
parte»: previa deliberazione (esame sommario) nel merito, ma senza sentire le ragioni della
controparte. «Invero, mentre nel precedente testo della disposizione tale facoltà andava esercitata con
lo stesso decreto di fissazione dell’udienza per la trattazione dell’istanza di sospensione, la novella con-
sente di disporre la sospensione «con decreto motivato» e, quindi, anche con un provvedimento diverso
234
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

da quello di fissazione dell’udienza ed eventualmente anteriore a questo» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38/E, § 1.10).

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Procedura ordinaria (co. 4) A seguito della modifica apportata al presente comma (cfr. art. 4, co.
1, lett. lett. f), della sopra citata L. 130/2022) il Collegio – delibato il merito (cioè esaminata in
modo sommario la sussistenza o meno delle condizioni) e sentite le parti in camera di consiglio
– provvede «nella stessa udienza di trattazione dell’istanza», con ordinanza motivata non impu-
gnabile, immediatamente comunicata alle parti, in udienza.
Con la stessa ordinanza «la commissione provvede sulle spese della relativa fase», ex art. 15, co. 2-quarter
D.Lgs. 546/1992, la quale stabilisce, inoltre, che tale pronuncia «conserva efficacia anche dopo il provve-
dimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito». «La previsio-
ne di liquidare le spese della fase cautelare già alla chiusura di tale segmento processuale (…) costituisce
un’applicazione del principio sostanziale di soccombenza con una regola più rigorosa, meramente proces-
suale, che si limita ad anticipare e ad evidenziare l’incidenza di questa fase sulla distribuzione delle spese
processuali, incidenza già implicita nel processo stesso. Tale anticipazione costituisce, inoltre, un naturale
sviluppo del criterio direttivo dell’«incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria» (art. 10,
comma 1, lett. b, della Legge n. 23/2014), poiché rafforza l’efficacia deterrente della condanna alle spese, fa-
vorendo un più ragionato esercizio del diritto di azione» (cfr. Corte Cost. Sent. 16.12.2016, n. 278, che ha
così risolto la questione di legittimità dell’art. 15, co. 2-quater, come modificato dall’art. 9, D.Lgs.
156/2015, sollevata dalla C.T.P. di Treviso, con Ord. 15.1.2016, n. 99. Su questo specifico aspetto, si ve-
da, anche, la Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, § 1.4).
Si ricorda, per completezza, che la L. 130/2022 è intervenuta anche sull’art. 15 del D.P.R.
602/1973, per stabilire che «la sospensione della riscossione degli importi di cui al primo comma
opera altresì in caso di accoglimento dell’istanza di cui all’art. 47» del D.Lgs. 546/1992 (cfr. art. 4, co.
2, della citata legge, che ha aggiunto nell’art. 15/602 un comma dopo il secondo).
Sospensione parziale e/o condizionata (co. 5) La sospensione può essere anche parziale e può
essere subordinata alla presentazione di una garanzia ai sensi dell’art. 69, co. 2 (cfr. Comm. Trib.
Prov. Gorizia, Sent. 23.7.2009, n. 62): «a tal proposito, è il caso di rilevare (…) come la riforma del
contenzioso tributario estenda a tutte le ipotesi in cui sia richiesta una garanzia – sulla scorta di con-
divisibili esigenze di uniformità, semplificazione e coerenza sistematica – lo schema menzionato nel
nuovo articolo 69, co. 2» del presente Decreto (cfr. Circ. Ag. Entrate, 29.12.2015, n. 38/E, § 1.10).
La sospensione parziale riguarda il «quantum» e i suoi effetti sul piano esecutivo; la sospensione
condizionata è volta a garantire la solvibilità dell’obbligato nei confronti della parte resistente.
Il Regolamento di attuazione dell’art. 69, co. 2 – introdotto con decreto M.E.F. 6.2.2017, n. 22, in
vigore dal 28.3.2017 – disciplina il contenuto e i soggetti abilitati al rilascio della garanzia (art. 1),
la durata della garanzia (art. 2), le modalità e i termini per la sua escussione (art. 3), stabilendo,
per quel che qui interessa, che la garanzia:
› «è costituita sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato» ovvero di fideiussio-
ne o di polizza fideiussoria;
› «è prestata fino al termine del nono mese successivo a quello del deposito del provvedimento che
conclude la fase di giudizio nella quale la sospensione è disposta» e «cessa automaticamente dalla
data di deposito della sentenza favorevole al contribuente», e, infine, che:
› «il termine di tre mesi per il pagamento, da parte del contribuente, delle somme garantite decorre dal de-
posito del provvedimento che conclude la fase di giudizio nella quale la sospensione è disposta».
Procedimento (co. 6, 7, 8 e 8-bis) Se l’istanza di sospensione viene accolta, la trattazione della
controversia principale deve essere fissata non oltre 90 giorni da tale pronuncia; e gli effetti del-
la sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza. Se mutano le circostanze che
hanno dato luogo al provvedimento di sospensione, la Corte di giustizia tributaria di primo gra-
do, su istanza motivata di parte, può revocare o modificare il provvedimento cautelare.
Quanto all’applicabilità degli interessi legali in caso di sospensione disposta dal giudice di prima
istanza, la giurisprudenza aveva affermato che «qualora il ricorso del contribuente sia accolto solo
parzialmente e la sentenza di merito confermi la legittimità del titolo impugnato, la intervenuta so-
spensione giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la necessità di una nuo-
va iscrizione a ruolo per gli interessi intanto maturati sull’importo dell’imposta dovuta, fondandosi ta-
le pretesa sul principio generale di cui all’art. 1282, co. 1, c.c., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di
somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il
Processo tributario 235

titolo dispongano diversamente» (cfr. Cass. Sent. 11.7.2014,n. 15970). Pertanto, anche in mancanza

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


di una espressa previsione, non sarebbe corretto «escludere il diritto alla corresponsione di qualun-

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que tipologia di interessi per il periodo di sospensione, ritenendo che la materia sia stata innovativa-
mente regolata dal co. 8-bis dell’art. 47, senza fare applicazione della disciplina codicistica». L'innova-
zione introdotta da tale disposizione, infatti, consiste «nell’aver parificato – per esigenze di razio-
nalità e parità di trattamento – il tasso di interesse applicabile nel detto periodo a quello che sarebbe
stato da applicare laddove, anziché di sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione ammini-
strativa, ossia disposta ai sensi dell’art. 39 D.P.R. 602/1973» (cfr. Cass. Ord. 28.9.2020, n. 20362;
conf. Cass. Ord. 6.10.2021, n. 27209; Cass. Sentenze 22.2.2022, n. 5692; 19.1.2018, n. 1312): di con-
seguenza, gli interessi applicabili sono quelli dell’art. 39, co. 2, D.P.R. 602/1973, fissati nella mi-
sura del 4,5% annuo (a decorrere dall'1.10.2009: cfr. art. 4, co. 1, D.M. 21.5.2009).
Secondo una recente decisione di merito, la misura degli «interessi al tasso del 4.5% annuo non
può trovare applicazione retroattiva, ma, per espressa previsione legislativa, si applica solo a decorrere
dal 1.1.2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 12, co. 1» del D.lgs. 156/2015, che ha introdotto il
comma 8-bis in esame e modificato l’art. 39, co. 2 del D.P.R. 602/1973 (cfr. C.T.R. Lombardia,
Sent. 6.7.2021, n. 2567).
Sospensione giudiziale nel secondo grado di giudizio
› Il novellato art. 52, co. 2, prevede la possibilità, per l’appellante, di chiedere, alla Corte di giu-
stizia tributaria di secondo grado, la sospensione – in tutto o in parte – dell’esecutività della
sentenza qualora sussistano gravi e fondati motivi e, in ogni caso, la sospensione dell’esecu-
zione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile (si rinvia, pertanto, al
commento di tale disposizione). L’ordinanza di sospensione ottenuta da uno dei coeredi non
vale per gli altri obbligati solidali, nel senso che il coerede può giovarsi dell’eventuale giudica-
to favorevole ex artt. 1306 e 2909 c.c., ma non della sospensione della sentenza ottenuta dal-
l’altro condebitore (cfr. C.T.R. Umbria, Sent. 5.6.2017, n. 197).
› L’art. 62-bis, a sua volta, prevede la possibilità, per l’appellante, di chiedere la sospensione del-
l’esecuzione della sentenza di secondo grado o quella dell’atto impugnato se da questa può de-
rivargli un danno grave e irreparabile (si rinvia al commento di tale nuovo articolo).
Sospensione delle sanzioni amministrative tributarie L’art. 19 del D.Lgs. 472/1997 stabilisce:
› al co. 2 che «la Commissione tributaria regionale può sospendere l’esecuzione (delle sanzioni) ap-
plicando, in quanto compatibili, le previsioni dell’art. 52 del D.Lgs. 546/1992»;
› al co. 3 che «la sospensione deve essere concessa se viene prestata la garanzia di cui all’articolo 69
del D.Lgs. 546/1992».
Sospensione amministrativa Il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (rico-
nosciuto alle Corti di giustizia tributaria) non ha eliminato il (precedente) potere di sospensione
spettante all’Amministrazione finanziaria nella fase della riscossione. Esso è subordinato ad una
previa (e valida) impugnazione dei ruoli (o, meglio, delle cartelle di pagamento che ne sono la
manifestazione nei confronti dei contribuenti) ovvero, nel caso di avvisi di accertamento «ese-
cutivi» (per Irpef, Ires, Irap e Iva e, dall'1.1.2020, tributi locali), all'impugnazione degli stessi. Ta-
le potere è esercitato dai competenti Uffici periferici della Agenzia delle Entrate, cioè dalle Dire-
zioni Provinciali (e, per i «grandi contribuenti», dalle Direzioni Regionali).
Il «doppio binario» cautelare costituito:
› dalla tutela amministrativa, esercitabile di fronte agli Uffici finanziari, in relazione ai ruoli o
agli avvisi di accertamento «esecutivi»,
› dalla tutela giurisdizionale, esercitabile di fronte alle Corti di giustizia tributaria, in relazione
(per lo più) agli avvisi di accertamento (ma anche nei confronti di altri atti autonomamente
impugnabili e impugnati),
non determina né contrasti né interferenze; dato che sono ben distinti:
› sia gli organi deputati all’esame delle rispettive istanze: in un caso gli Uffici locali dell’Agenzia
delle Entrate; nell’altro le Corti di giustizia tributaria;
› sia i presupposti che stanno alla base dell’istanza o del suo accoglimento: il Direttore del
competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate (o il responsabile della Direzione Regionale del-
l’Agenzia delle Entrate) agisce nell’ambito della sua «discrezionalità tecnica»; la Corte di giu-
stizia tributaria deve, invece, verificare la sussistenza del danno grave ed irreparabile e del fu-
mus boni juris per la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (o la presenza di «gravi
236
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

e fondati motivi» per la sospensione dell’esecuzione della sentenza);


› sia la fase del rapporto tributario in cui la tutela cautelare è destinata ad incidere: quella della

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riscossione, nel caso di tutela amministrativa; quella anche dell’accertamento, nel caso di tu-
tela giurisdizionale (e addirittura quella successiva alla sentenza di primo grado, di fronte alla
Corte di giustizia tributaria di secondo grado).
La tutela amministrativa deve essere preceduta da una impugnazione giudiziale, che – nel caso
del ruolo – è esercitabile solo in presenza di «vizi propri» dello stesso (ora, per le principali im-
poste, dell’atto impoesattivo: cfr. Circ. Ag. Entrate 18.05.2011, n. 21, § 3.5) nella pratica, si ricorre
alla richiesta (ottenibile) della massima rateazione dell’importo dovuto (all’Agenzia delle Entra-
te-Riscossione o ad altro Agente della riscossione).
La tutela amministrativa dei tributi erariali è prevista dalle seguenti disposizioni, con l’avverten-
za che i riferimenti contenuti nelle norme vigenti sul ruolo e sulla cartella di pagamento si in-
tendono effettuati ai c.d. avvisi di accertamento «esecutivi» (per l’Irpef, l’Ires, l’Irap e l’Iva, s’in-
tende):
a) art. 39, co. 1 del D.P.R. 602/1973 [CFF · 7239], concernente il potere della DPAE (o DRAE) di
sospensione (totale o parziale) dei ruoli impugnati fino alla data di pubblicazione della sen-
tenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado;
b) art. 19-bis del D.P.R. 602/1973 [CFF · 7219a], concernente il potere del Ministro dell’Econo-
mia e delle Finanze di sospendere, per non più di 12 mesi, la riscossione nel caso di situa-
zioni eccezionali (a carattere generale o relative ad un’area significativa del territorio) che
potrebbero alterare gravemente il corretto rapporto con i contribuenti;
c) art. 56, co. 1, lett. a) del D.P.R. 131/1986 [CFF ¶ 2056], concernente il potere della Direzione Re-
gionale dell’Agenzia delle Entrate di sospendere la riscossione (di un terzo) della maggiore
imposta di registro accertata, fino alla decisione di primo grado, ove ricorrano gravi motivi;
d) art. 13 del D.Lgs. 347/1990 [CFF ¶ 2056], concernente il potere – sempre della DRAE – di so-
spendere la riscossione (di un terzo) della maggiore imposta ipotecaria e catastale.
Quanto ai tributi di pertinenza degli enti locali territoriali (Regioni, Province, Comuni), è previsto
che «nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 [dell’art. 2-quater, D.L. 564/1994, cioè
nell’ambito del potere di autotutela degli atti illegittimi o infondati] deve intendersi compreso an-
che il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato» (cfr.
co. 1-bis, del predetto articolo). Ne deriva che i predetti Enti locali, nell’esercizio del potere di au-
totutela e relativamente ai tributi di loro competenza, potranno disporre anche una sospensione
«amministrativa» degli effetti dell’atto (in proposito, si ricorda che l’art. 1, co. 792 e segg., della
L. 27.12.2019, n. 160 - c.d. Legge di Bilancio 2020 - ha introdotto la riforma della riscossione de-
gli Enti locali, prevedendo l’istituto dell’accertamento esecutivo anche per le entrate locali: a
partire dal 1° gennaio 2020, e con riferimento ai rapporti pendenti a tale data).

Sintesi sulla sospensione cautelare giudiziale e amministrativa nei vari settori impositivi
Tributo Tutela Tutela amministrativa
giudiziale a vario titolo come segue
Imposte sui redditi e Irap SÌ, ex artt. 47, 52 e SÌ (ex art. 39, co. 1, D.P.R.
62-bis, del D.Lgs. 546 602/1973)
Imposta sul valore aggiunto SÌ, ex artt. 47, 52 e SÌ (ex art. 39, co. 1, D.P.R.
62-bis, del D.Lgs. 546 602/1973)
Imposta di registro SÌ, ex artt. 47, 52 e SÌ (ex art. 56, co. 1, lett. a), D.P.R.
62-bis, del D.Lgs. 546 131/1986)
Imposte ipotecarie e catastali SÌ, ex artt. 47, 52 e SÌ (ex art. 13, D.Lgs. 347/1990)
62-bis, del D.Lgs. 546
Tributi comunali e locali SÌ, ex artt. 47, 52 e SÌ (ex art. 2-quater, co. 1-bis e 1-
62-bis, del D.Lgs. 546 ter, D.L. 564/1994)

Misure cautelari pro Fisco L’art. 47 tratta della tutela cautelare (richiesta ed eventualmente con-
cessa) a favore del contribuente, ma esiste anche una tutela cautelare «pro Fisco».
L’art. 22 del D.Lgs. 472/1997 [CFF · 9485] prevede che l’Ufficio possa chiedere al Presidente della
Processo tributario 237

Corte di giustizia tributaria di primo grado la iscrizione di ipoteca sui beni del contribuente tra-

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sgressore e dei soggetti con lui obbligati in solido o, nel caso di beni mobili, l’autorizzazione a

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procedere al sequestro conservativo dei beni. La richiesta può essere formulata qualora l’Ufficio
abbia un fondato timore di perdere la garanzia del «proprio credito» (con riferimento sia ai tri-
buti, che agli interessi, che alla sanzione) vantato in base «all’atto di contestazione, al provvedi-
mento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica»
(cfr., Cass., Sent. 28.1.2010, n. 1838).
Il procedimento – autonomo rispetto a quello principale – si introduce con una istanza motivata
(l’Agenzia delle Entrate raccomanda una «puntuale ed esauriente motivazione»: cfr. Circ. Ag. En-
trate 15.2.2010, n. 4), da notificare alle parti interessate, le quali possono depositare memorie e
documenti entro 20 giorni dalla notifica.
Ricevuta l’istanza, il Presidente fissa, con decreto, la trattazione per la prima camera di consiglio
utile e ne fa dare comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima per poi dar corso al c.d.
«rito camerale a contraddittorio garantito» (cioè sentite le parti), il quale si conclude con sentenza
soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione, «ancorché si tratti di provvedimenti che non assu-
mono la stabilità propria di un vero e proprio giudicato, in quanto perdono efficacia a seguito della
sentenza, anche non passata in giudicato, che accoglie il ricorso o la domanda (c.d. “giudicato cautela-
re”)» (cfr., Cass., Sent. 11.10.2018, n. 25256).
Solo in caso di eccezionale urgenza o di pericolo nel ritardo, il Presidente, ricevuta l’istanza, può
provvedere direttamente con decreto, il quale entro 30 giorni è reclamabile di fronte al Collegio
che, sentite le parti in camera di consiglio, decide con sentenza.
La medesima istanza cautelare può essere presentata anche dal Comandante Provinciale della
Guardia di Finanza, in relazione ai PP.VV.C. rilasciati dai reparti dipendenti, dandone tempestiva
comunicazione all’Agenzia delle Entrate, che esaminerà l’istanza e comunicherà le proprie os-
servazioni al Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo grado (cfr. art. 22, co. 1-bis e
co. 1-ter, introdotti dall’art. 16-septies del D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018,
n. 136). La proposta cautelare dei Comandanti provinciali – da formulare soltanto in presenza di
un pericolo concreto e attuale di dispersione delle garanzie patrimoniali del contribuente – va
rivolta direttamente alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, anche se «la titolarità a rap-
presentare nel processo cautelare le istanze di conservazione del credito tributario permane in ogni ca-
so in capo all’Agenzia delle Entrate», la quale parteciperà al processo quale parte competente ad
emettere l’avviso di accertamento. «Ciò non toglie, tuttavia, che la Guardia di Finanza possa essere
chiamata a fornire un contributo all’accertamento della fondatezza della richiesta cautelare» come
prescrive il nuovo co. 1-ter dell’art. 22 (cfr., Risposte della Guardia di Finanza a Telefisco del
31.1.2019).
Ai fini dell’ottenimento dell’iscrizione di ipoteca o dell’autorizzazione a procedere al sequestro
conservativo, l’Amministrazione finanziaria deve addurre le ragioni (non sono ammesse «moti-
vazioni generiche», cfr. Comm. Trib. Prov. Lecce, Sentenze 31.3.2015, n. 1080; 14.4.2014, n. 1409 e
2.7.2013, n. 226) a fondamento dell’accoglimento, ossia:
› il fumus boni juris, cioè un giudizio di fondatezza della pretesa fiscale emergente dagli atti di
imposizione;
› il periculum in mora, cioè il fondato timore di perdere la garanzia patrimoniale idonea a sod-
disfare la pretesa fiscale.
Tale giudizio deve essere condotto sia con riferimento al profilo oggettivo, cioè alla situazione
patrimoniale del contribuente-ricorrente (è stata respinta la richiesta di misure cautelari nei
confronti di una Società che presentava un bilancio «molto solido» anche se «non presentava ele-
menti significativi di volontà di sottrarsi all’adempimento fiscale»: cfr. Comm. Trib. Prov. Genova,
Sent. 28.1.2010, n. 28); sia al comportamento del debitore, che può far temere atti di depaupera-
mento del proprio patrimonio «o di dispersione dei beni che renderebbe vana l’azione del fisco» (cfr.
Comm. Trib. Prov. Bari, Sent. 18.5.2006, n. 72; conformi: Comm. Trib. Prov. Pesaro, Sent.
8.2.2005, n. 51; Comm. Trib. Reg. Marche, Sent. 28.9.2000, n. 476); non è sufficiente «la mera
sproporzione tra il patrimonio del contribuente e l’ammontare della pretesa creditoria» (cfr. Comm.
Trib. Reg. Puglia, Sent. 18.5.2010, n. 209; Comm. Trib. Reg. Lazio, Sent. 12.12.2011, n. 715), né, da
sola, l’ingente consistenza del debito erariale (cfr. Comm. Trib. Prov. Cremona, Sent. 20.8.2014,
n. 179).
238
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Da ultimo, si ricorda che i procedimenti cautelari finalizzati alla sospensione degli effetti dell’at-
to impugnato ex art. 47, D.Lgs. 546/1992; quelli di cui all’art. 19, D.Lgs. 472/1997, nonché quelli

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finalizzati alla adozione delle misure cautelari della iscrizione di ipoteca o della esecuzione del
sequestro conservativo di cui all’art. 22, D.Lgs. 472/1997 rientrano tra quelli la cui ritardata trat-
tazione può produrre grave pregiudizio alle parti, per cui il rinvio d’ufficio delle udienze fissate
tra il 9.3.2020 e l’11.5.2020 - a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19 - non rileva
(cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n.
23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 29, D.L. 31.5.2010, n. 78


Concentrazione della riscossione nell'accertamento

Decreto M.E.F. 6.2.2017, n. 22

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Nota Ag. Entrate 30.9.2011, prot. 141776

Circ. Min. Fin. 21.1.2000, n. 14/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E

Circ. Ag. Entrate 15.2.2010, n. 4 Risp. Guardia di Finanza a Telefisco del


31.1.2019
Circ. Ag. Entrate 12.3.2010, n. 12/E
Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10
Circ. Ag. Entrate 18.5.2011, n. 21/E

Art. 47-bis - SOSPENSIONE DI ATTI VOLTI AL RECUPERO DI AIUTI DI STATO


E DEFINIZIONE DELLE RELATIVE CONTROVERSIE [CFF ¶ 4698a]

1. Qualora sia chiesta in via cautelare la sospensione dell'esecuzione di un atto volto al recupero di
aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione
europea ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo
1999, di seguito denominata: "decisione di recupero",
a) gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione
del soggettotenuto alla restituzione dell'aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma
da recuperare e nei limiti di tale errore;
b) pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile.
2. Qualora la sospensione si fondi su motivi attinenti alla illegittimità della decisione di recupero la
corte di giustizia tributaria di primo grado provvede con separata ordinanza alla sospensione del
giudizio e all'immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia delle Comunità
europee, con richiesta di trattazione d'urgenza ai sensi dell'articolo 104 ter del regolamento di
procedura della Corte di giustizia del 19 giugno 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Co-
munità europee n. L 176 del 4 luglio 1991, e successive modificazioni, se ad essa non sia stata già
deferita la questione di validità dell'atto comunitario contestato. Non può, in ogni caso, essere
accolta l'istanza di sospensione dell'atto impugnato per motivi attinenti alla legittimità della deci-
sione di recupero quando la parte istante, pur avendone facoltà perché individuata o chiaramen-
te individuabile, non abbia proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi
dell'articolo 230 del Trattato istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni, ovve-
ro quando, avendo proposto l'impugnazione, non abbia richiesto la sospensione della decisione
Processo tributario 239

di recupero ai sensi dell'articolo 242 del Trattato medesimo ovvero l'abbia richiesta e la sospen-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


sione non sia stata concessa. 2

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3. Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1,
2, 4, 5, 7 e 8 dell'articolo 47; ai fini dell'applicazione del comma 8 rileva anche il mutamento del
diritto comunitario.
4. Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono definite, nel merito, nel termine di ses-
santa giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione di cui al medesimo comma 1. Alla sca-
denza del termine di sessanta giorni dall'emanazione dell'ordinanza di sospensione, il provvedi-
mento perde comunque efficacia, salvo che la corte di giustizia tributaria di primo grado entro il
medesimo termine riesamini, su istanza di parte, l'ordinanza di sospensione e ne disponga la
conferma, anche parziale, sulla base dei presupposti di cui ai commi 1 e 2, fissando comunque un
termine di efficacia, non prorogabile, non superiore a sessanta giorni. Non si applica la disciplina
sulla sospensione feriale dei termini. Nel caso di rinvio pregiudiziale il termine di cui al primo pe-
riodo è sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza di rinvio e riprende a decorrere dalla data
della trasmissione della decisione della Cortedi giustizia delle Comunità europee. 2
5. Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono discusse in pubblica udienza e, subito
dopo la discussione, il Collegio giudicante delibera la decisione in camera di consiglio. Il Presi-
dente redige e sottoscrive il dispositivo e ne dà lettura in udienza, a pena di nullità.
6. La sentenza è depositata nella segreteria della corte di giustizia tributaria di primo grado entro
quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il segretario fa risultare l'avvenuto deposito apponen-
do sulla sentenza la propria firma e la data e ne dà immediata comunicazione alle parti. 2
7. In caso di impugnazione della sentenza pronunciata sul ricorso avverso uno degli atti di cui al
comma 1, tutti i termini del giudizio di appello davanti alla corte di giustizia tributaria di secondo
grado, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla metà. Nel
processo di appello le controversie relative agli atti di cui al comma 1 hanno priorità assoluta nel-
la trattazione. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, terzo equarto periodo, 5 e 6. 2 1

Note
1 Il presente articolo inserito dall'art. 2, D.L. 08.04.2008, n. 59 con decorrenza dal 09.04.2008, continua ad applicarsi ai
soli giudizi in corso alla data del 19.01.2013 ai sensi dall'art. 61, comma 4, L. 24.12.2012, n. 234.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

SOSPENSIONE DI ATTI VOLTI AL RECUPERO DI AIUTI DI STATO E DEFINIZIONE


DELLE RELATIVE CONTROVERSIE (Art. 47-bis)

Applicazione Ci si limita a ricordare le «regole» principali della disposizione abrogata nel 2012 e
da applicarsi solo ai giudizi in corso in data 19.1.2013.
Sospensione cautelare atti di recupero degli aiuti di Stato ritenuti illegittimi «Al fine di garanti-
re l’esecuzione immediata ed effettiva delle decisioni di recupero, il Legislatore ha [aveva] introdotto
(…) una disciplina speciale della sospensione giudiziale degli atti di recupero degli aiuti di Stato e del-
la definizione delle relative controversie innanzi alle Commissioni tributarie, prevedendo in particolare
delle condizioni specifiche al verificarsi delle quali l’Organo giurisdizionale può concedere la sospen-
sione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.4.2008, n. 42, § 2).
La disposizione è stata successivamente abrogata.
Il giudice tributario può sospendere l’efficacia dei provvedimenti di recupero degli aiuti di Stato
dichiarati incompatibili con il diritto comunitario. Il Regolamento CE 659/99 prevede che qualsiasi
tipologia di «aiuto di Stato» – comprese le agevolazioni tributarie – deve essere comunicata dallo
Stato membro alla Commissione europea; la quale, se del caso (ex art. 14), può imporre allo Stato
di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’«aiuto» erogato. Rientrano nell’ambito og-
gettivo della norma, gli aiuti dichiarati illegali ed indicati nell’art. 4, D.P.C.M. 2.5.2007, n. 4, ossia:
› aiuti all’occupazione (decisione della Commissione CE dell’11.5.1999, del 30.3.2004);
› aiuti alle «public company» (decisione della Commissione CE del 5.6.2002);
240
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› aiuti in favore delle imprese che hanno realizzato investimenti nei comuni colpiti dagli eventi
calamitosi nel 2002 (decisione della Commissione CE del 20.10.2004).

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Atti volti al recupero di aiuti di Stato dichiarati illegittimi, compresi gli atti tipici della fase di
riscossione rientranti nella giurisdizione delle Corti di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado Comprendono non solo l’ingiunzione di pagamento delle somme dovute a titolo
di restituzione dell’aiuto, ma anche le iscrizioni a ruolo, le cartelle di pagamento e le intimazio-
ni di pagamento; nonché le misure cautelari ad esse connesse in quanto finalizzate al recupero
di aiuti di Stato ritenuti incompatibili.
Restano fuori dall’ambito di operatività della norma in commento, gli atti di recupero di aiuti di
Stato affidati ad organi estranei alla materia tributaria (ad es., recupero aiuti concessi agli auto-
trasportatori, affidato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.4.2008, n. 42/E

Art. 48 - CONCILIAZIONE FUORI UDIENZA [CFF ¶ 4699]

1. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza con-
giunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della contro-
versia.
2. Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la commissione
pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l’accordo conciliativo è parzia-
le, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e
procede alla ulteriore trattazione della causa.
3. Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il presidente della sezione.
4. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 1, nel quale sono
indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo
per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovu-
te al contribuente. 1 2 3

Note
1 La rubrica del capo di cui il presente articolo fa parte è stata così modificata dall'art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437.
2 Il presente articolo è stato:
- prima sostituito dall'art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437 e dall'art. 14 D.Lgs. 19.06.1997, n. 218;
- poi modificato dall'art. 3, D.Lgs. 05.06.1998, n. 203, dall'art. 1, comma 419, L. 30.12.2004, n. 311, dall'art. 1, c. 127, L.
24.12.2007, n. 244, dall'art. 3 D.L. 25.03.2010, n. 40, dall'art. 9 D.Lgs. 13.08.2010, n. 141 con decorrenza dal 19.09.2010,
dall'art. 1, comma 19, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano ai ricorsi presentati a decorrere dal 1° febbra-
io 2011, dall'art. 23, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) così come modificato dall'allegato alla legge di con-
versione L. 15.07.2011, n. 111 (G.U. 16.07.2011, n. 164) con decorrenza dal 17.07.2011;
- da ultimo così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta di seguito il te-
sto ancora vigente fino al 31.12.2015: «1. Ciascuna delle parti con l'istanza prevista dall'articolo 33, può proporre all'altra
parte la conciliazione totale o parziale della controversia.
2. La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il
tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dalla commissione.
3. Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a ti-
tolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute
mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pa-
ri importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i 50.000 euro, [previa presta-
zione, se l'importo delle rate successive alla prima è superiore a 50.000 euro, di idonea garanzia mediante polizza fi-
deiussoria o fideiussione bancaria ovvero rilasciata dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (Confidi) iscritti nell'albo
Processo tributario 241

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385]. La conciliazione si perfeziona con il versa-
mento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero

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della prima rata [e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli inte-
ressi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumenta-
to di un anno]. Per le modalità di versamento si applica l' articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 28 set-
tembre 1994, n. 592. Le predette modalità possono essere modificate con decreto del Ministro delle finanze, di concer-
to con il Ministro del tesoro.
3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento del-
la rata successiva, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo delle residue somme
dovute e della sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 applicata in misura doppia,
sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.
4. Qualora una delle parti abbia proposto la conciliazione e la stessa non abbia luogo nel corso della prima udienza, la
commissione può assegnare un termine non superiore a sessanta giorni, per la formazione di una proposta ai sensi del
comma 5.
5. L'ufficio può, sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, de-
positare una proposta di conciliazione alla quale l'altra parte abbia previamente aderito. Se l'istanza è presentata prima
della fissazione della data di trattazione, il presidente della commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e
delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l'estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione ed il decreto
tengono luogo del processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti ed il versamento dell'intero im-
porto o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione. Nell'ipotesi in cui la
conciliazione non sia ritenuta ammissibile il presidente della commissione fissa la trattazione della controversia. Il prov-
vedimento del presidente è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta.
6. In caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40 per cento delle somme
irrogabili in rapporto dell'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. In ogni caso la misura delle
sanzioni non può essere inferiore al 40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun
tributo».
3 Ai sensi dell'art. 149, comma 1, lett. b), D.L. 19.05.2020, n. 34, convertito in legge dalla L. 17.07.2020, n. 77 con decor-
renza dal 19.07.2020, i termini di versamento delle somme dovute a seguito di accordo conciliativo ai sensi del presen-
te articolo, sono prorogati al 16.09.2020; ai sensi del comma 2, del suddetto articolo modificante, la proroga si applica
con riferimento agli atti ivi indicati, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il 09.03.2020 e il
31.05.2020.

Art. 48-bis - CONCILIAZIONE IN UDIENZA [CFF ¶ 4699a]

1. Ciascuna parte entro il termine di cui all’articolo 32, comma 2, può presentare istanza per la con-
ciliazione totale o parziale della controversia.
2. All’udienza la commissione, se sussistono le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conci-
liazione rinviando eventualmente la causa alla successiva udienza per il perfezionamento dell’ac-
cordo conciliativo.
3. La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale nel quale sono indicate le
somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per
la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al
contribuente.
4. La commissione dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del
contendere. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Ai sensi dell'art. 149, comma 1, lett. b), D.L. 19.05.2020, n. 34, convertito in legge dalla L. 17.07.2020, n. 77 con decor-
renza dal 19.07.2020, i termini di versamento delle somme dovute a seguito di accordo conciliativo ai sensi del presen-
te articolo, sono prorogati al 16.09.2020; ai sensi del comma 2, del suddetto articolo modificante, la proroga si applica
con riferimento agli atti ivi indicati, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il 09.03.2020 e il
31.05.2020.
242
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 48-bis.1 - CONCILIAZIONE PROPOSTA DALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


[CFF ¶ 4699aa]

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1. Per le controversie soggette a reclamo ai sensi dell'articolo 17-bis la corte di giustizia tributaria,
ove possibile, può formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all'oggetto del
giudizio e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.
2. La proposta può essere formulata in udienza o fuori udienza. Se è formulata fuori udienza, è co-
municata alle parti. Se è formulata in udienza, è comunicata alle parti non comparse.
3. La causa può essere rinviata alla successiva udienza per il perfezionamento dell'accordo concilia-
tivo. Ove l'accordo non si perfezioni, si procede nella stessa udienza alla trattazione della causa.
4. La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale, nel quale sono indicati le
somme dovute nonché i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo
per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovu-
te al contribuente.
5. Il giudice dichiara con sentenza l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del conten-
dere.
6. La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice. 1

Nota
1 Il presentearticolo è stato inserito dall'art. 4, comma 1, lett. g), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022
ed applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 16.09.2022.
Processo tributario 243

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 48-ter - DEFINIZIONE E PAGAMENTO DELLE SOMME DOVUTE [CFF ¶ 4699b]

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1. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto
dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e
nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento
nel corso del secondo grado di giudizio.
2. Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata deve essere
effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo di cui all'articolo
48 o di redazione del processo verbale di cui agli articoli 48-bis e 48-bis.1. 2
3. In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro
il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio provvede all'iscrizione a ruolo
delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui
all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della metà e applicata
sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.
4. Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
previste per l'accertamento con adesione dall'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n.
218. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. h), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022 ed applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dal 16.09.2022.

CONCILIAZIONE GIUDIZIALE (Artt. 48, 48-bis, 48-bis.1 e 48-ter)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria La Legge 31 agosto 2022, n. 130 «Disposizioni
in materia di giustizia e di processo tributario» - (in G.U. 1.9.2022, n. 204) – inserisce l’art. 48-bis1 –
rubricato «Conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria» – nel D.Lgs. 546/1992 (cfr. art.
4, co. 1, lett. g) della L. 130/2022). La nuova disposizione si applica ai ricorsi notificati a decorre-
re dal 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge stessa (cfr. art. 8, co. 3, della L.
130/2022). Viene, dunque, sancita con una disposizione ad hoc, la prassi di alcuni giudici di
Commissione tributaria di sollecitare le parti (valendosi dell’art. 185 c.p.c.), a concludere un ac-
cordo transattivo, quando le questioni sono di facile e pronta soluzione. Viene, di conseguenza,
modificato anche il comma 2 dell’art. 48-ter (cfr. art. 4, co. 1, lett. h) della L. 130/2022): per coor-
dinarlo con il nuovo art. 48-bis1.
Inoltre, viene sostituito il co. 2-octies, dell’art. 15 del presente Decreto (modificato dall’art. 4, co.
1, lett. d) della L. 31.8.2022, n. 130), che introduce una maggiorazione delle spese di giudizio a
carico della parte che, senza giustificato motivo, non abbia accettato la proposta di conciliazione
formulata da controparte o dal Giudice («ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al
contenuto della proposta ad essa effettuata»).
Definizione Il Legislatore ha disciplinato la «conciliazione giudiziale» in quattro articoli «separa-
ti», ma l’istituto è unitario, per cui anche il commento è unico (e non frazionato sui singoli arti-
coli).
La conciliazione giudiziale è un istituto – endoprocessuale e incidentale – che consente di estin-
guere (totalmente o parzialmente) una lite già instaurata tra contribuente e autore dell’atto im-
pugnato attraverso una «transazione» diretta alla ridefinizione degli imponibili e della conse-
guente imposta, con sanzioni ridotte ricalcolate sulla base dell’imposta conciliata.
La conciliazione è uno strumento «predisposto per favorire una definizione concordataria non anco-
ra matura in fase precontenziosa, ma suscettibile di realizzazione in sede contenziosa anche attraverso
la fattiva opera di collaborazione e di incentivazione da parte degli organi giudicanti» (cfr. C.M.
23.4.1996, n. 98).
Si tratta dell’«ultima possibilità» di far cessare o ridimensionare una controversia (già incardi-
244
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

nata di fronte alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado).


La disciplina della conciliazione giudiziale si articola in:

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› conciliazione «fuori udienza» (art. 48) di cui una specie è la conciliazione c.d. «rafforzata», in-
trodotta dall’art. 1, commi da 206 a 212 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023;
› conciliazione «in udienza» (art. 48-bis);
› conciliazione «proposta dalla corte di giustizia tributaria» (art. 48-bis.1);
› disciplina comune sulle procedure e il pagamento delle somme dovute (art. 48-ter), con la neo
introdotta possibilità di regolarizzare gli omessi versamenti delle rate dovute a seguito (an-
che) della conciliazione (art. 1, co. da 219 a 221, L. 197/2022: si veda oltre).
La disciplina dell’istituto è finalizzata alla deflazione del contenzioso e al «coordinamento con la
disciplina del contraddittorio fra il contribuente e l’Amministrazione nelle fasi amministrative di ac-
certamento del tributo, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configura-
te violazioni di minore entità» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11), e prevede:
› la possibilità, in alcuni casi, che sia la corte di giustizia tributaria a formulare una proposta
conciliativa;
› l’applicabilità dell’istituto fino «al secondo grado di giudizio;
› «la estensione dell’ambito di applicazione dell’istituto»;
› il suo perfezionamento a seguito di sottoscrizione;
› la riduzione delle sanzioni secondo modalità più favorevoli al contribuente;
› «la individuazione (...) di nuove regole per il pagamento delle somme dovute» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38/E, § 1.11).
La conciliazione giudiziale, dunque, può essere esperita:
› anche dopo la prima udienza, sia nel primo che nel secondo grado di giudizio (quindi, nel cor-
so di tutta la durata del giudizio di merito);
› per qualsiasi controversia devoluta alla giurisdizione tributaria, comprese quelle oggetto del
procedimento di reclamo/mediazione.
Essa si «perfeziona» con la sottoscrizione dell’accordo (fuori udienza) o con la redazione del
processo verbale di conciliazione (in udienza). Le sanzioni, a seconda che la conciliazione inter-
venga nel primo o nel secondo grado di giudizio, si applicano nella misura del 40% (quaranta
per cento) o del 50% (cinquanta per cento) «del minimo previsto dalla legge».
Ambito soggettivo Sia la parte ricorrente che la parte resistente possono:
› presentare una istanza di conciliazione giudiziale (concordata) alla Commissione adìta;
› formulare, in via autonoma, una istanza di conciliazione da sottoporre all’altra parte, per poi,
se possibile, acquisirne il consenso.
Se il ricorrente intende consentire al suo difensore di conciliare la controversia deve conferirgli
espressamente tale potere nella procura/delega; in mancanza, il difensore non può proporre, né
tanto meno concludere, una conciliazione giudiziale. Formule del tipo «il contribuente delega il
difensore a rappresentarlo e difenderlo in ogni stato e grado del presente giudizio, conferendogli ogni e
più ampia facoltà di legge» non rispondono al requisito del conferimento espresso del potere di
conciliare, con la conseguenza che la conciliazione sottoscritta dal difensore «va dichiarata
inammissibile» (cfr. Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, 16.12.2013, n. 210): è necessario aggiungere
frasi del tipo «ivi compresa la conciliazione giudiziale».
Nella versione dell’art. 48, co. 2, antecedente alla modifica di cui all’art. 9, co. 1, lett. s), del D.Lgs.
156/2015, cioè fino al 2015, il tentativo di conciliazione poteva essere esperito anche dalla Corte
di giustizia tributaria di primo e secondo grado, come attività d’impulso nei confronti delle par-
ti, ma la versione modificata dal D.Lgs. 156/2015, a valere dal 1° gennaio 2016, non prevedeva
più tale possibilità. Se non chè, alcuni giudici (per lo più «togati»), avevano ritenuto di potersi,
comunque, valere (ex art. 1, co. 2, D.Lgs. 546/1992) dell’art. 185-bis c.p.c., per suggerire alle parti
un accordo «transattivo-conciliativo» quando lo consentono la natura del giudizio e il valore
della controversia e quando le questioni sono di facile e pronta soluzione.
Tale orientamento è stato trasfuso nella nuova disposizione di cui all’art. 48-bis.1, del D.Lgs.
546/1992, che prevede - per i ricorsi notificati a decorrere dal 16 settembre 2022 - che anche la
corte di giustizia tributaria possa, per le controversie soggette a reclamo ex art. 17-bis del pre-
sente Decreto, e ove possibile, «formulare una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del
giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione» (si veda oltre).
Processo tributario 245

Ambito oggettivo Vi rientrano tutte le controversie devolute alla giurisdizione tributaria pendenti

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


in primo o in secondo grado di giudizio, comprese quelle «minori» (cui si applica l’istituto del

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reclamo/mediazione ex art. 17-bis), le liti di rimborso, quelle «che hanno ad oggetto il diniego,
espresso o tacito, alla richiesta di agevolazioni» e quelle «riguardanti gli atti catastali» aventi «ad
oggetto, per esempio, la modifica del classamento o della rendita» (le quali comportano, una volta
perfezionata la conciliazione, l’aggiornamento degli atti catastali «nei termini risultanti dall’accor-
do»: cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12, par. 19.1.2).
È, inoltre, possibile concludere una conciliazione, con abbattimento delle sole sanzioni, «nel-
l’ipotesi in cui il contribuente, in sede di impugnazione di una intimazione di pagamento, notificata
in esecuzione di un avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 29, co. 1, lett. e), del D.L. 78/2020 (…), ec-
cepisca un vizio di notifica dell’atto impositivo presupposto»: a condizione, però, che l’Ufficio non
sia in grado di sostenere in giudizio la validità della notifica, né sia possibile ripeterla (per inter-
venuta decadenza del relativo termine: cfr. Risposte a Telefisco del 28.1.2021).
Possono essere oggetto di conciliazione i tributi di ogni genere e specie e, dunque, l’Irpef, l’Ires,
le imposte sostitutive, le sovraimposte e addizionali (ai predetti tributi), l’Irap, l’Iva, le imposte
di registro, di successione e donazione, l’imposta ipotecaria e catastale, l’imposta di bollo e, an-
che, i tributi locali. Con un’unica eccezione: «la conciliazione non può avere ad oggetto le cd. «ri-
sorse proprie tradizionali». La ratio della inapplicabilità della conciliazione a tali tributi risiede nella
prevalente disciplina di rango unionale che regola l’accertamento, la riscossione e la messa a disposi-
zione degli stessi in favore del bilancio dell’Unione e che limita a casi tassativi – tra i quali non rientra
la conciliazione – le ipotesi in presenza delle quali gli Stati membri sono esentati dal loro obbligo di
messa a disposizione degli importi accertati (art. 17, par. 2, Reg. CEE n. 1150/2000 del 22.5.2000)»
(cfr. Circ. Ag. Dogane e Monopoli, 23.12.2015, n. 142680/R.U.).
Non rientra nel perimetro dell’istituto né la liquidazione (art. 36-bis, D.P.R. 600/1973) né il con-
trollo formale delle dichiarazioni (art. 36-ter del D.P.R. 600/1973), dato che si tratta di fasi che
vanno al di là dell’accertamento (anche se talora possono riguardare il reclamo/mediazione).
Nonostante la norma non escluda dal proprio ambito le controversie relative a crediti d’imposta
inesistenti, l’Agenzia delle Entrate ha fatto derivare dalla preclusione della definizione agevolata
ex artt. 16 e 17, D.Lgs. 472/1997 delle predette violazioni (cfr. art. 13, co. 5, D.Lgs. 471/1997), la
(non condivisibile) conseguenza che la controversia avente ad oggetto l’atto di recupero di un
credito inesistente «non possa essere definita tramite conciliazione, atteso che la riduzione delle san-
zioni che ne conseguirebbe si porrebbe in contrasto con la corrispondente preclusione prevista con rife-
rimento alla fase amministrativa» (cfr. Risposte a Telefisco del 28.1.2021).
La conciliazione giudiziale può essere:
› totale, se riguarda l’intera controversia, con conseguente estinzione del giudizio;
› parziale, se riguarda soltanto parte della controversia, con prosecuzione del giudizio sulle al-
tre parti.
Quanto alle modalità, può avvenire:
› «fuori udienza» (nuovo art. 48); e
› «in udienza» (nuovo art. 48-bis);
› su impulso della corte di giustizia tributaria (nuovo art. 48-bis.1).
Conciliazione «fuori udienza» (art. 48) Le parti che, in pendenza di giudizio, raggiungono un ac-
cordo per definire (in tutto o in parte) la controversia, possono depositare in giudizio una istan-
za congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori (muniti di specifica procura), che «deve
contenere:
› l’indicazione della commissione tributaria adìta;
› i dati identificativi della causa (…);
› la manifestazione della volontà di conciliare, con indicazione degli elementi oggetto della proposta
conciliativa ed i relativi termini economici;
› la liquidazione delle somme dovute in base alla conciliazione (ovvero, per le conciliazioni intervenu-
te nell’ambito delle controversie aventi ad oggetto operazioni catastali, gli elementi che individuano
esattamente i termini dell’accordo conciliativo, quali l’indicazione del classamento o della rendita
catastale rideterminati);
› la motivazione delle ragioni che sorreggono la conciliazione;
› l’accettazione incondizionata del ricorrente di tutti gli elementi della proposta nonché delle somme
246
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

liquidate;
› la data, la sottoscrizione del titolare dell’Ufficio e la sottoscrizione del contribuente o … del difenso-

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re» cui deve essere conferita espressamente la procura a conciliare (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.2).
L’istanza, che deve essere presentata da entrambe le parti, va depositata «non oltre l’ultima
udienza di trattazione, in camera di consiglio o in pubblica udienza, del giudizio di primo o di secondo
grado» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.2).
Accertate le condizioni di ammissibilità della istanza:
› se la data della udienza non è fissata, il Presidente di sezione provvede, con decreto, a fissarla;
› se la data della udienza è già stata fissata, la Corte di giustizia tributaria (di primo o secondo
grado) pronuncia
- con sentenza la cessazione della materia del contendere, se la conciliazione è totale;
- con ordinanza il venir meno di parte della materia del contendere e la prosecuzione
della trattazione della causa sulla parte non conciliata, se la conciliazione è parziale.
Invece, «qualora il giudice non ravvisi le condizioni di ammissibilità, la causa verrà discussa e porta-
ta in decisione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.2).
La conciliazione si perfeziona nel «momento in cui si formalizza, mediante un accordo sottoscritto
congiuntamente, l’incontro di volontà tra Amministrazione e contribuente. (…) L’intervenuto accordo
ha efficacia novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che il mancato pagamento delle
somme dovute dal contribuente conduce alla iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall’accordo
stesso e all’applicazione del conseguente regime sanzionatorio per l’omesso versamento» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.2).
Se, invece «l’accordo conciliativo riguarda somme dovute dall’Ente impositore al contribuente, questi
dovrà procedere con un’azione esecutiva ordinaria e non con l’attivazione del giudizio di ottemperan-
za, in quanto il credito non dipende da un provvedimento giudiziale ma da un titolo esecutivo (l’accor-
do conciliativo)» (cfr. Nota IFEL 18.12.2015).
Si ricorda che l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilità, durante il periodo della emer-
genza epidemiologica da Covid-19, di concludere accordi di conciliazione fuori udienza «a di-
stanza», secondo le modalità di gestione (a distanza) del procedimento di accertamento con
adesione (cfr. Circ. Ag. Entrate 23.3.2020, n. 6), precisando che il deposito dell’accordo deve es-
sere effettuato tramite il S.I.Gi.T. (cfr. Circ. Ag. Entrate 6.5.2020, n. 11, § 2.9).
Conciliazione c.d. «rafforzata» ex art. 1, co. da 206 a 212, L. 197/2022, di Bilancio
2023 L’art. 1, co. da 206 a 212 della L. 29.12.2022, n. 197, c.d. Legge di Bilancio 2023, ha intro-
dotto «una particolare ipotesi di conciliazione fuori udienza, con un abbattimento delle sanzioni mag-
giorato rispetto alla disciplina a regime, contenuta negli articoli 48 e 48-ter del D.Lgs. 546 del 1992, e
con una rateazione in cinque anni» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023,
n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha esteso i termini relativi alla pendenza delle controversie e
quelli per i relativi adempimenti; e previsto una causa di non punibilità per alcuni reati di cui al
D.Lgs. 74/2000 (cfr. gli articoli 17, 1co. 2, 18, 20, co. 1, lett. f) e 23 del citato decreto).
La disposizione «riguarda anche le liti pendenti» al 15 febbraio 2023 «innanzi alle Corti di giustizia
tributaria di primo e di secondo grado, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti im-
positivi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
L’art. 17, co. 2 del D.L. 34/2023, infatti, «ha esteso l’applicabilità della conciliazione agevolata alle con-
troversie pendenti al 15 febbraio 2023 innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo gra-
do. Di conseguenza, alle liti instaurate con ricorsi notificati tra il 2 gennaio 2023 e il 15 febbraio 2023,
aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, è applicabile unicamente la defini-
zione agevolata mediante conciliazione agevolata e non anche la definizione automatica di cui ai commi
da 186 a 205» (relativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti: cfr. il rela-
tivo capitolo).
«Con riferimento alla pendenza della lite si ritiene sufficiente che, alla data indicata dal Legislatore, sia
stata effettuata la notifica del ricorso a controparte», per cui «non è richiesto che al 15 febbraio 2023 ri-
corra anche l’ulteriore presupposto della costituzione in giudizio, che dovrà comunque essere effettuata
nei termini di legge.
Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto atti impositivi che al 15 febbraio 2023 risultino in fase
Processo tributario 247

di reclamo/mediazione, decorsi i novanta giorni previsti dal co. 2 dell’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992, al

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


ricorrente costituitosi in giudizio non è preclusa la possibilità di effettuare una proposta di conciliazione
agevolata della lite ai sensi del comma 206 e seguenti della legge di bilancio 2023.

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Si precisa, inoltre, che, ai fini della pendenza della lite innanzi alle corti di giustizia tributaria di secondo
grado, è necessario che l’appello al 15 febbraio 2023 sia stato notificato alla controparte, non essendo
sufficiente la mera pendenza del termine per impugnare la pronuncia di primo grado» (cfr. C.A.E.
19.4.2023, n. 9, § 2).
La conciliazione «rafforzata» fuori udienza (ex art. 48, del D.Lgs. 546/1992), riguarda le sole
controversie tributarie
› in cui è parte l’Agenzia delle Entrate,
› aventi ad oggetto atti impositivi,
› pendenti al 15 febbraio 2023.
Soggetti Sono le parti del processo pendente, le quali possono presentare o una istanza congiunta
– sottoscritta personalmente o dai difensori muniti di apposita procura – o una proposta di
conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito: al fine di definire la controver-
sia, secondo le regole dell’art. 48 del presente Decreto (co. 211).
Oggetto della conciliazione agevolata Sono le controversie con l’Agenzia delle Entrate - aventi ad
oggetto atti impositivi - pendenti alla data di entrata in vigore della norma.
Ne deriva che sono escluse le controversie:
› con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, delle Dogane;
› aventi ad oggetto atti di liquidazione;
› «vertenti sui dinieghi espressi o taciti di rimborso»
› «quelle aventi ad oggetto atti che non recano una pretesa tributaria qualificata o che risultano esse-
re atti di mera riscossione» (anche se rileva la natura sostanziale dell'atto impugnato a prescin-
dere dal nomen iuris utilizzato: cfr. C.A.E. 19.4.2023, n. 9, § 2);
› che non siano pendenti alla data indicata dalla norma.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il presente istituto «non sia applicabile alle controversie
con oggetto le sole sanzioni in quanto, in tali fattispecie, il beneficio della riduzione delle sanzioni a
un diciottesimo del minimo, previsto dal co. 207, rappresenterebbe un abbattimento automatico della
sanzione, contrario alla ratio legis» (cfr. C.A.E. 19.4.2023, n. 9, § 3); né che riguardi le «liti concer-
nenti il recupero di crediti tributari sorti in uno Stato estero, in applicazione della direttiva 2010/24/
UE o degli accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali ratificati dall’Italia che prevedono assistenza
reciproca alla riscossione, in quanto trattasi di tributi amministrati da un altro Stato, rispetto ai quali
l’Agenzia delle Entrate non è ente creditore» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Ancora, e per previsione
espressa, sono escluse le controversie concernenti, anche solo in parte:
› le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), della
decisione 2007/426/CE, Euratom del Consiglio, del 7.6.2007, n. 2014/335/UE, Euratom del
Consiglio, del 26.5.2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14.12.2020, e l’imposta
sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
› le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE)
2015/1589 del Consiglio, del 13.7.2015.
Conciliazione rafforzata delle controversie pendenti con gli Enti locali IFEL aveva sollevato
alcuni dubbi sull’applicabilità, alle controversie comunali, della conciliazione giudiziale (e della
definizione transattiva in Cassazione) considerato che «le due norme di riferimento (commi 206 e
213) fanno espressamente menzione delle controversie in cui “è parte l’Agenzia delle Entrate”, ma allo
stesso tempo le medesime disposizioni consideravano disponibili per gli enti territoriali i due istituti
alternativi alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 205» (Nota 1.3.2023, che richiama la
precedente Nota 7.1.2023). Evidenziava, quindi, che il riferimento operato al comma 205 «sareb-
be stato inutilmente effettuato, se l’intenzione fosse stata quella di escludere le controversie comunali»,
ritenendo necessario un chiarimento sul punto.
«Il Legislatore ha corretto le criticità normative eliminando dai commi 206 e 213, il riferimento al
comma 205, ed allo stesso tempo ha introdotto il nuovo comma 221-bis [dell’art. 1 della L. 197/2022],
il quale dispone che “Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme pre-
viste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dei com-
mi da 206 a 221 alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale, in alter-
248 Processo tributario

nativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204”» (cfr. Ifel Nota 1.3.2023). I relativi
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

provvedimenti «acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale dell’ente cre-
ditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze, entro il

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30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis del D.L. 29.12.2022, n. 198, c.d. Milleproroghe,
conv. con modific. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49).
«La nuova disposizione, quindi, prevede una facoltà alternativa a quella prevista dal comma 205: il
Comune può approvare la definizione agevolata delle liti pendenti, ai sensi del comma 205, oppure
esercitare la facoltà prevista dal nuovo comma 221-bis», il quale «fa riferimento a tre diversi istituti:
la conciliazione agevolata, l’accordo transattivo e la regolarizzazione degli omessi versamenti rateali»
(cfr. Ifel Nota 1.3.2023).
Modalità La conciliazione agevolata può essere definita entro il termine del 30 settembre 2023,
con il deposito in giudizio di primo o di secondo grado, di una istanza congiunta sottoscritta
personalmente o dai difensori (o di una proposta di conciliazione cui la controparte abbia pre-
viamente aderito).
È inoltre, «ammessa la possibilità di sottoscrivere conciliazioni agevolate sulla base di proposte pre-
sentate prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023. Con riferimento, invece, alle contro-
versie non ancora interessate da un procedimento conciliativo, è opportuno che la proposta sia formu-
lata in tempo utile per consentire l’espletamento dell’istruttoria e addivenire alla conclusione dell’even-
tuale accordo entro il termine fissato dalla legge» (cfr. C.A.E. 19.4.2023, n. 9, § 3).
L’istanza di conciliazione deve indicare:
› le somme dovute;
› i termini e le modalità di pagamento;
› le sanzioni ridotte a 1/18 del minimo previsto dalla legge;
› gli interessi e gli eventuali accessori.
L’art. 1 della L. 197/2022 nulla specifica in merito al perfezionamento della conciliazione raffor-
zata, qui in esame, limitandosi a richiamare:
› da un lato, l’accordo conciliativo di cui all’art. 48 del presente Decreto (co. 206), che si perfe-
ziona con la sola sottoscrizione dell’accordo, senza che sia necessario, a questo fine, anche il
versamento di quanto dovuto (la cui omissione dà luogo alle conseguenze sopra indicate);
› dall’altro, l’art. 8 del D.Lgs. 218/1997 (co. 208), in base al quale l’accertamento con adesione si
perfeziona anche con il pagamento delle somme dovute o della prima rata (la cui omissione
impedisce il perfezionamento della procedura).
Sul punto, è intervenuta l'Agenzia delle Entrate per chiarire che: «la conciliazione si perfeziona
con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità
di pagamento. L’accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e
per il pagamento delle somme dovute al contribuente» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
I benefici della conciliazione agevolata consistono nell’applicazione delle sanzioni ridotte a 1/18 del
minimo previsto dalla legge, degli interessi e degli eventuali accessori «in deroga all’art. 48-ter, co. 1
del D.Lgs. 546 del 1992, in base al quale, in caso di conciliazione, le sanzioni sono applicate nella misura del
40% del minimo previsto dalla legge in primo grado di giudizio e nella misura del 50% del minimo previsto
dalla legge in secondo grado di giudizio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2; C.A.E. 9/2023).
Il versamento del totale o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data
della sottoscrizione dell’accordo conciliativo. «Si applica la disciplina della dilazione degli importi
dovuti a seguito di accertamento con adesione, di cui all’art. 8 del D.Lgs. 218 del 1997, con un massimo
di venti rate trimestrali di pari importo da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successi-
vo al pagamento della prima rata. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interes-
si legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata» (cfr. C.A.E.
27.1.2023, n. 2).
Diversamente dalla disciplina a regime, l’importo dovuto:
› non può essere oggetto di compensazione ex art. 17, D.Lgs. 241/1997;
› può essere versato in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo (in luogo delle 8 o –
se le somme dovute superano 50.000,00 euro – 16 rate trimestrali), da versare entro l’ultimo
giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sull’importo delle rate
successive alla prima sono dovuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine
di versamento della prima rata.
Processo tributario 249

Il mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate compresa la prima, oltre a com-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


portare la decadenza dal beneficio di cui al comma 207 – cioè dell’abbattimento della sanzione

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ad 1/18 – «conduce alla iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall’accordo stesso e all’applica-
zione del conseguente regime sanzionatorio per l’omesso versamento» (ex art. 13, D.Lgs. 471/1997, e
la sanzione è aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo d’imposta:
così la Relazione al D.D.L. di Bilancio 2023-2025). In altri termini, «in caso di mancato pagamento
delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata
successiva, si decade dal beneficio riguardante l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta e il com-
petente ufficio provvede alla iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interes-
si e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. 471 del 1997, aumentata della metà e
applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2. Dovrebbe, cioè,
permanere l’accordo sottoscritto, con reviviscenza della riduzione «ordinaria» delle sanzioni a
seguito conciliazione, pari al 40% o 50%, a seconda che la conciliazione sia formalizzata in pri-
mo o in secondo grado e non più 1/18, con in più la sanzione per omesso versamento).
Infine, l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34 introduce una causa speciale di non punibilità di alcuni
reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a
150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);
› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00 euro (art. 10-quater);
«quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente
dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1, commi da
166 a 252 della L. 197/2022 (compresi, quindi, i commi da 206 a 212, in esame), «purché le relative pro-
cedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23, co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto dovu-
to, prescindendo dal fatto che «la conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo», cioè in-
dipendentemente dal versamento di quanto dovuto (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
La disciplina in esame si distingue, inoltre, da quella a regime, perché estende temporalmente la
possibilità di valersi della causa speciale di non punibilità entro la prima delle pronunce di appello
(non con riferimento a prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado).
La procedura prevede che il contribuente:
› comunichi immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata, in
caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente
› informi l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimen-
ti del relativo procedimento penale (cfr. art. 23, co. 2).
Dalla ricezione della predetta comunicazione, il processo di merito è sospeso fino al momento
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
della rateazione (cfr. art. 23, co. 3).
La norma si chiude facendo salve le prove assunte durante il periodo di sospensione di cui al
comma 3, «nei casi previsti dall’art. 392 del codice di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
La disposizione in esame è applicabile in alternativaalla definizione agevolata delle controversie
tributarie di cui all’art. 1, commi da 186 a 205, commentata nel relativo capitolo.
Conciliazione «in udienza» (art. 48-bis) Ciascuna delle parti può presentare alla Corte di giustizia
tributaria una istanza di conciliazione (totale o parziale) della controversia, fino a 10 giorni liberi
prima della data della udienza di primo o secondo grado (cfr. art. 32, co. 2). Il computo dei «giorni
liberi» va fatto a ritroso, per cui se il giorno finale cade di domenica, di sabato o nel periodo feriale
(dal 1° al 31 agosto) si deve procedere a ritroso fino al primo giorno «utile» non festivo.
La istanza con la proposta di conciliazione «in udienza» presuppone la previa richiesta di pub-
blica udienza (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.3) e:
› può essere formulata in un atto autonomo o inserita in qualsiasi atto processuale;
› va depositata, nel termine indicato, presso la Segreteria della Commissione tributaria;
250
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› dovrebbe contenere gli elementi base e, se possibile, la liquidazione dell’imposta, degli inte-
ressi e delle sanzioni dovute; nonché i termini e le modalità di pagamento: per consentire sia

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alla controparte che al Collegio di valutarla (cfr. art. 48-bis, co. 3 C.A.E. 9/2023).
Accertato che sussistano le condizioni di ammissibilità dell’istanza, la corte di giustizia tributa-
ria può invitare le parti alla conciliazione già nel corso dell’udienza stessa ma, normalmente,
rinvia la causa ad una successiva udienza per il perfezionamento dell’accordo conciliativo.
Se la conciliazione ha luogo in udienza, viene redatto apposito processo verbale e la Corte di giusti-
zia tributaria di primo e secondo grado dichiara, con sentenza, la estinzione del giudizio per cessata
materia del contendere: per l’intera controversia o per la parte definita (con ordinanza).
La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione del processo verbale contenente gli elementi
fondamentali dell’accordo conciliativo formalizzato nel processo verbale, il quale «ha efficacia
novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute
dal contribuente determina unicamente la iscrizione a ruolo del credito derivante dall’accordo stesso e
l’applicazione delle sanzioni per l’omesso versamento delle somme dovute in base alla conciliazione»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.3).
Se, invece «l’accordo conciliativo riguarda somme dovute dall’Ente impositore al contribuente, questi
dovrà procedere con un’azione esecutiva ordinaria e non con l’attivazione del giudizio di ottemperan-
za, in quanto il credito non dipende da un provvedimento giudiziale ma da un titolo esecutivo (l’accor-
do conciliativo)» (cfr. Nota IFEL 18.12.2015).
Il verbale di conciliazione giudiziale non rientra tra gli atti dell’autorità giudiziaria tassabili ai fi-
ni dell’imposta di registro ex art. 8 della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986 (cfr. Cass. Sent.
9.4.2021, n. 9400).
Controllo dei giudici tributari La verifica – da parte della Corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado – sulle «condizioni di ammissibilità» della richiesta di conciliazione giudiziale –
(sia «in» che «fuori» udienza, sia totale che parziale) – è di mera legittimità del procedimento (e
non anche di merito); riguarda, quindi, la regolarità della proposta conciliativa «(ad esempio,
ammissibilità del ricorso introduttivo, imposte rientranti nella giurisdizione tributaria, sussistenza del
potere di conciliare, ecc.)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.11.2).
Conciliazione «proposta dalla corte di giustizia tributaria» (art. 48-bis.1) La Corte di giustizia tri-
butaria, ove possibile, e limitatamente alle controversie soggette a reclamo ex art. 17-bis del presente
Decreto, «può formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e al-
la esistenza di questioni di facile e pronta soluzione» (cfr. co. 1). La novella normativa - che ricalca quan-
to stabilito dal previgente art. 48, co. 2, del D.Lgs. 546/1992 (sostituito dall’art. 9, co. 1, lett. s) del
D.Lgs. 156/2015, a decorrere dal 1° gennaio 2016) – disciplina la possibilità che sia il Giudice a formu-
lare una soluzione transattiva delle controversie oggetto di reclamo, avendo riguardo all’oggetto del
giudizio e al fatto che si tratti di controversie di facile a pronta soluzione. La nuova disposizione si
applica ai ricorsi notificati a decorrere dal 16 settembre 2022 (cfr. art. 8, co. 3, della L. 130/2022).
La proposta della Corte di giustizia tributaria può essere formulata:
› in udienza, nel quale caso è comunicata alle parti;
› fuori udienza, nel quale caso viene comunicata alle parti non comparse;
con la possibilità, in entrambi i casi, di rinviare la causa ad una successiva udienza per procede-
re al perfezionamento dell’accordo. Invece, si procede alla trattazione della causa nella stessa
udienza, qualora l’accordo non si perfezioni (cfr. co. 2 e 3).
Le modalità seguono le regole «generali», per cui la conciliazione si perfeziona con la redazione
del processo verbale contenente gli elementi fondamentali dell’accordo conciliativo, quali la in-
dicazione delle somme dovute, dei termini e delle modalità di pagamento. Il processo verbale di
conciliazione costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’Ente impositore e per il
pagamento di quelle dovute al contribuente (cfr. co. 4).
Se si addiviene alla conciliazione, il Giudice dichiara, con sentenza, la estinzione del giudizio per
cessata materia del contendere (cfr. co. 5).
Infine, la norma stabilisce che la proposta di conciliazione formulata dalla Corte di giustizia tri-
butaria «non può costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice» (cfr. co. 6).
Errori di calcolo Se la conciliazione giudiziale contiene errori di calcolo nella definizione dell’im-
ponibile o nella determinazione dell’imposta, non riconoscibili dal contribuente, si è ritenuto
(nella vigenza del «vecchio» art. 48), che la natura negoziale della conciliazione giudiziale impe-
Processo tributario 251

disca all’Amministrazione finanziaria di far valere la maggiore imposta dovuta (ed erroneamen-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


te calcolata) attraverso un atto di rettifica. L’accordo tra soggetto attivo e soggetto passivo del

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tributo ha, infatti, efficacia novativa delle rispettive pretese e il relativo contenuto non può esse-
re sindacato dal giudice se non per verificarne la legalità meramente estrinseca (cfr. Cass., Sen-
tenze 18.4.2007, n. 9222 e 3.10.2006, n. 21325; sulla natura non novativa dell’accordo conciliati-
vo, si veda: Cass. Ordinanze 29.11.2019, n. 31248 e 31.5.2019, n. 14951). Ne deriva che eventuali
«vizi della pronuncia estintiva del giudizio per cessazione della materia del contendere emessa ai sensi
dell’art. 46, D.Lgs. 546/1992» che dovessero emergere «possono essere riferiti soltanto ad errori con-
cernenti la inesatta valutazione dei presupposti di legge ai quali è subordinata tale pronuncia o (…) al-
la inesatta qualificazione come accordo conciliativo del fatto sopravvenuto o del documento formato
dalle parti e prodotto in giudizio»; e la relativa sentenza «può essere impugnata [nel termine «ordi-
nario» decorrente dalla data di pubblicazione] dalla parte che si dolga dell’errore commesso dal
Giudice nella interpretazione della norma processuale ovvero nel rilevare la sussistenza dei presupposti
della cessazione della materia del contendere, ed intenda, invece, proseguire il giudizio per ottenere
una pronuncia sul merito» (cfr. Cass., Sent. 15.11.2013, n. 25683).
Nel diverso caso in cui «sopravvenga un mutamento delle condizioni o dei parametri posti alla base
di quell’accordo [conciliativo] che giustifichi il riesame della situazione», la Corte di cassazione, a
proposito di una controversia in materia catastale, ha ritenuto che «non sia preclusa la possibilità
di modificare l’accordo in ordine alla rendita catastale contenuto in un verbale di conciliazione giudi-
ziale» (cfr. Cass., Sent. 26.3.2014, n. 7057).
Sulla (eventuale) responsabilità degli Uffici impositori Una recente deliberazione della Corte dei
conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, ha posto l’accento sulla eventuale responsabi-
lità erariale a carico degli Uffici che definiscono le controversie mediante la conciliazione giudi-
ziale (cfr. Deliberazione, 13.8.2021, n. 72).
La fattispecie riguardava accertamenti ICI/IMU e TASI, che il Comune definiva in conciliazione,
rinunciando al 75% del relativo credito. La Corte dei conti ricorda che la «facoltà di definizione
concordata della lite, disciplinata dagli articoli 48 e segg. del D.Lgs. 546/1992, secondo un diffuso
orientamento, costituirebbe una deroga al principio della cosiddetta indisponibilità del credito tributa-
rio e (…) troverebbe applicazione, in assenza di particolari limiti, relativamente alla tipologia di con-
troversie conciliabili». Se non che, «con riferimento al potere di conciliazione degli enti o uffici impo-
sitori, deve [anche] ricordarsi che la facoltà di conciliare le controversie riservate alla competenza delle
Commissioni tributarie non esclude la necessaria osservanza dei principi di prudente valutazione circa
la convenienza della definizione amichevole delle liti, secondo i princìpi di efficacia ed economicità del-
l’attività amministrativa». Richiama, in proposito, «a titolo esemplificativo e con riferimento ai cri-
teri di orientamento in tema di inizio o abbandono del contenzioso da parte degli uffici finanziari, le
previsioni degli articoli 7 e 8 del D.M. 11.2.1997, n. 37», ossia quelle stabilite dall’istituto dell’autotu-
tela tributaria, secondo cui si deve tenere conto della giurisprudenza consolidata; della probabi-
lità di soccombenza, con conseguente condanna alle spese dell’Amministrazione finanziaria;
della esiguità della pretesa tributaria (concetti ripresi anche dalla Circ. A.E. 19.3.2012, n. 9, con
cui si suggerisce agli uffici di tenere conto – ai fini della mediazione tributaria ex art. 17-bis,
D.Lgs. 546/1992 – del principio di economicità, della eventuale incertezza delle questioni con-
troverse e del grado di sostenibilità della pretesa).
La deliberazione afferma, quindi, che «l’ente pubblico coinvolto è tenuto a valutare con attenzione
la convenienza della proposta in relazione ai fatti controversi e alla ragionevole attività di interpreta-
zione delle norme tributarie interessate, fermo in ogni caso l’ancoraggio all’obbligo di perseguire l’inte-
resse pubblico anche con riferimento al governo della pretesa tributaria». E conclude: «la discreziona-
lità dei soggetti interessati con riferimento alle modalità di definizione della lite non è affatto assoluta
e, in conseguenza, delle scelte di volta in volta compiute, possono ritenersi anche integrati i presupposti
della responsabilità per danno erariale»; dispone, pertanto, «la trasmissione degli atti alla Procura
regionale della Corte dei conti (…) con riguardo alla transazione intervenuta fra l’Ente e le società de-
stinatarie di accertamenti».
Modalità (art. 48-ter) Perfezionata la procedura, il versamento delle somme dovute o della prima
rata deve essere effettuato nel termine di 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di concilia-
zione o del processo verbale di conciliazione.
Nella liquidazione delle somme «dovute» dal contribuente, l’Ufficio deve tenere conto di quanto
252
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

da questi già (eventualmente) versato a titolo di riscossione provvisoria e frazionata in penden-


za di giudizio e, se del caso, deve provvedere alla restituzione delle somme versate in eccedenza

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rispetto all’entità definita con la conciliazione, ovvero di quelle somme indebitamente incassate
nel caso di controversie in materia di rimborsi (e, in quest’ultima ipotesi, su detto credito spet-
tano al contribuente «gli interessi di cui all’art. 1 (Interesse per ritardato rimborso delle imposte) del
D.M. 21 maggio 2009»: cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12).
Disposizioni connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 149, D.L. 19.5.2020, n. 34 ave-
va disposto la proroga al 16.9.2020 dei termini di versamento delle somme dovute - anche in
forma rateale - a seguito di conciliazione, se i termini (originari) di versamento scadevano nel
periodo compreso tra il 9.3.2020 e il 31.5.2020. In questo caso, i «versamenti prorogati» poteva-
no essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, alla data del 16.9.2020, o in una
unica soluzione, o mediante rateazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con
scadenza il 16 di ciascun mese.
Modalità di pagamento Il versamento - del totale o della prima rata delle somme dovute - va eseguito
utilizzando
› il Mod. F24, per le imposte sui redditi e relative imposte sostitutive, per l’Iva e l’Irap, compilando la
sezione «Erario» anche per pagare l’Irap e le addizionali regionali e comunali. I dati della defini-
zione vanno indicati negli appositi spazi «codice ufficio», «codice atto» e «anno di riferimento»;
«il tributo e gli interessi devono essere pagati cumulativamente, utilizzando il codice tributo, mentre le
sanzioni devono essere pagate a parte, utilizzando l’apposito codice» (cfr. Istruzioni al Mod. F24);
› il Mod. F23 per le imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria e catastale, bollo
ecc., indicando i codici tributo relativi alle singole imposte. Fanno eccezione «l'imposta sulle succes-
sioni, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, le tasse ipotecarie, l'imposta di bollo, l'imposta comunale
sull'incremento di valore degli immobili e i tributi speciali, nonché i relativi accessori, interessi e sanzioni,
dovuti in relazione alla presentazione della dichiarazione di successione, [che] sono versati mediante il
modello F24» (cfr. Provv. A.E., 17.3.2016, n. 40892. I relativi codici tributi sono stati istituiti con
R.A.E. 25.3.2016, n. 16).
Se la conciliazione riguarda le imposte sui redditi, l’Irap, l’Iva e le relative sanzioni e addizionali – o i
tributi locali di pertinenza di Province e Comuni – è ammessa la possibilità di compensare (nei limiti
previsti dalle vigenti disposizioni) le somme dovute con i crediti vantati dal contribuente nei con-
fronti dell’Amministrazione finanziaria (ex art. 17, D.Lgs. 241/1997).
Il pagamento conseguente alla conciliazione può anche essere compensato ex art. 28-quinquies del
D.P.R. 602/1973 – su richiesta del contribuente – con i crediti commerciali vantati nei confronti della
Pubblica Amministrazione, purché si tratti di crediti non prescritti, certi, liquidi, esigibili e «certifica-
ti» (relativi a somministrazioni, forniture e appalti) e purché sussistano le seguenti condizioni (stabi-
lite dal Decreto M.E.F. 14.1.2014):
› il contribuente titolare del debito tributario deve coincidere con il titolare del credito «certificato»;
› la certificazione deve contenere, fra l’altro, la data di pagamento del credito commerciale, rilascia-
ta dall’Ente debitore attraverso la cd. «piattaforma elettronica»;
› la compensazione deve avvenire esclusivamente con Mod. F24 telematico, nel quale vanno indicati
gli appositi codici tributo relativi ai debiti fiscali, e il codice relativo ai crediti commerciali.
Il modello di versamento denominato «F24 Crediti PP.AA.» (con l’apposito campo «numero certifi-
cazione credito»), è stato approvato con Provv. Ag. Entrate 31.1.2014, n. 2014/13917; è disponibile solo
in formato elettronico (sul sito dell’Agenzia delle Entrate) e deve essere «trasmesso esclusivamente at-
traverso i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate».
Versamento rateale delle somme dovute Può essere effettuato in un massimo di 8 (otto) o – se le somme
dovute superano 50.000,00 euro – 16 (sedici) rate trimestrali di pari importo scadenti «entro l’ultimo
giorno di ciascun trimestre» (cfr. art. 8, co. 2, D.Lgs. 218/1997, richiamato dall’art. 48-ter, co. 4, D.Lgs.
546/1992).
Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso legale (dall’1.1.2023, 5%: cfr. D.M.
13.12.2022), calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata, tenendo conto,
per il versamento delle rate «a seguire», del termine previsto per il pagamento della prima rata, a
prescindere dalla data in cui la stessa è stata effettivamente versata (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.4.2016,
n. 17).
Se nel corso del periodo di pagamento rateale delle somme dovute interviene il decesso del contri-
Processo tributario 253

buente, il versamento delle rate successive grava sugli eredi, tenendo presente che:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› vige la regola generale (cfr. art. 65, D.P.R. 600/1973) della proroga di sei mesi di tutti i termini pen-

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denti alla data del decesso del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa; la quale opera a
favore degli eredi «anche in relazione ai termini di pagamento delle rate scadenti successivamente» al
predetto evento;
› non sono trasmissibili agli eredi le sanzioni (stabilite nel piano di ammortamento del debito) do-
vute dal de cuius, nè quelle irrogate al de cuius nel caso sia incorso, prima del decesso, nella viola-
zione di ritardato pagamento delle rate o nella decadenza dal beneficio della rateazione. Infatti,
«qualora nel corso di una rateazione si verifichi il decesso del contribuente, in relazione alle rate ancora
da versare, (…) non [potrà essere chiesto] agli eredi il pagamento delle somme ancora dovute a titolo di
sanzione; ed è altresì escluso il versamento delle somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo nel pa-
gamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal beneficio del piano di rateazione» per cui «l’Ufficio,
acquisita notizia del decesso del debitore direttamente o su comunicazione degli eredi, provvederà a pre-
disporre e comunicare alla/e parte/i interessata/e il computo dei nuovi importi delle rate dovute al netto
delle sanzioni gravanti sul de cuius» (cfr. Circ. Ag. Entrate 7.8.2015, n. 29).
Resta fermo che, se l’erede non effettua «il pagamento della rata entro il termine previsto (…) troveranno
applicazione le sanzioni previste in caso di ritardato pagamento o di decadenza dalla rateazione, qualora
ne ricorrano i presupposti» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 29/2015): restano, cioè, a carico degli eredi le sole
sanzioni relative a violazioni da essi commesse.
Inadempimenti nel versamento Il mancato o tardivo pagamento delle intere somme dovute o della pri-
ma rata o di una rata (diversa dalla prima) entro il termine di pagamento di quella successiva non
impedisce il perfezionamento della procedura, ma comporta la decadenza dal beneficio della ratea-
zione (nel caso di dilazione nei versamenti) e la iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo
di imposta, interessi e sanzioni, e della sanzione ex art. 13, D.Lgs. 471/1997 (cioè pari al 30%), aumen-
tata della metà (cioè pari al 45%), applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta (cfr. art.
48-ter, co. 3). Tuttavia,
a) qualora il versamento in un’unica soluzione «venga eseguito con un ritardo non superiore a 90 gior-
ni o effettuato in misura carente» – purché non superiore al 3% e, comunque, a 10.000,00 euro –
«non si fa luogo alla iscrizione a ruolo della sanzione aggiuntiva del 30% aumentata della metà»;
b) nel caso di pagamento in forma rateale, non si decade «dal beneficio della rateazione qualora il pa-
gamento di una rata (compresa la prima) venga eseguito entro il termine di pagamento della rata suc-
cessiva o effettuato in misura carente» (3%/10.000,00 euro. Cfr. Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17).
In sostanza, si applica, «in quanto compatibile» (cfr. art. 48-ter, co. 4), l’istituto del «lieve inadempi-
mento» (di cui all’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973, richiamato dall’art. 8, co. 4, D.Lgs. 218/1997), che «ricor-
re ogni qual volta ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle somme dovute
[in un’unica soluzione o in forma rateale] non comportano per il contribuente la perdita dei benefici e
quindi», in questo caso, non determinano la decadenza dalla rateazione (cfr. Circ. Ag. Entrate, n.
17/2016).
«Quando oggetto della conciliazione è un avviso di accertamento c.d. esecutivo (emesso ai sensi dell’art. 29
del D.L. n. 78 del 2010), l’Ufficio in luogo dell’iscrizione a ruolo procede al recupero delle somme ancora do-
vute mediante apposita intimazione ad adempiere al pagamento» (cfr. Circ. Ag. Entrate, n. 17/2016).
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive alla prima ex art. 1,
co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023 I commi da 219 a 221 dell’art. 1 «prevedo-
no – con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate – la possibilità di regolarizzare
l’omesso o carente versamento:
a. (…)
b. degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni di cui agli articoli 48 e 48-bis del D.Lgs. 546 del
1992, scaduti alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (ossia per i quali, a tale data, sia
decorso il termine ordinario di pagamento) e per i quali non siano stati ancora notificati la cartella di
pagamento ovvero l’atto di intimazione. (…)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Sul punto è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in vi-
gore dal 31.3.2023, che ha precisato che la regolarizzazione è inibita se «alla medesima data» sia stata
notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione: dunque, si deve aver riguardo alla data del
1° gennaio 2023 (cfr. art. 18, del citato decreto, che modifica il co. 219 dell’art. 1 della L. 197/2022).
«La regolarizzazione degli omessi pagamenti avviene mediante il versamento integrale della sola imposta»
254 Processo tributario

(cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Pertanto, l’omesso o carente versamento delle rate successive alla prima,
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

› scadute alla data del 1° gennaio 2023;


› relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate;

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› dovute a seguito di conciliazione giudiziale;
› possono essere regolarizzate con il versamento integrale della sola imposta dovuta, a condizione
che - «alla medesima data» «non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto
di intimazione» (co. 219).
Nel caso di «omesso o carente versamento di una rata, entro l’ordinaria scadenza e senza che sia ancora
intervenuta la decadenza dalla rateazione, la regolarizzazione (…) deve riguardare il solo importo non ver-
sato entro il 1° gennaio 2023, mentre le rate non ancora scadute non possono essere regolarizzate, con con-
seguente versamento di imposte, interessi e sanzioni alle ordinarie scadenze previste dal piano di rateazio-
ne» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
Tuttavia, nel caso alla data del 1° gennaio 2023 «sia stato superato anche il termine per il pagamento
della rata successiva, si verifica la decadenza dalla rateazione, con le conseguenze previste dall’art. 15-ter del
D.P.R. 602/1973. In questa ipotesi, la regolarizzazione deve riguardare l’intero ammontare del debito resi-
duo, in difetto del quale, la intervenuta decadenza determina l’applicazione del citato art. 15-ter» (cfr. C.A.E
20.3.2023, n. 6).
La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima riguar-
da le rate - relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata
in vigore della legge, per le quali, al 1° gennaio 2023, non sia già stata notificata la cartella di paga-
mento o l’atto di intimazione. Restano, quindi, esclusi dalla definizione i carenti od omessi versa-
menti delle rate successive alla prima, relativi alla conciliazione perfezionata con riferimento a tributi
diversi.
Inoltre, il contribuente non potrà avvalersi della definizione in esame qualora «sia in regola con i pa-
gamenti rateali ancora in corso al 1° gennaio 2023»; «e ciò al contrario del contribuente che, al 1° gennaio
2023, è in regola con i pagamenti rateali delle somme derivanti da controlli automatizzati (c.d. avvisi bona-
ri)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI Il neo introdotto art. 221-bis dell’art. 1, della L. 197/2022,
in vigore dal 28.2.2023, stabilisce che «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con
le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni
dei commi da 206 a 221 alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale, in al-
ternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204 [dell’art. 1 della stessa L. 197/2022]. I
provvedimenti degli enti locali (…) acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale
dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze,
entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis del D.L. 29.12.2022, n. 198, c.d. Milleproroghe,
conv. con modific. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49).
«La regolarizzazione può essere effettuata con riferimento agli importi, anche rateali, relativi alle concilia-
zioni di cui agli articoli 48 e 48-bis del D.Lgs. 546/1992, scaduti alla data del 1° gennaio 2023» (cfr. IFEL,
Nota 1.3.2023; nonché M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF).
«La normativa pone come condizione espressa per accedere alla regolarizzazione la condizione che non deb-
ba essere stata notificata “la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione” (…).
Per quanto riguarda il riferimento alla cartella, nel caso dei Comuni questo può (e deve) essere integrato o
sostituito dalla ingiunzione fiscale, nel caso di riscossione coattiva effettuata – in tutto o in parte – diretta-
mente dall’ente o da un suo ente strumentale».
Per quanto riguarda la intimazione ad adempiere, la Nota Ifel precisa che «ai fini della verifica della
preclusione alla regolarizzazione, per effetto dell’avvenuta notifica dell’atto di intimazione, non risultano
preclusivi né la intervenuta notifica del provvedimento di decadenza, previsto dall’art. 1, co. 800, L.
160/2019, né l’intervenuto sollecito di pagamento (…) nel caso di mancato pagamento di quanto dovuto in
seguito agli accertamenti con adesione (…)» (la decadenza, ex art. 1, co. 800, L. 160/2019, consegue al
mancato pagamento di due rate anche non consecutive, nell’arco di sei mesi, nel corso del periodo di
rateazione).
La regolarizzazione non può invece essere effettuata «nel caso di avvenuta notifica della cartella, della
ingiunzione o della intimazione ad adempiere».
Quanto al perfezionamento, «la data prevista per il versamento della prima rata (31 marzo) coincide con
la data entro la quale il Comune deve approvare il regolamento», per cui «il Comune può (in realtà deve …)
Processo tributario 255

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


indicare una data pari o successiva al 31 maggio» (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023).
Il regolamento comunale, infine, dovrà procedere ai necessari adattamenti richiesti dal perfeziona-

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mento della definizione, tenendo conto della regola base per cui gli istituti previsti dalla L. 197/2022
› «sono applicabili distintamente dai Comuni, che possono valutarne l’opportunità per ciascuna delle fatti-
specie delineate dalla norma (…).
› i margini di decisionalità relativi a ciascuna fattispecie che l’ente locale intenda adottare sono limitati, in
particolare, ai necessari adattamenti che si rendano di volta in volta necessari per le peculiarità tipiche
dei propri atti.
› Non appare invece modificabile il quadro delle condizioni di applicazione ed adesione richieste ai contri-
buenti, definito dalla legge (misure dei pagamenti, articolazioni delle eventuali rateizzazioni, ecc.)» (cfr.
IFEL, Nota 1.3.2023).
Il beneficio della regolarizzazione prevista dai commi 219-221, consiste:
› nell’abbattimento delle sanzioni e interessi, dovendo essere effettuato il versamento integrale della
sola imposta dovuta;
› nella possibilità di rateizzare il pagamento in un massimo di venti rate trimestrali, in luogo delle 8
o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro - 16 (sedici) rate trimestrali.
La regolarizzazione «comporta il versamento dell’imposta dovuta e si perfeziona con il pagamento dell’in-
tero importo entro il 31 marzo 2023 oppure tramite il versamento di un numero massimo di venti rate tri-
mestrali di pari importo, la cui prima rata deve essere corrisposta entro il 31 marzo 2023»; con la precisa-
zione che la definizione si perfeziona «con il pagamento integrale di quanto dovuto, a prescindere dal
pagamento rateale». L’Agenzia specifica, inoltre, «che per accedere alla definizione (…) la cartella di paga-
mento o l’atto di definizione non devono essere stati notificati prima del versamento integrale delle somme
dovute a seguito della predetta definizione o del pagamento della prima rata, in caso di pagamento rateale,
posto che, per tale condizione, la disposizione non fa esplicito riferimento alla data di entrata in vigore della
legge di bilancio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
La prima delle (massime venti) rate trimestrali di pari importo, va versata entro la stessa scadenza
prevista in caso di pagamento unitario e, quindi, entro il 31 marzo 2023, mentre le successive scado-
no il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo, di ciascun anno. Sulle rate successive
alla prima sono dovuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento
della prima rata. Diversamente dalla disciplina a regime, è esclusa la possibilità di procedere alla
compensazione ex art. 17, D.Lgs. 241/1997.
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 ha istituito i codici tributo «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusivamente
in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”»: al fine di «consentire il
versamento tramite modello F24 delle suddette somme»
«I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento” sono valorizzati con le informazioni riportate
negli atti emessi dall’Ufficio. Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valoriz-
zato con il codice della Regione o con il codice catastale del Comune destinatario.» (cfr. R.A.E. 14.2.2023, n.
6).
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it.
Di seguito si riporta la Tabella di cui alla citata Risoluzione.
256
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Codice Codice atto Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di


ufficio tributo Regione/ Prov./ riferimento
mese rif.

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COMPILARE COMPILARE TF40 IVA e relativi interessi legali – NON AAAA
Regolarizzazione omessi/carenti COMPILARE
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF41 Altri tributi erariali e relativi NON AAAA
interessi legali – COMPILARE
Regolarizzazione omessi/carenti
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF42 IRAP e addizionale regionale CODICE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi legali REGIONE
– Regolarizzazione omessi/ (…)
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF43 Addizionale comunale all’IRPEF e CODICE AAAA
relativi interessi legali – CATASTALE DEL
Regolarizzazione omessi/carenti COMUNE (…)
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022

Il mancato perfezionamento della regolarizzazione comporta che:


› gli effetti della definizione non si producono; e
› l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e
sanzioni e della sanzione del 30% (prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997), applicata sul residuo
importo dovuto a titolo d’imposta. La relativa cartella è notificata entro il termine di decadenza del
31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso versamento, integrale
o parziale, delle somme dovute per effetto della regolarizzazione.
Infine, l’Agenzia delle Entrate «ritiene che, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non possano
applicarsi le previsioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973, stante il mancato rinvio a tali disposi-
zioni nella disciplina della definizione di cui trattasi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Effetti La conciliazione comporta:
› se totale, la estinzione del giudizio per «cessazione della materia del contendere»; se parziale, la
estinzione della lite per le questioni oggetto di conciliazione e la prosecuzione del processo per le
parti non conciliate;
› la estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua sostituzione con una
certa e concordata (considerata la sua efficacia novativa rispetto alle precedenti opposte posizioni
soggettive);
› la riduzione delle sanzioni amministrative (ricalcolate sulla base dell’imposta «rideterminata» con
la conciliazione)
- al 40% del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione giudiziale si perfeziona nel corso del
primo grado di giudizio;
- al 50% del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione giudiziale si perfeziona nel corso del
secondo grado di giudizio, tenendo, peraltro, presente che il cumulo giuridico previsto dall’art.
12, D.Lgs. 472/1997, è applicabile limitatamente a ciascun periodo di imposta e a ciascun tributo:
sono state, infatti, estese anche alla conciliazione giudiziale «le regole di determinazione di una
sanzione unica in caso di progressione ora previste per l’accertamento con adesione (ossia l’applicazio-
ne separata per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta)» (cfr. Assonime, Circ. 3.8.2015, n. 25
e Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12, par. 19.1.5);
› il venir meno della rilevanza delle violazioni conciliate ai fini dell’aumento della sanzione da «reci-
diva» di cui all’art. 7, D.Lgs. 472/1997.
Quanto alle spese di giudizio, la nuova formulazione del co. 2-octies, dell’art. 15 (modificata dall’art.
4, co. 1, lett. d) della L. 31.8.2022, n. 130), prevede, per i ricorsi notificati a decorrere dalla sua data di
entrata in vigore e, quindi, dal 16 settembre 2022, la condanna al pagamento delle spese di giudizio
Processo tributario 257

maggiorate del 50%, qualora una delle parti o il Giudice abbiano formulato una proposta di concilia-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


zione che l’altra parte non ha accettato senza giustificato motivo, sempre che il riconoscimento delle

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sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. La novella, quindi, preve-
de, da un lato, la maggiorazione del 50% delle spese (analogamente a quanto già previsto nel caso
del reclamo-mediazione); e, dall’altro, stabilisce che anche il Giudice possa formulare una proposta
di conciliazione.
In merito alla condanna alle spese di giudizio, l’Agenzia delle Entrate aveva (già) suggerito ai propri
Uffici di avanzare la relativa richiesta «subordinandola alla circostanza che la Commissione tributaria
decida in senso conforme alla proposta di conciliazione ovvero in termini ancora più favorevoli all’Ufficio»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17).
Per il resto, è confermata la previsione per cui, se la conciliazione ha avuto luogo, le spese si inten-
dono compensate, salvo che le parti stesse abbiano convenuto diversamente nel processo verbale di
conciliazione.
Se la conciliazione giudiziale riguarda i contribuenti soggetti anche all’obbligo previdenziale (ad es.
artigiani, commercianti o liberi professionisti), la rideterminazione degli imponibili fiscali e delle
somme da pagare all’Erario comporta il ricalcolo dei contributi previdenziali da corrispondere al-
l’INPS (cfr. Circ. INPS 2.8.2016, n. 140).
Conciliazione giudiziale e misure cautelari Sul rapporto tra questi due istituti, la Corte di cassazione
ha stabilito che, se l’Ufficio presenta istanza cautelare al Presidente della Corte di giustizia tributaria
di primo e secondo grado e, successivamente, sottoscrive una conciliazione giudiziale, la misura
cautelare non può venire concessa, dato che «il titolo che la legittimerebbe, ancorché esistente al mo-
mento della richiesta, è successivamente venuto meno»: perché l’ipoteca e il sequestro conservativo ven-
gono consentiti all’Ufficio sulla base di uno degli atti indicati dalla norma (atto di contestazione,
provvedimento di irrogazione sanzioni, P.V.C.), tra i quali non rientra la conciliazione giudiziale. Per-
tanto, se l’attività accertativa, pur traendo origine da uno dei predetti atti, confluisce poi nel verbale
di conciliazione giudiziale (con il quale le parti hanno inteso definire ogni aspetto del rapporto con-
troverso), «la sopravvenuta conciliazione giudiziale ha sortito effetto novativo del titolo di imposizione, so-
stituendosi all’originario verbale di constatazione (…) con conseguente venir meno dell’atto tipico legitti-
mante, ex art. 22 cit. [del D.Lgs. 472/1997], la misura cautelare» (cfr. Cass., Sent. 24.2.2017, n. 4807).
«In tema di sequestro conservativo di cui all’art. 22 del D.P.R. 472/1997, il sopravvenuto perfezionamento
dell’accordo conciliativo ha effetto novativo del credito basato su di uno degli atti tipici previsti dalla sud-
detta previsione, da cui deriva la cessazione della materia del contendere nel giudizio instaurato avverso la
misura del sequestro conservativo, atteso che, in questo caso, si è venuto a formare un titolo nuovo e diverso
rispetto a quello tipico sulla cui base era stata richiesta e riconosciuta la misura cautelare, con conseguente
perdita di efficacia della medesima» (cfr. Cass. Ord. 7.12.2021, n. 38766).
In conclusione, la conciliazione giudiziale, avendo carattere novativo delle precedenti opposte posi-
zioni soggettive, comporta «l’estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua
sostituzione con una certa e concordata, tanto che il relativo processo verbale costituisce titolo per la riscos-
sione delle somme dovute» (cfr. Cass., Sent. 4807/2017 citata).
Effetti penali La conciliazione giudiziale integra:
› una causa di non punibilità dei reati di:
- omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000);
- omesso versamento di Iva (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000);
- indebita compensazione di crediti esistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000);
se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese
sanzioni amministrative e interessi, sono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti
(cfr. art. 13, co. 1, D.Lgs. 74/2000).
Se l'estinzione del debito tributario avviene, mediante rateizzazione, il contribuente può, prima del-
l’apertura del dibattimento di primo grado, corrispondere il residuo importo dovuto entro il termine
di tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi (cfr. art. 13, co. 3, D.Lgs. 74/2000);
› una «circostanza attenuante speciale correlata al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni
amministrative e interessi» ex art. 13-bis, D.Lgs. 74/2000, per gli altri reati di cui al D.Lgs. 74/2000,
che comporta la riduzione delle sanzioni fino alla metà e la non applicazione delle pene accessorie
se il contribuente provvede al pagamento di quanto dovuto prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento.
258
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Per converso, l’assoluzione nel processo penale per evasione fiscale non rimette in discussione la
conciliazione già effettuata con l’Erario (cfr. C.T.R. Toscana, Sent. 13.4.2017, n. 994).

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Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi L’esito negativo del procedimento di ac-
certamento con adesione non preclude la facoltà di definire la controversia in sede di conciliazione
giudiziale. Invece, l’acquiescenza ex art. 15, D.lgs. 218/1997, in quanto presuppone la rinuncia ad im-
pugnare l’atto, si pone in alternativa alla conciliazione giudiziale. Infine, il contribuente conserva la
facoltà di definire la vertenza valendosi della conciliazione giudiziale anche «nelle controversie instau-
rate a seguito di rigetto dell’istanza [di ricorso/reclamo] ovvero di mancata conclusione della mediazio-
ne», ma con la riduzione delle sanzioni del 40% o del 50% (a seconda che la conciliazione si concluda
nel primo o nel secondo grado di giudizio) in luogo del 35% previsto per la definizione in sede di re-
clamo/mediazione.
Per completezza, si ricorda che la intervenuta decisione del Giudice - a seguito di conciliazione giu-
diziale ex artt. 48 e 48-bis, del D.Lgs. 546/1992 - sulla questione controversa comporta il rigetto della
(eventuale) istanza di apertura della procedura amichevole (cfr. art. 6, D.Lgs. 10.6.2020, n. 49, di at-
tuazione della Dir. (UE) 2017/1852). «Le procedure amichevoli (MAP - Mutual Agreement Procedure), che
consistono in una consultazione diretta tra le amministrazioni fiscali dei Paesi contraenti, sono finalizzate
a risolvere casi di doppia imposizione e rappresentano, quindi, uno strumento per la composizione delle
controversie fiscali internazionali» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.9.1). Il rigetto, da parte
dell’Agenzia delle Entrate, dell’istanza presentata dal soggetto interessato rientra nel novero degli at-
ti impugnabile (cfr. art. 19 del presente Decreto).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 13, 13-bis, D.Lgs. 74/2000


Cause di non punibilità e circostanze del reato

Decreto M.E.F. 14.1.2014


Compensazione di crediti con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e
deflativi del contenzioso tributario

Art. 1, co. da 206 a 212 e da 219 a 221 della L. 29.12.2022, n. 297


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025

Art. 3-bis, D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14 (c.d. Milleproroghe)
Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Artt. 17, 18, 20 e 23 D.L. 30.3.2023, n. 34


Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento
Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con
adesione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale
Modifica dei termini in materia di definizione agevolata delle controversie tributarie, conciliazione
agevolata e rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione
Causa speciale di non punibilità dei reati tributari

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17 Circ. Ag. Entrate 5.8.2011, n. 41


Processo tributario 259

Provv. Ag. Entrate 31.1.2014,n. 2014/13917 Circ. INPS 2.8.2016, n. 140

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Ris. Ag. Entrate 4.2.2014, n. 16 Circ. Ag. Entrate 6.5.2020, n. 11, § 2.9

Circ. Assonime, 3.8.2015, n. 25 Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25, § 3.7

Circ. Ag. Entrate 7.8.2015, n. 29 Risposte a Telefisco del 28.1.2021

Nota IFEL 18.12.2015 IFEL, Nota 7.1.2023

Circ. Ag. Dogane e Monopoli, 23.12.2015, Circ. Ag. Entrate 27.1.2023, n. 2


n. 142680/R.U.
Ris. Ag. Entrate 14.2.2023, n. 6
Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.11
CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220
Provv. Ag. Entrate 17.3.2016, n. 40892
IFEL, Nota 1.3.2023
Ris. Ag. Entrate 25.3.2016, n. 16
M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF
Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12
Circ. Ag. Entrate 20.3.2023, n. 6
Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17

Tabella Codici tributo conciliazione giudiziale (mod. F24) 1


Contribuente Imposta Descrizione Codice
Tributo
Contribuente per imposte proprie Irpef Irpef e relativi interessi conciliazione 9501
giudiziale
Contribuente per imposte proprie Imposte Sanzione e altre somme dovute relative ai 9502
sostitutive tributi erariali conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Irpef Sanzione e altre somme dovute relative ai 9502
tributi erariali conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Iva Sanzione e altre somme dovute relative ai 9502
tributi erariali conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Altri tributi Sanzione e altre somme dovute relative ai 9502
tributi erariali conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Altri tributi Irpeg e relativi interessi conciliazione 9505
giudiziale
Contribuente per imposte proprie Altri tributi Altre imposte dirette e sostitutive e relativi 9506
interessi conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Iva Iva e relativi interessi conciliazione giudiziale 9509
Contribuente per imposte proprie Irap Irap e relativi interessi conciliazione 9512
giudiziale
Contribuente per imposte proprie Irap Sanzione e altre somme dovute relative 9513
all’Irap conciliazione giudiziale
Contribuente per imposte proprie Addizionale Addizionale comunale all’Irpef e relativi 9514
comunale interessi conciliazione giudiziale
Irpef
Contribuente per imposte proprie Addizionale Sanzione e altre somme dovute relative 9515
comunale all’addizionale comunale all’Irpef
Irpef conciliazione giudiziale
Note
1 Sono riportati solo i codici più frequenti.
260
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Tabella R.A.E. 4.3.2014, N. 25


Codice Codice Codice Denominazione Rateazione/ Anno di

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ufficio atto tributo codice tributo Regione/ riferimento
Prov./
mese di
riferimento
COMPILARE COMPILARE 9946 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA
relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione -
SANZIONE - art. 13 D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 9947 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Comunale ENTE
all’IRPEF a seguito di definizione LOCALE
dell’accertamento, accertamento con (tabella T1-
adesione, conciliazione giudiziale e codici degli
mediazione - SANZIONE - art. 13 Enti Locali)
D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 9948 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all’IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 -
dell’accertamento, accertamento con codici delle
adesione, conciliazione giudiziale e Regioni e
mediazione - SANZIONE - art. 13 delle
D.Lgs. 472/1997 Province
autonome)

Tabella R.A.E. 4.3.2014, N. 25


Codice Codice Codi Denominazione Rateazione/ Anno di
ufficio atto ce codice tributo Regione/ riferimento
tribu Prov./
to mese di
riferimento
COMPILARE COMPILARE 9949 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 -
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni e delle
- SANZIONE - art. 13 D.Lgs. Province
472/1997 autonome)
COMPILARE COMPILARE 1984 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA
relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs.
472/1997
COMPILARE COMPILARE 1985 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE ENTE AAAA
relativi all’Addizionale Comunale LOCALE
all’IRPEF a seguito di definizione (tabella T1-
dell’accertamento, accertamento codici degli
con adesione, conciliazione Enti Locali)
giudiziale e mediazione - INTERESSI
- art. 13 D.Lgs. 472/1997
Processo tributario 261

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


COMPILARE COMPILARE 1986 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all’IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 -

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dell’accertamento, accertamento codici delle
con adesione, conciliazione Regioni e delle
giudiziale e mediazione - INTERESSI Province
- art. 13 D.Lgs. 472/1997 autonome)
COMPILARE COMPILARE 1987 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 -
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni e delle
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs. Province
472/1997 autonome)

Tabella della misura del tasso legale di interesse annuo


Dal 01.01.2010 Al 31.12.2010 1%
Dal 01.01.2011 Al 31.12.2011 1,5%
Dal 01.01.2012 Al 31.12.2013 2,5%
Dal 01.01.2014 Al 31.12.2014 1%
Dal 01.01.2015 Al 31.12.2015 0,5%
Dal 01.01.2016 Al 31.12.2016 0,2%
Dal 01.01.2017 Al 31.12.2017 0,1%
Dal 01.01.2018 Al 31.12.2018 0,3%
Dal 01.01.2019 Al 31.12.2018 0,8%
Dal 01.01.2020 Al 31.12.2020 0,05%
Dal 01.01.2021 Al 31.12.2021 0,01%
Dal 01.01.2022 Al 31.12.2022 1,25%
Dal 01.01.2023 5%

Tabella della misura del tasso legale di interesse per ritardato pagamento 1
Dall’1.7.2003 Al 30.9.2009 2,75%
Dall’1.10.2009 Al 31.12.2009 4%
Dall’1.1.2020 Al 31.12.2020 3,5%
Note
1 Cfr. art. 20, D.P.R. 602/1973 e D.M. 21.5.2009.
262 Processo tributario

Capo III
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Le impugnazioni

Sezione I – Le impugnazioni in generale

Art. 49 - DISPOSIZIONI GENERALI APPLICABILI [CFF ¶ 4700]

1. Alle impugnazioni delle sentenze delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado si ap-
plicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo
quanto disposto nel presente decreto. 1

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e
poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

DISPOSIZIONI GENERALI APPLICABILI (Art. 49)

La impugnazione È lo strumento giuridico che la legge mette a disposizione della parte soccom-
bente per consentirle di rimuovere gli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivarle da una
sentenza.
«Attraverso l’impugnazione la legge concede alle parti la possibilità di operare un controllo sulla sen-
tenza, affidandone l’esame ad un giudice diverso (...). L’esercizio dell’impugnazione è limitato nel tem-
po, considerato che una volta decorso il tempo previsto dalla legge, la sentenza acquista autorità di co-
sa giudicata.
Oggetto della impugnazione sono i provvedimenti aventi contenuto decisorio.
Le impugnazioni sono soggette al principio della iniziativa di parte.
L’interesse alla impugnazione è dato dalla soccombenza, totale o parziale, nella causa, avuto riguardo
alle situazioni contenute nella sentenza» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98). Esso, quale manife-
stazione del generale principio dell’interesse ad agire, «va apprezzato in relazione alla utilità con-
creta derivabile alla parte dell’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero in-
teresse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla deci-
sione adottata (…)» (cfr. Cass. Ord. 18.11.2021, n. 35134).
«I termini previsti dalla legge per le impugnazioni sono perentori» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n.
98/E).
Disposizioni generali applicabili Fatte salve le disposizioni «speciali» previste dal presente Decre-
to (art. 1, comma 2), alle impugnazioni delle sentenze delle Corti di giustizia tributaria di primo
e secondo grado si applicano le disposizioni del Titolo III, Capo I, del Libro II del c.p.c. e, quindi,
gli articoli da 323 a 338 del Codice di procedura civile, compreso l’art. 324, rubricato «Cosa giudi-
cata formale», che rimanda all’art. 2909 c.c., rubricato «Cosa giudicata». La prima delle due nor-
me si riferisce alla intervenuta preclusione – sotto il profilo processuale – delle impugnazioni
«ordinarie», conferendo, così definitività alla sentenza, il cui contenuto non è soggetto a riesa-
me da parte di altro Giudice. La seconda norma, invece, si riferisce agli effetti – sotto il profilo
sostanziale – della statuizione contenuta nella sentenza, conferendo, così, stabilità e certezza
giuridica ai rapporti tra le parti, loro eredi o aventi causa.
Le disposizioni in materia di giudicato sono state applicate dalla giurisprudenza di legittimità -
pur tenendo conto delle relative particolarità - anche nel processo tributario, in conformità con
l’indirizzo enunciato nella sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite, 16.6.2006, n.
13916: «In tema di giudicato, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo
rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento
Processo tributario 263

così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indi-

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spensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso
punto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno
costituito lo scopo ed il petitum del primo (…)».
«In applicazione di tale principio è stato chiarito che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del
giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei casi in cui vengano in esame fatti
che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco temporale che
comprende più periodi d’imposta, ed in cui l’elemento della pluriennalità (…), costituisce un elemento
caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d’imposta in una sorta di maxi
periodo» (cfr. Cass. Ord. 6.10.2022, n. 29084).
In particolare, «il giudicato può trovare spazio in materia tributaria solo ove riguardi gli elementi co-
stitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le quali-
ficazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono ca-
rattere tendenzialmente permanente, non anche, invece, con riferimento ai fatti non aventi caratteri-
stica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spe-
se deducibili» (cfr. Cass. Sent. 15.1.2016, n. 572; si veda anche Cass. Sent. 22.3.2023, n. 8226). «Tale
effetto si verifica non solo rispetto agli atti impositivi in senso stretto, ma anche in caso di istanza di
rimborso, fermo, rispetto a quest’ultima, il limite derivante dal maturare della eventuale decadenza o
prescrizione, trattandosi di fatti ulteriori di carattere impeditivo ed estintivo rispetto al diritto al rim-
borso» (cfr. Cass. Ord. 24.5.2022, n. 16684); e «la ultrattività del giudicato interno può svolgersi an-
che nei riguardi delle sanzioni amministrative irrogate, ancorché per diversi periodi imposta, per vio-
lazioni – la cui esclusione è stata accertata con sentenza passata in giudicato – che presentino le stes-
se qualificazioni giuridiche» (cfr. Cass. Sent. 5.12.2014, n. 25762). Invece, in materia di Iva, la ul-
trattività del giudicato rileva «salvo che (…) ciò comporti la estensione ad altri periodi d’imposta di
un giudicato in contrasto con la disciplina comunitaria, avente carattere imperativo, compromettendo-
ne la effettività» (cfr. Cass. Ord. 7.12/2021, n. 38950; si vedano, anche, Cass. Ord. 20.7.2022, n.
15374; C.G.U.E., 16.7.2020, C-424/19; Cass. Sent. 9.11.2018, n. 28672).
Ancora:
› «In tema di contenzioso tributario, l’intervenuto giudicato esterno afferente alla qualificazione giu-
ridica di un negozio (nella specie in un giudizio su imposta di registro supplettiva), esplica effetto
anche nei giudizi tra le stesse parti relativi a diversi tributi (nella specie imposta complementare di
registro ed imposta ipotecaria e catastale), nei quali la medesima qualificazione giuridica rilevi ai
fini della determinazione della base imponibile o di altro elemento della fattispecie impositiva»;
mentre tale efficacia espansiva «non ricorre quando i separati giudizi riguardino tributi diversi
(ad esempio, Iva ed Irpef), trattandosi di imposte strutturalmente differenti, ancorché la pretesa im-
positiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto» (cfr. Cass. Sent. 5.10.2022, n.28973, che,
richiama, in tema di imposta di registro, Cass. Ord. 12.1.2022, n. 722);
› «Il requisito della “stabile organizzazione” di un soggetto non residente in Italia, la cui sussistenza
è necessaria ai fini dell’imponibilità del reddito d’impresa, va accertato, in base ai suoi elementi co-
stitutivi (quello materiale ed oggettivo della sede fissa di affari e quello dinamico dell’esercizio in
tutto o in parte della sua attività), con riferimento a ciascun anno d’imposta, in ragione del possibi-
le mutamento nel tempo di detti elementi. Ne consegue che il giudicato esterno sulla sussistenza o
meno di tale requisito relativamente ad uno o più anni d’imposta non può avere effetto con riferi-
mento ad anni d’imposta diversi» (cfr. Cass. Sent. 21.11.2018, n. 30033).
Infine, «la disposizione [in commento] contiene ora un generale rinvio alle norme del codice di pro-
cedura civile [anche] in tema di sospensione delle sentenze» (dato che, con il D.Lgs. 156/2015, l’in-
ciso «escluso l’art. 337» è stato eliminato; cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, 38/E, § 1.12). Ne deriva
che le relative diposizioni del codice di procedura civile trovano dunque applicazione anche nel
processo tributario: «fatti salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudi-
cata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiu-
dicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esiste rapporto di pre-
giudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile
la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c.» (cfr. Cass. Ord. 7.5.2020,
n. 8578; si veda, anche, Cass. SS.UU., Sent. 29.7.2021, n. 20763).
264
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

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Artt. 323 – 338 Codice di procedura civile
Le impugnazioni: mezzi e decorrenza dei termini

Art. 58, co. 1 e 2, L. 18.6.2009, n. 69


Disposizioni transitorie

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.12

Art. 50 - I MEZZI D'IMPUGNAZIONE [CFF ¶ 4701]

1. I mezzi per impugnare le sentenze delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado so-
no l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione. 1

Note
1 Il presente articolo è stato così modificato prima dall'art 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

I MEZZI D'IMPUGNAZIONE (Art. 50)

Mezzi di impugnazione I mezzi di impugnazione previsti nel processo tributario sono tre:
› l’appello (alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado) contro le sentenze della Corte di
Giustizia tributaria di primo grado;
› il ricorso per cassazione, contro le sentenze della Corte di Giustizia tributaria di secondo gra-
do;
› il ricorso per revocazione «come mezzo di impugnazione straordinario» (cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E), nei casi previsti dall’art. 395 c.p.c..
(Sulla ammissibilità della impugnazione dei provvedimenti di sospensione del processo tributa-
rio con istanza di regolamento di competenza, si veda il commento all'art. 5).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 42 e 395 Codice di procedura civile


Regolamento necessario di competenza e casi di revocazione

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E


Processo tributario 265

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 51 - TERMINI D'IMPUGNAZIONE [CFF ¶ 4702]

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1. Se la legge non dispone diversamente il termine per impugnare la sentenza della corte di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notifica-
zione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall'art. 38, comma 3. 1
2. Nel caso di revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 del codice di pro-
cedura civile il termine di sessanta giorni decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o
sono state dichiarate false le prove o è stato recuperato il documento o è passata in giudica-
to la sentenza che accerta il dolo del giudice.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

TERMINI D'IMPUGNAZIONE (Art. 51)

Termini d’impugnazione Le sentenze delle Corti di Giustizia tributaria di primo e secondo grado
possono essere impugnate nel rispetto di un termine perentorio che può essere «breve» o «lun-
go», a seconda che la sentenza sia stata o meno notificata da una parte all’altra.
Il termine per impugnare la sentenza notificata su istanza di parte è di 60 (sessanta) giorni (c.d.
termine breve), ma l’art. 38, comma 3 (del Decreto), stabilisce che «se nessuna delle parti provvede
alla notificazione della sentenza si applica l’art. 327, primo comma del c.p.c.» e il termine - pari a sei
mesi (c.d. termine lungo) - «decorre dalla data di pubblicazione della sentenza stessa, vale a dire dal
momento del suo deposito in segreteria del testo integrale originale» (cfr., rispettivamente, Circ. Min.
Fin. 23.4.1996, n. 98/E e Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E).
«Ai fini della verifica della tempestività della impugnazione, in caso di provvedimento giudiziale in
formato cartaceo, cui sia applicabile ratione temporis il termine semestrale di decadenza ex articolo
327 c.p.c. nel testo modificato dalla Legge 69/2009, il dies a quo coincide con l’attestazione dell’avve-
nuto deposito, non trovando applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elet-
tronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica, mediante PEC,
che il procedimento decisionale si completa, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretratta-
bile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di de-
cadenza per le impugnazioni di cui alla summenzionata norma» (cfr. Cass. Ord. 11.1.2022, n. 550).
Si applica, anche in appello, la regola secondo cui se l’ultimo giorno del termine è festivo, la sca-
denza è prorogata di diritto al primo giorno successivo non festivo.
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, era stato sospeso - dal
9.3.2020 all’11.5.2020 – il decorso dei termini processuali (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv.
con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n.
40), compresi «i termini concernenti la proposizione dell’atto di appello di cui all’art. 51, co. 1, del
D.Lgs. 546/1992» (cfr. C.A.E. 16.4.2020, n. 10).
«Condizione per poter impugnare è che esista un provvedimento considerato dalla legge come impu-
gnabile, avverso il quale la parte intende far valere delle censure (...)», avendone interesse, che «va
valutato con riferimento alla utilità giuridica che alla parte che impugna può derivare dall’accogli-
mento del gravame». «L’interesse a impugnare è determinato dalla soccombenza totale o parziale nel-
la causa» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
«L’interesse ad impugnare, dunque, postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al
pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione, e va apprezzata in relazione alla utilità giuri-
dica che può derivare al preponente il gravame, dall’eventuale suo accoglimento» (cfr. Cass. Ord.
1.3.2022, n. 6621).
«Legittimato ad impugnare la sentenza è soltanto chi è stato parte nel processo in cui la sentenza è
stata pronunciata».
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
266
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, le notifiche degli atti processuali, dei documenti e
dei provvedimenti giurisdizionali si effettuano esclusivamente con modalità telematiche, utiliz-

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zando l’indirizzo di Posta elettronica certificata (PEC); e si intendono perfezionate al momento
in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica
certificata (PEC) del destinatario (cfr. art. 16-bis del presente Decreto, nonché art. 5, Decreto
MEF 23.12.2013, n. 163).
«Qualora la notifica della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, a mezzo
P.E.C. dal difensore, la stessa si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di
avvenuta consegna del messaggio nella casella di posta elettronica del destinatario» (cfr. Cass. Sez.
Lav. 13.1.2022, n. 958).
La sentenza «è attualmente redatta e sottoscritta in modalità analogica. Una copia informatica della
stessa viene inserita nel fascicolo informatico a cura del personale dell’Ufficio di segreteria».
Peraltro, con la pubblicazione (in G.U. 13.11.2020, n. 283) del Decreto del Direttore Generale delle
Finanze, 6.11.2020, n. 44, modificato – quanto alla decorrenza dell’entrata in vigore delle nuove
disposizioni – dal Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553 (si veda il
commento all’art. 35), sono state introdotte le regole tecniche per la redazione dei provvedimenti
giurisdizionali digitali (PGD) - compresa la sentenza in formato digitale – da parte dei giudici
tributari, per tutte le Corti di giustizia tributaria.
«L’attività di deposito telematico nel fascicolo informatico delle sentenze redatte in formato elettroni-
co» è avviata dal giudice e conclusa dal cancelliere al momento della sua pubblicazione. Pertan-
to, se il giudice deposita la sentenza in un giorno festivo, la data che rileva ai fini del termine di
impugnazione è quella «della successiva pubblicazione della sentenza ad opera del cancelliere» che
avviene (necessariamente) in un giorno feriale (cfr. Cass. Civ. Ord. 16.4.2018, n. 9345).
Ai fini della notifica, i difensori possono estrarre copia della sentenza «dal fascicolo informatico
[direttamente dalla piattaforma del P.T.T.] e attestarne la conformità ai sensi dell’art. 25-bis del
D.Lgs. n. 546/1992» (cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF, nonchè Dip. Finanze, C.T.P. Avellino,
14.1.2021, Prot. 0000147).
La norma di cui all’art. 25-bis, peraltro, «non prevede nessun distinguo tra provvedimento nativo di-
gitale o analogico», per cui consente al difensore «di attestare la conformità all’originale degli atti
processuali, ivi compresi i provvedimenti giurisdizionali, presenti nel fascicolo informatico, siano essi
nativi digitali ovvero digitalizzati successivamente» (cfr. Risp. Agenzia delle Entrate a Telefisco del
27.1.2022)
Quanto all’invio della sentenza tramite PEC, la Prassi suggerisce di «indicare nell’oggetto [della
PEC] la dicitura “notificazione ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992” e nel messaggio
[di] specificare che si tratta di notifica ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. n. 546/1992, ai fini della decor-
renza del termine breve».
«Per quanto concerne gli indirizzi PEC degli enti impositori e dei soggetti della riscossione, l’indice
delle pubbliche amministrazioni (IPA) è il solo elenco utilizzabile ai fini della notifica degli atti del
processo tributario». Per l’Avvocatura dello Stato «si ritiene opportuno fare riferimento agli indirizzi
PEC presenti nel “Registro delle PA” (…) consultabile sul sito istituzionale dell’Avvocatura dello Stato»
(cfr. Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF).
Quanto alla notifica ai difensori, la Cassazione ha affermato che:
› «in seguito alla introduzione del “domicilio digitale” (…) è valida la notificazione al difensore eseguita
presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza», comunicato al proprio Or-
dine e, da questi inserito nel ReGinde e nell’Ini-Pec (cfr. Cass. Ord. 16.4.2021, n. 10186);
› se la parte (nel caso, una S.r.l.) ha indicato, nei propri atti, un indirizzo PEC, il c.d. domicilio
digitale prevale, nell’ambito del processo civile, «su ogni altra forma di domiciliazione», e ne ha
fatto conseguire la «inidoneità della notificazione della sentenza di appello presso il domiciliatario,
anziché presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, ai fini della decorrenza del termine breve di
impugnazione» (cfr. Cass. Ord. 24.3.2021, n. 8262).
Termine breve È di 60 giornie decorre dalla data di notifica della sentenza– in copia autentica (a
pena di inefficacia della notifica: Comm. Trib. Reg. Piemonte, Sent. 21.1.2010, n. 2) – a cura delle
parti. La notificazione della sentenza, con l’osservanza della specifica procedura di cui all’art.
38, co. 2, D.Lgs. 546/1992 (cfr. Cass. Ordinanze 1.8.2019, n. 20740; 8.11.2017, n. 26449), ha «va-
lenza bilaterale», nel senso che i sessanta giorni decorrono non solo per la parte notificata, ma
Processo tributario 267

anche per la parte notificante. Di conseguenza, un eventuale appello incidentale proposto dal

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


notificante, a seguito dell’appello presentato dalla parte notificata e dopo il decorso dei 60 gior-

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ni dalla notifica della sentenza impugnata, dovrà essere considerato «tardivo» (cfr., in proposi-
to, Cass. Ord. 17.2.2021, n. 4160).
Di seguito, alcuni recenti orientamenti della Corte di cassazione Civile in merito ai destinatari
della notificadella sentenza e alla decorrenza del termine brevedi impugnazione.
«A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica», finalizzata alla decorrenza
del termine breve, detta notifica va «eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte
presso il suo procuratore», non essendo la notifica alla parte, senza espressa menzione del suo
procuratore, idonea a far decorrere il termine breve (cfr. Cass. SS.UU. Civ. 30.9.2020, n. 20866;
conf. Cass. Ord. 25.5.2021, n. 14234). Però, «la notifica della sentenza eseguita personalmente alla
parte che, rivestendo la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giu-
dice adìto, sia stata in giudizio di persona senza il ministero di altro procuratore, è idonea a far decor-
rere il termine breve di impugnazione» (cfr. Cass. Civ. Ord. 27.1.2022, n. 2472, relativa ad una fattis-
pecie in cui detta notifica era stata effettuata presso la residenza del difensore, che si difendeva
da sé, invece che presso il suo studio professionale).
«La notifica della sentenza a uno soltanto dei difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il
termine breve per impugnare, di cui all’art. 325 c.p.c., a nulla rilevando che il destinatario della notifi-
ca non sia anche domiciliatario della parte» (cfr. Cass. Ord. 16.4.2021, n. 10129).
Termine lungo È di sei mesi (ex art. 327, co. 1, c.p.c.) e decorre «dalla data di pubblicazione della
sentenza, vale a dire dal momento del suo deposito in Segreteria» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n.
98/E), a nulla rilevando l’eventuale lettura in udienza del dispositivo (così Cass., Senten-
ze 7.6.2002, n. 5201; 29.4.2002, n. 14496), né la data della comunicazione alle parti costituite nei
dieci giorni dal deposito (ex art. 37, co. 2), «trattandosi di attività informativa che resta estranea al
procedimento di pubblicazione, della quale non è elemento costitutivo, nè requisito di efficacia» (cfr.
Cass. Ord. 14.10.2019, n. 25727; conf. Cass. Ordinanze 23.7.2021, n. 21192; 20.7.2021, n. 20656;
26.5.2021, n. 14429).
Se sulla sentenza risultano apposte due date (di pubblicazione), in applicazione del principio
dell’affidamento, vale la data più recente (cfr. Cass., Ord. 16.2.2011, n. 3797; Cass., Sent.
24.6.2005, n. 13693. Si veda anche l’art. 37 del Decreto).
«Il termine lungo (...) non è applicabile nelle ipotesi in cui la parte non costituita dimostri di non aver
avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’av-
viso di fissazione d’udienza» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E; Cass. Ordinanze 20.7.2021, n.
20656; 14.10.2019, n. 25727; Cass. Sent. 13.6.2014, n. 13468; nonché art. 38, co. 3).
Periodo di sospensione feriale Sia il termine «breve» che quello «lungo» vanno conteggiati te-
nendo conto del periodo di sospensione feriale previsto dalla L. 7.10.1969, n. 742 (1°-31 agosto,
cioè 31 giorni). Così, ad es., se la sentenza:
› è stata notificata il 17 giugno 2019, il termine di impugnazione (breve) scadeva il 16 settembre
2019 (60 giorni: 13 giorni di giugno + 31 giorni di luglio + 16 giorni di settembre); se la notifica
avviene durante il periodo feriale (1° - 31 agosto), la scadenza è sempre quella del 30 ottobre
(30 giorni di settembre + 30 giorni di ottobre);
› non viene notificata, il termine di impugnazione è di sei mesi; cui può aggiungersi – se adia-
cente o compreso nel semestre – il periodo di sospensione feriale: ad es., se la sentenza è sta-
ta depositata il 12 febbraio 2019 il termine di impugnazione (lungo) scadeva il 12 settembre
2019 (cioè sei mesi + 31 giorni).
Sovrapposizione di termini Nel caso di sovrapposizione del termine breve (a seguito di notifica) e
di quello lungo (decorrente dal deposito della sentenza), prevale quest’ultimo: nel senso che se
spira il «termine lungo» mentre è ancora in corso il periodo di tempo che si concluderebbe con
lo spirare del termine breve, quest’ultimo non consente di superare il termine lungo. Ad es., se
una sentenza di Corte di giustizia tributaria di primo grado è stata pubblicata il 24 ottobre 2018
il termine lungo scadeva il 24 aprile 2019, se la controparte ha notificato la sentenza il 23 aprile
2019 l’appellante non potrà valersi dei 60 giorni (che scadrebbero il successivo 22 giugno), ma
resta fermo il termine del 24 aprile 2019 (cfr. Cass., Sent. 27.3.1990, n. 2475).
Per le regole di notifica della sentenza vigenti fino al 30 giugno 2019, si veda il commento all’art.
38, del presente Decreto.
268
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

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Art. 327 Codice di procedura civile
Decadenza dall'impugnazione

Art. 1, L. 7.10.1969, n. 742


Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 6.11.2020, n. 44

Decreto del Direttore Generale delle Finanze, 18.5.2021, n. RR553

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. M.E.F. 4.7.2019, n. 1/DF

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E Dip. Finanze, C.T.P. Avellino, 14.1.2021, Prot.
0000147
Circ. Ag. Entrate 21.6.2010, n. 37/E
Risp. Ag. Entrate a Telefisco 27.1.2022
Processo tributario 269

Sezione II – Il giudizio di appello davanti alla

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


corte di giustizia tributaria di secondo grado

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Art. 52 - GIUDICE COMPETENTE E PROVVEDIMENTI SULL'ESECUZIONE PROVVISORIA
IN APPELLO [CFF ¶ 4703]

1. La sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado può essere appellata alla corte di
giustizia tributaria di secondo grado competente a norma dell’articolo 4, comma 2.
2. L’appellante può chiedere alla corte di giustizia tributaria di secondo grado di sospendere in tut-
to o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi. Il con-
tribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa può de-
rivargli un danno grave e irreparabile.
3. Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di con-
siglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.
4. In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, può disporre con de-
creto motivato la sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.
5. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza mo-
tivata non impugnabile.
6. La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’articolo 69 com-
ma 2. Si applica la disposizione dell’articolo 47, comma 8-bis. 1 2

Note
1 Il presente articolo prima modificato dall'art 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, poi dall'art 1 L. 24.10.1996, n. 556 e dall'art. 3
D.L. 25.03.2010, n. 40 con decorrenza dal 26.03.2010, poi sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza
dal 01.01.2016, è stato da ultimo così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
2 La rubrica della Sezione cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

GIUDICE COMPETENTE E PROVVEDIMENTI SULL'ESECUZIONE PROVVISORIA IN


APPELLO (Art. 52)

Riforma degli organi della giurisdizione tributaria Per i «giudizi instaurati, in primo e secondo
grado, con ricorso notificato dal 1° settembre 2023», l’art. 4, commi 4 e 4-bis, della stessa L.
130/2022, stabilisce la regola dello svolgimento delle udienze a distanza, fatta salva la possibili-
tà per le parti di richiedere, per comprovate ragioni, lo svolgimento in presenza.
Giudice competente e legittimazione ad appellare L’appello contro le sentenze delle Corti di
giustizia tributaria di primo grado va proposto alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
competente (cfr. art. 4 del Decreto), che è quella nella cui circoscrizione ha sede la Corte di giu-
stizia tributaria di primo grado che ha pronunciato la sentenza (di primo grado).
Per le Province autonome di Trento e di Bolzano, giudice competente per l’appello è la Commis-
sione Tributaria di 2° grado che ha sede nel capoluogo di ciascuna provincia.
Tutela cautelare in appello La fase cautelare in appello ricalca la procedura prevista dall’articolo
47 del Decreto per la sospensione dell’atto impugnato dinanzi alle Corti di giustizia tributaria di
primo grado.
«Il nuovo comma 2 consente all’appellante di chiedere alla Commissione Tributaria Regionale di so-
spendere in tutto o in parte (quindi limitatamente ai capi ad esso sfavorevoli) la esecutività della
sentenza impugnata “se sussistono gravi e fondati motivi”, analogamente a quanto disposto dall’art.
283 c.p.c.» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.12), cioè in presenza dei presupposti del
«fumus boni iuris» e del «periculum in mora»: deve sussistere, dunque, (anche) un grave pregiu-
dizio dell’appellante a seguito della esecuzione della sentenza (a nulla rilevando la eventuale
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

valutazione sfavorevole della Corte di giustizia tributaria di primo grado). Inoltre quando l’atto
impugnato «sia confermato da una sentenza di merito», il contribuente soccombente in primo

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grado può «chiedere (…) la sospensione della esecuzione dell’atto» (convalidato dalla sentenza ap-
pellata) «se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile». È il caso «di una sentenza di
rigetto del ricorso introduttivo, la cui sospensione lascerebbe comunque in piedi gli effetti dell’atto»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.12 e Nota 1).
L’istanza di sospensione (della sentenza o della esecuzione dell’atto impositivo impugnato) può
essere proposta (sulla falsariga dell’art. 47) unitamente all’appello (principale o incidentale) o
con atto separato.
Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° lu-
glio 2019, la obbligatorietà del processo tributario telematico comporta che gli atti (compresa
l’istanza in esame), e i provvedimenti siano formati come documenti informatici, sottoscritti
con firma elettronica qualificata o con firma digitale, notificati utilizzando l’indirizzo PEC e de-
positati con modalità telematiche e, quindi, tramite il S.I.Gi.T.
Dopo la proposizione dell’istanza di sospensione, il procedimento si svolge - in conformità con
le disposizioni del novellato art. 47 (cfr. art. 4, co. 1, lett. f), della L. 130/2022, si veda il relativo
commento) - come segue:
1) il Presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera
di consiglio utile, e, comunque, non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’istanza stessa di-
sponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima (co. 3).
In proposito, la Cassazione ha dichiarato nulla «la sentenza emessa dal Giudice d’appello prima
ancora di fissare l’udienza per la discussione perché (…) impedisce ex se ai difensori il completo eser-
cizio del diritto di difesa senza che sia necessario verificare la sussistenza, in concreto, di un pregiu-
dizio che da tale inosservanza sia derivato alla parte» (cfr. Cass. Ord. 8.10.2019, n. 25094);
2) in caso di eccezionale urgenza, il Presidente, previa delibazione del merito, può disporre
con decreto motivato la sospensione (dell’esecutività della sentenza) fino alla pronuncia del
collegio (co. 4);
3) il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinan-
za motivata non impugnabile (co. 5): diversamente dal co. 8 dell’art. 47 «non viene prevista
espressamente la possibilità di revoca o modifica dell’ordinanza a seguito di mutamento delle cir-
costanze», ma l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto «che la presentazione di una istanza di parte
in tal senso non sia preclusa» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.12, Nota 2);
4) la sospensione può essere subordinata, ai sensi dell’art. 69, co. 2, alla prestazione della garan-
zia disciplinata (quanto a contenuto, durata ed escussione della stessa: cfr. commento art. 47,
modificato), nell’apposito decreto del MEF 6.2.2017, n. 22, in vigore dal 28.3.2017 (co. 6);
5) durante il periodo di sospensione, si applicano gli interessi per ritardato pagamento di cui
al co. 8-bis dell’art. 47 del Decreto (co. 6), per i quali è previsto lo stesso tasso stabilito per la
sospensione amministrativa (ex art. 39, co. 2, del D.P.R. 602/1973) fissato nella misura del
4,5% annuo (a decorrere dal 1.10.2009: cfr. art. 4, co. 1, D.M. 21.5.2009. In proposito, si ri-
manda al commento all’art. 47).
«L’accoglimento dell’istanza di sospensione di una sentenza sfavorevole al contribuente preclude
l’applicazione degli artt. 68 del Decreto n. 546/1992 e 19 del D.Lgs. n. 472/1997 (concernenti la riscos-
sione in pendenza di giudizio rispettivamente dell’imposta e delle sanzioni), fino alla conclusione del
giudizio di impugnazione, rendendo necessaria la conseguente sospensione anche delle attività esecu-
tive relative all’atto impugnato.
In particolare, se la pronuncia che dispone la sospensione interviene prima che sia stata notificata al
contribuente l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagare gli importi rideterminati in base alla
suddetta sentenza, l’Ufficio dovrà astenersi dall’emettere tale intimazione (…), anche in presenza di
fondato pericolo per la riscossione. Diversamente, se al momento della pronuncia di sospensione è già
stata notificata l’intimazione, l’Ufficio procede all’affidamento del carico all’Agente della riscossione,
dando contestuale comunicazione a quest’ultimo della intervenuta sospensione» (cfr. Circ. Ag. Entra-
te 29.12.2015, n. 38/E, § 1.12 e Nota 3).
«Per converso, nel caso in cui sia concessa, a richiesta dell’Ufficio, la sospensione di una sentenza fa-
vorevole al contribuente, viene inibita l’operatività delle nuove norme che ne disciplinano l’immediata
esecutività [cfr. commento dell’art. 69 del Decreto] e l’Ufficio è legittimato a non effettuare lo sgra-
Processo tributario 271

vio o il rimborso delle somme riconosciute non dovute in forza della stessa sentenza» (cfr. Circ. Ag.

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Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.12).

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Infine, si ricorda che anche i procedimenti di sospensione cautelare della provvisoria esecutivi-
tà delle sentenze oggetto di impugnazione rientrano tra quelli la cui ritardata trattazione può
produrre grave pregiudizio alle parti, per cui il rinvio d’ufficio delle udienze fissate tra il
9.3.2020 e l’11.5.2020 - a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19 - non rileva (cfr.
art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23,
conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, nonché Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 283 Codice di procedura civile


Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello

Decreto del M.E.F. 6.2.2017, n. 22

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.12

Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Art. 53 - FORMA DELL'APPELLO [CFF ¶ 4704]

1. Il ricorso in appello contiene l'indicazione della corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado a cui è diretto, dell'appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi
della sentenza impugnata, l'esposizione sommaria dei fatti, l'oggetto della domanda ed i motivi
specifici dell'impugnazione. Il ricorso in appello è inammissibile se manca o è assolutamente in-
certo uno degli elementi sopra indicati o se non è sottoscritto a norma dell' art. 18 , comma 3. 3
2. Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all' art. 20 , commi 1 e 2, nei confronti di tutte le
parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell' art.
22 , commi 1, 2 e 3. 1
3. Subito dopo il deposito del ricorso in appello, la segreteria della corte di giustizia tributaria di se-
condo grado chiede alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo grado la trasmissio-
ne del fascicolo del processo, che deve contenere copia autentica della sentenza. 3 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005,
e poi dall'art. 36, D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 con decorrenza dal 13.12.2014.
2 La rubrica della Sezione cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

FORMA DELL'APPELLO (Art. 53)

L’appello: regole generali L’appello «è un mezzo di impugnazione che può condurre a un integrale
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riesame (…) del giudizio di primo grado della controversia», che «non può mai essere affidato allo
stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/

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E). Esso «è un mezzo di impugnazione pienamente devolutivo ed interamente rescissorio, ossia diretto
(…) al pieno e completo riesame della controversia nei limiti in cui questa è stata devoluta al giudice
superiore», la cui sentenza, «sia essa di conferma o di riforma, si sostituisce e si sovrappone total-
mente» a quella di primo grado (cfr. Cass. Sent. 6.5.2021, n. 11969).
Il contenuto essenziale dell'atto si ricava dal primo comma del presente articolo.
La sottoscrizione va apposta dal difensore abilitato (dell’appellante), con la indicazione del rela-
tivo incarico.
L’appello si propone, ai sensi del secondo comma:
› con le stesse modalità del ricorso in primo grado;
› entro il termine perentorio di 60 (sessanta) giorni dalla notifica della sentenza (termine c.d.
«breve»), o di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza (termine c.d. «lungo»), più, even-
tualmente, i 31 giorni di sospensione feriale;
› nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio. Ne deriva, secondo parte da
giurisprudenza, che la omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti in
causa – nel caso di litisconsorzio necessario sia sostanziale che processuale (il quale determi-
na la inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario sostan-
ziale) – non determina la inammissibilità del gravame, ma «impone al giudice di disporre la in-
tegrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso» (cfr. Cass. Ord.
13.8.2020, n. 17061): pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo
ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (cfr. Cass. Ordinanze 3.11.2020, n.
24402; 30.10.2018, n. 27616; Cass. Sentenze 23.12.2019, n. 34227; 27.5.2015, n. 10934). Secondo
altro orientamento, invece, «in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello
nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il con-
traddittorio quando, rispetto alle parti pretermesse, sia ormai decorso il termine per l’impugnazio-
ne» (cfr. Cass. Ord. 16.11.2018, n. 29593; conf. Cass. Ordinanze 21.2.2019, n. 5077; 27.10.2017, n.
25588).
Rilevata la esistenza dei due orientamenti, la Corte di cassazione ha ritenuto di rimettere al
Primo presidente della Corte - ai fini della eventuale assegnazione alle Sezioni Unite - la se-
guente questione: «accertare se l’art. 53, co. 2, del D.Lgs. 546/1992, disciplini o meno un litiscon-
sorzio necessario processuale che imponga, sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindi-
bile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli articoli 331 e 332 c.p.c., la integrazione del con-
traddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, ovvero se il Legislatore
abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma
rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile, così evidenziando gli aspetti peculiari della
disciplina del processo tributario di appello e tra questi le modalità di proposizione dell’appello tri-
butario stabilite dall’art. 54 del D.Lgs. 546/1992» (cfr. Cass. Ord. 1.3.2023, n. 6204).
L’appellante, entro 30 giorni dalla proposizione dell’appello, deve costituirsi in giudizio a pena
di inammissibilità dell’appello, con le stesse modalità previste dall’art. 22 del Decreto.
Il processo si incardina, infatti, solo con la costituzione a mezzo del deposito dell’atto, per cui, se
l’atto di appello, pur notificato a controparte, non viene poi depositato presso la Segreteria della
Corte di giustizia tributaria, il processo di secondo grado non è incardinato (cfr. C.T.R. Lazio,
Sent. 23.6.2020, n. 1848).
Il termine di 30 giorni si calcola non computando il giorno iniziale (dies a quo) e conteggiando il
giorno finale (dies ad quem); nelle ipotesi di notificazione dell’appello a più soggetti destinatari,
il termine dei 30 giorni per il deposito o la spedizione dell’atto di appello decorre dalla data di
effettuazione dell’ultima notificazione (cfr. Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la costitu-
zione in giudizio dell’appellante era stato sospeso dal 9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, D.L.
17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con
modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Requisiti essenziali dell’appello (co. 1) Sono 6 (+ 1, la sottoscrizione):
1) Corte di giustizia tributaria di secondo grado cui è diretto (ancorché sia stato ritenuto non
inammissibile l’appello mancante della indicazione della C.T.R. adìta, qualora, in concreto, ciò
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non abbia impedito alla controparte di esercitare pienamente i suoi diritti di difesa: cfr. Cass.

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Sent. 1.2.2022, n. 3090);

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2) cognome e nome della Persona fisica o ragione sociale o denominazione della Società o del-
l’Ente o dell’Ufficio appellanti, nonché delle parti nei cui confronti è proposto l’appello (ap-
pellati). «In tema di appello nel processo tributario, ai fini della sussistenza del requisito della in-
dicazione delle parti, non è richiesta alcuna forma speciale, essendo sufficiente che le parti medesi-
me, pur non indicate o erroneamente indicate (…) siano con certezza ed in modo chiaro e inequi-
voco identificabili dal contesto del ricorso (…), dalla sentenza impugnata ovvero da atti delle
pregresse fasi del giudizio, sicché la inammissibilità del ricorso è determinata soltanto dalla incer-
tezza assoluta che residui in esito all’esame di tali atti» (cfr. Cass., Ord. 7.11.2017, n. 26313);
3) estremi della sentenza impugnata;
4) esposizione sommaria dei fatti;
5) oggetto della domanda. La indicazione dell’oggetto della domanda consiste nella «richiesta di
riforma o di annullamento totale o parziale della sentenza pronunciata in primo grado, la quale
viene a determinare una eventuale restrizione dell’oggetto del giudizio rispetto a quello di primo
grado» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E);
6) motivi specifici dell’impugnazione.
Motivi specifici dell’appello sub 6) Devono riguardare la sentenza impugnata e non l’avviso di
accertamento o l’atto che è stato impugnato in 1° grado (cfr. Cass., Sentenze 3.3.2001, n. 3128;
1.6.2001, n. 13012; C.T.R. Lazio, 24.6.2020, n. 1902); né «è consentito che il ricorso in appello conten-
ga una richiesta generica di riforma della sentenza impugnata sulla base di una non specifica doglian-
za di erroneità in fatto e in diritto della stessa oppure un rinvio «tout court» alle difese approntate in
primo grado. Occorre, invece, che le censure siano esposte con sufficiente chiarezza, atteso che non è
possibile fare riserva di presentare i motivi di appello in un momento successivo» (cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E).
I motivi dell’appello devono essere enunciati specificatamente, a pena di inammissibilità dell’ap-
pello; che deve «indicare esattamente i limiti della devoluzione, consentendo non solo di individuare
le questioni costituenti l’oggetto e l’ambito del riesame, richiesti al giudice di secondo grado ma, altre-
sì, di evidenziare gli errori commessi dal primo giudice e la relativa connessione causale con il provve-
dimento impugnato, e, quindi, identificare le concrete ragioni per cui se ne invoca la riforma (Cass. n.
9270/1999; n. 1147/1999; n. 6335/1998)» (cfr. Cass. Sent. 8.7.2004, n. 12589).
Le SS.UU. della Corte di Cassazione hanno qualificato «il giudizio di appello non già in termini di
«iudicium novum», bensì di «revisio prioris instantiae», [per cui] la cognizione del Giudice resta
circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi. Tale
specificità dei motivi esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrap-
poste quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo
le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono; ragion per cui alla
parte volitiva dell’appello deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti
le ragioni addotte dal primo giudice» (cfr. Cass. SS.UU. 29.1.2000, n. 16) . Non basta «che l’atto di
appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è necessario, pur quando
la sentenza di primo grado sia stata censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il
gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare, peraltro, con la motivazione
della sentenza impugnata» (cfr. Cass., Sent. 8.7.2004, n. 12589; conformi Cass., Ordinanze
28.1.2022, n. 2681; 30.9.2020, n. 20703; 20.1.2017, n. 1461; Cass., Sentenze 22.2.2017, n. 4558;
5.11.2014, n. 23553; 3.8.2012, n. 14027; 12.1.2012, n. 256; 14.5.2010, n. 11797).
Pertanto, la parte, a fronte della decisione del giudice «su una questione che, benché logicamente
pregiudiziale sulle altre, attiene al merito della causa», ha l’interesse e l’onere di impugnare anche
le ulteriori questioni di merito sulle quali il Giudice si sia pronunciato (cfr. Cass. Sent. 10.12.2021,
n. 39390).
Tuttavia, tenuto conto «della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello,
il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata», è escluso «che l’at-
to di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un
progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado» (cfr. Cass. SS.UU. Civ.
Sent. 16.11.2017, n. 27199).
Ne deriva che «qualora il ricorrente lamenti la erroneità di una determinata statuizione con esclusivo ri-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

guardo ad uno degli argomenti svolti dal primo giudice, la mancata formulazione di critiche in ordine ad
ulteriori argomenti, nonostante l’autonoma idoneità di questi ultimi a sorreggere detta statuizione, non im-

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plica inammissibilità del gravame, a differenza di quanto si verifica con riguardo ai mezzi di impugnazione
limitata, come il ricorso per Cassazione, ma o è del tutto irrilevante – se concernente ragioni giuridiche – o
è liberamente apprezzabile dal giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. – ove si tratti di ragioni di fatto – in occa-
sione del rinnovato giudizio che gli si richiede» (cfr. Cass. Sent. 22.9.2021, n. 25608).
E così, è «irrilevante che i motivi siano enunciati nella parte espositiva dell’atto ovvero separatamen-
te, atteso che, non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere «spe-
cifici» i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purché in maniera univoca, dal-
l’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte
espositiva e le conclusioni».
Così come è «sufficiente una descrizione anche sommaria, purché chiara e intelligibile, delle ragioni
di doglianza della parte appellante, la quale consenta al giudice adito di comprendere esattamente le
censure mosse nei confronti della decisione gravata» (cfr. Cass., Sent. 24.2.2012, n. 2855; conformi
Cass., Ordinanze 6.2.2020, n. 2843; 28.2.2019, n. 5864; 7.9.2018, n. 21855; 24.8.2017, n. 20379; e
Cass., Sentenze 9.11.2018, n. 28672 12.1.2016, n. 227; 20.1.2011, n. 1203; 14.1.2011, n. 772; 14.5.2010,
n. 11797), «non occorrendo che l’appellante alleghi e, tanto meno, riporti analiticamente le emergenze
di causa rilevanti» (cfr. Cass. Ord. 6.9.2021, n. 24003). Infatti, diversamente dal giudizio di legitti-
mità, nel quale «il principio di specificità e completezza del ricorso (…) mirano a consentire la verifica
della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti
esterne allo stesso» (cfr. Cass. Sent. 6.5.2021, n. 11969), «la tecnica di redazione mediante “copia-in-
colla” dell’atto di gravame rende lo stesso inammissibile solo ove non consenta al giudice di avere una
completa cognizione della controversia» (cfr. Cass. Ord. 6.9.2021, n. 24003).
Da ultimo, «può dirsi ormai consolidato l'orientamento di questa Corte in ordine alla portata del re-
quisito della specificità dei motivi posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (ex plurimis, Cass.
23053/16, 20532/16, 16136/16, 12067/16, 22781/14, 14908/14, 1224/07) nel senso che, nel processo tri-
butario, la stessa riproposizione in appello delle argomentazioni disattese dal giudice di primo grado
ben può risultare giustificata dal fatto che il dissenso investa la decisione impugnata nella sua inte-
rezza (v. anche di recente Cass. 20430/17, 19127/17, 17033/17, 15884/17, 12826/17, 10983/17, 7369/17)»
(cfr. Cass., Ord. 6.12.2017, n. 29147; conf. Cass. Sent. 7.5.2022, n. 21489). In particolare,
› «ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e
argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo
grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accerta-
mento annullato, è da ritenersi assolto l’onere di impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del
D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere i motivi specifici della
impugnazione e non già nuovi motivi, atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un
mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma
rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito» (cfr. Cass., Ord. 9.2.2018, n. 3267; conf.
Cass., Sentenze 25.2.2022, n. 6302; 13.10.2020, n. 22016; Cass. Ordinanze 27.10.2021, n. 30260;
5.11.2020, n. 24747; 3.7.2019, n. 17758; 10.7.2017, n. 17033; 22.3.2017, n. 7369; 22.1.2016, n. 1200;
1.7.2014, n. 14908); essa non può, invece, integrare, in appello, la motivazione dell’atto (cfr.,
Cass. Sent. 2.4.2020, n. 7649);
› analogamente, assolve l'onere di impugnazione specifica «la riproposizione, a supporto dell'ap-
pello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, in
contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado» (cfr. Cass. Ord.
11.4.2018, n. 8933; conf. Cass. Ordinanze 15.6.2021, n. 16787; 10.6.2021, n. 16455; 21.4.2021, n.
10439; 20.3.2020, n. 7593; 26.2.2020, n. 5161; 28.2.2019, n. 5864; 20.4.2018, n. 9937; Cass. Sen-
tenze 9.5.2018, n. 11061; 27.4.2018, n. 10192; C.T.R. Lombardia, 25.6.2020, n. 1356);
› tuttavia, occorre la specificità dei motivi, nell’appello proposto avverso una sentenza priva di
argomentazioni nel merito, perché fondata su una questione di rito (cfr. Cass. Ord. 8.6.2022,
n. 18525).
Infine, si ricorda che:
› l’appello per motivi solo processuali (c.d. di rito) è ad alto rischio di declaratoria di inammissi-
bilità, dato che solo se la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ritiene che i motivi di
appello rientrino tra le cause di cui all’art. 59 del Decreto può rimettere la lite alla Corte di
Processo tributario 275

giustizia tributaria di primo grado (ad es., nel caso di omessa instaurazione del contradditto-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


rio in primo grado: cfr., Cass., Sent. 10.6.2009, n. 13331); negli altri casi, non sussistendo ulte-

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riori motivi di impugnazione, non può pronunciare una sentenza sostitutiva di quella del giu-
dice di primo grado, per cui deve dichiarare l’inammissibilità dell’appello;
› non può formare oggetto di appello e non costituisce, corrispondentemente, vizio di omessa
pronunzia nel giudizio di legittimità, il mancato esame di una questione di legittimità costitu-
zionale (cfr. Cass. Ord. 3.6.2020, n. 10524; conf. Cass. Sent. 19.1.2018, n. 1311).
Sottoscrizione dell’appello Va apposta dal difensore dell’appellante, con la indicazione del relati-
vo incarico (o dal contribuente, nei casi in cui lo stesso può stare personalmente in giudizio).
L’appello proposto dall’Ufficio periferico della Agenzia delle Entrate può essere sottoscritto dal
titolare (il direttore) o da un suo delegato (che non necessita di apposita procura, salvo il diritto
del contribuente appellato di eccepire l’inammissibilità dell’appello dimostrando la carenza di
potere del firmatario: cfr. Cass., Sentenze 18.10.2011, n. 21546; 25.1.2010, n. 1336; 30.12.2009, n.
28036; contra Comm. Trib. Reg. Lombardia, Sent. 17.12.2009, n. 141). L'appello va sottoscritto a
norma dell'art. 18, co. 3 del Decreto, a pena di inammissibilità.
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ri-
corso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019 (cfr. art. 16-bis del Decreto), anche «il ricorso in ap-
pello alla Commissione tributaria regionale o di secondo grado di Trento e di Bolzano» (cfr. art. 1, co.
1, lett. k), D.M. 23.12.2013, n. 163) - sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digi-
tale - è formato come documento informatico, notificato utilizzando l’indirizzo di Posta elettro-
nica certificata (PEC); e depositato mediante il S.I.Gi.T.
Pertanto, l’appello
› deve essere:
- in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b;
- privo di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
- redatto tramite l’utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni
di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto
informatico di documento analogico;
- sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente
denominazione: <nome file libero>.pdf.p7m.
› si propone in via telematica, inviando il file contenente l’appello – redatto come documento
informatico (con allegata la procura alle liti) – all’indirizzo PEC della controparte. La notifica
telematica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore di posta elettronica certificata
(PEC) del destinatario genera la ricevuta di avvenuta consegna (cfr. art. 5, D.MEF 163/2013).
L’appellante, entro 30 giorni dalla proposizione in via telematica dell’appello, si deve costituire
in giudizio «mediante il deposito telematico dell’atto introduttivo tramite il PTT» (cfr. Circ. M.E.F.
11.5.2016, n. 2/DF).
In pratica:
› il soggetto abilitato deve trasmettere l’appello al S.I.Gi.T. insieme con «la ricevuta di PEC [recti-
us le ricevute di accettazione e consegna] che attesta l’avvenuta notifica dello stesso, la procura
alle liti, la documentazione comprovante il pagamento del contributo unificato tributario e gli even-
tuali allegati, previo inserimento dei dati richiesti dal sistema per l’iscrizione a ruolo (…);
› il S.I.Gi.T., in seguito alla trasmissione, rilascia con modalità sincrona la ricevuta di accettazione,
contenente numero, data e ora della trasmissione degli atti e dei documenti. Successivamente la
stessa ricevuta viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art.
7). Le operazioni di deposito sono, quindi, «attestate dalla ricevuta sincrona di accettazione rila-
sciata a video dal PTT, resa disponibile nell’area riservata del depositante (…) e inviata all’indirizzo
PEC della parte» (cfr. Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF).
Se i controlli danno esito positivo, «il S.I.Gi.T provvede alla iscrizione del ricorso al Registro Genera-
le e, contestualmente, rende disponibile nell’area riservata» (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 7) il numero
di ruolo (R.G.R.); in caso di anomalie, «il S.I.Gi.T. non procede all’iscrizione nel Registro Generale e,
contestualmente, rende disponibile, nell’area riservata, un messaggio contenente la tipologia delle sud-
dette anomalie. La stessa informazione viene inviata all’indirizzo PEC del soggetto abilitato».
I file relativi agli atti processuali e agli allegati depositati tramite il PTT dalle parti costituite in giudi-
zio formano il fascicolo informatico, nel quale sono raccolti «gli atti, i documenti, gli allegati, le ricevute
276
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

di posta elettronica certificata, i messaggi di sistema e i dati del procedimento», le copie per immagini de-
gli atti e documenti depositati su supporto analogico (cfr. D. M.E.F. 4.8.2015, art. 12); nonché

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a) le «comunicazioni processuali effettuate dalla Segreteria (art. 16 e art 16-bis D.Lgs. n. 546/1992);
b) il verbale d’udienza;
c) i provvedimenti giurisdizionali (sentenze, decreti e ordinanze);
d) gli altri atti eventuali (es.: atto di nomina del consulente tecnico d’ufficio e relativa perizia, etc.). (…)
Le parti e/o i loro difensori che accedono al PTT, in quanto abilitati dal sistema a seguito della regi-
strazione, possono consultare il fascicolo informatico relativo alla controversia utilizzando il servizio
del «Telecontenzioso» ed estrarre copia degli atti ivi presenti. (…). La gestione del fascicolo processuale
informatico è curata dal personale di segreteria delle Commissioni tributarie» (cfr. Circ. M.E.F.
11.5.2016, n. 2/DF).
«Il deposito del ricorso in appello presso la segreteria della Commissione tributaria regionale è valido
anche ai fini del deposito della copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della Commissione tribu-
taria che ha pronunciato la sentenza impugnata» di cui all’art. 53 co. 2 (cfr. art. 13, co. 2, D.M.
23.12.2013, n. 163).
«La trasmissione da parte della Commissione tributaria provinciale del fascicolo informatico alla com-
petente Commissione tributaria regionale [ex art. 53, co. 3] avviene tramite il S.I.Gi.T.» (cfr. art. 18,
D.M. 23.12.2013, n. 163).
Si ricorda, infine, che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, l’art. 29 del D.L.
8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, ha previsto l’obbligo per gli enti impositori, gli
agenti della riscossione, i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, del D.Lgs. 446/1997, e «le parti
assistite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche» di notificare
e depositare «gli atti successivi, nonché i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le modalità
telematiche» (cfr. art. 29, co. 1, cit.). «L’obbligo di utilizzare le modalità telematiche, già previsto per i giu-
dizi instaurati in primo e secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, è stato ora
esteso a tutte le controversie tributarie, anche se gestite da una o più parti con le tradizionali modalità
analogiche», fermo restando che alle parti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica (cioè, co-
loro che possono difendersi personalmente nelle cause di modesto - 3.000,00 euro - valore) conti-
nuano ad essere «consentiti depositi o notifiche in modalità analogica» (cfr. C.A.E. 13.4.2020, n. 9).
Contributo Unificato È dovuto anche nel caso di appello (principale e incidentale), in quanto pre-
visto per ciascun grado di giudizio, per cui al momento della iscrizione a ruolo del processo di
secondo grado, l’appellante (o, comunque, la parte che per prima si costituisce) dovrà assolvere
anche a questo onere e adempiere a tutte le formalità connesse (indicazione dell’indirizzo P.E.C.
della parte, indicazione del numero di fax e dell’indirizzo P.E.C. del difensore, dichiarazione di
valore della domanda di appello, presentazione della nota di iscrizione a ruolo).
Nel caso di pagamento eseguito in modalità non telematica, la relativa attestazione di pagamen-
to è costituita dalla copia informatica dell’originale analogico, ottenuta per scansione e sotto-
scritta con firma elettronica qualificata o firma digitale. «In caso di versamento del CUT tramite
contrassegno, oltre alla suddetta procedura di scansione del file e trasmissione dello stesso, è necessa-
rio che la parte depositi, quanto prima, presso la segreteria della Commissione tributaria l’originale di
detto contrassegno» (cfr. Circ. M.E.F., 11.5.2016, n. 2/DF).
L’importo del CU dovuto è stabilito dall’art. 13, co. 6-quater, D.P.R. 115/2002, anche quando l’im-
pugnazione venga dichiarata improcedibile, inammissibile o venga integralmente respinta, e
cioè, senza tenere conto del «raddoppio del contributo unificato» previsto dall’art. 13, co. 1-quater,
stesso Decreto, dato che «i primi sei commi dell’art. 13, incluso l’impugnato comma 1-quater, ri-
guardano [solo] il processo civile», mentre quello tributario è disciplinato nel comma 6-quater
(cfr. Corte Cost. 2.2.2018, n. 18, che così ha statuito, dichiarando inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13, co. 1-quater; conf. Cass. Ordinanze 2.10.2018, n. 23980;
27.7.2018, n. 20018). Il pagamento del raddoppio del contributo unificato, in ogni caso:
› «non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il
meccanismo di prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che grava-
no sul processo» (cfr. Cass. Sent. 30.12.2020, n. 29860; conf. Cass. Ordinanze 16.12.2020, n.
28755; 4.12.2020, n. 27815);
› costituisce misura sanzionatoria «applicabile solo laddove il procedimento di impugnazione si
concluda con integrale conferma della statuizione impugnata», cioè quando la proposizione della
Processo tributario 277

impugnazione «si riveli inidonea alla riforma della sentenza» (cfr. Cass. Ord. 1.3.2022, n. 6779).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Normalmente, «al pagamento del contributo unificato è tenuta la parte soccombente in tutto o in

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parte nel giudizio di primo grado. Nell’ipotesi di soccombenza parziale in primo grado, in cui la sen-
tenza sia stata appellata con distinti ricorsi dal contribuente e dall’Amministrazione, ciascuna parte
che ricorre è tenuta al pagamento del contributo in relazione al valore della controversia oggetto dei
rispettivi ricorsi. Tuttavia, qualora il giudizio si sia instaurato innanzi alle Commissioni tributarie e il
resistente si sia costituito in giudizio prima dell’attore, il soggetto obbligato al pagamento del CU ri-
sulta essere la parte resistente» (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 3).
Il valore della controversia cui commisurare il CU dipende dal «contenuto della sentenza. Qualora
la sentenza abbia accolto o respinto in toto il ricorso di primo grado, il valore della lite in appello sarà
pari a quello determinato in primo grado; qualora, invece, la sentenza abbia accolto parzialmente il
ricorso e riformato in parte l’atto impugnato, il valore della controversia cui commisurare il CU sarà
pari a quello determinato nella sentenza appellata» (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 5).
Conformità degli atti Il potere di certificazione – ai fini del deposito e della notifica con modalità
telematiche – della copia informatica di un atto di parte o di un documento formato su suppor-
to analogico e detenuto in originale o in copia conforme è attribuito ai dipendenti dell’Ente pub-
blico (cfr. nuovo art. 25-bis, D.Lgs. 546/1992), ed esteso, secondo l’Amministrazione finanziaria,
ai difensori di tutte le parti processuali, in relazione sia agli atti e documenti in possesso del di-
fensore che a quelli estratti dal fascicolo processuale (cfr. risposta MEF a Telefisco del 31.1.2019.
Si veda il commento all’art. 12 del presente Decreto).
Inammissibilità (co. 1) L’appello è inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno dei re-
quisiti essenziali di cui sopra, o se non risulta sottoscritto a norma dell' art. 18, co. 3 del D.Lgs.
546/1992 e, secondo la giurisprudenza, «se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria as-
sistenza tecnica, sia stata comunque resa edotta dalla eccezione di controparte, nel giudizio davanti
alla Commissione Tributaria Provinciale, della necessità dell’assistenza tecnica necessaria, non doven-
do tale invito essere reiterato dalla Commissione Tributaria Regionale» (cfr. Cass., SS.UU., Sent.
13.12.2017, n. 29919. Si veda il commento all'art. 12 del presente Decreto).
Invece, «il deposito del ricorso contenente l’appello - presso la Segreteria della Commissione Tributa-
ria Regionale adita - prima della sua notifica e/o comunicazione alla controparte non rende inam-
missibile il gravame, sempreché le comunicazioni dette siano effettuate nel rispetto del termine fissato
per la proposizione dell’impugnazione», dal momento che «alle norme processuali in genere, ed a
quelle sul processo tributario in particolare, si deve dare una lettura che, nell’interesse generale, faccia
salva la funzione di garanzia che è istituzionalmente propria del processo, [ma anche che] consenta,
per quanto possibile, di limitare al massimo l’operatività di irragionevoli sanzioni di inammissibilità
in danno delle parti che di quella garanzia dovrebbero giovarsi». «Le norme del processo tributario (…)
collegano la sanzione della improcedibilità del ricorso unicamente all’inutile scadenza del termine dal-
le stesse previsto, decorrente da un momento preciso e ben individuato, costituito dalla notifica e/o co-
municazione del ricorso, imponendo, quindi, che l’edictio actionis, ovverosia il contatto con il giudice
adito, avvenga necessariamente entro il termine fissato e sanzionando con la improcedibilità del ricor-
so (in appello) l’eventuale inosservanza» (cfr. Cass., Sent. 21.12.2005, n. 28315).
Impugnazione cumulativa La regola generale è quella della inammissibilità, se le sentenze, an-
corché pronunciate tra le stesse parti, sono state emesse in procedimenti formalmente o sostan-
zialmente distinti: «la inammissibilità viene ritenuta rispetto a sentenze che, pur essendo emesse tra
le stesse parti, abbiano pronunciato in distinte controversie d’imposta, relative a periodi contributivi
diversi (cfr. Cass. n. 1537/1971; n. 1061/1980), venendo, quindi, a mancare l’elemento della identità
delle questioni trattate» (cfr. Cass. Sent. 24.2.2003, n. 10499).
È, però, ritenuta ammissibile (deroga) la impugnazione con un unico atto di appello di più sen-
tenze rese tra le stesse parti e con oggetto comune, se:
› «le sentenze impugnate cumulativamente siano espressamente indicate, con manifestazione non
equivoca della volontà di impugnarle tutte;
› sussista identità di parti e di rapporto giuridico d’imposta, pur se riferito a diverse annualità;
› sia ravvisabile l’identità delle questioni di diritto poste a fondamento delle decisioni formalmente di-
stinte (sì da potersi configurare un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le controversie oggetto di ri-
corso)» (cfr. Cass. Sent. 3.2.2016, n. 2102; conf. Cass. Ord. 14.2.2020, n. 3748; Cass. Sent.
3.4.2013, n. 8075; Cass. SS.UU. 16.2.2009, n. 3692).
278
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

«La casistica ruota sostanzialmente intorno alla circostanza che tra le due (o più) controversie decise
con una pluralità di sentenze (cumulativamente impugnate) sussistano (soprattutto con riferimento

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alla identità dei soggetti coinvolti e delle questioni trattate) ragioni di connessione tali che ne avreb-
bero giustificato la trattazione unitaria fin dall’inizio».
Ne deriva che la impugnazione cumulativa è ammissibile se sussistano tutte le condizioni ido-
nee a giustificare «una eccezione alla regola generale della inammissibilità dell’impugnazione cumu-
lativa [giustificata, nel caso di specie, in quanto l’una sentenza era] motivata per relationem al-
l’altra, evidenziando, in tal modo, che si trattava di un’unica controversia, che la Commissione ha ri-
solto con la stessa motivazione, ancorché sia stato prospettato un diverso petitum ed anche se ciascu-
na delle impugnate pronunce si riferisse ad una parte del debito fiscale in contestazione sempre che le
decisioni siano, nel ricorso, ben individuate, sia inequivocamente espressa la volontà di impugnarle
entrambe e sia rispettato, per ognuna di esse, il termine di impugnazione» (cfr. Cass., Sent.
24.2.2003, n. 10499, che richiama Cass., Sent. 10.3.1987, n. 2646).
Prudenza suggerisce di impugnare ciascuna sentenza con un apposito atto d’appello, per ciò
stesso evitando impugnazioni cumulative.
Trasmissione del fascicolo e della sentenza (co. 3) Dopo la costituzione in giudizio dell’appel-
lante, la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di secondo grado chiede alla Segreteria del-
la Corte di giustizia tributaria di primo grado la trasmissione del fascicolo del processo con co-
pia autentica della sentenza. Pertanto, non c’è obbligo di allegare la «sentenza impugnata, posto
che è la Segreteria della Commissione Tributaria Regionale che chiede alla Segreteria della Commissio-
ne Tributaria Provinciale la trasmissione del fascicolo del processo», che contiene «la copia autentica
della sentenza» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Di seguito si riportano alcuni principi tuttora validi e le regole vigenti fino al 30 giugno 2019.
Modalità di proposizione dell’appello L’atto di appello proposto dal contribuente può essere:
1) spedito in originale, in plico, senza busta, raccomandato A.R., all’Ufficio finanziario o all’En-
te locale o all’Agente della riscossione. Nelle ipotesi di notifica dell’appello in busta chiusa,
la Corte di cassazione, da un lato, ha considerato l’errore di spedizione causa di nullità del-
l’atto (cfr. Cass. Sent. 14.4.2010, n. 8846); dall’altro, ha affermato che la spedizione postale
in busta chiusa costituisce «mera irregolarità», se il contenuto della busta e la riferibilità alla
parte non siano contestati (cfr. Cass. Ord. 21.3.2018, n. 7011. Cfr., anche, Cass. Ordinanze
21.6.2019, n. 16658; 8.5.2018, n. 10996; 18.11.2015, n. 24568); o
2) consegnato direttamente, in originale, all’addetto dell’Ufficio tributario o dell’Ente locale
(non anche all’Agente della riscossione), che ne rilascia ricevuta o timbra la copia; o
3) notificato, in doppio originale tramite l’Ufficiale giudiziario (a norma degli artt. 137 e segg.
c.p.c.) all’Ufficio tributario o all’Ente locale o all’Agente della riscossione.
L’Ufficio tributario, l’Ente locale e l’Agente o il Concessionario della riscossione, per la notifica-
zione del «proprio» appello, possono valersi del messo comunale o di un messo autorizzato.
Quanto alla notifica dell’atto di appello, va rilevato che:
› l’atto di appello notificato in una sola copia al procuratore costituitosi per più parti è ammis-
sibile; mentre
› la notifica dell’atto di appello eseguita presso il difensore che non sia (anche) domiciliatario
della parte in causa deve ritenersi nulla (cfr. Cass. Ord. 21.10.2020, n. 22909), «salvo che la par-
te intimata non si sia costituita in giudizio, nel qual caso la nullità deve ritenersi sanata ex tunc»
(cfr. Cass., Sent. 17.2.2017, n. 4233. Sul punto, cfr., anche, Cass. Ordinanze 21.5.2018, n. 12427;
31.3.2017, n. 8426);
› «la notifica alla parte presso la residenza – invece che nel domicilio eletto presso il difensore –
esclude in ogni caso la ignoranza del giudizio» (con la conseguenza che la parte non può avva-
lersi della impugnazione tardiva ex art. 327 c.p.c.: cfr. Cass. 26.10.2020, n. 23468);
› la notifica tentata presso il precedente recapito del difensore che abbia trasferito altrove il suo
studio «è inesistente (…) e non suscettibile di sanatoria (…) a seguito della costituzione in giudizio
dell’appellato, (…) trattandosi di vizio imputabile al notificante in considerazione dell’agevole possi-
bilità di accertare l’ubicazione dello studio» (cfr. Cass. Ord. 28.10.2020, n. 23760; in proposito si
veda l’art. 17 del Decreto);
› si è in presenza «di una notificazione solo tentata, la cui fattispecie non è mai stata completata, nep-
pure nei suoi elementi costitutivi minimi», quando «alla mancata consegna dell’atto al destinatario,
Processo tributario 279

risultato sconosciuto, non è seguito altro adempimento». La interruzione dell’attività notificatoria,

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


in uno con la mancata costituzione dell’appellato nel procedimento di impugnazione, comporta,

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infatti, la nullità del procedimento stesso e della pronuncia che lo ha concluso, atteso che l’ap-
pellato non è stato messo in grado di difendersi (cfr. Cass. Ord. 10.9.2021, n. 24447);
› in caso di notifica «non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante», il processo
notificatorio va riattivato «senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati
dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa» (cfr. Cass. SS.UU.
15.7.2016, n. 14594; conf. Cass. Ordinanze 7.8.2020, n. 16830; 29.1.2020, n. 1981; 23.10.2019, n.
27145; 14.6.2019, n. 16008; Cass. Sent. 12.2.2020, n. 3394; in proposito, si veda l’art. 16 del De-
creto);
› «la notifica dell’atto di appello effettuata nei confronti dell’originario difensore revocato, anzichè in
favore di quello nominato in sua sostituzione, non è inesistente, ma nulla, anche ove la controparte
abbia avuto conoscenza legale di detta sostituzione, sicchè la stessa è rinnovabile ai sensi dell’art.
291 c.p.c.» (cfr. Cass. Sent. 21.7.2021, n. 20840).
Costituzione in giudizio L’appellante, entro 30 giorni dalla proposizione dell’appello, deve depositare
o spedire in plico, senza busta, raccomandato A.R., presso la Segreteria della Corte di giustizia
tributaria di secondo grado:
› l’originale dell’atto di appello notificato a mezzo Ufficiale giudiziario; o
› la copia dell’atto di appello consegnato insieme con la fotocopia della ricevuta della consegna;
o
› la copia dell’atto di appello spedito alla controparte insieme con la fotocopia della ricevuta
della spedizione postale (per raccomandata A.R), e dell’avviso di ricevimento. In merito agli
orientamenti giurisprudenziali relativi alla spedizione a mezzo posta, si rimanda al commen-
to dell’art. 22 del presente Decreto.
Conformità degli atti Se l’appello viene presentato mediante spedizione postale o consegna diretta,
l’appellante dovrà dichiarare la conformità tra l’atto depositato o spedito presso la Segreteria e
quello consegnato o spedito alla controparte. In caso di difformità tra i due atti, l’appello è
inammissibile (cfr. art. 22, co. 3, richiamato dall’art. 53, co. 2), se la non conformità è sostanzia-
le. La mancanza della dichiarazione di conformità integra, invece, solo una irregolarità formale,
rimediabile mediante confronto tra i due esemplari.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto M.E.F. 4.8.2015

Art. 16, D.L. 23.10.2018, n. 119, conv. con modif. in L. 17.12.2018, n. 136
Giustizia tributaria digitale

Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40


Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo
unificato e attività del contenzioso degli enti impositori

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Risp. M.E.F. a Telefisco 31.1.2019

Circ. Min. Fin. 18.12.1996, n. 291/E Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9

Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF


280
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 54 - CONTRODEDUZIONI DELL'APPELLATO E APPELLO INCIDENTALE [CFF ¶ 4705]

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1. Le parti diverse dall'appellante debbono costituirsi nei modi e termini di cui all'art. 23 depositan-
do apposito atto di controdeduzioni.
2. Nello stesso atto depositato nei modi e termini di cui al precedente comma può essere propo-
sto, a pena d'inammissibilità, appello incidentale.

CONTRODEDUZIONI DELL'APPELLATO E APPELLO INCIDENTALE (Art. 54)

Controdeduzioni dell’appellato (co. 1) Se la parte nei cui confronti è stato proposto l’appello intende
svolgere una parte attiva nel processo, deve costituirsi in giudizio nel termine di 60 giorni (decorrenti
da quello in cui l’appello è stato consegnato, ricevuto o notificato); depositando il fascicolo e le con-
trodeduzioni con le modalità previste in primo grado e in tante copie quante sono le parti in giudi-
zio. In merito alla trasmissione dell’atto di controdeduzioni in plico raccomandato, la Corte di Cassa-
zione ha precisato che «ai fini della tempestività della costituzione in giudizio della parte appellata e della
conseguente proposizione dell’appello incidentale, occorre tenere conto (…), della data di spedizione del sud-
detto atto», e non della data di ricezione (cfr. Cass. Ord. 23.5.2018, n. 12677).
Anche nel secondo grado è ammessa la costituzione tardiva, che «non comporta, in difetto di una
espressa previsione, alcuna invalidità ma soltanto la decadenza della parte della facoltà di svolgere le
attività processuali eventualmente precluse» (cfr. Cass. Ord. 16.1.2019, n. 947).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, il termine per la costituzio-
ne in giudizio dell’appellato e per la proposizione dell’appello incidentale era stato sospeso dal
9.3.2020 all’11.5.2020 (cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art.
36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Processo Tributario Telematico P.T.T. Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso
notificato a decorrere dal 1° luglio 2019, la obbligatorietà del processo tributario telematico (cfr. art.
16-bis, del Decreto) comporta che gli atti siano formati come documenti informatici sottoscritti con
firma elettronica qualificata o con firma digitale e che le parti notifichino e depositino gli atti proces-
suali, i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche. Pertan-
to, l’appellato deve costituirsi in giudizio, tramite il P.T.T., «mediante il deposito delle controdeduzioni
[in forma di documento informatico] e dei documenti allegati con modalità telematiche» (cfr. Circ.
M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF. Si veda il commento all’art. 23, del presente Decreto).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, l’art. 29 del D.L. 8.4.2020,
n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40, ha previsto l’obbligo per «gli enti impositori, gli agen-
ti della riscossione, i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, del D.Lgs. 446/1997», nonché le parti
assistite da un difensore abilitato «che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche» di no-
tificare e depositare «gli atti successivi, nonché i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le
modalità telematiche» (cfr. art. 29, co. 1, D.L. 23/2020). «L’obbligo di utilizzare le modalità telemati-
che, già previsto per i giudizi instaurati in primo e secondo grado, con ricorso notificato a decorrere
dal 1° luglio 2019, è stato ora esteso a tutte le controversie tributarie, anche se gestite da una o più
parti con le tradizionali modalità analogiche» (cfr. Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9).
Controdeduzioni con appello incidentale dell’appellato (co. 2) L’appellato può proporre con l’at-
to di controdeduzioni, anche appello incidentale (in tante copie quante sono le parti in giudizio),
purché vi abbia interesse, che sussiste solo se e nei limiti in cui la partesia rimasta soccomben-
te (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E). Infatti, la parte che abbia interesse alla conferma della
sentenza impugnata non può proporre appello incidentale (cfr. Cass., Sent. 27.10.2000, n. 14196);
ma può farlo se – sia pure in presenza di una decisione favorevole nel merito (cfr. Cass., Ord.
23.2.2012, n. 2752; Cass. Sent. 7.6.2011, n. 12346) – non sono state accolte sue eccezioni pregiudi-
ziali o preliminari.
L’appello incidentale deve essere proposto entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica
dell’appello principale (cfr. Cass., Sent. 14.1.2011, n. 766) o entro sei mesi dalla pubblicazione del-
la sentenza appellata. In questa ipotesi, in cui la impugnazione incidentale è proposta tempesti-
vamente, essa «non è legata alle sorti [della impugnazione] principale di cui non costituisce il neces-
Processo tributario 281

sario contrapposto, ma ha una propria autonomia che la rende indipendente dalle sorti della prima»

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


(cfr. Cass., Sent. 10.1.2013, n. 465).

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Appello incidentale tardivo L'impugnazione incidentale può essere proposta anche oltre il termine
(«breve» o «lungo») di impugnazione, nel qual caso l’appello viene definito «tardivo», ed è «disci-
plinato, stante il rinvio operato dall’art. 49 del D.Lgs. 546/1992, dall’art. 334 c.p.c., con la conseguenza
che la verifica della tempestività è limitata al rispetto delle condizioni e dei termini derivanti dal combi-
nato disposto degli artt. 23 e 54 del detto decreto» (cfr. Cass. Ord. 26.9.2018, n. 22836). «L’impugnazio-
ne incidentale tardiva è ammessa in via generale (anche nei confronti di capi diversi e autonomi rispetto
a quelli toccati dalla impugnazione avversaria) (…) con la sola finalità di dar modo alla parte parzial-
mente soccombente – che avrebbe altrimenti prestato acquiescenza alla sentenza - di impugnare anch’es-
sa quest’ultima, una volta venuta a conoscenza della impugnazione principale avversaria. Da ciò conse-
gue che la impugnazione incidentale tardiva presuppone che l’interesse alla sua proposizione scaturisca
(…) proprio dalla proposizione della impugnazione avversaria. In assenza di tale condizione» una diver-
sa interpretazione «finirebbe con l’attribuire alla parte la facoltà di impugnare autonomamente la sen-
tenza, alla stregua di una impugnazione principale, anche oltre l’inutile decorso del termine decadenziale
per quest’ultima previsto» (cfr. Cass., Sent. 30.1.2018, n. 2248; conf. Cass. Ordinanze 26.11.2019, n.
30782; 16.11.2018, n. 29593; 12.7.2018, n. 18415). Diversamente dall’appello incidentale tempestivo
(cioè, proposto dopo quello principale, ma entro i termini di impugnazione della sentenza), l’ap-
pello incidentale «tardivo» è dipendente da quello principale: nel senso che «l’impugnazione inci-
dentale tardiva (…) è ammissibile (…) sempreché l’interesse a proporre l’impugnazione incidentale dipen-
da dalla avvenuta proposizione principale» (cfr. Cass., Sent. 30.1.2018, n. 2248), per cui la prima «per-
de ogni efficacia qualora, per qualsiasi motivo, sia dichiarata inammissibile l’impugnazione principale»
(cfr. Cass., Sent. 10.1.2013, n. 465; conf. Cass. Ord. 16.11.2018, n. 29593).
Contributo Unificato Si applica anche all’appello incidentale proposto dalla parte rimasta parzial-
mente soccombente in primo grado dopo la presentazione dell’appello principale (ved. art. 13,
co. 6-quater, D.P.R. 115/2002): ma solo se si tratta di soccombenza parziale nel merito, perché
solo in questo caso l’appello incidentale comporta un aumento di valore della lite. Non va appli-
cato, invece, quando l’appello incidentale ha per oggetto questioni «pregiudiziali» all’esame del
merito (ad es., sulla decadenza dal potere impositivo dell’autore dell’atto o sulla proponibilità
del ricorso del ricorrente): perché in questo caso non si verifica alcun aumento del valore della
lite (già delimitato dalla domanda di riforma contenuta nell’appello principale).
«In caso di appello incidentale, il valore della controversia è costituito dalla parte della sentenza di
primo grado, oggetto dell’appello stesso» (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 5). E nel caso di «una
controversia di valore pari a 200.000 euro decisa in primo grado con una sentenza impugnata in via
principale dall’amministrazione finanziaria (per un valore di 120.000 euro) e in via incidentale dal
contribuente (per un valore di 80.000 euro), quest’ultimo è tenuto a versare il contributo unificato
commisurato alla parte del valore della sentenza di primo grado (80.000 euro) oggetto dell’impugnati-
va»: perché il valore della controversia va calcolato conformemente «alla ratio della norma che
obbliga anche l’appellante incidentale al pagamento del contributo unificato, in quanto risulta amplia-
to il «thema decidendum» della controversia» (Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2, § 2.5), ma nei limiti del-
l’importo da esso contestato.
Tuttavia le Segreterie delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado ritengono (per lo più)
che il C.U. dovuto dall’appellante incidentale debba essere quantomeno pari a € 30.00, dato che
è pur sempre un ricorso e per i ricorsi aventi un valore fino a € 2.582,28 va applicato l’importo
che rientra nel primo scaglione.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Dir. M.E.F. 14.12.2012, n. 2

Decreto M.E.F. 23.12.2013, n. 163

Decreto M.E.F. 4.8.2015


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 29, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40


Disposizioni in materia di processo tributario e notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo

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unificato e attività del contenzioso degli enti impositori

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 13.4.2020, n. 9

Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Circ. M.E.F. 11.5.2016, n. 2/DF

Art. 55 - PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI [CFF ¶ 4706]

1. Il presidente e i presidenti di sezione della corte di giustizia tributaria di secondo grado hanno
poteri corrispondenti a quelli del presidente e dei presidenti di sezione della corte di giustizia tri-
butaria di primo grado. 2 1

Note
1 La rubrica della Sezione cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI (Art. 55)

Poteri dei Presidenti della Corte di giustizia tributaria di secondo grado Il Presidente della Cor-
te di giustizia tributaria di secondo grado ed i singoli Presidenti di Sezione hanno gli stessi po-
teri che sono attribuiti, rispettivamente, al Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo
grado ed ai Presidenti di Sezione della medesima, nelle rispettive sedi.

Art. 56 - QUESTIONI ED ECCEZIONI NON RIPROPOSTE [CFF ¶ 4707]

1. Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della corte di giustizia tributaria di primo
grado, che non sono specificamente riproposte in appello, s'intendono rinunciate. 2 1

Note
1 La rubrica della Sezione cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

QUESTIONI ED ECCEZIONI NON RIPROPOSTE (Art. 56)

Questioni ed eccezioni non riproposte in appello In conformità con quanto dispone l’art. 346,
c.p.c., le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo
grado che non vengono specificamente riproposte in appello, si considerano rinunciate: «nel pro-
cesso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 impone la specifica riproposizione in appello, in modo
chiaro ed univoco, sia pure per relationem, delle questioni non accolte dalla sentenza di primo grado, si-
Processo tributario 283

ano esse domande o eccezioni, sotto pena di definitiva rinuncia, sicché non è sufficiente il generico richia-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mo del complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale» (cfr. Cass. Ord. 5.2.2018, n.

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2761; conf. Cass. Ordinanze 11.6.2019, n. 15647; 1.2.2018, n. 2543; 19.12.2017, n. 30444). E ancora, «La
comminatoria della decadenza dalle domande e dalle eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado
e non espressamente riproposte in appello è basata sul presupposto di una presunzione assoluta di ri-
nuncia alle medesime» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); ne deriva che «la sentenza della Com-
missione tributaria regionale la quale esamini una questione già sollevata con il ricorso introduttivo, ma
non specificamente riproposta in appello» incorre nel vizio di ultrapetizione (cfr. Cass. Ord. 19.4.2018,
n. 9716; conf. Cass. Sent, 19.10.2018, n. 26395). «Nel processo tributario, l'art. 56 (…), nel prevedere che
le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si inten-
dono rinunciate, fa riferimento (…), all'appellato e non all'appellante (…), in quanto l'onere della espressa
riproposizione riguarda (…) non le domande o le eccezioni respinte in primo grado, bensì solo quelle su
cui il giudice non abbia espressamente pronunciato (ad esempio, perché ritenute assorbite)»: in relazio-
ne alle domande o eccezioni espressamente respinte, l'unica alternativa possibile è la impugnazio-
ne - principale o incidentale - o l'acquiescenza, totale o parziale, con relativa formazione di giudi-
cato interno (cfr. Cass. Sent. 6.6.2018, n. 14534).
Anche le questioni ed eccezioni «assorbite» (nella sentenza della Corte di giustizia tributaria di
primo grado), per poter essere fatte valere, devono essere riproposte dalla parte appellata, senza,
però, che sia necessaria l’impugnazione incidentale (cfr. Cass. Sentenze 7.3.2014, n. 5371;
19.4.2013, n. 9589; 22.3.2006, n. 6382).
Invece, la proposizione dell’appello incidentale è necessaria (secondo un orientamento della
Corte di cassazione che sembrava consolidato), qualora la parte risultata vittoriosa (nel merito)
nel giudizio di primo grado voglia «evitare la preclusione della questione (pregiudiziale) di giuri-
sdizione risolta in senso ad essa sfavorevole dal primo giudice»: in questo caso, infatti, la «mera ri-
proposizione» di detta questione (in luogo dell’appello incidentale) non basterebbe «ad impedire
la formazione del giudicato al riguardo» (così Cass., Sent. 4.12.2006, n. 25683; conf. Cass., SS.UU.,
Sent. 16.10.2008, n. 25246 e Cass., Sent. 23.2.2012, n. 2752).
Le modalità di devoluzione al giudice di appello si distinguerebbero, quindi, a seconda del tipo di
eccezione che viene sollevata. In realtà, la individuazione dei confini fra l’istituto della mera ripro-
posizione della questione (ai sensi dell’art. 346 c.p.c.) e quello dell’appello incidentale, sono stati
oggetto di orientamenti della giurisprudenza non sempre univoci (cfr., tra le altre, Cass., Ord.
28.10.2016, n. 21808), per cui la delimitazione del loro ambito di applicazione è stata rimessa (cfr.,
Cass., Ord. 1.3.2016, n. 4058) alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che l’hanno risolta affer-
mando il seguente principio di diritto: «Qualora una eccezione di merito sia stata ritenuta infondata
nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo
espresso, o attraverso una enunciazione indiretta ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la va-
lutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del conve-
nuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello
incidentale (art. 342 c.p.c.), non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c. (...); [e]
la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329 c.p.c., co. 2,
anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui all’art. 345 c.p.c., co. 2.
Viceversa, l’art. 346 c.p.c., con l’espressione eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, nel-
l’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso
con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal
primo giudice ritenuta infondata nella motivazione né attraverso una enunciazione in modo espresso,
né attraverso una enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca. Quando la mera riproposizione
(che dev’essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l’eccezione, se il po-
tere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete
anche al giudice, non impedisce – ferma la preclusione del potere del convenuto – che il giudice d’ap-
pello eserciti detto potere a norma dell’art. 345 c.p.c., co. 2» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 12.5.2017, n.
11799; conf. Cass. Ord. 24.6.2021, n. 18119; Cass. Sent. 28.2.2018, n. 4576).
In altre parole, la individuazione «dei confini fra appello incidentale e c.d. mera riproposizione (…)
va fatta:
a) in primo luogo, tenendo conto che la riproposizione si deve collocare dove non risulta necessario
l’appello incidentale;
284
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

b) in secondo luogo, considerando che l’appello incidentale di cui all’art. 343 c.p.c., è riconducibile (....) alla
figura della impugnazione incidentale in genere» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 12.5.2017, n. 11799).

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Al concetto di riproposizione va assegnato, dunque, «un significato che deve necessariamente essere (…)
residuale rispetto a quello dell’appello incidentale» e tale significato «deve ritenersi estraneo [a] ogni profi-
lo di deduzione di una critica alla decisione impugnata» (cfr., Cass., SS.UU., Sent. 19.4.2016, n. 7700). Per
contro, è necessario l’appello incidentale in presenza di rigetto della domanda con una motivazione
espressa o, anche, indiretta, che, però, riveli in maniera inequivoca che il giudice ha inteso rigettare
la domanda: poiché la domanda «è stata oggetto di decisione e tale valutazione fa parte del tessuto moti-
vazione della sentenza», la circostanza che tale decisione esprima una posizione di soccombenza a ca-
rico della parte «costringe, attesa la presenza nel nostro ordinamento dell’istituto dell’appello incidentale
accanto a quello della c.d. riproposizione, a collocare la modalità di investitura del giudice d’appello nel pri-
mo e non nella seconda» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 12.5.2017, n. 11799).
Ne deriva, in via prudenziale, l'opportunità di proporre appello incidentale non solo per le ecce-
zioni rigettate esplicitamente, ma anche per quelle respinte implicitamente.

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Art. 346 Codice di procedura civile


Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte

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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 57 - DOMANDE ED ECCEZIONI NUOVE [CFF ¶ 4708]

1. Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono esse-
re dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati
dopo la sentenza impugnata.
2. Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio.

DOMANDE ED ECCEZIONI NUOVE (Art. 57)

Domande nuove in appello (co. 1) Nel giudizio d’appello vige il divieto di proporre domande
nuove, dovendo intendersi come tali quelle che non siano state sottoposte al vaglio dei pri-
mi giudici. «Per verificare quando si è in presenza di una domanda nuova occorre fare riferi-
mento agli elementi costitutivi di essa, vale a dire ai soggetti, al «petitum» e alla «causa peten-
di»» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
«Il processo tributario (...), in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legitti-
mità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provve-
dimento stesso, nel quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa è
quella risultante dall’atto impugnato, sia per quanto riguarda il «petitum» che per quanto ri-
guarda la «causa petendi» (Cass. 1584/06). Tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa
effettivamente avanzata con detto atto, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso in-
dicati ed entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente (Cass. 33455/02;
15234/01; 4125/02), con la conseguenza che i vizi dell’atto di accertamento dell’imposta non fatti
valere dal contribuente con tempestivo ricorso rendono definitivo, sotto tale profilo, l’atto imposi-
tivo (Cass. 28680/05)» (cfr. Cass., Sent. 30.7.2007, n. 16829).
Il divieto riguarda entrambe le parti del giudizio di appello: contribuente e Amministrazio-
ne finanziaria.
Processo tributario 285

La giurisprudenza ha individuato quali domande nuove proposte dal contribuente:

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› la pretesa violazione dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000, sollevata in grado di appello, senza

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essere stata espressamente proposta in primo grado (cfr. Cass. Sent. 13.1.2017, n. 749;
conf. Cass. Ord. 17.2.2022, n. 5194);
› la eccezione relativa alla nullità dell’avviso di accertamento - «nella quale rientra il caso di
sua sottoscrizione da persona diversa da quelle indicate» nell’art. 42, D.P.R. 600/1972 – che,
«se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nel-
le successive fasi del giudizio» (cfr. Cass. Ord. 14.9.2021, n. 24669);
› «quella che alteri anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introducendo un peti-
tum diverso e più ampio, oppure una diversa causa petendi, fondata su situazioni giuridiche non
prospettate in primo grado ed in particolare su un fatto giuridico costitutivo del diritto originaria-
mente vantato, radicalmente diverso, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema d’indagine.
Pertanto, solo quando venga ampliato il tema di indagine o si proponga una domanda fondata su
un titolo diverso rispetto a quello originariamente dedotto, questa risulta inammissibile» (cfr.
Cass., Ord. 16.3.2018, n. 6513; conf. Cass. Sentenze 13.1.2017, n. 749; 30.7.2007, n. 16829;
23.5.2005, n.10864; Cass. Ordinanze 30.9.2019, n. 24330; 15.7.2015, n. 14860);
› la domanda degli interessi anatocistici, che devono essere espressamente richiesti fin dal ri-
corso introduttivo del processo, a pena di inammissibilità (cfr. Cass. Sent. 8.3.2006, n. 4935).
Ha ritenuto che non costituiscano domande nuove:
› «le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio (…) [che] costitu-
iscono argomentazioni difensive (…) che possono essere formulate per la prima volta (…) anche
in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove do-
mande o eccezioni o nuove prove, ma si riferiscano all’attendibilità e alla valutazione delle ri-
sultanze della CTU e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale
mezzo istruttorio» (cfr. Cass. SS.UU. Civ. 21.2.2022, n. 5624).
› le domande che «si fondano su diversi presupposti giuridici ma sulla base dei medesimi fatti»
(cfr. Cass., Ord. 16.3.2018, n. 6513);
› la specificazione delle proprie difese nell'atto di appello «anche in presenza di una conte-
stazione di primo grado formulata in modo generico» (cfr. Cass. Ord. 25.5.2021, n. 14285;
conf. Cass. Ord. 23.5.2018, n. 12651);
› la richiesta degli interessi maturati dopo la sentenza impugnata (cfr. Cass. Sent. 8.3.2006,
n. 4935).
Quanto all’Amministrazione finanziaria, la giurisprudenza ha precisato che «la novità della
domanda o della eccezione dell’Amministrazione finanziaria, che ha emesso l’atto impositivo im-
pugnato, deve essere necessariamente verificata in base non solo e non tanto alle controdeduzioni
di primo grado della stessa, ma, soprattutto, con stretto riferimento alla pretesa effettivamente
avanzata con detto atto, ovvero alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati»
(cfr. Cass. Ord. 29.12.2020, n. 29732; conf. Cass. Ord. 15.6.2021, n. 16852).
Ha, quindi, individuato quali domande nuove proposte dall’Amministrazione finanziaria:
› la deduzione di «motivi e circostanze diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento (cfr.
Cass. sent. 25909/2008)», non essendo consentito «innanzi al giudice di appello, avanzare
pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa
petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo» (cfr. Cass. Ord. 26.2.2020, n. 5160; conf.
Cass. Ordinanze 27.6.2019, n. 17231; 10.5.2019, n. 12467; Cass. Sent. 7.5.2014, n. 9810);
› «la eccezione di intervenuta compensazione sollevata dall’Amministrazione con riferimento a
controcrediti vantati nei confronti del contribuente/ricorrente che è titolare di un credito Iva
chiesto a rimborso», non essendole consentito «far valere un fatto giuridico nuovo, avente
efficacia modificativa o estintiva della pretesa avanzata nei suoi confronti nel giudizio di pri-
mo grado dal contribuente» (cfr. Cass. Sent. 19.5.2022, n. 16095).
Non integrano, invece, domande nuove:
› «la rettifica della pretesa impositiva che comporti una riduzione dell’onere richiesto al contri-
buente, senza necessità di emanare un nuovo provvedimento impositivo, necessario, invece, allor-
chè la rettifica comporti un aumento del predetto onere» (cfr. Cass. Ord. 7.7.2021, n. 19367).
› «le argomentazioni mediante le quali l'Ufficio nega la sussistenza dei fatti costitutivi del diritto
vantato dal contribuente [in quanto] hanno natura di mere difese, e come tali non sono soggette
286
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

a preclusione processuale, potendo essere proposte dall'Amministrazione finanziaria anche, per la


prima volta, nel giudizio tributario di appello» (cfr. Cass. Ord. 23.5.2019, n. 14046, , nel caso

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di controversia relativa al rigetto dell’istanza di rimborso avanzata dal contribuente);
› la prospettazione, da parte dell’Ufficio, delle finalità elusive - e del carattere abusivo di
operazioni negoziali generanti crediti IVA (di cui in primo grado era stata dedotta la inesi-
stenza) - svolta, per la prima volta in appello, considerato che, secondo la disciplina ante-
riore alla introduzione dell'art. 10-bis della L. 212/2000, applicabile «ratione temporis»,
l'abusività di tali condotte era comunque rilevabile d'ufficio (cfr. Cass. Ord. 5.12.2019, n.
31816).
Eccezioni nuove (co. 2) Non possono proporsi in appello, anche se fondate su fatti avvenuti
dopo il giudizio di primo grado (cfr. Cass., Sent. 14.2.2002, n. 10112). «La proposizione delle
eccezioni di merito» è vietata «in quanto comporta un ampliamento del «thema decidendum»
derivante dalla conoscenza, da parte del giudice di appello, di fatti nuovi rispetto a quelli pro-
spettati in prima istanza» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Tale regola subisce una «deroga», se la controparte deposita documenti non conosciuti «ol-
tre i termini fissati per la sua costituzione in giudizio», perché, in questo caso, «il primo atto
difensivo con il quale» la parte viene posta «in condizione di proporre motivi aggiunti avverso
l’atto impositivo impugnato (…) deve individuarsi esattamente nel ricorso in appello innanzi alla
commissione tributaria regionale» (avendo il predetto tardivo deposito impedito la proposi-
zione di motivi aggiunti avverso l’atto impositivo: cfr. Cass. Ord. 19.8.2020, n. 17373).
«Ai sensi dell'art. 57, comma 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sono precluse in appello esclusi-
vamente le nuove eccezioni in senso tecnico, dalle quali deriva un mutamento degli elementi mate-
riali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione» (cfr.,
Cass., Sent. 11.1.2018, n. 440; conformi Cass. Sentenze 31.10.2018, n. 27562; 7.12.2017, n. 29368
e Cass. Ordinanze 14.5.2020, n. 8924; 28.2.2020, n. 5493; 24.11.2017, n. 28080; 22.9.2017, n.
22105; 20.9.2017, n. 21889). La novità preclusa non riguarda le eccezioni rilevabili d’ufficio,
ma «deve riferirsi alle "domande"» e/o alle "eccezioni" (...), ovverosia ad una di tali ben individuate
figure giuridiche costituite dai fatti posti a sostegno di ciascuna per ottenere a suo favore o per ne-
gare alla controparte un determinato bene della vita (petitum) e alle ragioni giuridiche che li suf-
fragano (causa petendi)» (cfr. Cass., Sent. 21.12.2009, n. 26862).
«Costituisce principio consolidato quello per cui il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di
gravame (…) concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi di invalidità dell’atto
tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale (…), mentre non si
estende alle eccezioni improprie o alle mere difese», con la conseguenza che «il rilievo d’ufficio
delle eccezioni in senso lato (…) è ammissibile anche in appello (…) poiché il regime delle eccezioni
si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giusta decisione, che reste-
rebbe sviato dove pure le questioni rilevabili d’ufficio fossero soggette ai limiti preclusivi di alle-
gazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Cass. 31.10.2018, n. 27998)» (cfr. Cass.
Ord. 29.3.2019, n. 8854; conf. Cass. Ord. 17.3.2021, n. 7434; Cass. Sent. 28.5.2020, n. 10103).
Il divieto di ius novorum non può, quindi, considerarsi violato se la parte si limita ad ampliare il
contenuto delle argomentazioni giuridiche a sostegno del proprio assunto (cfr. Cass. Ord.
18.4.2019, n. 10899; Cass. Sentenze 20.4.2012, n. 6218; 24.7.2009, n. 17377), per cui illustrazione
ed esplicazione di eccezioni già formulate in primo grado sono possibili, ma gli eventuali «nuo-
vi argomenti» non possono «trasformarsi in» e costituire, in sostanza, nuove eccezioni.
La giurisprudenza ha ritenuto ammissibili:
› l’eccezione di pagamento avvenuto dopo il giudizio di primo grado, dovendo il giudice
«accertare l’avvenuta estinzione del debito, ove sia provata, anche in assenza di una richiesta
da parte del debitore» (cfr. Cass. Ord. 4.4.2011, n. 7663);
› la illustrazione, con nuovi argomenti, di eccezioni già formulate «laddove non venga viola-
to il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum, al rispetto del quale è funzio-
nale il limite imposto dalla legge» (cfr. Cass. Sent. 12.8.2004, n. 15646; conf. Cass. Sent.
24.7.2009, n. 17377);
› «la nuova prospettazione di c.d. eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a solleci-
tare il rilievo d’ufficio da parte del giudice della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto fatto
valere in giudizio, della cui prova era onerato il contribuente» (cfr. Cass. Sent. 12.8.2004, n.
Processo tributario 287

15646; conf. Cass. Sent. 24.7.2009, n. 17377);

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


› «la estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.L. 31 di-

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cembre 1992, n. 546, art. 46, relativa alla sanatoria fiscale intervenuta nel corso del giudizio
dinanzi alla commissione tributaria provinciale (…) atteso che [la deduzione degli] effetti del
condono (per il rilievo pubblicistico della elisione dell’originario rapporto sostanziale e proces-
suale del contribuente col Fisco) non rientra tra le nuove eccezioni in senso tecnico, precluse
dell’art. 57 del citato decreto legislativo, ma tra le eccezioni improprie, che il giudice stesso è te-
nuto a rilevare d’ufficio se risultanti dagli atti di causa, anche a seguito della produzione di
nuovi documenti effettuata in appello in forza dell’art. 58 del ridetto decreto legislativo» (cfr.
Cass. SS.UU. Sent. 27.1.2016, n. 1518, relativa alla definizione degli avvisi di accertamento
ex art. 15, della L. 289/2002, n. 289);
› «il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione [nel
caso di impugnazione del silenzio rifiuto ad istanza di rimborso], integrando tale attività
una mera difesa o un'eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile, in quanto mera
contestazione delle censure mosse con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo
d'indagine» (cfr. Cass. Sent. 11.1.2018, n. 440);
› «le argomentazioni mediante le quali l’Ufficio nega la sussistenza dei fatti costitutivi del dirit-
to vantato dal contribuente» (cfr. Cass. Ord. 23.5.2019, n. 14046, ancora in merito alla im-
pugnazione del rigetto di una istanza di rimborso);
› l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado notificato oltre il termine di de-
cadenza, dato che «rappresenta una mera difesa o una eccezione in senso improprio, piena-
mente ammissibile anche in appello, in quanto mera contestazione delle censure mosse al ri-
corso del contribuente, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine» (cfr. Cass.
Ord. 13.8.2020, n. 16997);
› «la introduzione, nel giudizio di appello, da parte dell’agenzia fiscale appellata, del diverso the-
ma decidendi dell’applicabilità della speciale disciplina dei termini decadenziali dell’azione ac-
certativa fiscale» (ex art. 57, D.P.R. 633/1992, vigente ratione temporis), relativa al raddoppio
dei termini, quando il contribuente abbia sollevato la eccezione di decadenza del termine
«ordinario» con i motivi del ricorso introduttivo della lite (cfr. Cass. Ord. 17.3.2021, n. 7434).
Non può, viceversa, essere proposta per la prima volta in grado di appello, , la eccezione di
decadenza dell’Agenzia delle Entrate dal potere di esercitare il proprio potere impositivo -
non essendo tale eccezione rilevabile d’ufficio. In materia tributaria, infatti, il termine per
l’esercizio di detto potere ha natura sostanziale, in quanto tale decadenza non attiene alla
materia dei diritti indisponibili dello Stato alla percezione dei tributi, ma incide unicamen-
te sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo li-
mite di tempo, alle pretese fiscali, per cui la scelta di avvalersi o meno di tale eccezione è
riservata alla valutazione del contribuente (cfr. Cass. Sent. 11.5.2009, n. 10679; conf. Cass.
Sent. 25.5.2012, n. 8340; sul tema si veda anche Cass. Ord. 7.7.2017, n. 16803).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 58 - NUOVE PROVE IN APPELLO [CFF ¶ 4709]

1. Il giudice d'appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della
decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio
per causa ad essa non imputabile.
2. È fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti.
288 Processo tributario

NUOVE PROVE IN APPELLO (Art. 58)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Nuove prove in appello (co. 1) La Corte di giustizia tributaria di secondo grado (giudice d’appel-
lo) non può disporre nuove prove, salvo che:
› non le ritenga necessarie ai fini della decisione (anche se dovrebbero essere tali tutte le prove
acquisite dal giudice, dovendosi escludere che vengano ammesse prove che la Commissione
ritiene irrilevanti); oppure
› la parte dimostri di non averle fornite nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non
imputabile.
«Le “nuove prove” che la Commissione Tributaria Regionale può disporre ex officio sono quelle stesse
che il giudice di primo grado può ordinare ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7: è escluso che il
giudice di secondo grado abbia poteri istruttori officiosi diversi e maggiori di quelli della Commissione
Tributaria Provinciale» (cfr. Cass., Ord. 19.4.2017, n. 9818; conf. Cass., Sent. 25.10.2021, n. 29856;
Cass. Ord. 30.4.2019, n. 11732).
Nuovi documenti (co. 2) A differenza di quanto accade nel rito civile (art. 345, co. 3, c.p.c.) è, invece,
consentito alle parti (cfr. Cass., Ord. 3.3.2017, n. 5491, nonché Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E) pro-
durre in appello nuovi documenti nell’ambito, però, della materia del contendere che si è definita in
primo grado, non operando il divieto della novità (previsto per gli altri mezzi di prova).
Le parti possono valersi di tale facoltà a condizione che venga rispettato il termine (di 20 giorni
liberi prima della trattazione) previsto dall’art. 32, co. 1, del Decreto e «con la osservanza delle for-
malità di cui all’art. 24, co. 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi (…) di natura perentoria, e
quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d’ufficio dal giudice» (cfr. Cass., Ordinan-
ze 31.10.2019, n. 28073; conf. Cass. Ordinanze 29.5.2020, n. 10311; 13.11.2018, n. 29087; 9.10.2018,
n. 24906; 3.10.2018, n. 23985; 28.6.2018, n. 17164); ma senza che la parte debba dimostrare la im-
possibilità di produrre i documenti nel corso del giudizio di primo grado, per causa a lei non
imputabile (cfr., Cass., Sent. 5.10.2012, n. 16959; conformi Cass., Sentenze 21.1.2011, n. 1385;
8.4.2009, n. 8489; 9.1.2009, n. 232; 25.11.2008, n. 28019; 17.10.2005, n. 20086).
La facoltà di depositare nuovi documenti non è preclusa neppure dalla eventuale tardività e/o
irritualità della loro produzione in primo grado: l’art. 58, co. 2, infatti, «espressamente prevede e
consente la produzione di nuovi documenti in appello, con la conseguenza che, nel processo tributario,
(…) i documenti possono essere liberamente prodotti anche in sede di gravame, ancorché preesistenti al
giudizio svoltosi in primo grado (Cass. n. 22776/2015; n. 3661/2015), a nulla rilevando l’eventuale irri-
tualità della loro produzione in primo grado (Cass. n. 22776/2015; n. 23616/2011)» (cfr. Cass., Sent.
30.12.2016, n. 27474; conformi Cass., Sentenze 26.1.2018, n. 1963; 22.11.2017, n. 27774; 19.6.2015,
n. 12783; Cass., Ordinanze 25.6.2018, n., 16652; 22.11.2017, n. 27851 e 27.9.2017, n. 22556). Di con-
seguenza, nel rito tributario le preclusioni sancite dall’art. 345, co. 3, c.p.c. non trovano applica-
zione, essendo la materia regolata dalla norma processuale «speciale» di cui all’art. 58, co. 2,
D.Lgs. 546/1992, che, in forza dell’art. 1, co. 2, stesso Decreto, prevale sulla disposizione del c.p.c.
(cfr. Cass., Sentenze 2.4.2020, n. 7649; 9.5.2018, n. 11060; conf. Cass. Ordinanze 31.10.2019, n.
28073; 11.4.2018, n. 8927).
Va aggiunto che:
› la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in prece-
denza «è consentita anche alla parte rimasta contumace in primo grado» (cfr. Cass., Ord.
4.4.2018, n. 8313; conf. Cass. Sent. 12.10.2021, n. 27670), la cui inerzia «può trovare più razionale
considerazione nell’ambito della regolamentazione del rimborso delle spese di lite» ex art. 15, D.Lgs.
546/1992 «che comprende le spese cagionate dalla trasgressione del dovere di lealtà e di probità
(art. 88 c.p.c.)» (cfr. Cass. Ord. 11.4.2018, n. 8927; conf. Cass. Ordinanze 29.5.2020, n.
10311; 16.11.2018, n. 29568);
› (pure) il documento «che sia stato prodotto, ancorché tardivamente, nel giudizio di primo grado,
deve ritenersi acquisito automaticamente e ritualmente in quello di gravame, anche se depositato ol-
tre il termine previsto dall’art. 32 del D.Lgs. 546 del 1992, atteso che – sebbene le modalità della pro-
duzione non corrispondano a quelle previste dalla legge – il documento era già stato messo a dispo-
sizione della controparte, ai fini dell’esercizio di difesa da parte della stessa, mediante l’inserimento
nel fascicolo di primo grado che, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del detto decreto, resta inserito in
modo definitivo in quello d’ufficio» (cfr. Cass., Ord. 25.6.2018, n. 16652) «onde la inosservanza
Processo tributario 289

delle modalità di produzione documentale deve ritenersi sanata» (cfr. Cass. Ord. 7.3.2018, n.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


5429; conf. Cass. Ord. 2.3.2021, n. 5607).

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La questione di legittimità dell’art. 58, co. 2, «nella parte in cui si prevede che la produzione di nuovi
documenti in appello sia sempre ammessa (ancorché nei termini ex art. 32 D.Lgs. n. 546 del 1992 …),
anche per i documenti già in possesso della parte in primo grado e da essa non prodotti affatto o non
prodotti tempestivamente» (cfr. Comm. Trib. Reg. Napoli, Ord. 6.5.2016, n. 943), era stata rimessa al-
la Corte Costituzionale, che l’ha dichiarata non fondata, affermando che: «la previsione che un’atti-
vità probatoria, rimasta preclusa nel giudizio di primo grado, possa essere esperita in appello non è di
per sé irragionevole, poiché «il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria (come la produzio-
ne di un documento) mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per pro-
lungare il giudizio, mentre la previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamen-
to disposto dal Legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile» (ordinanza n.
401 del 2000)»; inoltre, «non sussiste (…) la dedotta violazione dell’art. 24 Cost. per la perdita di un gra-
do di giudizio: è infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che la garanzia del doppio grado non go-
de, di per sé, di copertura costituzionale (ex multis, sentenza n. 243 del 2014; Ordinanze n. 42 del 2014,
n. 190 del 2013, n. 410 del 2007 e n. 84 del 2003)» (cfr. Corte Cost., Sent. 14.7.2017, n. 199).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E

Art. 59 - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO [CFF ¶ 4710]

1. La corte di giustizia tributaria di secondo grado rimette la causa alla corte di giustizia tributaria di
primo grado che ha emesso la sentenza impugnata nei seguenti casi: 2
a) quando dichiara la competenza declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice;
b) quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente co-
stituito o integrato;
c) quando riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il
processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale;
d) quando riconosce che il collegio della corte di giustizia tributaria di primo grado non era legitti-
mamente composto; 3
e) quando manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.
2. Al di fuori dei casi previsti al comma precedente la corte di giustizia tributaria di secondo grado
decide nel merito previamente ordinando, ove occorra, la rinnovazione di atti nulli compiuti in
primo grado. 4
3. Dopo che la sentenza di rimessione della causa al primo grado è formalmente passata in giudica-
to, la segreteria della corte di giustizia tributaria di secondo grado, nei successivi trenta giorni,
trasmette d'ufficio il fascicolo del processo alla segreteria della corte di giustizia tributaria di pri-
mo grado, senza necessità di riassunzione ad istanza di parte. 4 1

Note
1 La rubrica della Sezione cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente alinea è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
3 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
290 Processo tributario

RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO (Art. 59)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Rimessione alla Corte di giustizia tributaria di primo grado (co. 1) È prevista solo per ipotesi
tassative ed eccezionali di cui al comma 1 dell’art. 59 (cfr. Cass. Ord. 7.3.2018, n. 5426) e, quindi,
la Corte di giustizia tributaria di secondo grado rimettela causa alla Corte di giustizia tributaria
di primo grado che ha emesso la sentenza impugnata, quando:
a) dichiara la competenza declinata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado (perché la
stessa era effettivamente competente per territorio) o, «in riforma della decisione del Giudice
di primo grado, dichiari la giurisdizione da questi negata, rimettendogli la causa» (cfr. Cass.
Sent. 17.12.2019, n. 33313, perché la materia controversa effettivamente rientrava nella giuri-
sdizione delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado): così da non perdere un
grado di giudizio (cfr. Cass., Sent. 29.5.2003, n. 8606). La sentenza «dichiarativa di incompe-
tenza può essere impugnata solo con l’appello limitato a tale profilo, in quanto l’art. 59, co. 1, lett.
a)» del presente decreto «prevede, in caso di accoglimento, la remissione al primo giudice che,
declinando la propria competenza, abbia indicato quella di altro giudice di prime cure, cosicché, in
eccezione al carattere devolutivo dell’appello, al giudice di secondo grado, investito (anche o solo)
della questione di competenza, resta inibito ogni esame sul merito onde prevenire la violazione del
fondamentale principio del doppio grado di giudizio» (cfr. Cass. Ord. 7.10.2022, n. 29213);
b) riconosce che nel giudizio di 1° grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o in-
tegrato: fattispecie che può verificarsi nel caso in cui il giudice di primo grado non abbia fissato
il termine per consentire al ricorrente di munirsi della assistenza tecnica obbligatoria (cfr. art. 12
del Decreto), dato che la riforma della sentenza di prime cure – dichiarativa della inammissibilità
del ricorso – ad opera della Corte di giustizia tributaria di secondo grado non consente l’esame
del merito, ma impone la remissione della causa alla Commissione appellata, affinché inviti il
contribuente a munirsi della prescritta assistenza tecnica ed eventualmente dichiari l’inammissi-
bilità del ricorso nel caso di inottemperanza all’invito (cfr. Cass., Ord. 16.9.2010, n. 19636; Cass.,
Sent. 13.1.2006, n. 620). Se, a seguito della rimessione della lite in primo grado, la parte ottempe-
ra all’invito, al difensore abilitato deve essere consentita «la più ampia difesa del contribuente, sen-
za che la stessa sia limitata (…) da precedenti impostazioni del contribuente, difesosi personalmente»
(cfr. Cass. Ord. 31.5.2019, n. 14943). La fattispecie può verificarsi, anche, quando una delle parti
abbia chiesto la discussione in pubblica udienza, o da remoto, e il giudice di merito abbia deciso
la controversia in camera di consiglio, nel quale caso la violazione del diritto al contraddittorio «è
manifesta alla luce della chiara disciplina di cui all’art. 27 del D.L. 137/2020 (…) e determina la nullità
della sentenza e la rimessione delle parti avanti al giudice del primo grado ai sensi dell’art. 59 del
D.Lgs. 546/1992» (cfr. C.T.R. Lombardia, Sent. 13.12.32021, n. 4406. Si veda, però, Cass. Ord.
24.7.2018, n. 19579);
c) riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il pro-
cesso in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale;
d) riconosce che il collegio della Corte di giustizia tributaria di primo grado non era legittima-
mente composto;
e) manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.
Invece, la causa non viene rimessa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado:
› quando «in giudizio sia stato evocato un Ufficio non legittimato», dato che, in questo caso, non si
determina una mera irregolarità del contraddittorio, ma manca in radice «la rituale instaurazio-
ne del rapporto processuale», per cui l’art. 59, co.1, lett. b) non opera (cfr. Cass., Sent. 28.6.2006, n.
14930);
› nel caso di omessa comunicazione dell’avviso di trattazione dell'udienza (pubblica o in camera
di consiglio), ex art. 31, D.Lgs. 546/1992, da parte della Segreteria della Corte di giustizia tributa-
ria di primo grado: tale omissione, infatti, «costituisce causa di nullità della sentenza, ma non legit-
tima il rinvio della causa, da parte del giudice di appello, alla suddetta Commissione», dato che que-
sta fattispecie non rientra «in alcuna delle tassative ipotesi elencate nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art.
59; ed in particolare della lettera b), che fa esclusivo riferimento alla mancata costituzione o integra-
zione del contraddittorio» (cfr. Cass., Sent. 15.6.2006, n. 13898; conf. Cass. Sent. 27.12.2019, n.
34478; Cass. Ordinanze 24.3.2021, n. 8239; 5.11.2019, n. 28471; 22.7.2019, n. 19642);
› se la trattazione del ricorso si svolge in camera di consiglio invece che in pubblica udienza, in
Processo tributario 291

presenza di una istanza delle parti ex art. 33 del D.Lgs. 546/1992: tale omissione, infatti, «inte-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


gra una nullità processuale che, pur travolgendo la successiva sentenza per violazione del diritto di

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difesa, non determina, una volta dedotta e rilevata in appello, la retrocessione del giudizio in primo
grado, poiché tale ipotesi non rientra tra quelle tassativamente previste dall’art. 59» (cfr. Cass.,
Ord. 24.7.2018, n. 19579. Si veda, però, la C.T.R. Lombardia sopra citata);
› «nel caso di impugnazione della sentenza di primo grado pronunciata “a sorpresa”, in quanto fon-
data su questioni rilevate d’ufficio, di fatto o miste, di fatto e di diritto, senza il previo contradditto-
rio delle parti». In questo caso, infatti, «non si impone la remissione della causa al grado prece-
dente (…) dal momento che in appello è ammessa la produzione di nuovi documenti, sicché non si
determina un vulnus al diritto di difesa» (cfr. Cass. Ord. 16.11.2021, n. 34634).
Decisione nel merito della C.G.T. II (co. 2) Dato che le ipotesi di rimessione elencate nella norma
sono tassative (cfr. Corte Cost., Ord. 27.6.2013, n. 166; conf. Cass. Ord. 5.11.2019, n. 28471; Cass.,
Sent. 10.3.2017, n. 6177), nei casi «diversi» da quelli elencati la Corte di giustizia tributaria di se-
condo grado non può rinviare la causa al giudice di primo grado ma deve decidere nel merito le
questioni proposte, ordinando, se occorre, la rinnovazione degli atti nulli. «In caso di accogli-
mento dell’appello, alla riconosciuta fondatezza dei rilievi del contribuente relativi all’imponibile non
deve seguire una pronuncia di illegittimità, e quindi di annullamento dell’atto impugnato, ma un giu-
dizio di merito sull’ammontare delle imposte dovute dal contribuente in luogo di quelle accertate dal-
l’ufficio, richiedendosi la pronuncia costitutiva di annullamento solo nelle ipotesi di vizi formali del-
l’accertamento o di altri atti pregressi su cui esso si fondi» (cfr. Cass., Sent. 3.7.2009, n. 15717; Cass.
Ord. 7.3.2018, n. 5426). Tant’è che l’appello basato solamente su questioni processuali, se l’acco-
glimento dei motivi in «rito» non comporta la rimessione della lite in primo grado, è inammis-
sibile (cfr. Cass., Sent. 10.6.2009, n. 13331).
Procedimento (co. 3) Solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, «la Segreteria della Com-
missione Tributaria Regionale, nei successivi 30 giorni, trasmette d’ufficio il fascicolo del processo al-
la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale, [innanzi alla quale il processo prosegue]
senza necessità di riassunzione ad istanza di parte» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Il processo, che si incardina a seguito della sentenza di remissione, infatti, è configurato dalla
norma «come mera prosecuzione di quello originario. Da ciò consegue il permanere delle preclusioni
già maturate nel processo di primo grado», per cui non è ammessa la proposizione di nuove ecce-
zioni (nella specie, l’Ufficio aveva dedotto, nella fase successiva alla sentenza di remissione, la
esistenza di un controcredito; cfr. Cass. Sent. 6.10.2022, n. 29133).
Per le cause rimesse dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado a quella di primo grado
– nelle ipotesi tassativamente previste – «si ritiene che non sia dovuto il contributo unificato in
quanto le parti non hanno l’obbligo di costituirsi nuovamente in giudizio. (…) Trattasi, infatti, di fatti-
specie che prevede la remissione della controversia al Giudice di primo grado ex officio senza che le
parti debbano riassumere la causa» (cfr. M.E.F. Direttiva 14.12.2012, n. 2/DGT).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 60 - NON RIPROPONIBILITÀ DELL'APPELLO DICHIARATO INAMMISSIBILE


[CFF ¶ 4711]

1. L'appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto anche se non è decorso il termine
stabilito dalla legge.

NON RIPROPONIBILITÀ DELL'APPELLO DICHIARATO INAMMISSIBILE (Art. 60)

Principio di consumazione dell'impugnazione In conformità con il disposto dell’art. 358 c.p.c.,


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

l’appello che sia stato dichiarato inammissibile non può essere riproposto, anche se il termine
per l’impugnazione non è ancora decorso.

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Però, «il principio della consumazione dell'impugnazione, che preclude la riproposizione di un secon-
do atto di appello, anche nell'ipotesi in cui non sia ancora scaduto il termine per impugnare, opera sol-
tanto ove sia intervenuta una declaratoria d'inammissibilità o improcedibilità del primo, con la con-
seguenza che, nel caso in cui il primo atto di appello sia viziato, e fino a quando la declaratoria di
inammissibilità non venga adottata, può essere notificato un secondo atto di appello, immune dai vi-
zi del precedente e destinato a sostituirlo, purché tale atto risulti tempestivo, in rapporto al termine
breve, decorrente, in caso di mancata notificazione della sentenza, dalla data di proposizione del primo
atto di appello, che equivale alla conoscenza legale della decisione da parte dell'impugnante» (cfr.
Cass. Ord. 28.2.2018, n. 4754; ; conf. Cass. Sent. 21.1.2020, n. 1214; Cass. Ord. 4.6.2018, n. 14214). È
il caso, ad esempio, della mancata autenticazione della sottoscrizione del ricorrente da parte del
difensore nel «primo atto di appello», che può essere sanata con la notifica, nel termine breve,
di un «secondo appello» privo del predetto vizio, in sostituzione del primo.
Inoltre, poiché nel rito tributario «la proposizione dell’appello si realizza con la vocatio in ius (in
quanto con la notifica dell’appello il rapporto processuale tra le parti è costituito), … ed il successivo
deposito degli atti perfeziona il rapporto nei confronti del giudice (il quale, in mancanza, di tale adem-
pimento non può affermare che l’azione non sia stata esercitata: ved. Cass., sez. trib. n. 12154/04), deve
affermarsi che la declaratoria d’inammissibilità del primo appello non interferisce sulla proponibilità
del secondo appello qualora quest’ultimo venga notificato in data anteriore alla predetta declaratoria,
realizzandosi la proposizione del gravame con la vocatio in ius e non con la editio actionis sempre
che risultino rispettati i termini d’impugnazione e gli altri adempimenti stabiliti dalla legge» (cfr.
Cass., Sent. 30.8.2006, n. 18821; conf. Cass., Sent. 11.2.2013, n. 3206).
Per valutare la «tempestività della seconda impugnazione, occorre aver riguardo – non al termine se-
mestrale, ma – a quello breve, che decorre – in mancanza di anteriore notifica della sentenza impu-
gnata – dalla data di proposizione della prima impugnazione». Infatti, «la notifica di un primo atto
di appello (…) avvia una dinamica impugnatoria al fine di pervenire alla definizione della lite e dimo-
stra conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante. Ne consegue che qualora questi, prima
che sia giunta declaratoria di inammissibilità od improcedibilità, notifichi una seconda impugnazio-
ne, quest’ultima deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data di pro-
posizione della prima impugnazione» (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 9.6.2016, n. 12084, conf. Cass., Ord.
18.5.2015, n. 10145).
Il principio di consumazione della impugnazione previsto dalla disciplina dell’appello, non è ap-
plicabile al giudizio di primo grado, per cui il contribuente che volesse riproporre un «ricorso in-
troduttivo del procedimento tributario» viziato, dovrebbe specificare - all’atto della presentazione
del secondo ricorso - la volontà «di annullamento e sostituzione» del primo entro, però, i termini
di decadenza della impugnazione (cfr., Cass., Sent. 30.6.2010, n. 15441; si veda il commento
all'art. 18, D.Lgs. 546/1992).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 358 Codice di procedura civile


Non riproponibilità di appello dichiarato inammissibile o improcedibile

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Art. 61 - NORME APPLICABILI [CFF ¶ 4712]

1. Nel procedimento d'appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedi-
mento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione.
Processo tributario 293

NORME APPLICABILI (Art. 61)

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Norme applicabili Nel procedimento di appello valgono le disposizioni previste per il primo gra-
do, purché con esso compatibili.
Ad esempio:
› «nel processo tributario, a seguito dell’abrogazione dell’art. 7, co. 3, del D.Lgs. 546/1992 ed in appli-
cazione dell’art. 58, co. 1, del medesimo decreto, al giudice di appello non è più consentito ordinare il
deposito di documenti, dovendo, invece, essergli riconosciuto il potere di ordinarne la esibizione, ai
sensi dell’art. 210 c.p.c., entro gli stessi limiti consentiti al giudice di primo grado» (cfr. Cass., Ord.
27.12.2018, n. 33506);
› la omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione della
udienza di discussione, prevista dall’art. 31 del D.Lgs. 546/1992, «determina la nullità della deci-
sione [anche di appello] comunque pronunciata» (cfr. Cass., Ord. 31.10.2018, n. 27837; conf.
Cass. Sentenze 27.7.2021, n. 21414; 27.5.2021, n. 14874; 27.12.2019, n. 34478; Cass. Ordinanze
24.3.2021, n. 8239; 10.9.2020, n. 18717; 22.5.2020, n. 9416; 5.11.2019, n. 28471; 22.7.2019, n.
19642; 6.3.2019, n, 6500; 11.7.2018, n. 18279; 1.12.2017, n. 28843);
› «la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti [ex art. 58, D.Lgs. 546] va esercitata - stante il
richiamo operato dall'art. 61 del citato D.Lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro
il termine previsto dall'art. 32, co. 1 (…), ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, con l'os-
servanza delle formalità di cui all'art. 24, co. 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in
assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria» (cfr. Cass., Ord. 13.11.2018, n.
29087; conf. Cass. Ordinanze 29.5.2020, n. 10311; 31.10.2019, n. 28073; 9.10.2018, n. 24906; ;
3.10.2018, n. 23985; 28.6.2018, n. 17164),
› «è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546/1992, artt. 36 e 61, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale completamente carente della illustrazione delle
critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno in-
dotto la Commissione a disattenderle limitandosi a motivare per relationem alla sentenza impu-
gnata» (cfr. Cass., Ord. 22.2.2019, n. 5331; conf. Cass. Ordinanze 24.8.2021, n. 23416; 12.4.2021,
n. 9584; 28.1.2020, n. 1864; 31.7.2019, n. 20607; 15.4.2019, n. 10545; Cass. Sentenze 19.7.2021, n.
20434; 18.6.2020, n. 11823; 5.10.2018, n. 24452).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E


294 Processo tributario

Sezione III – Il ricorso per cassazione


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Art. 62 - NORME APPLICABILI [CFF ¶ 4713]

1. Avverso la sentenza della corte di giustizia tributaria di secondo grado può essere proposto ri-
corso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell'art. 360, primo comma, del codice
di procedura civile. 1
2. Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di
procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto.
2-bis. Sull’accordo delle parti la sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado può essere
impugnata con ricorso per cassazione a norma dell’articolo 360, primo comma, n. 3, del codice di
procedura civile. 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e
poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così modifi-
cato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

NORME APPLICABILI (Art. 62)

Definizione delle liti tributarie pendenti in Cassazione L’art. 5 della L. 31.8.2022, n. 130, «Dispo-
sizioni in materia di giustizia e di processo tributari» (in G.U. 1.9.2022, n. 204), in vigore dal 16 set-
tembre 2022, ha introdotto la possibilità di definire (alcune) liti tributarie pendenti in Corte di
cassazione, con il pagamento di un importo variabile tra il 5% e il 20% del valore della contro-
versia - non superiore, rispettivamente, a euro 100.00,00 / 50.000,00 - a seconda dell’esito del-
la lite nei precedenti gradi di giudizio (il nuovo argomento è affrontato nell’ambito degli Istituti
deflativi).
Nel contesto della medesima L. 31.8.2022, n. 130, di riforma (strutturale) dei componenti gli or-
gani della giurisdizione tributaria, la denominazione di «commissioni tributarie», ovunque ri-
corra nel presente Decreto, è sostituita con quella di «corti di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado».
L’art. 1, co. della L. 29.12.2022, n. 197, c.d. Legge di Bilancio 2023, in vigore dal 1° gennaio 2023:
› ai commi da 186 a 205 «consente di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributa-
ria, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, pendenti –
(…) al 1° gennaio 2023 – in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello
instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valo-
re della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da de-
finire» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2);
› ai commi da 213 a 218 introduce, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie
pendenti di cui all’art. 1, co. 186-205, «una particolare ipotesi di rinuncia al ricorso per cassa-
zione, principale o incidentale, a seguito di definizione in via transattiva fra le parti di tutte le pre-
tese azionate in giudizio, con conseguente applicazione delle sanzioni in misura ridotta (…)» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2)». La disposizione «riguarda le controversie pendenti in Cassazione al 1°
gennaio 2023 (…) in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti impositivi» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Ricorso per cassazione (co. 1) Le sentenze pronunciate dalle Corti di giustizia tributaria di se-
condo grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione solo per i motivi di diritto
specificamente indicati ai numeri da 1 a 5 dell’art. 360, co. 1, c.p.c., e cioè:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
Processo tributario 295

2) per violazione delle norme sulla competenza;

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;

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4) per nullità della sentenza o del procedimento;
5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti.
I motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, situazioni e que-
stioni che abbiano già formato oggetto della causa decisa nel processo concluso con la pronun-
cia della sentenza contestata in sede di legittimità, non essendo consentito prospettare dinanzi
ai giudici di legittimità questioni nuove, fondate su elementi di fatto diversi da quelli dedotti nel
giudizio di merito (cfr. Cass., Sentenze 8.6.2016, n. 11715; 29.8.2000, n. 11314), fatte salve le que-
stioni procedurali rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Applicabilità delle norme del c.p.c. (co. 2) Al ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse
dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado e al relativo procedimento si applicano le nor-
me dettate dal Codice di procedura civile, che risultano compatibili con quelle del D.Lgs.
546/1992, tenendo conto delle modifiche e integrazioni apportate al c.p.c. dall’art. 54, co. 1, lett.
b), D.L. 22.6.2012, n. 83 (conv. dalla L. 7.8.2012, n. 134), dall’art. 47, L. 18.6.2009, n. 69, dall’art. 1-
bis del D.L. 31.8.2016, n. 168 (conv. con modific. in L. 25.10.2016, n. 197).
Le modifiche e integrazioni apportate al c.p.c. si applicano (anche) ai ricorsi per cassazione pro-
posti avverso le sentenze pronunciate dalle Corti di giustizia tributaria, atteso che il giudizio di
legittimità in materia tributaria, alla luce dell'art. 62 del D.Lgs. 546/1992, non ha connotazioni di
specialità. Il processo tributario è solo quello che si svolge di fronte alle Corti di giustizia tribu-
taria, nei primi due gradi del giudizio; quello di fronte alla Corte di Cassazione è un giudizio ci-
vile: come si desume dal fatto che l’art. 62 «fa espressamente riferimento all’applicabilità delle nor-
me del codice di procedura civile, così attribuendo, per questa sola ipotesi, la prevalenza delle norme
processuali ordinarie ed escludendo la possibilità di configurare un “giudizio tributario di legittimità”,
cioè un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria» (cfr. Cass. Ord. I. 8.2.2022, n. 3984).
Modifiche del c.p.c. Il D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012, ha:
› riformulato il n. 5 dell’art. 360, c.p.c., circoscrivendo i vizi di motivazione che possono essere
eccepiti innanzi la Suprema Corte ai soli casi di «omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». «Il nuovo testo dell’art. 360, n. 5) c.p.c. in-
troduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, princi-
pale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia
costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esamina-
to, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)» (cfr., Cass., SS.UU., Sent. 7.4.2014, n.
8053). In particolare, «il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il
“dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia sta-
to oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”» (cfr., Cass. Ord. 24.6.2020, n.
12387; conf. Cass. Ordinanze 24.9.2020, n. 20132; 5.10.2018, n. 24496).
«Non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la
stessa costituisce un mero argomento di prova» (cfr. Cass. Sent. 14.1.2022, n. 1049).«L'omesso esa-
me di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora
il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché
la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie» (cfr. Cass. Sent. 30.7.2019, n.
20476; conf. Cass. Ord. 29.10.2018, n. 27415).
Dalla riformulazione dell’art. 360, n. 5), c.p.c. deriva che:
› le sentenze d’appello non possono più essere impugnate per «omessa, insufficiente o contrad-
dittoria motivazione», dato che «scompare ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sen-
tenza impugnata e (…) non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà» (cfr.,
Cass. SS.UU. Sent. 22.9.2014, n. 19881; conf. Cass. Ord. 8.3.2019, n. 6864);
› «non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza
della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla
motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” (…) in-
dividuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., co. 2, n. 4, e danno luo-
go a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provve-
296
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

dimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorie-


tà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, [che possono essere eccepite ai sensi del-

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l’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.], al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo
per omesso esame di un “fatto storico” che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “deci-
sivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia» (cfr., Cass. Sent. 26.2.2019, n. 5578; conf.
Cass. SS.UU. Sentenze 22.9.2014, n. 19881; 7.4.2014, n. 8053; Cass. Sentenze 30.7.2019, n.
20476; 12.10.2017, n. 23940; 31.5.2016, n. 11344; Cass, Ordinanze 21.10.2021, n. 29277;
20.10.2021, n. 29051; 23.9.2021, n. 25819; 20.9.2021, n. 25359; 13.8.2020, n. 17032; 28.2.2020, n.
5496; 30.1.2020, n. 2221; 5.10.2018, n. 24496; 6.7.2018, n. 17788);
› è esclusa la possibilità di impugnare la sentenza d’appello per il motivo di cui al novellato n. 5
dell’art. 360 c.p.c., nei casi in cui essa risulti conforme alla decisione di primo grado (c.d.
«doppia conforme» cfr. art. 348-ter, c.p.c.).
«Dopo la ricordata riforma è impossibile ogni rivalutazione delle questioni di fatto in ipotesi di c.d.
doppia conforme sul punto, come stabilisce l'art. 348-ter c.p.c.», con la conseguenza che «la rico-
struzione del fatto operata dai giudici del merito (…) è ormai sindacabile in sede di legittimità sol-
tanto ove la motivazione al riguardo sia viziata da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure
se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconci-
liabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili» (cfr. Cass., Sent. 9.6.2014, n.
12928).
«Nell'ipotesi di "doppia conforme" prevista dall'art. 348-ter c.p.c., comma 5, (…), il ricorrente in cas-
sazione, per evitare la inammissibilità del motivo di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ra-
gioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di ri-
getto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014; 19001/2016)» (cfr.
Cass., Sez. Lav., Sent. 24.10.2017, n. 20335; conf. Cass., Sez. Lav. Sent. 24.12.2020, n. 29596;
Cass. Ord. 27.4.2021, n. 11034; Cass. Sent. 20.6.2019, n. 16554).
«Le disposizioni sul ricorso per cassazione», di cui al D.L. 83/2014, art. 54 «circa il vizio denunciabile
ai sensi dell’art. 360 c.p.c., co. 1, n. 5, ed i limiti di impugnazione della "doppia conforme" ai sensi del-
l’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria
regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 546/1992, art.
62 non ha connotazioni di specialità (…)» (cfr. Cass. Sent. 28.6.2022, n. 20613). «Ciò sia per quanto
riguarda la nuova formulazione dell'art. 360, n. 5), c.p.c., (…), sia per quanto riguarda l'ultimo comma
dell'aggiunto art. 348-ter c.p.c. (…)» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 7.4.2014, n. 8053).
La L. 69/2009 ha:
› abrogato la disposizione (contenuta nell’art. 366-bis c.p.c) che, nei casi previsti dall’art. 360,
co. 1, nn. 1), 2), 3) e 4), richiedeva a pena di inammissibilità la formulazione di un «quesito di
diritto» per consentire alla Corte di enunciare un corrispondente «principio di diritto»;
› introdotto un vaglio preventivo di «ammissibilità del ricorso» più ampio per l’esame prelimi-
nare dei ricorsi in materia civile e tributaria (rispetto a quello realizzato dalla struttura centra-
lizzata istituita con Provvedimento interno del Primo Presidente di Cassazione dopo la rifor-
ma di cui al D.Lgs. 40/2006).
Tale nuovo «filtro»:
› ha per oggetto due «nuove» ipotesi di inammissibilità, che ricorrono:
- «quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giu-
risprudenza della Corte e l’esame dei motivi (del ricorso) non offre elementi per (dover) confer-
mare o mutare l’orientamento della stessa» (cfr. art. 360-bis, n. 1: si tratta di inammissibilità
che non necessariamente coinvolge il ricorso nel suo insieme, ma che investe soltanto sin-
goli motivi di ricorso qualora esso consti di più motivi: cfr. Cass. SS.UU., Sent. 21.3.2017, n.
7155; conf. Cass. Sent. 4.5.2020, n. 8425) e
- «quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori
del giusto processo» (cfr. art. 360-bis, n. 2);
› è affidato (articoli 375 e 376 c.p.c.) ad una apposita Sezione della Corte di Cassazione (la cd.
«Sezione-filtro»), istituita per svolgere la funzione precedentemente demandata alla Sesta Se-
zione Civile.
A seguito del D.L. 168/2016, conv. in L. 197/2016:
› la Sezione filtro è chiamata a verificare che sussistano i presupposti perché il ricorso principa-
Processo tributario 297

le ed eventualmente quello incidentale (per cassazione) possano (fondatamente) accedere ad

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


una Sezione semplice della Corte (per i giudizi tributari, la V);

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› è stata introdotta la regola secondo cui le pronunce della Corte sono assunte con ordinanza in
camera di consiglio; «salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla partico-
lare rilevanza della questione di diritto (...) ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita se-
zione [filtro] (…) in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio» (art. 375, u.c.,
c.p.c. In proposito, si vedano Cass., Ord. 10.1.2017, n. 395; Cass., Sentenze 27.9.2017, n. 22462;
22.2.2017, n. 4541).
Il Protocollo tra la Corte di cassazione, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione, l’Av-
vocatura dello Stato e il Consiglio nazionale forense, 2 marzo 2023, n. 0003619, ha previsto:
« 2.1. Avviso di fissazione dell’adunanza camerale
L’avviso di fissazione dell’adunanza camerale sarà redatto secondo il modello predisposto dall’uffi-
cio e riporterà:
- l’indicazione della data, dell’ora e del luogo dell’adunanza stessa;
- l’indicazione che l’adunanza camerale non è partecipata;
- l’indicazione del termine entro il quale le parti hanno facoltà di depositare memoria;
- l’indicazione della facoltà di cui al punto 2.4.
2.2. Conclusioni scritte del Procuratore generale
Le conclusioni scritte formulate dal Procuratore Generale e trasmesse tramite piattaforma p.c.t. sa-
ranno rese disponibili alle parti attraverso la consultazione del p.s.t.
2.3. Istanza di trattazione della causa in pubblica udienza
Qualora un ricorso sia avviato alla trattazione camerale, le parti potranno richiedere motivatamen-
te, nella memoria depositata a norma dell’art. 380-bis.1, c.p.c. o con apposita istanza, che la tratta-
zione avvenga invece in pubblica udienza indicando la questione di diritto di particolare rilevanza
che, a loro avviso, giustifica la discussione pubblica
2.4 Regime transitorio (di cui al co. 2 dell’art. 1-bis del D.L. 168/2016, conv. in L 197/2016) (…)».
Nel caso di fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice è «data
comunicazione agli avvocati delle parti e al Pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il
Pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni pri-
ma dell’adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci
giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio»; e «la Corte giudica senza l’intervento del Pub-
blico ministero e delle parti» (cfr. art. 380-bis.1, c.p.c).
La Corte di cassazione ha ritenuto che, «se è vero che nel giudizio di cassazione la rimessione di
una causa alla pubblica udienza dall’adunanza camerale prevista nell’art. 380-bis.1 è ammissibile
(…), rientrando la valutazione degli estremi per la trattazione del ricorso in pubblica udienza (…)
nella discrezionalità del collegio giudicante (…), altrettanto indubbio è che il collegio giudicante ben
può escludere, nell’esercizio di tale valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti per la
trattazione in pubblica udienza in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da appli-
care al caso di specie (…), ed allorquando non si verta di decisioni aventi rilevanza nomofilattica,
idonee a rivestire efficacia di precedente» (cfr. Cass. SS.UU. Ord. 23.4.2020, n. 8093, e decisioni
ivi richiamate).
Ne deriva, a contrario, che «l’udienza pubblica, nel disegno della riforma realizzata dalla L.
197/2016, costituisce il “luogo” privilegiato nel quale devono essere assunte (…), le decisioni aventi rile-
vanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente an-
che funzione extraprocessuale, il successivo percorso della giurisprudenza» (cfr. Cass. Ord. Int.
8.4.2021, n. 9369).
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 23, D.L. 28.10.2020, n. 137,
nel testo convertito con modif. in L. 18.12.2020, n. 176 (in G.U. S.G. 24.12.2020, n. 319), ha previ-
sto che la Corte di cassazione proceda in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore
generale e dei difensori delle parti, salvo che l’uno o gli altri formulino per iscritto la richiesta di
discussione orale; richiesta da presentare a mezzo PEC, nel termine perentorio di 25 giorni libe-
ri prima dell’udienza (cfr. co. 8-bis. Si veda il paragrafo sul P.C.T.).
Il mancato rispetto del termine perentorio, di cui al richiamato art. 23, co. 8-bis, comporta che la
eventuale «istanza di discussione orale (e la subordinata richiesta di rinvio della trattazione della
causa a tal fine diretta)» formulata dal difensore sia disattesa dalla Corte, tanto più che nella co-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

municazione di cancelleria contenente l’avviso di fissazione dell’udienza non vi è «alcun obbligo


di indicazione della speciale tipologia di trattazione della causa prevista dalla citata disposizione legi-

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slativa, trattandosi di una previsione normativa primaria» che può e deve essere conosciuta dal di-
fensore (cfr. Cass. Sent. 20.10.2021, n. 29153).
La norma ha previsto, inoltre, che «entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore
generale formula le sue conclusioni motivate con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di
posta elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo,
l'atto contenente le conclusioni ai difensori delle parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza,
possono depositare memorie ai sensi dell'articolo 378 del codice di procedura civile con atto inviato al-
la cancelleria a mezzo di posta elettronica certificata». La eventuale tardività dell’invio, alla cancel-
leria della Corte, delle conclusioni del procuratore generale è stata ritenuta «fonte di nullità pro-
cessuale di carattere relativo, la quale, pertanto, resta sanata a seguito dell’acquiescenza delle parti ai
sensi dell’art. 157 c.p.c. (…). La tempestività dell’intervento, in relazione al disposto del citato art. 23, co.
8-bis del D.L. 137/2020, opera [infatti] esclusivamente a tutela del diritto di difesa delle parti, con la
conseguenza che deve ritenersi rimessa a queste ultime la facoltà – e l’onere – di eccepirne la tardività,
in base alla disciplina prevista per le nullità relative» (cfr. Cass. Sentenze 19.7.2021, n. 20434 e
20436; conf. Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34586).
Infine, la norma stabilito che «le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assun-
te mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei
sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia. Il luogo da cui si collegano i magi-
strati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti» (co. 9).
Lo svolgimento delle udienze camerali, c.d. «cartolarizzate», da remoto aveva già ricevuto par-
ziale attuazione sulla base dei decreti - adottati in costanza della emergenza Covid-19 - del Pri-
mo Presidente della Corte di cassazione: «nelle more di una più completa definizione delle modalità
di attuazione» della norma (cfr., da ultimo, il decreto 5.11.2020, n. 144).
La Corte di cassazione, dal canto suo, aveva ribadito che il potere discrezionale di escludere la
trattazione in pubblica udienza può essere esercitato (anche) nel caso, come quello attuale, che
lo richiedano esigenze di natura sanitaria. E così, lo svolgimento della controversia in adunanza
camerale trova giustificazione sulla base delle «seguenti considerazioni: 1) a causa della emergenza
Covid-19, il Legislatore ha dettato norme precauzionali, finalizzate alla trattazione scritta delle cause
(c.d. udienza cartolare). (…); 2) uniformandosi alle norme emergenziali, il Primo Presidente della Corte
(…) ha adottato misure organizzative - tutt’ora in vigore - relative alle modalità operative, al fine di
evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra tutte le persone; 3)
la scelta, motivata anche da una esigenza di particolare cautela, di trattare sollecitamente (…) la causa
in adunanza camerale anzichè in pubblica udienza (…) è coerente con l’indirizzo di legittimità e con la
giurisprudenza sovranazionale», secondo la quale, il principio di pubblicità delle udienze non ri-
veste carattere assoluto e può essere derogato in presenza di particolari ragioni giustificative,
obiettive e razionali (cfr. Cass. Ord. 20.11.2020, n. 26480).
Infine, il Legislatore ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. «23, comma 8-bis, primo, secon-
do, terzo e quarto periodo (…) continuano ad applicarsi (…) alle udienze (…) da svolgere fino al 30
giugno 2023» (cfr. art. 8, co. 8, D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14, in
vigore dal 28.2.2023).
Requisiti Il ricorso alla Corte di cassazione (cfr. art. 366 c.p.c.) deve contenere a pena di inammis-
sibilità:
1) l’indicazione delle parti;
2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si
fondano (che, peraltro, possono essere ricavati – gli uni e le altre – anche per implicito, pur-
ché in maniera univoca, dall’intero tenore della impugnazione: cfr. Cass., Senten-
ze 28.10.2015, n. 21987 e n. 22001);
5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gra-
tuito patrocinio, del relativo decreto;
6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti sui quali il ricor-
so si fonda.
Processo tributario 299

«L’art. 366 c.p.c., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di “forma-contenuto”

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio “modello legale” del ri-

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corso per cassazione, la cui mancata osservanza è sanzionata con la inammissibilità del ricorso stes-
so» (cfr. Cass. Sent. 26.8.2020, n. 17767).
Ai fini della corretta redazione del ricorso, si rimanda alle utili indicazioni contenute nel Proto-
collo d’intesa fra la Corte di Cassazione, l'Avvocatura dello Stato e il Consiglio Nazionale Foren-
se del 2.3.2023, n. 0003619 (che sostituisce il precedente Protocollo del 17.12.2015, che indicava di
precisare che il ricorso è stato redatto in conformità con le prescrizioni ivi contenute. Dette pre-
scrizioni rilevano ai fini dell’ammissibilità del ricorso stesso con la conseguenza che la relativa
violazione «dà luogo ad inammissibilità là dove tale violazione implica a sua volta la violazione –
non già, ovviamente, del Protocollo in sé, bensì – del dato normativo di riferimento, ed in particolare
delle norme relative al contenuto del ricorso, nella interpretazione recepita nello stesso Protocollo»
(cfr. Cass. Ord. 13.7.2021, n. 19950).
I Protocolli: 17.15.2015, 15.12.2016 e 27.10.2020 (come integrato e modificato), sono confluiti nel «te-
sto unico dei protocolli, destinato a ricomprendere e superare quelli sinora siglati» - Protocollo 2 marzo
2023, n. 0003619 - con la sottoscrizione del quale «cessano di avere validità i precedenti protocolli
sottoscritti dalle medesime parti in materia civile» (cfr. Protocollo 0003619/2023, punto 6).
Le regole redazionali contenute nel citato Protocollo 2 marzo 2023, n. 0003619 sono dovute alle
«attualizzazioni imposte dalla obbligatorietà del processo civile telematico e [al]l’adozione di un mo-
dulo redazionale dei ricorsi, che ne definisca l’estensione e ne agevoli la comprensione, senza che
l’eventuale mancato rispetto della regola sui limiti dimensionali comporti un’automatica sanzione di
tipo processuale». Queste le regole:
«1.1. Redazione dei ricorsi
I ricorsi dovranno essere redatti secondo lo schema strutturato, approvato e pubblicato sul p.s.t. (por-
tale servizi telematici), inserendo», tra le altre, le seguenti indicazioni:
«parole chiave
Massimo 10 (dieci) parole, che descrivano sinteticamente la materia oggetto del giudizio
sintesi dei motivi
Sintesi dei motivi del ricorso (in non più di alcune righe per ciascuno di essi e contrassegnandoli nu-
mericamente), mediante la specifica indicazione, per ciascun motivo, delle norme di legge che la parte
ricorrente ritenga siano state violate dal provvedimento impugnato e delle questioni trattate. Nella
sintesi dovrà essere indicato per ciascun motivo anche il numero della pagina ove inizia lo svolgimento
delle relative argomentazioni a sostegno nel prosieguo del ricorso, eventualmente inserendo il link di
invio diretto alla pagina di riferimento.
svolgimento del processo
Esposizione, di regola, in massimo 5 pagine, del fatto processuale in modo funzionale alla chiara per-
cepibilità delle ragioni poste a fondamento delle censure sviluppate nella parte motiva.
motivi di impugnazione
Argomenti a sostegno delle censure già sinteticamente indicate nella parte denominata “sintesi dei mo-
tivi”.
L’esposizione deve rispondere al criterio di specificità e di concentrazione dei motivi e deve essere con-
tenuta, di regola, nel limite massimo di 30 pagine.
Per ciascuno dei motivi devono essere indicati gli atti processuali, i documenti, i contratti o gli accordi
collettivi sui quali il motivo si fonda, illustrandone il contenuto rilevante (eventualmente inserendo
apposito link).
conclusioni
Provvedimento richiesto (ad esempio: cassazione con rinvio, cassazione senza rinvio con decisione di
merito, ecc.).
documenti da depositare ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c.
Atti e/o documenti espressamente indicati in relazione a ciascun motivo, elencati secondo un ordine
numerico progressivo.
I relativi file vanno denominati utilizzando la stessa nomenclatura e numerazione utilizzate nell’elen-
co.
caratteri
Per facilitare la lettura, si raccomanda di utilizzare caratteri di tipo corrente e di dimensioni di alme-
300
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no 12 pt nel testo, con interlinea 1,5 e margini orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5».
«1.2. Redazione dei controricorsi e ricorsi incidentali

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Tutte le indicazioni relative al ricorso, comprese quelle sulle misure dimensionali e i caratteri, si esten-
dono, per quanto compatibili, ai controricorsi.
1.3. Memorie illustrative.
Le memorie non devono superare, di regola, le 15 pagine, con l’osservazione delle raccomandazioni sul-
l’uso dei caratteri previsti per i ricorsi. (…).
1.5. Principio di specificità e localizzazione
Tale principio deve ritenersi rispettato quando:
1) ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di chiarezza e sinteticità previsti dal codice
di rito;
2) nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo
collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, primo comma, n, 6, c.p.c.), con la illustrazione del
contenuto rilevante e la precisazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’ac-
cordo collettivo al quale ci si riferisce;
3) nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati la fase processuale e il momento in cui è
avvenuto il deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo;
4) siano depositati mediante allegazione nella busta telematica, ai sensi dell’art. 369, secondo comma,
n. 4, c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ri-
corso.
1.6 Note a chiarimento
1) Il mancato rispetto dei limiti dimensionali e delle ulteriori indicazioni sin qui previste non compor-
ta la inammissibilità o la improcedibilità del ricorso (e degli altri atti difensivi or ora citati), salvo che
ciò non sia espressamente previsto dalla legge.
2) Nel caso che per la loro particolare complessità le questioni da trattare non appaiano ragionevol-
mente comprimibili negli spazi dimensionali indicati, dovranno essere esposte specificatamente, nel-
l’ambito del medesimo ricorso (o atto difensivo), le ragioni per le quali sia risultato necessario scrivere
di più. La presentazione di un ricorso incidentale, nel contesto del controricorso, costituisce di per sé
ragioni giustificatrice di un ragionevole superamento dei limiti dimensionali fissati.
3) L’eventuale riscontrata e motivata infondatezza delle motivazioni addotte per il superamento dei li-
miti dimensionali indicati, pur non comportando inammissibilità del ricorso (o atto difensivo), può es-
sere valutata ai fini della liquidazione delle spese.
4) Dai limiti dimensionali sono esclusi: a) l’intestazione; b) l’indicazione delle parti processuali, del
provvedimento impugnato, dell’oggetto del giudizio, del valore della controversia, della sintesi dei mo-
tivi e delle conclusioni; c) l’elenco degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali
si fonda il ricorso; d) la procura in calca; e) la relazione di notificazione.
5) L’uso di particolari tecniche di redazione degli atti (in particolare, quando consentano la ricerca te-
stuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto), tali da
agevolarne la consultazione e la fruizione al magistrato e alle altre parti del processo, comporta l’au-
mento del compenso professionale, ai sensi dell’art. 4, co. 1-bis, del D.M. 10.3.2014, n. 55» (cfr. Proto-
collo 2 marzo 2023, n. 0003619).
Sottoscrizione Il ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscrit-
to nell’Albo dei cassazionisti (cfr. Cass., Sent. 6.3.2012, n. 3459), munito di procura speciale che
«sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente
del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto della
impugnazione» (cfr. Cass. Sent. 26.2.2019, n. 5577; conf. Cass., Ordinanze 3.3.2021, n. 5766;
15.6.2020, n. 11437; 18.2.2020, n. 4069; 20.2.2019, n. 4933). In proposito, la Corte di cassazione,
considerata «la necessità che siano più nettamente definite le regole formali e i criteri che condiziona-
no l’ammissibilità del ricorso», ha ritenuto di investire le Sezioni Unite per stabilire:
a. «se, in caso di procura a margine o in calce al ricorso, la verifica dell’anteriorità del rilascio rispet-
to alla notifica della impugnazione possa essere compiuta anche solo mediante l’esame dell’origina-
le depositato in cancelleria;
b. se, in caso negativo, sia sufficiente la semplice menzione della procura sulla copia notificata o, in
alternativa, quali requisiti minimi debbano possedere eventuali ulteriori elementi di riscontro e se
essi debbano risultare necessariamente sulla copia;
Processo tributario 301

c. quali condizioni siano richieste, per il medesimo effetto, in caso di procura rilasciata su foglio se-

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parato» (cfr. Cass. Ord. Int. 8.4.2021, n. 9358).

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«Per rispondere al primo quesito dell’ordinanza interlocutoria, risposta che assorbe gli altri quesiti e
che peraltro fa venir meno il problema prospettato dal primo quesito stesso», le Sezioni Unite Civili
della Corte di cassazione, dopo aver richiamato i diversi orientamenti, hanno pronunciato il se-
guente principio di diritto «La incorporazione della procura rilasciata ex art. 83, terzo comma, c.p.c.
nell’atto di impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume
che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene. Pertanto non
rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, la eventuale mancata riproduzione
o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l’ammissibilità del ricorso per
cassazione, la presenza della procura nell’atto originale» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 19.11.2021, n.
35466). Spiega la Corte che «si è dinanzi alla incorporazione di due elementi di natura diversa, cia-
scuno dei quali, però, utilizzato da solo, non produrrebbe effetti in relazione alla fruizione dei diritti
processuali: il ricorso privo di procura speciale al suo interno sarebbe inammissibile, e la procura non
apposta in calce o a margine di un atto processuale non inciderebbe per aprire un processo. Anche que-
sto conferma che la unitarietà è lo scopo cui l’atto e la procura sono predisposti, vale a dire che la in-
corporazione non è un fenomeno relativo/parziale/eventuale, bensì è il compimento, inclusivo e asso-
luto, cui sono diretti i due componenti. (…) La incorporazione, allora (…) fa sì che anche la data di
emissione dell’atto processuale investa e quindi cronologicamente identifichi la procura. Poiché allora
l’atto – di ricorso, di controricorso, di ulteriore ricorso che diventa ricorso incidentale – nasce dopo la
sentenza cui attiene e prima della propria notifica, la sua data viene condivisa dalla procura, la quale,
pertanto, non infligge sotto tale profilo inammissibilità alcuna alla iniziativa di difesa della parte che
l’ha rilasciata» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 19.11.2021, n. 35466).
Ancora: «in tema di ricorso per cassazione, l’apposizione del mandato a margine dell’atto ritiene
escluso di per sé ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei termini
usati, dovendosi ritenere che la mancanza di tale prova e la conseguente incertezza sulla effettiva vo-
lontà della parte non possa tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di
procura speciale, ma deve essere superata attribuendo alla parte la volontà che consenta alla procura
di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione degli atti: ne consegue che nel caso di
procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, il requisito della specialità resta as-
sorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega,
ancorché genericamente formulata, e il ricorso» (cfr. Cass. Ord. 23.11.2021, n. 36064).
Quanto, poi, al «carattere “separato” del foglio in cui è contenuta la procura alle liti di cui all’art. 83
c.p.c.», altra decisione della Corte di cassazione ha stabilito che la peculiarità della relativa disci-
plina «è data dalla non ricomprensione, proprio in quanto redatta su foglio separato, della procura al-
l’interno del corpo dell’atto difensivo cui accede e non certo a rimarcare la necessità che, in caso di più
conferenti, vi siano altrettanti fogli, ciascuno contenente un’autonoma e separata procura alle liti»
(cfr. Cass. Ord. 13.7.2021, n. 19950).
In conclusione «nella interpretazione della procura, va dato rilievo anche allo scopo difensivo che
muove al giudizio, in quanto il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. impone di disco-
starsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte, ovvero ispirate ad un for-
malismo funzionale non già alla tutela dell’interesse della controparte, ma piuttosto a frustrare lo sco-
po stesso del processo, che è quello che si pervenga ad una decisione di merito» (cfr. Cass. Ord.
22.2.2022, n. 5754, in una fattispecie relativa alla procura conferita dal legale rappresentante di
una società, ritenuta valida anche in proprio per la persona che firma).
La Corte ha, comunque, affermato che in caso di ricorso per cassazione dichiarato inammissibile
«per difetto di valida procura rilasciata al difensore», le spese processuali, compreso il raddoppio
del contributo unificato, restano a suo carico «trattandosi di attività processuale della quale il lega-
le assume esclusivamente la responsabilità» (cfr. Cass. Ord. 24.9.2020, n. 19998; conf. Cass. Ordi-
nanze 31.1.2023, n. 2934; 6.10.2020, n. 21335; 3.9.2020, n. 18283; 9.12.2019, n. 32008; Cass. Civ.
Sent. 22.9.2022, n. 27847. Sul punto, si veda il commento all'art. 12 del presente Decreto).
Principio di autosufficienza Il principio, elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, impone alle
parti di redigere il ricorso (al pari degli altri atti del giudizio di legittimità) con completezza, tale
da porre la Corte nella condizione di avere piena cognizione della controversia e del suo ogget-
to, e di cogliere significato e portata delle censure rivolte alla sentenza impugnata, senza co-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

stringere il giudice ad accedere, oltre che al ricorso, anche ad altre fonti del processo: ovvero a
consultare atti e documenti di causa o anche solo la sentenza impugnata.

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Se non che, le difficoltà, ingenerate nelle parti processuali e nei rispettivi difensori, nell’indivi-
duare con chiarezza il senso e i limiti del principio, nonché le contraddittorie applicazioni da
parte della Suprema corte, hanno portato la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense
a raggiungere una intesa sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributa-
ria. È stato così siglato il Protocollo del 17 dicembre 2015 2015 (poi, «sostituito» da quello del 2
marzo 2023, n. 0003619), per tentare di eliminare le incertezze e rendere gli atti difensivi il più
sintetici e, al tempo stesso, completi.
Le prescrizioni ivi contenute, la cui violazione «dà luogo ad inammissibilità là dove tale violazione
implica a sua volta la violazione – non già, ovviamente, del Protocollo in sé, bensì – del dato normati-
vo di riferimento, ed in particolare delle norme relative al contenuto del ricorso, nella interpretazione
recepita nello stesso Protocollo» (cfr. Cass. Ord. 13.7.2021, n. 19950), sono, quindi, finalizzate a fa-
cilitare la lettura degli atti processuali da parte dei giudici e, nel contempo, a dare ai difensori
delle garanzie sulla ammissibilità dei propri elaborati.
Quanto ai casi inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza, la Corte di cassa-
zione:
› da un lato, è giunta a sanzionare con la inammissibilità i ricorsi contenenti la trascrizione in-
tegrale degli atti dei giudizi di merito (cfr. Cass., Ordinanze 5.10.2020, n. 21309; 5.5.2020, n.
8480; 7.1.2016, n. 99; Cass., Sentenze 4.5.2020, n. 8425; 3.2.2017, n. 2914; e Cass., Sent.
31.7.2017, n. 18962 con la quale è stato ribadito che è inammissibile il ricorso allorché il ricor-
rente «pur non avendo (...) inserito nel corpo del ricorso la fotoriproduzione degli atti del processo
(...) abbia tuttavia egualmente ecceduto nel riportare, in modo quasi meticoloso, ogni singolo accadi-
mento processuale, sia pur con narrazione propria, (...) in modo tale da escludere la sussistenza del-
la sommarietà» di cui all’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c.).
«Il dovere di sinteticità e chiarezza espositiva è un principio generale», la cui violazione comporta
la inammissibilità del ricorso anche per la sua irragionevole estensione che «rende oscura la
esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata» (cfr. Cass. Ord.
6.3.2020, n. 6312): «il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva (…) espone il
ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità della impugnazione, non già per la irra-
gionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto pregiu-
dica la intellegibilità delle questioni, rendendo oscura la esposizione dei fatti di causa e confuse le
censure mosse alla sentenza gravata» (cfr. Cass. Sent. 26.8.2020, n. 17767; conf. Cass. Sent.
13.2.2023, n. 4300; Cass. Ord. 26.11.2021, n. 36935; Cass. Sez. Lav. Sent. 29.4.2021, n. 11339).
È inammissibile il ricorso i cui motivi siano «formulati in maniera farraginosa, disordinata e
confusa, con una prosa involuta, difficilmente comprensibile, appesantita da continue e ridondanti
ripetizioni e sovrapposizioni», perché non rispetta la tecnica della «chiara e sommaria esposizio-
ne dei fatti di causa e degli specifici motivi» (cfr. Cass. Sent. 4.5.2020, n. 8425, in relazione a un
ricorso di 239 pagine; sulla «irresolubile farraginosità della esposizione dei fatti processuali e delle
censure», cfr. anche Cass. Ord. 28.5.2020, n. 9996; conf. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12376). Ed è
inammissibile anche il ricorso che non contenga, «sia pure in modo non analitico o particolareg-
giato, la indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti (…), delle eccezioni, delle difese e
delle deduzioni di ciascuna (…), dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni (…)»
(cfr. Cass. Ord, 22.4.2021, n. 10590). Conclusione: «la “sintesi” degli atti processuali costituisce
oggi un vero e proprio “valore”» (cfr. Cass. Ord. 18.11.2021, n. 35247), con la conseguenza che
l'assenza di selezione sintetica del contenuto degli atti, non soddisfa «la richiesta di concisa
rielaborazione delle vicende processuali» (cfr. Cass., Sent. 21.2.2018, n. 4155; conf. Cass. Ord.
31.1.2019, n. 2913; e Cass., Sent. 4.4.2018, n. 8245), salvo che i documenti integralmente ripro-
dotti possano essere facilmente espunti (cfr. Cass. Ord. 2.2.2021, n. 2248), o che la tecnica del
«copia e incolla» non presenti «un certo, sufficiente sforzo di sintesi e di selezione dei fatti salienti
della vicenda processuale», rendendo inammissibile, il ricorso assemblato - c.d. sandwich - (cfr.
Cass. Sent. 12.2.2020, n. 3394).
«Il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, richiesto dall’art. 366, primo comma, n.
3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, è soddisfatto anche là dove sia
incorporata nel ricorso una copia della sentenza impugnata o altri atti del giudizio, in modo da co-
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stituirne parte integrante, sempre che, mediante la lettura del ricorso, sia consentita la conoscenza e

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la intellegibilità della vicenda processuale» (cfr. Cass. Ord. 20.12.2021, n. 40714);

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› dall'altro, ha rilevato il difetto di autosufficienza proprio per mancata trascrizione degli atti,
che devono essere specificatamente richiamati nel ricorso per permettere alla Corte di valuta-
re la fondatezza delle ragioni del ricorrente, «senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti
esterne allo stesso ricorso» (cfr. Cass., Sent. 17.1.2018, n. 959; Cass., Ordinanze 7.6.2022, n. 18318;
5.11.2020, n. 24747; 7.3.2018, n. 6635; 21.2.2018, n. 4134; Cass., Sentenze 2.8.2022, n. 22680;
20.10.2021, n. 29153; 14.3.2019, n. 7240; 13.11.2015, n. 23249).
Ad esempio:
› è inammissibile il ricorso, quando «il ricorrente non ha né trascritto il contenuto delle domande
che avrebbe avanzato ai giudici di appello – essendo del tutto insufficienti i generici riferimenti fatti
in ricorso al contenuto delle stesse – né ha allegato il relativo atto – come avrebbe potuto fare in
base alle “raccomandazioni” di cui al Protocollo d’intesa tra questa Corte e il CNF del 17 dicembre
2015 [si veda sopra])» (cfr. Cass. Ord. 1.12.2020, n. 27417);
› «ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige
la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina la inammissibilità del motivo»
(cfr. Cass., Ord. 2311.2018, n. 30378);
› «qualora il ricorrente censuri la sentenza (…) sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio
sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti te-
stualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o
pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricor-
so» (cfr. Cass., Ord. 2.7.2018, n. 17215; conf. Cass. Sentenze 13.11.2018, n. 29093; 17.7.2018, n.
18903); e lo stesso principio, «applicabile anche alla sintetica motivazione della cartella esattoria-
le, comporta la inammissibilità del ricorso che, deducendo la carenza argomentativa dell’atto (…),
non ne riporti il contenuto in maniera completa» (cfr. Cass., Ord. 28.11.2018, n. 30797);
› è inammissibile, per difetto di specificità ex art. 366, c.p.c., il motivo con cui si deduce «il vizio
di motivazione riscontrato nella omessa valutazione degli elementi indiziari, che potevano trarsi
dalla movimentazione registrata sui conti correnti intestati a persone appartenenti alla famiglia di
cui facevano parte i soci» della Srl, se il ricorrente «omette di trascrivere l’avviso di rettifica impu-
gnato» (cfr. Cass., Ord. 21.12.2018, n. 33640);
› invece, il principio di autosufficienza è rispettato se nel ricorso viene riportato «uno stralcio
dell’avviso di accertamento indicante (…) le sanzioni in concreto accertate» e la rideterminazione
della «misura della sanzione in concreto applicabile» a seguito della modifica (in senso più favo-
revole), della disciplina sanzionatoria introdotta dal D.Lgs. 158/2015: con la conseguenza che
la causa viene rinviata al competente giudice di merito «per la rideterminazione delle sanzioni»
(cfr. Cass., Ord. 30.11.2018, n. 31063).
Da ultimo, sul principio di autosufficienza è intervenuta la Corte Europea dei Diritti Umani che -
dopo aver riconosciuto che detto principio «permette alla Corte di cassazione di circoscrivere il con-
tenuto delle doglianze formulate e la portata della valutazione che le viene richiesta alla sola lettura
del ricorso» - ha ammesso «che le condizioni di ricevibilità di un ricorso per cassazione possano esse-
re più rigorose che per un appello», MA resta «il fatto che la restrizione dell’accesso alle corti di cas-
sazione non possono limitare, attraverso una interpretazione troppo formalistica, il diritto di acces-
so a un tribunale in modo tale o a tal punto che il diritto sia leso nella sua stessa sostanza» (cfr. C.E.
dei Diritti Umani, Sent. 28.10.2021, n. 55064/11, Causa Succi e altri c. Italia). E la Corte di cassa-
zione «ritenendo opportuno confrontarsi con l’approdo delineato» dalla C.E. dei Diritti Umani con la
Sentenza citata, ha precisato che «il principio di autosufficienza permette alla Corte di cassazione di
scrutinare funditus il merito delle denunce presentate e la portata della valutazione che le è richiesta
sulla base del solo ricorso, fattore che garantisce un uso appropriato e più efficiente delle risorse di-
sponibili. Questo approccio formale, legato alla tecnica di redazione del ricorso, deriva dalla natura
stessa del ricorso per cassazione, che protegge, da un lato, l’interesse del contendente a vedere accolte
le sue critiche alla decisione impugnata e, dall’altro, l’interesse generale all’annullamento di una deci-
sione che potrebbe minare la corretta interpretazione del diritto (art. 111 Cost.)» (cfr. Cass. Ord.
4.3.2022, n. 7186. In proposito, si veda anche: Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massi-
mario e del ruolo, Rel. n. 116 del 30.11.2021).
Redazione dei motivi di ricorso sub 4) In merito ai requisiti – espressamente previsti a pena di
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inammissibilità del ricorso – della esposizione sommaria dei motivi di impugnazione, la Corte
di Cassazione ha statuito che:

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› «con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, con-
trapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi de-
gli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente; l'apprezzamento dei fatti e delle prove, in-
fatti, è sottratto al sindacato di legittimità» (cfr. Cass. Ord. 13.12.2017, n. 29998, che richiama
Cass. Ord. 7.4.2017, n. 9097; conf. Cass. Ordinanze 3.12.2019, n. 31487; 24.5.2019, n. 14204;
18.5.2019, n. 13495; Cass. Sent. 29.10.2020, n. 23872);
› il ricorso che «si limita a riproporre le medesime contestazioni svolte nei gradi precedenti, senza
alcuna specificazione dei motivi di ricorso, delle norme di legge asseritamente violate, né tanto me-
no delle argomentazioni in diritto che sarebbero in ipotesi viziate (cfr. Cass. n. 24298/2016)» è ca-
rente dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità (cfr. Cass. Ord. 22.1.2018, n. 1479);
› il ricorso «deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequi-
vocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite» dall’art. 360, co. 1, c.p.c., «pur sen-
za la necessaria adozione di formule sacramentali o la esatta indicazione numerica di una delle pre-
dette ipotesi» (cfr. Cass. Ord. 11.11.2020, n. 25362);
› «i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni
generali e ad affermazioni apodittiche, mediante le quali il ricorrente non prenda concreta posizio-
ne, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni
tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa. La natura di giudizio a critica vin-
colata del processo per cassazione, infatti, impone alla parte di indicare con precisione gli asseriti
errori contenuti nella sentenza impugnata, atteso che il singolo motivo assolve alla funzione condi-
zionante il "devolutum" della sentenza impugnata» (cfr. Cass. Sent. 22.2.2019, n. 5260);
› «deve ritenersi inammissibile il ricorso di legittimità laddove contenga “non motivi”, in quanto i
mezzi di impugnazione risultano generici, inconferenti e privi di alcun riferimento critico alla moti-
vazione della sentenza impugnata, integrando [quindi] l’abuso del processo» (con l'ulteriore con-
seguenza della condanna della parte soccombente al pagamento di una somma equitativa-
mente determinata, giustificata dalle conclamate e manifeste ragioni di inammissibilità: cfr.
Cass. Ord. 15.4.2021, n. 9951; conf. Cass. Ord. 5.11.2021, n. 32031);
› integra abuso del processo (anche) un ricorso fondato su una tesi che la stessa Corte di legitti-
mità definisce «impensabile alla luce della lettera della legge e da più di mezzo secolo di giurispru-
denza conforme sul punto» (cfr. Cass. Ord. 11.2.2022, n. 4430, fattispecie in cui si sosteneva che
la sentenza depositata e sottoscritta sarebbe nulla perché nel fascicolo manca il dispositivo).
Ancora: «il ricorso di legittimità deve essere dichiarato inammissibile e la parte condannata per
abuso del processo laddove ha esercitato in concreto il suo diritto di azione, nonostante il rispetto
formale da parte sua del diritto processuale, in termini che si connotano per antigiuridicità, giacché
ha prospettato assunti difensivi palesemente eccentrici e nuovi rispetto all’apparato argomentativo
e motivazionale della sentenza di cui ha chiesto la cassazione, confezionando un ricorso, la cui
inammissibilità non poteva che risultare manifesta sotto i plurimi profili individuati» (cfr. Cass.
Ord. 29.3.2022, n. 10039, anche in questo caso con la ulteriore conseguenza della condanna
della parte ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c.);
› la proposizione di un ricorso «fondato su motivi palesemente inammissibili (…) costituisce con-
dotta valutabile come “abuso del processo”, poichè determina un ingiustificato sviamento del siste-
ma processuale dai suoi fini istituzionali e si presta, dunque, ad essere sanzionata con la condanna
del soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determi-
nata, ai sensi dell’art. 96, co. 3 c.p.c.» (cfr. Cass. Ord. 26.7.2022, n. 23335);
› «la erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della
sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, c.p.c. co. 1, né determina la inammissibilità del
ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato
(Cass. 7.11.2017, n. 26310)» (cfr. Cass. Sent. 28.2.2018, n. 4589; in senso contrario, cfr. Cass. Ord.
28.2.2018, n. 4595, secondo la quale «il motivo di ricorso con il quale si censura un vizio erronea-
mente individuandone la tipologia è inammissibile»);
› «è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei» (cfr.
Cass. Ord. 28.11.2017, n. 28377; conf. Cass. Ordinanze 24.9.2020, n. 20132; 17.1.2020, n. 938;
9.1.2020, n. 206; Cass. Sent. 16.7.2019, n. 18982), o la «simultanea deduzione di più vizi tra quelli
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denunciabili ex art. 360 c.p.c., tra loro così intrinsecamente accomunati nella esposizione da non

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consentire (…) [di] individuare le questioni riconducibili all’uno o all’altro» (cfr. Cass. Ord.

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17.1.2018, n. 959; conf. Cass. Ord. 3.3.2021, n. 5766); così come è inammissibile il ricorso «re-
datto secondo una tecnica che non soddisfa i requisiti di concisione, chiarezza e specificità che de-
vono connotare (…) la formulazione e la illustrazione dei motivi» (con conseguente responsabili-
tà processuale aggravata ex art. 96, co. 3 c.p.c.: cfr. Cass. Ord. 28.4.2023, n. 11258), e quello i
cui motivi «si risolvono in un indistinto coacervo di elementi di fatto e vaghe menzioni normative»
(cfr. Cass. Ord. 31.8.2020, n. 18066), ed «è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei
due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controver-
sia» (cfr. Cass. Sent. 17.7.2018, n. 18903);
› però, «la configurazione formale della rubrica del motivo di gravame non ha contenuto vincolante
per la qualificazione del vizio denunciato, poiché è solo la esposizione delle ragioni di diritto della
impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura» (cfr.
Cass. Sent. 26.1.2018, n. 2006);
› per cui, «il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali
avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione
d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ri-
corso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde con-
sentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto
fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati» (cfr. Cass. Sent.
31.1.2018, n. 2246; conf. Cass. Ord. 18.5.2021, n. 13334).
Indicazione di atti e documenti sub 6) In merito alla specifica indicazione dei documenti, sui
quali il ricorso si fonda, la Corte di Cassazione ha statuito che:
› «il ricorrente è tenuto, a pena di inammissibilità del ricorso, al rispetto dell’onere, imposto dall’art.
366, n. 6, c.p.c., della specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso
si fonda (…) essendo precluso al giudice di legittimità l’esame diretto degli atti di causa» (cfr. Cass.
Sent. 22.10.2020, n. 23099, che richiama Cass. Ord. 7.6.2017, n. 14107);
› «il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini
la omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, e, segnatamente, quando il docu-
mento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di cer-
tezza e non di mera probabilità, la efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il
convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di "fonda-
mento"; ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, la
indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo ad una
decisione diversa» (cfr. Cass. Ord. 19.9.2019, n. 23378; conf. Ord. 26.6.2018, n. 16812).
Notificazione del ricorso In proposito, la Cassazione ha stabilito i seguenti principi:
› «la inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di
strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale man-
canza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli ele-
menti costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione,
ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (…)»;
› «il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi
costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si ri-
veli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto,
come tale sanabile, con efficacia "ex tunc", o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costi-
tuzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza
della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordi-
ne del giudice ex art. 291 c.p.c.» (cfr. Cass. Ord. 5.3.2018, n. 5133 che richiama i principi afferma-
ti da Cass., SS.UU. Sent. 20.7.2016, n. 14916; conf. Cass. Ordinanze, 24.3.2022, n.
9531; 17.11.2020, n. 26086; 25.9.2020, n. 20303; 18.5.2020, n. 9104; 27.11.2019, n. 30.941;
19.4.2019, n. 11016; Cass. Sent. 27.3.2019, n. 8535). Di conseguenza, «la notifica del ricorso per
cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina la inesistenza, ma la
nullità della notificazione (…) che è sanabile in forza della rinnovazione della notifica, sia quando il
ricorrente vi provveda di propria iniziativa, anticipando l’ordine contemplato dall’art. 291 c.p.c., sia
quando agisca in esecuzione di esso» (cfr. Cass. Ord. 10.9.2021, n. 24446);
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› «la notificazione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di una commissione tributaria, ese-
guita non presso l’Agenzia delle Entrate, o un ufficio periferico della stessa, bensì presso l’Avvocatu-

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ra Generale dello Stato, qualora nella fase di merito l’Agenzia non sia stata rappresentata dall’Avvo-
catura, è affetta da nullità e non da inesistenza, con la conseguenza che la nullità della notifica ri-
mane sanata per effetto della costituzione in giudizio dell’Avvocatura, la quale abbia articolato le
proprie difese per conto dell’Agenzia» (cfr. Cass. Ord. 22.7.2021, n. 21045).
La notifica del ricorso può essere effettuata sia a mezzo di Ufficiale giudiziario, sia in modalità
telematica (PEC). In questo secondo caso, la Corte di Cassazione ha affermato che «anche alle
notifiche PEC deve applicarsi il principio, sancito in via generale dall’art. 156 c.p.c., secondo cui la nul-
lità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato», e che «la man-
canza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non è causa di inesistenza dell’atto,
potendo la stessa essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della no-
tifica» (cfr. Cass. Ord. 13.2.2018, n. 3805; conf. Cass. Ordinanze 6.10.2022, n. 29084; 24.2.2021, n.
4952; 12.7.2018, n. 18324).
«Deve ritenersi procedibile il ricorso per cassazione, pur difettando l’asseverazione autografa in calce
delle relate di notifica via Pec e della sentenza, dal momento che sono presenti attestazioni di confor-
mità in calce alle relate in parola e alla decisione gravata – con indicazione di sottoscrizione digitale
insufficiente di per sé in assenza di processo telematico nella fase di legittimità – che sono esplicita-
mente richiamate in altro correlato atto, ossia l’indice dei documenti depositati, contenente quindi
l’elencazione di tali atti, sottoscritto in via autografa, dovendo ritenersi che il nesso esplicito tra i due
atti appena richiamati permette di ritenere sussistente l’asseverazione non essendo equivocabile la sus-
sistenza della correlativa volontà e nemmeno elusa la compiuta struttura formale necessaria, sebbene
ricostruibile in modo composito» (cfr. Cass. Ord. 18.3.2021, n. 7610; conf. Cass. Ord. 22.12.2020, n.
29266, e, in precedenza, Cass. SS.UU. 25.3.2019, n. 8312).
1. Ricorrente Amministrazione finanziaria - Il ricorso da parte dell’Amministrazione finanziaria
va notificato presso il domicilio eletto (PEC) del difensore costituito nel giudizio di merito.
2. Ricorrente contribuente - Il ricorso da parte del contribuente va notificato presso l’Ammini-
strazione finanziaria.
Quanto alla corretta individuazione della controparte processuale nel giudizio dinanzi alla
Corte di Cassazione, ci si limita qui a far presente che, a seguito della attivazione delle Agen-
zie fiscali, il ricorso contro l'Agenzia delle Entrate va notificato al Direttore pro tempore del-
l’Agenzia, Roma, via Giorgione n. 106 (cfr Provv. Dir. A.E. Prot. 179742/2019, con il quale la
sede legale dell'A.E. viene ivi trasferita a decorrere dal 15.6.2019); e che – con Circolare
28.5.2010, n. 27/E – l’Agenzia della Entrate ha invitato le dipendenti strutture operative a
non sollevare eccezioni nel caso di ricorsi per cassazione notificati dai contribuenti all’indi-
rizzo delle Direzioni provinciali che siano state parti nei processi di appello.
Inoltre, con specifico riferimento al subentro, a titolo universale, dell’Agenza delle Entrate -
Riscossione alle Società del Gruppo Equitalia Spa, a far data dal 1° luglio 2017, le Sezioni Uni-
te della Corte di Cassazione hanno sancito il seguente principio di diritto: «in tema di giudizio
di legittimità, la ultrattività del mandato in origine conferito al difensore dell'agente della riscos-
sione, nominato e costituito nel grado di giudizio concluso con la sentenza oggetto di ricorso per
cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso avverso la sentenza pronun-
ciata nei confronti dell'agente della riscossione originariamente parte in causa, poiché la cessazione
di questo e l'automatico subentro del successore sono disposti da una norma di legge, quale il D.L.
n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore ex lege, cioè all'Agenzia
delle Entrate - Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida, ma tale invalidità
integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria vuoi per spontanea costituzione dell'Agenzia
stessa, vuoi a seguito della rinnovazione dell'atto introduttivo dell'impugnazione, da ordinarsi - in
caso di carenza di attività difensiva dell'intimata - ai sensi dell'art. 291 c.p.c., presso la competente
Avvocatura dello Stato, da identificarsi nell'Avvocatura Generale in Roma». (cfr. Cass. SS.UU. Ord.
30.1.2020, n. 2087).
3. Notifiche della cancelleria alle parti in giudizio - Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Ro-
ma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione; di qui l’oppor-
tunità di eleggere domicilio a Roma (di solito presso uno studio legale); ferma restando la possi-
bilità di indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), quale domicilio digitale.
Processo tributario 307

Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori possono essere fatte al nu-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mero di fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato in ricorso dal difensore che così di-

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chiara di volerle ricevere.
Termini Il ricorso per cassazione deve essere notificato all’altra parte entro 60 giorni dalla notifica
della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado ovvero – in caso di mancata
notifica – entro sei mesi dalla pubblicazione della stessa (cfr. art. 327 c.p.c.). Secondo la giuri-
sprudenza, il rischio della notificazione ricade sul notificante, per cui «laddove la notifica sia ef-
fettuata in prossimità della scadenza dei termini di impugnazione e non si perfezioni per cause impu-
tabili al notificante - quale deve ritenersi la circostanza che il destinatario non era conosciuto nel luo-
go indicato dal richiedente - si determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata» (cfr.
Cass. Ord. 22.11.2018, n. 30245).
«All’onere di verifica (attraverso l’agevole consultazione degli albi professionali, attualmente informa-
tizzati ed accessibili telematicamente), presso l’albo professionale del domicilio dei procuratori dove
notificare l’impugnazione corrisponde [infatti] l’assunzione da parte del notificante del rischio dell’esi-
to negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo» (cfr. Cass. Ord.
4.1.2022, n. 115).
Si ricorda che, a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, era stato sospeso - dal
9.3.2020 all’11.5.2020 - il termine per la proposizione del ricorso e del controricorso in cassazio-
ne di cui agli artt. 325, 327 e 370 del c.p.c., con effetto anche nel processo tributario (cfr. art. 83,
co. 2, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23,
conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
In proposito, la Corte di cassazione ha affermato:
› «in tema di ricorso per cassazione, in relazione alle controversie rientranti nella definizione agevo-
lata di cui al D.L. 119/2018, conv. in L. 136/2018, ove per effetto della sospensione legale prevista
dall’art. 6, co. 11 del decreto citato, il termine per impugnare scada nel periodo di sospensione dei
termini processuali per l’emergenza epidemiologica da Covid-19, previsto dal D.L. 18/2020, conv. in
L. 27/2020 e dal D.L. 23/2020, conv. in L. 40/2020, esso resta prorogato in conseguenza della suc-
cessione nel tempo degli effetti di tali sospensioni» (cfr. Cass. Ord. 27.10.2021, n. 30397 e C.A.E.
16.4.2020, n. 10, § 2, ivi richiamata);
› «il ricorso di legittimità deve ritenersi inammissibile per tardività a nulla rilevando, durante
l’emergenza epidemiologica da Covid-19, il divieto di spostamento tra le Regioni, temporaneamente
imposto dall’art. 1, co.1., lett. a), del D.P.C.M. 26.4.2020, il quale risulta espressamente derogabile
“per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute” e, dunque, non
impediva al ricorrente di spostarsi nella Regione confinante per recarsi dove è situato lo studio del
legale che l’aveva assistito e rilasciargli la procura necessaria per consentirgli di proporre tempesti-
vamente la impugnazione» (cfr. Cass. Ord. 23.8.2021, n. 23317, fattispecie relativa ad un giudizio
di adozione di minori).
Ricorso «per saltum» (co. 2-bis) Analogamente a quanto previsto nel Codice di procedura civile
(art. 360, secondo comma), a partire dal 1° gennaio 2016, le parti del processo tributario di pri-
mo grado – che sia stato instaurato esclusivamente per violazione o falsa applicazione di norme
di diritto (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) – possono accordarsi per omettere l’appello ed
impugnare la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado immediatamente davan-
ti alla Corte di Cassazione. Sulle modalità di proposizione del ricorso cd. «per saltum» dovrebbe-
ro valere le norme del Codice di procedura civile (in applicazione dei criteri di cui all’art. 1, co. 2,
del Decreto); per cui «l’accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre
parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato, anche anteriore
alla sentenza impugnata, da unirsi al ricorso stesso» (cfr. art. 366, co. 3, c.p.c.). L’accordo – diretto
all’immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di primo grado – costituisce
un «negozio giuridico processuale, quanto meno sotto il profilo della rilevanza della manifestazione di
volontà dei dichiaranti, il cui effetto immediato è quello di rendere non appellabile la sentenza oggetto
dell’accordo»; pertanto, se «l’accordo non sia stato concluso dalle parti personalmente o dai loro di-
fensori muniti di procura speciale, il ricorso per cassazione, proposto per saltum, deve essere dichia-
rato inammissibile, non risultando sufficiente allo scopo l’intervento dei difensori muniti di mera pro-
cura ad litem» (Cass., SS.UU., Sent. 26.7.2006, n. 16993).
In linea generale, aderire ad un accordo «anteriore alla sentenza impugnata», comporta la rinuncia
308
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della parte all’appello senza conoscere la motivazione della sentenza e, quindi, senza poter valuta-
re la presenza di vizi ulteriori rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

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Costituzione in giudizio del ricorrente L’originale del ricorso, insieme con la copia autentica della
sentenza impugnata, con la relazione di notificazione (se questa è avvenuta), e con gli atti e i
documenti sui quali il ricorso si fonda, e con l'istanza ex art. 369, co. 2, c.p.c., in duplice origina-
le, deve essere depositato – a seguito della emergenza epidemiologica, preferibilmente mediante
«invio per posta, in plico raccomandato» (cfr. art. 134, disp. att. c.p.c.; Provv. Cass. 29.11.2020, n.
2278/2020/I) – presso la cancelleria della Corte di Cassazione, a pena di improcedibilità, entro
20 giorni dall’ultima delle notificazioni alle parti contro le quali è proposto. «In ipotesi di notifi-
cazione a mezzo del servizio postale (…), il termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti
contro le quali [il ricorso] è proposto, previsto dall’art. 369 c.p.c. a pena di improcedibilità, decorre
dalla data di consegna del plico al destinatario» (cfr. Cass., Ord. 21.2.2018, n. 4134). Se la «contro-
parte» è una sola, il termine di 20 giorni decorre dalla notifica del ricorso.
«Se è vero che il tardivo deposito dell’originale del ricorso per cassazione - dopo la scadenza del vente-
simo giorno dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto - comporta la improcedibili-
tà dello stesso, che è rilevabile d’ufficio e non è esclusa dalla circostanza che il controricorrente non
abbia formulato apposita eccezione, tuttavia, ove il mancato tempestivo deposito del ricorso sia dovuto
a causa ad esso non imputabile, è possibile evitare la declaratoria di improcedibilità chiedendo, non
appena l’impedimento sia cessato, la rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153, secondo comma,
c.p.c., e provvedendo a depositare contestualmente l’atto non potuto depositare nei termini» (cfr. Cass.
Ord. 23.8.2022, n. 25177 e Cass. Sent. 4.9.2019, n. 22092).
Alla improcedibilità del ricorso dovrebbe seguire – secondo una parte della giurisprudenza (cfr.
Cass. Ord. 18.10.2022, n. 30702) – la condanna al pagamento del contributo unificato in misura
doppia ex art. 13, co. 1-quarter del D.P.R. 115/2002.
Altro orientamento ritiene, invece, che il raddoppio del contributo unificato:
› non sia applicabile «in caso di rinuncia al ricorso per cassazione (…) trattandosi di misura eccezio-
nale, “lato sensu” sanzionatoria (…) di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di inter-
pretazione estensiva o analogica»: cfr. Cass. Ord. 24.8.2022, n. 25228;
› non sia dovuto, essendo «normativamente e logicamente dipendente dalla sussistenza del prece-
dente obbligo della parte impugnante di versare il contributo al momento della iscrizione a ruolo
della causa», per cui «non essendo stato depositato il ricorso principale, non sussistono i presuppo-
sti per l’applicabilità alla parte ricorrente dell’art. 13, co. 1-quater del D.P.R. 115/2002»: cfr. Cass.
Ord. 17.3.2022, n. 8728).
In considerazione dei due opposti orientamenti, la Corte di cassazione ha rimesso la questione
al Primo Presidente ai fini della sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ord. I.
11.11.2022, n. 33270).
Il mancato deposito, unitamente alla copia autentica della sentenza, della relazione di notifica-
zione della stessa comporta la improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. Sent. 12.2.2020, n. 3466),
che, però, «può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successi-
vo, purché entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione», ovvero «quando il
documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché pre-
sente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza di parte (…)» (cfr. Cass. Ord. 24.3.2021, n. 8222; conf.
Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14234).
Quanto alle modalità «di attestazione del provvedimento giurisdizionale richiamato dall’art. 369
c.p.c., le regole contenute nell’art. 25-bis del D.Lgs. 546/1992 sono applicabili anche all’attestazione di
conformità della sentenza tributaria, presente nel fascicolo informatico di merito. (…) Infatti, ai fini del
deposito della decisione in copia autentica, in base all’art. 369, secondo comma, n. 2, del c.p.c., il difen-
sore può giovarsi del potere di autentica purché (…) attesti trattarsi di atto contenuto nel fascicolo in-
formatico di ufficio, perché originariamente digitale ovvero perché digitalizzato dal cancelliere» (cfr.
Risp. Agenzia delle Entrate a Telefisco 27.1.2022, che, sul punto, si riporta alla decisione della
Corte di cassazione a SS.UU., 25.3.2019, n. 8312, conf. Cass. Ord. 9.3.2020, n. 6651).
Inoltre, «il potere di attestazione di conformità della sentenza oggetto di impugnativa in Corte di
Cassazione spetta al difensore che instaura il giudizio di legittimità. Laddove tale difensore sia il me-
desimo di quello che ha proposto il ricorso di merito, si fa presente che l’attestazione di conformità del
provvedimento impugnato potrà essere effettuata secondo l’art. 25-bis del D.Lgs. 546/1992, atteso che
Processo tributario 309

il medesimo difensore accede al fascicolo digitale di merito nell’ambito dei servizi del P.T.T. (…). Qua-

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lora, invece, il difensore in Cassazione risulti essere un soggetto diverso da quello nominato nel giudi-

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zio di merito, l’attestazione di conformità sarà effettuata dallo stesso, previa registrazione al Sigit e
successiva richiesta di accesso temporaneo al fascicolo processuale telematico mediante il servizio pre-
sente nel P.T.T.. In sostanza, una volta autorizzata la visione del fascicolo informatico di secondo gra-
do da parte dell’ufficio di segreteria, il difensore in Cassazione potrà procedere all’autenticazione della
copia della pronuncia oggetto di impugnativa estratta dal fascicolo digitale (…)» (cfr. Risp. Agenzia
delle Entrate a Telefisco 27.1.2022).
Anche il mancato deposito degli atti processuali e dei documenti fondanti i motivi di impugna-
zione era stato ritenuto causa di inammissibilità del ricorso (cfr. Cass., Ordinanze 6.12.2011, n.
24746; 11.2.2011, n. 3522; 5.2.2011, n. 2803; Cass., Sent. 13.10.2010, n. 21121), ma le Sezioni Unite –
interpellate dalla stessa Sezione Tributaria (cfr. Cass., Ord. 7.4.2011, n. 8027) – hanno enunciato i
seguenti principi di diritto:
› «l’onere del ricorrente di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, entro i venti giorni dall’ul-
tima notificazione dello stesso, «gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui
quali il ricorso si fonda» è soddisfatto, quanto agli atti ed ai documenti contenuti nel fascicolo di
parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e
ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di
detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e
restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, (ferma in ogni caso
l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei do-
cumenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi)»;
› «per i ricorsi avverso sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle
parti (che ex art. 25, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, restano acquisiti al fascicolo d’uffi-
cio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente
non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia
domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (a meno che
non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commis-
sione tributaria); neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei
documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte»
(così Cass., SS.UU., Sent. 3.11.2011, n. 22726; conf. Cass. Sent. 15.3.2022, n. 8283).
Processo Civile Telematico P.C.T. A seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il Legi-
slatore ha imposto l’obbligo di deposito telematico degli atti nei giudizi civili di merito. Tale
previsione è stata estesa - non come obbligo, ma - solo come facoltà, anche al giudizio di fronte
alla Corte di Cassazione.
La relativa disciplina – non a regime, ma correlata al permanere dello stato di emergenza sani-
taria si rinviene, principalmente, nell’art. 221, co. 5, del D.L. 19.5.2020, n. 34 (conv., con modif. in
L. 17.7.2020, n. 77), e negli articoli 23 e 24, del D.L. 28.10.2020, n. 137 (conv., con modif. in L.
18.12.2020, n. 176), più volte modificati e adeguati al protrarsi della pandemia (da ultimo con ri-
ferimento alla data del 31.12.2022: cfr. art. 16, co. 1, D.L. 30.12.2021, n. 228, conv. con modif. in L.
25.2.2022, n. 15, c.d. Milleproroghe). A tale normativa primaria si è affiancata tutta una serie di
provvedimenti e interventi volti ad individuare le regole operative applicabili al processo telema-
tico in Cassazione, tenendo conto della evoluzione della relativa disciplina e delle disposizioni
del codice di procedura civile.
A. Le disposizioni previste dall’art. 221 del D.L. 34/2020, in materia di processo civile
L’art. 221, co. 5, del D.L. 34/2020, le cui disposizioni in materia di processo civile «continuano ad
applicarsi fino alla data del 31.12.2022» (cfr. art. 16, co. 1, D.L. 30.12.2021, n. 228, conv. con modif.
in L. 25.2.2022, n. 15, c.d. Milleproroghe), ha stabilito che «nei procedimenti civili innanzi alla Cor-
te di cassazione, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità
telematica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la tra-
smissione e la ricezione dei documenti informatici».
La norma ha subordinato il deposito telematico degli atti e dei documenti, da parte degli avvo-
cati, all'adozione di un provvedimento di attivazione del servizio «che accerta la installazione e la
idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei
documenti informatici».
310
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Il citato provvedimento è stato adottato il 27.1.2021, per cui «per [poter] procedere nell’immediato,
alla fase preliminare di sperimentazione del deposito degli atti di parte e, comunque, per sostenere

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l’efficace avvio e lo sviluppo del processo telematico di legittimità», è stato siglato un Protocollo di
Intesa tra il Ministero della Giustizia, la Corte Suprema di Cassazione, la Procura Generale pres-
so la Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato, il Consiglio Nazionale Forense e l’Organismo
Congressuale Forense (cfr. Protocollo di Intesa del 15.10.2020).
Il Protocollo prevede(va):
› una prima fase a doppio binario, cartaceo e telematico, che consentiva alle parti processuali di
trasmettere - già dal 26.10.2020 - «i ricorsi e i controricorsi nonché gli atti successivi anche in
modalità telematica (…) fermo restando che (…) per la validità dell’atto continuerà ad essere neces-
sario il deposito cartaceo in cancelleria con le modalità tradizionali» (cioè a mezzo posta ex art.
134 disp. att.c.p.c.);
› successivo
Il fasi successive, per arrivare
Protocollo a gestire
di Intesa, tra la tutto
CorteilSuprema
fascicolo di
con modalità telematiche.
Cassazione, la Procura Generale pres-
so la Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato e il Consiglio Nazionale Forense, del
27.10.2020 (come integrato in data 18.11.2020), ha cessato di avere validità a seguito della sotto-
scrizione Protocollo tra le stesse parti del 2.3.2023, n. 0003619, il quale prevede quanto segue:
«Per favorire lo sviluppo del processo telematico appare di estrema utilità che gli atti processuali già
depositati in modalità analogica dalle parti siano veicolati in via telematica tramite piattaforma p.c.t.
nei termini e con le modalità di seguito specificata, e così resi disponibili ai magistrati nell’apposito
applicativo ministeriale (il cd. desk del magistrato) in uso presso le sezioni civili della Cassazione e
della Procura Generale. A tal fine si conviene quanto segue.
4.1. Contenuto del provvedimento di fissazione dell’udienza.
1. Con la comunicazione contenente l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica o dell’adunanza came-
rale non partecipata, la Cancelleria della Corte di cassazione inviterà i difensori e l’Avvocatura Ge-
nerale dello Stato a trasmettere, ove nella loro disponibilità e secondo le forme di cui agli articoli
seguenti del presente protocollo, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, copia
informatica – nel formato pdf previsto per i documenti informatici allegati, ex art. 12 del D.M.
21.2.2011, n. 44 – di tutti gli atti processuali del giudizio di cassazione già depositati in cartaceo
nelle forme ordinarie (ricorso, controricorso, nota di deposito ex art. 372, secondo comma, c.p.c.,
provvedimento impugnato).
4.2. Modalità di deposito delle copie informatiche degli atti cartacei.
1. I difensori delle parti, compresa l’Avvocatura Generale dello Stato, provvederanno a depositare in
via telematica sulla piattaforma p.c.t. le copie informatiche di tutti gli atti processuali del giudizio
di cassazione, già depositati in cartaceo, ove nella loro disponibilità.
2. L’adesione all’invito di cui al presente protocollo implica l’impegno a trasmettere copie informatiche
di contenuto uguale agli originali o alle copie già presenti nel fascicolo cartaceo.
4.3. Utilizzo della piattaforma del processo telematico per le memorie e le richieste dell’udienza
cartolare.
1. Secondo le stesse modalità saranno depositate le memorie e le richieste previste dall’art. 23, comma
8-bis, del D.L. n. (1)37 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. (1)76 del 2020, la cui
efficacia è stata prorogata con il D.L. n. 198 del 2022 sino al 30 giugno 2023».
B. Le disposizioni previste dall’art. 24 del D.L. 137/2020, sulla semplificazione delle attività di deposi-
to di atti, documenti e istanze nella vigenza della emergenza epidemiologica
L’art. 24, co. 4 del D.L. 137/2020 (nel testo convertito con modif. in L. 18.12.2020, n. 176, in G.U.
24.12.2020, n. 319, in vigore dal 25.12.2020) ha stabilito che: «per tutti gli atti, documenti e istanze
comunque denominati (…) è consentito il deposito con valore legale mediante invio all’indirizzo di
posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati (…). Il deposito (…)
deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposi-
to provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel par-
tale dei servizi telematici», che indicherà anche le specifiche tecniche relative ai formati degli atti
e alla sottoscrizione digitale, nonché le modalità di invio. Viene, inoltre, previsto che «quando il
messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita» con il citato prov-
vedimento, «il deposito può essere eseguito mediante l’invio di più messaggi di posta elettronica certi-
ficata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza».
Sul Portale dei Servizi Telematici è stato, quindi, pubblicato il provvedimento del Direttore ge-
Processo tributario 311

nerale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia (di data 9.11.2020, n.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


0010791), che individua gli indirizzi PEC degli uffici destinatari del deposito, le specifiche tecni-

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che e le modalità di invio, stabilendo che:
› gli atti devono essere in formato PDF; senza restrizione per le operazioni di selezione e copia
di parti, per cui non è ammessa la scansione di immagini; sottoscritti con firma digitale o fir-
ma elettronica qualificata. Le firme ammesse sono PAdES e CAdES;
› i documenti allegati sono in formato PDF, con una risoluzione massima di 200 dpi;
› la dimensione massima consentita per ciascuna comunicazione attraverso la PEC è pari a 30
Megabyte.
La nuova versione degli schemi xsd per il deposito, adottata in data 4.2.2021, prevede che: «al fi-
ne di superare il limite della dimensione massima prevista per i messaggi PEC (garantiti 30 MB), si dà
la possibilità al soggetto abilitato esterno, per qualsiasi tipologia di atto, di effettuare un deposito
multiplo, suddividendo la busta in più buste di deposito.
Nella prima busta, cosiddetto “deposito principale”, nel caso in cui si tratti di un atto introduttivo, do-
vranno essere presenti gli allegati obbligatori. Gli altri allegati, diversi da quelli obbligatori, possono
essere depositati con una o più buste ulteriori, i cosiddetti “depositi complementari”.
In fase di redazione, è necessario specificare nell’indice busta del deposito principale tutti gli allegati
da depositare, compresi quelli inviati con i successivi depositi complementari; indicando per ciascun
allegato se è presente nella busta principale oppure no».
Vengono, poi, indicate ulteriori regole per collegare gli allegati all’atto principale; introdotte al-
cune implementazioni dei controlli di validità in fase di ricezione dei depositi complementari e
disposta la revisione delle tipologie di Atti in corso di causa.
Quanto alle memorie difensive ex art. 380-bis.1, c.p.c., si era posto il problema della legittimità
del loro invio tramite PEC del difensore - all’indirizzo PEC della Corte di cassazione - in assenza
della operatività, a regime, delle regole per il processo telematico in cassazione. La questione è
stata risolta dalla giurisprudenza, affermandone – in un primo momento – la legittimità, qualo-
ra il file «munito di certificazioni informatiche e proveniente dall’indirizzo indicato dal difensore in
sede di costituzione, sia stato regolarmente ricevuto, stampato ed inserito nel fascicolo d’ufficio a di-
sposizione del Collegio e delle altre parti». In questa ipotesi, infatti, «risulta pienamente garantito il
diritto di prendere cognizione del contenuto della memoria entro un tempo ragionevole, dovendo in
ogni caso, ai fini della sua tempestività aversi riguardo esclusivamente alla data di ricezione del docu-
mento da parte della Cancelleria». La conclusione raggiunta dalla Corte si fonda, da un lato, sulla
equiparazione - «per espressa previsione di legge» - della PEC alla raccomandata con ricevuta di
ritorno; dall’altro, sul «principio cardine di strumentalità delle forme, desumibile dal combinato di-
sposto degli art. 121 e 156 c.p.c. (…); con conseguente irrilevanza della eventuale inosservanza della pre-
scrizione formale se l’atto viziato ha comunque raggiunto lo scopo cui è destinato» (cfr. Cass. Ordi-
nanze 10.12.2020, n. 28174 e 28175; conf. Cass. Ordinanze 25.5.2021, n. 14242; 5.3.2021, n. 6154;
3.12.2020, n. 27672); si veda, però, quanto sostenuto, poi, nella Relazione della Corte Suprema di
Cassazione, Ufficio del Massimario e del ruolo, 10.3.2021, n. 20, sotto riportata).
C. Il Provvedimento del 27.1.2021, relativo all’attivazione del servizio di deposito telematico degli atti e
dei documenti da parte dei difensori delle parti In data 27.1.2021, è stato adottato il Provvedi-
mento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giusti-
zia (in G.U., Serie Generale n. 22, del 28.1.2021; per le modalità di accesso ai servizi, si veda la
Nota del Primo Presidente della Corte di Cassazione n. 0002060, del 4.4.2022), previsto dall’art.
221, co. 5, D.L. 34/2020, che, ha accertato «la installazione e la idoneità delle attrezzature informa-
tiche, nonché la funzionalità dei servizi di comunicazione del settore civile per il deposito telematico
degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti a decorrere dal 31 marzo 2021»
(cfr. Vademecum della FIIF-CNF del 29.3.2021). E la Corte di cassazione ha ritenuto che per i di-
fensori che «si avvalgono di tale modalità di deposito (ancora meramente facoltativa), non è necessa-
rio il deposito di copia analogica del ricorso e della relata di notifica telematica, asseverata conforme
all’originale informatico», essendo tali adempimenti ancora necessari nel solo caso in cui il difen-
sore non si avvalga del deposito telematico degli atti (cfr. Cass. Ord. 23.9.2022, n. 27943).
In relazione alle memorie ex artt. 378, 380, 380-bis, 380-bis.1 e 380-ter, c.p.c., la Corte di cassa-
zione ha precisato che:
› «a decorrere dal 31 marzo 2021, i difensori delle parti potranno depositare telematicamente i propri
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

atti – comprese le memorie finali – attraverso la infrastruttura informatica ministeriale, nelle for-
me prescritte dalle norme (…) che regolano la disciplina del PCT sulla trasmissione di atti e docu-

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menti informatici»; e che
› «attualmente il sistema si fonda su un applicativo informatico in dotazione alle cancellerie (il “CSC
client”) e un applicativo in dotazione ai magistrati (il “desk del magistrato”), che consentono la ge-
stione integrata del fascicolo processuale informatico dove confluiscono tutti gli atti depositati tele-
maticamente dai soggetti abilitati (…)». Di conseguenza «il ricorso alla PEC ordinaria dovrebbe ve-
nire meno» (cfr. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del ruolo, Relazione
10.3.2021, n. 20).
Invece, «nei casi ancora espressamente previsti dalla legge – attualmente, solo per le memorie deposi-
tate nell’ambito della trattazione c.d. “cartolare”, ai sensi del comma 8-bis dell’art. 23 del D.L. 137 –
alle parti deve ritenersi ancora consentito il ricorso alla PEC ordinaria per trasmettere l’atto in cancel-
leria» (cfr. Relazione n. 20, cit.), anche se, dal 31 marzo 2021, la norma di cui all’art. 23, co. 8-bis
del D.L. 137 «determinerà un conflitto con la previsione contenuta nell’art. 221, co. 5 del D.L. 34/2020:
la prima, infatti (…) prevede l’invio delle memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. a mezzo PEC come alter-
nativa al deposito cartaceo, diversamente dalla seconda che (…) ne prevede (facoltativamente) l’invio
con gli strumenti propri del P.C.T.», per cui se ne propone una interpretazione abrogatrice che
consenta di ritenere non più efficace l’art. 23, co. 8-bis del D.L. 137 (cfr. Relazione n. 20, cit.).
Il Vademecum della FIIF-CNF, auspicando un intervento normativo che faccia chiarezza sul pun-
to, «suggerisce ai difensori, per quanto prudenzialmente, di depositare le memorie anzidette sia nelle
forme del “processo civile telematico” sia a mezzo posta elettronica certificata».La versione aggiorna-
ta al 7.4.2021 del Protocollo (del 27.10.2020: si veda, però, il Protocollo 2.3.2023, n. 0003619),
aveva riguardato, anche:
› la specifica individuazione degli atti suscettibili di trasmissione telematica, tra cui: ricorso,
controricorso, nota di deposito ex art. 372, co. 2, c.p.c., provvedimento impugnato. Secondo il
Vademecum della FIIF-CNF, «gli atti suscettibili di trasmissione telematica sono praticamente tutti
gli atti del processo di legittimità»;
› la previa comunicazione all’Avvocatura dello Stato e al Consiglio Nazionale Forense degli in-
dirizzi PEC delle cancellerie della Cassazione e delle Segreterie della Procura Generale;
› la precisazione che gli indirizzi PEC dei difensori delle altre parti processuali sono quelli ri-
sultanti dai pubblici registri di cui all’art. 16-ter del D.L. 179/2012;
› la previsione che la Procura Generale provvederà a trasmettere agli indirizzi PEC della Corte
di cassazione, copia informatica degli atti processuali del giudizio di cassazione, già in prece-
denza depositati nelle forme ordinarie.
Ne deriva che dal 31 marzo 2021, il documento del 27 ottobre 2020 (con le modifiche del
18.11.2020), «continuerà ad essere vigente, nei soli limiti di seguito indicati:
a. le copie informatiche degli atti processuali e dei provvedimenti già depositati in cartaceo (ricorso,
controricorso e provvedimento impugnato) potranno essere inviati solo a mezzo P.E.C. ai sensi del
protocollo e non anche avvalendosi degli strumenti del P.C.T.;
b. le eventuali memorie che i difensori depositino in modalità cartacea (salvo il disposto dell’art. 23,
co. 8-bis, D.L. 137/2020 …) potranno essere inviate a mero titolo di “cortesia” a mezzo P.E.C. ai
sensi del protocollo;
c. viceversa, quanto alle memorie ai sensi degli artt. 378 (salvo quelle previsto all’art. 23, co. 8-bis,
D.L. 137/2020), 380, 380-bis, 380-bis.1 e 380-ter, c.p.c., esse potranno essere depositate in modali-
tà telematica, con gli strumenti previsti dal D.M. 44/2011, con valore legale: in tal caso, l’invio a
mezzo PEC ai sensi del protocollo è totalmente superfluo» (cfr. Vademecum della FIIF-CNF del
29.3.2021). Ancora, sia la Relazione della Corte di cassazione citata, sia il Vademecum della FI-
IF-CNF, ribadiscono la natura facoltativa del deposito telematico degli atti; l’applicabilità del-
la nuova disciplina a tutti i depositi, anche relativi a ricorsi già iscritti a ruolo alla data del 31
marzo 2021; la correlazione tra il deposito telematico degli atti e il permanere dello stato di
emergenza sanitaria (attualmente fissata 31.3.2022: cfr. art. 1, D.L. 24.12.2021, n. 221, conv. con
modif. in L. 18.2.2022, n. 11), dato che il processo telematico in Cassazione non è ancora vi-
gente a regime.
In questo contesto è stato siglato il «testo unico dei protocolli, destinato a ricomprendere e superare
Processo tributario 313

quelli sinora siglati» (compreso quello del 27.1.2020) - Protocollo tra la Corte di cassazione, la

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Procura Generale presso la Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato e il Consiglio nazionale
forense, 2 marzo 2023, n. 0003619, che – oltre a quanto già riportato – stabilisce:

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«Atti codificati del processo civile telematico
Per il deposito telematico occorre utilizzare l’apposito atto codificato dal sistema informatico (v., All. n.
2) per la corretta indicizzazione nel fascicolo informatico ai fini della più immediata consultabilità».
Infine, il Vademecum della FIIF-CNF precisa(va) che:
› dal 31.3.2021, sussiste l’obbligo di pagare il contributo unificato relativo ai depositi telematici
necessariamente attraverso pst.giustizia.it;
› è possibile estrarre le copie degli atti e dei provvedimenti dai fascicoli informatici e di atte-
starne le conformità;
› si utilizza il software open source “SLpct”, opportunamente aggiornato, via via che si succedo-
no le varie versioni degli schemi xsd, con possibilità di adoperare, al momento, gli schemi con
la sigla V7;
Da ultimo, in data 19.10.2021, è stata siglata una Convenzione, tra la Corte di cassazione e il
M.E.F., con lo scopo di agevolare lo scambio di informazioni e di documenti relativi al processo
tributario di merito e di legittimità, nella consapevolezza che i due sistemi informativi – il SIGIT
e il software del processo civile telematico – sono diversi. La finalità della Convenzione è, quin-
di, quella di consentire:
a. «la visione dei fascicoli processuali informatici delle commissioni tributarie provinciali e regionali,
per i quali penda ricorso in Cassazione;
b. la conoscenza dei provvedimenti di legittimità e delle pendenze dei ricorsi tributari presso la Cassa-
zione stessa (co.1).
2. Per la finalità di cui alla lett. a) del comma 1, il M.E.F. si impegna a mettere a disposizione della
Corte un’apposita applicazione per l’accesso al Sistema informativo della giustizia tributaria
(S.I.GI.T.) – mediante credenziali di accesso (User ID e password) – per consentire la visione integrale
dei fascicoli processuali informatici delle commissioni tributarie provinciali e regionali e la possibilità
di estrarre copia informatica, di tutti gli atti processuali contenuti nei fascicoli informatici, sia di pri-
mo che di secondo grado, delle commissioni tributarie.
3. Per la finalità di cui alla lett. b) del comma 1, la Corte si impegna a comunicare alla competente
commissione tributaria, tramite medesima applicazione, i provvedimenti depositati dalla Sezione V, al
fine di ottemperare alle disposizioni contenute nell’art. 388 c.p.c.. La Corte si impegna, altresì, a fornire
alle commissioni tributarie l’accesso all’apposita applicazione gestita dal Ministero della Giustizia
“(SIC-CIVILE)” al fine di acquisire le informazioni in ordine alle pendenze dei ricorsi in Cassazione.
4. Nelle more della definizione e dell’attivazione delle procedure informatiche indicate nei commi pre-
cedenti, si applicano le disposizioni dei successivi articoli» (cfr. art. 1 della Convenzione).
Essi prevedono che la Corte di cassazione:
› comunichi al M.E.F. il nominativo dei giudici e del personale di cancelleria autorizzato all’accesso
temporaneo ai fascicoli informatici del P.T.T., con conseguente possibilità di visionare integral-
mente il fascicolo e di estrarre copia informatica di tutti gli atti processuali in esso contenuti;
› trasmetta all’indirizzo PEC delle Corti di giustizia tributaria, la copia informatica del provve-
dimento adottato all’esito di ciascun ricorso, entro cinque giorni dalla sua pubblicazione;
› metta a disposizione del M.E.F. le informazioni sulla pendenza dei ricorsi in Cassazione, al fi-
ne di consentire agli uffici di segreteria delle Corti di giustizia tributaria il rilascio dei certifi-
cati di passaggio in giudicato delle sentenze.
La Corte di Cassazione e il M.E.F. si impegnano, infine, a garantire la consultazione delle rispet-
tive banche dati di provvedimenti giurisdizionali e la messa a disposizione dei documenti e dei
dati presenti.
Le procedure relative al periodo transitorio saranno operative da quando il M.E.F. trasmetterà alla
Corte di Cassazione le credenziali di accesso al P.T.T.; la Convenzione «ha efficacia dal momento in cui
il M.E.F. rende disponibile le funzionalità dell’applicativo previsto dall’art. 1» (cfr. art. 7 della Convenzio-
ne) e, quindi, da quando sarà operativa l’applicazione che consente ai due diversi sistemi informativi
di comunicare fra loro.
D. Per completezza si ricorda che, per i procedimenti pendenti al 1.1.2023, innanzi alla Corte di cassa-
zione, il neo introdotto art. 196-quater delle Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura ci-
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

vile, stabilisce che «il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a
ruolo, da parte dei difensori (…) ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (…)» (cfr. il D.Lgs.

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10.10.2022, n. 149, in G.U. 17.10.2022, n. 38, che, in attuazione della L. 26.11.2021, n. 206, recante dele-
ga al Governo per la efficienza del processo civile …, apporta modifiche, tra l’altro, al codice di proce-
dura civile e relative disposizioni di attuazione, le quali impatteranno, con decorrenze diverse, anche
sul processo tributario).
In proposito, il Primo Presidente della Corte di cassazione ha precisato che:
› la prescrizione secondo cui «il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota
di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria
ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (…) deve intendersi a pena di inammissibilità»;
› «gli atti e documenti su cui si fonda il ricorso (…), ove in formato analogico, dovranno essere depo-
sitati telematicamente in copia informatica» (cfr. Primo Presidente Corte di cassazione, Nota
6.2.2023).
L’art. 196-quater, comma secondo, è stato modificato dall’art. 35, co. 3 del D.L. 24.2.2023, n. 13
(in G.U. 24.2.2023, n. 47), stabilendo che – a decorrere dal 1° marzo 2023 – il deposito dei prov-
vedimenti del giudice e dei verbali di udienza abbia luogo con modalità telematiche. «Rilevato
che allo stato non è possibile provvedere al deposito dei verbali di udienza con modalità telematiche
(…) per indisponibilità del sistema informatico, non essendo ancora sviluppate le relative funzionalità
(…) a decorrere dal 1° marzo 2023 è autorizzato il deposito cartaceo dei verbali di udienza sino alla
data di adeguamento del sistema informatico, di cui verrà data successiva comunicazione» (cfr. Primo
Presidente della Corte di cassazione, Provv. 1.3.2023, n. 0000676).
Contributo Unificato Oltre al Contributo Unificato ordinario proprio del giudizio di cassazione e
graduato in base al valore della materia del contendere, la parte ricorrente è tenuta a versare un
contributo integrativo fisso (attualmente pari a 200,00 euro). Sull’eventuale obbligo di pagamento
del contributo unificato in misura doppia, in caso di improcedibilità del ricorso, si veda sopra.
Controricorso e ricorso incidentale La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende con-
traddire, deve farlo mediante controricorso.
Il Protocollo tra la Corte di cassazione, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione, l’Av-
vocatura dello Stato e il Consiglio nazionale forense, 2 marzo 2023, n. 0003619, prevede che:
«Tutte le indicazioni relative al ricorso, comprese quelle sulle misure dimensionali e i caratteri, si
estendono, per quanto compatibili, ai controricorsi.
In particolare, per quanto attiene alla sintesi dei motivi, sarà opportuna una sintesi degli argomenti
difensivi correlati ai singoli motivi di ricorso (“contromotivi”).
Analogamente, sarà opportuno indicare, in relazione a ciascun motivo del ricorso avversario gli
eventuali atti, documenti o contratti collettivi su cui si fonda la difesa.
Qualora il controricorso contenga anche un ricorso incidentale, si applicano integralmente le previsio-
ni dettate per i ricorsi» (cfr. punto 1.2 del Protocollo).
L'atto va notificato al ricorrente (nel domicilio eletto) entro 20 giorni dalla scadenza del termine
stabilito per il deposito del ricorso (cfr. art. 370 c.p.c.: 40 giorni dalla notifica del ricorso). In
mancanza di tale notificazione, la parte resistente non può presentare memorie, ma solo parte-
cipare alla discussione orale, qualora la vertenza venga trattata in pubblica udienza (a seguito
della riforma del 2016, la pubblica udienza costituirà, però, l’«eccezione», dato che la regola sarà
la camera di consiglio senza la partecipazione dei difensori delle parti: art. 380-bis-1, c.p.c.).
Il controricorrente, ai fini della decorrenza del termine per proporre il controricorso, deve consi-
derare rilevante sempre la prima notifica, anche se il ricorso principale gli sia stato notificato più
volte (cfr. Cass. Sent. SS.UU. 19.3.2020, n. 7454).
Il controricorso - contenente, a pena di inammissibilità, l'esposizione dei motivi di diritto sui cui
si fonda (cfr. Cass. Sent. 18.2.2021, n. 4401) - deve essere depositato nella Cancelleria della Corte,
entro 20 giorni dalla notifica al ricorrente; con l’atto contenente il controricorso può essere pro-
posto anche ricorso incidentale contro la stessa sentenza impugnata dal ricorrente principale. In
proposito, la Cassazione ha statuito che:
› «il controricorso, avendo la sola funzione di contrastare la impugnazione altrui, non necessita della
esposizione sommaria dei fatti di causa, potendo richiamarsi a quanto già esposto nel ricorso prin-
cipale. Tuttavia, quando detto atto racchiuda anche un ricorso incidentale, deve contenere, in ragio-
ne della sua autonomia rispetto al ricorso principale, la esposizione sommaria dei fatti di causa»
(cfr. Cass. Sent. 25.9.2017, n. 22277);
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› «con il controricorso non si possono proporre mezzi di impugnazione contro la decisione censurata dal

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ricorrente, dato che la funzione del controricorso è quella di difesa contro il ricorso dell’avversario, ma

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non quella di impugnazione della decisione, che può essere denunciata dal resistente solo con il ricorso
incidentale, eventualmente condizionato, munito di distinto deposito per il caso di soccombenza» (cfr.
Cass. Sent. 30.12.2019, n. 34606). Il ricorso incidentale si dice condizionato, qualora si chieda alla
Corte che venga esaminato solo nel caso in cui venga accolto il ricorso principale.
Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e 366 c.p.c.: con la conseguenza che es-
so deve essere sottoscritto da un avvocato cassazionista munito di procura speciale, ossia speci-
ficamente rilasciata a tal fine (Cass., Sent. 9.12.2009, n. 25702).
Anche il controricorrente che proponga ricorso incidentale è tenuto al versamento, oltre che del
Contributo Unificato ordinario, anche del contributo integrativo.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Artt. 360 – 385 Codice di procedura civile


Ricorsi e pronunce della Cassazione

Art. 196-quater, Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile

L. 18.6.2009, n. 69

D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con modif. in L. 7.8.2012, n. 134

D.L. 31.8.2016, n. 168, conv. con modif. in L. 25.10.2016, n. 197

D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77

D.L. 28.10.2020, n. 137, conv. con modif. in L. 18.12.2020, n. 176

Art. 1, co. da 186 a 205 e da 213 a 218 della L. 29.12.2022, n. 297


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025

Artt. 3-bis e 8, D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14 (c.d. Milleproroghe)
Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali
Proroghe in materia di giustizia civile

Art. 35, D.L. 24.2.2023, n. 13


Disposizioni in materia di digitalizzazione del processo civile e degli atti processuali

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 30.7.2001, n. 71/E

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E

Circ. Ag. Entrate 28.5.2010, n. 27/E

Protocollo d'intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense 17.12.2015


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.13

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Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10, § 2

Decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione, 5.11.2020, n. 144

Provv. Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati del Min. della Giustizia,
9.11.2020, n. 0010791

Provv. Cass. 29.11.2020, n. 2278/2020/I

Provv. Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati del Min. della Giustizia
27.1.2021

Relazione della Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del ruolo, 10.3.2021, n. 20

Vademecum della FIIF-CNF, 29.3.2021

Protocollo di Intesa del 27.10.2020, tra la Corte Suprema di Cassazione, la Procura Generale
presso la Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato e il Consiglio Nazionale Forense,
aggiornato al 7.4.2021

Convenzione Corte di cassazione e Min. Fin. 19.10.2021

Relazione tematica della Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del ruolo,
30.11.2021, n. 116

Risp. Ag. Entrate a Telefisco 27.1.2022

Nota del Primo Presidente della Corte di Cassazione, 4.4.2022

Nota del Primo Presidente della Corte di cassazione, 6.2.2023

Provv. del Primo Presidente della Corte di cassazione, 1.3.2023, n. 0000676

Protocollo di Intesa sul processo civile in Cassazione, tra la Corte Suprema di Cassazione, la
Procura Generale della Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato e il Consiglio Nazionale
Forense, del 2.3.2023, n. 0003619

Art. 62-bis - PROVVEDIMENTI SULL'ESECUZIONE PROVVISORIA DELLA SENTENZA


IMPUGNATA PER CASSAZIONE [CFF ¶ 4713a]

1. La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronun-
ciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare
un danno grave e irreparabile. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecu-
zione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile.
2. Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di con-
siglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.
3. In caso di eccezionale urgenza il presidente può disporre con decreto motivato la sospensione
dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.
4. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.
5. La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’articolo 69, com-
ma 2. Si applica la disposizione dell’articolo 47, comma 8-bis.
Processo tributario 317

6. La commissione non può pronunciarsi sulle richieste di cui al comma 1 se la parte istante non di-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


mostra di avere depositato il ricorso per cassazione contro la sentenza. 1

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Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.

PROVVEDIMENTI SULL'ESECUZIONE PROVVISORIA DELLA SENTENZA IMPUGNATA


PER CASSAZIONE (Art. 62-bis)

Esecuzione provvisoria e provvedimenti cautelari relativi alle sentenze impugnate per cassa-
zione (co. 1) La disposizione consente alla parte che abbia presentato ricorso per cassazione di
chiedere alla Commissione Tributaria (Regionale) che ha pronunciato la sentenza (impugnata
per cassazione) di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività e di sospendere l’esecutività del-
l’atto, nel caso di pericolo di danno grave e irreparabile.
A differenza della sospensione delle sentenze in primo grado (cfr. art. 52 del Decreto), la norma
in commento attribuisce rilievo – ai fini della tutela cautelare del ricorrente per cassazione (co-
me nell’art. 373 del Codice di procedura civile) – solo al periculum in mora, dato che il fumus bo-
ni iuris è già stato valutato ed escluso dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza di cui si
chiede la sospensione.
«La norma di cui all’art. 62-bis, introdotta nel D.Lgs. n. 546/1992 dall’art. 9, comma 1, lett. aa), del
D.Lgs. n. 156/2015, attribuisce alla Commissione tributaria regionale, che ha emesso la sentenza impu-
gnata dal contribuente in cassazione, il potere di concedere la sospensione cautelare dell’esecuzione
dell’atto qualora venga fornita la prova rigorosa della sussistenza di danno grave e irreparabile a suo
carico (...) senza por mente alla fondatezza o meno del ricorso in terzo grado, spese liquidabili dalla
Suprema Corte» (cfr. Comm. Trib. Reg. Puglia, Sent. 19.4.2016, n. 377; negli stessi termini ancora
Comm. Trib. Reg. Puglia, Sent. 29.2.2016, n. 217).
L’art. 62-bis ricalca la procedura di cui all’art. 52, salvo il fatto che l’istanza va proposta con uno
specifico atto (da notificare, secondo la Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.12, anche alla con-
troparte), in quanto indirizzata ad un giudice diverso dalla Corte di cassazione (chiamata a deci-
dere sull’impugnazione); ne deriva che una istanza di sospensione della sentenza presentata di-
rettamente alla Cassazione sarebbe inammissibile.
Per i giudizi instaurati in primo (e secondo) grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio
2019, la obbligatorietà del processo tributario telematico comporta che gli atti (compresa l’istan-
za in esame), e i provvedimenti siano formati come documenti informatici, sottoscritti con firma
elettronica qualificata o con firma digitale, notificati utilizzando l’indirizzo PEC e depositati con
modalità telematiche e, quindi, tramite il S.I.Gi.T.
Procedimento Si svolge nelle seguenti fasi:
› il Presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera
di consiglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni li-
beri prima (co. 2);
› in caso di eccezionale urgenza, il Presidente può disporre con decreto motivato la sospensio-
ne dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio (co. 3);
› il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non im-
pugnabile (co. 4);
› la sospensione può essere subordinata, ai sensi dell’art. 69, co. 2, alla prestazione della ga-
ranzia disciplinata – quanto a contenuto, durata ed escussione della stessa (cfr. commento
art. 47, modificato dall’art. 4, co. 1, lett. f), della L. 130/2022) – nell’apposito decreto del M.E.F.
6.2.2017, n. 22, in vigore dal 28.3.2017 (co. 5);
› durante il periodo di sospensione, si applicano gli interessi per ritardato pagamento di cui al
co. 8-bis dell’art. 47 del Decreto (co. 5), per i quali è previsto lo stesso tasso stabilito per la so-
spensione amministrativa (ex art. 39, co. 2, D.P.R. 602/1973): fissato (a decorrere dal
1.10.2009: cfr. art. 4, co. 1, D.M. 21.5.2009) nella misura del 4,5% annuo (in proposito, si ri-
manda al commento all’art. 47);
› al fine di subordinare l’eventuale concessione della sospensione alla effettiva instaurazione
318
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

del giudizio di legittimità, la commissione non può pronunciarsi se la parte istante non for-
nisce la prova di aver depositato il ricorso per cassazione contro la sentenza. A giudizio di

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cassazione instaurato, va dunque richiesto alla cancelleria il rilascio di un’attestazione di
pendenza lite in sede di legittimità (co. 6).
Infine, si ricorda che anche i procedimenti di sospensione cautelare della provvisoria esecutività
delle sentenze oggetto di impugnazione rientrano tra quelli la cui ritardata trattazione può pro-
durre grave pregiudizio alle parti, per cui il rinvio d’ufficio delle udienze fissate tra il 9.3.2020 e
l’11.5.2020 - a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19 - non rileva (cfr. art. 83, D.L.
17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con
modif. in L. 5.6.2020, n. 40, nonché Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 373 Codice di procedura civile


Sospensione dell'esecuzione

Decreto del M.E.F. 6.2.2017, n. 22

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.12

Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10

Art. 63 - GIUDIZIO DI RINVIO [CFF ¶ 4714]

1. Quando la Corte di cassazione rinvia la causa alla corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il ter-
mine perentorio di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza nelle forme rispettivamente pre-
viste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili. 1
2. Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui al comma precedente o si avvera successi-
vamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio l'intero processo si estingue.
3. In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti alla corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado a cui il processo è stato rinviato. In ogni caso, a pena
d'inammissibilità, deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione. 2
4. Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui è sta-
ta pronunciata la sentenza cassata e non possono formulare richieste diverse da quelle prese in
tale procedimento, salvi gli adeguamenti imposti dalla sentenza di cassazione.
5. Subito dopo il deposito dell'atto di riassunzione, la segreteria della commissione adita richiede
alla cancelleria della Corte di cassazione la trasmissione del fascicolo del processo.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e
poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

GIUDIZIO DI RINVIO (Art. 63)

Giudizio di rinvio Quando la Corte di Cassazione rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria
Processo tributario 319

di secondo grado (o, eccezionalmente, di primo grado), il processo deve essere riassunto ad

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


opera della parte che vi ha interesse:

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› nei confronti di tutte le altre parti personalmente (cfr. Cass., Ord. 8.8.2012, n. 14297);
› nel termine perentorio di sei mesi più, eventualmente, ulteriori 31 giorni se nei sei mesi cade
il periodo feriale (vedi Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E); non si applica, dunque, il termi-
ne di riassunzione delle cause decise dalla Corte di cassazione davanti al giudice di rinvio di
tre mesi stabilito dall’art. 392, primo comma, c.p.c.;
› nelle forme previste, rispettivamente, per i giudizi di secondo e di primo grado, in quanto
applicabili (co. 1).
Se la riassunzione non viene effettuata entro il predetto termine perentorio, l’intero processo si
estingue (co. 2); ed è come se il ricorso di primo grado non fosse mai stato presentato, per cui
l’atto impositivo originariamente impugnato (con le relative pretese impositive e sanzionatorie)
si consolida (cfr. Cass., Sent. 9.7.2014, n. 15643; Cass., Ord. 12.4.2017, n. 9521). Da ciò deriva l’in-
teresse del contribuente ad assumere l’iniziativa della riassunzione.
Inoltre, in caso di estinzione del processo tributario dovuta ad omessa riassunzione della causa
davanti al giudice del rinvio, inoltre, «il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessa-
riamente incorporata nell’atto impositivo, (…) decorre dalla data di scadenza del termine utile per la
non attuata riassunzione, momento dal quale l’Amministrazione finanziaria può attivare la procedu-
ra di riscossione» (cfr. Cass., Ord. 17.11.2017, n. 27306; conf. Cass. Ord. 18.11.2021, n. 35134). In
proposito, una recente decisione ha statuito che «ai fini della tempestiva notificazione del primo
atto di esazione tributaria, i termini di decadenza iniziano a decorrere da quando la pretesa tributa-
ria è divenuta definitiva e pertanto, ove a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività
dell’accertamento fiscale dipenda dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il ter-
mine di decadenza inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo
utile per provvedere alla riassunzione» (cfr. Cass. Ord. 8.3.2022, n. 7444).
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, era stato sospeso - dal
9.3.2020 all’11.5.2020 - il termine per la proposizione dell’atto di riassunzione innanzi alla Corte
di giustizia tributaria di primo o di secondo grado di cui al presente articolo (cfr. art. 83, D.L.
17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n. 23, conv. con
modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Nel giudizio di rinvio:
› si applicano le norme stabilite per il procedimento davanti alla Corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado cui il processo è stato rinviato, ivi compreso l’obbligo di pagamento
del Contributo unificato, al quale «è tenuta la parte proponente la riassunzione» (cfr. Circ.
M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 3);
› le forme del ricorso per riassunzione sono le stesse stabilite dall’art. 53, D.Lgs. 546/1992 per
il ricorso in appello, inclusa «quella, prevista a pena di inammissibilità, della indicazione degli
estremi della sentenza di primo grado». Peraltro, «se è vero che il difetto di forma in parola, non
può essere sanato ex art. 156, co. 3 c.p.c. (…) è tuttavia altrettanto vero» che nell’art. 53 cit., la de-
claratoria di inammissibilità è subordinata «alla verifica della assoluta incertezza circa la deci-
sione impugnata», con la conseguente possibilità per il giudice tributario «di valutare il rag-
giungimento dello scopo, al fine di emendare l’errore che non abbia determinato una compressione
del diritto difensivo della controparte» (cfr. Cass. Ord. 14.1.2020, n. 442).
È previsto, inoltre, l’obbligo, a pena di inammissibilità, di produrre copia autentica della sentenza
della Corte di Cassazione (co. 3); obbligo da ritenersi operante con riferimento a tutti i provvedi-
menti, qualunque sia la loro forma: sentenza o ordinanza (cfr. Cass. Ord. 11.2.2020, n. 3250);
› ciascuna delle parti conserva la stessa posizione processuale che aveva nel giudizio già svol-
to: appellante principale, appellato, appellante incidentale, se la riassunzione è operata in-
nanzi la Corte di giustizia tributaria di secondo grado; ricorrente, resistente, se la riassunzio-
ne deve essere eseguita innanzi la Corte di giustizia tributaria di primo grado;
› la parte che riassume il processo ha l’onere di delimitare l’oggetto della domanda e di espor-
re le ragioni di fatto e di diritto per cui viene richiesta la riassunzione (cfr. Cass., Sent.
22.1.2002, n. 801), ma
› è preclusa la possibilità di formulare eccezioni e domande diverse (salvi gli adeguamenti im-
posti dalla sentenza di cassazione) da quelle del procedimento riassunto (co. 4).
320
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Il giudizio di rinvio instaura, infatti, un «processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro,
ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste

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(…) siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Cassazione (…). Conseguentemente, nel
giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal Giudice, motivi di im-
pugnazione diversi da quelli che erano stati formulati nel giudizio (…) conclusosi con la sentenza cas-
sata» (cfr. Cass. Sent. 14.1.2020, n. 448).
Ne deriva che il giudizio di rinvio ha «solo» lo scopo di sostituire una diversa statuizione a
quella cassata basandosi sul «materiale» che poteva e doveva essere acquisito nelle pregresse
fasi del giudizio di merito. Fatta eccezione per lo ius superveniens (i fatti nuovi sopravvenuti e i
documenti che non si sono potuti depositare in precedenza per causa di forza maggiore:
cfr. Cass., Ord. 29.9.2014, n. 20535), tutte le questioni, rilevabili d’ufficio, non considerate in se-
de di legittimità, non possono essere esaminate né nel successivo giudizio di rinvio, né nel cor-
so del controllo di legittimità (cfr. Cass., Sent. 27.6.2014, n. 14706).
Inoltre, «nell'ambito del processo tributario, la riassunzione della causa dinanzi al giudice di meri-
to, a seguito della cassazione con rinvio conseguente alla erronea allocazione dell'onere probatorio,
instaura un processo chiuso nel quale, dovendosi tener conto delle preclusioni e decadenze già veri-
ficatesi, è preclusa alle parti ogni possibilità di produrre nuove prove e, segnatamente, nuovi docu-
menti, dovendo il giudice delibare allo stato degli atti formatosi nella fase ascendente del processo,
salvo che tale produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in
decisione, da esigenze istruttorie derivanti dal mutamento del thema decidendum o probandum ad
opera della stessa sentenza di annullamento della Corte di cassazione ovvero, ancora, dalla impossi-
bilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore» (cfr. Cass., Sent. 6.11.2019, n. 28547).
Da ultimo, al fine di garantire la migliore tutela della imparzialità e della funzionalità del giudi-
zio, il Giudice del rinvio - presso il quale la causa viene riassunta - deve essere «diverso» da
quello che ha pronunciato la sentenza cassata, «giacché, in caso di giudizio di rinvio svoltosi da-
vanti allo stesso magistrato persona fisica o davanti a un giudice collegiale del quale anche uno solo
dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, si verifica la nullità ex
art. 158 c.p.c. attinente alla costituzione del Giudice, per violazione della statuizione sull’alterità, sen-
za che occorra fare ricorso alla ricusazione» (cfr. Cass. Ord. 24.2.2021, n. 4952).
Avvenuto il deposito dell’atto di riassunzione, la Segreteria della Corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado adita richiede alla Cancelleria della Corte di Cassazione il fascicolo del
processo (co. 5).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF

Circ. Ag. Territorio 20.6.2007, n. 8/T Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.13

Circ. Ag. Entrate 31.3.2010, n. 17/E Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10


Processo tributario 321

Sezione IV – La revocazione

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Art. 64 - SENTENZE REVOCABILI E MOTIVI DI REVOCAZIONE [CFF ¶ 4715]

1. Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dalle corti di giustizia tributaria di primo
e secondo grado possono essere impugnate ai sensi dell’articolo 395 del codice di procedura civile. 1
2. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per i motivi di
cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 del codice di procedura civile purché la scoperta del dolo o della
falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al nu-
mero 6 dell'art. 395 del codice di procedura civile siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.
3. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il termine per l'appello il termine
stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso.

Nota
1 Il presente comma prima sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così modi-
ficato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

SENTENZE REVOCABILI E MOTIVI DI REVOCAZIONE (Art. 64)

Ricorso per revocazione La revocazione è un mezzo di impugnazione ammesso – nei casi previsti
dall’art. 395 c.p.c. – contro le sentenze pronunciate in grado di appello ovvero in unico grado dalle
Corti di giustizia tributaria (laddove per sentenze «in unico grado» devono intendersi quelle impu-
gnate con il ricorso per saltum di cui all’art. 62, co. 2-bis del Decreto) che involgono accertamenti di
fatto.
«In tema di contenzioso tributario, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, co. 1, l’istanza di revocazione
è ammessa solo nei confronti di sentenze che, involgendo accertamenti di fatto, non siano ulteriormente
impugnabili sul punto controverso o che non siano state impugnate nei termini, con la conseguenza che la
richiesta di revocazione è inammissibile allorché una sentenza, involgente accertamenti di fatto, sia impu-
gnabile o sia stata impugnata con i mezzi ordinari di gravame» (cfr. Cass., Ord. 8.6.2018, n. 14935).
Tali sentenze sono impugnabili per revocazione per i seguenti motivi (art. 395 c.p.c.):
1) dolo della parte;
2) giudicato basato su prove riconosciute false;
3) ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi, che la parte non è stata in gra-
do di produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario (cfr. Cass.,
Sent. 7.11.2012, n. 19224 che ha escluso la «forza maggiore» per la mancata produzione di senten-
ze pronunciate in procedimenti nei quali la parte era rimasta contumace per propria scelta e di
cui, pertanto, non poteva incolpevolmente ignorare l’esito);
4) sentenza viziata per erronea supposizione di un fatto (purché preesistente alla sentenza di
cui si chiede la revocazione: cfr. Cass., Sent. 17.3.2000, n. 3116). «L’errore revocatorio deve (…)
cadere su un «fatto»; esso si concreta in una falsa percezione della realtà, a sua volta indotta da
una «svista» di natura percettiva e sensoriale» (cfr. Cass., Sent. 31.5.2017, n. 13744), come nel
caso di ricorso tempestivamente ed effettivamente depositato presso il Giudice, ma inserito,
per un disguido della cancelleria, in un altro fascicolo (nel caso in un fascicolo «gemello»
iscritto, come ricorso successivo: cfr. Cass. Sent. 14.11.2019, n. 29634).
Ancora:
› «Un errore di calcolo del termine di impugnazione, qualora dalla sentenza risultino sia la corretta indi-
viduazione in fatto e in diritto di tutti gli elementi del relativo conteggio e del criterio con il quale con-
durre quest’ultimo, non costituisce error in iudicando e può essere oggetto di ricorso per revocazione»
(cfr. Cass. Ord. 2.3.2022, n. 6844);
› La «falsa percezione della realtà (…) deve emergere in maniera oggettiva ed immediata dal solo raffron-
322
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

to tra la realtà fattuale e la realtà rappresentata in sentenza. Con la conseguenza che non può dirsi re-
vocatorio quell’errore la cui verificazione richieda indagini, procedimenti ermeneutici, svolgimento di

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argomentazioni giuridico-induttive» (cfr. Cass., Sent. 31.5.2017, n. 13744; cfr. Cass., Ord. 29.4.2016, n.
8472);
› «L’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., non può concretizzarsi nell’inesatto apprezzamento delle
risultanze processuali o di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, trattandosi, in tal caso, di erro-
re di giudizio inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze (…)» (cfr. Cass., Ord. 14.7.2015, n.
14685);
› la sostituzione del rilievo sull’ammontare dei costi indeducibili relativo ad un anno d’imposta
(accertato) diverso da quello oggetto del giudizio, non è di assoluta immediatezza e di semplice
rilevabilità «abbisognando di argomentazioni induttive ovvero di indagini ermeneutiche per la sua con-
creta constatazione» (cfr. Cass. Ord. 16.3.2021, n. 7324). Per legittimare la revocazione, l’errore di
fatto deve avere «carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della
pronuncia impugnata per revocazione. Il giudizio sulla decisività dell’errore costituisce un apprezza-
mento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità (...)» (cfr. Cass., Sent.
8.5.2015, n. 9356, adde Cass. Sent. 31.5.2017, n. 13744 cit.);
5) sentenza contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata (presup-
posto, questo, non ravvisabile allorché il precedente giudicato si riferisca ad una annualità
di imposta diversa da quella considerata nella sentenza impugnata per revocazione:
cfr. Cass., Ord. 11.6.2013, n. 14719); però se «il giudicato esterno si sia formato nel corso del giu-
dizio di secondo grado e l’esistenza di tale giudicato non sia eccepita, in giudizio, dalla parte che
ne abbia interesse, la sentenza di appello che abbia giudicato in difformità da tale giudicato è im-
pugnabile con il ricorso per revocazione e non con il ricorso per cassazione» (cfr. Cass., Sent.
20.10.2010, n. 21493; in proposito, si veda anche Cass. Sent. 23.5.2019, n. 13987). «Affinché
una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa
giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto (…). Per tale ragione,
va escluso che ricorra il requisito della identità delle parti nel caso in cui la sentenza definitiva sia
stata pronunciata nei confronti di soggetto diverso, sia pure coobbligato in solido ex art. 1306
c.c.» (cfr. Cass. Ord. 11.1.2022, n. 506. In senso contrario: Cass. Ord. 17.12.2019, n. 33285);
6) dolo del giudice.
Di contro, le sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado, disciplinate
dal comma 2 dell’articolo in commento, sono soggette solo a revocazione straordinaria, in quan-
to i motivi di revocazione ordinaria devono essere fatti valere con l’appello.
La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazio-
ne (sospensione che, peraltro, può essere chiesta dalle parti ex art. 398 c.p.c.: cfr. Cass. Ord.
28.9.2021, n. 26298); e determina, sia per il notificante che per il destinatario della notificazione,
la decorrenza del termine breve per l’impugnativa della pronuncia (cfr. Cass., Senten-
ze 22.3.2013, n. 7261; 19.6.2007, n. 14267).
L’articolo in commento si occupa solo della revocabilità delle sentenze pronunciate nei gradi di
merito. Sono passibili di revocazione, se affette da errore di fatto, anche le sentenze e le ordi-
nanze emesse dalla Corte di cassazione (ex art. 391-bis c.p.c.). Il successivo art. 391-ter c.p.c. rico-
nosce la impugnabilità per revocazione (ma solo per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3), e 6) del pri-
mo comma dell’art. 395 c.p.c.) anche del provvedimento con il quale la Corte di cassazione ha
deciso la causa nel merito.
La parte che propone istanza di revocazione è obbligata al versamento del Contributo Unifica-
to (cfr. Circolare M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 395 Codice di procedura civile


Casi di revocazione
Processo tributario 323

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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.14

Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF

Art. 65 - PROPOSIZIONE DELLA IMPUGNAZIONE [CFF ¶ 4716]

1. Competente per la revocazione è la stessa corte di giustizia tributaria di primo e se-


condo grado che ha pronunciato la sentenza impugnata. 2
2. A pena di inammissibilità il ricorso deve contenere gli elementi previsti dall'art. 53,
comma 1, e la specifica indicazione del motivo di revocazione e della prova dei fatti
di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 del codice di procedura civile nonché del gior-
no della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del documento. La prova
della sentenza passata in giudicato che accerta il dolo del giudice deve essere data
mediante la sua produzione in copia autentica.
3. Il ricorso per revocazione è proposto e depositato a norma dell'art. 53, comma 2.
3-bis. Le parti possono proporre istanze cautelari ai sensi delle disposizioni di cui all’ar-
ticolo 52, in quanto compatibili. 1

Note
1 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decor-
renza dal 16.09.2022.

PROPOSIZIONE DELLA IMPUGNAZIONE (Art. 65)

Proposizione della impugnazione (co. 1, 2 e 3) Il ricorso per revocazione va proposto


alla stessa Corte di giustizia tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata e
deve contenere, a pena di inammissibilità,
› gli elementi previsti per il ricorso in appello dall’art. 53;
› la specifica indicazione:
- del motivo della revocazione;
- della prova dei fatti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell’art. 395 c.p.c., e cioè, nel-
l’ordine, dolo di una delle parti in danno dell’altra, giudicato su prove ricono-
sciute false, ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi e
dolo del giudice (cd. revocazione straordinaria); cui si aggiungono due fattispecie
che integrano la revocazione ordinaria (n. 4 e 5 dello stesso art. 395 c.p.c.): sen-
tenza viziata per erronea supposizione di un fatto e contrarietà della sentenza ad
un precedente giudicato;
- della data della scoperta o dell’accertamento del dolo della controparte o del giu-
dice e della falsità della prova su cui si è basato il giudizio emesso con la sen-
tenza revocabile o del rinvenimento del documento che la parte danneggiata non
è stata in grado di produrre in giudizio (con la prova della specifica iniziativa
probatoria della parte nel giudizio di merito e/o del comportamento ostativo
della controparte);
- della prova della esistenza degli atti o dei documenti ignorati dal giudice nel-
l’ipotesi di revocazione per errore di fatto di cui al n. 4) dell’art. 395 c.p.c.
Il ricorso per revocazione deve essere proposto e depositato con le stesse modalità
previste per l’appello dall’art. 53, co. 2:
› quello per revocazione ordinaria [di cui al n. 4) e al n. 5) dell’art. 395 c.p.c.] deve
324
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

essere presentato entro 60 giorni dalla notifica della sentenza o, in caso di omessa
notificazione, entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza;

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› quello per revocazione straordinaria [di cui ai nn. 1), 2), 3) e 6) stesso articolo] de-
ve essere presentato entro 60 giorni dal giorno in cui
- è stato scoperto il dolo [n. 1)]; o
- sono state dichiarate false le prove [n. 2)], cioè dalla scoperta della falsità: con la
conseguenza che è inammissibile il ricorso per revocazione se la parte ricorrente
non fornisce prove per dimostrare di aver appreso della dichiarazione di falsità
della prova solo dopo la pubblicazione della sentenza (cfr. Cass., Sent. 25.5.2011,
n. 11451); o
- è stato scoperto il documento [n. 3)], cioè dal momento in cui la parte ha avuto
notizia dell’esistenza del documento e non da quello successivo in cui lo stesso è
stato materialmente appreso (cfr. Cass., Sent. 12.9.2012, n. 15242); o
- è passata in giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice [n. 6)].
In proposito, la Corte di Cassazione ha chiarito che «le disposizioni normative sopra
richiamate non contemplano, l'onere a carico del contribuente che propone ricorso per re-
vocazione di allegare copia della sentenza impugnata, essendo sufficiente la indicazione in
ricorso degli estremi della sentenza», restando «a carico della segreteria della Commis-
sione tributaria regionale l'onere di richiedere alla segreteria della Commissione tributaria
provinciale la trasmissione del fascicolo del processo, che deve contenere copia autentica
della sentenza» (cfr. Cass., Ord. 21.1.2020, n. 1233 conf. Cass. Ord. 30.6.2020, n.
13037).
Tutela cautelare in pendenza di ricorso per revocazione (co. 3-bis) La norma esten-
de la sospensione dell’esecutività anche alle sentenze impugnate col suddetto mezzo,
consentendo alle parti di proporre istanze cautelari ai sensi delle disposizioni di cui
all’art. 52 del Decreto (a cui si rinvia per le modalità di proposizione dell’istanza e
per gli effetti della sospensione della sentenza), in quanto compatibili. A differenza
del processo civile (art. 401 c.p.c.), nel quale si applica la disciplina della sospensione
delle sentenze solo nel secondo grado, nel processo tributario si fa rinvio alla disci-
plina della tutela cautelare prevista per le sentenze di primo grado o di secondo gra-
do, poiché la causa sulla revocazione viene decisa dalla medesima Commissione che
ha pronunciato la sentenza oggetto di revocazione.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38, § 1.14

Art. 66 - PROCEDIMENTO [CFF ¶ 4717]

1. Davanti alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado adita per la revocazione si os-
servano le norme stabilite per il procedimento davanti ad essa in quanto non derogate da quelle
della presente sezione. 1

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
Processo tributario 325

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


Art. 67 - Decisione [CFF ¶ 4718]

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1. Ove ricorrano i motivi di cui all'art. 395 del codice di procedura civile la corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado decide il merito della causa e detta ogni altro provve-
dimento conseguenziale. 1
2. Contro la sentenza che decide il giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi d'impu-
gnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza
dal 16.09.2022.

DECISIONE (Art. 67)

Procedimento e decisione Nel giudizio di revocazione si applicano le norme procedurali


stabilite per il normale processo davanti alle Corti di giustizia tributaria, a meno di de-
roghe specifiche.
La decisione sul giudizio di revocazione è assunta con sentenza; avverso la quale sono
ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era soggetta, originariamente, la sentenza
impugnata per revocazione.
La disposizione si riporta al contenuto del comma 2 dell’art. 403 c.p.c.; non riproduce,
invece, la preclusione prevista dal 1° comma del predetto art. 403 c.p.c. («Non può essere
impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione»); per cui in
giurisprudenza (cfr. Comm. Trib. II grado Trento, Sent. 28.7.2005, n. 42) si è ritenuto che
tale preclusione non valga per le sentenze pronunciate dal giudice tributario. Pertanto,
anche le sentenze emesse a seguito di giudizio di revocazione possono essere impugnate
per revocazione.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Capo IV
L'esecuzione delle sentenze delle corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado

Art. 67-bis - ESECUZIONE PROVVISORIA [CFF ¶ 4718a]

1. Le sentenze emesse dalle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono esecutive
secondo quanto previsto dal presente capo. 1 2

Note
1 Il presente articolo inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.06.2016, è stato poi così modifi-
cato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
326 Processo tributario

ESECUZIONE PROVVISORIA (Art. 67-bis)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

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Esecutività immediata delle sentenze La norma afferma il principio per cui le sentenze emesse
dalle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono immediatamente esecutive
(equiparandole a quelle adottate nel giudizio penale ed amministrativo).
L’art. 67-bis va esaminato insieme con l’art. 69, che riguarda l'esecuzione delle sentenze di con-
danna a favore del contribuente e le conseguenze delle sentenze (favorevoli) sui dati catastali.
«La esecutività [si riferisce] alle sole sentenze aventi ad oggetto l’impugnazione di un atto impositivo
ovvero il diniego espresso o tacito alla restituzione di tributi» (cfr. la Relazione di accompagnamen-
to al D.Lgs. 156/2015).
L’articolo è entrato in vigore il 1°.1.2016.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15

Art. 68 - PAGAMENTO DEL TRIBUTO E DELLE SANZIONI PECUNIARIE IN PENDENZA


DEL PROCESSO [CFF ¶ 4719]

1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d'imposta, nei casi in cui è prevista la riscos-
sione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi in-
teressi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:
a) per i due terzi, dopo la sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado che respinge il ri-
corso;
b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado, e co-
munque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della corte di giustizia tributaria di secondo
grado.
c-bis) per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte
di cassazione di annullamento con rinvio e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata
riassunzione.
Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di
quanto già corrisposto. 4
2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sen-
tenza della corte di giustizia tributaria di primo grado, con i relativi interessi previsti dalle leggi fi-
scali, deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. In ca-
so di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma del-
l’articolo 70 alla corte di giustizia tributaria di primo grado ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi
successivi, alla corte di giustizia tributaria di secondo grado. 4
3. Le imposte suppletive [e le sanzioni pecuniarie] debbono essere corrisposte dopo l'ultima sentenza
non impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione. 2
3-bis. Il pagamento, in pendenza di processo, delle risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, para-
grafo 1, lettera a), della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e del-
l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione resta disciplinato dal regolamento (CEE) n.
2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, come riformato dal regolamento (UE) n. 952/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, e dalle altre disposizioni dell’Unione euro-
pea in materia. 3 1 5

Note
1 Le parole "e delle sanzioni pecuniarie" contenute nella rubrica del presente articolo sono state abrogate dall'art. 29 D.Lgs.
18.12.1997, n. 472.
2 Le parole "e le sanzioni pecuniarie" contenute nel presente comma sono state abrogate dall'art. 29 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472.
Processo tributario 327

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


3 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 10, L. 30.10.2014, n. 161 con decorrenza dal 25.11.2014.
4 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, e

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poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n.
130, con decorrenza dal 16.09.2022.

PAGAMENTO DEL TRIBUTO E DELLE SANZIONI PECUNIARIE IN PENDENZA


DEL PROCESSO (Art. 68)

Disciplina della riscossione provvisoria in pendenza di processo (co. 1) Le disposizioni contenute


nell’articolo in commento valgono per le fasi successive alle sentenze. Pertanto:
› ferme restando le regole sui pagamenti e sulle iscrizioni a ruolo previsti dalle singole leggi d’im-
posta a seguito dell’accertamento tributario;
› qui vengono stabilite le regole di pagamento «provvisorio» in pendenza di giudizio e si «gradua
la determinazione degli importi da versare in relazione all’esito della decisione e al grado dell’organo
giudicante» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E), anche in deroga a quanto previsto nelle sin-
gole leggi d’imposta nei casi in cui esse prevedano la riscossione frazionata in pendenza di giu-
dizio: l’art. 68, disciplina, infatti, «la riscossione frazionata del tributo controverso in relazione alla
progressione dei diversi gradi di giudizio, trovando applicazione nella fase “post decisum” e non in
quella “ante decisum” (…) che resta, invece, sottoposta alle disposizioni speciali regolanti le modalità
di riscossione proprie di ciascun tributo» (cfr. Cass. Sent. 11.10.2017, n. 23784);
› nei casi in cui le singole leggi d’imposta non prevedano la riscossione provvisoria frazionata,
l’art. 68, co. 1, non si applica (è il caso dell’ICI: cfr. Cass., Ordinanze 22.2.2019, n. 5318; 15.12.2017,
n. 30170; 24.9.2015, n. 19015 e Cass., Sent. 16.2.2012, n. 2199; dell’imposta comunale sulla pub-
blicità: cfr. Cass., Sent. 28.6.2012, n. 10823; o della TARSU: cfr. Cass., Sent. 26.10.2016, n. 21582);
› la norma consente la riscossione frazionata anche degli avvisi di recupero di crediti d’imposta il-
legittimamente compensati, in quanto atti che «costituiscono manifestazioni della volontà imposi-
tiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione» (cfr. Cass. Ord.
26.7.2022, n.23289);
› infine, la disposizione «consente la riscossione frazionata anche delle sanzioni antecedentemente al
passaggio in giudicato della sentenza che statuisca su di esse» (cfr. Cass. Ord. 31.10.2018, n. 27867;
conf. Cass. Ord. 19.12.2018, n. 32794).
In conclusione, l’art. 68 «parte dal presupposto che la pretesa tributaria non è certa sino all’ultimo
grado di giudizio ed è divenuta la regola generale in tema di riscossione frazionata nella fase relativa
alla pendenza del processo tributario» (cfr. Cass. Ord. 5.9.2022, n. 26054).
La norma prevede che:
1.a) dopo la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado che ha respinto il ricorso (to-
talmente), il ricorrente dovrà versare i 2/3 (due terzi) della maggiore imposta accertata dalla sen-
tenza (cfr. Cass. Ord. n. 23.11.2018, n. 30399) con l'aggiunta dei relativi interessi e delle sanzioni
amministrative irrogate (cfr. art. 19, D.Lgs. 472/1997 e Circ. Min. Fin. 10.7.1998, n. 180/E); previa
detrazione di quanto precedentemente pagato (sulla base dell’avviso di accertamento, che aveva
preteso il pagamento di un terzo della maggiore imposta accertata e dei relativi interessi);
1.b) dopo la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado che ha accolto parzialmente
il ricorso, il ricorrente dovrà versare il tributo risultante dalla sentenza (con il limite dei 2/3
dell’intero tributo controverso) con l’aggiunta dei relativi interessi e delle relative sanzioni pre-
via detrazione delle somme precedentemente pagate;
2) dopo la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, l’appellante (o l’appellato)
dovrà versare l’intero (residuo) ammontare del tributo determinato dalla sentenza, maggiorato
dei relativi interessi e delle sanzioni pecuniarie stabilite dalla corte di giustizia tributaria, pre-
via detrazione delle somme precedentemente pagate;
3) dopo la sentenza della Corte di Cassazione che dispone un annullamento con rinvio,
a. in caso di regolare riassunzione, la riscossione avviene per l’ammontare dovuto nella pen-
denza del giudizio di primo grado;
b. in caso di omessa (o irregolare) riassunzione, devono essere pagati per intero gli importi indicati
328
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

nell’atto impugnato (salvi i cd. «giudicati interni»). In proposito, la Relazione illustrativa al D.Lgs.
156/2015 (che ha inserito la lettera c-bis) al comma 1 dell’articolo in esame), sottolinea «le conse-

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guenze pregiudizievoli che derivano dalla mancata riassunzione del giudizio, indipendentemente da
quale parte sia risultata vittoriosa in Cassazione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.1).
Organo Sentenza Versamento dovuto
C.T.P. Ricorso integralmente respinto 2/3 maggiore imposta accertata, relativi interessi e sanzioni
irrogate, detratto quanto già versato
Ricorso parzialmente accolto Imposta risultante dalla sentenza, ma non oltre 2/3, relativi
interessi e sanzioni, detratto quanto già versato
C.T.R. Intero ammontare imposta risultante dalla sentenza, relativi
interessi e sanzioni, detratto quanto già versato

In sostanza, ciò che rileva ai fini del pagamento del tributo in pendenza di giudizio è il contenuto
della sentenza: «laddove il giudice tributario annulli in parte un atto impositivo ordinando la riliquida-
zione delle somme, il titolo in base al quale l’ente può riscuotere gli importi non è più l’atto in origine
emanato bensì la sentenza. Infatti dopo la sentenza, viene meno il titolo esecutivo formato in base all’av-
viso di accertamento in quanto una nuova iscrizione va effettuata in base alla sentenza, della quale sta-
tuizione deve riprodurre il contenuto» (cfr. Cass., Sent. 12.11.2014, n. 24092).
«Se, quindi, il giudice tributario “(…) annulla, totalmente o parzialmente, l’atto impositivo (pur se in via
non definitiva in attesa dell’eventuale giudizio di impugnazione), quest’ultimo, rispettivamente in toto o
nei limiti della parte annullata, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare, in radice,
l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria, anche avente natura cautelare” (cfr.
Cass. Civ., Sez.Un., 2017/758 in motivazione)» (cfr. Cass., Ord., 23.11.2018, n. 30399).
Lo stesso effetto consegue alla proposizione del ricorso cui non sia seguita la costituzione in giu-
dizio del ricorrente: perché la notifica del ricorso impedirebbe la definitività dell’atto e comporte-
rebbe, comunque, la pendenza del processo, con la conseguenza che «l’Amministrazione finanziaria
non può procedere alla iscrizione a ruolo dell’imposta a titolo definitivo, neppure nel presupposto della
mancanza di un requisito del ricorso, dovendo anche tale vizio essere accertato nella sede giudiziaria»
(cfr. Cass. Ord. 31.3.2021, n. 8885).
Il tributo in contestazione va versato insieme con i relativi interessi (previsti dalle singole leggi tri-
butarie); la somma irrogata a titolo di sanzione, invece, non produce interessi (cfr. art. 2, co. 3 del
D.Lgs. 472/1997 [CFF · 9465]).
Nel caso di imposte ad aliquota progressiva (ad es., Irpef, non per Ires, Irap, Imu), la formazione di
un «giudicato interno» (che si forma quando la parte non appella tutta la sentenza ma solo una
parte) fa sì che «Il dies a quo da cui far decorrere il termine per l’iscrizione a ruolo va individuato nel
momento del passaggio in giudicato della sentenza che definisce l’intero giudizio relativo all’avviso di
accertamento, con la determinazione dell’intera imposta dovuta»; e non prima, «non essendo possibile
determinare l’aliquota progressiva applicabile sull’intero reddito accertato, essendo le aliquote d’imposta
progressivamente variabili al variare dell’imponibile accertato» (cfr. Cass., Sent. 20.2.2013, n. 4172).
Le somme suindicate saranno richieste mediante:
atto di rideterminazione delle somme dovute, contenente l’intimazione ad adempiere (da notificare
al contribuente) nel caso di impugnazioni di avvisi di accertamento cd. «esecutivi» emessi ai fini
delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti
di irrogazione delle sanzioni (cfr., art. 29, co. 1, lett. a), D.L. 78/2010). Il versamento delle somme
dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento dell’intimazione (di solito, dalla racco-
mandata); i relativi codici tributo sono stati istituiti con Ris. Ag. Entrate 27.9.2011, n. 95/E;
iscrizione a ruolo (e conseguente cartella di pagamento) nel caso di impugnazioni concernenti atti
diversi dagli avvisi di accertamento «esecutivi» indicati sub a.: e, quindi, in tema di imposta di re-
gistro, imposte ipotecarie e catastali, imposta di successione e donazione, diritti e dazi doganali,
etc.; non più per i tributi locali ai quali è stato esteso l’istituto dell’accertamento esecutivo (cfr. art.
1, co. 792 e segg., L. 27.12.2019, n. 160, c.d. Legge di Bilancio 2020).
Nel caso di accoglimento del ricorso relativo ad atti di diniego (ad es., ricorso contro il diniego di
iscrizione al «sistema VIES»), la norma non prevede che vengano caducati gli effetti del provvedi-
mento di diniego, per cui era stata sollevata questione di legittimità costituzionale ritenendo che tale
Processo tributario 329

mancata previsione comporterebbe il protrarsi degli effetti sfavorevoli al contribuente, pur in pre-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


senza di un giudicato a lui favorevole (cfr. Comm. Trib. Prov. Campobasso, Ord. 19.6.2014, n. 85). La

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Corte Costituzionale, però, l'ha dichiarata manifestamente inammissibile «sia per l’incompleta descri-
zione della fattispecie concreta (...), sia perché prematura (...), sia perché richiede alla Corte un avallo inter-
pretativo; [con riferimento] ai limiti della provvisoria esecutività della sentenza, la censurata carenza di
strumenti di tutela, in chiave anticipatoria della futura decisione di merito, attiene alle fasi del giudizio tri-
butario successive alla conclusione del primo grado ed è in tali fasi che può essere denunciata» (cfr. Corte
Cost., Ord. 15.7.2015, n. 161).
Riscossione antecedente la sentenza Prima della sentenza del giudice tributario vanno applicate le
regole contenute nelle singole leggi d’imposta, se ed in quanto stabiliscano l’intimazione ad adem-
piere, cioè a pagare entro il termine di presentazione del ricorso (per i c.d. accertamenti «esecuti-
vi») o l’iscrizione a ruolo, in via provvisoria, dei tributi dopo la notifica di avvisi di accertamento, di
rettifica o di liquidazione non definitivi (cfr. Cass., Sent. 13.5.2003, n. 7339), laddove l’art. 68 «rego-
la la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del processo tributario» (cfr.
Cass., Sent. 31.10.2018, n. 27803; conf. Cass., Sent. 27.3.2019, n. 8513; Cass. Ord. 31.5.2018, n. 13939).
«Le disposizioni che consentono la esazione parziale e provvisoria dei tributi dopo la notificazione del-
l’atto di accertamento e prima della emanazione della decisione di primo grado» (come l’art. 15, co. 1,
D.P.R. 602/1973) restano «valide ed efficaci, perché non interessate» dall'art. 68 (cfr. Circ. Min. Fin.
23.4.1996, n. 98/E), «attesi i differenti ambiti applicativi delle due norme»:
› la prima «concerne, nell’ambito della disciplina dell’iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non
definitivi, la riscossione del tributo nella fase amministrativa»,
› l'art. 68, invece, «regola la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del pro-
cesso tributario» (cfr. Cass., Sent., 20.1.2017, n. 1501).
Di regola, i pagamenti richiesti in via provvisoria sono i seguenti:
› per le imposte sui redditi: un terzo dell’imposta accertata più i relativi interessi (art. 15, D.P.R.
602/1973 [CFF · 7215]);
› per l’Iva: un terzo dell’imposta accertata più i relativi interessi (art. 60 del D.P.R. 633/1972
[CFF ¶ 260]);
› per l’imposta complementare di registro: un terzo della maggiore imposta sul maggior valore
accertato più i relativi interessi (art. 56 del D.P.R. 131/1986 [CFF ¶ 2056]);
› per i tributi locali (ad es., IMU, TARI, TOSAP ecc.): l’intero ammontare di imposte e interessi,
giacchè non è previsto l’istituto della riscossione frazionata (cfr. art. 19, D.Lgs. 26.2.1999, n. 46;
Corte cost. 30.12.1999, n. 464). In proposito, si ricorda che, a partire dal 1° gennaio 2020, è stato
introdotto l’istituto dell’accertamento esecutivo anche per le entrate degli Enti locali (cfr. art. 1,
co. 792 e segg., L. 27.12.2019, n. 160).
Quanto alla misura degli interessi riscuotibili dagli Uffici fiscali, a titolo provvisorio, in relazione ai
tributi più diffusi, valga (cfr. art. 20, D.P.R. 602/1973 e Decreto M.E.F. 21.5.2009) la seguente tabella:

Tipo di imposta Decorrenza Misura degli interessi


Imposte sui redditi dalla data di scadenza del pagamento 2,5% sem. dall’1.1.1997 al 30.6.2003
(IRPEF/IRES) fino alla data di consegna al 1,375% sem. dall’1.7.2003
Concessionario dei ruoli 4% annuo dall’1.10.2009
IRAP segue le disposizioni previste per le 2,5% sem. dall’1.1.1998 al 30.6.2003
imposte sui redditi 1,375% sem. dall’1.7.2003
4% annuo dall’1.10.2009
IVA dal giorno successivo alla scadenza del 5% annuo dall’1.1.1997 al 30.6.2003
termine del 5 marzo dell’anno solare a 2,75% annuo dall’1.7.2003
cui si riferisce l’accertamento o la 4% annuo dall’1.10.2009
rettifica
Imposta di registro per ogni semestre compiuto da quando 2,5% sem. dall’1.1.1997 al 30.6.2003
l’imposta è divenuta esigibile 1,375% sem. dall’1.7.2003 al 30.9.2009
4% annuo dall’1.10.2009 al 31.12.2009
3,5% annuo dall’1.1.2010

Rimborso dei tributi pagati in eccedenza (co. 2) La norma «tratta delle decisioni favorevoli al contri-
buente e stabilisce che, in ipotesi di accoglimento del ricorso, il tributo corrisposto in eccedenza, con i relati-
330
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

vi interessi [previsti dalle singole leggi di imposta], deve essere rimborsato d’ufficio nel termine di 90
giorni dalla notificazione della sentenza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.1).

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Ne deriva che il contribuente, per far valere gli effetti della decisione nei confronti della controparte,
deve notificarla, non essendo sufficiente, per far sorgere tale diritto, la pubblicazione o la comunica-
zione del dispositivo da parte della Segreteria della Corte di giustizia tributaria. Tuttavia la prassi
amministrativa ha affermato che «l’effettivo fondamento dell’obbligo di restituzione gravante sull’ammi-
nistrazione è costituito dalla pronuncia giurisdizionale favorevole al contribuente, e non dalla notifica della
stessa» (cfr. Ris. Ag. Entrate 10.4.2000, n. 46/E; nonché Dir. Reg. Entrate Piemonte, Nota 24.12.1997 e
Dir. Reg. Entrate Lombardia, Circ. 11.2.2000, n. 5); e ha invitato «le competenti strutture territoriali a
provvedere (anche prima del termine previsto dalla legge) alla esecuzione dei rimborsi tutte le volte in cui
abbiano conoscenza certa, anche se informale, di una pronuncia favorevole al contribuente, senza attendere
la notifica della sentenza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 1.10.2010, n. 49/E). In proposito, una recente decisione
ha rilevato che non «si può ritenere che la esigibilità del rimborso sia subordinata alla preventiva notifi-
cazione della decisione che accerta la indebita riscossione dell’imposta, trattandosi di un adempimento de-
stinato soltanto a segnare il dies a quo per la decorrenza del termine di restituzione nell’interesse dell’Am-
ministrazione finanziaria, ma non anche ad imporre un onere a carico del contribuente per azionare la pre-
tesa creditoria» (cfr. Cass. Ord. 1.12.2020, n. 27408). Sul rimborso del tributo versato in eccedenza,
spettano al ricorrente gli interessi di cui all'art. 1 del D.M. 21.5.2009 e, quindi, al tasso dell'1% seme-
strale, 2% annuo (cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12, par. 19.1.3). E in un altra decisione si legge che
l’art. 68 «è fonte di un'obbligazione ex lege da indebito, atteso che, quando l'impugnazione della parte tro-
va definitivo accoglimento e la pretesa tributaria che ne è oggetto viene caducata nell'intero o solo in parte,
l'Amministrazione, in virtù dell'obbligo da essa stabilito (…) è tenuta ex officio ad eseguire il prescritto rim-
borso delle somme dovute, maggiorate degli interessi di legge, entro il termine di novanta giorni dalla noti-
ficazione della sentenza» (cfr. Cass. Ord. 5.9.2022, n. 26054).
La «esecutività» di cui all’art. 68, co. 2, è limitata agli esborsi che il contribuente ha operato (a favore
dell’Amministrazione finanziaria) in esecuzione del provvedimento impositivo impugnato e non si
estende agli eventuali rimborsi di imposte «bloccati» a seguito di pendenze tributarie: ad es. rimbor-
si IVA ex art. 30 del D.P.R. 633/1972 [CFF ¶ 230], indisponibili in applicazione dell’art. 38-bis, u.c. del
D.P.R. 633/1972 [CFF ¶ 238a] (cfr. Cass., Sent. 5.12.2001, n. 15388). La disposizione si fonda, infatti,
sul presupposto della provvisorietà dei (soli) pagamenti effettuati dal contribuente in pendenza di
giudizio, per cui la relativa iscrizione provvisoria «non è più legittima nel caso in cui la sentenza, sulla
base della quale quella iscrizione è stata eseguita, sia stata riformata o cassata da decisioni della Commis-
sione tributaria regionale o della Corte di cassazione» (cfr. Cass. Ord. 4.11.2020, n. 24554).
In caso di mancata esecuzione del rimborso, decorsi 90 giorni dalla notificazione della sentenza
(non più, quindi, dal passaggio in giudicato della sentenza favorevole), il contribuente può attivare
il giudizio di ottemperanza a norma del successivo art. 70: «la notificazione della sentenza e il decor-
so dei novanta giorni [infatti] costituiscono condizioni per la presentazione del ricorso in ottemperanza»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.1).
La mera comunicazione, da parte dell’Ente impositore, all’Agente della riscossione di disporre il
rimborso, comporta l’ammissibilità del giudizio di ottemperanza, in quanto non sufficiente a ga-
rantire l’effettiva attuazione del credito vantato dalla parte contribuente nei confronti dell’Erario
(cfr. C.T.R. Lombardia, Sent. 15.01.2021, n. 268).
Giudice competente È la Corte di giustizia tributaria di primo grado o, in caso di pendenza del giu-
dizio di secondo grado o in Cassazione, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado.
L’intervento «viene a colmare una lacuna, che vedeva il contribuente del tutto privo di rimedi giuridici
di fronte all’inerzia dell’ente impositore, che all’esito di una sentenza – anche non definitiva – favorevole
al contribuente, ometteva di eseguire in suo favore il rimborso delle somme medio tempore riscosse. Il
rimedio previsto è quello dell’ottemperanza (...)» (cfr. Relazione di accompagnamento al D.Lgs.
156/2015).
Le disposizioni sulla riscossione in pendenza di giudizio «restano applicabili, come nella previgente
disciplina, anche alla riscossione delle sanzioni», con la conseguenza «che, anche per la restituzione
delle sanzioni corrisposte in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza, il contribuente potrà ri-
correre al rimedio dell’ottemperanza in caso di inerzia dell’Ufficio decorsi novanta giorni dalla notifica
della sentenza stessa» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.1).
Imposte suppletive (co. 3) (Richieste dopo la liquidazione del tributo principale a seguito di errori di
Processo tributario 331

liquidazione commessi dall’Ufficio impositore). Sono corrisposte dopo l’ultima sentenza non impu-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


gnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione: «ciò significa che dette somme sono esigibili solo

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dopo che la sentenza della Commissione tributaria provinciale è divenuta definitiva, oppure dopo la pubbli-
cazione della sentenza della Commissione tributaria regionale» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Assolvimento diritti doganali (co. 3-bis) Viene confermato che «l’assolvimento dei diritti doganali
(dazi e Iva all’importazione) è sottratto all'ambito di applicazione dell’art. 68, co. 2, D.Lgs. 546/1992»,
perché incompatibile con la normativa europea in materia doganale «(artt. 7, 199 e 244 del Reg. Cee
n. 2913/92, articolo 17, paragrafo 1, del Reg. Cee n. 1150 del 2000), nella misura in cui prevede la provvi-
soria esecutività delle sentenze emesse dalle commissioni tributarie» (si veda Comunicazione Ag. Do-
gane e Monopoli, 24.11.2014).
Questi i principi applicabili in tema di riscossione di dazi e diritti doganali:
› «qualora il contribuente abbia impugnato l'avviso di rettifica e sia intervenuta decisione di primo
grado a lui integralmente sfavorevole, l'Amministrazione finanziaria può porre in riscossione la tota-
lità degli importi dovuti ovvero, se abbia già avviato la riscossione nella fase amministrativa prima
della decisione, può validamente proseguire alla esazione per l'intero importo, non trovando applica-
zione nella materia doganale (,,,), la procedura di riscossione frazionata di cui all'art. 68, commi 1 e 2,
del d.lgs. n. 546 del 1992» (cfr. Cass. Sent. 18.12.2019, n. 33581; conf. Cass. Sentenze 30.7.2019, n.
20457; 27.3.2019, n. 8513);
› «qualora il giudice di primo grado abbia accolto, in tutto o in parte, il ricorso avverso l'avviso di retti-
fica, escludendo o riducendo l'ammontare dovuto, le eventuali maggiori somme pretese non sono esigi-
bili, sicchè l'Amministrazione doganale è tenuta ad adottare gli eventuali atti di sgravio e a limitare
l'avvio o la prosecuzione dell'attività di riscossione al minor importo accertato in giudizio; va invece
escluso, in caso di già avvenuta esazione, il diritto del contribuente al rimborso delle maggiori somme
e allo svincolo delle garanzie prestate, che sorge solo quando la sentenza sia passata in giudicato e,
quindi, l'obbligazione doganale si sia, in parte qua, estinta» (cfr. Cass. Ord. 17.3.2020, n. 7346).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 15, D.P.R. 29.9.1973, n. 602


Iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi

Art. 20, D.P.R. 29.9.1973, n. 602


Interessi per ritardata iscrizione a ruolo

Art. 19, D.Lgs. 18.9.1997, n. 472


Esecuzione delle sanzioni

D.M. 21.5.2009

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E Circ. Ag. Entrate 21.6.2010, n. 37/E

Dir. Reg. Entrate Piemonte, Nota 24.12.1997 Circ. Ag. Entrate 1.10.2010, n. 49/E

Circ. Min. Fin. 10.7.1998, n. 180/E Ris. Ag. Entrate 27.9.2011, n. 95/E

Circ. Min. Fin. 30.11.1999, n. 224/E Comunicazione Ag. Dogane e Monopoli


24.11.2014
Dir. Reg. Entrate Lombardia, Circ. 11.2.2000,
n. 5 Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.1

Ris. Ag. Entrate 10.4.2000, n. 46/E Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12


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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 69 - ESECUZIONE DELLE SENTENZE DI CONDANNA IN FAVORE


DEL CONTRIBUENTE [CFF ¶ 4720]

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1. Le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse
su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, so-
no immediatamente esecutive. Tuttavia il pagamento di somme dell’importo superiore a dieci-
mila euro, diverse dalle spese di lite, può essere subordinato dal giudice, anche tenuto conto
delle condizioni di solvibilità dell’istante, alla prestazione di idonea garanzia.
2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emesso ai sensi dell’articolo 17, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati il contenuto della garanzia sulla base di
quanto previsto dall’articolo 38-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, la sua durata nonché il termine entro il quale può essere escussa, a se-
guito dell’inerzia del contribuente in ordine alla restituzione delle somme garantite protrattasi
per un periodo di tre mesi.
3. I costi della garanzia, anticipati dal contribuente, sono a carico della parte soccombente al-
l’esito definitivo del giudizio.
4. Il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro novan-
ta giorni dalla sua notificazione ovvero dalla presentazione della garanzia di cui al comma 2,
se dovuta.
5. In caso di mancata esecuzione della sentenza il contribuente può richiedere l’ottemperanza a
norma dell’articolo 70 alla corte di giustizia tributaria di primo grado ovvero, se il giudizio è
pendente nei gradi successivi, alla corte di giustizia tributaria di secondo grado. 1 2

Note
1 Il presente articolo prima modificato dall'art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, poi sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015,
n. 156 con decorrenza dal 01.06.2016, è stato da ultimo nuovamente modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

ESECUZIONE DELLE SENTENZE DI CONDANNA IN FAVORE DEL CONTRIBUENTE


(Art. 69)

Esecuzione sentenza di condanna al rimborso a favore del contribuente (co. 1) Le sentenze


di condanna (dell’Ufficio tributario o dell’Ente locale o dell’Agente della riscossione) al paga-
mento di somme (ivi comprese le spese di giudizio: cfr. C.T.R. Lombardia, Ord. 11.2.2019, n.
313) a favore del contribuente sono immediatamente esecutive; per cui il contribuente non
dovrà più attendere (come accadeva in precedenza) il «passaggio in giudicato» della sentenza
per ottenere il rimborso.
Però, «in materia di diritti di confine, costituenti risorse proprie della UE, la sentenza non definiti-
va con la quale si preveda il rimborso, a favore del contribuente, di dazi doganali ritenuti non do-
vuti non può ritenersi immediatamente esecutiva ai sensi dell’art. 69, co. 1, del D.Lgs. 546/1992»
essendo la «disposizione incompatibile con il Codice doganale comunitario e con il Codice dogana-
le unionale, con conseguente inammissibilità del ricorso per ottemperanza eventualmente proposto
ai sensi degli artt. 69, co. 5 e 70 del D.Lgs. 546/1992» (cfr. Cass. Ord. 13.10.2020, n. 22012).
«Il pagamento di somme di importo superiore a 10.000 euro, diverse dalle spese di lite, [può] essere su-
bordinato dal giudice» alla prestazione di una idonea garanzia, tenendo conto, in sentenza, della
solvibilità del contribuente, da valutare in base alla consistenza del suo patrimonio e all’ammonta-
re delle somme oggetto di rimborso (tale importo non opera come una franchigia).
La previsione di tale garanzia è diretta ad evitare il «rischio che, una volta ottenuto – in virtù di una
sentenza esecutiva, ma impugnata dall’Amministrazione – il pagamento di una somma a titolo di rim-
borso, non sia più possibile il recupero delle somme erogate in caso di successiva riforma della sentenza»
Processo tributario 333

(cfr. Relazione di accompagnamento al D.Lgs. 156/2015).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


«Ovviamente il contribuente resterà libero di non chiedere la immediata esecuzione della sentenza (qua-

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lora non intenda anticipare gli oneri della garanzia o anche solo per non dover rischiare di dover restitu-
ire le somme ottenute con gli interessi) e di preferire l'attesa di un giudicato che gli consentirà di ottenere
quanto gli spetta, con gli interessi di legge medio tempore maturati, senza fornire alcuna garanzia» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.2).
Per la esecutività delle sentenze «emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali in-
dicate nell’articolo 2, comma 2» e depositate a decorrere dal 1° giugno 2016 si veda il commento al
successivo articolo 69-bis, abrogato a decorrere dalla medesima data, ma in vigore per le sentenze
depositate precedentemente.
Prestazione della garanzia (co. 2 e 3) La relativa disciplina è regolata dal Decreto M.E.F. 6.2.2017, n. 22,
in vigore dal 28.3.2017: tale Regolamento disciplina il contenuto e i soggetti abilitati al rilascio della
garanzia (art. 1), la durata della garanzia (art. 2), le modalità e i termini per la sua escussione (art. 3).
La garanzia:
› «è costituita sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore nominale, ovve-
ro di fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che, a giudizio dell’ente a fa-
vore del quale deve essere prestata, offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria
rilasciata da una impresa di assicurazione». Regole specifiche sono previste, da un lato, per le pic-
cole e medie imprese e, dall'altro, per i gruppi di società;
› va prestata utilizzando «modelli approvati con decreto del Direttore generale delle Finanze» (in real-
tà, i modelli sono stati approvati anch’essi con Decreto M.E.F. del 18.5.2017, in G.U. n. 142 del
21.6.2017: «1) modello di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria; 2) modello per l’assunzione di
obbligazione di pagamento da parte della capogruppo o controllante; 3) modello per la costituzione di
deposito vincolato in titoli di Stato o garantiti dallo Stato»);
› «deve avere ad oggetto la integrale restituzione della somma pagata al contribuente, comprensiva di
interessi»;
› deve durare «fino al termine del nono mese successivo a quello del passaggio in giudicato del provve-
dimento che definisce il giudizio ovvero fino al termine del nono mese successivo a quello della estin-
zione del processo, anche se la sentenza che ha disposto il pagamento di somme a favore del contri-
buente viene successivamente riformata con una sentenza non ancora divenuta definitiva»;
› «cessa qualora il giudice del grado successivo di giudizio ritenga di non subordinare la condanna al
pagamento di somme in favore del contribuente alla prestazione della garanzia».
«Il termine di tre mesi di cui all’art. 69, co. 2, del D.Lgs. 546/1992 per la restituzione da parte del contri-
buente delle somme garantite decorre dal passaggio in giudicato del provvedimento che definisce il giudi-
zio ovvero dalla estinzione del processo».
Il Consiglio di Stato, al quale il Regolamento era stato sottoposto per un parere, ha affermato che es-
so si inserisce «armonicamente nel sistema del processo tributario, disciplinando (…) una misura compen-
sativa del principio (…) di immediata esecutività delle sentenze di condanna in favore del contribuente, sen-
za incidere sulle leggi e sui regolamenti vigenti; ad eccezione dei giudizi aventi ad oggetto risorse proprie
tradizionali nonché l’Iva riscossa all’importazione, per i quali trovano applicazione le disposizioni UE che
impongono lo svincolo della garanzia solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza. (…) La garan-
zia assicura, nell’applicazione dei principi europei e nazionali sul giusto processo, la parità ed eguaglianza
delle parti nel processo tributario. Ciò implica che la disciplina regolamentare non possa essere - se non
marginalmente - ispirata alla tutela dell’interesse finanziario dello Stato, ma debba muoversi nell’ottica del
contemperamento tra il diritto del contribuente, la garanzia di solvibilità in ipotesi di ribaltamento della
sentenza, l’efficienza del processo» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. consultiva, Parere 2.12.2016, n. 2529).
I costi della garanzia sono anticipati dal contribuente; in caso di esito favorevole del giudizio defi-
nitivo gli verranno rimborsati.
Termini di pagamento (co. 4) «Il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza dovrà essere
effettuato:
› entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza, se non è dovuta la garanzia;
› entro novanta giorni dalla presentazione della garanzia, se dovuta.
L’Ufficio potrà comunque procedere all’erogazione tempestiva del rimborso, anche prima della prestazio-
ne della garanzia, ove abbia deciso di prestare acquiescenza alla sentenza, al fine di evitare di sostenerne
i costi» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.2).
334
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Sentenze tributarie di condanna del Fisco al pagamento di somme a favore del contribuente
Somme non superiori a € 10.000 Il pagamento va eseguito entro 90 giorni dalla notifica della

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Spese di lite sentenza (senza alcuna garanzia)
Somme superiori a € 10.000 Il pagamento va eseguito entro 90 giorni dalla
presentazione della garanzia, se il giudice subordina il
pagamento alla prestazione della garanzia

Mancata esecuzione (co. 5) Nel caso in cui l’amministrazione resistente non provveda al paga-
mento entro i predetti termini, il contribuente può esperire il giudizio di ottemperanza (ex
successivo art. 70), il quale va promosso (ex art. 68) dinanzi alla Corte di giustizia tributaria
di primo grado ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla Corte di giustizia
tributaria di secondo grado. «La nuova formulazione dell’articolo 69 non ha richiamato, come la
previgente, l’articolo 475 c.p.c. in ordine alla spedizione in forma esecutiva della sentenza rilasciata
dalla segreteria della commissione tributaria, in linea con la scelta operata dal legislatore del giu-
dizio di ottemperanza come unico strumento di esecuzione delle sentenze» (cfr. Circ. Ag. Entrate
29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.2).
Entrata in vigore e disciplina transitoria Il «nuovo» art. 69 è entrato in vigore il 1° giugno
2016. In via transitoria, il Legislatore ha previsto che, fino all’approvazione del decreto MEF
relativo alla disciplina della garanzia, «restano applicabili le previgenti disposizioni» dell’art. 69
(cfr. art. 12, D.Lgs. 156/2015).
Tale disciplina transitoria ha dato origine ad un contrasto interpretativo sulla decorrenza
della nuova disposizione e, conseguentemente, sull'applicabilità (o meno) della «vecchia»
versione dell’art. 69. In particolare:
› l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che «per le sentenze già depositate alla data del 1° giu-
gno 2016 e, in mancanza del predetto D.M., anche per quelle depositate successivamente a tale
data, rimane in vigore il precedente testo dell’articolo 69, ai sensi del quale per i giudizi aventi
ad oggetto un diniego espresso o tacito alla restituzione di tributi e relativi accessori versati
spontaneamente, la sentenza di condanna dell’ufficio al pagamento di somme, comprese le spese
di giudizio, non è immediatamente esecutiva e deve essere eseguita solo dopo il passaggio in giu-
dicato» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.2);
› la Corte di Cassazione ha affermato che, qualora intervenga una sentenza del Giudice tri-
butario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte l’atto impositivo, «il
Giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l'obbligo di
agire in conformità della statuizione giudiziale (…), adottando i conseguenziali provvedimenti di
sgravio, o eventualmente di rimborso della eccedenza versata»; e ha concluso che «riguardo la
questione relativa alla mancata emanazione del D.M. n. 22 del 2017 alla data in cui era stata de-
positata la sentenza di cui era chiesta l'ottemperanza, deve ritenersi che l'art. 69, comma 1, cit.,
che prevede la immediata esecutività delle sentenze del Giudice tributario, abbia natura imme-
diatamente precettiva (…), a prescindere dalla emanazione dei decreti ministeriali di attuazione»
(cfr. Cass. Ord. 19.4.2019, n. 11135);
› la giurisprudenza di merito:
- da un lato, ha ritenuto di dover dare alla norma «una lettura costituzionalmente orientata:
[per cui] la provvisoria esecutività delle sentenze, già chiaramente imposta dalla legge delega,
[deve] ritenersi pienamente operante in tutti quei casi in cui il giudice non intenda (oppure
non possa ovvero non voglia) imporre alcuna garanzia a carico della parte privata»: perché,
diversamente, «la norma potrebbe esporsi a più di una censura costituzionale». Sarebbe, in-
fatti, «irragionevole che la previsione di esecutività possa essere subordinata alla emanazione
di un decreto relativo alle «garanzie» quando esse non sono dovute; (…) la Legge delega non
prevedeva che a fronte della esecutività si dovesse imporre una garanzia; tantomeno quindi
potrebbe ammettersi che la previsione di esecutività chiaramente espressa nella legge sia inde-
finitamente posticipata dal Legislatore delegato al fine di disciplinare un aspetto marginale
che il giudice può regolamentare caso per caso» (cfr. Comm. Trib. Reg. Milano, Sent.
13.12.2016, n. 6725; Comm. Trib. Prov. Roma, Sent. 16.1.18, n. 1246; Comm. Trib. Reg. Ve-
neto, Ord. 16.1.2018, n. 18; Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, Sent. 21.11.2016, n. 310;
Processo tributario 335

Comm. Trib. Prov. Venezia, Sent. 20.6.2016, n. 316);

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


- dall'altro, ha ritenuto che «anche nel processo tributario trovi applicazione il principio "tem-

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pus regit actum", secondo il quale gli atti perfezionatisi prima dell’entrata in vigore di una
novella in materia processuale, ancorché applicabile al processo in corso, in difetto di una di-
sciplina transitoria o di esplicite disposizioni di segno contrario, restano regolati, anche negli
effetti, dalla norma sotto il cui imperio sono stati posti in essere»: per concludere che la
nuova disposizione «non può ritenersi applicabile a sentenze emesse e depositate anterior-
mente alla data di entrata in vigore (1° giugno 2016)». (cfr. Comm. Trib. Reg. Roma, Sent.
24.3.2017, n. 1593).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Decreto Ministero Economia e Finanze 6.2.2017, n. 22

Decreto Direttore Generale del Ministero Economia e Finanze 18.5.2017

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2016, n. 38/E, § 1.15.2

Art. 69-bis - AGGIORNAMENTO DEGLI ATTI CATASTALI [CFF ¶ 4720a]

[1. Se la commissione tributaria accoglie totalmente o parzialmente il ricorso proposto avverso gli atti
relativi alle operazioni catastali indicate nell'articolo 2, comma 2, e la relativa sentenza è passata in
giudicato, la segreteria ne rilascia copia munita dell'attestazione di passaggio in giudicato, sulla
base della quale l'ufficio dell'Agenzia del territorio provvede all'aggiornamento degli atti catastali.]1

Note
1 Il presente articolo inserito dall'art. 12, D.L. 02.03.2012, n. 16 con decorrenza dal 02.03.2012 convertito in legge dalla L. 26.04.2012,
n. 44 con decorrenza dal 28.04.2012, è stato abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.06.2016.

AGGIORNAMENTO DEGLI ATTI CATASTALI (Art. 69-bis)

Atti catastali e loro aggiornamento


› «Per le sentenze concernenti gli atti relativi alle operazioni catastali depositate a decorrere» dal 1°
giugno 2016, «l’aggiornamento degli atti catastali dovrà essere effettuato prescindendo dal relativo
passaggio in giudicato»;
› «per le sentenze depositate precedentemente al 1° giugno 2016 rimangono in vigore le disposizioni
dell’articolo 69-bis e la disciplina recata dall’articolo 12, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012,
per l’annotazione delle sentenze che non costituiscono titolo esecutivo, secondo le modalità previste
dal provvedimento direttoriale del 17 luglio 2012» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, §
1.15.3).
L’articolo 69-bis, infatti, è stato abrogato a decorrere a decorrere dal 1° giugno 2016, ma resta in
vigore per le sentenze depositate precedentemente.
Ambito oggettivo Le liti aventi ad oggetto le operazioni catastali ex art. 2, co. 2, sono quelle pro-
mosse dai singoli possessori inerenti all’intestazione, la delimitazione, il classamento dei terre-
ni, la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella
e la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della
rendita catastale.
336
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Aggiornamento degli atti ex art. 69-bis La sentenza di accoglimento totale o parziale del ricorso
(anche non passata in giudicato) consente al contribuente di ottenere l’aggiornamento degli at-

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ti catastali, e comporta la sostituzione del classamento illegittimo con quello definito in senten-
za. Di conseguenza, l’Amministrazione è tenuta a conformarsi ad esso: sia sul piano impositivo,
sia su quello amministrativo (iscrizione catastale); in mancanza si dovrebbe poter ricorrere al
giudizio di ottemperanza ex art. 70.
Anche le sentenze «non costituenti titolo esecutivo sono comunque annotate negli atti catastali con
le modalità stabilite dal Direttore dell’Agenzia del territorio [ora, Agenzia delle Entrate], da emanare
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto» (cfr. art. 12, co. 4, D.L. 16/2012).
Esse «vengono annotate negli atti del catasto, relativamente ad ogni unità immobiliare interessata,
con indicazione dell’esito del giudizio». In questo caso, però, l'inserimento della rendita definita
con la sentenza non passata in giudicato pare finalizzata ad assicurare la conoscibilità dell’iter
giurisdizionale concernente i ricorsi in materia di operazioni catastali (c.d. «pubblicità-noti-
zia») e non a sostituire la rendita determinata dall'Amministrazione.

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.3

Art. 70 - GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA [CFF ¶ 4721]

1. La parte che vi ha interesse può richiedere l'ottemperanza agli obblighi derivanti dalla
sentenza della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado passata in giudicato
mediante ricorso da depositare in doppio originale alla segreteria della corte di giustizia
tributaria di primo grado, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da essa pro-
nunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della corte di giustizia tributaria di secondo
grado. 4
2. Il ricorso è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla
legge l'adempimento a carico dell’ente impositore, dell’agente della riscossione o del sog-
getto iscritto nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, degli obblighi derivanti dalla sentenza o, in mancanza di tale termine, dopo trenta
giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l'obbligo
non sia estinto. 1
3. Il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposi-
zione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di
inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l'ottemperanza, che
deve essere prodotta in copia unitamente all'originale o copia autentica dell'atto di messa
in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario.
4. Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria della commissione ai
soggetti di cui al comma 2 obbligati a provvedere. 1
5. Entro venti giorni dalla comunicazione l'ufficio può trasmettere le proprie osservazioni alla
corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, allegando la documentazione
dell'eventuale adempimento. 4
6. Il presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, scaduto il termine di
cui al comma precedente, assegna il ricorso alla sezione che ha pronunciato la sentenza. Il pre-
sidente della sezione fissa il giorno per la trattazione del ricorso in camera di consiglio non ol-
tre novanta giorni dal deposito del ricorso e ne viene data comunicazione alle parti almeno die-
ci giorni liberi prima a cura della segreteria. 5
7. Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta
con sentenza i provvedimenti indispensabili per l'ottemperanza in luogo dell'ufficio che li ha
omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi ri-
Processo tributario 337

sultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazio-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


ne. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un

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commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e deter-
mina il compenso a lui spettante secondo le disposizioni del Titolo VII del Capo IV del Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. 1
8. Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente e preso atto di quelli emanati
ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il procedi-
mento con ordinanza.
9. Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.
10. Contro la sentenza di cui al comma 7 è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosser-
vanza delle norme sul procedimento.
10-bis. Per il pagamento di somme dell’importo fino a ventimila euro e comunque per il pagamento
delle spese di giudizio, il ricorso è deciso dalla Commissione in composizione monocratica. 2 3

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
2 Il presente comma è stato inserito dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 9, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal
01.01.2016, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza
dal 16.09.2022.

GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA (Art. 70)

La riforma degli organi della giurisdizione tributaria Nel contesto della riforma (struttu-
rale) dei componenti gli organi della giurisdizione tributaria, approvata con la L.
31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), in vigore dal 16 settembre 2022, la norma è sta-
ta modificata con la sostituzione della denominazione di «commissioni tributarie», ovun-
que ricorra, con quella di «corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado».
Giudizio di ottemperanza Costituisce «il rimedio attraverso cui il contribuente può ottenere l’adem-
pimento degli obblighi sanciti dalla sentenza per il caso di inerzia dell’Ufficio».
Viene previsto «un sistema unitario di esecuzione delle sentenze, definitive e non, con carattere di
esclusività» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.4). Il contribuente può esperire il giudi-
zio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione, a carico dell’Ente impositore, dell’Agente della ri-
scossione o del soggetto iscritto nell’Albo di cui all’art. 53, D.Lgs. 446/1997 (cioè i soggetti privati
che esercitano funzioni pubbliche su concessione), per ottenere l’esecuzione a seguito di:
› passaggio in giudicato della sentenza di condanna;
› sentenza (non ancora definitiva) «di condanna al pagamento di somme, comprese le spese di
giudizio (a decorrere dal 1° giugno 2016)» (ex art. 69);
› sentenza (non ancora definitiva) relativa «alle operazioni catastali parzialmente o totalmente
favorevoli al contribuente (a decorrere dal 1° giugno 2016)» (ex art. 69);
› sentenza relativa «ad atti impositivi che comportano, ai sensi dell’articolo 68, comma 2, la resti-
tuzione al contribuente del tributo e relativi interessi e sanzioni, corrisposti in eccedenza rispetto
a quanto statuito dalla sentenza a lui favorevole (a decorrere dal 1° gennaio 2016)»;
› ordinanza «con cui sono liquidate le spese di giudizio in caso di rinuncia al ricorso ai sensi del-
l’articolo 44, comma 2» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.4);
A differenza della disciplina previgente (in cui era prevista anche la espropriazione forzata or-
dinaria), ora il giudizio di ottemperanza costituisce l’unico «rimedio» esperibile dal contribuente
per ottenere l’esecuzione della sentenza in caso di inerzia della controparte.
La giurisprudenza ha ritenuto che:
338
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

› per l’attivazione del giudizio di ottemperanza non è necessaria una «condanna» dell’Ammini-
strazione finanziaria al pagamento di una certa somma (cd. sentenze self executing), ma è suffi-

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ciente la sola dichiarazione di illegittimità degli atti da essa posti in essere (cfr. Cass., Sentenze
12.3.2009, n. 5925; 24.6.2005, n. 13861; 1.3.2004, n. 4126). Si ritiene, peraltro, opportuno chiede-
re, in sede di ricorso introduttivo o di appello, la «condanna» dell’A.F., dato che il giudizio di
ottemperanza è un giudizio di esecuzione e non di cognizione (per cui la parte chiamata in
causa non può integrare o modificare il contenuto della sentenza cui deve dare esecuzione);
› nel caso in cui sorgano «disguidi» nella rideterminazione delle somme accertate a seguito di sen-
tenza parzialmente favorevole al contribuente (cioè quando l’Ufficio sia rimasto inerte o non ab-
bia rispettato il dispositivo della sentenza) «è sempre ammesso il rimedio del giudizio di ottemperan-
za, al fine di rendere effettivo quel comando attraverso la enucleazione e precisazione del contenuto degli
obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato» (cfr. Cass., Sent. 27.2.2013, n. 4884);
› «Ove il contribuente ritenga che il provvedimento sia illegittimo in quanto non strettamente ade-
rente alla statuizione del giudice che ha emesso la sentenza immediatamente esecutiva, lo stesso
non può proporre impugnazione dinanzi al giudice del gravame, non ponendosi una questione di
corretto esercizio del potere impositivo, ma di non corretta esecuzione della sentenza, per la quale
va esperito il procedimento di ottemperanza» (cfr. Cass. Ord. 22.5.2022, n. 12847).
Peculiarità processuali del giudizio di ottemperanza (co. 2) Di regola, «il ricorso è proponibile
dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento, a carico [dell’Uffi-
cio], degli obblighi derivanti dalla sentenza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.4) o,
in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla sua messa in mora e fino a quando l’ob-
bligo non si sia estinto. Pertanto,
› nei casi in cui è previsto uno specifico termine per l’adempimento – in particolare, quello di
90 gg. dalla notifica della sentenza ex art. 68, co. 2 o dalla prestazione della garanzia ex art.
69, co. 4 (vedasi i rispettivi commenti supra) – il contribuente potrà proporre ricorso per ot-
temperanza senza necessità di previa messa in mora;
› in mancanza di detto termine, l’interessato deve previamente mettere in mora, tramite l’uffi-
ciale giudiziario, la controparte; e solo dopo che siano trascorsi 30 giorni senza che questa
abbia adempiuto al suo obbligo, può – fino a quando il diritto di credito non si è estinto (10
anni) – proporre ricorso. «Ai fini dell’instaurazione del giudizio di ottemperanza (…) l’unica
condizione necessaria (…) è la notifica (a mezzo di ufficiale giudiziario) della messa in mora di cui
all’art. 70 del D.Lgs. 546/1992 ed il decorso di trenta giorni senza che sia avvenuto l’adempimento»
(cfr. Cass., Sent. 24.9.2010, n. 20202; conf. C.T.P. Roma, Sent. 18.6.2021, n. 7374).
Ricorso introduttivo per l’ottemperanza (co. 3) Il giudizio di ottemperanza va proposto me-
diante ricorso, in duplice esemplare, diretto:
› nel caso di sentenza definitiva, «alla segreteria della Commissione tributaria provinciale qualora
la sentenza sia stata da essa pronunciata o, in ogni altro caso, alla segreteria della Commissione
tributaria regionale»;
› nel caso si sentenza provvisoriamente esecutiva ex artt. 68, co. 2 e 69, co. 5, «alla segreteria della
Commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla segrete-
ria della Commissione tributaria regionale» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.4).
Esso, inoltre, non è limitato alla sola ipotesi di pronuncia definitiva esaustiva dell’intera con-
troversia, ma può essere esperito anche con riferimento a singole parti della sentenza rispetto
alle quali si è formato un «giudicato interno», cioè dove l’Amministrazione finanziaria, soc-
combente su alcune questioni, non abbia proposto specifica impugnazione nei gradi successivi
del giudizio e dunque le stesse si siano rese definitive (cfr. Cass., Sentenze 17.1.2011, n. 980;
conf. 14.1.2004, n. 358).
Il ricorso va:
› proposto dalla «parte interessata», cioè legittimata ad instaurare il giudizio di ottemperanza.
Si tratta, non solo di chi sia già stato parte (formale e sostanziale), nel giudizio da cui è sca-
turito il giudicato, ma, se del caso, anche dei suoi eredi o aventi causa;
› indirizzato al Presidente della Corte di giustizia tributaria;
e deve contenere:
› «la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione»; e
› «la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza – anche non definitiva – di cui
Processo tributario 339

si chiede l’ottemperanza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, §1.15.4); che va allegata in

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


copia, insieme con l’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato (ove pre-

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visto). È stato, però, ritenuto che la mancata produzione della copia della sentenza passata in
giudicato comporti non inammissibilità ma solo temporanea improcedibilità dell’azione di
ottemperanza, in quanto la sentenza e l’atto di messa in mora sono documenti acquisibili in
qualsiasi momento (cfr. Comm. Trib. Prov. Trento, Sent. 4.5.2000, n. 57).
Il ricorso è soggetto al pagamento del Contributo Unificato atti giudiziari a carico della parte
proponente il giudizio (cfr. Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF, § 3), secondo gli scaglioni parametra-
ti al valore della controversia (cfr. tabella e modalità nel commento all'art. 18, comprensivo an-
che delle regole del P.T.T.).
Procedimento (co. 4, 5 e 6) La Segreteria della Corte di giustizia tributaria adita comunica uno dei
due originali del ricorso ai soggetti obbligati a provvedere; «i quali entro 20 giorni [da tale comunica-
zione] possono trasmettere [alla Corte di giustizia tributaria], mediante memorie le loro osservazioni e
produrre, in allegato alla citata memoria, i documenti comprovanti l’eventuale adempimento alla sentenza
oggetto di ottemperanza» (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E), in modo da far venir meno l’interes-
se del procedente. Decorso il suddetto termine, il Presidente della Corte di giustizia tributaria asse-
gna il ricorso alla Sezione che ha pronunciato la sentenza da ottemperare e il Presidente della Se-
zione, entro 90 giorni dal deposito in Segreteria del ricorso stesso, fissa il giorno per la trattazione
del ricorso in camera di consiglio (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E); la Segreteria comunica alle
parti, almeno 10 giorni liberi prima, la data fissata per l’udienza.
Si ricorda che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, era stato sospeso - dal
9.3.2020 all’11.5.2020 - il termine per la trasmissione, da parte dell’Ufficio, delle osservazioni al
ricorso per ottemperanza presentato dal contribuente ai sensi del co. 5 del presente articolo
(cfr. art. 83, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27; art. 36, D.L. 8.4.2020, n.
23, conv. con modif. in L. 5.6.2020, n. 40; Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10).
Fase attuativa del giudizio di ottemperanza (co. 7) La Commissione – sentite in udienza le par-
ti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria – «adotta, con sentenza, i provve-
dimenti indispensabili per dare piena attuazione alla sentenza non ottemperata dall’Ufficio» tribu-
tario o dall’Ente locale impositore (cfr. Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E).
Nelle ipotesi di pagamento di somme fino a 20.000 euro - e comunque per le spese di giudizio
- il ricorso viene deciso dalla Commissione in composizione monocratica (cfr. art. 70, co. 10-
bis).
Il giudice tributario può adottare gli atti che ritiene più adeguati (inclusi quelli di contabilità
pubblica) per dare concreta attuazione alla sentenza da ottemperare: ad esempio, ordinando
che il pagamento dovuto al contribuente sia eseguito dall’Agente della riscossione, mediante
prelievo dei fondi riscossi per conto dell’Erario (cfr. Comm. Trib. Prov. Roma, Sent. 9.4.2001, n.
81; Comm. Trib. Prov. Trento, Sent. 11.5.2000, n. 61).
Ancora, «il giudice, adìto dal contribuente per l'esecuzione del giudicato sul diritto al rimborso d'im-
poste per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la di-
sponibilità degli appositi fondi stanziati (…) e in caso di verificata incapienza, attivare, (…) anche tra-
mite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di conta-
bilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione
dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferi-
mento (…) una falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati» (cfr. Cass.
Sent. 26.7.2022, n. 23379).
Il giudizio di ottemperanza, peraltro, «presenta connotati diversi dal corrispondente e concorrente
giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando
contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di rendere effettivo quel comando, com-
piendo tutti quegli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della senten-
za di cui si chiede l’esecuzione» (ad esempio, rideterminando l’imponibile della indennità di buo-
nuscita, defalcando la ritenuta operata anche sulla quota corrispondente alla parte di contribu-
zione a carico del lavoratore, qualora venga accertato che su tale quota non è stata operata al-
cuna ritenuta e quindi non vi è alcuna somma che il contribuente abbia diritto a vedersi
rimborsare: cfr. Cass., Sent. 18.01.2012, n. 646; conf. Cass. Sent. 12.4.2022, n. 11908; Cass. Ordi-
nanze 20.6.2019, n. 16569; 29.5.2019, n. 14642; C.T.R.Lazio, 6.2.2020, n. 644).
340
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Il giudizio di ottemperanza può essere esercitato solo entro i limiti (invalicabili) posti dall’og-
getto della controversia definita con il giudicato, dato che con tale giudizio «non può essere at-

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tribuito un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire, né può
esserne adeguata la statuizione ad una situazione normativa sopravvenuta (...). In sostanza, in sede
di ottemperanza il giudice tributario è tenuto unicamente a determinare le modalità concrete di ese-
cuzione attuativa del giudicato di condanna» (cfr. Cass., Ord. 4.12.2017, n. 28931; conf.: Cass., Or-
dinanze, 18.11.2021, n. 35137; 4.9.2020, n. 18418; 13.8.2020, n. 17044; 22.1.2020, n. 1293; 17.7.2019,
n. 19165; 21.6.2019, n. 16735; 20.7.2018, n. 19346; Cass., Sentenze 29.7.2016, n. 15827; 16.4.2014, n.
8830; 18.12.2013, n. 28286). Pertanto:
› il giudizio di ottemperanza non può estendere il rimborso del tributo ad annualità diverse ri-
spetto a quelle indicate nella sentenza passata in giudicato (cfr. Cass., Sent. 24.11.2004, n.
22188; Cass. Ord. 17.7.2019, n. 19165);
› «gli accessori di un credito, fra cui gli interessi, possono essere riconosciuti dal giudice solo in
presenza di domanda della parte» (cfr. Cass., Sent. 2.3.2011, n. 5069);
› il giudice non può decidere e liquidare spese legali ulteriori rispetto a quelle riconosciute con
la sentenza da eseguire (cfr. Cass. Ord. 4.12.2017, n. 28931);
› «deve ritenersi esclusa la possibilità di applicare al giudizio di ottemperanza l’istituto della com-
pensazione, in quanto la dichiarazione di estinzione del debito per compensazione presuppone un
accertamento del giudice che travalica i limiti fissati dal contenuto del giudicato ed è sottratto alla
sua competenza» (cfr. Cass., Sent. 25.5.2011, n. 11450; C.T.R. Lombardia, Sez. I, Sent., 27.6.2017,
n. 2850). Nel giudizio di ottemperanza, quindi, non è possibile eccepire un controcredito in
compensazione (cfr. C.T.R. Lombardia, Sent. 15.1.2021, n. 268);
› «è inammissibile il ricorso di ottemperanza volto ad ottenere un rimborso d’imposta, ove il giudice
tributario non abbia deciso in ordine ad una istanza di rimborso, ma si sia limitato ad accertare la il-
legittimità di un avviso di rettifica in base al quale era stata richiesta al contribuente la restituzione
del rimborso stesso» (cfr. Cass., Ord. 19.1.2018, n. 26433; conf. Cass. Ord. 4.9.2020, n. 18418);
› non è applicabile al giudizio di ottemperanza l’istituto del fermo amministrativo, che «è pre-
ordinato all’istituto della compensazione civilistica» (cfr. Cass., SS.UU., Sentenze 5.8.2010, n.
18208 e 23.12.2008, n. 30058; C.T.R. Lombardia, sez. I, Sent. 27.6.2017, n. 2850). In altre paro-
le, l’Amministrazione finanziaria non può sospendere il pagamento eccependo che il contri-
buente è debitore di altre Amministrazioni dello Stato o autore di illeciti fiscali: «il giudizio di
ottemperanza, infatti, non consente al giudice altro accertamento che quello della effettiva portata
precettiva della sentenza di cui si chiede l’esecuzione, con la conseguenza che a quel giudice è inibi-
to prendere in esame l’applicabilità della compensazione civilistica, alla quale è preordinato l’isti-
tuto del fermo amministrativo» (cfr. Cass., SS.UU. 5.08.2010, n. 18208; conf. Cass. Ord.
14.7.2021, n. 20035).
La Commissione adita, se lo ritiene opportuno, delega un proprio componente o nomina un
commissario (ad acta) per l’attuazione dei provvedimenti da adottare, fissandogli un termine
entro il quale dar corso ai provvedimenti necessari all’attuazione della sentenza e determinan-
do un compenso sulla base di quanto previsto dal D.P.R. 115/2002 (il pagamento dei compensi
spettanti al commissario ad acta configura danno erariale: cfr. Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.,
Puglia, Sent. 12.3.1998, n. 5). La mole di lavoro degli uffici dell’A.E. che ha determinato ritardo
nella esecuzione del rimborso non costituisce una valida ragione per disporre la compensazio-
ne delle spese nel giudizio di ottemperanza (cfr. Cass. Sent. 2.2.2023, n. 3220).
Esecuzione e conclusione del giudizio di ottemperanza (co. 8 e 9) I provvedimenti adottati so-
no immediatamente esecutivi. L’art. 14, co. 2 della L. 30/1997 disciplina il c.d. procedimento in
«conto sospeso» (cfr. Comm. Trib. Reg. Lazio, Sent. 29.1.2001, n. 1; Comm. Trib. Prov. Foggia,
Sent. 25.6.2001, n. 251), per effetto del quale:
› da un lato, è imposto alle Amministrazioni dello Stato e agli Enti Pubblici non economici di
completare la procedura per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali comportanti l’ob-
bligo del pagamento di somme di denaro entro il termine di 120 giorni dalla notificazione del
titolo esecutivo (prima della scadenza di tale termine, viene espressamente escluso il diritto
del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti di queste amministrazioni o di
compiere atti esecutivi);
› dall’altro, è previsto che, in presenza di determinati presupposti, sia consentito al dirigente
Processo tributario 341

responsabile della spesa, ovvero al commissario ad acta, in mancanza di disponibilità finan-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


ziarie nel pertinente capitolo, «di emettere uno speciale ordine di pagamento (di seguito SOP) ri-

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volto alla tesoreria dello Stato (…) con il quale chiede alla stessa di effettuare il pagamento regi-
strandolo in «conto sospeso». (…) Si tratta di un procedimento speciale - fondamentalmente corre-
lato a situazioni di emergenza (…) - finalizzato, tra l'altro, ad evitare i possibili aggravi di spesa
scaturenti da una procedura esecutiva intrapresa dal creditore» e a «contemperare, in pratica, il
diritto del medesimo creditore con le esigenze di finanza pubblica» (cfr. Circ. M.E.F. 27.8.2014, n.
24; nonché Circ. Ag. Entrate 4.2.2003, n. 5/E).
Una volta eseguiti i provvedimenti necessari all’attuazione dell’ottemperanza e preso atto di
quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario ad acta nominato, il
procedimento si chiude con ordinanza «dal contenuto meramente ordinatorio» (cfr. Cass. Sent.
14.11.2018, n. 29300), che «si limita a dichiarare chiuso il procedimento, una volta preso atto del-
l’avvenuta esecuzione di provvedimenti emessi con la sentenza che ha precedentemente pronunciato
sull’istanza di ottemperanza […] Ne consegue che tale ordinanza non può incidere in alcun modo sul-
la sentenza posta in esecuzione, e, ove ciò accada, operandosi una sostanziale revisione di quanto sta-
tuito con la sentenza, avverso la stessa è ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111
Cost.» (cfr. Cass., Sent. 6.7.2012, n. 11352; conf. Cass., Sent. 24.1.2013, n. 1647).
Ricorso in cassazione contro la sentenza di ottemperanza (co. 10) Avverso la sentenza di ot-
temperanza è ammesso solo il ricorso per cassazione per inosservanza delle norme sul procedi-
mento; e così, può essere denunciato «il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di inter-
pretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si
sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede»
(cfr. Cass. Ord. 13.8.2020, n. 17044). La Corte di Cassazione ha, tuttavia, ritenuto che un tale ri-
corso sia ammesso per qualunque violazione di legge, in quanto «non può non ritenersi sempre
operante la norma di rango primario dell’art. 111 della Cost. che consente il ricorso per violazione di
legge, come suprema garanzia costituzionale» (cfr. Cass., Sent. 3.4.2005, n. 4596; conf. Cass., Sent.
23.4.2004, n. 7801). In applicazione di detto principio, la Corte ha ritenuto «proponibile il ricorso
straordinario per cassazione, per violazione di legge, ex art. 111 Cost.» anche avverso «l'ordinanza
emessa ai sensi dell'art. 70, comma 8» qualora essa assuma un contenuto decisorio e definitivo
(cfr. Cass., Ord. 28.6.2017, n. 16086. Si veda anche Cass. Sentenze 27.9.2022, n. 28059
e 11.5.2018, n. 11518. In senso contrario, Cass. Ord. 16.2.2018, n. 3804, secondo la quale l’ordi-
nanza di cui all’art. 70, co. 8 «non è impugnabile, come si desume dall’art. 70, co. 10 (…) che limita
la esperibilità del ricorso per cassazione (per inosservanza delle norme sul procedimento) alla sola
sentenza emessa ai sensi del comma 7 del medesimo articolo»).

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. Fin. 23.4.1996, n. 98/E

Circ. Ag. Entrate 4.2.2003, n. 5/E

Circ. M.E.F. 21.9.2011, n. 1/DF

Circ. MEF 27.8.2014, n. 24

Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38/E, § 1.15.4

Circ. Ag. Entrate 16.4.2020, n. 10


342 Processo tributario

Titolo III
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546

Disposizioni finali e transitorie

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Art. 71 - NORME ABROGATE [CFF ¶ 4722]

1. Sono abrogati l'art. 288 del testo unico per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, l'articolo
1 e gli articoli da 15 a 45 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 e
successive modificazioni e integrazioni, l'art. 19, commi 4 e 5, e l' art. 20 del decreto del Presiden-
te della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, l' art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 639, gli articoli 63, comma 5, e 68, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 l' art. 4, comma 8, del decreto legge 2 marzo 1989, n. 66, con-
vertito nella legge 24 aprile 1989, n. 144. 1
2. È inoltre abrogata ogni altra norma di legge non compatibile con le disposizioni del presente decreto.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall' art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437

Art. 72 - CONTROVERSIE PENDENTI DAVANTI ALLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4723]

1. Le controversie pendenti dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado previste
dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 alla data d'insediamento delle
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, sono ad esse rispettivamente attribuite, te-
nuto conto, quanto alla competenza territoriale, delle rispettive sedi. La segreteria della corte di
giustizia tributaria di primo e secondo grado dà comunicazione alle parti della data di trattazione
almeno trenta giorni liberi prima. 8
La consegna o spedizione del ricorso o dell'atto di appello alla segreteria della corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado, ai sensi degli articoli 17, comma primo, e 22, comma secon-
do, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 equivale a costituzione in
giudizio del ricorrente ai sensi degli articoli 22 e 53 , comma 2. La parte resistente può effettuare
la costituzione in giudizio entro il termine di cui all' articolo 32 , comma 1. 1
1-bis. In deroga alle disposizioni del presente decreto, le controversie previste dal comma 1, penden-
ti alla data ivi indicata dinanzi alle commissioni tributarie di primo grado ed il cui valore, determi-
nato ai sensi dell' articolo 12 , comma 5, sia inferiore a cinque milioni di lire, sono trattate e deci-
se in pubblica udienza da un giudice singolo, nominato per ciascun ricorso, ai sensi dell' articolo
30 , comma 1, dal presidente della sezione alla quale il ricorso medesimo è stato assegnato. Il
presidente, se non intende designare se stesso, può nominare giudice unico il vicepresidente od
un componente della sezione appartenente ad una delle categorie di cui all' articolo 4, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, ovvero che sia in possesso di diploma
di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio ed abbia un'anzianità di servizio presso le
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado di almeno dieci anni. 8
Per la trattazione della controversia si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni delle se-
zioni III e IV del Capo I del Titolo II del presente decreto, ad eccezione dell' articolo 33 , intenden-
dosi sostituito in ogni caso il giudice singolo al relatore e al collegio. Restano ferme tutte le altre
disposizioni del presente decreto, comprese, con la medesima sostituzione, quelle del Capo II del
Titolo II. Il tentativo di conciliazione, di cui all' articolo 48 , comma 2, è obbligatorio se all'udienza
sono presenti entrambe le parti. Le controversie di cui al presente comma sono trattate dal giu-
dice singolo in udienze distinte da quelle collegiali. 2
2. Se alla data indicata al comma 1 pendono termini per la proposizione di ricorsi secondo le norme
previgenti, detti ricorsi sono proposti alle corti di giustizia tributaria di primo grado entro i termi-
ni previsti dal presente decreto, che decorrono dalla suddetta data. Se alla data indicata al com-
ma 1 pendono termini per impugnare decisioni delle corti di giustizia tributaria di primo e secon-
Processo tributario 343

do grado, dette impugnazioni sono proposte secondo le modalità e i termini previsti dal presente

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


decreto, che decorrono dalla suddetta data. 3 4

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3. Se i termini per il compimento di atti processuali diversi dai ricorsi secondo le norme vigenti, alla
data di cui ai commi 1 e 2, sono ancora pendenti, tali atti possono essere compiuti nei termini
previsti dal presente decreto, che decorrono dalla suddetta data.
4. Le segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado indicate nel comma 1
provvedono a trasmettere i fascicoli relativi alle controversie pendenti alle segreterie delle corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado rispettivamente competenti. (8)
5. Le segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado indicate nel comma 1
continuano a funzionare, solo per gli adempimenti di cui al comma 4, anche oltre la data indicata
nel comma precedente. 6 5 7

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato aggiunto dall' art. 32 L. 08.05.1998, n. 146.
3 Il presente comma prima modificato dall' art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, poi sostituito dall'art 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, è
stato da ultimo nuovamente modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 72, secondo comma, ultimo inciso,
sollevata in riferimento all' art. 76 della Costituzione (C.cost. 08.03 - 17.03 1995, n. 91).
5 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art 72 sollevata in riferimento agli artt 24, 25, pri-
mo comma, 97 e 101 della Costituzione (C.cost. 17.06 - 24.06.1997, n. 201 G.U. 02.07.1997, n. 27 Prima Serie Speciale).
6 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 12 D.L. 08.08.1996, n. 437, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
7 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
8 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 73 - ISTANZA DI TRATTAZIONE [CFF ¶ 4724]

Articolo abrogato 1

Note
1 Il presente articolo è stato abrogato dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.

Art. 74 - CONTROVERSIE PENDENTI DAVANTI ALLA CORTE D'APPELLO [CFF ¶ 4725]

1. Alle controversie, che alla data di cui all' art. 72 pendono davanti alla corte d'appello o per le quali
pende il termine per l'impugnativa davanti allo stesso organo, continuano ad applicarsi le dispo-
sizioni contenute mel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 e succes-
sive modificazioni e integrazioni. 1

Note
1 Il presente articolo è stato così sostituito dall' art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.

Art. 75 - CONTROVERSIE PENDENTI DAVANTI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4726]

1. Alle controversie che, alla data di cui all' articolo 72, pendono davanti alla corte di giustizia tribu-
taria di primo e secondo grado, o per le quali pende il termine per l'impugnativa davanti allo stes-
so organo, nonché alle controversie pendenti dinanzi alle commissioni di secondo grado per le
344
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

quali, alla predetta data, è stato depositato il solo dispositivo della decisione, continuano ad ap-
plicarsi le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.

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636 e successive modificazioni e integrazioni. 1
2. Relativamente alle controversie pendenti o per le quali pende il termine alla data di entrata in vigo-
re del presente decreto legislativo, il ricorrente e qualsiasi altra parte sono tenuti, entro sei mesi
dalla predetta data, a proporre alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado apposita istanza di trattazione contenente gli estremi della controversia e del procedimento.
L'istanza potrà essere sottoscritta dalla parte o dal suo precedente difensore, se nominato, e deve
essere notificata o spedita o consegnata alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado nei modi previsti dall' articolo 20 ; in difetto, il giudizio davanti alla corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado si estingue. L'estinzione è dichiarata dal presidente della sezio-
ne, dopo aver verificato che non sia stata depositata in segreteria l'istanza di trasmissione del fa-
scicolo alla cancelleria della corte di cassazione a seguito della richiesta di esame a norma del com-
ma seguente. Contro il decreto del Presidente, di cui viene data comunicazione alle parti, è ammes-
so reclamo al collegio nei modi e nei termini previsti dall' articolo 28 . 2 3 4
3. Le parti che hanno proposto ricorso alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado,
anziché presentare l'istanza di trattazione di cui al comma precedente, possono chiedere nello
stesso termine l'esame da parte della Corte di cassazione ai sensi dell' art. 360 del codice di pro-
cedura civile convertendo il ricorso alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado in
ricorso per cassazione contro la decisione impugnata, osservate per il resto tutte le norme del
codice di procedura civile per il procedimento davanti alla Corte di cassazione. 8
4. Se non è stato richiesto l'esame da parte della Corte di cassazione e l'istanza di trattazione è
presentata nei termini, il procedimento prosegue davanti alla corte di giustizia tributaria di primo
e secondo grado , che provvede alla sua definizione mediante deposito della decisione entro i
termini di cui all' articolo 42, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, applican-
do le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le
stesse disposizioni si applicano per i ricorsi presentati alla corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. 5
5. [In caso di rinvio disposto dalla Commissione tributaria centrale la riassunzione deve essere fat-
ta davanti alla commissione tributaria regionale o provinciale secondo le nuove disposizioni ] 6
6. La segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado continua a funzionare
anche oltre il termine di cui al comma 4 per trasmettere i fascicoli dei processi alla cancelleria
della Corte di cassazione o alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado. 8 7

Note
1 Il presente comma prima sostituito dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331 è stato poi così modificato prima dall' art. 12 D.L.
08.08.1996, n. 437, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma prima sostituito dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331 è stato poi così modificato prima dall' art. 1 D.L.
26.11.1993, n. 477, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, secondo comma, secondo perio-
do, come modificato dall' art. 69, c. 3, lett. h), del D.L. 30.08.1993, n. 331 convertito con modificazioni, nella L.
29.10.1993, n. 427 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione (C.cost. 9.07 - 22.07.1998, n. 317 G.U.
02.09.1998, n. 35 Prima Serie Speciale).
4 È costituzionalmente illegittimo l'art 75, secondo comma, secondo periodo, nella parte in cui non prevede che il termine
per l'istanza di trattazione decorra dalla data della ricezione dell'avviso dell'onere di proposizione dell'istanza stessa
(C.cost. 9.04 - 16.04 1998, n. 111, G.U. 22 aprile 1998, n. 16 Prima Serie Speciale).
5 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 Il presente comma è stato abrogato dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.
7 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
8 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
Processo tributario 345

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546


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Artt. 27, 28, D.P.R. 26.10.1972, n. 636

Art. 76 - CONTROVERSIE IN SEDE DI RINVIO [CFF ¶ 4727]

1. Se alla data prevista dall'art. 72, a seguito di sentenza della Corte di cassazione o di corte d'ap-
pello o a seguito di decisione della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado pendono
i termini per la riassunzione del procedimento di rinvio davanti alle corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado, detti termini decorrono da tale data e la riassunzione va fatta davanti al-
la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado competente. 2
2. Il termine per la riassunzione davanti alla corte d'appello non subisce modifiche.
3. Se alla data prevista all'art. 72, a seguito di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, pende il ter-
mine per la riassunzione davanti alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, detto
termine decorre da tale data e la riassunzione va fatta davanti alla corte di giustizia tributaria di
secondo grado competente. 2
4. Se la riassunzione non avviene nei termini, o si avvera successivamente ad essa una causa di
estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue. 1
5. Se alla data indicata nei commi precedenti pendono i giudizi di rinvio davanti alla corte di giusti-
zia tributaria di primo e secondo grado si applicano le disposizioni di cui all'art. 72, comma 4. 3

Note
1 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
3 Il presente comma prima sostituito dall'art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, è stato poi così modificato dall'art. 4, comma 1,
lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

Art. 77 - PROCEDIMENTO CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO DAVANTI


ALL'INTENDENZA DI FINANZA O AL MINISTERO DELLE FINANZE [CFF ¶ 4728]

1. Le controversie relative ai tributi comunali e locali indicati nell'art. 2, lettera h), per le quali era
previsto il ricorso all'intendente di finanza o al Ministro delle finanze, se non ancora definite alla
data di insediamento delle nuove commissioni, continuano ad essere decise in sede amministra-
tiva dai suddetti organi secondo le relative disposizioni, ancorchè abrogate ai sensi dell'art. 71.

Art. 78 - CONTROVERSIE GIÀ DI COMPETENZA DELLE COMMISSIONI COMUNALI


PER I TRIBUTI LOCALI I [CFF ¶ 4729]

1. Le controversie già di competenza in primo grado delle commissioni comunali per i tributi locali,
se alla data d'insediamento delle nuove commissioni pendono davanti all'autorità giudiziaria ordi-
naria, i relativi giudizi proseguono in questa sede.
2. Le controversie di cui al comma 1, che alla data indicata non pendono davanti all'autorità giudi-
ziaria ordinaria e non sono già state definite, qualunque sia il grado in cui si trovavano al mo-
mento della sentenza della Corte costituzionale 27 luglio 1989, n. 451, debbono essere riattivate
da parte degli enti impositori interessati mediante trasmissione dei relativi atti e documenti alla
corte di giustizia tributaria di primo grado competente entro il termine di mesi sei dalla data an-
zidetta; altrimenti ogni pretesa dell'ente impositore s'intende definitivamente abbandonata. 1

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 Processo tributario

Art. 79 - NORME TRANSITORIE [CFF ¶ 4730]

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1. Le disposizioni di cui agli articoli 57, comma 2, e 58, comma 1, non si applicano ai giudizi già pen-
denti in grado d'appello davanti alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado di se-
condo grado e a quelli iniziati davanti alla corte di giustizia tributaria di secondo grado se il primo
grado si è svolto sotto la disciplina della legge anteriore. 1
2. Nei giudizi davanti alla corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado riguardanti controversie
già pendenti davanti ad altri organi giurisdizionali o amministrativi la regolarizzazione della costitu-
zione delle parti secondo le nuove norme sulla assistenza tecnica è disposta, ove necessario, se-
condo le modalità e nel termine perentorio fissato dal presidente della sezione o dal collegio ri-
spettivamente con decreto o con ordinanza da comunicare alle parti a cura della segreteria. 1
Nota

1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 80 - ENTRATA IN VIGORE [CFF ¶ 4731]


1. Il presente decreto entra in vigore il 15 gennaio 1993.
2. Le disposizioni del presente decreto hanno effetto dalla data di insediamento delle corti di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado. 1 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, e poi dall'art. 4, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 80, secondo comma, nel testo modificato
dall' art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29.10.1993, n. 427 sollevata in riferimento all' art.
3, primo comma, della Costituzione (C.cost. 12.07 - 21.07 1995, n. 351 G.U. 09.08.1995, n. 33 Prima Serie Speciale).

ENTRATA IN VIGORE (ARTT. 71-80)

Abrogazioni (art. 71) A partire dal 1.1.1996, oltre all’abrogazione di una serie di norme specifiche,
sono state abrogate tutte le norme incompatibili con il nuovo decreto.
Entrata in vigore (art. 80) Il D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 è entrato in vigore il 15.1.1993, ma le sue di-
sposizioni hanno avuto effetto dal 1.1.1996, data dell'(orginario) insediamento delle nuove Com-
missioni Tributarie.
Interventi successivi Le modifiche al Codice di procedura civile introdotte dalla L. 18.6.2009, n.
69 e destinate a valere anche nel processo tributario (ex art. 1, co. 2, D.Lgs. 546/1992), in base al-
la disciplina transitoria contenuta nell’art. 58 di quella legge, riguardano i «giudizi instaurati do-
po la data della sua entrata in vigore», e cioè dopo il 4.7.2009 e, quindi, a partire dal 5.7.2009 (che,
trattandosi di una domenica, diventa il 6.7.2009).
Le misure di revisione del contenzioso tributario introdotte dal D.Lgs. 156/2015 hanno riguarda-
to, tra l’altro, i procedimenti pendenti al 31.12.2014 dinanzi alla cessata Commissione Tributaria
Centrale, che - a decorrere dal 1° gennaio 2015 - sono proseguite dinanzi alla Commissione Tri-
butaria Regionale del Lazio (cfr. art. 12, co. 5).
Organi speciali

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di Giurisdizione Tributaria
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545
Capo I
Gli organi della giurisdizione tributaria

Art. 1 - LE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF · 5815]

1. Gli organi di giurisdizione in materia tributaria previsti dal decreto del Presidente della Repubbli-
ca 26 ottobre 1972, n. 636 sono riordinati in corti di giustizia tributaria di primo grado, aventi se-
de nel capoluogo di ogni provincia, ed in corti di giustizia tributaria di secondo grado, aventi sede
nel capoluogo di ogni regione.
Fino al 31 dicembre 1996, sezioni delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado pos-
sono essere ubicate, ove occorra presso le sedi delle attuali commissioni di primo e di secondo
grado. Entro il 31 dicembre 1993, con decreto del ministro delle finanze, di concerto con il Mini-
stro del tesoro e con il Ministro di grazia e giustizia, in relazione alle esigenze di reperimento dei
locali, sono individuate dette sezioni le quali costituiscono mera articolazione interna delle corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado non rilevante ai fini della competenza e della vali-
dità degli atti processuali. Con decreto del presidente della corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado sono determinati i criteri e le modalità di funzionamento delle sezioni. 1
1-bis. Nei comuni sedi di corte di appello, o di sezioni staccate di corte di appello ovvero di sezioni stac-
cate di tribunali amministrativi regionali o comunque capoluoghi di provincia con oltre 120.000 abi-
tanti alla data di entrata in vigore della presente disposizione distanti non meno di 100 chilometri dal
comune capoluogo di regione, saranno istituite sezioni staccate delle corti di giustizia tributaria di se-
condo grado nei limiti numerici dei contingenti di personale già impiegato negli uffici di segreteria
delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, senza incrementare il numero complessivo
dei componenti delle medesime commissioni, con corrispondente adeguamento delle sedi delle se-
zioni esistenti e conseguente riduzione delle relative spese. L'istituzione delle sezioni staccate non
deve comunque comportare maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 2
2. In ciascuna delle province di Trento e di Bolzano la giurisdizione di cui al comma 1 è esercitata da
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, aventi competenza sul territorio della pro-
vincia corrispondente, alle quali si applicano rispettivamente le disposizioni concernenti le corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado compatibili con le norme di legge e dello statuto
regionale che le riguardano. 6
3. Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, il numero delle relative sezioni e i corri-
spondenti organici sono indicati nelle tabelle A e B allegate al presente decreto. 6
4. Il numero delle sezioni di ciascuna commissione può essere adeguato, in relazione al flusso me-
dio dei processi, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro ed il
Ministro di grazia e giustizia.
5. Alla istituzione di nuove commissioni ed alle variazioni conseguenti, in relazione a mutamenti
dell'assetto provinciale e regionale del territorio della Repubblica, si provvede con decreto del Mi-
nistro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro ed il Ministro di grazia e giustizia. 3 4 5 7
348
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Note
1 Il presente comma prima è stato così modificato prima dall'art. 3 sexies D.L. 23.01.1993, n. 16, poi dall'art. 69 D.L.

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30.08.1993, n. 331, e da ultimo dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma aggiunto dall'art. 35 L. 18.02.1999, n. 28, è stato poi così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del presente articolo sollevata in riferimento agli
artt. 24, 25, primo c. 97 e 101 della Costituzione (C.cost. 17.06-24.06 1997, n. 201 Ordinanza).
4 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
5 La rubrica del presente articolo è stata così modfiicata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
7 La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia ha sollevato questione di legittimità di «tutte le norme del D.Lgs.
545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono
competenza gestionale e di supporto amministrativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF». La Corte veneta,
infatti, ha ritenuto che le modifiche apportate, al Decreto in esame, dalla L. 30.8.2022, n. 130, abbiano ulteriormente consolidato
«l’effetto di accentuazione del rapporto di dipendenza dei giudici tributari dal Ministero Economia e Finanze, titolare sostanziale
dell’interesse oggetto delle controversie tributarie (…) in contrasto con i principi (…) dettati non solo dagli artt. 101, 104, 105 e
110 della Carta (…), in combinato disposto con l’art. 108 della Carta (…), ma anche dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione eu-
ropea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (…) così come interpretato ad applicato dalla giuri-
sprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (…)» (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

LE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO (Art. 1 )

Le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado Nel quadro delle iniziative assunte in
esecuzione del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si pone (anche) la riforma
(strutturale) dei componenti gli organi della giurisdizione tributaria, nonché di alcune disposi-
zioni del processo tributario, approvata con la L. 31.8.2022, n. 130 - «Disposizioni in materia di
giustizia e di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204) - in vigore dal 16 settembre 2022,
composta da 8 articoli (e 1 Allegato), il primo dei quali è dedicato, tra l’altro, alla professionaliz-
zazione dei giudici tributari, con la sostituzione della denominazione di «commissioni tributa-
rie» con quella di «corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado».
La giurisdizione tributaria viene esercitata (co. 1):
› in 1° grado, dalle Corti di giustizia tributaria di primo grado, che hanno sede nel capoluogo di
ogni Provincia;
› in 2° grado, dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado, che hanno sede nel capoluogo
di ogni Regione.
I ricorsi da parte del contribuente devono essere presentati alle Corti di giustizia tributaria di
primo grado competenti per territorio (cfr. art. 4, D.Lgs. 546/1992).
Le sentenze delle Corti di giustizia tributaria di primo grado possono essere impugnate davanti
alle Corti di giustizia tributaria di secondo grado (cfr. art. 4, D.Lgs. 546/1992).
Le sentenze delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado possono essere impugnate solo
davanti alla Corte di Cassazione, e solo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c. (cfr. art. 62, D.Lgs.
546/1992).
È prevista la possibilità di istituire «Sezioni staccate» (co. 1-bis) delle Corti di giustizia tributaria
di secondo grado (non anche di primo grado) nei Comuni sedi di Corte d’Appello o di Tribunali
Amministrativi Regionali, che siano capoluoghi di Provincia con oltre 120.000 abitanti e distanti
non meno di 100 chilometri dal Comune capoluogo di Regione (art. 1, co. 1-bis, D.Lgs. 545/1992).
L’entrata in funzione delle Sezioni (staccate) istituite viene disposta con decreto dei rispettivi
Presidenti di Corti di giustizia tributaria di secondo grado.
Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha fornito una serie di istruzioni sui criteri
di composizione delle Sezioni staccate e sulla assegnazione dei ricorsi e ha chiarito che i ricorsi
di competenza delle Sezioni staccate potranno (e dovranno) essere presentati direttamente alle
Organi della giurisdizione tributaria 349

Segreterie delle Sezioni staccate stesse (cfr. Risoluzione C.P.G.T. del 13.11.2001, n. 4).

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Le Sezioni staccate - istituite con D.M. 6 giugno 2000, ai sensi del co. 1-bis - costituiscono «mera

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articolazione interna» degli organi di giustizia tributaria e, in particolare, della Corti di giustizia
tributaria di secondo grado nella circoscrizione della quale operano. Detta articolazione interna
è «irrilevante ai fini della competenza territoriale e della validità degli atti processuali, al pari delle se-
zioni distaccate di cui al co. 1 dello stesso articolo, ciò desumendosi, in via di interpretazione sistemati-
ca, da quanto per queste ultime ivi espressamente disposto e dalla identica natura da esse condivisa»
(cfr. Cass. Ord. 15.7.2020, n. 14995, che ha rigettato, dichiarandolo infondato, un ricorso propo-
sto da un contribuente che contestava una decisione della CTR pronunziata dalla sezione cen-
trale in luogo della sezione staccata).
Ne deriva che «il Giudice precostituito per legge, vale a dire il Giudice “naturale”, a trattare gli appelli
avverso decisioni emesse dalle commissioni tributarie provinciali di una determinata regione è la com-
missione tributaria regionale, non la sezione staccata di essa, anche ove quest’ultima, per criteri inter-
ni di riparto, operi in un determinato ambito territoriale» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13.3.2020,
n. 1822, in relazione ad un ricorso presentato dall’Ordine degli avvocati di Lecce avverso il de-
creto del presidente della C.T.R. che aveva disposto il trasferimento presso la sede di Bari di tutti
gli appelli iscritti a ruolo nell’anno 2015 nelle Sezioni staccate di Lecce e di Taranto; conf. Cass.
Ord. 30.12.2020, n. 29886).
Nelle Province Autonome di Trento e di Bolzano la giurisdizione è esercitata dalle Commissioni
Tributarie di 1° e 2° grado (co. 2), aventi (entrambe) competenza sul territorio della relativa Pro-
vincia; ad esse si applicano le disposizioni concernenti le Corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado, purché compatibili con le norme di legge e dello Statuto speciale del Trentino-
Alto Adige (si veda D.Lgs. 9.9.1997, n. 354, recante norme di attuazione dello Statuto).
Per ogni Corte di giustizia tributaria sia di primo che di secondo grado, il terzo comma fissa il
numero delle Sezioni, che costituiscono i collegi giudicanti nei quali si articola l’organo giurisdi-
zionale. corrispondenti organici sono indicati nelle tabelle A e B allegate al decreto.
L’art. 12, co. 5, D.Lgs. 156/2015 ha stabilito che, a decorrere dal 1.1.2015, i procedimenti pendenti
al 31.12.2014 dinanzi alla cessata Commissione tributaria centrale proseguono dinanzi alla Com-
missione Tributaria Regionale del Lazio.

Art. 1-bis - LA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA [CFF ¶ 4601d]

1. La giurisdizione tributaria è esercitata dai magistrati tributari e dai giudici tributari nominati presso le
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, presenti nel ruolo unico nazionale di cui all'arti-
colo 4, comma 39-bis, della legge 12 novembre 2011, n. 183, alla data del 1° gennaio 2022.
2. I magistrati tributari di cui al comma 1 sono reclutati secondo le modalità previste dagli articoli
da 4 a 4-quater.
3. L'organico dei magistrati tributari di cui al comma 2 è individuato in 448 unità presso le corti di giusti-
zia tributaria di primo grado e 128 unità presso le corti di giustizia tributaria di secondo grado. 1 2

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. b), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità
della presente norma, nonchè degli articoli 8, co. 1; 9, co. 2 e 2-bis; 11, co. 1, del presente Decreto, così come novellati
dalla L. 130/2022, «nella parte in cui le predette norme assegnano ai giudici tributari onorari lo stabile ed istituzionale
esercizio di funzioni collegiali, pur nella prevista esistenza di un magistrato professionale a ciò destinabile» (cfr. C.G.T. I
Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).
La Corte veneta, con tale ordinanza, ha inteso evidenziare «come, per effetto di una molteplicità di disposizioni norma-
tive (tra cui quelle indicate appaiono solo quelle "di maggior rilievo ed evidenza") l’affidamento proprio al Ministero del-
l’Economia e delle Finanze dei compiti di supporto e di organizzazione del personale e strumentale riguardo all’ordina-
mento giudiziario tributario ed il vero e proprio inquadramento organico nel ridetto plesso Amministrativo della catego-
ria del "personale giudicante" (sia onorario che di carriera) a detto Ordinamento Giudiziario assegnato creino un vulnus
insanabile e persistente (anche oltre il termine del lunghissimo periodo transitorio che è stato delineato con la legge n.
350
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

130/2022), alle guarantigie di autonomia ed indipendenza che costituiscono il necessario "priius" della funzione giudi-
cante».

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Oltre agli articoli sopra richiamati, la Corte veneta ha esaminato, tra gli altri, gli articoli 13; 24 co. 1, lett. d) ed e) e co. 2-
bis; 24-bis; 32; da 36 a 41; 43, e, in generale, «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (no-
vellate o meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto
amministrativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», ritenendole in «palese conflitto di interessi
che è la legge stessa a determinare allorchè attribuisce» all’Amministrazione finanziaria «funzioni propriamente stru-
mentali alla organizzazione degli uffici giudiziari». Per tale ragione, la Corte veneta chiede alla Corte costituzionale che
dichiari illegittime le norme censurate - (nonchè alcune norme della L. 130/2022) - «nella parte in cui implicano che la
giurisdizione tributaria sia amministrativamente inquadrata nel Ministero delle Finanze, anzichè nel Ministero della Giu-
stizia che ne è il naturale "destinatario", secondo la esplicita previsione dell’art. 110 della Carta».

LA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA (Art. 1-bis)

La giurisdizione tributaria L’articolo in commento - in vigore dal 16 settembre 2022 - è stato in-
trodotto dall’art. 1, co. 1, lett. b), della L. 31.8.2022, n. 130 - «Disposizioni in materia di giustizia e
di processo tributario» (in G.U. 1.9.2022, n. 204). Esso prevede che la giurisdizione tributaria sia
esercitata da magistrati e giudici tributari, «nominati presso le Corti di giustizia tributaria di primo
e secondo grado, presenti nel ruolo unico nazionale di cui all’art. 4, co. 39-bis della L. 12.11.2011, n. 183,
alla data del 1° gennaio 2022», cioè quello tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tribu-
taria, comprendente i componenti delle (ex) commissioni tributarie.
Il reclutamento dei magistrati tributari avviene secondo le modalità previste nei successivi arti-
coli da 4 a 4-quater, introdotti dall’art. 1, co. 1, lett e) ed f), della citata L. 130/2022, nel contesto
della professionalizzazione dei giudici tributari e, quindi, attraverso la nomina per concorso
pubblico dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti, la previsione del tirocinio e l’obbligo di
formazione continua previsto dal successivo art. 5-bis, anch’esso introdotto dalla L. 130/2022 (si
veda il relativo commento).
L’organico di nuova nomina – quello reclutato tramite concorso – è previsto in 448 unità, presso le Corti
di giustizia tributaria di primo grado e 128 unità, presso le Corti di giustizia tributaria di secondo grado.

Art. 2 - LA COMPOSIZIONE DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA


DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4602]

1. A ciascuna delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado è preposto un presidente
che presiede anche la prima sezione. L’incarico ha durata quadriennale a decorrere dalla data di
esercizio effettivo delle funzioni ed è rinnovabile per una sola volta e per un uguale periodo, pre-
via valutazione positiva da parte del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dell’attività
svolta nel primo triennio del quadriennio iniziale. Il Consiglio di presidenza della giustizia tributa-
ria stabilisce con proprio regolamento il procedimento e le modalità di tale valutazione, garan-
tendo la previa interlocuzione con l’interessato. Il Presidente non può essere nominato tra sog-
getti che raggiungeranno l’età pensionabile entro i quattro anni successivi alla nomina. 2
1-bis. A seguito di valutazione negativa da parte del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria
e comunque all’esito dell’ottavo anno di esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il giudice tribu-
tario è riassegnato a sua richiesta, salvo tramutamento all’esercizio di funzioni analoghe o diver-
se all’incarico di presidente di sezione nella corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado
a cui era preposto ovvero in quella di precedente provenienza. 3
2. Il Presidente della commissione, in caso di assenza o di impedimento, è sostituito nelle funzioni
non giurisdizionali dal presidente di sezione con maggiore anzianità nell'incarico subordinata-
mente d'età.
3. Il presidente di commissione con oltre quindici sezioni può delegare sue attribuzioni non giuri-
Organi della giurisdizione tributaria 351

sdizionali ad uno o più presidenti di sezione con i criteri di cui al comma 2.

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


4. A ciascuna sezione è assegnato un presidente, un vice presidente e non meno di due magistrati

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o giudici tributari. 5
5. Ogni collegio giudicante è presieduto dal presidente della sezione o dal vicepresidente e giudica
con numero invariabile di tre votanti.
6. Se in una sezione mancano i componenti necessari per costituire il collegio giudicante, il presi-
dente della commissione designa i componenti di altre sezioni. 1 4

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma prima sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così
modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma inserito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così modifi-
cato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

LA COMPOSIZIONE DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO


GRADO (Art. 2)

Composizione delle Corti di giustizia tributaria A ciascuna Corte di giustizia tributaria di primo
e secondo grado viene preposto un Presidente, che presiede anche la prima Sezione. L’incarico
ha durata quadriennale ed è, rinnovabile, - «una sola volta, previa valutazione positiva del Consi-
glio di Presidenza della Giustizia Tributaria (CPGT), per un uguale periodo» - esclusi i soggetti che
raggiungeranno l’età pensionabile entro i quattro anni successivi alla nomina. La disciplina di
tale valutazione è demandata ad apposito regolamento del CPGT. In caso di assenza o di impe-
dimento, il Presidente della Commissione viene sostituito, nelle sue funzioni, dal Presidente di
Sezione con maggiore anzianità; in caso di pari anzianità rileva l’età anagrafica.
Ciascuna Sezione è composta da un Presidente, da un Vicepresidente e da non meno di «due
magistrati o giudici tributari» (cfr. la modifica introdotta dall’art. 1, co. 1, lett. c) della L. 31.8.2022,
n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204, in vigore dal 16 settembre 2022).
La Sezione (presieduta dal Presidente o dal Vicepresidente) giudica con un minimo di tre votan-
ti, compreso il Presidente o il Vicepresidente.
Se in una Sezione mancano i componenti necessari per costituire il Collegio giudicante, il Presi-
dente della Commissione può nominare i componenti di quella Sezione utilizzando giudici ap-
partenenti ad altre Sezioni.

Art. 3 - I PRESIDENTI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO


E SECONDO GRADO E DELLE SEZIONI [CFF ¶ 4603]

1. I presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo grado sono nominati tra i magistrati tributari
ovvero tra quelli ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, secondo la gra-
duatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. 3
2. I presidenti di sezione delle corti di giustizia tributaria di primo grado sono nominati tra i magistrati
tributari ovvero tra quelli ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, secondo la
graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. I vicepresidenti di sezione
delle corti di giustizia tributaria di primo grado sono nominati tra i magistrati di cui al comma 1, ovve-
ro tra i componenti che abbiano esercitato, per almeno cinque anni le funzioni di giudice tributario,
352
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

purchè in possesso del diploma di laurea in giurispridenza o in economia e commercio, secondo la


graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. 3

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3. I presidenti delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati tri-
butari ovvero tra quelli ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, secondo
la graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. 3
4. I presidenti di sezione delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati
tributari ovvero tra quelli ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, secondo la
graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. I vicepresidenti di sezione
delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati di cui al comma 3 ov-
vero tra i componenti che abbiano esercitato per almeno dieci anni le funzioni di giudice tributario re-
gionale purchè in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio, se-
condo la graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 11. 1 3 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) e lett. d), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza
dal 16.09.2022.

I PRESIDENTI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO


E SECONDO GRADO E DELLE SEZIONI (Art. 3)

Presidenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e delle sezioni La norma
è stata modificata dall’art. 1, co. 1, lett. d), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), nel
contesto della riforma dell’ordinamento giudiziario tributario. La nuova formulazione - in vigo-
re dal 16 settembre 2022 – sostituisce i precedenti riferimenti ai magistrati ordinari, ammini-
strativi o militari, ovunque ricorrano, con il riferimento ai magistrati tributari, ovvero ordinari,
amministrativi, contabili o militari; nonché le parole «tabelle E ed F» con le parole «disposizioni
contenute nell’articolo 11»; viene, inoltre, introdotta la denominazione di «corti di giustizia tribu-
taria di primo e secondo grado» in luogo della precedente denominazione commissioni tributa-
rie provinciali e regionali (cfr. art. 1, co. 1, lett. a) della citata L. 130/2022).
Possono ricoprire la carica di
› Presidente delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado: i magistrati tributari
ovvero ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo selezionati in base
alla graduatoria «redatta sulla base delle disposizioni contenute nell’articolo 11»;
› Presidente di Sezione ddelle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado: i magistrati,
in servizio o a riposo, selezionati in base ai criteri di valutazione dei Presidenti di Commissione;
› Vicepresidente di Sezione della Corte di giustizia di primo grado: oltre ai soggetti in grado di otte-
nere la nomina a Presidente della Corte o di Sezione, i componenti di Corti di giustizia tributaria,
in possesso di laurea in giurisprudenza o economia che abbiano maturato cinque anni di anzianità
di Servizio, «secondo la graduatoria redatta sulla base delle disposizioni contenute nell’articolo 11»;
› Vicepresidente di Sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado: oltre ai soggetti
in grado di ottenere la nomina a Presidente della Corte o di Sezione, i componenti in possesso
del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia che abbiano esercitato per almeno die-
ci anni le funzioni di giudice tributario regionale, «secondo la graduatoria redatta sulla base del-
le disposizioni contenute nell’articolo 11».
Le disposizioni dell’art. 11 (modificato dall’art. 1, co. 1, lett. n) della L. 130/2022), indicano - come
criteri di valutazione e punteggio - quelli stabiliti dalla tabella F (sostituita dall’art. 1, co. 1, lett. t)
della medesima legge. Si veda il relativo commento).
«L’attribuzione, a livello ordinamentale, delle funzioni di Presidente di commissione, Presidente di se-
zione e Vicepresidente di sezione ai soli soggetti appartenenti ad una delle magistrature – ordinaria,
Organi della giurisdizione tributaria 353

amministrativa, contabile e militare – trova la propria ragionevole giustificazione, nella esigenza di

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


affidare la conduzione del processo a soggetti dotati di adeguata preparazione giuridica e di esperienza

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nella giurisdizione» che non può essere garantita da soggetti non provenienti dalla magistratura
(cfr. T.A.R. Lazio, Sent. 26.6.2018, n. 7148).

Art. 4 - I GIUDICI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO [CFF ¶ 4603]

1. La nomina a magistrato tributario si consegue mediante un concorso per esami bandito in rela-
zione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali
può essere attivata la procedura di reclutamento.
2. Il concorso per esami consiste in una prova scritta, effettuata con le procedure di cui all'articolo
8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e in una prova orale.
3. La prova scritta ha la prevalente funzione di verificare la capacità di inquadramento logico siste-
matico del candidato e consiste nello svolgimento di due elaborati teorici rispettivamente ver-
tenti sul diritto tributario e sul diritto civile o commerciale, nonché in una prova teorico-pratica di
diritto processuale tributario.
4. La prova orale verte su:
a) diritto tributario e diritto processuale tributario;
b) diritto civile e diritto processuale civile;
c) diritto penale;
d) diritto costituzionale e diritto amministrativo;
e) diritto commerciale e fallimentare;
f) diritto dell'Unione europea;
g) diritto internazionale pubblico e privato;
h) contabilità aziendale e bilancio;
i) elementi di informatica giuridica;
l) colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all'atto della domanda di partecipazione
al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.
5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono un punteggio non inferiore a dodici
ventesimi in ciascun elaborato della prova scritta. Conseguono l'idoneità i candidati che ottengo-
no un punteggio non inferiore a sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al
comma 4, lettere da a) a i), e un giudizio di sufficienza nel colloquio nella lingua straniera prescel-
ta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a novanta punti. Non
sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241,
il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio
numerico e il giudizio di insufficienza è motivato con la sola formula “non idoneo”.
6. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione conforme del Consi-
glio di presidenza della giustizia tributaria, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono
nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate
dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero
ai lavori della commissione, ovvero delle sottocommissioni, qualora formate, limitatamente alle
prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti.
7. Per la copertura dei posti di magistrato tributario nella provincia di Bolzano si applicano gli spe-
cifici requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, fermo
restando, comunque, che il colloquio di cui al comma 4, lettera l), deve svolgersi in una lingua di-
versa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell'impiego. 1

Note
1 Il presente articolo prima rettificato con avviso pubblicato in G.U. n. 72 del 27.03.93, poi modificato dall'art. 39, D.L.
06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011, è stato da ultimo così sostituito dall'art. 1,
comma 1, lett. e), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
354 Organi della giurisdizione tributaria

I GIUDICI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO (Art. 4)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545

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Giudici delle Corti di giustizia tributaria di primo grado Nel contesto della riforma strutturale dell’or-
dinamento giudiziario tributario, l’art. 1, co. 1, lett. e), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n.
204), ha integralmente sostituito la presente norma e introdotto, nel D.lgs. 545/1992, gli articoli 4-bis,
4-ter, 4-quater e 4-quinquies [(cfr. la successiva lettera f) del medesimo art. 1, co. 1)]: per regolamenta-
re il reclutamento dei magistrati tributari, tramite concorso e successivo tirocinio.
La nuova formulazione del testo, in vigore dal 16 settembre 2022, stabilisce che la nomina a ma-
gistrato tributario si consegue tramite pubblico concorso per esami, al quale sono ammessi i
candidati in possesso dei requisiti previsti dal successivo art. 4-bis. Il concorso è strutturato in:
› una prova scritta, consistente nella redazione di due elaborati teorici vertenti, rispettivamen-
te, sul diritto tributario e sul diritto civile o commerciale, e in una prova teorico pratica di di-
ritto processuale tributario;
› una prova orale, vertente su:
a. «diritto tributario e diritto processuale tributario;
b. diritto civile e diritto processuale civile;
c. diritto penale;
d. diritto costituzionale e diritto amministrativo;
e. diritto commerciale e fallimentare;
f. diritto dell’Unione europea;
g. diritto internazionale pubblico e privato;
h. contabilità aziendale e bilancio;
i. elementi di informatica giuridica;
j. colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all’atto della domanda di partecipazione al
concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco». Per i magistrati tributari della
provincia di Bolzano, la norma precisa che il colloquio in lingua straniera «deve svolgersi in una
lingua diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell’impiego» (cfr. il comma 7).
Il candidato:
› per essere ammesso alla prova orale, deve aver conseguito un punteggio non inferiore a dodi-
ci ventesimi in ciascun elaborato della prova scritta;
› per conseguire la idoneità, deve aver ottenuto un punteggio non inferiore a sei decimi in cia-
scuna delle materie di cui alle lettere da a) ad i) della prova orale e un giudizio di sufficienza
nel colloquio nella lingua straniera scelta «e comunque una votazione complessiva nelle due pro-
ve non inferiore a novanta punti».
In caso di insufficienza, il giudizio è motivato con la sola formula «non idoneo»; negli altri casi,
il giudizio è motivato con la sola indicazione del punteggio numerico ottenuto (punteggio che
non può essere espresso con frazioni di punto).
Terminata la valutazione delle prove scritte, i componenti della commissione esaminatrice - per le
lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale - sono nominati tra i docenti universitari
delle stesse e partecipano in soprannumero ai lavori della commissione (o sottocommissioni).
I primi tre bandi di concorso prevedono una riserva di posti nella misura del 30% a favore dei
giudici tributari, diversi dai giudici ordinari, amministrativi, contabili o militari, presenti alla da-
ta del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico di cui all’art. 4, co. 39-bis della L. 183/2011, purché in pos-
sesso dei prescritti requisiti (cfr. art. 1, co. 3, L. 130/2022).
Alcune categorie di magistrati (in possesso dei prescritti requisiti) ordinari, amministrativi, conta-
bili o militari, a loro volta, possono optare per il definitivo transito alla giurisdizione tributaria. Il
transito è consentito ad un massimo di cento magistrati, individuati all’esito di apposita procedura
di interpello bandita dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria entro due mesi dalla data
di entrata in vigore della L. 130/2022. Entro il 15.3.2023 il Consiglio di presidenza della giustizia
tributaria pubblica la graduatoria finale (cfr. art. 1, commi da 4 a 7, quest’ultimo modificato dal-
l’art. 40, co. 1 del D.L. 24.2.2023, n. 13, in G.U. 24.2.2023, n. 47, in vigore dal 25.2.2023). Le elezioni
del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono indette – non più entro sessanta giorni
(dalla pubblicazione della citata graduatoria) – ma entro trenta giorni e, in ogni caso, hanno luogo
non oltre il 31 maggio 2023 (cfr. art. 8, co. 5, L. 130/2022, modificata dall’art. 40, co. 1, lett. b), del
D.L. 24.2.2023, n. 13, in G.U. 24.2.2023, n. 47, in vigore dal 25.2.2023).
Organi della giurisdizione tributaria 355

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Art. 4-bis - REQUISITI PER L'AMMISSIONE AL CONCORSO PER ESAMI [CFF ¶ 4604a]

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1. Al concorso per esami di cui all'articolo 4 sono ammessi i laureati che siano in possesso del di-
ploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non
inferiore a quattro anni, ovvero del diploma di laurea magistrale in Scienze dell'economia (classe
LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a
questi equiparati. È necessaria, altresì, la sussistenza dei seguenti requisiti:
a) essere cittadini italiani;
b) avere l'esercizio dei diritti civili;
c) essere di condotta incensurabile;
d) non essere stati dichiarati per tre volte non idonei nel concorso per esami di cui all'articolo 4, alla
data di scadenza del termine per la presentazione della domanda;
e) gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti. 1

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

REQUISITI PER L’AMMISSIONE AL CONCORSO (Art. 4-bis)

Requisiti per l’ammissione al concorso per esami Nel contesto della riforma strutturale dell’or-
dinamento giudiziario tributario, l’art. 1, co. 1, lett. f), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022,
n. 204), ha introdotto, nel D.Lgs. 545/1992, il nuovo art. 4-bis, in vigore dal 16 settembre 2022,
che indica i requisiti necessari ai candidati per essere ammessi al concorso per il reclutamento
dei magistrati tributari.
I requisiti previsti sono: la laurea in giurisprudenza conseguita al termine di un corso universi-
tario non inferiore a quattro anni, ovvero il diploma di laurea magistrale in Scienze dell’econo-
mia (classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM-77); o il possesso di titoli degli
ordinamenti previgenti a questi equiparati.
I candidati, inoltre devono:
› «essere cittadini italiani;
› avere l’esercizio dei diritti civili;
› essere di condotta incensurabile;
› non essere stati dichiarati per tre volte non idonei al concorso per esami di cui all’articolo 4, alla
data di scadenza del termine di presentazione della domanda;
› [possedere] gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti».

Art. 4-ter - INDIZIONE DEL CONCORSO E SVOLGIMENTO DELLA PROVA SCRITTA


[CFF ¶ 4604b]

1. Il concorso per esami di cui all'articolo 4 si svolge con cadenza di norma annuale in una o più se-
di stabilite con il decreto con il quale è bandito.
2. Il concorso è bandito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione
conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, che determina il numero dei posti
messi a concorso. Con successivi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare
nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo e il calendario di svolgimento della prova scritta.
3. In considerazione del numero delle domande, la prova scritta può aver luogo contemporanea-
mente in Roma e in altre sedi, assicurando il collegamento a distanza della commissione esami-
natrice con le diverse sedi.
356
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

4. Ove la prova scritta abbia luogo contemporaneamente in più sedi, la commissione esaminatrice
espleta le operazioni inerenti alla formulazione e alla scelta dei temi e presiede allo svolgimento

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delle prove presso la sede di svolgimento della prova in Roma. Presso le altre sedi le funzioni
della commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite ad un comitato
di vigilanza nominato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, e composto da cinque magistrati scelti tra i ma-
gistrati tributari di cui all'articolo 1-bis, comma 2, ovvero tra quelli ordinari, amministrativi, conta-
bili o militari, in servizio o a riposo presenti nella giurisdizione tributaria di cui all'articolo 1-bis,
dei quali uno con anzianità di servizio non inferiore a otto anni con funzioni di presidente, coa-
diuvato da personale amministrativo dell'Area funzionari in servizio presso il Ministero dell'eco-
nomia e delle finanze, come definita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto
Funzioni centrali, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la
presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è so-
stituito dal magistrato più anziano. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell'esonero dalle
funzioni giudiziarie o giurisdizionali limitatamente alla durata delle prove.
5. Le spese per il concorso sono poste a carico del candidato nella misura forfettaria di euro 50, da
corrispondere al momento della presentazione della domanda, e sono reiscritte nell'apposito ca-
pitolo di spesa della missione “Giustizia tributaria” dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze. Le modalità di versamento del contributo di cui al presente comma
sono stabilite con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministro dell'economia e delle
finanze. Il contributo è aggiornato ogni tre anni, con le medesime modalità, sulla base della varia-
zione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rilevata dall'ISTAT. 1

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

INDIZIONE DEL CONCORSO E SVOLGIMENTO DELLA PROVA SCRITTA (Art. 4-ter)

Indizione del concorso (co. 1 e 2) Nel contesto della riforma strutturale dell’ordinamento giudizia-
rio tributario, l’art. 1, co. 1, lett. f), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), ha introdotto,
nel D.Lgs. 545/1992, il nuovo art. 4-ter, in vigore dal 16 settembre 2022, il quale prevede la indizio-
ne di un concorso per l’accesso alla magistratura tributaria, in una o più delle sedi stabilite con de-
creto del Ministro dell’economia e delle finanze – previa deliberazione conforme del Consiglio di
presidenza della giustizia tributaria – da svolgersi, di norma, con cadenza annuale.
Il bando determina il numero dei posti messi a concorso, mentre il luogo e il calendario di svolgi-
mento della prova scritta sono determinati con successivi decreti del Ministro dell’economia e del-
le finanze.
Svolgimento della prova scritta (co. 3 e 4) La prova scritta può avere luogo in Roma e, contempora-
neamente, in altre sedi, assicurando il collegamento a distanza della commissione esaminatrice con
le diverse sedi, tenendo conto del numero dei candidati che hanno presentato domanda (co. 3).
Nel caso di contemporaneo svolgimento della prova scritta in Roma e in altre sedi, la commissione
esaminatrice presiede lo svolgimento della prova nella sede di Roma, espletando le operazioni ine-
renti alla formulazione e alla scelta dei temi, mentre il regolare espletamento della prova scritta,
presso le altre sedi, viene demandato ad un comitato di vigilanza, nominato con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
La norma disciplina, quindi, analiticamente la composizione del comitato di vigilanza, nonché le
modalità di svolgimento della sua attività; e prevede che il presidente sia coadiuvato dal personale
amministrativo del Ministero dell’economia e delle finanze, con funzioni di segreteria (co. 4).
Il comma 5, infine, stabilisce che le spese del concorso restino a carico del candidato nella misu-
ra forfettaria di 50 euro, da corrispondere – secondo le modalità che verranno stabilite con de-
creto del Ministro dell’economia e delle finanze – al momento della presentazione della doman-
da. L’importo di tale contributo verrà aggiornato con cadenza triennale.
Organi della giurisdizione tributaria 357

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Art. 4-quater - COMMISSIONE DI CONCORSO [CFF ¶ 4604c]

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1. La commissione di concorso è nominata, entro il quindicesimo giorno antecedente l'inizio della
prova scritta, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa delibera del
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
2. La commissione di concorso è composta dal presidente di una corte di giustizia tributaria di se-
condo grado, che la presiede, da cinque magistrati scelti tra magistrati ordinari, amministrativi,
contabili e militari con almeno quindici anni di anzianità e da quattro professori universitari di
ruolo, di cui uno titolare dell'insegnamento di diritto tributario, gli altri titolari di uno degli inse-
gnamenti delle altre materie oggetto di esame. Ai professori universitari componenti della com-
missione si applicano, a loro richiesta, le disposizioni di cui all'articolo 13, secondo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Al presidente e ai magistrati com-
ponenti della commissione si applica la disciplina dell'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdi-
zionali, ai sensi del comma 9 del presente articolo. Per ogni componente della commissione è
nominato un supplente in possesso dei medesimi requisiti richiesti per il titolare. Non possono
essere nominati componenti della commissione i magistrati e i professori universitari che, nei
dieci anni precedenti, abbiano prestato, a qualsiasi titolo e modo, attività di docenza nelle scuole
di preparazione al concorso per magistrato ordinario, amministrativo e contabile.
3. Nel caso in cui non sia possibile completare la composizione della commissione ai sensi del comma 2,
il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria nomina d'ufficio, come componenti, magistrati che
non hanno prestato il loro consenso all'esonero dalle funzioni. Non possono essere nominati i magi-
strati che abbiano fatto parte della commissione in uno dei tre concorsi precedenti.
4. Nella seduta di cui all'articolo 8, sesto comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, la
commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti. I criteri per la
valutazione delle prove orali sono definiti prima dell'inizio delle stesse. Alle sedute per la defini-
zione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di
forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una
di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio di presidenza può deliberare la re-
voca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1.
5. Il presidente della commissione e gli altri componenti possono essere nominati anche tra i magi-
strati a riposo da non più di due anni e tra i professori universitari a riposo da non più di due an-
ni che, all'atto della cessazione dal servizio, erano in possesso dei requisiti per la nomina.
6. In caso di assenza o impedimento del presidente della commissione, le relative funzioni sono
svolte dal magistrato con maggiore anzianità di servizio presente in ciascuna seduta.
7. Se i candidati che hanno portato a termine la prova scritta sono più di trecento, il presidente, dopo
aver provveduto alla valutazione di almeno venti candidati in seduta plenaria con la partecipazione di
tutti i componenti della commissione, forma per ogni seduta due sottocommissioni, a ciascuna delle
quali assegna, secondo criteri obiettivi, la metà dei candidati da esaminare. Le sottocommissioni, for-
mate da quattro componenti, sono rispettivamente presiedute dal presidente e dal magistrato più
anziano presenti, a loro volta sostituiti, in caso di assenza o impedimento, dai magistrati più anziani
presenti, e assistite ciascuna da un segretario. La commissione delibera su ogni oggetto eccedente la
competenza delle sottocommissioni. In caso di parità di voti, prevale quello di chi presiede.
8. A ciascuna sottocommissione si applicano, per quanto non diversamente disciplinato, le disposi-
zioni dettate per le sottocommissioni e la commissione dagli articoli 12, 13 e 16 del regio decreto
15 ottobre 1925, n. 1860. La commissione e le sottocommissioni, se istituite, procedono all'esa-
me orale dei candidati e all'attribuzione del punteggio finale, osservate, in quanto compatibili, le
disposizioni degli articoli 14, 15 e 16 del citato regio decreto n. 1860 del 1925.
9. L'esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, deliberato dal Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria e dagli altri organi di autogoverno contestualmente alla nomina a componente
della commissione, ha effetto dall'insediamento del magistrato sino alla formazione della gra-
duatoria finale dei candidati.
10. Le attività di segreteria della commissione e delle sottocommissioni sono esercitate da persona-
le amministrativo dell'Area funzionari in servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze,
358
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

come definita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Funzioni centrali, e sono
coordinate dal titolare del competente ufficio del Dipartimento delle finanze del Ministero

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dell'economia e delle finanze. 1

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

COMMISSIONE DI CONCORSO (Art. 4-quater)

Commissione di concorso Nel contesto della riforma strutturale dell’ordinamento giudiziario tributa-
rio, l’art. 1, co. 1, lett. f), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), ha introdotto, nel D.Lgs.
545/1992, il nuovo art. 4-quater, in vigore dal 16 settembre 2022, che disciplina la nomina, la compo-
sizione e le funzioni della commissione di concorso, dotandola anche di un ufficio di segreteria.
Nomina e composizione della commissione di concorso (co. 1-3, 5 e 9) Entro il quindicesimo gior-
no antecedente all’inizio della prova scritta, la commissione di concorso viene nominata con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato previa delibera del Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria.
Compongono la commissione di concorso: il presidente di una Corte di giustizia tributaria di secon-
do grado, che la presiede; cinque magistrati, scelti tra i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e
militari, con almeno quindici anni di anzianità; quattro professori universitari di ruolo, uno dei quali
deve essere titolare dell’insegnamento di diritto tributario e gli altri di uno degli insegnamenti delle
altre materie oggetto di esame (indicate nel precedente art. 4). Possono essere nominati, come com-
ponenti della commissione, anche i magistrati e i professori universitari, a riposo (in entrambi i casi)
da non più di due anni, purché in possesso dei requisiti richiesti all’atto della cessazione del servizio.
Requisiti necessari anche per ciascun supplente nominato per ogni componente della commissione.
Contestualmente alla nomina, sia il presidente di commissione che gli altri magistrati sono esonerati
dalle funzioni giudiziarie e giurisdizionali, con effetto dall’insediamento e fino alla formazione della
graduatoria finale dei candidati. La delibera di esonero è di competenza del Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria e degli altri organi di autogoverno.
Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede anche alla nomina, d’ufficio, dei magi-
strati che non hanno prestato il loro consenso all’esonero dalle funzioni, quando non sia possibile
completare la composizione della commissione di concorso, secondo le disposizioni sopra indicate.
Non possono essere nominati componenti della commissione:
› «i magistrati e i professori universitari che, nei dieci anni precedenti, abbiano prestato, a qualsiasi titolo
e modo, attività di docenza nelle scuole di preparazione al concorso per magistrato ordinario, ammini-
strativo e contabile» (co. 2, ultimo periodo);
› «i magistrati che abbiano fatto parte della commissione in uno dei tre concorsi precedenti» (co. 3, ulti-
mo periodo).
Funzioni della commissione (co. 4 e 6) I criteri omogenei per la valutazione delle prove scritte sono
definiti dalla commissione nella seduta conclusiva (cfr. art. 8, co. 6, R.D. 1860/1925); i criteri per la
valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse.
Partecipano alle sedute per la definizione di detti criteri, tutti i componenti della commissione, salvi i
casi di forza maggiore e legittimo impedimento, che, comunque, vengono valutati dal Consiglio di
presidenza della giustizia tributaria, il quale può anche deliberare la revoca dell’incarico al compo-
nente, assente ingiustificato a una di tali sedute o a due sedute consecutive.
In caso di assenza del presidente della commissione o di suo impedimento, le relative funzioni sono
svolte dal magistrato con maggiore anzianità di servizio presente in ciascuna seduta.
Prova orale (co. 7 e 8) Vengono dettate particolari regole per la formazione delle sottocommissioni,
che procederanno all’esame orale dei candidati e all’attribuzione del punteggio finale, nell’ipotesi in
cui i candidati, che hanno portato a termine la prova scritta, siano più di trecento.
Attività di Segreteria (co. 10) L’ultimo comma della neo introdotta disposizione prevede che le attivi-
tà di segreteria della commissione e delle sottocommissioni siano esercitate dal personale ammini-
strativo del Ministero dell’economia e delle finanze, e coordinate dal titolare del competente ufficio.
Organi della giurisdizione tributaria 359

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Art. 4-quinquies - TIROCINIO DEI MAGISTRATI TRIBUTARI [CFF ¶ 4604d]

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1. I magistrati tributari nominati a seguito del superamento del concorso di cui all'articolo 4 svolgono un
tirocinio formativo di almeno sei mesi presso le corti di giustizia tributaria con la partecipazione all'at-
tività giurisdizionale relativa alle controversie rientranti nella rispettiva competenza in composizione
collegiale. Con delibera del Consiglio di presidenza sono individuati i magistrati tributari affidatari
presso i quali i magistrati tributari svolgono il tirocinio, le modalità di affidamento e i criteri per il con-
seguimento del giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giurisdizionali.
2. Il magistrato tributario in tirocinio valutato negativamente è ammesso ad un nuovo periodo di ti-
rocinio della durata di sei mesi. Al termine del secondo tirocinio e all'esito della relativa scheda
valutativa redatta dal magistrato tributario affidatario, il Consiglio di presidenza della giustizia
tributaria delibera nuovamente; la seconda deliberazione negativa determina la cessazione del
rapporto di impiego del magistrato tributario in tirocinio. 2 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. f), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 41 bis, comma 1, D.L. 09.08.2022, n. 115, così come inserito dall'alle-
gato alla legge di conversione, L. 21.09.2022, n. 142 con decorrenza dal 22.09.2022.

TIROCINIO DEI MAGISTRATI TRIBUTARI (Art. 4-quinquies)

Tirocinio dei magistrati tributari Nel contesto della riforma strutturale dell’ordinamento giudizia-
rio tributario, l’art. 1, co. 1, lett. f), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), ha introdotto,
nel D.Lgs. 545/1992, il nuovo art. 4-quinquies, in vigore dal 16 settembre 2022, che disciplina lo
svolgimento del tirocinio formativo dei magistrati tributari che abbiano superato il concorso pre-
visto dal precedente art. 4, e regolato dagli articoli 4-bis, 4-ter e 4-quater, del presente Decreto.
La nuova formulazione del testo introduce l’obbligo del tirocinio formativo di almeno sei mesi
presso le Corti di giustizia tributaria per i candidati che abbiano superato il concorso per l’acces-
so alla magistratura tributaria.
I magistrati affidatari dei tirocinanti sono individuati dal Consiglio di presidenza della giustizia
tributaria, con una delibera che definisce anche le modalità di affidamento e i criteri per il con-
seguimento del giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giurisdizionali.
Nel caso di valutazione negativa del magistrato tirocinante, è possibile svolgere un ulteriore pe-
riodo di sei mesi di tirocinio al termine del quale, una (eventuale) seconda valutazione negativa
determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato tributario in tirocinio.

Art. 5 - I GIUDICI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO [CFF ¶ 4605]

1. I giudici delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati tributari
di cui all'articolo 1-bis, comma 2, e i giudici tributari presenti nel ruolo unico di cui all'articolo 1-
bis, comma 1. 1

Note
1 Il presente articolo prima modificato dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal
06.07.2011, è stato poi così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. g), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
360 Organi della giurisdizione tributaria

I GIUDICI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO (Art. 5)


D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545

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Giudici delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado Nel contesto della riforma strutturale
dell’ordinamento giudiziario tributario, l’art. 1, co. 1, lett. g), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U.
1.9.2022, n. 204), in vigore dal 16 settembre 2022, ha integralmente sostituito la presente norma
per regolamentare il reclutamento dei magistrati tributari tramite concorso per esami, secondo
le modalità stabilite dagli articoli da 4 a 4-quater, del presente Decreto, ovvero avvalendosi dei
giudici tributari presenti nel ruolo unico nazionale di cui all’art. 4, co. 39-bis della L. 12.11.2011, n.
183, alla data del 1° gennaio 2022, cioè quello relativo alla istituzione del ruolo unico nazionale
dei componenti delle (ex) commissioni tributarie, tenuto dal Consiglio di presidenza della giusti-
zia tributaria.

Art. 5-bis - FORMAZIONE CONTINUA DEI GIUDICI E MAGISTRATI TRIBUTARI [CFF ¶ 4605a]

1. Il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vi-
gore della presente disposizione, con proprio regolamento, definisce i criteri e le modalità per
garantire, con cadenza periodica, la formazione continua e l'aggiornamento professionale dei giu-
dici e magistrati tributari di cui all'articolo 1-bis, comma 1, attraverso la frequenza di corsi di ca-
rattere teorico-pratico da tenere, previa convenzione, anche presso le università accreditate ai
sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19. 1

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. g), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

FORMAZIONE CONTINUA DEI GIUDICI E MAGISTRATI TRIBUTARI (Art. 5-bis)

Formazione continua dei giudici e magistrati tributari Nel contesto della riforma strutturale
dell’ordinamento giudiziario tributario, la L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), ha previ-
sto di attuare la professionalizzazione dei giudici tributari, attraverso:
› l’accesso alla magistratura tributaria tramite concorso;
› il tirocinio dei magistrati tributari prima di essere immessi definitivamente in ruolo, e
› l’obbligo – stabilito dall’articolo in commento (introdotto l’art. 1, co. 1, lett. g), della L.
130/2022) – della formazione continua.
La novella normativa è in vigore dal 16 settembre 2022, ma per la sua concreta attuazione si
prevede un termine di 90 giorni da tale data, entro il quale il Consiglio di presidenza della giu-
stizia tributaria definirà, con proprio regolamento, i criteri e le modalità per garantire, con ca-
denza periodica, la formazione continua e l’aggiornamento professionale dei magistrati tributa-
ri, attraverso la frequenza di corsi di carattere teorico-pratico da tenere, previa convenzione, an-
che presso le università accreditate.

Art. 6 - LA FORMAZIONE DELLE SEZIONI E DEI COLLEGI GIUDICANTI [CFF ¶ 4606]

1. Con provvedimento del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria sono istituite sezioni
specializzate in relazione a questioni controverse individuate con il provvedimento stesso. 2
1-bis. I presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado assegnano il ricorso ad
una delle sezioni tenendo conto, preliminarmente, della specializzazione di cui al comma 1 e ap-
plicando successivamente i criteri cronologici e casuali. I presidenti delle corti di giustizia tributa-
ria di primo grado assegnano il ricorso al giudice monocratico nei casi previsti dall'articolo 4-bis
Organi della giurisdizione tributaria 361

del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. 3

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


1-ter. Nel caso in cui il giudice, in composizione monocratica o collegiale, rilevi che la controversia ad

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esso assegnata avrebbe dovuto essere trattata dalla corte di giustizia tributaria in altra composi-
zione, la rimette al presidente della sezione per il rinnovo dell'assegnazione. 4
2. Il presidente di ciascuna sezione, all'inizio di ogni anno, stabilice il calendario delle udienze ed,
all'inizio di ogni trimestre, la composizione dei collegi giudicanti in base ai criteri di massima sta-
biliti dal consiglio di presidenza. Ciascun collegio giudicante ovvero ciascun giudice monocratico
deve tenere udienza almeno una volta alla settimana. 5
3. Il presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, col decreto di cui al
comma 1, indica una o più delle sezioni, che, nel periodo di sospensione feriale dei termini pro-
cessuali, procedono all'esame delle domande di sospensione cautelare del provvedimento impu-
gnato. 6 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 Il presente comma inserito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così modifi-
cato dall'art. 1, comma 1, lett. a) e lett. h), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. h), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

LA FORMAZIONE DELLE SEZIONI E DEI COLLEGI GIUDICANTI (Art. 6)

Formazione delle Sezioni e Collegi Sono previste (ma non sempre istituite) sezioni specializzate
per materia.
I Presidenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado assegneranno il ricorso
ad una delle sezioni tenendo conto della sua specializzazione ed applicando, solo dopo, i criteri
cronologici e casuali.
I Presidenti delle Corti di giustizia tributaria di primo grado assegneranno il ricorso al giudice mo-
nocratico nel caso di controversie di valore fino a 3.000,00 euro (si veda, il neo introdotto art. 4-
bis del D.Lgs. 546/1992, disposizione che, peraltro, è stata modificata dall’art. 40, co. 2, del D.L.
24.2.2023- in G.U. 24.2.2023, n. 47 - in vigore dal 25.2.2023, innalzando la soglia di valore da
3.000,00 euro a 5.000,00 euro, con riferimento ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2023).
L’assegnazione va rinnovata se il giudice, in composizione monocratica o collegiale, rileva che la
controversia ad esso assegnata avrebbe dovuto essere tratta dalla Corte di giustizia tributaria in
altra composizione (cfr. il nuovo co. 1-ter, della presente disposizione).
Spetta, invece, al Presidente della Sezione predisporre un calendario annuale delle udienze e, tri-
mestralmente, la composizione dei collegi giudicanti. Ciascun collegio giudicante, ovvero cia-
scun giudice monocratico, dovrebbe tenere almeno una udienza alla settimana, fatta eccezione
per il periodo feriale (1°-31 agosto), nel corso del quale – peraltro – rimane attiva almeno una Se-
zione, individuata con decreto da adottare entro il 30 giugno di ogni anno, per vagliare le istan-
ze di sospensione cautelare (art. 47, D.Lgs. 546/1992). Nella fissazione delle udienze mensili,
inoltre, verrà individuata, per ciascuna Sezione, «almeno una udienza per ogni mese nella quale
trattare, se presenti, le controversie di valore superiori a euro 51.645,69 e/o nei confronti di società con
personalità giuridica e/o inerenti all’applicazione dell’art. 10-bis, L. 212/2000» (cfr. C.P.G.T.
6.12.2022, n. 5, § III;nonché art. 30, D.Lgs. 546/1992).
Quanto alla attivazione «del Processo Tributario Telematico e dei servizi informatizzati dedicati ai
componenti delle Corti di Giustizia Tributaria», la Risoluzione 5/2022 del C.P.G.T. precisa che:
362
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

› «i Presidenti delle Corti di Giustizia Tributaria (…) avranno cura di sollecitare tutti i componenti dei
collegi all’utilizzo della piattaforma informatica S.I.Gi.T. per la consultazione via internet dei fasci-

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coli processuali depositati in via telematica, rammentando che in tali casi gli atti processuali sono
immediatamente disponibili, oltre che per il relatore, anche per tutti i giudici del collegio ed i giudici
monocratici al quale gli stessi sono assegnati»; e che
› «si rende indispensabile assicurare la piena e tempestiva corrispondenza delle banche dati informa-
tiche delle segreterie delle Corti di Giustizia Tributaria con quanto stabilito nei decreti presidenziali.
A tale scopo i Presidenti delle Corti di Giustizia Tributaria avranno cura di disporre affinché le se-
greterie provvedano ad aggiornare gli archivi e banche dati del sistema S.I.Gi.T. a quanto disposto
con i decreti adottati dai Presidenti, di Commissione e di Sezioni, e che vadano a variare (…) la com-
posizione delle sezioni e dei collegi (…). Le variazioni dovranno essere acquisite al S.I.Gi.T. entro e
non oltre il termine di decorrenza della efficacia delle disposizioni contenute nei decreti medesimi,
con riferimento alla data di quella più immediata tra esse».
Organi della giurisdizione tributaria 363

Capo II

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


I componenti delle corti di giustizia tributaria

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di primo e secondo grado

Art. 7 - REQUISITI GENERALI [CFF ¶ 4607]

1. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado debbono: 6


a) essere cittadini italiani;
b) avere l'esercizio dei diritti civili e politici;
c) non aver riportato condanne per delitti comuni non colposi o per contravvenzioni a pena detenti-
va o per reati tributari e non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza;
d) non avere superato, alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la pre-
sentazione della domanda di ammissione, sessantasette anni di età; 2
e) avere idoneità fisica e psichica;
e-bis) essere muniti di laurea magistrale o quadriennale in materie giuridiche o economico-aziendali-
stiche; 4
[f) avere o aver dichiarato di voler stabilire la residenza nella regione nella quale ha sede la commis-
sione tributaria.] 3. 1 5

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 La presente lettera prima sostituita dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005, è stat poi co-
sì modificata dall'art. 1, comma 1, lett. i), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La presente lettera è stata abrogata dall'art. 4, comma 40, L. 12.11.2011, n. 183 (Legge di stabilità) con decorrenza dal
01.01.2012.
4 La presente lettera è stata inserita dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
5 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 Il presente alinea è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

REQUISITI GENERALI (Art. 7)

Requisiti dei giudici tributari I componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado devono:
a) avere la cittadinanza italiana;
b) disporre dei diritti civili e politici;
c) non aver riportato condanne per delitti comuni o per contravvenzioni a pena detentiva o per
reati tributari (ed essere stati immuni da misure di prevenzione o di sicurezza);
d) non avere superato sessantasette anni di età, alla data di scadenza del termine stabilito nel
bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione, (il precedente limite
di età fissato a 72 anni è stato sostituito con quello di 67 anni dall’art. 1, co. 1, lett. i) della L.
31.8.2022, n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204);
e) disporre di idoneità fisica e psichica;
e-bis) essere muniti di laurea magistrale o quadriennale in materie giuridiche o economico-
aziendalistiche.
Per i giudici tributari delle Commissioni Tributarie di 1° e di 2° grado di Bolzano è altresì richie-
sto, quale requisito per la nomina, l’attestato di conoscenza della lingua italiana e tedesca (art.
26, D.Lgs. 354/1997).
364
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 8 - INCOMPATIBILITÀ [CFF ¶ 4608]

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01. Ai magistrati tributari reclutati ai sensi dell'articolo 4 si applicano, in quanto compatibili, le dispo-
sizioni contenute nel titolo I, capo II, dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gen-
naio 1941, n. 12. 11
1. Non possono essere componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, finché
permangono in attività di servizio o nell'esercizio delle rispettive funzioni o attività professionali: 13
a) i membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo;
b) i consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e gli amministratori di altri enti che
applicano tributi o hanno partecipazione al gettito dei tributi indicati nell' art. 2 del decreto legi-
slativo 31 dicembre 1992, n. 546, nonché coloro che, come dipendenti di detti enti o come com-
ponenti di organi collegiali, concorrono all'accertamento dei tributi stessi; 1
c) i dipendenti dell'Amministrazione finanziaria che prestano servizio presso gli uffici del delle
Agenzie delle Entrate, delle dogane e del territorio, di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300 e successive modificazioni. 4
d) gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza;
e) i soci, gli amministratori e i dipendenti delle societa` concessionarie del servizio di riscossione
delle imposte o preposte alla gestione dell'anagrafe tributaria e di ogni altro servizio tecnico del
Ministero delle finanze;
[f) gli ispettori tributari di cui alla legge 24 aprile 1980, n. 146;] 5
g) i prefetti;
h) coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti o movimenti politici; 9
i) coloro che in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, diret-
tamente o attraverso forme associative, esercitano l’attività di consulenza tributaria, detengono
le scritture contabili e redigono i bilanci, ovvero svolgono attività di consulenza, assistenza o di
rappresentanza, a qualsiasi titolo e anche nelle controversie di carattere tributario, di contri-
buenti singoli o associazioni di contribuenti, di società di riscossione dei tributi o di altri enti im-
positori; 2
l) gli appartenenti alle Forze armate ed i funzionari civili dei Corpi di polizia;
[m) coloro che sono coniugi o parenti fino al secondo grado o affini in primo grado di coloro che so-
no iscritti negli albi professionali o negli elenchi di cui alla lettera i) nella sede della commissione
tributaria o che comunque esercitano dinanzi alla stessa abitualmente la loro professione.] 5
m-bis) coloro che sono iscritti in albi professionali, elenchi, ruoli e il personale dipendente individuati
nell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, ed
esercitano, anche in forma non individuale, le attività individuate nella lettera i). 6
1-bis Non possono essere componenti di corte di giustizia tributaria di primo grado i coniugi, i convi-
venti o i parenti fino al secondo grado o gli affini in primo grado di coloro che, iscritti in albi pro-
fessionali, esercitano, anche in forma non individuale, le attività individuate nella lettera i) del
comma 1 nella regione e nelle province confinanti con la predetta regione dove ha sede la corte
di giustizia tributaria di primo grado. Non possono, altresì, essere componenti delle corti di giu-
stizia tributaria di secondo grado i coniugi, i conviventi o i parenti fino al secondo grado o gli af-
fini in primo grado di coloro che sono iscritti in albi professionali ovvero esercitano le attività in-
dividuate nella lettera i) nella regione dove ha sede la corte di giustizia tributaria di secondo gra-
do ovvero nelle regioni con essa confinanti. All'accertamento della sussistenza delle cause di in-
compatibilità previste nei periodi che precedono provvede il Consiglio di Presidenza della
giustizia tributaria. 7
2. Non possono essere componenti dello stesso collegio giudicante i coniugi, i conviventi, nonché i
parenti ed affini entro il quarto grado. 8
3. Nessuno può essere componente di più corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado. (12)
4. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, che vengano a trovarsi in
una delle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b) o che siano nominati giudici costituzionali,
sono sospesi dall'incarico fino alla data di cessazione dell'incompatibilità; successivamente alla
suddetta data essi riassumono le rispettive funzioni anche in soprannumero presso la corte di
giustizia tributaria di primo e secondo grado di appartenenza. 12 3 10 14
Organi della giurisdizione tributaria 365

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Note
1 La presente lettera è stata così modificata dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.

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2 La presente lettera prima sostituita dall' art. 31 L. 27.12.1997, n. 449, poi dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n.
276, S.O. n. 194), con decorrenza dal 10.12.2000, e dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza
dal 06.07.2011, è stata da ultimo così modificata dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
4 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 16 quater del D.L.28.12.2001, n. 452, con decorrenza dal 28.02.2002.
5 La presente lettera è stata soppressa dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011.
6 La presente lettera aggiunta dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011,
come modificato dall'allegato alla legge di conversione, L. 15.07.2011, n. 111 (G.U. 16.07.2011, n. 164) con decorrenza dal
17.07.2011, è stata così modificata dall'art. 2, comma 35-septies, D.L. 13.08.2011, n. 138 così come modificato dalla leg-
ge di conversione L. 14.09.2011, n. 148 (G.U. 16.09.2011, n. 216) con decorrenza dal 17.09.2011.
7 Il presente comma inserito dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011 è
stato così modificato prima dall'art. 2, comma 35-septies, D.L. 13.08.2011, n. 138 così come modificato dalla legge di
conversione L. 14.09.2011, n. 148 (G.U. 16.09.2011, n. 216) con decorrenza dal 17.09.2011, e poi dall'art. 1, comma 1, lett.
a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 Le parole "i conviventi," contenute nel presente comma sono state aggiunte dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U.
06.07.011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011.
9 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
10 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
11 Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. l), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
12 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
13 Il presente alinea è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
14 Il presente articolo, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno
che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrati-
vo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stato ritenuto in contrasto con la Costituzione dalla Cor-
te di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la relativa questione di legittimità (cfr. C.G.T. I Vene-
zia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

INCOMPATIBILITÀ (Art. 8)

Incompatibilità La norma è stata modificata sostituendo la precedente denominazione delle commis-


sioni tributarie provinciali e regionali con quella di «corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado»; e con l’aggiunta del comma 01 (cfr. art. 1, co. 1, lett. l), della L. 31.8.2022, n. 130, in G.U.
1.9.2022, n. 204), in vigore dal 16 settembre 2022, che prevede l’applicazione - «in quanto compatibili»
- delle disposizioni, stabilite in materia di incompatibilità dal Regio decreto 30.1.1941, n. 12 (in parti-
colare nel Titolo I, Capo II, dell’ordinamento giudiziario) anche ai magistrati reclutati a seguito del
concorso previsto dall’art. 4 del presente Decreto. Si tratta, ad esempio, delle incompatibilità di sede
dovute a rapporti di parentela tra il magistrato tributario e il professionista esercente la professione
forense o il soggetto che svolge l’attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
Restano ferme le ipotesi di incompatibilità già previste, salvo che ora il riferimento viene fatto
alle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, in luogo delle commissioni tributarie
provinciali e regionali.
Ne deriva che le incompatibilità riguardano:
a) coloro che hanno incarichi elettivi o pubblici (in particolare: parlamentari nazionali ed europei;
consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali; amministratori di enti, quali i Co-
muni, che impongono o introitano tributi; soggetti nominati Garanti del Contribuente);
b) i dipendenti dell’Amministrazione finanziaria che prestano servizio presso Uffici dell’Agen-
zia delle Entrate, dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli o dell’Agenzia del Territorio (che,
peraltro, dal 1°.12.2012, è confluita nell’Agenzia delle Entrate);
c) coloro che rivestono incarichi direttivi o esecutivi in partiti e movimenti politici;
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

d) gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza;


e) i soci, gli amministratori e i dipendenti delle società che svolgono il servizio di agenti della

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riscossione delle imposte o preposte alla gestione dell’Anagrafe Tributaria e di ogni altro
servizio tecnico del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
f) gli ispettori tributari, cioè gli appartenenti al Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario;
g) i prefetti;
h) coloro che in qualsiasi forma (direttamente o anche indirettamente attraverso forme associati-
ve) – anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione – esercitano la consulenza
tributaria, detengono le scritture contabili e redigono i bilanci, ovvero svolgono attività di con-
sulenza, assistenza o di rappresentanza, a qualsiasi titolo e anche nelle controversie di carattere
tributario, di contribuenti singoli o associazioni di contribuenti, di società di riscossione dei
tributi o di altri enti impositori. «La tenuta e la custodia di scritture contabili (anche se effettuate
dall’interessato come titolare di un Centro Elaborazione Dati) costituisce attività incompatibile
con l’esercizio dell’incarico di giudice tributario; ciò anche laddove (l’interessato) non si sia occupato
affatto degli aspetti fiscali delle scritture contabili che registrava, rappresentando tale sua attività
valido indicatore di quell’attività di consulenza tributaria priva del carattere della sporadicità e del-
l’occasionalità inibita al Giudice dal legislatore, attività che appare sufficiente ad integrare anche so-
lo la univoca contiguità o connessione del Giudice stesso con lo svolgimento delle medesime attività
da parte di altri soggetti» (cfr. Cons. Stato, Sent. 27.6.2007, n. 3760). Analogamente, costituisce
causa di incompatibilità con l’incarico di giudice tributario, la titolarità del capitale sociale di
una Srl che svolge attività di assistenza fiscale e di tenuta delle scritture contabili (cfr. T.A.R.
Lazio, 8.1.2021, n. 263).
Peraltro, l’incompatibilità non deriva tanto dalla iscrizione ad un albo professionale, quan-
to dall’esercizio di una attività specifica di consulenza in materie che potrebbero essere og-
getto di giudizio;
i) gli appartenenti alle Forze armate ed i funzionari civili dei Corpi di Polizia.
l) i coniugi, i conviventi o i parenti fino al secondo grado o gli affini in primo grado di coloro
che, iscritti in albi professionali, esercitano, anche in forma non individuale, le attività indi-
viduate sub h) nella regione e nelle province confinanti con la regione dove ha sede la Corte
di giustizia tributaria di primo grado. Lo stesso vale per i componenti delle Corti di giustizia
tributaria di secondo grado, con riferimento alla Regione dove ha sede la Corte di giustizia
tributaria di secondo grado ovvero alle regioni con essa confinanti.
L’accertamento di tali cause di incompatibilità è di competenza del Consiglio di Presidenza della
Giustizia Tributaria.
Nessuno può essere componente di più di una Corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado (disposizione elusa utilizzando il c.d. distacco) e non possono essere componenti dello
stesso Collegio giudicante i coniugi, i conviventi o i parenti ed affini entro il quarto grado.
Infine, i componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, che assumano
incarichi elettivi o pubblici, o che vengano nominati giudici costituzionali, sono sospesi dall’in-
carico fino alla cessazione della incompatibilità, salvo riassumere, successivamente alla suddetta
data, le rispettive funzioni, anche in soprannumero, presso la Corte di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado di appartenenza.

Art. 9 - PROCEDIMENTI DI NOMINA DEI COMPONENTI DELLE CORTI DI GIUSTIZIA


TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4609]

1. Alla prima e alle successive nomine dei magistrati tributari nonché alle nomine dei giudici tribu-
tari di cui all'articolo 1-bis, comma 1, si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. 3
2. Il consiglio di presidenza procede alle deliberazioni di cui al comma 1 relative alle nomine succes-
sive alla prima, sulla base di elenchi formati relativamente ad ogni corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado e comprendenti tutti gli appartenenti alle categorie indicate negli articoli
3, 4 e 5 per il posto da conferire che hanno comunicato la propria disponibilità all'incarico e sono
in possesso dei requisiti prescritti. 6
Organi della giurisdizione tributaria 367

2-bis. Per le corti di giustizia tributaria di secondo grado i posti da conferire sono attribuiti in modo

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


da assicurare progressivamente la presenza in tali commissioni di due terzi dei giudici selezionati
tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero gli avvo-

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cati dello Stato, a riposo. 2
[3. Alla comunicazione di disponibilità all'incarico deve essere allegata la documentazione circa l'apparte-
nenza ad una delle categorie indicate negli articoli 3, 4 e 5 ed il possesso dei requisiti prescritti, non-
ché la dichiarazione di non essere in alcuna delle situazioni di incompatibilita` indicate all'art. 8 .] 7
[4. La formazione degli elenchi di cui al comma 2 è fatta secondo i criteri di valutazione ed i relativi
punteggi indicati nella tabella E e sulla base della documentazione allegata alla comunicazione di
disponibilità all'incarico.] 7
[5. Il Ministro delle finanze stabilisce con proprio decreto il termine e le modalita` per le comunicazioni
di disponibilità agli incarichi da conferire e per la formazione degli elenchi di cui al comma 2.] 7
[6. Le esclusioni dagli elenchi di coloro che hanno comunicato la propria disponibilità all'incarico,
senza essere in possesso dei requisiti prescritti, è fatta con decreto del Ministro delle finanze, su
conforme deliberazione del consiglio di presidenza.] 7 1 4 5 8

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma aggiunto dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011, è stato
poi così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma prima modificato dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così so-
stituito dall'art. 1, comma 1, lett. m), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n.
130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. m), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
7 Il presente comma è stato abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. m), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità
dei commi 2 e 2-bis della presente norma, nonchè degli articoli 1-bis; 8, co. 1; 11, co. 1, del presente Decreto, così come
novellati dalla L. 130/2022, «nella parte in cui le predette norme assegnano ai giudici tributari onorari lo stabile ed isti-
tuzionale esercizio di funzioni collegiali, pur nella prevista esistenza di un magistrato professionale a ciò destinabile».
«L’inquadramento della organizzazione giudiziaria tributaria all’interno dell’apparato che della medesima organizzazione
giudiziaria – in concreto – si serve per la realizzazione dei fini suoi propri appare a questa Corte giudicante istituzional-
mente in conflitto con i principi di autonomia ed indipendenza che devono permeare non solo la sostanza della funzio-
ne giurisdizionale ma anche la sua apparenza nei confronti dei consociati, i quali hanno il diritto di non temere che il
Giudice innanzi al quale si presentano sia pregiudizialmente schierato a favore di una della parti del processo».
«Maggiormente la giurisdizione tributaria è esposta a rischio di (almeno apparente) assenza di indipendenza ed auto-
nomia», addirittura accentuato per il fatto che «tutti i futuri componenti delle Corti di Giustizia finiranno per diventare
(…) "lavoratori dipendenti" in senso stretto dell’Amministrazione (come si desume dal novellato art. 9 del D.Lgs.
545/1992)» (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

PROCEDIMENTI DI NOMINA DEI COMPONENTI DELLE CORTI


DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO (Art. 9)

Procedimenti per la nomina dei componenti Il primo comma della norma – sostituito dall’art. 1, co. 1,
lett. h) della L. 130/2022 – stabilisce che alla prima e alle successive nomine dei magistrati tributari,
compresi i magistrati presenti nel ruolo unico nazionale di cui all’art. 4, co. 39-bis della L. 12.11.2011,
n. 183, alla data del 1° gennaio 2022, provvede con decreto il Ministro dell’economia e delle finanze,
previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
Quest’ultimo - «sulla base di elenchi formati relativamente ad ogni corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado» - adotta anche le delibere relative alle nomine successive alla prima:
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

› dei presidenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, dei presidenti e vi-
cepresidenti di sezione delle stesse corti (di cui all’art. 3);

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› dei giudici delle Corti di giustizia di primo grado nominati a seguito di concorso (di cui all’art. 4);
› dei giudici delle Corti di giustizia di secondo grado (di cui all’art. 5);
che siano in possesso dei requisiti prescritti e abbiano comunicato la propria disponibilità a ri-
coprire l’incarico (co. 2).
I posti da conferire per le Corti di giustizia tributaria di secondo grado sono attribuiti in modo
da assicurare progressivamente la presenza, in tali commissioni, di due terzi dei giudici selezio-
nati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero
gli avvocati dello Stato, a riposo (co. 2-bis).

Art. 10 - Giuramento [CFF ¶ 4610]

1. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, prima dell'immissione
nelle loro funzioni, prestano giuramento, pronunziando e sottoscrivendo la formula: "Giuro di es-
sere fedele alla Repubblica italiana, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con
coscienza ai doveri inerenti al mio ufficio". 3
2. I presidenti delle corti di giustizia tributaria di secondo grado prestano giuramento dinanzi al
presidente del consiglio di presidenza. 3
3. I presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo grado prestano giuramento dinanzi al presi-
dente della corte di giustizia tributaria di secondo grado nella cui circoscrizione ha sede la com-
missione cui sono destinati. 3
4. I presidenti di sezione e gli altri componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado prestano giuramento dinanzi al presidente della commissione cui sono destinati. 3
5. I verbali di giuramento sono conservati presso l'ufficio cui appartiene l'organo dinanzi al quale
esso è stato prestato. 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 11 - DURATA DELL'INCARICO E ASSEGNAZIONE DEGLI INCARICHI


PER TRASFERIMENTO [CFF ¶ 4611]

1. La nomina dei giudici tributari presenti nel ruolo unico di cui all'articolo 4, comma 39-bis, della
legge 12 novembre 2011, n. 183, alla data del 1° gennaio 2022, a una delle funzioni dei componen-
ti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado non costituisce in nessun caso rap-
porto di pubblico impiego. 4
2. I magistrati tributari di cui all'articolo 1-bis, comma 2, e i giudici tributari del ruolo unico di cui al
comma 1, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall'incarico, in ogni caso, al compi-
mento del settantesimo anno di età. 5
3. I presidenti di sezione, i vice presidenti e i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado non possono essere assegnati alla stessa sezione della medesima commissione
per più di cinque anni consecutivi. 6
4. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, indipendentemente dalla
funzione o dall'incarico svolti, non possono concorrere all'assegnazione di altri incarichi prima di
due anni dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni dell'incarico ricoperto. 7
4-bis. Ferme restando le modalità indicate nel comma 4-ter, l'assegnazione del medesimo incarico o
di diverso incarico per trasferimento dei componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e
Organi della giurisdizione tributaria 369

secondo grado in servizio è disposta, salvo giudizio di demerito, sulla base dei punteggi stabiliti

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dalla tabella F allegata al presente decreto. Il Consiglio di presidenza, in caso di vacanza nei posti

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di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente e di componente presso una sede giu-
diziaria di corte di giustizia tributaria, provvede a bandire, almeno una volta l'anno e con priorità
rispetto alle procedure concorsuali di cui all'articolo 4 e a quelle per diverso incarico, interpelli
per il trasferimento di giudici che ricoprono la medesima funzione o una funzione superiore. 8
4-ter. L'assegnazione degli incarichi è disposta nel rispetto delle seguenti modalità:
a) la vacanza nei posti di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente delle corti di giusti-
zia tributaria di primo e secondo grado e di componente delle corti di giustizia tributaria è porta-
ta dal Consiglio di presidenza a conoscenza di tutti i componenti delle corti di giustizia tributaria
in servizio, a prescindere dalle funzioni svolte, con indicazione del termine entro il quale chi aspi-
ra all'incarico deve presentare domanda;
b) alla nomina per ciascuno degli incarichi di cui alla lettera a) si procede sulla base di elenchi forma-
ti relativamente ad ogni corte di giustizia tributaria e comprendenti tutti gli appartenenti alle ca-
tegorie indicate negli articoli 3, 4 e 5 per il posto da conferire, che hanno comunicato la propria
disponibilità all'incarico e sono in possesso dei requisiti prescritti. Alla comunicazione di disponi-
bilità all'incarico deve essere allegata la documentazione circa l'appartenenza ad una delle cate-
gorie indicate negli articoli 3, 4 e 5 ed il possesso dei requisiti prescritti, nonché la dichiarazione
di non essere in alcuna delle situazioni di incompatibilità indicate all'articolo 8. Le esclusioni dagli
elenchi di coloro che hanno comunicato la propria disponibilità all'incarico, senza essere in pos-
sesso dei requisiti prescritti, sono deliberate dal Consiglio di presidenza;
c) la scelta tra gli aspiranti è adottata dal Consiglio di presidenza, salvo giudizio di demerito del can-
didato, secondo i criteri di valutazione ed i punteggi stabiliti dalla tabella F e, nel caso di parità di
punteggio, della maggiore anzianità anagrafica. 8
5. Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria esprime giudizio di demerito ove ricorra una del-
le seguenti condizioni:
a) sanzione disciplinare irrogata al candidato nel quinquennio antecedente la data di scadenza della
domanda per l'incarico per il quale concorre;
b) rapporto annuo pari o superiore al 60 per cento tra il numero dei provvedimenti depositati oltre il
termine di trenta giorni a decorrere dalla data di deliberazione e il totale dei provvedimenti depo-
sitati dal singolo candidato. 9
5-bis. Nei casi di necessità di servizio, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre, su ri-
chiesta del Consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria, l’anticipazione nell’assunzione delle
funzioni. 2 1 3 10

Note
1 Il presente articolo prima modificato dall'art. 12, L. 28.12.2001, n. 448, poi modificato dall'art. 16 quater, D.L. 28.12.2001, n. 452,
poi modificato dall'art. 8, D.L. 29.11.2004, n. 282. è stato, poi, così sostituito dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decor-
renza dal 03.12.2005.
2 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130,
con decorrenza dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) e lett. n), n. 1), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. n), n. 2.1) e 2.2), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022; ai sensi dell'art. 8, comma 1, della suddetta legge la disposizione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera n), numero
2.2), si applica a decorrere dal 1° gennaio 2027.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
7 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. n), n. 3), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. n), n. 4), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
9 Il presente comma è stato così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. n), n. 5), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
10 La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità
di diverse norme del D.Lgs. 545/1992, compresi i commi 1, 4-ter e 5 del presente articolo, così come novellati dalla L.
130/2022. Quanto al comma 1 del presente articolo, nonchè agli articoli 1-bis; 8, co. 1; 9, co. 2 e 2-bis, del presente De-
creto, il dubbio ha riguardato le citate disposizioni «nella parte in cui (…) assegnano ai giudici tributari onorari lo stabile
370
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

ed istituzionale esercizio di funzioni collegiali, pur nella prevista esistenza di un magistrato professionale a ciò destina-
bile». Quanto ai commi 4-ter e 5 del presente articolo, «nella parte in cui contemplano come requisito di accesso al

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concorso interno per il tramutamento alle funzioni superiori che il componente dell’ordinamento giudiziario tributario
abbia garantito almeno un rapporto del 60% tra provvedimenti depositati entro il termine di un mese e provvedimenti
complessivamente depositati». (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

DURATA DELL'INCARICO E ASSEGNAZIONE DEGLI INCARICHI PER TRASFERIMENTO


(Art. 11)

Durata dell’incarico La norma è stata modificata e integrata dall’art. 1, co. 1, lett. n), della L.
31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204), in vigore dal 16 settembre 2022, ma va coordinata con
quanto previsto dall’art. 8 della stessa legge, che, da un lato, ne posticipa in parte l’applicazione,
dall’altro, ne prevede un’applicazione scaglionata.
Il primo comma conferma che la nomina «a una delle funzioni di componente delle commissioni
tributarie provinciali o regionali» dei magistrati presenti nel ruolo unico nazionale di cui all’art. 4,
co. 39-bis della L. 12.11.2011, n. 183, alla data del 1° gennaio 2022, non costituisce in nessun caso
rapporto di pubblico impiego.
Il secondo comma anticipa la cessazione, in ogni caso, dell’incarico, indipendentemente dalle
funzioni svolte, al raggiungimento del settantesimo anno di età (in luogo del precedente limite
fissato a 75 anni), ma (solo) «a decorrere dal 1° gennaio 2027» (cfr. l’art. 8, co. 1, L. 130/2022).
L’art. 8, della L. 130/2022, rubricato «Disposizioni transitorie e finali», detta la tempistica di appli-
cazione della nuova previsione, stabilendo che: «fino al 31 dicembre 2026, i componenti delle corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dal-
l’incarico, in ogni caso:
› il 1° gennaio 2023, qualora abbiano compiuto settantaquattro anni di età entro il 31 dicembre
2022, ovvero al compimento del settantaquattresimo anno di età nel corso del 2023;
› il 1° gennaio 2024, qualora abbiano compiuto settantatre anni di età entro il 31 dicembre 2023, ov-
vero al compimento del settantatreesimo anno di età nel corso del 2024;
› il 1° gennaio 2025, qualora abbiano compiuto settantadue anni di età entro il 31 dicembre 2024,
ovvero al compimento del settantaduesimo anno di età nel corso del 2025;
› il 1° gennaio 2026, qualora abbiano compiuto settantuno anni di età entro il 31 dicembre 2025, ov-
vero al compimento del settantunesimo anno di età nel corso del 2026
Assegnazione dell’incarico Viene confermata la regola del turnover, per cui i componenti di una se-
zione non possono essere assegnati alla medesima sezione per più di 5 anni consecutivi.
Inoltre, i componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, prima di due anni
dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni dell’incarico ricoperto, indipendentemente dalla
funzione o dall’incarico svolti, non possono concorrere all’assegnazione di altri incarichi.
Ferma questa preclusione, l’assegnazione del medesimo incarico o di un incarico diverso per trasfe-
rimento dei componenti in servizio delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, è di-
sposta, salvo giudizio di demerito, sulla base dei punteggi stabiliti dalla Tabella F allegata al decreto.
Il giudizio di demerito è espresso dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria nel caso
di irrogazione di una sanzione disciplinare, nel quinquennio antecedente la data di scadenza
della domanda per l’incarico per il quale il candidato concorre; ovvero quando il rapporto annuo
tra il numero di provvedimenti depositati oltre il termine di trenta giorni dalla data di delibera-
zione e il totale dei provvedimenti depositati, sia pari o superiore al 60%.
La Tabella F, come sostituita dall’art. 1, co. 1, lett. t) della L. 130/2022, stabilisce il punteggio attribui-
bile ai «servizi prestati nelle commissioni tributarie per anno o frazione di anno superiore a sei mesi».
In caso di vacanza dei posti di: presidente, presidente di sezione, vicepresidente e componente,
presso una sede giudiziaria di corte di giustizia tributaria, il Consiglio di presidenza della giusti-
zia tributaria provvede a bandire interpelli per il trasferimento di giudici che ricoprono la mede-
sima funzione o una funzione superiore, almeno una volta all’anno e con priorità rispetto alle
procedure di concorso di cui all’art. 4 e a quelle per diverso incarico (cfr. co. 4-bis).
L’assegnazione degli incarichi avviene secondo le modalità indicate nel co. 4-ter, per cui chi
Organi della giurisdizione tributaria 371

aspira all’incarico deve presentare una domanda entro un termine determinato; la nomina av-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


viene sulla base degli elenchi di coloro che – essendo in possesso dei prescritti requisiti e non

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essendo in una situazione di incompatibilità – hanno comunicato la propria disponibilità all’in-
carico. Dopo di che, il Consiglio di presidenza adotta la scelta tra gli aspiranti con le modalità vi-
ste sopra e, quindi, salvo giudizio di demerito, sulla base dei punteggi stabiliti dalla Tabella F
allegata al Decreto e, nel caso di parità di punteggio, della maggiore anzianità anagrafica.

Art. 12 - DECADENZA DALL'INCARICO [CFF ¶ 4612]

1. Decadono dall'incarico i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado i
quali: 3
a) perdono uno dei requisiti di cui all'art. 7 ;
b) incorrono in uno dei motivi di incompatibilita` previsti dall'art. 8 ;
c) cessano, se magistrati o altri dipendenti dell'amministrazione pubblica in attività di servizio,
dall'impiego per causa diversa dal collocamento a riposo o da dimissioni volontarie, secondo i ri-
spettivi ordinamenti;
d) omettono, senza giustificato motivo, di assumere l'incarico entro trenta giorni dalla comunicazio-
ne del decreto di nomina;
e) non partecipano, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive.
2. La decadenza è dichiarata con decreto del Ministro delle finanze previa deliberazione del consi-
glio di presidenza. 1 2 4

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente alinea è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
4 La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità
di diverse norme del D.Lgs. 545/1992, compreso il presente articolo, che, in combinato disposto con l’art. 7, stesso De-
creto, «genera una vera e propria sanzione automatica espulsiva (denominata "rimozione") correlata a qualsivoglia con-
danna inflitta al componente dell’ordine giudiziario (che sia in servizio onorario o di carriera) per delitti comuni non col-
posi o per contravvenzioni a pena detentiva o per reati tributari ovvero ancora correlata alla sottoposizione a misure di
prevenzione o di sicurezza», la quale «pone dubbi di contrasto con l’art. 3 della Costituzione per violazione del principio
di ragionevolezza» (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

DECADENZA DALL'INCARICO (Art. 12)

Decadenza dall’incarico Le cause di decadenza di componente delle corti di giustizia tributaria di


primo e secondo grado dall’incarico sono:
a) perdita dei requisiti per la nomina o verificarsi di una causa di incompatibilità (si veda pre-
cedente art. 8 D.Lgs. 545/1992);
b) cessazione dall’impiego pubblico per causa diversa dal collocamento a riposo o dalle dimis-
sioni volontarie;
c) omissione di accettazione dell’incarico, senza giustificato motivo, entro trenta giorni dalla
nomina;
d) assenza ingiustificata a tre sedute consecutive.
La decadenza è dichiarata con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa delibe-
razione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (cfr. Capo III del Decreto che disci-
plina l’organo di autoregolamentazione e tutela dei giudici tributari).
372
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 13 - TRATTAMENTO ECONOMICO DEI GIUDICI TRIBUTARI [CFF ¶ 4613]

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1. Il Ministro delle finanze con proprio decreto di concerto con il Ministro del tesoro determina il
compenso fisso mensile spettante ai componenti delle corti di giustizia tributarie di primo e se-
condo grado presenti nel ruolo unico di cui all'articolo 4, comma 39-bis, della legge 12 novembre
2011, n. 183. 5 8 12
2. Con il decreto di cui al comma 1, oltre al compenso mensile viene determinato un compenso ag-
giuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che
debbono tener conto delle funzioni e dell'apporto di attività di ciascuno alla trattazione della
controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza, nonchè per i residenti in
comuni diversi della stessa regione da quello in cui ha sede la commissione, delle spese soste-
nute per l'intervento alle sedute della commissione. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni
provvedimento emesso. 2 5 6
3. La liquidazione dei compensi è disposta dalla direzione regionale delle entrate, nella cui circo-
scrizione ha sede la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado di appartenenza ed i
pagamenti relativi sono fatti dal dirigente responsabile della segreteria della commissione, quale
funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari. 1 3 5 11
3-bis. I compensi di cui ai commi 1, 2 e 3 sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quie-
scenza comunque denominati. 4
3-ter. I compensi di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono superare in ogni caso l'importo di euro 72.000
lordi annui. 9 7 10 13

Note
1 Nella seduta del 24.10.96 il Senato della Repubblica ha respinto il disegno di legge n. 1537 recante: conversione in leg-
ge del D.L.23.10.96, n. 539. La decadenza delle disposizioni di questo decreto ha riguardato anche il D.L. n. 437/96 le
cui disposizioni erano state abrogate dall'art. 14 del D.L. n. 539. Le disposizioni del D.L. n. 437/96 hanno, dunque, riac-
quistato efficacia a partire dal 25.10.96 (comunicato relativo alla mancata conversione del D.L. n. 539/96 in G.U. n. 251
del 25.10.96). Inoltre nella medesima G.U., è stata altresì pubblicata la legge di conversione del D.L. n. 437/96 che, rela-
tivamente alle modifiche apportate, ha effetto a partire dal 26.10.96.
2 Il presente comma è stato così modificato dall' art. 11 D.L. 08.08.1996, n. 437
3 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
4 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 86, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decor-
renza dal 10.12.2000.
5 Sono manifestamente inammissibi le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1, 2 e 3, del decreto legi-
slativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli
uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.
413), sollevate, in riferimento agli artt. 101, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art.
6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il
4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Commissione tributaria provinciale
di Novara, con l’ordinanza indicata in epigrafe (C.Cost. 20.03.2019, n. 60, ordinanza).
6 Il compenso aggiuntivo di cui al presente comma viene determinato secondo quanto disposto dal D.M. 5 febbraio 2016.
7 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. o), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
9 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. o), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
10 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. o), L. 31.08.2022, n. 130, con decor-
renza dal 16.09.2022.
11 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
12 Ai sensi dell'art. 4, comma 3, L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 01.01.2023, gli importi dei compensi fissi di cui al
presente comma individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 giugno 2019 sono aumentati
del 130 per cento.
Organi della giurisdizione tributaria 373

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


13 Il presente articolo, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno che si-
ano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in ordine

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alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stato ritenuto in contrasto con la Costituzione dalla Corte di giustizia tri-
butaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità, per violazione del principio di uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) per effetto del combinato disposto degli art. 13 e 13-bis del D.Lgs. 545/1992.
Secondo la Corte veneta, le modifiche introdotte hanno creato «l’anomala condizione di una giurisdizione speciale articolata
in un ordine unico (…) tuttavia distinto in due sottocategorie, la prima delle quali è composta da magistrati "a tutto tondo",
assunti per concorso o per diretto transito dagli altri ordini giudiziari (…) e a cui (…) si applica la disciplina di status tipica dei
magistrati ordinari, e la seconda delle quali resta composta (come già in precedenza) da personale onorario, cui altro non
può applicarsi che la disciplina generica relativa ai "munera" che non danno luogo a rapporto di lavoro dipendente (…)».
Ne deriva che «mentre i "Magistrati Tributari" risulteranno essere per lo meno tutelati sotto il profilo della eterodetermina-
zione con fonte normativa primaria del trattamento economico che ad essi spetta (art. 13-bis del D.Lgs. 545/1992 come ex
novo introdotto dalla L. 130/2022), permane nei confronti dei Giudici Tributari attualmente in servizio (…) la, per molti versi
inaccettabile, modalità di determinazione del "composito" trattamento economico spettante a questi ultimi (…) a mezzo di
fonte normativa di origine propriamente amministrativa (decreto ministeriale) …». «Per non dire», prosegue la Corte veneta,
«del fatto che finanche il controllo della liquidazione della parte variabile del compenso è» assegnata «alla direzione regiona-
le delle entrate nella cui circoscrizione ha sede la Corte Tributaria di appartenenza, senza neanche prevedere che al Giudice
tributario competa l’omologo del diritto alla ricezione della "busta paga" (…)».
In conclusione, resta «totalmente differenziato lo status che la legge attualmente vigente riconosce alle due categorie di
componenti dell’ordine giudiziario tributario, ciò che poi si riflette in una ingiustificata discrepanza dei trattamenti economici
riconosciuti a ciascuna di esse, sia pure a fronte di identiche funzioni esercitate (…)» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n.
408/1/22).

TRATTAMENTO ECONOMICO (Art. 13)

Trattamento economico (co. 1 e 2) La nuova formulazione della disposizione (cfr. modificata dall’art.
1, co. 1, lett. o), della L. 31.8.2022, n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204), riguarda il trattamento economico
dei componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, presenti nel ruolo unico
nazionale di cui all’art. 4, co. 39-bis della L. 12.11.2011, n. 183, alla data del 1° gennaio 2022, i qua-
li percepiscono un compenso fisso mensile e un compenso aggiuntivo: «la natura dell’incarico trova
corrispondenza anche nella regolamentazione del compenso, il quale oltre ad una parte fissa, ha una com-
ponente aggiuntiva collegata ai ricorsi definiti e ai provvedimenti emessi; al contempo, [però] non si in-
staura un rapporto di pubblico impiego» (cfr. Cons. Stato, Sent. 31.8.2017, n. 4122).
La disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate
o meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di sup-
porto amministrativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in
contrasto con la Costituzione dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha
sollevato la questione di legittimità dell’articolo in esame, per violazione del principio di uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) per effetto del combinato disposto degli art. 13 e 13-bis
del D.Lgs. 545/1992.
Secondo la Corte veneta, le modifiche introdotte hanno creato «l’anomala condizione di una giurisdi-
zione speciale articolata in un ordine unico (…) tuttavia distinto in due sottocategorie, la prima delle quali
è composta da magistrati "a tutto tondo", assunti per concorso o per diretto transito dagli altri ordini giu-
diziari (…) e a cui (…) si applica la disciplina di status tipica dei magistrati ordinari, e la seconda delle quali
resta composta (come già in precedenza) da personale onorario, cui altro non può applicarsi che la discipli-
na generica relativa ai "munera" che non danno luogo a rapporto di lavoro dipendente (…)».
Ne deriva che «mentre i "Magistrati Tributari"risulteranno essere per lo meno tutelati sotto il profilo della
eterodeterminazione con fonte normativa primaria del trattamento economico che ad essi spetta (art. 13-
bis del D.Lgs. 545/1992 come ex novo introdotto dalla L. 130/2022), permane nei confronti dei Giudici Tri-
butari attualmente in servizio (…) la, per molti versi inaccettabile, modalità di determinazione del "compo-
sito" trattamento economico spettante a questi ultimi (…) a mezzo di fonte normativa di origine propria-
mente amministrativa (decreto ministeriale) …». «Per non dire», prosegue la Corte veneta,«del fatto che
finanche il controllo della liquidazione della parte variabile del compenso è» assegnata «alla direzione re-
374
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

gionale delle entrate nella cui circoscrizione ha sede la Corte Tributaria di appartenenza, senza neanche
prevedere che al Giudice tributario competa l’omologo del diritto alla ricezione della "busta paga" (…)».

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In conclusione, resta «totalmente differenziato lo status che la legge attualmente vigente riconosce alle
due categorie di componenti dell’ordine giudiziario tributario, ciò che poi si riflette in una ingiustificata di-
screpanza dei trattamenti economici riconosciuti a ciascuna di esse, sia pure a fronte di identiche funzioni
esercitate (…)» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).
A) Il compenso fisso mensile (co. 1) – che spetta ai componenti delle Corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado, presenti nel ruolo unico sopra richiamato – è determinato con decreto del
Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del Tesoro.
Il Decreto M.E.F. 20.6.2019 (cfr. Delibera C.P.G.T., 22.1.2019, n. 98), lo ha determinato nelle seguenti
misure:
› € 495,00 per il Presidente della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado;
› € 443,00 per il Presidente della Sezione;
› € 417,00 per il Vicepresidente della Sezione;
› € 391,00 per ciascun giudice ordinario;
ma, a decorrere dal 1° gennaio 2023, esso è aumentato del 130 per cento (cfr. art. 4, co. 3, lett. c), del-
la L. 130/2022).
E così, in attuazione della norma da ultimo citata (art. 4, L. 130/2022), l’art. 1, co. 1, del Decreto
M.E.F. 24.3.2023 (in G.U. 11.5.2023, n. 109), aggiorna i compensi fissi «spettanti a decorrere dal 1° gen-
naio 2023», nelle seguenti misure:
«a) euro 1.138,50 per il Presidente;
b) euro 1.018,90 per il Presidente di sezione;
c) euro 959,10 per il vice Presidente di sezione;
d) euro 899,30 per il giudice»
La norma precisa, inoltre, che «Il compenso di cui al comma 1 spettante al Presidente di Corte di giustizia
tributaria non è cumulabile con quello spettante al Presidente di sezione.
Gli importi di cui al comma 1 si assumono al lordo delle ritenute di legge».
B) Il compenso aggiuntivo (co. 2) è determinato (come quello fisso), con decreto del Ministro delle fi-
nanze di concerto con il Ministro del Tesoro, per ogni ricorso definito (con la partecipazione del
componente) «anche se riunito ad altri ricorsi» (cfr. art. 1, D.M.E.F. 5.2.2016, che richiama Cons. Stato,
Sent. 11.12.2014, n. 6086).
«In considerazione delle disposizioni introdotte dalla citata legge n. 130 del 2022», anche questo compen-
so è stato «aggiornato» dal Decreto M.E.F. 24.3.2023 (in G.U. 11.5.2023, n. 109), definendone importi e
modalità anche rispetto al giudice monocratico (cfr. gli articoli 2 e 3. Per la relativa decorrenza si ve-
da il successivo art. 5).
La relativa determinazione è effettuata secondo criteri uniformi che tengono conto delle funzioni e
dell’apporto di attività di ciascuno, nonchè - nel caso di componenti residenti in Comuni diversi «da
quello in cui ha sede la commissione» - delle spese sostenute per intervenire nelle sedute, (cfr. co. 2).
Esso spetta non solo per le sentenze, ma anche per i provvedimenti, come il decreto di estinzione,
che definiscono il ricorso. Non spetta, invece, per le ordinanze emesse a seguito di istanze cautelari,
perché non «definiscono» il processo tributario (cfr. Cass., Sent. 13.10.2010, n. 21156).
C) Compenso variabile La misura del compenso variabile spettante al presidente e al presidente di
sezione delle Corti di giustizia tributaria è stabilito, con decreto del Ministro dell’economia e delle fi-
nanze, entro il 31.12.2022 (cfr. art. 8, co. 4, secondo periodo, della L. 130/2022).
Viene, inoltre, soppressa, a decorrere dal 1° gennaio 2023, la disposizione (cfr. art. 37, co. 12, del D.L.
98/2011), che prevede(va), relativamente ai giudici tributari, l'incremento della quota variabile del
compenso, subordinandola, in caso di pronuncia su un’istanza cautelare, al deposito della sentenza
di merito, che definisce il ricorso, entro novanta giorni dalla data di tale pronuncia (cfr. art. 4, co. 3,
lett. b), della L. 130/2022).
Il compenso in esame è legato alla «efficienza» delle Corti di giustizia tributaria, quelle, cioè, che ri-
ducono il numero dei procedimenti pendenti di almeno il 5% rispetto all’anno precedente, alle quali
viene assegnato un ulteriore compenso variabile, le cui risorse derivano dalla riscossione del contri-
buto unificato (cfr. art. 37, D.L. 98/2011 e D.M. 16.9.2014 di attuazione), c.d. compenso CUT (anche il
co. 13 dell’art. 37 del D.L. 98/2011, peraltro, è stato soppresso dall’art. 4, co. 3, lett. b), della L.
130/2022, a decorrere dal 1° gennaio 2023).
Organi della giurisdizione tributaria 375

Si ricorda, infine, che, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, è previsto, in deroga

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


all’art. 37 cit., che «la ripartizione delle somme del contributo unificato tributario avviene per ciascuna

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Commissione tributaria sulla base del numero dei giudici e del personale in servizio nell’anno 2020» (cfr.
art. 135, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77).
I compensi:
› sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza, comunque denominati (co. 3-bis);
› «non possono superare in ogni caso l’importo di euro 72.000 lordi annui» (cfr. il neo introdotto co. 3-
ter).
Modalità di tassazione Gli emolumenti corrisposti ai componenti delle Corti di giustizia tributaria di
primo e secondo grado sono assimilati, ai fini delle imposte dirette, ai redditi di lavoro dipendente
(cfr. R.M. 22.6.2000, n. 90) e determinati con le stesse modalità, comprese le disposizioni di cui al-
l’art. 17, D.P.R. 917/1986, sulla tassazione separata degli emolumenti arretrati.
I compensi aggiuntivi e gli emolumenti variabili, richiedendo un determinato periodo di tempo per
espletare la procedura di liquidazione, vengono normalmente corrisposti nell’anno successivo a
quello di maturazione, per cui si era posto il problema se dovessero essere assoggettati a tassazione
ordinaria o separata. Problema che, nel caso dei compensi aggiuntivi (corrisposti con cadenza all’in-
circa trimestrale), la Corte di Cassazione ha risolto affermando il seguente principio di diritto: «in
materia di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, corrisposti nell’anno successivo a quello di riferi-
mento, non sono ricompresi tra i redditi arretrati assoggettabili a tassazione separata, ai sensi dell’art. 17,
D.P.R. 21.12.1986, n. 917, gli emolumenti per i quali il ritardo nella loro corresponsione, nell’anno successivo
a quello di riferimento, sia fisiologico alla natura del rapporto dal quale derivano, e cioè sia la necessaria
conseguenza dell’espletamento di particolari procedure per la loro quantificazione ed effettiva liquidazio-
ne» (cfr. Cass. Sentenze 13.2.2020, nn. 3581 e 3584; si veda anche Risp. Ag. Entrate 25.1.2022, n. 49);
precisando, peraltro, che la individuazione dei tempi tecnici mediamente occorrenti, cioè fisiologici,
può essere identificata in 120 giorni (dal 15 gennaio) «quale idoneo spatium deliberandi da concedere
all’Amministrazione per l’approntamento dei controlli e dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei
compensi variabili» dei componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado (cfr.
Cass. Ord. 10.12.2020, n. 28116; conf. Cass. Ord. 8.2.2022, n. 3925; in senso contrario cfr. Risp. A.E.
22.9.2022, n. 468).
E così, gli emolumenti corrisposti, ad es., il 30 maggio dell’anno successivo a quello di matura-
zione, quindi oltre il limite fisiologico di 120 giorni (in assenza di specifiche cause giustificative
del ritardo), sono qualificabili come redditi arretrati soggetti a tassazione separata; quelli corri-
sposti, ad es., il 16 marzo dell’anno successivo a quello di maturazione, cioè entro 120 giorni,
sono assoggettati a tassazione ordinaria poichè rispettano il «limite fisiologico» del ritardo.
L’Agenzia delle Entrate, in un primo momento, aveva ritenuto che i compensi variabili fossero
assoggettati a tassazione ordinaria, quando sono «erogati in periodi di imposta successivi a quello
di maturazione, con periodicità costante, tale da considerarsi fisiologica»; e a tassazione separata,
«qualora nel medesimo periodo d’imposta siano erogati, eccezionalmente, emolumenti arretrati rela-
tivi a più anni» (cfr. Risposta Ag. Entrate 13.11.2019, n. 483). Il Consiglio di Presidenza della Giu-
stizia Tributaria, invece, aveva ritenuto «ingiustificata, rectius contra legem, l’applicazione della
tassazione ordinaria alle somme da corrispondere ai giudici tributari con riferimento al contributo
unificato erogato in ritardo», cioè alle somme - derivanti appunto dalla riscossione del contribu-
to unificato - destinate all’incremento dei compensi variabili dei giudici tributari (cfr. C.P.G.T.
Ris. 19.11.2019, n. 6. Nello stesso senso, si veda C.T.P. Milano, Sent. 16.10.2019, n. 4276).
Se non ché, in merito alle modalità di tassazione dei compensi aggiuntivi, l’Agenzia delle Entra-
te ha ritenuto di rettificare la propria precedente presa di posizione per uniformarsi al principio
di diritto espresso dal Giudice di legittimità, mentre, per quanto attiene ai c.d. «compensi CUT,
in adesione al [richiesto] parere dell Avvocatura Generale dello Stato», ha ritenuto che:
› «nel caso in cui il compenso CUT, riferito ad un anno X, sia corrisposto nel corso dell’anno X+1, si
applicherà il regime di tassazione ordinaria;
› qualora, invece, il medesimo compenso sia corrisposto oltre l’anno successivo a quello di riferimento
(a partire quindi dall’anno X+2), si applicherà il regime di tassazione separata».
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate considera fisiologico il ritardo nella erogazione di questi
compensi «se la corresponsione avviene nell’intero anno successivo a quello di riferimento o matu-
razione» (cfr. Versione 14.12.2020 della Risposta Ag. Entrate 483/2019 cit.).
376
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Liquidazione (co. 3) La liquidazione del compenso è operata dalla Direzione Regionale dell’Agen-
zia delle Entrate ed il pagamento dal «responsabile della Segreteria della Commissione».

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In proposito, la C.T.P. di Novara, con Ordinanza 4.4.2018, n. 105/1/18, aveva dichiarato rilevante
e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1,
2 e 3, «in riferimento agli artt. 101 e 111 Cost. e, per il tramite dell’art. 117 Cost., art. 6 Convenzione eu-
ropea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» osservando:
› da un lato che, «il compenso [del giudice tributario] è determinato dal vertice dell’amministrazio-
ne controllata, la liquidazione è disposta dall’organo cui sono imputabili la più gran parte degli atti
impugnati e il pagamento effettuato materialmente dall’organo ausiliario del giudice istituzional-
mente dipendente dall’amministrazione controllata»;
› dall’altro che, «la corresponsione ai giudici tributari di compensi non adeguati mette a serio ri-
schio l’immagine di relativa indipendenza e soprattutto imparzialità verso l’esterno».
La Corte Costituzionale, però, l’ha dichiarata inammissibile rilevando, tra l’altro, che «il giudice
a quo ha richiesto a questa Corte un intervento creativo caratterizzato da un grado di manipolatività
tanto elevato (…) da eccedere così i poteri di intervento della Corte, implicando scelte affidate alla di-
screzionalità del Legislatore» (cfr. Corte Cost. Ord. 20.3.2019, n. 60; nello stesso senso, si veda an-
che, Corte Cost. Ord. 20.10.2016, n. 227).
Quanto, infine, alle eventuali controversie «concernenti il trattamento economico per l'esercizio
delle funzioni di giudice tributario», esse «sono devolute alla competenza del giudice ordinario» cui è
attribuito il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo a tutela di posizioni
giuridiche individuali (cfr. Cass., SS.UU., Sent. 13.5.2017, n. 13722).

Art. 13-bis - TRATTAMENTO ECONOMICO DEI MAGISTRATI TRIBUTARI [CFF ¶ 4613a]

1. Ai magistrati tributari reclutati per concorso, secondo le modalità di cui all'articolo 4, si applicano
le disposizioni in materia di trattamento economico previsto per i magistrati ordinari, in quanto
compatibili.
2. Gli stipendi del personale indicato nel comma 1 sono determinati, esclusivamente in base all'an-
zianità di servizio, nella misura prevista nella tabella F-bis allegata al presente decreto, con de-
correnza dal 1° gennaio 2021 ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 ago-
sto 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 24 settembre 2021, salva l'attribuzione
dell'indennità integrativa speciale. 1 2

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. p), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno
che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in
ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione dalla Corte di giusti-
zia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità dell’articolo in esame, per violazione del
principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) per effetto del combinato disposto degli art. 13 e 13-bis
del D.Lgs. 545/1992.
Secondo la Corte veneta, le modifiche introdotte hanno creato «l’anomala condizione di una giurisdizione speciale articolata
in un ordine unico (…) tuttavia distinto in due sottocategorie, la prima delle quali è composta da magistrati "a tutto tondo",
assunti per concorso o per diretto transito dagli altri ordini giudiziari (…) e a cui (…) si applica la disciplina di status tipica dei
magistrati ordinari, e la seconda delle quali resta composta (come già in precedenza) da personale onorario, cui altro non può
applicarsi che la disciplina generica relativa ai "munera" che non danno luogo a rapporto di lavoro dipendente (…)».
Ne deriva che «mentre i "Magistrati Tributari" risulteranno essere per lo meno tutelati sotto il profilo della eterodeterminazio-
ne con fonte normativa primaria del trattamento economico che ad essi spetta (art. 13-bis del D.Lgs. 545/1992 come ex no-
vo introdotto dalla L. 130/2022), permane nei confronti dei Giudici Tributari attualmente in servizio (…) la, per molti versi
inaccettabile, modalità di determinazione del "composito" trattamento economico spettante a questi ultimi (…) a mezzo di
fonte normativa di origine propriamente amministrativa (decreto ministeriale) …».
In conclusione, resta «totalmente differenziato lo status che la legge attualmente vigente riconosce alle due categorie di
Organi della giurisdizione tributaria 377

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


componenti dell’ordine giudiziario tributario, ciò che poi si riflette in una ingiustificata discrepanza dei trattamenti economici
riconosciuti a ciascuna di esse, sia pure a fronte di identiche funzioni esercitate (…)» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n.

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408/1/22).

TRATTAMENTO ECONOMICO DEI MAGISTRATI TRIBUTARI (Art. 13-bis)

Trattamento economico dei magistrati tributari Il nuovo art. 13-bis – introdotto dall’art. 1, co. 1,
lett. p), della L. 31.8.2022, n. 130 (in G.U. 1.9.2022, n. 204) – riguarda i magistrati tributari reclu-
tati in base al concorso di cui all’art. 4 del presente Decreto (non quelli presenti nel ruolo unico
ex art. 4, co. 39-bis della L. 183/2011, al 1° gennaio 2022, per i quali valgono i compensi stabiliti
dal precedente art. 13), il cui trattamento economico viene equiparato a quello dei magistrati or-
dinari. La norma stabilisce, infatti, che:
› le disposizioni in materia di trattamento economico previsto per i magistrati ordinari si appli-
cano, in quanto compatibili, ai magistrati tributari reclutati per concorso (co. 1);
› gli stipendi sono determinati, esclusivamente in base all’anzianità di servizio, nella misura
prevista dalla (neo introdotta: cfr. art. 1, co. 1, lett. t), della L. 130/2022), Tabella F-bis allegata
al Decreto, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, fatta salva l’attribuzione dell’indennità inte-
grativa speciale (co. 2).
Si riporta di seguito la citata Tabella.

Magistratura tributaria – Qualifica Stipendio annuo lordo


Magistrato tributario dopo ventotto anni dalla nomina 81.416,65
Magistrato tributario dopo venti anni dalla nomina 69.466,05
Magistrato tributario dopo tredici anni dalla nomina 61.880,87
Magistrato tributario dopo quattro anni dalla nomina 54.295,69
Magistrato tributario fino al quarto anno dalla nomina 39.122,06

Importi degli stipendi rivalutati con decorrenza 1° gennaio 2021, ai sensi dell’articolo 1 del decre-
to del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2021.
La disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (no-
vellate o meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestio-
nale e di supporto amministrativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è sta-
ta ritenuta in contrasto con la Costituzione dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di
Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità dell’articolo in esame, per violazione del
principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) per effetto del combinato
disposto degli art. 13 e 13-bis del D.Lgs. 545/1992.
Secondo la Corte veneta, le modifiche introdotte hanno creato «l’anomala condizione di una giu-
risdizione speciale articolata in un ordine unico (…) tuttavia distinto in due sottocategorie, la prima
delle quali è composta da magistrati “a tutto tondo”, assunti per concorso o per diretto transito dagli
altri ordini giudiziari (…) e a cui (…) si applica la disciplina di status tipica dei magistrati ordinari, e
la seconda delle quali resta composta (come già in precedenza) da personale onorario, cui altro non
può applicarsi che la disciplina generica relativa ai “munera” che non danno luogo a rapporto di lavo-
ro dipendente (…)».
Ne deriva che «mentre i “Magistrati Tributari” risulteranno essere per lo meno tutelati sotto il profi-
lo della eterodeterminazione con fonte normativa primaria del trattamento economico che ad essi
spetta (art. 13-bis del D.Lgs. 545/1992 come ex novo introdotto dalla L. 130/2022), permane nei con-
fronti dei Giudici Tributari attualmente in servizio (…) la, per molti versi inaccettabile, modalità di
determinazione del “composito” trattamento economico spettante a questi ultimi (…) a mezzo di fonte
normativa di origine propriamente amministrativa (decreto ministeriale) …».
378
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 14 - RESPONSABILITÀ [CFF ¶ 4614]

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1. Ai componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado si applicano le disposi-
zioni della legge 13 aprile 1988, n. 117, concernente il risarcimento dei danni cagionati nell'eserci-
zio delle funzioni giurisdizionali. 3 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

RESPONSABILITÀ (Art. 14)

Responsabilità civile dei giudici Ai componenti delle Corti di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado si applicano le disposizioni della L. 13.4.1988, n. 117, avente per oggetto il risarci-
mento dei danni causati dai giudici alle parti nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali.

Art. 15 - VIGILANZA E SANZIONI DISCIPLINARI [CFF ¶ 4615]

1. Il presidente di ciascuna corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado esercita la vigilan-
za sugli altri componenti e sulla qualità e l’efficienza dei servizi di segreteria della propria com-
missione, al fine di segnalarne le risultanze al Dipartimento delle finanze del Ministero dell’eco-
nomia e delle finanze per i provvedimenti di competenza. Il presidente di ciascuna corte di giusti-
zia tributaria di secondo grado esercita la vigilanza sulla attività giurisdizionale delle corti di giu-
stizia tributaria di primo grado aventi sede nella circoscrizione della stessa e sui loro
componenti. 1
2. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, per comportamenti non
conformi a doveri o alla dignità del proprio ufficio, sono soggetti alle sanzioni individuate nei
commi da 3 a 7. 1
3. Si applica la sanzione dell’ammonimento per lievi trasgressioni.
4. Si applica la sanzione non inferiore alla censura, per:
a) i comportamenti che, violando i doveri di cui al comma 2, arrecano ingiusto danno o indebito
vantaggio a una delle parti;
b) la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
c) i comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedi-
mento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori,
o di chiunque abbia rapporti con il giudice nell’ambito della corte di giustizia tributaria di primo e
secondo grado, ovvero nei confronti di altri giudici o di collaboratori; 5
e) l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro giudice;
f) l’omessa comunicazione al Presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do da parte del giudice destinatario delle avvenute interferenze; 5
g) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
h) la scarsa laboriosità, se abituale;
i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
l) l’uso della qualità di giudice tributario al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
Organi della giurisdizione tributaria 379

m) la reiterata e grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio adot-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


tate dagli organi competenti.

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5. Si applica la sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni per un periodo da un mese a
due anni, per:
a) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni;
b) i comportamenti che, violando i doveri di cui al comma 2, arrecano grave e ingiusto danno o in-
debito vantaggio a una delle parti;
c) l’uso della qualità di giudice tributario al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
d) il frequentare persona che consti essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o
per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a
tre anni o essere sottoposta ad una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilita-
zione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone.
6. Si applica la sanzione dell’incapacità a esercitare un incarico direttivo per l’interferenza, nell’atti-
vità di altro giudice tributario, da parte del presidente della commissione o della sezione, se ripe-
tuta o grave.
7. Si applica la rimozione dall’incarico nei casi di recidiva in trasgressioni di cui ai commi 5 e 6. 1 2 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente articolo prima modificato dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal
06.07.2011, è stato poi così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
3 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
5 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 16 - PROCEDIMENTO DISCIPLINARE [CFF ¶ 4616]

1. Il procedimento disciplinare è promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal presidente
della corte di giustizia tributaria di secondo grado nella cui circoscrizione presta servizio l'incol-
pato. 3
2. Il consiglio di presidenza, nel termine di dieci giorni dalla richiesta di apertura del procedimento
disciplinare, affida ad un suo componente l'incarico di procedere agli accertamenti preliminari da
svolgersi entro trenta giorni.
3. Il consiglio di presidenza, sulla base delle risultanze emerse provvede a contestare i fatti all'incol-
pato con invito a presentare entro trenta giorni le sue giustificazioni, a seguito delle quali, se non
ritiene di archiviare gli atti, incarica un proprio componente di procedere alla istruttoria, che deve
essere conclusa entro novanta giorni col deposito degli atti relativi presso la segreteria. Di tali
deliberazioni deve essere data immediata comunicazione all'incolpato.
4. Il presidente del consiglio di presidenza, trascorso comunque il termine di cui al comma 3, fissa
la data della discussione davanti allo stesso con decreto da notificare almeno quaranta giorni
prima all'incolpato, il quale può prendere visione ed estrarre copia degli atti e depositare le sue
difese non oltre dieci giorni prima della discussione.
5. Nella seduta fissata per la discussione, il componente del consiglio di presidenza di cui al comma
3 svolge la relazione. L'incolpato ha per ultimo la parola e può farsi assistere da altro componen-
te di corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. 3
6. La sanzione disciplinare deliberata dal consiglio di presidenza è applicata con decreto del Mini-
stro delle finanze.
380
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

7. Per quanto non contemplato dalla presente legge si applicano le disposizioni sul procedimento
disciplinare vigenti per i magistrati ordinari in quanto compatibili. 1 2

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Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 La rubrica del Capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022,
n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
Organi della giurisdizione tributaria 381

Capo III

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Il Consiglio di Presidenza

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della Giustizia Tributaria

Art. 17 - COMPOSIZIONE [CFF ¶ 4617]

1. Il consiglio di presidenza della giustizia tributaria è costituito con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro delle finanze, ed ha sede in Roma presso il Ministero delle
finanze.
2. Il consiglio di presidenza è composto da undici componenti eletti dai giudici tributari e da quat-
tro componenti eletti dal Parlamento, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Re-
pubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori di università in mate-
rie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. 4
2-bis. Il Consiglio di Presidenza elegge nel suo seno un presidente tra i componenti eletti dal Parla-
mento; 2
2-ter. I componenti del consiglio di presidenza della giustizia tributaria eletti dal Parlamento, finche'
sono in carica, non possono esercitare attività professionale in ambito tributario, né alcuna altra
attività suscettibile di interferire con le funzioni degli organi di giustizia tributaria. 5
3. I componenti del consiglio di presidenza sono eletti da tutti i componenti delle corti di giustizia tri-
butaria di primo e secondo grado con voto personale, diretto e segreto, e non sono rieleggibili. 6
[4. È eletto, per ogni componente effettivo, un componente supplente che lo sostituisce in caso di
assenza o impedimento.] 3 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma prima aggiunto dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decorren-
za dal 10.12.2000 è stato da ultimo così sostituito dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decor-
renza dal 06.07.2011. Si riporta di seguito il testo previgente: "2 bis. Il consiglio di presidenza elegge nel suo seno il pre-
sidente e due vicepresidenti. "
3 Il presente comma è stato abrogato dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decor-
renza dal 10.12.2000.
4 Il presente comma, prima sostituito dell'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decorren-
za dal 10.12.2000 è stato poi così modificato prima dall'art. 16 quater del D.L.28.12.2001, n. 452, con decorrenza dal
28.02.2002, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
5 Il presente comma è stato aggiunto all'art. 16 quater del D.L.28.12.2001, n. 452, con decorrenza dal 28.02.2002.
6 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 6 D.L. 31.05.2010, n. 78 così come modificato dall'allegato alla
legge di conversione, L. 30.07.2010, n. 122 (G.U. 30.07.2010, n. 176, S.O. n. 174) con decorrenza dal 31.07.2010, e
poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

Art. 18 - DURATA [CFF ¶ 4618]

1. Il consiglio di presidenza dura in carica per quattro anni.


2. I componenti del consiglio di presidenza, che nel corso del quadriennio cessano per qualsiasi
causa di farne parte o, se eletti in qualità di giudice, conseguono la nomina a presidente, sono
sostituiti per il restante periodo dal primo dei non eletti di corrispondente qualifica. 1

Nota
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
382
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 19 - IL PRESIDENTE [CFF ¶ 4619]

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[1. Il presidente del consiglio di presidenza è eletto dai suoi componenti fra i presidenti di commis-
sione o di sezione che ne fanno parte.
2. Il presidente, in caso di assenza o impedimento, è sostituito dal componente del consiglio di pre-
sidenza con qualifica di presidente di commissione o di sezione che ha riportato più voti nella
nomina a componente del consiglio di presidenza, o, a parità di voti, dal più anziano di età.] 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente articolo è stato abrogato dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decor-
renza dal 10.12.2000.

Art. 20 - INELEGGIBILITÀ [CFF ¶ 4620]

1. Non possono essere eletti al consiglio di presidenza, e sono altresì esclusi dal voto, i componenti
delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sottoposti, a seguito di giudizio disci-
plinare, ad una sanzione più grave dell'ammonimento. 2
2. Il componente di corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado sottoposto alla sanzione
della censura è eleggibile dopo tre anni dalla data del relativo provvedimento, se non gli è stata
applicata altra sanzione disciplinare. 2 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 21 - ELEZIONE DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA [CFF ¶ 4621]

1. Le elezioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria hanno luogo entro quattro mesi
dallo scadere del precedente Consiglio. Esse sono indette con provvedimento del Presidente del
Consiglio di presidenza, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno
quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni. Esse si svolgono in un giorno fe-
stivo dalle ore 9 alle ore 21. 3 4 5
2. Il Presidente del Consiglio di presidenza nomina, con propria delibera, l’ufficio centrale elettorale,
che si insedia presso lo stesso Consiglio di presidenza, ed è costituito da un presidente di corte
di giustizia tributaria di primo e secondo grado, che lo presiede, e da due giudici tributari. Con la
stessa delibera sono nominati, altresì, i tre giudici supplenti, che sostituiscono i componenti ef-
fettivi in caso di loro assenza o impedimento. 2
2-bis. Le candidature devono essere presentate all’ufficio centrale elettorale, a mezzo plico racco-
mandato, almeno venticinque giorni prima delle elezioni mediante compilazione della apposita
scheda di presentazione. Ciascun candidato è presentato da non meno di venti e da non oltre
trenta giudici tributari. Le firme di presentazione possono essere apposte e depositate anche su
più schede di presentazione, se i candidati raccolgono firme di presentazione in Commissioni di-
verse da quella di appartenenza. 6
2-ter. Nessuno può presentare più di un candidato né essere, contemporaneamente, candidato e
presentatore di se stesso. L’inosservanza delle disposizioni del presente comma determina la
nullità di ogni firma di presentazione proposta dal medesimo soggetto. 7
2-quater. Nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, l’ufficio elettorale cen-
Organi della giurisdizione tributaria 383

trale accerta che nei confronti del candidato non sussistono le cause di ineleggibilità di cui all’arti-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


colo 20. Lo stesso Ufficio verifica, altresì, il rispetto delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, esclude,

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con provvedimento motivato, le candidature non presentate dal prescritto numero di presentatori
ovvero quelle dei candidati ineleggibili, e trasmette immediatamente le candidature ammesse al
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. L’elenco dei candidati è pubblicato sul sito istitu-
zionale del Consiglio ed inviato dallo stesso per posta elettronica a tutti i componenti delle corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado. Detto elenco è altresì affisso, a cura dei Presidenti di
commissione, presso ciascuna corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. 8
2-quinquies. Le operazioni elettorali si svolgono presso le sedi delle corti di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado e presso ciascuna di queste sedi è istituito l’ufficio elettorale locale, che as-
sicura l’espletamento delle operazioni di voto, composto dal presidente della commissione o da
un suo delegato, che lo presiede, e da due giudici tributari, nominati dal presidente delle rispetti-
ve commissioni almeno venti giorni prima della data fissata per le elezioni. Sono nominati altresì
tre supplenti, i quali sostituiscono i componenti effettivi in caso di loro assenza o impedimento.
Non possono far parte degli Uffici elettorali giudici tributari che abbiano riportato sanzioni disci-
plinari più gravi dell’ammonimento. 8
2-sexies. Gli uffici elettorali locali presiedono alle operazioni di voto che si svolgono presso di esse e
provvedono allo scrutinio di tutte le schede elettorali, previa apertura delle urne e conteggio del-
le schede, determinando il totale dei voti validi e il totale delle preferenze per ciascun candidato.
Le operazioni di scrutinio hanno inizio il giorno successivo a quello di voto e di esse, come pure
delle contestazioni decise ai sensi dell’articolo 22, comma 4, si dà atto nel processo verbale. 7
2-septies. Con regolamento del Consiglio di Presidenza sono stabilite le disposizioni di attuazione
del presente articolo. 7 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma prima sostituito dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decorren-
za dal 10.12.2000, poi dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato da ultimo così modifi-
cato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 Secondo quanto disposto dall' art. 84 comma 3, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), in vigore dal
10.12.2000, i termini di cui al presente comma decorrono dal centoventesimo giorno successivo alla scadenza del peri-
odo di cui al comma 2 del medesimo aricolo 84 (dieci mesi dalla data del 10.12.2000).
4 Tali termini, in base al disposto della L. 23.12.2000, n. 386 decorrono a partire dal centoventesimo giorno successivo al
29.10.2001.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
6 Il presente comma inserito dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decorrenza dal
10.12.2000, è stato così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
7 Il presente comma è stato inserito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
8 Il presente comma inserito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016, è stato poi così modifi-
cato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

Elezione del Consiglio di Presidenza (Art. 21)

Elezione del Consiglio di Presidenza A seguito della modifica dell’art. 8, co. 5, della L. 130/2022
(cfr. art. 40, co. 1, lett. b), del D.L. 24.2.2023, n. 13, in G.U. 24.2.2023, n. 47, in vigore dal
25.2.2023), le elezioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono indette entro
trenta giorni dalla pubblicazione della graduatoria – relativa al transito dei magistrati ordinari,
amministrativi, contabili o militari, che abbiano partecipato alla procedura di interpello per il
definitivo transito alla giurisdizione tributaria (si veda l’art. 4 del presente Decreto) – e, in ogni
caso, hanno luogo non oltre il 31 maggio 2023.
384
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 22 - VOTAZIONI [CFF ¶ 4622]

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1. Ciascun elettore può esprimere il voto per non più di sei candidati. Le schede devono essere pre-
ventivamente controfirmate dai componenti dell’ufficio elettorale ed essere riconsegnate chiuse
dall’elettore.
2. Il voto, personale, diretto e segreto, viene espresso presso la sede della commissione presso la
quale è espletata la funzione giurisdizionale.
3. Gli uffici elettorali locali presiedono alle operazioni di voto che si svolgono presso di esse e prov-
vedono allo scrutinio di tutte le schede elettorali, previa apertura delle urne e conteggio delle
schede, determinando il totale dei voti validi e il totale delle preferenze per ciascun candidato. Le
operazioni di scrutinio hanno inizio il giorno successivo a quello di voto e di esse, come pure del-
le contestazioni decise ai sensi del comma 4, si deve dare atto nel processo verbale delle opera-
zioni.
4. L’ufficio elettorale regionale decide a maggioranza sulle contestazioni sorte durante le operazioni
di voto nonché su quelle relative alla validità delle schede, dandone atto nel processo verbale
delle operazioni.
5. Al termine delle operazioni elettorali il verbale di scrutinio è trasmesso all’ufficio elettorale cen-
trale che provvede alla proclamazione degli eletti. 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente articolo prima modificato dall'art. 85, L. 21.11.2000, n. 342 (G.U. 25.11.2000, n. 276, S.O. n. 194), con decor-
renza dal 10.12.2000, e dall'art. 16 quater del D.L.28.12.2001, n. 452, con decorrenza dal 28.02.2002, è stato da ultimo
così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.

Art. 23 - PROCLAMAZIONE DEGLI ELETTI - RECLAMI [CFF ¶ 4623]

1. L'ufficio elettorale centrale proclama eletti coloro che, nell'ambito di ciascuna categoria di eleggi-
bili, hanno riportato il maggior numero di voti. A parità di voti è eletto il più anziano di età. I no-
minativi degli eletti sono comunicati al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria e al Dipar-
timento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze. 2
2. I reclami relativi alla eleggibilità e alle operazioni elettorali sono indirizzati al consiglio di presi-
denza e debbono pervenire alla segreteria dello stesso entro il quindicesimo giorno successivo
alla proclamazione dei risultati. Essi non hanno effetto sospensivo.
3. Il consiglio di presidenza decide sui reclami nella sua prima adunanza.
3-bis. Nei quindici giorni successivi all’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica, di cui
all’articolo 17, comma 1, il Presidente in carica del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria
convoca per l’insediamento il Consiglio nella sua nuova composizione. 3
3-ter. Il Consiglio di Presidenza scade al termine del quadriennio e continua ad esercitare le proprie
funzioni fino all’insediamento del nuovo Consiglio. 3 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016. Si riporta di
seguito il testo ancora vigente fino al 31.12.2015: «1. L'ufficio elettorale centrale proclama eletti coloro che, nell'ambito di cia-
scuna categoria di eleggibili, hanno riportato il maggior numero di voti. A parità di voti è eletto il più anziano di età.».
3 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
Organi della giurisdizione tributaria 385

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Art. 24 - ATTRIBUZIONI [CFF ¶ 4624]

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1. Il consiglio di presidenza:
a) verifica i titoli di ammissione dei propri componenti e decide sui reclami attinenti alle elezioni;
b) disciplina con regolamento interno il proprio funzionamento;
c) delibera sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle corti di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado; 6
d) formula al Ministro delle finanze proposte per l'adeguamento e l'ammodernamento delle struttu-
re e dei servizi, sentiti i presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado; 6
e) predispone elementi per la redazione della relazione del Ministro delle finanze di cui all'art. 29,
comma 2, anche in ordine alla produttività comparata delle commissioni;
f) stabilisce i criteri di massima per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti;
g) stabilisce i criteri di massima per la ripartizione dei ricorsi nell'ambito delle corti di giustizia tribu-
taria di primo e secondo grado divise in sezioni; 6
h) assicura l’aggiornamento professionale dei giudici tributari attraverso l’organizzazione di corsi di
formazione permanente, in sede centrale e decentrata nell’ambito degli stanziamenti annuali del-
l’apposita voce di bilancio in favore dello stesso Consiglio e sulla base di un programma di for-
mazione annuale, comunicato al Ministero dell’economia e delle finanze entro il mese di ottobre
dell’anno precedente lo svolgimento dei corsi; 5
i) esprime parere sugli schemi di regolamento e di convenzioni previsti dal presente decreto o che co-
munque riguardano il funzionamento delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado; 6
l) esprime parere sulla ripartizione fra le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado dei
fondi stanziati nel bilancio del Ministero delle finanze per le spese di loro funzionamento; 6
m) esprime parere sul decreto di cui all'articolo 13, comma 1; 3
m bis) dispone, in caso di necessità l'applicazione di componenti presso altra corte di giustizia tribu-
taria di primo e secondo grado o sezione staccata, rientrante nello stesso ambito regionale, per
la durata massima di un anno. 2
n) delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.
2. Il consiglio di presidenza vigila sul funzionamento dell'attività giurisdizionale delle corti di giustizia tri-
butaria di primo e secondo grado e può disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante. 4
2-bis. Al fine di garantire l'esercizio efficiente delle attribuzioni di cui al comma 2, presso il Consiglio
di presidenza è istituito, con carattere di autonomia e indipendenza, l'Ufficio ispettivo, a cui sono
assegnati sei magistrati o giudici tributari, tra i quali è nominato un direttore. L'Ufficio ispettivo
può svolgere, col supporto della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze,
attività presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, finalizzate alle verifiche di
rispettiva competenza. 7
2-ter. I componenti dell'Ufficio ispettivo sono esonerati dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali
presso le corti di giustizia tributaria. Ai giudici tributari componenti dell'Ufficio è corrisposto un
trattamento economico, sostitutivo di quello previsto dall'articolo 13, pari alla metà dell'ammon-
tare più elevato corrisposto nello stesso periodo ai giudici tributari per l'incarico di presidente di
corte di giustizia tributaria. 1 7 8

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La presente lettera aggiunta all'art. 16 quater, D.L.28.12.2001, n. 452, con decorrenza dal 28.02.2002, è stata poi così
modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La presente lettera è stata così sostituita dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal
06.07.2011.
4 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 39, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decor-
renza dal 06.07.2011, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a) e lett. q), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022 ed
applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2023.
5 La presente lettera è stata così sostituita dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal 01.01.2016.
6 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
386
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

7 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. q), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022 ed
applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2023.

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8 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o
meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto ammini-
strativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione dalla
Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la relativa questione di legittimità.
Con specifico riferimento al presente articolo, i dubbi di contrarietà alla Costituzione hanno riguardato il comma 1, let-
tere d) ed e), nella parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito all’adeguamento e all’ammo-
dernamento delle strutture e dei servizi, sentiti i presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado,
sulla scorta delle proposte formulate dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria oltre che alla redazione della
relazione del Ministro delle finanze di cui all’art. 29, co. 2, anche in ordine alla produttività comparata delle commissioni,
sulla scorta degli elementi predisposti dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria» (C.G.T. I Venezia, Ord.
31.10.2022, n. 408/1/22)2E

Art. 24-bis - UFFICIO DEL MASSIMARIO NAZIONALE [CFF ¶ 4624a]

1. È istituito presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria l'Ufficio del massimario na-
zionale, al quale sono assegnati un direttore, che ne è il responsabile, e quindici magistrati o giu-
dici tributari.
2. Il direttore, i magistrati e i giudici tributari assegnati all'Ufficio sono nominati con delibera del
Consiglio di presidenza tra i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do. La nomina del direttore e dei componenti dell'ufficio è effettuata tra i candidati che hanno
maturato non meno di sette anni di effettivo esercizio nelle funzioni giurisdizionali. L'incarico del
direttore e dei componenti dell'Ufficio ha durata quinquennale e non è rinnovabile.
3. L'Ufficio del massimario nazionale provvede a rilevare, classificare e ordinare in massime le deci-
sioni delle corti di giustizia tributaria di secondo grado e le più significative tra quelle emesse
dalle corti di giustizia tributaria di primo grado.
4. Le massime delle decisioni di cui al comma 3 alimentano la banca dati della giurisprudenza tribu-
taria di merito, gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze.
5. Mediante convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Consiglio di presidenza del-
la giustizia tributaria e la Corte di cassazione sono stabilite le modalità per la consultazione della
banca dati della giurisprudenza tributaria di merito da parte della Corte.
6. L'Ufficio del massimario nazionale si avvale delle risorse previste nel contingente di cui all'artico-
lo 32 e dei servizi informatici del sistema informativo della fiscalità del Ministero dell'economia e
delle finanze.
7. I componenti dell'Ufficio del massimario nazionale possono essere esonerati dall'esercizio delle
funzioni giurisdizionali presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado. In caso di
esonero, ai giudici tributari componenti dell'Ufficio è corrisposto un trattamento economico, so-
stitutivo di quello previsto dall'articolo 13, pari alla metà dell'ammontare più elevato corrisposto
nello stesso periodo ai giudici tributari per l'incarico di presidente di corte di giustizia tributaria. 1

Nota
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1, comma 1, lett. r), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022 ed
applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2023.

UFFICIO DEL MASSIMARIO NAZIONALE (Art. 24-bis)

Massimario nazionale La nuova disposizione - che si applica a decorrere dal 1° gennaio 2023 –
istituisce, presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l’Ufficio del massimario na-
zionale con la funzione di «rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni delle corti di giu-
stizia di secondo grado e le più significative tra quelle emesse dalle corti di giustizia di primo grado»,
per alimentare la banca dati della giurisprudenza tributaria di merito. Mediante una convenzio-
Organi della giurisdizione tributaria 387

ne verranno stabilite le modalità di consultazione della banca dati da parte della Corte di cassa-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


zione (cfr. art. 1, co. 1, lett. r) della L. 31.8.2022, n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204).

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L’Ufficio sostituisce di fatto, accentrandone le funzioni, gli attuali Uffici del Massimario presenti
presso tutte le Commissioni tributarie regionali ex art. 40 del D.Lgs. 545/1992 (disposizione,
quest’ultima, abrogata dall’art. 1, co. 1, lett. s), della L. 130/2022 a decorrere dal 1° gennaio 2023).
All’Ufficio sono assegnati un direttore, che ne è responsabile, e quindici magistrati o giudici tri-
butari, nominati con delibera del Consiglio di presidenza. La durata dell’incarico, non rinnova-
bile, è di cinque anni.

Art. 25 - CONVOCAZIONE [CFF ¶ 4625]

1. Il consiglio di presidenza è convocato dal presidente o, in sua assenza, dal componente che lo so-
stituisce, di iniziativa propria o su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza)

Art. 26 - DELIBERAZIONI [CFF ¶ 4626]

1. Il consiglio di presidenza delibera con la presenza di almeno quattro componenti.


2. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza e a voto palese; in caso di parità prevale il voto del
presidente.
3. Le deliberazioni sono adottate a scrutinio segreto, se riguardano persone o su richiesta di alme-
no due componenti presenti. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Art. 27 - TRATTAMENTO DEI COMPONENTI DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA [CFF ¶ 4627]

1. I componenti del consiglio di presidenza sono esonerati dalle funzioni proprie conservando la ti-
tolarità dell'ufficio ed il relativo trattamento economico ragguagliato, quanto alla parte variabile,
a quella più elevata conferita nello stesso periodo ai presidenti di corte di giustizia tributaria di
primo e secondo grado. 2
2. Ai componenti del consiglio di presidenza spetta, se con residenza fuori Roma, il trattamento di
missione nella misura prevista per la qualifica rivestita e comunque non inferiore a quella previ-
sta per il dirigente generale dello Stato, livello C. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3 comma 121, L. 24.12.2003, n. 350, con decorrenza dal
01.01.2004, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
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D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

Art. 28 - SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA [CFF ¶ 4628]

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1. Il consiglio di presidenza, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle finanze, previa deliberazione del Con-
siglio dei Ministri.
2. Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data di scioglimento ed hanno luogo entro il
bimestre successivo. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Art. 29 - ALTA SORVEGLIANZA [CFF ¶ 4629]

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri esercita l'alta sorveglianza sulle corti di giustizia tributaria
di primo e secondo grado e sui giudici tributari. Il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Mini-
stro delle finanze hanno facolta` di chiedere al consiglio di presidenza e ai presidenti delle com-
missioni informazioni circa il funzionamento della giustizia tributaria ed i servizi relativi e posso-
no fare, al riguardo, le comunicazioni che ritengono opportune al consiglio di presidenza. 3
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze presenta entro il 30 ottobre di ciascun anno una relazio-
ne al Parlamento sullo stato della giustizia tributaria nell’anno precedente anche sulla base degli
elementi predisposti dal Consiglio di presidenza, con particolare riguardo alla durata dei processi
e all’efficacia degli istituti deflattivi del contenzioso. 2 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così sostituito così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 156 con decorrenza dal
01.01.2016.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 29-bis - AUTONOMIA CONTABILE DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA


DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA [CFF ¶ 4629a]

1. Il Consiglio di presidenza provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamen-
to, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto con unico capitolo
nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica. La gestione si svolge in base al bilancio di previsione e a rendiconto consuntivo sog-
getto al controllo della Corte dei conti. Il bilancio e il rendiconto sono pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato aggiunto dall'art. 36 L. 18.02.1999, n. 28
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04.1998, n. 144 Or-
dinanza).
Organi della giurisdizione tributaria 389

Capo IV

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Gli uffici di segreteria

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Art. 30 - UFFICIO DI SEGRETERIA DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA [CFF ¶ 4630]

1. Il consiglio di presidenza è assistito da un ufficio di segreteria, al quale vengono assegnati un


primo dirigente, funzionari ed impiegati delle diverse qualifiche funzionali, appartenenti al contin-
gente di cui all'art. 32, nei limiti fissati con decreto del Ministro delle finanze.
2. L'ufficio di segreteria, per l'espletamento dei compiti affidatigli, può avvalersi dei servizi di cui
all'art. 36 . 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Arti. 31 - UFFICI DI SEGRETERIA DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO


E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4631]

1. È istituito presso ogni corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado un ufficio di segreteria
con funzioni di assistenza e collaborazione nell'esercizio dell'attività giurisdizionale nonché per lo
svolgimento di ogni altra attività amministrativa attribuita alla stessa o ai suoi componenti. 3 2 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.

Art. 32 - PERSONALE ADDETTO AGLI UFFICI DI SEGRETERIA DELLE CORTI


DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4632]

1. Agli uffici di segreteria delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono addetti di-
pendenti del Ministero delle finanze compresi in un apposito contingente del personale indicato
nell'art. 10 della legge 29 ottobre 1991, n. 358. 3
2. Il contingente del personale istituito a norma del comma 1 è costituito con la dotazione indicata,
complessivamente, nella tabella C e, per ogni corte di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do, nella tabella D.
Il Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, con proprio decreto determina ogni an-
no le variazioni da apportare alle dotazioni del contingente in relazione alle variazioni del numero di
sezioni e del flusso dei ricorsi presso ogni corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. 3 1 2 4

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno
390
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in
ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dalla Corte di giusti-

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zia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato le relative questioni di legittimità, perchè l’art. 32 in esame «prevede
espressamente e tassativamente che il personale addetto agli uffici di segreteria delle corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado è composto da dipendenti del Ministero delle finanze». Tale collocazione nell’ambito «dell’Amministrazione cui
risale l’interesse concreto che si agita negli atti sottoposti al controllo giurisdizionale» comporta, infatti, il rischio di «determi-
nare condizionamenti, anche involontari, comunque non corrispondenti alla funzione di garanzia imparziale della giurisdizione
e alla par condicio delle parti nel processo» (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 33 - TRATTAMENTO ECONOMICO DEL PERSONALE DEGLI UFFICI


DI SEGRETERIA [CFF ¶ 4633]

1. Al personale addetto agli uffici di segreteria delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado spetta il trattamento economico previsto per le rispettive qualifiche dalle disposizioni con-
cernenti il personale del Ministero delle finanze. 2
2. Al personale di cui al comma 1 è attribuita dalla data di entrata in funzione delle nuove corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado, se più favorevole, l'indennità prevista dalla legge 22
giugno 1988, n. 221 e con le modalità da essa stabilite in luogo dei compensi previsti dall'art. 4,
commi 4, 5 e 6 del decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con modificazioni dalla
legge 17 febbraio 1985, n. 17, del compenso previsto dall'art. 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 25 giugno 1983, n. 344, nonché di qualsiasi altro compenso o indennità incentivante
la produttività. 2
3. L'attribuzione dell'indennità di cui al comma 2, nei casi stabiliti dall'art. 2 della legge 22 giugno
1988, n. 221, è fatta con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 34 - AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE DELLE SEGRETERIE [CFF ¶ 4634]

1. Il personale di cui all'art. 32 è amministrato secondo le disposizioni della legge 29 ottobre 1991,
n. 358 e del suo regolamento di attuazione. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).

Art. 35 - ATTRIBUZIONI DEL PERSONALE DELLE SEGRETERIE [CFF ¶ 4635]

1. I direttori delle segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e i funzionari
con IX e VIII qualifica funzionale provvedono all'organizzazione tecnica del lavoro degli uffici di
segreteria per adeguarne l'efficienza alle necessità del processo tributario; partecipano a com-
missioni di studio relative al funzionamento del contenzioso tributario istituite in seno all'Ammi-
nistrazione finanziaria; vigilano sul restante personale assegnato alla segreteria. 2
2. Gli impiegati con VII e VI qualifica funzionale assistono i collegi giudicanti nelle udienze e controfir-
mano gli atti nei quali la legge richiede il loro intervento; ricevono gli atti del processo concernenti il
loro ufficio; rilasciano le copie delle decisioni; svolgono compiti di carattere amministrativo e con-
tabile e provvedono agli adempimenti che ad essi vengono affidati; possono, nel caso di assenza o
vacanza, fare le veci dei funzionari della qualifica funzionale immediatamente superiore.
Organi della giurisdizione tributaria 391

3. Gli impiegati con V e IV qualifica funzionale provvedono ai servizi di protocollazione, classificazio-

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


ne, copiatura, fotocopiatura, spedizione e ogni altra mansione inerente alla qualifica di apparte-

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nenza; sostituiscono in caso di assenza o impedimento gli impiegati della qualifica funzionale im-
mediatamente superiore.
4. Il personale ausiliario con III qualifica funzionale espleta servizi di anticamera, attività connesse e
attività di ufficiale giudiziario in udienza.
5. Il personale della segreteria di cui ai commi 2 e 3 nell'espletamento dei propri compiti utilizza le
procedure e le apparecchiature fornite per il funzionamento dei servizi automatizzati di cui all'art.
36 . 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

ATTRIBUZIONI DEL PERSONALE DELLE SEGRETERIE (Art. 35)

Autonomia organizzativa delle Segreterie delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado Gli artt. 31, 32 e 35 del Decreto assegnano ai direttori delle Segreterie delle Corti di giusti-
zia tributaria di primo e secondo grado piena ed esclusiva competenza (con la connessa responsa-
bilità) in materia di organizzazione e funzionamento dei rispettivi uffici di segreteria. Tale compe-
tenza è generale, per cui «non può intendersi circoscritta all’attività di udienza, essendo intuitivo che
l’intero funzionamento delle Segreterie è funzionale al corretto ed efficiente svolgimento dell’attività giu-
risdizionale, ivi comprese le attività svolte dalle parti fuori udienza, come il deposito di documenti e me-
morie, la richiesta e il ritiro di copie di atti processuali» (cfr. Cons. di Stato, Sent. 25.6.2010, n. 4123).
Ne deriva l’illegittimità della Circolare del Dipartimento delle Politiche Fiscali del Ministero del-
l’Economia e delle Finanze del 23.2.2007, con la quale è stata disposta la chiusura delle Segreterie
delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado nella giornata del sabato (con la sola
deroga prevista per le ipotesi in cui l’apertura sia necessaria per lo svolgimento di udienze o di al-
tre attività giurisdizionali), non potendosi espropriare, con atto amministrativo generale, la pote-
stà attribuita per legge ai dirigenti dei singoli uffici giudiziari di valutare, in ragione delle specifi-
che esigenze degli uffici medesimi, la sussistenza di esigenze connesse ai carichi di lavoro tali da
rendere necessario od opportuno di sabato il regolare funzionamento delle Segreterie (anche in
ipotesi diverse dalle deroghe previste nella Circolare citata).
Infine, «in considerazione della introduzione del Processo Tributario Telematico e dei servizi informa-
tizzati dedicati ai componenti delle Corti di Giustizia Tributaria», il C.P.G.T. ha ritenuto «indispensa-
bile assicurare la piena e tempestiva corrispondenza delle banche dati informatiche delle segreterie delle
Corti di Giustizia Tributaria con quanto stabilito nei decreti presidenziali. A tale scopo i Presidenti delle
Corti di Giustizia Tributaria avranno cura di disporre affinché le segreterie provvedano ad aggiornare gli
archivi e banche dati del sistema S.I.Gi.T. a quanto disposto con i decreti adottati dai Presidenti, di Cor-
te di Giustizia Tributariae di Sezioni, e che vadano a variare per un determinato periodo la composizione
delle sezioni e dei collegi (…) con esclusione delle variazioni di carattere meramente temporaneo, quali la
sostituzione di udienze. Le variazioni dovranno essere acquisite al S.I.Gi.T. entro e non oltre il termine
di decorrenza della efficacia delle disposizioni contenute nei decreti medesimi, con riferimento alla da-
ta di quella più immediata tra esse» (cfr. C.P.G.T. Risoluzione 6.12.2022, n. 5).
392 Organi della giurisdizione tributaria

Capo V
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545

I servizi amministrativi del contenzioso

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Art. 36 - Servizi automatizzati [CFF ¶ 4636]

1. È istituito il servizio automatizzato per la gestione delle attività degli uffici di segreteria delle cor-
ti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e del consiglio di presidenza e per le rilevazioni
statistiche sull'andamento dei processi comprese la formazione e la tenuta dei ruoli. 2
2. Al servizio automatizzato di cui al comma 1 è preposto il centro informativo del dipartimento del-
le entrate di cui all'art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287.
3. Le modalità di gestione dei servizi automatizzati sono stabiliti con regolamento. 1 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno
che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in
ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dalla Corte di giusti-
zia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questioni di legittimità del presente articolo, nella parte in cui attri-
buisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito al servizio automatizzato per la gestione delle attività degli uffici di
segreteria della corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e del consiglio di presidenza della giustizia tributaria e
per le rilevazioni statistiche sull’andamento dei processi, comprese la formazione e la tenuta dei ruoli, oltre che la competen-
za ad emanare norme regolamentari per la disciplina delle modalità di gestione di tale servizio» (C.G.T. I Venezia, Ord.
31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 37 - ATTIVITÀ DI INDIRIZZO AGLI UFFICI PERIFERICI [CFF ¶ 4637]

1. La direzione centrale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario presso il Dipartimento delle
entrate del Ministero delle finanze cura la rilevazione e l'esame delle questioni di rilevante interesse o
di ricorrente frequenza nelle controversie pendenti dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado sulla base di segnalazioni periodiche dei presidenti delle stesse. 3
2. La direzione centrale di cui al comma 1, sentita quando occorre l'Avvocatura generale dello Stato, in
particolare quando si tratti di questioni sulle quali non vi sia un univoco orientamento giurispruden-
ziale, formula e propone al Ministro indirizzi per gli uffici periferici ai fini della difesa dell'Amministra-
zione finanziaria, in ordine alle questioni rilevate ed esaminate, secondo criteri di uniforme e corretta
interpretazione della legge.
3. La direzione centrale di cui al comma 1, sulla base di relazioni periodiche delle direzioni regionali o
compartimentali, esamina l'attività di rappresentanza e difesa degli uffici periferici dinanzi alle corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado e, se necessario, impartisce le direttive del caso per la
loro organizzazione. 3
4. Gli uffici periferici, sulla base degli indirizzi e delle direttive di cui ai commi 2 e 3, esercitano l'attività di
rappresentanza e difesa dell'Amministrazione nelle controversie dinanzi alle corti di giustizia tributaria
di primo e secondo grado e coordinano con gli uffici competenti dell'Avvocatura dello Stato le iniziati-
ve dirette a facilitare l'assistenza consultiva e il patrocinio in giudizio da parte della stessa. 3
4-bis. Il dirigente dell'ufficio del Ministero delle finanze di cui all' articolo 11, comma 2, del decreto legisla-
tivo 31 dicembre 1992, n. 546, riguardante la capacità di stare in giudizio, stabilisce le condizioni ne-
cessarie per la formulazione o l'accettazione della proposta di conciliazione di cui all'articolo 48 del ci-
tato decreto legislativo n. 546 del 1992. 2 1 4

Note
1 Il presente comma è stato aggiunto dall' art. 14 D.Lgs. 19.06.1997, n. 218.
Organi della giurisdizione tributaria 393

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).

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3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o
meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto ammini-
strativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dal-
la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità del presente artico-
lo, nella parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alla rilevazione e l’esame delle questioni
di rilevante interesse o di ricorrente frequenza nelle controversie pendenti dinanzi alle corti di giustizia tributaria di pri-
mo e secondo grado e, al contempo, alla formula e proposta al Ministro di indirizzi per gli uffici periferici ai fini della di-
fesa dell’Amministrazione finanziaria, in ordine alle questioni rilevate ed esaminate, secondo criteri di uniforme e cor-
retta interpretazione della legge, oltre che in materia di esame dell’attività di rappresentanza e difesa degli uffici perife-
rici dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, con conseguente facoltà di impartire le direttive
del caso per la loro organizzazione» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 38 - RILEVAZIONE ED ESAME DEI MOTIVI DI ACCOGLIMENTO


DEI RICORSI [CFF ¶ 4639]

1. La direzione centrale di cui all'art. 37, comma 1, rileva, sulla base di relazioni trimestrali delle dire-
zioni regionali e compartimentali ed avvalendosi anche del servizio di cui all'art. 36, i motivi per i
quali più frequentemente i ricorsi avverso atti degli uffici periferici sono accolti dalle corti di giu-
stizia tributaria di primo e secondo grado; essa, in relazione ai motivi di accoglimento rilevati, ela-
bora le direttive per gli uffici periferici e formula le conseguenti proposte al Ministro. 2
2. La direzione centrale di cui all'art. 37, comma 1, in relazione alla rilevazione di cui al comma 1 ed
anche avvalendosi di informazioni ed elementi acquisiti dall'ufficio per l'elaborazione di studi di
politica tributaria e di analisi fiscali, formula le proposte di modifiche legislative ritenute neces-
sarie e le trasmette all'ufficio del coordinamento legislativo. 1 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o
meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto ammini-
strativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione. La
Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, infatti, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legitti-
mità (anche) del presente articolo, nella parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alla rile-
vazione ed esame dei motivi per i quali più frequentemente i ricorsi avverso atti degli uffici periferici sono accolti dalle
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado ai fini della successiva elaborazione delle direttive per gli uffici pe-
riferici e la formulazione delle conseguenti proposte al Ministro oltre che per la formulazione delle proposte di modifi-
che legislative ritenute necessarie» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 39 - RILEVAZIONI STATISTICHE [CFF ¶ 4639]

1. La direzione centrale di cui all'art. 37, comma 1, avvalendosi del servizio di cui all'art. 36, compie
tutte le rilevazioni statistiche relative alle controversie pendenti, ai ricorsi proposti ogni anno, al-
le varie fasi dei processi in corso ed alla loro definizione, nonché ai provvedimenti adottati.
2. Le modalità delle rilevazioni previste dal comma 1 e gli elementi che ne sono oggetto sono stabi-
liti con regolamento. 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
394
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

2 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o
meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto ammini-

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strativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dal-
la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità dell’articolo in esa-
me, nella parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alle rilevazioni statistiche relative alle
controversie pendenti, ai ricorsi proposti ogni anno, alle varie fasi dei processi in corso ed alla loro definizione, nonchè
ai provvedimenti adottati».
La questione di legittimità è stata sollevata ritenendo che le modifiche apportate al Decreto in esame dalla L.
30.8.2022, n. 130, abbiano ulteriormente consolidato «l’effetto di accentuazione del rapporto di dipendenza dei giudici
tributari dal Ministero Economia e Finanze, titolare sostanziale dell’interesse oggetto delle controversie tributarie (…) in
contrasto con i principi (…) dettati non solo dagli artt. 101, 104, 105 e 110 della Carta (…), in combinato disposto con
l’art. 108 della Carta (…), ma anche dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del-
l’uomo e delle libertà fondamentali (…) così come interpretato ad applicato dalla giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo (…)» (cfr. C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 40 - UFFICIO DEL MASSIMARIO [CFF ¶ 4640]

[1. È istituito presso ciascuna commissione tributaria regionale un ufficio del massimario, che prov-
vede a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni della stessa e delle commissioni
tributarie provinciali aventi sede nella sua circoscrizione.
2. Alle esigenze del suindicato ufficio si provvede nell'ambito del contingente di cui all'art. 32 .
3. Le massime delle decisioni saranno utilizzate per alimentare la banca dati del servizio di docu-
mentazione tributaria gestita dal sistema centrale di elaborazione del Ministero delle finanze, al
quale le commissioni sono collegate anche per accedere ad altri sistemi di documentazione giuri-
dica e tributaria.] 1 2 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente articolo è stato abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 01.01.2023.
3 La norma è stata abrogata (cfr. art. 1, co. 1, lett. s), della L. 31.8.2022, n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204), a decorrere dal 1°
gennaio 2023, a seguito della introduzione – a decorrere dalla medesima data – del nuovo art. 24-bis, rubricato «Ufficio
del massimario nazionale», che prevede la istituzione del citato Ufficio, presso il Consiglio di presidenza della giustizia
tributaria.
Questa disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno
che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo
in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dalla Corte
di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità del presente articolo, nella
parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alla alimentazione della banca dati del servizio di
documentazione tributaria gestita dal sistema centrale di elaborazione del Ministero delle finanze, Ufficio del massimario,
mercè la rilevazione, la classificazione e l’ordinamento in massime delle decisioni delle corti di giustizia tributaria di primo
e secondo grado aventi sede nella medesima circoscrizione».
Secondo la Corte veneta, tale competenza strumentale «induce giustificatamente a temere che lo stesso sapere giuri-
sprudenziale - sia nel momento della sua formazione che nel momento della sua raccolta e selezione – possa essere sot-
toposto al condizionamento ab externo, con fini contrastanti con quelli della garanzia delle pari opportunità a favore di
ciascuna parte del processo» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).
Organi della giurisdizione tributaria 395

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Art. 41 - CORSI DI AGGIORNAMENTO [CFF ¶ 4641]

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1. La scuola centrale tributaria, d'intesa con la direzione centrale di cui all'art. 37, comma 1, e il consi-
glio di presidenza della giustizia tributaria, organizza ogni anno corsi di aggiornamento per i com-
ponenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado concernenti la disciplina del pro-
cesso in relazione al sistema normativo dei singoli tributi ed alle modificazioni sopravvenute. 2
2. Le modalità dei corsi di aggiornamento sono stabiliti con regolamento. 1 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordinanza).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La presente disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o
meno che siano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto ammini-
strativo in ordine alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dal-
la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità del presente artico-
lo, nella parte in cui attribuisce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alla organizzazione dei corsi di aggior-
namento, d’intesa con la scuola centrale tributaria per i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo
grado concernenti la disciplina del processo in relazione al sistema normativo dei singoli tributi ed alle modificazioni
sopravvenute» (C.G.T. I Venezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).
396 Organi della giurisdizione tributaria

Capo VI
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545

Disposizioni finali e transitorie

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Art. 42 - INSEDIAMENTO DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO
E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4642]

1. Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono insediate in unica data entro l'1
aprile 1996 con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repub-
blica italiana almeno sessanta giorni prima. 5
2. Dalla stessa data sono soppresse le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado di pri-
mo e di secondo grado previste dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, nu-
mero 636. 6
3. La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado centrale prevista dal decreto di cui al comma
2 è soppressa e cessa di funzionare, tenuto conto dei ricorsi pendenti, entro la data stabilita con de-
creto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle finanze. 2
4. Al reperimento delle sedi necessarie all'insediamento di cui al comma 1 si applicano le disposizio-
ni dell' art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287. 3 1 4

Note
1 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, e poi dall' art. 19 L. 08.05.1998, n.
146, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del presente articolo sollevata in riferimento agli
artt. 24, 25, primo comma, 97 e 101 della Costituzione (C.cost. 17.06-24.06 1997, n. 201 Ordinanza).
4 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
5 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 1, D.L. 26.09.1995, n. 403, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

INSEDIAMENTO DELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO


GRADO (Art. 42)

Insediamento delle nuove Corti tributarie di primo e secondo grado La norma, in vigore dal 16
settembre 2022, è stata modificata sostituendo la precedente denominazione di «commissioni
tributarie», ovunque ricorra, con quella di «corti di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do» (cfr. art. 1, co. 1, lett. a) della L. 31.8.2022, n. 130, in G.U. 1.9.2022, n. 204).
L’(originario) insediamento, dopo una serie di proroghe, è avvenuto il 1° aprile 1996 (art. 1, co. 1,
D.L. 26.9.1995, n. 403), con D.M. 26.1.1996.
Organi della giurisdizione tributaria 397

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Art. 43 - NOMINA DEI PRIMI COMPONENTI NELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA
DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4643]

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1. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado di primo e di secondo
grado e della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, previste dal decreto del Presi-
dente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 in possesso dei requisiti di cui agli articoli 3 , 4 e
5 , in relazione a ciascun incarico da conferire, sono nominati a domanda componenti delle corti
di giustizia tributaria di primo e secondo grado con precedenza rispetto agli altri aspiranti e fino
alla concorrenza dei posti disponibili, anche se hanno superato il limite di età di cui all' art. 7 ,
comma 1, lettera d). 7
2. La domanda di nomina, con l'indicazione completa del posto o dei posti richiesti in ordine di pre-
ferenza (presidente di commissione, presidente di sezione, vicepresidente di sezione, giudice tri-
butario, corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, sede) è rivolta al Ministro delle fi-
nanze con le modalità ed entro i termini che saranno stabiliti con decreto dello stesso Ministro. 7
3. Sono formati, per ciascuna corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, con l'applicazio-
ne dei criteri e dei punteggi di cui alla tabella F, distinti elenchi per la nomina a presidente di se-
zione, a vicepresidente di sezione ed a giudice. A parità di punteggio prevale il candidato più an-
ziano di età. Il periodo di esercizio delle funzioni nelle commissioni di primo e secondo grado e
nella corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado è considerato a tutti gli effetti. 7
4. I componenti delle commissioni di primo e secondo grado già aventi sede nella regione sono no-
minati componenti nelle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado costituite nella
stessa regione con conferma del grado, della funzione e dell'incarico e con precedenza su ogni
altro richiedente collocato negli elenchi di cui al comma 3, salva la precedenza eventualmente
spettante nei gradi, nelle funzioni e negli incarichi al presidente, ai presidenti di sezione ed ai
componenti della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado centrale; dette preceden-
ze vanno determinate in base ai punteggi previsti nelle tabelle E ed F. I componenti le corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado di primo e secondo grado, in possesso del diploma
di laurea in giurisprudenza ovvero in economia e commercio, con un'anzianità di servizio, senza
demerito, di almeno dieci anni per il primo grado e di quindici anni per il secondo grado, sono no-
minati, con l'applicazione dei criteri e dei punteggi di cui alla tabella F, nei limiti dei posti disponi-
bili, rispettivamente vicepresidenti della corti di giustizia tributaria di primo grado e vicepresiden-
ti della corte di giustizia tributaria di secondo grado. 1
5. Sono formati, per le nomine di componenti nei posti rimasti disponibili dopo la formazione degli
elenchi di cui al comma 3, elenchi di coloro che hanno dichiarato la propria disponibilità secondo
il procedimento previsto dall' art. 9, sostituita al consiglio di presidenza della giustizia tributaria
la commissione di cui al comma 6.
6. Gli elenchi di cui ai commi 3 e 5 sono formati da una commissione nominata dal Ministro delle fi-
nanze, costituita da un presidente di sezione del Consiglio di Stato, che la presiede, da due magi-
strati di cassazione, da due magistrati amministrativi e da due magistrati della Corte dei conti,
con qualifica equiparata, e da due dirigenti generali del Ministero delle finanze. La commissione
si avvale della Direzione centrale degli affari giuridici e del contenzioso del Ministero. Gli elenchi
predetti sono approvati con decreto del Ministro delle finanze. 2
7. Le nomine dei componenti le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado nella prima ap-
plicazione del presente decreto sono disposte secondo l'ordine degli elenchi con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del Ministro delle finanze. 7
8. I componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado nominati secondo le di-
sposizioni del presente articolo prestano giuramento dinanzi al presidente rispettivamente del
tribunale e della corte di appello, nella cui circoscrizione la commissione relativa ha sede. Si ap-
plicano le disposizioni dell' art. 10 , commi 1 e 5. 7
8-bis. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 24 , il Consiglio di presidenza della giustizia tri-
butaria delibera su ogni provvedimento riguardante i componenti delle corti di giustizia tributaria
di primo e secondo grado, nonché su eventuali rettifiche degli elenchi di cui ai commi 3 e 5, rela-
tivamente al periodo di tempo intercorrente tra la approvazione di detti elenchi e la data del suo
insediamento. 3
398
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

[9. Gli elenchi di cui ai commi 3 e 5 sono sottoposti a ratifica del consiglio di presidenza della giusti-
zia tributaria, che procede alle eventuali rettifiche e promuove i conseguenti provvedimenti subi-

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to dopo la sua prima elezione]. 4
10. Prima della costituzione del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, le nomine dei giudici
tributari sono effettuate secondo le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repub-
blica 26 ottobre 1972, n. 636 con l'osservanza dei requisiti previsti dagli articoli 3 , 4 e 5 del presen-
te decreto legislativo; in tali ipotesi si applica il disposto del primo periodo del comma 4. 5 6 8

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall' art. 31 L. 27.12.1997, n. 449, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Il presente comma è stato così sostituito dall' art. 1 D.L. 26.09.1995, n. 403
3 Il presente comma aggiunto dall'art. 11 D.L. 08.08.1996, n. 437, è stato poi così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
4 Il presente comma è stato abrogato dall' art. 1 D.L. 26.09.1995, n. 403
5 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento all'art.
102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04.1998, n. 144 Ordinanza).
6 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.
7 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
8 Questa disposizione, insieme a «tutte le norme del D.Lgs. 545/1992 nella loro formulazione vigente (novellate o meno che si-
ano state dall’anzidetta Legge [130/2022]) che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in ordine
alla organizzazione giudiziaria tributaria al MEF», è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, dalla Corte di giustizia tri-
butaria di primo grado di Venezia, che ha sollevato la questione di legittimità del presente articolo, nella parte in cui attribui-
sce al Ministro delle Finanze «competenza in merito alla nomina della Commissione (che a sua volta si avvale dei servizi e del
personale della Direzione degli affari giuridici e del contenzioso del Ministero della Finanze), che provvede alla formazione de-
gli elenchi di cui ai commi 3 e 5 dello stesso art. 43 finalizzati alla selezione dei giudici tributari di prima nomina» (C.G.T. I Ve-
nezia, Ord. 31.10.2022, n. 408/1/22).

Art. 44 - NOMINA NELLE CORTI DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO


GRADO DEI COMPONENTI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO
E SECONDO GRADO CENTRALE [CFF ¶ 4644]

1. Coloro che sono rimasti a comporre la corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado centrale
fino alla cessazione dell'attività di tale organo, a partire da tale data entrano a far parte dell'ordina-
mento giudiziario tributario e sono nominati nelle corti di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do, su loro domanda, con precedenza sugli altri aspiranti con i criteri di valutazione ed i punteggi di
cui alla tabella F ed, a parità di punteggio, secondo la maggiore anzianità di età. 2 1 3

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3 bis, D.L. 30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005,
e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
3 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
Organi della giurisdizione tributaria 399

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


Art. 44-bis - DECISIONE DI CONTROVERSIE PENDENTI AL 1° APRILE 1996
[CFF ¶ 4644a]

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1. In deroga all'articolo 2, comma 5, le controversie pendenti alla data del 1° aprile 1996 dinanzi alle
commissioni tributarie di primo grado, di valore inferiore a cinque milioni di lire, sono trattate e
decise da un giudice singolo designato dal presidente della sezione fra i componenti della stessa.
2. Oltre ai compensi fisso e aggiuntivo spettanti ai sensi dell'articolo 13, al giudice unico è dovuto,
per ogni ricorso definito nella qualità, un compenso uguale a quello globalmente stabilito per le
sentenze collegiali. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato aggiunto dall'art. 32 L. 08.05.1998, n. 146.
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Art. 44-ter - MODIFICA DELLE TABELLE [CFF ¶ 4644b]

1. I criteri di valutazione e i punteggi di cui alle tabelle E ed F allegate al presente decreto sono mo-
dificati, su conforme parere del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze 1

Note
1 Il presente articolo è stato aggiunto dalla L 28.12.01, n.448 (G.U. 29.12.2001, n. 301, S.O. n.285)

Art. 45 - PRIMA COSTITUZIONE DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA


TRIBUTARIA [CFF ¶ 4645]

1. Nella prima applicazione del presente decreto il consiglio di presidenza è eletto da tutti i compo-
nenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado nominati a norma dell'art. 43. 3
2. Le elezioni hanno luogo entro il 31 dicembre 1996. 1 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 11 D.L. 08.08.1996, n. 437.
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 46 - PERSONALE ADDETTO ALLE SEGRETERIE DELLE CORTI DI GIUSTIZIA


TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO SOPPRESSE [CFF ¶ 4646]

1. Il personale in servizio alla data dell'1 ottobre 1993 presso le segreterie delle commissioni tribu-
tarie di primo e di secondo grado previste dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 636 è assegnato dalla stessa data al contingente di cui all' art. 32 e destinato alle corti di
giustizia tributaria di primo e secondo grado nella cui circoscrizione è la residenza di ognuno nei
limiti dei posti disponibili. 3
2. Il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1995 presso la segreteria della corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 26 otto-
400
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 Organi della giurisdizione tributaria

bre 1972, n. 636 è assegnato dall'1 gennaio 1996 al contingente di cui all'art. 32 e destinato alle
corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado aventi sede in Roma. 3

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3. Al personale in servizio presso la segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo
grado spetta, dalla data di entrata in funzione delle nuove corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado e comunque nel limite del contingente di cui all' art. 32, fino alla cessazione
dell'attività della stessa il trattamento economico previsto dall' art. 33. 3 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 47 - RINUNZIA ALL'ASSEGNAZIONE ALLE SEGRETERIE DELLE CORTI


DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO [CFF ¶ 4647]

1. I dirigenti, il personale delle qualifiche ad esaurimento di ispettore generale o equiparata e di di-


rettore di divisione o equiparate e gli impiegati delle qualifiche funzionali, di ruolo e non di ruolo,
compresi quelli provenienti dalle abolite imposte di consumo e quelli degli enti soppressi di cui al
ruolo speciale istituito presso il Ministero delle finanze, comunque in servizio alla data di entrata
in vigore del presente decreto presso le segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e se-
condo grado, hanno facoltà di rinunciare, entro e non oltre trenta giorni dalla stessa data, a pre-
stare servizio presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado. 3
2. Il personale, che si è avvalso della facoltà di cui al comma 1, continua a prestare servizio presso
gli uffici delle segreterie delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado fino a quando
i posti non saranno coperti con personale di corrispondente qualifica del contingente di cui
all'art. 32 . 3 1 2

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
2 La rubrica del presente articolo è stata così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorren-
za dal 16.09.2022.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal
16.09.2022.

Art. 48 - MODALITÀ PARTICOLARI DI INQUADRAMENTO DEL PERSONALE


DELLE SEGRETERIE [CFF ¶ 4648]

1. Alla copertura dei posti disponibili nelle qualifiche dirigenziali e di quelli rimasti nelle qualifiche funzio-
nali dopo gli inquadramenti di cui all'art. 46, si procede nei modi previsti dalle disposizioni vigenti. È
data tuttavia facoltà, in relazione alla necessità di urgente copertura dei posti delle qualifiche VI, IV e
III, di procedere all'assunzione di idonei nei concorsi ordinari indetti dal Ministero delle finanze nei cin-
que anni antecedenti all'entrata in vigore del presente decreto, sulla base di graduatorie uniche nazio-
nali approvate con decreto del Ministro delle finanze, e di indire concorsi speciali da espletarsi secon-
do le disposizioni degli articoli 9, 10 e 11 della legge 4 agosto 1975, n. 397.
2. Gli impiegati di VII qualifica funzionale, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o
scienze politiche o economia e commercio od equipollenti, che, per almeno cinque anni, abbiano
svolto effettivamente e lodevolmente funzioni di cancelliere, coordinando due o più sezioni, pur-
Organi della giurisdizione tributaria 401

D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545


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ché risultanti da provvedimenti formali di udienza di data anteriore all'entrata in vigore del pre-
sente decreto, sono inquadrati nell'VIII qualifica funzionale. 1

Note
1 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Art. 49 - NORME ABROGATE [CFF ¶ 4649]

1. A decorrere dalla data di insediamento delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo gra-
do sono abrogati gli articoli da 2 a 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 636, salvo quanto disposto dal comma 2. 1
2. Gli articoli 4 , 5 , 6 , 7 , 8 , 9 , 10 , 11 , 12 , quarto comma, 13 , 13 bis e 14 del decreto del Presiden-
te della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 continuano ad applicarsi relativamente alla corte di
giustizia tributaria di primo e secondo grado fino alla cessazione del suo funzionamento. 1 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).

Art. 50 - REGOLAMENTI [CFF ¶ 4650]

1. I regolamenti previsti dal presente decreto sono emanati entro il 28 febbraio 1994. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato così modificato dall'art 69 D.L. 30.08.1993, n. 331.
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C. cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Or-
dinanza).

Art. 51 - ENTRATA IN VIGORE [CFF ¶ 4651]

1. Il presente decreto entra in vigore il 15 gennaio 1993.


2. Le disposizioni contenute nel capo II si applicano ai componenti delle corti di giustizia tributaria
di primo e secondo grado e quelle contenute nel capo IV hanno effetto dalla data di insediamen-
to delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, salvo quelle di cui all'articolo 35 che
hanno effetto a decorrere dalla data di ultimazione delle procedure selettive previste dall'articolo
3, comma 205, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. 1 2

Note
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 11 D.L. 08.08.1996, n. 437, e poi dall'art. 1, comma 1, lett. a), L.
31.08.2022, n. 130, con decorrenza dal 16.09.2022.
2 Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del presente decreto sollevate in riferimento
all'art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione (C.cost. 20.04 - 23.04 1998, n. 144 Ordi-
nanza).
Scadenzario ricorsi,

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memorie
Le regole del processo davanti alla Corte di
giustizia tributaria di 1° grado in sintesi

Elementi essenziali del ricorso Il ricorso deve indicare, a pena di inammissibilità:


1. Corte di Giustizia (di 1° Grado) adita; cioè l’organo giurisdizionale cui si chiede la valutazione della con-
troversia e la decisione;
2. Ricorrente (e, nel caso di società o ente, anche il legale rappresentante), con le relative specificazioni (la
mancanza del codice fiscale comporterà l’irrogazione della relativa sanzione amministrativa, ma non
inammissibilità);
3. Resistente: Ufficio finanziario, Ente territoriale locale (Comune, Provincia e Regione), Agente della ri-
scossione;
4. Atto Impugnato (avviso di accertamento, di rettifica, di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni ammi-
nistrative ecc.);
5. Oggetto della Domanda: annullamento totale o parziale delle pretese impositive contenute nell’atto im-
pugnato e/o dichiarazione di nullità dello stesso;
6. Motivi per cui si ritiene di aver diritto all’accoglimento della domanda;
e deve recare la
7. Data e sottoscrizione del ricorrente (nelle ipotesi in cui è ammesso a stare in giudizio personalmente) o,
di norma, del suo difensore abilitato munito di procura.
Dal 1° luglio 2019, il ricorso - nelle cause di valore superiore a € 3.000,00, per le quali è obbligatoria la difesa
tecnica - deve essere sottoscritto in calce dal difensore, mediante l’apposizione, di firma digitale CADES/PA-
DES. La sottoscrizione va apposta sul file nativo digitale salvato in formato Pdf/A-1a o Pdf/B-1b che, una vol-
ta notificato a mezzo Pec, verrà depositato tramite il S.I.Gi.T entro i termini di legge.
Elementi ulteriori Il ricorso deve inoltre indicare (ancorché non a pena di inammissibilità):
a) Codice Fiscale del ricorrente, la cui omissione o errata trascrizione è punita con la sanzione pecuniaria
da € 103,00 a € 2.065,00 (art. 13, co. 1, D.P.R. 605/1973) e, nel caso di omissione, con l’aumento del 50%
del Contributo Unificato dovuto (art. 13, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002);
b) Codice Fiscale del difensore, la cui omissione è punita con la sanzione pecuniaria da € 103,00 a €
2.065,00 (art. 13, co. 1, D.P.R. 605/1973);
c) Numero di fax del difensore, la cui omissione è punita con l’aumento del 50% del Contributo Unificato
dovuto (art. 13, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002);
d) Indirizzo di Posta elettronica certificata (Pec) per i ricorrenti obbligati alla sua attivazione (ad es., socie-
tà), la cui omissione non è sanzionata;
e) Indirizzo Pec del difensore, la cui omissione è punita con l’aumento del 50% del Contributo Unificato
dovuto (art. 13, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002);
f) Dichiarazione di Valore della controversia (determinato in base ai criteri indicati nell’art. 12, D.Lgs.
546/1992), la cui omissione comporta l’applicazione del Contributo Unificato nella misura massima di €
1.500,00 (art. 13, co. 6, D.P.R. 115/2002).
Dal 1° luglio 2019, con il PTT, l’indirizzo Pec ha valore di elezione di domicilio digitale, pertanto ogni sua va-
riazione deve essere prontamente comunicata alla segreteria della Corte adìta e produce i suoi effetti dal de-
cimo giorno successivo alla sua comunicazione.
Modalità di proposizione del ricorso Nei confronti della controparte resistente (Ufficio finanziario, Ente
locale, Agente della riscossione):
Dal 1° luglio 2019, con il PTT, il ricorso - in forma di documento informatico -
a. si notifica, personalmente o tramite difensore, in via telematica, inviando il file (con allegata la procura al-
le liti) all’indirizzo PEC della controparte;
b. in alternativa, si può notificare a mezzo Ufficiale Giudiziario mediante trasmissione dell’atto all’indirizzo
Scadenze ricorsi e memorie 403

di posta certificata dell’Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti (UNEP) pubblicato sull’indice degli Indi-

Le regole del processo


rizzi delle Pubbliche Amministrazioni (IPA).

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Per le cause di importo non superiore ai 3 mila euro, il ricorso poteva/può essere ancora proposto mediante:
a. spedizione (alla controparte) dell’originale a mezzo posta in plico senza busta raccomandato (R.A.R.);
b. consegna diretta dell’originale all’Ufficio finanziario o all’Ente locale, che rilascia ricevuta su un docu-
mento separato intestato al consegnatario (o sulla copia del ricorso in carta semplice). (N.B.: non è am-
messa la consegna diretta del ricorso all’Agente della riscossione);
c. notifica della copia (conforme all’originale) del ricorso a mezzo di Ufficiale Giudiziario, che rilascia «relata
di notifica» sull’originale (che viene restituito al difensore del ricorrente, o, se del caso, al ricorrente).
Termini per la proposizione del ricorso Il ricorso deve essere proposto in via telematica / spedito / consegna-
to / notificato/ entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato (termine perentorio).
Nel caso esso riguardi la restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie, interessi o altri accessori non dovuti, si
ricorda che:
› presupposto del ricorso è la previa istanza di restituzione inoltrata all’Ufficio competente nei termini di
decadenza;
› il ricorso va proposto entro 60 giorni dal rifiuto espresso dell’Ufficio o, nel caso di silenzio-rifiuto, decorsi
90 giorni dalla presentazione dell'istanza ed entro il termine di prescrizione decennale.
Termini per la costituzione in giudizio del ricorrente Il ricorrente si costituisce in giudizio entro 30 giorni dal-
la proposizione del ricorso, a pena di inammissibilità.
Dal 1° luglio 2019, la costituzione in giudizio presso la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria adìta av-
viene tramite il portale S.I.Gi.T seguendo la relativa procedura.
Per le cause di valore non superiore a 3 mila euro, il ricorrente, che abbia scelto la modalità analogica (carta-
cea), si costituisce in giudizio depositando:
› la copia del ricorso, se la proposizione è avvenuta a mezzo posta o mediante consegna diretta, copia (de-
stinata alla Corte) che deve essere dichiarata conforme con quella spedita o consegnata alla controparte;
› l’originale del ricorso, se la notificazione della copia è avvenuta a mezzo di Ufficiale giudiziario.
Fascicolo di parte
Dal 1° luglio 2019, con il PTT, il fascicolo del ricorrente - depositato attraverso il portale S.I.Gi.T. - contiene
tutti gli atti processuali, gli allegati e le ricevute rilasciate dal sistema.
Fino al 30 giugno 2019 – e ancora oggi per le cause di valore non superiore ai 3 mila euro – nel caso si sia
scelto di procedere in modalità analogica (cartacea), il difensore del ricorrente (o, nei casi di difesa diretta, lo
stesso ricorrente) deve depositare o spedire in Segreteria, insieme con il ricorso, il proprio fascicolo, com-
prendente eventuali documenti (citati nel ricorso o comunque ritenuti utili) e l’originale o la fotocopia dell’at-
to impugnato, la copia della ricevuta del ricorso rilasciato dall’Ufficio destinatario (nel caso di consegna diret-
ta) o dall’Ufficio postale (nel caso di spedizione a mezzo RAR), nonché la prova dell’avvenuto pagamento del
Contributo Unificato. Nel caso in cui ci si sia avvalsi dell’Ufficiale giudiziario la «relata» che attesta l’avvenu-
ta notificazione è contestuale al ricorso. È inoltre richiesto il deposito della nota di iscrizione a ruolo (art. 22,
co. 1, D.Lgs. 546/1992).
Il fascicolo è formato da una cartella, il cui frontespizio riporta la Corte adita, i dati del ricorrente, del difenso-
re incaricato, della controparte, l’oggetto della controversia e l’indice del contenuto.
Gli atti allegati (ricorso, originale o fotocopia dell’atto impugnato, altri eventuali documenti prodotti) devono
essere fascicolati in maniera tale da essere facilmente consultabili.
Deposito documenti, memorie illustrative, istanza pubblica udienza e brevi repliche Le parti possono depo-
sitare presso la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria:
a) documenti fino a 20 «giorni liberi» prima della data di trattazione della controversia in pubblica udienza;
b) memorie illustrative fino a 10 «giorni liberi» prima della data di trattazione in pubblica udienza;
c) brevi repliche fino a 5 «giorni liberi» prima della trattazione in camera di consiglio.
L’istanza di pubblica udienza va depositata entro 10 «giorni liberi» prima della data per la trattazione; nello
stesso termine va notificata alle altre parti costituite (Ufficio finanziario, Comune, Agente della riscossione
ecc.).
Le parti possono presentare istanza per la trattazione dell’udienza pubblica a distanza come previsto dall’art.
16, c. 4 del D.L. 119/2018 e dal DM del 10 novembre 2020. In particolare, la legge di riforma del processo tri-
butario (Legge n. 130 del 31 agosto 2022) ha stabilito che per i ricorsi instaurati a decorrere dal 1° settembre
2023, l’istanza di trattazione da remoto deve essere richiesta nel ricorso/primo atto difensivo o con apposita
istanza da depositare in segreteria entro i 20 giorni liberi prima della data di trattazione. Non è più prevista
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Le regole del processo Scadenze ricorsi e memorie

la notifica, che rimane necessaria nei soli casi in cui l’istanza di discussione da remoto venga presentata pri-
ma della notifica dell’avviso di trattazione.

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Dal 1° luglio 2019, con il PTT, il deposito di documenti, memorie illustrative, istanza di pubblica udienza e
brevi repliche deve essere effettuato, nei termini appena indicati, tramite l'utilizzo del portale S.I.Gi.T. La par-
te dovrà risalire al fascicolo processuale telematico attraverso il portale, indicando il numero di RGR ovvero,
della ricevuta di accettazione sincrona. Una volta individuato il fascicolo processuale sarà possibile procedere
con il deposito seguendo le indicazioni fornite dal sistema.
Per le cause di valore non superiore ai 3 mila euro, in cui si proceda ancora in modalità analogica (cartacea), i
predetti documenti devono essere depositati in originale e in tante copie (in carta semplice) quante sono le
altre parti.
Documenti non conosciuti presentati dalla controparte o per ordine della Corte È l’unico caso in cui è am-
messa la integrazione dei motivi esposti nel ricorso introduttivo; tale facoltà va esercitata entro 60 giorni da
quando la parte ha avuto notizia del deposito di nuovi documenti, prima che sia stata fissata la trattazione o
l’udienza (se già fissata si può chiedere il rinvio).
Dal 1°luglio 2019, con il PTT, anche l’atto di integrazione dei motivi di ricorso deve essere notificato a mezzo
Pec e depositato telematicamente attraverso il S.I.Gi.T. secondo le regole previste per il deposito degli atti
successivi al ricorso introduttivo.
Udienza – Avviso di trattazione La Segreteria della Corte deve comunicare – alle parti costituite in giudizio –
la data di trattazione della controversia almeno 30 giorni liberi prima della data dell’udienza. L’avviso di trat-
tazione viene trasmesso a mezzo PEC dalla segreteria della Corte adìta a tutte le parti costituite.
Regole per il computo dei termini processuali Di seguito le regole per la definizione dei termini processuali.
Computo dei termini Per il computo dei termini valgono le regole contenute nell’art. 155 c.p.c., integrate da quel-
le previste nell’art. 2963 c.c., per cui il conteggio dei termini è a giorni, si esclude il giorno iniziale (dies a quo)
e si comprende il giorno finale (dies ad quem).
Se il termine viene a scadere in un giorno festivo o di sabato:
› in caso di presentazione del ricorso o di costituzione in giudizio del ricorrente, la scadenza del termine è
prorogata al primo giorno successivo non festivo;
› in caso di presentazione di documenti e memorie illustrative, dato che il computo del termine va fatto «a
ritroso», la scadenza del termine è anticipata al primo giorno precedente non festivo.
Giorni liberi Per il computo dei «giorni liberi», a differenza dei termini normali, non va considerato né il giorno
iniziale (dies a quo), né il giorno finale (dies ad quem). Così, se la data di trattazione era fissata per lunedì 22
maggio 2023, il termine di scadenza per il deposito delle memorie era venerdì 12 maggio 2023, mentre per il
deposito dei documenti il termine scadeva martedì 2 maggio 2023. Se però il termine (iniziale o) finale cade
in un giorno festivo (sabato, domenica o festività riconosciute), allora si deve conteggiare un giorno (o due)
in più. Così, se la data di trattazione era mercoledì 24 maggio 2023, il termine per il deposito della memoria
scadeva venerdì 12 maggio 2023 (dato che il 14 maggio era una domenica e non rileva neanche il giorno pre-
cedente, cioè sabato 13).
Periodo feriale Tutti i termini processuali subiscono una sospensione dal 1° al 31 agosto di ogni anno, in applica-
zione della L. 7 ottobre 1969, n. 742 (come modif. dal D.L. n. 132/2014, conv. con L. n. 162/2014), il cui art. 1
recita: «Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di
diritto dal 1° agosto al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il
decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del detto periodo». Posto
che il periodo di 31 giorni (che va dal 1° al 31 agosto) di ogni anno viene escluso dal computo dei giorni utili,
vanno considerati i casi seguenti:
a) proposizione del ricorso:
- se l’ultimo giorno utile per proporre il ricorso (60° giorno) cade nel periodo feriale (1.8 – 31.8) ai fini del
computo dei 60 gg., si somma il periodo utilmente decorso prima dell’1.8 con quello successivo al 31.8;
- se il primo giorno utile per proporre il ricorso (cioè il giorno successivo alla notifica dell’atto impugnato)
cade nel periodo feriale (1.8 – 31.8) il computo dei 60 gg. utili inizierà con l'1.9 compreso.
Il ricorso può essere notificato a mezzo Pec entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile: l’art. 16-septies del D.L.
179/2012, in base al quale l’invio tramite Pec effettuato dopo le ore 21 doveva intendersi perfezionato alle ore
7 del giorno successivo, è stato, infatti, dichiarato costituzionalmente illegittimo (cfr. Corte Cost. 7.4.2019, n.
75);
b) costituzione in giudizio del ricorrente:
- se l’ultimo giorno utile per costituirsi in giudizio (30° giorno) cade nel periodo feriale (1.8 – 31.8) ai fini
Scadenze ricorsi e memorie 405

del compimento dei 30 giorni, si somma il periodo utilmente decorso prima dell’1.8 con quello successi-

Le regole del processo


vo al 31.8;

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- se il primo giorno utile per costituirsi in giudizio (cioè il giorno successivo alla proposizione del ricorso)
cade nel periodo feriale (1.8 – 31.8) il computo dei 30 gg. utili inizierà con l'1.9 (da computare);
c) deposito di documenti e memorie illustrative: pur dovendo effettuare il computo a ritroso dei giorni libe-
ri, valgono le (citate) regole sia sul periodo feriale che sul giorno festivo (cui viene equiparato il sabato).
Ad es.: se la data di trattazione è fissata per venerdì 1° settembre 2023, il termine per il deposito delle
memorie è venerdì 21 luglio 2023 (31 giorni periodo feriale più 10 giorni liberi) e per il deposito dei docu-
menti è mercoledì 12 luglio 2023 (31 giorni periodo feriale, più 20 giorni liberi);
d) udienza – avviso di trattazione (comunicato dalla Segreteria della Corte): fra la ricezione della comunica-
zione e l’udienza di trattazione devono intercorrere almeno 30 giorni «liberi» (tenendo conto anche della
sospensione dei termini processuali nel periodo feriale); per cui, se, ad es., la data di trattazione è stata
fissata il 1° settembre, l’avviso di trattazione deve essere comunicato dalla Segreteria entro il 30 giugno
2023: al fine di consentire alle parti di depositare documenti e memorie, rispettivamente, entro i 20 e 10
giorni liberi anteriori alla data di trattazione. Anche in questo caso si deve tener conto del periodo feria-
le, per cui se l’udienza è fissata per il 1° settembre, il deposito di documenti e memorie va effettuato ri-
spettivamente entro l'11 luglio e il 21 luglio 2023 (ipotizzando sempre giorni «feriali»; in caso contrario, il
primo giorno feriale che si incontra procedendo «a ritroso»);
e) accertamento con adesione: in questo caso opera il periodo di sospensione feriale. L’art. 7-quater, comma
18, del D.L. 193/2016 conv. con modif. in L. 225/2016, con una norma di interpretazione autentica, ha
previsto la cumulabilità del periodo di sospensione feriale con la sospensione di 90 giorni conseguente
alla presentazione di una istanza di accertamento con adesione, che la Corte di Cassazione, in contrasto
con la stessa Agenzia delle Entrate, aveva negato.
I servizi delle Corti di Giustizia Tributarie Per la versione integrale della «Carta dei servizi delle Corti di
Giustizia Tributarie» si rimanda al link http://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/carta-dei-servizi.
Per il PTT si rimanda al link di accesso al portale S.I.Gi.T.: https://sigit.finanze.it/NIRWeb/login.jsp e al
link di consultazione dei fascicoli Telecontenzioso: https://sigit.finanze.it/Sigit/login.jsp .

Termini dei principali adempimenti per il ricorrente e per la parte resistente


Art. Adempimento Termini Data di decorrenza
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI 1° GRADO - PROCEDIMENTO
21 RICORSO: presentazione nelle entro 60 gg. (1) dalla notifica dell'atto impugnato
forme previste
22 COSTITUZIONE IN GIUDIZIO entro 30 gg. (1) dalla consegna o spedizione o notifica
– per il ricorrente: deposito o del ricorso alla controparte
spedizione
entro 90 gg. + 30 dalla presentazione del ricorso-reclamo
ex art. 17-bis
23 – per la parte resistente (ente entro 60 gg. (2) dalla data di ricezione del ricorso; dal
accertatore): deposito novantesimo giorno dalla
presentazione del reclamo
24 INTEGRAZIONE DEI MOTIVI DEL entro 60 gg. (1) dalla notizia di deposito da parte
RICORSO: con le stesse modalità di avversa di nuovi documenti o per
presentazione del ricorso e ordine della Commissione prima che
successivo deposito in segreteria sia stata fissata la trattazione o
l'udienza. Se già fissata si può
richiedere il rinvio
32 DOCUMENTI: deposito entro 20 gg. liberi prima della data di trattazione
(3)
32 MEMORIE: deposito entro 10 gg. liberi prima della data di trattazione
(3)
33 ISTANZA per la DISCUSSIONE IN entro 10 gg. liberi prima della data di trattazione
PUBBLICA UDIENZA: notifica alle (3)
parti costituite e deposito in
segreteria
(segue)
406
Le regole del processo Scadenze ricorsi e memorie

Termini dei principali adempimenti per il ricorrente e per la parte resistente


32 BREVI REPLICHE: deposito entro 5 gg. liberi prima della data di trattazione in

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(3) camera di consiglio
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA 2° GRADO - GIUDIZIO D'APPELLO
38 SENTENZA NOTIFICATA alle entro 30 gg. (1) dalla (eventuale) notifica della
ALTRE PARTI: deposito in sentenza a cura delle parti (con le
segreteria dell'originale notificato o stesse modalità previste per la
sua copia autentica proposizione del ricorso)
51 APPELLO (termine breve): entro 60 gg. (1) dalla notifica della sentenza a cura
presentazione delle parti
51 APPELLO (termine lungo) per i entro 6 mesi più dalla data del deposito della sentenza
PROCESSI INIZIATI dal 5 LUGLIO eventuale periodo in segreteria (in caso di sentenza non
2009: presentazione feriale (31 gg.) (1) notificata)
53 COSTITUZIONE IN GIUDIZIO entro 30 gg. (1) dalla notifica dell'appello alla
dell'appellante: deposito o controparte
spedizione
54 COSTITUZIONE IN GIUDIZIO con entro 60 gg. (2) dalla ricezione dell'appello
CONTRODEDUZIONI
dell'APPELLATO: deposito
54 CONTRODEDUZIONI e APPELLO entro 60 gg. (1) dalla ricezione dell'appello
INCIDENTALE: deposito
32 DOCUMENTI: deposito entro 20 gg. liberi prima della data di trattazione
(3)
32 MEMORIE: deposito entro 10 gg. liberi prima della data di trattazione
(3)
33 ISTANZA per la DISCUSSIONE IN entro 10 gg. liberi prima della data di trattazione
PUBBLICA UDIENZA: deposito. Dal (3)
1° settembre 2023, trattazione da entro 20 giorni
remoto liberi
32 BREVI REPLICHE: deposito entro 5 gg. liberi (3) prima della data di trattazione in
camera di consiglio
CORTE DI CASSAZIONE – PROCEDIMENTO
62, Ricorso (termine breve): entro 60 gg. (1) dalla notifica della sentenza a cura
63 proposizione nel caso di notifica delle parti
della sentenza
» Ricorso (termine lungo): entro 6 mesi più dalla data del deposito della sentenza
proposizione nel caso in cui eventuale periodo in segreteria (in caso di sentenza non
nessuna delle parti provveda alla feriale (31 gg.) (1) notificata)
notifica della sentenza
» COSTITUZIONE IN GIUDIZIO del entro 20 gg. (1) dall'ultima notificazione alle parti
ricorrente: deposito nella
cancelleria della Corte
» Controricorso del resistente (con entro 20 gg. + 20 dalla ulteriore notificazione alle parti
eventuale RICORSO INCIDENTALE): gg. del ricorso
proposizione = 40 gg.
» Deposito entro 20 gg. (1) dalla notifica del controricorso
» Memorie: deposito entro 5 gg. (1) prima della data di trattazione
Note
(1) Termine perentorio (cioè improrogabile).
(2) Termine ordinatorio (cioè prorogabile e la cui inosservanza non comporta alcuna decadenza).
(3) Termine di decadenza.
Scadenze ricorsi e memorie 407

Le regole del processo


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2024, 2028
2023

Nota (**) si veda «Termini per la proposizione del ricorso» in [le regole del processo davanti alla Corte di Giustizia
Triutaria di 1° grado in sintesi].
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Le regole del processo Scadenze ricorsi e memorie

con deposito del fascicolo di parte presso la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado
(art. 22, D.Lgs., 31.12.1992, n. 546)

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2024, 2028
2023

Nota (**) si veda «Termini per costituzione in giudizio del ricorrente» in [le regole del processo davanti
alla Corte di Giustizia Triutaria di 1° grado in sintesi].
Scadenze ricorsi e memorie 409

Le regole del processo


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2023
2024, 2028
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Le regole del processo Scadenze ricorsi e memorie

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Nota (**) si veda Deposito documenti, memorie illustratuve in le regole del processo davanti alla Corte di Giustizia
Triutaria di 1° grado in sintesi.
Formulario degli atti
principali nel processo

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tributario telematico
N° Argomento della formula 1 Pag.
1. Modalità di registrazione al PTT 412
2. Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado con assistenza tecnica e 414
istanza di pubblica udienza
3. Procura alle liti rilasciata su foglio separato per il ricorso 415
4. Relazione di notifica 416
4-bis. Notifica a mezzo PEC (Testo di accompagnamento) 416
5. Fascicolo telematico della parte ricorrente 416
5-bis. Fascicolo della parte ricorrente (per i contenziosi per cui il P.T.T. non è obbligatorio, 417
ma solo facoltativo)
6. Reclamo alla Direzione Provinciale/Regionale della Agenzia delle Entrate 418
7. Procura alle liti rilasciata su foglio separato per il ricorso-reclamo 419
8. Chiamata in causa 419
9. Costituzione in giudizio della parte resistente 420
10. Fascicolo informatico e istanza di visibilità temporanea dello stesso 421
11. Integrazione dei motivi del ricorso 422
12. Deposito memorie illustrative 423
13. Istanza di trattazione in pubblica udienza 424
13-bis Istanza di trattazione da remoto 425
14 Deposito brevi repliche 426
15. Istanza di sospensione dell'atto impugnato 426
16. Istanza di sospensione nell'ipotesi di «eccezionale urgenza» 427
17. Atto di rinuncia al ricorso 428
18. Istanza congiunta di conciliazione giudiziale ex art. 48, D.Lgs. 546/1992 429
19. Istanza di discussione in pubblica udienza e proposta di conciliazione giudiziale 429
20. Istanza di riunione dei ricorsi 430
21. Nota di deposito sentenza 431
22. Appello del contribuente 431
22-bis. Dettaglio della costituzione telematica dell'appellante 433
23. Controdeduzioni dell'appellato 434
24. Controdeduzioni con appello incidentale 434
Note
1 Dal 1° luglio 2019, il P.T.T. è obbligatorio per tutti i giudizi tributari con esclusione delle controversie di valore
non superiore ai 3.000,00 euro (per le quali resta facoltativo). Dalla predetta data, pertanto, non è più possibile
procedere con la trasmissione, comunicazione, notificazione e deposito degli atti in via cartacea, ma si dove
procedere solo in via telematica, avvalendosi del servizio S.I.Gi.T. (Sistema Informativo della Giustizia
Tributaria), previa iscrizione al portale della Giustizia tributaria www.giustiziatributaria.gov.it.
Nelle Province autonome di Trento e Bolzano sono operanti, in ciascuna Provincia, Commissioni Tributarie di
1° e 2° grado, alle quali si applicano le norme previste, rispettivamente, per le Corti di Giustizia tributaria di
1°/2° Grado istituite nel resto d'Italia.
Atti processuali 412
Formulario

www.giustiziatributaria.gov.it

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Formulario

Atti processuali
413

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414
Atti processuali Formulario

2. Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado


con assistenza tecnica e istanza di pubblica udienza

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Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di …..
RICORSO (1)

con istanza di pubblica udienza (2)


• Del Sig./della Società .......... di (residenza/sede legale) .......... con il difensore avv./dott./rag.. ..........
- ricorrente;
• nei confronti dell'Agenzia delle Entrate -- Direzione Provinciale di ......... - resistente;
• avverso .......... (avviso di accertamento, di liquidazione, di irrogazione sanzioni, di rettifica, cartella di pa-
gamento, ecc.), n. ....... relativo a ….. (IRPEF, IRES, IRAP, IVA ....) notificato in data ........ - atto impugnato.

***
Il Sig.......... . nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n........... codice fiscale .......... d'ora in poi anche "il
ricorrente"
(oppure)
La società ………. (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo di Posta elettronica certificata (3),
se obbligatoria) in persona del proprio legale rappresentante Sig........... (codice fiscale .......) nato a .......... e
residente a .......... in via .......... d'ora in poi anche solo "la Società" o "il ricorrente" rappresentato/a e difeso/
a - giusta procura allegata/rilasciata su foglio separato (4) - dall'avv./dott./rag. (ecc.) .......... (codice fisca-
le), iscritto all'Albo.......... con studio in .......... via ………. (numero fax e indirizzo di Posta elettronica certifica-
ta) presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del P.T.T. per il presente giudizio,
• esaminato il provvedimento sopra indicato;
• considerato che, con tale atto, l'Ufficio impositore provvede a ………. (indicare le pretese impositive e san-
zionatorie contenute nell'atto impugnato);
• valutati i motivi addotti a supporto delle pretese avanzate;
• visti gli arti. 18 e segg. del D.Lgs. 546/1992 e ss.mm.;

RICORRE
avverso .......... (indicare la tipologia dell'atto impugnato) per i motivi che seguono, dopo aver riepilogato il

FATTO
Con avviso notificato il .......... (descrivere sinteticamente i fatti su cui è fondato l'accertamento)

DIRITTO
L'atto impugnato è illegittimo (in diritto)/ è infondato (nel merito) per i seguenti motivi: ……….
Per i suesposti motivi, il ricorrente, come sopra rappresentato,

CHIEDE
a) in via pregiudiziale/preliminare ……….
b) in via principale ……….
c) in via subordinata (eventuale) ……….-
d) in via istruttoria (richiesta di disporre consulenza tecnica, di ordinare l'esibizione di documenti ecc.)
..........
e) che la presente controversia venga discussa in pubblica udienza.
Con rifusione di spese ed onorari di causa.

DICHIARAZIONE DI VALORE DELLA LITE


«Ai sensi dell'art. 14, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002, si dichiara che il "valore legale" della presente causa è pari a
.......... euro, per cui il contributo unificato per spese di giustizia dovuto è pari a .......... euro»; prova del paga-
mento sarà fornita in sede di costituzione in giudizio del ricorrente».

***
Quanto sopra affermato e richiesto in relazione a .......... (indicare la tipologia dell'atto impugnato), il sotto-
scritto indica l'elenco degli atti e dei documenti che saranno depositati nel fascicolo telematico di parte in
sede di costituzione in giudizio del ricorrente (art. 22, D.Lgs. 546/1992): .......... .......... ..........

Con ossequio.
Per il ricorrente
Sig./Società..........

Luogo e data Firma digitale del difensore (5)


………. ……….

Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a ......e da n. ..... allegati.
Formulario 415

DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ

Atti processuali
Si attesta, ai sensi degli artt. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l'atto notificato alla parte all'indi-
rizzo PEC come risultante agli atti di causa e quello depositato telematicamente presso la Corte di Giusti-

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zia Tributaria di 1° Grado, sono tra loro conformi (trattandosi del medesimo file).

Avv./dott./rag.
Firmato digitalmente ..........

____________________________________________________________________________________________________
Note:
(1) Per i contenziosi con lite di valore (convenzionale) superiore a 50 mila euro. Dal 16 settembre 2022, la
Legge n. 130 del 31 agosto 2022, di riforma del processo tributario, ha stabilito il cambio di denominazio-
ne delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali in Corti di Giustizia Tributaria di 1°/2° Grado.
(2) La Legge n. 130 del 31 agosto 2022 (cfr. art. 4, c. 4), di riforma del processo tributario ha modificato
l’art. 16, c. 4 del D.L. 119/2018, che disciplina la trattazione delle udienze a distanza, prevedendo che: per i
giudizi instaurati dal 1° settembre 2023 (ovvero per i ricorsi notificati dal 1 settembre 2023 in poi), le
udienze pubbliche (ex art 34 D.lgs n. 546/1992) e in Camera di Consiglio (ex art. 33 del D.lgs. n. 546/1992)
potranno essere discusse con collegamento da remoto secondo le istruzioni già previste dal DM del 10
novembre 2020. La trattazione da remoto dovrà essere richiesta nel ricorso/primo atto difensivo o con
apposita istanza da depositare in segreteria entro i 20 giorni liberi prima della data di trattazione (non è
più prevista la notifica, che rimane necessaria nei soli casi in cui l’istanza di discussione da remoto venga
presentata prima della notifica dell’avviso di trattazione). Sarà garantita la trattazione da remoto solo nel
caso di richiesta congiunta delle parti, in caso contrario si ritiene che l’udienza debba esser discussa in
presenza presso le Corti di Giustizia Tributaria di Primo e Secondo Grado. Non saranno, quindi, più possi-
bili le udienze miste (con alcune parti da remoto ed altre in presenza).
Le udienze in composizione monocratica di cui all’art. 4-bis del D.Lgs 546/1992 e le udienze cautelari di
cui agli artt. 47, c. 2 e 52, c. 3 del D.Lgs. 546/1992 potranno avvenire solo da remoto, fatta salva la richie-
sta di trattazione in presenza di una delle parti per comprovate ragioni.
(3) L'indicazione della PEC equivale alla elezione di domicilio digitale ai fini delle comunicazioni e notificazioni
telematiche. Ogni variazione del predetto indirizzo di posta elettronica certificata deve essere comunicata
alla Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria adita ed alle parti costituite. In ogni caso la variazione ha ef-
fetto dal decimo giorno successivo a quello in cui è stata notificata (cfr. artt. 6 e 7, Regolamento del PTT).
(4) Nel PTT la procura alle liti deve essere rilasciata su foglio separato (si veda formula n. 3) e può essere
sottoscritta digitalmente oltre che dal difensore, anche dal ricorrente se munito di firma digitale. Nel caso
in cui il cliente non disponga di firma digitale, la firma autografa dovrà essere autenticata dal difensore
secondo quanto stabilito dall'art. 22.
(5) Con l'avvento del PTT, il ricorso, una volta redatto, deve essere salvato in formato PDF/A-1a o PDF/A-
1b e sottoscritto dal difensore con l'apposizione di firma digitale di tipo CADES/PADES. Tale firma attribu-
isce al file salvato, l'estensione pdf.p7m. Nel caso di più difensori, la firma digitale può essere apposta da
ciascuno di essi con l'effetto che al file .pdf verrà automaticamente aggiunta l'estensione p7m, tante volte
quante saranno le firme apposto sul ricorso.

3. Procura alle liti rilasciata su foglio separato per il ricorso

Il sottoscritto Sig. ......... (ovvero la Società .......... in persona del legale rappresentante pro-tempore Sig.
..........), delega a rappresentarlo e difenderlo in ogni fase e grado del giudizio, l'avv./dott./rag..... conferen-
dogli ogni e più ampio potere, ivi compreso quello di conciliare, di farsi sostituire in udienza, di nominare
coadiutori e assistenti in giudizio, di rinunciare al ricorso e agli atti.
Elegge domicilio presso l'indirizzo PEC del difensore
……….
Firma del delegante (apposta sul modulo cartaceo)
……….
«È autentica»
……….
Firma del difensore (apposta sul modulo cartaceo)
……….
____________________________________________________________________________________________________
Nota bene: Il documento, che costituisce un allegato (il primo) al ricorso, deve essere scansionato, salva-
to in PDF/A e poi autenticato, cioè sottoscritto digitalmente dal (solo) difensore. In alternativa, è possibile
la delega su file sottoscritta sia dal difensore che dal ricorrente con firma digitale.
416
Atti processuali Formulario

4. Relazione di notifica

Ad istanza di ………. (parte richiedente), io sottoscritto Aiutante Giudiziario addetto all’Ufficio notifiche

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presso il Tribunale di ………. (oppure presso la Corte di Appello di ……….), ho notificato (ad es., il presente
ricorso, il presente appello) alla Direzione Provinciale/Regionale dell’Agenzia delle Entrate di ………., al Co-
mune di ………., ecc., in via ………., n. ………. – dove mi sono recato personalmente – mediante consegna di
copia conforme all’originale, in mani proprie di ………. nella sua qualità di ………., in data ………. ad ore ……….

Aiutante Ufficiale Giudiziario


……….

____________________________________________________________________________________________________

Nota Bene: la relata di notifica, è normalmente apposta in calce all'atto, nei casi di notifica a mezzo posta.
Dal 1° luglio 2019, la notifica dei ricorsi avviene soltanto a mezzo PEC, conseguentemente non c'è più
l'obbligo di compilazione della relata. Anche nel caso di notifica tramite Ufficiale Giudiziario (ai sensi degli
artt. 137 e ss. c.p.c.) l'atto dovrà, infatti, essere trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata
dell'Ufficio UNEP (cfr. art. 5, D.M. 23.12.2013, n. 163, "Regolamento del PTT").
La notifica a mezzo PEC si considera regolarmente avvenuta nel momento stesso in cui il gestore di posta
elettronica certificata del destinatario dell'atto, genera la ricevuta di avvenuta consegna. In realtà, il siste-
ma genera, di regola, due ricevute: la prima di accettazione e la seconda di avvenuta consegna: solo
quest'ultima è in grado di garantire il perfezionamento della notifica.

4-bis. Notifica a mezzo PEC (testo di accompagnamento)

Destinatario: ………. (immettere indirizzo PEC dell'Ufficio)


Oggetto: Notifica ai sensi dell'art. 16-bis, comma 3, D.Lgs. 546/1992
Testo e-mail PEC:
Spett.le Agenzia delle Entrate Dir. Prov./Reg. di ……….,
in allegato alla presente si trasmette il ricorso proposto dal sig./Società ....... (C.F. ........ /P.IVA ……….), per
l'impugnazione dell'avviso di accertamento n. ......./l'atto ………. / la Sentenza n. ………., emessa dall'Ufficio
di ………. /dalla Corte di Giustizia Tributaria di 1°/2° Grado di ………. (inserire tutti i dati dell’eventuale sen-
tenza: data di emissione/deposito e/o notifica);
contribuente difeso dal sottoscritto avv./dott./rag. ………. (indicare le generalità del difensore e l'Ordine di
appartenenza);
la costituzione in giudizio avverrà presso la Corte di Giustizia Tributaria di 1°/2° Grado di……….
Con osservanza.
Nome e cognome del difensore
……….

5. Fascicolo telematico della parte ricorrente

Dal 1° luglio 2019 la costituzione in giudizio del ricorrente può avvenire solo telematicamente attra-
verso il sistema S.I.Gi.T. La piattaforma permette al professionista di trasmettere direttamente alla Se-
greteria della Corte di Giustizia Tributaria competente, il ricorso notificato, con copia della ricevuta di no-
tifica PEC, della procura e dei relativi documenti allegati (tutti gli atti trasmessi: ricorso, procura e docu-
menti allegati devono essere sottoscritti digitalmente).
Seguendo le indicazioni messe a disposizione dallo stesso portale, sarà possibile fornire tutti i dati neces-
sari per la costituzione in giudizio (dati generali della parte, atto impugnato, ecc.), compilare la nota di
iscrizione a ruolo ed effettuare il pagamento del contributo unificato attraverso il sistema PagoPa (oppure
prima di accedere al PTT, mediante F23 o marca da bollo da depositare in sede di costituzione attraverso
il S.I.GI.T).

Una volta completata la procedura di deposito, il S.I.Gi.t. rilascia in modalità sincrona la ricevuta di accet-
tazione, contenente numero, data ed ora di trasmissione dell'atto, che verrà automaticamente trasmessa
anche all'indirizzo PEC del soggetto abilitato che ha i effettuato il deposito. Tale data rappresenterà
quella di deposito ed iscrizione a ruolo della causa. Il S.I.Gi.T., infatti, verificato il regolare deposito degli
atti provvede all'iscrizione della causa al ruolo rendendo disponibile il relativo numero di iscrizione presso
l'area riservata dell'utente e trasmettendolo all'indirizzo PEC
dell'operatore che ha effettuato il deposito.
Formulario 417
-

Atti processuali
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____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: la figura propone un esempio della prima schermata che l'utente è tenuto a compilare per
procedere con la formazione del fascicolo di parte e la contestuale costituzione in giudizio. Per evitare
anomalie nella formazione del fascicolo telematico di parte, ogni singolo documento caricato non può
avere una dimensione superiore a 10 MB; possono essere trasmessi con un unico invio, non più i di 50
documenti, i quali complessivamente considerati non possono superare i 50 MB. Per un'indicazione detta-
gliata rispetto anche alla tipologia dei file che possono essere trasmessi, si rinvia a quanto dettagliata-
mente previsto agli artt. 10 e 11 del Regolamento del PTT (D.M. 163/2013) e agli artt. 7, 8, 9 e 10 del rela-
tivo allegato tecnico.
In caso di errore nella procedura di costituzione, il S.I.Gi.T. informa l'utente della/e eventuale/i anomalia/e
riscontrata/e, sempre a mezzo PEC.

5-bis. Fascicolo della parte ricorrente (per i contenziosi per cui il P.T.T.
non è obbligatorio, ma solo facoltativo)

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ……….


FASCICOLO DI PARTE
PARTE RICORRENTE:
a) per le persone fisiche: cognome e nome, data e luogo di nascita, residenza fiscale e codice fiscale;
b) per le persone giuridiche ed altri enti collettivi: denominazione o ragione sociale, sede legale, codice
fiscale, nonché cognome e nome, data di nascita, residenza e codice fiscale del legale rappresentante.
PARTE RESISTENTE: Ufficio finanziario (ad es., Direz. Provinciale/Regionale dell'Agenzia delle Entrate di
……….), Ente locale o Agente della riscossione di ..........

OGGETTO CONTROVERSIA: .......... ANNO (di riferimento): ..........


CONTENUTO del FASCICOLO
A. originale (o copia conforme) del ricorso; E/1. documento citato in ricorso sub 1;
B. fotocopia ricevuta presentazione del ricorso; E/2. documento citato in ricorso sub 2;
C. fotocopia atto impugnato; E/3. documento citato in ricorso sub 3;
D. nota di iscrizione a ruolo redatta su apposito E/4. documento citato in ricorso sub 4.
modello MEF con l'indicazione delle parti, del difensore,
dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore
della lite, della data di notificazione del ricorso,
dell'attestazione di versamento del C.U.
418
Atti processuali Formulario

6. Reclamo alla Direzione Provinciale/Regionale dell'Agenzia delle Entrate

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........

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RICORSO
(con istanza di reclamo/mediazione (1) e di pubblica udienza)
• presentato dal Sig./la Società .......... di (residenza/sede legale) .......... con la rappresentanza e la difesa
nell’eventuale giudizio dall’avv.. /dott./rag. ….; (2)
- ricorrente -
• nei confronti dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale/Regionale di .....
- resistente -
• avverso .......... (avviso di accertamento, di liquidazione, di rettifica, ecc.), n. .......... relativo a .......... (Irpef,
Ires, Irap, Iva, Imposta di Registro ..........) notificato in data ..........
- atto impugnato -
***
Il Sig. .......... nato a .......... residente a .......... via .......... n .......... codice fiscale ..........
(oppure)
La Società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo PEC) in persona del proprio legale
rappresentante pro tempore Sig. .......... (C.F. ..........) a .......... residente a .......... via ..........
rappresentato/a e difeso/a, giusta procura allegata/rilasciata su foglio separato (3), dall’avv./dott. /rag.
(ecc.) … (codice fiscale ..........), iscritto all’Albo .......... , con studio in .......... , via .......... (numero fax e indirizzo
di posta elettronica certificata), presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del procedi-
mento di reclamo e dell’eventuale giudizio,
• esaminato l’atto impositivo sopra indicato;
• considerato che con tale atto l’Ufficio impositore provvede a .......... (indicare le pretese impositive e sanzio-
natorie contenute nell’atto impugnato);
• valutati i motivi addotti a supporto delle pretese avanzate;
• visti gli artt. 17-bis e segg. del D.Lgs. 546/1992 e ss.mm.;

PRESENTA RECLAMO
avverso il predetto atto impositivo, chiedendone l’annullamento totale, per le seguenti ragioni: (indicare i
motivi della richiesta di annullamento, come se si trattasse di una istanza di autotutela).
In via subordinata, nell’ipotesi in cui codesta spett. le Direzione ritenesse di non accogliere la suesposta
richiesta di annullamento, il Sig./la Società formula la seguente

PROPOSTA DI MEDIAZIONE
fondata sulle motivazioni di seguito esposte (da indicare analiticamente), che, se condivise, porterebbero
alla rideterminazione della pretesa reclamata nei seguenti termini (quantificare la pretesa rideterminata
con la proposta di mediazione).
Qualora, decorsi novanta giorni dalla presentazione del suesposto reclamo, non sia stato notificato l’acco-
glimento dello stesso e non sia stata neppure conclusa la mediazione nei termini sopra proposti, il pre-
sente atto produrrà gli effetti propri del ricorso di cui all’art. 18, D.Lgs. 546/1992 e verrà dunque presen-
tato davanti alla
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di 1° GRADO ..........
per sentire dalla stessa accogliere le seguenti

CONCLUSIONI
a) in via pregiudiziale/preliminare ..........
b) in via principale ..........
c) in via subordinata (eventuale) ..........
d) in via istruttoria (eventuale richiesta di disporre consulenza tecnica, di ordinare l’esibizione di documenti,
ecc.) ..........
Con rifusione di spese di causa.
DICHIARAZIONE DI VALORE DELLA LITE (4)
«Ai sensi dell’art. 14, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002, si dichiara che il “valore legale” della presente causa è pari a
………. euro, per cui il contributo unificato dovuto per spese di giustizia è pari a ………. euro»; prova del paga-
mento sarà fornita in sede di costituzione in giudizio del ricorrente …….…
Elenco degli atti e dei documenti allegati al presente ricorso:
……….
……….
Con ossequio.

Luogo e data Per il ricorrente


………. ........................................

Firma digitale del difensore (5)


Formulario 419

Il presente documento si compone di n. ….............. pagine numerate progressivamente da 1 a …............ e di

Atti processuali
n. …… allegati.

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DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ
Si attesta, ai sensi degli artt. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l’atto notificato alla parte all’indi-
rizzo PEC come risultante agli atti di causa e quello depositato telematicamente presso la Corte di Giusti-
zia Tributaria di ….., sono tra loro conformi (trattandosi del medesimo file).

Avv./dott./rag.
.........................................
Firmato digitalmente
____________________________________________________________________________________________________

Note: (1) L’istanza di reclamo è condizione di procedibilità per i contenziosi di valore della lite inferiore a
50.000,00 euro. Dal 1° luglio 2019, il PTT è obbligatorio anche per tali giudizi, purché di valore non inferiore a
3.000,00 euro, per i quali rimane invece ancora facoltativo. Una volta notificato il ricorso-reclamo senza che si
giunga a una mediazione, questo dovrà essere depositato telematicamente entro gli ordinari termini di costi-
tuzione, ovvero entro 30 giorni dallo scadere dei termini per la mediazione (90 giorni dalla notifica del ricorso).
(2) L’obbligo di assistenza tecnica nel procedimento di reclamo e di difesa nell’eventuale successivo giudi-
zio riguarda le controversie potenziali di valore legale superiore a 3 mila euro e fino a 50 mila euro.
(3) Anche nel ricorso con istanza di reclamo la procura alle liti – predisposta ab origine telematicamente e
sottoscritta digitalmente sia dal ricorrente che dal difensore – va rilasciata su foglio separato (si veda for-
mula successiva). Nel caso in cui il ricorrente non disponga di firma digitale, la procura può anche essere
acquisita prima su supporto cartaceo e poi trasformata in formato pdf; in questo caso il difensore è tenu-
to ad autenticare la procura.
(4) Se il reclamo viene respinto o non si conclude la mediazione, il processo è assoggettato a Contributo Unificato.
(5) Dal 1° luglio 2019, anche il ricorso con istanza di reclamo, notificato e trasmesso telematicamente, de-
ve essere sottoscritto digitalmente.

7. Procura alle liti rilasciata su foglio separato per il ricorso-reclamo

Il sottoscritto Sig. ………. (ovvero la Società ………. in persona del legale rappresentante pro-tempore Sig.
……….), delega a rappresentarlo e difenderlo in ogni fase e grado del giudizio, l'avv./dott./rag. ………. confe-
rendogli ogni e più ampio potere, ivi compreso quello di proporre reclamo o di mediare ai sensi dell'art. 17-
bis del D.Lgs. 546/1992, di conciliare, di farsi sostituire in udienza, di nominare coadiutori e assistenti in
giudizio, di rinunciare al ricorso e agli atti.
Elegge domicilio presso lo Studio del difensore, sito in ………. via ………..

Firma del delegante


……….
«È autentica»
……….
Firma del difensore
……….

8. Chiamata in causa

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........


ATTO DI CHIAMATA IN CAUSA

• da parte del Sig./della Società ……....................…. di (residenza/sede legale) ….................……. con il difensore
avv./dott./rag. ………...................................
- ricorrente;
• In relazione al provvedimento in data ….........…. della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ............…. Ri-
corso n. ……...…. del Registro Generale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n. ……...........….
***
Il Sig. ……..............…. nato a ………. il ……..…. residente a ……...…. via ……........…. n. ………. codice fiscale ……….
(oppure)
La Società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo PEC) in persona del proprio legale
rappresentante Sig. .......... (codice fiscale ..........) a .......... residente a .......... in via .......... rappresentato/a e di-
feso/a, giusta procura alle liti già in atti dall’avv./dott. /rag. (ecc.) … (codice fiscale ..........), iscritto all’Albo
.......... , con studio in .......... , via .......... (numero fax e indirizzo di posta elettronica certificata), presso il qua-
le il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio,
420 Formulario

PREMESSO
Atti processuali

- che in data .......... ha depositato presso la segreteria di Codesta Corte ricorso avente il n. .........., del Regi-
stro Generale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n........... contro avviso .......... (indicare l'atto impugna-

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to) n. .........., emesso dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il .......... in
materia .......... per l'anno ..........;
- (riportare il testo integrale del ricorso);
- che, con ordinanza del .........., codesta Corte di Giustizia Tributaria, rilevata nel presente procedimento
l'ipotesi di litisconsorzio necessario, ha disposto l'integrazione del contraddittorio;

CHIAMA IN CAUSA
Il Sig. ........../la Società affinché si costituisca nei modi e termini di legge davanti alla Sezione n........... della
Corte di Giustizia Tributaria di ..........
Con ossequio.
Luogo e data
..........................
Firma digitale del difensore
......................................................
Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a .........
DICHIARAZIONE di CONFORMITÀ
Si attesta, ai sensi degli artt. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l’atto notificato al chiamato in
causa (…) all’indirizzo PEC (come risultante agli atti di causa) e quello depositato telematicamente presso
la Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ........., sono tra loro conformi (trattandosi del medesimo file).

Avv./dott./rag. .......…
Firmato digitalmente

____________________________________________________________________________________________________
Nota bene: se l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere chiamati
in giudizio su ordinanza della Corte di Giustizia Tributaria (art. 14, D.Lgs. 546/1992). La chiamata in giudi-
zio è effettuata a cura del ricorrente, che deve notificare, nel termine fissato dal giudice, copia del ricorso
e del provvedimento del giudice tributario ai litisconsorti necessari.
Dal 1° luglio 2019, anche l'atto di chiamata in causa deve essere notificato a mezzo PEC e depositato te-
lematicamente.
L'atto di chiamata in causa non è soggetto a Contributo Unificato (si tratta di una mera integrazione del
contraddittorio in una causa per la quale esso è stato già assolto).

9. Costituzione in giudizio della parte resistente

COSTITUZIONE IN GIUDIZIO

• Ricorso notificato dal (ricorrente) Sig.........../dalla Società .......... alla Direzione Provinciale/Regionale (resi-
stente);
• avverso .......... (avviso di accertamento, di liquidazione, di irrogazione sanzioni, di rettifica, cartella di pa-
gamento ecc.), n........... relativo a ..........(lrpef, lres, lrap, Iva ecc.) per l'anno/periodo di imposta ..........

***
L'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale/ Regionale di (..........) rappresentata dal Direttore pro-tem-
pore ..........
SI COSTITUISCE IN GIUDIZIO
nel processo introdotto con il ricorso di cui sopra avanti a codesta On. Le Corte e, con l'occasione, pre-
senta le seguenti
CONTRODEDUZIONI
……….
……….
Per i suesposti motivi
CHIEDE
a codesta Corte di respingere il ricorso e condannare il ricorrente alle spese di giudizio.
Si allegano e depositano telematicamente i seguenti documenti:
a) originale delle controdeduzioni;
b) altri eventuali documenti.

Luogo e data
……….
Timbro e firma digitale di chi rappresenta l'Ufficio tributario
………..
Formulario 421

Il presente documento è costituito da n. .......... pagine, numerate progressivamente da 1 a ..........

Atti processuali
DETTAGLIO DELLA COSTITUZIONE TELEMATICA IN GIUDIZIO DEL RESISTENTE:

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____________________________________________________________________________________________________
Nota bene: dal 1° luglio 2019, la parte resistente (al pari di quella ricorrente) è tenuta alla costituzione
telematica: ai sensi dell'art. 7 del Regolamento PTT e dell'art. 8 del relativo allegato tecnico. La costituzio-
ne deve avvenire, previo inserimento nel sistema S.I.Gi.T., del numero di iscrizione a ruolo, se conosciuto,
ovvero dei dati identificativi della controversia (parti - atto impugnato ecc.). Gli atti e i documenti da tra-
smettere devono avere gli stessi requisiti previsti per la costituzione del ricorrente e devono essere ac-
quisiti singolarmente dal sistema S.I.Gi.T.

10. Fascicolo informatico


(art. 14 Regolamento del PTT e art. 12 Allegato tecnico)

Dal 1° luglio 2019, il fascicolo informatico ha sostituito il fascicolo d’ufficio di cui all’art. 25 del D.Lgs.
546/1992. Formato dalla Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria adìta, il nuovo fascicolo informatico
permetterà ai giudici e alle parti di consultare telematicamente tutti gli atti, i documenti, gli allegati, le ri-
cevute di posta elettronica certificata, i messaggi di sistema e i dati del procedimento.
Le segreterie delle Corti sono, pertanto, esonerate dal rilasciare copia degli atti e documenti contenuti nel
fascicolo informatico, a favore delle parti abilitate alla consultazione telematica.
CONSULTAZIONE DEL FASCICOLO PROCESSUALE:
422 Formulario

Istanza di richiesta di visibilità temporanea del fascicolo informatico


Atti processuali

Corte di Giustizia Tributaria 1°/2° Grado di .....


ISTANZA DI VISIBILITÀ TEMPORANEA DEL FASCICOLO TELEMATICO RGR N./RGA N.

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Per il Sig.... (C.F. .:........), nato a .:........ il .:........ residente in .:........
(oppure)
Per la Società .:........ (P. IVA .:........), in nome del legale rappresentante pro tempore Sig. .:........, con
sede legale in .:........
rappresentato/a e difeso/a ai fini della presente richiesta, dall'avv./dott./ rag.. .:........ (C.F. .:........ PEC
.:........), con studio in .:........, come da procura rilasciata su foglio separato e allegata al presente atto.
PREMESSO CHE
il Sig. /la Società .... è parte del procedimento in epigrafe (spiegare le ragioni che permettono al richieden-
te di considerarsi parte del giudizio);
CHIEDE
avendone interesse ai fini della costituzione in giudizio, dovendo procedere all'esame degli atti, documenti
e provvedimenti depositati nel fascicolo informatico, che la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria
adìta, voglia autorizzare lo scrivente avv. /dott./ rag.......... , alla consultazione temporanea del fascicolo te-
lematico per l'espletamento delle anzidette attività difensive.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ……….

Nota bene: dal 28 gennaio 2019 anche la parte che non si è ancora costituita in giudizio ha la facoltà di
visionare gli atti e i documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, previa presentazione di una richiesta spe-
cifica di accesso temporaneo al fascicolo informatico.
L'interessato sceglie il servizio di accesso temporaneo tra le varie tipologie di deposito e indica, nelle
schede del PTT, tutti i dati necessari ad individuare il giudizio già presente nel sistema informatico per il
quale chiede l'accesso; quindi allega la richiesta redatta in formato PDF/ A e la procura alle liti, entrambe
sottoscritte digitalmente.
La Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria verifica la titolarità della parte ad accedere al fasci-
colo processuale telematico e ne comunica l'esito a mezzo PEC.
L'autorizzazione alla visione del fascicolo ha una durata limitata di 10 giorni e può avvenire utilizzando
il servizio Telecontenzioso accessibile dall'area riservata del PTT. La consultazione avviene agevol-
mente inserendo unicamente nella schermata di ricerca il numero di RGR o di RGA.

11. Integrazione dei motivi del ricorso

Corte di Giustizia Tributaria 1° Grado di ..........

INTEGRAZIONE DEI MOTIVI DI RICORSO


• presentato dal Sig./dalla Società .......... residente in ... /con sede legale in .........., con il difensore avv./
dott./rag...........; ricorrente;
• nei confronti di (ad. es.) Dir. Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .........., resistente;
• consegnato/spedito/notificato alla controparte il .........., e depositato nella Segreteria di codesta Corte il
.......... iscritto nel Registro Generale Ricorsi (R.G.R.) al n. ..........contro avviso .......... (indicare l'atto impugna-
to) n. .........., emesso dall'Ufficio .........., notificato il .........., in materia .......... per l'anno ........
***
Il Sig. .......... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. ........... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. .......... (codice fiscale ..........), nato a .......... e residente a .......... in via .......... rappresentato/a e difeso/a -
giusta procura alle liti rilasciata sul foglio separato allegato al ricorso introduttivo - dall'avv./dott./rag.
.........., iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via .......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domi-
ciliato ai fini del giudizio
PREMESSO

• che il ricorso di cui all'oggetto è stato assegnato alla sezione n. ..........;


• che in data .......... ha avuto notizia del deposito, ad opera della controparte, di documenti prima non co-
nosciuti, e, in particolare,
• che, pertanto, ai fini di una più completa azione difensiva, si rende necessaria la presentazione
dei seguenti
MOTIVI AGGIUNTI

di cui all'art. 24, co. 2, D.Lgs. 546/1992, si segnala quanto segue:


Formulario 423

.........

Atti processuali
.........
Per i motivi sopraesposti e per quelli indicati nel ricorso

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


CHIEDE
a codesta On.le Corte l'accoglimento del ricorso di cui sopra, compresa la rifusione delle spese di giudizio.
Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


.......... ..........

Il presente documento è costituito da n. .......... pagine, numerate progressivamente da 1 a ......... e da n. …


allegati.

DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ
Si attesta, ai sensi degli artt. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l’atto notificato al chiamato in
causa (…) all’indirizzo PEC (come risultante agli atti di causa) e quello depositato telematicamente presso
la Corte di Giustizia Tributaria 1° Grado di …, sono tra loro conformi (trattandosi del medesimo file).

Avv./dott./rag. .......…
Firmato digitalmente
______________________________________________________________________________________________
Nota bene: dal 1° luglio 2019, anche l'atto di integrazione dei motivi di ricorso rientra tra quelli per i quali
è obbligatorio il PTT, pertanto esso dove essere sottoscritto digitalmente, notificato via PEC alla
controparte e depositato telematicamente avvalendosi della piattaforma S.I.Gi.T.
Le modalità da seguire per il deposito telematico, sono le stesse previste per il deposito dei documenti
successivi alla costituzione in giudizio e, quindi, previo inserimento nel sistema del numero di iscrizione a
ruolo. Individuato il fascicolo processuale telematico, si può procedere con la trasmissione dell'atto di
integrazione dei motivi di ricorso seguendo le regole previste dagli artt. 10-11 del Regolamento del
PTT e dagli artt. 8 e 9 del relativo allegato tecnico.
Per gli atti di integrazione dei motivi di ricorso, il Contributo Unificato è dovuto solo nel caso in cui tali
motivi configurino la proposizione di un nuovo ricorso avverso atti non indicati in quello introduttivo e de-
positati in corso di giudizio; se, invece, i motivi aggiunti hanno per oggetto atti già impugnati per vizi di-
versi da quelli fatti valere nel ricorso originario, il Contributo Unificato non è dovuto.

12. Deposito memorie illustrative

Corte di Giustizia Tributaria Tributaria 1° Grado di ..........

MEMORIE ILLUSTRATIVE
relative al RICORSO depositato in data .......... presso la Segreteria della Corte con n. .......... del Registro Ge-
nerale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n. .........., contro avviso .......... (indicare l'atto impugnato) n.
.........., emesso (ad es.) dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il .........., in
materia .......... per l'anno .........
***
Il Sig. .......... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. .......... codice fiscale ..........
(oppure)
La società ………. (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. .......... (codice fiscale ……….), nato a ……….e residente a ………. in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti rilasciata su foglio separato allegato al/del
ricorso introduttivo - dall'avv./dott./rag..........., iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via .......... presso
il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
a) di aver preso atto delle osservazioni e considerazioni indicate nell'atto di costituzione in giudizio da
parte dell'Ufficio;
b) di ritenere tuttora valide le argomentazioni e i motivi del ricorso con cui è stato incardinato il presente
processo tributario; con il presente atto

SI PROPONE
a) di contrastare le eccezioni mosse dall'Ufficio resistente appena ricordate;
b) di illustrare e, se del caso, di precisare e chiarire il contenuto del ricorso. Per i suesposti motivi
424 Formulario

INSISTE
Atti processuali

affinché codesta On.le Corte accolga le domande proposte con il ricorso introduttivo. Con ossequio.

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


Luogo e data Firma digitale del difensore
………. ……….

Il presente documento è costituito da n. .......... pagine, numerate progressivamente da 1 a .........


__________________________________________________________________________________________________

Nota bene: dal 1° luglio 2019, anche le memorie illustrative devono essere depositate telematica-
mente nel giudizio, attraverso la piattaforma S.I.Gi.T., ai sensi dell'art. 11 del Regolamento del PTT (D.M.
163/2013) e degli artt. 8 e 9 dell'allegato tecnico.
Le «memorie illustrative» non sono assoggettate al Contributo Unificato, già assolto all'atto della costitu-
zione in giudizio.

13. Istanza di trattazione in pubblica udienza

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........

ISTANZA DI PUBBLICA UDIENZA

a seguito del RICORSO depositato in data .......... presso la Segreteria di codesta On.le Corte n........... del
Registro Generale Ricorsi (RGR), assegnato alla sezione n..........., contro avviso .......... (indicare l'atto impu-
gnato) n..........., emesso (ad es.) dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il
.........., in materia .......... per l'anno ..........;
***
Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n ........ codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig........... (codice fiscale..........), nato a .......... e residente a .......... in via .......... rappresentato/a e difeso/a -
giusta procura alle liti già in atti - dall'avv./dott./rag..........., iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via
.......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
di aver ricevuto, in data .........., avviso di trattazione della controversia per il giorno ..........ad ore ..........
Per i suesposti motivi

CHIEDE
a codesta On.le Corte che la controversia di cui trattasi sia discussa in pubblica udienza, ai sensi
dell'art. 33, co. 1, D.Lgs. 546/1992.
Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


.......... .........

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: se l'istanza di pubblica udienza non è già stata presentata nel ricorso introduttivo - o in altro
atto del processo notificato alla controparte - può essere chiesta anche con atto separato almeno 10
giorni liberi prima dell’udienza, ma solo se questa viene sempre almeno 10 giorni liberi prima, depositata
nella Segreteria della Corte (con le stesse modalità utilizzate per il ricorso introduttivo).
Dal 1° luglio 2019 anche la presente istanza deve essere redatta in formato elettronico PDF/A, sottoscrit-
ta digitalmente dal difensore, notificata via PEC alle altre parti e depositata telematicamente nella segre-
teria della Corte adìta, tramite il S.I.Gi.T., secondo le regole previste per il deposito telematico degli atti
successivi al ricorso principale.
Le «istanze di trattazione in pubblica udienza» non sono assoggettate al Contributo Unificato, già assolto
all'atto della costituzione in giudizio.
Formulario 425

Atti processuali
13-bis Istanza di trattazione da remoto

On.le

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di ….

***

ISTANZA DI TRATTAZIONE DA REMOTO


nel giudizio recante R.G.R. …

Udienza del …

• per la Società “…” (P.IVA: …), con sede legale in ..., via …, n. …, CAP … (…), in persona dell’Amministratore
Unico e legale rappresentante pro tempore dott. … (C.F.: …), rappresentata e difesa, anche disgiuntamen-
te, dall’avv. … (C.F. …; PEC …), del foro di … e dal dott.. … (C.F. …; PEC …), iscritto all’Albo dei dottori com-
mercialisti di …, domiciliata, anche a seguito di nuova nomina dei suddetti difensori, presso il medesimo
Studio … sito in …, via …, n. …;

- ricorrente -
• contro la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di …. , d’ora in poi anche solo “la D.P.A.E.” o
“l’Ufficio”, in persona del Direttore pro tempore

- resistente -
• in relazione all’avviso di Accertamento … n. … per ….

VISTI

- l’art. 27 del D.L. n. 137 del 28.10.2020;


- il decreto del Direttore Generale delle Finanze r.r. 46 dell’11.11.2020 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il
16.11.2020;

CHIEDONO

che l’udienza, già fissata al …, avvenga con trattazione da effettuarsi con collegamento da remoto, ai sensi
dell’art. 16, comma 4 della Legge n. 136 del 17.12.2018 e dell’art. 27 del D.L. n. 137 del 28.10.2020.
Si allega copia di ricevuta di accettazione e consegna della notifica via Pec della presente istanza all’indi-
rizzo Pec dell’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di ….

Luogo e data

per la società

uno dei difensori delegati (anche disgiuntamente),

firmato digitalmente
Avv. …

Il presente atto è costituito da 2 pagine e 1 allegato.

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: con le debite modificazioni (C.di G.T. di 2° grado, R.G.A., etc.), l’istanza in parola, può essere
presentata anche nel giudizio d’appello.
426
Atti processuali Formulario

14. Deposito brevi repliche

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


BREVI REPLICHE
a seguito del ricorso depositato in data .......... presso la Segreteria della Corte n. .......... del Registro Genera-
le Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n. .........., contro avviso .......... (indicare l'atto impugnato) n. ..........,
emesso (ad es.) dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il .........., in mate-
ria .......... per l'anno ........ .
***

Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n........... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. .......... (codice fiscale ..........), nato a .......... e residente a .......... in via .......... rappresentato/a e difeso/a -
giusta procura alle liti già in atti - dall'avv/dott./rag. .........., iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via
.......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
- che in data .......... l'Ufficio .......... di .......... ha depositato memorie illustrative presso Codesta Corte per
contestare i motivi indicati nel ricorso sostenendo che .......... ;
- che non è stata richiesta la discussione in pubblica udienza, e dunque la trattazione della controversia
avverrà in Camera di consiglio in data ..........; presenta le seguenti
REPLICHE
avverso le controdeduzioni dell'Ufficio per i seguenti motivi:
.......... ..........
.......... ..........
Per tutto quanto sopra esposto
CHIEDE
il rigetto delle eccezioni di controparte .......... e di conseguenza l'accoglimento del ricorso precedentemen-
te presentato.
Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ..........

Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a ..........


____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: dal 1° luglio 2019, il deposito delle brevi repliche deve avvenire, al pari di tutti gli altri atti e
documenti, tramite la piattaforma S.I.Gi.T. Pertanto, l'atto va redatto su supporto informatico, salvato in
formato PDF/ A, sottoscritto digitalmente e depositato telematicamente nella Segreteria della Corte di
Giustizia Tributaria adìta.
Le «brevi repliche» non sono assoggettate al Contributo Unificato, già assolto all'atto della costituzione in
giudizio.

15. Istanza di sospensione dell'atto impugnato

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di……….

ISTANZA DI SOSPENSIONE

relativa al ricorso presentato da .........., con difensore .......... iscritto al n. ................... del Registro Generale Ri-
corsi (R.G.R.) assegnato alla sezione n. .........., avverso ............................. (avviso di accertamento, di liquida-
zione, di irrogazione sanzioni, di rettifica, cartella di pagamento ecc.), n. .......... relativo a .......... (lrpef, lres,
lrap, Iva ecc.) emesso (ad es.) dall'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale o Regionale di (………).
***
Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. ........... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. .......... (codice fiscale ..........), nato a .......... e residente a .......... in via .......... rappresentato/a e difeso/a -
giusta procura alle liti già in atti - dall'avv./dott./rag. .........., iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via
.......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.
Formulario 427

PREMESSO

Atti processuali
che in data …….. ha depositato presso la Segreteria di Codesta On.le Corte il ricorso di cui sopra,

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


CONSIDERATO

• che sussiste il «fumus boni juris», nel senso che il ricorso appare fondato, come risulta dai motivi che
seguono, posti a base dello stesso ..........;
• che sussiste il «periculum in mora», dato che dalla esecuzione dell'atto impugnato deriverebbe un danno
grave ed irreparabile, in quanto ..........
CHIEDE

a codesta On.le Corte, ai sensi del primo comma dell'art. 47, D.Lgs. 546/1992, di sospendere l'esecuzione
dell'atto impugnato e, in particolare, di evitare, al momento, di dover corrispondere le imposte che l'Ufficio
potrebbe pretendere in via provvisoria.
Si depositano telematicamente:
1) copia dell'atto impugnato;
2) copia del ricorso conforme all'originale notificato a mezzo PEC (con relative ricevute di notifica);
3) altri eventuali documenti.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


……….. ……….

Il presente documento è costituito da n. .......... pagine, numerate progressivamente da 1 a .......... e da n. ….


allegati.
_________________________________________________________________________________________________

Nota bene: la presente istanza può essere formulata anche nello stesso ricorso che introduce la causa.
Se presentata a parte, deve, al pari di tutti gli altri atti successivi al ricorso introduttivo, essere depositata
telematicamente e previamente notificata alle altre parti costituite.
Le «istanze di sospensione» non sono assoggettate al Contributo Unificato, già assolto all'atto della co-
stituzione in giudizio.

16. Istanza di sospensione nell'ipotesi di «eccezionale urgenza»

Al Presidente della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........


ISTANZA DI SOSPENSIONE CON ECCEZIONALE URGENZA

della esecuzione dell'atto impugnato (avviso di accertamento, di liquidazione, di irrogazione sanzioni, di ret-
tifica, cartella di pagamento ecc.), n. ………. relativo a ………. (Irpef, lres, lrap, Iva ecc.) emesso (ad es.)
dall'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale o Regionale di (...........), oggetto di ricorso da parte di
.......... con difensore .......... iscritto al n. ………. del Registro Generale Ricorsi (R.G.R.) assegnato alla se-
zione n...........
***
Il Sig. .......... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. .......... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. ………. (codice fiscale ..........), nato a .......... e residente a .......... in via .......... rappresentato/a e difeso/a -
giusta procura alle liti già in atti - dall'avv./dott./rag..........., iscritto all'Albo .........., con studio in ………., via
………. presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
che in data ………. ha depositato presso la segreteria di Codesta On.le Corte il ricorso di cui sopra,

CONSIDERATO
• che sussiste il «fumus boni juris», nel senso che il ricorso appare fondato, come risulta dai motivi che
seguono, posti a base dello stesso ……….;
• che sussiste il «periculum in mora», dato che dalla esecuzione dell'atto impugnato deriverebbe un dan-
no grave ed irreparabile, in quanto ..........;
• che il danno succitato è altresì imminente, in quanto ..........

CHIEDE
all'ill.mo Presidente di Codesta On.le Corte, ai sensi del terzo comma dell'art. 47, D.Lgs. 546/1992, di so-
spendere l'esecuzione dell'atto impugnato, e, in particolare, di evitare, al momento, di dover corrispondere
428 Formulario

le imposte che l'Ufficio potrebbe pretendere in via provvisoria.


Atti processuali

Si depositano telematicamente:
1) copia dell'atto impugnato;

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


2) copia del ricorso conforme all'originale notificato a mezzo PEC (con relative ricevute di notifica);
3) altri eventuali documenti.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ………..

Il presente documento è costituito da n.. ......... pagine, numerate progressivamente da 1 a .......... e da n. ….


allegati.

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: la presente istanza può essere presentata in qualsiasi stato e grado del processo secondo le
regole previste dal PTT. Le «istanze di sospensione» non sono assoggettate al Contributo Unificato, già
assolto all'atto della costituzione in giudizio.

17. Atto di rinuncia al ricorso

Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........


RINUNCIA AL RICORSO

presentato da .......... in data .......... e depositato in data .......... presso la Segreteria di Codesta On.le Corte,
con il n. .......... del Registro Generale Ricorsi (R.G.R.), contro avviso .......... (indicare l'atto impugnato) n.
.........., emesso (ad es.) dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il .........., in
materia .......... per l'anno ..........

***
Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. ........ codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig.......... (codice fiscale..........), nato a .......... e residente a .......... in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti allegata al ricorso introduttivo - dall'avv./dott.
rag..........., iscritto all'Albo.........., con studio in .........., via.......... presso il quale il ricorrente è elettivamente do-
miciliato ai fini del giudizio
VISTO
..........
..........

DICHIARA
di rinunciare al ricorso sopraindicato ai sensi dell'art. 44, D.Lgs. 546/1992.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


.......... ..........
____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: l'accettazione dell'atto di rinuncia, da parte del ricorrente, è richiesta solo se non è già com-
presa nei poteri di cui alla procura speciale conferita al difensore. In caso contrario, l'accettazione del ri-
corrente può essere fatta, alternativamente, o con firma digitale o con firma analogica su atto separato
(che costituisce un allegato all'atto processuale di rinuncia).
L'atto di rinuncia, al pari di tutti gli altri atti successivi al ricorso, deve essere depositato nel fascicolo pro-
cessuale telematico attraverso il S.I.Gi.T.
L'atto non è assoggettato al Contributo Unificato, già assolto all'atto della costituzione in giudizio.
Formulario 429

Atti processuali
18. Istanza congiunta di conciliazione giudiziale ex art. 48, D.Lgs. 546/1992

Corte di Giustizia Tributaria di 1°/2° Grado di..........

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


ISTANZA
per la conciliazione totale/parziale della controversia n. RGR/RGA .........., pendente tra
il sig./la Società .......... di (luogo di residenza) .......... con il difensore dott. .......... (munito di apposita procura
a conciliare);
e
l'Ente impositore/Agente della riscossione/Concessionario della riscossione, in persona di ..........;
avente ad oggetto annullamento/dichiarazione di nullità dell'atto/sentenza n. ......... .
Le Parti del contenzioso in epigrafe

CONSIDERATO
• che la Segreteria di codesta On.le Corte ha comunicato che il ricorso/l'appello RGR/RGA .......... verrà di-
scusso in data .......... ore ..........

PREMESSO
• che in data .......... hanno raggiunto un accordo conciliativo per la definizione totale/parziale della con-
troversia in essere (allegato alla presente istanza), in base al quale il sig./la Società .........., si è impegnato/
a versare ed ha tempestivamente versato la somma di € .......... a titolo di imposta, di € .......... a titolo di
sanzione ridotta (40%/50%), oltre agli interessi di legge pari a € ..........; o la somma di € .......... corrispon-
dente alla prima delle 8/16 rate trimestrali di pari importo (allegato Mod. F24/F23 di versamento) e l'Ente
impositore/Agente della riscossione/Concessionario della riscossione ha accettato di ricevere tale som-
ma a titolo transattivo;

VISTI
• gli articoli 48 e 48-ter, D.Lgs. 546/1992

CHIEDONO
che codesta On.le Corte voglia dichiarare con sentenza/ordinanza la totale/parziale cessazione della ma-
teria del contendere, con compensazione delle spese di lite (e, nel secondo caso, di procedere alla ulterio-
re trattazione della controversia).
Con ossequio.
Luogo e data Firma digitale delle Parti istanti
.......... ..........

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: la presente istanza deve essere depositata telematicamente nella Segreteria della Corte di
Giustizia Tributaria adìta fino a 10 giorni (liberi) prima della data prevista per l'udienza di trattazione.

19. Istanza di discussione in pubblica udienza e proposta di conciliazione giudiziale

Alla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ............

ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA


E PROPOSTA DI CONCILIAZIONE GIUDIZIALE

relative a ricorso presentato dal Sig./dalla Società di (luogo di residenza/sede legale) .........., con il difenso-
re avv./dott./rag. ................ depositato presso la Segreteria di Codesta On.le Corte, con il n. .......... del Regi-
stro Generale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n. .........., contro avviso .......... (indicare l'atto impugna-
to) n. .......... emesso (ad es.) dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il
.........., in materia .......... per l'anno ..........;

***
Il Sig. .......... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. ......... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig. .......... (codice fiscale ..........), nato a .......... e residente a .......... in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti già in atti - dall'avv./dott./rag. .........., iscritto all'Al-
bo , con studio in ..........,via .......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del
giudizio.
430
Atti processuali Formulario

PREMESSO
• che in data .......... ha ricevuto avviso di trattazione della controversia per il giorno .......... ad ore ..........

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


CHIEDE
• che la controversia di cui trattasi, ai sensi dell'art. 33, co. 1, D.Lgs. 546/1992, sia discussa in pubblica
udienza e

PROPONE
altresì, ai sensi dell'art. 48-bis, co. 1, D.Lgs. citato, la conciliazione totale (o parziale) della controversia nei
termini seguenti:
..........
..........

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


……….. ………….

Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a ........ .


____________________________________________________________________________________________________
Nota bene: la conciliazione giudiziale è esperita in udienza, quando una delle parti abbia proposto all'altra
parte la conciliazione totale o parziale della controversia, con istanza di trattazione in pubblica udienza da
notificare alle altre parti fino a 10 giorni liberi prima della data di trattazione; l'originale o la copia dovrà
essere depositato/a telematicamente nella segreteria della Corte entro lo stesso termine. La proposta
può essere fatta direttamente in udienza, se la trattazione pubblica è già stata ritualmente richiesta da
una delle parti.
Il Contributo Unificato è assolto all'atto della costituzione in giudizio.

20. Istanza di riunione dei ricorsi

Al Presidente della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ..........

ISTANZA DI RIUNIONE DEI RICORSI


presentata dal Sig./dalla Società .......... di (residenza/sede legale) .........., con il difensore avv./dott./rag. .........

***
Il Sig. .......... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. .......... codice fiscale ..........
(oppure)
La società .......... (denominazione, sede legale, codice fiscale) in persona del proprio legale rappresentante
Sig… …….. (codice fiscale .........), nato a .......... e residente a .......... in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti già in atti - dall'avv./dott./rag. .........., iscritto all'Albo
.........., con studio in ………., via .......... presso il quale il ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del
presente giudizio.

PREMESSO
- che, in data .......... ha depositato presso la Segreteria di Codesta On.le Corte ricorso, con n . ………. del
Registro Generale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n..........., contro avviso .......... (indicare l'atto impu-
gnato) n. ………., emesso dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il ..........,
in materia .......... per l'anno ……….;
- e che, in data .......... ha depositato presso la Segreteria di Codesta On.le Corte ricorso, con n. ………. del
Registro Generale Ricorsi (R.G.R.), assegnato alla sezione n. ..........., contro avviso .......... (indicare l'atto
impugnato) n. ………., emesso dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... e notificato il
.........., in materia .......... per l'anno ……….;

CONSIDERATO
che i suindicati ricorsi sono relativi allo stesso tributo e sono tra loro connessi;

CHIEDE
che la S.V. voglia disporre la riunione dei ricorsi sopra specificati a norma dell'art. 29, D.Lgs. 546/1992.
Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ……….
Formulario 431

Atti processuali
____________________________________________________________________________________________________

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


Nota bene: dal 1° luglio 2019, anche la presente istanza deve essere depositata telematicamente al pari di
quanto avviene per iI deposito di tutti gli atti successivi al ricorso introduttivo il giudizio.
Non è richiesto il pagamento dell'imposta di bollo se il processo è stato assoggettato a Contributo Unifi-
cato.

21. Nota di deposito sentenza

Alla Segreteria della Corte di Giustizia di 1°/2° Grado di ..........

NOTA DI DEPOSITO DELLA SENTENZA NOTIFICATA


(art. 38, comma 2, D.Lgs. 546/1992)
Il sottoscritto ………., nella sua qualità di:
• Contribuente;
• Difensore costituito di ……….;
• Rappresentante legale della società ……….;
• Delegato da ……….;
(come da delega allegata alla presente);
• Funzionario della Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di ……….,

PREMESSO
• che il giorno .........., presso la Sezione .......... di codesta Corte di Giustizia Tributaria, è stata emessa la
sentenza n. ………. depositata in data ..........
• che in data .......... è stata effettuata la notifica della citata sentenza nei confronti della controparte
..........

DEPOSITA
copia conforme all'originale notificato della stessa sentenza ai sensi e per gli effetti del comma 2 dell'art.
38, D.Lgs. 546/1992.

Luogo e data Firma digitale del richiedente


………. ……….
____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: con il PTT la sentenza è redatta come documento informatico e sottoscritta con firma digitale
qualificata dal Presidente, dall'estensore e dal segretario di sezione che provvede anche al suo deposito.
La trasmissione della sentenza alla Corte di Giustizia tributaria avviene sempre tramite il S.I.Gi.T. (cfr. art.
16, Regolamento del PTT).
La notifica della sentenza alla controparte deve avvenire a mezzo PEC. Entro i successivi 30 giorni, il noti-
ficante deve procedere con il deposito di copia conforme all'originale della sentenza notificata e delle re-
lative ricevute di avvenuta notifica.

22. Appello del contribuente

Corte di Giustizia Tributaria di 2° Grado di …………

APPELLO (1)
(con istanza di pubblica udienza)

• presentato dal Sig./dalla Società ………. di (residenza/sede legale) ………., con il difensore avv./dott./rag.
………. – appellante;
• nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ………. – appellata –;
• avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di ………. Sezione n. ………., del ……….
n. ………. in materia di ………. per l’anno ……… - atto impugnato -

***
Il Sig. ………. nato a ………. il ………. residente a ………. via ………. n. ………. codice fiscale ……….
(oppure)
La società ………. (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo di Posta elettronica certificata –
432 Formulario

Pec) in persona del proprio legale rappresentante Sig. ………. (codice fiscale ……….), nato a ………. e residen-
Atti processuali

te a ………. in via ……….


Rappresentato/a e difeso/a – giusta procura agli atti (se è previsto «per ogni fase e grado del giudizio») –

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


dall’avv./dott./rag. ………. (codice fiscale ……….), iscritto all’Albo ………., con studio in ………., via ………. (nu-
mero di fax e indirizzo di Posta elettronica certificata – Pec) presso il quale l’appellante è elettivamente do-
miciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
- che con avviso di ………., notificato Il ………., la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di ……….
provvedeva a ……….;
- che contro tale avviso ………. Il sottoscritto ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di 1°
Grado di ………. la quale, con la sentenza che si impugna, respingendo le argomentazioni addotte e docu-
mentate nel ricorso, provvedeva a ……….
PROPONE APPELLO
Avverso la sentenza indicata in oggetto per i seguenti
MOTIVI
(dopo aver sinteticamente riportato i fatti, esporre i motivi dell’impugnazione)
……….
……….
……….
Per i suesposti motivi

CHIEDE
A codesta Corte, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del presente appello.

Con vittoria delle spese processuali relative a questo ed al precedente grado di giudizio e con condanna
dell’Ufficio al pagamento di quanto indebitamente riscosso, ai sensi dell’art. 69, D.Lgs. 546/1992.
Si chiede che il presente appello venga discusso in pubblica udienza.

DICHIARAZIONE DI VALORE DELLA LITE


Ai sensi dell’art. 14, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002, si dichiara che il “valore legale” della presente causa d’ap-
pello è pari a ………. euro, per cui il Contributo Unificato per spese di giustizia è pari a ………. euro; prova
del pagamento sarà fornita in sede di costituzione in giudizio dell’appellante.
Si deposita telematicamente: (2)
Presso la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria di 2° Grado adìta, copia dell’appello notificato alla
Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di ………., a mezzo PEC, corredato dalle relative ricevute di
accettazione/consegna rilasciate dal server di posta elettronica certificata del destinatario.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ……….

Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a ........ .


DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ
Si attesta, ai sensi degli artt. 14, 16-bis, 22 e 23 del D.Lgs. 546/1992, che l'atto notificato alla parte all'indi-
rizzo PEC come risultante agli atti di causa e quello depositato telematicamente presso la Corte di Giusti-
zia Commissione Tributaria di 1° Grado , sono tra loro conformi (trattandosi del medesimo file).
Avv./dott./rag.
Firmato digitalmente ..........
____________________________________________________________________________________________________
Nota bene:
(1) Appello: entro 60 giorni dalla notifica della sentenza a cura delle parti (termine breve), ovvero, in man-
canza di notifica, entro 6 mesi dal deposito della sentenza (termine lungo). In entrambi i casi, più eventua-
le sospensione feriale di 31 giorni.
(2) Il deposito dell’atto di appello, delle relative ricevute PEC (di «accettazione» e «consegna») e degli
eventuali documenti allegati avviene tramite il portale S.I.Gi.T:
- la parte al momento del deposito, provvede alla compilazione della nota di iscrizione a ruolo ed al paga-
mento del Contributo Unificato, attraverso il sistema PagoPa (ovvero, se il pagamento è effettuato in un
momento antecedente, mediante F24, o marca da bollo da depositare dall’atto della costituzione);
- la Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado trasmette il fascicolo processuale del giudizio di primo gra-
do alla Segreteria della Corte di Giustizia Tributaria di 2° Grado per la formazione del fascicolo processuale d’appello.
Formulario 433

Atti processuali
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23. Controdeduzioni dell'appellato

Corte di Giustizia Tributaria di 2°Grado di ..........

CONTRODEDUZIONI ALL'APPELLO

• da parte del Sig./della Società .......... di (residenza/sede legale) .........., con il difensore avv./dott./rag.
.......... - appellato;
• avverso l'appello proposto dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... contro la sen-
tenza del .......... n. .......... emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di .......... sezione n. ......... in
materia di .......... per l'anno ..........

***
Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. .......... codice fiscale ..........
(oppure)
La società....... (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo di Posta elettronica certificata, se ob-
bligatorio) in persona del proprio legale rappresentante Sig........... (codice fiscale ..........) nato a .......... e resi-
dente a .......... in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti rilasciata su foglio separato allegato al/del ricorso in-
troduttivo - dall'avv/dott./rag........... (codice fiscale ..........), iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via
.......... (numero di fax e indirizzo di Posta elettronica certificata) presso il quale l'appellato è elettivamente
domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
• che in data .......... è stato notificato atto di appello contro la sentenza del ............... n. .......... emessa
dalla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di .........., sezione n. ..........;
• che con l'atto di appello la Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... ha eccepito ..........
434 Formulario

Tanto premesso
Atti processuali

SI COSTITUISCE IN GIUDIZIO
proponendo le seguenti

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CONTRODEDUZIONI
..........
..........

CHIEDE
a codesta Corte di rigettare l'appello dell'Ufficio con la conferma della sentenza della Corte di Giustizia
Tributaria di 1° Grado di ..........
Con rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Si provvede al deposito telematico delle presenti controdeduzioni.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ……….

Il presente documento è costituito da n. ......... pagine, numerate progressivamente da 1 a .......... e da n. ....


allegati.

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: la costituzione della parte resistente deve avvenire telematicamente con le modalità già previ-
ste per la costituzione in primo grado, ovvero previa corretta individuazione del fascicolo processuale te-
lematico e compilazione delle schermate presenti nel PTT (cfr. art 10 del Regolamento del PTT e art. s
dell'allegato tecnico).
Le controdeduzioni dell'appellato non sono assoggettate ad imposta di bollo se al processo di appello è
stato applicato il Contributo Unificato.

24. Controdeduzioni con appello incidentale

Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado di ..........

CONTRODEDUZIONI CON APPELLO INCIDENTALE

• da parte del Sig./della Società .......... di (residenza/sede legale) .........., con il difensore avv./dott./rag.
......... ; - appellato -
• avverso l'appello proposto dalla Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di (..........) contro la senten-
za del .......... n. ................... emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di .........., sezione n. .......... in
materia di ………. per l'anno ………. - appellante -

***
Il Sig........... nato a .......... il .......... residente a .......... via .......... n. ...... codice fiscale ..........
(oppure)
La società.......... (denominazione, sede legale, codice fiscale e indirizzo di Posta elettronica certificata) in
persona del proprio legale
rappresentante Sig. .......... (codice fiscale .......... ), nato a .......... e residente a .......... in via ..........
rappresentato/a e difeso/a - giusta procura alle liti - allegata al ricorso introduttivo - dall'avv./dott./rag.
……….. (codice fiscale ..........), iscritto all'Albo .........., con studio in .........., via .......... (numero di fax e indirizzo di
Posta elettronica certificata) presso il quale l'appellante è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio.

PREMESSO
- che la Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di .......... ha proposto appello principale contro la
sentenza del .......... n. ..........
- emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di 1° Grado di .........., sezione n con cui, in parziale accoglimen-
to del ricorso, presentato dal sottoscritto provvedeva a..................................... ;
- che tale atto di appello è stato notificato in data ..........

PROPONE APPELLO INCIDENTALE


avverso la sentenza indicata in oggetto per i seguenti

MOTIVI
……….
……….
Formulario 435

Per i suesposti motivi

Atti processuali
CHIEDE

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a codesta Corte che in accoglimento del presente appello ed in totale/parziale riforma della sentenza im-
pugnata voglia ..........
Con vittoria delle spese di giudizio.

DICHIARAZIONE DI VALORE DELLA DOMANDA PROPOSTA CON L'APPELLO INCIDENTALE


«Ai sensi dell'art. 14, co. 3-bis, D.P.R. 115/2002, si dichiara che il presente appello incidentale comporta un
aumento del "valore legale" della lite di .... euro, per cui si rende dovuto il contributo unificato "integrativo"
di ………. euro.
Si procede al deposito telematico delle presenti controdeduzioni con appello incidentale entro i termini di
legge.

Con ossequio.

Luogo e data Firma digitale del difensore


………. ……….

Il presente documento è costituito da n........... pagine, numerate progressivamente da 1 a ..........

____________________________________________________________________________________________________

Nota bene: il deposito deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell'appello principale, indipendente-
mente dai termini previsti per impugnare.
Il Contributo Unificato è applicabile solo all'appello incidentale proposto dalla parte rimasta parzialmente
soccombente nel merito di primo grado.
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Istituti Deflativi del
Contenzioso Tributario
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Ravvedimento operoso

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D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472

Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di


norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.

Art. 13 - RAVVEDIMENTO [CFF · 9476]

1. La sanzione è ridotta, sempre che la violazione non sia stata già constatata e comunque non sia-
no iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali
l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:
a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso
viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione; 4
a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti
sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data del-
l’omissione o dell’errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in
dichiarazione avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in
cui l’omissione o l’errore è stato commesso; 9
b) ad un un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se inci-
denti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presenta-
zione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ov-
vero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore; 5
b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se inci-
denti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presenta-
zione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata com-
messa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni
dall'omissione o dall'errore; 7
b-ter) ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti
sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione
della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la
violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o
dall'errore; 7
b-quater) ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se inci-
denti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della vio-
lazione ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la violazione non rientri
tra quelle indicate negli articoli 6, comma 2-bis, limitatamente all'ipotesi di omessa memorizza-
zione ovvero di memorizzazione con dati incompleti o non veritieri, comma 3, o 11, comma 5,
del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471; 12
c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazio-
ne, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo
del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta
in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a
trenta giorni; 6
[1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b-bis), b-ter) e b-quater), si applicano ai tributi am-
ministrati dall'Agenzia delle entrate e, limitatamente alle lettere b-bis) e b-ter), ai tributi doganali
e alle accise amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli.] 10
1-ter. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per i tributi amministrati
dall'Agenzia delle entrate non opera la preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la noti-
fica e gli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme do-
440
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

vute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settem-
bre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica

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26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. La preclusione di cui al comma 1, primo peri-
odo, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento, non opera neanche per i tri-
buti doganali e per le accise amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. 11
1-quater. Il pagamento e la regolarizzazione di cui al presente articolo non precludono l'inizio o la
prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accerta-
mento. 8
2. Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione
del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi
moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
3. Quando la liquidazione deve essere eseguita dall'ufficio, il ravvedimento si perfeziona con l'ese-
cuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazio-
ne.
[4. Nei casi di omissione o di errore, che non ostacolano un'attività di accertamento in corso e che
non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo, il ravvedimento esclude l'applica-
zione della sanzione, se la regolarizzazione avviene entro tre mesi dall'omissione o dall'errore.] 2
5. Le singole leggi e atti aventi forza di legge possono stabilire, a integrazione di quanto previsto
nel presente articolo, ulteriori circostanze che importino l'attenuazione della sanzione. 1 3

Note
1 Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 05.06.1998, n. 203 (G.U. 01.07.1998, n. 151).
2 Il presente comma, prima così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 19.11.1998, n. 422 (G.U. 09.11.1998, n. 287), è stato successi-
vamente abrogato dall'art. 7 D.Lgs. 26.01.2001, n. 32 (G.U. 05.03.2001, n. 53).
3 In virtù di quanto è disposto dall'art.1 del DL 07.06.2006 n.206, in caso di violazione dell'obbligo di versamento in ac-
conto o a saldo dell'imposta regionale sulle attività produttive (D.Lgs. 15.12.1997, n. 446), relativo al periodo d'imposta
in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, non si applica la riduzione delle sanzioni prevista dal pre-
sente articolo.
4 La presente lettera prima modificata dall' art. 16, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, è stata, poi, co-
sì modificata dall'art. 1, comma 20, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano alle violazioni commesse a de-
correre dal 1° febbraio 2011.
5 La presente lettera prima modificata dall' art. 16, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, è stata, poi, co-
sì modificata dall'art. 1, comma 20, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano alle violazioni commesse a de-
correre dal 1° febbraio 2011. ma modificata dall' art. 16, D.L. 29.11.2008, n. 185, così come modificato dall'allegato alla
legge di conversione L. 28.01.2009, n. 2, con decorrenza dal 29.1.2009, è stata poi così modificata dall'art. 1, comma 20,
L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano alle violazioni commesse a decorrere dal 1° febbraio 2011.
7 La presente lettera è stata inserita dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015.
8 Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015.
9 La presente lettera inserita dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015, è stata così mo-
dificata dall'art. 16, D.Lgs. 24.09.2015, n. 158 con decorrenza dal 01.01.2016.
10 Il presente comma inserito dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015, poi modificato
prima dall'art. 16, D.Lgs. 24.09.2015, n. 158 con decorrenza dal 01.01.2016 e poi dall'art. 5, D.L. 22.10.2016, n. 193 con
decorrenza dal 24.10.2016, così come sostituito dall'allegato alla legge di conversione, L. 01.12.2016, n. 225 con decor-
renza dal 03.12.2016, è stato da ultimo abrogato dall'art. 10 bis, D.L. 26.10.2019, n. 124, così come inserito dall'allegato
alla legge di conversione, L. 19.12.2019, n. 157, con decorrenza dal 25.12.2019.
11 Il presente comma inserito dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015, è stato così mo-
dificato dall'art. 5, D.L. 22.10.2016, n. 193 con decorrenza dal 24.10.2016, così come sostituito dall'allegato alla legge di
conversione, L. 01.12.2016, n. 225 con decorrenza dal 03.12.2016.
12 La presente lettera inserita dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015, è stata così mo-
dificata dall'art. 1, comma 1114, L. 30.12.2020, n. 178 con decorrenza ed applicazione dal 01.01.2021.
Ravvedimento operoso 441

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Art. 13-bis - RAVVEDIMENTO PARZIALE [CFF · 29476a]

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1. L'articolo 13 si interpreta nel senso che è consentito al contribuente di avvalersi dell'istituto del
ravvedimento anche in caso di versamento frazionato, purché nei tempi prescritti dalle lettere a),
a-bis), b), b-bis), b-ter), b-quater) e c) del comma 1 del medesimo articolo 13. Nel caso in cui l'im-
posta dovuta sia versata in ritardo e il ravvedimento, con il versamento della sanzione e degli in-
teressi, intervenga successivamente, la sanzione applicabile corrisponde a quella riferita all'inte-
grale tardivo versamento; gli interessi sono dovuti per l'intero periodo del ritardo; la riduzione
prevista in caso di ravvedimento è riferita al momento del perfezionamento dello stesso. Nel ca-
so di versamento tardivo dell'imposta frazionata in scadenze differenti, al contribuente è con-
sentito operare autonomamente il ravvedimento per i singoli versamenti, con le riduzioni di cui al
precedente periodo, ovvero per il versamento complessivo, applicando in tal caso alla sanzione la
riduzione individuata in base alla data in cui la stessa è regolarizzata.
2. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai soli tributi amministrati dall'Agenzia delle en-
trate. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 4 decies, D.L. 30.04.2019, n. 34, così come inserito dall'allegato alla legge di
conversione, L. 28.06.2019, n. 58, con decorrenza dal 30.06.2019.

RAVVEDIMENTO GIÀ OPEROSO (Art. 13)

Norme in sintesi
1. 1. Se la violazione della normativa relativa a tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e ai
tributi doganali e le accise non è stata ancora oggetto di un avviso di accertamento o di liquidazio-
ne o di un avviso bonario notificato al contribuente o, se la violazione relativa a tributi diversi non
è stata ancora constatata né sono iniziate attività amministrative di accertamento (come accessi,
ispezioni e verifiche) a carico del trasgressore o di ciascuno dei soggetti solidalmente obbligati, le
sanzioni sono ridotte,
a. ad un decimo del minimo, quando il mancato pagamento del tributo (a saldo o in acconto) viene
eseguito entro 30 giorni dalla data della commessa violazione;
b. ad un nono del minimo, quando viene posto rimedio all’errore o alla omissione entro 90 giorni
dalla data della omissione o dell’errore, ovvero dal termine di presentazione della dichiarazione,
se la violazione è stata commessa mediante la dichiarazione;
c. c) ad un ottavo del minimo, quando viene posto rimedio all’errore o alla omissione entro il ter-
mine per la successiva dichiarazione periodica o, se questa non è prevista, entro un anno dalla
commessa irregolarità;
d. ad un settimo del minimo, quando viene posto rimedio all’errore o alla omissione entro il termi-
ne di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è
stata commessa la violazione, o, se questa non è prevista, entro due anni dalla commessa irrego-
larità;
e. ad un sesto del minimo, quando viene posto rimedio all’errore o alla omissione oltre il termine
di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è
stata commessa la violazione, ed entro i termini di decadenza dell’accertamento, o, se questa
non è prevista, oltre due anni dalla commessa irregolarità;
f. ad un quinto del minimo, quando viene posto rimedio all’errore o alla omissione dopo la consta-
tazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la vio-
lazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6, comma 2-bis, limitatamente all’ipotesi di
omessa memorizzazione ovvero memorizzazione con dati incompleti o non veritieri, e comma 3,
o 11, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;
g. ad un decimo del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiara-
zione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni.
2. La regolarizzazione di cui al co. 1 si perfeziona con l’adempimento e il pagamento del tributo, se
442
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

dovuto, degli interessi legali e della sanzione ridotta; se la liquidazione deve essere eseguita dall’Uf-
ficio, il pagamento deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione.

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3. Il ravvedimento non preclude le ulteriori attività di controllo e accertamento.
4. Le singole leggi e atti aventi forza di legge possono stabilire, a integrazione di quanto previsto nel
presente articolo, ulteriori circostanze che importino l’attenuazione della sanzione.
Definizione Il ravvedimento cd. «operoso» è un istituto giuridico che consente al contribuente di re-
golarizzare spontaneamente le violazioni tributarie, usufruendo di una riduzione sanzionatoria
graduata in funzione della tempestività della regolarizzazione, se il contribuente, entro i termini
previsti da ciascuna fattispecie, effettua l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito e, con-
testualmente, versa le imposte (eventualmente) dovute, i relativi interessi e le sanzioni ridotte.
L’istituto verrà illustrato esaminando sinteticamente le singole fattispecie di ravvedimento, do-
po aver ricordato le regole generali.
Ad esso si affianca il c.d. ravvedimento speciale introdotto dall’art. 1, co. da 174 a178 della L.
29.12.2022, n. 297, Legge di Bilancio 2023, cui sarà dedicato un apposito paragrafo.
Ravvedimento operoso 443

Art. 13, Termine per il Riduzione Tributi

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


D.Lgs. Violazione Sanzione base Ambito
ravvedimento sanzioni ammessi
472/1997

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Lett. a) Omesso, 30%* 30 gg. dalla violazione 1/10 Tutti Solo omessi
Tardivo, commessa del versamenti
Insuff. minimo
versa-
mento
Lett. a- Errori o Variabili 90 gg. dal termine 1/9 Tutti Tutte le
bis) omissioni, (ad es.: di presentazione della del violazioni,
anche se 1) Dal 90% dichiarazione minimo eccetto la
incidenti al 180% 90 gg. dalla omissione omessa
sulla della maggiore o errore che si intende presentazio-
determi- imposta dovuta sanare ne della
Lett. b) nazione nei casi di: Entro il termine per la 1/8 Tutti dichiarazione
o sul - infedele presentazione della del entro
pagamen- dichiarazione dichiarazione relativa minimo il termine
to del delle imposte sui all’anno nel corso del di scadenza
tributo redditi: cfr. art. 1, quale è commessa la
D.Lgs. 471/1997; violazione, ovvero
- omessa entro 1 anno dalla
fatturazione e/o omissione o dall’errore
registrazione
Lett. di operazioni Entro il termine per la 1/7 Tutti
b-bis) imponibili ai fini presentazione della del
IVA: cfr. art. 6, dichiarazione relativa minimo
D.Lgs. 471/1997. all’anno successivo a
quello nel corso del
2) Dal 120% quale è commessa la
al 240% violazione, ovvero
dell’imposta entro 2 anni dalla
dovuta nel caso omissione o dall’errore
Lett. di omessa Oltre il termine per la 1/6 Tutti
b-ter) richiesta presentazione della del
di registrazione dichiarazione relativa minimo
di un atto all’anno successivo a
o omessa quello nel corso del
presentazione di quale è commessa la
una denuncia, ai violazione, ovvero oltre
fini dell’imposta 2 anni dalla omissione
di registro: cfr. o dall’errore (ed entro i
art. 69, D.P.R. termini per
131/1986). l’accertamento)
Lett. Dopo la constatazione 1/5 Solo Tutte le
b- nel P.V.C. (Processo del Tributi violazioni,
quater) Verbale di minimo ammini- escluse alcune
Constatazione ed strati dall’A.
violazioni
entro i termini per E. e dall'A.relative a
l’accertamento) Dogane e M. scontrini
e ricevute
Lett. c) Omessa/ € 250,00 Presentazione entro 1/10 Tutti Solo
tardiva 90 gg. dal termine del violazione
dichiara- minimo omessa
zione dichiarazione
* Ridotta a metà, nel caso di versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni e ulteriormente
ridotta a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, nel caso di versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15
giorni (cfr. art. 13, D.Lgs. 471/1997).

Regole generali
Ambito soggettivo Riguarda tutti i contribuenti, in qualità di autori della violazione e/o di soggetti
solidalmente responsabili; vale a dire:
› i contribuenti, nei cui confronti si verifica il presupposto di imposta;
› i sostituti d’imposta, obbligati al pagamento dell’imposta per conto di altri (ad es., datori di la-
444
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

voro per i dipendenti);


› i responsabili di imposta, obbligati al pagamento dell’imposta insieme con altri (ad es., il no-

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taio per l’omessa registrazione di un atto soggetto all’imposta di registro: cfr. art. 57, D.P.R.
131/1986; gli agenti immobiliari «per le scritture private non autenticate di natura negoziale sti-
pulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari»: cfr. art. 57, co. 1-bis e art. 10, co.
1, lett. d-bis, D.P.R. 131/986, nonché Circ. Ag. Entrate 29.5.2013, n. 18, par. 3.1.3)
Ambito oggettivo Riguarda tutti i tributi, e quindi:
› i tributi «diretti», quali: Irpef, Ires e Irap, e «indiretti», quali: Iva, imposta di registro, imposta
ipotecaria e catastale e imposta sulle successioni e donazioni, amministrati dall’Agenzia delle
Entrate;
› i «tributi locali», quali: Imu, Tasi ecc., dato che «alle violazioni delle norme in materia di tributi
locali si applica la disciplina generale sulle sanzioni amministrative per la violazione delle norme
tributarie» (compreso, quindi, il ravvedimento: cfr. art. 16, D.Lgs. 473/1997), amministrati dai
Comuni, dalle Regioni ecc.;
› i «tributi doganali» e le «accise», amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Possono essere oggetto di regolarizzazione:
› sia le violazioni sostanziali, relative a errori o omissioni che incidono sulla determinazione e
sul pagamento dei tributi, rilevabili in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in base alla di-
chiarazione o in sede di rettifica della dichiarazione presentata dal contribuente;
› sia le violazioni formali, che non incidono sulla determinazione e sul pagamento dei tributi,
ma che possono ostacolare l’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
La distinzione «tra violazioni formali e violazioni sostanziali risente dell’accertamento in concreto
della produzione di un danno erariale, scaturente dal fatto che la condotta abbia inciso sulla determi-
nazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo» (cfr. Cass. Sentenze
20.1.2022, n. 1693 e n. 1691).
Sono esempi di violazioni sostanziali:
› gli omessi versamenti di imposte dovute, puniti, di regola, con la sanzione del 30% (cfr. art.
13, D.Lgs. 471/1997);
› la infedele dichiarazione, punita, di regola, con la sanzione amministrativa dal 90% al 180%
della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato (cfr. art. 1, D.Lgs.
471/1997);
› la omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili, punita, di regola, con la san-
zione amministrativa dal 90% al 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente
documentato o registrato nel corso del periodo d’imposta (cfr. art. 6, D.Lgs. 471/1997).
Sono esempi di violazioni formali:
› la omessa, inesatta o incompleta indicazione, nella dichiarazione dei redditi o nella dichiara-
zione Iva, dei dati rilevanti per la individuazione del contribuente (cfr. art. 8, co. 1, D.Lgs.
471/1997);
› la omessa indicazione, nella dichiarazione dei redditi, dei dati relativi alla rivalutazione dei
terreni e partecipazioni («impregiudicati gli effetti della rivalutazione»: cfr. Circ. Ag. Entrate
15.2.2013, n. 1, par. 4.3);
› la omessa indicazione separata in dichiarazione dei costi «black list», perché «costituisce con-
dotta idonea a frapporre un ostacolo all’attività di costante monitoraggio da parte dell’Amministra-
zione finanziaria» delle predette operazioni (cfr. Cass. Sent. 27.4.2016, n. 8326; Risp. Ag. Entra-
te 8.4.2019, n. 101);
› «l’invio tardivo delle fatture elettroniche allo SdI, vale a dire oltre i termini ordinari, ma corretta-
mente incluse nella liquidazione IVA di competenza con relativo versamento dell’imposta» (cfr.
C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
› «i corrispettivi elettronici correttamente memorizzati e non inviati all’Agenzia delle Entrate, ma
correttamente inseriti in contabilità con relativa liquidazione dell’IVA dovuta» (cfr. C.A.E.
20.3.2023, n. 6);
› la inottemperanza ad un invito a comparire (diverso dall’invito di cui all’art. 5, D.Lgs.
218/1997, che non è sanzionato), il rifiuto di esibizione della documentazione richiesta (che,
peraltro, può produrre effetti sostanziali sull’accertamento), la omessa risposta alle domande
o la omessa restituzione di un questionario (cfr. art. 11, D.Lgs. 471/1997);
Ravvedimento operoso 445

› la omessa presentazione del Mod. F24 a saldo zero, dato che ostacola l’attività di accertamento

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


(cfr. art. 15, co. 2-bis, D.Lgs. 471/1997). Tale violazione - punita con la sanzione (base) pari a

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100,00 euro, ridotta a 50,00 euro, se il ritardo non supera i 5 giorni lavorativi - può essere re-
golarizzata con il ravvedimento operoso, tenendo conto della diversa misura della sanzione
base e dell’arco temporale in cui la violazione viene sanata (cfr. R.A.E. 20.3.2017, n. 36). In re-
altà, secondo la giurisprudenza di merito, il ritardo nella presentazione del Modello F24,
«avendo la natura di omissione o di errore che non ostacola un’attività di accertamento (...) e che
non incide sulla determinazione e sul pagamento del tributo», potrebbe qualificarsi «quale mera
violazione formale senza alcun debito d’imposta e, conseguentemente, [potrebbe essere] esclusa da
qualsiasi sanzione» (cfr. C.T.P. Torino, 21.3.2014, n. 725).
Possono essere sanate con il ravvedimento operoso anche le violazioni di:
› indebita percezione del contributo a fondo perduto c.d. perequativo di cui all’art. 1, co. 16 e
segg. del D.L. 25.5.2021, n. 73 [(conv. con modif. in L. 23.7.2021, n. 106. Cfr. Provv. A.E.
29.11.2021, n. 336196);
› errata o imprecisa compilazione di una (prima) autodichiarazione Aiuti di Stato (di cui all’art.
1, del D.L. 22.3.2021, n. 41), cui il soggetto dichiarante può rimediare «inviando entro il termine
del 30 novembre 2022 una successiva autodichiarazione (con i dati corretti), che sostituisce inte-
gralmente la prima» (cfr. FAQ A.E., 17.11.2022);
› omessa, tardiva o errata trasmissione al Sistema tessera sanitaria, dei dati relativi alle presta-
zioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche («utilizzando il codice tributo 8912
“Sanzioni pecuniarie relative all’anagrafe tributaria, al codice fiscale, alle imposte sui redditi, alle
imposte sostitutive all’IRAP e all’IVA”) e, qualora la comunicazione sia correttamente trasmessa en-
tro sessanta giorni dalla scadenza prevista, la sanzione base su cui applicare le percentuali di ridu-
zione disposte» dall’art. 13/472, «è data dalla sanzione ordinaria ridotta a un terzo con un massi-
mo di 20.000 euro» (cfr. R.A.E. 23.5.2022, n. 22);
Non possono essere oggetto di ravvedimento, in quanto non punibili (cfr. art. 10, co. 3, L.
212/2000 e art. 6, co. 5-bis, D.L.gs. 472/1997) le «violazioni meramente formali», cioè quelle che,
congiuntamente (cfr. Cass. Sent. 15.3.2022, n. 8283) e in concreto (cfr. Cass. Ordinanze
26.2.2020, n. 5289; 11.12.2013, n. 27678; C.T.P. Alessandria, 21.7.2021, n. 144; C.A.E. 3.8.2001, n. 77;
R.A.E. 16.2.2005, n. 20):
› non incidono né sulla determinazione della base imponibile e/o dell’imposta, né sul versa-
mento del tributo; e, congiuntamente
› non recano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo da parte dell’Amministrazione fi-
nanziaria (cfr. C.A.E. 3.8.2001, n. 77; Cass. Ord. 8.6.2018, n. 14933; Cass. Sent. 27.2.2017, n.
4960).
Tali violazioni «non sono punibili per inoffensività, dovendo la valutazione concreta circa la natura
formale o meramente formale della violazione compiersi in base alla idoneità ex ante della condotta a
recare detto pregiudizio all’esercizio dell’attività di controllo» (cfr. Cass. Sentenze 4.5.2022, n. 14154;
20.1.2022, n. 1693 e 1691; 10.6.2021, n. 16450; 17.12.2020, n. 28938). «La nozione di violazione me-
ramente formale esprime [infatti] la mancanza di offensività di determinati comportamenti per assen-
za di qualsiasi lesione di interessi tutelati» (cfr. Principio di interpretazione n.3/Accertamento e
Riscossione, 01/2022), tant’è che «la esclusione dall’area della sanzionabilità è riconducibile» solo a
questo tipo di violazioni (cfr. Cass. Ord. 9.11.2022, n. 33093)..
Anche queste violazioni, in applicazione del principio di collaborazione (cfr. art. 10, L.
212/2000), possono essere regolarizzate dal contribuente presentando, all’Ufficio competente,
una comunicazione integrativa o rettificativa di quella inesatta, senza, però, che sia dovuta alcu-
na sanzione: ad esempio, la errata indicazione, nel Mod. F24, del periodo di imposta o del codice
tributo può essere sanata dal contribuente presentando «istanza di rettifica» della delega erro-
neamente compilata «senza la necessità di ulteriori adempimenti» (sempre che le irregolarità non
incidano sul versamento del tributo: cfr. C.A.E. 21.1.2002, n. 5; per analoghi errori commessi nel-
la compilazione del Mod. F23 e relative correzioni: cfr. R.M. 26.5.2000, n. 73 e 9.8.2000, n. 131;
C.A.T. 5.6.2001, n. 6, nonché Ris. 20.10.2004, n. 4/T).
La possibilità di utilizzare il ravvedimento per regolarizzare anche violazioni connesse a condot-
te fraudolente - che l’Amministrazione finanziaria ha sempre negato (cfr. G.d.F. Circ. 1/2018;
Circ. Min. 180/1998), e la giurisprudenza di legittimità ha ammesso, a certe condizioni (cfr. Cass.
446
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

Pen. 6.2.2018, n. 5448. Per l’ammissibilità, si veda, anche, l’AIDC, Norma di comportamento n.
202/2018) – deriva ora (cfr. art. 39, co. 1, lett. q-bis) del D.L. 124/2019, conv. con modif. in L.

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157/2019) dalla estensione della causa di non punibilità di cui all’art. 13, co. 2, D.Lgs. 74/2000,
anche ai reati di dichiarazione fraudolenta (ex artt. 2 e 3 stesso Decreto), purché la regolarizza-
zione intervenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezio-
ni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento o di procedimenti
penali. «In materia di imposte sul reddito, l’accesso allo strumento del ravvedimento operoso, consen-
tito anche per regolarizzare le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente, non è precluso del-
l’avvio dell’attività istruttoria, poiché gli articoli 13 e 13-bis, co. 2 del D.Lgs. 74/2000, disciplinando gli
effetti penali prodotti dalla procedura deflativa prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria,
ne legittimano l’utilizzo sino alla notifica dell’atto impositivo»(cfr. Cass. Ord. 28.12.2022, n. 37940).
Di conseguenza, anche l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che «il predetto comma 2 dell’art.
13 del D.Lgs. 74/2000, nonchè il co. 2 del successivo art. 13-bis [relativo alle «Circostanze del rea-
to»] legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichia-
rative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti
si realizzano (…). Deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di con-
dotte fraudolente come espresso con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la
possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni
fiscali connesse a condotte fraudolente» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11; orientamento, peraltro, già am-
messo, con specifico riferimento alle predette fattispecie dalla Risposta Ag. Entrate, Telefisco,
30.1.2020. L’argomento verrà ripreso nell’ambito degli effetti penali dell’istituto).
Infine, non possono essere sanate con il ravvedimento operoso «le violazioni relative agli obblighi
previdenziali», per cui «sui contributi dovuti dovranno essere calcolate le sanzioni civili» (cfr. Circ.
INPS 2.8.2016, n. 140).
Cause ostative
› Tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (Irpef, Ires, Irap, Iva, Imposta di registro, ecc.)
(co. 1-ter): il contribuente non può valersi del ravvedimento operoso se ha ricevuto la notifica
di un avviso di liquidazione, di un avviso di accertamento, di un «avviso bonario» (di cui agli
artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973 e all’art. 54-bis del D.P.R. 633/1972), nonché di ogni
altro atto di natura autoritativa o impositiva, compresi e gli avvisi di irrogazione delle sanzio-
ni (sebbene non espressamente richiamati, nè menzionati dall’art. 13, co. 1-ter: cfr. Circ. Ag.
Entrate 19.2.2015, n. 6), e gli atti di recupero di crediti di imposta che l’Agenzia delle Entrate
ritiene indebitamente fruiti e sui quali concentrerà la propria attenzione nei controlli pro-
grammati per il 2022 (cfr. la Circ. 20.6.2022, n. 21 sugli Indirizzi operativi e linee guida per il
2022 sulla prevenzione e contrasto all’evasione fiscale). La norma, non retroattiva, «fa salva la
notifica degli atti di liquidazione e di accertamento, in tal modo lasciando intendere che, anche per i
tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso veicolato dalla dichiarazio-
ne integrativa, mentre non incontra la preclusione della semplice constatazione della violazione o
degli accessi, continua a incontrare la preclusione delle attività di liquidazione e accertamento e,
dunque, a fortiori, della iscrizione a ruolo» (cfr. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12389).
La notifica di un avviso bonario costituisce causa ostativa limitatamente alle irregolarità rilevate
con il controllo automatico o la liquidazione formale (ad es., l’errato riporto di una eccedenza
d’imposta risultante dalla precedente dichiarazione), ma non preclude al contribuente di valersi
dell’istituto «per sanare altre violazioni che non gli siano state contestate» con tali procedure (ad
es., la indebita deduzione di costi non inerenti: cfr. C.A.E. 19.2.2015, n. 6, a conferma della C.A.E.
18/2011). «Per quanto riguarda [in particolare] il controllo formale, l’accesso al ravvedimento è pre-
cluso dal recapito della comunicazione degli esiti del controllo effettuato ai sensi dell’art. 36-ter, re-
cante l’indicazione delle somme dovute dal contribuente, e non dalla eventuale richiesta di documen-
tazione, finalizzata alla verifica dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi. Pertanto, le comuni-
cazioni con cui è richiesta la documentazione (…), non costituiscono una preclusione all’esercizio del
ravvedimento», purché lo stesso sia effettuato «prima della ricezione della comunicazione degli esiti
del controllo» (cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12).
Ravvedimento operoso 447

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Tipo di atto Ravvedimento operoso
Notifica atto impositivo NO

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Consegna P.V.C. SI
Notifica avvisi bonari NO
Richiesta documentazione finalizzata al controllo formale ex art. 36- SI
ter D.P.R. 600/1973
Comunicazione esito del controllo formale ex art. 36-ter D.P.R. 600/1973 NO

In assenza di notifica di un atto impositivo (comunque denominato), il contribuente può usu-


fruire dell’istituto «a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero
che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 6/2015), dato che – salvo poche eccezioni – la constatazione di una violazione
mediante P.V.C. può essere regolarizzata (con sanzioni ridotte a 1/5).
› Tributi diversi da quelli amministrati dall’Agenzia delle Entrate (come, ad es., i tributi locali)
(co. 1): il contribuente non può valersi del ravvedimento operoso se:
- la violazione è già stata constatata;
- sono iniziati accessi, ispezioni o verifiche;
- sono iniziate «altre attività amministrative di accertamento» delle quali l’autore (o il soggetto so-
lidalmente obbligato) abbia avuto «formale conoscenza»; dove per «altre attività amministrative
di accertamento» si intendono gli inviti, le richieste e i questionari notificati all’autore della vio-
lazione o al soggetto solidalmente obbligato; e per «formale conoscenza» si intende l’informa-
zione rituale delle predette «attività amministrative», investigative o accertative nei suoi con-
fronti (cfr. C.M. 10.7.1998, n. 180).
Per i soli tributi locali, quindi, l’attività di verifica e controllo e/o la notifica di un questionario
o di un altro atto della procedura continua ad inibire l’applicabilità del ravvedimento operoso.
› Tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (come, ad es., i tributi doganali
e le accise) (co. 1-ter): il contribuente può valersi del ravvedimento «anche se siano iniziati ac-
cessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento da parte dell’ufficio, purché, però, non sia-
no già stati notificati avvisi di pagamento di cui all’art. 15 del D.lgs. 504/1994 od atti di accerta-
mento» (cfr. Circ. Ag. Dogane e Monopoli 20.12.2016, n. 137063/RU).
Modalità «ordinarie» Il contribuente che intende utilizzare il ravvedimento, deve:
› effettuare l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito entro il termine tassativamente
previsto da ciascuna fattispecie;
› provvedere al pagamento contestuale del tributo (se dovuto), degli interessi calcolati al tasso
legale (dall'1.1.2023, 5%: cfr. D.M. 13.12.2022), maturati giorno per giorno e della sanzione in
misura ridotta.
a) Regole per l’adempimento La regolarizzazione opera solo se tutti gli adempimenti, nessuno
escluso, sono effettuati contestualmente (cfr. Cass. Sent. 9.11.2010, n. 22781). «Il termine conte-
stualmente che si rinviene nel comma 2 (…) non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze
previste ai fini del ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute)
debbano avvenire nel medesimo giorno, ma com’è logico che sia, entro lo stesso limite temporale (tren-
ta giorni, un anno, ecc.) previsto dalla norma» (cfr. C.M. 10.7.1998, n. 180 e Fondazione Nazionale
Commercialisti, Circ. 15.4.2015).
Se si commette un errore nella determinazione di quanto dovuto:
› secondo la giurisprudenza di legittimità, la efficacia dell’intero ravvedimento viene meno,
«con conseguente legittimità della ripresa in misura di legge (…) della sanzione dovuta» (cfr. Cass.
Sent. 9.6.2011, n. 12661 e, per un errore nel calcolo degli interessi, cfr. Cass. Sent. 8.8.2012, n.
14298);
› secondo la giurisprudenza di merito, la efficacia della regolarizzazione non viene meno, pur-
ché, in presenza della manifesta volontà del contribuente di aderire al ravvedimento, l’errore
sia «scusabile» (cfr. C.T.R. Milano, 5.3.2013, n. 40/45/13; C.T.P. Vicenza, 17.9.2012, n. 79, contra
C.T.R. Torino, Sent. 7.1.2022, n. 10, secondo cui il ravvedimento non si perfeziona laddove il
contribuente abbia commesso un errore nell’individuare la sanzione applicabile);
› secondo l’Agenzia delle Entrate, se il contribuente effettua «un versamento complessivo di impo-
448
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

sta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non siano (...)
commisurati alla imposta versata a titolo di ravvedimento», questo dovrà ritenersi perfezionato

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solo «con riferimento alla quota parte dell’imposta (...) proporzionata al quantum complessiva-
mente corrisposto a vario titolo»; sarà, poi, cura degli uffici suddividere le somme pagate «in
modo da determinare l’importo ancora da versare», sul quale saranno irrogate le sanzioni in mi-
sura ordinaria e applicati gli interessi con decorrenza dalla data dell’originario versamento
(cfr. Circ. Ag. Entrate 2.8.2013, n. 27).
Il ravvedimento non è ripetibile: «una volta che sia perfezionata la fattispecie (…) è preclusa al con-
tribuente (…) la ripetizione di quanto versato (…). Il ravvedimento operoso, infatti, implicando il rico-
noscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della relativa sanzione, è
incompatibile con la successiva istanza di rimborso della sanzione versata, in quanto detta istanza si
pone in insanabile contraddizione con la scelta spontaneamente effettuata dallo stesso contribuente»
(cfr., Cass., Sent. 30.3.2016, n. 6108; conforme Cass., Sent. 21.12.2016, n. 26545). In senso confor-
me, l’Agenzia delle Entrate ritiene che la dichiarazione integrativa presentata in occasione del
ravvedimento operoso non possa, tendenzialmente, essere oggetto di ritrattazione (cfr. Risp.
A.E. a Telefisco, 15.6.2022). È stato, però, sostenuto che il ravvedimento operoso «è ritrattabile o
modificabile nella misura in cui è affetto da errore, non essendo lo stesso contribuente tenuto a pagare
più di quanto deve rimanere per legge a suo carico». Ne deriva che «in assenza dei presupposti per il
versamento del tributo e delle sanzioni» e in presenza di violazioni meramente formali, «non è
ostativo al rimborso dei relativi importi il versamento degli stessi in sede di ravvedimento operoso,
non essendo dovute sanzioni in assenza di debito d’imposta per violazioni formali» (cfr. Cass. Ord.
16.12.2020, n. 28844).
b) Termine In assenza di cause ostative, il ravvedimento, di regola, può essere effettuato entro i
termini previsti per l’accertamento, tenendo, però, presente che:
› la regolarizzazione di cui alla lett. a) – con riduzione a 1/10 entro 30 giorni – riguarda solo gli
omessi, tardivi, insufficienti versamenti;
› dopo la consegna di un P.V.C., il tempo intercorso tra la commessa violazione e il ravvedi-
mento non rileva ai fini sanzionatori, nel senso che la riduzione applicabile resta, comunque,
quella prevista dalla lett. b-quater), cioè a 1/5;
La possibilità di effettuare il ravvedimento con riduzione della sanzione a 1/5, ammessa, ori-
ginariamente, solo per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, è ora estesa – dopo
l’abrogazione del comma 1-bis dell’art. 13/472 (cfr. art. 10-bis, D.L. 124/2019, cit.) – anche ai tri-
buti doganali, con la conseguenza che, dopo la notifica del P.V.C., il contribuente potrà effet-
tuare il ravvedimento solo ai sensi della lett. b-quater) del co. 1 dell’art. 13/472, cioè con la ri-
duzione sanzionatoria a 1/5.
Invece, prima della predetta modifica, la regolarizzazione poteva essere effettuata «anche se
siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento da parte dell’ufficio» (cfr.
Circ. Ag. Dogane e Monopoli 20.12.2016, n. 137063/RU) con la riduzione sanzionatoria:
- a 1/7, se la regolarizzazione avviene entro 2 anni dalla commessa violazione;
- a 1/6, se la regolarizzazione avviene oltre 2 anni dalla commessa violazione;
cioè con riduzioni sanzionatorie più favorevoli;
› l'omessa presentazione della dichiarazione nel termine può essere regolarizzata solo entro 90
giorni dalla scadenza con la riduzione a 1/10 prevista dalla lett. c), presentando una dichiara-
zione tardiva.
Nell’effettuare il ravvedimento, si deve tenere conto:
› come data iniziale, della scadenza originariamente stabilita per l’adempimento omesso o irre-
golarmente eseguito (cfr. C.M. 192/1998): così, ad esempio, nel caso di insufficiente versamen-
to dell’imposta, il ravvedimento [ex lett. a)] deve essere effettuato entro 30 giorni dalla sca-
denza originaria e non dalla data dell’inesatto adempimento (ad es., il versamento insuffi-
ciente dell’Iva mensile – in scadenza il 16.4.2019 – effettuato il 3.4.2019 può essere regolariz-
zato entro il 16.5.2019, restando irrilevante la data – anteriore – del versamento insufficiente);
› come data finale, del termine di ciascuna fattispecie (30 gg., 90 gg., un anno, ecc.). Se il termi-
ne cade di sabato o in giorno festivo, «il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno la-
vorativo successivo» (cfr. C.A.E. 12.6.2002, n. 50. Tale regola si applica a tutti i versamenti e
adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti rapporti con l’Ammini-
Ravvedimento operoso 449

strazione finanziaria: cfr. art. 7, co. 1, lett. h), D.L. 70/2011, conv. con modif. con L. 106/2011).

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Non rileva, infine, il fatto che l’anno sia o non sia bisestile, per cui, ad es., un versamento omes-

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so il 31.12.2015, poteva godere del ravvedimento entro il 31.12.2016, anche se il 2016 era di 366
giorni (cfr. R.A.E. 14.7.2008, n. 296).
c) Modalità di calcolo della sanzione e degli interessi Prima di tutto, è necessario individuare la san-
zione «base», e poi calcolare le riduzioni previste dal ravvedimento operoso, tenendo presente
che:
› «le misure più favorevoli al contribuente delle sanzioni previste dalla nuova disciplina sanzionato-
ria [ex D.Lgs. 158/2015] trovano applicazione anche in sede di ravvedimento operoso in relazione
alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2016»: in applicazione del principio c.d. del «favor
rei» (cfr. C.A.E. 8.4.2016, n. 12, par. 11.1);
› le sanzioni in misura percentuale vanno applicate secondo «le regole ordinarie dell’arrotonda-
mento in centesimo di euro» (cfr. C.A.E. 19.3.2009, n. 10, che richiama C.A.E. 21.12.2001, n. 106);
› ciascuna violazione deve essere definita singolarmente, dato che «il ravvedimento relativo ad
una violazione non dipende dal ravvedimento delle altre, fermo restando il potere degli Uffici finan-
ziari di irrogare le sanzioni previste per le violazioni non oggetto di regolarizzazione» (cfr. C.A.E.
21.6.2011, n. 28);
› «ai fini del ravvedimento, le singole violazioni non possono essere cumulate giuridicamente secondo
le regole sul concorso di violazioni e sulla continuazione di cui all’art. 12 del D.Lgs. 472, per l’assor-
bente rilievo che le disposizioni contenute nello stesso possono essere applicate solo dagli Uffici o en-
ti impositori, in sede di irrogazione delle sanzioni» (cfr. C.M. 10.7.1998, n. 180 e C.A.E. 12.10.2016,
n. 42). In applicazione di questo principio, la prevalente giurisprudenza di legittimità ha affer-
mato che le «violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’impo-
sta risultante dalla dichiarazione fiscale, non sono soggette all’istituto della continuazione discipli-
nato dal D.Lgs. n. 472/1997, art. 12, comma 2, perché (…) il ritardo o l’omissione del pagamento è
una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale il D.Lgs. n. 471, art. 13, dispone un
trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento» (cfr. Cass.
Sent. 20.1.2017, n. 1540). La Corte di cassazione, con una isolata sentenza, aveva ritenuto, in-
vece, applicabile l’art. 12 anche a queste violazioni: perché si tratta di una previsione di carat-
tere generale che può essere invocata in quanto non espressamente esclusa, e perché l’art. 13,
D.Lgs. 471/1997 non la esclude, ma «si limita» a identificare «l’entità della sanzione in caso di
versamenti periodici in acconto e a saldo» (cfr. Sent. 26.10.2016, n. 21570).
Infine, gli interessi vanno calcolati sull’imposta o maggiore imposta non versata, come segue:
capitale x tasso di interesse x numero di giorni di ritardo
365 (anche se l'anno è bisestile)
tenendo conto che gli interessi vanno «calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamen-
to avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito» (cfr. Fond. Cons. La-
voro, Approfondimento 18.11.2021), per cui – nel caso di violazione incidente su più annualità –
si applica il tasso legale in vigore in ciascun periodo di imposta: 5% nel 2023; 1,25% nel 2022;
0,01% nel 2021, 0,5% nel 2020, 0,8% nel 2019, 0,3% nel 2018, 0,1% nel 2017, 0,2% nel 2016, 0,5%
nel 2015, e così via.
d) Modalità di versamento Va eseguito utilizzando:
› il Mod. F24 per le imposte sui redditi, Iva, Irap e assimilate. Di regola, tale Modello va presen-
tato in via telematica direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati; può esse-
re presentato anche in forma cartacea solo dai contribuenti persone fisiche non titolari di Par-
tita Iva solo nel caso di saldo a debito senza compensazioni; deve essere presentato «attraver-
so i servizi Entratel/Fisconline, (...) senza possibilità di avvalersi dei servizi telematici offerti dal si-
stema bancario o postale» (cioè senza utilizzare l’home banking) nel caso di F24 a saldo zero
(cfr. art. 11, co. 2, D.L. 24.4.2014, n. 66, modificato dall’art. 7-quater, co. 31, D.L. 22.1.2016, n.
193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225; Circ. Ag. Entrate 19.9.2014, n. 27, nonché Risposta
a interrogazione parlamentare n. 5-05826, 17.6.2015). Sono versate mediante il modello F24
anche «l'imposta sulle successioni, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, le tasse ipotecarie, l'im-
posta di bollo, l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili e i tributi speciali, non-
ché i relativi accessori, interessi e sanzioni, dovuti in relazione alla presentazione della dichiarazio-
ne di successione» (cfr. Provv. Ag. Entrate, 17.3.2016, n. 40892. I relativi codici tributi sono stati
450
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

istituiti con R.A.E. 25.3.2016, n. 16);


› il Mod. F23 per le imposte di registro, ipotecaria e catastale, di bollo, e altre imposte erariali

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«indirette» (per il versamento delle «somme dovute in relazione alla registrazione dei contratti di
locazione e affitto di beni immobili» va utilizzato il Mod. «F24 versamenti con elementi identifica-
tivi (F24ELIDE)»: cfr. Provv. Ag. Entrate del 3.1.2014, n. 2014/554, di attuazione del D.M.
8.11.2011. I relativi codici tributo sono stati istituti con R.A.E. 24.1.2014, n. 14).
In entrambi i casi:
› se il periodo di imposta da indicare non coincide con l’anno solare, deve essere indicato il pri-
mo dei due anni interessati, nella forma AAAA;
› se sono dovuti interessi, questi, vanno calcolati al tasso legale di ciascun anno interessato alla
regolarizzazione e indicati nel Mod. F24 utilizzando gli appositi codici tributo; invece, nel caso
in cui si tratti di interessi sulle ritenute da parte dei sostituti di imposta (cfr. R.A.E. 22.5.2007,
n. 109) e nel caso del Mod. F23, gli stessi vanno versati (e indicati) cumulativamente al tribu-
to;
› le sanzioni vanno versate con un apposito codice tributo, reperibile sul sito Internet del-
l’Agenzia delle Entrate.
Il pagamento:
› può essere oggetto di compensazione (cfr. art. 1, lett. d) D.M. 31.3.2000) con riferimento ai tri-
buti che si versano con il Mod. F24; non, invece, per le imposte che si versano con Mod. F23 o
con il Mod. F24ELIDE;
› deve essere effettuato per intero, non essendo ammessa la forma «rateale», fatta salva la pos-
sibilità di effettuare il ravvedimento frazionato ai sensi del nuovo art. 13-bis, del D.Lgs.
472/1997 (di cui al successivo paragrafo).
Ravvedimento PARZIALE ex art. 13-bis, D.Lgs 472/1997 L’art. 13-bis, del D.Lgs. 472/1997 (introdotto
dall’art. 4-decies, del D.L. 30.4.2019, n. 34, conv. con modif. in L. 28.6.2019, n. 58), prevede la
possibilità di effettuare il ravvedimento in forma frazionata, dei soli tributi amministrati dal-
l’Agenzia delle Entrate:
› con il versamento, in più frazioni, degli importi dovuti a titolo di imposta, sanzioni e interes-
si nei termini stabiliti dalle lettere da a) a c) del co. 1 dell’art. 13/472. Il versamento tardivo di
una frazione del debito di imposta accompagnato dal versamento della relativa sanzione e
degli interessi sana la violazione solo parzialmente e cioè nei limiti del ravvedimento effet-
tuato. Invece, non perfeziona il ravvedimento il versamento di una prima rata della regola-
rizzazione integrale;
› con il versamento tardivo dell’imposta dovuta, seguito dal successivo versamento della san-
zione e degli interessi. In questo caso, la sanzione edittale, su cui calcolare le riduzioni da
ravvedimento, va individuata tenendo conto del momento in cui si effettua il versamento
tardivo dell’imposta; mentre la riduzione sanzionatoria – 1/10, 1/9, 1/8 ecc. – va individuata
tenendo conto del momento in cui si versa la sanzione stessa (e gli interessi), non quello del
versamento (tardivo, ma già effettuato) dell’imposta. Esempio:
- imposta versata con 20 giorni di ritardo ---> sanzione edittale pari al 15% (30% ridotto a
metà) dell’imposta;
- sanzione (e interessi) versata 20 giorni dopo il versamento dell’imposta ---> riduzione a
1/9 della sanzione del 15%.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate aveva già chiarito che:
› il versamento della sanzione ridotta può essere successivo a quello del versamento del tributo
e/o degli interessi, fermo restando che, «ai fini della determinazione della riduzione disposta
dall’art. 13 del D,Lgs. 472/1997, rileva il momento in cui la sanzione è effettivamente regolarizzata»
e «che, nelle more della definizione, il contribuente accetta il rischio di incorrere nella notifica di un
atto di liquidazione o di accertamento (…) che impedirebbe il perfezionamento dell’istituto e, quindi,
il beneficio della riduzione sanzionatoria. Applicando tali principi al caso in cui si assiste ad un tar-
divo (ad esempio 20 giorni) ma integrale versamento del tributo dovuto, senza alcuna correspon-
sione di sanzioni e interessi (…), si può ritenere che:
- la sanzione applicabile sia quella in cui «ricade» l’integrale tardivo versamento (nel caso ipotiz-
zato la sanzione del 15% disposta dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 – sanzione del 30% ridotta
alla metà);
Ravvedimento operoso 451

- gli interessi moratori siano dovuti per il periodo del ritardo (venti giorni);

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


- la riduzione sanzionatoria applicabile sia riferita al momento in cui si perfeziona il ravvedimen-

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to (cfr. Circolare n. 180 del 1998);
› se, medio tempore, è notificato un atto di liquidazione o di accertamento, il contribuente che non
abbia versato ancora sanzione e interessi perde la possibilità di avvalersi dell’istituto» (cfr. Circ. Ag.
Entrate 12.10.2016, n. 42, par. 4.2; sul riconoscimento della possibilità di effettuare il ravvedi-
mento in forma frazionata, cfr., anche, la R.A.E. 23.6.2011, n. 67; e la giurisprudenza di merito:
C.T.R. Sardegna, 6.7.2017, n. 223; C.T.P. Milano, 25.5.2012, n. 59 e 3.6.2013, n. 198).
Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui la legge preveda il versamento rateale dell’im-
posta (cfr. art.13-bis, co. 1, ultimo periodo). Nel caso «di versamento tardivo dell’imposta fraziona-
ta in scadenze differenti, al contribuente è consentito:
› ravvedere autonomamente i singoli versamenti, con le [relative] riduzioni (…);
› ravvedere il versamento complessivo, applicando alla sanzione la riduzione individuata in base alla
data in cui la stessa è stata regolarizzata» (cfr. Schede di lettura, D.L. 34/2019 – A.S. 1354).
In conclusione, «l’istituto si applica anche nei casi di versamento frazionato tardivo delle imposte do-
vute e cioè anche nel caso di una sola parte dell’imposta dovuta, sempre che siano stati corrisposti in-
teressi e sanzioni commisurati alla imposta versata» (cfr. Cass. Sent. 10.3.2021, n. 6593).
«In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, per effetto del D.Lgs. 472/1997,
art. 13-bis (…), norma di interpretazione autentica del D.Lgs. 472/1997, art. 13, il ravvedimento opero-
so è ammissibile anche in caso di versamento frazionato dell’imposta dovuta, potendosi perfezionare
in relazione anche ad una sola parte dell’imposta dovuta o in relazione a versamenti tardivi effettuati
con scadenze differenti, sempre che siano stati corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla parte o
alle singole frazioni del debito d’imposta tardivamente versato (cfr. Cass. Ord. 30.9.2021, n. 26523;
conf. C.T.R. Napoli, Sent. 12.7.2022, n. 5336).
Il nuovo art. 13-bis, co. 1, primo periodo, reca una norma interpretativa e dunque dotata di efficacia
retroattiva, suscettibile di diretta applicazione d’ufficio» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2021, n. 26523).
Il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità – che considerava inammissibile
il ravvedimento operoso parziale (perché il relativo perfezionamento esigeva la regolarizzazione
dell’obbligo tributario e il versamento integrale della sanzione e interessi, seppure in misura ri-
dotta: cfr. Cass. Sent. 13.9.2018, n. 22330; Cass. Ord. 24.9.2015, n. 19017) - è mutato a favore della
efficacia retroattiva della novella. La norma si applica, dunque, anche a fattispecie realizzatesi
nel passato, purché il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo, sia pendente il
giudizio e il contribuente produca «specifiche allegazioni rispetto al caso concreto, idonee ad influire
sui parametri di commisurazione della sanzione» (cfr. Cass. Sent. 10.3.2021, n. 6593): in presenza
delle predette condizioni, rileva il principio del favor rei di cui all’art. 3 del D.Lgs. 472/1997.
LIQUIDAZIONE dell’UFFICIO (co. 3) Nelle ipotesi, ad es., della violazione di insufficiente dichiara-
zione di valore ai fini dell’imposta di registro, o della infedeltà della dichiarazione presentata ai
fini dell’imposta sulle successioni e donazioni (punite con la sanzione dal 100% al 200% della
maggiore imposta dovuta: cfr. rispettivamente art. 71, D.P.R. 131/1986 e art. 51, D.Lgs. 346/1992),
la liquidazione del tributo, ai fini del ravvedimento operoso, spetta all’Ufficio e si procede come
segue:
› il contribuente effettua l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito entro il termine sta-
bilito e comunica all’Ufficio l’avvenuta regolarizzazione senza, però, pagare nulla;
› l’Ufficio notifica al contribuente un atto contenente la liquidazione dell’imposta dovuta, degli
interessi (legali) maturati (fino al giorno in cui è stato rimosso l’inadempimento) e della san-
zione (ridotta) irrogata, specificando che solo così si renderà effettivo il ravvedimento;
› il contribuente effettua il pagamento di quanto dovuto entro 60 giorni dal ricevimento dell’at-
to, con ciò perfezionando il procedimento. In mancanza del pagamento la già intervenuta (in
ipotesi) regolarizzazione diventa inefficace, per cui l’Ufficio applicherà la sanzione per intero.
Effetti Il ravvedimento:
› consente di sanare la violazione (a suo tempo) commessa, con il pagamento di una sanzione
amministrativa in misura ridotta rispetto a quella «ordinaria», precludendo, così, l’applicazio-
ne «della misura ordinaria delle sanzioni tributarie amministrative relative all’inadempimento re-
golarizzato» (cfr. AIDC, Norma di comportamento n. 202, marzo 2018);
› preclude all’Ufficio la possibilità di aumentare la sanzione nei casi di recidiva (cfr, art. 7, co. 3,
452
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

D.Lgs. 472/1997);
› non preclude «l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrati-

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ve di controllo e accertamento» (cfr. art. 13, co. 1-quater);
› nei casi di presentazione della dichiarazione integrativa o di regolarizzazione della omissione
o dell’errore (quando non è prevista una dichiarazione periodica), comporta l’«ampliamento»
dei termini di accertamento, i quali decorrono – limitatamente ai soli elementi oggetto della
integrazione – rispettivamente, dalla presentazione della dichiarazione integrativa o dalla re-
golarizzazione spontanea degli errori od omissioni (cfr. art. 1, co. 640, Legge 23.12.2014, n.
190, modificato dall’art. 5, D.L. 22.1.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225). Inve-
ce, un'eventuale successiva dichiarazione integrativa, salvo che questa non riporti per la pri-
ma volta gli elementi illeciti, «non può determinare lo spostamento della data di commissione»
dei c.d. «reati dichiarativi», trattandosi di reati istantanei che si perfezionano «al momento
della presentazione della dichiarazione annuale» (cfr. Cass. Pen. Sent. 4.2.2022, n. 3957, con rife-
rimento agli articoli 2 e 4 del D.Lgs. 74/2000);
› nei casi di dichiarazione integrativa presentata per correggere errori ed omissioni che dareb-
bero luogo a violazioni rilevabili con la liquidazione automatica o il controllo formale, com-
porta la decorrenza del termine di notifica della cartella di pagamento ex art. 25, D.P.R.
602/1973 – limitatamente agli elementi oggetto di integrazione – dalla data di presentazione
della dichiarazione.
L’istituto previsto dall’art. 60, co. 7, D.P.R. 633/1972 - che consente al cedente di rivalersi, nei
confronti del cessionario/committente, dell’Iva «relativa all’accertamento definito [anche] median-
te uno degli istituti» deflativi, «in caso di successivo pagamento delle somme dovute» – «non risulta
applicabile» in caso di regolarizzazione con il ravvedimento operoso, perché manca il presuppo-
sto dell’atto di accertamento divenuto definitivo (cfr. Risp. A.E. 21.8.2020, n. 267). Tuttavia, la
società istante risulta legittimata «a rivalersi della maggiore imposta corrisposta all’erario in base
alla diversa norma contenuta nell’art. 26, co. 1, del D.P.R. 633/1972 (…) senza limiti temporali» e, «ove
possibile, esercitando la rivalsa nei confronti del cessionario/committente», il quale potrà esercitare
il diritto a detrarre l’Iva addebitata con la nota di variazione ex art. 19, co. 1, stesso decreto (se
soggetto estero privo di stabile organizzazione, dovrà nominare un rappresentante fiscale). Il
chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate riguarda i quesiti posti da una società in merito
alla regolarizzazione di cessioni rilevanti ai fini Iva effettuate nei confronti di una società estera
non identificata. La società, avendo sanato la propria posizione con il versamento dell’Iva (delle
sanzioni e degli interessi) sulle predette cessioni, riteneva che tale regolarizzazione «costituisca
condizione per l’esercizio della rivalsa nei confronti del cessionario» ex art. 60, co. 7, D.P.R. 633/1972,
ma l’Agenzia delle Entrate ha risposto negativamente.
«In materia di imposte sui redditi, se il contribuente presenta una dichiarazione integrativa dei reddi-
ti, ai sensi dell’art. 2, commi 8 e 8-bis, del D.P.R. n. 322/1998, in caso di controllo automatizzato ai
sensi dell’art.36-bis del D.P.R. n. 600/1973, il termine di decadenza di cui all’art. 25 del D.P.R. n.
602/1973 decorre dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente però agli elemen-
ti oggetto dell’integrazione (…); per gli elementi non modificati con la dichiarazione integrativa, resta
fermo il termine di decadenza decorrente dall’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi ori-
ginaria» (cfr. Cass. Sent. 31.1.2022, n. 2735).
Effetti penali L’art. 13, co. 1, D.Lgs. 74/2000 stabilisce che il ravvedimento operoso integra una
causa di non punibilità dei reati di:
› omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000);
› omesso versamento di Iva (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000);
› indebita compensazione di crediti esistenti (art. 10-quater, co. 1, D.Lgs. 74/2000);
se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari,
comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento
degli importi dovuti (cfr. art. 13, co. 1, D.Lgs. 74/2000). Per questi reati, la causa di non punibili-
tà si giustifica con il fatto che, pur risultando inadempiente, il contribuente ha correttamente
indicato il proprio debito, per cui il successivo adempimento, anche se non spontaneo (nel sen-
so che le violazioni potrebbero essere già state scoperte), rende sufficiente la irrogazione delle
(sole) sanzioni amministrative.
L’art. 13, co. 2, D.Lgs. 74/2000 stabilisce che il ravvedimento operoso - e/o la presentazione del-
Ravvedimento operoso 453

la dichiarazione entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo successivo - inte-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


gra(no) una causa di non punibilità dei reati di:

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› dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000);
› omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000);
e, a decorrere dal 24 dicembre 2019 (cfr. art. 39, co. 3, D.L.124/2019), anche di:
› dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
(art. 2, D.Lgs. 74/2000);
› dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. 74/2000);
a condizione
› i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, siano stati estinti mediante
integrale pagamento degli importi dovuti;
› il ravvedimento - e/o la presentazione della dichiarazione intervengano prima che il contri-
buente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni o verifiche o di qualunque altra
attività di accertamento, ovvero di procedimenti penali (cfr. la modifica apportata alla nor-
ma dall’art. 39, co. 1, lett. q-bis) del D.L. 26.10.2019, n. 124, conv. con modif. in L. 19.12.2019, n.
157).
La giurisprudenza penale ha ritenuto che la nuova disposizione:
› si applichi anche ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore: cfr. Cass. Pen.,
Sent. 22.9.2022, n. 35381);
› «possa trovare applicazione retroattiva ai sensi dell’art. 2, co. 4, c.p., trattandosi di una norma sicu-
ramente più favorevole, proprio perché introduce una causa di non punibilità prima non contempla-
ta dall’ordinamento». L’applicazione retroattiva esige «da un lato, che il debito tributario sia sta-
to integralmente pagato, compresi sanzioni e interessi, e, dall’altro (…) che il ravvedimento sia inter-
venuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o
dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali» (cfr.
Cass. Pen. Sent. 24.2.2023, n. 8174, in relazione al reato ex art. 2 D.Lgs. 74/2000).
Per questi reati, connotati da un maggior disvalore rispetto a quelli precedenti, la causa di non
punibilità deriva dalla spontaneità della resipiscenza del contribuente, che deve accompagnare
l’estinzione tempestiva del debito tributario, per cui essa non è prevista nel caso di procedure
conciliative o di adesione, mancando l’anteriorità del pagamento (che estingue il debito) rispet-
to alla conoscenza dell’attività di controllo.
Pertanto, la formale conoscenza del controllo:
› ai fini penali, preclude la possibilità di valersi della causa di non punibilità prevista dall’art.
13, co. 2, D.Lgs. 74/2000;
› ai fini amministrativi, consente il ravvedimento operoso, anche dopo la consegna del P.V.C..
«Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli im-
porti dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la le-
gittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo (…) fermo re-
stando che la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dal-
la normativa sanzionatoria penale» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11, § 3).
L'Agenzia delle Entrate, a proposito della «volontà del Legislatore di incentivare progressivamente
il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipolo-
gia di reato tributario contestato», ha precisato quanto segue.
1) «L’inserimento, al co. 2 dell’art. 13 del D.Lgs. 74/2000, del riferimento esplicito agli articoli 2 e 3 del
medesimo decreto ha, in estrema sintesi, disciplinato, nelle ipotesi di estinzione del debito tributario, la
estensione delle cause di non punibilità anche ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di
fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri arti-
fici»; fermo restando che «la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare viola-
zioni fiscali connesse a condotte fraudolente:
› incontra i limiti propri di tale istituto, come individuati negli articoli 13 e 13-bis del D.Lgs.
472/1997 e cioè il rispetto delle regole amministrative previste, a prescindere dalle valutazioni che
competono al giudice in sede penale;
› deve comunque tenere conto delle situazioni concretamente in essere e dei relativi riflessi sul quan-
tum della sanzione base. Così, ad esempio, a fronte di un processo verbale dell’autorità competente
che constati violazioni legate a condotte fraudolente, sarà possibile il ravvedimento ex art. 13, co. 1,
454
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

lett. b-quarter) del D.Lgs. 472. Questo, tuttavia, quale regolarizzazione che avviene dopo la consta-
tazione della violazione, dovrà prendere a riferimento la sanzione determinata applicando a quella

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per infedele dichiarazione la maggiorazione del 50% prevista quando la violazione è realizzata me-
diante l’utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante arti-
fici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (cfr. articoli 1, co. 3 e 5 co. 4-bis del D.Lgs.
471/1997);
› non pregiudica in alcun modo le valutazioni sulla efficacia e gli effetti del ravvedimento ammini-
strativo o su quelli della estinzione totale o parziale del debito in ambito penale demandate all’Au-
torità giudiziaria, rimanendo peraltro fermo l’obbligo per gli Uffici di procedere, al ricorrere dei re-
quisiti legislativamente fissati, alla denuncia della notitia criminis ex art. 331 c.p.p.» (cfr. C.A.E.
12.5.2022, n. 11, § 3).
2) La esclusione della punibilità del reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5, D.Lgs.
74/2000 «ricorre anche nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di
presentazione delle dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, al verificarsi delle condi-
zioni ivi contemplate», con la precisazione che «nel caso in cui la dichiarazione sia omessa, perchè
presentata oltre il termine di 90 giorni di cui all’art. 2, co. 7, del D.P.R. 22.7.1998, n. 322, le sanzioni
ad essa relative non possono essere oggetto di spontanea regolarizzazione mediante ravvedimento ope-
roso e, pertanto, sono da versare in misura piena» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11, § 2. Se la omessa di-
chiarazione è presentata entro il termine di presentazione di quella successiva, la sanzione base
di cui agli articoli 1 e 5 del D.Lgs. 471/1997 – rispettivamente per le II.DD. e per l’IVA – è dimez-
zata; inoltre il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente, ai sensi dell’art. 5,
co. 2, del D.Lgs. 74/2000, per presentare la dichiarazione dei redditi «non si configura quale ele-
mento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all’obbligo
dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato»: cfr. Cass. Pen., Sent. 7.11.2022,
n. 41815).
In conclusione, il ravvedimento operoso «costituisce causa di esclusione della punibilità dei reati di
cui agli articoli 2, 3, 4, 5, semprechè sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale
conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento ammini-
strativo o di procedimenti penali, e per i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quarter, co. 1, se
sia intervenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11, §
2)
Per gli altri reati di cui al D.Lgs. 74/2000, l’art. 13-bis, stesso decreto, prevede che il ravvedimen-
to costituisca una «circostanza attenuante speciale correlata al pagamento dei debiti tributari, com-
prese sanzioni amministrative e interessi», che e comporta la riduzione delle sanzioni fino alla me-
tà e la non applicazione delle pene accessorie se il contribuente provvede al pagamento prima
della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
L’avvenuta estinzione dei debiti tributari – secondo il D.M. 13.6.2000 – va dimostrata presentan-
do la dichiarazione prevista dal D.M. stesso, con la documentazione del pagamento e, eventual-
mente, l’atto che attesta la effettuata definizione.
Sintesi Alla base degli articoli 13 e 13-bis del D.Lgs. 74/2000 «vi è la stessa identica condotta, ovve-
rossia il pagamento integrale di quanto dovuto, non importa se in un’unica soluzione ovvero, a segui-
to delle speciali procedure conciliative che ne possono consentire la rateizzazione, purché avvenga pri-
ma dell’apertura del dibattimento di primo grado». Tale condotta «comporta conseguenze diverse a
seconda dei reati oggetto di contestazione: quando si tratta dei delitti di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e
10-quater dello stesso Decreto legislativo, nonché (…) di quelli previsti dagli artt. 2, 3, 4, e 5, opera la
causa di non punibilità prevista dall’art. 13, mentre in tutte le altre ipotesi criminose l’imputato può
soltanto beneficiare di una riduzione di pena ai sensi dell’art, 13-bis» (cfr. Cass. Pen. Sent.
27.12.2022, n. 49236).
Da ultimo, all’interno della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le più recenti, Cass. Pen. Sen-
tenze, 23.7.2021, n. 28950; 26.3.2021, n. 11620; 5.3.2021, n. 9083; 25.2.2021, n. 7415), esiste contra-
sto sul rapporto tra le cause di non punibilità derivanti dalla integrale estinzione del debito tri-
butario e la possibilità di accedere al c.d. patteggiamento della pena ex art. 444 c.p.p.; mentre
l’Agenzia delle Entrate ritiene che il ravvedimento operoso rappresenti «uno dei presupposti (in-
sieme agli altri istituti di definizione previsti dalle norme tributarie) ai fini della richiesta di patteg-
giamento» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11, § 2).
Ravvedimento operoso 455

Singole fattispecie: I) omesso, tardivo, insufficiente versamento. Lett. da a) a b-ter)

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


1) Ritardati od omessi versamenti La sanzione «base», prevista dall’art. 13, co. 1, D.Lgs. 471/1997, è

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pari al 30% dell’importo non versato, ed è ridotta alla metà, cioè al 15%, se il versamento (del tri-
buto dovuto) è effettuato con ritardo non superiore a 90 giorni; e ulteriormente ridotta «ad un
quindicesimo per ciascun giorno di ritardo», corrispondente all’1% giornaliero (la sanzione base su
cui commisurare la riduzione in quindicesimi, infatti, è quella ridotta al 15%: cfr. Schede di let-
tura del D.Lgs. 158/2015), se il versamento (del tributo dovuto) è effettuato con ritardo inferiore
a 15 giorni.
Le predette riduzioni rilevano indipendentemente dal verificarsi delle condizioni richieste per il
ravvedimento.
Il pagamento tardivo è equiparato, ai fini sanzionatori, a quello omesso, mentre il versamento
tempestivo effettuato ad ufficio o concessionario territorialmente incompetente non è sanzionato.
La violazione è sanabile solo se riguarda imposte regolarmente dichiarate e liquidate. Laddove il
mancato versamento «sia diretta conseguenza della omessa indicazione nella dichiarazione dell’im-
porto dell’imposta effettivamente dovuto, tale comportamento integra dichiarazione infedele, per la
quale» la sanzione prevista copre «anche il conseguente ed inevitabile mancato versamento dell’im-
posta effettivamente dovuta» (cfr. Cass. Sent. 7.12.2020, n. 27963). Questa affermazione «è formu-
lata con generale riferimento ad ogni ipotesi di violazione di disposizioni tributarie» (per cui riguar-
da, non solo la materia dell’IVA, cui si riferisce la sentenza citata, ma, anche, il tardivo versa-
mento di ritenute, per il quale sia stata presentata la dichiarazione integrativa e versato il dovu-
to: cfr. Cass. Ord. 29.11.2022, n. 35066; e le violazioni in materia di IRAP: cfr. Cass. Sent.
11.1.2022, n. 483).
In assenza di cause ostative, l’omesso, tardivo o insufficiente versamento, può essere regolariz-
zato, ai sensi del co. 1, lett. da a) a b-ter), tenendo presente che:
› la riduzione a 1/10, nel caso di regolarizzazione entro 30 giorni, prevista dalla lett. a) riguarda
solo la fattispecie di omesso, insufficiente o tardivo versamento;
› la riduzione a 1/9, nel caso di regolarizzazione entro 90 giorni, prevista dalla lett. a-bis) «si
perfeziona con l’inutile decorso del termine di scadenza del versamento (...); pertanto, il dies a quo
per il ravvedimento (...) decorre da tale momento e non dal termine per la presentazione della di-
chiarazione» (cfr. Circ. Ag. Entrate 9.6.2015, n. 23). In sostanza, «le violazioni diverse da quelle
commesse mediante la dichiarazione [come quelle relative ai versamenti] possono essere regola-
rizzate, ai sensi della lettera a-bis), entro 90 giorni decorrenti dalla commissione della violazione»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42);
› la riduzione a 1/8 compete al contribuente che regolarizzi la violazione entro il termine di
presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa, ov-
vero, – quando non è prevista una dichiarazione periodica – entro 1 anno dalla omissione o
dell’errore;
› le riduzioni a 1/7 e a 1/6 previste dalle lett. b-bis) e b-ter) nel caso di regolarizzazione entro i
rispettivi termini, possono essere utilizzate solo se, nel frattempo, la violazione non viene «in-
tercettata» dall’Amministrazione finanziaria attraverso il controllo automatizzato di cui agli
artt. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. 633/1972, nel qual caso scatta una causa ostativa
che non consente il ravvedimento operoso.TAB
Per la regolarizzazione, il contribuente deve effettuare il pagamento dell’imposta (o della mag-
giore imposta), degli interessi legali (dall'1.1.2023, 5%: cfr. D.M. 13.12.2022), e della sanzione nella
misura ridotta, prevista a seconda del termine entro cui effettua il ravvedimento; se manca an-
che uno solo dei tre componenti o, comunque, se il versamento errato non è «scusabile», il rav-
vedimento non si perfeziona e, quindi, la violazione non viene sanata.
Il pagamento va effettuato con Mod. F24 o F23, a seconda dell’imposta per la quale si procede
alla regolarizzazione; con possibilità di effettuare, nei limiti previsti dalle vigenti disposizioni, la
compensazione secondo le modalità sopra descritte (non, però, nel caso dei diritti delle CCIAA:
cfr. Ris. A.E. 23.5.2003, n. 215).
Non è consentita, invece, alcuna forma di pagamento rateale, ma, come anticipato, solo per i tri-
buti amministrati dall'A.E., è possibile effettuare il ravvedimento anche in forma frazionata, ai
sensi dell'art. 13-bis del D.Lgs. 472/1997.
456
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

OMESSO/TARDIVO/INSUFFICIENTE VERSAMENTO – SANZIONE ORDINARIA E RIDUZIONI


DA RAVVEDIMENTO OPEROSO

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Giorni di ritardo Sanzione Sanzione ridotta per (art. 13,
ordinaria Ravvedimento operoso 472/1997)
(art. 13, 471/1997)
1 1% dell’imposta 0,1% dell’imposta (riduzione a 1/10)
2 2% dell’imposta 0,2% dell’imposta (riduzione a 1/10)
3 3% dell’imposta 0,3% dell’imposta (riduzione a 1/10)
4 4% dell’imposta 0,4% dell’imposta (riduzione a 1/10)
5 5% dell’imposta 0,5% dell’imposta (riduzione a 1/10)
6 6% dell’imposta 0,6% dell’imposta (riduzione a 1/10)
7 7% dell’imposta 0,7% dell’imposta (riduzione a 1/10) Lett. a)
8 8% dell’imposta 0,8% dell’imposta (riduzione a 1/10)
9 9% dell’imposta 0,9% dell’imposta (riduzione a 1/10)
10 10% dell’imposta 1% dell’imposta (riduzione a 1/10)
11 11% dell’imposta 1,1% dell’imposta (riduzione a 1/10)
12 12% dell’imposta 1,2% dell’imposta (riduzione a 1/10)
13 13% dell’imposta 1,3% dell’imposta (riduzione a 1/10)
14 14% dell’imposta 1,4% dell’imposta (riduzione a 1/10)
da 15 a 30 15% dell’imposta 1,5% dell’imposta (riduzione a 1/10)
da 31 a 90 15% dell’imposta 1,67% dell’imposta (riduzione a 1/9) Lett. a-bis)
da 91 al termine di 30% dell’imposta 3,75% dell’imposta (riduzione ad Lett. b)
presentazione dichiarazione 1/8)
relativa all’anno successivo alla
commessa violazione

Gli omessi o insufficienti versamenti per i quali è possibile avvalersi dell’istituto, riguardano, ad
esempio:
› imposte dovute dal contribuente a titolo di acconto o di saldo in base alla dichiarazione dei
redditi (comprese le imposte sostitutive; per i relativi codici tributo, si veda la R.A.E. 1.3.2023,
n. 12, che, contestualmente, sopprime i codici tributo 8913, 1992 e 8908), dell’Irap, dell’Iva.
Sulle «ipotesi di violazione dell’obbligo di versamento in acconto o a saldo dell’IRAP dovuta per il
2006», la Cassazione ha statuito che «l’art. 1, co. 3 del D.L. 106/2005 (…), a norma del quale non
si applicano le disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs.
472/1997 (…) deve intendersi applicabile» (cfr. Cass. Ord. 16.5.2022, n. 15490). Nel caso di versa-
menti effettuati ex art. 17, D.Lgs. 435/2001 e, quindi, entro il trentesimo giorno successivo alla
scadenza, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo:
- l’omesso versamento si regolarizza con il pagamento «di quanto dovuto a titolo di tributo,
comprensivo della maggiorazione dello 0,40%», relativi interessi e sanzione ridotta a 1/10, en-
tro 30 giorni dalla scadenza del termine «differito»;
- il versamento errato va considerato insufficiente (e non tardivo) per cui si regolarizza ap-
plicando la sanzione sulla sola «differenza tra quanto versato nel termine e quanto dovuto»
ridotta a seconda del momento in cui si effettua il ravvedimento (cfr. Circ. Ag. Entrate
2.8.2013, n. 27; Cass. Ord. 4.8.2020, n. 16645).
L’omesso o carente versamento rateale (cfr. art. 20, D.Lgs. 241/1997), si regolarizza pagando (ol-
tre all’imposta) la sanzione ridotta e gli interessi moratori (al tasso legale) calcolati «con riferi-
mento alle rispettive somme pagate in ritardo (tributo e interesse previsto dall’art. 20, comma 2, del
D.Lgs. n. 241 del 1997)» (cfr. C.M. 23.7.1998, n. 192);
› imposta sostitutiva per la rivalutazione dei beni d’impresa di cui all’art. 110, co. 6, D.L.
14.8.2020, n. 104 (conv. con modif. in L. 13.10.2020, n. 126: cfr. C.A.E. 1.3.2022, n. 6, Parte III);
Ravvedimento operoso 457

› ritenute alla fonte operate dal sostituto di imposta;

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


› Iva dovuta in base alle liquidazioni periodiche. L’omesso o carente versamento può essere re-

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golarizzato:
- «entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno di commissione della vio-
lazione, ai sensi della lettera b) dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997», o
- mediante compensazione con il credito Iva emergente dalle liquidazioni periodiche succes-
sive: «la compensazione del debito Iva periodico, e il conseguente ravvedimento delle sanzioni,
può essere anticipata utilizzando il credito IVA maturato in un trimestre successivo a quello vio-
lato» a condizione che detto credito sia rimborsabile ex artt. 30 e 38-bis, D.P.R. 633/1972. Se,
invece, non sussistono i requisiti per poter utilizzare le eccedenze di credito trimestrale, «il
ravvedimento dell’omesso versamento periodico può essere effettuato utilizzando in compensazio-
ne il credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale. In tale evenienza, il credito può essere
compensato con un debito Iva pregresso a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello del-
la maturazione» (cfr. C.A.E. 12.10.2016, n. 42). «Il superamento del limite massimo dei crediti
d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previ-
ste, con la conseguenza che, ove il contribuente voglia beneficiare del ravvedimento operoso (…)
deve necessariamente corrispondere, oltre alla sanzione» per omesso versamento (art. 13/471),
«anche l’eccedenza d’imposta non compensabile» (cfr. Cass. Ord. 7.12.2018, n. 31706);
› imposta di registro, quando è autoliquidata dal contribuente: ad es., tardivo pagamento del-
l’imposta dovuta in sede di registrazione dei contratti di locazione;
› imposta di bollo: l’omesso o insufficiente versamento può essere regolarizzato tenendo pre-
sente che la sanzione su cui commisurare la riduzione non è quella prevista in via generale
dall’art. 13, D.Lgs. 471/1997, bensì quella stabilita dall’art. 25, co. 1, D.P.R. 26.10.1972, n. 642,
che va dal cento al cinquecento per cento della imposta o maggiore imposta non versata;
› diritti della Camera di commercio: l’omesso versamento può essere regolarizzato tenendo pre-
sente la sanzione base, che va dal 30% al 100%, e la riduzione sanzionatoria, che varia da 1/8
a 1/5, a seconda che la regolarizzazione sia effettuata entro 30 giorni o entro 1 anno (cfr. dal-
l’artt. 4 e 6, D.M. 27.1.2005, n. 54; si vedano, anche, Nota Ministero dello Sviluppo Economico,
6.2.2015, n. 16919; nonché – per l’applicabilità dei principi espressi dall’Agenzia delle Entrate
nella Circolare 27/2013 – cfr. Nota Ministero dello Sviluppo Economico, 22.10.2013, n. 17274);
› Imu (cfr. art. 1, co. 774, L. 160/2019, che rimanda all’art. 13, D.Lgs. 471/1997, quanto alla misu-
ra della sanzione irrogabile). Nel caso di mancato pagamento delle rate dell’imposta, l’Agenzia
delle Entrate ha precisato che detta omissione determina l’applicazione delle sanzioni ammi-
nistrative nella misura ordinaria, salva la possibilità che il contribuente regolarizzi la violazio-
ne ricorrendo al ravvedimento: nel qual caso sanzioni e interessi devono essere versati unita-
mente all’imposta dovuta (cfr. R.A.E. 12.4.2012, n. 35).
Non è, invece, possibile ravvedere l’omesso versamento del contributo straordinario previsto
dall’art. 37 del D.L. 21.3.2022, n. 21 (conv. con modif. in L. 20.5.2022, n. 51):
«a) dopo il 31 agosto 2022, per il versamento dell’acconto;
b) dopo il 15 dicembre 2022, per il versamento del saldo» (cfr. art. 42, co. 1, del D.L. 9.8.2022, n. 115,
conv. con modif. in L. 21.9.2022, n. 142); e la sanzione di cui all’art. 13, co. 1 del D.Lgs. 471/1997,
per omesso o tardivo versamento, si applica in misura doppia, quindi pari al 60% (cfr. art. 42, co.
2 del medesimo decreto).
Detto contributo – introdotto per contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del
settore energetico a carico di famiglie e imprese – era dovuto dalle imprese del settore energeti-
co sui c.d. extraprofitti, in una misura variabile tra il 25% e il 10% della base imponibile e doveva
essere versato «con le modalità di cui all’art. 17 del D.Lgs. 241/1997, per un importo pari al 40% a ti-
tolo di acconto, entro il 30 giugno 2022, e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022,
utilizzando il modello F24» (cfr. Provv. A.E. 17.6.2022, n. 221978, di attuazione dell’art. 37, co. 5,
del D.L. 21/2022. I codici tributo per il versamento sono stati istituiti con R.A.E. 20.6.2022, n. 29).
L’art. 42 del D.L. 115/2022 ha inasprito il trattamento sanzionatorio previsto «in caso di omesso
versamento, in tutto o in parte del contributo straordinario», stabilendo:
› da un lato, che non sono applicabili le disposizioni di cui:
- all’art. 13, co. 1, secondo periodo, del D.Lgs. 471/1997, e, quindi, la riduzione della san-
zione alla metà per i versamenti effettuati con ritardo non superiore a 90 giorni;
458
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

- all’art. 13 del D.Lgs. 472/1997;


dopo il 31.8.2022 (per l’acconto) e il 15.11.2022 (per il saldo);

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› dal'altro, che «per i versamenti del contributo (…) omessi, in tutto o in parte, o effettuati dopo le
predette date, la sanzione di cui all’art. 13, co. 1, primo periodo, del D.Lgs. 471/1997 [30% dell’im-
porto non versato] è applicata in misura doppia» (cfr. art. 42, co. 2, D.L. 115/2022).
La disposizione si applica, in deroga all’art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, dalla data
di entrata in vigore del Decreto (quindi, dal 10.8.2022).
2) Violazioni in materia di compensazioni L’art. 13, co. 4 e 5, del D.Lgs. 471/1997 prevede sanzio-
ni «base» diverse a seconda che il credito utilizzato sia non spettante ovvero inesistente. Il com-
ma 4 definisce non spettante il credito esistente, utilizzato in misura eccedente quella spettante
o in violazione delle modalità di utilizzo, punibile con la sanzione del 30% del credito indebita-
mente utilizzato. Il comma 5 definisce il credito come inesistente se manca – in tutto o in parte
– il relativo presupposto costitutivo e se la inesistenza non è riscontrabile attraverso i controlli
automatizzati, punibile con la sanzione dal 100% al 200% dello stesso (sulla distinzione tra le
due fattispecie, si rimanda al capitolo sulla Definizione degli avvisi bonari). L’Agenzia delle En-
trate ha ammesso la possibilità di ravvedere queste violazioni, tra l’altro, nei casi di:
› crediti di imposta ricerca e sviluppo. Dopo aver affermato che - nel caso di spese inammissibili «al
credito d’imposta ricerca e sviluppo, si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito “inesistente” per ca-
renza totale o parziale del presupposto costitutivo» - l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibili-
tà, per il contribuente, di «beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’art. 13 del D.Lgs.
472/1997 (cd. ravvedimento), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque
prima che sia stato notificato l’atto di recupero» (cfr. C.A.E. 23.12.2020, n. 31. In merito alle attività di
analisi e controllo sul credito d’imposta in esame, si veda la C.A.E. 20.6.2022, n. 21);
› indebita percezione del contributo a fondo perduto c.d. perequativo, di cui all’art. 1 del D.L.
25.5.2021, n. 73 (conv. con modif. in L 23.7.2021, n. 106). Per ottenere il contributo, i soggetti
interessati devono presentare un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate (il modello e le re-
lative istruzioni sono stati approvati con Provv. A.E. 29.11.2021, n. 336196), con la indicazione,
tra l’altro, della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa. L’Agenzia delle Entrate pro-
cede, quindi, ad effettuare i controlli sull’istanza ricevuta (che possono anche comportarne lo
scarto), e, qualora «emerga che il contributo sia in tutto o in parte non spettante (…), procede alle
attività di recupero del contributo, irrogando la sanzione» di cui all’art. 13, co. 5, D.Lgs. 471/1997,
con conseguente esclusione della «possibilità della definizione agevolata» (cfr. Guida Agenzia
delle Entrate, Luglio 2021; nonché Provv. A.E. 29.11.2021, n. 336196). Però, «il soggetto, che ha
percepito il contributo in tutto o in parte non spettante (…), può regolarizzare la indebita percezione,
restituendo spontaneamente il contributo ed i relativi interessi (…) e versando le relative sanzioni
mediante applicazione delle riduzioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/1997. I versamenti di cui ai pe-
riodi precedenti sono effettuati mediante compilazione del modello F24 con specifici codici tributi e
indicazioni fornite con apposita risoluzione» (cfr. Provv. A.E. 29.11.2021, n. 336196, nonchè R.A.E.
16.12.2021, n. 73).
Infine, la regolarizzazione sulla eventuale violazione concernente l’utilizzo di crediti inesistenti
è assorbita dalla regolarizzazione della infedeltà dichiarativa, dato che per effetto di quest’ulti-
ma «le compensazioni successivamente eseguite assumono legittimità» (cfr. Ris. Ag. Entrate
24.12.2020, n. 82. La fattispecie riguardava l’utilizzo in compensazione di un credito emerso in
dichiarazione dei redditi, successivamente rettificata per includervi un reddito non dichiarato,
dal quale emergeva un debito d’imposta, in luogo dell’iniziale credito utilizzato in compensazio-
ne).
Singole fattispecie: II) Errori ed omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul paga-
mento dei tributi - Lett. da a-bis) a b-ter)
Le violazioni sostanziali possono essere regolarizzate con la presentazione di una dichiarazione
integrativa di quella errata, il versamento della relativa sanzione ridotta, del tributo eventual-
mente dovuto, degli interessi e della eventuale sanzione (ridotta) per omesso versamento, nei
termini previsti da ciascuna fattispecie.
La presentazione della Dichiarazione integrativa:
› presuppone che quella originaria sia stata validamente presentata (anche con ritardo, purché
non superiore a 90 giorni);
Ravvedimento operoso 459

› va compilata in tutte le sue parti, utilizzando un modello conforme a quello approvato con ri-

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ferimento al periodo di imposta interessato dalla «rettifica», indicando quali quadri e allegati

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sono stati modificati e quali restano invariati e versando la relativa sanzione ridotta. Nel caso
di «dichiarazione redatta su un modello conforme a quello approvato (…), ma diverso da quello pre-
scritto per la propria categoria soggettiva di appartenenza», la dichiarazione irregolare (non nulla)
è sanzionabile ex art. 8, co. 1 del D.Lgs. 471/1997 (da 250,00€ a 2.000,00€), ma «può essere inte-
grata, qualora sia stata trasmessa entro la scadenza del termine di presentazione ordinario ovvero
nei novanta giorni successivi» (cfr. Risposte Ag. Entrate Telefisco 28.1.2021);
› può essere presentata anche per correggere errori od omissioni non incidenti sulla determi-
nazione e sul pagamento del tributo e che non siano di ostacolo all’esercizio dell’attività di
controllo (senza sanzioni);
› incide sui termini per l’accertamento (di cui all’art. 43, D.P.R. 600/1973 e all’art. 57, D.P.R.
633/1972), che ricominciano a decorrere «dalla presentazione della dichiarazione integrativa, li-
mitatamente ai soli elementi oggetto della integrazione» (cfr. art. 1, co. 640, L. 190/2014, modifi-
cato dall’art. 5, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225).
Termini La dichiarazione contenente «errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato
l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore
debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito» (cfr. art. 2, co. 8, D.P.R. 322/1998)
può essere corretta con la presentazione di una dichiarazione integrativa entro i termini di ac-
certamento (di cui agli artt. 43/600 e 57/633).
A seguito della modifica ex art. 5 del D.L. 193/2016 (conv. con modif. in L. 225/2016), gli articoli
2 e 8 del D.P.R. 322/1998 consentono, infatti, di emendare la dichiarazione sia «a sfavore» che a
«favore» del contribuente entro i termini di accertamento, i quali, a partire dal periodo d’impo-
sta 2016 sono stati «prolungati» dal quarto al quinto anno (cfr. art. 1, co. 132, L. 208/2015), per
cui detta dichiarazione può essere presentata:
› per i periodi d’imposta fino al 2015, entro il quarto anno successivo a quello della presentazio-
ne della dichiarazione originaria;
› per i periodi d’imposta dal 2016, entro il quinto anno successivo a quello della presentazione
della dichiarazione originaria.
Resta ferma, in ogni caso, «la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio,
eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando
l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore
credito» (cfr. art. 2, co. 8-bis, D.P.R. 322/1998). In proposito, la Corte di Cassazione a Sezioni
Unite aveva già riconosciuto che «il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui
alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 D.P.R. 322/98 e dall'istanza di rimborso di cui all'art.
38 D.P.R. 602/73, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Am-
ministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichia-
razione, incidenti sull'obbligazione tributaria» (cfr. Cass. SS.UU. Sent. 30.6.2016, n. 13378; conf.
Cass. Sent. 30.1.2018, n. 2220; Cass. Ordinanze 31.8.2022, n. 25554; 11.6.2021, n. 16658;
26.10.2015, n. 21740; 18.2.2014, n. 3754).
Sulla natura - sostanziale o procedimentale - della modifica normativa operata dall’art. 5 del
D.L. 193/2016,
› la Corte di cassazione (cfr. Cass. Sent. 18.1.2019, n. 1291) si è pronunciata a favore della natura
sostanziale, e, dunque, irretroattiva, dell’art. 5, D.L. 193/2016, valorizzando così il principio
sancito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione secondo cui «gli errori o omissioni in dan-
no del contribuente possono (…) essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito
eventualmente risultante»; oltre tale termine, il contribuente può chiedere il rimborso – entro
48 mesi dal versamento – ovvero può opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa del-
l’Amministrazione finanziaria fondata su dati errati (cfr. Sent. 30.06.2016, n. 13378); con effet-
to sui giudizi in corso alla data di entrata in vigore della modifica normativa;
› il MEF, in risposta a «question time», si è allineato a tale orientamento sostenendo «che le di-
chiarazioni integrative a favore presentate prima del 24.10.2016, debbono essere valutate sulla base
della normativa vigente alla data di presentazione, in applicazione del principio generale della irre-
troattività della legge» (cfr. Risposta n. 5-01955 Martinciglio); ma
460
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

› la Prassi ha ritenuto che l’art. 5, D.L. 24.10.2016, n. 193, abbia «natura chiaramente procedimen-
tale» con conseguente «applicazione anche in relazione ai periodi di imposta precedenti a quello in

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corso al momento della entrata in vigore della relativa fonte normativa» (cfr. Circ. Assonime,
20.2.2017, n. 3).
Quanto al differimento dei termini di notifica - tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022 - degli
atti impositivi (cfr. art. 157, co. 1, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77, so-
stituito, da ultimo, dall’art. 22-bis, del D.L. 31.12.2020, n. 183, conv, con modif. in L. 26.2.2021, n.
21), per i quali i termini di decadenza dell’azione accertatrice (calcolati senza tenere conto della
proroga di 85 giorni), scadevano tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (si tratta, in genere, del pe-
riodo d’imposta 2015, o, in caso di omessa dichiarazione, del periodo d’imposta 2014), l’Agenzia
delle Entrate ha ritenuto detto differimento non rilevante ai fini della presentazione di una di-
chiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta 2015. Secondo l’Agenzia, infatti, la norma
«non ha modificato i termini previsti per la presentazione delle dichiarazioni, né in generale, né con
specifico riferimento a quelle integrative, anzi:
› ha indirettamente confermato i termini legati alla ordinaria presentazione di queste ultime (cfr. il
comma 2-bis, laddove si precisa che “restano ferme le disposizioni previste dall’art. 1, co. 640 della
L. 23.12.2014, n. 190”);
› qualora si volesse intendere come imprescindibile un parallelismo tra i termini di presentazione del-
la dichiarazione integrativa e di decadenza dal potere di accertamento del relativo anno d’imposta»,
ciò confermerebbe, comunque, che «l’accertamento, seppure notificato, salve alcune eccezioni, en-
tro il 31 dicembre 2021 [28 febbraio 2022], deve sempre essere emesso nei termini “ordinari”».
Conclusione: «il Legislatore emergenziale, al momento, non ha ritenuto di differire ulteriormente»
il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione integrativa, relativa al p.i. 2015 (che
resta il 31.12.2020) «per consentire al contribuente di beneficiare della riduzione delle sanzioni in
sede di ravvedimento» (cfr. Risp. Ag. Entrate 24.12.2020, n. 620). In realtà, nella Risposta a «Vi-
deoforum Italia Oggi» del 14.1.2021, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che il ravvedimento
è sempre possibile fino alla notifica dell’avviso di accertamento, per poi chiarire - con la Risp.
Ag. Entrate 9.6.2021, n. 396 - che «la proroga dei termini per effettuare il ravvedimento operoso»,
di cui alla predetta Risposta si riferisce alla sola ipotesi di una violazione già constatata dal-
l’Amministrazione finanziaria, ma «non si estende ad eventuali violazioni non constatate nei ter-
mini di decadenza dell’Amministrazione, né ad eventuali integrazioni a favore, volte al riconosci-
mento di diritti ormai prescritti». Ne deriva che la citata proroga «non si applica con riferimento
ai termini di presentazione di una dichiarazione integrativa a favore». Di contrario avviso la
C.T.P. di Prato, secondo la quale «l’inconsueto sdoppiamento dei termini tra “emissione” e “notifi-
ca” dell’avviso di accertamento non incide ai fini della scadenza della dichiarazione integrativa per
la quale il termine di presentazione rimane sempre segnato da quello stabilito per la “notifica” del-
l’atto impositivo», anche perché «non può essere negato il diritto del contribuente a regolarizzare
la propria posizione nei medesimi maggiori termini a disposizione dell’Agenzia per la “notifica” del-
l’atto impositivo (…)» (cfr. C.T.P. Prato, Sentenza 30.12.2021, n. 189).
Sanzioni Secondo l’Agenzia delle Entrate, «solo la presentazione di una dichiarazione integrativa in-
teramente a favore del contribuente non è soggetta ad alcuna sanzione. È, invece, dovuta la sanzione
amministrativa da 250 euro a 2.000 euro qualora la dichiarazione integrativa sia presentata per cor-
reggere errori od omissioni sia a favore che a sfavore del contribuente ed il risultato finale della stessa
sia comunque rappresentato da un maggior credito. In tale ipotesi, infatti, risulta integrata la viola-
zione sanzionata dall’art. 8 del D.lgs. 471/1997» (cfr. R.A.E. 24.12.2020, n. 82; nonché Risposte A.E.
a Telefisco 28.1.2021).
«In altri termini, la correzione dell’errore commesso a danno del contribuente rimane valida ma va
considerata autonomamente rispetto alla correzione dell’errore commesso a danno dell’Amministra-
zione finanziaria. E su quest’ultimo errore sono dovute le sanzioni anche se per effetto dell’altra corre-
zione (a favore) non ne deriva un aumento dell’imponibile» (cfr. Assonime, Circ. 26.1.2021, n. 1).
1) Violazioni in materia di IMPOSTE DIRETTE. Si tratta, per lo più, di:
› irregolarità rilevabili dall’Ufficio in sede di liquidazione ex artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R.
600/1973 (ad es., errori materiali nella determinazione degli imponibili, indicazione in misura
superiore a quella spettante di detrazioni di imposta o di oneri deducibili);
› violazioni che comportano la integrazione (in aumento) degli imponibili risultanti da dichia-
Ravvedimento operoso 461

razioni regolarmente presentate, cioè la ipotesi di dichiarazione infedele (ad es., omessa o er-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


rata indicazione di redditi imponibili),

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che possono essere regolarizzate con la presentazione di una dichiarazione integrativa di quella
errata, nei termini previsti dalle lettere da a-bis) a b-ter), e, quindi, entro i termini per l’accerta-
mento (cfr. art. 2, co. 8, D.P.R. 322/1998), stabiliti dall’art. 43, D.P.R. 600/1973.
Singole fattispecie
i. Scomputo del credito «da errore fiscale» L’eventuale credito emergente dalla dichiarazione inte-
grativa «a favore» può essere utilizzato con le seguenti modalità:
› se la dichiarazione integrativa è presentata entro il termine di presentazione di quella succes-
siva, non ci sono limitazioni all’utilizzo in compensazione del credito emergente dalla dichia-
razione integrativa se non quelle «ordinarie», derivanti dall’art. 17, D.Lgs. 241/1997 (cfr. art. 2,
co. 8-bis, D.P.R. 322/1998).Si ricorda che l’art. 17, co. 1 del D.Lgs. 241/1997 consente la com-
pensazione orizzontale dei crediti Irpef, relative addizionali e imposte sostitutive, Ires e Irap
(e Iva), di importo superiore a 5.000,00 euro, a partire dal decimo giorno successivo alla pre-
sentazione della relativa dichiarazione;
› se la dichiarazione integrativa è presentata oltre il termine di presentazione di quella succes-
siva, ma entro i termini per l’accertamento, il credito da essa emergente:
- può essere utilizzato in compensazione nel Mod. F24 solo «per eseguire il versamento dei
debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la
dichiarazione integrativa», senza possibilità di portare il credito a rimborso (come accade
nel caso di dichiarazione integrativa IVA: si veda oltre);
- deve essere indicato nel Quadro DI-Dichiarazione integrativa del Modello Redditi della
«dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa»
(cfr. art. 2, co. 8-bis, D.P.R. 322/1998).
La dichiarazione integrativa può essere presentata – da ciascuna delle società che hanno
esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo di cui all’art. 117 e segg. del Tuir – anche per
esercitare la facoltà prevista dall’art. 118, co. 2, del TUIR e, quindi, per «trasferire il credito ma-
turato ante consolidato affinché lo stesso sia utilizzato dalla consolidante in compensazione “verti-
cale” con il debito IRES del gruppo (…) (sempreché, ovviamente, il credito maturato prima dell’eser-
cizio della opzione per la tassazione di gruppo sia ancora disponibile al momento di effettuazione
della integrazione)» (cfr. Risp. Ag. Entrate 23.3.2021, n. 201).
Invece, il credito derivante dalla mancata fruizione dell’agevolazione fiscale «Tremonti Ambien-
te», non indicata nella dichiarazione originaria, non può essere recuperato con una istanza di
rimborso ex art. 38 del D.P.R. 602/1973, se è omessa la presentazione della dichiarazione inte-
grativa. «L’ambito di applicazione e, di conseguenza, l’ammissibilità del rimborso ex art. 38, D.P.R.
602/1973, [infatti,] deve essere circoscritto alle ipotesi in cui, sul piano della riscossione, vogliono esse-
re rimossi gli effetti di un errore derivante da quanto indicato nella dichiarazione (…)» (cfr. C.T.P.
Milano, Sent. 28.2.2022, n. 575). Di conseguenza, l’unico strumento che consente al contribuente
«di far valere eventuali rettifiche a suo favore rispetto ai dati indicati nella dichiarazione dei redditi
originariamente presentata» è costituito dalla presentazione di una dichiarazione integrativa (co-
me dire che è necessaria la dichiarazione integrativa per presentare l’istanza – seppure tardiva –
di rimborso).
ii. Scomputo del credito da «errori contabili di competenza» Anche questi errori possono essere cor-
retti con la presentazione di una dichiarazione integrativa e con la ulteriore possibilità di utiliz-
zare in compensazione il credito da essa emergente. La procedura di cui alla Circolare del-
l’Agenzia delle Entrate n. 31/2013 «deve [quindi] intendersi superata dalla nuova disciplina recata
dall’art. 2, co. 8, del D.P.R. 322/1998» che consente di correggere con una dichiarazione integrati-
va anche gli errori contabili (cfr. Circ. Ag. Entrate 7.4.2017, n. 8, par. 15.4).
Ferma restando la possibilità di compensare il credito emergente dalla dichiarazione integrativa
«a favore», «per eseguire il versamento dei debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo
a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa», «nel [diverso] caso in cui la dichiara-
zione oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito (…) può essere utilizzato in com-
pensazione per eseguire il versamento di debiti maturati dal periodo d’imposta successivo a quello in
cui è stata presentata la dichiarazione integrativa» (cfr. art. 2, co, 8-bis, D.P.R. 322/1998).
462
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

In quest’ultimo caso, oltre alla compilazione del Quadro DI del Modello Redditi, si deve barrare
la casella del frontespizio «Dichiarazione integrativa di errori contabili» (cfr. Istruzioni per la com-

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pilazione dei Modelli Redditi 2021).
Anche la deduzione di quote di ammortamento dell’avviamento in modo difforme (nel caso, in
quote costanti per un periodo di 40 anni), da corretti principi contabili può essere corretta con
la dichiarazione integrativa, da presentare «secondo la disciplina ordinariamente prevista per retti-
ficare i precedenti periodi emendabili, al fine di recuperare la maggiore quota di deduzione fiscale cal-
colata tenendo presente la corretta imputazione a conto economico». Per i periodi d’imposta non più
emendabili, invece, le quote di ammortamento non dedotte non possono più essere recuperate.
Quanto alle conseguenze dell’errore contabile sulla disciplina ACE, si «dovrà rideterminare la base
ACE dei periodi precedenti secondo le ordinarie modalità previste per la presentazione della dichiara-
zione integrativa, tenendo conto della corretta base imponibile», considerando, quale limite del pa-
trimonio netto, l’importo esistente dopo la correzione contabile (cfr. Risp. Ag. Entrate 21.4.2021,
n. 279. In proposito, si veda anche Risp. Ag. Entrate 23.4.2021, n. 285; nonché Assonime, Circ.
23.6.2021, n. 20).
Dato questo contesto è intervenuta la modifica dell’art. 83 del D.P.R. 917/1986, ad opera dell’art.
8 del D.L. 21.6.2022, n. 73, conv. con modif. in L. 4.8.2022, n. 122, c.d. Decreto Semplificazioni,
rubricato «Estensione del principio di derivazione rafforzata alle micro imprese e disposizioni in ma-
teria di errori contabili».
La modifica ha esteso l’applicazione del principio di derivazione rafforzata (già previsto per i soggetti
IAS e OIC) alle microimprese che optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria.
Tale principio (cfr. l’art. 83 del Tuir post D.L. 244/2016; nonchè il D.Lgs. 139/2015), prevede che
la determinazione della base imponibile fiscale sia effettuata tenendo conto dei principi civilisti-
ci di redazione del bilancio (a partire da quelli di rilevanza e sostanza economica), con la conse-
guente diretta dipendenza dell’imponibile fiscale dalle qualificazioni, classificazione e imputa-
zioni temporali (cfr. art. 83, co. 1) stabilite dai principi contabili (OIC/IAS) correttamente appli-
cati.
Gli stessi criteri di imputazione temporale valgono ai fini fiscali – ed è questa la novità – «anche
in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili» (con
rilevanza anche ai fini IRAP). La nuova versione dell’art. 83, co. 1, lett. b), stabilisce, però, che la
disposizione non si applica «ai componenti negativi di reddito per i quali è scaduto il termine per la
presentazione della dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, co. 8» del D.P.R. 322/1998 (cioè i ter-
mini per l’accertamento). Le modifiche in esame «si applicano a partire dal periodo d’imposta in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto» (cfr. art. 8, co. 2 del D.L. 73/2022), quindi,
a partire dal 2022, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.
La Relazione illustrativa al D.L. 73/2022 chiarisce che, con la modifica dell’art. 83 del D.P.R.
917/1986, si è inteso attribuire «rilevanza fiscale alla correzione degli errori, nell’esercizio in cui
viene effettuata in conformità ai principi contabili esistenti, evitando così alle imprese la presentazio-
ne di un’apposita dichiarazione integrativa (IRES-IRAP) del periodo in cui la componente di reddito
avrebbe dovuto essere contabilizzata ed eliminando i connessi oneri di adempimento».
In sostanza,
› «nel previgente regime, le componenti di reddito generate dal processo di correzione degli errori
contabili (…) non possono trovare riconoscimento fiscale se non attraverso la presentazione di una
dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta interessato dall’errore contabile», con le
conseguenti sanzioni ridotte a seguito di ravvedimento;
› «con le modifiche inserite, si è voluto conferire rilevanza fiscale alla correzione degli errori nel-
l’esercizio in cui viene effettuata, in conformità con i principi contabili esistenti, evitando così alle
imprese la presentazione di una apposita dichiarazione integrativa» (cfr. Federholding, Nota
6.9.2022, n. 5), e, a quanto sembra, senza applicazione di sanzioni.
Se non ché, l’art. 1 della L. 197/2022 ha previsto:
› al comma 273, che «All’art. 83, co. 1, ultimo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi di cui
al D.P.R. 22.12.1986, n. 917, in materia di imputazione temporale di componenti negativi di redditi,
ai fini della determinazione del reddito complessivo, a seguito della correzione di errori contabili,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, e, sussistendone gli altri presupposti, opera soltanto per
i soggetti che sottopongono il proprio bilancio di esercizio a revisione legale dei conti”»;
Ravvedimento operoso 463

› al comma 274, che «All’art. 8, co. 1-bis, del D.L. 21.6.2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dal-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


la legge 4.8.2022, n. 122, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, e, sussistendone gli altri pre-

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supposti, opera soltanto per i soggetti che sottopongono il proprio bilancio di esercizio a revisione
legale dei conti”»;
› e, al comma 275, che i due precedenti commi si applicano a decorrere dal periodo d’imposta
in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 73/2022 e, quindi, per i soggetti solari, dal peri-
odo d’imposta 2022.
Ne deriva che la semplificazione sopra riportata può essere applicata solo dai soggetti che sotto-
pongono il proprio bilancio di esercizio a revisione legale dei conti, e, quindi (in contrasto con
l’obiettivo perseguito dal D.L. 73/2022), solo da «coloro che sottopongono il proprio bilancio di
esercizio a revisione legale dei conti», con la conseguenza che «non sarà più necessario presentare
una dichiarazione integrativa per attribuire valenza fiscale alla correzione degli errori qualora il bi-
lancio sia stato sottoposto a revisione» (cfr. la Relazione tecnica al D.D.L. di Bilancio 2023-2025).
Resta fermo l’onere di presentare la dichiarazione integrativa - per correggere i «precedenti» er-
rori contabili (cfr. C.A.E. 31/2013, sopra citata) - per quelle (micro) imprese che redigono il bi-
lancio (non) in forma (ordinaria, ma) semplificata/abbreviata, per quelle che non applicano il
principio di derivazione rafforzata, nonché, a seguito della modifica introdotta dalla L. 197/2022,
per quelle che non sottopongono il proprio bilancio a revisione legale dei conti.
iii. Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19
Possono essere corrette con la «presentazione di una dichiarazione integrativa, versando per l’errore
commesso la sanzione di cui all’art. 8, co. 1, del D.Lgs. 471/1997, definibile mediante l’istituto del ravve-
dimento operoso» (cfr., rispettivamente, la Ris. A.E. 29.9.2021, n. 58 e le FAQ, A.E., 17.11.2022), an-
che:
› la mancata compilazione - nella dichiarazione IRAP relativa al periodo d’imposta 2019 - del
Quadro IS in caso di esonero dal versamento del saldo IRAP, ex art. 24 del D.L. 19.5.2020, n. 34
(conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 58). La indicazione, nel Quadro IS della dichiarazione
IRAP 2020, dei dati relativi agli aiuti di Stato e/o agli aiuti de minimis era prevista «ai fini della
registrazione degli stessi da parte dell’Agenzia nel Registro nazionale degli aiuti di Stato» (cfr. Circ.
A.E. 20.8.2020, n. 25). Pertanto, nel caso di omessa compilazione, il contribuente avrebbe rice-
vuto una comunicazione di irregolarità, che poteva essere sanata presentando la dichiarazio-
ne IRAP integrativa, comprensiva del Quadro IS, sezione Aiuti di Stato opportunamente com-
pilato. Il contribuente poteva, quindi, «richiedere il riesame della posizione tramite il Servizio
“Consegna documenti e istanze” – nella Sezione Consultazione delle richieste – successivamente alla
chiusura della pratica CIVIS», indicando nell’istanza l’avvenuta presentazione della dichiarazio-
ne integrativa, e «l’Ufficio, non appena la dichiarazione sarà visibile a sistema, procederà alla rila-
vorazione comunicando l’esito all’utente» (cfr. CNDCEC, Inf. 30.6.2022, n. 58);
› la «mancata compilazione del prospetto aiuti di Stato presente nei quadri RS e IS, rispettivamente
dei modelli REDDITI e del modello IRAP». Quanto agli errori di compilazione della sezione “aiuti
di Stato”, relativi al periodo d’imposta 2018, indicati nella dichiarazione IRAP 2019, per i quali
non è stato possibile procedere alla registrazione nel Registro Nazionale degli aiuti di Stato, il
Provv. A.E. 22.11.2021, n. 324659 ha previsto la possibilità di regolarizzarli con la presentazio-
ne di una dichiarazione integrativa, che può essere presentata anche per correggere gli errori
che hanno comportato il superamento dell’importo complessivo concedibile (che, peraltro, va
restituito, comprensivo di interessi). «É, inoltre previsto, nel quarto trimestre del 2022, l’invio di
comunicazioni ai contribuenti per i quali sono state riscontrate anomalie in fase di registrazione de-
gli aiuti individuali nel Registro Nazionale degli aiuti di Stato, invitandoli a verificare la correttezza
dei dati dichiarati nel quadro relativo agli aiuti di Stato e, nel caso, a rettificare la dichiarazione fi-
scale restituendo le somme indebitamente fruite, evitando, in tal modo, future attività di recupero»
(cfr. C.A.E. 20.6.2022, n. 21).
Invece, «le eventuali dichiarazioni dei redditi integrative o correttive presentate oltre il termine del 30
settembre 2021, relativamente ai periodi di imposta in corso al 31.12.2019 e al 31.12.2020 (…)» non ri-
levano ai fini della determinazione del contributo a fondo perduto c.d. perequativo, di cui all’art.
1 del D.L. 25.5.2021, n. 73 (conv. con modif. in L. 23.7.2021, n. 106) «qualora dai dati in esse indica-
ti derivi un importo del contributo maggiore rispetto a quello risultante dalle dichiarazioni trasmesse
entro il 30 settembre 2021» (cfr. Art. 3, co. 2, del Decreto M.E.F. 12.11.2021). Il contributo in esame
464
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

era previsto a favore degli operatori economici che avessero registrato una riduzione del risul-
tato economico di esercizio relativo all’anno d’imposta in corso al 31.12.2020, rispetto a quello

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relativo all’anno d’imposta in corso al 31.12.2019; ed era subordinato, tra l’altro, alla presentazio-
ne della dichiarazione dei redditi, relativa al periodo d’imposta in corso al 31.12.2020, entro il 30
settembre 2021 (cfr. art. 1 del D.P.C.M. 21.9.2021), restando precluso nel caso di dichiarazione
presentata oltre detto termine, «o nel caso in cui la dichiarazione relativa al periodo d’imposta in
corso al 31.12.2019 non sia stata validamente presentata» (cfr. Art. 3, co. 1, del Decreto M.E.F.
12.11.2021). Si era, quindi, posto il problema delle eventuali dichiarazioni integrative o correttive
presentate oltre il 30.9.2021, che il M.EF. ha risolto statuendone la irrilevanza ai fini del contri-
buto c.d. perequativo.
iv. Errori ritenuti non emendabili Sia la giurisprudenza che la prassi ritengono non «emendabili»,
con la presentazione di una dichiarazione integrativa - né nel termine breve, né in quello lungo
- gli errori collegati a manifestazioni di volontà, quali:
› la opzione per la compensazione delle perdite pregresse (cfr. Cass. Ordinanze 22.3.2019, n.
8195; 21.2.2019, n. 5105; Cass. Sentenze, 13.1.2014, n. 454, e 11.5.2012, n. 7294);
› il trasferimento, al consolidato fiscale, degli interessi passivi altrimenti indeducibili, in quanto
esercizio di una opzione offerta dal Legislatore e, quindi, frutto di un potere discrezionale di
scelta, riconducibile ad una tipica manifestazione di volontà (cfr. Cass. Ord. 17.10.2019, n.
26382);
› la opzione (irrevocabile ex art. 168-ter del Tuir) per il regime di branch exemption, in quanto la
scelta esercitata nella dichiarazione dei redditi, di avvalersi del regime di esenzione, è espres-
sione di una manifestazione di volontà non riconducibile al principio di emendabilità della di-
chiarazione (cfr. Principio di diritto 28.11.2018, n. 13);
› la libera scelta di rideterminare il valore del bene e di versare l’imposta sostitutiva ex art. 7 del
D.Lgs. 448/2001, «non potendo invocarsi il principio della emendabilità della dichiarazione in rela-
zione a specifiche manifestazioni di volontà negoziale» (cfr. Cass. Ord. 30.12.2021, n. 41953);
› il mancato esercizio in dichiarazione della opzione per la rateizzazione della plusvalenza ex
art. 86 del Tuir (cfr. la Ris. Ag. Entrate 14.10.2002, n. 325, ferma restando la possibilità della
presentazione c.d. tardiva: si veda oltre);
› il mancato esercizio in dichiarazione della opzione per la tassazione separata della plusvalen-
za realizzata a seguito di cessione d’azienda (cfr. Cass. Ord. 30.11.2018, n. 31061);
› la mancata indicazione del credito d’imposta concesso, ai sensi dell’art. 11, L. 449/1997, al fine
di incentivare il commercio, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del
quale il beneficio è accordato (cfr. Cass. Sent. 12.1.2018, n. 610): in questo caso, infatti, la
emendabilità «delle dichiarazioni incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irre-
trattabili per il sopravvenire di decadenze» (cfr. Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34266, in merito alla
omessa indicazione - nel Quadro RU della dichiarazione - dei crediti sorti ai sensi della L.
449/1997). Però, è emendabile la mancata indicazione in dichiarazione di un beneficio fiscale
imputabile, non ad una scelta discrezionale del contribuente, ma alla incertezza interpretativa
relativa alla cumulabilità delle agevolazioni (nel caso, la tariffa incentivante prevista dal conto
energia e la detassazione degli investimenti ambientali ex «Tremonti ambiente»: cfr. Cass. Ord.
27.7.2020, n. 15982, n. 21242, nonché Cass. Ordinanza, 31.1.2023, n. 2931, secondo la quale la
mancata fruizione del beneficio fiscale, nel relativo periodo d'imposta, non è imputabile al
contribuente se dipende dalla incertezza interpretativa circa la cumulabilità delle due agevo-
lazioni, tesi, peraltro, riconosciuta dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Risoluzione
20.7.2016, n. 58);
› la omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui gli
utili sono percepiti, del credito d’imposta ex art. 14, D.P.R. 917/1986 (vigente «ratione tempo-
ris»: cfr. Cass. Sent. 13.9.2017);
› la omessa compilazione del quadro relativo all’adeguamento (in dichiarazione) agli studi di
settore (cfr. Cass. Ord. 16.9.2015, n. 18180 e Cass. Sent. 30.9.2015, n. 19410). Viceversa, è emen-
dabile l’errore del contribuente che consiste nella omessa cancellazione di un dato inserito dal
Sistema informatico, ossia imputabile all’automatismo del Sistema informatico predisposto
dall’Amministrazione (cfr. Cass. Ord. 4.3.2020, n. 6046).
Quanto al regime speciale dei lavoratori c.d. impatriati (di cui all’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 e
Ravvedimento operoso 465

ss.mm.), l’Agenzia delle Entrate ha affermato che:

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


› se il contribuente, nel periodo d’imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, non «ne ha dato evi-

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denza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione» risultano scaduti, l’ac-
cesso al regime speciale resterà precluso per detti periodi d’imposta, senza possibilità di pre-
sentare una dichiarazione integrativa; ma, per i restanti periodi agevolabili, il contribuente
potrà usufruire del regime in esame (cfr. Risp. A.E., 13.2.2020, n. 59). Trattandosi di un regime
opzionale è, infatti, «preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi c.d. “inte-
grativa a favore” oltre il termine di novanta giorni dalla scadenza ordinaria», ferma restando la
possibilità, entro il predetto termine di novanta giorni, «di indicare i redditi agevolabili anche
mediante una dichiarazione integrativa/sostitutiva» che sostituisce quella già presentata (cfr.
C.A.E. 28.12.2020, n. 33, § 6);
› se non ha effettuato l’opzione per estendere (in presenza di presupposti previsti dalla legge) il
regime speciale per un ulteriore quinquennio, e non ha versato nei termini quanto dovuto,
l’applicazione del beneficio è preclusa, «non essendo ammesso il ricorso all’istituto del ravvedi-
mento operoso» (cfr. Risp. A.E. 12.7.2022, n. 371 e n. 372; Risp. A.E. 18.7.2022, n. 383; Risp. A.E.
22.2.2023, n. 223).
a) Modalità Per effettuare la regolarizzazione, il contribuente deve:
› presentare la dichiarazione integrativa di quella errata;
› versare la relativa sanzione ridotta in misura variabile a seconda del termine entro il quale sa-
na la violazione;
› versare l’imposta (eventualmente) dovuta, i relativi interessi e la (eventuale) sanzione per
omesso versamento ridotta secondo le misure previste dalla norma.
b) Modalità di calcolo della sanzione Per individuare le sanzioni applicabili in sede di correzione
degli errori dichiarativi, e le connesse riduzioni a seguito di ravvedimento operoso (cfr. Circ. Ag.
Entrate 12.10.2016, n. 42), bisogna distinguere:
› gli errori rilevabili in sede di controllo automatizzato (o formale) rispetto a quelli non rileva-
bili in quella sede;
› le correzioni effettuate entro 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione originaria, ri-
spetto a quelle effettuate oltre detta scadenza.
Nel caso di errori rilevabili con il controllo automatizzato (o formale), la sanzione configurabile
- sia nel caso di dichiarazione integrativa presentata entro 90 giorni, sia nel caso di dichiarazio-
ne integrativa presentata oltre tale termine - è solo quella per omesso versamento, ex art. 13,
D.Lgs. 471/1997, pari al 30% di ogni importo non versato, con possibilità di regolarizzare la vio-
lazione con le riduzioni sanzionatorie previste dall’art. 13, D.Lgs. 472/1997 a seconda del mo-
mento in cui interviene il ravvedimento.
Nel caso di errori non rilevabili con il controllo automatizzato (o formale):
› se la dichiarazione integrativa viene presentata entro 90 giorni, la violazione (di infedele di-
chiarazione) si considera di carattere formale ed è punita ai sensi dell’art. 8, D.Lgs. 471/1997
(da 250,00 euro a 2.000,00 euro); se, però, la correzione riguarda la omessa indicazione di un
reddito nella dichiarazione originaria, per la regolarizzazione è necessario sanare anche
l’eventuale omesso versamento. Se «l’omissione o l’incompletezza riguardano l’indicazione dei di-
videndi e delle plusvalenze relativi a partecipazioni detenute in imprese o enti esteri localizzati in
Stati o territori a fiscalità privilegiata, la sanzione da prendere a base di commisurazione del ravve-
dimento operoso, ai sensi della lett. a-bis), è quella specificatamente prevista dall’art. 8 con riferi-
mento a tale fattispecie» (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42);
› se la dichiarazione integrativa viene presentata oltre 90 giorni, la violazione integra una di-
chiarazione infedele punita ex art. 1, D.Lgs. 471/1997, con una sanziona dal 90% al 180% della
maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, che assorbe la violazione
«prevista per l’omesso versamento». Laddove, invece, «l’omissione o l’incompletezza integravano
sin dall’origine un’ipotesi di irregolarità dichiarativa e non di infedeltà – come, ad esempio, nel caso
in cui il contribuente abbia omesso o indicato in maniera inesatta o incompleta dati rilevanti per la
sua individuazione – la sanzione, da prendere a base di commisurazione del ravvedimento operoso
oltre i 90 giorni, rimane quella prevista dall’art. 8» D.Lgs. 471/1997 (cfr. Circ. Ag. Entrate
12.10.2016, n. 42 e la Tabella ivi riportata);
› nel caso di condotte fraudolente, se la violazione è stata constatata, il ravvedimento ex art. 13,
466
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

co. 1, lett. b-quarter), dovrà avvenire con riduzione a 1/5 del minimo, ma applicando l’aumen-
to del 50% della sanzione base di cui all’art. 1, co. 3, D.Lgs. 471/19947 (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n.

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11, § 3, da cui è possibile ricavare, ragionando a contrariis, che l’aumento non operi nel caso in
cui la violazione non sia stata constatata).
Infine, se il contribuente presenta «una dichiarazione integrativa da cui emerga una maggiore im-
posta dovuta, con conseguente rideterminazione di acconti dovuti per l’anno d’imposta successivo in
misura superiore, non potrà essere irrogata la sanzione per carente versamento dell’acconto … se la di-
chiarazione integrativa è presentata successivamente al termine di versamento del secondo acconto. In
ogni caso, anche quando la integrazione avvenga prima del citato termine, il primo acconto non sarà
sanzionabile quando con il secondo acconto sia versata la differenza dovuta calcolata con riferimento
alla dichiarazione integrata», perché, al momento del versamento, l’acconto corrisponde(va) a
quello determinato nella dichiarazione (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42).
c) Termini Il nuovo art. 2 del D.P.R. 322/1998 (modificato dall’art. 4-bis, del D.L. 30.4.2019, n. 34,
conv. con modif. in L. 28.6.2019, n. 58) prevede che le dichiarazioni dei redditi e dell’IRAP siano
trasmesse telematicamente entro il 30 novembre di ciascun anno, ovvero, nel caso di soggetti
IRES, entro l’undicesimo mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta. La norma fa slit-
tare, a regime, il termine per la presentazione delle predette dichiarazioni, dal 30 settembre, al
30 novembre, con effetto (sull’adempimento dichiarativo del 2019 e) sui termini per effettuare il
ravvedimento. Pertanto (a partire dal Modello Redditi 2019) gli errori relativi alla dichiarazione
del periodo d’imposta precedente, potranno essere regolarizzati tenendo conto, come termine di
scadenza per il ravvedimento, del nuovo termine di presentazione delle dichiarazioni; e così, il
ravvedimento potrà essere effettuato:
a-bis) entro 90 giorni (dal 30 novembre), versando la sanzione (pari a 250,00 euro, ex art. 8,
D.Lgs. 471/1997), ridotta a 1/9 (pari a 27,78 euro);
b) entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva, versando la sanzione (dal
90% al 180% dell’imposta ex art. 1, D.Lgs. 471/1997), ridotta a 1/8; e, anche, nei più lunghi termi-
ni previsti dalle lettere b-bis) e b-ter), versando la sanzione ridotta rispettivamente a 1/7 e 1/6.
1a) Violazioni (dei) SOSTITUTI D’IMPOSTA. Può essere regolarizzata con il ravvedimento opero-
so, anche la omessa comunicazione all’Amministrazione finanziaria delle singole operazioni ef-
fettuate (nell’anno precedente), dagli intermediari che intervengono nelle operazioni suscettibili
di generare redditi diversi di cui all’art. 67, co. 1, lettere da c) a c- quinquies) del D.P.R. 917/1986.
Le citate operazioni – e, in particolare, quelle che possono generare redditi da attività patrimo-
niali oggetto di rimpatrio, nonché quelle aventi ad oggetto attività finanziarie e patrimoniali
rimpatriate, che fuoriescono dal circuito degli intermediari residenti – vanno indicate nel Qua-
dro SO del Modello 770. L’Agenzia delle Entrate - in caso di violazione di tale obbligo - ha rite-
nuto possibile «regolarizzare la omessa comunicazione dei dati (…) mediante la presentazione (…) di
una dichiarazione integrativa del modello (…) indicando nel Quadro SO le operazioni omesse», e ha
precisato che «la facoltà di definire [con il ravvedimento operoso] le sanzioni applicabili alla omes-
sa comunicazione» riguarda «ogni singola operazione», senza possibilità di valersi del cumulo giu-
ridico di cui all’art. 12, D.Lgs. 472/1997 (cfr. Risp. A.E. 18.10.2022, n. 517).
2) Violazioni in materia di IVA. Si tratta, per lo più, di:
› omessa fatturazione e/o registrazione di operazioni imponibili e annotazione con indicazioni
inesatte delle operazioni imponibili;
› infedele dichiarazione.
Omessa fatturazione Se il ravvedimento avviene in corso d’anno, per la regolarizzazione, si deve
versare sia la sanzione di cui all’art. 6, D.Lgs. 471/1997, sia quella del successivo art. 13 del me-
desimo decreto, relativa all’omesso versamento in sede di liquidazione periodica (cfr. Risp. A.E.
a Telefisco 15.6.2022). «All'infedele fatturazione, si aggiunge il ritardo nel pagamento, che (…) inte-
gra una violazione sostanziale e non formale ed è sanzionato dall'art. 13 del DLgs. n. 471 del 1997 (…).
Il fatto di non aver fatturato e contabilizzato regolarmente alle scadenze periodiche non esclude, quin-
di, l'applicabilità della sanzione per il ritardato pagamento» (cfr. Cass. Sent. 14.11.2018, n. 29299, se-
condo la quale la violazione di infedele fatturazione non assorbe quella di omesso versamento).
Se, invece, il ravvedimento interviene dopo la presentazione della (infedele) dichiarazione an-
nuale, la sanzione da omesso versamento non è dovuta perchè assorbita da quella da dichiara-
zione infedele (cfr. Risp. A.E. a Telefisco 15.6.2022).
Ravvedimento operoso 467

Nel caso di tardiva (oltre i previsti 12 giorni) emissione di una fattura non soggetta ad IVA, da

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


parte di un contribuente forfettario (ex art. 1, co. 54-89, L. 190/2014), che abbia tempestivamente

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registrato il corrispettivo ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applica-
bile la sanzione residuale da 250,00 a 2.000,00 euro (ex art. 6, co. 2, D.Lgs. 471/1997) e il mante-
nimento del regime premiale che consente la riduzione di un anno dei termini di accertamento,
laddove il contribuente «mostri l’intenzione di voler conservare – con la emissione seppur tardiva
della fattura elettronica tramite SdI e la definizione della sanzione mediante il ricorso all’istituto del
ravvedimento operoso – il requisito del “fatturato costituito esclusivamente in formato elettronico”»
(cfr. Risp. A.E. 29.7.2021, n. 520).
Ancora la (erronea) applicazione del meccanismo del c.d. «reverse charge» - in luogo del (corret-
to) regime ordinario di rivalsa e detrazione - può essere regolarizzata con il ravvedimento ope-
roso, quando il fornitore che lo ha applicato «sia caduto in errore a causa di imprecise informazioni
fornite dai propri clienti non residenti, con i quali aveva operato negli anni precedenti (…) attraverso le
loro stabili organizzazioni in Italia, e l’IVA sia stata effettivamente assolta mediante applicazione del
reverse charge» (cfr. Risp. Ag. Entrate 28.4.2021, n. 301. In proposito, si veda anche Risp. Ag. En-
trate 7.6.2021, n. 393). In questo caso – in cui il fornitore, non residente e identificato ai fini Iva
in Italia, ha applicato il regime del reverse charge alle cessioni di beni effettuate nei confronti di
cessionario, non residente e senza stabile organizzazione in Italia – si applica la sanzione, «defi-
nibile mediante ravvedimento operoso», di cui all’art. 6, co. 9-bis.2, del D.Lgs. 471/1997 (da 250,00 e
10.000,00 euro), dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale), con riferimento
a ciascun committente; senza, però che il fornitore debba effettuare il versamento dell’Iva, né
che il cessionario debba rettificare la detrazione d’imposta, trattandosi di irregolarità che non ha
provocato alcun danno all’Erario (e fatta salva, ovviamente, l’ipotesi di frode).
Infine, in caso di ritardata trasmissione telematica allo SdI di alcune fatture regolarmente regi-
strate e confluite nella relativa liquidazione Iva (correttamente versata), il ravvedimento operoso
va effettuato in relazione a ciascuna singola tardiva documentazione delle operazioni, senza
possibilità di effettuare il cumulo giuridico delle sanzioni, dato che tale istituto può essere appli-
cato solo dall’Ufficio, dopo aver constatato la effettiva sussistenza dei relativi presupposti (cfr.
Risposte Ag. Entrate a Telefisco 28.1.2021; Principio di diritto Ag. Entrate 11.11.2019, n. 23).
Infedele dichiarazione La dichiarazione IVA annuale, che va presentata telematicamente tra il 1°
febbraio e il 30 aprile dell’anno successivo, può essere regolarizzata con la presentazione di una
dichiarazione integrativa entro i termini per l’accertamento (cfr. art. 8, commi da 6-bis a 6-quin-
quies, D.P.R. 322/1998, introdotto dall’art. 5, D.L. 22.10.2016, n. 193), stabiliti dall’art. 57, D.P.R.
633/1972.
Scomputo del credito Nel caso di dichiarazione integrativa presentata entro il termine di presenta-
zione di quella relativa al periodo d’imposta successivo, il credito può essere «portato in detrazio-
ne in sede di liquidazione periodica o di dichiarazione annuale»; può essere utilizzato in compensa-
zione nel Mod. F24, ex art. 17, D.Lgs. 241/1997, ovvero chiesto a rimborso se, per l’anno in cui è
presentata la dichiarazione integrativa, sussistono le condizioni di cui agli artt. 30 e 34, co. 9,
D.P.R. 633/1972: cfr. art. 8, co. 6-ter, D.P.R. 322/1998 (possibilità, quest’ultima non prevista nel
caso delle imposte dirette).
Nel caso di dichiarazione integrativa presentata oltre il termine di presentazione di quella relati-
va al periodo d’imposta successivo, il credito può essere utilizzato in compensazione nel Mod.
F24, ex art. 17, D.Lgs. 241/1997, solo «per eseguire il versamento dei debiti maturati a partire dal pe-
riodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa»; ovvero
chiesto a rimborso alle stesse condizioni sopra indicate; e deve essere indicato nel Quadro VN-
Dichiarazione integrativa a favore del Modello IVA, per indicare l’anno cui si riferisce la dichia-
razione integrativa e l’importo del credito che ne deriva (cfr. art. 8, co. 6-quater, D.P.R.
322/1998).
Con le stesse modalità e negli stessi termini, il contribuente può, anche:
› «modificare la scelta dell’utilizzo del credito IVA (da rimborso a detrazione/compensazione), origi-
nariamente manifestata nella dichiarazione (…):
- sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito;
- presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del D.P.R.
633/1972;
468
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

- indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al


periodo in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa (cfr., a tal riguardo, le istruzio-

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ni alla compilazione dei quadri VN e VL del modello IVA)» (cfr. Risp. Ag. Entrate 30.7.2020,
n. 231);
› presentare una dichiarazione integrativa recante «il visto di conformità in precedenza omesso,
unitamente al rispetto delle ulteriori prescrizioni individuate dall’art. 38-bis», del D.P.R. 633/1972,
per ottenere il rimborso dell’imposta, senza prestazione della garanzia: a condizione che gli
avvisi ricevuti del contribuente nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso siano stati:
«a) impugnati con esito favorevole al contribuente dando luogo a sentenze passate in giudicato»;
ovvero, «b) oggetto di annullamento in autotutela o di acquiescenza con saldo integrale del dovuto
in data anteriore alla presentazione della dichiarazione stessa» (cfr. Risp. Ag. Entrate 31.8.2020, n.
292);
› presentare una dichiarazione integrativa della dichiarazione annuale IVA «al fine di apporvi il
visto di conformità e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in precedenza non indicate,
lasciando inalterata la destinazione a rimborso del credito IVA» (risultante dalla originaria di-
chiarazione archiviata dall’Ufficio per mancata presentazione della documentazione); sempre
che il credito non sia già stato utilizzato in detrazione o in compensazione e con la precisa-
zione che «trattandosi di integrazioni non riconducibili ad un errore o ad una violazione, non sono
soggette a sanzioni» (cfr. Risp. Ag. Entrate 23.4.2021, n. 289).
Invece, non è possibile correggere l’applicazione di una aliquota maggiore di quella dovuta va-
lendosi della dichiarazione integrativa, se è decorso il termine - di cui all’art. 26 del D.P.R.
633/1972 - per effettuare la variazione in diminuzione (cfr. Risp. A.E. 5.10.2021, n. 663, relativa ad
un contratto di locazione i cui canoni sono stati erroneamente fatturati con l’aliquota del 22%,
invece che del 10%). Secondo l’Agenzia delle Entrate, il «ricorso alla dichiarazione integrativa in
base all’art. 8, co. 6-bis del D.P.R. 322/1998» è inammissibile «laddove l’imposta a debito riportata
nelle dichiarazioni annuali presentate sia conforme alle fatture emesse nei confronti dei cessionari con
riferimento alle quali, stante il decorso dell’anno, non è consentita la emissione di note di variazione ex
art. 26, co. 3» del D.P.R. 633/1972 (cfr. Risp. A.E. 5.10.2021, n. 663). Nel rapporto tra le due norme,
infatti, prevale l’art. 26 del decreto IVA, quale «strumento generale per porre rimedio agli errori
compiuti in sede di fatturazione». L’Agenzia conferma, dunque, il proprio orientamento, secondo
cui «mancano, in tale evenienza, i presupposti per poter presentare una dichiarazione integrativa a fa-
vore ex articolo 8, comma 6-bis, non ravvisandosi alcun errore ed omissione cui rimediare con riferi-
mento all’anno di emissione della fattura originaria» (cfr. la Risp. A.E. 14.2.2019, n. 55): come dire
che – data la corrispondenza tra imposta «originariamente» dichiarata e fatture emesse – la di-
chiarazione non conteneva errori e, di conseguenza, non poteva essere oggetto di ravvedimento.
3) Ravvedimento SPECIALE ex art. 1, co. da 174 a178 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio
2023 I commi da 174 a 178 dell’art. 1 «introducono, con riferimento ai tributi amministrati dal-
l’Agenzia delle Entrate, una peculiare forma di “ravvedimento operoso c.d. speciale”, che, derogando
parzialmente (…) alla disciplina ordinaria (…), prevede la possibilità di regolarizzare esclusivamente le
violazioni – diverse da quelle definibili ai sensi dei precedenti commi da 153 a 159 (riguardanti la defi-
nizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni) e da
166 a 173 (attinenti alla regolarizzazione delle irregolarità formali) – concernenti le dichiarazioni vali-
damente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e ai periodi d’imposta
precedenti. Sono, pertanto, definibili le violazioni riguardanti le dichiarazioni presentate – con riferi-
mento ai periodi di imposta ancora accertabili – al più tardi entro 90 giorni dal termine di presenta-
zione delle stesse (c.d. dichiarazioni tardive)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U.
30.3.2023, n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha posticipato i termini dei relativi adempimenti;
specificato - con una norma di interpretazione autentica - l’ambito di applicazione dell’istituto,
e previsto una causa di non punibilità per alcuni reati di cui al D.Lgs. 74/2000 (cfr. gli articoli 19,
21 e 23 del citato decreto).
«Sono ricomprese nella regolarizzazione tutte le violazioni che possono essere oggetto di ravvedimento
ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, commesse relativamente al periodo d’imposta in corso al 31 di-
cembre 2021 e ai periodi d’imposta precedenti, purché la dichiarazione del relativo periodo d’imposta
sia stata validamente presentata».
Ravvedimento operoso 469

Le violazioni, riferite ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, che riguardano le dichia-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


razioni validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31.12.2021 e a quelli pre-

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cedenti, possono essere regolarizzate mediante:
› il pagamento dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni ridotte a un diciottesimo (1/18) del
minimo edittale irrogabile, e
› la rimozione della violazione,
- purché dette violazioni non siano già state constatate alla data del versamento del dovu-
to.
Soggetti interessati. Sono tutti i contribuenti che abbiano commesso violazioni relative alle indi-
cate dichiarazioni.
Ambito. La normativa «consente di regolarizzare le violazioni “sostanziali” dichiarative e le viola-
zioni sostanziali “prodromiche” alla presentazione della dichiarazione, che non restano assorbite dalla
regolarizzazione della dichiarazione.
Per quanto non derogato espressamente, infatti, al ravvedimento speciale si applicano i medesimi
chiarimenti già forniti con riguardo al ravvedimento ordinario; pertanto, è possibile confermare quan-
to precisato con la Circolare del 12.10.2013, n. 42/E, paragrafo 3.1.1. (…)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Oggetto della regolarizzazione. Sono le violazioni sostanziali dichiarative (e prodromiche), rife-
rite ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, riguardanti le dichiarazioni validamente
presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31.12.2021 e a quelli precedenti.
Sono, quindi, escluse:
› «le violazioni rilevabili ai sensi degli articoli 36-bis del D.P.R. 600/1972 e 54-bis del D.P.R.
633/1972 nonché le violazioni di natura formale» (cfr. art. 21, co. 1, lett. a), del D.L. 30.3.2023, n.
34, che fornisce interpretazione autentica dell’art. 1 co. 174. Per tali violazioni, peraltro, la L.
197/2022 introduce una specifica possibilità di regolarizzazione con la loro rimozione e il ver-
samento di una somma pari a 200,00 euro per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le
irregolarità commesse: l’argomento è illustrato nella C.A.E. 2/2023, al paragrafo 1, nonché
nella C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
› le violazioni già contestate con i controlli automatici ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973; anche
se, le stesse violazioni rilevabili ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973 «possono ricadere nella proce-
dura di ravvedimento speciale (…) fino al momento in cui non sia ricevuta la comunicazione dell’esi-
to del controllo formale» (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
› i tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei monopoli;
› le omesse dichiarazioni dei redditi, Iva, Irap e del sostituto d’imposta e quelle presentate con
ritardo superiore a 90 giorni (che l’art. 2, co. 7, D.P.R. 322/1998 considera omesse). «La dichia-
razione integrativa – a favore o a sfavore – presentata oltre il termine predetto non si sostituisce
“ad ogni effetto” a quella originaria , ma solo limitatamente ai dati emendati in essa contenuti,
Pertanto, nell’ipotesi di ripetute integrazioni dichiarative – successive alla dichiarazione origina-
ria validamente presentata, che rappresenta il dies a quo per la verifica del rispetto dei termini per
la emendabilità di cui all’art. 2 del D.P.R. 322/1988 – si dovrà integrare la dichiarazione originaria,
tenendo conto ovviamente delle modifiche/integrazioni, a favore o a sfavore, intervenute medio tem-
pore (anche versando eventuali crediti generati e utilizzati se annullati per effetto delle modifiche
apportate con la successiva dichiarazione integrativa)», fermo restando che i termini per l’accer-
tamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa (cfr. C.A.E. 20.3.2023,
n. 6).
Inoltre, restano escluse dal ravvedimento speciale:
› «le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del D.L. 28.6.1990, n. 167». Sono,
però, «ricomprese nella regolarizzazione le violazioni relative ai redditi di fonte estera, all’imposta
sul valore delle attività finanziarie estere e all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero di
cui all’art. 19 (…) del D.L. 201/2011 (…) non rilevabili ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973,
nonostante la violazione dei predetti obblighi di monitoraggio» (cfr., rispettivamente, art. 21, co. 2,
lett. a), e art. 21, co. 2, lett. a) e b) del D.L. 30.3.2023, n. 34, che forniscono interpretazione au-
tentica dell’art. 1 co. 176);
› la omissione della opzione (e del versamento dovuto nei termini), per estendere (in presenza
di presupposti previsti dalla legge) il regime speciale degli impatriati per un ulteriore quin-
quennio (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
470
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

La disposizione si pone:
› in deroga alla ordinaria disciplina del ravvedimento operoso, prevista dall’art. 13, D.Lgs.

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472/1997, dato che «la regolarizzazione in parola implica sempre (e, quindi, anche per le sanzioni
irrogabili in relazione alle violazioni prodromiche) il pagamento di un diciottesimo delle sanzioni
irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti, e si perfeziona con il versa-
mento del quantum dovuto in un’unica soluzione, ovvero della prima rata, entro il 31 marzo 2023,
nonché con la rimozione, entro il medesimo termine, delle irregolarità od omissioni ravvedute» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Il pagamento e la rimozione della violazione sono stati posticipati dal 31
marzo al 30 settembre 2023 (cfr. art. 19, D.L. 30.3.2023, n. 34 in vigore dal 31.3.2023);
› in alternativa alle definizioni previste dai precedenti commi dell’art. 1 della L. 197/2022, nel senso
che riguarda le «violazioni, diverse da quelle formali e da quelle definibili con la definizione agevolata
delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni» (cfr. la Relazione illu-
strativa al D.D.L. di Bilancio 2023-2025. Per la definizione degli avvisi bonari si rimanda al relativo
capitolo; per la regolarizzazione delle irregolarità formali si rimanda alle C.A.E. 2/2023 e 6/2023).
Le modalità «ordinarie», così come le cause ostative sono analoghe a quelle stabilite per il
ravvedimento operoso. Il contribuente, quindi, deve:
› rimuovere la irregolarità o la omissione (ad es., presentando una dichiarazione con cui cor-
regge l’errore commesso, con conseguente «slittamento dei termini di decadenza per l’accerta-
mento (…) limitatamente ai soli elementi oggetto di integrazione», come previsto dalla normativa
a regime e non espressamente disciplinato dai commi in esame: cfr. C.A.E. 2/2023); e
› deve provvedere al pagamento del tributo, degli interessi e della sanzione in misura ridotta a
1/18 del minimo edittale (senza possibilità di applicare gli istituti del cumulo giuridico e della
continuazione ex art. 12, D.Lgs. 472/1997);
- entro il termine tassativamente previsto del 30 settembre 2023, termine sostituito (dal D.L.
34/2023), al precedente 31 marzo 2023;
› non può effettuare la regolarizzazione se le violazioni sono già state constatate, alla data del
versamento del dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recu-
pero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni derivanti
dai controlli formali di cui all’art. 36-ter, del D.P.R. 600/1973 (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6). Vice-
versa, non ostano al ravvedimento speciale:
- le violazioni accertabili ai sensi dell’art. 41-bis del D.P.R. 600/973, purché non siano già sta-
te contestate;
- i c.d. «atti interlocutori», come la richiesta di documenti prima dell’avviso bonario o l’invio
al contribuente di un questionario; e non dovrebbe essere ostativa nemmeno la notifica di
un invito al contraddittorio ex art. 5-ter del D.Lgs. 218/1997 o di un P.V.C., come conferma-
to, in questo secondo caso, dall’Agenzia delle Entrate: «la notifica di un processo verbale di
constatazione (p.v.c.) ex art. 24 della L. 7.1.21929, n. 4, entro il 31 marzo 2023, non è ostativa alla
procedura agevolativa in trattazione» (cfr. C.A.E. 2/2023, Nota 15).
La regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto e la rimozione della irre-
golarità entro il 30 settembre 2023 (non più entro il 31 marzo 2023).
In deroga all’art. 13/472, il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione o in forma
rateale, in questo secondo caso, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, di cui la
prima con scadenza entro il 30 settembre 2023 e le successive con scadenza «entro il 31 ottobre
2023, il 30 novembre 2023, il 20 dicembre 2023, il 31 marzo 2024, il 30 giugno 2024, il 30 settembre
2024 e il 20 dicembre 2024» (cfr. art. 1, co. 174, modificato dall’art. 19 co. 1, lett. b) del D.L.
30.3.2023, in vigore dal 31.3.2023: quindi le rate non sono più trimestrali). Sulle rate successive
alla prima «sono dovuti gli interessi nella misura del 2% annuo» (cfr., il co. 174, post D.L. 34/2020,
disposizione prevista specificatamente per questo istituto, in luogo del tasso legale fissato nella
misura del 5% annuo dal Decreto M.E.F. 13.12.2022, in G.U. 15.12.2022, n. 292).
«Tenuto conto che, secondo le regole ordinarie del ravvedimento operoso, è possibile il pagamento delle
somme dovute attraverso la compensazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. 241 del 1997 e che la disciplina
del ravvedimento speciale non esclude espressamente detta compensazione, si ritiene che essa sia uti-
lizzabile per i versamenti relativi alla definizione in argomento» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2; nonché
R.A.E. 6/2023).
Si riportano, di seguito, i codici tributo istituiti con R.A.E. 14.2.2023, n. 6 - per consentire il ver-
Ravvedimento operoso 471

samento tramite modello F24 delle somme dovute per effetto della regolarizzazione - da esporre

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


nel modello F24, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna «Importi
a debito versati».

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Nel campo «anno di riferimento» va indicato il periodo d’imposta cui si riferisce la violazione, nel
formato «AAAA». «In caso di versamento in forma rateale, i campi “rateazione/regione/prov./mese
rif.” o “rateazione/mese rif.” sono valorizzati nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero
delle rate di pagamento e “RR” indica il numero complessivo delle rate (…); in caso di pagamento in
un’unica soluzione, nei suddetti campi va indicato il valore “0101”.
Si specifica che i tributi dovuti per effetto della regolarizzazione di cui trattasi sono versati indicando
nel modello F24 i codici tributo ordinari da autoliquidazione», così come si fa riferimento ai codici
tributo esistenti per gli interessi da dilazione, di cui al comma 174 dell’art. 1 della L. 197/2022
(cfr. R.A.E. 6/2023).

Cod. Sezione Denominazione codice Codice Rateazio Anno di Debito/


trib. tributo Regione o ne/ riferimento Credito
Codice ente/ Regione/
codice Prov./
comune mese rif.
TF45 ERARIO IRPEF – Ravvedimento NON RATA AAAA Debito
speciale- Art. 1, co. da 174 PRESENTE (NNRR)
a 178, L. n. 197/2022
Sanzioni

TF46 ERARIO IRES – Ravvedimento NON RATA AAAA Debito


speciale- Art. 1, co. da 174 PRESENTE (NNRR)
a 178, L. n. 197/2022
Sanzioni

TF47 ERARIO IVA – Ravvedimento NON RATA AAAA Debito


speciale- Art. 1, co. da 174 PRESENTE (NNRR)
a 178, L. n. 197/2022
Sanzioni

TF48 ERARIO Addizionali e maggiorazioni NON RATA AAAA Debito


IRES Ravvedimento PRESENTE (NNRR)
speciale- Art. 1, co. da 174
a 178, L. n. 197/2022
Sanzioni

TF49 ERARIO Imposte sostitutive e altre NON RATA AAAA Debito


imposte erariali PRESENTE (NNRR)
Ravvedimento speciale-
Art. 1, co. da 174 a 178, L.
n. 197/2022 Sanzioni

TF50 REGIONI IRAP – Ravvedimento CODICE RATA AAAA Debito


speciale- Art. 1, co. da 174 REGIONE (NNRR)
a 178, L. n. 197/2022 (…)
Sanzioni

TF51 REGIONI Addizionale regionale CODICE RATA AAAA Debito


all’IRPEF – Ravvedimento REGIONE (NNRR)
speciale- Art. 1, co. da 174 (…)
a 178, L. n. 197/2022
Sanzioni
472 Ravvedimento operoso

Cod. Sezione Denominazione codice Codice Rateazio Anno di Debito/


D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472

trib. tributo Regione o ne/ riferimento Credito


Codice ente/ Regione/

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codice Prov./
comune mese rif.
TF52 IMU E Addizionale comunale CODICE RATA AAAA Debito
ALTRI all’IRPEF – Ravvedimento CATASTALE (NNRR)
TRIBUTI speciale- Art. 1, co. da 174 DEL
LOCALI a 178, L. n. 197/2022 COMUNE
Sanzioni (…)
TF53 ERARIO Ritenute imposte erariali – NON RATA AAAA Debito
Ravvedimento speciale- PRESENTE (NNRR)
Art. 1, co. da 174 a 178, L.
n. 197/2022 Sanzioni
TF54 REGIONI Trattenute addizionale CODICE RATA AAAA Debito
regionale all’IRPEF – REGIONE (NNRR)
Ravvedimento speciale- (…)
Art. 1, co. da 174 a 178, L.
n. 197/2022 Sanzioni
TF55 IMU E Trattenute addizionale CODICE RATA AAAA Debito
ALTRI comunale all’IRPEF – CATASTALE (NNRR)
TRIBUTI Ravvedimento speciale- DEL
LOCALI Art. 1, co. da 174 a 178, L. COMUNE
n. 197/2022 Sanzioni (…)
TF56 ERARIO Altre violazioni tribuarie – NON RATA AAAA Debito
Ravvedimento speciale- PRESENTE (NNRR)
Art. 1, co. da 174 a 178, L.
n. 197/2022 Sanzioni

L’inadempimento nel versamento di una delle rate successive alla prima entro il termine di pa-
gamento di quella successiva comporta:
› la decadenza dal beneficio della rateazione; e
› la iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, della sanzione del 30% applicata sul residuo
dovuto a titolo di imposta, e degli interessi nella misura (attualmente prevista) del 4% annuo
(ex art. 20 del D.Lgs. 602/1973). In tale caso, «la cartella di pagamento deve essere notificata, a
pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della ratea-
zione.
Si precisa [inoltre,] che, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non possono applicarsi le
previsioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973 (ad esempio, la maggiorazione delle sanzioni in
caso di decadenza e la disciplina del lieve inadempimento), stante il mancato rinvio a tale disposizione
nella disciplina della definizione de qua» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Restano validi i ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della norma e non si dà
luogo a rimborso (co. 177): la regolarizzazione, infatti, «non incide sui ravvedimenti già effettuati
alla data di entrata in vigore della (…) disposizione, con l’effetto che non è possibile chiedere il rimbor-
so delle somme già versate (co. 177)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Infine, l’Agenzia delle Entrate ritie-
ne non necessaria la emanazione del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di
cui al co. 178 dell’art. 1, perché la disciplina in esame non richiede ulteriori disposizioni di attua-
zione; ma, solo, la successiva risoluzione con cui saranno individuati i codici tributo per l’effet-
tuazione dei versamenti dovuti per effetto della regolarizzazione.
Da ultimo, l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34 introduce una causa speciale di non punibilità di al-
cuni reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a
150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);
› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00 euro (art. 10-quater);
Ravvedimento operoso 473

«quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integral-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


mente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1,
commi da 166 a 252 della L. 197/2022 (compresi, quindi, i commi da 174 a 178, in esame), «pur-

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ché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23,
co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto
dovuto, prescindendo dal fatto che il ravvedimento speciale si perfeziona a seguito del versa-
mento anche solo della prima delle rate dovute.
La disciplina in esame si distingue, inoltre, da quella del ravvedimento operoso a regime, perché
estende temporalmente la possibilità di valersi della causa speciale di non punibilità entro la
prima delle pronunce di appello (non a prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado).
La procedura prevede che il contribuente:
› comunichi immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata, in
caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente
› informi l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimen-
ti del relativo procedimento penale (cfr. art. 23, co. 2).
Dalla ricezione della predetta comunicazione, il processo di merito è sospeso fino al momento
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
della rateazione (cfr. art. 23, co. 3).
La disposizione si chiude facendo salve le prove assunte durante il periodo di sospensione di cui
al comma 3, «nei casi previsti dall’art. 392 del codice di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
4) Violazioni relative ai tributi di «tipo REGISTRO». Si tratta, ad esempio, delle fattispecie:
› di omessa (richiesta di) registrazione di un atto; omessa presentazione di una denuncia; in-
sufficiente dichiarazione di valore e occultamento di corrispettivo (cfr. artt. 69, 71 e 72, D.P.R.
131/1986), in materia di imposta di registro;
› di irregolare, incompleta o infedele dichiarazione (cfr. art. 32, D.Lgs. 346/1990), in materia di
imposta di successione.
Queste violazioni possono essere regolarizzate, da qualunque dei soggetti obbligati, con le mo-
dalità e i termini previsti:
› dalle lettere da a-bis) a b-ter), del co. 1 dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997, se l’imposta è autoliquida-
ta dal contribuente; è il caso, ad esempio, della richiesta di registrazione oltre il termine, che
può essere sanata presentando all’Ufficio la richiesta di registrazione (tardiva) e versando
l’imposta maggiorata degli interessi e della sanzione autoliquidata. In proposito, un recente
decisione ha affermato che, in caso di tardiva registrazione di un contratto di locazione di
immobili urbani di durata pluriennale, per il quale il contribuente abbia optato (ex art. 17,
D.P.R. 131/1986) per il pagamento annuale dell’imposta di registro, la sanzione da irrogare
«va ragguagliata all’imposta dovuta per la prima annualità di contratto», per cui il ravvedimento
operoso effettuato con riferimento a detta sanzione è corretto (cfr. Cass. Ord. 12.1.2022, n.
717);
› con la procedura prevista dal co. 3 del medesimo articolo, se l’imposta deve essere liquidata
dall’Ufficio; è il caso, ad esempio, della insufficiente dichiarazione di valore, che può essere
sanata «producendo spontaneamente una dichiarazione integrativa di valore» all’Ufficio, il quale
provvederà «a notificare alla parte apposito avviso contenente la liquidazione della maggiore im-
posta dovuta, degli interessi legali maturati fino al giorno in cui è stata resa l’integrazione di valo-
re, nonché della sanzione» ridotta in misura decrescente a seconda del tempo trascorso dalla
commessa violazione; con l’avvertimento che l’atto viene notificato allo scopo di rendere
possibile la regolarizzazione. Se il contribuente non versa, nel termine, quanto richiesto nel-
l’avviso di liquidazione, il ravvedimento non si perfeziona e l’Ufficio può procedere alla retti-
fica del valore dichiarato con applicazione della sanzione in misura intera (cfr. C.M. 23.7.1998,
n. 192).
I termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta dovuta «decorrono dalla regola-
rizzazione spontanea degli errori od omissioni» (cfr. art. 1, co. 640, lett. c) e d), Legge 190/2014).
474
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

5) Violazioni relative ai tributi diversi da quelli amministrati dall’Ag. Entrate (come, ad es., i TRI-
BUTI LOCALI). Si tratta, ad esempio, della infedele dichiarazione IMU, che può essere sanata:

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› con la presentazione di una dichiarazione rettificativa di quella originaria, specificando, nello
spazio dedicato alle «Annotazioni»: «Ravvedimento operoso per rettifica dichiarazione» (cfr. C.M.
13.7.1998, n. 184 in materia di ICI);
› con il (contestuale) versamento della sanzione ridotta a seconda del termine entro il quale si
provvede al ravvedimento; e
› con il versamento dell’imposta (se dovuta), dei relativi interessi e della sanzione ridotta per
l’omesso versamento del tributo.
6) Violazioni relative ai tributi amministrati dall’Agenzia delle DOGANE e Monopoli
Le lettere da a-bis) a b-ter) del co. 1 dell’art. 13, del D.Lgs. 472/1997, si applicano anche ai tributi
in commento (cfr. le modifiche introdotte dall’art. 1, co. 637, della L. 190/2014 e dall’art. art. 5,
co. 1-bis, del D.L. 193/2016, conv. con modif. in L. 225/2016).
Non sembrano, infatti, esservi motivi preclusivi per l’applicazione della lett. a-bis), trattandosi di
norma «espressione di un generale principio di proporzionalità ed effettività delle sanzioni stesse (…)
costantemente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ed affermato, per le sanzioni
in materia doganale, dall’art. 42, par. 1, del Reg. U.E. n. 952/2013 istitutivo del codice doganale del-
l’unione» (cfr. Circ. Ag. Dogane e Monopoli, 18/8/2015, n. 89853/RU/2015).
Così come «le riduzioni delle sanzioni amministrative, nei limiti e secondo le modalità contenute nelle
lettere b), bis) e b-ter) del comma 1 dello stesso art. 13, si applicano anche ai tributi doganali e alle ac-
cise». Pertanto, il contribuente può, ora, valersi del ravvedimento operoso per regolarizzare «i
propri errori e/o omissioni, riguardanti i tributi (…) di natura doganale e le accise gestiti dall’Agenzia
delle Dogane e dei Monopoli» con sanzioni ridotte a 1/8, 1/7 e 1/6 (cfr. Circ. G.d.F. 27.11.2017, n.
1/2018, Vol. I, cap. 7), «anche se siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accerta-
mento da parte dell’ufficio, purché, però, non siano già stati notificati avvisi di pagamento di cui al-
l’art. 15 del D.lgs. 504/1994 od atti di accertamento» (cfr. Circ. Ag. Dogane e Monopoli, 20.12.2016,
n. 137063/RU).
Resta in vigore, «per quanto concerne i tributi doganali, la disposizione di cui all’art. 20, comma 4
della L. 449/1997, che prevede la non applicazione delle sanzioni amministrative qualora il contribuen-
te richieda spontaneamente la revisione dell’accertamento di cui all’art. 11 del D.Lgs. 374/1990» (cfr.
Circ. Ag. Dogane e Monopoli, 20.12.2016, n. 137063/RU).
È, quindi, possibile regolarizzare le violazioni:
› valendosi del ravvedimento ex art. 13, D.Lgs. 472/1997, se le attività di accertamento sono ini-
ziate e non ancora definite in un processo verbale, versando le sanzioni ridotte in relazione al
tempo intercorso dalla commessa violazione;
› valendosi dell’istituto della revisione ex art. 11, D.Lgs. 374/1990, prima dell’inizio delle attività
di accertamento, senza che siano dovute sanzioni (cfr. art. 20, co. 4, L. 449/1997), se la revisio-
ne viene eseguita su istanza di parte (cfr. 11, co. 5).
Singole fattispecie: III Altri errori ed omissioni constatati con P.V.C.: lett. b-quater)
Ambito La regolarizzazione degli errori e delle omissioni (anche se incidenti sulla determinazione
e sul pagamento del tributo) può essere effettuata anche dopo la constatazione della violazione,
purché prima della notifica dell’avviso di accertamento o dell’atto di irrogazione: con riduzione
delle sanzioni a 1/5 (un quinto).
Come anticipato, la disposizione – dopo l’abrogazione del co. 1-bis dell’art. 13/472 (cfr. art. 10-
bis, D.L. 124/2019, cit.) – è applicabile ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, e a quelli
amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (cfr. art. 13, co. 1-ter, ultimo periodo,
D.Lgs. 472/1997), con la conseguenza che, dopo la notifica del P.V.C., ma prima della «notifica di
avvisi di pagamento e di atti di accertamento» (cfr. Nota A. Dogane Monopoli, 6.2.2020, n. 42396/
RU), il contribuente potrà effettuare il ravvedimento dei tributi doganali solo ai sensi della lett.
b-quater) del co. 1 dell’art. 13/472, cioè con la riduzione sanzionatoria a 1/5.
La norma non appare, invece, applicabile ai tributi amministrati da Enti diversi dall’Agenzia del-
le Entrate e, in particolare, ai tributi locali, per i quali la emissione del PV.C. – integrando l’inizio
delle attività di verifica, – costituisce causa ostativa al ravvedimento.
Per espressa disposizione, sono, poi escluse le violazioni previste dall’art. 6, commi 2-bis e 3,
D.Lgs. 471/1997 (mancata o non tempestiva memorizzazione dei corrispettivi, nonché memoriz-
Ravvedimento operoso 475

zazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri; mancata o irregolare emissione di

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


scontrini e ricevute fiscali o di documenti di trasporto; omessa annotazione dei corrispettivi in
caso di non funzionamento del «registratore di cassa»; mancata richiesta di intervento per la

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sua manutenzione); e dall’art. 11, co. 5, D.Lgs. 471/1997 (omessa installazione del «registratore di
cassa»).
Modalità La Guardia di Finanza suggerisce di indicare nel processo verbale delle operazioni com-
piute nel primo giorno, o nei P.V.V. giornalieri, o nel P.V.C. «la facoltà, per il soggetto sottoposto a
verifica, di regolarizzare uno o più rilievi verbalizzati dalle pattuglie o, comunque, di sanare spontane-
amente propri errori e/o omissioni» ex art. 13/472; precisando «che l’adempimento volontario del
contribuente non limita né inibisce l’avvio e la prosecuzione delle attività ispettive né la conseguente
verbalizzazione degli illeciti riscontrati» (cfr. Circ. Guardia di Finanza, 15.5.2015, n. 850).
Il contribuente può scegliere quali e quanti rilievi regolarizzare, rinviando ad una successiva fa-
se procedurale la contestazione di quelli che ritiene non condivisibili e, comunque, validamente
contrastabili, ma «sarà [suo] onere (…) comunicare agli Uffici i distinti rilievi per i quali (…) intende
prestare acquiescenza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.2.2015, n. 6).
Dato che nel P.V.C. non vengono indicate le maggiori imposte dovute, i relativi interessi e le
sanzioni, il contribuente, dopo aver individuato quali rilievi intende regolarizzare, dovrà quanti-
ficare gli importi dovuti, cercando di non commettere errori che potrebbero comportare (secon-
do la giurisprudenza di legittimità) la inefficacia dell’intero ravvedimento (per evitare conse-
guenze negative, si possono verificare i propri conteggi con i funzionari dell’Agenzia delle En-
trate).
Di seguito la procedura prevista dalla Circolare G.d.F 15.5.2015, n. 850:
› se nel corso del controllo «il contribuente regolarizza violazioni che (…) rientrano fra gli obiettivi
dell’intervento o, comunque, coincidano con le irregolarità ipotizzabili», i verificatori «prima che i
rilievi siano formalizzati nel verbale (…) dovranno acquisire dal contribuente, oltre ai documenti
comprovanti l’avvenuto adempimento volontario, le informazioni necessarie per la puntuale indivi-
duazione della natura e degli importi delle irregolarità oggetto di ravvedimento», dovranno, cioè,
verificare la coincidenza tra i possibili rilievi e l’adempimento spontaneo del contribuente. Se
c’è coincidenza (o assorbimento) fra situazioni da verbalizzare e situazioni regolarizzate, i ve-
rificatori, a meno che non intendano «approfondire ulteriori aspetti contabili e gestionali, diversi
da quelli oggetto di ravvedimento», chiuderanno l’intervento. Sarà, poi, cura dell’Agenzia delle
Entrate, «nell’esercizio delle proprie funzioni, appurare in dettaglio la congruità e la correttezza
della procedura di ravvedimento rispetto ai rilievi formulati dai verificatori»;
› «se prima della conclusione delle attività ispettive il contribuente decide di regolarizzare, mediante
ravvedimento operoso, uno o più rilievi già verbalizzati», i verificatori «daranno atto, nel successi-
vo verbale di verifica giornaliero, dell’avvenuto adempimento volontario, allegando la relativa docu-
mentazione». Anche in questo caso, spetterà all’Agenzia delle Entrate «verificare il corretto per-
fezionamento della procedura di ravvedimento operoso alla luce dei rilievi formalizzati» dai verifi-
catori, i quali, pertanto, «confermeranno le violazioni e le altre irregolarità nel P.V.C., sostanzial-
mente proseguendo la verifica o il controllo fino alla ordinaria conclusione».
Singole fattispecie: IV) Tardiva presentazione di dichiarazioni: lett. c)
Tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate La tardiva presentazione della dichiarazione può ri-
guardare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva, dell’Irap, del sostituto di im-
posta, dell’imposta di registro, ipotecarie e catastali; sulle successioni e donazioni.
L’art. 2, co. 7 del D.P.R. 322/1998 stabilisce che le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla
scadenza del termine sono valide, fatta salva l’applicazione delle sanzioni per il ritardo; quelle
presentate oltre 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono comunque titolo per la ri-
scossione delle imposte (e ritenute) ivi indicate.
Per individuare questa fattispecie, bisogna, quindi, distinguere:
› le dichiarazioni omesse, cioè presentate oltre 90 giorni dalla scadenza, che sono soggette alla
sanzione compresa tra il 120% e il 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un mini-
mo di 250,00 euro (o con la sanzione fissa da 250,00 euro a 1.000,00 euro, se non sono do-
vute imposte), senza possibilità di regolarizzare la violazione con il ravvedimento opero-
so. «Nel caso in cui la dichiarazione sia omessa, perchè presentata oltre il termine di 90 giorni di
cui all’art. 2, co. 7, del D.P.R. 22.7.1998, n. 322, le sanzioni ad essa relative non possono essere og-
476
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

getto di spontanea regolarizzazione mediante ravvedimento operoso e, pertanto, sono da versare in


misura piena» (cfr. C.A.E. 12.5.2022, n. 11, § 2; tenendo, peraltro, presente che la sanzione base
di cui agli articoli 1 e 5 del D.Lgs. 471/1997 – rispettivamente per le II.DD. e per l’IVA – è di-

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mezzata se la omessa dichiarazione è presentata entro il termine di presentazione di quella
successiva). In proposito, una recente decisione della Corte di cassazione ha statuito che «la
dichiarazione (…) presentata dal contribuente (…), anche quando indichi un valore non verosimile
[nel caso, il valore simbolico di 1,00 euro], non è equiparabile alla omessa dichiarazione», con
tutte le conseguenze che ne derivano (anche) ai fini del ravvedimento operoso (cfr. Cass. Ord.
22.4.2021, n. 10668), e lo stesso criterio è stato adottato nel caso in cui sia stato compilato il
solo quadro RH della dichiarazione (cfr. C.T.R. Reggio Calabria, Sent. 11.1.2022, n. 92). A sua
volta, l’Agenzia delle Entrate ha considerato valida la dichiarazione IVA relativa al periodo
d’imposta 2020 presentata senza il Quadro VE, consentendone la regolarizzazione «secondo le
modalità previste dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997», riconoscendo, quindi, implicitamente, che
non si tratta(va) di omessa dichiarazione (cfr. Provv. A.E. 30.6.2021, n. 172748);
› le dichiarazioni tardive, cioè quelle presentate entro 90 giorni dalla scadenza, che sono consi-
derate valide, ma comportano l’applicazione delle sanzioni amministrative (cfr. art. 2, co. 7,
D.P.R. 322/1998), nella misura fissa di 250,00 euro (ex art. 1, co. 1, D.Lgs. 471/1997), «prevista
per la omissione della dichiarazione in assenza d’imposta», riducibile a 1/10 in sede di ravvedi-
mento ai sensi della lett. c) del co. 1 dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997; fermo restando che, «laddove
alla tardività della dichiarazione si accompagni anche un carente o tardivo versamento del tributo
emergente dalla dichiarazione stessa», è dovuta anche «la sanzione per omesso versamento» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42).
Pertanto, solo la presentazione della dichiarazione oltre la scadenza del termine (ad es., 30 no-
vembre), ma entro i successivi 90 giorni può essere regolarizzata valendosi della riduzione a
1/10 (un decimo) della sanzione minima prevista dall’art. 1, D.Lgs. 471/1997. Se dalla dichiarazio-
ne non emerge alcun debito di imposta [oppure se il debito di imposta è regolarizzato: potrebbe
essere il caso del ravvedimento ex art. 13, co. 1, lett. a)], alla ritardata presentazione della dichia-
razione si applicherà solo la sanzione in misura fissa: es. ritenute di imposta correttamente ope-
rate e versate e presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta (Mod. 770) entro 90
giorni dalla scadenza.
Se, però, dalla dichiarazione tardivamente presentata emerge un debito di imposta, oltre al versa-
mento della sanzione di 25,00 euro, si dovrà versare anche la sanzione ridotta connessa con l’omes-
so versamento, per cui – ai fini del ravvedimento – il contribuente dovrà versare anche le imposte
dovute, nonché la sanzione per l’omesso versamento di quelle imposte e i connessi interessi.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che:
› la presentazione della dichiarazione oltre 90 giorni ma «entro il termine di presentazione della
dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque
attività amministrativa di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza» non
integra la fattispecie di dichiarazione tardiva ma quella di dichiarazione omessa che non può
essere oggetto di ravvedimento operoso (cfr. C.A.E. 12.10.2016, n. 42; rileva, semmai, agli effet-
ti penali, potendo integrare una causa di non punibilità del reato ex art. 5, D.Lgs. 74/2000);
› la riduzione della sanzione alla metà, prevista dall’art. 7, co. 4-bis, D.lgs. 472/1997 nel caso di
presentazione di una dichiarazione o di una denuncia entro 30 giorni dalla scadenza del rela-
tivo termine, «non trova applicazione con riferimento alle fattispecie di ritardo che risultino, nel si-
stema, già sanzionate, quali quelle relative alle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette, ai fini Iva,
del sostituto d’imposta e con riferimento ad ogni altra ipotesi in cui il ritardo dichiarativo sia già
direttamente regolato» (cfr. Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42. Si veda, in proposito, la R.A.E.
82/2020, sotto richiamata).
› nel caso specifico degli I.S.A. - Indici Sintetici di Affidabilità - che alcune categorie di contri-
buenti devono presentare insieme alla dichiarazione dei redditi, la possibilità di usufruire del
regime premiale previsto dalla relativa normativa anche nel caso di dichiarazione tardiva pre-
sentata entro 90 giorni dalla scadenza, è ammessa sempre che i dati indicati nei modelli I.S.A
siano corretti e completi (cfr. Risp. Ag. Entrate 6.2.2020, n. 31);
› nel caso di rateizzazione delle plusvalenze patrimoniali ex art. 86 del D.P.R. 917/1986, ossia in
relazione a specifiche scelte di natura dispositiva, la rettifica della dichiarazione «è sempre le-
Ravvedimento operoso 477

gittima se operata prima del termine per la presentazione delle dichiarazione stessa», termine che

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


si riferisce anche alle dichiarazioni rettificative presentate entro novanta giorni dalla scadenza

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del termine legale (cfr. R.A.E. 14.10.2002, n. 325);
› «l’opzione per il riallineamento di cui all’art. 110 del decreto agosto [D.L. 14.8.2020, n. 104, conv.
con modif. in L. 13.10.2020, n. 126] può essere validamente effettuata mediante la presentazione di
una dichiarazione c.d. “tardiva”, nel termine dei 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario per
la presentazione della dichiarazione dei redditi» (cfr. C.A.E. 1.3.2022, n. 6, Parte III e Risp. A.E.
4.8.2022, n. 411).
Quanto alla omessa presentazione del modulo RW, la Corte di cassazione ha chiarito che il Qua-
dro RW «è una parte della dichiarazione dei redditi ai fini Irpef», per cui, se la dichiarazione è stata
presentata, omettendo la compilazione del predetto Quadro, «non ricorre l’ipotesi della omessa
presentazione della dichiarazione, ed è consentito al contribuente proporre una dichiarazione integra-
tiva» (cfr. Cass. Ord. 4.11.2021, n. 31626). Conforme l’Agenzia delle Entrate, secondo la quale,
«qualora la dichiarazione annuale sia stata presentata nei termini e i dati contenuti nella stessa siano
corretti, è consentita la compilazione e l’invio del solo frontespizio e del modulo RW anche oltre il ter-
mine [90 giorni] di cui all’art. 2, co. 7 D.P.R. 322/1998», precisando, però, che, se la presentazione
del modulo RW avviene:
› «entro i novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione, si applica la sanzio-
ne» pari a 258,00€ (art. 5, co. 2, D.L. 167/1990), nonché quella di omesso versamento, se la
violazione «ha prodotto effetti sostanziali sulle imposte dovute a titolo di IVIE e/o di IVAFE»;
› «oltre i novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione, si applica la sanzio-
ne» per infedele dichiarazione (art. 1, co. 2, D.Lgs. 471/1997, senza maggiorazione del terzo
ovvero raddoppio), nonché quella di cui all’art. 5, co. 2 e 3 del D.L. 167/1990.
Con possibilità, in entrambi i casi, di effettuare il ravvedimento (cfr. Risp. Ag. Entrate 24.12.2020, n.
82. La stessa possibilità di regolarizzare la propria posizione, beneficiando delle riduzioni sanziona-
torie ex art. 13/472, è prevista dal Provv. A.E. 8.2.2022, n. 40601, a seguito della comunicazione invia-
ta dall’A.E. «per la promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti dei contribuenti che non hanno
dichiarato, in tutto o in parte, le attività finanziarie detenute all’estero (…), nonché gli eventuali redditi per-
cepiti in relazioni a tali attività»; nonchè dalla C.A.E. 20.6.2022, n. 21).
Tardiva od omessa trasmissione telematica della dichiarazione da parte dell’intermediario incaricato
(nonché del Caf o del sostituto) Il ravvedimento [secondo le regole dettate dall’art. 13, co. 1, lett.
c)], è subordinato alla condizione che «la dichiarazione non trasmessa possa ancora essere valida-
mente presentata» (cfr. Circ. Ag. Entrate 27.9.2007, n. 52). Così, nel caso di omesso invio telemati-
co della dichiarazione, la violazione può essere regolarizzata – con il pagamento della specifica
sanzione – ex -art. 7-bis, co. 1, D.Lgs. 241/1997 – a carico dell’intermediario – solo se la dichiara-
zione viene trasmessa con ritardo non superiore a 90 giorni, cioè in caso di dichiarazione tardi-
va. Se la dichiarazione viene trasmessa con un ritardo non superiore a trenta giorni, l’interme-
diario può effettuare il ravvedimento tenendo conto della sanzione base, ridotta alla metà ex art.
7, co. 4-bis del D.Lgs. 472/1997. Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, in questo specifico caso,
non sussistendo «disposizioni volte a disciplinare il ritardo nella presentazione» della dichiarazione
da parte dell’intermediario, è possibile applicare la norma di carattere generale – art. 7, co. 4-bis
– con conseguente dimezzamento della sanzione su cui calcolare le riduzioni previste dal ravve-
dimento (cfr. Risp. Ag. Entrate 24.12.2020, n. 82). Se il mancato invio riguarda(va) un Mod. Uni-
co (si ricorda, che, dal 2017, ciascuna dichiarazione è divenuta «autonoma») in cui siano conflui-
te più dichiarazioni, l’intermediario «deve versare un’unica volta la sanzione prevista dall’art. 7-bis»
ridotta a 1/10 «e non, come il contribuente, tante sanzioni ridotte quante sono le dichiarazioni» con-
fluite in detto Modello; se, invece, l’intermediario ha «inviato un file contenente più dichiarazio-
ni», e «intende ravvedersi, deve fare riferimento alle sanzioni applicabili per ciascuna dichiarazione
omessa o tardiva» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.2.2008, n. 11, par. 7. Si veda, però, Cass. Ord. 9.2.2016,
n. 2597). Infine, la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso riguarda anche le ipotesi di
tardiva trasmissione telematica delle dichiarazioni e dei contratti di locazione e di affitto da sot-
toporre a registrazione (cfr. art. 7-bis, co. 1-bis, inserito dall’art. 1, co. 616, lett. a), L. 27.12.2013, n.
147); con possibilità, anche in questa ipotesi, di avvalersi del ravvedimento operoso.
Tributi diversi (ad es., i tributi locali) L'omessa presentazione entro il termine di scadenza, della
dichiarazione relativa ai tributi locali può essere regolarizzata presentando la dichiarazione en-
478
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

tro i 90 giorni successivi, versando la relativa sanzione ridotta a 1/10 e, nel caso l’imposta non
sia stata versata, anche l’imposta, la relativa sanzione e gli interessi.&;

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p>Ferma restando la preclusione del ravvedimento operoso, va, peraltro, segnalata una recente
decisione di legittimità che ha individuato quale «sanzione base», in caso di omessa dichiarazio-
ne (ICI), seguita, però, da regolare versamento delle imposte, la sanzione fissa da dichiarazione
inesatta (ex art. 14, co. 3, D.Lgs. 504/1992), in luogo della sanzione proporzionale da dichiarazio-
ne omessa (ex art. 14, co. 1, D.Lgs. 504/1992: cfr. Cass. Ord. 9.6.2021, n. 16056). TAB

Tabella della misura del tasso legale di interesse annuo


Dal 01.01.2015 Al 31.12.2015 0,5%
Dal 01.01.2016 Al 31.12.2016 0,2%
Dal 01.01.2017 Al 31.12.2017 0,1%
Dal 01.01.2018 Al 31.12.2018 0,3%
Dal 01.01.2019 Al 31.12.2019 0,8%
Dal 01.01.2020 Al 31.12.2020 0,05%
Dal 01.01.2021 Al 31.12.2021 0,01%
Dal 01.01.2022 Al 31.12.2022 1,25%
Dal 01.01.2023 5%

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

D.Lgs. 18.12.1997, n. 471


Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore ag-
giunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'art. 3, co.133, lett. q) della L. 23.12.1996, n. 662

Art. 6, D.Lgs. 18.12.1997, n. 472


Cause di non punibilità

Art. 16 , D.Lgs. 18.12.1997, n. 473


Norme applicabili

Artt. 2, 8, D.P.R. 22.07.1998, n. 322


Termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi, Iva e Irap

Artt. 13, 13-bis, D.Lgs. 10.03.2000, n. 74


Cause di non punibilità e circostanze del reato

D.M. 31.03.2000
Estensione dell'applicazione dei versamenti unitari con compensazione ed approvazione del nuovo mo-
dello di pagamento per l'esecuzione di tali versamenti, ai sensi degli articoli 17, co. 2, lett. h-ter), e 24, co.
4, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241

D.M. 13.06.2000
Modalità di documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari

Art. 10, L. 27.7.2000, n. 212


Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente

Art. 157, D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.
Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali
Ravvedimento operoso 479

Decreto Min. Fin. 12.11.2021

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


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Art. 8, D.L. 21.06.2022, n. 73, conv. con modif. in L. 04.08.2022, n. 122, modificato, da ultimo,
dall’art. 1 co. 274, della L. 197/2022
Estensione del principio di derivazione rafforzata alle micro imprese e disposizioni in materia di errori contabili

Art. 83, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, modificato, da ultimo, dall’art. 1 co. 273, della L. 197/2022
Determinazione del reddito complessivo

Art. 1, co. da 174 a 178 della L. 29.12.2022, n. 197


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025

Artt. 19, 21 e 23 D.L. 30.3.2023, n. 34


Modifica dei termini della regolarizzazione delle violazioni formali e del ravvedimento speciale
Interpretazione autentica dell’art. 1, commi 174, 176 e 179 della L. 29.12.2022, n. 197
Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 09.11.2010, n. 22781 Cass. Sent. 20.01.2017, n. 1540

Cass. Sent. 09.06.2011, n. 12661 Cass. Sent. 27.02.2017, n. 4960

Cass. Sent. 11.05.2012, n. 7294 Cass. Sent. 13.09.2017, n. 21242

Cass. Sent. 08.08.2012, n. 14298 Cass. Sent. 12.01.2018, n. 610

Cass. Sent. 30.01.2018, n. 2220


Cass. Ord. 11.12.2013, n. 27678
Cass. Pen. 06.02.2018, n. 5448
Cass. Sent. 13.01.2014, n. 454
Cass. Ord. 08.06.2018, n. 14933
Cass. Ord. 18.02.2014, n. 3754
Cass. Sent. 13.09.2018, n. 22330
Cass. Ord. 16.09.2015, n. 18180
Cass. Ord. 30.11.2018, n. 31061
Cass. Ord. 24.09.2015, n. 19017

Cass. Sent. 30.09.2015, n. 19410 Cass. Ord. 07.12.2018, n. 31706

Cass. Ord. 26.10.2015, n. 21740 Cass. Sent. 18.01.2019, n. 1291

Cass. Ord. 09.02.2016, n. 2597 Cass. Ord. 22.03.2019, n. 8195

Cass. Sent. 30.03.2016, n. 6108 Cass. Ord. 17.10.2019, n. 26382

Cass. Sent. 27.04.2016, n. 8326 Cass. Ord. 26.02.2020, n. 5289

Cass. SS.UU. Sent. 30.06.2016, n. 13378 Cass. Ord. 04.03.2020, n. 6046

Cass. Sent. 26.10.2016, n. 21570 Cass. Ord. 27.07.2020, n. 15982


Cass. Sent. 21.12.2016, n. 26545 Cass. Ord. 04.08.2020, n. 16645
480
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

Cass. Sent. 07.12.2020, n. 27963 Cass. Sent. 20.01.2022, n. 1693

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Cass. Ord. 16.12.2020, n. 28844 Cass. Sent. 31.01.2022, n. 2735

Cass. Sent. 17.12.2020, n. 28938 Cass. Pen. 04.02.2022, n. 3957

Cass. Sent. 25.02.2021, n. 7415 Cass. Sent. 15.03.2022, n. 8283

Cass. Pen. 05.03.2021, n. 9083 Cass. Sent. 04.05.2022, n. 14154

Cass. Sent. 10.03.2021, n. 6593 Cass. Ord. 16.05.2022, n. 15490

Cass. Pen. 26.03.2021, n. 11620 Cass. Ord. 31.08.2022, n. 25554

Cass. Ord. 22.04.2021, n. 10668 Cass. Pen. 22.09.2022, n. 35381

Cass. Sent. 11.05.2021, n. 12389 Cass. Pen. 07.11.2022, n. 41815

Cass. Sent. 10.06.2021, n. 16450 Cass. Ord. 09.11.2022, n. 33093

Cass. Pen. 23.07.2021, n. 28950 Cass. Ord. 29.11.2022, n. 35066

Cass. Ord. 30.09.2021, n. 26523 Cass. Ord. 28.12.2022, n. 37940

Cass. Ord. 04.11.2021, n. 31626 Cass. Pen. 27.12.2022, n. 49236

Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34266 Cass. Ord. 31.01.2023, n. 2931

Cass. Ord. 12.01.2022, n. 717 Cass. Pen. 24.2.2023, n. 8174

Cass. Sent. 20.01.2022, n. 1691

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. 10.07.1998, n. 180 Ris. Ag. Entrate 14.10.2002, n. 325

Circ. Min. 13.07.1998, n. 184 Ris. Ag. Territorio 20.10.2004, n. 4/T

Circ. Min. 23.07.1998, n. 192 Ris. Ag. Entrate 16.02.2005, n. 20

Ris. Min. 26.05.2000, n. 73 Ris. Ag. Entrate 22.05.2007, n. 109

Ris. Min. 09.08.2000, n. 131 Circ. Ag. Entrate 27.09.2007, n. 52

Circ. Ag. Territorio 05.06.2001, n. 6 Circ. Ag. Entrate 19.02.2008, n. 11

Circ. Ag. Entrate 03.08.2001, n. 77 Ris. Ag.Entrate 14.07.2008, n. 296

Circ. Ag. Entrate 21.12.2001, n. 106 Circ. Ag. Entrate 19.03.2009, n. 10

Circ. Ag. Entrate 21.01.2002, n. 5 Circ. Ag. Entrate 21.06.2011, n. 28

Circ. Ag. Entrate 12.06.2002, n. 50 Ris. Ag. Entrate 23.06.2011, n. 67


Ravvedimento operoso 481

Nota Ag. Dogane 06.02.2020, n. 42396

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Ris. Ag. Entrate 12.04.2012, n. 35

Risp. Ag. Entrate 13.02.2020, n. 59

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Circ. Ag. Entrate 15.02.2013, n. 1

Circ. Ag. Entrate 29.05.2013, n. 18 Risp. Ag. Entrate 30.07.2020, n. 231

Circ. Ag. Entrate 02.08.2013, n. 27 Risp. Ag. Entrate 21.08.2020, n. 267

Provv. Ag. Entrate 03.01.2014, n. 554 Risp. Ag. Entrate 31.08.2020, n. 292

Ris. Ag. Entrate 24.01.2014, n. 14 Ris. Ag. Entrate 24.12.2020, n. 82

Circ. Ag. Entrate 19.09.2014, n. 27 Risp. Ag. Entrate 24.12.2020, n. 620

Circ. Ag. Entrate 19.02.2015, n. 6 Risp. a Videoforum Italia Oggi, 14.01.2021

Circ. F.N.C. 15.04.2015 Circ. Assonime 26.01.2021, n. 1

Circ. G.d.F 15.05.2015, n. 850 Risp. Ag. Entrate Telefisco, 28.01.2021

Circ. Ag. Entrate 09.06.2015, n. 23 Risp. Ag. Entrate 23.03.2021, n. 201

Provv. Ag. Entrate 17.03.2016, n. 40892 Risp. Ag. Entrate 21.04.2021, n. 279

Ris. Ag. Entrate 25.03.2016, n. 16 Risp. Ag. Entrate 23.04.2021, n. 289

Circ. Ag. Entrate 08.04.2016, n. 12 Risp. Ag. Entrate 28.04.2021, n. 301

Circ. INPS 02.08.2016, n. 140 Risp. Ag. Entrate 07.06.2021, n. 393

Circ. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 42 Risp. Ag. Entrate 09.06.2021, n. 396

Circ. Ag. Dogane e Monopoli 20.12.2016, n. Circ. Assonime 23.06.2021, n. 20


137063/RU
Provv. Ag. Entrate 30.06.2021, n. 172748
Circ. Assonime 20.02.2017, n. 3
Guida Ag. Entrate, Luglio 2021
Ris. Ag. Entrate 20.03.2017, n. 36
Risp. Ag. Entrate 29.07.2021, n. 520
Circ. Ag. Entrate 07.04.2017, n. 8
Ris. Ag. Entrate 29.09.2021, n. 58
Circ. G.d.F. 27.11.2017, n. 1/2018
Risp. Ag. Entrate 05.10.2021, n. 663
Princ. di diritto Ag. Entrate, 28.11.2018, n. 13
Fond. Cons. Lav. Approfondim. 18.11.2021
Risp. Ag. Entrate, 14.02.2019, n. 55
Provv. Ag. Entrate 22.11.2021, n. 324659
Risp. Ag. Entrate 08.04.2019, n. 101
Provv. Ag. Entrate 29.11.2021, n. 336196
Princ. di diritto Ag. Entrate, 11.11.2019, n. 23
Ris. Ag. Entrate 16.12.2021, n. 73
Risp. Ag. Entrate Telefisco, 30.01.2020
Principio di interpretazione n.3/Accertamento
Risp. Ag. Entrate 06.02.2020, n. 31 e Riscossione 01/2022
482
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Ravvedimento operoso

Provv. Ag. Entrate 08.02.2022, n. 40601 Risp. Ag. Entrate 04.08.2022, n. 411

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Circ. Ag. Entrate 01.03.2022, n. 6 Federholding, Nota 06.09.2022, n. 5

Circ. Ag. Entrate 12.05.2022, n. 11 Risp. Ag. Entrate 18.10.2022, n. 517

Risp. Ag. Entrate Telefisco 15.06.2022 Circ. Ag. Entrate 27.01.2023, n. 2

Provv. Ag. Entrate 17.06.2022, n. 221978 Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 6

Circ. Ag. Entrate 20.06.2022, n. 21 Risp. Ag. Entrate 22.02.2023, n. 223

Risp. Ag. Entrate 12.07.2022, n. 371 e 372 Ris. Ag. Entrate 01.03.2023, n. 12

Risp. Ag. Entrate 18.07.2022, n. 383 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


Ravvedimento operoso 483

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Appendice operativa (Circ. Ag. Entrate

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42/2016)

Correzione entro novanta giorni della dichiarazione annuale – Adempimenti dei contribuenti
Dichiarazione integrativa Dichiarazione tardiva
Presentare la dichiarazione corretta entro novanta giorni dalla Presentare la dichiarazione
scadenza del termine (omissis) entro novanta gg dalla
scadenza del termine (omissis)
Versare la maggiore imposta, se dovuta, e gli interessi con decorrenza Versare l’imposta, se dovuta, e
dalla scadenza del versamento gli interessi con decorrenza
dalla scadenza del versamento
Versare le relative sanzioni Versare le relative sanzioni
Errori non rilevabili mediante controlli Errori rilevabili euro 250* (articolo 1, comma
automatizzati e formali mediante controlli 1), ridotta a 1/10, ai sensi della
euro 250 (art. 8, comma 1*), ridotta ad 1/9, ai automatizzati e formali lettera c) = 25
sensi della lettera a-bis) = euro 27,78 sanzione per omesso +
+ versamento, se dovuto, sanzione per omesso
sanzione per omesso versamento, se dovuto, ridotta secondo le versamento, se dovuto, ridotta
ridotta secondo le misure dell’articolo 13 del misure dell’articolo 13 secondo le misure dell’articolo
D.Lgs. n. 472 del 1997, a seconda di quando del D.Lgs. n. 472 del 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, a
interviene il ravvedimento. 1997, a seconda di seconda di quando interviene il
* Salvo che ricorra una diversa e più specifica quando interviene il ravvedimento.
irregolarità dichiarativa disciplinata ravvedimento.
dall’articolo 8.

Correzione oltre novanta giorni della dichiarazione annuale – Adempimenti dei contribuenti
Dichiarazione Integrativa Dichiarazione omessa
Presentare la dichiarazione corretta Il ravvedimento della
dichiarazione omessa dopo
Versare la maggiore imposta, se dovuta, e gli interessi con decorrenza
novanta giorni non è possibile.
dalla scadenza del versamento
Versare le relative sanzioni
Errori non rilevabili mediante controlli Errori rilevabili
automatizzati e formali mediante controlli
sanzione pari al novanta per cento della automatizzati e formali
maggiore imposta dovuta o della differenza sanzione per omesso
del credito utilizzato, ridotta secondo le versamento, se dovuto,
misure dell’articolo 13 del D.Lgs. 472 del 1997, ridotta secondo le
a seconda di quando interviene il misure dell’articolo 13
ravvedimento del D.Lgs. n. 472 del
Oppure 1997, a seconda di
Se non sono dovute imposte o non ricorre quando interviene il
infedeltà della dichiarazione ma irregolarità ravvedimento.
della stessa, applicazione della sanzione
prevista dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 471 del
1997, ridotta secondo le misure dell’articolo
13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, a seconda di
quando interviene il ravvedimento.
484 Ravvedimento operoso

Tabella codici tributo delle somme dovute per sanzioni (Mod. F24)
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472

Codice sanzione Tributo


8901 Sanzione pecuniaria Irpef

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8906 Sanzione pecuniaria sostituti di imposta
8918 Sanzione pecuniaria Ires
8904 Sanzione pecuniaria Iva
8913 * Sanzione pecuniaria Imposte sostitutive delle imposte sui redditi
8907 Sanzione pecuniaria Irap
8902 Sanzione pecuniaria Addizionale regionale all’Irpef
8926 Sanzione Addizionale comunale all’Irpef

Tabella codici tributo delle somme dovute per sanzioni (Mod. F23)
Codice sanzione Tributo
671T Sanzione imposta di registro
672T Sanzione imposta di successione e donazione
674T Sanzione imposte e tasse ipotecarie e catastali
675T Sanzione imposta di bollo

Tabella codici tributo delle somme dovute per interessi


Codice sanzione Tributo
1989 Interessi sul ravvedimento – Irpef
1990 Interessi sul ravvedimento – Ires
1991 Interessi sul ravvedimento – Iva
1992 * Interessi sul ravvedimento – Imposte sostitutive
1993 Interessi sul ravvedimento – Irap
1994 Interessi sul ravvedimento – Addizionale regionale Irpef
1998 Interessi sul ravvedimento – Addizionale comunale Irpef
Nota bene: i codici tributo dal 1989 al 1991 devono essere esposti nella sezione «Erario», i codici tributo 1993
e 1994 devono essere utilizzati nella sezione «Regioni», il codice tributo 1995 deve essere utilizzato nella
sezione «Ici ed altri tributi locali». Tutti i codici devono essere esposti esclusivamente in corrispondenza delle
somme indicate nella colonna «Importi a debito versati». L’anno di imposta cui si riferisce il ravvedimento
deve essere evidenziato nel campo anno di riferimento nella forma AAAA.
Note: Più ricorrenti. Con R.A.E. 22.5.2007, n. 109, sono stati istituiti i codici tributo per il versamento tramite
Mod. F24 delle somme dovute a titolo di interesse a seguito del pagamento del tributo e delle sanzioni ridotte
per le violazioni alle disposizioni tributarie di cui all'art. 13, D.Lgs. 472/1997.
* Codici tributo soppressi con R.A.E. 1.3.2023, n. 12
Osservazioni e richieste

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del contribuente sottoposto
a verifiche fiscali
L. 27 luglio 2000, n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente. (G.U. n. 177 del 31.7.2000)

Art. 12 - DIRITTI E GARANZIE DEL CONTRIBUENTE SOTTOPOSTO


A VERIFICHE FISCALI [CFF · 6726]

1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali,
industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di in-
dagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente do-
cumentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la mi-
nore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o
professionali del contribuente.
2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che
l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professio-
nista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi
che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
3. Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effet-
tuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.
4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista,
deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche
presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulterio-
ri trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente
dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per
esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la con-
clusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per
specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo perio-
do, così come l'eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi
contenuti nell'arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la se-
de di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del com-
puto dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori
civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente. 1
6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge,
può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall'articolo 13.
7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della
copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contri-
buente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uf-
fici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del pre-
detto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche
aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all'articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative
in materia doganale approvato con del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973,
n. 43, si applicano le disposizioni dell'articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374. 2
486
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 7 D.L. 13.05.2011, n. 70 così come modificato dall'allegato alla legge di

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conversione L. 12.07.2011, n. 106 con decorrenza dal 13.07.2011(G.U. 12.07.2011, 160). Si riporta di seguito il testo previ-
gente: «5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la se-
de del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particola-
re complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del
contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contri-
buente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per
specifiche ragioni.».
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 92 D.L. 24.01.2012, n. 1 con decorrenza dal 24.01.2012. Si riporta di se-
guito il testo previgente: «7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio
della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comu-
nicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento
non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. ».

OSSERVAZIONI E RICHIESTE DEL CONTRIBUENTE SOTTOPOSTO A VERIFICHE FI-


SCALI (Art. 12, comma 7)

Norme in sintesi
Nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, di cui al pre-
cedente art. 10, il contribuente ha facoltà di presentare all’Organo accertatore, nel termine di 60 giorni
(30 giorni, nel caso di diritti doganali) dalla consegna o rilascio del P.V.C. da parte di quest’ultimo, una
memoria contenente «osservazioni e richieste», che l’Ufficio ha l’obbligo di valutare per poi, motivata-
mente, recepirle o meno nell’eventuale atto di imposizione.
Definizione L’istituto giuridico consente al contribuente di presentare all’Ufficio accertatore, entro
60 giorni dalla consegna del P.V.C. da parte dei verificatori, una memoria contenente «osserva-
zioni e richieste», che l’Ufficio deve esaminare e valutare prima di procedere con l’accertamento,
dando corso, così, a quel contraddittorio anticipato che dovrebbe essere attuato con la convoca-
zione del contribuente, per consentirgli di partecipare attivamente al procedimento già nella fase
istruttoria.
L’Ufficio, in pendenza del predetto termine di 60 giorni, non può emettere (e notificare) l’avviso
di accertamento, (l’avviso di rettifica o di recupero di un credito d’imposta, ecc.), a meno che non
ricorrano casi di particolare e motivata urgenza (cfr. art. 12, co. 7, primi due periodi).
Peculiarità e caratteristiche La presentazione della memoria è facoltativa, ma va considerata
come espressione della «collaborazione» del contribuente (art. 10 dello Statuto) nella determi-
nazione della corretta pretesa impositiva; la quale deve basarsi non solo sugli elementi raccol-
ti nel corso dell’attività istruttoria, ma anche su quelli forniti (successivamente) dal contri-
buente.
Contesto L’attività di controllo da parte degli Organi di verifica deve svolgersi nel rispetto delle
norme che la disciplinano nei vari settori impositivi (per le imposte sui redditi, cfr. artt. 31, 32 e
33, D.P.R. 600/1973; per l’Iva, cfr. artt. 51, 52 e 63, D.P.R. 633/1972), dei principi costituzionali di
cui agli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., richiamati dall’art. 1 della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del con-
tribuente), e dei «Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali», stabiliti dall’art. 12,
L. 212/2000, in base al quale:
› «tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività (...) sono effet-
tuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo (...)» (co. 1);
› «quando inizia la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato (…) dei (suoi) diritti e obbli-
ghi» (co. 2), anche se tale obbligo, secondo la giurisprudenza, non sarebbe previsto a pena di
nullità, considerata la regola delle tassatività delle nullità (cfr. Cass. Ord. 29.12.2021, n. 41903).
Non rientra tra i diritti del contribuente quello di essere informato «della sussistenza di una
previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l’apertura coattiva [di pieghi sigillati,
borse, casseforti e mobile in genere], solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica»,
in quanto non compreso nel presente comma (e neppure nell’art. 52, co. 3, D.P.R. 633/1972: cfr.
Cass. SS.UU. Sent. 2.2.2022, n. 3182. Sulla eventuale facoltà del contribuente di non rispondere
Osservazioni e richieste del contribuente 487

alle richieste – c.d. «diritto al silenzio» – che gli vengano poste in sede di accesso, si veda Cass.

L. 27 luglio 2000 n. 212


Sent. 1.3.2022, n. 6786);

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› «delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista,
deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica» (co. 4);
› il termine di «permanenza degli operatori (...) non può superare i trenta giorni lavorativi» (15
giorni nel caso di soggetti in regime di contabilità semplificata e di lavoratori autonomi), pro-
rogabili – a certe condizioni – di ulteriori 30 (/15) giorni (co. 5);
› i verificatori «decorso tale periodo» possono tornare «nella sede del contribuente, per esaminare le
osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle ope-
razioni di verifica ovvero (…) per specifiche ragioni» (co. 5);
› il contribuente può rivolgersi al Garante del contribuente se ritiene che i verificatori procedano
con modalità non conformi alla legge (co. 6); e, per quanto qui interessa,
› «nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio del-
la copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contri-
buente può comunicare, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste, che sono valutate dagli uffi-
ci impositori». Per consentire l’esercizio di tale facoltà, «l’avviso di accertamento non può essere
emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza»
(co. 7, primi due periodi).
Come emerge dal testo della disposizione, essa ha come destinataria l’Amministrazione finan-
ziaria nel suo complesso (cfr. Cass. Sent. 6.4.2022, n. 11110), per cui le regole di garanzia ivi
stabilite «hanno valenza generale e non limitata ad ispezioni della Guardia di Finanza» e, quindi,
«valgono anche per gli Enti locali (i quali … hanno l’obbligo di adeguare i rispettivi Statuti e gli atti
normativi da essi emanati ai principi dettati [dallo Statuto dei diritti del contribuente] …) nonché,
in forza di evidente identità di ratio, per le società cui gli Enti impositori affidino, in concessione,
compiti di accertamento e riscossione delle imposte, ivi inclusi (…) i compiti strumentali [e] di rileva-
zione di dati necessari alla determinazione della base imponibile» (cfr. Cass. Ord. 28.3.2019, n.
8654).
In concreto: nel rispetto del principio di collaborazione e cooperazione tra Amministrazione fi-
nanziaria e contribuente (di cui al precedente art. 10 della L. 212/2000), viene affermato:
› il diritto del contribuente di presentare, nei 60 giorni successivi alla «chiusura» (rectius, «con-
segna») del P.V.C., una memoria contenente osservazioni e richieste in cui sviluppare una pri-
ma «difesa» diretta a ricostruire i fatti (anche perché le situazioni possono mutare nel tempo)
e a formulare osservazioni sull’oggetto dei rilievi (segnalando eventuali errori o imprecisioni) e
richieste di approfondimento, ulteriori riscontri e attività istruttorie (ad es. che si proceda ad
indagini finanziarie). La previsione di questo termine è finalizzata «sia ad assicurare il pieno di-
spiegarsi del contraddittorio procedimentale (...), sia a garantire il migliore e più efficace esercizio
della potestà impositiva, attraverso il vaglio delle ragioni che il contribuente abbia da far valere nei
confronti» dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. Sent. 24.9.2014, n. 20074; conformi Cass.
Sentenze 17.7.2014, n. 16336 e 7.3.2014, n. 5373; Cass. Ord. 2.7.2014, n. 15010);
› il dovere dell’Ufficio di dar corso al c.d. «contraddittorio anticipato» e, in particolare, – di aste-
nersi – fatte salve situazioni particolari che vanno esplicitamente motivate – dall’emettere l’av-
viso di accertamento in pendenza di tale termine; e di valutare tali «osservazioni e richieste»,
motivando l'avviso di accertamento anche – e specificamente – rispetto ad esse, soprattutto se
non vengono condivise, cioè, di vagliare i rilievi dei verificatori alla luce delle critiche mosse
dal contribuente al contenuto del P.V.C., per poi – motivatamente – confermarli, se condivisi
(totalmente o parzialmente) o disattenderli, riconoscendo la validità delle critiche (con conse-
guente «archiviazione» del P.V.C.).
Presupposti per l’applicazione della norma Sono l'emissione e la consegna del P.V.C., dato che,
diversamente, il termine dilatorio per la presentazione della memoria non potrebbe decorrere
(con conseguente preclusione del contraddittorio anticipato). L’esercizio del diritto di formu-
lare osservazioni e richieste «è condizionato dalla effettiva adozione – e rilascio di copia – del
processo verbale» nel quale si dia conto dell’andamento e degli esiti dell’attività istruttoria
svolta, per cui senza P.V.C. «non si vede in quale modo potrebbe esercitarsi il menzionato diritto,
che non può che essere collegato alle emergenze dell’attività istruttoria» (cfr. Cass. Ord. 23.4.2014,
n. 9176).
488
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

Ciò nonostante, il P.V.C. non sempre viene redatto nel caso:


› della rettifica del reddito dei soci a seguito della contestazione effettuata nei confronti della

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società;
› della rettifica di maggior valore degli immobili indicato negli atti notarili;
› della rettifica di singole operazioni compiute dal contribuente;
› dei procedimenti originati da indagini finanziarie o dagli studi di settore;
› del controllo svolto in Ufficio (anche dopo aver chiesto al contribuente una eventuale docu-
mentazione) «non essendo tenuti i verificatori, in ipotesi di attività accertativa tutta interna all’Am-
ministrazione finanziaria, a redigere verbali di verifica giornalieri e quello conclusivo delle operazio-
ni di verifica» (cfr. Cass. Sent. 4.4.2018, n. 8246); come dire che la redazione del P.V.C. non è ri-
chiesta nelle ipotesi «di accertamenti documentali cd. a tavolino, espletati autonomamente dal-
l’Amministrazione finanziaria nei propri uffici» (cfr. Cass. Sent. 3.12.2019, n. 31467; conf. Cass.
Sent. 8.10.2020, n. 21694). In queste ipotesi, la pretesa di ricevere la notifica del verbale «con-
clusivo, oltre che non prevista da alcuna norma, non appare neppure giustificata e, sicuramente, non
determina la violazione dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000, né, in ogni caso, dei principi di salvaguardia
del contraddittorio» (cfr. Cass. Ord. 29.3.2021, n. 8691; conf. Cass. Ord. 18.1.2022, n. 1358).
Altro orientamento ritiene, invece, che l’obbligo di redazione del processo verbale di chiusura
delle operazioni (ex art. 52 del D.P.R. 633/1972) sussista «in ogni caso di accesso per procedere ad
ispezioni documentali, verifiche, ricerche ed ogni altra rilevazione ritenuta utile» (cfr. Cass. Sent.
17.4.2015, n. 7843), perché l’art. 12, co. 7, L. 212/2000 «si applica non solo nell'ipotesi di verifica ma
anche di accesso» (cfr. Cass. Sent. 25.10.2017, n. 25265); «ivi compresi gli atti di accesso istantaneo
finalizzati all’acquisizione di documentazione» in quanto «è, comunque, necessario redigere un ver-
bale di chiusura delle operazioni» (cfr. Cass. Ord. 14.9.2016, n. 18110; conf. Cass. Sent. 17.9.2020, n.
19363; Cass. Ordinanze 2.2.2021, n. 2243; 23.1.2020, n. 1497; 25.6.2019, n. 16971; 16.5.2019, n. 13176;
8.5.2019, n. 12094; 8.3.2019, n. 6811; 31.7.2018, n. 20290; 8.2.2018, n. 3060; 17.1.2017, n. 1007). «La
mancata redazione del processo verbale dell’attività effettuata dall’Ufficio non è [infatti] giustificata
dal fatto che in sede di verifica e di accesso presso i locali aziendali non [venga] svolta alcuna attività
istruttoria ma una mera richiesta di documenti» finalizzata alla acquisizione dei dati che l’Ufficio
potrà, poi, utilizzare per la emanazione dell’atto di accertamento, dato che nel P.V.C. «non devono
necessariamente essere formulati rilievi» (cfr. Cass. Sent. 11.9.2013, n. 20770; conformi Cass. Ordi-
nanze 13.9.2018, n. 22299; 19.10.2017, n. 24636; 5.5.2017, n. 10989; 2.7.2014, n. 15010; Cass. Sen-
tenze 17.4.2015, n. 7843; 7.3.2014, n. 5373).
E così, il P.V.C. va redatto:
› nel caso di «accesso cd. breve presso i locali di svolgimento dell'attività del contribuente, per rilevare
prezzi praticati al pubblico ed il ricarico su campione di beni e servizi dell'attività» (cfr. Cass. Ord.
10.5.2017, n. 11471); e, in generale, in caso di accesso mirato diretto a reperire documentazione
(cfr. Cass. Ordinanze 26.8.2022, n. 25386; 17.2.2022, n. 5194; 13.1.2022, n. 880; 25.5.2021, n.
14315; 17.9.2020, n. 19363; 31.7.2018, n. 20290; 10.4.2018, n. 8750): «nelle ipotesi in cui, a seguito
dell’accesso mirato all’acquisizione della documentazione fiscale, venga redatto un processo verbale, è
necessario garantire, indipendentemente dal contenuto di quest’ultimo, il rispetto del termine dilato-
rio», di 60 giorni, che decorre dal rilascio di copia del predetto verbale di accesso (cfr. Cass.
Sent. 4.5.2021, n. 11589). In questa ipotesi, infatti, la garanzia del contraddittorio endoprocedi-
mentale è assicurata dalla concessione del termine dilatorio decorrente dal rilascio del verbale
di consegna della documentazione, senza, però, «che sia necessaria l’adozione di un ulteriore
verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate» (cfr. Cass. Ord. 7.9.2020, n.
18624; nonché Cass. Ordinanze 10.6.2021, n. 16208; 23.1.2020, n. 1497; P.V.C. necessario, invece,
quando «l’accertamento sia basato su elementi di successiva acquisizione, che devono a loro volta
essere consacrati [appunto] in un processo verbale»: cfr. C.T.P. Ascoli Piceno, Sent. 22.2.2022, n.
71); tale ulteriore verbale, inoltre, non è richiesto dalla legge, quando le operazioni sono «com-
pletate presso gli Uffici dell’Ente impositore» (cfr. Cass. Ord. 1.6.2022, n. 17818).
La previsione della obbligatorietà del contraddittorio comporta, inoltre, «che il Legislatore, nel
comminare la nullità dell’atto impositivo in caso di sua violazione, ha operato una valutazione “ex
ante” del rispetto del contraddittorio, che assorbe a monte “la prova di resistenza”, ciò che giustifica
la mancata distinzione, nella norma, tra tributi armonizzati e non» (cfr. Cass. Ord. 31.1.2022, n.
2805);
Osservazioni e richieste del contribuente 489

› l’obbligo di redazione del P.V.C. non sussisterebbe, invece, qualora, in sede di accesso, al con-

L. 27 luglio 2000 n. 212


tribuente venisse chiesto di depositare alcuni documenti che il contribuente consegnasse, poi,

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direttamente, presso gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria: «perché la fase che giustifica la
instaurazione del contraddittorio presuppone l’accesso, senza estendersi a ciò che avviene in epoca
successiva, al di fuori dei locali» del contribuente (cfr. Cass. Ord. 3.6.2019, n. 15154);
› «quando le notizie rilevanti dal punto di vista dell’Amministrazione fiscale sono acquisite previo ac-
cesso, presso gli uffici del contribuente, al fine di ricerca ed acquisizione documentale, sia pure ac-
compagnato da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore
documentazione da parte dell’accertato» (cfr. Cass. Ord. 19.10.2017, n. 24636; conf. Cass. Ord.
13.4.2021, n. 9635);
› nel caso di un «accertamento condotto non soltanto a tavolino, ma anche mediante accesso nei loca-
li della società ove» i funzionari hanno acquisito la documentazione richiesta «al fine di procede-
re alla verifica della rispondenza dei dati degli estratti conto bancari trasmessi dagli Istituti di credi-
to (…) ed i relativi conti risultanti dalla contabilità della società» (cfr. Cass. Ord. 18.7.2018, n.
19128);
› nel caso di «un accesso presso la sede della società contribuente specificatamente finalizzato alla ve-
rifica della regolare emissione dello scontrino e/o ricevuta» (cfr. Cass. Ord. 27.11.2017, n. 28312);
› nel caso di accesso, da parte dell’Ufficio, presso il commercialista detentore delle scritture con-
tabili (cfr. Cass. Sent. 31.3.2022, n. 10352).
Le garanzie previste dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000, in effetti, «operano già in fase di accesso, con-
cludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura delle
operazioni svolte, e ciò alla stregua delle prescrizioni dell'art. 52, comma 6 decreto IVA ovvero dell'art.
33 decreto sull'accertamento; siffatte, garanzie si applicano anche agli atti di accesso istantanei finaliz-
zati all'acquisizione di documentazione, sia perché la citata disposizione non prevede alcuna distinzio-
ne in ordine alla durata dell'accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve, redigere
un verbale di chiusura delle operazioni (in senso conf. Cass. 2593/14 e Cass. 15624/14), sia perché, an-
che in caso di «accesso breve», si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. Sez. Unite n. 24823/2015,
giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12; peculiarità consistente nell’auto-
ritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricer-
ca di elementi valutati a lui sfavorevoli» (cfr. Cass. Ord. 31.7.2018, n. 20290; conforme Cass. Ordi-
nanze 17.2.2022, n. 5194; 13.1.2022, n. 880; 2.2.2021, n. 2243; 16.5.2019, n. 13140; 21.11.2018, n.
30026).
La giurisprudenza di merito estende l’obbligo di redazione del P.V.C. a qualsiasi attività di natura
istruttoria con o senza accesso nella sede del contribuente e, quindi, anche nel caso di accerta-
menti c.d. «a tavolino» (o a seguito di indagini bancarie), perché:
› «il contribuente, indipendentemente dalle modalità di espletamento della verifica a cui è sottoposto, è
sempre interessato a conoscere il contenuto delle contestazioni sia nell’an che nel quantum, per mez-
zo del verbale di constatazione ancor prima della notifica dell’avviso di accertamento, posto che tale
atto origina diritti e interessi ritenuti meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento» (cfr. C.T.P. La
Spezia, 29.1.2015, n. 96; C.T.P. Matera, 23.2.2018, n. 107; C.T.P. Vicenza, 17.1.2018, n. 78; C.T.R.
Perugia, 29.5.2015, n. 321; C.T.R. Trieste, 28.5.2015, n. 214; C.T.R. Campobasso, 18.3.2015, n. 73;
C.T.R. Milano, 10.3.2015, n. 864; C.T.R. Bologna, 9.2.2015, n. 337; C.T.P. Treviso, 3.12.2014, n.
874),
› la redazione del P.V.C. consente al contribuente di presentare la memoria per discutere sulle
rilevazioni eseguite e sulle contestazioni mosse, così dando concreta attuazione al principio
del contraddittorio (cfr. C.T.R. Milano, 27.1.2012, n. 4/12/12; C.T.R. Milano 6.5.2013 n. 84/11/13;
C.T.R. Cagliari 9.7.2013 n. 83; C.T.R. Milano, 29.10.2013 n. 118/19/13; C.T.P. La Spezia, 29.1.2015,
n. 96; C.T.P. Siracusa, 3.6.2015, n. 1990);
› il P.V.C. non deve necessariamente «contenere il resoconto di una verifica nell’ambito della quale»
siano stati operati recuperi a tassazione (cfr. C.T.R. Napoli, 2.3.2012, n. 98/32/12), ma può ave-
re ad oggetto (anche solo) l’«invito alla produzione di documenti e di registri aziendali e (...) (l’)
invito a comparire (...) e a rispondere a specifiche domande», ancorché l’atto conclusivo del con-
trollo sia «denominato verbale di contraddittorio» (per cui l’avviso di accertamento emesso
prima del decorso del termine di 60 giorni sarebbe sempre illegittimo: cfr. C.T.P. Milano,
10.5.2010, n. 126).
490
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

In conclusione, detto obbligo riguarderebbe qualsiasi attività di natura istruttoria: in attuazione


non solo dell’art. 52, D.P.R. 633/1972, ma, pure, dell’art. 6, co. 2, L. 212/2000 e, soprattutto, del-

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l’art. 24, L. 4/1929; il quale stabilisce la regola che «le violazioni delle norme contenute nelle leggi fi-
nanziarie [devono essere] constatate mediante processo verbale»; «qualsiasi tipo di accertamento (an-
che in assenza di accesso presso la sede del contribuente) deve [quindi] essere preceduto da P.V.C. onde
consentire un contraddittorio tra le parti nella fase endoprocedimentale» (cfr. C.T.R. Milano,
14.7.2014, n. 3884 e C.T.R. Milano, 3.1.2017, n. 2).
Ambito di applicazione del contraddittorio anticipato È stato oggetto di decisioni della C.G.U.E.,
della Corte costituzionale e, con orientamenti spesso contrastanti, della Corte di cassazione, che,
nel cercare di definirne i contorni, è pervenuta (cfr. Sent. Sezioni Unite, 9.12.2015, n. 24823) ad
una conclusione asimmetrica. Altrettanto asimmetrica è la modalità con cui tale questione è stata
affrontata in sede legislativa, considerato che l’obbligo (parziale) di contraddittorio anticipato è
stato inserito nell’ambito del D.Lgs. 218/1997, sull’«accertamento con adesione». L’art. 5-ter (Invi-
to obbligatorio), del predetto Decreto prevede, infatti, che l’Ufficio, fuori dai casi in cui sia stato
rilasciato il P.V.C. da parte degli organi di controllo, prima di emettere l’avviso di accertamento,
notifichi al contribuente un invito a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’ac-
certamento (l’obbligo non si estende agli avvisi di accertamento parziale, ex art. 41-bis/600, e a
quelli di rettifica parziale, ex art. 54/633). La disposizione, (introdotta dall’art. 4-octies, co. 1, lett.
b), del D.L. 30.4.2019 n. 34, conv. con modif. in L. 28.6.2019, n. 58), si applica «agli avvisi di accer-
tamento emessi dal 1° luglio 2020» (cfr. art. 4-octies, co. 2, D.L. 34/2019. Sull’argomento, si rinvia al
capitolo «Accertamento con adesione ai fini delle imposte dirette e dell’Iva»).
Va, però, segnalata una recente decisione che ha ritenuto di dover «recisamente respingersi l’idea
che il contraddittorio endoprocedimentale e la esigenza primaria ad essa sottesa, correlata al diritto di
essere ascoltati da parte dell’Amministrazione, possa essere realizzata con un succedaneo rappresentato
dall’istituto dell’accertamento con adesione – che persegue intenti totalmente diversi, essenzialmente
collegati ad esigenze di natura deflativa del contenzioso – per di più correlate ad istanze che muovono o
dal contribuente – art. 6, D.Lgs. 218/97 – o dalla stessa Amministrazione – art. 4, D.Lgs. 218/97. Ciò
che rende incompatibile detto istituto con le finalità perseguite dal riconoscimento del diritto al con-
traddittorio endoprocedimentale nel modo che esso è stato fin qui declinato dal diritto vivente» (cfr.
Cass. Ord. 29.7.2022, n. 23729).
"Diversamente è da dirsi in relazione alla interlocuzione con il contribuente mediante questionario, il
cui invio, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – giusta i canoni di
lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un
dialogo preventivo tra Fisco e contribuente, per favorire la definizione delle reciproche posizioni, onde
evitare la instaurazione del contenzioso giudiziario e, dunque, realizza proprio quella esigenza di in-
terlocuzione preventiva tra Amministrazione finanziaria e contribuente prevista" dalla disciplina in
commento(cfr. Cass. Ord. 27.1.2023, n. 2541).
Permanendo il contrasto interpretativo circa l’ambito applicativo del contraddittorio anticipato,
le Sezioni Unite - Sent. 9.12.2015, n. 28423 - (investite dalla Corte di cassazione n. 527/2015), ne
hanno definito i contorni affermando il seguente principio di diritto: «Differentemente dal diritto
dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministra-
zione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza
di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportan-
te, in caso di violazione, la invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi «non armonizzati»,
l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena la invalidità del-
l’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificata-
mente sancito; mentre in tema di tributi «armonizzati», avendo luogo la diretta applicazione del dirit-
to dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Ammini-
strazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, la invalidità dell’atto, purché, in giudizio,
il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qua-
lora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valuta-
te con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale
da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà pro-
cessuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse so-
stanziale, per le quali è stato predisposto» (conformi, Cass. Ordinanze 18.7.2022, n. 22499; 8.3.2021,
Osservazioni e richieste del contribuente 491

n. 6383; 6.2.2018, n. 2873; 19.10.2017, n. 24626; 22.9.2017, n. 22186; 11.9.2017, n. 21071; 5.9.2017, n.

L. 27 luglio 2000 n. 212


20799; 20.4.2017, n. 10030; 31.3.2017, n. 8545; 3.2.2017, n. 3012; 5.12.2016, n. 24831; 14.10.2016, n.

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20849; 30.8.2016, n. 17426; 7.6.2016, n. 11665; 26.5.2016, n. 10903; 12.4.2016, n. 7137; 8.4.2016, n.
6966; 17.3.2016, n. 5362; Cass. Sentenze 19.4.2019, n. 11013; 3.2.2017, n. 2875; 29.11.2016, n. 24199;
28.10.2016, n. 21867; 30.12.2015, n. 26117 e C.T.P. Parma, 19.1.2017, n. 23, relativa al pregiudizio su-
bito dal contribuente che non ha potuto aderire a un istituto deflativo e beneficiare delle conse-
guenti riduzioni sanzionatorie a causa della mancata emissione e consegna di un P.V.C.; contra-
ria C.T.P. Reggio Emilia, 19.1.2016, n. 5).
Vanno, pertanto, distinte le ipotesi in cui il contraddittorio anticipato:
› è previsto espressamente da una norma di legge, nel qual caso la sua violazione comporta la
nullità del successivo atto impositivo, indipendentemente dalla natura del tributo (armonizza-
to o non armonizzato) oggetto dell’atto;
› non è previsto espressamente da una norma di legge, nel qual caso bisogna ulteriormente di-
stinguere gli atti impositivi:
- relativi a «tributi non armonizzati», come Irpef, Ires, Irap, Imposta di registro, sulle succes-
sioni e donazioni, per i quali NON esiste, nel nostro ordinamento, un principio generale e
immanente che imponga lo svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale, e
- quelli relativi ai «tributi armonizzati», come Iva e Imposte doganali, per i quali detto obbligo
sussiste quale «diretta applicazione del diritto dell’Unione», con la conseguenza che il contrad-
dittorio dovrebbe essere esperito qualunque sia la modalità del controllo e comporterebbe,
in caso di sua violazione, la nullità dell’atto (cfr. Cass. Sent. 20.4.2016, n. 7914).
Ne deriva che:
› «per i tributi non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endopro-
cedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi in cui tale ob-
bligo sia previsto da specifica norma di legge» (cfr., tra le tante, Cass. Ordinanze 10.7.2018, n.
18092; 11.4.2018, n. 8885; 14.3.2018, n. 6219; Cass. Sent. 20.4.2016, n. 7914): è il caso, ad es., del-
l’art. 12, co. 7, L. 212/2000, che impone l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale in ca-
so di accessi, ispezioni o verifiche presso i locali del contribuente; e anche di accesso presso il
depositario delle scritture contabili, mandatario del contribuente (cfr. Cass. Ord. 26.2.2020, n.
5254); dell’accertamento sintetico (art. 38/600) degli studi di settore e/o Indici sintetici di affi-
dabilità (art. 10/146) o della contestazione di fattispecie abusive (art. 10-bis/212); mentre resta-
no esclusi, ad es., gli accertamenti parziali o quelli conseguenti alla richiesta di documenti (cfr.
Cass. Ord. 27.5.2021, n. 14733) e, soprattutto quelli «a tavolino», per i quali non c’è alcun obbli-
go generalizzato di contraddittorio «per quanto riguarda l'accertamento relativo ad IRPEF e
IRAP» (cfr. Cass. Ordinanze 14.10.2022, n. 30211; 5.11.2021, n. 31925). Diverso il discorso vale nel
caso di un accertamento del Fisco nato sì «a tavolino», ma poi sviluppatosi attraverso l’accesso
alla sede della società contribuente per l’acquisizione di ulteriori documenti, nel qual caso de-
ve essere comunque rispettato, sotto pena di nullità dell’atto impositivo, il termine di 60 gg.
dalla ispezione, per consentire la formulazione di osservazioni e richieste (cfr. Cass. Sent.
27.10.2022, n. 31748). Secondo parte della giurisprudenza di merito, l’obbligo del contradittorio
anticipato si imporrebbe comunque quando «concorrano nel medesimo accertamento tributi di-
retti ed imposte armonizzate» (cfr. C.T.R. Napoli, 15.7.2016, n. 7165 e C.T.R. Bologna, 19.1.2016, n.
85), ma le più recenti decisioni di legittimità smentiscono tale orientamento (cfr. Cass. Ordi-
nanze 22.9.2017, n. 22186; 11.9.2017, n. 21071; 20.4.2017, n. 10030; 3.2.2017, n. 3012);
› «nel campo dei tributi armonizzati (…) l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale assume, in-
vece, rilievo generalizzato. In tale ambito (…) opera, infatti, la clausola generale di contraddittorio
endoprocedimentale di matrice comunitaria (…) sanzionata, in caso di violazione, con la nullità del
conclusivo atto impositivo»; nullità che può essere fatta valere, però, SOLO, però, se «in sede giu-
diziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in un
puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addur-
re elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali» (cfr. Cass.
Sent. SS.UU. 24823/2015; Ord. 16.4.2019, n. 10652; 19.9.2016, n. 18350; C.T.P. Reggio Emilia,
16.5.2016, n. 135).
La formulazione della c.d. «prova di resistenza» rileva, secondo recente giurisprudenza, anche
rispetto alle modalità di realizzazione del contraddittorio, le quali «non sono a forma vincolata, es-
492
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

sendo sufficiente (e necessario) che [il contraddittorio] si realizzi in modo effettivo, quali che siano gli
strumenti in concreto adottati, siano essi il ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri mecca-

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nismi finalizzati alla interlocuzione preventiva, come, ad esempio, l’inoltro di questionari, il riconosci-
mento dell’accesso agli atti ovvero l’espletamento di altre attività che risultino funzionali a detto ob-
biettivo». Per concludere: «le forme in concreto adottate – in assenza (…) di una disciplina che ne de-
clini in modo specifico le conseguenze per l’inosservanza – assolvono ad una funzione solo strumentale
rispetto all’obbiettivo di assicurare il contraddittorio, sicchè esse, quale che sia lo specifico ambito so-
stanziale su cui è lamentata la intervenuta lesione del diritto di difesa, sono tutte ancorate al principio
di effettività e, quindi, alla c.d. prova di resistenza» (cfr. Cass. Sent. 19.7.2021, n. 20436).
Va, peraltro, rimarcato che mancando nel processo tributario una fase istruttoria di un giudice
terzo, l’integrazione del contraddittorio potrebbe costituire un momento fondamentale del pro-
cedimento amministrativo; come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Circ. Ag.
Entrate 28.4.2016, n. 16, sugli Indirizzi operativi per la prevenzione e il contrasto all’evasione, ove
si afferma: «per tutti i soggetti» il controllo «dovrà essere finalizzato alla definizione della pretesa tri-
butaria, garantendo la effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento. In
quest’ottica il contraddittorio assume nodale e strategica centralità per la “compliance" e, come tale,
dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero
adempimento formale», nel corso del quale gli Uffici dovranno effettuare «analisi puntuali (…) delle
argomentazioni eventualmente rappresentate dai contribuenti (…) a seguito della consegna dei processi
verbali di constatazione». Pertanto, «le strutture operative, nello svolgimento delle attività istruttorie,
assicureranno un’applicazione generalizzata del contraddittorio preventivo», esperibile anche con «le
modalità di confronto a distanza individuate nella circolare 23.3.2020, n. 6», le cui indicazioni «pos-
sono essere adattate, caso per caso, ad ogni altro procedimento tributario che richiede la partecipazione
ovvero il confronto con il contribuente» (cfr. Circ. Ag. Entrate 20.6.2022, n. 21). «Un’attività di con-
trollo sistematicamente incentrata sul contraddittorio preventivo con il contribuente [infatti], da un la-
to, rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile, dall’altro, scongiura la effettuazione di recupe-
ri non adeguatamente supportati e motivati perché non preceduti da un effettivo confronto» (cfr. Cir-
colari Ag. Entrate 16/2016 cit. e 8.8.2019, n. 19).
Sul punto, la C.T.P. Siracusa aveva sollevato questione di legittimità costituzionale ritenendo che
«l’acquisizione di elementi di prova nel corso dell’istruttoria presso gli uffici dell’Amministrazione fi-
nanziaria, in carenza di contraddittorio, è suscettibile di pregiudicare una efficace difesa da parte del
contribuente nella successiva fase processuale, con conseguente compromissione del principio della pa-
rità delle armi e, quindi, del giusto processo» (Ord. 17.6.2016, n. 565), ma la questione è stata dichia-
rata inammissibile (cfr. Corte Cost. Ordinanze 187, 188 e 189 del 13.7.2017).
Analogamente sono state dichiarate inammissibili dalla Corte costituzionale le diverse questioni di
legittimità costituzionale, sollevate da alcune Commissioni tributarie, in relazione alla Sentenza
9.12.2015, n. 24823, senza, però, entrare nel merito. per cui ne è derivata la indiretta riconferma che
«manca nel sistema tributario nazionale un principio generale che, alla stessa stregua di quanto imposto
per i tributi armonizzati (…) imponga il contraddittorio preventivo per le imposizioni fiscali esclusivamen-
te interne» (cfr., Corte Cost. Ord. 31.1.2020, n. 8; Corte Cost. Ordinanze 187, 188 e 189 del 13.7.2017).
Ciò nonostante, la C.T.R. Toscana ha nuovamente sollevato la questione di legittimità della nor-
ma, ritenendo che «la necessità del contraddittorio non può derivare dalla modalità del controllo».
L’Ordinanza, dopo aver richiamato la relativa giurisprudenza unionale e nazionale, è pervenuta
alla conclusione che «la ratio del contraddittorio endoprocedimentale sussiste in tutti i casi in cui
l’Agenzia delle Entrate ha svolto un accertamento fiscale in qualsiasi forma poiché all’esito è opportuno
comunicare all’interessato i rilievi che sono emersi dal controllo in modo da consentirgli di fornire in-
formazioni utili a verificare la fondatezza delle riprese fiscali che l’Agenzia intende operare».
«Se questa è la finalità dell’istituto», prosegue la Corte toscana, «costituisce una evidente disparità
di trattamento censurabile ex art. 3 Cost. concedere tale opportunità solamente nell’ipotesi descritta
dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000»; »; l’art. 3 Cost., sarebbe, inoltre, violato anche per la disparità di
trattamento tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati, nonostante l’unicità del procedi-
mento istruttorio che porta al loro accertamento. Pertanto, ha rinviato alla Consulta la questione
di legittimità costituzionale di detta norma «nella parte in cui non estende il diritto al contradditto-
rio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere dall’Agenzia delle
Entrate» (cfr. C.T.R. Toscana, Ord. 12.5.2022, n. 258).
Osservazioni e richieste del contribuente 493

La Corte costituzionale ha dichiarato la questione inammissibile, ritenendo, però, che: «Di fronte

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alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio endoprocedimentale ha assunto e può as-
sumere in ambito tributario, spetta al Legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali evidenziati, il

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compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bi-
lancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con
i contribuenti» (cfr. Corte cost. Sent. 21.3.2023, n. 47).
L’iter procedimentale di cui all’art. 12, co. 7 «incentrato sulla garanzia del contraddittorio, è prescrit-
to solamente qualora l’istruttoria sia stata realizzata accedendo ai locali di pertinenza del contribuen-
te», mentre per le verifiche a tavolino, salvo norme ad hoc, non è previsto un generale obbligo di
contraddittorio preventivo con il contribuente (cfr. Corte cost. Sent. 21.3.2023, n. 47, par. 2).
«Difetta, infatti, nel vigente sistema tributario, una disciplina positiva che generalizzi, in capo all’Am-
ministrazione finanziaria, l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuen-
te, al di fuori delle fattispecie normative in cui ciò è espressamente previsto (…). Tuttavia, questa Corte
deve evidenziare che, pur a fronte della mancanza, in ambito tributario, di una previsione generale sul-
la formazione partecipata dell’atto impositivo, si è assistito a progressive e ripetute aperture del Legi-
slatore, che hanno reso obbligatorio, in un sempre più consistente numero di ipotesi, il contraddittorio
endoprocedimentale.
Si tratta di disposizioni specifiche, che prescrivono la interlocuzione preventiva con il contribuente con
modalità ed effetti differentemente declinati a seconda della dinamica istruttoria seguita dall’amministra-
zione e delle esigenze, di matrice tipicamente collaborativa o più prettamente difensiva, ad essa sottese».
La Corte cita l’art. 38 del D.P.R. 600/1973, l’art. 10 della L. 146/1998, gli articoli 36-bis e 36-ter del
D.P.R. 600/1973 «ove vi sia incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione», l’art. 10-bis della L.
212/2000.
Richiama, quindi, l’obbligo generalizzato di contraddittorio per le «decisioni che rientrano nella sfera
di applicazione del diritto europeo», e la introduzione - nell’ambito del procedimento di accertamen-
to con adesione di cui al D.Lgs. 218/1997 - dell’art. 5-ter, motivata dalla esigenza di superare la di-
sarmonia del vigente sistema tributario, che denota «un’evoluzione del sistema tale per cui l’attivazio-
ne del contraddittorio endoprocedimentale non costituisce più un’ipotesi residuale, ma aspira ad assurgere
a principio generale» (cfr. Corte cost. Sent. 21.3.2023, n. 47, par. 5 e segg.).
Ricorda, infine, «come questa Corte abbia già riconosciuto che il contraddittorio endoprocedimentale,
quale espressione del “principio del giusto procedimento” (in virtù del quale i soggetti privati dovrebbero
poter esporre le proprie ragioni, in particolare prima che vengano adottati provvedimenti limitativi dei lo-
ro diritti), ha assunto un ruolo centrale nel nostro ordinamento (sentenza n. 71 del 2015), anche come cri-
terio di orientamento non solo per l’interprete, ma prima ancora per il Legislatore (sentenza n. 210 del
1995).
Ciò vale, ad avviso di questa Corte, anche in ambito tributario, dove il contraddittorio endoprocedimenta-
le, da un lato, persegue lo scopo di “ottimizzare” l’azione di controllo fiscale, risultando così strumentale al
buon andamento dell’Amministrazione finanziaria; dall’altro, garantisce i diritti del contribuente, permet-
tendogli di neutralizzare, sin dalla fase amministrativa, eventuali errori a lui pregiudizievoli».
E conclude:
«Tenuto conto della pluralità di soluzioni possibili in ordine alla individuazione dei meccanismi con cui
assicurare la formazione partecipata dell’atto impositivo, che ne modulino ampiezza, tempi e forme in
relazione alle specifiche peculiarità dei vari procedimenti impositivi, questa Corte ritiene necessario un
tempestivo intervento normativo che colmi la lacuna evidenziata. Un intervento, peraltro, che porti a
più coerenti e definite soluzioni le descritte tendenze emerse nella disciplina dei procedimenti partecipa-
tivi del contribuente» (cfr. Corte cost. Sent. 21.3.2023, n. 47).
Fattispecie in cui il contraddittorio anticipato NON si applica In questo contesto, si collocano le
decisioni secondo le quali «l’attività accertativa della Guardia di Finanza e degli Uffici finanziari, es-
sendo soltanto di carattere amministrativo, (…) non è retta dal principio del contraddittorio» anticipa-
to ex art. 12, co. 7 (cfr. Cass. Sent. 24.6.2014, n. 14290), per cui la disposizione non si applica:
› nel caso delle indagini finanziarie: «è legittima l’utilizzazione, da parte dell’Erario, dei movimenti
bancari - ancorché senza previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase
dell’accertamento - atteso che la legge tributaria lo prevede come mera facoltà dell’Amministrazione
e non già come obbligo» (cfr. Cass. Sent. 27.3.2015, n. 6232; conformi Cass. Sentenze 16.5.2014, n.
10767; 26.9.2014, n. 20420; Cass. Ordinanze 3.3.2021, n. 5788; 6.5.2014, n. 9722). Né ci sarebbe
494
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obbligo di contraddittorio per consentire al contribuente di giustificare le (ulteriori) movimen-


tazioni bancarie contestategli «per il solo fatto che la ripresa ad imposizione contenuta nell’avviso

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di accertamento sia di importi superiori a quelli oggetto del prodromico processo verbale di constata-
zione», trattandosi pur sempre di accertamenti «a tavolino» (cfr. Cass. Ord. 20.5.2019, n.
13490). Ancora, «nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’atti-
vità e di successiva autorizzazione all’espletamento di indagini bancarie ai sensi del D.P.R. 600/1973
art. 32», l’art. 12, co. 7 si applica solo se l’atto impositivo sia fondato sulle risultanze delle inda-
gini bancarie e sulla documentazione acquisita in sede di accesso, ispezione o verifica (cfr.
Cass. Ord. 30.6.2021, n. 18413);
› nel caso dell’accertamento «c.d. standardizzato (mediante, in particolare, l’applicazione degli studi
di settore)»: perché la procedura «è già disciplinata in modo tale da garantire pienamente la parte-
cipazione e la interlocuzione del contribuente nella fase anteriore alla emissione dell’accertamento»
(cfr. Cass. Sent. 4.4.2014, n. 7960; e Ordinanze 21.10.2021, n. 29470; 26.3.2015, n. 6054);
› nel caso di controllo automatico ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 (o ex art. 54-bis, D.P.R.
633/1972) a meno che non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (cfr.
Cass. Ordinanze 23.4.2021, n. 10858; 8.9.2017, n. 21020; 23.5.2017, n. 12954; 3.11.2015, n. 22445;
Cass. Sentenze 16.12.2016, n. 26044; 18.3.2016, n. 5394; 25.9.2015, n. 19052; 10.6.2015, n. 12023;
22.5.2015, n. 10599; 22.4.2015, n. 8154);
› nel caso l’accertamento compiuto dall’Ufficio si basi sull’art. 37, co. 3 del D.P.R. 600/1973, rela-
tivo alla interposizione di persona, soprattutto quando la richiesta formulata al contribuente di
fornire informazioni e documentazione sia rimasta senza esito (cfr. Cass. Sent. 25.1.2023, n.
2339);
› nel caso di atti che irrogano sanzioni, perché «la lettura complessiva della disposizione [art. 16,
D.Lgs. 472/1997] … lascia intravedere la esistenza di una disciplina speciale che esula totalmente dai
criteri guida sanciti dalla Legge n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, specificando le peculiari modalità
con le quali viene garantito il principio del contraddittorio» (cfr. Cass. Ord. 9.5.2017, n. 11391; con-
formi Cass. Ord. 17.3.2020, n. 7380; Cass. Sentenze 24.11.2021, n. 36488; 18.3.2021, n. 7620;
13.11.2013, n. 25515; 25.9.2013, n. 22000; C.T.P. Milano, 19.9.2019, n. 3781);
› nel caso di «sopralluogo operato nell’ambito della procedura c.d. DOCFA» (per l’attribuzione della
rendita catastale: cfr. Cass. Ord. 21.5.2018, n. 12425);
› nel caso dei c.d. accertamenti «a tavolino», cioè quando «la pretesa impositiva sia scaturita dal-
l’esame degli atti sottoposti all’Amministrazione dallo stesso contribuente e dall’Amministrazione
esaminati in ufficio» (cfr. Cass. Sent. 2.4.2014, n. 7598; Cass. Ordinanze 27.5.2021, n. 14733;
31.1.2019, n. 3046; 29.10.2018, n. 27420): perché la «garanzia del contraddittorio procedimentale
(…) è limitata alle ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente» (cfr. Cass.
Sent. 13.6.2014, n. 13588, relativa ad un accertamento sintetico ex art. 38, co. 4, D.P.R.
600/1973, ante modifica di cui al D.L. 78/2010, i cui elementi indicativi di capacità contributiva
erano stati desunti da un questionario redatto dal contribuente e dall’attività istruttoria svolta
dall’Ufficio ex art. 32/600; nonché Cass. Ordinanze 20.4.2016, n. 8009 e 19.5.2016, n. 10394;
Cass. Sent. 27.6.2016, n. 13227; sullo svolgimento del contraddittorio mediante scambio docu-
mentale, si veda, anche, Cass. Ord. 8.9.2021, n. 24143; nel caso di ad un avviso di accertamento
IRAP, emesso a seguito di risposta ad un questionario, si veda Cass. Ord. 8.2.2017, n. 3404);
› «nell’ipotesi in cui, dopo la chiusura del processo verbale, l’Ufficio proceda autonomamente ad ulte-
riori verifiche sulla base di una istruttoria interna, aggiuntiva ed autonoma rispetto all’accesso pres-
so i locali del contribuente» (cfr. Cass. Ord. 30.10.2018, n. 27732);
› nel caso di accesso presso la sede del contribuente «unicamente finalizzato ad ottenere la docu-
mentazione giustificativa dei costi in precedenza non esibita, per cui non può ritenersi mutata la na-
tura del controllo, che rimane un controllo c.d. a tavolino» (cfr. Cass. Ord. 11.7.2018, n. 18245); in
queste ipotesi, infatti, l’accesso non va «inteso come autoritativa e prolungata intromissione del-
l’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca di elementi a lui sfavorevoli»
(cfr. Cass. Ord. 27.5.2020, n. 9987);
› nel caso in cui l’accesso presso i locali del contribuente non abbia dato luogo ad alcuna verifica
documentale a causa della cessazione dell’attività, perché «in assenza di un reale accesso correla-
to allo svolgimento di attività di verifica» non può ipotizzarsi alcun obbligo di contraddittorio
preventivo (cfr. Cass. Ord. 23.6.2017, n. 15783);
Osservazioni e richieste del contribuente 495

› nel caso di controllo fiscale eseguito sulla base della documentazione presente negli archivi in-

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formatici già in possesso dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. Ord. 12.4.2019, n. 10409);

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› nel caso in cui l’accertamento trovi «il suo antecedente fattuale (…) in attività posta in essere da
una diversa Autorità – quella giudiziaria – e poi trasmessa per le valutazioni di competenza ai fini
fiscali» agli Uffici finanziari (cfr. Cass. Sent. 18.10.2021, n. 28730), ossia quando l’avviso di ac-
certamento consegua ad indagini penali confluite in un P.V.C. allegato all’avviso stesso;
› nei confronti del socio, di società di capitali a ristretta a base sociale, al quale sia stato notifica-
to l’accertamento prima dei 60 giorni dalla ispezione presso la società da cui è emerso un
maggior reddito, dato che «il diritto al contraddittorio preventivo ex art. 12, co. 1 e 7, non spetta
indistintamente ed in via generale a tutti i contribuenti coinvolti nell’accertamento, ma soltanto allo
specifico contribuente che sia stato raggiungo da accessi, ispezioni e verifiche presso i locali azienda-
li». Pertanto, «una volta assodata la esistenza di un accertamento nei confronti della società, costi-
tuente atto presupposto», non «occorre che la notifica dell’atto di accertamento sociale (…), preceda
quella dell’atto diretto ai singoli soci», essendo sufficiente che il termine sia rispettato in relazio-
ne alla società (cfr. Cass. Ord. 4.9.2020, n. 18383);
› nel caso dell’imposta di registro, rispetto alla quale «l’Amministrazione finanziaria non ha alcun
obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo con il contribuente prima dell’avviso di liquida-
zione, limitandosi la sua funzione alla valutazione della rilevanza fiscale dell’atto negoziale o giudi-
ziale, al momento della registrazione o d’ufficio (…). Per cui, non essendo ipotizzabile un accesso del-
l’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente (…) anche per la sola assunzione di in-
formazioni o l’acquisizione di documenti, non può venire in rilievo la violazione dell’obbligo di con-
traddittorio endoprocedimentale nell’accertamento dei presupposti per la liquidazione dell’imposta di
registro» (cfr. Cass. Ord. 12.4.2022, n. 11841; in senso contrario, si veda Cass. Sent. 12.4.2022, n.
12412, sotto citata);
› nei confronti del soggetto «terzo» rispetto al contribuente destinatario della verifica fiscale,
dato che la norma riguarda solo i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria: «In
tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui al-
l’art. 12, co. 7 della L. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipen-
dentemente dal loro contenuto e denominazione formale, purché le operazioni concluse costituiscano
esercizio di attività ispettiva svolta dall’Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a
verifica e destinatario dell’accertamento, non applicandosi il medesimo termine con riferimento ad
un P.V.C. redatto a conclusione dell’accesso presso una terza società che integri, rispetto al contri-
buente, un atto istruttorio “esterno” rispetto al procedimento accertativo che l’ha attinto direttamen-
te» (cfr. Cass. Ord. 15.2.2023, n. 4726).
Ancora, le garanzie previste dall’art. 12, infatti, «non si estendono al terzo a carico del quale emerga-
no dati, informazioni o elementi utili per la emissione di un avviso di accertamento» (cfr. Cass. Ord.
11.4.2018, n. 8890; Cass. Ord. 25.6.2018, n. 16641 relativo a un accertamento in materia di Iva).
L’utilizzo di tali dati, documenti e informative, ai fini della verifica, è, pertanto, pienamente legit-
timo (ex artt. 32 e 33, D.P.R. 600/1973 e artt. 51 e 52, D.P.R. 633/1972), senza che il diritto di dife-
sa del terzo subisca alcun pregiudizio. Eventuali irregolarità derivanti dalla emissione di «avvisi
di accertamento fondati in tutto o in parte sulla documentazione o [su] informative acquisite presso
terzi» possono essere fatte valere solo da chi ha subìto l’accesso (cfr. Cass. Ord. 17.11.2017, n.
27373), dato che il destinatario di quegli atti è posto «comunque in grado di esercitare, in modo pie-
no e senza alcun limite, il proprio diritto di difesa sia nella fase extragiudiziale, con la richiesta di atti-
vazione di autotutela, sia nella fase giudiziale, con la opposizione all’atto impositivo avanti le Commis-
sioni tributarie» (cfr. Cass. Sent. 6.6.2012, n. 9108; conformi Cass. 26.9.2012, n. 16354; 18.10.2013,
n. 23690; 13.11.2013, n. 25515; 17.12.2014, n. 26493; 15.4.2015, n. 7584; 27.9.2016, n. 19013;
28.10.2016, n. 21867; 28.10.2016, n. 21870); e lo stesso principio si applica nel caso in cui l’accesso
sia effettuato non presso la sede del contribuente, ma «presso il depositario delle scritture contabili
(...) al mero fine di acquisire documentazione contabile» (cfr. Cass. Ord. 20.7.2016, n. 14861; nel caso
di ispezione presso il commercialista o presso un cliente: cfr. Cass. Ord. 15.2.2023, n. 4726 cit.);
e, in conclusione,
› tutte le volte in cui «gli elementi posti a fondamento della pretesa tributaria formalizzata nell’avvi-
so di accertamento risultano acquisiti aliunde e non comportano accessi, ispezioni e verifiche fiscali
presso i locali di esercizio dell’impresa» (cfr. Cass. Sentenze 26.9.2012, n. 16354; 5.4.2013, n. 8399,
496
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

4.12.2013, n. 27200), come, implicitamente, confermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni


Unite che, nell’affrontare la diversa questione della legittimità o meno dell’avviso emesso pri-

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ma della scadenza del termine previsto dalla norma, ha stabilito che esso riguarda il processo
verbale di constatazione rilasciato al contribuente «nei cui confronti sia stato effettuato un acces-
so, una ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio della propria attività (art. 12, co. 1)»
(cfr. Cass. SS.UU. Sent. 29.7.2013, n. 18184, Cass. Ord. 18.10.2013, n. 23690; Cass. Sent. 13.1.2017,
n. 724).
Fattispecie in cui il contraddittorio anticipato SI APPLICA Parte della giurisprudenza riteneva, e
ritiene, che l’obbligo del contraddittorio preventivo dovrebbe prescindere dal tipo di accertamen-
to effettuato e dalle modalità e dal luogo in cui la verifica si svolge, per cui non dovrebbe essere
circoscritto agli «accessi, ispezioni e verifiche» (di cui al primo comma dell’art. 12), ma dovrebbe
comprendere ogni attività di controllo; anche perché «la norma non distingue in relazione al conte-
nuto dei verbali, potendo il contribuente comunicare osservazioni e richieste anche in relazione a ver-
bali che, pur non contenendo contestazioni, potrebbero (…) dare luogo alla emissione di avvisi di accer-
tamento» (cfr. Cass. Sent. 15.3.2011, n. 6088).
Questo orientamento si richiama al principio affermato dalla giurisprudenza comunitaria, secon-
do la quale: «ogni persona (ha diritto) di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato
un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio», per cui esiste(rebbe) un «generale» diritto
(del contribuente) al contraddittorio anticipato. L’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali del-
l’Unione europea, infatti, «garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficace-
mente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima della adozione di qualsia-
si decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi … [e] si impone quand’anche la nor-
mativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità»; però, prosegue la Cor-
te, la violazione di tale diritto «determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del
procedimento amministrativo … soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avreb-
be potuto comportare un risultato diverso» (cfr. Corte di Giustizia UE, 3.7.2014, Cause riunite C-
129/13 e C-130/13, Corte di Giustizia UE, 20.12.2017, C-276/16; Corte di Giustizia UE, 18.12.2008,
C-349/07; nonché Cass. Sentenze 29.7.2015, n. 16036; 27.3.2015, n. 6232; 21.1.2015, n. 992; in sen-
so parzialmente difforme, Cass. Sentenze 7.8.2015, n. 16602 e 5.3.2015, n. 4543).
In questo contesto si collocano le decisioni della Corte di cassazione a Sezioni Unite, che, dopo
aver definito l’obbligo del contraddittorio preventivo «elemento essenziale e imprescindibile (anche
in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione ammi-
nistrativa» (cfr. Cass. Sentenze 18.12.2009, nn. 26635, 26636, 26637 e 26638; conforme Cass. Sent.
7.8.2015, n. 16602) ha ribadito che il contraddittorio anticipato è espressione di un «principio fon-
damentale, immanente nell’ordinamento, cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifi-
ca previsione» (cfr. Cass. SS.UU., Sent. 18.9.2014, n. 19667), per cui esso si applica:
› «nel caso di contestazione di violazioni in tema di imposta di registro, giusta il richiamo di cui al-
l’articolo 53-bis del D.P.R. n. 131/1986» (cfr. Cass. Sent. 19.4.2022, n. 12412; in senso contrario, si
veda, Cass. Ord. 12.4.2022, n. 11841, sopra citata);
› nel caso dell’avviso di recupero del credito di imposta: perché «al di là del mero dato testuale
della norma», costituisce anch’esso un atto «accertativo della pretesa tributaria e impositivo» (cfr.
Cass. Sent. 7.3.2014, n. 5367; conformi Cass. Ord. 27.7.2022, n. 23223; Cass. Sentenze 18.11.2015,
n. 23547; 17.10.2014, n. 22021; 17.9.2014, n. 19561; in senso contrario, cfr. Cass. Ord. 14.3.2018, n.
6347; Cass. Sent. 23.3.2012, n. 4687);
› nel caso di cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale ex art. 36-ter del D.P.R.
600/1973: la nullità della cartella (non preceduta dalla comunicazione al contribuente dell’esito
del controllo) «pur non espressamente prevista (…) deriva ineludibilmente dal sistema ordinamenta-
le, comunitario e nazionale, nel quale la norma opera», considerata «la pregnanza della garanzia
connessa alla previsione dell’invio della comunicazione quale momento di instaurazione di un con-
traddittorio anteriore alla iscrizione a ruolo» (cfr. Cass. Sent. 4.7.2014, n. 15311; conf. Cass. Sen-
tenze 26.1.2015, n. 1306; 11.6.2019, n. 15654; Ord. 29.1.2016, n. 1813);
› nel caso del provvedimento di diniego di rimborso Iva «atteso il concreto effetto impositivo ed ac-
certativo della pretesa tributaria che deve indubbiamente annettersi» al predetto provvedimento
(cfr. Cass. Ord. 18.11.2014, n. 24567). «L’adozione del provvedimento di diniego di rimborso dell’Iva
versata dal contribuente, è soggetta - a pena di nullità - al termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7
Osservazioni e richieste del contribuente 497

(…), qualora scaturisca da una verifica fiscale con accesso (nella specie effettuata per accertare la esi-

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stenza della società e la sua operatività senza redazione, all’esito, di verbale conclusivo idoneo a far

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decorrere il suddetto termine), atteso che, al di là della forma e della denominazione dell’atto, esso ri-
veste natura sostanziale di atto accertativo emesso a seguito di attività ispettiva dell’Amministrazio-
ne» (cfr. Cass. Sent. 22.11.2021, n. 35918);
› in sede di riscossione coattiva delle imposte: «l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere
l’ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 602/1973 (nella formulazione vigente ratione
temporis) deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al me-
desimo un termine – che può essere determinato (…) in trenta giorni – per presentare osservazioni o
effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che la omessa attivazione di tale contraddittorio endo-
procedimentale comporti la nullità della iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipa-
zione al procedimento, garantito anche dagli articoli 41, 47 e 48 della Carte dei diritti fondamentali
dell’Unione europea (…)» (cfr. Cass. Sent. 9.10.2015, n. 20352; conformi Cass. Sentenze 9.5.2019,
n. 12237; 22.2.2017, n. 4587; 11.11.2016, n. 23037; 24.6.2016, n. 13115; C.T.P. Campobasso, Sent.
1.10.2020, n. 204; Cass. Ordinanze 30.11.2022, n. 35156; 29.8.2022, n. 25430; 11.9.2020, n. 18964;
22.8.2017, n. 20258; 14.6.2017, n. 14852; 19.9.2016, n. 18349; 26.2.2016, n. 3783; 12.2.2016, n.
2879);
› nel caso di contestazioni di fattispecie elusive, (anche) non riconducibili alle ipotesi contempla-
te dall’art. 37-bis del D.P.R. 600/1973 (cfr. Cass. Sentenze 5.12.2014, n. 25759; 14.1.2015, n. 406;
11.11.2015, n. 23050, conf. Cass. Ord. 14.2.2023, n. 4631): perché «il principio generale antielusivo
(…) non impedisce affatto, con riguardo alle fattispecie non riconducibili all’art. 37-bis del D.P.R.
600/1973, che debba essere instaurato il previo contraddittorio tra l’Amministrazione finanziaria e il
contribuente, né esclude che il vizio del contraddittorio conseguente alla violazione del termine pro-
duca la nullità dell’atto impositivo» (cfr. Corte cost. Sent. 7.7.2015, n. 132);
› nel caso dell’art. 20 del D.P.R. 131/1986 (in materia di imposta di registro), perché la mancanza
della espressa previsione «del contraddittorio anticipato non sarebbe comunque di ostacolo all’ap-
plicazione del principio generale di partecipazione del contribuente al procedimento» (cfr. Corte
cost. cit.): in sostanza, la Corte costituzionale riconosce valore sostanziale al contraddittorio
anche là dove esso non sia previsto, compresa l’ipotesi disciplinata dall’art. 20 del D.P.R.
131/1986, in materia di imposta di registro; mentre la Corte di Cassazione sostiene che l’appli-
cazione, da parte dell’Ufficio, della regola interpretativa di cui all’art. 20 del D.P.R. 131/1986,
«non è soggetta al contraddittorio endoprocedimentale previsto per l’applicazione delle disposizioni
antielusive (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, poi L. n. 212 del 2000, art. 10-bis)» (cfr. Cass. Sent.
15.3.2017, n. 6758; Cass. Ord. 9.4.2018, n. 8619; quantomeno nel testo vigente prima della modi-
fica introdotta dall’art. 1, co. 87, lett. a), L. 205/2017);
› nel caso di atti di accertamento con i quali viene disconosciuta la deducibilità dei costi «black
list», se l’Agenzia delle Entrate non ha concesso al contribuente il termine di 90 giorni per for-
nire la prova delle esimenti previste dall’art. 110, co. 10 e 11 (abrogati con effetto dal 1.1.2016;
l’onere a carico dell’Amministrazione di concedere al contribuente il predetto termine è stato
re-inserito nel neo introdotto co. 9-ter dell’art. 110: cfr. art. 1, co. 84-86, della L. 197/2022) del
D.P.R. 917/1986: le considerazioni svolte dalla Corte di Cassazione nella sentenza 18184/2013,
infatti, sono riferibili anche al mancato rispetto del predetto termine, perché anche in questo
caso «il vizio del procedimento si traduce (…) in una divergenza dal modello normativo di non lieve
entità, considerata la rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, alla
quale la disposizione in esame assolve e la forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale
funzione, che assume il fatto viziante» (cfr. Cass. Sent. 7.10.2015, n. 20033; conf. Cass. Sentenze
23.11.2014, n. 23812, 27.5.2016, n. 10988);
› nel caso degli studi di settore se, al fine di acquisire elementi rilevanti, l’Ufficio accede nei loca-
li dell’impresa (con conseguente rilascio del P.V.C.), perché, in questa ipotesi, il contraddittorio
previsto per l’accertamento standardizzato non può eludere il termine di 60 giorni previsto
dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000 (cfr. Cass. Sent. 14.12.2016, n. 25692);
› nel caso di «accesso presso il depositario delle scritture contabili, mandatario del contribuente, che
la giurisprudenza di questa Corte ha assimilato all’accesso presso la società» e/o presso il contri-
buente (cfr. Cass. Ord. 26.2.2020, n. 5254; conf. Cass. Sentenze 31.3.2022, n. 10352; 15.1.2019, n.
702; Cass. Ord. 6.6.2018, n. 14707), a carico del quale sussiste, in questa ipotesi, un onere di
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L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

collaborazione con l’Ente verificatore (cfr. Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34586);


› nel caso «di accertamento relativo alle omissioni contributive, tanto espressamente risultando dal-

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l’art. 7, co. 2, lett. d), D.L. n. 70/2011 (conv. con L. n. 106/2011), secondo il quale le disposizioni di cui
all’art. 12 della L. 212/2000, concernente disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuen-
te, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previden-
za e assistenza obbligatoria» (cfr. Cass. Ord. 6.7.2021, n. 19157).
La giurisprudenza di merito è (prevalentemente) orientata a favore dell’applicabilità del contrad-
dittorio anticipato indipendentemente dalle modalità e dalla forma con cui la verifica viene svol-
ta; perché l’ambito di applicazione dell’art. 12, co. 7 si estende – in attuazione del principio di co-
operazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente – a tutti i controlli; per cui il «divieto
di emanare atti impositivi prima del decorso dei 60 giorni» si applica:
› «non solo [nel caso di] processo verbale di constatazione, bensì [in] qualsiasi attività di indagine, di
verifica o di controllo, indipendentemente dalla denominazione terminologica o tecnica adoperata»
(cfr. C.T.R. Milano, 29.10.2013, n. 118/19/13);
› a «tutte le verifiche fiscali, nessuna esclusa, ivi comprese anche quelle che vengano svolte presso gli
uffici degli organi di controllo, in seguito al reperimento di documentazione richiesta al contribuente,
tanto più che la medesima disposizione appare strettamente correlata al rispetto del principio di leale
collaborazione tra Amministrazione e contribuente che non può venir meno a seconda del luogo in
cui si svolga la verifica» (cfr. C.T.R. Cagliari, 18.6.2012, n. 27; C.T.P. Ascoli Piceno, 18.11.2013, n.
302; C.T.P. Reggio Emilia, 16.3.2016, n. 59; C.T.R. Firenze, 17.10.2016, n. 1785; in senso contra-
rio, si veda, però, C.T.P. Reggio Emilia, 18.5.2012, n. 44, secondo la quale l’art. 12, co. 7 «si appli-
ca unicamente alle fattispecie in cui vi sia stato un accesso ai locali aziendali»; e C.T.R. Milano,
16.7.2015, n. 3365);
› «alle verifiche fiscali, nessuna esclusa, ivi comprese, perciò, anche quelle eseguite in luoghi diversi
dai locali destinati all’esercizio di attività»: perché il rispetto del termine indicato dalla norma e
la facoltà di contraddire concessa al contribuente si fondano sul generale principio di collabo-
razione, che non può limitarsi agli accessi, ispezioni e verifiche, né può venir meno a seconda
del luogo in cui la verifica si svolge (cfr. C.T. Trento, 7.2.2011, n. 7; C.T. Trento, 2.1.2013, n. 1);
e la disposizione dovrebbe valere anche nei casi di:
› controllo a mezzo indagini bancarie (cfr. C.T.P. Parma, 2.10.2014, n. 535; C.T.P. Vicenza
22.10.2014, n. 688; C.T.R. Bari, 25.11.2015, n. 2495);
› accertamento sintetico (cfr. C.T.P. Reggio Emilia, 24.10.2014, n. 460 e C.T.P. La Spezia,
24.4.2015, n. 441; contraria C.T.R. Milano, 16.7.2015, n. 3365);
› informazioni acquisite tramite questionario (cfr. C.T.R. Milano, 10.09.2014, n. 4517);
› verifiche ed accertamenti c.d. «a tavolino» (cfr. C.T.R. Milano, Sentenze 10.3.2015, n. 864 e
14.4.2015, n. 1478; C.T.P. Reggio Emilia, 19.1.2016, n. 5);
› «accesso breve» o «verifica generale o parziale» (cfr. C.T.P. Milano 23.2.2011, n. 38);
› «atti di irrogazione di sanzioni» (cfr. C.T.R. Milano, 3.4.2014, n. 1741).
Di seguito, si riporta uno schema riepilogativo di alcune delle più frequenti fattispecie nelle quali
è stabilito (o meno), l’obbligo di contraddittorio anticipato, con le disposizioni di riferimento, co-
me interpretate dalla giurisprudenza di legittimità.

Schema di sintesi: verifiche fiscali e diritti del contribuente


Fattispecie Obbligo Riferimento
Accessi, ispezioni, verifiche sì art. 12, co. 7, L. 212/2000
«in loco»
Accessi, ispezioni, verifiche sì per il comparto IVA: «in
«a tavolino» applicazione del diritto dell’unione
europea»
no per comparti diversi: «in assenza
di specifiche prescrizioni»
Indagini finanziarie no «in assenza di specifiche
prescrizioni» che prevedano il
contraddittorio
Osservazioni e richieste del contribuente 499

Accertamento sintetico art. 38, co. 6, D.P.R. 600/1973 post

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sì D.L. 78/2010

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Studi di settore/Indici sintetici sì art. 10, co. 3-bis, L. 146/1998
di affidabilità
no art. 12, co. 7, L. 212/2000, salvo
accesso nei locali del contribuente
Abuso del diritto sì art. 10-bis, co. 6, L. 212/2000
Liquidazione automatizzata artt. no art. 6, co. 5, L. 212/2000, salvo che
36-bis, D.P.R. 600/1973 e 54- non sussistano incertezze su
bis, D.P.R. 633/1972 aspetti rilevanti della dichiarazione
Liquidazione formale art. 36-ter, sì art. 36-ter, co. 4, D.P.R. 600/1973
D.P.R. 600/1973
Atti di contestazione sanzioni sì art. 16, D.Lgs. 472/1997

Modalità Quando inizia una verifica, il contribuente deve essere informato dei suoi doveri e dei
suoi diritti, tra i quali quello di intervenire sia nel corso della stessa (facendo inserire a verbale
le proprie osservazioni e richieste), sia in sede di chiusura (facendo inserire a verbale le dichia-
razioni di parte o la riserva di farle successivamente, nelle sedi competenti); e anche dopo la
chiusura della verifica per consentirgli di presentare la «memoria» qui in esame non ai verifi-
catori, ma all’Ufficio accertatore. In proposito, la Circolare della Guardia di Finanza 29.12.2008,
n. 1/2008 richiama l’attenzione dei verificatori sul fatto che il P.V.C. «deve essere compilato in
maniera chiara e razionalmente articolata» e «che di tutte le richieste (…) avanzate dai verificatori,
(…) e dei riscontri forniti dal contribuente – anche in caso di inottemperanza – [va] data ampia e
dettagliata esposizione (…) nel processo verbale di constatazione, allo scopo di fornire all’Agenzia del-
le Entrate un quadro completo degli elementi utilizzati per la ricostruzione del reddito e della moda-
lità delle loro acquisizioni (…)» (cfr., anche, Circolare della Guardia di Finanza 19.11.2014, n.
0336701/14).
Contenuto del P.V.C. I verificatori devono riportare nel P.V.C.:
› «la puntuale esposizione delle osservazioni e dei rilievi formulati dal contribuente o da chi lo assiste,
ovvero le risposte da questi fornite alle richieste eventualmente formulate dai verificatori»
› «le eventuali dichiarazioni od osservazioni conclusive che il contribuente intenda spontaneamente
rilasciare a verbale all’atto della conclusione delle operazioni;» (cfr. Circolare della Guardia di Fi-
nanza 27.11.2017, n. 1/2018), tenendo, però, presente:
- da un lato, che talune dichiarazioni poco meditate o imprecise possono essere mal interpre-
tate o, peggio, considerate «confessioni stragiudiziali» idonee a giustificare (da sole, cioè
senza la necessità di ulteriori riscontri) le contestazioni dei verificatori (cfr. Cass. Sentenze
16.10.2015, n. 20979; 19.6.2013, n. 15315; 23.9.2011, n. 19524; 17.9.2009, n. 20009; 26.5.2008, n.
13482); per cui prudenza suggerisce di esprimersi solo dopo aver letto attentamente il P.V.C.
(e, nel corso della verifica, chiedendo domande scritte, per formulare risposte meditate);
- dall’altro, che ricevere il P.V.C. senza proferir parola, potrebbe essere interpretato come im-
plicito assenso al contenuto dell’atto; per cui è consigliabile che il contribuente dichiari – so-
prattutto nei casi in cui la verifica si basa su «indizi e presunzioni» (anziché su «prove stori-
che» che vanno, se del caso, subito contestate) – che si riserva di esaminarne il contenuto
per valutare (insieme con il proprio professionista di fiducia) l’opportunità di presentare
«osservazioni e richieste» all’Ufficio accertatore. Un esempio di dichiarazione potrebbe esse-
re: «prendo atto di quanto constatato a seguito della verifica condotta nei miei confronti (o della
Società che rappresento) e mi riservo di esporre eventuali controdeduzioni nelle sedi amministra-
tive e/o contenziose competenti».
Nel P.V.C., i verificatori devono anche riportare: «la informativa al contribuente circa la sua facoltà di:
› far pervenire all’Ufficio titolare della funzione impositiva, entro 60 giorni dal rilascio del processo
verbale di constatazione, osservazioni e richieste che devono essere dallo stesso necessariamente pre-
se in considerazione (…);
› richiedere al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate (…) la formulazione di una proposta di ac-
certamento ai fini della eventuale adesione (…) [ex art. 6, co. 1, D.Lgs. 218/1997];
› regolarizzare spontaneamente, in caso di avvenuta presentazione della dichiarazione, i propri errori
500
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

e/o omissioni accedendo al ravvedimento (…)» ex art. 13, D.Lgs. 472/1997, anche se «il pagamento
e la regolarizzazione non limitano né inibiscono l’avvio o la prosecuzione delle attività ispettive né la

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conseguente verbalizzazione degli illeciti riscontrati» (cfr. Circolare G. di F. 1/2018 cit.).
Quanto, infine, alla motivazione dei rilievi formulati, che «deve risultare sufficiente e puntuale, non
necessariamente dettagliata (…) purché siano forniti i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche posti
a base dei rilievi», la Guardia di Finanza ribadisce che «è estremamente opportuno che le conclusioni
riportate nel processo verbale di constatazione siano illustrate con chiarezza, organicità e consequen-
zialità espositiva, al fine di porre i destinatari dell’atto nelle condizioni di comprendere appieno l’ope-
rato dei verificatori» (cfr. Circolare G. di F. 1/2018 cit.).
Il P.V.C. va consegnato al contribuente, da individuarsi, nel caso delle società, nel legale rappre-
sentate pro tempore, «mentre il socio “occulto” e l’amministratore di fatto non hanno titolo per riceve-
re l’atto», né hanno titolo per «presentare le osservazioni previste» dalla norma in esame (cfr. C.T.P.
Milano, Sent. 29.7.2021, n. 3369).
La consegna del P.V.C. all’ex amministratore di una Srl in liquidazione, in luogo della consegna
al liquidatore, quale legale rappresentante della società, non rileva ai fini della decorrenza del
termine di 60 giorni: «l’avvenuta consegna del PVC ad un soggetto terzo, che non ha speso il nome del
contribuente, non può essere imputata a quest’ultimo»; nè la successiva allegazione del PVC all’avvi-
so di accertamento notificato al liquidatore consente di sanare la mancata concessione del termi-
ne (cfr. Cass. Ord. 18.8.2022, n. 24918).
Opzioni del contribuente Dopo la consegna del P.V.C., il contribuente può valutare se:
› regolarizzare i rilievi (tutti o solo alcuni) in esso indicati, valendosi del ravvedimento operoso
(ex art. 13, co. 1, lett. b-quater), D.Lgs. 472/1997), tenendo presente che le maggiori imposte pre-
tese non sono determinate nel P.V.C. e, dunque, sarà il contribuente a dover quantificare gli
importi complessivamente dovuti (si veda il relativo capitolo);
› formulare – prima della emissione dell’atto impositivo – istanza di accertamento con adesione
(ex art. 6, co. 1, D.Lgs. 218/1997), per discutere, in contraddittorio con l’Ufficio, il contenuto del
P.V.C. stesso (si veda il relativo capitolo); fermo restando che «il termine previsto dall'art. 12, co.
7 della L. 212/2000 decorre dal rilascio al contribuente (…) della copia del processo verbale di chiusu-
ra delle operazioni, anche in caso di accertamento con adesione, che è inidoneo alla riapertura (ovve-
ro al decorso ex novo) del termine per lo svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale» (cfr.
Cass. Ord. 20.12.2022, n. 37225);
› presentare la memoria qui in esame.
La decisione sul più adeguato comportamento da tenere, va attentamente ponderata avuto riguardo:
› alle conseguenze, anche negative, che ne potrebbero derivare sul contribuente verificato, sui
soci, sui fornitori, sui clienti ecc.;
› alla legislazione attuale, ma anche, prospettica, dato che, verosimilmente, quella nazionale recepirà
sempre più i principi costituzionali e comunitari di «prevalenza della sostanza sulla forma».
Il professionista deve informare il cliente (diretto interessato) per consentirgli di assumere la decisio-
ne sul «da farsi» con la consapevolezza della situazione e della sua più «ragionevole» evoluzione.
Contenuto e forma della memoria Se il contribuente ritiene di valersi della facoltà di presentare la
memoria, può consegnare (o spedire in plico R.A.R., raccomandata con avviso di ricevimento) –
nel termine di 60 giorni dal ricevimento del P.V.C. – all’Ufficio della Agenzia delle Entrate territo-
rialmente «competente» per l’accertamento, quale che sia stato l’Organo verificatore (Agenzia
delle Entrate o Guardia di Finanza), una «Memoria contenente osservazioni (e richieste) ai sensi del-
l’art. 12, co. 7, L. 212/2000», nella quale vanno indicati:
› gli estremi del P.V.C. di riferimento (organo che l’ha redatto, data di consegna, ecc.);
› i propri dati anagrafici (e quelli del legale rappresentante, nel caso in cui il P.V.C. riguardi, ad
es. società);
› le argomentazioni e considerazioni sul contenuto del P.V.C. e le eventuali richieste di appro-
fondimento, avendo riguardo ai vari tributi, richiamando l’attenzione sui rilievi più rilevanti e/
o discutibili e/o delicati.
La memoria si conclude:
› con l’istanza di rivedere, annullare o ridimensionare talune «riprese a tassazione» o contesta-
zioni proposte (dai verificatori);
› con la data e la firma del contribuente o del legale rappresentante della Società o dell’Ente;
Osservazioni e richieste del contribuente 501

› con la indicazione, in calce, dell’indirizzo (o del domicilio eletto) del contribuente e con la pro-

L. 27 luglio 2000 n. 212


cura (di cui all’art. 63, D.P.R. 600/1973), al professionista che ha collaborato (come accade nor-

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malmente) nella redazione della memoria stessa (nel caso di conferimento dell’incarico per
l’assistenza e la difesa nella istruttoria conseguente).
Alla memoria vanno allegati i documenti giustificativi idonei a confermare l’attendibilità di quan-
to sostenuto e a dimostrare la totale o parziale illegittimità o infondatezza della pretesa fiscale
indicata nel P.V.C.
Termine Al termine di 60 giorni per la presentazione della memoria NON si applica la sospensione
feriale dei termini in quanto «la fase del contraddittorio procedimentale è priva del carattere giurisdi-
zionale e non richiede l’esplicazione della difesa tecnica» (cfr. Cass. Ord. 20.4.2016, n. 7995; conf.
Cass. Ord. 28.3.2019, n. 8643).
Possibili conseguenze La presentazione della memoria:
› può indurre i verificatori a tornare nella sede del contribuente per esaminare le «osservazioni», e
dare riscontro alle «richieste» del contribuente, può cioè consentire ai verificatori di «reiterare
l’attività ispettiva conclusa … nei casi in cui risulti necessario riscontrare le sue stesse osservazioni e ri-
chieste» (cfr. Circolare della Guardia di Finanza 27.11.2017, n. 1/2018 e 29.12.2008, n. 1/2008);
› impone all’Ufficio competente per l’accertamento di esaminarne il contenuto e di valutare le
predette osservazioni e richieste, prendendo posizione sulle singole eccezioni. Al diritto del
contribuente di presentare la memoria corrisponde, infatti, «l’obbligo per gli Uffici di valutare
con oculatezza gli elementi da questi offerti, procedendo, sulla base degli stessi, all’esame del processo
verbale (…) che potrebbe condurre, ove ne ricorrano i presupposti, ad una sostanziale revisione del
medesimo» e, comunque, a trarre «dalle argomentazioni ed eccezioni fornite dal contribuente even-
tuali ulteriori elementi utili a rappresentare, con il maggior grado di persuasione possibile, la legitti-
mità della pretesa impositiva»: nel rispetto dei principi di trasparenza, legittimità ed equità (cfr.
Nota A.E. 14.10.2009, n. 142734). A questo scopo, la Guardia di Finanza «indica alcune specifica-
zioni che devono essere in ogni caso riportate» nel P.V.C., tra le quali «particolare importanza assu-
mono quelle contenute nella “Sezione conclusiva”, relative [tra l’altro] alla informativa al contri-
buente circa le sue facoltà» di far pervenire all’Ufficio «osservazioni e richieste, le quali, devono es-
sere dallo stesso necessariamente prese in considerazione» (cfr. Circ. 1/2008, All. 21 e Circ. GdF
1/2018, All. 19);
› dovrebbe comportare l’obbligo per l’Ufficio di indicare specificatamente, nell’atto di accerta-
mento, i motivi per cui ritiene di disattendere le osservazioni del contribuente.
Motivazione dell’atto impositivo «Il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che
il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizioni di manifestare utilmente il proprio punto di
vista, che l’Amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o
dell’impresa coinvolta» (cfr. Corte di Giustizia Europea, 18.12.2008, C-349/07), motivando specifi-
catamente l’atto «anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite
dal contribuente» (cfr. Cass. Sent. 406/2015, ma in materia di abuso del diritto).
Invece, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, «all'obbligo dell'Amministrazione finan-
ziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente (…) non si aggiunge l'ulteriore obbligo di esplicitare
detta valutazione nell'atto impositivo, a pena di nullità» (cfr. Cass. Sent. 24.2.2016, n. 3583; conf. Cass.
Sentenze 24.11.2021, n. 36488; 23.1.2019, n. 1778; 17.1.2018, n. 959; Cass. Ordinanze 14.12.2020, n.
28405; 24.5.2019, n. 14204; 15.11.2018, n. 29487; 2.7.2018, n. 17210; 31.3.2017, n. 8378). A parere dei
giudici di legittimità, infatti, l’art. 12, co. 7 «introduce un obbligo di cooperazione e contraddittorio con-
sentendo al contribuente la conoscenza delle operazioni e la possibilità di comunicare osservazioni, ma
non introduce uno specifico obbligo di motivazione sulle stesse, né è previsto in sede di impugnazione un
sindacato sulla scelta dell’Amministrazione». Ne deriva che l’avviso di accertamento, che non menzio-
ni le osservazioni presentate dal contribuente, è valido, «atteso che la nullità consegue solo alle irrego-
larità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorché ricorra
una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell’atto cui ine-
riscono» (cfr. Cass. Sent. 27.7.2016, n. 15616; conformi Cass. Sentenze 2.7.2018, n. 17210; 17.1.2018, n.
959; 15.9.2017, n. 21408; Cass. Ordinanze 3.3.2023, n. 6469; 14.11.2017, n. 26933).
Secondo la giurisprudenza di merito, invece,
› «il disposto dell’art. 12, co. 7 della legge 212/2000» deve «essere interpretato (...) quale norma por-
tante l’obbligo di valutazione delle osservazioni e delle richieste formulate dall’interessato» attraver-
502
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

so l’indicazione «nella motivazione del provvedimento finale, delle eventuali ragioni di dissenso ri-
spetto alle prospettazioni formulate dal privato» (cfr. C.T.P. Milano, 10.5.2010, n. 126; per l’appli-

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cazione del principio nel caso dell’accertamento sintetico, si veda C.T.P. Reggio Emilia,
15.11.2013, n. 203; contra, C.T.R. Pescara, 25.10.2016, n. 987);
› l’integrale e acritico recepimento del contenuto del P.V.C. nell’avviso di accertamento, con mo-
tivazioni generiche o clausole di stile, senza una elaborazione delle contestazioni formulate dal
contribuente nella memoria, vanifica il contraddittorio procedimentale e comporta la nullità
dell’atto, per menomazione del diritto di difesa (cfr. C.T.P. Treviso, 25.6.2015, n. 468; C.T.P. La
Spezia, 24.4.2015, n. 441; C.T.R. Milano, 27.6.2014, n. 3467; C.T.R. Milano, 24.5.2012, n. 70; C.T.P.
Reggio Emilia, 19.1.2011, n. 5);
› l’ufficio, dunque, deve dimostrare, non solo di aver letto, ma anche di aver valutato le «osser-
vazioni e richieste» del contribuente, motivando specificamente le ragioni per cui, in ipotesi,
ritiene di non accettarle in tutto o in parte (cfr. C.T.P. Bologna, 1.2.2012, n. 10/4/12).
Termine di emissione dell’atto e ragioni di urgenza L’Ufficio non può emettere l’avviso di accerta-
mento primadella scadenza del termine di 60 giorni dalla consegna al contribuente del P.V.C., a meno
che non sussistano ragioni specifiche di urgenza, che vanno (anch’esse) adeguatamente motivate.
Criterio, questo, al quale non può derogarsi neppure nel caso in cui il contribuente presenti os-
servazioni prima dello spirare del termine previsto dalla norma, posto che, ai sensi dell’art. 12,
co. 7, della L. 212/2000, «solo con lo spirare di detto termine, si consuma la facoltà di esporre osserva-
zioni e richieste all’Ufficio impositore» (cfr. Cass. Ord. 13.9.2022, n. 26932).
Nel caso di più accessi, i 60 giorni vanno computati dalla data dell’ultimo accesso, dato che «la par-
ticolare forma di tutela prevista dalla L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (…) non può che postulare il
completamento della verifica e, dunque, la completezza degli elementi dalla stessa risultanti» (cfr. Cass.
Ord. 14.9.2016, n. 18110; conforme Cass. Ordinanze 26.11.2021, n. 36846; 15.2.2019, n. 4564). Nel caso
di accesso mirato, il termine dilatorio decorre dalla redazione del verbale di accesso finalizzato alla
consegna della documentazione (e di chiusura dell’attività di accesso), senza che sia necessaria
l’adozione di un successivo P.V.C., ove le operazioni di verifica «non siano state compiute presso la
sede del contribuente, ma presso gli uffici finanziari» (cfr. Cass. Ord. 8.5.2019, n. 12094; conf. Cass.
Ord. 1.6.2022, n. 17818).
Ai fini del calcolo del termine di decorrenza, la Cassazione ha ritenuto che rileva la data di emissione
dell’atto impositivo e non quella della notifica al contribuente, precisando che «per data di emanazione
dell’atto deve intendersi quella in cui lo stesso è stato sottoscritto dal funzionario munito del relativo po-
tere, ossia, in definitiva, (…) la data dell’atto medesimo», con la conseguenza che «l’atto impositivo sotto-
scritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine» di 60 giorni «ancorché no-
tificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2020, n. 20711; conf. Cass.
Ordinanze 15.4.2022, n. 12365; 23.2.2021, n. 4778; 25.10.2019, n. 27415), perché non conforme alla ratio
legis della disposizione, dato che l’Ufficio deve attendere il decorso del predetto termine prima di
chiudere il procedimento di formazione dell’atto (cfr. Cass. Sent. 28.5.2015, n. 11088; conf. Cass. Ord.
17.3.2016, n. 5361; contrarie, Cass. Ord. 9.3.2016, n. 4650 e Cass. Sent. 9.7.2014, n. 15648).
Emissione anticipata dell’atto La norma non sancisce la nullità dell’avviso emesso ante tempus,
per cui si è posto il problema se da tale violazione derivi o meno la illegittimità dell’avviso stesso.
La Corte di Giustizia C.E. (Sent. 18.12.2008, C-349/07) ritiene che il rispetto del diritto di esercita-
re la propria difesa «in tempo utile (…), costituisce un principio generale del diritto comunitario, che
trova applicazione ogni qualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un sog-
getto un atto ad esso lesivo. In forza di tale principio, i destinatari di decisioni che incidono sensibil-
mente sui loro interessi devono essere messi in condizioni di manifestare utilmente il loro punto di vi-
sta in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine es-
si devono beneficiare di un termine sufficiente».
La Corte costituzionale (Sent. 24.7.2009, n. 244) ha considerato legittimo l’avviso emesso prima
del decorso dei 60 giorni solo se viene specificatamente motivata la «particolare urgenza» (senza,
però, identificarne la casistica), per cui, ribadito il principio, non ha fornito argomenti concreti.
La Corte di Cassazione, a sua volta, dopo aver espresso orientamenti diversificati (cfr. Cass. Sen-
tenze 15.3.2011, n. 6088, 16.9.2011, n. 18906, 5.7.2012, n. 11347, 13.7.2012, n. 11944, 5.10.2012, n.
16999, 12.5.2011, n. 10381, 3.11.2010, n. 22320; 13.10.2011, n. 21103, Cass. Ord. 18.10.2013, n. 23690),
ha affermato a Sezioni Unite (a seguito della ordinanza di rinvio 11.5.2012, n. 7318) il seguente
Osservazioni e richieste del contribuente 503

principio di diritto: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art.

L. 27 luglio 2000 n. 212


12, comma 7, della L. 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che la inosservanza del

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termine dilatorio di sessanta giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento – termine decor-
rente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione o
una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura
delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegitti-
mità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno di-
spiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi,
di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed
è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste
(però) nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato la
emissione anticipata, bensì nella effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dalla osservanza del
termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata
dall’Ufficio» (cfr. Cass. Sent. SS.UU., 29.7.2013, n. 18184; conformi Cass. Ordinanze 28.6.2019, n.
17488; 27.10.2017, n. 25542; Cass. Sentenze 16.11.2021, n. 34586; 8.3.2017, n. 5899; 12.12.2013, n.
27831; 29.1.2014, n. 1869; 5.2.2014, n. 2595; 10.4.2014, n. 8482; 10.6.2014, n. 13099; 17.7.2014, n.
16336; 16.3.2016, n. 5137; 13.5.2016, n. 9865; C.T.R. Lombardia, 7.2.2020, n. 371; C.T.R. Potenza,
27.1.2016, n. 42). Pertanto, se l’Amministrazione non ha motivato nell’atto le ragioni di urgenza,
sarà onerata, nel corso del giudizio, della «prova della effettiva esistenza, al tempo della notifica
dell’avviso di accertamento o rettifica, di specifici motivi di urgenza, in difetto della quale l’atto impo-
sitivo deve essere annullato» (cfr. Cass. Sentenze 17.7.2014, n. 16336; 12.2.2014, n. 3142; 22.1.2014, n.
1264; 10.6.2015, n. 11993; Cass. Ordinanze 9.12.2019, n. 32081; 28.3.2017, n. 7986). Spetta, infatti,
«al Fisco allegare e dimostrare che la inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o ne-
gligenza, ma ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento, ovvero abbiano
reso difficoltoso con il passare del tempo, il pagamento del tributo e necessario procedere senza il ri-
spetto del termine» (cfr. Cass. Sent. 14.11.2014, n. 24316).
Ragioni d’urgenza L’Agenzia delle Entrate, consapevole del problema, suggerisce ai propri uffici peri-
ferici di pianificare l’attività di verifica tenendo in debito conto l’esigenza di rispettare la citata pre-
visione, perché, «a tenore della norma», essi possono emettere l’avviso di accertamento prima che
scadano i sessanta giorni concessi al contribuente per formulare le osservazioni «esclusivamente con
riguardo ai casi di particolare e motivata urgenza»; aggiungendo, però, che integra una tale condi-
zione sia il pericolo di perdita del credito erariale, sia la «imminenza dello spirare dei termini di deca-
denza dell’azione accertatrice»: situazioni, queste, che giustificherebbero il mancato rispetto del ter-
mine di 60 giorni, «in assenza di una esplicita comminatoria di nullità» (cfr. Nota Ag. Entrate
14.10.2009, n. 142734). E la giurisprudenza ha chiarito che «il rispetto della regola normativa, nel bi-
lanciamento dei contrapposti interessi, impone all’organo giudicante di accertare la sussistenza o meno
delle ragioni di urgenza, che hanno giustificato la notifica anticipata dell’atto impositivo, secondo un giu-
dizio prognostico ex ante. Il giudizio sull’urgenza, in altri termini, deve essere relazionato agli elementi
che possono prospettarsi prima della notificazione dell’avviso di accertamento, non a quelli a posteriori»
(cfr. Cass. Sent. 13.10.2022, n. 29987).
a) Pericolo di perdita del credito erariale e Un tale pericolo legittimerebbe l'emissione «anticipata»
dell’atto. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che:
› le ragioni di urgenza costituite dalla «assenza di garanzie patrimoniali» per poter avere rilevanza,
devono trovare «sostegno probatorio in sede giudiziaria» (cfr. Cass. Ord. 20.11.2014, n. 24781);
› integra un caso di urgenza, il grave stato di insolvenza del contribuente (cfr. Cass. Sent.
28.6.2016, n. 13296); per cui deve «ritenersi ampiamente giustificata la emissione “ante tempus”
dell’avviso di accertamento nel caso (…) di società contribuente sottoposta a procedura fallimentare,
discendendo l’urgenza dalla necessità dell’Erario di procurarsi tempestivamente il titolo (…) utile per
insinuarsi (…) nel passivo fallimentare» (cfr. Cass. Sent. 11.4.2018, n. 8892; conf. Cass. Ord.
5.2.2019, n. 3294);
› «l’utilizzo dello schema delle c.d. società cartiera» giustifica «la esistenza di una particolare urgenza
alla adozione dell’avviso di accertamento (...) per impedire il protrarsi del meccanismo e per garantire
la salvaguardia degli interessi erariali» (cfr. Cass. Sent. 13.12.2013, n. 27911); «il pericolo derivante
dal richiesto rimborso IVA e dal fatto che la società abbia emesso fatture per operazioni inesistenti è,
in astratto, una indubitabile e valida ragione di urgenza atta a giustificare l’anticipazione della noti-
504
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

fica dell’atto impositivo in deroga al termine sospensivo di 60 giorni dalla consegna del PVC (…) tan-
to più in presenza di una supposta partecipazione della società» ad una frode carosello (cfr. Cass.

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Sent. 7.9.2018, n. 21819);
› la «spia della necessità di attivare immediatamente la pretesa fiscale» può consistere nella «inesi-
stenza reale ed effettiva – quale centro di imputazione fiscale – del soggetto interposto» (cfr. Cass.
Sent. 13.12.2013, n. 27911);
› le ragioni di urgenza possono rinvenirsi nella pericolosità fiscale del contribuente, a causa del-
le sue «reiterate condotte penali tributarie», riferite però specificatamente «al contribuente e al
rapporto tributario in questione» (cfr. Cass. Sent. 5.2.2014, n. 2587; conf. Cass. Sentenze
22.1.2020, n. 1289; 7.9.2018, n. 21815; Cass. Ordinanze 15.4.2022, n. 12635; 18.1.2022, n. 1377;
22.1.2021, n. 1317; 23.7.2020, n. 15843; 27.7.2016, n. 15527; 24.6.2014, n. 14287), tenendo conto
che «l’esistenza di un sequestro preventivo sui beni del contribuente è tale da tutelare la pretesa era-
riale, comportando il venir meno delle ragioni d’urgenza» (cfr. C.T.R. Milano, 22.2.2016, n. 1021); e
che le ragioni d’urgenza, quanto meno secondo una decisione della Corte di cassazione, «non
devono essere indicate nell’avviso di accertamento, ma è sufficiente che sussistano in concreto nella
fattispecie oggetto di esame» (cfr. Cass. Ord. 24.11.2020, n. 26650): sarebbero, cioè, rilevabili d’uf-
ficio dal Giudice sulla base degli atti;
› rientrerebbe nel concetto di pericolosità fiscale anche «l’espresso richiamo alla sussistenza dei requi-
siti per l’applicabilità delle misure cautelari di cui all’art. 22 del D.Lgs. 472/1997 (ipoteca e sequestro con-
servativo, che possono essere chieste dall’Ufficio per “fondato timore di perdere la garanzia del proprio
credito”)», che sarebbe, pertanto, «idoneo a sorreggere la motivazione della specifica ragione di urgen-
za richiesta dalla norma» (cfr. Cass. Ord. 12.8.2021, n. 22750; conf. Cass. Ord. 15.7.2022, n. 22446);
› possono altresì considerarsi valide ragioni di urgenza la gravità dei rilievi, le gravi irregolarità
nella tenuta della documentazione contabile (cfr. Cass. Sent. 17.7.2015, n. 15121); l’approssimarsi
della scadenza della polizza prodotta a garanzia del rimborso Iva o un articolato complesso di
circostanze quali la scomparsa delle scritture contabili o la omessa presentazione della dichiara-
zione (cfr. Cass. Sent. 12.4.2017, n. 9506); i fatti nuovi «emersi nel corso delle indagini fiscali o in
procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, eventi eccezionali che abbiano inciso sull’assetto orga-
nizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici» (cfr. Cass. Sent. 20.3.2015, n.
5642; 13.5.2015, n. 9712; 10.6.2015, n. 11993) o ancora, la imprevedibile necessità di recupero degli
aiuti di Stato in attuazione della normativa UE (cfr. Cass. Sent. 23.7.2015, n. 15547).
b) Spirare del termine di decadenza Tale circostanza integrerebbe la particolare e motivata urgenza. La
Guardia di Finanza, prudenzialmente, suggerisce ai verificatori di adottare «ogni iniziativa idonea a
portare a conoscenza del competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate le risultanze dell’attività ispettiva
relative ai periodi di imposta in via di decadenza entro termini che permettano allo stesso di esaminare in
tempo utile il contesto ed emettere agevolmente l’eventuale atto impositivo, tendenzialmente non oltre la
fine del mese di agosto dell’anno in questione», precisando che «a questo scopo si potrà anche ricorrere
alla redazione, con connesso rilascio al contribuente, di processi verbali di constatazione parziali riferiti
specificatamente ai periodi di imposta in via di decadenza, con riserva di far pervenire il processo verbale
definitivo contenente le risultanze dell’attività ispettiva relative ad altre annualità» (cfr. Circolare della
Guardia di Finanza 29.12.2008, n. 1/2008, citata). Eventuali ritardi imputabili al protrarsi della veri-
fica della Guardia di finanza, infatti, non esimono l’Amministrazione finanziaria – in qualità di de-
stinataria della norma - dalla responsabilità anche «dei ritardi imputabili alla Guardia di finanza,
quale organo ispettivo collaterale» (cfr. Cass. Sent. 6.4.2022, n. 11110).
La Corte di Cassazione, in un primo tempo, aveva avallato la prassi amministrativa giustificando-
la con la «esigenza di evitare la decadenza del potere di accertare eventuali violazioni da parte del con-
tribuente» (cfr. Cass. Sentenze 11.9.2013, n. 20769; 13.7.2012, n. 11944; 12.12.2013, n. 27831), ma, poi,
ha cambiato parere: «la eventualità di evitare una decadenza non può integrare, di per sé, (…) la ra-
gione di urgenza contemplata dalla norma», perché tale interpretazione sarebbe contraria alla sua
stessa ratio, che attribuisce al principio del contraddittorio procedimentale la funzione di assicu-
rare la «conformità dell’azione amministrativa ai canoni di trasparenza e buon andamento». «Una ra-
gione di urgenza, intanto è valida e idonea a giustificare l’anticipata emissione del provvedimento, in
quanto sia specifica e particolare, vale a dire propriamente riferita al contribuente o al rapporto tribu-
tario di cui si tratta, non già all’assetto organizzativo dell’Amministrazione che procede» (cfr. Cass.
Sent. 28.3.2014, n. 7315; conformi Cass. Sentenze 15.1.2019, n. 701; 19.4.2017, n. 9836; 16.3.2016, n.
Osservazioni e richieste del contribuente 505

5137; 20.3.2015, n. 5642; 30.4.2014, n. 9424; 21.3.2014, n. 6666; 5.2.2014, n. 2595; 3.2.2014, n. 2279;

L. 27 luglio 2000 n. 212


29.1.2014, n. 1869; Cass. Ordinanze 25.11.2020, n. 26794; 24.11.2020, n. 26650 e 26647; 25.1.2019, n.

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2183; 15.11.2018, n. 29487; 10.4.2018, n. 8749; 25.1.2017, n. 1969; 14.9.2016, n. 18110; 15.4.2016, n.
7598). Le ragioni d’urgenza, quindi, «devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera
dell’Ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo
essere individuate nella imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa» (cfr.
Cass. Ord. 5.12.2017, n. 29143; conformi Cass. Ordinanze 25.7.2022, n. 23223; 15.4.2022, n. 12365;
29.10.2021, n. 30784; 30.9.2020, n. 20711; 21.5.2019, n. 13630 e 15.3.2019, n. 7379; Cass. Sent.
21.4.2022, n. 12713). «Non è, quindi, la imminenza della scadenza del termine ad integrare l’urgenza,
ma, semmai, la insorgenza di fatti concreti e precisi che possono rendere giustificata l’attivazione del-
l’ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio a pena di vedere decaduta l’Ammini-
strazione» (cfr. Cass. Ord. 22.1.2021, n. 1317; conf. Cass. Ord. 10.3.2021, n. 6614). E così, l’Ufficio
può offrire, quale giustificazione dell’urgenza, la prova «che tale situazione sia dipesa da condotte
dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica» (cfr. Cass. Ord.
25.5.2022, n. 16948; Cass. Sent. 5.12.2014, n. 25759). La prevalente giurisprudenza di meritosi è al-
lineata: «la imminente decadenza non può essere assunta come motivo di urgenza poiché la tempistica
e le modalità per mezzo delle quali si sviluppano le ispezioni sono circoscritte nella sfera di discreziona-
lità e responsabilità dei soggetti ad essa deputati e non possono precludere il diritto alla difesa del con-
tribuente» (cfr. C.T.P. Genova, 23.2.2006, n. 15; conf. C.T.R. Emilia Romagna, 31.3.2022, n. 424;
C.T.R. Firenze, 17.5.2012, n. 78/8/12). Pertanto, la decadenza dall’azione accertatrice stessa «non è
di per sé riconducibile ai casi di particolare urgenza legittimanti la derogabilità del termine» qui in
esame (cfr. C.T.P. Milano, 10.5.2010, n. 126; C.T. 2° grado di Bolzano, 26.2.2015, n. 36; C.T.R. Ge-
nova, 16.4.2015, n. 458; C.T.P. Pisa, 17.3.2016, n. 131, in materia di raddoppio dei termini di accer-
tamento in caso di notizia di reato), salvo che si verifichino «situazioni nelle quali la necessità di
effettuare controlli a ridosso dei termini decadenziali scaturisca da ragioni intervenute, non imputabili
ad una errata o tardiva pianificazione delle attività o ad una non efficiente conduzione dell’attività di
verifica»; in questo caso tali ragioni «debbono essere compiutamente e analiticamente esposte nella
motivazione dello stesso avviso» per essere valutate dal giudice tributario nell’eventuale contenzio-
so instaurato dal contribuente (cfr. C.T.R. Firenze, 17.5.2012, n. 78/8/12; C.T.P. Asti, 15.10.2012, n.
85; C.T.P. Parma. 2.10.2014, n. 535; C.T.R. Milano, 17.10.2014, n. 5421).

Art. 12, co. 7, L. 212/2000: ragioni di urgenza secondo la giurisprudenza di legittimità


A. Pericolo di perdita del Integra una ragione di urgenza nei casi di:
credito erariale › Assenza di garanzie patrimoniali: Cass. 24781/2014; 13296/2016;
› Procedura fallimentare: Cass. 3294/2019; 8892/2018
› Società cartiera: Cass. 27911/2013 e/o frode carosello: 21819/2018;
› Reiterate condotte penali tributarie: Cass. 1377/2022; 1317/2021, 26650/2021,
15843/2020, 1289/2020, 21815/2018, 15527/2016, 14287/2014.
B. Imminente decadenza Integra(va) una ragione di urgenza: 27831/2013, 20769/2013, 11944/2012.
del termine per l’azione
accertativa Non integra una ragione di urgenza: Cass. 1235/2022, 23223/2022, 12365/2022;
30784/2021, 20711/2020, 13639/2019, 7379/2019, 2193/2019, 701/2019, 29487/2018,
8749/2018, 9836/2017, 1969/2017, 18110/2016, 7914/2016, 7598/2016, 5137/2016,
5642/2015, 9424/2014, 7315/2014, 6666/2014, 2592/2014, 2279/2014, 1869/2014.
C. Altre valide ragioni Integrano una ragione di urgenza:
› Gravità dei rilievi, gravi irregolarità contabili: Cass. 15121/2015;
› Fatti nuovi emersi Cass. 11993/2015, 9712/2015;
› Recupero aiuti di Stato in attuazione normativa UE: Cass. 15547/2015.
› Applicabilità misure cautelari ex art. 22, D.Lgs. 472/1997: Cass. 22446/2022, 22750/2021

Tutela del contribuente in sede contenziosa Come sopra rilevato, la violazione, da parte dell’Uf-
ficio, dell’obbligo di contraddittorio anticipato, nel caso di tributi non armonizzati, può essere ec-
cepita, dal contribuente, (solo) in presenza di una norma espressa che lo preveda (cfr. Cass.,
SS.UU. 24823/2015).
È il caso dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000: se l’Ufficio procede ad accessi, ispezioni o verifiche presso
i locali del contribuente, senza rispettare il termine di 60 giorni tra la consegna del P.V.C. e la
506
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

emissione dell’atto di accertamento, questo è invalido (indipendentemente dal fatto che riguardi
tributi armonizzati o non armonizzati).

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Il contribuente potrà (e dovrà), quindi, inserire nel ricorso introduttivo uno specifico motivo, in
via pregiudiziale, per eccepire la invalidità dell’atto per violazione della disposizione prevista dal-
l’art. 12, co. 7, L. 212/2000 (cfr. Cass. Sent. 13.1.2017, n. 749), e, cioè, violazione del diritto di difesa
nella fase antecedente alla emissione dell’avviso di accertamento e/o del termine di emissione
dell’atto: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il vizio dell'avviso
di accertamento derivante dalla inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, co. 7, della L. n. 212
del 2000, non è rilevabile d'ufficio e deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo,
riguardando la violazione di una norma posta a difesa del diritto dello stesso contribuente al pieno di-
spiegarsi del contraddittorio con l'Amministrazione finanziaria, e considerata la natura recettizia
dell'atto impositivo tributario, da porsi in relazione con il suo duplice scopo di impedire la decadenza
dell'Amministrazione predetta dalle potestà di accertamento e di riscossione dei tributi e di porre la
parte in grado di contestare, anche in sede giudiziaria, la pretesa tributaria (…)» (cfr. Cass. Ord.
14.3.2022, n. 8223; conf. Cass. Ord. 15.2.2023, n. 4726).
In caso contrario, e cioè in mancanza di speciufica contestazione sul punto, il provvedimento im-
pugnato, ancorché invalido, diventerà definitivo, non trattandosi di vizio rilevabile d'ufficio dal
giudice (cfr. Cass. Sent.18.9.2015, n. 18448).
Parte della giurisprudenza ritiene che il contribuente dovrà supportare il motivo di ricorso anche
con la c.d. «prova di resistenza», esponendo e dimostrando le ragioni (non pretestuose) che
avrebbe potuto far valere se il contraddittorio si fosse svolto, nonché il pregiudizio che, in con-
creto, gli è derivato dal suo mancato svolgimento. La valutazione della prova di resistenza «even-
tualmente allegata dal contribuente, in relazione alla eccepita violazione del principio del contradditto-
rio» compete al Giudice: sia nel caso di contestazioni concernenti l’IVA (cfr. Cass. Ord. 26.5.2016,
n. 10903; nonché C.T.R. Potenza, Sent. 11.8.2016, n. 308); che nel caso di contestazioni concer-
nenti tributi armonizzati e «non» (cfr. Cass. Ordinanze 7.9.2018, n. 21767; 7.3.2018, n. 5408;
6.2.2018, n. 2873; 20.11.2017, n. 27422; 22.8.2017, n. 20267; 3.8.2017, n. 19475; 15.12.2016, n. 25958.
Orientamento, questo, allineato alla Corte di Giustizia, C-129/13 Kamino).
› «Con riguardo ai tributi armonizzati (…), ove l’Amministrazione non sia stata rispettosa dell’obbligo
di contraddittorio, l’atto (…) è invalido purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in
concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto una opposizione meramente
pretestuosa (c.d. prova di resistenza)» (cfr. Cass. Sent. 8.10.2020, n. 21694; conf. Cass. Ord.
8.3.2021, n. 6368). In proposito, eventuali «iniziative prese dall’ufficio in sede di mediazione ex
art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992» non rilevano ai fini dell’assolvimento del predetto onere da par-
te del contribuente, «perché, in tale sede, l’ufficio persegue esclusivamente lo scopo di deflazionare il
contenzioso», mentre resta a carico del contribuente «indicare quali particolari argomentazioni,
ovvero quali specifiche circostanze, situazioni o documenti, diverse da quelle esplicitate nel ricorso,
avrebbe potuto addurre, qualora fosse stato assicurato il contraddittorio endoprocedimentale» (cfr.
Cass. Ord. 11.2.2020, n. 3227).
› Invece, nel caso di verifiche fiscali nei locali del contribuente, relative a tributi non armonizzati,
«la nullità per violazione del termine dilatorio, prevista dall’art. 12, co, 7, della L. n. 212 del 2000 (…)
non è subordinata alla c.d. prova di resistenza» perché «il maggior grado di tutela previsto a livello
interno per i tributi non armonizzati (…) si muove in armonia piena con il principio della massimiz-
zazione delle tutele che consente ad un singolo ordinamento di apprestare livelli di protezione di un
diritto fondamentale, qual’è sicuramente quello al contraddittorio, rispetto a quelli garantiti dal si-
stema eurounitario per i tributi non armonizzati. Non può, dunque, ipotizzarsi alcuna distorsione a
livello nazionale per il fatto che l’art. 12, co. 7, (…) non preveda, per le verifiche svolte nei locali del
contribuente, la c.d. prova di resistenza al fine di rendere operante la invalidità dell’atto emesso sen-
za il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni» (cfr. Cass. Ord. 25.1.2017, n. 1969; conformi Cass.
Ord. 15.3.2019, n. 7379; 15.2.2019, n. 4564; Cass. Sent. 15.1.2019, n. 701). «Laddove sia avvenuto un
accesso degli accertatori presso i locali dell’impresa», l’obbligo di contraddittorio «trova sicura ap-
plicazione generale, senza distinzione tra tributi armonizzati e non», e senza necessità della prova
di resistenza, perché la previsione di nullità dell’atto impositivo assorbe tale prova (cfr. Cass.
Sent. 10.5.2019, n. 12451; conf. Cass. Ord. 22.11.2022, n. 34272; Cass. Sent. 8.3.2022, n. 7595).
L’art. 12, co. 7 opera una valutazione ex ante circa il rispetto del contraddittorio - nel caso di
Osservazioni e richieste del contribuente 507

accessi, ispezioni e verifica presso i luoghi di attività del contribuente - attraverso la previsione

L. 27 luglio 2000 n. 212


di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, senza la necessità del-
la prova di resistenza da parte sua, neanche per i tributi armonizzati (cfr. Cass. Ord. 14.1.2020,

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n. 474; conf. Cass. Ordinanze 2.2.2021, n. 2243; 22.1.2021, n. 1317; 25.11.2020, n. 26794). Non è,
quindi, necessario che il contribuente dimostri il pregiudizio concretamente patito per il man-
cato svolgimento della fase endoprocedimentale (cfr. Cass. Sentenze 7.8.2015, n. 16602,
5.3.2015, n. 4543). Anche se, va, però, evidenziato che la predetta prova è stata espressamente
prevista (e disciplinata), nel caso di contraddittorio anticipato di cui all’articolo 5-ter (Invito
obbligatorio) del D.Lgs. 218/1997 (cfr. il capitolo relativo all’accertamento con adesione nelle
Imposte dirette e Iva).
Sintesi La violazione dell'obbligo di contraddittorio potrà essere eccepita:
› nel caso di tributi armonizzati, eccependo la invalidità, «in ogni caso», dell’atto, purché, però,
il contribuente assolva, in giudizio, l’onere di enunciare, in concreto, le ragioni che avrebbe
potuto far valere se il contraddittorio si fosse svolto (cfr. Cass. Sent. SS.UU. 24823/2015);
› nel caso di tributi non armonizzati:
- in presenza di una norma specifica che lo preveda, come l'art. 12, co. 7, eccependone la viola-
zione ; (e tenendo conto di quanto sopra in merito alla c.d. prova di resistenza);
- in assenza di una norma specifica che lo preveda come, ad es., nel caso di verifiche «a tavoli-
no», sostenendo la violazione del principio del contraddittorio per la ingiustificata disparità
di trattamento rispetto ai contribuenti che subiscono l’ispezione presso la propria sede. E
sostenendo anche, se del caso, la violazione dell’art. 24, L. 4/1929, che stabilisce l’obbligo di
concludere l’attività ispettiva con un processo verbale, indipendentemente dal tipo di con-
trollo: tale violazione potrebbe comportare quella «derivata» del mancato rispetto del termi-
ne di 60 giorni stabilito dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000.
Tutela anticipata in materia di tributi doganali La tutela anticipata per i tributi doganali e le ac-
cise ha caratteristiche peculiari.
A. TRIBUTI DOGANALI
1. Contesto Il controllo (in materia) doganale di quanto dichiarato dall’operatore/contribuente può
essere effettuato (ex D.Lgs. 8.11.1990, n. 374):
› contestualmente alla presentazione della dichiarazione in dogana (art. 9);
› successivamente, in sede di revisione dell’accertamento (art. 11).
Nel primo caso, se dai controlli effettuati non emergono difformità rispetto alla dichiarazione, ov-
vero se il dichiarante non le contesta, l’Ufficio appone sulla bolletta apposita annotazione, firmata e
datata, e provvede alla liquidazione dei diritti doganali con il che l’accertamento diviene definitivo.
Nel secondo caso, cioè in presenza di un controllo a posteriori – da effettuarsi entro il termine di
decadenza di «tre anni dalla data in cui l’accertamento è divenuto definitivo» – l’Ufficio può invitare
gli operatori a comparire o a fornire notizie e documenti e può anche accedere nei luoghi di
esercizio dell’attività per procedere ad ispezioni e verifiche. Se dalla revisione emergono inesat-
tezze, omissioni o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, l’Ufficio procede al-
la relativa rettifica, notificando apposito avviso motivato all’operatore interessato.
2. Disciplina pregressa Secondo il previgente art. 11, co. 7, D.Lgs. 374/1990, l’operatore che riceveva
l’atto di rettifica poteva contestarlo «solo» attraverso un «ricorso gerarchico», per cui si era posto
il problema se:
› sussistesse o meno un diritto del contribuente al contraddittorio anticipato; e se
› l’art. 12, co. 7, L. 212/2000 potesse essere applicato alla fattispecie.
Sul primo aspetto, parte della giurisprudenza di legittimità e la prevalente giurisprudenza di me-
rito avevano ritenuto che il rispetto del diritto al contraddittorio anticipato costituisse un princi-
pio generale la cui violazione comporta la illegittimità dell’atto emesso, che, conseguentemente,
va annullato (cfr. Cass. Sent. 11.6.2010, n. 14105): «in materia doganale il principio del rispetto del
contraddittorio anche nella fase amministrativa (…) si evince dalle previsioni espresse del D.Lgs.
8.11.1990, n. 374, art. 11 e costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazio-
ne ogni qual volta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad
esso lesivo (cfr. Corte di Giustizia CE, Sent. 18.12.2008, in causa C-349/07)».
Sul secondo aspetto, la giurisprudenza (cfr. Cass. Sent. 28.5.2008, n. 13890) e la prassi (Nota A.D.
12.3.2010, n. 29694) avevano ritenuto che il «contraddittorio anticipato» previsto dall’art. 12, co.
7, L. 212/2000 fosse adeguatamente tutelato attraverso la procedura dell’art. 11, co. 7, D.Lgs.
508
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

374/1990, con la conseguenza che l’art. 12, co. 7 non trova(va) applicazione nel caso di «avvisi di
rettifica in materia doganale, operando in tale ambito lo jus speciale» (cfr. Cass. Sent. 17.1.2019, n.

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1115; conf. Cass. Ordinanze 8.5.2019, n. 12095; 25.1.2019, n. 2175).
3. Disciplina attuale e prospettive future Con l’aggiunta del co. 4-bis nell’art. 11, D.Lgs. 374/1990, e di un
(ultimo) periodo nel co. 7 dell’art. 12, L. 212/2000, che rimanda alla disciplina «speciale» (cfr. art.
92, D.L. 24.1.2012, n. 1, conv. con modif. in L. 24.3.2012, n. 27), il Legislatore ha introdotto, in mate-
ria di tributi doganali, uno specifico obbligo di contraddittorio anticipato: con lo scopo di «precisare
definitivamente che il procedimento che regola gli accertamenti in materia doganale è disciplinato in via
esclusiva dal D.Lgs. 8.1.1990, n. 374» (cfr. Cass. Sent. 5.4.2013, n. 8399; conf. Cass. Ord. 15.5.2019, n.
12906; C.T.R. Roma, 9.1.2015, n. 29), per cui l’art. 12, co. 7 della L. 212/2000 e l’art. 11, co. 4-bis del
D.Lgs. 374/1990 ) sono tra loro alternativi (cfr. Cass. Sent. 29.10.2020, n. 23858).
L’art. 11, co. 4-bis prevede:
› il diritto del contribuente di interloquire con l’Ufficio presentando una memoria contenente
osservazioni e richieste, nel termine di 30 giorni «dalla data di consegna o di avvenuta ricezione
del verbale»;
› il dovere dell’Ufficio di non emettere l’atto prima della scadenza del termine di 30 giorni con-
cesso al contribuente per presentare la memoria, e, soprattutto, di valutare attentamente le os-
servazioni e richieste prima della notifica dell’atto (che dovrà essere motivato in relazione ai
presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato).
Il contraddittorio anticipato è divenuto, quindi, obbligatorio, ma va applicato tenendo presenti:
› i limiti delineati dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui «il diritto di ogni persona di essere
ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi
deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’ac-
certamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non so-
no violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un
ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di ta-
le atto fino alla sua eventuale riforma (…), senza che la proposizione di un ricorso amministrativo so-
spenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato», dal momento che è la stessa autorità do-
ganale che può concedere la sospensione dell’esecuzione «qualora vi siano motivi di dubitare della
conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile
per l’interessato» (cfr. Corte di Giustizia UE 20.12.2017, C-276/16);
› la giurisprudenza di legittimità, che ha ritenuto che «la denuncia di vizi di attività dell’Amministrazio-
ne capaci di inficiare il procedimento è destinata ad acquisire rilevanza soltanto se, ed in quanto, la inos-
servanza delle regole abbia determinato un concreto pregiudizio del diritto di difesa della parte, diretta-
mente dipendente dalla violazione che si sia riverberata sui vizi del provvedimento finale», cioè, solo a
seguito della c.d. «prova di resistenza» (cfr. Cass. Sent. 5.2.2020, n. 2612). Inoltre, dopo aver confer-
mato la invalidità dell’avviso di rettifica emanato prima del decorso di 30 giorni dalla notifica o del
rilascio all’operatore del verbale delle operazioni compiute, ha precisato che non trova «applicazione
in materia doganale la deroga contemplata dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000 per i casi di particolare e moti-
vata urgenza» (cfr. Cass. Sent. 29.10.2020, n. 23858);
› la giurisprudenza di merito, che ritiene applicabile il principio «anche in caso di revisione dell’accerta-
mento su base documentale» (cfr. C.T.R. Genova, 13.1.2015, n. 36 e 12.8.2014, n. 879), o quando la veri-
fica è effettuata in Ufficio (cfr. C.T.P. La Spezia, 29.1.2015, n. 96); considerandolo, in sostanza, un
obbligo generalizzato;
› la prassi, che, dopo aver suggerito, «in via precauzionale», agli uffici periferici di assicurare il ri-
spetto del termine previsto dalla norma «per tutti i procedimenti di accertamento relativi a tributi,
compresi i casi di revisione dell’accertamento su base documentale, con attività integralmente posta in es-
sere in ufficio» (cfr. Nota Agenzia delle Dogane, 8.4.2011, 36431/RU), distingue due ipotesi:
- «se l’interessato formula le proprie osservazioni prima della scadenza del termine allo stesso asse-
gnato, l’autorità doganale può adottare la decisione senza dover attendere il decorso dello stesso, a
meno che l’interessato non abbia espressamente formulato riserva di integrare le proprie osserva-
zioni entro il termine originariamente previsto»;
- «nel caso in cui le osservazioni dell’interessato pervengano all’Amministrazione dopo la scadenza
del termine assegnato per esercitare il diritto di essere ascoltato, ma prima che sia stata formaliz-
zata la decisione, e le argomentazioni addotte dall’interessato siano pertinenti e giuridicamente
Osservazioni e richieste del contribuente 509

fondate» se ne deve tenere conto «ai fini della adozione del provvedimento, privilegiando, quin-

L. 27 luglio 2000 n. 212


di, l’aspetto di giustizia sostanziale rispetto al mero dato formalistico. Ciò anche ai fini deflativi di

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un potenziale contenzioso che potrebbe instaurare l’interessato avverso la decisione dell’autorità
doganale» (cfr. A.D. Circolare 19.4.2016, n. 8/D).
Da ultimo, e in prospettiva, si ricorda che l'art. 22, par. 6, del Regolamento UE n. 952/2013 - di rifusio-
ne del Codice doganale europeo n. 450/2008, approvato il 9.10.2013 – prevede che l’operatore, che
abbia ricevuto dall’autorità doganale un atto sfavorevole, abbia «la possibilità di esprimere il proprio
punto di vista entro un dato termine», scaduto il quale, «la decisione è notificata nella debita forma».
B. ACCISE Il contraddittorio anticipato è stato introdotto con la modifica dell’art. 19 del Testo Unico
delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, di cui al D.Lgs.
26.10.1995, n. 504 (cfr. art. 4-ter, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225).
«La necessità del contraddittorio endoprocedimentale in materia di accise è, dunque, normativamente impo-
sto» (cfr. C.T.R. Lombardia, 5.8.2020, n. 1762) - anche nelle ipotesi in cui gli atti e le dichiarazioni sia-
no esaminati in Ufficio - da «una specifica norma di legge che prevede il diritto del contribuente di interlo-
quire con l’Amministrazione nel lasso di tempo di sessanta giorni che deve trascorrere tra la notifica del PVC
e la notifica degli atti impositivi» (cfr. C.T.R. Lombardia, Sent. 9.7.2020, n. 1555).
La disposizione, dopo aver stabilito che la constatazione delle violazioni debba essere effettuata
mediante processo verbale, prevede:
› il diritto del contribuente di interloquire con l’Ufficio prima della emissione dell’atto di accer-
tamento;
› il dovere dell’Ufficio di esaminare e valutare le osservazioni e richieste del contribuente, prima
della notifica dell’atto di accertamento.
«Il Legislatore ha [in sostanza] provveduto ad allineare il procedimento (…) ai principi espressi dallo Statuto
dei diritti del contribuente (…) in tema di garanzia del contraddittorio, che viene ad essere assicurato anche
nell’ipotesi di verifiche documentali effettuate in ufficio (comma 4), imponendo, a carico di quest’ultimo,
l’obbligo di valutare «atti e dichiarazioni» rese dal destinatario, prima della notificazione dell’avviso di pa-
gamento e dell’atto di irrogazione delle sanzioni» (cfr. Nota A.D. 6.12.2016, n. 136812/RU/2016. Anche se,
trattandosi di tributo armonizzato, l’obbligo di attivazione del contraddittorio doveva già considerarsi
diretta derivazione dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia Europea).
L’attivazione del contraddittorio anticipato comporta, secondo parte della giurisprudenza, la inopera-
tività della c.d. «prova di resistenza» indipendentemente dal tipo di tributo in contestazione e di ac-
certamento effettuato. Ne deriva che, pure nel caso di accertamenti c.d. a tavolino, «il mancato rispetto
delle chiare norme procedurali richiamate [art. 19/504] rende non in tema anche ogni considerazione in
punto di merito circa la sussistenza o meno di ragioni che il contribuente avrebbe potuto concretamente far
valere, posto che l’atto impugnato è affetto da vizio insanabile ab origine» (cfr. C.T.R. Lombardia, 5.8.2020,
n. 1762. In proposito, si veda anche Cass. Sent. 19.10.2020, n. 22684, che ha applicato la disciplina di
cui all’art. 12, co. 7, L. 212/2000, in luogo di quella dell’art. 19, D.Lgs. 504/1995, in una ipotesi di acces-
si, ispezioni e verifiche, facendo prevalere la fonte di innesco dell’accertamento, piuttosto che il tribu-
to oggetto dell’atto impositivo).
Il termine per la presentazione della memoria, diversamente dal comparto doganale, è quello
«ordinario» di 60 giorni previsto dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000.
L’accertamento da parte dell’Ufficio può essere effettuato «fermo restando quanto previsto dall’art.
19, co. 4» nel termine di prescrizione di 5 anni (aumentato a 10 anni nei casi di obbligo di denun-
cia penale: cfr. art. 15, D.Lgs. 504/1995, modificato dall’art. 4-ter, D.L. 193/2016).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 11, D.Lgs. 08.11.1990, n. 374


Revisione dell'accertamento, attribuzioni e poteri degli uffici

Art. 19, D.Lgs. 26.10.1995, n. 504


Accertamento delle violazioni
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L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

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Cass. Sent. 28.05.2008, n. 13890 Cass. Sent. 25.09.2013, n. 22000

C.G.C.E. 18.12.2008, C-349/07 Cass. Ord. 18.10.2013, n. 23690

Cort. Cost. Sent. 24.07.2009, n. 244


Cass. Sent. 13.11.2013, n. 25515
Cass. Sent. 17.09.2009, n. 20009
Cass. Sent. 04.12.2013, n. 27200
Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26635
Cass. Sent. 12.12.2013, n. 27831
Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26636
Cass. Sent. 13.12.2013, n. 27911
Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26637
Cass. Sent. 22.01.2014, n. 1264
Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26638
Cass. Sent. 29.01.2014, n. 1869
Cass. Sent. 11.06.2010, n. 14105
Cass. Sent. 03.02.2014, n. 2279
Cass. Sent. 03.11.2010, n. 22320
Cass. Sent. 05.02.2014, n. 2595
Cass. Sent. 15.03.2011, n. 6088

Cass. Sent. 12.05.2011, n. 10381 Cass. Sent. 05.02.2014, n. 2587

Cass. Sent. 16.09.2011, n. 18906 Cass. Sent. 12.02.2014, n. 3142

Cass. Sent. 23.09.2011, n. 19524 Cass. Sent. 07.03.2014, n. 5367

Cass. Sent. 13.10.2011, n. 21103 Cass. Sent. 07.03.2014, n. 5373

Cass. Sent. 23.03.2012, n. 4687 Cass. Sent. 21.03.2014, n. 6666

Cass. Ord. 11.05.2012, n. 7318 Cass. Sent. 28.03.2014, n. 7315


Cass. Sent. 06.06.2012, n. 9108
Cass. Sent. 02.04.2014, n. 7598
Cass. Sent. 05.07.2012, n. 11347
Cass. Sent. 04.04.2014, n. 7960
Cass. Sent. 13.07.2012, n. 11944
Cass. Sent. 10.04.2014, n. 8482
Cass. Sent. 26.09.2012, n. 16354
Cass. Ord. 23.04.2014, n. 9176
Cass. Sent. 05.10.2012, n. 16999
Cass. Sent. 30.04.2014, n. 9424
Cass. Sent. 05.04.2013, n. 8399
Cass. Ord. 06.05.2014, n. 9722
Cass. Sent. 19.06.2013, n. 15315
Cass. Sent. 16.05.2014, n. 10767
Cass. SS.UU. Sent. 29.07.2013, n. 18184
Cass. Sent. 10.06.2014, n. 13099
Cass. Sent. 11.09.2013, n. 20769
Osservazioni e richieste del contribuente 511

Cass. Sent. 13.06.2014, n. 13588 Cass. Sent. 22.04.2015, n. 8154

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Cass. Ord. 24.06.2014, n. 14287 Cass. Sent. 13.05.2015, n. 9712

Cass. Sent. 24.06.2014, n. 14290 Cass. Sent. 22.05.2015, n. 10599

Cass. Ord. 02.07.2014, n. 15010 Cass. Sent. 28.05.2015, n. 11088

C.G.C.E. 03.07.2014, C- 129/13 e C-130/13 Cass. Sent. 10.06.2015, n. 11993

Cass. Sent. 04.07.2014, n. 15311 Cass. Sent. 10.06.2015, n. 12023

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Cass. Sent. 17.07.2014, n. 16336 Cass. Sent. 17.07.2015, n. 15121

Cass. Sent. 17.09.2014, n. 19561 Cass. Sent. 23.07.2015, n. 15547

Cass. SS.UU. Sent. 18.09.2014, n. 19667 Cass. Sent. 29.07.2015, n. 16036

Cass. Sent. 24.09.2014, n. 20074 Cass. Sent. 07.08.2015, n. 16602

Cass. Sent. 26.09.2014, n. 20420 Cass. Sent. 18.09.2015, n. 18448

Cass. Sent. 17.10.2014, n. 22021 Cass. Sent. 25.09.2015, n. 19052

Cass. Sent. 14.11.2014, n. 24316 Cass. Sent. 07.10.2015, n. 20033

Cass. Ord. 18.11.2014, n. 24567 Cass. Sent. 09.10.2015 n. 20352

Cass. Ord. 20.11.2014, n. 24781 Cass. Sent. 16.10.2015, n. 20979

Cass. Sent. 05.12.2014, n. 25759 Cass. Ord. 03.11.2015, n. 22445

Cass. Sent. 17.12.2014, n. 26493 Cass. Sent. 11.11.2015, n. 23050

Cass. Sent. 14.01.2015, n. 406 Cass. Sent. 18.11.2015, n. 23547

Cass. Ord. 14.01.2015, n. 527 Cass. SS.UU. Sent. 09.12.2015, n. 24823

Cass. Sent. 21.01.2015, n. 992 Cass. Sent. 30.12.2015, n. 26117

Cass. Sent. 26.01.2015, n. 1306 Cass. Ord. 29.01.2016, n. 1813

Cass. Sent. 05.03.2015, n. 4543 Cass. Ord. 12.02.2016, n. 2879

Cass. Sent. 20.03.2015, n. 5642 Cass. Sent. 24.02.2016, n. 3583

Cass. Ord. 26.03.2015, n. 6054 Cass. Ord. 26.02.2016, n. 3783

Cass. Sent. 27.03.2015, n. 6232 Cass. Ord. 09.03.2016, n. 4650

Cass. Sent. 15.04.2015, n. 7584 Cass. Sent. 16.03.2016, n. 5137

Cass. Sent. 17.04.2015, n. 7843 Cass. Ord. 17.03.2016, n. 5361


512
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

Cass. Ord. 17.03.2016, n. 5362 Cass. Sent. 29.11.2016, n. 24199

Cass. Sent. 18.03.2016, n. 5394 Cass. Ord. 05.12.2016, n. 24831

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Cass. Ord. 08.04.2016, n. 6966 Cass. Sent. 14.12.2016, n. 25692

Cass. Ord. 12.04.2016, n. 7137 Cass. Ord. 15.12.2016, n. 25958

Cass. Ord. 15.04.2016, n. 7598 Cass. Sent. 16.12.2016, n. 26044

Cass. Sent. 20.04.2016, n. 7914 Cass. Sent. 13.01.2017, n. 724

Cass. Ord. 20.04.2016, n. 7995 Cass. Sent. 13.01.2017, n. 749

Cass. Ord. 20.04.2016, n. 8009 Cass. Ord. 17.01.2017, n. 1007

Cass. Sent. 13.05.2016, n. 9865 Cass. Ord. 25.01.2017, n. 1969

Cass. Ord. 19.05.2016, n. 10394 Cass. Sent. 03.02.2017, n. 2875

Cass. Ord. 26.05.2016, n. 10903 Cass. Ord. 03.02.2017, n. 3012

Cass. Sent. 27.05.2016, n. 10988 Cass. Ord. 08.02.2017, n. 3404

Cass. Ord. 07.06.2016, n. 11665 Cass. Sent. 22.02.2017, n. 4587

Cass. Sent. 24.06.2016, n. 13115 Cass. Sent. 08.03.2017, n. 5899

Cass. Sent. 27.06.2016, n. 13227 Cass. Sent. 15.03.2017, n. 6758

Cass. Sent. 28.06.2016, n. 13296 Cass. Ord. 31.03.2017, n. 8378

Cass. Ord. 20.07.2016, n. 14861 Cass. Ord. 31.03.2017, n. 8545

Cass. Sent. 27.07.2016, n. 15616 Cass. Sent. 12.04.2017, n. 9506

Cass. Ord. 27.07.2016, n. 15527 Cass. Sent. 19.04.2017, n. 9836

Cass. Ord. 30.08.2016, n. 17426 Cass. Ord. 20.04.2017, n. 10030

Cass. Ord. 14.09.2016, n. 18110 Cass. Ord. 05.05.2017, n. 10989

Cass. Ord. 19.09.2016, n. 18349 Cass. Ord. 09.05.2017, n. 11391

Cass. Ord. 19.09.2016, n. 18350 Cass. Ord. 10.05.2017, n. 11471

Cass. Ord. 27.09.2016, n. 19013 Cass. Ord. 23.05.2017, n. 12954

Cass. Ord. 14.10.2016, n. 20849 Cass. Ord. 14.06.2017, n. 14852

Cass. Sent. 28.10.2016, n. 21867 Cass. Ord. 23.06.2017, n. 15783

Cass. Sent. 28.10.2016, n. 21870 Corte Cost. Ord. 13.07.2017, nn. 187, 188, 189

Cass. Sent. 11.11.2016, n. 23037 Cass. Ord. 03.08.2017, n. 19475

Cass. Sent. 23.11.2016, n. 23812 Cass. Ord. 22.08.2017, n. 20258


Osservazioni e richieste del contribuente 513

Cass. Ord. 22.08.2017, n. 20267 Cass. Sent. 11.04.2018, n. 8892

L. 27 luglio 2000 n. 212


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Cass. Ord. 05.09.2017, n. 20799 Cass. Ord. 21.05.2018, n. 12425

Cass. Ord. 08.09.2017, n. 21020 Cass. Ord. 06.06.2018, n. 14707

Cass. Ord. 11.09.2017, n. 21071 Cass. Ord. 25.06.2018, n. 16641

Cass. Sent. 15.09.2017, n. 21408 Cass. Ord. 02.07.2018, n. 17210

Cass. Ord. 22.09.2017, n. 22186 Cass. Ord. 10.07.2018, n. 18092

Cass. Ord. 19.10.2017, n. 24626 Cass. Ord. 11.07.2018, n. 18245

Cass. Ord. 19.10.2017, n. 24636 Cass. Ord. 18.07.2018, n. 19128

Cass. Sent. 25.10.2017, n. 25265 Cass. Ord. 31.07.2018, n. 20290

Cass. Ord. 27.10.2017, n. 25542 Cass. Ord. 07.09.2018, n. 21767

Cass. Ord. 14.11.2017, n. 26933 Cass. Ord. 07.09.2018, n. 21815

Cass. Ord. 17.11.2017, n. 27373 Cass. Sent. 07.09.2018, n. 21819

Cass. Ord. 20.11.2017, n. 27422 Cass. Ord. 13.09.2018, n. 22299

Cass. Ord. 27.11.2017, n. 28312 Cass. Ord. 29.10.2018, n. 27420

Cass. Ord. 05.12.2017, n. 29143 Cass. Ord. 30.10.2018, n. 27732

C.G.U.E. 20.12.2017, C-276/16 Cass. Ord. 15.11.2018, n. 29487

Cass. Sent. 17.01.2018, n. 959 Cass. Ord. 21.11.2018, n. 30026

Cass. Ord. 06.02.2018, n. 2873 Cass. Sent. 15.01.2019, n. 701

Cass. Ord. 08.02.2018, n. 3060 Cass. Sent. 15.01.2019, n. 702

Cass. Ord. 07.03.2018, n. 5408 Cass. Sent. 17.01.2019, n. 1115

Cass. Ord. 14.03.2018, n. 6219 Cass. Sent. 23.01.2019, n. 1778

Cass. Ord. 14.03.2018, n. 6347 Cass. Ord. 25.01.2019, n. 2175

Cass. Sent. 04.04.2018, n. 8246 Cass. Ord. 25.01.2019, n. 2183

Cass. Ord. 09.04.2018, n. 8619 Cass. Ord. 31.01.2019, n. 3046

Cass. Ord. 10.04.2018, n. 8749 Cass. Ord. 05.02.2019, n. 3294

Cass. Ord. 10.04.2018, n. 8750 Cass. Ord. 15.02.2019, n. 4564

Cass. Ord. 11.04.2018, n. 8885 Cass. Ord. 08.03.2019, n. 6811

Cass. Ord. 11.04.2018, n. 8890 Cass. Ord. 28.03.2019, n. 8643


514
L. 27 luglio 2000 n. 212 Osservazioni e richieste del contribuente

Cass. Ord. 28.03.2019, n. 8654 Cass. Sent. 19.10.2020, n. 22684

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Cass. Ord. 12.04.2019, n. 10409 Cass. Sent. 29.10.2020, n. 23858

Cass. Ord. 08.05.2019, n. 12095 Cass. Ord. 24.11.2020, n. 26647

Cass. Sent. 10.05.2019, n. 12451 Cass. Ord. 24.11.2020, n. 26650

Cass. Ord. 15.05.2019, n. 12906 Cass. Ord. 25.11.2020, n. 26794

Cass. Ord. 20.05.2019, n. 13490 Cass. Ord. 14.12.2020, n. 28405

Cass. Ord. 21.05.2019, n. 13630 Cass. Ord. 22.01.2021, n. 1317

Cass. Ord. 03.06.2019, n. 15154 Cass. Ord. 02.02.2021, n. 2243

Cass. Ord. 25.06.2019, n. 16971 Cass. Ord. 23.02.2021, n. 4778

Cass. Ord. 28.06.2019, n. 17488 Cass. Ord. 03.03.2021, n. 5788

Cass. Ord. 25.10.2019, n. 27415 Cass. Ord. 08.03.2021, n. 6368

Cass. Sent. 03.12.2019, n. 31467 Cass. Ord. 08.03.2021, n. 6383

Cass. Ord. 09.12.2019, n. 32081 Cass. Ord. 10.03.2021, n. 6614

Cass. Ord. 14.01.2020, n. 474 Cass. Sent. 18.03.2021, n. 7620

Cass. Sent. 22.01.2020, n. 1289 Cass. Ord. 29.03.2021, n. 8691

Cass. Ord. 23.01.2020, n. 1497 Cass. Ord. 13.04.2021, n. 9635

Corte Cost. Ord. 31.01.2020, n. 8 Cass. Ord. 23.04.2021, n. 10858

Cass. Sent. 04.05.2021, n. 11589


Cass. Sent. 05.02.2020, n. 2612
Cass. Ord. 25.05.2021, n. 14315
Cass. Ord. 11.02.2020, n. 3227
Cass. Ord. 27.05.2021, n. 14733
Cass. Ord. 26.02.2020, n. 5254
Cass. Ord. 10.06.2021, n. 16208
Cass. Ord. 17.03.2020, n. 7380
Cass. Ord. 30.06.2021, n. 18413
Cass. Ord. 23.07.2020, n. 15843
Cass. Ord. 06.07.2021, n. 19157
Cass. Ord. 04.09.2020, n. 18383
Cass. Sent. 19.07.2021, n. 20436
Cass. Ord. 07.09.2020, n. 18624
Cass. Ord. 12.08.2021, n. 22750
Cass. Ord. 11.09.2020, n. 18964
Cass. Ord. 08.09.2021, n. 24143
Cass. Sent. 17.09.2020, n. 19363
Cass. Sent. 18.10.2021, n. 28730
Cass. Ord. 30.09.2020, n. 20711
Cass. Ord. 21.10.2021, n. 29470
Cass. Sent. 08.10.2020, n. 21694
Osservazioni e richieste del contribuente 515

Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30784 Cass. Ord. 18.07.2022, n. 22499

L. 27 luglio 2000 n. 212


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Cass. Ord. 05.11.2021, n. 31925 Cass. Ord. 25.07.2022, n. 23223

Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34586 Cass. Ord. 29.07.2022, n. 23729

Cass. Sent. 22.11.2021, n. 35918 Cass. Ord. 18.08.2022, n. 24918

Cass. Sent. 24.11.2021, n. 36488 Cass. Ord. 29.08.2022, n. 25430

Cass. Ord. 26.11.2021, n. 36846 Cass. Ord. 13.09.2022, n. 26932

Cass. Ord. 29.12.2021, n. 41903 Cass. Sent. 13.10.2022, n. 29987

Cass. Ord. 13.01.2022, n. 880 Cass. Ord. 14.10.2022, n. 30211

Cass. Ord. 18.01.2022, n. 1358 Cass. Sent. 27.10.2022, n. 31748

Cass. Ord. 18.01.2022, n. 1377 Cass. Ord. 22.11.2022, n. 34272

Cass. Ord. 31.01.2022, n. 2805 Cass. Ord. 30.11.2022, n. 35156

Cass. SS.UU. Sent. 02.02.2022, n. 3182 Cass. Ord. 20.12.2022, n. 37225

Cass. Ord. 17.02.2022, n. 5194 Cass. Sent. 25.01.2023, n. 2339

Cass. Sent. 01.03.2022, n. 6786 Cass. Ord. 25.01.2023, n. 2541

Cass. Ord. 08.03.2022, n. 7595 Cass. Ord. 01.02.2023, n. 3045

Cass. Ord. 14.03.2022, n. 8223 Cass. Ord. 09.02.2023, n. 3903

Cass. Sent. 06.04.2022, n. 11110 Cass. Ord. 14.02.2023, n. 4631

Cass. Ord. 15.04.2022, n. 12365 Cass. Ord. 15.02.2023, n. 4726

Cass. Sent. 19.04.2022, n. 12412 Cass. Ord. 03.03.2023, n. 6469

Cass. Sent. 21.04.2022, n. 12713 Cass. Ord. 14.03.2023, n. 8223

Cass. Sent. 11.05.2022, n. 14889 Corte Cost. Sent. 21.03.2023, n. 47

Cass. Ord. 14.07.2022, n. 22446

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. G.d.F. 29.12.2008, n. 1/2008 Circ. Ag. Dogane 19.04.2016, n. 8/D

Nota Ag. Entrate 14.10.2009, n. 142734 Circ. Ag. Entrate 28.04.2016, n. 16

Nota Ag. Dogane 12.03.2010, n. 29694 Nota Ag. Dogane 06.12.2016, n. 136812/R.U.

Nota Ag. Dogane 08.04.2011, n. 36431/R.U. Circ. G. di F. 27.11.2017, n. 1/2018

Circ. G.d.F. 19.11.2014, n. 0336701/14 Circ. Ag. Entrate 08.08.2019, n. 19


Accertamento con

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adesione ai fini delle
imposte sui redditi
e dell'Iva
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione
giudiziale.

Capo I – Accertamento con adesione

Art. 1 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI [CFF ¶ 4773]

1. L'accertamento delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto può essere definito
con adesione del contribuente, secondo le disposizioni seguenti.
2. L'accertamento delle imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale e
comunale sull'incremento di valore degli immobili, compresa quella decennale, può essere defini-
to con adesione anche di uno solo degli obbligati, secondo le disposizioni seguenti.

Art. 2 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI NELLE IMPOSTE SUI REDDITI


E NELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO [CFF ¶ 4774]

1. La definizione delle imposte sui redditi ha effetto anche per l'imposta sul valore aggiunto, relati-
vamentealle fattispecie per essa rilevanti.
In tal caso l'imposta sul valore aggiunto è liquidata applicando, sui maggiori componenti positivi
di reddito rilevanti ai fini della stessa, l'aliquota media risultante dal rapporto tra l'imposta relati-
va alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili e di
quella considerata detraibile forfettariamente in relazione ai singoli regimi speciali adottati, e il
volume d'affari incrementato delle operazioni non soggette ad imposta e di quelle per le quali
non sussiste l'obbligo di dichiarazione. Possono formare oggetto della definizione anche le fatti-
specie rilevanti ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto.
2. Può essere oggetto di definizione anche la determinazione sintetica del reddito complessivo netto.
3. L'accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o mo-
dificabile da parte dell'ufficio e non rileva ai fini dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese
e di arti e professioni, nonché ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali e
assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi.
La definizione esclude, anche con effetto retroattivo, in deroga all'articolo 20 della legge 7 gen-
naio 1929, n. 4, la punibilità per i reati previsti dal decreto - legge 10 luglio 1982, n. 429, converti-
to, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516 limitatamente ai fatti oggetto dell'accerta-
mento; la definizione non esclude comunque la punibilità per i reati di cui agli articoli 2, comma 3,
e 4 del medesimo decreto - legge.
4. La definizione non esclude l'esercizio dell'ulteriore azione accertatrice entro i termini previsti
dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativo
all'accertamento delle imposte sui redditi, e dall' articolo 57 del decreto del Presidente della Re-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 517

pubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riguardante l'imposta sul valore aggiunto:

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


a) se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un maggior

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reddito, superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a cento-
cinquanta milioni di lire;
b) se la definizione riguarda accertamenti parziali;
c) se la definizione riguarda i redditi derivanti da partecipazione nelle società o nelle associazioni
indicate nell' articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presi-
dente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero in aziende coniugali non gestite in forma
societaria;
d) se l'azione accertatrice è esercitata nei confronti delle società o associazioni o dell'azienda co-
niugale di cui alla lettera c), alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la
definizione.
5. A seguito della definizione, le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell'adesione
commesse nel periodo d'imposta, nonché per le violazioni concernenti il contenuto delle dichia-
razioni relative allo stesso periodo, si applicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla
legge, ad eccezione di quelle applicate in sede di liquidazione delle dichiarazioni ai sensi dell' arti-
colo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell' articolo
60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nonché di
quelle concernenti la mancata, incompleta o non veritiera risposta alle richieste formulate dall'uf-
ficio. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali di cui al comma 3 non
si applicano sanzioni e interessi. 2
6. Le disposizioni dei commi da 1 a 5 si applicano anche in relazione ai periodi d'imposta per i quali
era applicabile la definizione ai sensi dell'articolo 3 del decreto - legge 30 settembre 1994, n. 564,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656 e dell' articolo 2, comma 137,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662. 1
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai sostituti d'im-
posta.

Note
1 Non è fondata, la questione di legittimità costituzionale dell' art. 2, comma 6, D.Lgs. 19.06.1997, n. 218, sollevata in rife-
rimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione (C. cost. 16-30.12.1998, n. 452; Gazz. Uff. 13.01.1999, n. 2, S.S.).
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 18, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano
con riferimento agli atti definibili emessi dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° febbraio 2011. Si riporta
di seguito il testo previgente: «5. A seguito della definizione, le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto
dell'adesione commesse nel periodo d'imposta, nonché per le violazioni concernenti il contenuto delle dichiarazioni re-
lative allo stesso periodo, si applicano nella misura di un quarto del minimo previsto dalla legge, ad eccezione di quelle
applicate in sede di liquidazione delle dichiarazioni ai sensi dell' articolo 36 bis del decreto del Presidente della Repub-
blica 29 settembre 1973, n. 600, e dell' articolo 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 otto-
bre 1972, n. 633, nonché di quelle concernenti la mancata, incompleta o non veritiera risposta alle richieste formulate
dall'ufficio. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali di cui al comma 3 non si applicano
sanzioni e interessi.».

Art. 3 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI NELLE ALTRE IMPOSTE


INDIRETTE [CFF ¶ 4775]
(omissis)
518 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Capo II – Procedimento per la definizione


D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218

degli accertamenti nelle imposte sui redditi

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e nell'imposta sul valore aggiunto
Art. 4 - COMPETENZA DEGLI UFFICI [CFF ¶ 4776]

1. Competente alla definizione è l'ufficio delle entrate, nella cui circoscrizione il contribuente ha il
domicilio fiscale.
2. Nel caso di esercizio di attività d'impresa o di arti e professioni in forma associata, di cui all'arti-
colo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Re-
pubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero in caso di azienda coniugale non gestita in forma so-
cietaria, e in caso di società che optano per la trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del
medesimo testo unico, l'ufficio competente all'accertamento nei confronti della società, dell'as-
sociazione o del titolare dell'azienda coniugale effettua la definizione anche del reddito attribui-
bile ai soci, agli associati o all'altro coniuge, con unico atto e in loro contraddittorio. 1
Nei confronti dei soggetti che non aderiscono alla definizione o che, benché ritualmente convo-
cati secondo le precedenti modalità non hanno partecipato al contraddittorio, gli uffici compe-
tenti procedono all'accertamento sulla base della stessa; non si applicano gli articoli 2, comma 5,
e 15, comma 1, del presente decreto.
[3. Fino all'entrata in funzione dell'ufficio delle entrate sono competenti l'ufficio distrettuale delle
imposte dirette ovvero, nei disciplinati dall'articolo 6, comma 2, l'ufficio dell'imposta sul valore
aggiunto, se la definizione ha ad oggetto esclusivamente fattispecie rilevanti ai fini di tale impo-
sta. ] 2
4. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, riguardante la partecipazione dei comuni all'accertamento dei redditi del-
le persone fisiche.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. 28.01.2009,
n. 2 con decorrenza dal 29.01.2009. Si riporta di seguito il testo previgente: «2. Nel caso di esercizio di attività d'impre-
sa o di arti e professioni in forma associata, di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero in caso di azienda coniugale non gestita in
forma societaria, l'ufficio competente all'accertamento nei confronti della società, dell'associazione o del titolare
dell'azienda coniugale effettua la definizione anche del reddito attribuibile ai soci, agli associati o all'altro coniuge, con
unico atto e in loro contraddittorio.»
2 Il presente comma è stato così abrogato dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. 28.01.2009, n.
2 con decorrenza dal 29.01.2009

Art. 5 - AVVIO DEL PROCEDIMENTO [CFF ¶ 4776]

1. L'ufficio invia al contribuente un invito a comparire, nel quale sono indicati:


a) i periodi di imposta suscettibili di accertamento;
b) il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione.
c) le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti; 4
d) i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi di
cui alla lettera c) 1
[1-bis. Il contribuente può prestare adesione ai contenuti dell'invito di cui al comma 1 mediante co-
municazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo gior-
no antecedente la data fissata per la comparizione. Alla comunicazione di adesione, che deve
contenere, in caso di pagamento rateale, l'indicazione del numero delle rate prescelte, deve es-
sere unita la quietanza dell'avvenuto pagamento della prima o unica rata. In presenza dell'adesio-
ne la misura delle sanzioni applicabili indicata nell'articolo 2, comma 5, è ridotta alla metà.] 2
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 519

[1-ter. Il pagamento delle somme dovute indicate nell'invito di cui al comma 1 deve essere effettuato

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


con le modalità di cui all'articolo 8, senza prestazione delle garanzie ivi previste in caso di versa-

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mento rateale. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al saggio le-
gale calcolati dal giorno successivo al versamento della prima rata.] 2
[1-quater. In caso di mancato pagamento delle somme dovute di cui al comma 1-bis il competente
ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle predette
somme a norma dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 602.] 2
[1-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater del presente articolo non si appli-
cano agli inviti preceduti dai processi verbali di constatazione definibili ai sensi dell'articolo 5-bis,
comma 1, per i quali non sia stata prestata adesione e con riferimento alle maggiori imposte ed
altre somme relative alle violazioni indicate nei processi verbali stessi che consentono l'emissio-
ne degli accertamenti di cui all'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 set-
tembre 1973, n. 600 e all'articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 633.] 2
[2. La richiesta di chiarimenti inviata al contribuente ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto -
legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154 riguar-
dante la determinazione induttiva di ricavi, compensi e volumi d'affari sulla base di coefficienti
presuntivi, costituisce anche invito al contribuente per l'eventuale definizione dell'accertamento
con adesione.] 3
[3. Fino all'entrata in funzione dell'ufficio delle entrate, l'ufficio distrettuale delle imposte dirette, do-
po aver controllato la posizione del contribuente riguardo alle imposte sui redditi, richiede all'uf-
ficio dell'imposta sul valore aggiunto la trasmissione degli elementi in suo possesso, rilevanti per
la definizione dell'accertamento con adesione e invia al contribuente l'invito a comparire di cui al
comma 1, dandone comunicazione all'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto, che può delegare
un proprio funzionario a partecipare al procedimento. L'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto,
anche di propria iniziativa, trasmette all'ufficio distrettuale delle imposte dirette, gli elementi
idonei alla formulazione di un avviso di rettifica ai sensi degli articoli 54 e 55 del decreto del Pre-
sidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.] 3
3-bis. Qualora tra la data di comparizione, di cui al comma 1, lettera b), e quella di decadenza
dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrano meno di novan-
ta giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente pro-
rogato di centoventi giorni, in deroga al termine ordinario. 5

Note
1 La presente lettera è stata aggiunta dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, ed applicazione
a decorrere dal 1° gennaio 2009, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185.
2 Il presente comma aggiunto dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, ed applicazione a de-
correre dal 1° gennaio 2009, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, è stato abroga-
to dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015. Ai sensi dell'art. 1, comma 638, del me-
desimo provvedimento modificante le disposizioni di cui al presente comma continuano ad applicarsi agli inviti al con-
traddittorio in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, notificati entro
il 31.12.2015.
Ai sensi dell'art. 2, D.L. 30.09.2015, n. 153, ai soli fini della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014,
n. 186, le disposizioni di cui al presente comma, nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014, continuano ad appli-
carsi fino al 31 dicembre 2016.
3 Il presente comma è stato abrogato dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, ed applicazione
a decorrere dal 1° gennaio 2009, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185.
4 La presente lettera aggiunta dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, con decorrenza dal 29.11.2008, ed applicazione a de-
correre dal 1° gennaio 2009, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 27, D.L. 29.11.2008, n. 185, è stata così
modificata dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015.
5 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 4-octies, comma 1, lett. a), D.L. 30.04.2019, n. 34, così come inserito dall'al-
legato alla legge di conversione, L. 28.06.2019, n. 58, con decorrenza dal 30.06.2019 ed applicazione agli avvisi di ac-
certamento emessi dal 1° luglio 2020.
520
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Art. 5-bis - ADESIONE AI VERBALI DI CONSTATAZIONE [CFF ¶ 4777a]

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Articolo abrogato 1

Note
1 Il presente articolo inserito dall'art. 83, D.L. 25.06.2008, n. 112, (G.U. 25.06.2008, n. 147, S.O., n. 152), con decorrenza dal
25.06.2008, è stato abrogato dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015; ai sen-
si dell'art. 1, comma 638, del medesimo provvedimento modificante le disposizioni di cui al presente articolo continua-
no ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto
consegnati entro il 31.12.2015.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 83, D.L. 25.06.2008, n. 112, così come modificato dall'allegato alla L.
06.08.2008, n. 133 con decorrenza dal 22.08.2008. Si riporta di seguito il testo previgente: «L'adesione di cui al comma
1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e deve intervenire entro i 30
giorni successivi alla data della notifica del verbale medesimo mediante comunicazione al competente Ufficio delle en-
trate ed al Reparto della Guardia di finanza che ha redatto il verbale. Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione,
l'Ufficio delle entrate notifica al contribuente l'atto di definizione dell'accertamento parziale recante le indicazioni previ-
ste dall'articolo 7.»
3 Il presente articolo in virtù di quanto disposto dall'art. 83, DL 25.06.2008, n. 112, così come modificato dall'allegato alla
L. 06.08.2008, n.133 con decorrenza dal 22.08.2008 si applica con riferimento ai verbali di constatazione consegnati a
decorrere dall'entrata in vigore del decreto medesimo. In sede di prima applicazione del presente articolo, ai sensi
dell'art. 83, DL 25.06.2008, n. 112, così come modificato dall'allegato alla L. 06.08.2008, n.133 con decorrenza dal
22.08.2008:
a) il termine per la comunicazione dell'adesione da parte del contribuente ai verbali consegnati entro il 22.08.2008 è
comunque prorogato fino al 30.09.2008;
b) il termine per la notifica dell'atto di definizione dell'accertamento parziale relativo ai verbali consegnati al contribuen-
te fino al 31 dicembre 2008 è comunque prorogato al 30.06.2009.

Art. 5-ter - INVITO OBBLIGATORIO [CFF ¶ 4777b]

1. L'ufficio, fuori dei casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle ope-
razioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica
l'invito a comparire di cui all'articolo 5 per l'avvio del procedimento di definizione dell'accerta-
mento.
2. Sono esclusi dall'applicazione dell'invito obbligatorio di cui al comma 1 gli avvisi di accertamento
parziale previsti dall'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e gli avvisi di rettifica parziale previsti dall'articolo 54, terzo e quarto comma, del de-
creto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
3. In caso di mancata adesione, l'avviso di accertamento è specificamente motivato in relazione ai
chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio.
4. In tutti i casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo
per la riscossione, l'ufficio può notificare direttamente l'avviso di accertamento non preceduto
dall'invito di cui al comma 1.
5. Fuori dei casi di cui al comma 4, il mancato avvio del contraddittorio mediante l'invito di cui al
comma 1 comporta l'invalidità dell'avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il
contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio
fosse stato attivato.
6. Restano ferme le disposizioni che prevedono la partecipazione del contribuente prima dell'emis-
sione di un avviso di accertamento. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 4 octies, comma 1, lett. b), D.L. 30.04.2019, n. 34, così come inserito dall'alle-
gato alla legge di conversione, L. 28.06.2019, n. 58, con decorrenza dal 30.06.2019 ed applicazione agli avvisi di accerta-
mento emessi dal 1° luglio 2020.
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 521

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Art. 6 - ISTANZA DEL CONTRIBUENTE [CFF ¶ 4778]

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1. Il contribuente nei cui confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche ai sensi degli
articoli 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e 52 del decre-
to del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 può chiedere all'ufficio, con apposita
istanza in carta libera, la formulazione della proposta di accertamento ai fini dell'eventuale defini-
zione.
2. Il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non
preceduto dall'invito di cui agli articoli 5 e 5-ter, può formulare anteriormente all'impugnazione
dell'atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con
adesione, indicando il proprio recapito, anche telefonico. 1
3. Il termine per l'impugnazione indicata al comma 2 e quello per il pagamento dell'imposta sul va-
lore aggiunto accertata, indicato nell'articolo 60, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono sospesi per un periodo di novanta giorni dalla data di
presentazione dell'istanza del contribuente; l'iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli delle imposte
accertate dall'ufficio, ai sensi dell'articolo 15, primo comma, del decreto del Presidente della Re-
pubblica 29 settembre 1973, n. 602, è effettuata, qualora ne ricorrano i presupposti, successiva-
mente alla scadenza del termine di sospensione. L'impugnazione dell'atto comporta rinuncia
all'istanza.
4. Entro quindici giorni dalla ricezione dell'istanza di cui al comma 2, l'ufficio, anche telefonicamente
o telematicamente, formula al contribuente l'invito a comparire. Fino all'attivazione dell'ufficio
delle entrate, la definizione ha effetto ai soli fini del tributo che ha formato oggetto di accerta-
mento. All'atto del perfezionamento della definizione, l'avviso di cui al comma 2 perde efficacia.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 4 octies, comma 1, lett. c), D.L. 30.04.2019, n. 34, così come inserito
dall'allegato alla legge di conversione, L. 28.06.2019, n. 58, con decorrenza dal 30.06.2019 ed applicazione agli avvisi di
accertamento emessi dal 1° luglio 2020.

Art. 7 - ATTO DI ACCERTAMENTO CON ADESIONE [CFF ¶ 4779]

1. L'accertamento con adesione è redatto con atto scritto in duplice esemplare, sottoscritto dal
contribuente e dal capo dell'ufficio o da un suo delegato. Nell'atto sono indicati, separatamente
per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquida-
zione delle maggiori imposte, delle sanzioni e delle altre somme eventualmente dovute, anche in
forma rateale.
1-bis. Il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore munito di procura speciale, nelle for-
me previste dall'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
600, e successive modificazioni [, ovvero, quando la procura è rilasciata ad un funzionario di un
centro di assistenza fiscale, essa deve essere autenticata dal responsabile del predetto centro]. 1 2
1-ter. Fatte salve le previsioni di cui all’articolo 9-bis del presente decreto, il contribuente ha facoltà
di chiedere che siano computate in diminuzione dai maggiori imponibili le perdite di cui al quarto
comma dell’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. 3 4

Note
1 Il presente comma è stato aggiunto dall' art. 10. L. 18.10.2001, n. 383 (G.U. 24.10.2001), con decorrenza dal 25.10.2001.
2 Le parole del presente comma riportate tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 1, comma 280, L.
27.12.2013, n. 147 con decorrenza dal 01.01.2014.
3 Il presente comma è stato inserito dall'art. 25, D.Lgs. 24.09.2015, n. 158 con decorrenza dal 01.01.2016; ai sensi del me-
desimo articolo modificante, con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla data del 1° gennaio 2016, sono ancora
pendenti i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le dispo-
sizioni di cui al presente comma entrano in vigore il 1° gennaio 2016.
522
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

4 Ai sensi dell'art. 149, comma 1, lett. a), D.L. 19.05.2020, n. 34, convertito in legge dalla L. 17.07.2020, n. 77 con decorren-
za dal 19.07.2020, i termini di versamento delle somme dovute a seguito di atti di accertamento con adesione ai sensi

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del presente articolo, sono prorogati al 16.09.2020; ai sensi del comma 2, del suddetto articolo modificante, la proroga
si applica con riferimento agli atti ivi indicati, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il
09.03.2020 e il 31.05.2020.

Art. 8 - ADEMPIMENTI SUCCESSIVI [CFF ¶ 4780]

1. Il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro
venti giorni dalla redazione dell’atto di cui all’articolo 7.
2. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trime-
strali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i
cinquantamila euro. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1.
Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre.
Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno suc-
cessivo al termine di versamento della prima rata.
3. Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata il contribuente
fa pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento. L’ufficio rilascia al contribuente
copia dell’atto di accertamento con adesione.
4. Per le modalità di versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni di cui all’articolo
15-bis. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’arti-
colo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. 1

Note
1 Il presente articolo è stato:
- prima modificato dall'art. 1, comma 418, L. 30.12.2004, n. 311, poi dall'art. 1, c. 125, L. 24.12.2007, n. 244, dall'art. 3 D.L.
25.03.2010, n. 40 con decorrenza dal 26.03.2010, dall'art. 9 D.Lgs. 13.08.2010, n. 141 con decorrenza dal 19.09.2010,
dall'art. 2 D.L. 05.08.2010, n. 125 così come modificato dall'allegato alla legge di conversione, L. 01.10.2010, n. 163 con
decorrenza dal 06.10.2010 e dall'art. 23, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155), così come modificato dall'allega-
to alla legge di conversione L. 15.07.2011, n. 111 (G.U. 16.07.2011, n. 164) con decorrenza dal 17.07.2011,
- da ultimo così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art. 15 del
medesimo provvedimento modificante le presenti disposizioni non si applicano agli atti di adesione, agli atti definiti ai
sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni tributarie
già perfezionati alla data di entrata in vigore del suddetto decreto.

Art. 9 - PERFEZIONAMENTO DELLA DEFINIZIONE [CFF ¶ 4781]

1. La definizione si perfeziona con il versamento di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero con il versa-
mento della prima rata [e con la prestazione della garanzia], prevista dall'articolo 8, comma 2. 1 2

Note
1 Le parole del presente comma inserite tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 23, D.L. 06.07.2011, n. 98
(G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011.
2 La parola «prevista» del presente comma ha sostituito la previgente parola «previste» in virtù dell'art. 23, D.L.
06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal 06.07.2011.

Art. 9-bis - SOGGETTI ADERENTI AL CONSOLIDATO NAZIONALE [CFF ¶ 4781a]

1. Al procedimento di accertamento con adesione avente ad oggetto le rettifiche previste dal com-
ma 2 dell'articolo 40-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 523

partecipano sia la consolidante che la consolidata interessata dalle rettifiche, innanzi all'ufficio

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


competente di cui al primo comma dell'articolo 40-bis stesso, e l'atto di adesione, sottoscritto
anche da una sola di esse, si perfeziona qualora gli adempimenti di cui all'articolo 9 del presente

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decreto siano posti in essere anche da parte di uno solo dei predetti soggetti.
2. La consolidante ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili
le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. Nell'ipotesi
di adesione all'invito, ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del presente decreto, alla comunicazione
ivi prevista deve essere allegata l'istanza prevista dal comma 3 dell'articolo 40-bis del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; in tal caso, il versamento delle somme do-
vute dovrà essere effettuato entro il quindicesimo giorno successivo all'accoglimento dell'istanza
da parte dell'ufficio competente, comunicato alla consolidata ed alla consolidante, entro sessanta
giorni dalla presentazione dell'istanza. L'istanza per lo scomputo delle perdite di cui al comma 3
dell'articolo 40-bis citato deve essere presentata unitamente alla comunicazione di adesione di cui
all'articolo 5-bis del presente decreto; l'ufficio competente emette l'atto di definizione scomputan-
do le stesse dal maggior reddito imponibile. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 35 D.L. 31.05.2010, n. 78 con decorrenza dal 31.05.2010.

Art. 15-bis - MODALITÀ DI PAGAMENTO [CFF ¶ 4787a]

1. Il pagamento delle somme dovute ai sensi degli articoli 8 e 15 si esegue mediante versamento
unitario di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, secondo le modalità sta-
bilite dall’articolo 19 del medesimo decreto, fatte salve le ipotesi in cui siano previste altre moda-
lità di pagamento in ragione della tipologia di tributo.
2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere stabilite ulteriori modalità
di versamento. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art.
15 del medesimo provvedimento modificante le presenti disposizioni non si applicano agli atti di adesione, agli atti de-
finiti ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni
tributarie già perfezionati alla data di entrata in vigore del suddetto decreto.

ACCERTAMENTO CON ADESIONE AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E DELL'IVA


(Art. 1, co. 1 e seguenti)

Norme in sintesi
1. L’accertamento con adesione può riguardare sia le imposte sui redditi (e tributi assimilati) sia la
sola Iva; nel caso che interessi entrambi i settori tributari, la definizione delle imposte sui redditi
produce effetti anche sull’Iva, applicando le regole proprie di ciascun tributo.
2. L’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modifi-
cabile da parte dell’Ufficio e non rileva ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previ-
denziale e assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi
(senza, però, applicazione di interessi né di sanzioni).
3. La definizione non esclude l’esercizio della ulteriore azione accertatrice, entro i termini previsti
dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973 e dall’art. 57 del D.P.R. 633/1972 nei casi seguenti:
a. se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un mag-
gior reddito superiore al 50% del reddito definito e comunque non inferiore a 77.468,53 euro;
b. se la definizione ha riguardato accertamenti parziali o i redditi derivanti da partecipazione
nelle Società, associazioni o aziende coniugali indicate nell’articolo 5 del T.U.I.R. di cui al
D.P.R. 917/1986, nei confronti delle quali è stato esercitato l’accertamento.
4. Le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell’adesione commesse nel periodo di
524
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

imposta (comprese quelle concernenti le dichiarazioni relative allo stesso periodo) si applicano
nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge. Sono escluse dalla riduzione le sanzioni

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applicate in sede di liquidazione delle dichiarazioni (ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R.
600/1973 e dell’articolo 60, co. 6, del D.P.R. 633/1972) nonché quelle concernenti la mancata, in-
completa o non veritiera risposta alle richieste formulate dall’Ufficio.
5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, anche ai sostituti di im-
posta.
6. Competente alla definizione è la Direzione provinciale (o regionale) della Agenzia delle Entrate
nella cui circoscrizione il contribuente ha il domicilio fiscale.
7. Nel caso di esercizio di attività di impresa o di arti e professioni in forma associata, di cui al co.
3, lett. b) o di società che optano per la trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del T.U.I.R.,
l’Ufficio competente all’accertamento nei confronti della società, dell’associazione o del titolare
dell’azienda coniugale procede alla definizione anche del reddito attribuibile ai soci, agli associati
o all’altro coniuge, con un unico atto e in contraddittorio con essi. Nei confronti dei soggetti che
non aderiscono alla definizione o che, benché ritualmente convocati, non hanno partecipato al
contraddittorio, gli uffici competenti procedono all’accertamento sulla base della stessa.
8. L’ufficio può invitare il contribuente a comparire indicando le imposte oggetto di indagine, i peri-
odi considerati, le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni e interessi dovuti per la defini-
zione, nonché i motivi della rettifica. Fuori dei casi in cui sia stato rilasciato il P.V.C., l’ufficio,
prima di emettere l’avviso di accertamento, notifica l’invito a comparire. L’invito obbligatorio non
si applica nel caso degli accertamenti parziali, nei casi di particolare e motivata urgenza o di fon-
dato pericolo per la riscossione, e nei casi in cui le disposizioni già prevedano la partecipazione
del contribuente.
9. Il contribuente nei cui confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche (ai sensi degli
articoli 33 del D.P.R. 600/1973 e 52 del D.P.R. 633/1972) può chiedere all’Ufficio, con apposita
istanza, in carta libera, la formulazione della proposta di accertamento ai fini della eventuale de-
finizione (ante avviso di accertamento).
10. Il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non pre-
ceduto dall’invito a comparire di cui al comma ..., può formulare istanza, in carta libera, di accer-
tamento con adesione entro il termine per il ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provin-
ciale; in tal caso, il termine per la impugnazione e quello per il pagamento dell’imposta sono so-
spesi per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione di tale istanza, per cui il termi-
ne per la eventuale impugnazione giudiziale diventa di 150 giorni dalla notifica dell’atto
impositivo.
11. L’Ufficio che riceve l’istanza di cui ai due commi precedenti, anche telefonicamente o telematica-
mente, formula , al contribuente, entro 15 giorni dalla sua ricezione, l’invito a comparire.
12. Se le parti convergono sul risultato, procedono alla redazione, in duplice esemplare, dell’atto di
accertamento con adesione; che deve contenere, separatamente per ciascun tributo, la liquidazio-
ne delle maggiori imposte, degli interessi maturati a una certa data, delle sanzioni e delle altre
somme eventualmente dovute, anche in forma rateale, nonché la sottoscrizione del contribuente
(o di un suo incaricato munito di procura speciale ex art. 63 del D.P.R. 600/1973) e del capo del-
l’Ufficio (o di un suo delegato).
13. La definizione si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di accer-
tamento con adesione, dell’intero importo dovuto o della prima rata, nel caso di versamento rate-
ale, con le modalità proprie degli istituti deflativi. Il contribuente deve far pervenire all’Ufficio la
quietanza dell’avvenuto pagamento entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di
quello della prima rata. L’Ufficio, esaminata la congruità e correttezza del versamento, rilascia al
contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione, il quale fa perdere efficacia all’avviso
di accertamento o di rettifica.
Le rate di pari importo, sono trimestrali e in un numero massimo di otto (o sedici) a seconda che
il totale dovuto non superi (o superi) l’importo di 50.000,00 euro; sull’importo delle rate successi-
ve alla prima – da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre – sono dovuti gli interessi al
saggio legale, calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. Il manca-
to pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento di quella successiva
comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a ruolo dei residui importi
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 525

dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni e della sanzione per omesso versamento (di cui al-

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


l’art. 13 del D.Lgs. 471/1997) aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo

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di tributo. La decadenza dalla rateazione non si verifica nel caso di lieve inadempimento di cui
all’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973.
14. Nella ipotesi di accertamento con adesione proposto da soggetti che hanno optato per il «consoli-
dato nazionale», vengono applicate le regole previste nell’apposito Decreto Ministeriale.
Al procedimento di accertamento con adesione avente ad oggetto le rettifiche previste dal co. 2 del-
l’art. 40-bis del D.P.R. 600/1973, partecipano sia la consolidante che la consolidata interessata dalle
rettifiche, innanzi all’Ufficio competente di cui al co. 1 dello stesso articolo. L’atto di adesione, sotto-
scritto anche da una sola di esse si perfeziona con gli adempimenti di cui ai commi precedenti, anche
da parte di una sola delle Società. La consolidante ha facoltà di chiedere che siano computate in di-
minuzione dei maggiori imponibili le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concor-
renza del loro importo.
Definizione L’accertamento con adesione è un istituto giuridico utilizzabile dal contribuente per cer-
care di definire (ex ante) le pretese impositive dell’Ufficio finanziario, attraverso un contraddittorio
– fra le parti – che, previo approfondimento del caso, porti ad una revisione «concordata e moti-
vata» degli imponibili e, di conseguenza, delle imposte, dei relativi interessi e delle sanzioni am-
ministrative, che – a titolo di incentivo – vengono ridotte a 1/3 (un terzo) del minimo previsto dal-
la legge.
Il procedimento di accertamento con adesione può basarsi e svilupparsi:
› o sul P.V.C. redatto a conclusione di una verifica tributaria (prima che l’Ufficio emetta l’avviso di
accertamento in senso ampio);
› o sull’avviso di accertamento e, quindi, dopo che l’Ufficio abbia emesso l’atto di imposizione (te-
nendo conto che questa facoltà è preclusa se prima è stato avviato o si è dato corso a un tentati-
vo di accertamento con adesione su base P.V.C. o se l’atto di accertamento è stato preceduto da
invito ex art. 5-ter: si veda oltre).
L’art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023, ha introdotto una sorta
di accertamento con adesione «rafforzato», che consente di definire in adesione gli atti di accerta-
mento, relativi ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, con una riduzione delle sanzioni
maggiore (rispetto a quella a regime, ferme restando le regole «ordinarie»; art. 1, co. da 179 a 185:
si veda l’apposito paragrafo); e la possibilità di regolarizzare gli omessi versamenti delle rate do-
vute a seguito (anche) dell’adesione (art. 1, co. da 219 a 221, L. 197/2022: si veda oltre).
Peculiarità L’accertamento con adesione è caratterizzato dal contraddittoriofra le parti, nel corso
del quale:
› il contribuente può produrre documenti, fornire informazioni e proporre argomentazioni e
considerazioni diretti a chiudere la potenziale vertenza tributaria prima della emissione del-
l’atto di imposizione; o, a certe condizioni, anche dopo aver ricevuto tale atto;
› l’Ufficio può, in esito al contraddittorio, rideterminare le proprie pretese sia sotto il profilo
impositivo che sanzionatorio.
Può considerarsi il prototipo degli istituti deflativi (del contenzioso tributario) di tipo «bilatera-
le», cui partecipano entrambi i soggetti del rapporto tributario, per poi – se c’è convergenza –
pervenire a un atto (concordato) che lo definisce.
Esso «si configura come un accordo di diritto pubblico, ovverosia un atto bilaterale, consensuale ed
ineguale, cui intervengono, su posizioni non pari ordinate, l’Amministrazione finanziaria e il privato,
la prima nell’esercizio di una funzione pubblica, il secondo nella sfera dell’autonomia privata, sicchè a
tale atto si applicano, non le disposizioni del codice civile relative alla transazione, ma la disciplina
speciale pubblicistica che lo prevede» (cfr. Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14568; conf. Cass. Ord. 8..4.2022,
n. 11537; Cass. Sentenze 24.5.2022, n. 16675; 19.5.2022, n. 16104).
Ambito soggettivo
L’accertamento con adesione può essere utilizzato:
› dai contribuenti, siano essi persone fisiche, società di persone e soggetti assimilati (ex art. 5,
D.P.R. 917/1986), società di capitali ed enti (ex art. 73, D.P.R. 917/1986), quale che sia la catego-
ria di reddito imponibile (con effetti anche sull’Iva, se dovuta). Anche l’ex socio e liquidatore
di una società di capitali - estinta e cancellata dal registro delle imprese prima della emana-
zione dell’atto impositivo - è legittimato a definire l’atto in accertamento con adesione, ri-
526
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

guardante la società (con conseguente intangibilità dell’accordo raggiunto: cfr. Cass. Ord.
17.11.2020, n. 26109);

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› dai sostituti di imposta, nel caso, in particolare, «di compensi, interessi ed altre somme assogget-
tabili a ritenuta» induttivamente determinati (cfr. C.M. 235/1997). «In tema di sostituzione d’im-
posta, la definizione con adesione dell’accertamento nei confronti del datore di lavoro, per omesso
versamento di quanto dovuto all’Erario a titolo di sostituto d’imposta, e il conseguente versamento
da parte di questi dell’imposta concordata, non comporta l’annullamento della sanzione comminata
al sostituito [che non abbia indicato quel reddito nella propria dichiarazione] ai sensi dell’art. 1,
D.Lgs. 471/1997, poiché questi resta il soggetto passivo d’imposta, che risponde della omessa dichia-
razione del reddito anche per colpa» (cfr. Cass. Ord. 7.4.2022, n. 11337).
Ambito oggettivo
Imposte definibili L’accertamento con adesione è:
› «modellato» sulle imposte sui redditi (in particolare: Irpef e Ires);
› «adattato» all’Iva, dato che si pone in rapporto di colleganza/dipendenza rispetto all’Irpef o
all’Ires dei soggetti obbligati alla tenuta della contabilità;
› «esteso» ad alcune imposte indirette diverse dall’Iva (cfr. cap. successivo): l’imposta di regi-
stro, le imposte ipotecarie e catastali, le imposte sulle successioni e donazioni.
L’istituto si applica anche ai tributi locali (come l’Imu), se il Regolamento dell’Ente locale preve-
de tale possibilità (e nei limiti delle materie concordabili: cfr. Cass. Ord. 6.10.2022, n. 29010, re-
lativa ad un Regolamento comunale che escludeva le controversie di solo diritto dall’ambito ap-
plicativo dell’istituto). Il Regolamento deve recepire (anche) le (eventuali) modifiche della nor-
mativa statale (ad es., l’abbattimento delle sanzioni da 1/4 a 1/3 previsto dalla L. 220/2010 rileva
ai fini dei tributi locali solo se l’Ente abbia adeguato il proprio Regolamento: cfr. Nota ANCI
31.1.2011), e acquisisce efficacia dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello della sua adozione
(cfr. art. 50, L. 449/1997; art. 52, D.Lgs. 446/1997; R.M. 8.4.1998, n. 25/E; Nota Min. Fin.
31.5.1999, n. 35912).
L’accertamento con adesione presenta un ambito di applicazione molto ampio e modalità diver-
se a seconda delle caratteristiche dei vari tributi.
Nel settore-base delle imposte sui redditi, l’accertamento con adesione può essere utilizzato per
tutte le tipologie di accertamento, ma è particolarmente adatto per l’accertamento:
› sintetico (puro o da «redditometro») di cui all’art. 38, D.P.R. 600/1973;
› analitico con poste induttive ex art. 39, co. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973, derivante, ad es., dagli
studi di settore/Indici sintetici di affidabilità o dalle indagini finanziarie;
› induttivo, ex art. 39, co. 2, D.P.R. 600/1973;
› d’ufficio, ex art. 41, D.P.R. 600/1973.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, tali tipologie di accertamento possono «trovare il loro sbocco fisio-
logico nel procedimento di adesione in contraddittorio con il contribuente, in ragione di una più fondata
e ragionevole misurazione del presupposto impositivo, che tenga conto degli elementi di valutazione of-
ferti dal contribuente stesso» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235); senza limitazioni di sorta. Pertanto, il proce-
dimento può riguardare anche «specifici elementi dell’accertamento [analitico] quali l’esistenza, la sti-
ma, l’inerenza e l’imputazione a periodo» o «situazioni in cui si controverte sulla ricorrenza di nozioni
(…) che, lasciando margini di apprezzamento all’ufficio, sono suscettibili di definizione sulla base degli
elementi di valutazione offerti dal contribuente» (cfr., ancora, C.M. 8.8.1997, n. 235).
Può essere utilmente utilizzato per tutte le categorie di reddito, compresi gli «accertamenti basati
su una diversa qualificazione del reddito [di impresa o di lavoro autonomo; di lavoro autonomo o
«diverso»] ovvero di componenti di esso (es. inquadramento di talune spese sostenute dall’impresa tra
quelle di pubblicità o, viceversa, di rappresentanza)».
Atti definibili Sono il P.V.C. e l’avviso di accertamento in senso ampio; nonché, secondo la giuri-
sprudenza (cfr. Cass. Ordinanze 7.7.2017, n. 16761; 31.3.2017, n. 8429), gli atti di recupero di credi-
ti d’imposta indebitamente utilizzati (in tutto o in parte), anche in compensazione (cfr. art.1, co.
421, L. 311/2004), in quanto atti con valenza accertativa (che «costituiscono manifestazioni della
volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione» (cfr.
Cass. Ord. 26.7.2022, n. 22389); e non atti di mera riscossione o liquidazione: cfr. Cass. Sent.
17.9.2014, n. 19561; Cass. Ordinanze 17.3.2021, n. 7436; 7.4.2011, n. 8033), anche se per questi ulti-
mi non vale il periodo di 90 giorni che si aggiunge ai 60 giorni ordinari per l’eventuale ricorso.
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 527

Pure gli avvisi di liquidazione possono «essere considerati quali avvisi di accertamento (…) tenuto

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


conto del fatto che le riprese fiscali si basano su elementi valutativi di natura tecnica a contrasto del-

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l’attività dichiarativa del contribuente, così concretandosi un’attività autoritativa di attuazione tribu-
taria tipicamente di tipo accertativo, del tutto assimilabile alle metodologie comuni utilizzate per le
II.DD. e per l’IVA» (cfr. Cass. Sent. 3.12.2021, n. 38288, in fattispecie relativa ad avvisi di liquida-
zione con cui sono stati revocati i benefici per l’acquisto della «prima casa» e recuperate le mag-
giori imposte: Iva, oltre a sanzioni, e imposta sui mutui fondiari).
Non sono, invece, definibili con l’accertamento con adesione:
› gli atti di liquidazione che si traducono negli avvisi emessi ai sensi degli artt. 36-bis (liquidazio-
ne automatica, cfr. Cass. Ord. 4.9.2020, n. 18397) e 36-ter (controllo formale), D.P.R. 600/1973
(per le imposte sui redditi) o dell’art. 54-bis (liquidazione automatica) D.P.R. 633/1972 (per l’Iva);
› l’atto di «contestazione sanzioni, anche se emesso contestualmente ad un avviso di accertamento re-
lativo ai tributi cui le sanzioni si riferiscono», dato che «il procedimento di irrogazione delle sanzioni è
del tutto autonomo rispetto al procedimento di accertamento dei tributi e allo stesso trovano applica-
zione unicamente gli artt. 16-18 del D.Lgs. 472/1997» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2020, n. 20864). Dall’au-
tonomia tra i due procedimenti derivano due conseguenze: «una prima, di ordine procedimentale,
in virtù della quale per il procedimento di irrogazione di sanzioni non può trovare applicazione il di-
verso istituto dell’accertamento con adesione in quanto previsto (…) unicamente per gli avvisi di accer-
tamento e per gli avvisi di rettifica (…); una seconda, di carattere sostanziale, per cui l’istanza di accer-
tamento con adesione dell’avviso di accertamento non può produrre i suoi effetti con riferimento alla
impugnazione dell’atto di contestazione delle sanzioni anche se quest’ultimo sia stato emesso conte-
stualmente ad un avviso di accertamento relativo ai tributi cui le sanzioni si riferiscano» (cfr. Cass.
Ord. 15.11.2022, n. 33583).

Tipologie di - imposte sui redditi (IRPEF, IRES, IRAP) e loro In relazione a fattispecie rilevanti:
tributi imposte sostitutive › ai soli fini delle IIDD o ai soli fini
- imposta sul valore aggiunto (IVA) IVA
› ai fini delle II.RR. con effetto
anche per l’IVA
Altre imposte indirette («tipo registro»): imposta di registro, imposta ipotecaria e
catastale, imposta di successione e donazione
Tributi locali (es. IMU, IUC) se l’istituto è previsto dal Regolamento dell’Ente locale
Tipi di Tutte le categorie di reddito
Accertamento Tutte le tipologie di accertamento: analitico, analitico-induttivo, induttivo puro, sintetico
Fattispecie di natura estimativa e di accertamento (altre imposte indirette)
Atti definibili Processi verbali di constatazione (P.V.C.)
Avvisi di accertamento (in senso ampio)
Atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati (cfr. Cass. 8429/2017)
Atti esclusi Avvisi di liquidazione delle imposte ex artt. 36-bis, 36-ter, D.P.R. 600/1973 e 54-bis,
D.P.R. 633/1972. Atti di contestazione sanzioni ex art. 16, D.Lgs. 472/1997

Procedimento Può riguardare:


› un solo comparto impositivo [ad es., la ripresa a tassazione di quote di ammortamento o la
svalutazione crediti rilevano solo ai fini delle imposte sui redditi; mentre la contestazione del-
l’aliquota Iva di un bene o di un servizio rileva solo ai fini Iva];
› inizialmente le imposte sui redditi, per estendersi anche all’Iva, sia pure con le regole proprie
di questa;
› entrambi i settori (ad es. ricavi = corrispettivi; costi = acquisti), ciascuno con regole proprie.
Ad es., nell’Iva «assumerà rilevanza il corrispettivo o il maggior corrispettivo che ha concorso alla
determinazione della plusvalenza» (non potendosi «attrarre a tassazione Iva il solo valore diffe-
renziale» rilevante ai fini delle imposte sui redditi: cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235). Se la «analiticità
dell’accertamento e della relativa definizione consentono l’individuazione dell’oggetto delle operazio-
ni Iva da cui scaturiscono i corrispettivi non dichiarati», si applicano le «aliquote proprie» previ-
ste per dette operazioni, mentre se «la definizione delle imposte sui redditi riguarda accertamenti
528
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

dai quali non sia individuabile l’effettiva natura delle operazioni Iva», si adotta l’aliquota media
(cfr. art. 2, co. 1), che deriva dal rapporto fra:

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a. Iva su operazioni imponibili – Iva su cessione di beni ammortizzabili – Iva regimi speciali
b. Volume d’affari Iva + operazioni non soggette ad Iva + operazioni senza obbligo di dichiara-
zione
Il procedimento può prendere avvio o da una proposta dell’Ufficio o da una iniziativa del contri-
buente.
Competente alla (eventuale) definizione dell’accertamento con adesione è sempre (e solo) l’Uffi-
cio finanziario nella cui circoscrizione il contribuente ha il domicilio fiscale (cfr. art. 4, co. 1,
D.Lgs. 218/1997): cioè la Direzione provinciale (o regionale) dell’Agenzia delle Entrate, che ha ef-
fettuato il controllo (ex ante) o emesso l’atto impositivo (ex post).
Nel caso di soggetti collettivi ( S.N.C., S.A.S, Associazioni fra professionisti), la competenza del-
l’Ufficio nei loro confronti si estende anche ai soggetti partecipanti ( soci, associati).
1. a) Proposta dell’Ufficio Salvo casi particolari, l'obbligo a carico dell'ufficio accertatore di avviare
la procedura non sussiste, quanto meno secondo la giurisprudenza: «nel procedimento di accer-
tamento per adesione, la instaurazione del contraddittorio preventivo [rispetto alla emanazione del-
l’avviso di accertamento], da parte del Fisco è del tutto facoltativa (…) e non riveste, dunque, caratte-
re di obbligatorietà», perché l’art. 6, co. 2 «prevede la possibilità per il contribuente, al quale sia stato
notificato un avviso di accertamento o di rettifica non preceduto dall’invito di cui all’art. 5, di attivare,
a sua volta, il procedimento di definizione mediante la presentazione di apposita istanza» (cfr. Cass.
Sent. 14.1.2015, n. 444; conformi Cass. Ordinanze 1.12.2020, n. 27439; 8.2.2019, n. 3738; Cass.
Sent. 29.4.2015, n. 8644). Né sussiste(rebbe) l’obbligo per l’Ufficio «di informare il contribuente
circa la facoltà di formulare una istanza (…) di accertamento con adesione in contraddittorio con l’Uf-
ficio in ordine all’atto impositivo che lo riguarda» (cfr. Cass. Sent.18.9.2019, n. 23224).
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha più volte raccomandato agli Uffici periferici di attivarsi per
l’applicazione generalizzata del contraddittorio preventivo: al fine di pervenire ad una più fon-
data determinazione del presupposto impositivo con la collaborazione del – e in contraddittorio
con il – contribuente (cfr. C.A.E. 20.6.2022, n. 21; 8.8.2019, n. 19; 28.4.2016, n. 16), e il Legislatore
ha introdotto, in talune ipotesi, l’invito obbligatorio (si veda il relativo paragrafo).
Quando l’Ufficio invia al contribuente l’«invito a comparire» per avviare la procedura, tale invito,
viene «comunicato al contribuente mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o notifi-
cato ai sensi dell’art. 60, D.P.R. 600/1973»: per fissare una data per l’inizio del contraddittorio (di
cui, però, il contribuente può chiedere, motivatamente, un differimento: cfr. C.M. 235/1997).
La Corte di cassazione ha statuito che ricade «sul contribuente l’onere di farsi parte diligente nel
coltivare il contraddittorio, segnalando all’Amministrazione l’indicazione errata della data di compari-
zione», nel caso l’invito «al contraddittorio preventivo, spedito dall’Ufficio con un congruo anticipo
rispetto alla notifica dell’avviso di accertamento,» rechi «una data di convocazione manifestamente er-
ronea (in quanto, ad esempio, già decorsa alla data di spedizione dello stesso)» (cfr. Cass. Ord.
9.6.2021, n. 16114).
Ricevuto l’invito (a comparire), il contribuente può decidere se:
a) presentarsi per discutere, in contraddittorio, la pretesa dell’Ufficio, fornendo documenti ed
esponendo argomenti a supporto delle proprie tesi; se però, alla luce dei complessivi ele-
menti emersi, non si raggiunge un accordo, l’Ufficio procede (legittimamente) con la emis-
sione dell’avviso di accertamento (se la procedura si svolge ex ante), dato che la formulazio-
ne, da parte sua, di una proposta avente un contenuto ridotto rispetto all’atto di accerta-
mento non determina né la rinuncia a far valere la pretesa tributaria, né il disconoscimento
della consistenza probatoria conseguente all’accertamento esperito (se la proposta è ex post)
(cfr. Cass. Sent. 16.11.2018, n. 29529; conformi Cass. Ordinanze 16.1.2019, n. 899; 31.5.2018, n.
13907);
b) definire con il ravvedimento alcune o tutte le contestazioni indicate nell’invito, prima che
l’Ufficio emetta l’avviso di accertamento (sempre che la procedura sia avviata sulla base di
un P.V.C.);
c) non fare nulla, cioè non dare riscontro all’invito: la partecipazione al procedimento, infatti,
non è obbligatoria (e la mancata risposta all’invito non è sanzionabile), ma «se la proposta di
accertamento formulata dall’ufficio ai sensi del citato art. 6, co. 1 (…) non è accolta dal contri-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 529

buente, questi non avrà più la possibilità di utilizzare la procedura di definizione con adesione nel

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


caso di successivo avviso di accertamento relativo al medesimo periodo di imposta, atteso che l’art.

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6, co. 2 non consente di proporre istanza di definizione nel caso in cui l’accertamento sia stato
preceduto da invito al contraddittorio» (cfr. Cass. Sent. 29.4.2015, n. 8644).
In questo caso, il contribuente potrà, invece:
› o prestare acquiescenza all’atto impositivo, con riduzione delle sanzioni a 1/3 (ex art. 15, co.
1, D.Lgs. 218/1997: cfr. relativo capitolo);
› o definire le sole sanzioni (ancora) a 1/3 (ex art. 17, D.Lgs. 472/1997: cfr. relativo capitolo);
› o ricorrere alla Corte di giustizia tributaria di primo grado ex art. 18, D.Lgs. 546/1992 (ovvero,
formulare reclamo ex art. 17-bis stesso Decreto): «la mancata partecipazione del contribuente al
contraddittorio», infatti, non gli preclude «la possibilità di presentare in giudizio le medesime ec-
cezioni e giustificazioni che avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio anticipato» (cfr.
Massimario della Corte di Cassazione, Relazione tematica n. 94 del 9.7.2009); ma un compor-
tamento assenteista del contribuente può risultare pregiudizievole anche in sede contenziosa
e financo determinare l’inversione dell’onere «della prova, per cui resterà … [a suo carico] spie-
gare le ragioni per l’annullamento dell’atto» (cfr. C.T.R. Napoli, Sent. 4.3.2013, n. 86).
Infine, se l’Ufficio non attiva, ex ante, il procedimento, il contribuente ha, ex post, «la possibilità
di agire di sua iniziativa a seguito della notifica dell’avviso di accertamento, qualora riscontri nello
stesso aspetti che possono portare ad un ridimensionamento della pretesa erariale» (cfr. C.M.
235/1997).
1. b) Invito obbligatorio L’art. 5-ter (inserito dall’art. 4-octies, co. 1, lett. a), del D.L. 30.4.2019, n. 34,
conv. con modif. in L. 28.6.2019, n. 58), stabilisce che l’Ufficio - prima di emettere l’avviso di ac-
certamento - deve notificare al contribuente l’invito a comparire di cui all’art. 5, per l’avvio del
procedimento di definizione dell’accertamento. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la (nuova) di-
sposizione è diretta «a garantire la effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di ac-
certamento» (cfr. Circ. Ag. Entrate 22.6.2020, n. 17). Il contraddittorio, infatti, permette:
«- al contribuente di partecipare (…) alla fase di analisi dei dati e delle informazioni raccolti dall’uffi-
cio nella fase istruttoria (…);
- all’Amministrazione di incrementare la efficacia e la efficienza dei controlli, rafforzando la sosteni-
bilità della pretesa impositiva».
Ne deriva, in coerenza con tali finalità, che «gli uffici sono tenuti ad attivare e valorizzare il con-
traddittorio preventivo, ove possibile, anche nelle ipotesi accertative per le quali lo stesso non è obbli-
gatoriamente previsto, fermo restando che nelle predette ipotesi, l’assenza del contraddittorio preven-
tivo non determina la invalidità dell’avviso di accertamento espressamente prevista dall’art. 5-ter, co.
5» del D.Lgs. 218/1997.
Il mancato avvio del contraddittorio comporta, salvo che ricorrano le ipotesi di particolare, e
motivata urgenza, o di fondato pericolo, la invalidità dell’avviso di accertamento, purché il con-
tribuente, in sede di impugnazione, dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far vale-
re se il contraddittorio si fosse svolto: per verificare, in concreto, il pregiudizio subìto dal con-
tribuente ed evitare che l’argomentazione addotta in sede di giudizio sia del tutto pretestuosa e
priva di sostanza. Viene, quindi, «codificata» con una norma ad hoc la c.d. «prova di resisten-
za», imponendo al contribuente detto onere anche nelle ipotesi in cui la giurisprudenza, for-
matasi sull’art. 12, co. 7, L. 212/2000 (a partire da Cass. SS.UU. 24823/2015), lo ha ritenuto non
necessario.
Deve, peraltro, «recisamente respingersi l’idea che il contraddittorio endoprocedimentale (...) possa
essere realizzata con un succedaneo rappresentato dall’istituto dell’accertamento con adesione – che
persegue intenti totalmente diversi, essenzialmente collegati ad esigenze di natura deflativa del con-
tenzioso (...). Ciò che rende incompatibile detto istituto con le finalità perseguite dal riconoscimento
del diritto al contraddittorio endoprocedimentale nel modo che esso è stato fin qui declinato dal dirit-
to vivente» (cfr. Cass. Ord. 29.7.2022, n. 23729).
Deroghe L’obbligo di invito al contraddittorio anticipato NON si applica:
a. quando è stato rilasciato un P.V.C., a seguito di accessi, ispezioni e verifica nei locali dove si
svolge l’attività del contribuente (co. 1);
b. quando l’atto di accertamento o di liquidazione riguarda le imposte d’atto, come, ad es.,
l’imposta di registro o quella sulle successioni e donazioni (co. 1);
530
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

c. nel caso degli avvisi di accertamento e di rettifica parziale di cui agli articoli 41-bis, del
D.P.R. 600/1973 e 54, commi terzo e quarto, del D.P.R. 633/1972 (co. 2);d) in tutti i casi di

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particolare, e motivata, urgenza, o di fondato pericolo per la riscossione (co. 4);
d. quando la legge già prevede un contraddittorio preventivo (co. 6).In merito alle predette
esclusioni, la Circ. Ag. Entrate 22.6.2020, n. 17, esplicativa del nuovo istituto, ha precisato
quanto segue:
sub a): la esclusione deriva dal fatto che «il contribuente già beneficia della specifica garanzia pre-
vista» dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000, che gli consente di presentare la memoria con le osserva-
zioni e richieste al P.V.C. (nei limiti previsti dalla relativa disciplina: cfr. capitolo precedente).
«Seppure non obbligatorio per legge» è «sempre opportuno che l’ufficio attivi il contraddittorio anche
nei casi di attività accertativa correlata agli esiti di un processo verbale di “chiusura delle operazio-
ni”, al fine di addivenire quanto più possibile alla corretta individuazione della pretesa tributaria»,
fatta eccezione per le «di violazioni basate su elementi “certi”, eventualmente già oggetto di osser-
vazioni da parte del contribuente nei 60 giorni successivi al rilascio della copia del verbale, come nel
caso di fatture emesse e non contabilizzate»;
sub b): la esclusione deriva dal fatto che «il nuovo obbligo è stato inserito nel Capo II» del D.Lgs.
218/1997, per cui l’istituto, secondo l’Agenzia delle Entrate, è «applicabile esclusivamente per la
definizione degli accertamenti in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, contributi pre-
videnziali, ritenute, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive, imposta sul valore
degli immobili all’estero, imposta sulle attività finanziarie all’estero e imposta sul valore aggiunto»;
come emerge dal richiamo all’art. 5 (relativo all’invito a comparire ai fini dell’accertamento del-
le Imposte dirette e dell’Iva), ma non dell’art. 11, stesso Decreto;
sub c): la esclusione degli accertamenti parzialirileva con modalità diverse, a secondo dell’im-
posta accertata: «per l’Iva è prevista la esclusione dell’invito obbligatorio solo con riferimento agli
accertamenti parziali basati su elementi “certi e diretti”, che non presuppongono ricostruzioni in-
duttive o utilizzo delle presunzioni»; per le imposte dirette, l'Agenzia delle Entrate invita gli uffici
ad attivare il contraddittorio preventivo anche nei casi di determinazione della pretesa basata
su elementi presuntivi: perché, in questo secondo caso, l’accertamento parziale «non costituisce
un metodo di accertamento autonomo», ma «una modalità procedurale (…), per cui può basarsi sen-
za limiti anche sul metodo induttivo». Ricorda, infine, che «l’accertamento parziale consente all’uf-
ficio, in base alle informazioni risultanti dall’anagrafe tributaria e agli esiti dell’attività istruttoria o
di controllo svolta anche da altri uffici o amministrazioni, di determinare la pretesa tributaria, senza
pregiudizio per l’eventuale ulteriore azione accertatrice, in deroga al principio di unicità dell’accerta-
mento tributario»;
sub d): «le ragioni che giustificano l’urgenza», consentendo all’ufficio di emettere l’avviso di ac-
certamento o rettifica, specificatamente motivato, senza rispettare l’obbligo di invito al con-
traddittorio, sono:
› «il pericolo derivante da reiterate violazioni che comportino l’obbligo di denuncia per reati tribu-
tari;
› una circostanza imprevedibile e sopravvenuta che impone una stretta tempistica per gli adempi-
menti dell’Amministrazione finanziaria» (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2020), tra cui non rientra,
secondo la giurisprudenza,la imminente decadenza del termine per l’esercizio dell’azione ac-
certativa (si veda il commento all’art. 12, co. 7, L. 212/2000);
Analoga motivazione rafforzata, comprensiva delle «ragioni che giustificano il “fondato timore”
di perdere la garanzia del credito» è suggerita, con riferimento alle ipotesi di fondato pericolo
per la riscossione, «pur in assenza di un esplicito richiamo in norma ad una “motivazione raffor-
zata”»;
sub e): le ipotesi per le quali la normativa vigente già prevede l’obbligo di contraddittorio anti-
cipato rispetto alla emissione dell’avviso di accertamento richiamate dalla Circolare sono: l’art.
12, co. 7, L. 212/2000, l’accertamento da studi di settore, ex art. 10, co. 3-bis, L. 146/1998; quello
derivante dagli indici sintetici di affidabilità ex art. 9-bis, D.L. 24.4.2017, n. 50; quello sintetico
ex art. 38, D.P.R. 600/1973; quello relativo a contestazioni di fattispecie abusive ex art. 10-bis, L.
212/2000.
Procedimento Quando obbligatoria, la notifica dell’invito è volta ad avviare il procedimento di
accertamento con adesione, il quale può concludersi:
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 531

› con l’archiviazione;

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


› con la definizione in adesione;

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› senza accordo.
In questo ultimo caso,
› l’Ufficio emetterà un avviso di accertamento specificamente motivato in relazione ai chiari-
menti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio (co. 3):
«non è sufficiente che gli uffici si limitino a valutare gli elementi forniti dal contribuente, ma do-
vranno essere argomentate in motivazione le ragioni del relativo mancato accoglimento (…), descri-
vendo le giustificazioni dallo stesso offerte e argomentando sulla relativa fondatezza, in modo da
rendere intellegibile l’iter seguito per addivenire alla determinazione della pretesa tributaria (…),
anche nelle ipotesi di invito attivato facoltativamente» (cfr. Circ. Ag. Entrate 22.6.2020, n. 17). La
violazione dell’obbligo di «motivazione rafforzata», però, non è espressamente sanzionata
con la nullità dell’atto, il quale potrebbe essere considerato comunque valido (secondo
l’orientamento della giurisprudenza in merito all’analogo obbligo previsto dall’art. 12, co. 7,
L. 212/2000: Cass. Sent. 27.7.2016, n. 15616), «atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità
per cui essa sia espressamente prevista dalla legge»;
› il contribuente non avrà la possibilità di formulare una istanza di accertamento con adesione
ex art. 6, co. 2, D.Lgs. 218/1997, dato che tale possibilità è consentita solo se l’accertamento
non è stato preceduto dall’invito di cui agli artt. 5 e 5-ter, stesso Decreto: la impossibilità, per
il contribuente, di formulare una istanza di accertamento con adesione, dopo la ricezione
dell’avviso di accertamento, implica che, se l’istanza viene, ciò nonostante, formulata non
produce la sospensione, per 90 giorni, del termine di proposizione del ricorso.
Termini La nuova disciplina introduce una proroga automatica di 120 giorni, dei termini ordinari
di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento, nel caso in cui intercorrano meno di
90 giorni tra la data di comparizione e quella di decadenza dell’Amministrazione dal potere di
notificazione dell’atto (cfr. art. 5, co. 3-bis, D.Lgs. 218/1997, introdotto dall’art. 4-octies, co. 1,
lett. a), del D.L. 34/2019 cit.; Schede di lettura D.L. 34/2019 – A.S. 1354). «Si osserva che la proro-
ga di 120 giorni si applica, non solo ai casi in cui l’ufficio è obbligato ad avviare l’iter dell’accerta-
mento ai sensi dell’art. 5-ter, ma anche a tutte le ipotesi in cui l’ufficio abbia ritenuto opportuno av-
viarlo facoltativamente, in base agli elementi a sua disposizione, ai sensi dell’art. 5» del D.Lgs.
218/1997. «Ciò significa che i presupposti di operatività della proroga sono la notifica di un invito a
comparire di cui all’art. 5 per la definizione dell’accertamento e la circostanza che, tra la data di
comparizione indicata nell’invito e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notifica-
zione dell’atto impositivo, intercorrano meno di 90 giorni, prescindendo dalla circostanza in base alla
quale vi sia o meno un obbligo per l’ufficio di avviare l’iter dell’adesione» (cfr. Circ. Ag. Entrate
22.6.2020, n. 17).
Di contrario avviso una recente sentenza di merito, secondo la quale «il ricorso alla notifica di
un invito a comparire in una ipotesi in cui il previo contraddittorio non è obbligatorio (come nel ca-
so dell’accertamento parziale che, fondandosi su elementi documentali, non avrebbe di per sé necessi-
tà di alcun ulteriore approfondimento o confronto), non consente di superare il termine ordinario
per l’accertamento, fissato al 31.12, per fruire della proroga di 90 giorni contemplata dal D.Lgs.
218/1997» (cfr. C.T.P. Udine, Sent. 11.1.2022, n. 21).La norma va coordinata con l’art. 157 del D.L.
19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 (sostituito, da ultimo, dall’art. 22-bis, del
D.L. 31.12.2020, n. 183, conv, con modif. in L. 26.2.2021, n. 21, c.d. decreto Milleproroghe), in ba-
se al quale gli avvisi di accertamento (gli atti di contestazione e di irrogazione sanzioni, gli atti
di recupero dei crediti d’imposta, gli avvisi di rettifica e di liquidazione), per i quali i termini di
decadenza (calcolati senza tenere conto della proroga di 85 giorni, ex art. 67, D.L. 18/2020) del-
l’azione accertatrice scadono tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (si tratta, in genere, del perio-
do d’imposta 2015, o, in caso di omessa dichiarazione, del periodo d’imposta 2014), sono emes-
si entro il 31 dicembre 2020 e notificati tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, possibilmente
«seguendo prioritariamente l’ordine cronologico di emissione» (cfr. Provv. Ag. Entrate 6.4.2021, n.
88314).
«Gli atti sono emessi, se risultano firmati e protocollati, entro il termine del 31 dicembre 2020» (cfr.
C.A.E. 20.8.2020, n. 25, § 3.10.6), «a tali fini assumendo valore la firma digitale» che «garantisce
che il documento è integro e non modificabile», con onere della prova circa il rispetto del termine
532
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

di emissione a carico dell’Ufficio (che può fornirla anche attraverso il c.d. glifo: cfr. C.T.P. Na-
poli, Sent. 2.3.2022, n. 345; C.T.P. Bari, Sent. 19.9.2022, n. 1495; C.T.P. Arezzo, Sent. 12.10.2022,

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n. 213).
Sono fatti salvi i casi di indifferibilità ed urgenza, che l’Agenzia delle Entrate ha individuato nel
pericolo per la riscossione, o nel caso di atti di accertamento connessi a procedimenti penali
(cfr. Circ. Ag. Entrate 6.5.2020, n. 11, § 5.8). Su questo specifico aspetto, sono emersi due diversi
orientamenti della giurisprudenza di merito che:
› da un lato, ha ritenuto legittima la notifica anticipata dell’atto, dato che l’art. 157 non ne pre-
vede espressamente la nullità (cfr. C.T.P. Milano, Sent. 29.7.2021, n. 3369); è il caso della no-
tifica dell’avviso di accertamento con cui si contesta la emissione di fatture per operazioni
soggettivamente inesistenti (cfr. C.T.P. Milano, Sent. 5.7.2021, n. 2983);
› dall’altro, ha affermato che non può «considerarsi caso di indifferibilità ed urgenza la constata-
zione (…) di una ipotesi di reato, posto che l’atto di accertamento non condiziona in alcun modo
l’obbligo della comunicazione di reato» (cfr. C.T.P. Reggio Emilia, Sent. 15.12.2021, n. 258); con
la conseguenza che la notifica ante tempus è illegittima se detta comunicazione è avvenuta in
anni precedenti (cfr. C.T.P. Savona, Sent. 29.9.2021, n. 301); o se il procedimento penale con-
nesso all’atto di accertamento è già in essere (cfr. C.T.P. Firenze, Sent. 6.12.2021, n. 569); fer-
mo restando che l’onere della prova delle ragioni di urgenza è a carico dell’Amministrazione
finanziaria.
L’altra possibilità di «notifica anticipata» degli atti riguarda(va) quelli funzionali al «perfeziona-
mento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi» (cfr. art. 157, co.
1). Si è, quindi, introdotta, limitatamente a questi atti (non per quelli «diversi» relativi, in gene-
re, ai periodi d’imposta dal 2016), la proroga dei termini di notifica degli atti di accertamen-
to emessi, cioè «firmati e protocollati, entro il termine del 31 dicembre 2020» (cfr. Circ. Ag. Entrate
20.8.2020, n. 25, § 3.10.6). La proroga in esame può cumularsi con altre disposizioni che di-
spongono, a propria volta, il differimento dei termini di accertamento (è il caso, ad esempio,
delle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale); e può impattare anche sulla
proroga automatica di 120 giorni (dei termini ordinari di decadenza per la notifica dell’avviso
di accertamento), prevista dall’art. 5, co. 3-bis del presente Decreto. Sul rapporto tra quest’ulti-
ma disposizione e l’art. 157 del D.L. 34/2020, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, qualora
si verifichi il presupposto della «proroga automatica» di 120 giorni, previsto dall’art. 5, co. 3-
bis, del D.Lgs. 218/1997 «in relazione ai periodi d’imposta il cui termine di decadenza è previsto per
il 31 dicembre 2020 (ad esempio, periodo d’imposta 2015, in caso di dichiarazione presentata, e peri-
odo d’imposta 2014, in caso di dichiarazione omessa)» per effetto della predetta «proroga automa-
tica», «il termine di decadenza risulterà successivo al 31 dicembre 2020 e, di conseguenza, non risul-
ta applicabile quanto statuito dall’art. 157, co. 1. In tale ipotesi l’Ufficio, in caso di mancata adesione,
dovrà quindi notificare l’avviso di accertamento entro il 30 aprile 2021, ricorrendo i presupposti del-
la proroga di 120 giorni decorrenti dal primo gennaio 2021» (cfr. Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25,
§ 3.10.5).
Di diverso avviso una recente decisione di merito secondo la quale questa presa di posizione
«non è corretta, perché postula la esistenza di un solo termine (quello per la notifica dell’avviso) sen-
za considerare che l’art. 157 (…), per i soli avvisi destinati a scadere entro il 31.12.2020 (…), ha intro-
dotto un doppio termine, quello per la emissione e quello per la notifica», prorogando al 28.2.2022
solo «la scadenza per la notifica dell’atto», mentre resta «fermo il termine massimo del
31.12.2020» per la loro emissione. Ne deriva che l’atto (in scadenza nel predetto periodo) emes-
so oltre il 31.12.2020 è illegittimo, senza che possa soccorrere la «proroga automatica» di 120
giorni, che riguarda la relativa notifica (cfr. C.T.P. Verona, Sent. 3.12.2021, n. 269).
Decorrenza Le disposizioni relative all’invito obbligatorio si applicano agli avvisi di accertamento
emessi dal 1° luglio 2020 (cfr. art. 4-octies, co. 2, D.L. 34/2019). «Pertanto, a partire dal 1° luglio
2020, prima di emettere un avviso di accertamento, se la fattispecie accertativa rientra nelle ipotesi
in cui è applicabile l’art. 5-ter, gli uffici devono aver assicurato al contribuente la possibilità di con-
frontarsi in contraddittorio tramite l’invito a comparire». Per avvisi di accertamento emessi «si in-
tendono gli atti datati e sottoscritti dal titolare dell’ufficio (o da un suo delegato) a partire da tale da-
ta». «Ovviamente la data in cui il contribuente ha ricevuto l’invito a comparire può essere anche an-
tecedente al 1° luglio 2020, in quanto gli effetti invalidanti previsti dal comma 5 dell’art. 5-ter si rea-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 533

lizzano con riferimento agli atti emessi a partire da tale data. Pertanto, è legittimo un avviso di

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


accertamento emesso dal 1° luglio 2020, riferito ad una fattispecie accertativa che ricade nell’ambito

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di applicazione dell’art. 5-ter, purché preceduto da un invito e/o da un contraddittorio con l’ufficio
regolarmente svolti, anche se in data antecedente» (cfr. Circ. Ag. Entrate 22.6.2020, n. 17).
2) Istanza del contribuente Il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione:
a) dopo la consegna del P.V.C. (art. 6, co. 1) – ma prima della emissione dell’avviso di accerta-
mento – chiedendo all’Ufficio di formulare una proposta di definizione del contesto. Tale
istanza «costituisce un impulso all’attività di accertamento» dell’Ufficio, il quale dovrà esami-
nare «gli elementi contenuti nel processo verbale di constatazione» e potrà:
› o formulare una propria proposta (rettificando alcuni elementi contenuti nel P.V.C.): «la for-
mulazione della proposta, dunque, è in ogni caso, di competenza esclusiva dell’ufficio, cui è attri-
buito, dalla legge, il potere (…), di rideterminare la pretesa impositiva, tenendo conto di quanto in-
trodotto dalla parte» (cfr. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12372);
› o «trasfondere» i rilievi dei verificatori «immediatamente utilizzabili (…) in avvisi di accertamen-
to parziale, demandando ad un momento successivo una eventuale più approfondita e complessiva
valutazione della posizione del contribuente, sulla base degli elementi istruttori autonomamente
acquisibili» (cfr. C.M. 235/1997);
› o (anche) «non dare corso all’adesione e notificare l’atto di accertamento» (cfr. Cass. Sent.
29.4.2015, n. 8644).
Indipendentemente da tale istanza, il contribuente può definire tutti o parte dei rilievi conte-
nuti nel P.V.C. valendosi del ravvedimento operoso e/o può presentare la memoria contenente
«osservazioni e richieste» (ex art. 12, co. 7, L. 212/2000: si vedano i relativi capitoli);
b) dopo aver ricevuto l’avviso di accertamento (art. 6, co. 2), purché:
› entro 60 giorni dalla notifica dell’atto; in caso contrario e in mancanza di un ricorso/reclamo
alla Corte di giustizia tributaria di primo grado – la pretesa erariale si consolida e diventa
definitiva. Se il termine per la proposizione del ricorso cade di sabato, è «prorogato di diritto,
ex art. 155 c.p.c., comma 5 dal sabato al lunedì successivo»; inoltre, secondo la giurisprudenza,
«è da intendersi tempestiva anche l’istanza di accertamento con adesione presentata entro tale ter-
mine prorogato, con decorrenza del periodo di sospensione di novanta giorni (…) cui si aggiunge il
periodo di sospensione feriale» (cfr. Cass. Ord. 3.10.2018, n. 24030);
› non sia stato formulato, prima, da parte dell’Ufficio, un invito al contraddittorio ex art. 5 e 5-
ter, D.Lgs. 218/1997, perché esso inibisce al contribuente la possibilità di presentare successi-
vamente l’istanza in esame; se viene, ciononostante, presentata, l'istanza non produce «alcun
effetto, né tanto meno la sospensione dei termini» (di 90 giorni) per ricorrere, per cui se il con-
tribuente confida in tale sospensione e impugna l’avviso di accertamento dopo la scadenza,
il ricorso è inammissibile (cfr. C.T.R. Roma, 21.1.2013, n. 14; C.T.P. Treviso 27.11.2012, n. 121).
È necessario, quindi, leggere con attenzione gli atti che si ricevono e, nei casi dubbi, chiarire
la situazione con l’Ufficio: l’invio di un questionario, con il quale l’Ufficio richieda al contri-
buente della documentazione, non preclude a quest’ultimo la possibilità di presentare istan-
za di accertamento con adesione (cfr. C.T.R. Roma, 20.4.2011, n. 296/14/11); invece, la manca-
ta partecipazione al contraddittorio o la mancata produzione della documentazione richiesta
dall’Ufficio ai fini dello svolgimento del contraddittorio instaurato a seguito di istanza del
contribuente potrebbe far supporre che la presentazione dell’istanza abbia solo scopo dilato-
rio, cioè sia diretta a usufruire indebitamente del vantaggio della sospensione dei termini,
con una violazione del principio di correttezza e buona fede di cui all’art. 10 L. 212/2000, che
potrebbe fare venir meno la predetta sospensione (cfr. C.T.P. Milano, 27.1.2020, n. 275; C.T.P.
Treviso, 18.7.2012, n. 73/8/12; C.T.P. Caltanissetta, 12.10.2013, n. 1023).
A) Presentazione L’istanza, redatta in carta libera:
› va presentata all’Ufficio territorialmente competente:
- tramite posta elettronica certificata (P.E.C.). «Le istanze inviate telematicamente tramite PEC
hanno lo stesso valore giuridico di una istanza sottoscritta con firma autografa apposta in pre-
senza del dipendente addetto al procedimento o notificata per mezzo della posta ordinaria»;
inoltre «l’art. 6 del D.Lgs. n. 218/1997 non prevede specifiche e tassative modalità di presenta-
zione [per cui] non sembrano esserci ostacoli all’inoltro dell’istanza di adesione mediante PEC
alla casella di posta elettronica certificata della Direzione provinciale (o regionale, per i c.d.
534
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

grandi contribuenti) competente ad emettere l’avviso di accertamento. L’istanza deve essere fir-
mata digitalmente o, in alternativa, sottoscritta con firma autografa e accompagnata dalla co-

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pia del documento d’identità» (cfr. Risposta nel corso del Forum dell’Esperto risponde con
l’A.E. citato in «La Settimana fiscale», n. 31 / 3 agosto 2018);
- mediante consegna diretta;
- valendosi del servizio postale, «in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimen-
to» (cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2002, n. 28), cioè con le modalità previste dall’art. 20, D.Lgs.
546/1992. L’invio della istanza di accertamento con adesione anche in busta chiusa senza
avviso di ricevimento è valido «stante il principio di tassatività delle cause di decadenza dalla
impugnazione» (cfr. Cass. Sent. 30.7.2014, n. 17314); «la spedizione a mezzo posta raccoman-
data in busta chiusa, pur se priva di qualsiasi indicazione relativa all’atto in essa racchiuso, an-
ziché in plico senza busta, costituisce mera irregolarità se il contenuto della busta e la riferibili-
tà alla parte non siano contestati» (cfr. Cass. Sent. 8.2.2017, n. 3335).
L’istanza si considera tempestiva se spedita entro il termine per l’impugnazione anche se
perviene a termine scaduto (cfr. Circ. Ag. Entrate 8.4.2002, n. 28; C.T.P. Brescia, 9.1.2013, n.
1): si applica, infatti, il principio per cui «nell’ambito dei rapporti con la Pubblica Amministra-
zione, anche di natura fiscale, i termini stabiliti per la presentazione di istanze da parte dei pri-
vati sono osservati qualora le stesse siano spedite in tempo utile» senza che rilevi il momento
di ricezione (eventualmente successivo alla scadenza) da parte del destinatario (cfr. Cass.
Sent. 8.2.2017, n. 3335); la precisazione è molto utile, dato che l’art. 6, co. 2 (e 12, co. 1) del
D.Lgs. 218/1997, stabilisce solo che l’istanza va presentata «anteriormente alla impugnazio-
ne», senza precisarne le modalità;
› deve essere diretta a una soluzione concordata della controversia: solo così si ottiene con
certezza la sospensione dei termini di impugnazione, mentre una istanza diretta all’annulla-
mento dell’atto potrebbe essere considerata una richiesta di autotutela (cui non consegue il
medesimo effetto). In proposito, non rilevano le modalità di protocollazione dell’Ufficio o la
denominazione data dal contribuente all’istanza, ma le conclusioni dell’atto cioè le «richieste
finali che il contribuente rivolge all’Amministrazione finanziaria» (cfr. C.T.R. Aosta, 29.11.2013,
n. 28); le quali, va ribadito, devono richiedere un riesame (e non un annullamento) dell’atto;
› deve contenere l’indicazione di un recapito telefonico; e può contenere la procura «speciale»
(ex art. 63, D.P.R. 600/1973) del contribuente a farsi rappresentare da un professionista abili-
tato. Tale procura (non soggetta all’imposta di bollo: cfr. R.A.E. 9.2.2011, n. 13) deve essere
sottoscritta dal contribuente con firma autenticata dal professionista; deve indicare i poteri
conferiti, compreso l’eventuale potere di sub-delega da parte del professionista ai propri col-
laboratori; e può contenere anche la elezione di domicilio del contribuente – ai fini del pro-
cedimento – presso il professionista. Esempio di procura speciale per una istanza di accerta-
mento con adesione successiva alla emissione dell’avviso di accertamento:
«Procura ex art. 63 del D.P.R. 600/1973
Il sottoscritto … (cod. fisc. …) delega il dott. … iscritto all’Ordine dei Dottori commercialisti ed esperti
contabili della Provincia di …, ad assisterlo e rappresentarlo – anche valendosi di propri collaboratori
– presso la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di …, nel procedimento di accertamento
con adesione, che fa seguito alla notifica dell’atto … ricevuto in data … (e in ogni altro procedimento
amministrativo ad esso connesso), e che viene promosso con la presente istanza ex art. 6, co. 2, D.Lgs.
218/1997. A tal fine, elegge domicilio presso lo studio del dott. …, sito in …, via ….
(Firma del contribuente …).
È autentica
Firma del professionista …».
Se l’istanza viene presentata dal curatore fallimentare è necessaria, secondo la Cassazione, la
previa autorizzazione del giudice delegato (ex art. 35 legge fall., vigente ratione temporis), la cui
mancanza comporta «non già la nullità dei negozi posti in essere, ma l’annullabilità dei medesimi,
che … può essere fatta valere» dall’amministrazione fallimentare (cfr. Cass. Sent. 26.6.2015, n.
13242); nel frattempo può produrre la sospensione del termine di impugnazione.
Il fallito, invece, non può presentare istanza di accertamento con adesione, dato che «in costan-
za di fallimento, non può effettuare dei pagamenti, avendo perso la disponibilità dei propri beni (…).
Pertanto l’istanza» eventualmente presentata sarebbe inefficace e non farebbe decorrere il ter-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 535

mine di sospensione di 90 giorni per proporre ricorso (cfr. C.T.R. Venezia, 30.5.2016, n. 707).

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B) Effetti della presentazione La presentazione dell’istanza di accertamento con adesione (ex art.

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6, co. 2):
› non comporta la inefficacia dell’atto di accertamento;
› determina «solo» la sospensione – per 90 (novanta) giorni – dei termini di impugnazione
dell’atto e (anche) di pagamento di quanto con esso preteso (art. 6, co. 3, con la precisazione
che la sospensione del termine per la proposizione del ricorso opera anche nel caso in cui
l’istanza sia depositata «presso un ufficio territorialmente incompetente»: cfr. Cass. Ord.
16.12.2022, n. 36919).
La sospensione del termine di impugnazione opera «solo dalla data di presentazione dell’istanza
formulata a seguito di avviso di accertamento», non dalla istanza prevista dall’art. 6, co. 1, D.Lgs.
218/1997, cioè formulata dopo la consegna del P.V.C. (cfr. Cass. Ord. 16.5.2019, n. 13172).
Decorso il periodo di 90 giorni senza che sia stata perfezionata la definizione, l’atto, in assenza
di tempestiva impugnazione, diventa definitivo: «la presentazione della istanza di definizione da
parte del contribuente (…) non comporta la inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la so-
spensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia
stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assen-
za di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente» (cfr., Cass. Ord.
19.12.2019, n. 34005; conf. Cass. Ordinanze 25.1.2019, n. 2161; 12.12.2018, n. 32118; 20.11.2015, n.
23776). «Soltanto all’atto del perfezionamento dell’adesione (…) l’avviso di accertamento originario
perde efficacia, mentre», in mancanza di perfezionamento, «è onere del contribuente impugnare
l’avviso di accertamento per impedire il consolidamento della pretesa per mezzo della definitività
del medesimo» (cfr. Cass. Sent. 12.11.2019, n. 29183; conf. Cass. Ord. 27.7.2020, n. 15980).
La tardiva presentazione del ricorso – quale che sia la causa – non può essere sanata (cfr.
C.T.P. Bari, 30.4.2014, n. 1034) perché rende l’impugnazione inammissibile.
La presentazione della istanza produce la sospensione del termine per impugnare non solo gli
atti di accertamento ma, anche, l’atto (in ipotesi separato) di contestazione delle sanzioni: «il
nesso di pregiudizialità necessaria tra accertamento della debenza di imposta e violazione tributaria
(ove la condotta risulti strumentale all’inadempimento della obbligazione tributaria, integrando una
violazione c.d. sostanziale) comporta che (...) la presentazione da parte del contribuente della istanza
di definizione del rapporto tributario mediante procedimento di adesione ex D.Lgs. n. 218 del 1997,
determina, ai sensi degli artt. 6 e 12 del predetto Decreto legislativo, la sospensione di 90 giorni del
termine di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 21 per la impugnazione tanto dell’atto impositivo,
quanto dell’atto di contestazione dell’illecito» «anche nel caso in cui la contestazione dell’illecito sia
stata constatata con atto separato rispetto all’avviso di rettifica della imposta» (cfr. Cass. Sent.
18.9.2015, n. 18377; conf. Cass. Ord. 10.1.2018, n. 324).
Invece, nel caso di atto di contestazione sanzioni non collegate al tributo, la (eventuale) propo-
sizione della istanza di accertamento con adesione non produce alcun effetto e, in particolare,
non sospende il termine per la sua impugnazione dato che «il procedimento di irrogazione delle
sanzioni è del tutto autonomo rispetto al procedimento di accertamento dei tributi e allo stesso trova-
no applicazione unicamente gli artt. 16-18 del D.Lgs. 472/1997» (cfr. Cass. Ord. 30.9.2020, n.
20864).
Allo stesso modo, nel caso di iscrizione a ruolo straordinario ex art. 11, co. 3 del D.P.R.
602/1973, la presentazione dell’istanza di adesione non produce la sospensione di 90 giorni
della riscossione delle imposte (cfr. Cass. Sent. 24.11.2021, n. 36542).
Ai 90 giorni previsti dall’art. 6, co. 3, si aggiunge (in tutto o in parte) il periodo – di 31 giorni –
di sospensione feriale, dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, come chiarito – con interpretazione
autentica – dall’art. 7-quater, co. 18, D.L. 193/2016 (conv. con modif. in L. 225/2016), secondo il
quale «i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cu-
mulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale». La norma, dunque, ha
esplicitamente previsto la cumulabilità (prima negata da una parte della giurisprudenza di le-
gittimità, ma, poi, applicata anche ai procedimenti in corso, data la portata retroattiva della no-
vella: cfr. Cass. Ordinanze 31.3.2021, n. 8882; 21.2.2019, n. 5039; 5.2.2019, n. 3278; 6.12.2018, n.
31683; 3.10.2018, n. 24030; Cass. Sent. 20.10.2020, n. 22724) dei due periodi di sospensione.
Nella tabella si indicano alcuni esempi di scadenze.
536
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Notifica atto Scadenza ricorso Scadenza ricorso in caso di istanza


di accertamento con adesione

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20 settembre 2018 19 novembre 2018 18* febbraio 2019
26 novembre 2018 25 gennaio 2019 26* aprile 2019
04 luglio 2019 03 ottobre 2019 02* gennaio 2020
01 agosto 2019 30 ottobre 2019 30 gennaio 2020
*Le scadenze nei giorni di sabato e festivi, come, ad es., il 1° gennaio e il 25 aprile, slittano al primo giorno
lavorativo successivo.

La possibilità di valersi dell’intero periodo – di 90 giorni – per cercare una soluzione prima di
(eventualmente) accedere alla giustizia tributaria non viene meno:
› se il procedimento (di accertamento con adesione) si conclude – senza un accordo fra le parti
– prima della scadenza dei 90 giorni di sospensione (C.T.R. Roma, 5.4.2016, n. 1766; per il caso
di rigetto dell’istanza: cfr. C.T.R. Lombardia, 14.1.2020, n. 32), a meno che il contribuente non
formuli una esplicita rinuncia ad esso o proponga, nel frattempo, ricorso;
› se il contribuente non si presenta: «In quest’ottica, la mancata comparizione del contribuente alla
data fissata per la definizione, in via amministrativa, della lite, sia essa giustificata o meno, non in-
terrompe la sospensione del termine di 90 giorni per l'impugnazione dell'avviso di accertamento,
in quanto detto comportamento non è equiparabile alla formale rinuncia all'istanza né è idoneo a
farne venir meno "ab origine" gli effetti» (cfr. Cass. Ord. 24.10.2019, n. 27274; conf. Cass. Ordinanze
16.12.2022, n. 36919; 1.6.2022, n. 17946; Cass. Sent. 17.11.2020, n. 26166);
› se il contribuente abbandona, il contraddittorio originariamente instaurato, non presentando-
si agli incontri successivi (cfr., Cass. Ord. 28.3.2019, n. 8643).
La redazione del verbale di mancato accordo «si risolve in una mera presa d’atto del mancato rag-
giungimento dell’accordo tra il contribuente e l’ufficio tributario e, pertanto, non può né equipararsi
all’impugnativa dell’atto di accertamento, né assumere il significato di una definitiva rinuncia del
contribuente all’istanza di accertamento con adesione», per cui essa non fa «cessare la sospensione
dei termini per ricorrere», a meno che la «definitiva rinuncia all’istanza di accertamento con adesio-
ne sia manifestata con dichiarazione espressa o mediante proposizione del ricorso» (cfr. Corte Cost.,
Ord. 15.4.2011, n. 140).
La Corte di Cassazione, a sua volta, ha affermato che: «il verbale di constatazione del mancato accordo
non integra una situazione omogenea a quella di definitiva rinuncia all'istanza di accertamento con adesio-
ne, sicché alla constatazione del mancato accordo non può riconoscersi il valore di atto idoneo alla interru-
zione del termine di sospensione di novanta giorni, previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 6 e 12 connesso
all'istanza di accertamento con adesione» (cfr. Cass. Ord. 24.8.2017, n. 20362; conf. Cass. Sentenze
26.6.2015, n. 13248; 11.5.2012, n. 7334; 13.4.2012, n. 5837; 30.6.2006, nn. 15170 e 15171).
E la prassi si è, da tempo, conformata a tale orientamento: «il periodo di sospensione [non viene
meno con] l’eventuale anticipato esito negativo dell’istanza di adesione prodotta dal contribuente».
Così come la conclusione negativa del procedimento «non incide sul periodo di sospensione dei
termini», dato che la disposizione dell’art. 6, co. 3, assegna «alla presentazione dell’istanza di ade-
sione l’effetto automatico e predeterminato di sospensione, per novanta giorni, dei termini per impu-
gnare l’atto di accertamento notificato dall’Ufficio, non prevedendo alcuna causa di decadenza della
sospensione stessa» (cfr. Circ. Ag. Entrate 65/2001).
La ripresa della decorrenza dei termini già sospesi si verifica se il contribuente:
› successivamente alla presentazione dell’istanza, impugna l’avviso di accertamento, si determi-
na ex lege «la rinuncia all’istanza di definizione» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235);
› presenta «una formale ed irrevocabile rinuncia a detta istanza» che porta ad «escludere irrime-
diabilmente tale soluzione compositiva» (cfr. Corte Cost. Ord. 15.4.2011, n. 140; Cass. Ordinanze
13.7.2022, n. 22194 e 24.8.2018, n. 21148 e Cass. Sent. 12.10.2012, n. 17439).
La verbalizzazione dell’esito negativo del contraddittorio, invece, non integra «definitiva rinuncia
all’istanza di accertamento con adesione» (cfr. Cass. Sent. 24.2.2012, n. 2860), né «epilogo comunque
definitivamente conclusivo del procedimento, espressivo della volontà di escludere, anche per il futuro,
la composizione della controversia in via amministrativa» (cfr. Cass. Sent. 9.3.2012, n. 3762; confor-
mi Cass. Ord. 5.2.2019, n. 3278; Cass. Sentenze 15.3.2019, n. 7386; 11.5.2012, n. 7334; 13.4.2012, n.
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 537

5837; C.T.R. Firenze, 14.5.2014, n. 959), anche se andrebbe (prudenzialmente) evitata. Sotto il

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profilo pratico, si possono utilizzare formule del tipo «al momento si prende atto che mancano le

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condizioni per un accordo fra le parti», «ci si riserva di consultare il cliente/di meditare sulle proposte
dell’Ufficio» » (astenendosi dal formulare dichiarazioni dalle quali si possa indurre, anche lata-
mente, una definitiva rinuncia alla procedura).
Il periodo di sospensione di 90 giorni, inoltre, non viene meno:
› se l’Ufficio non ha dato corso alla convocazione del contribuente a seguito dell’istanza da questi
presentata, fermo restando che è opportuno verificare che l’Ufficio l’abbia ricevuta; e, in questo
caso, sollecitarlo a dar corso al procedimento, in conformità con il principio di collaborazione vo-
luto dallo Statuto dei diritti del contribuente (art. 10, L. 212/2000); anche perché, decorsi 90 giorni
senza che l’Ufficio abbia convocato il contribuente, l’accertamento diventa definitivo se l’atto non
viene impugnato di fronte alla Corte di giustizia tributaria di primo grado competente;
› se, a seguito di avviso di accertamento e di sottoscrizione dell’adesione, il contribuente – non ver-
sando quanto dovuto nei successivi venti giorni – non «perfeziona» l’istituto. Infatti, il mancato
perfezionamento della definizione non «incide sul decorso del termine di sospensione, in quanto, non
essendo previste cause di decadenza, non è correlato all’esito negativo. Quindi, qualora il contribuente»
non esegua il suddetto pagamento, può, comunque, «presentare ricorso, purché entro il termine di
150 giorni calcolati dalla data di notifica dell’avviso di accertamento» (cfr. Circ. Ag. Entrate 15.2.2013,
n. 1). Per dimostrare la tempestività del ricorso introduttivo, secondo la Corte di Cassazione (Sent.
20.2.2013, n. 4247) il contribuente avrebbe l’onere di allegare, allo stesso, la prova documentale di
aver presentato l’istanza di accertamento con adesione: a pena di inammissibilità.
Infine, era stata espressamente prevista la cumulabilità della sospensione di 90 giorni prevista
per l’accertamento con adesione con la sospensione - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - dei termini per
la notifica del ricorso, prevista a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19 (cfr. art.
83, co. 2, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27 e ss.mm.; art. 158, D.L.
19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L 17.7.2020, n. 77; Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25 § 3.3.;
6.5.2020, n. 11 § 5.10; 3.4.2020, n. 8 § 2.7; 23.3.2020, n. 6). «Pertanto, in caso di istanza di adesione
presentata dal contribuente, si applicano cumulativamente sia la sospensione del termine di impugna-
zione» di cui all’art. 6, co. 3, D.Lgs. 218/1997 «sia la sospensione di complessivi 64 giorni prevista
dal combinato disposto» degli articoli 83, co. 2, D.L. 18/2020 e 36, D.L. 23/2020 (cfr. Circ. Ag. En-
trate 20.8.2020, n. 25, § 3.3). «Si applica, inoltre, la sospensione feriale dal 1° al 31 agosto», per cui,
in caso di accertamento notificato, ad esempio, il 15 febbraio 2020, «il decorso del termine di im-
pugnazione, già sospeso dal 9 marzo all’11 maggio 2020 (…) sarà nuovamente sospeso dal 1° al 31 ago-
sto 2020» e «verrà a scadere il 17 ottobre 2020» (cfr. Circ. Ag. Entrate 25/2020). Sul punto, tutta-
via, si invita alla massima prudenza, dal momento che la giurisprudenza di legittimità ha so-
vente affermato che la sospensione feriale non è cumulabile con altri tipi di sospensione, aven-
do scopi e finalità diverse (cfr. Cass. Sentenze 12.4.2017, n. 9438; 11.11.2015, n. 23047; 28.6.2013,
n. 16347) e la (eventuale) tardività della impugnazione costituisce causa di inammissibilità rile-
vabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (a prescindere dalla posizione adottata da con-
troparte, cioè dall’Amministrazione finanziaria).
C) Invito dell’Ufficio a seguito della istanza del contribuente La presentazione, da parte del contri-
buente, dell’istanza di accertamento con adesione dovrebbe comportare l’obbligo, da parte del-
l’Ufficio, di invitare il contribuente – nel termine (ordinatorio) di 15 giorni (cfr. C.T.R. Potenza,
19.10.2016, n. 365) – a comparire per il contraddittorio; senza, peraltro, che sussista un «obbligo
di definizione dell’accertamento» (dovendo l’Ufficio «valutare, caso per caso, l’idoneità degli elemen-
ti forniti dal contribuente a ridimensionare l’accertamento effettuato»: cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235).
Secondo la (consolidata) giurisprudenza di legittimità, però, la convocazione del contribuente,
che abbia formulato istanza di accertamento con adesione, non costituisce un obbligo, ma solo
una facoltà dell’Ufficio, «da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di
decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e della opportunità di evitare la contestazione
giudiziaria» (cfr. Cass. Sentenze 30.12.2009, n. 28051; SS.UU. 17.2.2010, n. 3676; conformi Cass.
Ordinanze 17.5.2022, n. 15689; 19.12.2019, n. 34005; 16.5 2019, n. 13172; 11.1.2018, n. 474; 1.6.2016,
n. 11438; 13.2.2014, n. 3303; Cass. Sentenze 3.12.2019, n. 31472; 31.5.2016, n. 11348; 17.10.2014, n.
21991; e, per la giurisprudenza di merito, cfr. C.T.R. Roma, 13.2.2015, n. 841; altra giurisprudenza
di merito, seppur minoritaria, considera la convocazione del contribuente un obbligo dell’Uffi-
538
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

cio: cfr. C.T. II° Trento, 11.3.2009, n. 16; C.T.P. Genova 9.4.2009, n. 103 e C.T.P. Torino 16.7.2009,
n. 96; C.T.R. Roma, 12.2.2014, n. 806).

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In particolare, «l’invito a comparire ex art. 6, co. 4 [dopo la notifica dell’atto impositivo] non è ob-
bligatorio e la sua eventuale omissione non può mai determinare la nullità dell’atto», perché - anche
se l’Ufficio non ha formulato l’invito prima (della emanazione dell’avviso di accertamento) - il
contribuente può «recuperare [dopo] il dialogo con l’Amministrazione attraverso l’istanza di cui al-
l’art. 6» co. 2. Se poi a detta istanza non segua la convocazione del contribuente, questi, allora,
potrà far valere la violazione «adducendo che il contraddittorio non vi è stato neppure nella fase che
ha preceduto l’accertamento» (cfr. Cass. Ord. 23.2.2021, n. 4767).
Conclusione: nonostante la giurisprudenza di legittimità abbia definito il «contraddittorio preventi-
vo» un «principio fondamentale immanente nell’ordinamento, cui dare attuazione anche in difetto di
una espressa e specifica previsione» (cfr. Cass. Sent. 18.9.2014, n. 19667), per cui la emissione di qual-
siasi atto impositivo dovrebbe essere subordinata al suo esperimento, la omessa convocazione non
comporta la nullità del procedimento; tanto meno se precede la emissione dell’avviso di accerta-
mento, dato che il contribuente potrà formulare istanza di adesione dopo aver ricevuto l’avviso
stesso (cfr. Cass. Sentenze 29.4.2015, n. 8644; 14.1.2015, n. 444; 7.11.2013, n. 25082; C.T.R. Roma,
28.2.2012, n. 40; C.T.R. Firenze, 10.6.2011, n. 51; C.T.R. Napoli, 7.2.2011, n. 68).
D) Ulteriori effetti dell'istanza del contribuente La presentazione dell’istanza di accertamento con
adesione:
› «preclude al contribuente la possibilità di beneficiare della riduzione [a un terzo] delle sanzioni ir-
rogate», ai sensi dell’art. 15, co. 1, D.Lgs. 218/1997, dato che l’utilizzo dell'istituto dell'acquie-
scenza è subordinato alla rinuncia, da parte del contribuente, «ad impugnare l’avviso di accer-
tamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione» , (Cass. Sent.
17.7.2018, n. 18939; e C.M. 8.8.1997, n. 235);
› non dovrebbe pregiudicare, invece, la facoltà di valersi – in caso di esito negativo del procedi-
mento di adesione – della definizione delle sole sanzioni (in misura ridotta), in applicazione
dell’art. 17, D.Lgs. 472/1997, che può essere operata entro il termine di proposizione del ricor-
so, il quale riguarderà (ovviamente) solo la pretesa «impositiva». Il condizionale è d’obbligo
perché la Corte di Cassazione (Sent. 10.6.2015, n. 12006) ha affermato – in contrasto con la
legge – che l’esito negativo dell’accertamento con adesione non consente al contribuente «di
poter beneficiare della definizione agevolata delle sanzioni di cui all’art. 17, co. 2, D.Lgs. 472/1997,
concernente le sanzioni in generale, atteso che, in ordine alle “sanzioni per le violazioni concernenti
i tributi oggetto dell’adesione commesse nel periodo di imposta”, vi è la specifica previsione di cui
agli articoli 2, comma 5, e 15, comma 1 D.Lgs. 218/97».
CONTRADDITTORIO Dopo l’avvio del procedimento – attivato d’Ufficio o su istanza del contribuente –
si svolge il contraddittorio fra le parti, al quale il contribuente può partecipare personalmente o a
mezzo di rappresentante munito di «procura speciale» (ex art. 63, D.P.R. 600/1973).
Nel corso del contraddittorio, il contribuente può esporre e documentare i fatti e le circostanze
non considerate dall’Ufficio e idonee a contrastarne o limitarne le pretese; ma, prima ancora,
può redigere (con la collaborazione del suo consulente) una memoria contenente «deduzioni di-
fensive», in diritto e soprattutto nel merito, spiegando le ragioni delle scelte operate e corredan-
do la memoria con idonea documentazione di supporto. Alla fine di ognuno dei vari incontri
viene redatto un verbale che contiene le argomentazioni e le motivazioni addotte dal contri-
buente e dall’Ufficio e invita la (eventuale) documentazione depositata dal contribuente.
Il contraddittorio può concludersi:
› con l’archiviazione, nel caso in cui l’Ufficio accolga in toto le ragioni del contribuente, dando-
gli atto di aver adeguatamente provato la correttezza del proprio comportamento;
› con la notifica di un avviso di accertamento da parte dell’Ufficio, se l’istanza del contribuente
si basava su un P.V.C.; o con la conferma dei rilievi contenuti nell’atto di imposizione (già
emesso), nel caso in cui le ragioni del contribuente non siano state ritenute sufficienti (per cui
il contribuente potrà, poi, nei termini, proporre ricorso - o reclamo – alla Corte di giustizia
tributaria di primo grado avverso l’atto di accertamento che gli sarà o gli è stato notificato);
› con la definizione del rapporto tributario, cioè con un accordo, il cui contenuto viene ripro-
dotto nel c.d. atto di adesione. Esso deve essere «redatto [per is]scritto in duplice esemplare»,
deve essere sottoscritto dal contribuente (o da un suo procuratore) e dal direttore dell’Ufficio
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 539

(o da un suo delegato), a pena di nullità (cfr. Cass. Sent. 28.6.2006, n. 14945); e deve contenere:

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- una circostanziata motivazione, ossia: «gli elementi di valutazione addotti dal contribuente ed

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i relativi documenti prodotti; i percorsi logico-giuridici che conducono alla revisione della origina-
ria pretesa; i criteri adottati per la determinazione della base imponibile di ciascun tributo, in
stretta connessione agli elementi che, a seguito del contraddittorio svolto, hanno a tal fine assunto
rilevanza» (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.6.2001, n. 65);
- la liquidazione (separata) delle maggiori imposte, sanzioni, interessi e altre somme even-
tualmente dovute;
- la modalità di pagamento delle somme dovute, che può avvenire in una unica soluzione o
in forma rateale.
In proposito, la Corte di cassazione:
› ha affermato che «il c.d. accordo (ossia, la formulazione della proposta conclusiva da parte del-
l’Amministrazione seguita dalla accettazione del contribuente) … è, in sé, privo di ogni efficacia
esterna poiché è suscettibile di svolgere effetti solo se ed in quanto trasfuso nell’atto di adesione, ne-
cessariamente sottoscritto dalle parti, e purché puntualmente adempiuto» (cfr. Cass. Sent.
11.5.2021, n. 12372);
› ha escluso che le affermazioni rese in sede di accertamento con adesione «rilevino come prova
o come riconoscimento dei fatti, rientrando nell’alveo delle attività dirette a comporre le rispettive
posizioni in via anticipatoria rispetto alla instaurazione della lite» (cfr. Cass. Ord. 11.7.2022, n.
21947);
› salvo, ritenere, in altra occasione, che l’accordo rileva sul piano probatorio anche se l’adesione
non si è perfezionata: il «verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento con ade-
sione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un docu-
mento probatorio utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato per-
fezionamento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e
la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che l’hanno sot-
toscritto, ferma restando la libertà del Giudice di valutare la rilevanza e attendibilità delle circo-
stanze ivi rappresentate» (cfr. Cass. Ord. 28.2.2022, n. 6391).
Da ultimo, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, e conseguente sospensione
delle attività di controllo e accertamento (fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza) da parte
degli Enti impositori, l’Agenzia delle Entrate:
› ha suggerito ai propri uffici di «evitare lo svolgimento delle attività sopra indicate, al fine di non
sollecitare spostamenti fisici da parte dei contribuenti e loro rappresentanti, nonché del personale
dipendente»;
› ha precisato che «laddove ci sia in concreto un condiviso interesse a svolgere comunque il procedi-
mento di accertamento con adesione, è possibile, in un’ottica di “collaborazione e buona fede” tra
Fisco e contribuente, dar seguito a tali esigenze» (cfr. Circ. Ag. Entrate 23.3.2020, n. 6, le cui indi-
cazioni, salvo gli opportuni adattamenti, restano attuali: cfr. Circ. Ag. Entrate 20.6.2022, n. 21,
§ 1.7);
› ha delineato le procedure per lo svolgimento del procedimento «a distanza», specificando che
le predette indicazioni sono adattabili a tutte le modalità con cui si svolge l’accertamento con
adesione e, in generale, «ad ogni altro procedimento tributario che richieda la partecipazione ov-
vero l’intesa con il contribuente».
Singole fattispecie
i) Rettifiche fondate sulla violazione del principio di competenza (temporale) In sede di contradditto-
rio è possibile definire anche le contestazioni relative alla imputazione a periododi un determi-
nato componente di reddito. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 2.8.2012, n. 31, ha consen-
tito al contribuente, nel caso di definizione in accertamento con adesione, di recuperare l’impo-
sta in via di compensazione,purché la richiesta sia formulata già nelle prime fasi del contraddit-
torio. Questo, infatti, costituisce «la sede idonea per operare, su richiesta del contribuente, la
compensazione tra l’imposta oggetto di contestazione, riconducibile al componente negativo erronea-
mente dedotto in difetto di competenza, e l’imposta rimborsabile che emergerebbe dalla corretta impu-
tazione del medesimo componente. Nell’ambito del contraddittorio, (…) l’ufficio esamina la posizione
del contribuente, compresa la spettanza del rimborso dell’imposta versata in eccedenza nel periodo di
imposta di corretta imputazione del componente negativo precedentemente non dedotto,[e] il contri-
540
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

buente ha la possibilità di fornire tutti gli elementi indispensabili ai fini della effettuazione della com-
pensazione». Se, sussistendone le condizioni, la compensazione (delle imposte) viene riconosciu-

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ta praticabile, nell’atto di adesione l’Ufficio dovrà precisare che essa potrà avvenire solo a segui-
to del perfezionamento della procedura; e il contribuente deve dichiarare di rinunciare ad ogni
eventuale domanda di restituzione dell’imposta compensata, già presentata o da presentare, an-
che mediante dichiarazione integrativa (cfr. Circ. Ag. Entrate 2.8.2012, n. 31).
Detta regola è applicabile non solo in tutti i casi di indebita deduzione di un costo per violazione
del principio di competenza ma, anche, alla «ipotesi di non corretta imputazione temporale di com-
ponenti positivi, ripresi a tassazione dall’ufficio accertatore in un periodo di imposta successivo rispet-
to a quello in cui gli stessi componenti hanno già concorso alla determinazione del reddito» (cfr. Circ.
Ag. Entrate 20.9.2012, n. 35).
L’imposta indebitamente versata a seguito della violazione del principio di competenza - oltre che
a seguito di compensazione - può essere recuperata anche a seguito della presentazione di una
istanza di rimborso, come riconosciuto sia dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sentenze
8.7.2009, n. 16023, 10.3.2008, n. 6331), sia dalla prassi amministrativa (cfr. C.A.E. 4.5.2010, n. 23 e
27.6.2011, n. 29); istanza che va presentata entro 2 anni dalla data in cui la pretesa è divenuta defi-
nitiva. In proposito, una recente decisione della Cassazione ha statuito che «il contribuente può
esercitare il diritto alla restituzione del maggior importo versato (…) formulando istanza di rimborso ex
art. 38 del D.P.R. 602/1973 (o, in via residuale, ex art. 21 del D.Lgs. 546/1992)» (cfr. Cass. Ord.
22.2.2022, n. 5696), facendo decorrere il biennio dal momento del versamento; anche se la stessa
Corte (a partire dalla Sentenza 10.3.2008, n. 6331), aveva costantemente affermato che i termini
per l’esercizio del diritto al rimborso decorrono dalla formazione del giudicato sulla legittimità del
recupero dei componenti di reddito non dichiarati nell’esercizio di competenza: così da evitare la
violazione del divieto di doppia imposizione (conformi Cass. Sentenze 30.7.2020, n. 16352;
30.7.2018, n. 20095; 6.9.2017, n. 20805; 11.2.2013, n. 3261).
Infine, l’Agenzia delle Entrate aveva ammesso la possibilità di correggere gli errori contabili an-
che mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore oltre il c.d. termine bre-
ve, e, cioè «qualora l’annualità oggetto di errore non sia più emendabile» (cfr. Circ. Ag. Entrate
24.9.2013, n. 31). La procedura prevista dalla predetta circolare «deve [però] intendersi superata
dalla nuova disciplina recata dall’art. 2, co. 8, del D.P.R. 322/1998» che consente di operare detta
correzione presentando una dichiarazione integrativa (cfr. Circ. Ag. Entrate 7.4.2017, n. 8, par.
15.4) entro i termini di decadenza dell’accertamento, indipendentemente dal tipo di rettifica e,
quindi, anche nel caso di rettifica a favore del contribuente; con la ulteriore possibilità di utiliz-
zare in compensazione il credito emergente dalla dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 17,
D.Lgs. 241/1997 (cfr. Quadro DI del Modello Redditi). Quanto agli effetti della modifica dell’art.
83 del D.P.R. 917/1986, sulla rilevanza fiscale della correzione degli errori contabili «nell’esercizio
in cui viene effettuata in conformità ai principi contabili esistenti, evitando così alle imprese la
presentazione di un’apposita dichiarazione integrativa (IRES-IRAP) del periodo in cui la compo-
nente di reddito avrebbe dovuto essere contabilizzata ed eliminando i connessi oneri di adempi-
mento», si rimanda al commento del capitolo sul Ravvedimento operoso).
ii) Computo perdite Nel corso del procedimento di adesione è possibile tenere conto, nella determi-
nazione di quanto complessivamente dovuto delle «perdite» fiscalmente rilevanti: il nuovo co. 1-
ter dell’art. 7, del D.Lgs. 218/1997, infatti, estende la possibilità, già prevista nell’ambito della de-
finizione del consolidato (si veda oltre), di computare, in diminuzione dai maggiori imponibili,
le perdite relative al periodo di imposta oggetto di accertamento e le perdite pregresse non uti-
lizzate, fino a concorrenza del loro ammontare.
Se le perdite sono relative allo stesso periodo di imposta oggetto di accertamento, lo scomputo
opera automaticamente, senza necessità che il contribuente presenti alcuna richiesta, dovendo
l’Ufficio provvedere alla rettifica in diminuzione del maggior imponibile; se invece, si tratta di
perdite pregresse, dovrà essere il contribuente a chiedere, con una apposita istanza, che esse si-
ano utilizzate in diminuzione dell’imponibile accertato, sempre che residui un imponibile dopo
che sono state utilizzate le perdite di periodo.
Il Modello (denominato) IPEA per la presentazione dell’istanza di computo delle perdite (appro-
vato, insieme alle relative istruzioni, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate,
12.10.2016, n. 2016/164492), deve essere presentato:
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 541

› esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite gli intermediari abilitati;

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


› nel corso del contraddittorio, se il procedimento di accertamento con adesione è anteriore alla

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notifica dell’avviso di accertamento (cfr. Provv. A.E. 12.10.2016, n. 2016/164492);
› entro il termine per la proposizione del ricorso «tenuto conto del periodo di sospensione previsto
dall’art. 6, co. 3 del D.Lgs. n. 218 del 1997» (90 giorni), nel caso di accertamento con adesione
successivo all’avviso di accertamento.
I termini di presentazione dell’istanza sono distintamente individuati a seconda delle ipotesi per le
quali si chiede l’utilizzo in diminuzione delle perdite, ma devono considerarsi, in ogni caso, tempe-
stive «le istanza trasmesse entro i termini previsti, ma scartate dal servizio telematico, purché ritrasmesse
entro i cinque giorni lavorativi successivi alla data di emissione della comunicazione dell’Agenzia delle En-
trate, che attesti il motivo dello scarto» (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.4.2017, n. 15, par. 3.2).
Nelle ipotesi di procedimento di adesione «antecedente alla notifica dell’avviso di accertamento, il con-
tribuente ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dai maggiori imponibili le perdite pre-
gresse non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo» presentando in via telematica, nel corso del
contraddittorio, il Modello IPEA. L’Ufficio, se «riscontra la utilizzabilità delle perdite richieste a scompu-
to del maggiore imponibile oggetto di definizione, predispone l’atto di adesione»; emette, invece, l’avviso
di accertamento se la definizione non si perfeziona (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.4.2017, n. 15, par. 4.3).
Il procedimento è analogo nel caso di accertamento con adesione successivo all’avviso di accerta-
mento, nel senso che «l’Ufficio, previo riscontro della utilizzabilità delle perdite, predispone l’atto di accer-
tamento con adesione»; ovvero, nel caso di mancato accordo, ricalcola le maggiori imposte e le corre-
late sanzioni e comunica l’esito del ricalcolo al contribuente. Però, gli effetti della presentazione del
Modello IPEA, sulla sospensione dei termini di impugnazione dell’avviso di accertamento, sono di-
versi:
se «il contribuente presenta il Modello IPEA e, successivamente, presenta istanza di accertamento con ade-
sione», la presentazione del predetto Modello, da effettuarsi entro il termine di proposizione del ri-
corso (60 giorni dalla notifica dell’atto), sospende la impugnazione dell’atto per 60 giorni. Il contri-
buente dispone, quindi, di 120 giorni (dalla notifica dell’atto), per presentare istanza di accertamento
con adesione, cui consegue la sospensione del termine di impugnazione per ulteriori 90 giorni;
se «il contribuente presenta istanza di accertamento con adesione e, nel corso del contraddittorio, pre-
senta il Modello IPEA», la presentazione della predetta istanza, da effettuarsi entro il termine di
proposizione del ricorso (60 giorni dalla notifica dell’atto), sospende la impugnazione dell’atto
per 90 giorni. Il contribuente dispone, quindi, di 150 giorni (dalla notifica dell’atto), per presen-
tare il Modello IPEA (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.4.2017, n. 15, par. 4.2).
La circolare schematizza le due ipotesi come segue:

Termine ordinario Periodo di sospensione Termine totale


Ipotesi 1 60 giorni Modello IPEA+ 60 Istanza adesione+ 210 giorni
giorni 90 giorni
Ipotesi 2 60 giorni Istanza adesione+ Modello IPEA+ 60 210 giorni
90 giorni giorni

Si ricorda, infine, che:


› «le perdite richieste mediante presentazione del Modello [IPEA], per la parte computata in diminu-
zione, non sono più nella disponibilità del contribuente»;
› «per perdite pregresse devono intendersi le perdite maturate anteriormente al periodo di imposta
oggetto di rettifica e ancora utilizzabili alla data di chiusura dello stesso»;
› «l’atto predisposto [dall’Ufficio] è sottoscritto dal contribuente e la definizione si perfeziona per ef-
fetto del compimento degli adempimenti di cui all’art. 9, D.Lgs. 218/1997» (cfr. Provvedimento n.
2016/164492, cit., nonché Circ. Ag. Entrate 15/2017).
iii) Computo eccedenza A.C.E. Com’è noto, l’«Aiuto alla crescita economica» è un incentivo alla ca-
pitalizzazione delle imprese che si finanziano con capitale proprio (che si concretizza in una ri-
duzione della imposizione sui redditi), la cui disciplina è stata oggetto di alterne vicende (si ve-
da, da ultimo, l’art. 19, co. 2-7 del D.L. 25.5.2021, n. 73, conv. con modif. in L. 23.7.2021, n. 106).
Posto che «non esiste alcuna normativa in relazione allo scomputo dell’eccedenza di A.C.E. dai mag-
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giori imponibili accertati o definiti ai fini IRES», l’Agenzia delle Entrate ha diramato la Circolare
21.3.2019, n. 5, per cercare di ripristinare la «situazione che si sarebbe realizzata» se il contribuen-

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te avesse, da subito, dichiarato correttamente il proprio reddito imponibile: sotto questo profilo,
l’accertamento con adesione «costituisce la sede idonea per operare, su richiesta del contribuente, il
riconoscimento della eccedenza A.C.E., in considerazione della necessità di operare il riscontro della
utilizzabilità di tale eccedenza, anche con riferimento alla spettanza sostanziale della stessa, compresa
ogni verifica in ordine all’applicabilità della disposizioni antielusiva di cui all’art. 10 del decreto A.C.E.
L’eccedenza di rendimento nozionale deve:
› trovare esposizione nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta oggetto di rettifica;
› essere riportata nei periodi successivi e
› essere ancora non utilizzata, e quindi, disponibile, al momento dello scomputo in sede di definizione
in adesione».
In presenza di perdite di periodo o pregresse «utilizzabili», il contribuente, in sede di accerta-
mento con adesione, «può richiedere lo scomputo della eccedenza A.C.E. per abbattere solo la parte
del maggior imponibile che ecceda le eventuali perdite di periodo e pregresse riportabili (…) esposte
nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica e utilizzabili nella misura prevista in re-
lazione alla loro natura (…)»: «il contribuente [infatti] ai fini della formazione della propria base im-
ponibile deve dedurre prioritariamente le perdite rispetto all’A.C.E.», con la conseguenza che, anche
in sede di adesione, «dal maggior reddito accertato [sono] prioritariamente scomputate le perdite
stesse rispetto alla eccedenza di rendimento nozionale».
iv) Credito per imposte pagate all’estero Il procedimento di adesione costituisce, infine, «la sede ido-
nea per poter valutare la possibilità di ricalcolo della detrazione del credito d’imposta pagata all’este-
ro anche nella situazione (…) in cui il reddito oggetto di rettifica sia quello italiano, nell’ottica di ripri-
stino della situazione che si sarebbe realizzata qualora il contribuente avesse dichiarato sin da subito
il proprio imponibile nella misura corretta (…). In tale ipotesi, infatti, il credito per le imposte pagate
all’estero sarebbe stato detratto dall’imposta italiana nella misura conseguente al corretto imponibile
dichiarato. Pertanto, (…) la detrazione del credito per le imposte pagate all’estero, riportata a nuovo fi-
no all’ottavo esercizio successivo ai sensi del comma 6 dell’articolo 165 del TUIR, se ancora disponibi-
le, [può] essere riconosciuta in detrazione dalla maggiore imposta definita, su richiesta del contri-
buente in sede di contraddittorio nell’ambito del procedimento di adesione» (cfr. Circ. Ag. Entrate
21.3.2019, n. 4).
Modalità particolari di adesione
1. Società e Associazioni (art. 4, co. 2) La procedura di definizione, per i soggetti che producono red-
diti in forma associata (di cui all’art. 5, D.P.R. 917/1986) e/o che optano per la trasparenza fiscale
(di cui agli artt. 115 e 116, stesso decreto) è unitaria, a valere nei confronti della entità collettiva e
dei soggetti partecipanti (per le quote di reddito imputabili a ciascun socio/associato). «La inter-
venuta definizione del reddito da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei
confronti» dei soci, per cui «l’Erario deve procedere al recupero per trasparenza, ai sensi dell’art. 5,
co. 1 del TUIR, nei confronti dei soggetti estranei al procedimento di accertamento con adesione (nella
specie, il socio) sulla base di questo e, quindi, nella misura concordata con la società» (cfr. Cass. Ord.
9.4.2021, n. 9392). Altra decisione della Corte di Cassazione, ha ritenuto, invece, che «l’ordina-
mento non ha previsto l’automatica estensione degli effetti dell’accertamento con adesione concordato
dalla società in favore dei suoi soci, con riferimento agli accertamenti conseguenziali emessi nei loro
confronti» (cfr. Cass. Ord. 25.9.2020, n. 20200).
Ancora, la procedura unitaria, a valere nei confronti della entità collettiva e dei soggetti parteci-
panti, non si applicherebbe alle società di capitali a ristretta base partecipativa, tanto più se dal-
l’accertamento emerge «che la differenza tra quanto dichiarato e quanto accertato presuntivamente
corrisponde a ricavi occultati, di natura conseguentemente extracontabile, poi rideterminati in sede di
procedimento con adesione tra società e Fisco» (cfr. Cass. Ord. 29.11.2021, n. 37193): come dire che
non sussiste l’obbligo di avvio contestuale del contraddittorio con la società e i soci se la prima
conclude un accertamento con adesione relativo ad un atto fondato sulla presunzione di attri-
buzione ai soci di utili extracontabili.
L’Ufficio, competente all’accertamento nei confronti della società, procede, con un unico atto,
anche alla definizione della posizione dei soci per addivenire (possibilmente) «alla chiusura di
tutte le posizioni dei soggetti interessati i quali, in caso di attivazione del procedimento da parte del-
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l’ufficio competente (…) dovranno essere tutti convocati» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235).

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Questo non impedisce, però, che ciascun partecipante possa decidere, autonomamente, se defi-

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nire o meno la propria posizione, cioè possa, anche singolarmente, accedere «alla definizione pur
in assenza di adesione da parte del soggetto partecipato»; e, per altro verso, che, «fermo restando che
la definizione produce i suoi effetti solo per coloro che hanno aderito (…) – nei confronti dei soggetti
(…) che, benché ritualmente convocati, non hanno partecipato al contraddittorio ovvero, pur avendovi
partecipato, non hanno aderito – gli uffici ordinariamente competenti all’accertamento (…) emetteran-
no atti di accertamento sulla base della definizione intervenuta nei confronti degli altri soggetti, con
irrogazione delle sanzioni in misura ordinaria» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235). «L’intervenuta definizio-
ne, da parte della società [infatti] costituisce titolo per l’accertamento ai sensi del D.P.R. 600/1973, art.
41-bis (…) nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma asso-
ciata» (in proposito, cfr. Cass. Ord. 9.4.2021, n. 9392); fatta salva «la possibilità del socio di conte-
stare la pretesa tributaria spiegata contro di lui convenendo in giudizio anche la società e gli altri soci,
attesa la unitarietà del presupposto impositivo» (cfr. Cass. Sent., 16.12.2011, n. 27145). Secondo parte
della giurisprudenza di merito, però, l’azione in giudizio «del socio estraneo all’adesione per la
contestazione del reddito imputato alla società» è subordinata alla instaurazione del processo in
applicazione dell’istituto del litisconsorzio necessario; per cui «il presupposto per l’azione giudi-
ziale del socio rimasto estraneo all’adesione non può e non deve essere circoscritto alla presenza di ec-
cezioni di tipo personale. Infatti, se il giudizio deve instaurarsi secondo l’istituto del litisconsorzio ne-
cessario, la domanda del ricorrente non potrà, evidentemente, che fondarsi su eccezioni diverse da
quelle personali» (cfr. C.T.R. Torino, 20.3.2015, n. 341); ma, in altra occasione, la Corte di cassa-
zione ha ritenuto che, una volta divenuto incontestabile il reddito della società a seguito della
definizione, NON si configura, tra società e soci, un litisconsorzio necessario (cfr. Cass. Sent.
15.7.2016, n. 14490).
Da ultimo, la Cassazione ha, comunque, affermato che la presentazione dell’istanza di accerta-
mento con adesione da parte della Società non comporta, anche per il socio, la sospensione del
termine di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti (cfr. Cass. Sent.
13.1.2022, n. 879).
2. Consolidato fiscale nazionale (art. 9-bis) La definizione in adesione è coordinata con la procedura
unitaria di accertamento, che prevede «un unico atto di accertamento, indirizzato [e notificato] sia
alla consolidante sia alla consolidata» nel quale sono fatte confluire «le risultanze dei controlli di
quest’ultima» (cfr. Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27). Con l’atto unico di accertamento viene, infat-
ti, rettificato il reddito proprio di ciascun soggetto partecipante al consolidato e viene, conte-
stualmente, determinata la maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale.
L’atto unico consente alle Società di partecipare al procedimento di accertamento ordinario (ex
art. 40-bis, D.P.R. 600/1973) e di accedere alla sua definizione secondo le diverse modalità previ-
ste dall’art. 9-bis, D.Lgs. 218/1997.
Restano esclusi dalla definizione in adesione «gli atti che non hanno ad oggetto le rettifiche del
reddito complessivo proprio di ciascun soggetto partecipante alla fiscal unit (ivi compresa la consoli-
dante per i redditi propri)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27).
A seguito della notifica dell’atto unico (ex art. 6, co. 2, D.Lgs. 218/1997), sia la consolidante che la
consolidata possono (sempre che l’atto unico non sia stato preceduto dall’invito a comparire di
cui all’art. 5, D.Lgs. 218/1997), presentare istanza di accertamento con adesione, entro i termini
previsti per l’impugnazione dell’atto medesimo.
Il procedimento per la definizione in adesione si svolge con la partecipazione – contestualmente
o disgiuntamente – sia della consolidante che della consolidata interessata dalle rettifiche; la
presenza di entrambi i soggetti non è, peraltro, condizione necessaria per il perfezionamento
della definizione, dato che l’atto di adesione si perfeziona qualora gli adempimenti previsti dal-
l’art. 9, D.Lgs. 218/1997 siano posti in essere anche da una sola.
L’accertamento con adesione si perfeziona solo se, entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’atto
di adesione, viene effettuato – anche da una sola delle parti interessate (la consolidante o la
consolidata) – il pagamento delle somme dovute con le modalità di cui all’art. 8, D.Lgs. 218/1997.
2.1. Rettifiche fondate sulla violazione del principio di competenza La compensazione può avvenire:
› se la società accertata appartiene al consolidato in entrambi i periodi di imposta interessati
alla rettifica, a condizione che la richieda espressamente la consolidante; e
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D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

› «nella diversa ipotesi in cui la società oggetto di controllo partecipi alla fiscal unit nel periodo di
imposta accertato, ma non aderisca al regime di tassazione di gruppo in quello di corretta imputa-

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zione del componente negativo, a condizione che la richieda la consolidata (soggetto legittimato a ri-
chiedere l’eventuale rimborso)»;
› non può avvenire, invece, «nell’ipotesi in cui la società oggetto di controllo non appartenga alla fi-
scal unit nel periodo di imposta accertato, mentre aderisce al consolidato in quello di corretta impu-
tazione del componente negativo» (cfr. Circ. Ag. Entrate 2.8.2012, n. 31).
2.2. Disconoscimento dell'opzione L’accertamento con adesione costituisce «l’unica sede» per ricono-
scere in capo alle singole società ex consolidate, i versamenti di imposta effettuati dalla ex con-
solidante, nel caso in cui l’Ufficio disconosca la efficacia della opzione per la tassazione di grup-
po e ridetermini il reddito attribuito alle predette società. In questo caso, l’Ufficio emette l’avvi-
so di accertamento contenente l’imposta accertata, i relativi interessi e la motivazione in base
alla quale effettua il disconoscimento e riliquida la dichiarazione presentata (dalla consolidante)
facendo emergere la eventuale imposta dovuta: se quest’ultima è già stata versata (dalla conso-
lidante), l’Ufficio, nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione, ne tiene conto–
«su richiesta delle società aderenti alla fiscal unit disconosciuta» – computando il versamento in
diminuzione dall’imposta netta dovuta da ciascuna società sottoposta ad accertamento, a condi-
zione che «tutte le società aderenti al consolidato disconosciuto definiscano le pretese» e che «la con-
solidante dichiari formalmente in atti di non essere legittimata» a richiederne in alcun modo il rim-
borso o l’utilizzo. Sull’imposta oggetto di definizione sono rideterminati gli interessi e si applica
la sanzione per omesso versamento di cui all’art. 13, D.Lgs. 471/1997 (cfr. Circ. Ag. Entrate
21.2.2014, n. 3).
2.3. Computo perdite pregresse La consolidante può presentare, esclusivamente in via telematica, il
Modello IPEC per chiedere che vengano computate in diminuzione le perdite del consolidato
non ancora utilizzate (art. 9-bis); tale istanza determina una (ulteriore) sospensione del termine
di 60 giorni (cfr. art. 40-bis, co. 3, D.P.R. 600/1973 e Circ. Ag. Entrate 6.6.2011, n. 27, par.8.1), nel
corso del quale l’Ufficio, verificata la utilizzabilità delle perdite, predispone l’atto di adesione
contenente gli imponibili definiti al netto delle perdite utilizzabili. Anche i soggetti aderenti al
consolidato possono richiedere il computo in diminuzione delle perdite, presentando (non il
Modello IPEC, ma) il Modello IPEA, nelle tre seguenti ipotesi relative a perdite:
› «anteriori al regime di tassazione di gruppo;
› riattribuite a seguito di interruzione o revoca dell’opzione per il consolidato;
› del consolidato in relazione alla rettifica del Modello CNM» (cfr. Circ. Ag. Entrate 28.4.2017, n. 15).
2.4. Computo eccedenza A.C.E. «L’eccedenza di A.C.E. deve essere trasferita alla fiscal unit fino a con-
correnza del reddito complessivo netto globale del consolidato», e la consolidata «è l’unico soggetto
legittimato a richiedere l’utilizzo della eccedenza di A.C.E. per abbattere i maggiori imponibili accertati
con l’atto unico» (cfr. Circ. Ag. Entrate 21.3.2019, n. 5); per cui la consolidata – che abbia ecceden-
za A.C.E. maturata in costanza di regime ancora utilizzabile – può chiedere di abbattere, in sede
di adesione, «il maggior imponibile accertato mediante l’atto unico esclusivamente per la parte che
ecceda la somma degli importi delle perdite nel seguito indicate:
l’eventuale perdita di periodo trasferita alla fiscal unit dalla consolidata che ha maturato la eccedenza
di A.C.E.;
le eventuali perdite della medesima consolidata anteriori all’esercizio dell’opzione di cui all’art.
118, co. 2 del TUIR (nei limiti di cui all’art. 84 del TUIR).
Pertanto, se il maggior imponibile definito non eccede tali perdite, l’eccedenza A.C.E. non può essere
scomputata. Se, invece, il maggior imponibile definito supera sia l’importo delle perdite di periodo di
cui al punto 1) sia le perdite anteriori di cui al punto 2), tenendo conto di quelle utilizzabili nel periodo
d’imposta oggetto di rettifica e nella misura relativa alla loro natura, può essere scomputata eccedenza
A.C.E. per l’importo che eccede la somma dei due» (cfr. Circ. Ag. Entrate 21.3.2019, n. 5).
Accertamento con adesione «rafforzato» ex art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n.
297, Legge di Bilancio 2023 I commi da 179 a 185 dell’art. 1 «disciplinano la definizione agevo-
lata degli atti del procedimento di accertamento riferibili ai tributi amministrati dall’Agenzia delle En-
trate». (…).
In particolare, in base al comma 179, «possono essere definiti [in via agevolata] gli accertamenti con
adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218/1997, relativi a:
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 545

› processi verbali di constatazione redatti, ai sensi dell’art. 24 della L. 7.1.19292, n. 4, e consegnati en-

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


tro il 31 marzo 2023;

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› avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e di liquidazione non impugnati e ancora impugnabili al-
la data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023) e quelli notificati successi-
vamente, ma entro il 31 marzo 2023;
› inviti al contraddittorio ex art. 5-ter del D.Lgs. 218 del 1997, notificati entro il 31 marzo 2023» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
L’invito ex art. 5-ter non riguarda le imposte d’atto, gli accertamenti parziali, i casi di particolare
e motivata urgenza, o di fondato pericolo per la riscossione, nonché quelli in cui la legge già
prevede il contraddittorio preventivo, ma il Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663, ha «esteso» l’ap-
plicazione delle citate disposizioni «anche agli accertamenti con adesione relativi ad inviti al con-
traddittorio emessi ai sensi degli articoli 5, co. 1 e 11, comma 1, del D.Lgs. 218/1997, notificati entro il 31
marzo 2023». In particolare, con riferimenti ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate,
per gli accertamenti con adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218/1997 relativi agli «inviti
al contraddittorio emessi ai sensi degli articoli 5, comma 1, 5-ter e 11, comma 1 del D.Lgs. 218/1997,
notificati entro il 31 marzo 2023, le sanzioni di cui al comma 5 dell’art. 2 e al comma 3 dell’art. 3 del
citato decreto legislativo n. 218 del 1997 si applicano nella misura dei un diciottesimo del minimo pre-
visto dalla legge» (cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U.
30.3.2023, n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha specificato l’ambito di applicazione dell’istituto
(anche con una disposizione di interpretazione autentica); posticipato i termini di alcuni adem-
pimenti; e previsto una causa di non punibilità per alcuni reati di cui al D.Lgs. 74/2000 (cfr. gli
articoli 21, co. 3, 17 co. 1, 18 e 23 del citato decreto).
Sono definibili ai sensi delle norme in esame anche gli avvisi di accertamento, di rettifica e di li-
quidazione e gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023 «dive-
nuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio
2023» entro 30 giorni dall’entrata in vigore del D.L. 34/2020 (cfr. art. 17, co. 1).
Inoltre, secondo la interpretazione autentica, le disposizioni relative ai P.V.C., consegnati entro il
31.3.2023, «si interpretano nel senso che la definizione agevolata ivi prevista si applica anche all’accerta-
mento con adesione relativo agli avvisi di accertamento notificati successivamente a tale data sulla base
delle risultanze dei predetti processi verbali» (cfr. art. 21, co. 3). Quindi, l’adesione al P.V.C. consegna-
to entro la citata data è ammessa anche in caso di accertamento notificato dopo il 31.3.2023.
In merito ai P.V.C. si era già espressa l’Agenzia delle Entrate, precisando che: «presupposto per
l’adesione agevolata avviata su processo verbale di constatazione è esclusivamente l’avvenuta consegna
dello stesso entro il 31.3.2023. Pertanto, si conferma che, con riferimento ai processi verbali di consta-
tazione consegnati entro il 31.3.2023, è possibile la definizione agevolata sia nel caso di istanza pre-
sentata dal contribuente ai sensi dell’art. 6, co. 1, del D.Lgs. 218/1997, sia nell’ipotesi di invito di inizia-
tiva dell’Ufficio ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto legislativo, anche successivi al 31.3.2023, purché
sia sottoscritto l’accertamento con adesione e lo stesso sia perfezionato con il pagamento» (cfr. C.A.E
20.3.2023, n. 6).
La definizione agevolata degli atti del procedimento di adesione - riferiti ai (soli) tributi ammini-
strati dall’Agenzia delle Entrate - concerne:
› i processi verbali di constatazione (P.V.C.) consegnati entro il 31 marzo 2023;
› gli avvisi di accertamento, rettifica, liquidazione:
- non impugnati e per i quali, alla data di entrata in vigore della norma, non siano decorsi i
termini per presentare ricorso;
- notificati entro il 31 marzo 2023 (purché non preceduti da invito a comparire ex art. 5 del
D.Lgs. 218/1997, il quale preclude la possibilità di formulare l’istanza di adesione);
- gli inviti a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento (ex art.
5-ter del D.Lgs. 218/1997) notificati entro il 31 marzo 2023.
La Circolare 2/2023 precisa che:
› «la disposizione risulta (…) direttamente applicabile dai contribuenti in fase di versamento degli im-
porti dovuti», anche nelle more dell’adozione delle disposizioni necessarie per la sua attuazio-
ne, di cui ai Provvedimenti (si veda il Provv. Dir. A.E. n. 27663, emanato il 30.1.2023), cui rin-
via il co. 184;
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D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

› «per poter accedere alla definizione è necessario che l’adesione non risulti perfezionata alla data del
1° gennaio 2023»;

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› «in assenza di preclusioni legislative, rientrano nella categoria degli atti definibili anche gli accerta-
menti notificati entro il 31 marzo 2023, dovuti al mancato perfezionamento dell’adesione, previa-
mente attivata prima della notifica dell’atto impositivo, a seguito di inviti emessi dall’Ufficio. Ciò
poiché il momento ultimo per avvalersi della definizione è la notifica dell’accertamento entro la data
del 31 marzo 2023».
Sono esclusi dalla definizione:
› gli atti impugnati e quelli per i quali, alla data di entrata in vigore della norma, sia decorso il
termine di impugnazione;
› gli atti notificati dopo il 31 marzo 2023;
› gli atti derivanti dai controlli ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973, ai quali non può essere appli-
cata la definizione agevolata delle sanzioni a un diciottesimo, né la specifica rateazione previ-
sta dai commi da 179 a 185; e quelli di cui all’art. 16 del D.Lgs. 472/1997, che prevedono la irro-
gazione delle sole sanzioni (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6);
› e, per espressa previsione normativa, tutti gli atti emessi nell’ambito della procedura di colla-
borazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’art. 5-quarter del D.L. 167/1990.
Inoltre, considerato l’esplicito riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, do-
vrebbero essere esclusi dalla definizione, tra gli altri, anche i tributi locali, doganali e le accise.
Benefici della definizione Sono tre: la riduzione delle sanzioni amministrative, la estensione del
pagamento rateale e l’esclusione della punibilità per alcuni reati tributari.
Per gli accertamenti con adesione relativi agli atti sopra indicati, «il beneficio derivante dalla defi-
nizione agevolata consiste nell’applicazione delle sanzioni previste rispettivamente dai commi 5 e 3 dei
citati articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218 del 1997, nella misura di un diciottesimo del minimo previsto dalla
legge» (in luogo della ordinaria riduzione a 1/3). «Ad esempio, per gli avvisi di accertamento esecu-
tivi, l’importo delle sanzioni definibili, in sede (di acquiescenza e) di adesione, è pari ad un sesto di
quelle che il contribuente avrebbe dovuto versare per definire in maniera agevolata l’atto entro i termi-
ni per presentare ricorso. Pertanto (…), in sede di adesione l’importo delle sanzioni dovute sarà pari ad
un sesto del terzo dovuto ai sensi dell’art. 2, co. 5 del D.Lgs. 218 del 1997 (corrispondente ad un diciot-
tesimo del minimo previsto dalla legge)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). L’altro beneficio riguarda la
possibilità di estendere il pagamento rateale in un numero massimo di venti rate trimestrali di
pari importo (quindi, oltre il numero massimo previsto dalla disciplina a regime).
Modalità Per effettuare la definizione, il contribuente deve procedere al versamento dell’intera im-
posta, degli interessi, e della sanzione ridotta a 1/18 (in luogo di quella prevista nella misura di
1/3), secondo la disciplina ordinaria. Secondo la prassi non operano il cumulo giuridico e la
continuazione ex art. 12, del D.Lgs. 472/1997.
Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione o in forma rateale. In questo secondo
caso, la novella – in deroga alle disposizioni specifiche previste dall’istituto (8 o 16 rate) – preve-
de che il versamento possa essere effettuato in un massimo di 20 rate trimestrali di pari impor-
to, da effettuarsi entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima
rata, con applicazione degli interessi al saggio legale per le rate successive alla prima. È, però,
esclusa la possibilità di effettuare la compensazione con Mod. F24 ex art. 17 del D.Lgs. 241/1997
(cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663; diversamente dalla disciplina a regime).
Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 218 del 1997, non derogate, per cui
la definizione «si perfeziona
› con riferimento agli atti del procedimento di adesione di cui al co. 179, con il pagamento, entro 20
giorni dalla sottoscrizione, dell’intero importo ovvero della prima rata entro il medesimo termine,
prevista dall’eventuale piano di rateazione;
› (…).»
Nel caso in cui non venga effettuato il versamento previsto per il perfezionamento, l’Ufficio procederà
alla normale attività che segue gli atti del procedimento dell’accertamento» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
«In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’art. 15-ter del
D.P.R. 602 del 1973» (cfr. C.A.E. 2/2023, nonché Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663).
Infine, l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34 introduce una causa speciale di non punibilità di alcuni
reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 547

› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);

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› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00
«quando euro (art.
le relative 10-quater);
violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integral-
mente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1,
commi da 166 a 252 della L. 197/2022 (compresi, quindi, i commi da 179 a 185, in esame), «pur-
ché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23,
co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto
dovuto, prescindendo dal fatto che l’accertamento con adesione rafforzato si perfeziona a segui-
to del versamento anche solo della prima delle rate dovute.
La disciplina in esame si distingue, inoltre, da quella a regime, perché estende temporalmente la
possibilità di valersi della causa speciale di non punibilità entro la prima delle pronunce di ap-
pello (non con riferimento a prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo
grado).
La procedura prevede che il contribuente:
› comunichi immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata, in
caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente
› informi l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimen-
ti del
Dalla relativo della
ricezione procedimento penale (cfr. art. 23,
predetta comunicazione, co. 2). di merito è sospeso fino al momento
il processo
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
neidella
casi rateazione (cfr. art.
previsti dall’art. 39223,
delco. 3). di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
codice
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato:
› da un lato, che «resta ferma la possibilità per i contribuenti di definire gli atti rientranti nell’ambi-
to di applicazione della regolarizzazione secondo le regole ordinarie previste dalla normativa vigen-
te, utilizzando, in tali ipotesi, ove normativamente prevista, la compensazione prevista dall’art. 17
del D.Lgs. 241/1997»;
› dall’altro, che «gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate forniscono l’assistenza eventualmente richiesta
dagli interessati per potersi avvalere della regolarizzazione» (cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n.
27663).
PERFEZIONAMENTO La procedura si perfeziona solo con il pagamento, entro 20 giorni dalla reda-
zione dell’atto di adesione, delle somme in esso liquidate; nei 10 giorni successivi, il contribuen-
te deve depositare la relativa quietanza presso l’Ufficio accertatore; e questi, «presi in carico i
predetti documenti, rilascia», solo allora, «l’esemplare dell’atto di accertamento con adesione destina-
to al contribuente» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235).
L’atto di adesione, nel quale è stata trasfusa la pretesa rideterminata, debitamente sottoscritto
da entrambe le parti, non si perfeziona se «non è seguito dal pagamento dell’intero importo o della
prima rata», mancando il quale l’Amministrazione finanziaria «può validamente ed utilmente riat-
tivare l’originario avviso o coltivare la pretesa contenuta nel pregresso P.V.C. che non ha mai perso in
via definitiva efficacia» (cfr. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12372).
Il mancato pagamento comporta, dunque, che l’atto impositivo, «i cui effetti erano sospesi nelle
more del perfezionamento della procedura», riprenda efficacia «lasciando permanere nella sua inte-
grità la pretesa tributaria» (cfr. Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26681: nonché Cass. Ordinan-
ze 27.7.2020, n. 15980; 31.5.2019, n. 14953, per la mancata prestazione della garanzia, nel testo
anteriormente vigente). Se il contribuente intende contestare l’avviso di accertamento, deve im-
pugnarlo, «non essendo impugnabile la cartella [di pagamento] conseguente alla definitività dell’ac-
certamento, se non per vizi propri, non potendo il contribuente rimettere in discussione il merito della
rettifica resasi definitiva» (cfr. Cass. Sent. 31.5.2013, n. 13750). La omessa indicazione, nella cartel-
la, dell’aliquota applicata non ne comporta la nullità, perché la iscrizione a ruolo scaturisce «da
accertamento con adesione», cioè «da uno speciale procedimento di definizione della pretesa tributa-
ria, su accordo dell’Amministrazione finanziaria e del contribuente» (cfr. Cass. Sent. 21.5.2014, n.
548
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

11139).
Il mancato pagamento si realizza anche se il contribuente effettua il pagamento compensando il

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dovuto con un proprio credito «inesistente»: con la stessa conseguenza del mancato perfeziona-
mento della definizione «e la permanenza, nella sua integrità, della originaria pretesa tributa-
ria», senza che possa rilevare l’eventuale successivo ravvedimento - «ex art. 13, D.Lgs. 472/1997 -
relativo alla indebita compensazione del credito inesistente» (cfr. Cass. Ord. 17.4.2019, n. 10685).
Se l’adesione, anche se sottoscritta, non si è poi perfezionata (per mancato pagamento), la stes-
sa:
› non costituisce riconoscimento di debito da parte del contribuente;
› non può considerarsi indice di inattendibilità della pretesa erariale (cfr. Cass. Ord. 18.4.2018,
n. 9485).
Modalità di pagamento Il versamento – del totale o della prima rata delle somme dovute – che
perfeziona il procedimento va eseguito:
› mediante versamento unitario di cui all’art. 17, D.Lgs. 241/1997, con le modalità stabilite dal-
l’art. 19, stesso decreto (cfr. art. 15-bis, D.Lgs. 218/1997), con possibilità di compensare, nei li-
miti previsti della legge, le somme dovute con i crediti vantati dal contribuente (cfr. art. 1, lett.
b), D.M. 31.3.2000);
› utilizzando il Mod. F24 anche per pagare l’Irap e le addizionali regionali e comunali (compi-
lando la sezione «Erario»). I dati della definizione vanno indicati negli appositi spazi «codice
ufficio», «codice atto» e «anno di riferimento»; «il tributo e gli interessi devono essere pagati cu-
mulativamente, utilizzando il codice tributo, mentre le sanzioni devono essere pagate a parte, utiliz-
zando l’apposito codice» (cfr. Istruzioni al Mod. F24). Il modello deve essere presentato dai
contribuenti in via telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati (cfr. art. 11, co. 2,
D.L. 24.4.2014, n. 66, conv. con modif. in L. 23.6.2014, n. 89; e Circ. Ag. Entrate 19.9.2014, n.
27). I contribuenti persone fisiche, non titolari di Partita Iva, possono presentare il Mod. F24 a
debito, senza compensazioni, anche in forma cartacea [cfr. art. 7-quater, co. 31, D.L. 22.1.2016,
n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225, che ha abrogato l’art. 11, co. 2, lett. c)]. Nel parti-
colare caso dell’avvenuta compensazione di imposte in sede di accertamento con adesione a
seguito di rettifiche operate sulla base del principio di competenza, «si evidenzia che nel model-
lo di versamento F24 la maggiore imposta IRPEF/IRES definita deve essere indicata al netto dell’im-
porto riconosciuto in compensazione (che, pertanto, non va indicato nella colonna «importi a credito
compensati»)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 2.8.2012, n. 31).
Il pagamento conseguente alla definizione può anche essere compensato su richiesta del contri-
buente – ex art. 28-quinquies del D.P.R. 602/1973 – con i crediti commerciali non prescritti, certi,
liquidi, esigibili e «certificati» (relativi a somministrazioni, forniture e appalti), vantati nei con-
fronti della Pubblica Amministrazione, se sussistono le seguenti condizioni (stabilite dal Decre-
to MEF, 14.1.2014):
› il contribuente titolare del debito tributario deve coincidere con il titolare del credito «certifi-
cato»;
› la certificazione deve contenere, fra l’altro, la data di pagamento del credito commerciale, rila-
sciata dall’Ente debitore attraverso la cd. «piattaforma elettronica»;
› la compensazione deve avvenire esclusivamente con Mod. F24 telematico, nel quale vanno in-
dicati gli appositi codici tributo relativi ai debiti fiscali, e il codice relativo ai crediti commer-
ciali.
Il modello di versamento denominato «F24 Crediti PP.AA.» (con l’apposito campo «numero certi-
ficazione credito»), è stato approvato con Provv. A.E. 31.1.2014, n. 2014/13917; è disponibile solo
in formato elettronico e deve essere «trasmesso esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti
dall’Agenzia delle Entrate».
Versamento rateale L’art. 8, co. 2, prevede che il pagamento rateale possa essere effettuato in un
massimo di 8 (otto) o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro – 16 (sedici) rate trime-
strali di pari importo che scadono «entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre». Sulle rate successi-
ve alla prima sono dovuti gli interessi al tasso legale (1.1.2023, 5%, cfr. D.M. 13.12.2022), calcolati
dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata «indipendentemente dalla data in
cui è stato eseguito il versamento che ha determinato il perfezionamento dell’adesione». In pratica:
› «il trimestre da considerare per l’effettuazione del versamento della seconda rata (nonché delle rate
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 549

a seguire) decorre dal termine previsto per il versamento della prima rata (e non più dalla data in

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


cui la prima rata è stata effettivamente pagata);

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› la scadenza delle rate successive alla prima ricade sempre nell’ultimo giorno di ciascun trimestre»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 29.4.2016, n. 17).
«La misura del tasso di interesse legale deve essere determinata con riferimento all’annualità in cui
viene perfezionato l’atto di accertamento con adesione, rimanendo costante anche se il versamento del-
le rate si protrae negli anni successivi (ciò significa che il tasso di interesse legale per un accertamento
[con adesione] perfezionato nel 2010 è pari all’1%, anche se le rate saranno corrisposte negli anni
successivi)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 21.6.2011, n. 28).
Gli interessi legali relativi al pagamento rateale non vanno confusi con quelli dovuti sulle mag-
giori imposte emergenti dall’accertamento con adesione (la cui percentuale, a decorrere dal 1°
gennaio 2010, è pari al 3,5% annuo: cfr. art. 6, D.M. 21.5.2009).
Se nel corso del pagamento rateale delle somme dovute in base all’atto di definizione dell’accer-
tamento, interviene il decesso del contribuente, il versamento delle rate successive grava sugli
eredi, tenendo presente che:
› vige la regola generale (cfr. art. 65, D.P.R. 600/1973) della proroga di sei mesi di tutti i termini
pendenti alla data del decesso del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa; la quale
opera a favore degli eredi «anche in relazione ai termini di pagamento delle rate scadenti successi-
vamente» al predetto evento;
› non sono trasmissibili agli eredi le sanzioni (stabilite nel piano di ammortamento del paga-
mento del debito) dovute dal de cuius, nè quelle irrogate al de cuius nel caso sia incorso, prima
del decesso, nella violazione di ritardato pagamento delle rate o nella decadenza dal beneficio
della rateazione. Infatti, «qualora nel corso di una rateazione si verifichi il decesso del contribuen-
te, in relazione alle rate ancora da versare, (…) non [potrà essere chiesto] agli eredi il pagamento
delle somme ancora dovute a titolo di sanzione; ed è altresì escluso il versamento delle somme do-
vute a titolo di sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal be-
neficio del piano di rateazione», per cui «l’Ufficio, acquisita notizia del decesso del debitore diretta-
mente o su comunicazione degli eredi, provvederà a predisporre e comunicare alla/e parte/i interes-
sata/e il computo dei nuovi importi delle rate dovute al netto delle sanzioni gravanti sul de cuius»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 7.8.2015, n. 29).
Se però l’erede non effettua «il pagamento della rata entro il termine previsto (…) troveranno appli-
cazione le sanzioni previste in caso di ritardato pagamento o di decadenza dalla rateazione, qualora
ne ricorrano i presupposti» (cfr. Circ. Ag. Entrate 29/2015), restano, cioè, a carico degli eredi solo
le sanzioni relative a violazioni da essi commesse.
Inadempimenti nel versamento delle somme dovute L’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973, disciplina le con-
seguenze del mancato pagamento delle rate dovute a seguito dell’atto di adesione (cfr. richiamo art.
8, co. 4, D.Lgs. 218/1997); e introduce l’istituto del «lieve inadempimento» il quale «ricorre ogni qual
volta ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle somme dovute [in un’uni-
ca soluzione o in forma rateale] non comportano, per il contribuente, la perdita dei benefici e quindi, a se-
conda dei casi, non precludono il perfezionamento» della procedura di accertamento con adesione, né
determinano la decadenza dalla rateazione (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016).
Il mancato versamento – in unica soluzione o della prima rata – nel termine perentorio di 20
giorni dalla sottoscrizione dell’atto di adesione impedisce che la procedura si perfezioni.
La definizione si perfeziona, invece, se il pagamento è eseguito entro determinati margini quan-
titativi e temporali che il Legislatore qualifica «lieve inadempimento». E' considerato tale «il pa-
gamento [del totale o] della prima rata in misura carente per una frazione non superiore al 3% e co-
munque per un importo non superiore a diecimila euro» (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016); o «il versa-
mento (…) con ritardo non superiore a sette giorni rispetto al termine di scadenza del pagamento». Se
la scadenza – anche telematica – del versamento coincide con il sabato o con un giorno festivo,
è rinviata al primo giorno lavorativo successivo (cfr. art. 7, co. 1, lett. h), D.L. 70/2011); e che se
cade nel periodo compreso tra il 1° e il 20 agosto, «i sette giorni entro cui è possibile effettuare il
versamento in ritardo decorrono dal 20 agosto».
Il mancato o tardivo versamento delle rate diverse dalla prima non incide sul perfezionamento
della definizione, ma comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a ruolo
dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni (come determinate nell’atto di
550
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

adesione perfezionato. Per i rapporti tra contribuente e garante nel testo anteriormente vigente,
si veda Cass. Ord. 23.3.2023, n. 8384), nonché della (ulteriore) sanzione del 30% aumentata della

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metà (45%), se il contribuente non esegue «il versamento della rata entro il termine di pagamento
di quella successiva (o comunque esegue un versamento carente in misura eccedente il limite del lieve
inadempimento)» (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016). L’istituto del «lieve inadempimento» si applica,
infatti, anche nel caso di «versamento di una delle rate diverse dalla prima» nella misura indicata
(3%/10.000,00 euro: cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016), ovvero nel caso di tardivo versamento «effet-
tuato entro il termine di pagamento della rata successiva», che non comporta la decadenza dalla ra-
teazione (né, di conseguenza, la iscrizione a ruolo); tenendo conto, nel caso dell’ultima rata, del
termine «di 90 giorni dalla scadenza ordinaria», dato che non si può configurare una scadenza
successiva (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016).
La disciplina di cui all’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973 «non è applicabile retroattivamente» (cfr. Cass. Sent.
6.5.2016, n. 9176: nel caso di specie, la controversia si riferiva all’anno di imposta 2002; in senso con-
trario, però, C.T.P. Novara, Sent. 31.12.2015, n. 377 e C.T.R. Bari, Sent. 10.06.2016, n. 319).
Sanzioni irrogabili, termini per il recupero delle somme dovute e ravvedimento operoso Il tardivo o
carente versamento delle somme dovute (ancorché lieve, per cui non preclude il perfezionamento
della procedura né comporta la decadenza dalla rateazione) costituisce, comunque, una violazione
sanzionata ex art. 13, D.Lgs. 471/1997, per cui l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo:
› della sanzione commisurata all’importo pagato in ritardo e degli interessi legali calcolati in
base ai giorni di ritardo, in caso di versamento tardivo;
› della frazione non versata dell’importo dovuto, della sanzione del 30% commisurata al medesimo
importo e degli interessi calcolati sulla frazione non pagata, in caso di versamento carente.
La cartella di pagamento contenente la richiesta delle somme dovute a seguito dell’inadempi-
mento può essere notificata al contribuente entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a
quello di scadenza dell’ultima rata del piano di rateazione (cfr. art. 25, co. 1, lett. c-bis) D.P.R.
602/1973): «ad esempio, nell’ipotesi in cui il contribuente decada dalla settima rata di un piano di ra-
teazione articolato in sedici rate, la cartella di pagamento potrà essere notificata fino al 31 dicembre
del terzo anno successivo a quello di scadenza della sedicesima rata» (cfr. Circ. Ag. Entrate 17/2016).
La iscrizione a ruolo (e conseguente notifica della cartella di pagamento) può essere evitata va-
lendosi del ravvedimento (operoso) ex art. 13, D.Lgs. 472/1997, entro i seguenti termini:
› versamento in un’unica soluzione o versamento dell’ultima rata: entro 90 giorni dalla scadenza;
› versamento di una rata diversa dalla prima (e dall’ultima), entro il termine di pagamento di
quella successiva.
In caso di versamento tardivo, la sanzione (ridotta a seguito di ravvedimento) è commisurata al-
l’importo pagato in ritardo e gli interessi legali sono calcolati in base ai giorni di ritardo; in caso
di versamento carente, è commisurata all’importo non pagato, sul quale vanno calcolati anche
gli interessi.
Se il contribuente, che regolarizza l’omesso versamento di una rata entro la scadenza di quella
successiva, commette un errore nel calcolo della sanzione da applicare per il ravvedimento,
«non può procedersi alla iscrizione a ruolo (…), ma va, soltanto, richiesto alla parte di integrare il ver-
samento insufficiente delle sanzioni», considerata la volontà della parte di ottemperare agli obbli-
ghi normativi e la esiguità dell’errore di calcolo «che non può certo inficiare la procedura di ravve-
dimento» (cfr. C.T.P. Salerno, 10.7.2019, n. 2064).
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive alla prima ex art.
1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023 I commi da 219 a 221 dell’art. 1
«prevedono – con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate – la possibilità di re-
golarizzare l’omesso o carente versamento:
a. delle rate successive alla prima relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione
(…), scadute al 1° gennaio 2023 (ossia per le quali, a tale data, sia decorso il termine ordinario di
pagamento) e per le quali non siano stati notificati la cartella di pagamento ovvero l’atto di intima-
zione;
b. (…)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Sul punto è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 551

vigore dal 31.3.2023, che ha precisato che la regolarizzazione è inibita se «alla medesima data»

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


sia stata notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione: dunque, si deve aver riguar-
do alla data del 1° gennaio 2023 (cfr. art. 18, del citato decreto, che modifica il co. 219 dell’art. 1

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della L. 197/2022).
«La regolarizzazione degli omessi pagamenti avviene mediante il versamento integrale della sola im-
posta» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Pertanto, l’omesso o carente versamento delle rate successive alla
prima,
› scadute alla data del 1° gennaio 2023;
› relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate;
› dovute a seguito di un accertamento con adesione già perfezionato;
possono essere regolarizzate con il versamento integrale della sola imposta dovuta, a condizione che
- «alla medesima data» - «non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto di in-
timazione» (co. 219).
Nel caso di «omesso o carente versamento di una rata, entro l’ordinaria scadenza e senza che sia an-
cora intervenuta la decadenza dalla rateazione, la regolarizzazione (…) deve riguardare il solo importo
non versato entro il 1° gennaio 2023, mentre le rate non ancora scadute non possono essere regolariz-
zate, con conseguente versamento di imposte, interessi e sanzioni alle ordinarie scadenze previste dal
piano di rateazione» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
Tuttavia, nel caso in cui alla data del 1° gennaio 2023 «sia stato superato anche il termine per il pa-
gamento della rata successiva, si verifica la decadenza dalla rateazione, con le conseguenze previste
dall’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973. In questa ipotesi, la regolarizzazione deve riguardare l’intero am-
montare del debito residuo, in difetto del quale, la intervenuta decadenza determina l’applicazione del
citato art. 15-ter» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima (cioè
l’ipotesi in cui l’accertamento con adesione si sia già perfezionato), riguarda le rate - relative ai soli
tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata in vigore della legge, per
le quali, al 1° gennaio 2023, non sia già stata notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazio-
ne. Restano, quindi, escluse dalla definizione i carenti od omessi versamenti delle rate successive alla
prima, relativi all’accertamento con adesione perfezionato con riferimento a tributi diversi.
Inoltre, il contribuente non potrà avvalersi della definizione in esame qualora «sia in regola con
i pagamenti rateali ancora in corso al 1° gennaio 2023»; «al contrario del contribuente che, al 1°
gennaio 2023, è in regola con i pagamenti rateali delle somme derivanti da controlli automatizzati
(c.d. avvisi bonari)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI Il neo introdotto art. 221-bis dell’art. 1, della L.
197/2022, in vigore dal 28.2.2023, stabilisce che «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31
marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazio-
ne delle disposizioni dei commi da 206 a 221 alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un
suo ente strumentale, in alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204 [dell’art.
1 della stessa L. 197/2022]. I provvedimenti degli enti locali (…) acquistano efficacia con la pubblica-
zione nel sito internet istituzionale dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e
delle finanze – Dipartimento delle finanze, entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis
del D.L. 29.12.2022, n. 198, c.d. Milleproroghe, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U.
27.2.2023, n. 49).
La disposizione prevede «la facoltà per i Comuni di deliberare la regolarizzazione degli omessi
versamenti rateali, prevista dai commi da 219 a 221», relativi alla «rateizzazione degli importi dovu-
ti e scaduti alla data del 1° gennaio 2023» a seguito di accertamento con adesione (cfr. IFEL, Nota
1.3.2023; nonché M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF).
«La normativa pone come condizione espressa per accedere alla regolarizzazione la condizione che non
debba essere stata notificata “la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione” (…).
Per quanto riguarda il riferimento alla cartella, nel caso dei Comuni questo può (e deve) essere inte-
grato o sostituito dalla ingiunzione fiscale, nel caso di riscossione coattiva effettuata – in tutto o in
parte – direttamente dall’ente o da un suo ente strumentale».
Per quanto riguarda la intimazione ad adempiere, la Nota Ifel precisa che «ai fini della verifica
della preclusione alla regolarizzazione, per effetto dell’avvenuta notifica dell’atto di intimazione, non
risultano preclusivi né la intervenuta notifica del provvedimento di decadenza, previsto dall’art. 1, co.
552
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

800, L. 160/2019, né l’intervenuto sollecito di pagamento (…) nel caso di mancato pagamento di quan-
to dovuto in seguito agli accertamenti con adesione (…)» (la decadenza, ex art. 1, co. 800, L.

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160/2019, consegue al mancato pagamento di due rate anche non consecutive, nell’arco di sei
mesi, nel corso del periodo di rateazione).
La regolarizzazione non può invece essere effettuata «nel caso di avvenuta notifica della cartella,
della ingiunzione o della intimazione ad adempiere».
Quanto al perfezionamento, «la data prevista per il versamento della prima rata (31 marzo) coincide
con la data entro la quale il Comune deve approvare il regolamento», per cui «il Comune può (in real-
tà deve …) indicare una data pari o successiva al 31 maggio» (cfr. IFEL Nota 1.3.2023).
Il regolamento comunale, infine, dovrà procedere ai necessari adattamenti richiesti dal perfezio-
namento della definizione, tenendo conto delle regole base per cui, gli istituti previsti dalla L.
197/2022
› «sono applicabili distintamente dai Comuni, che possono valutarne l’opportunità per ciascuna delle
fattispecie delineate dalla norma (…).
› i margini di decisionalità relativi a ciascuna fattispecie che l’ente locale intenda adottare sono limi-
tati, in particolare, ai necessari adattamenti che si rendano di volta in volta necessari per le peculia-
rità tipiche dei propri atti.
› Non appare invece modificabile il quadro delle condizioni di applicazione ed adesione, richieste ai
contribuenti, definito dalla legge (misure dei pagamenti, articolazioni delle eventuali rateizzazioni,
ecc.)» (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023).
Il beneficio della regolarizzazione prevista dai commi 219-221, consiste:
› nell’abbattimento delle sanzioni e interessi, dovendo essere effettuato il versamento integrale
della sola imposta dovuta;
› nella possibilità di rateizzare il pagamento in un massimo di venti rate trimestrali, in luogo
delle 8 o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro - 16 (sedici) rate trimestrali.
La regolarizzazione «comporta il versamento dell’imposta dovuta e si perfeziona con il pagamento
dell’intero importo entro il 31 marzo 2023 oppure tramite il versamento di un numero massimo di
venti rate trimestrali di pari importo, la cui prima rata deve essere corrisposta entro il 31 marzo
2023»; con la precisazione che la definizione si perfeziona «con il pagamento integrale di quanto
dovuto, a prescindere dal pagamento rateale». L’Agenzia specifica, inoltre, «che per accedere alla de-
finizione (…) la cartella di pagamento o l’atto di definizione non devono essere stati notificati prima
del versamento integrale delle somme dovute a seguito della predetta definizione o del pagamento della
prima rata, in caso di pagamento rateale, posto che, per tale condizione, la disposizione non fa esplici-
to riferimento alla data di entrata in vigore della legge di bilancio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Il versamento rateale può essere effettuato in un massimo di venti rate trimestrali di pari im-
porto, di cui la prima con scadenza entro il 31 marzo 2023 e le successive con scadenza entro il
30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo, di ciascun anno. Sulle rate successive
alla prima sono dovuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine per il versa-
mento della prima rata. Diversamente dalla disciplina a regime, è, però, esclusa la possibilità di
procedere alla compensazione ex art. 17, D.Lgs. 241/1997.
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 ha istituito i codici tributo «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusiva-
mente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”»: al fine di
«consentire il versamento tramite modello F24 delle suddette somme».
«I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento” sono valorizzati con le informazioni ri-
portate negli atti emessi dall’Ufficio.
Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valorizzato con il codice della Re-
gione o con il codice catastale del Comune destinatario.» (cfr. R.A.E. 14.2.2023, n. 6).
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentra-
te.gov.it.
Di seguito si riporta la Tabella di cui alla citata Risoluzione.
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 553

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Codice Codice Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di
ufficio atto tributo Regione/ riferimento
Prov./mese rif.

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COMPILARE COMPILARE TF40 IVA e relativi interessi legali – NON AAAA
Regolarizzazione omessi/ COMPILARE
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF41 Altri tributi erariali e relativi NON AAAA
interessi legali – COMPILARE
Regolarizzazione omessi/
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF42 IRAP e addizionale regionale CODICE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi REGIONE
legali – Regolarizzazione (…)
omessi/carenti pagamenti rate
– Art. 1, co. da 219 a 221, legge
n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF43 Addizionale comunale all’IRPEF CODICE AAAA
e relativi interessi legali – CATASTALE
Regolarizzazione omessi/ DEL COMUNE
carenti pagamenti rate – Art. 1, (…)
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022

Il mancato perfezionamento della regolarizzazione comporta che:


› gli effetti della definizione non si producono; e
› l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi
e sanzioni, nonché della sanzione del 30% (prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997), applicata
sul residuo importo dovuto a titolo d’imposta. La relativa cartella è notificata entro il termine
di decadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso
versamento, integrale o parziale, delle somme dovute per effetto della regolarizzazione.
Infine, l’Agenzia delle Entrate «ritiene che, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non
possano applicarsi le previsioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973, stante il mancato rinvio a
tali disposizioni nella disciplina della definizione di cui trattasi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 149 del D.L. 19.5.2020, n.
34, aveva disposto la proroga al 16.9.2020 dei termini di versamento delle somme dovute – an-
che in forma rateale – a seguito di atti di accertamento con adesione, se i termini (originari) di
versamento scadevano nel periodo compreso tra il 9.3.2020 e il 31.5.2020. In questo caso, i «ver-
samenti prorogati» potevano essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, alla
data del 16.9.2020, o in una unica soluzione, o mediante rateazione fino a un massimo di 4 rate
mensili di pari importo, con scadenza il 16 di ciascun mese.
Rapporti con l’accertamento esecutivo Gli avvisi di accertamento (e di irrogazione sanzioni) (Ir-
pef, Ires, Iva e Irap) emessi dall’Agenzia delle Entrate assumono natura di titolo esecutivo, per
cui la riscossione avviene senza ruolo e cartella di pagamento, decorso «il termine ultimo per la
proposizione del ricorso» (cfr. art. 29, D.L. 78/2010, modif. dall’art. 5, D.Lgs. 159/2015).
Se il procedimento di adesione:
› non si perfeziona o perché l’accordo non viene raggiunto o perché, dopo averlo concluso, il
contribuente non versa quanto dovuto o la prima rata, l’avviso di accertamento (che sia stato
notificato) costituisce titolo per la riscossione integrale di quanto preteso senza la formazione
del ruolo e la notificazione della cartella di pagamento;
› si perfeziona con il versamento della prima rata, ma le rate successive non vengono versate
dal contribuente, l’Ufficio notifica (mediante R.A.R., raccomandata con avviso di ricevimento),
l’«atto di rideterminazione delle residue somme dovute [per la definizione dell’avviso di accerta-
mento], al netto dei versamenti già effettuati e di irrogazione della connessa sanzione» aumentata
554
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

della metà ex art. 15-ter, D.P.R. 602/1973. Tale atto costituisce titolo per la riscossione coattiva.
«L’inadempimento, da parte del contribuente, che non ha provveduto al versamento della rata né
entro il termine concordato nell’ambito del piano di ammortamento, né entro la scadenza della rata

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successiva» integra il presupposto del fondato pericolo per la riscossione che consente l’affida-
mento «anticipato» della somma all’Agente della riscossione (il fumus boni iuris, secondo
l’Agenzia delle Entrate, è ravvisabile nella condivisione, da parte del contribuente, della prete-
sa impositiva, desumibile dalla «definizione dell’accertamento con la [sua] partecipazione»: cfr.
Nota A.E. 2011/141776).
Queste regole non si applicano (cfr. Nota Agenzia delle Entrate, 30.9.2011, n. 2011/141776):
› se l’accertamento con adesione è basato sul P.V.C. (art. 6, co. 1): manca, infatti, il presupposto
(cioè l’emissione dell’avviso di accertamento) per applicare la disciplina dell’accertamento
esecutivo;
› se l’accertamento con adesione basato sull’avviso di accertamento (art. 6, co. 2) si perfeziona
con il versamento dell’intero importo dovuto entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di ade-
sione;
› se il «mancato pagamento di una delle rate dovute a seguito di accertamento con adesione non è
preceduto dalla notifica di avviso di accertamento di cui all'art. 8, co. 2 (…) [perché] l’atto rideter-
minerebbe le somme dovute a seguito di adesione (…) e non gli importi dovuti in base agli avvisi di
accertamento»;
› se l’accertamento con adesione è quello di cui all’art. 11, D.Lgs. 218/1997: perché per gli «avvisi
emessi ai fini dell’imposta di registro e degli altri tributi indiretti l’attività di riscossione continua a
realizzarsi con le ordinarie modalità, mediante successiva iscrizione a ruolo».
Si ricorda che, a partire dal 1° gennaio 2020, costituiscono titolo esecutivo anche gli atti emessi
dagli «Enti locali» (cfr. art. 1, co. 792 e segg. L. 27.12.2019, n. 160).
Effetti L’accertamento con adesione produce una serie di (rilevanti) conseguenze:
1) la perdita di efficacia dell’avviso di accertamento o rettifica che fosse stato emesso; e, di re-
gola, la definitività dell’accertamento;
2) la rideterminazione della base imponibile dei contributi previdenziali e assistenziali correlati
a imponibili tributari, senza l’applicazione di sanzioni e interessi;
3) la riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 (un terzo) del minimo edittale o dell’irroga-
to (in presenza di un avviso di accertamento), calcolate sulla base delle «nuove» pretese era-
riali; nonché la preclusione della irrogazione delle sanzioni accessorie (di cui all’art. 21,
D.Lgs. 472/1997: interdizione dalla carica di amministratore, sindaco, revisore; interdizione
dalla partecipazione a gare pubbliche; interdizione o sospensione dell’attività di lavoro auto-
nomo o di impresa), preclusione che, pur essendo (espressamente) prevista «solo» per la
definizione ex art. 16, co. 3, D.Lgs. 472/1997, è applicabile, in quanto principio di portata ge-
nerale, si applica anche nel caso di definizione del procedimento di accertamento del tribu-
to, ex D.Lgs. 218/1997 (cfr. C.M. 23/1999).
Sub 1) Definitività dell'accertamento (con eccezioni) «Il perfezionamento dell’atto di adesione
comporta, in via generale, la definizione dei rapporti di imposta che hanno formato oggetto del proce-
dimento; pertanto, nella maggior parte dei casi, l’accertamento avrà carattere definitivo», dato che
non è «soggetto ad impugnazione da parte del contribuente» e non è «modificabile o integrabile
da parte dell’Ufficio» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235). L’atto di definizione è «intoccabile, tanto da parte
del contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’ufficio, che non può integrarlo o
modificarlo» (cfr. Cass. Sentenza, 24.11.2022, n. 34576; 16.3.2016, n. 5138, C.T.R. Firenze, 31.3.2014,
n. 671), per cui:
› da un lato, «al contribuente non resta che eseguire (o, per usare lo stesso termine della legge, «per-
fezionare») l’accordo, versando quanto da esso risulta; essendo normativamente esclusa la possibi-
lità d’impugnare simile accordo e, a maggior ragione, quella d’impugnare l’atto impositivo oggetto
della transazione; il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, finché non sia stata per-
fezionata la procedura» (cfr. Cass. Sent. 30.4.2009, n. 10086; ; conf. Cass. Sent. 20.2.2020, n.
4409; Cass. Ordinanze 8.4.2022, n. 11537; 26.5.2021, n. 14568; 31.7.2019, n. 20577);
› dall’altro, «è lesiva del principio di collaborazione e buona fede la condotta dell’Ufficio che, dopo
aver emesso, in base alla proposta accettata dal contribuente, gli atti di accertamento con adesione
per alcune annualità d’imposta, proceda, repentinamente, senza motivazione e nonostante il tempe-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 555

stivo e regolare adempimento degli atti già emanati, alla emissione per le restanti annualità, pure

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


oggetto della proposta, di avviso di accertamento per l’originaria pretesa, sicché, in relazione al le-

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gittimo affidamento sulla regolare definizione della procedura di accertamento con adesione, è ine-
sigibile la maggior pretesa costituita dalla differenza tra gli importi concordati e quelli richiesti»
(cfr. Cass. Sent. 11.5.2021, n. 12372).
La preclusione della ulteriore attività accertativa dell’Ufficio riguarda solo il periodo d’imposta
interessato dall’accordo, mentre, per gli altri periodi d’imposta, «l’accertamento con adesione
non ha carattere vincolante per le parti, non potendo certo essere paragonato ad un giudicato, con
gli effetti esterni tipici di questo, con particolare riferimento ai presupposti fattuali posti a fonda-
mento della pretesa impositiva» (cfr. Cass. Sent. 24.5.2022, n. 16675; conf. Cass. Sent. 8.2.2023,
n. 3854). Inoltre, nel caso di un errore relativo esclusivamente al calcolo delle sanzioni ridotte
a seguito di adesione, la Cassazione ha ritenuto «conforme all’ordinamento tributario la rettifica
dell’errore di calcolo nella determinazione delle sanzioni ridotte afferenti all’atto di accertamento
con adesione» (cfr. Cass. Ord. 15.11.2022, n. 33583); ferma restando la intangibilità della pretesa
riguardo all’imposta definita.
In realtà, la non impugnabilità dell’accertamento con adesione NON può essere «messa in di-
scussione da parte del contribuente», ma non preclude l’esercizio della ulteriore azione accertatri-
ce dell’Ufficio, purché:
1.1. entro i termini di decadenza (art. 43, D.P.R. 600/1973 e art. 57, D.P.R. 633/1972) e
1.2. alle condizioni di cui all’art. 2, co. 4, D.Lgs. 218/1997 (cfr. Cass. Sent. 31.5.2011, n. 11982).
1.1. Termini A partire dal periodo di imposta 2016, la notifica dell’avviso di accertamento deve esse-
re effettuata, a pena di decadenza entro il 31 dicembre
› del 5° (quinto) anno successivo alla data di presentazione della dichiarazione;
› del 7° (settimo) anno successivo, nel caso della omessa dichiarazione.
A partire dal medesimo periodo, è abrogato il raddoppio dei termini di accertamento stabilito in
presenza di violazione che comporta obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per
uno dei reati di cui al D.Lgs. 74/2000 (cfr. art. 1, commi 130-132, L. 28.12.2015, n. 208, che sosti-
tuisce gli artt. 43/600 e 57/633).
Per i periodi d’imposta fino al 2015, resta fermo il previgente termine di decadenza per la notifi-
ca dell’avviso di accertamento, che può essere effettuata entro il 31 dicembre
› del 4° (quarto) anno successivo alla data di presentazione della dichiarazione;
› del 5° (quinto) anno successivo, nel caso della omessa dichiarazione;
così come resta ferma la disciplina del raddoppio dei termini in presenza di violazione che com-
porta obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati di cui al D.Lgs.
74/2000 (come modificata dall’art. 2, D.Lgs. 128/2015 e dal regime transitorio previsto dalla L.
208/2015). Pertanto, «se il termine previsto dalla legge, in presenza dell’obbligo di denuncia delle
suddette violazioni tributarie penalmente rilevanti, è quello raddoppiato di cui alla normativa censu-
rata [D.L. 223/2006], ne consegue che il contribuente ha l’obbligo di conservare le scritture e i docu-
menti fino alla definizione degli accertamenti relativi e, quindi, non può ritenersi esonerato da tale ob-
bligo fino alla scadenza del termine raddoppiato» (cfr. Corte Cost. Ord. 25.7.2011, n. 247).
Quanto alla particolare disciplina, di cui all’art. 157 del D.L. 19.5.2020, n. 34, introdotta a causa
della emergenza epidemiologica da Covid-19, si rimanda a quanto riportato nel paragrafo sul-
l’Invito obbligatorio.
1.2 Condizioni L'ulteriore azione accertatrice da parte dell’Amministrazione finanziaria può essere
esperita nel caso in cui:
› la definizione riguardi «accertamenti parziali» operati sulla base di elementi risultanti da ac-
cessi, ispezioni o verifiche, o da segnalazioni di redditi non dichiarati (cfr. art. 41-bis, D.P.R.
600/1973), ovvero innescati da dati e notizie, atti e documenti trasmessi dal contribuente a
seguito di invito o in risposta a questionari. Ciò, in deroga al principio di «unicità dell’accerta-
mento», per effetto del quale la emissione di un avviso di accertamento esaurisce il potere
impositivo dell’Amministrazione finanziaria. È parziale, ad. es., l’accertamento da studi di set-
tore/Indici sintetici di affidabilità e anche l’accertamento da abuso del diritto (cfr. art. 10-bis,
co. 6, L. 212/2000);
› la definizione riguardi i redditi derivanti dalla partecipazione in società o associazioni indica-
te nell’art. 5, D.P.R. 917/1986, ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria; «in
556
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

questa ipotesi l’ulteriore azione accertatrice potrà riguardare i redditi diversi da quelli derivanti dal-
la partecipazione oggetto della definizione» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235); o quando l’accertamento

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sia esercitato nei confronti dei predetti soggetti «collettivi», ai quali partecipa il contribuente,
che abbia definito categorie di reddito diverse da quelle derivanti dalla partecipazione (in
questa ipotesi, non è precluso l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice nei confronti del so-
cio/associato/coniuge, se viene accertato un maggior reddito a carico della Società);
› l’Ufficio venga a conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un «mag-
gior reddito superiore al 50% di quello definito e, [congiuntamente] non inferiore a centocinquanta
milioni di lire» [77.468,53 euro: cfr. art. 2, co. 4, lett. a) D.Lgs. 218; C.M. 8.8.1997, n. 235; Cass.
Ord. 19.7.2021, n. 20637]; dove:
- per «nuovi elementi» si intendono quelli che erano non solo «sconosciuti» ma neanche co-
noscibili «alla data del precedente accertamento» (cfr. C.M. 235/1997). Ne deriva, quindi, che è
esclusa «la rivalutazione dei medesimi elementi, già oggetto di valutazione da parte di altro or-
gano e/o ufficio, non potendo gli accertamenti integrativi essere fondati sugli stessi elementi di
fatto del precedente accertamento e il requisito di novità degli stessi non ricorre quando si tratti
di diversa e più approfondita valutazione del materiale probatorio già acquisito dall’ufficio» (cfr.
C.T.P. Agrigento, Sent. 21.7.2021, n. 1327, relativa al rinvenimento di fatture di acquisto - già
nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria durante il primo accertamento - a se-
guito di questionari somministrati ai fornitori). La Corte di cassazione ha affermato, a pro-
posito della sopravvenuta «conoscenza di nuovi elementi», che «quel che rileva è la circo-
stanza che, successivamente all’accertamento con adesione, l’Amministrazione finanziaria
sia venuta a conoscenza di elementi fattuali, rilevanti sul piano probatorio, che consentono
di procedere ad un nuovo accertamento, poiché proprio quegli elementi, prima non cono-
sciuti, legittimano l’Amministrazione finanziaria ad accertare profili di evasione di imposta
prima non riscontrabili». Di conseguenza, ha confermato la legittimità del «nuovo» accerta-
mento, perché l’adesione riguardava il recupero di un costo di sponsorizzazione dedotto in
violazione del principio di competenza, mentre il nuovo atto qualificava quello stesso costo
come inesistente sulla base degli «accertamenti bancari compiuti nei confronti dell’intermedia-
rio» (della sponsorizzazione: cfr. Cass. Ord. 19.4.2022, n. 12490);
- il limite del 50%, rilevante ai fini del superamento delle predette soglie va commisurato al
reddito definito, per cui, effettuata la rettifica, anche l’ammontare dichiarato concorre a de-
terminare la soglia oltre la quale è possibile effettuare accertamenti integrativi.
L’accertamento in adesione non preclude, dunque, «in assoluto» l’esercizio dell’ulteriore azione
accertatrice, ma «nel caso di un accertamento tributario successivo alla definizione di un accerta-
mento con adesione, se il maggior reddito del contribuente risulti inferiore alle soglie quantitative [ci-
tate] già sulla base dell’accertamento svolto dall’Ufficio, l’illegittimità dell’atto amministrativo di ac-
certamento (…) risulterà immediatamente dal testo dell’atto medesimo; al contrario, se il maggior red-
dito del contribuente risulti inferiore alle soglie quantitative» indicate «solo all’esito del ridimensio-
namento del relativo ammontare operato dal giudice tributario nel giudizio di impugnativa dell’atto
amministrativo di accertamento, l’illegittimità di quest’ultimo non emergerà direttamente dal suo con-
tenuto, ma dalla revisione giudiziale di tale contenuto» (cfr. Cass. Sent. 27.5.2011, n. 11721).
L’accertamento con adesione, infine, non incide sull’attività di controllo formale delle dichiara-
zioni né sugli obblighi contabili e di conservazione delle scritture contabili e dei documenti, da-
to che scritture e documenti rilevano sia per i riscontri contabili in occasione dei c.d. controlli
incrociati, sia ai fini della (ulteriore) attività accertatrice che l’Amministrazione finanziaria in-
tendesse operare; sia «ai fini di talune attività di controllo quale, ad esempio, lo scambio di informa-
zioni tra Paesi diversi, previsto nelle Convenzioni internazionali contro la doppia imposizione» (cfr.
C.M. 8.8.1997, n. 235).
1.3. Rimborsi La intangibilità dell'accordo comporta, di regola, l’impossibilità, da parte del contri-
buente, di chiedere il rimborso di quanto versato (cfr. Cass. Ord. 24.6.2020, n. 12468; Cass. Sen-
tenze 25.5.2018, n. 13129; 7.11.2012, n. 19220; 6.10.2010, n. 20732); esistono però, alcune eccezioni:
› per le imposte diverse da quelle oggetto dell’accertamento: la definizione di un «ambito circo-
scritto» del rapporto di imposta (ed estraneo rispetto all’accordo raggiunto dalle parti) non
dovrebbe produrre gli stessi effetti di una sua «chiusura integrale» (e, dunque, non comporta
la «cristallizzazione» dell’intero rapporto tributario); o per le fattispecie diverse da quelle og-
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 557

getto di adesione: è il caso della richiesta di rimborso dell’Iva «a credito scaturente da fatture di

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acquisto per la ristrutturazione degli immobili locati (…), laddove l’accertamento con adesione si ri-

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feriva all’Iva a debito derivante da accertamenti induttivi del reddito e del volume d’affari realizza-
ti» (cfr. Cass. Sent. 19.5.2022, n. 16104);
› per i cd. «costi da reato» (comma 4-bis dell’art. 14 della L. 24.12.1993, n. 537, come modificato
dal D.L. 16/2012): se, successivamente all’accertamento dell’Ufficio, interviene, in sede penale,
una Sentenza definitiva di assoluzione, di non luogo a procedere (per motivi diversi dalla pre-
scrizione) o di non doversi procedere, «viene meno il presupposto in ragione del quale i costi so-
no stati considerati (…) fiscalmente indeducibili», per cui al contribuente compete il rimborso
delle maggiori imposte versate, degli interessi e delle sanzioni; anche «nelle ipotesi in cui (…)
abbia definito la pretesa attraverso il ricorso agli istituti definitori» di cui al D.Lgs. 218/1997. Ciò
«in via del tutto eccezionale [vista la] particolarità della norma che subordina all’esito del procedi-
mento penale la pretesa tributaria» (cfr. Circ. Ag. Entrate 3.8.2012, n. 32, conclusione, questa,
non sempre condivisa dagli Uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate);
› nei casi di doppia imposizione: se la debenza della ripresa a tassazione è venuta meno a se-
guito della diversa qualificazione delle somme in sede di adesione, spetta il rimborso delle
maggiori imposte versate, senza che ciò comporti la negazione del principio di intangibilità
dell’accordo raggiunto (cfr. Cass. Ord. 8.4.2022, n. 11537).
L’accertamento con adesione incide, infine, anche sulla esecuzione dei rimborsi IVA ex art. 38-
bis, D.P.R. 633/1972, secondo il quale, i rimborsi Iva di ammontare superiore a 30.000,00 euro
(cfr. art. 7-quater, co. 32 D.L. 193/2016), sono eseguiti, senza prestazione della garanzia, previa
presentazione della relativa dichiarazione munita di visto di conformità (o della sottoscrizione
dell’organo di controllo) e di una specifica dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Tale «rego-
la» viene derogata, nel caso di rimborsi Iva di ammontare superiore a 30.000,00 euro richiesti
da soggetti passivi cui siano stati notificati, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso,
avvisi di accertamento dai quali emerga, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accer-
tati e quelli dovuti (o i crediti dichiarati) superiore a determinati importi; dove, nel computo dei
primi si deve tenere conto «anche degli importi definiti attraverso gli strumenti deflativi del conten-
zioso, che, rideterminando la misura dei tributi dovuti, rendono definitiva la pretesa erariale». Per-
tanto, laddove tale pretesa «risulti rideterminata per effetto di accertamento con adesione (…), anche
successivamente alla istanza di rimborso, il raffronto tra l’imposta dichiarata e quella accertata deve
essere effettuato con riferimento agli importi rideterminati e non a quelli originariamente accertati»
(cfr. Circ. Ag. Entrate 27.10.2015, n. 35, par. 5.1).
Da ultimo, l’istituto consente al cedente/prestatore che ha subìto un accertamento definitivo, di
rivalersi, nei confronti del cessionario/committente, dell’Iva «relativa all’accertamento definito
[anche] mediante uno degli istituti» deflativi, «in caso di successivo pagamento delle somme dovute»;
ma, nel caso di pagamento rateale dell’imposta accertata, solo nel limite di quanto già versato
(cfr. Circ. Ag. Entrate 17.12.2013, n. 35, e art. 60, co. 7, D.P.R. 633/1972).
Sub 2) Contributi previdenziali Quando l’attività di controllo sostanziale dell’Agenzia delle Entra-
te riguarda i contribuenti soggetti anche all’obbligo previdenziale (ad es. gli artigiani o i com-
mercianti), l’avviso di accertamento con cui viene determinato un maggior reddito rileva anche
ai fini contributivi; l’INPS, pertanto, «provvederà al recupero tramite emissione di Avvisi di Addebito
che conterranno, oltre al maggior contributo definito nell’atto di accertamento, anche le sanzioni cal-
colate in applicazione del regime sanzionatorio previsto dalla L. n. 388/2000, art. 116, co. 8, lett. b)»
(cfr. Circ. INPS, 2.8.2016, n. 140).
Per le forme di accertamento diverse dai controlli automatici e formali, è possibile definire la pre-
tesa tributaria, in sede di accertamento con adesione, con effetti anche ai fini contributivi, dato che
(ex art. 2, co. 3, D.Lgs. 218/1997) i contributi previdenziali e assistenziali «avranno la stessa base im-
ponibile di quella delle imposte sui redditi rideterminata in sede di accertamento con adesione» (cfr. Circ.
INPS, 2.8.2016, n. 140). Valgono, inoltre, le regole «riguardanti la possibilità di rateizzare le somme
dovute, nonché le norme relative all’eventuale decadenza dal beneficio della rateazione per inadempienza
nei versamenti» che, nel caso dei contributi previdenziali, comportano l’applicazione delle sanzioni
di cui all’art. 116, co. 8, lett. b), della L. 388/2000 (pari al 30%, in ragione d’anno, ma non superiore
al 60% «dell’importo dei contributi e premi non corrisposti»). E così:
› «qualora il contribuente non rispetti le scadenze previste dal pagamento dilazionato, decadrà dalla
558
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

possibilità di rateizzare il debito, ma l’imponibile contributivo rimarrà quello definito con l’adesione
(e non quello originariamente accertato) [per cui] il recupero contributivo, tramite Avviso di Adde-

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bito, comprenderà il residuo debito sulla base del reddito rideterminato in sede di adesione, oltre alle
sanzioni ed agli interessi;
› qualora, invece, il contribuente non provveda al versamento delle somme dovute o della prima rata
in caso di pagamento dilazionato, l’adesione non sarà perfezionata, perderà efficacia ed il debito
contributivo da recuperare con avviso di addebito dovrà riferirsi al reddito oggetto dell’accertamento
originario» (cfr. Circ. INPS, 2.8.2016, n. 140).
Quando l’accertamento con adesione riguardi un professionista – nello specifico un avvoca-
to soggetto agli obblighi previdenziali previsti dalla Cassa di appartenenza - la giurisprudenza
ha ritenuto che «ai fini della determinazione del trattamento di pensione di vecchiaia erogato dalla
cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati» rileva «il reddito professionale di-
chiarato ai fini fiscali» secondo la disciplina di cui alla L. 576/1980, non quello definito in accer-
tamento con adesione. Infatti, «l'accertamento con adesione non costituisce una reale definizione del
reddito professionale dell'avvocato, idonea a costituire la nuova ed effettiva base imponibile ai fini
contributivi e ad incidere sull'ammontare della pensione goduta. Del resto il D.Lgs. n. 218 del
1997, art. 2, co. 3, dopo aver affermato che l'accertamento non rileva ai fini extratributari, espressa-
mente stabilisce che i contributi previdenziali e assistenziali, che il contribuente è tenuto a versare, so-
no calcolati sulla base imponibile riconducibile a quella delle imposte sui redditi. Stabilisce, cioè, che la
base imponibile ai fini previdenziali sia corrispondente a quella rideterminata nell'ambito tributario.
La normativa della Cassa, invece (…), fissa regole specifiche per la determinazione dei contributi e del
conseguente trattamento pensionistico» (cfr. Cass. Sent. 7.3.2018, n. 5380).
Effetti penali L’accertamento con adesione integra una causa di non punibilità dei reati di:
› omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000);
› omesso versamento di Iva (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000);
› indebita compensazione di crediti esistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000);
se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, com-
prese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli
importi dovuti (cfr. art. 13, co. 1, D.Lgs. 74/2000, novellato dal D.Lgs. 24.9.2015, n. 158). Per que-
sti reati, la causa di non punibilità si giustifica con il fatto che, pur risultando inadempiente, il
contribuente ha correttamente indicato il proprio debito, per cui il successivo adempimento, an-
che se non spontaneo (nel senso che le violazioni potrebbero essere già state scoperte), rende
sufficiente il ricorso alle sanzioni amministrative.
Gli effetti della causa di non punibilità «si producono soltanto al momento dell’integrale pagamento
del debito e degli accessori, non essendo dunque sufficiente il mero accertamento con adesione» (cfr.
Cass. Pen. Sent. 9.11.2018, n. 51038; conf. Cass. Pen. Sent. 24.10.2018, n. 48375): «la causa di non pu-
nibilità (…) non consegue al mero accordo intervenuto tra debitore e Amministrazione finanziaria per la
rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza» ma si ricollega «soltanto alla estinzione
integrale della posizione debitoria» (cfr. Cass. Pen. Sent. 8.6.2020, n. 17280).
Se l'estinzione del debito tributario avviene mediante rateizzazione, prima dell’apertura del di-
battimento di primo grado, il residuo importo dovuto può essere corrisposto entro il termine di
tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi (cfr. art. 13, co. 3, D.Lgs. 74/2000).
Secondo l’Amministrazione finanziaria, per «debiti tributari si devono intendere le somme dovute
secondo la disciplina tributaria a titolo di imposta e relativi interessi, nonché di sanzioni amministra-
tive»; il pagamento «è effettuato secondo le regole e le modalità proprie della tipologia di definizione
adottata» (cfr. C.M. 5.8.2000, n. 154).
Nel caso dei reati dichiarativi (dichiarazione fraudolenta ex artt. 2 e 3; dichiarazione infedele ex
art. 4, e omessa dichiarazione ex art. 5, D.Lgs. 74/2000), l’art. 13, co. 2, D.Lgs. 74/2000 subordina
la causa di non punibilità a due condizioni, infatti: «il pagamento integrale del tributo costituisce
causa di non punibilità qualora la condotta riparatoria sia realizzata: a) entro il termine di presenta-
zione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e sempre che: b) l’autore del reato
non abbia ancora notizia formale di accessi, ispezioni, verifiche o di altri accertamenti amministrativi
o penali» (cfr. Cass. Pen. Sent. 23.9.2020, n. 26529). Ne deriva che, la causa di non punibilità non
si applica all'istituto in esame perchè mancano le condizioni richieste dalla norma e, in partico-
lare, l’anteriorità del pagamento (che estingue il debito) rispetto alla conoscenza dell’attività di
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 559

controllo.

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Per questi e gli altri reati di cui al D.Lgs. 74/2000, l’accertamento con adesione costituisce una «cir-

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costanza attenuante speciale correlata al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrati-
ve e interessi», che comporta la riduzione delle sanzioni fino alla metà e la non applicazione delle pe-
ne accessorie, se il contribuente provvede all’integrale pagamento prima della dichiarazione di aper-
tura del dibattimento (cfr. art. 13-bis, D.Lgs. 74/2000, novellato dal D.Lgs. 24.9.2015, n. 158).
Invece, se il pagamento integrale - anche a seguito della procedura di adesione – viene completato
«a processo avviato», cioè dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, tale condotta è «positi-
vamente valutabile [ma] ai soli fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche» (cfr. Cass. Pen.
31.8.2020, n. 24589). In sostanza, il versamento integrale dei debiti tributari, sanzioni e interessi, per
poter rilevare deve intervenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
L'estinzione del debito da parte di un solo concorrente nel reato non comporta l’applicazione
della circostanza attenuante anche nei confronti degli altri, dato che la locuzione «sono stati
estinti», riferita ai debiti tributari, «è voce di segno positivo in funzione del grado di disvalore di cui
lo specifico reato costituisce espressione, che richiede una volontà riparatoria, nella specie di aver con-
tribuito anche parzialmente all’adempimento del debito tributario» (cfr. Cass. Pen. Sent. 19.5.2017, n.
25227; conf. Cass. Pen. Sent. 23.9.2021, n. 35225).
«Il pagamento del debito tributario (…) è documentato mediante una dichiarazione redatta in carta
semplice in conformità al modello approvato in calce al presente decreto (allegato 1), da presentare
all'Ufficio giudiziario procedente, unitamente alla ricevuta del pagamento effettuato. La dichiarazione
reca l'attestazione, rilasciata dall'Ufficio finanziario competente all'accertamento, dell'avvenuta estin-
zione del debito relativo ai fatti costitutivi dei reati oggetto del procedimento penale» (cfr. Art. 1, D.M.
13.6.2000).
Alcune Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate hanno stipulato accordi di collaborazione
con le (competenti) Procure della Repubblica e con la Guardia di Finanza per regolare il flusso
delle comunicazioni tra loro, nel presupposto che «l’autonomia, la diversità del regime probatorio e
le finalità del procedimento penale e di quello tributario non escludono l’importanza di individuare di-
rettive e istruzioni operative (…) al fine di ottimizzare il collegamento tra le procedure di verifica fisca-
le, il successivo accertamento dei tributi – compresa la eventuale attivazione di procedure di adesione
o conciliative – e le indagini concernenti i reati tributari» (cfr. Accordo di collaborazione tra D.R.E.
Valle D’Aosta, Guardia di Finanza – Comando Regionale e Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Aosta, del 30.3.2019, prot. 479/2018).
In questo contesto, si è previsto, tra l’altro, che «l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, qualora i debiti
tributari per imposte, interessi e sanzioni, relativi a fatti costituenti reato siano estinti mediante paga-
mento prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito delle
speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, comuni-
cherà, preferibilmente via mail, alla segreteria del magistrato titolare del procedimento l’avvenuta
estinzione totale o parziale del contesto ai fini delle produzioni dibattimentali nonché (…) al referente
della Guardia di Finanza» (cfr. Accordo di collaborazione tra Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Catania, D.R.E. Sicilia e Guardia di Finanza – Comando Provinciale di Catania, del
26.3.2015, prot. 1608/15E: Art. 7 - Vicende modificative e/o estintive dei debiti tributari relativi a
fatti costituenti reato tributario).
Le modifiche apportate al D.Lgs. 74/2000 dal D.Lgs. 158/2015, sono entrate in vigore il 22.10.2015,
con effetto, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (anche) sui proce-
dimenti in corso: «in tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13, del
D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per il quale i reati di cui
agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del Decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichia-
razione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, so-
no stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti [anche a seguito delle procedure
conciliative e di adesione all’accertamento] è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimen-
to» (cfr. Cass. Pen. Sent. 30.3.2016, n. 40314; Cass. Pen. Sent. 9.3.2017, n. 11417; Cass. Pen. Sent.
15.6.2017, n. 30139). Deve, quindi, «concedersi il termine di tre mesi nell’ipotesi di rateizzazione in cor-
so del debito tributario, per il pagamento del debito residuo; termine obbligatorio e non facoltativo come
il secondo termine di tre mesi» (cfr. Cass. Pen. Sent. 20.11.2017, n. 52640).
560
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

«Confisca per equivalente» L’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 dispone che, nel caso di condanna o di
applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal

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D.Lgs. 74/2000, va sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prez-
zo; ma essa non opera per la parte che il contribuente si impegna formalmente a versare all’Era-
rio (anche in presenza di sequestro) «nei termini ammessi dalla speciale legislazione tributaria, tra i
quali la rateizzazione e l’accertamento con adesione» (cfr. Cass. Pen. Sent. 14.12.2016, n. 52857).
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il giudice penale «non è vincolato, nel-
la determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con ade-
sione o del concordato fiscale tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente», ma «per potersi di-
scostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto della iniziale pretesa
tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente atten-
dibile la originaria qualificazione dell’imposta dovuta» (cfr. Cass. Pen. Sent. 14.3.2022, n. 8564). Ciò
non toglie che la confisca, così come il sequestro preventivo ad essa preordinato, non possa «es-
sere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si
verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito» (cfr. Cass. Pen. Sent.
27.9.2017, n. 44450; Cass. Pen. Sentenze 14.3.2022, n. 8564; 9.3.2021, n. 9355; 14.10.2020, n.
28488; 7.11.2018, n. 50157). Infatti, «per la parte coperta da tale impegno, la confisca può comunque
essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti
solo al verificarsi del mancato pagamento del debito, da cui, al contrario, la conclusione che, qualora il
pagamento sia avvenuto, non è possibile disporre la confisca» (cfr. Cass. Pen. Sent. 1.9.2020, n.
24614).
«Il riferimento al semplice raggiungimento dell'accordo come fattore giuridicamente rilevante, va in-
teso (…) nel senso che esso è semplicemente tale da comportare la quantificazione nella misura con-
cordata, sulla base sostanzialmente negoziale definita fra contribuente ed Agenzia, dell'eventuale pro-
fitto scaturito dall'avvenuta commissione del reato. L'effetto impeditivo della confisca, invece, potrà
essere un portato dell'avvenuto adempimento dell'obbligazione tributaria da parte del contribuente,
secondo i termini ed i modi convenuti nelle citate sedi negoziali» (cfr.. Cass. Pen. Sent. 4.10.2019, n.
40793).
Il profitto confiscabile nel caso dei reati tributari è costituito dal «risparmio economico conseguen-
te alla effettiva sottrazione degli importi non versati in conformità alla loro destinazione fiscale, dei
quali beneficia l’autore» del reato, cioè dal minor onere «derivante dal mancato pagamento del tri-
buto, interessi e sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario» (cfr. Corte Supre-
ma di Cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, Relazione 30/12 del 2.7.2013). Ne deriva
che, «in termini generali, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia
stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione
del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal man-
cato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati
per effetto della convenzione (…) perché altrimenti verrebbe a determinarsi una inammissibile dupli-
cazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene
non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa» (cfr. Cass.
Pen. Sent. 20.7.2017, n. 35781; conf. Cass. Pen. Sentenze 14.3.2022, n. 8564; 21.5.2019, n. 22061).
Allo stesso modo, anche la compensazione di quanto dovuto a seguito di adesione mediante
crediti di imposta precedentemente maturati consente di ridurre il sequestro preventivo, in
quanto viene meno il profitto del reato (cfr. Cass. Pen. Sent. 7.7.2021, n. 25792).
Resta, comunque, «la piena autonomia del procedimento penale per l’accertamento dei reati tributari
rispetto al processo tributario e all’accertamento fiscale», non essendo il giudice, ai fini del supera-
mento della soglia di punibilità, «vincolato, nella determinazione dell’imposta evasa, all’imposta ri-
sultante a seguito dell’accertamento con adesione» (cfr. Cass. Pen. Sent. 9.11.2018, n. 51038; conf.
Cass. Pen. Sent. 14.2.2018, n. 7020). Ciò nonostante, «nel diritto tributario è ormai chiara l’apertura
verso una vera e propria negoziabilità della pretesa fiscale» (cfr. Corte Suprema di Cassazione, Uffi-
cio del massimario e del ruolo, Relazione 30/12 del 2.7.2013), per cui «il giudice non può non con-
siderare l’intervenuto accordo sull’ammontare dell’imposta evasa e, per discostarsi dall’ammontare co-
me individuato in sede amministrativa, deve darne congrua motivazione» (cfr. Cass. Pen. Sent.
7.11.2018, n. 50157; conf. Cass. Pen. 8564/2022 sopra cit.).
Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi Se, a seguito dell’invito dell’Ufficio a
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 561

comparire (ex art. 5 D.Lgs. 218/1997) per lo svolgimento del contraddittorio, il contribuente non

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si presenta, decade dal diritto di formulare – successivamente – istanza di accertamento con

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adesione (ex art. 6, D.Lgs. 218/1997).
Se, a fronte dell’avviso di accertamento, il contribuente formula istanza di accertamento con
adesione e il relativo procedimento ha esito negativo, gli è preclusa la facoltà di definire la con-
troversia in acquiescenza (ex art. 15, D.Lgs. 218/1997), ma non quella di valersi della definizione
agevolata delle (sole) sanzioni ex art. 17, co. 2 «a condizione che effettui il pagamento entro il termi-
ne per la proposizione del ricorso» (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.6.2012, n. 25. Si veda però, Cass Sent.
12006/2015, sopra richiamata).
Se l’atto impositivo – di valore (convenzionale) non superiore a 50.000,00 euro – rientra anche
nell’ambito di applicazione del reclamo di cui all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992, il contribuente, pri-
ma di presentare il reclamo, può formulare istanza di accertamento con adesione, che:
› se si conclude positivamente, comporta la riduzione delle sanzioni a un terzo;
› se, invece, si conclude negativamente, comporta l’onere per il contribuente, che intenda far
valere le proprie ragioni in sede giudiziaria, di presentare reclamo/mediazione: in questo ca-
so, l’ Ufficio, nel corso del relativo procedimento, «andrà ad effettuare la propria analisi (…) sul-
la base di elementi non noti, sopravvenuti o, comunque, non presi in considerazione» nella (prece-
dente) procedura di adesione (cfr. Circ. Ag. Entrate 19.3.2012, n. 9): e, se il reclamo viene ac-
colto, le sanzioni sono ridotte al 35% (anziché al 33,3%).

Tabella della misura del tasso legale di interesse annuo


Dal 01.01.2015 Al 31.12.2015 0,5%
Dal 01.01.2016 Al 31.12.2016 0,2%
Dal 01.01.2017 Al 31.12.2017 0,1%
Dal 01.01.2018 Al 31.12.2018 0,3%
Dal 01.01.2019 Al 31.12.2019 0,8%
Dal 01.01.2020 Al 31.12.2020 0,05%
Dal 01.01.2021 Al 31.12.2021 0,01%
Dal 01.01.2022 Al 31.12.2022 1,25%
Dal 01.01.2023 5%

Tabella della misura del tasso legale di interesse per ritardato pagamento 1
Dal 01.7.2003 Al 30.9.2009 2,75%
Dal 01.10.2009 Al 31.12.2009 4%
Dal 01.10.2010 3,5%
Note Cfr. art. 20, D.P.R. 602/1973 e D.M. 21.5.2009.
1

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 3, L. 23.12.1996, n. 662


Disposizioni in materia di entrata

Art. 15-ter, D.P.R. 29.09.1973, n. 602


Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell'Agenzia delle
entrate

Art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 01.12.2016, n. 225
Disposizioni in materia di semplificazione fiscale
562
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Artt. 13, 13-bis, D.Lgs. 10.03.2000, n. 74


Cause di non punibilità e circostanze del reato

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D.M. 31.03.2000
Estensione dell'applicazione dei versamenti unitari con compensazione ed approvazione del nuovo mo-
dello di pagamento per l'esecuzione di tali versamenti, ai sensi degli articoli 17, co. 2, lett. h-ter), e 24, co.
4, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241

D.M. 13.06.2000
Modalità di documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari

Decreto M.E.F. 14.01.2014


Compensazione di crediti con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e
deflativi del contenzioso tributario

Art. 157, D.L. 19.05.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.
Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali

Art. 1, co. da 179 a 185 e da 219 a 221, L. 29.12.2022, n. 197


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025

Art. 3-bis, D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14 (c.d. Milleproroghe)
Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Artt. 17, 18, 21 e 23, D.L. 30.3.2023, n. 34


Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento
Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con
adesione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale
Interpretazione autentica dell’art. 1, commi 174, 176 e 179 della L. 29.12.2022, n. 197
Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 28.06.2006, n. 14945 Corte Cost. 15.04.2011, n. 140

Cass. Sent. 30.06.2006, n. 15170 Cass. Sent. 27.05.2011, n. 11721

Cass. Sent. 30.06.2006, n. 15171 Cass. Sent. 31.05.2011, n. 11982

Cass. Sent. 10.03.2008, n. 6331 Corte Cost. 25.07.2011, n. 247

Cass. Sent. 30.04.2009, n. 10086 Cass. Sent. 16.12.2011, n. 27145

Cass. Sent. 08.07.2009, n. 16023 Cass. Sent. 24.02.2012, n. 2860

Cass. Sent. 18.12.2009, n. 26681 Cass. Sent. 09.03.2012, n. 3762

Cass. Sent. 30.12.2009, n. 28051 Cass. Sent. 13.04.2012, n. 5837

Cass. SS.UU. 17.02.2010, n. 3676 Cass. Sent. 11.05.2012, n. 7334

Cass. Sent. 06.10.2010, n. 20732 Cass. Sent. 12.10.2012, n. 17439

Cass. 07.04.2011, n. 8033 Cass. Sent. 07.11.2012, n. 19220


Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 563

Cass. Sent. 11.02.2013, n. 3261 Cass. Pen. 19.05.2017, n. 25227

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Cass. Sent. 20.02.2013, n. 4247 Cass. Pen. 15.06.2017, n. 30139

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Cass. Sent. 31.05.2013, n. 13750 Cass. Ord. 07.07.2017, n. 16761

Cass. Sent. 28.06.2013, n. 16347 Cass. Pen. 20.07.2017, n. 35781

Cass. Sent. 07.11.2013, n. 25082 Cass. Ord. 24.08.2017, n. 20362

Cass. Sent. 13.02.2014, n. 3303 Cass. Sent. 06.09.2017, n. 20805

Cass. Sent. 21.05.2014, n. 11139 Cass. Pen. 27.09.2017, n. 44450

Cass. Sent. 30.07.2014, n. 17314 Cass. Pen. 20.11.2017, n. 52640

Cass. Sent. 17.09.2014, n. 19561 Cass. Ord. 10.01.2018, n. 324

Cass. Sent. 18.09.2014, n. 19667 Cass. Ord. 11.01.2018, n. 474

Cass. Sent. 17.10.2014, n. 21991 Cass. Pen. 14.02.2018, n. 7020

Cass. Sent. 14.01.2015, n. 444 Cass. Sent. 07.03.2018, n. 5380

Cass. Sent. 29.04.2015, n. 8644 Cass. Ord. 18.04.2018, n. 9485

Cass. Sent. 10.06.2015, n. 12006 Cass. Ord. 31.05.2018, n. 13907

Cass. Sent. 26.06.2015, n. 13242 Cass. Sent. 17.07.2018, n. 18939

Cass. Sent. 26.06.2015, n. 13248 Cass. Sent. 30.07.2018, n. 20095

Cass. Sent. 18.09.2015, n. 18377 Cass. Ord. 24.08.2018, n. 21148

Cass. Sent. 11.11.2015, n. 23047 Cass. Ord. 03.10.2018, n. 24030

Cass. Sent. 20.11.2015, n. 23776 Cass. Pen. 24.10.2018, n. 48375

Cass. SS.UU. 09.12.2015, n. 24823 Cass. Pen. 07.11.2018, n. 50157

Cass. Sent. 16.03.2016, n. 5138 Cass. Sent. 16.11.2018, n. 29529

Cass. Pen. 30.03.2016, n. 40314 Cass. Ord. 06.12.2018, n. 31683

Cass. Sent. 06.05.2016, n. 9176 Cass. Ord. 12.12.2018, n. 32118

Cass. Sent. 31.05.2016, n. 11348 Cass. Ord. 16.01.2019, n. 899

Cass. Sent. 01.06.2016, n. 11438 Cass. Ord. 25.01.2019, n. 2161

Cass. Sent. 15.07.2016, n. 14490 Cass. Ord. 05.02.2019, n. 3278

Cass. Sent. 27.07.2016, n. 15616 Cass. Ord. 08.02.2019, n. 3738

Cass. Pen. 14.12.2016, n. 52857 Cass. Ord. 21.02.2019, n. 5039

Cass. Sent. 08.02.2017, n. 3335 Cass. Ord. 15.03.2019, n. 7386

Cass. Pen. 09.03.2017, n. 11417 Cass. Ord. 28.03.2019, n. 8643

Cass. Ord. 31.03.2017, n. 8429 Cass. Ord. 17.04.2019, n. 10685

Cass. Sent. 12.04.2017, n. 9438 Cass. Ord. 16.05.2019, n. 13172


564 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Cass. Ord. 31.07.2019, n. 20577 Cass. Ord. 09.06.2021, n. 16114


D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218

Cass. Sent. 18.09.2019, n. 23224 Cass. Pen. 07.07.2021, n. 25792

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Cass. Pen. 04.10.2019, n. 40793 Cass. Ord. 19.07.2021, n. 20637
Cass. Ord. 24.10.2019, n. 27274
Cass. Pen. 23.09.2021, n. 35225
Cass. Sent. 12.11.2019, n. 29183
Cass. Sent. 24.11.2021, n. 36542
Cass. Sent. 03.12.2019, n. 31472
Cass. Ord. 29.11.2021, n. 37193
Cass. Ord. 19.12.2019, n. 34005
Cass. Sent. 03.12.2021, n. 38288
Cass. Sent. 20.02.2020, n. 4409
Cass. Sent. 13.01.2022, n. 879
Cass. Pen. 08.06.2020, n. 17280
Cass. Ord. 22.02.2022, n. 5696
Cass. Ord. 27.07.2020, n. 15980
Cass. Ord. 28.02.2022, n. 6391
Cass. Sent. 30.07.2020, n. 16352

Cass. Pen. 31.08.2020, n. 24589 Cass. Pen. 14.03.2022, n. 8564

Cass. Pen. 01.09.2020, n. 24614 Cass. Ord. 07.04.2022, n. 11337

Cass. Ord. 04.09.2020, n. 18397 Cass. Ord. 08.04.2022, n. 11537

Cass. Pen. 23.09.2020, n. 26529 Cass. Ord. 19.04.2022, n. 12490

Cass. Ord. 25.09.2020, n. 20200 Cass. Ord. 17.05.2022, n. 15689


Cass. Ord. 30.09.2020, n. 20864 Cass. Sent. 19.05.2022, n. 16104
Cass. Pen. 14.10.2020, n. 28488
Cass. Sent. 24.05.2022, n. 16675
Cass. Sent. 20.10.2020, n. 22724
Cass. Ord. 01.06.2022, n. 17946
Cass. Ord. 17.11.2020, n. 26109
Cass. Ord. 11.07.2022, n. 21947
Cass. Sent. 17.11.2020, n. 26166
Cass. Ord. 13.07.2022, n. 22194
Cass. Ord. 01.12.2020, n. 27439
Cass. Ord. 26.07.2022, n. 22389
Cass. Ord. 02.02.2021, n. 2243
Cass. Ord. 29.07.2022, n. 23729
Cass. Ord. 23.02.2021, n. 4767
Cass. Ord. 06.10.2022, n. 29010
Cass. Pen. 09.03.2021, n. 9355

Cass. Ord. 17.03.2021, n. 7436 Cass. Ord. 15.11.2022, n. 33583

Cass. Ord. 31.03.2021, n. 8882 Cass. Sent. 24.11.2022, n. 34576

Cass. Ord. 09.04.2021, n. 9392 Cass. Ord. 16.12.2022, n. 36919

Cass. Sent. 11.05.2021, n. 12372 Cass. Sent. 08.02.2023, n. 3854

Cass. Ord. 26.05.2021, n. 14568 Cass. Ord. 23.03.2023, n. 8384


Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 565

PRASSI AMMINISTRATIVA

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Circ. Min. 08.08.1997, n. 235 Circ. Ag. Entrate 19.09.2014, n. 27

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Ris. Min. 08.04.1998, n. 25/E Circ. Ag. Entrate 07.08.2015, n. 29

Circ. Min. 25.01.1999, n. 23 Circ. Ag. Entrate 27.10.2015, n. 35

Nota Min. Fin. 31.05.1999, n. 35912 Circ. Ag. Entrate 29.04.2016, n. 17

Circ. Min. 05.08.2000, n. 154 Circ. INPS 02.08.2016, n. 140

Circ. Ag. Entrate 28.06.2001, n. 65 Provv. Ag. Entrate 12.10.2016, n. 164492

Circ. Ag. Entrate 08.04.2002, n. 28 Circ. Ag. Entrate 07.04.2017, n. 8

Circ. Ag. Entrate 04.05.2010, n. 23 Circ. Ag. Entrate 28.04.2017, n. 15

Nota ANCI 31.01.2011 Circ. Ag. Entrate 21.03.2019, n. 4

Ris. Ag. Entrate 09.02.2011, n. 13 Circ. Ag. Entrate 21.03.2019, n. 5

Circ. Ag. Entrate 06.06.2011, n. 27 Circ. Ag. Entrate 23.03.2020, n. 6

Circ. Ag. Entrate 03.04.2020, n. 8


Circ. Ag. Entrate 21.06.2011, n. 28
Circ. Ag. Entrate 06.05.2020, n. 11
Circ. Ag. Entrate 27.06.2011, n. 29
Circ. Ag. Entrate 22.06.2020, n. 17
Nota Ag. Entrate 30.09.2011, n. 141776
Circ. Ag. Entrate 20.08.2020, n. 25
Circ. Ag. Entrate 19.03.2012, n. 9
Provv. Ag. Entrate 06.04.2021, n. 88314
Circ. Ag. Entrate 19.06.2012, n. 25
Circ. Ag. Entrate 20.06.2022, n. 21
Circ. Ag. Entrate 02.08.2012, n. 31
Circ. Ag. Entrate 27.01.2023, n. 2
Circ. Ag. Entrate 03.08.2012, n. 32

Circ. Ag. Entrate 20.09.2012, n. 35 Provv. Ag. Entrate 30.01.2023, n. 27663

Circ. Ag. Entrate 15.02.2013, n. 1 Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 6

Circ. Ag. Entrate 24.09.2013, n. 31 C.N.D.E.C. Doc. 22.02.2023, n. 3220

Circ. Ag. Entrate 17.12.2013, n. 35 IFEL Nota 01.03.2023

Provv. Ag. Entrate 31.01.2014, n. 13917 M.E.F. Circ. 06.03.2023, n. 1/DF

Circ. Ag. Entrate 21.02.2014, n. 3 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


566
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Appendice operativa tabelle

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Tabella codici tributo per accertamento con adesione (Mod. F24)
Codice
Imposta Denominazione Codice tributo
tributo
Irpef Irpef e relativi interessi accertamento con adesione 9401
Imposte Sanzione e altre somme dovute relative ai tributi erariali accertamento 9402
sostitutive con adesione
Iva Sanzione e altre somme dovute relative ai tributi erariali accertamento 9402
con adesione
Irpef Sanzione e altre somme dovute relative ai tributi erariali accertamento 9402
con adesione
Altri tributi Sanzione e altre somme dovute relative ai tributi erariali accertamento 9402
con adesione
Ires Irpeg e relativi interessi accertamento con adesione 9405
Altri tributi Ilor e relativi interessi accertamento con adesione 9411
Iva Iva e relativi interessi accertamento con adesione 9413
Irap Irap e relativi interessi accertamento con adesione 9415
Irap Sanzione e altre somme dovute relative all’Irap accertamento con adesione 9416
Addizionale Addizionale comunale all’Irpef e relativi interessi accertamento con adesione 9417
comunale
Irpef
Addizionale Sanzione e altre somme dovute relative all’addizionale comunale all’Irpef 9418
comunale accertamento con adesione
Irpef
Altri tributi Contributo per le prestazioni del servizio sanitario nazionale accertamento 9419
con adesione
Altri tributi Contributo straordinario per l’Europa e relativi interessi accertamento 9420
con adesione
Altri tributi Imposta sul patrimonio netto delle imprese e relativi interessi accertamento 9422
con adesione
Nota bene: Sono riportati solo i codici più frequenti.
Accertamento con adesione (Iva e Redditi) 567

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Tabella R.A.E. 4.3.2014, n. 25
Codice Codice Codice Denominazione Rateazione Anno

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ufficio atto tributo codice tributo /regione/ di
prov./mese riferimento
rif.
COMPILARE COMPILARE 9946 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA
relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione
- SANZIONE - art. 13 D.Lgs. 472/1997

COMPILARE COMPILARE 9947 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA


relativi all’Addizionale Comunale ENTE
all’IRPEF a seguito di definizione LOCALE
dell’accertamento, accertamento con (tabella T1­-
adesione, conciliazione giudiziale e codici
mediazione - SANZIONE - art. 13 degli Enti
D.Lgs. 472/1997 Locali)

COMPILARE COMPILARE 9948 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA


relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all’IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 –
dell’accertamento, accertamento con codici delle
adesione, conciliazione giudiziale e Regioni
mediazione - SANZIONE - art. 13 e delle
D.Lgs. 472/1997 Province
autonome)

COMPILARE COMPILARE 9949 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA


relativi all’IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 –
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni
- SANZIONE - art. 13 D.Lgs. 472/1997 e delle
Province
autonome)

COMPILARE COMPILARE 1984 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA


relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs. 472/1997

COMPILARE COMPILARE 1985 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA


relativi all’Addizionale Comunale ENTE
all’IRPEF a seguito di definizione LOCALE
dell’accertamento, accertamento con (tabella T1­-
adesione, conciliazione giudiziale e codici
mediazione - INTERESSI - art. 13 degli Enti
D.Lgs. 472/1997 Locali)

COMPILARE COMPILARE 1986 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA


relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all’IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 –
dell’accertamento, accertamento con codici delle
adesione, conciliazione giudiziale e Regioni
mediazione - INTERESSI - art. 13 e delle
D.Lgs. 472/1997 Province
autonome)

(segue)
568
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Iva e Redditi)

Tabella R.A.E. 4.3.2014, n. 25


Codice Codice Codice Denominazione Rateazione Anno

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ufficio atto tributo codice tributo /regione/ di
prov./mese riferimento
rif.
COMPILARE COMPILARE 1987 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 –
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs. 472/1997 e delle
Province
autonome)
Accertamento con adesione

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ai fini delle imposte indirette
diverse dall'Iva
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione
giudiziale.

Capo I – Accertamento con adesione

Art. 1 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI [CFF ¶ 4773]

1. L'accertamento delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto può essere definito
con adesione del contribuente, secondo le disposizioni seguenti.
2. L'accertamento delle imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale e
comunale sull'incremento di valore degli immobili, compresa quella decennale, può essere defini-
to con adesione anche di uno solo degli obbligati, secondo le disposizioni seguenti.

Art. 2 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI NELLE IMPOSTE SUI REDDITI


E NELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO [CFF ¶ 4774]

(omissis)

Art. 3 - DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI NELLE ALTRE IMPOSTE INDIRETTE [CFF ¶ 4775]

1. La definizione ha effetto per tutti i tributi di cui all'articolo 1, comma 2, dovuti dal contribuente,
relativamente ai beni e ai diritti indicati in ciascun atto, denuncia o dichiarazione che ha forma-
to oggetto di imposizione. Il valore definito vincola l'ufficio ad ogni ulteriore effetto limitata-
mente ai menzionati tributi. Sono escluse adesioni parziali riguardanti singoli beni o diritti con-
tenuti nello stesso atto, denuncia o dichiarazione.
2. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca
natura, le une dalle altre, ciascuna di esse, se soggetta ad autonoma imposizione, costituisce
oggetto di definizione come se fosse un atto distinto.
3. A seguito della definizione, le sanzioni dovute per ciascun tributo oggetto dell'adesione si ap-
plicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge. 1
4. L'accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o
modificabile da parte dell'ufficio.

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 18, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano
con riferimento agli atti definibili emessi dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° febbraio 2011. Si ri-
porta di seguito il testo previgente: «3. A seguito della definizione, le sanzioni dovute per ciascun tributo oggetto
dell'adesione si applicano nella misura di un quarto del minimo previsto dalla legge.»
570 Accertamento con adesione (Altre imposte)

Capo III – Procedimento per la definizione


D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218

degli accertamenti nelle imposte sui redditi

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e nell'imposta sul valore aggiunto
(omissis)

Capo III – Procedimento per la definizione


di altre imposte indirette

Art. 10 - COMPETENZA DEGLI UFFICI [CFF ¶ 4782]

1. Competente alla definizione è l'ufficio delle entrate.


2. Fino all'entrata in funzione dell'ufficio indicato nel comma 1, è competente l'ufficio del registro.

Art. 11 - AVVIO DEL PROCEDIMENTO [CFF ¶ 4783]

1. L'ufficio invia ai soggetti obbligati un invito a comparire, nel quale sono indicati:
a) gli elementi identificativi dell'atto, della denuncia o della dichiarazione cui si riferisce l'accerta-
mento suscettibile di adesione;
b) il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione.
b-bis) le maggiori imposte, sanzioni e interessi dovuti; 3
b-ter) i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte di cui alla lettera b-
bis). 1
[1-bis. Il contribuente può prestare adesione ai contenuti dell'invito di cui al comma 1. Per le modalità
di definizione dell'invito, compresa l'assenza della prestazione delle garanzie previste dall'articolo
8, per la misura degli interessi e per le modalità di computo degli stessi in caso di versamento
rateale, nonché per i poteri del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate in caso di mancato
pagamento delle somme dovute per la definizione, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5,
commi 1-bis, 1-ter e 1-quater. In presenza dell'adesione all'invito di cui al comma 1 del presente
articolo, la misura delle sanzioni indicata nell'articolo 3, comma 3, applicabile per ciascun tributo
di cui all'articolo 1, comma 2, è ridotta alla metà.] 2

Note
1 La presente lettera è stata così inserita dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. 28.01.2009, n. 2
con decorrenza dal 29.01.2009.
2 Il presente comma inserito dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. 28.01.2009, n. 2 con decor-
renza dal 29.01.2009, è stato abrogato dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015; ai
sensi dell'art. 1, comma 638, del medesimo provvedimento modificante le disposizioni di cui al presente comma conti-
nuano ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto e di al-
tre imposte indirette, notificati entro il 31.12.2015.
3 La presente lettera inserita dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. 28.01.2009, n. 2 con decor-
renza dal 29.01.2009, è stata così modificata dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal
01.01.2015. Si riporta di seguito il testo previgente: «b-bis) le maggiori imposte, sanzioni e interessi dovuti in caso di
definizione agevolata di cui al comma 1-bis;».
Accertamento con adesione (Altre imposte) 571

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Art. 12 - ISTANZA DEL CONTRIBUENTE [CFF ¶ 4784]

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1. Nel caso in cui sia stato notificato avviso di accertamento, non preceduto dall'invito di cui all'arti-
colo 11, il contribuente, anteriormente all'impugnazione dell'atto innanzi la commissione tributa-
ria provinciale, può formulare in carta libera istanza di accertamento con adesione, indicando il
proprio recapito, anche telefonico.
2. La presentazione dell'istanza, anche da parte di un solo obbligato, comporta la sospensione, per
tutti i coobbligati, dei termini per l'impugnazione indicata al comma 1 e di quelli per la riscossione
delle imposte in pendenza di giudizio, per un periodo di novanta giorni. L'impugnazione dell'atto
da parte del soggetto che abbia richiesto l'accertamento con adesione comporta rinuncia
all'istanza.
3. Entro quindici giorni dalla ricezione dell'istanza, l'ufficio, anche telefonicamente o telematica-
mente, formula al contribuente l'invito a comparire.
4. All'atto del perfezionamento della definizione, l'avviso di cui al comma 1 perde efficacia.

Art. 13 - ATTO DI ACCERTAMENTO CON ADESIONE, ADEMPIMENTI


SUCCESSIVI E DEFINIZIONE [CFF ¶ 4785]

1. La definizione si perfeziona secondo quanto previsto dagli articoli 7, 8 e 9.


Il versamento delle somme dovute per effetto dell'adesione è effettuato presso l'ufficio del regi-
stro.

ACCERTAMENTO CON ADESIONE AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE DIVERSE


DALL'IVA
(Art. 1, co. 2 e seguenti)

Norme in sintesi
14. L’accertamento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e sulle successioni e donazioni può
essere definito con adesione, anche di uno solo degli obbligati, relativamente ai beni e ai diritti indicati
in ciascun atto, denuncia o dichiarazione che ha formato oggetto di imposizione. Se un atto contiene
più disposizioni che non derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, cia-
scuna di esse, se soggetta ad autonoma imposizione, costituisce oggetto di definizione, come se fosse un
atto distinto. Sono escluse adesioni parziali riguardanti singoli beni o diritti contenuti nello stesso at-
to, denuncia o dichiarazione.
Per le modalità di definizione, la misura e il computo degli interessi, in caso di versamento rateale,
nonché i poteri del competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate in caso di mancato pagamento delle
somme dovute per la definizione, si applicano le disposizioni di cui al precedente co. ….
15. Se il contribuente procede ad accertamento con adesione, le sanzioni dovute per ciascun tributo, si
applicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge.
16. L’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modifi-
cabile da parte dell’Ufficio.
17. Nel caso in cui sia stato notificato un avviso di accertamento, non preceduto dall’invito a comparire
di cui al co. …, il contribuente può formulare, in carta libera, istanza di accertamento con adesione en-
tro il termine per il ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale. La presentazione del-
l’istanza, anche da parte di un solo obbligato, comporta la sospensione, per tutti i coobbligati, dei ter-
mini per l’impugnazione dell’atto e di quelli per la riscossione delle imposte in pendenza di giudizio,
per un periodo di novanta giorni. L’impugnazione dell’atto da parte del soggetto che abbia richiesto
l’accertamento con adesione comporta rinuncia all’istanza. Entro quindici giorni dalla ricezione del-
l’istanza, l’Ufficio, anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a compa-
rire; se, a seguito di esso, il contribuente paga l’intero importo dovuto o la prima delle rate, in cui è ri-
partito il dovuto, la definizione fa venir meno la efficacia dell’avviso di accertamento/liquidazione.
572
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

18. Per quanto non previsto specificatamente nei commi da 14 a 17, valgono, in quanto applicabili, le
disposizioni dei commi da 1 a 13.

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Definizione L’accertamento con adesione è un istituto giuridico che consente al contribuente di
definire («ex ante») le pretese impositive che potrebbero determinare controversie tributarie, at-
traverso un contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria, diretto a una revisione «concor-
data e motivata» degli imponibili e, di conseguenza, delle imposte, dei relativi interessi e delle
sanzioni amministrative, che vengono ridotte a 1/3 (un terzo) del «minimo edittale» se la defini-
zione interviene prima della notifica dell’avviso di accertamento, o della misura «irrogata» se
interviene dopo.
L’art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023, ha introdotto una sorta
di accertamento con adesione «rafforzato», che consente di definire in adesione gli atti di accer-
tamento, relativi ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, con una riduzione delle san-
zioni maggiore (rispetto a quella a regime, ferme restando le regole «ordinarie»; si veda l’appo-
sito paragrafo); e la possibilità di regolarizzare gli omessi versamenti delle rate dovute a seguito
(anche) dell’adesione (art. 1, co. da 219 a 221, L. 197/2022: si veda oltre).
Peculiarità L’accertamento con adesione è caratterizzato dal contraddittorio fra le parti, nel corso
del quale:
› il contribuente può produrre documenti, fornire informazioni e proporre argomentazioni e
considerazioni dirette a chiudere la potenziale vertenza tributaria;
› l’Ufficio può, in esito al contraddittorio, rideterminare le proprie pretese sia sotto il profilo
impositivo che sanzionatorio.
Può considerarsi il prototipo degli istituti deflativi (del contenzioso tributario) di tipo «bilatera-
le», cui partecipano entrambi i soggetti del rapporto tributario, per prevenire – se c’è conver-
genza – a un atto (concordato) che lo definisce.
Esso «si configura come un accordo di diritto pubblico, ovverosia un atto bilaterale, consensuale ed
ineguale, cui intervengono, su posizioni non pari ordinate, l’Amministrazione finanziaria e il privato,
la prima nell’esercizio di una funzione pubblica, il secondo nella sfera dell’autonomia privata, sicchè a
tale atto si applicano, non le disposizioni del codice civile relative alla transazione, ma la disciplina
speciale pubblicistica che lo prevede» (cfr. Cass. Ord. 26.5.2021, n. 14568).
Ambito soggettivo L’istituto può essere utilizzato da qualsiasi «soggetto passivo» del tributo di
riferimento, sia esso una persona fisica, una persona giuridica, o altro soggetto d’imposta.
Nel caso di più coobbligati, l’accertamento definito da uno di essi, estingue l’obbligazione nei
confronti di tutti, per cui:
› l’Ufficio invia l’invito a comparire a tutti i contribuenti interessati, in modo da consentire loro
di partecipare al contraddittorio e di assumere – ciascuno – le proprie decisioni;
› la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione da parte (anche) di uno solo dei
coobbligati sospende, per 90 giorni, il termine di impugnazione (e quello per la riscossione),
per tutti i soggetti coinvolti (cfr. Cass. Ord. 8.7.2022, n. 21710).
Sono «coobbligati» i (diversi) soggetti tenuti al pagamento di una certa imposta e anche quelli
obbligati ex lege al pagamento di tributi diversi. Ad es., sono solidalmente obbligati al pagamen-
to dell’imposta di registro: le parti contraenti, i soggetti nel cui interesse è stata richiesta la regi-
strazione, gli agenti immobiliari relativamente alle «scritture private non autenticate di natura ne-
goziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari» (cfr. art. 57, co. 1-bis,
D.P.R. 131/1986 e C.A.E. 29.5.2013, n. 18).
Ambito oggettivo
Imposte definibili L’art. 1, co. 2 e l’art. 3 del D.Lgs. 218/1997 non riguardano tutte le imposte indiret-
te diverse dall’Iva, ma solo le cd. «imposte di tipo registro» e, cioè
› l’imposta di registro (D.P.R. 26.4.1986, n. 131);
› l’imposta sulle successioni e donazioni (D.Lgs. 31.10.1990, n. 346);
› le imposte ipotecaria e catastale (D.Lgs. 31.10.1990, n. 347);
› le imposte il cui accertamento si riporta alla disciplina dell’imposta di registro (cfr., ad es.,
l'art. 15 e segg., D.P.R. 601/1973, in materia di imposta sostitutiva; l'art. 2, L. 952/1977, in ma-
teria di imposta erariale di trascrizione nel PRA – Pubblico Registro Automobilistico).
Fattispecie definibili Possono essere oggetto di adesione:
› le fattispecie di natura estimativa; e
Accertamento con adesione (Altre imposte) 573

› le fattispecie per le quali all’Ufficio è riconosciuto il potere di accertamento (da esercitare se-

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


condo le regole proprie di ciascun bene o diritto).

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Determinazione della base imponibile
Regola La base imponibile su cui calcolare l’imposta di registro, nel caso di atti che hanno ad og-
getto beni immobili o diritti reali immobiliari, è il «valore del bene», cioè il «valore venale in co-
mune commercio», oppure il «corrispettivo», se questo sia superiore (cfr. art. 51, D.P.R.
131/1986). È il caso, ad es., dei terreni edificabili, dei fabbricati diversi da quelli ad uso abitativo
e delle aziende, la cui base imponibile è costituita dal valore (venale), comprendente, nel caso
delle aziende, il complesso dei beni e diritti che le compongono, integrato del valore dell’avvia-
mento, al netto delle passività.
In merito alla quantificazione dell’avviamento, la giurisprudenza aveva ritenuto che dal citato
art. 51 non possa trarsi «alcun decisivo elemento per affermare che l'avviamento incida sul valore
dell'azienda trasferita solo se, ed in quanto, di segno positivo. Al contrario, essendo la norma finalizza-
ta a garantire che l'imposta di registro venga applicata su una base imponibile il più possibile confor-
me al valore dell'azienda in condizioni di libero mercato (che anche in ciò si attua, e certo non ultimo,
il principio di capacità contributiva), si deve ritenere che in essa trovi rilevanza anche quell'avviamen-
to che - avendo segno negativo - sia dalle parti computato a riduzione del prezzo di cessione» (cfr.
Cass. Sent. 17.1.2018, n. 979). E, più di recente, ha affermato che «l’esistenza di un valore di avviamen-
to dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subìto delle
perdite negli esercizi degli anni precedenti, perché del valore complessivo dell’azienda fa parte quello
dell’avviamento (…) che si somma al valore degli altri beni che la compongono, in una operazione che
logicamente precede la detrazione delle passività, sicché non è aprioristicamente escluso né dalla esi-
stenza né dall’ammontare di queste» (cfr. Cass. Ord. 14.2.2022, n. 4732).
Deroga La base imponibile è costituita dal «valore catastale», a prescindere dal corrispettivo pattu-
ito (c.d. sistema prezzo-valore: cfr. art. 1, co. 497, L. 266/2005), nel caso:
a. della cessione di immobili ad uso abitativo (e relative pertinenze) «nei confronti di persone fi-
siche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali», previa ri-
chiesta dell’acquirente al notaio e indicazione in atto del corrispettivo pattuito. Quanto all’ac-
quisto «(senza limite quantitativo e pure se effettuato con atto separato)» delle pertinenze, «il si-
stema del prezzo valore si applica (…) a condizione che: la pertinenza sia dotata di una propria
rendita catastale; sia possibile individuare in modo certo che il bene pertinenziale è accessorio ri-
spetto al bene principale (…); [e] nell’atto di acquisto risulti il vincolo pertinenziale» (cfr. A.E.: Gui-
da per l’acquisto della casa: le imposte e le agevolazioni fiscali, Agg. gennaio 2023). Però, «af-
finché si possa concretizzare un effettivo rapporto di pertinenzialità (…) è, comunque, necessario
che i due beni [quello accessorio e quello principale] siano ubicati in luoghi “prossimi” tra lo-
ro», per cui la deroga in esame non può essere riconosciuta, nel caso di acquisto separato di
un box auto sito alla distanza di circa 1,3 km dall’abitazione, non essendo «integrati i requisiti
per il riconoscimento della pertinenzialità» (cfr. Risp. A.E. 19.1.2022, n. 33);
b. del trasferimento tra privati dell’immobile ad uso abitativo, a seguito di verbale redatto in se-
de di conciliazione giudiziale (cfr. Cass. Ord. 30.10.2020, n. 24087);
c. dei trasferimenti immobiliari in adempimento dell’obbligo derivante dalla rinuncia alla eredi-
tà e come corrispettivo della stessa, a condizione che nell’atto sia indicato il valore attribuito
al bene (cfr. Risp. A.E. 25.11.2019, n. 494);
d. dei terreni diversi dalle aree edificabili e del trasferimento dell’immobile anche «a seguito di pro-
cedura espropriativa o di pubblico incanto» di cui all’art. 44 del D.P.R. 131/1986 [che individua la
base imponibile dei predetti trasferimenti con riferimento al prezzo di aggiudicazione (cfr. Cass.
Ord. 1.6.2021, n. 15193) o all’indennizzo], dato che «la mera differenziazione del contesto acquisitivo
del bene non è (…) sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una
sostanziale omogeneità» (cfr. Corte Cost., Sent. 23.1.2014, n. 6, C.A.E. 21.2.2014, n. 2, e, quanto alla
efficacia cd. retroattiva della sentenza, R.A.E. 3.11.2014, n. 95). «In presenza, quindi, dei requisiti per
l’applicazione del sistema c.d. prezzo-valore, la richiesta può essere formulata dall’acquirente anche nelle
ipotesi in cui il trasferimento avviene con provvedimento giudiziale, non risultando ostativa l’assenza
della figura notarile»; e le previste dichiarazioni possono essere formulate nelle more del giudizio
o successivamente, purché prima della registrazione del provvedimento giudiziale (cfr. Ris. Ag.
Entrate 28.5.2021, n. 38, relativa al trasferimento di un immobile con provvedimento giudiziale e
574
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

richiesta di agevolazione “prima casa”).


In conclusione, la citata pronuncia di incostituzionalità ha comportato la svalutazione della ne-

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cessaria contestualità tra dichiarazione del prezzo-valore e perfezionamento dell’atto dispositivo,
quando il contribuente non abbia potuto effettuare la dichiarazione al notaio rogante [cfr. sub a)];
però, non gli consente di chiedere l’applicazione del criterio del prezzo-valore (nel caso, all’esito
di un giudizio divisionale) dopo aver ricevuto l’avviso di liquidazione emesso dall’Amministrazio-
ne finanziaria (cfr. Cass. Ord. 26.3.2021, n. 8610).
La deroga, infine, non sarebbe incompatibile con l’atto di dotazione di un «trust», operato da un
«trustee» persona fisica, perché il «trust» non è fornito di personalità giuridica ed autonoma
soggettività; anche se, poi, nel caso concreto, il criterio del prezzo-valore è risultato inapplicabi-
le a causa della destinazione commerciale dell'immobile (cfr. Cass. Sent. 9.2.2021, n. 3073).
La regola del c.d. “prezzo-valore”:
› non «può trovare applicazione all’atto di costituzione di rendita vitalizia, la cui base imponibile» ex
art. 46, D.P.R. 131/1986 «è determinata, in termini non omogenei, con riferimento al valore della
rendita costituita, laddove quest’ultimo valore risulti superiore a quello dei beni ceduti» (cfr. Cass.
Ord. 10.6.2021, n. 16229 e 16230);
› non si applica al trasferimento di un terreno agricolo, alienato assieme all’immobile ad uso
abitativo, se non sia dimostrata la pertinenzialità (in termini di utilità e ornamento), del terre-
no rispetto all’edificio abitativo (cfr. Risp. Ag. Entrate 18.6.2021, n. 420).
Poteri di rettifica Per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari o
aziende, l’Ufficio può procedere alla rettifica degli importi dichiarati ai fini dell’imposta di (tipo)
registro, se ritiene che sia stato dichiarato un valore (dell’immobile o dell’azienda) inferiore a
quello venale in comune commercio o se ritiene che il corrispettivo sia stato (in parte) occultato
(cfr. artt. 51 e 52, D.P.R. 131/1986, nonché C.A.E. 6.2.2007, n. 6, R.A.E. 1.6.2007, n. 121). Si applica,
quindi, la «regola generale in materia di controlli sui valori dichiarati» (cfr. C.A.E. 6.2.2007, n. 6/
E).
La prassi suggerisce di valutare, per gli immobili, lo scostamento tra quanto dichiarato e le quo-
tazioni OMI, tenendo presente che esse, «pur costituendo un punto di riferimento importante per-
ché derivanti da puntuali analisi del mercato immobiliare, rappresentano solo il dato iniziale ai fini
della individuazione del valore venale in comune commercio [o del corrispettivo che si suppone oc-
cultato], per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso
dell’Ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria» (cfr. C.A.E. 28.4.2016, n. 16).
Per gli atti di cessione di terreni non edificabili e di fabbricati ad uso abitativo (e relative perti-
nenze) da «privato» a «privato», previa richiesta dell’acquirente al notaio, si applica la «deroga»,
per cui, in presenza delle relative condizioni, il potere di rettifica dell'Ufficio è limitato (cfr. art.
52, co. 4 e 5, D.P.R. 131/1986). La stessa limitazione riguarda l’acquisto dell’immobile a seguito
di procedura espropriativa, per cui l’avviso di liquidazione, con il quale l’Ufficio pretenda di ap-
plicare l’imposta sulla base dell’art. 44 del D.P.R. 131/1986, risulterà «illegittimo poiché fondato
sull’erroneo presupposto della inapplicabilità dell’agevolazione (…) ai trasferimenti effettuati nell’am-
bito di procedure esecutive e/o aste pubbliche» (cfr. Cass. Sent. 24.5.2017, n. 13033).
La «dichiarazione, resa nell’atto dal contribuente, con cui egli intenda avvalersi del sistema di rivalu-
tazione automatica ex art. 52, co. 5, D.P.R. 131/1986 (…) costituisce, in capo all’Ufficio, un limite al po-
tere di accertamento per valori diversi», ma «non esclude la doverosità di riscontro della sussistenza,
nei beni oggetto dell’atto, dei requisiti che rendano possibile una sicura corrispondenza del valore di-
chiarato a quello automaticamente determinabile in base ai coefficienti moltiplicatori delle rendite»
(cfr. Cass. Sent. 6.3.2013, n. 5543).
E così, se il contribuente presenta una dichiarazione cumulativa, avente ad oggetto una pluralità
di cespiti, senza indicare analiticamente il valore dei singoli beni, «l’Amministrazione ha il potere
di rettifica attraverso il ricorso al criterio del valore di mercato», perché la indicazione di un unico
valore non le consente di controllare la corrispondenza di ciascun bene ai parametri di valuta-
zione automatica (cfr. Cass. Ord. 2.3.2022, n. 6846).
Effetti della definizione dell’imposta di registro La possibilità di fondare l’accertamento della
plusvalenza (ai fini dell’imposizione dei redditi) conseguente al trasferimento di immobili o di
aziende, basandosi sulla definizione dell’accertamento ai fini dell’imposta di registro, è subordi-
nata alla sussistenza di ulteriori elementi presuntivi idonei ad integrare le ragioni della pretesa
Accertamento con adesione (Altre imposte) 575

(cfr. art. 5, co. 3 del D.Lgs. 14.9.2015, n. 147 - disposizione di natura interpretativa e, dunque, con

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


effetto «retroattivo»: cfr. Cass. Sent. 15.4.2016, n. 7488; Cass. Ordinanze 2.4.2020, n. 7665;

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1.10.2018, n. 23719; 18.4.2018, n. 9513; 4.10.2017, n. 23132; 15.9.2017, n. 21438; 2.8.2017, n. 19227 e
n. 19228; 16.2.2017, n. 4171; 24.1.2017, n. 1823; 5.12.2016, n. 24857; Cass. Sentenze 30.5.2017, n.
13571; 17.5.2017, n. 12265). Ne deriva:
› da un lato, che l’accertamento ai fini delle imposte dirette non si può basare solo sul valore
accertato ai fini dell’imposta di registro (non c’è automatismo);
› dall’altro, che il principio si applica anche se sfavorevole al contribuente, al quale è ugual-
mente impedito «vincolare l’accertamento ai fini delle imposte dirette al valore determinato ai fini
dell’imposta di registro» (cfr. Cass. Ord. 8.3.2019, n. 6816).
Vale, pertanto (ex art. 5, co.3, cit.), la regola della «irrilevanza del valore dei beni immobili [e delle
aziende] ceduti o in relazione ai quali risulti perfezionato un atto traslativo o costitutivo di un diritto
reale “anche se” (…) dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro o delle imposte ipo-
tecaria e catastale. La formulazione adottata dal Legislatore è sufficientemente esplicativa della inten-
zione di rendere impossibile l’utilizzazione degli stessi elementi valutativi nell’ambito di imposte con
criteri e presupposti impositivi diversi tra di loro» (cfr. Cons. Naz. Notariato, Studio n. 102-2016/T).
«Invero, alla luce della norma interpretativa prima ricordata non residua alcuno spazio per presume-
re ai fini fiscali la esistenza di un maggior corrispettivo soltanto sulla base del valore, e ciò indipen-
dentemente dalla tipologia di imposta in relazione alla quale sia stato in concreto accertato, di guisa
che il riferimento all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali non integra un catalogo
inderogabile di imposte, ma assolve ad una funzione essenzialmente esemplificativa, volta a rimarcare
la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispet-
to a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo)» (cfr. Cass. Ordinanze 2.8.2017, n. 19227 e 19228. In
materia di INVIM, cfr. Cass. Ordinanze 30.7.2020, n. 16393; 6.2.2020, n. 2816; 6.12.2017, n. 29186).
Quanto ai trasferimenti d’azienda, «si dovrà segnare una più netta linea di demarcazione tra le vi-
cende afferenti ai soggetti che rilevano compendi aziendali o rami degli stessi, quanto alla eventuale
patologia dei loro rapporti con il Fisco (soprattutto in sede di ricorso a tutti gli strumenti per una
composizione bonaria o meno della pretesa di ulteriore ripresa fiscale), e quelle afferenti ai cedenti dei
medesimi compendi, ai quali, peraltro, è sottratta ogni facoltà di interloquire in quei rapporti e di te-
nere condotte o comportamenti in grado di evitare il “consolidamento” di eventuali maggiori valori ac-
certati o definiti» (cfr. Cons. Naz. Notariato, citato).
Conclusione «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma
3 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l'Amministra-
zione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale
realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accerta-
to o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fi-
ni IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo
di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene me-
desimo» (cfr. Cass. Ordinanze 2.8.2017, n. 19227 e 19228; conformi Cass. Ordinanze 6.12.2017, n.
29186; 31.10.2017, n. 25903; Cass. Sentenze 20.10.2020, n. 22728; 8.5.2019, n. 12131; 3.11.2016, n.
22221; C.T.R. Lazio, 12.11.2018, n. 7783. Si veda, però, Cass. Ord. 12.4.2021, n. 9584).
Deve, quindi, ritenersi superato il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità
(cfr. Cass. Sentenze 31.7.2015, n. 16254; 10.6.2013, n. 14571), secondo il quale «l’Amministrazione
finanziaria è [era] legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza
sulla base dell’accertamento effettuato» ai fini dell’imposta di registro; mentre è confermato quello
di merito secondo cui «nessuna norma autorizza la estensione alle imposte sui redditi dei risultati
dell’accertamento operato ai fini dell’imposta di registro» (cfr. C.T.P. Modena, 14.12.2012, n. 452;
conf. C.T.P. Novara, 31.3.2015, n. 93; C.T.R. Milano, 30.10.2013, n. 140; C.T.P. Reggio Emilia,
18.3.2013, n. 80).
Principio ribadito, da ultimo, rispetto ai coobbligati che non abbiano partecipato alla definizione
intervenuta tra contribuente e Ufficio, il quale non potrà utilizzare l’esito del relativo accordo -
concluso ai fini dell’imposta di registro - come dato presuntivo per l’accertamento della plusva-
lenza a carico dei coobbligati (cfr. Cass. Ord. 25.6.2021, n. 18351).
Esclusioni La definizione in adesione:
› non può essere parziale, cioè riguardare singoli beni e/o diritti compresi in un medesimo at-
576
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

to, denuncia o dichiarazione (a meno che le singole disposizioni non derivino le une dalle al-
tre e siano soggette ad autonoma imposizione);

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› non può, di regola, avere ad oggetto avvisi di liquidazione delle maggiori imposte, relativi, ad
es., alla revoca dell’agevolazione cd. «prima casa»: perché l’avviso è conseguenza di una mera
attività di controllo della dichiarazione e perché il disconoscimento del beneficio è incompati-
bile con la procedura di accertamento con adesione, «non essendo prospettabili soluzioni inter-
medie o di compromesso tra la sussistenza ovvero la insussistenza dei presupposti di legge per l’ap-
plicazione» della predetta agevolazione (cfr. C.T.R. Milano, Sent. 8.8.2012, n. 152/67/12); ne de-
riva che l’eventuale istanza, proposta dal contribuente, non sospende – per 90 giorni – il ter-
mine di impugnazione dell’atto (cfr. C.T.P. Bergamo, 24.6.2013, n. 123/10/13); con il rischio
che la pretesa tributaria si consolidi sulla base dell’avviso di liquidazione (non impugnato
tempestivamente).
«Tuttavia, deve ritenersi che il nomen iuris dell’atto non sempre corrisponda al contenuto sostanziale
dello stesso», con la conseguenza che «un’attività dell’Ufficio di natura valutativa a seguito di
istruttoria che porta ad escludere la qualificazione giuridica operata dal contribuente» può essere
considerata «sostanzialmente un accertamento e non una mera attività di liquidazione» (cfr. C.T.R.
Piemonte, 19.2.2020, n. 230; conf. C.T.R. Roma, 19.3.2012, n. 185 e C.T.P. Salerno, 2.2.2010, n. 4).
Ufficio competente
› per l’imposta di registro, ipotecaria e catastale:
- nel caso di atti pubblici, scritture private autenticate e di atti degli organi giurisdizionali,
l’Ufficio Territoriale della Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate nella cui circo-
scrizione risiede il pubblico ufficiale obbligato a richiedere la registrazione;
- negli altri casi, qualsiasi Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate (cfr. art. 9, D.P.R.
131/1986);
› per l’imposta di donazione: valgono le regole stabilite per l’imposta di registro (cfr. art. 6, co.
2, D.Lgs. 346/1990);
› per l’imposta di successione: la D.P.A.E. nella cui circoscrizione si trovava l’ultima residenza
del defunto (o quella di Roma, se la residenza del defunto era all’estero o non è nota: cfr. art.
6, co. 1, D.Lgs. 346/1990).
Modalità Sono le stesse dell’accertamento con adesione relativo alle imposte sui redditi e all’Iva: la
definizione in adesione può essere avviata o su proposta dell’Ufficio o su iniziativa del contri-
buente.
A. Proposta dell’Ufficio L’Ufficio competente ha facoltà di inviare a tutti i coobbligati un invito al
contraddittorio, nel quale sono contenuti gli elementi indicati dall’art. 11, co. 1, D.Lgs. 218/1997.
Non ha l’obbligo di invitare il contribuente al contraddittorio anticipato ex art. 5-ter, D.Lgs.
218/1997 (nel caso degli atti di accertamento o liquidazione relativi alle imposte d’atto), conside-
rato: che l’5-ter non richiama l’art. 11 del D.Lgs. 218/1997 (ma, solo, l’art. 5 dello stesso Decreto);
e che la collocazione della norma nel Capo II, del predetto decreto riguarda la definizione degli
accertamenti ai fini delle Imposte dirette e dell’Iva (cfr. C.A.E. 22.6.2020, n. 17).
Il contribuente, ricevuto l’invito, può:
a) presentarsi al contraddittorio per discutere con i funzionari dell’Ufficio la pretesa impositi-
va, dando corso alla procedura di accertamento con adesione; nel caso di definizione, la
sanzione sarà pari a un terzo del valore «concordato»;
b) non presentarsi, dato che la partecipazione al procedimento non è obbligatoria (impedisce,
però, al contribuente, di proporre (lui) in relazione alla stessa situazione, l’istanza di accer-
tamento con adesione).
B. Iniziativa del contribuente Nel caso in cui sia stato notificato avviso di accertamento non prece-
duto dall’invito al contraddittorio dell’Ufficio, ciascuno dei contribuenti obbligati può presentare
una istanza di accertamento con adesione (in carta libera), all’Ufficio che ha emesso l’avviso, en-
tro il termine di impugnazione dell’atto (60 giorni dalla notifica).
1. Presentazione dell’istanza La trasmissione dell’istanza all’Ufficio può avvenire o mediante conse-
gna diretta, o tramite posta elettronica certificata (P.E.C.), o mediante spedizione per posta in
plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento (R.A.R.); in questo caso, l’istanza si
considera tempestiva se spedita entro il termine di impugnazione anche se perviene a termine
scaduto (cfr. C.A.E. 8.4.2002, n. 28/E).
Accertamento con adesione (Altre imposte) 577

L’istanza deve essere diretta a una soluzione concordata della controversia; deve contenere, fra

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


l’altro, l’indicazione di un recapito telefonico e può contenere la delega del contribuente a farsi

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rappresentare da un professionista, che, se iscritto ad un Albo professionale, può autenticarne la
firma. La procura deve indicare con precisione l’ambito dei poteri conferiti e la (eventuale) ele-
zione di domicilio, ai fini del procedimento, presso il professionista delegato.
2. Effetti della presentazione La presentazione dell'istanza non comporta l'inefficacia dell'atto, ma
«solo» la sospensione – nei confronti di tutti i coobbligati – del termine di impugnazione e di ri-
scossione delle imposte (in pendenza di giudizio) per 90 giorni.
«L’istanza presentata da un solo coobbligato esplica effetti anche nei confronti di chi è rimasto inerte»,
e, di conseguenza, determina per tutti «la sospensione di 90 giorni del termine di decadenza per
l’impugnazione» (cfr. Cass. Ord. 8.7.2022, n. 21710).
Al predetto termine di sospensione si aggiunge il periodo di sospensione «feriale» dal 1° al 31
agosto di ogni anno (cfr. art. 6, D.L. 12.9.2014, n. 132, conv. con modif. in L. 10.11.2014, n. 164),
come chiarito – con valore di interpretazione autentica (cfr. Cass. Ordinanze 5.2.2019, 3278;
6.12.2018, n. 31683; 3.10.2018, n. 24030) – dall’art. 7-quater, co. 18, D.L. 193/2016, conv. con mo-
dif. in L. 225/2016, il quale ha esplicitamente previsto la cumulabilità dei due periodi di sospen-
sione: «i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cu-
mulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale».
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la sospensione feriale non sia cumula-
bile con altri tipi di sospensione, avendo scopi e finalità diverse (cfr. Cass. Sentenze 12.4.2017, n.
9438; 11.11.2015, n. 23047; 28.6.2013, n. 16347), facendone derivare la (eventuale) tardività della
impugnazione (che costituisce causa di inammissibilità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado
del giudizio a prescindere dalla posizione adottata da controparte, cioè dall’Amministrazione fi-
nanziaria).
Il termine di 90 giorni si cumula(va), inoltre, con la sospensione - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - dei
termini per la notifica del ricorso, stabiliti a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19
(cfr. art. 83, co. 2, D.L. 17.3.2020, n. 18, conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27 e ss.mm. e art. 158,
D.L. 19.5.2020, n. 34; C.A.E., 6.5.2020, n. 11; 3.4.2020, n. 8; 23.3.2020, n. 6). «Pertanto, in caso di
istanza di adesione presentata dal contribuente, si applicano cumulativamente sia la sospensione del
termine di impugnazione» di cui all’art. 12, D.Lgs. 218/1997 «sia la sospensione di complessivi 64
giorni prevista dal combinato disposto» degli articoli 83, co. 2, D.L. 18/2020 e 36, D.L. 23/2020 (cfr.
C.A.E. 20.8.2020, n. 25, § 3.3). «Si applica, inoltre, la sospensione feriale dal 1° al 31 agosto», per cui,
in caso di accertamento notificato, ad esempio, il 15 febbraio 2020, «il decorso del termine di im-
pugnazione, già sospeso dal 9 marzo all’11 maggio 2020 (…) sarà nuovamente sospeso dal 1° al 31 ago-
sto 2020» e «verrà a scadere il 17 ottobre 2020» (cfr. C.A.E. 25/2020).
A seguito della presentazione dell’istanza, l’Ufficio – nel termine (ordinatorio) di 15 giorni – for-
mula al contribuente l’invito a comparire per il contraddittorio, indicando il giorno e il luogo in
cui il contribuente deve presentarsi (non anche gli elementi costitutivi dell’accertamento già
«contenuti nell’avviso notificato»); in caso di mancata convocazione, è opportuno verificare che
l’istanza sia pervenuta (regolarmente) all’Ufficio; e, se sì, sollecitarlo affinché dia corso al proce-
dimento (in proposito, si veda Cass. Ord. 9.6.2021, n. 16114, richiamata nel capitolo precedente).
«La formulazione dell’invito non comporta alcun obbligo di definizione dell’accertamento per l’ufficio,
che dovrà attentamente valutare, caso per caso, l’idoneità degli elementi forniti dal contribuente a ridi-
mensionare l’accertamento effettuato» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235).
Se il contribuente, dopo la presentazione dell’istanza, impugna l’avviso di accertamento, rinun-
cia automaticamente all’accertamento con adesione (e riprende la decorrenza dei termini sospe-
si per la riscossione) «secondo quanto previsto dell’art. 12, co. 2»; ciò, però, «non esclude dal proce-
dimento con adesione gli altri coobbligati non ricorrenti»; e «in presenza di adesione da parte di que-
sti ultimi, il contenzioso intrapreso verrà meno per cessata materia del contendere» (cfr. C.M.
235/1997).
La presentazione dell’istanza, infine, preclude al contribuente la possibilità di definire integral-
mente l'atto in acquiescenza ex art. 15, D.Lgs. 218/1997, ma non gli preclude la possibilità di defini-
re le (sole) sanzioni ex art. 17, D.Lgs. 472/1997 (sul punto, però, la giurisprudenza è controversa).
CONTRADDITTORIO Dopo l’avvio del procedimento, su iniziativa dell’Ufficio o su istanza del contri-
buente, ha luogo il contraddittorio fra le parti, che costituisce un «efficace metodo per il rafforza-
578
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

mento della quantificazione della pretesa tributaria e la riduzione della conflittualità nel rapporto con il
contribuente», consentendo a quest’ultimo «di fornire chiarimenti e documentazione utili a inquadrare

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in modo più realistico la fattispecie oggetto di stima e, nello stesso tempo», permettendo «all’Ammini-
strazione finanziaria di pervenire a valutazioni più trasparenti e sostenibili» (cfr. C.A.E. 16/2016).
L’Ufficio, nel corso del contraddittorio, può tenere conto:
a) per i fabbricati e i terreni non edificabili: dei valori definiti nel triennio precedente per im-
mobili aventi le medesime caratteristiche; e, quindi, della vetustà, del degrado, dello stato di
manutenzione del fabbricato; dell’ubicazione dell’immobile; dell’eventuale stato locativo o
di affittanza; dell’effettiva destinazione del terreno (cfr. C.M. 235/1997);
b) per le aree edificabili: della edificabilità dell’area, dei valori definiti nel triennio precedente
per terreni aventi le medesime caratteristiche, della esistenza della concessione a edificare e
delle convenzioni con il Comune (cfr. C.M. 235/1997);
c) per le aziende e, in particolare, «per quanto attiene ai criteri di valutazione dell’avviamento»:
dei criteri indicati dall’art. 2, D.P.R. 31.7.1996, n. 460, nonostante la sua abrogazione «da par-
te del D.Lgs. 218/1997, atteso che lo stesso non ha previsto un metodo alternativo di determinazio-
ne di tale valore» (cfr. Cass. Ord. 8.6.2021, n. 15888).
Il ricorso ai citati criteri non è escluso «né dal fatto che il metodo di calcolo prescelto coincide con
quello già adottato da una disposizione di legge abrogata (…), né dalla maggiore o minore bontà di ta-
le formula che, come tutti i metodi pratici di calcolo, lascia sussistere un certo margine di approssima-
zione»; ferma restando «la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore dell’avvia-
mento aziendale rispetto a quello accertato» (cfr. Cass. Ord. 14.2.2022, n. 4732).
E così, gli Uffici, spesso, determinano il valore dell’avviamento «sulla base degli elementi desunti
dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei
ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi di
imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata per tre» anche dopo che
tale decreto è stato abrogato.
Al di là della «strana» modalità di calcolo (tanto vale fare la somma dei ricavi), viene suggerito
di assumere come base i ricavi e non i redditi e di attenersi – «nella procedura transattiva che
conduce ad un accertamento con adesione» – a quelle «indicazioni minime». E dato che – secondo
la giurisprudenza – «il contribuente sottoscrive un accertamento con adesione (solo) quando esso è
inferiore alla cifra che potrebbe legittimamente emergere con un accertamento autonomo» si è affer-
mato che tali criteri «hanno la funzione di fornire indicazioni cui l’Amministrazione finanziaria deve
attenersi nella procedura transattiva che conduce ad un accertamento con adesione», ma non costi-
tuiscono «criterio vincolante al di fuori di tale tipo di accertamento» (cfr. Cass. Sent. 17.2.2006, n.
3505; conformi Cass. Ordinanze 21.3.2019, n. 7941; 3.10.2018, n. 24064; Cass. Sentenze 12.12.2011,
n. 26550; 27.7.2007, n. 16705). Al di fuori della procedura adesiva, quindi, quei criteri hanno un
carattere «presuntivo minimo» (cfr. Cass. Sent. 23.7.2008, n. 20280). «Pertanto, se ai detti criteri
un qualche rilievo indiziario può essere attribuito, esso è nel senso che il valore effettivo non è inferiore
a quello cui si perviene mediante la loro applicazione, con la conseguenza che l’Amministrazione non è
tenuta a spiegare i motivi per cui ritiene incongrui nella specie [relativa ad un controllo di congruità
– ex art. 51, D.P.R. 131/1986 – dei valori dichiarati nell’atto di cessione d’azienda] i criteri in que-
stione, ma deve solo fornire gli elementi indiziari sufficienti a giustificare il suo assunto» (cfr. Cass.
Sent. 27.3.2012, n. 4931; conf. Cass. Ordinanze 11.6.2021, n. 16662; 8.6.2021, n. 15888).
La giurisprudenza di merito ritiene che, venuto meno l’art. 2, D.P.R. 460/1996, l’Ufficio dovrebbe:
› fare riferimento «a negozi relativi a fattispecie similari, contemporanei ed aventi le medesime ca-
ratteristiche (…) o, in alternativa, indicare altri elementi probatori» (cfr. C.T.R. Milano, 9.3.2015, n.
841);
› riconoscere, in ogni caso, che «il valore dell’azienda non può essere valutato con l’applicazione dei
metodi statistico-matematici, ma deve tenere conto delle particolari e concrete caratteristiche del-
l’azienda e di tutti gli altri elementi di fatto che contribuiscono alla formazione di detto valore» (cfr.
C.T.R. Genova, 26.9.2012, n. 84; C.T.P. Milano, 26.3.2015, n. 2856);
› applicare i criteri sopra enunciati «con le doverose attenzioni; o quanto meno, se recepiti, seguen-
done specificatamente l’iter, così da consentire al destinatario di comprendere il percorso logico di
quantificazione del diverso valore rettificato e consentirgli di contestarne gli indicatori, con elementi
di fatto concreti sulla specificità aziendale» (cfr. C.T.P. Reggio Emilia, 18.8.2011, n. 143/4/11).
Accertamento con adesione (Altre imposte) 579

› supportare l’accertamento con «un preventivo contraddittorio endoprocedimentale con il contri-

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


buente in modo da acquisire tutti gli elementi necessari alla determinazione oggettiva del valore di

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avviamento» (cfr. C.T.R. Marche, 13.4.2021, n. 402).
Il contribuente, nel corso del contraddittorio, può esporre e documentare i fatti e le circostanze
non considerate dall’Ufficio e idonee a contrastarne o limitarne le pretese. Prima ancora, può
redigere una memoria contenente deduzioni difensive, in diritto e, soprattutto, nel merito, per
indurre l’Ufficio a riconsiderare le proprie pretese.
Alla fine di ogni incontro viene redatto un verbale che contiene le motivazioni e le argomenta-
zioni addotte dal contribuente e dall’Ufficio e indica anche la (eventuale) documentazione depo-
sitata (dal contribuente). Se il contribuente è rappresentato da un procuratore generale o specia-
le «copia della procura sarà acquisita agli atti del procedimento» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235), a meno
che non sia già contenuta nella memoria difensiva eventualmente presentata.
Il contraddittorio può concludersi:
› con l’archiviazione, nel caso in cui l’Ufficio accolga – in toto e motivatamente – le ragioni del con-
tribuente, dandogli atto di aver adeguatamente provato la correttezza del proprio comportamento;
› con la conferma dei rilievi contenuti nell’atto, nel caso in cui le ragioni del contribuente non
siano state ritenute sufficienti, per cui il contribuente potrà, poi, proporre ricorso, nei termini
di legge, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado;
› con la definizione del rapporto tributario, cioè con un accordo, il cui contenuto viene ripro-
dotto nel c.d. atto di adesione, che deve essere «redatto [per is]scritto in duplice esemplare», sot-
toscritto dal contribuente (o da un suo procuratore) e dal direttore dell’Ufficio (o da un suo
delegato), a pena di nullità (cfr. Cass. Sent. 28.6.2006, n. 14945) e deve contenere:
- «gli elementi di valutazione addotti dal contribuente ed i relativi documenti prodotti; i percorsi
logico-giuridici che conducono alla revisione della originaria pretesa; i criteri adottati per la de-
terminazione della base imponibile di ciascun tributo, in stretta connessione agli elementi che, a
seguito del contraddittorio svolto, hanno a tal fine assunto rilevanza» (cfr. C.A.E. 28.6.2001, n.
65), cioè una circostanziata motivazione;
- la liquidazione (separata) delle maggiori imposte, sanzioni, interessi e altre somme even-
tualmente dovute e
- le modalità di pagamento della somma dovuta, che può avvenire in una unica soluzione o in
forma rateale.
Anche se la procedura si conclude senza raggiungere un accordo, viene redatto un verbale di
contraddittorio per attestare l’esito negativo della trattativa o la chiusura (anticipata) del proce-
dimento di adesione. Ciò non comporta decadenza del termine di sospensione (di 90 giorni)
previsto dalla legge per ricorrere; a meno che il contribuente non dichiari espressamente (o, per
fatti concludenti, come la proposizione del ricorso), di rinunciare definitivamente «all’istanza di
accertamento con adesione» (cfr. Corte Cost. 15.4.2011, n. 140; Cass. Ordinanze 24.8.2018, n. 21148;
2.3.2012, n. 3368; Cass. Sent. 11.5.2012, n. 7334).
Sotto il profilo pratico, astenersi dal formulare dichiarazioni dalle quali si possa desumere la vo-
lontà di rinunciare alla prosecuzione della procedura in corso evita malintesi.
Da ultimo, a seguito della emergenza epidemiologica da Covid-19, l’Agenzia delle Entrate aveva
suggerito ai propri uffici di «evitare lo svolgimento delle attività sopra indicate, al fine di non solleci-
tare spostamenti fisici da parte dei contribuenti e loro rappresentanti, nonchè del personale dipenden-
te», precisando, però, che «laddove ci sia in concreto un condiviso interesse a svolgere comunque il
procedimento di accertamento con adesione, è possibile, in un’ottica di “collaborazione e buona fede”
tra Fisco e contribuente, dar seguito a tali esigenze» (cfr. C.A.E. 23.3.2020, n. 6. Nonostante la so-
spensione delle attività di controllo e accertamento - fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza -
da parte degli Enti impositori). La Circolare ha, quindi, delineato le procedure per lo svolgimen-
to del procedimento «a distanza», specificando che le predette indicazioni sono adattabili a tutte
le modalità con cui si svolge l’accertamento con adesione e, in generale, «ad ogni altro procedi-
mento tributario che richieda la partecipazione ovvero l’intesa con il contribuente».
Accertamento con adesione «rafforzato» ex art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n. 197,
Legge di Bilancio 2023 I commi da 179 a 185 dell’art. 1 «disciplinano la definizione agevolata de-
gli atti del procedimento di accertamento riferibili ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate».
In base al comma 179, possono essere definiti con riduzione delle sanzioni a 1/18 «gli accerta-
580 Accertamento con adesione (Altre imposte)

menti con adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218/1997, relativi a:
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218

› processi verbali di constatazione redatti, ai sensi dell’art. 24 della L. 7.1.19292, n. 4, e consegnati en-
tro il 31 marzo 2023;

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› avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e di liquidazione non impugnati e ancora impugnabili al-
la data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023) e quelli notificati successi-
vamente, ma entro il 31 marzo 2023;
› inviti al contraddittorio ex art. 5-ter del D.Lgs. 218 del 1997, notificati entro il 31 marzo 2023» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
L’invito ex art. 5-ter non riguarda, tra l’altro, le imposte d’atto, ma il Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n.
27663 ha chiarito che le citate disposizioni «si applicano anche agli accertamenti con adesione rela-
tivi ad inviti al contraddittorio emessi ai sensi degli articoli 5, co. 1 e 11, comma 1, del D.Lgs. 218/1997,
notificati entro il 31 marzo 2023». In particolare, con riferimenti ai tributi amministrati dall’Agen-
zia delle Entrate, per gli accertamenti con adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218/1997
relativi agli «inviti al contraddittorio emessi ai sensi degli articoli 5, comma 1, 5-ter e 11, comma 1 del
D.Lgs. 218/1997, notificati entro il 31 marzo 2023, le sanzioni di cui al comma 5 dell’art. 2 e al comma
3 dell’art. 3 del citato decreto legislativo n. 218 del 1997 si applicano nella misura dei un diciottesimo
del minimo previsto dalla legge» (cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U.
30.3.2023, n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha specificato l’ambito di applicazione dell’istituto
(anche con una disposizione di interpretazione autentica); posticipato i termini di alcuni adem-
pimenti; e previsto una causa di non punibilità per alcuni reati di cui al D.Lgs. 74/2000 (cfr. gli
articoli 21, co. 3, 17 co. 1, 18 e 23 del citato decreto).
Sono definibili ai sensi delle norme in esame anche gli avvisi di avvisi di accertamento, di retti-
fica e di liquidazione e gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio
2023 «divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15
febbraio 2023» entro 30 giorni dall’entrata in vigore del D.L. 34/2020 (cfr. art. 17, co. 1).
Inoltre, secondo la interpretazione autentica, le disposizioni relative ai P.V.C., consegnati entro il
31.3.2023, «si interpretano nel senso che la definizione agevolata ivi prevista si applica anche all’ac-
certamento con adesione relativo agli avvisi di accertamento notificati successivamente a tale data sul-
la base delle risultanze dei predetti processi verbali» (cfr. art. 21, co. 3). Quindi, l’adesione al P.V.C.,
consegnato entro la citata data, è ammessa anche in caso di accertamento notificato dopo il
31.3.2023.
In merito ai P.V.C. si era già espressa l’Agenzia delle Entrate, precisando che: «presupposto per
l’adesione agevolata avviata su processo verbale di constatazione è esclusivamente l’avvenuta consegna
dello stesso entro il 31.3.2023. Pertanto, si conferma che, con riferimento ai processi verbali di consta-
tazione consegnati entro il 31.3.2023, è possibile la definizione agevolata sia nel caso di istanza pre-
sentata dal contribuente ai sensi dell’art. 6, co. 1, del D.Lgs. 218/1997, sia nell’ipotesi di invito di inizia-
tiva dell’Ufficio ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto legislativo, anche successivi al 31.3.2023, purché
sia sottoscritto l’accertamento con adesione e lo stesso sia perfezionato con il pagamento» (cfr. C.A.E
20.3.2023, n. 6).
La definizione agevolata degli atti del procedimento di adesione - riferiti ai (soli) tributi ammini-
strati dall’Agenzia delle Entrate - concerne:
› i processi verbali di constatazione consegnati entro il 31 marzo 2023;
› gli avvisi di accertamento, rettifica, liquidazione:
- non impugnati e per i quali, alla data di entrata in vigore della norma, non siano decorsi i
termini per presentare ricorso;
- notificati entro il 31 marzo 2023 (purché non preceduti da invito a comparire ex art. 5 del
D.lgs. 218/1997, il quale preclude la possibilità di formulare l’istanza di adesione);
› gli inviti a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento (ex art. 5-
ter del D.Lgs. 218/1997) notificati entro il 31 marzo 2023.
La Circolare 2/2023 precisa che:
› «la disposizione risulta (…) direttamente applicabile dai contribuenti in fase di versamento degli im-
porti dovuti», anche nelle more dell’adozione delle disposizioni necessarie per la sua attuazio-
ne, di cui ai Provvedimenti (si veda il Provv. Dir. A.E. n. 27663, emanato il 30.1.2023), cui rin-
via il co. 184;
Accertamento con adesione (Altre imposte) 581

› «per poter accedere alla definizione è necessario che l’adesione non risulti perfezionata alla data del

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


1° gennaio 2023»;

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› «in assenza di preclusioni legislative, rientrano nella categoria degli atti definibili anche gli accertamenti
notificati entro il 31 marzo 2023, dovuti al mancato perfezionamento dell’adesione, previamente attivata
prima della notifica dell’atto impositivo, a seguito di inviti emessi dall’Ufficio. Ciò poiché il momento ulti-
mo per avvalersi della definizione è la notifica dell’accertamento entro la data del 31 marzo 2023».
Sono esclusi dalla definizione:
› gli atti impugnati e quelli per i quali, alla data di entrata in vigore della norma, sia decorso il
termine di impugnazione;
› gli atti notificati dopo il 31 marzo 2023;
› gli atti di cui all’art. 16 del D.Lgs. 472/1997, che prevedono la irrogazione delle sole sanzioni
(cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6);
› e, per espressa previsione normativa, tutti gli atti emessi nell’ambito della procedura di colla-
borazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’art. 5-quarter del D.L. 167/1990.
Inoltre, considerato l’esplicito riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, do-
vrebbero essere esclusi dalla definizione, tra gli altri, anche i tributi locali, doganali e le accise.
Per gli accertamenti con adesione relativi agli atti sopra indicati, «il beneficio derivante dalla defi-
nizione agevolata consiste nell’applicazione delle sanzioni previste rispettivamente dai commi 5 e 3 dei
citati articoli 2 e 3 del D.Lgs. 218 del 1997, nella misura di un diciottesimo del minimo previsto dalla
legge» (in luogo della ordinaria riduzione a 1/3). «Ad esempio, per gli avvisi di accertamento esecu-
tivi, l’importo delle sanzioni definibili, in sede (di acquiescenza e) di adesione, è pari ad un sesto di
quelle che il contribuente avrebbe dovuto versare per definire in maniera agevolata l’atto entro i termi-
ni per presentare ricorso» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
L’altro beneficio riguarda la possibilità di estendere il pagamento rateale in un numero massimo
di venti rate trimestrali di pari importo (quindi, oltre il numero massimo previsto dalla discipli-
na a regime).
Modalità Per effettuare la definizione, il contribuente deve procedere al versamento dell’intera
imposta, degli interessi, e della sanzione ridotta a 1/18 (in luogo di quella prevista nella misura
di 1/3), secondo la disciplina ordinaria. Secondo la prassi, non operano il cumulo giuridico e la
continuazione ex art. 12, del D.Lgs. 472/1997.
Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione o in forma rateale. In questo secondo
caso, la novella – in deroga alle disposizioni specifiche previste dall’istituto (8 o 16 rate) – preve-
de che il versamento possa essere effettuato in un massimo di 20 rate trimestrali di pari impor-
to, da effettuarsi entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima
rata, con applicazione degli interessi al saggio legale per le rate successive alla prima. È esclusa
la possibilità di utilizzare l’istituto della compensazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. 241/1997 (cfr.
Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663).
Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 218 del 1997, non derogate, per cui
la definizione «si perfeziona
› con riferimento agli atti del procedimento di adesione di cui al co. 179, con il pagamento, entro 20
giorni dalla sottoscrizione, dell’intero importo ovvero della prima rata entro il medesimo termine,
prevista dall’eventuale piano di rateazione;
› (…).
Nel caso in cui non venga effettuato il versamento previsto per il perfezionamento, l’Ufficio procederà
alla normale attività che segue gli atti del procedimento dell’accertamento» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n.
2).
«In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’art. 15-ter del
D.P.R. 602 del 1973» (cfr. C.A.E. 2/2023, nonché Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n. 27663).
Infine, quanto alla causa speciale di non punibilità dei reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-
quater del D.Lgs. 74/2000, introdotta dall’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34, in vigore dal 31.3.2023,
si rimanda al commento sull’accertamento con adesione ai fini delle Imposte dirette e dell’Iva.
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato:
› da un lato, che «resta ferma la possibilità per i contribuenti di definire gli atti rientranti nell’am-
bito di applicazione della regolarizzazione secondo le regole ordinarie previste dalla normativa vi-
gente, utilizzando, in tali ipotesi, ove normativamente prevista, la compensazione prevista dall’art.
582
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

17 del D.Lgs. 241/1997»;


› dall’altro, che «gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate forniscono l’assistenza eventualmente richiesta

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dagli interessati per potersi avvalere della regolarizzazione» (cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n.
27663).
Perfezionamento L’accertamento con adesione ordinaria si perfeziona – così come avviene per le
imposte sui redditi e l’Iva – solo con il pagamento, entro 20 giorni dalla redazione dell’«atto di
adesione», di tutti i tributi (ad es. nel caso di una compravendita immobiliare, il contribuente
dovrà versare, oltre all’imposta di registro anche le imposte ipotecarie e catastali): o in un’unica
soluzione o in forma rateale; con la precisazione che, in questo secondo caso, il perfezionamen-
to della procedura avviene con il pagamento della prima rata.
L’adesione può essere perfezionata anche da uno solo dei coobbligati, come nel caso, ad es., del
venditore – obbligato solidale con il compratore – che concluda l’accordo con l’Amministrazione
finanziaria per il pagamento della maggiore imposta di registro emergente da un avviso di retti-
fica a lui notificato. In questo caso, la giurisprudenza ha ritenuto:
› da un lato, che, se a seguito dell’avvenuta definizione, il coobbligato ha versato solo la prima
rata, la responsabilità solidale degli altri coobbligati resta ferma per la parte ancora non ver-
sata, cioè, detta responsabilità «non viene automaticamente meno per effetto dell’adesione di uno
dei coobbligati, essendo necessario che» alla intervenuta adesione «segua la integrale estinzione
del debito tributario così come definito … (nei confronti del coobbligato aderente)» (cfr. Cass. Sent.
18.1.2019, n. 1298).
Si verifica, in sostanza, «una estensione in bonam partem dell’accertamento per adesione», nel
senso che la responsabilità solidale del contribuente-coobbligato è «limitata» alle (residue)
somme risultanti dall’accordo raggiunto, salvo una sua espressa volontà contraria (cfr. Cass.
Sent. 7.4.2022, n. 11327);
› dall’altro, che, se gli altri coobbligati non hanno partecipato al procedimento, l’accertamento
con adesione perfezionato dal solo venditore «non vincola gli acquirenti che ad esso sono rimasti
estranei» e non consente al primo di esercitare l’azione di regresso nei loro confronti, avendo
«assunto esclusivamente in proprio l’obbligo di pagare una somma, seppure allo stesso titolo per il
quale esiste l’obbligazione solidale, senza coinvolgere nel procedimento di accertamento con adesio-
ne gli altri coobbligati» (cfr. Cass. Sent. 7.5.2014, n. 9859; conf. Cass. Ord. 23.8.2017, n. 20305.
Sulla efficacia del procedimento concluso da un solo coobbligato, si veda Cass. Ord. 25.6.2021,
n. 18351, sopra cit.).
Modalità di pagamento Il pagamento – in unica soluzione o in forma rateale – delle somme dovute
va eseguito mediante versamento unitario di cui all’art. 17, D.Lgs. 241/1997, con le modalità sta-
bilite dall’art. 19, stesso decreto (cfr. art. 15-bis, D.Lgs. 218/1997), utilizzando il Mod. F23, senza
possibilità di compensare quanto dovuto con i crediti vantati dal contribuente. «L'imposta sulle
successioni, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, le tasse ipotecarie, l'imposta di bollo, l'imposta
comunale sull'incremento di valore degli immobili e i tributi speciali, nonché i relativi accessori, inte-
ressi e sanzioni, dovuti in relazione alla presentazione della dichiarazione di successione, sono versati
mediante il modello F24» (cfr. Provv. A.E., 17.3.2016, n. 40892. I relativi codici tributi sono stati
istituiti con R.A.E. 25.3.2016, n. 16).
Il pagamento rateale può essere effettuato in un massimo di 8 (otto) o – se le somme dovute su-
perano 50.000,00 euro – 16 (sedici) rate trimestrali di pari importo, la cui scadenza è fissata
«entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre» (cfr. art. 8, co. 2). Sulle rate successive alla prima sono
dovuti gli interessi al tasso legale (1.1.2023, 5%, cfr. D.M. 13.12.2022), calcolati dal giorno succes-
sivo al termine di versamento della prima rata.
Effettuato il versamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve depositare
la relativa quietanza presso l’Ufficio accertatore nel termine di 10 giorni, e «l’Ufficio, presi in cari-
co i predetti documenti, rilascia», solo allora «l’esemplare dell’atto di accertamento con adesione de-
stinato al contribuente» (cfr. C.M. 8.8.1997, n. 235).
Inadempimenti nel versamento delle somme dovute La omissione o il ritardo nel versamento in
unica soluzione o della prima rata, entro il termine perentorio di 20 giorni dalla redazione del-
l’atto, impedisce il perfezionamento dell’accertamento con adesione, anche se è ammesso il cd.
«lieve inadempimento» (cfr. art. 15-ter, D.P.R. 602/1973); considerando tale «il pagamento [del to-
tale o] della prima rata nella misura non superiore al 3% e comunque per un importo non superiore a
Accertamento con adesione (Altre imposte) 583

diecimila euro»; o il versamento con ritardo non superiore a sette giorni rispetto al termine di

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


scadenza (cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17).

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Il mancato o tardivo versamento delle rate diverse dalla prima non incide sul perfezionamento
della definizione, ma comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a ruolo
dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni (come determinate nell’atto di
adesione perfezionato), nonché della (ulteriore) sanzione del 30% aumentata della metà (45%),
se il contribuente non esegue «il versamento della rata entro il termine di pagamento di quella suc-
cessiva (o comunque esegue un versamento carente in misura eccedente il limite del lieve inadempi-
mento)» (cfr. C.A.E. 17/2016). L’istituto del «lieve inadempimento» si applica, infatti, anche nel
caso di «versamento di una delle rate diverse dalla prima» nella misura indicata (3%/10.000,00 eu-
ro), ovvero nel caso di tardivo versamento «effettuato entro il termine di pagamento della rata suc-
cessiva», che non comporta la decadenza dalla rateazione (né, di conseguenza, la iscrizione a
ruolo); tenendo conto, nel caso dell’ultima rata, del termine «di 90 giorni dalla scadenza ordina-
ria» (dato che non si può configurare una scadenza successiva: cfr. C.A.E. 17/2016).
Il tardivo o carente versamento delle somme dovute (ancorché lieve, per cui non preclude il per-
fezionamento della procedura, né comporta la decadenza dalla rateazione) costituisce, comun-
que, una violazione sanzionata ex art. 13, D.Lgs. 471/1997, per cui l’Ufficio procede alla iscrizione
a ruolo della eventuale frazione non pagata, dei relativi interessi e della sanzione; la iscrizione a
ruolo può essere, però, evitata valendosi del ravvedimento (operoso).
Infine, nel procedimento relativo alla «imposta di registro e agli altri tributi indiretti», «l’attività di
riscossione continua a realizzarsi (…) mediante successiva iscrizione a ruolo», dato che non rilevano
le modalità di riscossione dei cd. atti impoesattivi (cfr. art. 11, D.Lgs. 218/1997 e Nota Agenzia
delle Entrate, 30.9.2011, n. 2011/141776).
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive alla prima ex art.
1, co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023 I commi da 219 a 221 dell’art. 1
«prevedono – con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate – la possibilità di re-
golarizzare l’omesso o carente versamento:
a. delle rate successive alla prima relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione
(…), scadute al 1° gennaio 2023 (ossia per le quali, a tale data, sia decorso il termine ordinario di
pagamento) e per le quali non siano stati notificati la cartella di pagamento ovvero l’atto di intima-
zione;
b. (…)». (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Sul punto è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in
vigore dal 31.3.2023, che ha precisato che la regolarizzazione è inibita se «alla medesima data»
sia stata notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione: dunque, si deve aver riguar-
do alla data del 1° gennaio 2023 (cfr. art. 18, del citato decreto, che modifica il co. 219 dell’art. 1
della L. 197/2022).
«La regolarizzazione degli omessi pagamenti avviene mediante il versamento integrale della sola im-
posta» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Pertanto, l’omesso o carente versamento delle rate successive
alla prima,
› scadute alla data del 1° gennaio 2023;
› relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate;
› dovute a seguito di un accertamento con adesione già perfezionato;
possono essere regolarizzate con il versamento integrale della sola imposta dovuta, a condizione
che - «alla medesima data» - «non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto
di intimazione» (co. 219).
Nel caso di «omesso o carente versamento di una rata, entro l’ordinaria scadenza e senza che sia an-
cora intervenuta la decadenza dalla rateazione, la regolarizzazione (…) deve riguardare il solo importo
non versato entro il 1° gennaio 2023, mentre le rate non ancora scadute non possono essere regolariz-
zate, con conseguente versamento di imposte, interessi e sanzioni alle ordinarie scadenze previste dal
piano di rateazione» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
Tuttavia, nel caso in cui alla data del 1° gennaio 2023 «sia stato superato anche il termine per il pa-
gamento della rata successiva, si verifica la decadenza dalla rateazione, con le conseguenze previste
dall’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973. In questa ipotesi, la regolarizzazione deve riguardare l’intero am-
montare del debito residuo, in difetto del quale, la intervenuta decadenza determina l’applicazione del
584
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

citato art. 15-ter» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).


La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima

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(cioè l’ipotesi in cui l’accertamento con adesione si sia già perfezionato), riguarda le rate - relati-
ve ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata in vigore
della legge, per le quali, al 1° gennaio 2023 non sia già stata notificata la cartella di pagamento o
l’atto di intimazione. Restano, quindi, esclusi dalla definizione i carenti od omessi versamenti
delle rate successive alla prima, relativi all’accertamento con adesione perfezionato con riferi-
mento a tributi diversi.
Inoltre, il contribuente non potrà avvalersi della definizione in esame qualora «sia in regola con i
pagamenti rateali ancora in corso al 1° gennaio 2023»; «e ciò al contrario del contribuente che, al 1°
gennaio 2023, è in regola con i pagamenti rateali delle somme derivanti da controlli automatizzati
(c.d. avvisi bonari)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Per la regolarizzazione dei tributi comunali, si veda il commento sull’accertamento con adesione
delle Imposte dirette e dell’Iva.
Il beneficio della regolarizzazione prevista dai commi 219-221, consiste:
› nell’abbattimento delle sanzioni e interessi, dovendo essere effettuato il versamento integrale
della sola imposta dovuta;
› nella possibilità di rateizzare il pagamento in un massimo di venti rate trimestrali, in luogo
delle 8 o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro - 16 (sedici) rate trimestrali.
La regolarizzazione «comporta il versamento dell’imposta dovuta e si perfeziona con il pagamento
dell’intero importo entro il 31 marzo 2023 oppure tramite il versamento di un numero massimo di
venti rate trimestrali di pari importo, la cui prima rata deve essere corrisposta entro il 31 marzo
2023»; con la precisazione che la definizione si perfeziona «con il pagamento integrale di quanto
dovuto, a prescindere dal pagamento rateale». «Per accedere alla definizione (…) la cartella di paga-
mento o l’atto di definizione non devono essere stati notificati prima del versamento integrale delle
somme dovute a seguito della predetta definizione o del pagamento della prima rata, in caso di paga-
mento rateale, posto che, per tale condizione, la disposizione non fa esplicito riferimento alla data di
entrata in vigore della legge di bilancio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Il versamento rateale può essere effettuato in un massimo di venti rate trimestrali di pari im-
porto, di cui la prima con scadenza entro il 31 marzo 2023 e le successive con scadenza entro il
30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo, di ciascun anno. Sulle rate successive
alla prima sono dovuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine per il versa-
mento della prima rata. È esclusa la possibilità di procedere alla compensazione ex art. 17, D.Lgs.
241/1997.
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 ha istituito i codici tributo «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusiva-
mente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”»: al fine di
«consentire il versamento tramite modello F24 delle suddette somme».
«I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento” sono valorizzati con le informazioni ri-
portate negli atti emessi dall’Ufficio. Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previ-
sto, è valorizzato con il codice della Regione o con il codice catastale del Comune destinatario.» (cfr.
R.A.E. 14.2.2023, n. 6).
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentra-
te.gov.it.
Accertamento con adesione (Altre imposte) 585

Codice Codice Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


ufficio atto tributo Regione/ riferimento
Prov./mese rif.

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COMPILARE COMPILARE TF40 IVA e relativi interessi legali – NON AAAA
Regolarizzazione omessi/ COMPILARE
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF41 Altri tributi erariali e relativi NON AAAA
interessi legali – COMPILARE
Regolarizzazione omessi/
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF42 IRAP e addizionale regionale CODICE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi REGIONE
legali – Regolarizzazione (…)
omessi/carenti pagamenti rate
– Art. 1, co. da 219 a 221, legge
n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF43 Addizionale comunale all’IRPEF CODICE AAAA
e relativi interessi legali – CATASTALE
Regolarizzazione omessi/ DEL COMUNE
carenti pagamenti rate – Art. 1, (…)
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022

Il mancato perfezionamento della regolarizzazione comporta che:


› gli effetti della definizione non si producono; e
› l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi
e sanzioni, nonché della sanzione del 30% (prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997), applicata
sul residuo importo dovuto a titolo d’imposta. La relativa cartella è notificata entro il termine
di decadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso
versamento, integrale o parziale, delle somme dovute per effetto della regolarizzazione.
«In caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non possano applicarsi le previsioni di cui all’art.
15-ter del D.P.R. 602 del 1973, stante il mancato rinvio a tali disposizioni nella disciplina della defini-
zione di cui trattasi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 149 del D.L. 19.5.2020, n. 34,
aveva disposto la proroga al 16.9.2020 dei termini di versamento delle somme dovute – anche in
forma rateale – a seguito di atti di accertamento con adesione, se i termini (originari) di versa-
mento scadevano nel periodo compreso tra il 9.3.2020 e il 31.5.2020. In questo caso, i «versa-
menti prorogati» potevano essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, alla data
del 16.9.2020, o in una unica soluzione, o mediante rateazione fino a un massimo di 4 rate men-
sili di pari importo, con scadenza il 16 di ciascun mese.
L’art. 157 del D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 (sostituito, da ultimo,
dall’art. 22-bis, del D.L. 31.12.2020, n. 183, conv. con modif. in L. 26.2.2021, n. 21, c.d. Decreto Mil-
leproroghe), a sua volta, ha posticipato il termine di decadenza dell’azione accertatrice, stabilen-
do che gli avvisi di accertamento, gli atti di contestazione e di irrogazione sanzioni, gli atti di re-
cupero dei crediti d’imposta, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, per i quali i termini di deca-
denza (calcolati senza tenere conto della proroga di 85 giorni ex art. 67, D.L. 18/2020) dell’azione
accertatrice scadono tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e
notificati tra 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, possibilmente «seguendo prioritariamente l’ordi-
ne cronologico di emissione» (cfr. Provv. A.E. 6.4.2021, n. 88314; C.A.E. 7.5.2021, n. 4). «Gli atti sono
emessi, se risultano firmati e protocollati, entro il termine del 31 dicembre 2020» (cfr. C.A.E.
20.8.2020, n. 25, § 3.10.6), «a tali fini assumendo valore la firma digitale» che «garantisce che il do-
cumento è integro e non modificabile», con onere della prova circa il rispetto del termine di emis-
sione a carico dell’Ufficio (che può fornirla anche attraverso il c.d. glifo: cfr. C.T.P. Napoli, Sent.
586
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

2.3.2022, n. 345).
Sono fatti salvi i casi di indifferibilità ed urgenza «o al fine del perfezionamento degli adempimenti

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fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi». Viene, così, introdotta, limitatamente ai
predetti atti, la proroga dei termini di notifica degli atti emessi, cioè «firmati e protocollati, entro il
termine del 31 dicembre 2020» (cfr. C.A.E. 20.8.2020, n. 25, § 3.10.6), disponendo che detta proro-
ga possa cumularsi con altre disposizioni che stabiliscono il differimento dei termini di accerta-
mento (è il caso, ad esempio, delle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale).
Effetti L’adesione comporta:
› la perdita di efficacia dell’avviso di accertamento e «la ulteriore conseguenza che gli avvisi di ac-
certamento notificati agli altri coobbligati non potranno formare oggetto di impugnativa» (cfr. C.M.
8.8.1997, n. 235); con la precisazione, però, che, «stante il carattere volontario dell’adesione, la
estensione degli effetti dell’accertamento con adesione relativo ad altri coobbligati può ammettersi
solo in bonam partem ed in assenza di una espressa volontà contraria del contribuente» (cfr.
Cass. Ord. 25.6.2021, n. 18351; Cass. Sent. 7.4.2022, n. 11327). «L’accertamento con adesione,
avendo natura di concordato tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, ed essendo per-
tanto caratterizzato dal carattere volontario dell’adesione, non può che avere efficacia nei confronti
del solo soggetto che tale adesione ha prestato, dovendosi escludere che possa acquisire valore, anche
indiretto, nei confronti di chi abbia impugnato l’atto impositivo fondato sul valore accertato con
adesione in relazione ad un diverso soggetto» (cfr. Cass. Ord. 25.6.2021, n. 18351. La fattispecie ri-
guardava una definizione conclusa - ai fini dell’imposta di registro - tra contribuente e Uffi-
cio, il cui esito è stato ritenuto inutilizzabile ai fini dell’accertamento presuntivo della plusva-
lenza a carico dei coobbligati che non avevano partecipato all’accordo);
› la riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 (un terzo) del minimo previsto dalla legge o,
se è stato notificato l’avviso di accertamento a 1/3 (un terzo) della sanzione irrogata;
› la definitività dell’accertamento, nel senso che esso ha effetto «relativamente a tutti i beni e i
diritti indicati in ciascun atto, denuncia o dichiarazione che ha formato oggetto di imposizione, con
conseguente preclusione, per l’ufficio tributario così come per il contribuente, di ogni ulteriore conte-
stazione in ordine ai rapporti tributari definiti»; in particolare,
- il contribuente non può impugnare l’accertamento con adesione, quali che siano le ra-
gioni di doglianza avverso l’atto di definizione e, quindi, neanche se ritenga di aver pa-
gato somme in eccesso per effetto di errore o di «altra ragione di supposta incongruità
dell’adesione»; né può proporre istanza di rimborso di quanto versato a perfezionamen-
to dell’accordo. Il fatto che «avverso l'accertamento definito con adesione sia preclusa l'im-
pugnazione (quali che siano le ragioni di doglianza avverso l'atto di definizione) non può che
comportare la ovvia conseguenza della improponibilità di istanze di rimborso di quanto ver-
sato a perfezionamento dell'accordo, che deve ritenersi intangibile»; con la conseguenza che
«una volta che l'accertamento sia stato definito con adesione e la definizione si sia perfezio-
nata con il versamento delle somme dovute è da escludersi che il contribuente conservi la fa-
coltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso e per effetto di
errore o altra ragione di supposta incongruità dell'adesione» (cfr. Cass. Sent. 29.12.2011, n.
29587);
- l’Ufficio non può modificare o integrare l’atto, salvo il caso di erronea liquidazione del
tributo da parte sua; nel qual caso può procedere alla correzione (anche se questo fatto
dovrebbe consentire al contribuente – per rispettare il «principio di affidamento» – di ri-
considerare la propria adesione); né può integrare l’accertamento, dato che l’art. 3,
D.Lgs. 218/1997 – a differenza di quanto avviene nel settore delle imposte dirette e del-
l’Iva – non prevede l’esercizio di una ulteriore attività di accertamento (anzi, è stabilito
che il valore definito vincola l’Ufficio ad ogni ulteriore effetto limitatamente ai tributi
oggetto di adesione).
Da ultimo, le regole stabilite nel caso dell’accertamento con adesione relativo agli atti c.d. impo-
esattivi (emessi dall’Agenzia delle Entrate per Irpef, Ires, Iva e Irap) non si applicano se l’accer-
tamento con adesione è quello di cui all’art. 11, D.Lgs. 218/1997: perché per gli «avvisi emessi ai
fini dell’imposta di registro e degli altri tributi indiretti l’attività di riscossione continua a realizzarsi
con le ordinarie modalità, mediante successiva iscrizione a ruolo» (cfr. Nota Agenzia delle Entrate,
30.9.2011, n. 2011/141776).
Accertamento con adesione (Altre imposte) 587

Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi La presentazione dell’istanza di ac-

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


certamento con adesione preclude al contribuente la possibilità di prestare acquiescenza all’ac-
certamento (ex art. 15, co. 1, D.Lgs. 218/1997), ma non gli impedisce, in caso di esito negativo del

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procedimento, di usufruire della definizione agevolata delle sanzioni (ex art. 17, D.Lgs. 472/1997)
entro il termine di proposizione del ricorso (contra Cass. Sent. 10.6.2015, n. 12006), se l'avviso di
accertamento riguarda:
› per l’imposta di registro: la insufficiente dichiarazione di valore, le ipotesi di occultamento del
corrispettivo, gli avvisi di liquidazione emessi a seguito della decadenza dalle agevolazioni in
materia di «prima casa» e di «piccola proprietà contadina»;
› per le imposte di successione e donazione: la omessa, tardiva, incompleta o infedele dichiara-
zione.
Se il contribuente rinuncia a presentare istanza di adesione e a impugnare l’avviso di accerta-
mento può, invece, prestare acquiescenza ai sensi dell’art. 15, co. 1.
Se l’atto impositivo – di valore (convenzionale) non superiore a 50.000,00 euro – rientra anche
nell’ambito di applicazione del reclamo/mediazione di cui all’art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992, il con-
tribuente:
› prima di tutto, può formulare istanza di accertamento con adesione, che, se si conclude posi-
tivamente, definisce il contesto con la riduzione delle sanzioni a un terzo;
› se, invece, la procedura di accertamento con adesione si conclude negativamente, il contri-
buente può far valere le proprie ragioni presentando istanza di reclamo/mediazione: in que-
sto caso l’Ufficio «andrà ad effettuare la propria analisi, in particolare, sulla base di elementi non
noti, sopravvenuti o, comunque, non presi in considerazione» nella (precedente) procedura di
adesione (cfr. C.A.E. 19.3.2012, n. 9); se questo procedimento si conclude positivamente, le
sanzioni sono ridotte al 35% (anziché al 33,3%). Se neanche questo procedimento si conclude
positivamente, il reclamo assume la veste di ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo
grado, per cui il contribuente dovrà solo costituirsi in giudizio nei 30 giorni successivi rispet-
to allo spirare del termine (di sospensione) stabilito per la mediazione.

Tabella della misura del tasso legale di interesse annuo


Dal 01.01.2015 Al 31.12.2015 0,5%
Dal 01.01.2016 Al 31.12.2016 0,2%
Dal 01.01.2017 Al 31.12.2017 0,1%
Dal 01.01.2018 Al 31.12.2018 0,3%
Dal 01.01.2019 Al 31.12.2019 0,8%
Dal 01.01.2020 Al 31.12.2020 0,05%
Dal 01.01.2021 Al 31.12.2021 0,01%
Dal 01.01.2022 Al 31.12.2022 1,25%
Dal 01.01.2023 5%

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 5, D.Lgs. 14.09.2015, n. 147


Disposizioni in materia di costi black list e di valore normale

Art. 15-ter, D.P.R. 29.09.1973, n. 602


Inadempimento nei pagamenti delle somme dovute a seguito delle attività di controllo dell'Agenzia
delle Entrate

Art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 01.12.2016, n. 225
Disposizioni in materia di semplificazione fiscale
588
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Accertamento con adesione (Altre imposte)

Art. 157, D.L. 19.5.2020, n. 34 conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.


Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali

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Art. 1, co. da 179 a 185 e da 219 a 221 della L. 29.12.2022, n. 197
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025

Artt. 17, 18, 21 e 23, D.L. 30.3.2023, n. 34


Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento
Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con
adesione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale
Interpretazione autentica dell’art. 1, commi 174, 176 e 179 della L. 29.12.2022, n. 197
Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 17.02.2006, n. 3505 Cass. Ord. 24.01.2017, n. 1823

Cass. Sent. 28.06.2006, n. 14945 Cass. Sent. 16.02.2017, n. 4171

Cass. Sent. 27.07.2007, n. 16705 Cass. Sent. 12.04.2017, n. 9438

Cass. Sent. 23.07.2008, n. 20280 Cass. Sent. 17.05.2017, n. 12265

Corte Cost. Ord. 15.04.2011, n. 140 Cass. Sent. 24.05.2017, n. 13033

Cass. Sent. 12.12.2011, n. 26550 Cass. Sent. 30.05.2017, n. 13571

Cass. Sent. 29.12.2011, n. 29587 Cass. Ord. 02.08.2017, n. 19227

Cass. Ord. 02.03.2012, n. 3368 Cass. Ord. 02.08.2017, n. 19228

Cass. Sent. 27.03.2012, n. 4931 Cass. Ord. 23.08.2017, n. 20305

Cass. Sent. 11.05.2012, n. 7334 Cass. Ord. 15.09.2017, n. 21438

Cass. Sent. 06.03.2013, n. 5543 Cass. Ord. 04.10.2017, n. 23132

Cass. Sent. 10.06.2013, n. 14571 Cass. Ord. 31.10.2017, n. 25903

Cass. Sent. 28.06.2013, n. 16347 Cass. Ord. 06.12.2017, n. 29186

Corte Cost. Sent. 23.01.2014, n. 6 Cass. Sent. 17.01.2018, n. 979

Cass. Sent. 07.05.2014, n. 9859 Cass. Ord. 18.04.2018, n. 9513

Cass. Sent. 10.06.2015, n. 12006 Cass. Ord. 24.08.2018, n. 21148

Cass. Sent. 31.07.2015, n. 16254 Cass. Ord. 01.10.2018, n. 23719

Cass. Sent. 11.11.2015, n. 23047 Cass. Ord. 03.10.2018, n. 24030

Cass. Sent. 15.04.2016, n. 7488 Cass. Ord. 03.10.2018, n. 24064

Cass. Sent. 03.11.2016, n. 22221 Cass. Ord. 06.12.2018, n. 31683

Cass. Ord. 05.12.2016, n. 24857 Cass. Sent. 18.01.2019, n. 1298


Accertamento con adesione (Altre imposte) 589

Cass. Ord. 05.02.2019, n. 3278 Cass. Ord. 26.05.2021, n. 14568

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Cass. Ord. 08.03.2019, n. 6816 Cass. Ord. 01.06.2021, n. 15193

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Cass. Ord. 21.03.2019, n. 7941 Cass. Ord. 08.06.2021, n. 15888

Cass. Sent. 08.05.2019, n. 12131 Cass. Ord. 09.06.2021, n. 16114

Cass. Ord. 06.02.2020, n. 2816 Cass. Ord. 10.06.2021, n. 16229

Cass. Ord. 02.04.2020, n. 7665 Cass. Ord. 11.06.2021, n. 16662

Cass. Ord. 30.07.2020, n. 16393 Cass. Ord. 25.06.2021, n. 18351

Cass. Sent. 20.10.2020, n. 22728 Cass. Ord. 14.02.2022, n. 4732

Cass. Ord. 30.10.2020, n. 24087 Cass. Ord. 02.03.2022, n. 6846

Cass. Sent. 09.02.2021, n. 3073 Cass. Sent. 07.04.2022, n. 11327

Cass. Ord. 26.03.2021, n. 8610 Cass. Ord. 08.07.2022, n. 21710

Cass. Ord. 12.04.2021, n. 9584

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. 08.08.1997, n. 235 Circ. Ag. Entrate 06.05.2020, n. 11

Circ. Ag. Entrate 28.06.2001, n. 65 Circ. Ag. Entrate 22.06.2020, n. 17


Circ. Ag. Entrate 08.04.2002, n. 28 Circ. Ag. Entrate 20.08.2020, n. 25
Circ. Ag. Entrate 06.02.2007, n. 6
Provv. Ag. Entrate 06.04.2021, n. 88314
Ris. Ag. Entrate 01.06.2007, n. 121
Circ. Ag. Entrate 07.05.2021, n. 4
Nota Ag. Entrate 30.09.2011, n. 141776
Ris. Ag. Entrate 28.05.2021, n. 38
Circ. Ag. Entrate 19.03.2012, n. 9
Risp. Ag. Entrate 18.06.2021, n. 420
Circ. Ag. Entrate 29.05.2013, n. 18
Risp. Ag. Entrate 19.01.2022, n. 33
Circ. Ag. Entrate 21.02.2014, n. 2
Ag. Entrate Guida per l'acquisto della casa: le
Ris. Ag. Entrate 03.11.2014, n. 95 imposte e le agevolazioni fiscali, Agg. gen-
naio 2023
Circ. Ag. Entrate 28.04.2016, n. 16
Circ. Ag. Entrate 27.01.2023, n. 2
Circ. Ag. Entrate 29.04.2016, n. 17
Provv. Ag. Entrate 30.01.2023, n. 27663
Cons. Naz. Notariato, Studio n. 102-2016/T

Risp. Ag. Entrate 25.11.2019, n. 494 Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 6

Circ. Ag. Entrate 23.03.2020, n. 6 C.N.D.E.C. Doc. 22.02.2023, n. 3220

Circ. Ag. Entrate 03.04.2020, n. 8 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


Autotutela (tributaria)

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D.L. 30 settembre 1994, n. 564
Disposizioni modificative della legge 19 marzo 1990, n. 55, in materia di elezioni e
nomine presso le regioni e gli enti locali, e della legge 17 febbraio 1968, n. 108, in
materia di elezioni dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario.

Art. 2-quater - AUTOTUTELA [CFF · 4754c]

1. Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell'Amministrazione finanziaria
competenti per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca, anche in pendenza di
giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono
definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'ammini-
strazione.
1-bis. Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il
potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato. 2
1-ter. Le regioni, le province e i comuni indicano, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi compe-
tenti per l'esercizio dei poteri indicati dai commi 1 e 1-bis relativamente agli atti concernenti i tri-
buti di loro competenza. 2
1-quater. In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell'atto cessa con la pubbli-
cazione della sentenza. 2
1-quinquies. La sospensione degli effetti dell'atto disposta anteriormente alla proposizione del ricor-
so giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, mo-
dificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest'ulti-
mo, anche l'atto modificato o confermato. 2
1-sexies. Nei casi di annullamento o revoca parziali dell’atto il contribuente può avvalersi degli istituti
di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca alle
medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto purché rinunci al ricorso. In tale ulti-
mo caso le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute. 3
1-septies. Le disposizioni del comma 1-sexies non si applicano alla definizione agevolata prevista dal-
l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 3
1-octies. L’annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili autonomamente. 3 1

Note
1 Il presente articolo è stato aggiunto dall'art. 1 l. 30.11.1994, n. 656.
2 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 27, L. 18.02.1999, n. 28.
3 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 11, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015.
Autotutela 591

D.M. 11 febbraio 1997, n. 37

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


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Regolamento recante norme relative all'esercizio del potere di autotutela da
parte degli organi dell'amministrazione finanziaria.

Art. 1 - ORGANI COMPETENTI PER L'ESERCIZIO DEL POTERE DI ANNULLAMENTO


E DI REVOCA D'UFFICIO O DI RINUNCIA ALL'IMPOSIZIONE IN CASO
DI AUTOACCERTAMENTO [CFF · 6560]

1. Il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento


spetta all'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'uffi-
cio ovvero in via sostitutiva, in caso di grave inerzia, alla Direzione regionale o compartimentale
dalla quale l'ufficio stesso dipende.

Art. 2 - IPOTESI DI ANNULLAMENTO D'UFFICIO O DI RINUNCIA ALL'IMPOSIZIONE


IN CASO DI AUTOACCERTAMENTO [CFF · 6561]

1. L'Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia


all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pen-
denza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o
dell'imposizione, quali tra l'altro:
a) errore di persona;
b) evidente errore logico o di calcolo;
c) errore sul presupposto dell'imposta;
d) doppia imposizione;
e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedente-
mente negati;
h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione.
2. Non si procede all'annullamento d'ufficio, o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccerta-
mento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'Ammini-
strazione finanziaria.

Art. 3 - CRITERI DI PRIORITÀ [CFF · 6562]

1. Nell'attività di cui all'articolo 2 è data priorità alle fattispecie di rilevante interesse generale e, fra
queste ultime, a quelle per le quali sia in atto o vi sia il rischio di un vasto contenzioso.

Art. 4 - ADEMPIMENTI DEGLI UFFICI [CFF · 6563]

1. Nel caso in cui l'importo dell'imposta, sanzioni ed accessori oggetto di annullamento o di rinuncia
all'imposizione in caso di autoaccertamento o della agevolazione superi lire un miliardo, l'annulla-
mento è sottoposto al preventivo parere della direzione regionale o compartimentale da cui l'uf-
ficio dipende.
2. Dell'eventuale annullamento, o rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, è data co-
592
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

municazione al contribuente, all'organo giurisdizionale davanti al quale sia eventualmente pen-


dente il relativo contenzioso nonchè - in caso di annullamento disposto in via sostitutiva - all'uf-

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ficio che ha emanato l'atto.
3. Con relazioni annuali, da trasmettere al Segretariato generale, ai relativi dipartimenti e al servizio
per il controllo interno, le direzioni regionali e compartimentali evidenziano le cause dei vizi degli
atti rilevati nonche le misure adottate per migliorare l'efficienza dell'attività di accertamento di
loro competenza.

Art. 5 - RICHIESTE DI ANNULLAMENTO O DI RINUNCIA ALL'IMPOSIZIONE IN CASO


DI AUTOACCERTAMENTO [CFF · 6564]

1. Le eventuali richieste di annullamento o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento


avanzate dai contribuenti sono indirizzate agli uffici di cui all'articolo 1; in caso di invio di richie-
sta ad ufficio incompetente, questo e tenuto a trasmetterla all'ufficio competente, dandone co-
municazione al contribuente.

Art. 6 - RILEVAZIONE DA PARTE DEGLI UFFICI [CFF · 6565]

1. La Direzione centrale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario del Dipartimento delle
entrate, la Direzione centrale per gli affari generali, il personale e i servizi informatici e tecnici del
Dipartimento delle dogane e la Direzione centrale per i servizi generali, il personale e l'organizza-
zione del Dipartimento del territorio, sulla base di relazioni che le direzioni regionali e comparti-
mentali, avvalendosi del servizio automatizzato di cui all'articolo 36, comma 1, del decreto legisla-
tivo 31 dicembre 1992, n. 545, sono tenute a far pervenire trimestralmente alle stesse Direzioni
centrali e al Segretariato generale, rilevano i motivi per i quali più frequentemente i ricorsi avver-
so atti degli uffici periferici e centrali sono accolti o respinti dalle commissioni tributarie.
2. Le Direzioni centrali di cui al comma 1 trasmettono semestralmente alle direzioni regionali e com-
partimentali elenchi, distinti per singoli tributi, delle questioni che più frequentemente tormano
oggetto di ricorso, evidenziando i casi di contrasto con la giurisprudenza nazionale e comunitaria.

Art. 7 - CRITERI DI ECONOMICITÀ PER L'INIZIO O L'ABBANDONO DELL'ATTIVITÀ


CONTENZIOSA [CFF · 6566]

1. Tenuto conto delle rilevazioni previste dall'articolo 6 e della giurisprudenza consolidata nella ma-
teria, le direzioni dei Dipartimenti impartiscono direttive per l'abbandono delle liti già iniziate, sul-
la base del criterio delle probabilità della soccombenza e della conseguente condanna dell'Ammi-
nistrazione finanziaria al rimborso delle spese di giudizio. Ad analoga valutazione e subordinata
l'adozione di iniziative in sede contenziosa.
2. Ai fini di cui al comma precedente è presa in considerazione anche l'esiguità delle pretese tribu-
tarie in rapporto ai costi amministrativi connessi alla difesa delle pretese stesse.

Art. 8 - CRITERI DI ECONOMICITÀ PER L'INIZIO O L'ABBANDONO DELL'ATTIVITÀ


AMMINISTRATIVA [CFF · 6567]

1. Con successivi propri decreti sono stabiliti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si
abbandona l'attività dell'Amministrazione, in relazione a predeterminate categorie generali ed
astratte.
Autotutela 593

AUTOTUTELA (Art. 2-quater, D.L. 564/1994)

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Norme in sintesi
1. L’Ufficio che ha emanato un atto illegittimo o infondato deve annullarlo, revocarlo o, comunque, ri-
nunciare alla imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in
caso di non impugnabilità dello stesso; in caso di grave inerzia, tale potere spetta, in via sostitutiva,
al suo superiore gerarchico.
2. Il potere di annullamento o di revoca può riguardare l’atto o il provvedimento in misura totale o
parziale e comprende anche quello di disporre la sospensione degli effetti dell’atto ritenuto illegitti-
mo o infondato. Se la sospensione è disposta prima della proposizione del ricorso giurisdizionale,
cessa con la notificazione di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contri-
buente può impugnare, insieme con quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato. Se la so-
spensione interviene in pendenza del giudizio, cessa con la pubblicazione della sentenza.
3. Se l’Ufficio annulla (o revoca) parzialmente un proprio atto impositivo, il contribuente può definire
la pretesa come rideterminata in via di autotutela con le sanzioni ridotte previste dall’istituto de-
flativo che gli compete, ad eccezione della definizione delle sole sanzioni, ex art. 17, D.Lgs. 472/1997
e purché rinunci al ricorso. Le spese di giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
L’annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili autonomamente.
4. Le regioni, le province e i comuni indicano, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi competenti
per l’esercizio dei poteri indicati dai commi 1 e 2 relativamente agli atti concernenti i tributi di loro
competenza.
5. A titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito dei commi precedenti, le seguenti fattis-
pecie:
a. errore di persona;
b. evidente errore logico o di calcolo;
c. errore sul presupposto dell’imposta;
d. doppia imposizione giuridica;
e. mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
f. mancata documentazione sanata entro i termini di decadenza;
g. diritto di fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi negati;
h. errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
6. Nell’attività di cui sopra è data priorità alle fattispecie di rilevante interesse generale e, fra queste
ultime, a quelle per le quali sia in atto o vi sia il rischio di un vasto contenzioso. In conformità con
il principio di economicità che deve caratterizzare l’azione amministrativa, gli Organi di vertice de-
gli Enti impositori impartiscono le direttive per l’abbandono delle liti pendenti, tenendo conto anche
della probabilità di soccombenza e conseguente condanna dell’Amministrazione finanziaria al rim-
borso delle spese di giudizio e della entità delle pretese tributarie in rapporto ai costi amministrati-
vi connessi con la difesa delle pretese stesse. Gli uffici periferici sono tenuti a far loro pervenire, tri-
mestralmente, le relazioni per rilevare i motivi per i quali i ricorsi avverso atti degli Uffici finanzia-
ri sono accolti o respinti, con maggiore frequenza, dalle Commissioni tributarie.
7. Nel caso in cui l’importo dell’imposta, sanzioni ed accessori oggetto di annullamento o di rinuncia
all’imposizione o della agevolazione superi 516.456,89 euro, l’annullamento è sottoposto al preven-
tivo parere della Direzione regionale o compartimentale da cui l’Ufficio dipende.
8. Le eventuali richieste di annullamento o di rinuncia all’imposizione avanzate dai contribuenti sono
indirizzate alle Direzioni Provinciali/Regionali/Compartimentali competenti; in caso di invio di ri-
chiesta ad Ufficio incompetente, questo è tenuto a trasmetterla all’Ufficio competente, dandone co-
municazione al contribuente.
Definizione L’autotutela «tributaria» consiste nel «potere-dovere» dell’Ufficio finanziario di
annullare un proprio atto che, dopo essere stato emesso, risulti illegittimo (in diritto) o infonda-
to (nel merito): in tutto o in parte, d’iniziativa o su sollecitazione esterna.
È un istituto che dà attuazione ai principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica Am-
ministrazione (art. 97 Cost.) e di capacità contributiva del contribuente (art. 53 Cost.), richiamati
dall’art. 1, L. 212/2000 (sullo Statuto dei diritti del contribuente); legge che, a sua volta, richiama
l’autotutela:
› nell’art. 7, co. 2, lett. b), per affermare che, negli atti dell’Amministrazione finanziaria, devono
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essere indicati «l’organo e l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un rie-
same, anche nel merito, dell’atto in sede di autotutela»; e

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› nell’art. 13, co. 6, per stabilire che rientra nei poteri del «Garante del contribuente» quello di
attivare «le procedure di autotutela nei confronti degli atti amministrativi di accertamento o di ri-
scossione notificati al contribuente» (C.A.E. 18.6.2001, n. 59).
L’istituto, introdotto dall’art. 68, D.P.R. 287/1992 (da tempo abrogato), è (attualmente) discipli-
nato dall’art. 2-quater, D.L. 564/1994 (conv., con modif., in L. 656/1994); al quale è stata data at-
tuazione con il Regolamento di cui al D.M. 11.2.1997, n. 37.
Ambito soggettivo L’autotutela può essere attivata:
› in via autonoma dall’Ufficio finanziario;
› su istanza del contribuente;
› su sollecitazione del Garante del contribuente.
Ambito oggettivo Possono essere annullati in autotutela:
› gli avvisi di accertamento (in senso ampio);
› gli avvisi di liquidazione;
› i provvedimenti di irrogazione di sanzioni (amministrative);
› gli atti di diniego di agevolazioni fiscali o di rimborso di imposte indebitamente versate;
› gli avvisi bonari (si veda il relativo capitolo); nonché
› ogni altro atto che incida negativamente nella sfera giuridica del contribuente.
Possono, inoltre, essere oggetto di autotutela:
› la intimazione di pagamento delle somme dovute a seguito di sentenza relativa ai c.d. avvisi di
accertamento esecutivo, di cui il contribuente può chiedere il riesame se ritiene che l’Ufficio
abbia sbagliato il conteggio delle somme (ad es., nel calcolare «il terzo»: cfr. C.A.E. 14.5.2014,
n. 10, par. 1.1);
› gli «atti di revisione dell’accertamento relativamente alla pretesa dell’IVA all’importazione gravante
sui beni non introdotti fisicamente nel deposito IVA, ma ivi contabilmente registrati a cura del deposi-
tario, per i quali l’imposta sia stata assolta» con il meccanismo della inversione contabile: gli Uffi-
ci possono provvedere all’annullamento dei predetti atti, se la causa è pendente o il procedi-
mento è in corso, e non si profilano ipotesi di frode (cfr. C.A.D. 20.10.2014, n. 16/D: in conformi-
tà con la sentenza della Corte di Giustizia U.E., 17.7.2014, C-272/13, secondo la quale, la mancata
introduzione fisica della merce nei depositi doganali non può comportare il recupero dell’Iva, se
il soggetto passivo ha regolarizzato l’operazione con il sistema del reverse charge);
› le pretese degli Enti locali relative ai tributi da loro amministrati «se il riesame delle questioni
poste alla base dell’accertamento [ne] rilevi la infondatezza o la illegittimità»: nel rispetto dei pre-
supposti e dei limiti di applicabilità dell’istituto e dell’ordinamento di ciascun Ente locale (cfr.
art. 2-quater co. 1-ter, D.L. 564/1994 e Nota Min. Fin. 31.5.1999, n. 359);
› gli atti di riesame del classamento affetti da «incongruenze derivanti da semplici errori di inseri-
mento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale» (con efficacia retroat-
tiva del nuovo classamento); non quelli riconducibili a circostanze o elementi nuovi, non pre-
senti al momento dell’originario accertamento (con efficacia sostitutiva del «precedente» clas-
samento: cfr. Circolare Agenzia del Territorio, 26.10.2005, n. 11).
Devono essere annullati o revocati gli atti che conseguono ad un atto annullato in autotutela,
con obbligo di restituzione delle somme che fossero state, nel frattempo, riscosse (cfr. C.M.
5.8.1998, n. 198).
«Almeno in linea di principio, non sono assoggettati alla disciplina dell’autotutela in ambito tributa-
rio gli atti di esecuzione delle attività ispettive formati dai Reparti del Corpo [della G.d.F], in conside-
razione della loro natura endoprocedimentale e della loro inattitudine a produrre, in via autonoma e
immediata, effetti giuridici pregiudizievoli per il contribuente al quale sono rivolti.
Pur tuttavia,» in attuazione delle finalità e dei principi di diretta ispirazione costituzionale, che
regolano l’autotutela, appare opportuno, «se non necessario, che, in caso di sopravvenuta cono-
scenza di elementi che delineano una nuova rappresentazione della complessiva posizione fiscale rico-
struita in esito all’attività ispettiva in senso più favorevole al contribuente, questi ultimi siano consi-
derati e adeguatamente approfonditi nella prospettiva di essere partecipati tempestivamente alle com-
petenti articolazioni dell’Agenzia delle Entrate, affinché l’Ufficio impositore sia posto nella migliore
condizione di esercitare la propria funzione in modo legittimo e senza recare ingiusti danni al contri-
Autotutela 595

buente» (cfr. Circolare G. di F. 27.11.2017, n. 1/2018, Vol. II, Parte. III, Cap. 6).

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


L’annullamento (o la revoca) in autotutela può essere:

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› totale, se riguarda l’intero contenuto dell’atto, che, pertanto, viene eliminato; o
› parziale, se riguarda solo una parte dell’atto, che, pertanto, continua a produrre i suoi effetti
per l’altra parte.
Competenza L’autotutela è disposta dall’Ufficio «che ha emanato l’atto illegittimo o che è competente
per gli accertamenti d’ufficio»; e solo «in caso di grave inerzia» – «in via sostitutiva» – dalla Dire-
zione regionale (o compartimentale) «dalla quale l’ufficio stesso dipende» (art. 1, D.M. 37/1997).
Casistica L’art. 2, D.M. 37/1997 individua, in via esemplificativa e non esaustiva, una serie di casi
in cui l’imposizione deve ritenersi illegittima:
› errore di persona (ad es., nel caso di omonimia nell’individuazione del contribuente);
› evidente errore logico (ad es., nella determinazione del «costo del venduto», sommare agli ac-
quisti le «rimanenze finali» invece che le esistenze iniziali) o di calcolo (nell’eseguire una
somma, una sottrazione, una moltiplicazione, una divisione, nell’utilizzare un coefficiente o
un rapporto, nell’indicare il numero di cavalli fiscali dell’auto utilizzati per la determinazione
sintetica del reddito: Cfr. C.T.P. Campobasso, Sent. 25.6.2015, n. 840);
› errore sul presupposto dell’imposta (ad es., considerare «edificabile» un terreno che non lo è;
considerare «residente» un «non residente»);
› doppia imposizione (giuridica, non anche economica);
› mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti (anche in acconto);
› mancanza di documentazione, successivamente sanata non oltre i termini di decadenza (con riferi-
mento, ad es. agli oneri deducibili o detraibili o alle ritenute d’acconto indicati in dichiarazio-
ne);
› sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente
negati (ad es., lo scomputo di ritenute d’acconto in annualità diversa da quella di competen-
za, in presenza di errore scusabile e documentazione che comprova che tali ritenute non so-
no già state utilizzate);
› errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione (che va «dimo-
strato» dal contribuente).
Presupposti per l’esercizio dell’autotutela Sono la illegittimità o la infondatezza dell’atto e il
concreto interesse pubblico alla sua eliminazione (totale o parziale).
La illegittimità riguarda gli aspetti giuridici dell’atto, cioè eventuali violazioni di legge commesse
nel procedimento di formazione o di emissione dell’atto.
La infondatezza, invece, concerne gli aspetti di merito dell’atto, cioè eventuali vizi sostanziali
conseguenti a erronee valutazioni dei presupposti, degli elementi e/o delle circostanze di fatto,
anche se è stato ritenuto che «l’autotutela non può intervenire su questioni di tipo valutativo o sui
casi dubbi, in cui può attribuirsi fondamento con valide argomentazioni a più interpretazioni possibi-
li» (cfr. DRE Calabria, 29.11.2010, Nota n. 2010/24477).
Il concreto interesse pubblico alla eliminazione dell’atto è inteso a «soddisfare l’esigenza di elimi-
nare, per tempo, un contenzioso inutile ed oneroso», assicurando, contestualmente, l’esigenza – an-
ch’essa pubblica – di imporre «una tassazione in misura giusta e conforme alle regole dell’ordina-
mento» (cfr. C.M. 8.7.1997, n. 195).
«La valutazione circa la sussistenza del presupposto per l’esercizio dell’autotutela dipende dal contem-
peramento tra l’esigenza di tutelare l’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi e l’interesse,
altrettanto pubblicistico, alla stabilità dei rapporti giuridici e pertanto alla incontestabilità degli atti
impositivi quando essi siano divenuti definitivi» (cfr. Cass. Ord. 7.3.2022, n. 7318).
In presenza dei tre citati presupposti (illegittimità o infondatezza dell’atto e interesse pubblico
all’annullamento o alla revoca), l’Ufficio ha il dovere di esercitare l’autotutela: «l’esercizio corretto
e tempestivo dell’autotutela viene considerato dall’Amministrazione non certo come una specie di «op-
tional» che si può attuare o non attuare a propria discrezione, ma come una componente del corretto
comportamento dei dirigenti degli uffici» (cfr. C.M. 5.8.1998, n. 198).
Autotutela PARZIALE Consiste in un provvedimento di «rettifica della originaria pretesa impositi-
va», da comunicare «tempestivamente al contribuente [comprensiva del] l’ammontare delle imposte
[e sanzioni] che restano dovute». Il relativo provvedimento può essere definito in via agevolata
«alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto originario, purché [il contribuente]
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D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

rinunci al ricorso» (cfr. co. 1-sexies dell’art. 2-quater del D.L. 564/1994).
Pertanto, se dopo aver notificato l’atto, l’Ufficio lo annulla con un’autotutela parziale (o lo revo-

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ca), il contribuente può definire in acquiescenza la pretesa «residua» non annullata (quindi an-
cora efficace), se rinuncia al ricorso e versa «con le stesse modalità e termini previsti al momento
della notifica dell’atto impugnato»:
«a) integralmente il tributo e i corrispondenti interessi, nonché eventuali contributi nella misura ride-
terminata;
b) la sanzione, rideterminata in base al tributo rettificato in autotutela, nella misura ridotta prevista
in caso di acquiescenza»;
tenendo conto, quale termine di decorrenza per il pagamento, della «data di notifica (…) del prov-
vedimento di autotutela parziale» (C.A.E. 8.4.2016, n.12, par. 19.2.1).
Non è necessaria la formalizzazione contestuale «da parte del contribuente della rinuncia alla im-
pugnazione proposta», né l’accettazione della rinuncia da parte dell’ente impositore, dato che «il
puntuale e tempestivo versamento integrale dell’importo dovuto – o della prima rata, in caso di opzio-
ne per il pagamento rateale – [è] sufficiente per il perfezionamento della definizione agevolata, doven-
dosi intendere come comportamento concludente con cui il contribuente manifesta la propria intenzio-
ne di rinunciare alla lite. Il contribuente può [quindi] limitarsi a comunicare al Giudice tributario e
all’Ufficio dell’Agenzia, parte in giudizio, che è venuta a cessare la materia del contendere, allegando la
documentazione che attesta l’avvenuto pagamento e chiedendo la conseguente dichiarazione di estin-
zione del giudizio. In caso di inerzia del contribuente, la comunicazione e richiesta in questione posso-
no essere formulate dall’Ufficio» (C.A.E. 12/2016, par. 19.2.1).
Le spese del giudizio, per espressa previsione normativa, sono compensate (cioè restano a carico
di chi le ha sostenute).
Lo strumento «è volto a consentire al contribuente, destinatario di un provvedimento di autotutela
parziale relativo a un atto impugnato, di prestare acquiescenza alla pretesa, come rideterminata in au-
totutela, alle stesse condizioni esistenti al momento della notifica dell’atto oggetto di parziale annulla-
mento d’ufficio», e può essere applicato anche se l’autotutela parziale è «intervenuta in assenza di
impugnazione ma antecedentemente alla scadenza del termine di impugnazione» (cfr. C.A.E. 8.4.2016,
n.12, par. 19.2.1). Dato «per assodato che il potere-dovere di autotutela può essere esercitato anche nel
caso di mancata proposizione del ricorso (ex DM 37/92), la enunciazione riferita al nuovo comma 1-
sexies che “In caso di ricorso già proposto è stabilito che le spese rimangono a carico delle parti che le
hanno sostenute” successiva (…) alla enunciazione che “la modifica normativa è proposta in ragione
della opportunità di consentire al contribuente, cui sia stato comunicato un provvedimento di autotute-
la parziale, di potersi avvalere dei benefici previsti dalle singole leggi d’imposta”, conduce a riscontrare
che il “caso di ricorso già proposto” è uno, e non già il solo, dei casi relativamente ai quali la novella
viene a trovare applicazione» (cfr. C.T.R. Friuli Venezia Giulia, Sent. 10.5.2022, n. 97).
L’istituto si applica anche nel caso di accoglimento parziale del reclamo, per cui il contribuente
che rinunci «al deposito del ricorso con riguardo agli altri motivi di doglianza non accolti» (cfr.
C.A.E. 29.12.2015, n. 38, par. 1.7.5) è rimesso in termini per definire la pretesa rideterminata in
autotutela con riduzione delle sanzioni a 1/3 ex art. 15, D.Lgs. 218/1997. Il beneficio previsto dal-
la norma, invece, non si estende (cfr. co. 1-. dell’art. 2-quater del D.L. 564/1994) alla definizione
delle sole sanzioni ex art. 17, co. 2, D.Lgs. 472/1997, dato che detta norma presuppone la volontà
di coltivare la lite, sia pure sulla sola pretesa impositiva, mentre l’istituto in esame presuppone
la rinuncia (totale) al ricorso.
Infine, il co. 1-octies dell’art. 2-quater del D.L. 564/1994, ha stabilito che l’annullamento o la re-
voca parziale dell’atto non è impugnabile, confermando, in via legislativa, il prevalente orienta-
mento della giurisprudenza, secondo la quale la non impugnabilità del provvedimento di annul-
lamento parziale (o di revoca) deriva dal fatto «che si tratta di una rettifica della originaria pretesa
impositiva (…) e non di un nuovo atto, sostitutivo del precedente annullato» (cfr. la Relazione illu-
strativa al D.Lgs. 159/2015). «L'annullamento parziale [o il provvedimento di portata riduttiva]
adottato dall'Amministrazione in via di autotutela (…), non comportando alcuna effettiva innovazione
lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempe-
stiva impugnazione del precedente accertamento» (cfr. Cass. Ord. 23.10.2019, n. 27039; conf. Cass.
Ord. 6.4.2021, n. 9215) non è impugnabile, nè lo è quello «di portata riduttiva rispetto alla pretesa
impositiva contenuta negli atti divenuti definitivi» (cfr. Cass. Sent. 8.7.2015, n. 14243; conf. Cass.
Autotutela 597

Ordinanze 24.10.2019, n. 27286; 23.10.2019, n. 27039; Cass. Sent. 15.4.2016, n. 7511).

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Invece, il provvedimento di autotutela parziale «di portata ampliativa rispetto alla originaria pre-

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tesa», così come quello ad esso «equiparabile» è stato ritenuto impugnabile (cfr. Cass. Ord.
14.12.2021, n. 39808, che «equipara» al provvedimento di autotutela di portata ampliativa, quello
nel quale la diminuzione dell’imponibile accertato incida su elementi strutturali dell’accerta-
mento e, quindi, introduca «nel rapporto fiscale, elementi di novità, tali da far ritenere che il nuovo
atto notificato al contribuente sia un nuovo avviso di accertamento»).
Autotutela SOSTITUTIVA Consiste nel potere dell’Amministrazione finanziaria di sostituire un
precedente atto, annullato in autotutela, con un altro provvedimento diversamente strutturato e
depurato dai vizi originari. «La sua emissione, (…) non presuppone [necessariamente] la conoscen-
za di nuovi elementi (…), ma può avere luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita va-
lutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio» (cfr. Cass. Ord. 17.6.2016, n. 12661). Deve, infatti,
«riconoscersi all’Amministrazione delle Finanze il potere di adottare in via di autotutela sostitutiva
atti modificativi di precedenti statuizioni favorevoli al contribuente risultate erronee, anche in caso di
assenza di elementi sopravvenuti, in quanto, in ambito fiscale, tale potere va riguardato in un’ottica
protesa a salvaguardare il soddisfacimento dell’interesse pubblico a reperire le entrate tributarie le-
galmente accertate» (cfr. Cass. Sent. 3.12.2019, n. 31467). Detto potere «trova fondamento nel prin-
cipio di perennità della potestà amministrativa» (cfr. Cass. Ord. 1.3.2022, n. 6621), il quale «trova
fondamento nei principi espressi dagli art. 53 e 97 Cost.», per cui «il potere della Pubblica Amminsi-
trazione (…) sopravvive al suo esercizio e può essere nuovamente attuato, anche in relazione alla stessa
fattispecie e persino in senso opposto alla precedente manifestazione del potere stesso» (cfr. Cass.
Sent. 21.9.2022, n. 27706).
Il ritiro del precedente atto può avvenire «in due diverse forme; quella del controatto (l’atto di secondo
grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno con-
trario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quello della riforma (l’at-
to di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto
diverso). Entrambi sono caratterizzati dal fatto che l’oggetto giuridico controverso resta identico» (cfr.
Cass. Sent. 17.10.2014, n. 22019; conforme Cass. Ord. 5.10.2018, n. 24496). «Tuttavia,
› mentre la integrazione o la modificazione in aumento dell’accertamento originario deve necessaria-
mente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento – specificatamente motivato
a garanzia del contribuente che ne è destinatario – il quale si aggiunge a quello originario ovvero lo
sostituisce,
› la integrazione o la modificazione in diminuzione, non integrando una “nuova” pretesa tributaria,
ma soltanto una pretesa “minore”, non necessita neppure di una forma o di una motivazione parti-
colari» (cfr. Cass. Ord. 17.6.2016, n. 12661; conf. Cass. Ord. 14.12.2021, n. 39808; 7.9.2020, n.
18625; Cass. Sent. 30.10.2018, n. 27543). «La modificazione in diminuzione dell’originario avviso
non esprime una nuova pretesa tributaria, limitandosi a ridurre quella originaria, per cui non costi-
tuisce atto nuovo, ma solo revoca parziale di quello precedente» (cfr. Cass. Sent. 30.1.2018, n.
2246).
1. Limiti al potere di sostituzione dell’atto impositivo Riguardano le preclusioni derivanti dal giudica-
to sul primo provvedimento e dallo spirare dei termini decadenziali di accertamento (cfr. Cass.
Sentenze 4.12.2013, n. 27200 e 13.3.2013, n. 6329 e 4.12.2013, n. 27200; Cass. Ord. 17.6.2016, n.
12661. In senso contrario Cass. Ord. 8.6.2016, n. 11699). «È legittimo il comportamento dell’Ammi-
nistrazione finanziaria che annulli un avviso di accertamento già notificato al contribuente e, nel-
l’esercizio del potere generale di autotutela (…), lo sostituisca con un nuovo avviso, nel rispetto del pre-
supposto (…) della mancata formazione del giudicato sull’accertamento emesso dall’Amministrazione e
(…) della mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’esercizio del potere di accertamento
tributario dalle singole leggi d’imposta» (cfr. Cass. Sent. 21.3.2018, n. 7033; conformi Cass. Ordi-
nanze 5.10.2018, n 24496; 12.7.2018, n. 18420).
› Il «giudicato» formatosi su ragioni formali (ad es., la motivazione: cfr. Cass. Sentenze
28.5.2008, n. 13891 e 28.3.2002, n. 4534) non impedisce all’Ufficio di emettere un altro atto (in
sostituzione del precedente), ma tale potere «non può tradursi nella elusione o nella violazione
del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato e deve essere preceduto dall’annullamento di
quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia impo-
sizione in dipendenza dello stesso presupposto» (cfr. Cass. Sent. 26.3.2010, n. 7335, che richiama
598
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

Cass. Sent. 26.11.2006, n. 24620).


«Salva la formazione del giudicato (esterno) al momento della notificazione dell’atto sostitutivo emes-

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so in esecuzione del potere-dovere di annullamento, l’esercizio di tale potere può essere esercitato an-
che ove sia stata resa pronuncia giurisdizionale, non ancora passata in giudicato e anche in pendenza
di impugnazione della pronuncia avente ad oggetto l’atto originario e, conseguentemente, anche in
pendenza dei termini per la proposizione della impugnazione» (cfr. Cass. Sent. 2.2.2022, n. 3268).
› Il potere di autotutela può essere esercitato dall’Ufficio solo se non è scaduto il «termine deca-
denziale fissato per l’accertamento» (cfr. Cass. Sent. 23.2.2011, n. 4372). «L’Amministrazione, in
mancanza di una norma ostativa, può emanare (…), nell’esercizio del potere di autotutela, atti sosti-
tutivi di quelli precedenti, ancorché identici nel contenuto e con lo stesso numero di protocollo del-
l’atto sostituito», purché rispetti i termini di decadenza (cfr. Cass. Sent. 28.2.2014, n. 4823, rela-
tiva ad un avviso di liquidazione dell’imposta di registro non sottoscritto, che l’Ufficio ha
provveduto a sostituire con altro completo della sottoscrizione, nel termine triennale di deca-
denza). Allo stesso modo, nel caso in cui siano state presentate deduzioni difensive avverso
l’atto di contestazione sanzioni ex art. 16 del D.Lgs. 472/1997 e l’Ufficio non abbia rispettato il
termine di un anno dalle stesse per la emissione dell’atto di irrogazione sanzioni, motivato a
pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime, l’Ufficio non può revocare l’atto di
contestazione in origine notificato riattivando dall’inizio la procedura (cfr. Cass. Sent.
15.11.2021, n. 34264).
Se sussistono le condizioni (e non ci sono preclusioni), l’Amministrazione finanziaria si vale
della autotutela sostitutiva per recuperare il proprio potere di accertamento sul rapporto tribu-
tario e/o di riscossione delle imposte (cfr. Cass. Sentenze 25.2.2021, n. 5152; 20.3.2019, n. 7751),
così superando sia gli eventuali vizi formali che quelli sostanziali e strutturali dell’atto (destina-
tari, oggetto e contenuto: cfr. Cass. Sentenze 21.9.2022, n. 27706; 4.12.2013, n. 27200; 8.10.2013,
n. 22827; 20.10.2011, n. 21719) tant’è che il ricorso all’autotutela, anche nella forma della «even-
tuale sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a
diritto, nella ipotesi in cui è ammessa e si è nei termini per l’esercizio dell’autotutela sostitutiva», è,
dunque, suggerito dalla Agenzia delle Entrate come modalità per la gestione (e risoluzione anti-
cipata) del contenzioso (cfr. C.A.E. 20.5.2010, n. 26; 26.5.2011, n. 22; 11.6.2012, n. 22).
Sintesi e casi «L’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sic-
ché, rimosso con effetto ex tunc l’atto di accertamento illegittimo o infondato, l’Amministrazione fi-
nanziaria conserva e, anzi, è tenuta ad esercitare – nella permanenza dei presupposti di fatto e di di-
ritto – la potestà impositiva (…)» (cfr. Cass. Sent. 8.10.2013, n. 22827; conforme Cass. Ord.
5.10.2018, n. 24496), e, quindi, può:
› sostituire un proprio atto annullato in autotutela con un altro anche «sulla base di una diversa
e più approfondita valutazione» di elementi «già in possesso dell’Ufficio» (cfr. Cass. Ord.
18.2.2016, n. 3248; Cass. Sent. 27.2.2015, n. 4029);
› emettere – in sostituzione del pregresso atto impositivo – un provvedimento in autotutela,
che riduce il reddito sintetico accertato, «all’esito dell’esame della documentazione offerta dalla
parte in sede di accertamento con adesione» (cfr. Cass. Ord. 8.6.2016, n. 11699);
› annullare in autotutela un precedente atto «emesso sulla scorta di un erroneo criterio di imputa-
zione ai soci del maggior reddito accertato in capo alla società», sostituendolo con un nuovo atto
che si limiti ad indicare un «criterio di imposizione diverso da quello in un primo momento appli-
cato» (cfr. Cass. Ord. 6.12.2016, n. 25024);
› annullare l’atto emesso nell’anno X in violazione del principio di imputazione dei redditi di-
versi secondo il criterio di cassa anziché di competenza, sostituendolo con un nuovo atto cor-
rettamente emesso per l’anno X+1 (cfr. Cass. Ord. 1.3.2022, n. 6621),
› ritirare un avviso di accertamento emanato in violazione dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000, sosti-
tuendolo con una altro rispettoso del termine di 60 giorni (che deve intercorrere tra la data di
consegna del P.V.C. e la emissione dell’atto: cfr. Cass. Ordinanze 11.5.2018, n. 11510; 22.4.2016,
n. 8231; Cass. Sent. 8.7.2015, n. 14219);
› annullare il ruolo affetto da vizio di sottoscrizione e sostituirlo con un secondo ruolo e la no-
tifica di una ulteriore cartella di pagamento: «per perseguire l’interesse pubblico alla utile attività
di riscossione delle imposte» (cfr. Cass. Sent. 20.3.2019, n. 7751).
2. Effetti processuali e spese di giudizio Se l’atto sostituito è stato (precedentemente) impugnato
Autotutela 599

davanti alla Corte di giustizia tributaria, il relativo processo si estingue per cessata materia del

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


contendere (ex art. 46, D.Lgs. 546/1992) e l’Amministrazione finanziaria può essere condannata

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al pagamento delle spese di giudizio (cfr. C.T.P. Lecce, 21.2.2014, n. 577). Inoltre, «ove risulti ac-
certato che l’Amministrazione, avvedutasi di un errore, abbia emesso un nuovo atto in sostituzione di
quello errato (così implicitamente annullando quest’ultimo), deve ritenersi che il processo concernente
l’impugnazione dell’atto sostituito non debba proseguire per sopravvenuta carenza di interesse» (cfr.
Cass. Sent. 20.10.2011, n. 21719; conforme Cass. Ord. 28.12.2018, n. 33587), ma ciò non esclude
che il contribuente possa impugnare l’atto emesso in sostituzione di quello errato.
3. Autotutela sostitutiva e accertamento integrativo (ex art. 43, co. 4, D.P.R. 600/1973 e 57, co. 4,
D.P.R. 633/1972) «Il rimedio della autotutela sostitutiva differisce dal potere di integrazione dell’atto
impositivo in quanto quest’ultimo presuppone la esistenza di un precedente valido atto di imposizione,
mentre il primo richiede, quale condizione necessaria, la eliminazione (anche implicita, nel caso in cui
l’atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell’atto sostituito) del precedente atto impositivo illegit-
timo od infondato» (cfr. Cass. Sent. 20.10.2011, n. 21719). In altre parole:
› «il provvedimento di riforma adottato in sede di autotutela non dispone per l’avvenire, ma retroa-
gisce al momento della applicazione dell’imposta, proprio in quanto viene a sostituirsi all’originario
atto impositivo» (cfr. Cass. Sent. 4.12.2013, n. 27200); e «la sua emissione non presuppone la so-
pravvenuta conoscenza di nuovi elementi (…) ma può avere luogo anche sulla base di una diversa e
più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio» (cfr. Cass. Ord. 17.6.2016, n.
12661);
› «il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento origina-
riamente adottato), che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento,
il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, inte-
gra e modifica l’oggetto e il contenuto del primitivo atto, cooperando alla integrale determinazione
progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed effi-
cacia, con tutte le conseguenze anche in tema di impugnazione» (cfr. Cass. Sent. 23.2.2011, n. 4372).
«La sostituzione in autotutela dell’avviso di accertamento è istituto diverso dall’accertamento integra-
tivo, in quanto quest’ultimo trova fondamento nella sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti di evasio-
ne, precedentemente non conosciuti dall’ufficio accertatore» (cfr. Cass. Ord. 10.6.2021, n. 16455).
Sospensione dell’atto in pendenza di riesame Nel potere di annullamento dell’atto è «compreso
anche il potere [dell’Ufficio] di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o
infondato»: anche «anteriormente alla proposizione del ricorso» (cfr. art. 2-quater, co. 1-bis e 1-quin-
quies, D.L. 564/1994).
Nel caso in cui l’attività di riesame si protragga nel tempo, il «potere di sospendere l’efficacia del-
l’atto (oggetto di riesame)» consente «all’Ufficio di valutarne la legittimità e fondatezza, prima di
adottare l’eventuale provvedimento di annullamento» (cfr. R.A.E. 7.2.2007, n. 21); e, in definitiva, di
«non sacrificare eventuali posizioni giuridiche del contribuente istante», evitando di incorrere in re-
sponsabilità.
La sospensione degli effetti dell'atto può essere concessa dall’Ufficio anche nel caso di avvisi di
accertamento cd. «impoesattivi», per «il tempo necessario alla Direzione per assumere le proprie de-
terminazioni», qualora ritenga fondate le argomentazioni formulate dal contribuente nell’istanza
di autotutela. L’Ufficio «in caso di accoglimento dell’istanza di riesame procederà ad annullare l’at-
to; mentre nell’ipotesi di rigetto, totale o parziale, dell’istanza, provvederà, senza indugio, ad affidare il
carico all’Agente della riscossione, oppure a revocare la sospensione precedentemente concessa, per le
somme richieste nell’avviso notificato oppure per quelle rideterminate a seguito del riesame» (cfr. No-
ta A.E. 30.9.2011, n. 2011/141776).
L’eventuale sospensione della efficacia dell’atto deve essere comunicata sia al contribuente che
ad ogni altro soggetto coinvolto, a qualsiasi titolo, nel procedimento (cfr. D.R.E. Lombardia
7.4.2000).
Gli effetti della sospensione vengono meno (cfr. art. 2-quater, co. 1-bis e 1-quinquies, D.L.
564/1994):
› se essa è stata disposta anteriormente alla proposizione del ricorso, con la notificazione di un
nuovo atto modificativo o confermativo di quello sospeso. In questo caso, sia l’atto originario
che quello modificativo o confermativo sono impugnabili, ma il potere del contribuente di
«impugnare, insieme all’atto modificativo o confermativo di quello sospeso, anche l’atto modificato
600
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

o confermato deve intendersi limitato alla sola ipotesi in cui l’atto oggetto del procedimento di revi-
sione non si sia già consolidato per il decorso del termine per impugnare» (cfr. Cass. Sent.

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17.5.2019, n. 13367);
› se essa è stata disposta in pendenza di giudizio (già incardinato), con la pubblicazione della
sentenza.
La sospensione dell’atto in pendenza di riesame va tenuta distinta dalla sospensione in via am-
ministrativa di cui all’art. 39, D.P.R. 602/1973 e da quella giudiziale di cui all’art. 47, D.Lgs.
546/1992, le quali sono subordinate alla presentazione di un ricorso alla Commissione tributaria
provinciale competente.
Procedimento Il procedimento può essere attivato o su iniziativa del contribuente o dall’Ufficio fi-
nanziario (o, anche, su proposta del Garante del contribuente).
1. Iniziativa del contribuente Il contribuente può formulare un'istanza in carta semplice che:
› va o presentata direttamente, o inviata tramite posta elettronica certificata (P.E.C.), o spedita
con R.A.R. (raccomandata con avviso di ricevimento) all’Ufficio che ha emesso l’atto, al quale
solo compete il potere di agire in autotutela. Se l’istanza è inviata ad Ufficio incompetente,
questo è tenuto a trasmetterla a quello competente, dandone comunicazione al contribuente
interessato;
› deve indicare l’atto di cui si chiede l’annullamento o la revoca; ed esporre, seppure sintetica-
mente, i motivi per i quali si ritiene che l’atto sia illegittimo o infondato (allegando idonea do-
cumentazione);
› va sottoscritta dal contribuente o, previa apposita delega ex art. 63, D.P.R. 600/1973, dal pro-
fessionista che lo assiste.
L’istanza di autotutela del contribuente:
› «non determina per l’Amministrazione alcun obbligo giuridico di provvedere e, tanto meno, di agi-
re nel senso prospettato dal contribuente stesso» (cfr. Cass. Ord. 17.7.2018, n. 18999); però, impo-
ne all’Ufficio l’obbligo: «a) di esaminare l’istanza; b) di procedere al riesame dell’atto di cui si de-
nuncia l’illegittimità; c) di comunicare l’esito dell’attività di riesame al contribuente istante» (cfr.
D.R.E. Lombardia 7.4.2000). ). Gli uffici, infatti, devono effettuare «analisi puntuali (…) delle
argomentazioni eventualmente rappresentate dai contribuenti (…) a seguito di presentazione di
istanze di autotutela (il cui accoglimento va riscontrato laddove gli elementi forniti dal contribuente
siano condivisibili, adeguatamente motivati e le stesse non siano meramente pretestuose)» (cfr.
Circ. Ag. Entrate 20.6.2022, n. 21);
› «non determina di per sé alcun effetto rispetto alla definitività dell’accertamento conseguente alla
mancata impugnazione» essendo diretta (solo) «a favorire l’esercizio di un potere discrezionale
della P.A.» (cfr. Cass. Sent. 26.1.2018, n. 1965); pertanto, a fronte della notifica di un atto impo-
sitivo (o sanzionatorio) ritenuto illegittimo o infondato, l’avvio di una procedura diretta ad ot-
tenere un provvedimento di autotutela non impedisce che la pretesa dell’Ufficio, una volta de-
corsi i termini per presentare ricorso avanti al giudice tributario, diventi definitiva;
› «non ha effetto sospensivo del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per la proposizione
del ricorso in sede giurisdizionale avverso gli atti impositivi medesimi» (cfr. Cass. Ord. 9.4.2018, n.
8626; conf. Cass. Ord. 7.6.2019, n. 15540; indipendentemente dalla riposta o meno dell’Ufficio:
cfr. C.T.P. Bari, 17.11.2014, n. 2762).
Se l’atto diviene definitivo per mancata impugnazione nei termini, il contribuente che richieda
all’Amministrazione finanziaria di ritirarlo in autotutela dovrà prospettare la esistenza «di un
interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto» (cfr. Cass. Sentenze
13.11.2012, n. 19740; 24.5.2013, n. 12930; 8.5.2014, n. 10030; 24.5.2013, n. 12930; 13.11.2012, n.
19740).
Al contribuente, cioè, non è concesso ricorrere all’istituto dell’autotutela per sopperire alla man-
cata impugnazione (nei termini perentori previsti dall’art. 21, D.Lgs. 546/1992) dell’atto; gli è
consentito, invece, presentare, oltre al ricorso, una «istanza di autotutela» per definire rapida-
mente il contenzioso, nell’interesse suo e della Amministrazione finanziaria (segnalando anche
fatti nuovi o, comunque, non conosciuti al momento dell’emissione dell’atto di accertamento),
per indurre l’Ufficio a riesaminare la propria posizione ai fini di un eventuale annullamento (o
ridimensionamento) delle pretese contenute nell’atto impositivo.
Non gli è consentito, inoltre, «proporre ripetute istanze di autotutela avverso accertamenti tributari
Autotutela 601

definitivi e decidere quale impugnare dinanzi al Giudice, potendo essere proposto ricorso soltanto av-

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


verso il diniego espresso o tacito, a seguito della formazione del silenzio rifiuto, relativo alla prima

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istanza proposta, e soltanto invocando ragioni di interesse generale all’annullamento dell’accerta-
mento definitivo, che si assume siano state trascurate dall’Amministrazione finanziaria» (cfr. Cass.
Ord. 25.9.2020, n. 20200).
Istanze di autotutela relative al riconoscimento ed erogazione delle misure legate alla emergenza epide-
miologica Covid-19 L’Agenzia delle Entrate ha precisato che:
› sarà fondamentale «l’intervento degli Uffici per la gestione delle eventuali istanze di autotutela,
volte alla revisione dell’esito di rigetto dell’istanza originaria con cui è stato richiesto il contributo»;
› sarà messa a disposizioni degli Uffici una nuova funzionalità per «procedere alla [tempestiva]
erogazione dei contributi a fondo perduto a favore dei soggetti per i quali, a valle dell’attività
istruttoria, le autotutele hanno avuto esito di accoglimento»;
› a tal fine, saranno implementate specifiche funzionalità che permettano «di trattare automati-
camente casistiche particolari, che, altrimenti, richiederebbero la lavorazione di pagamenti non au-
tomatizzati. In virtù di queste implementazioni, che agevolano la trattazione delle istanze di autotu-
tela, si richiede agli Uffici la massima accuratezza ed esaustività nella lavorazione delle predette
istanze» (cfr. C.A.E. 20.6.2022, n. 21).
L'Agenzia delle Entrate, inoltre:
a. ha ammesso la possibilità che il soggetto richiedente il contributo presenti «istanza volta alla
revisione, in autotutela, dell’esito del rigetto o della entità del contributo erogato sulla base di quel-
la già inviata all’Agenzia delle Entrate (…)», (…)», nel caso di mancato riconoscimento (o di ri-
conoscimento in misura ridotta) del contributo a fondo perduto di cui all’art. 25 del D.L.
34/2020 (conv. con modif. in L. 77/2020). «Il modello dell’istanza va trasmesso via PEC alla Di-
rezione provinciale territorialmente competente in relazione al domicilio fiscale del soggetto richie-
dente (…), firmata digitalmente (…)», e corredata di «una nota con la quale il soggetto richiedente
il contributo specifica in modo puntuale e chiaro i motivi dell’errore ovvero la impossibilità di tra-
smettere nei termini l’istanza sostitutiva di istanza per la quale il sistema ha consegnato una se-
conda ricevuta di scarto» (cfr. R.A.E. 11.10.2020, n. 65).
b. ha ritenuto che «l’istante, in qualità di locatore, possa essere ammesso a richiedere il contributo, a
condizione che presenti all’Agenzia delle Entrate una istanza volta alla revisione, in autotutela, del-
l’esito del rigetto sulla base di quella già trasmessa in pendenza dei termini (…)», nel caso di man-
cato riconoscimento dell’istanza di ottenimento del contributo a fondo perduto per la ridu-
zione del canone di locazione, di cui all’art. 9-quater del D.L. 137/2020 (conv. con modif. in L.
176/2020). «Il contribuente residente può presentare l’istanza via PEC alla Direzione provinciale
competente per il domicilio fiscale, firmata digitalmente e contenente tutti i dati previsti dal Prov-
vedimento prot. n. 180139/2021 (…), con allegazione della documentazione probatoria relativa alla
rinegoziazione del canone di locazione. Insieme al modello dell’istanza, occorrerà inviare altresì
una nota con la quale il soggetto richiedente il contributo specifica, in modo puntuale e chiaro, i
motivi dell’errore» (cfr. Risp. A.E. 20.1.2022, n. 38).
2. Iniziativa dell’Ufficio Il potere di autotutela va esercitato con il medesimo procedimento e le stes-
se forme previste per l’atto da annullare.
Non è previsto un termine entro il quale l’Ufficio finanziario debba esercitare tale potere; tutta-
via, nel caso di istanza del contribuente, la prassi lo ha individuato, di volta in volta, in «cento-
venti giorni dal ricevimento dell’istanza» stessa (cfr. D.R.E. Lombardia, 7.4.2000); o «allorquando
l’Ufficio, pur sollecitato dalla parte che vi ha interesse, non provveda al riesame dell’istanza» (cfr.
D.R.E. Toscana, 11.10.2000); o, ancora, «nel termine di novanta giorni dalla eventuale richiesta di
parte; (…) in caso di accoglimento dell’istanza, il provvedimento, per quanto possibile, va adottato e
portato a conoscenza del contribuente prima della scadenza del termine di impugnativa, in modo da
evitare la instaurazione della controversia» (cfr. D.R.E. Calabria, 29.11.2010, Nota n. 2010/24477).
Se il valore dell’atto oggetto di annullamento è superiore a 516.456,89 euro, l’Ufficio competente
alla sua emissione è tenuto a richiedere il parere alla Direzione regionale da cui dipende: parere
che è obbligatorio e vincolante nel caso di proposta di annullamento dell’atto (non, invece, nel
caso di rigetto motivato dell’istanza (cfr. art. 4, D.M. 37/1997 e D.R.E. Toscana, 11.10.2000).
Il provvedimento deve essere debitamente motivato e comunicato al contribuente:
› «con l’espressa indicazione dell’interesse pubblico specifico, concreto ed attuale, e delle ragioni di il-
602
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

legittimità dell’atto che ne giustificano l’adozione», nel caso di annullamento o revoca dell'atto
impositivo (cfr. C.M. 8.7.1997, n. 195);

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› «indicando le ragioni del mancato annullamento» (cfr. D.R.E. Lombardia, 7.4.2000). «In assenza
di specifica previsione legislativa, non può ritenersi che la mancata acquisizione del parere della Di-
rezione regionale – che, in assenza di diversa qualificazione, non può ritenersi vincolante – abbia
determinato la giuridica inesistenza o radicale nullità del provvedimento di annullamento»: tale vi-
zio, infatti, «non attiene alla esistenza dell’atto finale, che rimane integro nei suoi elementi essen-
ziali e costitutivi, ma alla conformità alla legge del complessivo comportamento tenuto dall’autori-
tà» (cfr. C.T.P. Pesaro e Urbino, 3.3.2020, n. 54).
In definitiva, quale che sia l’esito, il provvedimento deve essere sempre motivato e comunicato
al contribuente e, nel caso vi sia pendenza di giudizio, anche all’organo giudicante.
Anche la Guardia di Finanza suggerisce ai verificatori - «nel caso in cui, successivamente alla tra-
smissione del processo verbale di constatazione agli Uffici impositori, emergano nuovi elementi di co-
noscenza astrattamente idonei ad incidere sulla corretta determinazione della base imponibile»,«su-
scettibili di determinare una rettifica in favore della parte» - di provvedere a:
› «riaprire il processo verbale di constatazione, al fine di dare contezza dell’effetto che i nuovi ele-
menti comportano sulla quantificazione della pretesa impositiva già proposta per il recupero a tas-
sazione;
› trasmettere, al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, la documentazione attestante i predetti
nuovi elementi ai fini delle determinazioni di competenza, dandone, comunque, comunicazione al con-
tribuente, che, in tal modo, potrebbe anche decidere di non avvalersi della facoltà di presentare, ai sen-
si dell’art. 12, co. 7, dello Statuto del contribuente, memorie difensive entro 60 giorni, non più necessa-
rie, fornendogli chiara evidenza degli aspetti di irregolarità eventualmente sanabili mediante l’istituto
del ravvedimento operoso» (cfr. Circolare G. di F. 27.11.2017, n. 1/2018, Vol. II, Parte. III, Cap. 6).
Competenza della Direzione regionale La competenza ad agire in autotutela si trasferisce «in via
sostitutiva» alla Direzione regionale (o compartimentale) nel caso di «grave inerzia» dell’Ufficio
competente. L’intervento è, di solito, attivato con una istanza del contribuente che segnala, per
l’appunto, l’inerzia dell’Ufficio competente, allegando i documenti che consentano all’organo
adíto di comprendere la questione in ogni suo aspetto.
Sono esempi di grave inerzia dell’Ufficio: la mancata richiesta del parere alla Direzione regionale
quando tale parere è obbligatorio; il diniego ingiustificato di riesame dell’atto; il mancato esa-
me, in presenza di atti prodromici, protratto fino alla emissione dell’atto impositivo; il mancato
esame, protratto nel tempo, dell’istanza di autotutela (cfr. D.R.E. Lombardia, 7.4.2000; D.R.E.
Toscana, 11.10.2000).
Condizioni In presenza dei presupposti, l’autotutela può e deve essere esercitata dall’Ufficio:
› anche se non è stata prodotta alcuna istanza da parte del contribuente;
› anche in pendenza di giudizio, quale che sia il grado;
› anche se l’atto impositivo (o sanzionatorio) è divenuto definitivo per decorso dei termini per
ricorrere;
› finanche se il ricorso (o l’appello) presentato dal contribuente è stato respinto, purché per
motivi di rito (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità) e non «nel merito»; e la relativa
sentenza è passata in giudicato.
Le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, infatti, devono indurre la «Pub-
blica Amministrazione, una volta informata dell’errore in cui è incorsa, a compiere le necessarie verifi-
che e poi, accertato l’errore, ad annullare il provvedimento riconosciuto illegittimo o, comunque, erra-
to» (cfr. Cass. Sent. 20.4.2012, n. 6283).
«Il principio dell’indisponibilità dell’imposizione tributaria non osta (infatti) a che l’Amministrazione
finanziaria riconosca l’illegittimità totale o parziale dell’atto impositivo» e proceda, di conseguenza,
ad una rivisitazione qualitativa e quantitativa degli elementi posti a base dell’accertamento «de-
terminando – in pendenza di giudizio – la cessazione della materia del contendere e l’estinzione del
processo pendente» (cfr. Cass. Sent. 15.2.2010, n. 3519).
L’annullamento dell’atto può aver luogo anche nei confronti di atti non suscettibili di impugna-
zione e di atti impugnabili, ma non impugnati nei termini (cfr. D.R.E. Lombardia 16.11.1999). E’ il
caso di atti consequenziali ad un atto impositivo dichiarato illegittimo; di tardivo reperimento
(per causa non imputabile al contribuente) di documentazione a sostegno del ricorso (cfr. C.M.
Autotutela 603

195/1997), o, ancora, della scelta di strategia difensiva del contribuente che «abbia lasciato scade-

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


re il termine utile per impugnare il provvedimento avanti alla Commissione tributaria (…) e, quindi,

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sia stato costretto ad affidarsi all’autotutela della P.A.» (cfr. Cass. Sent. 20.4.2012, n. 6283; confor-
me C.T.R. Torino, 20.1.2012, n. 1): anche se, va detto, si deve evitare di trovarsi in tale situazione.
Limiti al potere di autotutela
Giudicato di merito. L’unico limite all’autotutela è dato dalla (eventuale) pronuncia giurisdizio-
nale «favorevole all’Amministrazione finanziaria che abbia valutato i motivi di merito addotti dalla
parte e, quindi, respinto le relative censure mosse all’atto». In questo caso, è precluso «all’Ufficio il
potere di modifica o annullamento; relativamente, però, ai soli rilievi contestati e sui quali si è conso-
lidato il giudicato», mentre «motivi diversi da quelli prospettati in sede giurisdizionale e che non so-
no stati oggetto di esame specifico da parte dell’organo giudicante, possono (…) determinare l’annulla-
mento dei rispettivi rilievi, ove siano riconosciuti idonei dall’ufficio accertatore che ha emanato l’atto»
(cfr. D.R.E. Lombardia 16.11.1999). Potrebbe essere il caso in cui la sentenza favorevole all’Ammi-
nistrazione finanziaria abbia deciso in merito alle imposte dovute, ma non (specificatamente)
sulle relative sanzioni (per le quali l’Amministrazione finanziaria, eventualmente sollecitata dal
contribuente, può agire in via di autotutela: cfr. Garante del contribuente per la Provincia Auto-
noma di Trento, Delibera 4.6.2002).
Giudiato penale. La Corte Costituzionale (nella Sentenza 23.7.1997, n. 264) aveva affermato che il
«potere attribuito all’Amministrazione finanziaria di verificare l’eventuale rilevanza fiscale del fatto
penalmente accertato, ai fini dei conseguenti provvedimenti, va esercitato in conformità al principio
(…) secondo cui la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di conformarsi ai giudicati dei tribunali».
E precisato che «l’adeguamento della fattispecie tributaria all’accertamento dei fatti operato dal giu-
dice penale va compiuto, dietro eventuale sollecitazione del contribuente, senza soggiacere al limite
temporale della scadenza del termine per l’accertamento tributario: limite che – secondo una lettura
della norma conforme a Costituzione (…) – è da ritenersi vincolante in modo assoluto soltanto con ri-
guardo all’attività degli organi fiscali diretta a modificare «in peius» la posizione del contribuente.
Sicché lo svolgimento di tale attività conformativa avviene a prescindere dal momento in cui si forma
il giudicato. Né assume rilevanza la mancata partecipazione dell’amministrazione al giudizio penale,
stante il diverso ambito decisionale di questo rispetto al procedimento amministrativo».
La giurisprudenza di legittimità ritiene, però, che, per annullare un atto in autotutela, deve sus-
sistere un interesse pubblico all’annullamento, «il quale non può farsi consistere (…) nel dovere del-
l’Ufficio di esaminare i fatti emersi in sede penale»: perché il diniego opposto dall’Amministrazione
finanziaria all’istanza di autotutela di un atto divenuto definitivo per decorrenza dei termini può
essere contestato solo sotto il profilo della legittimità del rifiuto e non nel merito della pretesa
(cfr. Cass. Sent. 13.11.2012, n. 19740, relativa ad una istanza di autotutela formulata dal contri-
buente a seguito della sentenza penale che lo aveva assolto dal reato di «fatture fittizie»). Il con-
tribuente, pertanto, non può supplire alla decadenza dal potere di impugnazione dell’atto con
una istanza di autotutela che si limiti a segnalare l’avvenuta assoluzione dal reato (dovendo, vi-
ceversa, evidenziare un ulteriore e diverso «interesse pubblico all’annullamento»).
La questione è affrontata dalla Guardia di Finanza (nella Circolare 1/2018, Vol. II, Cap. 5), di-
stinguendo due ipotesi:
› la prima riguarda «le situazioni in cui la decisione penale si esprima in maniera diretta e perento-
ria circa la posizione giuridica considerata (…) nell’azione di accertamento, sulla base di esclusive
risultanze istruttorie dirette di carattere documentale», nel quale caso «appare difficile non ricono-
scere un vincolo di adeguamento da parte dell’Amministrazione»: per cui non si potrà che richia-
mare «la decisione del giudice penale formulando le conclusioni in maniera coerente con i contenuti
della stessa»;
› la seconda riguarda i casi in cui la sentenza penale definitiva «non si esprime in maniera diretta
sulla posizione giuridica considerata», ovvero, «pur esprimendosi su detta posizione, si fondi sul-
l’esame e sulla valutazione di risultanze probatorie in tutto o in parte di carattere indiziario. In
queste eventualità, pur non ravvisandosi alcun diretto vincolo (…) occorre comunque prendere in
considerazione i contenuti della sentenza, valutarli secondo le specifiche regole proprie dell’accerta-
mento tributario (…) e motivare adeguatamente le conseguenti determinazioni».
Quanto agli effetti sul giudizio penale di un provvedimento di autotutela, la giurisprudenza ha
ritenuto che «nel caso di condanna definitiva per reati tributari, non può considerarsi prova nuova –
604
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

a norma dell’art. 630 c.p.p., lett. c), tale da comportare un effetto demolitorio del giudicato – il mero
annullamento in autotutela, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’avviso di accertamento

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relativo alle imposte ritenute evase nel giudizio penale, dovendo l’istante dimostrare che detto annul-
lamento abbia una incidenza decisiva sul compendio probatorio posto a fondamento del giudizio pe-
nale di condanna, tale, quindi, da comportare la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sen-
si degli artt. 529, 530 o 531 c.p.p.» (cfr. Cass. Pen. 30.8.2018, n. 39252).
Effetti processuali e spese di giudizio Se l’atto è stato impugnato davanti alla Corte di giustizia
tributaria e l’Ufficio lo annulla nel corso del giudizio, il relativo processo si estingue per cessata
materia del contendere (ex art. 46, D.Lgs. 546/1992) e il Giudice tributario può condannare l’Am-
ministrazione finanziaria a rifondere al contribuente le spese di lite (cfr. Cass. Sent. 4.10.2006, n.
21380; conf. C.T.R. Lazio 23.6.2020, n. 1821; C.T.P. Aosta 24.5.2012, n. 11: per tale motivo, l’Ammi-
nistrazione finanziaria, spesso, chiede al contribuente la «rinuncia alle spese»). Ma, secondo la
giurisprudenza, «alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di
autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese» dell’Ufficio, quando «la obiettiva
complessità della materia [è stata] chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso
detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88
cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese» (cfr. Cass. Sent. 13.4.2016,
n. 7273; conforme Cass. Ord. 23.6.2017, n. 15767).
Se l’annullamento (o la revoca) dell’atto è parziale e il contribuente rinuncia al ricorso, le spese
di giudizio, come già detto, restano a carico delle parti che le hanno sostenute (cfr. art. 2-quater,
co. 1-octies).
Responsabilità dell’Amministrazione finanziaria L’attività della P.A. «deve svolgersi nei limiti posti
dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell’art. 2043 c.c.»; e comporta
le responsabilità e le conseguenze ivi stabilite. Tuttavia:
› per affermare la responsabilità della Pubblica Amministrazione «non è sufficiente la obiettiva
illegittimità del comportamento, ma occorre che tale illegittimità sia connotata da un quid pluris,
che viene identificato nella violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministra-
zione»; inoltre
› la prova del danno subìto è a carico del contribuente: «se invoca l’art. 2043 c.c. per lamentare il
ritardo con cui la P.A. ha esercitato l’autotutela, il contribuente (…) deve dimostrare il danno che ta-
le ritardo gli ha cagionato e che invece non si sarebbe verificato ove il provvedimento della P.A. fosse
stato tempestivo» (cfr. Cass. Sent. 20.4.2012, n. 6283).
Con specifico riferimento al ritardo nella adozione del provvedimento di autotutela (adottato in
tempi «non ragionevoli», tali, cioè, da pregiudicare gli interessi dell’avente diritto) si è ritenuto
che:
› «l’obbligo per la P.A. di agire nel rispetto delle regole di imparzialità, correttezza e buona ammini-
strazione» impone «il riconoscimento in tempi ragionevoli del diritto del contribuente, anche quan-
do (…) non sia previsto uno specifico termine per l’adempimento» (cfr. Cass. Sent. 20.4.2012, n.
6283);
› «ove il provvedimento di autotutela non venga tempestivamente adottato, al punto di costringere il
privato ad affrontare spese legali e d’altro genere per proporre ricorso per ottenere per questa via
l’annullamento dell’atto, la responsabilità della P.A. (...) è innegabile» (cfr. Cass. Sent. 19.1.2010, n.
698);
› «quando l’ente impositore non ha attivato tempestivamente la procedura di autotutela», costrin-
gendo il contribuente «ad impugnare il provvedimento e coltivare in sede giudiziale un contenzio-
so palesemente inutile», questi può chiedere di «essere rifuso delle spese del processo tributario»
(cfr. C.T.R. Roma 28.1.2008, n. 279 e, addirittura, far condannare l’Amministrazione finanzia-
ria per responsabilità processuale aggravata: cfr. C.T.P. Campobasso, 16.6.2014, n. 195 e
10.10.2014, n. 372). Ne deriva che, se, nonostante le diffide del contribuente, l’Agenzia delle
Entrate non provvede a verificare quanto lamentato – e solo tardivamente riconosce l’errore
commesso annullando gli avvisi di accertamento notificati – essa potrà essere condannata a
risarcire (al contribuente) il danno subìto «che comprende, tra l’altro, le spese sostenute dallo
stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l’Ufficio della Pubblica Amministrazione,
nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazio-
ne» (cfr. Cass. Sent. 3.3.2011, n. 5120 e Cass. Sent. 24.10.2011, n. 21963).
Autotutela 605

Esiste, infatti, da parte dell’Ufficio, un «dovere di agire in autotutela (cioè di riesaminare il proprio

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


operato e comunicarne l’esito al contribuente istante)», in mancanza del quale «il pericolo di subire

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un danno ingiusto (e di doverlo poi risarcire)» si trasforma «da potenziale in attuale, imponendo così
all’Amministrazione finanziaria di intervenire per verificare il provvedimento denunziato ed evitare
(...) di infrangere le regole del neminem laedere e tutti quei principi che, ex art. 97 Costituzione, go-
vernano l’azione dell’Amministrazione» (cfr. Circolare Cndcec 22.7.2010, 20/IR).
L’Agenzia delle Entrate, per evitare «di infrangere le regole del neminem laedere» e incorrere nel-
la conseguente responsabilità, in più occasioni (cfr. C.A.E. 20.5.2010, n. 26; 26.5.2011, n. 22;
11.6.2012, n. 22), ha diramato «precise indicazioni agli uffici volte alla diminuzione della conflittuali-
tà nei rapporti con i contribuenti mediante il diffuso ricorso agli istituti deflativi del contenzioso e, in
particolare, all’autotutela» (cfr. Camera Deputati, Risposta 9.7.2014, n. 5-03185. Implementazione
del dovere, per l’Amministrazione finanziaria, di pronunciarsi sulle istanze di autotutela).
Impugnabilità del diniego di autotutela Sulla possibilità di ricorrere avverso il diniego di autotu-
tela, vanno considerati la «giurisdizione», da un lato, e i «limiti del sindacato giurisdizionale»
(sugli atti di autotutela), dall’altro.
Sulla giurisdizione: le controversie sul diniego di autotutela sono state devolute al giudice tribu-
tario, nella considerazione che tale giurisdizione è divenuta generale ed esclusiva (cfr. Cass.,
SS.UU. Sentenze 10.8.2005, n. 16776 e 27.3.2007, n. 7388; 18.2.2014, n. 3774; Cass. Sent.
20.11.2015, n. 23765).
Sulla impugnabilità del diniego di autotutela, la questione è stata oggetto di contrasti giurispru-
denziali, risolti nel senso della impugnabilità, a certe condizioni, del rifiuto espresso, ma non
anche della inerzia dell’Ufficio a fronte di una richiesta di autotutela o del rifiuto tacito (si veda,
in proposito il commento all’art. 19, del D.Lgs. 546/1992). Del resto, la Corte Costituzionale aveva
già affermato che «non esiste un dovere dell’Amministrazione di pronunciarsi sulla istanza di au-
totutela e, mancando tale dovere, il silenzio su di essa non equivale ad inadempimento, (…) con la
conseguenza che il silenzio dell’Amministrazione finanziaria sulla istanza di autotutela non è conte-
stabile davanti al giudice» (cfr. Sent. 13.7.2017, n. 181).
Quanto alla questione della impugnabilità dei provvedimenti di autotutela parziale, il Legislatore
l’ha risolta in senso negativo (cfr. art. 2-quater, co. 1-octies sopra citato).

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

Corte Cost. Sent. 23.07.1997, n. 264 Cass. Sent. 20.10.2011, n. 21719

Cass. Sent. 28.03.2002, n. 4534 Cass. Sent. 24.10.2011, n. 21963

Cass. SS.UU. Sent. 10.08.2005, n. 16776 Cass. Sent. 20.04.2012, n. 6283

Cass. Sent. 04.10.2006, n. 21380 Cass. Sent. 13.11.2012, n. 19740

Cass. Sent. 26.11.2006, n. 24620 Cass. Sent. 13.03.2013, n. 6329

Cass. SS.UU. Sent. 27.03.2007, n. 7388 Cass. Sent. 24.05.2013, n. 12930

Cass. Sent. 28.05.2008, n. 13891 Cass. Sent. 08.10.2013, n. 22827

Cass. Sent. 19.01.2010, n. 698 Cass. Sent. 04.12.2013, n. 27200

Cass. Sent. 15.02.2010, n. 3519 Cass. SS.UU. Sent. 18.02.2014, n. 3774

Cass. Sent. 26.03.2010, n. 7335 Cass. Sent. 28.02.2014, n. 4823

Cass. Sent. 23.02.2011, n. 4372 Cass. Sent. 08.05.2014, n. 10030

Cass. Sent. 03.03.2011, n. 5120 C.G.U.E. 17.07.2014, C-272/13


606
D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 Autotutela

Cass. Sent. 17.10.2014, n. 22019 Cass. Pen. 30.08.2018, n. 39252

Cass. Ord. 05.10.2018, n. 24496

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Cass. Sent. 27.02.2015, n. 4029
Cass. Sent. 30.10.2018, n. 27543
Cass. Sent. 08.07.2015, n. 14219
Cass. Ord. 28.12.2018, n. 33587
Cass. Sent. 08.07.2015, n. 14243
Cass. Sent. 20.03.2019, n. 7751
Cass. Sent. 20.11.2015, n. 23765
Cass. Sent. 17.05.2019, n. 13367
Cass. Ord. 18.02.2016, n. 3248 Cass. Ord. 07.06.2019, n. 15540
Cass. Sent. 13.04.2016, n. 7273 Cass. Ord. 23.10.2019, n. 27039

Cass. Sent. 15.04.2016, n. 7511 Cass. Ord. 24.10.2019, n. 27286

Cass. Ord. 22.04.2016, n. 8231 Cass. Sent. 03.12.2019, n. 31467

Cass. Ord. 08.06.2016, n. 11699 Cass. Ord. 07.09.2020, n. 18625

Cass. Ord. 17.06.2016, n. 12661 Cass. Ord. 25.09.2020, n. 20200

Cass. Ord. 06.12.2016, n. 25024 Cass. Sent. 25.02.2021, n. 5152

Cass. Ord. 23.06.2017, n. 15767 Cass. Ord. 06.04.2021, n. 9215


Corte Cost. 13.07.2017, n. 181
Cass. Ord. 10.06.2021, n. 16455
Cass. Sent. 26.01.2018, n. 1965
Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34264
Cass. Sent. 30.01.2018, n. 2246
Cass. Ord. 14.12.2021, n. 39808
Cass. Sent. 21.03.2018, n. 7033
Cass. Sent. 02.02.2022, n. 3268
Cass. Ord. 09.04.2018, n. 8626
Cass. Ord. 01.03.2022, n. 6621
Cass. Ord. 11.05.2018, n. 11510
Cass. Ord. 07.03.2022, n. 7318
Cass. Ord. 12.07.2018, n. 18420

Cass. Ord. 17.07.2018, n. 18999 Cass. Sent. 21.09.2022, n. 27706

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. 08.07.1997, n. 195 Circ. Ag. Entrate 18.06.2001, n. 59

Circ. Min. 05.08.1998, n. 198 Circ. Ag. Territorio 26.10.2005, n. 11

Nota Min. Fin. 31.05.1999, n. 359 Ris. Ag. Entrate 07.02.2007, n. 21

D.R.E. Lombardia 16.11.1999 Circ. Ag. Entrate 20.05.2010, n. 26

D.R.E. Lombardia 07.04.2000 Circ. CNDCEC 22.07.2010, n. 20

D.R.E. Toscana 11.10.2000 Nota D.R.E. Calabria 29.10.2010, n. 24477


Autotutela 607

Circ. Ag. Entrate 26.05.2011, n. 22 Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38

D.M. 11 febbraio 1997 n. 37


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Nota Ag. Entrate 30.09.2011, n. 141776 Circ. Ag. Entrate 08.04.2016, n. 12

Circ. Ag. Entrate 11.06.2012, n. 22 Circ. G. di F. 27.11.2017, n. 1/2018

Circ. Ag. Entrate 14.05.2014, n. 10 Ris. Ag. Entrate 11.10.2020, n. 65

Risp. Camera Dep. 09.07.2014, n. 5-03185 Risp. Ag. Entrate 20.01.2022, n. 38

Circ. Ag. Dogane 20.10.2014, n. 16 Circ. Ag. Entrate 20.06.2022, n. 21


Definizione degli avvisi

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bonari
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462

Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione,


riscossione e accertamento, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettera b),
della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Art. 2 - RISCOSSIONE DELLE SOMME DOVUTE A SEGUITO


DEI CONTROLLI AUTOMATICI [CFF · 7440]

1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effet-
tuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, risultano
dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di
interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a
titolo definitivo. 3
[1-bis. Se i termini per il versamento delle somme di cui al comma 1 sono fissati oltre il 31 dicembre
dell'anno in cui è presentata la dichiarazione, l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo è eseguita en-
tro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui è previsto il versamento dell'unica
o ultima rata.] 2
2. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta
provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell'art. 19 del decreto legislativo 9 lu-
glio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ri-
cevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero
della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme
dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'am-
montare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino
all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione. 1 4 5 6 7

Note
1 Il presente comma prima modificato dall'art. 3, D.Lgs. 26.01.2001, n. 32 (G.U. 05.03.2001, n. 53), è stato, poi, così modi-
ficato dall'art. 1, comma 413, L. 30.12.2004, n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005 in riferimento alle dichiarazioni pre-
sentate dal 1°gennaio 1999. Si riporta di seguito il testo previgente: «2. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in
parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell'art.
19 del decreto legislativo 9 luglio1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta
giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della co-
municazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiari-
menti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è
ridotto ad un terzo.».
2 Il presente comma prima inserito dall'art. 1, D.L. 24.06.2003, n. 143, è stato, poi, abrogato dall'art. 37 D.L. 04.07.2006, n.
223, con decorrenza dal 04.07.2006.
3 Il presente comma prima modificato dall'art. 2, D.L. 30.09.2005, n. 203 è stato, poi, così modificato dall'art. 37 D.L.
04.07.2006, n. 223, con decorrenza dal 04.07.2006. Si riporta di seguito il testo previgente: «1. Le somme che, a seguito
dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settem-
bre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché
Definizione degli avvisi bonari 609

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, en-
tro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.».

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4 Il termine di cui al presente comma decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica
dell'invito di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo, in virtù di quanto disposto dall'art. 2-bis, D.L.
30.09.2005, n. 203, con decorrenza dal 03.12.2005.
5 In virtù di quanto è disposto dall'art. 1 del DL 07.06.2006 n. 206, in caso di violazione dell'obbligo diversamento in ac-
conto o a saldo dell'imposta regionale sulle attività produttive (D.Lgs. 15.12.1997, n. 446), relativo al periodo d'imposta
in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, non si applica la riduzione delle sanzioni prevista dal pre-
sente comma.
6 Ai sensi di quanto disposto dall'art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193, così come inserito dall'allegato alla legge di con-
versione, L. 01.12.2016, n. 225 con decorrenza dal 03.12.2016, i termini di cui al presente comma sono sospesi dal 1º
agosto al 4 settembre per il pagamento delle somme dovute a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi degli
articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presiden-
te della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
7 Ai sensi dell'art. 144, commi 1 e 2, D.L. 19.05.2020, n. 34:
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articolo, in scadenza nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020
e il giorno antecedente l'entrata in vigore del sopra citato decreto, sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16
settembre 2020;
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articolo, in scadenza nel periodo compreso tra l'entrata in vi-
gore del sopra citato decreto e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020, senza applica-
zione di ulteriori sanzioni e interessi.

Art. 3 - RISCOSSIONE DELLE SOMME DOVUTE A SEGUITO


DEI CONTROLLI FORMALI [CFF · 7441]

1. Le somme che, a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d'imposta, ri-
tenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, pos-
sono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4
del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 lu-
glio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega. In tal caso l'ammonta-
re delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ai due terzi e gli interessi sono dovuti fino all'ul-
timo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione. 1 2 3

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 413, L. 30.12.2004, n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005 in
riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1999. Si riporta di seguito il testo previgente: «1. Le somme che,
a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell'articolo 36 ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 set-
tembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati,
nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione prevista
dal comma 4 del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.
241, concernente le modalità di versamento mediante delega. In tal caso l'ammontare delle sanzioni amministrative do-
vute è ridotto ai due terzi».
2 Ai sensi di quanto disposto dall'art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193, così come inserito dall'allegato alla legge di con-
versione, L. 01.12.2016, n. 225 con decorrenza dal 03.12.2016, i termini di cui al presente comma sono sospesi dal 1º
agosto al 4 settembre per il pagamento delle somme dovute a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell’arti-
colo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
3 Ai sensi dell'art. 144, commi 1 e 2, D.L. 19.05.2020, n. 34:
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articolo, in scadenza nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020
e il giorno antecedente l'entrata in vigore del sopra citato decreto, sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16
settembre 2020;
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articolo, in scadenza nel periodo compreso tra l'entrata in vi-
gore del sopra citato decreto e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020, senza applica-
zione di ulteriori sanzioni e interessi.
610
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Art. 3-bis - RATEAZIONE DELLE SOMME DOVUTE [CFF · 7442]

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1. Le somme dovute ai sensi dell’articolo 2, comma 2, e dell’articolo 3, comma 1, possono essere
versate in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo.
2. L’importo della prima rata deve essere versato entro il termine di trenta giorni dal ricevimento
della comunicazione. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi, calcolati dal pri-
mo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione. Le rate
trimestrali nelle quali il pagamento è dilazionato scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre.
3. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-
ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche alle somme da versare a seguito del ri-
cevimento della comunicazione prevista dall’articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004,
n. 311, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. 1 2

Note
1 Il presente articolo è stato:
- aggiunto dall'art. 1, c. 144, L. 24.12.2007, n. 244 (G.U. 28.12.2007, n. 300, S.O. n. 285), con efficacia dalle dichiarazioni
relative al periodo d'imposta in corso, secondo quanto disposto dal c. 147 del suddetto provvedimento;
- modificato prima dall'art. 7 D.L. 13.05.2011, n. 70 con decorrenza dal 14.05.2011, poi dall'art. 10, comma 13-decies, D.L.
06.12.2011, n. 201 così come modificato dall'allegato alla legge di conversione L. 22.12.2011, n. 214 con decorrenza dal
28.12.2011, dall'allegato alla legge di conversione L. 12.07.2011, n. 106 con decorrenza dal 13.07.2011(G.U. 12.07.2011,
160) e dall'art. 1 D.L. 02.03.2012, n. 16 con decorrenza dal 02.03.2012, convertito in legge dalla L. 26.04.2012, n.44 con
decorrenza dal 29.04.2012;
- sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015 ed efficacia dalle dichiarazioni relative al
periodo d'imposta in corso, secondo quanto disposto dall'art. 15 del suddetto provvedimento;
- da ultimo così modificato dall'art. 1, comma 159, L. 29.12.2022, n. 197 con decorrenza dal 01.01.2023.
2 Ai sensi dell'art. 144, commi 1 e 2, D.L. 19.05.2020, n. 34:
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articolo, in scadenza nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020
e il giorno antecedente l'entrata in vigore del sopra citato decreto, sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16
settembre 2020.
- i versamenti delle somme dovute ai sensi del presente articol, in scadenza nel periodo compreso tra l'entrata in vigore
del sopra citato decreto e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020, senza applicazione
di ulteriori sanzioni e interessi.

DEFINIZIONE DEGLI AVVISI BONARI (Artt. 2, 3, 3-bis)

Norme in sintesi
1. Se il contribuente o il sostituto d’imposta versa le somme dovute a seguito di controlli automatici di
cui agli artt. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. 633/1972, nel termine di 30 giorni dalla ricezione
dell’atto o dalla comunicazione definitiva che ridetermina l’importo dovuto, l’Ufficio non esegue la
iscrizione a ruolo e le sanzioni dovute sono ridotte ad un terzo.
2. Se il contribuente versa le somme dovute a seguito di controllo formale di cui all’art. 36-ter, D.P.R.
600/1973, nel termine di 30 giorni dalla ricezione della relativa comunicazione, le sanzioni sono ridot-
te a due terzi.
3. Le somme dovute ai sensi dei commi precedenti possono essere versate in un numero massimo di venti
rate trimestrali di pari importi. La prima rata va versata entro 30 giorni dalla ricezione della comuni-
cazione e sulle rate successive, che scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre, sono dovuti gli inte-
ressi calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunica-
zione.
4. Si applica l’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973 in caso di inadempimento nei pagamenti rateali.
Contesto Le comunicazioni di irregolarità (cd. avviso bonario) emesse dall’Agenzia delle Entrate –
a seguito del controllo automatico (ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. 633/1972) o
Definizione degli avvisi bonari 611

formale (ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1973) delle dichiarazioni (dei redditi o sull’Iva) – sono diret-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


te ad evitare la reiterazione di errori e inesattezze, specie se formali e, a fornire chiarimenti, ma,

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soprattutto, ad instaurare un rapporto diretto e trasparente con il contribuente al fine di ridurre,
se possibile, il contenzioso (cfr. C.M. 18.5.2000, n. 100), attraverso la definizione di quanto ri-
chiesto con sanzioni ridotte, rispettivamente, a 1/3 o 2/3.
«In tema di accertamenti delle dichiarazioni tributarie, l’attività di controllo formale svolta ai sensi
dell’art. 36-ter, co. 2, del D.P.R. 600/1973 differisce dal c.d. “controllo automatizzato” in sede di liqui-
dazione dell’imposta di cui al precedente art. 36-bis, co. 2». Infatti, «quest’ultimo ha il solo scopo di
evitare al contribuente la reiterazione di errori, attribuendo all’Amministrazione finanziaria, all’esito
di una verifica meramente cartolare, il potere di provvedere sulla base dei dati già in suo possesso,
senza la possibilità di una diversa ricostruzione sostanziale dei dati esposti dal contribuente, al quale
viene consentito, all’esito dell’apposita comunicazione, la cui omissione non determina alcuna nullità,
di regolarizzare gli aspetti formali; viceversa, la prima fattispecie consente una, sia pur ridotta, attivi-
tà istruttoria seguita, a pena di nullità dalla comunicazione dell’esito del controllo, con conseguente
potere dell’ufficio di escludere, in tutto o in parte, le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai do-
cumenti richiesti al contribuente» (cfr. Cass. Ord. 15.9.2021, n. 24813).
Controllo automatico ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 (e 54-bis, D.P.R. 633/1972) Consiste in
una procedura automatizzata di liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti, nonché
dei rimborsi spettanti, effettuata dagli Uffici finanziari, nei confronti di tutti i contribuenti, sulla
base dei dati e degli elementi desumibili, in modo obiettivo e, quindi, senza necessità di una
specifica valutazione, dalle dichiarazioni presentate dai contribuenti, (più oltre sono commenta-
te le definizioni agevolate introdotte, prima, dall’art. 5, D.L. 41/2021 «in considerazione dei gravi
effetti derivanti dalla emergenza epidemiologica da Covid-19, al fine di sostenere gli operatori econo-
mici», relativamente ai periodi d’imposta 2017-2018; poi, dall’art. 1, co. 153-159 della L. 29.12.2022,
n. 197, c.d. di Bilancio 2023, per «fornire supporto alle imprese e ai contribuenti in generale (…) at-
traverso alcune soluzioni che possono concretamente agevolare la definizione dei rapporti tra contri-
buenti e l’Amministrazione finanziaria (…), riducendo gli oneri a carico dei contribuenti ed estendendo
l’ampiezza dei piani di rateazione», relativamente ai periodi d’imposta 2019-2021).
Con il controllo automatizzato, l’Amministrazione finanziaria può correggere errori materiali e
di calcolo commessi dal contribuente, eliminare o ridurre deduzioni o detrazioni non spettanti o
erroneamente indicate, controllare la corrispondenza e la tempestività dei versamenti effettuati
rispetto a quanto risulta dalla dichiarazione, ridurre (in tutto o in parte) i crediti di imposta
esposti e non spettanti.
Non può, invece, procedere a «verifiche e valutazioni giuridiche» (cfr. Cass. Ord. 22.10.2020, n. 23098;
conf. Cass. Ord. 21.3.2019, n. 7960); né risolvere questioni relative alla interpretazione di una dispo-
sizione normativa (cfr. Cass. Ord. 28.11.2018, n. 30791), o questioni giuridiche, «o rettificare i risultati
della dichiarazione presentata dal contribuente, con conseguente pretesa ulteriore da parte dell'Ammini-
strazione finanziaria» (cfr. Cass. Sent. 24.5.2019, n. 14178). Non può recuperare l'imposta non versata
in conseguenza del mancato adeguamento della società al reddito minimo previsto, ex art. 30, L.
734/1994, per le società non operative: costituendo, infatti, il risultato del c.d. test di operatività un
dato meramente presuntivo, esso non è «idoneo a giustificare» la emissione della cartella ex art. 36-
bis «senza la previa emissione di un avviso di accertamento» (cfr. Cass. Ord. 29.12.2020, n. 29734).
Quanto alla corrispondenza e tempestività dei versamenti, la Cassazione ha ritenuto che:
› la comunicazione di irregolarità non è dovuta quando la cartella sia stata emessa in ragione
del mero mancato pagamento di quanto risultante dalla dichiarazione, perchè, in questa ipo-
tesi non sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione stessa (cfr. Cass. Ord.
27.6.2022, n. 20554);
› l’Amministrazione finanziaria può emettere la cartella di pagamento sulla base degli esiti del
controllo automatizzato se il contribuente - adeguatosi in dichiarazione ai risultati degli studi
di settore - non abbia poi versato le imposte dichiarate, perché, in questa ipotesi, non viene
svolta alcuna autonoma attività accertativa, ma solo un controllo meramente cartolare (cfr.
Cass. Ord. 3.7.2019, n. 17765). In questi casi, «la procedura si conclude con un atto liquidatorio ai
fini dell'iscrizione a ruolo a titolo definitivo (...) e viene, conseguentemente, emessa una cartella di
pagamento», che, peraltro, deve essere motivata (cfr. Cass. Sent. 24.5.2019, n. 14178; conf. Cass.
Ord. 4.7.2019, n. 17972).
612
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Quanto ai crediti di imposta, la Cassazione ha ritenuto che il controllo automatizzato legittimi


«il disconoscimento del credito d’imposta, senza necessità di un previo avviso di recupero, purchè que-

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sto non derivi da un’attività accertativa o rettificativa, nè implichi valutazioni, ma abbia carattere
cartolare e sia effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei
redditi» (cfr. Cass. Ord. 28.6.2022, n. 20626).
In proposito, si ricorda che l'art. 13, commi 4 e 5 del D.Lgs. 471/1997, distingue i crediti non
spettanti da quelli inesistenti.Il comma 4 definisce non spettante il credito esistente, che viene
utilizzato in misura eccedente quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo, punibi-
le con la sanzione del 30% del credito indebitamente utilizzato. Il comma 5 definisce il credito
come inesistente in presenza di due condizioni: se manca – in tutto o in parte – il relativo pre-
supposto costitutivo e se la inesistenza non è riscontrabile attraverso i controlli automatizzati,
punibile con la sanzione dal 100% al 200% dello stesso (senza possibilità - secondo l’Agenzia
delle Entrate: cfr. C.A.E. 10.5.2011, n. 18 - di applicare la definizione agevolata di cui agli artt. 16,
co. 3 e 17, co. 2, del D.Lgs. 472/1997, ammissibile, invece - secondo la giurisprudenza di merito:
cfr. C.T.P. Forlì, 1.10.2019, n. 264; C.T.P. Aosta, 9.5.2019, n. 8 - nel caso di indebito utilizzo di cre-
dito non spettante).
La distinzione tra le due fattispecie è stata, recentemente, confermata dalla Corte di cassazione,
secondo la quale «l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall’art. 27, comma 16,
del D.L. n. 185 del 2008, conv. in legge n. 2 del 2009, presuppone l’utilizzo non già di un mero credito
“non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, per tale ultimo dovendo intendersi – ai sensi dell’art.
13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997 (…) – il credito in relazione al quale manca, in tutto
o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che non è, cioè “reale”), e la cui inesistenza non è ri-
scontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e all’art. 54-bis
del D.P.R. n. 633/1972» (cfr. Cass. Sentenze 16.11.2021, n. 34445, 34444 e 34443).
«La dicotomia tra le due tipologie di credito è stata confermata anche» dalla Sezione Penale della
Cassazione, che «facendo propria la definizione di credito inesistente, come effettuata dalle suindicate
sentenze della Sezione tributaria, ha rilevato che la diversità delle due ipotesi (non spettante; inesi-
stente) incide anche sul piano dell’elemento soggettivo» (cfr. Cass. Ord. I., 8.2.2023, n. 3784), conclu-
dendo che «se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante» (cfr. Cass. Pen.,
Sentenze 3.3.2022, n. 7613 e 7615). Ne deriva che «la fattispecie di credito inesistente non si realizza
in presenza di uno soltanto dei requisiti individuati dalla norma» (cfr. Principio di interpretazione
n.1/Accertamento e Riscossione, 02/2021).
La interpretazione fornita dalle tre sentenze gemelle del 2021 «non è stata, tuttavia, recepita dalla
giurisprudenza successiva della Sezione tributaria» (cfr. Cass. Ord. I., 8.2.2023, n. 3784), secondo la
quale l’art. 27, co. 16 del D.L. 185/2008 «nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti
d’imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare la “inesistenza” del credito a cate-
goria distinta dalla “non spettanza” del credito», trattandosi di distinzione «priva di fondamento lo-
gico-giuridico», (cfr. Cass. Ord. 29.8.2022, n. 25436; conf. Cass. Ord. 25.10.2022, n. 31419).
La Corte di cassazione, quindi, ravvisata la persistenza del contrasto interpretativo relativo alla di-
cotomia credito non spettante/credito inesistente ai fini dell’applicabilità del termine di otto anni
fissato dall’art. 27, co. 16, ha rimesso la questione al Primo Presidente della Corte di cassazione per
la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ord. Int. 2.11.2022, n. 35536. Per completez-
za, si richiama una recente decisione della Cassazione che ha precisato che il termine di otto anni
decorre dalla data di presentazione del modello di pagamento e non da quello di presentazione
della dichiarazione nella quale il credito ha rilevanza: cfr. Cass. Ord. 20.2.2023, n. 5243).
Se non che, la Corte di cassazione ha nuovamente disposto la trasmissione degli atti al Primo
Presidente della Corte di cassazione per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ritenendo
che le ulteriori ricadute «che l’ordinamento ricollega alla nozione di credito d’imposta inesistente e,
nello specifico in tema di sanzioni, richieda, per la rilevanza della questione, idonea a riproporsi in
numerosi futuri giudizi, un intervento nomofilattico chiarificatore a più ampio raggio sulla nozione
stessa di credito inesistente e sulla sua differenziazione rispetto al credito non spettante» (cfr. Cass.
Ord. I., 8.2.2023, n. 3784).
Controllo formale ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1973 Consiste nel riscontro documentale dei dati in-
dicati nella dichiarazione dei redditi (non essendo previsto un analogo controllo ai fini Iva) da
contribuenti individuati – sulla base di criteri selettivi fissati dall’Amministrazione finanziaria,
Definizione degli avvisi bonari 613

nell’ambito degli indirizzi operativi per la prevenzione e il contrasto all’evasione – «a seguito di

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


specifiche attività di analisi del rischio (…) [e] dei più frequenti e significativi rischi di microevasione

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che caratterizzano generalmente la platea dei contribuenti [persone fisiche] di riferimento» (cfr.
C.A.E. 6.8.2014, n. 25).
La procedura è diretta al controllo della esatta determinazione delle imposte «attraverso un ri-
scontro documentale finalizzato a comprovare la spettanza degli elementi che hanno concorso a deter-
minare l’imposta dovuta dal contribuente» (cfr. C.A.E. 16.7.2001, n. 68). L’Amministrazione finan-
ziaria, però, non può più chiedere (cfr. co. 3-bis dell’art. 36-ter/600) ai contribuenti documenti
relativi a informazioni disponibili nell’anagrafe o ai dati trasmessi da soggetti terzi, pena la inef-
ficacia delle richieste stesse (fatte salve le richieste riguardanti la verifica della sussistenza di re-
quisiti soggettivi che non emergano dall’anagrafe o le informazioni in possesso dell’Ammini-
strazione finanziaria non conformi a quelle dichiarate dal contribuente).
L’Amministrazione finanziaria può:
› escludere lo scomputo di ritenute d’acconto (non risultanti dalla dichiarazione dei sostituti di
imposta);
› eliminare detrazioni e deduzioni indicate in dichiarazione ma non spettanti (carenti della re-
lativa documentazione);
› determinare i crediti di imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e dai do-
cumenti richiesti al contribuente;
› liquidare la maggiore imposta dovuta sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da
più dichiarazioni o certificazioni relative allo stesso anno e allo stesso contribuente;
› correggere errori materiali o di calcolo commessi dal sostituto di imposta, ecc..
«Deve, al contrario, astenersi dall’effettuare interventi rettificativi al di fuori delle fattispecie espres-
samente previste dalla norma». In particolare, qualora dalla documentazione prodotta o dalle in-
formazioni desunte dall’Anagrafe tributaria «risultino elementi che consentono di stabilire la esi-
stenza di un reddito non dichiarato o di singole componenti di reddito non dichiarate (…) l’ufficio è te-
nuto ad attivarsi per il conseguente innesco dell’attività di controllo sostanziale» (cfr. C.A.E.
16.7.2001, n. 68). Tuttavia, «nel momento in cui [la legge] prevede la possibilità per l’Ufficio di esclu-
dere (in base ai documenti richiesti ai contribuenti) le detrazioni di imposta non spettanti, consente
anche all’ufficio l’esame estrinseco di detta documentazione e la conseguente valutazione in termini di
attendibilità (…) è vero, infatti, che l’attività di cui all’art.36-ter (…) si deve esaurire nell’esame testua-
le dei dati della dichiarazione raffrontati con la documentazione (anche) esterna a questa, senza profi-
li di tipo valutativo o interpretativo (…), ma ciò non può precludere all’Amministrazione di esaminare
oggettivamente detta documentazione e, in esito, di ritenerla insufficiente per carenza di forma e/o
contenuto» (cfr. Cass. Sent. 17.6.2015, n. 12525). Ad esempio, «non v’è dubbio che le detrazioni per
interventi di risparmio energetico siano ricomprese nella generale previsione» della norma, «sicché
legittimamente l’Ufficio, all’esito del controllo formale dei documenti prodotti dal contribuente» può
emettere la relativa cartella di pagamento (cfr. Cass. Ordinanze 24.5.2021, n. 14102; 26.3.2021, n.
8578).
Comunicazioni Se dall’esito dei controlli non emergono irregolarità, l’Amministrazione finanziaria
può (ma non deve) inviare una comunicazione di regolarità al contribuente, ma non ha un ob-
bligo in tal senso. Anzi, il neo introdotto co. 5-bis dell’art. 6 della L. 212/2000 (cfr. art. 6-bis, co. 1
del D.L. 21.6.2022, n. 73, conv. con modif. in L. 4.8.2022, n. 122) – che ha introdotto l’obbligo del-
l’Amministrazione finanziaria di comunicare al contribuente, che sia a conoscenza dell’inizio
dell’attività stessa, l’esito negativo dell’attività di controllo – lo esclude nel caso delle «liquida-
zioni di cui agli articoli 36-bis (…) e 54-bis» (cfr. art. 6, co. 5-bis, ultimo periodo della L.
212/2000).
Se, invece, emergono delle irregolarità, l’Ufficio comunica al contribuente l’esito della liquida-
zione o della rettifica, con la indicazione delle somme dovute a titolo di imposta, interessi e san-
zioni (pari al 30% del ritardato od omesso versamento, ex art. 13, D.Lgs. 471/1997).
Controllo automatico ex art. 36-bis e (obbligo o meno di) contraddittorio L’Agenzia delle En-
trate «prima di procedere all’iscrizione a ruolo delle eventuali somme dovute (…) comunica al contri-
buente gli esiti del controllo effettuato, al fine di evitare la reiterazione degli errori e di consentire la
regolarizzazione degli aspetti formali» (cfr. C.A.E. 10.5.2011, n. 18).
La consolidata giurisprudenza di legittimità limita il contraddittorio anticipato alle ipotesi in cui,
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D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

«emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (cfr. Cass. Sent. 10.6.2015, n. 12023;
conf. Cass. Sent. 24.8.2022, n. 25315).

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«La emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36-bis, co. 3, del D.P.R.
600/1973, e dall’art. 54-bis, co. 3, del D.P.R. 633/1972, non richiede la preventiva comunicazione del-
l’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti
a rilevare meri errori materiali, ma richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazio-
ne, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti del-
la dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della successiva cartella
di pagamento, oppure può costituire requisito di validità della procedura di liquidazione automatizza-
ta e della conseguente cartella di pagamento, trovando in quest’ultima ipotesi applicazione immediata
la nullità prescritta dall’art. 6, co. 5, della L. n. 212 del 2000» (cfr. Cass. Ord. 24.1.2018, n. 1711; conf.
Cass. Ordinanze 1.10.2018, n. 23679; 13.9.2018, n. 22351).
«Alla minore importanza della partecipazione del contribuente al procedimento de quo (giustificata
dal maggior grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili), non può che corrispondere una con-
seguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del conse-
quenziale provvedimento di iscrizione a ruolo» (cfr. Cass. Sent. 5.10.2016, n. 19861; conf. Cass. Sent.
8.2.2017, n. 3342). Non ricorrendo il «presupposto della sussistenza di incertezze su aspetti rilevanti»
della dichiarazione, infatti, il preventivo avviso perde la sua ragione d’essere, per lasciar riemergere
«la regola procedimentale ordinaria» di cui all’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973.
Per converso, la violazione dell’obbligo di contraddittorio anticipato comporta la nullità della
successiva cartella (eventualmente) emessa «soltanto qualora emergano incertezze su aspetti rile-
vanti della dichiarazione» (cfr. Cass. Ordinanze 27.6.2022, n. 20554; 19.8.2020, n. 17354; 31.1.2019,
n. 2870; 5.12.2018, n. 31432; 8.9.2017, n. 21020 e 23.5.2017, n. 12954; Cass. Sentenze 16.12.2016, n.
26044 e 18.3.2016, n. 5394).
Sintesi e casi
«Lo svolgimento di un effettivo contraddittorio tra Ufficio e contribuente, ad avviso del Legislatore, non
rappresenta una fase indispensabile del procedimento» e, di conseguenza, il «relativo obbligo imposto
all’Amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità» (cfr. Cass. Sent. 5.7.2021, n. 18893; conf. Cass.
Ordinanze 19.10.2021; n. 28773; 15.10.2021, n. 28311; 17.12.2019, n. 33334; 17.2.2015, n. 3154).
Il contraddittorio anticipato si applica, ad esempio, nel caso del disconoscimento di un credito
d’imposta indicato in dichiarazione, con la conseguenza che la emissione di un avviso di recupero
del credito d’imposta o, quanto meno, di un avviso bonario deve (dovrebbe) precedere la «emissio-
ne di una cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo» (cfr. Cass. Ord. 8.2.2019, n. 3752)
Il contraddittorio anticipato NON si applica:
› nel caso del recupero di un credito d’imposta non indicato nel Quadro RU della dichiarazione
dei redditi (cfr. Cass. Ord. 5.11.2020, 24747; conf. Cass. Ord. 2.3.2022, n. 6811);
› quando «la verifica dell’inadempimento si riveli immune da valutazioni interpretative» (cfr. Corte
cost. Sent. 11.7.2018, n. 152);
› nel caso di disconoscimento «di perdite relative a precedente anno d’imposta in cui non risultava
presentata la dichiarazione»: cfr. Cass. Ord. 22.9.2021, n. 25623);
› nel caso «della tardività del versamento di quanto dovuto» (cfr. Cass. Sent. 10.6.2015, n. 12023;
conformi Cass. Ordinanze 22.9.2021, n. 25623; 23.4.2021, n. 10858; 29.3.2021, n. 8687;
16.7.2019, n. 19092; 4.7.2019, n. 17972; 29.11.2017, n. 28602; 3.11.2015, n. 22445; Cass. Sentenze
12.4.2017, n. 9463; 25.9.2015, n. 19052; 22.5.2015, n. 10599; C.T.R. Milano, 20.10.2015, n. 4513 e
9.3.2016, n. 4591).
«La notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non
è stata emessa la comunicazione preventiva, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento
di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente, ovvero da una divergenza tra le somme
dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva della iscrizione a ruolo
è necessaria solo se ci sono errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichia-
rativa, non c’è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli
importi dichiarati, o se non sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (cfr. Cass.
Sent. 5.7.2021, n. 18893; conf. Cass. Ord. 6.7.2021, n. 18998). La decisione precisa, peraltro, che la
omissione «del c.d. “avviso bonario”, qualora la omissione non integri causa di nullità della cartella
stessa», non impedisce di beneficiare della riduzione delle sanzioni, se il contribuente effettua il
Definizione degli avvisi bonari 615

pagamento delle somme dovute nel termine di trenta giorni «decorrenti dalla notificazione della

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


cartella di pagamento» (cfr. Cass. Sent. 5.7.2021, n. 18893. Cass. Sent. 10.6.2015, n. 12023 aveva af-

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fermato, invece, che la notifica della cartella relativa alla tardività del versamento di quanto di-
chiarato, senza precedente avviso bonario, comporta «la conseguente esclusione dei presupposti
per ottenere la riduzione ad un terzo delle sanzioni amministrative»).
L’obbligo dell’invio della preventiva comunicazione, infine, è stabilito per legge se il controllo
automatico riguarda redditi soggetti a tassazione separata (cfr. art. 1, co. 412, L. 311/2004 e,
quindi, riconosciuto anche dalla giurisprudenza: cfr. Cass. Ordinanze 16.3.2020, n. 7291;
22.6.2016, n. 12927; 13.7.2015, n. 14544).
Controllo formale ex art. 36-ter e (obbligo o meno di) contraddittorio L'Ufficio può controllare
le dichiarazioni presentate dal contribuente non solo sulla base di queste, ma, anche, in base ad
atti diversi da quelli allegati dal contribuente ed esterni rispetto alla sua sfera (cfr. Cass. Sent.
5.10.2016, n. 19861). Il controllo formale, infatti, «consente una, sia pur ridotta, attività istruttoria
(…) seguita, a pena di nullità, dalla comunicazione dell’esito motivato del controllo» (cfr. Cass. Ord.
2.11.2020, n. 24223). Ne deriva che l’invio della comunicazione costituisce, in questo caso, «una
fase procedimentale necessaria, di garanzia per il contribuente, laddove il comma 4 (…) prevede l’ob-
bligo dell’Amministrazione di comunicare i motivi della rettifica operata in una apposita comunica-
zione da effettuare al contribuente», la cui mancanza comporta la «sanzione della invalidità dell’atto
conclusivo del procedimento» (cfr. Cass. Sent. 4.7.2014, n. 15311; conf. Cass. Sent. 26.1.2015, n. 1306
e Cass. Ord. 29.1.2016, n. 1813).
La omessa rituale notifica della comunicazione degli esiti del controllo formale, c.d. avviso bo-
nario, atto presupposto alla formazione del ruolo e necessario ai fini dell’attivazione obbligato-
ria del contraddittorio endoprocedimentale, comporta la nullità della cartella di pagamento
emessa in violazione dell’art. 36-ter, del D.P.R. 600/1973 (cfr. C.T.P. Enna, Sent. 10.5.2021, n.
665). Né «è sufficiente che l’Ufficio abbia predisposto l’atto», essendo «necessario che lo stesso sia
stato notificato al contribuente e, nel caso di contestazione, venga prodotta in giudizio la prova della
notifica» (cfr. C.T.P. Siracusa, Sent. 10.3.2022, n. 1131).
La comunicazione costituisce l’atto «attraverso cui si realizza compiutamente la necessaria interlo-
cuzione tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente», consentendo all’Ufficio di «esercitare il
proprio potere di autotutela attraverso la eventuale rinuncia alla imposizione, in caso si accerti la ille-
gittimità dell’atto o della imposizione», e al contribuente di regolarizzare il contenuto della di-
chiarazione in rettifica; di esercitare, fin da subito, il proprio diritto di difesa; e di segnalare dati
ed elementi non comunicati o valutati erroneamente nella fase di controllo (cfr. Cass. Sent.
4.7.2014, n. 15312, conf. Cass. Ordinanze 5.8.2021, n. 22338; 11.6.2019, n. 15654 e Cass. Sent.
4.7.2014, n. 15311). Il diritto di difesa del contribuente e la stessa disciplina in esame, vanno, pe-
raltro, esercitati tenendo conto dei principi generali in materia di prova, per cui, quando la nor-
ma «stabilisce che gli uffici “possono” escludere lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti da
certificazioni dei sostituti d’imposta», l’art. 36-ter, D.P.R. 600/1973 «deve essere interpretato nel sen-
so che gli uffici finanziari (e a fortiori i giudici tributari) “possono” apprezzare anche prove diverse
dal certificato, ad esso equipollenti» (cfr. Cass. Ord. 2.12.2021, n. 37956).
Modalità di invio delle comunicazioni
Controllo automatico La comunicazione di irregolarità è inviata direttamente al domicilio fiscale del
contribuente, con raccomandata; ovvero, all’intermediario che ha spedito in via telematica la dichia-
razione, se nel frontespizio della stessa è stata effettuata tale opzione. L’invio all’intermediario com-
porta - in base al combinato disposto degli artt. 2, co. 2, D.Lgs. 462/1997 e 2-bis, co. 3, D.L. 203/2005
(conv. in L. 248/2005) – la «proroga» del termine ordinario di 30 giorni (nel corso dei quali egli in-
forma il contribuente della avvenuta ricezione dell’avviso) per ulteriori 60 giorni (in definitiva 90
giorni) che il contribuente può utilizzare per assumere le proprie decisioni (sul riconoscimento del
termine di 90 giorni per il pagamento con sanzione ridotta, cfr. C.T.P.Milano, 9.1.2020, n. 11).
Controllo formale La comunicazione di irregolarità «deve essere inviata mediante raccomandata po-
stale con avviso di ricevimento, al fine di acquisire certezza sulla data di ricevimento della stessa» (cfr.
C.A.E. 16.7.2001, n. 68). L’inoltro della comunicazione di cui all’art. 36-ter, co. 4, D.P.R. 600/1973,
a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno «tuttavia, non costituisce un adempimento che dia
luogo ad un’attività notificatoria (…) in quanto la legge non lo prevede» (cfr. Cass. Sent. 9.3.2016, n.
4591). Anche in questo caso, la comunicazione può essere inviata anche in via telematica, se il
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contribuente ha espresso tale opzione e l’intermediario, che ha curato l’invio della dichiarazione
del contribuente, ha accettato l’incarico di ricevere l’atto.

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Conseguenze Entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione, il contribuente può:
A. definire il contenuto dell’avviso;
B. produrre la documentazione e/o fornire le spiegazioni richieste;
C. formulare istanza di autotutela per chiedere l’annullamento totale o parziale dell’atto che ri-
tenga infondato.
Il termine di 30 giorni va calcolato tenendo presente che dal 1° agosto al 4 settembre sono sospesi:
› «I termini per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dall’Agenzia
delle entrate o da altri enti impositori, esclusi quelli relativi alle richieste effettuate nel corso delle attività
di accesso, ispezione e verifica, nonché delle procedure di rimborso ai fini dell’imposta sul valore aggiun-
to» (cfr. art. 7-quater, co. 16 D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225);
› i termini per il pagamento delle somme dovute a seguito degli avvisi bonari relativi a controlli
automatici o formali, nonché alla liquidazione delle imposte sui redditi assoggettati a tassa-
zione separata (cfr. art. 7-quater, co. 17, stesso Decreto).
DEFINIZIONE (ordinaria) dell’avviso bonario sub A. - Se il contribuente riconosce l’errore conte-
stato, può sanarlo, pagando, nel termine sopra indicato – di 30 ovvero di 90 giorni – quanto ri-
chiesto nell’avviso, con sanzioni amministrative ridotte:
› a 1/3 (un terzo), nel caso di controlli automatici (cfr. art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e art. 2,
D.Lgs. 462/1997);
› a 2/3 (due terzi), nel caso di controlli formali (cfr. art. 36-ter, D.P.R. 600/1973 e art. 3, D.Lgs.
462/1997).
Il termine di pagamento delle somme dovute a seguito di controllo automatico era stato esteso
da 30 a 60 giorni dall’art. 37-quater del D.L. 21.3.2022, n. 21 conv. in L. 20.5.2022, n. 51 (in G.U.
20.5.2022, n.117), il quale - «al fine di assicurare la necessaria liquidità alle famiglie e alle imprese in
considerazione degli effetti negativi determinati dalla pandemia di Covid-19, nonché delle ripercussioni
economiche e produttive della crisi ucraina» - prevede(va) che «per il periodo compreso tra la data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto [21 maggio 2022] e il 31 agosto 2022 il
termine di cui all’art. 2, co. 2 del D.Lgs. 18.12.1997, n. 462, è fissato in sessanta giorni». Ne deriva che,
nel periodo tra il 21.5.2022 e il 31.8.2022, il pagamento delle somme dovute a seguito di controllo
automatico poteva essere effettuato entro 60 giorni dalla ricezione dell’avviso bonario.
Considerato il richiamo – nell’art. 37-quater del citato Decreto – all’art. 2 del D.Lgs. 462/1997, la
norma:
› non si applica(va) nel caso di controllo formale;
› si applica(va), secondo la Relazione tecnica al D.L. 21/2022, solo se il versamento è effettuato
in un’unica soluzione (ex co. 2 dell’art. 2, D.Lgs. 462/1997), con la conseguenza che il paga-
mento rateizzato doveva essere effettuato nell’«ordinario» termine di 30 giorni.
«Presupposto per la riduzione delle sanzioni del D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 2, comma 2, è l'interve-
nuto pagamento delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti
dagli Uffici, effettuati ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis o, in materia di IVA, del D.P.R. n.
633 del 1972, art. 54-bis, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'esito della liquidazione,
ovvero decorrenti dalla notificazione della cartella di pagamento, nel caso di omissione del c.d. “avviso
bonario”, qualora essa (omissione) non integri causa di nullità della cartella stessa bensì mera irrego-
larità, per l'insussistenza di rilevanti incertezze su aspetti importanti della dichiarazione. Sicché,» se il
contribuente omette di effettuare il versamento nel termine, il Giudice non può operare la pre-
detta riduzione, nel presupposto che la – omessa – comunicazione dell’avviso bonario fosse do-
vuta (cfr. Cass. Ord. 31.1.2019, n. 2870).
Il versamento deve riguardare l’intera pretesa fatta valere con la comunicazione, non essendo
riconosciuta la riduzione sanzionatoria nel caso di (una eventuale) definizione parziale della
pretesa stessa; così come «non è sufficiente il versamento della sola sanzione, peraltro, in misura ri-
dotta, per ritenere che sia venuta meno la pretesa relativa alla sanzione», perché il beneficio della ri-
duzione sanzionatoria può essere riconosciuto solo se il contribuente esegue l’integrale paga-
mento della pretesa fatta valere con la comunicazione (cfr. Cass. Ord. 6.11.2020, n. 24884).
Documentazione e spiegazioni sub B. - Se il contribuente ritiene che nell’avviso ricevuto alcuni
dati o elementi non siano stati considerati o siano stati erroneamente valutati, può fornire le
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spiegazioni della divergenza e/o produrre la relativa documentazione, valendosi, tra gli altri, del

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canale Civis, il quale consente:

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› «di chiedere chiarimenti e il riesame della posizione, segnalando le ragioni per cui si ritiene il paga-
mento non dovuto», e
› di allegare i «documenti a supporto di quei processi operativi per i quali l’Amministrazione ha ne-
cessità di acquisire direttamente dai contribuenti la documentazione altrimenti non acquisibile. Tale
funzionalità è disponibile in particolare per il servizio di presentazione dei documenti per il control-
lo formale di cui all’art. 36-ter del D.P.R. 600/1973», senza la necessità di inviare ulteriori PEC,
e-mail, ecc. «le quali, anzi, rischiano di rallentare l’operatività degli uffici addetti alle lavorazioni,
senza generare alcun beneficio».
Nel caso, invece, del controllo automatizzato, il sistema «Civis permette all’utente di inserire le mo-
tivazioni dell’istanza di autotutela in un apposito spazio (corrispondente a circa una pagina – 3000
caratteri)» (cfr. R.A.E. 16.12.2021, n. 72).
Istanza di AUTOTUTELA
Contenuto e modalità di invio Se il contribuente ritiene di non aver commesso la irregolarità conte-
stata, può presentare una istanza di autotutela, con cui fornisce i chiarimenti utili a dimostrare
la infondatezza della pretesa dell’Ufficio, e segnala (eventuali) dati o elementi non considerati o
non correttamente valutati; allegando adeguata documentazione che giustifichi la richiesta di
annullamento totale o parziale.
L’istanza, infatti, è diretta ad ottenere l’annullamento o la rettifica dell’avviso bonario e può es-
sere presentata:
› ad un qualsiasi Ufficio dell’Agenzia delle Entrate o al Centro di assistenza multicanale, se la
comunicazione di irregolarità deriva da un controllo automatico (art. 36-bis);
› all’Ufficio che ha inviato l’avviso, se la comunicazione di irregolarità deriva da un controllo
formale (art. 36-ter);
› utilizzando il servizio di assistenza attraverso la posta elettronica certifica (PEC).
La richiesta di autotutela a seguito di comunicazioni di irregolarità può essere inoltrata anche
attraverso i «Centri di risposta telefonica (call center)», i quali possono, nei casi più semplici, an-
nullare direttamente le comunicazioni errate. Allo stesso fine, gli intermediari abilitati al canale
Entratel e gli utenti di Fisconline possono ricorrere alla piattaforma telematica dell’Agenzia delle
Entrate, denominata Civis.
L’iter della pratica può essere «monitorato», dal contribuente o dall’intermediario, tramite il Ca-
nale telematico Civis, che, nel caso di controllo automatico, consente di «ricevere gratuitamente
l’avviso della conclusione della pratica (…) tramite sms e e-mail, all’indirizzo di posta elettronica e/o
al numero di telefono prescelti (…); [di] conoscere l’esito della richiesta e [di] visualizzare e stampare
la comunicazione a seguito della lavorazione da parte dell’Ufficio». Attraverso questo canale «è,
inoltre, possibile conoscere lo stato di avanzamento delle attività relative al controllo formale della di-
chiarazione» (cfr. sito Agenzia delle Entrate, nonché C.A.E. 7.5.2021, n. 4).
Inoltre, è attivo, su tutto il territorio nazionale, il servizio «Civis Istanze Autotutela locazioni, che
consente ai contribuenti che hanno ricevuto un avviso di liquidazione relativo a un contratto di loca-
zione di chiedere via web, personalmente o tramite intermediario, il riesame dell’atto da parte dell’Uf-
ficio che lo ha emesso, nel caso in cui ritengano che via sia un errore. Civis Istanze Autotutela locazio-
ni è il primo servizio di assistenza tramite canale telematico che riguarda gli atti relativi all’imposta
di registro» (cfr. Comunicato Stampa Agenzia delle Entrate, 18.7.2018).
Infine, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito la Guida «I servizi “agili” dell’Agenzia
delle Entrate» per rendere più fruibili, anche a coloro che non sono abilitati a Fisconline o Entratel,
«tutti i servizi oggi disponibili da remoto. Da quelli via e-mail e Pec a quelli accessibili tramite telefono,
passando per tutte le possibilità di dialogo on line utilizzando i servizi telematici, con o senza registrazio-
ne», così da garantire un contatto con l’Amministrazione finanziaria (cfr. la Guida pubblicata a feb-
braio 2022, aggiornata a giugno 2022; si veda anche la C.A.E. 20.6.2021, n. 21). La Guida indica:
› il «Calcolo delle rate – Controllo automatizzato e formale dichiarazioni»», tra i servizi online uti-
lizzabili senza registrazione;
› il servizio «CIVIS – assistenza sulle comunicazioni di irregolarità, a seguito di controlli automatici delle
dichiarazioni (…)», tra i servizi utilizzabili dal cittadino in possesso di identità SPID, CIE, CNS.
In particolare: «Il contribuente, che riceve una comunicazione a seguito del controllo automatico (ar-
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ticoli 36-bis del D.P.R. 600/1973, per le imposte sui redditi e 54-bis del D.P.R. 633/1972, per l’Iva), o di
un controllo formale delle dichiarazioni dei redditi (articolo 36-ter del D.P.R. 600/1973), può utilizza-

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re direttamente il servizio “Civis”, accedendo all’area riservata Entratel/Fisconline, o il servizio di as-
sistenza attraverso la posta elettronica certificata (Pec)».
In mancanza di identità SPID, CIE, CNS (uniche credenziali che consentono di accedere direttamente
alla propria area riservata), le persone fisiche possono conferire ad una persona di fiducia la procura
ex art. 63, D.P.R. 600/1973, per consentirle «di utilizzare, in nome e per conto del soggetto rappresentato,
i servizi on line disponibili nell’area riservata, accessibile con le proprie credenziali», comprese le comu-
nicazioni di avvisi di irregolarità (cfr. Provv. A.E. 19.5.2022, Prot. 173217).
La disciplina ivi dettata è stata innovata e sostituita dal Provv. A.E. 17.4.2023, n. 130859 (cui si ri-
manda), "con specifico riferimento all’istanza di abilitazione / disabilitazione delle persone di fiducia al-
l’utilizzo dei servizi on line disponibili nell’area riservata dell’Agenzia delle Entrate nell’interesse delle per-
sone fisiche" (si veda, anche, la Guida dell’Agenzia delle Entrate, aggiornata ad aprile 2023).
Resta fermo che il contribuente può, comunque, «rivolgersi a un ufficio dell’Agenzia o a un contact
center per qualsiasi esigenza informativa».
La Guida aggiunge, infine: «A decorrere dall’anno d’imposta 2017 il controllo automatico è effettuato
anche sulle “Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche Iva”. In questo caso, prima della
emissione della comunicazione di irregolarità, le eventuali incoerenze riscontrate a seguito del control-
lo sono rese disponibili al contribuente attraverso un’apposita lettera di invito alla compliance, che
viene pubblicata sia nel “Cassetto fiscale” - sezione L’Agenzia scrive, sia all’interno del servizio “Fattu-
re e Corrispettivi” - sezione Consultazione - L’Agenzia scrive».
Conclusione: «l’offerta dei servizi “agili” rimane, anche a conclusione dello stato di emergenza, una
della modalità tramite cui il cittadino può chiedere e ricevere assistenza e accedere ai servizi erogati
dall’Agenzia delle Entrate. (…) La gamma dei servizi offerti con modalità agile sarà quindi progressiva-
mente rivista in modo da orientare le richieste verso il canale telematico mano a mano che saranno
rese disponibili nuove funzionalità e nuovi servizi e che gli Uffici avranno ampliato (…) la disponibilità
di appuntamenti per le video chiamate. (…) Gli Uffici avranno inoltre cura di raccomandare, per l’invio
di documenti e istanze in modalità agile, laddove non presente il corrispondente servizio telematico, il
servizio Consegna documenti e istanze» (cfr. C.A.E. 20.6.2021, n. 21, § 3.1.4 e seguenti).
Questo Servizio può essere utilizzato dal contribuente anche nel caso in cui abbia ricevuto una
comunicazione di irregolarità, per la mancata compilazione - nella dichiarazione IRAP relativa al
periodo d’imposta 2019 - del Quadro IS, in caso di esonero dal versamento del saldo IRAP. In
particolare, per sanare la irregolarità «l’utente dovrà:
› presentare prioritariamente la dichiarazione IRAP integrativa, compilando opportunamente il
Quadro IS sezione Aiuti di Stato;
› trasmessa telematicamente la dichiarazione integrativa, richiedere il riesame della posizione tramite
il Servizio “Consegna documenti e istanze” – nella Sezione Consultazione delle richieste – successi-
vamente alla chiusura della pratica CIVIS. Nell’istanza andrà comunicata l’avvenuta presentazione
della dichiarazione integrativa, fornendone i riferimenti. L’Ufficio, non appena la dichiarazione sarà
visibile a sistema, procederà alla rilavorazione comunicando l’esito all’utente» (cfr. CNDCEC, Inf.
30.6.2022, n. 58).
Effetti dell’istanza di autotutela Una volta presentata l’istanza di autotutela, l’Ufficio può accoglier-
la: integralmente, con conseguente annullamento della comunicazione; o parzialmente, con
conseguente comunicazione al contribuente della rettifica, nel quale caso il contribuente potrà
(ancora) usufruire della riduzione delle sanzioni a 1/3 (controlli automatici) o a 2/3 (controlli
formali), nel termine di 30 giorni, che decorrono:
› nel caso di controllo automatico (cfr. art. 2, co. 2, D.Lgs. 462/1997), «dalla comunicazione defi-
nitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiari-
menti forniti»(cfr. art. 2, co. 2, D.Lgs. 462/1997). In proposito, la Cassazione ha precisato che
«nelle ipotesi di omesso versamento o versamento parziale dei tributi, la riduzione ad un terzo delle
sanzioni dovute (…) va applicata (…) qualora il contribuente abbia fornito chiarimenti all’Ammini-
strazione finanziaria, entro i successivi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione definitiva,
eventualmente contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito
dei chiarimenti forniti dal contribuente. Solo decorsi inutilmente questi ulteriori trenta giorni, la
norma prevede la iscrizione a ruolo e/o la emissione della cartella per i tributi non pagati, gli inte-
Definizione degli avvisi bonari 619

ressi e le sanzioni irrogate con aliquota piena» (cfr. Cass. Sent. 22.9.2022, n. 27817).Se la comuni-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


cazione è stata inviata in via telematica, il contribuente dispone del più lungo termine di 90 giorni

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sia «per regolarizzare la propria posizione, versando quanto richiesto con la comunicazione di irregolari-
tà», sia per chiedere assistenza, nel quale ultimo caso, il termine per definire il contenuto dell’av-
viso beneficiando della riduzione delle sanzioni decorre «dal momento della rideterminazione delle
somme dovute» (cfr. Risposta a Interrogazione parlamentare, 30.10.2013, n. 5-01320);
› nel caso di controllo formale, «dal ricevimento della comunicazione» (cfr. art. 3, co. 1, D.Lgs.
462/1997). «A fronte della verifica della fondatezza dei rilievi effettuati dal contribuente (…) l’Ufficio
deve, infatti, procedere con sollecitudine ad esercitare il proprio potere di autotutela, al fine di con-
sentire al contribuente di effettuare i versamenti delle somme eventualmente dovute, in tempo utile
per usufruire del beneficio» della riduzione delle sanzioni (cfr. C.A.E. 16.7.2001, n. 68); parte del-
la giurisprudenza di merito, ritiene, invece, che «la conferma, da parte dell’Ufficio, dei rilievi già
comunicati» comporti «una nuova decorrenza del termine di trenta giorni concesso al contribuen-
te per aderire ai rilievi stessi con attenuazione del carico sanzionatorio»: perché, se così non fosse,
sarebbe svalutato e scoraggiato il contraddittorio «esponendo, inoltre, il contribuente alla perdita
del beneficio ove l’Amministrazione ritardi la propria risposta oltre il termine di trenta giorni dalla
originaria pretesa» (cfr. C.T.R. Venezia, 16.7.2013, n. 61).
L’Agenzia delle Entrate ha suddiviso le richieste di riesame presentate tramite Civis come segue:
A. nel caso di presentazione dell’istanza entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazio-
ne, «se a seguito dell’istruttoria:
› la richiesta viene accolta per il complessivo importo, l’ufficio procede alla rideterminazione della
pretesa e all’annullamento della comunicazione;
› la richiesta viene accolta parzialmente, l’ufficio procede alla rideterminazione della pretesa e all’ag-
giornamento della comunicazione, con l’effetto che (…) dal ricevimento della comunicazione “defini-
tiva” - contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute - decorre nuova-
mente il termine previsto per il pagamento (trenta giorni). Il contribuente, pertanto, beneficia della
prevista riduzione delle sanzioni ad un terzo sul debito che residua;
› la richiesta viene respinta, l’ufficio conferma le irregolarità. In tal caso (…), a seconda del giorno di
effettuazione del pagamento (entro oppure oltre trenta giorni dal ricevimento della comunicazione),
il contribuente avrà o meno diritto a beneficiare della riduzione delle somme»;
B. nel caso di presentazione dell’istanza oltre il termine di trenta giorni, se a seguito dell’istruttoria:
› «la richiesta viene accolta per il complessivo importo, l’ufficio procede alla rideterminazione della
pretesa e all’annullamento della comunicazione;
› la richiesta viene accolta parzialmente, l’ufficio procede alla rideterminazione della pretesa e all’ag-
giornamento della comunicazione. Il contribuente, tuttavia non potrà beneficiare di alcuna riduzio-
ne di sanzioni e interessi, che saranno applicati in misura piena sulle somme residue;
› la richiesta viene respinta, l’ufficio conferma le irregolarità. Anche in tal caso il contribuente non
potrà beneficiare di alcuna riduzione di sanzioni e interessi, che saranno applicati in misura piena
sulle somme dovute»;
e precisa che «ai fini della individuazione della data di presentazione dell’istanza di riesame, si fa ri-
ferimento a quella riportata nella ricevuta telematica rilasciata dal sistema CIVIS» (cfr. R.A.E.
16.12.2021, n. 72).

CONTROLLI 36-bis 36-ter


Ambito soggettivo Tutti i contribuenti Solo contribuenti selezionati
Ambito oggettivo Mera liquidazione Riscontro documentale
Obbligo contraddittorio No, salvo art. 6, co. 5, L. 212/00 Sì
Invio comunicazione Con RAR, PEC, o invio telematico (e Con RAR, PEC, o invio telematico
proroga di 60 giorni)
Istanza autotutela Qualsiasi ufficio Ufficio che ha inviato l’avviso
Accoglimento istanza Definizione sanzioni a 1/3 entro 30 Definizione sanzioni a 2/3 entro 30
giorni dalla comunicazione definitiva giorni dalla comunicazione originaria
Riduzione sanzioni a 1/3 (un terzo) 2/3 (due terzi)
seguito definizione
620
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Omessa dichiarazione IVA a credito In caso di omessa dichiarazione IVA, si è (molto) discusso
sulla spettanza (o caducazione) del credito IVA che l’Ufficio contesti con la emissione dell’avviso

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bonario, ex art. 54-bis, D.P.R. 633/1972 (e, analogamente, ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973, se la
contestazione riguarda le imposte dirette).
La prassi, dopo un primo restrittivo indirizzo (cfr. C.A.E. 34/2012), ha ammesso che il contri-
buente, se «ritiene che il credito non dichiarato sia fondatamente ed effettivamente spettante, può at-
testarne la esistenza contabile, mediante la produzione all’ufficio competente, entro (…) trenta giorni
successivi al ricevimento della comunicazione, di idonea documentazione (ad esempio, con riferimento
alle eccedenze Iva, mediante esibizione dei registri Iva e delle relative liquidazioni, della dichiarazione
cartacea relativa all’annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione ritenuta utile)»
(sulla necessità di presentare all’Ufficio la documentazione idonea a consentire l’accertamento
del credito vantato, cfr. C.T.R. Lazio, Sent. 12.4.2021, n. 1866). L’Ufficio, qualora riscontri la esi-
stenza del credito, può «scomputare direttamente l’importo del credito medesimo dalle somme com-
plessivamente dovute in base alla originaria comunicazione di irregolarità ed (…) emettere una comu-
nicazione definitiva contenente la rideterminazione delle somme che residuano da versare a seguito
dello scomputo operato», ferma restando la debenza di interessi e sanzioni sulla parte di credito
effettivamente utilizzata. Il contribuente può definire la comunicazione contenente la ridetermi-
nazione delle somme dovute entro 30 giorni dal suo ricevimento, usufruendo ancora del benefi-
cio della riduzione della sanzione a 1/3 (cfr. C.A.E. 25.6.2013, n. 21).
La Corte di cassazione, a sua volta, ha manifestato orientamenti contrastanti, ritenendo:
› da un lato, che la omessa presentazione della dichiarazione Iva annuale precluda al contri-
buente la possibilità di riportare a nuovo il credito o, comunque, di utilizzarlo; ferma restan-
do la facoltà di richiederne il rimborso nel rispetto del termine di prescrizione (cfr. Cass. Sen-
tenze 25.7.2012, n. 13090; 12.1.2012, n. 268; 30.9.2011, n. 20040; nonché Cass. Ord. 1.4.2021, n.
9091. In materia di II.DD., si veda Cass. Sent. 26.1.2015, n. 1287);
› dall’altro, che l’esercizio della detrazione competa anche in caso di omessa presentazione del-
la dichiarazione annuale, purché sia comprovata la esistenza del credito e il diritto di detra-
zione sia esercitato entro il termine di decadenza stabilito dall’art. 19, co. 1° del D.P.R.
633/1973 (cfr. Cass. Sentenze 15.5.2013, n. 11671; 28.6.2012, n. 10808; 23.9.2011, n. 19529).
La questione è stata rimessa alla valutazione delle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ordinanze 11.7.2014,
n. 16053 e 29.10.2014, n. 22902), che l’hanno risolta formulando il seguente principio di diritto:
premesso che «in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva, è consentita la iscri-
zione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione della cartella di pagamento, potendo
il Fisco operare con procedure automatizzate» (ex art. 54-bis/633), «la neutralità dell’imposizione ar-
monizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza
d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello
in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario, se siano stati rispettati dal contribuen-
te tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può
essere negato nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dal Fisco a seguito di controllo for-
male automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per
il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acqui-
sti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili»
(cfr. Cass. Sezioni Unite, Sent. 8.9.2016, n. 17757 e 17758. Conformi Cass. Sentenze 28.3.2019 n.
7611; 16.12.2016, n. 26044; 21.11.2016, n. 23624; Cass. Ordinanze 10.10.2022, n. 29415; 14.6.2021, n.
16757; 24.12.2020, n. 29496; 4.9.2020, n. 18393; 19.10.2019, n. 25288; 11.12.2017, n. 29555;
22.8.2017, n. 20251; 25.1.2017, n. 1962; 4.1.2017, n. 127. Sull’onere del contribuente di dimostrare –
mediante la produzione di idonea documentazione - la sussistenza del credito Iva, cfr. Cass. Or-
dinanze 7.2.2022, n. 3770; 19.10.2021, n. 28773 e 28788; 15.10.2021, n. 28445; 1.2.2021, n. 2191;
13.8.2020, n. 17043).
La Suprema Corte, affermando il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, si è confor-
mata, dunque, all’orientamento della C.G.U.E., secondo la quale:
› «il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte
venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali si-
ano stati disattesi dal soggetto passivo»;
Definizione degli avvisi bonari 621

› «i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


l’estensione di tale diritto (…), mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano le modalità

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e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema del-
l’IVA», quali, ad esempio, la tenuta di una contabilità adeguata, l’obbligo di archiviazione di
tutte le fatture e la presentazione di una dichiarazione entro un termine stabilito;
› il principio di prevalenza della sostanza sulla forma può essere limitato «qualora l’inosservan-
za di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfaci-
mento dei requisiti sostanziali», come accade «in circostanze che denotano l’esistenza di una eva-
sione fiscale da parte del soggetto passivo», cioè in presenza di condotte fraudolente o frodatorie
del contribuente che possono comportare la negazione del diritto alla detraibilità dell’IVA (cfr.
C.G.U.E. 28.7.2016, C-332/15).
Principi ripresi e sviluppati anche di recente:
› «l'omessa presentazione della dichiarazione Iva non fa perdere il diritto alla detrazione del credito
maturato nel corso del medesimo anno, nell'ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso ed indicato
nella dichiarazione Iva dell'anno successivo (…). Tuttavia il diritto alla detrazione deve essere eserci-
tato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno
successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 non contrastan-
te con la citata Direttiva». Pertanto, «il credito Iva maturato nell'anno in cui la dichiarazione an-
nuale risulta omessa può, comunque, essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiara-
zione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo re-
stando il potere/dovere dell'Amministrazione finanziaria di accertare l'esistenza del credito ai sensi
del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55» (cfr. Cass. Ord. 30.7.2018, n. 20120; conf. Cass. Ord. 7.7.2020,
n. 14055. Sulla necessità di rispettare «la cornice biennale prevista (…) per l’esercizio della detra-
zione», da effettuarsi «esclusivamente in seno alla dichiarazione», si veda Cass. Ord. 19.10.2021,
n. 28788);
› «la violazione degli obblighi formali di contabilità [nel caso relativi ad omessa doppia registra-
zione di acquisti intracomunitari] e di dichiarazione, pur non impedendo di per sé la nascita del
diritto di detrazione, può, peraltro, incidere sul suo esercizio, allorquando entro il termine previsto
dal Legislatore nazionale il relativo titolare non ne faccia uso» (cfr. Cass. Sent. 1.3.2019, n. 6092;
conforme Cass. Ord 27.9.2018, n. 23283);
› «l'omessa presentazione della dichiarazione Iva, sebbene non faccia perdere il diritto alla detrazione
del credito maturato nel corso del medesimo anno, nell’ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso
ed indicato nella dichiarazione Iva dell’anno successivo, non integra una violazione meramente for-
male non punibile ma, è sanzionabile ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 471 del 1997, in quanto comporta
il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determina il ritardato incasso
erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio, nel periodo infrannuale» (cfr. Cass.
Sent. 29.11.2021, n. 37146);
› «il diritto alla detrazione dell’IVA deve essere esercitato entro il termine previsto per la presentazio-
ne della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art.
8, co. 3 del D.P.R. 322/1998, non essendo sufficiente la semplice indicazione del credito nella prima
dichiarazione utile, fatto salvo in ogni caso il diritto al rimborso del credito per il quale si è matu-
rata la decadenza dall’esercizio del diritto di detrazione»; in sostanza «la decadenza dall’esercizio
del diritto di detrazione non è di ostacolo alla richiesta di rimborso del medesimo credito, ricorren-
done le altre condizioni previste dalla legge» (cfr. Cass. Sent. 12.5.2022, n. 15060).
Quanto esposto in merito al riporto a nuovo di un credito da omessa dichiarazione, vale(va) an-
che per le imposte sui redditi e per l’Irap: il principio stabilito con la sentenza a SS.UU.
17757/2016, infatti «può essere applicato anche in materia di credito Irpef di anni pregressi derivante
da annualità per cui è stata omessa la dichiarazione, in quanto il diritto del contribuente» di chiedere
il rimborso ex art. 38, D.P.R. 602/1973 «non può essere limitato (…) a mera facoltà» (cfr. Cass. Sent.
12.5.2017, n. 11828).
Nella ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi, ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973, «un
credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la
dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea docu-
mentazione, la effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed in tal modo viene posto nella medesi-
ma condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni e interessi) qualora avesse presentato corretta-
622
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

mente la dichiarazione» (cfr. Cass. Ord. 19.10.2019, n. 25288; conf. Cass. Ordinanze 27.6.2022, n.
20554; 20.7.2021, n. 20643; a sua volta, Cass. Sent. 24.8.2021, n. 23382 ribadisce l’onere a carico

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del contribuente di provare le condizioni sostanziali cui la normativa ricollega il diritto medesi-
mo; e Cass. Ord. 10.10.2022, n. 29416 ribadisce la necessità della presentazione, nei termini pre-
scritti, della dichiarazione integrativa, in assenza della quale «il credito del contribuente non è mai
sorto»).
In altra occasione, invece, la Corte di Cassazione ha ritenuto di discostarsi da tale orientamento
sul presupposto che, diversamente dal comparto Iva, «l’accertamento della esistenza contabile e,
ancor più, della effettività sostanziale del credito per eccedenza di Ires (o Irpef) asseritamente matura-
to nel periodo d’imposta per il quale la dichiarazione è stata omessa richiederebbe una indagine estesa
a tutta la pluralità di elementi eterogenei che, fondendosi tra loro, possono (o no) causare una tale ec-
cedenza» (cfr. Cass. Ord. 4.9.2020, n. 18393).
Infine, ha riconosciuto che «l’Amministrazione finanziaria può disconoscere le perdite di impresa di
esercizi precedenti, relativamente ai quali dall’anagrafe tributaria risulti la omessa presentazione della
dichiarazione, e conseguentemente procedere alla correzione dell’errore materiale, consistente nel ri-
porto della perdita, commesso dal contribuente nella successiva dichiarazione, ex art. 36-bis, co. 3, del
D.P.R. 600/1973, ed a tal fine può avvalersi del mero controllo cartolare, senza la emissione di un av-
viso di rettifica ex art. 38 del D.P.R. 600/1973» (cfr. Cass. Ord. 11.3.2022, n. 7884; conf. Cass. Ord.
20.1.2017, n. 1471).
Modalità di pagamento La definizione dell’avviso bonario avviene con il pagamento del dovuto a
mezzo del Mod. F24 ad esso allegato, che può essere ancora presentato in forma cartacea, anche
se di importo superiore a 1.000,00 euro, «a condizione [però] che non siano indicati crediti in com-
pensazione» (cfr. C.A.E. 19.9.2014, n. 27). Se il contribuente intende compensare la somma dovuta
con eventuali crediti, deve compilare un «nuovo» modello, da presentare in via telematica.
Se il pagamento è effettuato con ritardo non superiore a 15 giorni, la sanzione per il ritardato
pagamento dell’avviso bonario è ridotta ad 1/15 per ogni giorno di ritardo, anche nei casi di «li-
quidazione della maggiore imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973 e ai sensi
dell’art. 54-bis del D.P.R. 633/1972» (cfr. art. 13, D.Lgs. 471/1997).
La Corte di cassazione ha ritenuto, invece, che «il riferimento al “ritardo non superiore a quindici
giorni” [di cui all’art. 13/471] è riferito alla scadenza ordinaria, fisiologica, prevista dalle singole leggi
d’imposta e non al ritardo – ulteriore – rispetto al momento di accertamento operato dall’Ufficio», e
ha affermato il seguente principio di diritto: «in tema di sanzioni per omesso o ritardato versamen-
to delle imposte dovute, la riduzione prevista dall’art. 13, co. 1, seconda parte, del D.Lgs. 471/1997, ri-
guarda solo l’ipotesi della inosservanza (lieve) rispetto alla originaria scadenza per il pagamento, come
disciplinata dalle singole leggi d’imposta, e non il caso del ritardato versamento rispetto al momento di
accertamento operato dall’Ufficio, evenienza nella quale è applicabile, in caso di riscontro in sede di
controllo formale, esclusivamente il beneficio di cui all’art. 2, co. 2, del D.Lgs. 462/1997, ove il paga-
mento integrale di quanto richiesto sia eseguito entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione
ivi prevista» (cfr. Cass. Ord. 25.11.2021, n. 36577).
L’Agenzia delle Entrate, invece, ha ritenuto che il beneficio della riduzione sanzionatoria perma-
ne «anche nel caso in cui il pagamento sia effettuato con lieve ritardo (non superiore a sette giorni)
rispetto al termine sopra richiamato [di trenta giorni], per effetto di quanto previsto dall’art. 15-ter,
commi 3 e 4 del D.P.R. n. 602 del 1973» (cfr. R.A.E. 16.12.2021, n. 72).
Versamento rateale Le somme dovute possono essere versate anche in forma rateale, ai sensi
dell’art. 3-bis, D.Lgs. 462/1997 ((modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 159, della L. 29.12.2022, n.
197, c.d. Legge di Bilancio 2023), in base al quale:
› il numero massimo è di 20 (venti) rate trimestrali di pari importo, a prescindere dall’ammon-
tare del debito («allo scopo di uniformare il numero delle rate» vengono quindi soppresse, nel
co. 1 dell’art. 3-bis del D.Lgs. 462/1997, le parole: «in un numero massimo di otto rate trimestrali
di pari importo, ovvero, se superiori a cinquemila euro»). Il contribuente, «indipendentemente dal-
l’importo della comunicazione, (…) può [quindi,] sempre optare per il pagamento delle somme dovu-
te in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo» (cfr. C.A.E. 13.1.2023, n. 1). La
modifica riguarda le rateazioni dovute a seguito sia dei controlli automatizzati ex artt. 36-
bis/600 e 54-bis/633, che dei controlli formali ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973 (cfr. C.A.E.
20.3.2023, n. 6);
Definizione degli avvisi bonari 623

› «l’importo della prima rata deve essere versato entro il termine di trenta giorni dal ricevimento del-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


la comunicazione mentre le scadenze delle successive rate trimestrali è stabilita nell’ultimo giorno di

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ciascun trimestre» (cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17);
› «il mancato pagamento (…), comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a
ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena» (cfr. art.
15-ter, D.P.R. 602/1973, richiamato dall’art. 3-bis, co. 3, D.Lgs. 462/1997);
› si applica l’istituto del «lieve inadempimento», «che ricorre ogni qual volta ritardi di breve dura-
ta ovvero errori di limitata entità nel versamento delle somme dovute non comportano per il contri-
buente la perdita dei benefici e quindi, a seconda dei casi, non precludono il perfezionamento degli
istituti definitori né determinano la decadenza dalla rateazione» (cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17); sen-
za, però, possibilità di applicare retroattivamente tale disciplina (cfr. Cass. Sent. 4.6.2018, n.
14279; nonché Cass. Ordinanze 25.11.2021, n. 36577; 5.3.2021, n. 6263).
Inadempimento nei versamenti Il mancato pagamento della prima rata nel termine di 30 giorni
dalla ricezione della comunicazione o di una rata diversa dalla prima entro il termine di versa-
mento di quella successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a
ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e della sanzione «piena» a meno
che non si verta nel cd. «lieve inadempimento» (cfr. art. 15-ter, rispettivamente co. 1, 3 e 4,
D.P.R. 602/1973), cioè quando il versamento è:
› insufficiente «per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro»;
› tardivo ma «non superiore a sette giorni».
Il tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di versamento di quella
successiva e il citato «lieve inadempimento» comportano l'iscrizione a ruolo della eventuale fra-
zione non pagata, dei relativi interessi e della sanzione (ex art. 13, D.Lgs. 471/1997), applicata
sull’importo non pagato o pagato in ritardo (cfr. C.T.R. Piemonte, Sent. 9.3.2022, n. 366); senza,
però, che si verifichi la decadenza dal beneficio della rateazione e con possibilità di sanare la
violazione avvalendosi del ravvedimento, se il contribuente versa il dovuto entro il termine di
pagamento della rata successiva, ovvero entro 90 giorni dalla scadenza, nel caso di ultima rata o
di versamento in una unica soluzione. In questi casi la iscrizione a ruolo non è eseguita (cfr.
«nuovo» art. 15-ter, co. 5 e 6, D.P.R. 602/1973).
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 Per far fronte alle difficoltà
connesse al periodo emergenziale, il Legislatore ha ritenuto di introdurre le seguenti disposizio-
ni di favore per i contribuenti.
1. Rimessione in termini e proroga versamenti L’art. 144 del D.L. 19.5.2020, n. 34 (conv. con modif. in
L. 17.7.2020, n. 77) aveva previsto:
› la «rimessione in termini per i versamenti [relativi ai controlli automatici e formali] scaduti nel
periodo compreso tra l’8.3.2020 e il 18.5.2020» (co. 1);
› la «proroga dei termini per i versamenti [relativi ai controlli automatici e formali] che scadono
tra il 9.5.2020 (…) e il 31.5.2020» (co. 2);
› la possibilità, in entrambi i casi:
- di effettuare i versamenti entro il 16.9.2020, senza applicazione di ulteriori sanzioni e inte-
ressi;
- di rateizzare il versamento dovuto in 4 rate mensili di pari importo a decorrere dal 16 set-
tembre 2020, con scadenza il 16 di ciascun mese, ma senza possibilità di rimborso di quan-
to già versato (co. 3).
Le disposizioni si applicavano anche agli importi dovuti per le rateazioni in corso e per quelli ri-
sultanti dalle comunicazioni relative alla liquidazione dei redditi soggetti a tassazione separata
(cfr. Vademecum A.E. 05/2020).
2. Sospensione invii e proroga termini L’art. 157, del D.L. 19.5.2020, n. 34 (sostituito, da ultimo, dal-
l’art. 22-bis, del D.L. 31.12.2020, n. 183, conv. con modif. in L. 26.2.2021, n. 21, c.d. Decreto Mille-
proroghe), a sua volta, ha disposto la sospensione – dall’ 8 marzo al 31 dicembre 2020 – dell’in-
vio delle comunicazioni ex artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973 e art. 54-bis, del D.P.R.
633/1972, elaborate o emesse, anche se non sottoscritte, entro il 31.12.2020, rinviandolo al perio-
do compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvo «casi di indifferibilità e urgenza, o al
fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi»
(cfr. art. 157, co. 2-bis).
624
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Il Provv. Direttore Ag. Entrate 6.4.2021, Prot. 88314 (cfr. art. 157, co. 6), aveva previsto che la ri-
presa degli invii delle comunicazioni da parte degli Uffici avvenisse - nel periodo 1.3.2021-

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28.2.2022 - seguendo prioritariamente l’ordine cronologico, ma con deroga sia nei casi di indif-
feribilità ed urgenza appena citati, che nel caso degli atti contenenti la proposta di definizione
agevolata degli avvisi bonari di cui all’art. 5 del D.L. 41/2021 (cfr. successivo paragrafo). L’Agen-
zia delle Entrate aveva, quindi, specificato che «la ripresa degli invii in queste prime settimane ri-
guarderà comunicazioni destinate a contribuenti non titolari di partita Iva (alla data del 23.3.2021),
comunicazioni conseguenti alla liquidazione delle imposte sui redditi soggetti a tassazione separata
(T.F.R., Arretrati, ecc., in quanto espressamente escluse dalla definizione [agevolata]) e comunicazioni
derivanti dal controllo delle dichiarazioni non afferenti agli anni d’imposta interessati dalla definizio-
ne agevolata (anni d’imposta diversi dal 2017 e 2018). (…) Per quanto attiene, infine, al controllo for-
male delle dichiarazioni, sempre nel rispetto della gradualità degli invii, si procederà con la ripresa
dell’invio sia delle comunicazioni contenenti la richiesta di documentazione, sia delle comunicazioni
degli esiti relative ai diversi modelli di dichiarazione dell’anno d’imposta 2017. Nella seconda parte
dell’anno, l’attività di invio si concentrerà sulle comunicazioni relative alle dichiarazioni dell’anno
d’imposta 2018» (cfr. C.A.E. 7.5.2021, n. 4).
Tra le ipotesi di indifferibilità ed urgenza rientrano «anche tutti i casi in cui il mancato invio della
comunicazione (…) non consenta di rispettare i termini di prescrizione e decadenza previsti in materia
di riscossione, rischiando di compromettere il recupero di somme dovute», nei quali, quindi, «l’Ufficio
è legittimato a procedere all’invio delle comunicazioni di irregolarità»: è il caso, ad esempio, delle
dichiarazioni relative ad annualità diverse da quelle comprese nella proroga dei termini di noti-
fica delle cartelle di pagamento (cfr. C.A.E. 20.8.2020, n. 25).
Contestualmente, il Legislatore ha disposto (cfr. art. 157, co. 3) la proroga di 14 mesi dei termini
di notifica delle cartelle di pagamento relative, tra l’altro, alle dichiarazioni presentate:
› nell’anno 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo automa-
tizzato ex artt. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. 633/1972, le cui cartelle possono, quin-
di, essere notificate entro il 28 febbraio 2023;
› negli anni 2017 e 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo
formale ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1972, le cui cartelle possono, quindi, essere notificate rispet-
tivamente entro il 28 febbraio 2023 e il 29 febbraio 2024;
Su tale proroga è intervenuto il D.L. 22.3.2021, n. 41 (conv. con modif. in L. 21.5.2021, n. 69), c.d.
«Decreto Sostegni», il cui art. 4 , co. 1, lett. d), ha sostituito il comma 4-bis dell’art. 68 del D.L.
18/2020, stabilendo che «sono prorogati: (…)
b) di ventiquattro mesi (…) i termini di decadenza e prescrizione relativi», tra l’altro, ai carichi delle
«entrate tributarie e non tributarie, affidati all’agente della riscossione durante il periodo di sospen-
sione [individuato tra l’8.3.2020 e il 31.8.2021 (cfr. comma 1, dell’art. 68, modificato, da ultimo,
dall’art. 9, co. 1, D.L. 25.5.2021, n. 73, conv. con modif. in L. 23.7.2021, n. 106)], (...) e successiva-
mente, fino al 31.12.2021, nonché anche se affidati dopo lo stesso 31.12.2021, a quelli relativi alle di-
chiarazioni di cui all’art. 157, co. 3, lettere a), b), e c)», del D.L. 34/2020.
La novella ha, quindi, previsto una proroga di 24 mesi dei termini di decadenza e prescrizione con
riferimento ai carichi, anche se affidati all’agente della riscossione dopo il 31.12.2021, «relativi alle
dichiarazioni di cui all’art. 157 co. 3, lettere a), (…), e c), [del D.L. 34/2020 convertito], riguardanti ri-
spettivamente i controlli automatici delle dichiarazioni dei redditi e IVA anno 2018, [e] le somme (…), re-
lative ai controlli formali per le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2017 e 2018 (con ciò differendo, per
esigenza di gradualità e scaglionamento nel tempo, i termini di notifica delle relative cartelle di paga-
mento)» (cfr. Relazione illustrativa al Decreto). La precedente proroga dei termini di notifica delle
cartelle di pagamento di 14 mesi sembrerebbe, quindi, implicitamente abrogata.
Quanto alla ripresa - dal 1.3.2021 al 28.2.2022 - dell’invio delle comunicazioni, il Provv. del Diret-
tore dell’Ag. Entrate, 6.4.2021, Prot. 88314, sopra citato, ha individuato, quale criterio generale,
quello dell’ordine cronologico di emissione degli atti, prevedendo, però, una deroga sia nei casi
di indifferibilità ed urgenza che in quelli relativi alla definizione agevolata di seguito commenta-
ta. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo «completato il quadro di riferimento per la ripresa delle attivi-
tà di notifica», ha, quindi, fornito i seguenti «mirati indirizzi operativi per lo svolgimento delle (…)
attività relative ai servizi ai contribuenti, quali (…) la ripresa degli invii delle comunicazioni a segui-
to di controlli automatizzati» (cfr. C.A.E. 7.5.2021, n. 4), tenendo conto:
Definizione degli avvisi bonari 625

› sia dei casi di indifferibilità ed urgenza «(ad esempio legati alla necessità di procedere con infor-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


mative di reato, insinuazioni allo stato passivo fallimentare, pericolo per la riscossione)»;

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› sia della definizione agevolata di cui all’art. 5 del D.L. 41/2021, nel quale caso «gli Uffici potran-
no inviare, sin da subito, le comunicazioni di irregolarità nei confronti di soggetti titolari di partita
Iva, avendo cura di verificare preventivamente se il contribuente ha i requisiti per accedere alla cita-
ta definizione agevolata» e «di formulare anche la proposta di definizione, mediante l’utilizzo di
format direttamente predisposti, da inviare insieme alla comunicazione di irregolarità» (in propo-
sito si rimanda alle Circolari A.E. 7.5.2021, n. 4 e 20.6.2022, n. 21).
Infine l’art. 5, co. 8, del D.L. 41/2021 inserisce una ulteriore proroga dei termini di decadenza
per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle dichiarazioni presentate nel 2019: «in con-
siderazione delle tempistiche necessarie per elaborare le comunicazioni e gestire le proposte di defini-
zione per le annualità interessate» (cfr. Relazione cit.).
Definizioni agevolate degli avvisi bonari da controlli automatizzati, periodi d’imposta 2017-
2021
A. Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato: p.i. 2017 e
2018
L’art. 5 del D.L. 22.3.2021, n. 41 (conv. con modif. in L. 21.5.2021, n. 69) prevede la definizione
agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato - ex art. 36-bis/600 e 54-
bis/633 - delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta 2017 e 2018 (cfr. co. 1), a condizione
che sussistano alcuni requisiti soggettivi e oggettivi (cfr. co. 2).
«In considerazione dei gravi effetti derivanti dalla emergenza epidemiologica da Covid-19, al fine di
sostenere gli operatori economici che hanno subìto riduzioni del volume d’affari nell’anno 2020, pos-
sono essere definite (…) le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, ri-
chieste» con le comunicazioni» - ex art. 36-bis/600 e 54-bis/633 - «elaborate:
› entro il 31 dicembre 2020 e non inviate per effetto della sospensione disposta dall’art. 157» [sopra
citata], con riferimento alle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre
2017»;
› «entro il 31 dicembre 2021, con riferimento alle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso
al 31 dicembre 2018» (cfr. co. 1).
Sotto il profilo soggettivo, la possibilità di definizione è riservata ai soggetti (persone fisiche, so-
cietà di persone, società di capitali) «con partita IVA attiva» al 23 marzo 2021, che «hanno subìto
una riduzione maggiore del 30% del volume d’affari dell’anno 2020 rispetto al volume d’affari del-
l’anno precedente» (cfr. co. 2 e Provv. A.E. 3.12.2021, n. 345838). «Tale riduzione deve risultare o
dalle dichiarazioni annuali Iva relative al periodo d’imposta 2020, o, in assenza dell’obbligo di presen-
tazione della stessa, considerando l’ammontare dei ricavi e/o compensi risultante dalle dichiarazioni
dei redditi» relative al medesimo periodo d’imposta (cfr. Relazione al D.L. Sostegni).
Per costoro si fa, quindi, «riferimento, in luogo del volume d’affari, all’ammontare dei ricavi e com-
pensi risultante dalle dichiarazioni dei redditi trasmesse entro il termine di presentazione della dichia-
razione relativa al periodo d’imposta 2020» (cfr. Provv. A.E. 3.12.2021, n. 345838). I soggetti non te-
nuti alla presentazione della dichiarazione annuale IVA accedono alla definizione «a condizione
che abbiano subìto una riduzione maggiore del 30% dell’ammontare dei ricavi e compensi relativi al
periodo d’imposta in corso al 31.12.2020 rispetto all’ammontare dei ricavi e compensi relativi al periodo
d’imposta in corso al 31.12.2019, come risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate per i due peri-
odi»: possono, dunque, «accedere alla definizione anche quei soggetti che, ai fini delle imposte sui red-
diti, hanno un periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare. In proposito, al fine di preservare la
omogeneità dei valori da porre a confronto, si prevede di considerare l’ammontare dei ricavi e compensi
relativi ai periodi d’imposta 2019 e 2020 anche nel particolare caso in cui il contribuente risulti non te-
nuto alla presentazione della dichiarazione IVA per uno solo dei due periodi».
«I campi delle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi in corso al 31.12.2019 e al 31.12.2020, neces-
sari per determinare l’ammontare dei ricavi e compensi rilevanti ai fini dell’accesso alla definizione
sono indicati nell’Allegato A» del (medesimo) Provv. A.E. 3.12.2021, n. 345838.
Sotto il profilo oggettivo, la definizione consiste nell’abbattimento delle sanzioni e delle somme
aggiuntive richieste con le comunicazioni di irregolarità, previste dai citati artt. 36-bis e 54-bis.
Essa non riguarda, dunque, le comunicazioni ex art. 36-ter, D.P.R. 600/1973.
Quanto alle modalità, l’Agenzia delle Entrate, una volta individuati i soggetti Iva per cui si verifica
626
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

la condizione della riduzione del volume d’affari, ricavi o compensi, procede ad inviare (tramite
PEC o raccomandata con avviso di ricevimento) ai soggetti interessati, insieme alla comunicazio-

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ne, anche «la proposta di definizione con la indicazione dell’importo ridotto» da versare (co. 3).
Ne deriva che il contribuente non deve presentare alcuna istanza, ma deve attendere di ricevere,
insieme con l’avviso bonario, anche la proposta di definizione da parte dell’Agenzia delle Entra-
te, per poi decidere se accettarla e, quindi, procedere - entro 30 giorni dal «ricevimento della co-
municazione» - al versamento. Questo va effettuato con le ordinarie modalità previste dal D.Lgs.
462/1997 «per la riscossione delle somme dovute a seguito di controlli automatici» (cfr. co. 5) e, dun-
que, «entro i termini ordinariamente previsti dagli articoli 2 (in caso di pagamento in unica soluzio-
ne) e 3-bis (in caso di pagamento rateale)» del citato Decreto Legislativo (cfr. Provv. A.E.,
18.10.2021, n. 275852); con la possibilità di rateizzare quanto dovuto - in 8 o 20 rate, a seconda
dell’importo (sul numero di rate trimestrali si veda la modifica dell’art. 3-bis del D.Lgs.
462/1997).
«La definizione si perfeziona con il pagamento delle imposte, dei relativi interessi e dei contributi pre-
videnziali, escluse le sanzioni e le somme aggiuntive» (cfr. co. 4). «In caso di mancato pagamento, in
tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme dovute, la definizione (...) non produce effetti e si
applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione» (cfr. co. 6).
Infine, la norma prevede che «le somme versate fino a concorrenza dei debiti definibili ai sensi del
presente articolo, anche anteriormente alla definizione, restano definitivamente acquisite, non sono
rimborsabili, né utilizzabili in compensazione per il versamento del debito residuo» (cfr. co. 7).
Le disposizioni citate «si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunica-
zione della Commissione europea del 19.3.2020 C(2020)1863 final» «Quadro temporaneo per le misure
di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19 e successive modifica-
zioni» (cfr. co. 9). In proposito, l’art. 1 del D.L. 41/2021 stabilisce che, per le agevolazioni ivi pre-
viste (quale, il contributo a fondo perduto riconosciuto agli operatori colpiti dalla emergenza
Covid-19), e per quelle ivi richiamate – compresa la definizione agevolata qui in esame – «rileva-
no le condizioni e i limiti previsti dalle sezioni 3.1 “Aiuti di importo limitato” e 3.12 “Aiuti sotto forma
di sostegno a costi fissi non coperti”» della citata Comunicazione. La definizione agevolata degli
avvisi bonari è, dunque, subordinata al rispetto dei limiti e condizioni stabiliti a livello europeo
per la concessione di Aiuti di Stato; con la possibilità di cumulare più Aiuti tra quelli indicati
nelle Sezioni 3.1 e 3.12, purchè nel rispetto delle relative disposizioni.
La verifica del rispetto dei limiti e delle condizioni di cui alle Sezioni 3.1 e 3.12, nonchè «le moda-
lità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle predette sezioni», sono deman-
dati, con riguardo a tutti gli aiuti dovuti alla emergenza Covid-19, ad un Decreto del M.E.F. (cfr.
art. 1, co. 13, D.L. 41/2021).
Il Decreto M.E.F., 11.11.2021 (in G.U. 20.1.2022, n. 15), stabilisce: «i soggetti beneficiari degli aiuti di
cui all’art. 1 presentano all’Agenzia delle Entrate un’autodichiarazione ai sensi dell’art. 47 del D.P.R.
28.12.2000, n. 445, nella quale attestano che l’importo complessivo degli aiuti fruiti non supera i mas-
simali di cui alla Sezione 3.1 ovvero alla Sezione 3.12», più volte citate.
1. I termini, le modalità e il contenuto dell’autodichiarazione sono demandati ad un Provvedi-
mento dell’Agenzia delle Entrate, poi adottato il 27.4.2022, n. 143438 (modificato, da ultimo, con
il Provv. A.E. 29.11.2022, n. 439400, che ha posticipato il termine di invio dell’autodichiarazione
al 31.1.2023), che ha:
› definito «le modalità, i termini di presentazione e il contenuto dell’autodichiarazione per gli aiuti
della Sezione 3.1 e della Sezione 3.12» della citata Comunicazione;
› approvato «il modello di “Dichiarazione sostitutiva di atto notorio del rispetto dei requisiti di cui
alle Sezioni 3.1 e 3.12 (…) con le relative istruzioni»;
› disposto che detta Dichiarazione sia «inviata [esclusivamente in via telematica] dal 28 aprile
2022 al 30 giugno 2022 [posticipato, da ultimo, al 31.1.2023, si veda oltre]» (cfr. punto 2.3).
Il punto 2.4 del Provv. ha stabilito, per quel che riguarda la definizione agevolata qui in esame,
che i contribuenti «inviano la Dichiarazione entro il termine di cui al punto 2.3 o, se successivo, en-
tro il termine di 60 giorni dal pagamento delle somme dovute o della prima rata», precisando che
«nel caso in cui il predetto termine cada successivamente al 30 giugno 2022, i contribuenti che hanno
beneficiato anche di altri aiuti tra quelli elencati nell’art. 1 del decreto sono tenuti a presentare:
› una prima Dichiarazione, entro il 30 giugno 2022;
Definizione degli avvisi bonari 627

› una seconda Dichiarazione, oltre il 30 giugno 2022 ed entro 60 giorni dal pagamento, con riferi-

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mento alla definizione agevolata, sempre che detta agevolazione non sia stata già inclusa nella pri-

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ma Dichiarazione».
Le Dichiarazioni presentate nei termini indicati «ma scartate dal servizio telematico, purché ritra-
smesse entro i cinque giorni successivi» allo scarto, «si considerano tempestive» (cfr. punto 2.5);
inoltre, «nello stesso periodo di cui ai punti 2.3 e 2.4 è possibile inviare una nuova Dichiarazione, che
sostituisce integralmente quella precedentemente trasmessa» (cfr. punto 2.6).
La dichiarazione da presentare è una «Dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47
del D.P.R. n. 445/2000 (da rendere per gli aiuti ricevuti nell’ambito della sezione 3.1. del Temporary
Framework)» (si veda il Frontespizio del Modello approvato), con tutte le conseguenze che ciò
comporta sul piano delle responsabilità (anche) penali, in caso di dichiarazioni mendaci.
Quest’ultimo aspetto (ma non solo), ha indotto alcune associazioni sindacali dei commercialisti
ad impugnare il Provv. dell’Agenzia delle Entrate. n. 143438/2022 di fronte al T.A.R. del Lazio,
con contestuale richiesta della misura della sospensione del provvedimento, peraltro respinta
con Ordinanza 1.1.2022, n. 3932, in quanto «nel contemperamento dei contrapposti interessi pubblici
e privati coinvolti nella vicenda, non pare ravvisarsi una effettiva consistenza del pregiudizio denun-
ciato dai ricorrenti».
«Secondo i ricorrenti», si legge, invece, nel comunicato stampa AIDC-ANC-SIC-UNAGRACO-UN-
GDCEC del 7.6.2022, «l’adempimento presenta evidenti elementi di illegittimità, in quanto l’Agenzia
delle Entrate, in aperto contrasto con le norme dello Statuto dei Diritti del Contribuente (art. 6, co. 4,
L. 212/2000), richiede la comunicazione di dati che sono già nella sua disponibilità, esponendo anche
il dichiarante al rischio di errori e conseguenti sanzioni civili e penali. Inoltre, detto provvedimento
delinea un quadro nel quale si scorgono i profili di eccesso di potere e di travisamento della delega mi-
nisteriale da parte dell’Agenzia delle Entrate la quale, non attenendosi alla richiesta del MEF di una
dichiarazione sintetica attestante il non superamento dei massimali, richiede la compilazione di un
modello di 8 pagine».
«In ogni caso», prosegue il comunicato, «la scadenza stabilita del 30 giugno è illogica, in ragione del
fatto che i dati da riportare nel modello di autodichiarazione sono quelli relativi agli aiuti ricevuti dal
1° marzo 2020 al 30 giugno 2022, un arco temporale, quindi, che si conclude il giorno stesso della sca-
denza, in palese violazione dello Statuto dei Diritti del Contribuente».
Osservazioni analoghe erano già state formulate con la Interrogazione parlamentare 4.5.2022, n.
5-08011 Albano (e nella successiva Interrogazione parlamentare 11.5.2022, n. 5-08035 Angiola),
cui è stato risposto che:
› «L’adempimento oggetto dell’interrogazione è stato espressamente richiesto dalla Commissione UE
ai fini dei controlli sul rispetto delle soglie previste dal Temporary Framework»;
› «I termini per la presentazione del modello sono stati previsti in correlazione con quanto contenuto
nella Decisione C(2022) 171 final dell’11 gennaio 2022, per il caso SA.101076 dell’11 gennaio 2022,
paragrafo (6)»;
› «La fornitura dei dati contenuti nell’autodichiarazione è funzionale anche alla iscrizione degli aiuti
stessi nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato (RNA). Inoltre, nella suddetta dichiarazione sono
presenti ulteriori informazioni sulla fruizione degli aiuti da parte dei contribuenti rispetto ai dati
trasmessi in precedenza»;
› «In merito al contenuto dell’autodichiarazione, si rappresenta che nella stessa vengono richieste in-
formazioni che non sono in possesso dell’Agenzia delle Entrate (…). Non vengono, invece, richiesti i
dati già in possesso dell’Amministrazione finanziaria».
E l’Agenzia delle Entrate ha confermato che «tutti i contribuenti che hanno aderito alla definizione
agevolata per gli anni d’imposta 2017 e/o 2018 (…), sono tenuti a presentare, secondo le modalità e
tempistiche previste dal citato Provvedimento del 27 aprile 2022, l’autodichiarazione ai fini della veri-
fica del rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalle Sezioni 3.1 e 3.12» della, più volte citata,
Comunicazione della Commissione europea (cfr. C.A.E. 20.6.2021, n. 21, § 3.3).
2. Se non ché sono intervenuti:
› prima, il D.L. 21.6.2022, n. 73 (in G.U. 21.6.2022, n. 143), c.d. Decreto Semplificazioni, il cui art.
35 ha prorogato al 30.6.2023 (in luogo del 31.12.2022), il termine di registrazione, nel RNA, de-
gli aiuti di Stato riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 e 3.12 della Comunicazione della Com-
missione europea del 19.3.2020 C(2020)1863 final, da parte dell’Amministrazione finanziaria;
628
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› quindi, il Provv. A.E. 22.6.2022, n. 233822, che ha prorogato al 30.11.2022 (in luogo del
30.6.2022), il termine di presentazione dell’autodichiarazione da parte dei contribuenti, stabi-

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lendo, per quel che riguarda la definizione agevolata qui in esame, che i contribuenti «inviano
l’autodichiarazione entro il termine del 30 novembre 2022, o, se successivo, entro il termine di 60
giorni dal pagamento delle somme dovute o della prima rata». E le istruzioni al Modello di auto-
dichiarazione - di cui al Provv. A.E. 143438/2022, come modificato dal Provv. A.E. 25.10.2022,
n. 398976 – precisano: «nel caso in cui il predetto termine cada successivamente al 30 novembre
2022, i contribuenti che hanno beneficiato anche di altri aiuti tra quelli elencati nella sezione I del
Quadro A sono tenuti a presentare:
- una prima Dichiarazione entro il 30 novembre 2022;
- una seconda Dichiarazione, oltre il 30 novembre 2022 ed entro 60 giorni dal pagamento, con rife-
rimento alla definizione agevolata (sempre che detta agevolazione non sia stata già inclusa nella
prima Dichiarazione).
Tale seconda Dichiarazione», proseguono le Istruzioni, «non va presentata qualora nella prima sia
stata barrata la [nuova] casella “ES” della dichiarazione sostitutiva (…) e continuino a sussistere le
condizioni ivi previste per la compilazione della predetta casella».
Nel caso di avvenuta presentazione dell’autodichiarazione prima della introduzione della com-
pilazione semplificata e di fruizione del beneficio in esame dopo il 30 novembre 2022, l’Agenzia
delle Entrate ha chiarito che: «la nuova casella “ES”, se barrata, consente ai soggetti dichiaranti di
non compilare il Quadro A (…) e, quindi, di non indicare l’elenco dettagliato degli aiuti Covid fruiti.
La casella “ES” può essere barrata unicamente dai soggetti che dichiarano di rispettare tutte le se-
guenti condizioni:
› dal 1° marzo 2020 al 30 giugno 2022 hanno ricevuto uno o più aiuti tra quelli elencati nel Quadro
A;
› per nessuno degli aiuti ricevuti intendono fruire dei limiti di cui alla Sezione 3.12 del Temporary
Framework;
› l’ammontare complessivo degli aiuti ricevuti non supera i limiti massimi consentiti di cui alla Se-
zione 3.1, pro tempore vigenti, del medesimo quadro temporaneo».
Pertanto, in caso di avvenuta presentazione dell’autodichiarazione prima della introduzione
delle suddette modifiche (cioè, con compilazione del Quadro A), «è necessario, nel caso in cui il
beneficio di cui all’art. 5 del D.L. 41/2021 intervenga dopo il 30 novembre 2022, presentare una secon-
da autodichiarazione per “DEFINZIONE AGEVOLATA” (quindi, senza la possibilità di barrare la casel-
la “ES”), per integrare i dati originariamente forniti, da compilare secondo le indicazioni fornite a pa-
gina 2 della istruzioni.
Tale seconda dichiarazione non va, invece, presentata qualora nella prima sia stata barrata la casella
“ES” della dichiarazione sostitutiva e continuino a sussistere le condizioni previste per la compilazione
della predetta casella» (cfr. FAQ Agenzia delle Entrate, 17.11.2022).
In sostanza, con il Provv. A.E. 398976/2022 si è inteso semplificare la compilazione della dichia-
razione in esame, introducendo la possibilità, in presenza dei requisiti, di non compilare il Qua-
dro A - relativo agli altri aiuti ricevuti - barrando la (neo introdotta) casella ES; fermo restando
l’obbligo di compilare il prospetto Aiuti di Stato della dichiarazione dei redditi;
3. Da ultimo, è intervenuto il Provv. A.E. 29.11.2022, n. 439400, che (modificando i precedenti
Provvedimenti) ha ulteriormente prorogato il temine di presentazione dell’autodichiarazione al
31.1.2023 (si rimanda al modello - e relative istruzioni - aggiornate in data 16.1.2023, in merito
alla possibilità di annullare l’autodichiarazione aiuti di Stato Covid, già presentata).
B. Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato: p.i. 2019,
2020 e 2021
L’art. 1, co. da 153 a 159 della L. 29.12.2022, n. 197, c.d. Legge di Bilancio 2023, introduce la «pos-
sibilità di definire in modo agevolato le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle di-
chiarazioni, riducendo gli oneri» a carico dei contribuenti «ed estendendo l’ampiezza dei piani di ra-
teazione»; senza, però, che le disposizioni prevedano «per gli esiti già trasmessi, l’invio di nuove
comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate» (cfr. C.A.E. 13.1.2022, n. 1; diversamente, quindi,
della definizione sub A.).
La definizione agevolata può riguardare le somme:
1. dovute a seguito dei controlli automatizzati - di cui agli artt. 36-bis del D.P.R. 600/1973 e 54-
Definizione degli avvisi bonari 629

bis del D.P.R. 633/1972 – relativi ai periodi d’imposta in corso al 31.12.2019, 31.12.2020 e

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


31.12.2021 (co. 153);

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2. derivanti da controlli automatizzati, relativi a qualunque periodo d’imposta, le cui regolari ra-
teazioni siano in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa (co. 155).
Soggetti interessati sono tutti i contribuenti che abbiano ricevuto un avviso bonario relativo ai
citati periodi d’imposta o che abbiano in corso regolari rateazioni relative ai controlli automatiz-
zati.
Sub 1). Definizione agevolata controlli automatizzati p.i. 2019, 2020 e 2021
Oggetto della definizione sono:
› «le comunicazioni per le quali il termine di pagamento (…) non è ancora scaduto alla data di entra-
ta in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023), ossia le comunicazioni già recapitate per
le quali, alla stessa data, non è ancora scaduto il termine di 30 giorni (90 giorni in caso di avviso
telematico), per il pagamento delle somme dovute o della prima rata» (si tratta, secondo la Circo-
lare, delle comunicazioni recapitate a partire dal 1° dicembre 2022 e degli avvisi telematici
messi a disposizione degli intermediari a partire dal 2 ottobre 2022);
› «le comunicazioni recapitate successivamente alla medesima data di entrata in vigore della legge di
bilancio 2023» (cfr. C.A.E. 13.1.2022, n. 1).
Considerato che la disposizione fa «riferimento alle comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del
D.P.R. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. 633/1972 (…) deve ritenersi che anche con riferimento alle somme
dovute a seguito di controllo automatizzato sulle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche
IVA [c.d. LIPE], possano trovare applicazione le nuove misure agevolative. (…)
Il controllo eseguito su tali comunicazioni è, quindi, analogo a quello effettuato ai sensi del citato art.
54-bis sulla dichiarazione IVA annuale e, pertanto, anche con riferimento alle predette comunicazioni
devono ritenersi applicabili le misure in materia di definizione agevolata in argomento» (cfr. R.A.E.
14.2.2023, n. 7).
Restano escluse da questa definizione agevolata:
› le somme derivanti da controlli formali ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973;
› le somme derivanti da controlli automatizzati, ex artt. 36-bis/600 e 54-bis/633, relative a peri-
odi d’imposta diversi da quelli indicati.
Modalità di definizione «Per effetto della definizione, le imposte i contributi previdenziali, gli interes-
si e le somme aggiuntive sono dovuti per intero, mentre le sanzioni sono ricalcolate nella misura del 3
per cento delle imposte non versate o versate in ritardo» (cfr. C.A.E. 13.1.2022, n. 1). Pertanto, le
somme dovute possono essere definite in via agevolata con il versamento:
› delle imposte e dei contributi previdenziali;
› degli interessi e delle somme aggiuntive;
› della sanzione ridotta al 3%.
Il dichiarato scopo della nuova definizione è quello di «fornire supporto alle imprese e ai contri-
buenti in generale (…) attraverso alcune soluzioni che possono concretamente agevolare la definizione
dei rapporti tra contribuenti e l’Amministrazione finanziaria (…), riducendo gli oneri a carico dei con-
tribuenti ed estendendo l’ampiezza dei piani di rateazione» (cfr. la Relazione illustrativa al D.D.L. di
Bilancio 2023-2025).
Il beneficio della definizione deriva, infatti:
› dalla riduzione della sanzione nella misura del 3% (in luogo di quella ordinariamente prevista
del 30% ridotta a 1/3);
› dalla possibilità di pagare il dovuto in un massimo di venti rate trimestrali, a prescindere dal-
l’ammontare del debito complessivo (in luogo del precedente limite di otto rate trimestrali,
per importi fino a 5.000,00 euro).
Resta fermo che imposte, contributi e interessi sono dovuti in misura integrale.
Modalità di versamento e Inadempimenti «Per beneficiare della definizione agevolata, è necessario
che le somme dovute, con sanzioni ridotte al 3 per cento, siano versate, in unica soluzione, entro 30
giorni (90 giorni in caso di avviso telematico) dal ricevimento della comunicazione originaria o della
comunicazione definitiva contenente la rideterminazione degli esiti. In caso di opzione per il pagamen-
to rateale, la prima rata deve essere versata entro il predetto termine di 30 (o 90) giorni e le rate di-
verse dalla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo, con i re-
lativi interessi di rateazione» (cfr. C.A.E. 13.1.2022, n. 1). L’Agenzia delle Entrate precisa, inoltre,
630
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

che «I benefici della definizione agevolata sono conservati anche nelle ipotesi di lieve inadempimento
previste dall’art. 15-ter» del D.P.R. 602/1973, salva l’applicazione delle sanzioni per la carenza e/o

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il ritardo.
In caso di versamento rateale, il numero massimo previsto è di 20 (venti) rate trimestrali di pari
importo, indipendentemente dal quantum dell’importo dovuto (l’art. 1, co. 159 della L. 197/2022,
infatti, ha eliminato il precedente limite stabilito dal co. 1 dell’art. 3-bis del D.Lgs. 462/1997). Sul-
le rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso del 3,5% annuo, calcolati dal primo
giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione fino al giorno
di pagamento della rata.
La definizione agevolata si perfeziona con il versamento versamento - entro 30 (90) giorni dal
ricevimento della comunicazione - dell’importo dovuto, con le sanzioni calcolate al 3 per cento.
L’omesso o il tardivo versamento, in tutto o in parte, delle somme dovute «oltre i limiti del lieve
inadempimento», determina la inefficacia della definizione e l’applicazione delle ordinarie dispo-
sizioni in materia di sanzioni e riscossione e, quindi, l’applicazione della sanzione prevista dal-
l’art. 13 del D.Lgs 471/1997 e la iscrizione a ruolo di quanto dovuto.
Effetti La definizione comporta che:
› le somme già versate fino a concorrenza dei debiti definibili ai sensi della disposizione in esa-
me, anche anteriormente alla definizione, restano definitivamente acquisite e non sono rim-
borsabili;
› sono prorogati di un anno i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamen-
to (ex art. 25 del D.P.R. 602/1973) relative «alle somme dovute a seguito del controllo automatizzato
delle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019» (cfr. art. 1, co. 158).
Inoltre, con l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in vi-
gore dal 31.3.2023, viene introdotta una causa speciale di non punibilità di alcuni reati tributari
previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a
150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);
› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00 euro (art. 10-quater);
«quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integral-
mente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1,
commi da 153 a 158 della L. 197/2022, «purché le relative procedure siano definite prima della pro-
nuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23, co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto
dovuto entro la prima delle pronunce di appello.
La norma prevede che il contribuente:
› comunichi immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata, in
caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente;
› informi l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimen-
ti del relativo procedimento penale (cfr. art. 23, co. 2).
Dalla ricezione della predetta comunicazione, il processo di merito è sospeso fino al momento
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
della rateazione (cfr. art. 23, co. 3).
La disposizione si chiude facendo salve le prove assunte durante il periodo di sospensione di cui
al comma 3, «nei casi previsti dall’art. 392 del codice di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
Sub 2). Definizione agevolata regolari rateazioni in corso
Oggetto della definizione sono le comunicazioni «riferite a qualsiasi periodo d’imposta, per le
quali, alla data del 1° gennaio 2023 (data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023), sia regolar-
mente in corso un pagamento rateale».
«Per rateazioni in corso al 1° gennaio 2023 si intendono le rateazioni regolarmente intraprese in an-
ni precedenti (a prescindere dal periodo d’imposta), per le quali, alla medesima data, non si è verificata
Definizione degli avvisi bonari 631

alcuna causa di decadenza ai sensi dell’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973» (cfr. C.A.E. 13.1.2022, n. 1).

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


Ne deriva che, «in caso di mancato pagamento, anche parziale, alle prescritte scadenze, tale da deter-

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minare la decadenza dalla rateazione, la definizione agevolata non produce alcun effetto e si appli-
cano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione» (cfr. Risp. Ag. Entrate a Telefisco
del 26.1.2023). Ad esempio, nel caso in cui il contribuente, con riferimento alla rata scaduta en-
tro il 31 dicembre 2022, abbia versato la sola imposta, «lo stesso non potrà includere nella defini-
zione agevolata la sanzione dovuta (relativa alla predetta rata), che dovrà essere versata nella misura
originariamente prevista, entro la scadenza della rata successiva)» (cfr. Risp. Ag. Entrate a Telefisco
del 26.1.2023, nonché C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
L’omesso versamento, in tutto o in parte, delle somme dovute alle prescritte scadenze, tale da
determinare la decadenza dalla rateazione, comporta la inefficacia della definizione e l’applica-
zione delle ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione e, quindi, l’applicazione
della sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs 471/1997 e la iscrizione a ruolo di quanto dovuto.
Però, «i benefici della definizione sono conservati anche nelle ipotesi di lieve inadempimento previste
dall’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973 (…), salva l’applicazione delle sanzioni per la carenza e/o il ritar-
do)» (cfr. Risp. Ag. Entrate a Telefisco del 26.1.2023, nonché C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
Restano escluse da questa definizione agevolata le rateazioni in essere alla data di entrata in vi-
gore della legge, per le quali siano riscontrabili irregolarità nei versamenti.
«Rientrano nell’ambito applicativo della definizione agevolata anche le somme dovute a seguito di
controllo delle cosiddette LIPE, di cui all’art. 21-bis del D.L. n. 78 del 2010, il cui pagamento rateale è
ancora in corso alla data del 1° gennaio 2023. Il controllo su tali comunicazioni, infatti, è eseguito ai
sensi dell’art. 54-bis» del D.P.R. 633/1972 (cfr. Risp. a Interr. parlam. 1.2.2023, n. 3-00140, nonché
R.A.E. 14.2.2023, n. 7).
«L’agevolazione consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3 per cento dell’impo-
sta (non versata o versata in ritardo) che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti
fino al 31 dicembre 2022» (cfr. C.A.E. 13.1.2023, n. 1).
«Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di impo-
ste, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni cal-
colate nella misura del 3% delle residue imposte non versate o versate in ritardo» (cfr. C.A.E.
20.3.2023, n. 6).
Modalità «Condizione necessaria per beneficiare della riduzione sanzionatoria è che il pagamento rate-
ale prosegua, senza soluzione di continuità, secondo le scadenze previste nell’originario piano di ratea-
zione, ovvero, nei casi di importo originario non superiore a 5.000 euro, usufruendo della estensione
fino a venti rate» (cfr. C.A.E. 13.1.2023, n. 1). Il versamento delle rate ancora dovute alla data di
entrata in vigore della legge, infatti, può essere effettuato estendendo la rateazione «fino ad un
massimo di venti rate trimestrali di pari importo (cfr. comma 7), anche nei casi in cui, secondo le di-
sposizioni previgenti, era ammessa solo la rateazione fino ad un massimo di otto rate» (così, la Rela-
zione illustrativa al D.D.L. di Bilancio 2023-2025).
«Per determinare l’imposta residua al 1° gennaio 2023, su cui calcolare le sanzioni nella misura del
3%, occorre preliminarmente imputare i versamenti effettuati entro il 31 dicembre 2022 in proporzione
alle singole voci indicate nella comunicazione, relative a imposta, sanzioni e interessi» (cfr. C.A.E.
20.3.2023, n. 6). Al riguardo va tenuto presente che, «nella determinazione dell’ammontare versato
entro il 31 dicembre 2022, da imputare proporzionalmente alle singole voci della comunicazione, occorre
includere anche l’importo della eventuale rata scaduta entro la predetta data, ma versata successivamente,
entro la scadenza della rata successiva (ed esempio, rata scaduta in data 31 ottobre 2022 ma versata entro
il 31 gennaio 2023)» (cfr. Risp. Ag. Entrate a Telefisco del 26.1.2023. Per il diverso caso in cui sia
stata versata la sola imposta, si veda la Risposta dell’A.E. a Telefisco, sopra riportata).
L’Agenzia delle Entrate, al fine di fornire «uno strumento di ausilio per coloro che intendono usu-
fruire della definizione agevolata (…) con riferimento ai pagamenti rateali in corso, prevista dall’art. 1,
commi 155 e 156» della L. 197/2022 ha pubblicato, nell’apposita sezione del proprio sito, un foglio
di calcolo. «Per perfezionare la definizione agevolata, il contribuente deve proseguire e completare il
pagamento rateale delle somme residue al 1° gennaio 2023 (con sanzioni ridotte) rispettando l’origina-
rio piano di rateazione, oppure beneficiando della estensione della dilazione fino a venti rate (…). Il fo-
glio denominato “Calcolo debito residuo” supporta l’utente nella determinazione del debito residuo al
1° gennaio 2023 (con sanzioni ridotte)».
632
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi La ricezione da parte del contribuen-
te di un «avviso bonario» (rectius, di una comunicazione di irregolarità ex artt. 36-bis e 36-ter del

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D.P.R. 600/1973 e art. 54-bis del D.P.R. 633/1972) costituisce causa ostativa all’applicazione del
ravvedimento operoso (cfr. art. 13, co. 1-ter, D.Lgs. 472/1997), limitatamente alle irregolarità rile-
vate con il controllo automatico o la liquidazione formale.
Gli avvisi bonari non sono definibili:
› con l’accertamento con adesione (artt. 5 e 6 del D.Lgs. 218/1997). Tale istituto può avere ad og-
getto soltanto un atto accertativo (o di rettifica), non un atto di liquidazione. Ne deriva che
una eventuale istanza di accertamento con adesione formulata a fronte della cartella notifica-
ta a seguito di un atto di liquidazione non comporta la sospensione del termine di impugna-
zione (cfr. Cass. Ord. 4.9.2020, n.18397);
› con l’acquiescenza (ex art. 15, co. 2, stesso Decreto);
› o valendosi della definizione agevolata delle sanzioni (ex artt. 16 e 17, D.Lgs. 472/1997), dato
che l’art. 17, co. 3, ultimo inciso, del D.Lgs, 472/1997, espressamente esclude, «l’accesso alle
procedure definitorie agevolate previste dal co. 2 dello stesso art. 17 e dal co. 3 dell’art. 16 (…) perché
essendo stata comunicata [ai contribuenti] l’omissione o il ritardo ai sensi delle disposizioni in ma-
teria di controlli automatici delle dichiarazioni, ad essi era già stata offerta, in applicazione dell’art.
2, co. 2, D.Lgs. 462/1997, la facoltà di accedere alla definizione agevolata dell’illecito contestato»
(cfr. Cass. Sent. 23.9.2016, n. 18682. In proposito, si veda il capitolo sulla Definizione agevolata
delle sole sanzioni).
Se l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dell’omesso versamento di quanto dovuto a seguito di
controllo automatico ex art. 36-bis, la conseguente cartella di pagamento può essere impugnata
davanti alla Corte di giustizia tributaria e, se il valore della controversia non è superiore a
50.000,00 euro, il ricorso produce anche gli effetti del reclamo ex art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992. In
questo caso «l’Ufficio – ancorché non obbligato – è legittimato a concludere un accordo di mediazio-
ne che confermi integralmente il tributo contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio
della riduzione delle sanzioni irrogate» (cfr. C.A.E. 3.8.2012, n. 33). Ciò significa che il contribuente
ha la possibilità di definire la iscrizione a ruolo versando, oltre al tributo omesso e ai relativi in-
teressi, la relativa sanzione in misura ridotta al 10,5% (pari al 35% del 30%) dell’imposta non
versata (in luogo del 10% previsto in caso di definizione dell’avviso bonario nel termine di 30
giorni dalla sua ricezione).
L’accordo confermativo della pretesa tributaria, invece, non può essere effettuato se la riduzione
delle sanzioni derivante dalla mediazione è più elevata di quanto consentito per effetto di un
istituto definitorio antecedente alla mediazione stessa, di cui non ci si è avvalsi: è la ipotesi della
«iscrizione a ruolo a seguito di controllo ai sensi dell’art. 36-ter, del D.P.R. 600/1973», che compor-
terebbe «il pagamento di una sanzione pari al 20%, mentre la riduzione conseguente alla mediazione
sulla iscrizione a ruolo comporterebbe una sanzione» più favorevole al contribuente che non ha vo-
luto definire la propria posizione in una fase precedente (cfr. C.A.E. 19.3.2012, n. 9).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 54-bis, D.P.R. 26.10.1972, n. 633


Liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni

Artt. 36-bis, 36-ter, D.P.R. 29.09.1973, n. 600


Liquidazioni delle imposte
e controllo formale

Art. 15-ter, D.P.R. 29.09.1973, n. 602


Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell'Agenzia
delle Entrate

Art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 01.12.2016, n. 225
Definizione degli avvisi bonari 633

Disposizioni in materia di semplificazione fiscale

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


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Art. 6, L. 27.07.2000, n. 212
Conoscenza degli atti e semplificazione

Art. 157, D.L. 19.5.2020, n. 34 conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.


Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali

Art. 4, D.L. 22.3.2021, n. 41 conv. con modif. in L. 21.5.2021, n. 69


Proroga del periodo di sospensione delle attività dell'agente della riscossione e annullamento
dei carichi

Art. 5, D.L. 22.3.2021, n. 41 conv. con modif. in L. 21.5.2021, n. 69


Ulteriori interventi fiscali di agevolazione e razionalizzazione connessi all'emergenza da Covid-19

Art. 1, co. da 153 a 159 della L. 29.12.2022, n. 197


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025

Art. 23 D.L. 30.3.2023, n. 34


Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 23.09.2011, n. 19529 Cass. Sent. 17.06.2015, n. 12525

Cass. Sent. 30.09.2011, n. 20040 Cass. Ord. 13.07.2015, n. 14544

Cass. Sent. 12.01.2012, n. 268 Cass. Sent. 25.09.2015, n. 19052

Cass. Sent. 28.06.2012, n. 10808 Cass. Ord. 03.11.2015, n. 22445

Cass. Ord. 25.07.2012, n. 13090 Cass. Ord. 29.01.2016, n. 1813

Cass. Sent. 15.05.2013, n. 11671 Cass. Sent. 09.03.2016, n. 4591

Cass. Sent. 04.07.2014, n. 15311 Cass. Sent. 18.03.2016, n. 5394

Cass. Sent. 04.07.2014, n. 15312 Cass. Ord. 22.06.2016, n. 12927

Cass. Ord. 11.07.2014, n. 16053 C.G.U.E. 28.07.2016, C-332/15

Cass. Sent. 29.10.2014, n. 22902 Cass. SS.UU. Sent. 08.09.2016, n. 17757

Cass. Sent. 26.01.2015, n. 1287 Cass. SS.UU. Sent. 08.09.2016, n. 17758

Cass. Sent. 26.01.2015, n. 1306 Cass. Sent. 23.09.2016, n. 18682

Cass. Ord. 17.02.2015, n. 3154 Cass. Sent. 05.10.2016, n. 19861

Cass. Sent. 22.05.2015, n. 10599 Cass. Sent. 21.11.2016, n. 23624

Cass. Sent. 10.06.2015, n. 12023 Cass. Sent. 16.12.2016, n. 26044


634
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Cass. Sent. 04.01.2017, n. 127 Cass. Ord. 04.07.2019, n. 17972

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Cass. Ord. 20.01.2017, n. 1471 Cass. Ord. 16.07.2019, n. 19092

Cass. Ord. 25.01.2017, n. 1962 Cass. Ord. 19.10.2019, n. 25288

Cass. Sent. 08.02.2017, n. 3342 Cass. Ord. 16.03.2020, n. 7291

Cass. Sent. 12.04.2017, n. 9463 Cass. Ord. 17.12.2019, n. 33334

Cass. Sent. 12.05.2017, n. 11828 Cass. Ord. 07.07.2020, n. 14055

Cass. Ord. 23.05.2017, n. 12954 Cass. Ord. 13.08.2020, n. 17043

Cass. Ord. 22.08.2017, n. 20251 Cass. Ord. 19.08.2020, n. 17354

Cass. Ord. 08.09.2017, n. 21020 Cass. Ord. 04.09.2020, n. 18393

Cass. Ord. 29.11.2017, n. 28602 Cass. Ord. 04.09.2020, n. 18397

Cass. Ord. 11.12.2017, n. 29555 Cass. Ord. 22.10.2020, n. 23098

Cass. Ord. 24.01.2018, n. 1711 Cass. Ord. 02.11.2020, n. 24223

Cass. Sent. 04.06.2018, n. 14279 Cass. Ord. 05.11.2020, n. 24747

Corte Cost. Sent. 11.07.2018, n. 152 Cass. Ord. 06.11.2020, n. 24884

Cass. Ord. 30.07.2018, n. 20120 Cass. Ord. 24.12.2020, n. 29496

Cass. Ord. 13.09.2018, n. 22351 Cass. Ord. 29.12.2020, n. 29734

Cass. Ord. 27.09.2018, n. 23283 Cass. Ord. 01.02.2021, n. 2191

Cass. Ord. 01.10.2018, n. 23679 Cass. Ord. 05.03.2021, n. 6263

Cass. Ord. 28.11.2018, n. 30791 Cass. Ord. 17.03.2021, n. 7436

Cass. Ord. 05.12.2018, n. 31432 Cass. Ord. 26.03.2021, n. 8578

Cass. Ord. 31.01.2019, n. 2870 Cass. Ord. 29.03.2021, n. 8687

Cass. Ord. 08.02.2019, n. 3752 Cass. Ord. 01.04.2021, n. 9091

Cass. Sent. 01.03.2019, n. 6092 Cass. Ord. 23.04.2021, n. 10858

Cass. Ord. 21.03.2019, n. 7960 Cass. Ord. 24.05.2021, n. 14102

Cass. Sent. 28.03.2019, n. 7611 Cass. Ord. 14.06.2021, n. 16757

Cass. Sent. 24.05.2019, n. 14178 Cass. Sent. 05.07.2021, n. 18893

Cass. Ord. 11.06.2019, n. 15654 Cass. Ord. 06.07.2021, n. 18998

Cass. Ord. 03.07.2019, n. 17765 Cass. Ord. 20.07.2021, n. 20643


Definizione degli avvisi bonari 635

Cass. Ord. 05.08.2021, n. 22338 Cass. Ord. 02.03.2022, n. 6811

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462


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Cass. Sent. 24.08.2021, n. 23382 Cass. Pen. Sent. 03.03.2022, n. 7613

Cass. Ord. 15.09.2021, n. 24813 Cass. Pen. Sent. 03.03.2022, n. 7615

Cass. Ord. 22.09.2021, n. 25623 Cass. Ord. 11.03.2022, n. 7884

Cass. Ord. 15.10.2021, n. 28311 Cass. Sent. 12.05.2022, n. 15060

Cass. Ord. 19.10.2021, n. 28445 Cass. Ord. 27.06.2022, n. 20554

Cass. Ord. 19.10.2021, n. 28773 Cass. Ord. 28.06.2022, n. 20626

Cass. Ord. 19.10.2021, n. 28788 Cass. Sent. 24.08.2022, n. 25315

Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34443 Cass. Ord. 29.08.2022, n. 25436

Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34444 Cass. Sent. 22.09.2022, n. 27817

Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34445 Cass. Ord. 10.10.2022, n. 29415

Cass. Ord. 25.11.2021, n. 36577 Cass. Ord. 25.10.2022, n. 31419

Cass. Sent. 29.11.2021, n. 37146 Cass. Ord. I. 02.11.2022, n. 35536

Cass. Ord. 02.12.2021, n. 37956 Cass. Ord. 07.02.2022, n. 3770

T.A.R. Lazio Ord. 01.01.2022, n. 3932 Cass. Ord. I. 08.02.2023, n. 3784

Cass. Ord. 07.02.2022, n. 3770 Cass. Ord. 20.2.2023, n. 5243

PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Min. 18.05.2000, n. 100 Risp. Ag. Entrate 10.08.2020, n. 259

Circ. Ag. Entrate 16.07.2001, n. 68 Risp. Ag. Entrate 10.08.2020, n. 260

Circ. Ag. Entrate 10.05.2011, n. 18 Risp. Ag. Entrate 12.08.2020, n. 262

Circ. Ag. Entrate 19.03.2012, n. 9 Circ. Ag. Entrate 20.08.2020, n. 25

Circ. Ag. Entrate 03.08.2012, n. 33 Principio di interpretazione n.1/Accertamento


e Riscossione, 02/2021
Circ. Ag. Entrate 06.08.2012, n. 34
Provv. Ag. Entrate 06.04.2021, n. 88314
Circ. Ag. Entrate 25.06.2013, n. 21
Circ. Ag. Entrate 07.05.2021, n. 4
Circ. Ag. Entrate 06.08.2014, n. 25
Provv. Ag. Entrate 18.10.2021, n. 275852
Circ. Ag. Entrate 19.09.2014, n. 27
Risp. a interrog. Parlamentare 01.12.2021, n.
Circ. Ag. Entrate 29.04.2016, n. 17 5-07157
636
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 462 Definizione degli avvisi bonari

Provv. Ag. Entrate 03.12.2021, n. 345838 Provv. Ag. Entrate 25.10.2022, n. 398976

Provv. Ag. Entrate 29.11.2022, n. 439400

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Ris. Ag. Entrate 16.12.2021, n. 72

Circ. Ag. Entrate 13.01.2022, n. 1 Circ. Ag. Entrate 20.06.2022, n. 21

Guida Ag. Entrate, Giugno 2022 Risp. Ag. Entrate, Telefisco 26.01.2023

Risp. a Interr. Parlamentare 01.02.2023, n.


Provv. Ag. Entrate 27.04.2022, n. 143438
3-00140
Interr. Parlamentare 04.05.2022, n. 5-08011 Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 7

Interr. Parlamentare 11.05.2022, n. 5-08035 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6

Provv. Ag. Entrate 19.05.2022, n. 173217 Provv. Ag. Entrate 17.04.2023, n. 130859

C.N.D.C.E.C. Inf. 30.06.2022, n. 58 Risp. Ag. Entrate 27.04.2023, n. 307


Acquiescenza

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D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218
Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione
giudiziale.

Art. 15 - SANZIONI APPLICABILI NEL CASO DI OMESSA IMPUGNAZIONE [CFF ¶ 4787]

1. Le sanzioni irrogate per le violazioni indicate nell'articolo 2, comma 5, del presente decreto, negli
articoli 71 e 72 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e negli articoli 50 e 51 del testo
unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con de-
creto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1990, n. 346, sono ridotte a un terzo se il contri-
buente rinuncia ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di
accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricor-
so, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la
misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le viola-
zioni più gravi relative a ciascun tributo. 3
2. Si applicano le disposizioni degli articoli 2, commi 3, 4 e 5, ultimo periodo, e 8, commi 2, 3 e 4. 1
[2-bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, le sanzioni ivi indicate sono ridotte alla metà
se l'avviso di accertamento e di liquidazione non è stato preceduto dall'invito di cui all'articolo 5 o
di cui all'articolo 11. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica nei casi in cui il
contribuente non abbia prestato adesione ai sensi dell'articolo 5-bis e con riferimento alle mag-
giori imposte e alle altre somme relative alle violazioni indicate nei processi verbali che consen-
tono l'emissione degli accertamenti di cui all'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Re-
pubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all'articolo 54, quarto comma,
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.] 2
2-bis.1 Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi in cui il contribuente rinunci a
impugnare l’avviso di liquidazione emesso a seguito della decadenza dalle agevolazioni indicate
nella Nota II bis) dell’articolo 1, della Parte I, della Tariffa I allegata al decreto del Presidente della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e nell’articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre
2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25. 4

Note
1 Il presente comma prima sostituito dall'art. 21, L. 27.12.1997, n. 449, poi modificato dall'art. 1, comma 418, L. 30.12.2004,
n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005, è stato da ultimo così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decor-
renza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art. 15 del medesimo provvedimento modificante le presenti disposizioni non si appli-
cano agli atti di adesione, agli atti definiti ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle con-
ciliazioni giudiziali e alle mediazioni tributarie già perfezionati alla data di entrata in vigore del suddetto decreto.
2 Il presente comma aggiunto dall'art. 27, D.L. 29.11.2008, come modificato dall'allegato alla L. L. 28.01.2009, n. 2 con de-
correnza dal 29.01.2009, è stato abrogato dall'art. 1, comma 637, L. 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dal 01.01.2015; ai
sensi dell'art. 1, comma 639, del medesimo provvedimento modificante l'abrogazione delle presenti disposizioni opera
con riferimento agli atti definibili notificati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 01.01.2016.
3 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 1, comma 18, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si appli-
cano con riferimento agli atti definibili emessi dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° febbraio 2011, e
poi dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art. 15 del medesimo provvedimento
modificante le presenti disposizioni non si applicano agli atti di adesione, agli atti definiti ai sensi dell’articolo 15 del de-
creto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni tributarie già perfezionati alla data di
entrata in vigore del suddetto decreto.
4 Il presente comma è stato inserito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art.
638
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

15 del medesimo provvedimento modificante le presenti disposizioni non si applicano agli atti di adesione, agli atti de-
finiti ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni

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tributarie già perfezionati alla data di entrata in vigore del suddetto decreto.

Art. 15-bis - MODALITÀ DI PAGAMENTO [CFF ¶ 4787a]

1. Il pagamento delle somme dovute ai sensi degli articoli 8 e 15 si esegue mediante versamento
unitario di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, secondo le modalità sta-
bilite dall’articolo 19 del medesimo decreto, fatte salve le ipotesi in cui siano previste altre moda-
lità di pagamento in ragione della tipologia di tributo.
2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere stabilite ulteriori modalità
di versamento. 1

Note
1 Il presente articolo è stato inserito dall'art. 2, D.Lgs. 24.09.2015, n. 159 con decorrenza dal 22.10.2015; ai sensi dell'art.
15 del medesimo provvedimento modificante le presenti disposizioni non si applicano agli atti di adesione, agli atti de-
finiti ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni
tributarie già perfezionati alla data di entrata in vigore del suddetto decreto.

SANZIONI APPLICABILI NEL CASO DI OMESSA IMPUGNAZIONE (Art. 15)

Norme in sintesi
1. Il contribuente che ha ricevuto un atto di imposizione, in alternativa all’impugnazione o a una
istanza di accertamento con adesione, può, entro il termine per la proposizione del ricorso, definire
l’atto, con il pagamento, secondo le modalità proprie degli istituti deflativi, dell’importo dovuto a ti-
tolo di imposta e di interessi e delle sanzioni irrogate nella misura di un terzo dei minimi edittali
previsti per le violazioni più gravi, facendone, così, venir meno l’efficacia.
Definizione L’istituto giuridico consente al contribuente di definire l’avviso di accertamento (o di
liquidazione) con il pagamento, entro il termine di proposizione del ricorso, dell’imposta indica-
ta nell’atto e dei relativi interessi, usufruendo della riduzione delle sanzioni a 1/3 (un terzo),
purché rinunci sia ad impugnare l’atto in via giudiziaria, sia a formulare istanza di accertamento
con adesione. In altre parole, l’acquiescenza «presuppone l’accettazione in toto dell’accertamento
così come formulato dall’ufficio» (cfr. Nota D.R.E. Sicilia 29.10.1999, n. 99/50685); anche se parte
della giurisprudenza di legittimità ha ammesso - in ragione della ratio deflattiva dell'istituto - la
possibilità di perfezionare l’acquiescenza «anche in relazione a singoli addebiti dotati di rilevanza
autonoma, pur se ricompresi in un accertamento unitario», (cfr. Cass. Ord. 11.5.2018, n. 11497). «Evi-
dente è la ratio deflativa dell’istituto, che consente, da un lato, all’Erario, di incassare in breve termine
gli importi dovuti evitando contenzioso o riscossione dei detti importi tramite ruolo e, dall’altro, al
contribuente, che ritiene non sussistano valide ragioni per contrastare l’accertamento notificatogli, di
versare solo in parte le sanzioni irrogabili» (cfr. Cass. Sent. 17.7.2018, n. 18939).
L’art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023, ha introdotto una sorta
di acquiescenza «rafforzata», che consente di definire gli atti di accertamento con una riduzione
delle sanzioni maggiore (rispetto a quella a regime, ferme restando le regole «ordinarie»; si ve-
da l’apposito paragrafo); e la possibilità di regolarizzare gli omessi versamenti delle rate dovute
a seguito (anche) dell’acquiescenza (art. 1, co. da 219 a 221, L. 197/2022: si veda oltre).
Ambito di applicazione per le Imposte dirette e l’Iva Coincide con quello dell’accertamento con
adesione, dato che il contribuente può definire, con l’acquiescenza, gli avvisi di accertamento e
di liquidazione relativi a violazioni concernenti dette imposte; non gli avvisi bonari di cui all’art.
36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973 (per i quali è prevista una specifica modalità di regolarizzazione,
si veda il relativo capitolo).
Si può definire in acquiescenza anche l’atto modificativo (o sostitutivo) emesso in autotutela
parziale dall’Amministrazione finanziaria a riduzione della propria originaria pretesa impositiva
Acquiescenza 639

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


«alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto originario, purché [il contribuente]
rinunci al ricorso» (cfr. co. 1-sexies dell’art. 2-quater del D.L. 564/1994). Pertanto, se l’Ufficio retti-

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fica un proprio precedente atto impositivo, notificando al contribuente un provvedimento di au-
totutela parziale, questi può definire in acquiescenza la pretesa «residua» non annullata (quindi
ancora efficace), se rinuncia al ricorso e versa «con le stesse modalità e termini previsti al momento
della notifica dell’atto impugnato»:
«a) integralmente il tributo e i corrispondenti interessi, nonché eventuali contributi nella misura ride-
terminata;
b) la sanzione, rideterminata in base al tributo rettificato in autotutela, nella misura ridotta prevista
in caso di acquiescenza»;
tenendo conto, quale termine di decorrenza per il pagamento, della «data di notifica (…) del prov-
vedimento di autotutela parziale» (C.A.E. 8.4.2016, n.12, par. 19.2.1).
Le spese del giudizio, per espressa previsione normativa, sono compensate (restano, cioè, a cari-
co di chi le ha sostenute).
Lo strumento «è volto a consentire al contribuente, destinatario di un provvedimento di autotutela parzia-
le relativo a un atto impugnato, di prestare acquiescenza alla pretesa come rideterminata in autotutela, alle
stesse condizioni esistenti al momento della notifica dell’atto oggetto di parziale annullamento d’ufficio». E
può essere utilizzato anche nel caso in cui l’autotutela parziale sia «intervenuta in assenza di impu-
gnazione ma antecedentemente alla scadenza del termine di impugnazione» (cfr. C.A.E. 8.4.2016, n.12,
par. 19.2.1). «La enunciazione riferita al nuovo comma 1-sexies che “In caso di ricorso già proposto è stabi-
lito che le spese rimangono a carico delle parti che le hanno sostenute” successiva (…) alla enunciazione che
“la modifica normativa è proposta in ragione della opportunità di consentire al contribuente, cui sia stato
comunicato un provvedimento di autotutela parziale, di potersi avvalere dei benefici previsti dalle singole
leggi d’imposta”, conduce a riscontrare che il “caso di ricorso già proposto” è uno, e non già il solo, dei ca-
si relativamente ai quali la novella viene a trovare applicazione». Infatti, «riconoscere il beneficio della
definizione agevolata delle sanzioni a chi ha proposto ricorso giurisdizionale, per poi rinunciarvi, e negarlo
a chi ha rinunciato a proporre ricorso giurisdizionale, darebbe luogo ad una disparità di trattamento diffi-
cilmente giustificabile» (cfr. C.T.R. Friuli Venezia Giulia, Sent. 10.5.2022, n. 97).
Non è necessaria la formalizzazione contestuale «da parte del contribuente, della rinuncia alla im-
pugnazione proposta», né l’accettazione della rinuncia da parte dell’Ente impositore, in quanto «il
puntuale e tempestivo versamento integrale dell’importo dovuto – o della prima rata, in caso di opzio-
ne per il pagamento rateale – è sufficiente per il perfezionamento della definizione agevolata, doven-
dosi intendere come comportamento concludente con cui il contribuente manifesta la propria intenzio-
ne di rinunciare alla lite. Il contribuente può limitarsi a comunicare al Giudice tributario e all’Ufficio
dell’Agenzia, parte in giudizio, che è venuta a cessare la materia del contendere, allegando la docu-
mentazione che attesta l’avvenuto pagamento e chiedendo la conseguente dichiarazione di estinzione
del giudizio. In caso di inerzia del contribuente, la comunicazione e richiesta in questione possono es-
sere formulate dall’Ufficio» (C.A.E. 12/2016, par. 19.2.1).
Ipotesi analoga a quella della definizione in acquiescenza dell’atto modificativo (o sostitutivo)
emesso in autotutela parziale, si realizza nel caso di accoglimento parziale del reclamo, che con-
sente al contribuente di essere rimesso in termini per ottenere «la riduzione delle sanzioni ad un
terzo» ex art. 15, D.Lgs. 218/1997, purché rinunci «al deposito del ricorso con riguardo agli altri mo-
tivi di doglianza non accolti» (cfr. C.A.E. 29.12.2015, n. 38).
Particolarità L’acquiescenza può riguardare i rilievi fondati sulla violazione del principio di com-
petenza di cui all’art. 109, D.P.R. 917/1986, e, in particolare, quelli relativi alla deduzione di costi,
per i quali la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto al contribuente il diritto di recuperare
l’imposta indebitamente versata «per la mancata esposizione nell’annualità di competenza dei costi
negati in relazione a diversa imputazione temporale» (cfr. Cass. Sent. 10.3.2008, n. 6331).
Il contribuente, infatti, può recuperare l’imposta indebitamente versata presentando una istanza
di rimborso nel termine di due anni dalla data in cui la pretesa dell’Amministrazione finanziaria
è divenuta definitiva, anche a seguito di acquiescenza (cfr. C.A.E. 4.5.2010, n. 23 e C.A.E.
27.6.2011, n. 29). Tale facoltà è consentita in tutti i casi in cui si verifica un fenomeno di doppia
imposizione, e quindi: sia nella ipotesi di recupero di un costo non correttamente imputato (in-
dipendentemente dal fatto che abbia inciso sul versamento dell’imposta o abbia incrementato la
perdita: cfr. R.A.E. 28.11.2013, n. 87), sia nelle ipotesi in cui l’Ufficio riprenda a tassazione com-
640
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

ponenti positivi in un periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui gli stessi componen-
ti hanno già concorso alla determinazione del reddito (cfr. C.A.E. 20.9.2012, n. 35).
Pertanto, se il contribuente presta acquiescenza ad un rilievo fondato sulla violazione del princi-

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pio di competenza, potrà successivamente presentare istanza di rimborso dell’imposta relativa
al periodo in cui il componente ha concorso alla determinazione del reddito. Se, invece, decide
di discutere della pretesa nel contraddittorio con l’Ufficio, instaurato a seguito di accertamento
con adesione, «l’imposta rimborsabile che emergerebbe dalla corretta imputazione del medesimo com-
ponente» può essere compensata con quella oggetto di contestazione (cfr. C.A.E. 2.8.2012, n. 31).
Se, infine, la violazione del principio di competenza non gli è stata ancora contestata con la
emissione di un atto impositivo, il contribuente può, in base alla nuova disciplina recata dall’art.
2, co. 8 e 8-bis, D.P.R. 322/1998, presentare una dichiarazione integrativa entro i termini di deca-
denza dell’accertamento; con la ulteriore possibilità di utilizzare in compensazione il credito
emergente dalla dichiarazione integrativa (a suo favore) ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. 241/1997
(l’argomento è analizzato nel capitolo sul ravvedimento operoso).
Da ultimo, l’istituto consente al cedente/prestatore (che ha subìto un accertamento definitivo),
di rivalersi, nei confronti del cessionario/committente, dell’Iva «relativa all’accertamento definito
[anche] mediante uno degli istituti» deflativi, «in caso di successivo pagamento delle somme dovu-
te»; ma, nel caso di pagamento rateale dell’imposta accertata, solo nel limite di quanto già ver-
sato (cfr. C.A.E. 17.12.2013, n. 35, e art. 60, co. 7, D.P.R. 633/1972).
Ambito di applicazione per le Imposte indirette diverse dall’Iva L’acquiescenza – che riguar-
da(va) solo le violazioni di insufficiente dichiarazione di valore agli effetti dell’imposta di regi-
stro (art. 71, D.P.R. 131/1986) e la omessa dichiarazione di successione/donazione (art. 50, D.Lgs.
346/1990) – è stata estesa (cfr. art. 2, co. 3, D.Lgs. 159/2015):
› nel caso dell’imposta di registro, anche alle fattispecie di occultamento del corrispettivo e agli
avvisi di liquidazione emessi a seguito della decadenza dalle agevolazioni in materia di «pri-
ma casa» e di «piccola proprietà contadina»;
› nel caso delle imposte di successione e donazione, anche alle fattispecie di infedele dichiara-
zione, dato che, «sebbene la norma faccia riferimento solo all’art. 50, il senso complessivo della di-
sposizione, induce a ritenere» che essa si applichi anche nei casi previsti dall’art. 51, D.Lgs.
346/1997 e, quindi, quando la dichiarazione è tardiva, incompleta o infedele (come aveva già
riconosciuto la C.M. 235/1997).
«Con riguardo alla decadenza dalle agevolazioni “prima casa”, devono ritenersi rientranti nell’ambito di
applicazione dell’art. 15 del D.Lgs. 218/1997 – pur in assenza di espresso riferimento normativo – anche:
a) l’atto con cui l’Ufficio, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. 601/1973, recupera, nei confronti del mutua-
tario, la differenza tra l’imposta sostitutiva di cui all’art. 18, co. 3 (2 per cento) e quella di cui al-
l’art. 18, co. 1 (0,25 per cento), del medesimo decreto, in caso di perdita dei benefici connessi al fi-
nanziamento erogato per l’acquisto della prima casa di abitazione (e delle relative pertinenze);
b) l’atto con cui l’Ufficio recupera le imposte ipotecarie e catastali connesse all’imposta di successione
versate in misura fissa in sede di presentazione della dichiarazione di successione» (cfr. C.A.E.
29.4.2016, n. 17. In merito a questa seconda ipotesi, la Circolare richiama l’art. 69, co. 3, L.
342/2000).
Restano fuori dall’ambito di applicazione dell’istituto solo le violazioni relative alle imposte ipo-
tecarie e catastali (diverse da quelle appena citate), anche se connesse con l’imposta di registro.
Effetti della definizione dell’imposta di registro L’acquiescenza all’accertamento sull’imposta di regi-
stro da parte dell’acquirente, nel caso di cessioni di immobili e di azienda nonché di costituzio-
ne e trasferimento di diritti reali sugli stessi, non costituisce più elemento presuntivo per l’ac-
certamento della plusvalenza ai fini delle imposte sui redditi a carico del cedente, dato che, in
base all’art. 5, co. 3, D.Lgs. 14.9.2015, n. 147, «la esistenza di un maggior corrispettivo non è presu-
mibile soltanto sulla base del valore (…) definito ai fini dell’imposta di registro (…)». Pertanto, «una
eventuale operazione di ripresa fiscale da parte dell’Amministrazione Finanziaria dovrà essere suppor-
tata da elementi ulteriori rispetto al mero “valore” dichiarato, accertato o anche definito, non doven-
dosi tale valore più considerare “vincolante”, riacquisendo rilevanza la diversità dei criteri e dei pre-
supposti delle imposte (...) e dovendo aver riguardo anche a percorsi argomentativi e probatori finora
ritenuti incongrui o inadeguati» (cfr. Cons. Naz. Notariato, Studio n. 102-2016/T, sulla specifica
fattispecie della cessione d’azienda).
Acquiescenza 641

La disposizione, di natura interpretativa, ha effetto «retroattivo», per cui è «applicabile anche ai

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


giudizi in corso» (cfr. Cass. Sent. 15.4.2016, n. 7488; conf. Cass. Ordinanze 2.4.2020, n.
7665; 1.10.2018, n. 23719; 4.10.2017, n. 23132; 15.09.2017, n. 21438; 2.8.2017, n. 19227 e 19228;

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16.2.2017, n. 4171; 24.1.2017, n. 1823; 5.12.2016, n. 24857; Cass. Sentenze 30.5.2017, n. 13571;
17.5.2017, n. 12265).
Modalità e Perfezionamento L’acquiescenza si realizza con il «comportamento concludente» del
contribuente che, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento/liquidazione:
› rinuncia ad impugnare l’atto con ricorso giurisdizionale;
› rinuncia a formulare istanza di accertamento con adesione (ex artt. 6, co. 2 e 12, co. 1, D.Lgs.
218/1997, dato che i due istituti sono alternativi: cfr. Cass. Sent. 17.7.2018, n. 18939);
› versa, entro il termine stabilito per la presentazione del ricorso (60 giorni dalla notifica del-
l’atto più eventuale periodo di sospensione feriale dal 1° al 31 agosto), le somme dovute a tito-
lo di imposta, interessi e sanzioni (ridotte) o in unica soluzione, oppure, se opta per il paga-
mento rateale, corrispondendo, entro lo stesso termine, la prima rata.
Il medesimo termine (comprensivo della sospensione feriale) «si applica anche per il pagamento
delle somme dovute in acquiescenza … ai fini dell’imposta di registro e dell’imposta di successione: si
ritengono, infatti, assorbite ai fini dell’applicazione della norma in esame le disposizioni che, in mate-
ria d’imposta di registro (art. 55, D.P.R. 131/1986) e di imposta di successione (art. 37, D.Lgs.
346/1990), prevedono che il relativo pagamento debba essere effettuato entro il termine di sessanta
giorni dalla notifica dell’avviso (termine al quale non è applicabile la sospensione feriale dei termini
processuali)» (cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17).
La definizione si perfeziona con il «comportamento concludente» del contribuente, che versa
quanto dovuto entro il termine di proposizione del ricorso.
Acquiescenza «rafforzata» ex art. 1, co. da 179 a 185 della L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bi-
lancio 2023 I commi da 179 a 185 dell’art. 1 «disciplinano la definizione agevolata degli atti del
procedimento di accertamento riferibili ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
In particolare, viene introdotta la possibilità di definire in via agevolata, secondo le regole gene-
rali dell’istituto, gli atti del procedimento di acquiescenza riferiti ai (soli) tributi amministrati
dall’Agenzia delle Entrate, concernenti:
› gli avvisi di accertamento, rettifica, liquidazione
- non impugnati e ancora impugnabili, alla data di entrata in vigore della norma;
- notificati entro il 31 marzo 2023; e
› gli atti di recupero
- non impugnati e ancora impugnabili, alla data di entrata in vigore della norma;
- notificati entro il 31 marzo 2023.
Il riferimento agli atti di recupero sembra doversi riferire, «in assenza di previsione nella lettera
della norma (…) agli atti di recupero dei crediti indebitamente utilizzati (di cui ai commi da 421 a 423
dell’art. 1 della L. 30.12.2004, n. 311), da notificare ai contribuenti» (cfr. la Relazione illustrativa al
D.D.L. di Bilancio 2023-2025). Inoltre, sono interessati dall’ambito applicativo della norma «an-
che gli avvisi di liquidazione per decadenza da agevolazioni (cfr. circ. n. 17 del 2016 che elenca gli atti
a cui si applica l’art. 15 del D.Lgs. 218 del 1997)» (cfr. C.A.E 2/2023, Nota 18).
«La disposizione risulta (…) direttamente applicabile dai contribuenti in fase di versamento degli im-
porti dovuti», anche nelle more dell’adozione delle disposizioni necessarie per la sua attuazione,
di cui ai Provvedimenti (si veda il Provv. Dir. A.E. n. 27663, emanato il 30.1.2023), cui rinvia il co.
184 (cfr. C.A.E 27.1.2023, n. 2).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U.
30.3.2023, n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha riaperto i termini di alcuni adempimenti, for-
nendo le relative precisazioni; e previsto una causa di non punibilità per alcuni reati di cui al
D.Lgs. 74/2000 (cfr. l’art. 17, 18 e 23 del citato decreto).
In particolare:
› gli avvisi di accertamento, di rettifica e di liquidazione e gli atti di recupero non impugnati e
ancora impugnabili al 1° gennaio 2023 «divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo
compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023» sono (ancora) definibili ai sensi dei commi 180
e 181 dell’art. 1 della L. 197/2022 (cioè con sanzioni a un diciottesimo) entro 30 giorni dall’en-
642
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

trata in vigore del D.L. 34/2020 (cfr. art. 17, co. 1);
› possono essere rideterminati gli importi ancora dovuti a titolo di sanzione, relativi agli avvisi

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di accertamento, di rettifica e di liquidazione definiti in acquiescenza nello stesso «periodo
compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023, per i quali alla data di entrata in vigore della pre-
sente disposizione è in corso il pagamento rateale». A tal fine, il contribuente deve presentare
una istanza entro la prima scadenza successiva, secondo le disposizioni di cui ai commi 180 e
182 (cioè con sanzioni a un diciottesimo). Resta, però, fermo il piano di pagamento rateale
originario e non sono, in ogni caso, rimborsabili o rideterminabili le maggiori sanzioni già
versate (cfr. art. 17, co. 3).
Sono esclusi dalla definizione:
› gli atti impugnati e quelli per i quali, alla data di entrata in vigore della norma, sia decorso il
termine di impugnazione;
› gli atti notificati dopo il 31 marzo 2023;
› gli atti di contestazione delle sanzioni ex art. 16 del D.Lgs. 472/1997 (non richiamati dalla norma);
› e, per espressa previsione normativa, gli atti emessi nell’ambito della procedura di collabora-
zione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’art. 5-quarter del D.L. 167/1990.
«Atteso che, in base alle regole generali di cui all’art. 15, co. 1, del D.Lgs. 218/1997, secondo cui l’ac-
quiescenza presuppone la rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formu-
lare istanza di accertamento con adesione, ne consegue che la definizione agevolata ex art. 15 (di cui al
comma 180) sia ugualmente preclusa in caso di accertamento notificato entro il 31 marzo 2023, non
preceduto da invito dell’Ufficio di cui agli articoli 5 e 5-ter del citato decreto legislativo, cui ha fatto
seguito un’adesione non perfezionata» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Inoltre, considerato l’esplicito riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, do-
vrebbero essere esclusi dalla definizione, tra gli altri, anche i tributi locali, doganali e le accise.
Il beneficio consiste nella riduzione delle sanzioni a un diciottesimo (1/18) delle sanzioni irrogate
(in luogo della ordinaria riduzione a 1/3) «Ad esempio, per gli avvisi di accertamento esecutivi, l’im-
porto delle sanzioni definibili, in sede di acquiescenza (e di adesione), è pari ad un sesto di quelle che il
contribuente avrebbe dovuto versare per definire in maniera agevolata l’atto entro i termini per pre-
sentare ricorso. Pertanto, in sede di acquiescenza, l’importo delle sanzioni dovute sarà pari ad un sesto
del terzo dovuto ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 218 del 1997 (corrispondente ad un diciottesimo delle
sanzioni irrogate)» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Benefici della definizione Sono tre: la riduzione sanzionatoria, la estensione del pagamento
rateale e la non punibilità per alcuni reati tributari.
Per l’acquiescenza relativa agli atti sopra indicati, il beneficio consiste nella riduzione delle san-
zioni a un diciottesimo (1/18) delle sanzioni irrogate (in luogo della ordinaria riduzione a 1/3).
L’altro beneficio riguarda la possibilità di estendere il pagamento rateale in un numero massimo
di venti rate trimestrali di pari importo (quindi, oltre il numero massimo previsto dalla discipli-
na a regime).
Modalità Per effettuare la definizione, il contribuente deve procedere al versamento dell’intera
imposta, degli interessi, e della sanzione ridotta a 1/18 (in luogo di quella prevista nella misura
di 1/3), secondo la disciplina ordinaria, cioè entro il termine per la presentazione del ricorso (60
giorni dalla notifica dell’atto). Secondo la prassi non operano il cumulo giuridico e la continua-
zione ex art. 12, del D.Lgs. 472/1997.
Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione o in forma rateale. In questo secondo
caso, la novella – in deroga alle disposizioni specifiche previste dall’istituto (8 o 16 rate) – preve-
de che il versamento possa essere effettuato in un massimo di 20 rate trimestrali di pari impor-
to, da effettuarsi entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima
rata, con applicazione degli interessi al saggio legale per le rate successive alla prima. È, però,
esclusa la possibilità di effettuare la compensazione con Mod. F24 ex art. 17 del D.Lgs. 241/1997
(diversamente dalla disciplina a regime).
Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 218 del 1997, non derogate, per cui
la definizione «si perfeziona
› (…)
› con riferimento agli avvisi di accertamento, agli avvisi di rettifica e di liquidazione nonché agli atti
di recupero, con il pagamento dell’importo dovuto ovvero della prima rata, prevista dall’eventuale
Acquiescenza 643

piano di rateazione, entro il termine per la proposizione del ricorso.

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Nel caso in cui non venga effettuato il versamento previsto per il perfezionamento, l’Ufficio procederà al-

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la normale attività che segue gli atti del procedimento dell’accertamento» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Si specifica, comunque, che «in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applichino le dispo-
sizioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973» (cfr. C.A.E. 2/2023, nonché Provv. Dir. A.E.
30.1.2023, n. 27663).
Infine, l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34 introduce una causa speciale di non punibilità di alcuni
reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a
150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);
› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00 euro (art. 10-quater);
«quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integral-
mente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1,
commi da 166 a 252 della L. 197/2022 (compresi, quindi, i commi da 179 a 185, in esame), «pur-
ché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23,
co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto
dovuto, prescindendo dal fatto che l’acquiescenza rafforzata si perfeziona a seguito del versa-
mento anche solo della prima delle rate dovute.
La disciplina in esame si distingue, inoltre, da quella a regime, perché estende temporalmente la
possibilità di valersi della causa speciale di non punibilità entro la prima delle pronunce di ap-
pello (non con riferimento a prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo
grado).
La procedura prevede che il contribuente:
› comunichi immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata, in
caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente
› informi l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimen-
ti del relativo procedimento penale (cfr. art. 23, co. 2).
Dalla ricezione della predetta comunicazione, il processo di merito è sospeso fino al momento
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
della rateazione (cfr. art. 23, co. 3).
La disposizione si chiude facendo salve le prove assunte durante il periodo di sospensione di cui
al comma 3, «nei casi previsti dall’art. 392 del codice di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato:
› da un lato, che «resta ferma la possibilità per i contribuenti di definire gli atti rientranti nell’am-
bito di applicazione della regolarizzazione secondo le regole ordinarie previste dalla normativa vi-
gente, utilizzando, in tali ipotesi, ove normativamente prevista, la compensazione prevista dall’art.
17 del D.Lgs. 241/1997»;
› dall’altro, che «gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate forniscono l’assistenza eventualmente richiesta
dagli interessati per potersi avvalere della regolarizzazione» (cfr. Provv. Dir. A.E. 30.1.2023, n.
27663).
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 L’art. 83, co. 2, del D.L. 17.3.2020,
n. 18 (conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27 e ss.mm.) aveva introdotto la sospensione di 64
giorni - dal 9.3.2020 all’11.5.2020 - del termine di impugnazione, prevedendo che, se il decorso
del termine iniziava durante tale periodo, il suo inizio era differito alla fine del periodo di so-
spensione (cioè, al 12.5.2020). La norma era «applicabile a tutti gli istituti definitori che fanno
esplicito rinvio, ai fini del godimento del beneficio, ai termini per l’impugnazione (si pensi all’acquie-
scenza ai sensi dell’art. 15, del D.Lgs. 218/1997)» (cfr. C.A.E. 3.4.2020, n. 8). Se non che, l’art. 149,
del D.L. 19.5.2020, n. 34 (conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77), aveva ulteriormente prorogato
al 16.9.2020 «il termine finale per la notifica del ricorso di primo grado», relativamente, (tra l'altro),
644
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

«agli atti definibili ai sensi dell’articolo 15 del D.Lgs. 218/1997, i cui termini di versamento scadono nel
periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 31 maggio 2020». Secondo il Consiglio Nazionale dei

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Dottori commercialisti e degli Esperti contabili, «la norma non brilla certo per linearità e chiarezza
e lascia aperti molti più dubbi di quante non siano invece le (poche) certezze che è riuscita a dare»,
per cui si suggeriva «ai professionisti incaricati della difesa tecnica di non tenere conto, prudenzial-
mente, della richiamata proroga, in special modo per gli atti definibili per acquiescenza ai sensi del-
l’art. 15, del D.Lgs. 218/1997», per i quali occorreva «seguire le regole ordinarie considerando soltan-
to la sospensione “emergenziale” di 64 giorni dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020, qualora il termi-
ne di impugnazione di 60 giorni sia ricaduto entro il richiamato periodo di sospensione» (cfr. CN-
DCEC, Documento di ricerca, 25.5.2020).
L’art. 157 del D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 (sostituito, da ultimo,
dall’art. 22-bis, del D.L. 31.12.2020, n. 183, conv, con modif. in L. 26.2.2021, n. 21, c.d. Decreto Mil-
leproroghe), a sua volta, ha posticipato il termine di decadenza dell’azione accertatrice, stabilen-
do che gli avvisi di accertamento, gli atti di contestazione e di irrogazione sanzioni, gli atti di re-
cupero dei crediti d’imposta, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, per i quali i termini di deca-
denza (calcolati senza tenere conto della proroga di 85 giorni ex art. 67, D.L. 18/2020) dell’azione
accertatrice scadono tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (si tratta, in genere, del periodo d’impo-
sta 2015, o, in caso di omessa dichiarazione, del periodo d’imposta 2014), sono emessi entro il 31
dicembre 2020 e notificati tra 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, possibilmente «seguendo priori-
tariamente l’ordine cronologico di emissione» (cfr. Provv. Ag. Entrate 6.4.2021, n. 88314; Circ. Ag.
Entrate 7.5.2021, n. 4).
La proroga dei termini di notifica riguarda gli atti emessi, cioè «firmati e protocollati, entro il ter-
mine del 31 dicembre 2020» (cfr. Circ. Ag. Entrate 20.8.2020, n. 25, § 3.10.6), «a tali fini assumendo
valore la firma digitale» che «garantisce che il documento è integro e non modificabile», con onere
della prova, circa il rispetto del termine di emissione, a carico dell’Ufficio (che può fornirla anche
attraverso il c.d. glifo: cfr. C.T.P. Napoli, Sent. 2.3.2022, n. 345; C.T.P. Bari, Sent. 19.9.2022, n.
1495; C.T.P. Arezzo, Sent. 12.10.2022, n. 213).
Sono fatti salvi i casi di indifferibilità ed urgenza «o al fine del perfezionamento degli adempimenti
fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi» e si prevede che detta proroga possa cu-
mularsi con altre disposizioni che stabiliscono il differimento dei termini di accertamento (è il
caso, ad esempio, delle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale).
Modalità di pagamento Il pagamento del totale o della prima rata delle somme dovute va esegui-
to mediante versamento unitario di cui all’art. 17, D.Lgs. 241/1997, con le modalità stabilite dal-
l’art. 19, stesso decreto (cfr. art. 15-bis, D.Lgs. 218/1997).
Si utilizza:
› il Mod. F24 per le imposte sui redditi, relative imposte sostitutive, Iva, Irap;
› il Mod. F23 per le imposte di tipo registro.
«L'imposta sulle successioni, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, le tasse ipotecarie, l'imposta di
bollo, l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili e i tributi speciali, nonché i relativi
accessori, interessi e sanzioni, dovuti in relazione alla presentazione della dichiarazione di successio-
ne, sono versati mediante il modello F24» (cfr. Provv. A.E., 17.3.2016, n. 40892. I relativi codici tri-
buti sono stati istituiti con R.A.E. 25.3.2016, n. 16).
Il pagamento può essere compensato - nei limiti previsti dalle vigenti disposizioni - con i crediti
vantati dal contribuente, con riferimento ai tributi che si versano con il Mod. F24 (cfr. art. 1, lett.
b), D.M. 31.3.2000); non, invece, per i tributi che si versano con il Mod. F23.
Il Mod. F24 deve essere presentato dai contribuenti, di regola, in via telematica, direttamente o
tramite intermediari abilitati (cfr. art. 11, co. 2, D.L. 24.4.2014, n. 66, conv. con modif. in L.
23.6.2014, n. 89; e C.A.E. 19.9.2014, n. 27); i contribuenti persone fisiche, non titolari di Partita
Iva, possono presentare il Mod. F24 a debito, senza compensazioni, anche in forma cartacea [cfr.
art. 7-quater, co. 31, D.L. 22.1.2016, n. 193, conv. con modif. in L. 1.12.2016, n. 225, che ha abrogato
l’art. 11, co. 2, lett. c)].
Nel Mod. F24, si deve indicare il codice dell’ufficio che ha emesso l’atto, il codice dell’atto, l’anno
di riferimento cui si riferisce la pretesa erariale, e, per l’Irap e le addizionali regionali e comuna-
li, il codice dell’ente territoriale destinatario della somma (nella relativa colonna), indicando
l’importo nella sezione «Erario». Il tributo e gli interessi devono essere versati cumulativamente
Acquiescenza 645

utilizzando il codice del tributo, mentre la sanzione si paga a parte con il relativo codice (cfr.

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Istruzioni al Mod. F24).

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Il pagamento conseguente alla definizione può essere compensato su richiesta del contribuente
– ex art. 28-quinquies del D.P.R. 602/1973 – con i crediti commerciali non prescritti, certi, liquidi,
esigibili e «certificati» (relativi a somministrazioni, forniture e appalti) vantati nei confronti del-
la Pubblica Amministrazione, se sussistono le seguenti condizioni (stabilite dal Decreto MEF,
14.1.2014):
› il contribuente titolare del debito tributario deve coincidere con il titolare del credito «certifi-
cato»;
› la certificazione deve contenere, fra l’altro, la data di pagamento del credito commerciale, rila-
sciata dall’Ente debitore attraverso la cd. «piattaforma elettronica»;
› la compensazione deve avvenire esclusivamente con Mod. F24 telematico, nel quale vanno in-
dicati gli appositi codici tributo relativi ai debiti fiscali, e il codice relativo ai crediti commer-
ciali.
Il modello di versamento denominato «F24 Crediti PP.AA.» (con l’apposito campo «numero certi-
ficazione credito»), è stato approvato con Provv. A.E. 31.1.2014, n. 2014/13917; è disponibile solo
in formato elettronico e deve essere «trasmesso esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti
dall’Agenzia delle Entrate».
Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve
consegnare all’Ufficio (che ha emanato l’atto), la copia della quietanza di pagamento della prima
o unica rata.
Pagamento rateale L’art. 8, co. 2, D.Lgs. 218/1997 (richiamato dall’art. 15, co. 2), prevede che il pa-
gamento rateale possa essere effettuato in un massimo di 8 (otto) o – se le somme dovute supe-
rano 50.000,00 euro – 16 (sedici) rate trimestrali di pari importo, la cui scadenza è fissata «entro
l’ultimo giorno di ciascun trimestre». Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al
tasso legale (1.1.2023, 5%, cfr. D.M. 13.12.2022), calcolati dal giorno successivo al termine di ver-
samento della prima rata «indipendentemente dalla data in cui è stato eseguito il versamento che ha
determinato il perfezionamento» della procedura. In pratica:
› «il trimestre da considerare per l’effettuazione del versamento della seconda rata (nonché delle rate
a seguire) decorre dal termine previsto per il versamento della prima rata (e non più dalla data in
cui la prima rata è stata effettivamente pagata);
› la scadenza delle rate successive alla prima ricade sempre nell’ultimo giorno di ciascun trimestre»
(cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17).
Inadempimenti nel versamento L’inadempimento nel pagamento rateale delle somme dovute e le
relative conseguenze (anche sanzionatorie) sono disciplinati dall’art. 15-ter, D.P.R. 602/1973 (ri-
chiamato dall’art. 8, D.Lgs. 218/1997, a sua volta richiamato dall’art. 15, co. 2, stesso Decreto), il
quale introduce l’istituto del «lieve inadempimento» che «ricorre ogni qual volta ritardi di breve
durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle somme dovute non comportano per il con-
tribuente la perdita dei benefici e quindi, a seconda dei casi, non precludono il perfezionamento» della
procedura né determinano la decadenza dalla rateazione (cfr. C.A.E. 17/2016).
Tale previsione conferma, in via legislativa, il costante orientamento dell’Agenzia delle Entrate
(cfr. Nota D.R.E. Sicilia 29.10.1999, n. 99/50685; C.A.E. 28.6.2001, n. 65 e C.A.E. 2.8.2013, n. 27),
per cui «se il contribuente intende beneficiare della possibilità offerta dall’art. 15 del D.Lgs. 218/1997,
ma incorre in un errore materiale o di calcolo nel versamento delle somme dovute» (ovvero effettui il
versamento della integrazione con lieve ritardo), l’acquiescenza può «ritenersi validamente perfe-
zionata, purché la differenza tra quanto dovuto e quanto versato sia di entità lieve, tale da non confi-
gurare un atteggiamento incompatibile con la volontà di definizione dell’accertamento», subordinata,
ovviamente, alla integrazione del versamento di quanto dovuto (cfr. C.A.E. 29.4.2016, n. 17).
Ciò nonostante, la Corte di Cassazione ritiene che «la previsione del lieve inadempimento non ri-
guarda la diversa fattispecie prevista dal D.Lgs. 218/1997, art. 15, il quale stabilisce la perdita del bene-
ficio della riduzione delle sanzioni qualora il contribuente destinatario dell’avviso di accertamento non
abbia provveduto al pagamento delle imposte e delle sanzioni ridotte entro il termine perentorio previ-
sto per l’impugnazione dell’atto impositivo» (Cass. Sent. 6.5.2016, n. 9176; conforme Cass. Ord.
4.6.2018, n. 14279). Ne deriva che l’applicabilità dell’istituto del lieve inadempimento resta con-
troversa: ammessa dall’Agenzia delle Entrate, negata dalla Corte di Cassazione.
646
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

È pacifico, invece, che non possono «ammettersi ipotesi di autoriduzione [dell’importo dovuto in ac-
quiescenza] compiute dal contribuente in sede di versamento, discendenti da proprie valutazioni circa la

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non imponibilità di un componente reddituale, in quanto il ricorso all’art. 15, D.Lgs. 218/1997, presuppone
l’accettazione dell’accertamento così come formulato dall’Ufficio» (cfr. Nota D.R.E. Sicilia 29.10.1999, n.
99/50685).
1. Se il contribuente non esegue il versamento delle somme dovute in un’unica soluzione o della
prima rata entro il termine previsto – l’acquiescenza non si realizza; fatta eccezione, secondo la
Prassi amministrativa (ma non secondo la giurisprudenza), del caso del c.d. «lieve inadempi-
mento»: è considerato tale «il pagamento della prima rata [o in un’unica soluzione] in misura ca-
rente, per una frazione tuttavia non superiore al 3% e comunque per un importo non superiore a die-
cimila euro» o quello «effettuato con ritardo non superiore a sette giorni rispetto al termine di sca-
denza del pagamento». Ai fini del versamento, va tenuto presente che:
› se la scadenza (anche telematica) coincide con il sabato o con un giorno festivo, è rinviata al
primo giorno lavorativo successivo (cfr. art. 7, co. 1, lett. h), D.L. 70/2011);
› «il versamento della prima rata a seguito di acquiescenza all’avviso di accertamento non è interes-
sato dalla c.d. proroga di ferragosto [dal 1° al 20 agosto] in quanto il termine di scadenza di detto
versamento, coincidendo con quello di presentazione del ricorso, resta comunque assorbito dal più
ampio periodo di sospensione feriale dei termini processuali dal 1° al 31 agosto» (cfr. C.A.E.
17/2016).
2. Il mancato o tardivo versamento delle rate diverse dalla prima non incide sul perfezionamento
della definizione, ma comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e la iscrizione a ruo-
lo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della (ulteriore)
sanzione del 30% aumentata della metà (45%), se il contribuente non esegue «il versamento della
rata entro il termine di pagamento di quella successiva (o comunque esegue un versamento carente in
misura eccedente il limite del lieve inadempimento)» (cfr. C.A.E. 17/2016). Integrano quest’ultima
ipotesi «il versamento di una delle rate diverse dalla prima» nella misura indicata (3%/10.000,00
euro), e quello «effettuato entro il termine di pagamento della rata successiva», che non comporta-
no la decadenza dalla rateazione né, di conseguenza, la iscrizione a ruolo (tenendo conto, nel
caso dell’ultima rata, del termine «di 90 giorni dalla scadenza ordinaria», dato che non si può
configurare una scadenza successiva: cfr. C.A.E. 17/2016).
Recente giurisprudenza di merito ha ritenuto che la interruzione del versamento delle rate succes-
sive alla prima, a causa del blocco dei conti correnti del contribuente a seguito di pignoramento ri-
chiesto da un terzo creditore, non integri una ipotesi di forza maggiore ex art. 6, co. 5, del D.Lgs.
472/1997, per cui l’Ufficio può emettere (nei confronti del contribuente inadempiente), l’avviso di
intimazione per l’imposta residua, le sanzioni e gli interessi, e la ulteriore sanzione del 45% (di cui
al co. 2 dell’art. 15-ter che richiama l’art. 13 del D.Lgs. 471/1997: cfr. C.T.R. Torino, Sent. 13.10.2021, n.
800).
Infine, «nel caso di pagamento rateale a seguito di avvisi di accertamento c.d. esecutivi (emessi ai sensi
dell’art. 29, D.L. 78/2010), a fronte della decadenza dalla rateazione, l’Ufficio [in luogo della iscrizione a
ruolo], procede al recupero delle somme ancora dovute (…) mediante apposita intimazione ad adempiere
al pagamento» (cfr. C.A.E. 17/2016).
Sanzioni irrogabili e ravvedimento operoso Il tardivo o carente versamento delle somme dovute
(ancorché lieve, per cui non preclude il perfezionamento della procedura, né comporta la decaden-
za dalla rateazione), costituisce, comunque, una violazione sanzionata ex art. 13, D.Lgs. 471/1997,
per cui l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo:
› della sanzione commisurata all’importo pagato in ritardo e degli interessi legali calcolati in base
ai giorni di ritardo, in caso di versamento tardivo;
› della frazione non versata dell’importo dovuto, della sanzione del 30% commisurata al medesi-
mo importo e degli interessi calcolati sulla frazione non pagata, in caso di versamento carente.
La iscrizione a ruolo può essere evitata valendosi del ravvedimento (operoso) entro i seguenti ter-
mini:
› versamento in un’unica soluzione o versamento dell’ultima rata: entro 90 giorni dalla scadenza;
› versamento di una rata diversa dalla prima (e dall’ultima), entro il termine di pagamento di quel-
la successiva.
Per la regolarizzazione si deve pagare:
Acquiescenza 647

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


› la sanzione (ridotta) commisurata all’importo pagato in ritardo e gli interessi legali calcolati in
base ai giorni di ritardo, in caso di versamento tardivo;

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› la frazione non versata, la sanzione (ridotta) commisurata al medesimo importo e gli interessi
calcolati sulla frazione non pagata, in caso di versamento carente.
La possibilità di valersi del presente istituto, le relative modalità e i correlati adempimenti sono
espressamente menzionati nella sezione «Avvertenze» degli avvisi di accertamento, con formule
del tipo:
«Definizione dell’accertamento con riduzione delle sanzioni a un terzo – Articolo 15, co. 1, del decreto legi-
slativo 19 giugno 1997, n. 218.
Se il contribuente rinuncia a presentare ricorso o istanza di accertamento con adesione può definire per
intero l’accertamento in maniera agevolata. In questo caso ottiene la riduzione a un terzo delle sanzioni
(…).
Il contribuente può pagare in un’unica soluzione o, in alternativa, rateizzare le somme dovute (…). In en-
trambi i casi, il versamento (…) deve essere effettuato entro il termine per presentare ricorso e la relativa
ricevuta di pagamento inviata o consegnata all’Ufficio entro 10 giorni dal versamento (…)».
Regolarizzazione agevolata degli omessi versamenti delle rate successive alla prima ex art. 1,
co. 219-221, L. 29.12.2022, n. 197, Legge di Bilancio 2023 I commi da 219 a 221 dell’art. 1 «preve-
dono – con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate – la possibilità di regolarizzare
l’omesso o carente versamento:
a) delle rate successive alla prima relative alle somme dovute a seguito di (…) acquiescenza degli avvisi di
accertamento e degli avvisi di rettifica e di liquidazione (…), scadute al 1° gennaio 2023 (ossia per le quali, a
tale data, sia decorso il termine ordinario di pagamento) e per le quali non siano stati notificati la cartella
di pagamento ovvero l’atto di intimazione;
b) (…) » (cfr. C.A.E 27.01.2023, n. 2).
Sul punto è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76), in vi-
gore dal 31.3.2023, che ha precisato che la regolarizzazione è inibita se «alla medesima data» è stata
notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione: dunque, si deve aver riguardo alla data del
1° gennaio 2023 (cfr. art. 18, del citato decreto, che modifica il co. 219 dell’art. 1 della L. 197/2022).
«La regolarizzazione degli omessi pagamenti avviene mediante il versamento integrale della sola imposta»
(cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). Pertanto, l’omesso o carente versamento delle rate successive alla prima,
› scadute alla data del 1° gennaio 2023;
› relative ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate;
› dovute a seguito di acquiescenza già perfezionata;
possono essere regolarizzate con il versamento integrale della sola imposta dovuta, a condizione "al-
la medesima data" che «non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto di intima-
zione» (co. 219).
La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima (cioè
l’ipotesi in cui l’istituto si sia già perfezionato), riguarda le rate - relative ai soli tributi amministrati
dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata in vigore della legge, per le quali non sia già
stata notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione. Restano, quindi, escluse dalla defini-
zione i carenti od omessi versamenti delle rate successive alla prima, relativi all’acquiescenza perfe-
zionata con riferimento a tributi diversi.
Nel caso di «omesso o carente versamento di una rata, entro l’ordinaria scadenza e senza che sia ancora
intervenuta la decadenza dalla rateazione, la regolarizzazione (…) deve riguardare il solo importo non ver-
sato entro il 1° gennaio 2023, mentre le rate non ancora scadute non possono essere regolarizzate, con con-
seguente versamento di imposte, interessi e sanzioni alle ordinarie scadenze previste dal piano di rateazio-
ne» (cfr. C.A.E 20.3.2023, n. 6).
Tuttavia, nel caso alla data del 1° gennaio 2023 «sia stato superato anche il termine per il pagamento
della rata successiva, si verifica la decadenza dalla rateazione, con le conseguenze previste dall’art. 15-ter
del D.P.R. 602/1973. In questa ipotesi, la regolarizzazione deve riguardare l’intero ammontare del debito re-
siduo, in difetto del quale, la intervenuta decadenza determina l’applicazione del citato art. 15-ter» (cfr.
C.A.E 20.3.2023, n. 6).
La possibilità di regolarizzare gli omessi o carenti versamenti delle rate successive alla prima (cioè
l’ipotesi in cui l’istituto si sia già perfezionato), riguarda le rate - relative ai soli tributi amministrati
dall’Agenzia delle Entrate - scadute alla data di entrata in vigore della legge, per le quali non sia già
648
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

stata notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione. Restano, quindi, escluse dalla defini-
zione i carenti od omessi versamenti delle rate successive alla prima, relativi all’acquiescenza perfe-

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zionata con riferimento a tributi diversi. Inoltre, il contribuente non potrà avvalersi della definizione
in esame qualora - «sia in regola con i pagamenti rateali ancora in corso al 1° gennaio 2023»; «al contra-
rio del contribuente che, al 1° gennaio 2023, è in regola con i pagamenti rateali delle somme derivanti da
controlli automatizzati (c.d. avvisi bonari)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Regolarizzazione dei TRIBUTI COMUNALI Il neo introdotto art. 221-bis dell’art. 1, della L. 197/2022,
in vigore dal 28.2.2023, stabilisce che «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con
le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni
dei commi da 206 a 221 alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale, in al-
ternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204 [dell’art. 1 della stessa L. 197/2022]. I
provvedimenti degli enti locali (…) acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale
dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze,
entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis del D.L. 29.12.2022, n. 198, c.d. Milleproroghe,
conv. con modific. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49).
La disposizione prevede «la facoltà per i Comuni di deliberare la regolarizzazione degli omessi versa-
menti rateali, prevista dai commi da 219 a 221», relativa alla «rateizzazione degli importi dovuti e scaduti
alla data del 1° gennaio 2023» a seguito di acquiescenza (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023; nonché M.E.F. Circ.
6.3.2023, n. 1/DF).
«La normativa pone come condizione espressa per accedere alla regolarizzazione la condizione che non deb-
ba essere stata notificata “la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione” (…).
Per quanto riguarda il riferimento alla cartella, nel caso dei Comuni questo può (e deve) essere integrato o
sostituito dalla ingiunzione fiscale, nel caso di riscossione coattiva effettuata – in tutto o in parte – diretta-
mente dall’ente o da un suo ente strumentale».
Per quanto riguarda la intimazione ad adempiere, la Nota Ifel precisa che «ai fini della verifica della
preclusione alla regolarizzazione, per effetto dell’avvenuta notifica dell’atto di intimazione, non risultano
preclusivi né la intervenuta notifica del provvedimento di decadenza, previsto dall’art. 1, co. 800, L.
160/2019, né l’intervenuto sollecito di pagamento (…) nel caso di mancato pagamento di quanto dovuto in
seguito agli accertamenti con adesione (…)» (la decadenza, ex art. 1, co. 800, L. 160/2019, consegue al
mancato pagamento di due rate anche non consecutive, nell’arco di sei mesi, nel corso del periodo di
rateazione).
La regolarizzazione non può invece essere effettuata «nel caso di avvenuta notifica della cartella, della
ingiunzione o della intimazione ad adempiere».
Quanto al perfezionamento, «la data prevista per il versamento della prima rata (31 marzo) coincide con
la data entro la quale il Comune deve approvare il regolamento», per cui «il Comune può (in realtà deve …)
indicare una data pari o successiva al 31 maggio» (cfr. IFEL, Nota 1.3.2023).
Il regolamento comunale, infine, dovrà procedere ai necessari adattamenti richiesti dal perfeziona-
mento della definizione, tenendo conto delle regole base per cui gli istituti previsti dalla L. 197/2022:
› «sono applicabili distintamente dai Comuni, che possono valutarne l’opportunità per ciascuna delle fatti-
specie delineate dalla norma (…).
› i margini di decisionalità relativi a ciascuna fattispecie che l’ente locale intenda adottare sono limitati, in
particolare, ai necessari adattamenti che si rendano di volta in volta necessari per le peculiarità tipiche
dei propri atti.
› Non appare invece modificabile il quadro delle condizioni di applicazione ed adesione richieste ai contri-
buenti, definito dalla legge (misure dei pagamenti, articolazioni delle eventuali rateizzazioni, ecc.)» (cfr.
IFEL, Nota 1.3.2023).
Il beneficio consiste:
› nell’abbattimento delle sanzioni e interessi, dovendo essere effettuato il versamento integrale della
sola imposta dovuta;
› nella possibilità di rateizzare il pagamento in un massimo di venti rate trimestrali, in luogo delle 8
o – se le somme dovute superano i 50.000,00 euro - 16 (sedici) rate trimestrali.
La regolarizzazione «comporta il versamento dell’imposta dovuta e si perfeziona con il pagamento del-
l’intero importo entro il 31 marzo 2023 oppure tramite il versamento di un numero massimo di venti rate
trimestrali di pari importo, la cui prima rata deve essere corrisposta entro il 31 marzo 2023»; con la preci-
sazione che la definizione si perfeziona «con il pagamento integrale di quanto dovuto, a prescindere dal
Acquiescenza 649

pagamento rateale». L’Agenzia specifica, inoltre, «che per accedere alla definizione (…) la cartella di paga-

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mento o l’atto di definizione non devono essere stati notificati prima del versamento integrale delle somme

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dovute a seguito della predetta definizione o del pagamento della prima rata, in caso di pagamento rateale,
posto che, per tale condizione, la disposizione non fa esplicito riferimento alla data di entrata in vigore della
legge di bilancio» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Il versamento rateale può essere effettuato in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, di
cui la prima con scadenza entro il 31 marzo 2023 e le successive con scadenza entro il 30 giugno, il
30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo, di ciascun anno. Sulle rate successive alla prima sono do-
vuti gli interessi legali, calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata.
Diversamente dalla disciplina a regime, è, però, esclusa la possibilità di procedere alla compensazio-
ne ex art. 17, D.Lgs. 241/1997.
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 ha istituito i codici tributo - «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusivamente
in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”» - al fine di «consentire il
versamento tramite modello F24 delle suddette somme».
«I campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento” sono valorizzati con le informazioni riportate
negli atti emessi dall’Ufficio.
Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valorizzato con il codice della Regione
o con il codice catastale del Comune destinatario».
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it.
Di seguito si riporta la Tabella di cui alla citata Risoluzione.

Codice Codice atto Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di


ufficio tributo Regione/ Prov./ riferimento
mese rif.
COMPILARE COMPILARE TF40 IVA e relativi interessi legali – NON COMPILARE AAAA
Regolarizzazione omessi/carenti
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF41 Altri tributi erariali e relativi NON COMPILARE AAAA
interessi legali –
Regolarizzazione omessi/carenti
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022
COMPILARE COMPILARE TF42 IRAP e addizionale regionale CODICE REGIONE AAAA
all’IRPEF e relativi interessi legali (…)
– Regolarizzazione omessi/
carenti pagamenti rate – Art. 1,
co. da 219 a 221, legge n.
197/2022
COMPILARE COMPILARE TF43 Addizionale comunale all’IRPEF CODICE AAAA
e relativi interessi legali – CATASTALE DEL
Regolarizzazione omessi/carenti COMUNE (…)
pagamenti rate – Art. 1, co. da
219 a 221, legge n. 197/2022

Il mancato perfezionamento della regolarizzazione comporta che:


› gli effetti della definizione non si producono; e
› l’Ufficio procede alla iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e
sanzioni, nonché della sanzione del 30% (prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997), applicata sul re-
siduo importo dovuto a titolo d’imposta. La relativa cartella è notificata entro il termine di deca-
denza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso versamen-
to, integrale o parziale, delle somme dovute per effetto della regolarizzazione.
Infine, l’Agenzia delle Entrate «ritiene che, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, non possano
applicarsi le previsioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602 del 1973, stante il mancato rinvio a tali disposi-
zioni nella disciplina della definizione di cui trattasi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Effetti La definizione in acquiescenza comporta:
› la riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 (un terzo) dell’irrogato, purché non inferiore al
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D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

terzo del minimo edittale previsto per le violazioni più gravi (relative a ciascun tributo). In deroga
alla disciplina della continuazione e del concorso di violazioni, l’art. 12, D.Lgs. 472/1997 prevede

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che «la sanzione conseguente alla rinuncia all’impugnazione dell’avviso di accertamento (…) non può
stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di contestazione o di irrogazione delle
sanzioni», perché «gli abbattimenti premiali sono stabiliti dalla legge con riferimento al contenuto del
provvedimento di contestazione (…) ed operano quindi automaticamente», senza che la progressione
applicata con tali provvedimenti possa «essere estesa, con successivo provvedimento, a violazioni non
indicate negli atti medesimi» (cfr. C.M. 10.7.1998, n. 180);
› la non applicazione delle sanzioni tributarie accessorie, che, pur essendo (espressamente) prevista
«solo» per la definizione ex art. 16, co. 3, D.Lgs. 472/1997, vale anche per la acquiescenza ex art. 15,
D.Lgs. 218/1997 (cfr. C.M. 25.1.1999, n. 23);
› la rilevanza della definizione per i contributi previdenziali e assistenziali correlati agli imponibili
tributari, con il beneficio della inapplicabilità di sanzioni e interessi. Valgono, in proposito, le re-
gole «riguardanti la possibilità di rateizzare le somme dovute, nonché le norme relative all’eventuale de-
cadenza dal beneficio della rateazione per inadempienza nei versamenti» che, nel caso dei contributi
previdenziali, comportano l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 116, co. 8, lett. b), della L.
388/2000 (pari al 30%, in ragione d’anno, ma non superiore al 60% «dell’importo dei contributi e
premi non corrisposti»: cfr. Circ. INPS 2.8.2016, n. 140);
› la definitività dell’accertamento (cfr. richiamo art. 2, co. 3 e 4), che non è integrabile né modificabi-
le: né da parte del contribuente né da parte dell’Ufficio. Tale regola presenta, però, diverse eccezio-
ni, consentendo all’Amministrazione finanziaria di esperire la ulteriore azione accertatrice:
- se l’Ufficio viene a conoscenza di «nuovi elementi» (sconosciuti e non conoscibili prima della
emissione dell’atto impositivo), in base ai quali è possibile accertare un maggiore reddito supe-
riore al 50% di quello definito e comunque a 77.468,53 euro (cfr. art. 2, co. 4, lett. a), D.Lgs.
218/1997), tenendo presente che «il limite del 50% va commisurato al reddito definito e non al mag-
gior reddito definito, con la conseguenza che, una volta effettuata la prima rettifica, anche l’ammonta-
re dichiarato concorre a determinare la soglia oltre la quale è possibile effettuare accertamenti integra-
tivi» (cfr. C.M. 235/1997);
- se la definizione riguarda «accertamenti parziali», cioè quelli con cui l’Ufficio – senza pregiudi-
zio dell’ulteriore azione accertatrice, ma nel rispetto dei termini di accertamento – rettifica il
reddito sulla base di elementi risultanti da accessi, ispezioni o verifiche, o da segnalazioni di
redditi non dichiarati o dichiarati solo parzialmente (art. 41-bis, D.P.R. 600/1973), ovvero inne-
scati da dati e notizie, atti e documenti trasmessi dal contribuente a seguito di invito o in rispo-
sta a questionari;
- se la definizione riguarda i redditi derivanti dalla partecipazione in società, o associazioni o altri
soggetti indicati nell’art. 5 del D.P.R. 917/1986 (Società di persone o associazioni equiparate,
Aziende coniugali non gestite in forma societaria): in questo caso la possibilità di esperire un ul-
teriore accertamento riguarda categorie reddituali diverse da quelle definite in acquiescenza; o
se l’accertamento è effettuato nei confronti dei predetti soggetti collettivi ai quali partecipa il
contribuente nei cui confronti è intervenuta la definizione di redditi diversi da quelli derivanti
dalla partecipazione.
Quanto agli effetti penali, l’acquiescenza integra:
› una causa di non punibilità dei reati di:
- omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000);
- omesso versamento di Iva (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000);
- indebita compensazione di crediti esistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000);
se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese
sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi
dovuti (cfr. art. 13 del D.Lgs. 74/2000).
Se l’estinzione del debito tributario avviene mediante rateizzazione, prima dell’apertura del dibatti-
mento di primo grado, il residuo importo dovuto può essere corrisposto entro il termine di tre mesi,
prorogabile di ulteriori tre mesi (cfr. art. 13, co. 3, D.Lgs. 74/2000);
› una «circostanza attenuante speciale» per gli altri reati di cui al D.Lgs. 74/2000, che comporta la
riduzione delle sanzioni fino alla metà e la non applicazione delle pene accessorie se il contribuen-
te provvede al pagamento di quanto dovuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento
Acquiescenza 651

(cfr. art. 13-bis, D.Lgs. 74/2000).

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


«Il pagamento del debito tributario (…) è documentato mediante una dichiarazione redatta in carta sempli-

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ce in conformità al modello approvato in calce al presente decreto (allegato 1), da presentare all'ufficio giu-
diziario procedente, unitamente alla ricevuta del pagamento effettuato. La dichiarazione reca l'attestazione,
rilasciata dall'ufficio finanziario competente all'accertamento, dell'avvenuta estinzione del debito relativo ai
fatti costitutivi dei reati oggetto del procedimento penale» (cfr. Art. 1, D.M. 13.6.2000).
Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi Se il contribuente formula istanza di ac-
certamento con adesione (ex art. 6, co. 2, D.Lgs. 218/1997) o propone ricorso alla Commissione tribu-
taria provinciale, viene meno la possibilità di definire la controversia in acquiescenza ex art. 15 (inve-
ce, se l’istanza è formulata ex art. 6, co. 1, D.Lgs. 218/1997, cioè prima della notifica dell’avviso di ac-
certamento permane «la possibilità di usufruire delle riduzioni [a 1/3] previste nell’art. 15»: cfr. C.M.
235/1997).
Nel caso di atti di valore inferiore a 50.000,00 euro, l’acquiescenza si pone in alternativa al procedi-
mento di ricorso/reclamo di cui all’art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992: se il contribuente effettua il versa-
mento nei termini, si perfeziona l’acquiescenza che definisce la controversia; se, invece, non intende
rinunciare a contestare l’atto, deve formulare istanza di reclamo (dell’atto «sotto soglia»), e «nel pro-
cedimento attivato con l’istanza di mediazione non si applica l’art. 15 del D.Lgs. 218/1997» (cfr. C.A.E.
19.3.2012, n. 9).

Tabella della misura del tasso legale di interesse annuo


Dal 01.01.2015 Al 31.12.2015 0,5%
Dal 01.01.2016 Al 31.12.2016 0,2%
Dal 01.01.2017 Al 31.12.2017 0,1%
Dal 01.01.2018 Al 31.12.2018 0,3%
Dal 01.01.2019 Al 31.12.2019 0,8%
Dal 01.01.2020 Al 31.12.2020 0,05%
Dal 01.01.2021 Al 31.12.2021 0,01%
Dal 01.01.2022 Al 31.12.2022 1,25%
Dal 01.01.2023 5%

Tabella della misura del tasso legale di interesse per ritardato pagamento 1
Dal 01.7.2003 Al 30.9.2009 2,75%
Dal 01.10.2009 Al 31.12.2009 4%
Dal 01.10.2010 3,5%
Note 1 Cfr. art. 20, D.P.R. 602/1973 e D.M. 21.5.2009.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

D.M. 11.09.1997

Art. 15-ter, D.P.R. 29.09.1973, n. 602


Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell'Agenzia delle
entrate

Artt. 13, 13-bis, D.Lgs. 10.03.2000, n. 74


Cause di non punibilità e circostanze del reato

Art. 2-quater, D.L. 30.09.1994


Autotutela
652
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

D.M. 31.03.2000
Estensione dell'applicazione dei versamenti unitari con compensazione ed approvazione del nuovo

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modello di pagamento per l'esecuzione di tali versamenti, ai sensi degli articoli 17, co. 2, lett. h-ter), e 24,
co. 4, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241

D.M. 13.06.2000
Modalità di documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari

Decreto M.E.F. 14.01.2014


Compensazione di crediti con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria
e deflativi del contenzioso tributario

Art. 5, D.Lgs. 14.09.2015, n. 147


Disposizioni in materia di costi black list e di valore normale

Art. 157, D.L. 19.05.2020, n. 34 conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.


Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali

Art. 1, co. da 179 a 185 e da 219 a 221 della L. 29.12.2022, n. 197


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025

Art. 3-bis D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14


Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Artt. 17, 18 e 23, D.L. 30.3.2023, n. 34


Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento
Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con
adesione, reclamo o mediazione e conciliazione giudiziale
Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 10.03.2008, n. 6331 Cass. Ord. 02.08.2017, n. 19228

Cass. Sent. 15.04.2016, n. 7488 Cass. Ord. 15.09.2017, n. 21438

Cass. Sent. 06.05.2016, n. 9176 Cass. Ord. 04.10.2017, n. 23132

Cass. Ord. 05.12.2016, n. 24857 Cass. Ord. 11.05.2018, n. 11497

Cass. Ord. 24.01.2017, n. 1823 Cass. Ord. 04.06.2018, n. 14279

Cass. Ord. 16.02.2017, n. 4171 Cass. Sent. 17.07.2018, n. 18939

Cass. Sent. 17.05.2017, n. 12265 Cass. Ord. 01.10.2018, n. 23719

Cass. Sent. 30.05.2017, n. 13571 Cass. Ord. 02.04.2020, n. 7665

Cass. Ord. 02.08.2017, n. 19227


Acquiescenza 653

PRASSI AMMINISTRATIVA

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


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Circ. Min. 08.08.1997, n. 235 Circ. Ag. Entrate 29.04.2016, n. 17

Circ. Min. 10.07.1998, n. 180 Circ. INPS 02.08.2016, n. 140

Circ. Min. 25.01.1999, n. 23 Cons. Naz. Notariato, Studio n. 102-2016

Nota D.R.E. Sicilia 29.10.1999, n. 50685 Circ. Ag. Entrate 03.04.2020, n. 8


Circ. Ag. Entrate 28.06.2001, n. 65
Doc. ricerca CNDCEC, 25.05.2020
Circ. Ag. Entrate 04.05.2010, n. 23
Circ. Ag. Entrate 20.08.2020, n. 25
Circ. Ag. Entrate 27.06.2011, n. 29
Provv. Ag. Entrate 06.04.2021, n. 88314
Circ. Ag. Entrate 19.03.2012, n. 9
Circ. Ag. Entrate 07.05.2021, n. 4
Circ. Ag. Entrate 02.08.2012, n. 31
Circ. Ag. Entrate 27.01.203, n. 2
Circ. Ag. Entrate 20.09.2012, n. 35
Provv. Ag. Entrate 30.01.2023, n. 27663
Circ. Ag. Entrate 02.08.2013, n. 27
Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 3220
Ris. Ag. Entrate 28.11.2013, n. 87
CNDCEC Doc. 22.02.2023, n. 3220
Circ. Ag. Entrate 17.12.2013, n. 35
IFEL, nota 01.03.2023
Provv. Ag. Entrate 31.01.2014, n. 13917
M.E.F., Circ. 06.03.2023, n. 1/DF
Circ. Ag. Entrate 29.12.2015, n. 38

Circ. Ag. Entrate 08.04.2016, n. 12 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


654
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 Acquiescenza

Appendice operativa tabelle

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Tabella codici tributo Mod. F24
Codice Tributo
9451 IRPEF e relativi interessi
9452 Sanzione e altre somme dovute relative ai tributi erariali
9453 Addizionale regionale all’IRPEF e relativi interessi
9454 Sanzione e altre somme dovute relative all’addizionale regionale all'IRPEF
9455 IRPEG/IRES e relativi interessi
9457 Altre imposte dirette e sostitutive e relativi interessi
9459 Ritenute alla fonte e relativi interessi
9463 IVA e relativi interessi
9466 IRAP e relativi interessi
9467 Sanzione e altre somme dovute relative all’IRAP
9468 Addizionale comunale all’IRPEF e relativi interessi
9469 Sanzione e altre somme dovute relative all’addizionale comunale all’IRPEF
Nota bene: più ricorrenti.

Tabella codici tributo Mod. F23


Codice Tributo
104T Imposta di registro – Trasferimento fabbricati e relativi contratti preliminari
105T Imposta di registro – Trasferimento terreni e relativi contratti preliminari
109T Imposta di registro – Atti, contratti verbali e denunce
111T Imposta di registro – Agevolazioni prima casa
001T Imposta sulle successioni – Quote di eredità
004T Imposta sulle successioni – Valore globale netto
005T Imposta sulle donazioni – Quote di donazioni
006T Imposta sulle donazioni – Valore globale netto
671T Sanzione pecuniaria – Imposta di registro
672T Sanzione pecuniaria – Imposta sulle successioni e donazioni
Nota bene: Più ricorrenti.
Acquiescenza 655

D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218


Tabella R.A.E. 4.3.2014, n. 25
Codice Codice Codice Denominazione Codice tributo Rateazioni/ Anno di

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ufficio atto tributo Regione/ riferimento
Prov./
mese rif.
COMPILARE COMPILARE 9946 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA
relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione
- SANZIONE - art. 13 D.Lgs.
472/1997
COMPILARE COMPILARE 9947 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE ENTE AAAA
relativi all’Addizionale Comunale LOCALE
all'IRPEF a seguito di definizione (tabella T1-
dell’accertamento, accertamento codici degli
con adesione, conciliazione Enti Locali)
giudiziale e mediazione - SANZIONE
- art. 13 D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 9948 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all'IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 -
dell’accertamento, accertamento codici delle
con adesione, conciliazione Regioni e
giudiziale e mediazione - SANZIONE delle Province
- art. 13 D.Lgs. 472/1997 autonome)
COMPILARE COMPILARE 9949 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all'IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 -
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni e
- SANZIONE - art. 13 D.Lgs. delle Province
472/1997 autonome)
COMPILARE COMPILARE 1984 Ravvedimento su importi rateizzati NON AAAA
relativi a tributi erariali a seguito di COMPILARE
definizione dell’accertamento,
accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale e mediazione
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs.
472/1997
COMPILARE COMPILARE 1985 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Comunale ENTE
all'IRPEF a seguito di definizione LOCALE
dell’accertamento, accertamento (tabella T1-
con adesione, conciliazione codici degli
giudiziale e mediazione - INTERESSI Enti Locali)
- art. 13 D.Lgs. 472/1997
COMPILARE COMPILARE 1986 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all’Addizionale Regionale REGIONE
all'IRPEF a seguito di definizione (tabella T0 -
dell’accertamento, accertamento codici delle
con adesione, conciliazione Regioni e
giudiziale e mediazione - INTERESSI delle Province
- art. 13 D.Lgs. 472/1997 autonome)
COMPILARE COMPILARE 1987 Ravvedimento su importi rateizzati CODICE AAAA
relativi all'IRAP a seguito di REGIONE
definizione dell’accertamento, (tabella T0 -
accertamento con adesione, codici delle
conciliazione giudiziale e mediazione Regioni e
- INTERESSI - art. 13 D.Lgs. delle Province
472/1997 autonome)
Definizione agevolata

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delle (sole) sanzioni
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472
Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di
norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.

Art. 16 - PROCEDIMENTO DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI [CFF · 9479]

1. La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall'ufficio o dall'ente compe-


tenti all'accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.
2. L'ufficio o l'ente notifica atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribui-
ti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire
per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonchè dei minimi edittali previsti dalla
legge per le singole violazioni. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto
né ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che
quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.
3. Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati ai sensi
dell'articolo 11, comma 1, possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad
un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti
per le violazioni più gravi relative a ciascun tributi. La definizione agevolata impedisce l'irrogazio-
ne delle sanzioni accessorie. 1
4. Se non addivengono a definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido, pos-
sono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni difensive. In mancanza, l'atto di contestazione
si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile ai sensi dell'articolo 18 sempre entro il
termine di sessanta giorni dalla sua notificazione.
5. L'impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile qualora venga-
no presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione.
6. L'atto di contestazione deve contenere l'invito al pagamento delle somme dovute nel termine
previsto per la proposizione del ricorso, con l'indicazione dei benefici di cui al comma 3 ed altresì
l'invito a produrre nello stesso termine, se non si intende addivenire a definizione agevolata, le
deduzioni difensive e, infine, l'indicazione dell'organo al quale proporre l'impugnazione immediata
7. Quando sono state proposte deduzioni, l'ufficio, nel termine di decadenza di un anno dalla loro
presentazione, irroga, se del caso, le sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine
alle deduzioni medesime. Tuttavia, se il provvedimento non viene notificato entro centoventi
giorni, cessa di diritto l'efficacia delle misure cautelari concesse ai sensi dell'articolo 22.
7-bis. Le sanzioni irrogate ai sensi del comma 7, qualora rideterminate a seguito dell'accoglimento
delle deduzioni prodotte ai sensi del comma 4, sono definibili entro il termine previsto per la pro-
posizione del ricorso, con il pagamento dell'importo stabilito dal comma 3. 2

Note
1 Il presente comma prima modificato prima dall'art. 2, D.Lgs. 05.06.1998, n. 203 (G.U. 01.07.1998, n. 151), poi dall'art. 7,
D.Lgs. 26.01.2001, n. 32 (G.U. 05.03.2001, n. 53), è stato da ultimo così modificato dall'art. 1, comma 20, L. 13.12.2010, n.
220, le cui disposizioni si applicano con riferimento agli atti emessi a decorrere dal 1° febbraio 2011. Si riporta di segui-
to il testo previgente: «3.Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati ai sensi
dell'articolo 11, comma 1, possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della san-
zione indicata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a cia-
scun tributi. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie».
Definizione agevolata delle sanzioni 657

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


2 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 23, D.L. 06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155) con decorrenza dal
06.07.2011 ed applicazione agi atti di irrogazione delle sanzioni notificati dopo la citata data di decorrenza, nonché a

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quelli notificati prima della predetta data per i quali risultano pendenti i termini per la proposizione del ricorso.

Art. 17 - IRROGAZIONE IMMEDIATA [CFF · 9480]

1. In deroga alle previsioni dell' articolo 16, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irroga-
te, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che rego-
lano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accer-
tamento o di rettifica, motivato a pena di nullità. 3
1-bis. All'accertamento doganale, disciplinato dall'articolo 247 del regolamento (CEE) n. 2454/1993 della
Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni, e dall'articolo 117 del regolamento (CE) n.
450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, effettuato con criteri di selet-
tività nella fase del controllo che precede la concessione dello svincolo, restano applicabili le previ-
sioni dell'articolo 16 del presente decreto. 4
2. È ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione ir-
rogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi re-
lative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso. 2
3. Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per
omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli
articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 con-
cernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e ai sensi degli ar-
ticoli 54-bis e 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. Per le sanzioni indicate nel periodo
precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell'articolo 16,
comma 3 1

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 05.06.1998, n. 203 (G.U. 01.07.1998, n. 151).
2 Il presente comma prima modificato dall'art. 2, D.Lgs. 05.06.1998, n. 203 (G.U. 01.07.1998, n. 151), è stato poi così modificato
dall'art. 1, comma 20, L. 13.12.2010, n. 220, le cui disposizioni si applicano con riferimento agli atti emessi a decorrere dal 1°
febbraio 2011. Si riporta di seguito il testo previgente: «2. È ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo
pari ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni
più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso.».
3 La parola «sono» del presente comma ha sostituito le previgenti parole «possono essere» in virtù dell'art. 23, D.L.
06.07.2011, n. 98 (G.U. 06.07.2011, n. 155). La disposizione si applica agli atti emessi a decorrere dal 1° ottobre 2011.
4 Il presente comma è stato inserito dall'art. 9, comma 3-undecies, D.L. 02.03.2012, n. 16 con decorrenza dal 02.03.2012, così
come modificato dall'allegato alla legge di conversione L. 26.04.2012, n. 44 con decorrenza dal 29.04.2012.

DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE SANZIONI (Artt. 16 e 17)

Norme in sintesi
La sanzione irrogata dall’Ufficio può essere definita dal contribuente con il pagamento, entro il termine
previsto per la proposizione del ricorso, di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque
non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo;
con ciò viene meno qualsiasi sanzione accessoria che fosse stata irrogata.
Definizione Le sanzioni irrogate con atto di contestazione o contestualmente all’avviso di accertamen-
to possono essere definite, entro il termine di proposizione del ricorso, con il pagamento di un im-
porto pari a 1/3 (un terzo) del loro ammontare o del minimo edittale.
Ambito soggettivo La definizione è ammessa sia a favore del contribuente, «autore materiale» della
violazione, che del soggetto solidalmente obbligato; se eseguita da uno, estingue l’obbligazione rela-
tiva alle sanzioni tributarie anche dell’altro.
658
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

Ambito oggettivo Riguarda, in generale, le sanzioni collegate a violazioni di tutti i tributi, sia erariali
che locali rispetto ai quali, «l'art. 13, comma 13 del D.L. 201/2011 (…) ha definitivamente chiarito che la

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modifica della misura delle sanzioni applicabili in caso di definizione agevolata, (…) pari a un terzo, si ap-
plica anche» ad essi (cfr. MEF Circolare 18.5.2012, n. 3/DF). In sostanza, «il sistema delineato dal D.Lgs.
472/1997, artt. 16 e 17 detta una disciplina destinata a valere in generale per tutti i tributi» (cfr. Cass. Ord.
9.7.2020, n. 14658; conf. Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30884, in materia di ICI).
La definizione agevolata può riguardare le sanzioni relative:
› sia a violazioni formali, che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo
(art. 16, D.Lgs. 472/1997);
› che a violazioni sostanziali, collegate al tributo (art. 17, D.Lgs. 472/1997); in questo caso, la de-
finizione delle sanzioni non comporta acquiescenza al tributo, ma consente al contribuente di
accedere al contenzioso (e di coltivarlo) relativamente alle imposte (e relativi interessi).
La sanzione amministrativa prevista ad hoc per i costi e spese relativi a fatture oggettivamente
inesistenti (i cd. «costi da reato» di cui all'art. 8, co. 1-3, D.L. 2.3.2012, n. 16, conv. con modif. in
L. 26.4.2012, n. 44) «deve essere irrogata a mezzo di apposito atto di contestazione ai sensi dell’art.
16 del D.Lgs. 472/1997, adeguatamente motivato in relazione alla fattispecie contestata e alla quanti-
ficazione delle sanzioni dovute», per cui può essere definita «esclusivamente ai sensi del comma 3
dell’art. 16» (cfr. C.A.E. 3.8.2012, n. 32).
Non possono essere oggetto di definizione agevolata ex artt. 16 e 17:
› le sanzioni previste in «caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti» (cfr. art. 13, co. 5,
D.Lgs. 471/1997). Perchè il credito possa considerarsi inesistente devono sussistere due con-
dizioni: «i) deve risultare mancante, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo del credito; ii) la
violazione non deve rientrare nell’ambito oggettivo delle liquidazioni e dei controlli formali» ex art.
36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973, e art. 54-bis, del D.P.R. 633-1972. Ne deriva che «la fattis-
pecie di credito inesistente non si realizza in presenza di uno soltanto dei requisiti individuati dalla
norma» (cioè dall’art. 13, co. 5, del D.lgs. 471/1997: cfr. Principio di interpretazione n.1/Accer-
tamento e Riscossione, 02/2021).
In caso di utilizzo di:
- credito inesistente, il termine di accertamento è l’ottavo anno successivo al suo utilizzo ex
art. 27, D.L. 185/2008, dovendo intendersi per suo utilizzo la data di presentazione del mo-
dello di pagamento e non quella di presentazione della dichiarazione nella quale il credito
ha rilevanza (cfr. Cass. Ord. 20.2.2023, n. 5243) e si applica la sanzione dal 100% al 200%;
- un credito non spettante, cioè esistente, ma utilizzato in misura eccedente o in violazione
di legge sulle modalità di utilizzo, il termine di accertamento è quello ordinario previsto
dall’art. 43, D.P.R. 600/1973 e si applica la sanzione del 30% (cfr. 13, co. 4, del D.lgs.
471/1997). La distinzione tra le due fattispecie è stata, recentemente, confermata dalla Corte
di cassazione, secondo la quale «l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto
dall’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185 del 2008, conv. in legge n. 2 del 2009, presuppone l’utilizzo
non già di un mero credito “non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, per tale ultimo do-
vendo intendersi – ai sensi dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997 (…) – il
credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che
non è, cioè “reale”), e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.
36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e all’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972» (cfr. Cass. Sen-
tenze 16.11.2021, n. 34445, 34444 e 34443).
«La dicotomia tra le due tipologie di credito è stata confermata anche» dalla Sezione Penale
della Cassazione, che «facendo propria la definizione di credito inesistente, come effettuata dal-
le suindicate sentenze della Sezione tributaria, ha rilevato che la diversità delle due ipotesi (non
spettante; inesistente) incide anche sul piano dell’elemento soggettivo» (cfr. Cass. Ord. I.,
8.2.2023, n. 3784), concludendo che «se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi
non spettante» (cfr. Cass. Pen., Sentenze 3.3.2022, n. 7613 e 7615).La interpretazione fornita
dalle tre sentenze gemelle del 2021 «non è stata, tuttavia, recepita dalla giurisprudenza suc-
cessiva della Sezione tributaria» (cfr. Cass. Ord. I., 8.2.2023, n. 3784), secondo la quale l’art.
27, co. 16 del D.L. 185/2008 «nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d’im-
posta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare la “inesistenza” del credito a ca-
tegoria distinta dalla “non spettanza” del credito», trattandosi di distinzione «priva di fonda-
Definizione agevolata delle sanzioni 659

mento logico-giuridico» (cfr. Cass. Ord. 29.8.2022, n. 25436. In senso conforme Cass. Ord.

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


25.10.2022, n. 31419).

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La Corte di cassazione, ravvisata la persistenza del contrasto interpretativo relativo alla di-
cotomia credito non spettante/credito inesistente ai fini dell’applicabilità del termine di ot-
to anni fissato dall’art. 27, co. 16, ha rimesso la questione al Primo Presidente della Corte di
cassazione per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. Ord. Int. 2.11.2022, n.
35536).
Se non che, la Corte di cassazione ha nuovamente disposto la trasmissione degli atti al Pri-
mo Presidente della Corte di cassazione per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite,
avendo ravvisato anche la persistenza del contrasto interpretativo relativo alle ulteriori ri-
cadute «che l’ordinamento ricollega alla nozione di credito d’imposta inesistente», in particola-
re, in tema di sanzioni, tema che richiede, data «la rilevanza della questione idonea a ripro-
porsi in numerosi futuri giudizi, un intervento nomofilattico chiarificatore a più ampio raggio
sulla nozione stessa di credito inesistente e sulla sua differenziazione rispetto al credito non spet-
tante» (cfr. Cass. Ord. I., 8.2.2023, n. 3784).
La giurisprudenza di merito, a sua volta, ha ritenuto legittima la definizione agevolata delle
sanzioni, nel caso di violazione di indebita compensazione di crediti esistenti, sanzionata
ex art. 13, co. 4, D.Lgs. 471/1997, data l’assenza di tale divieto nel medesimo comma 4, «di-
vieto che è, invece, espressamente contenuto nel successivo comma 5 [dell’art. 13/471] riguardan-
te i casi più gravi delle compensazioni di crediti inesistenti» (cfr. C.T.P. Aosta, 9.5.2019, n. 8;
C.T.P. Forlì 1.10.2019, n. 264).
Non possono essere oggetto di definizione agevolata ex artt. 16 e 17, anche le sanzioni per
omesso o ritardato versamento dei tributi (cfr. art. 13, co. 1, D.Lgs. 471/1997), comprese quelle
derivanti dalla procedura di liquidazione automatica, ex art. 36-bis, e/o controllo formale, ex
art. 36-ter, D.P.R. 600/1973, quando sono irrogate mediante iscrizione a ruolo senza previa con-
testazione. Sul punto, però, la Corte di Cassazione ritiene:
› da un lato, che tale preclusione (sancita dal conclusivo inciso del comma 3 dell’art. 17, D.Lgs.
472/1997) riguardi i «soli casi in cui si procede ad iscrivere a ruolo le sanzioni, il che (…) è accadimen-
to del tutto normale quando la omissione dei versamenti o il ritardo negli stessi emerga dall’attività li-
quidatoria». In questo caso, essendo già stata comunicata ai contribuenti «l’omissione o il ritardo
ai sensi delle disposizioni in materia di controlli automatici delle dichiarazioni, ad essi è già stata of-
ferta, in applicazione dell’art. 2, co. 2, D.Lgs. 462/1997, la facoltà di accedere alla definizione agevolata
dell’illecito contestato». Invece, se le sanzioni per omesso o ritardato versamento dei tributi (e
quelle per indebita compensazione di crediti esistenti, ad esse equiparate) sono state irrogate «a
mezzo di separato e distinto atto di contestazione [ai sensi dell’art. 16, D.Lgs. 472/1997], è l’art. 16
nella sua interezza a dover essere applicato» con conseguente effetto «estintivo del pagamento della
sanzione in misura ridotta a cui provveda la parte» (cfr. Cass. Sent. 23.9.2016, n. 18682);
› dall’altro, che il divieto di definizione agevolata (di cui al citato comma 3 dell’art. 17) riferito
«alle «sanzioni irrogate nel periodo precedente concerne la violazione dell’omesso o ritardato versa-
mento d’imposta [ravvisabile anche laddove sia stata effettuata una compensazione in misura
superiore a quella consentita], indipendentemente dalle modalità mediante le quali si proceda al-
la irrogazione delle sanzioni» (cfr. Cass. Ord. 19.5.2017, n. 12645). Secondo questo orientamen-
to, quindi, «in presenza di un omesso o ritardato pagamento di tributi, il versamento ridotto delle
sanzioni è precluso, sia nell’ipotesi in cui l’Ufficio abbia proceduto direttamente alla iscrizione a
ruolo delle sanzioni a seguito di controllo automatizzato o formale (…), sia nell’ipotesi in cui la
sanzione sia stata irrogata unitamente alla emissione dell’avviso di accertamento (…), ovvero con
distinto ed autonomo atto di irrogazione delle sanzioni (…). In altri termini il divieto di definizione
agevolata riferito alle “sanzioni irrogate nel periodo precedente” deve essere oggettivamente inteso
come attinente a qualunque ipotesi di sanzione per omesso (o ritardato) versamento di imposta, a
prescindere dalla modalità di irrogazione delle sanzioni, e non limitato alla sola ipotesi in cui la
sanzione per omesso versamento sia stata irrogata mediante diretta iscrizione a ruolo» (cfr. Cass.
Sent. 29.12.2016, n. 27315; conf. Cass. Ord. 30.6.2021, n. 18367; Cass. Sent. 5.4.2019, n. 9589).
Modalità e Perfezionamento Il contribuente che intenda definire le sanzioni risultanti dall’atto
deve versare – entro il termine di presentazione del ricorso (60 giorni dalla notifica dell’atto
stesso, più eventuale periodo di sospensione feriale dal 1° al 31 agosto) – le somme dovute.
660
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

Le norme in esame «individuano un termine per assolvere l'obbligo di pagamento della pretesa era-
riale con il beneficio della riduzione della sanzione. La scelta legislativa di fissare il termine in corre-

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lazione con quello per proporre il giudizio risponde all'intento di dare, fino alla scadenza, al contri-
buente la possibilità di scegliere se pagare o presentare ricorso». Pertanto, «è legittimo il pagamento
effettuato in misura ridotta ai sensi dell'art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997 entro il termine
per la proposizione del ricorso, comprensivo del periodo di sospensione feriale, atteso che la "ratio"
della detta disposizione è quella di riconoscere al contribuente la facoltà di scegliere se pagare ovvero
contestare giudizialmente la pretesa fino all'ultimo giorno utile per presentare ricorso» (cfr. Cass.
Ord. 15.1.2019, n. 745).
La definizione si perfeziona con il «comportamento concludente» del contribuente, che versa
quanto dovuto entro il termine di proposizione del ricorso.
Disposizioni connesse alla emergenza epidemiologica da Covid-19 La sospensione del termine di
impugnazione degli atti dal 9.3.2020 all’11.5.2020 di cui all'art. 83, co. 2, D.L. 17.3.2020, n. 18,
(conv. con modif. in L. 24.4.2020, n. 27 e ss.mm.) era stata ritenuta «applicabile a tutti gli istituti
definitori che fanno esplicito rinvio, ai fini del godimento del beneficio, ai termini per l’impugnazione
(si pensi … alla definizione degli atti di contestazione ai sensi dell’art. 16, del D.Lgs. 472/1997» (cfr.
C.A.E. 3.4.2020, n. 8). Invece, il differimento del medesimo termine al 16.9.2020 (cfr. art. 149,
D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77), era stato ritenuto non applicabile,
nel caso di atti di contestazione o irrogazione sanzioni, in quanto non contemplati dalla dispo-
sizione stessa (cfr. CNDCEC, Doc. di ricerca, 25.5.2020).
L’art. 157 del D.L. 19.5.2020, n. 34, conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 (sostituito, da ultimo,
dall’art. 22-bis, del D.L. 31.12.2020, n. 183, conv, con modif. in L. 26.2.2021, n. 21, c.d. Decreto
Milleproroghe) ha posticipato il termine di decadenza dell’azione accertatrice, stabilendo, tra
l’altro, che gli atti di contestazione e di irrogazione sanzioni, per i quali i termini di decadenza
(calcolati senza tenere conto della proroga di 85 giorni ex art. 67, D.L. 18/2020) dell’azione ac-
certatrice scadono tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (si tratta, in genere, del periodo d’imposta
2015, o, in caso di omessa dichiarazione, del periodo d’imposta 2014), sono emessi entro il 31
dicembre 2020 e notificati tra 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, possibilmente, «seguendo prio-
ritariamente l’ordine cronologico di emissione» (cfr. Provv. A.E. 6.4.2021, n. 88314; C.A.E. 7.5.2021,
n. 4); fatti salvi i casi di indifferibilità ed urgenza «o al fine del perfezionamento degli adempimenti
fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi». Viene, così, introdotta, limitatamente ai
predetti atti (non per quelli «diversi» relativi, in genere, ai periodi d’imposta dal 2016), la proro-
ga dei termini di notifica degli atti emessi, cioè «firmati e protocollati, entro il termine del 31 di-
cembre 2020» (cfr. C.A.E. 20.8.2020, n. 25, § 3.10.6); con onere della prova della emissione del-
l’atto, entro il termine previsto dalla norma, a carico dell’Ufficio (che può fornirla anche attra-
verso il c.d. glifo: cfr. C.T.P. Napoli, Sent. 2.3.2022, n. 345; C.T.P. Bari, Sent. 19.9.2022, n. 1495;
C.T.P. Arezzo, Sent. 12.10.2022, n. 213). Viene stabilito, inoltre, che detta proroga possa cumular-
si con altre disposizioni che stabiliscono il differimento dei termini di accertamento (è il caso,
ad esempio, delle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale).
Modalità di pagamento Il pagamento delle somme dovute va eseguito utilizzando il Mod. F24 (per
le imposte sui redditi, Iva, Irap) o il Mod. F23 (per l’imposta di registro e per gli altri tributi in-
diretti); copia della ricevuta di pagamento dovrà essere depositata presso l’Ufficio (anche se tale
adempimento non è previsto dalla legge). «L'imposta sulle successioni, l'imposta ipotecaria, l'impo-
sta catastale, le tasse ipotecarie, l'imposta di bollo, l'imposta comunale sull'incremento di valore degli
immobili e i tributi speciali, nonché i relativi accessori, interessi e sanzioni, dovuti in relazione alla
presentazione della dichiarazione di successione, sono versati mediante il modello F24» (cfr. Provv.
A.E., 17.3.2016, n. 40892. I relativi codici tributo sono stati istituiti con R.A.E. 25.3.2016, n. 16).
Nel Mod. F24, si deve indicare il codice dell’Ufficio che ha emesso l’atto oggetto della definizio-
ne, il codice dell’atto, l’anno cui si riferisce la violazione e, per l’Irap e le addizionali regionali e
comunali, il codice dell’ente territoriale destinatario della somma (nella relativa colonna), indi-
cando l’importo nella sezione «Erario».
Il pagamento:
a) può essere oggetto di compensazione con riferimento ai tributi che si versano con il Mod.
F24; non, invece, per le imposte che si versano con il Mod. F23;
b) deve essere effettuato per intero, non essendo ammessa la forma «rateale»;
Definizione agevolata delle sanzioni 661

c) non è soggetto alla disciplina del «lieve inadempimento».

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Sub a). Gli importi dovuti con Mod. F24 possono essere compensati, nei limiti previsti dalle vi-

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genti disposizioni, con i crediti del contribuente (cfr. art. 1, lett. d, D.M. 31.3.2000).
Il pagamento conseguente alla definizione agevolata delle sole sanzioni può essere compensa-
to, ex art. 28-quinquies del D.P.R. 602/1973 – su richiesta del contribuente – con i crediti com-
merciali non prescritti, certi, liquidi, esigibili e «certificati» (relativi a somministrazioni, forni-
ture e appalti) vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione, se sussistono le seguenti
condizioni (stabilite dal Decreto MEF, 14.1.2014):
› il contribuente titolare del debito tributario deve coincidere con il titolare del credito «certifi-
cato»;
› la certificazione deve contenere, fra l’altro, la data di pagamento del credito commerciale, ri-
lasciata dall’Ente debitore attraverso la cd. «piattaforma elettronica»;
› la compensazione deve avvenire esclusivamente con Mod. F24 telematico, nel quale vanno
indicati gli appositi codici tributo relativi ai debiti fiscali, e il codice relativo ai crediti com-
merciali.
Il modello di versamento denominato «F24 Crediti PP.AA.» (con l’apposito campo «numero certi-
ficazione credito»), è stato approvato con Provv. A.E. 31.1.2014, n. 2014/13917; è disponibile solo
in formato elettronico e deve essere «trasmesso esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti
dall’Agenzia delle Entrate».
Sub b). Il versamento non è rateizzabile, salvo che sussistano le specifiche condizioni di eccezio-
nalità dettate dall’art. 24, del D.Lgs. 472/1997, rubricato «Riscossione delle sanzioni» (cfr. Risposte
Ag. Entrate a Telefisco, 28.1.2021). Tale norma prevede che l’Ufficio «che ha applicato la sanzione,
può eccezionalmente consentirne, su richiesta dell’interessato in condizioni economiche disagiate, il
pagamento in rate mensili fino ad un massimo di 30». Ma, «nel caso di mancato pagamento anche di
una sola rata, il debitore decade dal beneficio e deve provvedere al pagamento del debito residuo entro
trenta giorni dalla scadenza della rata non adempiuta». Secondo l’Agenzia delle Entrate, il contri-
buente può chiedere «di essere ammesso al beneficio del pagamento della sanzione in forma ratea-
le» anche nelle ipotesi in cui «opti per la definizione agevolata delle sanzioni» ex artt. 16, co. 3 e 17,
co. 2, D.Lgs. 472/1997. Anche in questo caso, spetta all’Ufficio, verificata la sussistenza delle
condizioni economiche disagiate, valutare se accogliere (o meno) la richiesta. Si applica la stes-
sa regola della decadenza dalla rateazione, con la precisazione che il «debito residuo va rapporta-
to all’importo della sanzione ridotta a un terzo, solo se il relativo pagamento avviene entro il termine
di trenta giorni dalla scadenza della rata non pagata». Invece, se il predetto termine non viene ri-
spettato «il debito va commisurato alla sanzione dovuta in misura integrale».
La definizione agevolata, infatti, si perfeziona, in caso di pagamento rateale, solo «con il paga-
mento puntuale di tutti gli importi previsti nel piano di rateazione». Mentre, il versamento puntua-
le (entro i termini per il ricorso) solo della prima rata «non perfeziona l’istituto in esame, con la
conseguenza che il pagamento di ogni successiva rata oltre le scadenze stabilite e, a maggior ragione,
l’eventuale omesso versamento, comporta la decadenza dal beneficio della definizione agevolata e il ri-
pristino del debito originario» (cfr. Risposte Ag. Entrate a Telefisco, 28.1.2021).
Sub c). Il versamento delle somme dovute, infine, non è soggetto alla disciplina del «lieve ina-
dempimento», di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973, perché il Legislatore ha inteso riferirla
(solo) «alle rateazioni disposte a seguito delle comunicazioni degli esiti derivati dal controllo automa-
tizzato o formale ovvero dell’accertamento con adesione e degli altri istituti a questo assimilabili».
Pertanto, «l’estensione del lieve inadempimento a fattispecie ulteriori, come quella della definizione
agevolata delle sanzioni, non trova[ndo] espressa enunciazione nella norma», non si applica (cfr.
Circ. Ag. Entrate 8.4.2016, n. 12).
Pare, quindi, superato il precedente orientamento dell’Agenzia delle Entrate, condiviso da una
parte della giurisprudenza di merito (cfr. C.T.R. Milano, 31.7.2012, n. 118), secondo il quale l’«er-
rore materiale o di calcolo nel versamento delle somme dovute» non impedisce il perfezionamento
della procedura ex art. 17, D.Lgs. 472/1997, se «la differenza tra quanto dovuto e quanto versato sia
di entità lieve», e il contribuente proceda alla integrazione del relativo versamento (cfr. Circ. Ag.
Entrate 2.8.2013, n. 27). Anzi, la Corte di cassazione ha ritenuto non tempestivo un versamento
effettuato a mezzo bonifico bancario l’ultimo giorno utile per la definizione, perché il relativo
importo è stato accreditato solo il giorno successivo «sicché l’adempimento è stato tardivo» (cfr.
662
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

Cass. Ord. 6.6.2019, n. 15359).


Effetti La definizione agevolata:

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› comporta la riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 (un terzo) dell’irrogato, purché non
inferiore al terzo del minimo edittale previsto per le violazioni più gravi relative a ciascun tri-
buto;
› preclude all’Ufficio la possibilità di aumentare l’entità delle sanzioni previste nel caso di reci-
diva ex art. 7, D.Lgs. 472/1997;
› impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie di cui all’art. 21, D.Lgs. 472/1997 (interdizione
dalla carica di amministratore, sindaco, revisore; interdizione dalla partecipazione a gare pub-
bliche; interdizione o sospensione dell’attività di lavoro autonomo o di impresa); effetto espres-
samente previsto «solo» per la definizione ex art. 16, co. 3, D.Lgs. 472/1997, ma – trattandosi di
principio di portata generale – a valere anche per il successivo art. 17, co. 2 (cfr. C.M. 25.1.1999,
n. 23). Non impedisce, invece, l’applicazione di altre sanzioni accessorie, come quella della «so-
spensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio (…) dell’attività (…) nel caso in cui siano ac-
certate, nel corso del quinquennio, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scon-
trino fiscale» (art. 12, co. 2, D.Lgs. 471/1997); o quella della sospensione dalla iscrizione all’Albo o
all’ordine del professionista al quale siano contestate, nell’arco di un quinquennio, quattro di-
stinte violazioni dell’obbligo di emissione della fattura (art. 12 co. 2-sexies e 2-septies, D.Lgs.
471/1997): perché l’art. 12, D.Lgs. 471/1997 ha carattere speciale rispetto all’art. 16, co. 3, D.Lgs.
472/1997 (cfr. Cass. Sentenze 2.10.2013, n. 22491 e 12.11.2010, n. 22976);
› determina l’estinzione della controversia relativa alle sanzioni, ma non «comporta effetti di ac-
quiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa, né integra una confessione o un ele-
mento di prova, non concernendo il profilo (meramente) tributario del rapporto, di guisa che resta
impregiudicata la sorte del tributo e la possibilità del contribuente di contestarlo» (cfr. Cass. Sent.
6.11.2013, n. 24906). L’atto di contestazione delle sanzioni, infatti, è «autonomo rispetto al pro-
cedimento di accertamento del tributo cui le sanzioni si riferiscono, con la conseguenza che deve
escludersi che la scelta del trasgressore di addivenire alla definizione agevolata prevista dal comma
3 [dell’art. 16] comporti – neanche implicitamente – alcun effetto di acquiescenza o di riconosci-
mento della fondatezza della pretesa relativa al tributo, la cui possibilità di contestazione resta,
quindi, impregiudicata» (cfr. Cass. Sent. 12.10.2012, n. 17529; conf. Cass. Ordinanze 29.10.2021,
n. 30884; 30.6.2021, n. 18576).
Particolarità sulla disciplina dei costi da reato (art. 14, co. 4-bis della L. 24.12.1993, n. 537) Dato
che la contestazione, da parte dell'Ufficio, della deduzione dei costi e delle spese, direttamente
utilizzati per il compimento di un delitto non colposo, è subordinata al vaglio preventivo, da
parte degli organi giudiziari, dei presupposti qualificanti la fattispecie, se viene esercitata
l’azione penale, l’Ufficio «riprende a tassazione» i costi e le spese (ritenute indeducibili) e prov-
vede al recupero della maggiore imposta, degli interessi e delle conseguenti sanzioni. Se dopo
l’accertamento dell’Ufficio, interviene, in sede penale, una sentenza definitiva di assoluzione, di
non luogo a procedere (per motivi diversi dalla prescrizione), o di non doversi procedere, vie-
ne «meno il presupposto in ragione del quale i costi sono stati considerati (…) fiscalmente indeducibi-
li», e al contribuente compete il rimborso delle maggiori imposte versate, degli interessi e delle
sanzioni. Il rimborso compete, anche «nelle ipotesi in cui il contribuente abbia definito la pretesa
attraverso il ricorso agli istituti definitori» di cui al D.Lgs. 218/1997, al D.Lgs. 546/1992, «nonché
agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 472/1997» (cfr. C.A.E. 3.8.2012, n. 32) in deroga alla regola della «ir-
ripetibilità delle somme versate nel contesto di atti tributari resisi definitivi» (cfr. Assonime, Circ.
28.9.2012, n. 25) e «in via del tutto eccezionale – in funzione della particolarità della norma che su-
bordina all’esito del procedimento penale la pretesa tributaria». Pertanto, al contribuente che abbia
definito la pretesa attraverso il ricorso agli istituti deflativi richiamati spetta il rimborso di
quanto (eventualmente) pagato in quella sede (conclusione, questa, non sempre praticata dagli
Uffici finanziari periferici).
Questa disciplina non va confusa con l’ipotesi di vittoria del contribuente nell’ambito della giu-
risdizione tributaria (in ordine alle imposte), la quale non consente il rimborso di quanto paga-
to a titolo di definizione agevolata delle sanzioni (cfr. Cass. 25493/2013, richiamata a proposito
dell’art. 17).
Le singole fattispecie: A) Procedimento di irrogazione delle sanzioni ex art. 16 Il procedimento
Definizione agevolata delle sanzioni 663

– che deve essere obbligatoriamente utilizzato per l’irrogazione delle sanzioni relative a viola-

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


zioni cd. formali, cioè che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo – ini-

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zia con la notifica, da parte dell’Ufficio finanziario, di un apposito atto di contestazione, che de-
ve essere motivato, a pena di nullità.
«L’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dal-
l’art. 16, co. 2, del D.Lgs. 472/1997, opera [però], soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e
non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo
caso, viene assolto per relationem se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali» (cfr.
Cass. Sent. 4.5.2021, n. 11610 e Cass. Sent. 5.8.2016, n. 16484).
L'atto di contestazione deve contenere:
› l’invito a pagare, entro il termine di proposizione del ricorso, le somme dovute (a titolo di
sanzioni amministrative) ridotte a 1/3 (un terzo);
› l’invito al contribuente, che non intenda valersi della definizione agevolata, a produrre, entro
lo stesso termine, le proprie deduzioni difensive;
› l’indicazione dell’organo al quale il contribuente, che intenda contestare l’atto, può proporre
ricorso immediato.
Ricevuto l’atto (notificato), il contribuente (o il soggetto obbligato in solido), entro il termine di
proposizione del ricorso, può dunque:
1. definire la controversia con il pagamento della sanzione ridotta a 1/3 (un terzo);
2. produrre deduzioni difensive per contestare, di fronte all’Ufficio finanziario, le sanzioni irro-
gate (nel qual caso l’atto di irrogazione deve essere emesso entro il termine di decadenza di
un anno e deve essere motivato a pena di nullità «in ordine alle deduzioni medesime»: cfr. art.
16, co. 7, D.Lgs. 472/1997);
3. impugnare l’atto in via giurisdizionale, dato che, in assenza di definizione agevolata o di
presentazione delle deduzioni difensive, l’atto di contestazione «si trasforma» in atto di irro-
gazione sanzioni, contro il quale è ammessa la proposizione del ricorso giurisdizionale; non
è, invece, ammessa la produzione delle memorie difensive e, nel contempo, la impugnazione
immediata dell’atto; il relativo ricorso sarebbe improcedibile, dato che l’impugnazione del-
l’atto di fronte alla Corte di giustizia tributaria di primo grado è «preclusa tanto nel caso in cui
il trasgressore decida di avvalersi della definizione agevolata, tanto in quello in cui opti per la pre-
sentazione di deduzioni difensive» (cfr. C.T.P. Latina, 30.8.2007, n. 178).
Sub 1. Se il contribuente definisce la contestazione ai sensi dell’art. 16, co. 3, tale pagamento
«preclude definitivamente (…), ogni sindacato sui presupposti e sulle condizioni di applicazione delle
sanzioni»: sia al contribuente, che se ne sia avvalso, sia all'Ufficio finanziario, che abbia riscosso
le somme versate (cfr. Cass. Ord. 27.9.2017, n. 22558).
Sub 2. Se il contribuente presenta le deduzioni difensive, l’Ufficio può rigettarle o accoglierle:
› nel caso le rigetti, l’atto di irrogazione delle sanzioni potrà essere definito dal contribuente
«solo con il pagamento dell’intero ammontare» (cfr. C.A.E. 5.8.2011, n. 41/E), fatta eccezione per
gli atti di valore non superiore a 50.000,00 euro, per i quali il rigetto delle deduzioni difensi-
ve non impedisce la definizione agevolata (anche) quando il successivo (ed eventuale) accor-
do di mediazione comporti «la conferma integrale della sanzione accertata»: è, infatti, «ammis-
sibile consentire la definizione delle sanzioni anche nella successiva fase contenziosa, in sede di me-
diazione», a condizione che la riduzione sanzionatoria non sia più elevata di quanto consen-
tito per effetto della acquiescenza nella precedente fase amministrativa (cfr. C.A.E. 3.8.2012,
n. 33 che richiama la C.A.E. 19.3.2012, n. 9);
› nel caso le accolga, totalmente o parzialmente, il contribuente potrà definire le eventuali san-
zioni (rideterminate dall’Ufficio) con la riduzione a 1/3 (un terzo) (cfr. art. 16, co. 7-bis).
La possibilità di definire, in via agevolata, le sanzioni, anche dopo che queste siano state ride-
terminate dall’Ufficio, era già stata riconosciuta dall’Agenzia delle Dogane (cfr. Circ. 23.12.1998,
n. 292/D): «qualora l’Ufficio, anche a seguito di deduzioni prodotte dall’interessato, accerti che sono
stati commessi errori nella redazione del processo verbale di contestazione, sia per motivi di equità sia
per motivi di buona amministrazione, può correggere tali errori, secondo i dettami dell’autotutela, ri-
petendo, se necessario ex novo la contestazione. Non sembra giusto, infatti, precludere alla parte la
possibilità di fruire della definizione agevolata sulla base dell’esatto importo dovuto, a causa di un er-
rore compiuto dall’Amministrazione».
664
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

Invece, l'Ufficio non può far rivivere l’originario atto di contestazione, se alle deduzioni difensi-
ve è seguito, prima il suo annullamento e, poi, «la revoca dell’annullamento in autotutela, con la

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motivazione che il provvedimento era stato emesso per un mero errore materiale»: in questo caso,
infatti, «l’atto di contestazione ha perso la propria potenziale valenza di atto sanzionatorio (…) per-
ché ad esso hanno fatto seguito le deduzioni difensive del contribuente» e «perché l’Amministrazione
finanziaria lo aveva annullato (in autotutela) e la successiva revoca dell’autotutela non ne aveva, per
così dire, ripristinato gli effetti» (cfr. Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34264).
Sub 3. Se il contribuente impugna l’atto - di valore non superiore a 50.000,00 euro - prima di
accedere al contenzioso, deve presentare l’istanza di reclamo/mediazione (cfr. art. 17-bis, D.Lgs.
546/1992).
La possibilità di valersi del presente istituto, le relative modalità e i correlati adempimenti sono
espressamente menzionati nella sezione «Avvertenze» dell’atto di contestazione.
Le singole fattispecie: B) Irrogazione immediata ex art. 17 La irrogazione delle sanzioni per vio-
lazioni cd. sostanziali, cioè collegate al tributo cui si riferiscono, avviene (in deroga alla discipli-
na prevista dall’art. 16) senza previa contestazione delle sanzioni (che, pertanto, vengono irro-
gate con lo stesso avviso di accertamento o di rettifica). Procedimento, questo, che «non è più
rimesso alla facoltà dell’Ufficio, ma diventa (…) ordinario e obbligatorio» (cfr. C.A.E. 19.6.2012, n. 25
e, in precedenza, C.A.E. 5.8.2011, n. 41; nonché C.T.R. Milano, Sez. Staccata di Brescia, 17.3.2016,
n. 1630).
«Il superamento del doppio binario basato sulla previgente possibilità di irrogazione immediata o me-
diante separato atto di contestazione delle sanzioni correlate ai tributi» comporta, tra l’altro, l’effet-
to che l’intimazione ad adempiere contenuta negli avvisi di accertamento cd. «impoesattivi»
(relativi a Irpef, Ires, Iva e Irap) «si riferirà sempre anche alle sanzioni collegate al tributo» (cfr.
C.A.E. 5.8.2011, n. 41/E).
Pertanto: il contribuente che riceve l’avviso (di accertamento/rettifica) può, entro il termine di
proposizione del ricorso:
› formulare istanza di accertamento con adesione;
› prestare acquiescenza al suo contenuto;
› definire le sanzioni, in via agevolata ai sensi dell’art. 17, co. 2, D.Lgs. 472/1997, con il paga-
mento di 1/3 (un terzo) di quelle irrogate, purché non inferiore ad 1/3 (un terzo) dei minimi
edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo: in questo caso il paga-
mento del dovuto non può essere rateizzato.
La definizione riguarda solo le sanzioni e non comporta – a differenza di quanto avviene se si
utilizza l’art. 15, D.Lgs. 218/1997 – acquiescenza al tributo preteso dall’Ufficio: si verifica, cioè,
una scissione dell’aspetto sanzionatorio (definito con il pagamento di «un terzo») rispetto a
quello impositivo, in relazione al quale il contribuente conserva la facoltà di coltivare la lite.
«La ratio dell’istituto consiste [infatti] nel consentire all’Erario di incassare in tempi rapidi (seppure
in misura ridotta) le sanzioni irrogate e al contribuente (…) di bloccare le sanzioni ridotte (…) e (…)
proporre eventuale ricorso alla Commissione tributaria» (cfr. Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30884).
L’esito del contenzioso sulla parte impositiva, anche se favorevole al contribuente, non gli con-
sentirà, però, di chiedere il rimborso delle sanzioni (già definite), perché «le sanzioni pagate ri-
mangono definitivamente ed irreversibilmente acquisite dal Fisco, a prescindere dall’esito del ricorso
sui rilievi principali che hanno dato luogo all’irrogazione delle sanzioni» (cfr. C.T.P. Bergamo,
10.11.2008, n. 64); e «la sentenza che dovesse definire il giudizio, negando la sussistenza della viola-
zione, non darebbe comunque titolo alla ripetizione di quanto percepito dall’Ente impositore in base
alla definizione agevolata della sanzione, stante l’intangibilità della definizione stessa» (cfr. C.A.E.
12.3.2010, n. 12).
La disposizione prevede «una facoltà concessa al contribuente per definire, con il versamento di una
somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile come sanzione, l’aspetto sanzionato-
rio del rapporto tributario in contestazione (…), con effetti, per un verso, preclusivi per l’Ufficio della
irrogazione della pena nei limiti edittali, e, d’altra parte, ostativi per il contribuente della ripetizione
di quanto pagato» (cfr. Cass. Sent. 13.11.2013, n. 25493). «La scelta del trasgressore di addivenire al-
la definizione agevolata (…) comporta l’effetto di chiudere, definitivamente, in termini e secondo mo-
dalità prefissati dalla stessa legge, il rapporto tra contribuente e Fisco in ordine alle conseguenze san-
zionatorie delle violazioni rilevate» (cfr. Cass. Sentenze 29.11.2013, n. 26740; 30.12.2015, n. 26061;
Definizione agevolata delle sanzioni 665

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


Cass. Ord. 9.7.2020, n. 14658; C.T.R. Milano, 15.4.2016, n. 2266; C.T.R. Palermo, 17.3.2016, n.
1086). «In materia di violazioni di norme tributarie (nella specie, relative ai benefici per l’acquisto

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della prima casa), l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni, disciplinato dal D.Lgs. 18 di-
cembre 1997, n. 472, art. 17, è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le
medesime si riferiscono; con la conseguenza che, qualora il trasgressore scelga di addivenire alla defi-
nizione agevolata, prevista dall’art. 17 cit., comma 2, la ripetizione delle somme pagate non è consen-
tita, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e Fisco
in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni stesse già rilevate» (cfr. Cass. Ord.
22.9.2015, n. 18740; conf. Cass. Ord. 26.2.2020, n. 5166).
Secondo una sentenza di merito, invece, le sanzioni definite in via agevolata vanno restituite al
contribuente, se l’Ufficio riconosce che l’imposta non era dovuta perché in contrasto con il di-
ritto comunitario: «l’atto notificato è tamquam non esset e l’Ufficio ha l’obbligo di restituire quanto
percepito a qualsiasi titolo in violazione del diritto comunitario», il quale non prevede «una irripe-
tibilità delle somme corrisposte a qualsiasi titolo» (cfr. C.T.R. Roma, 19.7.2016, n. 4639). Il giudice,
infatti, «è tenuto all’applicazione della norma comunitaria in contrasto con quella nazionale» di gra-
do inferiore rispetto alla prima.
Alternative e preclusioni nell’utilizzo degli istituti deflativi Agli atti di contestazione sanzioni
non si applica la moratoria di 60 giorni prevista dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000: sia perché essa
riguarda solo l’atto impositivo, e sia perché, in materia di sanzioni, è già previsto uno specifico
contraddittorio rafforzato: l’art. 16, D.Lgs. 472/1997, infatti, detta «una disciplina speciale che
esula totalmente dai criteri guida sanciti dall’art. 12, co. 7, L. 212/2000, specificando le peculiari mo-
dalità con le quali viene garantito il principio del contraddittorio» (cfr. Cass. Sent. 13.11.2013, n.
25515; conf. Cass. Sentenze 24.11.2021, n. 36488; 18.3.2021, n. 7620; Cass. Ordinanze 17.3.2020, n.
7380 e 9.5.2017, n. 11391; C.T.P. Milano, 19.9.2019, n. 3781), «di tal ché il sistema (…) è pienamente
rispettoso dei principi generali di leale collaborazione tra Amministrazione e contribuente ai quali si
ispira lo Statuto» (cfr. Cass. Sent. 25.9.2013, n. 22000).
Non possono essere oggetto di definizione agevolata delle sanzioni ex artt. 16 e 17, D.Lgs. 472/1997, i
c.d. «avvisi bonari» originati dai controlli automatici e/o dal controllo formale delle dichiarazioni di
cui agli artt. 36-bis (o art. 54-bis D.P.R. 633/1972) e 36-ter, D.P.R. 600/1973, dato che anche per essi è
prevista una specifica modalità di definizione della pretesa con il pagamento – nel termine di 30
giorni dalla ricezione dell’atto – della sanzione ridotta rispettivamente a 1/3 o a 2/3 di quella dovuta
(cioè nella misura del 10% e del 20%: cfr. artt. 2 e 3, D.Lgs. 462/1997).
Se il contribuente, prima di adire la via giurisdizionale, formula istanza di accertamento con
adesione e il relativo procedimento ha esito negativo, la facoltà di valersi della definizione age-
volata delle (sole) sanzioni ex art. 17, co. 2, secondo l’Amministrazione finanziaria non è pregiu-
dicata «a condizione che [il contribuente] effettui il pagamento entro il termine per la proposizione
del ricorso» (cfr. C.A.E. 19.6.2012, n. 25). La Corte di cassazione, invece, ritiene che l’esito negati-
vo dell’accertamento con adesione non consenta al contribuente «di poter beneficiare della defi-
nizione agevolata delle sanzioni di cui all’art. 17, co. 2, D.Lgs. 472/1997, concernente le sanzioni in ge-
nerale, atteso che, in ordine alle “sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell’adesione
commesse nel periodo di imposta”, vi è la specifica previsione di cui agli articoli 2, comma 5, e 15,
comma 1 D.Lgs. 218/97» (cfr. Cass. Sent. 10.6.2015, n. 12006).
Nel caso di atti di valore (convenzionale) non superiore a 50.000,00 euro, il contribuente «è te-
nuto a presentare obbligatoriamente» il ricorso/reclamo ex art. 17-bis, D.Lgs. 546/1992, qualora:
› «opti per l’impugnazione immediata dell’atto di contestazione ovvero per l’impugnazione del prov-
vedimento di irrogazione notificato dall’Ufficio successivamente alle deduzioni difensive e il valore
della controversia non superi» il limite indicato;
› definisca le sanzioni irrogate contestualmente all’avviso di accertamento e impugni l’atto – di
valore non superiore a 50.000,00 euro – relativamente al tributo e/o agli interessi.
È, infatti, «ammissibile (...) la definizione delle sanzioni anche nella successiva fase contenziosa, in
sede di mediazione», ma la riduzione delle sanzioni di cui può beneficiare il contribuente in tale
sede «è stabilita dal Legislatore in misura inferiore a quella spettante in caso di mancata impugna-
zione dell'atto» (cfr. C.A.E. 3.8.2012, n. 33; per cui la misura sarà pari al 35%, anziché al 33,3%).
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D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

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D.M. 31.03.2000
Estensione dell'applicazione dei versamenti unitari con compensazione ed approvazione del nuovo modello
di pagamento per l'esecuzione di tali versamenti, ai sensi degli articoli 17, co. 2, lett. h-ter), e 24, co. 4, del D.Lgs.
9 luglio 1997, n. 241

Decreto M.E.F. 14.01.2014


Compensazione di crediti con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflati-
vi del contenzioso tributario

Art. 157, D.L. 19.05.2020, n. 34 conv. con modif. in L. 17.7.2020, n. 77 e ss.mm.


Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

Cass. Sent. 12.11.2010, n. 22976 Cass. Ord. 06.06.2019, n. 15359

Cass. Sent. 12.10.2012, n. 17529 Cass. Ord. 26.02.2020, n. 5166

Cass. Sent. 25.09.2013, n. 22000 Cass. Ord. 17.03.2020, n. 7380

Cass. Sent. 02.10.2013, n. 22491 Cass. Ord. 09.07.2020, n. 14658

Cass. Sent. 06.11.2013, n. 24906 Cass. Sent. 18.03.2021, n. 7620

Cass. Sent. 13.11.2013, n. 25493 Cass. Sent. 04.05.2021, n. 11610

Cass. Sent. 13.11.2013, n. 25515 Cass. Ord. 30.06.2021, n. 18367

Cass. Sent. 29.11.2013, n. 26740 Cass. Ord. 30.06.2021, n. 18576

Cass. Sent. 10.06.2015, n. 12006 Cass. Ord. 29.10.2021, n. 30884

Cass. Ord. 22.09.2015, n. 18740 Cass. Sent. 15.11.2021, n. 34264

Cass. Sent. 30.12.2015, n. 26061 Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34443

Cass. Sent. 05.08.2016, n. 16484 Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34444

Cass. Sent. 23.09.2016, n. 18682 Cass. Sent. 16.11.2021, n. 34445

Cass. Sent. 29.12.2016, n. 27315 Cass. Sent. 24.11.2021, n. 36488

Cass. Ord. 09.05.2017, n. 11391 Cass. Pen. Sent. 03.03.2022, n. 7613

Cass. Ord. 19.05.2017, n. 12645 Cass. Pen. Sent. 03.03.2022, n. 7615

Cass. Ord. 27.09.2017, n. 22558 Cass. Ord. 29.08.2022, n. 25436

Cass. Ord. 15.01.2019, n. 745 Cass. Ord. 25.10.2022, n. 31419

Cass. Sent. 05.04.2019, 9589 Cass. Ord. I. 02.11.2022, n. 35536


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Cass. Ord. I. 08.02.2023, n. 3784 Cass. Ord. 20.02.2023, n. 5243

D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472


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PRASSI AMMINISTRATIVA

Circ. Ag. Dogane 23.12.1998, n. 292 Provv. Ag. Entrate 31.01.2014, n. 13917

Circ. Min. 25.01.1999, n. 23 Circ. Ag. Entrate 08.04.2016, n. 12

Circ. Ag. Entrate 12.03.2010, n. 12 Circ. Ag. Entrate 03.04.2020, n. 8

Circ. Ag. Entrate 05.08.2011, n. 41 Doc. ricerca CNDCEC, 25.05.2020

Circ. Ag. Entrate 19.03.2012, n. 9 Circ. Ag. Entrate 20.08.2020, n. 25

Circ. M.E.F. 18.05.2012, n. 3 Risp. Ag. Entrate a Telefisco, 28.01.2021

Circ. Ag. Entrate 19.06.2012, n. 25 Provv. Ag. Entrate 06.04.2021, n. 88314

Circ. Ag. Entrate 03.08.2012, n. 32 Circ. Ag. Entrate 07.05.2021, n. 4

Circ. Ag. Entrate 03.08.2012, n. 33 Principio di interpretazione n.1/Accertamento e


Riscossione, 02/2021
Circ. Ag. Entrate 02.08.2013, n. 27
668
D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 Definizione agevolata delle sanzioni

Appendice operativa tabelle

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Tabella codici tributo delle somme dovute per sanzioni (Mod. F24)
Codice Tributo
9601 Sanzione pecuniaria relativa ai tributi erariali
9603 Sanzione pecuniaria relativa all’addizionale regionale all’IRPEF
9604 Sanzione pecuniaria relativa all’addizionale comunale all’IRPEF
9607 Sanzione pecuniaria relativa all’IRAP

TABELLA CODICI TRIBUTO delle SOMME dovute per SANZIONI (Mod. F23)
Codice Tributo
671T Sanzione Imposta di registro
672T Sanzione Imposta di successione e donazione
674T Sanzione Imposte e tasse ipotecarie e catastali
675T Sanzione Imposta di bollo
Nota bene: Più ricorrenti.
Definizione agevolata

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dei giudizi tributari
pendenti in Cassazione
L. 31 agosto 2022, n. 130

Art. 5 - DEFINIZIONE AGEVOLATA DEI GIUDIZI TRIBUTARI PENDENTI INNANZI


ALLA CORTE DI CASSAZIONE

1. Le controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti innanzi alla Corte di cas-
sazione ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali
l'Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il
valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n.
289, sia non superiore a 100.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3
del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell'articolo 391 del codice di procedura civile,
previo pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia determinato ai
sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 1
2. Le controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti innanzi alla Corte di cas-
sazione ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali
l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore
delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
sia non superiore a 50.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del
presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell'articolo 391 del codice di procedura civile,
previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia determinato ai
sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 1
3. Le controversie tributarie di cui ai commi 1 e 2 possono essere definite a domanda del soggetto
che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione.
4. Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è
stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge, purché,
alla data della presentazione della domanda di cui al comma 8, non sia intervenuta una sentenza
definitiva.
5. L'adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui ai commi 1 e 2 comporta
la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della legge 24 mar-
zo 2001, n. 89. In ogni caso le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha an-
ticipate.
6. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo le controversie concernenti
anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE,
Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta sul valore aggiunto riscos-
sa all'importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento
670
L. 31 agosto 2022 n. 130 Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione

(UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.


7. La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 entro cento-

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venti giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e con il pagamento degli importi
dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presenta-
zione della domanda.
8. Entro il termine di cui al comma 7, per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta
domanda di definizione esente dall'imposta di bollo ed è effettuato un distinto versamento. Per
controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.
9. Ai fini della definizione delle controversie si tiene conto di eventuali versamenti già effettuati a
qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, fermo restando il rispetto delle percentuali stabilite nei
commi 1 e 2. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate an-
corché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa. Gli effetti della definizione
perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudica-
to anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al
giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il pro-
cesso è sospeso fino alla scadenza del termine di cui al comma 7.
11. L'eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalità previste per
la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla
Corte di cassazione.
12. In mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decor-
renti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto, con decreto
del presidente. L'impugnazione del diniego vale anche come istanza di trattazione.
13. La definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la
controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 8.
14. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di
attuazione del presente articolo.
15. Ciascun ente territoriale stabilisce, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione
dei propri atti, l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribu-
ite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale.

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 41 bis, comma 2, lett. b), D.L. 09.08.2022, n. 115, così come inserito
dall'allegato alla legge di conversione, L. 21.09.2022, n. 142 con decorrenza dal 22.09.2022.

DEFINIZIONE AGEVOLATA DEI GIUDIZI TRIBUTARI PENDENTI


IN CASSAZIONE (Art. 5)

Definizione L’art. 5 della L. 31.8.2022, n. 130, in vigore dal 16 settembre 2022, ha previsto la possi-
bilità di definire, a domanda degli interessati, le controversie tributarie pendenti in Corte di cas-
sazione ex art. 62 del D.Lgs. 546/1992, con il pagamento di un importo pari:
› al 5% del valore della controversia, se l’Agenzia delle Entrate «risulti integralmente soccombente
in tutti i precedenti gradi del giudizio, e il valore» della controversia «sia non superiore a
100.000,00 euro» (cfr. art. 5, co. 1, L. 31.8.2022, n. 130);
› al 20% del valore della controversia, se l’Agenzia delle Entrate «risulti soccombente in tutto o in
parte in uno dei gradi di merito, e il valore» della controversia «sia non superiore a 50.000,00
euro» (cfr. art. 5, co. 2, L. 31.8.2022, n. 130).
Sono escluse dalla definizione le controversie sulle risorse proprie tradizionali della UE e sul-
l’Iva riscossa all’importazione, nonchè quelle sul recupero degli aiuti di Stato.
Ambito soggettivo La domanda per la definizione delle controversie tributarie può essere pre-
sentata dal «soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è subentrato o ne ha
la legittimazione», entro il termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della L. 31.8.2022, n. 130
(16 settembre 2022) e, dunque, entro il 16 gennaio 2023 (cfr. art. 5, commi 3 e 7).
Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione 671

Parti processuali delle controversie definibili sono, da un lato, il contribuente – persona fisica o

L. 31 agosto 2022 n. 130


giuridica, residente o non residente – e, dell’altro (solo) l’Agenzia delle Entrate (con le sue arti-
colazioni, compreso, quindi, il Centro operativo di Pescara: cfr. le Istruzioni al Modello per la

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presentazione della domanda, approvate con il Provv. A.E. 16.9.2022, n. 356446).
Ambito oggettivo La definizione agevolata può riguardare:
«le controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti innanzi alla Corte di cassa-
zione ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle Entrate risulti inte-
gralmente soccombente in tutti i precedenti gradi del giudizio, e il valore delle quali, determinato ai
sensi dell’art. 16, co. 3, della L. 27.12.2002, n. 289, sia non superiore a 100.000,00 euro (…), previo pa-
gamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’art.
16, co. 3, della L. 27.12.2002, n. 289»;
«le controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti innanzi alla Corte di cassa-
zione ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle Entrate risulti soc-
combente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi del-
l’art. 16, co. 3, della L. 27.12.2002, n. 289, sia non superiore a 50.000,00 euro (…), previo pagamento di
un importo pari al 20 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’art. 16, co. 3,
della L. 27.12.2002, n. 289».
La pendenza della controversia è data dalla notifica del ricorso in Cassazione «entro la data di
entrata in vigore della presente legge», e, quindi, entro il 16 settembre 2022 (cfr. il co. 4 dell’art. 5
della L. 130/2022, nonchè la modifica apportata ai primi due commi della norma stessa, dall’art.
41-bis, co. 2, lett. b) del D.L. 9.8.2022, n. 115, conv. con modif. in L. 21.9.2022, n. 142); «purchè, alla
data della presentazione della domanda (…), non sia intervenuta una sentenza definitiva».
Il valore della controversia, stante il richiamo all’art. 16, co. 3 della L. 289/2002, è dato dall’im-
porto «dell'imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi,
delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato
provvedimento; in caso di liti relative alla irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, delle stesse
si tiene conto ai fini del valore della lite».
Ove si formi un giudicato interno – come pure un’autotutela parziale sopravvenuta in corso di
giudizio – una parte di lite non è più tale, in quanto passa in giudicato il relativo capo di senten-
za; per cui, ai fini del calcolo del valore della controversia, non si deve tener conto delle imposte
corrispondenti al giudicato interno/autotutela parziale, con la conseguenza che una lite origina-
riamente non definibile può diventare tale.
Non possono essere oggetto di definizione agevolata, «le controversie concernenti anche solo in
parte:
a. le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), della decisione (UE, Euratom)
2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’impor-
tazione;
b. le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE)
2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015» (cfr. art. 5, co. 6, L. 31.8.2022, n. 130).
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento con il quale ha approvato il Modello per la
definizione agevolata e le relative Istruzioni, dopo aver precisato che «la soccombenza va valutata
in relazione al singolo atto impugnato», ha statuito che
› «in caso di totale soccombenza del contribuente in entrambi i gradi di giudizio non è prevista la
possibilità di definizione» (cfr. Provv. A.E. 16.9.2022, n. 356446, punto 1.4);
› in caso di rigetto dell’appello del contribuente, in sede di giudizio di rinvio, la controversia
non è definibile perché non si ravvisa «alcuna soccombenze dell’Agenzia delle Entrate» (cfr. Ri-
sp. A.E. 9.2.2023, n. 210).
Infine, «non rientrano tra le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione definibili ai sensi
della L. n. 130 del 2022, art. 5, commi 1 e 2, quelle nelle quali sia stato dichiarato inammissibile (se-
gnatamente per tardività) il ricorso introduttivo del contribuente e sia stato rigettato l'appello dello
stesso contribuente contro tale statuizione, risultando pertanto l'Agenzia delle entrate integralmente
vittoriosa in ambedue i gradi di merito» (cfr. Cass. Sent. 7.10.2022, n. 29343)
Modalità e Perfezionamento Il contribuente - che intenda definire le controversie tributarie pen-
denti in Corte di cassazione, alla data del 16.9.2022 - deve:
› presentare una domanda distinta (esente dall’imposta di bollo), per ciascuna controversia au-
672
L. 31 agosto 2022 n. 130 Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione

tonoma, e
› effettuare il pagamento degli importi dovuti,
entro 120 giorni dalla entrata in vigore della L. 31.8.2022, n. 130, quindi, entro il 16 gennaio

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2023, cadendo il 14 gennaio di sabato (cfr. art. 5, commi 7 e 8).
«La domanda deve essere presentata mediante invio PEC (…), con allegata la copia di un documento di
identità del firmatario dell’istanza e la quietanza del versamento effettuato mediante modello F24»
(cfr. le Istruzioni per la compilazione del Modello di definizione, approvati con Provv. A.E.
356446/2022). L’indirizzo PEC cui inviare la domanda è quello dell’Ufficio che è parte nel giudi-
zio di merito. «É consentita la sostituzione dell’istanza originaria, barrando la casella “Istanza sosti-
tutiva”, entro» lo stesso termine (cfr. A.E. 356446/2022).
«Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato» (cfr. art. 5, co. 8;
nonché Provv. A.E. 16.9.2022, n. 356446, punto 1.4). Sul punto, «restano valide le indicazioni forni-
te dalla Circolare 1.4.2019, n. 6/E a commento della definizione agevolata delle controversie tributarie,
contemplata dall’art. 6 del D.L. 23.10.2018, n. 119». Pertanto, «ciascuna controversia autonoma deve
essere integralmente definita, nel senso che non sono ammesse definizioni parziali dei singoli atti im-
pugnati. È, inoltre, irrilevante la eventuale riunione di più giudizi, posto che di regola, in questo caso,
va presentata una distinta domanda per ciascun atto impugnato. Ciò comporta, fra l’altro, che è am-
missibile la definizione parziale delle controversie introdotte con ricorso cumulativo oppure oggetto di
riunione da parte del giudice; in tal caso la definizione comporta la estinzione solo “parziale” del giu-
dizio, che prosegue per la parte non oggetto di definizione» (cfr. Risp. A.E. 9.2.2023, n. 210).).
Il pagamento:
› deve essere effettuato (come la domanda), distintamente per ciascuna controversia autono-
ma;
› deve avvenire in un’unica soluzione, senza possibilità di effettuarlo in forma rateale;
› non può essere compensato ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 241/1997;
› va effettuato utilizzando il Modello F24 (i cui codici tributo sono stati istituiti con Risoluzione
dell’Agenzia delle Entrate, 23.9.2022, n. 50).
I codici tributo vanno esposti «nella sezione ERARIO, esclusivamente in corrispondenza delle somme
indicate nella colonna importi a debito versati». Di seguito, si riporta la tabella dei codici tributo e
le modalità di compilazione del modello (indicate nella R.A.E. 2.9.2022, n. 50, cui si rimanda):

Codice Codice atto Codice Denominazione codice Rateazione/ Anno di


ufficio tributo tributo Regione/ riferimento
Prov./mese rif.
COMPILARE NON LP30 IVA e relativi interessi – NON COMPILARE AAAA
COMPILARE Definizione controversie
tributarie –
art. 5 L. n. 130/2022
COMPILARE NON LP31 Altri tributi erariali e relativi NON COMPILARE AAAA
COMPILARE interessi – Definizione
controversie tributarie –
art. 5 L. n. 130/2022
COMPILARE NON LP32 Sanzioni relative ai tributi NON COMPILARE AAAA
COMPILARE erariali – Definizione
controversie tributarie –
art. 5 L. n. 130/2022
COMPILARE NON LP33 IRAP e addizionale CODICE REGIONE AAAA
COMPILARE regionale all’IRPEF e (tabella TO – codici
relativi interessi – delle Regioni e delle
Definizione controversie Province autonome)
tributarie – art. 5 L. n.
130/2022
COMPILARE NON LP34 Sanzioni relative all’IRAP e CODICE REGIONE AAAA
COMPILARE ALL’addizionale regionale (tabella TO – codici
all’IRPEF– Definizione delle Regioni e delle
controversie tributarie – Province autonome)
art. 5 L. n. 130/2022
Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione 673

Codice Codice atto Codice Denominazione codice Rateazione/ Anno di

L. 31 agosto 2022 n. 130


ufficio tributo tributo Regione/ riferimento
Prov./mese rif.

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COMPILARE NON LP35 Addizionale comunale CODICE CATASTALE AAAA
COMPILARE all’IRPEF e relativi interessi DEL COMUNE
– Definizione controversie (tabella T4 – codici
tributarie – art. 5 L. n. catastali dei
130/2022 Comuni)
COMPILARE NON LP36 Sanzioni relative CODICE CATASTALE AAAA
COMPILARE all’addizionale comunale DEL COMUNE
all’IRPEF – Definizione (tabella T4 – codici
controversie tributarie – catastali dei
art. 5 L. n. 130/2022 Comuni)

Dall’importo dovuto per la definizione vanno scomputate le somme eventualmente già versate a
qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, purché non siano state oggetto di rimborso; fermo re-
stando che non si dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispet-
to a quanto dovuto per la definizione (cfr. art. 5, co. 9 e Provv. A.E. 356446/2022).
La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda entro il termine, più volte ricor-
dato, del 16 gennaio 2023, e con il pagamento degli importi dovuti, «salvo l’eventuale diniego»
della definizione, che «va notificato entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda,
con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali» (cfr. Provv. A.E. 356446/2022,
punto 6).
«Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione» (cfr. art. 5, co. 11, L.
130/2022).
«Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della
domanda» (cfr. art. 5, co. 7).
Se la definizione è perfezionata da uno dei coobbligati, essa giova in favore degli altri «inclusi
quelli per i quali la controversia non sia più pendente» (cfr. art. 5, co. 13).
Infine, «gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giuri-
sdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge»
(cfr. art. 5, co. 9, ultimo periodo).
Effetti Le controversie definibili in base alla novella normativa non sono sospese, a meno che il
contribuente non presenti apposita richiesta al Giudice «dichiarando di volersi avvalere delle di-
sposizioni del presente articolo», nel qual caso, «riscontrata la regolarità formale della richiesta,
l’stanza proposta dal contribuente deve essere accolta» (cfr. Cass. Ord. 5.12.2022, n. 35605) e la trat-
tazione del processo è sospesa fino alla scadenza del termine per la presentazione della doman-
da di definizione e, quindi, fino al 16 gennaio 2023 (cfr. art. 5, co. 10).
Quanto alle modalità di proposizione dell’istanza, si è precisato: «Nei procedimenti civili in mate-
ria tributaria pendenti innanzi alla Corte di cassazione, definibili ai sensi dell’art. 5 della L. 31.8.2022,
n. 130, l’istanza con cui il contribuente, ai sensi del comma 10, richieda la sospensione della controver-
sia dichiarando di volersi avvalere delle nuove disposizioni, deve essere depositata con modalità tele-
matica sulla piattaforma del PCT di Cassazione (art. 221, co. 5, D.L. 34/2020), ovvero, in subordine, in
forma cartacea presso la Cancelleria della Quinta Sezione civile della Corte» (cfr. Corte di cassazione,
Nota del Primo Presidente, 15.9.2022, n. 0003089).
Il processo viene dichiarato estinto con decreto del Presidente, se la parte interessata non pre-
senta istanza di trattazione entro la scadenza del termine di presentazione della domanda di de-
finizione. La impugnazione del diniego vale anche come istanza di trattazione (cfr. art. 5 co. 12).
Al fine di conseguire gli obiettivi di riduzione dei giudizi pendenti in Cassazione, «mediante la
riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità, ai sensi dell’art. 5, co.
12, della L. 31.8.2022, n. 130 (…), l’Agenzia delle Entrate, fermi restando gli oneri posti a carico del con-
tribuente e decorso il termine di cui al co. 11 del medesimo art. 5, provvede a depositare, entro il 31
marzo 2023, presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco delle controversie per le quali è
stata presentata domanda di definizione, con la indicazione dei relativi versamenti, nonché dell’assen-
za di provvedimento di diniego» (cfr. Art. 40, co. 4, del D.L. 24.2.2023, n. 13, in G.U. 24.2.2023, n. 47,
674 Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione

in vigore dal 25.2.2023).


L. 31 agosto 2022 n. 130

La disciplina in esame è alternativa a quella di cui all’art. 1, commi da 186 a 205, della L.
29.12.2022, n. 197 (c.d. legge di Bilancio 2023), da cui si distingue perché la norma in esame

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› stabilisce un «limite» al valore della controversia definibile, che non è previsto dalla novella
della L. 197/2022, di Bilancio 2023;
› è applicabile solo alle controversie pendenti con l’Agenzia delle Entrate, mentre la definizione
prevista dalla novella della L. 197/2022, di Bilancio 2023 si applica anche alle liti pendenti con
l’Agenzia delle Dogane.
Per il resto le due procedure sono analoghe.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto - quanto al rapporto tra le due discipline – che,
nel caso in cui sia stata impugnata per cassazione una sentenza relativa a più atti riferiti a peri-
odi d’imposta differenti, uno dei quali è stato definito ai sensi dell’art. 5 della L. 130/2022, il
contribuente - previa verifica dei presupposti per la definizione - «può accedere, con riferimento a
ciascuna controversia autonoma (ossia relativa a ciascun atto impugnato) non definita con la proce-
dura di cui all’art. 5 della L. 130/2022, alla definizione delle liti pendenti di cui ai commi da 186 a 205
della legge di bilancio 2023» (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
Controversie tributarie in cui è parte un ente territoriale (o un suo ente strumentale) La nor-
ma prevede che ciascun ente territoriale stabilisca, «con le forme previste dalla legislazione vigente
per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controver-
sie attribuite alla giurisdizione tributaria di cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale»
(cfr. art. 5, co. 15).
«Sul punto va evidenziato, in primo luogo, che la definizione agevolata delle pendenze tributarie in
Cassazione è regolata (…) esclusivamente con riferimento alle controversie nelle quali è attore l’Agenzia
delle Entrate. Si tratta, in estrema sintesi, dei tributi erariali e dei tributi degli enti territoriali la cui
gestione spetta esclusivamente all’Agenzia, tipicamente le addizionali regionale e comunale all’IRPEF.
Il comma 15 provvede a colmare questa lacuna permettendo agli enti territoriali di intervenire in modo
autonomo. La previsione (…) non costituisce un obbligo in senso stretto, ma indica una obiettiva neces-
sità sulla base di una duplice considerazione: l’intento semplificativo dell’istituto (ridurre le controver-
sie di ultima istanza) e l’elemento equitativo, che risulterebbe distorto dalla impossibilità per il contri-
buente di attivare l’istituto con riferimento alle entrate territoriali.
Inoltre, la norma, nel prevedere che la definizione non sia immediatamente applicabile, ma sia comun-
que oggetto di recepimento da parte del Comune e degli enti territoriali in genere, induce a ritenere che
la regolamentazione della definizione agevolata delle liti pendenti deve essere ricondotta negli ambiti
applicativi dettati dalla norma nazionale. (…)
In conclusione, pur osservando che nella disposizione in esame è assente un riferimento di obbligo tas-
sativo, quale ad esempio, la indicazione di un termine perentorio per la regolamentazione (…), appare
opportuno che l’ente locale proceda alla regolamentazione delle modalità di accesso alla definizione (…)
tenendo a mente che:
a. le controversie definibili sono solo quelle pendenti innanzi la Corte di cassazione che abbiano ad
oggetto unicamente la materia tributaria;
b. la definizione deve essere disciplinata con atto regolamentare, recependo il perimetro e le misure
indicate dalla legge per i procedimenti che coinvolgono l’Agenzia delle Entrate;
c. non c’è alcun termine perentorio di legge per l’adozione del regolamento comunale attuativo, ma,
coerentemente con la disposizione prevista per le controversie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate,
le controversie oggetto di definizione sono individuate in quelle pendenti al 16 settembre 2022;
d. l’adozione del regolamento è opportuna, ovviamente solo nel caso in cui l’ente rilevi la esistenza
delle pendenze in questione, pur in assenza di un obbligo espresso» (cfr. IFEL Fondazione ANCI,
Nota 4.11.2022, § 7)».

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 40 D.L. 24.2.2023, n. 13


Disposizioni in materia di giustizia tributaria
Definizione agevolata delle liti pendenti in Cassazione 675

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

L. 31 agosto 2022 n. 130


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Cass. Sent. 07.10.2022, n. 29343

Cass. Ord. 05.12.2022, n. 35605

PRASSI AMMINISTRATIVA

Cass. Nota 15.09.2022, n. 0003089 IFEL Fond. ANCI Nota 04.11.2022

Provv. Ag. Entrate 16.09.2022, n. 356446 Risp. Ag. Entrate 09.02.2023, n. 210

Ris. Ag. Entrate 23.09.2022, n. 50 Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


Rinuncia agevolata

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delle liti pendenti
in Cassazione
L. 29 dicembre 2022, n. 197

Art. 1 - Co. 213-218 RINUNCIA AGEVOLATA DEI GIUDIZI TRIBUTARI PENDENTI


IN CASSAZIONE

213. In alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204, nelle controversie tributa-
rie pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge innanzi alla Corte di cassazione ai
sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in cui è parte l'Agenzia del-
le entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, il ricorrente, entro il 30 settembre 2023, può rinun-
ciare al ricorso principale o incidentale a seguito dell'intervenuta definizione transattiva con la
controparte, perfezionatasi ai sensi del comma 215, di tutte le pretese azionate in giudizio. 1
214. La definizione transattiva di cui al comma 213 comporta il pagamento delle somme dovute per
le imposte, le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, gli interessi e
gli eventuali accessori.
215. La definizione transattiva si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale delle
somme dovute entro venti giorni dalla sottoscrizione dell'accordo intervenuto tra le parti.
216. È esclusa la compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
La rinuncia agevolata non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancor-
ché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione transattiva.
217. Alla rinuncia agevolata di cui al comma 213 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
dell'articolo 390 del codice di procedura civile.
218. Sono escluse le controversie concernenti anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni
2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio,
del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta
sul valore aggiunto riscossa all'importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE)
2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Nota
1 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3 bis, comma 1, lett. b), D.L. 29.12.2022, n. 198, così come in-
serito dall'allegato alla legge di conversione, L. 24.02.2023, n. 14 con decorrenza dal 28.02.2023, e poi dall'art. 20, com-
ma 1, lett. g), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal 31.03.2023.

RINUNCIA AGEVOLATA DELLE LITI PENDENTI IN CASSAZIONE


(Art. 1, co. 213-218)

Definizione L’art. 1, co. da 213 a 218, della L. 29.12.2022, n. 197, c.d. Legge di Bilancio 2023, in vigore dal
1° gennaio 2023, ha previsto, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie pendenti di
Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazione 677

cui all’art. 1, co. 186-205 (al cui commento, si rimanda), l’istituto della rinuncia agevolata dei giudizi

L. 29 dicembre 2022 n. 197


tributari pendenti in Cassazione.

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«Il comma 213 introduce una particolare ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione, principale o inciden-
tale, a seguito di definizione in via transattiva fra le parti di tutte le pretese azionate in giudizio, con con-
seguente applicazione delle sanzioni in misura ridotta i» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
«La disposizione è applicabile in alternativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie, di cui ai
precedenti commi da 186 a 205, e riguarda le controversie pendenti in Cassazione al 1° gennaio 2023 (data
di entrata in vigore della legge di bilancio 2023) in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti
impositivi» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
La nuova disciplina introduce, quindi la rinuncia/definizione agevolata delle controversie tributarie:
› in cui è parte l’Agenzia delle Entrate;
› aventi ad oggetto atti impositivi;
› pendenti, ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. 546/1992, in Corte di cassazione «alla data di entrata in vi-
gore della presente legge».
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U. 30.3.2023, n. 76),
in vigore dal 31.3.2023, che ha posticipato i relativi termini (cfr. l’art. 20, co. 1, lett. g) del citato decreto).
Oggetto della rinuncia agevolata Sono le controversie con l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti
impositivi, pendenti in Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della norma.
Considerati gli espliciti riferimenti normativi, sono escluse dalla rinuncia agevolata le controversie:
› con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, delle Dogane e con gli Enti locali (come confermato,
quanto agli Enti locali, con Nota Ifel del 7.1.2023);
› aventi ad oggetto atti di liquidazione;
› che non siano pendenti in Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della norma.
Inoltre, sono escluse, per espressa previsione, le controversie concernenti, anche solo in parte:
› le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea (previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), della
decisione 2007/426/CE, Euratom del Consiglio, del 7.6.2007, n. 2014/335/UE, Euratom del Con-
siglio, del 26.5.2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14.12.2020), e l’imposta sul valo-
re aggiunto riscossa all’importazione;
› le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE)
2015/1589 del Consiglio, del 13.7.2015).
Infine, analogamente alla conciliazione c.d. rafforzata, «la disposizione non si applica alle controversie
concernenti il recupero di crediti tributari sorti in uno Stato estero, in applicazione della direttiva 2010/24/
UE o degli accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali ratificati dall’Italia che prevedono assistenza reci-
proca alla riscossione, in quanto trattasi di tributi amministrati da un altro Stato, rispetto ai quali l’Agen-
zia delle Entrate non è ente creditore» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Rinuncia agevolata delle controversie pendenti con gli Enti locali IFEL, con Nota 7.1.2023, aveva
sollevato alcuni dubbi sull’applicabilità, alle controversie comunali (della conciliazione giudiziale e)
della definizione transattiva in Cassazione, considerato che «le due norme di riferimento (commi 206 e
213) fanno espressamente menzione delle controversie in cui “è parte l’Agenzia delle Entrate”, ma allo stesso
tempo le medesime disposizioni consideravano disponibili per gli enti territoriali i due istituti alternativi al-
la definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 205» (Nota 1.3.2023). Evidenziava, quindi, che il riferi-
mento operato al comma 205 «sarebbe stato inutilmente effettuato, se l’intenzione fosse stata quella di
escludere le controversie comunali», ritenendo necessario un chiarimento sul punto.
«Il Legislatore ha corretto le criticità normative eliminando dai commi 206 e 213, il riferimento al comma
205, ed allo stesso tempo ha introdotto il nuovo comma 221-bis [dell’art. 1 della L. 197/2022], il quale dispo-
ne che “Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione
vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dei commi da 206 a 221 alle controver-
sie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale, in alternativa alla definizione agevolata di cui
ai commi da 186 a 204”» (cfr. Ifel Nota 1.3.2023). I relativi provvedimenti «acquistano efficacia con la pub-
blicazione nel sito internet istituzionale dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle
finanze – Dipartimento delle finanze, entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici» (cfr. Art. 3-bis del D.L.
29.12.2022, n. 198, c.d. Milleproroghe, conv. con modific. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49).
«La nuova disposizione, quindi, prevede una facoltà alternativa a quella prevista dal comma 205: il Comu-
ne può approvare la definizione agevolata delle liti pendenti, ai sensi del comma 205, oppure esercitare la
facoltà prevista dal nuovo comma 221-bis», il quale «fa riferimento a tre diversi istituti: la conciliazione
678
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Rinuncia agevolata delle liti pendenti in Cassazione

agevolata, l’accordo transattivo e la regolarizzazione degli omessi versamenti rateali» (cfr. Ifel Nota
1.3.2023).

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Modalità e perfezionamento «La procedura in commento non è a regime e la rinuncia può essere esperita
entro il 30 settembre 2023.
Condizione preliminare per l’esercizio della rinuncia da parte del ricorrente principale o incidentale è la de-
finizione di un accordo tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente su tutte le pretese azionate in giudizio,
con conseguente abbattimento delle sanzioni» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
La rinuncia agevolata – che può concernere il ricorso principale o quello incidentale – si effettua con
il pagamento, a seguito della intervenuta definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese
azionate in giudizio:
› delle somme dovute per le imposte, interesse e accessori;
› delle sanzioni ridotte a 1/18 del minimo previsto dalla legge;
› entro il termine del 30 settembre 2023.
Essa «si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo [intervenuto tra le parti] e il versamento integrale
in un’unica soluzione delle somme dovute – per imposte, sanzioni ridotte, interessi ed eventuali accessori –
entro 20 giorni dalla sottoscrizione»; senza possibilità di effettuare la compensazione ex art. 17 del
D.Lgs. 241/1997, e senza possibilità di rateazione; fermo restando che «la rinuncia agevolata non dà
comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per
la definizione transattiva» (co. 216).
Il beneficio della rinuncia/definizione in via transattiva consiste nella riduzione delle sanzioni a un
diciottesimo del minimo previsto dalla legge.
«A seguito di accordo con la controparte sull’intera materia del contendere (…), la parte che ha proposto
il ricorso principale o incidentale per cassazione formalizza, entro il 30 giugno 2023, la rinuncia al ricor-
so secondo le disposizioni di cui all’art. 390 c.p.c., in quanto compatibili» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2). La
norma prevede, infatti, che alla rinuncia in esame si applichino, in quanto compatibili, le disposizio-
ni dell’art. 390 c.p.c., in base al quale:
› la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione al-
l’udienza, o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero; pertanto, la trattazione
dell’udienza preclude la possibilità di effettuare la rinuncia (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
› la rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o solo da quest’ultimo se
munito di mandato speciale a tale effetto;
› la rinuncia è notificata alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongo-
no il visto.

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 3-bis D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14


Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Art. 20 D.L. 30.3.2023, n. 34


Modifica dei termini in materia di definizione agevolata delle controversie tributarie, conciliazione
agevolata e rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione

PRASSI AMMINISTRATIVA

IFEL Nota 07.01.2023

Circ. Ag. Entrate 27.01.2023, n. 2

IFEL Nota 01.03.2023

Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


Definizione agevolata

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delle controversie
tributarie pendenti
L. 29 dicembre 2022, n. 197

Art. 1 - CO. 186-205 DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE CONTROVERSIE TRIBUTARIE

186. Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate ovvero
l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso
quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore del-
la presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto intro-
duttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un im-
porto pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2
dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
187. In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il
pagamento del 90 per cento del valore della controversia.
188. In deroga a quanto previsto dal comma 186, in caso di soccombenza della competente Agenzia
fiscale nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata
in vigore della presente legge, le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo
grado;
b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo
grado.
189. In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contri-
buente e la competente Agenzia fiscale, l'importo del tributo al netto degli interessi e delle even-
tuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giu-
risdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 188, per la parte di atto
annullata.
190. Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente
Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite
con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.
191. Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere
definite con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza
della competente Agenzia fiscale nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul
merito o sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vi-
gore della presente legge, e con il pagamento del 40 per cento negli altri casi. In caso di contro-
versia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione
non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato
definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata.
192. La definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notifi-
cato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge e per le quali alla data
della presentazione della domanda di cui al comma 186 il processo non si sia concluso con pro-
nuncia definitiva.
193. Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte:
680
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni
2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio,

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del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta
sul valore aggiunto riscossa all'importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento
(UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
194. La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195
e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi dei commi da 186 a 191 entro il 30 settembre
2023; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con
applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 giu-
gno 1997, n. 218, in un massimo di venti rate di pari importo, di cui le prime tre da versare, ri-
spettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023 e le succes-
sive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno. Sulle rate succes-
sive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima ra-
ta. È esclusa la compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.
241. Nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione
della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento
della prima rata entro il termine previsto del 30 settembre 2023. Qualora non ci siano importi da
versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. 2
195. Entro il 30 settembre 2023 per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta do-
manda di definizione agevolata esente dall'imposta di bollo ed effettuato un distinto versamen-
to. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato. 3
196. Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi
titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle som-
me già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa. Gli effetti
della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non
passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
197. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta
al giudice, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata. In tal caso il processo è so-
speso fino al 10 ottobre 2023 ed entro la stessa data il contribuente ha l'onere di depositare,
presso l'organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di de-
finizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata. 4
198. Nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito ai sensi del comma 197,
secondo periodo, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con
ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo
restano a carico della parte che le ha anticipate.
199. Per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche inci-
dentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controri-
corso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 otto-
bre 2023. 5
200. L'eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 30 settembre
2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile
entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all'organo giurisdizionale presso il
quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pen-
denza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contri-
buente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo
ovvero dalla controparte nel medesimo termine. 6
201. Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l'eventuale diniego della definizione è
impugnabile dinanzi all'organo giurisdizionale che ha dichiarato l'estinzione. Il diniego della defi-
nizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma
198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all'impugnazione del diniego. Il termine per impu-
gnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notifica-
zione di cui al comma 200.
202. La definizione agevolata perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, compresi quelli
per i quali la controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 681

del comma 196.

L. 29 dicembre 2022 n. 197


203. Con uno o più provvedimenti del direttore della competente Agenzia fiscale sono stabilite le

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modalità di attuazione dei commi da 186 a 202.
204. Resta ferma, in alternativa a quella prevista dai commi da 186 a 203, la definizione agevolata dei
giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui all'articolo 5 della legge 31 agosto
2022, n. 130.
205. Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legi-
slazione vigente per l'adozione dei propri atti, l'applicazione delle disposizioni dei commi da 186 a
204 alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un
suo ente strumentale. I provvedimenti degli enti locali, in deroga all'articolo 13, commi 15, 15-ter,
15-quater e 15-quinquies, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazio-
ni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settem-
bre 1998, n. 360, all'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e all'artico-
lo 1, comma 767, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, acquistano efficacia con la pubblicazione
nel sito internet istituzionale dell'ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell'economia e
delle finanze - Dipartimento delle finanze, entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici. 1

Note
1 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 3 bis, comma 1, lett. a), D.L. 29.12.2022, n. 198, così come inserito
dall'allegato alla legge di conversione, L. 24.02.2023, n. 14 con decorrenza dal 28.02.2023.
2 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 20, comma 1, lett. a), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal
31.03.2023.
3 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 20, comma 1, lett. b), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal
31.03.2023.
4 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 20, comma 1, lett. c), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal
31.03.2023.
5 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 20, comma 1, lett. d), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal
31.03.2023.
6 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 20, comma 1, lett. e), D.L. 30.03.2023, n. 34 con decorrenza dal
31.03.2023.

DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE CONTROVERSIE TRIBUTARIE PENDENTI


(Art. 1, co. 186-205)

Definizione L’art. 1, co. da 186 a 205 della L. 29.12.2022, n. 197, c.d. Legge di Bilancio 2023, in vigo-
re dal 1° gennaio 2023, «consente di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in
cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, pendenti – alla data
di entrata in vigore della legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 – in ogni stato e grado del
giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamen-
to di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo sta-
to e al grado in cui pende il giudizio da definire» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Su questa disciplina è intervenuto il D.L. 30.3.2023, n. 34, c.d. Decreto Bollette (in G.U.
30.3.2023, n. 76), in vigore dal 31.3.2023, che ha posticipato i termini dei relativi adempimenti e
quelli processuali (e amministrativi) connessi; e previsto una causa di non punibilità per alcuni
reati di cui al D.Lgs. 74/2000 (cfr. l’art. 20, co. 1, lettere da a) a e), e co. 2; e art. 23 del citato de-
creto).
La definizione, esperibile a domandadell’interessato, riguarda, quindi, le controversie tributarie:
› in cui è parte l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
› pendenti - «in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di Cassazione an-
che a seguito di rinvio» - alla data della entrata in vigore della presente legge, cioè al 1° gennaio
2023; “Pertanto, occorre che il ricorso, introduttivo del giudizio di primo grado, sia stato già notifi-
cato”, ricordando che nel P.T.T. la notifica tramite PEC si intende effettuata, per il mittente, al
momento dell’invio al proprio gestore dalla relativa ricevuta di accettazione. Ne deriva che
682
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

“devono ritenersi rientranti nel perimetro della definizione agevolata le notifiche effettuate entro le
ore 23.59 del 1° gennaio 2023, ovverossia quelle per le quali, entro quell’orario, il gestore della PEC

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del ricorrente avrà rilasciato la ricevuta di accettazione del messaggio di invio” (cfr. CNDCEC FNC,
Doc. di ricerca 8.3.2023).
Oggetto della definizione sono le controversie tributarie il cui il ricorso è stato notificato entro
la data di entrata in vigore della legge e per le quali, alla data di presentazione della domanda, il
processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (co. 192). In proposito, la Corte di cassa-
zione ha statuito che: «In tema di definizione agevolata della lite fiscale, l’art. 1, co. 192, della L.
197/2022, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della
domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie
definite con decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l’unico
rimedio esperibile sia la revocazione, per le quali va pertanto disattesa la richiesta di sospensione del
giudizio» (cfr. Cass. Sent. 21.2.2023, n. 5373). E la prassi ha ritenuto che «l’intervenuta trattazione
dell’udienza non precluda la definizione agevolata» (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
«L’individuazione delle liti definibili va effettuata tenendo conto della natura tributaria della materia
del contendere e del soggetto parte pubblica in giudizio». Pertanto, possono essere definite:
› le liti pendenti, anche a seguito di rinvio, purché concernenti questioni devolute alla giurisdi-
zione tributaria ex art. 2, D.Lgs. 546/1992. In proposito, si è ritenuto che "la norma ha per og-
getto le controversie tributarie tout court, senza alcuna limitazione in merito alla tipologia di atti
impugnabili" instaurate "nei confronti della sola Agenzia delle Entrate-Riscossione" (cfr. CNDCEC-
FNC, Documento di ricerca 8.3.2023);
› «le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti
di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi» (cfr. C.A.E.
27.1.2023, n. 2, che supera la interpretazione della Relazione illustrativa al D.D.L. di Bilancio
2023-2025, secondo la quale le controversie definibili riguarderebbero atti sostanzialmente
impositivi con esclusione delle «controversie relative ad atti privi di natura impositivi»). In real-
tà, non specificando la disposizione che si debba trattare di controversie relative ad atti impo-
sitivi, può soccorrere, nella interpretazione della norma, la giurisprudenza di legittimità rela-
tiva al (precedente) art. 6 del D.L. 119/2018, che ha ritenuto definibili anche le controversie su-
gli atti con finalità liquidatoria: ad esempio, quando la cartella di pagamento, derivante dalla
liquidazione automatizzata delle dichiarazioni, rappresenti il primo ed unico atto con cui
l’Amministrazione finanziaria fa valere la pretesa impositiva (cfr. Cass. Ord. 24.2.2022, n. 6170
che richiama Cass. SS.UU., Sent. 25.6.2021, n. 18298; si veda anche Cass. Ord. 16.2.2023, n.
4997);
› le liti in cui sono parte l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, sempre
che, in particolare, l’Agenzia delle Entrate «sia stata evocata in giudizio o, comunque, sia inter-
venuta. Da ciò consegue che non sono definibili le liti nelle quali l’Agenzia delle Entrate, pur essendo
titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di
impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio né sia intervenuta volontaria-
mente» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Per identificare le liti definibili occorre "fare riferimento alla nozione di parte in senso formale,
risultando necessario che al 1° gennaio 2023 (…), l'Agenzia delle Entrate abbia lo status di parte
processuale", con la conseguenza che, in mancanza di tale condizione, la lite non è definibile (cfr.
Risp. A.E. 24.4.2023, n. 306).
Quanto alle controversie con gli Enti locali, essi possono stabilire – entro il 31 marzo 2023 –
l’applicazione della disposizione in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione in cui è
parte il medesimo ente o un suo ente strumentale (co. 205, si veda oltre).
Non sono, invece, definibili:
› «le controversie in materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni e,
comunque, quelle di valore indeterminabile (…);
› le controversie afferenti il recupero di crediti tributari sorti in uno Stato estero, in applicazione del-
la direttiva 2010/24/UE o degli accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali ratificati dall’Italia
che prevedono assistenza reciproca alla riscossione, in quanto trattasi di tributi amministrati da un
altro Stato, rispetto ai quali l’Agenzia delle Entrate, nonostante sia parte processuale, non è ente
creditore» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2).
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 683

Sono, inoltre, escluse, per espressa previsione normativa, le controversie concernenti, anche so-

L. 29 dicembre 2022 n. 197


lo in parte:
› le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), del-

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la decisione 2007/426/CE, Euratom del Consiglio, del 7.6.2007, n. 2014/335/UE, Euratom del
Consiglio, del 26.5.2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14.12.2020, e l’imposta
sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
› le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento
(UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13.7.2015 [co. 193, lett. a) e b)].
Ancora, sono escluse dalla definizione in esame, le controversie:
› in cui il ricorso è notificato dopo la data di entrata in vigore della norma;
› quelle per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo si sia già concluso
con pronuncia definitiva;
› «le liti per le quali, alla data di presentazione della domanda, è stata depositata sentenza della Corte
di cassazione senza rinvio» (cfr. C.A.E. 2/2023);
› quelle per le quali l’unico rimedio esperibile sia la revocazione.
Infine, se il contribuente sceglie di definire le sanzioni relative ad un atto impositivo ex art. 17
D.Lgs. 472/1997, ma non completa il relativo pagamento rateizzato, ciò "rende le sanzioni estra-
nee al giudizio e, di conseguenza, escluse" dalla definizione delle liti pendenti perché "la decadenza
dal beneficio della definizione agevolata [ex art. 17, D.Lgs. 472/1997] ed il ripristino del debito origi-
nario a titolo di sanzioni (…) non consente il ripristino delle condizioni ante-definizione al fine di con-
siderare dette sanzioni parte del valore della lite" (cfr. Risp. A.E. 24.4.2023, n. 305).
«Per accedere alla definizione è, in ogni caso necessario che la controversia sia pendente (…).
In particolare, sono da considerarsi pendenti ai fini della definizione agevolata:
› le controversie per le quali alla data del 1° gennaio 2023 sia stato proposto l’atto introduttivo del
giudizio di primo grado, non definite alla data di presentazione della domanda di definizione; in
particolare occorre fare riferimento alla data in cui il ricorso introduttivo è stato notificato all’Uffi-
cio, non essendo necessario che, entro il 1° gennaio 2023, vi sia stata anche la costituzione in giudi-
zio;
› le controversie interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugna-
zione non siano ancora scaduti alla data del 1° gennaio 2023;
› le liti pendenti innanzi al giudice del rinvio o, infine, quelle per le quali siano ancora in corso, al 1°
gennaio
2023, i termini per la riassunzione» (cfr. C.A.E. 2/2023).
Il procedimento prende avvio a seguito della presentazione di apposita domanda, per la defini-
zione agevolata (del valore) della controversia in relazione allo stato e al grado del giudizio.
A questo fine, e quindi, per determinare l’effettivo valore della controversia, «vanno comunque
esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del
contendere, come avviene, in particolare, in caso di contestazione parziale dell’atto impugnato, di for-
mazione di un giudicato interno, di conciliazione o mediazione perfezionate, che non abbiano definito
per intero la lite, ovvero in caso di parziale annullamento dell’atto a seguito di esercizio del potere di
autotutela da parte dell’Ufficio, formalizzato tramite la emissione di apposito provvedimento» (cfr.
C.A.E. 27.1.2023, n. 2). In sostanza, si deve aver riguardo agli importi contestati in primo grado
rimasti oggetto di contenzioso, per cui, se - alla data di presentazione della domanda - si è for-
mato il giudicato in relazione ad alcune parti dell’atto, esse non rientrano nella definizione; e
lo stesso effetto si verifica se è intervenuta un’autotutela parziale da parte dell’Ufficio e negli al-
tri casi appena citati.
Al valore della controversia, così individuato, si applicano le percentuali di riduzione stabilite in
relazione allo stato e al grado in cui pende la lite. Si dovrà, quindi, versare un importo pari:
› al 100% del valore della controversia (senza sanzioni e interessi), se il ricorso è pendente in
primo grado (co. 186), come pure nei casi di soccombenza totale del contribuente (in primo o
in secondo grado o in tutti due i gradi di giudizio). Detto importo risulta dovuto nei casi in cui:
- «l’Agenzia fiscale è risultata vincitrice nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare
depositata al 1° gennaio 2023;
- il contribuente ha notificato il ricorso, alla stessa data, all’Agenzia fiscale, ma a tale data non si è
ancora costituito in giudizio tramite il deposito o la trasmissione del ricorso stesso alla segreteria
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L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

della Corte di giustizia tributaria di primo grado, ai sensi dell’art. 22, co. 1 del D.Lgs. 546 del
1992» (cfr. C.A.E. 27.1.2023, n. 2);
- «il contribuente ha notificato il ricorso, alla stessa data, all’Agenzia fiscale, anche se ricadente

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nella disciplina del reclamo e della mediazione di cui all’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992, ma a tale
data non si è ancora costituito in giudizio» (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
› al 90% del valore della controversia, se il ricorso pendente è iscritto in primo grado (co.
187). Si tratta del caso in cui «il contribuente, alla data del 1° gennaio 2023, si sia già costituito
in giudizio attraverso il deposito o la trasmissione del ricorso alla segreteria della Corte di giu-
stizia tributaria di primo grado, ma, alla stessa data, la Corte di giustizia tributaria non abbia
ancora depositato una pronuncia giurisdizionale non cautelare» (cfr. C.A.E. 2/2023). «Ne con-
segue che la costituzione in giudizio del contribuente alla data del 1° gennaio 2023 implica che ai
fini della definizione della lite è necessario il pagamento di un importo pari al 90% del valore
della controversia (…). Qualora alla data del 31 dicembre 2022 (…) risulti depositato il ricorso per
il quale siano ancora pendenti i termini per concludere il procedimento di mediazione, lo stesso
deve considerarsi improcedibile, quindi non valorizzabile processualmente. Si ritiene, pertanto,
che (…) il contribuente possa definire la lite attraverso il pagamento di un importo pari al valore
della controversia», cioè al 100% (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6). La percentuale del 90%, inve-
ce, «si applica anche nei casi in cui, al 1° gennaio 2023, pendano i termini per la riassunzione a
seguito di sentenza di Cassazione con rinvio ovvero penda il giudizio di rinvio a seguito di avve-
nuta riassunzione. Nel caso sia intervenuta sentenza della Corte di cassazione con rinvio, la con-
troversia si considera pendente nel giudizio di primo grado (…)» (cfr. C.A.E. 2/2023). Nella vi-
genza dell’analoga definizione preista dal D.L. 119/2018, l’Agenzia delle Entrate aveva pre-
cisato che se al 1° gennaio 2023 (la Circ. si riferiva, ovviamente, al 24 ottobre 2018), pendo-
no i termini per riassumere la causa in secondo grado a seguito di rinvio da parte della
Cassazione o sia già stata riassunta e si attenda l’udienza o la decisione, la definizione se-
gue le regole della lite pendente in primo grado, quindi con il pagamento del 90%, anche
se la riassunzione è presso il giudice di secondo grado (cfr. C.A.E. 1.4.2019, n. 6);
› al 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado
dell’Agenzia delle Entrate [co. 188, lett. a)];
› al 15% del valore della controversia, in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado
dell’Agenzia delle Entrate [co. 188, lett. b)];
› al 5% del valore della controversia pendente in Cassazione, in caso di soccombenza dell’Agen-
zia delle Entrate, in tutti i precedenti gradi di giudizio (co. 190). Per accedere a questa defini-
zione è necessario che:
- «il ricorso penda innanzi alla Suprema Corte alla data del 1° gennaio 2023 a seguito di avvenuta
notifica a controparte;
- l’Agenzia fiscale sia rimasta integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio.
Ne deriva che sono escluse dalla previsione del comma 190 le ipotesi in cui alla data del 1° gennaio
2023 non sia stato ancora notificato il ricorso per cassazione, e le liti per le quali l’Agenzia sia risulta-
ta anche parzialmente vittoriosa, in almeno uno dei precedenti gradi» (cfr. C.A.E. 2/2023).
Nel caso in cui sia stata impugnata per cassazione una sentenza relativa a più atti riferiti a peri-
odi d’imposta differenti, uno dei quali è stato definito ai sensi dell’art. 5 della L. 130/2022, il
contribuente - previa verifica dei presupposti per la definizione - «può accedere, con riferimento a
ciascuna controversia autonoma (ossia relativa a ciascun atto impugnato) non definita con la proce-
dura di cui all’art. 5 della L. 130/2022, alla definizione delle liti pendenti» in esame (cfr. C.A.E.
20.3.2023, n. 6).
Nel caso di accoglimento parziale del ricorso o di soccombenza ripartita tra contribuente e Agen-
zia delle Entrate, il comma 189 stabilisce che l’importo del tributo relativo alla parte di atto con-
fermata dalla pronuncia giurisdizionale, è dovuto per intero (al netto degli interessi e delle
eventuali sanzioni); per la parte annullata si applicano (le regole del co. 188, sopra indicate e,
quindi), le misure ridotte
› «del 40% del valore della controversia sul quale l’Agenzia è risultata soccombente nella pronuncia di
primo grado;
› del 15% del valore della controversia sul quale l’Agenzia è risultata soccombente nella pronuncia di
secondo grado» (cfr. C.A.E. 2/2023).
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 685

«Nell’ipotesi in cui i provvedimenti impositivi riguardino distintamente società e soci e i relativi giudi-

L. 29 dicembre 2022 n. 197


zi siano stati unificati nel corso dei vari gradi, è possibile che il/i socio/i e la società procedano auto-
nomamente e distintamente alla definizione agevolata dell’atto impositivo da ciascuno di essi impu-

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gnato», essendo «irrilevante la eventuale riunione di più giudizi, posto che, di regola, in questo caso va
presentata una distinta domanda per ciascun atto impugnato.
Tale precisazione comporta fra l’altro che è ammissibile la definizione parziale delle controversie in-
trodotte con ricorso cumulativo oppure oggetto di riunione da parte del giudice; in tal caso, la defini-
zione può comportare l’estinzione solo “parziale” del giudizio, che prosegue per la parte non oggetto di
definizione» (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6).
Nel caso di controversie relative esclusivamente:
› alle sanzioni NON collegate al tributo, la definizione si effettua con il pagamento:
- del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nel-
l’ultima o unica pronuncia non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introdutti-
vo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della disposizione. La stessa per-
centuale si applica nel caso di controversie pendenti in Cassazione relative alle sole sanzio-
ni non collegate al tributo, i cui due giudizi di merito siano favorevoli al contribuente (cfr.
C.A.E. 20.3.2023, n. 6);
- del 40%, negli altri casi (co. 191). «A titolo di esempio, trattasi dell’ipotesi in cui il contribuente
risulti soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sul-
l’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 1° gennaio 2023 ovvero
qualora, a tale data, non sia stata ancora depositata alcuna pronuncia oppure a seguito di pro-
nuncia di Cassazione con rinvio, per la quale sia stata proposta riassunzione ovvero penda il rela-
tivo termine» (cfr. C.A.E. 2/2023);
› alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, senza dover versare alcun importo, se il rap-
porto relativo ai tributi è stato definito, anche con modalità diverse dalla definizione in esame
(co. 191, u.p.). «Diversamente, in caso di mancata definizione dell’importo concernente i tributi, le
liti vertenti esclusivamente sulle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono sono definibili sulla
base degli importi desumibili dai commi da 186 a 190» (cfr. C.A.E. 2/2023).
In proposito, si è osservato che «la disciplina attuale nulla prevede circa gli effetti della definizione
agevolata ai fini dei contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quel-
la delle imposte sui redditi», che «comporta un “doppio binario” del tutto ingiustificato, considerato an-
che che nell’ambito degli istituti deflativi del contezioso tributario ordinariamente previsti (…) l’esito del
procedimento rileva anche per i [predetti] contributi (…)» (cfr. CNDCEC Doc. 22.2.2023, n. 3220).
Modalità Il procedimento prende avvio a seguito della presentazione di apposita domanda
(esente dall’imposta di bollo), da presentare - entro il 30 settembre 2023 (cfr. co. 194, modificato
dall’art. 20, co. 1, lett. a), del D.L. 34/2023) - all’Agenzia delle Entrate (quale parte in giudizio),
da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo, o da chi vi è subentrato o ne ha la le-
gittimazione (ad esempio, a titolo di successione universale o particolare, ex art. 110 e 111 c.p.c.),
Il Modello per la definizione delle controversie pendenti in cui è parte l’Agenzia delle Entrate -
approvato (insieme alle relative Istruzioni), con il Provv. A.E. 1.2.2023, n. 30294 - è reperibile sul
sito dell’Agenzia delle Entrate e si compone del frontespizio e «delle sezioni nelle quali vanno ri-
portati i dati necessari ad identificare il soggetto che presenta la domanda, la controversia tributaria
oggetto di definizione, l’atto impugnato, l’importo dovuto per la definizione e i dati del pagamento»
(cfr. Provv. A.E. 1.2.2023, n. 30294, § 2).
Esso va presentato mediante trasmissione telematica, anche se, «in attesa dell’attivazione del ser-
vizio di trasmissione telematica è consentita la presentazione della domanda di definizione tramite in-
vio all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dell’Ufficio che è parte in giudizio» (cfr. Provv.
A.E. 1.2.2023, n. 30294, § 4.2). «La trasmissione telematica va effettuata:
a) direttamente dai contribuenti richiedenti;
b) mediante un soggetto incaricato alla trasmissione delle dichiarazioni di cui all’art. 3, co. 3 del D.P.R.
22.7.1998, n. 322 e ss.mm.,
utilizzando esclusivamente i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.
Nell’ipotesi di cui alla lettera b), la domanda, debitamente compilata e sottoscritta, va consegnata in
tempo utile per la esecuzione della trasmissione telematica entro la predetta scadenza.
Non sono ammesse modalità di presentazione diverse da quelle indicate in precedenza, neppure me-
686
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diante servizio postale o posta elettronica ordinaria o certificata, salvo quanto precisato al punto 4.2.
(…)

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La compilazione della domanda è effettuata utilizzando l’apposito prodotto informatico disponibile sul
sito internet www.agenziaentrate.gov.it. La data a partire dalla quale sarà disponibile il nuovo prodot-
to informatico verrà resa nota con successiva comunicazione (…).
La domanda di definizione, debitamente sottoscritta dal richiedente e dal soggetto eventualmente in-
caricato alla trasmissione telematica, deve essere conservata a cura del richiedente stesso fino alla de-
finitiva estinzione della controversia, unitamente ai documenti relativi ai versamenti effettuati, sia in
pendenza di giudizio, sia in sede di definizione agevolata della controversia.
Devono considerarsi tempestive le domande trasmesse entro la scadenza prevista, ma scartate dal ser-
vizio telematico, purché ritrasmesse entro i cinque giorni lavorativi successivi alla data di emissione
della comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che attesti il motivo dello scarto» (cfr. Provv. A.E.
1.2.2023, n. 30294).
Infine, è possibile sostituire una domanda già presentata, selezionando la casella «Domanda so-
stitutiva» ed indicando «il numero di protocollo della domanda precedentemente trasmessa che si in-
tende sostituire. Qualora l’istanza da sostituire sia stata presentata tramite PEC, il campo non dovrà
essere compilato» (cfr. le Istruzioni al Modello).
L’Agenzia delle Entrate ha annunciato l’apertura del canale telematico per l’invio delle domande
di definizione agevolata delle liti pendenti in cui è parte l’Agenzia stessa: «A partire da oggi
[15.3.2023], pertanto, diventa questa la modalità ordinaria di presentazione delle istanze per i contri-
buenti che intendono chiudere le controversie aperte con il Fisco, usufruendo della misura» in esame.
«Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 1° febbraio, infatti, consentiva la
presentazione della domanda via PEC in attesa dell’attivazione dello specifico servizio di trasmissione
telematica, da oggi operativo (…). Le domande devono essere presentate all’Agenzia – direttamente
dal contribuente o tramite un soggetto incaricato – entro il prossimo 30 giugno [settembre] attraver-
so la procedura web presente sul sito delle Entrate» (cfr. A.E. Comunicato stampa 15 marzo 2023).
Perfezionamento La definizione della controversia si perfeziona con
› la presentazione della domanda e
› il pagamento integrale o della prima rata dell’importo dovuto per ciascuna controversia auto-
noma
entro il termine del 30 settembre 2023 (co. 194, modificato), ma senza possibilità di valersi della
compensazione ex art. 17, D.Lgs. 241/1997.
Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda
e il pagamento della prima rata, entro il (citato) termine.
In assenza di importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della do-
manda.
La definizione perfezionata da uno dei coobbligati giova in favore degli altri, inclusi quelli per i
quali la controversia non sia più pendente (co. 202); fermo restando che la definizione non dà
luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.
Pagamento rateale È ammesso solo se l’importo dovuto supera 1.000,00 euro, nel qual caso
si applicano le disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. 218/1997, in quanto compatibili; e l’Agenzia
delle Entrate ha precisato: «Visto il richiamo effettuato dal comma 194 alle disposizioni dell’art. 8 del
D.Lgs. 218/1997, per quanto compatibili, si ritiene che, in caso di inadempimento nei pagamenti ratea-
li, si applichino le disposizioni di cui all’art. 15-ter del D.P.R. 602/1973».
La rateazione è ammessa in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, «di cui le prime
tre da versare, rispettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre2023 e le
successive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno» (cfr. co. 194,
modificato dall’art. 20, co. 1, lett. a) del D.L. 34/2023). «Per le scadenze delle rate (…) che cadono di
sabato oppure di domenica, va considerata direttamente la data del lunedì successivo, atteso che i ver-
samenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione
economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo
giorno lavorativo successivo» (cfr. Provv. A.E. 1.2.2023, n. 30294).
Dagli importi dovuti, nella misura prevista a seconda della specifica fattispecie, vanno scompu-
tati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, fermo restando che la definizione
non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, anche se eccedenti quanto dovuto per la
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 687

definizione (co. 196).

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«Con separata risoluzione dell’Agenzia delle Entrate sono istituti i codici tributo per il versamento del-

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le somme relative alla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti da riportare nel mo-
dello F24 e sono indicate le istruzione per la compilazione dello stesso» (cfr. Provv. A.E. 1.2.2023, n.
30294).
La R.A.E. 14.2.2023, n. 6 ha istituito i codici tributo «da esporre nella sezione “ERARIO” esclusiva-
mente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”», al fine di
«consentire il versamento tramite modello F24 delle suddette somme».
«Il campo “codice ufficio” è valorizzato con il codice della Direzione regionale o provinciale dell’Agen-
zia delle Entrate (ufficio legale), del Centro operativo di Pescara, ovvero dell’Ufficio provinciale – Ter-
ritorio di Milano, Napoli, Roma o Torino, parte in giudizio. (…)
Inoltre, il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valorizzato con il codice della Re-
gione o con il codice catastale del Comune destinatario. (…)
Il campo “anno di riferimento” è valorizzato secondo le istruzioni riportate nel modello di domanda
(periodo d’imposta o anno di registrazione indicato sull’atto oggetto della controversia).
Qualora il versamento venga eseguito da un soggetto diverso da colui che ha proposto l’atto introdutti-
vo del giudizio, nel campo “codice fiscale” della sezione “CONTRIBUENTE” del modello F24 è indicato
il codice fiscale del soggetto che effettua il versamento. In tal caso, nel campo “codice fiscale del coob-
bligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”, è riportato il codice fiscale del soggetto che ha
proposto l’atto introduttivo del giudizio, unitamente all’indicazione, nel campo “codice identificativo”,
del codice “71” (soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio)» (cfr. R.A.E. 14.2.2023, n. 6).
I codici citati sono reperibili sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentra-
te.gov.it.
Di seguito si riporta la Tabella di cui alla citata Risoluzione.

Codice Codice atto Codice Denominazione codice tributo Rateazione/ Anno di


ufficio tributo Regione/ riferimento
Prov./mese rif.
COMPILARE NON TF20 IVA e relativi interessi – Definizione NON AAAA
COMPILARE controversie tributarie – Art. 1, co. COMPILARE
da 186 a 202, legge n. 197/2022
COMPILARE NON TF21 Altri tributi erariali e relativi NON AAAA
COMPILARE interessi – Definizione controversie COMPILARE
tributarie – Art. 1, co. da 186 a 202,
legge n. 197/2022
COMPILARE NON TF22 Sanzioni relative ai tributi erariali – NON AAAA
COMPILARE Definizione controversie tributarie COMPILARE
– Art. 1, co. da 186 a 202, legge n.
197/2022
COMPILARE NON TF23 IRAP e addizionale regionale CODICE AAAA
COMPILARE all’IRPEF e relativi interessi – REGIONE
Definizione controversie tributarie (…)
– Art. 1, co. da 186 a 202, legge n.
197/2022
COMPILARE NON TF24 Sanzioni relative all’IRAP e CODICE AAAA
COMPILARE all’addizionale regionale all’IRPEF – REGIONE
Definizione controversie tributarie (…)
– Art. 1, co. da 186 a 202, legge n.
197/2022
COMPILARE NON TF25 Addizionale comunale all’IRPEF e CODICE AAAA
COMPILARE relativi interessi – Definizione CATASTALE
controversie tributarie – Art. 1, co. DEL COMUNE
da 186 a 202, legge n. 197/2022 (…)
COMPILARE NON TF26 Sanzioni relativa all’addizionale CODICE AAAA
COMPILARE comunale all’IRPEF – Definizione CATASTALE
controversie tributarie – Art. 1, co. DEL COMUNE
da 186 a 202, legge n. 197/2022 (…)
688
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

Effetti Una volta perfezionata, la definizione prevale, quanto agli effetti, su quelli delle eventuali
pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore della norma. «In

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altri termini, con il perfezionamento, la definizione agevolata retroagisce e prevale sulla efficacia di
eventuali sentenze depositate e non passate in giudicato alla data del 1° gennaio 2023. Tali sentenze,
in deroga a quanto disposto dall’art. 68 del D.Lgs. 546/1992, cessano di costituire titolo per eventuali
rimborsi o sgravi. Le medesime considerazioni valgono anche per le sentenze eventualmente depositate
dopo il 1° gennaio 2023», fermo restando che la definizione si applica alle controversie per le
quali alla data di presentazione della domanda non si sia ancora formato il giudicato. «Pertanto,
nel caso di controversia innanzi alla Suprema Corte per la quale il contribuente non abbia chiesto la
sospensione del processo, si ritiene che la domanda di definizione presentata dopo l’eventuale deposito
della sentenza di cassazione senza rinvio non possa produrre alcun effetto sulla efficacia della pronun-
cia ormai definitiva. Nel caso opposto (di istanza anteriore alla sentenza) la decisione della Suprema
Corte – sia a favore che contro il contribuente – dovrà considerarsi inutiliter data» (cfr. C.A.E.
2/2023).
Le controversie definibili non sono sospese, a meno che il contribuente non presenti al giudice
apposita istanza con la quale dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in esame, ma senza
che dalla eventuale domanda di sospensione conseguano effetti vincolanti per l’adesione alla
definizione (cfr. C.A.E. 20.3.2023, n. 6). Se il contribuente presenta l’istanza, il processo è sospe-
so fino al 10 ottobre 2023, termine perentorio entro il quale il contribuente deve depositare «la
domanda di definizione e la prova del versamento degli importi dovuti o della prima rata» (cfr. C.A.E.
2/2023) «presso l’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia» (co. 197, modificato
dall’art. 20, co. 1, lett. c), del D.L. 34/2023). «Ottemperando al deposito così come sopra specificato, il
processo è dichiarato estinto con decreto del Presidente di sezione o con ordinanza in camera di consi-
glio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha
anticipate» (cfr. C.A.E. 2/2023).
Infine, la richiesta di sospensione può essere accolta se riguarda le «sole controversie definite con
decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari», per cui detta richiesta va disattesa se «l’unico
rimedio esperibile sia la revocazione» (cfr. Cass. Sent. 21.2.2023, n. 5373).
Invece, sono sospesi per undici mesi (co. 199, modificato dall’art. 20, co. 1, lett. d), del D.L.
34/2023), i termini di impugnazione, anche incidentale, di riassunzione e per la proposizione del
controricorso in Cassazione, che scadono tra il 1° gennaio 2023 e il 31 ottobre 2023 (co. 199).
«Dalla sospensione automatica sono (…), esclusi tutti gli altri termini processuali, compresi quelli per
la proposizione del ricorso in primo grado e quelli per la costituzione in giudizio del contribuente e
dell’Ufficio presso le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado» (cfr. C.A.E. 2/2023 CN-
DCEC, Doc. 8.3.2023). L’eventuale diniego della definizione va notificato, con le modalità previ-
ste per le notificazioni processuali, entro il 30 settembre 2024 (co. 200, modificato dall’art. 20,
co. 1, lett. e), del D.L. 34/2023), ma può essere impugnato, nel termine ordinario di 60 giorni
dalla notificazione, di fronte all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia (co.
201). «Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impu-
gnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente, anche oltre il termine ordi-
nario, unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo. Ana-
logo beneficio è previsto per l’Ufficio, il quale può impugnare la sentenza entro il medesimo termine».
Spetta, in ogni caso, all’Agenzia delle Entrate «il compito di verificare la regolarità della domanda e
la ricorrenza dei presupposti richiesti (…) per la validità della definizione» (cfr. C.A.E. 2/2023).
Il processo si estinguese la parte che ne ha interesse non presenta istanza di trattazione della
controversia entro il 31 dicembre 2024. Al fine di conseguire gli obiettivi di riduzione dei giudizi
pendenti in Cassazione, «mediante la riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giu-
dizi di legittimità, ai sensi dell’art. 1, co. 198, della L. 29.12.2022, n. 197 (…), l’Agenzia delle Entrate,
fermi restando gli oneri posti a carico del contribuente, provvede a depositare, entro il 31 ottobre 2023
[in luogo del precedente termine del 31.7.2023], presso la cancelleria della Corte di cassazione un
elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con la indicazione dei
relativi versamenti previsti dal co. 197 del medesimo art. 1» (cfr. Art. 40, co. 3, del D.L. 24.2.2023, n.
13, in G.U. 24.2.2023, n. 47, modificato dall’art. 20, co. 2 del D.L. 30.3.2023, n. 34, in vigore dal
31.3.2023).
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 689

Da ultimo, l’art. 23 del D.L. 30.3.2023, n. 34 introduce una causa speciale di non punibilità di al-

L. 29 dicembre 2022 n. 197


cuni reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000, quali:
› l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per un ammontare superiore a

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150.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta (art. 10-bis);
› l’omesso versamento di Iva per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun peri-
odo d’imposta (art. 10-ter);
› la indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a
50.000,00 euro (art. 10-quater);
«quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integral-
mente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti» dalle definizioni di cui all’art. 1,
commi da 166 a 252 della L. 197/2022 (compresi, quindi, i commi da 186 a 205, in esame), «pur-
ché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello» (cfr. art. 23,
co. 1).
Perché operi la causa speciale di non punibilità, è necessario l’integrale versamento di quanto
dovuto, e il rispetto dei termini e delle modalità di adempimento della procedura in esame.
La possibilità di valersi della causa speciale di non punibilità è ammessa entro la prima delle
pronunce di appello.
A tal fine, il contribuente deve:
› comunicare immediatamente l’avvenuto versamento delle somme dovute o della prima rata,
in caso di pagamento rateale, all’Autorità giudiziaria che procede; e contestualmente;
› informare l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferi-
menti del relativo procedimento penale (cfr. art. 23, co. 2).
Dalla ricezione della predetta comunicazione, il processo di merito è sospeso fino al momento
in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate:
› o della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute;
› o della mancata definizione della procedura o della decadenza dal contribuente dal beneficio
della rateazione (cfr. art. 23, co. 3).
La disposizione si chiude facendo salve le prove assunte durante il periodo di sospensione di cui
al comma 3, «nei casi previsti dall’art. 392 del codice di procedura penale» (cfr. art. 23, co. 4).
La disciplina in esame, si pone in alternativa a quella di cui all’art. 5 della L. 130/2022, disposta
dalla riforma della giustizia tributaria (co. 204), da cui si distingue non solo per la previsione
della causa speciale di non punibilità appena illustrata, ma anche perché la norma in esame:
› non prevede un “limite” al valore della controversia definibile, “limite” invece stabilito dal-
l’art. 5 della L. 130/2022, nelle misure di 50.000,00 e 100.000,00 euro;
› è applicabile non solo alle controversie pendenti con l’Agenzia delle Entrate, ma anche a quel-
le con l’Agenzia delle Dogane, per cui ha un ambito più esteso rispetto a quello dell’art. 5 della
L. 130/2022.
Per il resto le due procedure sono analoghe.
Controversie tributarie con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Particolarità
Si riportano gli interventi di prassi emanati. «I presupposti generali per fruire della definizione
agevolata disciplinata dalla Legge n. 197 del 2022 sono:
› l’attribuzione della controversia alla giurisdizione tributaria;
› la qualità di “parte”, nella controversia, dell’Agenzia;
› la pendenza della controversia alla data dell’1.1.2023;
› la domanda da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è suben-
trato o ne ha la legittimazione;
› il pagamento di un importo stabilito in base al valore della controversia.
La sussistenza di tali presupposti è oggetto di un procedimento di controllo presso l’Agenzia, che può
concludersi con un provvedimento di “diniego”, da notificare al soggetto richiedente la definizione, en-
tro il 31.7.2024» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).
«Sotto il profilo della giurisdizione, sono definibili (…) tutte le controversie pendenti innanzi agli or-
gani di giustizia tributaria purché concernenti questioni devolute alla giurisdizione tributaria, ai sensi
dell’art. 2 del D.Lgs. 546/1992 (…). Sono da annoverare, sotto il profilo della giurisdizione, tra le con-
troversie definibili, quelle pendenti in riassunzione presso gli organi della giurisdizione tributaria, pro-
veniente da organi di altre giurisdizioni, mentre non potranno essere considerate definibili le contro-
690
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

versie, proveniente da organi della giurisdizione tributario, in attesa di essere riassunte presso organi
di una diversa giurisdizione» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).
Tipologia di atti impugnati Sono «definibili, oltre alle controversie relative agli avvisi di pagamento, gli

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avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica, gli avvisi di liquidazione e gli altri atti di competenza del-
l’Agenzia a carattere impositivo, compresa la irrogazione di sanzioni tributarie e di indennità di mora,
anche le controversie relative, ad esempio, ad atti meramente riscossivi. (…) Le controversie di valore
indeterminabile non possono essere definite, così come le controversie nelle quali siano impugnati atti
nei quali non risulta essere stata ancora quantificata la pretesa erariale, come i verbali di operazioni
compiute» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).
Qualità di parte «Le controversie che sono definibili con domanda rivolta all’Agenzia sono quelle in cui
l’Agenzia riveste la qualità di “parte” nella controversia (…) vale a dire il soggetto destinatario del ri-
corso/appello, e quindi chiamato in giudizio o intervenutovi volontariamente. Infatti, qualora non ri-
sulti destinataria del ricorso/appello o non venga chiamata in giudizio o non vi sia intervenuta volon-
tariamente, l’Agenzia, pur eventualmente rivestendo la qualità di “ente creditore”, non ha alcun mar-
gine per fornire viabilità amministrativa alla domanda di definizione agevolata» (cfr. Circ. ADM
14.3.2023, Prot. 141687/RU).
Pendenza della controversia Possono essere definite anche:
› «le controversie per le quali il ricorrente abbia notificato all’Agenzia il giudizio introduttivo del pri-
mo grado entro il 1.1.2023, ma non si sia costituito entro il predetto termine, perché ancora nei ter-
mini ex art. 22 del D.Lgs. 546/1992, eventualmente anche per effetto di quanto disposto dall’art. 17-
bis, co. 3, del D.Lgs. 546/1992 (…);
› una controversia per la quale sia stata depositata la pronuncia conclusiva del grado di giudizio,
purché non siano ancora spirati i termini per impugnarla (…)
› le controversie decise in Cassazione con sentenza di rinvio e che risultano riassunte (ma non ancora
decise in via definitiva) o ancora nei termini per la riassunzione (…)» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023,
Prot. 141687/RU).
Importi dovuti Per determinarli correttamente, «si dovrà preliminarmente tenere in conto che:
› per “valore della controversia” si intende il valore della lite come determinato ai sensi dell’art. 12,
co. 2, del D.lgs. 546/1992 (…). Ai fini della determinazione dell’effettivo valore della controversia,
vanno comunque esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano og-
getto della materia del contendere, come avviene, ad esempio, nelle ipotesi di contestazione parziale
dell’atto impugnato, di formazione di un giudicato interno, di conciliazione o mediazione perfezio-
nate, che non abbiano definito per intero la lite, ovvero in caso di parziale annullamento dell’atto a
seguito di esercizio del potere di autotutela da parte dell’Ufficio, formalizzato tramite la emissione
di apposito provvedimento;
› per “soccombenza dell’Agenzia” si intende la soccombenza totale o parziale dell’Agenzia (…). In caso
di soccombenza parziale dell’Agenzia, la controversia è definibile per intero, ma, per la parte che ha
visto l’Agenzia vittoriosa, occorre pagare il 100% del valore della controversia, mentre solo per la
parte che ha visto l’Agenzia soccombente è possibile pagare le ridotte percentuali previste dal comma
188 (…);
› per “pronuncia favorevole all’Agenzia” si intende la pronuncia che abbia determinato la soccom-
benza totale del contribuente (…);
› per “controversie relative esclusivamente alle sanzioni” si intendono le controversie nelle quali gli
atti impugnati sono esclusivamente quelli mediante i quali sono state irrogate sanzioni;
› le “sanzioni collegate al tributo” sono quelle irrogate per comportamenti che hanno determinato
un’omissione o un ritardo nel versamento di tributi (…);
› le “sanzioni non collegate al tributo” sono quelle irrogate per comportamenti che non hanno deter-
minato un’omissione o un ritardo nel versamento di tributi. Rientrano tre le “sanzioni non collegate
al tributo” quelle per le quali il comportamento sanzionato non ha determinato la esigibilità del tri-
buto, ma il valore del tributo applicabile costituisce esclusivamente un parametro di commisurazio-
ne della sanzione ancorché il tributo stesso non sia esigibile (…).» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot.
141687/RU).
La Circolare descrive la struttura con cui possono essere organizzate le casistiche descritte nei
commi da 186 a 191, precisando che:
› le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo (…) possono essere defi-
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 691

nite con il pagamento di un importo pari al:

L. 29 dicembre 2022 n. 197


- 15% del valore della controversia:
1. in caso di soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautela-

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re, sul merito o sull’ammissibilità del giudizio, depositata al 1.1.2023 (Codice Modalità di defi-
nizione: 07). Si sottolinea che in caso di soccombenza ripartita, occorre utilizzare il Codice Mo-
dalità di Definizione 10 e si ricorda che il 15% è applicabile solo alla parte, del valore in conte-
stazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte confermata si deve applicare il 100%;
- 40% del valore della controversia:
1. negli altri casi (Codice Modalità di Definzione: 08). Si segnala che in caso di soccombenza ri-
partita, occorre utilizzare il Codice Modalità di Definizione 09 e si ricorda che il 40% è applica-
bile solo alla parte, del valore in contestazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte
confermata si deve applicare il 100%;
› le controversie relative esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono (…) posso-
no essere definite senza che sia dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto rela-
tivo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata (Co-
dice Modalità di Definizione 10).
Si precisa che:
1) ai fini del calcolo del valore della controversia relativa al singolo atto impugnato, l’indennità di mo-
ra di cui all’art. 3, co. 4 del D.Lgs. n. 504 del 1995 non è annoverabile tra le “sanzioni” né tra le “impo-
ste” (…)». Essa «va assimilata, ai fini del calcolo del valore della controversia relativa al singolo atto
impugnato, all’“interesse”, e, pertanto, non rientra nel valore della controversia. (…).
2) in caso di controversia relativa sia ai tributi che alla sanzione:
a. se tra i tributi da recuperare vi sono anche la risorse proprie tradizionali e/o l’Iva riscossa all’im-
portazione di cui al comma 193, neppure la sanzione sarà definibile in via agevolata;
b. se tra i tributi da recuperare non vi sono anche la risorse proprie tradizionali e/o l’Iva riscossa al-
l’importazione di cui al comma 193, la controversia sarà definibile ai sensi dei commi da 186 e 190;
c. (…).
3) in caso di controversia relativa esclusivamente alla sanzione collegata al tributo:
a. se il rapporto relativo ai tributi è stato definito (…) non è dovuto alcun importo relativo alla sanzio-
ne. In caso di soggetti diversi, eventualmente obbligati in solido, la controversia può essere definita
dal soggetto obbligato al pagamento della sanzione collegata al tributo anche se il rapporto sui tributi
sia stato definito dal soggetto diverso. (…);
b. se il rapporto relativo ai tributi non è stato definito, la controversia sarà definibile ai sensi dei com-
mi da 186 a 190;
4) l’eventuale controversia tributaria sulla confisca disposta ai sensi dell’art. 301 T.U.L.D. non è defini-
bile, giacché la confisca è una misura che consegue obbligatoriamente al verificarsi dei presupposti
previsti dalla legge;
5) in caso di controversia relativa esclusivamente a sanzioni collegate all’omesso o tardivo versamen-
to di acconti d’imposta, l’avvenuto e formalizzato conguaglio a credito del contribuente, per l’anno
d’imposta in questione, al momento della presentazione della domanda di definizione agevolata, costi-
tuisce definizione del rapporto sui tributi per le finalità del co. 191, secondo periodo, fermo restando il
divieto di cui al co. 193;
6) le sanzioni irrogate ai sensi degli articoli 282 e ss. T.U.L.D. (contrabbando doganale depenalizzato)
per comportamenti che hanno determinato un consumato in frode (e, quindi, l’esigibilità dei tributi
dovuti sulla merce contrabbandata), qualora oggetto di controversia relativa esclusivamente alle san-
zioni, potranno essere definite con il meccanismo previsto dal co. 191, secondo periodo, nel caso in cui
il rapporto sui tributi sia stato definito, tenuto conto del divieto posto dal co. 193, con modalità diverse
dalla definizione agevolata. (…).» (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).
Domanda di definizione Va presentata una domanda distinta per ciascuna controversia autonoma,
cioè relativa a ciascun atto impugnato, «anche nel caso in cui con una medesima controversia si sia-
no impugnati più atti (…). Inoltre, dovrà chiedersi la definizione dell’intero valore in contestazione del-
l’atto impugnato in quanto ciascuna controversia autonoma deve essere integralmente definita. (…)».
«Non sono ammesse [infatti] definizioni parziali dei singoli atti impugnati» (anche qualora con il
ricorso siano stati impugnati più atti); «ciascuna domanda di definizione agevolata deve essere for-
mulata per l’intero valore in contestazione del singolo atto impugnato e non per una parte soltanto»
692
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

(cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).


«La domanda di definizione agevolata può essere sostituita da altra, concernente la stessa controver-
sia autonoma, fino al 30.6.2023 [30.9.2023]. A tal fine, nel modello di domanda è prevista un’apposita

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parte per l’indicazione della data e del numero di protocollo della domanda da sostituire con la nuova.
Una volta spirato» il citato termine «non è più possibile sostituire una domanda con un’altra. (…)
La domanda di definizione agevolata trasmessa ad un ufficio dell’Agenzia non parte della controversia
che si intende definire potrebbe essere oggetto di diniego». Analogamente «ogni ipotesi di discordan-
za tra la fattispecie indicata tramite il “codice modalità de definizione” e la situazione reale della con-
troversia, compresi gli importi realmente in contestazione, darà luogo ad un provvedimento di dinie-
go». L’Agenzia «tenterà comunque di contattare il soggetto richiedente qualora nella domanda risulti
indicato un ufficio che non è parte nella controversia o risultino evidenti incoerenza tra il codice mo-
dalità di definizione e i dati reali relativi al valore della controversia e alla determinazione dell’impor-
to dovuto, affinché la domanda passibile di diniego sia sostituita in tempo utile con una domanda di
definizione regolare».
Infine, «ferma restando la sostituibilità», entro il sopra citato termine, «di una domanda di defini-
zione agevolata con un’altra che annulli la precedente, il perfezionamento della definizione produce la
irrevocabilità della domanda (…). Una volta perfezionata la definizione agevolata, la domanda non
potrà più essere ritirata né sostituita con altra (…)». (cfr. Circ. ADM 14.3.2023, Prot. 141687/RU).
Il Modello per la definizione delle controversie pendenti in cui è parte l’Agenzia delle Dogane e
dei Monopoli è stato approvato (insieme alle relative Istruzioni), con Determinazione Direttoria-
le 14.3.2023, Prot. 141685/RU, e «si compone delle seguenti parti:
a) Informativa sul trattamento dei dati personali (frontespizio);
b) Dati della domanda:
i. Domanda sostitutiva;
ii. Ufficio competente;
iii. Dati relativi alla persona che presenta la richiesta di definizione agevolata;
iv. Dati relativi al soggetto richiedente la definizione agevolata;
v. Modalità di definizione;
vi. Dati della controversia;
vii. Valore della controversia e determinazione dell’importo dovuto;
viii. Dichiarazione di presa visione dell’informativa sul trattamento dei dati personali;
ix. Firma del dichiarante.
Le istruzioni per la compilazione del modello» sono reperibili sul sito dell’ADM, sul quale saranno
pubblicati eventuali aggiornamenti. «È onere del soggetto richiedente la definizione agevolata assi-
curarsi di disporre sempre dell’ultima versione del modello e/o delle istruzioni, al fine di non incorrere
in motivi di diniego della domanda o, comunque, di mancato perfezionamento della definizione».
Le categorie di soggetti che possono presentare la domanda sono analiticamente individuate
nell’art. 3 (della Determinazione 141685/RU), il quale prevede che la presentazione della doman-
da «può avvenire esclusivamente in via telematica (…). Non sono ammessa modalità di presentazione
della domanda diverse (…).
Il servizio telematico reso disponibile nell’apposita sezione dedicata del sito internet www.adm.gov.it
consente all’utente che accede, previa autenticazione tramite SPID-CIE-CNS, di trasmettere una nuova
domanda, di scaricare le istruzioni operative per la compilazione della domanda, di verificare lo stato
di lavorazione relativo all’assegnazione del numero di protocollo per le domande già trasmesse» (cfr.
Determin. Dir. 14.3.2023, Prot. 141685/RU).
L’utente può verificare lo stato di completamento della protocollazione per ogni domanda tra-
smessa, accedendo al medesimo sito.
Ai fini del rispetto del termine del 30 settembre 2023 «fa fede la “data di trasmissione” attestata
sulla copia della domanda resa disponibile all’utente dal sistema, ancorché il numero e la data di pro-
tocollo dovessero essere successivi (…)». La domanda, completa delle attestazioni apposte dal siste-
ma «va scaricata, stampata e firmata dal dichiarante, il quale, se persona incaricata/delegata dal sog-
getto richiedente, deve consegnarla al soggetto richiedente.
Costituisce “copia della domanda di definizione” (…) la copia della domanda (…) completa delle atte-
stazioni poste dal sistema, firmata dal dichiarante e, se il dichiarante è un incaricato/delegao del sog-
getto richiedente, completa della documentazione attestante la regolarità dell’incarico/delega».
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 693

«È esclusa la compensazione (…)

L. 29 dicembre 2022 n. 197


Il pagamento deve avvenire mediante la piattaforma pagoPA (…). I dati necessari per il pagamento, tra

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cui il “QR code”, sono resi disponibili, per ciascuna domanda trasmessa accedendo» al servizio reso
disponibile sul sito dell’Agenzia delle Dogane. (cfr. Determin. Dir. 14.3.2023, Prot. 141685/RU).
L’Agenzia delle Dogane e dei monopoli «renderà disponibile, in apposita sezione del proprio sito
istituzionale www.adm.gov.it., la procedura telematica di trasmissione delle domande di definizione
agevolata delle controversie pendenti attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia
delle Dogane e dei monopoli» in data 22 marzo 2023, fornendo istruzioni dettagliate in merito alle
modalità di trasmissione e di versamento. A partire da tale data, le domande dovranno essere
trasmesse escusivamente in via telematica accedendo, previa autenticazione tramite SPID/CNS/
CIE alla sezione del sito dedicata, dove saranno reperibili i dati necessari per il pagamento degli
importi dichiarati (cfr. Avviso pubblicato sul sito ADM).
Le istruzioni operative relative alla procedura telematica per la trasmissione delle domande so-
no state adottate con la Circolare ADM 21.3.2023, n. 155231/RU (cui si rimanda), in cui sono det-
tagliatamente descritte le:
› attività propedeutiche per l’accesso alla procedura e per il pagamento degli importi previsti;
› quelle operative per l’inserimento e la trasmissione della Domanda;
› quelle di ricerca delle Domande presentate.
Controversie tributarie in cui è parte un ente territoriale (o un suo ente strumentale) Il com-
ma 205 dell’art. 1 della L. 197/2022, nel testo in vigore dal 28.2.2023, prevede che ciascun ente
territoriale possa «stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente
per l’adozione dei propri atti, l’applicazione dei commi da 186 a 204 alle controversie attribuite alla
giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale».
«I provvedimenti degli enti locali (…) acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istitu-
zionale dell’ente creditore e sono trasmessi al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento
delle finanze, entro il 30 aprile 2023, ai soli fini statistici». (cfr. Art. 3-bis del D.L. 29.12.2022, n. 198,
c.d. Milleproroghe, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14, in G.U. 27.2.2023, n. 49. Si vedano, an-
che, IFEL, Nota 1.3.2023; M.E.F. Circ. 6.3.2023, n. 1/DF).
«Se il Comune intende dare applicazione alla definizione delle proprie controversie, dovrà farlo me-
diante l’approvazione di uno specifico regolamento comunale, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 446/1997,
atteso che con tale decisione l’ente rinuncia alla riscossione delle sanzioni, degli interessi di mora e di
parte del tributo – a seconda dello stato e dell’esito del giudizio – per i quali, in via generale, vale il
principio di indisponibilità, qui derogato per espressa previsione di legge» (cfr. IFEL, Nota 7.1.2023).
Il termine per decidere l’applicazione della definizione agevolata al contenzioso comunale è da
considerarsi perentorio.
Soggetti Le controversie definibili sono quelle in cui è parte l’ente territoriale – ovvero i Comuni,
le Province, le Città metropolitane e le Regioni – o un suo ente strumentale. «Per ente strumenta-
le deve intendersi il concessionario, nel caso di affidamento in concessione del tributo a soggetto
iscritto nell’albo dei concessionari, di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/1997. Tra gli enti strumentali rien-
trano pacificamente anche le società in house dei Comuni che risultano affidatarie dell’attività di ac-
certamento e riscossione delle entrate comunali, ai sensi dell’art. 52, co. 5 del D.Lgs. 446/1997. (…) Pa-
rimenti, si ritiene di poter estendere la possibilità di regolamentazione comunale anche con riferimento
controversie relative alla Tari che vedano come parte la società di gestione dei rifiuti alla quale il Co-
mune ha affidato, ai sensi dell’art. 1, co. 691, L. 147/2013, la gestione, la riscossione e l’accertamento
della Tari» (cfr. IFEL, Nota 7.1.2023).
Oggetto della definizione Sono le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte
il Comune o un suo ente strumentale (ferme restando le altre previsioni della novella).
Essendo definibili le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria, rimangono «escluse le
controversie relative al soppresso canone di occupazione di suolo pubblico, al CUP e alla tariffa rifiuti
corrispettiva» (cfr. IFEL, Nota 7.1.2023).
«Per quanto riguarda gli atti definibili (…) nella presente definizione, si fa solo riferimento alla giuri-
sdizione tributaria. La formulazione porta a ritenere che sia definibile qualsiasi controversia attribuita
alla giurisdizione tributaria, ivi compresa quella relativa agli avvisi bonari Tari.
Il mancato riferimento agli atti impositivi potrebbe portare a ritenere che oggetto di definizione possano essere
anche le cartelle di pagamento e le ingiunzioni di pagamento, anche se riferite ad atti di accertamento divenuti
694
L. 29 dicembre 2022 n. 197 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti

definitivi per mancata impugnazione. Tuttavia, si osserva che il comma 186 considera solo, come parte proces-
suale, l’Agenzia delle entrate e dei Monopoli, e non anche l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Né quest’ultima

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può essere considerata un ente strumentale del Comune. Pertanto, mentre appare possibile la definizione delle
controversie relative agli atti esecutivi in cui sia parte anche il Comune, a condizione che sia sollevato un vi-
zio attinente all’atto presupposto, non pare invece ammissibile l’accesso alla definizione delle controversie che,
sebbene riferite a tributi comunali, vedano come parte processuale la sola AdE-R. (…)
Al contrario, si ritiene che siano definibili tutte le controversie riguardanti le ingiunzioni di pagamen-
to, che vedano come parte il Comune oppure la società in house comunale o il concessionario privato
di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/1997 (…)»; con la precisazione che queste controversie sono defini-
bili sia con riferimento a contestazioni attinenti ai vizi propri del titolo esecutivo sia con riferi-
mento ai vizi dell’atto di accertamento presupposto (cfr. IFEL, Nota 7.1.2023).
Modalità Sono analoghe a quelle sopra commentate.
Effetti Ferma restando la disciplina sopra indicata, si riportano alcune precisazioni relative alle
controversie qui in esame.
«L’adesione comporta la non debenza delle sanzioni e di tutti gli interessi, mentre la quantificazione
dell’imposta dovuta dipende dallo stato in cui si trovava la controversia e dall’esito delle sentenze già
emesse alla data del 1° gennaio 2023. Va da subito precisato che il Regolamento comunale dovrà ob-
bligatoriamente attenersi alle stesse previsioni, non essendo possibile ampliare o restringere le ridu-
zioni previste dalla normativa. (…)
Il comma 197 precisa che le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia
apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata. In tal caso il
processo è sospeso fino al 10 luglio 2023 (…). Al riguardo si ritiene che, nelle more della decisione del
Comune circa l’applicazione della definizione in questione anche alle proprie controversie, la parte
contribuente possa legittimamente avanzare richiesta di sospensione della controversia, nell’ipotesi
in cui sia stata fissata udienza prima del 31 marzo 2023, anche considerando che l’estinzione (…) con-
segue solo al deposito della documentazione attestante l’intervenuta definizione. In difetto, occorrerà
fissare nuova udienza».
Quanto alla prevista (co. 199) sospensione dei termini di impugnazione, IFEL ritiene che «essendo
le controversie comunali “potenzialmente” definibili (…) anche nel caso in cui il Comune decida di non
applicare la definizione delle controversie, semplicemente non deliberando entro la data del 31 marzo
2023, operi comunque la sospensione di nove mesi per i termini di impugnazione, di cui al citato
comma 199. Stante la delicatezza del problema, con riferimento alle sentenze che potrebbero in teoria
passare in giudicato nel periodo 1°gennaio-31marzo 2023, appare auspicabile che sul punto intervenga
un chiarimento normativo o di prassi» (cfr. IFEL, Nota 7.1.2023).

DISPOSIZIONI INTEGRATIVE

Art. 3-bis D.L. 29.12.2022, n. 198, conv. con modif. in L. 24.2.2023, n. 14


Proroga della facoltà di annullamento automatico dei debiti inferiori a 1.000 euro per gli enti diversi
dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali

Art. 40 D.L. 24.2.2023, n. 13


Disposizioni in materia di giustizia tributaria

Articoli 20 e 23 D.L. 30.3.2023, n. 34


Modifica dei termini in materia di definizione agevolata delle controversie tributarie, conciliazione
agevolata e rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione
Cause speciali di non punibilità dei reati tributari

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

Cass. Ord. 16.02.2023, n. 4997


Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti 695

Cass. Sent. 21.02.2023, n. 5373

L. 29 dicembre 2022 n. 197


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PRASSI AMMINISTRATIVA

IFEL Nota 07.01.2023

Circ. Ag. Entrate 27.01.2023, n. 2

Provv. Ag. Entrate 01.02.2023, n. 30294

Ris. Ag. Entrate 14.02.2023, n. 6

CNDCEC Doc. 22.02.2023, n. 3220

IFEL, Nota 01.03.2023

M.E.F. Circ. 06.03.2023, n. 1/DF

Ag. Dogane e monopoli, Determinazione direttoriale 14.03.2023, Prot. 141685/RU

Ag. Dogane e monopoli, Circ. 14.03.2023, Prot. 141687/RU

Circ. Ag. Entrate 20.03.2023, n. 6


Formulario dei principali

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atti degli istituti deflativi

N° Argomento della formula Pag.


1. Fac-simile Istanza per la correzione della errata indicazione dei dati nel Mod. F24 697
2. Esempio di Memoria contenente «osservazioni e richieste» 700
3. Fac-simile Istanza di accertamento con adesione 700
4 Fac-simile Nomina di sostituto 701
5. Fac-simile Memoria in vista del contraddittorio 701
6. Esempio di Memoria nel caso di avviso di accertamento 702
7. Fac-simile istanza di autotutela 704
8. Esempio istanza di annullamento in autotutela di avviso di accertamento 706
9. Determinazione dei versamenti rateali 709
10. Fac-simile Deduzioni difensive 710
Formulario 697

Atti degli Istituti deflativi


Ravvedimento operoso
1. Fac-simile Istanza per la correzione della errata indicazione dei dati nel Mod. F24

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Spett.le AGENZIA delle Entrate
DIREZIONE PROVINCIALE
Di ...

ISTANZA
per la correzione della errata indicazione dei dati nel Mod. F24 (1)

***
Il sottoscritto ... (cod. fisc. ... e P. Iva. ..........), nato il .........., a .........., e residente a .......... via ..........,
PREMESSO
• che in data .......... ha effettuato il versamento di .......... euro con il Mod. F24, indicando erroneamente il
codice tributo .........., invece del codice tributo .......... (oppure «indicando erroneamente quale anno di rife-
rimento il .......... invece del ..........» oppure «indicando erroneamente il proprio codice fiscale»)
CHIEDE
• di procedere alla correzione del Mod. F24 allegato alla presente istanza e di imputare, conseguentemen-
te, le imposte versate al codice tributo (oppure «all'anno di riferimento» oppure «al sottoscritto, con
codice fiscale ..........») indicato in premessa.
Con osservanza.

Luogo e data Firma del contribuente


………. ……….

Allegati:
1. Fotocopia versamento effettuato con Mod. F24, erroneamente compilato;
2. Fotocopia documento di identità.

Tipo Documento ......... n. ......... rilasciato il .......... da ..........

Note
(1) Cfr. Circ. Ag. Entrate 25.1.2002, n. 5/E.
698
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Osservazioni e richieste del contribuente


2. Esempio di Memoria contenente «osservazioni e richieste»

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE di …..
(Indirizzo …)
A mezzo PEC …..

OSSERVAZIONI e richieste redatte ai sensi dell'art. 12, co. 7, della L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del
contribuente), sui due maggiori rilievi contenuti nel P.V.C, elevato in data … dalla Guardia di Finanza di …
nei confronti della Società … , con sede in … , a valere per (indicare le imposte), relativo al periodo di impo-
sta ….
***

La Società … (C.F. … e P. Iva …), con sede legale in …, via … (PEC …) in persona del legale rappresentante
pro tempore Sig. … (C.F. …), nato il …, a …, e residente in …, via …, assistita e rappresentata dal dott. …,
iscritto all'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili della Provincia di …….;
elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest’ultimo, sito in … via … (tel. ... fax … e-mail … PEC …);

visto l’art. 12, co. 7, della L. 212/2000

• formula le seguenti osservazioni sul P.V.C. del …, consegnato in esito alla «verifica fiscale generale», di
cui la Società è stata oggetto, e
• chiede, a codesta spett.le Direzione provinciale (d'ora in poi anche Ufficio), un approfondimento degli
argomenti contenuti nel predetto P.V.C.: sia in termini «di fatto» che «in diritto».

PREMESSA

La Società – operante nel settore (Industria/…) - ha subito a partire dal … e fino al … una verifica fiscale
globale relativa all’anno …, a cura della Guardia di Finanza di … Dal P.V.C. emergono le seguenti (n°…) con-
testazioni (riportarle tutte, secondo l’ordine del P.V.C.). Pur riservandosi di sviluppare le proprie difese an-
che sugli altri rilievi, in questa sede la Società ritiene opportuno richiamare l’attenzione dell’Ufficio accer-
tatore sui due rilievi seguenti: vuoi per la loro rilevanza quantitativa, vuoi per il profilo «delicato» in termini
di diritto.

***

1) Rilievo n. 1
a) Tesi dei verificatori
I verificatori hanno ritenuto indeducibile, nella determinazione del reddito d’impresa della Società (relativo
al periodo di imposta …), il costo di … relativo a ….
b) Le osservazioni della Società
La pretesa dei verificatori è destituita di ogni fondamento, dato che …
La contestazione dei verificatori deve, pertanto, essere abbandonata e il relativo addebito annullato.

2) Rilievo n. 10
a) Tesi dei verificatori
I verificatori contestano il difetto di inerenza dei costi sostenuti dalla Società per spese legali nei procedi-
menti penali a carico dei propri amministratori, in quanto spese sostenute non a causa del mandato (ov-
vero in funzione del perseguimento dell’oggetto sociale), ma in occasione dello stesso, così escludendone
la loro deducibilità ai fini IRES per un importo pari a complessivi .......... euro.
b) Le osservazioni della Società
La Società rileva che …

3) Conclusioni
La scrivente chiede a codesta spett.le Direzione provinciale di tener conto delle sopra citate osservazioni
e formula le seguenti richieste:
• quanto al Rilievo n. 1 …
• quanto al Rilievo n. 10 … chiede di considerare inerenti e, pertanto, deducibili ai fini IRES, ..........
Si ringrazia per l'attenzione e, mentre ci si dichiara a disposizione per rispondere a eventuali richieste di
approfondimento o di documentazione ritenute utili da codesto Ufficio, si precisa che le presenti osserva-
zioni sono state formulate con l'assistenza dello Studio del dott. …, al quale, al fine di consentirgli di inter-
venire nel contraddittorio, viene conferita, in calce al presente atto, specifica procura ex art. 63 del D.P.R.
600/1973.
Formulario 699

Con osservanza

Atti degli Istituti deflativi


Luogo e data …...................…
Si allegano i seguenti documenti

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.....................................................
.....................................................

La società
Il rappresentante legale
.............................

PROCURA ex art. 63 del D.P.R. 600/1973


La società ……. (C.F. ....… e P. Iva ........), con sede legale in ………, via ............., in persona del legale rappresen-
tante pro tempore Sig. ………. (C.F. .…..), nato il …… a ……. e residente in ……, via ………, delega il dott. ........,
iscritto all'Ordine dei dottori commercialisti ed esperi contabili della Provincia di ……….... ad assisterla e
rappresentarla – anche valendosi di propri collaboratori – presso gli Uffici della Direzione provinciale della
Agenzia delle Entrate di ………. competenti in relazione al Processo Verbale di Constatazione redatto in da-
ta .... dalla Guardia di Finanza di ……….; con la precisazione che il presente mandato di rappresentanza de-
ve intendersi esteso a qualsiasi atto o procedimento conseguente o inerente al citato P.V.C.
A tal fine, la Società elegge il proprio domicilio, ai fini del presente procedimento, presso lo Studio del
dott. ………., sito in .………., via ……….

La società
Il rappresentante legale
……….
È autentica
Il professionista incaricato
……….
Il presente atto si compone di n. ………. pagine numerate progressivamente da 1 a ……….; reca n. ………. alle-
gati ed è sottoscritto dal legale rappresentante della Società.
700
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Accertamento con adesione (Iva e Redditi)


3. Fac-simile Istanza di accertamento con adesione

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE/REGIONALE di ……….
UFFICIO CONTROLLI
A mezzo PEC ..........

ISTANZA
Per la formulazione di proposta di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 6, comma 2 del D.Lgs. 19
giugno 1997, n. 218.
La Società … (cod. fisc. e P.IVA …), con sede legale in …, via …, in persona del legale rappresentante pro
tempore sig. … (cod. fisc. ….), nato il …, a … e residente in …, via …,
• rappresentata e assistita – giusta procura in calce al presente atto – dal dott./avv. …, iscritto all’Ordine/
Albo di …/del Foro di …;
• elettivamente domiciliata – ai fini del procedimento promosso con la presente istanza – presso lo Studio
del professionista incaricato, sito in … via …, (tel. …, fax …, e-mail…, PEC …);

PREMESSO CHE
• in data … codesta spett.le Direzione Provinciale/Regionale ha notificato alla Società in epigrafe l’Avviso di
accertamento n. …, relativo a … per il periodo di imposta ….
• il suddetto avviso non è stato preceduto dall'invito a comparire ex artt. 5 e 5-ter, D.Lgs. 218/1997

PRESENTA
Istanza, ex art. 6, comma 2 del D.Lgs. 218/1997, affinché codesta spett.le Direzione Provinciale/Regionale,
nei termini di legge, voglia formulare proposta di accertamento con adesione, ai fini della eventuale defi-
nizione dei tributi per il periodo di imposta accertato.

Con osservanza

Luogo e data ……….

La Società
…………………….
Il professionista dott./avv.
……………………

PROCURA ex art. 63, D.P.R. 600/1973


La Società ……… con sede in …, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. .......... , delega il
dott./avv. … iscritto all’Ordine/Albo di …/Foro di …, ad assisterla e rappresentarla – anche valendosi di
propri collaboratori – nel procedimento di accertamento con adesione per la eventuale definizione delle
pretese avanzate dalla Direzione Provinciale/Regionale dell’Agenzia delle Entrate ad esso connesso. Al fi-
ne di agevolare il professionista delegato nell’espletamento del suo incarico, elegge il proprio domicilio
per il presente procedimento presso lo Studio dello stesso, sito in …, via …

La Società
Il legale rappresentante
…….…….…….…….…….

È autentica
Il professionista incaricato
…….…….…….…….…….
Formulario 701

Atti degli Istituti deflativi


Accertamento con adesione (Iva e Redditi)
4. Fac-simile Nomina di sostituto

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE/REGIONALE di ............
UFFICIO CONTROLLI

NOMINA DI SOSTITUTO
nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione promosso dal Sig. ………. (con ap-
posita istanza del ……….) a seguito dell’Avviso di Accertamento n. ………. relativo a ………. per il
periodo di imposta …................
***
Il sottoscritto dott./avv ………. iscritto all’Ordine/Albo di …......../del Foro di ………., quale rap-
presentante ex art. 63 del D.P.R. 600/1973 del Sig. ………., giusta procura agli atti,
DELEGA
il dott./avv. ………. dell’Ordine/Albo di ………./del Foro di ………., a sostituirlo nel contraddittorio
di cui al procedimento in epigrafe.
Con osservanza
Luogo e data
……….

Il professionista dott./avv.
……….

Accertamento con adesione (Iva e Redditi)


5. Fac-simile Memoria in vista del contraddittorio

Spett.le AGENZIA delle ENTRATE


DIREZIONE PROVINCIALE/REGIONALE di ............
UFFICIO CONTROLLI
Alla cortese attenzione del responsabile del procedimento, Sig. ……....
MEMORIA
nel procedimento di accertamento con adesione promosso – ex art. 6, comma 2, del D.Lgs. 218/1997 –
dal Sig. ………., assistito e rappresentato – giusta procura a margine della istanza introduttiva – dal dott./
avv. ………., iscritto all’Ordine/Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili di ………./del Foro di
………., a seguito della notifica dell’Avviso di accertamento n. ……….,
***
Il sottoscritto ………. (C.F. ……….), come sopra assistito e rappresentato
premesso che
• in data … il sottoscritto ha ricevuto l’Avviso di accertamento n. …, relativo a … per il periodo di imposta
…,
• in data … lo scrivente ha presentato a codesta spett.le Direzione provinciale/regionale dell’Agenzia delle
Entrate istanza di adesione ai sensi dell’art. 6, co. 2 del D.Lgs. 218/1997,
• l’Ufficio ha fissato per il giorno … l’inizio del contraddittorio diretto, se possibile, a definire consensual-
mente il contesto.
In vista dell’inizio del contraddittorio, con la presente memoria, redatta con la collaborazione dello Studio
del dott./avv. ……….
FORMULA
Le seguenti osservazioni e considerazioni, con l’intendimento di pervenire, quanto meno, a un sostanziale
ridimensionamento della pretesa erariale.
FATTI ……….
CONSIDERAZIONI IN DIRITTO ……….
Conclusioni: Si chiede a codesta spett.le Direzione regionale/provinciale di riconsiderare le proprie prete-
se, valorizzando le osservazioni sopra indicate e gli ulteriori chiarimenti che lo scrivente potrà fornire in
sede di contraddittorio al fine di addivenire ad una definizione – quantomeno parziale – delle pretese im-
positive e sanzionatorie avanzate con il predetto Avviso di Accertamento.
Con osservanza

Luogo e Data ……….


Per il contribuente accertato, il professionista dott./avv. ……….
Allegati:
……….
702
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Accertamento con adesione (Iva e Redditi)


6. Esempio di Memoria nel caso di Avviso di accertamento

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE di ...
UFFICIO CONTROLLI
Alla cortese attenzione del responsabile del procedimento, Sig. ...

A mezzo PEC …….

MEMORIA
La Società (C.F. …. e P. Iva …..) con sede legale in … via … in persona del legale rappresentante pro tempo-
re sig. …. (C.F. …), nato il …. a ….., residente in …… via … assistito e rappresentato – giusta procura in calce
dell’istanza di accertamento con adesione - dal dott.. …, iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti ed
esperti contabili della Provincia di ……..., con Studio in …, via …, (tel. …, fax …, e-mail …, indirizzo PEC …)

PREMESSO CHE
• in data ... ha ricevuto la notifica dell'Avviso di Accertamento n. ..., relativo ad IRAP, IVA, Ritenute IRPEF e
Addizionali, per il periodo d’imposta …;
• in data … ha presentato a codesta spett.le Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate istanza di ac-
certamento con adesione ai sensi dell’art. 6, co. 2 del D.Lgs. 218/1997;
• l’Ufficio ha fissato per il giorno … l’inizio del contraddittorio diretto, se possibile, a definire consensual-
mente il contesto

***
formula, con la presente memoria le seguenti osservazioni e considerazioni.

***
Premesso che nell’AVVISO di ACCERTAMENTO, codesta Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate,
a) riqualifica i costi di lavoro autonomo in lavoro dipendente per la presenza di un presunto potere diretti-
vo e di controllo della Società su un totale di n. ….. lavoratori con partita Iva, i quali risulterebbero a tutti
gli effetti inseriti nella struttura aziendale con compiti e mansioni pari a quelle dei lavoratori assunti;
b) sostiene che il rapporto di subordinazione sarebbe dimostrato da una serie di indici essenziali, quali: la
presenza di ordini e direttive e l’inserimento in via continuativa e sistematica nell’organizzazione
aziendale; e residuali, quali: l’orario di lavoro, l’assenza di struttura organizzativa in capo al lavoratore e del
rischio d’impresa, l’oggetto e il luogo della prestazione, l’utilizzo di attrezzature del datore per l’esecuzione
della prestazione, la presenza di un compenso fisso mensile …;
c) conseguentemente contesta l’indeducibilità, ai fini IRAP e IVA di costi per collaborazioni con lavoratori
autonomi/imprese per …… euro e provvede al recupero di Ritenute Irpef per ….. euro – Addizionali (Regio-
nali e Comunali) per … euro, oltre interessi e sanzioni;

DEDUCE
nel merito dell’AVVISO di ACCERTAMENTO e dei rilievi operati quanto segue, riservandosi – nell’eventuali-
tà che non si pervenga ad una definizione in via amministrativa del contesto – di formulare, in sede di ri-
corso giurisdizionale, articolate eccezioni di diritto, attinenti, tra l’altro, a
– violazione della normativa medio tempore applicabile in tema di lavoro;
– difetto di motivazione;
– violazione degli artt. 2094 c.c., 2222 c.c. e 2697 c.c. e 2698 c.c.;
– omesso esame della documentazione prodotta dalla Società in sede di verifica.

1. Quanto alla violazione della normativa medio tempore applicabile (p.i. 2015) in tema di lavoro, si ritiene
di poter far presente, già in questa sede, che, nella lotta contro le c.d. «false P.IVA», l’art. 69-bis D.Lgs.
276/2003, stabiliva … Ciò porta a ritenere che, nella riqualificazione dei costi di lavoro, l’Ufficio …
2. Quanto all’omesso esame della documentazione già prodotta dalla Società in sede di verifica, appare
doveroso segnalare che, a conferma dell’assenza di subordinazione, è già stata fornita copiosa documen-
tazione, in particolare: i contratti di consulenza; le fatture, i curriculum vitae …..

***
Formulario 703

In ordine alle singole posizioni lavorative contestate, la Società al mero fine di un tentativo di definizione

Atti degli Istituti deflativi


e senza con ciò voler riconoscere alcun suo addebito, propone di rideterminare la pretesa come segue
..........

RIPRODUZIONE RISERVATA - GRUPPO 24 ORE


Si ringrazia per l’attenzione e si porgono cordiali saluti.

Con osservanza

Luogo e Data ………..

Si allegano i seguenti documenti


…………………………
…………………………

Per la Società,
firmato digitalmente
il professionista dott. ………………….
704
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Autotutela tributaria e definizioni degli avvisi bonari


7. Fac-Simile Istanza di autotutela

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All’AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE di .................
UFFICIO TERRITORIALE di…..................

RICHIESTA DI ESERCIZIO DELL’AUTOTUTELA

Con questo modello il Contribuente può chiedere all'Amministrazione finanziaria il riesame di un atto che
ritiene sia da correggere o annullare.

Io sottoscritto/a ………. nato/a a ……………. il ……………. residente a ……………. Via/piazza ………. tel. …………….
e-mail …………………………………………………………………. codice fiscale …………………………………………………………..….

(Questa parte deve essere compilata solo nel caso in cui la richiesta venga presentata per una ditta/società)

in qualità di ] titolare ] legale rappresentante ] altro (specificare) …………………………………………….


della ditta/società ……………………………………………………………………………………………………………………………………….
Con sede in via ………………………………………………………………………………………………. città …………………...…………….
prov. ……………………………………………………. codice fiscale/partita Iva …………………………………………………………....

CHIEDO

di riesaminare e di procedere all'annullamento ] totale / ] parziale del seguente atto:


] comunicazione di irregolarità
] cartella di pagamento
] rigetto istanza di rimborso
] avviso di liquidazione
] avviso di rettifica
] avviso di accertamento
] atto di contestazione
] altro (specificare): ………………………….
con prot. ………………………………………………………………………………………. del ……………………………………………….…….
notificato il .……………………………………………………………………….………………………………………………………………….…….
relativo all'anno d'imposta …………………………………………………………………………………………………………………….…….
che, con riferimento ai seguenti importi/recuperi: ………………………………………………………………………………..…….
risulta illegittimo per questi motivi:……………………………………………………………………………………………………………....
...........……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………...……
Formulario 705

Sono consapevole che questa richiesta non sospende i termini per la proposizione del ricorso alla Corte di

Atti degli Istituti deflativi


Giustizia Tributaria (in caso di atti impugnabili).

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Allegati:
] .......................................
] .......................................
] .......................................

DELEGO
(compilare se interessa)
alla presentazione di questa richiesta ........... il Sig. .........., tipo documento di riconoscimento .........., n. ..........,
rilasciato il ...................................................... da .......................................................................... .

] Allego la fotocopia del documento di riconoscimento

Luogo e data .................................................... Firma (leggibile) ......................................

SEZIONE COMPILATA A CURA DELL'ADDETTO DELL'UFFICIO

Identificazione del ] Richiedente ] Delegato (a cura dell'addetto che riceve l'istanza)

Nome ......................................................................................... Cognome ........................................................................................

Documento: tipo ................................................................... n. ........................................................................................................

Rilasciato il ............................................................................. da .......................................................................................................

Firma leggibile dell'addetto .............................................................................................................................................................


706
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Autotutela tributaria
8. Esempio di Istanza di annullamento in autotutela di avviso di accertamento

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE di … – Area CONTENZIOSO
c.a. del Capo Area Contenzioso, dott. …

ISTANZA DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA


dell’AVVISO di ACCERTAMENTO n. …, emesso da codesta D.P.A.E. nei confronti della Società, per IRES,
IRAP e IVA, p. d’imposta …

***
La società (C.F.), con sede legale in … (…), via …, a mezzo del legale rappresentante Sig. …, nato a … (…) il
… ed ivi residente in via …. n. … (C.F. …),
• con l’assistenza e la rappresentanza, giusta procura in calce, del dott. … (C.F. …, indirizzo PEC …), iscritto
all’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili della Provincia di …;
• elettivamente domiciliata, per il presente procedimento, presso il suo Studio …, sito in …, via …, n. … (tel.
…, fax … , e-mail …, P.E.C. …);
si rivolge a codesta Direzione P.A.E. per chiedere l’annullamento, in autotutela, dell’accertamento di cui
sopra per i motivi che saranno indicati dopo aver riepilogato «i fatti» della vicenda che la vede coinvolta.

PREMESSA
1. Codesto Ufficio ha notificato, in data … alla Società istante, l’avviso di accertamento indicato in epigra-
fe per contestarle di aver contabilizzato, nel …, fatture di acquisto per operazioni in oggettivamente inesi-
stenti, e poi, procedere alla rettifica della dichiarazione presentata (dalla Società) ai fini IRES, IRAP e IVA,
p. d’imposta ………. .
2. Tutto nasce da una segnalazione (d.d. …) della Guardia di Finanza di … (…) alla DPAE da cui era emerso
che la … sarebbe stata uno dei “clienti finali” di un articolato sistema frodatorio «ideato ed orchestrato da
soggetti di nazionalità italiana (che) prevedeva l’esecuzione di fittizie operazioni di commercializzazione di
beni e servizi tailored made, cioè attagliati alle esigenze economico-finanziarie del cliente che si rivolgeva al
sodalizio (…)».
In realtà, era emerso solo che la Società risultava aver intrattenuto, nel …, rapporti commerciali con la So-
cietà «…», ma il fatto che quest’ultima Società fosse stata ritenuta una Società c.d. «filtro» (o «cartiera»)
nell’ambito della citata frode fiscale aveva indotto la Guardia di Finanza a «coinvolgerla» nella vicenda.
3. Sulla base della predetta segnalazione, codesto Ufficio aveva notificato, in data … alla Società l’invito n.
…, per chiederle di produrre tutta la documentazione relativa ai rapporti intrattenuti negli anni … e … con il
fornitore ...; e – ancorché tale richiesta fosse stata soddisfatta con il deposito, in data …, dei documenti
che comprovavano la concreta effettuazione delle operazioni descritte nelle fatture di acquisto contesta-
te (con allegati i relativi documenti di trasporto della merce) – codesto Ufficio, in data … – senza alcun
contraddittorio preventivo e, soprattutto, senza considerare il contenuto della documentazione che aveva
chiesto e ottenuto – notificava l’avviso di accertamento indicato in epigrafe, affermando «che dagli ele-
menti n possesso dell’Ufficio risulta provata la natura di “cartiera” della … (per cui) le operazioni intercorse
con il fornitore citato sono da ritenersi inesistenti e, pertanto, i relativi costi si considerano indeducibili e
l’IVA indebitamente detratta».
4. In data …, poi, comunicava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di ... una «notizia di reato» a
carico del legale rappresentate della Società per i medesimi fatti oggetto dell’avviso di accertamento noti-
ficatole per «dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti» (art. 2 del
D.Lgs. 74/2000); da cui è derivata, a carico del dott. …, il procedimento penale n. … presso la Procura della
Repubblica di ….
5. Nell’ambito di tale procedimento, il P.M. titolare del fascicolo, con atto del ..., delegava il Nucleo di Poli-
zia Economico-Finanziaria della G.d.F. di … «a riscontrare puntualmente l’ipotesi di reato formulata a cari-
co del …» e, a seguito delle risultanze dell’attività di indagine delegata, formulava – con atto del … – ri-
chiesta di archiviazione, poi accolta dal G.I.P. presso il Tribunale di … (dott. …) con Decreto di archiviazio-
ne del …. Le indagini svolte, infatti, avevano «permesso di riscontrare probatoriamente la effettività delle
operazioni commerciali» oggetto dell’accertamento fiscale emesso a carico della Società (e del suo legale
rappresentante e socio).
6. La Società, nel frattempo, aveva impugnato l’avviso di accertamento di cui sopra di fronte alla Corte di
Formulario 707

Giustizia Tributaria di 1° Grado di …........................, chiedendole

Atti degli Istituti deflativi


• di disporre l’annullamento dell’atto impositivo perché:
- illegittimo, per carenza di motivazione e di allegazione dei documenti richiamati nell’avviso, e

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- infondato, dato che la contestazione di aver utilizzato fatture per operazioni oggettivamente
inesistenti era stata “superata” dalla prova – fornita dalla Società con i documenti depositati presso l’Uffi-
cio in data … - che le operazioni (di acquisto) contestate erano effettive e reali; fatto poi confermato dalla
Procura della Repubblica di … (dato che le indagini da essa disposte avevano “provato” che le operazioni
contestate erano effettive) e, da ultimo, dalla stessa Guardia di Finanza.
7. L’Ufficio, dopo essersi costituito in giudizio ribadendo la fondatezza delle riprese a tassazione, deposi-
tava in giudizio, a seguito della Ordinanza collegiale interlocutoria della Corte di … del …, il Decreto (pena-
le) di archiviazione di cui sopra emesso il … dal GIP presso il Tribunale di … [nel procedimento penale n. …
a carico di …, indagato, per il reato di cui all’art. 2, D.Lgs. 74/2000]. Ma neanche il deposito di quel docu-
mento (che smentiva la tesi accusatoria) aveva indotto l’Ufficio a trarne le conseguenze, per cui il conten-
zioso rimaneva pendente.
8. All’udienza di trattazione del …, la Corte di …, sez. …, emanava una Ordinanza con la quale, «preso atto
del materiale istruttorio versato dalle parti, ritenuta la necessità di integrarne il portato onde poter perveni-
re ad una compiuta valutazione del contenzioso in esame», disponeva la richiesta al Nucleo PEF della Guar-
dia di Finanza di … della citata «annotazione di servizio» [trasmessa alla Procura della Repubblica di … nel-
l’ambito del citato procedimento n. …] e rinviava l’udienza alla data del … (ore …), in modo da consentirne
il deposito da parte dell’Ufficio, parte del giudizio tributario.
9. In data … codesto Ufficio depositava, in ottemperanza alla richiesta istruttoria della Corte, tale docu-
mento (che il Nucleo PEF della GDF aveva trasmesso alla Procura della Repubblica di … a conclusione del-
l’attività istruttoria ad esso delegata), dal quale si rileva (fatto conosciuto dai difensori della Società solo
pochi giorni fa) che:
a) «tutti i soggetti escussi a s.i.t. (i dipendenti della … che avevano apposto le loro firme sui documenti di
trasporto) riconoscevano la propria firma apposta in calce ai DDT a scorta della merce consegnata alla … e
proveniente, a mezzo vettore, dalla …, dichiarando che con l’apposizione della firma avevano attestato l’ar-
rivo della merce in azienda»;
b) «dalla lettura della citata c.n.r. (con cui l’Ufficio A.E. … aveva segnalato, il …, all’Autorità giudiziaria, l’ipo-
tesi di reato di dichiarazione fraudolenta con indicazione di elementi passivi fittizi a carico di …) si desume
che l’ipotesi di reato ascritta sia stata originata da un non analitico studio della situazione segnalata dal-
la Compagnia Guardia di Finanza di … . Infatti, venivano evidenziate le generiche modalità di attuazione del-
le frodi perpetrate dal sodalizio, senza tuttavia fornire adeguati riscontri probatori circa la inesistenza
oggettiva delle operazioni in argomento che venivano poste a base degli avvisi di accertamento emessi
(...)»;
c) «l’attività delegata eseguita, e qui illustrata, porta invece a concludere come le operazioni commerciali
di acquisto siano state realmente effettuate (fonti di prova: testimonianze dirette del personale addetto
allo scarico)».
***
MOTIVI DELL’ISTANZA
Il riconoscimento, da parte del Nucleo PEF della Guardia di Finanza di … della reale effettuazione delle
operazioni commerciali intercorse tra la Società e la … negli anni … e … dimostra che la D.P.A.E. di … è in-
corsa nell’errore di recepire acriticamente quanto aveva (sommariamente) attestato la Guardia di Finanza
di … . A parere dello scrivente, tale (inequivoco) riconoscimento di correttezza nel comportamento della
Società dovrebbe indurre l’Ufficio ad adottare un (motivato) provvedimento di annullamento in autotutela
dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Società; senza attendere l’esito (prevedibile) del
giudizio pendente, che comporterebbe l’inevitabile condanna dell’Ufficio al pagamento delle spese di giu-
dizio (che potrebbero essere evitate in assenza di una Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di 1°
Grado).

***
La «Società», come sopra assistita e rappresentata, confida che codesta spett.le Direzione dia corso ad
un provvedimento amministrativo che annulli totalmente la pretesa erariale di cui all’avviso di accerta-
mento in oggetto, in quanto infondata, considerato l’esito della (seconda) indagine della Guardia di Finan-
za, che ha riconosciuto che le operazioni commerciali di acquisto contestate come «oggettivamente inesi-
stenti» in realtà sono state «realmente effettuate».

***
708 Formulario

In attesa di un cortese e sollecito riscontro da parte di codesta spett.le Direzione Provinciale, lo scrivente
Atti degli Istituti deflativi

ringrazia per l’attenzione e per la collaborazione (art. 10 della L. 212/2000) che dovrebbe caratterizzare,
insieme con la buona fede, i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e contribuenti.

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Luogo e data ..........
per l’istante ..........
Dott. ..........

Il presente atto si compone di n. … pagine, numerate progressivamente da 1 a .......... e di n. allegati.

PROCURA ex art. 63 del D.P.R. 600/1973


Il Sig. .......... (C.F. ..........), nato a .......... il .......... residente a ........... via .......... n. ..........
DELEGA
il dott. ......, iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di ...... ad assisterlo e rappre-
sentarlo – anche valendosi di propri collaboratori – presso gli Uffici della Direzione provinciale dell’Agen-
zia delle Entrate di …, che ha emesso - a suo carico – l’Avviso di Accertamento n. …, notificato in data …

Firma del contribuente


..........

È autentica
Il professionista delegato
dott. ..........
Formulario 709

Atti degli Istituti deflativi


Definizione degli avvisi bonari
9. Determinazione dei versamenti rateali (reperibile sul sito www.agenziadelleentrate.it)
Definizione degli avvisi bonari

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9. Determinazione dei versamenti rateali (reperibile sul sito www.agenziaentrate.it)

Attenzione: questa applicazione può essere utilizzata soltanto per le rate di pari importo.

DATI ANAGRAFICI
Soggetto: [ ] Persona fisica [ ] Diverso da persona fisica
Codice fiscale:

DATI DEL DOMICILIO FISCALE


Provincia: Selezionare la Provincia
Comune:
Indirizzo:

DATI DELLA COMUNICAZIONE


Tipo di comunicazione: Selezionare tipo comunicazione
Codice atto*:

CALCOLO DELLA RATEIZZAZIONE


Anno di imposta: Selezionare anno d’imposta
Importo da rateizzare:
Data elaborazione comunicazione
(gg/mm/aaaa)*:
Data ricevimento comunicazione
(gg/mm/aaaa):

Agenzia delle Entrate via Cristoforo Colombo n. 426 C/D 00145 Roma – Codice Fiscale e Partita Iva
06363391001
710
Atti degli Istituti deflativi Formulario

Definizione agevolata della sola sanzione


10. Fac-simile Deduzioni difensive

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Spett.le AGENZIA delle ENTRATE
DIREZIONE PROVINCIALE
di ...................................
DEDUZIONI DIFENSIVE
(ex art. 16, comma 4, D.Lgs. 472/1997)
da parte della
Società ………. con sede legale in ………. in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ……….

in ordine a
ATTO di CONTESTAZIONE n. ........., notificato dalla Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di
………. (d’ora in poi anche l’Ufficio) il ………. relativo a sanzioni per ………., in relazione al periodo di imposta
……….
***
La Società ………. (C.F. ………. P.IVA ……….) con sede legale in ………. Via ………. , (PEC ……….), in persona del
legale rappresentante pro tempore Sig. ………. (C.F. ……….) nato il ………. a ………. e residente in ………. via
……….
• assistita e rappresentata, giusta procura in calce, dal dott. ……….; iscritto all’Ordine/Albo dei dottori
commercialisti ed esperti contabili di ………. , presso il cui studio in via ………. (tel. ……….; fax ……….; e-mail
……….; indirizzo PEC ……….) la Società è elettivamente domiciliata ai fini del procedimento promosso con
le presenti deduzioni

PREMESSO CHE
- in data ………. è stato notificato un atto di contestazione sanzioni per il periodo di imposta ……….
- le sanzioni irrogate ammontano a ……….
***
esaminato l’atto di contestazione in oggetto,
visto l’art. 16, co. 4 del D.Lgs. 472/1997

ESPONE E PRODUCE
le seguenti DEDUZIONI DIFENSIVE
1. ........................
2. ........................
Per quanto sopra esposto, le contestazioni mosse alla Società devono ritenersi infondate e illegittime, per
cui si chiede a codesto spett.le Ufficio di non procedere alla irrogazione delle sanzioni.
Con osservanza.
Luogo e data
……..............….
per la Società
…….......................….
Il professionista dott. ……….
Allegati:
1) ..............................
2) ..............................
PROCURA ex art. 63, D.P.R. 600/1973
La Società ………. con sede in ………. , in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ……….

DELEGA
il dott. ………., iscritto all’Ordine/Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili di ………. ad assisterla
e rappresentarla – anche valendosi di propri collaboratori – presso la Direzione provinciale dell’Agenzia
delle Entrate di ………. nel procedimento che viene promosso con la presente memoria difensiva ex art. 16,
co. 4, D.Lgs. 472/1997, e in ogni altro procedimento amministrativo ad esso connesso. A tal fine elegge il
proprio domicilio presso lo Studio dello stesso, sito in ………. via ……….

Per la Società
……................................

È autentica
Il professionista incaricato
………...........................................
LE GUIDE PRATICHE FISCALI
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Imposte Indirette 1° semestre
Imposte Indirette 2° semestre
Imposte Dirette 1° semestre
Imposte Dirette 2° semestre
Testo Unico Imposta sul valore aggiunto
Testo Unico Imposte sui redditi
Tributi Locali
Società, Contabilità e Bilancio
Immobili
Contenzioso e istituti deflativi
Revisione legale dei conti
Accertamento e riscossione
Operazioni straordinarie
Lavoro autonomo: fisco, contabilità e previdenza
Fiscalità internazionale
Controlli e visite ispettive

I CODICI
Codice Imposte Indirette 1° semestre
Codice Imposte Indirette 2° semestre
Codice Imposte Dirette 1° semestre
Codice Imposte Dirette 2° semestre
Codice del processo tributario
Codice civile annotato con la normativa tributaria
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GUIDA PRATICA FISCALE
Contenzioso Tributario
e Istituti Deflativi
2023

a cura di
R. Lunelli, F. Ravasio, M. Lunelli, L. Lunelli

La Guida Pratica Contenzioso Tributario e Istituti


Deflativi è uno strumento indispensabile per la corretta
gestione del precontenzioso e del processo tributario.
Il Contenzioso Tributario, commentato articolo per
articolo, è arricchito da una selezione della giurisprudenza
tributaria della Corte di Cassazione e dalle pronunce
dell’Amministrazione finanziaria. Gli Istituti Deflativi (il
ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione,
l’autotutela, l’acquiescenza e la definizione agevolata delle
sanzioni) sono analizzati tenendo conto della convenienza
delle possibili opzioni per il contribuente. Completano il
volume gli utili formulari, con i modelli e i fac-simile da
utilizzare.

Comitato scientifico
P. Ceroli, C. Delladio, R. Esposito, E. Gobbi, M. Iori,
M. Postal, M. Pozzoli

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