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Gloria Satta per “il Messaggero”

Donald Trump («non credo che vincerà le presidenziali») e il governo americano «che
interferisce nel cinema, nella tv, nell'intrattenimento», la sua carriera «scandita da trionfi ma
anche da fatica, sudore, sangue e dolori» e il divorzio dei genitori, il covid 19, i sogni, il
futuro del cinema. E alla fine un sospiro: «Accidenti, quant' è faticoso parlare di sé stessi».
Oliver Stone, 73 anni e tre Oscar, l'autobiografia Cercando la luce in uscita da La Nave di
Teseo il 27 agosto, ha inaugurato ieri con il suo film del 1987 Wall Street il TimVision
Floating Theatre: si tratta dell'arena galleggiante allestita in mezzo al laghetto dell'Eur per
iniziativa di Fabia Bettini e Gianluca Giannelli, direttori artistici di Alice nella città che
presenterà fino al 24 settembre anteprime, proiezioni, incontri.

I film di Stone, emotivamente potenti e diretti come pugni nello stomaco, hanno spesso diviso
l'opinione pubblica ma sempre lasciato il segno, da Salvador a Platoon, Wall Street, JFK,
Assassini nati, Snowden, per non parlare dei documentari su Chavez e Putin. Il regista è stato
schiavo della droga, confessò anni fa, poi ne è uscito del tutto.

A Roma, un sorso d'acqua e uno sguardo alla moglie sudcoreana Sun-jung Jung che lo
sorveglia affettuosamente, il grande Stone parla a voce bassa.

Perché ha deciso di raccontare la sua vita in un libro che parla della sua giovinezza,
dell'impegno come volontario in Vietnam e dell'ingresso a Hollywood ma si ferma al
1987?

«Alla mia età è giusto tracciare bilanci. Ho descritto i miei primi 40 anni vissuti tutti di corsa
all'insegna di grandi successi. Volevo spiegare ai giovani, con la massima onestà, che la vita
è una lotta.

Facendo il regista ho coronato un sogno, ma per trovare il mio posto a Hollywood ho pagato
un prezzo fatto di delusioni e rifiuti: ad esempio, la mia sceneggiatura di Scarface venne
considerata volgare e violenta».

Qual è il più grande errore che ha commesso?

«Ma tutta la mia vita è un errore! (scoppia a ridere, ndr). Scherzi a parte, parlerò dei miei
fallimenti nel prossimo libro autobiografico. Sogno di scriverlo».

Cosa rappresenta Wall Street nella sua carriera?

«Il mio primo film finanziato da uno degli studios, la Fox, e il primo in assoluto che parlasse
di business, un argomento fino ad allora considerato sconveniente».

Con Joe Biden presidente l'America starà meglio?

«Che vincano i democratici o i repubblicani cambia poco: entrambi i partiti intendono


investire nella spesa militare, pari a un trilione di dollari all'anno. Ultimamente
l'amministrazione Usa ha speso somme ingenti per rovesciare governi e combattere all'estero,
non per gli americani. Il mio Paese adora la guerra, ma questa non è vera democrazia. E io la
guerra la conosco bene».

Com' è stata la sua esperienza in Vietnam?


«Devastante. Ho scoperto quante bugie aveva raccontato il mio Paese su quel conflitto».

Nei suoi film cerca di andare al di là della versione ufficiale dei fatti: quando ha
maturato questa esigenza?

«A 15 anni, con il divorzio dei miei genitori. Fu un trauma. Avevo vissuto in una favola e in
quel momento persi la fiducia in quello che mi veniva detto».

La pandemia ha inferto un colpo letale al cinema?

«Si sono visti tanti film in streaming, anche a casa mia, ma il desiderio romantico di
condividere con gli altri le emozioni, le risate, la paura in una sala non verrà meno per colpa
di questo stupido covid 19 che spaventa tutti».

Lei non ha paura?

«No, sono fatalista. I virus sono sempre esistiti e il covid 19 è un'influenza più forte delle
altre. Ma viene strumentalizzata dai governanti per infondere il terrore nella gente e poter
organizzare la società diversamente».

Girerà il film White Lies con Benicio Del Toro nel ruolo di un divorziato?

«No, quel progetto è saltato. Preparo un documentario. Il cinema della realtà mi permette di
andare dritto al punto».

Che rapporto ha con l'Italia?

«Adoro il vostro cinema. Vidi La Dolce Vita a 14 anni: sesso, sensualità, erotismo. Altro che
film americani...».

È vero che ha conosciuto Bernardo Bertolucci?

«Si, lo incontrai pochi mesi prima che morisse e gli offrii di presentargli un medico bravo.
Ma lui mi rispose che era felice sulla sedia a rotelle. Poi ha guardato i miei occhi e ha detto
vorrei avere ancora quella fame. Bellissimo».

Esiste in lei una parte francese ereditata da sua madre?

«Sì, è il fatto stesso di aver scelto di fare il regista, mentre papà mi ha trasmesso la passione
per la scrittura».

Cosa direbbe a quelli che la detestano?

«Auguro a queste persone di riscoprire la loro umanità». Da giovane, scrive in Cercando la


luce, ha sempre cercato di vivere fuori dal sistema. Si sente ancora un ribelle? «Ci può
scommettere»

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