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S2&23
DI

MEDITAZIONI
PREDICHE ED ISTRUZIONI
AD USO DELLE SACRE MISSIONI
E DE SANTI SPIRITUALI ESERCIZJ
DEL SACERDOTE

A. F. BIAMONTI
DOTTORE IS SACAI TEOLOGIA ,
CENSORE EMERITO DELL'ACCADEMIA TIOLOGICA
NELL ' ARCHIGIYYASIO DELLA SAPIENZA DI RONA ,
NISSIONARIO , EC .

QCINTA EDIZIONE

TOMO PRIMO

MILANO
PRESSO GIUSEPPE OLIVA EDITORE
1862
AI LETTORI

Noi non diremo già che il Biamonti si di


stingua fra i sacri oratori per copia ed ardi
mento d'immagini e per elevatezza di stile ;
ma bensi che ad argomento delle sue medita
zioni, delle sue prediche, delle sue istruzioni
ei si è proposto il nudo vero, e questo si è
fatto a dimostrare con sode ragioni da puris
sime fonti desunté, nè volle vestirlo di quelle
immagini, di quegli ornamenti che alla pa
gana eloquenza più che alla santità della ce
leste parola si addicono. Pregi dell'autore
sono l'ordine e la distribuzione delle materie,
la semplicità e la chiarezza dello stile.
Molti libri ascetici e predicabili videro in
questi giorni la luce, ma pressochè tutti ver
tenti sullo stesso argomento e delle medesime
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ragioni corredati ; nè vuol tacersi come in


gran parte si riducano a versioni di opere
straniere, non sempre saggiamente nè conve
nientemente interpretate .
L'opera del Biamonti che presentiamo ai
nostri leggitori, oltre all' essere originale ita
liano, imprende a trattar punti che si di leg
gieri non trovansi svolti in altri autori: i pen
sieri che vi s'incontrano , son frutto del rac
coglimento d'un cristiano, profondo conosci
tore del cuore dell'uomo, e altamente convinto
di tutta l'importanza della sua missione.
Per la quinta volta ora noi la ripubblichia
mo, persuasi di far opera utilissima ad ogni
pia persona. Ed in questa edizione più che
nell' altre ancora, abbiam procurato di asso
ciare l'esattezza e l'eleganza tipografica col
l'antica modicità di prezzo .

Gli Editori .
A Sua Eccellenza Reverendissima

MONSIGNOR

LUIGI LAMBRUSCHINI .
ARCIVESCOVO DI GENOVA
NUNZIO APOSTOLICO

Presso S. R. M. Cristianissima, ec.

Eccellenza Reverendissinia

La bontà singolare con cui V. E. Reveren


dissima mi accolse e favori la prima volta
ch'ebbi l'onore di dedicarle la mia servitù , o
di cui in altre occasioni ha seguitato a darmi
non equivoche prove , come altresì l'amicizia
di cui mi onorava in Roma la sempre cara
memoria dell'Illustrissimo e Reverendissimo
Dedica posta in fronte alla prima edizione genovese, tipi
De Grossi.
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vescovo di Orvieto di Lei fratello , mi banno


sempre fatto desiderare qualche opportuna oc
casione per manifestarle quei sentimenti di
grata e dovuta riconoscenza che in cuore nu
triva.
Tale occasione me l'offre al presente questa
mia opera, quale ho finalmente risoluto, mosso
anche dal consiglio autorevole di V. E. Reve
rendissima, di dare alla luce col dedicarla a'
suoi rari e impareggiabili merili .
Nè questi sono i soli motivi che a ciò mi
banno mosso. Questa , per molti altri titoli ,
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erale dovula. lo tralto in essa di materie lo


talmente ecclesiastiche , ed espongo una serie
di Meditazioni, Prediche ed Istruzioni ad uso
delle sacre Missioni ed Esercizj spirituali al
popolo. Ed a chi meglio poteva io dedicare si
fatli argomenti che a V. E. Reverendissima,
maestro in questo genere di sacra eloquenza ,
con e appari ce dalle dollu Pastorali e dalle
ope: 3 divolissime pubblicale colla stampa, a
Lei (che presiede como capo a due celebri con
gregazioni di questa città, urbana e subur
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bana , le quali sotto il di Lei magistero , ed


animate dal di Lei zelo ed esempio , con tanto
9

profillo delle anime s'impiegano nell'apostolico


ministero ?
Inoltre, essendo io uom nuovo, di niun mo
mento fra gli uomini e alla repubblica lettera
ria aſfalto ignoto , aveva bisogno questa mia
opera di un personaggio insigne per virtù e
dottrina, e che elevato ad alta dignità splen
desse qual sole nella casa di Dio, onde da Lui
protelta , infondesse all'aulore coraggio per pro
durla e al pubblico desiderio di leggerla e pro
fillarne .

Che tali prerogalive trovinsi eminentemente


unile nella persona dell'E . V. Reverendissima
non v'è chi l'ignori. Le cariche luminose con
plauso universale sostenute nello sacre congre
gazioni di Roma; la stima grande ch'ebbe di
lei l’immorial Pio VII , per cui lo innalzò al
l'insigne cattedra di questa illustre metropoli,
e quella di cui seguita ad onorarla il glorioso
di lui successore e regnante Leone XII , sono
abbastanza nole ; ed io temerei di offendere la
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di Lei modestia inoltrandomi di più in tal
campo in cui per altro potrei largamente spa
ziare.

Si degni V. E. Reverendissima di accogliere


sotto l'ombra di sua protezione questo piccolo
dono, frutto delle mie povere faliche, per tanti
titoli a Lei dovuto ; e quando il creda capace
a promuovere la gloria di Dio ee la salvezza delle
anime, colla sua pastoral benedizione avvalori
e desso e l'autore, il quale colla più alta stima
e col più profondo rispetto ha l'onore di pro
testarsi

Umil. Dev. ed Obbl. servitore


A. F. BIAMONTI .
INTRODUZIONE
AI ;

SANTI ESERCIZII

Comparve Iddio al profeta Mosė sul monte Orebbo


fra le fiamme di un misterioso roveto , che ardeva
senz'abbruciarsi ; e va , dissegli , va in Egitto a libe
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rare il popolo dalla barbara schiavitù in cui geme


sotto il tirannico impero di Faraone. I suoi clamori .
i suoi pianti' sono giunti alle mie orecchie ed hanno
intenerito il mio cuore. Le oppressioni orribili che
il re e i suoi crudeli ministri gli usano , le fatiche
esorbitanti con cui lo aggravano , i lavori insoffribili
che da lui esigono, la niuna mercede con cui lo pa
gano, e le ingiuste percosse con cui lo battono, mi
sono abbastanza note . Tanta barbarie non posso più
soffrirla. Va dunque a liberarlo. Io t'investo della mia
sovrana autorità, ti costituisco quasi Dio di Faraone :
con quella verga che tieni in mano opererai porlenti,
cui nulla potrà resistere. Giunto in Egitto, radunerai
i seniori e capi del popolo , e dirai loro così : Chi è,
manda me a voi, cioè , Dio ch'è l'essere unico, essen
ziale, sommo, infinito , che da sè solo esiste , avendo
in sè stesso la causa sufficiente di sua esistenza, senza
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di cui nulla esiste, ricevendo da lui tutti gli esseri la
esistenza, la vita, e ch'è il Dio dei vostri padri , Dio
di Abramo , Dio d'Isacco, Dio di Giacobbe, mi spedisce
a voi per liberarsi dai vostri tiranni, per rompere le
ferree catene di questa vostra schiavitù ; per trarvi
fuori da questa barbara terra ed introdurvi invece in
un'altra felice e ubertosa, in cui sarele liberi, padroni
di voi medesimi, in cui fra l'opulenza e gli agi vi
vrele lieti e tranquilli i vostri giorni. Qui est , misil
me ad vos.
Ubbidiente Mosè ai comandi di Dio andò in Egitto,
radunò i capi del popolo, manifestò l'ambasciata ch'a
veva ordine di faic ; parlò egli a nome di Dio, ed essi
credetlero a lui, il riconobbero, com'era, per inviaio
da Dio ; si esibirono pronti a seguirlo ovunque sarebbe
piaciuto a Dio di guidarli. Parlò di poi a Faraone, ne
umiliò la superbia. ne vinse l'ostinazione, operò ma
ravigliosi portenti, percosse l’Egitto colle famosissime
piaghe, liberò il popolo elelto e lo incamminò al pos.
sesso della felice terra promessa.
Cristiani amati imi! Io non sono Mosè , non son
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profela : sono un miserabile pecralore : ciò non ostante


sono, benchè indegnissimo, ambasciatore di Dio pres ;
so di voi , e come tale a voi mi presento, vi parlo e
vi fo la siessa ambasciata : Qui est, misit me ad ros.
Sì : Dio e'erno, Dio onnipotente. Dio infinito, Dio ch'è
il tutto, e da cui solo deriva !!!! lo ciò che ha esistenza
e vila , spedisce me a voi Qui est , etc. Non mi ha
.

parlato, è vero , come a Mosè di sua bocca da un ro.


velo ; ma mi ha ? lo ascoltar la sua voce colla legit
tima missione ricevita del vostro primo pastore , la
quale c'erivando dal Vicario di Cristo in terra, il ro .
mano Pontefice, sale da lui per retta linea fino a
S. Pietro, da s. Pieiro a Cristo, da Cristo a Dio.
Dio adunque mi manda a voi per liberarvi da una
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schiavitù di cui quella degli Ebrei in Egitto, per quanto
dura e pesante si fosse, non era che un'ombra e fi
gura. Questa è la schiavitù del peccato , il quale vi
ha reso servi dell'infernal Faraone, cioè del Demonio,
tiranno infinitamente più barbaro e crudele del Fa.
raone di Egitto. Da questa vuol liberarvi il Signore
per condurvi alla beata terra promessa del Cielo . Ecco
il gran fine per cui Dio mi ha mandato : Qui est, misit
me ad vos.
Misit me ad vos , o disonesti ! Dio , mosso a pietà
di voi, al vedere che per pochi, brevi e sozzi piaceri
ve ne andate a perire in eterno , mi manda ad am
monirvi del vostro pericolo, a scuotervi dal vostro le
targo ed a sprigionarvi da quelle infernali catene che
vi vanno strascinando all'inferno . Misit me ad vos, o
avari ! Egli sa che quella fame insaziabile dei beni di
questo mondo che vi predomina, che quegl'ingiusti
contratti, quelle usure , quelle frodi , quei furti , con
cui usurpale, o ingiustamente possedete l'altrui, sfor
zeranno un dì la sua tremenda giustizia a fulminare
contro di voi la sentenza di eterna morte : perciò,
mosso dalla sua somma misericordia , mi manda a
dirvi che cessiate dai mali acquisti , che restituiale
l'altrui , che vi procacciate tesori in Cielo , che , ne
> >

mano rapace di ladro, nè morso consumatore di tarlo,


nè falce distruggitrice universale di morte potrà giam
mai rapirvi.
Misit me ad vos, o superbi vendicalivi, bestemmia.
lori, spergiuri, intemperanti peccatori, qualunque voi
sialel Dio mi spedisce a dirvi che lasciate ormai il
peccato , che vi convertiale a lui , che vi abbracciale
>

alla penitenza : insomma che essendo nella via della


perdizione v’incamminiate per quella che conduce alla
vita eterna.
Ecco, popolo mio, il grande oggetto della mia am
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basciata : ecco il gran fine per cui Dio mi ha spedito
a darvi i santi Esercizj, e per cui voi dovete riceverli
e farli con tutto l'impegno.
Oggetto cosi grande, fine di tanta importanza, per
sè soli bastar dovrebbero per animarvi ad intrapren
dere questi Esercizj con alacrità di spirito , a prose
guirli con fermezza di cuore, a concórrervi in folla e
con avidità di trarne profitto ; ciò non ostante, lasciale
che in questo primo discorso, che servirà di introdu
zione a tutti gli altri , vi esponga e questi e gli altri
più efficaci motivi che vi devono muovere a ciò. Que
sto formerà il soggello della prima parte : nella se
conda poi vi darò una istruzione pratica su di ciò che
far dovete in questi giorni per ricavare quel frullo che
da voi pretende il Signore.
A tre rapporti per maggior chiarezza io riduco i
motivi che ci devono animare a far con impegno i
santi Esercizj. 1. Rapporto a Dio. 2. Rapporto a noi.
3. Rapporto agli Esercizj medesimi. Rapporto a Dio.
Chi ha inventato questo ammirabile intreccio di mas
sime eterne, di istruzioni, di lezioni spirituali, di esami,
di orazioni , le quali formano il tutto dei santi Eser
cizj, e sono come una macchina celeste di forza am.
mirabile e stupenda , per vincere ed espugnare qua
>

lunque siasi cuore , ancor più perduto ? Dio , Dio gli


>

inspirò , anzi dettò , per mezzo della sua Santissima


Madre, al suo gran servo Ignazio quando sepolio fra
orrori della grotta di Manresa , passava i giorni e le
notti in continue orazioni , e macerava il corpo coi
rigori di un'asprissima penitenza. Ed acciocchè ognun
capisse che quest'era un'opera lutta sua, non la ispirò
ad Ignazio già sacerdote , già dottore , già maestro e
>

fondatore di santo istituto , ma ad Ignazio laico , ad


Ignazio ignorante , ad Ignazio sul principio di sua
conversione:
15
E per qual fine Gesù Cristo e la sua santissima
Madre hanno inspirati questi santi Esercizi e voluto
che s'introducessero in tutta la Chiesa movendo il
suo Vicario in terra ad approvarli con bolla speciale,
e non solo ad approvarli, ma ad accordare una ple
naria indulgenza a tutti i fedeli che vi si occuperanno
almeno per cinque giorni, ed a promoverli col mas
simo ingegno in tutta la Cristianità? Per il gran bene
che se ne ricava. Per questo, da tre secoli in qua, si
sono resi comuni in ogni luogo e ad ogni genere di
persone. Questi si fanno dai ministri del santuario per
disporsi a ricevere degnamente i sacri Ordini , e per
risuscitare alla grazia e rinnovare lo spirito de' già
ricevuti. Questi si praticano da tutte le comunità re
ligiose dell’uno e dell'altro sesso. Le adunanze , le
confraternite , gli oratorj fanno sovente i santi Eser
cizj. I giovani che han da scegliere lo stato ; i fan
ciulli e le fanciulle che la prima volta si devon ci
bare del pane degli angeli, in più luoghi si chiudono
a fare i santi Esercizj. Li fanno tanti per disporsi a
fare una santa Pasqua, tanti per prepararsi alla morte.
Degli Esercizj si valgono i peccatori per convertirsi
a Dio, i giusti per conservarsi e crescer nella giusti.
zia, i santi stessi per arrivare al colmo della più alta
e sublime perfezione. Nelle città più colte e ne’vil
laggi più vili, ne' palazzi dei grandi e nelle case delle
>

persone private, perfino nello squallor delle carceri si


sono dati e si danno i santi Esercizj. Perchè mai, torno
a dire, Dio ha voluto che s'introducessero e si pra
ticassero cosi universalmente nella sua Chiesa ? Per
il bene grande che se ne ricava, per le grazie grandi
ch'egli fa alle anime per mezzo e nel tempo de'sanii
Esercizj.
Di fatto in questo prezioso tempo il Signore più che
mai apre il seno della sua infinita misericordia, e versa
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sopra le anime le grazieconuna profusioneveramente
ammirabile e grande ; le illumina , le compunge, le
pasce, le consola e parla loro. Parla colla voce sen
sibile de'suoi ministri, i quali in questo tempo in una
maniera particolare assiste , governa , e pare ch'egii
stesso suggerisca loro alla mente e ponga sulla loro
lingua i sentimenti e le parole più alle a penetrare
il cuore di chi le ascolta ; parla per mezzo de' libri
Santi , e parla esso stesso colle interiori inspirazioni,
e con certe voci segrete che fa lor sentire nel fondo
dello spirito, verificandosi ciò che ha detto per bocca
del suo profeta Osea : Ducam eam in solitudinem , et
loquar ad cor ejus (Osea 2) .
Ora da tutto ciò , qual forte, motivo non ricavasi
per abbracciare con allegrezza di spirito e fare col
massimo impegno i santi Esercizj ? Chi avrà cuore di
rigellare o rendersi inutile un mezzo così efficace, così
potente , cosi universale, offertogli da Dio con tanta
bonià per operare la sua salute ? Chi non vorrà ascol
lare un Dio che parla, e parla unicamente per far del
bene a chi allentamente lo ascolta ? Così è , miei si
gnori. Se in questi giorni Dio ci parlerà da legisla
tore, intimandoci la sovrana sua legge , il farà per
rimunerarne un di l'osservanza con premio eterno;
se tuonerà da giudice minacciandoci i tremendi ca
stighi dell'ira sua , le sue minaccie saran dirette ad
avvisarci in tempo , o renderci cauti e solleciti per
>

iscansarli; se ci illuminerà qual maestro , se ci am


monirà qual padre , qual amante ci accarezzerà , in
qualunque maniera ci parli , le sue parole saranno
sempre grazie , favori e voci come, addottrinato dalla
propria esperienza , chiamolle l'apostolo s. Pietro, di vita
eterna: Domine, verba vitæ æternæ habes (Joan . 5. 69).
lle
Posso ben io dunque ripetere a ciascuno di voi le
parole della sacra sposa de' Cantici: En dilectus meus
17

loquitur (Cant. 2. 10) . Sì, il diletto delle nostre anime,


il nostro vero amante, il nostro caro padre, il nostro
buon Dio, in questi giorni c'invita, ci chiama, ci sol
lecita ad ascoltar la sua voce . En dilectus loquitur.
E chi di noi non risponderà colla suddetta sposa :
Sonet vox tua in auribus meis , vox enim lua dulcis ?
Si , mio Dio , risuoni pure , risuoni alle mie orecchie
>

la vostra voce , perch'ella è soave e dolce. Chi non


dirà col giovanello profeta Samuele : Parlaie pure, Si
gnore , parlale , chè il vostro servo ascolta . Loquere,
Domine , quia audit servus tuus ( I. Reg. 3. 10 ). E
-chi finalmente , scuotendosi dalla sua dissipazione ed
accidia , e raccogliendo il suo spirito, non dirà a sè
stesso , come il profeta Davidde : Ascollerò in questi
giorni le parole che nel fondo dell'anima mia mi farà
sentire il mio Signore Iddio ; per ascoltarle starò rac.
colto , sollecito , e attento , perchè le sue parole sono
>

parole di pace a coloro che si ritirano o concentrano


ne’loro cuori : Audiam, quid loquatur in me Dominus
Deus, quoniam loquelur pacem in plebem suam, el in
eos qui convertuntur ad cor (Ps. 84) .
Ma passiamo a riflettere su quei motivi che riguar
dano noi medesimi, e scopriremo sempre nuovi e più
forti argomenti onde impegnarci a far di proposito e
colla più seria applicazione i santi Esercizj. A tre classi
riduconsi tutti coloro che si danno a questo santo ri
tiro. O sono altualmente peccatori, o sono tiepidi nel
servizio di Dio , o sono fervorosi e divoti. In qualsi
voglia di queste classi vi troviale , io dico che gli
Esercizi vi sono sommamente necessarj.
Siele voi per mala sorte in peccato? ... Oh Dior quanto
è mai infelice e deplorabile il vostro statoi specialmente,
se, non contento di poche e ordinarie cadule nella colpa
le aveste moltiplicate a dismisura, anche le più enor
mi , e foste giunto a formare l'abito peccaminoso , e
BIAMONTI T. I.
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molto più se vi trovaste stretto dall' infernale catena
di qualche occasion prossima che vi tenesse immobil
mente affisso, anzi trascinasse al peccato. In tale stato
voi siete cieco nella mente, perchè è proprio del pec
cato acciecare la mente di chi lo commette : Excæca.
vit eos malitia eorum (Sap. 2. 21) ; cecità che cresce
e si moltiplica sempre più quanto più cresce e si mol
tiplica il peccato medesimo. Siete duro di cuore, per
chè il peccato specialmente moltiplicato, porta seco
l'induramento del cuore ; gli abili inveterati, le prave
consuetudini, le occasioni prossime volute ed amate,
sono quasi altrettanle ferree catene, che la volontà del
peccatore, stringono e tengono immobile nel peccato
medesimo : Funibus peccatorum suorum constringitur
(Prov. 5. 22).
In tale stato per convertirsi che cosa è necessario ?
È certo, ed è di fede, che, per parte di Dio, si richiede
una grazia grande, poderosa, efficace ; e per parte vo
stra una pronta, risoluta, e direi quasi violente coo .
perazione alla grazia medesima. Or questa grazia,
quando, in qual luogo, in qual tempo Dio la dona ?
È vero ch' egli , padrone de' doni suoi, non è legato
>

nè a tempi, nè a luoghi, nè a circostanza veruna, e


la dà quando vuole : Spiritus ubivult spirat ( Joan.3.8 ).
Ma è vero altresi che vi sono cerli tempi , certe cir
costanze, certi luoghi in cui Dio suole più facilmente
e più comunemente donarla. Questi tempi e circostanze
sono quelle in cui l'anima sta più raccolta e meglio
si dispone a riceverla ; i luoghi sono i solitarj , segre
gati dallo strepito del mondo e fuori da quegl'imba
razzi e sollecitudini che seco portano gli affari seco
lareschi; che è quanto dire i tempj, i luoghi in cui
si fanno i santi Esercizj; imperocchè , negli Esercizi
si fanno più lunghe, e più fervorose orazioni; si ascolta
la santa parola di Dio; si meditano ee si ruminano le
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verità e le massime più sublimi e treniende che in
segni la religione ; si fanno esami , lezioni , ed altri
divoti esercizj, i quali sono altrettanti semi che pro
ducono la grazia, e muovono Dio a larga mano con
► cederla. Negli Esercizj si sta in solitudine ; perchè, o
si fanno in luogo appartato e segregato dal inondo,
ovvero facendosi anche nella propria casa, chi li fa
bene procura di starsene più che può ritirato e rac
colto . Dunque i santi Esercizi sono que' tempi , quei
luogbi ne' quali suole più comunemente il Signore
versar nelle sue anime le grazie più eccellenti e più
rare .
Ne abbiamo una prova evidente nella condotta che
tenne Iddio col suo popolo sul monte Sinai, e verso
i suoi primi discepoli nel cenacolo di Gerosolima . Sul
Sinai Dio si manifestò a quel popolo con portentosis
simi segni ; gli parlò di sua stessa bocca, e gli donò
la legge scritta dal suo stesso dito, sulle due famose
tavole di pietra. Grazie certamente ammirabili e grandi,
non mai concesse a verun altre popolo della terra . Nel
cenacolo poi lo Spirito Santo scese in persona su quel
fortunato drappello di Apostoli e di discepoli : glin
fiammò di amore , simboleggiato in quelle lingue di
fuoco che comparvero sopra ciascun di essi ; li ricol
mò dei più rari e preziosi doni , stampò nelle tavole
del loro cuore la nuova angelica legge di grazia , cam
biolli in uomini totalmente celesti e divini: grazie e
favori senza paragone più eccellenti e più preziosi di
quelli concessi all'anzidetlo popolo eletlo. Osservale
che sì quello che questi dovettero prepararsi al rice.
vimento di si segnalati favori, col fare una specie di
santi Esercizj. Il popolo Ebreo dovette uscir dall' E
gillo , celebrare la pasqua , viaggiar per deserti , ci
barsi di manna , ed attendere colla propria santifica
>

zione, tanto esso quanto i suoi Sacerdoti, Sacerdotes


20
quoque, et populus sanctificentur. I Discepoli, per co
mando dello stesso Cristo, furono obbligati a starsene
ritirati; e raccolti nella città si chiusero nel cenacolo,
passarono i giorni e le notti in continua orazione , e
nella meditazione più profonda delle cose di Dio. Prae .
cepit eis, ab Hierosolymis ne discederent... Erant per
severantes unanimiter in oratione .
Ecco dunque che la solitudine, il ritiro, l'orazione
fervorosa ed assidua , la meditazione profonda sulle
eterne verilà del Vangelo , ch'è quanto dire in una
parola sola gli Esercizj, sono il mezzo più efficace e
sicuro per ottenere da Dio la grazia necessaria per
uscir dallo stato miserabile di peccato , e a lui con
Ma si.quest
vertir DA a grazia per sè sola non basta : vi si ri
chiede ancora la vostra cooperazione alla grazia me
desima . La grazia vi muove ma non vi sforza : vi ad .
dita la strada , ma non vi butta in essa di slancio :
per quanto ella sia potente ed efficace lascia sempre
infatto il vostro libero arbitrio ; convien dunque che
le prestiale il vostro libero e volontario consenso , che
secondiate liberamente le sue dolci ee spavi attrattive ,
e che usiate violenza alla ricalcitrante natura per se
condarle e seguirle . Ma per ciò fare, qual tempo, qual
luogo , qual circostanza avvi mai più favorevole dei
santi Esercizj ? Se in questi non si facesse altro che
leggere, ascoltare o meditare con tanta assiduità e ab
bondanza , come si usa la parola di Dio, questa sola
non basterebbe muovere la volontà , a seguire le im
pressioni della grazia , vincendo gli ostacoli tutti della
corrotta natura ? Certo che sì . La parola di Dio, dice
l'Apostolo , è viva , efficace , e penetrante più d'ogni
più acuta spada (Heb. 12) , arriva fino a dividere l'a
nima dallo spirito ; penetra le compagini e le midolle ;
scopre e recide i pensieri più occulti o le intenzioni,
1
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gli affetti, gli attacchi più reconditi del cuore umano :
Vivus est enim sermo Dei, et efficax et penetrabilior
omni gladio ancipiti, et pertingens usque ad divisio
nem animce ac spiritus, compagum quoque ac medul
larum , et discretor cogitationum et intentionum cor
dis. Ella è, aggiunge il profeta Geremia, simile ad un
fuoco che arde e consuma : ad un ferreo pesante
martello che spezza e stritola le pietre più dure: Num
quid non verba mea sunt quasi ignis, dicit Dominus,
et quasi malleus conterens petram ? Ora un cuore fe
rito da questa spada , arso da simil fuoco , percosso
da tal martello, potrà resistere ? Non si darà per vinto ?
>

Nè mi stale a dire che per ascoltar la parola di Dio


non vi è bisogno di Esercizj, perchè in tante prediche
che si fan la quaresima, e nel decorso dell'anno, ne
potete aver quanta volele ; mentr' io vi rispondo pri
mieramente, che questa parola da voi accennata, non
è, molte volte, spada viva, penetrante, efficace come
quella de' santi Esercizj, ma spada morta, spuntata, e
nascosta nel fodero ; perchè è inviluppata fra le fra
sche di tante ricercate parole , adorna di tanti fiori,
>

vestita di si vana eloquenza , che solletica bensì le


orecchie ma non penetra al cuore. Inoltre, se nel de.
corso dell'anno , non manca la parola di Dio anche
>

viva, voi però mancate ad essa, o perchè non l'ascol


tate, o perchè non l'ascoltate come si deve.
Pur troppo questo seme celeste incontra la disgra
zia ch'ebbe quel seme evangelico di cui parla s. Mat
teo : una porzione ne cadde sulla pubblica strada e
se la rapiron gli uccelli ; un'altra casco fra le pietre ;
nacque sì questa , ma siccome non aveva profonde
radici, percossa appena dai raggi ardenti del sole, ina
ridi e seccò. La terza andò a cader sulle spine , e
queste la soffocarono, onde non potè crescere e pro
durre il suo frutto. Ecco la sorte infelice che per lo
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più ha la parola di Dio che si ascolta fra l'anno. Dalla


predica si passa alla conversazione, al giuoco , alla
lettura del romanzo, ee questi sono come tanti uccelli
rapaci che si divorano lutto il buon seme. Se nella
predica si concepisce qualche sentimento di pietà e
divozione , suol essere si debole e superficiale , che
al primo caldo di una qualche passione che si faccia
sentire, s'inaridisce subito e si secca. Ancorchè la pre
dica scuota, compunga e muova fino alle lacrime, un
frutto vero e stabile non sempre si ricava, perchè le
spine di mille cure ed affari, e attacchi terreni il sof.
focano e l'opprimono .
Non succede però così della parola di Dio, che si
ascolta e si medita ne' santi Esercizj. Questi impedi
menti in essi non hanno luogo : i giuochi, i tripudj,
le conversazioni vane, i libri perniciosi ne sono sban
dili ; le passioni, sono in calma, o si combattono,
e le cure e gli attacchi del secolo si sono deposti e
recisi. Qui si diventa , mediante la gran coltura che
>

si dà allo spirito, come terra buona; per conseguenza


il seme celeste vi alligna, vi germoglia ,vi stagiona, e
vi produce il frutto, talvolta perfino centuplicato.
Stringiamo ora il fin qui detto in un breve argo
mento . Perchè un peccatore, specialmente invecchiato
nella colpa, si converta da vero , per parle di Dio, si
richiede una grazia poderosa ed efficace ; per parte
sua una pronta, coraggiosa e quasi violenta coopera
zione alla grazia medesima : Dio , questa grazia suol
darla più comunemente in occasione de' santi Eser
cizj; il peccatore, in questi è più che mai disposto a
riceverla ed a secondarla ; dunque i santi Esercizi sono
un mezzo sommamente utile , vantaggioso , anzi ne
cessario al peccatore per effettuare la sua conversione
e salvarsi.
Ahi carissimi peccatori, che Dio ha radunati quiz
23
posso ben io rallegrarmi con voi, per la gran mise
ricordia che il Signore vi usal Levate , dirovvi colle
>

parole stesse del Redentore, Levate capita vestra quo


niam appropinquat redemptio vestra. Si : alzate i vo
stri cuori , la vostra redenzione è vicina. Felice voi se
farete bene i santi Esercizj! si spezzeranno le igno
minione catene con cui vi tiene schiavi l'inferno, usci
rele dal suo tirannico impero, sarà tolto di mezzo il
fatale chirografo della vostra dannazione , rientrerete
nel numero avventurato de' figliuoli di Dio, e riacqui
sterete i perduti dirilti alla sua beata eredità su in
in cielo ! Ah ! vi esorto , vi supplico e vi scongiuro
>

coll’Apostolo, non vogliate che vada a vuoto e si perda


la grazia grande che il misericordiosissimo vostro Dio
vi offre; ecco giunto il tempo accettabile, ecco arri
vati i giorni della salute. Adjuvantes exhortamur, ne
in vacuum gratiam Dei recipiatis .... Ecce nunc tempus
accep abile : ecce nunc dies salutis (2. ad Cor. 6 ).
-La seconda classe di coloro che si danno a fare i
santi Esercizj sono, come ho detto, i tepidi nel servi.
zio di Dio. Questi sono quelli i quali, contenti di non
cadere ,> almeno frequentemente in peccati gravi ed
enormi, de' peccati poi veniali fanno poco o niun conto :
questi si bevono come acqua, se ne imbrattano ogni
dì : e quel ch'è ancor peggio , gli amano , e li difen
>

dono. Le bugie, le collere , le maldicenze, le invidie ,


le intemperanze, le vanilà e mille attacchi disordinati
alle creature, sono, dirò cosi, il loro pane quotidiano.
Ricevono con qualche frequenza i santissimi Sacra.
menti , ma ricavano poco o niun frutto , perchè sono
sempre gli stessi : fanno qualche poco di orazione,
ma più per usanza che per divozione, e collo spirito
dissipato, abitualmente rivolto alla terra di cui han
piena la mente e zeppo il cuore. L'acquisto delle vere
e sode virtù è il loro minimo pensiero ; onde l'umiltà
24
per esempio, la pazienza, la mortificazione, la confor
mità al volere di Dio nelle avversità e simili , sono da
essi poco o nulla prezzate , e fors' anche le tengono
per esercizj proprj delle sole deboli ferominuccie, e
de' spiriti malinconici e scrupolosi..
In tale stato, che purtroppo è quello della mas
sima parle de' cristiani, vivono lieti e tranquilli, senza
rimorso veruno ; parendo loro di camminar bene con
questo solo, che si astengono da certi peccati mate.
riali , gravi ed enormi e perchè fanno pur qualche
poco di bene ; il che non veggendo fare da tanti al
iri , con i quali si paragonano, da tal confronto pren
dono motivo per maggiormente ingannarsi e sedursi.
Ah ! stolti e ciechi che siete ! Questo vostro stato è
ben deplorabile ed infelice ! S. Tommaso vi paragona
ai tisici . Questi all'apparenza pajon sani ; almeno non
sembra al di fuori si grave e pericoloso il loro male ;
eppure è gravissimo. Cos) è di voi; comparile sani
perchè in faccia degli uomini, i quali in materia di
spirito vedono assai poco, la vostra condotta sembra
giusta e irreprensibile, ma in faccia a Dio, scrutatore
7

de' cuori, siete infermi, e se non è affalto incurabile


la vostra infermità, è però gravissima e di assai dif
ficile guarigione.
Sentite il giudizio che ne fa Dio, in ciò che mandò
a dire per la penna di s. Giovanni apostolo ed evan.
gelista al vescovo di Laodicea, il quale era tocco da
questa spirituale tisichezza : Scio opera tua ( Ap. 3).
lo ti conosco appieno ; so tuilo ciò che fai, e veggo
>

che non sei nè freddo, nè caldo del servirmi ed amarmi :


Quin neque frigidus es neque calidus. Fossi lu freddo
o caldo del lullo ! ma perchè sei tiepido mi muovi a
nausea, e già sto per vomitarti : Utinam frigidus esses
aut calidus, sed quia tepidus és incipiam te evomere
ex ore meo ,
25
Ahi tremende parole, le quali riempiono l'anima di
spavento , e dovrebbero far tremare tutti coloro che
menano una vita tiepida e rilassata l... Ma vogliamo
noi riscaldarci ? Gesù Cristo nel medesimo luogo ci
insegna il rimedio ; ed è accostarci a lui, e far com
pra, ed arricchirsi di un oro ardente e provato, cioè
della santa carità : vestirsi di candide vesti, e ungersi
gli occhi di un balsamo che ne discacci la cecilà, sic
chè acquistino la luce; ch'è quanto dire purgarsi dai
proprj peccati, vestirsi della grazia santificante e de .
gli abiti delle sante virtù, e conseguire il lume delle
cose di Dio : Suadeo tibi emere a me aurum ignitum ,
probatum ut locuples fias... Vestimentis albis induaris,
et collyrio inunge oculos tuos ut videas.
Tutto ciò si fa nei santi Esercizj; in questi l’anima
si accosta a Dio, tratta e conversa con lui : s'impiega
in sante meditazioni , e queste sono quasi altrettante
fornaci in cui si accende ed avvampa del fuoco cele
ste della carità : In meditatione mea exardescet ignis
(Ps. 38. 4). Le riforme, gli esami, le lezioni, insomma
la parola di Dio, la ricolma di luce : Lucerna pedibus
meis verbum tuum (Ps. 118) . Dunque i santi Esercizj
sono un mezzo potentissimo e forse l'unico, per uscire
dallo stato infelicissimo della tiepidezza e infervorarsi
nel servizio di Dio. Che s'è così, anime tiepide, rin
graziate il Signore che vi offre un tal mezzo ; preva
letevene, applicandovi a farli coll'attenzione ed impe
gno più grande.
A voi finalmente mi rivolgo , anime buone , anime
>

sante, anime che correte instancabili le vie del Signore :


a voi sembreranno meno necessarj i santi Esercizj,
eppure non è così. Ascoltate come vi parla il Signore :
Qui justus est, justificetur adhuc ; et sanctus, sanctif
cetur adhuc (Apoc . 22 ). Il modello della santità che
Cristo vi mette sotto gli occhi e vi propone d'imitare
26

è di una perfezione infinita , perchè è l'istesso suo


divin padre. Estote perfecti, sicut et Pater vester cce
lestis perfectus est (Malt, 5. 48) . Se vi specchierete in
questo, vedrete che vi manca ancor molio. Il profeta
Isaia che vi si specchiò inorridì di sè stesso, e si sco
pri macchiato da colpe che prima non conosceva . Væ
mihi quia vir pollutus labiis ego sum ; et regem Do
minum exercituum vidi oculis meis ( Isaia 6. 5).
Forse in voi come in Isaia , e ancor più , annidano
7

simili colpe invisibili; una maggior luce di Dio in


questi giorni ve le farà scoprire ; se non altro acqui
sterete nuova forza e nuovo coraggio per correre sem
pre più l'arduo sentiero della virtù, in cui il solo fer .
marsi è , come dicea s. Gregorio Magno , un tornare
indietro : Non progredi, retrogredi est.
Il fare i santi Esercizi sarà anche per voi di sommo
vantaggio, come fu a un sant Ignazio, a un san Fran
cesco Xaverio , a un s. Carlo , a un s. Francesco di
Sales , e a tanti altri, i quali si applicavano ad essi
ogni anno , o bene spesso per rimuovere e riaccen
dere i loro spirili; anche voi dunque dovete applicarvi
e farli con tutto l'impegno.
Vengo per ultimo a quei motivi che riguardano gli
Esercizj medesimil e dico che tutti , o peccatori, o
liepidi, o santi ancora che fossimo , dobbiamo seria
mente applicarcisi, perchè potrebber esser gli ultimi,
gli ultimi in ragiune di tempo come in ragione di
grazia. In ragione di tempo : Chi sa che per qual
cheduno di noi la morte non sia vicina più di quel
che crediamo ? Chi può assicurarsi del tempo e dire
fra sè : Se non mi approfitterò ora degli Esercizj , ne
approfitterò un altr'anno ; li farò meglio un'altra volta ?
Chi avrà coraggio a cosi lusingarsi quando Dio in
topa dall'alto Che non sappiamo nè il giorno nè l'ora
di nostra morte: che verrà presto e quando meno l'a.
27
spetteremo ? Che se questi fossero per noi gli ultimi,
e qual rammarico in punto di morte il non averne
approfittato ... Al contrario, qual consolazione in quel
sì pericoloso frangente, poter dire, grazie a Dio, tempo
fa ho fatto i santi Esercizj ; fevi allora la mia confes.
sion generale, aggiustai le parlite di mia coscienza,
>

mi sono dato a Dio , nulla ho che mi rimorda. Che


bel morire così ! ...
Che se questi Esercizj non saran gli ultimi in ra
gion di tempo , non lo possono essere in ragione di
grazia ? Mi spiego. Non può Iddio aver legata la no
stra predestinazione ad essi ? Non può avere stabilito
ne' suoi eterni imperscrutabili decreti di darci in
questi giorni quella grazia , la quale formi come il
primo anello di quella , dirò così , catena d'oro, che
.ci conduce alla vita eterna ? Non crediate già , miei
signori, che il gran momento da cui dipende l’eter
nilà sia solamenle quel della morte : eh no : per la-
luni arriva in gioventù : per altri in virilità e in vec
chiaja: quello sarà l'ascoltare una predica, a que
st'altro la lettura d'un libro divolo ; una santa inspi
razione prontamente seguita, un'opera buona falta a
tempo , una mortificazione generosa di una curiosità,
d'una voglia , d'una passione e simili, tirano seco tal
volta la sorte elerna di un'anima. Gli apostoli sono
apostoli perchè corrisposero prontamente a un invito
del Redentore: $. Ignazio è un gran santo per la let
lura di un libro divoto . S. Antonio abale lo è per
l'ingresso casuale in una chiesa ove intese leggere
un santo Vangelo. S. Nicolò da Tolentino e s. Gio
vanni di Dio gellarono i fondamenti della loro gran
santità per avere ascoltato una predica. Le sacre sio
rie , senza ch'io mi dilunghi a nai l'arne , sono piene
>

di simili esempi, i quali provano ciò ch'io dicevo, che


il gran momento da cui dipende l'eterna sorte di
28
un'anima non è sol quello della morte, ma per molti
arriva e passa durante il corso della vita.
Ciò posto, ditemi: Questo momento per qualcheduno
di noi non potrebbe passare in questi Esercizj ? Non
può Iddio aver legata a questi quella serie di grazie
che ci deve salvare ? Non può aver detto a nostro
modo d'intendere : Se colui in questi giorni sarà rac
colto , se ascolterà e mediterà con allenzione la mia
parola, se vincerà sè stesso, e correrà al mio tempio
e farà orazione , io gli darò la tal grazia ; dopo que.
>

sta l'altra, e poi l'altra finchè lo guiderò al porto della


salute ?
Oh in quanti si è ciò verificato ! quanti devono la
loro salvezza non solo, ma la loro santificazione an
cora ai santi Esercizj ! sono innumerabili gli esempj
che su di ciò ci riferiscon le storie, e tutto il giorno
se ne veggon succedere de’nuovi . Dirovvene solamente
due successi in Roma, uno nella persona di un gio
vine cavaliere, l'altro in quello di una dama religiosa
nel famoso monastero di Tor di Spechi. Quello era
venuto in Roma per farvi un allegro carnovale, e da
ciò solo potele argomentare quanto avesse il cuore
pieno di mondo. Per sua buona sorte s’incontrò in
alcuni buoni amici migliori di lui , che lo condussero,
benchè a grave stento, a fare i santi Esercizi in una
casa religiosa : nè vi si lasciò indurre se non colla
promessa che si sarebbero scambievolmente divertiti.
La grazia però lì lo aspettava : non so a qual medi
lazione, restò totalmente ferito, e fece una sì mara
>

vigliosa conversione, che servì a tutti di edificazione


e di esempio. Finiti gli Esercizj si sbrigò al più pre
sto dal secolo : si ritirò nella Trappa di Casa Mari,
che esiste vicino alla città di Veroli , dove in pochi
anni consumò il suo corso con opinione di santità
come a me stesso attestò l'abate di questa chiesa.
29
Santa Bonaventura , che così chiamavasi la religiosa
suddetta di Tor di Spechi, con esempio forse unico
9

in quell'illustre monastero , di religiosa nulla aveva


fuorchè l'abito : dissipata, vana, altiera, piena di mondo,
era lo scandalo e la croce di queste piissime madri.
Venne finalmente il tempo dei santi Esercizj, soliti a
darsi in quella casa ogni anno : invitata ad interve.
nirvi : Che Esercizj ? rispondeva ; io mi sono falta mo
naca , non romita ; ci vada chi vuole , io non voglio
>

scrupoli e malinconie. Ciò non ostante , fosse curio:


şilà o rispetto umano , fin dalla prima sera vi andò
colle altre , ed oh prodigi ammirabili della grazia !
quella stessa sera , alla prima meditazione del fine
dell'uomo, restò colpita in guisa , che , finita la me
ditazione, andò a gettarsi ai piedi del priore che dava
gli esercizj , e con parole interrotte da sospiri e da
lagrime : Padre, gli disse, voglio farmi santa, e pre
slo : ritiralasi in camera, scrisse in una carta questa
sua risoluzione e la pose ai piedi del Crocifisso ; la
scrisse e la mantenne : da quell'istante si diede a una
vita sì raccolla, si austera, sì penitente, che in poco
tempo divenne l'esemplare e lo specchio di tutto il
monastero : non sopravvisse che undici mesi , ma in
uno spazio di tempo sì breve, esercitò tante e si eroi
che virtù , che arrivò di fatto e presto , come aveva
>

promesso, a farsi santa ; almeno in questa opinione


mori, e quelle madri - vollero se ne scrivesse la vita.
Eccovi in questi due falli verificato ciò che io di
cevo ; che gli Esercizi sono per molte anime un gran
momento da cui dipende la beala loro sorte ; che mol
tissime per mezzo di essi si sono salvate, anzi santi:
ficale; le quali se , o non gli avessero fatti, o fatli
malamente, sarebbero andate ad eternamente perire ;
non già perchè il non farli, o farli con disattenzione,
sia per sè un peccalo che meriti la dannazione , ma
50
perchè si sarebbero private di quelle grazie che Dio
loro preparava in essi, e che efficacemente le avreb
bero fatte salve.
Ah ! se è cosi , chi di noi vorrà, trascurare un mezzo
coşi polente ed efficace che Dio per sua somma bontà
ci offre, onde operare la nostra salute, e da cui forse
essa totalmente dipende ? Chi non si darà a fare con
tutto l'impegno questi santi Esercizj ? Chi si lascierà
vincere da quel poco di molestia e difficoltà che seco
porta il silenzio , il ritiro e la meditazione delle cose
eterne ? Negotium pro quo contendimus, dirò aa voi ciò
che diceva santa Sofia a suo figlio s. Clemente per
animarlo al martirio : Negotium pro quo contendimus
vita æterna est. Noi siam qui radunati, e ci radune
remo in questi giorni , per trattare il più grande, il
più importanie, il massimo di tutti i negozj , ch'è la
vita elerna, e per un negozio di questa natura, non
i può mai fare o patir abbastanza. Negotium pro quo
contendimus vila celerna est.
Ma veniamo finalmente a parlare dei mezzi che
dobbiamo praticare per ricavare dai santi Esercizj
quei frutto che da noi pretende il Signore. Il primo
mezzo deve essere negativo, cioè, togliere il massimo
impedimento , quello che rederebbe affatto inutili i
santi Esercizi. Questo è il peccato . Ah ! e come po
tremmo noi sperare le grazie, se in questi stessi giorni
seguilassimo a peccare? Derelinquat impius viam suam .
Tello e abbandonato il peccato , vediamo quali sono i
mezzi positivi che dobbiamo praticare. Impariamoli
(ruiesti dai primi fedeli convertiti alla feile dalla pre
dicazione degli Apostoli ; dice il sacro testo, che 1. se
ne stavano tutto il giorno raccolti nel tempio, o rili
rati nelle prɔprie case. Quotidie perdurantes unani
miter in templo..., et circa domos ( Act. 2 ). 2. Che non
si saziavano di ascoltare le prediche, e pascersi della
31
dottrina degli Apostoli. Ch'erano perseveranti, inde
fessi nell' orazione : Erant perseverantes in doctrina
Apostolorum ..., et orationibus. Questi mezzi che quei
fervorosi cristiani praticarono per mesi ed anni, non
rincresca a noi praticarli almeno per pochi giorni.
Il primo dunque di questi è il raccoglimento, il ri
tiro , la solitudine. Se vogliamo , miei cari , in questi
giorni ascoltare le segrete voci di Dio e ricevere le
impressioni soavi della sua grazia, la solitudine este
riore della persona , ed il raccoglimento interiore del
cuore , sono indispensabili. Dio , di legge ordinaria ,
non parla a quelle anime nelle cui orecchie e al cui
cuore il mondo fa un gran rumore, perché sono im
barazzate , immerse nelle sollecitudini, negli affari e
conversazioni secolaresche. Così disse Gesù Cristo me
desimo a santa Teresa , e così avea dello Dio molto
prima al profeta Elia : Non in igne Dominus, non in
commotione Dominus (3. Reg. 19 ), e così ha sempre
usalo. Parlò infatti Dio a Mosė : ma non in Egitto ,
non fra lo strepito della Corte ove era vissuto per
quarant'anni, ma parlógli nella solitudine dell'Orebbo.
Parlò a Samuele, ma nel ritiro del santuario di Silo.
La voce di Dio si fece sentire da Giovanni figlio di
Zaccaria , ma nel deserto ; scese , per tacere di altri
esempj, come già abbiam dello, in persona lo Spirito
Santo sovra gli apostoli, ma mentre stavansi ritirati
e chiusi entro al Cenacolo .
Volete voi , miei signori, che Dio in questi giorni
>

parli anche a voi , se non con tanto strepito ed in


una mauiera cosi sensibile , che sarebbe temerità il
prelenderlo , almeno colle interne e segrele inspira
zioni del vostro cuore ? Siate più che potele ritirali e
raccolti ; in questi giorni, dirovvi colle parole di s . Pier
Crisologo , dopo essere stati finora. lutti del secolo ,
viviamo solo a Dio : Vivamus paullulum Deo, qui sa
52
culum viximus totum (Crisol . Serm . 12) : segreghia
moci dagli affari domestici e dalle cure del mondo ;
abbiamo dalo al corpo un anno, più anni, forse lutta
la vila, fin qui trascorsa, è ben giusto che diamo al.
l'anima almeno pochi giorni : Seponamus domesticas
curas. Dedimus corpori annum , demus animæ dies.
Ritiro dunque, solitudine più che sia possibile.
Ma, questo, dirà forse laluno, sarà un morir di ma
linconia.... No , miei cari , chè il trattar con Dio non
cagiona malinconia, tedio e tristezza, ma consolazione,
pace, allegrezza : Non habet amaritudinem conversatio
illius , nec tædium convictus illius , sed lætitiam et
>

gaudium (Sap. 8) . Dio vi assicura che se lascerele le


crealure per starvene in solitudine ritirati e raccolti
ad ascoltar la sua voce, vi parlerà al cuore, e vi pa
scerà col latte soavissimo di celesti consolazioni, una
cui goccia sola val più , senza paragone , di tutti i
piaceri del mondo : Ecce ego lætabo eam , et ducam
eam in solitudinem , et loquar ad cor ejus (Osea 2 ) .
Provale dunque, gustale, e vedrete ch'è dolce e soave
il Signore : Gustate et videte quoniam suavis est Do
minus (Ps. 33).
Il secondo mezzo che praticavano i primi fedeli,
per cui menavano una vita si fervorosa e santa, era
la parola di Dio che con perseveranza ascoltavan dalla
bocca degli Apostoli : Erant perseverantes in doctrina
Apostolorum . E questo è quello in cui dovele infer
vorarvi e santificarvi anche voi ' in questi giorni :
mezzo più necessario e più efficace di questo nell'or
dine della presente provvidenza , per santificarsi non
>

vi è : io ve l'ho già dimostrato al principio, onde non


occorre che più mi trattenga su questo punto ; venite
dunque alle ineditazioni ed alle istruzioni che qui si
faranno: non ne perdete veruna , perchè può essere
che in quella appunto che tralasciate , Dio vi abbia
33
preparata quella grazia che vi deve muovere , con
vertire e salvare . Per sette giorni e per setle volle
dovette girar l'arca del Signore, preceduta e seguita
dal popolo ebreo intorno alla cillà di Gerico ; e per
altrettanti giorni e volte ebber ordine i sacerdoti di
suonar le loro trombe intorno ad essa : alla sellima
caddero a terra le sue mura , la città fu presa e di
strutta . Perchè sette, e non più o non meno ? Perchè
si capisca e s'intenda che la mistica Gerico, cioè i pec
calori, alle voci de' ministri di Dio si convertono, come
e quando a lui piace. Suoneremo noi in questi giorni
non sette volte solo, ma più e più volte la tromba : in
quali di queste vorrà il Signore gettare a terra il muro
fatale de' vostri peccati , e impadronirsi del vostro
>

cuore ? Voi nol sapele, dunque ascoltatela in tutte.


Nè mi state a dire che non v'è bisogno di tante
prediche, perchè siete abbastanza istruiti, mentre io
vi rispondo colle parole del profeta Isaia : Væ qui sa
pientes estis oculis vestris ? Anche Davidde era in
struito , era profeta , era santo ; sapea benissimo che
>

l'adulterio e l'omicidio erano gravissimi peccati, ep- '


pure vi cadde, e quel che è ancor peggio, vi dimorò
da un anno e più , nè pensava tornare a Dio , e vi
volle un profeta che lo anmonisse risvegliasse dal
suo letargo. Chi più illuminato di Saulo >, convertilo
da Dio medesimo sulla via di Damasco , investito da
lui con tanta luce che ne restò per fin cieco negli oc
chi, reso in un momento il dottor delle genti, il mae.
2

stro delle nazioni ? Eppure , per comando di Cristo


medesimo , dovetle entrare in città , e dal discepolo
Anania , in un col hallesimo , ricevere una più ab
bondante istruzione. Che se uomini di questa sorte
ebbero bisogno della parola viva di un ministro di
Dio , avrete coraggio di dire che non l'avete voi , e
che siete abbastanza instruiii ?
BIAMONTI . T I. 3
34
Ma le prediche, dirà forse qualcuno, saranno troppo
lunghe ; si faranno ad ora incomoda, e noi non pos
siamo tralasciare i nostri lavori, omettere i nostri ne
gozj e scapitare ne' nostri interessi per ascoltarle . Io
vi rispondo, che in quanto alle prediche ed istruzioni
procureremo di esser brevi più che sia possibile , e
ci adatleremo a quel tempo e a quell'ora che sarà
creduta per tulli più comoda e opportuna. In quanto
poi agli affari e agl' interessi , vi ripeto ciò che già
ho detto poc'anzi ; che il massimo di tutti gli affari,
l'interesse che sopra ogn'altro vi deve star a cuore,
è quello della salute eterna ; se perdeste questo, quan.
d'anche riusciste bene in tutti gli altri , che vi gio.
verebbe ? Se guadagnaste anche un mondo intero ,
ma perdeste l'anima, che importa ? Eppure , trascu
rando i santi Esercizj, correte gran pericolo di per
derla. Non adducete dunque più scuse ; ma invece
risolvete di concorrere con assiduità e costanza alla
santa parola di Dio.
La terza cosa, finalmente, che praticavano i primi
fedeli , era l'orazione : Erant perseverantes in ora
tionibus. E questa è quella in cui noi più che mai
dobbiamo esercitarci in questi giorni . L'orazione ,
come dicea s. Agostino , è la chiave dei tesori del
cielo : con quesia, soggiunse s. Giovanni Climaco, si
fa una dolce violenza all ' amoroso cuore di Dio , che
non può a meno di non versare questi tesori in seno
di chi umilmente e costantemente lo prega. Orazione
dunque, miei cari, orazione: orazione qui in comune,
e orazione in privato, ciascuno da sè. Venerabili sa
cerdoti miei confratelli, tocca a noi principalmente in
questi giorni di darci più che mai all'orazione. Pro
striamoci fra il vestibolo e l'altare, come ci avvisa il
profeta, e con voci interrotte da sospiri, mescolate di
lagrime, gridiamo innanzi al trono di Dio : Parce , >
55
Domine, parce populo tuo (Joel. 2. 17) . Nell'oblazione
della grande Ostia , che placa l'ira di Dio e salvò il
mondo , preghiamo il Signore per i peccatori , acció
si degni usar loro misericordia, tirarli a sè per mezzo
di una verace conversione, e salvarli. Persone divote
anime pie, raddoppiate in questi giorni le vostre pre
ghiere, e con queste ajutate noi nel nostro ministero ,
le orazioni , specialmente , se le accompagnerete con
qualche mortificazione ,> o penitenza , saranno molto
accelte a Dio , cui non potete far cosa più grata che
zelare il suo onore , e guadagnargli anime , per le
quali ha sparso tutto il suo sangue, Preghiamo tutti
instantemente e per noi , e per gli altri ; quanto più
fervorose saliranno al trono di Dio le nostre preghiere,
altrettanto più copiose e abbondanti sovra di tutti
scenderanno le sue celesti benedizioni .
Orsù ; io vi ho addotti i più forti motivi che vi de
vono muovere a far con impegno i santi Esercizj e
vi ho dimostrala la somma necessità che tutti ne ab
biamo e i grandi vantaggi che coll'ajulo del Signore
ne ritrarremo; e di più vi ho spiegati i mezzi che
dobbiamo praticare per renderli utili e fruttuosi ; al
tro più non resta che melter mano all'opera, ed in
traprenderli con animo coraggioso, e con ferma riso
luzione di vincere tulte le difficoltà in contrario . Non
mancherà il demonio, nemico giurato delle anime, su
scitarne molte : adopererà tutte le sue arti maligne ,
farà gli sforzi più grandi per frastornarvi e privarvi
di sì gran bene. Ahl non vi lasciate ingannare e se
durre. Una mano al peito, miei cari, ed un'occhiala
al Crocifisso, e svaniranno tutte le difficoltà ; andranno
a vuoto le macchine dell'infernal tentatore .
La mano al petto, che ci farà sovvenire ? Che siam
rei di molti e gravi peccati, che meritiamo l'inferno;
che se Dio ci volesse trattare giusta i nostri meriti ,
56
dovrebbe sprofondarci in quell'abisso ove tanti ge
mono e gemeranno in elerno, che hanno meno pec
cato di noi . Ch'è una grande misericordia questa che
Dio ci usa di darci spazio di penitenza , e cambiarci
una pena eterna con quel poco di violenza che do.
vrem fare a noi stessi in questi dieci o0 dodici giorni .
Con questi verissimi riflessi ben fitti nel cuore , chi
cederà al nemico , che si lascierà sedurre , chi anzi
> >

non vincerà coraggioso tutte le ripugnanze , e non


farà col massimo impegno i santi Esercizi ?
Ma guardate questo Cristo. Ecco quanto ha fatto e
patito per noi ; per la nostra eterna salute nacque po
verissimo in una stalla , visse umiliato e fra stenti e
fatiche in una bottega ; sudo e soffri insegnando la
sua dottrina, pati e morì su questa croce, versò fino
all'ultima goccia tutto il sanguel... Ab ! e noi ci la
sceremo rincrescere pochi giorni di ritiro, di orazione,
di penitenza? Noi peccatori ?... noi rei d'inferno ?...
noi 9... Egli, Figlio di Dio, soffre tanto, noi, vili schiavi,
nulla ? Egli, ch'è la stessa innocenza , la stessa san
tilà, fece penitenza così terribile, e noi pieni di tanta
iniquità , nessuna ? Per entrare in una gloria, ch'era
sua, che gli era dovuta come a Figlio ed erede, sof
ferse trentatré anni di pene ,> e noi che come pecca
tori ne siamo estranei ,9 che ne siamo positivamente
immeritevoli, nemmeno un poco di violenza per pochi
giorni? Ah ! caro Gesù !
MEDITAZIONE PRIMA

Sul fine dell'uomo.

Dominum Deum tuum adorabis,


et illi soli servios.
Deut. 15.

Questo divino comandu intimato già da Dio per


bocca di Mosè al suo popolo , e poi ripetulo dalla
bocca stessa del Figliuolo di Dio fatto uomo , CO
inando giustissimo ,> imperocchè qual cosa più giusta
che lo schiavo serva il padrone , il figlio il padre ,
la creatura il Creatore ? comando gloriosissimo ,
mentre qual gloria più grande che servire un Dio
d'infinita maestà e grandezza ? comando finalmente
vantaggiosissimo, poichè dall'osservanza di questo di
pende per l'uomo ogni sorte di vero bene d'anima e
di corpo , temporale ed eterno , onde giustamente la
Chiesa canta ogni dì da mille altari : Vere dignum et
justum est, equum et salutare, nos tibi semper hic et
ubique gratias agere. Questo comando, dico, come è
osservato dalla massima parte degli uomini che vi
vono sulla terral ahl che lo è assai poco. Dio , dice
il profeta David, adattandosi alla nostra maniera d'in
tendere e di parlare , si affacció dall'alto de' cieli , e
volgendo gli occhi sui figliuoli degli uomini, cercò se
vi erano fra essi molti che il conoscessero , lo ser
vissero e lo amassero. Dominus de cælo prospexit 84
per filios hominum ut viderel si est intelligens , aut
38

requirens Deum (Ps. 52) . E quanti ne trovò ? Oh cosa


da fare inorridire e tremare ! ne trovò lanto pochi ,


che a confronto di quell'immensa moltitudine che nol
conosce, nol cura, non l'ama, può dirsi che non ne
abbia trovato veruno. Non est qui faciat bonum , non
est usquc ad unum . Ma qual maraviglia che i puris.
simi sguardi di Dio trovino sì pochi che fedelmente
lo servano quando noi stessi, benchè di vista sì acuta
nell'indagare i falli altrui , ne stentiamo a trovare ?
Quanti sono nelle città , nei paesi dei quali si possa
>

francamente asserire : Questo è un vero servo di Dio ;


questa è una vera serva di Dio ? Ah ! che sono as
sai rari ! E siamo arrivaii a un tempo in cui servire
Iddio da molti si tiene per una viltà e sciocchezza , e
lanti, che pur si darebbero a un tal servizio, per ver
gogna il tralasciano , o il fanno più di nascosto che
possono. O tempo infelice che è questo 1 0 cecità de
plorabile ... Ma il servire Iddio non è il gran fine per
cui siamo creati ? Non è la cosa più nobile, gloriosa
che possa darsi ? Non è la sola che può renderci in
questa o nell'altra vita pienamente felici e contenti ?
Così è , eppur Dio non si sei ve. E perchè ? perchè
non si pensa : Desolatione desolata est omnis terra ,
quia nullus est qui recogitet corde (Jerem . 12. 11 ).
I grandi motivi, le forti ragioni, l'obbligo indispen
sabile che abbiamo di servire Dio, s'ignorano, si di
menticano ; non se ne forma mai un oggetto di seria
e profonda riflessione ,> perciò si vive nelle tenebre ,
lontani da Dio, e in vece di lui si serve il mondo e
il demonio, e col demonio e col mondo si va ad eter
namenle perire.
Ah ! scuotiamoci da un tal letargo' , apriamo omai
gli occhi alla luce ,> entriamo nella meditazione delle
grandi ragioni che a servir Dio ci obbligano e ci co
stringono: io le riduco a tre , che mi somministre
ranno i tre punti in cui divido la meditazione.
1. Dobbiamo servire a Dio per quello che egli è in
sè medesimo.
2. Per quello ch'egli è rapporto a noi.
3. Per ciò che noi siamo riguardo a lui.
Primo punto.

Supponiamo per un poco , signori miei , che noi


non avessimo alcuna relazione con Dio : non ci avesse
creato, ' non redento, non beneficato in guisa veruna :
solamente sapessimo di certo ch'esiste, ch'è un bene
infinito, che ammelle al suo servizio coloro che a lui
si danno , che li tratta assai bene e li paga con
somma ,mercede ; ditemi, questo solo non dovrebbe
bastare per muoverci a darci tutti lui ? Certo che sì .
Fingete caso, non impossibile ad accadere, che da
>

quelle terre tuttora incognite, in cui non è penetrata


ancora la luce del Santo Vangelo , esca un uomo
rozzo, ignorante, nato, cresciuto e vissuto sempre fra
i boschi, che nulla ha mai inteso nè sa di religione
e di Dio. Entra in una città cattolica : un sacerdote,
premuroso di sua salute, prende ad istruirlo, anzi io
stesso m'imagino di averlo qui a fianco, e gli parlo
cosi : Sappi , o uomo, che esiste un essere , un prin .
cipio , un signore, che noi chiamiamo Dio. Questo è
quello che dal nulla ha creato questo cielo e questa
lerra che il vedi , e quanto havvi in cielo e in terra
tutto è opera delle sue mani; coll' onnipotente sua
virtù porta, regge e governa tulle le cose , le quali
senza di lui tornerebbero al loro niente . Egli non
ebbe mai principio, nè può avere fine , essendo im
mortale ed eterno . La sua natura è la stessa bontà
e non può fare e volere che il bene. La sua sapienza
è sì grande , che con un solo alto del suo intelletto
conosce e penetra tulle le scienze , tutti i misteri,
40

tutli gli arcani e quanto si dà, o può darsi di scibile,


insomma la sua sapienza è infinita . Infinita è la sua
potenza ; e come ha pututo senza fatica veruna, con
una sola parola cavar dal nulla questo mondo, così
potrebbe crearne mille altri e distruggerli a suo ta
lento . La sua bellezza poi è del tutto ineffabile, perchè
niun uomo moriale il vide mai o può vederlo ; sol
posso dirti ch' è una luce ,> una chiarezza , una bel
lezza tale, che ionumerabili spiriti che lo vagheggiano
in cielo , ove tien la sua reggia, sono rapiti da stu
pore si grande , sopraffatti, inebriati da una gioja e
dilello sì esuberante, che quantunque già da seimila
anni il vagheggiano, ancor non sono sazj di lui, nè
lo saranno in eterno ; anzi arderanno di un sempre
nuovo desiderio di sempre più contemplarlo ed amarlo.
Nulla più ti dirò di altre sue infinile perfezioni e gran.
dezze , perchè nè io posso spiegarle, nè tu capirle.
Or sappi che questo gran Dio gradisce assai che
lulli gli uomini lo amino e lo servano ; al suo ser
vizio li chiama e gli invita amorosamente egli stesso,
e per alieuarli, promelle loro che tratteralli più da
amici che da servi, che darà loro una mercede am
plissima, che li renderà felici su questa terra, e che
poi un dì chiameralli parle del beato suo regno in
cielo. Or dimmi, vuoi tu servirlo ?
Domando ora a voi , uditori , quest' uomo che di
rebbe ? Starebbe irresoluto, penerebbe.forse a rispon
der di sì ? Io quanto a me, sono persuasissimo che
non esiterebbe un momento ; la ragione si è perchè
ogni uoino , sia rozzo e ignorante quanto si vuole,
purchè sia ragionevole, da un nobile, necessario istinto
di sua valura è mosso ad amare il bene e procurare
la sua felicità ; sollo un padrone di questa sorle, ca
pirebbe il selvaggio che non potrebbe avere che bene ,
ed esser felice, perciò non solo non istarebbe irreso .
44
luto e indeciso, ma con somma avidità ed allegrezza
darebbesi tutio a lui.
Questo è il caso nostro. Noi , illuminati dalla ra
gione, e molto più dal lume certo e infallibile di quella
fede, in cui per nostra gran sorte siamo stati fin da
fanciulli educati e istruiti , conosciamo e crediamo
ch' esiste questo Dio , ch'è un bene infinito , che il
servirlo è la cosa più gloriosa e nobile che possa
darsi, che ci renderà nel tempo e nella eternità pie
namente felici : dunque la ragione e la fede c'inse
gnano che quand' anche non ci avesse fatto alcun
bene, pur dovremmo servirlo ; che il negargli tal
servitù, e molto più anteporre a lui una vile e mise
rabile creatura, e servirla in sua vece?, sarebbe una
somma cecilà e pazzia.
Torniamo a quel selvaggio . Fingete che non risol
vesse subito ; io seguo a dirgli : Ascolta, o uomo?
oltre a quel gran signore che ti ho descritto, ve n'è
un altro il quale abita nell'abisso e si chiama demonio,
salanasso, principe delle lenebre. Era un gran prin
cipe nella Corle del primo, ma per la sua superbia
si ribello da lui, e il suo Signore lo cacciò dal cielo,
lo precipitò nell'inferno, lo condannò ad un fuoco ter
ribile, in cui arde ed arderà in eterno. Or sappi che
tutti gli uomini che nascono in questo mondo è ne
cessario che servano a questo o a quello : stare neu
trali non possono ; uno dei due conviene che scel
gano. Scegli ora lu quel che li piace.
Vi pare , o signori, che quest'uomo sceglierebbe
piuliosto il demonio che Dio ?... e se lo scegliesse
non sarebbe uno stollo, un pazzo da catena ?
Eppure, questo è ciò che si fa da lanti e poi tanti ,
non già nati ed allevali fra i boschi, rozzi , incolli ,
>

ignoranti : ma nali, educati nelle città cattoliche, illu


minati dalla fede, chiamati figliuoli della luce.
42
A chi hai servito tu finora, giovane dissoluto, che
ti sei lordato l'anima e il corpo con tante laidezze ?
E tu, uomo di pratica , che mantieni quell'indegna
amicizia ? E tu , avaro, che hai commesso tante in
giustizie? E tu, donna, che vivi immersa nella vanità
e negli amori ? Peccatori , peccatrici di qualunque
sorta voi siate, a chi avete servito ?... Al demonio...
sì, al demonio. Chi pecca, dice G. C. , si fa servo del
peccato, e per conseguenza del demonio, ch'è l'autore
e il promutor del peccato . Qui facit peccatum servus est
peccati ( Joan . 8. 34). E non solo si fa suo servo, ma
figlio ancora ; onde con tutta ragione gli si può dire
ciò che Cristo rinfacciava agli Ebrei : tu sei figlio del
demonio : Vos ex patre diabolo estis. Servo e figlio
del demonio ! ... lasciar Dio sommo bene ! rinunziare a
un padre si buono e sì amante, per farsi servo e figlio
di un tiranno, di un mostro si orrendo ! ... Che cecità ,
che follia è mai questa !
Secondo punto .

Che se è una somma cecità e follia non servire a


Dio, anche nel caso supposto impossibile che nulla
avessimo a fare con lui, che sarà se si riflelte a quei
rapporti che passano tra esso e noi ? In tre stali si
può considerar l'uomo : 1. di natura : 2. di grazia ;
3. di gloria. Ora, in tutti questi stati, Dio ci ha ri
colmali di tanti beniſizj , ci ha strelto a sè con tanti
vincoli, abbiamo noi contrallo con lui sì grandi e sì
forti obbligazioni, che non solo è cecità e follia il non
servirlo , ma una somma ingiustizia. Parliamo del
primo.
Dimmi, o uomo, che cos'eri tu ceni'anni fa ? Niente .
Vi era il mondo ? . V'era la tua patria ? Si , vi era.
E tu ? Un niente . Eri meno di una formica che cam .
43
mina sulla terra, meno di un verme che striscia nella
polvere, meno di un granellino di arena di cui si fa
giuoco il vento, perchè essi son pur qualche cosa, tu
però eri un misero nulla. Sei finalmente venuto a far
la tua comparsa in questo gran teatro del mondo , sei
nato e nato uomo, cioè creatura fra le visibili la più
nobile e più eccellente di tutte : constituisti eum super
opera manuum tuirum (Ps. 8.7). E chi mai ti ha fatto
questo gran bene, di darti l'esistenza ed una esistenza
si nobile, e dartela a preferenza di tanti altri che re
steranno sempre meri possibili, com'eri tu ? Dio.
L'intendi, anima cristiana ? Si, Dio. Ipse fecit nos et
non ipsi nos. Dio è quello che ha fatto , impastato ,
compaginato il tuo corpo. Manus tuce fecerunt me, et
plasmaverut me totum (Job. 10. 7) . · Dio che ha in
fuso in te quello spirito immateriale, intelligente, im
mortale, che li dà vita , per cui sel tanto superiore
al bruto , e poco meno dell'angelo. Inspiravit in faciem
ejus spiraculum vitae (Gen 2. 7 ) Minuisti eum paulo
minus ab angelis (Ps. 8. 6). Quel che sei, quel che
hai tutto è puro dono gratuito che ti ha fatto Dio ;
e se egli ti dicesse : Dammi quel che hai del mio , .
che li resterebbe ? ... Dammi quegli occhi, perchè son
miei ; eccoli cieco. Dammi quella lingua , perchè le
l'ho dala io ; eccoli muto. Restituiscimi quelle orec .
chie, perchè son mie ; eccoti sordo. Voglio tutto quel
corpo , perchè l'ho fatto io ; eccoli puro spirito. Ma
questo spirito è mio ancora, mia la sua memoria, mio
l'intelletto, mia la volontà, mie le sue potenze, la sua
sostanza è mia ; rendimi dunque ogni cosa .... Che ti
resterebbe, o uomo, allora del luo ? Niente altro fuor
chè il peccato, perchè questo solo è tuo e tutto tuo...
Povero figlio del nulla ! Vedi che cosa tu sei da te
stesso ?
Or dimmi : non è dover di giustizia che lu serva
.
44
a questo Dio , che tanto ti ha dato 9 Se un valente
scultore, adocchiato un pezzo di rozzo marmo, che se
ne giace sconosciuto e negletto fra le immondezze,
nell'angolo di una piazza, fattolo trasportare nella sua
officina, con mano maestra ne lavorasse una bellissima
statua la quale collocata di poi nella galleria di un
principe, divenisse l'oggetto dell'ammirazione e dello
stupore di tulli ; se questa statua , per impossibile ,
>

potesse aprir gli occhi, vedere, capire e parlare, quali


sarebbero le prime sue voci ? Non sarebbero voçi di
riconoscenza e di amore verso il suo artefice ? Non
gli direbbe piena di gratitudine: Ti ringrazio, son qui
pronta a servirti , fa di me quel che vuoi ? Eppure
che cosa le avrebbe mai dato l'artefice ? non altro
che la semplice figura, non già la sostanza che pos
sedeva in sè stessa .
Tu al contrario, o uomo, hai dal sovrano artefice
e figura e sostanza ; ciò che sei al di dentro, ciò che
mostri al di fuori, quanto possedio puoi possedere
di bene, lutto è dono di Dio : e nol servi e non l'ami ?
Possibile che lu non senta o non voglia sentire una
legge di nátura, che sentirebbero ed eseguirebbero
gli stessi marmi se capaci fossero di intendimento ?
Guarda infalti come la sentono tulle le creature
sensibili ed insensate, e nella loro maniera fedelmente
l'adempiono. Lassù i cieli narrano le di lui glorie, e
il firmamento annunzia le opere delle sue mani : un
giorno fa sapere all'altro, e la notte che passa indica
a quella che segue ch'è deg d'essere sommamente
amato e servito il Creatore. Il sole che , qual lume
del mondo risplende , e qual gigante esulla e corre
l'immensa sua via ; la luna col meraviglioso ordina
tamente vario ed incostante suo corso : i pianeti e le
stelle cogli stupendi lor moli, e coll'osservanza esal
iissima delle leggi impresse loro dal somino Fattore,
45
formano a lui un armonioso concerto di lode. Quaggiù
sulla terra le stagioni che con inalterabil legge si suc
cedono le une alle altre, i monti che a suo tempo
biancheggian di neve , i prati che ridon di fiori, i campi
che biondeggian di spighe , le piante che s'incurvan
di frutti, cantano gli uccelli che salutano il nuovo
giorno, le cantano gli armenti che saltabellan sull'erbe ,
le cantano i pesci che guizzan nell’onde : tutte, in
una parola , le creature, riconoscono, lodano e servono
il Creatore. Omnia serviunt tibi ( Ps. 118, 19) .
Tu solo, o uomo, sarai l'ingrato, tu ildisubbidiente ?...
Tu creatura si nobile tanto beneficata e contraddi
stinta fra tutte le altre ?... Qual ingiustizia non è mai
questa ?
Più : Dio non solo ti creò una volta, ma ogni istante
quasi ti ricrea e riproduce : perché con vero e reale
influsso dell'onnipotente sua mano, ti sostenta e regge
e conserva , senza di che periresti del tutto. Stai in
mano di lui come Abbacuc in quella dell'angelo, che
il prese pei capelli in Palestina e il portò con rapi.
dissimo volo in Babilonia, sul lago dei leoni, ove stava
rinchiuso il profeta Daniele. Immaginati di vederlo :
eccolo sospeso in aria dalla mano dell'angelo , sul
l'orlo di quel lago ; là giù stanno quelle bestie af
famale, che al primo vederlo hanno digrignato i denti,
spalancate le orrende fauci , aperte le zanne , cavati
fuori gli orribili artigli , non aspettando che il mo
mento che cada fra di esse per divorarselo. Se l'an
gelo apre la mano, Abbacuc è perdulo : non v'è bi
sogno che diagli la spinta ; da sè stesso vi piomba ,
e i leoni, senza nemmeno lasciargli toccare il pavi
mento, lo sbranano e se ne formano un pasto. Cosi
tu, o uomo, così in, cosi tutti, siamo in mano di Dio ;
sotto di noi vi è il lago orrendo dell'inferno , pieno
di bestie feroci, cioè d'infiniti demoni, che non aspet
46
tano o desiderano che la nostra caduta ; v'è l'abisso
profondo del nulla pronto a inghiottirci , e a farci
sparire nell'immenso suo vuoto ; un sol momento
che Dio ci lasci è finita per noi : o nell'inferno , 0
nell'antico nostro nulla ; non v'è bisogno di spinta >,
basta sol ch'apra la mano e , cessi di sostenerci. E
noi nol serviamo , e non impieghiamo lutla a sua
gloria questa vita , che non solo ci ha donato una
volta ma segue in ogni istante a donarci ? Non è
questa una somma ingiustizia ?
E notate quanto fa e quanto, per dir così, gli costa
la nostra conservazione. Per noi fa nascere ogni dì
il suo sole e il fa correre con tal proporzionata di
slanza, che se, o si allontanasse ,> o si avvicinasse di
più, il nostro globo o agghiaccierebbe di freddo o
anderebbe tutto in fiamme. Per noi fa scorrere a suo
tempo le piogge a fecondare la terra ; carica ogni
anno di frutti le piante, le biade di frumento, di uva
le viti, per somministrarci alimento e bevanda; riem .
pie il mare di pesci, l'aria di uccelli, la terra di ani.
mali , e di altre mille maravigliose produzioni per
provvederci di cibi , di vesti , di delizie e di diporti ;
>

insomma tiene tutta la natura in moto per noi ; e non


è dunque un dover di giustizia che lo serviamo ?
Ahl ... il servitore serve al padrone per un misera
bile salario , e voi stessi se avete un servo, con
sommo rigore esigele che vi ubbidisca e vi serva ;
se manca al suo servizio lo rampognate e lo cacciate
di casa. Più, la bestia serve al padrone per un poco
di fieno ; che se ripugna, resiste e ricalcitra , la ca
rica di colpi o luccide. Come dunque voi non ser
vite a Dio ? Vi dà ben altro che un meschino salario
e un po' di fieno. Quale ingiustizia non è questa ? Se
ne lamenta Dio stesso per bocca del profeta Isaia.
Lo stolido bue, dice con amaro rimprovero , l'asino
47

insensato conosce il suo padrone , lo ubbidisce e lo


serve ; Israello, al contrario, il mio popolo, tanto da
>

me beneficato, non vuol conoscermi e servirmi : Co


gnovit bos possessorem suum , et asinus præsepe do
mini sui: Israel autem me non cognovit , et populus
meus non intellexit ( Isaia 1 ) .
Che se dallo stato della natura passiamo a quel
della grazia, oh come crescono le ragioni e i titoli
che ha Dio sopra di noil ed oh quanto comparisce
più enorme la nostra ingiustizia in contrastargli la
totale servitù e ubbidienza 1 Dio crea i nostri pro
genitori Adamo ed Eva , e appena creati li ricolma
di grazie, gli arricchisce di doni, li rende immortali,
e li destina a un regno di gloria in cielo ; i miseri
peccano, e il peccato li priva della grazia , li spoglia
>

dei doni , li condanna a morte, e li fa rei di eterno


supplizio giù nell'inferno ; e poichè in essi pecca an
cora la loro infelice posterità , precipita ancor essa
negli stessi mali ed incontra la stessa pena. Sicchè
tutti per natura , come dice l’Apostolo , siamo figli
d'ira, vasi d'immondezza , schiavi vili del demonio ,
>

rei, com’esso, del fuoco.eterno. Dio, però, mosso a pietà


di noi, stabilisce di riscattarci ; e poichè tal riscatto,
in rigor di giustizia, esigeva un prezzo infinito, e tal
prezzo non poteva sborsarsi che da un Uomo-Dio ,
che fa ? Manda nel mondo il suo stesso Figlio unige
nito a farsi uomo e a soddisfare per noi : Sic Deus
dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret.
Venuto nel mondo questo unigenilo, e fallosi uomo,
ci riscatta, ma con che , a qual prezzo ? Forse con
oro O con argento ? Ah ! no , risponde il principe
>

degli apostoli s. Pietro; no, ma col suo preziosissimo


sangue, che qual agnello immacolato, sagrificato sul
l'altar della croce , versa e profonde tutto per noi .
Non corruptibilis auro vel argento redempti estis...:
48
sed præetioso sanguine quasi agni immaculati Chri.
sti (Ep. 1. 1 ). O eccesso di bontà ! O amore infinito
di Dio verso di noi !
Siam dunque noi poveri schiavi comprati da Gesù
Cristo, e liberati da una schiavitù la più ignominiosa,
la più crudele che dar si possa , perchè schiavitù
del diavolo, schiavitù del peccato, schiavitù della pena
eterna : e comprati a prezzo di sangue ; sangue di cui
come sangue di un Uomo-Dio , una sola goccia vale
un prezzo infinito. Non è dunque un dovere di ri
gorosa giustizia che lo serviamo ?
Se un padrone di questo mondo , in que' luoghi
in cui ancora è in uso l'antica servitù , compra uno
schiavo, acquista sopra di lui un diritto tale, che ne
fa e dispone come di cosa totalmente sua : quel po
vero uomo cessa di essere di sè stesso >, e diventa
tutto del suo padrone: quanto fa, quel che guadagna,
persino i suoi figli non sono suoi , ma del padrone ;
la stessa sua vita sta nelle di lui mani, e può toglier
gliela impunemente quando a lui piaccia. Eppure qual
prezzo ha mai sborsato per farne acquisto ? Poca
somma di danaro e nulla più . Ah ! quanto più dun .
que dobbiamo esser di Dio, noi comprati da lui a un
prezzo sì grande, comprati da una schiavitù sì ter
ribile, e comprati, non per farci più schiavi, come fa
il padrone terreno, ma per renderci veramente liberi,
per farci suoi figli, per renderci eternamente beati e
contenti ! Non ha ragione l'apostolo Paolo, con que
sti riflessi , d’intimare ad alta voce a tutti i Fedeli ,
Empti enim estis prælio magno, glorificate et portate
Deum in corpore vestro ( I. ad Cor. 6) ?
E questo titolo , che abbraccia tutti gli uomini,
perchè tutti redenti e comprati dal sangue di Cristo,
da lui versato per tutti , molto più però obbliga i
Cattolici che siamo stati chiamati a godere i frutti
49
di questa redenzione con una vocazione particolare
e distinta, non concessa a tanti altri. Dimmi , o uo
mo, non potevi tu nascere fra i Turchi, fra gli ere
tici, o in quelle terre in cui, o non è giunta , o non
8 - si è abbracciata la religione di Cristo ? Qual merito
avevi tu, onde l'anima tua fosse creata da Dio piut
tosto in una città cattolica che in Costantinopoli, al
Pechino, o in un ghetto di Ebrei ? E allora che sa
rebbe stato di te ? Non sarebbe quasi certa e sicura
la tua dannazione ? ... Che se dopo tutto ciò tu non
servi Iddio, non sei un ingiusto ?... E se ti castigherà
e manderà all'inferno per tanta ingiustizia , non tel
sarai meritato ? Puoi tu negarlo ?
Finalmente l'uomo si può considerare nello stato
della gloria . Non pago il nostro misericordiosissimo
Dio d' averci creati, di conservarci, di averci redenti
col suo preziosissimo sangue , di averci con parti
colar vocazione chiamati alla sua santissima Reli
gione, ci ha di più adottati per suoi figliuoli, e come
tali ci ha resi suoi eredi : Vos autem filiis et hære
des (Ad Rom. 8. 17), dandoci un diritto certo , una
sicurezza immancabile se ci manterremo fedeli fino
alla morte in questa sua figliuolanza , di entrare al
possesso della sua eredità su in cielo. Ed oh ! che
eredità ! Eredità che include in sè beni veri, beni
sommi, beni eterni, beni che ci renderanno perfetta
mente felici, beali e contenti in eterno. E non è que
sto un altro titolo che per gratitudine e per giu
stizia ci obbliga e ci costringe a servire il nostro
buon Dio ?
Fingele che un gran re della terra , 'non avendo
successione, si adolli un figlio, e scelga un fanciullo
figlio di un povero contadino. Adottato che l'ha, lo
introduce nella reggia , lo fa riconoscere da tutti i
grandi del regno , lo fa educare , vestire e servire
BIAMONTI, T. I. 4
50
in tutto alla reale, e finalmente lo destina ad essere
il successore ; l'erede della sua corona . Se questo
fanciullo , cresciuto negli anni , giunto all' elà di un
9

perfetto giudizio, quando più che mai dovrebbe mo


strarsi grato e fedele al suo insigne benefallore ,
facesse anzi lutto il contrario, non si curasse di lui ,
violasse le sue leggi, tenesse segrete corrispondenze
co' suoi nemici , alzasse finalmente contro di lui pa
lesemente lo stendardo della ribellione , e cercasse
sbalzarlo dal trono, torlo di vita per salirvi esso stesso
e ' regnare , dilemi, che direste voi di costui ? Non lo
chiamereste un ingralo, un ingiusto, anzi un mostro
d'ingratitudine e d'ingiustizia ?
Ah ! questo mostro lo sei tu >, o uomo , che non
servi al tuo Dio, che violi le sue leggi, che ti uni
sci col demonio é col mondo , suoi giurati nemici :
che, coi tuoi gravi peccati, ti ribelli da lui, e quanto
è da te fai quanto basta per torgli di fronte il dia
dema ed ucciderlo. Non eri lu per nalura figlio ,
non dirò di un povero conladino, che ciò poco mon
terebbe , ma figlio , ma schiavo vilissimo del demo
>

nio ? Dio , mosso a pietà di le , spezzò queste sì


>

ignominiose calene, li adottò per figlio, ti vesti della


preziosa veste della grazia santificante , li arricchi
delle inestimabili gioje delle sante virtù e dei doni
dello Spirito Santo, l'investì del diritto al beato suo
regno , in somma, in tutto li trattò da figlio , figlio
prediletto , figlio amatissimo.... E tu ? tu ribellarti da
lui, voltar le spalle ad un padre di questa sorte ,
tornare sotto la schiavitù del demonio ? Oh Dio 1
qual eccesso d'ingratitudine e d'ingiustizia può darsi
eguale a questo ? .... E come a questi verissimi ri
flessi, possiamo noi, o fedeli , trattenere le lagrime ?
Come può il nostro cuore star duro e non ispezzarsi
invece di dolore e di angustia ? E saremo noi figli
31
della grazia , più insensati e duri degli stessi vili e
carnali Ebrei ?
Sentite ciò che avvenne ad essi dopo essere en
trati nella lanto famosa terra promessa, e già da pa
recchi anni godendone un pacifico possesso. Dio aveva
falto loro un rigoroso comando, che al porvi il piede
distruggessero i tempj, gli altari, gli idoli, le statue ,
i boschi, in somma tutto ciò che formava o apparte .
neva al culto idolatra di quelle genti che vi abita
vano prima, e che si guardassero ben bene dal con
trarre amicizia e parentela colle nazioni limitrofe, de
dite all'istesso sacrilego culto. Disubbidirono essi a
un tal comando : lasciarono in piedi ed intatti parec
chi lempj e allari degli idoli, e contrassero le vietate
parentele e amicizie. Or udite ciò che avvenne ; il fatto
è registrato nel libro dei Giudici (Cap. 2).
Stava un dì tutto il popolo radunato in Galgala ,
quand' ecco alla presenza di tutti comparire visibile
un angelo in forma d'uomo , pieno di maestà e di
luce , il quale , secondo l'opinione più comune dei
Padri , era l'istesso Verbo eterno , che prima di
farsi uomo degnavasi talvolta comparire in tal forma :
egli con luono di voce sonora e spaventosa cominciò
a parlare così , in nome di quel Dio di cui rappre
sentava la persona , e ch'era tale di fallo ,> secondo
l'opinione suddelta : « Io vi ho cavalo dalla schiavitù
dell'Egitto, e vi ho introdotto in questa terra , della
quale avevo giurato ai vostri padri darvi il possesso ,
e promesso di non ritrattare la mia alleanza con voi
in sempiterno, con palto però che non vi confonde
reste co' suoi scellerati abitanti, ma li distruggereste
Tuiti , insieme coi loro idoli e coi loro altari : e voi
Jisubbidienli e superbi, non avete voluto ascoltar la
inia voce. Io veggo qui in mezzo di voi scannarsi
vittime profane su sacrileghi altari; veggo abbomi
52
nevoli incensi ardere innanzi a divinità infami: so il
commercio, le amicizie e le nozze ancora che avete
contratte con questi popoli idolatri. Quest' è dunque
il rispetto dovuto alla mia maestå ? . Questa l'ubbi.
dienza alla sovrana mia legge ? Questa la gratitudine
a tanti miei benefizj ? Ingrati, perchè trattarmi cosi ?
Cur hoc fecistis ?
A queste voci il popolo sbalordito e tremante si
umiliò, si compunse , e lal concepì dolore della sua
colpa, che non potendo in sè capirlo , alzò un forte
grido, e diede in un diroltissimo pianto, versando la
grime in tanta copia, che quel luogo si chiamò d'indi
in poi luogo di lagrime o de' piangenti. Cumque lo
queretur angelus Domini hæc verba ad omnes filios
Israel, elevaverunt ipsi vocem suam , et fleverunt ,
et vocatum est nomen loci illius flentium sive la
crymarum .
Ah miei cari uditori , se Gesù Cristo , che se ne
sta nascosio su quell'altare solto le specie di poco
pane , tutt' all'improvviso comparisse visibile ai no.
stri occhi , non potrebbe fare anche a noi simili e
ancor più pungenti rimproveri ? lo , potrebbe dire ,
per mia sola bontà vi ho creati dal nulla ', creati a
preferenza di altri infiniti esseri, lasciati nel loro
niente, creati alla mia stessa immagine, e le più no .
bili ed eccellenti creature fra le visibili. Creati che
l'ho , non vi ho abbandonati al caso , che con ciò
>

solo sareste in un istante periti, ma con paterna cura


amorosa vi ho sostenuti , protetti ; dando anche per
>

voi l'esistenza a un mondo di altre creature, senza di


cui non avreste potuto sussistere. Caduti nella colpa
e fatti schiavi infelici di Satana, rei come lui di pena
eterna, per liberarvi che non ho fatto ? Ecco in que.
ste mani e in questi piedi le cicatrici ancora di quella
morte infame e crudele che per voi subii sulla croce.
55

Ecco in questo mio fianco aperto, più dal mio amore


che dalla lancia che mel trafisse, la fontana da cui
sgorgarono l' ultime stille di quel sangue che tulto
avevo per voi versato. Potevo fare di più che sacri.
ficar per voi la mia vita ? Eppure anche di più mi
ha suggerito e spinto a fare l'amore eccessivo che
ho sempre avuto per voi, perchè sono giunto a farvi
della mia stessa carne un cibo, e del mio sangue una
bevanda, cibo e bevanda che vi nutrisce e impingua
lo spirito , che lo ricolma di grazia , che alla beata
>

immorlalità lo destina e consacra . Ecco finalmente in


questa beata immortalità le ultime prove dell'infinito
mio amore verso di voi ; potevo ben io proporvi un
altro fine fuori di questo, nè la mia somma giustizia
obbligava me , nè la vostra natura esigeva per sè
ch'io vi destinassi a un fine ' sì sublime ed eccelso
qual è un regno eterno di gloria su in cielo . Eppure
l'ho fatto .
Or, dopo tutto questo , come mi avete voi corri
>

sposto, come servito ed amato ? Ah ! che invece di


me avete servito il mondo ; il vostro cuore l' avete
negato a me per darlo alle miserabili creature , a
me, a me avete anteposto il demonio ... Ingrati .....
perchè trattarmi cosir Cur hoc fecistis ?
Ah ! Cristiani miei ! E come a questi troppo giusti
e troppo meritati rimproveri non ci si spezza pel
gran dolore il cuore in petto ? E possiamo a meno
di non versare dagli occhi due fiumi di lagrime , e
non alzare in alto i sospiri, i singulti , i pianti e le
grida in tanta copia che questo tempio si abbia d’indi
in poi a chiamare luogo di lagrime : Locus flentium
sive lacrymarum ?... Come almeno , come non faca
ciamo una vera , forte, efficace risoluzione di volere
da qui innanzi servire, adorare ed amare davvero il
nostro Dio ?...
he
Tale risoluzione non solo l'esige da noi il Signore,
per quello ch ' è in sè medesimo , come abbiam ve- ,
duto nel primo punto ; non solo è un dovere di somma
giustizia per quei rapporti che passano tra lui e noi,
come abbiam meditato nel secondo ; ma è di più una
risoluzione a cui fare deve muoverci anche il nostro
vero bene, e ciò per quello che noi siamo riguardo
a' Dio, terzo punto su cui ancor ci rimane, ma colla
maggior brevità da riflettere.
Noi siamo creature nate fatte sol per Iddio : di Dio
abbiamo una somma necessilà ed esigenza : prive di
lui non possiamo avere alcun bene ; egli è il nostro
tutto , e senza questo tutto noi non siamo che un
misero nulla, anzi del nulla stesso peggiori : con Dio
però siamo creature le più felici e avventurale, per
chè in Dio possediamo ogni bene. Sviluppiamo me
glio queste verità.
Senza Dio dunque noi non possiamo aver bene.
E perchè ? Perchè Dio è il nostro centro , il nostro
ultimo fine. Che sia cosi chi può dubitarne ? In glo
riam meam creavi eum , formavi eum et feci eum
(S. 43). Così Dio stesso parla per bocca d' Isaia al
suo popolo , e le sue parole debbono estendersi a
tutti gli uomini, anzi a tutte le cose , di cui egli è
egualmente principio e fine, come lo è l'alfa e l'o
mega del greco alfabeto : così si esprime egli stesso
nell' Apocalisse : Ego sum alpha et omega , princi
pium et finis (C. 22). È certo dunque, estimo cosa
inutile il diffondermi per addurne altre prove , che
Dio è l'unico centro, il fine ultimo dell' uomo ; ma,
da questo principio ne discende per legittima con :
seguenza che l'uomo non può aver bene fuori di lui;
la ragione è, perchè niuna cosa sta bene e riposa
fuor del suo centro . Vediamo ciò nelle creature sen ,
sibili ed insensate . Guardate un uccelletto ; sia posto,
in una gabbia fabbricata di fili d'oro, tempestata di
gioje ; vi sia mantenuto coi cibi più squisiti e di suo
maggior gradimento, lo serva una principessa colle
reali sue mani ; sarà egli contento ? No, voi lo vedrete
saltellare inquieto di qua e là , mordere col becco
quei fili d'oro, cercare d'ogni parte un buco per cui
fuggirsene: e perchè ? perchè è fuor del suo centro.
Egli è nato per esser libero , e andar vagando per
l'aere e per la campagna a suo talento , non già per
istar chiuso entro una gabbia . Osservate un ruscello ,
il quale, sboccato dalla cima di una montagna, scorre
giù nel fondo di una valle ; vedrete che non quieta
più, nè riposa, finché non giunga al mare dov' ha il
suo centro ; or mormoreggia fra i sassi, or zampilla
fra bronchí, or s’ infrange precipitando da uno sco
glio ; se incontra lagune le riempie e corre, se passa
per molli erbelte o fiori odorosi non si trattiene ;
niuna cosa in somma lo arresta , lo appaga , perchè
è fuor del suo centro .
Ciò posto, come potrà aver bene un uomo che vive
lontano da Dio, che da lui fugge , che lo ha nemico
>

sé Dio è l'unico suo centro, quello in cui solo può


trovar pace e riposo ? Ah che ciò è impossibile ! Così
è, mio Dio, gridava a ragione s. Agostino , cosi è ;
voi ci avete fatti per voi , e il nostro cuore è sempre
inquieto, non ha, nè mai avrà e può aver bene, fine
chè a voi non si unisce e in voi riposa : Fecisti nos,
Domine, ad te , et inquietum est cor nostrum donec
requiescat in te (Lib . 1 Conf. cap. 1 ).
- Ed ecco la ragione per cui tanti e tanti , che se
condo l'apparenza pare che avrebbero dovuto essere
gli uomini più felici del mondo , in sostanza poi nen
lo erano. Chi più felice a prima vista di un Salomone,
gran re, gran letterato, pieno di gloria ee di ricchezza
immense , ingolfato , immerso , naufrago in un mare
>
56
di delizie e piaceri, quanti può darne questo misero
mondo ? Chi non direbbe ch'è l'uomo più felice e
più avventurato che v'abbia su questa terra ? Eppure
non è cosi : egli stesso confessa e fa palese a tutto
il mondo di aver trovato in tutto vanità e afflizione
di spirito : Vidi in omnibus vanitatem et afflictionem
animi ( Eccl . 2) .
Qual uomo altresì fortunalo e felice non sembra
dovesse essere un Amanno ? Da bassissimo stato era
salito al grado sublimissimo di primo ministro del
gran monarca Assuero : godendo la grazia, il favore
in modo particolare di questo principe , era divenuto
come il padrone e quasi il despota di tutta la Persia,
in tale stato i suoi tesori, il suo treno , il suo fasto,
le sue delizie ognuno se le può immaginare. Ebbene
era contento ? Nemmen esso lo era ; confessa egli stesso
che riputava un nulla tutte queste cose, che non aveva
pace e non trovava contentezza veruna : ne attribui
sce la causa a Mardocheo, perchè non lo adora, nol
prezza, nol cura ; ma la vera ragione è, come lo era
altresì delle aftlizioni ed angustie di Salomone , pero
chè l'uomo non è fatto per questo mondo ; il suo
centro non é qui , onde per quanti beni vi posseda e
vi goda , non vi può mai essere appieno felice e
contento.
E chi sa quanti di voi avranno di ciò una luttuosa
esperienza in sè medesimi! Tu avaro , t'immaginavi
che saresti stalo felice se ti andava bene quel nego.
zio, se giungevi a possedere quel fondo, se ti riusciva
di arricchirti ; il negozio andò bene, il fondo lo pos
sedi , sei divenuto ricco. Ebbene sei contento ? No :
hai pieni gli scrigni , ma il cuore è vuoto : il cuor
non è sazio ,> è agitato ed afflitto . Tu ,> o superbo ,
credevi che salito a quell'onorevole impiego, nulla ti
sarebbe più rimasto da desiderare per esser piena
57
mente contento, ma non fu così; coll'impiego soprav
vennero travagli >, timori , invidie >, e mille affannose
>

cure che ti fanno sospirare l'antico tuo stato. E che


dirò di te, o disonesto ? Come hai trovato il calice
di Babilonia ? Non è egli vero che appena gustato ti
ha fallo schifo, e ti ha riempito l'anima di amarezza,
ti si è cambiato in veleno ? Ah che non v'è , nè vi
può esser bene fuori del centro. Voltati pure, o uomo,
soggiunge Agostino, dove tu vuoi, e volgi e rivolgi,
cerca e ricerca, fuori di Dio non troverai che angu
stia ed affanno , perchè egli solo può essere il tuo
riposo. Versa, reversa, dura sunt omnia ; Deus solus
requies (Confess. lib. 6) . Stolti dunque >, stolti sono
coloro che pretendono d'esser felici nel possedimento
delle creature ; queste cercano, a queste sospirano, a
queste s'attaccano , di queste giammai si saziano :
poveri ciechil camminano fuori di strada , aberrano
dal centro, stringono il vento , corrono dietro la va
nità ed il nulla. Sì, perchè le creature per sè mede:
sime non son che nulla, nè noi siam falti per esse,
Il ricco non è nato per esser ricco , il re per esser
re, il dotto per esser dolto ; ma tutti egualmente e
solamente siam nati per esser di Dio : le crealure
Dio ce le ha poste solto de' piedi, perchè ci servis
sero di scala per salire a lui: Omnia subjecisti sub
pedibus ejus; se guastando un tal ordine, noi ce le
poniamo nel cuore e ce ne forroiamo quasi un Dio,
erriamo : non v'è per noi più felicità , non v'è
più bene .
Ho dello , in secondo luogo , che senza Dio nor
9

solo non possiamo aver bene, ma che di più diven


tiamo un niente, ee l'ho detto perchè lo dice Dio stesso
Deum time, così parla egli nell'Ecclesiaste , et man.
data ejus observa . hoc est enim omnis homo (Eccl. 12).
Tulto l'uomo son siste in temere e servire Iddio col
58
l'osservanza de' suoi divini comandamenti : dunque
chi non lo serve è un niente ; così argomenta s. Gi
rolamo : Ergo sine hoc , nihil est omnis homo. Sia
l' uomo di gran nobiltà, sia di rari talenti , sia gran
dotlore, sia generale di esercili, sia principe , sia re ,
sia chi si vuole, se non serve Dio, nihil , nihil est.
Che cos' è un corpo senz'anima ? Un fetente cada
vere, che in breve tempo risolvesi in nulla ; così è
di un'anima che non serve a Dio, ed è priva di lui;
perchè ciò che è l'anima riguardo al corpo , lo è
Dio riguardo all'anima, diceva sant'Agostino ; l'uomo
senz'anima è cadavere, imputridisce, diventa polvere,
la quale con un soffio si disperde e ' sparisce ; e l'uomo
senza Dio è morto , è perduto per sempre. Ut vila
carnis anima est , ita vita beata hominis Deus est.
(S. Aug. lib . de vet. Innoc., cap. 167) . Diceva Gesù
Cristo, ego sum resurrectio et vita : omnis qui credit
in me etiamsi mortuus fuerit vivet, et omnes qui vivit
et credit in me non morietur in æternum ( Joan. 11,
v. 25). Chi si dà a Dio si unisce a Cristo,'s' è morto
risorge, e s'è vivo , perseverando in questa beala
>

unione, non morrå in eterno ; chi però è separato da


lui è morto , ha perduto la vera esistenza , è dive
>

nuto un nulla ; non un nulla assoluto , perchè gli


>

resta ancora una qualche vita ; ma questa non gli


serve che a renderlo peggiore dello stesso nulla , e
perchè ? Perchè non gli rimane che a renderlo eter
namente misero ed infelice, onde non vita, ma morte,
>

e morte eterna deve chiamarsi .


L'uomo è simile al tralcio. Guardale un tralcio ;
se sia unilo alla vile e viva di lei , verdeggia e fio
risce, si copre di pampini, si carica di frutti; se dalla
vite si stacca, inaridisce , secca e non è più buono
che al fuoco ; così dicea Gesù Cristo medesimo , così
è di voi. Io sono la vite e voi siete i tralci : se sta
59
rete unili con me vivrete, fiorirete, produrrete frutti
di eterna vita , sarete heati in eterno ; separati da
me, divenlerete aridi, secchi , e come inutili sarmenti
sarete geltati ad ardere tra le fiamme.
O sorte infelice di chi non serve a Dio ! Non è
questo un essere peggiore dello stesso nulla ? Non
sarebbe assai meglio per un tal uomo non aver mai
esistito, che avere un'esistenza sol di tormento e di
pena ? Ah ! si : Bonum erat ei si natus non fuisset
homo ille ( Mat. 26 , 24) !
Vedi dunque , o uomo , quanto sei cieco , quanto
>

ingiusto e quanto crudele verso te stesso , se non ti


dài lutto a Dio : sei cieco in non servirlo, perchè la
ragione, la prudenza , il buon senso ti dimostrano
ch ' egli è degno d'esser servito, solo per ciò ch'egli
è in sè medesimo ; sei ingiusto , perchè l'equità , la
giustizia, vogliono che la Creatura serva il Crealore,
lo schiavo il padrone, il figlio il padre, il beneficato
il suo benefattore. Sei un crudele , imperocchè qual
crudeltà maggiore di privar sè stesso di un' bene
sommo : rendersi in vita , in morte, per tulla l'eternità
misero ed infelice segno che la stessa esistenza di
venti pena e tormento ?
Ahl dopo questi verissimi riflessi, che la grazia
rischiarando la lua ragione e la tua fede , ti fa co
noscere e penetrare, starai ancora irresoluto ? E non
darai coraggioso uno slancio verso il tuo Dio ?... Che
può mancarti con lui ? Il servirlo è un regnare. Ser.
vire Deo regnare est. Servo, amico di Dio, avrai ogni
bene : durante il pellegrinaggio di questa misera vita,
avrai la pace del cuore. Pax multa diligentibus legem
tuam (Ps. 118) : pace, che ti farà godere quasi di un
continuo dolcissimo convito. Secura mens quasi juge
convivium (Prov. 18, 15). Verrà la morte , e in quel
tremendo conflitto in cui l'empio sarà agitato, scon
607
volto e straziato dai rimorsi della sua rea coscienza ,
verrai confortato , protetto e consolato da quel Dio ;
cui avrai fedelmente servito, il quale fedelissimo alle
sue promesse , lilcralissimo nelle sue ricompense , ti
>

chiamerà a parte del beato suo regno su in cielo.


Ah ! s’è così , che più tardiamo ? Eccoci qui, o gran
Dio , ai vostri piedi, umiliati , ravveduti e compunti :
col pianto agli occhi , e col cuor trafitto da acerbo
dolore , confessiamo di aver errato in non aver co
minciato a servirvi fin dagli anni nostri più teneri.
Ah stolti ! ah ingiusti ! ah ingrati che fummo in an
teporre a voi il mondo , il demonio , la carne ; e per
questi tiranni, lasciar voi nostro creatore, voi nostro
centro, voi nostro unico, vero e sommo bene. O pa
dre amantissimol o Dio , bontà infinita ! Perdonaleci
un'ingiuria sì enorme, non vi vogliate sdegnare per
questa , e prenderne quella vendetta che pur troppo
confessiamo di meritare: scordatevi della nostra pas
sala iniquilà , dateci un guardo della vostra miseri
cordia, noi siamo e vogliam essere per sempre il vo.
stro popolo, i vostri servi , i vostri figli. Ne irascaris,
Domine satis , et ne ultra memineris iniquitatis no
stræ : ecce respice, populus tuus omnes nos (Isaia 64).
MEDITAZIONE II .

Sopra l' importanza di salvarsi.

Chi mai l'avrebbe creduto, uditori amatissimi, che


Marta sorella di Maddalena dovesse ricevere da Gesù
Crislo un rimprovero quando pare anzi che meritasse
un elogio ? Queste due fortunate sorelle ebbero un di
l'invidiabil sorte di alloggiarlo nella loro casa. Marta,
vedendosi onorata da un tanto ospite , si mise nella
più grande agitazione : correva sollecita di qua e di
là, tuita agitata, per rassettar mobili, per mondar ca
mere, per apprestar cibi , per apparecchiar la mensa
>

e per dar ordini opportuni ai domestici , onde il Si


gnore fosse trattato e servito nella maniera più no
bile e decorosa possibile. Maria, al contrario, si pose
tosto a sedere in una piccola sedia vicina a ' suoi piedi ,
ieta e tranquilla stava ascoltando le parole di vita
eterna che uscivano dalla divina sua bocca, pascendo
e beando soavemente il suo spirito nella contempla
zione di quel Bene infinito cui vedevasi si dappresso.
Marta, vedendo che la sorella non si curava di cosa
alcuna e lasciavala sola nella fatica, punta da un poco
d'invidia e di sdegno , faltasi innanzi al Signore , se
ne lagnò e gli disse : Non vi prendete cura della poca
attenzione e carità di questa mia sorella ,> che lascia
sopra di me tutto il pensiero e il peso di tante cose
che vi sono da fare ? Che sta a far qui oziosa ? di
lele che mi ajuti. Ah ! Marta ! Martal le rispose al
lora il divin Maestro, tu sei troppo sollecita, e ti turbi
per cose da nulla. E non sai che una sola cosa è
necessaria ? Maria ha più giudizio di le ; ella ha scelta
62
l'ottima parte, che non le sarà giammai tolta. Martha,
Martha, sollicita es , et turbaris erga plurima. Porro
unum est necessarium. Maria optimam partem elegit,
quæ non auferetur ab ea ( Luc. 10).
Or io su questo fatto evangelico argomento così.
Se Maria meritò i rimproveri del Figlio di Dio, per
chè con troppa sollecitudine s'impiegava in un'opera,
per altro sì giusta e sì santa , qual era il pascerlo e
>

ben Iraltarlo nella sua santissima umanità, quali rim


proveri non meriteranno que' cristiani , i quali fati
cano, slentano, si agitano e passano, non un dì solo,
ma tulla la loro vita in un continuo vortice di af
fari, di brighe , di sollecitudini per le cose vane e
miserabili di questo mondo , e al grande affare della
>

loro elerna salute poco o nulla pensano ? Eppure di


questi cristiani è pieno il mondo. Che si fa dalla mas.
sima parte ? Qual è l'oggetto primario, e forse unico,
intorno a cui si aggirano i loro pensieri , affelli e
cure, e a cui sacrificano i talenti, le forze, le fatiche,
i sudori, e i giorni e i mesi e gli anni e tutta la vila
loro ? Qual è ? la terra. Come se per la terra fossero
creati e sulla terra dovessero essere eterni, non pen
sano e non falicano che per la terra ; per accumu.
larvi quanto più posson di roba , per acquistare un
gran nome, per isfiorarvi lulli i piaceri , per procac
ciarvisi una felicità incerla , fugace e meschina , non
prezzan fatiche, non risparmiano spese , non curano
pericoli ; lutto fanno, tutto soffrono >, senza mai darsi
pace e riposo ; e all'anima, che salva che sia, tutt' è
salvo, e all'eternilà , che assicurala felice , ogni cosa
è sicura, e a Dio, ch'è il bene infinito per cui siam
falti ? A ciò non si pensa , quasichè queste fossero
cose da nulla; si pongono in dimenticanza , se ne
cacciano via come importuni e tristi i pensieri che se
ne affacciano; si guardano con occhio di coinpassione
63
e di disprezzo coloro che vi attendono , e si tengono
per anime vili, teste piccole , gente malinconica che
>

non sa vivere al mondo. O cecità ! O inganno funesto


e orribile !
Ma donde ha mai origine lale inganno ? Io, quanto
a me, credo che l'abbia da tre errori e ignoranze
che regnano comunemente nel mondo : 1. S'ignora
o non si riflette, che l'affare di salvar l'anima è l'af
fare della massima oportanza che abbia o possa aver
l'uomo su questa terra. 2. Si crede da molti che
questo sia un affare di cosi facile riuscimento , che
sia cosa superflua ed inutile il prendersene gran pre
mura e fastidio : 3. Finalmente, non si considera che
l'errore in questo grande affare non ha rimedio. Or
io a questi tre errori o ignoranze oppongo tre verità,
che formeranno i tre punti della presente meditazione.
Prima verità e primo punto. L'affare di salvar l'a
nimpa è il massimo, il sommo, l'unico affare che deve
premere all'uomo, come quello da cui dipende la sua
vera ed elerna felicilà .
Seconda verilà e secondo punto. Quest'affare è di
difficile riuscimento, onde deve l'uomo, per mandarlo
a buon fine , attendervi sempre e colla più seria ap
plicazione.
Terza verilà e terzo punto. Quest'affare è senza ri.
medio , cosi che, sbagliato una volta, è perduto lullo
e perduto per sempre. Voglia il Signore con un rag.
gio della sua luce farci ben capire queste grandi ve
rità ! Incominciamo dalla prima.
Primo punto.

Un affare tanto più è serio, grande ed importante,


quanto è più preziosa la cosa di cui in esso si tratla,
e quanto sono più grandi le conseguenze che da lui
64
dipendono. Difatto se in un tribunale di questo mondo
si tratta una lite di una pingue eredità , da cui di
?

pende la sussistenza , ovvero la totale rovina di una


ricca e nobil famiglia, la mattina che va la causa, la
famiglia, i parenti, gli amici, e tutta la città, chi più
e chi meno , ne stanno aspettando con ansietà e ti
more la sentenza. Se va la causa di un carcerato
come reo di capitale delitto , il quale , o sarà messo
in libertà , ovvero condannato ad un infame patibolo,
à quell'infelice trema l'anima in petto , e tremano
tutti quelli che gli appartengono. Nel gran senato di
Roma , si trattò un tempo la gran causa di Carta
>

gine, cioè se quella famosa metropoli, emula di Roma,


capitale dell'Africa, madre di tanti eroi , dovesse si o
no distruggersi e farne un mucchio di rovine ; e pen
dente la causa tulto il mondo stava attonito e sospeso
sull'esito che avrebbe avuto ; e lutto ciò con ragione,
perchè la rovina di una ricca e nobile famiglia ,> la
morte violenta e infame di un uomo , la distruzione
di una grande città sono per rapporto a questo mondo
affari grandi e della massima importanza : ma simili
affari messi a confronto della salvezza dell'anima ,
che cosa sono ?... Niente . L'anima del più miserabile
e pezzente uomo della terra val più che tutto l'oro
del mondo, che le vite di tutti gli uomini, prese nel
genere fisico e nalurale, che tutte le cità della terra ,
nè v'è fra le visibili creature cosa che possa com
pensarne la perdita : Quam dabit homo commutationem
pro anima sua (Matth . 6, 26) ?
Ma poichè dal conoscimento della gran preziosità
dell'anima dipende il formare la giusta idea di quanto
importi il salvarla , andiamo innanzi : e per iscoprire
il gran tesoro ch'ella è, esaminiamone in primo luogo
l'origine , quella che tanto si apprezza nel mondo.
Una casa che possa vantare molti secoli di nobiltà il
68
lustre, che nella lunga serie de' suoi antenati conti
generali di esercito, ministri di Stato, cardinali, prin
cipi e pontefici , si tiene da tutti in gran pregiu ; se
>

ne parla con venerazione e rispetto , si guardano i


discendenti di quella casa quasi uomini di un'altra
specie ; ' e piaccia a Dio che tali non si credano essi,
e dalla nobiltà della loro stirpe non prendano causa
onde disprezzare ed opprimere i loro simili.
Ma le più antiche e nobili origini del mondo che
hanno a fare con quella dell' uoino ? Ella è creata
immedialamente da Dio , sommo, unico , essenziale
nobiltà e grandezza ; e sebbene un tal vanto com
peta a tutte le altre creature, v'è però una gran di
versità tra queste e quella. Le altre creature le formó
con una semplice voce : fiat , dixit ; et facta sunt.
Molte le trasse fuori di altre, come i pesci e gli uc
celli dalle acque , le altre bestie dalla terra, il nostro
corpo dal fango e tutte dal misero seno del nulla ;
non così però l'anima. Per crear questa si chiama
rono quasi a consiglio le tre auguste Persone della
Santissima Trinità ; in quell'altissimo e tremerdo con.
sesso , à nostro modo d'intendere >, si trattò , si di
scusse questo grande affare della creazione dell'uomo.
Faciamus hoininem , e finalmente fu stabilito, e si de.
cretò crearlo ad imagine e simiglianza dello stesso
Dio uno e trino. Faciamus hominem ad imaginem et
similitudinem nostram .... E la sua grand'anima , in
cui principalmente consiste l'essenza dell'uomo la
somiglianza col suo Autore , si trasse non da altre
preesistenti creature, o dal nulla, ma da un alito mi.
sterioso dello stesso Dio : Spiravit in faciem ejus spi
raculum vitæ. E siccome l'alilo , come riflelte Ter.
tulliano , esce dal cuore , così può dirsi che l'anima
sia uscita dal cuore amorosissimo dello stesso Dio. O
nobiltà l o grandezza dell'uomo ! Chi non vede in
BIAMONTI. T. I. 5
66
tutto ciò , che la creazione di lui fu l'affare più im
portante che Dio trattasse al principio del mondo , e
volle che l'affare più serio dell'uomo in tutto il corso
della sua vita fosse il salvarsi ? Cum condidit homi
nem Deus , fecit sibi et aliis negotium . Così il sud
detto Tertulliano.
Che se dell'anima esaminiamo la propria intrinseca
natura , sempre più la scopriamo bella, eccellente, di
un prezzo sommo ; degna perciò di qualunque solle
citudine, fatica e stento per assicurarne la salute.
>

Che cos'è dunque quest'anima ? Non è possibile averne


una chiara e perfetta intelligenza ; sol possiam dire
ch'ella è una sostanza spirituale , semplicissima, in
telligento, immortale. Dio nel crearla v’infuse un rag.
>

gio della sua stessa luce : vi stampò , come abbiam


detto, il nobile impronto della sua stessa imagine ; la
costituì infinitamente superiore ai bruti ; la fece poco
minore degli angeli ; la ricolmò di onore e di gloria ;
ne formò quasi il capo d'opera delle sue mani . Mi.
nuisli cum paulo minus ab angelis ; gloria et honore
coronasti eum , et constituisti eum super opera ma
nuum tuarum .
Che se ai doni della natura si aggiungono quelli
della grazia >, di cui Dio l'arricchi nel primo crearla,
e la rivesti nella nuova rigenerazione per mezzo dei
Sautissimi Sacramenti, oh quanto diventa più nobile,
più grande , più eccellente ! Chi può capirlo ! Questa
grazia la rende partecipe della stessa natura di Dio ;
la innalza alla dignità ineffabile di sua figlia ; la di
vinizza , e quasi direi ne forma un altro Dio. Ego
dixi dii estis, et filiis excelsi omnes (Ps. 81 , 6) . Da
ciò qual bellezza , qual lustro , quale splendore non
>

ne ritrae ella mai ? Dio stesso al mirarla ne resta in


vaghito e quasi ferito di amore : Quam pulchra es
amica mea ! vulnerasti cor meum (Cant. 4, 9). Quindi
67
la chiama sua amica, sua sorella , sua sposa ; prote :
sta di volere fissare in lei la sua dimora , e che in
lei trova le sue delizie : Delicice mece esse cum filiis
hominum (Prov. 8, 31 ) .
E in fatti, che non ha fatto Dio per quest'anima ?
Udite gli eccessi del suo amore per lei , e questi ci
daranno la più vera e più grande idea della sua somma
preziosità ed eccellenza. Per salvare le nostre anime
l'eterno divin Padre donò al mondo il suo unigenito
Figlio. Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum uni.
genitum daret (Joan . 3, 16) . E questo Figlio di Dio che
non fece, che non soffrì per farle salve ? Per queste,
come canta la Chiesa, non ebbe orrore dell'utero di
una Vergine ; non ricusò di assumere un'anima della
nostra natura, di vestire la nostra carne e di addos .
sarsi i nostri p-ccati . Per queste vagi bambino in una
stalla, visse trent'anni oscuro nell'officina di un fab ,
bro, sudò, stentò, predicò, pregò, pianse per insegnar
loro la via del cielo. Per queste finalmente sacrificò
sè stesso, soffrì strazi e tormenti indicibili; morì sa
zio di obbrobrii e dolori sopra una croce, versò fino
all'ultima sțilla tutto il suo sangue. 0 Dio ! che ec
cessi son questil Ed avrebbe mai fatto tanto egli, in.
finita sapienza, che non poteva operare invano e senza
ragione, se non avesse conosciute le nostre anime
per qualche cosa di grande , e in qualche modo de.
9

gne d'essere riscattale a si gran prezzo ? Nè l'averlo


sborsato per molte scema punto il pregio di ciascuna
in particolare ; imperciocchè, come dice Eusebio Emis,
seno , quel che ha sofferto per tutte insieme , l'ha
sofferto anche per ciascuna sola in particolare. Chri
stus sicut pro cunctis passus est, sic pro singulis.
E a queste verità certe , evidenti >, innegabili , per
>

chè le insegna la fede, che dite , uditori, che ve ne


pare ? È ella sommamente preziosa sì o no la nostra
08
anima? È o non è il sommo, il massimo, di tutti gli
affari il salvarla ? ... Come dunque da si gran parte
de' cristiani si stima si poco , e questo affare si po
spone a tutti gli altri ? Ma per confondere costoro e
mostrar il conto che tener debbono della loro anima,
voglio condurli a scuola del suo maggior nemico, e
far ad essi apprendere la verità dal padre istesso
della bugia, cioè dal demonio ; sì , dal denonio . Quale
stima non fa egli delle anime nostre ? Non dirò le
continue tentazioni con cui le assale , i lacci che ad
esse tende, le insidie, le astuzie e gli agguati che usa
per farne acquisto , essendo a tutti abbastanza noto,
se non altro per propria esperienza, quel che dice i!
principe degli Apostoli , che questo nostro avversario
qual ruggente leone , è sempre in ronda per cercare
anime e divorarsene più che può: mi fermerò sol
tanto sopra un fatto di cui parla il santo Vangelo,
succeduto allo stesso Cristo. Quando egli permise al
diavolo, dopo il digiuno di quaranta giorni, di acco
starsi a lui à tentarlo ; fra le altre tentazioni, si servi
di questa : lo trasportò sulla cima di un altissimo
monle, e di lassù , in un colpo d'occhio, gli fece ve
dere tutti i regni del mondo colla loro gloria , cioè
gli onori, le ricchezze, i piaceri, il fasto , a tutto ciò
>

che hanno di seducente e di grande, e poi : Vedi , gli


disse, tutti questi regni ? io le li do tutti e te ne fac
cio pailrone, se mi presti un atto solo di adorazione,
ch'era lo stesso che dire, se mi dai l'anima tua. Hæc
omnia tibi dabo si cadens adoraveris me ( Matth. 4 , 3) .
Or vedete, ripiglia s..Bernardo, la stima grande che
fa il diavolo di un'anima, ch'è pronto a dare un mondo
intero per farne acquisto 2... Che dovrà dunque dirsi
di que' cristiani, i quali invece la perdono e la danno
al diavolo , non per un mondo , ma per le cose più i
vili ed abbiette del mondo ?
69
Quel disonesto gliela dà per un sozzo piacere, quel
l'avaro per un sordido interesse , quell'intemperante
per un meschino contentamento di gola , quell'altro
per uno sfogo di rabbia , quello per un capriccio, lulli
per cose da nulla. Propter \ pugillum hordei, et fra
gmen panis ( Ezech. 13 , 19 ) . O Dio ! per così poco
perdere un bene sì grande ! a un prezzo si vile ven
dere una gioia sì raral avere a vile un'anima che,
l'istesso demonio stima così preziosa ! Quale stoltezza
anzi qual furor di pazzia, grida Salviano, non è mai
questo ! Quis furor vestras viles habere animas fa
cit , quas dæmon ipse putat esse pretiosas ? (lib, 3
ad Eccl.)
E notate , uditori, quella parola vestras, vostre : la
quale dà un risalto ed una forza maggiore all'argo
mento : imperocchè, se si trattasse delle anime al
trui, se io vi dicessi , salvate le anime de' vostri pros
simi, non le vogliale perdere per cose da nulla, non
le sacrificare al diavolo per i vostri capricci, dovreste
farlo e sareste ben crudeli se vol faceste ; ma io vi
dico : Salvale e non perdete le anime vostre. Gran
cosa ! avele lanta premura di quella casa ove abitate
perchè è vostra, di quella roba perchè è vostra, di
quei denari perchè son vostri, del corpo perchè è
vostIO.... e qual cosa più vostra dell'anima che non
si distingue da voi ? Salvando la vostra anima non
salvate voi stessi ? Perdendola non perdete voi ? Non
ne dipende da ciò la vostra elerna felicità o miseria ?
Ed ecco, miei cari, ciò che piu che mai mostra la
somma importanza del grande affare della salute ;
sono , come ho detto , le conseguenze che da questo
affare dipendono. Esaminiamole un poco, e per farlo
in una maniera sensibile e più a portala di tutti, al
zate gli occhi al cielo : ecco lassù un regno eterno
di gloria, un'immarcescibil corona, una felicità piena
70
e immancabile; beni sommi, beni infinitamente mag.
giori di quanti imaginar ne possiamo. Or dica ognuno
a sè stesso, se salvo l'anima mia, lassù vado di certo,
chè questo vuol dire salvarsi : possederò allora un
regno, sarò coronato di gloria, godrò beni immensi,
sarò eternamente bealo. Dal cielo abbassate gli occhi
giù nel profondo : ecco una orrenda prigione, un fuoco
divoratore, un luogo di tormenti e di pene, tormenti
e pene che non avranno nè sollievo nè fine in elerno.
Ah ! s'io non mi salvo , quella sarà la mia stanza,
mezzo alcuno non v'è ; o salvo o dannato, o in cielo
o nell'inferno ; o gloria o fuoco.... O godere Iddio in
compagnia degli angioli e de' santi, o urlare dispe
irato in compagnia e sotto i piè dei demonj in mezzo
a' tormenti per tutta l'eternità . O tremenda alterna
tiva ! 0 spaventosa situazione dell'uomo' su questa
terra ! E qual affare più serio e importante del met
tere in salvo l'anima propria, da cui dipendono con
seguenze di questa sorte ?
O voi che a questo affare poco nulla pensate,
perchè sempre ingolfali e immersi negli affari di que
sto mondo , ditemi , quand’anche questi vi andassero
tutti bene , se questo vi andrà a male che vi giova ?
>

Quid prodest homini si mundum universum lucre


tur, animæ vero suæ detrimentum patiatur (Mat
>

th. 16, 26) ? Ah ! interniamoci un poco in questa gran


massima uscita dalla bocca del Figlio di Dio , ch'è
verità per essenza ! Tu, o uomo, dacchè ti sei messo
in capo di voler arricchire , ingrandir la tua casa o
>

farla figurare sopra le altre, non hai più pace, giorno


e noite sempre in sollecitudini, speculazioni, negozj ,
timori ed affanni, e intanto orazioni poche strapaz.
zate, Sacramenti abbandonati, limosine abborrite, opere
buone non curate , feste profanale : ti sei messa in
una parola l'anima sotto i piedi ; ma quand'anche ar
71
rivassi ad accumulare le sospirate ricchezze , e gua
dagnassi anche tulto il mondo , perdula l'anima che
giova ? Quid prodest ? E tu, donna vana, che consumi
tante ore allo specchio in abbigliarti, e nemmeno
una mezza ne dài all'orazione; che trovi tutto il
tempo per la lettura di romanzi, di commedie ed al
tri per lo meno inutili libri, e non sai trovarne una
parte pei libri di divozione; che li adorni con tanta
vanità e mode anche scandalose, 6 ti gonfi e pavo
neggi di esser da tutti mirata, applaudita e forse an
che da talono turpemente amata, infelice ! quand'an
che lirassi a le lutto il mondo, se perdi l'anima che
ti giova ? Quid prodest? Ah ! giovani di bel tempo,
dati in preda a giuochi, a dissolutezze, a passatempi
ed amori, senza prendervi alcun pensiero della vostra
anima; perduta questa , che vi gioveranno i piaceri
goduti , ancorchè ne aveste sfiorali quanti può darne
il mondo tutto ? Quid prodest homini ?
Che giovano adesso ad un Alessandro le sue con
quiste, ad un Assalonne le sue mire ambiziose, ad un
Epulone le sue crapule, ad un Erode la sua disone
stà, a un Giuda i suoi denari, ad una Gesabele la
sue vanità, ad un'Erodiade le incestuose sue nozze
e ad infiniti altri che hanno goduto nel inondo, che
vi hanno fallo de' grandi acquisti, che vi hanno la
scialo di sè un gran nome, ora che hanno perdulia
l'anima, che lor giova ? Perder l'anima, vuol dire
giuocarsi un regno eterno di gloria in cielo , incon
trar pene eterne giù nello inferno; e fra la perdita di
un tal regno , e l'acquisto di tali pene , e il godere
anche di un mondo intero , se lo si godesse ancora
mille anni, non vi è proporzione alcuna. Quid pro
dest homini ? elc.
Or come è possibile che un affare così grande, da
cui dipendono conseguenze così spaventose, possa es
72
sere tanto trascurato dalla massima parte degli uo
mini, i quali , mentre faticano,> stentano e si consu
mano per le cose miserabili, vane ed incerte di que
sto mondo, per assicurarsi questo grand'affare, non
vogliono, per dir cosi, alzare un piede da terra ? Sa
cramenti, orazioni, parole di Dio, buone opere, tutto
cagiona loro tedio , rincrescimento e tutto lasciano !
Come è possibile che i cristiani, i quali per altro hanno
la vera Fede, il Vangelo, la legge e gli esempj di
Cristo, ch'è la luce del mondo, possano arrivare ad
un eccesso di stupidità e stoltezza pari ? Eppure vi
arrivano. La ragione in molti è, perchè credono l'af
fare della salute di sì facile riuscimento, che sia vano
e superfluo prendersene gran fastidio e premura. Eh
via, vanno dicendo , a che tanti scrupoli e malinco .
nie ? Stiamo allegramente ; ci salveremo. Dio vuole
tutti salvi ; nè il paradiso l'ha fallo certamente per
le bestie, ma per noi .... Si, che il paradiso è per voi ;
ma forsechè v'entrerete per questo ridendo, scher
zando, vivendo allegramente senza mai far nulla per
conquistarlo ? ( poveri ciechi..... ehi mai vi ha se
dotlo con queste dottrine antievangeliche ? lo al con
trario dico ciò che ho proposto per secondo punto,
che cioè il salvarsi è un affare di difficile riuscimento ,
che perciò esige la più seria e continua applicazione.
Vediamo se è cosi, e state attenti .
Secondo punto.

Nell'asserire che io faccio che il salvarsi è difficile,


non in! endo già dire che il sia per parte di Dio,
quasi che egli, o non voglia lutti salvi, od abbia resa
la via della salute così ardua e spinosa che non lulti
gli uomini, anche cogli aiuti della sua grazia, possano
camminarvi. Questi sarebbero errori. Dio, dice l’Apo.
73
stolo, non però nel senso in cui lo dicevate poc'anzi,
Dio vuole che tutti gli uomini si salvino. Per tutti è
morto Gesù Cristo, e a tutti dà gli ajuti e le grazie
opportune e necessarie per conseguir la salute , la
strada che vi conduce sono i divini precelti, e que
sli non sono impossibili, come bestemmiarono alcuni
moderni eretici, ma mediante la grazia suddella sono
leggieri , facili e soavi : Jugum meum suave est , et
onus meum leve (Malih. 11 , 29).
Tutta la difficoltà è in noi e da noi : nasce dalla
nostra natura guasta e corrotia , e dalla pervicacia
della nostra volontà, che siccome è dura, ostinala, in
costante, perciò il salvarsi divenla cosa assai difficile,
e riesce a pochi. E che ciò sia vero, basta consultare
il santo Evangelio per accertarsene. Udite le tremende
parole del Dio di verilà che in esso parla. Da Gio
vanni Battista in poi il regno de' cieli patisce violenza,
e i soli violenti il rapiscono: A diebus Juunnis Bup
tistæ , regnum cælorum vim patitur , et violenti ru
piunt illud (Matth. 11 , 12 ) . Chi vuol venire con me,
ripiglia, ch'è quanto dire chi vuol salvarsi , rinneghi
sè stesso , tolgasi ogni di la sua croce e mi segua.
Qui vult post me venire abneget semetipsum , tollat
crucem suam quotidie et sequatur me ( Luc. 9 , 23).
E, per tacere di cousimili espressioni, Entrale , sog
giunge, per la porta angusta, perchè la porta larga
e la via spaziosa è quella che conduce alla perdi
zione, e molli sono quelli ch'entrano per essa : Intrate
per angustam portum , quia lata porla et spatiosa via
est quce ducit ad perditionem , et multi sunt qui in
trant per eam (Matth. 7, 13 ). E come se ciò fosse an
cor poco, con una sparentosi esclamazione ripiglia :
Quania è mai angusta la porta e strella la via che
conduce alla vita, e pochi la trovano ! Quam angusta
porta et arcta via est que ducit ad vitum , et pauci
74
sunt qui inveniunt eam ! Or io dimando : -farsi conti
nua violenza, mortificare tutli i disordinati appetiti,
portare ogni dì la croce, entrare per una porta , cam
minare per una strada l'una e l'altra angusia e strella
assai , è ella cosa facile o difficile ?
Or, dove siete voi che non vi pigliate alcuna pre
mura della vostra salute, che ve la lenete sicura, quasi
l'aveste in pugno : che andale dicendo di non volere
scrupoli , malinconie , bigollerie, e intanto battele la
via larga, seguite la corrente nel mondo , vi date in
preda alle vanità, ai piaceri, agli spassi e agli acquisti,
e menate lieti e tranquilli i vostri giorni ? Dove siete ?
Venite qua, rispondele all'argomento che vi fa s. Ber.
nardo in un caso simile a questo. Aut Christus fal
litur, aut mundus errat ( Serm . 3 in Nativ. Domini).
Una delle due, o s'inganna Crisio , o erra il mondo
e voi con esso . Cristo dichiara la strada della salute
stretta e voi la fale larga ? Cristo inluona che non si
conseguisce salu che a forza di violenza , di morti.
ficazione, di croce, e voi la pretendete con una vita
molle, oziosa , mondana ? Chi ha ragione ? ... Chi s'in
ganna ? Non sarebbe somma empietà il dire che avete
ragione 'voi e che l'ingannalo è Cristo ?
Ma se Cristo ha ragione, nè può ingannarsi o in
gannare, chi avrà coraggio , dopo che ha parlato sì
chiaro, di dire che il salvarsi è cosa facile, nè occorre
prendersene premura o fastidio più che tanto ? Ma s'è
cosa così facile, che vuol dire che poi in pratica riesce
a lanto pochi ? Una cosa facile, voluta da molti, dovrebbe
riuscire a lulli: tutti gli uomini voglion salvarsi, e se
ne troveranno pochissimi i quali siano giunti a questo
eccesso di disperazione di dire : Voglio dannarmi ; dun
que s'è facile il salvarsi, lulli o quasi tutti si salve
ranno : eppure questo è falso : la maggior parte, se
prestiam fede alle sacre Scritture ed ai Padri, si danza,
75
Figura degli eletti nei libri santi furono Giusuè è
Caleb, due soli che fra seicento mila usciti dall'Egitto
entrarono nella terra promessa. Le poche ulive che
restano sull'albero dopo la raccolta, e i pochi grap
poli d'uva che sfuggono all'occhio dell’avido vendem
miatore e rimangono qua e là dispersi per la vigna,
rappresentano, secondo le stesse Scrillure e l'opinione
degli espositori, il poco numero di quei che si sal
vano . Gesù Cristo poi senza figura alcuna ha detto
chiaramente che pochi sono gli eletti : Pauci electi.
Tutti poi i Padri greci e latini sono di questa opi
nione, nè io per brevità di tempo mi tratterrò in ad
durvi le loro autorila ; riferirò soltanto quella del Cri
sostomo. Predicava questo gran Padre nella città di
Antiochia, dove si conta vi fossero da seicento mila
cristiani : un giorno , in mezzo alla predica, propose
alla grande udienza , che gli faceva corona, la qui
>

stione sul numero di coloro che in quella città sa

rebbero salvati, e quante migliaja credele voi ve ne


giudicasse ? Migliaja ? appena cento ; anzi di questi
ancora ne dubilava : Inter tot millibus vix centum
inveniri possunt qui salvi fiant, quin et de eis dubito
(Rom . 24 in Act. Apost.) .
E questa terribile verità Dio l'ha voluta autenti
care con un fatto prodigioso, seguito, non ha gran
tempo, sulle porte, per dir' cosi , di Roma: fallo di cui
non si può prudentemente dubitare , essendone stalo
testimonio un popolo numerosissimo. Il ven . padre Bal.
dinucci, celebre missionario della compagnia di Gesù ,
predicava nella diocesi di Velletri; nè potendo la
grande udienza capire in chiesa , predicava in un '
aperta campagna ombreggiata da moltissimi alberi, che
colle folie verdeggianti foglie la riparavano dai cocenti
ardori del sole. Un di nel fervor della predica resto
il Padre cogli occhi fissi in cielo, c le braccia solle.
76
vate e aperte in un profondo silenzio : il popolo, che
il vedeva in quell'atteggiamento , non sapea capire
che cosa gli fosse avvenulo : finalmente si riscosse da
quell'estasi, e con un suono di voce spaventevole, e
con parole che sembravano venute dall'altro mondo
gridò : Popolo mio , Dio in questo momento mi ha
aperto gli occhi della mente : ho veduto cadere le anime
nell'inferno, come nel cominciar dell'inverno cadono
le foglie degli alberi. A queste voci inorridi il popolo,
e diede in un dirollissimo pianto, quando vide auten
ticate da Dio con un miracolo le parole del suo servo.
Caddero in quell'istante a terra , quasi tutte le foglie
di quegli alberi, e quantunque fosse allora il mese di
aprile, restarono i tronchi spogliati come nel crudo
dicembre. 0 Dio ! E chi avrà coraggio di lusingarsi
che sia cosa facile il salvarsi, quando è si scarso il
numero degli eletti ee sì grande quello de'reprobi?
Ma i Santi, che avevano il vero lume di Dio, erano
ben lontani da si folle lusiuga. Uuile , o cristiani, i
loro timori, e treniamo anche noi, chè ne abbiamo
molto più ragione di essi . Sant'Andrea Avellino, uomo
di coscienza cosi illibata, che per una bugia leggiera
scapp:itagli inavvertitamente di bocca, lasciò il mondo
e si andò a far religioso ; che in religione menava
una vita si santa, onde arrivò a fare due voti da sbi
goture chiunque : volo di negare in tutto la sua vo
lontà , e volo di andar sempre pinanzi nella perfezione :
or questo saulo , già vecchio , pieno di merili e di
eroiche viriù, temeva tanto di sua salute, che usciva
sovente di cella, e portavasi or dall'uno or dall'allro
de' suoi correligiosi fratelli, e colla mestizia in volto,
col pianio agli occhi, lulio tremante nella persona :
Ah ! fratello, dicevayli, che sarà di me ? mi salverò ?
che ve ne pare ? Gli comparvero una volta sant'Ago .
tino e s. Tommaso, ed egli subilo senza curarsi di
77
altro, gi'interrogò di sua salute, e quelli in luogo di
consolarlo, gli accrebbero i timori dicendogli che si
affaticasse a far sempre più opere buone, perchè non
era sicuro. S. Maria Maddalena dei Pazzi , non era
mai stata una vana, una mondana, una sfacciata, ma
fin da fanciulla aveva menata una vita sì pura e in
nocente , che ignorò sempre ogni macchia capace d'im
braltare la purila ; era vissuta più da serafica che da
donna mortale, sempre nell'esercizio delle più eroiche
virtù , sempre assoria in Dio con una quasi perpetua
estasi ; eppure vicina a morte tremava di sua salute,
e interrogò il confessore che l'assisteva : Padre, che
ve pare, mi salverò ? Il confessore restò sorpreso al
vedere che un'anima di quella sorte temeva , e per
farle coraggio le pose in vista l'infinita bontà e mi
sericordia di Dio , e le rammentò le grazie e i doni
fáttile in vita dal suo celeste sposo... Ed ella : È vero,
Padre, tutto è vero, ripigliò, ma non sono sicura.
Che più ? Paolo apostolo per tacere degli altri , quel
gran vaso di elezione, quel sì stupendo trionfo della
grazia, quell'ardente e instancabile nel patire e fati
care per Cristo, che superò tutti gli altri, che fu ra
pito in paradiso, che portava le stimmate di G. C. nel
proprio corpo, che era, in una parola, un raro pro
digio di santità, chi non direbbe che dovesse esser si
curo di sua salute ? Eppure non è così. Scrive ai Co
rinlj che non si crede giustificato : Sed non in hoc
justificatus sum ( 1. Cor. 4) ; che teme di divenire un
reprobo ; che perciò castiga il suo corpo, e il tiene in
servitù e schiavo a forza di colpi non dati in aria ,
ma scaricati sopra di lui senza pietà e compassione.
Sic pugno , non quasi aerem verberans, sed castigo
>

corpus meum , et in servitutem redigo, ne forte cum


aliis predicaverim ipse reprobus efficiar. Eii quindi
fa parte a tutti gli uomini de' suoi timori, intimando
78 .

loro che temano e tremino della loro salute , e con


7

timore e tremore ne facciano le opere per conse


guirla. Cum meto et tremore vestram salutem opera .
mini ( Philip . 2 ) .
Ecco come la pensavano i Santi, E noi saremo sì
ciechi e stolii che ci terremo sicuri ? Noi che poco
o nulla abbiam fatto finora per farci salvi ? Che forse
molto abbiam invece operato per dannarci ? Maledetta
sicurezza ! Inganno diabolico l ...
Ma, Padre... con queste parole ci spaventate troppo...
Vi spaventate troppo ? ... Avreste ragione , miei cari, di
lamentarvi di me, se le parole che v’lo annunziate
fossero mie, e se io non fossi egualmente spaventato
e più ancora di voi. Così rispose sant' Agostino una
volla al suo popolo, e così rispondo io voi : Num
quid ego scripsi hoc ?... Territus terreo (Serm . de
verb . Aposl.) . Le verità che vi ho esposte, le ho forse
scritte io ? Sono invenzioni malinconiche e teire della
mia testa, ovvero verità dettate da Dio nelle sacre
Scritture, e insegnate dai santi Padri ? E non son io
nella stessa nave, cioè in pericolo di perdermi come
voi , e perciò obbligato a tremare con voi ?...
Ma, Padre, se il salvarsi è cosi difficile, e riesce a
tanto pochi, il nostro caso è disperato : è inutile che
ci pensiamo : ci daremo bel tempo finchè dura la vita
· presente , e poi di là succeda quel che si vuole....
Oime ! Che dile voi mai ? Qual conseguenza più storta
e più fatale di questa polevate tirare dalle .anzidette
premesse ?
Darsi alla disperazione ... e perchè è difficile il
salvarsi volersi perdere ad occhi aperti, ed eleggere
per quattro giorni di vita comoda e libertina un'eter
nità di tormenti ! Ah ! cristiani ! non è questa la con
seguenza che discende dalle verità che vi ho annun
ziate. La conseguenza vera, giusta e salutare che ne
79
deriva è questa : il salvarsi è cosa difficile ? dunque
io devo porre in questa l'applicazione più grande ,
l'impegno più forte, e adoperar tutti i mezzi più ef
ficaci perchè mi riesca . A tanti milioni di martiri ,
di confessori, e di santi d'ogni condizione, d'ogni età
e d'ogni sesso , era egualmente difficile che a me ;
eppure l'hanno mandata a buon fine , perchè nol po.
trò ancor io , mentre professo la stessa Fede , ho in
>

pronto gl'istessi mezzi, e sono sicuro che Dio mi as.


sisterà egualmente colla sua grazia ? Il salvarsi riesce
a pochi ? dunque io devo procurare di essere nel nu
mero di questi pochi. Pochi frequentano i Sacramenti,
pochi fanno orazione come si deve, pochi adempiono
i doveri del proprio stalo , pochi insomma fanno le
opere necessarie al conseguimento della salute ? dun
que da qui innanzi farò penitenza, frequenterò i Sa
cramenti, mi darò all'orazione, eseguirò i doveri del
mio stato , farò più che potrò opere buone. Ecco ,
miei cari, le vere e sante conseguenze che dovete
dedurre dalla suddetta di coltà di salvarsi. Voi felici
se argomenterete così, non colle sue parole , ma coi
fatti ancora ! Per quanto sia arduo e difficile l'affare
della salute, lo condurrete sicuramente a buon fine ;
e fare tanto dovete , mossi anche dall'altro riflesso,
che quest' è un affare che non ha rimedio, onde sba.
gliato una volta, è sbagliato per sempre : lerzo punto
della meditazione, su di cui permettetemi ancor due
parole.
!

Terzo punto .

Io vorrei quasi compatire è scusare i cristiani tra


scurati e infingardi sul grande affare della loro salute,
se la perdita di lei avesse qualche rimedio o compenso:
ma qual compenso avvi mai ? L'anima è una sola ,
80
perduta questa, tutto è perduto. Se perdele la roba
potete ricuperarla , o ne potete acquistare dell'altra ;
se cadete infermo e perdete la sanilà, vi fale animo
con dire : Spero che guarirò e starò meglio di prima;
se perdete un occhio, una mano, un piede, vi afflig.
gete , è vero, ma nel dolore trovate qualche conforto
sul riflesso che vi rimane un aliro occhio , un'altra
mano e un altro piede con cui potrete ajutarvi; ma
se perdele l’anima, qual compenso e conforto vi resta ?
potrete mai dire se n'ho perduta una salverò l'allra ?...
Qual cecità è mai questa aver un'anima sola e non
curarla , e perderla per cosa da nulla ? Non la pen
sava così il re Davide , il quale appunto sul riflesso
che l'anima è unica, piangeva, pregava, faceva peni
tenza, e a Dio rivolto : Signore, diceva, liberate dalla
spada della vostra giustizia l'anima mia ; ella è unica,
non permettete dunque che sia preda del cane infernale:
Erue a framea , Deus, animam meam , et de manu
canis unicam meam ( Ps. 5, 21 ) . Nè aitrimenti la pensò
Benedetto IX in un incontro scabroso in cui si trovò
un giorno , o di tradir l'anima , o di disgustare un
sovrano . Il ministro di questo principe a nome di
lui , gli chiese non so qual cosa, che in buona co
scienza non poteva accordargli ; l'intrepido pontefice,
senza punto esitare, gliela negò e disse : Scrivete al
vostro re che ho un'anima sola ; che se ne avessi due,
tanto tanto potrei sacrificarne una per lui ; ma aven
done una sola, non sono sì stolto di volerla perdere
in grazia sua. Belle parole che dovremmo aver lutti
poi impresse nel cuore , e pronte alla lingua in so
miglianli occasioni ! T'invila, o giovane, quel compagno
ad andare con lui in quella casa, in quel ridotto , in
quella compagnia , a quel giuoco , dove prevedi che
ne andrà in rovina l'anima tua ? Rispondi al com
pagno : Non posso venire , ho un'anima sola , non
81
voglio perderla per contentarti. Quella roba altrui che
ingiustamente possedi, o uomo, ti è cara ? Ti allettano
quegli ingiusti guadagni , la passione ti dice : Tira
innanzi ; chi ha paura del diavolo non si farà mai
ricco ? Ah ! rispondi alla passione : Ho un'anima sola;
ho un'anima sola ; dillo tu, o donna, a quel tentatore
iniquo, che ti fa l'amico, eppure ti vuol rapire l'ani.
ma per darla al diavolo. In qualunque tentazione, in
qualsivoglia incontro, in ogni pericolo di offender Dio ,
oh ! diciamo tutti a noi stessi : Ho un'anima sola, e
se perdo quesla, tulto è perduto.
E quel che è più ancora , questo tutto è perduto
per sempre. Se perduta l'anima una volta si potesse
riacquistare, o tornando in vita , o trovando di là
qualche rimedio , anche in questi casi si potrebbero
in qualche modo comparire i trascurati nel grande
affare di cui traltiamo; ma questi sono casi ambidue
impossibili. Chi è che possa sperare che dopo che
sarà morto e dannalo voglia Dio chiamarlo alla vita
per dargli spazio di penitenza e salvarsi ? Non è di
fede che la morte è una sola ? Statutum est homini
bus semel mori ( Ad Hebr. 9, 27) . Che in quella parte
ove al taglio della morte cadrà l'uomo , ivi starà in
eterno ? In quocumque loco ceciderit lignum ibi erit
( Eccl. 11 , 3) . E che finalmente , dall'inferno non si
esce più ? Non possint inde huc trasmeare ( Luc. 16).
V’ha forse nell'altra vita qualche conforto o rimedio
alla perdita dell'anima, quando Dio ci avverte a fare
adesso quanto possiamo per salvarla , perchè di là
non vi è più nè ajuto, nè ragione , nè sapienza, nè
scienza, nè rimedio alcuno ? Quodcumque facere po
test manus tua instanter operare, quia nec opus, nec
ratio, neque sapientia, nec scientia erunt apud infe
ros, quo tu properas (Eccl. 9, 10).
Fingiamo il caso, che giudicata, sentenziata e dan
BIAMONTI. T. I. 6
82
nata un'aniına da Cristo giudice, il suo angelo cu
stode prenda a patrocinarla, e parli così : Signore ,
quest'anima voi l'avete condannata per i diletti del
senso accordati al suo corpo, per le laidezze, le cra
pole, le immodestie e simili peccati... Ah ! datele an
cor un poco di tempo : lasciate che torni in vila al
men per un anno ! vedrele allora l'orribile strazio
che fa del suo corpo ; il suo cibo sarà la cenere , la
sua bevanda saranno le lagrime : si vestirà d'irsuti
cilizj , prenderå i brevi suoi sonni sul duro terreno ,
squarcerà le sue membra con sanguinose flagellazioni,
diverrà spettacolo di penitenza al mondo , agli an
9

geli e agli uomini..... No , risponderebbe il divin


Giudice , no , non è più tempo : Tempus non erit
>

amplius.
E quest' altra, o Signore, che voi mandate all'in
ferno perchè taceva i peccati in confessione, e profa
nava cosi i vostri santissimi Sacramenti , coi sacri
>

legj, se la farete tornare in vita non solo confesserà


i suoi peccati al vostro ministro , ma li pubblicherà
a suon di tromba a tutto il mondo ancora. Dovea
confessarli quand'era in tempo : ora è finito ; non ve
n'è più per lei : Tempus non erit amplius. Ah ! grande
Iddio ! dove sono le vostre antiche misericordie ? Mi
rate quest'anima che ora giustamente cacciate lungi
da voi, per le sue ingiustizie, per le sue bestemmie ,
imprecazioni, spergiuri e maldicenze, per le chiese ,
le feste e i Sacramenti, profanati, per gli scandali dati,
per i peccati commessi , e le opere della salute tras
curate. Questa vedeté, se le darete spazio di peni
tenza, non solo restituirà il mal tolto, ma darà lutto
il suo ai poveri . predicherà sempre e in ogni luogo
il vostro nome, predicherà a tutti le vostre glorie ;
passerà i giorni e le notti in orazioni, in pianti e in
sospiri, menerà insomma una vita perfetta e santa :
83
pietà dunque vi prenda di lei, misericordia ... No, no,
non è più questo tempo di misericordia, ma di giu
slizia : Tempus non erit amplius.
O anima infelice, per cui non v'è più nè tempo ,
nè grazia, nè misericordia per cui salvare non gio
vano più nè le preghiere di tutti gli angeli , nè la
intercessione di tutti i Santi, nè il sangne di tutti i
martiri, nè i meriti stessi, benchè sì immensi, della
gran Madre di Dio ! e il sangue preziosissimo di Gesù
Cristo che solo potrebbe salvarla, non è per lei : Apud
inferos, nulla est redemptio !
Ahl cristianil a questi riflessi come non tremiamo
e piangiamo! Santa Teresa , quell'anima cosi pura
e santa, tanto favorila da Gesù Cristo, che datale la
destra, la elesse un dì per sua sposa, affidò a lei di
zelare il suo onore, e l’ebbe a dire, che per lei sola
avrebbe creato il mondo , se crealo non lo avesse.
Santa Teresa fu veduta un giorno piangere dirotta.
mente ; interrogata perchè piangesse : Piango, rispose,
per tre pensieri che quasi acute spine mi trafiggono
il cuore : penso che v'è un Dio, una morte, un'anima :
un Dio che disgustato e perduto, non v'è altro cui
far ricorso ; una morte che falta male una volta, non
può più farsi bene un'altra ; un'anima che perduta
che sia, è perduta per sempre e senza rimedio ... Un
Dio, una morte, un'anima, e non volele che io pianga ?
>

Sì, piangele pure, o serafina di amore, chè tali riſlessi


son degni di pianto. Ma, cari fratelli, se piangono i Santi
noi rideremo, scherzerem'o e vivremo spensierati in
un affare di tanta importanza , di sì difficile riusci
mento, e in cui lo sbaglio non ha rimedio ; noi che
poco o nulla abbiam fallo finora per salvarci, e forse
molto e poi molto per perderci ? Ah, cristiani ama
tissimi, dov'è la fede, dov'è il giudizio, dove la ca
rità che dobbiamo a noi stessi ? Tanta premura per
84
pochi beni di questo mondo, che morte presto ci ra.
pirà ; per piaceri e diletti che si risolveranno ben
presto in dolori e pianti ; per onori , che come om
>

bra e fumo un di svaniranno ; per questo corpo di


cui fra poco la putredine e i vermi saranno l'eredità ,
e per l'anima cosi poca ? Per l'anima che è tanto
preziosa , ch'è la parte più essenziale di noi , che
>

salva che sia luito è salvo ; perduta, lullo è perduto,


perdulo o salvo in eterno ? Ahl apriamo gli occhi ,
usciamo d'inganno. L'affare della nostra salute sia
quello che da qui innanzi ci stia sommamente e so.
pra ogni altro a cuore; se non ci riusciranno gli altri
poco importa, quando mandiamo questo a buon fine.
L'essere povero o ricco , dotto o ignorante , sano o
infermo, aver lunga o breve la vita , fare o non far
figura in questo mondo è niente , il tullo è salvarsi.
Per questo non vi sia custodia sufficiente , sollecitu
dine che basti. Custodi temetipsum , così lo Spirito
Santo, et animam tuam sollicite (Deut. 4) . Per assi
>

curare sì grande affare non curiamo fatiche, non ap


prezziamo sudori, non ci spaventino pericoli, non ci
arrestino persecuzioni ; ancorchè ci avverle lo stesso
Spirito Santo, ancorchè dovessimo soffrire agonie e
pene di morte, e l'istessa morte, soffriamo tullo, af
frontiamo ogni cosa. Agonizare pro anima tua , et
usque ad mortem certa pro justitia ( Eccl . 4, 3) .
Per assicurarti almeno, per quanto è possibile , la
tua salute, devi tu, uomo, lasciar quella pratica , re.
stiluir quella roba , abbandonar quell'osteria , quel
>

giuoco , e che so io. Eh ! vada la pratica, vada la


>

roba, cadano le osterie, i giuochi, e quanto v' ha di


seducente e caro al mondo : lutto è indegno a fronte
di salvar l'anima propria. Tu, o donna , devi licen
ziare colui, lasciar la vanità, dare un addio a com
medie , a balli ed amori. Alla malora gli amori, i balli,
85

i leatri, le vanità e le indegne amicizie ! Cento mille


anni ancora di vita menali in piaceri sarebbero un
nulla in paragone di salvar l'anima. Tu, o giovine ,
per salvarla ti senti inspirato a dare un calcio al
mondo e ritirarti in un chiostro ? E tu, zitella, in un
mon astero ? Andate pure, andate , saggio è quel mer
cante , dice Gesù Cristo , che trovata una preziosa
margherita, vende tutto il suo per farne compra. E
qual gioja più preziosa dell'anima vostra ? Tutti, tutti,
per assicurarla facciamo penitenza de' peccati com
messi : guardiamoci dal commellerne più ; diamoci
all'orazione, alla frequenza de' Sacramenti, alle opere
di misericordia , alla pratica delle virtù ; raduniamo
più che possiamo opere meritorie di eterna vita. Ma
gis satagite, cosi scrisse il principe degli Apostoli ai
primi fedeli, ed io lo ripeto a me ed a voi : Magis
satagite, ut per bona opera , certam vestram vocatio
nem et électionem faciatis (2. Petr. 1 ) .
Guardate per ultimo questo Cristo : mirate quanto
ha fallo e patito per noi. Eccolo su questa croce.

offe
MEDITAZIONE III .

Sopra il peccato mortale considerato nella sua


* propria malizia.

Scito , et vide , quia malum et


amarum est reliquisse te , Do
minum Deum tuum .
Jerem . 2 .

Trovandosi il profeta Daniele in Babilonia , al ve .


>

dere il re ed il popolo di quella gran capitale si


stolti, che adoravano per loro Dio un orrendo dra
gone , il quale credevano un Dio vivente , perchè
ogni dì si divorava una gran quantità di commesti
bili che gli davano a mangiare, fremeva di un santo
zelo : e per torli d'inganno , e far loro vedere che
non era quegli un Dio vivente , ma una bestia vile
e mortale al pari di lutte le altre, si esibì pronto e
capace à darle morte senza nemmeno adoperare per
ucciderla spada o bastone, o sorla alcuna d'arme. Ot
tenutane dal sovráno la licenza lavorò una massa di
malerie bituminose, pece, grasso e pe!i, e la gettò a
quel mostro ; quegli apri l'orrenda bocca ; l'afferrò .
coi denti, ma nel mastirarla gli si atlaccarono forte
mente gli uni cogli altri , onde , turale le fauci,> nè
potendo più respirare, cominciò po a poco a ' gon
fiarsi, finchè orribilmente dibatiendosi e divincolan
dosi, crepò nel mezzo e morì.
Allora Daniele il trasse fuori della peschiera in cui
stava, e salito in luogó eminente >, nella gran piazza
li Babilonia , lo mostró al popolo ,។ gridando ad alta
87
voce : Ecce quem colebatis (Dan . 14). Ecco, o popolo
di Babilonia qual è stato finora l'oggetto del vostro
culto. Ecco il bel Dio vivenle ..... Ahl vergognatevi
di aver incurvato la fronte, piegate le ginocchia, tri .
butati onori divini o chieste grazie , favori e vita a
un mostro si orrido e vile che non ha potuto liberar
sè stesso della morte. Ecce quem colebatis.
Ah perchè non ho in quest'oggi la virtù e lo spi.
rito di Daniele ? Vorrei fare altrellanto di un altro
mostro incomparabilmente più orrendo di quello , il
quale pur troppo si venera e si adora nella massima
parte degli uomini, vale a dire il peccato mortale !
Ah , potessi farvene vedere la somma malizia, l'or
renda bruttezza, l'enormità mostruosa, e quindi gri
dare ancor io : Ecce quem colebatis ! Ecco qual è il
vostro Diol. Ecco in che avete posto le vostre spe.
ranzel ecco per qual cosa abbominevole e turpe avele
volte le spalle al vostro vero Diol A queste voci è
a tal vista son sicuro che mediante la divina grazia
vi coprireste il volto di rossore, vi vergognereste dei
vostri peccati e ne concepireste un sommo dolore.
Lasciate dunque, o cristiani , che io nella miglior
>

maniera che sarà possibile il faccia : prenderò per


soggetto della meditazione le anzidelte parole del
profeta Geremia, o da esse ritrarrò due proposizioni
che mi somministreranno due punti , in cui la di.
vido. Apri gli occhi, dice il profeta Geremia al po
polo di Israello, vedi e conosci essere stato un gran
male ed una cosa sommamente amara l’aver tu ab
bandonato il tuo Dio ; Scito et vide. Il peccato mor.
tale adunque, che è quel solo per cui l'uomo si separa
da Dio e lo abbandona , è un sommo male per l'in.
giuria che fa a Dio : Malum est.Primo punto. Il pec
cato mortale è una cosa sommamente amara per i
danni che cagiona all'uomo che lo commetté : Amirum
est. Secondo punto . Il Signore sia quello che ci fac
cia ben penelrare queste due grandi verità. Incomin
ciamo dalla prima.
Prima d’inoltrarci nella meditazione dobbiamo con
fessare, in osseqi.io della verilà , col profeta David ,
che non è possibile a noi miseri ciechi formare un'i
dea adequata della somma gravezza del peccato mor
tale, Delicta quis intelligit ? Non v'è un uomo in
terra, nè angelo in cielo, nè creatura alcuna, la quale
possa penetrare a fondo il gran male che è un ol
traggio fatto all ' infinita maestà di Dio ; egli solo ,
come quello che conosce perfettamente sè stesso , il
sa e può saperlo ; ciò non ostante, per capirne ancor
noi tanto quanto basti per farci delestare ed abbor
rire sì gran male, aiutiamoci colla regola che ci dà
l'angelico dottor s. Tommaso, anzi il lume stesso della
ragione. La ragione insegna che un' ingiuria tanto è
maggiore, quanto è più elevata e sublime la persona
che la riceve, più vile ed abbietta quella che la fa ;
diffallo, se a cagion d'esempio, un contadino percuote
con uno schiaffo un altro contadino suo pari; è una
ingiuria, non v'ha dubbio : ma se questo schiaffo lo
desse a un signore di alta sfera , a un marchese , а

un principe, a un generale d' armata , qual ingiuria


>

maggiore non sarebbe ? E se lo scaricasse sul volto


di un sovrano, di un re, di un imperatore ? Sarebbe
allora un delitto di lesa maestà , che meriterebbe di
esser punito coll'ultimo supplizio ; e se finalmente
percuotesse colui che alla soinma dignità di sovrano
temporale unisce quella ancora incomparabilmente
maggiore di sovrano spirituale, di capo di tulla la
Chiesa, di vicario di Gesù Cristo ? Oh Diol ch'enorme
eccesso non sarebbe mai questo ? Quali supplici sa
rebbero bastanti a punirlo ? Ecco come un'ingiuria
cresce in proporzione della grandezza della persona
ingiuriata, e della viltà di colui che la ingiuria.
89
Con questa regola entriamo un poco a considerare
la gravezza del peccato mortale, per l'ingiuria che in
sè coniiene contro l'infinita maestà di Dio . Chi è que
sto Dio contro di cui te la prendi, misero peccatore,
quando pecchi? È forse un luo pari ? È egli un re,
un monarca eguale a quelli di questo mondo ? Eh !
che hanno a fare con lui i re, i monarchi tutti della
terra ? E non solo essi, ma tulti insieme gli uomini,
e tutti gli angeli e tutte quante le creature al di lui
confronto, che sono mai, se non un misero nulla ?
Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo.
Ma, acciocchè ti formi un'idea più sensibile dell'in
finita grandezza di questo Dio, cui tu osi far guerra
col tuo peccalo, immaginali di vederlo, come il vide
il suddetto profeta Daniele , starsene assiso sopra di
un altissimo trono (Dan. 7) ; fiamme di fuoco formano
questo trono, di fuoco è il seggio, di fuoco il soprac
cielo, di fuoco lo sgabello de' piedi , di fuoco sono le
ruote su cui s'aggira, e un fiume immenso di fuoco
esce e si spande dinanzi a lui ; le sue vestimenta
sono candide corne neve, segno della sua sonima pu
rezza, e i suoi capelli bianchi come lana monda, sim
bolo della loro eternilà ; mille milioni e più di an
gioli gli fanno intorno corona , e pendono da' suoi
cenni. Egli è il re immortale de' secoli , la sua po
tenza è infinita, la sua sapienza , la sua bontà sono
infinite e a noi affatto incomprensibili. Or questo gran
Dio, dice a me, dice a te, dice a tutti gli uomini: 10
sono il vostro Dio, io vi ho cavati dal nulla e vi ho
dala l'esistenza che avete ; in mia mano sta ridurvi
all'antico nulla e precipitarvi giù negli abissi, potendo
far quel che voglio in terra, in cielo, in mare e in ogni
luogo , senza che alcuno possa chiedermi ragione di
quel che faccio. In segno della mia sovranità, e per
chè cosi esige la mia gloria e il vostro bene, v'intimo
90
una legge di cui sotto pena di eterna morte vi co
mando l'osservanza. Non avrete altro Dio fuori di me ;
a me solo le adorazioni, gli omaggi esterni del vostro
corpo e gli affetti interni del vostro cuore ; guarda
tevi dal mai non sol bestemmiare , ma soltanto va
namente pronunziare il mio nome. Santificate le mie
feste, onorale i vostri genitori , amale come voi stessi
i vostri prossimi, ancorchè vostri nemici; guardatevi
dagli omicidj, dai furti e dalle disonestà : raffrenate i
vostri malvagi desiderj rè desiderate donna o qualsi.
voglia cosa de' vostri fratelli; insomma io vi comando
di osservar tulla la mia legge ; quale vi viene inti
mata e piescritta dalla mia Chiesa , che è l'organo
certo ed infallibile dc' miei voleri.
Cosi parla Dio : e tu , peccatore, che hai fatto pec
cando ? hai alzato contro di lui temeraria la fronte
e se non colle parole, coi falli, il che è anche peg
gio, hai risposto a lui .con infinita baldanza : Chi è.
questo Dio che mi vuol far da padrone ? Quid est
Deus ut audiam vocem ejus ( Exod . 5 , 2) ? Sono il
padrone di me stesso e voglio fare ciò che mi pare.
Che legge, che feste , che digiuni, che Chiesa , che
mortificazione ? Io voglio scapricciarmi, voglio vendi
carmi, voglio godere dell'altrui roba se posso. A che
tanti vincoli ? Voglio vivere a modo mio. Confregisti
jugum meum , rupisti vincula mea et dixisti : non
serviam (Jerem . 2, 20) . O temerità .... ( baldanza ! ...
Rispondere cosi a Dio ? All'infinito , all'onnipotente ,
all'immenso ?... Tu ... lu , miserabile creatura , terra e
cenere, putredine e vermi che cammini in questa
terra sol perchè egli li soffre ? E non è questa una
somma ingiuria fatta alla sua gran maestà ? E chi
può dubitarne ? Dio se ne chiama altamente offeso
nelle sue sante Scritture e l'ha per un vero disprezzo :
Contempserunt judicia mea, spreverunt me (Is. 1 , 2).
91
Ma ciò non basta ; interniamoci più nell'azione pec
caminosa ; e oltre a questo disprezzo positivo e di
reito, ve ne troveremo un altro che l'aggrava ancor
di più e l'investe di una malizia assai più enorme,
ed è il disprezzo comparativo. Disprezzo compara
tivo io chiamo quell'ingiuriosissimo paragone che fa
il peccalore fra Dio e quel bene meschino, per cui
egli pecca. Il profeta Osea il dipinge con una bilan
cia in mano, bilancia fal- a, bilancia iniqua, empia bi
lancia. In manus ejus statera dolosa (Oseæ 12 , 17).
Con questa bilancia in mano che fa il malvagio ? Da
una parte vi pone Dio e dall'altra quella vile mise
rabil cosa per cui s'induce a peccare ; il ladro vi pone
un poco di roba, il disonesto un sozzo piacere, il
>

vendicativo lo sfogo di una vendella, l'intemperante


un cibo vietato, l'ubbriacone un poco di vino, e così
andale via discorrendo. Oh Dio ! e si può dare in
giuria, disprezzo maggior di questo ? Voi inorridile,
o cristiani, quando sentite che Pilato pose Cristo a
confronto di Barabba : Cristo innocenle, santo, .im .
macolato, figlio di Dio , esser posto in paragone di un
sedizioso, di un ladro , di un omicida ? Oh Dio ! chi
può pensárvi senza piangere e senza inorridire ? Ep
pure, o peccatore , quando hai peccalo hai fatto al
trettanto , anzi peggio assai ; perché hai posto Dio a
confronto di cose ancor più vili, più abbielte e peg .
giori di Barabba, il quale , benchè malfatiore , pure
era uomo ; lu l'hai posto a confronto di un vile in
teresse, d'un sozzo piacere, di uno sfogo brutale , di
cosa da nulla. Propter pugillum hordei et fragmen
panis ( Ezech. 13, 19) . Almeno li fossi fermalo lì ; ma
no ; come i perfidi Ebrei che allora gridarono : muoja
Gesù Cristo e viva Barabba, preferendo quest'empio
al Figlio di Dio, lu hai preferito la creatura al Crea
tore, un bene falso e vile al sommo ed infinito Bene,
92
hai in quest' alte rinnegato Cristo , rinunziato Dio, o
ti sei fatto Dio il tuo corpo , Dio il tuo ventre , Dio
la tua gola, Dio il tuo denaro, Dio tutto ciò per cui
hai peccato, essendo verissimo ciò che asserisce san
Girolamo , che l'uomo praticamente costituisce suo
Dio quella cosa che venera ed ama disordinatamente
sopra lo stesso Dio : Unusquisque quod veneratur, et
cupit, hoc illi Deus est ( Psal . 80 ) . E non è questa
un'ingiuria orribile, un sommo oltraggio fatto all'in
finita maestà di Dio ? Ah ! aveva ben ragione il pro
feta Geremia , al considerarlo, di sentirsi crepar il cuor
di dolore, e rivolto ai cieli, quasichè avessero inten
dimento , invitarli allo stupore , alla desolazione, al
pianto : Obstupescite cæli et portæ ejus desolamini
vehementer : duo mala fecit populus meus : derelique
runt fontem aquæ vivce et foderunt sibi cisternas,
cisternas dissipatas, que continere non valent aquas
( Jerem . 2) .
Eppure ciò non basta ancora : la tua temerità , 0
peccatore, va più innanzi ; non finisce qui l'oltraggio
che hai falto a Dio col peccato. Il profeta Giobbe ne
scopre un altro peggiore assai degli anzidetti , ed è
l'aver tu alzata la mano contro Dio e tentato di vin
cere, di abbattere , di distruggere l'Onnipotente : Te
tendit adversum Deum manum suam, et contra 0
mnipotentem robora /us est (Job. 16 ). Ciò ti sembrerà
strano e forse crederai una esagerazione , e pure è
>

verissimo, ed è cosa facile il capirne la ragione. Se


Dio fosse capace di dolore nel vedersi offeso ed ol.
raggiato da una sua creatura, ne soffrirebbe un dis
gusto , un dolore infinito , ed un dolore infinito ba
sterebbe a dar morte allo stesso Dio, e se non muore
di fatto, dee, dirò cosi, ringraziare la sua natura in
capace di dolore e di morte : del resto tu , pecca
tore, quando hai peccato, hai fatto quanto basta per
93
ucciderlo ; i tuoi gravi peccati sono stati altrettanti
colpi micidiali vibrati contro l'onnipotente. Oh Dio !..
Oh Dio l .. e che può dirsi di più ? Ed acciocchè me
glio intendi l'enormità infinita contro questo atten
tato, figurati che nel centro della terra vi fosse una
gran mina, cui dandosi fuoco andasse tutto in soq
quadro , rovinassero città, terre, castelli, e tutto in un
colpo perisse il genere umano ; se un uomo a san
gue freddo, a caso pensato desse fuoco a questa mina
e uccidesse tutti insieme gli uomini; più, se questo
uomo , con un colpo di spada , pote -se inoltre dar
morte a tutti i santi che regnano in cielo, a tutti gli
angioli che formano la celeste corte e alla stessa gran
Madre vergine sovrana dell'universo, e tal colpo sca
gliasse, che diresti tu di quest'uomo ? Avresti mente
a capire , parole ad esprimere la sua orrenda mali
zia, la gravezza infinita di un simile eccesso ? Ep
pure, oh santa fedel illumina con un raggio della
tua luce la nostra cecità ! noi quando abbiam pec
cato abbiam falto, non dieci >, non cento , non mille,
ma infinite volte di peggio ; perchè , quanto era da
noi , abbiam dato morte allo stesso Dio, e la vita di
Dio vale infinitamente di più di quella di tutti gli uo
mini , di tutti i santi , di tutti gli angeli e di Maria
santissima : Omnes gentes quasi non sint ,> sic sunt
coram eo ( Is. 50) . () malizia infinita del peccato mor
tale, e chi può abbastanza comprenderti!
Crederai forse qui , o peccalore, ch'io abbia detto
tulto, nè vi sia più che aggiungere ? Eppure non è
cosi . Questo Dio che hai offeso egli è tuo padre e
padre leale si , che i nostri padri lerreni al di lui con
fronto non meritano, come dice Gesù Cristo , questo
nome : Patrem nolitè vocare vobis super terram ; unus
est enim pater vester qui in coelis est (Matt. 22). È
padre perchè ci ha creati, padre perchè ci conserva,
94,
padre perchè ci ha red enti, padre perchè ci ha pre
parata un'eredità di beni infiniti su in cielo. Or que.
sto buon padre dice a me , dice a ciascuno di voi
per bocca del profeta Malachia : Si ergo pater ego
sum , ubi est honor meus ( Malach. 1 ) ? Se io son tuo
padre, dov'è l'onore, dov'è l'amore che tu mi devi ?
Figlio ingrato ! che potevo io fare di più per te ? Dupo
averti creato a mia imagine, a preferenza di tanti al
tri che ho lasciato nel nulla, dopo averti redenlo col
mio stesso sangue ed esser morto par darti viia, in
sieme con tulli gli uomini, li ho contraddistinto so
pra innumerevoli altri, perchè li ho chiamato alla
mia Chiesa, ti ho santificalo col mio battesimo, ti ho
dato il mio spirito, ti ho infusa la mia grazia , ti ho
corroborato co' miei Sacramenti, li ho perfino pasciuto
col mio stesso corpo... Benefizj di questa sorte me
ritavano pure corrispondenza ; mi ero pur guadagnato
il tuo amore! Ma tu invece di amore, non hai avuto
per me che odio ; ai miei sormi benefizj hai corri
sposto con sommi oltraggi ; se io fossi stato un tuo
nemico, non mi avresti potuto trattar peggio... Ah
figlio snaturato ! che mai ti ho fatto, in che ti ho
contristato ? Parla, rispondimi: Quid feci tibi, aut in
quo contristavi te ? responde mihi.
Lascio che ognun di voi risponda nel segreto del
proprio cuore a questi troppo giusti rimproveri di un
padre sì amante , io intanto anrurò riflettendo e pian
gendo coll'addolorato Agostino: Talem putrem offen
dere, aliquid contra ejus voluntatem committere quam
est crudele ! Che barbarie, che crudellà offenuere e
strapazzare un tal padre .... e offenderlo con che ?
Cogli stessi doni suoi... Di che ti sei servito , povero
peccatore, ad offendere questo tuo padre ? Di quella
lingua, con tante parole oscene,> con tante impreca
zioni, con tante mormorazioni, forse fino all'eccesso
95
di bestemmiarlo... E chi ti aveva data la lingna ? Non
era suo dono ? Non ti avrebbe potuto far nascere
muto come tanti altri ? dunque perchè egli ti ha be
neficato, tu offenderlo ? Quam est crudele ! Di che ti
sei servito tu a peccare ? Di quelle mani con tanti
furti, di quegli occhi con tante lascive occhiate, di
quella gola con tante intemperanze, di quel corpo
con tante laidezze ; ' ma le mani, gli occhi , il palaio,
il corpo tutto non te lo ha dato Dio ? Non hai avutó
tulto da lui ? E tu hai avulo cuore di voltare i doni
contro del donatore ? Perchè li ha fatto del bene, tu
fargli del male e farglielo usando contro di lui in
male lo stesso bene ? Quam est crudele ! Non era di
Dio quel denaro di cui li sei servito a espugnare la
onestà di quella infelice e trarla alle indegne tue vo
glie ? Non era di Dio quella sanità e quella avvenenza
di cui tu, o donna, ti sei formata un laccio per stra
scinare le anime all'inferno e un'arma per oltraggiare
il tuo divin Padre ? Ah figli ingrati ... figli indegni
di un sì buon padre ! O padre ben degno di migliori
figlil Talem patrem offendere, etc.
Eppure chi il crederebbe ? V’è ancor di più. Il
peccato mortale io lo paragono a quella bestia or
renda veduta da s. Giovanni e descritta nell'Apoca
lisse, la quale aveva selle teste, ciascuna delle altre
più orrida e spaventosa ; cosicchè da qualunque parte
si guardasse , qualunque si mirasse di quelli orribili
ceffi, non si vedevano che deformità e bruttezze ; così
è del peccato . Egli è un mostro sì spaventoso , che
ovunque si guardi, sotto qualunque aspetto si miri,
comparisce sempre più deforme, non offre che mali
zie una dell'altra più abbominevole ed orrenda. Oltre
all'essere offesa di Dio crealore, di Dio padre, non lo
è altresì di Dio redentore ? E sotto di questo aspello,
oh Dior quanto comparisce più enorme specialmente
96
in un cristiano ! Che pecchi un gentile, un ebreo, un
turco è male, non v'ha dubbio, perchè il peccato ri
pugna alla natura ragionevole, e tanto basta perchè
sia un male, da qualunque uomo venga commesso.
Ma che pecchi un cristiano, un cristiano, il quale
crede e deve crederlo per articolo fondamentale di
sua religione che Gesù Cristo è vero figlio di Dio,
che è venulo dal cielo in terra per distruggere ed
annientare il peccalo ; che per annientarlo ha sofferto
i più alroci tormenti , ha sparso tutto il suo divino
sangue ed è morto sopra una croce ; che un profes
sore di questa fede pecrhi, oh Dio ! questo è un ec
cesso che non si può nè comprendere, nè spiegare!
E che altro è ciò se non avere a vile un figlio di
Din, insultar le sue pene, conculcare il suo sangue,
rinnovar la sua passione e tornarlo a meitere in croce ?
Questo è un dire col fatto : Se Cristo è morto per
il peccato, non me ne importa nulla : ben gli sta, suo
danno : io voglio peccare ; s'egli è morto , il sia ....
Oimè! che orrendi eccessi ! Ah ! non crediate o cri
stiani, che queste sieno esagerazioni suggeritemi da
un soverchio odio al peccato, questa è dottrina inef.
fabile dell'Apostolo : Rursum crucifigentes Filium Dei
in semetipsis, et ostentui habentes (ad Hebr. VI, c. 10).
I cristiani che peccano, dice il gran dottore delle genti,
ricrocifiggono il figlio di Dio in sè stessi , gli fanno
onla, lo disprezzano e lo calpestano : contaminano il
sangue del Nuovo Testamento , da cui erano stati
santificati, e fanno oltraggio allo spirito della grazia
che gli aveva rigenerali: Rursum , etc. E a questi ri
flessi, qual cuore consapevole a sè di peccato non si
compunge ? Qual occhio può star senza lagrime ? Ep
pure i peccatori non si compungono , non piangono,
anzi se ne trovan di quelli che si rallegrano dei lor
peccati, ne esultano , e se ne vantano come di belle
97
e gloriose imprese : Lætantur cum male fecerint, et
exultant in rebus pessimis ( Prov. 2 , 14 ) . Ah po
>

veri ciechi .... Se non sapete , o non volete piangere


un Dio offeso , un padre oltraggiato , un redentore
>

ricrocifisso ,> piangele almeno voi stessi, che ben ne


avete tutta la ragione ; poichè il peccato non è sola
mente un sommo male per l'ingiuria che fa a Dio :
ma è altresì una cosa sommamente amara per i danni
che cagiona a chi lo compette : Scito et vide, etc.
So, e me lo dice l’Ecclesiastico , che il peccatore,
vedendo che dopo il peccato le cose sue seguitano ad
andar bene come prima , gode sanità, si prende pia .
ceri, conserva ricchezze, mantiene il buon nome , oc
cúpa le sue cariche e non soffre disgrazia veruna, sta
allegro e va seco stesso dicendo : Ho peccato : ebbe:
ne ? che male me n'è avvenuto ? Peccavi, et quid mihi
accidit triste (Eccl . 5) ? Che male te n'è avvenuto ?
Ah infelice! tu mi rassembri uno di quegli infermi
deliranti che nei parossismi più fieri, quando sono
più che mai aggravali e vicini a morte, non sentono
più il loro male , e interrogati come stiano , rispon
dono talvolta di star bene, di non aver male alcuno.
Che male te ne è avvenuto ? Ascolta , e se non sei
affatto privo di ragione e di fede lascia , se puoi , la
scia di piangere Prima che cadessi in peccato tu eri
figlio di Dio ; la grazia santificante , di cui ti aveva
investito nel santo battesimo , e di poi arricchito negli
altri Sacramenti, li aveva innalzato a questa nobile
figliuolanza. Dio come figlio ti amava teneramente, nella
tua anima trovava le sue delizie , vi abitava come in
suo tempio : Cristo la considerava come sua sposa e
lo Spirito Santo in lei si compiaceva , come in luogo
di sua più cara dimora . Eras, così s. Agostino , eras
templum Dei, eras sponsa Christi , eras habitaculum
Spiritus Sancti, et cum dico toties eras, necesse est ut
BIAMONTI . T. I. 7
98
toties ingémiscam , quia non es quod .fuisti (S. Ago
stin ., Sc. della salute ). E adesso, dopo il peccato , che
cosa sei tu divenuto ? Oh Diol che cangiamento fa .
talel che decadimento orribile ! Da figliuolo di Dio
sei divenuto figlio del diavolo : Vos ex patre diabolo
estis. L'amore che ti portava si è cambiato in odio
implacabile e necessario, non potendo a meno, stante
la sua santità, di non odiarti : Iniquos hodio habui.
La bellezza dell'anima, per cui Dio tanto l'amava , si
è cambiala in una orrenda bruttezza, ed ora agli oc
chi suoi, a quelli di Maria , a quelli di tutti i santi,
sei divenuto un oggetto di nausea, di orrore, di ab
borrimento. Denigrata est super carbones facies eo
rum (Th. 4, 3). A questo riflesso puoi a meno di
non inorridire e tremare per lo spavento ? Aver ne
mico Iddio ! Dio tuo creatore ! Dio tuo redentorel Dio
tuo padre ! Dio tuo ultimo fine ? E che farai senza di
lui ?... E che ti resta perduto lui ! E dove ne andrai
lungi da lui, se egli è immenso ? Se sali in cielo , ivi
è ; se ti nascondi sotterra, iyi sta ; se fuggi di là dal
mare, là ti arriva e percuote l'onnipotente sua destra :
Si, ascendero in cælum, tu illic es, etc. ( Ps. 138 ) .
Quando eri suo figlio avevi un vero e reale diritto,
mediante la grazia santificante , e i meriti di Gesù
Cristo, alla sua beata eredilà su in cielo. Si filii et
hæredes ; hæredes quidem Dei , cohæredes autem
Christi (Ad Rom . 8, 17 ). E beato te, se in tale slalo
te ne morivil Saresti ora ammesso nel consorzio dei
santi, compagno degli angeli , principe coronato di
gloria ; stando però in peccato quel beato regno è
perduto . Di Lutero si legge che qualche volta guar
dando di notte estiva e serena il cielı), con sentimento
da disperato diceva a sè stesso : Luthere, Luthere, qua
lem patriam perdidisti ! Altrettanto puoi dire ancora
tu finchè stai in peccato. Paradiso , sei bello , ma non
>
99
sei più per me. O perdita incomprensibile ! Esaù ,
quando s'avvide di aver perduta la primogenitura da
lui stoltamente vendula per un piatto di lenti, diede
in pianti, in urli, in ruggiti orrendi, quasi leone fe
rilo a morte : Irrugit clamore magno (Gen. 27, 34) ;
eppure che aveva egli mai perduto ? Pochi beni di
terra, che un dì morte gli avrebbe rapito, e inoltre
gliene restavano molti altri con cui poteva vivere e
comodamente. Tu, al contrario, povero peccatore, hai
perduti beni immensi, beni eterni, beni infiniti su in
cielo ; gli hai perduti, come Esaù, per cose da nulla,
per un sozzo piacere, per un po' di roba, per un fumo
di gloria vana.... Oh Dio ! per cosi poco, una perdita
così grande ! E come puoi trattenere le lagrime, come
puoi fare a meno di non amaramente piangere e
singhiozzare Almeno come a Esaù , ti rimanesse
qualche compenso ; ma qual compenso a chi ha per
duto il paradiso, a chi ha perduto Dio , e con Dio, 1

che è il tutto, ha perdulo ogni cosa ? o


Eppure eilnzacompenso a vè, e i din rleua man , ead
a al erdit
è la penit ; quevsit sola topuò ripar l po ,
l
a
ma ase nonltiiuolriasnoz a que s vi sbairaàtaldai peggi . Plelra
dut la nfiigo doi Dio , eeditcàam
> op e
oc qu
del demo , il diritt
o o alilt'àer delondporim si è cam .
biat tàcol reat dleolla ered el sec ual a
r e d i e l i a v o à l u o c o d terno l , euocqo leèrnlo
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e
giuse chtealane cons pa i
anco esi l'ere irne, ed avean
o n
d diitme i la co ,icdtei alir
l v sub n
nulma pe ui:
Discearatusa me , maleldo , in iisgnem æter , q
præp est diabo et angel ejus (Matt . 22 , 41 ) .
Ecco il bel fine a cui infallibilmente ti portano i
tuoi peccati... 0 Dio ... ed è possibile che non ti ri
solvi una volta a piangere, a delestare un male, che
100

privandoti di un sommo bene, ti astringe ad una penia


orrenda ed eterna ?
Forse fal pená non ti fa gran colpo , perchè non
dovendosi eseguire che dopo la morte , la consideri
come lontana : quantunque per alıro potrebbe essere
vicinissima, e il tuo stesso peccato è quello che l'af
fretta più che mai ; ed ercoti un altro effetto maligno
che produce questo 'amarissimo frutto del peccato ,
effetto che si va eseguendo al presente, e perciò deve
colpirti. Questo è l'accorciamento della vita che 'ca
giona il peccato . Qual cosa più di questa minacciata
da Dio nellè divine scritture ? Gli anni degli empj, ci
dice, saranno abbreviati : Anni impiorum breviabun
>

tur (Prov. 10. 27) . Gli uomini iniqui, soggiunge, non


arriveranno alla metà dei loro giorni . Viri sangui
num et dolosi non dimidinbunt dies suos ( I. Cor. 15,
56 ). Il mercato, ripiglia per bocca dell'Apostolo, è uno
sprone al fianco della morte, che la fa camminare a
corsa sforzala, ed ' arriva improvvisa, è quando meno
l'aspetta il'misero 'peccatore: Stimulus auteń mor
tis peccatum est.... Cum 'dixerint pax et securi
tas, tunc repentinus' eis superveniet interitus. Quanto
siano vere queste minaccie di Dio , fra innumerabili
altri. 'Jo provò l'imperatore Anastasio , a cui in pena
de' suoi peccati comparve un uomo di venerando
aspetto con un gran libro alla mano, il quale aprendo
il libro e scrivendo gli disse : Ti cancello per per
versità di tua fede quattordici anni di vita ( Baron,
Annal . , ann . 518) . Da lì a non molto il cielo si oscura .
si addensan le nubi, balenano i lampi , scrosciano i
tuoni , stridon le folgori; atterrito Anastasio cerca sal
varsi ne' nascondigli creduti più sicuri del suo palazzo,
ma come e dove salvarsi dall'ira di Dio ? Un fulmine
lo colpisce é muore .
Peccator mio fratello, tu ami tanto la tua vila pre
101
sente, che arrivi a posporne l'eterna; ma non vedi
che vivendo in peccato, anzi lu l'odii , tu l'accorci e
slidi continuamente Dio a mandarti presto la morte ?
Ma sia breve o lunga cotesta tua vita, qual è essa
poi? Non è misera ed infelice ? Eccoti un altro ma
ligno effetto che produce il peccato. Esso non lascia
godere un dì sereno, una notte tranquilla ,> un mo
mento di vera pace a chi portalo in seno. Non est
pax impiis, dicit Dominus ( Is. 48 , 22). Ah che se
entri in te stesso , e vuoi conoscere e confessare la
verità, dirai che veramente è così. Ricordati di quei
bei giorni di tua innocenza : oh come allora eri con:
tento ! Che pace, che consolazione non provavi tu, o
quando: ricorrevi a Maria, o quando : li. cibavi delle
carni immacolale di Gesù nel Santissimo Sacramento ?
Ora sei divenuto torbido, inquieto , grave a te stesso,
grave a chi ti sta attorno : niente più ti consola, tutto
ti angústia : gli stessi passatempi di cui lu vai avi.
damente in cerca per divertire l'interno affanno, dopo
un momento di vano e superficiale piacere, ti angu .'
stiano più che,mai ;- insomma tu non hai più bene.
Che cosa è questa ? Chi ti" turba, chi ti angustia così ?
Ah ! fratel mio , è il peccato : questa è la serpe che
li avvelena, il vernie che ti rode, la furia che ti stra
zia l'anima : Non est, non est pux impiis. Che se mai
mi rispondessi di nulla provare di tulto ciò ,> ma di
essere tranquillo ... Oh No ! Tranquillo nel peccato !
peggio per le : poiché quei rimorsi che or non provi,
li proverai in morte ; in quel terribile frangente è .
scritto de' peccalori : Venient in cogitutione percato :
rum suorum timide... et turbabuntur timore horribili
(Sap. 4 et 51 ). Li proverai crudeli , irreparabili ed
elerni giù nell'inferno : Ubi vermis corum non mori.
tur ( Marc. 9, 43). Ed uno de' morsi più fieri di que.
sto verme: sarà la memoria della grazia di Dio per
duta, e del merito di tante buone opere che pure un
di arricchiva la tua anima. Ecco un altro lagrimevole
effetto che produce il peccato. Un'anima adorna della
grazia santificante è come una nave ricca di prezio- |
1
sissime gioje, e che viaggia verso il porto della ce
leste Sionne, e che ogni di sempre più si arricchisce
ed aumenta le sue ricchezze : la stessa grazia , gli
abili infiniti delle sante virtù, i meriti di Gesù Cri.
sto di cui partecipa sono tesori che non han prezzo :
il bene che fa in questo stato , le orazioni, le limo
sine, le stesse sue azioni indifferenti fatie con retto
fine, sono nuovi acquisti per il cielo , perché : Dili
gentibus Deum omnia cooperantur in bonum (Rom. 8,
28). O anima avventurala e felice ! Ma che ? Se cade
in peccato, tutto è perdu !o : il peccato è un ladro ra.
pace che la spoglia e le ruba ogni cosa. Adesso non
si capisce, o poco si apprezza tal perdita , ma si ca
pirà bene e si piangerà amaramente , benchè inutil
mente, nell'altra vita, e guai a chi aspelta a capirla,
a piangerla allora !
Per ultimo , il peccato avvilisce e degrada l'anima
in una maniera orribile e spaventosa. L'anima con
siderata nella sua semplice natura è uno spirito no
bilissimo creato ad imagine dello stesso Dio poco meno
dell'angelo ; fregiata della grazia santificante ,9 è una
creatura sì bella, che Dio stesso se ne innamora e la
chiama sua amica, sua sorella , sua sposa, ecc. Ma
>

se quest'anima dà ricetto al peccato , cade subilo e


9

rovina da si grande altezza in un abisso di tale av.


vilimento, che diventa poco meno della bestia : Homo
cum in honore esset , non intellexit; jumentis insi,
pientibus comparatus est (Ps. 48, 13), talchè , diceva
S. Bernardo, se un giumento , un animale immondo
potesse parlare, al vedere un uomo caduto in pec
cato, direbbegli: Tu ti sei fatto simile a me : Puto ju
103
menta , dicerent, si loqui fas esset : ecce Adam quasi
unus ex nobis factus est. Anzi dice il Crisostomo,
che il peccatore non solo si fa eguale alla bestia, ma
in qualche senso peggiore e peggiore delle fiere più
orride e deformi. Ricava questa sua doltrina dal reale
Salmista ; il quale in un suo salmo invita a lodare
Iddio, non le sole pecore del campo, gli uccelli del
l'aria, i pesci del mare , ma gli scorpioni ancora, i
draghi, i serpenti; tace però del peccatore , questo
solo è l'escluso. Che segno è questo , dice il dottore,
se non che egli è innanzi a Dio la peggiore di tutte
le bestie, il più orribile di tutti i mostri ? Scorpii, ser.
pentes et dracones invitantur ad laudandum Deum,
solus peccator ab hac sacra chorea submotus est
(Homil. cum Presbyter fuit ordin .). Una tale rifles
sione, confessa il Crisostomo, che in mezzo alla pre
dica lo sturbò, gli interruppe il discorso, gli confuse
la niente, gli angustiò il cuore, per cui diede in un
dirottissimo pianto poco mancò che non prorom.
pesse per la veemenza del dolore in altissime grida.
O maledetto peccalo ! O male sopra ogni male ! 0
male aggregato spaventoso di tutti i mali ! Mettiamoli
ora un poco tutti insieme questi mali per vederli in
sol colpo d'occhio. È sommo male il peccalo, perchè
è un'ingiuria falla a Dio creatore . Lo è , perchè è
uno strapazzo usato a Dio padre ; perchè è una nuova
ricrocifissione di Dio redentore ; è sommo male per i
danni che cagiona al misero peccatore, quale spoglia
della grazia santificante, della figliuolanza di Dio, del
diritto alla beata eredità del cielo ; lo rende figlio del
diavolo, reo del di lui eterno supplizio nell'inferno ;
lo strazia coi rimorsi della sua coscienza , lo spoglia
di tutti i meriti di Gesù Cristo e delle sue buone ope
re ; lo avvilisce alla condizione de' bruti, lo assoggetta
a mille temporali castighi, e gli affretta il sommo di
104
lulli, che è la morte. Üh Diol e che puo dirsi, e che
può imaginarsi di più orrendo, di più maligno, di più
pestifero del peccato ? Or non mi maraviglio che i
Santi lo avessero così in orrore , che alcuni di essi,
come si legge nelle loro vile , ne dessero seyni che
hanno del prodigioso. Un s. Gaetano in una solleva.
zione seguíta in Napoli , pensando ai peccali che in
quell'occasione si commellevano, si ammalò, e di do
lore mori. Un s. Slapislao Kostka, ed una santa Giu
liana Falconieri svenivano al solo sentir nominar pec
calo . Una veneranda suor Isabella Fornari sudò san
gue alla visia dei peccati che si commettevano nel
mondo. Una suor Maria Crocifissa, vedendo in un suo
rapimento un peccatore che s'iibraltava l' anima
con un peccato , pianse a lagrime di sangue, e un
fazzoletto intriso di queste lagrime si conservava dal
suo beato fratello il card . Tomasi. Tulio ciò non mi
fa specie ; è poco , è niente , a fronte di ciò che si
merita il maledello peccato. Quello che veramente mi
sorprende e mi dà un'idea gius'a e più chiara del
l'infinita sua malizia è Gesù Cristo nell'orto. Io veggo
quest' Uomo- Dio prosteso a terra , languido, ansante
e ridotto all'estreme agonie ; osservo che versa san
gue da ogni parte in tanta copia che ne ha inzup
pate le vesti, e scorre a rivoli sul lerreno in cui giace:
Factus est sudor cjus , sicut guttie sanguinis decur
rentis in terram (Luc. 22 ). Chi è che gli cava dalle
vene coleslo sangue ? Io non vedo qui spade che lo
feriscano , carnefici che lo percuotano , armi di sorte
alcuna che lo impiaghino ; come dunque ianto san
gue ?... Ah ! cristiani, ben il sapele: è il peccato che
si ha indossato sulle sue spalle, e di cui è vicino a
dare soddisfazione alla giustizia tremenda di Dio suo
padre colla sua passione e morle . Questo è quello che
coll' infinito suo peso l'opprime, lo schiaccia, o quasi
105
un grappoio u'uva sotto il torchio lo spreme e glielo
fa uscir dalle vene , dal corpo tutto.... O maledetto
peccatol o male infinito, per cui un Dio suda sangue,
un Dio agonizza , un Dio si muore crocifisso ! Oh
adesso sì che intendo di le qualche cosa ! Ma e che
sarà di me che li ho commesso le lante volte ?...
Ah miei fratelli ! Che sarà di noi rei di tanti peccali?
Forso ne abbiamo commessi più che non abbiamo
capelli in capo. - Peccati d'immondi pensieri, di ree
compiacenze, ui malvagi desideri, di odj e rancori,
invidie e giudizj temerarj. Peccali di bestemnie, sper
giuri, imprerazioni, mormorazioni e discorsi osceni.
Peccati d'ingiusticie e di furti , di disonestà , di ub
briachezze, d'intemperanze. Peccati di orazioni stra
paziale , di obblighi del proprio stato trascurati ed
omessi. Peccati d'ogni specie, peccati in lulli i tempi,
peccati in ogni luogo. L'adolescenza non ci ripfaccia
che peccali, nella gioventù si moltiplicarono a dismi
sura, nella virilità crebbero ancora di più di numero
e di malizia ; di peccati puzzano le case che abbiamo
abitale , i leili su cui abbiam dormito, le scuole che
abbiamo frequentale, le contrade per cui abbiamo
camminato, le campagne che abbiano coltivale, e le
chiese istesse, le case di Dio vivente, i luoghi di ora
zione ci rammentano peccati. Oh Dio ! Rei di tanti
peccali , che faremo ?.Ci abbandoneremo alla dispera
zione ? Ah , che questo sarebbe un altro peccato , e
forse peggiore di tutti gli altri : andiamo invece al
trono della misericordia : eccolo in questa croce (1 ).
( 1 ) Qui io ho usato nelle missioni, o negli esercizi di
far entrare improvvisamente nella chiesa una divola imagine
o statua di Maria Santissima accompagnata da lumi, portata
da fratelli con cappa , o da ecclesiastici con cotta al suono
delle campane a festa e dell'organo, e lalora allo sparo ezian.
dio del morialetti , il che però non deve farsi se non nel
106 7

ALTRA CONCHIUSIONE (1).

O Diol rei di tanti peccati , che sarà di noi ? dove


ci volgeremo ? a chi faremo ricorso ? a Dio ? Ma egli
è l'offeso ; dopo tante e sì gravi ingiurie che gli ab
biam falto , con qual fronte possiamo a lui presen
tarci ?... Ricorreremo al suo divin Figlio Gesù Cristo ?
Ma quante volte ci siam abusati delle sue, grazie,
quanta resistenza non abbiamo opposta alle sue chia
male , che abuso orribile non abbiam fallo de' suoi
Sacramenti e del suo sangue divino che in essi si
dispensava ? E quante volte gli abbiam tradita la pa- .
rola dala di non offenderlo più, e siam tornati a stra
pazzarlo peggio di prima ? e ci vorrà ora ricevere ?...
Chiameremo in ajuto i Santi ?... Ma che possono i
Santi contro il volere di Dio ? S'egli è sdegnato con.
tro di noi, come lo placheremo ? Fia dunque per noi
disperato il caso ? non v'è più rimedio ? Ahi cristiani,
il rimedio vi è , e sta in mano di Maria Santissima.
>

Ella si , ella può placare il suo sdegno , disarrnare il


suo braccio e rendercelo propizio : Facta sum coram
eo quasi pacem reperiens. Abigaille, che era di lei fi

l'atto stesso che si spalancano le porte della chiesa e la Ma


donna vi comparisce. In questa funzione ho veduto sempre
una grandissima commozione nel popolo : į suoi pianti , le
lagrime e le grida non possono spiegarsi : bisognava allora
tacere e parlare più col gesto che colla voce . D'allora in poi
la missione, e gli esercizj andavano a velo gonfie, e il bene
che faceva la gran Vergine è indicibile .
(1 ) Volendo il predicatore , o nella missione o negli eser
cizj , usar questa funzione al che io lo esorlo con prudenza
però, la quale esigerà talora che in qualche luogo la omelta,
potrà valersi dell'altra conchiusione qui riportata o di con .
simile. (L'Autore.)
107
gura, calmò lo sdegno di Davidde contro il crudo Na
ballo. Temite placò quello che portava al suo stesso
figlio Assalonne. Ester intenerl il cuore di Assuero, e
salvò la vita a tutto il suo popolo. Ah ! se Maria si
interpone per noi , siamo sicuri. Secondo l'opinione
comune dei Padri , non v'è peccalore, sì abbietto, si
scellerato , si empio cui non possa ottenere grazia e
perdono.
Ma vorrà ella interporsi per noi, mentre l'abbiamo
tante volte disgustala? Ah ! se veramente ci duole ora
dei nostri peccati, se li detestiamo di cuore, se siam
risoluti di cambiar vita e darci à Dio, si che il vorrà :
non ne possiamn dubitare. Ella ha un cuore tutto pietà ;
è una madre tulta tenerezza e amore verso dei pec
calori che vogliono ritornare al suo figlio. Ah dun
que, cara Madre, pietà vi prenda di noi infelici ,> ve
dele a quale stato deplorabile ci hanno ridotto i no
stri peccati.... 0 Maria I 0 rifugio ! O nostra dolce
speranza | venite a soccorrerci : dateci un segno della
protezione che prendete di noi (1).
(1 ) Qui si apre la Chiesa , entra la sagra imagine , suona
> >

l'organo, ec.
(L' Autore.)
MEDITAZIONE IV.

Sopra la gravezza del peccato


considerato ne'suoi castighi .

Chi legge nella storia de' secoli trapassati , o vede


cogli ochi suoi un uomo condannato da un tribu
nale giusto e incorrollo ad una crudelissima, morte,
ancorchè ne ignori i delitti , si persuade senz'altro
esser colui un gran malfaltore ; imperocchè, argomen
tando dalla proporzione che passar deve fra la colpa
e ,la pena , dice fra sè : Quest'uomo deve aver com
messo dei gran misfalli: se ciò non fosse, un tribu
nale sì giusto non lo avrebbe sicuramente punito con
pena sì atroce. Con questa regola, la quale, sebbene
possa fallire , e fallista talora di fatto nei tribunali
degli uomini, in cui l'ignoranza , la parzialità , l'inte
resse e le altre umane passioni talora s'introducono
a farne sbilanciar la giustizia, non può fallire nel
tribunale di Dio che è la stessa verilà , giustizia e
santità per essenza ; con questa regola , dico , faccia
moci a considerare nella presente meditazione la som
ma gravezza del peccato mortale nei tremendi casti,
ghi con cui Dio l'ha mai sempre punito. Tre sorti
di peccatori vi sono stati nel mondo : gli angeli che
peccarono in cielo , Adamo che peccò nel paradiso
terrestre e Gesù Cristo figlio di Dio , il quale , seh
bene santo , impolluto e affatto incapace d'ogni mi
nimo neo di peccato, ciò non ostante , spinto dalla
sua immensa carità verso dell'uomo si addossò i suoi
109
péccati, e in qualche modo, come dice l'Apostolo, si
fece per noi peccatore : Pro nobis peccatum fecit (2 ad :
Cor: 3) . Tutti tre sono stati puniti dalla detta giustizia
in una maniera terribile e spavenlosa : esaminiamola
altentamente in altrellanti punti della meditazione, e 7

questa ci darà una giusta e chiara idea dell'infinita ,


malizia del peccato ; cominciamo dagli angeli.
Primo punto.

Dio, che per un'eternità antecedente era stato solo,


felicissimo però e beatissimo di sè medesimo, avendo
nella sua stessa essenza e in quelle operazioni chia
mate dai teologi ad intra che operare in sè stesso,
cioè l'inenarrabile generazione del Verbo, e la pro
duzione ineffabile dello Spirito Santo , la pienezza di
tutti i beni, di tutte le felicità, di tutta la gloria, quando
piacque a lui, mosso dalla sola immensa bontà, volle
dar l'essere a creature intelligenti e ragionevoli, ac
ciocchè lo conoscessero, e conoscendolo, dice s. Ago
stino, lo amassero ; amandolo lo possedessero, e pos
sedendolo fossero con lui e di lui elernamente beate
e contente.
Fra queste le primogenite furono gli angeli. Ne creò
in numero si sterminato , che's. Dionigi areopagita
(De celest . Hierarc., cap. 9) ebbe a dire , essere a noi
affatto incomprensibile , e s. Tommaso ( tom . I , p. 9,
50 a 53 ) è di opinione che superino lulle le sostanze
materiali e corporee , onde vi sieno più angeli che
stelle in cielo, che arene sul lido del mare, che foglie
su gli alberi; in una parola che altre creature. Nel
crearli gli arricchì di tanti doni di natura e di gra
zia, che fra essi e gli uomini anche i più dotti, i più
forti, i più sapienti, i più perfetti v'è una gran di
stanza. Essi, sostanze spirituali , intelligenti, immor
110
tali, di sapienza, di vivacità, di potenza, di grazia, di
bellezza, in una maniera straordinaria dotati. Capo di
loro, almeno uno de'capi, era Lucifero, di cui lo Spi
rito Santo , per bocca del profeta Ezechielle (c. 28)
solto la figura del re di Tiro, dice cose maravigliose
e stupende. Lo chiama pieno di sapienza , perfetto
9

nella bellezza , vestito di gioje le più preziose ; dice


>

insomma, che Dio aveva impresso in lui il sigillo di


sua somiglianza, e ne aveva formalo una bella copia
di sè medesimo. Tu signaculum similitudinis.
Creati che gli ebbe , prima di ammetterli alla vi
sione intuitiva di sè, e renderli con essa eternamente
beati, volle Dio che fossero per alcun tempo viatori,
1

e con qualche allo libero della loro volontà si meri.


lassero un tanto bene. Ma chi il crederebbe , se la
fede non cel rendesse innegabile ? Una gran parle di
essi si ammutino, si segregò dagli altri , e suscitò nel
cielo una rivoluzione , una guerra orribile e spaven .
tosa. Factum est prælium magnum in cælo ( Apost. 11).
Capo di tutti i ribelli fu Lucifero. Coslui ,5 veden
dosi arricchito di tanti doni , stollamente invanissi di
sè medesimo, e quasichè non li avesse avuli da Dio,
alzò temerario contro di lui la fronte ; spinse tan
t'oltre la sua superbia, fino a dire, come ci fa sapere
il profeta Isaia: Salirò sul più alto de' cieli , esalterò
sopra le stelle il mio Irono : stabilirò il mio testa .
mento, il mio regno ai fianchi dell' Aquilone, e sarò
simile all'Altissimo. In cælum conscendam , super.
6
>

astra Dei exaltabo solium meum, sedebo in monte te


stamenti in lateribus aquilonis, similis ero Altissimo
( Isaia 14). Anzi, dice il profeta Ezechielle, che arrivo
all'intollerabile eccesso di pretendere di sbalzar giù
dal suo trono lo stesso Dio, e far Dio sè medesimo :
Et dixisti Deus ego sum et in cathedra Dei sedi
( Ezech . 8).
Cagione di tanta superbia , secondo l'opinione di
parecchi teologi (1 ) , fu in Lucifero e negli angeli
suoi seguaci la rivelazione fattagli da Dio della fu
tura incarnazione del suo Verbo. Opinano essi che
loro manifestasse come questo Verbo sarebbesi un
dì unito all'umana natura in unità di persona, e, fat
tosi vero uomo , colla sua passione e morte avrebbe
redento l'uomo dal suo peccato , ordinandogli nel
tempo stesso che gli prestassero omaggio e lo ado
rassero qual suo vero Figlio, Parve questo al superbo
Lucifero e a'suoi compagni un torto , un'onta fatta
3

alla natura angelica più assai eccellente e nobile di


quella dell'uomo, e, gonfi di orgoglio, arsi d'invidia,
ricusarono temerarj di sottomettersi a lui ed adorarlo.
Che che ne sia di questa opinione, che ha molto del
probabile , è certo però che molti angeli peccarono ,
che il loro peccato fu di superbia , e che questo fu
il primo peccato e il primo oltraggio fatto dalle crea.
ture alla maestà infinita del Creatore. Vediamone ora
il castigo per argomentare dalla sua gravezza la somma
malizia del peccato e il gran male che è l'offendere
e il strapazzare Iddio.
Il castigo fu il più tremendo colpo , fra gli a noi 1
1 noti , che la divina giustizia abbia giammai scaricato
9

sovra le sue creature ; nè vi si può pensare senza


tremare e inorridire per lo spavento. Gli sbalzò in
un istante dal cielo , tutti in un fasvio li precipitò
parte sulla superficie della terra e parle nel più pro.
fondo abisso, dove tutti andranno poi a far capo dopo
il gran dì del giudizio : creò un fuoco orrendo che
cominciò subilo cruciarli, e li crucierà e incatenerà

( 1 ) Cornel. a Lap. Comment. in Sap. 14, V. 14. Isai. et


in Aq. 10, v. 18. Luc. 8. Chris. Instr. part. 2. Ragion. 15
n. 6, etc.
112
nell'inferno per tutta l'eternità . Cosi insegna la fede
per bocca del principe degli Apostoli e di altre sante
Scritture: Deus angelis peccantibus non pepercit, sed
rudentibus inforni detractos ' , in tartarum tradidit
cruciandos (2. Pet . 2 ).
Ma in questo castigo conviene esaminare alcune
circostanze , le quali ci faranno sempre più scoprire
la siia grandezza , e in conseguenza l'atrocità della
colpa che lo ha meritato . La prima circostanza è la
prontezza . Peccalo e pene in questo caso andarono
cosi uniti, che per dir così formarono un punto solo ;
non si tosto Lucifero e i suoi seguaci ebbero consu
mato il peccato della superbia col pieno e deliberato
consenso , che il fulmine dell'ira di Dio li colpì all'i
stante : colla velocità del folgoré , dice Gesù Cristo
medesimo, che in un haleno scende dal cielo in terra,
precipitarono essi nell'inferno. Videbam Satanam si
cut fulgur de cælo cadentem ( Luc. 10) .
Gran cosa è questa , uditori. Dio nel punire è di
sua nalura tardo , paziente e ritroso a segno , che a
>

un tal passo pare non sappia risolversi , e il profeta


Isaia la chiamò cosa a lui straniera , pellegrina e aliena
all'indole del suo amorosissimo cuore , che è tutto
honla e Irnerezza verso le creature : Alienum opus
ejus, peregrinui est opus ejus ab eo (Is. 5). Ed egli
stesso, parlando per bocca del medesimo profeta , ed
adaltandosi alla nostra maniera d'esprimersi , si la
menta di esser costretto talora di venire a questo
duro passo di castigare e prender vende de' suoi
nemici . Hru consolabor super hostibus meis et vindi
cabor de inimicis meis ( Id . 1 ) .
Quindi per non venirci , che non fa ? Accorda tem
po , manda ambasciate , ammette traltalive di pace ,
riceve scuse anche deboli e meschine, e nello stesso
punire va adagio, lempera ed allunga i colpi, per dar
1
113
tempo di tratlenerli. Così, p. e., al mondo , prima di
mandargli il diluvio , accordò centovent'anni. Prima
d'incenerir Sodoma ne trattò con Abramo , e si ri
dusse a perdonarle alla condizione che vi si fossero
trovati soli dieci giusti . Quanti profeti non ispedi a
Gerusalemme prima di sterminarla ? E quandó , ca.
duto il popolo d' Israello nell' idolatria del vitello d'oro,
voleva il Signore distruggerlo affatto , Mosè per pla
carlo , poleva addurgli scusa più debole di questa :
>

che se distrutto lo avesse , gli Egiziani avrebbero


mormorato di lui >, e delto che con furberia l'aveva
cavato dall'Egitto per ucciderlo nel deserto ? Eppure ,
l'ammise e si placó . E Faraone , per tacere degli
altri, con che riguardo distribui i flagelli, cominciando
dai più piccoli e andando a poco a poco crescendo
per dargli tempo a scansare colla penitenza l'ultimo
eccidio ?
Verso gli angeli però non - osserva alcuno di tai ri
guardi, non dà loro un momento di tempo, non am
mette trattative di pace, non manda ambasciate, non
riceve scuse, non mitiga i colpi : peccato e sterminio,
tutto ad un tratto. Oh Dio grande e terribile ! Quanto
pesa mai innanzi a Voi il peccato , chi può capirlo ?
Un'altra circostanza da ponderarsi in questo ca
" stigo degli angioli è la moltitudine e qualità dei de
linquenti. È opinione de’dottori e de' padri che il
numero degli angioli che prevaricarono sia la terza
parte di tutti , e ciò rilevasi dall'Apocalisse in cui
S. Giovanni attesta di aver veduto in cielo un mo .
struoso dragone , il quale cadendo giù sulla terra ,
colla sua gran coda trascinava seco la terza parte
delle stelle. Et ecce draco magnus... et cauda ejus
trahebat tertiam partem stellarum coli, et misit eas
in terram (Apoc. 12). Per questo gran dragone l'a
postolo profeta intende manifestamente Lucifero, ossia
BIAMONTI. T. I. 8
114
Satanasso, e quella terza parte di stelle che seco tira,
non può altro significare che gli angeli che a lui si
unirono nella ribellione. Posta questa opinione , che
senza temerità non potrebbe impugnarsi , ne viene
che il numero degli angeli ribelli , benchè siano la
sola terza parte di tutti insieme, è sterminato ed im
menso. E se prestiam fede al gran dollor sant'Am
brogio , che fa ascendere il numero degli angeli a
cento volte più di quello di tutti gli uomini, il nu
mero de' ribelli convien dire che sia il più di trenla.
Or chi è che possa calcolare i milioni di uomini che
sono vissuti , vivono e vivranno su questa terra fino
al suo termine ?
Ahl una moltitudine sì immensa di creature, crea
ture nobilissime , fornite da Dio di tanti doni di na
lura e di grazia, tutte di gran lunga superiori ai più
gran re, ai più gran dotti e agli uomini più sublimi
e rari di questa terra, pare che avrebbe dovato muo:
vere Iddio a trattenere il flagello dell'ira sua , o al
>

meno mitigarne il colpo. Secondo le leggi del mondo,


Peritus in arte non debet mori. A un reo , s'è in
qualche arte eccellente , si salva la vita ; se tutto il
popolo di una gran metropoli pecca contro il suo
principe, se ne dissimula il delitto e si perdona : Ob
populum multum crimen pertransit inultum . Al più,
si castigano i capi e la moltitudine si risparmia. An
che ad una gran nobiltà, nei tribunali del mondo, si
usano dei riguardi, e se non giova a togliere , serve
almeno per mitigare al nobile delinquente la pena.
Nel tribunale però tremendo di Dio , rapporio agli
angeli simili ragioni nulla si valutano. Sono molti ! lo
siano ! È grande la loro nobillà ed eccellenzal non
importa. Tulli han peccato ; portino la stessa pena.
E qual pena ? Già l'abbiamo accennala disopra : ma
qui spiegamola anche meglio. Sono spogliati di tutti
115
i doni di grazia e in gran parte ancor dei doni di
natura ; sono esclusi per sempre dalla beata visione
di Dio, cui erano vicinissimi ad entrare. Principi de
signati a formare la corte più nobilễ del re sovrano
del cielo e della natura , sono come schiavi vilissimi
precipitati giù nell'abisso ; le sedi di gloria che li
aspettavano in cielo , si son cambiatè in ergastoli di
pene orrende nell'inferno ; da angeli són divenuti de
monj; la loro gran bellezza si è cambiata nella più
sozza , mostruosa bruttezza ; insomma , da creature
avventurale e felici , prediletle e contraddistinte da
Dio , sono divenute le più misere, le più infelici , le
più orrende, le più abbominevoli, maledette , odiate ,
perseguitate da Dio, e da lui condannate a un fuoco
orrendo, da cui, ciò che monta il più e mette il colmo
alle loro pene, non usciranno in eterno. O tremenda
giustizia di Dio, o malizia incomprensibile del peccato !
Aggiungete che vi'erano altre ragioni che favori
vano gli angeli, e le quali, a noi che nelle vie di Dio
vediamo assai poco , pare avrebbero dovuto mitigare
il suo sdegno e disarmargli la destra . Il loro peccato
fu di semplice pensiero"; fu uno solo , fu il primo;
non avevano veduto alcun esempio di castigo ; nè
s’imaginavano sicuramente che si dovesse punire con
una pena sì orrenda e istantanea. Inoltre Dio sa peva
benissimo che, fulminandoli così , si formava un po .
polo immenso di nemici, nemici implacabili, vernici
che lo avrebbero odiato e bestemmiato in eterno, ne .
mici che avrebbero tirato al loro ' partito l'uomo e
avrebbero empito il mondo di scelleratezze , di em
pielà, d'idolatrie, e lirale all'eterna dannazione innu
merabili anime; e quel ch'è più , non ignorava la
guerra ostinala che avrebbero mossa al gran mistero
della sua futura incarnazione, cercando a lulla possa
di frastornarla e impedirne gli effetti, e come avreb
116
bero perseguitato a morte il suo Unigenito fatto uomo,
atlizzando contro di lui gentili, ebrei , principi e re
della terra fino a farlo morire sopra il più infame e
crudele di tutti i patiboli, quale è la croce.
Tutte queste ragioni e molte altre ancora che a
noi saranno ignote, Dio , che è un'infinita sapienza ,
le penetrava tutte , ne conosceva appieno il valore e
la forza , e non di meno , poste nelle bilancie rettis-,
sime della sua giustizia a confronto del peccato, que
sto coll'orrendo suo peso traboccò al disolto, nè val
sero perciò a risparmiare o a sospendere, od a miti.
gare agli angeli infelici il fatal colpo.
E chi allo scroscio orribile ,> tremendo , inaudito di
questo colpo che atterrò in un istante tanti milioni
di si nobili creature , dato da un Dio per altro sì
buono , sì pietoso , o come abbjam detto , sì dal pu
nire alieno, e dato per un peccato che pet tante ra .
gioni parea perdonabile, chi, dico , non inorridisce ,
>

non trema ?,.. Chi non conoscerà e confesserà essere


il peccato mortale un male sommo, infinito ? 0 voi ,
che per usare le frasi della santa Scrittura , vel be
vete come acqua, che il commettete scherzando , che
giungete all' orribile cecità di chiamarlo un bene , a
ve ne gloriate e fate vanto anche di quei peccati che
non mai avete commessi , al lume di questa verilà ,
che ve ne pare ? che dite ? Seguiterele a peccare ?...
Ma se Dio ,7 dirovvi con s. Bernardo , non ha perdo
nato ad una quantità si immensa di spirili nobilis
simi, perdonerà a voi, putredine e vermi? Si super
bientibus angelis Deus non pepercit, quanto magis tibi
putredo et vermis ? Nei vasi d'oro che può dirsi fos
sero gli angeli a confronto di voi , non ha sofferto
una sola macchia , soffrirà in yasi di crela vile come
siete voi lante lordure? in voi, che peccate dopo tanti
esempi di castigo, dopo tanto spazio di penitenza che
ilm
Dio vi accorda, dopo la venuta del Redentore che sa
pete e credete esser venulo al mondo, aver patito ed
esser morto sopra una croce per distruggere il pec
cato, i vostri peccati aggravati da tante circostanze li
soffrirà 9

Secondo punto.

Direte forse che gli angeli peccarono in cielo è


voi in terra , che essi eran angeli, cioè puri spiriti,
e voi siete uomini composti di carne, deboli, fragili e
per natura inclinati al male ? Vediamo dunque come
Dio ha trattato Adamo che peccò sulla terra, che era
uomo composto di carne come noi, il quale, sebbene
non fosse debole e fragile quanto noi , nè avesse la
natura guasta e corrotta quanto quella che ha tra.
mandato a noi , aveva però in suo favore molte è
molte plausibili ragioni , per le quali pare a prima
vista che Dio avrebbe dovuto dissimulare il suo fallo
e non punirlo con tanta severità come fece.
La prima di queste ragioni è la qualità della sua
colpa. Non può negarsi che per rapporto alle circo.
stanze estrinseche da cui fu accompagnata non fosse
gravissima. Adamo era il capo di tutta la natura
umana ; era stato favorito da Dio di singolarissimi
doni ; aveva la mente piena di cognizioni e di lumi ,
il cuor retto, l'anima ricolma di grazie e per queste
e molte altre ragioni doveva onninamente al suo
creatore e insigne benefattore l'omaggio dell'osser
vanza della sua legge, e il negarglielo fu certamente
un gran fallo ; ciò non ostante , se di queslo fallo si
esamina la natura intrinseca e specifica , secondo la
dottrina dell'angelico dottor s. Tommaso (L. 2 q. 163,
art. 3), non fu più grave di molti altri peccati, trat
tandosi di una materia per sè stessa leggiera , qual
118
era mangiare un pomo; e certamente le bestemmie,
gli spergiuri, i furti, le disonestà e gli omicidj consi,
derati in sè stessi , son ben altri peccati che questo ,
Inoltre pare che Adamo, meritasse qualche compas :
sione per esser caduto , non per pura malizia o
disprezzo positivo e diretto del divio comando , ma
per condiscendenza alla donna, la quale è da credere
che con preghiere, con vezzi, con lagrime avrà usata
una specie di violenza al suo troppo tenero cuore.
Di più il suo peccato fu uno e fu il primo, nè aveva
veduto ancora esempio alcuno di castigo ; è sebbene
Dio gli avesse minacciata la morte tantosto avesse
mangiato il pomo vielalo , l'esempio della consorte
3

che viveva e stava benissimo, quanlunque se ne fosse


cibata , poteva lusingarlo essere stata quella una purą
minaccia che non dovesse poi eseguirsi col fatlo . E
finalmente la sua stessa dignità di capo di tutto il
genere umano , e i danni immensi che ne sarebbero
>

avvenuti alla sua innocente e innumerabile posterità >,


in caso di castigo, poteane dargli a credere che Dio
avrebbe dissimulato o non rigorosamente punilo‘il
suo fallo ..
Queste ragioni , che a noi poveri ciechi sembrano
di gran forza, da Dio , che è un'infinita sapienza e
che perfettamente conosce la somma malizia del pec
calo >, si valutaron per nulla. Egli ebbe la disubbi
dienza di Adamo per un sommo male e orrendamente
la castigò. Esaminiamo questo castigo, e sempre più
ci scoprirà la somma bruttezza di un tal mostro.
Appena Adamo ebbe mangiato il pomo fatale e
consumalo con esso il peccalu, perdè in quell'istante
la grazia santificante , i doni dello Spirito Santo , che
l'accompagnano, gli abiti delle virtù che con loi s'in
fondono e tutti i doni sopranarrati, di cui il Creatore
aveya ja dovizia arricchito. Divenne un oggetto di
119
abbominazione e di orrore agli occhi di Dio , se ne
impadroni il demonio da cui si era lasciato sedurre
per mezzo della sua troppo amata compagna ; per
delle il diritto di cui era investito, mediante la sud
della grazia , alla beata eredità del cielo , e divenne
reo della pena eterna dell'inferno . Più : perdè la giu
stizia originale , dono singolarissimo per cui, come
insegna l’Angelico ( ) , il tutto era in lui ordinato e
rello, le sue passioni innocenti e all'impero della sua
ragione soggette ; i suoi sensi , i suoi appetiti e le po
tenze inferiori della sua anima subordinate alle su
periori : la sua anima quasi naturalmente portata a
Dio , onde il ricordarsi di lui conoscerlo ed amarlo
eragli facilissima cosa ; invece vi subentrò la confu
sione, il disordine ed una guerra intestina fra la carne
e lo spirito, fra le passioni e la ragione, fra i sensi e
la mente , fra la legge di Dio e la legge malvagia
delle membra . Più ancora , Dio lo aveva falto immor
tale : Deus creavit hominem inexterminabilem ( Sap. 2) .
O nascesse in lui questa immortalilà da quella per
fetia armonia che passava tra l'anima e il suo corpo,
come è di sentimento l’Angelico (2) ; o vero dovesse
ricavaria dal frutto dell'albero della vita , di cui potea
sempre cibarsi come credono altri , è certo che non
sarebbe mai morio. Ma ohime! commesso appena il
peccaio , la morte s'impadroni di lui, e con lei ven .
nero i tristi forieri di morte , malaltie , dolori , angu.
stie, agonie e vermini, e la putredine e la polvere che
la seguono.
Chi non direbbe che ciò bastar dovesse a punire
un solo peccato ? Eppure no : un cherubino minac.
cioso , armato di spada di fuoco, lo caccia insieme
( 1) L. p. q . 95 art. 5. q . 100, art. i . ad % .
(2 ) L. 2 q. 161 , art. I.
alla rua consorte dal paradiso di delizie in cui Dio
lo aveva posto : è confinato su questa terra la quale ,
maledetta da Dio per il suo peccato, non gli produce
da sè che triboli e spine : in essa qual vile schiavo
è costretto a procacciarsi il pane col sudor del suo
volto, e soffrire una perpetua guerra dai cieli , dagli
elementi , dalle bestie e dalle creature tuite, chè, es
sendosi egli ribellato da Dio , per giusto giudizio di
lui, si sono armate contro di esso ; e novecento anni
di penitenza che fece, sebbene gli ottenessero il per
dono del suo peccato in quanto alla pena eterna, non
bastarono però a placare lo sdegno di Dio , cosicchè
se ne dimenticasse del lutto e cessasse dal più pu
nirlo ; anzi i colpi terribili della sua tremenda giustizia
si estesero a tulla la sua innumerabile posterità che
egli aveva infettata nella sua radice e resa partecipe
della sua colpa .
E qui, uditori amatissimi, qual nuovo orribile spet
tacolo ci si apre allo sguardo ? Chi può ridire i ca
stighi che Dio ha scaricato , scarica e scaricherà fino
alla fine del mondo sopra il genere umano per il
peccato di questo suo capo ? Chi può calcolarne il
numero , chi misurarne l'ampiezza, chi penetrarne la
profondità e il peso formidabile e orrendo? Lascia
mo da parte i morbi , le pesti, le guerre , le fami, i
terremoti e mille altri flagelli che lo hanno percosso
e lo percuoteranno in appresso ; diciam sol di quello
che è il più terribile di lutti, nè può evitarsi da al
cuno , cioè la morte . Sono ormai sei mila anni che
questa tiranna signoreggia nel mondo e fa strage delle
umane generazioni; queste, secondo l'opinione degli
2

eruditi , si fanno ascendere a mille milioni tra uomini


e donne , e si cambiano l'una per l'altra ogni tren
t'anni. Falto il calcolo, a quest'ora la morte si è di
vorati circa duecento miliardi de' miseri figli d'Ada
121
mo : a questi aggiungete quelli che seguiterà a divo.
rarsi fino alla consumazione dei secoli, che Dio solo
sa quanti saranno. Or imaginatevi di vedere tutti in
sieme questi innumerabili milioni di morti. Oh Dio !
che spettacolo , che orrore .... chi gli ha uccisi, chi è
causa di una strage sì'orrenda ? Il peccato di quel
primo lor padre. Giustizia di Dio , siete soddisfatta ?
No, risponde , no , che nol * sono. Eccovi dunque un
>

numero immenso , e a voi solo noto, di teneri par


>

goletti morti con questo peccato , contratto da essi


senza lor colpa altuale, ma solo perchè erano inclusi
nella volontà di quel ribelle lor genitore, i quali chiusi
in sotterranei chiostri saranno in eterno privi di voi,
bene infinito , ed esclusi per sempre dalla beata im
marcescibile eredità del vostro paradiso. Siele or pa .
ga ?... No, non lo sono. Ahl permettetemi che io ripi
gli : una pena cosi tremenda di tanti poveri bambini
per parte loro innocenti non basta a placarvi ? Siete
voi pure un Dio d'infinita bontà e misericordia ; amate
pure con modo speciale i teneri fanciulli, i quali go
deste un dì che vi venissero attorno , e vi degnaste
non solo di benedirli, d'impor loro sul capo le vostre
santissime mani ma perfino di teneramente abbrac
ciarli. Sinite parvulos venire ad me. Et complexans
eos, et imponens manus super illos , benedicebat eos
(Mar. 10. 14). Come dunque la perdita di tanti mi
lioni di essi non v'intenerisce 9 ... Ah ! tu non sai che
cosa sia peccato .
Via su , dunque vi muovano, a pietà e arrestino il
flagello dell'ira vostra tanti milioni di uomini, i quali
non solo hanno subita la morte in pena del peccato
originale , non solo saranno privi in elerno della via
>

sione beatifica del vostro divin volto , ma di più per


causa, benchè non sola, di questo peccato sono dan.
nati, e gemono, e gemeranno per tutla la eternità fra
122
i più atroci tormenti giù nell'inferno. Tante vittime
sacrificate alla vostra giustizia non bastano a soddi
sfarla ? No : non hastano .
O tremenda , ma sempre retta , adorabile giustizia
>

di Dio ! basti a placarvi il vostro stesso unigenito di


lellissimo Figlio , il quale s’è falto a voi ubbidiente
fino alla morte, e morte di croce ; con tal ubbidienza
vi ha pur data una soddi -fazione condegna, anzi in
finitamente maggiore della disubbidienza di Adamo :
il vostro onore è compensato con infinita sovrabbon
danza ; il dono, come ci dile voi per bocca del vostro
Apostolo, ha vinto e superatır il delitto : Non sicut
deliclum , ila et donum (Ad Rom . 5. 15) . Dunque
cessale dal più prender vendella di questo peccalo :
togliete di mezzo i suoi perniciosi effetti, restituite
l'uomo allo stato della primiera integrilà in cui lo
creaste al principio .
Chi non direbbe, miei cari fratelli, che così dovesse
succedere ? Eppure no : nonostante una redenzione
così copiosa, dopo tante fatiche, sudori e stenti, stra
pazzi e tormenti sofferti dal Figlio di Dio : dopo aver
versato tutto il suo preziosissimo sangue , dopo aver
subito la più crudele ed infame di tutte le morti, la
giustizia di Dio seguita ancora a puvire il peccalo di
Adamo. Una sola goccia di quel sangue divino, anzi
un sol sospiro mandato al cielo dall'Uomo-Dio bastava,
in rigor di giustizia, a soddisfare i peccati di tulio il
mondo, ' e di mille ancora se stali vi fossero ; éppure
talle insieme le pene, lutii i tormenti , il sangue e la
vita sacrificata da lui sulla croce, non è bastata a sod
disfare in tutto quel gran peccato : non per difetto
del prezzo shorsaló da” Cristo, che è , come ho detto,
di valore 'infinito ma rapporto alla di lui applicazione.
Dio, affinchè gli uomini capissero una volta il gran
male che è l'offenderlo, non ha voluto applicare la
123
passione si tormentosa del suo divin Figlio a togliere
dal inondo tutti i tristi effetti di quella colpa; quindi
anche dopo la redenzione di Cristo , i bambini che
muojono senza battesimo seguitano a restar privi della
beata visione di Dio : la morte esercita lo stesso im
pero sopra i figliuoli degli uomini; il demonio trionfa
ancora di molti : la concupiscenza è tuttavia ribelle,
e innumerabili anime pur troppo in sequela di quel
peccato vápno eternamente a perire.
Oh Dio! e che può dirsi di più ? Chi mai dopo ciò
sarà di mente si ottusa e di cuore sì duro , che a
prove sì certe, sì evidenti e palpabili non voglia per
suadersi dell'infinita malignità del peccato ? E si tro
verà ancora chi l'ami , l'accarezzi e se ne vanli ?...
Chi anzi non ne concepirà orrore e spavento, e non
>

piangerà ama : amente quelli che ha commesso ? Cre


derem forse noi : i nostri men gravi, di quelli di Ada
mo? Ma in quanto alla materia già vi ho dimostralo
che il sono di più. Il sono anche pel numero. Adamo
peccò una sola volta, e noi forse abbiamo peccato le
cento e mille volle. Adamo peccò , ma nori aveva ve,
duto mai alcun preventivo castigo dalo agli uomini
per il peccato : non aveva ollenulo altre volte il per
dono, non aveva promesso a Dio di non più offen
derlo in avvenire. Noi, al contrario, pecchiamo dopo
innumerabili esempj di tremendi castighi fulmivali
da Dio contro la colpa ; pecchiamo dopo che egli ci
ha benignamente accolto e perdonato molli e molti
peccati; pecchiamo dopo le più solenni, e reiterale
proteste di non più strapazzarlo ed offenderlo in ap
presso. E queste circostanze non aggravano al disopra
di quello di Adamo i nostri peccati ?
: Ma ciò che loro dà un peso anco più enorme è,
che Adamo pecco prima della passione e morte del
Redentore, nè da quelle pene orrende da lui sofferte ,
1241
nè dalla profondità delle sue piaghe, ne dalla profu
sione totale del suo divin sangue , nè dalla acerbità
della sua croce aveva polulo ancora 'apprendere l'in
finita malignità del peccato. Questa gran scuola però
è aperta per noi : noi abbiamo sotto gli occhi gli
esempj di questo Uomo-Dio ; e non ostante pecchiamo.
Che segno è questo , se non che siamo in questa
>

scuola ignoranti, e poco o nulla fissiamo lo sguardo


a questo divino esemplare ? Fissiamovelo almeno
adesso, e passiamo per ultimo a considerare l'incom
prensibile enormità del pecralo , nella maniera or
renda con cui la giustizia di Dio ne ha punito la sola
ombra in quel suo innocentissiino e dilettissimo Figlio .
Terzo punto .

Questo è il vero punto di vista per iscoprire la de.


formità orribile del mostro di cui trattiamo. Lo ster
minio degli angeli ribelli , il castigo di Adamo e i
flagelli tutti che Dio ha scaricato successivamente so
pra dei peccatori, e le pene stesse terribili dell'inferno
con cui Dio li punirà per secoli eterni, non han po
tuto e non possono darcene una giusta e adeguata
idea : in esse Dio ha sempre punito il peccato come
dicono i teologi citra condignum , cioè meno del me
rilo : la sua infinita giustizia vi è sempre rimasta in
vendicata , chè non essendo possibile che le crealure
>

anche tulle insieme possono dare una giusta e rigo


rosa soddisfazione per la minima ingiuria falla al Crea .
tore, vi voleva una creatura di meriti infiniti, la quale
fosse lutt'insieme creatore e creatura , uomo e Dio.
Ed eccovi, o cristiani, il fine del gran mistero del
l'incarnazione del Verbo . Questo Verbo divino non
per altro uni a sè l'umana natura in unità di persona,
e restando sempre Dio si fece vero uomo, se non per
125
dare a Dio nell'umanità assunta una soddisfazione
condegna per i peccati del mondo, auzi infinitamente
maggiore : almeno questo fu il fine più alto e su
blime. Qucm , così l'Apostolo parlando di Cristo, Quem
proposuit Deus propitiationem per fidem in sanguine
ipsius, ad ostensionem justitice suce (Rom. 3, 25). Non
volle quest'Uomo- Dio che si vedesse questo gran di
sordine, un Dio offeso, un Dio ingiuriato , e non mai
soddisfatto abbastanza: una giustizia infinita sempre
al disolto senza mai ricevere un onore proporzionato
alla sua infinita grandezza, Perciò, entrando nel mondo.
si addossò i peccati di tutti gli uomini ; ed egli ch'era
l'istessa santjà e innocenza, si fece quasi il peccatore
unico e universale, e, come dice l’Apostolo, e noi ab
biamo già detto di sopra , quası lo stesso peccato,
Eum qui non noverat peccatum pro nobis peccatum
fecit (Cor. 5).
Allora fu che'rivolto all'elerno suo Padre, gli disse,
come ci fa sapere egli slesso per bocca del santo re
David e dell'apostolo Paolo (Ps. 39, Hebr. 10) : Padre !
io so che le vittime, le oblazioni e gli olocausti offertivi
finora per il peccalo non han potuto nè mai potranno
soddisfare la vostra giustizia : eccomi dunque, che in
questo corpo capace a palire che mi avele dato, a voi
mi presento e mi offro a darvi questa soddisfazione,
Ingrediens in mundum dicit ; Ostiam et oblationem
noluisti , corpus autem aptasti mihi.... Ecce venio :
in capite libri scriptum est de me : ut faciam , Deus,
voluntatem tuam Deus meus, volui et legem tuam in
medio cordis mei. Così si fece vittima universale per
i peccati di lutti gli uomini, se ne caricò le spalle e
si esibì a soddisfarli, e l'eterno Padre accettò l'offerta,
ed anche egli pose sopra di lui l'orrendo peso delle
nostre iniquità. Posuit Dominus in eo iniquitatem
omnium nostrorum (Is. 53, 6).
126
Venuto il tempo del gran sacrificio l odio infinito
che Dio porla al peccato lo rivolse tutto contro que
sto suo figlio , che per altro era l'oggetto delle sue
>

tenerezze e compiacenze divine : Super me confirma.


tus est furor tuus ; et omnes fluctus tuos induxisti
super me ( Ps. 87, 8) . Ed aimėl chi può capire , non
che esprimere i colpi orrendi scaricati dalla sua tre
menda giustizia sopra di lui ? Per brevità di tempo
contentiamoci di accennare soltanto alcuni pochi. Lo
abbandonò in braccio di uomini barbari, crudeli e spie .
tati, e non solo di questi, ma dei demunj ancora, dando
loro potestà di irattarlo alla peggio che avessero sa
puto : collegali questi insieme, e inferocile contro di
lui le genti, i principi e i re della lerra, le oppressioni,
le ingiustizie e le .crudeltà che usarono , fanno inor
ridir la natura; nè si potrebbero credere so tutta Ge.
rusalemme non ne fosse stata spellatrice, e gli evan
gelisti non le rendessero innegabili. Qual uomo, per
quanto fosse infame, scellerato, empio e malvagio , è
stato mái trattato come lui, che pure , se non per
Figlio di Dio, ciò che si credeva da pochi , era però
>

da tutti "tenuto per uomo giusto, santo, proſela pieno


di riputazione e di gloria ? Per lui si corruppero i le
stimoni, si calpestarono tutte le leggi, si acciecarono
tutti i tribunali, si perdè ogni idea di giustizia , di
onestà, di umanità e di ragione. Quindi per isliaziarlo
èd opprimerlo s'inventarono nuovi generi di supplizi
barbari, crudeli e inauditi presso le genti anche le
più feroci. E quando mai si sono scaricate sopra di
un uomo tante migliaja di balliure come sopra di
lui , conosciuto e confessato innocente, sol per soddi
sfare le sanguinarie voglie de'suoi nemici ? Chi ha
mai saputo inventare, non che eseguire, un tormento
si crudele qual'è la coronazione di spine, colla giunta
di mille villanie, spuli, schiaffi , insulti; e tutto ciò
127
per trastullo, e sotto gli occhi di un giudice che tace
e col silenzio approva un'oppressione si ingiusta e
barbara ?
Che dirò della sua condanna alla morte, e morte
di croce , cioè la più crudele e infame di tutte ? Oh
Pilato ! Tu ti protesti in pubblico di non trovare in
lui colpa veruna, sai che i sacerdoti te l'hanno dato
in mano per pura invidia, lo dichiari in faccia di tutto
il popolo uomo giusto, e lo condanni nel tempo stesso
alla morte degli uomini più scellerati ? E voi, carnetici,
chi v'insegnò a caricare un povero paziente dello
strumento del suo supplizio , chi ad abbeverarlo di
fiele, chi a slogargli di soprappiù iutie le ossa ? E
voi, scríbi e farisei, mostri infernali, come vi basta
di vederlo spasimar sopra un patibolo, dove si com
patirebbe anche una bestia , ma di più lo insultale
con ironie, scherni e sarcasmi ?
Ah ! cristiani! Come si possono spiegare oppres.
sioni, barbarie e crudeltà simili , se non salendo in
1 alto e riconoscendo in esse la tremenda giustizia di
Dio, la quale non già concorrendo direttamente alla
malizia degli uomini, ma servendosi di essa come di
istrumento, volea,punire nel figlio i peccati del mondo
in una maniera degna di sè ? Ad ostensionem justi
tice suce Propter scelus populi mei percussi eum .
E questa vedele, è la ragione per cui l'elerno Padre,
quasicchè non sapesse o non vedesse il barbaro scem
pio che si faceva di questo sus dilellissimo Figlio ,
tacque, dissimulò , nè gli prestò mai alcun ajuto fuor:
chè confortandolo a più patile. Gran cosa ! Egli è lullo
viscere di pietà e di tenerezza verso di luiti, ma par
licolarmente verso i tribolati, gli afthitli e gli oppressi,
onde liberò Isacco dal sacrilicio , Giobbe dalle pene ,
Lot dalle fiamme , Daniele dal lago de'leoni, i tre
fanciulli dall'ardente fornace, Susanna dalla morte, e
128
così infiniti altri; e di questo suo Figlio mostra di non
aver pielà , di non sentire compassione , lo lascia in
abbandono ? Chi non avrebbe creduto che colà nel
l'orto , quando prostrato a'suoi piedi colla faccia per.
terra, angustiato a morte per l'apprensione della sua
imminente passione , e grondante sangue da tutto il
corpo, il pregava a risparmiargli quel calice sì amaro,
lo dovesse esaudire ? È vero che quella preghiera non
era assoluta e procedeva più dall'orrore del senso
che dalla sua ragione ; ciò non per tanto, siccome in
Cristo tutto era sommamente stimabile , questa sua
naturale inclinazione meritava di essere esaudita più
che le preghiere assolute di lutti i santi ; eppure il
padre non l'ascoli).
E slando sulla croce in un mare di pene, non pare
che lo avrebbe dovuto liberare ? Specialmente che dal
lasciarvelo perire i suoi nemici prendevano motivo di
dileggiarlo e schernirlo come un ribaldo che si era
falsamenle spacciato figlio di Dio ? Eppure ve lo ab
bandonò : abbandono così tormentoso a Gesù Cristo
che se n’ebbe a lagnare col Padre egli stesso ; Deus,
Deus meus, ut qui dereliquisti me ? (Matt. 27, 46) e
per cui principalmente i suoi dolori crebbero a tal
segno che divennero simili a dolori d'inferno : Dolores
inferni circumdederunt me (Psal. 17. 16). '
Perchè tutto questo , miei cari uditori ? Perchè ?
Forse perchè il Padre non amasse più questo suo
Figlio, o che la divinità si fosse separata dalla san
tissima umanità nel tempo di sua passione ? No; chè
sarebbe grande errore il crederlo ; la ragione è perchè
essendosi Gesù Cristo addossati i nostri peccati , la
giustizia di Dio volle prenderne in lui una soddisfa
zione degna di sè ; ed egli volle dargliela con patire
e soffrire quanto meritavano i peccati medesimi : Ad
ostensionem justitice suce.
129
E chi dopo ciò non si illuminerà a conoscere l'or.
renda malizia del peccato mortale ? Aimé ! E che male
è questo che irrita segno la giustizia di Dio che
non perdona nemmeno a suo figlio tosto che nel vede
coperto, benchè fosse d'altri e non suo ? Proprio filio
non pepercit ( Rom . 8, 32). Che non abbia perdonato
agli Angeli è una prova evidente , come abbiam ve
duto , della somma malignità del percalo e dell'odio
infinito che Dio gli porta : ma alla fine erano semplici
creature , erano rei e il lor peccato era assai grande.
Che abbia di poi punito Adamo cogli anzidelli tre
mendi castighi , anche questo spaventa e mostra ad
evidenza quanto sia grave e quanto egli abbomini il
peccato , ma pur Adamo fu un ribelle , un disubbi
diente , un ingrato . Ma non perdonare al proprio figlio,
figlio non adottivo , ma vero e della sua stessa so
stanza ; figlio' che non solamente non gli aveva dato
mai alcun disgusto, di cui era incapace , ma ne aveva
sempre eseguito in tutto la volontà , nè mai altro cercato
che il suo onore e la sua gloria ; figlio innocentissimo
il quale , sebbene si fosse addossati i peccati degli
uomini , non ne aveva però contratta macchia veruna ;
che a questo figlio non perdoni, ma versi sopra di lui
il calice dell'ira sua contro il peccato , e glielo faccia
sorbire sino all'ultima feccia , nè cessi mai dal punirlo
finchè nol veda sazio di obbrobri e di pene ,
niorto
sopra una croce, ah ! questo è un mistero di giustizia
incomprensibile agli uomini, agli angeli , e noto in
>

tulta la sua estensione a Dio solo che l'ha eseguito ,


ed è la prova più evidente e più splendida dell'infinita
malizia del peccalo . Guardalo , o uomo , li dirò con
S. Bernardo, e nella profondità delle sue piaghe, nel
l'acerbità delle sue pene, nel suo sangue prezioso fino
all'ultima stilla versato, e nella morte così ignominiosa
e crudele che gli convenne soffrire per i tuoi peccati,
BIAMONTI. T. I.
130
conosci quanto siąn questi gravi ed enormi: Agnosce, o
homo, quam gravia sint vulnera pro quibus necesse fuit
Christum Dominum vulnerari (Serm. 3 in Nativ. Do.
mini). Ahl che chi a questo tratto della tremenda
giustizia di Dio verso un suo figlio percosso, straziato
è morto per il peccato non ne concepisce orrore, nol
detesta e nol piange, o è senza fede, o senza cuore...
Ma tremi costui alle parole che disse Cristo a quelle
donne pietose che piangevano vedendolo andare alla
morte : Filiæ Jerusalem , nolite flere super me sed
super vos ipsas flete, et super filios vestros.... Quia
si in virido ligno hæc faciunt, in arido quid fiet
(Luc. 23. 26)? Non piangete sopra di me, ma sopra di
voi e dei vostri figliaoli, imperocchè, se il legno verde
è trattato così, del secco che sarà ? e voleva dire :
Se me innocente, senz'ombra di colpa, Figlio di Dio,
!' Eterno mio padre punisce così, di voi, rei di tanti
peccati, di voi, creature vili ed ingrate, che sarà ? La
sua giustizia, così terribile sopra di me per i peccati
altrui, sarà pietosa a voi per i peccati vostri ?
Ahl cristiani mieil ad up argomento di tanta forza ,
non vi è altra risposta che prostrarsi ai piedi di que.
șt Uomo-Dio sacrificato per noi, e detestare, abborrire
e piangere amaramente i nostri peccati.
Siam qui dụnque ai vostri piedi, caro ed amabilissimo
Redentore, colla fronte umiliata, col pianto agli occhi
e col cuore Irafilto da dolore di avervi le tante volte
offeso e strapazzato. Deh ! per quella immensa ca
rità che vi ha mosso ad addossarvi i nostri peccati, e
ad espiarli con tante pene , con tanto sangue e con
una morte così ignominosa e crudele , muovetevi a
pielà di noi : perdonateci, caro padre, placaleci voi
l'ira di Dio ; trattenete i fulmini di sua tremenda giu
stizia, che pur troppo confessiamo di aver meritati.
E voi, o grande, p infinito, o tremendo Dio, per amore
131
di questo vostro figlio sacrificato e morto per noi ,
perdonate a' vostri miseri schiavi ! Attende in filio quo
propitieris in servo (Agost. Med. cap 6, 8). Mirate il
sacrificio del suo corpo innocente, e rimettete i de.
litti del nostro reo e colpevole. Vide carnis Sacra.
mentum , et remitte carnis reatum ; e poichè la nostra
carne indegna e ribelle ha meritamente irritato contro
di noi il vostro sdegno, la sua carne innocente e pu
rissima per noi percossa , straziala ed esangue, vi
muova a pietà e perdono : Et sicut caro te lacessivit
ad iram, caro te flectat ad veniam .
F

‫܀ܪ‬

MEDITAZIONE V.

Sopra la morte del peccatore.

Uno de' più terribili effetti del peccato, la cui somma


malizia meditammo nelle due passate meditazioni , è
la morte; Per peccatum mors ( Rom. 5, 12). Dio creò
l'uomo immortale e lo collocò in un paradiso di de
lizie, imponendogli per segno di sua sovranilà la legge
di non mangiare del frutto dell'albero della scienza del
bene e del male, posto in mezzo à quel delizioso giar
dino, minacciandogli la morte qualunque volta se ne
fosse cibalo. I nostri progenitori, sedotti dal maligno
serpente che lusingolli, non morirebbero, trasgredirono
il divino comando, colsero e mangiarono il fatal pomo.
Non si tosto l'ebbero trangugiato e commesso il pec
cato che Dio giustamente irritato fulminò loro la mi
nacciata sentenza con quelle tremende parole : Pula
vis es et in pulverem reverteris. Da quell'istante entrò
nel mondo la morte : Adamo ed Eva ne divennero
schiavi, e poichè il loro peccato si contrasse da tutta
la loro infelice posterità, tutti gli uomini ne diven
nero schiavi ugualmente, diffondendosi in tutti l'ine
sorabil legge di morle : In omnem hominem mors per:
translit (Dom . 5, 12 ) .
Dio però, che ' è tesoro infinito di bontà , e la cui
sapienza non ha misura, onde sa e vuole ritrarre il
bene dallo stesso male , della morte ha formato un
rimedio efficacissimo contro il peccato ; ha cambiato
153
il veleno in medicina , colla morte ha somministrato
all'uomo l'arma più potente per isbandirlo e annien ,
tarlo : Memorare novissima tua et in æternum non
peccabis ( Eccl. 7.40) . O altezza della sapienza e della
scienza di Dio, quanto profondi e incomprensibili ne
sono i giudizi e imperscrutabili le di lui vie !
Noi dunque, per sempre più stabilirci nell'odio con.
tro il peccato , e tenerlo per sempre da noi lontano,
giacchè questo è il primo e massimo frullo che trar
dobbiamo dai santi Esercizi ,> Iste est omnis fructus
ut auferatur peccatum (Is. 27, 9), meditiamo seria.
mente la morte... Di due sorte di morte ci parlano
in più luoghi le sante Scritture : una pessima , l'al
tra preziosa ; una paragonala ad un'orribile tempesta,
l'altra a un dolce sonno ; una che sarà accompagnata
da molti mali, l'altra da somma allegrezza. La prima
sarà quella de' miseri peccatori, la seconda toccherà
2
in sorte agli avventurali giusti : meditiamo ambedue
queste morti cominciando ora da quella de' peccalori,
Prendiamo l'idea e la divisione de' punti della me
ditazione dalle parole di s. Bernardo , il quale com
mentando il testo novissimo del salmo 33 , in cui lo
Spirito Santo dichiara pessima la morte del pecca
tore, Mors peccatorun pessima (Serm . de div. serm. 41),
dice : Et audi unde pessima. Mala siquidem est in
amissione mundi, pejor in carnis separatione, pessima
in vermis ignisque duplice contritione ( Epist. 105 ad
Rom . Cur. Subdiac.) . La morte dunque el peccatore
sarà male per il mondo che perde, primo punto. Sarà
peggiore per la violenta separazione dell'animna dal
proprio corpo, secondo punto. Sarà pessima per i ri
morsi della rea coscienza e l'orrore del fuoco eterno
cui si vede vicino, terzo punlo .
I peccatori, come leggesi in Giobbe e l'esperienza
cel la vedere ogni di sotto gli occhi , nel corso di
loro vita non pensan altro che a darsi bel tempo .
Suoni, canti, conviti, danze, onori, acquisti e piaceri
in questo mondo, sono la loro grande occupazione:
pensieri di morte, d’anima, di Dio, d'eternità, guarda
che mai entrino nel loro cuore . Se mai alcuno vi si
affaccia, lo cacciano via come nojoso e importuno
disturbatore della loro allegrezza. Tenent lympanum
et citharam, guadent ad sonitum organi; ducunt in
bonis dies suos (Job. 21 , 12). Ma potranno con que.
sto impedire che non venga ancor per essi la morle ?
Verrà infallibilmente , e in un punto li precipiterà
nell'abisso : Et in punclo ad inferna discendent (Job.
27, 21). Verrà, segue a dire il santo Profeta, proba
bilmente improvvisa, e quasi vento che brucia, o tur
bine impetuoso che svelle ed alterra gli alberi che
incontra, lo sbalzerà dal tempo all'elernità. Tollet eum
ventus' urens, et auferet, et velut turbo rapiet eum
de loco suo (Ps. 51, 14). I loro stessi peccati sono
altrettanti sproni a'suoi fianchi che la fanno correre
a tutta corsa : Stimulus autem mortis peccatum est.
Li arriverà forse anche prima che siano giunti alla
metà del loro corso , abbreviando gli anni che , se
guendo la virtù, Dio avrebbe loro accordati: Viri ini.
quitatum non dimidiabunt dies suos. -
Anni impio
rum breviabuntur ( Ps. 10, 17).
Vediamo dunque il misero peccatore colpito dal.
l'ultima malattia, giacchè di malattia voglio supporre
che muoja, coine d'ordinario succede, e dal male che
2

l'opprime, dalle fehbri che l'incalzano, dai medicamenti


che non giovano, dai medici che consultano, dai pa.
renti che sospirano, dai sacerdoti che visitano, quasi
da altrettanti forieri di morte , conoscendo che dessa
è vicina, entrerà suo malgrado in sè stesso, ed aprirà ,
ma troppo tardi, quelli occhi che in allora tenne
chiusi alla verità ed alla luce: lo assaliranno allora i
155
tormenti della morte , e sarà il primo la perdita del
mondo che gliela renderà assai amara e angosciosa :
Mala in amissione mundi.
I peccatori, non dico di quei che cadono qualche
volta, ma presto risorgono, pregano, ricevono sacra.
menti, frequentano chiese, oratorj, si aiutano e fanno
quanto possono per mantenersi a Dio fedeli : di que
gli non parlo, perchè si devono piuttosto chiamare
cristiani deboli che peccatori . Parlo de' peccatori di
professione, di massima, vi abito , che poco o nulla
si curano dell'anima, di Dio e della vita futura. Di
sonesti che non pensano che a dare sfogo alle loro
vergognose passioni ; avari che non si saziano mai di
accumulare denari , di accrescer roba , di moltiplicar
fondi e dilatare possessioni a forza di frodi, ingiusti
zie ed inganni; ambiziosi, il cui studio principale , e
>

forse unico, è ingrandire ed illustrare la casa , con


seguire cariche , onori , titoli , e far figura nel mondo
servendosi di mezzi leciti ed illeciti, onesti od inone
sti, come l'occasione si presenta. Or questi ed altri
loro simili hanno col fatto rinunziato alla città cele
ste , nè altro ne riconoscono e cercano fuorchè la
terrena : sono cittadini del mondo, chè in questo po
sero tutta la loro felicità, le loro speranze e il loro
cuore.
Oh quanto a costoro, esclama lo Spirito Santo per
bocca dell'Ecclesiastico, riesce amara la memoria della
morte ! O mors, quam amara est memoria tua ho.
mini pacem habenti in substantiis suis ! La ragione
di ciò è chiara ed evidente e la toccò il gran s. Gre.
gorio. Ogni dolore, dic'egli, fondasi sull'amore : Om
nis dolor in amore fondatur. Dunque non èampossi
bile lasciare senza dolore una casa che cono or si
possiede; Non
| posseditur deseritur sine dolore, quod cum amore
(S. Greg. Moral. e . 23 ). E questo dolore e
136
tanto più intenso e veemente quanto è più tenace e
ardente lo stesso amore. I peccatori privi del santo
amor di Dio, non amano che i beni di questo mondo .
Questi sono il loro tesoro : in questi hanno fisso, im
merso e abbarbicatu il loro cuore : dunque, venendo
la morte a rapirglieli , a sradicarli, non possono a
meno di non soffrire un indicibil tormento .
Quanto sia questo grande, argomentiamolo da ciò
che successe al povero Giobbe. Era egli, al suo lempo,
l'uomo più ricco , più potente e più prosperato di
tutto l'Oriente. Nobiltà illustre , ricchezze immense,
possessioni vaste , bestiame senza numero , famiglia
>

prosperosa e molta, palazzi, ville ; in somma tutto ciò


che può rendere un uomo ricco e contento a questo
mondo , la sovrana provvidenza aveagli largamente
versalo in seno. Un giorno , permettendo cosi il Si
gnore per far prova della sua fedeltà, quando tutt'al
tro si sarebbe imaginato, arriva spaventato ed ansante
un suo garzone , il quale gli dice : I Sabei vi hanno
rubato tutti i buoi e tutti gli asini, hanno fatto strage
di tutti i guardiani ed appena ho potuto io salvar la
vita. Non appena aveva ancor finito , ecco un altro
che ripiglia : Signore, è disceso dal cielo un fuoco
improvviso ed ha incenerite tutte le vostre pecore coi
loro pastori , per buona sorta sono rimasto io intatto.
Mentre seguitava il tristo racconto, ecco il terzo colla
nuova che i Caldei gli hanno rapilo i capelli e uc
eisi parimenti i loro custodi ; nè questo aveva ancor
terminato che sopraggiunge il quarlo , il quale con
voci interrotte da lagrime e da sospiri, Padre iufelice,
soggiunge, non ho cuore di dirvelo : mentre i vostri
figli e figlie allegrameiite pranzavano insieme, un
turbine furibondo venuto dalla parte del deserto ha
investito nei quattro angoli il palazzo con tanto im
peto che l'ha rovesciato a terra , e se n'è formato
137
un muvchio di rovine : tutti vi sono rimasti prima
sepolti che morti : io solo, non so come, sono restato
vivo per recarvi la trista nuova .
Povero Giobbe ! A tanti e sì funesti, sì inaspettati
annunzi, con luttochè fosse santo , e come sinlo si
sottomettesse alle sovrane disposizioni della provvi
denza, ripetendu con eroica rassegnazione. Dominus
dedit , Dominus abstulit : sit nomen Domini benedi
ctum (Joh. 1, 21 ) ; non potè però a meno di non pro
vare nella parle muferiore e sensitiva della sua anima
un eccessivo dolore per tante perdite, dolore che
crebbe molto più, quando alla perdita delle ricchezze
e dei figli sopraggiunse quella della sanità, e si vide
marciie addosso e inverminire le carni: proruppe al
lora in pianti, in lamenti, indizio manifesto che era
>

somma e insopportabile la sua pena.


Or che sarà del peccalore in morte ? Chi può ca
pire il tormento che proverà nella perdita universale
de' beni di questo mondo da lui tanto amati ? Perdita
che farà tutta in un colpo, in cui non potrà trovare,
come il trovava Giobbe, conforto veruno ? Non in Dio,
perchè gli è nemico ; non nei beni della vita fulura,
perchè ne dispera ; non nella lusinga di poterli un
dì riacquistare, come successe a Giobbe, cui il Si
gnore raddoppiò le sostanze perdute, e padre il fece
di una più florida e prosperosa figliuolanza , perchè
egli li perde per sempre, senza speranza di poterli
più riacquistare.
Che crepacuore dover dire a quelle possessioni, a
quelle ville, a quei capitali acquistati o accresciuti con
tante sollecitudini e fatiche, posseduti con tanto al
tacco , vi lascio, non vi vedrò mai più ? Acabbo sola:
mente per vedersi negalo il possesso di una vigoa
che ardentemente bramava cadde in tanta malinco
nia ed angustia, che si buttò sul letto come un di
138
sperato, nè volea parlar più con alcuno e nemmeno
cibarsi: Projiciens se in lectulum, avertit faciem suam
ad parietem , et non comedit panem (3. Reg. 21 ). Qual
crucio dare un addio per sempre a quella casa for
nita di tanli comodi, addobbata con tanto lusso , a
que' denari, a quegli argenti , a quegli ori , a quelle
gioje radunate con tanto studio, e forse a costo del
l'anima propria ! Scrive Uberto di un gran ricco, clie
stando vicino a morte si fece portare sul letto varj
vasi d'argento e d'oro che s'era fatli fabbricare poco
prima all'ultima moda, e guardandoli con occhi spa
lancati e palpandoli con mani avide e tremule : Ecco,
diceva, anima mia, ecco ciò che li prometto e go
drai ; se non mi abbandoni ti darò di più , piaceri,
delizie, conviti, danze e quanto puoi mai desiderare :
ma accorgendosi che la morte lo incalzava e forzava
a partire : Giaechè ; soggiunse, non mi ascolti, e vuoi
abbandonarmi, vallene al diavolo. E con questa bella
raccomandazione di anima spirò. Che dirò del violento
distacco dalle geniali amicizie , dalle conversazioni sì
care e dall'amata famiglia ? Essere costretto a dire, e
a dirlo per forza : Addio, consorle ; addio, figli, vi la
scio ; non ci vedremo più in questo mondo. Oh la
gran pena che sarà questa ! la madre di Tobia per
il sol timore che questo suo caro figlio fosse perito
nel lungo viaggio intrapreso , perchè ne andava in
lungo il ritorno era tanto angustiata ed afflitta che
non potea darsi pace ; piangeva a lagrime inconsola
bili il giorno e la notte ; se ne andava sui colli vi
cini per osservare in maggior lontananza, e nol ve
dendo : Ahl figlio mio , gridava , che sarà di te ? sa
9

rai tu spento, lume degli occhi miei ? Ahl che non


dovevo lasciarti partire ; Flebat irremediabilibus la
crymis, atque dicebat : Heu, heu, fili mi ( Tob. 10,4 ).
Ma questo che era in lei un solo timore , o timore
139
vano di un male più appreso che vero, perchè suo
figlio stava benissimo, era in custodia di un angelo,
e tornò poco dopo a casa pieno di prosperità e di
ricchezze, nel peccatore sarà un timore fondato sulla
certezza evidente, perchè dovrà infallibilmente abban .
donare i suoi figli, la moglio , i parenti , gli amici
senza speranza di più vederli o saperne notizia : Non
aspiciam hominem ultra (Is. 28 , 3) . Qual pena per
conseguenza non proverà egli mai ? E tante perdite,
tante separazioni, tanti abbandoni, oh come rende
ranno amara e angosciosa la di lui mortel Come ri
peterà, se non colle parole, colle voci del cuore, con
quel re infelice di cui parla la santa Scrittura : Sic
cine sepurat amara mors (1. Reg. 15).
Ah ! cristiani ! Qual follia è dunque la nostra di at
taccarci tanto a questo misero mondo ? Che giova
accumular ricchezze, radunar tesori, conquistar onori,
goder piaceri, che poi morte ci deve rapire con lanto
dolore, e questo con detrimento e perdita dell'anima
propria ? Qual mai sarebbe il mercante sì stollo che
affiderebbe tutto il suo capitale e la sua stessa vita
sopra una nave, la quale sapesse di certo che farà nau
fragio onde perderà sè stesso e la roba ? Chi s'inoltre
rebbe in una selva piena di assassini, carico d'oro, colla
sicurezza di esserne spoglialo e poi morto ? Possibile,
che essendo noi si prudenti e cauti nelle cose vane e
transitorie di questo mondo, vogliamo poi essere si
ricchi e stolti riguardo alle grandi ed eterne dell'altro ?
Secondo punto.

Che se sarà angosciosa la morte del peccatore per


il mondo che lascia : Mala in amissione mundi, sarà
pero assai peggiore, dice s. Bernardo, per la violenta
separazioneche dovrà fare dell'anima dalpropriocorpo :
140
Pejor in dissilutione carnis. Non v'è in natura unione
alcuna più intima, più strella di quella che passa fra
l'anima e il.corpo, formando queste due sostanze in
sieme unite e quasi immedesimale il tutto dell'uomo ; 1

quindi l'amore dell'uno verso dell'altra è innato, ne


cessario e nella sua grandezza impercettibile. Da ciò
proviene che dovendosi l'anima separare dal corpo
non può a meno di non sentire un dolore intensissimo,
maggior di ogni dolore, e che meglio non si può spie
gare che col chiamarlu dolore di murie.
Colesto dolore l'hanno sperimentalo , chi più chi
meno, bene spesso gl'istessi sanli, anzi a lui si assog.
geliò per altissimi fini l'istesso Santo dei Santi, il quale
in vicinanza di morte, cadde in mortali agonie e sudò
gran copia di sangue. Ma questo dolore, oh quanto
sarà più terribile nei peccatori che nei giustil In que
sti sarà mitigato e raddolcito da molti conforti , come
vedremo meditando la loro morte; nei peccatori però
sarà un puro veementissimo dolore senza lenitivo o
conforto di veruna sorte . Che cos'è un peccatore ? Se
noi lo considereremo ed esamineremo bene a fondo,
vedremo che è un uomo in cui regna un amore di
sordinato verso sè stesso e verso il proprio corpo :
da questo come da propria e naturale sorgente nascono
tutti o quasi tutti i suoi peccati : egli pecca o per
soddisfare i sensi del suo corpo , o per contentare i
disordinati appetiti dell'anima. Questo trabocchevole
amore è quello, secondo la dottrina di s. Agostino, che
lo induce a violare la santa legge di Dio e a disprez
zare lo stesso Dio facendosi quasi un Dio di sè stesso :
Fecerunt sibi civitates duas, amores duos ; amor sui
usque ad contemplum Dei (Lib. 14, de Civ. 28).
Posta questa dottrina è cosa evidente che il pecca
tore in morte dovendosi separare dal suo corpo , e
sciogliersi e annientarsi dalla morte il suo grand'idolo
141
dell'amor proprio, deve soffrire pene orribili e spaven
tose. Ma per dimostrar ciò in una maniera più piana
e intelligibile a tutti, osserviamo la gran pena che si
soffre da tutti nella perdita di un solo membro o
senso del proprio corpo ; se uno, p. e. , è costrelto per
infermità o ferita a lasciarsi tagliare una mano , un
braccio, un piede, che dolore non prova ? Quanto dif
ficilmente vi si induce ! Se taluno perde l'udito, la fa
vella, e molto più la vista, oh Diu ! quanto è afflitto
e inconsolabile ! Che sarà dunque perdere mani e
piedi e occhi, orecchi, lingua, moto, senso e vita, e
questo lullo in un colpo ? Aggiungasi a ciò la ma
niera miserabile con cui si fa in morle cotesta per
dila , ciò che la precede, l'accompagna e la segue ;
cose lulte che renderanno più che mai amaro il boc
con della morte al misero peccatore.
I forieri della morte per riguardo al corpo quali
sono ? Febbri ardenti, dolori atroci , languori , sfini
menti, convulsioni, diete , emissioni di sangue e si
9

mili . Qual cosa accompagna la morte ? Prostrazione


di forze, stupidità di membra , impotenza a tutti gli
alli vitali : si oscurario gli occhi, nè più si distinguono
gli oggetti ; la lingua si ingrossa e non può più spie
gar la parola ; si turan le orecchie e si perde l'udito ;
gelano i piedi e le mani, la faccia impallidisce, il naso
si affila, la fronte suda freddo; lento e affannoso si
fa il respiro , e finalmente, dopo qualche tempo più
o meno lungo di agonia e di angoscia, si muore. Oh
quanto riuscirà amara questa morte al povero pecca
tore che non si avvezza mai in vita a prender le cose
dalle mani di Dio, che non potrà consolarsi colla vi
sta e gli amplessi del crocifisso, che nel suo corpo e
in soddisfare i suoi sensi aveva posta tutta la sua fe
licilà e il suo bene ! Non vedrà , è vero , le conse
guenze della sua morte nel corpo che lascia ; ma
142
forse vi penserà , e il solo pensiero basterà per ri
colmarlo di orrore. Fra poco, dirà fra sè, questo mio
corpo tanto da me accarezzato, vestito con tanto lusso,
adornalo con tante gale , pasciuto con tante delizie
questo corpo che idolatravo allo specchio , della cui
avvenenza e brio mi gonfiavo, con cui feci tante e sì
belle comparse nelle conversazioni, ne' teatri, ne' corsi
e nelle danze, e a cui accordai tanti sozzi piaceri, fra
poco sarà un oggetto di orrore : esalerà un fetore
insopportabile : tulli ne fuggiranno la vista non che
il contalto : coperto di pochi cenci, serrato fra quattro
tavole, sarà gettato in una fossa sotto terra , ovvero
in una fetente sepoltura : ivi in poco tempo si scio
glierà in pulredine ; sel divoreranno i vermi, si ridurrà
alla fine in un pugno d'immonda polvere. Oh pen
siero dolorosissimo che sarà questo !
Felice il peccalore se lo avesse formato in vita , e
si fosse a tempo distaccato dall'amor disordinato a
sè stesso , e invece di accarezzare il suo corpo lo
avesse mortificato colla penitenza ! Ma se egli nol fece,
facciamolo noi , cui Iddio accorda questo tempo.
Il fin qui detto però è un nulla rispetto a ciò che
ci resta ancora da meditare sulla morte del peccatore.
Ciò che mellerà il colmo alle sue angustie, e renderà
più di tulto pessima la sua morte saranno i rimorsi
della sua coscienza e la vicina terribile caduta nel
fuoco eterno. Pessima in vermis , ignisque duplici
contritione.

Terzo punto.

Il peccatore in vita va dicendo che non vuole scru :


poli o malinconie : se ascolta a caso qualche predica
che lo tocchi , se Dio gli fa sentire al cuore qualche
santa ispirazione, se s' imballe in qualche confessore
145
che paternamente lo ammonisca : scrupoli, malinconie;
la vita cristiana e divota, gli esempj di quelli che la
menano , tụtti gli esercizj di pietà sono scrupoli e
malinconie ; i rimorsi della coscienza più ragionevoli
e giusti che talor sente , i peccali anche più enormi
che commette, non li cura, passa sopra di tutto, di
sprezza ogni cosa con dire : non voglio scrupoli e ma
linconie. Impius cum in profundum venerit contem
nit ( Prov. 18, 3) . Ma il misero non dirà cosi al letto
di morte : gli scrupoli salutari, e le malinconie giuste,
disprezzate quando gli avrebbero potuto procurar la
salute, si cambieranno allora in rimorsi crudeli ed in
orribili disperazioni. Venient, così ci assicura lo Spi.
rito Santo nel libro della Sapienza , Venient in cogi
tatione peccatorum suorum timidi.... Videntes turba
buntur timori horribili, et mirabuntur in subitatione
>

insperatæ salutis (Cap. 4). Aprirà allora gli occhi


che tenne sempre chiusi alla luce: uscirà d'inganno,
e quei peccati che in vita disprezzava , quegli scru
poli che si beveva come sorsi d'acqua, che commet
teva allegramente, e di cui giunse perfino a gloriarsi,
li vedrà nel suo orrido aspetto , e quasi cani rabbiosi
gli strazieranno l'anima coi più crudeli rimorsi.
Questi peccati, soggiunge lo Spirito Santo per bocca
di Davidde , si scaricheranno sopra di lui quasi im
petuosi torrenti; lo circonderanno i dolori più atroci
di morte, e lo sommergeranno in un mare di angu.
stie e di affanni. Circumdederunt me dolores mortis ;
torrentes, iniquitatis conturbaverunt me. Aimėl dirà
l’infelice : veggo da ogni parte torrenti d'iniquità che
mi assalgono, mi conturbano, mi opprimono ; torrenti
di ree compiacenze, di desiderj malvagi, di odj e d'in
vidie, e di mille peccati interni , di cui non feci mai
caso ; ahi quanto mi angustiano! Torrenti di bestem
mie, spergiuri, imprecazioni , mormorazioni, discorsi
144
osceni, parole equivoche e ' scandalose : misero me ,
che le scusavo come semplici corruttele di lingua, e
le proferivo scherzando e ridendo ! Torrenti di feste
violale , di sacramenti profanali , di orazioni strapaz
zale, di grazie abusate, di chiese contaminate. Oh Dio !
Ecco torrenti di frodi , d'inganni e d'usure per ar.
ricchirmi. Torrenti di disonestà e di laidezze che non
credevo peccati o peccati da nulla ; torrenti di scan
dali dati a tanti compagni sedotti , a tante povere
donne tentate, a’miei stessi figli che erano testimoni
della mia pessima vita. Torrenti di ommissioni negli
obblighi del mio stato , nell'educazione della mia fa
miglia, nel governo della mia casa , nell'esercizio del
mio impiego, nell'amministrazione de'beni di que'pu
pilli, di quelle chiese ,> di quelle comuni . Abi misero
me , che non veggo in me che peccatil Nunc remi
niscor malorum quæ feci. Peccati nell'adolescenza ,
peccati nella gioventù , peccati in vecchiaja : le case
che ho abitate , le piazze e le contrade per cui hc
camminato, le bolteghe e le campagne in cui ho la
vorato, non mi rinfacciano che peccati: tanli peccati
mi opprimono, non posso più, mi trovo in un mare
di angustie: Circumdederunt me dolores mortis ; tor
rentes, ecc.
Ad accrescere le sue angustie e dargli la spinta ad
una totale disperazione, verrà, come si legge nell'A
pocalisse, il diavolo pieno d'ira e di veleno, sapendo
che poco più tempo gli resta per assicurarsi di lui,
Descendit ad vos diabolus habens iram magnam ,
sciens quia modicum tempus habet (Apocal. 12, 12).
E questo scaltro e perfido tentatore, chi può imagi
nare le astuzie, gli inganni, le arti e le macchine che
adopererà perchè non gli scappi dagli artigli l'anima
di lui che già possiede qual sua ? Chiamerà in ajuto
altri spiriti suoi compagni peggiori di sè , che tutti
145
collegati insieme , or l'assaliranno di fronte con ma- ,
nifeste ed orribili tentazioni , or di fianco e di sop
piatto con folli e fallaci lusinghe : gli pingeranno nella
fantasia coi più vivi colori quegli oggetli, quelle danze,
que’libri lusinghieri che amava : quelle reglie , quei
teatri , que’giuochi, in cui tanto si dileltava, e niente
è più facile anche in quello stato cader in nuovi pec
cati : si trasformeranno in mostri orrendi e in larve
bruttissime, ingombreranno la sua stanza , circonde
ranno il suo lelto per torlo di senno collo spavento
e l'orrore : assaliranno con sottigliezze , dubbj c so
fismi quell'avanzo di fede che gli resta per fargliela
perder del lutto : ma la breccia che più di ogn'altra
prenderanno di mira sarà la disperazione, e per aprir
sela e serrargli il cuore, e togliergli ogni sentimento
di fiducia nella diviva misericordia , esagereranno il
numero e il peso de' suoi peccali , gli suggeriranno
che la misura è piena, il numero compito , clie non
>

v'è per lui perdono : gli mostreranno Dio solto l'a


spello di tremendissimo, di parziale, che salva e danna
chi vuole, e di un giudice inesorabile.
A queste diaboliche tentazioni, ed altre anche peg
giori per dargli l'ultima spinta nel baratto della di
sperazione, e render compiutamente pessima la morte
di lui, si aggiungerà un timore orribile dell'inferno :
Pessima in contritione ignis. Al vedersi vicina e
aperta solto i piedi quell'orrenda prigione di fuoco ,
ricordandosi di aversela le cento e mille volte meri
lata co'suoi peccati ; nulla trovando in sè di bene
meritevole della vila elerna , non pezitenza che mai
fece da vero, non sacramenti che abboriì e profano,
non orazioni e limosine che trascurò : privo della pro
tezione de' santi, che non ebbe mai avvocati, dell'in
lercessione potentissima di Maria, di cui non mai ſu
vero divoto : arrabbiato pel mondo che a suo dispello
BIAMONTI. T. 1 . 10
146
è costretto di lasciare, pel corpo da cui l' anima con
violenza si stacca, dirà forsennato in sè stesso e forse
ripeterà colla voce al di fuori : È finita per me ; son
dannalo ; e morirà così disperato. Disperato infatti
mori Caino , disperato Saulle , disperato Achitofello ,
disperato Giuda , disperato Enrico XIII , e disperati
muojono quasi tutti i peccatori.
Ma, padre, Dio che è tanto buono, perchè non gli
usa misericordia e lo salva ? Questa è un'interroga
zione temeraria. Non locca nè aa voi nè a me entrare
nei segreti di Dio, quali sebbene alti, profondi ed in
comprensibili, sono però sempre retti, giusti, e santi.
Ma poi, e quando mai Dio per esser buono deve usar
misericordia ai peccatori in morle ed assolutamente
salvarli ? Non è obbligato di rigor di giustizia a dare
il dono della perseveranza finale nemmeno agli stessi
giusti che lo hanno fedelmente servito in tullo il corso
della lor vita , e sarà obbligato a darlo a peccatori
che altro non hanno fatto che muovergli continua
guerra ? Inoltre la bontà e misericordia di Dio non
può e non deve promuovere il peccato, perchè altri
menti sarebbe in contraddizione colla sua santità, la
quale essenzialmente, necessariamente, l'abbomina e
lo detesta ; ma se salvasse comunemente i peccatori
in morte, lo promoverebbe, perchè da ciò prendereb
bero motivo ed ansa a maggiormente peccare : sfo
ghiamoci pure, direbbero i peccatori , coroniamoci di
rose ; corriamo allegramente pei prali della lussuria ;
opprimiamo il giusto , spogliamo il debole , facciamo
d'ogni erba fascio, chè tanto in morle ci salveremo.
E può la misericordia , benchè infinila di Dio , pro
muovere e patrocinare così l'empietà ?
Eppure, sento chi ripiglia , l’esperienza è in con
trario , perchè si vede lulto giorno, fuori di qualche
caso rarissimo, che i peccatori in morte si confessano,
147
detestano i loro peccati, ricevono i santissimi sacra
menti, e danno segni evidenti della loro salute. E voi
chiamate questi che avete detto, o altri consimili, se
gni evidenti di salute ? S. Agostino, che ne sapea più
di voi , e meglio , anche per propria esperienza , co
nosceva l'indole dell'uman cuore, non pensava così :
egli francamente asserisce che la penitenza che si
chiede dagli infermi è inferma, e che quella dei mo
ribondi teme assai che, muoja con essi : Pænitentia
quc ab infirmo petitur, infirma est, quæ a moriente,
timeo ne et ipsa moriatur ( S. August. de Serm . 57.
de Tem .). E qual fondamento si può mai fare su con
fessioni falle al capezzale, colla testa confusa e stor
dila dal male, coll'anima agitala e sconvolta dall'or
ror della morte ?
Oh quanto v'è da temere che il dolor dei peccati
che mostran di avere , le prolesle che fanno, le la
grime che versano, i sacramenti che ricevono, sieno
tutte azioni naturali , meccaniche, faite per usanza e
per apparenza, ovvero provenienti dal timore servile
e più che servile della morte e dell'inferno che le
vienº dietro ! Cosicchè , come dicea il santo dottore,
temono più della pena che della colpa , più di bru
ciare che di peccare : Ardere timent, peccare non ti.
ment !
Chi si fosse trovato al letto di morte dell’empio re
Antioco, ed avesse badalo ai grandi disegni di peni.
tenza che dava, avrebbe detto : Beato luil muore da
santo ! Confessava in pubblico i suoi peccati, li pian
geva amaramenle, ne implorava il perdono, ne pro
metteva l'emenda e il risarcimento de' danni colla 10
tale restituzione, anzi maggiore accrescimento dei vasi
sacri e de' tesori rapiti al tempio di Dio in Gerusa
lenme. Di più protestava che prolungandogli il Si
gnore la vita , avrebbe abbracciata la sua vera reli .
148
gione , avrebbe a proprie spese mantenuto il culto é
i sacrifizj in detto tempio , e che perfino ,> cambialo
da persecutore in apostolo, sarebbe andato per tutlo
il mondo predicando ovunque le sue grandezze. Ep
pure con tanti segni all'apparenza sì chiari ed evi
denti di una verace conversione, non ottenne da Dio
misericordia : Orabat hic scelestus Dominum a quo non
esset misericordiam consecuturus: e qual era vissuto
da empio se ne morì: Miserabili obitu vita functus est.
E andatevi a fidare dei segni che danno i pecca
tori in morte, e appoggiati sopra di essi venite a dir
mi che l'esperienza è contraria al mio assunto, per
chè Dio in morle usa misericordia e salva tutti , o
quasi tutti i peccatori ! Volete invece un'esperienza
cerla e sicura che Dio anzi sollrae loro la sua par
ticolare misericordia e si dannano ? Pigliamo in mano
le sacre Scrilture : Visse male un Caino ee mori male :
visse male un Lamecco e morì male ; vissero male,
salvo Noè e la sua famiglia, tutti gli uomini al tempo
del diluvio, e lutii male morirono : vissero male i So
domiti e male morirono : visse male un Assalonne e
male morì: vissero male un Accamo, un Achitofello,
un Alessandro, un Baldassare, un Erode, e male mo
rirono : vissero male tulli i red'Israello e quasi tulli
i re di Giuda, e tuiti male morirono. Vissero male...
Ma che serve che io li vada numerando , mentre di
tanti peccatori , di cui parla la sacra Scrittura , vis
suli sempre male, appena di uno si legge sia morto
bene, ed è quel ladro felice che ebbe la sorte di mo .
rire accanto a Cristo mentre versava in croce il suo
sangue divino e dava la vita pei peccatori ? Uno, dice
s. Agostino , acciò nessuno presuma di differire fino
>

alla morte la sua conversione : uno, acciocchè chi lro .


vasi in questo caso non si abbandoni alla dispera
zione : Unus ne presumas, unus ne desperes.

1
149
Ma qual meraviglia che muojano male i peccatori,
quando Dio, che è un'infallibile verità, minaccia loro
la mala morle in tanti luoghi della sacra Scrittura ?
Lasciamo gli altri per brevità di tempo e riferiamone
un solo. Ecco come parla ne' Proverbj: Vocavi et re
ruistis: extendi manum meam, et non fuit qui aspi
ceret.... ego quoque in interitu vestro ridebo, et sub
sannabo vos ( Cap. 1 , 24). Io vi ho chiamati, dice Dio,
nel corso di vostra vita più e più volte a penitenza,
e voi avete falto sempre il sordo alle mie voci : ho
stese le mie mani per darvi un caro abbraccio, e voi
nemmeno mi degnaste di un guardo ; anzi disprez
zasle i miei inviti e vi rideste delle mie minaccie;
ebbene ancor io, dice Dio adattandosi alla nostra ma
niera di esprimersi, nella vostra morte farò il sordo,
non curerò le vostre preghiere, mi riderò di voi.
Sì, il peccatore adesso si ride di Dio ; mette in can.
zone i suoi ministri che lo invitano a penitenza : prende
· per fole e spauracchi da fanciulli i castighi e le pene
dell' altra vila ; se non è cosi temerario da farlo pa
lesemente, lo fa col fallo, perchè tira sempre innanzi
a peccare . Ma alla morte lo aspetto , alla morte . Al
Jora fra i dolori e le angustie del mondo che lascia,
della roba che perde, de' piaceri che finiscono , del
corpo che si discioglie, dei rimorsi della rea coscienza
che lo lacerano, se pure non si abbandonerà ad una
totale disperazione, come è probabile, e l'ho dimo .
strato di sopra , si volgerà a Dio , e cercherà di far
pace con lui ; chiamatemi, dirà, il confessore : ma qual
confessore se non mai ne volle avere uno stabile e
fisso ? Se in quelle rare volte che si confessava lo
cambiava sempre per non essere scoperto un misero
recidivo e abituato ? Se cercava i confessori più be
nigni e indulgenti per non essere costretto a dare un
taglio sul vivo e lasciar quell'usure, restituir que'du
150
nari, troncare quelle amate calene di amicizie, di pra
tiche e di altre prossime occasioni? Ecco il confes
sore ; ma che può fargli il confessore se Dio si ride
di lui ? comincerà la sua confessione : Confiteor Deo
omnipotenti: e Dio , che sa che si è sempre burlato
della sua onnipotenza , della sua giustizia , della sua
misericordia, Dio ride... Mea culpa, mea mascima culpa .
E Dio , che sente che della sua colpa non confessa
che la minima parte per colpevole trascuralezza, per
aver differito a quell'ora e a quello stato la confes
sione, Dio ride . Vi pentile, dirà il confessore, de'vo
stri peccati ? Vi dispiace di avere offeso il vostro Dio?...
Promeltele di non offenderlo più ?... Padre, sì .... E Dio
che vede il suo pentimento falso , il suo proponimento
inefficace, perchè spremuti dal timor della morte e
dall'orror della sola pena, Dio ride. Il confessore alza
la mano, e dice : Ego te absolvo. E Dio risponde dal
cielo : Ego te condemno.
Finila la confessione , gli si porterà il vialico : il
sacerdote tenendo in mano ,la sacrosanla particola :
Prendi, dirà, o fratello, il viatico del corpo del nostro
Signor Gesù Cristo che ti conduca alla vita eterna....
Alla vita eterna ? Un sacramento da lui tanto abbor.
rito, che se vi si accoslava alla . Pasqua era per sal
var l'apparenza , che profanò con tanti sacrilegj, in
nanzi a cui commise tante irriverenze ? Apre il mi
sero la bocca, lo prende, si ruangia la sua dannazione,
e questo pane di vita diventa per lui cibo di morte ;
in vece di viatico per la vita eterna, gli serve di pas
saporto per l'inferno.
Intanto il male cresce , l'affanno l'opprime , il re
spiro manca, la lingua s'ingrossa, gli occhi s'invetri
scono, la fronte suda freddo : eccolo in agonia : presto,
si venga alla raccomandazione dell'anima. Il sacer
dole che gli sta accanto , colle formidabili parole della
151
Chiesa, gli intima la partenza da questo mondo : Pro
ficiscere , animą christiana , de hoc mundo. Parti , o
anima cristiana , da questo mondo , in nome di Dio
padre onnipotente che ti creò, in nome di Gesù Cri.
sto figlio di Dio vivo che per te pati, in nome dello
Spirito Santo che in te si diffuse.... Ho da partir dal
mondo, adesso, così presto, alla metà de' miei anni ?
In dimidium dierum meorum vadam ad portas inferi
( Is. 38) ? Sì, parti da questo mondo. Ma io ho molti
negozi per le mani, ho molti crediti da esigere, molti
figli e figlie da collocare : la mia famiglia ha ancor
bisogno di me. Parli da questo mondo. Ma non

ho ancor aggiustate le partite della mia coscienza, ho


peccati non mai confessati, ho roba d'altri da resti
tuire, ho scandali da riparare, ho bisogno di una con
fessione generale. Parti da questo mondo. Ma io non ho
falto mai opere buone, non sono ancora disposto ; ah !
un anno almeno di vita ! Parti da questo mondo. La
truce inesorabile morte gli mostra l'orologio, e, guarda
gli dice , è finila per te la polvere : Finitus est pul
vis ( Is. 16) ; bisogna morire, non vi è più rimedio.
Miserere, Domine, segue a dire il sacerdote assistente,
miserere gemituum , miserere lacrymarum ejus. E co
me ha da avere il Signore pielà delle sue lagrime, se
piange non le offe - e a lui falle ma il mondo che la
scia ? Se piange perchè perde la vita, non perchè ha
perduta.la grazia ? Se le sue lagrime sono spremute,
non da un casto timore da figlio , ma da una vile
paura da schiavo : teme l'inferno vicino , non Dio
strapazzato ed offeso ?
Egredienti animce tuæ de corpore splendidus ange
lorum cetus occurrat. Vengano gli angeli ad incon
trar la tua anima. Gli angeli ? Gli angeli che tenne
sempre da sè lontani colla puzza de' suoi peccati ? Gli
angeli che disgustó con tanti scandali dati alle anime
152
alla loro custodia affidale ? Gli angeli di cui disprezzo
sempre le sanle inspirazioni ? Ecco in vece degli an
geli i demoni che in mille bruttissime e spaventose
figure gli si fanno vedere attorno al lello impazienti
che dia l'ultimo fiato per rapirselo. Ma ecco che già
il dà : allora il sacerdote, accostandosi alle sue orec
chie, secondo il prescritto dal rituale, ripeterà ad alta
voce : Gesù, Gesù , acciocchè con questo nome dolcis.
simo sulle labbra e nel cuore sen muoja. Ma invo
cherà egli Gesù ? E come l'ha da invocare se in vita
si vergognava d'esser e comparir suo seguace ? Se
abborri sempre le sue massime e i suoi insegnamenti
e li pospose a quelli del cieco mondo ? Se gli mosse
continua guerra coi suoi scandali strappandogli dal
seno tante anime a lui sì care ? Ah ! che invece
chiamerà disperato il diavolo. Sentite ciò compirovalo
da un fallo sueceduto in Roma a un Religioso de
gnissimo di tulia la fede, da me inteso dalla sua stessa
bocca . Cadde infermo e si ridusse a termine di morte,
senza voler sentir parlare di confessioni , un disgra
ziato peccatore. I di lui parenti affliitissimi per que
sta sua ostinazione, sapendo che era ascritto al cele
bre oralorio dello volgarmente del Padre Caravila,
chiamarono per ultimo tentativo il suddetlo religioso,
che n'era in quel tempo il direltore : vi andò, e finchè
la visila passò in coinplimenti, mostrò di gradirla ;
quando poi venne al tasto della confessione gli voltò
le spalle, e bruscamente rispose : Non posso. Ah ! fra.
tello, ripigliò il padre, volete dunque morire dannalo ?
Sappiate che i medici vi hanno dato per ispedito :
poco più tempo vi resta di vita : fatevi coraggio, non
dubitale. Dio vi perdonerà, son qui per voi. Mi si levi
>

d'allorno : non posso . Per quanto il zelante religioso


si adoperasse con preghiere, con lagrime, con minac
cie, non fu possibile ammollire quel cuore , n olle
153
nere da quella lingua altro che questo disperato : Non
posso. Chiamò allora nella stanza vicina la di lui mo.
glie e i figliuoli, e disse loro, preghiamo per lui Maria
Santissima, che ella sola può ottenergli la grazia della
conversione : prostrali innanzi ad una sua sacra im
magine , più colle lagrime che colla voce , comincia
rono le lilanie : giunti al versello Sancta Maria , il
padre disse con enfasi e voce alta , acciò l'inſermo
capisse che si pregava per lui : Sancta Maria, ora pro
co. Ed egli rispose, aimė, che mi fa orrore il riſerirlo :
Diabole, ora pro me. A sì orrenda bestemmia diedero
tutti in dirottissimo pianto, ma non si perdendo di co
raggio, ripigliarono con maggior fervore, Sancta Dei
Genitrix, ora pro eo ; e il moribondo, Diabole, ora pro
7

me. Per farla breve, si terminarono le litanie, questi in


vocando Maria e quelli il diavolo : terininale che furono,
entrai, mi disse quel padre, alla camera e il trovai a
sedere sul letto colle braccia aperle e tremanti, cogli oc
chi stralunati , udii che dicea solto voce : Eccolo, eccolo,
e vidi un'ombra che lo abbracciò e in quell'allo spirò .
Oh quante di queste morti accadono invisibilmente !
Oh di quanti, spirali che sono , mentre il sacerdote
assistente prega : Subvenite, Sancti Dei; occurrite, an
geli Domini suscipientes animam ejus, l'anima infelice
è in mano de'diavoli, e se la portano all'inferno.
Cari uditori, ditemi, quesla morte loccherà a nes
suno di noi ? Ah ! io vi amo assai , e vi desidero ogni
bene, e sa il Signore quanto farei perchè non toccasse
a veruno: pure , se v ho da dire il vero , temo che
fra tanto popolo che mi ascolta l'abbia a sortire più
d'uno. Prendete dunque questo consiglio che vi då
un buon amico. Convertitevi a Dio finchè avete tempo,
aggiustate adesso le partite della vostra coscienza ,
fate quella confessione che vorreste aver fatta in mor
te ; finchè avete vita fate penitenza dei vostri peccati , 3

anzi fin d'ora piangiamoli a' piè di Gesù Cristo.


MEDITAZIONE VI .

1
Sopra la morte del Giusto.

Prætiosa in conspectu Domini


mors sanctorum ejus.
Ps. 115 .

Che la morte fosse chiamata dagli antichi filosofi


fra le terribili cose terribilissima, Terribilium , terri.
bilissimum ; che i moderni sedicenti filosofi, cioè gli
empj, di cui tanto abbondano i nostri infelicissimi
lempi, guardino con orrore la morte, ne fuggano più
che possono la memoria , e quando inevitabile se la
vedono vicina , affettando talora al di fuori coraggio
e fortezza , dentro si abbandonino ad una vilissima e
orribile disperazione, non dee recar maraviglia, miei
cari uditori . Quelli come pagani vivevano fra le le
nebre di una falsa religione , e questi non ne hanno
alcuna, perciò gli uni e gli altri sono privi di quelle
consolazioni ee conforti che a'suoi seguaci inspira una
vera religione, per cui la morte diventa preziosa ed
amabile : Pretiosa in conspectu Domini mors Sancto
rum cjus. Che anche a certi peccatori duri ed osti
nati riesca la morte orribile , spaventosa e pessima,
come vedemmo jeri, è cosa facile au intendersi, per
chè sebbene questi come callolici abbiano la vera
fede, avendola però sempre smentita e comballuta
coi loro mali costumi, le massime e le verilà istesse
della fede servono ad accrescerne loro in morte le
155
angustie e gli orrori, ma che anche i cristiani di ti
morata coscienza, i quali vivono abitualmente in gra
zia di Dio , frequentano sacramenti, chiese , oratorii,
>

si guardano dai peccati , e se qualche volta per fra


gilità e sorpresa vi cadono, ne risorgono subito ; che
cristiani di questa sorte , temano soverchiamente la
morte, come pur troppo comunemente avviene, ciò'è
surprendente, nè combina colle verità che insegna e
i lumi che ci somministra la santa religione che pro.
fessiamo. Che ha infatti la morte di terribile e spa
ventoso per un vero seguace di Gesù Cristo ? Dap
poichè quest’ Uomo Dio si è soggettato a lei sulla
croce , il tirannico impero è cessalo , col suo morire
l'ha vinia e conquisa , e col risorgere glorioso dalla
sua tomba l' ha cambiata anzi in vila. Il vero fedele
può colle parole del profeta insultarla : Ero, mors tua,
o mors (Os . 13 , 14) . Tu non mi fai più paura ; non
mi sei più nemica , ma amica ; non lemo più da te
>

alcun male , anzi spero per mezzo tuo scansare tutti


i mali e conseguire ogni mio vero bene. Ed infat'i
chi è , o cristiani, che ci deve liberare da tante an
gustie , tribolazioni e dolori , compagni indivisibili di
questa misera vila ? Che dee farci passare dalla car
cere alla libertà, dalle tempeste al porto , dall'esiglio
alla patria ? Non è la morte ? E senza di lei potremmo
mai entrare al possesso perfeito e stabile pel sommo,
unico, infinito nostro bene Iddio ? E dopo queste ed al
Tre verilà consolanti che c'insegna la fede riguardo alla
morte , come possiamo noi tanto lemerla ? Io so che
questo timore nasce in noi per lo più dal rimorso
della nostra coscienza. La fede ci fa capere che la
morte non è preziosa che pei soli giusti : la coscienza
ci rinfaccia al di dentro peccati di cui non può as
sicurarci il percono , ci mostra assai poche opere
buone su cui aj poggiare la nostra fiducia, riclama in
156
somma che non siamo nel numero de' veri giusti,
perciò temiamo. Ma perchè dunque non ci sforziamo
di entrare in questo fortunatissimo numero ? Perchè
colla continua penitenza e l'esercizio delle virlù e
delle buone opere non procuriamo di assicurarci più
che sia possibile un bene si grande e sì necessa
rio , qual è una buona morte ? Per animarvi a ciò
ecco che io vengo a proporvi la meditazione sulla
preziosa morte de'giusti. Prenderò l'idea e la divi
sione de' punti dalle parole dello Spirito Santo nel
libro della Sapienza (Cap. 3) . Ivi si dice che le anime
de' giusli sono in mano di Dio : Justorum animæ in
manu Dei sunt. Che perciò non toccherà ad esse il
tormento della morte : Et non tanget illos tormentum
mortis. Che sebbene sembri agli occhi degli stolti che
muojano fra le augustie come gli altri uomini, essi
però muojono in somma pace : Visi sunt oculis in
sipientium mori , illi autem sunt in pace. Che final
mente saranno in morte allegri e contenti per la spe
ranza di entrar presto in seno alla beala immortalità
che gli aspetta : Spes illorum immortalitate plena est.
Una morte dunque 1. falta in mano di Dio che ne
allontana ogni tormento ; 2. una morte accompagnala
da una somma pace e tranquillità di spirito ; 3. una
morle piena di allegrezza e di gioja: ecco qual è la
morte de'giusti: vediamolo.
I giusti adunque muojono nelle mani di Dio. E chi
è che possa dubitare che fra queste onnipotenti, amo
rosissime mani non isliano e riposino i giusti ? Sen
lite come Dio stesso ce ne assicura per bocca del pro
fela Osea , servendosi della similitudine più tenera e
amorosa che v’abbia in nalura. Osservate, dice egli,
una madre come sostiene tra le sue braccia , come
protegge e vezzeggia il suo caro bambino ? Così io,
dice Dio, sostengo, proleggo ed accarezzo i miei giu.
157
sti : Ego quasi nutritius.... portabam eos in brachiis
meis (Os. 11 ) . Nè di ciò pago, sapendo che può tro
varsi qualche madre di viscere così inumane che la
sci in abbandono il proprio figlio, io, soggiunse per
bocca del profeia Isaia , non avrò mai un tal cuore,
>

perché i giusti, che sono miei cari figli, li porto scritti


nelle mie mani per non potermene dimenticare giam
mai. In manibus meis descripsi te ( Isaia 49 ). E scritti
come ? Non a caratteri formati da penna , intrisi da
inchiostro ; ma incisi da chiodi, segnati da sangue.
Ah ! cristiani miei , che bel morire. fra queste inani!
Esse sono mani di un Dio forte e protettore fedele
di lutti coloro che lo cercano , lo servono ed amano
in verità : Protector est omnibus exquirentibus se in
veritate ( Eccl. 2 ) . Questo li protegge durante il corso
della lor vita, in cui, come divinamente cantò il sanilo ,
profeta Davide, spande sopra di essi le sue ali a for
mar loro un asilo di sicurezza e rifugio: li circond :1
collo scudo impenetrabile di verilà, contro cui i dardi
che scaglian di giorno, e i colpi che vibran di notte
i loro nemici, vanno delusi : li rende sì coraggiosi e
forti, che di essi cadono prostrati a terra mille al lor
fianco e dieci mila alla lor destra ( Ps. 90 ) : quindi
camminano franchi e sicuri sopra l'aspide e il basi
lisco , e con piè trionfante calpestano il leone e il
drago .
Che se li protegge in vila che non ſarà in morte ?
In morte quando egli ben sa che sono più fieri gli
assalti , più fatali i pericoli e decisive di sommi mali
od infiniti beni le perdite o le vittorie ? In un sì ur
gente e sì grande bisogno vorrà abbandonarli? Egli
che si è protestato che li tiene non in qualilà di servi,
ma di cari amici ? Jam non dicam vos servos.... vos
autem dixi amicos ( Joan. 15 ). E non solo di amici,
ma di fratelli , di sorelle , perfin di madre ? Quicun
158
que fecerit voluntatem Patris mci.... ipse meus frater
et soror et mater est ( Matt. 12 ). Se il vero amico,
come dice egli stesso , è fedele e costante in tutti i
tempi ; se il vero fratello mostrasi tale principalmente
nel tempo delle tribolazioni ed angustie : Omni tempore
diligit qui amicus est, et frater in angustiis compro
batur ( Prov. 17 ), egli, che è il fedele di tutti gli amici,
1
il più amante fratello che possa darsi, potrà a meno
di non proteggere i giusti suoi cari amici e fratelli
fra le angustie e i pericoli della morte ? E chi può
mai dubitarne ? Davidde n'era cosi persuaso e sicuro,
che rivolto al suo Dio con piena fiducia, Signore, di
ceagli , se io camminerò nel tenebroso sentiero della
morte, andrò sicuro , non temerò male alcuno, perchè
so che allora ancora voi siete meco : Si ambulavero
in medio umbræ mortis, non timebo mala , quoniam
tu mecum es (Ps. 22) .
Il primo effetto della protezione amorosa che Dio
accorda ai giusti nella lor morte , sarà allontanarne
ogni tormento. Non langet illos tormentum mortis.
Tre sono i principali tormenti , come dicemmo ieri
coll'autorità di s. Bernardo, che sperimentano i pec.
catori in morle ; il primo è la perdita del mondo, non
polendosi separare senza gran dolore da ciò in cui
avevano posto un grande amore. Il secondo peggior
di questo , è la separazione sforzata e violenta dell'a.
nima dal proprio corpo , stalole per tanti anni com
pa gno intimamente stretto e caro al sommó. Il terzo,
peggior di tutti , è la terribile aspettazione dell'in
ferno , che i rimorsi della rea coscienza gli faranno
riguardare come certo , inevitabile e imminente. Or
questi tormenti non vi saranno pei giusti : Dio per la
particolar cura che ne ha, erralli loro lontani.
Se parliamo del primo, cioè la perdita del mondo
in essi non ha luogo ; imperocchè , se trattasi del
159
mondo cattivo , vale a dire di quel mondo chiamato
da s. Giovanni maligno, mondo che Cristo escluse
dalla sua orazione , mondo che corre dietro le sue
sfrenate concupiscenze, mondo in somma che, come
dice l’Apostolo, va a far capo all'eterna dannazione,
i giusti non hanno che fare con questo mondo ; a lui
rinunziarono nel santo battesimo, da lui vissero lon
tani, le perverse sue massime e i suoi malı esempi
ebbero sempre in orrore, nè sarebbero giusti se non
l'avessero qual nemico abborrito e fuggito. Che se
parliamo del mondo, dirò così, innocente, cioè di que
sta vita caduca, e di que'piaceri leciti che offre, e di
cui godono anche ii giusti, la perdita di esso non può
tormentarli gran fatto, perchè ne vissero disingannati
nè altaccarono ad esso gli effetti del loro cuore.
I giusti , avvezzi a meditare la legge di Dio e con .
siderare le cose , non cogli occhi della carne , come
i mondani , ma coi lumi della religione, sapevano ciò
che Dio ci fa intendere per bocca dell’Apostolo ; che
non abbiamo qui una stabile e permanente città , ma
che un'altra ne cerchiamo in cielo , non essendo su
questa terra che pellegrini , i quali dì e notte viag
giamo verso la vera patria che lassù ci aspetta : Non
habemus manentem civitatem, sed ſuturam inquirimus
( Hebr. 13 , 14 ). Non ignoravano con Davidde essere
questa misera vita simile a un fiore che sul mattino
si apre , fa un poco di vaga comparsa, poi col tra
montare del sole cade , appassisce e si secca : Mane
floreat, et transeat, vespere decidat , induret el arescat
( Ps. 89 , 6 ) ; e coll' apostolo s. Giacomo erano ben
persuasi che l'uomo quaggiù è come un vapore , il
quale s'atza da pantanosa laguna, e sollevasi in aria ;
investito dai raggi del sole per un poco risplende, e
poi si dilegua e sparisce : Quæ est vita vestra ? Va
por ad modicum parens (Jacob. 4, 5).
160

Più : i giusti nella scuola del crocifisso avevano ap.


preso a riguadar questa vila, non come vila, ma qual
morte, e come la chiama s. Gregorio, una continua
zione di morte : Quædam prolixitas mortis. E che sia
così , glielo insegnavano le sante Scritture. Dio mi
naccia ad Adamo, che in qualunque giorno avesse
mangiato il pomo vietalo sarebbe morto : In quocum
que die comederis morte morieris (Gen. 2, 7) . Adarno
il mangiò, e visse ancora novecento anni. Come mai
ciò ? Spiega un dollo interprele che la sentenza di
Dio si verificò benissimo in quell'istesso giorno : per
chè allora Adamo cominciò subito a morire, e al ler
mine de' novecento anni terminò propriamente di mo
rire. Ma questa verilà più chiaramente l'insegna l’A.
postolo, il quale chiama morte la vita di questo corpo :
Quis me liberabit de corpore mortis hujus ( Rom . 7) ?
E quand'anche mancala fosse l'autorità delle sante
Scrillure, i giusti soliti a riflettere, avrebbero appresa
questa verilà dalla propria esperienza, la quale mo
stra a ciascuno che ogni giorno che passa , " ogni elà
che si cambia , si muore a quel giorno, a quell'età ;
e quando si muore, rigorosamente parlando, si lascia
allor di morire. Penelrati i giusti, e altamente per
suasi di queste verità, vissero disingannali del mondo :
non allaccarono i loro cuori ai beni vani e fugaci di
questa misera vila. Qual dolore può ad essi dunque
recare il lasciarli ? Niuno. Ogni dolore, come abbiam
detto allra volta con s. Gregorio, fondasi sull'amore ;
ma i giusti non hanno amore per cosa alcuna di
questo mondo, dunque non può loro cagionar dolore
l'abbandonarlo.
Non nego però che la separazione dal proprio corpo,
che è il secondo tormento della morte , non affligga
talora in quel punlo anche i giusti; ma v'è una gran
differenza tra il dolore di questi e quello de' peccatori.
161
I peccatori hanno posta tutta la loro felicità ne' loro
corpi, altra non ne conobbero mai o cercarono , che
pascere i loro sensi e contentar le lor voglie; tro
vandosi poi al punto di doversene violentemente stac
care , siccome con perdere il corpo perdono tullo,
soffrono perciò un tormento inesplicabile, onde bene
spesso s'odono esclamare pieni di angustia e di af.
fanno , con quel re infelice, di cui parlaci la santa
Scrillura : Siccine separat amara mors (1. Reg. 15) ?
Nun però co:ì i giusti. Essi tennero in vita e trat
Tarono i loro corpi da nemici, crocifissero la loro carne
co' suoi vizj e le sue malnate concupiscenze, portando
ovunque la mortificazione di Gesù Cristo: Qual tor
mento può dunque recar ad essi il loro abbandono ?
Che se la natural ripugnanza che prova l'anima
nel separarsi dal corpo compagno sì strettamente e
per lunghi anni unito a sè, farà provar qualche pena
anche ai giusti, oh come verrà in essi mitigala e rad .
dolcita dalla certa e sicura speranza della futura glo.
riosa risurrezione ! Mirate il santo Giobbe disteso su
fetido slrame, col corpo fallo tutto una piaga orrida
e schifosa. Gronda marcia da ogni parle , è divorato
vivo da vermi , non ha in tulto il suo corpo , fuor
delle labbra, membro alcuno sano, eppure sta allegro
e contento per la speranza della risurrezione, che tiene
altamente riposta in fondo al suo cuore ; s'infracidi
pure , va dicendo, questa mia carne, mangiatevela ,
vermi, rivollisi in polvere; poco m'importa, perchè
so che tornerò un dì a rivestirmi, in essa vedrò il
Salvatore mio Dio. kursum circumdabor pelle mea, et
in carne mea videbo Deum meum (Job. 19). Udile il
profeta Abacuc , il quale è tanto lontano dal temere
la separazione dell'anima dal suo corpo, che anzi per
la speranza che ha di ripigliarlo un dì glorioso, chiama
la putredine a penetrar le sue ossa , e disfarle del
BIAMONTI. T. I. 11
162
tutto, e non vede che l'ora di abbandonarlo in preda
di morte : Ingrediatur putredo in ossibus meis et sub
ter mé sateat, ut requiescam, et ascendam ad popu
lum accinctum nostrum (Abac. 5). Che dirò de' sette
famosi fratelli Maccabei ? Con qual invitlo coraggio,
anzi con quanta allegrezza, nel fior degli anni, disprez
zarono i lor corpi , e li offrirono essi stessi ai tor
menti , agli strazj, alla morte ' più barbara , animati
dalla speranza della futura risurrezione ? Chiesto il
terzo , per tacer degli altri, dal tiranno a slender le
mani alla scure, e a dar la lingua alia tenaglia , per
essergli strappata dalle fauci : sì, rispose subito, ecco
le mani, ecco la lingua, tagliale , sbranale , sazialevi
pure : queste mie membra me l’ha dale Dio , per lui
or le disprezzo , perchè so , e ne son certo , che un
giorno tornerolle da lui ricevere : E cælo ista pos
sideo, sed propter Dei leges nunc hæc ipsa despicio,
quoniam ab ipso me ea recepturum spero.
Ora questa speranza l'avranno i giusti nella lor
morle, e questa miligherà, raddolcirà e cambierà anzi
in allegrezza il dolore che naluralmente cagiona la
separazione dell'anima dal proprio corpo. Tanto più
che seguirà in essi in ben diversa maniera che nei
peccatori. A questi , dicé s. Bernardo , l'avima sarà
svelta dal corpo a viva forza dai demonj, e sarà uno
dei loro più tieri tormenti : Evelluntur corum animæ
a spiritualibus immundis. Ma permellerà mai luuio,
che lanto ama e prulegge le anime giuste, che gli
vengan rapite da uemunj ? No , 110, dic'eyli siesso,
alle mie pecorelle , quali sono i giusti , io uo ia vita
eterna : nè alcuno potrà giammal rapirle dalle mie
mani: Ego vitam æternam do eis, et non peribunt
in æternum , et non rapiet eas quisquam de manu mea.
Vadano pure dunque codesti spiriti infernali al leito
di un giusto che muore ; fremano di sdegno quanto
163
si vogliono, si uniscano insieme anche a più migliaia,
come si sa per rivelazione di s. Andrea Avellino, cui
ve ne andarono dieci mila, che faranno ad un'anima
che sla in mano di Dio ? Cadranno a terra le loro
saelle, respinti saranno i loro assalti , vani ed inutili
riusciranno lulli i loro sforzi : Dio, che combatterà
per lei, non soffrirà che un capello vengale svelto dal
capo : Cupillus de capite vestro non peribit non

rapiet cum de manu mea (Luc. 21 ) .


Quindi giusti aburante esenti dal massimo di
lulli i turnenti di morte, qual è, come abbiam detto,
l'orribile minor dell'inferno, alle cui fiamme elerne si
vedranno vicinissimi i miseri peccatori . Ahi momento
fatale ! Ahi vista spaventosal Ahi tremenda situazione
per un peccatore in quel punto ! Vedersi di sotto
aperto l'inferno, di sopra un Dio iralo, d’intorno in
finiti demonj, di dentro una perturbata coscienza ,
che non può ricordargli penitenza, perchè mai la fece
davvero; non opere buone , perchè trascurolle ; non
meriti per l'elerna vita, perchè non mai si curò di
acquistarnel Sol gli rammenta peccati, peccati enor
missimi, peccati senza numero, peccati radicati e pro
lungati fino a quell'ora. Oh Diol qual tormento !
Ma consolatevi voi, giusti. Seguile costanti e fedeli
fino alla morte l'intrapresa carriera della giustizia,
chè non sarà per voi tal tormento : Non tanget illos
tormentum mortis. Quel Dio cui servile , nelle cui
mani staie, sapia ben egli allontanarlo da voi. A voi
si mostrerà , non sollu l'idea di un Dio sdegnato, ma
di un Dio pleloso, di un paure amante , u'un amico
fedele. Le vostre anuche colpe , seppure avravvene a
rammentar la coscienza, voi le veurele lavate, annien
tale e distrutte dal sangue di Cristo e dalle lagrime
della vostra sincera penitenza, e non avendo peccati,
qual timore vi sarà per voi dell'inferno ? E non -te
164
mendo inferno, non paventando demonj , non vi af
>

fliggendo la perdita del mondo , non vi angustiando


la breve separazione dal vostro corpo, qual tormento
avrà per voi la morte , qual cosa potrà rendervela
amara e angosciosa ? No , no : Non tunget illos tor .
mentum mortis.

Secondo punto.

Ma lasciamo di più parlar di tormenti. La morte


de' giusli, come ho proposto nel secondo punto , sarà
accompagnata da una somma pace, che loro la ren
derà dolce e preziosa : Præetiosa in conspectu Domini
mors sanctorum ejus. Illi autem sunt in pace. Dio,
cui servirono in vita, che l'Apostolo chiama il padre
delle misericordie e il Dio di tutte le consolazioni ,
vedendo un giusto disteso sul lelto del suo dolore gli
porgerà ajuto: appunto , dice il santo profeta David,
come fa un padre terreno verso un caro figlio gra
vemente infermo. Che fa l'amante genitore ? Gli siede
indefesso accanto , lo consola con dolci parole , gli
porge di sua mano le medicine e i ristori , gli regge
il capo, gli asciuga il sudore, gli accomoda e riacco
moda il lello per renderlo più che sia possibile soffice
e' molle ; fa insomma quanto sa e può per alleviarne
le bene . Così farà il Padre celeste verso il moribondo
suo figlio: gli darà tanti ajuli , gli farà tante grazie,
lo conforterà in tante guise, che il letto di morte di
verrà per lui letto di riposo e di pace : Dominus opem
ferat illi super lectum doloris ejus, universum stralum
ejus versasti in infirmitate ejus (Ps. 40).
Un gran conforto sarà il fargli sovvenire alla mente
quella serie preziosa di grazie con cui il prevenne,
lo accompagnò e seguì nel corso degli anni suoi ; in
virtù di cui potè produrre tante buone opere meri
165
torie di eterna vila . Queste opere , che fra poco for
>

meranno la sua corona, sono ora la sua consolazione.


Se le vedrà , come contempla s. Bernardo , con viso
allegro e giulivo altorno al suo letto , e sentirà dirsi
9

da esse : Ci riconosci ? Siamo opere tue. Tu nos egisti,


opera tua sumus ( Lib. de anima, cap . 2 ) , diranno tante
belle vittorie riportate contro il mondo, il demonio e
la ribelle concupiscenza ; Opera tua sumus, tante la
grime sparse ai piedi del Crocilisso, tante mortifica
zioni dei sensi, tante astinenze e digiuni e penilenze
e croci e travagli pazientemente sofferti. Opera tua
sumus, i sacramenti ricevuti con divozione e frequenza,
le orazioni falte con assiduità e fervore, la parola di
Dio con avidilà letla o ascoltata, le opere di miseri
cordia e di zelo esercitate con carità e costanza . Oh
vista consolante che sarà questa pel giusto ! Oh come
spargerà la di lui anima di contentezza, di fiducia e
di pace ! Nè, come infusa e dirella da Dio, potrà es
sergli fomento di vanagloria e cagione di rovina.
E questa sua pace crescerà sempre più mediante le
grazie attuali con cui il Signore lo assisterà e cora
roborerà in quel punto . In virtù di esse , come suc
cede , al dir dell'Apostolo , a lulli quelli che amano
Dio , tutto gli si convertirà in bene , e- in cagion di
merito : Diligentibus Deum omnia cooperantur in bo
Num (Rom . 8. 28) ; merilo i dolori del corpo, l'ardor
delle febbri , i travagli tulli del male , e merito so
prailutto il sacrificio della propria vita. Oh come si
animerà a questo gran sacrificio , alla vista del suo
Amor crocifisso , la cui immagine lerrà fra le mani!
Se lo stringerà amorosamente al seno, vi stamperà
sopra mille tenerissimi baci : Voi, gli dirà, siete morto
per me ; è ben giusto che io mora ora per voi. Voi
innocente, voi santo , voi mio creatore , mio Dio, non
ricusaste per me il calice tanto amaro della vostra
166

passione e morte , e dovrò 'ricusar io, peccatore,> un


calice tanto minore del vostro ? Calicem quem dedit
mihi Pater non bibam illum ? Si , che lo voglio bere :
non si faccia la volontà della mia carne che vorrebbe
ricusarlo, ma la vostra, mio Dio, la vostra : Non mea
sed tua voluntas fiat.
Con questi alti di perfetta rassegnazione alla vo
lontà di Dio in una cosa sì ardoa, qual è il sacrificio
della propria vita, e chi può capire il gran merito che
acquisterà un giusto ? Argomentiamolo dal fatto d'I
sacco. Abramo suo padre il conduce sul monte , ed
eretto ivi un altare, acconiodatavi sopra la legna, pronto
già il fuoco, la benda, il coltello e ogni cosa, gli ma
festa l'ordine che ha da Dio di sacrificarlo , che per
ciò convien che muoja e sia arso in olocausto su
quell'altare. A questa sì terribile e inaspettala inti
mazione che fa , che dice Isacco , giovane allora nel
fior degli anni , non contando più che il quinto lu
stro ? Si adira forse, resiste , piange , si turba ? No,
uditori , ma con sì invitta fortezza, con sì eroica ub
bidienza, che non si sa decidere dai padri qual fosse
maggiore fra la sua o quella del genitore, si offre
>

pronto al gran sacrifizio , si lascia legare le mani,


bendar gli occhi, sale da sè melesimo la ferale ca
tasta , e piega intrepido il collo al fatal colpo. Con
quest'atto sì ammirabile ed eroico meritarono tanto
ambidue, padre e figlio, che Dio li ricolmò d'infioite
benedizioni, li rese padri d'innumerabile posterilà ; e
quel che è più , antenati secondo carne del suo
medesimo figlio, e secondo lo spiritu, padri di lutti i
credenti : finalmente innalzolli in cielo alla gloria de'
più gran santi .
Ora il giusto che si rassegna in morle ed offre a
Dio con perfetta conformità di volere il sacrifizio della
sua vita, si fa imitatore d'Isacco : dunque ancor egli
167
merita le divine compiacenze e le celesti benedizioni :
e queste di qual consolazione e pace non devono ri
colmar l'anima sua ? E il morire cosi è dessa morte ?
Lo sia agli occhi degli stolti che non ne hanno altri
che quelli della carne, che certamente non lo è agli
occhi di Dio : Visi sunt oculis insipientibus mori: illi
autem sunt in pace. Innanzi a Dio non èè questa morte,
ma un dolce riposo , un placido sonno. Sonno infatti
chiamò Cristo la morte dell'innocente figliuola di
Jeiro : Non est mortua puella , sed dormit (Matt. 9,
211). Sono quella di Lazzaro suo amico : Lazarus
amicus noster dormit (Joan. 11 , 11 ). E sonno appel
lasi nel linguaggio delle sante Scritture la morte in
generale di tutti i giusti : Cum dederit dilectis suis
somnum (Ps. 126) .
Terzo punto .

Eppure, cristiani miei , quanto abbiamo detto finora


della morte de' giusti è poco a confronto di ciò che
ci resta ancora da dire. Dio , nelle cui mani stanno,
non solo ne terrà lontano ogni tormento , non solo
ti ricolmerà di pace , ma dando loro una certa e si .
cura speranza della beata immortalità, infondendo loro
un ardentissimo desiderio di presto entrarne al pos
sesso, farà sì che esultino di allegrezza e di gioja, e
ciò che è scritto drulla donna forte che riderà nell'ultimo
de' suoi giorni: Ridebit in die novissimo ( Prov. 31,5),
si verificherà in cutii loro, perchè tutti verranno da
si dolce speranza e da sì nobile desiderio animali.
Spes illorum immortalitate plena est.
E chi mi sa dire, cari uditori, qual sarà l'allegrezza
e il contento d’un giusto , il quale vicino a morte
potrà dir coll'Apostolo : Bonum certamen certavi, cur
sum consummavi , fidem servavi : reposita est mihi
168
corona justitiæ quam reddet mihi Dominus justais
judex ( 2 ad Tim . 4) ? Grazie al mio Dio , ho vinto
la baltaglia , ho consumato il mio corso , ho manle .
nuta la fede, ecco la corona : già me la vuol dare,
>

già a sè mi chiama il giusto mio giudice ! Ah ! che


io non trovo nè idee, nè termini, nè confronti capaci
ad esprimere tanta allegrezza ! Imaginatevi un noc
chiero, il quale dopo un lungo viaggio fatto nel vasto
oceano, dopo essersi Trovalo più e più volle fra orri.
bili tempeste in pericolo prossimo di restarvisi som
merso, finalmente, superati i pericoli , scansati i nau
fragii , vede dall'allo torreggiare la sua città , e a vele
gonje, e colla nave carica di preziose merci e di ricchi
tesori se n'entra sicuro nel sospirato porto. Guardate
un soldalo che, lordo di polvere, bagnato di sudore,
grondante di sangue, ricco di palme, torna vittorioso
dal campo di battaglia,> e allegro e festoso si divide
coi compagni le opime spoglie, e s'incorona di trion
ſale alloro la chioma. Mirate quei mietitori, come >

esultanti di gioja se ne vengono dal campo carichi


di biondeggianti manipoli, benedicendo gli stenti, i
sudori e le lagrime che sparsero in seminare il lor
grano ! Queste non sono che languide imagini del.
l'allegrezza che innonderà lo spirito di un giusto in
morte, quando si vedrà ormai fuori del tempestoso
mare di questo mondo e vicino ad entrar nella so
spirala patria del cielo : quando vinti e soggiogati i
suoi nemici, andrà ad incoronarsi la fronte dell'incor
< rullibil corona di gloria nella celeste sua pa'ria: quando,
in premio de' suoi sudori e fatiche mieterà gli esu
beranti manipoli della vila eterna.
Una più viva ed espressiva imagine di codesta sua
allegrezza ce l'offre il popolo ebreo nella sua famosa
uscita dalla schiavitù dell'Egitto , la quale non può
dirsi arbitraria, mentre, al dir dell'Apostolo, tutto ciò
169
che succedeva allora à quel popolo era figura di
quanto verificar si doveva in noi cristiani , che siamo
il vero popolo eletto successore di quello : Omnia in
figura contingebant illis (1 , Cor 10) . Erano lunghi
anni che gli Ebrei gemevano in quella barbara terra
soito il giogo della più ignominiosa e dura schiavitù ;
arrivò finalmente il sospirato giorno, in cui scosso il
ferreo giogo, e spezzate le pesanti catene, ne uscirono
liberi e franchi. Passalo a piedi asciulli il Mar Rosso,
che con inaudito prodigio loro aprì nell'aperto seno
la strada e li pose in sicuro da' loro tiranni, che pen
liti della libertà ad essi accordata , ferocemente inse
guivanli per ritornarli in catene ; quando si videro
sull'opposla sponda sani e salvi, è rivolgendosi indietro
si accorsero che le onde divise ripigliando il lor sito,
avevano sommersi e affogali i loro nemici, fu lale e
tanta l'allegrezza e la gioja che li soprapprese , che
non poterono in sè contenerla, onde , dato di mano a
ceire, a limpani ed altri musicali stromenii, si diedero
a cantare in varj cori distinti che si rispondevano a
vicenda inni di lode al Signore; e tal era il giubilo
e l'armonia dei suoni che , come poeticamente cantò
Davide , n'esultavano i monti e saltellavano per la
gioia le colline d'intorno : Cantemus Domino, gloriose
enim magnificatus est , equum el ascensorem dejecit
>

in mare (Exod. 15, 1 ). Montes exultaverunt ut arietes


et colles sicut agni ovium ( Psal. 113, 4).
Ecco la vera idea di un giusto in morle. Egli tro .
vasi ormai fuori del tempestoso mare di questo in
fido mondo : vede che si sciolgono i lacci di sua cor
ruttibil carne, ed esce libero e franco da questo mi
sero Egillo. Osserva vinto e conquiso l'infernal Fa
raone co' suoi satelliti : già pone il piede sana e salvo
sul lido della beata terra promessa del cielo : già va
ad unirsi al sospirato suo Bene ! Oh Dio , in una sì
170
felice ed avventurosa situazione , qual allegrezza, qual
giubilo deve provare egli mai ? In vita pianse più volte
i) suo esiglio , tremò sovente agli assalti de' suoi ne
>

mici ; or che n’esce fuori, che li ha vinti , che è sì


vicino al trionfo , qual contentezza sarà la sua ?
Ma sopratutto, oh quanto lo consola il suo Dio ! In
vita il cercava ma nol trovava : Quæsivi et non inveni
(Cant. 3 , 1 ). Quante volte sospirò a lui invano , e
come il santo re profeta Davide , si cihờ dì e notte
di lagrime nel sentirselo rammentare e non poterlo
vedere ! Fueruntmihilacryme mere panes die ac nocte
dum dicitur mihi quotidie ubi est Deus tuus ? Quante
altre volte, ferito per lui d'amore a somiglianza della
sposa de' cantici gridava anelante : Chi mi darà te, o caro
fratello ? Chi farà sì che io ti trovi ? E quando potrò
io saziarmi ne’tuoi purissimi baci e amplessi ? Quis mihi
det te fratrem meum ... et inveniam te foris, et deoscular
te (Cant. 8) ? Or sel sede vicino, ne sente in sè stesso
un pegno di sicurezza, e forse già il vede visibilmente :
s'ode da lui invitare con quelle dolcissime parole :
Jam hiems transiit , imber abiit, et recessit, surge,
amica mea, et veni (Cant. 2 ). Su via , anima mia di
letta, sorgi e vieni : è finito l'orrido inverno, cessati
sono i tempestosi nembi : vieni a ricevere la corona
che la tua fedeltà in amarmi ti ha meritata . Veni de
Libano sponsa mea.... Veni, coronaberis. Con lui vede
gli angeli, vedle i suoi santi avvocati, e vede la gran
prolettrice della buona morle , Maria. Non suole no ,
quest'amalissima madre abbandonare in quell'estreino
i suoi cari figli; cosi ella disse a s. Giovanni di Dio
moribondo , che non vedendola comparire, con· lei
dolcemente lagnavasi; apparsegli finalmente con tutta
bontà e amorevolezza : Giovanni, gli disse, non è mio
solito abbandonare in quest'ora i miei divoli. La vi
dero infalli un s. Antonio di Padova, un s, Nicolò da
171
Tolentino, un s . Filippo Neri 2, e cenlo e mille altri
santi . Ma acciocchè noi che siamo peccatori non dispe
riamo di simil grazia, peccatore era stato un Martino
fratello di s . Pier Damiano, che convertitosi a Dio, e re
sosi gran divoto di Maria, ebbe in morte la sorte di
vagheggiarla, e fu udito dire a' circostanti: Alzatevi ,
fate riverenza alla mia signora. Peccatore un Adolfo
conte di Alsazia, ma perchè fece ancor egli penitenza
e si era dedicato a Maria , ſu da lei favorito in morte
esso pure della sua visita. Di simili esempj sono pieni
i libri, nè la breviià del tempo mi permet e riferirne
di più . Dirò soltanto in conferma di essi che questa
degvazione di Gesù Cristo e della sua santissima Madre
verso dei moribondi lor servi, fu prevedula e pre
della in ispirito dal santo profeta David, allorchè disse :
Si ambulavero in medio umbrce mortis, non timebo
mala, quoniam tu mecum es. Virga tun et baculus
tuus ipsa me consolata sunt (Ps. 22) . Se camminerò
fra l'ombre di morte non temerò alcun male perchè
so che voi, mio Dio, sarele meco . La vostra verga e
il vostro bastone mi ricolmeranno di consolazione
(Serm . de Assump .) ; questa verga, spiega s. Pier
Damiano , è Maria : il bastone è l'albero della croce.
Maria dunque .e Gesù Cristo colla sua croce assiste
ranno il giusto nella sua morte, lo riempiranno di
allegrezza, lo inviteranno alla gloria, e a tali viste, a
simile invito , che se non saranno sempre sensibili
ai sensi del corpo lo saranno però alle potenze del .
anima, che farà l'avventurato giusto ? L'anima sua si
liqueferà d'amore, e più per impelo d'amore, che per
la forza del male , si sprigionerà dai lacci di questa
fragil carne, se ne volerà negli ammirabili labernacoli
del suo Signore, in seno al suo Dio : Hæc recordatus
sum, et effudi in me animam meam quoniam transibo
in locum tabernaculi admirabilis usque ad domum
172
Dei (Ps. 41). Oh morte, non morle ma vital morte
della vita mille volte più preziosa ed amabile !
Or non mi meraviglio , uditori, che i giusti desi
derassero così la morte , come si legge di molti di
loro. Un Davide lagnavasi amaramente della lunghezza
del suo pellegrinaggio : la più lunga dimora fra i le
nebrosi e vili tabernacoli di questo mondo , benché
per altro vi abilasse una reggia , eragli divenuta no
josa e insopportabile : Hei mihi quia incolarus meus
prolungatus est : habitavi cum habitantibus Cedar ,
multum incula fit anima mea ( Ps. 149) . Paolo apo .
stolo scriveva ai Filippensi che sentivasi stretto e an
gustialo il cuore perchè da una parte desiderava ar
dentemente sciogliersi dai lacci di questa misera vila
e andarsene con Gesù Cristo ; dall'altra considerando
che la sua vita era ancor necessaria per essi , non
sapea che risolvere, nè vi volea altro che questo ar
dentissimo zelo per trattenerlo dal chiederne a Dio il
sollecito scioglimento : Coarctor autem e duobus desi
derium habens dissolvi et esse cum Christo ; permanere
autem in carne necessarium propter vos ( Ad Philip. 1 ).
E chi può leggere senza tenerezza , come il dottor
massimo s. Girolamo parlava alla morte nelle sue
estreme agonie ? Sorgi, o morte, dicevale, dammi la
mano , nè voler più tardare. Sei negra pur sei bella.
O morle dolce e gioconda, i tuoi labbri distillano
miele ! Prendimi, poiché quando il mio Signore ti ac .
colse, mi desti allora la vita e mi salvasti : Exurge,
o mors, porrige mihi manum ; jam noli morari am
plius: nigra es sed formosa. O mors dulcis et jucunda,
favus distillans labia, suscipe me, num cum suscepisti
Dominum meum me salvasti, me vivificasti ( Epist . Eu
seb. ad Damas. Pontif. ) . Che dirò poi di un s . Pietro
d'Alcantara e di s. Luigi Gonzaga, che all'avviso di
morte intonarono pieni di allegrezza e di giubilo il
173
Te Deum laudamus; e quest'ultimo a chi lo interro
gava di sua salute, lætantes imus, rispondeva, lietan
tes imus ! Che di una santa Teresa, la quale era tanto
il desiderio che aveva di presto morire , che la vila
le s'era cambiata in tormento ? Moriva com'ella ri
peteva sovente, perchè non moriva : Morior quia non
morior. Che di tanti altri che troppo lungo e soverchio
sarebbe il riferire ?
Ma qual maraviglia fia questa ? Ben avean ragione
i sauti di così bramare la morte . Li morte per essi,
siccome per túlli i giusti , non era che un oggetto
sommamente desiderabile. Una morte fatla in mano
di Dio, di Dio che ne allontana ogni tormento, di Dio
che li ricolma di pace, di Dio che la sparge di soa
vità e di allegrezza ; morle che libera dai mali e pe
ricoli di questa misera vita ; cui non angustian di
stacchi, non ispaventan demonj, non affliggon peccati ;
morte precedula, accompagnata e seguita da virtù, da
buone opere, da meriti, che finalmente mette in pos
sesso di un regno eterno , di una corona di gloria
immensa , di un sommo ed infinito bene, una morte
di questa sorte chi può a meno di non bramarla ?
Ma noi, miei cari uditori, di qual morte morremo ?
Morir bisogna : qui non v'è scampo : questo boc
cone amaro , un poco prima, o un poco più tardi,
sempre però prestissimo rapporto all'interminabile
eternilà, conviene inghiottırlo : Quis est homo qui vivit
et non videbit mortem ( Ps. 88 , 49 ) ? Qual sarà dun .
que la nostra morte ? Sarà preziosa come quella dei
giusti, di cui abbiamo ragionato finora ovvero pessima
come quella de' peccatori di cui parlammo ieri ? Mor
remo coll'anina in pace , oppure fra angustie e lor
menti ? Saremo in quel punto pieni di speranza e di
fiducia, o di disperazione ? Spireremo in braccio di
Dio, oppur del demonio ?... Ah ! io mi accorgo che
174
a questi riflessi vi trema l'animo in seno ; e traendo
dal fondo del cuore un sospiro, vorreste dirmi : Chi
sa che cosa sarà di noi ? Vorremmo pure morir da
giusti, ma i nostri peccati, l'incertezza di averne ot
tenuto il perdono, i tremendi giudizj di Dio, il dono
della finale perseveranza che di rigorosa giustizia
nemmen si merita dagli stessi giusti, ci atterriscono
e spaventano.
E bene, miei cari, che un giusto e santo timor di
Dio ci tenga umili e bassi , ma non perciò dubbiamo
cadere in diffidenze e disperazioni che troppo ingiu
riose sarebbero alla sua infinita bontà e a quell'amore
eccessivo che ci porta di cui ha dalo mille riprove.
Egli ci fa sapere per bocca del suo apostolo , che
l'uomo raccoglie in morte di che semina in vila ; chi
semina opere di carre raccoglierà certamente la cor
ruzione , ma chi semina opere di spirito raccoglierà
senza dubbio la vila eterna. Quæ enim seminaverit
homo, hæc et metet. Quoniam qui seminat in carne
sua, de carne et metet corruptionem : qui autem se
minat in spiritu de spiritu metet vitam æternam
(Ad. Gal. 6). Nel libro della Sapienza ci assicura che
se il giusto sarà preoccupalo, ossia côlto da morte an
che immatura, la di lui anima si troverà in refrigerio,
che è quanto dire sarà salva : Justus autem si morte
præoccupatus fuerit in refrigerio erit (Sap. 4), e
finalmente nelle parole lante volte citate, senza ecce
zione alcuna asserisce che la morte dei giusti sarà
al suo cospelio preziosa : Præetiosa in conspectu Do
mino mors sanctorum ejus. E per meritare a noi que
sta morte è morto egli stesso sopra una croce, ed
inoltre perchè moriamo da giusti ha istituito un sa
cramento che ci purghi , ci corrobori, e consoli nelle
estreme agonie.
Che vogliamo di più? Sta dunque in nostra mano
175
il morire santamente, basta sol che vogliamo : ma da
vero, e non come il pseudo-profela Balaamo, il quale
bramò bensì morire da giusto, e disse : Moriatur anima
morte justorum (Exod. 23) , -ma poichè visse da em
pio è da credere che tale morisse. Cari fratelli , vo
gliamo efficacemente e da vero assicurarci la preziosa
morte de ' giusti ? viviamo da giusti. Ah ! se taluno
di voi si trovasse incamminato ed inoltra'o nella via
perduta de' peccatori, in quella via larga e spaziosa,
per cui pur troppo camminano molti , via che va a
chiudersi con una pessima morte, e finisce nella per
dizione, volga addietro il passo, e'l volga presto, pe
chè non sa nè il giorno nè l'ora in cui verrà la morte,
e potrebbe sorprenderlo e perderlo oggi stesso. Met
tiamoci tutti a battere la via certa e sicura de' giu
sti. Come essi allontaniamo ora da noi ciò che ci an
gustierebbe in morte. L'allacco disordinato al mondo,
alle sue vanità, a' suoi piaceri e ai suoi beni, forme
rebbe in morle il nostro tormento ; sarebbero peccati
non ben confessati e pianti, scandali non riparati, re
stituzioni non faite, abiti viziosi non estirpati, passioni
non soggiogate , distacchiamoci dunque ora con me
rito da questo misero mondo: con una santa confes.
sione , anche generale, e colle lagrime di una vera
contrizione , cancelliamo le nostre colpe , togliamone
tutte le relique e le infelici conseguenze suduelle, con
produrre frulli degni e stabili di penitenza.
Nè ciò basta : al negativo di non far male ripa
rare il mal fallo, per esser giustu convien di più ag.
giungere il positivo di fare il bene ; scuotiamoci dun
que dalla pigrizia o freddezza nel servizio di Dio. La
sola trascuratezza di trafficare il talento dal suo pa
drone ricevuto, bastò al servo neghilloso, di cui parla
il Vangelo, perchè fosse da lui cacciato in tenebrosa
prigione a piangere e strider coi denti, che è quanto
176
dire all'inferno : le vergini stolte, perchè tralasciarono
quand'era tempo di provvedersi di olio e tener pronte
ed accese le loro lucerne , furono irreparabilmente
escluse dalle nozze del divino Sposo. Non l'esempio
di quelle o di queste seguitiamo noi; ma invece imi.
tiamo il servo fedele che traffico e raddoppiò il de
naro del suo padrone, e le vergini prudenti che fu
rono trovate pronte e preparale al nuziale convito.
Buone opere, miei cari , da qui innanzi più che po .
Tremu. Colle orazioni, colle limosine , colle mortifica.
zioni, coi sacramenti e con altre opere di pietà, i giusti
si hanno merilala la buona morle : con queste dob
biamo merilarla anche noi .
MEDITAZIONE VII.

Sopra il Giudizio particolare.

Statutum est hominibus semel


mori , post hoc judicium .
Hebr.

La legge è scritta, l'inesorabil decreto è sanzionato,


la tremenda sentenza che non ammelte appello è fir
mata, convien morire, morire una volta sola : ed alla
morle deve infallibilmente succedere il giudizio : Sta
tutum est, ec. Sì , tutti noi che siamo ora qui radu.
nati insieme, ripiglia il grande apostolo Paolo, e non
solamente noi , ma quanti vivon uomini sulla terra,
e quanti vi verranno a vivere fino alla fine del mondo,
come è già successo a quelli che vi hanno vissuto
ne’ secoli trapassati , tulti dobbiamo essere presentati
>

innanzi al tribunale di Cristo , rendergli strettissimo


conto di quanto avremo fatto in questo corpo di bene
e di male : Omnes nos manifestari oportet ante tri
bunal Christi, ut referat unusquisque propria corpo
ris, prout gessit, sive bonum , sive malum . Omnes (Ad
Cor. 11 , 5 , 10) , monarchi e sudditi, principi e vas
salli, nobili e plebei , laici e sacerdoti, dotti e ignoranti ,
giovani e vecchi, uomini e donne : Omnes, senza che
alcuno possa sperare esenzione o privilegio, o riguardo,
perchè l'inalterabil legge non ne ammette veruna :
Omnes nos manifestari oportet ante tribunal Christi.
Overità spaventosa ) o massima tremenda, che ha
ricolmato di orrore e di angustia anche i più grandi
BIAMONTI. T. I, 12
178
santi ! Tre cose , diceva tutto raccapricciato per lo
spavento l'austerissimo penitente e santo abate Elia
(Apud . Sinist., pág. 267) , tre cose, io temo, e mi ten
gono in continua sollecitudine ed affanno : il momento
in cui l'anima uscirà da questo mio corpo , la seve
rità dell'esame che dovrà subire, la sentenza che pro
nunzierà su di lei il divin Giudice : Tria timèo , egres.
sionem animæ a corpore , severilatem examinis, sen
tentiam judicis . La mia coscienza , gridava un santo
Giobbe , non mi rinfaccia alcun peccato : Non. peccavi :
mentre ho procurato di tenermi sempre saldo nella
via del Signore , nè mai volgere da essa errante il
piede : Vestigia ejus secutus est pes meus ; viam ejus
custodivi et non declinavi ex ea (Job. 23). Eppure ,
quando io penso al tremendo giudizio di Dio mi turbo ,
mi affanno, il timore mi opprime : Idcirco a facie ejus
turbatus sum , et considerans cum timore sollicilor . Io
valuto per nulla , scriveva l'Apostolo a quei di Co
rinto , di esser da voi giudicato , nè il giudizio di tulti
gli uomini mi fa paura , perchè so che mi ha da giu
dicare Iddio , innanzi a cui , ancorchè la mia coscienza
di nulla mi riprenda , non perċ mi tengo sicuro : Mihi
autem pro minimo est ut a vobis judicer, aut ab hu
mano die ... nihil enim mihi conscius sum ; sed non in
hoc justificatus sum : qui autem judicat me, Domi
nus est.
Che se i santi, e santi di questa sorte, hanno tre .
mato, noi ,> miei cari , che facciamo ? Viveremo spen .
sierati ? ci terremo sicuri ? andremo incontro a un
giudizio cosi terribile colla benda agli occhi e coll'a
nima rea forse di mille colpe ? Ab ! pensiamoci in
tempo : preveniamo quel dì colla seria meditazione di
ciò che allora seguirà. È vero che il giudizio parti
colare dopo la morte di ciascuno si farà in un mo
mento, dicondo lo Spirito Santo nell'Ecclesiastico, che
179
è facil cosa a Dio nel giorno della morte dare ad ognuno :
ciò che si sarà meritato nel corso della sua vita : Fa
cile est coram Deo, in die obitus retribuere unicuique
secundum vias suas ; ciò non ostante, per fissare la
nostra fantasia e dare un campo più ampio alle no
stre riflessioni, immaginiamoci che questo giudizio
debba succedere, come succederà di fatto a norma dei
giudizjumani : questi , come riflette l'angelico, for
mansi in tre atti : 1. È cilato il reo a comparire in
nanzi al giudice; 2. gli si forma il processo ; 3. si
pronuncia contro di lui la sentenza . Or noi appliche
remo questi tre atti al giudizio dell'anima in morte,
e ne formeremo i tre punti per la meditazione, con
siderando quanto per questi tre capi sarà terribile
questo giudizio. Sarà dunque terribile per la com
parsa dell'anima del peccatore nanti al divin Giudice,
primo punto. Più terribile per il processo che si for
merà sopra di lei, secondo punto. Terribilissimo per
la sentenza che le verrà fulminata, terzo punto.
Primo punto.

Quell'amabile e caro Gesù , che per amor nostro si


è cosi umiliato in questo mondo, onde nacque povero
in una stalla , visse oscuro per lunghi anni in una
bottega, morì sazio di obbrobij e di pene sopra una
croce : quel Gesù, che quand'anche regni ora in cielo
pieno di gloria alla destra del Padre, pure gode e si
compiace che la sua Chiesa cel rappresenti secondo
i varj misterj che celebra nel decorso dell'anno , ora
in qualità di un vezzoso bambino che vagisce in un
presepio ; ora di un amante pastore che va in cerca
della pecorella smarrila ; ora di un padre sviscerato
che accoglie ed abbraccia con somma allegrezza un
traviato figliuolo; che vuol esser sempre esposto sui
180
nostri altari ed altrove , qual uomo di dolori che spa
sima e muore per noi di amore sopra un patibolo, e
che perfino nasconde sè stesso sotto le apparenze di
poco pane per farsi nostro cibo e darci tutta la con
fidenza di accostarsi a lui; motivo per cui invece di
amarlo sempre più , tanti e tanti l'offendono e strapaz .
zano con maggior franchezza e baldanza ; questo Gesù,
sì, questo prenderà un dì le sembianze , il treno, la
maestà di severissimo giudice ; ed aimèl chi è che possa
immaginare , non che esprimere , quanto comparirà
spaventoso e terribile ! I profeti che a traverso dei
lumi che illustravano le loro menti ne videro qualche
lampo, non seppero spiegarlo ; onde per darcene qual
che idea adoperarono le immagini più vive e forti
che somministrar ad essi potesse la loro accesa fan
tasia ; quindi lasciaron scritto che la sua faccia sarà
folgoreggiante più che sole nel suo perfetto meriggio
(Apoc., Gioele, Osea) ; i suoi occhi ardenti più che fiam.
me, la sua voce qual ruggito di leone , le sue parole
sonanti quasi mare tempestoso, il suo furore qual di
orsa furibonda cui rapiti sieno i figli. Sederà sopra il
maestoso trono, cui d'ogni intorno faranno corona le
formidabili legioni degli angeli ; avrà al suo fianco,
non la misericordia , per cui ora non vi ha più luogo,
ma la giustizia con due rettissime bilancie in mano, su
cui si peseranno fino all'ultimo quadrante le opere
sì buone che cattive : sederagli a destra in qualità di
madre ee di regina Maria santissima ; non più però qual
avvocala e madre de' peccatori , per cui non potrà ora
interceder grazia e perdono. Da una parte in giusta
distanza vedrassi aperta una spaventosa voragine che
va a far capo all'inferno, da cui verrauno fuori molti
orribili demonj , pronti esecutori della divina giustizia.
Questo sì tremendo tribunale si alzerà forse in quell'i.
stessa stanza, innanzi a quel letto su cui spirerà il mi
181
sero peccatore, e la di lui anima vi sarà in un istante
presentala .
Ma chi l'accompagnerà ?... Condurrà seco forse qual
che valente avvocato a trallar la sua causa ? Si porterà
le sue ricchezze e i suoi titoli, le sue dignità per farsi
coll'oro e coll'autorità rispettare ? La seguirà un qual
che amico fedele ? Un parente amoroso e un protettore
potente ?... Ah ! che le cose umane son finite per lei ; e
nell'altra vita, innanzi a quel tribunale, le protezioni,
le aderenze, le parentele, le dignità, le ricchezze sono
un bel nulla. Essa sola, senza altro corredo che delle
opere fatte in vita, non da altri seguita (1 ) , fuorchè dal
suo ángelo custode da un lato e dal demonio accusa
tore dall'alıro, si presenterà al divin Giudice. E al pri
mo comparirgli innanzi, oh Dio ! chi può immaginare
lo spavento , l'orrore che proverà l'infelice ? Vedersi
fuori del mondo, in faccia di un Dio irato, in mezzo a
demonj, coll'inferno aperto innanzi agli occhi, colla
coscienza rea che interiormente la punge e la strazia,
colla memoria de' suoi peccati : senza rimedio ,> senza
conforto, priva d'ogni speranza ! Oh Dio ! oh Diol qual
orrore ! che farà ? dove fuggira la miseral... Superius,
così rifletleva e per lei tremava s. Agostino, Superius
judex iratus, interius horrendum chaos, a dextris pec
cata accusantia, a sinistris infinita dæmonia ad sup
plicium trahentia : intus conscientia urens ; quo fugiet
peccator sic deprehensus (2) ?
Io non saprei darvi una più viva idea dell'orrore che
assalirà in quell'istante l'anima sventurala , che rife
rendo un fallo della Sacra Scrillura registrato nel libro
quarto dei Re (4, Reg. 6) . Il re della Siria con una for

( 1 ) Come dalla sacra Scrittura rilevasi, Zaccar. 3, Apoc. 4,


ps . 108 , D. Greg . Ilom . 39 , in Evang .
(2) $ . Agost , Tract, 58 in Joan .
182
midabile armata aveva invaso il regno d'Israello e
messo alle strette il suo re, il quale per buona sorte
aveva ne' suoi Siali, non lungi dalla capitale, il profeta
Eliseo. Questi , con lume profetico, conosceva tutti i
consigli, le relazioni, i stratagemmi e le macchine che
si oru vano dal re della Siria colla niaggior segretezza
nel suo gabinelto, e facendole sapere al re d'Israello,
le preveniva in tempo, onde riuscivano lulle vane ed
inutili . Vente ciò a sapersi dal re della Siria, e indi
spettito contr :) Eliseo spedì di nolletempo una forte di
visione della sua armata nella città di Duta , dove abi
tava, a que:1) solo oggetto di averlo nelle mani. Senza
un miracolo era inevilabile la di lui prigionia, ma se
ne liberò ap: unto con un maraviglioso prodigio ; sen
tite come . Già la città era tutta circondata dalle truppe,
ed un corpo di esse si avvicinava alla casa del profeta
per arrestarlo ; pregò allora egli il Signore ad acciecarle
tutte, ma in guisa lale che vedessero bensì gli oggetti,
ma lor comparissero diversi da quello che in realtà
sono : Porro Eliseus oravit ad Dominum dicens, per
cute, obsecro, gentem hanc cæcitate (Esler 15). Fatla
questa orazione , e sicuro di essere da Dio esaudilo ,
va loro stesso incontro e dice agli uffiziali: Sigoori,
1
avele sbagliata la strada e la città ; ' conosco l'uomo
che voi cercate , venite meco e ve lo farò vedere.
Quei poveri ciechi , quasi altrettante pecore, non sa
> .?

pendo dove si fossero, lo seguitarono, ed Eliseo li con


dusse in mezzo proprio a Samaria, città capitale loro
nemica ; la quale in un islante fú uutta sulle armi,
pronia per farne scempio , pregò allora di nuovo il
Signore ad aprir ad essi gli occhi : gli aprono, guar
dario all'intorno e si veggono in mezzo a Samaria in
mano de' nemici . Oimel dovettero allora gridare, pieni di
raccapriccio e di spavento, dove siam )? Chi ci ha traditi !
Quest' è Samarial Queste le spade nemiche ! Ah ! siam
183
perdutil... Buon per essi che il profeta li volea am
moniti , non pèrduti : ordinò che non solamente non
fossero uccisi, ma dato loro un abbondante ristoro, si
lasciassero tornar liberi e in pace ai loro quartieri.
Eccovi in questo fallo una assai loro espressiva ima
gine dell'orrore e spavento che proverà il misero pec
calore , quando chiuse dalla morte dietro alle spalle
le porte del tempo, gli aprirà in faccia quelle dell'e
ternità , e si vedrà costituito innanzi al tribunale di
Cristo. In questa vita, come quei soldati assirj, visse
da cieco ; le sue disordinate passioni, gli attacchi alle
ricchezze, ai piaceri, alle vanilà del mondo, gli avevano
sì fattamente alterata la vista , che delle cose dell'a
nima, dell'eternità di Dio , nulla vedeva : le verità più
tremende della religione guardavale come sogni ; i
castighi dell'altra vita , quasi spauracchi ; i peccati an.
che più enormi, meri scrupoli ; ora che aperti gli oc
chi si trova nell'altro mondo, in mezzo ai demonj nel
l'inferno spalancato dinanzi, con un Dio irato al diso
>

pra da cui non può fuggire , che non può placare,


che non ha più per lui misericordia, oimėl qual rac
capriccio : qual orrore proverà egli mai ?
La sola vista di Cristo nemico, quando mancasse il
resto, non basterebbe essa sola per farlo morire, se di
morte fosse capace, di puro spavento ?... La regina
Ester si presentò un dì al monarca Assuero mentre
sedeva su di alto trono pieno di maestà , col diadema
in fronte, lo scettro in mano , il volto grave, il guardo
lorbido, in mezzo a guardie a satrapi e grandi del re
gno, che rendevano più imponente e maestosa la sua
figura; e in fissare in lui lo sguardo cadde tramor
tila in braccio di una delle damigelle che l'accompa
guavano ; Regina corruit, el in pallorem colore mu
lalo lassum super ancillulam caput reclinavil. Rin.
venuta poi in sé a grave stento , confessò al re che
184
la maestà e la gloria del suo volto l'avevano atterrita
o percossa, cosicchè il suo cuore le era venuto meno,
e smarriti i sensi o le forze non si potè più reggere:
Vidi, te, Domine, quasi angelum Dei, et conturbatum
est cor meum præ timore glorice tuce.... Eppure Ester
era la più diletta e favorita sposa di Assuero : non
aveva tradiia la fedeltà al suo talamo, non vi era la
benchè menoma ombra di sospelto sulla sua onestà...
Or che sarà, quando un'anima infedele, rea di fellonia,
di tradimenti e peccati , fisserà lo sguardo nel volto
irato di Cristo ? Di Cristo non uomo semplice come
Assuero, ma Dio Onnipotente ? Di Cristo, non padrone
di sole cento ventisette provincie come quel re , ma
sovrano sommo, assoluto della terra e del cielo ? Di
Cristo avenle in mano , non una verga d'oro come
colui, ma le tremende chiavi del cielo e dell'inferno ?...
Come reggerà ai lampi di quegli occhi divini che quasi
acuti strali le trafiggeranno le viscere, e in un'baleno
lo scopriranno con amaro rinfaccio le sue iniquità ?
Ah ! chi potrà resistere l ... Quis stabit ad videndum
eum ? Oh quanto fia meglio, qual più saggio consiglio
è questo , miei cari uditori, renderselo ora propizio !
placarlo colla penitenza, prostrarsi al trono della sua
misericordia pria di esser citati a quello di sua giusti
zia ... il quale se sarà si terribile all'anima colla sola
vista, che sarà per il sindacato che formerà sopra di
lei ? Eccomi al secondo punto. Rinnoyatemi l'allen
zione,

Secondo punto .

Nella vita di s. Giuseppe da Lionezza si legge, che


essendo giovane ed un buon religioso, non però quel
gran santo che fu di poi, fece palto con un suo com .
pagno religioso, che il primo di lor due a morire, per
185

mettendolo Dio, venisse a dar ragguaglio all'altro dello


stato in cui trovavasi nell'altra vila . Morì fra non
molto il compagno di fra Giuseppe, ed ecco che dopo
qualche tempo una nolte si vede entrare in cella il
morto, il quale « fra Giuseppe, » gli disse : « Dio ha
permesso che, secondo il nostro concertato, venissi a
darti notizia di me : io dunque per misericordia di Dio
son salvo : una sola cosa però li dico , ed è che i giu
dizj di Dio son severi e terribili' assai : oh quanlo
sono severi e lerribili i giudizj di Dio ! Non si crede,
non si crede. » Ciò dello disparve, lasciando alterrito
fra Giuseppe, il quale da quell'ora in poi si diede ad
una vita si penitente, sì perfeita , si santa che divenne
l'ammirazione e l'esempio de' suoi religiosi fratelli, e >

l'ha di poi sublimato a gloria grande in cielo ed al


l'onor degli altari su questa terra. Beato lui che si
seppe approfillar così bene di questo straordinario
avviso ! Beati saremo anche noi se santamente atler
riti dalla severità del giudizio di Dio ne approfitteremo
egualmente. Noi però non abbiamo bisogno, nè dob.
biamo aspellare che vengano i morti dall'altro mondo
a dirci che il giudizio di Dio sarà terribile e severo as
sai : la viva ed infallibile parola di Dio, che non è nè
può essere soggetta ad inganno veruno , ci assicura
>

di tal verilà : e questa deve fare sul nostro spirito un


maggior colpo.
Che cosa dunque dice Dio del suo giudizio ?... Che
scrutinerà la mistica Gerusalemme, cioè l'anima, colle
lucerne alla mano : Scrutabor in Jerusalem in lucer .
nis (Joph .); che è quanto dire , che colla sua pene
trantissima vista ne scoprirà le macchie culte, i nei,
i difetti anche più occulli e reconditi , e ne formerà
materia del suo sindacato . Che in quel terribile
giorno bisognerà 'endergli conto anche di una sola
parola oziosa, inutile, della cioè senza un buon fine :
186
Dico autem vobis , quoniam omne verbum otiosum,
quod locuti fuerint homines , reddent rationem de eo
in die judicii (Matt. 11 , 39) . Che finalmente giudicherà
le stesse giustizie, onde troverà bene spesso materia
di castigo in quelle opere, per cui l'uomo non aspet
tava che premio . Ego justitias judicabo ( Ps. 74). Così
parla Iddio, e a queste voci chi non Trema, chi non
si scuole, chi non risolve ? ...
Ma per illuminarci anche più, esaminiamo un poco
i giudizj che ha falto talora Dio in questa vita, in cui
per altro tace, dissimula e dà luogo più alla miseri
cordia che alla giustizia. Guardate i due figliuoli di
Aronne Nadab e Abiud : si accostano all'altare con
gli incensieri alla mano, e bruciano in onore di Dio
l'incenso : mentre l'odoroso vapore sale in allo, e s'im
maginano debba essere ricevuto dal Signore in odore
di soavilà, esce dall'altare una fiamma, e incenerisce
ambidue, e perchè ? Perchè hanno posto nei turiboli
un fuoco non sacro. Noi qui non riconosceremmo
altra mancanza che una leggiera violazione di rubrica;
ma innanzi a Dio fu sì grave , che meritò di esser
punita sul fatto, coll'esser bruciati vivi . Osservate Ozza
levita (Levit. 10) : mentre l'arca del Signore con so
lennissima pompa dalla ciltà di Gabaa si trasferiva a
Sionne sopra di un nuovo cocchio, che naturalmente
benchè la Scrittura nol dica , doveva essere sonluo
samente addobbato, i buoi che lo tiravano ad un certo
sito si diedero a ricalcitrare, e il cocchio piegò, e l'arca
minacciò di cadere : Ozza , che le stava accanto, stese
la mano e la sostenne. Qual colpa vi ha qui ?... Noi
poveri ciechi non ne vediamo alcuna ; diremmo anzi
che fece bene ; eppure Dio ve la trovò e la punì con
un colpo apopletico, che slese morto Ozza a piè del
l’arca (1 Reg. 6) , e cambiò - tulla l'allegria di quella
festa in timore ed in luilo. Finalmente per tacere di
187
altri consimili fatti, che leggonsi nella sacra Scrittura,
venne un giorno in capo al re Davidde ( Reg. 24), di
numerare il suo popolo e vedere quanti sudditi aveva
nei suoi dominj alli alle armi e capaci all'occasione
di difendere la corona. Fin qui non si scorge alcun
male ; anzı pare un allo di sana e lodevole politica
per un sovrano : forse Davidde s’invanì un poco quando
intese che il numero de' suddili ascendeva ad un mi.
lione e trecento mila uomini; ma quest'aito di vana
gloria nelle bilancie del nostro corto e fallace giudizio
peserebbe assai poco, ma non fu così nelle rettissime
bilancie di Dio : a noi pare che Dio avrebbe dovuto
condonare tal colpa ad un re si sanlo, fatto secondo
il suo cuore e che in tante occasioni gli aveva date
prove non equivoche di fedeltà e di amore ; ma a Dio,
i cui giudizi sono alti, profondi, imperscrutabili, non
parve così : gli spedì un profeta con questa severa
ambasciata, che scegliesse o selle anni di fame, o tre
miesi di guerra e di sconfitte , o tre giorni di pesle.
Scelse questa Davide , e gli tolse sellantacinque mila
di quei suddili di cui si era stoltamente invanito.
Ora, se Dio si è mostrato così terribile e severo ne'
suoi giulizj in questo mondo, in cui, come ho detto,
suole far trionfare la misericordia sopra la giustizia,
che sarà nell'altro quando la misericordia non avrà
più luogo ma regnerà sol la giustizia ?
Con questi lumi alla mano torniamo a quell'anima
che abbiamo lasciata al tribunale di Cristo, e vediamo
con quanta severità e rigore sarà esaminata , scruti
>

nala e giudicata . Il primo a parlare sarà il demonio


che avrà al suo fianco , il quale è chiamato nell'A
. pocalisse accusatore de' nostri fratelli, che gli accusa
innanzi a Dio giorno e notte ( Apoc. 12) . Comincierà
la sua accusa, dice il Crisostomo, col recitare le pa.
role della nostra professione: Recitabit verba profes
188
sionis nostræ , cioè le rinunzie che facemmo nel ri
cevere il sanlo Ballesimo, e professare la vita cristiana.
Signore, dirà, ecco quest'anima da voi creata, da voi
redenta, da voi tanto beneficata . Quando voi la pur
gaste e santificaste col lavoro della vita, l'aggregaste
alla vostra Chiesa e l'adoltaste per figlia, rinunziò so
lennemente al mondo , alla carne ed a me : è stata
una mentitrice , bugiarda , ingannatrice. Ha sempre
amato e seguito il mondo : le sue vanilà, le sue pompe,
i suoi vani piaceri e le sue ricchezze, furono sempre
l'unico oggello de' suoi pensieri, delle sue brame,
delle sue ricerche : preferì gli esempj del mondo ai
vostri, le massime del mondo a quelle del vostro Van
gelo, e per non disgustare il mondo disgustò voi le
mille volte. Rinunziò alla carne ? E quando l'ha mai
soggiogata e vinta ? Qual è la voglia , qual è il di.
lello che non le abbia accordato ? Le sue intempe
ranze , le ubbriachezze , i violati digiuni son senza
numero, le sue disonestà fanno orrore ; in questo ha
vinto e superato gli animali più immondi e più sozzi,
ed io stesso mi sarei vergognato suggerirle certe ne
fandilà di cui si è lordala . In quanto a me poi con
fesso che non solo non mi ha rinunziato , ma mi ha
servito con somma fedel à ed esaltezza : se l'avessi
crèata e redenla io ; non avrebbe potuto fare di più :
a lei ' son debitore di moltissime anime che mi ha
guadagnate co ' suoi mali esempj, co' suoi scandali,
colle sue seduzioni. Orsù dunque, giudicate ora da
quel giusto giudice che siete, che siccome fu nia in
vita, così lo sia per lulla l'eternità.
A queste accuse che l'anima conoscerà esser pur
troppo vere, che farà ? che dià ? Ah perfido ! ah scel
leralo ! io m’immagino che fremendo di rabbia su
surrerà in sè stessa : perfido, scellerato, così mi tralli,
così mi tradisci ? In vita mi lusingavi che i peccati
189
anche i più enormi erano cose da niente ; che tutti
facean così ; che il giudizio, l'inferno, l'eternità erano
spauracchi de' preti ; ch ' ero sciocca a non darmi bel
tempo, ed ora così mi aggravi ed opprimi? Me infe
lice che ti diedi ascolto ! e qui rabbie. qui smanie, qui
pentimento, ma inutile, perchè troppo tardo.
L'angelo suo custode ammutolito non saprà che
rispondere : nè avrà coraggio metter fuori quelle po
che opere buone da lei fatle in vita ; ma poichè sta
scritto che : Cuncta quoe fiunt adducet Deus in judi
cium sive bonum , sive malum illud sit ( Eccl . 12 ) ,
dovrà manifestarle, e dirà : Signore , quest'anima ha
fatte tante e tante orazioni.... Si , ripiglierà subito il
demonio, ma come le ha falle ? A fior di labbra, collo
spirito dissipato , col cuore immerso nelle crealure e
lontano da Dio. Perchè le ha fatte ? per apparenza ,
per cattivarsi da ipocrita la stima degli uomini, per
fini púramente terreni, nulla curandosi de' beni eterni :
1
e poi , quante orazioni ha tralasciate , anche dalla
Chiesa prescritte e impostele dal confessore ? ... Ha
ascoltate tante e tante Messe.... È vero, ripiglierà l'ac.
cusatore : ma svagando cogli occhi, cicalando con chi
stavale accanto : perfino amoreggiando con grave
scandalo altrui e con orribile profanazione della vo
stra casa , che rese casa di prostituzione. E quante
volte ha poi lasciata la Messa e lavorato nei dife
stivi ?... Ha fatte le tali e tali limosine.... Ma quante
altre volte ha indurato le viscere verso i poveri co
stituiti in grave ed estrema necessità ? E poche limo
sine che valgono a fronte di tante spese in vanità ,
in giuochi , in lusso , in bagordi ; di tante merci de
fraudate , di tanti debiti non pagati , ili tante usure ,
frodi, inganni, furti e ingiustizie commesse ? Si è con
fessata e comunicata tante volte.... E voi , buon an
gelo, mettete fuori anche queste ? Belle confessionil In
190
quelle tacque per vergogna i peccati; in quelle altre
nascose maliziosamente certe circostanze del suo pec
cato che andavano spiegate, in nessuna ebbe un vero
dolore ed un proposito efficace, perchè mai non ab
bandonò le occasioni prossime del peccato , mai non
combattè da vero i suoi mali abiti , mai non fece una
vera e stabile mutazione di vila . Delle sue comunioni
non parlo , perchè ben sapete , giusto Giudice , che
stava lontana da voi più che poteva, che la sola forza
o il rispelto umano ve la conducevano alla Pasqua ,
che vi riceveva senza divozione, senza spirito , e rea
9

ancora e contaminata da colpe.


Qui il santo angelo non avendo altro che dire in
sua difesa , muterà linguaggio; d'avvocalo diventerà
accusatore , e per giustificare innanzi a Dio la sua
condotta : Signore, dirà al divin Giudice , io protesto
che ho le mani monde del sangue di costei , perchè
nulla ho tralasciato di ciò che dipendeva da me per
farla salva ; le ho più volte illustrala la mente con
ispirazioni: le ho spesso punto il cuore con acuti ri
morsi ; l'ho guidata a' piedi de' vostri ministri; le ho
falto capitar nelle mani libri santi ; le ho fallo ascol
tar prediche , istruzioni, parola santa ; insomma ho
falto quanto potevo : tutto però fu inutile; or se voi
la mandale all'inferno >, io non ci ho parle : la colpa
è tutta sua.
Oh anima sventurala ! Qual colpo terribile sarà per
lei vedere che il suo stesso angelo le si è cambiato
in nemico ? Che farà la misera ? Negherà ? Ma come
negare in faccia al Dio della verità che con un rag
gio della sua luce le scuoprirà e farà vedere in un
colpo d'occhio tutte e singole anche le più occulte e
recondite , le più enormi non meno che le più leg
>

giere colpe, di cui si fe’rea nel corso degli anni suoi?


In fine hominis denudatio operum illius ( Eccl. 11 ) .
191

Fuggirà ? E come e dove fuggirà da un Dio onnipo


tente ed immer.so ? Allegherà l'ignoranza ? Ma l'igno
ranza in un'anima cristiana con tanta luce che ebbe,
o che poteva avere , non sarà scusa che la discolpi,
> >

ma un peccato che più l'aggrava. Si appellerà ? E


qual appello può darsi dal supremo tribunale del
sommo Iddio ? Implorerà misericordia? Ma questa non
ha più luogo. Oh povera anima ! E quale scampo le
resta Niun altro, se scampo si può chiamare, fuor
chè da sè stessa precipitarsi in quell'inferno che co
nosce di meritare : e questo , il santo Giobbe mi fa
sapere, parlando in di lei persona, che desiderava di
farlo , spinta dall'orrore , dalla disperazione e dalla
rabbia che le cagionerà un sindicato di questa sorte,
e soprattutto la vista spavenlosa di Cristo iralo : Quis
mihi det ut in inferno protegas me , donec pertran
seat furor tuus ( Job. 14 ) ? Ma questo ancora per al.
lora le sarà negato, perché dovrà, oltre la vista, sof
frire le parole tremende del divin Giudice.
Oh Dio ! io qui tremo , inorridisco , mi perdo .... E
>

quali saranno le parole di un Dio, di un Dio onnipo


tente, di un Dio sdegnato , di un Dio che con una
sola parola cavò fuori dal nulla l'universo ? ... E che
dirà mai a quell'anima sventurata ? Io nol so , ma
m’immagino che dirà ad essa ciò che disse a Saulo
suo persecutore là nella via di Damasco , quando lo
investì con tanta luce , che cadde tramortito a terra
e ne restò cieco : Ego sum Jesus quem tu persequeris
(Acl . 9) . Ma gliel dirà ben con altro tono : perchè di
Saulo voleva formare un apostolo , di lei una dan
>

nata : per Saulo fu voce di misericordia, per lei sarà


voce di giustizia. Ego sum Jesus quem tu perseque
baris. Mi riconosci , anima ingrala e sleale ! Io son
>

Gesù, quel Gesù da te vilipeso con tanti oltraggi, di


>

sonorato con tante colpe, perseguitato con tanti scan


192
dali. Quel Gesù di cui ti vergognavi di esser se
guace, di cui deridevi le massime ed i ministri ; che
tante volte hai empiamente posposto al mondo, al de
monio ed alla carne. Quel Gesù di cui non curasti le
grazie, profanasti i sacramenli, abusasti del sangue e
bestemmiasti palesemente anche il nome. Credevi tu,
perchè allora tacevo, che io non vi fossi , o fossi un
Dio imbecille, indolente , simile a te ? Iniqua! ma se
allora tacqui per dar luogo alla mia misericordia, par
lerò adesso per vendicar la mia giustizia.
Redde rationem villicationis tuæe ( Luc. 16, 2) . Ren
dimi adunque conto di tanti immondi pensieri , di
tante ree compiacenze , di tanti malvagi desiderj, de
gli odj , dei rancori , delle invidie e di tanti altri pec
cati interni da te commessi negli anni della malvagia
tua vita. E non sapevi tu ch'io sono un Dio scruta
tore de'cuori, che tutto so, tutto vedo , cui nulla si
può nascondere ? Redde rationem , di quella lingua
che ti avevo data per lodar me , accusar te ed edifi
care il tuo prossimo , e lu indegna te ne sei servita
solo per oltraggiarmi. So, e le ho intese >, e le lengo
tutle ad una presenti le tue parole oziose , le tue
menzogne, i luoi spergiuri, le tue imprecazioni, le tue
maledizioni, le tue esecrande bestemmie vomitate con
tro di me, contro il mio nome, il mio sangue, la mia
provvidenza e gli altri miei divini attribuiti. Sì, fui
presente ed ascoltai gli empii discorsi con cui intac
cavi la mia Religione, la mia Chiesa, i miei ministri,
il mio culto ; e quegli infami discorsi, e que’malvagi
consigli, e quelle nere calunnie, e quei maligni rap
porti, e quelle continue mormorazioni contro de'luoi
fratelli non mi sono nascoste. Redde rationem di tante
mie fesle violate, di tante chiese profanate , di lanti
sacramenti abusati , di tante orazioni strapazzate , di
> >

tante Pasque ommesse, di tanti digiuni violati. Redde


193
rationem , delle tante disonestà nefanda di cui ti sei
lordata ; dei furti , delle usure , delle frudi e inganui
che usasti per rapire l' altrui, e redde rationem degli
scandali per cui mi hai strappato dal seno tante anime
che mi costavano sangue, e le hai date al diavolo e
per te gemono nell'inferno. Ah ! che io le sento gri
dare vendetta contro di tel ed ora le esaudirò : ma
tu ingrata, perchè viver cosi ? Era questa la corria
spondenza dovuta a tanti miei benefizj ? lo ' ti creai
dal nulla a mia immagine : schiava vile del demonio,
prosciolsi le tue catene , cancellai il tuo peccato e ti
adoitai per figlia nel mio battesimo : caduta in nuove
colpe ti purgai colla mia grazia nella penitenza le
tante volte ; per te morii sopra una croce ; versai tutto
il sangue, giunsi perfino all'eccesso di farmi luo cibo :
che polevo fare di più ? Quid est >, quod debui ultra
facere.... et non feci . ( Is. 104 ) ? Quante volte nel
à corso di questa lua pessima vila picchiai al luo cuore
colla mia gražia e ti feci ascoltar le voci dei miei
1 ministri invitandoti a penitenza ? Tu però come aspide
sorda ti turasti le orecchie , indurasti il tuo cuore ,
nè mai volesti darti per vinla. Se ora ti mando al
l'inferno, la perdizione non è tua e lutta tua ? Puoi
negare che io non ti abbia dati i mezzi , le grazie e
gli ajuti opportuni per salvarti ? Perditio tua : tan .
lummodo in me auxilium tuum (Os. 13, 9) .
A questi rimproveri amari più che fiele , taglienti
più che spade , terribili più che fulmini , che Cristo
farà o polrà fare anche con una sola voce e con un
guardo solo all' anima infedele , quale sarà , miei cari
uditori, la confusione, l'orrore, lo spavento che pro
verà in sè stessa? Chi può imaginarlo ? I fratelli di
Giuseppe , quando vicerè dell' Egitto si scoprì loro e
si sentirono dire : Ego sum Joseph frater vester quem
vendidistis in Egyptum ( Gen. 45 ) , tal vergogna e
BIAMONTI T. I. 13
194
terrore li prese, che non poterono più profferire pa.
role: Non poterant respondere fratres nimio terrore
perterriti. Baldassare cenando allegramente coi prin
cipi della sua corte, al vedere la mano prodigiosa che
scriveva sull'opposta parele della gran sala con cifre
misteriose la sua condanna, inorridì, cadde in abbat
timento : la sua anima si turbò in guisa, che il cuore
per la veemente palpitazione gli venne meno; le sue
viscere si sconvolsero, le sue ginocchia , pel gran
tremore, si collidevan l’una con l'altra : Tunc facies
regis commutata est, et cogitatio ejus conturbabat eum ;
et compages renum ejus solvebantur , et genua ejus
ad se invicem collidebantur. (Dan. 3). Sedecia re d'I.
sraello , reo di fellonia e tradimento contro Nabucco
suo insigne benefattore , che lo aveva innalzato al
trono, in luogo di farlo schiavo , fu condotto innanzi
a lui in Rabiata , ove aveva innalzato un fomidabil
trono , colle manette alle mani e le catene ai piedi;
ivi Nabucco gli rinfacciò i suoi benefizj, la di lui in
fedeltà, i suoi spergiuri: Locutus est cum eo judicium
(4 Reg. 25) . Quale sarà stata la vergogna , lo spa
venio e l'orrore di quel re infelice ?
Ah ! cari uditori , questi e quanti altri fatti consi
mili si siano mai dati , o possono darsi in questo
mondo , non sono che languide e smörte imagini di
ciò che soffrirà l'anima infedele ai pungenti rimpro .
veri di Cristo giudice.
Terzo punto.

Ma ciò che metterà il colmo ai suoi orrori , e la


getterà nella più terribile disperazione, sarà la sen
tenza che finalmente il divin Giudice pronuncierà con
tro di lei. Sentenza tremendissima, perchè decisiva di
una eternità di gloria o di un'eternità di tormenti ;
298
sentenza giustissima, perchè proferita da un Dio di
sapienza infinita che non può errare , da un Dio di
somma giustizia che non può volere che il giusto, da
un Dio imparziale che non guarderà in faccia a ve
runo ; innanzi a cui le dignità , i titoli, gli scettri e le
corone stesse sono un bel nulla : sentenza inappella
bile, la quale proferita che sia, non si rivocherà mai
più , finchè Dio sarà Dio, cioè in eterno.
Ah ! ch'io non ho nè termini da spiegarla, nè cuore
a ridirla .... Si volterà il divirt Giudice a quell'anima
sventurata e palpitante, e con un volto pieno di ter.
ribile maestà e risplendente più che sole , con due
occhi penetranti più che lampo e con voce tremenda
più che tuono : Va , maledetta , le dirà , va al fuoco
eterno : partiti dalla mia faccia per non vedermi mai
più : tu non sei più mia, nè io più tuo. Olà demonj,
ministri della mia giustizia , toglietemi dinanzi que
st'anima scellerata ; a voi l'abbandono ,9 strascinatela
pur giù nell'inferno e falele provar tanto tormento
e lutto , quanto si deliziò e sfogò nel suo peccato :
Mittite eam in tenebras exteriores (Matih. 13) . Quan
tum glorificavit se , et in deliciis fuit , tantum date
illi tormentum et luctum ( Apocal 18).
Pronunziata questa sentenza , spariscono in un ba.
leno il giudice , il trono , Maria , gli angeli ed ogni
cosa ; resa l'anima sola in balia de'demoni, i quali,
come farebbe un branco di affamati lupi ad un po
vero agnellino capitalo fra le loro zanne , si avven
tano contro di lei , e freménti nel tempo stesso di
rabbia ed esultanti di allegrezza l'afferrano , l'abbat
tono e la strascinano giù nell'abisso .
Io m'imagino però che pria di condurvela, per ac
crescerle il tormento, le facciano vedere il suo cada
vere caldo e disteso ancora in quel letto su cui spirò :
e , Guarda, le dicono, guarda per chi ti sei dannata !
196
per contentar questo corpo, orrido, contraffatto, puz.
zolente che mette orrore: vedi come è umiliata quella
lúa fronte così superbal guarda come sono spenti e
incavernati quegli occhi cosi lascivil osserva come è
ammutolita quella lingua così mordace ! come con
traffalto e orrido quel volto, un dì sì avvenente , mira
quelle mani che lordasti con le colpe , osserva quei
piedi con cui saltavi un dì sì allegra nelle danze !
Senti , senti la puzza che già esala questa tua carne
da te tanto accarezzata ! Oh stolta ! dannarti per que
sta ? Vedi come i tuoi parenti si affrettano a man
darti in sepoltura ; come s'impadroniscono e si assi
curano, e già pensano a godersi allegramente i tuoi
fondi, i tuoi mobili , i tuoi danari , per cui ti sei vo
lota perdere ?
Oh viste tormentatrici! Oh rinfacciamenti amaris .
simi che ricolmeranno l'anima di disperazione e di
rabbia ‫و‬, e la faranno prorompere in quelle voci or.
rende di pentimento inutile , perchè troppo tardo , e
che dureranno in eterno : Erravi a via veritatis et
justitice, lumen non luxit mihi ! (Sap. 5).
Anima sciagurata ! e perchè non apristi gli occhi
quand'era tempo ? Non sapevi tu che vi era un Dio
giusto vindice delle sue offese ? Che un giorno do
vevi cadere nelle onnipotenti sue mani ? Che dal suo
giudizio saresti uscita colpita dalla sentenza di dan
nazione ? Perchè perseguitarlo ? perchè non placarlo?
Ebbene , non hai voluta la benedizione? la benedi
zione è perdula ; hai amata la maledizione (Ps. 105) ?
la maledizione è venuta : come vestimento ti ha co
perto, come fascia ti ha cinto, come acqua è entrata
nelle tue viscere e come olio bollente ha penetrato
fino alle midolle delle tue ossa : di questa veste in
fame non ti potrai più spogliare, questa fascia infran
gibile ti cingerà e incatenerà in eterno... , Ma.con chi
197
parlo io ? Ah ! che quest'anima più non mi ascolla :
i demonj l'hanno già trascinata giù nell'abisso. La
sciandola ne' suoi tormenti, la rivedremo un altro
giorno.
Volterò ora il discorso a me ed a voi , cari udi
Lori. Crediamo noi questo giudizio ?... Ma se'l cre .
diamo, perchè non cerchiamo ora di placare il gran
Giudice ? Perchè non andiamo ora ravveduli e com
punti al trono della sua misericordia, pria d'esser co
stretti a comparire a quello di sua giustizia ? Perchè
non ci diam fretta negli anni lunghi o brevi che più
ci restano, colla penitenza, coll'esercizio delle buone
opere, delle virtù, con una vita santa , di assicurarci
la sua benedizione e scansare una sì tremenda ma
ledizione ?
Ah, caro Gesùl siam qui ai piedi della vostra croce,
trono di misericordia , di grazie, di perdono. Ah per
>

quei tormenti che vi soffriste un di, per quel sangue


divino che vi versasle, per quella morte crudele che
vi subiste con tanto amore, di noi vi prenda pietà !

*!

offe
MEDITAZIONE VIII.

Sopra il Paradiso .

Non v'è cosa che abbia tanta forza sul cuor del.
l'uomo per animarlo a grandi imprese , quanto la
speranza d'un premio grande. Il popolo ebreo , per
la speranza di entrare al possesso della felice terra
promessa, uscì coraggioso dall'Egitto, entrò intrepido
nell'aperto sen del Mar Rosso ; pellegrino quarant'anni
nei più orridi deserti , durò lunghe fatiche , sparse
molti sudori, sostenne grandi battaglie e versò molto
sangue. I gladiatori, come notò l'Apostolo (Cor. 25),
per incoronarsi la fronte dell'onorata corona di al
loro, di pino, o di altre benchè corruttibili e fragilis
sime frondi, combaltevano nello stadio, si astenevano
dai delicati cibi e bevande e da' piaceri che avrebbero
potuto indebolire le loro forze; non temevan pericoli,
non curavan ferite, sprezzavano la stessa morte. An
che à di nostri quanti soldati si azzuffano nelle bal
taglie , quanti marinaj s'ingolfano nelle tempeste ,
quanti operaj si logorano nelle officine, quanti nego
zianti si lambiccano il cervello ne' calcoli , e quanli
letterati intisichiscon su i libri per la speranza di
conseguirne ricchezze, onori e gloria ? Che se , miei
signori, la speranza, benchè fallace, di un bene me
schino, di un bene incerlo e fugace, quali sono tutti
i beni di questo mondo, può tanto sul cuor dell'uomo,
quanto più non dee potere la speranza certa e sicura
d'un bene sommo, di un bene eterno , qual o il pa
radiso ?
199
Con questa bella speranza in fatti si animavano i
santi a correre coraggiosi l'arduo sentiero della virtù
che vi conduce. Io, diceva Davidde rivolto al Signore,
ho inclinato il mio cuore a fedelmente osservare i
vostri santi precetti per la retribuzione che sono si
curo me ne darete a suo tempo. Ed io, ripiglia l'A
postolo, per guadagnar Gesù Cristo , per conseguire
il pallio dell'eterna vita a cui Dio mi chiama o de
stina per i di lui meriti , ho perduto tulto ; stimo ogni
cosa del mondo vilissimo sterco ; mi dimentico di tutto
il passato ; non penso che alle cose che ancor mi re
stano a fare e a patire ; e a queste vo incontro e di
stendo me stesso per arrivarle (Ad Phil. 3, 13). Colla
stessa speranza si animava il gran s. Francesco d'As
sisi , il quale si udiva sovente fra i rigori della sua
altissima povertà e penitenza, gridar pieno di gioia :
Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è
diletto. E il patriarca sant'Ignazio, guardando il cielo,
non poteva quasi mai distaccarne gli occhi, si disfa
ceva in lagrime di tenerezza e si udiva bene spesso
esclamare : Ahi , quanto mi comparisce sordida la
lerra, se miro il cielo !
Saliamo dunque ancor noi , miei cari uditori , col
>

pensiero a contemplare il paradiso ; e alla vista di


quei beni sommi che Dio vi tiene preparati anche
per noi , se fedelmente lo serviremo nel resto di quei
giorni che ci vorrà ancora accordare, prendiamo forza
e coraggio a correre e perseverare costanti nella
nuova vita in questi giorni intrapresa.
Ma chi ci servirà di guida in sì arduo e sublime
argomento ? Chi ci darà di que' beni qualche chiara
e distinla notizia, per santamente invogliarcene ? Mosè !
voi che sul Sinai ne gustasle un saggio nel sì lungo
e famigliare consorzio che aveste con Dio' , ditecene
qualche cosa! Ma Mosè tace e con misterioso velo
importuno nasconde i raggi di luce che gli balenano
in fronte, e nemmen questi vuol che vi veggano .
Pietro , voi pure un di sul Taborre contemplaste un
lampo del paradiso sul trasfigurato sembiante del Re
dentore ; voi dunque datecene qualche ragguaglio !
Ma Pietro altro non sa dire, che è cosa buona star
sene su quel monte, nè più vorrebbe partirsene: Bo
num est nos hic esse (Marc. 9) ; ed è sì ripieno , si
ridondante , si ebbro di gioia , che parla senza saper
>

quel che si dica : Non enim sciebat quid diceret. Voi


almeno ,> Paolo , che fate saper a tutto il mondo di
essere stato un di rapilo in paradiso , voi più di ogni
altro potete darcene nuova. Nemmen io il posso, ri
sponde, perchè le cose da me lassù vedute e intese
sono misteriose, arcane, nè è lecito a lingua mortale
ridirle : Audivi arcana verba , quee non licet homini
loqui (2. Cor. 12).
Fia dunque disperato il caso ? Non vi sarà chi vo
glia o possa darci contezza di quella bella patria, che
è fatta anche per noi , per cui siam creati , e a cui
ogni di ci andiamo sempre più avvicinando ? Ah ! ral.
legriamoci, uditori , e consoliamoci nel nostro esilio.
> >

Vi è , ed è questo Gesù Cristo medesimo che vi re


gna ora fra infiniti splendori di gloria , che ne ha
preso il possesso anche per noi, e lassù ci chiama e
ci attende. Molte volte e in molti modi parlò mortale
su questa terra , del paradiso. Fra questi scelgo per
oggetto della nostra meditazione le parole, che al ri,
ferir di s. Luca , disse nell'ultima cena poco prima
della sua morte agli apostoli,> ne' quali non possiam
dubitare che istruisse lulta la Chiesa. Voi, disse loro,
vi siete mantenuti meco fedeli e costanti nelle mie
tentazioni e travagli, ed io dispongo e preparo a voi,
come il mio Padre ha disposto e preparato a me, un
regno; acciò mangiale e beviate alla mia stessa mensa,
201
nel regno mio : Vos estis, qui permansistis mecum in
tentationibus meis, et ego dispono vobis, sicut dispo
suit mihi Pater meus , regnum , ut edatis et bibatis
super mensam meam in regno meo (Luc. 22, 28) . Da
queste parole io traggo i tre punti di meditazione, in
cui la divido così. Il paradiso è un regno preparalo
da Dio a Gesù Cristo, e da lui, che è Dio egualmente,
preparato ai suoi servi : Disposuit mihi Pater.... Di.
spono vobis regnum : primo punto. Il paradiso è un
regno in cui si siede a mensa collo stesso Dio , cioè
si godono gli stessi beni di cui gode Dio : Ut edatis
et bibatis super mensam meam : secondo punto. Il pa.
radiso finalmente è un regno che siccome per Gesù
Cristo non avrà mai fine : Regni ejus non erit finis ,
così nemmeno l'avrà pei suot servi : terzo punto.
Essere un gran monarca e possedere un florido e
vasto impero, nell'opinione generale degli uomini, è )

lo stato più felice , più fortunato e più desiderabile


che vi abbia nel mondo, come quello che include in
sè l'apice della grandezza e l'affluenza di tutti i beni
terreni. Gesù Cristo perciò , adattandosi alla nostra
debolezza e al comune pensare degli uomini , volen
doci dare un'idea dei beni sommi che prepara ai suoi
seguaci in paradiso , si serve della similitudine del
>

regno : Ego dispono vobis regnum . Per ben capire


però la forza di questo paragone , e formare del pa
radiso quell'alta idea che da noi pretende , è neces
sario , uditori , riflettere seriamente a quell'ego : Ego
dispono vobis. I regoi di questo mondo, benchè sotto
le alte e profonde disposizioni della sovrana Provvi
denza che il lutto regge e governa, sono stabiliti da
gli uomini ; si eredilano e si danno dagli uoinini , e>

sono diretti a formare la felicità temporale degli uo


mini . Non cosi il paradiso : questo, dice Gesù Cristo,
è un regno tutto mio : io l'ho fondato e disposto, ed
202
io son quello che lo dono ai miei eletti per renderli
non temporalmente ma eternamente felici: Ego di.
spono vobis regnum.
Ora, uditori miei ornatissimi, un regno fondato da
Dio, Dio onnipotente, Dio sapientissimo , Dio ricchis
simo, Dio che è l'istessa bonià per essenza, qual mai
sarà ? Come onnipotente può certamente creare un
regno nuovo, maraviglioso, stupendo e radunarvi beni
immensi . Come sapientissimo sa dove trovare e come
disporre tai beni. Come ricchissimo li possiede nel
l'erario inesausto de' suoi infiniti tesori , e come in
finitamente buono è mosso e spinto dalla sua stessa
nalura a versarli colla massima profusione in questo
suo regno destinato per premiare i suoi servi , con
quella magnificenza che , secondo il Salmista , carat
terizza tutie le sue opere : Magnificentia opus ejus.
Per formare però un'idea di tal regno , osservate
quello della natura .
Mirate, dice il Crisostoino, il cielo quando è sereno,
e fissatevi per poco tempo a contemplarne la bellezza.
Che maraviglioso spettacolo sul far del giorno, quando
la nascente aurora sparge l'oriente di candida luce,
e a poco a poco crescendo lo pinge di vivo incom
parabile azzurro ? E quale spettacolo ancor più bello,
quando il sole alza la luminosa fronte , é coi primi
raggi indora la cima dei monti, cambia quasi in lu
cido argento l'onde del mare , veste di colori i fiori,
fa verdeggiare i colli e i piani, ravviva il canto degli
uccelli, e quindi salendo più in alto corre qual mae .
stoso gigante la sua via, finchè va a seppellirsi fra
l'onde e lascia che sollentri la nolle a mostrarci essa
pure le sue bellezze ? E quanto non sono queste an .
cora ammirabili e stupendel Che prodigiosa quantità
di stelle ! come vi splendono, altre per propria , altre
per altrui luce ! come si muovono tacite nel vario ,
205
costante lor corso ! come la luna coll'argentea sua
luce tempra l'orror delle tenebre ... Oh grande , oh
immenso, oh infinito Dio ! Quanto sono magnifiche ,
stupende e piene di sapienza le vostre opere ! Quam
magnificata sunt opera tua, Domine ! Omnia in sa
pientia fecisti.
Ma sospendiamo per poco le nostre maraviglie , e
dopo aver col Crisostomo considerato il cielo , diamo
con sant'Agostino un'occhiata alla terra , per tirar
con essi dall'uno e dall'altro le conseguenze che fanno
al nostro assunto. In questa terra quanti beni, quanti
ornamenti, quante delizie ha mai poste Iddio per ben
alloggiare e ben traltare l'uomo, che pur deve farvi
una assai breve dimora ? Qual prodigiosa quantità di
alberi, di piante, di frutti, di erbe, di animali ed in
numerabili creature vi si ammirano e vi si godono ?
Altre servono all' uomo di alimento, altre gli sommi
nistran le vesti ; da quelle riceve ajuto ne' suoi lavori,
da quelle medicine ne' suoi mali , queste gli offron
diporti, quelle delizie, e tutte giovamento e conforto.
Ha riempito il mare di mille specie di pesci, di con.
chiglie, di gusci ed altre maravigliose produzioni ,
cui l'uomo si delizia e si pasce. Nelle viscere dei
monti ha nascoste doviziose miniere d'oro, di argento
e di altri utili e necessarj metalli. Dalle alte lor cime
fa sgorgare e fiumi e fonti, i quali con ammirabile
ordine diramandosi e scorrendo la terra l' inaffiano e
la fecondano .
Che se, miei cari, così argomentano i detti Padri,
Dio ha fatto si magnifico , si splendido il regno della
natura, che sarà quello della glori: ? Se, diceva san
L’Agostino, favellando pieno di maraviglia e di tene
rezza con lui , in questa bassa terra , luogo del no
stro pellegrinaggio , a sollievo del nostro misero corpo,
avete versate tante delizie , quali e quanto grandi e
204
innumerabili saranno i beni che avete preparati a quei
che vi amano, nella patria celeste , dove vi vedremo
a faccia a faccia (S. Aug. in Solil.) ! Questa terra per
noi è carcere ; e se avete falla sì bella la carcere, che
sarà il palazzo ? Quaggiù, segue ad argomentare Ago
stino, vi abitano buoni e cattivi ; vi avele amici, ma
molti ancora nemici ; e nondimeno trallate sì bene
tutti : che mai farete nel beato vostro regno per i soli
buoni e i soli amici ? Qualia futura sunt illa , quæ
soli bonis recondidisti ? Quce solis luis es largitus
amicis ?
Ma bramate , o fedeli, di questo gran regno che
>

Dio ha preparalo a coloro che lo amano un'idea an.


cor più chiara e sensibile ? Ascoltate l'apostolo , pro .
fela ed evagelista Giovanni , che lo descrive, quale il
vide sotto la figura di una nuova maravigliosa ciltà
(Apoc. 21 ). Io vidi, dice, la sanla città nuova di Ge
rusalemme, discesa da Dio, adorna e risplendente di
maravigliosa bellezza, qual si conviene alla sposa del
re della gloria che l'ha fondata ; e mentre la stava
mirando, udii una gran voce uscita dal trono dell'A
gnello che vi regna, la quale disse : Ecco la casa di
Dio con gli uomini. Vidi che aveva un muro alto e
grande con dodici porte custodite ciascuna da un an
gelo, e questo muro era fabbricato tutto di preziosis.
sime gemme , e le porte formate e aperte in altret
tante candidissime e fulgidissime margarite . Vi entrai
dentro vidi lutta la cillà formata di purissimo oro ;
d'oro i palazzi, d'oro le piazze, d'oro le contrade ed
oro che risplendeva quasi lucidissimo cristallo. Cer
cai in essa il tempio e non vel trovai, perchè Dio è
il suo tempio. In questa città non vi è bisogno ne
di sole , né di luna che la rischiari , perchè la chia
rezza stessa di Dio la illumina, e l'Agnello di Dio, cioè
il suo figlio , colla sua splendidissima umanità , le
>
205
serve di lucerna : quindi non vi è in essa vicenda di
giorno di notte ; ma vi si gode un eterno serenis
simo giorno , e perciò le sue porte non si chiudon
mai (Apoc. 7 ). Vidi poi in questa gran ciltà un'im :
mensa turba di gente che non è possibile enumerare,
radunata da tutti i popoli , tribù , lingue e nazioni.
Tutti erano cinti di candide e lucidissime vesti , e in
segno di vittoria aveva ciascuno in mano una palma.
Fra tanto popolo non si udiva un lamento, un grido ,
un sospiro ; non vi era chi soffrisse un dolore , chi
versasse una lagrima , chi eccitasse una contesa. Le
liti, le menzogne, le invidie, le calunnie, le ingiusti
zie, le frodi ee le altre abbominazioni che contaminano
le città della terra, ne sono affatto sbandite ; la fame,
la sete, i morbi e la morle ne sono esclusi per sem .
pre. In quella santa città tutto è pace , tranquillità,
ordine , santità , bellezza , allegrezza , gloria e gloria
eterna. Così descrive s. Giovanni 'la ciltà di Dio ; nè
la descrive più bella , non perchè nol sia , che lo è
infinitamente di più , ma perchè la sua vera beltà nè
desso potea narrarla , nè noi eravamo capaci di ca
pirla. Or che ve ne pare, o cristiani ? Qual sarà l'al
legrezza, la gioja di un beato , quando , sciolto dai
lacci di questa corruttibil carne , e rivestito dell'im
mortalità e della gloria , entrerà in essa e ne pren
derà il possesso ?...
Argomenliamolo da ciò che avvenne alla regina
Saba. Aveva ella intese cose grandi di Salomone , della
sua sapienza , della sua città , dei suoi palazzi , della
sua corte e soprattutto del suo famosissimo tempio ;
quindi , spinta da nobile curiosità, volle sincerarsi coi
suoi stessi occhi di ciò che la fama aveva fatto ri
suonare ai suoi orecchi : si parte dalle più rimote
contrade dell'Oriente e se ne viene in Gerusalemme.
Entra in quella gran capitale : va al tempio , visita
206

fabbriche, palazzi, giardini, e soprattutto il palazzo e


la corte reale . Vede in ogni luogo l'argento, l'oro e
le gemme con inaudita magnificenza profusi e con
egual arte disposti. Osserva la maestà delle sale , la
fuga degli appartamenti, la bellezza delle prospettive
e il trono superbo su cui sedeva Salomone : guarda
le sontuosità e ricchezze della sua mensa , l'ordine
ammirabile che regna fra suoi ministri, e gli abiti
preziosi di cui ciascuno, secondo il suo grado, è ve.
stilo. A tal vista è presa da si gran maraviglia e stu
pore, che quasi estatica smarrisce lo spirito : Non ha.
bebat ultra spiritum. E crebbe ancor di più la sua
maraviglia e stupore, quando, presentatasi a Salomone,
udì la sua prodigiosa sapienza : non gli fece un'in
chiesta , non gli mosse una questione , non gli pro
pose un enigma , non gli replicò un'istanza che il
tutto non fosse da lui sul momento penetrato , svi
luppato e disciollo. Non potè allora più contenersi,
prese la parola, e a Salomone rivolta, esclamò piena
di allegrezza e di gioja : Ah ! la tua sapienza e le tue
opere sono assai maggiori di quanto ne aveva udito
per fama : nemmen la metà mi era stato dello di ciò
che vedo cogli occhi miei. Beati gli uomini, beati i
tuoi servi che ti stanno sempre dinanzi ed ascollan
la tua sapienza : Mujor est sapientia et opera tua, quam
rumor quem audivi. Beati viri tui. et beati servi tui,
qui stant coramóte semper et audiunt sapientiam tuam
(3. Reg. 10).
Che se tanto consola , incanta ,> e rapisce la vista
>

delle grandezze di un re della terra , il quale, per


quanto sia grande , è sempre uomo fragile , mortale
> >

ed in natura eguale a tutti gli altri , che sara , miei


cari, di quelle del re sovrano della terra e del cielo ?
Qual paragone fra la Gerusalemme terrena e la ce
leste, fra il regno di un uomo con quello di Dio, fra
207
Cristo e Salomone ? Ecce plusquam Salomon hic
( Matt. 12, 42) .
Entra dunque, entra, o fortunato giusto, nel regno
che ti ha preparato Dio , e valti a beare nella vista
delle grandezze del re del cielo. Ma tu non le vedrai
soltanto , come Saba quelle di Salomone, che le vide
qual forastiera : le vide , ma non le possedè ; le vide
quai beni altrui e non suoi ; e le vide col ramma
rico di perderne quanto prima la vista. Tu le vedrai
qual cittadino, anzi qual erede , qual figlio del re : e
>

come tale le possederai ; saranno beni tuoi e lo sa


ranno in elerno. Seguitiamo, uditori, per poco tempo,
per consolarci scambievolmente con questa dolce ima
gine, seguitiamo questo giusto che entra al possesso
di quella città , che abbiamo descritto poc' anzi. Mi
rate , come accompagnato, e quasi portato in trionfo
da un drappello di angeli , entra in quelle porte di
gemme ; preme coi piedi quelle contrade lastricate di
oro , s' inoltra in quelle piazze splendide più che lu
cidissimo cristallo. Volge all'intorno lo sguardo, e non
vede che magnificenze e grandezze , ma di nuova idea,
non mai vedute o udite o imaginate. Va più innanzi,
ed ecco venirgli incontro alcuno di quei felici abita
tori folgoreggianti come soli; con aria in volto di pa.
radiso, che lo saluiano e gli danno la buona venula ;
li guarda e li conosce. Ah ! questo, dice fra sè, è mio
padre , quella la mia madre , questi i miei fratelli e
sorelle, quegli altri i cari amici .... oh caro padrel oh
dolce madre ! oh fratelli ! oh sorelle ! oh amici ! E
siete qui ? Oh quante lagrime versai per voi laggiù
nel mondo ! Quanto era sollecito di vostra salute ! Oh
come desiderai di sapere la vostra sorte ! E chi può
imaginare, uditori, non che esprimere, i cari amplessi
scambievoli con cui si abbracciano , i reciproci baci
che si danno e l'allegrozza di cui giubilano i loro
208
chori ? Erano da ventitrè anni , che il pátriarca Gía
cobbe piangeva inconsolabile , come divoralo da una
>

tiera, il suo caro Giuseppe ; tutto ad un tratto viene


assicurato che Giuseppe vive, che sta in Egitto, e che
sovrasta a quel vastissimo impero in qualità di vicerè,
e quasi da assoluto padrone il governa. A questo an
nunzio , come a chi si sveglia da un sonno tristo e
profondo, si ravviva il suo spirito, il suo cuor si di.
lata , rasserena il sembiante , e pieno di gioja escla
>

ma : Giuseppe è vivo , il mio caro figlio ? E di più


vicerè ! ahl se è così , basta : altro più non mi resta
9

che andarlo a vedere. E quando il vide e l'abbracciò,


oh le dolci lagrime , i teneri baci , i cari amplessi !
>

Chi può ridirli ! Egli non seppe meglio spiegare la


piena della sua contentezza, che con dirgli: Caro fi
glio ! or che sei vivo e ti ho riveduto , morirò con
tonto . Jam lætus moriar, quia vidi faciem tuam , et
superstitem te relinquo (Gen. 45).
Che sarà dunque in paradiso , quando i padri e i
figli, i fratelli e le sorelle, gli sposi e le spose, i pa
renti e gli amici si vedranno tutti pieni di gloria, tulli
principi in quel beato regno , e si rivedranno sicuri
di non separarsi mai più ? Ma seguitiamo il nostro
bealo. Ascende superius, gli dicon gli angeli che lo
guidano. Vieni più in su. Ecco i patriarchi, ecco i
profeti : quelli sono gli apostoli , quelli i martiri, que
gli altri i confessori, i dottori , e queste le vergini ,
Ecco tutli i sanli. Oh Dio ! Che vista, che splendori,
chę gloria ! E quei lassù più in alto che folgoreg
giano di gloria ancor più grande, chi sono ? Sono gli
angeli, gli arcangeli , i troni , le dominazioni, le po
>

testà, le virtù, i principali, i cherubini, i serafini. Oh


quanti sono ! Oh come risplendonol ... Come artono
d'amore! Oh con quanta soavità di voci canlano le
glorie di Dio ! Che suoni, che cantid Chi , mai intese
209
e
armonia simile a questa ! Quegli angeli dunque e que.
sti santi saranno indi in poi i miei cari amici? Me
la farò con essi, avremo un solo cuore, un'anima sola?
Oh cara compagnia ! Oh conversazione dolcissima !
Ma, e la gran Vergine, la mia cara madre Maria do
v'è?... Eccola, eccola lassù in alto seder regina a de.
stra del suo divin Figlio su fulgidissimo trono. Oh
con quali splendori ildivin sole la investe ! Oh quanto
è bella! Che paradiso forma essa sola I... Ah ! già mi
ha veduto : veggo che mi fa cenno e con un dolce
sorriso a sè mi chiama. Veggo , o gran regina, che
quantunque si eccelsa, mantenete sempre in petto il
cuore di tenerissima madre.... Ciò che farà e le dirà
stando a ' suoi piedi questo beato , nol so ; so bene
che se toccasse a me sì gran sorte, vorrei stampar su
>

quelli mille tenerissimi baci : vorrei struggermi in lagri


me di tenerezza e di amore, vorrei palesar ad alta voce
a tutto il paradiso i benefizj sommi da lei ricevuti.
Vorrei.... E che non vorrei o farei per dimostrarle
le infinite obbligazioni che le professo e l'amor som .
mo che le porto ?...
Ma tu, o beato, cui tal sorte è toccata, un'altra ti
3

attende , ancor più grande : ascendi dunque , ascendi


più in alto : Ascende superius. Coi tuoi stessi occhi
vedrai il gran Re di questo beatissimo regno , e lo
vedrai nel colmo della sua gloria e della sua gran
dezza : Regem in decore suo videbunt oculi ejus.
(Ps. 33, 1 ). Gesù Cristo per l'unione ipostatica della
sua santissima umanità col Verbo divino, e per la vi
sione beatifica dell'essenza di Dio , unione e visione
infinitamente più intima , più chiara , più perfetta di
quella di Maria ee di tutti i beati comprensori, risplen
derà lassù di una luce, di una chiarezza si pura , si
folgoreggiante che è impossibile a noi formarne una
idea, lo qui mi smarrisco , uditori, mi mancano le
BIAMONTI. T. I. 14
210
voci e parole e sensi.... O caro Gesù l... Se qui mor
tale fra noi vi chiamarono i profeti più bello di lulti
gli uomini , Speciosus forma pric filiis hominum ; se
le turbe tirale dalla vostra bellezza ee dalla grazia delle
vostre parole vi correvan dietro fin nei deserti , di
mentiche della casa , della patria , del cibo e di sè
>

stesse ; se un raggio della vostra chiarezza che la


sciaste trapelare al di fuori sul Taborre, rapì sì fat
tamente il cuore ai tre fortunati discepoli che ne fu
rono spettatori, onde non si sarebbero mai più vo
luti partir da quel monte : se investito Saulo da voi
con un lampo di queta luce nella via di Damasco,
ne restò si abbarbagliato che perde la vista , e per
tre giorni rimase affallo cieco; che sarà, o mio Re
dentore, in quel bealo regno dove sederete re sovrano
della gloria ? dove nella vostra santissima umanità
splenderete in una maniera degna di quel gran Dio
che siete , e dove l'elerno vostro Padre vi compen
serà, e compenserà da suo pari, le umiliazioni, i pa
timenti, gli strazj e la morte spietata sofferta qui in
terra per la sua gloria ?... E che sarà non solo ve
dervi, ma di più ricevere da voi i tratti più dolci, più
amorosi di un padre amante, di un amico fedele, di
up amantissimo sposo?
Ahl cristiani, non posso a meno qui di non ripe
tere a voi ed a me le consolanti parole che l'apo
stolo Paolo scrisse ai fedeli di Tessalonica e in essi
a tulla la Chiesa : Semper cum Domino erimus.... Con
solamini invicem in verbis istis (1. Thess. 4, 16) . Ah !
sì, consoliamoci, o caril Serviamo, finchè staremo in
questo esiglio, questo nostro amabilissimo Redentore;
osserviamo i suoi santi precelti, seguitiamo gli esempi
della sua santissima vita, amiamolo con tullo il cuore
e non , temiamo di cosa veruna; non ci angustino i
travagli, e non ci affliggano i mali di questa misera
211
vita : non ci abbattano le difficoltà che nel servirlo
ed amarlo incontreremo , non ci spaventi la morte
come le genti che non hanno sì dolce speranza. Con .
soliamoci che andremo con lui, lo vedremo nella sua
gloria, staremo sempre insieme : Consolainini invicem
in verbis istis: semper cum Domino erimus.
Ma come vi staremo ? Forse soltanto a contemplare
la gloriosa sua santissima umanità ? non vi saranno
per noi in quel beato regno altri beni fuori di quelli
che abbiamo finora descritti ? Ah ! che ne godremo
degli altri incomparabilmente maggiori ! Io vi farò
sedere disse Gesù Cristo ai suoi discepoli e in essi
ai suoi eletli , alla mia stessa mensa , e vi ciberò e
abbevererò dell'istesso cibo e bevanda di cui mi sa.
zio io : Ut edatis et bibatis super mensam meam in
regno meo. E qual è il cibo di cui si pasce e la be
vanda di cui si dissela in cielo. Gesù Cristo ? È quel.
l'istesso di cui disse un dì a ' suoi discepoli che nol
conoscevano nè il potean conoscere : Ego cibum ha
beo manducare, quem vos nescitis (Joan. 4) . È quel
l'acqua di cui altestò alla Samaritana che chi ne avesse
bevulo non avrebbe avuto più sete in eterno : Qui
biberit ex aqua , quam ego dabo ei , non siliet in æ.
ternum . Ed è la chiara intuitiva visione dell'infinita
essenza di Dio e il gaudio ineffabile che ne risulta.
Questa è la gran mercede, mercede somma, promessa
già da Dio al suo servo fedele Abramo, e in esso a
tulli gli altri : Ego ero merces tua magna nimis (Gen.5).
In questa propriamente consiste l'essenza del para
diso . Questa sola , come quella che apporta ai beşli
il possesso di un bene sommo, è quella che può ren
derli e li rende di fatto perfettamente felici e contenti.
Ma questa è appunto quella di cui noi meno ne pos
siamo capire; onde giustamente disse l’Apostolo, che
occhio mortale non yide mai, nè orecchio ascolto, nè
212
cuor di uomo pote imaginare giammai le cose che
Dio prepara a coloro che lo amano ( 1. Cor. 2).
In cielo però, acciocchè il beato lo veda e lo goda,
gli manifesterà chiaramente sè stesso , facendosi ve
dere non più, come dice il suddelio apostolo (13, Cor.
12 ) , sollo figure ed enigmi , ma a faccia scoperta;
Facie ad facium . Ma siccome la di lui vista non po
trebbe reggere agli infiniti splendori di quell'abisso
immenso di luce che è Dio : Quoniam Deus lux est :
splendori, dai quali ne resterebbe naturalmente accie
calo , anzi morto : Non videbit me homo , et vivet
( Esod. 32 , 2 ) , Dio gl' infonderà quel lume che dai
teologi si chiama lume di gloria e da Davidde, fu detto
lume di Dio, in cui vedremo il lume : In lumine tuo
videbimus lumen (Ps. 33, 10).
Rischiarata, rinvigorita e quasi divinizzata l'anima
del beato da questo lume divino , vedrà in sè stessa
quella perfettissima essenza , scoprirà con chiarezza
quel pelago immenso di perfezioni che in sè contiene,
insomma vedrà Dio qual è in sė medesimo : Videbi
mus eum sicuti est ( 1. Joan. 3). E a questa vista chi
mi sa dire, uditori, lo stupore, l'estasi, l'allegrezza e
il giubilo da cui verrà rapila ? Per formarne una giu
sta idea, bisognerebbe averla di quel Dio che vede ;
ma come aversi da noi miseri ciechi avvolti fra il
tenebroso velo di questi sensi ? Ciò che noi ne pos
siamo capire e dire , cosi in confuso, è, che in Dio
vi sono perfezioni infinite, e tulle in una maniera in
finitamente perfetta: cosicchè se volesse scoprire ai
beati queste sue perfezioni infinite a poco a poco,
potrebbe tenerli sempre assorti rapiti per tulla l'e
ternità successiva in una dolcissima estasi , perchè
vedrebbero in lui sempre nuove e maravigliose bel
lezze, a guisa, dice un dotto autore, di nuovi mondi
(Segn, Crist. Instr.). Che sarà dunque vederle tutte
215
ad un tratto ? Vedere quell'infinita potenza che con
una sola voce trasse dal cupo seno del nulla la gran
macchina di questo universo ? Quell' infinita sapienza
che in un sol atto lutto seppe, tutto vide, tutto ebbe
presente fino dall'eternità ; che stabili un ordine si
maraviglioso e stupendo in cielo , in terra e in tutta
quella prodigiosa quantità di creature, di cui neppur
una ve ne ha che non abbia i suoi fini e rapporti
col tutto ? Quella sonoma bellezza che, avendo sparsa
e diffusa fuori di sè tanta beltà che ammiriamo nelle
creature, non può essere in sè stessa che una bel
lezza ammirabile, stupenda e affatlo incomprensibile ?
E finalmente, per tacere di altre perfezioni di Dio, che
sarebbe tentar l'impossibile di volerle semplicemente
numerare, che sarà vedere quel pelago immenso di
bonià così gonfio e, per così dire, tanto estuante in
sè stesso, che, quasi non potendo contenersi entro i
suoi limiti , si diffonde in dar l'esistenza a innume
rabili esseri intelligenti , angeli in cielo e uomini
sulla terra : e questi, perduti per il peccato, salva
col mistero dell'incarnazione del Verbo , colla sua
passione, colla sua morte ; mistero, che è il capo d'o.
pera della polenza, della sapienza, della bontà , della
misericordia di Dio e di mille altre sue infinite per
fezioni? Oni come resterà il beato rapito e contento
per si slupende e maravigliose vedutel
Eppur ciò che ancor di più lo farà stupire e ri
colmerà di maggior allegrezza , saranno le arcane,
profonde, altissime operazioni che Dio fa in sè mede
simo , chiamate da' teologi ad intra , le quali ancora
>

vedià ; e quantunque non le possa perfettamente com


prendere, ripugnando che la creatura penetri colla
sua vista nella loro totale estensione le infinite gran
dezze di Dio , pure ne avrà una limpidissima e pum
rissima intelligenza. Quindi vedrà con chiarezza l'aú
A14

gusto, profondo, ineffabile mistero della santissima Tri.


nità . Vedrà nella persona del Padre l'eterna genera.
zione del Verbo , e capirà come per via d'intelletto,
quasi specchiandosi nella sua perfettissima essenza,
produce un'imagine sostanziale di sè, e a lei comu
9

nica, senza che la divida o la perda, questa sua stessa


essenza. Vedrà in questo Verbo una distinta persona
dal Padre, ma non già una distinta natura , perchè la
stessa natura del Padre è la sua. Capirà ciò che è a
noi incomprensibile , come egli è generalo e non fatto,
generato e non minore del generante , generato ed
eterno egualmente a chi lo genera. Vedrà come il
Padre ed il Verbo , l'uno contemplando nell'altro le
infinite perfezioni della comune essenza, si amino re
ciprocamente con infinito amore, e con questo amore
infinito spirino una terza persona divina , eguale ad
entrambi, che noi chiamiamo Spirito Santo. Conoscerà
come sia possibile che questo Spirito, ricevendo dal
Padre e dal Figlio, non sia nè minore nè dipendente
da loro ; come ricevendo il tutto dal Padre, fuor l'es
ser di padre, il tutto dal Figlio, fuor l'esser di figlio,
nondimeno non è nè dell'uno nè dell'altro maggiore :
e finalmente, come essendo spiralo da entrambi non
sia figlio , ma Spirito consostanziale di ciascheduno.
Oh Diol che misteri profondi, che arcani impercelti.
bili ! E qual gaudio , qual giubilo , qual diletto inef
fabile non proverà mai il beato in vederli, intenderli,
vagheggiarli con somma chiarezza !
Lo scoprimento di qualche verilà anche naturale,
ignota, astrusa e lungamente desiderata, riempie l'a
nima di tanta allegrezza, che leggiamo grandi filosofi
aver dato talvolta in istranissimi eccessi. Trova Pita
gora 'la dimostrazione dell'Ipotenusa, e ne resta tanto
contento che sacrifica l'Ecatombe , ossia cento buoi
>

alle muse, dalle quali crede stoltamente averne olle.


215
nuta la grazia. Archimede sta nel bagno : all'improv
viso gli si apre la mente , e scopre un'altra verità
astrusa di fisica , che fino a quel punto aveva cer
cata invano ; ed è tanta l'allegrezza che ne prova, che
a guisa di ubbriaco e di pazzo salta fuori del bagno,
gridando : L'ho trovata , l' ho trovata. Molto di più
>

era disposto a fare un certo filosofo chiamato Eu


dosso, se gli fosse potuto riuscire di vedere da vicino
il sole e conoscerne le proprietà ; perchè diceva che
per una tale cognizione volentieri sarebbesi gettato a
incenerirsi nelle sue fiamme.
Che se, uditori, lo scoprimento di verità naturali o
di sfera sì bassa consola e rallegra tanto , che sarà
vedere in Dio in un sol colpo d'occhio tanta sapienza,
lanla bellezza, tanti misteri, tante arcane cose per lo
innanzi ignote, anzi impossibili a sapersi ?
Si addorme una notte Salomone, giovane re idiota,
inesperto e incapace di regnare : in mezzo al sonno
gli comparisce Iddio e gli infonde la sapienza. Sve
gliatosi la mattiua s'accorge di aver la mente piena
di lumi, di cognizioni, di scienze ; che è insomma il
più saggio e il più doilo uomo del mondo. Quale cre
dete voi , uditori, sarà stata la sua contentezza ed al
legrezza in quell'ora ? Eppure ché ha a fare la sa
pienza di Salomone con quella di un beato isu in
cielo ?... Povero contadino , semplice pastorello , don
nicciuola ignorante, che ora capile sì poco delle cose
di Dio , e forse nulla avrete capito finora della mia
>

predica , fate cuore allegramente : temete , servite ed


amate costantemente Iddio : io vi assicuro che al pri
mo vederlo in paradiso , acquisterete tanla sapienza,
che Salomone e Platone e Aristolile e Cicerone e lulli
i più celebri filosofi ed oralori, ed i più profondi teo
logi non erano che tanti ignoranti in paragone di ciò
che allora saprete voi. In quel fonte eterno di verità
216
e di luce beverete tanta sapienza, il vostro intelletto
verrà irradiato da tai fulgori che non è possibile ima
ginare, non che spiegare, le altissime e profondissime
cognizioni che acquisterete, e quindi l'allegrezza , il
gaudio che ne sentirete. Nè questo gaudio si restrin.
gerà al solo intelletto , ma trascorrerà ancora nella
volontà e nelle altre potenze dell'anima, e tutta l'apo'
pagherà, la soddisferà, l'infiammerà di amore ; e co
me dice il santo profeta Davide, l'ivebbrierà e la farà
andar quasi naufraga in un torrenta di voluttà e di
dolcezza : Inebriabuntur ab ubertate domus tuæe : tor
rente voluptatis tuæ potabis eos ( Pr. 36, 5 ). La ra
2

gione di ciò è che i beati in paradiso non solo ve


dranno Iddio , ma lo possederanno : si mostrerà loro
non come un bene straniero, il che non produrrebbe
in essi che ammirazione e slupore ; ma come bene
tulto loro, li tirerà a sè, gli unirà alla sua stessa so.
stanza, li trasformerà o cambierà quasi in altrettanti
Dei : Similes ei erimus , quoniam videbimus eum si
cuti est ( 1 , Joan. 3 ) . Così s. Giovanni e l'Apostolo :
In eamdem imaginem transformamut a claritate in
claritatem (2, Cor. 3).
E in questa beata unione dell'anima con Dio , in
questi, come li chiama lo sposo dei sacri cantici, pu.
rissimi e santissimi baci dell'uno e dell'altra, ah chi
può iinaginare il gaudio, il diletto, il giubilo di que.
st'anima avventurata ? Per capirlo bisognerebbe ca
pire quanto dolce e soave è il Signore : ma come
capirlo , se , secondo l'espressione di Davide , è un
pelago immenso di soavià e di dolcezza, capace a
saziare innumerabili creature? Suavis Dominus uni
versis ( Ps. 244 ); se il Savio , al considerare questo
gran mare , esclama estatico a modo di chi nè tutto
intende, nè sa spiegare ciò che intende : Oh quam bo
nus et suavis est, Domine, spiritus tuus ! (Sap. 12, 1).
217
Se Gesù Cristo medesimo, benchè si amabile e dolce
non soffrì, in quanto uomo, d'esser chiamato buono
a confronto di Dio : Quid me dicis bonum ? Nemo bo .
nus, nisi unus Deus. ( Marc. 10 , 18). Pure per for
>

marne una qualche idea argomentiamolo da ciò che


è succeduto talora ai santi ancor viatori su questa
terra.
Ecco un s . Filippo Neri . Stando in orazione nelle
calacombe di Roma , un dì lo Spirito Santo scende
sopra di lui in forma di globo di fuoco, lo investe , e
gli entra rapidamente nel cuore ; a questa sì intima
e prodigiosa comunicazione, Filippo si sente innon

dar tulla l'anima da una piena sì traboccante di dol


cezza e di gaudio , che non può reggere , si abban
dona sul suolo, il cuore per impelo di amore gli pal
pita in pelto con tanta veemenza, che non soffrendo
gli angusti confini della natura , è d'uopo che Dio
glieli dilati colla rottura di due coste ; e intanto lan.
guendo e spasimando d'amore : Non più , grida, non
più , Signore , chè io muojo. Mirate una Teresa di
>

Gesù. Fra i suoi sublimissimi ratti, vide una volta un


serafino che con un dardo infuocato le saetlava il
cuore ; ella frattanto ardeva, bruciava, avvampava di
sì serafici ardori, che ci volle un miracolo acciò l'a.
nima sua sprigionala dal cuore per impeto d'amore
non ne volasse al cielo. Or questi santi e moltissimi
altri che per brevità tralascio , che mai gustavano
della dolcezza di Dio ? Non più , dirò così, di una
stilla ; non eran in patria ; nol vedevano intuitivamente ;
non erano a lui uniti, in lui trasformati col lume bea
tificante della gloria ; che sarà dunque quando su in
cielo il vedranno a faccia scoperta, si uniranno a lui
colla più intima e perfetta unione , e dell'immenso
suo gaudio non riceveranno una sola stilla, ma, co
me ce ne assicura Gesù Cristo medesimo , vi entre
218
ranno dentro, vi resteranno felicemente - naufraghi e
sommersi ? Intra in gaudium Domini tui.
Più : guardate i martiri. Ecco un s. Lorenzo che
se ne sta sulla rovente graticola, quasi sovra un sof
fice letto di morbide piume : gli ardenti carboni gli
pajon rose, i cocenti ardori aurette soavi , e mentre
si arrostisce in un fianco, gioviale e tranquillo ha il
coraggio di dire scherzando al tiranno : Di qua son
già collo ; voltami sull'altro lato , e intanto mangia .
Mirate un s. Simeone vecchio di cento vent'anni . In
chiodato sopra una croce, mentre i suoi piedi e le
sue mani diluviavano sangue, canta come un cigno ;
non vi è un re che sieda sì allegro e contento sopra
il suo trono, come egli lo è su quel patibolo. Guar
date, per tacere d'innumerabili altri, i due santi fra
telli romani Marco e Marcelliano legati e inchiodali
ne' piedi ad un palo per la fede di Gesù Crislo. Fa
biano prefelto , Miseri dice loro , ravvedetevi e libe
ratevi da questi tormenti. Tormenti ? rispondono essi ;
non abbiamo mai pranzato con tanto gusto e piacere,
come soffriamo questi che tu chiami lormenti . Dura
rono così un giorao ed una notte sempre allegra
mente cantando , finchè trafitti da dardi, passarono
ad unire il lor canto con quello degli angeli in pa
radiso.
Ma ditemi , uditori , erano forse questi uomini di
ferro, di bronzo , o di un'altra specie diversa dalla
>

nostra ? No : erano di carne ed ossa , e sensibili al


par di noi. Come dunque non sentivano tormenti di
questa sorte ? Ah ! una goccia della sua soavità che
Dio faceva allora gustare alle loro anime, era quella
che ad essi cambiava in delizie i tormenti gli strazi
e la morte ancor più crudele. Che se il palire e il
morire con un poco di godimento di Dio divenla sì
dolce, si delizioso, che sarà il vivere immerso nella
noidaezz di un tal godimento.
219
Più ancora . Infinitamente più atroci di quanto hanno
mai palito i martiri di questa vila sono le pene che
soffrono i dannati nell'altra : eppure dice sant'Ago
stino , che è tale e tanto il godimento di Dio, che se
>

una sola stilla Dio ne facesse scorrere nell'inferno, si


smorzerebbero subito quelle voraci fiamme, cessereb
bero all'istante quelle orrende pene, l'inferno cam
bierebbesi in un paradiso : Tanta est dulcedo futurae
gloriae, quod si una gutla in infernum deflueret, to
tam amaritudinem damnatorum dulceraret (S Aug.,
Serm . S. de Transf .) . Ed ora capirete la strana do
manda dell'Epulone, quando sepolto in quelle fiamme
pregava Abramo mandargli Lazzaro a refrigerargli
la lingua con una sola goccia d'acqua che può pen
dere dall'estremità di un dito. Pare inulile tale do
manda , poichè qual refrigerio può dare una goccia
d'acqua ad un uomo immerso in un mare di arden
tissimo fuoco ? Eppure non lo è ; l'Epulone chiedendo
sì poco chiedeva tutto : perchè questa sola goccia
d'acqua celeste sarebbe baslata ad eslinguere quel
l'incendio, e a convertire il suo inferno in paradiso :
1

Tanta, ec. , ec.


Che se è così ), chi mi sa dire qual sarà il godi
mento, l'allegrezza, il giubilo de' beati su in cielo ,
dove non a stille, ma a sorsi, ma a torrenli, a fiumi
bevono quest'acqua celeste , trovandosi felicemente
naufraghi, sommersi, inabissati nel pelago immenso
della soavità e dolcezza di Dio ? Oh paradiso ! oh pa
fria ! oh ! Dio !... E chi può a meno di non esclamar
con Davide (Ps. 83) : Quanto sono mai diletti i vostri
tabernacoli, o Dio delle virtù ! L'anima mia sospira e
languisce per essi ; e il mio cuore e la mia carne
esultano per la speranza di possedere voi Dio vivo e
fonte di vera, elerna vita (Ps. 41 ) : quando verrò e
vi compariró innanzi, e potrò saziar la mia sete in
220
vedere la vostrå faccia ? Ah ! che al vedermi tuttavia
lontano da voi e sentirmi dire, dov'è il luo Dio ? non
trovo pace : il mio cibo di giorno e di notte non sono
che lagrime ,
Ma ciò che finalmente metterà il colmo alla feli
cità de' santi sarà la certa sicurezza che il beato lor
regno durerà in eterno. Mancherebbegli molto, e quasi
tutto , se avesse un dì a finire : ma' no, il regno di
Dio è un regno di tutti i secoli : regnum tuum re
gnum omnium sæculorum ( Ps. 14. 15 ) ; e tale vuol
che sia ancora quello de' suoi : Regnabunt in sæcula
saeculorum ( Apoc. 22. 5) . Ah ! qual contentezza sarà
mai questa per un bealo in paradiso di poter dire :
Haec requies mea in saeculum saeculi, hic habitabo,
quoniam elegi eam (Ps. 131 , 15). Qui abiterò in eterno...
.
>

In questo misero mondo i plù dolci piaceri, le più


grandi forlune, i regni ancora più floridi oltrecchè
non vanno mai disgiunti da tribulazioni ed angustie,
non vi essendo rose senza spine, nè calice sì dolce
cha non abbia li sua feccia >, finiscono e finiscono
presto ; e questo pensiero è quasi un acuto strale che
trafigge il cuore di chi li gode, e cambia in tormenti
le sue delizie.
Lungi però un tal pensiero dal regno di Dio I lassù
niente può entrare di ciò che possa recar disgusto e
amarezza , e molto meno la morte : Mors ultra non
erit, neque luctus, neque dolor erit ultra (Apoc. 21. 4) .
Non vi sarà, disse Gesù Cristo ai suoi discepoii , al
cuno il quale possa togliervi il vostro gaudio : Gau
dium vestrum nemo tollet a vobis (Joan . 16, 22) .
Oh stato felicissimol oh sorte avventurata ! con
templar' sempre l'infinitamente bella faccia di Dio ,
senza timore o di non più vederla o di annoiarsi
nella sua vista ; faccia, che contemplata già da quasi
sei mila anni dagli angeli quasichè mai l'avesser
221
veduta , la desiderano oggi e la desidereranno in
eterno: In quem desiderant angeli prospicere (Petr. 12).
Sempre sedere alla mensa con Dio e cibarsi del suo
stesso cibo , bevere del suo stesso vino, cioè godere
della stessa sua gloria : inebriarsi , saziarsi di quel
>

l'infinito piacere e diletto di cui gode ed inebria sè


stesso ! Sempre porlare nel proprio corpo una flo
rida gioventù , una robustezza immancabile , una
sanità inalterabile , una gloria indefettibile , per cui
splenderà qual sole , correrà come lampo, penetrerà
ovunque come spirito / sempre cogli angeli, coi santi
e con la loro gran regina Maria, e sempre coll' in
finitamente amabile ed amante Gesù ! Semper, semper
cum Domino erimus . Voleranno come momenti gli
anni , passeranno come baleni i secoli , trascorreranno
come soffio i milioni di secoli , e il nostro godere
>

sarà sempre eguale, sempre pieno e perfetto: Semper


cum Domino erimus. Oh sempre ! Oh eternità ! Oh
paradiso !
Or veniamo a noi, cari uditori. È certo che in pa
radiso vi sono beni infinitamente maggiori di quelli
che vi ho descritti finora ; ma quand' anche non ve
ne fossero altri, ditemi, un buon negozio, torna conto
rinunziarvi per pochi, vani e momentanei beni di questo
misero mondo ? Eppure questo è ciò che si fa, non >

dico dagli ebrei , dai turchi, dai gentili >, ma dalla


massima parle de cristiani. Gesù Cristo ci fa sapere
per bocca del suo Apostolo che nè i molli , nè i
fornicarj, nè gli adulleri entreranno nel beato suo
9

regno : Neque molles , neque fornicarii, neque adul.


teri regnum Dei possidebunt (Cor. 1 , 10). Eppure
quanti giovani dissoluti , quanti uomini di pratica ,
quante donne vane e libertine s'imbrattano di questi
peccali, s'immergono nelle laidezze, e di più vivono
allegramente, quasichè non vi sia paradiso, o sia un
222

bene da nulla ? Gesù Crislo ripiglia, che nè i ladri ,


nè i rapaci, nè gli avari in questo suo regno potranno
aver luogo : Neque fures, neque rapaces, neque avari
regnum Dei possidebunt. E non ostante quanti ladri,
quanti usuraj ,> quanti fraudolenti, ingannatori e in
giusti usurpatori dell'altrui roba trovansi nel popolo
cristiano! E quanti, che se non rapiscono i beni degli
altri, conservano però un attacco smoderato ai propri
non sono mai sazj di beni ; ad altro non pensano
giorno e notte che ad acquistarne sempre più ; e in
questi tengono , come alberi nella terra , radicalo il
>

loro cuore, in una parola sono avari! Tuona final


mente Gesù Cristo dall'alto che nel suo paradiso niente
può entrare di macchiato ed immondo : Non intrabit
in eam aliquod coinquinatum (Apoc. 21 , 27 ) ; ciò non
ostante tanti e poi tanti vivono coll'anima sempre
macchiata da colpa ; e se pur qualche volta la lavano
coi sacramenti, tornano bon preslo a macchiarla con
nạovi e sempre maggiori peccati.
Oh figliuoli degli uomini le fino a quando sarete voi
di cuore si grave, di mente sì ottusa da amar le va
nità e correr perduli dietro la menzogna ? Credele
voi il paradiso ? Siete persuasi che lassù vi siano beni
veri, beni sommi, beni eterni ? E come dunque ve li
giuocate per beni meschini, falsi, vani e che morle
ben presto vi rapirà ? . E quando avrete perduto il
paradiso e vi troverete invece sepolti nell'inferno ,
giacchè nell'uno o nell'altro necessariamente convien
andare , non vi essendo nell'eternità altro luogo di
mezzo , che vi gioveranno i beni di questo mondo,
>

quand' anche gli aveste posseduti e goduti tutti ?


Ah cristiani 1 apriamo gli occhi : riflelliamo che non
abbiamo qui una stabile e permanente citlà ; la nostra
vera patria è il paradiso ; qui siamo ospiti e pelle
grini: siamo concittadini dei santi, domestici di Dio,
223
figli degli apostoli e de profeti, fondati sulla pietra
somma angolare, cioé Gesù Cristo, il quale colla sua
morle ci ha meritato il paradiso, ce ne ha spianata
la strada, ce ne ha aperto le porte, e ce l'ha, come
dice sant'Agostino, messo in vendita, e à cosi poco
prezzo che tutti possiam comprarlo: Venale est quod
habeo, dicit tibi Deus, eme illud (S. Aug. Ps. 93).
E qual è questo prezzo ? Veramente, siegue a dire
il santo dollore, essendo il paradiso un riposo eterno,
potrebbe Dio giustamente chiederne per prezzo una
falica eterna : Ælerna requies , aeterno labore recte
emitur. Ma egli non esige tanto : non dice faticate
per un milione di anni, che pur sarebbero un nulla
a confronto dell'eternità ; non dice faticatene almeno
mille.... via, mi contenterò di cinquecento ; non dice
tanto ; mi basta che fatichiate solo per quanto durerà
la vostra vita, cioè per pochi anni: Non dicit Deus
centena annorum millia labora : non dicit vel mille
annos labora : non dicit quingentos annos, sed dum
vivis, labora paucos annos.
E qual deve esser poi questa fatica ? Forse quella
che hanno sofferta i santi apostoli, i quali come al
tesla a nome di tutti s. Paolo (Cor. 4), per Gesù Cristo,
?

a far acquisto del beato suo regno, si consideravano


come vittime destinate alla morte , e quasi feccia o
spazzatura del mondo ; quindi soffrirono fame, freddo,
nudità, prigione, battiture , catene , strazj, tormenti e
poi la morte ; e tanti furono i loro patimenti che di
vennero lo spettacolo degli angeli, degli uomini e del
mondo tutto ? Dovete forse faticar come i martiri ed
essere come essi flagellati , .scorticati, fatti a pezzi ,
>

dali a mangiare ai leoni, arsi sulle graticole e soffrire


altre sorte di morte le più spietate ? No , miei cari ,
Gesù Cristo non esige tanto da voi : egli è contento
di una fatica che sarà discreta, breve, e in cui esso
224

stesso vi porgerà ajuto e conforto , cioè quella che


porta seco l'osservanza della sua santissima legge : Si
vis ad vitam ingredi, serva maudata.
Ecco il gran prezzo che esige per un regno eterno
di gloria. Che dite, o cristiani ? Che ve ne pare ? Può
valere di meno ? Può egli, dirò così, avvilire di più
beni infiniti ? E per cosi poco tralascerete di farne
acquisto ? Oh Dio ... Davide per fallaci ricchezze e
per sposa, che poi lo tradì, si affrontò col filisteo gi
gante e pose a gran rischio la propria vila. Giacobbe
per la sospirala Rachele stentò , sudò, e per quattor
dici anni visse sotto il ferreo giogo del crudo Labano.
Innumerabili altri, come ho detto al principio, per i
beni frali, incerti e fugaci di questo misero mondo non
prezzano ne fatiche, nè sudori, nè stenti, e nemmeno
la stessa vila , e noi per beni immensi , sicuri ed
eterni , tralascieremo di fare e di soffrire tanto di
meno ?
Ah ! nol miei cari, no : ma imitiamo quel saggio mer
canle, che per esemplare e stimolo ci propone Gesù
Cristo medesimo nel suo Vangelo ( Matt. 13, 3 ). il
quale andando in cerca di margarite , ne trovò una
assai preziosa , e siccome valeva molto , vendè tutto
il suo per farne acquisto. E qual margarita più pre
ziosa del regno de' cieli ? Su via dunque , per con :
quistar questo regno facciamo tutto. Siam peccatori
e per entrarvi dobbiamo far penitenza ? Ebbene, fac.
ciamola coraggiosamente. S. Pietro d'Alcantara che
la fece austerissirna, benchè innocente, comparve dopo
la morte pieno di gloria a santa Teresa e le disse
queste grandi parole : Felice penitenza che mi ha
merilato gloria si grande ! Per conseguir simil gloria
dovrem far guerra al mondo, al demonio e alle no
stre disordinate passioni,e in queste battaglie dovremo
molto patire e soffrire ? Sia pur così, ma l'apostolo
225
Paolo ci fa sapere che non vi è paragone fra tutto
ciò che patiremo in questa vita colla gloria che ci
aspetta nell'altra : Non sunt condignce passiones hujus
temporis ad futuram gloriam quce revelabitur in
nobis (Rom . 8, 18 ) .
Animo, dunque, miei cari, non perdiam più tempo,
chè forse ne abbiam perduto anche troppo ; diamoci
fretta, vi dirò coll'istesso Apostolo, di entrare in quel
l'eterna beatissima requie : Festinemus ingredi in illam
requiem (Heb. !, 11 ). Da oggi istesso, anzi da questo
momento medesimo, col profeta Davide (Ps. 136, 48)
risolviamo di non dimenticarci più della celeste Ge
rusalemme , di non cessar mai dal parlarne , di
averla di qui innanzi per l'unico oggetto della no
sira allegrezza e delle nostre brame. Si, dicea il
santo re, e ripetiamolo anche noi, mi dimenticherò
piuttosto della destra che di te, o cara Sionnel Taccia,
o si attacchi alle fauci la mia lingua se parlerà di
altro o di altra cosa si rallegrerà il mio cuore : Si
oblitus ſuero tui Jerusalem oblivioni detur dextera
mea, ec.
Ma poichè nè le sue parole, né i soli desideri ba
stano per farcene entrare al possesso, e ci vogliono
opere buone, perciò conchiudo col grande avviso che
dà a lutti il principe degli apostoli: Magis, satagite,
ut per bona opera certam vestram vocationem et ele
ctionem faciatis (2. Petr. 1. 10 ). Siate solleciti, non
basta, siate più che solleciti, siate affannosi, instanca
bili, che ciò vuol dire s. Pietro con quel magis ag
giunto al satagite, di produrre più che potete opere
buone : ma che sian veramente tali, e con queste vi :
rendurele cerla e sicura la vostra vocazione ed ele
zione alla gloria. Magis satagite, ec.

BỊAMOSTI . T. I , 16
MEDITAZIONE IX.

Sopra l'inferno.

E v'è l'inferno 9 Esiste dunque un luogo di tor


menti e pene orribili in cui sono cacciati staranno
in eterno gli uomini che si partono da questa vita
coll'anima rea di peccato mortale >, per conseguenza
nemici attuali di Dio ?... E questo luogo vi sarà per
me ? Ah ! ch' io non son sicuro , perchè niuno sa se
sia degno innanzi a Dio d'odio o d'amore.... Così an
dava poc'anzi meco stesso meditando nel silenzio
della mia stanza , pieno di spavento e di orrore , il
quale vengo a partecipare anche a voi , miei cari
uditori, nella presente meditazione. Ah / sì, vi è lo
inferno ; la fede ce ne assicura. Ella ci fa sapere che
vi è un fuoco acceso da Dio nell'ira del suo furore :
che il fuoco eseguirà sulla carne dell’empio le sue
giuste vendette, che al fuoco saranno mandali i ma.
ledetti nel giorno estremo. E Cristo, autore e consul
malore della fede nella parabola, o fatlo che sia del
ricco Epulone sepolto nell'inferno, ove al presente
urla fra i tormenti, e che implora, sebbene invano ,
per refrigerio delle sue fiamme una stilla di acqua ,
ci fa quasi veder cogli occhi l'inferno. Ma quando
anche tacesse la fede, a convincerci della sua esistenza
basterebbe la sola ragione. Questa fa sapere ad ogni
uomo, che non abbia perduto affatto il senno, che
esiste Dio , ch'egli è essenzialmente, necessariamente
provvido, giusto e santo. Come provvido deve aver
227
cura delle sue creature, specialmente dell'uomo che
fra le visibili è la più nobile ed eccellente di tutte :
come giusto deve avere stabilito premio alla virtù e
pena al vizio ; come santo non può non odiare l'em
pio colla sua empietà, e zelare il suo onore e la sua
gloria. Tutto ciò non sempre apparisce durante il
corso di questa vita. Si vedono talora dei giusti tri
bolati, perseguitati e oppressi in guisa fino alla morte,
che pare Dio siasi affatto dimenticato di essi. Molti
empj al contrario vivono felici contenti e prosperati
al terminar de’lor giorni . La empietà non di rado
in questo mondo trionſa : l'onor di Dio è vilipeso, il
suo nome è bestemmiato, profanale sono le sue feste
e le sue chiese, la sua legge è conculcata, e non di
meno Dio soffre e tace quasi che, o non vedesse, o
non zelasse il suo onore o non odiasse la colpa :
dunque vi deve essere necessariamente un'altra vita
in cui si mostri provvido, facendo vedere che ebbe
cura de' giusti : giusto nel premiar questi e punire i
malvagi; santo nel risarcire colla pena il suo onore
toltogli dalla colpa .
Vi è dunque l'inferno , vi è anche per noi , tutti
>

siamo in pericolo di andarvi a far capo , anzi molti


pur troppo ne battono la strada , vi camminam sul
l'orlo vicinissimi a piombarvi dentro. E viviam spen
sierati ? E stiamo allegramente in tanto pericolo ? Ah
no, miei cari, apriamo gli occhi, andiamo per breve
>

ora col pensiero in quell'abisso, che questo sarà, dicea


S. Bernardo , un mezzo molto efficace per non an
>

darvi da vero dopo la morle : Descendamus infernum


viventes, ne descendamus morientes.
Per darvi una giusta idea dell'inferno, e discorrerne
con qualche ordine , se pur fia possibile parlar con
ordine di quella regione di morte , dove niun ordine
ma un sempiterno orrore abita, prenderò l'argomento
228
e la divisione della meditazione, dal fine che ebbe
Dio nel creare l'inferno. Perché lo creò ? Per riordinar
colla pena l'uomo che si disordinò colla colpa. Osser .
vate : l'uomo, peccando, commette un triplice disordine.
opposto al bell'ordine da Dio in lui stabilito. Con que.
sl' ordine vuole si serva delle creature che lo circon
dano, quanto basta all'uso dei sensi , e per quel fine
per cui Dio lo creò ; che i suoi sensi, gli appetiti e le
inferiori potenze della sua anima siano soggette alla sua
ragione, e questa sia subordinata e obbediente a Dio.
Il peccatore che fa ? Guasta un tal ordine : si abusa
delle creature cercando in esse la sola soddisfazione dei
suoi sensi, e praticamente costituisce in esse la sua feli
cità e il suo fine; rende la sua ragione schiava de'suoi
sensi e brutali appetiti; ee per último, colla stessa ragione
fugge da Dio lo abbandona . Ora Dio, che è somma
giustizia , vuole che a questo triplice disordine corri
sponda nell'inferno una triplice pena, e dice al nostro
modo d'intendere : Ti abusasti , o uomo, delle creature
servendolene аa tutt'altro fine di quello per cui le creai ?
Ebbene le creature siano lo strumento della lua pena.
Ciò vedremo nel primo punto. La tua ragione, che
in te deve esser signora, la rendesti schiava de' tuoi
sensi, appetiti, e polenze brutali ? Dunque e ragione
e sensi, e appetiti, e potenze combattano insieme, nè
ti lascino mai più godere nè riposo , nè pace. Sarà
questo il soggetto del secondo punto . Finalmente ti
rihellasti da me tuo creatore, tuo Dio, tuo sommo ed
unico bene ? Va dunque lungi da me, ti abbandono,
sarai di me privo in elerno. Terzo ed ultimo punto.
Eccovi miei cari, in compendio, che cos'è l'inferno .
È proprio di Dio, dice il savio nel libro divino della
Sapienza (Sap. 11, 17 ), nel punire i malvagi servirsi
di quelle stesse cose di cui si servirono essi per es
ser tali, cambiando in istromenti di pene le creature
229
di cui abusarono per commetter la colpa, Per quae
peccat quis , per hæc et torquetur. Volendo infatti
castigare gli empj egiziani , come onnipotente che
egli è, avrebbe potuto spedire contro di essi eser
citi d'orsi feroci, di furibondi leoni ; oppure creare
un nuovo genere di mostri orrendi : i quali vomi
tando dalle fauci globi di fumo e di fiamme e vi .
brando dagli occhi ardenti scintille, con queste, ed
anche col loro aspetto terribile, gli apportassero morte;
e senza ciò , con un sol fiato della sua onnipotente
virtù potea farne scempio. Ma no ; essi peccarono
adorando muti serpenti, mosche ed altri animali in.
sensati, ed egli spedisce loro armate di vilissimi in
selli di rane, di locuste, di zanzare e di vespe e con
queste stesse cose per cui peccarono li punisce : Per
quæ peccat quis, per hæc et torquetur.
Quest'ordine ammirabile di sapiente giustizia lo tiene
Dio altresi nell'inferno verso i dannati, formando delle
creature di cui abusarono in vita altrettanti stromenti
dell'ira sua vendicatrice per castigarli. Di tre sorta di
creature abusa il peccatore : intellettuali, ragionevoli ed
insensibili. Le intellettuali sono gli angeli: abusa di questi
perchè pecca alla loro presenza, pecca disprezzando le
loro sante inspirazioni, pecca ad onta della loro continua .
e fedele custodia. Or bene, dice Dio, poichè abusasti
de' miei angeli fedeli, li abbandono e ti lascio in balia
degli angeli apostati. Ed aimèl qual tormento è mai
questo ! Un uomo ragionevole. e molto più un cri
stiano, essere abbandonalu in braccio ai demoni ! Un
cristiano, che in virtù de' sacri esorcismi della Chiesa,
e molto più per mezzo del santo battesimo, era un
dì uscito della loro tirannica potestà ! Un cristiano
che in vila aveva riportate di loro tante vittorie ! Un
cristiano che era destinato ad occupare una di quelle
sedie su in cielo da cui caddero essi per la superbia !
230
Un cristiano in poter dei demonj... Demonj di mol
litudine innumerabili , di forza invincibili , di aspetto
orrendissimi, d'ira e di crudeltà ripieni ! Ah chi può
immaginare il fiero tormento, lo strazio crudele ed il
barbaro giuoco che di lui prenderanno ? È vero che
non hanno corpo, ma essendo scritto che : Vadent et
venient super eos horribiles (Job. 20), è da credere
che prenderano de'corpi a posticcio i più orrendi, si
trasformeranno in larve le più abbominevoli e sozze,
per isfogar meglio con queste la natia loro ferocia ed
accrescere in lui l'orrore e il tormento .
Pigliamo di ciò un'idea da quel che avvenne al
l'imperator Valeriano, caduto prigioniero in mano di
Sapore re della Persia. Sentite l'orribile traslullo che
questo barbaro re si prendeva di lui. Ovunque an
dava sel conduceva dietro il suo carro, vestito da im
peratoře , e nel tempo stesso incatenato da schiavo.
Ogni volta che saliva in cocchio, o ne scendeva, l'ob .
bligava a porsi carpone per terra e servirgli di sga
bello a' piedi : quindi con piè superbo gli premeva,
come a bestia , il collo e le spalle , e quasichè uno
>

strapazzo di tal natura fosse poco , vi aggiungeva i


più mordaci ed insultanti sarcasmi, dicendo in quel
l'atto : Questi sono trionfi ! Altro che quelli degli im
peratori romani sul Campidoglio ! Misero imperatore !
Credo che la vergogna e la rabbia sel divorasse in quel
l'alto, e che avrebbe eletto qualunque più barbara mor.
te, anzichè un avvilimento, un ludibrio di questa sorte.
Eppure quesl' è un nulla in paragone della ma
niera crudele e insultante con cui i demonj tratte
ranno nell'inferno i dannati. Li calpesteranno coi piedi
peggio che bestie , li batteranno con orride sferzate,
>

li slenderanno su letti di fuoco : gli abbevereranno con


fiele di dragone e veleno di aspidi, faranno loro in
ghiottire piombi e solf liquefatti ed ardenti, ed a
231
questi e mille altri generi di tormenti aggiungeranno
ancor essi gli scherni più insultanti e insoffribili. Quel
l'amarissimo recordare, che fu già detto laggiù al
misero Epulone , lo rinfacceranno ai dannati , e con
questo loro strazieranno l'anima assai più che il corpo
con tutti i tormenti. Ti pesano queste catene di fuoco ?
diranno a quel giovane, mi ricordati che un di eri così
>

temerario e superbo, che non vi era nè padre, nè madre,


nè maestri , nè superiore alcuno che potessero umi
liare e frangere la tua testa dura e caparbia, e tenerti
in dovere : recordare. Ti bruciano queste fiamme ?
diranno a quel disonesto, non ha il tuo corpo parte
cui non penetri e tormenti l'ardore ? Ma ricordarti
de'piaceri e diletti in lui goduti ; recordare. Sei brutta,
sei orrida, sei fetente ? diranno a quella donna , ma
ricordati che un dì ne andavi gonfia e tronfia di tua
avvenenza, nè vi erano gale, male mode, ori, gioje e
ornamenti che bastassero alla lua vanità : recordare...
Hai fame, diranno a quel goloso, nè qui mangi altro
che fuoco ? Ma ricordati delle intemperanze e dei
violati digiuni : recordare. Arrabbi di sete ? diranno a
quel bevitore, ma ricordati delle tue ubbriachezze :
recordare, recordare. Oh rinfacciamenti amarissimi !
Chi potrà soffrirli ?
Ma vi è di più . L'altro genere di creature , di cui
si abusa il creatore , sono le ragionevoli , cioè i suoi
simili : se ne abusa , o amandoli troppo, ovvero odian
doli : or quest' abuso sarà compensalo rell'inferno
colla pena che si cagioneranno tra loro i dannati.
Questa che è una delle maggiori , molti credono un
sollievo, e non mancano di quelli che dicono : Se mi
dannerò non sarò solo . Ah infelici! non sarete soli
è verissimo : laggiù vi troverete idolatri, ebrei, turchi,
eretici, bestemmiatori , disonesti, omicidi, ladri, pecca
tori e peccatrici senza numero ; ma vi so dire che
232

quanto più sarete, altrettanto più tormentoso sarà il


vostro inferno ; perchè tanti dannali insieme, invece
di alleggerirsi , si accresceranno scambievolmente le
pene. Se le accresceranno collo starvi stretti, ammon
ticchiati e oppressi tanti corpi insieme senza poter
mai dare un passo , muovere un piede, alzare una
mano, dar libero un respiro. Se l'accresceranno colle
fiamme, che a guisa di carboni ardenti in fornace
avvampante si comunicheranno tra loro. Se l'accre
sceranno col fetore insoffribile che esaleranno tant
fetidi e puzzolentissimi corpi, un solo de'quali ba
>

sterebbe , come diceva s. Bonaventura, per appestar


tutto il mondo. Se l'accresceranno coi pianti, cogli
urli e colle sırıda orribili , di cui faranno rintronare
quell'orrida prigione. Se l'accresceranno con l'odio
implacabile che si porteranno gli uni e gli altri, per
cui si morderanno come arrabbiati mastini, e si stra .
zieranno scambievolmente le carni : Erit populus quasi
esca ignis : vir fratri suo non parcet.... unusquisque
carnem brachii sui vorabit : Manasses Ephraim , el
Ephraim Manassen (Is. 9).
Che se laggiù si troveranno insieme due complici
di peccato, e chi diè scandalo e chi sarà dannato per
averlo ricevuto , oh Dio ! che tormento reciproco si
formeranno tra loro ! Ah ! padre indegno che scanda
lizzi i tuoi figli, madre sciagurala che chiudi gli oc
chi e tieni mano agli amoreggiamenti delle lue figlie,
giovane dissoluto che hai sedolti quegli innocenti,
donna infame che tieni incatenato a te e al diavolo
quel disgraziato ,> per carilà , convertilevi a Dio , per
non andar voi all'inferno , e pregatelo che non vi
mandi coloro cui date causa di meritarlo, perchè se vi
andale e con voi verranno essi pure, ahl qual inferno
vi formerete l'un l'altro ! Maledetto padre, li dirà quella
figlia, per te mi trovo fra queste fiamme. Crudele
>
233
compagno, amico spietato, barbaro amante, donna ti
ranna, per te sono all'inferno.... Ah traditorel ah per
fido ! ah crudele ,> perché sedurmi ? perchè farmi ve
nire quaggiù ?... e qui urli, qui rabbie, qui stridori
>

di denti, qui morsi di cani, qui sbranamenti scambie


voli di carne : Unusquisque carnem brachii sui vora
bit ; Manasses Ephraim, et Ephraim Manassen .
Ancora di più . La terza specie di creature di cui si
abusa il peccatore sono le insensibili . Queste sono l'oro,
l'argento, la roba, i cibi, i corpi e tutte le altre che
gli servirono di oggello o d'istrumento per consu
mare il peccato. Or Dio che fa ? Crea nell'inferno una
nuova creatura, la quale coll'attività e forza stupenda
di cui la investe punisca l'abuso fallo di tutte le altre.
Già voi capite che vengo a parlare del fuoco del
l'inferno : ma chi può parlarne? Chi può, non dico
esprimere, ma neppure immaginare le sue qualità pro
digiose ? Sentite come ne parla Dio per bocca di Mosė :
Ignis succensus est in furore meo (Deut. 32), e come
più ancora ne dice per quella di Ezechiello : In igne
furoris mei sufflabo in te (Ezech. 21 , 31 ). E ancor di
più per Isaia : Flatus Domini, sicut torrens sulphuris
succendens eam ( Is. 30). È dunque il fuoco dell'in
ferno, fuoco acceso da Dio nell'ira del suo furore, ed
è fuoco in cui con quell'istesso furore che lo creò
vi soffia dentro continuamente, e il suo fiato è similo
a torrente gonfio e impetuoso di solfo ardente che lo
allizza ed accresce . Oh Dio ! che fuoco sarà mai que
sto ? Chi può formarne un'idea ? Se io vi condurrò
alla bocca di una fornace accesa più di quella di B2
bilonia, e vi mostrerò quelle fiamme che in un istante
si divorano le più grosse travi e calcinano i più duri
macigni sarà forse cosi il fuoco dell'inferno ? No, per
chè questo è bensi fuoco creato da Dio , ma da Dio
buono e benefico, e lo ha creato a vantaggio e be
234
nefizio dell'uomo : quello è un prodotto dello stesso
Dio, ma di Dio vindice giustissimo di sue offese , di
Dio che vuol punire con esso in una maniera degna
di sé , l'uomo empio. Se mettete sotto gli occhi le
>

operazioni stupende della chimica , la quale ha sa


puto trovare forza tale da ammollire i velri più so
lidi, e liquefar i più duri metalli, e dirovvi che tale
è il fuoco dell'inferno, avrovvi detto abbastanza ? No ;
perchè egli è benissimo spirito di fuoco , ma fra que
sto e quello non vi è paragone. Lo spirito di fuoco
ritrovato dalla chimica è un'invenzione dell'uomo ,
quel dell'inferno un ritrovato dell'infinita sapienza e
virtù di Dio : quello si forma dal fiato di un uomo
che spinge nel crogiuolo con forza un poco d'aria
ristretta in piccolo tubo, e questo è prodotto dal fialo
onnipotente di Dio che nell'ira del suo furore slancia
un immenso lorrente di zolfo bollente in quell'incen.
dio. E qual paragone fra un agente limitato e me
schino ed un infinito ?
Or non mi maraviglio che un fuoco di questa sorte,
che non ha pari in nalura, che supera ogni intendi
mento, ogni idea , sia fornito di quelle qualità prodi.
giose che manifestano le Scritture, e ne insegnano i
padri; qualità opposte a quelle che vediamo nel no
slro fuoco. Questo , come materiale , non può agire
immediatamente sull'anima, perchè spirituale e in
composta ; quello vi agisce, la brucia e tormenta con
modi maravigliosi , dice s. Agostino, ma pur troppo
veri : Miris, sed veris modis ( De Civ. Dei, lib. 21, c. 10).
Il nostro fuoco arde e risplende, e quanto allerri
sce e spaventa colle voraci sue fiamme, altrettanto
rallegra e piace colla sua luce : tutto al contrario quel
dell'inferno, arde ma senza luce. Ibi erit ardor sine
claritate : così l'angelico dottore. Di fatto Gesù Cristo
chiamò più volte l'inferno luogo di tenebre : Vitlite
235
eum in tenebras exteriores (Matl. 22, 13). Ed aimè
che tenebre orrende saranno quelle ! Figura di esso
furono le tenebre di Egitto, la nona fra le famose
piaghe che afflissero quell'impero in pena della osti
nazione di Faraone in resistere al comando di Dio,
che ne volea trar fuori il suo popolo . Una si nera,
sì densa e spaventosa caligine lo invase e occupò tulto,
fuori delle abitazioni degli Ebrei, che per tre giorni,
quanti appunto durò , niuno potè vedere il parente,
l'amico, il compagno che avesse a fianco. Non vi era
luce alcuna , nè di sole , nè di luna, nè di stelle, nè
di lucerna , nè di fuoco che valesse a rischiarare si.
buja e orrenda notte : appena alcuni foschi lampi di
luce maligna lo allumavano tralto trallo , per lasciar
ved ere ai miseri Egiziani spettri orribili, larve spa.
ventose , serpenti e mostri andar quà e là vagando,
>

e passar ad essi a lato , di aspelto così terribili , di


urli, di muggiti e sibili sì orrendi , che molti ne mo
rivano di spavento. Nè poteano gli infelici įtrovare
scampo nella fuga , perchè erano legali e stretti da
quelle tenebre quasi da ferree calene, impotenti per
ciò a muoversi dal luogo in cui furon côlti. Che se
fu tale la figura che sarà del figurato ? Quali mai sa
ranno le tenebre dell'inferno ? O noite orrendal Notte,
che non tre giorni come quella, ma durerà in eterno !
Sì, miei cari uditori, in eterno, imperocchè quel lene
>

broso voracissimo fuoco non consumerà giammai quelle


vittime dell'ira di Dio che vi stan dentro.
Ed eccovi un'altra qualità opposta alla natura del
nostro fuoco . Questo, appiccato alla materia combu
stibile, l'incenerisce, la strugge e con essa strugge sè
stesso ; quel dell'inferno al contrario la conserva ; onde
servirà, dice Gesù Cristo medesimo, ai dannati come
di sale, mantenendo sempre sani, vegeti e incorrutti
bili i loro corpi: soffriranno un incendio capace a
236

struggerli in un istante , e non si struggeranno in


eterno : Omnis enim igne salietur , et omnis victimu
>

sale salietur (Marc. 9) .


Ma vi è di più . Il fuoco elementare che abbiamo
qui non contiene che una sola pena sua propria e na .
Turale, che è il bruciare : pena grande sì, pena tor
mentosissima, ma unica . Quel dell'inferno però le con
tiene eminentemente in sè tulle. E di fatti riflettono
alcuni sacri interpreti, che Epulone, stando sepolto in
quelle fiamme, esponendo ad Abramo le sue pene per
muoverlo a pielà, onde gli mandasse Lazzaro a refri
gerargli la lingua, con una stilla d'acqua, non disse
Uror in hac flamma, mi brucio in questa fiamma; ma
crucior, sono cruciato ; che è quanto dire, io soffro
>

qui pene tormenti d'ogni sorte. E questa è la dot


Irina di S. Girolamo , il quale altesta , che i dannati
nel solo fuoco sperimentano tutti insieme i supplicj:
In uno igne peccalores omnia supplicia sentiunt in in
ferno. Omnia ( 1. Ep. ad Pammach .); quindi quel fuoco
sarà spada che li trafigge, laccio che gli strozza, ruota
che li spezza , tanaglia che li sbrana : Omnia ; e vi
soffriranno le febbri più ardenti, le coliche più rabbiose,
i dolori più atroci, le contorsioni più crudeli. Omnia ;
ed arrabbieranno di fame e smanieranno per la sete
e con prodigio che solo può fare ee farà l'Onnipotente,
come ce ne assicura il s. Giobbe, ardendo di fuoco in
lirizzeranno insieme di freddo, trovandosi nel tempo
stesso sepolti come in un mare di fuoco ed in un
golfo: Ad nimium calorem transeat ab aquis nivium
(Job. 24) . E chi può dubitare di tutto ciò, mentre
Dio stesso ci fa sapere che farà piovere sopra di essi
tutti i morbi : Pluere faciam super eos ægritudines
( Deul. 32) . Che lacci , fuoco, solfo e tempeste saranno
la loro porzione: Ignis , et sulphur, et spiritus pro
cellarum , pars calicis eorum ( Ps. 10) . Che finalmente
congregherà su di essi tutti i mali e consumerà nel
ferirli tutte le sue saette. Congregabor super eos mala,
et sagittas meus complebo in eis ( Deut. sup.) .
Eppure, uditori, vi è ancora da dire un'altra qua
lità assai più prodigiosa delle anzidette che avrà quel
fuoco, la quale più di ogni altro lo differenzia ed in . ,
nalza al disopra del nostro. Questo , come creatura
>

cieca e insensata, non agisce, nè può agire altrimenti


che in proporzione della sua forza e della resistenza
che trova nella materia combustibile cui viene appic
cato. Quel dell'inferno per l'opposto agisce a modo di
ente intelligente, onde Tertulliano lo chiamò fuoco ra
gionevole : Ignis rationalis ; quindi , come se avesse
9

intendimento e capisse il merito de' dannali, farà a


ciascuno provare un tormento proporzionato al nu
mero, al peso e all'enormità delle sue colpe. Si av .
venterà a quegli occhi , e quanti furono gli sguardi
impudici che diedero , quante le occhiate maligne che
vibrarono, quante le lagrime finte e ingannatrici che
sparsero, altrettante appuntino saranno le scoltalure.
Afferrerà quella lingua, e come se avesse tutle nume
rale le bestemmie che disse, gli spergiuri che proferì,
le imprecazioni che scagliò, gli osceni discorsi e canti
di cui si lordò, le detrazioni e le calunnie con cui la
cerò l'altrui fama, prenderà di tutte rigorosa e in
sieme si stretta e giusta vendelta, che i gradi della
pena corrisponderanno perfettamente a quei della colpa.
Entrerà in quella gola, ed oh come proporzionerà il
suo ardore alle di lei intemperanze, alle ubbriachezze,
ai violati digiuni ! Attaccherà quelle mani, e le incen
dierà a misura de' furti che commisero, delle iniquilà
di cui s'imbrattarono. Investirà lutto il corpo, invaderà
tulle le membra, passerà alle ossa, entrerà nelle mi
dolle, penetrerà nelle viscere, s'internerà nel cuore,
nel fegato, nei polmoni; in somma di tutto il suo corpo,
238
secondo ciò che ne dice Ezechiello, si formerà un cibo :
Ignis erit cibus (Ezech. 21 ) ; ma ciò con tal sapienza,
con giustizia sì retta, che quanti furono i diletti vie.
tati che prese, le pompe vane con cui s'adornò, gli
scandali che in esso diede, i peccati, in una parola,
che fece, tanti, nè più né meno, siano i gradi del suo
tormento : Quantum glorificavit se et in deliciis fuit,
tantum date illi tormentum et luctum (Apoc. 18).
Ah misero dannato ! che farà sepolto, inabissato in
un mare immenso di questo fuoco ? Al disopra, al di
sotto, a manca e a destra , di fuori e di dentro nun
ha che fuoco : se respira , respira fuoco ; se piange,
piange lacrime di fuoco : se mangia o beve , il suo
cibo e la sua bevanda non è che fuoco : il fuoco si è
immedesimato con lui : altro più non ha, altro più non
gli resta, altro non potrà più avere o sperare in eterno
che fuoco. Oh Dio ! e come potrà soffrirlo ? ...
Ma perchè io cerco di lui, per cui non vi ha rime
dio, e non piultosto di me e di voi, miei cari uditori?
Ah ! lasciate che , dopo averla fatta a nie, rifaccia a
voi l'interrogazione del profeta Isaia : Quis poterit
habitare de vobis cum igne devorante ? Quis habitabit
ex vobis cum ardoribus sempiternis (Is. 35) ? Chi di
voi potrà abitare con quel fuoco divoratore ? Chi po
trà soffrire quei sempiterni ardori ? Lo potrai lu, gio
vane dissoluto, che non sai ora negare alla tua carne
peccatrice piacere veruno ? Lo potrai lu, donna vana
e lasciva, cui non è vanità, non moda, non delizia e
-

morbidezza che basti ? E tu, rabbioso, che se non trovi


un cibo preparato e condito a tuo modo, un servizio
non fatto a tempo, se alcuno ti offende, se un ani.
male non ti ubbidisce ,> se un figlio piange, salti sulle
furie, prorompi in bestemmie, in imprecazioni e sper .
giuri , e diventi peggior di una bestia ? Come farai,
infelice, a reggere a quelle fiamme ? E voi, cui ogni
239
poco di bene è peso insopportabile , l'orazione è un
tedio, la messa è troppo lunga, la predica non finisce
mai, i confessori sono troppo rigidi, le penitenze troppo
gravose, i sacramenti troppo difficili, e quindi lasciate
ogni cosa, miseri' come farete all'inferno ? Peccatori,
peccatrici d'ogni sorte che , scherzando,> ridendo e
sollazzandovi nella via larga della perdizione, già siete
vicini a precipitare in quegli ardori, ah ! ditemi , per
pietà, come farete a dimorarvi in eterno?...
Eppure, chi il crederebbe ? non mancano di quelli
sì ciechi e stolti che rispondono, e forse più di uno
di voi l'avrà detto : se andrò all'inferno, pazienza. Pa
zienza ? No , disgraziati che non avrete pazienza. Im
perocchè, siccome col peccato disordinaste voi stessi
soggettando la vostra ragione ai brutali desiderj del
senso, agli appetin guasti e corrotti del vostro cuore,
alle potenze basse e animalesche della vostra anima,
Dio con pena giustissima farà sì che proviate in voi
stessi un etorno disordine, una pugna orribile di de
siderj, di affetti, di smanie che vi conturberà e stra
zierà l'anima in eterno : Dominus in ira sua contur
babit eos ( Ps. 14, 1 ) .
Questo è quel verme fatale di cui parla più volte
Gesù Cristo nel santo Vangelo , e di cui dice : Sarà
sempre vivo il morso crudele a rodere e straziare il
cuor del dannalo giù nell'inferno : Ubi vermis eorum
non moritur. Trovandosi dunque il misero sepolto in
quell'abisso di fuoco , entrerà in sè e suo malgrado
sarà costretto dal suo stesso tormento ad aprire que
gli occhi che in vita lenne sempre chiusi alla luce
della verità ee delle grazie che lo avrebbero fatlo salvo !
Peccator videbit. Ed ahi viste angosciose ! viste for
mentatrici che gli strazieranno l'anima assai più di
tutte le pene che gli tormenteranno il corpo !
Videbit il passato , e si ricorderà della viltà, vanità e
240
corta durata di que' beni meschini, che in vita ante .
pose al suo Dio, per cui ora geme sotto i colpi della
sua tremenda giustizia. Perchè son dannato ? dirà quel
ricco : per la superbia e il fasto con cui grandeggiai
nel mondo, per le prepotenze che usai ai miei simili,
per i poveri Lazzari che lasciava perir di fame, men.
tre io profondevo. tante somme in conviti, in giuochi,
in lussi, in vanilà e peccati . Me infelice ! il mondo è
passato, la gloria è sparita, tutto è finito, ed io intanto
qui fra i tormenti l ... Ed io perchè vi sono ? dirà quel
l'avaro : per aver voluto ingrandir la mia casa, lasciar
ricchi i miei figli, accumular tesori , accrescer fondi,
dilatar possessioni : per questo usai tante frodi, estorsi
lante usure, feci tanti viaggi, vegliai tante notli, durai
Tante fatiche, affrontai tanti pericoli. Ah pazzo me che
con molto di meno mi sarei potulo salvare ! Che mi
giovano ora le mie ricchezze ? Sono in mano di eredi
che se ne danno bel tempo : essi godono ed io peno :
essi satolli ed io arrabbio di sele e muojo di fame ; essi
in conversazioui , in allegrie e tripudj, ed io qui il
ludibrio de' diavoli , in mezzo ai tormenti ... Ed io, dirà
quel sensuale, perchè slo in questo inferno ? Per po
chi piaceri che passaron in un momento , per quella
femmina maledetta che era un sacco di putredine, per
aver accarezzalo per quattro giorni questo mio corpo
in cui or soffro tanti tormenti , Ahl per cose sì vili,
per piaceri si brevi , per beni così meschini, tanti
martiri!
Che viste afflittive, che pensieri crucciosi saranno
mai questi, uditori ! Argomentiamolo dall'angustia che
provò Gionala figliuol di Saulle, quando s'intese con
dannare a morte per aver gustato un poco di miele,
quanto può starne sulla punta di una bacchetla, con
cui l'avea tollo da un favo. Il povero giovine era in
consolabile, e non trovava modo di darsi pace ; non
241
tanto perchè doveva morire, ma morire per così poco.
Come ? dicea pieno di accoramento ed angustia, ho da
essere ucciso per un poco di miele? Per un boccone
preso , perchè stanco e lasso mi sentiva languire, il
cui gusto passò in un momento, ho da perder la vita
nel fior degli anni, e dopo aver riportata un'insigne
vittoria ? Gustans gustavi... paullulum mellis et ecce
morior ... (1. Reg. 41 ) ? Che se il morire per una cosa
cosi da poco angustia tanto, ancorchè trattisi di morte
temporale, di morte che si fa in pochi istanti, di morte
che Gionata, come innocente, potea prendere per ter
mine dei mali di questa vita e passaggio ai beni sommi
dell'altra : di morte altronde inevitabile , perchè poi
un giorno avrebbe dovuto necessariamente morire ,
che sarà , miei cari, del peccator nell'inferno , al ve
dersi dannato ad una morte che non avrà mai fine ?
Morte accompagnata da pene e tormenti della stessa
morte peggiori , morte che gli toglie affalto ogni spe
ranza di godere un dì qualche bene , morte in fine
cercala da sè ad occhi aperti e voluta per cosa da
nulla, quali erano i piaceri e i beni transitorj e me.
schini di questo misero mondo ?
Ma ciò che l'angustierà ancor più , sarà il vedere
con quanta facilità avrebbe potuto evitare cotesta
morte . Videbit. Vedrà i mezzi abbondantissimi di cui
Dio l'avea provveduto, col buon uso de' quali avrebbe
potuto facilmente operare la sua salute ; grazie, sa
cramenti parola di Dio , libri divoti ed altri , e ricor
>

dandosi di averne abusato, me infelice ! dirà inconso


labile, che con sì poco poleva scansar questo inferno !
Oh avessi seguite quelle inspirazioni , colle quali la
grazia tante volte picchiò al mio cuore e mi chiamò
a penitenzal Ah perchè tralasciai l'orazione e mi al
lontanai da' sacramenti ! Perchè non diedi ascolto a
quel zelante confessore che mi ammonil Mi sentii
BIAMONTI, T. I, 16
242
pure le cento volte minacciare questo stesso inferno
che soffro ! Perchè non mi approfittai di quella mis,
sione , di quegli esercizj che Dio mi fece sentire in
quell'anno ? Tanti miei compagni, conoscenti ed altri,
perchè ne approfittarono, sono in paradiso ed io al
l'inferno... Oh ricordanze amarissime ! oh viste tor
mentatrici che saran queste !
Ma lo saranno ancor di più quelle che gli offre il
presente. Videbit. E che vede mai di peggio ? Vede
i suoi peccati , nè li vede più con quell'occhio con cui
miravali in vita , cioè come passatempi, galanterie,
>

cose da nulla ; ma li vede nel suo vero aspetto , or


ridi, turpi, abbominevoli ; ne penetra la somma ma
lizia , il peso orrendo e il numero sterminato , e co
noscendo che questi sono la vera causa di sua dan .
nazione, concepirà contro di essi un odio implacabile,
ve avrà un pentimento amarissimo. Maledetti peccati,
griderà forsennato , maledetto il dì e l'ora in cui vi
commisi, maledetto il mondo che mi sedusse, male
detti i compagni che mi insegnarono la malizia, ma
ledetto corpo per cui peccai; ma , conoscendo nel
tempo stesso che lal pentimento non gli giova, per
chè spremuto dall'orror della pena e non della colpa,
alla quale sente luttavia attaccata la sua volontà, non
polendo più volere ed amare che il male, proverà in
sè stesso una contraddizione, una pugna impercetti
bile di desiderj ed affetti; amerà e insieme odierà il
peccato , e si arrabbierà nel tempo stesso contro il
peccato che ama e contro il pentimento che a suo di
spetto ne prova : Peccator videbit et irascetur.
Che più ! A metter colmo alle sue disperazioni ed
angustie verrà il pensiero tremendo dell'intermina
bile eternilà. Videbit. Vedrà che per lui non vi è
più rimedio, che è finita per sempre, che passeranno
gli anni , i secoli e milioni di secoli, e le sue pene
> >
243
saranno sempre da capo. Dunque , dirà l'infelice, di
qui non s'esce più ? Quest'orrenda notte non avrà
mai giorno ? Non mai si estinguerà questo fuoco ?
Sempre dovrò star fra i tormenti, sempre qui coi
>

diavoli , qui sempre in eterno ? Ahi vislal ahi pen


>

siero più d'ogni altro crudele che lo farà dare in furori,


rabbie e disperazioni le più smaniose e feroci! Pec
cator videbit et irascetur, dentibus suis fremet et ta
bescet. A guisa di ferito mastino, che freme coi denti,
si bagna di velenosa bava le labbra, morde arrabbiato
il feritore e la pietra che lo ferì, fremerà , striderà
coi denti, si morderà le mani, si graffierà colle ugne
il pello e le guance , e proromperà in bestemmie;
maledetto, dirà, il giorno in cui nacqui, maledetto il
padre e la madre che mi generarono, maledetlo chi
non mi strozzò nelle fascie ! maledetto Di.... Ferinati...
scellerato ! Guardati dal mellere la bocca in cielo :
non maledire Dio ; lascia stare Gesù , rispella Maria. Ah !
che anche contro di questi scaglierà le sue orrende
maledizioni, e bramerà di potere mandar a fuoco lutto
il paradiso colle sue fiamme. Ma il desiderio de' pec
catori perirà : Desiderium peccatorum peribit.
In mezzo a tanti e sì diabolici furori un solo pen
siero potrebbe placarlo e sarebbe questo : un giorno
Dio si muoverà a pietà di me ; mi userà misericordia,
cancellerà i miei peccati, rientrerò in sua grazia. Buon
per lui se con sicurezza potesse concepire sì bella
speranza ! Il suo inferno non sarebbe più inferno ;
ma non potrà : imperocchè , siccome in vita si disor
dinò col fuggire da Dio , voltandogli empiamente le
>

spalle ; Verterunt ad me tergum et non faciem (Je


rem. 2), Dio con pena giustissima lo abbandona e lo
priva della sua faccia in eterno : Abscondit fuciem
suam ab eis, sicut nequiter egerunt (Mich. 3) .
Eccomi al terzo punto della meditazione, ma posso
244
dire di essere al principio delle pene dell'inferno ;
perchè quanto ne ho dello finora è un nulla rispelto
a questa. Eppure di questa che è la massima , poco
ne possiamo capire. Avvolti nel velo tenebroso di que
sli sensi, non possiamo formare una chiara idea del
sommo bene che è Dio, e per conseguenza del sommo
male che è l'esserne privo. Questa idea però l'avrà
il dannato : conoscerà allora come sgombro da' piaceri
de' sensi >, e dagli inganni e allettamenti di questo
mondo , che Dio è veramente un bene infinilo , che
>

per questo bene era stato creato, e non pei beni vani
e transitorj di questa misera terra ; che il possedi
menlo di quello e non di questi lo avrebbe reso eter
namente felice e contento ; ora, al vedersene privo,
e privo senza speranza di poterlo mai più acquistare,
perchè l'ha perduto per sempre, chi può immaginare
la grandezza della pena che soffrirà ? S. Bernardo ar
riva a dire che tal pena sarà grande quanto è grande
lo stesso Dio : e siccome Dio è una grandezza infi
nita, infinita perciò sarà questa pena : Hæc enim tanta
poena, quantus ille ( 1, 2, q . 87 >, art. 4). Il che ha in
segnato di poi l'angelico dottore con queste parole :
Pæna damni est infinita , est enim omissio infiniti,
scilicet Dei.
Pigliamo noi un barlume di essa, dal fatto di Assa.
lonna registrato nel libro secondo dei Re. Questo
giovane principe molto favorito e amato da Davide
suo padre, se n'era fuggito dalla corle del regno, per
l'orribile fratricidio commesso contro Ammone che
fece barbaramente trucidare in mezzo a un convito ,
celebrato da lui in apparenza di amica e fraterna
concordia , ma in realtà coll'animo traditore e per
verso di prendere una già da lungo tempo meditata
vendelta. Dopo un si enorme delitto Davide si sdegno
altamente contro Assalonne ; nė certamente lo avrebbe
245
lasciato impunilo se non si fosse salvato a tempo colla
fuga. Passati alcuni anni di contumacia , s'interpose
Gioabbo in favor di Assalonne, e per mezzo della sag
gia Tecuite placò Davide, il quale gli disse : Va pure
e riconduci Assalonge ; se ne vada però in sua casa ,
e guardisi bene dal metter piede nella reggia e com
parirmi dinanzi : Revertatur in domum suam et fa
ciem meam non videat (2. Reg. 14). Parve questa ad
Assalonne una pena assai leggiera e dicea fra sè : Se
non vedrò mio padre poco m'imporla; purchè finisca
l'esilio e ritorni nella capitale del regno e in seno della
mia famiglia son contento . Ma che! Passa un anno,
ne passan due, e il dover sempre guardar da lontano
il palazzo reale ove era nato, non poter mai vedere
la faccia di suo padre, gli diventa una pena così in
soffribile che, fallosi venire innanzi Gioabbo, Amico,
gli disse, non ne posso più : vedere che da mio padre
vanno continuamente i cittadini, i forestieri, i poveri ed
ogni sorte di gente ; ed io,suo figlio, suo sangue, esserne
escluso, è un tormento che mi passa l'anima, nè posso
più sopportarlo : va dunque da mio padre, e digli che
se si ricorda ancora del mio delitto mi faccia pure
giustiziare , che sarà per me minor castigo la morlo
>

che il non poter vedere la sua faccia : Obsecro ergo,


ut videam faciem patris mei : quod si memor est ini
quitatis mece , interficiat me.
Ahl cristiani, se un figlio che pure era di un cuore
>

fiero e crudele, come lo dimostrò colla morle dala a


suo fratello e collo stesso attentato di parricidio, non
potea stare senza vedere la faccia di suo padre, fino
à chiedere d'essere giustiziato in pubblico per man
del carnefice anzichè non vederla, che sarà del dan .
nato che non potrà mai più vedere la infinilamente
bella faccia di Dio , di Dio suo padre , di Dio suo
crealore, suo unico, sommo ed infinito bene, il quale,
246
sebbene non l'ami , non potrà pero cancellare da se
l'idea della sua infinila bontà , nè non sentire l'esi
genza che ne ha , e ne estinguere la forte naturale
inclinazione che a lui lo porta ? Qual tormento ine
splicabile il dover dire: Non vedrò mai più Dio. Mai
più ! Ho perduto un bene infinito, e l'ho perdulo per
semprel Ah Dio crudele ! mi par di sentirlo escla
mare pieno di angoscia e di rabhia , giacché non vo
lete più che io vi veda e vi ami, nè io posso o vo
glio amarvi , perchè non mi uccidete ? Perchè non mi
fate tornare all'antico mio nulla ? Ah ! che io non posso
vivere una vila cosi tormentosa ! Morte, ove sei ? Vieni
tu a finirmi: ma tu non mi ascolti ? Ascoltami tu, o
fuoco, abbi pietà di me ; dammi la morte : Sta super
me et interfice me. Quindi si slancia là dove vede più
ardenti le fiamme per trovarvi la morte, ma la morte
fugge: Mors fugiet ab eis (Apoc. 9 , 6). Uccidetemi
voi almeno , spietati demonj! che barbaro piacere è
?

il vostro lasciarmi cosi penare privo e nemico di Dio ?


Ma nemmeno fra essi trova e può trovare una mano
pietosa che lo finisca , lo pasceranno di morte , ma
non potrà mai morire : Mors depascet eos (Ps . 48, 15).
Ma giacchè non può morire, potesse almeno trovar
qualche altro compenso all' infinita sua, perdita ! E
qual compenso può darsi alla perdita di un bene som
mo, di un bene unico , di un bene che contiene in
sè tutti i beni ? E vi può esser compenso per chi sta
in mezzo ai più atroci tormenti e lormenti eterni ?
Ma almeno potesse perder di Dio la memoria e non
pensarvi più ! Ma non può , perchè e dentro e fuori
da ogni parte, ad ogni istante si sente rammentare e
rinfacciare il suo Dio : Ubi est Deus tuus ? ( Ps. 41 , 4 )
Dove è il tuo Dio? Col linguagglo orribile de' loro
stridori, gli dicon le vampe che gli si avventano ;
guardalo , è qui tra noi ; egli , egli è quello che ci
?
247
ravviva, ci attizza e in te ci spinge. Ubi est Deus tuus ?
gli ripetono con ischerno i demonj: stolto , ingrato !
>

ti aveva redento, era morlo per te, e tu l'hai abban


donalo per servir noi suoi nemici ? Soffri dunque que
sti tormenti che ben ti stanno. Ubi est Deus tuus ?
dirà il gentile, il turco, l' ebreo al cristiano : ah ! di
sgraziato te ! lo conoscevi , eri nella vera religione,
avevi tanti mezzi per salvarli e sei venuto qui con
noi all'inferno ? Ubi est Deus tuus? grideranno i ca
ratteri de' sacramenti che invano cercherà di strap
parsi dall'auima, e grideranno con fieri ed eterni
morsi di sua réa coscienza : ahl tu l'hai perduto e
perduto per sempre , e per cose da nulla ! Ubi, ubi
est Deus tuus ?
Ma giacchè la perdita è fatta , potesse almen non
curarla e dire fra sè : Se ho perduto Dio non importa,
non mi curo di lui, non ne ho bisogno : ah che non
puòl e quand'anche il dica sente nel fondo del cuore
una voce che gli ripele : Non è vero ; di Dio hai una .
somma necessilà : con lui saresti stato elernamente
beato ; ora che l'hai perduto sarai misero in eterno.
Fosse almen questa perdita totale , cosicchè Dio si
fosse affalto spogliato di lui , ed egli niente avesse
più che fare con esso ! Ma no , chè si vede sempre
sotto i colpi dell' onnipotente sua destra : vede che
se è abbandonalo dalla sua misericordia , non lo è
dalla sua giustizia ; conosce che in lui ha bensì per
duto un amorosissimo padre , un fedelissimo amico,
un Dio infinitamente benefico , ma vi ha incontrato
invece un giudice severo, un nemico implacabile, un
Dio sdegnato, e ch'esso che lo tiene strelto fra quelle
calene di fuoco, esso ha chiuso per sempre quell'or
renda prigione, e lo ha abbandonato ai tormenti.
Ma almeno, giacche la sua giustizia esige cosi, ve.
desse che lo compatisse l... Ma no, vede anzi il con .
248
' trario. Vede che Dio è sempre lietissimo e beatissimo
in sè medesimo ; che delle sue pene, anzichè provar
compassione o tristezza, gode e fa festa, come quelle
in cui trionfa la sua infinita giustizia : Quin et ego
plaudam manu ad manum , et implebo indignationem
meam ( Ezech . 21 ) .
Si vedesse almeno compatilo dai santi che regnano
in cielo con lui .... Ah ! che anzi li vede pieni di al
legrezza, di gioja , sente che cantano inni di gloria
al Signore per aver vendicato il suo onore vilipeso
da lui , lavandosi , come si esprime il santo profeta
David , le mani nel di lui sangue , cioè esaltando la
>

sua somma giustizia in punirlo. Lætabitur justus cum


viderit vindictam , manus suas lavabit in sanguine
peccatoris ( Ps. 57 ).
Non v'è dunque per lui compenso ? Non vi è con
forlo , non speranza alcuna ? E qual compenso alla
perdita di un bene infinito ? Qual conforto a chi sta
sepolto in un mare di fuoco e fra i più atroci tor
menti ? Quale speranza se la perdita di Dio è irreme.
diabile, il fuoco inestinguibile, i tormenti eterni ? ...
Intelligite hæc, qui obliviscimini Deum (Ps. 49, 22) .
O voi che vivete dimentichi di Dio, giovani dissoluti,
donne vane e lascive : uomini di pratica, usuraj, be
stemmiatori , ladri , vendicativi , peccatori di qualun
que sorte, avete capito queste cose ? Le credete ? Guai,
guai a coloro , dirò con s. Gregorio Emisseno , che
vogliono andarle prima a provare che crederle ! Væ ,
væ , quibus hæc prius experienda sunt, quam credenda
(Hom. 2 ) ! Ma se le credete, che ve ne pare, che ne dite ?
Torna a conto , è buon negozio andare all'inferno per
pochi piaceri che passano in un soffio, per poca roba
che morte rapirà presto e per qualsivoglia altro bene di
questo misero mondo ? Domandiamolo a chi vi si trova.
Caino, dove sei ? all'inferno. Quanto tempo è che vi
249
stai ? Sono ormai sei mil’anni . Perchè vi sei ? Per l'in .
vidia ch'ebbi di mio fratello, la quale passata in odio
mi portò ad ucciderlo. Quanto vi starai ? In elerno.
Ebbene sei contento ? Ab ! errai , errai ; Erravi. Erode,
tu stai all'inferno ? Quanti anni sono che abbruci fra
quelle fiamme ? Ah sono ormai due mil'anni. Chi ti
ha condotto quaggiù ? L'amor di una donna, Dimmi,
infelice , sei contento dei piaceri goduti ? Ah ! male
detti piaceril... Erravi, erravi. E tu, Giuda, che stai
nel fondo dell'inferno per i trenta denari con cui
vendesti il tuo divin Maestro 7, parla , fu questo un
buon negozio, ne sei contento ? Ah memoria crudele !
Maledelti denari ... Erravi, erravi. Chiamiamo ancora
una donna, la quale interrogata dal beato Francesco
de Girolami ( 1), stando nell'inferno , parlò di fallo.
Questa era una pubblica scandalosa peccatrice nella
città di Napoli : morì nel fior degli anni, e stando an
cora insepolto il suo cadavere quel sanlo missionario,
inspirato da Dio, alla presenza di molto popolo : Ca.
terina, le disse, dove sei ? E quella con voce tremenda
intesa da tutti , rispose : All'inferno. Di, su dunque,
ripigliò , sei contenta ora delle tue vanità , dei tuoi
amori , de’ tuoi infami guadagni ? Ahl errai , errai :
7

Erravi. Cosi dicono costoro, e così dicono e diranno


in eterno tulli gli altri che con essi si trovano, o an
dranno all'inferno. Non possiamo dubitare che tali
siano le loro voci, perchè ci vengono manifestate dallo
Spirito Santo nel libro della Sapienza : Ergo erravi
mus.... Talia dixerunt in inferno hi, qui peccaverunt
(Sap. 5) .
Ah ! peccatori miei cari, sarete si stolti, anzi con
tro di voi si crudeli, per andar laggiù a dire questo
(1 ) Questo fatto è stalo appurato dalla santa Congrega
zione de' Riti nella beatificazione di esso.
250
amarissimo , inutile e sempiterno erravi, mentre ora
il potete dire con molta consolazione e sommo vostro
vantaggio , convertendovi a Dio e facendo penitenza
delle vostre colpe ? Ah ! che chi non si converle alla
ineditazione dell'inferno, convien dire che abbia per
duto la ragione o la fede ! E come è possibile aver
senno e creder l'inferno e vivere in peccato, dormir
nel peccato e stare allegrainente in seno al peccato ?
Eppure questo paradosso, che pare impossibile, suc
cede continuamente. Quanti sentono parlar dell' in
ferno, come se fosse una bella favola, un delirio della
fantasia riscaldata di gente malinconica ; ovvero, se non
son tanto empj da negarlo, lo guardano come cosa
lontanissima, ma per tutt'altri fuorchè per loro ? In
tanto, come dicea il sanlo Giobbe : Tenent tympanum
et cytharam, gaudent ad sonitum organi ; ducunt in
bonis dies suos , et in puncto ad inferna descendunt
(Iob. 21 ) . Cantano , suonano , danzano , si danno bel
>

tempo , e tutto un punto scendono all'inferno.


Ed ecco la ragione per cui secondo la viva espres
sione del profeta Isaia, quest'orrendo mostro dell’in .
ferno ha dilatato l'anima, ha spalancata senza termine
alcuno la bocca , e s'ingoja la massima parte degli
uomini : Propterea dilatavit infernus animam suam et
aperuit os suum absque ullo termino (Is . 5) . Pur troppo,
miei cari , se è vero quel che dicono i padri , se il
>

Vangelo non falla, come fallare non può , essendo pa


rola di Dio , che è verità per essenza , dicendo che
pochi sono gli eletti , e che larga e spaziosa è la via
che conduce alla perdizione, e molli e molti son quelli
che entrano per essa, pur Troppo la maggior parle
degli uomini, e fors' anche de' cristiani, va all'inferno.
Ma se è cosi , di noi che sarà ? Ah io temo che fra
tanla udienza che mi ascolia molti vi andranno . Ma
chi saranno quest' infelici ? Lo dice s. Bernardo con
251

una similitudine quanto comune, verä altrettanlo . Os


servate, dice il santo Dottore, un albero il quale venga
reciso dalla falce del contadino, da qual parte cade ?
Da quella certamente verso cui pende : è impossibile,
secondo le leggi del moto, possa cadere all'opposto :
e se, a cagion d'esempio, piegava a sinistra, vada a
cadere alla destra. Noi, cari fedeli, siamo in questo
mondo quasi altrettante piante per altro elette e favo .
rite , perchè da terra arida e incolta del secolo , per
>

grazia speciale di Dio siamo stati trapiantati nel giar


dino di santa Chiesa. Verrà un dì , verrà infallibil
mente, e forse presto, la morte a darci il taglio col
l'inesorabil sua falce. Da qual parte cadremo ? Da
quella parte verso cui pendiamo. Intendete ? Cadremo
da quella parte verso cui pendiamo.
Da qual parte pendi tu , o giovane ? Sei tu un di .
sonesto , un indomito ,7 un mondano che altro non
pensi e fai che sfogare la tua gioventù in giuochi , in
bagordi e stravizj? Cosi tu pendi verso l'inferno. Ah !
che se viene la morte, laggiù tu vai a cadere. E lu ,
uomo, qual direzione hai preso ? Sei tu uomo di pra .
tiche, sei dato alle ubbriachezze, ai furti , alle usure ?
Lontano dalle chiese , da' sacramenti , dall'orazione,
vivi senza pietà e senza limor di Dio ? Questo è un
pender molto e quasi toccare l'inferno. Misero ! se
la morte ti taglia, in un istante vi piombi. E tu , donna,
che vivi immersa negli amori, che fomenti quelle in
degne corrispondenze, che hai la testa ed il cuore pieni
di vanità e di superbia, che covi in seno ire, rancori
ed odj ? E non ti avvedi che così hai tutta la piega
verso l'inferno, e che al taglio della morte laggiù
ten vai ?
Ah ! care anime , per pietà , mutate direzione. Al
>

cielo , al cielo , e non all'inferno, che non fu questo


>

propriamente creato da Dio per voi , ma per il dia


252
volo ed i suoi angeli; nè la sua giustizia vi condan
nerà a quelle pene, se non l'obbligate con farvi imi
tatori e complici delle loro colpe. Voi siete falli per
il cielo ; guardate quanto ha fallo Gesù Cristo per
meritarvelo e liberarvi da quelle pene ! Per ciò spa
simò per tre ore su questa croce , vi versò tutto il
suo sangue, vi soffri dolori chiamati da lui, per bocca
del suo profeta , d'inferno : Dolores inferni circumde
derunt me. ( Ps. 17 , 5 ) . E dopo che questo caro e
amabilissimo Redentore ha fatto e palito tanto per
aprirci le porte del cielo e liberarci dall' inferno, sa
remo noi sì ciechi e stolti da rinunziare a quello per
andare in questo ? Preferiremo la morte alla vita ?
Renderemo inutile una redenzione si copiosa ? Sarà
sparso, invano per noi questo sangue ? Ah ! nol caro
Gesù.
MEDITAZIONE X.

Sopra l'eternità delle pene dell'inferno.

Io sono >, dice il re Davide in uno de' suoi salmi,


angustiato ed afflitto ; mi sento venir meno lo spirito,
il sonno è fuggito dagli occhi miei , e passo in lunghe
vigilie la volte : il mio cuore è conturbato a segno
che non ho voglia di parlar con alcuno , altro con
forto non trovo che starmene solo riconcentrato in
un mesto e profondo silenzio : Exercitatus sum , et
defecit spiritus meus. Anticipaverunt vigilias oculi
mei ; turbatus sum et non sum locutus (Ps. 36). Ma
santo re, che avete ? Qual cosa vi è successo di nuovo ?
Avele forse scoperto qualche tradimento ordito con
tro di voi da alcuno de' vostri cortigiani o ministri ?
Vi si è ribellata qualche provincia? I vostri stali sono
forse improvvisamente invasi da qualche armata ne
mica ? Niente di tutto questo, risponde Davide, nè io
mi lurberei tanto per queste cose di questo mondo,
per le quali ho già detto che invano si conturbano
gli uomini : Veruntamen vane conturbatur omnis ho
mo ( Ps. 30) . Ciò che mi tiene in timori ed angustie
è il gran pensiero dell' eternità ; io penso agli anni
antichi che passarono come un soffio, e la loro corta
durata mi fa sovvenire degli anni eterni che mi re
stano, i quali non finiranno mai : Cogitavi dies anti
quos et annos æternos in mente habui. Ah ! vado meco
stesso meditando nel profondo silenzio della notte, il
mio Dio mi caccierà forse lungi da sè in eterno ? Non
254
si placherà più e sarà finita la sua misericordia ? Si
dimenticherà di esser pieloso, e le sue sì grandi mi
sericordie saranno superale e contenule quasi in ca
tene dall'ira sua? Numquid in æternum projiciet Deus,
aut non apponet ut complacitior sit adhuc ? Aut in
finem misericordiam suam abscindet ? Aut continebit
in ira sua misericordias suas ? Buon però per Da
vide, che ajutato dalla destra dell'Eccelso, in vece di
avvilirsi ed abbattersi, usci da questa si trista medi
lazione pieno di gran coraggio e colla forte risolu
zione di cominciare allora a servire Iddio , come se
per lo innanzi nulla avesse fatto per lui : Ego dixi
nunc coepi: hoc mutatio dexteræ Excelsi.
Cristiani amatissimi, un re santo, un re profeta, un
re fatto secondo il cuor di Dio , e che aveva tante
riprove da lui di essere in sua grazia , e a cui egli
tante ne aveva ridate di fedeltà ed amicizia , teme
>

tanto al pensiero dell'eternità ; che non dobbiamo


dunque far noi poveri peccatori? Se tremano colonne
di santilà sì robuste, noi canne fragili non tremere
mo ? Ma forsechè, per non ispaventarci , ci appiglie
remo al partito di tener da noi lontano un pensiero
per altro sì salutare ? Ma con ciò, tralascierà forse di
venire per noi l'eternità, ovvero la sortiremo più fa
>

cilmente felice e beata ? No , certo . Non ci rincresca


dunque, miei cari, di entrare in questa gran medila
zione. È vero che abbiamo jeri meditato l'inferno,
ma dell'elernità delle sue pene abbiamo parlato poco,
e solo per incidenza ; e questo è argomento della
massima importanza , e merita per sè solo un'intera
meditazione. E chi sa che questa non oltenga da noi
ciò che forse non ha conseguito quella ! La mano di
Dio non è abbreviata : io spero che, mossi anche noi,
come Davide, dalla benefica ausiliatrice destra dell'Ec
celso, e santamente atterriti da una massima cosi
255

spaventosa , faremo la stessa generosa risoluzione di


cominciare a servire da vero e col massimo impegno
e fervore Iddio, e diremo anche noi : Nunc coepi ; hæc
mutatio dexterce Excelsi. Mediteremo adunque come
l'eternità aggravi al sommo e dia un peso orrendo
e impercettibile alle pene dell'inferno ; e questo per
tre ragioni , che ci somministreranno i tre punti della
ineditazione.... Primo perchè non ne ammelte alcun
fine. Secondo , perchè le unisce tulle in un punto.
Terzo perchè ne esclude qualunque sollievo e con
forto .

Primo punto.

Io parlo ad un'udienza per grazia del Signore cri


stiana e cattolica : sono persuasissimo che ognun di
voi crede questo articolo fondamentale della nostra
santa fede che le pene dell'inferno sono eterne. Dio
lo ha rivelato in cento luoghi delle sacre Scritture :
in esse continuamente si legge che il suo fuoco è
inestinguibile , eterno : che il fumo del suo incendio
salirà in alto per secoli de' secoli , che la morte non
ha più luogo quaggiù , e altre consimili espressioni.
E la Chiesa , fondamento stabile di verità , interprete
fedelissima degli oracoli di Dio , e maestra infallibile
di tutti i fedeli, l'ha definito in più concilj , ed ha
condannato gli eretici detti Origenisti, i quali, sedotti
da una falsa compassione verso i dannati, e pensando
di Dio a modo loro, opinarono che, dopo svolgere di
moltissimi secoli immaginarj,> Dio avrebbe ad essi
perdonato e cessate sarebbero le loro pene.
Ciò non ostante , benchè siamo ben fondati nella
fede di questa verità , siccome il demonio non cessa
mai di tentarci, e non mancano talora degli increduli
a spargervi sopra dubbj, acciocchè stiale sempre in
.
256
essa saldi e costanti, e possiate anche all'opportunità
chiuder la bocca a costoro, voglio brevemente addurvi
le ragioni di cui si servono i padri e dottori per con
fermarla. Sant'Agostino insegna esser cosa giustissima
che la pena de’dannati sia eterna, per la ragione che
offesero e disprezzaron in vita un Dio eterno : Factus
est malo dignus æterno qui se peremit et contempsit
bonum æternum (De civ. Dei, lib. 21). L'angelico dot
tor s. Tomaso spiega più chiaramente le dottrine di
sant'Agostino , e ne dà la ragione. Dio , dice egli è
una maestà , una grandezza infinita; il peccator quando
pecca offende questa infinita maestà, e siccome la gra
vezza dell'offesa si desume principalmente dalla su
blimità della persona offesa , perciò il suo peccato è
in questo senso infinito, dunque è degno di una pena
infinita; ma poichè non è capace, come creatura de
bole ee limitata di una pena infinita nell'intensità, os.
sia nella forza, la sua pena deve essere infinita nel
l'estensione, ossia nella durata : dunque è giusto, cosi
conchiude quasi colle stesse parole di s. Agostino, che
sia punito da Dio in eterno : Justum est, quod qui in
suo æterno Deo peccavit , in æternum a Deo punia
>

tur (1, 2, 9, 87, art. 3).


>

L'antichissimo padre Tertulliano ricava la ragione


per cui eterne devono essere le pene dell'inferno
dalla stessa eternità che ha in sé il dannato , e tro
vasi in tutte le cose che ha fuori di sè nell'inferno.
Qual maraviglia, dice egli, se arderà in eterno ? Eter
no è il fuoco, eterni sono i demonj, eterna l'anima,
eterno il peccato ; tutto in lui è eterno, dunque eterna
deve esserne la pena : Quid mirum si in æternum
ardebit ? æterna erit materia, æternum pabulum, ani.
ma et peccatum æternum (Tert. in Apolog .), che, se
condo me, è la ragione potentissima per cui Dio con
somma giustizia punisce il dannato in eterno. E co
257
me gli ha da usar misericordia e far cessare il ca
stigo , s'egli è sempre fisso ed ostinato nel suo pec
cato ? Se sempre coverà nel suo cuore in odio im
placabile contro di lui ? Se non vorrà mai e nemmeno
potrà convertirsi , perchè, per sua colpa, si è messo
fuori dell'ordine della redenzione, nè per lui vi son
più meriti di Gesù Cristo , grazie , sacramenti , coi
>

quali si potrebbe convertire ?


Ma cessiamo dall'andar più innanzi a cercare ra
gioni di quello che fa Iddio ; umiliamo invece il no
stro meschino intelletto in ossequio della fede, la
quale ci fa sapere che Dio è giusto e santo in tutte
le sue opere, nè può volere e fare che cose giuste e
sante ; che perciò se condanna a pene elerne i mal
vagi, ciò è conveniente, giusto e santo ; o veniamo a
ponderare il punto proposto , cioè che l'eternità ac
cresce un peso drrrendo alle pene infernali per la
prima ragione che non avranno mai fine. Intendiamo
noi bene questa gran proposizione : pene che non
avranno mai fine ? A dirla si fa presto, ma a pene
trarne il fondo , a capirla in lutta la sua estensione
non è si facile , anzi è a noi impossibile ; ciò non
ostante per formarne una qualche idea , serviamoci
della regola che insegna il suddetto angelico dottore.
Chi vuol venire , dic' egli , in cognizione delle cose
semplici, è necessario che le metta in confronto delle
sue composte ; p. e. , voglio formarmi un'idea dello
spirito ? Che faccio ? Mi figuro nella mente un corpo ;
quindi io vado a poco a poco spogliandolo col mio
pensiero delle sue parti, lo divido e lo suddivido fin
che mi resta un'idea di cosa sottilissima, e a questo
raffiguro lo spirito. Così , volendo formare una idea
dell'eternità , conviene porla in paragone del tempo, e
accumulare tempi sopra tempi, immaginandosene tanti
quantiBIAMONTI.
può reggerne e figurarne la mente ; con47 que
T. I.
258
sta regola, dice l’Angelico, si acquista qualche cogni
zione dell'eternità , benchè assai debole , mentre ella
assorbisce tutti i tempi possibili e immaginari : Sicut
in cognitione simplicium oportet nos venire per com
posita, ita in cognitionem æternitatis oportet nos ve
nire per tempus (1. P. q. 10, art. 1).
Or su dunque imaginiamo tempi. Io prendo un
foglio di carta reale : vi segno al principio un'unità ;
tiro poi una linea di zeri, e di zeri la riempio da ci
ma a fondo. Venga il più bravo computista del mondo;
e mi sappia dire quanti milioni conterrà questo fo
glio. E se questo foglio fosse largo e lungo quanto
è tutto il cielo , qual mente umana potrebbe capire
la somma immensa che formerebbe ? Or figuratevi
che lutti questi numeri siano anni , anzi secoli , un
milione di secoli : quando tutti questi milioni imper
cettibili di secoli saranno passati, dell'eternilà quanto
sarà passato ? Niente.... Dirò ancor di più. Fingete
che questa terra che abitiamo , valli , monti , piani,
mare , in somma tutto questo gran globo fosse di
bronzo, e ogni milione di secoli venisse un uccello a
dargli col rostro un solo morso, finchè consumato
lo avesse, passati questi anni innumerabili , e direi
quasi infiniti, l'eternità a che segno starà ? Da capo.
O via dunque, fingiamo anche questo, che venga un
angelo ogni cento milioni di secoli , e metta a parle
>

una di quelle lagrime che sparge il misero dannato ;


quando queste lagrime saranno tante che eguaglie
ranno tutte le acque de’fiumi, dei laghi e dei mari,
dell'eternità quanto sarà trascorso ? Nulla. E se Dio
spedisse all'inferno un angelo colla nuova che pas
sali gli anni da noi finora immaginati e quanti di più
se ne possono immaginare, s'apriranno le sue porte
e sarà finito, quelle perdute genti leverebbero in alto
le abbrustolite teste, dilaterebbero gli angustiati cuori,
259
un grido universale di gioja rimbomberebbe in quel
l'orrenda caverna : Buona nuova, si direbbero gli uni
agli altri , le nostre pene un dì finiranno. Ma oime !
>

che tal nuova non sarà mai recala non mai potranno
sperar questo dì che metta termine alle lor pene, per
chè l'eternità non ha dì , è ; sopra lutti i tempi, non
conosce alcun termine.
Pigliamo un'idea più sensibile di ciò da un falto
succeduto a Roma nell'oratorio detto volgarinente del
Padre Caravita, ch'io intesi: da un dotto e zelante re
ligioso della Compagnia di Gesù, direttore un tempo
dello stesso oratorio. Si esorcizzava in esso alla pre
senza di varie persone un uomo ossesso dal demo
nio. Il padre esorcista, inspirato fosse da Dio che vo
leva servirsi di questo mezzo per convertire alcuno
dei circostanti, fece al demonio quest'interrogazione:
Dimmi , spirito maligno , quanti anni sono che stai
all'inferno ? Ed egli .: Jeri, rispose. Jeri ? Ah bugiardo !
non sono ormai sei mil' anni ? Ripigliò il demonio :
Che cosa sono sei mil'anni rispetto all'eternità? Di'su
dunque , quanto vi starai ? allora con un luono di
voce orrenda che fece tremar l'oratorio, e si udì quasi
un miglio lontano , gridò : Sempre ; e in dirlo diede
colla mano un colpo sopra una panca che gli stava
innanzi, e ve ne restò impresso lo stampo.
Ecco, miei cari uditori, ciò che aggrava al sommo,
e dà un peso impercettibile alle pene dell'inferno :
è questo sempre. Sempre sepolto in un mare di or
rendissimo fuoco, sempre sotto la sferza di brullis
simi e crudelissimi demonj , sempre arrabbiare di fa
me e di sete, sempre fra i più atroci tormenti, sem.
pre... Semprel... Oh Dio ... Chi può capire la pena
immensa che include in sè questo sempre ?
Fingiamo il caso che Dio desse la scelta a un dan
nato, o di soffrire tutte le pene che soffre per mille
260
milioni di secoli e poi uscir dall'inferno, ovvero non
avervi altra pena che solamente starsi chiuso , ma
questa per sempre. Che sceglierebbe e che dovrebbe
scegliere il dannato ? Quella e non questa. Imperoc
chèmille milioni di secoli di pene infernali, per quanto
siano lunghe ed atroci, finirebbero ; la prigionia però
non finirà mai ; la minima pena eterna è infinita
mente maggiore di qualunque altra che deve un
giorno finire. Ah ! che sarà dunque soffrir tutte le
pene, e soffrirle per sempre ? In eterno? Finchè sarà
Dio ? ...
Al tuono di sì tremenda verità chi può resistere,
chi non trema, chi non piange, chi non si converte
tutto a Dio ? Ah ! che per resistervi, diceva bene
sant'Agostino, bisogna aver perduta la fede, ed essere
stupido ed insensato del tulto : Qui te , æternitatem ,
cogitat nec pænitet, aut fidem aut cor non habet. E
in verità : come è possibile aver fede , aver giudizio
e non far tutto il possibile per assicurarsi una felice
e beala eternità? Come può un cristiano saggio e
prudente, per un breve patire di questa misera vita ,
meritarsi un eterno godere nell'altra ? interniamoci
bene, miei cari , in questo gran punto , perchè im
>

porta molto restarne ben persuasi e convinti. Dilemi


su dunque , giovani di bel tempo , che non pensate
ad altro che godervi il fiore di vostra gioventù , co
ronarvi di rose , e scorrere allegramente per lutti i
prali de' sensuali piaceri ; rispondetemi voi , che non
siete mai sazj di accumulare ricchezze : voi che am.
bite cariche, onori, dignità per far figura nel mondo :
per quanto tempo godrete di questa terrena felicità,
ancorchè tutto succeda a seconda dei vostri desideri,
il che per altro è difficile ? Eh ! padre, voi lo sapete :
la vita dell'uomo è di sellanta ad ottant'anni , e se
ne può sperare anche qualcheduno di più : benissimo,
261
si arrivi anche a cento. Ma credete voi di godere per
tutti quest'anni ? La sbagliale assai, imperocchè da
questi bisogna sottrarre quelli che già passarono, per
chè in quanto ad essi siete morti, bisogna anche le
vare quelli che hanno da venire perchè sono incerli,
nė siete sicuri di averli ; e quando gli aveste , non
godete ora dei piaceri futuri . Sicché , se fate bene i
conti, il vostro godere si riduce al solo momento pre
sente. E per un momento di piacere torna a conti ,
meritarsi un'eternità di tormenti ? Capite bene que
sta parola eternità ? Ditemi : se il Signore avesse de
cretato che un momento di piacere dovesse solamente
pagarsi con dieci momenti di fuoco , anche in una
delle nostre fornaci, un giorno con dieci giorni , un
2

anno con dieci anni, cento con mille , non sarebbe


>

stolto e pazzo colui che comprasse un si terribile o


lungo patire per un sì breve godere ? Che dovrà dun
que dirsi di coloro che per vani e momentanei pia
ceri di questa misera vita si . comprano , non mille,
non un milione , non mille milioni , ma anni eterni
di tórmenti orrendi giù nell'inferno ?
Questo fu il gran pensiero che tenne saldo e co
stante nella fede e rese vittorioso di una delle più
gagliarde tentazioni che possa soffrire un cuore ben
fatto e sensibile, il celebre Tommaso Moro gran can
celliere d'Inghilterra. Per la sua eroica costanza in
opporsi alle nozze incestuose ed allo scisma dell'em .
pio apostata Enrico VIII, fu da lui deposto dalla sua
carica, spogliato di tutti i beni, chiuso in oscura pri.
gione, e in caso di più lunga resistenza, condannato
a lasciar la lesta sopra un palco in mezzo alla piazza
di Londra. Stando in questo stato un giorno si pre
sentò a lui sua moglie chiamata Luisa. Non è nuovo
al demonio servirsi di questa arma per assalire i santi.
Cosi tento Tobia , cosi Giobbe, così il padre di tutti
2
262
gli uomini Adamo, cui pur troppo riuscì di abbattere.
Aveva Luisa seco condotti i suoi piccioli figli vestiti
a bruno ; incolti nel crine , smunti nel volto e gron .
danti gli occhi di lagrime : quivi con quei sentimenti
che può suggerire l'amore, il dolore, la compassione
ad un'anima estremamente afflitta, con voci interrotte
da singulti e sospiri, prese a dirgli . Ecco , o Tomaso,
a quale stato siamo ridotti per la vostra ostinatezza
di non voler compiacere il re nel sottoscrivere un de
crelo cui ha aderito quasi tutlo il regno ! Voi ve ne
andrete à morire come infame sopra un palco, e noi
resteremo in vita per essere l'obbrobrio di tutta In
ghilterra, e poi finalmente morire consunti dalla mi
seria e da tutti quei mali che l'accoinpagnano . E vi
regge il cuore a tanto ? Dov'è il vostro antico amore ?
Son io pure la vostra un tempo sì cara consorte.
Sono pur questi vostri figli.... Se ubbidite al re , sa
reie rimesso nella vostra carica , riavremo i nostri
beni : su via , caro consorte , pietà vi prenda ... Volea
più dire, ma uno scroscio di pianto le tolse la parola.
A quelle voci , a quelle lagrime e a quelle de' figli
che non piangean meno della madre , Tomaso , che
certamente non era di bronzo , si sentiva strappar le
viscere : nè è possibile imaginar la gran forza che
dovelle fare a sè stesso per vincere un assalto di que
sta natura . Il vinse però, ajulato dalla grazia, col pen
siero dell'eternità. Prese coraggio, in!errogò la troppo
amante consorte : Ditemi un poco, se obbedisco al re,
esalverò la vita, eriacquisteròla carica e tuttii
miei beni e ricchezze anche maggiori di quelle che
avevo , per quanti anni potrò goderne ? Eh voi , ri
spose la donna, siete di complessione robusta, di età
competente , mollo regolato nel vivere, io direi che
venti anni di vita ve li potete ancor compromettere .
Allora Tommaso, dandole un'occhiata mista di compas
263
sione e di sdegno : Oh Luisal le disse , sei tu una
mercantessa assai stolta : vuoi tu che ' per venti anni
incerti di vita perda un'eternità di contenti in cielo,
e mi condanni ad un'eternità di tormenti nell'inferno ?
Slolta mercatrix es Aloysia : Vis ergo ut viginti an
nis æternitatem commutem ? Oh vittoria ! oh virtù !
oh risposta degna di un eroe cristiano !
Ah ! miei cari fedeli, fissiamo anche noi altamente
nel nostro cuore il gran pensiero dell'eternilà : emu
liamo sì gran virtù , ed abbiamo anche pronta alla
lingua, quando ci si presenterà l'occasione, una eguale
risposta. Il mondo colle sue massime perverse, i suoi
mali esempj, tenta sedurci ? La carne co’suoi solle .
tichi ci domanda vietati piaceri ? L'oro e l'argento
col loro falso lucciore citirano ad ingiusti guadagni ?
A questo e a tutti gli altri nemici che ci tentano, e
che vorrebbero farci preferire il temporale all'eterno,
rispondiamo anche noi : No ; non è buon negozio per
quattro giorni di felicità vana ed incerta perdere un
regno eterno di gloria e meritarsi un fuoco eterno.
Ed acciocchè questa gran massima vi s'imprima
sempre più nella mente ,> sentite ciò che avvenne e
si legge dell'empia Elisabetta, figlia ed erede infelice
della corona non meno che dell’empietà , del summen ..
tovalo Enrico VIII. Costei un giorno, forse per sof
focare in un colpo i rimorsi della rea coscienza non
ancora estinti >, e chiuder del lutto la porta alle voci
della grazia che tratto tratto dovea pungerle il cuore
e amareggiarla ne' suoi vani piaceri , disse a Dio di
sperata , che se le accordava quarant'anni di regno,
rinunziava al suo paradiso ; seltenesse pure, ch'ella
non sapea che farsene. Ebbe i quarant'anni di regno,
e qualcheduno anche di più, e poi morì. Morta che
fu, s'intese per più notti nel fiume Tamigi che ba
gna Londra, una flebile orrenda voce che ripeleva :
264
Per quarant'anni di regno un fuoco eterno : per qua
rant'anni di regno un fuoco eterno ! Che ve ne pare,
uditori ? fu questo un buon negozio ? fu saggia Eli
sabella, fu prudente ?
Ah ! che sarebbe di noi, se non per quarant'anni
di gloria, di pompe, di ricchezze e di delizie che porta
seco un regno , ma per tanto di meno , quanto pos.
siamo godere in una vita privata, e questa brève ed
incerta, facessimo una simil rinunzia e scegliessimo
un'egual pena ?
Secondo punto.

Ma interniamoci anche più in questo pensiero del


l'eterniià, e dopo aver veduto quanto saranno orri
bili le pene dell'inferno per questo, che non avranno
mai fine, esaminiamo ora, come il saranno anche di
più perchè l'eternità le unisce tutte insieme, e ne
>

forma quasi una sola pena. Secondo punto della me


ditazione.
Per ben capir questo punto, convien formarsi una
idea più chiara che sia possibile dell'elernilà. Boezio
la difinisce così. L'eternità è una possessione totale,
perfetta e sempre presente d'un'interminabile vita :
Æternitas est interminabilis vitæ tota simul et per
fecta possessio (Lib. 5, de Cons . pros. 5). S. Bernardo
dice (Serm . 1 , Omn . Sanct.), che è una durazione
che abbraccia ed unisce tutti i tempi passati, presenti
e futuri . Ma , per meglio spiegarla , serviamoci di
questa similitudine. Immaginatevi una gran palla di
bronzo perfettamente rotonda, la quale sia posta sopra
un piano perfetto : i geometri vi diranno che questa
palla tocca il piano in un punto solo , e questo solo
punto è quello ehe regge e porta lulto il peso enorme
della gran mole. Or figuratevi che l'eternità sia come
265
tin globo immenso che stia sopra il dannato : l'infe
lico è costrello a sentirne in ogni istante tutto insieme
l'intinito peso. Sente il presente , perchè di fatli at
tualmente lo soffre : senle il passato , perchè questo
passato nell'eternità non ha luogo , mentre ella non
passa mai : è un lutto sempre presente : un centro
fisso e immobile, intorno a cui ruotano i tempi, ma
ella non muovesi ; 'onde il dannato vi pena sempre
senza scontare mai un iota della sua pena. Ecco quà,
dirà Giuda, sono tanti anni che sto in questo fuoco,
e della mia pena quanlo ho soddisfatto ? niente. Di.
vina giustizia, sono quasi sei mila anni che mi brucio
in queste fiamme, dirà Caino : melteteci a conto questi
anni ; che conto ? che anri ? Sei da capo .
Sente poi il dannato il peso del futuro: perchè es
sendo infallibile che le sue pene dureranno in elerno,
ed egli sa, e non può formarne il minimo dubbio e
sospelto in contrario, nè può divertire da questo pen
siero la sua mente , ne viene per conseguenza che
l'eternità , anche per riguardo al futuro gravita sopra
di lui : sicchè le pene trascorse, le pene eterne, future,
lutte unile e riconcentrale nel momento presenle sono
sopra di lui, e formano quasi una sola pena, la quale
quanto sia grande, veemente, orrenda, chi può capirlo ?
Ah ! infelice dannalo ! mi par di vederlo sepolto,
immerso , inabissato in quel mare immenso di tene
broso fuoco, starsene muto , torbido, rabbuffato, vol
gendo nella mente i più tristi e angosciosi pensieri :
Impii in tenebris conticescent ( 1. Reg. 2 ). E m'im
magino che vada seco stesso discorrendo così : Misero
mel sono già tanti anni che peno, e questi anni non
mi contan nulla; ne penerò altrettanti , e poi altret
tanti , in infinito, e il mio tormento sarà sempre da
capo : non vi è speranza per me : finchè Dio sarà Dio
slarò qui. Oh barbara soriel crudele destino ch'è il
266
mio ! Perchè mi torni in mente, tempo che già passai
fra lormenti, quando tu non li accorci ? E tu , eter
nità spietala, giacchè non posso fuggirti, lasciami in
pace : contentati di quel che soffro al presente , non
mi opprimere col peso orrendo del tuo avvenire. Tu
devi , o fuoco, bruciarmi in eterno ? Saziati pure, cru .
dele, di me , ma non mi rammentar questo eterno !
Demonii, sarete voi i miei carnefici per sempre ? Sia
telo : ma non mi rinfacciate più questo sempre. Or
renda prigione di questo abisso non potrò uscire mai
più da te ? Non uscirò : ma taci almeno questo ' mai !
O mail o semprel o eterno ! ahi voci crudelit voci
tormentatrici! Quando cesserete di più assordarmi le
orecchie e straziarmi il cuore ?

Terzo punto.

Ma almeno, giacchè è costrello a soffrire tormenti


zi orrendi e à soffrirli in eterno , in mezzo a questa
durazione infinita di pene , vi fosse per lui qualche
sollievo , un po' di tregua: qualque respiro. Ma no :
l'eternilà non l'ammelle : Non est in illis medicamen
tum exterminii (Sap. 14). Ed ecco, miei cari, ciò che
melle il colmo, e rende più che mai orribile e spa
ventosa l'eternilà de' dannati. Permettetemi ancora
qualche riflessione su questo terzo punto.
Osservate come i mali di questo mondo hanno sem
pre qualche sollievo o lenitivo che li mitiga è rende
meno insoffribili. Per esempio, fa un caldo eccessivo
nei soli ardenti di agosto ; ma la mattina nell'albeg.
giar dell'aurora e la sera nell' imbrunire del giorno,
levasi qualche aura leggiera che rinfresca l'aria in
fuocala; e nel giorno non mancano acque gelale e
dolci rinfreschi con cui rifrigerarsi. Qual refrigerio
però nell'inferno, ove mai spira un vento soave, e in
267
cui si nega anche ai ricchi epuloni , non dico una
tazza di acqua fredda, ma una semplice stilla che ne
possa pendere dalla punta di un dito ? Un povero am
malato se ne sla a letlo , tormentalo da una febbre
cocente e da altri malori ; soffre , è vero , e patisce
molto, ma ha il sollievo di passare dentro il letto me.
desiino ad una parte men calda o più agiata ; nel ces
sare del parossismo declinerà la febbre , e qualche
ora di sonno in mezzo a' suoi mali lo prenderà. Ma
nell'inferno tali sollievi non hanno luogo. In quella
stessa fossa rovente in cui cadrà al principio il dan
nato, ivi starà in eterno : In quocumque loco ceciderit
lignum ibi erit (Eccl. 11 ). L'ora della declinazione di
quel tremendo fuoco non verrà mai : Ignis extinguitur
(Marc. 9), nè mai potrà chiuder gli occhi a un mo .
>

mento di sonno : In congerie mortuorum vigilabit


(Job. 21, 37).
Che più Anche un infelice condannato all'ultimo
sopplizio dall'umana giustizia ha dei conforti: lo as
sistono molti con somma carità, lutti lo compatiscuno ;
moltissimi pregan per lui ; e se la morte deve esser
lunga e tormentosa, gli si concede facilmente il colpo
detto della grazia che lo finisca presto. Un condan
nato dalla divina giustizia nell'inferno è privo di tutti
questi sollievi. Non è confortato e compatito da al
cuno ; anzi è deriso e schernilo da tutti. È deriso da
Dio, in quanto che dalle pene di lui ricava l'esalla
mento di sua giustizia : Dominus irridebit illos (Sap. 4) .
È deriso dai santi perchè dalla sua giusta condanna
prendono molivo di benedire e lodare il Signore: La
tabitur justus cum viderit vindictam (Ps. 57) . È deriso
e molteggiato dagli stessi demonj ,> suoi carnefici e
dagli altri dannati suoi compagni, mentre si odieranno
tra loro con odio implacabile, si rinfacceranno scam.
bievolmente i misfatti e si morderanno l'un l'altro
268
come cani arrabbiati : Unusquisque carnem brachii
sui vorabit : Manasses Ephraim , Ephraim Manassem .
Felice lui se gli fosse accordato di finirla presto
colla morte ! Ma questo colpo di grazia non è spera
bile laggiù dove la morte non ha più luogo : Mors
fugiet ab eis. Ah ! un poco di tempo almeno da respi
rare e prender forza e coraggio a soffrire i dolori ve.
gnenti ! No , che tali interrompimenti , benchè mo
mentanei , non gli saranno mai accordati . Nec erit,
dice s. Cipriano, unde habere possint aliquando tor
menta vel requiem, vel finem (S. Cypr. ad Demetr.).
Lo stesso grado di fuoco , la medesima positura, gli
stessi compagni , lo slesso luogo che incontrò in
quel dì sventurato in cui precipitò nell'inferno, avrà
per lulta l'eternità. O pena insoffribile che sarà mai
questa !
Imaginatevi che nell'inferno non vi fosse alcuno di
quei tormenti che abbiamo finora descritti, ma invece
vi fossero de' piaceri sensibili, con questa legge però
che non dovessero mai nè cessare, nè cambarsi ; onde,
per esempio , alcuni fra i dannati dovessero cibarsi
sempre della stessa vivanda , altri ascoltar sempre la
medesima musica : quegli altri star sempre sovra un
lelto soffice molle, ma senza potersi mai muovere.
Questo solo non basterebbe a formare un inferno ?
Qual nausea non cagiona il vedersi in tavola ogni di
lo stesso cibo ? Gli Ebrei si nausearono per fin della
manna , con tuttochè fosse un cibo prodigioso , fab
bricato per mano degli angeli, dotato di tutti i sapori ;
e dopo due anni , secondo l'opinione de' sacri inter
preti, non ne poteron più . Manna, manna, dicevano,
mormorando e piangendo tutto il giorno, manna : ne
siamo omai sazj; ci volta lo stomaco, ci eccita il vo.
mito : non lo possiamo più soffrire : oh cocumeri, oh
poponi , ob agli e cipolle di Egitto , dove siele o
269
quanto eravate più saporili di questo insipido e leg
gierissimo cibo ! Nihil aliud inspiciunt oculi nostri
nisi man . - Anima nostra jam nauseat super cibo
isto levissimo (Num. 11 , et 20). E che sarebbe stalo,
uditori, se il Signore avesse lor fatto intimare da un
angelo: In pena della vostra nausea 5, da qui innanzi
non mangerete più altro che manna : questa sarà l'u
nico vostro cibo per tulla la vila , di questa sola vi
ciberete in eterno ? Che ne dite ? non sarebbero morti
di puro disgusto ?
Se quella commedia , tragedia e altra rappresen
tanza cui intervenite con tanto piacere , non venisse
mai interrotta da qualche sinfonia e piacevole inter
mezzo, passate poche ore, potreste più soffrirla ? E se,
passale queste, sentiste chiudere il teatro, e vi fosse
delto : bisogna star qui e cominciare da capo, e poi
da capo e nuovamente ripeterla, passato un giorno o
>

due potreste più reggere ? Il teatro non vi si cambie


rebbe in un ergastolo ? La rappresentazione , la mu .
sica, il ballo non diventerebbero tormenti ?
Dio comandò un giorno al profeta Ezechiello (Ez. 4),
che in pena de' peccati del popolo dormisse per tre.
cento novanta giorni sempre sul fianco sinistro, e ve
lo legò quasi con catene di ferro , acciò non potesse
mai per tutto questo tempo voltarsi dall'altra parte.
Povero profeta ! ... Ma che sarebbe stato se gli avesse
ordinato di giacere così di giorno e di notte per tutta
la vita ? Or che sarà del misero dannalo >, che dovrà
slare immobile in un letto di fuoco orrendo per anni
eterni, senza sollievo alcuno, nè mai un poco di tre.
gua, nè un respiro ? Mai, mai ?
O eternità tremendal... O verità spaventosa I ... Che
diciamo noi, miei cari ? che risolviamo ? Narra s. Gio.
vanni Climaco di un giovane chiamato Torribisco, che
dopo essersi lungamente fissato in questo gran pen .
270
siero dell'eternità , conchiuse favellando seco stesso
così : 0 io credo e capisco queste cose , o non le
>

credo e capisco : se no, io sono dunque senza fede e


senza ragione , perchè la fede e la ragione me le di
mostrano, certe, evidenti e innegabili. Ma se le credo
e le intendo che faccio più in questo mondo ? A che
frappongo più indugi ? Perchè non mi ritiro in un
eremo ad assicurarmi l'eternità beata del cielo , e a
farmi santo ? Una delle due : o io sono un pazzo , o
devo farmi santo ; Aut inter stultos, aut inter sanctos.
L'argomento miei cari , è troppo evidente. Ognun di
>

noi lo approprii a sè stesso, e dica pure con Torri


bisco : Credo io quest'eternità ?... La credo e non mi
faccio santo, e non risolvo, e non mi do tutto a Dio ?
Dunque io sono stolto, insensato : Aut inter stullos, aut
inter sanctos. Ma come ? Io mi credo e sono tenuto
anche dagli altri, un uomo illuminato, saggio e pru
dente : so cosi bene regolare la mia casa, la mia fa
miglia, i miei negozj: sono buono a dar consiglio agli
altri ; e poi in un affare di tanta importanza , qual è
scansare un'eternilà di tormenti, sono così irresoluto
e indeciso ? Qual cosa mi trattiene? Forse credo la
decisione di questo grande affare lontana di molto?
Ma la morte può venire dimani stesso a deciderlo ;
ma quand'anche tardi , la mia vita sarà sempre un
momento rispetto all'eternità. Mi rincresce forse il
dare un addio ai piaceri, alle yanità e ai beni frali di
questo mondo? Ma Gesù Cristo , mio redentore, mio
Dio, mi fa pur sapere che a nulla mi gioverà il gua
dagnarlo anche tutto, se perdo l'anima mia. Forse mi
spaventa il rigore d'una nuova vita, e quanto mi con
verrà fare e soffrire per farmi santo ? Ma l'Apostolo
mi assicura che il palire sarà ben momentaneo e leg.
giero ; sommo ed eterno il godere ; che tutti i trava
gli e pene di questo tempo sono un nulla rispetto
271
alla gloria immensa che mi si prepara in cielo. Dovrò
patire e soffrire per farmi santo ? E tanti milioni di
martiri che hanno sofferto gli strazj più barbari e le
morti più atroci, e tanti illustri confessori, e vergini
e santi senza numero che hanno fatto tanta violenza
a sè stessi per assicurarsi il regno de' cieli ? e il Re
sovrano di tutti i santi che vi è dovuto entrare a
forza di patimenti e di croce, non hanno sofferto as
sai più di quello che dovrò patir io ? Son io debole,
fiacco e la virtù supera le forze della mia natura ? Ma
la grazia non mi ajuterà ? Abbandona forse il Signore
quelli che in lui confidano, che a lui si danno ?... Su
via dunque, anima mial ... Su vial coraggio l ... risol .
vi... e di' con Davide alla vista della grande eternilà :
oggi, in questo stesso istante, voglio cominciare una
nuova vita ; voglio darmi e mi do tutto a Dio. Ego
dixi, nunc cæpi.

f
MEDITAZIONE XI.

Misericordia .

Misericordia, ejus super


omnia opera ejus.
Ps . 145 ,

E dovrò io , o Signore , in quest'oggi proporre a


>

questo popolo per soggetto di meditazione le grandezze


ineffabili della vostra infinita misericordia ? Ah ! ch'io
mi sento nel fondo del cuore un impulso che mi sug
gerisce a tacere di sì dolce argomento ! Non già che
non goda che voi siate un Dio ricco in misericordia ,
ovvero che mi dispiaccia il vedere che non vi vendi
cate de' peccatori, come dispiaceva a Giona che non
mandasle sopra Ninive i minacciati castighi. Godo anzi,
e col più vivo sentimento del mio spirito mi com
piaccio che le vostre misericordie, come ci fate sapere
per bocca del vostro Profeta, risplendano al disopra
di tutte le altre vostre opere : Miserationes ejus super
omnia opera ejus; e provo una ben grande consola
zione al vedere le misericordie che usate a questo
mio carissimo popolo , cui invece dei meritati castighi,
avete spediti nuovi beneficj. Ciò che mi stimolerebbe
a lacere della vostra gran misericordia, è il limore
che vi sia qui alcuno che se ne abusi , e dalla sua
immensa grandezza tragga motivi per maggiormente
peccare. Ah ! se vi è costui, fate largo; esca da que.
273
sia chiesa, se ne vada lontano, che per lui non parlo ,
nè vi è per lui misericordia. Parlo a voi, care anime ,
che in questi giorni alterrite e compunte de' vostri
peccati gli avele pianti e detestati con fermo propo
sito di mutare stabilmente la vila. Voi forse, al riflesso
della loro enormilà e moltitudine, siete cadute in dif
fidenze, in timori , siele angustiate perchè non sapete
se Dio vorrà perdonarveli. Chi sa che qualcuno, coi
sentimenti del disperalo Caino , non abbia detto fra
>

sè : Ah ! i miei peccati son troppo grandi ; non vi è


più per me misericordia : invano ne spero il perdono;
è inutile che ine ne confessil... Oh anime sconsolale !
cuori pusillanimil Fate cuore : non vogliale temere :
eccomi qua in quest'oggi venuto a consolarvi col met
tervi solto degli occhi, per quanto potrò, le immense
grandezze dell'infinita misericordia del nostro buon
Dio : e siccome sarebbe cosa al disopra delle mie de
boli forze e della vostra capacità d'andarle ad inve.
stigare nella sua stessa sorgente, cioè nella ina es .
senza, l'esamineremo in una maniera più piana e più
adallata all'intelligenza di tulti ne' suoi effetti. Tre
sono i principali eff:lti della misericordia di Dio verso
de' peccatori. 1. Gli aspetta con somma pazienza :
Exprclat ut misereatur ( 1š. 30 ). 2. Li previene e gli
invita e chiama a sè con grande amore : Misericordia
ejus prevenirt me ( Ps. 98). 3. Gli arcoglie contriti
e gli abbraccia con inelfalule tenerezza : Misericordia
tuu subsequetur me (Ps. 22). Or noi la vediemo grande
in tulli e tre questi effelli. Grande nell'aspettarli, mag .
giore nell'evitarli, massima nell'abbracciarli.
Non vi è luogo in tutta la sania Scrillura in cui
spicchi di più la misericordia di Dio verso dei pec.
catori quanto la parabola del figliuolo prodigo uscita
dalla bocca istessa di Gesù Cristo e da S. Luca mi .
nutamente descritta nel suo Vangelo (Luc. 15). Que.
BIAMONTI. T. J. 18
274
sta dunque prendo a spiegarvi, e su di questa si rag.
girerà tutta la medilazione.
Vi era un padre nobile e ricco, il quale aveva due
soli figli, quali amando tenerissimamente, nulla avea
risparmiato di cure , di sollecitudini e di spese , per
dar loro un'educazione conforme allo stato e nobiltà
di sua casa . Cominciava già a raccogliere delle sue
paterne premure i frutti , perchè questi due giovani,
a misura dell'età , crescevano altresì nella saviezza,
nella prudenza ed in ogni genere di virtù . Il buon
padre se ne compiaceva moltissimo, e li considerava
il sostegno e la gloria della sua famiglia , la conso
>

lazione di sua vecchiaja, e ne aveva concepito grandi


speranze. Un giorno , quando tutt'altro si sarebbe
aspettato , il più giovane di questi figli, aizzato da
malvagi compagni, i quali sono sempre stati la rovina
della gioventù , – intendetela voi giovani che mi
ascoltate aizzato dai malvagi compagni e sedotto
da un genio pazzo di libertà, si presenta a lui, e con
7

poche, ma risolute parole, gli dice : Padre dalemi la


porzione delle vostre sostanze che mi spetta , perchè
voglio andarmene. Pater, da mihi portionem substan
tic >, que me contingit. A questo improvviso colpo
sturbalo e ferito il padre, inarcò le ciglia, mutò sem
biante, lo guardò fisso e stelle alquanto senza poter
proferire parole : ripreso poi lo spirito, Figlio, gli disse,
che hai detto ? Vuoi andartene ? ... E come ? E per
chè ? Che novità ? Chi ti ha sedotto ? Oht io son ri
soluto di partire, risponde temerario il figlio : voglio
la mia legittima. Ma ascolta , ripiglia il buon padre,
dimmi che cos'hai ? Ti hanno forse strapazzato i ser
vitori di casa ? Tuo fratello ti ha fatto qualche lorto ?
Ti puoi lamentare di me ? Ti manca qualche cosa ?
Parla. Rispondi. Niente di tutto questo : ma tant'è, io >

voglio andarmene : datemi la mia parte... Qui l'aman


25
tissimo padre si senti tutto commovere le viscere :
diede in un dirottissimo pianto, e con voci interrotte
da sospiri, e bagnato di lagrime : Ah ! figlio, gli disse,
figlio , ed hai cuore di abbandonar un padre , che
tanto ti ama, che tanto ha fatto per te ? Vuoi dunque
accelerarmi la morte ?... Figlio, pensa a quel che fai...
le ne pentirai un giorno : io piango la tua rovina...
Non più, ripiglia più che mai ostinalo il perfido gio
vane, datemi quel che mi tocca ; voglio assolutamente
partire. Da mihi portionem substantiæ, quæ me con
tingit... Allora il padre , vedendo che non potea in
alcun modo ammollire quel cuor di pietra, forse per
chè imparasse a sue spese che cosa voglia dir fuggir
di casa , andar ramingo pel mondo e lasciarsi tra
sportare dai propri capricci, aprì lo scrigno, gli diede
in contanti la sua porzione, e il lasciò andare. Et di.
visit illi substantiam ,
Avuti questi denari nelle mani, chiamò cubilo quei
giovinastri suoi compagni che l'avean sedotto , e di
comune consenso, per togliersi da qualunque sogge
du

zione paterna e vivere con maggior libertà, stabilì di


andarsene ad abitare con essi in un paese lontano :
Congregatis omnibus peregre profectus est in ragio
nem longinquam. Giunto colà si diede alla vita la più
allegra secondo il mondo e libertina che possa me
narsi. Abiti sfarzosi, conviti, danze, commedie , caccie,
amicizie , giuochi, piaceri erano i suoi continui trat
>

tenimenti ; ma siccome spendeva molto e nulla gua


dagnava , in poco tempo andarono via i denari ; bi
sognò allora vendersi gli abili preziosi e qualche mo
bile di valore rimastogli; ma sciupati presto anche
questi , si trovò ridotto alla miseria : allora i compa
gni e gli amici voltaron le spalle : ognuno prese par
tito, chi se n'andò di qua, chi di là ; tutti l'abbando
narono : e in quelle case in cui aveva profuso il suo,
276
vivendo luxuriose, non era più ammesso , sicchè si
vide abbandonato , fuggito, abborrito da tutti, senza
aver più di che vivere , che così appunto tratta il
mondo i suoi stolli seguaci .
Per sua maggior disgrazia, in quella città ove tro
vavasi venne una gran carestia, onde per non morir
di fame se ne uscì alla campagna e si andò ad esibir
per garzone ad un rozzo villano, il quale lo riceve ,
ma come uomo varo crudo ch'egli era, col patto
che egli guardasse una mandra di porci, e per suo
alimento si contentasse di sole ghiande ; e queste an .
cora a sì scarsa misura, che era costretto a disputare
coi sozzi animali questo sì vile e miserabile cibo :
Cupiebat implere ventrem suum de siliquis , quas
porci manducabant : et nemo illi dabat.
Povero - giovanel mi par di vederlo lå solto una
quercia attorniato dall' immondo suo gregge, sordido
e rabbuffato nel crine, smunto, scarno e aonerito nel
vollo, coperto da pochi cenci laceri e puzzolenti, ca
scante per la fame che non trova da saziare.... Oh a
quale stato è mai ridotto un giovane della sua qua
lità I ... Nato cosi nobile, allevato con tante delicatezze
in casa di suo padre, pasciuto, vestito, servito allora
si bene ! Oh povero figlio mi fa pielà : mi sento inle
tenerire il cuore, e tulto commovere le viscere alla
sua vista ....
Ma padrel sento che voi mi dile ; lo compatite
troppo : ben gli sta : non ha male che non si meriti ;
perchè luggi di casa , perchè si lasciò sedurre da' suoi
malvagi compagni, perché abbandonò suo padre, dopo
tante preghiere e lagrime che avrebbero intenerito
anche un cuor ni macigno ?... Se patisce , palisca :
ben gli sta : merita ancor di peggio.
Si eh ?... ah ! voi avete pronunziata senza avveder
vene contro di voi stessi la sentenza. Imperocchè chi
277

è questo figlio ingrato , perfido , scialacquatore ? Sei


lu, peccatore, misera peccatrice. Sì, siete voi, e Gesù
Cristo nella figura di questo giovane ha descritto voi ;
onde se esso non merila coinpassione , molto meno
la meritate voi che siete stati ancor più ingrati e peg .
giori di lui ; e se fu gran misericordia quella di suo
padre che aspetiò per lungo tempo il suo ritorno ,
maggiore è stata quella di Dio in aspettar, chi sa da
quanti anni, il vostro ravvedimento .
Ma veniamo al confronto e vediamo come tutto ciò
che del figlio prodigo narra il Vangelo si è in voi
verificato e assai più. Questo giovane , stando nella
casa paterna sotto il governo dell'amoroso suo padre,
era o doveva essere pienamente contento . Ben amato
dal padre, pasciuto a lauta mensa, vestito alla grande,
alloggiato in nobile appartamento , rispettato in casa
e fuori da tutti, che polea desiderare di più ?... E voi,
nella casa del vostro buon padre Iddio, godendo della
sua amicizia, stando in sua grazia, non eravate e do .
vevate essere altresi felici e contenti ? Voi pasciuli
col latte soavissimo delle spirituali dolcezze, coll'ama.
bile consolazione di una coscienza sicura e tranquilla,
che val più d'ogni più sontuoso convito, e di più col
corpo stesso preziosissimo di Gesù Cri -to in cui si
gustano nella loro propria sorgente le più pure e sante
delizie. Voi vestiti della ricchissima veste della gra- ,
zia santificante, adorni degli abiti preziosi delle sante
virtù , ricchi dei merili infiniti di Gesù Cristo. Voi
amali e guardati con occhio di venerazione e rispetto
nella Chiesa, che è la casa di Dio in terra, dai buoni :
e in cielo dagli angeli e dai santi.... Oh stato avven
turalo ! Qual sorte non era la vostra ?
Il figliuol prodigo, non curando la sua felicità, ab
bandonò suo padre e fuggì dalla casa palerna, ante.
ponendo all'una ed all'altra un lontano ed ignoto
278
paese. Voi , avendo a vile la vostra felice e beata
sorte, abbandonaste peccando il vostro padre celeste,
e fuggiste dalla sua casa , cioè dal paradiso , di cui
vi aveva già posto in cammino e promesso il pos
sesso, ed invece v’incamminaste al paese dell'errore
e del pianto , vale a dire all'inferno. Il figliuol pro
digo dissipò in stravizii le sue sostanze , voi avete
profuse e perdute le vostre spirituali ricchezze in
peccati. Colui si fe' servo di un barbaro villano , e
voi vi siete fatti schiavi vilissimi del diavolo. Egli si
ridusse ad esser pastore di sozzi animali, e voi schiavi
delle vostre vergognose passioni. Esso si cibava di
ghiande , e voi pasciuli vi siete dei vilissimi cibi e
mortiferi della carne . Oh stato deplorabile ! Oh fatal
cambiamento !
Ma proseguiamo il confronto >, che vi è di peggio
per parte vostra. Il figliuol prodigo abbandono , ė
vero, suo padre, ma non lo rinunzio ; non gli disse :
Mi dispiace di esservi figlio ; voglio scegliermi un
altro padre migliore di voi . Questo lo avele fatto voi
peccando, avete allora rinunziato a Dio vostro padre,
e vi siete scelto per padre il demonio, e finchè slate
in peccato vi si può dire con tutta verità : Siete figli
non più di Dio , ma del diavolo : Vos ex patre dia
bolo estis. (Job. 8, 44) .
Il figliuol prodigo colla sua partenza dal padre ,
l'offese, lo disgust) sommamente; non se ne può du
bilare ; ma non gli mise le mani addosso, non lo per.
cosse, non lo feri, non lentò dargli morte.... Ah ! voi
al contrario vi siete fatti rei di questo si enorme de.
litto contro del vostro padre celeste ; perchè quanto
3 da voi lo avete tornato a flagellare, a sputacchiare,
a coronare di spine ; per parte vostra lo avete nuo
vamente crocifisso, perchè avete commessi quei pec.
cati pei quali, se non fosse già morto, gli converrebbe
279
morire un'altra volta per soddisfare ad essi : Rursum
crucifigentes sibimetipsi filium Dei et ostentui ha
bentes (Hebr. 6, 6) .
Più : il figliuol prodigo dissipò, è vero, in bagordi
e stravizj le sostanze avule dal padre, ma non se ne
servì a danno del padre medesimo: non pagò con
esse de' sicarj che andassero a levarlo dal mondo....
A questo orribile eccesso siete però giunti voi pec
calori ; vi siete serviti dei benefizj di Dio per stra
pazzarlo ed offenderlo, e per qu to era da voi, dar
gli morle. Perchè eri sano, tu, o uorno, commettesti
quei furti, l'infangasti in quelle disonestà , lavorasli
nei dì di festa, ti ubbriacasti, hai bestemmiato, sper
giurato e commessi tanti altri peccati , se fossi stato
inchiodato in un fondo di letto, non ne avresti com
messo alcuno. Tu, o ricco , perchè Dio li ha date le
ricchezze , ti ha distinto e innalzato al mondo al di
sopra di tanti altri tuoi simili , per questo hai anga
riati i poveri, hai fatto sospirare la mercede ai po
veri artisti che nemmeno han potuto azzardarsi a
chiederti quel che era loro ; per questo hai indotto a
cedere alle tue perfide voglie quella disgraziata che
si trovava in miserie , per questo tanto lusso negli
>

abiti , tanta intemperanza nella mensa ne' giorni stessi


destinati al digiuno >, tanta assiduità ne' teatri, tanta
>

profusione ne' giuochi : e per questo tanti altri pec


cati , che se Dio ti avesse fatto nascere un misera
bile, un povero contadino, non avresti mai fatli, Donna,
non è egli vero che se fossi stala cieca, zoppa, gobba
deforme non avresti mai offeso il luo Dio, non avre
sti rubate tante anime a Cristo colle tue occhiate ,
colle tue vanità, colle tue immodestie , co'luoi scan
>

dali ? Ahl figli ingrati ! figli snaturati ! peggiori del


prodigo , che non ha mai voltati i beni del padre
contro di lui, come avete fatto voi !
280
Ma v'è di più ancora. Il figlio prodigo dissipò so
stanze che al padre costavano poco , perchè come
nobile e ricco , è da credere che le avesse ereditate
9

da'suoi maggiori ; al più , avrà usato qualche dili


>

genza e fatica per mantenerle ed accrescerle. Voi, al


contrario , avete dissipate sostanze che al vostro Pa
>

dre celeste costavano un prezzo sommo. Quella gra .


zia santificante che vi purgò e rese figlio di Dio nel
battesimo , quelle grazie alluali che tante volte vi.
>

hanno picchiato al cuore e chiamati alla penitenza ;


tanti sacramenti per voi instituiti e tanti altri beni
spirituali da voi abrisati, sapele quảnio costavano al
divin Padre ? Il suo stesso Figlio , che perciò diede
in mano de'suoi nemici: Sic Deus dilexit mundum ,
ut Filium suum unigenitum daret (Joan. 6, 16) : e a
Gesù Cristo costarono il sangue e la vita che dovette
versare e perdere sopra la croce per merilarveli.
Ma ancora non basta ; il figliuol prodigo disonoro,
è vero, suo padre colla peśsima vila che menava , ma
ebbe almeno riguardo di non disor orarlo nella pro
pria patria, sotto gli occhi suoi : se ne andò in paese
lontano ed ignoto. Il padre non sapeva ove fosse ,
ignorava le sue dissolutezze , i suoi vizj che se sa
puti li avesse forse non avrebbe avuto pazienza , lo
avrebbe probabilmente fatto arrestare e pupire. Ah ,
voi al contrario avete disonoralo Dio in sua faccia ,
sotto degli occhi suoi, in ogni tempo , in tutti i luo
ghi vi fu presente e vide. Ti vide in quella oste
ria quando ubbriaco bestemmiavi il suo nome. Ti
vide in quella notte , noile maledellal in cui lli sai
quel che hai falto. Ti vide in quella strada, in quella
stanza , a quella finestra , in quella campagna , in
quella chiesa, in quel teatro, a canto a colei. Vedeva
i luoi pensieri, i tuoi affetti, i luoi.odj, i tuoi con
>

tratti, in una parola ha veduto lutto ; eppure li ha


281
sopportato , ha avuto pazienza, ti ha sempre aspel
lato. Oh bontà ! oh misericordia !
Eppure non ho ancor detto tutto : vi è ancora di
più. Il figliuol prodigo abbandonò suo padre una sola
volta : ammesso che fu in casa, non ne parlì più : al
meno il Vangelo nol dice, e dobbiamo credere che
fosse di poi sempre fedele al suo genitore. Non cosi
voi, non cosi : accolti più e più volte amorosamente
dal vostro Padre celeste, gli avete sempre rivolle le
spalle tornando villanamente ad abbandonarlo. Ricor
diamoci qui , cari uditori, della mollitudine de' nostri
>

peccati, giacchè que-ti ci daranno un'idea più chiara


dell'infinita misericordia di Dio in averci per tanti
anni aspeltalo. Tu, uomo cominciasti fin dalla tua
fanciullezza a peccare e fin d'allora moltiplicasti tanto
il numero dei peccati che puoi dire ciò che confes
sava di sè piangendo sant'Agostino. Ero piccolo di
statura , ma grande già nella malizia : contava ancor
pochi anni, ma contavo molti peccati : Eram tantillus
puer et tantus peccator. Quante impertinenze in quella
età ! Quante immodestie da solo e coi compagni !
Quanti furti domestici ! Quanle disubbidienze a' geni
lori e maestri ! Quante irriverenze alle chiesel Quante
bugie, fors' anche autenticate collo spergiuro ... Te
ne confessasti nella prima comunione, e allora tor
nasti al seno del tuo buon Padre : ma fu poco , poi
chè ben presto gli voliasti le spalle ; seguendo l'im
peto delle tue disordinate passioni, gli esempi e con
sigli de' suoi malvagi compagni, rompesti ogni freno,
cadesti in nuovi peccali, i quali a misura che cre
scevi nell'età , crescevano nella malicia e nel numero .
Peccali d'immondi pensieri, di ree compiacenze , di
desiderj malvagi,> d'odj, di vendelle che non hanno
numero . Peccati di parole disoneste, di discorsi osceni ,
di scandalosi canti e racconti, di massime libertine,
282
di bestemmie, di spergiuri, d'imprecazioni e mormo
razioni senza fine. Che dirò poi delle opere ? Oh Dio !
che abisso profondo! quante disonestà abbominevoli !
Quante povere anime ammaliziate e sedotte ! quanti
furti meditati o eseguitil quante frodi, usure e ingiu
stizie ne' contratti .... Ah ! puoi ben confessare con
tulla ragione : Peccavi nimis cogitatione , verbo et
opere. Sì, hai peccato troppo ; perchè peccati ti rin
facciano le scuole e le botteghe che frequentasti; di
peccati puzzan le case in cui abitasti, le strade , le
piazze , i ridotti, i teatri e le campagne non ti ram .
mentano che peccati . Fossero almeno andati esenti
da’tuoi peccati i sacri tempj! ma no , perchè li pro
fanasti colle irriverenze e cogli scandali . Lo fossero
state le tue confessioni! Nemmeno , perchè quando
mancavi di sincerità nell'accusa , quando eran prive
del necessario dolore , e mai o quasi mai accompa
gnate dal vero proposito di una nuova vita.... Ahimè !
che le stesse comunioni li rinfaccian peccati, perchè
talor le ommeltesti, la Pasqua quando la facesti per
pura apparenza quando la contaminasti coi sacri.
legi. Nel corso di questi anni infelici , pur qualche
volta tor nasti ravveduto e compunto al tuo Dio ed
egli ti accolse , ti perdono, ti abbraccio ; ma lu , in
grato, gli rinnovavi gli oltraggi fuggendo sempre da
lui. Ora se fu grande la bontà e la pazienza del pa
dre del figliuol prodigo in aspettare il ritorno di
questo ingrato suo figlio , ahl quanto è stata mag
giore quella del tuo padre celeste in aspettare per si
lunghi anni te, tanto più ingrato di lui ?
Avrebbe ben egli potuto con somma facilità dis
farsi de' fatti tuoi ! Senli anzi più volte salire al suo
trono voci chiedenti vendetta contro di te : vendetta
gridarono gli angeli a que' luoi primi peccali, mossi
dallo zelo ardentissimo che hanno della gloria di Dio
283
che contemplano a faccia a faccia e conoscono degno
di infinito amore : ma egli , No , disse , date tempo
chè se ne confesserà. Vendetta , tornarono a gridare
gli angeli custodi, di tante anime da te scandalizzale :
ed egli , No , rispose, non voglio la morte del pec.
catore, ma che si converta e viva : capirà un giorno
• il suo errore , e ne farà penitenza : Nolo mortem
impii, set ut magis convertetur a via sua et vivat
(Ezech . 33, 11 ). In quella malattia , o uomo , te ne
.

dovevi morire ; ma il Signore che vide che te n'an


davi all'inferno, Ferma, disse alla morte, lascialo per
questa volta. Quando venne quel temporale , donna,
vi era un fulmine per le ; ma il misericordioso Si
gnore, Ah ! disse, via le si perdoni ancora e si aspetti
a vedere se si convertirà nella futura missione che
le farò sentire. Tu , o giovane, in quella notte dovevi
essere strozzato dal demonio in quel letto : ma il tuo
pazientissimo padre, No, lascialo , disse al demonio ,
avrò pazienza ancora un poco : gli spedirò i miei mi.
nistri, per farlo avvisare che si converta. Come il buon
Davide ai suoi soldati contro il ribelle ed ingratissimo
Assalonne, Salvatemi, diceva, il mio figlio Assalonne.
È scellerato, è vero, è reo di morte, lo so, ma è mio
figlio ; Gioabbo dunque, Abisal , Etlai , generali , voi
uffiziali, capitani, soldati tutti , badale bene : conser
vatemi Assalonne : umiliatelo si : disfate il suo eser
cito, ma non me l'uccidele : Serbate mihi puerum
Absalon ( 2 Reg. 16 ).
Cosi ha fatto verso di te , peccatore, il tuo Padre
celeste negli anni della tua ribellione e della guerra
mossa contro di lui co’tuoi peccati. Le creature tutte
per quell'istinto naturale che hanno di vendicar gli
oltraggi fatti al sovrano loro Signore , avrebbero
voluto prendere di te vendetta ; ciascuna con muto
linguaggio sì, ma ben inteso da Dio, gridava innanzi
>
284
a lui : Vadam et amputabo caput ejus (Sap. 16). Va.
dam, diceva il turbine, e lo schianterò dalla terra .
Vadam , ripetevano il mare e il fiume, e lo affoghe.
remo colle nostre piene . Vadam , gridava il fuoco, e
lo incenerirò colle mie vampe. Vadam , soggiungeva
il terremoto, e lo seppellirò sollo le mie rovine. E
l'amantissimo padre ? Ah ! no, rispondeva no : Servate
mihi puerum Absalon. Lasciatemelo in vita questo
povero peccatore ; benchè ribelle , benchè ingralo è
mio figlio ... mi costa sangue... per lui son morto ...
non voglio ora perderlo... abbia tempo, forse si con
vertirà in appresso. Oh pazienza i Ob bontà di un
Dio veramente ricco in misericordia.

Secondo punto .

Ma questa misericordia sì grande in aspettare il


peccatore mostrasi assai maggiore in chiamarlo. Del
padre del figlio prodigo non leggiamo che , partito
l'ingrato figlio , gli corresse dietro per invitarlo al
>

ritorno , ovvero gli spedisse servitori a chiamarlo e


pregarlo a suo nome di ritornarsene a casa ; mostrò
si gran dispiacere della sua parlenza, ne provò gran
dolore, ne pianse, fece ogni sforzo per impedirla, ma
>

partito che fu, nulla fece per richiamarlo.


Quello però che non fece quel padre , l'ha fatto
questo luo Padre celeste verso di te , povero pecca
tore, povera peccatrice! Ricordali, o giovane, di quel
primo fatal peccato, per cui lo abbandonasti, sovven
gali, o donna, della prima volta che parlasti con lui.
Che paure ! che rimorsi, che angustie non provaste
allora ? una voce segreta nel fondo del cuore vi ri
peleva sovente : Ah ! figlia ! figlia ! che hai fatlo ?
Torna, torna al tuo padre che speri lu dal mondo?
fuori di me non puoi aver bene. Queste erano le
285
voci amorose di Dio colle quali vi chiamava a tor:
nare a lui ; ma voi , ingrati , faceste il sordo ; o se
pur tornaste, fu per poco tempo, di nuovo lo abban .
donaste, ed egli tornò e ritorna le cento e mille volte
a chiamarvi ; tanto e in sì varie guise vi ha chia .
mato e pregato che adattandosi alla nostra maniera
di dire, protesta per bocca del profeta Geremia , .che
si è stancato dal lungo pregarvi : Laboravi rogans
( Jer. 15).
E che sia così , osservate le varie maniere colle
>

quali suole Iddio chiamare a sè i peccatori, e vedrele


che di tutto o quasi tulle si è servito per voi. Cine
que ne assegna s. Gregorio il Grande : Vocat nos un
dique Deus, dic' egli ; vocat per prospera , vocat per
adversa, vocat per angelos. vocat per pastores, vocat
per nos (Hom . in Evang.) Or tutte queste , o quasi
tutte l'ha adoperate per voi : Vocat per prospera .
Quelle pirosperità che avete godulo negli anni de'vo
stri traviamenti, quei negozi andati bene, quella lite
vinta , quel posio oltenuto, quel parentado concluso,
quel pericolo scampalo, quelle annate ubertose ....
e via andate dicendo, erano tutte voci di Dio colle
quali l'amorosissimo Padre a sè v’invitava, e pare
che dicesse fra sè stesso : lu mi fuggi eh ? mi offendi,
mi strapazzi ? .... Potrei ben con facilità vendicarmi
de'falli tuoi ; ma voglio tenere verso di te un'altra
sirada : mellerò mano ai benefij, li ricolmerò di fa
vori : forse vedendoti beneficalo di un tuo nemico
entrerai in te stesso, conoscerai la lua ingratitudine,
te ne pentirai e cesserai di offendermi . Voi però avete
anzi fallo peggio: a guisa dello stulto poledro che
tira i calci al padrone quando lo pasce , l'ingrassa
e tralta più bene, della prosperilà vi siete servili per
maggiormente peccare ; e Dio che ha fatto ? ha messo
mano alle avversità: Vocat per adversa.
286
Quelle disgrazie che vi sono accadute , e che voi
avete attribuite al caso , la morte di quel parente ,
la perdita di quel proteltore ; quelle infermità , quel
2

fallimento, quella tempesta... giovane, quella malattia


che li guadagnasti con quel peccato ; colui , donna ,
che li tradì, quell'altro che ti tolse l'onore, ed altre
simili avversità non erano già effetti del cieco caso ,
ma erano voci segrete di questo Padre amante ; erano
amorose saelle che vi scoccava egli stesso per arre
starvi e farvi tornare addietro dalla via di perdizione.
Vedendo però che ciechi e sordi a questi avvisi se
guitavale innanzi nell'intrapreso cammino ,> si servi
del ministero degli angeli : Vocat per angelos.
Quella predica che casualmente ascoltaste in quel
dì in cui vi vedeste dipinto ; quel libro divolo che
vi capitò senza saper come, fra le mani ; quelle voci
improvvise e segrete che qualche volta si fecero sen
tir nel fondo del cuore e vi dicevano : Questa non è
vila da durarsi, ti può arrivar impensata la morte ។

muta vita, convertiti a Dio ; questi erano gli angeli


vostri custodi, ai quali il misericordiosissimo vostro
padre avendo data l'incombenza di procurare la vo.
stra salvezza, di essi e di altri consimili mezzi ser
vivasi per tirarvi a lui.
Il Signore però vide che tutto ciò non bastava : e
che per esser voi immersi nelle cure e negli affetti
delle cose vane di questo mondo eravate incapaci di
prestar orecchio alle voci segrete della sua grazia ;
che fece ? Tentò altra via, vi chiamò colla voce sen
sibile di altri uomini, come siete voi : Vocat per pa.
stores. Quante volte i vostri pastori in pubblici ra.
gionamenti dal sacro altare ed in private esortazioni :
quante altre i confessori ai tribunali di penitenza vi
hanno ammonito, corretto, pregato e scongiurato di
lornare a Dio ! Quante non ve ne hanno delte i vo:
287
stri genitori, i vostri maestri , e forse anche qualche
vostro vero e fedele amico. Eppure nemmen questo
è bastato.
Ecco finalmenle che il Signore , le cui misericordie.
non hanno numero, in vece di abbandonarvi , come
' vi merilavate , ha spedilo noi : Vocat per nos .
Ah ! si, questa missione è una particolare chiamata
di Dio, egli ci ha mandato qui a posta per voi, ca
rissimi peccatori; egli ci ha spianato la strada , egli
ha tolti lutti gl'impedimenti che si opponevano alla
nostra venuta : la sua ammirabile ed amorosa prova
videnza ha guidate le cose in maniera che la mis
sione si è felicemente incominciala e proseguita fi
nora. Se in questi giorni la sanità e le forze non ci
sono mancate, se vi abbiam detto qualche cosa di
buono, se le nostre parole vi hanno mossi e com
punti, a Dio solo ne dovete e la gloria e la gratitu
dine ; tutto è effetto della sua misericordia : grande
non solo in aspettare , ma più grande ancora in
chiamare i peccatori. Non è così ; polele voi du
bitarne ?

Terzo punto.

È vero, sento un peccatore che risponde sotlo vore,


è vero che Dio mi ha chiamato e mi chiama conti
nuamente ; ma siccome gli ho fatto sempre il sordo ,
ho paura che tornando ora a lui non mi voglia più
ricevere.... Ahl caro peccatore, che di' lu mai ? Tu
non conosci dunque l'amore immenso che arde nel
cuor di Gesù verso de' peccatori, e quanto sia ecces.
siva la sua misericordia in accoglierli ravveduti e
compunti. Per dartene un'idea torniamo al figliuol
prodigo .
Eccolo là in quel bosco. sotto una quercia , attor
288
miato dall'immondo suo gregge, mesto , pensieroso ,
afflilio , or piange e sospira, or si alza in atto di porsi
in viaggio, or si mette di nuovo a sedere .... che fa ?
Egli è entrato in sè stesso e considerando l' infelice
sua sorte, In se reversus , Misero me ! va , dicendo >

dove mi ha ridotto un genio malnato di libertà ? Quanti


servitori, in casa di mio padre abbondan di tutto, ed
io me ne muujo qui dalla faine: Quanti mercenarii
in domo patris mei abundunt panibus, ego autem hic
fume pereo. E vorrò io seguilare così? ... Ah che non
è possibile che io possa più lungamente durarla in
sì misera vita ! lo vado presto à morirmene come
una bestia fra queste selve. Ma che faròl tornar da
mio padre ? Ah ! l'ho troppo disgustalo ed offeso . E
qual disonore e vergogna per lui ,e per me presen
tarmegli innanzi con questi stracci in dosso , sì sor
dido e smunlo, e farmi vedere così in città : dall'al
ira parte io qui non ne posso più : tornami a conto
farmi coraggio ed andare : il padre è sempre padre:
qualche scintilla di amore forse conserverà ancora pel
suo cuore per me : questa mia stessa miseria lo mo.
vera á compassione, me gli gellerò ai piedi , e gli
chiederò perdono, piangerò i miei trascorsi, lo pre
gherò a ricevermi in casa, non più in qualità di figlio
chè non lo merilo, ma di servo. Su dunque andiano:
Surgam el ibo ad patrem meum et dicam ei : pater,
peccavi in cælum et coram te : jum non sum dignus
vocari filius tuus : fac me sicut unum de mercenariis
tuis.
Eccolo infalli che si alza coraggioso e risolulo in
piedi : lascia in abbandono la maturia dei porci; e
senza prender congedo dal suo barbaro padrone , si
melle in viaggio verso la pairia. Buon per lui che
l'ha indovinala ! Noi lo vedremo fra poco .
Dopo un lungo viaggio arriva finalmente alla sua
289
ciltà e precisamente vicino alla casa palerna, e vi ar
rivo in un tempo in cui suo padre stavasene in una
loggia per prender aria. Volge di lassù lo sguardo
lungo la strada , vede da lontano un giovane lacero,
smunto, e languido e mezzo cascante per la fame che
si avanza a passo lento , e il cuor gli dice : Ahl cosi
forse si sarà ridotto quel disgrazialo mio figlio! Il
povero giovane intanto , che già lo aveva conosciuto,
si andava avvicinando, fermandosi tratto tratto per la
paura, e alzando timorosi gli occhi verso di lui : av.
vicinatosi di più, s'incontrarono occhi con occhi e si
parlarono i cuori : il padre conobbe fra quelle sordi
dazze il sembiante del figlio ; conosciuto che l'ebbe,
gli si commossero le viscere , il cuore gli palpitò in
seno per la gioja ; lascia in un istante la loggia, corre
frettoloso per l'appartamento , precipita giù per le
scale, e va.... dove ? forse a chiamare i servi che nol
lascino accostare al palazzo ? forse ad implorare il
braccio della giustizia , perchè sia arrestato un figlio
che lo disonora così ?... Eh , non son questi i senti.
menti dell'amatissimo padre , che corre ansioso ed
anelante pel gran desiderio di presto abbracciare il
caro figlio. Ed oh ! quai diversi movimenti si eccita
rono allora nell'istesso sangue di padre e figlio ! Questi
cammina lento , perchè teme l'incontro di un padre
sdegnato, quello affretta i passi,> perchè spasima di
amore di presto abbracciare un figlio rayveduto. Il
figlio sia incerlo se debba restare indietro e darsi
alla fuga ; e il padre corre per trattenerlo , acciò più
non gli fugga. Ma ecco che il buon padre colle brac
cia aperte già il raggiunge, già si appressa. Il figlio
allora assicuralo dell'amore paterno , dà in un dirot
tissimo pianto , si butta in ginocchio in mezzo alla
strada , e con voci interrotte da lagrime e da sin
ghiozzi: Ah padre! grida , ho peccato contro il cielo
BIAMONTI. T. I. 19
290
e contro di voi.... Più volea dire; ma il padre non
gli dà il tempo, gli cade sul collo, e, piangendo an
ch'esso lo abbraccia , lo bacia e ribacia, se lo stringe
più volte amorosamente al seno, e : Oh figlio ! gli dice,
caro figliol sei vivo? Sei tornato? Oh quanla con
solazione mi dail oh giorno avventurato che è que
sto per me ! Olà , dice ai servitori , accorsi a questo
tenerissimo spettacolo, presto , andate e recale dalla
mia guardaroba il più prezioso vestito che sia : Cito
proferle stolam primam ; portatemi l'anello di dia
manti, che voglio porglielo in dito in segno dell'amor
che gli porto : Date annulum in manu ejus ; prepa
rate un sontuoso convito , uccidete il più grasso vi
tello delle mie mandrie : Adducite vitulum saginatum
et occidite: chiamate i parenti ; invitale gli amici, fate
venire quanti vi sono in città musici e musicali istro.
menti. Voglio celebrare oggi una gran festa per que.
sto mio figlio che io credeva morto , che per tanti
anni ho pianto perduto ed ora ho ricuperato vivo :
Mortuus erat et revixit : perierat et inventus est.
Che dite, uditori ? che ve ne pare di questo buon
padre ?... È egli possibile che se ne trovi un eguale
fra gli uomini ?... Ah che se non trovasi fra gli uo
mini, trovasi bene in Dio. Gesù Cristo è questo pa
dre si sviscerato ed amante verso dei traviati suoi fi
gli, in questo egli ha descritto sè stesso e ci ha dato
un'idea del suo amantissimo cuore... Ah ! se potes
simo vedere l'amore immenso che arde in quel cuore
divino verso de' peccatoril vh come gli correremmo
in seno ravveduti e compuntil vi basti il sapere che
per i peccatori si fece ancor esso, direi quasi, un al
tro peccatore, assimigliando in tutto ad essi fuorchè
nel peccato di cui era incapace : del resto per i pec
catori nacque, con essi conversò , con essi mangiò ,
>

con essi visse : si addossò la pena dovuta ai loro pec


294
cati, si fece loro avvocato presso il suo divin Padre,
protesto che il suo cibo era il salvarli. Per essi durò
fatiche, soffri stenti, versò sudori, sparse sangue, mori
sopra una croce fra un mare di dolori e di pene , e
di più questo mare parvegli un calice, un sorso per
la grandezza dell'amore che loro portava.
Nė vi cadesse mai in pensiero che tanio amore che
ebbe pei peceatori in terra più nol conservi regnante
su in cielo. Ah ! no ; egli è Dio, e Dio non si muta.
Era glorioso alla destra del Padre quando comparve
e parlo a s. Carpo ( Euseb .) Queslo santo , spinto da
uno zelo troppo ardente, lo pregava a vendicarsi di due
peccatori, i quali avevano abbandonata la sua fede, ed
erano coi loro mali costumi cagione di scandalo ai
loro concittadini. Gesù Cristo scese visibilmente dal
cielo, gli si fece innanzi e dandogli una severa oc
chiata : Che preghiere sono le tue, gli disse: vuoi che
prenda vendetta dei peccatori ? E non sai tu che mi
costano il sangue, che son morto per essi, e che se
fosse bisogno lornerei sulla terra a morire un'altra
volta per salvarli ? .
Tutto è vero, padre... ma io temo di essere da Dio
abbandonato... Ah, fratello che dici tu mai ? Senti:
può darsi fra gli uomini un marilo, il quale côlta più
volte in fallo l'infedele sua sposa la rimella in casa
e seguili a portarle amor come prima? Ma se questo
marito non troverassi fra gli uomini: io, dice Dio per
bocca del profeta Geremia (Jerem. 5) , io ho questo
buon cuore con l'anima peccatrice: torna pure, anima
mia diletta , torna, non temere , chè mi troverai qual
fui : Tu autem fornicata es cum amatoribus multis :
tamen revertere ad me, dicit Dominus, et ego susci
piam te. Più ancora : è possibile, ripiglia per Isaia, che
si dia , una madre di cuore si duro, di viscere sì inu
mane che non si muova a pietà di un tenero suo fie
292

glio , ma lo abbandoni e lasci miseramente perire ?


Eppure se questa madre si desse, io però non mi di
menticherò mai di te, mio caro figlio , peccator rav
veduto : stanne pur sicuro, non li abbandonerò : Nun
quid oblivisci potest mulier infantem suum , ut non
misereatur filio uteri sui ? et si illa oblita fuerit, ego
tamen non obliviscar tui ( Isaia 49) . Così parla Dio :
di che dunque temi lu, peccator mio caro ?
Ah ! i miei peccati son troppo grandi. Ma la mise
ricordia di Dio è infinitamente più grande : e questo
sangue prezioso sparso per te ha virtù di lavare non
solo i luoi, ma i peccati di tutto il mondo. E che pec
cali hai mai tu fatto ! sei forse stato un bestemmia
Tore ? Lo fu anche Paolo, ma perchè se ne pentà, ec
colo fra i primi apostoli e fra i più gran santi del pa
radiso . Hai rubalo ? ... Mira un ladro là sul Calvario
sopra una croce , dove l'hanno condotto i suoi furli,
che, chiedendone perdono a Cristo, non solo l'ottiene ,
ma muore da santo. Fosti un disonesto ? Lo fu anche
un Agostino, eppure lo veneriam sugli altari, perchè
si penti e lasciò le sue disonestà. Tu, donna, sei stata
forse una pubblica peccatrice ? Lo furon anche una
Pelagia, una Taide, una Maria Egiziaca, una Marga
rila di Cortona, ec. , eppure ora sono sante. Di che
dunque lemi tu?
Temo, perchè più volte mi sono già abusato della
divina misericordia, promettendo al Signore di non
peccar più e poi tornando sempre a peccare peggio
ancora di prima. Ma, dimmi, questa volta sei risoluto
da vero ? Ah ! padre , sì. Se Dio mi fa la grazia di
perdonarmi, piullosto morire che più offenderlo... Non
temer dunque, che quand' anche lo avessi abbandonato,
e poi lornato ad abbandonare le cento e mille volte,
io li assicuro e le ne do parola a suo nome che ti
perdona; ed acciocchè non creda ch' io troppo mi
293
avanzi , ascolta il caro diverbio ch'ebbe un dì con
s. Pietro : Rogavi pro te, Petre, Sappi, o Pietro, ch'io
ho pregalo per te : dopo che mi avrai rinnegato ed
io ti avrò perdonato e dato le chiavi del cielo , altro
ricambio da te non voglio, se non che rimiri con oc
chio benigno ed accolga con viscere di misericordia
i peccatori. Et tu aliquando conversus confirma fratres
tuos. Bada bene , o Pietro , non me li sgridare ; fa
cuore ai limidi ; te li raccomando... Ma, Signore, quali
peccati dovrò io perdonare ? Quali sono i delitti che
voi riservate al vostro tribunale e sopra de' quali non
si estende la potestà che mi date ? Ah , Pietro, non mi
conosci ancora. Io non mi riserbo alcun peccato : per
enormi che siano i misfatti, quando i peccatori ver
ranno contriti a confessarli a'tuoi piedi, alza pure la
mano ad assolverli in terra ch'io li assolverò dal cielo.
Quæcumque solveris super terram, erunt soluta et in
colo... Ma. Signore, quante volte poi mi dale licenza,
di assolvere lo stesso peccatore ? Se ricade in peccato
due, tre, fino a selte volte, potrò avanzarmi , ma poi
non più ; è vero ?... Ah ! Pietro, tu vuoi mettere limiti
alla mia misericordia ed io la voglio illimitata. Non
dico selte volte , ma selle volte settanta , cioè tutte ,
>

tutte le volte che il peccatore veramente pentito verrà


a confessarsi, assolvilo pure ; Non dico tibi septies,
sed septuagies septies. Oh care parole ! oh bontà! oh
misericordia di Gesù !
Che più vi resla a temere, carissimi peccatori ? che
volete di più ? Volele forse ch'egli sia il primo ve
nirvi incontro ad offerirvi il perdono ?... E non lo ha
falto le tante volie e nol fa anche adesso ? Perchè
tiene stese le braccia su questa croce, perchè ha vo
luto aperto dalla lancia cotesto lato, se non per voi ?
Udile le amorose sue voci : Venite ad me omnes qui
laboratis et onerati estis. Oh povere anime oppresse
294
Jal peso de' vostri peccati, venite al mio seno , hon
lemele ; io vi amo quasi altreilante mie sorelle, anzi
spose ; apritemi dunque , apritemi ; non mi fate più
a spettare: Aperi mihi, soror mea sponsa.
E ancor temete, e che ha da fare di più ?... Volete
forse che stacchi le mani e i piedi da questa croce e
scenda in persona a umiliarsi a voi ?... Oh, infinita
bontà di Dio , ancor questo è pronto a fare ; lo fece
con Giuda nell'ultima cena ; udite fino a qual segno
arrivi la misericordia infinita di Gesù Cristo. Giuda
aveva di già macchinato seco stesso e stabilito cogli
empj sacerdoti l'orribile tradimento del suo Maestro
e non aspeltava che la favorevole occasione per ese
guirlo : il Signore sapeva tutto ; eppure , eccolo nel.
l'ultima cena che si alza dalla mensa, si cinge i fian
chi di un pannolino, prende un vaso di acqua, se ne
>

tva, forse anche per il primo, innanzi Giuda, s'ingi


nocchia a' suoi piedi e glieli lava ; e lavandoli : 0 Giuda,
gli avrà detto al cuore, Giuda, pensa a quel che fai!
Un Dio umiliato a’tuoi piedi il’ntenerisca : lascia l'em
pio disegno : non mi tradire. Quel cuor di macigno
però vieppiù si indura : Gesù Cristo torna a fargli
un'altra finezza , dandogli alla mensa , cui si era ri
posto a sedere, un pezzo di pane intinto ; ed egli an
cor più si ostina : esce dal cenacolo, va dai sacerdoti,
vende Gesù, si mette a capo dell'infame sbirraglia e
s'incammina all'orto ; dà loro il segno per conoscerlo,
e li avvisů a legarlo ben bene, acciò non scappi : Du
cite caute; colà giunto , sollo sembiante di amico si
appressa a lui, stende le braccia, accosta le immonde
>

labbra al suo volto , e col segno d'amore il più te


nero , cioè con un bacio, lo Tradisce. E Gesù Cristo
che se lo vede venire innanzi, che sa la sua perfida
intenzione, che penetra il cuore maligno e crudele di
questo mostro, che fa 9 ... Chi non direbbe che lo in .
295
cenerisce con mille folgori, o il fa vivo inghiottir dalla
terra 9 Eppure non è così; se lo lascia accostare, lo
abbraccia, riceve l'infame bacio e di più lo chiama
amico... Amice, ad quid venisti ? Oh, eccesso di mi
sericordial Oh. bontà infinital che non poteva trovarsi
fuorchè in un Dio che è la stessa bontà per essenza !
Or dopo ciò, chi avrà più timore di tornare in seno
di sì amante Signore ? Se s'inginocchia e lava i piedi
a un perfido traditore, se lo abbraccia , se ne riceve
i baci, se il chiama amico , che non farà a te, caris
simo peccatore, se a lui ritorni addolorato e compun .
to ? Oh come ti abbraccerà , con qual tenerezza di
amore ti stringerà al suo senol che baci di pace soa
vissimi farà all'anima tual ...
Ti tralterà anche meglio, l'ho da dire? ... il dirò, per
chè l' ha detto cgli stesso meglio delle stesse anime
innocenti che non mai l'abbandonarono. Ecco le sue
stesse parole; Dico vobis, quod ita gaudium erit in
cælo super uno peccatore pænitentiam agente , quam
super nonaginta novem justis, qui non indigent peni
tentia (Luc. 15). Dio immortalel che espressione evan.
gelica è mai questa l si farà in cielo una festa più
grande e più lieta per la conversione d'un solo pec
calore che per la salute di novantanove anime giuste !
Che può dirsi di più ?
E non è forse così ? Chi sono in cielo quelli che
vi fanno maggior figura ? nel coro degli apostoli chi
sono i più sollevati ? Un Pietro spergiuro , un Paolo
persecutor della Chiesa. Nell'ordine de' dottori, il più
illuminato chi è ? Un Agostino, stato per lungo lempo
eretico e sensuale. Fra le vergini, qual più vi risplende
d'una Maddalena che pur fu un tempo lo scandalo
della città ? Che dirò delle finezze fatte da Gesù Cristo
in terra e della gloria compartita in cielo alle Mar
gherite di Cortona, ai Guglielmi d' Acquitánia e ad
296
innumerabili altri che furono un tempo insigni pec
catori e poi fervidi penitenti ?
Ah i se è cosi , che indugio di più ? chi mi trattiene
ancora ? Ah l... voglio andar da mio padre , surgam
et ibo ad patrem meum .
Perdono, o padre, perdono ; io son quel prodigo....
io son quel figlio sconoscente e ingrato che tanto vi
offesi; vengovi oggi innanzi, pieno di vergogna per
que' miseri cenci che porto indosso ... Non ho più
nulla di tanti beni paterni.... dissipai lutto il prezzo
del vostro sangue. Dissipavi omnem substantiam. Ora
torno a casa, non perchè mi riceviate qual figlio chè
più nol merilo, ma perchè mi diate luogo tra i vostri
servi : Jam non sum dignus vocari filius tuus, fac me
sicut unum de mercenariis tuis. Non mi abbracciate,
o padre, non mi baciate : indegno io sono di tali fi
>

nezze ; i piedi vi domando , i piedi : a questi, a cui


piansero tanti peccatori miei pari, e vi trovarono grazia
e perdono , a questi mi prostro. Cari piedi, che mi
correste dietro cercandomi per le perdute mie strade
e tanto avete corso che mi arrivaste, vi abbraccio,
e stringo e bagno colle mie lagrime. Ah ! che mai
più fuggirò da voi : qui fisso la mia dimora : qui re
sterommi tutta la vila a piangere, e a ricordarmi che
io era perdulo e voi mi cercaste ; ero morto, e voi ,
mio Dio , mi deste la vita .

offe
5

MEDITAZIONE XII.

Sulla potenza e pietà di Maria Santissima.

In me me omnis spes .
Eccl. 24.

Se il figliuol prodigo che ci servì di esemplare e


di scorta nella meditazione passata , avesse avuta la
madre, credete voi che avrebbe provato tanta difficoltà
e tanta pena in risolversi di far ritorno alla casa pa .
terna e gittarsi ai piedi dell'abbandonato suo padre ?
Io sono persuaso di no , imperocchè fra le sue per
plessità, timori ed angustie, ricordandosi della madre,
sarebbe andato fra sè discorrendo così : Se mio padre
giustamente sdegnato per il gran torto fattogli, non
mi vorrà ricevere , andrò da mia madre : le madri
sogliono essere più pietose verso dei loro figli: mia
madre è tale : essa mi ha sempre amato , e chi sa
quante lacrime sparge tuttora sopra di me e quanto
desidera il mio ritorno ! Ah ! che al vedermi in uno
stato si deplorabile non è possibile che non s'inlene.
risca il suo cuore, non si commovano a pietà le sue
viscere e non concepisca per me sentimenti di com
passione e di amure ; voglio dunque andar da mia
madre; ella penserà a placarmi il genitore : per mezzo,
di lei tutto andrà bene.... Così, cred'io, avrebbe fra sè
pensato questo giovane ; ma la madre non l'aveva più ;
almeno dal silenzio del Vangelo , che nulla ne dice,
298
possiamo giustamente dedurre che non l'avesse. Questa
madre però, miei cari uditori, l'abbiamo noi, ed oh !
quanto amabile, quanto amante, quanto pietosa ? Questa
è Maria. Ah ! cari peccatori, che -tuttavia timorosi,
angustiati ed oppressi dal peso enorme de' vostri
peccati, non vi sapele risolvere di andar ai piedi del
vostro oltraggiato Padre, itene dalla Madre : ricorrele
a Maria ! Ah ! ch'ella al vedervi in uno stato si misero
non potrà a meno d'intenerirsi ; il suo cuore è più
amante, più tenero di quello di tutte insieme le madri :
le sue viscere sono tutto pielà e compassione verso dei
traviati suoi figli. Ella placheravvi il Padre, calmerà il
suo sdegno, disarmerà il suo braccio, vel renderà propi.
zio ; per di lei mezzo sarete da lui ricevuti, ben accolti
ed amorosamente trattati, come prima o più ancora , in
sua casa. Ed acciocchè questi sentimenti di speranza
e fiducia in Maria nascano e si accrescano in noi, esa
miniamone i fondamenti. Due sono i fondamenti su cui
deve necessariamente appoggiarsi ogni ben concepita
speranza, la potenza e la pielà nella persona su cui si
spera : poichè se è potente ci può ajutare, se è pie
tosa il vuole ; una che manchi di queste due qualità,
la speranza è vana ed inutile : se è potente, ma nou
pielosa, potrà ma non vorrà ; se è pietosa e non po
lente, ancorchè voglia non potrà prestarci soccorso .
Or questi due fondamenti essenziali alla speranza, oh
in qual maniera eminente e sublime trovansi in Maria !
Ella è tanto potente presso Dio, che a qualunque siasi
peccatore, per quanto enormi siano i suoi peccati e
disperato sia il suo caso, purchè ella interceda, può
assolutamente oltenere il perdono. Lo vedremo nel
primo punto. Ella è poi così amante pietosa che gua.
lora lei ricorra come si deve , vuole efficacemente
ottenerglielo. Lo vedremo nel secondo punto. Oh, quanto
son dunque ben fondale le speranze in Maria 1 Quanto
è saggio che a lei si abbandona ! Con quanta ragione
ella stessa ci assicura colle parole che vengonle ap
propriate dalla Chiesa , che la speranza della vita
eterna per tutti sia riposta nelle sue mani. In me
omnis spes vitæ . Ma veniamo alle prove.
Per formare una qualche idea, giacchè il capirla
perfettamente non è a noi possibile, della gran po
tenza di Maria presso Dio, diamo, uditori, due occhiate;
una ad essa, considerando le sue immense grandezze,
l'altra a Dio, riflettendo a quegli strettissimi ed inef
fabili rapporti che passano tra lui e dessa . Chi è dun
que Maria ? Ella è quella donna predetta da tanti
profeti, preconizzala in cento oracoli,, adombrala in
mille figure, sospirata dai patriarchi, aspettata dai se
coli, desiderata dalle genti, venerata dagli angeli, en.
comiata dai padri, lodata dai santi, la delizia, insomma,
il gaudio, il sostegno della Chiesa , della terra e del
cielo. Quella donna, cui per innalzare Dio fece quasi
uno sforzo dell'onnipotente suo braccio, conforme ella
cantò nel suo famoso canto profetico : Fecit potentiam
in brachio suo Fecit mihi magna, qui potens est
( Luc. 1, 51, 49) ; talchè, creatura, che resti tale, non
>

può esser innalzata di più : avendo, come dice l'An


gelico, una dignità quasi infinila di cui non può darsi
rosa più sublime e perfetta : Habet quamdam infini
tam dignitatem , ex bono infinito quod est Deus, et
ex hac parte nihil potest aliquid fieri melius. Quella
donna perciò tiene il primato in tutti gli ordini di
natura, di grazia e di gloria. Lo tiene nell'ordine di
natura, perchè superiore agli uomini, superiore agli
angeli, superiore e primogenita di tutte quante le
creature uscite dalle onnipotenti mani di Dio : Ego
primogenita prodivi ante omnem creaturum (Ecel. 24,5 ).
Dio la possedeva già dagli anni eterni, nulla aveva
ancor creato ed ella era nella sua mente : non esisteva
300
la terra, non vi eran gli abissi, non sgorgavano ancora
i fonti, non si erigevano sulle loro basi le gravi moli
de’monti, e Maria già nella sovrana idea era fatta : le
sedeva a fianco quando creava quest' universo, comº
piacevasi di averla spettatrice della grand'opera : anzi
di più dopo la sua gloria, ordinava il tutto lei , co
sicchè, dice s. Bernardo, per essa principalmente fu
fatto il mondo. Propter hanc totus mundus factus est
(S. Bern. serm . 7 in Salve Reg). Creava Dio la luce,
ma aveva di mira un'altra luce infinitamente più
bella, che Maria avrebbe un di portata al mondo ;
formava il sole, ma perchè servisse a lei d'un nobile
ammanto ; chiamava le stelle, librava in cielo la luna,
e quelle destinava a incoronar la sua fronte, queste a
formare lo sgabello a'suoi piedi : e la terra ed il cielo,
e gli uomini gli angeli , tutti secondariamente per
Maria furon fatli, perchè di tutti fosse l'augusta re
gina : Propter hanc totus mundus factus est.
Ma dell'ordine della natura è senza paragone più
nobile quel della grazia , e in questo ancora ebbe il
>

primato Maria. Lo ebbe perchè, come con rigore sco


lastico provò l'esimio Dottore, ella sola fino dal primo
istante della sua immacolata concezione , ricevè da
Dio più grazie che tutti insieme gli angeli e i santi:
che se a questa prima grazia si aggiunga quella che
questa prudentissima Vergine acquistò ne' settant'anni
circa che visse, de' quali non lasciò andar vuoto, non
dico un anno, un mese, un giorno, ma nemmeno un
momento ; ma sempre la trafficò e moltiplicò in ogni
istante, perfino quando dava al suo purissimo corpo
il necessario riposo, essendo scritto di lei : Ego dor.
mio, cor meum autem vigilat (Cant. 5, 2 ) : ne' quali
anni esercitò continuamente gli atti di tutte le virtù,
in un grado più sublime ed eroico cui sia mai giunta
o possa giungere alcuna pura creatura; se, dico, questi
301
suoi immensi acquisti si uniscano a quel suo primo
prodigioso capitale di grazia , oh Diol qual cumulo
slerminato non si viene a formare ? Chi può misu
rarlo ? Chi può capirlo ? Ben a ragione il suo glo
rioso antenato, il santo profeta David ( Ps. 86, 1 ), che
..C
con profetico lume vide questo gran cumulo , la di
chiarò una mistica Sionne fondata sulla cima de'monti
Et
santi, e più amata da Dio di tutti i tabernacoli di
le
Giacobbe ; ed il profeta Isaia (Is. 2, 2) , casa del Si
>

guore che si estolle sulle velte degli alti monti, per


chè, come spiega s . Gregorio , la grazia e santità di
>

Maria sorpassa quella di tutti i santi. Mons quippe in


vertice montium fuit, quia altitudo Mario super omnes
sanctos refulsit (S. Greg. in lib. 1 Reg. 1 ) ; talchè
possiam dire , che dove quella finisce, questa inco
>

mincia; non esagerò l'arcangelo Gabriello annunzian


dola piena di grazia e sopra piena coll'imminente di
scesa in lei dello Spirito Santo. E il suo Sposo divino
confermò il tutto allorchè disse ( Prov. 31, 29), che
se inolle sono le figlie che hanno radunate ricchezzze,
questa predilella sua sposa le ha superate tutte ; e
che se delle fanciulle non vi ha numero, la sua perfetla
però, la sua cara (Cant. 6. 7 ), quella che l'ha ferito
di amore , è questa sola. Oh grazia ! oh santità di
Maria !
E chi dopo ciò potrà contrastare a questa gran
Vergine il primato altresì della gloria su in cielo ?
La base , dirò così, dei troni del cielo è la grazia
santificante posseduta, e la virtù in forza di essa eser
citata qui in terra ; quanto quella è maggiore e questa
più eroica, tanto più quelli s'innalzano. Maria nell'una
e nell'altra superò tutti, dunque lutti superò nella
gloria , di tutti siede lassù qual sovrana augusta re
gina ; regina de' patriarchi, perchè di essi ebbe più
viva la fede; regina de'profeti , perchè del loro fu
302

più penetrante il suo lume ; regina degli apostoli,


perchè fu più ardente il suo zelo : regina dei martiri,
perchè soffrì di essi un più lungo e tormentoso mar
lirio ; regina de' confessori, perchè più eroiche eser
citò le virtù : regina delle vergini, perchè più puro e
illibato fu l'immacolato suo giglio ; regina insomma
di tutti i santi e di tutti gli angeli, perchè di tutti
fu più perfetta e più santa ; e regina tale, che, come
attesta il Damiani, fra essa e tutti gli altri servi di
Dio avvi un'infinita distanza : Inter matrem Dei et
servos Dei infinitum est discrimen (Ort. de dormit.
Deip.).
Orio argomento così : se Maria è tanto grande,
lanto santa, così favorita e innalzata da Dio, quanto
non potrà presso lui ?... S. Michele Arcangelo poté
tanto su in cielo, che guerreggiando contro il superbo
Lucifero e l' innumerabile esercito degli angioli apo
stati suoi seguaci valse a farli precipitare giù nel
l'abisso ; che dovrà dunque dirsi di Maria, di s. Mi
chele non solo ma da tutti gli angeli regina ? Mosè,
mortale ancora su questa terra, fu si caro a Dio, le
sue orazioni ebbero lanià efficacia presso lui che
placò il suo sdegno altamente irato contro il popolo ;
che conduceva nella terra promessa ; disarmò il suo :
braccio già pronto a farne scempio ; salvò la vita a
tre milioni circa di anime, quante appunto de inclu
deva quel popolo : e gli oltenne con sì poco il per
dono pel più enorme di tutti i delitti qual è l'idola- ..
tria e delle infami disonestà che ne vennero in seguito.
La gran Vergine, di cui Mosè non è che un servo,
quanto potrà di più 1... Se Dio in grazia di questo
profeta perdonò a tanto popolo eccessi si enormi, in
grazia di questa Vergine che ama immensamente di
più, non perdonerà a voi peccatori miei cari, i vo
stri peccati che non saranno forse sì grandi ?
305
Ditemi : se comparisse qui alla vista di tutti noi
un angelo e si facesse conoscere in guisa tale che non
o ci restasse dubbio alcuno essere un vero angelo spe
dito da Dio, e dicesse : Popolo mio, allegri : vi porto
VI una gran nuova.... Sappiate che il paradiso è tutto
impegnato per voi : noi angeli quanti siamo, gli ar
o cangioli, i principati, i troni, le dominazioni, le potestà,
i i cherubini, i serafini, tutti preghiamo per voi; per
i voi pregano altresì i patriarchi, i profeti, gli apostoli,
id i martiri , i confessori, le vergini : quanti sono gli
abitatori del cielo tulti traltano la vostra causa , im
plorano lutti per voi pietà, e sono sommamente im
pegnati per avervi un dì compagni su in cielo ... A
agli questo annunzio qual gioja non innonderebbe il no
stro cuore ? Chi più dubiterebbe di sua salvezza ?
Chi, per quanto grandi fossero i suoi peccati, non si
terrebbe sicuro il paradiso ?... Ah, cristiani ! Sol che
preghi per noi Maria, è assai più : protetti, difesi, pa
trocinati da lei siamo molto più sicuri. E perché ?
perchè ella sola può innanzi a Dio più di tutti, e
perchè di lutti è immensamente da lui più prediletta
ed amata : Diligit Dominus portas Sion super omnia
tabernacula Jacob. Ma per restare ancor più persuasi
di questa verità, diamo l'altra occhiata a Dio, consi.
derando i strettissimi rapporti che passano tra lui e
he questa gran Vergine ; e fermiamoci in questo solo
Tel d'averla eletta per madre. Qual rapporto, qual vin
colo più strello e più ineffabile di questo ? Maria ,
il come vera madre di Dio , aveva sopra di lui tulla
ME quella autorità e quel dominio, che la natura, le leggi
AY umane e divine danno alle madri sopra de' loro figli:
essa n'era il capo : aveva tutto il diritto di coman
el darlo : e Gesù Cristo , che come figlio era soggetto,
TV di giustizia era obbligato a ubbidirla ; e di fatto averle
prestata quest'umile ubbidjenza, ce ne assicura il
304
Vangelo , Erat subditus illis. È ben vero che ora ,
7

glorioso alla destra del Padre, non è più sotto la ma


terna potestà, nè più in verun modo soggetto a Maria;
ma è vero altresì , e sarà sempre vero, che un giorno
il fu , e Maria sarà in eterno sua madre . E qual ma
dre ? Madre la più amabile e più amante che siasi
mai dala o possa darsi : madre che si è sempre por
lala così bene verso il suo figlio , che non vi è cosa
che non siasi merilata : madre purissima, perfettis
sima ; madre, in una parola, di Dio ; ed una tal madre
quanto qon sarà potente presso il suo divin figlio ?
Qual cosa potrà egli negare ? Ah ! che ella, dicea pur
bene il sullodato s. Pier Damiani ( Serm . Nat. B. V.),
ella se ne va innanzi a lui non a modo di chi prega,
ma di chi comanda; non in qualità di serva, ma di pa
drona; Accedis ad illud humanæ reconciliationis altare,
non solum rogans sed imperans: domina, non ancilla.
Quindi all'impero di Maria non solo obbediscono e
cielo e terra, uomini, angeli e demonj , ma... l'ho da
dire ? il dirò perchè prima di me lo ha detto quella
gran tromba dello Spirito Santo, figlio amatissimo di
Maria, s. Bernardino da Siena, ma all'impero di Maria
ubbidisce lo stesso Dio : Imperio Virginis omnia fa
mulantur, etiam Deus (Tom . 2, Serm . 61 ) . Dio ubbi.
diente a Maria ? l'infinito , l'immenso, l'onnipotente ?
Sì : ubbidiente a Maria. Dunque io ripiglio ella è al
Tresi onnipotente ; Dio lo è per natura , Maria per
grazia ; Dio, volendo, Maria, pregando ; onnipotente la
riconoscon di fallo un s. Germano, un s. Bernardo ,
e comunemente i padri , cosicchè in loro linguaggio
non v'è almondo peccatore si malvagio, sì empio, si
disperalo, cui non possa ottenere dal suo divin figlio
misericordia e perdono. Tu peccatorem, così per tutti
asserisce e conchiude sant Anselmo , toti mundo de
spectum materno affectu complecteris, nec ipsum de
seris, quoad usque Deus ipsum sua gratia reconciliet.
305
Ah ! s’è così , che fai, peccator mio, che porti an
cora sull'anima il peso enorme delle colpe ? perchè
non ricorri a Maria , di che temi , qual cosa ti trat
tiene 9... Ah ! ju mi rispondi , non dubito di sua po
tenza ; so che può ottenere grazia e perdono , non
solo a me, ma a tutti i peccatori del mondo ; ciò che
mi rende timoroso e restio è il timor che non voglia :
i miei peccati son troppo grandi , sono stalo finora
un ingrato , un empio , non solo verso il suo divin
figlio ,> ma contro di lei ancora.... Sia pur cosi : ma,
dimmi, sei ora pentito ? vuoi mutar vita ? sei risoluto
di ricompensare le passale lue ingratitudini con al
trettanto amore a Gesù e a Maria ?... Ah ! s'è così ,
coraggio , mio carol vanne pure da Maria , pieno di
speranza, pien di fiducia, anzi di sicurezza : io da sua
parte ti do parola che ti accoglierà pietosa, ti abbrac
cierà qual figlio, ti riconcilierà con Dio, ti farà salvo,
imperocchè non solo il può, ma il vuole ancora .
Ed acciocchè ognun vegga e sia persuaso che non
mentisco od esagero, ma ch'è veramente così ; su via,
apriamo i tesori inesausti della pielà e misericordia
di questa amantissima madre verso de' peccatori. Ma
qui , uditori , confesso il vero , io mi confondo e mi
perdo ! parmi di essere quasi un piloto inesperto in
mezzo ad un vastissimo oceano, ove altro non iscor
gendo che acqua e cielo , non sappia da qual parte
volger la prora del suo naviglio per giungere al so
spirato porto. E come , e dove, e da qual parte co
mincerò io a solcare, dirò così, l'immenso mare della
pielà di Maria ? Ovunque io mi volgo, io non ne scorgo
che tratti ammirabili, effetti prodigiosi, prove impos
sibili ad esaurirsi.
. Guardo le antiche figure colle quali Dio volle adom
brare questa gran Vergine tanti secoli pria che na
scesse , e scorgo in esse altrettanti simboli i più vivi
2

BIAMONTI. T. I. 20
306
ed espressivi di pietà e di salute. Ecco l'arca di Noè
che nell'universale naufragio del mondo salva da morie
non solo la specie dell'uomo innocente, del mansuelo
agnello e della pura colomba, ma del fiero leone ezian
dio, dell' inumana tigre e delle altre bestie immonde
e selvaggie. Bella figura della pietà di Maria, nel cui
seno trovano scampo e rifugio non le sole anime giu
ste, innocenti, ma i peccatori ancoral...
Mirale quell'iride meravigliosa che Dio, dopo 'il di
luvio, pose fra le nubi per segno che mai più avrebbe
mandato al mondo un sì tremendo castigo, protestando
che questa sarebbe stala quasi la caparra della nuova
alleanza che contraeva coll'uomo ; che se mai altra
volta sdegnato contro di lui pensasse di farne scem
pio, al solo mirare quell'arco sarebbesi placalo il suo
sdegno. Parla Dio ( Gen. 9 ) , e riparla con Noè di
quest'arco, e ne ritorna a parlare, talchè pare che ne
sia, dirò così, innamorato. Che aveva mai di buono
>

in sè stessa, una rifrazione colorita di ùn raggio del


sole fra le nubi, come poteva rapire così il cuore di
un Dio ? Quale mistero v'era sotto ? ed il mistero al
dire dei sacri espositori, era Maria. Questa, sì, questa
è la vera iride di pace che Dio mirava in quella, la
quale placa l'ira sua, disarma il suo braccio, ottiene
al mondo grazia e perdono.
Ecco là vicino alla fonte di Mesopotamia la graziosa
Rebecca , la quale richiesta dal servo di Abramo di
un sorso di acqua, si arresta subito, gli sporge il vaso,
e di più si esilce pronta ad abbeverare, come fece ,
collo stento delle sue braccia, gli stanchi camelli che
aveva seco. Ecco un altro bel simbolo della gran pietà
di Maria , che avrebbe un dì versate le goccie della
>

sua misericordia non solamente sopra i servi fedeli del


suo Signore , ma sopra i peccati ancora figurati in
>

que' gobbi e puzzolenti animali. Che dirò della pru


307
dente Abigaille e della saggia Tecnite , che ambedue
placarono l'animo irato del re Davide ? Che della fa
mosa Giuditta ? Che della rnagnanima regina Ester ?
l'una e l'altra sì pielose, si amanti della loro nazione,
che posero a repentaglio la propria vita per salvarla
dalla persecuzione di fieri nemici che le preparavano
il totale esterminio ?
Che se, uditori, le ombre e figure di Maria furono
si pietose , sì amanti , di cuor sì ben fatto, che non
dovrà dirsi di lei ? Quanto sarà ella più pietosa ed
amanle ? Qual cuore simile al suo potrà darsi ?
Ma ascoltiamo le sue stesse parole, che proferite
dalla divina Sapienza vengono a lei dalla Chiesa e
dai Padri applicale : 1o , dice , io sono una madre sì
amante che ben posso chiamarmi madre di bell’amore !
Ego mater pulchræ dilectionis (Eccl. 24, 25). La grazia
e la verità , la speranza della vita e della virtù sono
in me ! In me omnis gratia vice et veritatis, in me
omnis spes vitae et virtulis. Venite, dunque a me, voi
lulli che mi desiderale , e sarete pieni e ricolmi di
celesti benedizioni , che sono i frutti che da me si
dispensano : Transite ad me omnes qui concupiscitis
me, et a generationibus meis adimplemini. Non vi sia
chi tema , niuno si arresti, ho grazie per lulti, giu
>

sti e peccatori, venite pure : il mio spirito è più dol


ce , più soave del miele ! Spiritus enim meus super
mel dulcis.
Oh, care parole ! oh, voci, non voci, ma piultosto
vampe di amore l ... E chi dopo questo potrà più du
bitare che Maria non abbia un cuore tulto pietà e
tenerezza verso de' peccatori che in lei sperano , a
lei si abbandonano ?
Ma per accertarsene ancor di più , consultiamo le
ragioni ch'ella ha per amarli. Sono queste sì forti, sì
efficaci e potenti, che quand'anche, per impossibile ,
308
volesse , non potrebbe non amarli. Imperocchè, o
>

guardi Iddio, o miri sè stessa, o volga gli occhi so


pra i peccatori medesimi, non può a meno l'amoroso
suo cuore di non provare una - dolce violenza che ad
amarli la costringa. Se guarda Iddio ( e come nol
guarderà ? s'ella il contempla su in cielo con un lume
di gloria che supera quello di tutti insieme i beati),
ben sa che il Padre delle misericordie , è il Dio di
tutta la consolazione , che vuol non la morte, ma la
>

vita del peccatore, e che quando il punisce, il fa quasi


per forza, tiratovi dalla sua giustizia ; onde arrestar
gli in mano il flagello e dar luogo alla sua misericor
dia >, è far cosa sommamente grata all’amorosissimo
suo cuore. Sa di più quanto egli ha fatto e sofferlo
pei peccatori. Per i peccatori essa stessa il veslì nel
verginale suo seno di umana carne , il vide nascere
e vagire bambino in una stalla, fu le tante volte spet
tatrice delle fatiche e stenti che soffri , de' sudori e
delle lagrime sparse. Con questi esempj sott'occhi di
un Dio che immensamente amava , cui era perfettis
simamente unila di pensieri, di affelli, di volontà e di
cuore , ah ! chi può immaginare l'incendio di carila
che arder doveva in quel pietosissimo cuore verso
de' peccatori ? Se l'amor verso Dio accese nell'anzi
detto Mosè tanto amor verso il peccatore suo popolo,
che arrivò a dixe al Signore , vedendolo risoluto a
farne scempio : 0 perdonategli il gran peccato che ha
commesso, o cancellate me dal vostro libro (Ex . 52) ;
se un Paolo, spinto dalla stessa carità verso Dio, pro
vava, come esso stesso confessa ( ad Rom . 9 ) , una
somma tristezza, ed aveva il cuore trafillo da un con
tinuo ed acerbo dolore per i suoi Israeliti che vedeva
andare a perire per la loro ostinatezza in non voler
riconoscere Gesù Cristo, e giunse fino a protestare con
sentimento maraviglioso ed eroico eguale a quel di
309
Mosè , che desiderava esso stesso essere separato da
Cristo purchè quelli vi fossero uniti ; che non dovrà
dirsi di Maria, il cui amore verso Dio era senza pa
ragone maggior di quello , non solo di Mosè e di
Paolo , ma di tutti insieme i santi e de' più ardenti
serafini ?
Ma dove la pietà e l'amore di questa gran Vergine
verso de' peccatori giunse al colmo, e toccò l'ultimo
apice a cui possa giungere in pura creatura , fu là
sul Golgota al vedere il suo divin Figlio, conficcato e
sospeso in aria sopra un infame patibolo, soffrire i più
atroci tormenti , versar tutto il sangue e dar la vita
pei peccatori : all'ascoltar le ultime moribonde sue voci
che erano tutte dirette a vantaggio loro , al sentirsi
dire da lui che nella persona di Giovanni li ricevesse
tutti per figli, oh Dio , qual nuova fiamma di amore.
penetrò allora e infiammò il di lei cuore verso di essi !
Fu questa , dice il divoto Arnaldo Carnotense, sì ar
dente , si divampante , che per la salvezza de' pecca
tori desiderò di morir crocifissa insieme col figlio.
Flagrabat Virgo, extuante charitate, ut pro humani
generis salute simul cum prole effunderet vitam . Più
di lui , dice un s. Ambrogio , perchè ci afferma che
non solo desiderò dar la vita pei peccatori, ma l'of
ferse di fatto : Pendebat in cruce filius: mater se
persecutoribus offerebat (De instit. Virg. c. 7). E più
ancora asserisce s. Bonaventura , dicendo che Maria
donò per noi suo figlio, che certo amava mille volte
più di sè stessa : Sic Maria dilexit nos , ut filium
suum unigenitum daret. E finalmente più di tutti si
avanza s . Anselmo con dire che l'amor di Maria verso
dei peccatori era sì grande, si forte, si eroico, che se
mancati fossero i carnefici a crocifiggere il suo figlio,
ella stessa fatta sacerdotessa , armatasi di un cuore
immensamente più generoso e forte di quello di Abramo,
310
colle proprie mani lo avrebbe crocifisso é sacrificato
per essi. Oh Diol... E che può dirsi di più ?
Eppure , uditori , se Maria guarda sè stessa , altri
motivi e ragioni le sopraggiungono onde prendere
in cura, proteggere, difendere e salvare i poveri pec
catori. Ella se ne vede costituita da Dio la mediatrice
di pace, la corredentrice insieme con suo figlio, e sa
che nelle sue mani sta il prezzo del loro riscatto.
Questo sublimissimo carattere senza punto derogare
a quello del suo divin figlio, vero ed unico Redentore
del mondo , le accordano comunemente i Padri. Il
mondo, dice s. Bernardo , fu perduto da un uomo e
da una donna, mangiando di comun consenso il pomo
falale della ribellione ; e Dio con ammirabil sapienza
volle che a salvarlo vi concorressero un Uomo- Dio
ed una donna tutla pura, tutta santa, cioè Maria, sua
Madre. Or, dico io, se la qualità di Redentore spinse
Gesù Cristo a fare, a patire cose sì grandi per la sal
vezza del mondo, fino a morire sopra una croce ; la
qualità di corredentrice a quali eccessi non spingerà
sua Madre partecipe di un somigliante impiego e for
nita di un cuore medesimo ?
Più : Gesù Cristo siccome egli è mediatore di pace
tra l'uomo e l'eterno Padre , cosi ha voluto che fra
sè e l'uomo vi fosse altresì una mediatrice che trat
tasse la di lui causa, s'interponesse per lui e concor
l'esse a salvarlo : e a questa ineffabile dignilà ha sol
levala sua madre. Quindi nelle sue mani ha posto le
sorti di tutti gli uomini : a lei ha consegnato il prezzo
del suo divin sangue: le grazie, che ne sono il frutto,
vuole che da lei si dispunsino : quindi se hanno da
salvarsi devono salvarsi per Maria.
Per di lei mezzo, dice Gesù , voglio che impetrino
perdono i peccatori , perseveranza i giusti , fortezza i
deboli, rifugio i tribolati. Io l'ho stabilita la sorgente
311
delle mie grazie , il canale delle mie misericordie , la
scala del paradiso , la porta del cielo ; in una parola,
la voglio meco salvatrice universale del mondo. Chi
potrà mai dubitare di ciò, quando i Padri e la Chiesa
tutti la riconoscono per - tale ?
Ora , ditemi, cristiani amatissimi , è egli possibile
che questa Vergine fedelissima, non dico voglia, ma
9

possa usare una mala corrispondenza al suo divin


figlio, stalo così liberale verso di lei, dimodochè sep.
pellisca tanti e sì preziosi talenti di cui l'ha arricchita ?
Avendo in mano le grazie più preziose tralascerà di
comunicarle ? Potendo popolare il cielo di beati, sof
frirà che si riempia l'inferno di dannati , e che abbia
più seguaci il demonio che il suo divin figlio ? Non
sarebbe somma empietà sospettar ciò di una Vergine
così pura, cosi santa, stata mai sempre assolutamente
impeccabile ? Dunque s'ella è mediatrice di pace presso
suo figlio, s'è.con lui salvatrice de' peccatori, per i
peccatori si impegna, prega, i peccatori vuol salvi.
Tanto più che se riguarda i peccatori medesimi ,
sentesi quasi violentare l'amorosissimo suo cuore ad
amarli e procurarne efficacemente la salute ; imperoc
che vede ella e conosce quanto misero e deplorabile
è lo stato in cui trovansi 2, sa quanto terribili e spa .
ventose sono le pene eterne dell'altra vita a cui s'in .
camminano ; e ben capisce che colle sole loro forze
sono incapaci di evitarle, ma che hanno un estremo
bisogno di una mano potente e benefica che gli ajuti
eli metta in salvo. Ciò ella può fare : pensate dun
que se nol farà . Ahl come potrà mai soffrire che i
miseri vadano a sprofondare nel baratro sempiterno
della dannazione, potendoli agevolmente salvare ? Qual
madre avrebbe mai viscere cosi crudeli, che vedendo
un suo tenere figlio che va a precipitare in un' ar
dente fornace non facesse ogni sforzo per trattenerlo 9...
312
Che non farà dunque Maria ,> madre amatissima dei
peccatori , che ama assai più che qualunque madre
terrena non ama i suoi figli, vedendoli precipitare al
fuoco eterno ? Quanto non si adoprerà per trattenerli
e salvarli ?
Maria, madre amantissima de' peccatori ! sento chi
ripiglia, ahl quest'è un po' troppo. E come posso lu
singarmi di aver per madre Maria , mentre sono ca
rico di tanti e sì enormi peccati ?... Ma, dimmi, o caro,
sei tu ostinato ? vuoi seguitare innanzi a peccare ?...
Șe è così, hai ben ragione di dubitare : no, Maria non
è tua madre , è tua nemica. Chè se ti penti de' tuoi
peccati , se vuoi convertirti da vero a Dio, incomin
ciare una nuova vita , e perciò a lei fai ricorso , la
preghi, la invochi, sì, rallegrati pure e ti consola ,
Maria è tua madre : te ne assicura un s. Gregorio
Magno, un s. Bernardo, un s. Bonaventura , anzi ella
stessa te ne rende certo con queste dolcissime parole
che disse alla diletta sua Brigida : Ego sum quasi ma.
ter omnium peccatorum se emendare volentium. 10
son la madre de' peccatori che hanno vera volontà
di emendarsi .
Oh, fortunali peccatori, che avete per madre Maria,
qual cosa vi resia più a temere ? Anzi quanto non
potete da lei compromettervi e sperare ? Chi non sa
quanto sia forte, ardente, eccessivo l'amor delle ma
dri verso de' loro figli ? Guardale, per tacere d'infinite
altre, la Cananea. Ella ha una figliuola invasata e tor
mentata da un mal demonio ; si presenta a Cristo, si
prostra a' suoi piedi, e col pianto agli occhi, con voci
da sospiri interroite: Signore, gli dice, abbiate pietà di
me : Domine, miserere mei; e poco dopo lorna a dirgli :
Domine, adjuva me (Mall. 15). Ma questa donna non
avea alcun male : era sana di mente e di corpo , il
malo spirito tormentava sua figlia, non essa. Perchè
313

dunque piange, sospira e prega per sè , non per la


figlia ? Miserere mei ? adjuva me ? Perchè l'amor
delle madri è sì grande , che giunge a far loro con
siderare come proprj, e ad affliggerle ancor più dei
>

propri i mali dei lori figli.


Se ciò succede nelle madri terreno, che dovrà dirsi
di una madre celeste ? Se una sola figliuola , posse
duta da un sol demonio , eccitò tanta compassione
nella Cananea, che dovrà dirsi di Maria, la quale vede
innumerabili suoi figli posseduti non da un demonio
solo nel corpo, ma tiranneggiati da molti e da molti
nell'anima , e da essi miseramente strascinati all'in
ferno ? Maria che ama questi suoi figli non con un
amor naturale e terreno, ma soprannaturale e divino,
figli ai quali si riconosce anche in qualche modo ob.
bligata di tutte le sue immense grandezze ?...
Come, voi interrompete , Maria è obbligata ai pec
calori ?... Sì, Maria è obbligata ai peccatori, e da essi
indirettamente riconosce la ineffabile dignità di ma
dre di Dio, ch3 è il fondamento delle sue glorie. Ecco
la ragione : se Adamo non avesse peccato, e per con
seguenza non vi fossero stati peccatori nel mondo, il
figlio di Dio non sarebbesi falto uomo ; non facendosi
uomo , Maria non sarebbe sua madre. Così insegna
l'angelico Dottore , cosi s. Anselmo , cosi la comune
de teologi, e in questo sentimento concorda la stessa
Chiesa , la quale canta in un suo inno a lei rivolta ;
Peccatores non abhorres, sine quibus nunquam fores
tanto digna filio. Dunque se Maria è madre di Dio ,
n'è in qualche senso debitrice ai peccalori. E potrà
a meno anche per questa ragione di non amarli ? ...
L'amore immenso che porta a Dio ve la costringe,
l'esempio del suo divin Figlio la coarta, la qualità di
corredentrice e mediatrice de' peccatori ve la forza,
il compassionevole loro stalo l' inlenerisce : mille ra
314
gioni da ogni parte, quasi altrettante fiamme di amore,
accendono il suo bel cuore e lo fanno andar in
fiamme.
E non è forse cosi ? Guardate il cielo , mirate la
lerra, svolgete gli annali delle nazioni , consultate la
>

storia de' secoli , ovunque troverete effetti senza nu


mero , prodigi maravigliosi , trionfi inauditi , grazie
senza misura della pietà ed amor di Maria verso dei
peccatori, Oh quanti regnano su in cielo che senza lei
sarebbero andati nell'inferno ! Quanli chiamonne alla
vera fede ? Quanti ne tolse al baratro della dispera
zione ? A quanti il freddo cuore accese di carilà?
Sono senza numero quelli che sostenne e rese vitto
riosi negli assalti delle più fiere tentazioni, quelli cui
ottenne il perdon de' peccati per numero e per ml
lizia anche più enormi, e quelli a cui impetrò il dono,
corona di tutti i doni, cioè la perseveranza finale. E
da qual sorgente ricavarono il loro zelo gli apostoli,
la loro fortezza i martiri , la fedeltà i confessori, la
purità le vergini , le grazie tutte e le virtù i beati
tutti ? Dopo Dio da Maria lor regina , da Maria che
n'è la depositaria, la dispensatrice, il felice canale per
cui discendono .
Che se dal cielo volgiamo lo sguardo su questa
lerra, non incontriamo noi in ogni luogo e quasi ad
ogni passo trofei gloriosi della misericordia , della
pielà e della beneficenza di questa gran Madre ? Qual
è nel mondo cattolico la città , il borgo , la terra , il
>

villaggio ancor più meschino che non attesti con


pubblici ed autentici monumenti aver ricevute grazie
e favori senza numero da Maria ? I templi superbi
erelli in suo onore , i suoi celebri santuarj che in
lanti luoghi si venerano, i tesori immensi di cui sono
arricchili, gli altari da cui pendono mille e mille voli,
le sue innumerabili sacre immagini operatrici di pro
315
digi e di grazie , ne sono un evidentissima prova.
Quante città , regni e provincie non ha ella liberate
>

da contagiosi morbi , quante salvate da terremoti,


quante da orribili carestie e dalla fame ? Chi può nu
merare le guerre che ha impedito e sedate , le tem
peste che ha calmale , le innondazioni che ha tolte ,
le malattie che ha guarile e le prede che dalla fauci
islesse della morte ha rapite ? Dirò tutto in poco con
s. Fulgenzio : il cielo e la terra già da gran tempo
sarebbero andati in rovina, Dio sterminati gli avrebbe,
se Maria non avesse placato il suo sdegno ed arre
stalo il fulminante suo braccio : Cælum et terram
jam dudum ruissent, si Maria suis precibus non sub
stentasset (S. Fulg. lib. de Misth. ).
Ahl s'è cosi, che però facciamo noi poveri pecca
tori ? che più indugiamo ? Qual cosa più ci tralliene ?
Su via , andiamo da Maria , gettiamoci a piedi suoi,
abbandoniamoci lei . Se i nostri peccati son molti ,
sono grandi, sono enormi , lo siano ; maggiore senza
paragone è la sua potenza e pietà. Se siamo, come
il siamo di fallo , immeritevoli del perdono , ella lo
merila, e sicuramente ce l'otterrà dal suo divin Figlio
che a lei nulla sa negare. Se abbiamo offesa ancor essa
coi nostri peccati , se siamo stati freddi, incostanti
nella sua divozione, non importa : ella non è, nè può
essere vendicativa : il suo cuore è lullo pietà , tullo
amore, tutto dolcezza.
Ah ! cara madre, eccoci dunque ai vostri piedi: ab
biate di noi pietà , usateci misericordia, accoglieteci
sotto del vostro manto, riceveteci tutti per vostri
i figli.... Per figli ? parmi sentirla rispondere, per
į figli ?...
E come posso aver per figlio quel giovine che an.
cor conserva l'altacco indegno a quella fanciulla ?
Come il sarà quell'uomo che mantiene ancor quella
316
pratica ? Mia figlia quella giovane ancor si vana e
sfacciata ? Quella donna immersa ancor negli amori
e nelle laidezze, posso io riguardarla qual figlia ? E
saranno miei figli tanti che conservano ancor l'odio
nel cuore, che hanno le mani tuttavia lorde dell'altrui
roba, che non hanno ancora pianti e confessati i loro
peccati ? Vuoi tu che li riceva per figli, mentre sono
alluali nemici del mio vero e diletto figlio Gesù , che
me lo strapazzano e mel crocifiggono tuttavia ? Ah !
avete ragione , o cara Madre l ... Ma voi che dite ? E
vorrete tralasciare di essere figli di Maria per così
poco ? Perderete una si buona madre per una mise
rabile creatura, per un meschino piacere, per un vile
interesse, per una vendetta, per cose da nulla ?...
Ah, no, miei caril non vogliale essere sì stolti , si
crudeli contro di voi , sì ingrati a Maria che vi ha
fallo già tante grazie , ed è pronta a farvene anche
di più . Via dunque, per amor di Maria, lascia, o gio
vine, quell'amanle; abbandona, o uomo, quell'amici
zia ; tronca, o donna, o zilella , quella catena d'infer
no ; restituisci tu l'altrui ; tu abbraccia il nemico ; lulli
spinti dall'amor di Maria, convertiamoci a Dio , dia
mole questa consolazione : ella la merita e noi ne ri.
ceveremo infinito vantaggio. Che dile ? Volete farlo ?
Ah, sì, gridiamo dunque ravveduti e compunti: Mi
sericordia, mio Dio, misericordia, non più peccati, non
più, non più.
Or sì, che Maria si rallegra, ora a noi si rivolge ,
or ci accoglie sotto il suo manto , orci riceve per
figli.
MEDITAZIONE XIII.

Due Stendardi.

Optio vobis datur ; eligite hodie


quod placet , cui servire po
tissimum debeatis.
Jos . 24 .

Il gran condottiere del popolo d' Israello , Giosuè ,


vedendosi ormai vicino al termine de' gloriosi suoi
giorni, radunò nella città di Sichem le tribù , gli an
ziani, i principi , i giudici , i maestri; in una parola,
il fior dell'ebrea nazione , la quale aveva già da pa
recchi anni felicemente introdotta e stabilita nella fa
mosa terra promessa di Canaan. Ivi, dopo aver loro
rammentati i sommi henefizj fatti da Dio, cominciando
da Abramo loro padre fino al loro stabilimento in
quella terra, parlò ad essi così: Temete dunque que
slo Dio stato per voi sì benefico e liberale , e servi
telo con onore perfetto e verissimo ; ed in prova di
ciò cacciate da voi i falsi numi, cui in Mesopotamia
o in Egitto servirono i vostri padri ; che se mai sem
brassevi cosa malfatta servire a Dio, siete liberi : sce
gliete oggi ciò che più vi aggrada, se più vi piaces
sero gli dei di Mesopotamia o quelli che adoperavano
qui gli Amorrei, dichiaratevi : io però e la mia casa
serviremo a Dio solo. Oplio vobis datur : eligite ho
die quod placet , cui servire potissimum debeatis....
Ego autem et domus mea serviemus Domino.... Il po
polo, come era dovere, come pretendeva Giosuè con
318
questa acre ed inaspettata proposta , rispose subito :
Non sia mai che abbandoniamo il Signore per servire
a Dei stranieri : egli solo è il nostro vero Dio, e non
serviremo che a lui. Serviemus igitur Domino , qui
ipse Deus noster.
Una cosa consimile io vengo a fare riguardo a voi ,
mio caro popolo, in questa mia meditazione. Vi pro
pongo oggi due padroni, uno dei quali dovete asso
lutamente scegliere . Il primo è Gesù Cristo , padrone
sommo, vero ed unico ; l'altro è Lucifero, usurpatore,
tiranno cui Dio per i suoi alli disegni permette arro
lar gente sotto la sua bandiera e tirar gli uomini al
suo servizio. Ogni uomo che vive su questa terra
deve necessariamente prender partito e servire o l'uno
o l'altro di questi due padroni: servirli ambedue non
si può, perchè sono essenzialmente contrarj tra loro
d'indole, di massime, di precetti ; star neutrali e non
servirne alcuno , nemmeno ; perché Gesù Cristo si è
protestato chiaramente che chi non si dichiara ora
per suo è suo nemico : Qui non est mecum contra me
est (Matt . 12, 30). Noi veramente abbiam già fatta la
scelta : quando ricevemmo il santo battesimo ci siam
ascritti alla milizia di Gesù Cristo, abbiamo vestita la
sua divisa e siamo entrati nel numero de' suoi servi ;
siccome però eravamo allora incapaci di cognizione,
la scelta fu più altrui che nostra ; i nostri genitori
e i nostri padrini furon quelli che ci arrolarono : cre
sciuti negli anni ci siamo trovati seguaci di Cristo
senza saperlo. Forse da ciò è provenuta la nostra in
costanza, per cui abbiamo tante volte cambiato ban .
diera, passando da quella di Cristo a quella di Luci.
fero . Ora però che siamo illuminati dalla parola di
Dio , e dalla grazia che negli scorsi giorni ci hanno
>

rischiarala la mente e mosso il cuore, dobbiamo rin


novare la scelta di uno di questi due padroni , cui
519
dobbiamo stabilmente servire nel corso di quella vita
che ancor ci rimane. Gesù Cristo come unico ed as.
soluto padrone potrebbe obbligarci a dire : Voglio che
ad ogni patto serviate me : o per amore o per forza
l'avete da fare ; ma egli ci ha fatti liberi e vuole che
operiamo come creature libere , e perciò dice : Qui
vult venire post me, qui vult (Matt. 16, 24) ; chi vuol
venire dietro di me, venga : io chiamo tutti, abbrac
cio tutti, ma non isforzo nessuno : lascio a lulti la li
bertà ; a noi dunque sta lo scegliere e il dichiararci:
Optio vobis datur ; eligite hodie quod placet, cui ser
vire potissimum debeatis. Per procedere però con sa
viezza e a punta di ragione in una scelta di tanta im
portanza, vi propongo a rifleltere tre cose, in altret
tanti punti che avrà la meditazione. Primo punto, le
qualità di questi due padroni. Secondo punto il ser
vizio che esigono. Terzo punto, la mercede che danno .
Per fissare la nostra immaginativa , portiamoci col
pensiero nelle suburbane deliziose campagne di Ge
rusalemme, chiamato luogo di visione , di pace, e im
maginiamoci di veder ivi Gesù Cristo. Eccolo a se
dere in un luogo umile , in mezzo de' suoi discepoli
che gli fanno attorno corona , con un'aria di volto
>

spirante amabilità e dolcezza : tiene in mano una ban


diera, in cui da una parte è effigiata una croce, dal
l'altra sta scrillo : Qui vult venire post me tollat cru
cem suam . Parla a' suoi discepoli , e dice loro cosi :
Euntes in mundum universum prædicate Evangelium
omni creaturæ (Marc. ul.) . Andate , miei cari disce
>

poli, per tutto il mondo , e predicate il mio Vangelo


a tutti gli uomini, procurate di arrolarne più che po
tete alla mia bandiera : dite loro che mi è stata data
la pienezza della potestà in cielo ed in terra ; che
sono il loro Dio , il loro salvatore , il lor padre ; che
>

vengano a me e resteranno contenti , che non temano


320
la
di addossarsi il giogo della mia legge, perchè lo tro . po
veranno leggero e soave ; assicurateli che se crede m
ranno in me nulla potrà lor nuocere , saranno felici ра
in vila e beati per tutta l'eternità ; quelli che vorran m

seguire, battezzateli in nome del Padre, del Figliuolo 41


e dello Spirito Santo , e questo battesimo sarà il se
>

gnale degli ascritti alla milizia. A questo comando


ubbidienti gli apostoli partono e si diramano per tutto е
il mondo, predicano ovunque Gesù Cristo, acquistano es
a lui un'infinità di seguaci, fondano e stabiliscono il ta
di lui regno, cioè la Chiesa cattolica che durerà, e in ad
cui egli stesso sarà e regnerà come capo fino alla UT
consumazione dei secoli : Ecce ego vobiscum sum e
usque ad consummationem sæculi (Matt. 27). KOE
Da Gerusalemme passiamo in Babilonia luogo di lac
confusione e disprezzo : immaginiamoci qui di vedere d'i
Lucifero assiso sopra un trono di fuoco , colla fronte be
altera, armata di corna, colle ciglia rabbuffate, cogli
>

occhi torbidi e feroci, colla bocca sconciamente aperta ,


da cui tratto tratto escono globi di fiamme e di fumo. 001
Tiene ancor egli nella negra mano, armata come orso MO

di fieri unghioni, la sua bandiera nella quale da una


parte sotto varj simboli si vedono effigiale ricchezze,
onori e brutali piaceri , dall'altra si legge il motto . adu
rosis (Sap.2, 8 ). la
Venite, fruamur bonis, coronamus nossozza
Intorno a lui sta una numerosa e ciurmag
lia
di demoni che gli fan corte come a lor capo , cui
sia

prende a parlare così : Olá, miei ministri e compagni ! el


E possiamo noi soffrire che il regno di Cristo nostro ser

nemico cresca sempre più e si dilati ? Dovrà dunque SCT


l'uomo, fango vile , occupare quelle sedi su in cielo
da cui noi fummo scacciati ? Noi soli dunque saremo nou
i maledetti nel dì del giudizio ? Noi , noi soli confi in
nati per sempre giù negli abissi ? Ahl qual conſu .
sione, qual tormento sarebbe questo per noi spiriti di
324
tanta nobiltà ed eccellenza ? Su via dunque , andate
per tutto il mondo a guadagnare a voi compagni e a
u
me seguaci : fate ogni sforzo per arrolare quanto più
D
potele uomini e donne sotto del mio stendardo ; pro
mettete loro ricchezze, piaceri, onori, spassi, diletti e
quanto mai possa renderli felici e contenti : accendete
guerre, suscitate eresie, fomentate discordie, seminate
lo
scandali in ogni luogo. Questi guadagnate colla gola
ta
e soprattutto valetevi dell' impuro foco della libidine,
esca più potente per tirar gente nella mia rele : co
il raggio ! fate da quei brari che siete : usate ogni arte,
in adoperate ogni inganno , e dove non basta un solo ,
la unitevi molti insieme: cada, cada il regno di Cristo
e per l'uomo nostro rivale. A queste voci si spar
gono demonj per tutta la terra : ovunque tendono
di lacci ed insidie, e pur troppo riesce lor di far reclute
Lere d'innumerabili anime che, abbandonando empiamente
une Gesù Cristo, seguono Satanasso .
09 Or ecco, uditori , i due padroni, uno dei quali do
erla vete scegliere in questo giorno. Aimėl Il solo para
gone fra Cristo e Lucifero fa orrore : ed io tremo e
ors inorridisco al farlo e ne chieggo a voi licenza, o Si
gnore, perchè nol faccio, se non per illuminare tanti
272€ poveri ciechi che vi pospongono a lui. Esaminiamo
atlo adunque le qualità di questi due padroni, cominciando
2.8 ; da quelle di Cristo .
agli Cristo si può considerare come 'uomo e come Dio,
, giacchè è l'uno e l'altro ; come uomo, in primo luogo,
Agnil è il più gran monarca che sia mai stato o possa es
osiru sere al mondo ; ei porta in capo molti diademi ed ha
nque scritto sul lembo della sua veste : Rex regum et Do
cielu minus dominantium (Apoc. 19 , 15) : il suo dominio
remio non solo si estende per quanto è vasta la terra , ma
onfi- in cielo egualmente che in terra : Data est mihi omnis
onſu: potestas in cælo et in terra (Matt. 28, 18). Tant'è la
iti di BIAMONTI. T. I. 21
322
sua maestà e potenza che al solo suo nome s'incur
vano e piegan riverenti le ginocchia il cielo, la terra
e l'inferno : Ut in nomine Jesu omne genuflectatur
cælestium , terrestrium et infernorum (Filip. 2 , 10).>

A tanta potenza vanno unite eguali ricchezze ; perchè


è egli assolutamento padrone di tutto l'oro e l'ar
gento del mondo ; Meum est aurum , meum est ar
gentum. I principati , le monarchie , i regni , i tesori
tutti della terra sono in sua mano ; egli distribuisce
e dà come e a chi gli piace : Per me reges regnant.
- Pauperem facit et ditat (Prov. 8. 15 , 1. Reg. 1 ).
Non ostante tanta grandezza, è di un'indole, di un
cuore si umile, si mansueto, si dolce che non è pos
sibile spiegarlo. Mortale su questa terra rapiva a sè
tutti i cuori, le turbe dimenticavano la casa, la fami
glia >, i negozi e sè stesse per seguirlo fin entro .ai
più orridi deserti ; gli infermi, gli afflitti, gli oppressi,
ricorrevano in folla a lui, e tutti ne ricevevano sanità
e conforto : Pertransiit benefaciendo et sanando omnes
(Actor. 10). Perfino verso de' peccatori più fieri era
sì buono, sì amante che in vece di farne vendetta li
ricolmava di benefizj e di grazie nell'atto istesso che
più barbaramente il trattavano. Che dirò poi della
maniera con cui tratta quelli che al suo servizio si
danno ? Egli non li riguarda, come si usa per lo più
dai padroni del mondo, come gente vile e prezzolata ;
non istà loro con aria sostenuta , con ciglio severo ,
nè parla ad essi con poche e brusche parole ; ma li
tiene e tratta in qualità di cari amici ; Jam non di
cam vos servos... Vos autem dixi amicos ( Joan . 15).
Anzi, oh bontà ineffabile I li riguarda quasi altrettanti
fratelli e sorelle , e arriva perfino a dire che sono
sua madre : Quicumque fecerit voluntatem Patris mei....
ipse meus frater, et soror et mater est (Matt. 10).
Queste e innumerabili altre che per brevità trala
325
scio, sono le qualità che Gesù Cristo ha considerato
solo qual uomo ; che se lo consideriamo anche Dio ,2
cioè il verbo del Padre , la sapienza increata , l'uni
genito Figlio di Dio, oh chè allezza , che profondità,
che ampiezza immensa di perfezioni! Qual uomo ,
qual angelo può perfeitamente capirlo, non che spie
garlo ? Altro io non posso dirvi fuorchè in confuso ,
i ch'egli contiene in sè potenza, sapienza, bontà , bel
ť lezza, chiarezza, misericordia , giustizia , santità infi
Inita , con infinite altre perfezioni, altributi e grandezze
1. e tutte in un modo infinitamente perfetto.
Eccovi, uditori , le qualità di Gesù Cristo. Certa
5 mente non possono essere più eccellenti , più eccelse
ė e più amabili : nè fia possibile trovare un padrone ,
non dico migliore , ma eguale a lui. Vediamo ora
di quelle di Lucifero. Chi è costui ? Era un di uno dei
i capi delle angeliche gerarchie: per la sua superbia
i si ribellò da Dio, e trasse nella sua ribellione la terza
parte degli angeli : fu perciò da Dio precipitato giù
dalle stelle, ed ora è divenuto capo de'demonii. Lu
1 cifero è un omicida crudele : per lui entrò la morte
ht nel mondo, mentre egli fu che sedusse la prima donna,
la la fe' cadere in peccato e con essa infettò tutto il ge
nere umano. Lucifero è un fiero dragone, così chia
i masi nell' Apocalisse, messo in catene da un angelo ;
d; il quale, sebbene siagli permesso per ora tentare le
o anime, è però destinato alle caliginose fiamme del .
l'inferno" per sempre : Lucifero è un mostro sì orri
ie bile, sì deforme, sì orrendo che la sua sola vista ba
1. sterebbe a farci morir di spavento : e santa Caterina
ohi da Siena che vide uno de' suoi demonii anche men
- brutto di lui , arrivò a dire che amerebbe meglio
camminar su gli ardenti carboni a piè nudi al dì del
giudizio che tornare a vedere una sì deforme creatura .
Ecco chi è Lucifero. Ora, ditemi , cristiani , non è
>
324
una somma pazzia sceglier lui per padrone e lasciar
Gesù Cristo ? Eppure questa pazzia è comune nel
mondo , essendo purtroppo vero che la massima
parte degli uomini militanti sotto la bandiera del dia
volo, sono suoi seguaci, suoi servi , e chi sa quanti
ve ne saranno ancora qui tra voi ? Di chi sei servo,
tu , o disonesto , che vivi ancora infangato nelle lai
dezze ? ... A chi servi tu , o donna infelice, che man
tieni luttavia quell' indegna amicizia , che porti sem
>

pre in trionfo quelle mode scandalose ed immodeste,


che covi sempre in seno quell'odio ? Al diavolo. Servo
del diavolo sei tu, bestemmiatore sacrilego ; lo sei lu,
ladro , avaro , usuraio , che non vuoi restituire o la
sciare l'altrui roba ; servi del diavolo siete voi , pec
catori infelici, che non vi risolvete ancora a piangere
e detestare i vostri peccati. Oh stolti , oh insensati!
E vi pare questo un padrone degno di essere servilo
e che merili di esser preferito a Gesù Cristo ? Pos
sibile che si possa arrivare ad un abisso di tanta ce.
cità ... Ma sospendiamo le invettive e seguitiamo in
nanzi nel proposto argomento , per illuminarci paci
ficamente e a forza di ragione.
Secondo punto .

Vediamo qual è il servizio che da' loro seguaci esi


gono questi due padroni. Gesù Cristo altro non esige
fuorchè l'osservanza della sua legge ; Si vis ad vitam
ingredi serva mandata (Mait. 13, 17 ). E qual legge ?
Una legge giusta , immacolata e santa : una legge
piena di celeste sapienza che, osservata, illumina e ri.
schiara la mente alle persone più rozze e ignoranti.
Una legge più preziosa dell'oro, più stimabile d'ogni
gemma , più dolce del miele : legge che riempie di
allegrezza, di pace , di soavità il cuore di coloro che
325
fedelmente l'osservano. Di fatti: tutta questa legge
riducesi a questi due precetti , di amare Iddio sopra
ogni cosa, e il prossimo come noi stessi. E quali pre
cetti più giusti , più santi, più dolci e più confacenti
di questi alla natura dell'uomo , naturalmente incli
nato a volere ed amare il bene ?
È vero che per osservare questi due precetti e gli
altri che discendon da questi, l'uomo, a motivo della
sua guasta e corrolta natura, deve rsi violenza, deve
combattere le sue passioni e crocifiggere la sua carne,
e perciò Gesù Cristo ha detto e lo tiene scritto nella
sua bandiera : Qui vult venire post me , abneget sem
metipsum , tollat crucem suam. Ciò è vero : ma è vero
ancora che tutto ciò che alla natura comparisce sì
difficile, e si arduo, mediante la sua grazia e il suo
esempio diventa facile e soave. Gesù Cristo , non è
uno di que'padroni, come erano a detta di lui gli
Scribi e Farisei, buoni a porre sulle spalle altrui pesi
insopportabili, incapaci poi di accostarvi un sol dito
per dar aiuto a portarli ; no , egli è un padrone, anzi
un padre , tutto amore , lulto tenerezza verso de'fi. >

gliuoli ; nè mai fa loro un precetto, dicea s. Leone


che non dia pur tanta grazia per poterlo osservare :
Instat præcepto, sed precurrit auxilio (Serm . 67, de
Pass. Domini). E questa grazia la sa cosi bene pro
porzionare alla debolezza dell'uomo e all'arduità de'
comando che gl’impone, che i precetti ancor difficili
diventano facilissimi. Qual precetto più difficile, a ca.
gion d'esempio , di quello di perdonare le offese ed
amar gli offensori ? Eppure a quanti la grazia lo ha
reso si facile e dolce , onde hanno perdonato con
somma allegrezza le ingiurie più atroci, e abbracciali
e beneficati i più fieri nemici ? Può darsi comando
più arduo di quello di confessare la fede di Gesù
Cristo in faccia ai tiranni e in mezzo ai più atroci
326
tormenti ? Eppure innumerabili martiri l'hanno fatto
e fatto con tal coraggio, con tanta intrepidezza, anzi
con tanta gioja, che, come si legge di molti, sotto le
più orrende carnificine, sulle croci, sulle roventi gra
ticole, godevano, cantavano, scherzavano, quasi sedes
sero ad un nuziale convito, e ciò in virtù della gra
zia interiore con cui il buon Padre celeste il confor
tava e consolava in quell' ora.
Alla grazia, come ho accennato, unisce l'esempio.
Non dice Gesù Cristo ai suoi seguaci : Andate , fati
cate, combattete, patite per me, che io intanto me ne
starò qui in riposo a godere e sollazzarmi : no , ma
>

dice : Venite dietro di me >, seguite me : io sono il


primo ad andare innanzi colla croce in ispalla, il primo
a combattere, e patire e morire ancora per voi. E
quest'esempio, qual forza ammirabile non dà ai suoi
veri seguaci ? Sé l'esempio di un generale d'armata
che si mette alla testa delle sue truppe ed è il primo
ad assaltare il nemico, inspira tanto coraggio ai sol.
dati che non prezzan più nè pericoli , nè ferite , nė
morte, quale per altro non è che un semplice uomo,
e non può aiutarli e salvarli, ah qual forza, qual co .
raggio non deve infondere l'esempio di un Uomo
Dio ai suoi servi , i quali può e vuole proteggere e
salvare, e il quale ha tutto, dirò così, sorbito l'amaro
della sua legge, non lasciandone ad essi bene spesso
che il dolce ! Infatti, comparve un giorno a santa Ca
terina da Siena colla croce in ispalla e la invitò a
seguirlo per una strada tutta piena di spine : la santa
coraggiosa si diede a seguirlo ; ai primi passi si pun
geva i piedi e sentiva dolore; ma l'amante Signore
le si voltò e le disse : Sta attenta, metti i piedi dove
li metto io ; cosi fece e non sentì più alcun dolore.
Ecco come fa Gesù Cristo verso i suoi servi; come
sa render loro facili , dolci e soavi i patimenti che
soffron per lui.
327

Ma, per non tacer cosa alcuna, è vero che questo


divin capitano eccita talora i suoi seguaci a cose su
blimi , ardue e sommamente difficili , come sarebbe
la castità perpetua , vendere tutto il suo e darlo ai
poveri, abbandonar patria, parenti a sè stesso ancora
per chiudersi in un chiostro ; ma queste cose come
molto superiori alla umana fiacchezza, non le comanda
le consiglia soltanto : promette grandissimi premj a
chi avrà il coraggio di farle; ma non impone a ve
runo un precetto che l'obblighi ad abbracciarle. Con
chiudiamo dunque che il servizio che Gesù Cristo
esige da' suoi seguaci è un servizio giusto , discreto,
santo, possibile, anzi mediante la sua grazia e il suo
esempio , facilissimo ad eseguirsi .
Veniamo a Lucifero. Qui pare, a prima vista, che
Gesù Cristo, dirò così, vi perda ; perchè costui all'ap
>

parenza nulla esige da' suoi seguaci e non fa altro


che prometter loro piaceri, divertimenti e libertà di
vivere a genio loro e sfogar a capriccio tutte le loro
passioni , e porta infatti scritto sulla sua bandiera :
Venite, fruamur bonis et coronemus nos rosis. Ma non
conviene fidarsi di lui , ch'è un antichissimo furbo e
bugiardo : Non est veritas in eo (Joan. 8, 44). Se en.
treremo dentro ed esamineremo bene le cose, vedremo
che il suo servizio è senza paragone più pesante, più
amaro, più duro di quello di Gesù Cristo.
Lucifero è simboleggiato in quell'avaro e crudo
villano, al cui servizio si diede il povero figliuol pro
digo. Rammentatevi la maniera indegna e crudele con
cui lo tratto : farlo vivere nei boschi in mezzo ai
porci ; non dargli mai un tozzo di pane per saziar
la fame, e costringerlo a cibarsi di ghiande come una
bestia ; lasciarlo in abbandono , senza panni da co
prirsi , senza tetto da ricoverarsi , esposto sempre a
pioggie, a venti, a geli, a soli ardenti. Povero giovane !
328
Non avrebbe certamente sofferto la millesima parte in
casa del suo buon padre ....
Così, vedete, così fa il demonio a' suoi seguaci : al
l'apparenza par che li tratti benissimo, ma in sostanza
poi gli aggrava, gli opprime e fa loro strascinare un
giogo infinitamente più pesante e più duro di Gesù
Cristo. Vediamolo in alcuni esempj che ci sommini
stra la stessa Scrittura . Al servizio del demonio si
diede fin dal principio del mondo Caino, quando co
minciò a guardar di mal occhio e odiare il suo in
nocente fratello Abele. Il perfido lentatore gli sugge
riva al cuore , ed egli da lui sedotlo , ripeteva à sè
stesso, che per esser felice e contento bisognava di
sfarsi di lui. Finché vive quest'emulo, diceva fra sè,
non posso aver bene : i suoi sacrifizj saranno da Dio
sempre più graditi de'miei : tutte le carezze del padre
e della madre saranno le sue ; io sudo e stento in
coltivare le terre, e poi dovrò partirle con lui, men.
tr'egli fatica poco o nulla intorno alle pecore e si
gode intanto i più grassi agnelli ; con un colpo che
lo mandi all'altro mondo resto io padrone di tulto ,
nè vi sarà più chi possa turbar la mia pace... Vieni
dunque, Abele, andiamo un poco a spasso insieme
per la campagna. Ah ! Caino, che fai? fermati, o stolto ;
non t'avvedi che il demonio e la tua passione ti tra
discono , promettendoti la felicità dopo un delitto si
atroce ? Difatti, commesso che l'ebbe, non vi fu più
per lui sereno un dì, tranquilla' una notte ; maledetto
da Dio , perseguitato dal suo peccato , torbido nella
fronte, smunto nel volto, livido nelle labbra, rabbuf
falo nel ciglio, tremante nella persona , lacerato nel
l'anima da mille furie , ne andava ramingo di valle
in monte, di colle in piaggia, sempre temendo d'in
contrare ad ogni passo la morte, la quale finalmente
dopo una lunga vita, peggiore della stessa morte, ri.
329
cevè da Lamecco. Or io domando : Se invece del de
monio avesse servito Dio mortificando al principio la
rea passione e abbracciando il fratello , avrebbe pe
nato tanto ? Non è dunque il servizio del demonio in
finitamente più pesante, più duro, più tormentoso di
quello di Dio ?
Eccovi un altro, il quale, finchè si mantenne fedele a
Dio, fu un uomo dei più felici e prosperati del mondo ;
voltando bandiera, e fattosi servo del demonio, ben.
chè per poco tempo, provò per esperienza quanto si
stia male sotto di un tal padrone , e n’ebbe a pian
gere finchè visse. Questi è Davide. Chi più fortunato
di lui negli anni che se la tenne con Dio ? egli gran
re, gran profeta, gran santo, amato da'suoi , temuto
dagli esteri, acclamato da tutti : il suo nome , per le
>

sur grandi villorie, era celebre per lulta la terra ; ma


quel ch'è più , il Dio cui serviva , oltre ai beni im
> >

mensi di cui l'aveva arricchito al di fuori, gli ricol


mava l'anima di tante consolazioni , e lumi e grazie
al di dentro, che non si possono leggere ne' suoi salmi
senza ammirazione e stupore. Mi sono ricordato di
Dio, dic'egli , e ne ho provalo un diletto indicibile :
Memor fui Dei et delectatus sum (Ps. 76). Il mio cuore,
soggiunse, e la mia carne hanno esultato in Dio vivo :
Cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum
( Ps . 85) . L'anima, ripiglia , si liquefà d'amore al ri
cordarmi che passerò un dì all'ammirabile taberna
colo , alla casa del mio Dio : Hoc recordatus sum el
effudi in me animam meam, quoniam transibo in lo
cum tabernaculi admirabilis usque ad domum Dei
(Ps. 41 ) . Ora ch'il crederebbe ? Davide, tirato dall'esca
miserabile di un 'sozzo piacere, abbandonò un Dio
che lo trattava si bene e passò al servizio di Sata
nasso . E come andò la cosa solto di questo nuovo
padrone ? Ah ! povero re, uditelo da lui stesso che più
330
coi gemiti e colle lagrime che colle voci descrive il
suo misero stato : Non est sanitas in carne mea ....
Non est pax ossibus meis a facie peccatorum meorum
(Ps. 36) . Non ho più sanità nella mia carne, non provo
più pace nelle mie ossa alla rimembranza delle mie
colpe : queste hanno sorpassato il mio capo e sento
che come un peso orrendo mi aggravano ed oppri
mono : Quoniam iniquitates med supergressce sunt
caput meum et sicut onus grave gravatæ sunt super
me. Sono divenuio miserabile al sommo , mi veggo
incurvato e caduto in un profondo abisso, tutto il di
non v'è per me che malinconia e tristezza : Miser
factus sum el curvatus sum usque in finem : tota die
contristatus ingrediebar. Ahl ch'io mi sento, afflitto
ed accorato all'eccessol i gemiti dell'addolorato mio
cuore mi fanno ruggire quasi ferito leone. Afflictus
sum nimis, rugiebam a gemitu cordis mei.
E avea ben ragione a pianger così ; imperocchè da
quel dì funesto in cui abbandonò il suo Dio per ser
vire al demonio , le disgrazie cominciarono a dilu
>

viare sopra di lui ; divenne la favola e l'obbrobrio


del popolo presso di cui si divulgò il suo adulterio e
il suo crudel omicidio : il figlio, frutto del suo peccato,
gli morì tra le fasce ; Assalonne suo primogenito, si
ribellò contro lui, l'oltraggiò nell'onore e altentò alla
sua vita ; gli uccise Amone altro suo figlio, questi gli
violó Tamar sua figlia e quegli ancora gli fu tolto di
vita : in somma sotto lo stendardo del demonio non
ebbe più bene, ma soli mali, tribolazioni ed angustie.
Ecco qual è il servizio di questo fiero tiranno : ecco
se è vero che nulla imponga di pesante e di duro
a' suoi slolti seguaci ....
Or quel che ho detto di questi due, ditelo di tutti
i ladri, di tülli gli avari, di tutti i disonesti, bestem .
miatori , spergiuri , vendicativi , superbi , insomma di
>
331
tutti i servi del diavolo ; mentre tutti sono obbligati
a confessare che penano, faticano e stentano assai più
in servire a lui che se servissero a Gesù Cristo ; che
il servizio di quest' impostore che non invita i suoi
seguaci che a godere, è un giogo di ferro pesante e
duro all'eccesso ; che sono martiri del diavolo, e un
giorno a lor dispetto , se non l' abbandonano in tempo,
piangeranno e grideranno , ma inutilmente : Noi in
sensati , che abbiamo camminato per vie difficili , ci
siamo stancati nella via dell'iniquità e abbiamo sten
tato assai più per incontrare la perdizione che la sa .
lutel Lassati sumus in via iniquitatis et perditionis,
et ambulavimus vias difficiles (Sap. 5).
Terzo punto .

Ma giacchè la cosa va così , vi fosse almeno un


compenso. Ah ! qui vi aspettavo : qui è, dove dobbiamo
più che mai illuminarci e restare disingannati . Qual
è dunque il compenso che questi due capitani danno
ai loro soldati ? Osservate come nel mondo i principi
terreni sogliono dare due paghe alle loro milizie, una
durante la guerra, l'altra finita la stessa. Durante la
guerra , danno uno stipendio proporzionato al grado
>

e alle fatiche di ciascun militare ; finita la guerra ,


danno un premio di più che consiste in qualche pen.
sione, o in un avanzamento di posto, o in una deco
razione, a misura del valore mostrato nelle battaglie.
Così fanno altresì i due capitani di cui tratliamo : una
mercede danno in questa vila, un'altra nella vita fu
lura, in cui solamente sarà finita la guerra .
Vediamo dunque in primo luogo la mercede che dà
Lucifero in ambedue queste vite. In questa vita, hen
chè molto prometta , il più delle volle nulla då , e
quando dà sono cose vane, vili, abbominevoli, le quali
332
si devono chiamare piuttosto pene che premii, casti
ghi anzichè mercedi. Dico che nulla da, e di fatto che
si può aspettare da un bugiardo, da un traditore, da
un fiero nemico delle anime qual è il demonio ?
Ma proviamo ciò cogli esempi di alcuni suoi ser
vitori. Sia il primo Saulle. A questo re infelice , per
l'odio che gli concitò contro l'innocente e valoroso
Davidde , se lo sfogava , togliendolo di vita , promet
>

leva il pacifico possesso per sè e per la sua casa del


regno di Israello ; mosso da questa lusinga servi per
parecchi anni il demonio , e lo servì così bene che
non risparmiò nè sudori, nè fatiche, nè spese , nè i
>

più atroci delitti. Ebbe poi il regno ? Il regno fu per.


der la vita che disperato si tolse di propria mano ,
perdere i figli che gli furono tutti trucidati , perder
l'onore, la fama, la roba, l'anima e Dio , senza poter
impedire che la corona passasse sul capo del suo
odiato rivale .
Lo stesso presso a poco accadde ad Assalonne ; a
costui il demonio suscitò l'ambizione di regnare : ma
per salire al trono bisognava buttarne giù suo padre
e privarlo di vita . Assalonne , per secondare la sua
passione e servire al demonio, è pronto a lutto ; ec
colo fra le smanie , macchina , specula , non quieta ,
non dorme né di nè noile per eseguir l'empio dise
gno : si espone a mille pericoli , anch'egli si lorda
>

co' più nefandi delitti, si fa una fronte di bronzo e un


cuore da tigre come era necessario a un barbaro par
ricida. Oh che bravo servitore del diavolo l... Orsù ,
dov'è il compenso ? ebbe poi il regno ? Si , una quercia
che gli servi quasi di forca , e tre lancie nel cuore
che nel fior dei suoi anni e nel colmo delle sue dia.
boliche speranze, gli tolser la vita, mandarono il suo
corpo ad esser sepolto sotto un mucchio di sassi e
l'anima a casa del suo padrone infernale.
Volete vedere due altri fedeli servi del demonio e
pagati da lui coll'istessa moneta ? Eccoli ne' due vec
chioni famosi tentatori della casta Susanna . A costoro
l'impostore proponeva per premio un vile piacere, ma
per guadagnarselo bisognava espugnare l' apimo di
quell'invitta eroina : era necessario trovare l'opportu
nità, il luogo, il tempo , la corrispondenza : per ciò
fare conveniva macchinare , fingere, metterne in peri
colo la ripulazione e la vila. Ecco fatta ogni cosa :
su via : venga ora la paga... La paga fu perdere in
un punto onore, roba, vita coll'esser lapidati a furia
di popolo .
Ma lasciamo gli esempj antichi : quanti miseri
schiavi del diavolo si vedono lulto di da questo fal.
sario ingannati e traditi ? Quel negoziante che va di
cendo : Chi ha paura del diavolo non diverrà mai
ricco : e per arricchire , non solo non ne ha paura,
ma lo serve a meraviglia colle usure, colle frodi, coi
monopolii e gli inganni , alla fin del giuoco va a morire
fallito all'ospedale. Quel giovinotto si dà in preda agli
amori , ai giuochi ed ai divertimenti, alle vanità, alle
pompe ; il demonio lo va lusingando che tiri innanzi,
che avrà molti anni da godere di sì bella vila : ma
che ? sul più bello dell'intrapresa carriera viene la
morte che lo sbalza al sepolcro ; quella giovane tratta,
conversa, si adorna con tutte le vanilà immaginabili
anche le più immodeste e forse anche fomenta qual
che indegna amicizia : il demonio le suggerisce che
bisogna fare così , che questo è mezzo per trovar
partito , altrimenti se ne resterà negletta e sempre
schiava fra le domestiche mura ; e il partito non tro
va mai, ovvero non trova che un rompicollo che le
rovina l'anima e il corpo. Non è forse così ? Non sono
frequentissimi simili esempj nel mondo ? Ecco come
tratta il demonio i suoi seguaci, ecco come gl'inganna
e tradisce .
334
Che se pur anche talvolta dà lor qualche coša,
quali cose sono mai queste ? onori vani , ricchezze
fallaci e piaceri sozzi abbominevoli ; cose tutte che
sono, come ho detto, castighi, anzichè premj, perchè
vanno quasi sempre unite con dolori, infermità e morte
ancora di corpo , nè mai non sono disgiunte da tri
bolazioni ed angustie di spirito. Dio non può men
tire : egli ha protestato che non vi è pace per gli
empj: Non est pax impiis, dicit Dominus (Isai. 18, 18).
>

Che l'anima di qualunque uomo, sia ebreo, sia greco,


sia latino, sia che si voglia, che opera il male, come
fanno tutti quelli che servono il demonio , proverà
tribolazione ed angustia : Tribolatio et angustia in
omnem animam hominis operantis malum, Judæi,
primum et Græci (Ad. Dom. 2 ). Ma trattando si ma
lamente il demonio i suoi stolti seguaci in questa
vita li tratterà forse meglio nell'altra ? Poveri disgra
ziatil colà è dove li aspetta : là se ne accorgeranno
e vedranno se era egli un padrone da preferirsi a
Cristo. E che altro può dare ad essi se non ciò che
ha egli stesso, cioè un regno di tenebre, un abisso di
fuoco , un'eternità di pene e tormenti ? Ecco il pre
mio, ecco la mercede che tien loro preparata : tutte le
mire di questo ladro rapace in rubar le anime di Cri.
sto e farle sue tendono a questo, di perderle, ucci
derle e strascinarle seco giù nell'inferno : Fur non
venit nisi ut furetur, et mactet et perdat (Joan. 10).
E questa è la paga che ha già data a tanti e tanti
suoi servi. Dove sono tanti ricchi superbi e prepotenti
che fecero sì gran figura nel mondo ? Palazzi, ville, con
viti, festini, teatri, spese immense in lusso, in vanità,
e intanto spogliavano la vedova e il pupillo, e ne
gavano, come l'Epulone, una briciola delle loro mense
ai poveri Lazzari ? Dove sono tanti giovani di bel
tempo immersi un dì negli amori, nelle pratiche, nelle
335
laidezze 9 Dove tante femmine vane, scandalose, immo.
deste che fecero sì belle comparse nelle conversazioni,
ne' passeggi, nelle danze e perfin nelle chiese, dove si
pavoneggiavano e gonfiavano di superbia, togliendo
à Dio e tirando a sè gli sguardi , gli omaggi e gli
affetti della gente ? Dove tanti ladri, tanti avari, tanti
usurai, tanti bestemmiatori? dove sono ?... all'inferno,
all'inferno. Oh miseril oh stoltil servire un padrone
che non poteva dar loro che inferno l ... Ma quando
anche in questo mondo fossero stati da lui pagati colla
più buona moneta che giova al presente, che giova ?
Non è però così di Gesù Cristo : oh ! egli sì che è
un padrone fedele e liberale al sommo ! Vediamo dun
que come tratta i suoi servi in ambedue le suddette
vite , la temporale e l'eterna. Ma prima convien ri
flettere che servire a lui , per quel gran Signore che
egli è, è cosa tanto nobile e generosa che quand'an:
che non desse mercede alcuna, si dovrebbe servire e
averlo per sommo onore. Difatto, si reputa una gran
sorte e si ha per* grande onore servire il sovrano ;
onde principi anche grandi lo servopo talora senza
mercede alcuna , anzi proprie spese , non ostante
che abbiano sovente da inghiottire amari bocconi.
Quanto più dunque sarà cosa gloriosa servire a Gesù
Cristo re dei re, monarca de' monarchi, innanzi a cui
i re tutti della terra non sono che un misero nulla ?
Servir lui è più che regnare : Servire Deo règnare
est ; sicchè, quand'anche non desse mercede alcuna,
si dovrebbe , servire .
Ma non è così : egli paga , ed oh con che fedeltà ,
con che liberalità, con che splendore ciascnn dei suoi
servi ! Se parliamo di questa vita , ecco la mercede
che dà ; ascoltiamolo dalle sue stesse parole : Omnis
qui reliquerit domum , vel fratres , aut sorores , aut
9

matrem , aut uxorem , aut filios, aut agros propter


336
nomen meum centuplum accipiet et vitam æternam
possidebit. (Mall. 19) .
In questa vita dunque promette il centuplo di ciò
che si lascierà, si farà e si patirà per lui. Che cos'è
questo centuplo ? risponde s. Girolamo (Hom . in Matt.
cap. 15), e con lui rispondono i Padri : sono i beni,
le consolazioni , le dolcezze spirituali , le quali sono
cento volte più preziose e stimabili delle terrene. Gesù
Cristo è Dio e non può mancar di parola, onde non
possiamo dubitare che questo centuplo non si ricavi
de' suoi veri seguaci e ne abbiam la prova ne' Santi.
Mirate un s. Francesco d'Assisi. Aveva egli per Gesù
Cristo abbandonato ogni cosa : un ruvido sacco che
lo copriva , vil corda che lo cingeva , erano tutto il
il suo equipaggio : senza casa, senza letto, senza cibo,
fuorchè quanto bastasse per non morire, se ne slava
per lo più rintanato nei boschi e seppellito nelle ca
verne , eppure sì allegro , contento , e pieno di tanta
gioja, che non poteva in sè contenerla, e ſu più volte
udito andar gridando estatico per le selve : Deus meus
est omnia . Guardate un altro Francesco , cioè il Sa
verio , grande apostolo nelle Indie. Per servir Gesù
Cristo avea egli abbandonato Parigi e Roma , dove>

pei suoi grandi talenti potea ripromettersi gloriosi


avanzamenti; si era ingolfato in vastissiini e tempe
stosi mari, nulla prezzando la propria vita , trovan
>

dosi in terre straniere, fra barbare genti, dove i pa


timenti, i pericoli, le persecuzioni e gli stenti che sof
frì per piantare e stendere il regno del suo Signore
sono indicibili. Ebbene ? ebbe il centuplo ?... Oh come !
La piena delle celesti consolazioni che sovente gli in
nondava tulta l'anima era sì dolce, sì gonfia, si esu .
berante, che non potea quasi reggervi, onde rivolto a
Dio: Ah ! basta , Signore , diceagli, basta : trattenete
queste onde celesti, non me ne date più : Sat, Domi
331
ne : contine undas gratiae tuce . Che dirò di un s. Fi
lippo Neri, cui comunicandosi un dì lo Spirito Santo
in forma di un globo di fuoco , venne investilo da
tanto amore, inebbriato di tanla dolcezza, che cadde
quasi tramortito a terra ; il cuore gli palpitava con tal
veemenza che bisognò dargli un maggiore spazio colla
prodigiosa rottura di due coste , e intanto il buon
santo gridava : Non più , non più, chè mi muojo ; e
quindi, nel corso della lunga sua vita, tanto sovente
veniva regalato con questal.pga di paradiso, che con
quella confidenza che hanno i santi con Dio : non me
ne date più, diceagli, lasciatemi un po' riposare. E che
non potrei dire , se il tempo mel permettesse, di un
s. Luigi Gonzaga, di uno Stanislao Kotska, di una Te
resa di Gesù e di altri innumerabili santi ? Altro che
centuplo è questo ! Una sola goccia di questo nettare
divino val più che tutti insieme gli onori, i tesori, i
piaceri e le delizie di questo misero mondo.
lo ben so che favori di questa sorte non sono per
tutti , ma sono un retaggio riserbato a quelle sole
grandi anime , e nemmeno a tutte , le quali corrono
7

per le vie sublimi della più eroica perfezione : ciò non


ostante Gesù Cristo non lascia di consolare qualunque
suo vero seguace e dargli il suo centuplo. A tutti
dà la pace del cuore, la tranquillità dello spirito, una
dolce confidenza e speranza in Dio che fa gustar loro
quasi un continuo convito : Secura mens quasi con
vivium ( Prov. 15) , e le quali sicuramente val più
cento volte di tutto ciò che hanno lasciato o fanno e
patiscono per lui .
Questa è la mercede che Gesù Cristo dà ai suoi
seguaci durante il pellegrinaggio diquesta misera vita :
ma questa, messa a confronto di quella che darà loro
nell'altra su in cielo, è un nulla. Ah ! che non è pos
sibile capire i beni immensi che Dio prepara per l'e
BIAMONTI, T. I.
853
ternità ai suoi servi! Paolo apostolo , benchè ne sco
prisse qualche cosa nel suo stupendo ratto al terzo
cielo, pure ci assicura che occhio non vide mai , nè
orecchio ascoltò, nè mente alcuna di uomo potè mai
immaginare la grandezza di questi beni : Oculos non
vidit, nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit,
quæe preparavit Deus iis, qui diligunt illum (L. Cor. 2).
Ma non dee recar maraviglia se non si possono nè
capire, nè imaginare tai beni; imperocchè la mer
cede dei giusti in cielo, come Dio disse ad Abramo,
sarà egli stesso : Ego ero merces tua magna nimis.
E chi è che, essendo ancora mortale su questa terra,
possa capire o imaginare che siano Dio e i beni in
finiti che in sè racchiude ? Quindi è che Gesù Cristo
medesimo, parlando ai suoi discepoli della mercede
che darà loro in cielo , in premio di averlo servito,
siccome non erano capaci di capirla qual è in sè stessa,
la adombrò sotto la figura di quelle cose che più si
prezzano e si amano dagli uomini in questo mondo :
la chiamò un trono, un regno, una manna nascosta,
un vino nuovo, un convito nuziale e simili. Le quali
cose tulte danno abbastanza ad intendere che sarà
una mercede piena , ridondante , immensa, infinita,
degna di quel Dio che la dona : Ego ero merces tua
magna nimis.
Chiudiamo ora l'argomento. Abbiam veduto le qua.
lità di Gesù Cristo quelle del demonio, abbiamo at
tentamente esaminato il servizio che esigono e la mer.
cede che danno. Le qualità di Lucifero non possono
essere più abbominevoli e infami. È un ribelle super
bo, un tiranno feroce, un omicida crudele , un ladro
capace, un bugiardo di prima stampa , un dragone
orrendo, è tutto quel che vi potete imaginare di defor.
me, di orrido, di maligno, di iniquo, di male. Il ser
vizio che mpone a' suoi stolti seguaci è duro , pe
339
sante, vergognoso, amarissimo; in questa vita o non
dà mercede alcuna , o dà cose vane, vili, schifose,
passeggiere, che son piuttosto castighi che premi;
>

nell'altra poi non dà, nè può dare che fuoco eterno .


Ora che dite, che pensate , che risolvete ?... Stare in
certi, ondeggianti , o parteggiare, come forse avete
>

fatto finora fra Cristo e il demonio , non si può : se


questo vi pare un buon padrone e che meriti di es
sere preferito a Cristo, andate, vi dirò col profeta Elia,
non zoppicate più , servitelo pure : Usquequo claudi
catis in duas partes ?.... Si Balaal est Deus , sequi
mini illum (Reg. 3, 18). Che se vi pare, come è di
fatto, un padrone abbominevole, infame e indegno di
essere servito, rinunziategli, e rinunziategli una volta
per sempre. Quando foste aggregati alla Chiesa ,
falti figli di Dio nel santo battesimo, il suo ministro
y'interrogò solennemente : Abrenuncias Satanæ et
omnibus operibus ejus ? La stessa interrogazione io
la ripeto ora a voi. Rinunziate al demonio , alle sue
pompe e alle sue opere ?... Allora vi fu chi rispose
per voi abrenuntio ; adesso tocca a voi a rispondere :
rinunziate dunque al demonio ?... Ah ! chi è che possa
più trattenersi dal gridare : Abrenuntio, abrenuntio,
abrenuntio ?
Ma se dite da vero, mostratelo coi fatti. Fuggite da
quella casa d'inferno dove v'incatenò tante volte que.
st'empio , spezzate il laccio di quell' amicizia con cui
vi tiene suo schiavo ; alle fiamme quel libro , quel
>

ritratto, quella lettera; via quel regalo, quella moda,


quelle carte, cose tutte che servirono di pegno al de.
monio per manteneryi suoi servi. E se fatto ancor
non lo avete , andatelo a confondere e a rinunciare
con una dolorosa e sincera confessione.
Avete rinunziato al demonio ; giusta, necessaria e
sommamente saggia rinunzia... Chi dunque volete per
340
padrone cui servire il rimanente de' vostri giorni ?
Volete Gesù ? Gesù il sovrano monarca della terra e
del cielo ? Gesù di ricchezze inesauste, di potenza in :
finita, di bontà senza limiti, di sapienza senza numero,
di bellezza ineffabile , di misericordia senza misura ?
Gesù il più mansueto ,> il più amante, il più amabile
fra i figliuoli degli uomini, cui se vi darete quai servi,
vi terrà come amici , vi amerà come fratelli, vi ab
braccierà come figli, e tratterà le vostre anime come
spose ? Gesù , che da voi alla fine altro non esige
fuorchè osserviate una legge giusta , immacolata e
santa, di cui, coll'unzione della sua grazia, vi renderà
facile e soave l'osservanza ? Gesù finalmente che vi
promette, nè può mancar di parola, il cento per uno
di ciò che farete o patirete per lui in questa vita , e
poi un regno eterno di gloria nell'altra ? Che ve re
pare di questo padrone ... È egli degno di esser ser
vito ? Cercalevene, se vi dà l'animo, non dico un mi
gliore, ma uno eguale. Che dite dunque ? Volele ser
vire da qui innanzi Gesù ?... Ahl e chi può stare in
forse ? Chi può a meno di non gridare : Viva Gesù !
1. Fortunati voi, miei cari, avete scelta l'ottima parte ,
che se volele non vi sarà mai tolta : io ne godo , me
ne consolo ; me ne rallegro con voi , ne benedico le
mille volte il Signore che vi ha illuminati , e mossi
cosi. Parmi vedere gli angeli che applaudiscono e
fanno festa a questa vostra scelta : i santi che ne di
mostrano una somma allegrezza. Maria , la gran re
gina di tutti che se ne compiace, ' e già vi guarda e
riceve quasi altrettanti figli e figlie. Oh scelta avven
turatal oh giorno beato che è questo !
Ma acciocchè Gesù Cristo vegga che dite da vero,
dovete dargliene un segno. Così hanno fatto i santi
per dimostrare a lui, ricordare a sè stessi che vole
vano essere tutti e sempre di Gesù . Alcuni ne por
341
tarono continuamente pendente al collo la sacra im
magine altri ne scrissero l'offerta fino col proprio
sangue . Santa Giovanna Francesca di Chantal con
un ferro arroventito se ne stampò nel pello il nome.
Chi si tagliò le trecce per fargliene un dono , e chi
si ritirò in un chiostro per non vivere più che a lui.
E voi che farete ? Potreste fare o l'una o l'altra delle
suddette cose secondo che vi spinge la vostra divo
zione o il consiglio di un saggio confessore. Potreste
ascrivervi a qualche congregazione, confraternita od
oratorio, in cui si faccia particolar professione di lo
dare e servire Gesù. Se avete ancora da prendere stato,
scegliete quello in cui servirete ed amerete meglio
Gesù . Oh beato chi si dà tutto a Gesù ! Felice chi
lo porterà sempre scolpito nel cuore, e potrà dire col
l’Apostolo : Vivo io, non più io, ma vive in me Gesù
Cristo !

FINE DEL TOMO PRIMO


INDICE

Ai leilo : i Pag.
Dedica 7

Introduzione ai sanli Esercizj 11

MEDITAZIONE PRIMA .
Sul fine dell' uomo . > 37

MEDITAZIONE II.
Sopra l'importanza di salvarsi 3) 61

MEDITAZIONE III.
Sopra il peccalo mortale considerato nella sua pro
pria malizia > $6

MEDITAZIONE IV .
Sopra la gravezza del peccato consideralo nei suoi
castighi ] 108

MEDITAZIONE V.
Sopra la morte del peccatore
MEDITAZIONE VI .
Sopra la morle del giusto 154

MEDITAZIONE VII.

Sopra il giudizio particolare ► 177


344
MEDITAZIONE VIII .

Sopra il paradiso Pag . 198

MEDITAZIONE IX .
Sopra l'inferno 926

MEDITAZIONE X.

Sopra l'eternita delle pene d.:-ll' infer :10
MEDITAZIONE XI .
Alisericordia 日 273

MEDITAZIONE XII .
Sulla potenza e pietà di Maria Santissima .
MEDITAZIONE XIII.

Due stendardi 311

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