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MINI CORSO GRATUITO

di SCRITTURA CREATIVA
Come scrivere un buon racconto
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Indice

Lezione 1: Incipit pag. 4


Lezione 2: Set-up pag. 16
Lezione 3: Fabula e intreccio pag. 28
Lezione 4: Il montaggio pag. 40
Lezione 5: Le tappe della trama pag. 53
Lezione 6: I personaggi pag. 67
Lezione 7: Il punto di vista pag. 78
Lezione 8: Il dialogo pag. 91
Lezione 9: Lo stile pag. 106
Giorno 10: Il finale pag. 117
Corso Completo di Scrittura Offline pag. 127
Corso Completo di Scrittura Online pag. 129
Chi siamo pag. 135

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1. INCIPIT
Suggerimenti per scrivere un buon inizio

In questa prima mini lezione parliamo dell’ “incipit”,


dell’inizio e di quanto sia importante trovare
strumenti efficaci per esordire con il nostro racconto o
romanzo.

Per vedere la video lezione n.1, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/1-lincipit.html
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1. INCIPIT
Quello che ti presentiamo è una sorta di rapido breviario, degli
assaggi sintetici e veloci per introdurti gradualmente alla scrittura
creativa e all’arte della narrazione.

Se sei all’inizio e desideri scrivere un racconto o un romanzo, ma


non hai ancora molto familiarità con la scrittura creativa, tramite
queste nostre brevi mini lezioni potrai divenire consapevole degli
strumenti che ti necessitano per procedere in tal senso.

E’ logico che poi dovrai approfondirli, ma già questa prima


carrellata generale ti darà sicuramente molti stimoli per iniziare a
scrivere il tuo racconto o romanzo.

Bene, prendi, quindi, carta e penna e partiamo!

In questa prima lezione parliamo dell’incipit, dell’inizio e di


quanto sia importante trovare modalità efficaci per esordire con il
nostro racconto o romanzo.

Afferma un famoso manuale di Scrittura Creativa (“Scrivere”,


Edito da Fabbri Editore):

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“nelle primissime frasi di una narrazione c’è tutto un piccolo
universo, una miriade di stimoli e di relazioni che hanno la
funzione di attirare il lettore al racconto come l’ape al fiore. I
colori e i profumi del fiore narrativo sono le parole e il loro
ventaglio in apertura pagina è la corolla di petali che si schiude al
sole del mattino”.

Cosa significa questa “metafora”, - tra l’altro anche molto


poetica? Con queste immagini l’autore vuole farci comprendere
che le primissime frasi del nostro testo devono essere abbastanza
interessanti da spingere il lettore ad entrare nella nostra storia con
“curiosità” e “partecipazione”.

Comprendi, quindi, quanto sia cruciale disporre tali “petali”,


giusto per riutilizzare la metafora precedente, in modo che il
lettore sia invogliato a passare l’intera giornata in compagnia
delle nostre pagine.

Vediamo adesso di trasferirti lo stesso concetto con un’altra


“immagine” che forse può stimolarti di più.

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Puoi immaginare “l’incipit” come la “porta d’ingresso” della tua
opera letteraria. Ora, rifletti: come deve essere una “soglia”?
Sicuramente invitante, accogliente, affinché, appunto, il lettore
abbia voglia di varcarla e di entrare nella tua creazione.

Oppure, se lo preferisci, puoi immaginare “l’incipit” come


“l’inizio di un viaggio”, per esempio, un viaggio in aereo.

Il lettore sale in aereo e cosa si aspetta? Di decollare.

Bene, la funzione primaria dell’inizio è proprio quella di far


decollare il lettore nel tuo mondo fantastico.

Infatti, l’incipit è il momento in cui il lettore si allontana dal suo


mondo quotidiano e reale per inoltrarsi nel magico mondo della
narrazione e nell’immaginario mondo dello scrittore.

L’incipit segna, quindi, un confine, una linea di demarcazione tra


due mondi: quello dello scrittore e quello del lettore e come un
ponte getta le basi per trasportare sia l’uno che l’altro in prezioso
terreno d’incontro.

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E qual è questo fertile, prezioso terreno d’incontro se non quello
della narrazione, dove una storia, - con tutte le sue tappe, svolte e
snodi - si svolge gradualmente sotto gli occhi dell’autore mentre
la crea e quelli del lettore mentre la legge.

Ed è, infatti, proprio lì, su quel magico terreno della narrazione,


che si gioca l’intensa partita a tennis tra creatore e fruitore della
creazione, tra scrittore e lettore, dove allo scrittore spetta il
delicato compito di saper porgere le palle e al lettore quello
altrettanto delicato di saperle cogliere.

Ma torniamo adesso al nostro “incipit” ed alle nostre precedenti


“immagini”.

Ricordi, poco prima, abbiamo parlato di un aero, no? Bene:


immagina, dunque, il lettore che sale e siede in aero per partire
per il suo viaggio.

Se il tuo inizio è traballante ed incerto, sicuramente il tuo lettore


proverà il desiderio di scendere al più presto.
E’ logico, da un aero che è partito, non si può scendere, ma,
ricorda: un libro, al contrario, si può chiudere in un attimo e in

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qualsiasi momento, perciò se il tuo inizio è noioso e non cattura
l’attenzione, il tuo lettore chiuderà il libro e passerà subito ad
altro.

L’esempio sopra citato non è stato certo ideato per spaventarti, ma


esclusivamente per rimarcare con decisione che l’inizio richiede
la massima cura da parte tua, perché deve riuscire a destare
immediatamente la curiosità del lettore.

Perciò un suggerimento prezioso può davvero essere il seguente:


non essere pigro e scegli davvero con cura le parole del tuo inizio;
dipingi emozioni, atmosfere, sensazioni e cerca di far vibrare le
corde più profonde a livello emozionale del tuo lettore.

Detto questo, vediamo alcune possibili modalità di inizio.


Sostanzialmente ne esistono due:

1. puoi iniziare il tuo racconto con un attacco rapido e in piena


azione;
2. oppure con un attacco più lento e graduale.
Comunque, che tu prenda per mano il tuo lettore gradualmente o
rapidamente, non cambia la sostanza: l’importante è lui intuisca

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che dietro quella “porta d’ingresso” ci sono tante possibilità per
lui di riflessione e tanti aspetti/parti/contenuti in cui potrà
rispecchiarsi ed identificarsi.

E’ corretto subito precisare che non può esserci una regola fissa
su dove e come iniziare un racconto, ma esiste una tendenza
sempre più netta nella narrativa contemporanea ad attaccare “in
medias res”, a metà delle cose e cioè: nel bel mezzo dell’azione,
della situazione.

Vogliamo comunicarti con maggior precisione questo concetto:


fai in modo che il lettore colga i tuoi personaggi fin da subito in
piena azione, perciò non spiegare “il come” (le cause) e “il
perché” (le motivazioni) si è verificata tale situazione, - cioè:
quella in cui, appunto, i personaggi sono colti dal lettore - ma
stimola il lettore a scoprirlo pian piano da solo proseguendo nella
lettura.

La modalità sopra citata è quella, in effetti, che si utilizza quando


si vuole creare un attacco rapido, a metà delle cose. Un esempio:
Kafka, nel suo meraviglioso racconto “La metamorfosi” fa
cogliere al lettore da subito il protagonista, Gregor Samsa,
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trasformato in un grande scarafaggio. E non si dilunga certo a
spiegare come tale situazione sia potuta avvenire, bensì immerge
il lettore fin da subito negli stati d’animo e nei pensieri del
protagonista, stimolando così la sua partecipazione emotiva e la
sua curiosità.

Negli inizi, invece, graduali, cosiddetti ad andamento lento,


l’autore non pone subito il lettore davanti all’evento scatenante il
conflitto del/dei protagonista/i, bensì inizia a far conoscere alcune
caratteristiche dei personaggi, dipingendo atmosfere e delineando
gradualmente la situazione.

Importante: che tu scelga un inizio ad andamento rapido oppure


lento, non dimenticare mai che l’incipit è “la porta d’ingresso”
della tua opera, perciò fai passare da quella porta: profumi, suoni,
emozioni, atmosfere, che invoglino il lettore ad avvicinarsi per
poi entrare.
E’ buona cosa inoltre che l’incipit sottoponga all’attenzione del
lettore alcuni elementi della trama o del tema prescelto, ma senza
svelare fin da subito troppo la storia.

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In aggiunta un buon incipit dovrebbe avere l’abilità di accennare,
con un tocco preciso ma fugace, alcuni punti nevralgici della
storia, trasmettendo così al lettore che esistono, appunto, tutte le
premesse per poi in seguito approfondire e risolvere ciò che è
stato accennato fin dal principio; - e tutto ciò, logicamente, con il
deliberato intento di stimolare fin da subito la curiosità del tuo
lettore a seguire la tua vicenda.

Perciò: se un incipit è ben costruito “prometterà” davvero tante


cose al tuo lettore, ma proprio per questo, attenzione: dovrai
assolutamente mantenere tutto ciò che hai promesso.

Inoltre, per scrivere un buon inizio, dovrai anche tenere conto del
punto di vista da cui vorrai narrare la tua storia; adesso però,
tramite queste mini lezioni introduttive, non è possibile
approfondire questo argomento, ma lo scoprirai pian piano se
deciderai in seguito di inoltrarti maggiormente nel nostro percorso
di scrittura creativa.
Ciò che invece ci interessa trasmetterti di sostanziale in questa
mini lezione, è una “regola/tecnica” di importanza basilare,
fondamentale e cioè:

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spesso “il vero incipit” di una storia è concepito - nella
maggioranza dei casi – soltanto a fine dell’opera; anche se
logicamente, lo sai bene, è la parte iniziale del racconto.

Sì, proprio così: solitamente il vero incipit si trova a fine racconto.

Perché abbiamo scritto il “vero incipit”? Perché, logicamente, per


iniziare a scrivere la tua storia dovrai pur partire da qualche
inizio, quindi, in principio, stenderai sul foglio un incipit
“provvisorio”, giusto per poter dare avvio al percorso del tuo
racconto. Pian piano però, nel corso della stesura della tua storia,
quando personaggi e situazione cominceranno a prendere corpo, ti
renderai conto che l’incipit che hai scritto all’inizio sicuramente è
da rivedere, ritoccare e forse da cambiare completamente.

Ora, tutto questo ti sembrerà un po’ strano e un po’ bizzarro, ma


se ci rifletti attentamente non lo è affatto, perché tu potrai trovare
un inizio efficace, soltanto quando avrai le idee chiare su ciò che
vuoi scrivere e potrai trasportare il tuo lettore in un determinato
percorso soltanto quando avrai chiaro il percorso che vorrai fargli
intraprendere.

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Tutto ciò, lo comprendi, non è certo una regola: infatti, alcuni
scrittori scrivono un inizio adeguato fin da subito, ma solitamente
sono scrittori esperti che hanno ben sviluppato la loro sensibilità
letteraria.

Quello che vogliamo trasmetterti è semplicemente che l’incipit


più indicato per la nostra storia si scopre di solito durante la
revisione della prima stesura, dato che, essendo già arrivati al
termine del nostro racconto, abbiamo maggior consapevolezza
delle tappe, degli snodi e delle svolte della nostra trama.

Possiamo pertanto concludere questa mini lezione affermando


che: solitamente un buon incipit è composto da poche righe che
hanno il potere di riuscire a risvegliare l’immaginario del lettore,
attivando in lui una partecipe risposta verso il nostro flusso
narrativo, che a sua volta dovrebbe far risuonare in lui molteplici
visioni e possibili mondi interiori.
Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le
strategie per creare un incipit efficace. Questi, lo sai, sono
soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla scrittura
creativa e all’arte della narrazione.

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Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai
più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte per te da Luiba.

1.
"La caratteristica principale e più evidente della narrativa è
quella di affrontare la realtà tramite ciò che si può vedere,
sentire, odorare e toccare" - Flannery O' Connor

2.
“La mia è una scrittura visiva, nel senso che “vedo” e “scrivo”
allo stesso tempo, le due cose non sono inseparabili. E’ come se
l’astrattezza delle parole dovesse immediatamente concretizzarsi
nell’immagine” - Rosetta Loy

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2. SET-UP:
Suggerimenti per impostare il tuo racconto

In questa seconda mini lezione parliamo in modo


sintetico e veloce di set-up e di indizi ed esaminiamo
alcune strategie da utilizzare in questa delicata fase
della narrazione.

Per vedere la video lezione n.2, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/2-il-set-up.html
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2. SET-UP

Viene detto “set-up” l’impostazione, la preparazione di un’opera.


Nel “set-up” si impostano la direzione narrativa, il ritmo, il
genere, i personaggi principali, la situazione e l’ambientazione.

Perciò le prime scene di un racconto devono presentare la


situazione e i personaggi. Questa “fase iniziale” di impostazione
del racconto e cioè: le scene iniziali che introducono il lettore
dentro la tua storia, è chiamata, appunto, “set-up”.

Per farti comprendere meglio: di solito, ma non è una regola, una


storia non parte subito dalla rottura dell'equilibrio iniziale della
vita del tuo protagonista, bensì ci sono alcune scene preparatorie,
le prime, appunto, che, in proporzione adeguata al tuo racconto,
hanno il compito di presentare le problematiche interiori e/o
esteriori dei tuoi personaggi.

Quindi, per essere precisi, con "set-up" intendiamo solitamente le


prime pagine di un'opera, le quali servono a presentare il modo di
vivere e le abitudini del tuo protagonista, prima che un evento

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faccia scaturire la sua conflittualità, ma anche ad immergere il
lettore nei luoghi e nelle atmosfere della narrazione.

E' quindi fondamentale che il "set-up" sia coinvolgente a tal punto


da far dimenticare al lettore il mondo che lo circonda e da farlo
entrare con entusiasmo, curiosità e partecipazione nel magico
mondo del tuo racconto.

Ricordi, ti abbiamo detto nella mini lezione precedente che un


racconto e un romanzo sono paragonabili ad un viaggio.

Ecco, nel “set-up”, dopo un inizio efficace, il lettore è ormai con


te, in cammino, in viaggio, in attesa di vivere, vedere e
partecipare a tutte le tappe, avventure ed emozioni che questo
viaggio si aspetta gli riservi.

Oltre ad avere la funzione di impostazione della struttura del


testo, il "set-up" è anche un sistema di scelte e rinunce che
presiedono all'organizzazione del testo; perciò anche un momento
di progettazione e di raccordo di tutti gli elementi che andranno
poi a comporre il tuo racconto. In definitiva è la preparazione del
terreno della tua creazione.

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E’ una fase, dunque, molto importante, delicata e fondamentale.

Ecco, una suggestiva immagine affinché tu possa visualizzare


concretamente e con efficacia questo importante momento della
narrazione:

“creare un buon set-up significa avere la capacità di mettere


semi nel terreno della narrazione, annaffiarli e poi aspettare per
vederli crescere, germogliare nella tua storia …”

Ecco, il “set-up” è la fase/l’atto della “semina”, la semina degli


“indizi” all’interno della tua storia.

Una tecnica basilare e molto utilizzata, soprattutto in narrativa,


per creare un buon “set-up” è quella della scuola di giornalismo
anglosassone denominata la tecnica delle “5 W”.

 Who/Chi?
 What?/Cosa?
 Where?/Dove?
 When?/Quando?
 Why?/Perchè?

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In definitiva si tracciano i personaggi, cosa accade nella storia,
l’ambientazione e le coordinate spazio-temporali.

E’ logico che questo metodo per funzionare bene deve essere


approfondito e ben pianificato; riportiamo qui, a causa del breve
tempo a disposizione, soltanto una breve introduzione di questo
metodo per ideare e costruire una storia:

“Who?/Chi?” = risponde alla domanda su chi sono i personaggi,


cosa fanno, qual è la loro psicologia e soprattutto in che rapporto
sono tra di loro;

“What?/Cosa?” = risponde alla domanda riguardo a cosa


accade nella storia, in definitiva cosa accade ai tuoi personaggi:
quali sono i loro conflitti, esteriori o interiori, in che modo si
comportano, quali sono gli eventi e gli accadimenti della tua
storia;

“Where?/Dove?” = risponde alla domanda su dove è ambientata


la tua storia: in montagna, in un posto fantastico, misterioso, in
una metropolitana, in un castello, etc etc. Non sottovalutare

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l’ambientazione perché detta l’atmosfera e talvolta anche il
ritmo;

“When?/Quando” = risponde alla domanda sul tempo e cioè


quando accade la tua storia: nel presente, nel passato, nel
futuro. Attenzione, non risponde solo alla domanda quando ma
anche alla domanda quanto: perciò quanto dura la tua storia:
tanti anni come l’odissea di Omero oppure un solo giorno come
l’Ulisse di James Joyce;

“Why?/Perché?” = risponde alla domanda riguardo alle


motivazioni dei tuoi personaggi, i motivi scatenanti le loro azioni,
il loro comportamento, ma non solo riguarda anche e soprattutto
le motivazioni e i motivi scatenanti perché tu hai deciso di
raccontare quella storia e di utilizzare quei personaggi.

In definitiva nel “set-up” la storia deve decollare. E’ necessario,


quindi, dare subito al lettore la percezione del tema e farlo
immergere nella giusta atmosfera che permeerà il tuo racconto.

Devi perciò dare informazioni sui personaggi e sulle situazioni,


senza però esagerare troppo per non rischiare di diventare noioso

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e didascalico. Inoltre devi fornire alcuni indizi importanti della
trama al tuo lettore, ma, attenzione, solo quelli essenziali, quelli
veramente fondamentali; elementi significativi su cui possa
basarsi sia a livello intellettivo e soprattutto a livello emotivo.

Perché tutto questo? Per facilitargli logicamente la comprensione


della tua storia, ma allo stesso tempo devi lasciarne in sospeso la
comprensione totale, al fine di incuriosirlo e attrarlo come un’ape
al fiore nelle tappe, snodi e svolte della tua vicenda: quindi fai
attenzione alla scelta degli elementi nel “set-up” è fondamentale
per la buona riuscita del tuo racconto o romanzo.

In riferimento a quanto detto sopra, può essere, quindi, vincente


disseminare nelle pagine del “set-up” indizi significativi che
germoglieranno soltanto in seguito, più avanti. I frutti e i fiori di
questi indizi, una volta che saranno pienamente maturati e
sbocciati, provocheranno inevitabilmente svolte, snodi e progressi
sulla linea della tua narrazione.

Per fare tutto ciò, può esserti utile scrivere una sorta di scaletta di
questi elementi che ritieni essenziali da veicolare al lettore in

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questa fase del tuo lavoro. Gli indizi, inoltre, non dovranno essere
troppo evidenti, ma neanche troppo criptici, oscuri.

Inoltre è bene rendersi conto che una storia non inizia così dal
niente e che quindi può essere utile fornire al lettore un antefatto
per aiutarlo a comprendere la situazione, magari seminando, per
esempio, qualche ricordo del personaggio che sembra inserito lì
con “naturalezza” e con “nonchalance” (insomma, per
intendersi: senza troppa importanza, senza un particolare scopo)
ma che invece poi germoglierà generando una svolta significativa
e cruciale all’interno della nostra trama.

Questo logicamente è soltanto un esempio, - dato che esistono


milioni di possibilità per seminare indizi all’interno delle nostre
storie, anche a seconda della tipologia di storia che scegliamo di
narrare, - quello però che è di fondamentale importanza
trasmetterti è che: i personaggi con un passato alle spalle risultano
davvero molto più credibili per i nostri lettori.

Potresti, quindi, per esempio, dare delle informazioni sul tuo


personaggio che per il momento sembrano introdotte nel tessuto
narrativo solamente per caratterizzarlo ma che invece sono
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elementi significativi e portanti che faranno scaturire poi, in
seguito, degli eventi importanti che condurranno la tua storia in
una ben precisa direzione.

In sintesi: l’importante è catturare l’attenzione del lettore, in un


modo o in un altro incuriosirlo. Per farlo, può esserti utile trovare
una “calda zona emotiva”, ovvero un elemento forte che possa
“catalizzare” la sua emotività. Ma di tutto ciò parleremo più
avanti.

Per il momento ti diciamo che per far questo si utilizza


solitamente il “montaggio per interpolazione” che è, appunto,
una tecnica indirizzata ad accelerare il ritmo del “set-up” e
consiste nell’inserire questo catalizzatore emotivo, il quale non si
trova nell’esatto punto di successione logica e cronologica
previsto dalla trama.

Questo elemento, che noi chiamiamo in gergo tecnico


“catalizzatore”, ma tu puoi anche chiamare “calda zona
emotiva”, viene seminato, accennato e poi lasciato in sospeso per
poi essere ripreso e concluso, dopo, nella sua posizione
cronologica naturale.
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Questi lo sai sono soltanto dei piccoli assaggi, perciò non è
possibile adesso approfondire questa tecnica. L’importante è
averti reso consapevole che esiste, ma soprattutto che il “set-up” è
la fase della semina, perciò attenzione a ciò che seminiamo perché
i nostri semi germoglieranno …

… e germoglieranno rendendo più o meno riuscito il nostro


racconto o romanzo; perciò non sottovalutare questa importante e
delicata fase della narrazione, la fase del “set-up”, la fase della
“semina”.

Possiamo, quindi, concludere questa nostra mini lezione


affermando che:

quando un racconto è ben costruito, i suoi snodi o svolte arrivano


sì d'improvviso ed inaspettatamente al lettore, ma non senza
logica e fondamenta, così dal nulla ...

… bensì, a ben guardare, in retrospettiva, il lettore, volgendo il


suo sguardo indietro, può cogliere tutte le premesse degli effetti, a
questo punto manifesti, dentro quei semi che erano stati abilmente
disseminati dall'autore nella prima parte della sua opera.

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E con “abilmente” intendiamo che erano stati disseminati con
molta naturalezza, senza il lettore se ne accorgesse.

Infine i pezzi del nostro puzzle vanno a posto da soli, e il lettore


rimane sorpreso, sorpreso di non essere stato in grado di
ricostruire da solo quella figura che era limpidamente sotto i suoi
occhi.

Ecco, l’arte di raccontare consiste sostanzialmente davvero in


questo e cioè: in questa capacità di distribuire nel corso nel nostro
racconto semi che in seguito germoglieranno, sorprendendo ed
emozionando il nostro lettore.

Un’ultima cosa prima di salutarci: tu hai un dovere, mantenere le


promesse. Quello che c’è nel “set-up” non può essere tradito dal
centro, o dal finale della storia. Ultimissimo: inoltre attenzione, il
“set-up” non deve telefonare il finale.

E per telefonare logicamente intendiamo che il finale non deve


essere intuibile, né troppo scontato, né prevedibile.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un set-up efficace. Questi, lo sai, sono soltanto
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dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla scrittura creativa e
all’arte della narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le informazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte da Luiba

1.
“Io semino a piene mani ed il grano aspetti pure se il tempo non è
propizio; spesso, il miglior raccolto è quello più a lungo atteso”
Andrè Gide

2.
“Gli autori originali dei tempi moderni non sono tali perché
abbiamo prodotto qualcosa di nuovo, ma perché sono capaci di
dire le stesse cose come se non fossero mai state dette prima”
Wolfang Goethe

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3. FABULA E INTRECCIO
"Suggerimenti per ideare fabula e intreccio"

In questa terza mini lezione parliamo di fabula ed


intreccio e della fondamentale importanza di
queste due importanti fasi della narrazione.

Per vedere la video lezione n.3, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/3-fabula-e-intreccio.html
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3. FABULA E INTRECCIO

Per scrivere avrai bisogno di molta concentrazione, dato che


tessere ed imbastire un buon racconto richiede impegno,
entusiasmo e passione. Al riguardo, esaminiamo adesso alcune
informazioni che possono esserti utili.

Il testo narrativo si fonda su alcuni principi di base da


considerarsi prima, cioè “ancor prima”, di stendere il tuo
racconto. Questi principi sono semplici e chiari, vediamoli:

1. Tracciare la struttura narrativa;


2. Creare la fabula;
3. Organizzare l’intreccio

L’insieme delle sequenze disposte in ordine logico e cronologico


prende nome di “fabula”; mentre l’insieme delle sequenze
nell’ordine di apparizione nel testo narrativo (e cioè: nell’ordine
in cui tu deciderai che il lettore debba leggerle) prende il nome di
“intreccio”.

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Perciò: “fabula” = l’ordine logico e cronologico degli eventi
della tua storia; mentre “intreccio” = l’ordine degli eventi come
tu deciderai di presentarli al lettore, cioè l’ordine di apparizione
durante la lettura.

A questo punto sicuramente avrai già intuito che alcuni eventi, i


quali nell’ordine logico e cronologico della tua storia nella
“fabula” si trovano all’inizio, non è detto che poi
nell’”intreccio” mantengano obbligatoriamente la stessa
posizione; infatti, come ideatore/autore del tuo racconto, hai la
piena libertà di scegliere se posizionarli a “metà” sulla linea della
tua narrazione, oppure a “tre quarti” o addirittura verso il “finale”.

In effetti una storia – e lo avrai sicuramente notato nei film che


hai visto o nei romanzi che hai letto – può essere raccontata
seguendo l’ordine cronologico degli eventi oppure, nel narrarla, si
possono apportare delle modifiche sull’asse della narrazione
andando avanti e indietro nel tempo.

Tutto ciò si può attuare utilizzando:

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1. I “flash-back”. - Cosa sono? Sono quei momenti in cui si
raccontano o si vedono eventi accaduti “precedentemente”,
(nel passato), rispetto al periodo “presente” durante il quale
si svolge la tua vicenda; per esempio: i vari ricordi del tuo
protagonista;

2. Oppure i “flash-forward”. - Cosa sono? Sono quei momenti


in cui si raccontano o si vedono eventi che invece devono
ancora accadere.

Perciò: quando hai impostato la tua “fabula”, con tutti gli eventi
che la compongono in senso cronologico, puoi in seguito decidere
di invertire o di modificare questo ordine prendendo alcuni eventi
e posticipandoli oppure, al contrario, prendendone altri ed
anticipandoli.

Tutto ciò, logicamente, per rendere più interessante la tua storia e


per coinvolgere maggiormente il lettore all’interno della tua
vicenda e per farlo, inoltre, partecipare anche a livello emotivo.

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Alla luce di tutto quello che abbiamo appena detto, avrai
sicuramente compreso che esistono “differenti strutture” per
creare ed organizzare il tuo racconto o romanzo. Vediamole:

A)
Alcune storie hanno un andamento lineare proprio come i binari
di una ferrovia e cioè: seguono un andamento progressivo e
consequenziale senza ondeggiare avanti ed indietro nel tempo.

Queste storie partono, infatti, da un punto preciso e


progressivamente marciano verso la fine tramite una costruzione
dritta e lineare sulla linea del tempo.

B)
Altre storie, invece, hanno una struttura non lineare, una sorta di
“cammino a zig zag” e cioè: non seguono in modo logico e
consequenziale gli eventi sulla linea del tempo.

Spesso questa tipologia di storie interrompe il proprio cammino


sulla linea principale per diramarsi in un evento passato o futuro

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per poi tornare più tardi nell’esatto punto dal quale ha deviato per
riportarsi sulla linea principale.

Ma vediamo adesso alcuni concetti interessanti:

a) la struttura narrativa è, appunto, una linea del tempo su cui


si indicano i punti fondamentali di una storia;

b) e una storia, quasi sempre in narrativa, poggia la sua


struttura su due punti fondamentali come un arco su due
basi.

Vediamo questi due punti fondamentali:

1. si incomincia con “qualcosa” che interrompe l’equilibrio


iniziale della vicenda e tutto si complica;
2. poi la storia cerca una soluzione raggiungendo un momento
di massima tensione; da qui si procede verso il finale.

I due assi portanti sono:

a) la destabilizzazione dell’equilibrio;
b) e poi, in seguito, la ricerca di una soluzione per risolvere il
conflitto che questa destabilizzazione ha provocato.
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Solitamente nella letteratura classica la struttura della storia si
identifica in tre momenti ben distinti. Vediamoli:

1. Il contesto iniziale, dove si fa un quadro


generale dei personaggi e dell’ambiente;

2. Lo sviluppo della situazione;

3. Lo scioglimento del conflitto al quale segue poi


il finale o epilogo.

Quindi, una volta scelto il nostro tema ed impostata la struttura di


base, quando si scrive un racconto, ma soprattutto quando si
lavora ad un romanzo, generalmente si definisce “prima” la fabula
e “dopo” si lavora all’intreccio, e cioè: sulla modalità in cui verrà
raccontata la nostra storia.

E adesso un altro concetto fondamentale:

spesso, lo sai, tutte le storie si somigliano, sostanzialmente sono


molto simili, - niente di nuovo sotto la luce del sole - ma la
modalità con cui sceglierai di raccontare la tua storia, ecco, quella

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sarà tua, unica ed originale, perché tu l’avrai scelta tra infinite
possibili combinazioni.

Infatti, la vera originalità di un autore sta in fondo proprio nel


trovare un nuovo modo di intrecciare i fili per una storia che, nei
suoi tratti fondamentali, è già stata raccontata un migliaio di volte.

Ridotte all’osso le trame presenti nella storia della letteratura non


sono moltissime, anzi decisamente poche, ma starà proprio a te,
alla modalità tramite la quale deciderai di imbastire gli eventi, alla
tua capacità di suggerire atmosfere e situazioni ed a tutto quello
che riuscirai a far trasparire di te, a come riuscirai a veicolare al
lettore la tua personale visione del mondo, che in fine darà
originalità al tuo racconto.

Spesso questa originalità si riesce a generarla anche tramite un


efficace “montaggio” delle nostre scene. Il montaggio è una fase
che s’inserisce a sua volta nell’intreccio, ma approfondiremo tutto
ciò in seguito, se desidererai continuare questo percorso di
scrittura creativa.

35
Per il momento concludiamo dicendo che come per i film, anche
nella narrativa esistono storie dalla trama debole, e cioè: storie
dove sono i personaggi ad arricchire la vicenda con i loro dilemmi
interiori, con la loro conflittualità, con le loro problematiche
interne, e storie invece dalla trama forte, dov’è il susseguirsi degli
avvenimenti, degli eventi che attrae maggiormente l’attenzione
del lettore.

Ora, prima di salutarci, è importante farti notare una cosa:

quando parliamo di trame deboli non significa necessariamente


che queste trame siano mosce oppure insignificanti, bensì si
intende dire semplicemente che ci stiamo concentrando
maggiormente sugli eventi interiori vissuti dai personaggi e meno
sulle azioni esteriori della vicenda. Ricorda: ai fini della trama,
una presa di coscienza o un mutamento interiore del personaggio
ha lo stesso valore di un’azione esteriore.

Spesso ci sono storie che hanno poche azioni a livello esteriore,


ma sono molto forti e significative a livello interiore, mentre, al
contrario, ci sono storie che hanno molte azioni a livello esteriore
- con mega-effetti mirabolanti - ma che poi finiscono per risultare
36
molto povere a livello interiore. Ma approfondiremo tutto questo
parlando di genere, contenuto e forma.

Quello che ci interessa puntualizzare adesso è il seguente: una


stessa storia può essere raccontata in molti modi.

Nell’intreccio, infatti, entrano in gioco diversi fattori. Vediamoli:

il punto di vista; la sfasatura temporale; l’inserimento di più


storie (storie secondarie) all’interno della principale; l’uso di un
particolare linguaggio; il ritmo e lo stile.

Come avrai sicuramente intuito da tutto ciò di cui abbiamo


discusso, dedicare del tempo alla fase della fabula e alla fase
dell’intreccio è veramente una tappa fondamentale per la buona
riuscita del tuo racconto o romanzo.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per ideare una buona fabula ed un efficace intreccio.
Questi, lo sai, sono soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per
introdurti alla scrittura creativa e all’arte della narrazione.

37
Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai
più avanti tutte le informazione per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte per te da Luiba.

1.
"Il segreto della tensione drammatica sta nel gioco delle attese
dove l'esito è sempre in dubbio. Finché dura l'incertezza tra un
finale prevedibile e una possibile trasgressione l'interesse per la
lettura è assicurato" - Baricco

2.
"Nulla è più evidente del fatto che qualsiasi trama degna di
questo nome deve essere elaborata fino al suo scioglimento
finale, prima ancora di prendere la penna in mano" - Edgar
Allan Poe

38
3.
"Come gli stessi pensieri possono dare un altro tipo di discorso se
disposti in modo diverso, allo stesso modo le stesse parole
formano altri pensieri se disposte in modo diverso ed anche le
nostre scene possono prendere altre vie se anch'esse sono
disposte in modo diverso" - Pascal

39
4. IL MONTAGGIO:
"L'importanza del montaggio nella narrazione"

In questa quarta mini lezione parliamo di montaggio


analizzando in modo sintetico e veloce le modalità
per utilizzare al meglio questo strumento della
narrazione.

Per vedere la video lezione n.4, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/4-il-montaggio.html
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40
4.IL MONTAGGIO

Come accade nei film anche in un testo letterario si parla di


“montaggio” quando si lavora alla disposizione delle scene.

Infatti, in narrativa, si parla di “montaggio” per circoscrivere


quella fase di lavoro della creazione del testo in cui si pone molta
attenzione, non solo alla disposizione delle scene, ma anche a
quella dei capitoli che compongono il nostro racconto o romanzo
ed, in aggiunta, anche alla disposizione e composizione dei
paragrafi, delle sequenze e dei dettagli visivi che, a loro volta,
compongono le nostre scene.

Non so se ricordi la mini lezione sulla fabula e l’intreccio in cui


abbiamo accennato al montaggio. Orbene: per disposizione delle
scene intendiamo, appunto, l’ordine in cui tu presenterai al tuo
lettore gli eventi che formano la tua storia.

Solitamente per fare questo si ricorre ad una scaletta e si fanno


degli esperimenti, e cioè: proviamo a piazzare alcuni eventi prima
o dopo sull’asse della narrazione per vedere qual è la modalità più
avvincente, più precisa e più efficace per presentarli al lettore.
41
E spesso non è facile trovare la giusta disposizione, il giusto
ordine perché, soprattutto nella letteratura di ampio respiro come,
per esempio, in un romanzo o in una sceneggiatura, normalmente
alla trama principale si intrecciano anche trame secondarie ed
allora dobbiamo ben capire l’assetto per tessere con sapienza la
nostra tela.

Perciò è necessario, fondamentale capire l’equilibrio e la


sistemazione delle nostre scene, dato che una serie di eventi
secondari ben montati all’interno della nostra trama principale
può arricchire notevolmente la storia che andiamo raccontando.

E’ per questo che abitualmente si rende necessario stendere una


scaletta.

Ma cos’è di preciso una “scaletta” in narrativa, cosa intendiamo


con questo termine?

La scaletta sintetizza la struttura della storia evidenziandone i


punti principali che rappresentano, appunto, gli snodi
fondamentali della vicenda ed esattamente: quegli eventi che non

42
possono essere eliminati senza alterare irrimediabilmente la
struttura stessa della nostra storia.

Ora, per eventi non eliminabili non intendiamo automaticamente


gli eventi più eclatanti. Infatti, in una determinata storia può
essere, per esempio, più importante che il nostro personaggio
smarrisca una borsa ed essere invece di minor rilevanza per il
nostro intreccio che in quel momento venga dichiarata guerra nel
suo paese.

Il motivo di tutto ciò, lo comprendi bene: sicuramente la


dimenticanza di quella borsa avrà una grossa conseguenza, avrà,
quindi, il potere di provocare uno snodo o una svolta all’interno
della linea narrativa sul percorso del nostro protagonista.

In sintesi: l’importanza di un evento in narrativa dipende dalle


conseguenze che genera tra i protagonisti della storia.

La “scaletta” puoi, quindi, vederla come una sorta di “colonna


vertebrale” che regge l’intera struttura narrativa, perché è
costituita da quei “punti cardine” in corrispondenza dei quali
ruota la vicenda prendendo una direzione anziché un’altra.
43
“Punti cardine” in narrativa, e più precisamente sulla nostra
scaletta, sono i momenti cruciali in cui il personaggio si trova
davanti ad un ventaglio di possibilità che decideranno del suo
futuro.

Dovrà scegliere se prendere una strada oppure un’altra. Oppure,


chissà, magari non riuscirà a scegliere perché probabilmente si
verificherà un evento che non è stato voluto dal personaggio;
comunque: che sia il personaggio a scegliere oppure che sia il
caso a scegliere per lui, il nostro protagonista in quel momento si
troverà di fronte ad un bivio che stabilirà da che parte andrà la
vicenda da quel momento in poi.

In base a ciò che deciderà o alla piega che prenderanno gli eventi,
la storia procederà, quindi, in una direzione e tutte le altre saranno
scartate per sempre sulla nostra scaletta.

Come vedi una scaletta può essere veramente importante per fare
chiarezza e ordine e per comprendere in che modo far procedere
la nostra storia.

44
Certo, non è però obbligatorio redigere una scaletta. Infatti, ci
sono scrittori che non se ne occupano affatto e cominciamo a
scrivere senza avere un’idea di dove la storia li porterà.

Capisci però che, a meno di non essere scrittori esperti, all’inizio


una scaletta può risultare davvero molto utile, soprattutto quando
ci si trova davanti ad un punto morto o quando si ha l’impressione
che la nostra storia non marci come dovrebbe o che i fili si siano
ingarbugliati da qualche parte.

Avendo sottomano il nostro “scheletro” oppure la nostra “colonna


vertebrale”, come l’abbiamo chiamata precedentemente, sarà più
facile per noi aggiustare quello che non funziona, magari
spostando alcune scene o collocando diversamente alcuni
avvenimenti oppure eliminando del tutto alcuni punti che non ci
sono funzionali.

Nella narrativa contemporanea si fa molto uso anche della


cosiddetta “molteplicità delle linee narrative”, e cioè: raccontare
tante storie montate in modo che si intersecano in più punti e che
si intrecciano sfiorandosi soltanto.

45
Perciò lo capisci, no, quanto è fondamentale trovare una sapiente
disposizione delle scene, anche perché attraverso il montaggio si
può giocare con la sequenza delle informazioni che devono essere
veicolate al lettore e con i punti di vista.

Vediamo di spiegarci in modo più esatto e concreto in merito:

ecco, nella stesura del nostro racconto partiamo da una situazione


osservata dal punto di vista di un nostro personaggio, poi invece
di continuarla la lasciamo lì, la sospendiamo e partiamo invece
con un’altra situazione osservata dal punto di vista di un altro
nostro personaggio, in seguito riprendiamo la situazione
precedente e la portiamo avanti per un po’, la interrompiamo di
nuovo e torniamo all’altra situazione portandola avanti a sua
volta. Apparentemente le due situazioni sembrano non avere un
nesso tra loro, ma via via, pian piano, le riuniremo. E le storie si
intrecceranno “naturalmente”.

Cosa s’intende con “naturalmente”? Che le due situazioni, nel


momento in cui le sottoponiamo all’attenzione del lettore,
(apparentemente) sembrano separate, in realtà, in seguito, a ben
guardare, mentre prende corpo la trama, scopriamo che ognuna
46
delle due conteneva in sé fin dal principio tutte le premesse
affinché potessero poi naturalmente intrecciarsi.

Questo, lo sai, è soltanto un esempio, ma se ci rifletti bene: quanti


film hai visto e soprattutto quanti libri hai letto che adottavano
questa modalità di montaggio: molti sicuramente.

Ora però non vorremmo che tu ti fossi fatto un’idea sbagliata: non
è che nella fase di montaggio dobbiamo esagerare abbondando
con flash-back, indizi ed effetti mirabolanti, anzi, in questa fase si
lavora spesso per sottrazione ed occorre avere il coraggio di
eliminare ciò che non serve ed appesantisce la trama.

E secondo te quali sono le scene che vengono tagliate? Quelle


inutili. E quali sono quelle inutili? Quelle che ci sono state utili
per chiarirci la trama, ma che in seguito, durante la stesura, ci
accorgiamo che appesantiscono il nostro flusso narrativo; quindi,
sono servite a noi per chiarirci il percorso, ma in realtà non sono
più funzionali alla nostra storia, alla nostra trama ed
apparirebbero noiose e superflue agli occhi del nostro lettore; in
definitiva: occorre avere il coraggio di eliminarle.

47
Passiamo adesso ad un altro concetto importante:

durante il montaggio si deve lavorare con molta attenzione anche


sulla coerenza della struttura di ogni scena, la quale, al proprio
interno, contiene a sua volta differenti sequenze.

Prima di procedere oltre soffermiamoci su un’altra regola


fondamentale: ogni scena deve essere considerata come un’unità
compiuta. Questa tessera (la scena) si trova, come “frammento”
di un “puzzle”, all’interno di una macro struttura, ma deve dare di
per sé già un senso di completezza e compiutezza.

A sua volta ogni singola scena è composta di unità logiche


chiamate, appunto, sequenze. Queste sequenze sono di quattro
tipi. Vediamole:

1. Narrative – delineano le azioni dei personaggi

2. Descrittive – servono a descrivere luoghi, oggetti e


persone.

3. Riflessive – includono digressioni dell’autore e


riflessioni dei personaggi.

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4. Dialogiche – sono costituite dai dialoghi.

E’ evidente che una ben dosata ed originale miscelazione di questi


quattro elementi, getterà le basi per la buona riuscita di ogni
singola scena all’interno del tuo racconto o romanzo.

Sono elementi molto importanti anche la coerenza dello stile e del


ritmo, ma tutto ciò parleremo in seguito.

Esistono diversi tipi di montaggio. Ora non possiamo prenderli


tutti in considerazione a causa della mancanza di tempo. Uno, per
esempio, lo utilizziamo quando vogliamo creare una struttura
ciclica e cioè: si comincia da un avvenimento, lo si lascia poi
sospeso per un po’ per poi ritornarvi più tardi. E’ la stessa tecnica
che ti abbiamo accennato quando abbiamo parlato della
molteplicità di storie che si intrecciano.

Per far ciò si utilizza il cosiddetto “montaggio per


interpolazione”. E cioè si anticipa con un “flash-forward” un
avvenimento, poi si torna indietro nel racconto fino a giungere al
momento esatto dell’evento anticipato (cioè proprio lì a

49
quell’evento, in quel punto esatto) e poi si continua ad andare
avanti con la nostra storia.

Se ben ti ricordi abbiamo accennato a questo strumento nella mini


lezione sul set-up. Infatti questa è una tecnica che viene utilizzata
per accelerare il ritmo del set up, inserendo, appunto, questo
catalizzatore emotivo che non si trova nell’esatto punto di
successione logica-cronologica prevista dalla trama.

Ora magari forse a livello teorico non ti è chiaro, ma non abbiamo


qui il tempo di inoltrarci in esercizi ed esempi, cosa che invece
faremo durante il nostro percorso di scrittura creativa,
l’importante è comunicarti che tramite il montaggio per
interpolazione si ottiene un effetto di massima tensione e
riusciamo a tenere viva e accesa l’attenzione del lettore.

Quindi, sintetizzando concludiamo affermando che: un buon


montaggio dona alla nostra trama storia leggerezza, rapidità,
esattezza, visibilità e coerenza e fa in modo che la nostra storia
venga veicolata al lettore in modo avvincente e graduale.

50
Comunque creare un buon montaggio oltre a tutto ciò che ti
abbiamo già elencato, significa anche capire qual è la migliore
angolazione visiva per descrivere ogni nostra singola scena,
quindi qual è l’inquadratura più giusta per ogni singola scena.

Quindi ricapitolando è importante un’attenta scelta nella


composizione delle nostre scene, quindi dove piazzarle e in che
modo intrecciarle tra loro, ma anche qual è l’angolazione visiva di
ogni nostra scena e cioè cosa vogliamo inquadrare (o se ti è più
semplice) a cosa vogliamo dare importanza, rilievo in ogni nostra
singola scena.

Concludiamo quindi dicendo che una trama avvincente è sì frutto


della nostra invenzione e della nostra abilità di creatori di storie,
ma è data anche e soprattutto dalla modalità con cui decidiamo di
montare le nostre scene o sequenze.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un montaggio efficace. Questi, lo sai, sono
soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla scrittura
creativa e all’arte della narrazione.

51
Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai
più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte da Luiba.

1.
"L'artista dispone di un materiale di immagini, metafore, schemi,
procedimenti, strutture che sono sempre gli stessi, fin dai tempi
della più antica favolistica. Il problema dell'artista artificiere è di
farli apparire come cosa nuova" - Eugenio Montale

2.
"Lo scrittore costruisca attentamente l'intreccio in modo che ogni
evento valga ad illustrare il motivo e ogni elemento a cui ricorre
abbia un nesso preciso con il motivo stesso, sia d'accordo che di
netto contrasto." - Robert Louis Stevenson

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5. LE TAPPE DELLA TRAMA
Come creare una trama ben costruita ed efficace

In questa quarta mini lezione parliamo delle tappe


della trama. Un punto veramente cruciale,
fondamentale per la buona riuscita del tuo racconto
o romanzo.

Per vedere la video lezione n.5, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/5-tappe-della-trama.html
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53
5. LE TAPPE DELLA TRAMA

Partiamo dicendo per “trama” sostanzialmente si intende il


“disegno” sul quale si struttura la storia che abbiamo deciso di
raccontare.

Ogni storia è organizzata attorno a “snodi”, “svolte


drammatiche”, “punti critici” che hanno la capacità di affascinare
il nostro lettore.

Ecco, per “trama” si intende la serie di “svolte, snodi e punti


cardine” attorno ai quali è strutturata e organizzata la nostra
narrazione.

Quindi: ogni “svolta o colpo di scena” e cioè: eventi, azioni


esterne significative per i nostri personaggi – oppure rivelazioni o
prese di coscienza, cioè moti interiori, sia psicologici che
sentimentali, fanno tutti parte della “trama”.

Ma vediamo di capire meglio che cos’è la trama.

La “trama”, nel gergo tessile, è il filo che costituisce la parte


trasversale del tessuto. Nel “tessuto narrativo”, la trama è invece
54
il “filo conduttore” che attraversa e sorregge l’intreccio di una
storia.

Possiamo quindi immaginare la storia come una serie di fili che


corrono paralleli (e cioè gli eventi che riguardano i vari
personaggi coinvolti nella vicenda si susseguono in ordine
cronologico): ebbene sviluppare la trama significa, di fatto,
decidere come intrecciare tra loro questi fili, cioè in che modo
raccontare la storia.

Non so se ricordi la nostra mini lezione sulla fabula e l’intreccio;


ti invitiamo a riascoltarla o rileggerla anche perché parlare di
trama significa anche parlare di fabula e intreccio.

Inoltre sentirai spesso ripetere dei termini e dei concetti, ma


questo non perché vogliamo essere ripetitivi, bensì perché tutto in
scrittura creativa è concatenato.

Infatti puoi immaginare la scrittura creativa come un cerchio dai


tanti raggi o come una grande casa dalle stanze comunicanti.

55
Ecco, i raggi e le stanze sono gli ingredienti che ci necessitano per
creare la nostra storia.

Ora questi ingredienti non sono nettamente separabili tra loro, noi
li trattiamo singolarmente per funzionalità operativa, ma questi
elementi sono tutti intimamente legati tra di loro formando un
magico, plastico tutt’uno.

Comprendi, quindi, che parlando di un ingrediente non possiamo


talvolta che sconfinare nell’altro ed è proprio questo: una magica
e sapiente combinazione di questi ingredienti, di questi mobili,
plastici ma inseparabili elementi, che alla fine genera un racconto
o un romanzo più o meno riuscito.

Ma continuiamo adesso con la nostra trama:

prima di inoltrarci nei dettagli e nelle tappe della trama, vediamo


alcune nozioni importanti.

Nella narrativa classica la struttura della storia procede attraverso


tre fasi. Vediamole:

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Prima fase – 1. La parte iniziale, in cui il protagonista viene in
qualche modo chiamato a cimentarsi in un’impresa che lo
impegnerà e coinvolgerà a fondo, in quanto c’è in gioco per lui
qualcosa di vitale o comunque di essenziale.

Seconda fase – 2. Una parte centrale, in cui il protagonista


affronta, una dopo l’altra, le varie prove che si pongono lungo il
suo percorso (percorso che non obbligatoriamente deve essere
d’avventura, esteriore, ma può anche un percorso interiore e di
prese di coscienza)

Terza fase – 3. Una parte finale, detta anche “scioglimento”, in


cui la vicenda si conclude, in modo più o meno catartico e
risolutorio.

Vediamo adesso di approfondire queste fasi, anche se pur


brevemente, dato il poco tempo a disposizione tramite questa
minilezione. Partiamo.

Il compito dell’autore consiste nel pungolare un personaggio con


un dilemma interiore e/o un problema esterno da risolvere.

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Quello che conta, quello che è importante è generare un crescendo
di tensione che, quando giunge al culmine, il cosiddetto “climax”,
provoca un cambiamento nel nostro protagonista.

Infatti, i personaggi durante il nostro racconto solitamente si


trasformano.

I personaggi sono proprio come noi essere umani e dipende dal


punto di vista da cui guardano le cose la loro felicità o infelicità.
Se accade loro qualcosa e viene visto da un punto di vista alto e
evolutivo si arricchiscono e crescono, se invece lo guardano da
un punto di vista involutivo, si impoveriscono e si indeboliscono.

Tornando alla nostra trama: da questo momento, cioè il


“momento del climax” o punto di svolta cruciale, il filo della
tensione a poco a poco si allenta e la storia si avvia verso una
“risoluzione” (positiva o negativa) chiamata “scioglimento”.

Questa formula a cosa ci serve? Ci serve semplicemente per


capire che ogni trama deve prevedere un ostacolo sul cammino
del nostro protagonista.

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Magari forse qualcuno di voi sarà perplesso e penserà che è
troppo semplice condensare la quasi totalità della letteratura in
questa formuletta, ma è proprio così.

E’ un modello di base, più o meno conscio, e lo afferma anche


John Gardner , maestro di scrittura creativa negli Stati Uniti.

Dice Gardner: “Un personaggio vuole qualcosa, persegue un


obiettivo, malgrado le sue opposizioni, compresi i suoi stessi
dubbi, ed infine giunge allo scioglimento.”

E non solo Gardner sostiene questo principio basilare della


narrazione, anche Vladimir Propp, per esempio, nel suo libro
“Morfologia della Fiaba” parla di questa struttura archetipica di
base.

C’è sempre un eroe, il nostro protagonista, che ha un ostacolo da


superare. Lo supera ed evolve oppure non lo supera ed involve.

In fondo questa formuletta non è così semplicistica come sembra,


bensì rispecchia al vita e la letteratura a sua volta rispecchia la
vita:

59
anche noi esseri umani incontriamo ostacoli sul nostro cammino e
dipende dal posto di vista da cui li guardiamo e dalla modalità con
cui interagiamo con questi ostacoli uscirne rafforzati e più ricchi
oppure più poveri ed indeboliti.

Approfondiamo adesso, per quello che ci concede il tempo a


disposizione, le tappe della trama.

1. Prima tappa: stabilità.

La trama parte sempre da una posizione (situazione) di partenza


del personaggio. Cosa fa? Come passa i suoi giorni? Come
avverte la sua situazione di partenza? Comunque l’avverta: il
nostro personaggio la vive, ci sta dentro e suoi giorni passano
mentre lui vive tale situazione.

Capisci però che non avremmo “storia” a livello narrativo se la


sua vita scorresse così per sempre. Il nostro protagonista non si
troverebbe mai in difficoltà e il nostro racconto letterariamente
sarebbe molto noioso, perciò …

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2. Seconda tappa: inevitabilmente il conflitto.

Il conflitto del nostro personaggio. - Accade qualcosa di


imprevisto al nostro protagonista che destabilizza la sua
situazione iniziale, di partenza.

Orbene, un evento turba l’andamento della sua vita e la sua


conflittualità esplode e lo costringe a confrontarsi con se stesso e
per il lettore il racconto diventa molto interessante.

Attenzione: una trama non può essere concepita separatamente


dai suoi personaggi, dal momento che scaturisce dalla loro azioni,
perciò per il lettore i conflitti dei personaggi sono di forte
interesse, anzi fondamentali.

Il nostro protagonista ha quindi in sé dei tormenti interiori i cui


nodi costituiscono, appunto, gli ostacoli principali sul filo della
narrazione e che il lettore segue con forte partecipazione emotiva.

Ricorda con attenzione questo principio fondamentale della


narrazione:

61
“possiamo avere una storia stilisticamente anche perfetta ma se
manca ai personaggi un filo di tensione, di conflittualità, il
racconto tende ad essere come un quadro pieno di belle
pennellate ma in fondo privo di una linea portante.” – da
“Scrivere”, Fabbri Editore

Perciò: questo bel conflitto, che porta questo humus così


nutriente, emotivo ed eccitante in letteratura, solitamente, terza
tappa, lo complichiamo.

3. Terza tappa: complicazione.

Il conflitto e la situazione che hanno destabilizzato l’equilibrio


iniziale del nostro protagonista solitamente si complicano.

E qui arriviamo alla quarta tappa:

4. Quarta tappa: climax.

Il momento culminante del conflitto e della complicazione.

Portiamo la situazione al massimo o “momento della verità” o


“momento di massima tensione”. Il “climax”, infatti, è un

62
momento decisivo di massima tensione, un importante momento
di svolta all’interno della nostra narrazione.

Viene, infatti, chiamato “climax” il momento narrativo di


complicazione della vicenda, nel quale è presente la massima
tensione e partecipazione emotiva da parte del nostro lettore.

Ebbene, una volta giunti fin lassù: che possiamo fare?

Dobbiamo pur trovare una soluzione al conflitto, alla vicenda, alla


complicazione, perciò:

5 . Quinta tappa: risoluzione.

Il “dénouement” o risoluzione comprende gli eventi tra l’azione


in calo (anticlimax) e la fine effettiva del racconto.

Qui i conflitti vengono risolti e si ricrea in qualche modo una


situazione stabile, normale, abituale.

Il “dénouement” provoca un senso di catarsi e il rilascio di


tensione ed ansia. E’ un termine letterario che si riferisce agli
eventi che accadono alla fine, dopo il climax.

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Ed eccoci giunti inevitabilmente all’epilogo.

6 . Sesta tappa: il finale.

Il racconto si conclude con un epilogo in cui il protagonista o è


migliorato dall’inizio della storia (andamento evolutivo) oppure
peggiorato rispetto all’inizio (andamento involutivo).

Comunque avrà fatto esperienza di qualcosa in più e sicuramente


alcuni suoi aspetti, o in meglio o in peggio, (in bene o in male)
saranno mutati.

Questo andamento, come ti abbiamo accennato precedentemente,


rispecchia la vita reale, perché tutti noi possiamo passare
attraverso le difficoltà diventando più forti e più ricchi oppure
uscirne più deboli e più poveri, e così, proprio come nella vita
reale, anche in letteratura la sorte del tuo protagonista dipende
esclusivamente da te.

Ora prima di lasciarci voglio un suggerimento importante:

sicuramente ti sembrerà artificiosa e complessa la costruzione di


una trama passando attraverso tutte queste fasi e tappe, ma se

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proverai ad applicare queste tecniche, ti accorgerai che
contengono il succo, la linfa della struttura narrativa e ti diventerà
molto semplice, quasi naturale utilizzarle e … e magari le hai già
utilizzate, senza rendertene conto, senza esserne consapevole,
quindi, la consapevolezza giocherà un buon ruolo poi sulla tua
efficacia a livello narrativo.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un trama efficace. Questi, lo sai, sono soltanto
dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla scrittura creativa e
all’arte della narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte da Luiba.

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1.
“Nella letteratura è importante che molte cose siano taciute.
Tutto dipende da un particolare: si deve sentire che chi tace sa
molto di più di quanto non dica e che non tace per limitatezza
bensì per saggezza” - Elias Canetti

2.
“Per un’opera d’arte la cosa più importante è quella di avere un
centro e cioè un punto focale verso il quale tutti i raggi
convergano o dal quale scaturiscano” - Lev Tolstoj

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6. I PERSONAGGI
Come creare personaggi vivi e credibili

In questa sesta mini lezione parliamo di personaggi e di


come creare renderli vivi, veri e credibili all’interno del
tuo racconto o romanzo

Per vedere la video lezione n.6, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/6-i-personaggi.html
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6 . I PERSONAGGI

Senza ombra di dubbio, è preziosissima la costruzione psicologica


del personaggio, perché può permetterti di esprimere te stesso, la
tua arte e la tua visione del mondo.

Detto questo partiamo: è bene avere chiaro tutto ciò che riguarda il
nostro personaggio, ancor prima di stendere il nostro racconto.

E’ opportuno, quindi, farsi un’idea completa della sua personalità,


anche se poi nel racconto emergeranno soltanto alcuni aspetti. Altri
invece verranno immaginati dal lettore.

Infatti, la regola primaria e fondamentale della scrittura creativa:


“Show, don’t tell” (mostra, non dire) è valida anche e soprattutto
per la costruzione psicologica dei personaggi, ma approfondiremo
con calma questo argomento in seguito.

Adesso un suggerimento di base importante:

non rendere troppo cerebrali i tuoi personaggi, né falli pensare o


parlare come libri stampati, piuttosto falli agire, muovere, falli

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emozionare e semplicemente seguili mentre vivono e descrivili
mentre li osservi muoversi nella tua storia.

Poniti molte domande sul tuo personaggio e cerca di conoscerlo il


più profondamente possibile. Diventa il suo confidente e fatti
raccontare tutto, ma proprio tutto di lui.

Guarda, addirittura anche il suo numero di scarpe o il numero


civico della sua abitazione. Ora, magari ti starai chiedendo: a cosa
mi servono questi particolari se poi non li utilizzo nel mio
racconto?

Ricorda: servono a te, per poter entrare in completa intimità e


familiarità con il tuo personaggio.

Questo esempio, infatti, l’abbiamo utilizzato semplicemente per


trasmetterti che se non istaurerai un rapporto profondo con il tuo
personaggio, se non ci dialogherai, se non passerai giorni e giorni
ad osservarlo e a farti raccontare il suo mondo, sarà difficile poi
che lui possa viaggiare con le proprie gambe nel tuo racconto.

Cosa significa viaggiare con le proprie gambe?

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Significa che se vorrai creare davvero un personaggio autentico e
convincente, dovrai passare tanto tempo dialogare con lui che alla
fine ti sembrerà una creatura viva e vera e non più “inventata”
“fittizia”; e se diventerà viva e vera per te immancabilmente lo
diventerà anche per il tuo lettore, perché tu riuscirai ad inserirla
nella storia in modo indipendente.

Per “indipendente” intendiamo che il tuo personaggio acquisterà


una vita propria e si muoverà in modo spontaneo e naturale nella
tua storia non facendo più percepire al lettore che invece ci sei tu
dietro di lui che lo fai muovere e che lo guidi.

Attenzione, quello che stiamo cercando di comunicarti non


significa che tu dovrai psicoanalizzare il tuo personaggio. Quello
che intendiamo dire e che ci preme ripeterti è che, essendo il tuo
protagonista per te uno strumento prezioso per poter esprimere
sensi, significati, te stesso e i tuoi pensieri, è necessario che tu
impegni a conoscerlo a fondo.

Soprattutto dovrai impegnarti, annota tutto ciò perché è prezioso, a


conoscere che tipo di relazioni intercorrono tra il tuo protagonista e
gli altri personaggi della tua storia.
70
Comprendere, leggere e gestire le relazioni che intercorrono tra le
tue “creature” è davvero fondamentale, perché una buona trama è
logicamente dettata dai rapporti, dalle relazioni tra i personaggi
della tua storia. Infatti, sono proprio loro, i personaggi, che
interagendo e relazionandosi tra loro, creano i punti cardine di ogni
opera letteraria.

Quindi, ricapitolando: non è tanto basilare che tu “psicoanalizzi” il


tuo protagonista facendolo distendere su un lettino tipo “paziente
freudiano”, partendo, giusto per intenderci, dal suo primo vagito
in poi, no: non è questo; che però tu entri in una profonda relazione
con lui per farti raccontare che tipo di sentimenti, pensieri, progetti
nutre verso gli altri personaggi della tua storia, ecco, questo sì: è
davvero necessario e basilare.

Per poter entrare in un rapporto profondo con il tuo personaggio, ti


suggeriamo di scrivere una sua dettagliata biografia, che potrai
consultare tutte le volte che sarà necessario sul tuo cammino.

Mentre tratteggi il tuo protagonista, annota tutti i dettagli ed i


particolari che puoi: i suoi aspetti sia interiori che esteriori, i suoi
sentimenti e stati d’animo, le sue abitudini, i suoi pensieri
71
ricorrenti, i suoi desideri, le sue paure, le sue aspirazioni e cerca
di inoltrarti profondamente e autenticamente nel suo mondo,
cercando di capire in che modo lo vede, come lo vive e da che
punto di vista si pone per osservarlo.

Quando avrai raccolto abbastanza informazioni da sentirlo vivo e


vero, sarà giunto il momento di farlo incamminare nel tuo racconto
e, ricorda, quando vorrai narrare al tuo lettore i suoi stati d’animo,
le sue idee, pensieri e desideri, sarà efficace che tu tenti di
trasmetterli tramite le sue azioni, il suo comportamento e non
tramite sterili, elenchi descrittivi.

Perciò: impegnati affinché il tuo personaggio si incammini vivo,


vero e credibile nel tuo racconto, in modo che il lettore possa
credere davvero alle sue azioni, al suo comportamento e possa
riconoscersi in lui.

Ma com’è un personaggio vivo, vero e credibile?

Deve possedere come tutti noi aspetti contraddittori. Avere


un’interiorità ricca e sfaccettata, piena di sfumature, colori,

72
possibilità, altrimenti il lettore non potrà seguirlo con
partecipazione emotiva e neppure identificarsi in alcune sue parti.

In letteratura si usa dire che esistono personaggi “piatti” e


personaggi “tondi”. I personaggi “piatti” sono unidimensionali e
possiedono poche sfaccettature. I personaggi “tondi” invece sono
pluridimensionali e sono come me, come te, come tutti noi, pieni di
desideri, dubbi, paure e aspirazioni.

Tanti piani dovrai prendere in considerazione per caratterizzare il


tuo personaggio, per esempio: il suo stato sociale, la sua cultura, il
suo passato, adesso, però, tramite questa mini lezione introduttiva,
non ne abbiamo il tempo. L’importante è che siamo riusciti a
trasmetterti che il personaggio è una creatura complessa, dinamica
e in piena trasformazione.

E adesso alcune informazioni riguardo ai personaggi secondari.


Riguardo ai personaggi minori all’interno di un racconto o
romanzo, è preferibile che siano invece poco sfaccettati, ma ben
delineati con poche ed efficaci pennellate.

73
Ti può aiutare a caratterizzarli in modo rapido ed efficace, per
esempio, il loro linguaggio, le loro abitudini o alcune loro
specifiche e particolari caratteristiche. In sintesi: fa’ che non siano
anonimi ma non farli neppure diventare delle sterili macchiette.

Abbiamo accennato al linguaggio come strumento di


caratterizzazione, perché il personaggio prende vita soprattutto
attraverso il suo linguaggio, perciò dovrai capire anche qual è la
sua voce e il suo modo di esprimersi, nonché, come abbiamo detto,
il suo comportamento, il suo modo di fare, di porsi, le sue abitudini
e le sue aspirazioni.

Ci soffermeremo sul linguaggio in una prossima mini lezione


dedicata al dialogo, per il momento quello che è di basilare
importanza annotare è che: il personaggio vive sempre un
“conflitto” ed è attraverso questo suo conflitto che prende vita e
significato la trama della tua storia.

A questo punto, avrai sicuramente dedotto che un personaggio vivo


e denso di palpitante umanità può essere più importante addirittura
della stessa trama del racconto.

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Prima di concludere un altro concetto importante:

quello che rende grande un personaggio solitamente è il giusto


equilibrio tra ordinario e straordinario, perciò mischia bene
elementi usuali con elementi inusuali.

Un buon personaggio deve contenere in sé elementi quotidiani,


normali, ma anche un pizzico di ingredienti fuori dalla norma,
straordinari che lo rendano unico e inconfondibile agli occhi del
lettore.

E’ ovvio, non dobbiamo certo esagerare con le caratteristiche


straordinarie, sopra le righe, anzi un personaggio vincente può
anche essere una persona assolutamente comune, nella media che
però si ritrova a vivere situazioni eccezionali e grazie a ciò
sviluppa in sé forze nuove ed inaspettate, esprimendo d’improvviso
le sue nascoste qualità straordinarie.

Ti garantiamo che questa formula affascina molto i lettori, è


davvero la loro preferita: il tipo umano normale che grazie ad una
difficoltà grande ed imprevista scopre le sue qualità eroiche,
superiori.

75
Sì, proprio così, come accade nella realtà di tutti i giorni.

La motivazione è semplice ed antica quanto il mondo: il lettore


deve potersi identificare con il tuo personaggio, perciò quando lo
crei fai affidamento sulle tue passioni, sulle cose che davvero
conosci e che hai vissuto, perché non c’è niente di peggio di un
personaggio che non risulta vero, credibile ed umano.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un personaggio vivo, vero e credibile. Questi,
lo sai, sono soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla
scrittura creativa e all’arte della narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte da Luiba.

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1.
“Un personaggio nasce da una situazione, una frase o
un’immagine in cui vi è una potenzialità umana che lo scrittore è
certo di scoprire per la prima volta” - Milan Kundera

2.
“Per creare personaggi letterari vivi e credibili l’autore dispone
di una sola vita: la sua, e deve spenderla nelle storie, senza
illudersi di poter giocare al risparmio” - Sebastiano Vassalli

3.
“La questione non è tanto la capacità dell’artista di guardare
dentro se stesso, ma della sua capacità di guardare dentro gli
altri con l’esperienza che egli possiede di se stesso” - Georges
Simenon

77
7. IL PUNTO DI VISTA
Scegliere il giusto punto di vista da cui narrare la storia

In questa settima mini lezione parliamo del punto di vista


ed esaminiamo l’importanza di questo strumento per il
tono, il ritmo e l’andamento del nostro racconto o
romanzo.

Per vedere la video lezione n.7, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/7-il-punto-di-vista.html
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78
7 . IL PUNTO DI VISTA

Così come nella vita reale, quotidiana, ognuno di noi filtra la sua
realtà dal proprio punto di vista, anche in letteratura ogni
personaggio utilizza una propria personale angolazione per
leggere e interpretare il suo mondo.

Ogni essere umano, lo sai, si sente in qualche modo al centro del


mondo ed osserva la vita dalla sua angolazione visiva o punto di
vista. E’ per questo che spesso si afferma che in fondo “tutto è
soggettivo”.

Infatti, ognuno di noi filtra gli eventi della propria vita e del
mondo circostante colorando questi avvenimenti con delle
sfumature dettate ogni volta obbligatoriamente dal proprio punto
di osservazione.

Ebbene, per i personaggi di un racconto o di un romanzo è la


stessa identica cosa: ognuno di loro filtra gli avvenimenti che
decidi di inserire nella tua storia con differenti sfumature,
emozioni e stati d’animo.

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Un buon suggerimento è, quindi, di iniziare subito ad immaginare
come cambia una storia conosciuta se si cambia la prospettiva
della voce narrante.

E’ un esercizio davvero utile, sperimentalo: prendi una storia che


conosci bene e che ami e prova ad immaginarla cambiando
completamente la prospettiva della voce narrante e vedi un po’
che cosa accade.

La tua amata storia – pur rimanendo logicamente nei tratti


principali la stessa - muterà in modo sostanziale. Potrà piacerti di
più o piacerti di meno, comunque non sarà più la stessa, come se
avesse cambiato identità.

Ti abbiamo suggerito questo esercizio affinché divenga efficace


comunicarti che un aspetto di primaria importanza a cui bisogna
pensare quando si scrive narrativa, è appunto, alla voce narrante
che racconterà la nostra storia, perché questa scelta determinerà lo
stile del nostro racconto.

80
E’ chiaro adesso che quando vogliamo scrivere una storia occorre
decidere da quale punto di vista la racconteremo. Questa scelta
influenzerà molto il risultato finale.

Il delicato compito dell’autore è, quindi, quello - tramite la scelta


e l’utilizzo di un punto di vista o di un altro - di offrire al lettore
una prospettiva di osservazione dalla quale potrà seguire la storia.

E’ importante anche subito comprendere che ogni punto di vista


ci mette a disposizione delle possibilità ma ce ne preclude altre.
La stessa storia raccontata da diversi punti di vista non è più la
stessa storia.

Detto questo, è facile per te dedurre adesso che: scegliere il punto


di vista significa decidere ciò che il lettore sa e quello che il
lettore non sa e da quale angolazione percepirà la storia.

Ed eccoci alla prima sintesi: è importante perciò scegliere una


voce adatta – e sottolineiamo adatta - alla storia che si vuole
raccontare.

Vediamo adesso quali sono le possibilità per fare tutto ciò.

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Esistono due modi principali di raccontare una storia e, quindi, di
trasmetterla al lettore:

attraverso la voce di un “io” narrante, in prima persona


singolare oppure attraverso quella di un narratore; spesso
anonimo, in terza persona singolare.

Entrambe le forme sono usate per scopi precisi e presentano


logicamente vantaggi e svantaggi.

 Prima persona singolare

Dà la sensazione di una storia vera, raccontata direttamente da chi


l’ha vissuta. Tramite questo punto di vista bisogna calarsi
completamente nella mente del personaggio prescelto ed aderire
pienamente alla sua interiorità.

Vantaggi: spontaneità del sul flusso narrativo, coinvolgimento


emotivo da parte del lettore. Svantaggi: è un punto di vista
limitato, il lettore percepirà, sentirà e vedrà soltanto ciò che il
nostro personaggio percepirà, sentirà e vedrà.

82
Questo punto di vista può essere eccellente per alcune storie,
soprattutto per quelle in cui vogliamo trasmettere un senso di
verità e autenticità e autobiografia, e completamente sbagliato
invece per altre.

Vediamo adesso altre possibilità.

 Terza persona singolare

Il procedimento contrario a quello appena descritto si verifica in


un racconto scritto in terza persona singolare.

Tramite questo punto di vista si può avere una connotazione di


neutralità, oggettiva oppure sfumature che la rendono più vicina
alle sorti del personaggio principiale, pseudo soggettiva.

Possiamo avere una terza persona o narratore onnisciente, che


non è più limitato come il punto di vista precedente, perché
permette all’autore di dare qualsiasi tipo di informazione al
lettore.

Quindi, ci permette di rendere conto al lettore di tutto ciò che


avviene nella storia, di quello che sta fuori i personaggi e di

83
quello che accade nella loro interiorità. E’ una sorta di macro-
occhio che tutto vede e sente.

Infatti, questa forma narrativa permette di spaziare liberamente da


un personaggio all’altro svelandone i più intimi segreti, di
cambiare scena a piacimento, di poter dire tutto di tutti senza le
costrizioni dell’io narrante o della terza persona immersa.

Adesso ti starai sicuramente chiedendo cos’è la terza persona


immersa? E’ il punto di vista di cui di parlavamo
precedentemente, quello pseudo soggettivo.

Prima, però, di passare alla terza persona immersa, vogliamo


comunicarti una regola importante sul narratore onnisciente:

il narratore onnisciente può essere sia partecipativo, cioè: può


entrare nei pensieri, nelle emozioni dei personaggi, sia oggettivo,
distaccato.

Se si sceglie di scrivere la storia attraverso un punto di vista


oggettivo, cioè narratore distaccato, oggettivo, bisognerà stare
attenti a non dire nulla direttamente, lasciando che siano i
personaggi a raccontare la storia attraverso le loro azioni.
84
In questo caso, il narratore vede e sente tutto ma non commenta
né entra nei personaggi, si limita a narrare ciò che osserva in
modo equilibrato, neutro, distaccato.

L’effetto che tutto ciò sortisce è quello che il narratore in qualche


modo scompare, c’è, logicamente, ma non se ne avverte la sua
presenza, è come se fosse assente.

Ed eccoci giunti alla …

 Terza persona immersa

Si definisce terza persona immersa o limitata quel punto di vista


che si immerge totalmente nel personaggio prescelto come se la
storia fosse in realtà raccontata in prima persona.

E qui protagonista e narratore coincidono esattamente; in altre


parole, la voce narrante non è grammaticalmente un “io”, ma è
talmente immersa nelle azioni e nei pensieri del protagonista da
limitare il punto di vista narrativo a quell’unico personaggio.

In quanto alle connotazioni pseudo soggettive: le immagini le


azioni narrate vengono mostrate sì in modo neutro e non filtrato,

85
come si addice alla terza persona singolare, ma allo stesso tempo
si avverte che la storia è percepita completamente,
sostanzialmente dal punto di vista del protagonista.

Infatti, in questo caso, a ben guardare, il nostro protagonista è


sempre in scena e l’autore descrive, commenta e segue tutte le sue
azioni. Il lettore viene, quindi “immerso” negli obiettivi e nelle
motivazioni dello stesso protagonista.

La scelta di questo punto di vista ci dà la possibilità di autenticità


ed intimità come la prima persona singolare, ma ci offre anche
degli strumenti che appartengono alla terza persona singolare,
soprattutto nelle descrizioni.

Quindi, ci permette un maggior spazio d’azione, comunque come


la prima persona singolare, ha un limite e questo limite consiste
nel fatto che il lettore, fin dall’inizio, è consapevole che del
protagonista non potrà mai conoscere più di quanto non sappia
l’io narrante.

Comunque, approfondiremo in seguito ogni punto di vista nei


dettagli, quello che ci interessa trasmetterti adesso è il seguente:

86
è fondamentale che tu ti faccia delle domande per scegliere la
giusta voce narrante per il tuo racconto e cioè:

Qual è il punto di vista migliore per raccontare questa storia? E


perché quello? E cosa mi offre e cosa non mi offre?

Qual è l’angolazione più adatta per ottenere un risultato


efficace? E qual è il tipo di atmosfera che desidero evocare?

Che cosa voglio far sapere al lettore? E qual è il linguaggio più


adatto per farglielo sapere?

Infatti, il punto di vista è anche un fattore linguistico e non


soltanto grammaticale. Scegliere di raccontare una storia in un
determinato stile implica una percezione di quella storia differente
da quella che avremmo se la stessa identica storia venisse narrata
con un altro stile.

Inoltre, anche se non l’approfondiamo certo in questa sede, ti


informiamo che esistono altre possibilità di utilizzo del punto di
vista:

87
 Quella in prima persona plurale e quello in seconda
persona singola e plurale.

Nella prima persona plurale c’è un noi narrante che esprime


logicamente l’idea del gruppo, mentre scrivere un racconto o
addirittura un romanzo in seconda persona plurale o singolare e
cioè in tu o in voi, è davvero estremamente complicato.

Significa rivolgersi continuamente ad un personaggio


permettendo al lettore di condividerne le vicende e di sentirlo
molto vicino, ma significa anche rivolgersi talvolta direttamente
al lettore, ma riparleremo più avanti di questa tipologia di punto
di vista.

Un’ultima informazione e poi ci salutiamo: normalmente il punto


di vista non cambia durante il racconto, ma anche questa non è
una regola fissa.

Per esempio, esiste, infatti, una particolare struttura narrativa,


denominata “focalizzazione interna multipla”, dove la storia
viene raccontata dai diversi punti di vista dei vari personaggi.

88
In questo caso occorre fare molta attenzione al linguaggio, anche
perché dovrà essere assolutamente coerente con la personalità di
ogni personaggio che via via narrerà la storia.

Se si sceglie, quindi, di utilizzare un punto di vista multiplo


occorrerà ogni volta narrare con gli occhi ma soprattutto con le
parole (la voce) del personaggio prescelto, affinché la loro
modalità espressiva, cioè dei diversi personaggi, non risulti
uguale e quindi poco significativa.

Come vedi hai tante possibilità per narrare la tua storia, direi
infinite e come nella vita non ti resta che scegliere il punto di vista
più adatto per osservare il tuo racconto.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per trovare ogni volta il giusto punto di vista da cui
narrare le nostre storie. Questi, lo sai, sono soltanto dei piccoli,
sintetici assaggi per introdurti alla scrittura creativa e all’arte della
narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

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A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le
massime scelte da Luiba.

1
“Rappresentare qualcosa significa rappresentare le sue relazioni
con altre cento cose, poiché soltanto così si può rendere una cosa
intelligibile e sensibile” - Robert Musil

2
“Si sa com’è un racconto: nulla in esso è vero e tutto è vero.
Cose delle vita vissuta, fatti accaduti, gesti e parole di persone
conosciute prendono un ordine diverso e si mischiano con altro:
generando realtà uguali a nessuna, che tuttavia ci appartengono
più di tutte” - Salvatore Mannuzzu

90
8. IL DIALOGO
Come scrivere un dialogo efficace e convincente

In questa ottava mini lezione parliamo di dialogo e di


come far parlare i nostri personaggi in modo vivo,
efficace e convincente.

Per vedere la video lezione n.8, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/8-il-dialogo.html
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91
8 . IL DIALOGO

L’uso del dialogo ci permette di rendere la nostra storia più


efficace, più fluida e più leggera.

Nel momento in cui si usa il dialogo è come se d’improvviso nella


stanza della nostra narrazione spalancassimo una finestra sul
mondo esterno facendo entrare suoni e voci “vive e vere”
all’interno della nostra storia.

Il dialogo, infatti, è il prezioso momento in cui si sentono,


appunto, voci diverse da quella del narratore. I personaggi
acquistano vita, voce propria e finalmente parlano direttamente,
senza più la mediazione dell’autore.

Occorre, quindi, valutare se ad un certo punto della nostra


narrazione il dialogo è necessario, e se è davvero il momento
giusto di far ascoltare al nostro lettore le voci dei nostri
personaggi, oppure se può essere sostituito più efficacemente con
un discorso indiretto o un intervento del narratore.

92
Se si decide per il dialogo è veramente molto importante che la
bocca dei nostri personaggi si apra sì per esprimere le loro idee,
emozioni e punti di vista, quindi, in definitiva, il loro carattere e la
loro personalità, ma anche …

… anche, contemporaneamente, che abbia la funzione di fornire


utili informazioni al lettore riguardo la nostra trama,
l’ambientazione, l’atmosfera e le azioni della nostra storia.

E’ ovvio che il dialogo deve permettere lo scambio di


informazioni tra i personaggi ma anche e soprattutto verso il
lettore.

Vediamo adesso alcune funzioni fondamentali del dialogo.

Un dialogo per essere efficace deve tener presente alcuni


ingredienti, che noi qui per funzionalità operativa chiameremo
“funzioni”.

Una regola importante da annodare subito è la seguente: tutte le


funzioni sono collegate tra di loro.

Vediamo alcune:

93
1. Fare andare avanti l’azione e vivacizzare la storia.
2. Dare delle informazioni, accrescere le conoscenze del
lettore.

 Portare avanti la trama e la vicenda significa che mentre i


personaggi parlano la trama si snoda e tramite il dialogo
accadono avvenimenti.

 Dare informazioni e conoscenze al lettore invece significa


che mentre il lettore apprende aspetti e caratteristiche dei
personaggi, contemporaneamente l’autore gli consente di
entrare nella situazione narrativa e lo stimola a seguire gli
sviluppi della vicenda.

Vediamo altre due funzioni del dialogo:

3. Far intendere il rapporto tra i personaggi e rivelare


aspetti del carattere di chi parla.
4. Trasmettere emozioni ma non esplicitare troppo i
sentimenti.

94
Ora prima di procedere con le altri funzioni, ti starai sicuramente
chiedendo cosa significa trasmettere emozioni senza esplicitare
troppo i sentimenti.

Non abbiamo adesso il tempo di approfondire questa delicata


funzione del dialogo, comunque in linea generale e sinteticamente
significa che:

 l’autore deve sapere ciò che i personaggi intendono e ciò


che i personaggi non intendono rivelare, esprimere tra una
parola e l’altra.

Infatti, questo tratto così tipicamente umano di comunicazione, la


parola, non può e non deve rispecchiare necessariamente alla
lettera i pensieri e le intenzioni di ciascuno.

Spesso, infatti, il dialogo più significativo è quello che si riesce ad


esprimere senza dire.

Difficilmente una persona nella realtà quotidiana è in grado di


spiegare con precisione e dovizia di particolari il contenuto di
emozioni molto intense, anzi, in questi casi, si finisce talvolta per
dire proprio l’opposto di quello che si ha dentro e …
95
… e lo stesso vale per i nostri personaggi.

Infatti, il dialogo, in letteratura, scade proprio quando diventa


troppo esplicito! Per esempio, se è troppo studiato o razionale,
finisce poi alla fine per non rivelare niente tra le righe del
discorso. Tutto ciò annoia molto il nostro lettore.

Ma vediamo adesso altre funzioni del dialogo:

5. Far vivere spontaneamente il conflitto ai personaggi


tenendo conto dei punti di vista opposti.
6. Far sentire la voce di chi parla: le parole di un
dialogo narrativo sono il tratto distintivo dei
personaggi della storia.

 E’ importante far vivere un conflitto ai personaggi tramite


un dialogo, fa parte proprio della linfa vitale di tutta la
narrativa, del cinema e del teatro. Tutto ciò però va fatto con
forza e risoluzione ed anche con vivacità. Un ritmo
incalzante ed un’estrema concisione devono caratterizzare le
nostre battute.

96
 Inoltre un buon dialogo deve sapere tradurre sulla pagina la
voce umana; la voce dei personaggi, appunto, deve essere
sentita da chi legge.

Un buon dialogo deve anche trasmettere sulla pagina le sfumature


e le tonalità di una conversazione e la ricchezza delle espressioni
verbali e la lingua orale.

Perciò, per tradurre la spontaneità del linguaggio reale in


narrativa, per esempio, è funzionale che il linguaggio sia un po’
scorretto, ma, attenzione, non troppo. Bisogna eliminare gli
scambi di routine presenti nella conversazione normale e
suggerire un senso di spontaneità ma eliminando la ripetitività del
discorso vero, reale.

Non bisogna mai dimenticare che il dialogo in narrativa per essere


verosimile deve essere profondamente diverso da quello della
realtà.

E’ vero, tutto ciò sembra paradossale, ma per sembrare davvero


“realistico”, un dialogo non dovrà esserlo del tutto,
completamente.

97
E’ facile comprenderne il motivo: una semplice trascrizione del
parlato non sarebbe certo funzionale alla nostra narrazione, perché
conterrebbe troppe scorie, errori e ripetizioni provenienti dalla
pura oralità.

Dal linguaggio orale il nostro dialogo può, quindi, prendere quelle


sfumature gergali, dialettali, o quelle caratteristiche del parlato
che permettono di caratterizzare meglio un certo personaggio,
senza però esagerare nella stesura di una semplice e sterile
trascrizione/registrazione del parlato.

Detto questo, vediamo un’altra funzione:

7. Giocare con le parole e avere l’obiettivo della


concisione. Sono molto importanti: la punteggiatura,
le pause, le interruzioni, le sospensioni, le ripetizioni,
le esitazioni ed il ritmo.

Un suggerimento importante: solo dopo aver stabilito la


personalità di un certo personaggio, si potrà iniziare a costruire un
dialogo adatto, associandolo, logicamente, ad un certo

98
comportamento e ad una mimica; azioni/atteggiamenti che
dovranno essere “mostrati” al lettore e non “detti”, “spiegati”.

Perciò: se tu non sai chi è il tuo personaggio, in che ambiente


vive, che tipo di personalità possiede, è scontato che non potrai
creare un dialogo adatto per lui.

Infatti, i dialoghi più efficaci, di solito, sono quelli in cui l’autore


si è davvero preso del tempo per ascoltare la vera voce dei propri
personaggi e li ha in qualche modo aiutati ad esprimere con
sincerità le loro emozioni e i loro pensieri.

E’ chiaro, quindi, che il linguaggio del personaggio dovrà essere


coerente con la sua formazione culturale; con la sua età; con il
periodo storico in cui vive; con l’ambiente sociale con cui
interagisce; e con la situazione psicologica ed emotiva del
momento.

Inoltre, i nostri personaggi non devono parlare, te lo ripetiamo,


come dei libri stampati e cioè: in modo lineare senza sbavature e
imperfezioni, bensì, proprio come facciamo tutti noi nella vita,

99
esprimersi con specifici intercalari, talvolta perdendo, perché no,
anche il filo del discorso e facendo anche digressioni ed errori.

In narrativa, quando le circostanze lo permettono, è funzionale


che anche nei nostri dialoghi avvenga quello che succede nella
realtà, dove spesso due persone discutono su un certo argomento
ma in realtà alludono a qualcos’altro.

In questo caso nella narrazione si parla di sottinteso o di meta


comunicazione, dove abbiamo da una parte un livello superficiale
di dialogo, e dall’altra, un livello molto più profondo, racchiuso
nascosto dentro sotto le righe, le parole.

Questa modalità di costruzione del dialogo è veramente molto


efficace, perché rispecchia la realtà e il modo in cui dialoghiamo
noi esseri umani che spesso comunichiamo una cosa ad un livello
per alludere poi ad altre ben più urgenti e nascoste ad altri livelli.

Vediamo adesso altri piccoli preziosi suggerimenti.

100
Il dialogo, talvolta, invece che essere soltanto funzionale alla
narrazione, può essere usato dall’autore per veicolare il suo
pensiero su un certo argomento.

In questo caso è importante capire se i tuoi pensieri coincidono


con quelli che potrebbe avere il tuo personaggio. Se i pensieri che
vuoi far esprimere al tuo protagonista non sono coerenti con la
sua personalità, significa che lo stai manipolando, sfruttando, per
parlare di te, togliendogli la sua voce.

Quindi, attenzione, alla modalità con cui decidi di veicolare i


“pensieri” del tuo personaggio, - ma approfondiremo questo
delicato argomento in seguito, (se deciderai di inoltrarti
maggiormente nel percorso di scrittura creativa), dato che merita
un capitolo a parte, speciale.

Vediamo adesso gli ultimi suggerimenti prima di salutarci.

Spesso un dialogo non riuscito è quello con aggiunge nulla al


personaggio né all’ambientazione né alla tua storia. Quindi, ti sarà
facile individuare quando hai scritto un dialogo inutile: non

101
arricchirà il personaggio, non arricchirà la storia né
l’ambientazione, perciò, puoi tranquillamente eliminarlo.

Attenzione però a non esagerare con la modalità opposta e cioè: a


non eccedere con le informazioni da dare al lettore. Si corre il
rischio di cadere in quelle che in gergo vengono chiamate “battute
telefonate” e cioè: battute evidenti, scontate, inutili e che
scoprono il gioco prima del tempo; perciò, attenzione anche a non
dare troppe informazioni al lettore.

In aggiunta, un altro rischio nei dialoghi, soprattutto quelli a due


personaggi, è quello di lasciare ad uno dei due il ruolo di spalla
per far parlare esclusivamente l’altro.

In questo caso dovrai chiederti: mi è davvero funzionale un


dialogo o sarebbe più opportuno che creassi un bel flusso di
pensieri, un monologo del personaggio?

Un altro suggerimento: attenzione anche a non far parlare tutti


allo stesso modo, con la stessa voce, cioè con la voce dell’autore,
la tua.

102
E’ logico che ogni personaggio dovrà avere un proprio linguaggio
ed una sua modalità espressiva.

Inoltre, sono così belle per il lettore le vie, le traiettorie


inaspettate, impreviste, perciò attenzione a non annoiarlo troppo
con battute scontate e luoghi comuni.

E poi, e questo lo intuisci anche da solo, è sempre necessario un


lavoro di attenta revisione: limare, modificare, riscrivere il nostro
dialogo ed una lettura ad alta voce come test di efficacia e
veridicità.

Diffida dei dialoghi buttati giù di getto, rischiano spesso di avere


una sola voce, la tua, quell’autore. Dopo averli scritti, provali e
riprovali fino a quando non hai estratto il meglio dalle tue battute.

Sintesi finale: un buon dialogo è quello dove l’autore non si


vede, o meglio, non si sente, ma si ascolta e si sente soltanto la
voce del personaggio.

Un buon dialogo deve, quindi, essere spontaneamente artificiale,


cioè deve fluire spontaneamente dai nostri personaggi e dare
l’impressione di immediatezza. Anche se noi ci abbiamo lavorato
103
ore ed ore, deve sembrare che esca esattamente in quel momento
dalla bocca dei nostri personaggi.

Non bisogna perciò scrivere come se il personaggio parlasse


direttamente al lettore, ma è meglio fare in modo che il lettore
abbia la sensazione di seguire il flusso dei pensieri del
personaggio.

Concludiamo dicendo che:

 in un dialogo ben scritto le informazioni devono emergere


con naturalezza senza scadere nel “didascalico”;
 deve essere convincente, avere ritmo e fluire con
spontaneità dalla voce dei nostri personaggi.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un dialogo efficace e convincente. Questi, lo
sai, sono soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per introdurti alla
scrittura creativa e all’arte della narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

104
A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le
massime scelte da Luiba.

1.
“Comincio sempre dal dialogo. Devo cominciare da quello che
dicono i personaggi. Devo sapere quel che dicono prima di
vederli fare quello che fanno” - Orson Wells

2.
“Una pagina ben scritta non è altro che un diverso modo di fare
conversazione” - Laurence Sterne

3.
“Non puoi creare un personaggio se prima non lo senti parlare”
Arthur Miller

105
9 . LO STILE
Come trovare un stile personale ed originale

In questa nona mini lezione parliamo dello stile e di


quanto sia fondamentale il linguaggio che
scegliamo per raccontare la nostra storia.

Per vedere la video lezione n.9, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/9-lo-stile.html
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106
9 . LO STILE

Partiamo dicendo che è molto importante tentare di esprimerci


con uno stile scorrevole, efficace e possibilmente originale,
perché una narrazione avvincente può davvero essere
irrimediabilmente compromessa proprio dalla forma stilistica con
la quale scegliamo di raccontarla.

Ma cos’è lo stile? Certo non è semplice definirlo.

Vediamo come lo descrive il vocabolario Zingarelli:

“qualità dell’espressione risultante dalla scelta degli elementi


linguistici che l’individuo compie in circostanze determinate
deviando dall’uso corrente”.

Si parla, quindi, di stile in narrativa quando abbiamo a che fare


con gli elementi linguistici della scrittura, dunque: con la scelta
delle singole parole ed il loro accostamento all’interno delle frasi
ed anche con la lunghezza delle frasi utilizzate nei periodi che
compongono le nostre scene o i nostri capitoli.

107
La scelta di questi elementi linguistici è una decisione talmente
personale e soggettiva dell’autore che rende veramente spinoso e
complicato parlare di questo argomento.

Infatti, molti affermano che lo stile, a differenza delle tecniche di


scrittura, non si insegna ed in parte hanno ragione. Ma lo si può
certamente scoprire, coltivare, migliorare ed affinare, ma tutto
ciò richiede entusiasmo, passione, impegno ed allenamento.

Una modalità suggerita da grandi autori e maestri di scrittura


creativa per coltivare e scoprire qual è il nostro stile personale è
quella di soffermarsi a riflettere su qual è l’autore che
“stilisticamente” ci piace di più e con il quale sentiamo maggiori
affinità.

E’ un esercizio veramente importante, fondamentale, basilare,


perché ci obbliga a riflettere su quali sono i motivi per cui ci piace
lo stile di quell’autore ed anche sul perché ci piacerebbe scrivere
come lui, è quindi una buona base di partenza per iniziare a capire
in quale direzione muoverci.

108
Un altro buon suggerimento per affinare uno stile scorrevole ed
efficace, è quello di procedere per sottrazione, economizzando la
scelta delle parole.

Cosa significa?

Significa che è davvero importante abituarsi fin da subito ad


essere semplici e precisi.

E’ preferibile, soprattutto all’inizio, evitare lunghe e contorte


frasi, ma creare periodi brevi, chiari e ben costruiti.

Per darti un esempio concreto di quello che stiamo affermando,


abbiamo scelto per te alcune regole basilari tratte da un famoso
manuale di scrittura creativa: “Scrivere”, edito da Fabbri
Editore. Vediamole insieme.

Ecco alcuni consigli per uno stile chiaro ed efficace:

 Non usare periodi complessi;


 Trova sempre la parola giusta;
 Usa i verbi in forma attiva;
 Alla fine rileggi sempre ad alta voce;
109
 Elimina le ripetizioni;
 Riduci le ridondanze (per esempio: “fonte originale”, togli
l’aggettivo “originale”, perché la parola “fonte” già lo
comprende)
 Riduci gli avverbi (semplicemente, brevemente, etc. etc)
 Riduci pronomi relativi (di cui, per cui, il quale, la quale,
etc. etc)
 Scegli sempre verbi semplici (“decidere” e non “prendere
una decisione”; “potere” e non “avere l’opportunità”, ect,
etc)
 Preferisci i verbi ai sostantivi (esempio: la nostra azienda è
l’ideale per riprogettare i processi produttivi e non per la
riprogettazione dei processi produttivi)

Inoltre è fondamentale scegliere con cura soggetti, verbi, avverbi,


aggettivi. Per capirci: è sicuramente più efficace la scelta di pochi
aggettivi ben azzeccati, invece di una sterile serie di aggettivi
buttati lì senza riflettere, quasi a riempimento di qualcosa che non
riusciamo a circoscrivere con poche parole.

110
Perciò: la parola giusta nel punto giusto, in certi casi può davvero
rendere maggiormente l’idea di quello che intendiamo esprimere
più di un’intera pagina spesa a spiegare o descrivere il concetto
che vogliamo comunicare.

In sintesi: in narrativa, soprattutto all’inizio, è preferibile un


linguaggio semplice, chiaro, asciutto (con pochi incisi, poche
subordinate e pochi aggettivi) ma ricco a livello visivo, emotivo e
sensoriale.

Infatti, una descrizione che lavora sul livello emotivo-visivo o


sensoriale, permette al lettore di entrare in maggior risonanza con
la tua storia e di partecipare maggiormente agli eventi e alle
peripezie dei tuoi personaggi.

Perché? Perché fa leva sulla sua immaginazione, e cioè: lo fa


immergere, calare dentro la situazione, aiutandolo così a vedere e
sentire tutto ciò che vivono e che provano i nostri personaggi.

L’arte della narrazione è, infatti, fortemente legata alla


sensorialità. Necessita, quindi, di “incarnarsi” in eventi, azioni,
descrizioni, dialoghi.

111
Anche i concetti che vogliamo esprimere tramite il nostro
racconto vanno “iniettati”, “nascosti” dentro la “carne” della
nostra storia e non spiegati come se fossero dei trattati o delle tesi.

Afferma il grande Joseph Conrad:

“Il compito che mi spetta e che cerco di assolvere è di riuscire,


col potere della parola scritta, a farvi udire, a farvi sentire … di
riuscire, soprattutto, a farvi vedere”

Un altro suggerimento valido per affinare il proprio stile può


essere il seguente:

è importante lavorare sul “non detto” ed anche sul “mostrare


senza dire”, perché, essendo troppo espliciti, rischiamo di togliere
sapore e magia al nostro racconto.

Il lettore deve vedere, sentire, partecipare, più che leggere. Infatti,


una delle regole fondamentali della scrittura creativa è la
seguente: “Show, don’t tell! / Mostra, non dire!”

Che significa?

112
Significa che è sicuramente più intrigante ed efficace “mostrare”
- giusto per farti un esempio - che un personaggio è timido o che
è aggressivo, facendolo comportare e parlare timidamente o in
modo aggressivo, piuttosto che dirlo esplicitamente al lettore.

Forse questo esempio è più chiaro:

è preferibile far capire la conflittualità tra due personaggi al


lettore tramite le loro reazioni, le loro dinamiche, il loro
comportamento, piuttosto che spiegargliele esplicitamente.

Il lettore deve arrivarci da solo a comprendere i motivi di una


certa conflittualità tra due personaggi, dal loro comportamento,
dalle loro parole, non devi spiegargliela tu.

Tu devi soltanto far agire i personaggi in modo che il lettore


riesca a dedurre i motivi di tale conflitto.

In sintesi: il tuo stile deve essere proteso a suscitare emozioni,


riflessioni, cercando di far sentire le cose più che spiegarle.

113
Il lettore non è un bambino, non lo devi guidare, lo devi
accompagnare gradualmente alla comprensione senza
“imboccarlo”.

In definitiva: suscitare una reazione emotiva, facendo vedere


come stanno le cose, è molto più efficace che esporle in modo
diretto, esplicito ed elaborato, anche perché se ci limitassimo a
dire ciò che pensiamo non daremmo vita ad un corpo narrativo,
ad un racconto.

Un’opera letteraria non deve descrivere, bensì far sentire, non


deve offrire enunciati, come per esempio stiamo facendo noi in
questo “manualetto” spiegandoti “questo” e “quello”, bensì
deve far sentire, emozionare ed offrire percorsi di crescita
nascosti tra le righe.

Avviandosi alla conclusione di questa breve mini lezione


possiamo affermare che:

per affinare un buon stile dovrai sforzarti di raccontare una


situazione dalla quale emergano gli argomenti che vuoi trattare e
non dirli, né spiegarli.

114
Perciò: la scelta delle parole e dei toni giusti diventa
fondamentale, perché ogni testo è scritto con un registro
linguistico che deve essere omogeneo e coerente per tutta la
durata della narrazione.

Inoltre: ogni autore sceglie il registro linguistico più adatto alle


proprie corde, alla storia che sta raccontando, ai personaggi che
sta mettendo in scena e alla descrizione degli ambienti.

Conclusione: lo stile è quindi un atto creativo che consiste


proprio nell’essere audaci, nel fare scelte inconsuete, non è una
semplice applicazione di nozioni grammaticali e di significati
correnti delle parole scelte. Insomma: non è meccanico
assemblaggio di figure narrative consuete.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per affinare uno stile intenso, scorrevole ed orginale.
Questi, lo sai, sono soltanto dei piccoli, sintetici assaggi per
introdurti alla scrittura creativa e all’arte della narrazione.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

115
A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le
massime scelte da Luiba.

1.
“L’originalità consiste nel ben conoscere e stimare il lavoro
altrui e avvalersene per procedere oltre e far di meglio e di
proprio” - Benedetto Croce

2.
“La prima virtù sia la chiarezza, la proprietà dei termini, il
giusto ordine, il periodare non troppo lungo, dove nulla manchi e
nulla sia superfluo” - Marco Fabio Quintiliano

3.
“Lo stile per lo scrittore, come il colore per il pittore, è una
questione non di tecnica ma di visione” - Marcel Proust

116
10 . IL FINALE
Come trovare il giusto finale

In questa decima mini lezione parliamo del finale e di


alcune possibilità per individuare il finale più
indicato per il tuo racconto o romanzo

Per vedere la video lezione n.10, clicca sul link qui sotto:
http://www.minicorsodiscritturacreativa.weebly.com/10-il-finale.html
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117
10 . IL FINALE
Partiamo dicendo che come si usa dire di coloro che colgono le
occasioni che si trovano al momento giusto nel posto giusto, ecco,
un buon finale è quello che chiude la nostra storia al momento
giusto e nel modo giusto.

Un buon finale è, logicamente, strettamente connesso al tipo di


storia che stiamo narrando, perciò è molto difficile parlare di
finale in senso generico.

Possiamo però tentare in questa breve lezione di individuarne


alcune caratteristiche.

Iniziamo col dire che scrivere un buon finale è soprattutto una


questione di equilibrio e che esistono diversi tipi di finale a
seconda della storia che stiamo scrivendo.

Una tipologia usuale di finali, per esempio, riguarda quelli che al


termine della storia ristabiliscono un equilibrio e cioè una
normalità che era stata in qualche modo interrotta.

118
Un atto che crea disordine nella realtà quotidiana, è la rottura di
un equilibrio che deve essere ristabilito, questa tipologia di finali
ripristina, appunto, equilibrio e ordine dopo le varie peripezie
vissute dai nostri personaggi.

Possiamo avere un finale in cui la natura o la situazione dei


personaggi vengono in qualche modo migliorate rispetto all’inizio
della storia, oppure, viceversa, peggiorate e quindi: finali con un
andamento evolutivo oppure con un andamento involutivo.

Comunque, in un caso o nell’altro, il finale prescelto deve


contenere un forte significato che doni senso al nostro testo nella
sua totalità, che in qualche modo magnifichi e rafforzi il
contenuto della nostra storia.

E’ importante sottolineare che nell’infinità varietà di storie


possibili non è obbligatorio che un finale sia una chiara e limpida
soluzione della situazione della nostra storia, né che le parole
finali debbano tradursi in una conclusione fatta e finita.

Ci sono, infatti, molti scrittori che preferiscono finire le loro storie


con i puntini di sospensione invece che con un punto.

119
Si possono, infatti, avere dei finali aperti, dove le storie
volutamente sono prive di una conclusione nel senso tradizionale
del termine oppure dei finali chiusi, dove, invece, viceversa, la
conclusione è chiara e netta.

Nei finali aperti si tende a terminare la storia, appunto, senza una


conclusione vera e propria e si lascia il lettore nell’incertezza,
perché il senso della narrazione appare incompiuto o indefinibile.

Nei finali chiusi invece il conflitto della nostra situazione viene


risolto oppure non risolto ma tutto in modo chiaro e definitivo.

Vediamo adesso un’altra distinzione importante:

a loro volta sia i finali chiusi che quelli aperti possono essere o
“lineari” oppure “circolari”.

Vediamoli in modo sintetico anche a causa del breve tempo a


disposizione:

 FINALE LINEARE: la storia si muove in avanti e


raggiunge il climax (momento di massima tensione) in un
punto lontano da quello in cui è iniziata.

120
Quindi, in qualche modo, si può dire che dall’inizio alla fine della
storia c’è spazio, c’è distanza, mentre nel …

 FINALE CIRCOLARE, la storia curva su se stessa e


termina esattamente nel punto dov’era iniziata, in un luogo
simile o strettamente legato a quello originario.

In sintesi:

 il finale lineare è consigliabile se si preferisce realizzare un


crescendo che punta ad un climax emozionante, dirompente
e risolutivo.

 Mentre se il nostro intento è quello di una soluzione più


riflessiva e sfumata e cioè meno esplosiva e concitata, è
meglio puntare sul finale circolare.

Ci preme, per correttezza, ribadire che ogni storia deve avere il


suo preciso, specifico finale.

Detto questo, possiamo affermare che nel finale lineare l’azione


si arresta dopo il climax e non rimangono nodi da sciogliere,
mentre nel finale circolare si fissa maggiormente l’attenzione sui
121
contrasti, per esempio: tra passato e presente, mostrando
cambiamenti sopravvenuti nei personaggi attraverso il confronto
di luoghi, situazioni o atteggiamenti.

In questo caso, si possono rimandare al dénouement gli eventuali


nodi ancora di sciogliere, evitando comunque troppo lungaggini o
di tirarla troppo per le lunghe.

Comunque, anche questo è relativo, perché va visto di storia in


storia. Per esempio, ci sono anche delle storie dove lo
scioglimento consiste proprio nel non sciogliere i nodi.

Sì, ne siamo consapevoli, adesso tu avresti bisogno di alcuni


esempi pratici, concreti, per capire quello che stiamo trattando
teoricamente, però sai anche che queste sono minilezioni
introduttive e che la loro funzione è esclusivamente quella di
introdurti agli argomenti della scrittura creativa, quindi se vorrai
approfondire lo farai in seguito.

Infatti, l’obiettivo di questi nostri veloci assaggi - lo avrai


sicuramente compreso se hai seguito le nostre mini lezioni - è
stato quello di renderti consapevole che se vorrai scrivere un

122
romanzo o un racconto senza disperdere troppo tempo ed energie,
sarà molto saggio da parte tua procurarti gli strumenti e le
tecniche per farlo bene fin da subito.

Tornando al nostro finale, quello che è fondamentale è il


seguente: al di là del finale prescelto, il nostro finale deve dare un
senso all’esperienza di lettura del testo alla sua conclusione e
cioè: deve dare un’impronta e una chiave di lettura a tutto ciò che
lo precede.

Ma desideriamo spiegarci con maggior precisione:

il finale deve offrire un punto di vista che sovrasta la storia, cioè


un punto di vista da cui tutti gli elementi precedenti possano
essere colti in retrospettiva come parti significative di un insieme.

Tutto ciò addirittura anche quando lo scopo dell’autore è proprio


di illustrare l’impossibilità di creare un insieme significativo.

Concludiamo vedendo alcuni errori di evitare:

1. chiudere troppo in fretta la storia;


2. prolungare troppo la chiusura della nostra storia.

123
Riguardo al chiuderla troppo in fretta, comprendi bene che un
finale precipitoso può distruggere una buona trama e una buona
narrazione. Infatti, se si cerca di arrivare in modo superficiale e
troppo velocemente al finale, magari tramite un qualche
strabiliante effetto che vuol sorprendere il lettore, questo tipo di
finale lascerà insoddisfatto il nostro lettore perché avvertirà di
trovarsi davanti ad un’opera realizzata frettolosamente e, nella
maggioranza dei casi, si sentirà anche preso in giro.

Al contrario: prolungare troppo la chiusura, può annoiare a morte


il nostro lettore e dargli l’impressione che l’autore non sappia
bene come concludere la sua storia, che in qualche modo sia
incerto, indeciso e per questo motivo gli sta sottoponendo una
lunga serie di noiosi riempitivi e digressioni.

Un buon finale è soprattutto una questione di equilibrio e che il


famoso aforisma “il tutto è maggiore della somma delle parti” è
proprio il suggerimento ideale da ascoltare per poter scrivere un
finale efficace e significativo.

124
Un buon finale, infatti, deve offrire un punto di vista più alto da
cui guardare la storia e cioè: un punto di vista da cui tutti gli
elementi utilizzati per creare il racconto possano essere colti come
parti preziose insostituibili di un insieme, di un unico cerchio che
con il finale ha avuto appunto la sua quadratura.

Per questa mini lezione oggi è tutto, riprenderemo in futuro le


strategie per creare un finale efficace e significativo.

Se desideri approfondire il percorso di scrittura creativa, troverai


più avanti tutte le indicazioni per poterlo fare.

A conclusione di questa mini lezione, riportiamo qui seguito le


massime scelte da Luiba.

1.
“Per nessuna parte di un romanzo dovrebbe esserci un senso di
inevitabilità più forte che per il suo finale, qualunque esitazione,
qualunque errore nel raccogliere tutte le fila dimostrano che
l’autore non ha lasciato maturare il soggetto nella sua mente” -
Edith Wharton

125
2.
“Un buon finale si congeda con un tocco gentile, proiettando un
raggio che illumina il significato della storia che abbiamo letto” -
John Updike

3.
“Continueremo sempre ad esplorare! E quando l’esplorazione
sarà finita, arriveremo là dove siamo partiti! E conosceremo il
luogo per la prima volta” - Thomas Eliot

(Alcune frasi di questo manuale sono parzialmente tratte dal manuale di Scrittura Creativa
“Scrivere”, Fabbri Editore, 1992)

Per ogni informazione:


scritturacreativocorsi@gmail.com
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Per approfondire il Percorso leggi le pagine che seguono:

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L’Associazione Culturale “NUOVA COLMENA” opera da molti


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Si occupa di percorsi creativi a tutti i livelli. Organizza corsi di


teatro, di scrittura creativa e percorsi di crescita personale e
ricerca interiore per tutte le età.

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“Nuova Colmena” ha al suo attivo molte produzioni di spettacoli e
eventi culturali, un laboratorio di teatro e un laboratorio di scrittura
creativa. Ha ottenuto negli anni successo di pubblico e di critica. Da
anni organizza percorsi creativi che integrano arte e psicologia.

“Nuova Colmena” è un giardino d’incontro per immergere i


partecipanti in un clima di energia corale indirizzata a sprigionare
fantasia, consapevolezza e creatività, un’occasione per sperimentare le
proprie potenzialità artistiche, per esprimersi, per imparare ad amare la
scrittura e il teatro, per approfondire la conoscenza di se stessi e degli
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