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mezzo, se non espressamente autorizzata dall’autore.

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P. Iva: IT 01536060294
Prima edizione: ottobre 2016

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Introduzione 4

Capitolo 1 – L’Idea Prima 7


Capitolo 2 – Il Dramma Primo 12
Capitolo 3 – Il Messaggio 17
Capitolo 4 – Il conflitto minore e il conflitto maggiore 21
Capitolo 5 – I personaggi 31
Capitolo 6 – Il Mondo Narrativo 72
Capitolo 7 – La trama 90
Capitolo 8 – Il narratore e il punto di vista 116
Capitolo 9 – Come schematizzare e preparare la tua storia 125
Capitolo 10 – Il titolo 132
Capitolo 11 – Prologo e Incipit 138
Capitolo 12 – Il finale 143

Conclusioni 152

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Introduzione

Ti è mai successo di iniziare a scrivere e sentirti sopraffare da un


senso di smarrimento? Bloccarti e non riuscire a proseguire la
storia?

Qualche tempo fa leggevo Lector in Fabula, il meraviglioso saggio di


Umberto Eco e mi incuriosì la sua teoria sull’importanza di scrivere
testi facili da far comprendere ai lettori.

Uno dei consigli che mi colpì di più, tra le pagine del saggio, fu che
secondo Eco, ogni scrittore dovrebbe puntare alla creazione di un
cult book, cioè un testo formato da archetipi, smontabile, sgangherabile e
deformabile.

Secondo lui, un testo sgangherato dà la possibilità al lettore di


partecipare attivamente alla finzione narrativa. Attraverso la finzione
narrativa noi adulti addestriamo la nostra capacità di dare ordine sia
all’esperienza del presente che a quella del passato.

Al termine di questa illuminante lettura mi sono chiesta: ma come si


crea un cult book? Quali sono gli elementi fondamentali da
prendere in considerazione per appagare un lettore? Come può,
uno scrittore, scrivere il proprio romanzo senza bloccarsi al primo
ostacolo?

Così, dopo un lavoro di ricerca di circa un anno, è nato


Progettazione su Misura: il corso che ti insegnerà come orientare la
fantasia e progettare un romanzo dall’inizio alla fine.

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Molti aspiranti scrittori sprecano preziose energie nella scrittura di


getto e, dopo qualche centinaio di pagine, non avendo una visione
d’insieme della storia, si bloccano per qualche motivo. A questo
punto subentrano noia, frustrazione, confusione e perdita di
autostima. Qualcuno rinuncia, altri pubblicano ugualmente, pochi
hanno fortuna.

Con questo corso mi voglio rivolgere a coloro che non sperano


solo nel colpo di fortuna, ma sono disposti a imparare un metodo
di lavoro preciso, ad esercitarsi e a plasmare uno stile narrativo
unico e originale.

Quest’ultima è la pedina vincente che spinge i lettori ad affezionarsi


ad un autore piuttosto che ad un altro. Devi essere diverso. Lo stile
narrativo (come qualunque altro stile artistico) è dato dal modo in
cui l’autore organizza le proprie idee creative e mescola le
componenti narrative. Imparare a progettare è l’unico modo per
capire come farlo con eleganza ed efficacia.

Con questo corso (e con il mio aiuto) hai la possibilità di creare,


sbozzare e perfezionare il tuo stile narrativo, rendendolo il più
originale possibile. La scelta spetta solo a te e dipende da quanto sei
disposto a impegnarti per far conoscere al mondo le tue storie.

Nel tempo, se deciderai di seguire questo sentiero, più diventerai


bravo a progettare, più riuscirai a sintetizzare il processo di
progettazione. Tutti i grandi hanno iniziato dai fondamentali, e tutti
i grandi hanno un metodo personale di progettazione.

Leggere questo manuale è il primo passo per tuffarti nella


progettazione vera e propria. Leggendo tutti i capitoli capirai i
ragionamenti che muovono le storie che più amiamo leggere.

Troverai i 12 elementi fondamentali per pensare progettare e


modellare un romanzo. Ogni tecnica di progettazione è corredata

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da suggerimenti, esempi e consigli di lettura, per apprendere come


iniziare e finire un’opera di narrativa.

Se il romanzo sarà ben progettato saprai quali saranno gli obiettivi


da raggiungere capitolo dopo capitolo, e la missione da portare a
termine sarà meno impossibile, facendoti recuperare tempo
prezioso, e impedendoti di buttare intere pagine di tentativi di
scrittura senza capo né coda.

Alla fine di ogni capitolo troverai un esercizio. Svolgendo tutti gli


esercizi darai corpo al tuo progetto narrativo.

Per dimostrarti nella pratica che il metodo Progettazione su Misura


funziona, prima dell’esercizio alla fine di ogni capitolo, troverai la
mia esercitazione di progettazione. Usala come esempio pratico e
come linea guida per il tuo lavoro certosino.

Ricorda che la progettazione narrativa è la bussola della tua


creatività. Non trascurare nessun aspetto di questo manuale e dai
sfogo alla tua immaginazione. Credimi, puoi essere lo scrittore o la
scrittrice che aspiri a diventare.

Buon lavoro e… buon divertimento!

P.s.: se non ci conosciamo già, sono Stefania Crepaldi, editor di


romanzi freelance. Puoi trovarmi anche qui:
Sito web: www.editorromanzi.it
Blog: http://www.editorromanzi.it/blog/
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/EditorRomanzi
Twitter: https://twitter.com/EditorRomanzi
Email: info@editorromanzi.it

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Capitolo 1 – L’Idea Prima

La prima decisione che devi prendere per la progettazione del tuo


romanzo è l’Idea Prima.

L’Idea Prima è la cornice su cui poggia tutto il romanzo: una frase


di non più di 3-5 righe che riassume l’intera storia che stai per
raccontare.

Individuare l’Idea Prima è utile per circoscrivere subito la cornice


fisica e temporale entro la quale si svolgerà la storia. Senza pensare
ai protagonisti e a quello che faranno, per ora.

Per scrivere l’Idea Prima limita una porzione di tempo e di spazio


entro cui vuoi incasellare la tua scrittura. Una volta decisa, avrai
creato un recinto che non potrai scavalcare per nessuna ragione,
altrimenti rischi di entrare in un’altra storia e divagare.

Una delle prime regole della scrittura narrativa è di eliminare il


superfluo. La coerenza narrativa del tuo romanzo dipenderà dalla
tua bravura a tenerti all’interno del recinto prestabilito.

Per creare l’Idea Prima fissa tre punti fondamentali:

1. L’oggetto della storia che vuoi raccontare (Cosa?);


2. Il tempo entro cui si svolgerà la vicenda (Quando?);
3. Il luogo dove si svolgerà la vicenda (Dove?).

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Mi raccomando, l’Idea Prima deve essere sintetizzata in tre-cinque


righe, non di più. Se esageri con le righe significa che stai divagando
in un’altra storia.

Alcuni esempi di Idea Prima


1. Il primo esempio che voglio farti riguarda il romanzo Jurassic
Park, di Michael Crichton. È un romanzo di fantascienza pubblicato
nel 1990.

Qual è l’idea prima del romanzo?

Narra gli eventi che accadono in un’isola al largo della


Costa Rica nel 1989.

Come puoi vedere ci sono tutti e tre i punti definiti poco fa:
L’oggetto: narrare alcuni eventi di un gruppo di scienziati;
Il tempo: nel 1989;
Il luogo: in un’isola al largo della Costa Rica.

2. Il secondo esempio è un classico della letteratura: l’Odissea.

Narra il viaggio di ritorno del re di Itaca dopo la guerra di


Troia.

Ho scelto proprio l’Odissea come esempio, per darti la prova che


tutte le storie, anche le più antiche, basano la loro narrazione su una
sola Idea Prima.

Anche l’Idea Prima dell’Odissea si può sintetizzare in poche righe:


L’oggetto: narrare il viaggio di ritorno del re di Itaca;
Il tempo: finita la guerra di Troia;
Il luogo: nel Mar Mediterraneo (il luogo è implicito e si deduce dalla
presenza dei nomi delle due città del mondo antico: Troia e Itaca).

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3. Il terzo esempio è I Pilastri della terra, romanzo storico di Ken


Follett pubblicato nel 1989. Anche se il romanzo è un’opera
lunghissima, di quasi 1100 pagine, la sua Idea Prima si riassume in
due righe.

Narra la storia della costruzione della cattedrale del


priorato di Kingsbridge tra il 1120 e il 1174.

L’oggetto: la storia della costruzione della cattedrale;


Il tempo: tra il 1120 e il 1174;
Il luogo: nell’immaginario borgo di Kingsbridge, in Inghilterra.

4. Passiamo ora a un romanzo più recente, Finché le stelle saranno in


cielo, pubblicazione d’esordio di Kristin Harmel. Una storia d’amore
anch’essa riconducibile a un’Idea Prima ben precisa.

Narra la storia di un’ebrea durante la seconda guerra


mondiale a Parigi.

L’oggetto: narrare la storia di un’ebrea;


Il tempo: tra il 1939 e il 1945;
Il luogo: a Parigi.

5. Il quinto esempio è Le bambine che cercavano conchiglie, fortunato


romanzo d’esordio di Hannah Richell, pubblicato nel 2013. È una
storia drammatica, ma ancora una volta possiamo isolare con
facilità l’idea da cui nasce tutta la narrazione.

Narra la storia che sconvolge una famiglia del Dorset negli


anni ‘80.

L’oggetto: la storia di una famiglia inglese;


Il tempo: gli anni Ottanta del ‘900;
Il luogo: il Dorset.

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6. L’ultimo esempio è Il sentiero dei profumi, romanzo d’esordio di


Cristina Caboni, pubblicato nel 2014. È un romanzo intimistico,
cioè un genere di romanzo focalizzato sulla vita e le vicende
personali di un personaggio, di solito il protagonista. Anche qui
possiamo riassumere l’idea prima in pochissime righe:

La vita di una produttrice di profumi di 26 anni nella


Parigi contemporanea.

L’oggetto: la vita di una produttrice di profumi;


Il tempo: ai giorni nostri;
Il luogo: a Parigi.

Come hai potuto notare, ti ho fatto sei esempi di romanzi molto


diversi tra loro. Appartengono a generi diversi, sono stati pubblicati
a secoli e anni di distanza. Eppure tutti e sei sono riconducibili a
un’Idea Prima semplice, precisa e estremamente sintetica.

Ricorda che i romanzi eccezionali non sono quelli più esotici.


I romanzi eccezionali sono quelli più verosimili.

Consigli:

Se stai per iniziare a progettare il tuo primo romanzo voglio darti


tre consigli fondamentali:
1. Parti da un’idea semplice. Scegli un argomento che ti è familiare,
con cui hai a che fare tutti i giorni;
2. Scegli un tempo e un luogo che ti hanno sempre affascinato. Per
esempio un’epoca del passato per la quale hai fatto molta ricerca e
che conosci bene; un luogo che hai visitato o in cui vivi, che vuoi
valorizzare inserendolo come ambientazione della tua storia;
3. Sviluppa il dono della sintesi: la tua idea prima deve essere scritta
in pochissime righe e deve essere verosimile.

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La mia progettazione:

Narrare la storia di un serial killer che vive in una città italiana nel
1980.

Esercizio:

Scrivi in 3-5 righe al massimo l’Idea Prima del tuo romanzo.

Ricordati che è la cornice entro cui si svolgerà la storia.

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Capitolo 2 – Il Dramma Primo

La seconda decisione che devi prendere per il tuo romanzo è il


Dramma Primo.

Il Dramma Primo è la ragione per cui la storia inizia.

Quell’evento che turba la piatta quotidianità della vita del


protagonista e lo spinge in una direzione piena di conflitti, ostacoli
da superare, desideri insoddisfatti, fino a scalare la vetta della
montagna, alla catarsi e allo scioglimento finale.

Ogni buona storia ruota attorno alla domanda che sta alla base del
Dramma Primo, quella che spinge il lettore a sfogliare una pagina
dopo l’altra, per scoprire come va a finire.

Negli anni ho letto tantissimi romanzi, circa 150 l’anno, e


basandomi sulla mia esperienza di lettrice e di editor credo sia
opportuno dividere il dramma primo in quattro categorie:

1. Il Dramma Primo Tradizionale

Forse il più usato dagli autori del passato. Si crea mescolando tre
elementi principali:
- Il protagonista;
- Il suo obiettivo/desiderio;
- L’ostacolo (o gli ostacoli) al raggiungimento dell’obiettivo.

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Se ti fermi un secondo a pensare ad alcuni romanzi della letteratura


italiana, subito ti verrà in mente I Promessi Sposi di Alessandro
Manzoni.

La storia narra di Renzo e Lucia, e del loro desiderio di sposarsi.


Tra i due giovani e il matrimonio si frappongono tantissimi ostacoli.
Il primo di questi è la decisione del signorotto locale, don Rodrigo,
di mandare due dei suoi scagnozzi a intimorire il povero curato
incaricato di celebrare il matrimonio.

Il Dramma Primo che turba la quiete è proprio l’invio dei due bravi
da don Abbondio. E noi lettori ci chiederemo: Renzo e Lucia
riusciranno a sposarsi?

Questa semplice domanda ci condurrà a sfogliare tutte le pagine del


romanzo, fino alla fine.

Senza quell’interruzione della quotidianità, la storia non sarebbe mai


stata scritta.

2. Il Dramma Primo Ipotetico

La storia parte sempre da un’ipotesi:

E se…?

E se io mettessi nella stessa isola il più grande cacciatore del mondo


e il più grande predatore del mondo? Che cosa succederebbe?

Questa è la domanda che si è posto il creatore di Jurassic Park


quando ha dato vita al suo romanzo.

Il Dramma Primo Ipotetico è utilizzato soprattutto nelle narrazioni


di fantascienza. Ipotizzare scenari del passato, del presente o del

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futuro dà la possibilità al lettore di stravolgere la realtà conosciuta e


interrompere la quotidianità del mondo ordinario.

3. Il Dramma Primo con Incidente

Il romanzo inizia con un incidente, una morte o una perdita, che


andrà a influenzare tutta la narrazione.

Se ci pensi, tutti noi quando perdiamo qualcosa di caro veniamo


scossi e spezziamo, spesso in modo irreversibile, la quiete che fino a
quel momento avevamo attorno.

Questa tipologia di Dramma Primo è la preferita di J.K. Rowling.

Pensa alla Saga di Harry Potter. Voldemort riesce a uccidere tutti


nel mondo magico, tranne quel neonato. La sua non riuscita,
l’Incidente, permette alla storia di iniziare, sottolineando subito che
Harry è speciale, perché è sopravvissuto a una maledizione senza
perdono.

Nel Seggio vacante, sempre di J. K. Rowling, la storia inizia da un altro


incidente. Nel piccolo borgo inglese di Pagford il signor Barry
Fairbrother muore improvvisamente. La sua morte lascia libero un
seggio nel consiglio comunale, che dovrà essere occupato
nuovamente. Questo evento darà vita a scontri e intrighi tra gli
abitanti.

4. Dramma Primo con Reazione

Nel caso del Dramma Primo con Reazione il romanzo prende il via
dalla reazione del protagonista a un incidente. A mio parere questo
è il Dramma Primo più complesso.

Ti faccio alcuni esempi per capirlo meglio.

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Nel romanzo Le bambine che cercavano conchiglie la storia prende il via


molto tempo dopo l’incidente che ha tormentato la famiglia
protagonista della vicenda.

La narrazione è incentrata sulla reazione avuta dai singoli


personaggi al dramma avvenuto anni prima.

La storia inizia sempre con un evento che rompe la quiete, ma in


questo caso non è l’incidente in quanto tale, ma la reazione che i
personaggi hanno ricordando quell’incidente: le sorelle protagoniste
della storia sono costrette a ritornare nel luogo che è stato scenario
dell’incidente e dovranno fare i conti con il loro passato.

L’incidente verrà svelato nel corso della narrazione, perché non è il


Dramma Primo che muove gli eventi. L’incidente in questo tipo di
narrazione è solo uno modo per far comprendere al lettore le
motivazioni che guidano le azioni dei personaggi. In altri romanzi
simili non viene nemmeno svelato.

Ad esempio di recente mi è capitato di leggere il romanzo Mr.


Sherlock, il mistero del caso irrisolto. Al di là del fatto che non era
semplice per l’autore raccontare la storia in modo coerente ai
racconti di Sir Arthur Conan Doyle, il romanzo inizia con uno
Sherlock Holmes anziano e affetto da demenza senile.

In questo caso il Dramma Primo è la reazione di Sherlock Holmes


alla perdita della memoria, il suo punto di forza. Non è importante
la causa della perdita di memoria, quanto gli effetti che questa
produce sul fiuto investigativo del personaggio.

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La mia progettazione:

Narrare la storia di un serial killer che vive in una città italiana nel
1980. Un giorno, di ritorno dalla sua normale giornata di lavoro, il
killer trova la moglie fatta a pezzi nel loro letto coniugale.

Esercizio:

Cerca di descrivere brevemente la situazione di calma e serenità che


precede il Dramma.

Dopo presenta il Dramma Primo del tuo romanzo, rispondendo a


questa domanda: quale sarà l’evento che sconvolge la quotidianità
del tuo protagonista?

Ricordati della tua Idea Prima e non uscire dalla cornice che hai
fissato.

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Capitolo 3 – Il Messaggio

Ogni buon romanzo che si rispetti racconta una e una sola storia.
E ogni storia porta con sé, inevitabilmente, un messaggio o una
morale.

Perché hai deciso di scrivere questo romanzo?

La terza decisione che devi prendere in fase di progettazione è il


messaggio della storia.

Il tuo sarà un romanzo dove l’amore vince su tutto e tutti? Prevarrà


la vendetta? Sarà una critica alla società? Celebrerà un’epoca o un
personaggio storico oltraggiato?

È importante sapere quale messaggio vuoi trasmettere con il tuo


romanzo, perché da esso vengono impostati e calibrati:

1. Il mondo narrativo in cui decidi di collocare la storia;


2. La tipologia di personaggi che popoleranno questo mondo
narrativo;
3. Il genere narrativo a cui la tua storia apparterrà una volta
terminato il romanzo;
4. Il finale.

Le storie narrate nei romanzi sono prodotti di finzione. Possono


essere ispirate a storie vere, che devono sempre essere plasmate e
modificate per risultare verosimili.

Questo vuol dire che i romanzi sono interpretazioni della realtà.


Una buona trama ha una struttura solida, un significato preciso ed è

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portatrice di un messaggio universale che in realtà la vita vera non


ha.

Victor Slovskij in Teoria della prosa definisce il messaggio contro-trama,


cioè il motivo per cui lo scrittore ha deciso di scrivere quella storia.

Senza trama e contro-trama il romanzo verrà percepito dal lettore


come incompiuto.

Se non c’è un messaggio di fondo non otterrai un romanzo, ma un


diario, una cronaca, un saggio...

In questo passaggio fondamentale della progettazione narrativa sei


tu, autore, il vero protagonista. Devi inserire nel romanzo la tua
visione del mondo. Cerca di essere unico, originale, stravagante e,
perché no, provocatore.

Tutte le storie insegnano qualcosa.

Maryanne Wolf, neuroscienziata della lettura, sostiene che “ogni


parola che leggiamo è un indizio con il quale la mente va alla ricerca di altre
parole, immagini, idee da collegare. Una sorta di caccia al tesoro diversa per
ciascuno di noi sulla base delle nostre letture, sogni, esperienze e desideri.”

Coloro che leggeranno il tuo romanzo avranno una loro opinione


della storia, ma è grazie al tuo messaggio di fondo che il lettore
costruirà la sua opinione.

Il messaggio serve a smuovere le coscienze dei lettori, stimolarli a


riflettere, ragionare e ripensare alla propria vita. Instillare il dubbio
su una verità condivisa.

Facciamo qualche esempio.

Qual è il messaggio della Saga di Harry Potter?

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Diventare adulti è difficile e avventuroso. Bisogna attraversare


molte prove e superare dei limiti mentre si cerca il proprio posto
nel mondo, sbagliando e imparando.

E Manzoni, quale messaggio voleva trasmettere con I Promessi Sposi?


L’amore benedetto da Dio trionfa su ogni difficoltà.

Qual è il messaggio de I Pilastri della Terra?


Superare i limiti imposti dalla società e dalla scarsa conoscenza,
inventare nuove soluzioni e nuovi stili superando se stessi, e
rimanere nella gloria di Dio e nella memoria degli uomini.

Consiglio:

Il messaggio è la tua visione del mondo, degli eventi, della storia che
stai per scrivere.

Ricordati che, a prescindere dal messaggio che sceglierai per la tua


storia, in fase di scrittura non devi spiegare, ma limitarti a mostrare.
Il messaggio sarà intrinseco nei gesti, nelle parole e nelle vicende
che andrai a narrare.

L’arte pone domande interessanti, ha spiegato lo scrittore Jonathan


Safran Foer in un’intervista, e tu con il tuo messaggio dovrai porre
la tua domanda ai lettori, cercando di smuovere il più possibile le
loro coscienze.

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La mia progettazione:

Il messaggio del mio romanzo è che, nonostante tutto, il male


attira altro male, e che un uomo che ha imboccato la strada
sbagliata non può davvero essere ricondotto sulla via del bene.

Esercizio:

Quale sarà il messaggio di cui sarà portatrice la tua storia?

A quale genere apparterrà dopo la pubblicazione?

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Capitolo 4 – Il conflitto minore e il


conflitto maggiore

Un buon romanzo deve contenere una dose elevata di contrasti.


Sono i personaggi e le situazioni completamente all’opposto tra di
loro a innescare la miccia, creando una narrazione esplosiva e
trascinante.

Pensa a uno dei romanzi che ha avuto più successo negli ultimi
tempi. Sia che tu lo possa reputare un capolavoro o una schifezza è
stato progettato tutto sul contrasto tra i due protagonisti: un
contrasto fisico, linguistico e di origini.

Sto parlando di After, di Anna Todd.

Accostare la ragazza di buona famiglia, garbata ed educata, con


buoni voti e una media invidiabile al college, al ragazzaccio di
strada, senza una famiglia alle spalle, con i vestiti trasandati e una
strafottenza perenne, ha permesso all’autrice di dare vita a 7
romanzi diversi, tutti di successo.

Lo stesso cliché è stato usato anni fa da Federico Moccia in Tre metri


sopra il cielo.

La contrapposizione di due mond, fino ad arrivare alla fantascienza


– umani e dinosauri in Jurassic Park, o umani e robot in Io, robot –,
mostrare le estreme differenze e le battaglie che ne scaturiscono, è
uno dei metodi più sicuri per movimentare una storia.

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Tutte le storie presentano almeno due livelli di conflitto: il conflitto


minore e il conflitto maggiore.

Il conflitto minore
Il conflitto minore è quello che interessa i personaggi.

Quando progetti il tuo romanzo devi curare molto la creazione dei


personaggi. Mentre alcuni soggetti della tua storia serviranno solo a
uno scopo, limitandosi ad essere delle semplici comparse, ce ne
saranno altri fondamentali. Sarà grazie a loro che la storia
proseguirà.

Come sai il protagonista del tuo romanzo è il personaggio


attraverso cui il lettore farà esperienza della storia che gli vuoi
raccontare.

Il protagonista non deve mai essere piatto o scontato: deve


sprizzare contrasto da tutti i pori.

I personaggi migliori sono quelli pieni di questioni irrisolte, che


fanno un sacco di sbagli e imparano la lezione solo alla fine della
storia; o forse non la imparano mai.

I personaggi imperfetti, portatori allo stesso tempo di luci e ombre,


complessi e intriganti, spesso ci atterriscono ma, diciamoci la verità,
sono gli unici che davvero ci conquistano.

Il conflitto minore può riguardare l’aspetto fisico o quello mentale


del personaggio. Meglio ancora se riesci a crearlo per entrambi i
livelli.

Pensa a Harry Potter: perché piace così tanto?

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Harry è un personaggio con due cicatrici, una fisica ben visibile


sulla sua fronte; e una intima, la perdita dei genitori a causa di un
mago oscuro al cui destino è legato.

Non solo: entrambe le cicatrici crescono con Harry, alzando


sempre di più la posta in gioco e le sfide che si troverà ad affrontare
per rimanere in vita.

E Bridget Jones?
Un personaggio femminile amatissimo per i suoi conflitti. Una
donna perennemente in bilico tra come vorrebbe essere (decisa,
magra, forte e seriosa) e come è (indecisa, sovrappeso, debole e
pasticciona).

L’autrice ha voluto giocare con il desiderio nascosto di molte


donne: tendere a una perfezione che non esiste.
Ecco il conflitto minore.

Un altro esempio efficace di conflitto minore è Juliàn, il


protagonista maschile del romanzo Il profumo delle foglie di limone di
Clara Sánchez.

Juliàn è un ebreo ottantenne scampato al campo di concentramento


di Mauthasen. Ha deciso di dedicare il resto della sua vita alla caccia
dei nazisti scampati al processo di Norimberga.

Il conflitto minore del personaggio in questo caso è sia fisico che


mentale: è un vecchio che deve prendere costantemente delle
medicine per gli acciacchi dell’età, ma allo stesso tempo è un uomo
pieno di forza morale, concentrato al massimo sul suo obiettivo. Il
suo fisico non lo aiuta, ma la sua mente è arzilla, giovane.

Il conflitto minore può essere enfatizzato accostando ad un


personaggio un altro completamente opposto.

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Poco fa ti facevo l’esempio di After.

Anche Julián è affiancato da una co-protagonista esattamente


all’opposto. Sandra è giovane, non sa nemmeno cosa sia un nazista
e si trova in Costa Blanca in vacanza, con l’obiettivo di riflettere sul
suo futuro, ancora incerto e nebuloso.

Lo stesso Sherlock Holmes, per essere percepito dal lettore come


un genio indiscusso della deduzione e dell’analisi, deve essere
affiancato da un uomo semplice come Watson, un uomo che ha
una solida carriera ed è rispettabile, ma che non possiede quel
guizzo di genialità e strafottenza propria di Sherlock.

Come si progetta il conflitto minore?


Ecco due semplici tecniche che possono aiutarti a progettare il
conflitto minore del tuo protagonista:

Progettazione coerente

Progetta il tuo personaggio da ogni punto di vista: pensa al suo


passato, al suo carattere, ai suoi pregi e difetti. Progetta le sue
fissazioni, le sue debolezze.
Il conflitto minore non va improvvisato, altrimenti potresti apparire
ridicolo, e il tuo personaggio perderebbe quel realismo essenziale
per lasciare il segno.
Documentati con serietà e calati nel personaggio.

Progettazione dinamica

Isola la più grande debolezza del tuo personaggio, quella che gli
impedisce di continuare a crescere, che lo blocca.
Fai in modo che si ritrovi a fare i conti proprio con quel suo limite.

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Scatena una situazione in cui il tuo protagonista, così come l’hai


progettato, si troverebbe a disagio.
Narra gli eventi che accadono mentre lui supera queste difficoltà,
per emergerne poi alla fine profondamente cambiato.

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La mia progettazione:

Il mio protagonista è un marito amorevole, un bell’uomo e un


amico fedele. Decisamente attraente dal punto di vista fisico. Ha
un ottimo lavoro che è bravissimo a svolgere. Ma ogni mattina esce
di casa con un pensiero fisso che gli risuona nella mente: uccidere.

Esercizio:

Nel prossimo capitolo ti parlerò di come progettare un


personaggio. Ma scegli fin da ora un conflitto fisico e/o mentale
che ti piacerebbe attribuire al tuo protagonista.

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Il conflitto maggiore

Il conflitto maggiore riguarda la struttura stessa del tuo romanzo,


quello che condiziona la trama vera e propria.

Anche in questo caso si tratta di creare un contrasto.

Non deve essere per forza un qualcosa di straordinario. I romanzi


d’amore più apprezzati hanno come contrasto la semplice presenza
di un uomo e una donna molto diversi, oppure di due che si amano
ma vengono osteggiati dalle famiglie, come Romeo e Giulietta.

Il conflitto maggiore può essere:

Ambientale
Per esempio in quei romanzi in cui l’uomo deve fare i conti con la
natura selvaggia, rischiando l’annientamento ogni giorno e lottando
per la sua sopravvivenza.

Un valido esempio di questo conflitto è la storia di Robinson Crusoe.

Anche il primo romanzo della trilogia di Hunger Games porta in sé


un conflitto maggiore ambientale. I tributi vengono abbandonati in
un ambiente ostile da cui un solo vincitore si salverà.

Sentimentale
Nei romanzi in cui l’amore nasce dall’odio reciproco, oppure dove
una forza esterna ostacola l’amore (la famiglia, la comunità, l’età, la
società).

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A questa categoria appartengono romanzi come Orgoglio e pregiudizio


oppure Borderlife, che ha come protagonisti un’israeliana e un
palestinese che si innamorano.

Temporale
Sono i romanzi in cui il tempo è tiranno, ed è l’unico nemico a cui i
personaggi devono prestare attenzione; oppure romanzi in cui
vicende ambientate in periodi storici diversi si intrecciano fino ad
una risoluzione comune; oppure ancora, romanzi in cui lo stesso
protagonista viaggia in epoche temporali diverse.

Ad esempio in questa categoria troviamo Canto di Natale di Charles


Dickens. Il conflitto tra il passato il presente e il futuro di Ebenezer
Scrooge sono il motore portante della trama e il motivo della sua
redenzione finale.

Anche Glenn Cooper ama scrivere romanzi in cui un medesimo


luogo viene mostrato in due epoche diverse. La trilogia della
Biblioteca dei morti è tutta basata su questo grande conflitto.

Un esempio di romanzo dove il tempo è tiranno è Perdersi - Still


Alice dove la protagonista, Alice Howland, cerca di combattere e
contrastare il morbo di Alzheimer, diagnosticato a soli
cinquant’anni.

Criminale
I romanzi in cui un omicidio dà il via a una caccia all’uomo, alla
ricerca del colpevole. Di solito la lotta che si instaura è tra bene e
male, tra giustizia e ingiustizia.

I romanzi che partono da un conflitto criminale sono i thriller, le


spy story, i gialli, i noir…

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Jeffery Deaver ha impostato quasi tutta la sua produzione letteraria


su questo tipo di conflitto maggiore. Anche Agatha Christie,
Georges Simenon e Donato Carrisi.

Consiglio:

Il conflitto è la vera carta vincente per rendere scoppiettante la


storia che hai deciso di scrivere. È grazie alle differenze tra i
personaggi e alle contraddizioni che si portano dietro, che la storia
potrà proseguire senza diventare noiosa. I colpi di scena, gli
ostacoli, e le avversità nascono proprio dalla capacità di escogitare e
saper scegliere i conflitti minori e il conflitto maggiore.

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La mia progettazione:

Il conflitto maggiore della mia storia sarà quello criminale, e vedrà


contrapposti il protagonista, lo spietato serial killer, e l’ispettore
della polizia che gli dà la caccia. La lotta tra il bene e il male.

Esercizio:

Dopo aver sviluppato Idea Prima e Dramma Prima e aver deciso il


Messaggio della tua storia, rifletti sul Conflitto Maggiore della tua
storia. Quale sarà il contrasto che terrà il lettore incollato alle pagine
del tuo romanzo?

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Capitolo 5 – I personaggi

Introduzione
Le storie in narrativa parlano di persone.
Tutto quello che viene scritto ruota attorno alle azioni o alle non
azioni di un personaggio.

Ecco perché è indispensabile riuscire a creare dei personaggi


eccezionali, autentici.

Un personaggio autentico è quello che sembra uscire dalla carta e


vivere di vita propria. Se sarai in grado di dar vita a un personaggio
autentico, il lettore si identificherà con lui, amandolo e adottandolo
per il resto delle tue produzioni narrative.

Ci sono tre tipologie di personaggi:

PROTAGONISTI COMPRIMARI COMPARSE

I protagonisti e i comprimari sono quelli che vengono definiti da


Edward Morgan Forster, in Aspetti del romanzo, personaggi tondi,
mentre le comparse sono personaggi piatti.

I personaggi tondi sono quelli che necessitano di progettazione.

Quelli piatti, secondo Forster, sono dei personaggi statici che


servono solo allo scopo prefissato dall’autore e poi escono di scena
senza lasciare alcuna traccia.

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Io non sono del tutto d’accordo con Forster. Credo che ogni
personaggio che deciderai di inserire nel tuo romanzo meriti
progettazione e cura.

Ovviamente c’è una gerarchia interna da rispettare, ma devi


imparare a caratterizzare così bene i personaggi di modo che, anche
se uno di loro farà parte del tuo romanzo solo per metà capitolo, il
lettore ne avrà comunque un ricordo indelebile.

Cosa devi fare per creare dei personaggi indimenticabili e


irresistibili? Devi conoscerli alla perfezione.

Uno dei metodi più sicuri per farlo è creare una scheda-personaggio
per i protagonisti e i comprimari. Per le comparse, se necessarie, ti
suggerisco di limitarti ad abbinare ognuna di loro un dettaglio
originale, che ne mostri, anche se per poco, l’utilità e l’anima come
personaggio.

Per esempio, in un romanzo di Orwell, un personaggio, condannato


al patibolo, fa la sua comparsa per un breve istante, perchè è
funzionale al resto della narrazione. Per renderlo indimenticabile, lo
scrittore lo mostra mentre cammina verso la forca. Durante il
percorso l’uomo si scosta per non bagnarsi le scarpe in una
pozzanghera fangosa. Capisci la forza di questa immagine?
Mostrare un ultimo attaccamento alla vita nonostante il suo destino
sia segnato per sempre.

Ecco cosa devi inserire nella scheda-personaggio:

★ La descrizione fisica e caratteriale;


★ I pregi e i difetti;
★ Il suo passato e cosa del passato l’ha segnato per sempre;
★ Un nome efficace e appropriato al mondo narrativo a cui
appartiene;

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★ Il suo mondo interiore (paure e aspirazioni);


★ La sua Idea Base (è una strega? Un serial killer? Una
casalinga?);
★ Il linguaggio. I dialoghi sono uno dei mezzi più potenti per
far conoscere la voce e il pensiero del tuo personaggio. Come
parlerà il tuo personaggio?;
★ Il conflitto minore;
★ Il desiderio che innesca il conflitto;
★ La documentazione.

I sette archetipi di Vogler


Secondo Christopher Vogler, sceneggiatore di fama mondiale che
ha lavorato anche per la Walt Disney Pictures, una buona storia si
riconosce dalla sua struttura e dai personaggi che la popolano.

Le storie Disney sono belle e nessuno di noi si stanca di vederle e


rivederle. Come mai? Perché queste storie rispondono a regole
semplici e precise che soddisfano il nostro desiderio di conoscenza.

Una delle teorizzazioni più conosciute di Vogler, ispirata dalle idee


del sociologo Joseph Campbell e dal più noto psichiatra,
antropologo e psicanalista Carl Jung, è l’individuazione di 7
archetipi: i 7 personaggi principali necessari a far funzionare una
storia.

Carl Jung ha utilizzato il termine archetipo, andando a indicare un


antico modello di personalità comune, condiviso dall’intera
umanità. Così come esiste un inconscio individuale, Jung pensava
che esistesse un inconscio collettivo, che accomuna tutti gli esseri
umani. Le fiabe e i miti sono il prodotto di questo inconscio; le
narrazioni scaturiscono sempre dalle stesse tipologie di personaggi,

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che tornano nel tempo, in un ciclo continuo. Proprio l’universalità di


questi modelli rende possibile l’esperienza condivisa del narrare.

Le storie aiutano l’uomo, da millenni, a rispondere alla grandi


domande sul senso della vita. Trovare una spiegazione logica ad
alcuni cambiamenti della Terra o dell’uomo stesso, aiuta l’essere
umano a comprendere le ragioni profonde che stanno alla base del
cambiamento, imparando a non temerlo e ad accettarlo.

Ragionando sulle teorie di Jung e Campbell, Vogler ha dato vita a 7


archetipi fondamentali.

Di seguito ti parlerò di ognuno di loro. Ti prego di considerare gli


archetipi come guide alla creazione dei tuoi personaggi, e non come
ruoli fissi. Un personaggio può incarnare l’essenza di due diversi
archetipi in parti diverse della narrazione.

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Archetipo 1: Il protagonista/L'eroe

Il protagonista è la finestra attraverso la quale il lettore legge la


storia.

Chi legge un romanzo è portato ad identificarsi con l’Eroe della


storia, a fondersi con lui, leggendo il mondo narrativo attraverso i
suoi occhi.

All’Eroe deve avere una serie di impulsi comprensibili alla maggior


parte delle persone: il desiderio di essere amato e compreso,
l’impulso alla vendetta, il desiderio di esprimere la propria
personalità…

L’eroe deve possedere delle qualità ammirevoli che il lettore


arriverà a desiderare: la sicurezza, l’eleganza, il fascino…

Non deve risultare troppo distaccato dalla realtà quotidiana,


altrimenti avremo la sensazione di leggere di un alieno, troppo
perfetto, che non sviluppa nel lettore nessuna empatia e con cui
risulta complicato immedesimarsi. Persino Superman, se ci pensi
bene, risulta imperfetto ai nostri occhi.

Il protagonista dunque deve avere una combinazione unica di


contrasti e impulsi contraddittori.

Ad esempio, Lisbeth Salander, la protagonista della Trilogia di


Millenium, è una donna invisibile alla società, eppure è una hacker
apprezzata e conosciuta da tutto il mondo digitale. Desidera una
tranquillità quotidiana e la può ottenere solo grazie alla violenza, alle
minacce e a scontri continui con un sistema a cui appartiene ma che
vorrebbe ripudiare.

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Il protagonista è colui che cambia durante la narrazione,


supera ostacoli e raggiunge obiettivi, crescendo in saggezza e
consapevolezza. Nella storia si mette in gioco più di qualsiasi altro
personaggio e fa progredire l’azione.

Spesso viene aiutato da una serie di eventi, situazioni favorevoli e


altri personaggi, ma è lui a dover prendere la decisione definitiva
che farà terminare il suo viaggio nel mondo straordinario della
narrazione.

Un aspetto importante da non dimenticare è il sacrificio. Il


protagonista sacrifica sempre qualcosa di sé mentre la narrazione
prosegue: a volte sacrifica la vita, altre volte un ideale o il rispetto
della comunità in cui vive. Pensa alla protagonista de La lettera
scarlatta, Hester Prynne, marchiata con una A per essere usata come
capro espiatorio di un’intera società.

A un certo punto della storia il protagonista arriva a sfiorare la


morte o la disfatta totale. Non deve essere necessariamente una
morte fisica. Può anche essere la morte del cuore: un momento
decisivo in cui l’Eroe si rende conto che più in basso di così non si
può scendere. Il protagonista più efficace è quello che sperimenta il
sacrificio affrontando la morte/disfatta e rinasce cambiato per
sempre.

In molti romanzi che mi è capitato di valutare ho scoperto che


l’Eroe era privo di difetti. Questo è un grande errore per due
motivi: l’empatia che proverà il lettore e la credibilità dell’intera
narrazione.

Un buon protagonista non è mai privo di difetti: un vizio nel


vestire, nell’essere, una debolezza, una stravaganza renderanno il
tuo eroe riconoscibile e reale. Ricordati sempre che un buon

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romanzo è un romanzo verosimile e solo con un protagonista del


tutto reale riuscirai a rendere credibile il tuo romanzo.

Un ottimo espediente per rendere imperfetto il tuo eroe è


caratterizzarlo con una mancanza: a volte può essere fisica,
come la gamba mutila di Cormoran Strike di Robert Galbraith, o un
aspetto fondamentale della personalità, come una donna delusa
dall’amore che non ne vuol più sapere, come Therese in Carol di
Patricia Highsmith, o ancora una mancanza parentale e affettiva
come quella di Harry Potter e di Bruce Wayne. Uno degli obiettivi
della storia sarà proprio tentare di colmare questa mancanza.

Esistono vari tipi di eroi che si differenziano dal modo in cui


decidono di affrontare la storia. Il protagonista può essere:

Determinato: attivo, entusiasta, sa perfettamente che deve


affrontare un’avventura e vi si getta senza incertezze. Di solito
questi sono i protagonisti dei romanzi d’avventura più classici.
Tipici sono gli eroi dei romanzi di cappa e spada, come D’Artagnan
ne I tre moschettieri;

Riluttante: passivo, bisognoso di continui incitamenti, per nulla


contento della situazione in cui si trova, ha bisogno di continue
spinte esterne, da Mentori o da altri personaggi. Pensa a Frodo
Baggins e all’Anello;

Cinico: un personaggio che ha avuto una grande delusione nella


vita e non è più riuscito a modificare la sua persona. Risulta
sgradevole al pubblico ma allo stesso tempo procura empatia. Il
cinico per eccellenza è Rick Blaine di Casablanca;

Tragico: compie azioni non meritevoli, non ammirevoli e a volte


incomprensibili. Però grazie a queste sue azioni viene percepito
come un ribelle che se ne frega di tutto, vive in solitaria e prova

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compassione e disprezzo per la società da cui si è distaccato. Due


esempi su tutti: Robin Hood e Don Chisciotte.

Ricorda!

L’aggettivo che non deve mai mancare nella descrizione del tuo
protagonista è imperfetto.

Anche un personaggio (apparentemente) perfetto, come Sherlock


Holmes, è comunque pieno di vizi e ha accanto a sé il Dottor
Watson che smorza parecchio la sua infallibilità.

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La mia progettazione:

Il mio protagonista si chiama Thomas, ha 34 anni. È un bell’uomo:


alto 1.90 m, moro, con gli occhi scuri, le spalle larghe e la bocca
carnosa.

In breve tempo conquista Rebecca, la moglie, perché è un uomo


pieno di fascino. Odia essere preso in giro, è permaloso. È
ossessionato dalla sicurezza, e ha riempito la sua casa di tecnologia
per la videosorveglianza e di allarmi.

Sceglie una donna dai lunghi capelli rossi. Ha un debole per i capelli
rossi: sono la sua ossessione. La moglie è l’unica donna che lo ama
per quello che è, e lui non vuole ucciderla, ma solo possederla.

Ha iniziato ad ammazzare da ragazzo, dopo aver visto il padre fare


a pezzi una donna nel capanno degli attrezzi. Quella vista gli ha
fatto capire finalmente qual era il suo posto nel mondo e il suo
talento nella vita.

Il suo piacere più grande è uscire di casa alla mattina e fregare


tutti quelli che lo circondano: gli amici ben pensanti, i suoceri, i
vicini di casa, la folla.

È un serial killer che uccide solo con armi da taglio (mi devo
documentare sul tipo di ferite che producono le armi da taglio e su
che armi scegliere). Ama tatuare i corpi delle sue vittime con un
disegno che negli anni è diventato la sua firma.

Un giorno torna a casa dopo una giornata intensa tra il lavoro che
svolge di facciata e il suo vizio segreto, e trova la moglie squartata
nel letto, con il suo tatuaggio marchiato sulla fronte.

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Esercizio:

Crea la scheda del tuo protagonista.

Di lui devi sapere tutto. Magari non userai ogni singola


informazione nel romanzo, ma lo devi conoscere in ogni sua più
piccola parte, come un vecchio amico.

La scheda del protagonista deve essere composta da una


descrizione fisica accuratissima, la descrizione dell’abbigliamento
tipo e delle stoffe e dei colori che più lo rappresentano. Il suo
carattere, il suo presente passato e futuro. I suoi vizi, le sue
fissazioni, se ha un cane o l’ha mai avuto. I suoi ricordi più cari.

Tutto quello che ti passa per la testa e che può servire durante la
stesura del romanzo.

Non essere sintetico: scrivi più che puoi. Il tuo protagonista deve
arrivare a bisbigliarti la sua storia.

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Archetipo 2: Il Mentore

Il mentore è colui che affianca l’eroe, la voce della sua coscienza, il


motivatore. Potenzialmente tutte le storie possono accoglierlo tra i
personaggi.

Il mentore può essere considerato dall'eroe come una guida


positiva oppure una presenza scomoda e negativa.

Il Mentore positivo è colui che rappresenta per l’Eroe un


precettore, un insegnante di vita. L'Eroe in questo caso lo vedrà
come un punto di riferimento certo e sicuro nella sua vita, come ad
esempio Albus Silente con Harry Potter.

Il Mentore negativo, invece, è colui che viene continuamente


rifiutato dal protagonista, perché visto come una presenza
fastidiosa, come ad esempio il Grillo Parlante di Pinocchio: piccolo,
scomodo e sibillino nelle sue profezie, cerca di raddrizzare la rotta
del burattino mille volte e mille volte fallisce. Dall'inizio alla fine
della storia, se ci pensi bene, il Grillo Parlante incarna la voce della
coscienza, la morale, l'etica dei comportamenti e agisce ponendo
veti e moniti all'Eroe, Pinocchio.

Poco usato dai giovani scrittori, sottovalutato da molti, mal


strutturato da altri; a volte reso con un livello di complessità tale da
mettere in ombra persino il protagonista, altre volte talmente
irrilevante che diventa superfluo ai fini della narrazione. Come in
tutte le cose, anche per caratterizzare il mentore ci vuole il giusto
equilibrio.

Tutti ricordiamo il Genio di Aladdin, Febo di Hercules, le tre fatine


della Bella Addormentata nel bosco. Nelle storie targate Walt

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Disney il mentore c’è quasi sempre e ha due caratteristiche


lampanti: è ben equilibrato ed è immediatamente riconoscibile agli
occhi dello spettatore.

Ora vedremo dieci esempi di come può essere sviluppato il


personaggio del mentore per esaltare la narrazione. Naturalmente
starà a te trovare la formula giusta per adattare anche solo una di
queste caratteristiche al tuo stile, al tuo personaggio, ai tuoi
romanzi.

Gironzolando per la rete ho trovato un interessante articolo di


Christine Frazier, scrittrice, coach e blogger di scrittura narrativa
che cura il sito web Better Novel Project.

Christine ha stilato il decalogo del buon mentore prendendo come


riferimenti Hagrid di Harry Potter e Haymitch di Hunger Games.

Dato che l'ho trovato un ottimo spunto per mettere in luce le


caratteristiche del mentore, ho deciso di ampliare la lista con
maggiori esempi sulla base delle mie letture e conoscenze.

Il Mentore può avere queste caratteristiche:

1. Una volta era l’eroe della storia

Il mentore si è trovato nella stessa posizione dell’eroe, ma non ne è


uscito vincitore. Qualcosa è andato storto. Pensa ad esempio a
Eragon. Il suo mentore, Brom, è stato Cavaliere di Drago molto
prima di lui, ma la perdita del drago gli ha impedito di continuare a
combattere.

Il mentore in questo caso assiste l’eroe e cerca di tenerlo in vita, per


non permettere anche a lui di fallire. Il suo successo mancato,
diventa la scintilla che accende la forza dell’eroe.

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2. Ha un aspetto trasandato, forti dipendenze e non è


affidabile

Il mentore per eccellenza che incarna queste caratteristiche è


Haymitch, l’ubriacone vincitore dei giochi di Hunger Games del
dodicesimo distretto, quello di Katniss e Peeta.

Totalmente inaffidabile, ubriaco perso per la maggior parte della sua


giornata, si riscuote per pochi momenti dal torpore e dal rifugio che
l’alcol gli offre per dare qualche preziosa dritta ai suoi tributi. Il
desiderio di aiutare i due ragazzi lo terrà sobrio, almeno fino alla
fine dei giochi.

3. È un disadattato sociale e vive ai margini della società

Cormoran Strike, il detective privato creato dalla mente di Robert


Galbraith (alias J.K. Rowling) è un uomo mutilato dalla guerra e
relegato ai margini della società per scelta. Non ha una casa, dorme
in ufficio e la sua vita matrimoniale è fallita miseramente. Eppure
aiuta Robin, la sua segretaria, a diventare la sua assistente facendogli
da mentore.

4. È un personaggio indimenticabile

Qui devo tirare in ballo per forza Harry Potter e il professor Piton.
Rimarrà indelebile nel nostro cuore la descrizione del professore,
della sua veste, del suo naso, del suo sguardo apparentemente
schifato mentre fissa Harry a lezione di Pozioni. Piton è un mentore
consapevole ma silenzioso. Il fornitore di preziosi consigli, che
spiana la strada al maghetto un infinito numero di volte.

5. Riconosce il talento dell’eroe e lo porta a seguire i suoi


consigli

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Silente, Preside di Hogwarts. Sa fin dalla nascita di Harry quali sono


i suoi talenti e le sue abilità. E proprio per il suo sguardo
lungimirante e la sua lucida analisi del futuro, aiuta Harry e lo
manovra abilmente, per fargli fare tutto ciò che è in suo potere per
fermare il dominio di Voldemort. Il bene dell’Eroe non deve essere
per forza al primo posto: il sacrificio fatto per uno scopo più alto è
contemplato da questo tipo di Mentore.

6. È sobrio, elegante, insostituibile e partecipa alla storia a


fianco dell’eroe

Il mentore per eccellenza sempre elegante, sobrio che dà i consigli


giusti al momento giusto e che svolge un ruolo attivo nell’aiutare il
protagonista nella sua missione è Alfred, il maggiordomo di Bruce
Wayne/Batman.

Inappuntabile, saggio, cortese, aiuta Bruce a diventare Batman,


svolge il lavoro analitico per lui e gli rattoppa le ferite quando torna
dalle missioni.

Alfred è il mentore per eccellenza, colui che sa analizzare al meglio


le situazioni e non sbaglia mai nell’elargire un consiglio, il bastone a
cui Batman/Bruce si appoggia per ogni cosa.

7. È saccente, un saputello maniacale, arrogante e geniale. Le


sue azioni creano la storia

Questa è facile: Sherlock Holmes.

So che obietterai subito dicendo che Holmes è il protagonista dei


romanzi di Sir Arthur Conan Doyle. Ma, c’è un ma. A mio avviso
questo è uno dei pochi esempi in cui il Mentore e l’Eroe
coincidono.

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Per far risaltare un personaggio che starebbe antipatico alla maggior


parte degli esseri umani con un cervello normale, lo scrittore ha
saggiamente deciso di far narrare le avventure dell’investigatore
privato al fido Dottor Watson. Attraverso lo sguardo normale di
Watson, noi lettori riusciamo a scalfire la punta della genialità di
Holmes, sentendoci parte del suo mondo privilegiato.

Sherlock Holmes diventa mentore di tutti noi, e del fido Dottor


Watson, attraverso le sue parole.

8. È un membro della famiglia e accompagna l’eroe solo per


un pezzo della storia

I genitori sono i nostri primi mentori. Poi vengono i parenti: una


zia, un fratello più grande, il padrino di battesimo. Le nostre
tradizioni prevedono che ad un bambino venga accostato un adulto
che gli insegni, col suo esempio, a vivere una vita saggia e sana.

Pensa a Harry Potter: vive una vita molto triste, ha perso i genitori e
la Rowling lo aiuta nel suo percorso creando mentori speciali in
ogni romanzo.

Sirius Black è l’unico che viene presentato come tale fin da subito:
padrino di battesimo del piccolo Harry diventa per lui esempio e
guida di coraggio, sostituendo la famiglia che il nostro piccolo
maghetto non ha più.

9. È svampito e svagato, ma interviene al momento


opportuno. Senza il suo intervento la storia non può
proseguire

La Fata Madrina di Cenerentola è l’esempio per eccellenza di


mentore svagato. La sua comparsa non dà subito una gran fiducia al

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lettore, eppure è grazie al conforto e alla metamorfosi che compie


in Cenerentola se la vicenda prosegue e si avvia verso il lieto fine.

10. È colui che indirizza l’eroe alla scoperta del suo vero posto
nel mondo, una presenza accennata e silenziosa

Questo è un tipo di Mentore un po’ più sfumato che troviamo di


continuo nelle storie di narrativa contemporanea.

La nonna che muore e lascia una lettera dove spiega alla nipote qual
è la sua vera storia, chi sono i genitori che non ha mai davvero
conosciuto e qual è la sua strada (Finché le stelle saranno in cielo);

Il professore che parla in classe dell’Odissea e getta un appiglio, una


speranza, alla ragazzina protagonista della storia (Cose che nessuno sa);

Mago Merlino che arriva da Semola e lo avvisa che deve estrarre la


Spada nella Roccia perché è destinato a diventare Re d’Inghilterra,
trasformandolo in Re Artù.

È necessario inserire un Mentore nella propria narrazione?

No, non è sempre necessario. Tuttavia se decidi di farlo devi saper


bilanciare la presenza del Mentore con quella dell’Eroe.

Caratterizzare un Mentore è facile? Dipende. La difficoltà sta nel


saper equilibrare bene la sua caratterizzazione rispetto all'Eroe.

Quando inizi a progettare il tuo romanzo, uno degli aspetti


fondamentali per conquistare il lettore è scrivere la storia di un
personaggio indimenticabile.

Un protagonista che rimarrà indelebile nella mente e nel cuore di un


fedele lettore è una persona piena di contraddizioni dubbi e difetti.
Ora, se hai in mente di creare un personaggio giovane, bisognoso di

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un aiuto per tutta la durata della sua storia, ti servirà un mentore


superiore.

Il mentore superiore è un personaggio inarrivabile per l’eroe, una


guida con cui non mettersi mai in competizione. Per citare uno
degli esempi fatti in precedenza, Silente è il perfetto mentore
superiore. Nemmeno da grande Harry Potter potrà ambire a
diventare un mago come lui.

Se hai in mente di creare un personaggio debole all’inizio ma con


delle qualità nascoste che esploderanno ad un certo punto della
narrazione, trasformandolo nel vero Eroe della storia, allora ti serve
un mentore inferiore, uno che poi termina il suo ruolo e viene
messo da parte: Brom di Eragon, Haymitch di Hunger Games.

Se vuoi creare un protagonista che necessita di un aiuto


momentaneo, un veloce consiglio, un sortilegio che lo aiuti a
proseguire, allora hai bisogno di un Mentore laterale.

Il Mentore laterale è colui che compare al momento giusto, aiuta


l’Eroe e poi torna da dove è venuto. Non sempre modifica o
prende parte alla crescita personale del protagonista come fanno il
Mentore superiore e quello inferiore.

I Mentori laterali sono presenze benevoli che affiancano il tuo


protagonista per un breve lasso di tempo e lo aiutano
semplicemente a superare un ostacolo.

Consiglio:

Per iniziare, segui questi esempi e pensa alle caratteristiche, ai valori


e alla mentalità peculiari che vuoi attribuire al tuo mentore.

Che sia uomo o donna, singolo o composto da più personaggi che


entrano in azione insieme (come le tre fatine con Aurora ne La bella

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addormentata nel bosco) assicurati che abbiano almeno una di queste


dieci caratteristiche. Poi rifletti sul loro posizionamento rispetto
all’eroe (superiore, inferiore, laterale).

Anche per il mentore vale la regola: più il personaggio sarà pieno di


imperfezioni, più sarà apprezzato dai lettori.

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La mia progettazione:

Il Mentore di Thomas è il padre, Nicola. Ha sempre vissuto una vita


intransigente e rispettabile, facendo il contadino in un paese di
campagna.

È un uomo tozzo e risoluto, dalle mani callose e spesse. Non sa


parlare in un italiano corretto e nei dialoghi devo inserire errori
lessicali per caratterizzare il suo linguaggio.

Ama coltivare un piccolo appezzamento di terra, riservato alla


coltura degli ulivi, i più invidiati della zona. Gli altri contadini non
sanno che il suo segreto è spaccare le pietre a mano e disporle
sopra la terra dove ha versato il sangue delle vittime che ogni tanto
acciuffa.

È un feticista delle donne dai capelli rossi. Quando un certo prurito


lo assale va al porto della città vicina e caccia la prima donna dai
capelli lunghi che trova. Poi la porta alla terra e al capanno degli
attrezzi. La uccide e si tiene i capelli, che tinge di rosso.

Un giorno Thomas lo vede squartare una donna. Lì capisce di


assomigliare al padre in tutto e per tutto. Nicola riconosce lo stesso
bisogno nello sguardo del figlio, e decide di insegnargli tutto quello
che sa.

Esercizio:

Ora che sai chi è, e a cosa serve un Mentore, decidi se vuoi inserirlo
nella tua narrazione. In caso affermativo inizia a progettarlo.

Ricorda che deve entrare in contrasto con il protagonista attraverso


un dettaglio unico e indimenticabile.

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Archetipo 3: Il Guardiano della Soglia

L’eroe che ha deciso di lanciarsi nell’avventura, passando dal


mondo ordinario a quello straordinario, si imbatte nel Guardiano
della Soglia.

Il Guardiano è la rappresentazione dei demoni interiori del


personaggio, la manifestazione vivente dei suoi limiti, delle sue
dipendenze, cicatrici, vizi. Tutto ciò che impedisce la crescita
personale e il cambiamento dell’Eroe.

La sua funzione è verificare se l’Eroe è pronto al cambiamento,


mettendolo alla prova.

Esistono tre tipologie di guardiano della soglia.

Il guardiano positivo

Un amico, un familiare, un aiutante segreto, posto lungo il cammino


dell’Eroe per metterlo alla prova e verificare le sue abilità. Il
guardiano positivo è la madre che chiede alla figlia se è sicura di
volersi sposare, un attimo prima della celebrazione delle nozze; o
un amico che chiede al protagonista se è proprio convinto di voler
partire, quando il personaggio è già con un piede sull’aereo.

Il guardiano neutrale

Un tipo di personaggio che non parteggia né per l’Eroe né per


l’Ombra. La sua funzione è quella di sorvegliare l’accesso al mondo
straordinario e di verificare se l’Eroe è degno di varcare la soglia.
Spesso è il buttafuori della discoteca, un personaggio neutrale che

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controlla i documenti, dove la protagonista va a ballare, e incontra


l’uomo che le cambierà per sempre la vita.

Il guardiano negativo

Un personaggio assunto dall’antagonista, e a lui fedele, vero e


proprio allarme vivente in casi di intrusione dell’eroe (di solito ha le
sembianze di guardia del corpo, sentinella, cane ringhioso, serpente
– nel caso di Voldemort).

Pensa alla vita reale. Siamo circondati da persone che ci


impediscono di dare una svolta positiva alla nostra vita. Le persone
che ruotano attorno a noi, persino quelle che dicono di amarci, a
volte non vogliono vederci cambiare. Perché si comportano in
questo modo?

Perché agiscono da Guardiani della Soglia senza rendersene conto.


Il loro tentativo di metterti alla prova è solo un modo per verificare
quanto tu sia pronto e convinto del cambiamento.

Il Guardiano della Soglia può essere caratterizzato partendo da idee


diverse. Io ti consiglio quattro modi presi in prestito dalla maggior
parte delle storie in circolazione. Parti da queste per dar vita a un
guardiano unico e originale.

Il guardiano può essere creato come:

> Una persona in carne e ossa che cerca di bloccare o ritardare il


cambiamento: un’amica, un genitore, il marito, l’amante.

> Una forza della natura, che blocca e mette alla prova: il
naufragio (Robinson Crusoe, Titanic), una tempesta, l’Apocalisse.

> Un animale o un elemento esotico: di solito la sfinge è il


guardiano della soglia per eccellenza. Nel film “Il Grinch” la spinta

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al cambiamento il mostro l’avrà grazie alla presenza della bambina,


elemento esotico del suo presente. O un cane che abbaia, facendo
segno al protagonista di seguirlo verso una soglia che dovrà
decidere se attraversare o meno.

> Un elemento scenografico o architettonico: per esempio


l’armadio che collega la casa di campagna del professore al mondo
magico di Narnia o la caverna dei quaranta ladroni.

L’Eroe deve imparare ad affrontare il guardiano della soglia,


proseguendo nel suo cammino. Nel caso di un ostacolo fisico deve
trovare dentro di sé la forza per dare il via al cambiamento.

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La mia progettazione:

Il guardiano della soglia nel mio romanzo sarà rappresentato


dall’allarme della porta di casa.
Di solito sicuro rifugio di Thomas, l’allarme non è inserita quando
l’uomo torna a casa alla sera.
Il varco della soglia lo proietterà nel cambiamento e nella fuga.

Esercizio:

Di solito in tutte le storie c’è un Guardiano della Soglia. L’ultimo


ostacolo per l’Eroe prima del vero cambiamento.

Progetta il tuo Guardiano e decidi quanto peso deve avere nella tua
storia.

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Archetipo 4: il Messaggero

Presta molta attenzione a questo personaggio, perché è uno dei più


importanti della struttura narrativa.

Molti romanzi iniziano con una situazione di stallo, di equilibrio


precario raggiunto dal protagonista attraverso le sue stesse forze.
Uno stato di equilibrio destinato a spezzarsi, perché qualcosa
subentra a rompere le uova nel paniere.

Il protagonista non può più affidarsi alle strategie che ha messo in


atto fino a quel momento. Si sente perso. A quel punto arriva un
personaggio che lo chiama all’avventura, lo esorta ad affrontare il
conflitto in cui si è infilato e a risolverlo ad ogni costo.

Il Messaggero è fondamentale perché è un inno alla


consapevolezza, quello che sei non basta più ed è necessario
risorgere dalle ceneri e cercare nuovi modi di vivere.

Il Messaggero diventa l’incarnazione della necessità di


cambiamento.

La chiamata all’azione può arrivare da una persona reale, da un


sogno, da una nuova idea, dalla frase di un film o di un libro che il
protagonista sta leggendo, una forza della natura, come un
terremoto o un virus mortale, una telefonata (basta pensare al
celebre romanzo/film “The ring”).

Ne L’ombra dello scorpione, uno dei capolavori di Stephen King, dopo


una breve introduzione in grado di disegnare la normalità, un virus

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letale fuoriesce da un laboratorio segreto del Nevada, ammazzando


tutti tranne alcuni prescelti.

L’importante è far capire che il tuo protagonista è pronto all’azione,


a mettersi in discussione e ad affrontare i suoi demoni.

Il Messaggero può essere anche un refrain del tuo romanzo, un


ritornello che si ripete ad ogni necessità del tuo protagonista.

Poco tempo fa ho letto un romanzo molto carino che metteva in


pratica proprio questo stratagemma: Il primo marito di Laura Dave.

La protagonista sembra avere la vita perfetta, quella che ha sognato


da sempre: lavoro stimolante, viaggi continui per il mondo, una casa
e un fidanzato amorevole ma… un giorno decide di vedere uno dei
suoi film preferiti, ben sapendo che ogni volta che lo vede qualcosa
arriva a sconvolgerle la vita. Imperterrita se lo gusta dall’inizio alla
fine e… ecco la chiamata all’azione.

Da lì inizia il conflitto e l’avventura del personaggio.

Il suo messaggero è Humphrey Bogart in Casablanca.


Ad ogni punto cruciale della narrazione, la protagonista rivede il
film e da lì partono sempre nuove sfide e nuove decisioni da
prendere.

Qual è la funzione del Messaggero?


Quella di motivare, ispirare e offrire una sfida al protagonista. Da
qui prende avvio la storia. Il lettore grazie al Messaggero passerà
dall’antipasto al primo piatto; sarà avvertito e preparato a gustare la
storia fino alla fine.

Per creare il messaggero puoi prendere spunto da questi tre modelli


di riferimento.

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Il Messaggero Negativo

Di solito è il più facile da progettare e da individuare perché


coincide con il nemico del protagonista oppure è un suo stretto
emissario. Il messaggero negativo gode nel portare la cattiva notizia,
perché sa che da quel momento sarà lui ad essere in vantaggio,
almeno fino a quando il protagonista non deciderà di svegliarsi e
sconfiggere i suoi limiti.

Un esempio classico è il lupo di Cappuccetto Rosso. Il lupo, che si


vuole mangiare nonna nipote e intero cestino di delizie, attira la
bambina nel bosco e la distrae parlandole di un prato pieno di
fiorellini colorati, che sarebbero piaciuti tantissimo alla nonnina,
facendole prendere il sentiero più lungo. Questo gli dà il tempo di
anticipare Cappuccetto Rosso e mettere in piedi la sua strategia.

Il Messaggero Positivo

Il Messaggero Positivo spesso si identifica con un personaggio che


è in stretto rapporto con il protagonista e vuole solo il suo bene. Il
marito, la migliore amica, la madre… Spesso anche il Mentore
funge da Messaggero positivo, perché cerca di scrollare l’eroe,
facendogli capire che deve reagire e imboccare una strada diversa.

Uno dei Messaggeri positivi più famosi, che fa il tifo per la


protagonista, è la Fata Madrina di Cenerentola. Con il suo arrivo e le
sue parole, fa capire alla protagonista della fiaba che il ballo sarà la
grande e unica occasione per modificare la sua vita: per cui
prendere o lasciare. In questo caso la Fata Madrina è sia Mentore
che Messaggero positivo. Stesso discorso vale per la Fata Turchina
per Pinocchio.

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Il Messaggero Neutrale

Il Messaggero Neutrale è un personaggio che non desidera né il


bene né il male del protagonista, ma si limita a svolgere quel ruolo
in quel determinato momento. Se scegli di inserire un Messaggero
Neutrale nel tuo romanzo ti consiglio di non creare un personaggio
complesso, ma di limitarti a caratterizzarlo con un aggettivo
specifico, ad esempio: il cameriere, il notaio, il poliziotto etc.

Uno dei casi più frequenti di Messaggero Neutrale è proprio il


notaio che dà lettura del testamento di un avo dimenticato dal
protagonista, che gli lascia una piccola fortuna, rivoluzionando la
sua vita.

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La mia progettazione:

Nel mio romanzo il Messaggero è il tatuaggio che Thomas lascia


sulle vittime. Il fatto di trovarlo sulla fronte del cadavere di sua
moglie, gli fa capire che le cose cambieranno per sempre da quel
momento in poi.

Esercizio:

Progetta il Messaggero della tua storia e rendilo coerente rispetto


agli altri personaggi.

Prova a chiederti: qual è l’evento (o l’elemento) che smuove la


coscienza del protagonista? Chi smuove questo evento o lo
preannuncia all’Eroe?

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Archetipo 5: Il Mutaforme

Il Mutaforme è colui che cambia continuamente umore o aspetto


nei confronti dell’Eroe. Spesso è un personaggio che porta fuori
strada il protagonista, distraendolo e tenendolo sulle spine.

Sia l’Eroe che il lettore faticano ad inquadrarlo, a comprendere se


sia o meno leale al protagonista e alla sua missione.

Ci sono tre buoni motivi per inserire un Mutaforme nel tuo


romanzo:

1. È un catalizzatore del cambiamento: aiuterà e convoglierà il tuo


Eroe, obbligandolo a imboccare la strada e ad abbandonare il
mondo ordinario per lanciarsi a capofitto in quello straordinario;

2. Instilla dubbi: il Mutaforme è quel personaggio che bisbiglia nelle


orecchie del tuo protagonista, instillando dubbi, seminando zizzania
tra buoni e cattivi a seconda del suo personale capriccio o interesse;

3. Crea la suspense: la presenza del Mutaforme movimenta la storia,


stravolgendo ulteriormente gli equilibri che sono stati ricostruiti con
fatica fino alla sua entrata in scena.

Un tipo molto conosciuto di Mutaforme è la femme fatale, la donna


che ammalia e annienta. Se ci pensi uno degli esempi più riusciti di
Mutaforme è la Maga Circe, che allontana Ulisse dal suo ritorno a
casa. Lo fa per capriccio, perché si innamora dell’uomo e lo vuole
per sé, e fa di tutto per tenerselo.

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Anche gli uomini ricoprono spesso il ruolo di Mutaforme. Nei miti


antichi il Mutaforme per eccellenza è Zeus che, pur di avere molte
giovani fanciulle, si trasforma e traveste da animale, elemento
atmosferico e pianta.

Di solito è un personaggio che compare nelle spy story, o nelle


commedie. Pensa alle fiabe, uno dei Mutaforme più famosi è la
strega di Biancaneve. Per rendere al meglio un Mutaforme ti
consiglio di farlo cambiare fisicamente agli occhi del lettore: il
comportamento, la faccia, la voce… proprio come fa la matrigna di
Biancaneve, che si camuffa da venditrice di mele.

Nella narrativa il Mutaforme per eccellenza è “la donna” di Sherlock


Holmes, che a seconda delle sue missioni e del suo capriccio,
prende delle decisioni e modifica le sorti dell’investigatore privato.
Ogni volta che lei compare, la storia subisce una profonda
accelerazione e uno sconvolgimento dei ruoli.

Stesso discorso possiamo farlo con la famosa ammaliatrice Margot


(alias Fujiko) di Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo creato dalla
penna di Maurice Leblanc nel 1905, dal quale è tratto il celebre
manga giapponese.

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La mia progettazione:

Nella mia storia il Mutaforme coincide con l’emulatore di Thomas,


che si scoprirà essere il Nemico dell’Eroe, colui che gli dà la caccia.

Esercizio:

Progetta il Mutaforme della tua storia e rendilo coerente rispetto


agli altri personaggi.

Rifletti sull’importanza del suo ruolo nella tua idea di romanzo. È


necessario? Se sì, ricorda che un personaggio può racchiudere in sé
due archetipi diversi.

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Archetipo 6: L’Ombra/Antagonista

L’ombra o anche l’antagonista, il nemico di turno, è ovviamente un


personaggio fondamentale da inserire nella narrazione. In una
buona storia c’è sempre un cattivo, un nemico da combattere e
contro cui il lettore potrà e dovrà scagliarsi.

In ogni storia noi lettori abbiamo la tendenza a schierarci sulla base


delle nostre convinzioni. Lasciare un lettore impassibile è il più
grande fallimento in cui puoi incorrere. Per evitarlo devi riflettere
attentamente sull’antagonista del tuo Eroe. Da lui dipenderà il
coinvolgimento del lettore.

Come sosteneva Umberto Eco: avere un nemico è importante non solo per
definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale
misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro.
Pertanto, quando il nemico non c’è, occorre costruirlo.

Un nemico ben costruito costringe l’Eroe della tua storia, il


protagonista, a essere all’altezza della sfida. Pensa ai nemici subdoli
che ha Sherlock Holmes in tutte le sue avventure. Ognuno di loro è
la rappresentazione vivente dei punti deboli dell’investigatore, che
vede la sua intelligenza messa alla prova e stimolata di continuo. Per
un uomo eccezionale occorrono nemici eccezionali, in grado di
tenergli testa.

L’antagonista può essere il portatore dei sentimenti repressi del


protagonista. Quei traumi o sensi di colpa che sono ben nascosti
nel suo inconscio; delle emozioni negate che possono annientare
l’anima dell’Eroe.

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L’antagonista può avere un corpo o essere un sentimento contro


cui combattere, incarnato nell’atteggiamento di vari altri personaggi
con cui il protagonista entra in contatto durante lo svolgersi della
storia.

L’Antagonista psicologico non è un nemico fisico, ma è un


nemico mentale. Se il tuo Eroe deve combattere contro il desiderio
di vendetta, puoi fargli incontrare lungo il suo cammino più di un
personaggio che ha in sé questo desiderio inespresso. Il
protagonista rischierà sempre di cadere in tentazione, e di cedere
all’impulso della vendetta.

Questa soluzione ti permette di condannare non un personaggio ma


un sentimento, un’emozione.

Stephen King, a mio parere, ha creato la migliore incarnazione di


cattivo di sempre, poi in un certo senso ripreso da J.K. Rowling.

Stephen King ha creato It, la cosa che non ha una forma o incarna
un sentimento preciso, ma muta a seconda del personaggio del
romanzo con cui si relaziona.

Riflettici: è una soluzione geniale, perché il lettore sarà propenso a


mettersi nei panni dei poveri protagonisti, provando empatia per la
loro difficile situazione. E a pensare: Come reagirei io se mi trovassi di
fronte alla mia più grande paura?

In Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, avviene una cosa simile


nella scena in cui il professor Lupin fa esercitare i maghetti contro i
mollicci. Cosa fanno questi mollicci? Assumono la forma della più
grande paura di chi hanno di fronte.

Il principio è lo stesso. Accennare l’antagonista e farlo coincidere


con il sentimento, più che con la forma, darà vita ad un nemico

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subdolo e psicologico, da combattere più con la mente che con il


corpo.

L’antagonista in carne e ossa, o comunque con una sua fisicità,


deve presentare alcune caratteristiche fondamentali per funzionare e
colpire nel profondo l’eroe e i lettori. Non è un caso che queste
caratteristiche siano state riprese nella comunicazione politica e
pubblicitaria.

Alla vista di queste semplici caratteristiche tutti, ragionando per


associazione visiva, identifichiamo quel personaggio con il nemico
di turno da combattere:

Il nemico non deve essere del tutto malvagio o dannoso:

Cerca di attribuirgli almeno una qualità ammirevole. Questo ti


permetterà di lasciare il lettore nella perenne indecisione, incrinando
le sue certezze e facendo in modo che non sappia in maniera del
tutto lucida da che parte deve stare.

L’antagonista deve avere un qualcosa di vulnerabile:

Un punto segreto in cui poterlo colpire.

L’antagonista deve essere brutto fisicamente e sgradevole:

Perché? Noi siamo abituati a confondere la bellezza esteriore con la


bontà d’animo. In realtà le due cose spesso non coincidono. Ma
nelle nostra mente c’è sempre un appiglio, un qualcosa che ci fa
subito identificare quella persona come sgradevole: un odore
particolare, una strana macchia sul polso. L’imperfezione fisica
porta a dubitare della buona fede di un personaggio. Forse penserai
che sarà un luogo comune, un qualunquismo, una generalizzazione,
ma la nostra mente è irrazionale e inconsciamente la maggior parte
delle persone associa la bruttezza fisica alla sgradevolezza d’animo.

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Gioca di fantasia e crea un nemico che riesca ad avere in sé un forte


contrasto.

Il nemico ha spesso un volto con un particolare curioso, quasi


demoniaco:

Il labbro leporino, una maschera che nasconde chissà che cosa, una
cicatrice… Facci caso: i nemici più spietati non sono mai integri
(Capitan Uncino, Conte di Rochefort, Voldemort …). Il senso è
quello di far comprendere che non imparano dai loro errori, e
portano le cicatrici di questi insegnamenti mancati. Nonostante
tutto provano e riprovano, fino al loro annientamento finale.

L’antagonista puzza:

Ebbene sì, il nemico ha un odore particolare, un profumo che lo


contraddistingue ovunque lui vada.

Giocando con il contrasto e l’equilibrio di queste caratteristiche


sarai in grado di creare un vero cattivo contro cui far combattere il
tuo Eroe per tutto il romanzo. Più modellerai ciascuna
caratteristica, più sarai originale.

Nelle storie, nelle leggende, nei miti e persino nella narrativa


folkloristica locale calibrando i vari aspetti che ti ho appena elencato
sono nati modelli di “persone poco raccomandabili”, come la
prostituta, il nano, il ladro, l’ebreo, il delinquente, la strega, lo
storpio.

Nel tempo, quando sarai in grado di padroneggiare queste


caratteristiche, ti consiglio di lavorare per sottrazione e inserire nel
tuo antagonista solo alcune di queste caratteristiche. In questo
modo potrai rendere il tuo personaggio-ombra più originale.

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Nei romanzi intimistici spesso il protagonista e l’antagonista sono


due facce dello stesso personaggio. L’eroe della storia si trova infatti
a dover combattere contro una versione di se stesso che non accetta
più, e di cui si vuole liberare per sempre. Questo tipo di nemico
incarna sia l’aspetto psicologico che quello in carne e ossa.

Pensa a Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson: è un


romanzo che mette in scena in modo magistrale proprio questa
doppia natura dell’animo umano, fino alla scelta finale.

O a Due facce, uno dei nemici storici di Batman.

Consigli:

Spetta a te comprendere al meglio se il tuo protagonista ha bisogno


di un antagonista con un corpo fisico, o se deve lottare contro un
sentimento o un obiettivo quanto mai impossibile.

Se sarai in grado di riempire di contrasti e contraddizioni il tuo


nemico potrai dare vita ad una narrazione davvero scoppiettante e
piena di colpi di scena.

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La mia progettazione:

Il Nemico della mia storia è l’ispettore Leonardo, il capo della


omicidi della grande città. Fin da piccolo ha avuto l’ossessione per i
criminali, e guardava sempre programmi televisivi in cui astuti
poliziotti incastravano uomini malvagi.

Sceglie di seguire la carriera militare per un periodo e per vicende


alterne arriva a fare l’ispettore (mi devo documentare sulle
procedure per diventare ispettore in Italia, di modo da rendere
credibile il romanzo).

È un uomo basso, biondo, dagli occhi slavati. Non sopporta la luce


del sole e ha scelto di vivere in una città dove la nebbia regna
sovrana. Vive da solo e veste sempre con abiti stazzonati. Ha una
passione sfrenata per la cipolla, e ne mangia grandi quantità,
lasciando un persistente afrore a ricordo del suo passaggio.

Amava una donna, da ragazzo, che è stata uccisa da un delinquente


comune, durante un tentativo di rapina finito male. Da quel
momento la sua ossessione per i criminali è diventata ancora più
acuta e inizia a volersi mettere nei loro panni per capire come fare
a sconfiggerli.

Rapisce dei pesci piccoli e li interroga fino allo sfinimento, per


entrare in possesso della chiave di lettura della mente criminale.

Quando il serial killer del tatuaggio fa la sua comparsa in città, fa


di tutto perché il caso gli venga assegnato. È disposto a qualsiasi
cosa pur di catturare l’assassino seriale. Passano le settimane, i
mesi e gli anni. Il killer gli sfugge di continuo e Leonardo inizia a
sviluppare una nevrosi.

Pur di catturare il suo Nemico diventa il suo emulatore, per


attirarlo in uno scontro diretto e ucciderlo.

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Esercizio:

Inizia a progettare il Nemico della tua storia. Rendilo pieno di


conflitti e sgradevole. Non dimenticarti di scrivere, anche per lui,
una scheda personaggio dettagliata e accurata.

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Archetipo 7: L’imbroglione

Anche se il nome suggerisce il contrario, in realtà l’archetipo


dell’Imbroglione non deve incarnare un personaggio il cui scopo è
fregare il tuo eroe per forza.

L’Imbroglione rappresenta la malizia e il desiderio di cambiare.

La sua presenza serve a scatenare una risata, essendo per natura un


personaggio buffo, goffo, che arriva nel momento in cui è
necessario ridimensionare l’ego spropositato dell’Eroe o di qualche
altro personaggio. L’Imbroglione deve strappare una risata,
spezzando la tristezza che ha invaso la narrazione in quel momento.

L’Imbroglione può essere:

1. Un personaggio che lavora per l’eroe, una sorta di servitore o


alleato. Olaf in Frozen – Il Regno di ghiaccio svolge la funzione di
Imbroglione nella fiaba, perché appare proprio nel momento di
maggiore scoramento della vicenda, e aiuta Anna e Kristoff a
proseguire alla ricerca di Elsa.

2. Un personaggio che lavora per l’Ombra. I più famosi sono i


due mostriciattoli che aiutano Ade a contrastare la missione di
Hercules nel noto cartone animato della Walt Disney Pictures: Pena
e Panico.

3. L’Imbroglione può coincidere con l’archetipo dell’Eroe, per


tutta la narrazione o solo per parte di essa. Un Eroe che non si
prende sul serio. Di solito l’Eroe/Imbroglione è il protagonista di
romanzi umoristici (o di film: Totò e Charlie Chaplin), oppure di

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storie in cui imbrogliare fa parte delle strategie per sopravvivere e


avere la meglio sugli altri personaggi, è il caso di Long John Silver
nella serie tv The Black Sails prequel del romanzo L’isola del tesoro di
Robert Louis Stevenson.

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La mia progettazione:

Nel mio romanzo sarà lo stesso Thomas, in qualche scena, a


incarnare l’archetipo dell’Imbroglione, quando la situazione diverrà
insostenibile e ci sarà bisogno di qualche scena che alleggerisca la
vicenda.

Esercizio:

Pensa alla storia che vuoi scrivere. C’è spazio per un Imbroglione?
O è meglio farlo coincidere con uno degli altri archetipi, per
esempio il tuo protagonista?

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Capitolo 6 – Il Mondo Narrativo

Ogni storia racconta di un cambiamento. Narrare il cambiamento è


l’obiettivo finale della scrittura narrativa.

Per rendere credibile un romanzo, occorre costruire attorno all’Idea


Prima e al Dramma Primo un efficace mondo narrativo.

Il mondo narrativo è l’ambiente entro cui si svolgerà la storia che


hai deciso di scrivere. Il contesto in cui viviamo condiziona
fortemente la nostra vita, e allo stesso tempo la nostra presenza
condiziona il contesto.

Questo rapporto di reciprocità e influenza è stato studiato in varie


discipline. Per la forte connessione tra ambiente narrativo e
personaggio, mi devo rifare a un manuale scritto da Davide Pinardi,
sceneggiatore italiano, e Pietro De Angelis, scrittore, che hanno
usato come base per le loro riflessioni il lavoro dell’antropologo
Carlo Tullio Altan.

Durante la progettazione narrativa è possibile creare in momenti


separati ambiente e personaggio. Ma quando andrai a scrivere di
quel personaggio in quel preciso ambiente, la reciproca influenza
tornerà ad agire, modificando entrambe le componenti narrative.

L’ambiente narrativo si suddivide in tre grandi aree:

1. Sovramondo: Società, Stato, Nazione, Continente, Natura,


Pianeta…;

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2. Sottomondi: ambienti professionali, scientifici, artistici, politici,


affettivi…;

3. Mondo interno: quello di ogni singolo personaggio.

Il Sovramondo contiene i Sottomondi.

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Personalmente trovo questo ragionamento molto efficace per


progettare il personaggio e il mondo narrativo tenendo conto dei
sette elementi generatori.

Nel suo laboratorio, il narratore può costruire ambiente e personaggio in


maniera autonoma facendo ricorso a un unico metodo comune (il metodo dei
sette elementi generatori), ma nello svolgersi di una narrazione i due mondi si
saldano in una continuità di rapporti e in un sistema di relazioni implicite o
esplicite che rendono unitario e inscindibile il loro legame. Ogni individuo,
esattamente come ciò che lo circonda, ha un topos, un epos, un ethos, un telos,
un logos, un genos e un chronos, coincidenti o in conflitto con quelli dell’ambiente
in cui vive. Di conseguenza anche il personaggio, al pari dell’ambiente, può
essere considerato come un mondo narrativo.”

Di seguito ti parlerò dei sette elementi, analizzandoli uno ad uno.

1. Topos: il territorio
Quando pensi al territorio sul quale metterai in scena la tua
narrazione soffermati a ragionare su due aspetti dell’ambientazione:

> L’ambiente circostante (interno ed esterno), che può essere


l’habitat, la casa, luogo di lavoro, etc.

La descrizione dei luoghi, sia esterni che interni, permette al lettore


di definire l’ambiente in cui si svolge la vicenda e di diventarne
parte integrante mentre legge e si cala appieno
nell’immedesimazione.

La mia progettazione:

Devo descrivere solo i luoghi fisici funzionali alla fabula della mia
storia: una grande città italiana alla fine degli Anni Ottanta; alcuni
quartieri della città nel dettaglio; la casa di Rebecca e Thomas; il

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rifugio in cui Thomas scompare per mesi; la banca dove lavora; la


caserma dove lavora Leonardo; il suo appartamento da single; il
rifugio del Nemico; la casa al mare del finale; il capanno degli
attrezzi del padre…

> La fisicità dei personaggi: descrivere fisicamente un


personaggio lo rende vivo, tangibile e permette al lettore di
identificarsi con lui.

La mia progettazione:

Il padre di Thomas è un contadino. Mostro solo le sue mani tozze e


ruvide nei ricordi del figlio, che denotano un lavoro fisico. Posso
mostrarlo mentre si gode il rosso carminio di un tramonto, o fa
degli apprezzamenti su una modella rossa. L’importante è non
eccedere con i dettagli, perché non importa se veste con magliette
o camicie: quello che importa è mostrare la sua ossessione per il
rosso e per i coltelli.

Le due descrizioni non devono rimanere separate, ma è


fondamentale riuscire a descrivere la fisicità del personaggio in
relazione all’ambiente in cui vive e si muove. Devi ripetere la
progettazione funzionale per ogni personaggio di rilievo della tua
storia. Non devi appesantire con troppi dettagli inutili.

Tutto deve essere finalizzato alla creazione del mondo narrativo:


eccedere con le informazioni che non servono a caratterizzare la
narrazione ti può far scivolare ripetute volte nell’errore
dell’infodump.

L’infodump, come ricorda Marco P. Massai, è la pratica di presentare


al lettore, tutte insieme, un mucchio indigeribile e incomprensibile di
informazioni.

Questo ti ricorda qualcosa?

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A me sì. Per esempio mi ricorda una monografia sulla vita di


Napoleone, un saggio dettagliato sull’architettura romana del I
secolo, oppure il manuale delle istruzioni di un elettrodomestico (a
volte davvero incomprensibile!).

Peccato che tu debba scrivere un romanzo e non un libro


accademico, né un libretto delle istruzioni.
L’infodumping è a tutti gli effetti una tecnica di scrittura espositiva,
perché le nozioni vengono fornite tutte insieme al lettore e spesso
con un marcato gergo tecnico.

La scrittura espositiva chiarisce termini, inserisce date, fa


collegamenti con eventi simili, rimanda a pubblicazioni scientifiche
o a testi normativi. L’esposizione fa parte del nostro bagaglio
culturale e deve esistere, ma il più lontano possibile dai romanzi.
La scrittura narrativa è intrattenimento prima di tutto. Non deve
stressare vomitando addosso a chi legge una sfilza di nozioni
studiate o imparate nel corso della vita.

Per approfondire l’argomento e capire meglio cosa è l’infodump


leggi questo mio articolo » http://www.editorromanzi.it/infodump-
bestia-nera-come-renderti-immune/

Esempio:

Il vecchio era magro e scarno e aveva rughe profonde alla nuca. Sulle guance
aveva le chiazze del cancro della pelle, provocato dai riflessi del sole sul mare
tropicale. Le mani avevano cicatrici profonde che gli erano venute trattenendo
con le lenze i pesci pesanti.

Che cosa possiamo capire dalla descrizione di questo personaggio?

È un vecchio pescatore, abituato al sole cocente del mar tropicale e


a lavorare sodo, a causa delle cicatrici sulle mani. Intuiamo che lui è
diventato magro scarno e rugoso per il riflesso del sole, e la vita

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dura che forgia il fisico di un pescatore, quindi per la scelta di vita


stessa che ha compiuto: essere un pescatore.
Allo stesso tempo potremmo affermare che è stato l’ambiente in cui
vive il vecchio a trasformarlo in quello che è, e chissà, a fare di lui
un pescatore, visto che non c’è altro che acqua e sole cocente nel
posto da cui proviene.

La descrizione del personaggio legata all’ambiente dice molto di più


di tanti dettagli inutili che potresti inserire per abbellire il contorno.

Noi siamo frutto anche delle sollecitazioni dell’ambiente che ci


circonda, altrimenti non chiameremmo casa nessun luogo al
mondo. Ma a quel punto saremmo dei raminghi e daremmo vita ad
un’altra storia.

Il passo del pescatore è tratto da Il vecchio e il mare di Ernest


Hemingway. Persino il titolo scelto per il romanzo specifica
l’oggetto della storia e il condizionamento ambiente/personaggio.

2. Epos - La memoria storica


La memoria storica si divide in:

> Memoria storica collettiva

Il mondo narrativo, per essere credibile, deve possedere una


memoria storica collettiva riconosciuta, rispettata e tramandata.
L’epos ha un grande impatto emotivo sul lettore.

Forse per comprendere meglio gli avvenimenti in cui mi trovai coinvolto è bene
che io ricordi quanto stava avvenendo in quello scorcio di secolo…

Questo pezzo è tratto da Il nome della rosa di Umberto Eco. Con


questo voglio aiutarti a capire l’importanza di collocare la storia che

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stai cercando di progettare, in un momento storico ben preciso per


aumentare, ancora una volta, il livello di immedesimazione e
empatia in chi si troverà a leggere la tua storia. Se vuoi scrivere un
romanzo fantasy o fantascientifico, ricorda di creare degli appigli
fissi da fornire al lettore, di modo che sappia dove si sta muovendo.

Più la descrizione farà riferimento a fatti realmente accaduti o


ritenuti veritieri nell’immaginario collettivo, più il lettore potrà
creare nella sua testa delle ancore mentali, che gli permettano
immediatamente di agganciare la storia che sta leggendo al suo
bagaglio di conoscenze.

Questo accorgimento percettivo vale per ogni elemento della


narrazione, ma l’ambientazione più di ogni altro deve avere degli
appigli facili da comprendere per il lettore.

La mia progettazione:

È necessario che io, prima di iniziare a scrivere il romanzo, faccia


una ricerca sulla memoria storica di una città italiana degli Anni
Ottanta. Come si viveva e ci si vestiva? Quali erano i lavori più in
voga? I passatempi delle coppie giovani e benestanti? Sulla base di
cosa si veniva accolti o rifiutati dalla comunità?

> Memoria storica del personaggio

L’epos è anche la costruzione della storia personale del personaggio,


e l’inserimento di alcuni spezzoni di quella stessa storia all’interno
della narrazione, per farli conoscere al lettore.

Tu sai chi li uccise e poi – e questa è la cosa veramente misteriosa – cercò di


uccidere anche te. Ma non ci riuscì. Ti sei mai chiesto come mai hai quella
cicatrice sulla fronte Harry?

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J.K. Rowling è stata una vera maga della progettazione del mondo
narrativo. La trama del Ciclo di Harry Potter è lunga e complessa,
eppure la scrittrice inizia fin dal primo capitolo, Harry Potter e la
pietra filosofale, da cui è tratto questo trafiletto, a far immedesimare il
lettore nella storia personale del piccolo Harry, descrivendo senza
mai annoiare, le situazioni del passato che hanno portato il
maghetto ad avere la cicatrice, fino alla catarsi finale.

Inserisci nella narrazione spezzoni della storia del personaggio e


mostrali al lettore a piccole dosi.

Il lettore dovrà conoscere il passato di quel personaggio goccia


dopo goccia. Questo creerà attesa e voglia di proseguire per saperne
di più. Ogni ricordo storico dovrà aggiungere qualcosa alla
narrazione. Perciò non è necessario raccontare tutto il passato del
personaggio, ma solo gli eventi fondamentali che arricchiscono la
storia che stai per raccontare.

La mia progettazione:

Nel mio caso devo mostrare degli eventi del passato di Thomas e
Leonardo, eventi che hanno influenzato per sempre le loro vite,
nonostante i ruoli opposti. Devo quindi inserire una scena dove
Thomas scopre il padre mentre fa a pezzi una donna; e la scena
dove Leonardo sceglie di combattere il male, facendola coincidere
con la morte della sua ragazza di allora, a cui lui era tanto legato.
Ancora prima posso mostrare Thomas che fa a pezzi un gatto per il
solo piacere di farlo, da bambino; e Leonardo che ruba i libri di
criminologia dalla libreria del padre.

3. Ethos: I valori condivisi


L’ethos è l’insieme delle norme di convivenza sociale e dei valori
presenti nel mondo narrativo che abbiamo creato, condivise o
meno dai personaggi a cui darai vita.

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Le storie migliori prendono il via dai conflitti sociali e personali che


si sviluppano tra i personaggi. Per far sì che il lettore colga il
conflitto bisogna spiegargli, o fargli intendere, perché quel conflitto
è così tremendamente importante per i personaggi.

L’ethos può essere uno delle colonne portanti del tuo romanzo,
andando a creare il conflitto maggiore. Centinaia di classici sono
stati scritti focalizzandosi sulle differenze di ceto o di convinzioni
dei protagonisti.

Pensa a Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen.


Elizabeth e il signor Darcy appartengono a due ceti diversi della
società. E anche la sorella di Elizabeth, Jane, che si innamora
perdutamente di Charles Bingley, viene scambiata per una
cacciatrice di dote a causa della ricca rendita di quest’ultimo.
Tutto il romanzo si fonda sulla difficoltà di superare le differenze
imposte e riconosciute dalla società. La lotta per il loro
superamento ha dato vita a uno dei classici più letti e apprezzati di
sempre.

Un altro esempio efficace è dato dai supereroi.


Ognuno di loro diventa diverso per colpa di un’azione del passato o
di una loro decisione, che condiziona per sempre il loro futuro.
Però una volta divenuti supereroi, il resto del mondo narrativo in
cui sono collocati è sempre in bilico tra il giudizio positivo e quello
negativo.

Pensa a Batman: è un eroe necessario alla città di Gotham, ma allo


stesso tempo la sua presenza viene aspramente criticata e osteggiata
da chi pensa che si ponga sopra la legge, decidendo in modo
autonomo che cosa sia giusto e cosa sbagliato, andando a
disonorare quelli che sono i valori condivisi della comunità.

Diventa quindi fondamentale mostrare al lettore qual è il sistema di


credenze comune, per dargli la possibilità di capire meglio la

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vicenda che stai narrando e alla fine smuovere la sua coscienza


personale, che tenderà a schierarsi sulla base delle proprie credenze.

Questo meccanismo percettivo permette al lettore di confrontare e


rivedere anche la propria esistenza (e il proprio sistema di credenze)
in relazione a quella dei personaggi della storia che sta leggendo,
sviluppando empatia o smuovendo la propria coscienza.

La mia progettazione:

L’ethos del romanzo che sto progettando è il contrasto tra bene e


male. Thomas uccide le persone e Leonardo dà la caccia gli
assassini. Il lettore sarà propenso a tifare per Leonardo, fino a
quando non scoprirà il suo segreto. Oppure tiferà per Thomas,
mettendosi nei panni di un uomo che ha perso l’unica donna che
abbia mai amato e giustificandolo nel desiderio di vendetta e
giustizia.

4. Telos: le finalità sociali


Nel mondo narrativo il telos si divide in due elementi distinti,
entrambi importanti:

> Il primo è il fine collettivo comune imposto dalla società o dal


gruppo di appartenenza;

> Il secondo è il traguardo individuale che deve raggiungere,


conscio o inconscio, l’Eroe.

Di solito il telos fa parte del Dramma Primo, l’incidente iniziale che


dà il via alla storia.

Uno dei romanzi più letti del mondo, Il signore degli anelli, ha come
telos “possedere l’anello per…”.

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Ogni personaggio che si ritrova a maneggiare l’anello è


perennemente diviso tra la missione da portare a termine, voluta
dalla società, e il desiderio di usare l’anello per scopi personali.

Nella trilogia Uomini che odiano le donne la protagonista, Lisbeth


Salander, desidera più di ogni altra cosa diventare ricca,
indipendente e togliersi di torno l’etichetta di interdetta che le ha
incollato addosso la società.
Società che la considera diversa, incapace di rispettare i valori
condivisi e le norme di comportamento corretto.

Lisbeth persegue il suo obiettivo personale andando completamente


contro quelle che sono le regole di civile convivenza, divenendo
una delle hacker più conosciute e rispettate del web.

Qui il contrasto tra sistema di credenze condivise e sistema di


credenze personali è sottolineato dal fatto che per Lisbeth il mondo
in cui si sente a suo agio è quello digitale.

Le sue finalità personali entrano in contrasto con quelle della


società, dando vita a una trilogia intensa e davvero avvincente.

La mia progettazione:

La società prevede che siano catturati i criminali, e siano sbattuti


dentro celle minuscole, senza possibilità di uscita. Leonardo
rincorre il fine collettivo comune della sicurezza, e lo fa fino allo
stravolgimento più completo, arrivando ad uccidere un innocente
per incastrare il marito colpevole. Thomas invece vuole trovare il
responsabile della morte della moglie e lo vuole incastrare. Per cui
nel mondo narrativo dovrò creare un contrasto tra quello che è
desiderato dal singolo e da quello che desidera la società,
mettendo a confronto quello a volte si arriva a fare di estremo, pur
di accusare o catturare qualcuno.

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5. Logos: il linguaggio
Nel mondo narrativo convivono più linguaggi. È importante
conoscerli tutti e riuscire a progettare il mondo narrativo tenendo
conto delle loro peculiarità.

> Il linguaggio sociale indica ciò che il personaggio dice e come


si comporta agli occhi della società.

Un uso davvero interessante del linguaggio sociale si ha nel


romanzo di J.K. Rowling, Il seggio vacante.

La morte improvvisa del consigliere comunale dà il via a una


spietata corsa alla successione. Una corsa spietata… dietro le
quinte.

L’apparenza per i personaggi che abitano il piccolo borgo di


Pagford è tutto. Nessuno, quando si esprime nel pieno del
linguaggio del mondo, desidera prendere il posto del consigliere. Ma
basta entrare nelle case di questo o quel personaggio e la
prospettiva cambia radicalmente.

Il conflitto che si instaura tra il linguaggio familiare e il linguaggio


sociale rende originale e divertente l’intero romanzo.

> Il linguaggio specialistico dei personaggi che svolgono un


mestiere preciso nei romanzi e devono esprimersi con un lessico
adeguato.

Pensa a Kay Scarpetta, l’anatomopatologa forense creata dalla


penna di Patricia Cornwell. Una protagonista deliziosa, che ha
conquistato milioni di fan in tutto il mondo.

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Kay Scarpetta non potrebbe esistere nell’immaginario collettivo


senza la sua professione, e la maggior parte dei dialoghi dei romanzi
che la vedono come protagonista, sono scritti in gergo specialistico.

La bravura della scrittrice in questo caso sta nel renderli


comprensibili anche a chi non sa molto di medicina legale, biologia
o anatomia.

In Italia uno degli esempi più concreti di linguaggio specialistico si


ha con Alessia Gazzola e la sua protagonista Alice Allevi, una
dottoranda in medicina legale.

Un altro autore particolarmente abile nel comunicare il linguaggio


professionale di uno dei suoi protagonisti è Gianrico Carofiglio, nei
romanzi che hanno per protagonista Guido Guerrieri, un avvocato
di Bari che accetta spesso casi rifiutati dal resto dei suoi colleghi.

> Il linguaggio familiare è il modo in cui il personaggio si


esprime all’interno della sua cerchia più ristretta (marito, moglie,
amici, parenti).

Il contrasto tra il modo in cui un personaggio si esprime in


pubblico e quello in cui si esprime in privato dice tantissimo al
lettore. È fondamentale progettare in anticipo le caratteristiche e i
necessari contrasti tra i due registri.

House of cards – la serie è tutta giocata tra il linguaggio familiare dei


due protagonisti – in quello che dicono e che azioni progettano per
raggiungere uno scopo –, e il linguaggio sociale, dove si mostrano
come i perfetti protagonisti del mondo politico in cui si muovono.

> Il tuo linguaggio. Il più pericoloso, perché non dovrebbe mai


insinuarsi in un progetto narrativo, a meno che tu non stia
pensando di dare vita a un’autobiografia o di essere, in quanto
autore, il narratore della storia che vuoi narrare.

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Inserire delle parti di sé nel romanzo è un errore quando non c’è


modo di accordarle con lo spirito stesso della storia.

Spesso il desiderio di esprimere la propria opinione spezza il ritmo


della lettura, e lascia una scia di giudizi personali non richiesti che
disturbano il processo di immedesimazione del lettore.

La mia progettazione:

Siccome Leonardo è un ispettore, mi dovrò documentare sui metodi


di indagine in voga negli Anni Ottanta nelle forze di polizia, per
capire come far parlare il personaggio nel suo posto di lavoro, come
fargli fare certi ragionamenti deduttivi (c’era già l’analisi delle
prove?).
Thomas invece è un amico modello, un marito fedele e innamorato.
Devo mostrarlo mentre parla rilassato con la moglie prima di aprire
la sua casa ad una cena con gli amici. E poi lo devo mostrare nel
suo ambito lavorativo di copertura, il mondo finanziario. Meglio se
inserisco qualche parte in cui lui si tradisce e dimostra di conoscere
alla perfezione le armi da taglio e il loro utilizzo.

6. Genos: la stirpe
Nel mondo narrativo è necessario progettare e costruire anche una
rete di relazioni: legami di sangue, discendenze, amicizie, parentele.

Il genos è l’insieme dei vari livelli di relazione, una sorta di albero


genealogico, che si creano tra i personaggi, portando coesione in
una comunità.

Le relazioni raccontano molto del mondo dei personaggi. Spesso


sono alla base di contrasti e conflitti che vanno ad arricchire la
storia o arrivano addirittura a rappresentarne l’essenza.

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Le soap opera che tanto piacciono al pubblico sono tutte incentrate


sui continui stravolgimenti dati dalle relazioni interpersonali. Un
esempio su tutti: Beautiful, che alcuni affezionati seguono ormai da
ventinove anni, essendo andata in onda per la prima volta nel 1987.

Anche in Harry Potter la ricerca del genos porta il giovane mago ad


affezionarsi all’unico altro membro della sua famiglia ancora in vita,
Sirius Black, il padrino.

Fondamentale la scena in cui Sirius mostra a Harry l’albero


genealogico dei Black, per sottolineare allo stesso tempo
l’appartenenza ad un ramo familiare e il fatto che lui rappresenti
un’eccezione rispetto a quella famiglia.

La fortunata serie tv Downtown Abbey è anch’essa pensata tutta sulla


contrapposizione continua del genos dei vari personaggi nei secoli
in cui è ambientata la storia.

La mia progettazione:

Nel mio romanzo sarà sufficiente inserire il padre di Thomas come


mentore, mostrare quanto le sue scelte del passato e il suo vizietto
abbiano influito sulle scelte del protagonista, in che modo e
perché. Mettere un paio di flashback e dare continuità alla stirpe di
serial killer.

7. Chronos: il tempo
In un romanzo non vi è un solo tempo da progettare, ma ben tre,
da sviluppare su tre livelli differenti:

> Il tempo del mondo: il periodo storico in cui si svolge la


vicenda. Si inquadra sulla base delle informazioni fornite dal

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narratore, o attraverso i dettagli inseriti nel romanzo – oggetti,


abitudini, stile di vita.

> Il tempo della storia: il tempo che risulta dalla somma di fabula
e intreccio. Dei concetti di fabula e intreccio abbiamo già parlato
nel modulo precedente, ma li riporto qui per chiarezza espositiva.

> Il tempo della fabula: la concatenazione degli eventi della storia


narrati in ordine cronologico (di solito è il lettore a ricostruirla
mentre legge il romanzo).

> Il tempo dell’intreccio: riguarda gli stessi eventi, narrati


dall’autore in un ordine narrativo arbitrario; lo scrittore può
decidere di restringere o dilatare i tempi utilizzando le tecniche di
cui ti ho parlato nel precedente modulo.

> Il tempo del personaggio: la differenza tra l’età reale del


personaggio e quella che viene percepita dal lettore, detto anche
tempo della coscienza.
Per spiegarti cos’è il tempo della coscienza in narrativa devo per
forza parlarti de La coscienza di Zeno di Italo Svevo.
Il romanzo procede infatti su due piani temporali diversi: il primo
piano è quello del presente del personaggio che scrive la sua storia;
l’altro riguarda eventi del suo passato, risalenti a decenni prima.
Il romanzo è tutto scritto rispettando il solo tempo della coscienza
del protagonista, che non rispetta la distinzione tra presente e
passato, e arriva a mescolare eventi appena accaduti a immagini
vecchie, fondendo un prima e un dopo in modo arbitrario, senza
alcuna successione cronologica.
Il romanzo La coscienza di Zeno si basa tutto sul tempo del
protagonista, in un fluire continuo tra i ricordi le memorie e il
presente, senza distinzioni.

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La mia progettazione:

Dovrò inserire gli Anni Ottanta in Italia come tempo della storia. In
alcuni capitoli vorrei prevalesse il tempo del personaggio, o tempo
della coscienza. Per esempio quando Thomas scopre Rebecca morta
vorrei allungare tantissimo la percezione del tempo. E anche
quando Leonardo sceglie di essere il primo a non rispettare la
legge, pur di mettere in cella il serial killer, e si giustifica
affermando che quello che fa, lo fa per il bene comune e secondo
giustizia.

Esercizio:

Inizia a pensare all’ambientazione del tuo romanzo. Fallo tenendo


conto di tutti e sette gli elementi che stanno alla base del mondo
narrativo.

Progettare il mondo narrativo sarà lungo e faticoso ma ti permetterà


di spaziare con la fantasia, di dare sfogo alla creatività, incanalando
tutti quei dettagli davvero utili alla narrazione, scartando quelli
ripetitivi e che non funzionano.

Non dimenticare mai l’Idea Prima.

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Capitolo 7 – La trama

La parte più importante, l’essenza stessa del tuo romanzo, è la


trama. Non a caso la trama si tesse. Nel romanzo, l’arte di tessere gli
eventi per poi presentarli al lettore è fondamentale.

La trama è composta da due elementi distinti: la fabula e l’intreccio.

La fabula
Nella critica letteraria, la fabula è la successione cronologica degli
eventi che vanno a comporre la trama di un romanzo, a prescindere
dall’ordine finale in cui l’autore desidera disporli.

La fabula è lo schema fondamentale della narrazione. Tutto quello


che hai progettato finora deve confluire nel grande contenitore della
fabula: i personaggi, le loro azioni, l’ambiente narrativo, il tempo
narrativo… tutto quello che ha fatto capolino nella tua mente
finora.

Ci sono due modelli di fabula:

La fabula chiusa: è una fabula che unisce, uno dopo l’altro,


seguendo una linea del tempo unidirezionale, tutti gli eventi e le
azioni del romanzo.
Questo è il modello usato nella maggior parte dei romanzi,
soprattutto quelli che si concentrano su un solo protagonista e sulle
sue azioni, fino allo scioglimento finale.

Per esempio, La custode del miele e delle api narra della vita di Angelica,
delle sue difficoltà, della sua chiamata all’avventura, delle varie
prove, fino allo scioglimento finale.

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La fabula aperta: è una fabula che va nella medesima direzione


fino ad un punto cruciale, per poi biforcarsi in altre fabule. Questo
modello di fabula prevede narrazioni più complesse, che seguono
diverse vicende separate tra loro nello stesso romanzo, e che
possono o meno ricongiungersi o concludersi in un unico finale.

Le mille e una notte sono l’esempio più calzante di questo tipo di


fabula. Da ogni novella nasce un’altra fabula con personaggi, eventi
e mondi narrativi diversi dalla precedente. Un altro esempio famoso
è il Decamerone di Boccaccio.

Un altro aspetto fondamentale della fabula è che ha due livelli


distinti di interpretazione:

> La fabula oggettiva riguarda l’oggettività e la verosimiglianza


dei fatti che hai deciso di narrare;

> La fabula interpretata il messaggio che vuoi davvero far


emergere attraverso i fatti che hai scelto di narrare.

Ti faccio un esempio per chiarire meglio questo concetto.

Nell’episodio della Cronache di Narnia di C.S. Lewis Il leone, la strega e


l’armadio, c’è un chiaro esempio dei due livelli di fabula, abilmente
intrecciati tra di loro.

Nella prima parte del romanzo scopriamo che quattro fratelli


vengono mandati in campagna, ospiti di un professore, durante la
Seconda Guerra Mondiale, per scampare ai bombardamenti su
Londra.

Questa premessa riguarda la fabula oggettiva del romanzo.

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Poi un giorno, mentre i bambini giocano a nascondino, la sorella


più piccola, Lucy, scopre che attraverso un armadio si arriva in un
luogo incantato, dove è sempre inverno: Narnia.

Questo cambio di prospettiva sposta la fabula da oggettiva a


interpretata. Lucy, assieme ai fratelli farà esperienza di un mondo
dove regna la tirannia, cercando di combatterla per riportare la
primavera, là dove regna la Strega Bianca.

Il mondo di Narnia diventa un luogo dove anche i bambini


possono combattere quello che sta capitando nel mondo reale,
tangibile, dando il loro contributo alla fine della guerra.

In questa cronaca, Lewis agisce con maestria fornendo entrambi i


livelli di interpretazione della fabula.

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L’intreccio
L’intreccio è il modo in cui i fatti definiti in ordine cronologico
della fabula, vengono disposti e intrecciati nella trama. La storia
come viene raccontata al lettore, nella sua sequenza di capitoli, con
salti in avanti e all’indietro, flashback, digressioni etc…

L’intreccio è il vero responsabile del ritmo della storia, dei colpi di


scena e della suspense.

Quali sono le tecniche che possono aiutarti a rendere dinamico e


originale un intreccio?

> L’ellissi temporale: è una tecnica narrativa che ti permette di


fare un salto temporale durante la stesura di un romanzo. Il salto
temporale può essere all’indietro, dando vita al flashback; o in
avanti, dando vita al flash forward.

> Il flashback o analessi: è una delle tecniche più utilizzate nel


mondo narrativo. Avviene quando l’autore sceglie di interrompere
la storia raccontata fino a quel momento dal narratore, e di passare
ad un evento collocato nel passato.

L’analessi può essere utilizzata per colmare alcune lacune che


riguardano gli eventi principali di cui si parla nel romanzo, oppure
approfondire la vita di un personaggio (come ad esempio il capitolo
della Monaca di Monza ne I Promessi Sposi).
Il flashback è una tecnica da utilizzare con grande intelligenza. A
mio avviso l’analessi deve essere usata per confondere il lettore e
preparare un colpo di scena.

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Donato Carrisi, ne Il suggeritore, intervalla al presente narrativo alcuni


capitoli in flashback che confondono moltissimo le ipotesi del
lettore su chi sia il colpevole di una serie di omicidi, fino ad arrivare
ad un finale per nulla scontato.

> Il flash forward o prolessi: è una tecnica perfettamente


contraria all’analessi.

Serve a sovvertire completamente l’ordine logico e cronologico del


romanzo. Un esempio di flash forward impeccabile lo puoi trovare
nel racconto di Lev Tolstoj La morte di Ivan Il'ič.

La storia inizia proprio con la lettura del necrologio del


protagonista da parte di alcuni colleghi. Il lettore rimane spiazzato:
se sa già che Ivan è morto, che senso ha proseguire con la lettura?

La genialità della soluzione di Tolstoj sta nel raccontare,


enfatizzando, come e in quale stato d’animo Ivan Il'ič arriva al
momento fatidico.

> La digressione: è una pausa che lo scrittore impone al lettore


nel momento dell’azione principale. Serve a creare attesa per quello
che succederà dopo.

Spesso la digressione approfondisce il quadro storico di quel


particolare momento narrativo, lascia lo spazio ad una riflessione, o
serve a introdurre un nuovo personaggio. L’importante è inserirla
proprio sul più bello, quando chi legge non vede l’ora di sapere
come prosegue la narrazione.

> Il riassunto: anche in narrativa è consentito l’uso del riassunto.


Di solito il riassunto viene inserito per non ammorbare il lettore
con troppi dettagli su degli eventi minori, che non occorre
descrivere con precisione, ma che possono essergli utili per fare
ipotesi costruttive mentre legge il tuo romanzo.

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Consiglio:

Una volta progettati i singoli eventi della fabula puoi decidere di


mescolarli e intrecciarli utilizzando salti temporali, digressioni o
brevi riassunti, per incuriosire il lettore, dare ritmo alla storia, creare
suspense e colpi di scena.

Metodi per sviluppare la fabula


La fabula è l’elemento più importante della progettazione narrativa.
Esistono quattro metodi per svilupparla, quattro tecniche, che
danno vita a veri e propri schemi narrativi.

L’aspetto più interessante di uno schema narrativo è che ti insegna


moltissimo sulla struttura che può racchiudere una trama e, una
volta esplorato in ogni suo più piccolo anfratto, ti permette di
stravolgere la struttura a tuo piacimento.

La riscrittura
Uno dei metodi più semplici per sviluppare la trama è partire
dall’Idea Prima e dal Dramma Primo, che hai definito fin dal primo
capitolo di questo manuale.

Prendi un foglio e ricopia le righe che racchiudono l’essenza del tuo


romanzo. Otterrai una frase composta da non più di 7-10 righe.

A questo punto lavora sulla frase e inizia ad aggiungere un dettaglio


dopo l’altro, con ordine.

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La mia progettazione:

Idea Prima: narrare la vita di un serial killer che vive in una grande
città italiana.
Dramma Primo: al serial killer uccidono la moglie.

Narrare la vita di un serial killer a cui uccidono la moglie, nel 1980,


in una grande città italiana. La moglie si chiama Rebecca e viene
ritrovata in camera da letto.

Narrare la vita di un serial killer a cui uccidono la moglie, nel 1980,


in una grande città italiana. La moglie si chiama Rebecca, viene
ritrovata in camera da letto e ha uno strano tatuaggio sul corpo.

Narrare la vita di un serial killer a cui uccidono la moglie, nel 1980,


in una grande città italiana. La moglie si chiama Rebecca, viene
ritrovata in camera da letto e ha uno strano tatuaggio sul corpo. Il
tatuaggio è in realtà la firma segreta che il serial killer disegna
sulle sue vittime.

E via di seguito, aggiungendo un dettaglio dopo l’altro, fino ad


avere le idee più chiare possibili sulla trama.

Il Paradigma di Syd Field


Sydney Field è stato uno sceneggiatore statunitense, che deve la sua
fama alla sua teoria strutturalista della sceneggiatura.

Field pensava che ogni buona storia dovesse seguire un paradigma


fisso, in tre atti. In realtà non ha inventato nulla di nuovo, solo dato
una spolverata a dei concetti millenari, risalenti all’Antica Grecia e al
nostro caro (e ben più famoso) Aristotele.
Il dramma (o tragedia greca), la prima tipologia di spettacolo
recitata davanti ad un pubblico, prevedeva già una struttura rigida
entro cui doveva essere incasellata, e delle maschere precise di

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personaggi tipizzati, che si (ri)proponevano ad ogni nuova messa in


scena.

Il grande merito di Field è stato quello di riprendere le basi della


tragedia greca e calibrarle sulle esigenze delle sceneggiature
contemporanee, idealizzando uno schema ripetibile anche in
narrativa.

Ecco lo schema:

Come puoi vedere la narrazione è suddivisa in tre atti.

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Il primo atto serve alla presentazione della situazione al lettore. È


una vera e propria impostazione, dove presentare il personaggio
principale e la realtà in cui si sta muovendo in quel preciso
momento.

Verso la fine della prima parte succede un qualcosa che turba il


mondo conosciuto dal tuo protagonista fino a quel momento.
Arriva il Dramma Primo, che stravolge la realtà e la ribalta,
obbligando il tuo personaggio principale a mettersi in gioco,
modificando per sempre la sua vita.

Torniamo per un momento alla mia progettazione.

Narrare la vita di un serial killer a cui uccidono la moglie, nel 1980,


a Milano. La moglie si chiama Rebecca, viene ritrovata in camera
da letto e ha uno strano tatuaggio sul corpo. Il tatuaggio è in realtà
la firma segreta che il serial killer disegna sulle sue vittime.

Nel primo atto di questo ipotetico romanzo, secondo il paradigma


di Syd Field, devo presentare il personaggio principale, nel mio caso
il serial killer di nome Thomas, mostrare la sua realtà quotidiana –
alla mattina esce per andare al lavoro, sulla soglia di casa bacia
amorevolmente la moglie sulle labbra, dentro la ventiquattrore ha
il suo arsenale di coltelli, passeggia per la città senza fretta, vede
una vittima X che lo eccita, la segue, la squarta, le incide la sua
firma, ripulisce tutto e torna a casa. Poco prima di aprire la porta si
stampa un bel sorriso rilassato sul volto e infila la chiave nella
toppa, ma… – e sconvolgere, dopo un tot di pagine, la sua realtà
quotidiana.
Thomas trova il corpo della moglie in camera da letto, fatto a pezzi
e inciso con la sua stessa firma. Ovviamente l’uomo non può usare
come alibi un omicidio compiuto poche ore prima e la faccenda si
complica.

Passiamo ora al secondo atto, quello detto del confronto.

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Il protagonista si trova ad affrontare tutta una serie di prove ed


ostacoli, che rendono il suo scopo finale sempre più complicato da
raggiungere.

A metà circa del secondo atto arriva il conflitto supremo, quello che
determina il punto di non ritorno. Di solito il punto di non ritorno
è un evento che cambia in profondità il protagonista, determinando
un mutamento radicale e visibile della sua persona.

Andiamo avanti con la mia progettazione.

Thomas inizia ad indagare sulla morte della moglie e allo stesso


tempo deve fuggire dalle indagini della polizia e dell'astuto
ispettore Leonardo, che lo bracca da vicino.

Mentre continuo a scrivere del modo in cui Thomas sfugge alla


giustizia e delle sue abilità come cacciatore del vero colpevole,
arriva l’evento che cambia per sempre la sua vita.

Una notte riesce ad anticipare l’omicidio successivo del suo


emulatore, e lo coglie in flagrante. L’uomo si gira e… ha lo stesso
volto di Thomas. Il nostro protagonista non riesce a reagire e
rimane fermo come uno stoccafisso a osservare una versione
identica di se stesso, che uccide con una violenza inaudita una
povera adolescente.

Sempre nel secondo atto è possibile inserire, verso la fine e dopo il


punto di non ritorno, un eventuale evento che ritardi ulteriormente
la risoluzione della storia.

Nel mio caso potrei far arrestare Thomas dal saggio ispettore
Leonardo proprio nel momento in cui Thomas è vicinissimo a capire
chi sia il vero colpevole.

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Questo impedisce di finire la storia con troppo anticipo, di tenere


alto il livello di suspense e di impedire al lettore di capire come va a
finire il romanzo con largo anticipo.

Il terzo e ultimo atto è quello della risoluzione.

Il nostro protagonista arriva all’incontro definitivo con il nemico


che con le sue azioni gli ha cambiato per sempre la vita. Questo
incontro diventa il punto più alto del paradigma e della struttura in
tre atti. Un vero e proprio climax.

Thomas evade, e insegue il colpevole per tutta la città fino ad


anticiparlo di nuovo. Questa volta però è pronto all’idea di trovarsi
di fronte all’uomo con il suo stesso volto. Lo scova in un vicolo buio
e lo affronta. Si scopre che la copia di Thomas ha una maschera
applicata con estrema cura al volto, e in realtà è lo stesso ispettore
Leonardo, di cui nessuno aveva sospettato per tutto il romanzo.

Questo è il punto in cui stupire il lettore, rovesciando la prospettiva


bene/male, di giusto e ingiusto, invertendo per sempre l’ovvio
cliché. Il terzo atto si conclude quando il protagonista si ricrea un
equilibrio personale diverso da quello iniziale, e supera per sempre i
sentimenti che lo avevano spinto all’azione.

Consiglio:

Il Paradigma di Syd Field è una buona base da cui partire se sei alle
prime armi con la scrittura narrativa.

Il Viaggio dell’Eroe

Un altro schema narrativo molto interessante è quello desunto da


Christopher Vogler, famoso sceneggiatore della Disney, partendo
dai modelli del mito individuati da Joseph Campbell.

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Joseph Campbell è un antropologo e uno storico delle religioni.


Nella sua vita ha esaminato una moltitudine di miti provenienti da
tutto il mondo, attraverso i secoli. Ha raccolto i risultati di questa
ricerca nella monografia L’eroe dai mille volti, dove lo studioso
sostiene che tutte le costruzioni mitologiche partano da una stessa
struttura narrativa di base.

Un eroe si avventura dal mondo di tutti i giorni in una regione di meraviglia


sovrannaturale: lì incontra forze favolose e ottiene una vittoria decisiva. L’eroe
ritorna da questa misteriosa avventura con il potere di conferire doni favolosi
agli altri uomini.

Vogler è partito dagli studi di Campbell creando una struttura


narrativa unica, basata su uno studio scientifico di come funziona il
cervello umano. Perché i miti sono il substrato da cui partire per
imparare a conoscere una data civiltà, anche del passato?

I miti aiutano l’uomo, da millenni, a rispondere alla grandi domande


sul senso della vita. Trovare una spiegazione logica ad alcuni
cambiamenti della Terra o dell’uomo stesso, aiuta l’essere umano a
comprendere le ragioni profonde che stanno alla base del
cambiamento, imparando a non temerlo e ad accettarlo.

I buoni racconti ci fanno sentire di aver avuto un’esperienza soddisfacente e


completa e alla fine della storia si ha la sensazione di aver imparato qualcosa
sulla vita o su noi stessi.[...] Il viaggio dell’eroe è qualcosa di più di una
semplice descrizione di modelli celati nella mitologia, è una guida idonea per la
vita e soprattutto per lo scrittore.

Abbiamo già analizzato gli archetipi con cui Vogler suggerisce di


modellare i personaggi. Ora passiamo alle tappe che l’eroe deve
affrontare nel suo percorso verso il cambiamento.

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Analizziamo le dodici tappe una ad una, per comprendere la validità


dello schema narrativo. Anche questa struttura è suddivisa in tre
atti, solo che, a differenza del Paradigma di Syd Field, raggiunge un
elevato livello di complessità, permettendo di sviluppare una trama
più articolata.

Atto Primo

> Il mondo ordinario

La narrazione si apre con la descrizione della situazione di partenza


in cui si trova il protagonista. Di solito si narrano le sue abitudini, la

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sua routine, il suo stile di vita… è necessario dare un’immagine di


vita piatta. Così quando il cambiamento arriverà, il contrasto sarà
ancora più in risalto. Ricorda che con normalità non intendo per
forza un romanzo con una situazione iniziale banale, solo normale
sulla base dei personaggi su cui hai lavorato.

Torniamo alla mia progettazione.

Per Thomas è normale uscire di casa alla mattina, dal suo


appartamento in pieno centro, salutare la moglie con un tenero
bacio e vagare per la città alla ricerca della sua nuova vittima, da
cacciare e uccidere.

> La chiamata all’avventura

In questa seconda fase l’Eroe si trova di fronte a un problema, a


una sfida o a un’avventura da intraprendere. La sua zona di
comfort, quella in cui viveva nel Mondo Ordinario, è stata violata
per sempre.

Nel nostro caso a Thomas viene assassinata l’adorata moglie, un


oltraggio che un serial killer spietato come lui non può accettare.
Da quel momento in poi la sua vita cambierà per forza.

Ricordati che la chiamata all’avventura stabilisce la posta in gioco e


chiarisce l’obiettivo dell’Eroe.

Thomas vuole vendicare la morte della moglie ma allo stesso tempo


deve riuscire a proteggere se stesso. Deve impedire che la polizia
scopra la sua reale occupazione, privandolo della libertà di
uccidere per sempre mentre indaga.

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> Il rifiuto della chiamata

Il terzo punto del Viaggio dell’Eroe tira in ballo la paura: paura di


non farcela, l’estremo tentativo di ristabilire l’ordine delle cose e di
non lanciarsi in un’avventura pericolosa.

Thomas è addolorato per la morte della moglie, ma allo stesso


tempo è un egoista, preoccupato solo del suo benessere. Uccidere è
la sua ragione di vita. Per cui potrebbe tentennare, decidere di
raccogliere in fretta il suo borsone pieno di soldi e documenti falsi,
e di darsela a gambe. Ma proprio quando sta per estrarlo dal suo
nascondiglio segreto vede il tatuaggio: la sua firma sul cadavere
della moglie. Questo gli fa comprendere di non poter fuggire dalla
situazione: qualcuno sta cercando di incastrarlo.

> Incontro col Mentore

Del Mentore ormai sai tutto. Questo è il momento in cui l’Eroe


incappa nel suo Mentore privato, una figura importante, che lo
sprona a proseguire nel viaggio, preparandolo ad affrontare l’ignoto.
Il Mentore può aiutare l’Eroe, ma non si deve mai sostituire a lui
nella missione che il destino gli ha presentato.

Nel nostro esempio, questo è il punto in cui Thomas chiama l’uomo


che gli ha insegnato tutto, regalandogli il primo coltello: suo padre.
Sarà lui a convincerlo della necessità di indagare sul colpevole se
non vuole essere sbattuto in prigione e non uscirne mai più.

> Il superamento della prima soglia

Con il superamento della soglia e la decisione di accettare la sfida


che la vita gli ha lanciato, l’Eroe entra fisicamente nel Mondo
Straordinario, e da quel momento nulla sarà come prima.

Nel nostro caso Thomas decide di non scappare. Afferra il borsone e


corre al suo rifugio segreto. La sua copertura è spacciata. Da lì

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organizzerà la sua prossima mossa per scovare l’omicida della


moglie.

Con il superamento della prima soglia il primo atto del Viaggio


dell’Eroe termina.

Atto secondo

> Le prove, gli alleati, i nemici

Varcata la prima soglia, l’Eroe inizia a incontrare altri personaggi, a


farsi alleati e nemici. Deve anche imparare le regole da rispettare nel
Mondo Straordinario dove è stato catapultato.

L’ambientazione deve cambiare, oppure devono cambiare gli occhi


con cui l’ambientazione viene presentata al lettore.

Thomas esce dal suo rifugio segreto, un quartiere malfamato alla


periferia della città. Inizia ad andare a caccia di prove, bazzicando
i ritrovi per gente come lui, gente a cui piace affondare le mani nel
sangue. Incontra Antonio e Lorenzo, due del giro, decide di fidarsi e
di raccontare loro quello che è successo. Sa di avere bisogno di una
mano nella ricerca del responsabile.
Antonio e Lorenzo promettono di tenere le orecchie aperte e di
fare qualche domanda discreta in giro.
Qualche giorno dopo i tre si incontrano di nuovo. Thomas viene così
a sapere che un uomo, che chiamano lo strangolatore, mesi prima
si era informato su di lui e sul suo modus operandi. Pare che sia
stato pagato non si sa da chi per farlo fuori, eliminandolo dal giro.
Thomas decide di iniziare a indagare a sua volta su questo
strangolatore, mentre il detective Leonardo continua a cercare
l’assassino di sua moglie. Intanto le morti continuano e il famoso
tatuaggio compare sempre sul corpo delle vittime. Il nostro Eroe
decide di precedere la polizia sulle scene del delitto: deve trovare
una direzione e degli indizi che lo aiutino a uscire da quella
situazione spiacevole. Non uccide da giorni e sta per scoppiare dal
desiderio.

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> L’avvicinamento alla caverna più profonda

In questa parte l’Eroe si ritrova ai confini di un luogo estremamente


pericoloso, dove si nasconde l’oggetto della sua ricerca. Di solito si
tratta del quartier generale del Nemico in persona, il suo sancta
sanctorum, dove l’Eroe può causare danni alle sue attrezzature e
trovare informazioni sui suoi piani futuri.
In questa parte puoi descrivere la scena dell’avvicinamento
dell’Eroe al luogo misterioso, e tutti i preparativi che fa per
penetrare al suo interno.

Thomas continua ad indagare e ad incrociare i risultati delle prove


raccolte nelle precedenti scene del delitto, finché arriva a una
pista promettente. Trova un elemento del terreno che si trova solo
alla periferia sud della città, e grazie ad un altro elemento isola il
quartiere in cui si nasconde, come un topo di fogna, il suo nemico.
Thomas si prepara ad ogni evenienza, ma spera di non trovarlo nel
suo rifugio, di modo da poter dare un’occhiata indisturbata in giro.
Trova l’appartamento ed entra cercando di non lasciare tracce
evidenti del suo passaggio. A quel punto trova un indizio su dove
potrebbe trovarsi il suo emulatore. Esce dall’appartamento a rotta
di collo e si precipita in via Puccini, l’indirizzo di un noto manager.
Entra in silenzio nella casa dove sospetta che il suo emulatore stia
uccidendo una nuova vittima e lo trova lì, inginocchiato mentre
inveisce con cattiveria sulla ragazza. Lo chiama, l’uomo si volta e
Thomas si rende conto di trovarsi di fronte a se stesso. Non sapendo
come reagire si limita a voltarsi e a scappare.

>La prova centrale

In questa parte l’Eroe si trova a fronteggiare la prova più


importante, quella che lo renderà diverso per sempre. Di solito
l’Eroe rischia di morire, combattendo una battaglia fino allo stremo
di una delle due forze in opposizione. Questo serve a fare in modo

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che i lettori si schierino, immersi nella suspense, desiderosi di


proseguire la lettura per sapere come va a finire.

La scena del rischio della morte non deve esserci per forza: in un
romanzo d’amore non sempre sarebbe pertinente. Quello che deve
trasparire in questa parte del romanzo, è che per l’Eroe quel
particolare momento rappresenta la scelta tra la Vita e la Morte in
senso metaforico.

Il personaggio che ama alla follia una ragazza, in questo momento


dello schema ha fatto qualcosa che gliel’ha fatta perdere per sempre,
cancellando con un colpo di spugna tutto l’amore che c’era stato
fino a quel momento.

Questa è la parte più decisiva del romanzo, quella in cui il tuo


protagonista capisce fino in fondo che deve scegliere, e che nulla
sarà più come prima.

Nel nostro esempio Thomas scappa con la coda in mezzo alle


gambe. Impaurito e frastornato per aver visto una versione di se
stesso uccidere una ragazzina dai capelli rossi, la sua passione, vaga
per la città a volto scoperto, dimentico di essere ricercato dalla
omicidi. Un passante lo segnala e viene arrestato dal valoroso
ispettore Leonardo.
Mentre l’ispettore lo interroga, in una cella buia, portandolo allo
sfinimento, Thomas si accorge di una goccia di sangue secco sul
collo del poliziotto, a cui è rimasto appiccicato un lungo capello
rosso. Fissa la goccia e annusa l’aria come un segugio: non si
sbaglia, quello è sangue di giovane donna. In questa scena Thomas
scopre il volto del suo nemico e cerca di strangolarlo con le
manette. Non ce la fa, perché l’ispettore si rivela un uomo forte e
determinato sotto quel completo stazzonato. Thomas riesce a
liberarsi e stordendo una serie di poliziotti, evade.
Fuori dalla prigione corre fino allo sfinimento, raggiungendo il suo
rifugio, non ancora localizzato. Lì pianificherà la sua vendetta,
cercando di capire perché un ispettore di polizia arrivi ad uccidere
per catturare un serial killer.

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Thomas si riposa e il giorno dopo esce a caccia di Leonardo. Deve


essere astuto se vuole incriminarlo.
Dopo una serie di ricerche, Thomas sceglie la sua strategia e
prepara un piano per incastrare il poliziotto. Questo è il momento
in cui inserire lo scontro decisivo tra i due, dal quale Thomas esce
vincitore.

> La ricompensa/La rivelazione

Il nostro Eroe è sopravvissuto allo scontro con il suo acerrimo


Nemico, comprendendo le sue motivazioni. Questo è il punto in
cui il tuo protagonista si rallegra delle sue intuizioni, comprende una
parte di sé che non aveva preso in considerazione fino a quel
momento, e ottiene un oggetto, una vera ricompensa per la sua
dedizione alla missione.

Nel nostro esempio Thomas è pieno di sangue e con un braccio


slogato dopo lo scontro fisico con l’ispettore Leonardo. Lo ha
raggiunto nel suo rifugio segreto, piombando all’improvviso.
L’ispettore non se l’aspettava ma è stato pronto a reagire e i due
hanno dato il via ad uno scontro fisico. Thomas, tra un colpo e una
parata, interroga il suo Nemico e cerca di comprenderne le
motivazioni profonde. Dopo un colpo particolarmente violento alla
testa, l’ispettore si accascia e Thomas riesce a rubare i souvenir
delle vittime di Leonardo. Le prove gli serviranno per incastrarlo e
liberarsi finalmente della polizia che lo rincorre per tutta la città.

Atto terzo

> La via del ritorno

In questo punto, il primo dell’atto conclusivo del romanzo, l’Eroe


non ha ancora terminato il suo viaggio ma imbocca la strada del
ritorno.

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Non è detto che la via sia semplice da percorrere. L’Eroe è stanco e


spossato; desidera solo tornare al Mondo Ordinario, ma sa che per
farlo dovrà superare le ultime prove, gli ultimi intoppi e qualche
altra tentazione.

Thomas scappa con le prove. L’ispettore si sveglia tramortito e


chiama la sua squadra, fingendo di essere stato aggredito dal
sospettato e recitando la parte della vittima. A questo punto la
omicidi dà il via a un vero e proprio rastrellamento: ogni uomo e
donna della città vengono allertati. Thomas diventa il ricercato
numero uno.

Il nostro protagonista, dal canto suo, deve trovare il modo di far


trovare le prove che incriminino l’ispettore assassino al posto suo.
Vuole tornare alla sua vita di prima, ma sa che ogni cosa è cambiata.
Thomas si prepara ad escogitare un piano per la sua salvezza finale.

> La resurrezione

È il culmine, una sorta di esame per testare se il tuo protagonista ha


imparato la lezione. Questa è la parte delle sfide finali, in cui gli
alleati incontrati dopo la prima soglia possono intervenire per
salvare l’eroe dal pericolo.

La resurrezione è il momento della catarsi. L’Eroe deve esprimere le


nuove consapevolezze, dimostrare che la sua vecchia personalità è
morta e che la nuova identità è immune dalle tentazioni di cui prima
era prigioniero.

È diventato più forte e maturo, ed ha acquisito nuove facoltà.

Torniamo a Thomas. Ha capito che uccidere creature innocenti per


il suo solo piacere è sbagliato. Ma per cambiare vita deve incastrare
definitivamente Leonardo. Chiede aiuto ai suoi amici criminali,
Antonio e Lorenzo. Insieme i tre faranno avere le prove che
incriminano l’ispettore a un membro onesto della squadra omicidi.

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> Il ritorno con l’elisir

L’eroe ha raggiunto il suo scopo: l’amore, la libertà, la saggezza e ha


acquisito nuove conoscenze. Ritorna nel mondo ordinario
definitivamente cambiato, portandosi dietro qualche dono da usare,
l’esperienza raggiunta o una lezione morale ottenuta nel Mondo
Straordinario.

Il vecchio Io è morto, e il nuovo Io è immune da tentazioni. La


conclusione bilancia equamente la storia. È il momento in cui
l’eroe, vinta l’ultima battaglia e conclusa la guerra, può ritornare al
mondo ordinario.

L’ispettore viene arrestato e Thomas può tornare a mostrarsi in


pubblico. La farà franca per i suoi precedenti crimini, che verranno
tutti attribuiti a Leonardo, avendo lui un lavoro rispettabile di
copertura. Specifica di essere scappato solo per timore di venire
incastrato, essendo lui una vittima.
Thomas decide che non ucciderà più persone innocenti: promette a
se stessi di andare a caccia di serial killer, trucidandoli per il suo
piacere, liberando il mondo da una piaga e aiutando le forze di
polizia.

Il viaggio dell’Eroe è una struttura molto articolata, che ti permette


di dare vita a una trama dettagliata. La struttura, una volta terminata
la stesura dei punti fermi della tua fabula, non deve essere
riconoscibile.

Ricorda che il bello di possedere una traccia fissa da cui partire è


avere la possibilità di spostare delle fasi, ometterne delle altre,
aggiungere, spostare e non perdere mai l’efficacia della narrazione.

Per cui sperimenta, cambia, rovescia le prospettive, ma ricordati di


dare vita a una fabula completa e compiuta.

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I sette modelli di Booker

Se pensi di non avere nulla di originale da aggiungere al panorama


della letteratura e della narrativa italiana, sappi che probabilmente
hai ragione.

Secondo gli studi di Christopher Booker, giornalista e scrittore


inglese, esistono solo sette tipologie di trame e a questi modelli si
rifanno tutte le storie che ci raccontano e che decidiamo di
raccontare.

Ho deciso di parlarti dell’immane lavoro di questo autore (ben 734


pagine di analisi di storie) per farti capire che, anche se nel tempo
sono state scritte milioni di storie riconducibili a modelli precisi, i
fruitori non si stuferanno mai di ascoltarle, vederle o leggerle,
perché le storie appagano la nostra esigenza di compiutezza:
forniscono risposte diverse a domande che ci poniamo da sempre e
che continueremo a porci.

Consiglio:

Questi sette modelli possono esserti utili se non sai bene che forma
dare alla tua trama.

1. Superare il mostro

In questo primo modello c’è un protagonista che si propone di


sconfiggere una forza antagonista (a volte identificata con l’essenza
stessa del male) che minaccia il protagonista, i suoi familiari, o la sua
terra d’origine.

Di esempi ce ne sono a decine: dal mito di Perseo a It di Stephen


King, da Harry Potter alla trilogia di Hunger Games…

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2. Dalle stalle alle stelle

Il protagonista è povero e indifeso. Durante lo svolgersi della storia


acquisisce forza ricchezza e un compagno o una compagna che gli
cambiano per sempre la vita.

Al massimo della felicità perde tutto, tornando alla situazione


iniziale. Dovrà combattere per tornare indietro, e ottenere di nuovo
ciò che ha perso, guadagnando consapevolezza e comprendendo
chi è davvero.

Anche qui gli esempi sono infiniti: Cenerentola, Aladdin, David


Copperfield, Il principe e il povero, Grandi speranze, After…

3. La ricerca

Il protagonista, di solito assieme ad alcuni fedeli compagni ed


alleati, si ritrova a vagare per un percorso irto di pericoli e sfide, alla
ricerca di un oggetto o nel tentativo di portare a termine una
missione che gli è stata affidata.

Esempi: Il Signore degli Anelli, le avventure di Indiana Jones,


L’ombra dello scorpione…

4. Andata e Ritorno

Il protagonista si reca in un paese straniero, e dopo aver superato le


minacce che trova ad aspettarlo, ritorna a casa, pieno di saggezza
per l’esperienza appena vissuta.

Esempi: Odissea, Alice nel paese delle Meraviglie, Le Cronache di


Narnia, I viaggi di Gulliver…

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5. Commedia

Dal tono leggero e divertente, la commedia è un’opera dal lieto fine,


allegra da leggere o da vedere. La commedia non è solo un’opera
piena di ironia e umorismo, ma è una storia drammatica il cui
momento centrale è il trionfo sulla circostanza più avversa,
arrivando alla conclusione positiva o felice.

La commedia per eccellenza risponde ad un modello in cui il


conflitto diventa sempre più confuso man mano che si procede con
la lettura, e il tutto viene chiarito in un singolo evento, che mette a
posto tutte le cose. La maggior parte dei romanzi rientra in questa
categoria.

Esempi: Il Diario di Bridget Jones, Sogno di una notte di mezza


estate, Come inciampare nel principe azzurro, I love shopping…

6. Tragedia

Il protagonista è un eroe con un enorme conflitto minore, o compie


un errore gigantesco, che lo porta alla rovina.

Nella tragedia manca il lieto fine, anzi, spesso l’eroe finisce nella
miseria più totale, in modo pietoso e in preda alla follia,
abbandonato da tutti, fino ad arrivare alla morte.

Esempi: Macbeth, Anna Karenina, Madame Bovary, Romeo e


Giulietta, Amleto…

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7. Rinascita

Durante il corso della storia un evento importante cambia per


sempre il protagonista della vicenda, trasformandolo in una persona
migliore fino alla fine dei suoi giorni.

Esempi: Canto di Natale, La Bella e la Bestia, Il Grinch.

Consiglio:

Ti ho parlato delle sette trame individuate da Chris Booker per farti


capire che quello che davvero differenzia una storia è il mondo
narrativo che costruisci attorno al modello di riferimento, la cura
con cui progetti i personaggi, e il modo in cui scegli di narrare la
storia.

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Esercizio:

Scegli uno degli schemi narrativi di cui ti ho parlato, e inizia a


sviluppare la fabula del tuo romanzo.
Presta attenzione alla mia progettazione sparsa per il capitolo per
capire come fare.

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Capitolo 8 – Il narratore e il punto di


vista
Un altro elemento fondamentale da progettare, prima di passare alla
fase della scrittura, è decidere il narratore e il punto di vista
attraverso cui il lettore farà esperienza della tua storia.

Il narratore è la voce che narra la storia e fa parte della finzione


narrativa. Il punto di vista è la posizione o inquadratura da cui
deciderai di far raccontare la storia dalla voce narrante.

Il Narratore
La voce narrante nel testo è tutto ciò che non è pensiero del
personaggio o dialogo. È uno strumento indispensabile, che occorre
progettare e gestire con cura, perché attraverso di esso deciderai
quale punto di vista offrire al lettore durante la narrazione.

Il Narratore può essere celato o palese.

> Celato: la voce narrante scompare nel flusso della storia,


limitandosi a raccontare in modo oggettivo i fatti;
> Palese: nel secondo caso invece il narratore è onnisciente: tutto
sa, tutto giudica ed esprime il suo punto di vista durante la
narrazione.

Ho deciso di fare degli esempi con la mia progettazione, per farti


comprendere che tipologia di narratore scegliere per la tua storia.

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Consiglio:

Puoi scegliere di raccontare la tua storia al presente o al passato. Ti


consiglio di fare delle simulazioni per verificare quale tempo verbale
sia il più adeguato al tipo di storia che stai progettando.

Il Narratore Interno
Di solito il narratore interno è il protagonista della storia, o un
qualsiasi altro personaggio del romanzo che partecipa alla storia o
ne è stato testimone.

Questo narratore si esprime attraverso la prima persona


singolare, raccontando la vicenda secondo il suo personalissimo
punto di vista. Ricorda che se scegli questa inquadratura per il tuo
romanzo, imposterai una distanza minima tra la storia e il lettore,
aumentando il livello di coinvolgimento.

Il grande limite di far coincidere il narratore al protagonista della tua


storia (o a un altro personaggio) è che non puoi fornire una visuale
ampia sull’intera vicenda al lettore.

Devi raccontare il tutto mettendoti nei panni del personaggio, con i


suoi limiti, le sue fissazioni, i suoi giudizi e il suo sguardo sul
mondo, che è unico.

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La mia progettazione:

Scelgo di narrare il romanzo utilizzando lo stesso protagonista,


Thomas il serial killer. Narratore e protagonista coincidono, perciò
scrivo in prima persona e mi concentro per mettermi nei panni di
un pazzo sadico. Io come scrittrice non devo mai fare capolino
nella narrazione. Mai. È Thomas l’unico con il diritto di raccontare
la sua storia. Magari mentirà o ne darà una versione parziale, ma se
scelgo questa tipologia di narratore va messo in conto anche questo.

Ho sempre saputo di essere diverso. Fin da piccolo mi fermavo a


osservare Micio, il gatto dei vicini, mentre giocava in maniera
crudele con un tenero topolino di campagna. Micio lo teneva ben
fermo per la coda, leccandosi i baffi mentre lo osservava dibattersi
per trovare una via d’uscita. Spesso il felino lo sezionava in due con
un’unghia affilata. Io ero ipnotizzato dalle movenze eleganti di
quell’animale. Apriva in due un essere minuscolo con precisione
chirurgica, esponendo tutte le sue viscere all’aria e leccando le
gocce di sangue vermiglio che rischiavano di andare perse, in mezzo
all’erba.

Il narratore interno può essere anche un altro personaggio, uno che


è diventato testimone dei fatti che racconta, anche se in modo
inconsapevole. Nel mio esempio ho scelto Luca, un ipotetico vicino
di casa di Thomas che racconta come sono andate le cose secondo
il suo particolare punto di vista.

Thomas era un tipo strano. Forse l’avrei dovuto capire da allora,


che era destinato a fare una brutta fine. Non è che era proprio mio
amico amico. Era per cortesia che ci frequentavamo. Dovevo
capirlo… Una volta l’ho beccato mentre sezionava un topolino di
campagna dentro il capanno degli attrezzi di suo padre – un posto
magnifico, pieno zeppo di oggetti dall’uso misterioso e da coltelli
affilatissimi –, e non ci sarebbe nulla di male in questo – stavamo
studiando l’autopsia come strumento di conoscenza in biologia –,
ma Thomas prendeva appunti in un quadernetto mentre tagliava

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zampe e rimuoveva intestini, e non mi volle far leggere nulla. Forse


stava sperimentando le tecniche di taglio e incisione. Sai, all’epoca
mi diceva di voler fare il macellaio. Ma io mica l’avevo capito che
intendeva di persone. Beh, ad ogni modo, questa è la sua storia.

È importante, quando scegli di progettare un romanzo, decidere


subito il tipo di narratore adatto alla tua storia.

Devi prendere in considerazione il livello di consapevolezza che il


narratore deve avere e quale conoscenza può offrire al lettore: deve
tenerlo sulle spine fino alla fine? Svelare qualcosa qua e là? Offrire
al lettore spunti di riflessione senza spiegare nulla?

Il Narratore esterno

Il Narratore Esterno è pura voce narrante, e come tale non deve


avere una fisicità. Si limita a raccontare i fatti, le parole e i pensieri
dei personaggi, rimanendo al di fuori della storia.

Il Narratore Esterno si esprime alla terza persona singolare.


Anche qui devi fare attenzione a due grandi distinzioni: il narratore
esterno oggettivo o soggettivo.

> Il Narratore Esterno Oggettivo è quello che non interviene


mai con un suo pensiero o giudizio per tutto il romanzo,
limitandosi a raccontare i fatti. Verga, ne I Malavoglia, usa un
narratore di questo tipo.

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Torniamo per un attimo alla mia progettazione:

Era una giornata di nebbia fitta. Le minuscole particelle d’acqua si


libravano nell’aria e si tenevano strette strette, impedendo persino
agli uccelli di vedere alcunché, mentre si libravano in cielo. Il sole
stava cercando di penetrare attraverso la bruma, quando Thomas
uscì di casa, con un cappotto dalla stoffa pesante, camminando
strascicando i piedi. Si arrestò bruscamente davanti alla fermata
dell’autobus, e rimase lì, in attesa.

Questo è un pezzo scritto da una voce narrante che non ha, e non
deve avere, una sua identità, ma si limita a presentare i fatti così
come accadono. Non svela nulla in anticipo e accompagna il lettore
alla scoperta di un tassello alla volta, poiché vede il tutto dal di
fuori.

> Il Narratore Esterno Soggettivo è invece quello che conosce


tutto, ogni più piccolo evento della storia che sta narrando. E oltre
a sapere tutto si rende palese nella narrazione. Insomma, dice la sua
e lo fa spesso.

Era una giornata di nebbia fitta. Le minuscole particelle d’acqua si


libravano nell’aria e si tenevano strette strette, impedendo persino
agli uccelli di vedere alcunché, mentre si libravano in cielo. Il sole
stava cercando di penetrare attraverso la bruma, quando Thomas
uscì di casa, con un cappotto dalla stoffa pesante, camminando
strascicando i piedi. Nessuno avrebbe mai dubitato della sua
goffaggine: amici, parenti, vicini, colleghi… Se solo avessero saputo
che Thomas era stato programmato fin dall’infanzia per uccidere,
immergere le mani nel sangue caldo, e goderne. L’uomo si arrestò
bruscamente davanti alla fermata dell’autobus, e rimase lì, in
attesa.

In questo caso un narratore esterno e soggettivo, che conosce ogni


più piccola parte della storia, può fornire anticipazioni e giudicare

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ogni azione della storia perché la conosce, e la ricostruisce dopo


averla già digerita e interpretata.

Il lettore verrà quindi a conoscenza di tutto quello che sa la voce


narrante.

Il narratore alla seconda persona singolare

Questa tipologia di voce narrata si è persa nel tempo, perché non è


altro che la voce dell’autore mascherata da narratore, e ottiene
sempre l’effetto di imporre la storia a chi legge.

Non è semplice trovare romanzi recenti scritti con questa tecnica,


per cui ti riporto un pezzo di un libro bellissimo che adotta questa
soluzione per il narratore, e lo fa con estrema competenza.

Attento. Tieni la testa a posto: ti servirà. La città in cui ti conduco è vasta e


intricata, e tu non ci sei mai stato prima. Puoi immaginare, da altre storie che
hai letto, di conoscerla bene, ma quelle storie ti hanno illuso, ccogliendoti come
un amico, trattandoti come se fossi uno del posto. La verità è che tu sei un
alieno, in tutto e per tutto, arrivato da un altro tempo e da un altro luogo…
[incipit de Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber]

Chi parla è l’autore stesso, che decide di iniziare il romanzo


apostrofando il lettore, mettendo subito le cose in chiaro sul come e
perché la sua storia sia diversa; e che livello di cautela debba
mostrare prima di proseguire.

Questa è la tecnica più complicata di tutte, perché bisogna essere


abili a miscelare i personaggi, la trama e i giudizi in un equilibrio
perfetto. Sconsiglio di usare questa tipologia di narratore agli
scrittori poco esperti.

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Narratori multipli

Nella tua storia puoi inserire più di un narratore, ma devi essere


abile a passare dall’uno all’altro senza rovinare la suspense e la storia
che vuoi raccontare.

Quando in una narrazione sono presenti più narratori, ad ognuno di


loro viene assegnato un grado: narratore di primo grado, di
secondo, etc…

Ti faccio un esempio citando Il Barone Rampante di Italo Calvino.


Per quasi tutto il romanzo il narratore è Biagio, il fratello del
protagonista Cosimo di Rondò. La storia ha quindi un narratore
interno che racconta la storia in terza persona. Ad un certo punto
però, Biagio lascia la parola direttamente a Cosimo, che scrive un
pezzo in prima persona.

Sulle imprese da lui compiute nei boschi durante la guerra, Cosimo ne raccontò
tante, e talmente incredibili, che d’avallare una versione o un’altra io non me la
sento. Lascio la parola a lui, riportando fedelmente qualcuno dei suoi racconti.

Nel bosco s’avventuravano pattuglie d’esploratori degli opposti eserciti. Dall’alto


dei rami, a ogni passo che sentivo tonfare tra i cespugli, io tendevo l’orecchio per
capire se era di Austrosardi o di Francesi…

Il capitolo si chiude con un paio di racconti in prima persona di


Cosimo, e poi il romanzo ritorna al narratore di primo grado.

Fai attenzione!

Cambiare punto di vista durante una narrazione è possibile solo se


alla base c’è una precisa e complessa struttura narrativa!

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Il punto di vista
Il punto di vista è la posizione o inquadratura da cui il narratore
racconta la storia. Indirettamente ne abbiamo già parlato facendo gli
esempi di voce narrante, ma ora approfondiremo alcuni aspetti, per
arrivare a comprendere come unire i due elementi.

Per spiegarti al meglio questi concetti, devo parlarti della


focalizzazione. La focalizzazione non è altro che un termine tecnico
per definire la prospettiva del punto di vista.

> Focalizzazione zero: si ha quando il lettore è accanto al


narratore onnisciente, e conosce tutto della storia, perché anche il
narratore ne conosce ogni più piccolo particolare.

> Focalizzazione interna: è il punto di vista di un narratore


interno all’ambiente narrativo, – un personaggio o lo stesso
protagonista –, che presenta la vicenda in base alla sua particolare
ottica, secondo una prospettiva parziale e soggettiva. Per cui il
lettore conosce ciò che il personaggio sa della storia.

La focalizzazione interna si divide in altre tre possibilità:

● La focalizzazione fissa: quando il narratore racconta la


storia di un solo personaggio per tutto il romanzo;
● La focalizzazione variabile: quando il lettore segue i punti
di vista di diversi personaggi, senza un ordine fisso;
● La focalizzazione multipla: quando il lettore conosce la
storia attraverso il punto di vista di diversi personaggi, ma
tutti aggiungono un tassello allo stesso evento della storia,
facendo progredire la fabula in modo ordinato e alternandosi
in una struttura fissa.

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> Focalizzazione esterna: è il punto di vista di un narratore


esterno che non si lascia coinvolgere nella narrazione, ma si limita a
registrare solo ciò che vede in un determinato luogo o momento. Il
narratore lascia spazio ai fatti, nudi e crudi.

Consiglio:

Il punto di vista serve a far immedesimare il lettore nel racconto.


Più distante sarà l’inquadratura, meno il lettore si sentirà attratto dal
partecipare attivamente alla storia. Non esiste un punto di vista
giusto o sbagliato: esiste il punto di vista più o meno adatto alla tua
storia e al tuo stile.
Di seguito ho preparato uno schema che ti aiuterà a comprendere le
implicazioni di una scelta piuttosto che di un’altra.

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La mia progettazione:

Decido di scrivere la storia di Thomas alternando due narratori in


prima persona: il protagonista e l’Ispettore della polizia, Leonardo.

Esercizio:

Scegli il narratore e il punto di vista più adatto alla tua storia. Se non
sei convinto della scelta fai delle prove di incipit.

Vedrai che le parole scritte ti daranno il giusto suggerimento e ti


permetteranno di raggiungere l’effetto sperato.

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Capitolo 9 – Come schematizzare e


preparare la tua storia

Sei arrivato al capitolo 9, quello decisivo, che ti permetterà di fissare


su carta la struttura del tuo romanzo.

Fino ad ora hai pensato, deciso, valutato, progettato.

Ma arrivato a questo punto dovrai mettere per iscritto il canovaccio


della tua storia e farlo fruttare nella tua testa.

In questo capitolo ti consiglio tre metodi per creare la struttura della


tua storia.

Ricorda:

È importante mettere tutte le componenti per iscritto (su carta o in


digitale) e valutarle nell’insieme, perché solo allora capirai cosa c’è
che non funziona, che non ti convince.

Dalla A alla Z

Se sei uno scrittore metodico ti consiglio di scegliere questa


strategia.

Suddividi gli eventi della fabula in capitoli, numerandoli; lo schema


verrà articolato e complesso.
Per ogni capitolo dovrai progettare:

➔ Il numero minimo di battute;

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➔ L’evento o gli eventi principali;


➔ I personaggi presenti e le loro azioni fondamentali;
➔ Il titolo e numero del capitolo.

Questo è il metodo migliore per trame complesse, come quelle dei


thriller, di storie con molti personaggi, fantasy, sci-fi e gialli.

Parti dal/dalla protagonista

Se il tuo romanzo è stato pensato e progettato partendo da un


personaggio principale a cui accade qualcosa, o che svolge
un’azione precisa, ti consiglio di impostare la struttura del romanzo
partendo dalle azioni presenti passate e future fondamentali per la
narrazione.

● Inizia con l’organizzare tutto ciò che sai sul tuo protagonista:
vita, conflitti, ostacoli, desideri;

● Aggancia a queste caratteristiche gli eventi della fabula, ciò


che accade mentre il protagonista desidera, trova un ostacolo
o non sa che cosa scegliere.

Ti faccio un esempio.
Charles Dickens in Canto di Natale ha dato vita a un personaggio
estremamente originale e tutto il romanzo breve è imperniato su di
lui e sulla sua vita.

Ebenezer Scrooge è un avaro: questa è solo una delle caratteristiche


fondamentali che conosciamo del protagonista.

Come fa Dickens a mostrare l’avarizia? Descrive una scena della


fabula in cui Scrooge si rifiuta di fare l’elemosina ai poveri il giorno
della Vigilia di Natale.

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Andando a collezionare tutta una serie di azioni legate alle


caratteristiche del protagonista darai vita allo schema della storia.

Dopo aver strutturato tutto in ordine cronologico, procedi con


l’intreccio e confondi le acque.

Questo è un metodo che consiglio a chi desidera scrivere un


romanzo pieno di contrasti dal punto di vista temporale, tra un
prima e un dopo.

Avere le idee chiare su tutta la struttura cronologica e poi mescolare


gli eventi inserendo flashback e flash forward aiuterà a
movimentare il ritmo della lettura.
Molti romanzi intimistici, d’amore o storici giocano sul contrasto
temporale.

Scrivi partendo dalla fabula

Se hai intenzione di scrivere un romanzo dalla trama davvero molto


complessa, che punta tutto sui colpi di scena, l’intreccio degli eventi
e sulle vicende di numerosi personaggi, questo è lo schema che fa
per te.

Se l’effetto che vuoi ottenere è dato dall’intreccio delle vite di vari


personaggi e delle loro azioni devi progettare il tutto con cura e
minuzia.

● Per ogni personaggio crea un elenco degli eventi e delle sue


azioni, il più accurato possibile, in ordine cronologico;
● Procedi in questo modo per ogni singolo personaggio,
protagonista della singola fabula;
● Quando avrai tre, quattro, venti elenchi dettagliati dei singoli
eventi che vuoi narrare per ogni personaggio potrai iniziare a
pensare all’intreccio;

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● L’intreccio è fondamentale per dare vita ai colpi di scena e


non svelare al lettore in anticipo alcun dettaglio succulento;
● Trova il dettaglio che unirà tutte le singole fabule,
permettendo ai vari personaggi di entrare in contatto e
dirigersi verso uno scopo comune e lo scioglimento finale.

Ti faccio un esempio di uno scrittore che stimo molto, Marco


Buticchi.

Nei suoi romanzi storici l’autore porta avanti la narrazione


intrecciando tre o quattro fabule distinte: una del presente e tre di
varie epoche del passato, fino ad arrivare allo scioglimento finale.

Ha una narrazione veloce e passa da una fabula all’altra in maniera


repentina. Leggere i suoi romanzi all’inizio crea un senso di
stordimento perché ti porta a pensare: “Che diavolo c’entrano il
patrizio romano, il cavaliere medievale, un pirata dei Caraibi e un
agente segreto israeliano?”.

La bravura sta nel far convergere le singole fabule in un desiderio


comune, per esempio un oggetto, andando a legittimare le varie
storie.

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La mia progettazione:

Scelgo di partire dal metodo del personaggio, perché la mia storia è


stata progettata partendo dal protagonista e dall’antagonista.
Decido di progettare due fabule distinte per i personaggi, che poi
intreccerò.

Fabula 1 – Thomas

Thomas nasce in una famiglia di contadini di un piccolo paese di


sterminata campagna;
All’età di sei anni la madre lo trova intento a sezionare un gatto
con il vecchio coltello a serramanico del padre;
A otto anni, dopo aver capito che può uccidere quello che vuole
purché non si faccia beccare, Thomas entra nel capanno del padre
alla ricerca di un piccolo seghetto e scopre il padre mentre fa a
pezzi una donna dai capelli rossi come il sole al tramonto;
Thomas etc etc…

Fabula 2 – Leonardo

Leonardo nasce in una famiglia benestante, in una piccola cittadina


di mare;
Leonardo odia il sole e la gente perennemente in costume. La sua
unica consolazione è leggere i manuali di criminologia del nonno,
figura maschile che adora e venera, generale dell’esercito;
A diciotto anni parte per il servizio militare e inizia a formarsi come
un buon soldato;
Si innamora di Annalisa, una ragazza bellissima dai capelli rossi.
Insieme progettano il futuro, fino a quando una pallottola vagante
non la uccide durante un tentativo di rapina nella grande città dove
la ragazza sta completando l’università;
Leonardo non si dà pace e si trasferisce nella stessa città, con un
unico obiettivo: combattere il crimine, etc etc…

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Esercizio:

Crea il canovaccio della tua storia seguendo uno dei metodi che ti
ho suggerito.

Puoi anche mescolarli e creare un metodo originale, che ti distingua


da tutti gli altri scrittori in circolazione. L’importante è che sia un
metodo infallibile per la tua scrittura.

Fai dei controlli incrociati tra fabule, personaggi, contrasti etc. per
testare il tuo metodo e capire se davvero funziona.

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Capitolo 10 – Il titolo

Ci hanno sempre insegnato che non si giudica un libro dalla


copertina. Beh, non per tutti è così.

Gli scrittori sono prima di tutto lettori. E come lettori anche noi
acquistiamo romanzi di autori sconosciuti basandoci anche sulla
copertina.

Perché?
Perché i titoli in qualsiasi prodotto editoriale hanno lo scopo di
catturare l’attenzione del potenziale lettore. Niente di nuovo.

Tuttavia creare un buon titolo non è facile. Bisogna far leva su


alcuni elementi percettivi, che vadano a stimolare la curiosità del
lettore e a spingerlo a volerne sapere di più sulla storia. In poche
parole a voler leggere il tuo romanzo.

Il titolo stuzzica la nostra fantasia e deve essere coerente con la


storia narrata nel romanzo.

Naturalmente se il tuo intento è quello di pubblicare con un editore


tradizionale è probabile che il titolo originario venga modificato
dalla casa editrice.

Se aspiri a pubblicare come self-publisher la musica cambia. Il titolo


deve assolutamente essere coerente con la narrazione e stimolare
l’immaginazione del lettore a colpo d’occhio.

Di seguito ho segnato un elenco di spunti di riflessione sui quali


dovrai ragionare per attirare l’attenzione del lettore.

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La sua percezione non dipende dal caso o dalla fortuna, ma da


precisi accorgimenti percettivi ed emozionali.

Il titolo può essere strutturato per:

✓ Creare un contrasto nella testa del lettore:


Storia di una ladra di libri. E subito noi pensiamo: Chi è la
ladra? Che le succederà? Ma rubare i libri non è un crimine
proprio come ammazzare qualcuno…;
✓ Incuriosire il lettore:
Credimi, sto mentendo. Un titolo originale e efficace per far
comprendere subito che si parla di una truffatrice seriale;
✓ Creare una domanda nella testa del lettore:
Che fine ha fatto Ellen? A volte nel titolo c’è proprio la
domanda. Oppure Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte che
genera subito una serie di quesiti “Povero cane, che gli sarà
successo? Perché? Chi l’ha ucciso?”;
✓ Trasportare in un’altra dimensione:
Esotica o storica rispetto alla normale quotidianità del tuo
pubblico di lettori: “Il mercante di libri maledetti”, “Memorie di
una geisha”;
✓ Giocare su un luogo comune: Uomini che odiano le donne.
✓ Spiazzare: Io uccido.

Ovviamente un titolo non può avere tutte queste caratteristiche


insieme.

Consiglio:

Ti consiglio di sceglierne almeno una, adattandola anche al genere


di riferimento del tuo romanzo, di modo che tu possa attrarre
l’attenzione di chi ti leggerà, anche solo per una valutazione.

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Ecco serie di consigli su come trovare il titolo perfetto per il tuo


romanzo:

> Lascia decantare la tua storia

Scrivi tutto il romanzo e lascialo sepolto nella memoria del pc per


almeno due settimane. Poi apri il file e rileggilo. Di solito l’anima di
un romanzo è condensata in un paio di parole, alla fine di una frase
che non avevi proprio preso in considerazione. Cerca all’interno del
tuo romanzo la sua identità più nascosta.

> Punta al genere

Dopo aver terminato la stesura rifletti sul tuo romanzo. Quali sono
i suoi punti di forza? A quale genere appartiene? Che tipo di storia
hai scritto? Qual è il modo più immediato veloce e sintetico per
comunicarla? Qual è l’Idea Prima? E il Dramma Primo? Ricorda
che puoi contare solo su una e una sola occhiata distratta di un
lettore a caccia di un nuovo libro.

Titoli come Io uccido o La ferocia suggeriscono il genere, promettendo


suspense. Al contrario titoli come I love shopping o Mi piaci da morire,
promettono divertimento e leggerezza.

Tu che emozione vuoi far provare a un lettore che sta per scegliere
la tua storia?

Cercando di rispondere a queste domande compila una lista, o


libera le idee attraverso un brainstorming. Focalizzando le risposte
riuscirai a scovare il titolo giusto, ne sono certa.

> Punta sul protagonista

Chi è il tuo protagonista? Che fa? Quali sono le avventure in cui il


lettore verrà trasportato?

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Tantissimi titoli spiegano da subito di chi si sta parlando. Pensa ad


esempio a Le avventure di Sherlock Holmes, oppure al primo romanzo
che ha portato al successo Alessia Gazzola L’allieva, o al romanzo
d’esordio di Alice Basso L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome.

Anche in questo caso raccogli le idee, concentrati sul tuo


protagonista e su quello che fa, crea una lista e scegli il titolo
migliore.

> Usa le parole chiave

Fin da sempre siamo attratti da determinate tematiche. Gioca


d’astuzia e usa le parole che attirano di più i lettori: amore, delitto,
avventura, guerra, memorie… abbinando una parola più abusata a
una originale, riconducibile solo al tuo romanzo, otterrai l’effetto-
magnete attira sguardo.

Pensa a quanti romanzi hanno nel titolo la parola Amore.

Io che ne leggo 150 all’anno a volte faccio delle percentuali. Eppure


questo non mi impedisce di acquistarne degli altri che hanno la
parola amore all’interno del titolo.

Amore al profumo di lavanda.


Amore alla cannella.
Amore e altri rimedi.
L’amore ai tempi del colera.

Insomma… potrei andare avanti all’infinito.

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> Pensa all’ambientazione

Poi ci sono quei romanzi che parlano di un preciso evento storico o


di una data importante. Spesso il titolo rispecchia la tematica
dominante.

Per esempio l’ultimo romanzo di Valerio Massimo Manfredi si


intitola Teutoburgo e solo nominare questo luogo ci fa ricordare della
famosa battaglia del 9 d.C.;

oppure 22/11/’63 il fortunato romanzo di Stephen King da cui è


stata tratta da poco una serie tv. Quella data evoca l’assassinio del
presidente Kennedy.

Se anche tu hai scritto un romanzo la cui vicenda si identifica con


un evento preciso o una data, punta sull’ambientazione.

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La mia progettazione:

Io potrei giocare sia sull’ambientazione che sul protagonista.


Non scriverò questo romanzo, quindi non posso fare delle ipotesi
credibili, avendo a portata di mano l’intera storia.

Magari dovrei giocare sul contrasto e intitolarlo “Storia di un uomo


perbene”; oppure “L’emulatore”; o ancora “Chi ha ucciso
Rebecca?”

Esercizio:

Trova il tuo metodo ideale e inizia a pensare al titolo del tuo


romanzo. Ricordati di dare vita a un titolo attira sguardo!

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Capitolo 11 - Prologo e Incipit

In questi anni da editor di romanzi freelance, mi sono accorta che


molti scrittori tendono a confondere l’incipit e il prologo.

In un romanzo prologo e incipit possono coesistere?


Certo. Però hanno funzioni diverse.

Prologo

La parola risente dell’influenza della tragedia greca, per cui si


definisce prologo una scena che precede l’inizio del dramma vero e
proprio.

Il prologo serve a fornire un appiglio storico e/o temporale che


precede la vicenda principale, un antefatto.

Il prologo non è obbligatorio, anzi, se non è ben gestito rischia di


appesantire la narrazione prima ancora che abbia avuto davvero
inizio.

Se la storia che hai deciso di progettare non è molto complessa e


non tratta tematiche impossibili da comprendere per un pubblico
medio, ti consiglio di evitare di inserire un prologo.

Alcuni generi di romanzi, tuttavia, spesso necessitano del prologo.


Se vuoi scrivere un fantasy, uno sci-fi o un romanzo storico,
potresti aver bisogno di un piccolo antefatto che introduca il lettore
nel mondo straordinario che hai creato. Un pezzo sulla magia di
hobbit e folletti; una particolare spiegazione sulle nuove scoperte

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gravitazionali fatte nel 2226, che permettono a tutti gli uomini di


volare grazie a una tuta spaziale.

Un altro caso in cui il prologo può essere importante è quando


accade qualcosa nel passato del protagonista, per esempio nella sua
infanzia, che lo turba e lo segna per sempre, modificando la sua vita
e provocando, anni dopo, il motivo per cui la narrazione inizia. Ma
questo stesso evento può essere narrato anche con un flashback a
metà romanzo, per esempio.

Consiglio:

Il mio consiglio è di inserire un prologo solo se strettamente


necessario. Se decidi di farlo ripensa all’ambientazione e al Dramma
Primo.

Incipit

In un romanzo, l’incipit è l’inizio della storia, la parte in cui


introduciamo davvero il lettore e lo trasportiamo all’interno del
mondo narrativo che abbiamo creato per lui, facendogli assaggiare il
protagonista, gli ostacoli che deve superare e i suoi desideri.

Sulla base dei tantissimi romanzi che ho letto nella mia vita, ho
isolato cinque tipologie di incipit. Farò degli esempi di ogni tipo di
incipit prendendo spunto sempre dalla mia progettazione.

> Incipit introduttivo

Il romanzo inizia introducendo in maniera piatta la storia. Non vi è


azione ma solo descrizioni.

La giacca che indosso oggi è di lana morbida, di un bel rosso rubino.


Posso affermare che è decisamente la mia giacca preferita.

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Questo incipit non dice nulla della storia, e si focalizza sulla


descrizione di un dettaglio piatto della storia.

> Incipit ambientale

Il romanzo inizia puntando alla descrizione dell’ambiente fisico in


cui si svolgerà la vicenda.

La città è avvolta dalla nebbia: ogni singola casa, ogni singolo


portone, le punte dei grattacieli persino, tutto, tutto è inghiottito
dalla bruma di novembre.

> Incipit d’azione

Il romanzo inizia nel vivo della storia. Qualcosa di straordinario è


già accaduto, o sta per accadere.

Mia moglie è morta e io la sto fissando. Mia moglie è morta e non


posso più aiutarla. La nostra camera da letto è imbrattata dal suo
sangue, un vermiglio scuro che assomiglia dolorosamente al rosso
dei suoi lunghi capelli.

> Incipit emozionale

Il romanzo inizia con i pensieri e le emozioni del personaggio


principale, che si introduce e si descrive.

Ho sempre saputo di essere destinato a grandi cose. Mio padre me


lo diceva sempre: Thomas, farai strada! Hai la mano ferma e una
freddezza invidiabile. È sempre bello essere apprezzati dal proprio
padre, soprattutto se entrambi svolgiamo la stessa professione:
uccidere.

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> Incipit riflessivo

Il romanzo inizia dalla fine della vicenda e il narratore riflette, prima


di raccontare la storia, sulle varie opzioni che avrebbe dovuto
prendere in considerazione.

Guardo la ragazza dai capelli rossi che corre verso di me. Non posso
più fami tentare, sono un uomo nuovo ora. Anche se l’ho capito
tardi. Se fossi stato meno ingordo forse ora la mia Rebecca sarebbe
ancora qui, con me, a godere del tramonto in questa spiaggia
isolata.

Le componenti di un buon incipit sono:

✓ L’azione;
✓ Il luogo dell’azione;
✓ Il personaggio che sta svolgendo l’azione;
✓ Il conflitto maggiore o, se non vuoi svelare subito troppo
della tua storia, il conflitto minore del personaggio.

Attenzione!

Ricordati che è uno dei pochi modi che hai per tenere il lettore
incollato alla poltrona, intento a divorare una pagina dopo l’altra.

Fai in modo che sia pieno d’azione e introduca subito il lettore in


un mondo narrativo verosimile e credibile.

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Esercizio:

Inizia a progettare il tuo incipit e, se necessario, il prologo. Che tipo


di incipit serve alla tua storia?

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Capitolo 12 – Il finale

Molti scrittori e guru della scrittura creativa sostengono che il finale


non vada progettato. Che si può iniziare a scrivere senza sapere
dove e quale sia l’arrivo.

Beh, io non la penso così.

Negli anni mi sono capitati molti romanzi editi e inediti incompleti.


Sapere come va a finire la tua storia è, a mio parere, fondamentale
per evitare inutili blocchi di scrittura.

Il rischio di dare vita a un romanzo incompleto è sempre dietro


l’angolo. In questi casi sappi che il lettore, che ti ha dedicato
attenzione e ore per assaporare il tuo romanzo, rimane
insoddisfatto.

Esistono tre tipi di finale:

> Il finale chiuso o circolare

Di solito questo è il tipo di finale che si applica alle storie a struttura


circolare, quelle che iniziano e finiscono, riannodano tutti i fili e
danno completezza alla storia.

Questo è il finale preferito dei romanzi a lieto fine (ma non solo) e
delle storie che raccontiamo ai bambini.

Come puoi rendere un finale chiuso il più efficace possibile?

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Devi chiudere tutti i drammi che hai scatenato durante la narrazione


per dare vita a un vero finale chiuso.

Puoi riportare il tuo protagonista alla stessa ambientazione


dell’incipit. Naturalmente il tuo personaggio nel frattempo è
cambiato, ha superato molte prove, si è evoluto e non avrà mai più
lo sguardo che aveva quando l’avventura è iniziata.

Riconduci il protagonista alla situazione iniziale mostrando il


cambiamento che ha avuto. Lo puoi mostrare facendolo agire in
modo diverso o facendolo parlare in modo diverso.

Ti faccio un esempio:

Thomas amava le donne dai capelli rossi. Ne incontrava sempre una


sulla riva del mare, vicino alla sua nuova casa, e non poteva fare a
meno di seguirla con lo sguardo. Se si sentiva molto solo iniziava a
pedinarla, cercando di imprimere nella sua memoria la setosità dei
capelli e lo scintillio che facevano, alla luce del tramonto. Era una
ragazza snella, dalle gambe agili e scattanti. Tutti i mercoledì sera
andava a correre in riva al mare, con i meravigliosi capelli legati in
una crocchia stretta sopra la nuca. Correndo, la severa
acconciatura si sfaldava, permettendo a Thomas di fantasticare
sulla sensazione di quei capelli al tatto. La rossa lo ossessionava:
desiderava ucciderla. Voleva possedere quei capelli.

Ecco, questo è l’incipit del mio ipotetico romanzo.

Capiamo che Thomas, il protagonista, ha una personalità


particolare, forse è solo uno stalker, forse è un omicida, forse un
feticista. Quello che sappiamo per certo è che perde la ragione di
fronte ad una donna dai capelli rossi, che ha una casa nuova e che
vive vicino al mare.

Durante il romanzo devi fare in modo che succeda qualcosa di


straordinario. L’incipit della mia progettazione serve a far capire che

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tutto è cambiato. Thomas vive da solo in una casa in riva al mare.


Ha una passione per le ragazze dai capelli rossi e desidera ucciderle.
In realtà noi sappiamo che non lo farà mai più, perché ha avuto
tutta la sua avventura nella grande città, correndo di qua e di là per
non farsi arrestare, e che ha deciso di uccidere, da quel momento in
poi, solo serial killer. Ma questo un lettore non lo sa.
Per cui con un incipit del genere incuriosisco il lettore, che non sa
che tipo è Thomas.

La scena finale potrebbe essere questa:

Thomas passeggiava in riva al mare. Mentre era assorto nei suoi


pensieri, un puntolino lontano, là in fondo alla battigia, attirava il
suo sguardo. Aveva un non so che, una luminosità che gli era
famigliare. Man mano che il puntolino diveniva più grande, Thomas
comprese: era di nuovo donna dai rossi capelli. La chioma aveva
una sfumatura cangiante, che feriva la vista. Thomas rimane
immobile mentre la donna lo supera di corsa. La segue con lo
sguardo, brama la luce che si sprigiona dai capelli. Scuote il capo,
dà un’ultima occhiata alle onde venate di arancio, e con lo sguardo
fisso alla sabbia torna a casa: ha una missione da organizzare.

Ho riportato Thomas alla situazione ambientale iniziale, qualche


giorno dopo l’incipit, e ho cercato di mostrare al lettore che, anche
se cade spesso in tentazione, il personaggio rispetta la decisione
presa, segno del fatto che ha imparato la lezione grazie all’avventura
che ha vissuto in città.

Questo è un esempio un po’ limite per farti comprendere come,


sfruttando le azioni derivate da un cambiamento profondo, si possa
modificare il ritmo e la percezione di un finale.

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Un altro modo per chiudere in bellezza una storia, soprattutto in


quelle a lieto fine, è far nascere la coppia da due single incalliti, con
tanto di matrimonio romantico e pargoli.
In questo caso non riporti il lettore alla situazione iniziale ma vai a
mostrare il cambiamento radicale di opinioni con il raggiungimento
della meta più ambita, in conflitto totale con la situazione di
partenza.

> Finale aperto

Personalmente amo il finale aperto. Trovo che sia difficilissimo da


scrivere, ma che sia la soluzione più stimolante per il lettore, che
trae da solo alcune conclusioni.

A livello tecnico, il finale aperto è quello che conclude alcuni dei


drammi che si creano all’interno della storia e sceglie di non
chiuderne altri.

Il finale aperto permette di cogliere in maniera profonda un


messaggio, di instaurare una discussione su quella storia con gli
amici al bar: ogni opinione può essere giusta e sbagliata al tempo
stesso.

Spero di non svelarti un finale famoso, ma il romanzo L’isola della


paura, di Dennis Lehane, da cui è stato tratto il famoso film Shutter
Island, ha uno dei finali aperti più interessanti della narrativa
contemporanea: il protagonista del romanzo vive delle situazioni
reali o sono solo nella sua testa? Quanto percepisce del mondo che
lo circonda? E l’ambientazione in cui è collocato è reale o è una
fantasia?

Uno schema davvero molto simile è stato ripreso da Christopher


Nolan nella sceneggiatura di Inception.

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Ne potremmo parlare ore, giorni, settimane, mesi, anni. Ma un


finale chiuso avrebbe lasciato l’amaro in bocca e un senso di ovvietà
ad una storia fino a quel momento perfetta.

Un altro finale aperto straordinario è quello de Il suggeritore, di


Donato Carrisi. Non voglio rovinare un finale fantastico, per cui
sappi che devi assolutamente leggerlo per scoprire come finisce.

Qualche giorno fa ho letto un’intervista dello sceneggiatore e regista


de I Sopranos, David Chase.

Nell’ultimo episodio della serie tv ha deciso di adottare la tecnica


cinematografica del nero per tagliare l’ultima scena e lasciare aperto il
finale. Alle insistenti domande dei fan e dei giornalisti, Chase ha
risposto così: La bellezza sta proprio nell’ambiguità e nella mancanza netta
di chiusura.

Questo credo sia un grande insegnamento per chi si accinge a


scrivere la scena finale del proprio romanzo.

> Intreccio della schidionata

Il terzo finale è quello che Victor Slovskji, nella sua Teoria della prosa
definisce intreccio della schidionata.

Più che un intreccio, per me è una scelta importante che riguarda


l’essenza stessa del romanzo che si vuole progettare e scrivere,
quindi anche il finale.

La schidionata non è altro che una tecnica di finale da utilizzare se


hai scelto di scrivere un romanzo con un protagonista seriale: un
commissario che risolve molti delitti, un’anatomopatologa famosa,
una dottoranda di medicina legale, una hacker, una negromante, un

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serial killer... insomma, qualsiasi storia che non termina in se stessa,


ma anzi, getta le basi per un romanzo successivo.

Un finale di questo tipo deve arrivare alla conclusione del dramma


primo che si è consumato in quel romanzo, e allo stesso tempo far
capire che la protagonista o il protagonista presto riceverà un’altra
chiamata all’azione, un altro enigma da risolvere e via dicendo.

Imparare l’arte della serialità e costruire un personaggio talmente


originale da non poter essere abbandonato dopo un solo romanzo è
l’obiettivo che ogni scrittore a mio avviso dovrebbe prefiggersi.

Uno scrittore famoso che utilizza questa tecnica di finale è


Camilleri; ma anche Patricia Cornwell, Kathy Reichs, Alice Basso,
Alessia Gazzola, Marco Buticchi, Laurell K. Hamilton…

> Finale con epilogo

Qualche capitolo fa ti ho parlato del prologo. Ora ti spiego cos’è un


epilogo e quando la sua presenza si può rivelare utile e d’impatto.

In narrativa l’epilogo è la parte conclusiva di una storia. Non fa


parte del corpo principale del romanzo, ma va a comporre l’ultima
serie di pagine del libro quando è presente.

Di solito l’epilogo serve a concludere una narrazione che si era


interrotta ad un punto cruciale, senza mostrare gli ultimi sviluppi
della storia.

E di solito l’epilogo è scritto pensando a un’ambientazione futura


(cinque giorni, sei mesi, due anni) rispetto al punto in cui il
romanzo si era fermato.

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L’epilogo non è sempre necessario, ma può essere una valida


tecnica per concludere in bellezza una storia.

Ad esempio, sono molti i romanzi che iniziano con il


protagonista/narratore ormai vecchio che, in un lungo flashback, dà
vita al corpo centrale del romanzo.

In questi casi la storia ha un finale chiuso, dato che sappiamo già


che il personaggio di cui parla la storia sopravvive (visto che
facciamo la sua conoscenza da anziano). Il finale si ricongiunge alla
scena iniziale, ma la storia deve proseguire un altro po’ per offrire
una nota di originalità al lettore, donando al romanzo una degna
chiusura.

Questa è una tecnica largamente utilizzata da Nicholas Sparks, per


esempio ne Le pagine della nostra vita.

Il protagonista, ormai anziano, legge una storia alla paziente di una


casa di riposo. Dalle sue parole si origina un lungo flashback che
mostra la vicenda al tempo in cui si è svolta, per poi tornare alla
casa di riposo e all’epilogo finale.

Un altro caso in cui l’epilogo è necessario è quando hai dato vita a


un non finale, ma l’hai fatto con cognizione di causa, sapendo di
lasciare il lettore teso e in preda alla suspense.

In questo caso il lettore arriva alla fine e inizia a porsi delle


domande, a immaginare lo scenario futuro, la vita dei personaggi…
poi gira la pagina, trova l’epilogo e si emoziona per aver modo di
verificare.

L’epilogo in questo genere di romanzi è un ottimo metodo per


emozionare.

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Attenzione!

Quando progetti un epilogo non deludere le aspettative del lettore e


fai in modo che sia in linea con la trama e i personaggi che hai
creato.

Quando invece la storia ha il finale aperto, l’epilogo non è


previsto.

Se decidi di non concludere la storia perché vuoi lasciare la


possibilità al lettore di immaginare il finale, o vuoi proseguire la
storia in un altro romanzo, avrebbe poco senso che lo concludessi
proiettando la storia nel futuro e mostrando la trasformazione dei
personaggi.

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Esercizio:

Inizia a pensare al tipo di finale che vuoi scrivere per la tua storia.
Sarà chiuso o aperto? Desideri creare un personaggio seriale?

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Conclusioni

Sei arrivato alla fine del corso Progettazione su Misura!

Spero tu abbia le idee più chiare su tutti gli elementi che devi
progettare prima di iniziare la fase della scrittura, per evitare di
buttare pagine e pagine di romanzo.

Adesso che hai letto una prima volta il manuale, ti consiglio di


ricominciare, e di svolgere gli esercizi uno ad uno, mantenendo un
elevato livello di concentrazione e di creatività.

Per qualsiasi necessità, chiarimento o dubbio non esitare a scrivermi


al mio indirizzo: info@editorromanzi.it

Buon lavoro!

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