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Corso di Scrittura Narrativa Applicata alla Progettazione

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Ho deciso di iniziare questo corso gratuito di scrittura narrativa partendo
dal principio.

Do per scontato che tu abbia letto o comunque interiorizzato la


progettazione del romanzo che vorresti scrivere.

In caso contrario ricordati che molti dei blocchi creativi derivano da uno
scarso approfondimento della progettazione narrativa.

Se il tuo cervello sarà preda dell’affanno per cercare soluzioni originali


per uno snodo narrativo, per un evento della trama, o per la
caratterizzazione del conflitto dominante del protagonista, non si potrà
concentrare sull’elemento chiave della scrittura: la comunicazione
narrativa.

Quando la mente è confusa, di solito lo sono anche le parole.

Questo impedisce al messaggio (o a un determinato periodo) di fluire


con leggerezza e facilità.

Per cui prima di iniziare la stesura di un romanzo (o di un racconto)


cerca di avere le idee chiare sulla progettazione dei singoli elementi
narrativi, e sulla direzione della storia.

In questo corso non entrerò nel merito della tecniche di progettazione,


perché vorrei concentrarmi sulla scrittura.

Amelia, la giovane scrittrice che si è offerta di aiutarci, prima di iniziare a


buttar giù dei frammenti di romanzo, mi ha inviato la totale
progettazione della storia. Non la condividerò, perché uno degli obiettivi
è anche quello di testare l’efficacia della sua scrittura, e la capacità di
comunicare i personaggi ai lettori.

Stefania Crepaldi - EditorRomanzi.it


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In moltissimi, in questi quasi dieci anni di carriera come editor di
narrativa, mi hanno scritto dicendo di avere il blocco dello scrittore, di
non sapere come iniziare a tutti gli effetti una storia.

La risposta sembra una presa in giro, ma ti assicuro che è l’unico modo


possibile per dare il via al sogno della scrittura.

Se vuoi davvero scrivere nella vita, non devi trovare scuse o rifugiarti in
un bozzolo alimentato da timori e paure. L’unico modo per diventare
davvero scrittori è sconfiggere la paura e iniziare.

Anche Amelia, essendo alle sue prime armi, era paralizzata dalla paura
di iniziare il romanzo. Diamo all’incipit di una storia un peso troppo
gravoso, in grado di condizionare poi la buona riuscita della storia
intera. E invece, se stai leggendo questa prima lezione del corso di
scrittura narrativa, sappi che stai sbagliando.

L’incipit è solo l’inizio di una nuova avventura.

La buona notizia è che nessuno ha una scadenza editoriale da


rispettare, e siamo tutti qui per imparare e per divertirci con la scrittura,
da sempre materia plasmabile e modificabile.

Non dico che l’incipit di un romanzo non sia fondamentale per un


lettore. Molti lettori occasionali sfogliano le pagine di un romanzo in
libreria e scelgono se acquistarlo o meno dalle prime battute.

Ma quando inizi la stesura di un romanzo sei in un momento di estrema


solitudine. Nessuno può davvero leggere le prime incerte battute.
Nessuno ti potrà/dovrà giudicare.

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Quindi fai un bel respiro, abbandona tutte le varie obiezioni che hai in
testa, e inizia.

Scrivi quelle poche battute con cui dare il via a questa nuova
esperienza. Non saranno perfette. Probabilmente non saranno
nemmeno le parole definitive.

Ma scriverle ti permetterà di iniziare.

E iniziare è l’unico modo per rendere reale un’aspirazione.

Incipit: cos’è e a cosa serve


In un romanzo, l’incipit è l’inizio della storia, la parte in cui introduciamo
davvero il lettore e lo trasportiamo all’interno del mondo narrativo che
abbiamo creato per lui, facendogli assaggiare il protagonista, gli ostacoli
che deve superare e i suoi desideri.

In teoria l’incipit dovrebbe essere il primo approccio, un’esca potente, il


profumo perfetto che metti per andare all’appuntamento con quella
persona a cui tieni tanto. Alcuni incipit della storia della letteratura
mondiale sono semplicemente perfetti.

Ti cito alcuni dei miei preferiti (ma ce ne sono tantissimi altri):

Harriet e David si conobbero a una festa aziendale a cui nessuno dei


due aveva avuto molta voglia di andare, e subito capirono di non avere
atteso altro. (Doris Lessing, Il quinto figlio)

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In un bel mattino di giugno del 1872 assassinai mio padre, cosa che mi
fece una profonda impressione. (Ambroise Pierce, Il club dei parenticidi)

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello


Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui
suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. (Gabriel Garcìa
Màrquez, Cent’anni di solitudine)

La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava


sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili
pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di miglia delle
coste occidentali del Borneo. (Emilio Salgari, Le tigri di Mompracem)

Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano


orgogliosi di affermare di essere perfettamente normali, e grazie tante.
Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi cose strane o
misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.
(J.K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale)

Sono nella lavanderia a gettoni di corso Giulio, dove lavoro. Anzi, dove
sto di base. Non mi occupo di lavatrici e detersivi, sono un investigatore
privato senza ufficio. (Christian Frascella, Fa troppo freddo per morire)

Okay, niente panico. Niente panico. È solo un estratto conto della Visa.
È solo un pezzo di carta con qualche numero scritto sopra. Che paura
può farmi? (Sophie Kinsella, I love shopping)

In un’ampia valle, ai piedi di un declivio e in riva a un ruscello limpido e


gorgogliante, Tom costruiva una casa. (Ken Follett, I pilastri della terra)

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Prenditi un momento per rileggere questi esempi, e ragiona su quello
che emerge. Quasi nessuno di loro è eccezionale, ma domina una
scrittura semplice e concreta, adatta più a far immergere subito la
mente del lettore nella storia.

Nessuno di questi incipit è straordinario (a parte forse quello di Pierce,


dove il personaggio confessa il parricidio e ammette tra le righe di non
essere pentito) ma in ognuno di essi vi è una partenza normale, che
sottende che qualcosa di straordinario sta per arrivare.

Un buon incipit, dunque, dovrebbe contenere alcuni elementi


fondamentali: Dove siamo? Chi parla o narra? Quale azione sta
muovendo il personaggio? Quando accade l’azione?

Noterai che sono quattro delle cinque domande che stanno alla base
della cronaca e della costruzione di un articolo di giornale. Manca il
perché, che è di solito il motivo per cui le storie iniziano, e il dramma
portante della storia. Ma niente panico: hai un intero romanzo per
approfondire il perché e cercare di comunicarlo al lettore.

Un buon incipit, dunque, è alla base di una storia che trascina il lettore.

Torniamo alla pratica, perché questo è un corso di scrittura narrativa,


non di progettazione.

Una volta terminata la progettazione del romanzo, ho chiesto ad Amelia


di iniziare a scrivere il primo capitolo (nel romanzo di Amelia non vi è un
prologo, che non coincide con l’incipit).

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E qui, ecco arrivare la prima sorpresa: Amelia si è intimidita. Nonostante
conosca perfettamente la trama della sua storia, la protagonista e che
sappia che cosa vuole ottenere dalla sua comunicazione (che
messaggio mandare e quali temi affrontare) Amelia ha avuto paura di
iniziare.

L’editor è una figura indispensabile in questi casi, perché aiuta molto chi
scrive a sbloccarsi. Io so che il problema principale è iniziare.

Per cui le ho scritto proponendole un gioco.

L’incipit “giusto” raramente prende forma al primo tentativo. E se chi


scrive è del tutto alle prime armi, non vi è niente di meglio
dell’allenamento.

Non ti devi fermare alla prima difficoltà. Ma di sicuro ti devi divertire a


trovare diverse soluzioni di scrittura per un incipit davvero interessante.

Senza l’ansia del “devo fare centro al primo colpo”, Amelia ha sfornato
una serie di prove di incipit davvero interessanti, che ho letto corretto e
analizzato per questo corso.

Partiamo dal primo.

Gli incipit sono catalogati per predominanza di una tecnica (o


sequenza) di scrittura.

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#1 Incipit mostrato
«Sono una ragazza fortunata. Perché mi hanno regalato un sogno. Sono Fortunata
perché non c’è niente che ho bisogno. E quando vien-»

«Fortunata! Non è rispettoso, benedetta ragazza. Non è rispettoso per niente.»

Smetto di agitare i fianchi al ritmo della musica, e abbasso la mascherina mentre


osservo mio padre – completo nero, camicia nera, cravatta nera – che scuote la testa
più e più volte mentre batte un piede a terra.

Questo è uno degli incipit che personalmente preferisco da lettrice. Non


è uno di quegli inizi statici e molto descrittivi che danno informazioni
basilari, ma un incipit che introduce il lettore in una scena d’azione,
dove troviamo una ragazza (immaginiamo una ragazza giovane, ma
non troppo, visto il riferimento a una delle prime canzoni di Jovanotti),
che si chiama Fortunata, indossa la mascherina e sta facendo qualcosa
a ritmo di musica. Il padre, un uomo serioso vestito tutto di nero, la
rimprovera per qualcosa, accusandola di essere poco rispettosa.

Che cosa starà facendo Fortunata?

Letto questo incipit ho sentito subito la spinta, e ho proseguito nella


lettura. Ora, anche tu rimarrai con il dubbio, perché ci siamo ripromesse
di seminare indizi e alimentare la curiosità (a proposito, ci stiamo
riuscendo?).

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Ti chiedo la cortesia di rileggere l’incipit, e di prestare particolare
attenzione alla tecnica dello “show, don’t tell”.

L’intero incipit, che parte da una canzone canticchiata al momento in cui


il padre di Fortunata irrompe nella scena, e ferma il movimento, viene
mostrata attraverso i gesti o le parole. Niente è raccontato.

Fortunata “smette di agitare i fianchi, abbassa la mascherina, osserva il


padre e lo descrive”; il padre di Fortunata “scuote la testa mentre batte
un piede a terra”.

Questo stimola l’immaginazione del lettore, e lo accompagna a figurarsi


la scena, anche se non la comprende del tutto visto che mancano degli
elementi basilari.

#2 Incipit delle 4 W
La luce fioca della lampada spezza il buio della sera. Al di là del vetro, un coro di luci
disegna i contorni del porto. Mi piace tenere la finestra aperta quando lavoro,
lasciare spazio allo sciabordio delle onde. Lego i miei lunghi capelli biondi e inizio a
preparare la base per il trucco.

Questo è un incipit più tradizionale, che io ho ribattezzato incipit delle


quattro “W”, in onore delle regole giornalistiche.

Sappiamo che la protagonista si trova in una stanza che affaccia sul


mare. Quindi vive in una città di porto, è sera e sta lavorando.
Sappiamo anche che sta preparando la base per il trucco. Nient’altro ci
viene svelato.

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Personalmente trovo questo incipit molto poco interessante, però dà a
tutti gli effetti delle informazioni sul mondo narrativo e apre uno spiraglio
su quello che la protagonista si accinge a fare.

Rispetto all’incipit mostrato, manca mordente. Però è senz’altro scritto


bene, e mette in relazione la protagonista con l’ambiente in cui vive, che
nel primo esempio mancava del tutto.

Ci sono anche un paio di note sensoriali, che migliorano la resa


descrittiva (la presenza della luce fioca e lo sciabordio delle onde).

A tal proposito sento di dover fare una precisazione. A seconda del


romanzo che deciderai di scrivere (del genere di appartenenza)
potrebbe essere più o meno interessante stipulare un legame stretto tra
il personaggio e il mondo narrativo in cui si muove.

I romanzi fantasy, per esempio, hanno bisogno di ampio spazio


dedicato al mondo fantastico. I romanzi di narrativa contemporanea
magari non hanno questa necessità.

Nel caso di questo romanzo, poiché Amelia sta tentando di scrivere un


giallo, l’ambientazione ha senz’altro la sua importanza.

Per cui iniziare il romanzo specificando che siamo in una città di porto
dà alcuni indizi fondamentali al lettore sul tipo di persone che popolano
la città e sulla vivacità degli scambi commerciali di questo luogo
misterioso.

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#3 Incipit introduttivo
Mi chiamo Fortunata, in onore di mia nonna. Lei si è salvata da un’alluvione e ha
continuato a vivere una vita piena, di amore e talento. Io… beh. Io combatto tutti i
giorni con il signor M., mio padre. Abbiamo idee diverse sul mio futuro. Lui
vorrebbe che prendessi in mano l’azienda di famiglia, per cui ha tanto lavorato; io
vorrei scappare il più lontano possibile da qui.

Questo terzo incipit non mostra nulla di concreto dell’abitazione, del


mondo narrativo o delle azioni del personaggio. È un incipit che cerca di
mettere in luce il dramma della protagonista, che è un dramma
familiare.

Sappiamo che Fortunata chiama suo padre “signor M.” il che allontana
di molto il concetto di affetto paterno che conosciamo.

Veniamo a conoscenza anche del fatto che il padre non approva le sue
scelte, e cerca di convincere la figlia ad imboccare una strada che lui ha
definito.

Inoltre ci spiega l’origine del suo nome, e lo fa citando un dettaglio


storico importante: un’alluvione a cui la nonna è sopravvissuta. Questo
getta un minimo le basi del genos (di cui parlo in maniera approfondita
in Progettazione su Misura), cioè delle tradizioni familiari e della
discendenza all’interno della storia.

Per ora non vi è un incipit “giusto” ma molti esempi di come la storia


potrebbe iniziare.

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#4 Incipit introspettivo
Maledizione. Gliel’avevo detto che oggi avevo quell’evento in laguna. Mi aveva
assicurato che non sarebbe stato un problema, che avrebbe pensato a tutto lui. Sono
tornata stanca morta dopo un intero giorno in cui ho dovuto assecondare i capricci
di una sposa in preda a una crisi di nervi e che vedo…? Lavoro da evadere e pratiche
da sistemare. Sbuffando sono andata allo spogliatoio, ho dismesso i panni da
wedding planner – vestito rosa antico coroncina tra i capelli scarpe col tacco
assassino – e ho indossato una tuta comoda. Ho afferrato una barretta ai cereali e un
paio di guanti, imprecando contro mio padre.

Questo nuovo tentativo di incipit dà molto spazio alla parte introspettiva


della protagonista. Sicuramente ci fornisce molti più dettagli su quello
che fa e su come si è svolta la sua giornata, piuttosto che sul contesto
in cui vive.

Fortunata è una wedding planner, ma non è solo quello. Il padre non ha


terminato quello che avrebbe dovuto fare durante quella giornata per
sollevarla di un peso, nell’azienda di famiglia.

E Fortunata è stanca e frustrata all’idea di doversene occupare dopo un


giorno intero di lavoro sulle spalle.

Eppure, anche se imprecando, si cambia velocemente e si dirige verso


il lavoro inevaso. Questo dice molto sulla personalità del personaggio: il
suo senso del sacrificio, l’abnegazione e la sua percezione delle
responsabilità.

Ci fa intuire che la protagonista ha un problema con il padre, ma non ci


vengono svelati grossi dettagli, a parte il fatto che sembra un po’
pasticcione e distratto.

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#5 Incipit con colpo di scena
Mi chiamo Fortunata e sono una wedding planner nel weekend. Il resto della
settimana… beh. Inizio a estrarre i trucchi, lo smalto, cerone e cotone. La mia
famiglia è esperta di organizzazione di eventi e di pubbliche relazioni da secoli. Solo
che siamo abituati a eventi, ecco diciamo… un po’ particolari. Inizio a stendere il
primo strato per coprire le imperfezioni della pelle. Mio padre entra fischiettando,
osservando il mio lavoro.

«Penso che tu debba essere più precisa con quella macchia.»

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo.

«Ma non le dona per niente!»

Il signor M. ha sempre avuto un macabro senso dell’umorismo.

«Papà, certo che non le dona. È morta!»

Questo ultimo incipit risponde a una richiesta molto particolare che


avevo fatto ad Amelia.

Le avevo chiesto di provare a creare un’illusione narrativa. Di tentare di


convincere il lettore di una verità per poi fare una virata e svelarne
un’altra.

Fortunata è un’aspirante wedding planner, che cerca di visualizzare


nella sua mente la gioia, la felicità, la radiosità degli sposi che si
promettono amore eterno in un giorno di festeggiamenti.

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Eppure nella sua vita privata, Fortunata è l’unica figlia del “Signor M.”
come è affettuosamente conosciuto il padre nella loro città.

Fortunata è una tanatoesteta, una delle professioni più difficili e


controverse del nostro mondo occidentale: in breve colei che si occupa
della preparazione e della vestizione del defunto, prima di mostrarlo e
ricondurlo alla famiglia senza che questa rimanga scioccata dai segni
che la morte lascia sul corpo.

La nostra protagonista è in continuo conflitto con il padre, che vorrebbe


farle prendere le redini dell’attività da tempo; lei però sogna
un’inversione totale di carriera, perché è stato (ed è) difficilissimo essere
la figlia del becchino in una piccola città come Chioggia.

Da sempre vessata e allontanata come porta sfortuna vivente, la


giovane protagonista di questa storia prova a crearsi un’alternativa
gioiosa alla vita di tutti i giorni.

Mentre le sue coetanee andavano a equitazione, imparavano a suonare


la chitarra o prendevano lezioni di nuoto, lei assorbiva la quiete e il
rispetto dalla nonna paterna, che le ha insegnato a non avere paura
della morte, e a rispettare così tanto un defunto da prendersene cura in
modo amorevole.

Amelia è riuscita a seminare qualche indizio e a rendere evidente la sua


professione solo verso la fine dell’incipit.

In questo modo il lettore comprende ancora di più la posta in gioco della


protagonista; e anche il contrasto tra la professione tanto sognata, in cui
sta ancora cercando di affermarsi, e una che sa svolgere con totale
maestria fin da piccolissima.

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Errori da evitare
Concludo questa carrellata di incipit e questa prima lezione con alcuni
errori comuni che spesso trovo nei romanzi di esordienti che valuto.

Molti incipit si assomigliano tra loro. Spesso mi imbatto in incipit del


genere:

Errore #1

Alle 7.00 del mattino la luce che penetrava dalla persiana mi svegliò.

Questo incipit non è sbagliato di per sé, ma è un concentrato di luoghi


comuni e cliché.

Inoltre non specifica nulla. Chissà quante persone nel mondo si


svegliano nel loro letto per “colpa” di un raggio di sole dispettoso che
filtra da una persiana parzialmente aperta.

Questo è un incipit noioso, e per nulla attraente, che in teoria mostra


una scena; ma mostra una scena così comune da non colpire
l’immaginazione del lettore.

Errore #2

Il cielo è nero, minaccia pioggia.

Un altro incipit legato all’ambientazione del tutto privo di appeal. Per


quanto sia un dettaglio sull’ambientazione del romanzo, quanto conta ai
fini della storia che stia per piovere?

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Mi spiego meglio. Se il tuo personaggio è un vampiro che non può stare
alla luce del sole (ovviamente sto citando “Twilight”) la presenza della
pioggia è un dettaglio assolutamente benevolo e necessario per far
comprendere che quel giorno potrà spostarsi senza alcun problema
nella città in cui vive.

Ma se il protagonista della storia non ha alcuna connessione con


nessuna particolare condizione atmosferica, perché aprire un romanzo
con un bollettino meteo, seppur breve?

Errore #3

Mi chiamo Luca, e questa è la mia storia.

Anche questo è un incipit molto abusato dagli autori alle prime armi.
Questo messaggio non sviluppa nella sua perentorietà nessuna forma
di curiosità da parte del lettore.

Che cos’ha Luca di così speciale da voler raccontare la sua storia? In


cosa si differenzia? Perché il lettore dovrebbe volerlo conoscere
attraverso il ricordo delle sue avventure?

Errore #4

Penso che il mondo sia un luogo ingiusto, dove vivono persone cattive e persone
buone che però non trovano il loro spazio. Io sono una persona buona che nessuno
capisce. Perché nessuno mi capisce?

Ora, ho un attimo estremizzato con questo esempio che mi sono


inventata di sana pianta. Però ti assicuro che spesso molti romanzi (non
sempre autobiografici) arrivano in valutazione con incipit del genere.
Questo più che un incipit accattivante è uno sfogo personale.

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Spesso gli sfoghi non attirano nessuno, perché di norma un lettore
vuole svagarsi quando legge un romanzo, non essere appesantito.

Ricordati che l’incipit perfetto quasi mai nasce al primo colpo. La


bellezza della scrittura è che è un’arte liquida, in continua evoluzione e
mutamento.

L’incipit perfetto può essere aggiustato e calibrato anche alla fine del
romanzo.

L’importante è conoscere alla perfezione il tipo di storia che si vuole


scrivere dopo aver stilato il progetto, comprendere se si vuole puntare
tutto sulla protagonista o sul protagonista, sulla trama o sul mondo
narrativo.

E fare il possibile per far capire al lettore qual è la posta in gioco, se c’è
un conflitto che puoi svelare subito per creare empatia (e suscitare
simpatia).

Insomma, non esiste LA ricetta.

Divertiti e fai diversi tentativi.

La progettazione non imbriglia la fantasia, anzi.

Sapere quale direzione prenderà il tuo romanzo ti permetterà di giocare


moltissimo con la scrittura e di perfezionare l’uso di alcune tecniche
narrative, non sempre semplici da inserire.

Dopo questa lunga parte teorica ti lascio con un compito per casa.

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Non correggerò gli esercizi, perché non riuscirei mai a farlo per ognuno
di voi. Però voglio lasciarti una traccia per motivarti e fare dei tentativi.

Prova a ragionare sui punti di forza e originalità della storia che hai
progettato. Non ragionare troppo e butta giù alcune parole chiave o
situazioni che ti piacerebbe mostrare in apertura della storia.

Che cosa potrebbe fare il tuo protagonista?

Poi inizia a scrivere. Poche righe alla volta.

Vedrai che una volta iniziato non inciamperai più nel blocco dello
scrittore, perché invece di gonfiarti d’ansia per scrivere subito la cosa
giusta ti divertirai a fare delle prove.

Beh, cosa stai aspettando?

Che l’avventura abbia inizio!

Ti auguro il successo letterario che meriti,

Stefania Crepaldi

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Ti ringrazio di cuore per aver partecipato a questa prima
lezione.

Molti me l’hanno chiesto in privato e io ho deciso di


estenderlo a tutti.

Se per un motivo qualsiasi non riesci a seguire le lezioni


nel gruppo Facebook, a fine corso

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