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CARRARA

PROGRESSO E REGRESSO

DEL GIURE PENALE

NEL REGNO D'ITALIA

NA
Z
STRICA

Presso L. 7

I volumi IV. e V. si vendono anco separatamente dai tre precedenti volumi .


OPERE DELLO STESSO AUTORE

Programma del Corso di Diritto Criminale. Lucca, 1868-72 8 vol.


in 8.0 it. L. 49 .
I suddetti 8 volumi si dividono come appresso :
PARTE GENERALE Un Vol . in 8.0 ( SEZIONE PRIMA : del delit
to — SEZIONE SECONDA : della pena SEZIONE TERZA : del giu
dizio criminale ), 7.
PARTE SPECIALE Vol . 1.. (Introduzione - SEZIONE PRIMA :
delitti naturali - CLASSE PRIMA i delitli contro la vita uma
na Omicidio ) > 6.
Vol . 2.0 ( c CLASSE Seconda : delitti che offendono la persona
senza toglierle la vita - Lesione personale -, Stupro Vio
leoza carnale - Oltraggio violento al pudore CLASSE TERZA :
Delitti contro la libertà individuale Violenza privata
Minacce Istigazione a delinquere Coalizione industriale
-

Apertura di lettere · Rivelazione di


-
segreti Violazione di do -

micilio -

Plagio Ratto ) -
6.
Diffa.
0

Vol . 3.° ( CLASSE QUARTA ; delitti contro ľ More


mazione Libello famoso Contumelia CLASSE QUINTA :
delitti contro i diritti di famiglia Concubinato Adul
terio Poligamia Reati contro lo stato civile
--
Sottrazione
di minori Incesto )
- Vol . 4." ( CLASSE SESTA: delitti contro la proprietà Furto
proprio - Furto improprio - -
Amozione di termini Turbato
possesso Caccia indebita
- Diversione di acque Danno -

dato ) 6.
• Vol. 5. ° ( SEZIONB SECONDA : delitti sociali CLASSE PRIMA :
delitti contro la pubblica giustizia Ambito - Frodi elet
torali Abuso di autorità Corruzione Concussione
-- -

Prevaricazione Calunnia Simulazione di delitto Falsa


testimoni anza Subornaz ione Spergiur o Resistenza
Esimizione Favoregg iamento Inoss ervan za di pena Ra
gion fattasi Carcere privato Duello ) >>

Vol. 6. ° (CLASSE SECONDA : Delitti contro la pubblica mora


le Oltraggio al pudore pubblico Lenocinio CLASSE TER
ZA : delitti contro la pubblica tranquillità - Violenza pub
blica Incendio Mina o ruina ec . ) » 6.
Vol. 7.° ( CLASSE SESTA : Delitti contro la pubblica fede
Peculato proprio -
Bancarotta - Frodi contro il commercio
Falsa moneta Falso in pubblico documento Falso in bolli
CLASSE SETTIMA : delitti contro la regalia Contrabando
per impresa )

Opuscoli diDiritto Criminale , seconda edizione, corretta, ampliata ,


e riordinata . Lucca, 1870. 3 Vol. in 8.° formanti insieme
circa 2000 pagine. ► 21.

Si vendono esclusivamente da Eugenio e Filippo Cammelli, Editori


Libraj, FIRENZE , Piazza della Signoria.
M
OPUSCOLI
DI

DIRITTO CRIMINALE
DEL PROFESSORE

FRANCESCO CARRARA

MEMBRO ONORARIO DELL'ACCADEMIA DI LEGISLAZIONE DI TOLOSA , E DELLA


SOCIETA ' DEGLI AMICI DELLA EDUCAZIONE DEL POPOLO DI BELLINZONA ; SOCIO
CORRISPONDENTE DELLA REALE DEL BELGIO E DEL REALE ISTITUTO
LOMBARDO DI SCIENZE E LETTERE ; SOCIO DELL'ATENEO DI BRESCIA
E DELLE REALI ACCADEMIE DI LUCCA , DI MODENA , DI MACERATA ,
DI URBINO , E DEI PITAGORICI DI NAPOLI ; MEMBRO DELLA
COMMISSIONE INCARICATA DEL PROGETTO DI CODICE
PENALE ITALIANO ; PRESIDENTE DELLA CAMERA
DEGLI AVVOCATI PRESSO LA R. CORTE
DI APPELLO DI LUCCA

O IV .
VOL.
R
OT
!

LUCCA

TIPOGRAFIA GIUSTI

1 87 4
Proprietà Letteraria

1
CARRARA

O PUSCOLI
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VOL. IV.
1
1
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1
1
I.

CESARINI

LE RIFORME ALLA PROCEDURA PENALE

VOL . IV . 1

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22
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LE RIFORME ALLA PROCEDURA PENALE

00 > 50000

Non
on sempre i discorsi inaugurali dei pubblici Mi
nisteri si limitano a presentare uno sterile riassunto
di numeri : non sempre servono di veicolo a cruc
ciose recriminazioni contro le Corti ; o ad invettive
contro i giurati perchè ascoltarono la voce della loro
coscienza anzichè inebriarsi alle inspirazioni dell'ac
cusa ; od a rimproveri contro le Curie che troppo
audaci combattono sotto la propria bandiera ; o con
tro i legislatori che non abbastanza indietreggiano:
od a patetiche profezie di rovine sociali minacciate
dal fantasma della esagerata moltiplicazione dei mal
fattori. Spesso gli uomini dotti che onorano quelli
alti scanni sanno scordare che un' aberrazione le
gislativa ( la quale speriamo veder presto corretta )
osò infeudare quel nobile ufficio al potere escutivo,
quasi cambiandolo in un capitanato di birri ; sanno
scaldarsi alla fede nel progresso umanitario, ed al
santo amore del vero ; e purgati da ogni veduta di
calcolo partigiano, lanciandosi nel sereno e purissimo
ambiente della scienza, recano al pubblico i frutti
dei loro studi e delle loro pratiche osservazioni, con
utile ammaestramento dei giuristi e dei legislatori.
Allora nel giorno della solenne inaugurazione pa
troni ed accusatori ravvivano i loro cuori ad un ri
sorto sentimento di fratellanza ; e stringendosi re
ciprocamente la mano, genuflessi dinanzi all' altare
della giustizia, si riconoscono tutti sacerdoti della
stessa Divinità.
Questo avvenne in Lucca nel giorno 4 gen
naio 1872 quando innanzi quella Corte si udirono
le parole inaugurali ( 1 ) del Commendatore Carlo
Cesarini Regio Procuratore Generale : parole bel
lissime e giustamente misurate , quantunque appa
rissero troppo brevi al desiderio di chi le ascoltava.
Scelse lo illustre oratore per tema del suo di
scorso il bisogno di riforme nelle procedure penali
( bisogno profondamente sentito ed altamente recla
mato da tutti in faccia ad un codice improvvisato
senza sufficiente maturità e larghezza di discussio
ne ) e toccando i principali vizi degli attuali proce
dimenti penali, venne suggerendo i rimedi, con in
tendimento costantemente liberale ed umanitario.
Non può essere materia di questo scritto un esa
me analitico di tutte e singole le emende proposte
dal Cesarini ; e soltanto diremo che in generale

(1 ) Cesarini Studi sulle riforme alla procedura pe


nale. Discorso letto nella inaugurazione solenne dell'an
no giuridico 1872 della Corte Reale di Appello di Luc
€ , Lucca tip. Canovetti 1872.
5

quasi tutte incontrarono le nostro simpatie, e si trova


rono all’unisono con le nostre opinioni : e rapidamen
te ricordandone le principali, aggiungeremo succinte
osservazioni intorno ad alcuna delle medesime.
Deplorò l' oratore lo intemperante abuso che si fa
oggi della custodia preventiva (1 ) ; arme necessaria
alla tutela del diritto, ma arme pericolosa, e che fe
risce la mano che la maneggia se non si adopera
con la debita temperanza. Argomento è questo molto
serio ed interessante, ed è forse questa una delle
riforme alle quali sia necessario por mano con la
maggiore sollecitudine a porre un argine contro le
fatalissime conseguenze del presente sistema. Ma
l'argomento è troppo vasto e da considerarsi sotto
troppi svariati aspetti perchè io possa a questo luogo
dirne più oltre .
Ad occasione della custodia preventiva l'oratore
propugnò coraggiosamente il principio dello scom
puto totale della medesima dalla pena da infliggersi
al giudicabile : principio che è conforme irrecusa
bilmente non solo alla equità, ma propriamente alla
somma e rigorosa giustizia ; ed al quale non può
negarsi obbedienza tranne pei suggerimenti di un
abituale rigorismo o di una sconsigliata paura.
E colse pure occasione di porre in luce alcuni dei
vizi ( forse non tutti ) dell'attuale metodo di libera
zione provvisoria sotto cauzione ; attaccandolo non
solo nei suoi cardini , che lo rendono spesso un mezzo
ipocrita e parziale (2) ed inetto, ma anche nelle

(1) Vedansi gli Opuscoli III. IV. della presente serie.


(2) Si vedano i miei Lineamenti di pratica legislativa ,
pubblicati dai fratelli Bocca a Torino , alla Osserv . 1 .
6

forme burocratiche ed impacciose della sua pre


sente attuazione .
Manifestò il desiderio della ripristinazione del co
stituto obiettivo incautamente lasciato oggi all' ar
bitrio dei giudici istruttori ; e lo guardò a buona
ragione come un indispensabile complemento della
difesa dei rei ; sacro diritto che nessuno oggidi si
arrisica ad impugnare palesemente, quantunque per
grande sventura della giustizia ecciti ancora i so
spetti e le antipatie di qualcuno. Ma non è soltanto
come complemento della difesa dei rei che vuolsi
elogiare il classico sistema del costituto obiettivo,
e deplorare ( sulle orme dei più eminenti crimina
listi contemporanei ) come una vera calamità la sua
soppressione. Ciò basterebbe all' uopo : ma non è
tutto. Certamente dispensare i Giudici Istruttori dal
costituto obiettivo è un grande risparmio di fatiche
per loro. È frequentissimo il caso che il reo man
tengasi lunga stagione latitante ; e poscia venga a
consegnarsi alla giustizia, o ad essere consegnato od
arrestato, quando per le facili mutazioni di uffizio la
persona del giudice istruente è mutata. Grave senza
dubbio è il pondo che in tali contingenze incurva
gli omeri degli istruttori se a loro incombe il debito
di sottoporre lo inquisito ad un serio e regolare
costituto obiettivo . È necessità che da loro si studi
un processo, frequentemente voluminoso ; un pro
cesso indiziario, oscillante, perplesso e tutto nuovo
per essi ; del quale sono costretti a fare una sintesi
rigorosa, perchè dallo inquisito si possano conoscere
i singoli indizi che lo gravano, ed a tutti e singoli
contrapporre quel discarico che a lui par buono.
Ma che perciò ? Le ragioni desunte dal risparmio
7

di fatiche, come quelle desunte dal risparmio di spe


se, non sono ragioni da recarsi innanzi ad un po
polo civile, quando sotto il pretesto delle medesime
vuolsi tralasciare cosa che sia richiesta dai bisogni
della giustizia. E che il costituto obiettivo sia una
necessità di giustizia, poco vi vuole a mostrarlo ; e
lo è tanto nello interesse della innocenza minacciata
dall'accusa, quanto nello interesse della società mi
nacciata dal colpevole.
Lo è nello interesse della innocenza : e questo per
doppio punto di vista. Il primo punto di vista emerge
intuitivo dal considerare la situazione di un citta
dino vittima di una ingiusta accusa per fallaci in
dizi o per false testificazioni, il quale abbia pronti
in sua mano i mezzi di combattere tali indizi , o di
smentire siffatte deposizioni. Costui tutto fidente
nella giustizia corre a costituirsi nella certezza di
una immediata e completa giustificazione di sè me
desimo : anela lo istante in cui sarà chiamato dal
giudice a dar ragione di sè, e spera che dopo ciò
suonerà tosto l'ora della sua liberazione . Ma il giu
dice lo chiama a sè per deferirgli un interrogatorio
sommario per mera identificazione e per semplice
forma ; e talvolta non gli domanda neppure se si
chiami colpevole od innocente . Invano quel disgra
ziato si fa innanzi a parlare della propria innocenza,
a chiedere verificazioni, ad accennare ' testimoni de
fensionali : il giudice imperturbato gli risponde, que
ste cose le direte al vostro difensore, queste prove
le porterete all'udienza ; ed esterrefatto lo ricaccia
nella sua cella : quasichè lo aver bisogno di un di
fensore e il comparire a sentenza non dovessero per
buona giustizia essere a quel momento tuttora un
- 8
problema. E non a caso io qui dico dovessero essere,
perchè pur troppo nel nostro codice di procedura
non sempre lo sono . Vi è una logica anche negli
errori ed anche nelle eresie. Ed il nostro codice di
procedura è stato fatalmente logico nei suoi imper
donabili errori : abyssus abyssum invocat. L'aboli
zione del costituto obiettivo non è che l' anello di
una lunga catena ; e l'anello al quale essa più dav
vicino si stringe è la insensata disposizione del
l'art. 543 dello stesso codice, contro il quale ho già
inveito in altri miei scritti ( 1 ), e che mai cesserò di
denunciare al flagello della riprovazione dei sapienti.
L'art. 543 dispone che quantunque volte un con
dannato in contumacia venga arrestato o si costi
tuisca spontaneo sia ridotta a nulla la condanna
contumaciale : ma vuole altresi che restino fermi
tutti gli atti precedenti, e cosi anche i decreti d'in
vio. In faccia a tale disposizione è una coerenza di
errore che il giudice non interroghi sul fatto il con
tumace costituito. A qual pro interrogarlo ? Dove egli
potesse mostrare, come il povero Pagni che non
era ancor nato quando fu proferita la condanna con
tro il suo omonimo per la quale gli fu obiettato lo
stato di recidivanza : quando potesse mostrare che
la pretesa vittima del supposto omicidio è tuttora
vivente, e vegeta tranquilla tuttora in sua casa, ciò
a nulla giova, ciò non gli risparmia un'ora di car
cerazione preventiva : ciò non lo esime dallo scorno
di comparire alle Assise come esposto forse a pena

(1 ) Si vedano i Lineamenti di pratica legislativa , Os


serv . XIV .
9

capitale. La gran farsa ( non da ridere, ma da pian


gere ) deve essere recitata, perchè cosi vuole la leg
ge. Tutti gli errori sono sempre prolifici, e si strin
gono reciprocamente con un amplesso infernale. Ma
prescindendo ancora da queste ultime ipotesi come
può tollerare giustizia che si ritardi di mesi la li
berazione di un cittadino che avrebbe in pronto i
mezzi vittoriosi della propria giustificazione: che
frattanto questo infelice si sostenga in carcere, e si
esponga alle spese ed allonta di un solenne giudi
zio ? Nè questo è tutto. Ad altri più gravi pericoli
in faccia ai giurati trovasi esposta la innocenza per
la negazione del costituto obiettivo ; e una dolorosa
esperienza me lo mostrò. Troppo spesso i giurati
formano la loro convinzione sopra criterii esteriori
anzichè sopra una critica ragionata degli elementi
processuali: anzi talvolta la convinzione si precipita
per criterii esteriori , perchè spesso l'uomo supplisce
con la furberia al difetto di sapienza. Un giudica
bile che male avvisato si svenga, ed un medico so
pracchiamato che dichiari simulato quello sveni
mento ; un atto imprudente dell'accusato, suggerito
forse non da coscienza di colpevolezza, ma da igno
ranza e da trepidazione eccessiva ; sono infallibile
caparra di una condanna. Io difendeva in faccia alle
Assise un accusato per grave titolo di malefizio :
questi dette nei suoi interrogatorii alle Assise i più
lucidi schiarimenti su tutte le circostanze cumulate
a suo carico, ed era manifesta la nullità della prova.
La parte civile con finissimo, ma pernicioso, accor
gimento invitò i giurati a niente credere di quanto
dicevasi dal giudicabile : esser quelli i suggerimenti
del difensore, artificiosamente preparati : essere di ciò
10

manifesta la prova poichè l' accusato niente aveva


detto nei suoi costituti di quanto era venuto a dare
ad intendere ai signori giorati. Invano io sorsi con
tro simile insinuazione : invano affermai sull'onor
mio che le deduzioni dell'accusato non erano sugge
rimento mio, ma erano precisamente da capo a fondo
quelle identiche cose che egli aveva detto spontaneo
a me la prima volta che io lo aveva veduto alle
carceri : invano feci osservare ai giurati in processo
che non era stato dato un costituto obiettivo, e che
quelle cose egli non aveva balia di dirle in un in
terrogatorio sommario. I giurati niente potevano
capire di questa distinzione e delle specialità del
costituto obiettivo : essi non seppero persuadersi che
in terra cristiana un carcerato non possa dire al
giudice che lo interroga del suo nome e cognome
( e che non conosce forse una pagina del processo )
tutto quanto egli trova da criticare nel processo. La
insinuazione vinse l' animo dei giurati ; fu proferita
grave condanna ; e la morte di quello sventurato
pendente il ricorso in Cassazione gli chiuse per sem
pre quella via di redenzione che io riteneva pienis
sima di speranze. E potei poscia assicurarmi che il
tracollo alla bilancia lo aveva dato il sospetto insi
nuato nell'animo dei giurati dalla parte civile. Que
sto sospetto cresce naturalmente nell'animo dei
giurati quanto più chiare e luminose sono le prove
della innocenza ( come appunto allora avveniva )
perchè tanto meno si persuadono che un uomo il
quale aveva in mano mezzi così perentorii di con
futare l'accusa abbia tanto aspettato a recarli in
nanzi, e siasi lasciato per mesi tenere in carcere ed
inviare a giudizio quando con quelle poche parole
11
poteva schiudere le porte della prigione : e non san
no che a dire quelle poche parole la legge gli aveva
chiuso la bocca. Le verità più positive pigliano
aspetto di sotterfugi e ripieghi defensionali: i te
sti più ingenui pigliano aspetto di compri falsa
rii . Così la mancanza del costituto obiettivo non
solo ingiustamente ritarda alla innocenza l'ora del
la sua giustificazione, ma può anche sommergerla
senza riparo.
Ma ciò che nel collegio da me ricordato fu un falso
sospetto può essere ( e lo sarà troppe volte ) una
verità : ed ecco l'altro aspetto della questione ; ed
ecco perchè io diceva che la mancanza del costituto
obiettivo non solo è pregiudicevole alla innocenza, ma
è pregiudicevole ancora allo interesse della punizione
dei colpevoli . Non ha mai preso radice fra noi la idea
inglese la quale considera assolutamente come scon
venevole alla giustizia che si facciano elemento di pro
va contro un cittadino le risposte strappate dalla sua
bocca renitente dagli interrogatorii del giudice. Appo
noi si considera come legittimo questo fonte di pro
va, bene inteso però che gl' interrogatorii siano leali ,
e le contestazioni sincere, e non si usino per ver
gognoso zelo menzogne, artifizi, e frodi vituperevoli,
onde circonvenire lo interrogato con modi degni di
barbari tempi. Il costituto obiettivo che succede al
costituto piano porge modo al giudice intelligente
di contestare allo inquisito le contradizioni delle sue
prime risposte con le successive verificazioni pro
cessuali ; spesso lo induce a riconoscere spontaneo
la inutilità di persistere nella negativa, o per lo
meno lo impegna in una via nella quale ( ignorante
come egli è delle circostanze raccolte dal giudice )
12

facilmente s’ illaquea se veramente è colpevole . Ma


se si aspetta a fare il costituto obiettivo alla pub
blica udienza, quando egli ha già conosciuto tutti
gli angoli del processo, ha già potuto avere comu
nicazioni con la propria famiglia ed anco coi testi
moni, e sottoporre i sotterfugi da lui meditati al
consiglio del suo patrono, si risica che ogni vantaggio
sperato pel conoscimento del vero dallo interroga
torio del reo riducasi a niente, ed anzi formi la base
di un edificio nocevole a quella verità che si cerca .
Sicchè il novello sistema getta la giustizia in un'alea
ulteriore ; poichè può avvenire che i giurati una
volta a cagione di quel sospetto non credano alle
deduzioni del giudicabile quantunque siano verissi
me, ed altra volta le accolgano come verità quan
tunque falsissime. Non è quello che a noi piace un
sistema di sorpresa , ed un'arte riprovevole. Non è
sorprendere il reo quando schiettamente gli si dice
che un tale ha provato quella circostanza contro di
lui , che il suo coaccusato ha tenuto linguaggio dif
forme, o che tale o tal' altra circostanza di fatto
emerge dalle verificazioni giudiciali . Quando tali
contestazioni sono conformi al vero nulla vi ha di
sleale e di proditorio in questo sistema. Sorpresa e
abominevole sorpresa è il collocare nella cella del
giudicabile la feccia dei prigionieri onde estorcano
con modi infami una confessione ; sorpresa è la
sciare che una guardia somministri carta e calamaio
al detenuto onde poi far sequestrare da un'altra
guardia la lettera incautamente scritta , e portarla
poi trionfanti in faccia ai giurati come documento
di colpevolezza. Queste sì che sono sorprese ed
astuzie iniquissime : e fa meraviglia che taluno, il
13

quale non arrossisce di adoperarle, si mostri poi


schifiltoso del costituto obiettivo perchè a lui costa
troppa fatica ; e vada ipocritamente jattando do
versi rispettare come un santuario il segreto dello
inquisito.
Continuò lo illustre oratore il lodevole corso delle
sue giuste censure riprovando come intollerabile
sconcio lo intervento del giudice istruttore nelle
Camere di Consiglio, e peggio ancora nelle Came
re decidenti . Nè occorre grande studio per com
prendere, nè fa mestieri di lunga esperienza per
conoscere e toccare con mano, quanto siavi di brutto
e d'irragionevole in questa preponderante potenza
accordata al giudice istruttore, per la quale egli
viene a costituirsi giudice e sindacatore del fatto
proprio. E di qui passò a dire della superfluità del
doppio grado di giurisdizione nel giudizio d'invio :
ed io vorrei aggiungere, oltre la superfluità , anche
il nocumento sensibile, poichè troppe prove me ne
ha offerto la pratica. Prevalse in molti giudici cor
rezionali il pensiero che quando sono chiamati nella
Camera di Consiglio a decidere sullo invio di un
incolpato per delitto di competenza di Assise, debbasi
da loro rispetto alla superiore competenza della
Camera delle Accuse . Postochè il reato ebbe il bat
tesimo di alto criminale sembra loro invadere le
attribuzioni della Corte se arrestano il corso di quel
processo , o se decidono le questioni che esso presen
ta nel senso della correzionalità. Pensiero che se è
falso, è pregiudicievole : e se fosse vero sarebbe la
più amara critica dell'ordinamento, perchè la legge
chiamerebbe le Camere di Consiglio ad emettere
il giudizio nei casi chiari, negando loro la compe
14

tenza di giudicare nei casi perplessi . Ma tra per


codesta meticolosità ; tra per la pressione dei pub
blici Ministeri e dei giudici istruttori ; tra per la
paura di appelli e censure ; tra per quella inerzia
che tutti gli uomini invade quando hanno un pre
testo per abbandonarvisi e quando la si fa più ga
gliarda per la eccessiva moltitudine degli affari;
fatto è che i passaporti netti sono per i processi
di alto criminale all' ordine del giorno presso le
Camere di Consiglio. Spinto così senza matura di
scussione dalla Camera di Consiglio il processo sen
za correzione di titolo, potrebbe lo errore trovare
un rimedio alla Sezione delle Accuse ; e questo fu
il calcolo della legge, ma fu calcolo errato : perchè
se si fidava nei lumi superiori della Sezione di Ac
cusa era inutile il preliminare giudizio ; e perchè
il preliminare giudizio rende troppo sovente più
esitanti i giudici della Corte a revocare tre pro
nunciati , e quasi dissi tre sentenze già belle e fatte
( le due requisitorie ed il decreto ) e dare una smen
tita a cinque Magistrati, pigliandosi il compito di
confutarne le argomentazioni. Certamente quando
avanti alla Sezione delle Accuse svolgesi per parte
della preliminare difesa una energica opposizione
si ottengono spesso quelle debite correzioni. Ma il
caso della energica difesa in questo stadio di pro
cedura male si considerò dalla legge come caso
ordinario. In pratica esso è rarissimo ed eccezio
nale, sia per la ignoranza, sia per la povertà delle
famiglie, sia perchè lo inquisito geme in una car
cere di provincia lontano dal centro dove quella
supposta difesa dovrebbe svolgersi e raccogliere i
suoi materiali. È un fatto da tutti conosciuto che
15
in novanta cause su cento noi patroni siamo cer
cati soltanto dopo che ebbe corso il libello accusa
torio e lo invio alle Assise è divenuto irretrattabile .
Ed ecco una delle ragioni che altra volta mi ave
vano condotto a desiderare quel tribunato della di
fesa, che al Cesarini non è piaciuto non perchè ei
non ne vegga il bisogno, ma perchè opina potervisi
altrimenti supplire ( 1 ). E vi si supplirebbe in parte,
se quel tempo che si sciupa avanti la Camera di
Consiglio si usufruisse invece per ampliare i ter
mini defensionali avanti la sezione di Accusa ; e se
la destinazione del difensore necessario che la leg
ge comanda dopo l' invio, si facesse invece dopo la
requisitoria, rendendo così una effettiva e costante
realtà quella difesa avanti la sezione di Accusa che
oggi per inevitabili necessità è una mera iperbole
rarissimamente avverata. Fatto è che da questi in
convenienti ne derivano i troppi invii alle Corti di
Assise. E poscia s' intuonano i soliti lamenti contro
la Giuria, rinfacciandole le troppe assoluzioni e le
troppe mitigazioni ! Nè vuolsi capire che la Giuria
fa benissimo il suo dovere quando respinge o mo
difica un'accusa troppo inconsideratamente o troppo
esageratamente sospinta davanti aa lei. E non vuolsi
capire ciò che finalmente intesero anche i francesi
con la riforma del 1863, che la renitenza a corre
zionalizzare le accuse porta le complete assoluzioni
anche là dove forse potrebbe aversi una mite con
danna. Quando il giurato vede un reo che da pa
recchi mesi langui nelle carceri sotto il peso di
un'accusa esagerata ridotta poi dall' orale giudizio

( 1) Vedasi in questa serie Opuscolo II, cap. 10,


- 16

a meschinissime proporzioni, la sua coscienza si


preoccupa della ingiustizia sociale, dei patimenti, dei
ritardi, delle angoscie, delle spese, e dello scorno
maggiore del quale fu reso vittima quello infelice
per la tenacità e la esorbitanza dello accusatore :
egli sente il sacro dovere di una riparazione ; e
quantunque scorga l'accusato responsabile di qual
che pecca più lieve, a lui rifugge l'animo dallo emet
tere pronunzia che esponga il giudicabile ad ulte
riori sofferenze delle quali ei non sa prevedere la
misura : egli per tali pecche trova sufficiente pena
nei danni ingiustamente patiti, e dominato dal sen
timento di giustizia con animo tranquillo e leale si
appiglia al rimedio eroico che gli ha posto in mano
la legge negando la colpevolezza su tutta la linea :
ed è cosi, e così sarà sempre , e deve essere così ; ed
è benissimo che si faccia cosi ; ed io stesso se fossi
giurato farei cosi, perchè cosi fecero sebbene con
diversa formula anche i Magistrati. Quando ai Ma
gistrati delle Corti, che erano giudici anche del fatto,
trascinavasi innanzi l'autore di una leggiera le
sione sotto il pondo di un'accusa di omicidio man
cato o tentato, se essi si convincevano della man
canza assoluta di ogni elemento del tentativo po
tevano bene dopo respinta la temeraria accusa di
chiarare la colpevolezza nella lesione senza sospetto
di esporre il giudicabile a nuovi ed ingiusti pati
menti, perchè era nella loro balia d'infliggere una
quantità di pena che si assorbisse nella lunga car
cerazione ingiustamente tollerata dal reo per con
seguenza delle aberrazioni dell'accusa ; oppure di
dichiarare che la carcere sofferta tenesse luogo di
pena. Ma il sistema non concede altrettanto al giu
17

rato : ed egli adopera quelle forme che può, perchè


altre a lui non ne porge la legge, e perchè giudica
col senso morale calcolatore sempre della sostanza
e disprezzatore delle forme. Non ai giurati pertanto
ma alla propria intemperanza rimproverino gli ac
cusatori questi che essi chiamano sconci, e che in
ultimo tornano a religioso omaggio della giustizia.
Tacerò delle opinioni manifestate dallo esimio
Magistrato intorno alle competenze giudicatrici in
penale : ma non posso tacere di quella che egli chia
ma proposta ardita, e veramente lo sembra, ma che
è meritevole di seria considerazione. Egli esterna
il desiderio che il metodo della citazione diretta si
estenda anche ai reati di alto criminale, e così alle
Corti di Assise nei casi di malefizio flagrante. Questa
proposta ( purchè doverosamente attuata ) reca im
menso, incalcolabile, beneficio sotto il punto di vista
della esemplarità ; e non pregiudica, anzi giova as
saissimo al trionfo della verità, purchè peraltro ri
mangano salvi tutti i diritti della difesa , e non si
trapianti al criminale il metodo vizioso col quale è
instituito dal presente codice di procedura il cosi
detto metodo della citazione diretta. Il giudizio per
citazione diretta ricondurre dovrebbe al puro siste
ma accusatorio ; e non già far luogo ad una inqui
sizione privilegiata e più tenebrosa, che diminuisce
le guarentigie della innocenza ( 1 ). Qui rimane tut
tora nella mia mente il solco profondo che vi la
sciarono le eloquenti parole di Théz a rd (Revue
de legislation, année 1870-71 , pag. 583 ). Questo
>

pubblicista non è recisamente avverso alla abolizione

(1 ) Vedasi ciò che dico nel seguente opusc . II, al cap. 5.


VOL . IV . 2
18 -

della pena di morte ; ma vorrebbe che il supplizio


si limitasse ai soli casi nei quali esso può applicarsi
quasi immediatamente dopo il delitto, perchè allora
si è più certi di non errare, e si corre minore peri
colo di eccitare con la pena la popolare pietà . In
quanto a me non transigo sulla pena di morte ; ma
le osservazioni che condussero il giurista francese
ad elogiare il metodo Americano del giudizio così
detto di Linck, hanno grandissima forza, perchè
strappano la penalità dal falso ed iperbolico terreno
della difesa indiretta ( fatalissima fonte di tanti er
rori ) e ravvicinandola alla sua genesi naturale la
riconducono nel campo della difesa diretta. Applicata
alle pene reparabili ed ai casi di vera flagranza la
proposta del Cesarini mi piacque ; ma non posso
omettere due osservazioni sulla medesima. In primo
luogo non concordo che non possa esservi occasione
di un decreto di non luogo ad invio nei reati fla
granti. E come no ? Il moderame della incolpata
difesa non può egli essere giustificato a luce me
ridiana da dieci spettatori della micidiale aggres
sione ? Lo stato di necessità in cui versava il colpevo
le di una demolizione violenta eseguita per repellere
dalla propria casa la invasione di un incendio di
voratore ( ipotesi testé immaginata da Schaper)
non può ella essere intuitiva ? L'altra osservazione
che qui stimo necessaria, e sulla quale davvero io
non ammetterei transazione, si è che il metodo della
citazione diretta fa sorgere nella difesa il diritto
alla illimitata citazione di testimoni e ad ogni do
manda di più complete verificazioni. Quando la difesa
preparò le sue armi sopra una scritta procedura può
tollerarsi che la facoltà insindacabile di produrre
19

prove della innocenza si costringa entro certi periodi


e si subordini a certe forme. Ma dove quell' agio di
preparazione non fu , la difesa deve essere assoluta
mente libera di citare i contesti inopinatamente
accennati da un testimone, o suggeriti a lei da
mendaci e non prevedute deposizioni, o di chiedere
quelli accertamenti di luoghi che demoliscano le
inesatte o fatue descrizioni dei fidefacienti; e ciò
senza nessuna subordinazione ai poteri discrezionali
del Presidente, o ' restrizione irragionevole di tempo.
Non avvi desiderio di economia o di- celerità che
valga a coartare in un letto di procuste i sacri
diritti della difesa. E questa osservazione io stimo
tanto giusta che se la si fosse ( ardisco asserirlo ) pre
sentata alla mente dell'oratore, egli stesso l'avrebbe
spontaneo recata innanzi come condizione di sua
proposta.
Scese per ultimo l'illustre oratore sul terreno ar
dente della giuria, della quale mostrossi caldo ama
tore purchè radicalmente se ne purgasse l' opera
dai troppi vizi fra i quali parve si volesse sommer
gere col pessimo ordinamento attuale. E qui sarebbe
troppo lungo il seguirlo. Dirò soltanto che fra le sue
varie proposte piacquero generalmente a tutti ( ed
a me sovra tutti) quelle relative alla surroga della
elezione invece della sortizione quanto al giurato
capo : quella dell'abolizione del riassunto presiden
ziale : e quella dell' abolizione della ricusa incondi
zionata per parte del Pubblico Ministero, ricusa
cotanto priva di senso da fare meravigliare e ren
dere inesplicabile il come siasi introdotta. Queste
riforme, e le ragioni splendide con le quali le con
fortò l' oratore, non sembrano a me suscettibili di
20
contrasto . Soltanto mi parve che alla negazione giu
stissima del diritto di ricusa incondizionata nel Pab
blico Ministero l'oratore contradicesse quando pro
poneva lo intervento del Pubblico Ministero nella
formazione delle liste . Questo ebbe agli occhi nostri
sembianza di concedere il più mentre toglievasi il
meno, di togliere uno per rendere dieci. O si ha
fede nei Magistrati, o non si ha . Se si ha fede in
questo rispettabile corpo, è inutile incatenarlo anche
nella purgazione delle liste al sindacato del Pubblico
Ministero . E non solo è inutile ma ci parve anche
contradittorio. Saviamente erasi dal Cesarini
propugnata l'altissima verità che il potere esecutivo
non dovesse aver parte nelle eliminazioni dei giu
dici popolari . E questa altissima verità voleva essere
accettata completamente in quanto a tutti gli organi
del potere esecutivo, senza distinzione e senza limi
tazione . Indipendenza perfetta della giustizia da ogni
pressione governativa come da ogni pressione po
polare : questo è il nostro voto supremo perchè ab
biamo fede nei Magistrati .
Giustamente ancora invei l' oratore contro le cosi
dette ricuse per compiacenza. Costume deplorabile,
e vergognoso in chi domanda tali ricuse come in
chi le concede. In chi le domanda è indelicato chie
dere al patrono che tradisca lo interesse del pro
prio cliente. È brutto nel difensore che le accorda,
perchè per riguardi suoi personali di amicizia, o di
deferenza, priva il cliente dei giurati più intelligenti
e più onesti . Ma pur troppo tali domande ci asse
diano, ed occorre talvolta grande coraggio morale
per sapervi resistere, e questo ci frutta sovente
egoistiche nimistà : nè avvi modo di prevenirle col
21
sistema attuale . Laonde avrei desiderato che il sa
piente pubblicista avesse a questo luogo portato le
sue meditazioni sul metodo Svizzero, il quale serve
alla economia, e tronca nella radice questo incon
veniente, chiamando il difensore alla ricusa dei giu
rati qualche giorno prima della udienza, e così ri
chiamando alla Corte i soli giurati non più ricusabili.
Finalmente ci fermò un'altra idea gravida pur es
sa di senno. Lamentò il Cesarini parecchi sconci
inseparabili dal metodo di consegnare tutte di un
getto le questioni ai giurati : nè tutti li sconci ine
renti a questo metodo furono da lui enumerati,
poichè ve ne sono anche altri e più gravi, dei quali
mi riserbo a dire in altro apposito ragionamento.
Più naturale sarebbe che sola e preambula si pre
sentasse ai giurati la questione sul fatto principale,
la quale negata risparmia ogni altra questione : e
che solo dopo l'affermazione di questa si presen
tassero ai giurati le successive subalterne questioni
sulle aggravanti, e poscia quelle relative alle scuse,
seguitando così l'ordine logico, e risparmiando do
mande ipotetiche che spessissimo sono destinate a
rimanere senza risposta. Il nuovo proposto metodo
sarebbe indubitatamente migliore sotto ogni rispet
to. Ma la sua attuazione incontrerebbe gravissimi
imbarazzi materiali per lo andare e venire della
Corte e della Giuria : imbarazzi accresciuti in certe
Provincie dalle miserabili località assegnate alle
Corti di Assise, con vituperosa vergogna di certi
Municipii i quali più cura si pigliano di uno spet
tacolo che non del tempio della giustizia ; e più de
cenza osservano pel camerino di una ballerina che
non per la sacrestia dei patroni e per il santuario
22

dei giudici cittadini . Ma in quanto a me non sarei


trattenuto da questa difficoltà , perchè io persisto nel
desiderio che già svolsi in altro scritto (1 ) voglio
dire il desiderio dell' abolizione della Camera di
'
Consiglio pei giurati. Dissi allora le mie ragioni, nè
più voglio tornarvi sopra. Dico soltanto che in que
sto desiderio io persisto, perchè senza ciò la con
vinzione individuale, che tanto si elogia, sarà sem
pre una menzogna e una ipotesi continuamente ro
vesciata : e perchè non so persuadermi come non
possa farsi da noi quello che senza inconveniente
fu fatto dai nostri maggiori. Il desiderio del Cesa
rini si ricongiunge col desiderio mio, e nella com
binazione di questi due pensieri io scorgo lo ideale
del meglio possibile nella discussione e nella deci
sione delle cause criminali. E dico anche nella di
scussione, perchè io vorrei la riforma completa.
A qual pro consumare qualche ora di tempo nelle
splendide arringhe con le quali si sostengono da
un lato, e dall'altro si confutano o le aggravanti o
le escusanti ipotetiche, quando forse i giurati hanno
già scritto nel cuore la negazione della colpevolez
za ; e rinnuovare così le celebri controversie sul
dente d ' oro !

Queste cose da me pensate io volli rendere di


pubblica ragione, non per fare atto di ossequio al
l'illustre magistrato ( la sapienza e fama del quale
non ha bisogno dei miei poveri encomii ) ma perchè

(1 ) Vedasi il mio scritto pubblicato nel Giornale delle


leggi di Genova , anno II, pag. 161 , ed anno III, pag. 341 ;
2

e che riproduco in questo volume , Opusc. III.


23

le nobili aspirazioni del Cesarini acquistassero


più larga divulgazione : perchè i dotti potessero far
ne argomento dei loro studi: perchè venissero ad
infiltrarsi nella coscienza dei giuristi, e la pubblica
opinione potesse spingerle nell’aula legislativa, onde
l'Italia intelligente possa una volta cessare da quella
sua troppa ripetuta lagnanza ogni mutazione di
legge è un peggioramento.
20 gennaio 1872.
II .

I DISCORSI DI APERTURA
5
I DISCORSI DI APERTURA

Dooms

Sed patriae prosit, id porro sufficit, optem


PETRICCIOLI Carmen Parva in magnis.

CA P. I.

Psicologia

Ella è consuetudine antichissima ed universale che


i corpi morali e le associazioni di uomini costituite
ad un fine speciale abbiano in certe ricorrenze di
tempo una riunione solenne dei loro membri, quasi
per ricordarne e stringerne la fratellanza : e che a
tali occasioni sia il perno della festività un discor
so recitato da alcuno dei più eminenti personaggi
di quel collegio. Ebbero tali ricorrenze le congre
gazioni religiose e morali ; le associazioni indu
striali ; le ebbero i corpi accademici, i corpi inse
gnanti ; e via così discorrendo.
Non è dunque meraviglia se anche ai sacerdoti del
la giustizia si venne adattando quel costume, costi
tuendo una ricorrenza nella quale si chiamassero a
convegno tutti gli ordini di quel sacerdozio nelle re
spettive città ; e non è meraviglia se questo giorno di
affratellamento della Curia con le Magistrature si
28

volle ravvivato con qualche eloquente ragionamento


relativo agli oggetti precipui di quella fratellanza.
Siffatti riti furono nelle prime origini loro inte
ramente spontanei : inspirati il più delle volte da
un sentimento religioso che spingeva i soci a con
gregarsi per fare collettiva invocazione dell'aiuto
divino a pro delle respettive intraprese ; ed ispirati
altra volta dal bisogno di rinnovellarsi mutue atte
stazioni di fede ed alleanza nel sodalizio ; o da al
tre particolari cagioni.
Ma in quanto alle riunioni dei rappresentanti del
la giustizia la necessaria incarnazione di questa ne
gli ordini governativi produsse il duplice effetto di
rendere quei convegni obbligatorii per legge ; e di
circondarli di pompe fastose : pompe che altamente
cresciute mano a mano che la democrazia venne
allargandosi sulle labbra e dileguandosi nei fatti,
giunsero oggidi a così alto grado anche fra noi da
meritare che il Consigliere Lozzi , con uno di quei
suoi modi sempre eleganti e sempre espressivi , le
designasse col predicato di spagnolesche.
Ordini precisi dell'autorità regolarono quelle fe
stività della giustizia ; e tanto parvero interessanti
che a loro si destinarono nelle leggi generali di
ordinamento appositi articoli. E perchè potesse in
tali occasioni fare autorevole manifestazione di sé
l' ufficio accusante, così si impose che il discorso si
recitasse dal rappresentante del Pubblico Ministero.
La folla accorse curiosa a tali spettacoli : guardò
ed ascoltò silenziosa : nè parve rimanesse traccia di
loro, e ciascuno o sorridente o reverente secondo
le inclinazioni sue, tornò alle proprie bisogne. I filo
sofi osservarono e meditarono.
29

E meditando vennero a considerare se al dispen


dio del tempo e dell'opera rispondesse in quei fatti
una reale utilità. Calcolarono a qual somma ascen
dessero in tutta Italia i processi dormienti che po
tevano essersi condotti a fine in quel giorno : cal
colarono quante fatiche dovevano essere costate
quelle dotte dissertazioni ai parlatori che erano pur
tanti nel reame di Italia : gettarono uno sguardo
di compassione sopra tante famiglie che aspettavano
il pane da una sentenza, e sopra tanti miseri pri
gionieri i quali alla espettativa udivano troppo spes
so rispondere doversi prolungare la sospirata adien
za per la moltiplicità degli affari che assorbivano
il tempo degli ufficiali della giustizia ; e osarono
pensare che fosse sacrilegio negli uomini venduti
al servizio di questa ogni spreco di occhi, di stu
dio, di tempo, e di mente in altri argomenti quan
tunque speculativamente utilissimi .
Vennero poscia questi pensatori a dubitare se
ciò che può essere fomite di concordia in ogni altra
consociazione libera dove non siano a temersi le
gare di gerarchia e le tenaci divergenze di opi
nioni , non fosse invece cagione di pregiudizi e di
scandali in un corpo dove esistono troppi germi di
antagonismo ; i quali per il pubblico bene dovreb
bero soffocarsi quanto meglio si può, e dove sarebbe
il soffocarli impossibile, sarebbe almeno conveniente
serbare lontano per ogni modo dalla cognizione del
pubblico lo spettacolo dei loro tristissimi frutti. E
qui ricordavano quel celebre motto di Napoleone pri
mo lavez votre linge sale en famille.
Ma quando più attentamente contemplata la cosa
nel suo pratico svolgimento quei pensatori osserva
30

rono e toccarono con mano come le umane passioni


trovassero anche in queste solennità una occasione
di sbrigliarsi, essi si fecero più serii nelle proprie
dubitazioni, e convertirono i sospetti in certezza.
Certamente la legge che ordinava quel parlamento
non poteva imporre dei limiti ai parlatori . Sarebbe
stato inconveniente restringere la respettiva libertà
del pensiero, ed imporre le opinioni da propugnarsi
e gli argomenti da scegliersi. La legge suppose che
ciascuno dei dicitori sapesse che l'individuo quando
veste la toga deve dimenticare se stesso, e ricordare
di essere sacerdote della scienza : e che sentisse
nell'animo questa grande verità che la scienza ha
per suo necessario contenuto lo amore della uma
nità, senza del quale essa rimarrebbe una idealità
vana ed infruttifera. La legge dovette pertanto la
sciare pienissima libertà ai dicitori in quanto alle
tesi che loro piacesse illustrare nei propri discorsi
ed in quanto alle massime da propugnarsi, perchè
calcolò che alla scelta ed alla opinione dovesse esser
sempre guida purissima lo amore del vero ed il
bene della umanità, anzichè i calcoli ispirati da pas
sioni egoistiche.
Ma qui la legge non sempre colse nel segno, per
chè dimenticò la situazione che essa medesima ave
va fatta all'accusa. Il Magistrato sa che la cosa più
a lui sconvenevole è quella di mostrarsi passionato
e tenace : egli si fa di questo dovere una consue
tudine della vita : ed è ben difficile che abituato per
lungo costume allo infrenamento dei propri affetti
voglia dimenticare questo abito in occasioni cotanto
solenni . Non è altrettanto del Pubblico Ministero,
dopochè spogliò la veste di Magistrato per indossare
31

quella di organo del potere esecutivo. Molti ( ed anzi


dirò la parte maggiore ) di questi ufficiali conside
randosi come successori dei Capoquadri e dei Nic
colini sanno rispettare le tradizioni della freddezza
e della imparzialità, e serbano la prisca dignità della
nobile missione che diede un tempo a quell'ufficio
cotanto splendore in alcune provincie di Italia. Ma
ve ne ha pur molti ( in specie fra i più giovani )
che si illudono col credere essere in loro una virtù
il mostrarsi calorosi e zelanti , fino talvolta alla esa
gerazione ed alla eccentricità. Questo è un fatto con
temporaneo che, quantunque doloroso, è forza venga
confessato da tutti. Di qui nasce che molti di tali
discorsi non si ispirano al santo amore della scienza
e del vero, ma a vedute personali od a passioni dis
dicevoli anche a quella toga.
Fra queste cagioni le meno dannevoli possono
dirsi la neghittosità e la vanità. La prima conduce
alcuni di questi ufficiali a sbrigarsi dalla noia del
pensare e del meditare leggendo la gretta lista dei
numeri forniti loro dai subalterni con una meschina
aggiunta in principio od in fine delle consuete oscil
lazioni del turibolo : e qui tutto finisce. Questo non
è buono, perchè ( come testè scriveva il Prof. T0
lomei ad un mio rispettabile amico ) dovrebbero
i discorsi di apertura essere non una statistica di
numeri ma una statistica morale . Ma ciò non ri
sponde allo spirito della legge, perchè a far nota al
pubblico una filza di numeri, lo affiggere le tabelle
con i quadri formati dalle Cancellerie varrebbe me
glio che una recita a stento udita e presto dimen
ticata. Cosicchè se questo fosse stato il concetto del
l'art. 150 del nostro ordinamento giudiziario sareb
32
be stato un concetto insulso , come tanti altri di certe
leggi novelle, i quali sono spesso frivoli, quando non
sono tirannici . Ma se in questo non vi è bene, bi
sogna però convenire che non vi è un gran male,
poichè quei discorsi lasciano il tempo come lo trova
no. D'altronde se costoro non si sentono forza di far
di più , val meglio che si fermino qui anzichè si tro
vino spinti a correre innanzi a risico di inciampare
Ugualmente innocue in quei discorsi sono le ispi
razioni della vanità. Queste si rivelano chiare in
certe pitture di delitti scoperti nell'anno ; o di certe
condanne ottenute, le quali si ricordano con esal
tanza ad elogio dell'ufficio locale e di sè medesimi .
Ed anche qui niente avvi di male. Anzi se può dirsi
non emergere da tale sistema alcun bene alla scien
za, certo è che ne deriva un bene a quella città,
perchè ( quantunque il saggio ne rida ) il pubblico
colà riunito se ne parte con animo più tranquillo e
sereno per la fidanza ottenuta nella efficace opero
sità di coloro che vegliano alla tutela giuridica.
E questo è il supremo fine della giustizia, cioè la
tranquillità. È un vaneggiamento quello di coloro i
quali fingono credere che la legge penale debba
farci sicuri nel rigoroso senso della parola . Costoro
ai quali piace sovente tacciare noi di utopismo, pro
fessano essi medesimi con tale credenza una vera
utopia che mai sarà realizzabile, e che minaccia di
spingere il giure punitivo ad una progressività di ri
gore che mai avrà confine, e che mai raggiungerà
il sognato suo scopo, per la evidente ragione che
mai si potrà estirpare di sulla terra il delitto, come
mai se ne potrà estirpare il peccato malgrado le
inevitabili e paurose minacce della legge divina.
33

Tutto quel più che deve sperarsi dagli ordinamenti


penali è lo accrescimento della opinione della indi
viduale sicurezza . La sicurezza effettiva reale e co
stante se può sperarsi nell' altra vita è una utopia
nella presente . Quando pertanto in uno di tali di
scorsi io ascolto i vanti dei trionfi ottenuti dall ' uf
fizio in quell'anno sopra il delitto, io potrò dire che
scientificamente quel discorso non ha certo valore,
ma serberò buona stima di quel funzionario ; e sen
tirò che politicamente quel discorso ha prodotto
qualche cosa di bene, e certamente ( ove altro non
fosse) non ha rimandato il pubblico con l' animo
scosso da sospetti e paure e tutto trepidante per il
proprio avvenire, come accade dopo certe parlate
che battono opposta via.
Non trovo però altrettanto innocui questi discorsi
quando rivelano le ispirazioni di altri non lodevoli
affetti come la ferità, l'ambizione, l'odio e la ven
detta di torti supposti patiti . Allora io mi addoloro ;
perchè veggo del male là dove sperava trovare
qualche cosa di bene .
Noi attendemmo con ansietà quelle ricorrenze per
abbeverarci ai fonti di elevata dottrina. Ma bisogna
pur confessarlo che fra i moltissimi i quali ispirano
le loro parole allo imparziale affetto del vero e della
progrediente civiltà, ve ne sono alcuni ( e il numero
ne sembra pur troppo crescente ) che pigliano quella
occasione per farsi guerrieri acerrimi di un passato
che noi credemmo fin qui condannato all'oblio. Co
storo mi rappresentano un nucleo di pochi pigmei
che si affaticano attorno ad un grosso macigno. Quel
macigno stava un tempo sull' alto delubro di una
montagna. La sua speciale gravità ed una legge
VOL . IV . 3
34
suprema impostagli dalla natura lo fece nel corso
di secoli poco a poco calare abbasso, fin quasi alla
base della montagna perchè poi raggiungesse con
movimento ulteriore e costante la ultima sua de
stinazione . Ora quei pigmei si arrabattano attorno
a quel macigno urtandolo da ogni lato con mani e
piedi per risospingerlo alla vetta del monte, e di
nuovo nasconderlo nel suo antico delubro. Ma il ma
cigno resiste ; e se le forze di quei meschini possono
qualche momento fermarne la discesa, dovranno essi
cadere ben presto spossati, e il predestinato conti
nuerà il suo cammino passando sopra di loro.
Quel macigno è la verità che per la incessante
elaborazione della intelligenza umana, è venuta nel
progresso civile ogni giorno allargando la sfera della
sua attività. Quei pigmei sono gli uomini che abu
sano della dialettica e delle arti oratorie perchè la
verità torni a celarsi agli occhi degli uomini e tor
nino a regnare le tenebre. E sembra proprio che
fra costoro siavi un sodalizio giurato, una mostruosa
alleanza per richiamare ad uno ad uno alla vita gli
antichi errori e per fare una guerra lenta e spic
ciolata, ma incessante e accanita, contro tutte le
conquiste della scienza civile nel giure punitivo. Ora
ne ascolto uno venire piagnucolando a ricordare i
verdetti assolutorii pronunziati nell'anno, deploran
doli come altrettante calamità e violazioni di dovere ,
perchè al suo modo d' intendere il dovere dei giu
rati è soltanto quello di condannare. E qui chiaro
si scorge ad un tempo il triste connubio di un ani
mo crudele, e di una mal celata antipatia contro le
liberali istituzioni .
35

Ora un altro si fa a propugnare la inaudita teo


ria che in caso di parità di voti deve vincere la
condanna, perchè dopo l'atto di accusa si deve pre
sumere la colpa e non la innocenza ; e dissotterra
dal putridumé dei sepolcri la dottrina della purga
zione del reo .
Altri inveisce contro la lealtà dei patroni perchè
non si fanno delatori a sussidio dell'accusa ; Oo per
chè rivelando i soprusi commessi da certi ufficiali
a danno dei loro clienti hanno portato discredito al
principio di autorità , come suol dirsi oggidi da co
loro ai quali sembra che l'autorità sociale sia nel
presente secolo una erede legittima degli antichi
Baroni, la potenza dei quali si misurava dalla pro
tezione che potevano accordare ad ogni sopruso dei
loro satelliti . Una idea è propriamente la legittima
discendente dell ' altra .
Altri deplora questo rito e queste formalità nelle
quali pongono la fede loro gli onesti, e vorrebbero
più liberi gli agenti della giustizia nel fare di libito
lecito , perchè secondo essi lo zelo è la virtù per
eccellenza, e conviene lasciargli balia di sbrigliarsi
a suo modo anche a discapito dei più sacri diritti .
Altri rinnuova le lamentazioni di Geremia contro
la Solima della Cassazione, perchè con i suoi annul
lamenti ha fornito a troppi innocenti il mezzo di
redimersi da una ingiusta condanna.
Altri vorrebbe tor via gli Appelli che riparano
alle ingiustizie dei giudicanti inferiori, perchè chi ha
la toga magistrale deve proclamarsi infallibile al
cospetto del popolo .
Altri va più innanzi , e penetrando negli arcani
della giustizia, viene a favellare di processi pendenti
36

per preparare la pubblica opinione ad una futura


condanna, e preoccupare forse l'animo di qualche
futuro giurato ; e tutte queste aberrazioni procedono
principalmente da mal celata ferità di animo .
Altri , immemore della toga che indossa, getta nel
fango l'autorità delle rejudicate, con audacia senza
pari denunciando come altrettante ingiustizie tutti
i verdetti di assoluzione : oppure con temerità anche
maggiore criticando i giudizi dei Magistrati che nel
corso di quell'anno credettero giusto di non adot
tare le sue bislacche opinioni . Costui mostra chiaro
il livore e la bramosia di cogliere una occasione di
personali vendette. E frattanto con una profanazione
mostruosa, al pubblico colà raccolto, egli ( che veste
la divisa dei sacerdoti della giustizia ) viene ad an
nunziare la trista novella che la giustizia mentisce .
Altri non si rattiene dal salire sul tripode legisla
tivo, e farsi oracolo di una interpretazione autentica
restringendo a talento proprio le competenze della
Giuria : e viene a pronunciare come un dogma che
i Giurati commettono abuso, ed eccedono la loro
giurisdizione quando per negare credenza ad un
fidefaciente tengono a calcolo i vizi che rendevano
nullo il suo esame. Stolto pensiero , che suppone po
tersi da un uomo giudicare di un fatto senza ap
prezzare i fonti dai quali emerge la prova di quel
fatto che vuolsi imporre alle sue convinzioni. E qui
si sfoga la passione personale dell'orgoglio, che
quanto è più grande l'errore nel quale si è caduti
tanto più spinge la umana fralezza a sostenerlo con
ogni energia delle proprie forze e ad ogni occasione,
benchè meno conveniente e opportuna.
37

Altri solleva lo spirito audace a più sublime volo,


e invade la sovranità popolare censurando le op
posizioni che si vanno facendo in Parlamento o in
Senato a qualche progetto ministeriale . Metodo che
lascia trasparire in tutta la sua nudità la specula
zione ambiziosa sulle gratitudini ministeriali, e dà
occasione al falso sospetto di una obbedienza pas
siva ad ordini speciali scesi dall'alto. Osservarono
i filosofi con verità che l' ambizione è più spesso
fomite di grandi opere e di virtù che di vizi . Ma
questo può avvenire dove la umana attività si ag
gira nella sfera della vita privata. Pericolosa invece
diviene troppo sovente quella passione quando a
servirla si usufruisce un ufficio pubblico ; e special
mente un ufficio che attiene agli ordini di giustizia.
Borely che con tanta dignità sostenne in Francia
l' ufficio di Pubblico Ministero riconobbe francamen
te ( de la justice et des juges vol. 2, pag. 448 ) i gra
vissimi danni inferiti alla giustizia per le ambizioni
mal governate dei giovani Procuratori del Re. Il faut
plaindre ceux qui ne voient dans l'exercice du pou
voir que le moyen de satisfaire leurs ambitions et
leurs passions personelles.
Ma quale è dunque quest' aura che ispira tante
esagerazioni ? Sono forse tatti costoro i monogram
ma jurisperiti qui severitate mentis simulant scien
tiam, come già disse Cujacio, e che immaginano
potere per loro uno ostentato rigorismo fare le veci
della sapienza ? Sono fanatici illusi per cattivo latte
al quale si siano abbeverati ? Sono ambiziosi spe
culatori che veggono nella rigidità delle opinioni il
più sicuro sgabello a salire ? Sono per loro sventura
quei cuori di acciaio dei quali favelló Tommaseo
38
descrivendo nell' aureo suo libro del supplizio di un
Italiano a Corfi i così detti uominipratici ? Io non
voglio cercarlo. Mi è di conforto vedere che questi
pessimi esempi hanno perfetta somiglianza coi mia
smi mefitici : i quali ingrossando in paladose bassu
re non giungono a turbare l'aere ossigenato e pu
rissimo delle sublimi : montagne. Ed amo meglio
togliermi dall'animo l'amarezza che vi destano
questi voti inauditi e quasi dissi insensati , volgen
domi ad altro lato, e riposandomi l'animo sui discorsi
inaugurali ( che pur ve ne ha molti ) ispirati al sin
cero amore della scienza e scevri da ogni veduta
ambiziosa o maligna. Lascio le spine che sono basse
e rade e poco avvertite nel campo, e mi conforterò
il cuore nella contemplazione dei fiori brillanti e
della messe ?
ubertosa, dopo che mi sarò fermato un
istante sugli effetti dei vizi che ho deplorato.

CA P. II .

R e a Z i on e.

La natura morale dell'uomo subisce perpetua


mente le condizioni del pendolo ; il quale quanto più
energico fu l'impulso che lo spinse a levarsi in
alto da un lato tanto più rapidamente ricade nel
basso e va a sollevarsi dal lato opposto, per mera
vigliosa virtù di quello stesso moto a lui comunicato
in contrario, combinato con la legge di gravità. Così
la forza di attrazione genera la forza di repulsione ;
ed è legge suprema ed inalterabile che sia cosi. Gli
eccessi in un senso producono la reazione nel senso
opposto. Il dispotismo si alterna con la licenza, la
39

superstizione con la incredulità, e le genti si agitano


senza posa in un vortice perpetuo di mutamenti.
Tutti gli eccessi eccitano la reazione cosi nelle gran
di cose come nelle piccole. E non è da stupire se
gli eccessi di alcuni Procuratori del Re e loro So
stitati, che abusarono della libertà concessa loro nei
discorsi inaugurali per farsi apostoli di severità e
di regresso, e per dare sfogo a segrete passioni ec
citassero un movimento di reazione . Troppe erano
le - suscettività vulnerate ( per non dire gli insulti
patiti ) perchè dalle ire non sorgessero le ire.
Già in Francia la bandiera della abolizione dei di
scorsi inaugurali erasi inalzata dall'ottuagenario Bo
rely nella sua interessantissima opera che ha per
titolo de la justice et des juges, pubblicata a Parigi
nel 1871. Questo uomo invecchiato sullo scanno del
Pubblico Ministero, consacra un capitolo a pag. 438
del suo 1.º volume a dimostrare gli inconvenienti del
le solennità inaugurali e dei discorsi che ne fanno la
principale sostanza . Ma anche in Italia cominciò
la battaglia, ed oggi ne siamo gli spettatori. Severe
parole pronunciava testé al Senato lo illastre Bor
gatti contro questa vanità : chè soltanto dal lato
della vanità prese a considerarla quel sapiente Giu
reconsulto. Poi si destò il giornalismo, ed i discorsi
inaugurali dei Regi Procuratori furono da quel no
bile intelletto che è Domenico Giuriati vi
vacemente aggrediti con due corrispondenze inse
rite nel Giornale dei Tribunali di Milano. Raccolse
il guanto il Cav. Gaetano Foschini , e, con
una dotta monografia pubblicata nell'Eco dei Tri
bunali di Venezia si studiò confutare le censure
lanciate in quelle due corrispondenze fino a quel
- 40

giorno anonime. Ma questo sapiente lavoro ( diretto


principalmente a difese personali ) eluse il problema
principale mercè una erudita esegesi dell'art. 150.
Allora il Giuriati gettò il velo e nel n . 27 an
no 2 del Giornale dei Tribunali di Milano, ribadi
le sue critiche , e prese a confutare il suo oppositore.
Intanto il Consigliere Carlo Lozzi nei suoi
saggi crilici, che viene periodicamente pubblicando
nella Rivista Europea sotto il titolo la Giurispru
denza colta in Italia ( lavoro pieno di senno e di
grandissima utilità ) portò anch'egli le sue conside
razioni ( saggio 11, tesi 3 ) sui discorsi inaugurali
dei Pubblici Ministeri. Disse che a buona ragione
li aveva anatemizzati Borgatti al Senato ; li de
nominò affumicature di muso e polvere negli occhi :
narrò dolorosissime storie di scandali che ne erano
derivati , ma fini poi col non aderire alla loro totale
abolizione , mettendo innanzi un suo progetto che
equivale ad una abolizione parziale, perchè le con
dizioni da lui proposte non mi paiono attuabili tran
ne che nelle Corti Superiori. Il dado è tratto, e forse
mentre io vergo rapidamente queste libere paro
le, altri sta aguzzando le armi per la offesa o per
la difesa , ed altri meditando seriamente sull'argo
mento prepara qualche radicale lavoro.
Questo io davvero non presumo di fare, nè mi
accingo a tentarlo. Anche qui mi limito a cogliere
la occasione per manifestare alcuni pensieri miei
come osservazioni fugaci e non come discussione
matura .
1.• La questione dei discorsi inaugurali si è guar
data fin qui sotto due distinti punti di vista. Si è
guardata sotto l'aspetto scientifico ed astratto cer
41

cando se, e come, e dentro quali limiti sia conve


niente di mantenere questo costume : questione a
diritto costituendo. Si è poi guardata sotto un punto
di vista concreto ponendola a confronto con l'artico
lo 150 del nostro ordinamento giudiciario, e questo
alla sua volta ponendo a confronto con i precedenti
ordini Sardi e Francesi. Il primo confronto ha con
dotto talvolta a questioni personali , poichè interpre
tando l'art. 150 in un concetto tutto tassativo che
a quei discorsi imporrebbe ( secondo alcuni ) i me
schini limiti di un riassunto statistico dell'anno
caduto, si venne in certa guisa a criticare coloro
che uscendo dall'arido campo dei numeri si lan
ciarono a speculazioni scientifiche od a più larghe
contemplazioni. Il secondo confronto ha autorizzato
a dire che l'attuale nostro ordinamento giudiciario
segna un notevole progresso sulle leggi antecedenti
le quali autorizzavano i Regi Procuratori a chiudere
i loro pubblici discorsi con requisitorie dirette a
reprimere gli abusi commessi dalle magistrature nel
corso dell'anno ; lo che era bene la più oscena cosa
che potesse farsi al cospetto del pubblico.
2.° In ordine a quest'ultimo punto di vista io mi
permetto una osservazione generale che vorrei stesse
fitta in mente a tutti i lodatori di leggi nuove : il
progresso non è che relativo. Questo non si vuole
sempre capire. Ciò che fa progresso lodevolissimo
in certi paesi ed in certi tempi, è un regresso de
plorabile in altri tempi ed in altri paesi . Dove ogni
imputato si dava inesonerabilmente alla carcere fu
un progresso carcerare e poi provvisoriamente li
berare. Ma dove questa carcerazione non era dap
prima, la identica legge non segnò un progresso ma
42

un regresso : non un incremento ma un restringi


mento gravosissimo delle civili libertà. L'Alcorano
come testè avvertiva Dugat ( legislations des etats
musulmans) segnò una era di sensibile progresso in
certe regioni dell'Affrica dove la religione di Mao
metto estirpò l'antropofagia : ma non lo era dav
vero quando voleva trasportarsi nell'Occidente di
Europa . Il codice penale Francese del 1810 fu pro
gressivo per la Francia che usciva dalle barbare
ordinanze dei suoi Reali : ma quando la Reggente
volle importarlo in Toscana per sostituirlo al codice
Leopoldino esso empi gli animi di raccapriccio e
ribrezzo. Quando pertanto si discute la bontà di una
nuova legge e la convenienza di mantenerla od
emendarla, può essere di gran valore contro la me
desima il paragone con le leggi anteriori quando
queste erano migliori. Ma finchè la argomentazione
si fonda sul dire che le leggi vecchie erano peg
giori, la difesa della legge nuova non ha fatto che
la sua prefazione. E coloro che pigliano questa facile
via per servire al preconcetto loro di sempre lodare
quello che viene dall'alto, gettano un velo sulle cri
tiche, ma non le combattono .
3.º Del resto sulla interpretazione dell'art. 150 del
nostro ordinamento giudiciario io non voglio portare
diligenti considerazioni, perchè la mente mia non
si presta a severi studi sopra leggi che considero
come transitorie ( parlo della materia penale ) e come
nuvole che presto dovranno essere ricacciate di là
dalle Alpi . Soltanto dirò che la eloquenza dei nu
meri non giova si esponga a voce e si consegni agli
orecchi, ma ha bisogno di essere consegnata al sen
so degli occhi, unico adattato ai necessari ravvici
43

namenti . Laonde se questi discorsi dovessero essere


una mera esposizione di numeri non saprei vederne
la utilità, per quanto l' espositore di quei numeri vi
aggiungesse le sue ragionate osservazioni, perchè il
pubblico non potrebbe essere giudice della esattezza
di questi. E mi permetterò ancora di ricordare le
parole che non ha guari scriveva Nicola Gae
tani - Tamburini - l'Italia terra degli im
provvisatori suole improvvisare anche le statistiche
per evitare pazienti lavori. I Ministri ordinano ai
capi di uffizio ; i capi di uffizio ai subalterni ; i su
baiterni agli inferiori : a chi siede in alto pervengono
fogli pieni di cifre, ed egli non sa in qual modo e
da chi si siano quelle cifre raccolte . Ma gli Avvo
cati che per bisogno di studiare i processi sono
spesso costretti a passare lunghe ore nelle Cancel
lerie, osservano come e da chi si raccolgano quelle
cifre, si definiscano i titoli dei reati, si classino le
condanne e le assoluzioni ; in una parola si gettino
quelle basi che dovranno essere le pietre angolari
delle future statistiche ufficiali. E non è possibile
che reprimano un sentimento di scetticismo sulla
loro esattezza. Ed io che sono avvocato compresi
pur troppo il motto del mio collega di Brescia, quan
tunque non abbia l'onore della personale sua co
noscenza .

4.° In ordine alla questione astratta io certamente


riconosco e deploro la bruttura di certi scandali che
avvengono ad occasione delle prediche di alcuni
Pubblici Ministeri . Trovo per questo lato ragione
vole la censura, e propendo verso coloro che in jure
ferendo li vorrebbero tolti via. Ma io dico a costoro
che il male non sta nei discorsi ; ma bensi in tutta
44

la odierna istituzione del Pubblico Ministero, e che


la guerra non deve portarsi alle fronde dell'albero,
ma alla sua ossatura. Tutto il male sta nella radice
dell'albero. Non agli svolgimenti dei principii ma
al principio cardinale deve portarsi la guerra ; come
fece ultimamente lo illustre Carcano, il quale
può dirsi che propriamente afferrasse il toro per le
corna, e sprezzando gli accessori penetrasse al vero
fondo della questione. Se la logica o la politica esi
gono che il Pubblico Ministero sia un agente del
potere esecutivo se ne moderino indistintamente
tutti i poteri, e specialmente tutti quelli ( e tutti
indistintamente ) che a lui conferiscono autorità e
sindacato sopra la magistratura. Senza ciò sarà ine
vitabile che le velleità di certi Procuratori del Re
agognino come ultima meta di ogni loro sforzo
quella di ridurre i Magistrati alla abietta condizio
ne che Pellegrino Rossi ( inelanges, Pa
ris 1867, vol. 2 , pag. 409 ) così al vivo dipinse col
motto ,machines à sentences. Rappresenti l'ufficio
dell'accusa una parte , come altra parte rappresenta
l'ufficio della difesa : ma ambedue subordinate ugual
mente alla autorità dei Magistrati giudicanti. Fuvvi
chi disse che il Pubblico Ministero era il figlio pri
mogenito della giustizia. Cronologicamente il Pub
blico Ministero che accusa i colpevoli può attri
buirsi una tale qualità, perchè l'accusa è il primo
momento nel quale la giustizia penale si estrinseca.
Ma il Pubblico Ministero che aspira al sindacato
dei Magistrati non è davvero un figlio della giu
stizia, perchè se fosse tale sarebbe un Oreste. Es
so è il figlio della politica, che ognuno troppo co
nosce come un pseudonimo della tirannide. Figlio.
45

della politica esso è della giustizia il nemico peg


giore, se gode balia di vincolare in qualunque mo
do o diretto o indiretto la coscienza dei giudicanti .
E quando in uno stato che vanta aver conquistato
la libertà si è tollerato che la santa idea del pub
blico accusatore assumesse figura siffatta ; quando
a lui si sono date le cento mani di Briareo, vorre
mo fare gli schifiltosi perchè abusa della parola ?
Oh ! singolare suscettività , tollerare che un organo
del potere esecutivo opprima i giudicanti col fatto,
e poi fare le meraviglie se egli profitta della occa
sione di un discorso solenne per opprimerli con la
parola ! Dal più nasce il meno per logica necessità.
Nè a me piace far guerra al meno finchè si tol
lera il più .
In un governo costituzionale il Ministero rappre
senta necessariamente un partito. Se il Pubblico Mi
nistero è l'organo del potere esecutivo deve per
necessità essere partigiano. Se la magistratura pei
suoi giudizi è sottoposta al sindacato di questo Pub
blico Ministero è dunque inevitabile che la giustizia
diventi partigiana. Ma la giustizia partigiana non
sarà mai giustizia .
5.° Quando un albero con la sua aggia isterilisce
il giardino, non giova distaccarne qualche fronda .
Tutto il male viene sempre ed in ogni argomento ,
dalla radice. Che se nella istituzione non si fosse
così voluto, bene si comprende che il sindacato su
periore avrebbe presto potuto porre un argine allo
straripamento di questo abuso. Un monito ad ogni
maligna insinuazione che abbia offeso o i Magistrati,
o i Giurati, o la Curia ; e ( e dove non bastasse il
monito ) un temporaneo indietreggiamento di situa
46
zione in pena di quella tracotanza avrebbe tran
quillizzato i sospetti e le reazioni ; avrebbe rimesso
sul retto tramite i fuorviati ; e sarebbe servito di
salutare esempio a tutti i neofiti del Pubblico Mini
stero la maggior parte dei quali ( non giova nascon
derlo ) ha nell'animo la speranza di progredire col
mettersi in evidenza mercè un abuso di zelo ed una
mostra di esagerato rigorismo . Una prova di contra
ria volontà che avesse dato il Governo avrebbe im
posto perpetuo silenzio a questi oppositori perpetui di
ogni progresso, a questi seminatori di zizzanie, a que
sti schiavi di personali passioni . Ma il Governo (o ma
le informato o troppo bene informato ) è andato per
opposti modi ; ed il male si è fatto più rigoglioso .
D'altronde non bisogna dimenticare la situazione
eccezionale che si è fatta all'Italia nell'ultimo de
cennio. Il Governo liberale ha proceduto in quanto
agli uamini per via di conciliazione, ed ha raccattato
tutti i ferri vecchi dei passati Governi . Ed in questo
ha fatto benissimo. Ma la imprevidenza è stata nella
destinazione degli uomini vecchi , che si sono pruden
temente e giustamente conservati in ufficio. Non
era prudente trasportare i ferri delle vecchie polizie
nel delicato ufficio del Pubblico Ministero. Le abitu
dini difficilmente si sradicano dal cuore umano . Si
è vedato in alcune provincie sedere come giudice
qualche degna persona che fu acerbamente persegui
tata dai cessati Governi : e si è veduto ascritto alle file
del Pubblico Ministero ed armato dei suoi smisurati
flagelli tale altro che per lo innanzi era stato stru
mento di quella persecuzione . Era egli possibile che
le antipatie e le vetuste ire tacessero quando si
trovavano a fronte i discepoli di Capece Minutolo,
- 47
e gli allievi dei Bandiera e dei Menotti ? Voleva
necessità, voleva giustizia, voleva politica che gli
uomini vecchi si conservassero, perchè non tutti ave
vano servito i despoti per convinzioni devote, e per
chè vi erano luminari di scienza che non dovevano
togliersi alla utilità della patria. Dovevano usufruirsi
costoro . Ma non era l' ufficio del Pubblico Ministero
quello che doveva accogliere i ferri delle vecchie
polizie. Un potere già viziosamente costituito nella
radice sua doveva naturalmente farsi anche peg
giore in coteste mani .
E cosi nacque lo andazzo crescente del sindacato
saila coscienza dei Magistrati, lo andazzo delle te
nebrose informazioni, lo andazzo di combattere gli
effati della ragione che avevano guidato la coscienza
di un giudice con maligni sospetti e calunniose in
sinuazioni . Lo andazzo vergognosissimo di gridar
sempre che una sentenza assolutoria è uno scan
dalo quando non è conforme al voto del Procuratore
del Re o del suo sostituto. E lo esempio invase i
novelli venuti ; e di tal guisa più velocemente si
palesò il vizio congenito al nuovo ordinamento di
rendere nemiche due forze che pel pubblico bene
dovrebbero essere alleate ; di portare lo antagonismo
dove occorreva la convergenza ; di creare in una
parola il disordine col nome di ordine .
6.° Ma volendo pur dire la mia sillaba sulla que
stione de jure ferendo, io la guardo in un punto di
vista tutto pratico. E dimando, nascono o non na
scono inconvenienti e scandali dai discorsi dei Pub
blici Ministeri ? Questa è la prima ricerca che deve
farsi. E qui parmi che il rimproccio si possa atte
nuare ma non impugnare. Gli scandali e gli incon
48
venienti sono cose di fatto ormai incontrastabili .
E poichè quei tristi effetti si rivelarono in tutti i
tempi ed in tutti i laoghi, è vano illudersi col sup
porlo un effetto transitorio degli attuali partiti Ita
liani : bisogna confessare che è vizio inseparabile
dalla istituzione combinata con le inevitabili condi
zioni della natura passionata dell'uomo.
E se questo è vero, la ricerca deve volgersi al
l'opposto lato. Questo costume che è cagione di
danno, presenta esso una vistosa e grandissima uti
lità ? Se questa grande utilità mi mostrate, io andrò
d'accordo che prima di perdere un tanto bene con
abolire i discorsi, si studino e si tentino tempera
menti e modi che diano speranza di togliere (se è
pur possibile ) il male, e continuare il godimento del
bene. Ma se questa utilità fa difetto, è vanità osti
narsi , e perder tempo e fatiche in simili studi. Qual
sisia temperamento restrittivo degli abusi lascerà
sempre il pericolo che venga deluso, perchè male
si frena oggi da un precetto di legge la parola che
dimani uscirà veloce dal labbro di un appassionato
parlatore.
Ecco come io la intendo : e in questo modo di
vedere mi limito a correre in traccia della deside
rata utilità. Quale è dessa ?
Si ha forse bisogno di far conoscere al popolo con
uno splendido apparato che vi è una giustizia nella
città ? Tutti bene lo sanno. La giustizia non è una
carovana di giuocolieri girovaghi alla quale occorra
la cavalcata a suono di tromba per le vie affinchè
și conosca il suo arrivo.
La giustizia non è una impresa di lucro alla qua
le occorrano apparati magnifici e colpi di gran cassa
49

per invitare i cittadini a portarle il loro obolo. No :


il popolo sarà pronto a correre alla giustizia per
ogni bisogno che ne abbia ancorchè sia privata dei
sgoi lupercali .
Al rispetto dei sacerdoti della giustizia è forse
necessario il fasto ? A render noto che quei perso
naggi sono dotti e capaci di bel parlare e di pen
sieri profondi, è forse necessaria la cicalata prelimi
nare ? No : l'abilità, la facondia, la erudizione di
quegli uomini si mostrerà ripetutamente ad ognuno
nel corso dell'anno con le requisitorie e con le sen
tenze pubblicamente recitate . E la reverenza verso
i ministri della giustizia deve infiggersi nell'animo
dei cittadini mercè la onestà dei modi , la imparzia
lità degli opinamenti, la severa osservanza delle di
scipline . Non credasi io sia di coloro che vorrebbero
tolto ogni distintivo ai sacerdoti della giustizia. No :
la sacra e classica toga vuol essere mantenuta, ove
altro non fosse per ricordare a chi la indossa che
egli niente può come individuo e tutto quello che
può lo deve a quel simbolo della sovranità della
legge. Ma per dar segno della santa missione basta
la toga nel suo semplice positivismo e nella severa
sua castità. Basta un qualunque segno sensibile per
dimostrare le diverse classi e le diverse attribuzioni
di quel sacerdozio. Quanto meno l'abito esteriore
arieggierà ai costumi delle bajadere sarà tanto mag
giore la sua maestà.
La utilità di quei convegni sta forse nel far pro
gredire la scienza ? Ma chi vieta ai luminari della
accusa e della magistratura lo impiego degli ozi
loro ai più profondi studi scientifici, ed alla forma
zione di opere durature e perpetuamente profittevo
VOL . IV . 4
50
li ? Non furora i discorsi di apertura quelli che
arricchirono le biblioteche dei posteri con le opere
gigantesche del Presidente Antonio Favre . Ai
volumi di questo illustre giureconsulto si volgono
con perpetuo frutto tutti i giuristi, mentre le omelie
inaugurali di Mourre , benchè raccolte in superbo
ed elegante volume, giacciono polverose, dimentica
te, e disutili . Passerà ai più remoti posteri la nomo
tesia penale di quel dotto criminalista che fu Giu
seppe Raffaelli , ma noi dopo mezzo secolo
di studi penali non avremmo avuto cognizione dei
discorsi inaugurali di quel giureconsulto se il suo
degno figlio Eugenio, che con devozione filiale
li serba come ricordo di famiglia, non ne venisse
talvolta riproducendo qualche brano nei suoi pre
gevoli scritti . Non saranno certamente i discorsi di
apertura quelli che tramanderanno ai posteri gli
utili frutti della sapienza di un Niccolini , di
un Puccioni , di un Borsari , di un Paoli .
Ed anzi la matura elaborazione di un punto con
troverso delle nostre dottrine troverà più adatto
campo in un libro che non lo abbia nei ristretti
confini di un discorso nel quale spesso avviene che
la vitalità dei frutti si aduggi per il soverchio lusso
delle fronde. Certamente anche in quest' anno ci
hanno dato i Procuratori Generali alcuni ragiona
menti dottissimi atti ad illuminare le menti degli
studiosi , e profittevoli ad ogni giurista che li legga
e li mediti : e ( limitandomi alla Toscana ) merite
voli di encomio sono stati anche questa volta i di
scorsi di Conforti e di Cesarini, dei quali
dirò fra poco più in largo. Ma io non posso togliermi
dal pensiero questa credenza che anche senza la
51
occasione dei discorsi quei due dottissimi magistrati
avrebbero consegnato alla scienza i frutti delle loro
meditazioni ; tranne che raccogliendo questi sotto la
forma di un libro scientifico anzichè sotto la forma
di una effemeride occasionale, parmi che la utilità
per il lato della dottrina ne sarebbe riuscita più
grande e più permanente.
La statistica (si dice) la statistica : ecco la grande
ragione e la necessità di quei discorsi. Ma chi è che
neghi la utilità perenne che al progresso della scien
za penale debbono fornire i buoni studi statistici ?
Questo è un punto incontrastabile. E ben lungi dallo
sprezzare la statistica noi vorremmo che meglio se
ne vigilassero le fonti ed i modi e le cautele adatte
a raccoglierne gli elementi numerici , onde evitare
il pericolo che la ignoranza o la neghittosità di uno
scriba convertendo talvolta un titolo in altro titolo,
un numero in altro numero , trasportasse poi dei
grossi equivoci nei resoconti ufficiali. Ma qui non è
la questione. Non si dabita della utilità di questi
lavori . Si dubita soltanto della utilità di una annuale
lettura solenne di quei numeri al cospetto del pub
blico che poco ne intende e non può cavarne co
strutto ; si dabita se meglio non servisse al bisogno
una pubblicazione autentica adattata a rimanere
sotto la mano dei posteri . La statistica non si co
struisce nè in un anno nè in cinque. Gli ondeggia
menti della criminalità dipendono spesso da picco
lissime accidentalità e quasi impercettibili, le quali
rendono facilmente fallace qualsisia conclusione che
troppo precipitosamente siasi accolta nell'animo sui
risultamenti di un anno o di quattro .
52

Ecco il pensiero mio. Io giro attorno lo sguardo


in cerca di un solido vantaggio, in cerca di un be
nefizio reale che possa sperarsi da quella festività
e da quelle recitazioni . E non riesco per ora a tro
varlo. Laonde fatto ormai certo per autorevoli at
testazioni , e per esperienza propria, che glinconve
nienti vi sono e talvolta gravissimi, io mi sento
inclinato a dimettere le esitazioni ed a fare adesione
agli oppositori.
Che se si mettesse in chiaro l'arcano motore di
quella costumanza, e si venisse a dire che quelle re
cite sono necessarie perchè il Pubblico Ministero ab
bia balia di mostrare la sua superiorità e dar fede al
pubblico del suo sindacato sulla magistratura, io al
lora leverei più alta la voce per gridare delenda Car
thago. È un rovescio di gerarchia che il potere ese
cutivo sovrasti al potere giudiciario ,> perchè in ciò
si contiene la negazione della sovranità del diritto.

CAP . III .

I fiori CONFORTI .

Mai Raffaele Conforti menti a sè mede


simo. Avvocato, Deputato, Senatore, Ministro, Pro
curatore Generale, Legislatore, lui sempre lo per
seguitato o potente ) vedenimo sulla via del pro
gresso civile ; sempre fermissimo propugnatore del
rispetto alle libertà individuali ; sempre ossequente
ai santi principii umanitarii nel giure penale. In lui
la reverenza al principio di autorità, che sostenne
e sostiene come da ogni uomo di senno si deve,
mai si converti ( come in altri accade ) in un fascino
53

cagionatore di vertigine, turbatore della coscienza,


facile esecutore dei soprusi più intollerabili. Egli è
uomo politico, ma quando entra nel santuario della
giustizia sa scordare la politica simbolo di Mam
mona, per servire alla giustizia simbolo di Dio. Che
se una volta in sua vita nel Parlamento Subalpino
parve nella memoranda votazione del giorno 13
marzo 1865 staccarsi un momento dai suoi amici
e dalla sua fede, egli seppe troppo bene mostrare
che in quel suo voto ei faceva questione di forma
e di modo, e non di principio : e splendidamente lo
mostrò quando ei potè vantarsi che sotto il suo Mi
nistero nessuna condanna capitale era stata ese
guita ; e quando nella Commissione Reale pel nuovo
codice penale nella seduta del 25 marzo 1866 egli
diede con tutti i colleghi suoi il voto per l'aboli
zione del patibolo ; e lo diede fermo e spontaneo,
non mutabile e cortigianesco come quello di altri.
Ove che ei párli , ove che ei scriva, costantemente
sobrio nel parlare come nello scrivere, egli sprezza
i fiori rettorici attenendosi al nerbo della sentenza,
più che di Cicerone imitatore di Tacito ; ed
il suo terso eloquio senza stancare, vi attrae, vi tra
scina, e vi figge nell'animo il proprio concetto. Noi
sempre ammirammo i suoi discorsi inaugurali ; nè
altrimenti ci avvenne quando leggemmo quello del
l'8 gennaio 1873 ( 1 ).
Di questo egregio lavoro nella sua generalità ci
sembra di aver detto abbastanza. Meglio vale ri

( 1 ) Conforti discorso letto il dì 8 gennajo 1873 nel


la Generale assemblea della Corte di Cassazione di Fi
renze , Firenze, tip. Pellas, 1873.
54

produrne in succinto i pensieri e le osservazioni


che sono testimonianza di quanto ho detto di lui .
Questo è utilissimo che si sappia e si ricordi quanto
più largamente si può, perchè le parole del Magi
strato superiore siano severa confutazione alla ido
latria fanatica di certi subalterni verso gli ordi
ni veglianti.
È questo il motivo pel quale oggi volendo parlare
di questo egregio lavoro ho preferito un sistema di
resoconto da me inusitato . I pensieri di Conforti
bisogna studiarli nelle parole di Conforti .
Aggredi il Conforti ( come lo richiedevano le
condizioni del tempo ) la più palpitante questione
del procedimento penale in Italia, voglio dire quella
della custodia preventiva : ed ecco i fatti da lui rac
colti e le conclusioni che ne deduce. Io penso che nei
discorsi inaugurali giuridici, oltre al doversi ren
dere pubblico lo specchietto dell'amministrazione,
debbansi trattare argomenti, che possano conferire
al miglioramento della legislazione, e specialmente
della procedura criminale, da cui dipende la libertà
dei cittadini. Si, o Signori, la libertà dei cittadini
dipende dalla procedura criminale. E questo esordio
già mostra quanto sia pura la fede dell' oratore : la
procedura penale non deve essere cieco istrumento
del potere, ma baluardo della libertà dei singoli.
Il codice di procedura penale ( pag. 5 ) che si os
serva nel Regno d'Italia, in sostanza, salvo alcune
liberali modificazioni, è il codice di procedura pe
nale pubblicato in Piemonte nel 1847, il quale fu
esemplato sul codice di istruzione Francese.
La vicinanza del Piemonte alla Francia, e le
non facili relazioni con gli altri Stati, furono la
55

cagione precipua, per cui fu preferita la procedura


di oltre monti, e non quella degli altri stati Ita
liani, in cui si sarebbero trovati esempi imitabili.
E qui mi permetto di aggiungere che la somma ca
gione di questo male furono l'orgoglio e la gelosia,
per i quali sentimenti non buoni non si ha vergo
gna di accattare una legge da una grande Nazione,
mentre parrebbe avvilimento pigliare esempio da
piccolo Principato o da uno Stato fratello .
Il codice di istruzione Francese (segue a pag. 5)
che fu tolto a modello, era molto angusto ed inge
neroso verso la libertà cittadina . I Francesi sono
di loro natura molto larghi e liberali, quando si
tratta di formule astratte e di principii generali ;
ma sono molto angusti quando debbono applicarli
ai casi concreti . . . Non pertanto (segue a pag. 6)
.

cotesto codice di procedura ( Piemonte 1847 ) fu


un grandissimo beneficio pel Piemonte ; dappoichè
nel 1814 , dopo la caduta dell' Impero, per una rea
zione cieca e fatale, quella nobile regione di Italia
perdè il beneficio dei codici, che erano il portato
della rivoluzione, e ritornò a reggersi con le viete
costituzioni del 1720 ; la qual cosa fu in parte
cagione della rivoluzione del 1821. E qui l'oratore
accenna ad una grande verità comprovata autenti
camente dalla storia ; cioè che i rivolgimenti dei po
poli spessissimo si preparano dagli eccessi delle
leggi penali .
Passa quindi a ricordare i vizi del cessato codice
Piemontese, e questi dimostra con irrefragabili ci
fre, facendoci sapere che sotto quel codice nel giro
di 15 mesi dal 1850 al 1851 fra i detenuti in car
cere preventivo 5901 furono condannati, e 66 10
56

vennero assoluti. Degli assoluti 6610 erano 1095


imputati di crimini, e 5515 imputati di delitti.
Se il carcere preventivo di 5515 imputati di
reati correzionali si fosse risparmiato, 5515 fa
aniglie non avrebbero patito una iliade di sventure
e di miserie. Da queste cifre paurose piglia l'oratore
le mosse per mettere in rilievo i progressi favore
voli alla libertà civile che risultarono dall'attuale
codice di procedura del 1865. E finchè stiamo nei
termini di questo confronto l' oratore ha ragione ;
e ciò rivela il perchè agli uomini ( d'altronde dot
tissimi) che hanno in cuore le tradizioni Piemon
tesi appariscano indiscrete le censure che noi ed
altri moviamo sul codice del 1865. Ma nè noi nè
altri impugnammo mai che quel codice fosse pel
Piemonte un progresso, nè ci meravigliammo che
gli abituati a quella scuola lo considerassero come
tale . Bensi ricordisi ciò che ho detto di sopra in or
dine alla relatività del progresso quando nel se
condo membro di questo scritto ho preso ad impre
stito da Dugat la osservazione sulla religione di
Maometto. Ciò che fu un progresso in Piemonte può
essere un regresso intollerabile per Napoli e To
scana. Nè un bene fu mai ragionevole motivo per
disprezzare il meglio, nè mai fu bastevole ad ap
pagare coloro che al meglio si erano ormai abituati.
E ciò si è bene compreso dal Conforti , che a
pag. 8 riconosce lealmente quanto maggiori lar
ghezze accordassero le leggi toscane agli imputati
dei minori delitti . Ma soltanto avverte che a quella
larghezza toscana verso i minori delitti rispondeva
una maggiore severità verso i più gravi delinquenti.
Ed anche questo in punto di fatto è una verità.
57
La conseguenza peraltro di simile verità non con
duce alla censura dei nostri larnenti, ma alla con
venienza di studiare il modo di congiungere le
larghezze antiche alle nuove .
Svolta in tal guisa nel miglior modo che fosse
possibile la difesa del codice vegliante, lo spirito
indipendente di Conforti ripiglia il suo libero
volo ( pag. 9 ) con le seguenti parole. Ma non vi è
nulla a ridire, nulla a rimutare nel codice di pro
cedura Italiano rispetto al carcere preventivo ? Si
gnori, io penso che si possa renderlo più liberale a
grande benefizio degli individui, delle famiglie e
della società ... La statistica giudiziaria del 1869
pubblicata dal Ministero di giustizia, ci porge un
prezioso insegnamento, e ci dimostra che il legis
latore non ha detto l' ultima parola intorno al car
cere preventivo.
Da quella statistica giudiziaria risulta, che gli
imputati sottoposti al carcere preventivo furo
no 46,474. Dalle Camere di Consiglio, dalle se
zioni di accusa , dai Tribunali e dalle Corti di As
sise ne furono liberati 19,876, e ne furono con
dannati 26,592.
De ' 46,474 liberati e condannati, 12,210 rima
sero in carcere preventivo meno di un mese, 14,627
da un mese a tre mesi, 8393 da tre mesi a sei
mesi,> 6738 da tre mesi ad un anno, 4506 oltre
un anno. Ripeto, è grave questo documento ; dap
poichè dimostra che 19,876 cittadini innocenti o
non convinti colpevoli soffersero il carcere preventivo.
Il carcere preventivo è un grün male per ľ in
dividuo, per la famiglia , e per la società.
38

La perdita della libertà è il colmo della sven


tura , dappoichè la libertà è la vita.
L'imputato tolto alle sue occupazioni, ai suoi
lavori, se entra nel carcere, agiato de' beni della
fortuna, n'esce povero e disagiato.
Se vi entra con salute florida talvolta ne esce
egro e languente, ed in qualche caso vi lascia la vita.
Allontanato dal santuario domestico, sequestrato
dalla famiglia, che è un legame di'sacri affetti, egli
è quasi tolto a sè stesso. E si badi che lo stato del
l'innocente è piit duro di quello del colpevole ; questi
sa almeno l'imputazione da cui deve difendersi, ma
ľ innocente che non sa nulla, a guisa di cieco, bran
cola nelle tenebre e prova la maggiore delle paure,
la paura dell' ignoto. Tornato dopo qualche tempo in
libertà riacquisterà la stima dei suoi concittadini ?
Egli, se vi entrò innocente e puro, uscirà incon
taminato da quei tetri cameroni, in cui spesso si
accolgono e convivono innocenti e colpevoli ?
'IlRaffaelli, autore della nomotesia penale ,dice
va che se un uomo entra nel carcere con un delitto,
n'esce con la suppellettile di molti.
E la famiglia derelitta, in preda al bisogno, tor
nato in libertà la ritroverà egli incontaminata ed
innocente ?
Sono indicibili i disastri che produce il carcere
preventivo !
Permettetemi, o Signori, che io citi le auree pa
role di un insigne scrittore ed insieme sapiente
Magistrato, il Niccolini .
L'arresto ed il carcere preventivo ( dice questo
egregio scrittore ) sono per sè stessi un danno grave
ed una pena, e se fino alla condanna ogni uomo
59
ha diritto di essere tenuto innocente, niuno, qualun
que sia la sua causa, dovrebbe essere prima della
condanna arrestato , ma la necessità comanda il
contrario .
Tutto il problema adunque sta in trovare il giu
sto mezzo :
1.º Che non si arresti alcuno senza la quasi cer
tezza della sua reità.
2.º Che non si arresti alcuno, se non quando ogni
altro mezzo men duro sarebbe inefficace al suo fine.
Infine soggiunge con questa gravissima senten
za non vi è uso d'autorità per norma della
quale la parola necessità debbasi strettamente in
terpetrare quanto la è questa .
La soluzione della questione riguardante il car
cere preventivo sta dunque in queste due avver
tenze del Niccolini che sono dommi giuridici
La prima avvertenza riguarda il compito della
magistratura, ed io spero ( 1 ) che nel Regno d'Ita
lia non si trovi magistrato il quale spedisca un
mandato di cattura sopra vaghe presunzioni ed
ipotesi arrischiate.
Nella seconda sentenza sta il nodo della que
stione. Non si arresti alcuno senza inesorabile
necessità .
Mi si perdoni se ho riprodotto per intero questo
brano del discorso di Conforti. Ho fatto ciò per

(1 ) Lo spera . Era questa la unica parola che potesse


suonare da quella tribuna . Ma 19,876 innocenti carcerati in
Italia nel corso di un anno riducono quella parola al suo
genuino valore ; quello cioè di un avvenire possibile al quale
non risponde nè il presente né il passato.
60
molte ragioni . -- 1.° Perchè in questo brano si ri
vela tutta la fede giuridica dello eminente Magi
strato . - 2. ° Perchè esso confuta le declamazioni
0

dei lodatori del presente ordine di procedura. -

3.° Perchè esso risponde ad invettive di alcuni scrit


tori, che virulenti designano come anarchici e no
vatori pericolosi i filosofi ed i giuristi i quali non
limitandosi a deplorare il male ne suggeriscono i
rimedi possibili . 4.° Perchè una parola detta da
quella sublime tribuna è parola che vale meglio di
altre mille che si potessero dire da noi ; sì per ca
gione dell'ufficio e della reverenza del nome, si
perchè immune da ogni sospetto di spirito parti
giano . 5.° Perchè finalmente dopo le parole dello
esimio Conforti non può più esservi tra noi per
sona che a buona fede si ostini a negare la intol
lerabilità ulteriore degli ordini attuali e la suprema
necessità di modificazioni richieste non solo dalla
umanità ma dalla stretta giustizia.
E difatti il degno discepolo ed amico di Nic
colini ( che tanto bene sa calcarne le orme nel
disimpegno dell' alto suo ufficio ) da quella linea di
idee viene naturalmente condotto alla disamina di
alcune riforme proposte, e più specialmente del pro
getto presentato alla Camera dagli onorevoli Ba
razzuoli e Morelli .
Noi non seguiteremo l'illustre oratore nella ana
lisi che egli fa di quel progetto, ora per criticarne
ed ora per lodarne i proponimenti . Soltanto diremo
che il Conforti vi trova assai da lodare e poco
da criticare, e ciò basti a discredito delle insensate
declamazioni con le quali si volle piuttostochè sin
dacare , anatemizzare e deridere da certi scioli re
61

trivi. Nè fa meraviglia che il progetto Barazzuoli e


Morelli offra in qualche sua parte occasione di dub
bi ; dappoichè ( come notai in altro mio scritto ) non
debba quello guardarsi come un progetto completo
di legge , ma piuttosto come uno schema di massime
e di basi sulle quali dovrebbe dopo matura discus
sione costruirsi la nuova legge.
E dirò ancora che il Conforti ha dato a quel
progetto un appoggio assai più solido che nol po
tesse il più accurato ragionamento ; l'appoggio (vo
glio dire) della storia dei fatti e di uno splendido
esperimento. Ed anche questo io voglio mostrare
con le parole stesse dell'oratore .
L'ultima parte del disegno di legge è quasi tolta
di peso dall art . 130 del codice di procedura pe
nale Napoletano, concepito nei seguenti termini:
« Ne misfatti punibili con pena minore del quar
« to grado di ferri, l' imputato, contro cui non siasi
« eseguito alcun mandato di arresto personale, può
« presentarsi alla Gran Corte e vi sarà rilasciato
< sotto mandato per la residenza o sotto consegna
« o cauzione.
« Quando l'imputato si presenta alla Gran Cor
« te, se il mandato di arresto sia già spedito, sarà
« questo rivocato di diritto.
« L'imputato di crimine punibile col terzo grado
« dei ferri sarà arrestato, allorchè il Procuratore
« Generale presenterà la requisitoria per la di lui
« sottoposizione all'accusa » .
Questa procedura liberale stette inalterata per
oltre 40 anni, la qual cosa dimostra che non diede
luogo ad inconvenienti. Essa fu il palladio della di
fesa di Re Borbone, il quale opponeva la sapienza
62
de' suoi codici ai Governi e statisti stranieri, che
censuravano la sua politica tenebrosa .
Ma non basta cotesta riforma : se ne richiede
un ' altra molto seria relativa ai modi di custodia
esteriore, la quale consisterebbe nell' abolire la cau
zione, e sostituirle altre più serie guarentie. Nel
codice di procedura Napoletano erano svariati i
modi di custodia esteriore ed adatti alle diverse
condizioni degli incolpati. Vi era il mandato pel
palazzo di giustizia , il mandato pella residenza
della Corte ; ri era la consegna a persona cono
sciuta , l'obbligo deilo stesso imputato di presentarsi
ad ogni richiesta della giustizia ; vi era infine la
cauzione.
La maggiore guarentigia era la consegna a per
sona conosciuta, la quale si obbligava sotto pena
le di presentare l' imputato ad ogni ordine della
giustizia .
La sola cauzione ammessa in Inghilterra è quella
degli amici, che si presentano al giudice e chie
dono la libertà dello imputato assumendo l' impe
gno di presentarlo alla futura udienza , obbligan
dosi di pagare al pubblico tesoro una somma deter
sninata dal giudice, qualora nel giorno della udienza
ľ imputato non si presentasse.
Cotesta guarentigia sarebbe molto più seria della
cauzione in danaro. Dessa è un tale impegno di
onore che l'imputato, il quale non si presentasse,
secondo l'obbligo assunto dai suoi mallevadori, sa
rebbe disonorato ; perocchè esporrebbe il benefattore
ad una gran risponsabilità. Questa guarentigia , se
condo la mia non breve esperienza, in Napoli non
fu violata , e si vide costantemente nel giorno della
63

udienza l'imputato presentarsi accompagnato dai


suoi mallevadori.
Ho visto poi d'altra parte talora violata la gua
rentigia delle cauzioni in danaro, da parte special
mente di uomini ricchi, quando hanno reduto la
loro libertà seriamente minacciata .
Parole sensatissime e pratiche verità sono queste,
che dovrebbero persuadere ogni uomo quando an
che non fossero avvalorate dalla esperienza e dalla
autorevole voce che le proclama. Ma le idee sensate
e le verità pratiche non ebbero credito appo i no
stri legislatori del 1865 superstiziosi custodi di ogni
tradizione Francese. E mentre i Romani e gli in
glesi avevano preferito la cauzione fidejussoria alla
cauzione in denaro, i nostri non ebbero fede che
nel deposito pecuniario o nella intralciatissima cau
zione ipotecaria ( art. 217 ) ; e la fidejussione sban
dirono come insufficiente ed inetta, quantunque per
uno di quei solecismi, che pur troppo sono frequenti
in quel codice, i successivi art. 219 e 222 parlino di
fidejussione, quasichè questo nome si adattasse al
terzo che non dà fede con la propria persona ma
col permettere che si accenda una guarentigia ipo
tecaria sui propri stabili ! Del quale ostracismo dato
alla fidejussione non è facile indovinare i motivi .
E non potendo supporre che ciò siasi fatto per pre
parare più largo bottino ai pubblici depositarii che
avessero fantasia di viaggiare, bisogna ravvisarvi lo
influsso di quella sete di rigore che signoreggia certi
intelletti e li rende restii ad ogni larghezza ; avve
gnachè il modo di liberarsi con la fidejussione degli
amici sia certamente più rapido e più facile ad one
sta persona ; laddove lo improntare una somma o
64

mettersi in regola con i documenti necessari a for


nire una ipoteca non sia cosa che a tutti riesca di
fare in sull'atto : lo che porta un prolungamento
di quella carcerazione che da taluni non si vede
cessare se non con animo trepidante e ritroso ( 1 ).

( 1 ) A questo spirito è necessità riferire le inqualificabili


formalità dalle quali si è circondato anche il deposito pecu
niario dei liberandi. Se trattasi di un deposito civile anche
di ventimila lire il Cancelliere è buono a riceverlo , ed in
mezz' ora è fallo . Se trattasi invece del deposito di cinquanta
lire per on carcerato che anela il recupero della liberlà , 11
Cancelliere non è buono, nè basta una intera giornata a com
piere lulle le formalità idolatrate dai nostri riformatori. Dopo
olteouto a grandi fatiche il decreto di ammissione a libertà
con cauzione non patroni non abbiamo ancora fornito la metà
del cammino. Vi occorre la copia autentica della ordinanza : in
base a questa far nuova istanza per essere ammesso ad ese
guire il versamento della cauzione nella tesoreria locale che
poi deve trasmettere il deposito nella cassa centrale dei depo
siti e prestiti , affinchè quando viene il giorno della restituzio
ne della cauzione io debba perdere un altro mese prima di
recuperare il mio denaro. Con quella istanza e con quel do
cumento bisogna andare alla Tesoreria, e là aspellare il mo
mento opportuno per emettere la dichiarazione di proprielà
del denaro , e farne il versamento , ponendosi a rango con gli
altri concorrenti ; i quali, se è giorno di pagamento di cedole
o di pensioni, sono talora qualche centinaio , e si risica che
venga sera e chiuda l ' uffizio per sentirsi rimandare al giorno
di poi. Ollenuto il certificato dalla Tesoreria del fatto paga
mento dobbiamo tornare al Giudice innanzi al quale deve
essere compito dal carceralo l'allo di soltomissione. E cosi
perdite di lenipo e noie e dilazioni , che si sarebbero potute
risparmiare se i palpiti della madre che aspetta di riabbrac
ciare il figlio reduce dalla prigione avessero avuto un eco

3
65

E non sanno costoro che le carcerazioni precipitate


e le carcerazioni prolungate intralciano i processi e
facilitano le assolazioni dei delinquenti ?
Eppure anche questa è una verità che la espe
rienza dimostra a chi vive nel foro ed imparziale
ne studia le paurose vicende. Le carcerazioni pro
lungate facilitano le assoluzioni perchè aprono alla
pietà gli animi dei fidefacienti e del pubblico, e smor
zando le ire contro il delitto conducono a guardare
nel giudicabile la figura dello infelice come sovra
stante alla figura dello, scellerato. Intralciano i pro
cessi le carcerazioni precipitate per parecchie ra
gioni. Si perchè operano un saggesto sulla pubblica
voce e fama, e riducono a niente il valore di questo
indizio che quando è spontaneo può riescire gran
dissimo in certe occasioni . Si perchè mettono in sulle
guardie il colpevole arrestato ed i suoi congiunti
ed amici , i quali è bene che nei primordii della
istruzione criminale si addormentino nella lusinga
di essere fuori di ogni sospetto, e più facilmente
lascino aperte alla giustizia le vie di raggiungere
le traccie della delinquenza, e nuove ancora cd uti
lissime ne offrano a lei con gli atti loro inconsulti .
Si perchè se l' arrestato è innocente, il colpevole
rimasto libero usa di ogni malizia per avvalorare

pel cuore dei nostri legislatori. Chi subisce in pratica questo


sistema bisogna riconosca essere difficilissimo e raro che dopo
ottenuta la ordinanza favorevole si possano compiere in un
giorno le successive operazioni, e si evili a quel misero
uo ' alira dura polte sul letto del dolore. Cosa avvenga poi
quando la cauzione si voglia prestare con ipoteca è facile
immaginarlo : più non si tratta di giorni , ma di seltimane.
VOL . IV. 5
66

con tenebrose arti gli indizi contro quel disgraziato,


e spingere più risolutamente sopra una falsa strada
la giustizia investigatrice : e di tutti questi mali io
ne ebbi testimonianza in parecchi processi di gran
de interesse . Che dire poi dei casi nei quali per un
misfatto che si ha certezza essere stato commesso
da un solo o da due si vedano carcerare talvolta
le dieci ed anche più persone, come avviene di fre
quente, e come è avvenuto di fresco ad occasione
di reati la trista storia dei quali è divenuta celebre
e notoria fra noi ? Oh ! allora in nove casi su dieci
può mettersi pegno che la giustizia finirà col niente
concludere, e che sarà avverata anche una volta la
vieta sentenza festinatio est noverca justitiae. Cia
scuno degli agenti di polizia che ha procacciato lo
arresto di uno di quei disgraziati prosegue perti
nace nel suo preconcetto pensiero, e dirige le pro
prie ricerche per quella via ; nel tempo stesso che
altri ed altri fanno il medesimo contro le respettive
vittime dei loro sospetti. Ciascuno di questi agenti
ha ideato il proprio romanzo, e pone ogni studio nel
colorirlo : e quanto più è interessante il processo
tanto più si fuorvia la giustizia. Cosi avviene che lo
istruttore, per quanto solerte, deve inevitabilmente
smarrirsi fra le pressure inopportune che a lui ven
gono dall'alto e le contradittorie informazioni che
annebbiano la luce del suo intelletto. Cosi la tela
del processo o trovasi mancante di ordito, o trovasi
ordita di materie eterogenee, ed al giorno della ul
tima prova forza è che si spezzi per necessità
di ragione .
Ed ecco allora i predicatori dell'accusa che saliti
in bigoncia deplorano le troppe assoluzioni , e se la
67

pigliano contro la mal veduta Giuria che è il loro


irco emissario , facendo propriamente la meschina
parte dei monoculi perchè guardano la questione da
un solo lato, mentre dovrebbero ancora guardare
agli invii arrisicati, ai processi scompigliati per so
verchianza di zelo, alle accuse troppo leggermente
lanciate . E poichè questo mi torna sull'argomento,
io voglio anche notare quanto sia deficiente di lo
gica la conclusione che da costoro si tragge dai
risultamenti statistici dell'anno giudiciario del quale
vengono a rendere conto. Io li udii troppe volte
insistere sul confronto delle assoluzioni di quell'anno
con le assoluzioni dei precedenti : e dove essi tro
vavano un decremento nel numero proporzionale
delle assoluzioni annunziare con tuono dogmatico
la lieta novella che i Giurati in quell'anno si erano
meglio uniformati al debito loro, quello cioè di con
dannare . Monoculi ( mi si permetta ripetere ) infelici
monoculi . Non ai Giurati dovevate dirigere le vostre
congratulazioni , che questi o assolvendo o condan
nando fanno sempre il debito loro quando emettono
li effati delle proprie coscienze ; ed è bestemmia
dubitarne senza buone prove alla mano. Non ai
signori Giurati , ma a voi medesimi ed alle vostre
schiere dovevate dirigere il saluto gratulatorio al
l'apertura dell'anno novello. Congratuliamoci (do
vevate dire ) con gli agenti della polizia che in
quest'anno furono più solleciti e più esatti nel rac
cogliere le necessarie informazioni: rallegriamoci
col nostro ufficio che mostrossi in quest' anno più
cauto e meno arrisicato nel lanciare le accuse :
ringraziamo i giudici inquirenti che con maggiore
ponderazione e libertà di mente ordirono la tela dei
68

loro processi : rallegriamoci con le camere di invio


che maggior senno mostrarono nel resistere alle
velleità dell'accusa ; rallegriamoci con tutti costoro,
i quali o fatti più calmi nei parossismi dello zelo,
o meglio eruditi dalla esperienza seppero nell'anno
adesso caduto condurre in discrimine vitae un mi
nor numero di innocenti. Si : rallegriamoci a coro
con tutti noi , poichè in quest'anno portiamo al co
spetto di Dio un minor numero di vessazioni della
innocenza . Questa era la conclusione che domandava
la buona logica : 0 per lo meno a chi guardasse le
cose non con un solo occhio ma con ambedue, la
conclusione doveva presentarsi in un concetto alter
nativo. E difatti le trenta assoluzioni dell'anno de
vono per necessità avere un significato spiacevole ;
perchè o denunciano trenta colpevoli sfuggiti alla
pena ; o denunciano trenta innocenti ingiustamente
perseguitati. Di qui non si esce. E chi oserà pronun
ciare con formula generale e complessiva il tremen
do giudizio fra la possibilità dello errore del giudice
e la possibilità dello errore dell'accusa ? Che se la
procacità degli accusatori si ostina a gridare erronee
tutte le sentenze assolutorie, noi ( se fossimo teme
rari ugualmente) potremmo alla nostra volta maledi
re come erronee tutte le sentenze condennatorie : e
le due voci insensate congiungendosi nelle orecchie
del popolo demolirebbero ogni fede nella punitrice
giustizia. Non si nega da noi che i Giurati non
possano errare, poichè giudizio umano è anche il
giudizio loro. Ma se talvolta erreranno assolvendo,
erreranno troppo spesso ancora quando condannano.
Ed ai sacerdoti del tempio corre il dovere di tener
salda la venerazione degli oracoli, e di non essere i
69

primi a mostrarne dispregio . Ma per costoro ovunque


sorge una assoluzione, sorge un errore imperdona
bile dei giudicanti ; perchè costoro hanno per dogma
la perpetua infallibilità dell'accusa e la presunzione
di errore nei giudicanti che assolvono : e li ascolto
oggi gridare contro i Giurati, con quella stessa lena
orgogliosa con la quale dieci anni addietro grida
vano contro i Magistrati , e con la quale gridano
anche oggi contro i giudici correzionali tutte le volte
che l ' assoluzione di un innocente da una mentita
alla accusa. E noi dobbiamo sperare che apportino
luce nella dottrina penale i rilievi statistici eseguiti
da queste menti preoccupate ! Ma è tempo che io
ritorni al Conforti .
Non siamo dunque soltanto noi Toscani i lodatori
di sperimenti più miti ; non si evocano da noi dalla
tomba dove furono fatalmente gettate nel 1866 le
sole cautele del paterno regime Toscano. Un vene
rando magistrato che nacque e visse a lungo nelle
provincie Meridionali ha potuto lanciare in faccia
ai nostri riformatori, confortate da una esperienza
di 40 anni le leggi del Borbone di Napoli ( oh ! ver
gogna per noi ! ) non amico per fermo di libertà,
nè propagatore di idee sovversive . Ed in questo
senso il discorso di Conforti e prezioso nella
questione del carcere preventivo che a buon diritto
chiama egli ardente in Italia. Sì ; sono preziosi i
documenti che ci autorizzano a mostrare come due
governi dispotici sapessero essere più liberali dei
nostri legislatori del 1865, e lo fossero senza peri
colo della pubblica e privata sicurezza, senza tema
di essere accusati di tendere allo anarchismo : e lo
fossero con risultamenti perenni di bene, così nelle
70

provincie che hanno lode di mitezza, come in quelle


provincie alle quali vuolsi dare il rimprovero di
maggiore fierezza , da chi confonde con gli abiti di
un popolo culto le eccezionali aberrazioni di una
guerra di partito che spinge ai ladroneggi la feccia
nostrana e straniera. Costoro perpetuamente dimen
ticano che le situazioni eccezionali ( fra le quali può
a certi momenti agitarsi qualunque paese ) vogliono
misure eccezionali e transitorie ; ma è gravissimo
errore ed imperdonabile quello di ordinare i codici
penali sulle norme di simili anomalie.
Del resto gli argomenti che mostrano ingiusta e
superfluamente crudele la carcerazione preventiva
applicata indistintamente a tutti i reati correzionali ,
non possono riassumersi più lucidamente di quello
che abbia fatto il Conforti in altro brano del
suo discorso che non so astenermi dal riprodurre
per onore del venerando Magistrato, e per servigio
della causa per la quale animosamente combatto.
Quale necessità ( così a pag. 12 ) havvi di arre
stare un imputato di reato correzionale punibile
insino a cinque anni di carcere ? Il timore che egli
fugga all' estero ? A me pare vano cotesto timore,
perocchè l' abbandono della patria, dei parenti, e
dei beni, a me sembra assai più dura cosa di una
pena correzionale . L'imputato si lusinga sempre di
vincere la prova del giudizio, e quando per sen
tenza deve scontare la pena correzionale, si lusinga
di avere la grazia e preferisce di rimanere in pa
tria ad una vita raminga ed incerta. Ma se pure
fuggisse all'estero, sarebbe egli sicuro di rimanervi
tranquillo ? No certamente, ora che vi sono tra le
nazioni trattati di estradizione, ora che le comu
71

nicazioni sono cosi agevoli, ora che vi sono i tele


grafi di terra e di mare, rapidi come il pensiero,
ora che vi sono le fotografie che ritraggono le sem
bianze dei malfattori fuggitivi.
Voi rammentate quelſ assassino, il quale uccise
in Inghilterra in un vagone di ferrovia un com
pagno di viaggio per derubarlo. Egli fuggi in Ame
rica, ma fu prevenuto dal telegrafo sottomarino,
arrestato prima di scendere a terra, e rimenato
in Inghilterra fu impiccato.
E sia pure che qualcuno fugga. Sarà questo un
inconveniente, ma le cento volte minore del carcere
preventivo nei reati correzionali : dappoichè il car
cere preventivo porta la desolazione e la miseria
in migliaia di famiglie.
Deh ! possa il discorso inaugurale di Raffaele
Conforti servire di profittevole ammaestramento
ai legislatori e dicitori futuri: e possa questo splen
dido esempio tor via dalle menti quel pregiudizio
che agli stipendiati del Governo incomba il dovere
( o sia che parlino o sia che scrivano ) di lodar sem
pre, anche a costo di cadere in sofismi, le leggi
veglianti e di velarne con ogni artifizio i difetti.
Ed io di siffatto pregiudizio ne so pur qualche
cosa : poichè non ha guari udiva un tale deplorare
come gravissimo sbaglio che il magnanimo Re aves
se largito un segno di suo favore a me che sono
( diceva egli ) uno dei nemici peggiori del Governo.
E costui era uno di quelli i quali non sanno col
prudente mutare di consiglio giustificare il facile
mutare di livrea ad ogni mutamento di signoria,
ma si conservano sempre costanti nelle brutte abi
tudini del vecchio servidorame. E costui argomen
72

tava la ostilità mia contro il Governo dalle mie fre


quenti censure del nuovo codice di procedura penale !
Uomini istupiditi dal narcotico del dispotismo che
ne guastò il cervello senza speranza di guarigione,
i nemici del Governo siete voi che lo tradite per
tristi passioni, voi che cercate di addormentarlo sul
pericoloso origliere di leggi improvvide, le quali
recano amaro frutto di inutili vessazioni e di mal
contento . Gli amici del Governo siamo noi ( ed amici
disinteressati e veritieri ) che cerchiamo di illumi
narlo sugli errori di quelle leggi , perchè aneliamo
vederlo benedetto da 25 milioni di cittadini , e lodato
dalla posterità. E non lasciò egli scritto il maestro
dei sapienti – abbiti per amico non chi ti adula ma
chi ti censura negli errori tuoi ?
Io vidi già un Principe il quale ( quantunque me
ritevole di encomio per doti di mente e di cuore )
salì in fiera collera contro un provetto e dottissimo
Magistrato perchè mentre condannava sei ladri alla
morte in obbedienza alla legge allora vegliante si
era permesso notare che quella legge era improv
vida perchè esponeva a pericolo le vite dei proprie
tarii : e si impose al Tribunale di revisione di con
futare quella opinione perchè legava le mani al
Principe nello esercizio della grazia : e lo fu : e la
verità di quello che narro si avvalora per documenti
consegnati alle stampe. Ma quello era un Principe
dispotico, e bene gli stava lo adirarsi , perchè in
siffatto regime la censura della legge è censura del
principe che la detta. Ma le tradizioni dei Governi
assoluti sono nuvole che devono dileguarsi dal no
stro orizzonte, nè più offuscare il sole della libertà
che ha ravvivato l'Italia. Dove è riconosciuta la so
73

vranità popolare nella compilazione delle leggi ne


deve essere libero il sindacato in ogni cittadino pur
chè si ispiri ad un sentimento di verità , e non a
partigiane follie : nė può ascriversi a colpa ad .al
cuno lo adoperare secondo sua coscienza la penna :
la penna che al dire di uno dei più assennati fra i
pubblicisti contemporanei ( Siotto Pintor ) è
il propugnacolo della libertà : e ciò che è libero nel
privato è un dovere nei pubblici' funzionarii, perchè
è dovere loro di promuovere con ogni forza il pub
blico bene ; ed il bene di uno Stato consiste nella
bontà delle leggi.
Che se i discorsi inaugurali dei Procuratori del
Re dovessero rimanere come fregio alla pompa delle
solenni aperture dei Tribunali io vorrei che lo in
dirizzo loro fosse radicalmente cambiato . Vorrei si
cancellasse quella gallicana vergogna della censura
delle rejudicate, e ogni sindacato della coscienza dei
Magistrati: e vorrei che appunto si facesse precetto
di rilevare dalla statistica annuale gli errori ed i
difetti delle leggi veglianti. Ed allora si avrebbe la
statistica morale desiderata dal buon Tolomei ;
allora sarebbe trovata la utilità di quel fatto ; al
lora gli studi psicologici di quei discorsi condurreb
bero a riconoscervi il santo affetto del bene anzichè
gli sfoghi di orgoglioso livore : allora la reazione
non sorgerebbe, o dovrebbe abbassare la fronte.
74

CA P. IV .

I fiori CESARINI .

Di Carlo Cesarini , del suo eletto ingegno,


della sua indefessa operosità, della assiduità dei suoi
studi , della sua fede alla scuola criminale toscana,
al progresso nella giustizia punitiva ed ai principii
umanitarii nel giure penale ; e del come egli sap
pia stringere in un felice connubio la tutela del
principio di autorità col rispetto ai diritti degli in
dividui ; di tutto questo manifestammo abbastanza
il giudicio nostro nel riassunto che, a proposito del
discorso inaugurale di questo illustre Magistrato
letto alla R. Corte di Lucca il 4 gennaio 1872, pub
blicammo a suo tempo ( 1 ).
Oggi pertanto volgendo le nostre riflessioni sul
contenuto del discorso inaugurale (2) che per opera
dello stesso Cesarini dette un obiettivo serio ed
utile alla pompa del 7 gennaio 1873 innanzi alla
stessa R. Corte di Lucca, metteremo da banda ogni
riguardo all'uomo, e facendo astrazione da ogni elo
gio di questo e del suo lavoro, ne piglieremo occa
sione per dissertare sopra alcuni degli argomenti
da lui proposti allo studio dei penalisti.

(1 ) Vedi in questo Vol. Opusc . I.


(2) Cesarini Riforme legislative, Procedura pe
nale, istiluzione prepuratoria, teorie della oralità e pub
blicità, suo apprezzamento . Discorso inaugurale dell'an
no giuridico 1873 alla R. Corte di appello di Lucca,
Lucca lip. Canovetti 1873.
75

Vuolsi però ricordare che di quel ragionamento


fu dato un cenno meschinissimo nel Journal du Mi
nistère public che si pubblica a Parigi ( tom . 16
Deuscième livraison ). Ivi nella bibliografia si diede
un indice succinto degli argomenti presi ad esame
dal nostro oratore , e dopo avere manifestato il dub
bio che le opinioni di Cesarini siano troppo
liberali ( dubbio che niente ci fa meraviglia per parte
della direzione di quel giornale ) si finisce col dire
seccamente che questo scritto merita di essere con
sultato. Ma cosa debba aspettarsi nel tema del giure
penale e dei relativi procedimenti dalla parte uffi
ciale dei giuristi di Francia, ormai ella è cosa no
tissima a noi italiani , perchè in questa battaglia sui
miglioramenti del giore punitivo che dura da più
di un secolo gli slanci umanitari dei pubblicisti ita
liani trovarono sempre una resistenza sistematica
nella massa dei giuristi francesi. E non sono venuti
di là i lavori colossali testè pubblicati sull' infanti
cidio, onde persuadere la convenienza di punirlo
irremissibilmente di morte, e negare alla tradita
fanciulla la scusa del pericolo dell'onore ! Non ven
nero di là gli scritti indirizzati al Parlamento subal
pino per indurlo ad occasione del nuovo Codice pe
nale a toglier via la così detta bruttura del punire
con più mitezza il tentativo del consumato delitto, e
del non punire ogni complice alla pari dell'autore
principale ! E non si è egli letto nei manuali colà
pubblicati a guida dei giudici d'istruzione il consi
glio di usare delle prolungate segrete come mezzo
di tortura ad estorcere le confessioni degli inqui
siti ! E non è partito di là in questi ultimi tempi
l'insegnamento che quando una femmina ha usato
76
mezzi abortivi si debba senz' altra prova presumere
la realtà della gravidanza per la difficoltà della le
gittima verificazione del corpo del delitto ! Nihil est
tam absurdum ( scriveva Cicerone ) quod non
dicatur ab aliquo philosophorum : e noi possiamo con
verità uguale ripetere non esservi eresia giuridica
in materia di penalità la quale nel secolo decimo
nono non abbia avuto in Francia numerosi propu
gnatori ; poichè troppo profonde radici le disumane
dottrine di Lemaistre gettarono in quella terra,
e troppe reliquie vi lasciò un prolungato dispotismo
che fu il più insano e più crudele di quanti mai ne
vide l'Europa. Certamente può noverare con orgo
glio anche quella nobile Nazione i suoi uomini ge .
nerosi che si mantennero intrepidi caldeggiatori del
progresso umanitario nella giustizia punitiva ( e il
nome di Lucas basti per tutti ) ma di questi po
chi può dirsi apparent rari nantes in gurgite vasto ;
e questi pochi si designarono come utopisti dai loro
connazionali, quantunque lodati a cielo in Germania,
in Inghilterra , e persino in Russia. Non ci illudiamo,
nè faccia velo ai nostri intelletti il timore delle di
sapprovazioni francesi : teniamo per fermo che qua
lunque utile e doverosa mitigazione nei rigori della
giustizia punitrice avrà sempre dalla parte di Fran
cia tenacissimi oppositori, lodatori pochissimi. Av
vezziamo una volta i nostri intelletti a giudicare
secondo la ragione propria, e non per ossequio ai
sistemi oltremontani : e tornando al Cesarini
la censura francese sia uno splendido elogio di que
sto esimio Giureconsulto , e quasi l'esordio delle os
servazioni che andiamo a fare sopra uno scritto il
77

quale merita qualche cosa di meglio che non un


fuggitivo consulto .
Le nostre riflessioni noi divideremo sotto un du
plice punto di vista, guardando in prima quel ra
gionamento in un interessante dato statistico che
l'accoglie ; e fermandoci poi sopra alcune delle spe
ciali questioni ( tutte gravissime e palpitanti di attua
lità ) che esso maestrevolmente propone, e discute.
Ma prima di dare cenno di quello interessantis
simo rilievo statistico io voglio pigliare la presente
occasione per manifestare il mio pensiero sul modo
col quale oggi si fanno le statistiche officiali in Italia.
Modo viziosissimo a parer mio e pernicioso : e tanto
più pernicioso perchè le statistiche officiali sono le
sole alle quali possono gli italiani erudirsi , non es
sendo sotto la mano di alcun privato i materiali
indispensabili per rettificare i gravi errori di quelle,
e mostrare al pubblico il genuino stato della cri
minalità nelle provincie d'Italia. Io qui non parlo
degli uomini ma del sistema : fra gli uomini che
compongono a digesti i materiali delle , statistiche
ufficiali e li presentano ai superiori, ve ne saranno
molti di esatti e diligenti , come ve ne saranno an
cora di precipitosi e male accorti ; ma sarebbe va
nità lo occuparsi seriamente di una vicenda che è
inevitabile in tutti i lavori umani . Io non guardo gli
uomini ed i fatti loro. Guardo il sistema, che natu
ralmente è sotto il libero sindacato di ognuno.
Guardo il sistema che quando si riconosca, come
io lo credo, difettosissimo non torna in modo alcuno
a censura delle persone stimabilissime che o più in
alto, o più basso portano il contributo loro alla for
mazione di quelle statistiche; persone tutte alle .
78

quali professo la massima reverenza, e verso alcune


di loro anche la più cordiale simpatia ed amicizia.
Il vizio è del sistema : e del sistema non sono re
sponsabili gli esecutori ma il Governo che anche
qui impone agli esecutori le linee per le quali debbo
no correre ; e incatenandone l'ingegno nelle perpe
tue pastoie dei suoi moduli, e delle sue istruzioni,
riduce ad un lavoro meccanico quello che dovrebbe
essere l'opera dello erudito intelletto di maturi le
gisti , i quali si trovano per tal guisa ridotti alla
gretta funzione di macchine statistiche.
Premessa questa protesta io dirò francamente i
motivi che mi fanno guardare come vizioso l'attuale
sistema delle statistiche officiali.
Il vizio che io deploro trovasi alla radice dell'al
bero, al punto di partenza di tutta la operazione ;
e consiste nel prendere a base e punto di partenza
dello stato della criminalità, ossia a criterio delle
definizioni e classazioni dei singoli fatti criminosi
avvenuti durante l'anno in Italia, le accuse e non
le sentenze .
Questo vizio ha la sua genesi nelle preoccupazioni
orgogliose dei Procuratori del Re, la religione dei
quali sembra essere la fede nella propria infallibi
lità ; onde avviene che ritengano come funesto er
rore ogni assoluzione, e come pietosa indulgenza
ogni tramutamento di titolo o di penalità che si
faccia dai giudicanti . In tal guisa la loro presunzione
convertono in una idra di presunzioni giuridiche.
Questo abbaglio rovescia il principio cardinale che
formò in tutti i secoli ed appo tutti i popoli culti la
splendida aureola della giustizia . Cardine della re
verenza a questa fu sempre la massima res judicata
79

pro veritate habetur. Demolite questo apoftegma, e


poi ditemi , viva Dio, cosa avviene della umana giu
stizia ! È utopia anche cotesto !!! Ma il sistema del
le moderne statistiche con metamorfosi mostruosa
sostituisce a quel sacrosanto principio la iperbole
accusatio pro veritate habetur. E così non si illa
mina ma si inganna la pubblica opinione.
Non si abbia fretta a giudicare questa mia cen
sura, si aspetti la sua dimostrazione, e poi si com
batta se si può.
Le statistiche odierne esordiscono la enumera
zione dei reati commessi nell'anno in questa od in
quella provincia secondo i titoli sotto i quali furono
portati alla istruzione o al giudizio. Questa è la pie
tra angolare del sistema. E di tal guisa si verga una
quantità di numeri positivi colà dove a quella vece
dovrebbero stare altrettanti zeri. Soggiungono è ve
ro la notizia dell'esito. E così il pubblico viene a
conoscere che dei cento furti qualificati avvenuti ,
a modo di esempio , nella provincia Pisana il 1872,
cinquanta non ebbero seguito giudiciale per il man
cato discuoprimento dei colpevoli ; dieci condussero
all ' assoluzione ; venti a condanna di alto criminale
e venti a condanna correzionale . Tutto questo sårà
buono a sapersi . Ma intanto il pubblico rimane nella
credenza che siano avvenuti in quella città cento
furti qualificati. E questo non è mai vero. Non è
vero il titolo quando la procedura o il giudizio han
7 no condotto alla negazione del materiale del reato.
Non è vero il titolo quando la procedura o il giu
dizio hanno condotto alla necessità di impropriarlo
per
p debito di giustizia. Non è vera la qualifica quan
do il procedimento o il giudizio hanno dimostrato
80
che lo scasso o la violenza o lo scalamento od altro
simile non sussistevano. Il pubblico resta ' danque
ingannato, perchè si mantiene nella credenza che
cento volte in quell'anno sia stato violato il diritto
di proprietà, violata la sicurezza del domicilio, vio
late le difese dei proprietari, mentre la verità vera
si è che quelle volazioni furono in numero assai
minore. Addentriamoci un poco più nelle esemplifi
cazioni, e la mia tesi apparirà più lucida. E protesto
che faccio soltanto delle ipotesi , non pretendendo
alla esattezza dei numeri , perchè intendo a censu
rare il metodo e non la esecuzione del metodo .
Apro a caso un prospetto statistico e vi cerco gli
infanticidii . Trovo che nel corso di un anno se ne
sono verificati quattro nella città dove abito . Fac
cio il confronto con la relativa popolazione , e questo
numero mi apparisce allarmante. Faccio confronto
con la popolazione di altro paese limitrofo che mi
då un solo infanticidio, e ne concludo che qua la
moralità è più alle basse. Leggo è vero in quella
statistica che la unica infanticida di là fu condannata,
mentre le quattro infanticide di qua sono state tutte
assolute . Ma ciò niente muta i miei calcoli sul pro
gresso e sul rapporto della criminalità in quelle due
provincie. Qua rimangono quattro infanticidii , là ne
rimane uno solo. Le assoluzioni possono facilmente
trovare spiegazioni nella mia mente, da negligenza
della polizia giudiciaria, da poca sveltezza nella istru
zione, da pietà dei giurati , da tranelli della difesa e r

che so io. Ma intanto i quattro infanticidii vi sono.


Ebbene. Ad onta dello enunciato della statistica
la verità vera può essere che in quell' anno nella
mia città neppure un infanticidio si consumò. La
81

cosa è evidente. Ponete che in seguito ad un ac


cusa d'infanticidio precipitosamente lanciata appena
il cadavere di un neonato fu reperito ( come pur
troppo si costuma avverso questo reato ) siasi venuto
a riconoscere che la creatura usci già morta dal
l'alvo interno , o che perì naturalmente per origi
nario difetto di vitalità ; e poi ditemi cosa è avve
nuto dei vostri quattro infanticidii ! La verità esige
che a quella vece si sostituiscano quattro zeri, poi
chè non altro avvenne in quella provincia tranne
quattro infortunii e quattro abbandoni di cadavere.
Abbiamo avuto in quest'anno sei fallimenti dolo
si, gridava un Pubblico Ministero, e di sei non potei
ottenere la condanna che per uno solo. Questa cosa
è allarmante, scoraggiante per la giustizia : se ne
commuove la fede pubblica, se ne spaventa il com
mercio ; e via su questo tuono lasciatelo declamare.
Ma dopo che ha esaurito la sua rettorica invitatelo
cortesemente a rifare i conti. Rifate i conti , in primo
luogo in quanto a quell' uno del quale voi menate
trionfo, avvegnachè la Cassazione avendo annullato
quella condanna, la nuova Corte di Assise ha sul
rinvio nel successivo anno assoluto ancor quello .
Rifate i conti per tutti i sei casi, perchè quando sei
rejudicate hanno proclamato che non eravi dolo è
temerità la vostra di persistere a dire che avevate
sei fallimenti dolosi , e di screditare il paese in faccia
al commercio estero dando ad intendere che in quella
piazza si avverarono sei bancherotte senza punizio
ne. Questo dato statistico ha per tutta sua base la
vostra fantasia, le vostre divinazioni, i vostri sospetti .
Io non voglio farvi censura per aver troppo veloce
mente dato corpo a questi sospetti . La vostra co
VOL . IV. 6
82 -

scienza vi suggeri cosi, ed io rispetto la vostra


coscienza. Ma quando una incensurabile rejudicata
vi ha avvertito dell'errore, voi non avete diritto di
proclamare al pubblico come verità gli errori vostri ,
ed ingannarlo sullo stato della criminalità del paese.
Si è accusato un rispettabile funzionario come
colpevole di grosso peculato. Dopo undici mesi di
carcerazione è tradotto alle Assise. Là risulta pal
pabile un grossolano equivoco nella base dei calcoli
del perito fiscale. Lo stesso Presidente lo avverte
dello equivoco incorso, ed egli parte tutto confuso.
L'assoluzione viene spontanea per manc&nza di
materiale ; poichè è risultato che quell'infelice non
si era appropriato un centesimo. Il Governo non solo
restituisce in ufficio quell' infelice, ma anche lo pro
muove a riparazione dei danni ingiustamente patiti .
Dove andò il peculato ? Restò fra i sogni dell'accusa.
Ma intanto quel numero rimase sul registro fatale,
e il pubblico se lo beverà nel rendiconto al termi
ne dell'anno.
Uno dei ferri delle vecchie polizie è stato relegato
all'ufficio di Procuratore del Re presso un infimo
Tribunale. Innamorato delle vecchie abitudini esso
rimpiange i bei tempi nei quali i testimoni si tor
turavano con lo esperimento del carcere, e per poco
che un teste all'udienza si mostri favorevole alla
difesa, egli ne richiede l'arresto e lo invio a giu
dizio. La verità si apre poscia la strada, e ad una
ad una le vittime di quei sospetti vengono a rispon
dere al nuovo dibattimento col giustificare la propria
innocenza, e sono assolute. Ma intanto il numero è
vergato sul registro fatale ; ed a fine di anno si trova
che sopra mille testimoni esaminati a quel Tribu
83

nale Lilliputiano ve ne furono forse venti colpevoli


di spergiuro. Ed ecco i filosofi che si gettano su quei
quadri statistici, ed osservano che ad altro Tribunale
di provincia vicina si esaminarono nel corso di quel
l'anno ben quattromila testimoni ; e di questi non
ne apparvero che soli due colpevoli di falsità : e qui
studiano le arcane cagioni della sproporzione com -
parativa della moralità fra quelle due provincie, e
ciascuno crede trovare le cagioni di quella supposta
corruttela in ciò che meglio risponde alle proprie
vedute. Un abbate l'attribuisce al manco di reli
gione : un politico governativo allo influsso delle
sette : un socialista alle miserie delle classi operaie.
Ognuno ha in pronto la sua teoria per dare spiega
zione di quel trabocchevole numero di false testi
monianze. Ma si rinnova la disputa del dente d'oro.
Li scienziati si arrabattano per ragionar su quel
fenomeno, e non si avvedono che il dente non era
d'oro. Di quelle venti false testimonianze restò sol
tanto il numero sui registri . Ma in faccia alla verità
vera desse erano tutte sincere ed oneste .
Così si persisterà a noverare come avvenute in
Pisa otto violenze carnali, mentre quattro di quelle
risultarono fornicazioni consumate con reciproca
compiacenza. Si persisterà a noverare dieci omicidii
in Livorno, laddove tre di quelli si erano verificati
costituire lesione semplice, perchè le morti erano
avvenute a causa di malattia indipendente dalla
ferita . Si persisterà. . . . . Ma che giova esemplifi
care di più ? Tutti gli esiti che mostrarono la insus
sistenza del materiale ridussero a non delitto il fatto
supposto delittuoso ; come gli esiti che lo modifica
rono ridussero a colpe leggiere i supposti misfatti
84

gravissimi . Ma nei quadri statistici il non delitto ri


mane un delitto ; e il delitto leggiero rimane un
atroce misfatto . Sicché il problema si riduce a que
sti minimi termini . Si vuole egli nei resoconti uff
ciali annunziare al pubblico la verità, oppure si vo
gliono fare apparire come verità le visioni ?
Se si vuol dire al pubblico la verità, si devono
studiare internamente tutte le sentenze ( e non è
lavoro da amanuensi ) e mantenere il numero dove
si trova l' assoluzione motivata da mancanza di pro
va dello speciale ; ma cancellario dalla colonna delle
delinquenze quando si trova che l' assoluzione de
rivo da deficienza di materiale, o trasportare il nu
mero da una ad altra colonna quando si trova che
lo alleggerimento di pena derivò non da attenuanti
o da scuse, ma da mutazione di circostanze che ob
bligarono la giustizia a mutare il titolo. Con l'oppo
sto sistema si annunzierà all'Europa che in un anno
avvennero , a modo di esempio, mille omicidi nel
reame d'Italia, mentre in realtà non ne avvennero
forse ottocento. Il quadro dei reati non dovrebbe
contenere altri numeri tranne quelli che rimangono
dopo lo spurgo diligentemente eseguito sulla scorta
dei giudicati ( 1 ).

(1 ) Questa verità si riconobbe dallo illustre Curcio gel


SUO studio sopra le statistiche penali del Regno d'Italia
nel 1869, Firenze, stamperia Reale , 1871. Lavoro nel quale
con fatica titanica esso tentò di portare in mezzo alle tene
bre quella poca luce che gli era possibile di afferrare sui
documenti viziosamente raccolti nelle varie provincie d'Italia .
Il Curcio infatti, a pag. 77 >, osservò che dalla somma dei
reali i quali stando alle denunzie si sarebbero commessi in
85

Io la penso cosi.
Nè questo è tutto. Dal sistema che io censuro na
sce anche l'altro inconveniente del moltiplico erro

Italia nel 1869 bisognava lealmente sollrarne 41,778 che


egli chiama effimeri perchè condussero a risultamento di
far dichiarare o che il fatto non eri avvenuto , o che non
costituiva reato . Ma ognuno che ama il semplice, perchè
oel semplice sta la chiarezza , e perchè la chiarezza è il
necessario veicolo a raggiungere la verità , osserverà facil
mente che in luogo di numerare e poi soltrarre, varrebbe
meglio soltrarre prima di numerare. Ma questo non è tutto ,
poichè lo stesso Curcio rileva che nel 1869 vi furono
( oltre i casi giudicati ) altri 96,276 malefizi che rimasero
sopiti per ordinaoze di non luogo, o della istruzione, o della
camera di Consiglio , o della sezione d'accusa . Lamenta l'esi
mio osservatore che non può stabilirsi quale specie di fatli
fossero cotesti, perchè nelle tavole di richiesta , non si è
potuta introdurre tale nolizia . Ma allora ( dimanderei io )
perchè in tale oscurità deve procedersi sulla presunzione
che quei 96,276 casi fossero tutti malefizi veri onde così
farne la somma con i malefizi giudicati ? Nel modo stesso
che si è trovato così gran numero di reati effimeri nei casi
portati a giudizio , non è egli necessità supporre che un nu
mero più strabocchevole di malefizi effimeri dovessero tro
varsi in quei 96,276 processi che “ restarono a mezza via
senza che lo statista abbia potuto rinvenire le notizie della
loro vita e della loro morte ? Parmi che questa sola pagina
dei Curcio basti alla completa dimostrazione della mia tesi ,
e che persuada che se vuolsi arrivare ad avere delle stati
stiche che dicapo al popolo il vero sullo slaio della crimi
nalità del paese , bisogna accertarsi che nessun malefizio
effimero si intruda fra i numeri che si denunciano al pub
blico . E ad ottenere questo bisogna rionuovare in radice il
sistema attuale .
86
neo dei fatti criminosi. Mi spiego con un esempio.
E se i miei oppositori non si persuadono, vengano
meco a discutere a tavolino col processo alla mano,
e si vedrà da qual lato stia la ragione.
. Nel 1866 un innocente è tradotto alle Assise di
Pisa sotto l'accusa di assassinio . Le apparenze stan
no contro di lui , ed è condannato. Ecco un numero
salla colonna degli assassinii nella provincia di Pisa.
Ma si ricorre alla Cassazione e il giudizio è annul
lato , con rinvio alle Assise di Livorno . Nel 1867 si
rinnuova il dibattimento a Livorno. E di nuovo si
pronuncia condanna . Ecco un secondo numero sulla
colonna degli assassinii nel 1867 in Livorno. Ma io
ricorro di nuovo, e di nuovo si cassa con rinvio alle
Assise di Firenze . Si giunge al 1868 , e quel disgra
ziato ottiene finalmente che sia riconosciuta la sua
innocenza . Poco a dir vero gli giova la sua libera
zione, perchè va a morire dopo un mese etico
logoro dagli stenti e dalle angoscie patite. Ma al
meno è morto col suo onore in seno della famiglia.
Pace all'anima sua. Intanto però nel resoconto
del 1868 si troverà un terzo numero nella colonna
degli assassinii in Firenze, e non sarà che la ripro
duzione dei due numeri precedenti.
Ma tornando sul primo aspetto della inesattezza
che deploro, porterò il mio pensiero ad una formula
più generale. Vi sono di quei fatti nei quali è pos
sibile che si combini da un lato lo accertamento di
un delitto, e dall'altro lato la assoluzione ( o dichia
razione di non luogo ) rispetto allo imputato ; per
chè sia assodato il materiale criminoso, ma rimanga
oscuro lo speciale.
Ciò peraltro non può avvenire in tutti i delitti.
87

Avvi al contrario un gran numero di fatti nei


quali è giuridicamente impossibile che si assolva o
si prosciolga dall'accusa, e al tempo stesso si con
tinui ad asseverare che è stato commesso un delitto.
Questo fenomeno incontrasi in tutti quei reati nei
quali la ricerca giudiciaria muove come da un po
stulato dalla cognizione dello speciale, cioè dalla co
gnizione dello individuo avverso il quale si dirige il
processo : mentre i dubbi e le indagini cadono sol
tanto sulle essenzialità di quella figura criminosa che
si sospetta ; vale a dire sul materiale o sul formale.
È egli possibile che si istruisca contro persone
incerte un processo per bancarotta, per baratteria di
capitano, per spergiuro, per prevaricazione, per cor
ruzione di giudice, per abuso di fiducia, per con
cussione di pubblico ufficiale, per procurato aborto,
ed altri simili , senza che l'accusa abbia al suo pri
mo nascere un obiettivo certo in un conosciuto in
dividuo ? Difficilissimo e quasi impossibile è questo
per la natura stessa indefettibile delle cose. Esor
disce sempre in questi ed altri molti reati consimili
la inquisizione dal fatto di un individuo determinato
al quale si obietta che quel suo fatto sia criminoso,
mentre egli sostiene che fu un fatto innocente o
legittimo. Si designa il mercante fallito che si pre
tende in dolo od in colpa : si designa l'amico al
quale si diede il mandato o il deposito che si pre
tende violato. Si designa l' uomo che giurò, e che
si sospetta menzognero : si designa il percettore
che credesi avere esagerato le tasse ; il contabile
che si teme essersi appropriati i valori pubblici ; il
giudice sospetto di corruzione ; l'avvocato che vuolsi
abbia colluso con l' avversario ; il capitano che si
88

vuol dimostrare macchiato di infedeltà ; il privato


che venne deplorando un delitto commesso a suo
danno il quale sospettasi simulato : nello stesso
adulterio se può essere incerto il drudo deve sem
pre essere certa la moglie querelata ; essa sarà o
non sarà adultera ma non può essere che lei l'adul
tera se adulterio esiste. Del pari sarebbe ridicolo
processarmi come colpevole di incesto con persona
incerta : o vi è incesto, e siamo noi i colpevoli : 0
non siamo colpevoli, e il delitto è un sogno. In una
parola sono moltissimi i reati nei quali costante
mente ( o almeno quasi sempre ) ogni dubbio sullo
speciale è impossibile. In questi la difesa non con
siste nello ammettere la esistenza di un delitto e
dedurre che ne fu altri l'autore : essa non può
consistere che nel dedurre la inesistenza del delitto ;
e se vince non può vincere che per la negazione
dello ingenere.
Or bene : io dico che in tutte queste forme cri
minose è repugnante ( ed anzi è un vero assurdo
giuridico ) congiungere insieme queste due propo
sizioni ľ individuo si salvi il delitto continui
ad affermarsi come avvenuto. Impossibile, perpe
tuamente impossibile tale combinazione . La stessa
penna che verga la liberazione dello inquisito o dello
accusato verga per implicito necessario la radiazione
della criminosità del fatto ; perchè il delinquente
non può essere altri che io quando la questione unica
è di sapere se il fatto mio è o no un delitlo : laonde
da questa alternativa non è possibile escire : se il
delitto esiste io devo essere colpevole ; se io non sono
colpevole non esiste delitto.
89

A questa conclusione bisogna venire tanto se il


proscioglimento dell'accusa derivi dal difetto degli
essenziali alla materialità del delitto, quanto se de
rivi dalla mancanza di responsabilità morale dello
imputato, sapendosi da ognuno che la demenza o la
necessità non perimono la sola imputabilità del giu
dicabile ma fanno sparire dalla radice l'ente giuri
dico che si chiama delitto ; e che i fatti dei pazzi
devono uscire dalla statistica dei delitti per far
passaggio nella statistica degli infortunii.
Quando pertanto il giurista in certe forme di
reato ha assoluto, lo statista è in obbligo di can
cellare quel numero dal registro dei malefizi che si
credettero avvenuti nel paese in quell'anno, perchè
la assolutoria ha mostrato apoditticamente che tale
credenza fu erronea.
Si vuole dunque la verità nei prospetti statistici ?
Si smetta di leggere gli atti di accusa : si smetta
di leggere i frontespizi dei processi . Si leggano in
vece e si studino le sentenze, e fra queste le sole
definitive ed irretrattabili, ed allora apprenderemo
il genuino stato della criminalità in Italia. I quadri
comparativi delle accuse e delle condanne sono an
cora essi utilissimi, ma non per rilevarne lo stato
della criminalità del paese. Sono utilissimi per ar
gomentarne la cresciuta o dimiruita avventatezza
delle accuse, e per argomentarne la cresciuta o di
minuita diligenza delle istruzioni. Ma lo stato della
criminalità deve stabilirsi sulle presunzioni legali.
Resti pure la presunzione di verità dell'azione pe
nale in tutti quei casi nei quali rimasto sconosciuto
l'autore non potè aver luogo il giudizio :, ma la
presunzione di verità si cerchi nei giudicati dei
90

Tribunali quando il giudizio ebbe luogo . Io la ragio


no cosi, perchè dove trovo una sentenza definitiva,
in quella sola, e non altrove, riconosco la presun
zione di verità. Coloro invece che hanno nell'animo
la presunzione dell'errore in tutti i giudicati che
non furono ossequenti all'accusa la ragionano al
trimenti a posta loro. Ma a base di asserti che vo
gliono spacciar come verità legali pongono le loro
divinazioni , e queste sostituiscono alle presunzioni
legali che nascono dalle sentenze . Nè si accorgono
costoro che mentre ostentano tanto calore per man
tenere ad ogni costo ( come essi dicono ) il principio
di autorità, demoliscono stoltamente la prima e più
solida base del principio di autorità che sono gli
oracoli della giustizia.
Mi si perdoni questa digressione che una volta
mi occorreva di esporre per dare ragione del perchè
fra tanti obietti dei miei tanti lavori in giure penale
io abbia sempre lasciato da banda i commenti delle
statistiche officiali. La mia mente non si presta a
ragionare sul serio sopra ipotesi sulla esattezza delle
quali io sento lo scetticismo del cuore .

CAP . V.

I giudizi istantanei.

Ma nei rilievi statistici di Cesarini vi è un


punto intorno al quale siamo certi di viaggiare sul
positivo. Questo avviene in proposito dei giudizi
consumati durante l'anno 1872 con citazione istan
tanea nel circondario della R. Corte di Lucca . Me
ditiamo su questi dati.
- 91
Ecco le parole del nostro oratore (pag. 6) - ivi -

Il sistema da me raccomandato ( art. 46 codice di


procedura ) della citazione istantanea portò i suoi
frutti ;poichè mentre nel 1871 furono trattate con
questa forma soltanto 7 cause, nel 1872 sono state
invece 168 di fronte a 206 imputati dei quali 164
furono condannati e 42 assoluti.
Questo brano del nuovo discorso mi obbliga pe
raltro a riportare lo sguardo su quanto lo stesso
Cesarini in tale argomento scriveva , desiderava,
e prometteva il 4 gennaio 1872 ; ciò piuttosto che
fare lo elogio delle parole dell' oratore, sarà splen
dido elogio delle opere del magistrato . Eccone al
cuni brani ( pag. 64 ) . Io ho la convinzione che lo
svolgimento largo e leale del principio accusatorio
riposi in gran parte nella maggiore estensione e
nel più ampio sviluppo a darsi al sistema della ci
tazione immediata, e a quello della citazione di
retta. Da noi ( prosegue a pag. 65 ) è forma, direi
quasi, trasandata o messa in non cale con grande
jattura dell'amministrazione della giustizia ; men
tre abbrevia grandemente la detenzione preventiva,
sopprime la procedura scritta là dove si manife
sta cvidentemente inutile ; e serve alla esemplarità
della pena per la prontezza della sua applicazione.
Questa innovazione cosi utile non è entrata an
cora, come io diceva, nelle nostre consuetudini giu
diciarie ( giacchè nel nostro distretto dal 1866 ad
oggi è stata usata solo 26 volte ) deve essere da qui
innanzi abbracciata ed attuata con ardore.
Avendo essa per carattere distintivo quello di por
re dinanzi ai giudici, senza dilazioni ed inutili for
malità l' incolpato insieme ai testimoni e alle prove
92 -

materiali del suo delitto, fa d'uopo che i procu


ratori del Re acquistino ľ abitudine di farsi in ogni
caso di flagranza la domanda preliminare sulla
possibilità di ricorrere a questo modo di procedi
mento , RINUNZIANDOVI SOLTANTO QUANDO VI SIA
L'IMPOSSIBILITÀ ASSOLUTA ; e tale abitudine non si
può contrarre se non dismettendo le pratiche an
tiche e dirigendo ed incoraggiando gli ufficiali di
pendenti a percorrere arditamente questa nuova
via . Sarà reso un grande servigio alla buona am
ministrazione della giustizia correzionale quando
il sistema della citazione direttissima ed immediata
potrà ricevere in quasi tutti i tribunali nostri una
quotidiana applicazione.
Auree parole, assennati divisamenti, ai quali ta
luno rispose con un sorriso di incredulità. Ma il
Cesarini è venuto nel 1873 a darci la buona
novella del come egli abbia saputo avviare sul ter
reno pratico i suoi voti del 1872, e quanta utilità
ne abbia saputa trarre nel breve giro di un anno.
Utilità per la più pronta condanna di 164 colpevoli :
utilità dello aver sottratto alle angustie del carce
re 42 innocenti. Carpzovio si vantò di aver
condannato a morte duemila individui , ed il suo
nome è rimasto oggi un triste simbolo delle scuole.
Cesarini può vantarsi di aver sottratto nel bre
ve giro di un anno 42 innocenti ad una indebita
carcerazione, ed il suo nome deve correre per tutta
Italia come simbolo di operosità umanitaria. Ce
sarini contemplò nel 1872 i nuovi ordinamenti
del procedimento penale e delle altre leggi di si
curezza. Lo vide una selva di ispidi roveti , e lo ri
provò senza reticenza o ritegno. Vi scorse un oasi
93

da fecondare, e pose ogni studio nel fecondarla. Reno


acu tetigit. Era questo forse l'unico punto lodevole
del nuovo codice di procedura. Ed appunto per que
sto era da pochissimi apprezzato e compreso .
Come io la pensi intorno al sistema della cita
zione istantanea con buono intendimento stabilito .
dall'art. 46 del nostro codice di procedura , ma trop
po spesso dimenticato in molti tribunali d'Italia, è
inutile che io lo dica. Coloro che mi hanno fatto
l'onore di leggere i miei poveri scritti avranno in
quelli notato più di una volta la formula benedetto
il Cadi. Questa formula esprime tutto il pensiero
mio . Sì : in faccia al rovinoso ed iniquo sistema della
carcerazione preventiva, come si volle infaustamente
introdurre nel reame d'Italia, ognuno che abbia a
cuore la giustizia bisogna che esclami benedetto il
Cadi, poichè le forme Tarche sono più eque ed
umane che non lo siano le forme Italiane nelle mi
nori delinquenze. Prestigiosa ipocrisia di ostentare
gelosa cura per la osservanza di una lunga e mi
nuziosa istruzione scritta, quando questa guarentigia
delle più larghe e pacate verificazioni deve otte
nersi a spese di una prolungata perdita di libertà,
che poi conduce troppo spesso al risultamento di
una assoluzione , o dello irrogamento di una pena
superata spessissimo nella sua durata dalla prigio
nia sofferta in pendenza della istruzione. Quello che
la boria del secolo vanta come progresso civile e
testimonianza di rispetto alle libertà civili non è al
tro che ipocrisia quando la più diligente inquisi
zione porta seco a cagione della iniqua distribuzione
del carcere preventivo la necessità di sottoporre ad
una prolungata custodia uomini che poscia risultano
-
94

innocenti o meritevoli di una prigionia meno lunga


della preventiva sofferta .
Sia dunque benedetto il Cesarini che non
avendo potuto fare argine ai mali introdotti col
nuovo metodo viziosissimo della odierna custodia
giudiciaria, si è sforzato di minorare li effetti di quei
gravissimi mali per quanto da lui potevasi , insi
nuando nei suoi subalterni la preferenza della forma
del giudizio precipitoso che potè risparmiare a 206
imputati una serie di patimenti per gran parte inn
meritati ed ingiusti . Immeritati dai 42 accusati che
nel 1872 furono riconosciuti con l'anzidetto metodo
innocenti : li quali senza il metodo eccezionale, sot
toposti a procedura ordinaria, avrebbero ottenuto
una tardiva recognizione di innocenza, dopo una
prigionia di parecchi giorni e più spesso di mesi
passati da loro fra le angoscie del carcere, e dopo
li stenti delle famiglie innocenti e povere condotte
a gravi dissesti economici per la detenzione dei loro
capi . Immeritati poi per non piccola parte degli al
tri 164, che giudicati nel 1872 con giudizio istan
taneo furono convinti colpevoli dell'addebito portato
contro di loro : i quali non videro alla condanna in
flitta ai loro piccoli falli aggiunta la soma di una
prigionia preventiva che sarebbesi per molti di loro
prolungata oltre la misura della inflitta condanna.
Fu dunque benemerito il Cesarini quando ec
citò tutti i suoi subalterni ad usare quanto più spesso
potevasi il metodo dell'art. 46, e cosi caldamente lo
raccomandò che all' aprirsi del nuovo anno giudi
ciario 1873 potè annunziare la differenza che passa
fra i 7 miserabili esempi del 1871 e i 206 imputati
del 1872. Qui la lode non spetta ali' oratore , se non
95

in quanto alla forma modesta con la quale esso ri


corda questo trionfo della umanità e della giustizia,
il quale è preludio di più larghi vantaggi nell'av
venire : ma la lode maggiore devesi al fatto del
magistrato che riesci a procurare quel bene.
Incorrerei peraltro la taccia di partigiano se pri
ma di lasciare l'argomento dei giudizi per citazione
immediata ( il quale dirò di passaggio non credo
vero abbia l'Italia accattato dalla Francia, ma penso
invece l'opposto ) io non mi fermassi un istante a
cogliere un altro fiore.
Fra i discorsi inaugurali del 1873 ai quali ebbi
la sorte di erudirmi (1 ) mi corre qui l'obbligo di
ricordare quello del cav. Girolamo Floreno
pronunziato il 4 gennaio 1873 al tribunale civile e
correzionale di Palermo (2) . La prolusione del Pro
curatore del Re al Tribunale di Palermo fermò to
sto la mia attenzione per la singolarità dello eserga
Baconiano expeditum facere est perfectum fa
cere. Lo lessi, e con avidità lo rilessi : trovai nel
l'uomo non ordinario slancio di robusta attività ;
trovai nel pensatore i lampi di un vivace intelletto :
trovai nel dicitore venustà ' di modi ; e quantunque

( 1 ) Comprende ognuno che a me meschino privato non


può farsi aperta la conoscenza di tutti gli annui discorsi
inaugurali del Regno , ma soltanto di quelli che posso togliere
da qualche giornale, o che per gentilezza speciale degli au
tori ni vengono favoriti : del che piglio la presente occa
sione per rendere le debite grazie .
(2) Floreno discorso inaugurale per l'apertura del
ľanno giuridico 1873 al tribunale di Palermo, Palermo
tip . Fiore 1873.
96

nessun altra cognizione io mi avessi di quel ma


.

gistrato mi apparve degnissimo di stima e di sim


patia. Ma io non intendo dare una rivista di quel
lavoro. Soltanto ( come diceva ) io ho sentito il do
vere di ricordarne qualche brano a proposito delle
citazioni istantanee .
È nella indole delle menti italiane che certi pen
sieri volino talvolta dall' una all' altra estremità del
Regno con velocità quasi elettrica ; e moti conver
genti si succedano rapidamente negli animi nelle
più distanti provincie . La storia di tutti i nostri ri
volgimenti mostrò questa verità. Così non è mera
viglia che lo eccitamento dato nel 4 gennaio 1872
dal Cesarini ai giudizi istantanei fra le nebbie
dell ' Esare avesse un eco sotto lo splendido sole
del Lilibeo .
Ed ecco cosa narra il Floreno il 4 gennaio 1873
pag . 41 ivi -- Cercai arditamente di applicare
in larga scala il metodo del giudizio subitaneo ; e
mi venne fatto di raccogliere approvazione ed in
citamento dal superiore ufficio, dal pubblico, dalla
stampa patriottica, dal nobile föro, e dai medesimi
imputati, da superare la stessa aspettativa. Questo
sistema è un fatto essere stato in quest' anno INAU
GURATO PER LA PRIMA VOLTA IN QUESTA SEDE ; al
cui esempio tennero dietro e Napoli e Caltanisetta,
e qualche altro Circondario. Trecentoventuno cause,
vale a dire un terzo della intera cifra dei delitti
di competenza del Tribunale, furono spedite col
metodo istantaneo, e quindi 220 imputati ( sopra
un totale di 541 imputati, vedasi la pag. 22 ) infra
un'ora o due liberi e sciolti sono ritornati alle
loro case e ai loro affari senza toccare la soglia
97

del carcere, che sempre disonora e contagia, e nel


quale chi sa quanti mesi avrebbero penato, pur riu
scendo infine alla stessa assoluzione ; e per n . 321
si pronunziò dal Tribunale condanna affermativa,
che in molti casi raggiunse un anno di carcere, e
in più di un caso i tre anni ed oltre, impartiti al
colpevole infra un'ora dal commesso reato .
Verrà forse fatto di dimandare come mai Ce
sarini che fino dal 1871 aveva iniziato i suoi
sforzi dal seggio superiore della R: Corte di Lucca
per la introduzione di questo più rapido sistema, e
che il 4 gennaio 1872 se ne era fatto caldissimo
apostolo, non riuscisse nell'anno caduto ad ottenere
dai cinque tribunali di prima istanza a lui subor
dinati ( cioè Lucca, Pisa, Livorno, Volterra, Porto
ferraio ) che sole 168 ( 1 ) cause con 206 imputati
spedite con quella forma; laddove Floreno in
un solo Tribunale di prima istanza ha raggiunto
n. 321 cause con 541 imputati . Il ragguaglio della
popolazione non chiarisce questo fenomeno, poichè
Floreno ci assicura che i giudizi istantanei fu
rono in Palermo il TERZO del totale ; mentre dai
prospetti della Corte di Lucca emerge che furono
circa il DECIMO dei giudizi correzionali trattati nei
cinque uffici subalterni. La spiegazione non è pe
raltro difficile a chi rifletta che Floreno volle e
fece da sè , laddove Cesarini voleva ma doveva
far fare da altri. Non a tutti è egualmente facile
disabituarsi dalla delizia di tenere i sospetti qual
che tempo prigione.

( 1 ) Ecco il repario . Lucca 54 , Livorno 28 , Pisa 105 ,


2

ollerra , 1 , Portoferrajo 00 , totale 168 cause.


>

VOL . IV . 7
98

Ad ogni modo il metodo dell'art. 46 ha fatto la


sua buona prova in due provincie di Italia sotto una
differenza notevole di abiti e di costumi: e se gli
innocenti sottratti al flagello del carcere preventivo
in Palermo furono 220, e qua da noi furono sol
tanto 42, non è colpa del Cesarini.
Ma i soliti barbassori metteranno in dubbio se
veramente quei 220 di Palermo e quei 42 dei no
stri, fossero poi tutti innocenti . Invasati dalle abi
tuali presunzioni di colpevolezza costoro diranno che
se quei 262 fossero stati processati col vecchio si
stema e con lo esperimento del carcere preventivo
prolungato a piacimento della inquisizione, sareb
bero anch'essi risultati colpevoli . Non esito a cre
dere che costoro diranno ciò : ma l'obietto ha trop
pe risposte.
In primo luogo rispondo che questa è una divi
nazione e niente di più : e che con uguale fonda
mento potrebbe ritorcersi l'obietto in senso contra
rio se fosse lecito in cosa cotanto grave convertire
le supposizioni in verità reali col facile metodo di
autocratiche asseverazioni .
In secondo luogo rispondo che, ammessa ancora
la ipotesi che mediante una lunga carcerazione pro
batoria qualcuno di quelli sfuggiti si fosse potuto
colpire da un castigo, la impunità di pochi colpe
voli è sempre un male minore che non lo siano le
immeritate sofferenze di tanti innocenti ed il lutto
di tante oneste famiglie.
Rispondo in terzo luogo che il metodo della ci
tazione istantanea ben lungi dal rendere più pro
babile la impunità dei colpevoli rende più facile la
loro scoperta . E qui lascio che parli il Floreno.
99

Mi basti escludere ( pag. 22 ) che nelle cause fenome


niche dei pronunziati assolutorii possa esservi quel
la della semplificazione delle forme, diffondendo i ra
pidi metodi della citazione diretta, ed istantanea ;
conciossiachè in questi ultimi giudizi campeggia
sempre la stessa proporzione del 38 per 109 (as
soluzioni sopra le accuse ) che guida i totali : in 541
incolpati tradotti per rito subitaneo 200 licenziati,
in 412 inviati per citazione diretta 141 assoluti,
come in 257 spediti con ordinanza istruttoria con
tro 109 non si fa luogo a condanna, anzi se fosse
per quest'ultima sola cifra ragguagliata col suo
parziario, la misura aritmetica delle assoluzioni
alzerebbesi al 41 per 100. Vedete dunque bene, o
Signori, come le forme più rapide della istruzione,
quando son guidate dalla opportuna prudenza, non
arrivano a nuocere giammai al merito dei giudi
cati penali, qualunque esso sia, anzi di molto se
ne avvantaggia la loro verità legale, avvicinando il
tempo del giudizio a quello del reato, la causa al
l'effetto. Fin qui Floreno. Ma io voglio aggiun
gere qualche ulteriore osservazione.
Non è vero che la custodia preventiva sia sempre
mezzo per agevolare la scoperta dei delinquenti che
vengono poscia sottoposti a lente e mature investi
gazioni . La mia esperienza mi ha mostrato al con
trario che i delinquenti sono più proclivi a confes
sare quando lo interrogatorio loro succede prossi
mamente al reato commesso . Quando i loro nervi
subiscono tuttora il tremito del ribrezzo : quando
nelle loro orecchie suona tuttora l'eco dei lamenti
dell'offeso ; quando a loro ( somiglianti a Lady Mac
beth ) sembra tuttavia scorgere macchie di sangue
100
sulle mani inutilmente lavate ; quando la tuttora
viva impressione del reato commesso ne fa sembrare
loro difficile lo occultamento . Date loro tempo per
ricomporsi. E mentre quelle impressioni verranno
perdendo la propria vivezza , si farà più ferma in
quell'anima la fiducia nella impunità, la determi
nazione alla negativa , e l'ordimento di artifizi per
sostenerla, e più ferrea la loro tempra per il con
tatto ed i consigli dei condetenuti . Io vidi non uno
ma parecchi delinquenti negli 8 lustri del mio patro
nato aprirmi spontaneo il cuore e farmi confessione
leale : e li rividi poi dopo varii mesi di sofferta in
quisizione essersi contro il mio consiglio appigliati
alla negativa, ed averla cosi tenacemente afferrata
da osare perfino di negare a me stesso la confes
sione che nel primo impeto mi avevano fatta con le
lacrime agli occhi. Nè questo è tutto. Il timore del
carcere preventivo agisce direttamente come poten
tissimo impulso a negare la colpa. Questo è un fatto
positivo comprovato dalla quotidiana esperienza ai
Tribunali ed alle Assise. Spessissimo comparisce
l'accusato al giudizio orale e francamente confessa.
Il Presidente gli obietta, perchè negaste nel primo
esame ? E la risposta è quasi sempre la istessa :
negai perchè se avessi confessato mi avrebbero to
sto messo in prigione e sostenuto colà sa il cielo
per quanto ; laddove protestandomi innocente io spe
rava di non essere carcerato . La natura umana è
fatta cosi. Il male imminente pare sempre gravis
simo : il male lontano fa una impressione più pallida
sempre del vero . Chiamate a voi lo imputato dopo
il commesso delitto e fategli intravedere che sarà
condannato subito, ma che poi avrà termini per l'ap
101

pello ed avrà comporti per ritardare il giorno della


espiazione, probabilità di grazie, e simili ; ed ecco
che subito vi confessa. Fategli invece comprendere
che a lui sovrasta una immediata prigionia prolun
gabile indeterminatamente a libito dello inquisitore ;
e per quanto gli è possibile lo vedrete porsi sulla
negativa. Per il lato della esemplarità potranno ve
nire in campo altre considerazioni; ma per il lato
del bisogno di evitare quanto meglio si possa la im
punità, la velocità del procedimento è tutto. La ve
rità penale ( piglierò in prestito anche una volta un
concetto di Floreno ) somiglia alla fortuna ; pas
sa celere, e bisogna pigliarla per i capelli, e subito ;
o non la incontrerete ordinariamente mai più .
Aggiungasi a queste osservazioni lo effetto note
vole della economia delle spese. Aggiungasi il più
largo margine che il metodo veloce lascia nel tempo
ai giudici istruttori, ai quali porge maggiore libertà
per occuparsi con migliore frutto dei processi più
gravi , e sollecitare anche questi : e la bontà del giu
dizio istantaneo sarà dimostrata per ogni riguardo .
Soltanto una ultima interrogazione rimane a farci.,
Come mai se così evidenti sono i beneficii del giudi
zio istantaneo si è tanto tardato a portarci amore, e si
esita tuttavia, e si lascia dormire inoperoso nel codice
come un'arme di lusso destinata a semplice pompa ?
Come mai si è dovuta anche qui ripetere la dolorosa
sentenza, le leggi son, ma chi pon mano ad esse ? La
interrogazione è seria : ma poichè sarebbe forse an
che più seria la risposta è meglio intralasciarla.
Se peraltro, fedele nella mia avversione al car
cere preventivo, e parteggiatore di qualsivoglia me
todo che moderi questa intollerabile vessazione, io
102

ho mostrato tanta simpatia al sistema della citazione


immediata, la quale, come ricorda Floreno, pro
cura ad un gran numero di innocenti il benefizio
di ottenere una pronta assoluzione ( senza toccare
la soglia del carcere ) non credasi già che io lodi
in ogni sua parte l' art. 46. Non corrasi tanto a lo
dare una legge che quando accorda un benefizio, lo
accorda sempre con mano avara e pronta a rito
glierlo o limitarlo con l'altra mano. L'art. 46 quan
do volge il pensiero ai pericoli che possono derivare
alla innocenza da un metodo così veloce, soggiunge
- ivi – Se l'imputato lo chiede, il tribunale gli
accorderà un terinine di tre giorni per preparare
la súa difesa. Questo è tirannico . Lo imputato può
aver fiducia in un patrono o lontano o impedito.
L'imputato può avere avuto presenti al fatto testi
moni imparziali che siano partiti dalla città per un
lontano viaggio ; o che siano altrimenti impediti , od
infermi . Lo inesorabile termine di tre miseri giorni,
nel quale si costringono indistintamente tutti i di
ritti preparatorii della difesa, consegna lo imputato
eventualmente alla balia del suo accusatore, dei suoi
nemici , dei suoi persecutori . Questo ( io lo ripeto )
è tirannico : poichè la scelta del metodo di citazione
immediata si lascia allo illimitato arbitrio del Pub
blico Ministero, ancorchè lo imputato vi si opponga ;
e vi si opponga per bucne, e solide , e sante ragio
ni : e ciò è intollerabile in terra civile .
L'art. 46 nacque sotto una ispirazione liberale ed
umanitaria, ma subi la solita vicenda di tutte le
odierne leggi italiane, cioè di esserne guasto e tras
formato il concetto . Questa sorte comune a tutte le
moderne leggi del nostro paese ha la sua costante
103

cagione nello agitarsi degli opposti partiti : altalena


fatale ; aure funeste, di ogni ben nemiche. I liberali
vincono per ardore : i retrivi vincono per tenacità,
furberia ed accorgimento, potendo bene a loro appli
carsi il verso di Dante ed ei che avea lacciuoli a
gran dovizia . I liberali vengono proponendo leggi ed
ordini nel senso progressivo ed umanitario. I retrivi
le osteggiano di fronte, e tengono la guerra fino a
che possono : ma quando si veggono nella necessità
di cedere, se ne mostrano anch'essi caldeggiatori ,
onde aver mano all'impasto, e paralizzare con le
aggiunte il bene che prometteva la nuova proposta.
E poichè i sistemi nostri vogliono oramai che qua
lunque nuovo articolo subisca le solite revisioni della
burocrazia, il nuovo articolo esce dalla fucina con
una coda furbesca che i liberali accettano, o perchè
illusi dall' apparente vittoria, o per cedevolezza di
transazione. Cosi ne avviene quello strano fenomeno
che leggi proposte con intendimento liberale e con
fine benefico vengano ad ultimo dopo lunghe dispute ,
e correzioni ed impasti, ad uscir fuori siffattamente
acconciate che invece di spingerci innanzi aumen
tino i vincoli della civile libertà. Questa è la storia
quasi costante delle nostre moderne leggi, special
mente in materia di giure pubblico, ed io l'appresi
con positiva certezza nei pochi anni durante i quali
io sedetti inutilmente nelle aule legislative : e dico
inutilmente per il paese : ma utilmente per me , poichè
se ne colsi frutto di disinganno e di sfiducia nell'av
venire, ne guadagnai però molta istruzione pel desi
derato contatto di uomini dotti, e virtuosi e sapienti .
L'articolo 46 ebbe il suo primo impulso da uno
spirito di favore agli imputati, laddove ( come dirò
104

fra poco ) l'art. 371 ebbe impulso da uno spirito di


favore verso l'accusa.
E che l'art. 46 si ispirasse al favore delle civili
libertà, io credo poterlo mostrare ad evidenza per
la stessa limitazione con la quale esordisce quel
l'articolo il proprio dettato .
Infatti incomincia l' art . 46 con ordinare perento
riamente che la facoltà di istituire il giudizio imme
diato competa al Procuratore del Re allora soltanto
quando trattisi di reato che importi pena del car
cere eccedente tre mesi od altra pena maggiore.
Dunque pare non sia dubbio che il benefizio di
quella sollecitudine sia costantemente interdetto a
tutti coloro che appariscano colpevoli di un reato
colpito da quindici o da sessanta giorni di carcere.
Qual'è la ragione di questa singolarità ? Rispondasi
a ciò. Ma la risposta è altrettanto facile quanto per
suadente, purchè la si congetturi dalla genesi di
quel provvedimento.
Si atterriva il partito liberale del carcere preven
tivo così malamente prodigato, e studiava ogni modo
di opporsi . Dovette naturalmente in cotesta lotta esso
appigliarsi a temperare almeno nella pratica gli esor
bitanti danni del carcere inesorabilmente imposto
per tutto lo indefinito corso del procedimento contro
ogni cittadino che apparisse macchiato di un delitto
meritevole di tre mesi o di pena maggiore . In que
sta veduta fu proposto l' art. 46, che almeno pei
reati flagranti facesse abilità di evitare quella du
rissima vessazione con un giudizio istantaneo . Ecco
lo spirito di quell'articolo , e di quella limitazione ;
e fu spirito liberale .
105
Bene è vero che anche a questa occasione il le
gislatore Sardo tradì il felice concetto con le infe
lici parole, aderendo anche questa volta a quel per
petuo vizio gallicano, che sempre ho deplorato e
sempre deplorerò, di definire il proprio pensiero
con formula che si riferisce ad una materialità
anzichè con la formula semplice e relativa alla idea
che suggeriva la disposizione. Non disse quel le
gislatore che il beneficio dell'art. 46 fosse conceduto
in tutti quei reati che portavano a carcerazione
preventiva : obibò, questo sarebbe stato chiaro ed
incavillabile ; ma questo definiva una idea positiva
ed immanchevole, e perciò si ebbe a schifo qui come
sempre. Si volle anche qui la definizione materiale :
si disse nei reati puniti con tre mesi di carcere o
più, credendo ( o facendo le viste di credere ) che
si dicesse lo stesso, mentre dicevasi diversissima
cosa. Si dimenticò che per l'art. 206 dello stesso
codice di procedura erano numerosissimi i casi di
cittadini che quantunque incolpati da un malefizio
punito con soli otto giorni o trenta di prigionia pure
dovevano inesorabilmente sottostare alla prigionia
per tutto lo indefinito corso della inquisizione : e non
si avverti che per tutto questo foltissimo stuolo
erano chiuse perentoriamente le vie di profittare
del vantaggio del giudizio istantaneo ; di quel ri
medio che si aveva in animo di stabilire come uni
versale temperamento ad ogni caso che seco traesse
quello ingiusto imprigionamento. Cosi ne avvenne
questo fenomeno contradittorio ed iniquo che per
godere quel grande vantaggio, vantato giustamente
da Floreno, di vedere riconosciuta la propria
innocenza senza toccare la soglia del carcere ; bi
-
106

sogna essere grandi colpevoli ; bisogna aver com


messo un delitto che meriti quattro anni di carcere ,
o pena maggiore : allora si che si può sperare ve
dere decisa in 24 ore la propria sorte. Guai però se
un ozioso si renda autore di un delitto colpito da
dieci giorni di prigionia ! Per lui è inevitabile la
inquisizione; e lui potrà un inquisitore o sonnolento
o maligno sostenere in carcere anche per sei mesi
prima che sorga l'aurora che deciderà il suo desti
no ! Crollino ( lo ripeterò anche oggi forse per la
centesima volta ) crollino il capo a talento loro gli
increduli : io non cesserò mai dal ripeterlo, e ad ogni
piè sospinto ne arrecherò nuove dimostrazioni evi
denti . Le definizioni materiali tradiscono o prima
o poscia il pensiero del legislatore e conducono
eventualmente la legge nelle sue applicazioni ad
imperdonabili iniquità.
Del resto la infelice redazione e le code che lo
avvinsero non tolgono la verità di quello che ho
detto, che cioè l' art. 46 avesse la sua genesi in uno
spirito liberale di favore agli imputati, mentre da
spirito del tutto opposto ebbe impulso l'art. 371 ;
da quello cioè di favorire l'accusa, dandole più
sbrigliata maniera di persecuzione.
Io sento dunque il bisogno di protestare che le
simpatie al sistema della citazione immediata, non
le ho davvero per il metodo della citazione diretta,
ordinato dall'art. 371 dello stesso codice di procedura.
Il metodo della citazione immediata è metodo
primitivo e naturale dei criminali giudizi . Esso
non altera menomamente la parità fra l'accusa e la
difesa : parità che deve aversi sempre davanti agli
occhi e non dimenticarsi giammai da chi brama la
107

giustizia , poichè questo è il punto vitale, il punto im


.

portante nei criminali giudizi . Il cardine fondamentale


di tutto il procedimento punitivo deve essere il prin
cipio della uguaglianza. Questa è la mia bandiera .
Il metodo della citazione diretta presuppone un
lavorio fatto nelle tenebre dall' accusa ; una istru
zione segreta lentamente maturata nell'ombra, sal
vo che invece di ordirsi dal Pubblico Ministero e
dal giudice istruttore si ordisce dal Pubblico Mini
stero e da altro suo affidato, in un preordinamento
sempre ostile allo imputato . È una guerra prepa
rata nell'ombra a tutt agio che poi si rompe al
momento opportuno per l'aggressore, per piombare
( novello Brenno ) come fulmine sull' imputato . Nel
mio modo di vedere tra forma e forma intercede
un abisso. E mentre ( con le debite restrizioni ) io
accetto ad impedimento delle carcerazioni preven
tive il giudizio immediato o istantaneo, non trovo
esagerati i lamenti che i giuristi filantropi hanno
mosso teste contro la citazione diretta .
Questa ha lo inconveniente di strangolare la di
fesa senza accordarle il benefizio , vantato da Flo
reno , di sottrarmi ai patimenti ed al disonore del
carcere : e quel male io non lo trovo compensato
da bene alcuno .
Vorrei dunque limitare a questo secondo metodo
( art. 371 ) le invettive che testè il generoso L U C
chini esprimeva nel suo libro intitolato il carcere
preventivo ed il meccanismo istruttorio ( 1 ) . Ed a

(1 ) Lucchini Dott. Luigi Il carcere preventivo ed


il meccanismo istruttorio che vi si riferisce nel processo
penale , Venezia tip. Naratovich 1872.
108

persuaderci che l'obiettivo delle censure di Luc


chini sono i processi a citazione diretta ( art. 371 )
piuttostochè i giudizi istantanei, basti leggere ciò
che egli scrive a pag. 222 -- ivi — Nè si può dire
che di tal guisa (citazione diretta) il procedimento
acquisti in celerità , avvegnachè si vedano cause di
tal fatta protratte per mesi e mesi, per naturale
conseguenza della soverchia agglomerazione di af
fari affidati al Pubblico Ministero ed ai Pretori,
e si vedano certi voluminosi processi per citazione
diretta che fanno invidia alla corpulenza dei più
gravi procedimenti per formale istruttoria.
Neppure la citazione diretta giova a sospendere
o ad abbreviare la durata del carcere preventivo,
che ha luogo istessamente come nell'istruttoria in
nanzi al giudice ; con quel che segue . $

Io spero dunque di non incontrare rimprovero


dall'amico, nè accusa di aver male interpretato i
pensieri suoi , se dico non esistere divergenza alcuna
fra noi in quanto ai giudizi per citazione istantanea.
Le critiche amare dei novatori sono tutte contro le
altre due forme di giudizio le quali hanno a base
comune una istruzione segreta indefinitamente pro
lungata : e contro questa si concentra la somma di
tutte le censure. Ma ciò mi conduce al più grave
e più difficile argomento della istruzione segreta ,
alla trattazione del quale farò passaggio fra poco.
Ma prima di chiudere il presente capitolo io debbo
rispondere ad alcune censure dirette contro le os
servazioni da me fatte sull'art. 46.
Lodai la nuova forma di procedimento penale che
dicesi per citazione immediata o giudizio istanta
neo, quantunque guardata nel suo concetto fonda
-
109

mentale osteggi ai principii che costantemente io


professo, pel vizio a lei congenito della coartazione
di difesa . La elogiai, ciò malgrado, per il benefizio
che essa reca di diradare quel nefasto abuso della
custodia preventiva che si malamente vennero pro
digando le nuove leggi italiane ; e perché tutto quello
che frena simile abuso ha sempre agli occhi miei un
lato buono ed eccita un sentimento di simpatia che
fa perdonare gli altri difetti, e tutti li sommerge
nella considerazione di tanti innocenti salvati dal
pericolo di gemere per meri sospetti lunghi mesi
nella prigione a comodo altrui prima di ottenere la
propria giustificazione.
Ma se lodai in genere questo metodo, non lodai
però l'art. 46 che lo descrive e lo regola ; perchè
sarebbe meraviglioso davvero se in tutto il codice
di procedura penale del 1865 riuscisse trovare un
articolo che fosse meritevole di pieno encomio, ed
immune da intollerabili vizi. Laonde non tutti ma
soltanto il più grave e pauroso difetto di quell' ar
ticolo io dovetti accennare per non sembrare loda
tore di dettati tirannici , e quasi come protesta, li
mitandomi in questo a fugaci parole, perchè l'obiet
tivo del mio discorso non era quello di commentare
l'art. 46, nė di descriverne minutamente le condi
zioni, ma quello soltanto di guardarne gli effetti
sulla scorta di rilievi statistici.
Pure , quantunque frammiste di lodi , quelle poche
parole ferirono le suscettività di coloro pei quali il
codice del 1865 è un'arca santa che non deve essere
tocca da alcuno senza che sia colpito dal fulmine ;
ed imitando lo stolto che dava opera a lavare lo
Etiope, si fanno una religione di purgare con ogni
- 110
modo di sofisma il venerato gioiello dalle censure
dei temerari profanatori di quella reverenza.
Nel Monitore Giudiziario di Palermo ( anno 3,
n . 28 ) si riprodusse la prima parte di questo ca
pitolo, ed io dovrei mostrarmi grato a tanto onore
se non vedessi quel povero scritto crocifisso da in
numerevoli errori di stampa, ed anzi peggio che da
errori, da volontarie mutazioni ed arbitrarie corre
zioni ; che forse nella mente dello editore Palermi
tano rientrano nello esercizio della libera stampa,
ma che in sostanza sono vere e proprie falsifica
zioni, le quali non è possibile derivino da semplice
disavvertenza del Proto. Cosi, a modo di esempio,
dove io aveva scritto malamente si sostitui gran
demente ( forse per moderare la troppo audace pa
rola ) ; e dove io aveva scritto si atterriva venne
sostituito aborriva, tramutando lo impulso della
passione legittima del timore nello impulso della
viziosa passione dell' odio : e il propria mutato in
prima; e lo svolgimento ( corso logico ) nello scon
volgimento ( corso illogico e riprovevole ) ed altre si .
mili variazioni, le quali mai potranno passarsi come
sviste del Proto, ma svelano aperto il concetto di
emendare a discredito della tesi dello scrittore.
La riproduzione di quel meschino lavoro non era
però un omaggio che a me voiesse farsi; ma bensì
la preparazione ad acerbe censure che in quel pe
riodico fecero coda al mio discorso. Nè io ( nemico
di ogni polemica ) vorrei oggi accingermi a confu
tare quelle censure, perchè i sogni non meritano
confutazione. Ma poichè mi avveggo che troppo con
cisamente io aveva messo innanzi le mie osserva
zioni sull'art. 46, e quelle cosi incomplete davano
111

motivo di accusarmi di leggerezza ed equivoci , cosi


sento il debito verso me stesso di ritornare sul
l'argomento per mostrare che quanto scriveva, ben
chè detto velocemente, era peraltro maturamente
pensato e studiato, e da gagliarde ragioni sostenuto.
1. Ho notato ( non come serio rimprovero ma
come semplice osservazione ) che i giudizi istanta
nei, ed il benefizio di essere riconosciuti innocenti
senza toccare la soglia del carcere, essendo esclu
sivi agli accusati di delitti colpiti dal carcere oltre
tre mesi, ne avveniva che fossero in faccia alla leg
ge più fortunati i grandi colpevoli , perchè ai minori
il giudice non poteva accordare il benefizio di ot
tenere l' assoluzione senza il duro proemio di una
indefinita prigionia. Ed ecco a mente del mio cen
sore un grosso equivoco nel quale io caddi . Esso mi
ricorda ( peregrina scoperta ! ) che i colpevoli mi
nori sono tradotti alla competenza del Pretore ; e
mi invita a leggere l'art. 73 del codice di proce
dara, nel quale secondo lui sono riprodotte pei de
linquenti minori le forme privilegiate che l' art. 46
descrive per i delinquenti maggiori.Ma l'art. 73 io
lo aveva letto prima che il mio critico me ne fa
cesse l'invito. Tutta la differenza che corre fra noi
è questa ; che l' art. 73 io lo leggo tutto per intero ;
ed egli non lo vuol leggere che per metà : la diffe
renza è che io lo leggo e lo intendo come lo inten
de illustre commentatore ; mentre il mio critico lo
vuole intendere a capriccio e comodo suo.
L'art. 73 dispone così Nei casi previsti dal
primo e secondo alinea dell'art. 46, ove il reato
sia di sua competenza, il Pretore eserciterà le at
tribuzioni ivi date al Procuratore del Re ed al
112

Tribunale Correzionale. E qui si ferma il censore


nella sua lettura di quell'articolo;; e viene gridando
che qui sta chiarissima la facoltà del Pretore di fare
tradurre immediatamente, e d'ora in ora il minore
colpevole davanti a sè nella sala di udienza, e là
immediatamente ove risulti innocente rimandarlo
in pace, oppure ove risulti delinquente condannarlo
immediatamente ai tre od agli otto giorni di car
cere o ad altra pena di sua competenza, senza bi
sogno di condurlo attraverso le lungaggini di una
scritta istruzione, e senza tenerlo in carcere pre
ventiva per un intervallo forse più lungo che non
sia la pena da lui meritata . E se l ' art. 73 finisse
qui dove al critico piace fermarsi, egli potrebbe di
re bene : ma l'art. 73 bisogna leggerlo per intero, e
cosi come segue - ivi - il Pretore eserciterà le at
tribuzioni ivi date al Procuratore del Re ed al Tri
bunale Correzionale SERBATE LE FORME DEI GIUDIZI
PENALI AVANTI LA GIURISDIZIONE DEI PRETORI.
Ora che significa ella questa restrizione che
l' art. 73 ebbe tanto cura di apporre alle potestà
concesse ai Pretori ? Evidentemente significa che il
Pretore deve sempre uniformarsi al precetto gene
rale dell'art. 334 - ivi - Il termine per compa
rire non sarà minore di tre giorni, oltre un giorno
per ogni tre miriametri di distanza dal luogo della
residenza o del domicilio o della dimora dell' im
putato a quello della comparizione ; non compresi
nel detto termine i giorni della notificazione e della
scadenza. La sentenza proferita in contumacia pri
ma della scadenza di questo termine sarà nulla.
Significa che in quanto ai Tribunali lo straordinario
del nuovo metodo colpisce il procedimento e colpi
113

sce il giudizio : laddove in faccia ai Pretori colpisce


soltanto il procedimento ma non colpisce il giudizio,
il quale espressamente si volle mantenere uniforme
alle cautele ordinarie . Altrimenti se si abbandonasse
questo criterio non si saprebbe come spiegare quel
riservo che si volle imporre ai Pretori , e non si
volle imporre ai Tribunali correzionali. E siccome i
termini defensionali non attengono al procedimento
ma fanno parte dei sostanziali del giudizio ; così se
il giudizio pretoriale deve essere per disposto es
presso della legge subordinato alle forme dei giu
dizi penali avanti la giurisdizione dei Pretori; e
queste devono essere serbate tutte per la palpabile
ragione che l'art. 73 non ne esclude alcuna, cosi è
manifesto che la mia osservazione fu giusta ed
incensurabile .
Io dunque non caddi in equivoco quando scrissi
che la fortuna di essere giudicati immediatamente
senza neppure la dilazione di un giorno e senza
toccare la soglia del carcere, era largita soltanto
ai più grandi colpevoli ; ed ed era negata ai minori .
Era la intelligenza spontanea che suggeriva il con
fronto fra l'art. 46 e l' art. 73 ; intelligenza che ve
niva suggerita dalla discretiva intercedente fra quei
due articoli ; e dallo avere l'art. 73 imposto ai Pre
tori una limitazione che ai Tribunali non impone
l'art. 46 ; intelligenza che si adagia sulla distinzione
essenziale fra processo e giudizio ; e sulla costante
regola che quanto la legge dispone per il processo
non sempre è comune al giudizio, nè viceversa. Ne
io fui il primo od il solo ad intendere in siffatta
guisa l'art. 73. Innanzi a me lo esimio Saluto
nel suo commento all'art. 46 ( n . 365, pag. 304 )
VOL . IV . 8
114

aveva rilevato quella incoerenza : ma egli credette


giustificato il codice per siffatta differenziale, osser
vando che i giudizi pretoriali hanno forme cosi ra
pide e termini cosi brevi da persuadere il legislatore
non essere innanzi a loro necessaria per tutelare
la libertà individuale la introduzione di metodi
straordinarii ed eccezionali, bastando a tale uopo le
guarentigie ordinarie. E questo si chiama difendere
lealmente una legge dai rimproveri che le si possono
fare cercando buone ragioni del suo disposto, mentre
difesa leale non è quella che si faccia col mutarne
il dettato facendo reticenza di ciò che ella dice, o
supponendo che ella dica ciò che non dice. Ed altra
buona ragione potrebbe trovarsi di quella differen
ziale nella autonomia della situazione speciale dei
Pretori i quali diverrebbero veri Cadi se loro si
dasse balia di accusare , processare e condannare
nel corso di un'ora il disgraziato che recasi innanzi
come sorpreso in flagrante delitto.
Questi possono essere buoni argomenti per ris
pondere a quella mia prima osservazione in diritto.
Tutto può dirsi tranne accusarmi di non aver letto
l'art. 73, e supporre ( senza discuterla ) insussistente
nel fatto la mia maniera di intendere il precetto
rigoroso, che quanto al giudizio impone ai Pretori
la rigorosa osservanza delle forme ordinarie, e così
anche dei termini .
2.° Non però una semplice osservazione, ma una
vera riprovazione, io aveva manifestato sull'ultimo
riserbo dell'art. 46 - ivi Se l' imputato lo chie
de, il Tribunale gli accorderà un termine di tre
giorni per preparare la sua difesa . Il termine di
tre soli giorni mi parve soverchiamente jugulatorio ;
115
e purtroppo lo è . Può l'accusato aver fiducia in
un patrono e questi essere infermo o impedito : può
avere testimoni che lo discolpino o che riducano ai
minimi il suo fallo, e questi essere lontani o diffi
cilmente reperibili . Il termine tassativo di tre giorni
sarebbe in questi ed altri simili casi una barbara
coartazione di difesa, sarebbe ( se nol dissi allora lo
dirò adesso ) una imperdonabile iniquità. Ed ogni
galantuomo che rifletta sui propri pericoli deve sen
tire che ho ragione .
Ma anche qui il mio censore ricorre al suo disin
volto modo di confutazione. Per lui emendare il te
sto della legge, ampliarla o limitarla a comodo, e
farla parlare diversamente da quello che parla è un
metodo agevolissimo per liberarla da qualunque vi
zio le venga rimproverato.
Non è vero ( egli dice ) che il termine di tre
giorni sia tassativo. Il Tribunale può prolungarlo
quanto a lui piace quando le circostanze lo esigano.
Ma chi non vede che questa replica distrugge la
lettera della legge ?
La formula dell'art. 46 è perentoria. Il Procura
tore del Re potrà tradurre il giudicabile alla udienza
anche dopo un'ora, anche dopo un giorno : ma se
l'accusato lo chiede, il Tribunale gli ACCORDERÀ UN
TERMINE DI TRE GIORNI. E come posso io non chia
mare un sogno quello di chi dove la légge dice un
termine di tre giorni pretende leggere un termine
anche maggiore di tre giorni e di otto e di venti !
Tanto varrebbe sostenere che quando la legge di
spone che ad un reato si infligga una multa di cento
lire il giudice abbia balia di infliggerne una di due
cento. Tanto varrebbe che dove la legge dispone
116
che al minorenne si diminuisca di un quarto la
pena ordinaria, alla censura di troppa severità si
rispondesse alla svelta allegando che il giudicante
provvederà con abbassare la pena ordinaria al di
sotto della metà. Contro siffatte confutazioni non è
possibile ragionare, perchè la evidenza si mostra agli
occhi e non si ragiona .
Ma se più addentro vuole guardarsi l' art. 46 nella
sua genesi e nella sua storia, apparirà anche più
lucido l'assurdo di quella replica. E poichè si è pro
vocato un giudizio di santificazione dell'art. 46 io
farò anche questa storia.
L'art. 46 del nostro codice del 1865, è la tradu
zione di una legge francese. Già questo si sapeva
per presunzione senza bisogno di dirlo.
La legge francese che alla meglio si tento di tra.
durre dai nostri legislatori nel loro art. 46, è quella
che dopo lunga e vivissima discussione fu sanzio
nata in Francia il 20 maggio 1863 ( 1 )
Si prenda il testo di questa legge da un lato e
guardisi dall'altro lato l' art. 46, e si toccherà con
mano che questo è un raffazzonamento di quella.
Ciò interessa vitalmente alla presente questione.
Infatti l'art. 4 della legge di Francia è cosi con
cepito ivi - Si l' inculpé le demande, le tribu
nal lui accorde un délai de trois jours AU MOINS
pour préparer sa défense.
Ed ecco come fa riprodotto quell'art. 4 nel no
stro art. 46 - ivi -- Se l' imputato lo chiede, il

( 1 ) Vedasi per disteso in Eloy code pénal el disposi


tions législatives spéciales, Paris, Durand 1865 , part. 2,
pag . 244 .
117
Tribunale gli accorderà un termine di tre giorni
per preparare la sua difesa.
La traduzione è letterale ed esatta , meno che alla
clausula tre giorni ALMENO della legge francese che
stabiliva nei tre giorni il minimo della dilazione da
concedersi, la legge italiana ha sostituito la clausula
assoluta tre giorni, che stabilisce nei tre giorni il
massimo della dilazione da concedersi.
Questa correzione non può essere casuale od
inavvertita. Non è dato allo interprete nè molto
meno ai difensori della legge supporre che il le
gislatore dormisse quando dettava la legge, o non
rivedesse e confrontasse la traduzione che ne aveva
commessa al suo segretario . Ogni parola che in una
legge sia aggiunta o tolta deve esprimere una vo
lontà razionale. La vecchia ermeneutica insegnava
così. Se dunque il nostro legislatore avvertitamente
tolse lo almeno dal testo che traduceva, bisogna dire
che egli volle che in Italia si convertisse in un
massimo il minimo di Francia. Così la interpreta
zione storica dell'articolo, e la interpretazione rac
comandata dalla perentoria sua lettera, collimano al
medesimo risultamento .
Singolari poi sono gli altri rimedii con i quali il
censore mostra di credere, con la solita disinvoltura,
che non sussista la coartazione di difesa da me la
mentata. Vi è, egli dice, l' art. 331 del regolamento
che prescrive doversi tenere conto delle distanze.
Ma non è egli anche questo un sogno fare appello
alle dilazioni per le distanze in un articolo che sup
pone il reo sorpreso in flagrante, il reo arrestato e
tradotto dai birri avanti il Procuratore del Re, e da
questo tradotto subito al cospetto del Tribunale !!!
118

Vi è, egli dice , l'art. 331 dello stesso regolamento


il quale per qualunque impedimento autorizza il rin
vio della causa ad altro giorno. Ma con qual corag
gio si converte in un imperativo ciò che nella legge
è facoltativo ? Con qual coraggio si vuole tranquil
lizzare l'accusato facendogli sperare che il giudice
benigno deroghi al comando dell'art. 46 con le fa
coltà dell'art. 334, dimenticando la vecchia massima
in toto jure generi per speciem derogatur ? Con
quale critica si vuol dare ad intendere che sia un
impedimento la dichiarazione dell'accusato di avere
a sua discolpa un testimone infermo o lontano ? Si
cade poi qui nel perpetuo vizio di certi criminalisti
moderni, quello cioè di sostituire alle guarentigie che
dovrebbero fornirsi dalla legge la fiducia nell' ar
bitrio del giudice . Rovinoso pendio sul quale preci
pitano tutte le nuove leggi italiane .
Finalmente ( soggiunge il critico ) vi è l' art. 384
del codice di procedura penale ivi Le liste
dei testimoni, che il Procuratore del Re, la parte
civile e l imputato intenderanno di far sentire alla
udienza, saranno depositate nella cancelleria in
tempo perchè i testimoni possano essere citati a
comparire all'udienza , ed almeno tre giorni prima
di questa. Ma qui delle due l' una. O la tenerezza
per il codice Sardo ha dato la vertigine al mio cen
sore ; o egli non è in buona fede. Come può altri
menti spiegarsi la idea di applicare il deposito delle
note dei testimoni in tempo alla cancelleria col giu
dizio istantaneo e con la citazione verbale ai testi
moni col mezzo degli agenti della forza, che è auto
rizzata dall'art. 46 ! Come può applicarsi il tempo
comandato dall'art. 384 con la traduzione immediata
119
alla udienza dell'art. 46 ? Come può insinuarsi che
il testimone ammalato si faccia guarire col deposito
della nota ? Sogni sono questi ; e non a caso esordii
con siffatta parola.
In conclusione se l'imputato chiede un termine
di 10 giorni perchè i suoi testimoni sono partiti per
Portoferrajo ; e il Tribunale glielo nega e lo con
danna sull'atto a quattro anni di carcere, nessuno
articolo di legge potrà quel meschino denunciare
come violato per ottenere lo annullamento della in
giusta condanna. E questo è tutto .
I difensori del nostro codice di procedura penale
si persuadano della verità di quella antica sentenza
dei nostri maestri – causa patrocinio non bona
pejor erit.
Torniamo all'argomento della istruzione prepa
ratoria .

CA P. VI .

Istruzione segreta.

Sotto il punto di vista dei principii fondamentali


non può seriamente impugnarsi oggigiorno il diritto
nello imputato ad esercitare anche col mezzo di un
patrono la libera difesa in tutto il corso del pro
cedimento. Questa è una conseguenza logica del ri
conoscimento, ormai universale, del sacro diritto di
difesa , che la odierna civiltà ha proclamato, non co
me concessione umanitaria procedente da benignità
dei legislatori, ma come vero e proprio diritto ema
nato dalla suprema legge di natura. È una verità
che si adagia sovra un ragionamento altrettanto
120 -

semplice quanto irrecusabile. La legge di natura


imponendomi il dovere della mia conservazione ,
mi dà diritto a respingere col ferro chi mi aggre
disce col ferro, perchè in me è diritto ( se meglio
non vuol dirsi dovere ) di fare tutto quello che è
necessario alla mia attuale conservazione : dunque
essa, mi dà a molto maggior ragione il diritto di
difendermi con la parola avverso chi mi aggredi
sce con la parola, e di fare appello agli amici per
chè mi proteggano in quel pericolo, come posso
fare appello agli amici perchè mi salvino dal pu
gnale dell'aggressore .
Questa verità è ormai riconosciuta e proclam ata
appo tutti i popoli colti : se non che rimangono dei
limiti alla sua applicazione, perchè generalmente il
diritto alla pubblicità ed al patronato, che ormai si
rispetta nel secondo periodo del processo criminale,
viene pertinacemente a contrastarsi nel primo pe
riodo, in quello cioè della istruzione scritta o pre
paratoria.
Ecco la ultima barriera contro la quale combat
tono i novatori contemporanei . Essi non ammettono
limitazioni o distinzioni. Se il diritto di libera difesa
è sacro in me nel giorno del dibattimento quando
mi sovrasta il pericolo di una condanna a due mesi
di carcere, il diritto stesso era sacro in me un anno
addietro quando un istruttore mi chiudeva in un
carcere duraturo forse dieci o quindici mesi, non
per punirmi di un fallo non anche accertato, ma per
preparare a bell’agio il processo contro di me. La
logica non transige. O la difesa è di diritto natu
rale, o non lo è. Se non lo è, tornisi ai tempi dei
Reali di Francia e di Spagna, e facciano i Magi
121

strati nelle tenebre del segreto tremendo macello


dei cittadini indifesi. Se lo è ( come universalmente
si riconosce oggidi ) non vi può intercedere distin
zione. Il diritto di difesa deve rispettarsi in faccia
al pericolo del carcere come in faccia al pericolo
della galera ; in faccia al pericolo del carcere de
terminato, come in faccia al pericolo del carcere
provvisorio ; ed è arbitrario ogni limite ed ogni re
strizione che vogliasi apporre allo esercizio del me
desimo. Ed è contradittorio ed assurdo (come bene
osserva Lucchini ) che si proclami sacro il di
ritto alla difesa quando l'accusa si accampa sul fon
damento di un processo che già le dà un'apparenza
di verità, e si neghi lo esercizio di quel sacro di
ritto quando l'accusa viene a molestarmi senz' al
tro fondamento che i suoi sospetti od il suo capric
cio. Questa limitazione non può avere il suo germe
nel diritto che si vuole limitare ; esso non può na
scere che sconfinato : sacro, intero, e completamente
fornito di quanto a lui è necessario, così contro chi
afferma come contro chi sospetta, quando chi so
spetta aggredisce ancora egli la umana personalità
ed i suoi contenuti.
Tali sono i cardini sui quali fondano il loro pro
gramma i novatori nello argomento della procedura
scritta preparatoria al giudizio. Ed il loro program
ma è netto e reciso. Sia abolito ogni segreto anche
nel primo periodo del processo criminale che dicesi
inquisitorio : tutto anche qui si faccia col metodo
accusatorio puro ; cioè in pubblico e nel costante
contradittorio dell'imputato e del suo difensore. Que
sta bandiera si è levata in alto in tutti i paesi di
Europa, e il numero di coloro che militano sotto
122

quella bandiera capitanati da Keller , da Seuf


fert, da Prins e Pergameni, da Rollin,
da Wladimirow , da Lucchini , e da altri
eletti e generosi ingegni , va crescendo ogni giorno,
ed aumentando di forze e coraggio : già la questione
è stata deferita ai Congressi giuridici : e mentre
ogni giorno che passa offre nuovi e dolorosi docu
menti delle paurose conseguenze del vecchio siste
ma, forza è che i difensori di questo poco a poco
incomincino a vacillare e scendano a transazioni.
La distinzione fra periodo e periodo non può tro
vare sua ragione nella natura del diritto che vuolsi
limitare. Essa non può dunque addurre che argo
menti empirici e prestigiose allegazioni di utilità :
e difatti vedremo essere di questa tempra tutto
l' armamentario di coloro che lottano per mantenere
quella distinzione, secondo la quale vorrebbe darsi
a chi sospetta una potestà senza sindacato e senza
freno, mentre al tempo stesso è riconosciuto che la
potestà di chi afferma deve essere sindacabile e sot
toposta a freno per parte del suo antagonista.
Sul principio cardinale la tesi dei novatori non
può essere seriamente combattuta. Ma sorge la re
gola della collisione dei diritti, in virtù della quale
il diritto della difesa individuale ( pur sempre ri
conosciuto ) vuolsi moderare nei modi del suo es
perimento ; in quanto si obietta che esercitato in
certi modi il diritto di difesa col suo completo cor
redo del patrono e della pubblicità diverrebbe le
sivo del diritto universale, del diritto cioè che pure
indubitatamente appartiene a tutti i consociati di ot
tenere la punizione di chi colpevolmente ha aggre
dito la personalità altrui ed i suoi contenuti.
123
Ecco il terreno sul quale unicamente può man
tenersi una seria e ragionevole controversia. Si può
disputare sui modi da assegnarsi allo esercizio di
quel diritto per ragione del conflitto di altri diritti .
Negare il diritto in radice è impossibile. La disputa
si presenta dunque piuttosto sotto un aspetto pra
tico che sotto lo aspetto teorico. Tutto lo studio deve
portarsi sullo esaminare se veramente sussista il
temuto pericolo della tutela giuridica ; e fin dove
sussista questo pericolo ; e con quali temperamenti
possa il medesimo eliminarsi.
Ma prima di esporre i miei pensieri su questo
tema dei modi, io voglio alcun poco trattenermi
sulla considerazione del tempo.
È egli vero che il diritto di difesa per legge di
natura al cittadino preso in sospetto appartenga in
distintamente dal primo istante nel quale la pub
blica giustizia incomincia le sue investigazioni pre
paratorie ? Se nessun dubbio sorge sul diritto in
genere può il dubbio sorgere sul momento nel quale
esordisce questo diritto di difendersi durante il pro
cesso preparatorio.
Certamente se tutti i pubblicisti riconoscono con
cordi nell'uomo lo jus defensionis, non tutti ugual
mente gli accordano lo jus praeventionis. Io ho
facoltà di respingere con la forza l' aggressione
imminente, e giungere per cotesto fine anche alla
strage dello aggressore , ma non ho facoltà di impe
dirgli di acquistare un'arme, nè facoltà di invadere
il suo domicilio per distruggere le armi che egli pos
siede, cogliendo pretesto dal timore che egli abbia
intenzione di adoperare poscia quelle armi a mio
-
124

nocumento. Questo sarebbe ciò che i pubblicisti chia


mano jus praeventionis ; il quale se è concesso alla
autorità sociale non si concede allo individuo tutte
le volte che il suo esercizio non si limiti nella sfera
degli atti subiettivi, cioè nel preparare a me ripari
e difese senza menomamente invadere la libertà del
mio supposto nemico.
Applicati questi principii alla controversia attuale
( che per ora contemplo nel punto di vista teorico )
quando sarà egli che un imputato possa affermare
di aver diritto ad intervenire nel processo che il
suo futuro accusatore va preparando ? Non può ri
spondersi a questa ricerca in modo assoluto che il
diritto di intervenire sia illimitato nel rapporto del
tempo, cosicchè io lo possa esercitare alle prime in
vestigazioni istituite dal mio futuro accusatore sotto
il pretesto che queste sono armi destinate a ferirmi.
Finchè esso si aggira nella sfera subiettiva, finchè
si limita ad investigare, interrogare terzi , e fare in
dagini per istruire se stesso, egli è nel suo diritto.
Io posso fare altrettanto dal lato mio, ma non in
tromettermi nel fatto suo, nè pretendere di mode
rarlo . Questo sarebbe un esercitare lo jus praeven
tionis nella sfera obiettiva, e non si può ammettere.
Lo esercizio del vero jus defensionis incomincia
dunque allora soltanto quando il processante dal
canto suo esce dalla sfera subiettiva per agire nella
sfera obiettiva ; quando cioè egli per fare il suo pro
cesso preparatorio aggredisce un mio diritto . Sia
che ciò facciasi da lui col perquisire il mio domi
cilio ; sia che facciasi col sequestrare oggetti di mia
pertinenza ; sia che facciasi col sequestrare la mia
125

persona : lo jus defensionis si sviluppa allora in me,


perchè il mio diritto è aggredito. Anzi può bene rico
noscersi un'aggressione del mio diritto anche quando
lo inquisitore porti la mano sovra cose materiali che
non sono mie, se tali cose possono servire ad incol
parmi od a discolparmi secondo la diversità della
condizione loro. Io non esito a riconoscere nell'im
putato un diritto su tali cose come contenuto dello jus
defensionis. Diritto che consiste nello insistere sulla
loro conservazione, se è possibile ; o per lo meno
sulla loro verificazione integrale, completa ed im
parziale , affinchè rimanga esatto ricordo intorno a
tali cose tanto delle condizioni loro che valgano ad
incolparmi, quanto delle condizioni loro che valgano
a discolparmi. Questo jus defensionis non produce in
me la facoltà di oppormi in modo assoluto agli atti
del processante ; questo no , perchè quelli atti si sup
pongono fatti in obbedienza alla legge che a tutti
sovrasta, e per lo esercizio di un diritto superiore
al mio diritto individuale, il diritto cioè che hanno
tutti i consociati allo accertamento del reato ed alla
punizione del colpevole. Lo jus defensionis del mio
domicilio, della mia roba, e della mia persona, non
mi danno dunque facoltà di oppormi in modo as
soluto agli atti del processante ; quel mio jus si svi
luppa dunque in una opposizione secundum quid .
Si svolge 1.0 nel diritto di sindacare se vera
mente sia conforme alla legge la visita domiciliare ,
o il sequestro, o lo arresto. Si svolge 2.° nel di
ritto di assistere o di fare assistere alla visita od
al sequestro perchè i relativi processi verbali sieno
conformi alla verità. Si svolge 3.° nel diritto di
mettere innanzi le mie ragioni affinchè il sequestro
126

o lo arresto (1 ) cessino quanto più presto devono


cessare. Si svolge 4.° nel diritto che siano esat
Bu
tamente ed integralmente verificate ed accertate le tran
Suu

(1 ) Sembrerà impossibile ai posteri che siasi seriamente


contrastato della libera Italia il diritto di diſendersi con la ope MI

ra di un patrono ad un cittadino che per meri sospelti è


gettato in un carcere , e sostenuto colà per un tenipo illimi : .

tato . E tale esorbitanza apparirà giustamente più paurosa T!

quando si ricordi come in questi ultimi apoi siasi accre


sciuta, moltiplicata e prolungata in Italia , questa lebbra
T

della custodia preventiva. Da ogni parte di Italia scaturiscono


quotidiani lamenti sui mali di questo flagello , e volendo rac
cogliere e riunire in un volume sifatti lamenti salirebbe
quel volume a gigantesca mole. Anche nel giornale il Diritto
del 7 corrente ( settembre 1873 ) si leggono dati e confronti
poco onorevoli alla patria postra . Piacemi riprodurre qui quel
riassunto -
ivi Roma Teri 1 onorevole Sindaco
nella sua visila alle carceri nuove , rimase molto trista
mente impressionato nello apprendere che tra i detenuti
ve ne hanno di quelli che aspettano da anni la sola re
quisitoria .
Vi è un disgrazialo imputato di omicidio, il quale gia
ce nel carcere preventivo da « quaranta » mesi.
Ciò è orribile .
Il conte Pianciani, d'accordo coi membri della Com
missione visitatrice, farà rapporto di questi fatti al mi
nistro di grazia e giustizia . in

Speriamo che la voce del Sindaco di Roma non sia : IE

Voce che indarno pel deserto tuona

In Inghilterra il carcere preventiro non oltrepassa 1

i 14 giorni ; in Isvizzera , nel Belgio , in Francia raris


simamente raggiunge l'anno ; in America è seguito da
127
condizioni materiali di quelle cose che potranno poi
servire di base alla prova o per offesa o per difesa.
E questo specialmente quando trattasi di condizioni
transeunti e periture .
Prima che il processante sia uscito con una delle
suddette forme dalla sfera subiettiva io non rico
nosco nell'individuo preso in sospetto alcun diritto
di intervenire nel processo offensivo, purchè a lui
rimanga piena balia?
di preparare alla sua volta il
processo defensivo ; e purchè ( intendasi bene ) la
legge mi guarentisca che quel processo offensivo
( mera falsariga del futuro accusatore ) non avrà
nel giudizio finale alcun valore giuridico ; non ser
virà in alcuna sua parte di elemento di prova contro
di me. Si abbia questo come un dogma nella pra
tica sincera e leale ; e con ciò rendendosi impotenti
a ferirmi tutte le verificazioni del futuro accusatore
non rimane alcuna base giuridica al mio intervento.
Mantenuta la questione anche nel puro punto di
vista teorico non so scorgere difficoltà contro questo
mio modo di vedere. Sia pure notorio che il pro
cessante interroga testimoni e raccoglie informa
zioni sul conto mio ; sia manifesta quanto vuolsi la

libertà provvisoria per qualunque imputazione. Gli è solo


in Italia che esso non ha limiti .
In Francia, che supera di quattordici milioni il po
polo d'Italia, non vi ha la metà dei detenuti che si con
tano presso di noi. Noi abbiamo una media di 180 mila
detenuti in carcere preventivo, cioè uno su 155 cittadini,
ed una media di 90 mila rilasciati.
E tutto ciò dipende dall'inconsiderato arbitrio che si
lascia il Pubblico Ministero ed al giudice istruttore .
128

sua intenzione di preparare un'accusa contro di me,


i miei diritti non sono ancora aggrediti ed io avrò
libera balia di esercitare il mio jus praeventionis
mantenendomi io pure nella sfera subiettiva, pre
parando cioè come meglio mi aggrada il mio pro
cesso defensionale per repellere a suo tempo il
processo offensivo, ma non potrò intrudermi in que!
sto, né impacciarne in modo alcuno la direzione od
i movimenti .
Questa idea è nitida in sè stessa, ma la difficoltà
consiste nello adattarvi una formula giuridica che
nettamente delimiti il momento nel quale lo jus
praeventionis si converte in uno jus defensionis.
La formula classica della prova generica e della
prova specifica non serve al bisogno. Non serve al
bisogno, perchè può il processo aggirarsi sulla prova
specifica senza aggredire nessun diritto del cittadino
sospetto, finchè il processante si limiti a raccogliere
informazioni dai fidefacienti sul conto mio ; può dun
que esservi un processo sullo speciale che non abbia
ancora aggredito un mio diritto e che per conse
guenza non mi dia ragione di vantare lo jus defensio
nis. Non basta al bisogno, perchè viceversa vi sono
processi nei quali la prova generica non si può scin
dere dalla prova specifica, perchè la natura transeun
te del delitto non ammette che possa dirsi procedo
per ora contro un individuo incognito, Incompleta
mente pertanto ed inesattamente riprodurrebbe il
mio pensiero chi volesse definire il termine a quo
dello jus defensionis designandolo nel momento del
passaggio dalla prova generica alla prova specifica.
Potrebbe a quella formula classica, che definisce
l'obiettivo dei due periodi del processo preparatorio,
129
sostituirsene un'altra la quale più nettamente e più
direttamente definisse il processo stesso, dando un
nome distinto alle due parti del medesimo. Potrebbe
dirsi processo quesitorio il processo scritto finchè si
aggira sulla prova del materiale ; e serbarsi il nome
di inquisitorio al processo scritto quando viene a
dirigersi contro un determinato individuo specializ
zando così le sue investigazioni . Questa nomencla
tura, della quale trovo traccia nella teoria delle leggi
del Carmignani, sarebbe esattissima se si giu
dicasse con referenza alla genesi latina delle parole :
perchè nell'idioma latino la particella in equivale
talvolta a contro : cosicchè la parola quaesitio signi
fica ricerca in genere di un puro fatto impersonale ,
senza determinazione della ricerca avverso un in
dividuo : laddove la parola inquisitio esprime la idea
di quaesire in aliquem , cioè dirigere la ricerca con
tro un determinato individuo. Ma per quanta verità
ed esattezza potesse esservi in questa modificazione
della vecchia formula, la nuova formula sarebbe pur
sempre incompleta per lo scopo di che ragiono ;
perchè a chi dicesse che lo jus defensionis esordisce
quando è esaurito il processo quesitorio ed inco
mincia il processo inquisitorio, si opporrebbero le
medesime difficoltà e le medesime obiezioni di in
completezza e di inesattezza che si obiettano a chi
voglia dire che lo jus defensionis tace nel cittadino
sospetto finchè il processo si aggira sulla generica,
e si fa vivo soltanto quando esso fa passaggio alla
prova specifica.
Non è dunque possibile esprimere il mio pensiero
con una formula giuridica netta e recisa : bisogna
esprimerlo con referenza a ' certi effetti del processo
VOL . IV . 9
-
130

scritto ; e questi effetti si circoscrivono esattamente


quando si dice in genere che lo jus defensionis si
sviluppa nello imputato quando il processante viene
ad atti che aggrediscono un suo diritto ; e quando
più specialmente si dice che lo jus defensionis si
sviluppa ad occasione delle perquisizioni, dei seque
stri, della constatazione di certe materialità, e dello
arresto o carcerazione. D'altronde questa circo
scrizione degli effetti può aprire la via allo studio
analitico dei modi con i quali può, senza lesione dei
diritti dei consociati , rispettarsi il diritto di difesa
dell'imputato anche durante il procedimiento scritto ;
lo che, come ho già detto, definisce il terreno sul
quale deve agitarsi la presente questione.
Ma siccome sono stati occasione di questo mio
scritto i discorsi inaugurali dei Pubblici Ministeri,
e più specialmente il discorso del Commendatore
Cesarini , così dopo avere definito in ordine al
segreto della inquisizione preparatoria lo assunto
dei novatori e l'opposto assunto dei conservatori,
che nulla vorrebbero mutare sul presente sistema,
non è inopportuno che io dimandi a me stesso se
veramente quel nobile ingegno del Cesarini
debba noverarsi fra gli ultra conservatori ( tenaci
adoratori dello statu quo ) o se piuttosto debba in
lui riconoscersi un eclettico timoroso e prudente.
Fra i primi lo hanno voluto noverare coloro che si
sono occupati di censurare il suo ultimo discorso,
e forse in alcuni brani del medesimo hanno trovato
buone ragioni per simile giudizio ; ma studiato bene
addentro lo spirito al quale si informano le opinioni
di lui, e portato lo esame sovra altri luoghi del suo
ragionamento, io non credo che con giustizia gli si
-
131
possa fare obietto di tendenze assolutamente sta
zionarie . Ed io volentieri dividerei i moderni con
servatori in due classi; l' una direi dei conservatori
intransigenti; e l'altra dei conservatori transigenti !
ed a questa ultima ascriverei il Cesarini . Ed è
forse a questo suo modo imparziale e temperato di
studiare le cose che deve attribuirsi il fenomeno
dei contradittorii giudizi emessi sul conto di lui ;
che mentre dai giornali di Francia vediamo accu
sato di eccedente liberalismo, lo vediamo in alcune
recenti pubblicazioni denunciato come tenacemente
retrivo : rimproveri che, a mio parere, sono esage
rati in ambedue i sensi . Ma siffatto fenomeno non
è nuovo, nè sorte eccezionale di pochi ai tempi che
corrono ; e ad uno per volta chi per poco si getta
nella vita pnbblica deve preparare l' animo suo a
sentirsi alternamente accusare ora di troppo libe
ralismo ed ora di retrivismo soverchio. Questa è
conseguenza inevitabile del veloce agitarsi delle
opinioni ; e del calore che le passioni politiche im
primono alle scientifiche controversie.
Ad ogni modo avvi nel discorso di Cesarini
una osservazione cosi piena di senno e di verità, e
così efficace a torgli da dosso la taccia di ultra
conservatore, che io voglio qui prenderne atto .
Si leggano le auree parole che Cesarini ver
ga a pag. 8 del suo discorso. Alla ricerca se gli at
tuali ordini legislativi di Italia abbiano o no biso
gno di mutamento, egli preludia facendosi carico
del comune obietto dei conservatori che, sui precetti
di Tacito e sullo esempio dell'Inghilterra , con
sigliano un perpetuo ritegno ad ogni mutazione de
gli ordini costituiti ; e pongono per massima di pru
132

dente Governo mai doversi venire a questo tranne


per una necessità dimostrata. Ma con fiore di senno
egli si affretta a rispondere che tali massime non
sono buone per le attuali condizioni di Italia, la
quale oggi non vive sotto ordini già consolidati
dagli anni e dalle abitudini, ma si agita in un pe
riodo di gestazione e di ordini da costituirsi . Que
sta semplicissima osservazione mostra che la dot
trina conservatrice è un vero anacronismo nell'at
tuale momento della legislatura Italiana. Mostra che
i cosi detti conservatori abusano di una massima
vera quando la reverenza da attribuirsi a leggi spe
rimentate ed assodate dagli usi e dal tempo, vo
gliono imporre a leggi improvvisate a gran furia
in una nazione che si viene costituendo in mezzo
alle lotte ed alle antipatie di passioni politiche ; e
nello alternarsi sempre esagerato ora di uno spirito
di reazione ed ora di uno spirito di ossequio imi
tatore verso gli ordini stranieri . Questa verità pra
tica, così insensatamente dimenticata da coloro che
oggi in Italia sistematicamente vengono gridando
non vogliamo riforme, non sfuggi allo acuto intel
letto di Cesarini : ed ecco le sue parole — ivi -
Consigli questi certamente prudenti ed informati
alla più alta sapienza civile, ma che, sembrami,
possono ricevere congrua attuazione quando si tratti
di un paese già ordinato e costituito, dove la legi
slazione abbia radici nei costumi, nelle tradizioni
e nel genio patrio del popolo , ma non quando si
tratta all incontro di una nazione, come l Italia ,
che non é ancora uscita dal laborioso periodo della
sua organizzazione e dell'ordinamento delle sue
amministrazioni, e dove il pensiero dell' unità po
133

litica rese troppo precipitosa e non abbastanza stu


diata la unificazione legislativa, la quale si operò,
come sappiamo, per via di sovrapposizione di leggi
a tipo straniero, ( 1 ) proprie di alcune provincie, a
tutte le rimanenti ; senza curare ciò che era già
in queste di buono e di tradizionale.
Queste parole parmi che costituiscano la profes
sione di fede del Cesarini , e perpetuamente
interdicano di affiggere a lui la taccia di conser
vatore sistematico. Queste parole confermano il giu
dizio che già prima d'ora io ne diedi quando lo
ascrissi fra i progressisti e novatori. Novatore pru
dente sì, ma pur sempre novatore . Seppure questa
parola di novatori possa adattarsi a noi che in faccia
agli ordini nuovi precipitosamente imposti all'Italia,
non per soverchianza di ragione ma per soverchian

(1 ) Questa è stata la vera piaga della legislazione con


temporanea di Italia . Tulti gli imparziali ne convengono. Lo
riconosce qui anche un doltissimo e prudentissimo ufficiale del
Pubblico Ministero. Eppure ... si crederebbe ! Vi sono in Italia
certi fanatici i quali considerano come atto di ribellione le
censure che i giuristi dirigono contro le leggi Sarde : e a
me specialmente hanno dato taccia di demagogia, perchè ho
messo in rilievo e fatto loccare con mano una minima parte
dei tanti vizi del codice di procedura penale del 1866. Cosa
abbia che fare la demagogia con le questioni giuridiche, lo
sapranno coloro che insensatamente confondono la libertà
civile con la libertà politica, e che credono la felicità di un
popolo e la sicurezza degli umani diritti tutta dipendere dalla
forma governativa . Io vidi schiavi sotto le repubbliche , e
libertà civili guarenlite sollo i Monarchi assoluti ; e non ar
riverò mai a comprendere come possano rinfacciarsi pen
sieri ribelli a chi domanda unicamente giustizia per tulli.
134

za di numero e di forza, volgiamo spesso addietro


uno sguardo amoroso verso i frutti dell'antico spe
rimentalismo. L'attuale situazione di Italia nelle
controversie legislative bisogna confessare che è in
solitamente difficile in tutto, e persino nel dare ag
giustati nomi alle parti.
Comunque sia, abbiamo per certo che se Cesa
rini avversa una riforma proposta dalla giovine
curia Italiana, ei non lo fa per sistema nè per osti
nata tenacità di partito , ma per un sentimento di
affetto al vero ed al pubblico bene.
Ma prima di esporre i miei pensieri sulla que
stione dei modi, e sulle obiezioni che dai diritti dei
consociati alla pena i conservatori sollevano contro
lo assunto di estendere la pubblicità e il libero pa
tronato anche al processo scritto , io sento il biso
gno di fermarmi un istante sopra una digressione
storica che si incarna nel merito delle nostre ricerche.

CA P. VII .

Istruzione segreta.

( STORIA )

Non male si appose chi venne osservando come


i nostri maestri di rettorica inconsapevolmente as
suefacciano le giovani menti a concetti falsissimi ed
esagerati sul conto degli ordini politici della prisca
Roma . Mettendoci innanzi come tema degli umani
studii i brani dei classici dove spiccano splendidi
esempi delle virtù di quel popolo, indacono le fan
tasie giovanili a guardare come tipo di ogni bel
- 135
lezza quel reggimento che poté servire di impulso
a tante virtù cittadine : e lo amore verso la Romana
repubblica diviene una idolatria, un fanatismo. Ag
giungasi la seducente bellezza del classico idioma ;
ed ecco lo innamoramento completo : avvegnachè sia
grandissima sulle umane abitudini la potenza del
fascino di un idioma. Così non ultima ma perma
nente causa di quello esagerato orgoglio che è di
stintivo della nazione Spagnuola, trovossi nella ridon
danza eufonica del linguaggio colà parlato ; mentre
la versatilità delle menti Italiane riproduce la ela
sticità del nostro linguaggio, adatto ugualmente al
serio ed al burlesco, al ridente ed al patetico, al
truce ed al pietoso, ai più severi dettati come alle
più molli espansioni di un arcadico amore. I giovani
discepoli ricevono nelle teneri menti le impressioni
degli studi latini e del latino parlare, e facilmente
si vengono trasformando nella idealità di novelli
Gracchi, e di novelli Catoni. E questo può essere
buono, perchè eccita al generoso sentire ; ma il fa
natismo bisognerebbe che poi cessasse mercè severi
studi storici , i quali mettessero a nudo quanto eravi
di intollerabile nella oligarchia del cittadino Roma
no ( 1 ) ; la quale, per allargare a cento il patrimonio
( 1 ) Questo tema fu da me altra volta trattato in un senso
più largo che non faccio allo scopo presente . La mia prima
Prolusione , quando più di 5 lustri addietro esordii trepidanle
lo insegnamento del diritto criminale , ebbe precisamente lo
scopo di dimostrare che l ' organamento della prisca Repub
blica Romana poteva essere buono e lodevole sotto molti
rapporti , menochè sotto quello della libertà civile . Il volgere
di non pochi anni niente mutò le mie convinzioni . Per me
la Repubblica Romana era una oligarchia che calpestava i
136
delle libertà civili e politiche, opprimeva e riduceva
a niente ogni libertà dei diecimila che a lui stavano
attorno. Certamente quell'organismo politico e ci
vile fu mirabile strumento a rendere una nazione
compatta e potente : ma che fosse strumento di li
bertà civile, e di quella eguaglianza che è in oggi

più sacri diritti della umanità: e coloro che tanto si fapaliz


zano al solo nome di Repubblica non si adatterebbero davve
ro al paradiso di quella libertà che godevano in Roma tanti
milioni di abitanti che si trovavano colà in uno stato di co
stante diminuzione di capo o massima , o media >, o minima.
Non è questo il luogo di riprendere in largo lo svolgimento
della mia tesi . Ma volli qui ricordare quella mia prima pro
lusione perchè si sappia che essa fu accolta con un silenzio
glaciale , e mi fruttò la opinione di uomo retrivo perchè fa
ceva professione di pon appagarmi delle libertà civili con
cesse dalle leggi della Romana repubblica . Giudizio iosepsato !
Come insensato è il giudizio di chi viene poscia accusandomi
di demagogia perchè antepongo le libertà civili alla vanità
delle libertà politiche. E bisogna propriamente o mancare di
senso comune o volere ad ogni costo calunniare i più one
sti intendimenti, quando si appongono lendenze repubblicane
o demagogiche a chi non altro propugna tranne la effettiva
alluazione delle massime proclamate dal nostro magnanimo
Re che ci volle tutti uguali in faccia alla legge come era
volontà di Dio che lo fossjino , ma come non vorrebbe che
fossimo una burocrazia che tutti pretende opprimere e signo
reggiare autocraticamente. Così avvenne a me ciò che avvie
ne a tutti coloro che scevri da ogni fanalismo partigiano altro
non desiderano tranne la verità e la giustizia . Mi avvenne
cioè che i retrogradi lentassero screditarmi come Repubblin
cano , mentre i Repubblicani mi accusavano di essere retrivo .
10 sono giusto , e aborro sovra ogni altra cosa la ipocrisia .
Ecco tutto .
137

il desiderio comune, non è cosa che possa seria


mente affermarsi.
Pure rimangono le vestigia di quelle consuetudini
giovanili ; e non si medita questione giuridica o po
litica senza che il pensiero corra veloce agli esempi
di Roma repubblicana. Ed anche qui nella questione
della istruzione preparatoria e delle riforme richie
ste nel procedimento scritto, veggo talvolta i soste
nitori della pubblicità e del contradittorio continuo
alludere al sistema accusatorio puro della prisca
Roma. Fra gli avversari del processo inquisitorio
attuale avvene alcuno che non si limita a com
battere con le armi del ragionamento , e con gli
eloquentissimi esempi degli errori giudiciari ai quali
conduce il segreto dello scritto procedimento. Si vaol
fare appello ancora alla storia ; e additando i pro
cedimenti criminali di Roma libera credesi trovare
nei ricordi dei giudizi criminali di quel periodo la
prova provata che la giustizia penale si può otte
nere, e la sicurezza si può tutelare anche in mezzo
alla più completa pubblicità delle operazioni inqui
sitorie ed alla piena libertà del contradittorio.
Ora su questo punto storico ( che d'altronde non
ha un influsso decisivo sulla questione principale )
io mi permetto di dissentire. E quantanque tanti
maestri miei abbiano ripetuto a sazietà l'afferma
zione che nel processo accusatorio puro la libera
Roma tutto faceva in pubblico ; tutto in contradit
torio dell'accusato ; niente in segreto ; e quantun
que io stesso per ossequio al maestro abbia nel mio
Programma riprodotto simile enunciato, pure senza
esitare ho il coraggio di pensare e di dire che an
che in Roma libera ee nel processo accusatorio puro
138
la inquisizione scritta precedente al giudizio orale
si compiva nel più perfetto segreto.
Qui non è questione di opinioni : è questione di
fatto. Io accennero ai miei documenti. Se sbaglio ;
se non ho saputo leggere, o non ho saputo inten
dere, si contrappongano altri documenti ; ed io rin
grazierò chi mi avrà illuminato .
Credesi forse che al civis Romanus per ottenere
la condanna del suo avversario bastasse comparire
avanti al giudice a narrare la sua storia, come un
poeta estemporaneo, senza documenti in appoggio ?
Credesi che egli avesse fornito il suo compito col
solo esibire il libello accusatorio, adempiere alla for
malità della inscriptio e della subscriptio, e prestare
lo juramentum calumniae ? Credesi che egli si pre
sentasse alla definitiva tenzone con testimoni rac
colti a caso, e non sindacati e cribrati preventiva
mente da lui con matura calma e segrete investi
gazioni ? Questo poteva essere sufficiente in casi ec
cezionalmente fortunati; nei delitti flagranti, o con
tro un reo confitente, o contro un ladro manifesto.
Ma nella maggior parte dei reati che si consumano
occultamente e che il malvagio circonda delle più
fitte tenebre ; nei peculati, nei venefizi, nei falsi,
nelle concussioni , nelle cospirazioni , e simili , poco
vi vuole a capire che l'accusatore cittadino doveva
preparare il suo informativo e consegnarlo allo scrit
to, come poscia fecero i quaesitores officiali, primo
embrione dei nostri giudici istruttori.
Questo deve non solo razionalmente supporsi, ma
è comprovato da documenti positivi.
In punto di ragione questo vero si rivelò allo
stesso Lucchini, poichè nel suo egregio libro in
139
titolato il Carcere preventivo ( dove a pag. 195 pone
in sodo i vizi degli attuali sistemi) si leggono queste
parole Chi ardirebbe accusare un onesto citta
dino, allorchè l' accusatore dovesse nel primo inizio
della causú presentarsi innanzi al giudice e som
ministrargli le prove della colpabilità ? — Ottima
mente . Ma dunque una inquisizione preambula alla
proposta dell'accusa è di assoluta necessità . Negare
questa facoltà varrebbe lo stesso che rendere per
petuamente impossibile ogni accusa : e così perpe
tuamente sicura la impunità di tutti i reati . Cosa
vuole Lucchini ? Vuole che chi si fa ad accu
saré un cittadino abbia già in pronto le prove della
colpevolezza di lui. Ma , se non si suppone un pro
feta, come farà questo accusatore ad avere in pronto
le prove ? Basta il buon senso a rispondere che egli
le avrà raccolte con le sue particolari informazioni.
Ma dunque bisogna dargli facoltà di inforınarsi ;
cioè di vedere, di interrogare ; in una parola di farsi
un volume di scritto per conto suo , il quale sia po
scia la sua falsariga nell'accusa ; questa facoltà è un
contenuto necessario del suo jus accusandi. Vi è
dunque un malinteso da capo a fondo in tutta que
sta contesa. Non deve, no, formularsi l'attacco con
tro la istruzione segreta ; lo che conduce la no
stra tesi allo assurdo, e dà ai conservatori una ap
parenza di ragione per negarsi in modo reciso ad
ogni mutamento. Neppure deve attaccarsi in modo
assoluto la missione della istruzione segreta ; la qua
le deve essere nel solo senso dell'accusa se si fa
per conto dell'accusa . La guerra deve dirigersi con
tro gli EFFETTI di questa istruzione segreta. E dere
dirigersi contro la iniqua ESCLUSIVITÀ della istru
140

zione segreta. Prendano i novatori queste formule


effetti – esclusività ; e potranno condurre a buon
fine lo assunto loro, e disarmare gli oppositori . Ma
non voglio anticipare i miei concetti, e torno alla
storia. E in punto di autorità piglio a dimostrare la
mia tesi volgendomi alle Verrine di Cicerone.
A tutti è nota la storia dell'accusa virilmente so
stenuta da Cicerone contro Verre. Tutti sanno
che promosso il grande oratore all'ufficio edilizio,
e dovendo per tale occasione dare uno spettacolo
solenne al popolo Romano, annunziò che splendidis
sima ed insolita festa egli avrebbe dato procacciando
la condanna di un ricco per dimostrare così non
essere vera la dolorosa sentenza pecuniosum homi
nem quantumvis nocens Romae condemnari non
posse ; ed egli stesso ci narra che dalla vaghezza di
smentire quella sentenza ebbe impulso a passare
insolitamente per quella volta dalle fila dei difen
sori all'ufficio di accusatore .
Ora dalle splendide orazioni di Cicerone con
tro Verre, e dai commenti di Asconio sulle
Verrine, si raccoglie cosa egli facesse quando nel
preambulo giudizio divinatorio ebbe superato il suo
antagonista Quinto Cecilio, che voleva simulare l'ac
cusa contro il rapace questore Siciliano per fine di
salvarlo. Egli intraprese la sua peregrinazione in
Sicilia per radunare i materiali che dovevano poi
sostenere l'accusa. Armato della lex conferitagli dal
Pretore, Cicerone percorse la Sicilia, ed inter
rogò quanti più testimoni potè raccogliere i quali
dessero prova dei molteplici guai che avevano tra
vagliato quella provincia, e mostrassero i fatti che
rivelavano a un tempo le rapine e la crudeltà di
141

Verre. Ed è indubitato che quelle deposizioni di te


stimoni consegnò allo scritto : e che questo processo
scritto recò poscia innanzi ai giudici del merito come
fondamento dell'accusa da lui proposta.
È indubitato ciò, perchè nella prima azione contro
Verre ( proemium ) si legge che Cicerone, dopo
avere esposto ai giudici i fatti criminosi da lui de
nunziati, concluse il suo proemio con queste paro
le hoc TESTIBUS, hoc TABULIS PRIVATIS, PUBLI
CISQUE AUCTORITATIBUS ita vobis planum faciemus,
ut hoc statuatis etc. (1 ). Egli prometteva di dare

(1 ) Gli eruditi sono discordi sulla virgoleggiatura di que


sto passo. Più comunemente lo leggono come io l'ho ripro
dotto qui sopra , cioè hoc testibus ( virgola ) hoc tabulis
privatis ( virgola ) publicisque auctoritatibus. Ma altri , che
si tengono come più autorevoli , leggono invece così hoc
teslibus ( virgola ) hoc tabulis ( virgola ) privalis publicisque
auctoritatibus . Ma anche osservata questa diversa lezione la
mia tesi non ne soffre : testibus, cioè deposizioni fatte a
praesentibus ; publicis auclorilatibus, cioè documenti pub
blici ; privatis auctoritatibus, cioè con lettere e scritture
di particolari : tabulis cioè con le deposizioni da me raccolte
in Sicilia . E d'altronde sappiamo da Quintiliano e da
Tacito che i testimoni quando non deponevano a viva vo
ce in presenza del giudice , dicevasi avere deposto per ta
bulas, o per tabellas. Laonde bisogna riconoscere che in
quello enunciato di Cicerone si comprendevano le depo
sizioni raccolte e consegnate allo scritto privatamente da
lui, sia che la promessa di queste voglia riferirsi alla parola
tabulis od alla parola privatis auctoritatibus . Difficilmente
senza una prova luminosa del contrario mi persuaderò che
Cicerone corresse per cinquanta giorni la Sicilia ad esa
minare centinaia di testimoni, senza piente recare seco di
142

prova dei fatti crudeli e rapaci di Verre, testibus ;


cioè con i testimoni personalmente recati al giudi
zio, che dovevano comporre il processo orale : pu
blicis auctoritatibus; cioè con i documenti autentici
da lui raccolti : tabulis ; cioè per le attestazioni di
fidefacienti che avevano deposto per tabellas : e au
ctoritatibus privatis ; cioè con lettere private, atte
stazioni e certificati che egli erasi particolarmente
procacciato nella sua peregrinazione in Sicilia. Qui
dunque è chiaro che Cicerone aveva portato
seco un volume contenente i ricordi scritti che do
vevano servire di preludio all'accusa, ed avere po
scia complemento e conferma dalla viva voce dei
fidefacienti legittimamente interrogati . E di fatto
troviamo nella seconda Verrina che lo accusatore
dopo avere partitamente svolto i singoli fatti da lui
obiettati allo accusato volgevasi al pubblico attuario
con quelle parole recita ex tabulis. O ( come nella
quinta Verrina g. 10 ) da , quaeso, scribae recitet ex
codice, leggi cioè in quelle tavole ciò che vi è re
gistrato, o per gli stessi conteggi esibiti da Verre,
o per le sue dichiarazioni officiali, o per lettere o
per certificazioni private, o per le deposizioni testi
moniali da me raccolte in Sicilia : come nella quinta
Verrina ( S. 31 ) recita hunc ipsum locum de testi
monio ; e al S. 37 recita omnium testimonia. E l'at
tuario leggeva il brano che si riferiva alle cose
narrate dallo accusatore . Così ci insegna Quinti
liano nelle sue instituta ( lib. 5, cap. 7, S. 1 ) te

scritto , quando di altroude sappiamo che anche Verre dal


canto suo aveva fatto altrettanto , ed aveva recalo in scritto
le deposizioni dei suoi luudutores.
143
stimonia dicuntur aut PER TABULAS aut a presen
tibus. E poscia Cicerone soggiungeva ai giudici
adsunt testes ; sono qui presenti i testimoni che già
si mostrarono informati di quei fatti; interrogateli
a piacer vostro, ed essi vi confermeranno solenne
mente quanto a me narrarono e deposero altra
volta, e quanto io fedelmente registrai in quelle ta
vole. Ed allora i testimoni ripetevano sotto le in
terrogazioni dei giudici le relative asseverazioni ; e
così compivasi il processo orale, per riprendere po
scia nelle successive azioni la discussione, finchè si
giungesse alla comperendinazione , nei casi dove essa
poteva aver luogo.
Ecco dunque che il processo criminale della li
bera Roma era a rigore di termini misto. Ciò che
decideva la convinzione dei giudicanti era il pro
cesso orale : ma questo era preceduto da un pro
cesso scritto simile all'odierno, tranne che lo inqui
sitore d' allora era lo stesso accusatore cittadino ,
laddove poscia fu un ufficiale pubblico quando lo
judex quaestionis si converti nel quaesitor. Accu
satore cittadino, il quale se aumentasse o diminuisse
le guarentigie lo vedremo tra poco . E sebbene i
moderni eruditi di Lamagna abbiano osservato che
alcune delle .recitazioni chieste da Cicerone
nelle successive azioni facessero richiamo ai pro
cessi verbali redatti durante la seconda azione sulle
deposizioni fatte a testibus praesentibus, pure que
sta parziale rettificazione non altera la sostanza
della nostra tesi , quando rimane sempre certo che
Cicerone portò a giudizio anche i testimoniali
da lui raccolti in Sicilia, e anche di quelli fece
dare lettura .
144

Tutta la questione dunque si riduce a sapere se


quando l'accusatore cittadino preparava in quella
guisa le proprie armi mediante la inquisizione au
torizzata dalla lex che il pretore aveva conferito,
egli procedesse in segreto oppure fosse obbligato a
raccogliere quegli esami nel contradittorio dell' ac
cusato e dei suoi patroni. Questo è il solo dubbio
possibile : ma che anche nell'antica Roma il pro
cesso orale fosse preceduto da un processo scritto
ella è cosa che non può seriamente impugnarsi .
Ora non posso credere che Cicerone quando
nel suo viaggio in Sicilia veniva compilando la sua
inquisizione, egli ad ogni esame di testimone inti
masse Verre a comparire o personalmente o col
mezzo del suo patrono ( che fa il celebre Ortensio)
davanti a lui per assistere agli interrogatori dei te
stimoni. Non posso crederlo, perchè non trovo do
cumento alcuno di simile operazione , la quale avreb
be dovuto naturalmente dare occasione ad incidenti
e contrasti : e di questi rimarrebbero patenti vesti
gia nei monumenti della antichità. Sappiamo è vero
che la proposizione dell'accusa si fece giusta l'usato
nel contradittorio di Verre con la formula ajo
te Siculos spoliasse : alla quale se Verre avesse ri
sposto spoliavi, non rimaneva a discutere che sulla
condanna ; ma poichè Verre ebbe negato, fu neces
sità Cicerone di impetrare un termine per
raccogliere le sue prove in Sicilia ; termine che
sembra gli fosse accordato in centodieci giorni ,
quantunque ve ne impiegasse soli cinquanta. Ma
nessuno mi avverte che le verificazioni dello accu
satore in Sicilia si consumassero nel contradittorio
dello accusato. Se altri più erudito di me (lo che
1 45
è facile cosa ) mi reca innanzi qualche frammento
che faccia testimonianza della chiamata di Verre
per ordine di Cicerone in Sicilia, e della assi
stenza di lui agli esami che Cicerone faceva a
suo danno, io volentieri mi ricrederò ; ed ammet
terò che a buona ragione della inquisizione con
tradittoria che vorrebbe oggi istituirsi in Italia si
abbia un tipo ed un pratico esempio nei processi
della pristina Roma. Ma, tranne questa prova, io mi
sento autorizzato a tenere per fermo che il proce
dimento scritto della libera Roma si costruisse co
me oggi in segreto e senza il contradittorio del
ľ accusato .
Ed anzi un gagliardo argomento a mostrare che
il processo scritto istruivasi dallo accusatore senza
il contradittorio dello accusato si rileva dal fram . 3,
S. 3 et 4 de testibus, dove Callistrato affer
ma che le testimonianze per tabulis hanno minor
valore che quelle dette a praesentibus: alia est
auctoritas praesentium testium ; alia testimoniorum
quae recitari solent : la qual cosa non può avere
appanto altra base di ragione tranne quella che le
testimonianze scritte fossero sempre a ritenersi in
complete , perchè emesse sulle interrogazioni del
solo accusatore senza gli opportuni richiami dello
accusato e del suo patrono : laddove le testimonianze
dette a praesentibus si enucleavano sotto la pres
sione delle obiezioni ( e dicasi anche dei tranelli )
dello avversario e del suo patrono, che ogni arte
usava per illaqueare i testimoni avversari e con
durli a contradire sè stessi od a smentirsi. Laonde
in Roma riputavasi eminente abilità di un patrono
lo accorgimento ed i fini artifizi con i quali circuiva
VOL. IV . 10
146
i testimoni della parte contraria : opinione che ri
producesi oggidi in Inghilterra (1 ) .
Differenziale notabilissima esisteva in un punto
cardinale fra la inquisizione dell'accusatore Roma
no, e la inquisizione dei giudici odierni . Ed era
quella che l'accusatore Romano non poteva incar
cerare l'accusato ad onta di qualunque evidenza di
prova, e questi mantenevasi a piede libero fino alla
definitiva condanna : laddove lo inquisitore odierno
ci caccia subito in carcere per i più lievi sospetti
e ci costringe per anni in una segreta.
Questa differenza davvero non è piccola. Essa è
vitale ; e refluisce non solo sulla libertà individuale,
ma peggio ancora sull'esercizio del diritto di difesa ,
della quale ogni movimento , anche meramente pre
paratorio, è renduto impossibile allo inquisito per
lo isolamento della segreta. Lo che per un pregiu
dizio ormai inveterato credesi oggi si debba fare
per meglio discuoprire le delinquenze ; sebbene i
più assennati fra i moderni ( e mi basti citare il
Weiske Manuale diprocedura criminale S. 16 )

(1 ) Gli artifizi vicendevoli nella discussione orale sono


propri di tutti i tempi . È lepida la storia di un tale che
essendo accusato di avere ferito altri con una vettura da lui
condotta , manteune ( per consiglio del suo patrono ) costante
silenzio alle interrogazioni del giudice . Il giudice si irritava
di quel manco di rispetto ; ma il patrono lo pregò a scusare
quello infelice , allegando che es :0 era muto. E come muto
( esclamò tosto la parle dolente ) se quando mi venne ad
dosso con il suo veicolo io lo udii ripetutamente ad alta voce
gridare che io mi guardassi ? Dunque ( replicò il difensore )
se egli li gridò guardati e non ti guardasti, la colpa fu
tua : ed ottenne l ' assoluzione.
147
non esitano di affermare che la carcerazione pre
ventiva ( necessaria soltanto nei casi gravi per im
pedire la fuga ) sia più nocevole che profittevole
allo scuoprimento della verità.
In questo sta la differenziale fra il processo an
tico e il moderno ; e la differenziale è terribile. Ma
se il nodo sta qui lascino i novatori la questione
del segreto, e prendano per obiettivo delle loro ri
forme questo pauroso sconcio della custodia pre
ventiva che viene ogni giorno allargando misura, e
che è la primaria cagione dei pericoli della inno
cenza. Niente mi interessa il sapere cosa prepara
a mio danno la inquisizione quando per quei pre
parativi non mi sovrasta la carcere ; quando quei
preparativi dovranno per disposto di legge essermi
comunicati prima del giorno nel quale acquisteranno
potenza di nuocermi ; e quando i preparativi del
l'accusa non distruggono ( notisi bene ) i documenti
della mia innocenza; ed io nello intervallo ( libero
della mia persona ) ho piena balia di porre in or
dine altrettanti preparativi .
Io dico dunque agli amici ed alleati miei, lasciamo
in pace il segreto che è retaggio della polizia, fin
chè le opere di questa non ci ruinano addosso le
catene corporee e lo isolamento, e finchè non trat
tasi di operazioni che invadano i diritti inerenti alla
nostra personalità, o che demoliscano per sempre i
mezzi defensionali. Smettiamo di vagheggiare utopie
che non hanno precedenti nella storia, e che danno
ragione ai conservatori di gridare l'allarme, di spar
gere spavento, e di profetizzare ( non sempre a
torto ) ' impacci insuperabili allo scuoprimento del
vero con pauroso detrimento della pubblica sicu
148

rezza. Libertà per tutti, privilegi a nessuno. Ecco


il motto che deve scrivere sulla propria bandiera
chiunque combatte per la libertà civile. La restrizio
ne del cittadino in quanto ai casi sia rigorosamente
limitata aila necessità di impedire la fuga nei più
gravi delitti : sia limitata nei modi al solo fine di
impedire la fuga. Si infiggano bene nell'animo que
ste due formule . La verità si cerca. Ma per giun
gere alla verità la difesa non ha bisogno di intral
ciare i movimenti della inquisizione; come ugual
mente la inquisizione per giungere alla verità non
ha bisogno di diventare tiranna, e mettere il bavaglio
all'accusato ed ai suoi patroni , e rendere impossi
bile ogni movimento defensionale. Libertà per tutti ;
privilegi a nessuno. Il segreto sia rotto immediata
mente in quanto al titolo del delitto che mi si obietta
e sul quale si apre la inquisizione, perchè io possa
dal lato mio determinare le mie reminiscenze ed
indagare sui mezzi per combattere anche imme
diatamente quell'accusa se sono innocente, e demo
lirne al primo scontro la pietra angolare. Ma in
quanto al resto la inquisizione costruisca il suo
armamentario a libito suo, purchè ancor io possa
costruire liberamente l'arınamentario mio senza
l'obbligo mostruoso di chiedere per grazia al mio
persecutore la licenza di assodare le mie difese, o
di lasciare alla sua balia le mie armi perchè cru
delmente me le restituisca spuntate ed inutili . Egli
sia libero di fare per conto suo tutte le verificazioni
sul materiale che hanno bisogno di essere solleci -
tamente raccolte affinchè non ne vadano sperse
le traccie . Ma io abbia altresi ed immediatamente
e senza restrizione la facoltà di istituire sul mate
149

riale col mezzo di periti e di testimoni le verifica


zioni che interessano alla difesa ; perchè come può
il volgere di pochi giorni disperdere le traccie che
indicano il delitto ,> cosi può il volgere di poche ore
disperdere le traccie che pongono in luce la mia
innocenza. Allora non si vedrà più ripetuta così di
frequente quella nefanda bruttura di una pretesa
infanticida tenuta in carcere per otto mesi per poi
sentir dichiarare al definitivo giudizio che ella si era
sgravata di una creatura morta : nè in generale
quella bruttura di udire i Giurati proclamare la
insussistenza di quel corpo di delitto, che erronea
mente supposto dette origine a tanti dolori .
La esclusività concessa alla accusa di fare essa
sola il processo contiene in sè quanto può esservi
di più iniquo, perchè rappresenta un privilegio : e
tutto quello che sa di privilegio in faccia alla giu
stizia è barbaro ed intollerabile. In Roma è indubi
tato che anche lo accusato ed il suo patrono aves
sero licenza di raccogliere in scritto testimonianze,
preparare così i materiali della fatura difesa. Si
hanno ripetute prove di ciò nello stesso Cicerone
in più luoghi, come nella quinta azione contro Verre
S. 102: e nella orazione pro Flacco S. 48, e nella ora
zione pro Murena S. 49 : e pro Quintio S. 66, 67:
et de oratore lib . 2, cap. 38, S. 147; ed altrove: le
quali testimonianze a difesa, nella assenza dei fide
facienti, si riproducevano alla udienza nello interesse
dello accusato facendo recitare la relativa parte delle
tavole. Cosicchè le prove desunte ex tabulis privatis
avevano uguale svolgimento nello interesse di en
trarnbo le parti .
150
Ma guardino i giovani di non si innamorare così
presto di quanto sa di Romano, perchè anche qui
eravi latente il vizio del privilegio a favore della
accusa. Ed il privilegio stava in questo che l'accusa
era fornita di potestà coattiva per obbligare con la
minaccia di pene i testimoni da lei desiderati a
comparire a deporre : laddove la difesa non aveva
questo potere , e bisognava impetrasse per grazia dai
testimoni la loro comparsa. Ciò sarebbe rovina della
difesa se si riproducesse oggidi tra noi , dove ogni
esercente conosce quanta sia in generale la repu
gnanza del nostro popolo ad assumere la veste di
testimone. Nè questo ritegno è da attribuirsi del tutto
a mancanza di virtù cittadine . Esso ha pur troppo
una buona ragione nel pericolo che troppo facil
mente corrono oggidi i testimoni a difesa di essere
arrestati, imprigionati, ed anche sottoposti a proces
so, se per poco discordano dai testimoni della parte
civile o del pubblico accusatore.
In Roma questa disuguaglianza fra i poteri del
l'accusa e i poteri della difesa non si faceva sen
tire come tanto grave, perchè lo spirito pubblico non
era tanto in ribasso da tenere che un cittadino si
ricusasse a deporre a discarico di un innocente per
risparmiarsi lo incomodo di una comparsa od i pe
ricoli di una vendetta. Ed anzi la spontaneità della
comparsa aggiungeva peso ai testimoni defensionali
quando avevano unicamente l'ufficio di deporre co
me laudatores. I testi laudatores erano quelli che
venivano a deporre della buona moralità dello ac
cusato di fatti virtuosi da lui operati : questi si
sceglievano fra gli uomini più eminenti per fama e
per probità o dignità ; le parole dei quali divenivano
151

più autorevoli appunto perchè offerte da loro volen


terosamente per omaggio al vero. Ed anche i lau
datores davano spesso la loro testimonianza per
tabellas, non volendo o non potendo comparire in
persona, come si rileva dalle epistole familiari di
Cicerone ( 1,9, S. 19 ) e da Valerio Ma s
simo ( 6, 2,> 3. 5 ). E questo mi fa tornare a mente
una proposizione che or sono venticinque anni io
raccoglieva dalle labbra di quel dotto ed integerrimo
Magistrato che fu il Presidente Luigi Forna
ciari ; il quale confidenzialmente mi diceva che
sotto ordini buoni e Magistrati buoni, il compito del
difensore DOVREBBE limitarsi a richiamare soltanto
i testimoni laudatores. Dovrebbe, perchè al giudice
istruttore sarebbe incombente l'obbligo di mettere
in processo anche tutto ciò che in ordine al fatto
questionato può giovare alla difesa. Dovrebbe, per
chè al Pubblico Ministero incomberebbe l'obbligo di
citare egli stesso e riprodurre alla pubblica udienza
anche i testimoni che giovano allo accusato. Ma
questo dovrebbe dell'ottimo Presidente non era una
realtà costante neppure allora, per la solita ragione
che realizzarlo dipendeva dalla moralità dello uffi
ciale pubblico, e non da uno espresso precetto di
legge munito di opportuna sanzione. Pure sotto le
leggi dispotiche era assai frequente che il dovere
e lo essere si trovassero insieme . Oggidi poi questo
connubio è una visione arcadica, perchè non in uno
nè in dieci casi , ma quasi sempre al disgraziato che
ho fatto costituire inculcandogli di fare istanza al
giudice istruttore per l'esame di alcuni testimoni
che a lui gioverebbero per discolparsi o per atte
nuare la propria colpa, il giudice istruttore sistema
152

ticamente ha risposto che questo non riguardava


lui : darete il nome di questi testimoni al vostro di
fensore ed egli penserà a farveli citare alla udienza ;
ed intanto state prigione. Ed è una seconda volta
visione arcadica ai tempi presenti il connubio del
dovere con l'essere, perchè non in uno nè in dieci
casi ma quasi sempre il Pubblico Ministero ripete
studiosamente alla udienza i soli testimoni che ag
gravano ; e se un testimone illuso disse cosa che
pregiudicasse allo accusato indicando tre contesti
che poi lo smentirono, oppure narrando di averla
udita da tre persone che parimente lo smentirono,
si può essere certi che nella nota dei testimoni ri
petuti dall'accusa si leggerà il nome di quell' uno
perchè venga a riprodurre innanzi ai Giurati lo
equivoco suo, ma non vi si leggeranno i nomi degli
altri tre che verrebbero a riprodurre innanzi ai Giu
rati la verità . Che più ? Bisogna bene che io narri
ciò che mesi addietro mi avvenne in faccia ad un
Tribunale di Provincia Toscana. Vidi citato dal fisco
un testimone che demoliva in radice l'accusa, e
corsi là con l'animo festevolmente prevenuto a fa
vore della lealtà di quel Pubblico Ministero. Ma
ahimè ! Il velo non tardò a cadermi dagli occhi
quando ascoltai quel Pubblico Ministero scusarsi in
faccia al Tribunale dello avere egli citato quel te
stimone, dicendo che era stato citato per equivoco.
E siamo a questo ; che se qualche rara volta si fa
il bene e si serve la verità da un pubblico ufficiale,
ciò avviene per equivoco, e si ha il cinismo di scu
sarsene ad una pubblica udienza ! Ma lasciamo in
pace i vecchi Magistrati che ebbero la fortuna di non
153 -

sopravvivere a tanta degenerazione, e torniamo


alla storia .
Non anticipiamo sul merito della questione, e pro
seguiamo lo svolgimento storico della medesima.
Lo svolgimento storico del procedimento prepa
ratorio guardato nel suo punto di vista esteriore
è a tutti notissimo. Il difetto di accusatori cittadini
conduce alle quaestiones perpetuae. Si spicca in un
modo più pronunziato per allargati poteri la figura
dello judesc quaestionis, finchè sotto il dispotismo
imperiale si tramuta nello inquisitore perpetuo e
generale contro tutti i delitti , renduto più potente
dal mantenuto segreto, e dalla balia delle carcera
zioni . La avidità degli Imperatori, che i delitti vo
levano perseguitati più nello intendimento di locu
pletare lo erario che non in quello di tutelare il
diritto dei consociati, mette al fianco deļlo inquisi
tore i Procuratori del fisco soverchiatori sempre
per il prestigio del mandato sovrano ; e il giudizio
criminale smarrisce i veri suoi cardini. Le irruzioni
barbariche segnano un intervallo di sosta alle po
testà inquisitorie con le ordalie e con i duelli giu
diciarii, forme divenute prevalenti per le esaltazioni
di una fede superstiziosa, o per un codardo omag
gio alla forza ; ma nelle quali una seconda volta
smarrisce i suoi cardini il processo criminale . La
Chiesa anatemizza quelle forme. Poi Bonifazio rialza
nei Tribunali il trono della ragione concentrando la
edificazione del processo nel metodo inquisitorio, che
dai giudizi ecclesiastici torna ad essere universale
anche nei giudizi comuni . Ma i giudizi ecclesiastici
principalmente diretti alla persecuzione dei delitti
religiosi che si esauriscono nella arcana periferia
151

del pensiero e delle credenze, trovano necessità di


costruire le loro prove sulle dichiarazioni del giu
dicabile. Di qui il bisogno di mezzi coattivi per
estorcere dal labro del giudicabile il segreto delle
sue opinioni . Di qui il bisogno di prendere in pre
stito alla crudeltà dei Romani la tortura, destinata 1

nella sua origine al martirio dei servi che si con


sideravano come cose da usufruirsi secondo l' utile
dei cittadini. Quindi inseparabile accessorio della
inquisizione divengono anche per le potestà tem
porali i tormenti irrogati ai giudicabili ed ai testi
moni. Invano i padri della Chiesa declamano ( e ba
sti s. Agostino per tutti ) contro questo terribile
accessorio, dimostrandolo ad un tempo iniquo non
meno che illogico e fallace. La voce della ragione
non si fa udire che lentamente dove essa osteggia
li interessi dei potenti . Corrono quasi sei secoli ; e
la inquisizione si mantiene per quasi tutta Europa
esclusiva sovrana del procedimento criminale con
la truce compagnia della carcerazione, del segreto,
e della tortura. Tortura che secondo la maggiore
o minore umanità dei Tribunali si mostra più o
meno feroce nella specie e nella quantità dei do
iori inflitti per estorcere la verità ; ma che è sem
pre tortura : e sempre rimane reina del procedi
mento inquisitorio e suprema sua guarentigia, a
tal segno che ostinatamente si persiste da tutte le
Magistratore di Europa a salutarla come una ne
cessità, senza la quale il processo criminale diver
rebbe impossibile. Finalmente la filosofia del secolo
decimottavo rompe quella triade funesta : e disar
mata la inquisizione della tortura, i nostri padri
vedono consegnarsi al fuoco i sanguinosi strumenti
155 -

di una giustizia perfida e feroce. Rimane eretta


per qualche tempo ulteriore la signoria esclusiva
della inquisizione, forte tuttora del segreto e della
prigione preventiva, e sempre sovrana regolatrice
della battaglia. Ma progrediscono i lumi , e si ritorna
al processo misto Romano. Alla inquisizione si nega
la potestà di avere l'ultima la parola. Questa ultima
parola decisiva delle sorti del giudicabile si riserba
al processo accusatorio ripristinato : ed eccoci ai
tempi nostri, nei quali il processo criminale accop
pia con meraviglioso connubio la forma Romana
con la forma del medio evo. Ma contro la figura
medioevale della inquisizione continuano gli attac
chi dei progressisti , i quali combattendo al fine di
spogliarla dei due accessorii della prigione preven
tiva e del segreto, vorrebbero in sostanza farne de
molizione completa ed assorbirla nella pura forma
accusatoria. Ed eccoci al momento della controver
sia attuale. Ed ecco limpido e netto il viaggio che
il processo penale ha compito nel corso di duemila
anni se esternamente si guarda.

САР . VIII .

Istruzione segreta.

( Segue STORIA )

Ma assai più difficile e più oscillante è lo svolgi


mento storico del processo criminale se guardasi nel
suo interno ; vale a dire nei varii concetti ai quali
se ne informò lo spirito nei diversi tempi ed appo
156
le genti diverse. Questo studio offre la dimostrazione
di una di quelle grandi verità che debbono ricono
scersi dal filosofo anche precedentemente ad ogni
riprova, perchè essendo congenite alla natura delle
cose hanno una necessità ontologica ed inevitabile.
I fatti possono servire a conferma delle medesime,
ma non le insegnano .
Tale verità si è che il processo preparatorio del
giudizio penale deve necessariamente costruirsi con
uno di questi due obiettivi: cioè o l'accusa ; o la
verità . Nel punto di vista storico non merita osserva
zioni il processo istituito nel mero obiettivo della dife
sa perchè le sue oscillazioni non sono che consequen
ziali agli altri due ; in quanto il processo defensio
nale è un contenuto del processo che si istituisce
al fine della verità, ed è un quid estraneo al pro
cesso istituito al solo fine di accusa ; e da questo
modo di essere del processo defensionale nasce lo
antagonismo dei due sistemi che si divisero il go
verno del giudizio criminale quando l'impulso a
questo procedette da un pubblico ufficiale.
La istruzione con la quale il pubblico ufficiale
prepara i materiali per la eventualità di un futuro
giudizio è istituita sul principio dell'accusa, quando
si propone il solo obiettivo della offesa dello impu
tato : è istituita sul principio della ricerca imparziale
della verità, quando si propone alternativamente ed
indifferentemente così l'obiettivo di giovare all'ac
cusa , come quello di demolirla.
Nella scelta di uno di questi due principii a fon
damento dei procedimenti preparatorii sta la deter
minazione dello spirito che informerà tutta la infor
mazione scritta ; e secondo la prevalenza dell' uno
157

o dell'altro dovranno col mutare dei tempi e dei


luoghi mutare le guarentigie, e le cautele e le forme.
Nel sistema accusatorio puro è evidente che il
processo preparatorio si fa nel senso dell'accusa.
Dunque metodo sintetico. Dunque preoccupazione
perpetua, nell'animo di chi fa le ricerche, della col
pevolezza dell' accusato.
È una inquisizione tutta nemica, dove si sfugge
qualunque indagine che possa giustificare o scusare
lo accusato. O se tale indagine si fa, la si fa nel solo
interesse dell'accusa ; cioè per prepararle i mezzi
di fiaccare le armi della difesa quando verrà a ma
neggiarle. Questa era la inquisizione Romana che
troppo si vagheggia da alcuni oggidi. Inquisizione
tutta parziale, tutta nemica, che sarebbe rovinosa
per la verità e per la innocenza se all'accusato non
fosse libero ugualmente di preparare il suo contro
processo.
Questa libera balia dell'accusato, congiunta col suo
mantenersi a piede libero, fa il farmaco che riparò
nella libera Roma ai mali terribili di questo sistema.
Cessato il sistema accusatorio accadde un primo
mutamento : mutamento nella persona dello inqui
sitore .
Al privato sottentrò il giudice, il quale fece quello
che prima facevasi dallo accusatore . Ma la mutazione
della persona esigeva consequenziali mutazioni nel
fatto, perchè il fatto non ponesse a repentaglio la
innocenza e la verità. La inquisizione preparatoria
restava sempre una necessità delle cose. Ma la mu
tazione della persona imponeva che si studiasse be
ne se il nuovo inquisitore dovesse o no subire an
cora un mutamento radicale nella missione a lui
158
consegnata. Finchè lo inquisitore era Cicerone
che preparava il processo contro Verre, sarebbe sta
to impossibile e repugnante imporgli ( tranne che
nel suo personale interesse onde evitare il proprio
scorno ) di istituire indagini defensionali. Il processo
scritto d' allora era dunque tutto nemico : i testimoni
e le prove recate innanzi ai giudicanti per effetto
di quella inquisizione erano per necessità logica tutti
ostili all' accusato .
Ma quando alla inquisizione del privato si sosti
tuiva l'inquisitore pubblico ufficiale munito di più
larghi poteri , e più specialmente del potere di met
tere in carcere a libito suo l'accusato, segregarlo
dagli amici e dai difensori, e interdirgli ogni eser
cizio della propria attività per assicurare con i suoi
mezzi privati la propria giustificazione e discolpa,
allora il sistema della libera Roma divepiva terri
bile strumento di tirannia. Giustizia voleva che il
mutamento della persona portasse seco mutamento
nella missione, o mutamento nelle attribuzioni. Ma
invece in alcuni paesi si conservò l'antica missione
al mutato inquisitore : e questo fu il primo errore .
L'altro gravissimo errore fu quello che le attribu
zioni del nuovo inquisitore , le quali si sarebbero
dovute modificare in un senso liberale, si modifi
carono invece nel senso opposto , aggiungendovi la
facoltà della carcerazione, e della segreta.
Cosi nacque quella personalità odiosissima del
l'inquisitore fiscale che fu perpetuo puntello di tutte
le tirannidi, perpetuo oppressore della innocenza,
perpetuo offuscatore della verità e flagello dei popoli.
E più lo divenne quando ebbe guadagnato le ul
teriori attribuzioni di potere torturare gli accusati
159
ed i testimoni . Il così detto santo uffizio portò al
suo apogeo tutti gli orrori di questo sistema che le
tirannidi laicali si affrettarono ad usufruire in pro
prio vantaggio, come nella Spagna dove la Santa
Hermandad era al servizio della politica ; o ad imi
tarlo con le forze loro, come in altre parti di Europa.
Di qui le maledizioni universali contro il sistema
inquisitorio : maledizioni giustissime quando aveva
no per obiettivo la inquisizione edificata su quel
principio, e con quei materiali : ma che divengono
infondate ed assurde quando si estendono contro
ogni inquisizione, senza riflettere che una inquisi
zione preambula è di necessità assoluta ed impre
teribile in ogni processo il quale vogliasi istituire
sul serio e non per giuoco, e che possa riescire
efficace allo interesse di tutti i consociati .
La mutata persona aveva bisogno di un muta
mento di missione. Lo sbaglio fu tutto nel non per
cepire questa verità ; ed all' inquisitore fiscale con
servare la missione alla quale serviva Cicerone
quando perseguitava Verre ; e per soprappiù allar
garne i poteri .
La nuova persona doveva ricevere dalla società
una missione radicalmente diversa da quella che si
proponeva l'accusatore privato nella libera Roma.
Doveva avere la missione di ricercare imparzialmen
te la verità : e così di fare il processo tanto nel senso
del'accusa quanto nel senso della difesa, e fare il
processo a difesa senza bisogno di eccitamento per
parte di un patrono : ma ultroneamente, spontanea
mente , e come lo adempimento del proprio dovere,
perchè anche questo era un contenuto originario
della missione sua .
- 160
In questo ideale stava un concetto santissimo e
giusto ed irrecusabile : il concetto cioè che la in
quisizione preparatoria dovesse recare davanti al
giudice nella loro respettiva completezza tanto i
monumenti inservienti all' accusa, quanto i monu
menti inservienti alla difesa .
I legislatori umani accolsero tutti questo concet
to, ma batterono due opposte vie nel procurarne la
attuazione concreta .
Alcuni credettero possibile che quel duplice obiet
tivo potesse realizzarsi mantenendo la consegna del
la inquisizione nelle mani di un solo uomo, purchè
a lui si fossé dato istruzione di procedere con im
parzialità. Teoricamente simile concetto era bello ;
ma praticamente inattuabile per la intrinseca repu
gnanza che una sola mente diriga i suoi passi a
due fini diversi e fra loro opposti .
Questa verità si dimostrò dalla esperienza , e si
percepi da pubblicisti italiani ed alemanni del pas
sato secolo. Persuasi i più sapienti fra loro che male
un solo uomo poteva recitare due parti , immagi
narono una seconda figura officiale che permettesse
di sperare il raggiungimento effettivo di quel dua
lismo ideale mediante un dualismo personale. In tal
guisa si intravide e poscia si venne definendo la
figura di un pubblico ufficiale sorvegliatore degli atti
criminali, tradotta poi nella figura del Pubblico Mi
nistero toscano con la riforma del 1838. Questa fi
gura, una volta divinizzata per la aureola della im
parzialità, divenne venerabile e santa nella fantasia
di coloro che la contemplarono come la sublime in
carnazione della legge e della giustizia sulla terra .
Incarnazione della legge che sguaina la spada non
161
solo per punire il colpevole ; ma anche per proteg
gere lo innocente. E così la intese quel nobile in
gegno del Capoquadri, che primo iniziò la ri
forma del 1838 in Toscana ; e che noi vedemmo più
di una volta sorgere con impeto generoso a rim
proverare lo inetto patrono il quale si era neghit
tosamente rimesso alla umanità del Tribunale. E ,
proclamando che a lui , rappresentante imparziale
della legge, incombeva anche l'obbligo della difesa,
lo udimmo assumere egli medesimo la confutazione
delle conclusioni da lui spiegate ; e svolgere leal
mente e sottoporre ai giudici tutte le ragioni di du
bitare e tutte le minoranti che assistevano il mal
difeso giudicabile. Tempi felici per la giustizia ; e
splendidi esempi i quali se si fossero continuati dagli
ordinamenti e dagli uomini , non si sarebbe oggi
levata questa crociata contro il Pabblico Ministero
che finirà o presto o tardi per renderlo impossibile
in un paese libero e civile.
Ma intanto mentre in Italia e Germania , e nelle
accademie si preparavano gli altari a questo ideale
emblema della legge incarnata, nel preconcetto che
ne fosse possibile la realtà ( possibilità sulla quale
esporrò fra poco i miei dubbi ) sorgeva nella vicina
Francia una realtà di Pubblico Ministero che ve
niva a personificare l'inquisitore fiscale , presentan
dosi sotto la mendace larva di sostenitore della leg
ge, mentre in verità era il sostenitore delle più esose
tirannidi . Cosi Satana e Gabriello ebbero ugual
mente il nome di angeli : ma il Pubblico Ministero
dei Reali di Francia era l'angelo Satana, mentre il
Pubblico Ministero ideato dai filosofi e vagheggiato
da qualche legislatore liberale sarebbe stato l'an
VOL . IV . 11
162

gelo Gabriello. E doveva essere così, perchè i Reali


di Francia mai mossero un passo nelle loro ordi
nanze che non fosse con fino accorgimento perpe
tuamente diretto ad assodare la loro tirannide. Ti
rannide sui Baroni ; tirannide sulla chiesa, quando
la chiesa non si alleava con i Re ; tirannide sopra
i magistrati quando i magistrati non si prostitui
vano ai loro voleri ; tirannide sempre sopra il po
polo. Questo fu lo spirito che, mantenuto per oltre
tre secoli in tutto l'organismo politico di quel reame,
venne nei costumi di quel popolo ad incarnarsi tanto,
che anche i più fieri repubblicani si atteggiarono
come loro naturalissima posizione al dispotismo ed
alla tirannia. E la libertà in mano loro divenne una
formula di schiavitù , perchè mai non dovesse ces
sare l'Europa dal guardare la Francia come centro
perpetuo dello apostolato di ogni tirannide, mutata
soltanto nei nomi e nelle forme esteriori .
Il problema sociale del riordinamento liberale de
gli Stati di Europa deve in generale sciogliersi con
questa formula semplicissima e costantemente vera.
Si vogliono riforme che appaghino il popolo con ap- .
parenza di liberalismo ma ribadiscano le catene e
forse le moltiplichino ? Se ciò si vuole si imiti la
Francia : ed anche il Pubblico Ministero e la inqui
sizione sieno ordinati al servizio del potere esecu
tivo con le forme Francesi. Si vuole invece una vera
libertà civile alla foggia Inglese ed Americana ? Si
faccia l'opposto : si gridi cioè timeo Danaos et dona
ferentes; e quando si tenta trapiantare fra noi ana
istituzione Francese non si subisca la illusione delle
apparenze : si guardi addentro, e ci accorgeremo che
latet anguis in herba .
163 -

In Francia si durò per tre secoli a negare ad


ogni giudicabile il diritto del patronato . Tutto era per
l'accusa. Assurdo pensiero ( esclamava Pouyet
nel 1539 ) questo sognato diritto ad avere un di
fensore. O l'accusato è innocente, e non ha bisogno
di essere difeso ; o è colpevole, e non ha ragione di
essere difeso. E questo sofisma del nefasto e troppo
famoso cancelliere, dopo avere informato lo spirito
della ordinanza di Villers Cotterets, si riproduceva
poi ( malgrado la energica ma inutile opposizione
di L amoignon ) nella ordinanza del 1670. E vi
voleva la grande scossa della rivoluzione perchè si
riconoscesse che non era una visione di guaste
menti il desiderio che il processo criminale si in
tegrasse sanzionando che l'accusato non doveva
esserne la vittima predestinata ma una parte in
causa, e che come parte in causa era necessità che
alla sua imperizia supplisse la opera di un patrono.
La rivoluzione parve operasse un miracolo quando
fece questa scoperta che già da parecchi secoli era
notissima in altre regioni di Europa. Ma al solito
esito, procedette con mano avara, e rimase a mezza
via nel riconoscimento della verità, perché la inte
grazione del processo con la opera del patrono im
pose come forma sacramentale soltanto nei più gravi
misfatti, e limitandosi nei delitti correzionali ad una
sola concessione facoltativa : ed anche in quelli que
sto tramutamento della viltima in parte litigante
riconobbe nel giudizio definitivo, ma non nel pro
cesso, che conservò con tutto il vecchio corredo della
carcerazione , del mistero, delle segrete ; e per so
prappiù dei fogli volanti non cartolati se non a ter
mine di processo : lo che è un facile istrumento di
164

falsificazioni e di arbitrii , e di tramutamento del


vero ( 1). Sotto lo influsso di queste tradizioni, ed in
questo corso di idee è facile comprendere che la
verità invece di trovare una guarentigia nel dua
lismo, vi perdette ogni guarentigia, perchè la se
conda figura officiale posta al fianco dello inquisi
tore venne ad avere potestà sovrastanti a questo,
nel tempo stesso che nella realtà dei fatti in lei
non si personificava la legge imparziale, ma soltanto
l'accusa, perchè il nome stesso di Procuratore o
del Re , o dello Stato, o del Governo, o della Repub
blica, o dello Impero esprimeva sempre il Procu
ratore del fisco ; tranne che invece di essere dipen
dente dallo inquisitore, e lasciare così la speranza
nella umanità di questo, incatenò la inquisizione
all'accusa. In tal guisa per una strana mistificazione
mentre si dava a credere che il dualismo personale
fosse veicolo a realizzare il dualismo ideale del pro
cesso inquisitorio indifferentemente diretto cosi al
l'accusa come alla difesa, la conseguenza dovette
essere precisarnente la opposta. La dualità di obiet
tivo ( accusa e difesa ) era nel processo inquisitorio
difficile a raggiungersi ; ma pure non ne era esclusa
la possibilità di tentarla ad un inquisitore eccezio
nalmente giusto e benigno. Ma la: dualità personale
converti la dualità ideale in un vero impossibile ,
quando allo inquisitore benigno si sovrappose un

(1 ) Anche questo è un doloroso regalo che i nuovi or


dinamenti hanno fatto alla Toscana . Ed è , regalo funesto . La
guarentigia dell'ago sembrò un nieote , ma è tutto quando
trattasi di frenare le frodi di un inquisitore.
165

agente del governo che aveva per sua missione


unicamente l'accusa .
Così siamo giunti alle condizioni presenti nelle
quali ferve una terribile lotta fra i pubblicisti i quali
si schierano in due partiti nemici . E la nimistà non
nasce più oggi da una divergenza nel fine, perchè
nessuno dei due odierni partiti fa professione ( al
meno apertamente e palesemente ) di volere una
cosa diversa dalla verità e dalla giustizia . Ma la
divergenza nasce dalla differenza del preconcetto.
I conservatori degli ordini attuali partono dal pre
concetto che il Pubblico Ministero e lo istruttore
Italiano rappresentino in rei veritate il dualismo
dell'accusa e della difesa durante il periodo della
istruzione scritta ; e conseguentemente edifichino il
processo preparatorio sul principio della imparzialità :
e supponendo che questo ideale sia una realtà in
Italia non trovano nulla da cambiare o modificare
nel nostro procedimento scritto . Noi all'opposto par
tiamo da un preconcetto diverso. In astratto ci sem
bra impossibile che obbedisca al principio della im
parzialità il processo che si costruisce da un giudice
istruttore sottratto ad ogni qualunque vigilanza del
l'imputato e dei suoi patroni finchè non abbia len
tamente compito l' opera sua ; e costantemente ed
unicamente soggetto alla direzione del Pubblico Mi
nistero divenuto organo del potere esecutivo. E pur
troppo in concreto tutto quello che vediamo svol
gersi intorno a noi di doloroso nei criminali processi
ci conferma che il processo lasciato in balia di un
organo del potere esecutivo deve per necessità con
troppa frequenza divenire parziale, e cosi gravido
di pericoli per la innocenza.
166
Laonde ci confermiamo nel concetto assoluto che
quello ideale così vagheggiato sia un impossibile :
e che il processo criminale lealmente e contempo
raneamente diretto all'obiettivo cosi dell' accusa
come della difesa sia una utopia non realizzabile
mai finchè una sola mente dirigerà i movimenti
processuali; perchè inale si presta la natura umana
alla combinazione di una attività diretta a due inten
dimenti che sono in antagonismo fra loro. E questo
concetto verrò illustrando nel seguito del mio di
scorso ( cap. 10 ) ove sottoporrò ad esame critico le
obiezioni dei conservatori . Salvo dunque lo spingere
più o meno avanti i desiderii nostri , siamo concordi
con i novatori nel volere modificazioni e riforme.
Il desiderio nostro ha un punto comune, un pensiero
cardinale che informa tutte le sue varie estrinseca
zioni : il pensiero cioè che la giustizia sociale non
dimentichi per mesi ed anni il sacro diritto della
difesa che assiste l'inquisito ; e non aspetti a ri
cordarsene quando quell'infelice ha già sofferto
terribili patimenti nella solitudine della prigione, o
quando si è già demoralizzato nel consorzio di scel
lerati ; o quando il tempo ha distrutto o paralizzato
i mezzi defensionali; oppure quando ha chiuso le
vie per inseguire il vero colpevole, il quale messo
all'ombra dei fatalissimi equivoci della inquisizione
segreta viene troppo tardi rivelato dalla troppo tarda
difesa. Può disputarsi sul modo della sua estrinse
cazione, ma che il pensiero cardinale di coloro che
io denomino novatori nell'argomento della proce
dura scritta sia santo e giusto, non si potrà a lungo
e seriamente impugnare. Diciamo la parola nel modo
più semplice e franco. Ormai il progresso civile ha
167
riconosciuto come santo ed irrecusabile il diritto al
dualismo nel processo inquisitorio. Su questo punto
la civiltà ha guadagnato la lite. Tutti oggi ammet
tono ( se non in cuore almeno sul labbro ) che il
processo preparatorio debba farsi convergente al
duplice intento della accusa e della difesa . Il dua
lismo ha dunque guadagnato la battaglia ; e dissi
bene quando dissi che disputa teorica non esiste
va più.
La disputa è tutta ridotta sul terreno pratico.
Il dualismo della inquisizione, che è una necessità
di giustizia, si può egli raggiungere consegnando
il processo alla piena balia di un solo Magistrato
quesitore ? Ciò si credette un tempo : ma la espe
rienza fruttò disinganni, e la utopia delle due fun
zioni affidate ad un solo uomo perdette di credito.
Sottentrò allora il concetto di distribuire in due
persone distinte le missioni opposte di vegliare per
l'accusa e di vegliare per la difesa, e si disse che
al tutto provvedeva la dualità personale del giudice
istrattore e del Pubblico Ministero. Qui però vi fu
ambage e perplessità nello stesso concetto radicale:
perchè talvolta si pensò che lo inquisitore (proce
dente in senso di accusa ) dovesse avere un freno
per parte del Pabblico Ministero rappresentante della
legge, e così della difesa : e questo fu il concetto
Toscano. Laddove altra volta con un rovescio di carte
si è venuto a dire che il processo di accusa si spinge
innanzi dal Pubblico Ministero, e che il freno dello
accusatore sta in mano del Giudice istruttore, che è
magistrato imparziale ed indipendente. La discordia
è dunque nel campo nemico, ed è buono augurio
per noi .
168 -

Ma noi non possiamo chiamarci tranquilli in faccia


a questa altalena ; ed a non farci tranquilli concorre
Ta esperienza di tutti i giorni. Laonde pigliamo atto
delle concessioni dei conservatori , e diciamo loro
che se lealmente riconoscono la giustizia del dua
lismo nel processo preparatorio, devono consegnarne
la realizzazione ad un dualismo vero e non appa
l'ente. Il processo di accusa deve avere un rappre
sentante speciale ed una genesi tutta sua propria :
ma altro rappresentante pure speciale e procedente
da una genesi tutta diversa deve avere il processo
a difesa. Ecco la parola che riassume il nostro con
cetto ed il nucleo della presente questione . Avvi chi
crede che il vizio generatore degli inconvenienti che
ci rattristano derivi dal codice di procedura ; e possa
portarvisi riparo senza toccare l'ordinamento giu
diciario. Altri non si appagano di questa concessione,
e cercano il rimedio nella ricostruzione radicale dello
ordinamento giudiciario, la quale di necessità tragge
seco la ruina di quell'edifizio gotico che è il nostro
attuale codice di procedura. Altri finalmente ( con .
servatori a tutta oltranza ) non vogliono si tocchi un
atomo, nè si muti la più piccola pietra dello edifizio
presente ; e costoro sono forse più logici, perchè
anche le cose più brutte possono aspirare al pregio
della simmetria ; e la simmetria si guasta se un
reggimento pessimo si rattoppa col mettervi qualche
cosa di buono.
Questo ( se per la cortezza del mio intelletto non
mi illudo ) riassume lo stato delle più prominenti
opinioni sulla palpitante controversia della quale ho
voluto tessere la storia .
- 169

CA P. IX .

I Conservatori .
Concedasi che i novatori non abbiano grande ap
poggio dalla storia : ciò poco monta, perchè nella
storia si devono studiare gli umani errori per evi
tarli e non per pigliarne coraggio a farsene imita
tori. Guai alla povera umanità se un diritto dovesse
perdere ogni speranza del proprio riconoscimento
per la sola ragione che una diecina di secoli lo
avessero calpestato ! Certo è però che essi hanno
solido fondamento nei precetti della legge naturale
quando insistono perchè sia mantenuta anche du
rante il processo scritto eguaglianza perfetta fra lo
accusatore ( o l' inquisitore che è suo strumento ) e
l'accusato anche durante la procedura scritta : egua
glianza, che conduce alla libera comunicazione, alla
libera difesa, ed al libero patronato anche durante
questo periodo. E certo è pure che essi hanno un
solido fondamento quando sulla scorta dei fatti im
pugnano che il dualismo razionale dell'accusa e
della difesa, abbia neppure una ombra di verità nel
dualismo apparente e prestigioso che vuolsi trovare
ormai costruito sopra questi due ufficiali, Pubblico
Ministero e Giudice istruttore. Ciò basta perchè la
loro tesi offra una serietà imponente, nè possa ri
cacciarsi alla lesta fra i voli di fantasie giovanili.
Già sopra ho accennato che i conservatori non
osano ( nè seriamente lo potrebbero ) attaccare que
sta tesi nella razionalità del suo cardine ; ma ricor
rono ad obiezioni empiriche ; e specialmente con
trappongono al diritto dell'imputato la collisione di
170
quello col diritto che hanno i consociati ad ottenere
la scoperta del reato e la punizione del colpevole.
In sostanza essi contrappongono tutela giurica a
tutela giuridica. Il diritto dello individuo innocente
( essi dicono ) deve tutelarsi finchè lo permette la
tutela dei diritti dei consociati che è prevalente.
Questa collisione ( soggiungono ) è inevitabile se si
accorda allo imputato la balia di figurare come parte
nel procedimento scritto. Dunque ciò non può am
mettersi. E tanto meno si deve ammettere perchè
alla tutela giuridica dello individuo imputato prov
veggono bastantemente gli ordini veglianti mercè
il dualismo del Pubblico Ministero e del Giudice
istruttore , il quale ( asseriscono essi ) è magistra
to indipendente .
Questo sistema di replica scindesi dunque natu
ralmente in due concetti 1.º alla tutela giuridica
dell'imputato bastano i provvedimenti attuali
2.0 concedere provvedimenti ulteriori metterebbe ad
inevitabile repentaglio la tutela giuridica dei con
sociati, e distruggerebbe ogni speranza di pubbli
ca sicurezza.
In queste due proposizioni si concentra tutto l'ar
mamentario degli oppositori di ogni riforma. Io
ne raccolgo la formula dall' ultimo discorso del
Cesarini , che è il più ragionevole e il più
moderato fra gli oppositori. Queste due proposizio
ni vogliono dunque essere partitamente esaminate
e discusse.
Nel presente e nel seguente capitolo esaminerò
la prima proposizione. Quello che siavi di vero o
di meno vero nella seconda proposizione formerà
argomento del cap. 11 .
171
egli vero che i provvedimenti attuali sieno suf
ficienti alla tutela giuridica dell'imputato ? Volesse
Iddio che lo fossero : ma se fuvvi mai utopia nel
mondo questa è la più fantastica fra le utopie.
Lo afferma il Cesarini ; e lo afferma in pie
nissima buona fede;;; e lo affermarlo forma il più bel
lo elogio dell'anima sua ( 1 ) . Ma il Cesarini ha
nel suo uffizio uno specchio : contempla in quello la
propria figura, e cade nella illusione che tutti i Pro
curatori del Re somiglino a lui ; e che tutti al pari
di lui siano dotti , siano umani, siano leali, siano su
periori ad ogni passione, ed alle azioni loro piglino
per sola guida lo amore della giustizia ; e siano
scevri dalla più terribile fra le passioni che possono
perturbare la mente di un ufficiale giudiciario, vo
glio dire l'ambizione di distinguersi e correre in
nanzi agli altri con un eccesso di zelo . Egli si im
magina che tutti rispettino la indipendenza dei giu
dici istruttori e della loro coscienza, e che anche i
giudici istruttori siano esenti da pericolose passioni .
In tale preconcetto è ben naturale che egli trovi
sufficienti alla tutela giuridica dell'imputato le com
binate potestà di quei due pubblici ufficiali.
Ma mi permetta lo illustre giureconsulto che io
contrapponga alla sua entusiastica affermazione, il
giudizio e la esperienza di tutti coloro che per con
durre la vita nelle palestre forensi sono in grado
meglio di lui di conoscere la realtà dei fatti ; e di
apprendere dai contatti e dagli attriti con gli uo
mini a non confondere ciò che dovrebbe essere con

(1 ) Sommo indizio di bontà è il credere buoni gli allri:


Giuseppe Giusti Proverbii .
172

ciò che pur troppo avviene. E tutti gli risponderanno


di avere incontrato nelle loro pratiche Procuratori
del Re appassionati peggio dei difensori, e di avere
incontrato giudici istruttori mestieranti e feroci
quanto poteva esserlo Torquemada. Non mi con
viene noverare fatti e scendere a specialità odiose.
Disgraziatamente la negazione della fiducia di Ce .
sarini è troppo notoria in Italia ; troppi sono i
processi che ne fanno documento irrecusabile . E se
cosi non fosse non saprebbe spiegarsi questo movi
mento universale di tutti i giuristi che vivono alla
pratica, i quali alzano concordi un grido per chie
dere una tutela migliore ai diritti dello imputato.
E come posso io dividere col Cesarini la sua
giovanile e generosa fiducia, quando 43 anni di pra
tica forense mi hanno pur troppo mostrato che in
punto di imparzialità nei Procuratori del Re e nei
Giudici istruttori siamo andati sempre di male in
peggio ? Per ricondurmi in questo stato di buona
fede bisognerebbe che io potessi restituire la mia
mente ai vapori della scuola, e offuscare con quelli
le traccie di una lunga e dolorosa esperienza. Ma,
ahimè ! quelle traccie sono indelebili, e quando nol
fossero verrebbero nuovi fatti giornalieri a renderne
il solco viepiù profondo. Non mi conviene entrare
in particolari, ma lo stato delle cose è pur troppo
la giornaliera confutazione dei sogni dorati del C e
sarini . Non già che il male, per quanto vadasi
ogni giorno dilatando, raggiunga per ora una mag
gioranza terribile. Non facciamo questione di pro
porzioni o crescenti o decrescenti . Perchè agli onesti
cittadini non possa imporsi di dormire tranquilli
nella fiducia della supposta imparzialità dei Procu
173

ratori del Re e dei Giudici istruttori, basta che la


medesima manchi in uno su dieci processi . Basta
ciò perchè si abbia ragione di chiedere da altre
forme una guarentigia più solida : basta ciò perchè
si abbia ragione di dire, noi vogliamo essere pro
tetti dalla legge, e non dalla speranza che i pubblici
ufficiali siato tutti onesti e spassionati . Si fa forse
questione di maggioranza nel giure penale ? Mai no,
perchè se si procedesse con siffatto criterio dovreb
bero bruciarsi i codici penali. La maggioranza (e
lode al cielo maggioranza notevole ) è quella degli
onesti ; rare eccezioni i colpevoli : e malgrado ciò si
stadiano provvedimenti frenativi dei colpevoli quan
tunque il loro numero sia comparativamente minore.
Dicasi pur lo stesso dello ideale del Cesarini ;
sia pure che questo suo ideale del Procuratore del
Re spassionato e del Giudice istruttore coscenzioso
ed indipendente si estrinsechi in una maggioranza .
Ma che perciò ? Ammesso pure anche questo per
non essere tacciati di esagerazioni, non abbiamo noi
il diritto di essere protetti contro una minoranza o
ignorante o fanatica, o atrabiliare o ambiziosa ; che
quantunque minoranza è pur sempre troppa quan
do ha potenza a sacrificare parecchie centinaia di
galantuomini ?
Siamo franchi e leali da ambo le parti . Io mi stac
cherò dai più avanzati e dai più entusiastici fra gli
amici miei ; e concederò agli oppositori che la piena
e sfrenata libertà largita ad un avvocato qualunque
di rovistare nel processo scritto, e sindacare le ope
razioni dell'istruttore con un antagonismo che può
alla sua volta divenire sistematico, sarebbe fonte di
pericoli per la tutela giuridica dei consociati . Volete
174

di più ? Vi concorderò che in tanto numero di av


vocati ve ne possano essere alcuni i quali , o per ve
nalità o per l'ambizione di una falsa gloria , non
esiterebbero ad immolare la verità e la giustizia
allo interesse della parte che da loro si sostiene ; e
che si presterebbero a riprovevoli artifizi per sot
trarre alla meritata pena il più enorme colpevole .
Io non voglio imitare l'ottimo Cesarini ; io non
voglio mettermi davanti allo specchio, ed imprestare
a tutti indistintamente i miei colleghi presenti e fu
turi quella lealtà e quello affetto per il vero che
sento in me, e che indubitatamente esiste nella mag
gioranza dei miei colleghi .
Ma voi dal canto vostro dovete essere ugualmente
franchi e leali , e dovete concordare che fra i Pro
curatori del Re e Giudici istruttori debbono esservi
( e vi sono pur troppo ) uomini appassionati per il
trionfo delle loro preconcette opinioni : appassionati
quanto i più pervertiti patroni e forse più. Vi sono,
e i fatti lo mostrano ogni giorno. Vi debbono essere,
e per ragione generale dovunque, e per ragioni
speciali in Italia. Per ragioni speciali in Italia, per
chè il nuovo governo ha dovuto per uno spirito di
conciliazione e di economia usufruire i vecchi ferri
delle polizie ducali, granducali, borboniche, papaline
ed imperiali ; e il lupo può cangiar pelo non anima .
Vi debbono essere, perchè il sistema stesso del
l'odierno giudizio penale ha in sè questo inconve
niente di eccitare le passioni, per la solennità del
pubblico giudizio e per i soverchi sfoggi di eloquen
za e di arte oratoria che la natura italiana ha intruso
nei medesimi. Questo porta l'effetto inevitabile che
la condanna di un accusato divenga questione di
175

amor proprio e non più questione di verità e di


giustizia : porta alla conseguenza che lo scorno di un
processo fracassato al cospetto del pubblico perchè
mal fatto ecciti la bile dello inquisitore; e che lo scor
no di un'accusa rintuzzata ed infranta sotto i mot
teggi del patrono con un verdetto negativo ecciti la
bile dello accusatore. Questa bile che più non può
sfogarsi sopra l'innocente ormai assoluto è una bot
tiglia di Leyden pronta a scaricare il suo fulmine
sul primo disgraziato che casca sotto allo inquisitore
od allo accusatore. E sapete con qual formula si
manifesta cotesta bile ? La formula è questa ( ed io
la udii con i propri orecchi e fremetti) bisogna che
io abbia la mia rivincita. È dunque il teatro della
giustizia un'arena di gladiatori. È un pugilato dove
si combatte per vincere ad ogni costo ; e in questo
pugilato, senza tener conto delle vedute di premi che
possono accendere l'animo da un lato, e delle vedute
di promozioni, di onorificenze che possono accendere
gli animi dell'altro lato, basta la considerazione del
solo amor proprio perchè io mi tenga certo che an
che quell'ufficiale il quale esordi le sue funzioni
con le migliori e con le più pure intenzioni del mon
do, diverrà poco a poco passionato e crudele, e smar
rirà l'obiettivo del giusto e del vero. E come vuolsi
sperare si mantengano disappassionati questi pab
blici ufficiali quando in premio di una condanna
procacciata in un processo che interessava alle au
torità dello Stato io vidi piovere le decorazioni per
opera cieca del nostro governo sul petto dei testi
moni, dei Procuratori del Re, degli inquisitori, e
persino ( horresco referens) dei Magistrati giudi
canti ? È questa la via che deve calcarsi da un
176

governo che sinceramente voglia nella Magistratura


il vitale requisito della imparzialità ?
Non è soltanto con imporre un giudicato mediante
espresso comando ; non è soltanto col condannare
( alla guisa di Caracalla ) ad una pena gli uomini
che obbediscono più alla loro coscienza che non ai
desiderii del Governo ; non è soltanto con questi
mezzi volgari ed antiquati che si oblitera nella Ma
gistratura il sentimento della propria indipendenza.
Più insidiosa, più velenosa, ma ancora più fatale è
la via delle onorificenze e dei premi conferiti a chi
sa opportunamente servire nell' amministrazione
della giustizia le brame dei governanti. Più fatale
ho detto, perchè più sicura di raggiungere il fune
stissimo risultamento di una corruzione ruinosa, è
la via che preferisce la tirannide in guanti gialli
dei tempi cosi detti civili . La efficacia delle blandizie
è più energica che non sia quella della forza , per
la ragione che questa trova ostacolo nelle ambizioni
personali , laddove quella si fa puntello e leva ad
ottenere il suo scopo delle stesse personali ambi
zioni . Anche la donna meno onesta resiste per orgo
glio personale ad una aggressione violenta ; mentre
anche la donna onesta poco a poco si arrende alla
seduzione delle lusinghe. Tale è la umana natura ;
la violenza eccita la reazione ; le blandizie presto o
tardi pervertono i cuori come il fascino della ma
liarda. Un giovine generoso brutalmente minacciato
della sorte di un Papiniano troverà nel suo amor
proprio la forza per affrontare anche la morte al
servigio della giustizia, perchè dietro a quest'atto di
dovere egli scorge l'aurèola della gloria, e trasmette
il suo nome alle più remote posterità. Ma quella
177

ch
NU stessa passione nello animo dello identico giovine
genera il tedio di una vita oscura e dimenticata ; il
nela tedio di una umile posizione ; e quanto più forte è
in lui la coscienza del proprio ingegno tanto più la
i intolleranza del presente dispregio lo rende facile a
transigere intorno ai mezzi che i tempi impongono
affinchè il suo nome brilli di quello splendore che
credesi meritato. Si troverà spesso chi resiste alle
ella di
minacce, perchè troppo bella è la gloria del martirio :
ma facilmente le blandizie ecciteranno una servile
passività , perchè non vi è gloria brillante nel mante
nersi un nome senza titoli e senza decorazioni ; o nel
restare immobile senza promozioni confuso fra i più
u
inetti colleghi . Questa osservazione io raccolgo dagli
scritti di un Magistrato ottuagenario che fu splendore
IROS
dell'ufficio del Pubblico Ministero, e che in fronte
agli aurei volumi da lui pubblicati ha fregiato il suo
-lan2
nome col ricordo delle persecuzioni patite, conside
randole come più luminose delle croci e dei titoli .
JULI

La justice ne peut être veritablement indépendante


que lorsqu'elle est à l'abri des ambitions et des
mauvaises passions qui l anéantissent.Borely de
la justice et des juges vol. 2 , pag. 454, Paris 1871 .
22
Lascio dunque il Cesarini bearsi nella sua fi
des
ducia degli ordini veglianti . Ma se gli Avvocati sono
uomini, si convenga che sono uomini anche i Magi
strati accusanti e inquirenti. E quando trattasi di tu
telare l'innocente si riconosca il bisogno di una tutela
più costante che non sia quella che porge la supposta
imparzialità dell'accusatore e dello inquisitore ( 1 ).
(1 ) Les défenseurs du Code ont à cet égard des ma
gnifiques et faciles théories : l'instruction , disent ils, doit
VOL . IV . 12
178

Non può dunque, a respingere il desiderio di una


riforma, tenersi conto alcuno di questa prima ris
posta. Tanto varrebbe che allo ammalato languente
per febbre il medico rispondesse per tutta cara che
egli è sanissimo. Noi vediamo tutti i giorni gettarsi
in carcere otto o dieci individai per un delitto il
quale è certo essersi commesso da un solo o da
due : noi vediamo ogni di sostenersi in carcere per
mesi ed anni un numero strabocchevole di infelici
che poscia finiscono con lo essere riconosciuti inno
centi : noi vediamo ogni di costruirsi smisurati pro
cessi, che poi finiscono con la dichiarazione che non
esisteva il materiale del supposto delitto : noi ve
diamo lievi delitti tramutarsi in gravi misfatti, e
cosi soggettarsene gli autori a lunga prigionia, men
tre poi dileguate le esagerazioni il misfatto si riduce
nel giudizio definitivo alle più meschine proporzioni,
e si riconosce meritevole di castigo lievissimo. E in
faccia a questi giornalieri esempi , che opprimono
tanti infelici e che cagionano disturbo e rovina a
tante famiglie, voi pretendete che si accettino come
buoni gli ordini veglianti , e che si creda bastevole
alla tutela dello imputato la imparzialità dei Pro
curatori del Re e degli inquisitori ? Questo è un
se faire AUTANT A DÉCHARGE QU'A CHARGE. Le juge constatera
les faits SANS PARTI PRIS . Mais il n'y a rien de plus trom
peur que ces dissertations idéales, et elles ont pour vice
essentiel de méconnaitre et de voiler complètement la réa
lité des choses ; c'est- à -dire l écrasement de l'accusé par
la justice sociale. Così Prins et Pergameni ( réforme
de l'instruction préparatoire pag. 81 et 82 ) e così deve
dire chiunque vive alla pratica e giudica in parzialmente i
procedimenti attuali .
179 -

troppo pretendere, perchè è un pretendere che vo


lontariamente ci rendiamo ciechi per omaggio alle
vostre assertive. A demolirne la base ed a togliere
loro ogni valore ( prescindendo da ogni privata espe
rienza) basta ormai una volta per sempre la statistica
ufficiale del 1869. Lo ha detto Conforti : e ci basti .
Torna a proposito un' altra osservazione dello
illustre Borely ( l. c . pag. 451 ) En France ( egli
dice ), plus qu'ailleurs peut être, c'est seulement
par l'EVIDENCE et par la répétition des abus qu'on
en vient à comprendre la nécessité des réformes.
Questo fatto doloroso ha esso pure la sua radice
nell'orgoglio degli uomini che stanno al potere ; e
nella loro ambizione alla infallibilità : avvegnachè
troppo bene comprendano che ogni riforma ha per
suo necessario contenuto la confessione di errori
precedentemente commessi .
Ma se questa cieca ostinazione e tenacità siste
matica è un vizio della Francia per l'attestazione
del più coscienzioso fra i suoi Magistrati , non do
vrebbe tollerarsi che il medesimo si incarnasse nei
costumi dell'Italia libera . Dove peraltro fosse anche
questo un effetto della fratellanza latina, la deside
rata evidenza, e la ripetizione degli abusi ( vale a
dire la multiplicazione delle vittime) desiderata pri
ma di comprendere il bisogno di una riforma, non
mancherebbe davvero fra noi. La voce della ragione
può essere soffocata dalla idolatria della abitudine:
ma i fatti ingiusti non possono convertirsi in abi
tudine : e la voce eloquente dei medesimi non si
può soffocare da uno spirito di partito.
Il male negli ordini veglianti vi è. La prova di
ciò emerge dai documenti officiali e dalla espe
180
rienza di venti milioni di cittadini . La prima foggia
di replica alla tesi dei novatori è dunque priva di
base ; e tutto lo studio e tutte le meditazioni dei
pubblicisti italiani debbono concentrarsi sulla se
conda replica .
CA P. X.

Du a li sт о.

La prima replica che i conservatori oppongono


ad una radicale riforma del procedimento scritto
è assolutamente illusoria. In faccia alla logica ine
sorabile dei numeri, che mostra una strabocchevole
quantità di vittime innocenti del presente sistema,
è vanità rispondere che gli attuali provvedimenti
sono sufficienti a tutelare la innocenza . Ad essere
esatti non trattasi di pericoli temuti, ma di danni
verificati, continui , spaventevoli; e che per necessità
dureranno finchè si mantiene il presente metodo in
quisitorio col brutto corredo che lo circonda : nè i
fatli positivi si possono combattere con una spe
ranza, perchè quello che è non si distrugge col solo
rispondere speriamo che non sia.
Bensi gravissima e seria è la seconda risposta
che si desame dai pericoli sovrastanti alla tutela
giuridica dei consociati per le male arti di certi
patroni ai quali potrebbe esser facile procacciare la
impunità dei più grandi scellerati, e rompere le fila
della istruzione scritta se questa non fosse serbata
nel più profondo segreto . Questo pericolo io non me
lo sono nascosto, perchè ho già dichiarato che se vi
possono essere pubblici ufficiali mestieranti i quali
volgano le potestà loro a danno della innocenza , vi
possono essere altresì avvocati mestieranti i quali
181
userebbero delle potestà loro concesse ad impedire
ógni movimento della punitrice giustizia. Queste mie
dichiarazioni spiaceranno forse ad alcuno ; ma se di
spiace la mia franca parola non se la prendano
meco . Essere spiacevole è spesso la sorte della ve
rità, la quale ( per un fenomeno singolare ) quan
tunque femmina avvenentissima e degna di adora
zione, pure incontra antipatie più spesso che simpa
tie. Il conflitto dei danni del presente e dei pericoli
di un mutamento esiste pur troppo : e sebbene il
Lucchini nel suo ultimo scritto ( 1 ) abbia imitato
i conservatori combattendo egli pure gli opposti pe
ricoli con la speranza che i pericoli non siano ; io
non mi sento tranquillo su questo modo di replica.
È ben vero che Lucchini è meno illogico dei
conservatori intransigenti, perchè egli la speranza
che i pericoli non siano contrappone alle mere pre
visioni dei pericoli ; laddove i conservatori preten
dono contrapporre la speranza ai fatti verificati;
ma pure io non mi sento tranquillo su questa ris
posta. Nè mi tranquillizza lo esempio di altri paesi .
Su questo pericolo non può istituirsi un calcolo
che proceda su criterio assoluto. Molto dipende dalla
moralità delle Curie : le quali non potranno essere
mai completamente morali dove subiscano pressioni
governative. La schiavitù demoralizza l' uomo : è
quanto più le Curie si vorranno soggette alle au
torità governative ed ai Procuratori del Re tanto
più si farà depresso in loro il sentimento della pro

(1 ) Lucchini L. Pubblicità, oralità , e contradittorio


nella istruttoria del processo penale -
Appunti criti
ci erona tip. Dal Ben 1873.
182

pria dignità, che è nell' uomo la molla più potente


a respingere ogni tentazione viziosa ; tanto più sor
gerà negli esercenti lo spirito di antipatia e di rea
zione contro gli organi del potere esecutivo : e di
qui il desiderio di vendicare oppressioni personal
mente inferite dal rappresentante dell'accusa con
ingannarla e deluderla a beneficio di un cliente,
perchè l' amore della giustizia si scorda nell' odio
verso la soverchia potenza di chi la serve. Si capisca
una volta che non è paradossale la sentenza di chi
scrisse che ai mali della libertà il più sicuro rime
dio è la libertà. Il calcolo dunque dei pericoli dei
quali ragiono è tutto relativo. In faccia a certe Curie
ordinate con le tradizioni dispotiche, e dove non si
è capito ancora che la Curia deve essere sindacata
dalla Curia : in faccia a certe Camere di disciplina
che hanno poteri limitati e meschini ( ed io posso
citarne ad esempio una che avendo tempo addietro
per brutte cose deliberato la sospensione di un av
vocato per un anno la vide ristretta ad un mese
per un superiore decreto amministrativo ) e che
non si sentono investite esclusivamente dell' alta
missione di conservare il decoro dell'ordine ( 1 ) ;
(1 ) Non credasi già che io intenda propugnare privilegi
ed esenzioni a favore degli avvocati in faccia alle leggi co
muni . Non s'imprestino a me esagerazioni che mai trova
rono accoglienza nell'animo mio . Gli avvocali (come tutti gli
altri ciltadini) devono essere sottomessi alla azione penale ed
alle criminali persecuzioni ( e forse più presto che gli altri
cittadioi ) e conseguentemente sono sottoposti alla mano del
Procuratore del Re quando commettono azioni deliltuose .
Privilegi per nessuno . Ma ciò che nel mio modo di vedere
avvilisce la dignità della Curia , si è che al Procuratore del
183

potrà bene la rilasciatezza da un lato e la sover


chia pressione dall'altro lato far nascere avvocati
che piglino a loro bandiera la lotta sistematica con
tro la giustizia. Ed ivi saranno i pericoli che io ri
conosco e confesso fra noi . Ma la storia ci mostra
che non è dappertutto cosi. Laonde non bisogna af
frettarsi a screditare il completo sistema della pub
blicità come impossibile. Bisogna invece dilazionarne
la attuazione completa al complemento di una più
liberale e più nobile ricostituzione della Curia.

Re si accordino poteri disciplinari sopra gli esercenti la


professione. Nell'esercizio di tali poteri io penso che do
vrebbe essere autonoma la Camera , salvo sempre il diritto
dell'avvocato offeso di invocare il giudizio dei Tribunali
quando trovasse ingiustamente lesi i propri diritti . Per me
glio spiegare il concetto mio parrerò un fatto recente , e che
io credo inqualificabile. Un Procuratore del Re sospetto che
un patrono avesse sercitato influenze riprovevoli sopra al
cuni testimoni a difesa . Quell' ufficiale fece benissimo ad oc
cuparsene ; e finchè avesse ordinato un processo criminale ;
ed anche avesse chiesto lo invio del patrono a giudizio sotto
l'accusa di tentata subornazione , niente sarebbe stato da
osservare ; ma poichè , a quanto parve, nulla si assodò di
quanto si sospettava , il Pubblico Ministero si limitò ad ordi
nare al Presidente della Camera di disciplina che chiamasse
a sè l'avvocato sospelto ed a lui intimasse di dimettersi
dalla difesa di quella causa . Questa intimazione fu comuni
cata privatamente dal Presidente allo avvocato senza che la
Camera vi prendesse parte od assumesse alcuna informazione
in proposito . Simile fatto parini che non abbisogni di com
menti . Io non lo guardo pel punto di vista dei diritti dello
avvocalo. Lo guardo principalmenle nel punto di vista della
dignità della Camera e del suo Presidente convertito in uno
esecutore passivo dei decreti del Pubblico Ministero.
184

Questa osservazione spiega parecchi fatti contem


poranei: e spiega al tempo stesso perchè certe leggi
non possano essere cosmopolite. Vi sono ordini che
quantunque tirannici possono essere necessarii alla
Francia per i costumi di quella gente . Vi sono or
dini che quantunque eccessivamente liberali possono
essere buoni alla Germania, e non esserlo (per ora)
ugualmente alla Italia .
Il codice di Brunswich ai ss. 7 e 8 , ammette la
pubblicità senza limiti ed il contradittorio completo
dello imputato e del suo patrono a tutte le opera
zioni della inquisizione. Il progetto del nuovo codi
ce di procedura dello Impero Tedesco ai SS . 154
e 155 ammette il contradittorio del difensore ai
soli esami dei testimoni ; ma vuole si mantenga il
segreto negli interrogatori dello imputato, e che
questi li subisca a solo e senza assistenza di pa
trono. Il codice di Brunswich dà piena libertà al
detenuto di conferire senza vigilanza col patrono
che si è eletto. Il progetto dello Impero Germanico
al contrario al S. 127 autorizza lo inquisitore ( quan
do a lui piaccia ) ad ordinare che a tali colloqui as
sista un impiegato del Tribunale. Sono queste le
differenziali per le quali il nuovo progetto Germa
nico ha incontrato acerbe censure da Bar ( Pro
ſessore a Breslavia ) nella sua Critica ai principii
del progetto di procedura penale dello Impero Tede
sco del gennaio 1873 (Berlino 1873) della quale pia
cemi riprodurre quanto si legge a pag. 26 --- ivi -
La nostra legislazione si è uniformata al concetto
che senza un ceto di avvocati animati da retto
spirito non si può pensare allo incremento della
amministrazione della giustizia. Essa ha energica
183

inente provveduto a ciò. Ed ha avuto la sodisfa


zione di non avere inutilmente collocate le proprie
speranze. Ciò che 30 o 40 anni fa non era raro ;
oggi è divenuto impossibile; e la Camera degli av
vocati, quando un avvocato dimenticando la propria
missione tradisce la fiducia in lui riposta e cambia
in un illegale ausilio della colpa la difesa legale
della innocenza, non tollera che il nome di un tal
uomo figuri più a lungo fra i suoi membri. Par
tendo da questo stato di cose Bar si oppone viril
mente a qualunque restrizione della libera difesa
durante il procedimento preparatorio, riconducendo
la sua tesi sotto i principii fondamentali del diritto
con le seguenti parole ivi Se la istruzione
contro l' accusato è diretta dalla parte maggior
mente versata nel diritto, è giusto che anche a lui
non manchi una legale assistenza . E se allo accu
sato stesso il carcere di custodia, mentre non do
vrebbe fare altro che impedire la fuga, toglie la li
bertà di difendersi, non deve egli supplirsi collas
sistenza del difensore ?
Queste condizioni della Curia Tedesca cacciarono
via in Germania quei timori che oggi in Italia osteg
giano ogniriforma. Così anche Wahllberg (Con
sigliere di Appello ) nel suo opuscolo che ha per
titolo -- Critica di un progetto del codice di proce
dura penale per lo Impero Germanico (Vienna 1873)
potè esprimere il desiderio della pubblicità. E questa
si è potuta propugnare virilmente da Seuffert
nel suo opuscolo intitolato Del Giuri e degli Scabini,
Monaco 1873 ; e propugnarsi non come tentativo
affidato a sole previsioni e speranze, ma come fatto
ormai consumato nel Brunswich, e coronato dalla
186

più felice esperienza. Ciò egli narra nei seguenti


termini a pag. 49 e 54 ivi È sempre lo antico
processo di inquisiz ione che dalla scuola porta il
disordine nella testa di molti giuristi, e fa apparire
loro il difensore come l' uomo malvagio , che con i
raggiri e i cavilli distrugge lo scopo della inquisi
zione . Qualche giovane difensore, qualche vecchia
rabula può dar ragione a questo pregiudizio. Ma
il danno che qualche volta è stato cagionato dal
disturbo prodotto nella istruzione, non merita consi
derazione di fronte alla ingiustizia che si commet .
te col rifiutare un difensore durante la istruzione
preliminare. Con la riforma della istruzione preli
minare nel senso indicato la procedura davanti ai
Tribunali giudicanti sarebbe semplicizzata ed age
volata , giacchè la istruzione preliminare odierna
non di rado costituisce una incompleta e parziale
immagine dello andamento del fatto , la cui revisione
nei casi più favorevoli, avviluppa e ritarda il dibat
timento, mentre nei casi peggiori non lascia luogo
a riparo. E poi, ricordando i risultati della espe
rienza , cosi conclude -- ivi - Il Tribunale superiore
di Guelferbito ( Wolfenbüttel ) invitato ad esprime
re la sua opinione sui ss. 7 e 8,> in un voto ben
motivato ee colla approvazione del Governo di Brun
swich, dichiarava che questi diritti accordati al
ľ accusato nella istruzione preliminare ( e nel dibat
timento ) avevano fatto assolutamente buona prova ,
ed invocava disposizioni simili nel codice dello Im
pero Tedesco, essendo queste atte a dare al processo
penale, il carattere di un vero procedimento giu
diziale . Verrà anco nel resto della Germania , il
tempo nel quale si accoglierà il sistema del Brun
187

swich ; e allora della legge attuale si penserà ciò


che oggi si pensa della tortura.
È dunque dallo stato della Curia e dalla moralità
degli esercenti il patronato che dipende la giusta
apprezzazione dei pericoli che possono sorgere da
una immediata e completa libertà di difesa . Ciò che
non ha eccitato timori e non ha cagionato danni in
Germania , potrà lasciarci ugualmente tranquilli in
Italia ? Ecco il dubbio . A me, Presidente a vita di
una Camera di disciplina, apparve grave cotesto
dubbio. E grave mi apparve non per disistima che
io mi abbia della moralità dei nostri giovani patroni ;
ma perchè io ho ferma opinione che la disonestà
vada in ragione diretta della servitù ; e perchè dif
fido dello influsso che può esercitare sui giovani
spiriti la soverchia pressione della autorità gover
nativa eccitatrice inevitabile di reazioni ; e perchè
poco confido nelle troppo meschine potestà delle
Camere di disciplina. Oltre a ciò in grande esitanza
mi condussero i partiti politici così vivaci in Italia.
E il pensare che nei processi colorati da una pas
sione politica, lo spirito di parte, che facilmente può
indurre i giudicanti a tradire la giustizia, ed i te
stimoni a tradire la verità, possa condurre i patroni
a tradire la lealtà del nobile ufficio, loro. Ecco i miei
dubbi : dubbi e nulla più . Ma che perciò ? Se vi sa
rebbero pericoli gravissimi nella completa accoglien
za della tesi dei novatori, ne consegue egli forse che
debbano perpetuamente portarsi in pace i danni
gravissimi del presente sistema ? È questa la con
seguenza alla quale corrono precipitosi i conser
vatori intransingenti con la seconda loro risposta
allorquando pel timore dei pericoli di un rinnuova
188

mento completo si affrettano a proclamare la neces


sità di nulla mutare nello scritto procedimento.
Simili in questo a certi politici italiani di nuovo
conio che mi vengono gridando all'orecchio essere
inevitabile tornare al fuoco del santo uffizio per
evitare il fuoco del petrolio :
E fur creduti dalla buona gente
Sostegno della Italia rinascente !
Ma siffatta conseguenza non è legittima, appunto
perchè è troppo precipitosa. La presenza dei danni
da un lato rende doverosa e necessaria una riforma:
e questo è irrecusabile : ma se un modo di riforma
proposto offre alla sua volta dei pericoli, questa é
buona ragione per esaminare la proposta, non per
rigettarla alla lesta : e buona ragione è per modi
ficare il concetto troppo assoluto della proposta ri
forma: e buona ragione per portare severo studio
sulle cautele le quali valgano ad eliminare quei
pericoli o rimpiccolirne la gravità . È dunque buona
ragione perchè lo studio dei pubblicisti si volga,
come ho già detto, sui modi; accettato però come
postulato la conclusione opposta, quella cioè che non
debba più a lungo tollerarsi un sistema di inquisi
zione che si è mostrato così barbaramente dannoso.
Altrimenti vi è tutta probabilità che la tesi dei nova
tori ne guadagni terreno illimitata come ella è, per
chè alla lunga l'uomo si stanca di sopportare un dan
no continuamente sentito, e se ne vuole sottrarre an
che a risico di incontrare qualche pericolo, preferendo
il pericolo incerto al male certo che lo disturba.
Ora giunti a questa conclusione il nostro studio
si trova innanzi un dilemma . Al fine che tutti i buo
189

ni giuristi italiani devono agognare, è desso miglior


partito avviarsi con una radicale riforma dell'ordi
namento giudiciario ? Questo è il tema del presente
capitolo. Oppure è partito migliore lasciare intatte
le basi dell'attuale ordinamento giudiciario , e rico
struire il nostro medioevale codice di procedura pe
nale ? Questo sarà il tema del capitolo seguente col
quale chiuderò il presente lavoro.
Già assai prima che tanti uomini generosi alzas
sero la bandiera di una riforma radicale e completa ,
io aveva portato le mie meditazioni su questo con
flitto. La mia privata esperienza mi aveva da pa
recchi anni fatto toccare con mano quelle tante ini
quità di tanti innocenti martirizzati che le più recenti
statistiche hanno dimostrato con irrecusabili cifre.
Ma perchè dall'altro lato io scorgeva i pericoli di un
metodo completamente opposto, rimaneva nei miei
scritti esitante: esitante cioè non mai sulla riprova
zione degli ordini presenti, ma esitante sul metodo da
sostituirvi. Ed ecco la facile spiegazione del perchè
nella polemica odierna i combattenti da ambo le
parti invocano il mio povero nome, e credono trova
re conforto qua e là nei miei scritti alle respettive
opinioni . Finchè trattavasi di anatemizzare il sistema
presente, io era con i novatori prima assai che essi
scendessero a dichiarare la guerra . Ma quando vol
geva il pensiero ai ripari di tanto male, la mia
mente ondeggiava sulla scelta dei modi.
In questo stato di animo , io, meditando sulla scelta
dei modi desiderati , fino dal 1859 accampai il pro
getto di una Magistratura officiale che esercitas
se il tribunato della difesa, e che con una realtà
permanente anzichè con apparenze fallaci ed ipo
190

crite attuasse quel dualismo che la storia ha mo Vice


strato essere impossibile di trovare in un solo in
1910
dividuo ; quel dualismo che la esperienza giornaliera
dimostra non ottenersi con gli attuali inquisitori ed
accusatori ; quel dualismo che una ragione assoluta
vuole che sia per necessità del vero e del giusto in
tutto il corso del procedimento criminale : il dualismo
cioè dell'accusa e della difesa. In quell'anno il go 11

19
verno provvisorio Toscano, fra tante bellissiine e .

memorande cose che egli fece onde profittare a be


nefizio della Toscana di quel momento di transa
zione, volse ancora lo intendimento suo a portare ul

ME
sulle leggi penali toscane quelle riforme che toglien.
done via quanto aveva sentore del dispotismo ces or

sato, e rendendole più progressive e più armoniche


>

con i bisogni dei tempi e col novello regime , dassero


loro probabilità di divenire nel seguito leggi italiane.
A tale uopo commise il lavoro a tre illustri giure
consulti ( Puccioni, Marie Gilles ) nè mi
gliore poteva essere la scelta degli uomini . Ma
ahimè ! il lavoro procedette con troppa lentezza, ed
intanto il momento della transazione passò, ed il
nobile intendimento dei nostri reggitori resto deluso ;
forse era arte di un partito ostile che nel codice
penale Toscano si mantenessero certe brutture per
chè potesse poi screditarsi come disadatto alle nuove
condizioni d'Italia. Fu in quell'epoca (ben lo ram
mento ) che onorato io della benevolenza dell'ottimo
Consigliere Gilles, e carteggiando con lui intor
no agli studi della commissione gli sottoposi diste
samente il progetto mio. Inutilmente però, perchè
Gilles mi replicava non avere il loro collegio
mandato alcuno intorno all'ordinamento giudiciario.
191
.

Successivamente il concetto di quel mio disegno


manifestai per mero accenno nella pubblicazione del
mio Programma. Ma il mio progetto non ebbe nė
seguito nè confutazione. Non ebbe seguito, perchè
io non sono di quei tali che abbiano l'ambizione
di farsi innanzi e di insistere tenacemente sulle
proprie idee ; e la oscurità del mio quinquennio di
vita parlamentare bene lo mostra. Non ebbe con
futazione perchè nessuno lo credette meritevole di
uno sguardo ; cosicchè rimase per molti anni di
menticato nello scrittojo del Gilles, e nelle note
del mio Programma : finchè non piacque al Cesa
rini di rimetterlo in vista nel suo discorso inau
gurale del 1872.
E poichè venne in tal guisa a far parte della pre
sente polemica anche quel progetto risuscitato dal
Cesarini per combatterlo, io credo di meritare
scusa se alla presente occasione, nella quale si di
scutono i modi onde porre un freno ai gravissimi
inconvenienti nell'attuale sistema di esclusività della
accusa nel procedimento scritto, io ritorno su quel
mio pensiero .
Cosa è egli questo tribunato officiale della difesa
che io concepiva come il miglior mezzo per frenare
le funeste preoccupazioni degli inquisitori , senza ar
risicarci agli intrighi dei difensori privati ? Era un
Magistrato cittadino ma ufficiale e permanente : un
Magistrato che niente aveva di governativo : un
Magistrato che ( qualunque nome volesse darglisi )
doveva essere al massimo grado indipendente, così
dai singoli come dalla autorità. Questa Magistratura
dovrebbe dichiararsi perpetuamente inabile ad ogni
decorazione e ad ogni promozione ad impieghi go
192 -

vernativi ; esserle inibito di ricevere qualunque mer ITC


10
cede dai privati, sotto pena di prevaricazione : e do
ma
vrebbe essere eletta a vita dai rappresentanti del
TO
popolo e stipendiata dal Comune . In questa situa
fore

S
zione di vera libertà , gli uomini chiamati al nobile
ufficio ( immuni da ogni pressione così esterna co
l'a
me interna ) offrirebbero per questo lato la più com
fede
pleta indipendenza dal potere esecutivo . E nel tem
Coc
po medesimo per la sua posizione e la sua probità
offrirebbe guarentigia di non vendersi alle corru SIC

CI
zioni dei colpevoli, come pur troppo è a temersi
( sia pure in pochi) in alcuno dei liberi esercenti OLE
TEL
il patronato dei rei. Questa Magistratura, nel mio
200
pensiero, dovrebbe avere tutta quella somma di po
nell
teri che si racchiude nella formula inquisizione de WU

fensionale ; non che quelli che le dessero abilità di WIC

vigilare ogni movimento dell'accusa e di far valere data

appo le camere di consiglio le ragioni dello inqui 1

sito. Per lei potrebbero schiudersi senza pericolo i


cancelli della prigione, ed in faccia a lei rompersi
ogni segreto della istruzione . Le sue adesioni allo
accusatore, e la sua vigilanza sulle operazioni di
questo, farebbero tranquilli gli onesti che giustizia
si fa ; le sue opposizioni dileguerebbero i timori che
giustizia non sia fatta.
Questo mio progetto io non ricordo al presente
luogo per riproporne la discussione. Il tempo ne bat
farà giudizio. Ma ricordarlo io doveva come mo
mento storico che si connette con le dottrine pro ele
fessate dal Cesarini e con le massime da lui
ripetutamente propugnate.
Infatti ' fino nel suo discorso del 4 gennaio 1872 O
De

il Cesarini a pag. 38 aveva largito a quel mio


193

progetto l'onore di una veloce disapprovazione. Ed :


io tacqui, perchè non amo logorarmi in polemiche ;
ma simile all'ape quando sono scacciato da un fiore
volo a suggerne un altro per vedere se mi coglie la
fortuna di comporre qualche brano di miele. Tacqui
e tacerò. Ma quel pensiero rivolto per 14 anni nel
l'animo mio, e spesso rimeditato, vi si è fitto come
fede vivissima che sia nelle attuali condizioni della
Curia Italiana il modo più adatto a proteggere la
sicurezza senza molestia della innocenza, e la inno
cenza senza pericolo della sicurezza. Di questo dun
que io non voglio dire oltre. Ma ricordarlo ho do
vuto per farmi strada a riprodurre qui la osserva
zione che Cesarini adduceva allora come motivo
della sua disapprovazione. Ecco le parole testuali
che leggonsi a pag. 38 della sua prolusione del ca
duto anno – ivi — Io non starò ad esaminare qui
la proposta che uno scrittore di cose penali fa della
istituzione di un Tribunato di difesa costituito come
magistratura permanente, indipendente dalla giu
diziaria , per vigilare la istruttoria delle procedure,
al quale dovrebbe aprirsi ogni segreta istruzione,
e che nella sostanza sarebbe un istituto di vero con
trollo verso l'altro del Pubblico Ministero ; perchè
parmi abbastanza provveduto alle garanzie dovute
all'imputato allorchè il procedimento rimane affi
dato a due magistrati l'uno privilegiato per l' IN
DIPENDENZA e ľ inamovibilità, l' altro per il carat
tere di IMPARZIALITÀ e di rappresentanza della
legge da cui è rivestito.
Ecco dunque la fede del Cesarini. Fede che
onora l' uomo giusto, l' uomo imparziale, l'uomo
onesto ; il quale naturalmente stima giusti , onesti ,
VOL . IV . 13
194

: imparziali tutti gli altri uomini. E Carlo Cesa


1
rini ha buona ragione per conservare cotesta fe
de finchè gira attorno lo sguardo nel nobile ufficio
ME
capitanato da lui . Ma se egli potesse fare con noi
una peregrinazione in altre minori Provincie d'Ita
lia, e con la veste di patrono trovarsi a fronte di
altri uffici di istruzione e di accusa ;, e conoscere bi
là dentro ciò che altrove si fa, e specialmente in in

quei luoghi dove la debolezza della Curia o le paure 41

del Tribunale locale rendono soverchiante la po


tenza del Procuratore del Re o alleato o tiranno
del giudice istruttore, l' egregio magistrato mi per
metta affermare ( per la conoscenza stessa che ho
delle sue virtù ) che quella fede vacillerebbe forse 19

anche in lui : e che comprenderebbe allora doversi LO

le guarentigie della innocenza cercare nelle leggi


e nelle istituzioni alle quali ogni passione è stra
niera, anzichè fidarle alle qualità morali dei fun
zionarii pur troppo non rare volte variabili.
Ad ogni modo sapemmo fino dal 1872 che nel
Cesarini lo impulso a mantenersi fra i conser
vatori del segreto assoluto non procedeva da fie
rezza di animo, nè da spregio degli umani diritti ;
ma soltanto da esagerata opinione della sufficienza
degli ordini veglianti, i quali, secondo lui, potevano
tornare ad essere ricchi delle più tranquillizzanti
guarentigie della innocenza col solo ripristinare il
costituto obiettivo ed altre poche consimili secon
darie riforme, senza ricostruire su nuove basi il
necessario dualismo. Conservatore transigente egli
confessa i mali ; ma si lasinga ripararli con meno
radicali riforme : e mercè queste già immagina il
ritorno di quella venerata Magistratura Toscana
195

nella quale si erano cosi felicemente incarnate le


tradizioni del primo Leopoldo: quella Magistratura
che si asteneva da ogni suggesto come da peccato
mortale ; che aborriva come vitupero i compari ; che
si faceva una religione della lealtà anche verso i
delinquenti ; e che segnalava come meritevoli di
biasimo gli ufficiali di polizia quando accortisi della
intrapresa esecuzione di un furto aspettavano ad
arrestare i facinorosi che il furto si fosse consumato
da loro ; o quando con arti vergognose e con frodi
credevano servire la giustizia . Io invidio al Cesa
rini questa nobile fiducia ; ma non la divido.
Ed ecco infatti che ( come abbiamo veduto )
nel 1873. nella sua ultima prolusione il Cesarini
torna a professare quella esagerata credenza ; ed
a farsene arme per combattere le nuove come già
le antiche proposte .
Ma quest' arme si spunta in faccia alle solenni
prove dei fatti documentati dalle statistiche ufficiali,
i quali in modo positivo addimostrano non la suf
ficienza , ma la insufficienza completa del dualismo
vagheggiato dal Cesarini. E perchè ciò ? Perchè
è un dualismo di apparenza e di nome, ma privo
di ogni vitalità sostanziale ; perchè troppo spesso
per una necessità dei legami reciproci e dello stesso
loro istituto quelle due figure non formano che
un'anima sola. E quale sia poi la vantata indipen
denza del giudice istruttore dal Procuratore del Re,
lo dicano quei giudici istruttori che volendo essere
imparziali ed onesti ne subirono la pressione. Di
questa indipendenza io ne ebbi parecchie prove, ed
una mi piace di ricordarne. Io mi era permesso
come difensore di raccomandare con una lettera
196

ad un giudice istruttore un processo per la solle


citudine : per la sollecitudine, e niente di più. Ebbi F
in risposta una lettera della moglie del giudice,
consegnatami con tutta riserva da un messo pri
vato, nella quale essa a nome di suo marito mi
pregava a non più scrivere a lui onde non com
prometterlo in faccia al Procuratore del Re, ed
esporlo a danni e molestie ! . . Altra volta chiesi ad
un istruttore una udienza, e vidi assegnarmela in
luogo terzo onde non generare sospetti nel Superio
re ! . . Altra volta introdottomi in un uffizio io vidi
.

il giudice pregare il Cancelliere a restare presente


al colloquio onde potesse fare testimonianza ai supe
riori del suo contegno ! .. Altra volta mi fu risposto
.

da un rispettabilissimo giudice istruttore mercè un


telegramma con firma immaginaria ; e questi docu
menti li conservo. Ecco quale coscienza hanno della
propria indipendenza i giudici istruttori dei centri
minori. Essi considerano come cosa compromettente
ascoltare la parola di un difensore, al modo stesso
che era compromettente in Francia sotto il regno
del terrore ricevere una lettera da Coblentz ! Ecco
quali guarentigie può la difesa sperare da questo
magnificato controllo ( la parola è del Cesarini)
dello inquisitore magistrato sugli atti dello accusa
tore organo del potere esecutivo. La difesa non ha
neppure il diritto di parlare a quel sognato vindice
dei suoi diritti ; o se per un singolare favore per
sonale può far giungere all'orecchio del tremante
magistrato la sua parola, questa non può essere
esaudita senza licenza dello accusatore . La vantata
Magistratura indipendente è una derisione della di
fesa. O i nostri giudici istruttori sono ferri delle
197

vecchie polizie, e si fanno volenterosi alleati del


Procuratore del Re, e divengono mano e guanto
con lui : 0 essi vorrebbero essere giusti ed impar
ziali, e tremano sotto la ferula del Procuratore del
Re perchè sanno par troppo che questo è autocrate
moderatore delle loro promozioni, e arbitro di un
traslocamento ruinoso per la famiglia. Oh ! dignitosa
davvero è la figura del giudice istruttore Italiano !
Sirnile alla reclata che ogni moto deve comporre
al cenno della bacchetta del suo caporale , egli ri
ceve dal Procuratore del Re la falsariga delle sue
operazioni : da lui si vede interdetta la parola ; da
lui strappata di mano la penna quando lo piglia
fantasia di dire interrogo io. Egli vede il suo in
quisito tolto via dalle carceri locali e trascinato
talora in catene a cento miglia di distanza, perchè
il Pubblico Ministero ha detto che a colui vuol dare
egli medesimo il costituto per un privilegio di per
secuzione. Spesso è poi messo affatto da banda come
inutile arnese, quando il Procuratore del Re sceglie
il mezzo della citazione diretta od ama fare da se
stesso il processo. Ecco il dualismo delle procedure
italiane ! Trovarvi la tutela della difesa individuale
fa una mistificazione per parte di chi l' ordinò, è
una illusione nella buona gente che vi crede. La
guarentigia del dualismo è una bellissima idea. Ma
guardata nel fatto è in Italia . una figura rettorica,
una mera utopia. Nella realtà delle cose per tutto
il lungo periodo della istruzione preparatoria l’ac
cusato è nella piena e libera balia del Procuratore
del Re. Speriamo in lui che ci faccia il meno male
possibile ; e che non sia uno di coloro i quali spin
gono lo zelo fino ad insistere per la condanna con
198

tro un reato prescritto, e poscia deridono lo ines


perto difensore perchè scordò di opporre la eccezione
della prescrizione, e i giudici che non la videro ;
applaudendosi coşi di aver fatto sanzionare una ini
quità. Speriamo che egli non sia un Faraone dallo
indurato cuore ; ma se disgraziatamente esso è tale,
non sognamo che le parti di Mosè possa farle il
giudice istruttore. La confutazione del mio progetto
è dunque la conferma della sua bontà , perchè trova
sufficiente alla tutela degli innocenti un dualismo
di pubblici ufficiali, ed il mio progetto ha precisa
mente per base di costituire un dualismo. Ma un
dualismo reale e vero, non un dualismo ipocrita
e menzognero .
Diasi bando alle creazioni fantastiche. Cessiamo
( io lo ripeto ) di studiare gli uomini nello specchio.
Studiamoli nel mondo reale quali essi sono e quali
debbono essere per loro natura . L'anima dell'uomo
è una monade ; ed una monade non può essere
ibrida. Il concetto scolastico che una intelligenza sola
dirigeva il processo nel senso dell'accusa e nel sen
so della difesa è una chimera ( 1 ) . Il concetto che il

(1 ) Piacemi a questo luogo riferire le parole di Meyer


( illustre Professore nella Università di Erlangen ) che nel suo
libro intitolato la Cooperazione delle parti nel processo
penale ( Erlangen 1873 ) a pag. 21 conferma il mio pensiero
con la autorità sua e con quella dei più celebri fra i pub
blicisti Alemanni contemporanei, i quali tutti concordi respingo
no come una iperbole impossibile il concetto dei due obiettivi
(naturalmente e sempre in antilesi fra loro ) consegnati ad un
ubico intelletto ee ad una unica volontà . Se si può (così Meyer )
al giudice istruttore prescrivere che nella istruzione egli
199

Procuratore del Re rappresenti l'accusa e il giu


dice istruttore rappresenti la difesa, è un pio sogno.
Il giudice istruttore non può essere che passivo sotto
le mani del Procuratore del Re , e per conseguenza è
consideri ugualmente la colpabilità e la innocenza , pure
è nella natura delle cose che la istruzione una volta av
viata prenda facilmente una piega contraria allo accu
sato. « Una pura obiettività ed una alta imparzialità non
a può ottenersi dal giudice istruttore , dice con ragione
« Stemann ( Archivio di Golidammer lib. VIII, pag.43 )
a e la pretesa che lo inquirente ora possa sostenere una
a parte ora l'altra con doppia arme, e combuttere anco
a contro se stesso, e pur rimanere giudice della lotta, è
a stata chiamata da Zachariae ( Vizi e riforme alla
a procedura penale tedesca pag. 149 ) con molta ragione
« una assurdità » .
Il mio corto intelletto non arrivò mai a comprendere net
tamente certe formule che , troppo leggermente e senza intima
considerazione accettate , circolano nel comune linguaggio dei
giuristi contemporanei . Già ad altra occasione confessai che
al mio intimo senso offriva una repugnanza insuperabile la
formula libertà provvisoria, parendomi che il carattere di
provvisoria dovesse adattarsi ( avuto riguardo alla persona
lità umana ) alla servilù e non alla libertà . Al modo stesso
oggi io dichiaro che al ‘ mio inlimo senso repugna questa
formula ricerca della innocenza che trovo comunemente
ripetuta. Cosa vuol dire cercare la innocenza ? Vi sono delle
frasi che da tutti si ripetono come da un eco materiale ; ma
se un istante si meditano si trovano essere parole diafane,
dietro alle quali la mente si smarrisce nè giunge a trovare
una realtà . Cosa vuol dire cercare la innocenza Vuol dire
cercare una negativa : ma la negativa non ha una esistenza
di per sé stante : non è cosa che possa vedersi , che possa
toccarsi , o che possa intellettualmente circoscriversi e dimo
strarsi . La negativa non può essere che la demolizione di
200

un mero strumento di accusa. Sta bene che egli sia


passivo se vuolsi mantenere quell'ufficio, ma deve
essere passivo di due forze che per il loro natu
rale antagonismo non possono mettersi in moto da
una unica mente e da una unica volontà. Ma poichè
questa posizione di altalena è troppo difficile a man
tenersi in un solo uomo, la verità dello svolgimento
parallelo delle due tutele esige una separazione
materiale ed un movimento distinto ma parallelo

una affermativa contraria . Una affermativa si può perce


pire nettamente ; si può combattere ; si può distruggere : ed
allora la negativa rimarrà come risultato consequenziale della
non esistenza di una affermazione contraria. Ma non si può
già dire con questo di avere dimostruto la negativa, tranne
quando ciò si faccia mercè la dimostrazione positiva di una
affermazione contraria . Ma la dimostrazione diretta di una ne
gativa è logicamente impossibile se non emerge per virtù
della contradizione dalla dimostrazione completa della inesi
stenza di ogni e qualunque affermativa contraria . Così la
salute si dimostra mercè la esclusione di ogni e qualunque
condizione morbosa che affligga il corpo sottoposto ad esame.
Al modo stesso che la salute e nella vita fisica una risul
tante della esclusione di ogni morbo fisico ; così la innocenza
non può essere nella vita morale che un risultato della eli
minazione di ogni male morale. Cercare la innocenza, e
dimostrarla , siguifica dunque combattere ed eliminare la col
pa. Dunque il giudice istruttore che ha la missione di cer
care e di mettere in chiaro contemporaneamente la colpa
per servire allo ufficio di accusa , e la innocenza per ser
vire alla difesa , dovrebbe con la medesima mano e per ef
fetto della medesima direzione di volontà costruire e de
molire nel tempo stesso. Per me vi è anfibologia della for
mula : per me nel concetto vi è incarnazione di un sofisma
inevitabile , e sono interamente nella opinione di Meyer.
201

dei due processi offensivo e difensivo. Sia libero il


Procuratore del Re nel maneggio della forza ten
dente all'accusa, e prema in questo senso sul giu
dice istruttore, oppure faccia egli stesso a libito suo
il processo offensivo alla guisa che fa oggi nei giu
dizi per citazione diretta. Ma siavi un'altra forza
dotata di uguale potenza che prema sull'istruttore
nel senso della difesa : o che si svolga con mezzi
propri al raggiungimento del suo obiettivo. Senza
ciò lo istruttore ( anche prescindendo da ogni re
verenza e da ogni deferenza ) è un giudice che tro
vasi nella infelice situazione di chi ascolta una parte
sola, e che conseguentemente per quanto voglia es
sere giudice imparziale non è mai sufficientemente
illuminato ( e questo non si dimentichi ) se non
ascolta anche le opposte ragioni. Questo sarà il vero
dualismo che darà ragionata speranza di vedere
sorgere un processo scritto che sia la genuina es
pressione dello stato completo dei fatti.
Il tribunato ufficiale della difesa esca di scena
quando il processo scritto è completo, e quando si
può e si deve rendere pubblico senza pericolo. Al
lora si apra il libero campo alla difesa privata te
nuta fino a questo momento in disparte, ed il di
fensore pubblico più non se ne mescoli in modo
alcuno. Ma finchè vuolsi tener lungi dal processo
la difesa privata, è una crudeltà degna dei tempi
barbari che la società lasci lo imputato deserto di
ogni patronato mentre forse è innocente, e mentre
lo soccorrerebbero larghi mezzi per mettere in
chiaro la sua innocenza ove non fossero le sue ra
gioni soffocate nel gelo di una segreta. Questa è
una crudeltà indegna dei tempi nostri, come è una
202

iperbole lo andare jattando che la difesa si esercita


dallo accusatore .
Quali altre obiezioni si accampano contro il mio
progetto ? Io non ne vidi alcuna ; nè crederei che
seriamente potessero recarsi innanzi le solite dif
ficoltà della economia. Già io credo che il risparmio
del vitto e custodia di tante migliaia di carcerati
innocenti,> e lo abbreviamento della custodia dei col
pevoli, offrirebbero un margine che compenserebbe
la spesa del novello ufficio. Ma poi di tali obiezioni
io non voglio udirne quando parlasi di giustizia,
perchè la giustizia come figlia di Dio non può ar
restarsi in faccia agli ostacoli di Mammona.
Inutilmente si opporrebbero le misere prove che
fece l'avvocheria dei poveri nel vecchio Piemonte.
Fra quella e il disegno mio non vi sono termini di
confronto . Quello era uno ufficio che serviva di sca
lino ai giovani avvocati meno favoriti o dall’inge
gno o dalla fortuna, per salire ad impieghi maggiori
mercè le protezioni dei Procuratori del Re, e dei
Magistrati : lo che rendeva impossibile qualunque
seria opposizione agli uni od agli altri . Il novello
ufficio dovrebbe essere invece la negazione assoluta
e perpetua di ogni speranza di onorificenze, di gui
derdoni o di impieghi maggiori ; riservato a Magi
strati in riposo o ad Avvocati provetti di integrità
sperimentata. Quando anche al novello ufficio vo
lesse darsi il vecchio nome, correrebbe fra le due
personalità la differenza che passò fra Don Chi
sciotte ed Orlando sebbene avessero comune il no
me di cavalieri.
In quanto a me pertanto sto fermo nel mio vec
chio pensiero, ed il rimedio che si desidera lo credo
203

semplice e facile. Ma io , umile privato, non ho po


tenza per spingerlo avanti. E se qui sono tornato
dopo tanti anni ad esornarlo, ciò ho fatto unicamente
perchè mi vi ha trascinato la occasione del mio dis
corso ; e perchè si conoscesse che se il mio pensiero
potè essere leggermente combattuto, esso non era
leggermente concepito, ma meditato e studiato .
Ma se non piace la idea di un tribunato officiale
e permanente di difesa degli imputati non anche
ammessi al libero esercizio della difesa privata, la
sciamolo pure da banda. Rimane però a studiare se
si abbia vera necessità di subire più oltre il sistema
barbaro del processo inquisitorio segreto quale oggi
si esercita, e delle inevitabili vessazioni che ne sono
la conseguenza : rimane a studiare se vi siano tem
peramenti da adottare nel codice di procedura (sen
za alterare l'ordinamento giudiciario ) i quali pur
valgano a salvare una grande quantità di innocenti
da ingiuste molestie senza esporre a pericolo la si
curezza. Rimane in una parola a studiare fino a qual
punto esistano veramente le necessità di compri
mere il sacro diritto della difesa durante il processo
scritto : rimane a secernere i ragionati timori dai
vani fantasmi. E qui mi trovo ricondotto alla ana
lisi dei varii momenti nei quali si estrinseca la in
quisizione preparatoria.

CAP . XI .

I pericol.i.

Ho concordato ai conservatori la proposizione che


forma la base della seconda loro replica. Senza met
204
tere in dubbio che il metodo attuale è gravido di
danni ( giornalieri, gravissimi , e dal medesimo in
separabili ) per la innocenza, ho concordato che la
tesi dei novatori in quanto vorrebbero rendere con
tradittorio con l'imputato, e pubblico in ogni suo
movimento, anche il processo scritto, potrebbe es
sere ( nelle attuali condizioni di Italia ) gravido di
pericoli per la pubblica sicurezza. Ma riconoscere
queste due verità non equivale per certo ad accet
tare la conseguenza dei conservatori intransigenti,
cioè lo inalterato mantenimento del sistema ve
gliante in Italia. Non corrasi con tanta furia .
Fra una proposizione di fatto ed una conseguenza
che si formuli con una regola generale intercede
spesso un vero abisso, e questo avviene anche nella
presente disputa : omnis definitio in jure periculosa :
bisogna guardarsi sempre dal correre alle regole
generali. Questo classico e salutare precetto dimen
ticano i novatori quando dai danni del segreto ar
gomentano recisamente, dunque completa pubblici
tà : ma il prudente precetto si dimentica pur troppo
anche dai conservatori quando alla loro volta dai
pericoli della pubblicità precipitosamente argomen
tano, dunque perpetuo mantenimento del segreto e
negazione di ogni difesa privata durante lo scritto
procedimento. In medio veritas : fra conclusione e
conclusione vi sta un temperamento conciliativo ; ed
è questo : si receda dal segreto e dalla negazione
della difesa in tutto quello dove ciò può farsi senza
pericolo della pubblica sicurezza. Questa è la unica
conclusione che debba riconoscersi come assoluta
roente vera per deduzione logica di quei due po
stulati. Non credo che siffatta conclusione possa
205

impugnarsi sul serio da chiunque sinceramente


vuole il trionfo della verità e della giustizia ; per
chè la medesima conduce allo effetto di evitare i
danni certi e gravissimi del presente senza affron
tare i pericoli di un mutamento completo.
Sulla conclusione generica che io affermo non può
dunque incontrarsi contradizione, nè la contradi
zione che voglia farsi può essere sostenuta con le
armi della
se po ragione. Questa è la mia fede. Tutta la
difficoltà ( lo ripeto ) consiste nei modi. Qui debbono
portarsi gli studi dei pubblicisti ; su questo terreno
debbono ( cessate le prime ire ) riunirsi concordi i
novatori ed i conservatori, e lealmente meditando
sul pratico svolgimento della conclusione medesima
debbono convertire le gare nemiche in una santa
e fratellevole emulazione di raggiungere il vero.
Ecco definito il campo sul quale stringo gli studi
miei intorno lo interessante problema. La que
stione non può essere teorica : essa è eminente
mente pratica.
La circoscrizione di questo campo definisce il
compito che mi sta innanzi in questa ultima parte
del mio discorso .
Io non mi propongo di stabilire una regola ge
nerale : mi propongo invece di combattere una re
gola generale; quella cioè della necessità di con
servare integralmente il presente metodo di segreto.
E questo farò dimostrando che siffatta proposizione
è relativamente falsa, e perciò non può spendersi
come assolutamente vera.
In tale assunto a me basta dimostrare che vi sono
nella pratica parecchi casi nei quali si può rompere
il segreto della istruzione preparatoria senza correre
206

pericolo di rovinare il processo a danno della pub


blica sicurezza. Siano uno, o sei, o dieci, o venti
questi casi, nulla muta allo assunto mio : perchè
apre ne risulta per logica necessità che la pro
posizione generale degli avversari tendente allo in
tegrale mantenimento dello statu quo, è relativa
mente falsa . E tanto mi basta perchè il sacro diritto
della tutela giuridica dello individuo, non incontrando
più il conflitto della tutela giuridica dei consociati,
spieghi libero e coraggioso il suo volo ; e con de
duzione logica incriticabile sostenga che lo imputato
in quest' uno o in questi dieci casi ha diritto ad una
difesa immediata ; ha diritto ad avere senza dila
zione un patrono legale ; ha diritto a conoscere, a
vedere, ad esaminare, ad accertare, a confutare,
senza attendere che questo suo diritto siasi atrofiz
zato per l'opera edace dei sei o dei dieci mesi di
intervallo ; al tempo stesso che il corpo del giudi
cabile si è atrofizzato per le angoscie e per i dolori
di una lunga ed immeritata segreta.
Il metodo pertanto che io mi debbo prefiggere
in questa ultima parte del mio lavoro non è quello
di una esposizione completa della materia , e di una
completa enumerazione di tutti i momenti nei quali
può ammettersi senza pericolo il contradittorio del
difensore. A me basta procedere per esempi : altri
mi seguiterà nel cammino se una volta si schiade
la strada della riforma. Procederò per esempi, rac
cogliendoli nella mia pratica forense : e se tutti od
alcuno degli esempi miei avranno l' appoggio della
evidenza, la tesi generale della assoluta immobilità
sarà demolita .
207

Non occorre che io mi dilunghi sul momento più


grave della inquisizione, quello cioè nel quale parte
dalle tenebre l'ordine di cacciare per meri sospetti
un cittadino nella prigione. Questo momento supera
da un lato tutti gli altri per la gravità ed importan
za della lesione che si reca al diritto individuale ed
è lo istante nel quale sovra tutti gli altri si sente il
bisogno supremo dello esercizio della difesa. E dal
l'altro lato è del pari il momento nel quale si può
accordare il patrocinio dell'Avvocato senza ombra
di pericolo alla pubblica sicurezza. Non inferendosi
impedimento alle facoltà del giudice istruente nella
emissione dei mandati, non veggo cosa si debba
temere dallo studio che il difensore porti sul titolo
del reato pel quale fu lanciato ( forse per un errore
giuridico ) il mandato di carcerazione; come non
vi è pericolo nello ammettere una dimanda di scar
cerazione per insufficienza di indizi quando la in
quisizione abbia ormai concretato ed assodato gli
elementi di fatto sui quali fonda i sospetti suoi . Su
questo punto può dirsi che il principio sia ormai
riconosciuto anche nelle leggi attuali ; poichè si ac
cettano le dimande presentate alle competenti auto
rità per gli scarceramenti e per le cauzioni, e si
prende cognizione delle medesime talvolta con fe
lice risultamento. Mi tratterrò dunque soltanto sopra
altre operazioni della inquisizione ; le quali sebbene
non feriscano direttamente la persona dello impu
tato, pure escono dal puro cerchio degli atti sogget
tivi dello istruttore per assumere una oggettività
che può essere aggressiva dei diritti inerenti alla
personalità dello inquisito.
208
1.° Visite domiciliari. - Pretendo io forse che il
giudice istruttore sia meno libero nel ricercare dove
e quando a lui piace gli oggetti di convinzione ed
anche nel domicilio privato ? Mai no : non mi si ap
pongano esagerazioni ; chè tutte io le respingo come
ingiusta calunnia. Conservi il giudice istruttore am
plissima libertà ( come oggi gode ) di eseguire od
ordinare perquisizioni o a domicilio o dovunque.
Non abbia bisogno della adesione o licenza di un
patrono per fare questi atti : non sia obbligato a
darne precedente avviso alla famiglia od al patrono
perchè abbiano tempo di sottrarre o nascondere ciò
che si cerca. Nulla di questo io pretendo. Conservi
il giudice istruttore tutta la libertà e tutta la rapi
dità che egli gode in queste interessantissime ope
razioni : conservi fino al momento dellazione anche
il segreto di ciò che cerca, poichè talvolta egli cerca
senza sapere cosa cerca. Ma quando è il momento
della perquisizione, questa si eseguisca con le gua
rentigie che sono richieste non solo dai diritti della
innocenza, ma dallo stesso bisogno di stabilire in
cavillabilmente il vero stato delle cose perquisite.
Quale inconveniente può egli esservi se ad ogni
perquisizione aggiungasi la cautela che si chiami ad
assistervi un avvocato destinato d'uffizio, o eletto
nei primordi della inquisizione ( sia dal giudicabile,
sia dalla famiglia ) per assumere la rappresentanza
della difesa in tutte quelle operazioni nelle quali la
difesa sarà chiamata ad intervenire o dalla legge o
dal giudice ?
Quale inconveniente saravvi in ciò ? Certamente
nessuno. La pubblica forza occupa la località che
devesi perquisire, e vigila che nulla si tolga o si
209
asconda. Intanto un usciere invita il patrono ad as
sistere . Il suo intervento legittima il processo ver
bale, e ci fa sicuri che la perquisizione si è eseguita
completamente ; che si è eseguita lealmente ; che
si è eseguita cioè tanto nello interesse dell'accusa ,
quanto nello interesse della difesa .
Con ciò si evitano invece inconvenienti gravissi
mi che vidi parecchie volte ripetersi nei giudizi
criminali .
a) Un audace accusato non oserebbe dopo que
sta forma gridare che quell'oggetto non era in sua
casa o non era nel luogo asserito, incolpando di una
frode lo zelo degli agenti della forza, e gettando
in tal guisa in un mare di dubbi la coscienza dei
Giurati chiamati a valutare lo influsso di quell'og
getto di convinzione e di quella asserta ma contro
versa reperizione sulla dichiarazione di colpevolezza.
Questo pericolo fu già appreso in alcuna delle
vecchie pratiche italiane : e si credette apporvi ri
paro ordinando agli ufficiali perquirenti di associare
sempre alle loro perquisizioni due onesti cittadini
a scelta loro, ed integrare con le loro firme i pro
cessi verbali. Ma cosa avvenne ? I due probi citta
dini erano quasi sempre amici segreti dello uffi
ciale perquirente, persone screditate a motivo del lo
ro abituale servizio . Mistificazioni: guarentigie ipo
crite , derise dalla pubblica opinione, e che tornano
a disdoro della giustizia. Il nostro codice di proce
dura agli articoli 142 e seguenti non ha dimenti
cato di mistificare secondo il suo costume il pub
blico, prescrivendo le cautele, ma con una indefet
tibile facoltà nel giudice di non usarne. Ordina
quell'articolo che le perquisizioni siano fatte di
VOL. IV. 14
210

giorno e con l'assistenza di due parenti o vicini :


ma si affretta a soggiungere che quando si creda
esservi pericolo nel ritardo si può perquisire di notte,
e quando non si trovino i due vicini si può perquisire
senza testimoni. E cosa è questo se non un deridere
i cittadini ai quali si promettono guarentigie ?
Non seppi mai comprendere qual fosse la causa
della mania che ( almeno in queste provincie ) mo
strano costantemente i nostri esecutori di fare le
perquisizioni di notte. Pare propriamente che si
abbia la smania di tormentare le povere donne, di
spaventare le famiglie, e di vedere cosa si fa di notte
in quella casa. Io ho veduto spessissimo arrestare
il padrone di casa a mezzogiorno, e poi tornare
dopo mezzanotte a fare la perquisizione . Dunque per
questi inquirenti non vi era pericolo di sottrazione
o nascondimento finchè le donne di casa erano deste ;
e aggirandosi per quella , ed uscendo e rientrando
potevano portare altrove tutto ciò che destasse i
loro sospetti : ma invece il pericolo imminente del
l' art. 142 nasce quando le donne e ii parenti di ca
sa sono andati a letto, e dormono tranquillamente.
Io portai più volte il pensiero su questa mania di
perquisire la notte, e non sapendo come spiegarla
dimandai a me stesso se forse i nostri esecutori non
fossero animali notturni, le facoltà visive dei quali
si aumentano fra le tenebre . Certo è che il buon
senso dice a chiunque cerca una qualche cosa che
gli sarà più facile vederla di giorno ( 1 ) che non
di notte .

( 1 ) E sì che talvolta non serve neppure perquisire di


giorno !. Un curioso aneddolo mi cadde fra mano sui primordi
211

b) L'altro inconveniente è quello della trascu


ranza totale delle ricerche defensionali. Una delle
solite cautele prestigiose è la chiamata dei vicini
a testimoniare una perquisizione che si faccia in
mia casa per trovarvi oggetti di convinzione. Pon
gasi che si cerchino carte atte a mostrare la mia
partecipanza ad una cospirazione contro il Governo.
Se non piace al perquirente di dire che non ha tro
vato alcuno ( del che gli porge arbitrio la legge ) e
fare da per sè a modo suo ; egli chiama due cal
zolari che abitano presso di me ; i quali appena
sanno leggere . Ecco la bellissima guarentigia che
forniscono alla mia innocenza gli ordini veglianti !
Ma cosa sanno i due calzolari di ciò che occorre
a verificare il materiale di un delitto ? Cosa sanno
di ciò che edifica , o di ciò che demolisce una ac
cusa di cospirazione ? Il perquirente trova in un
cassetto del mio scrittoio una lettera a me diretta
da un noto cospiratore con invito ad agire nel sen
so suo : il perquirente si affretta a pigliarla. E i due
calzolari attesteranno che quella lettera era nel mio
cassetto, e ne accerteranno la identità : così quella

del mio esercizio nel 1832. Un bel mattino scomparve dalla


Chiesa di S. Agostino di Lucca una ricca lampada di argento
appesa davanti una venerata immagine della Vergine . La po
lizia, oon errò nè tardò : corse subilo a perquisire la casa
di un orefice sospelto . Era di mezzogiorno, ma i numerosi
ufficiali perquirenti nulla trovarono. Eppure la lampada era
colà in un crogiuolo che stava sul focolare presso un pen
tolo dove bollivano dei fagiuoli ; ma si era perquisito ogni
angolo della casa fuori del focolare. Questo risultò poi chia
rissimo da un lungo processo istruito contro l ' orefice da
me inntilmente diſeso . Ora andateci di notte !
212
forma servirà a consolidare l' accusa ; sempre l'ac
cusa, ma la difesa è deserta. In quel cassetto presso
la lettera fatale vi erano altre carte ; vi era ( a mo
do di esempio ) la minuta della mia risposta con
la quale dissuadeva l'impresa ; vi erano altre let
tere dalle quali emergeva che al seguito dei miei
consigli i cospiratori avevano desistito dal loro pro
posito. Tutte queste carte, che un patrono assistente
avrebbe procacciato fossero poste sotto la mano
della giustizia, il perquirente non le piglia perchè
non servono alla accusa anzi la demoliscono ; ei
due calzolari non se ne occupano. Una tardiva di
fesa, alla quale si aprirà il corso a comodo dei miei
accusatori, recherà innanzi le carte lasciate. Ma
quelle carte sono di pugno mio o di pugno di un
.

coaccusato ; esse sono sospette ; mancano del segno


postale che ne assicuri la data ; si screditano come
artifizi del novello Vafrino chiamato all'ufficio di
difensore, e con queste facili obiezioni di sospetto
( che vidi talvolta audacemente opporre anche ai
pubblici documenti prodotti dalla difesa ) perdono
ogni forza probante agli occhi della giustizia. E
quando pure io abbia la fortuna che sorga un giorno
nel quale si accordi fede alla veridicità dei miei do
cumenti, io frattanto ho sofferto molestie, danni e
dolori quantunque innocente .
Se, come si propone nel nuovo progetto del co
dice di procedura Austriaco, aveste chiamato me ad
assistere personalmente alla perquisizione, e prima
>

di rovistarmi a casaccio tutta la casa mi aveste in


timato a darvi gli oggetti da voi desiderati , riser
bandovi ( come è di ragione ) il diritto di non ap
pagarvi alle mie consegne per motivi di giusto so
213
spetto ; o se, come io propongo, aveste chiamato ad
assistervi l'avvocato difensore, certamente nulla
avrebbe scapitato la pubblica sicurezza, perchè nè
io, nè il mio Patrono, avremmo potuto convertirci
in un Bosco ed eseguire sotto gli occhi di tanti ar
migeri una prestidigitazione. Vi avrebbe però sca
pitato l'accusa falsa e calunniosa ; perchè io od il
mio difensore avremmo insistito acciò l'assicura
zione di quelle carte si facesse completa, portando
sotto gli occhi della giustizia anche ciò che era prova
della mia innocenza. Dunque se si negano queste
cautele, non si negano per bisogno di giustizia, ma
per proteggere le false accuse.
Si sospetta Cajo di un omicidio. Si perquisisce la
casa di Cajo, e vi si trova un giubbetto macchiato
di sangue. Ma in quella stessa casa stava appeso
un agnello sgozzato di fresco. E di questo il per
quirente non cura. Cajo tenta più tardi di dare dis
carico di quel sangue dicendo che egli ha sgozzato
l'agnello. Si impegna viva contestazione sul punto
di sapere se quando fu sequestrato il giubbetto
l'agnello era già sgozzato ; oppure se fu sgozzato
ad ora più tarda. Qui io induco due testimoni per
Cajo che dicono l' agnello sgozzato avanti . L'accusa
cita come testimone l' ufficiale perquirente ed egli
tenacemente asserisce il contrario sulla scorta della
sua reminiscenza. Ebbene ? I due testimoni a difesa
si arrestano come falsi e sono inviati a giudizio.
Io dal mio canto non esito nel mio dovere, e do
querela di spergiuro allo ufficiale perquirente. Cosa
nasce ? Nel giudizio solenne contro i due testimoni ,
venne a luce meridiana provato che erano veritieri
e che il falso si era asserito dallo ufficiale. Furono
214 -

proclamati innocenti i due testimoni, e fa scusato


il perquirente per causa di errore, dimenticanza,
e difetto di dolo. PIO
Questi sono fatti : e furono scandalosi . Ma ad evi 02

tare lo scandalo sarebbe bastata l'assistenza di un Dota

patrono il quale avesse fatto avvertire che se in un


angolo della sala vi era un giubbetto insanguinato,
nell'altro angolo stava appeso un agnello sgozzato E

di fresco. E quali sarebbero stati i danni e i peri AMOT


5.1

coli di tale assistenza ? Si risponda.


Fra i molti casi che potrei ricordare di verbali Over
incompleti, accennerò il più recente . Un onesto ne .

goziante aveva acquistato da altri poche libbre di


salami: li aveva comprati a giusto prezzo e senza dla
sospetto . Ma i salami erano furtivi. Poca fatica oc Hell
corse alla polizia per trovare quella merce nella casa 0

del compratore. Fu redatto il verbale di reperizione HAN

senza nulla mentire , perchè realmente gli oggetti


erano in quella casa. Ma il verbale omise di ricor
dare che quei salami stavano appesi al solaio nel
vestibolo di una bottega dove il pubblico aveva con 20
tinuo accesso, e dove potevano esser veduti da chiun
que transitasse per l'attigua pubblica strada. Invado
il compratore protesto della sua buona fede. Inva
no deducemmo la mancanza di ogni relazione an its
4.

tecedente fra compratore e venditore ; invano la


pubblicità del contratto e della consegna eseguita
in presenza di testimoni ; invano lo sborso del giusto
prezzo . Quel disgraziato dovette comparire alla Corte
di Assise come ricettatore doloso di oggetti furtivi.
Ma al pubblico dibattimento bastò a noi giustificare
la località dove erano tenute quelle merci e la loro
manifestazione agli occhi del pubblico, perchè i Giu
215
rati si convincessero che la qualità furtiva era igno
rata dal compratore, e lo assolvessero. Nè alcuno
può distruggere in noi la fede che l'assistenza di
un difensore a quella perquisizione, col semplice
notare il modo col quale gli oggetti si tenevano
esposti al pubblico, avrebbe fino da principio messo
quel galantuomo al coperto da ogni molestia.
E ad ogni modo ( ripeto la mia domanda ) quali
erano i pericoli che correva la tutela giuridica dei
consociati per l'assistenza di un patrono a quella
operazione ? Si risponda. E se ella è necessità di
rispondere che la pubblica sicurezza non ne avrebbe
• corso pericolo alcuno, tanto basta perché repugni
alla stessa legge di natura negare lo intervento
della difesa a simili atti .
2.° Accessi locali. - Frequentemente in un pro
cesso esercitano influsso gravissimo e talvolta de
cisivo certe condizioni di una località. Il giudice
istruttore vi accede per collocarne in atti la descri
zione ; o più spesso la commette ai suoi incaricati .
In quella relazione si descrive ciò che sembra in
teressante ad essere descritto. Ma poichè si agisce
al fine di assodare l' accusa, sembra interessante
ogni circostanza che dà forza a quella, e niente si
curano le altre circostanze che pure esistono là po
sitive ed incontrastabili, e che tornerebbero elo
quentissime a favore della difesa, o per lo meno
condurrebbero a salutari dubitazioni. La descrizione
non si può attaccare come falsa ; ma vi sono reti
cenze che necessariamente derivano dal modo e
dallo spirito col quale essa fu costruita. Se un in
caricato della difesa avesse assistito a quella ope- ,
razione siffatte reticenze sarebbero scomparse , e un
216

più minuto ricordo del completo stato dei luoghi


avrebbe ristabilito lo equilibrio, e sottoposto agli
occhi dei futuri giudicanti tutto quello che poteva
essere utile alla verità.
Or mi si dica quali pericoli alla tutela giuridica dei
consociati, e quali inganni della giustizia, avrebbe
portato seco lo intervento di un patrono a quell'atto.
Sinceramente io non so vederne alcuno. Purchè fra
la chiamata e lo intervento non passi lungo inter
vallo, o abbandono della vigilanza del luogo, non può
davvero temersi che il più malizioso patrono possa
abusare del proprio ufficio per abbassare un muro
di qualche centimetro, per praticare un' apertura
dove non è, per restituire allo stato di integrità un
uscio rotto, per fare nascere uno scoglio che prima
non era dove cadde l'ucciso ( 1 ) ; o in una parola

(1 ) Accendo questa circostanza perchè rammento come


la medesima si usufruisse utilmente innanzi ai Tribunali
Lucchesi nel 1835 a difesa di Luca Rossi da quell ' abilissimo
patrono e dotto criminalista che fu Angiolo Bossi . Lo
scoglio con vertice acuminato esistente nella località ove
giaceva il cadavere non si era osservato dal giudice nel suo
accesso : il processo verbale era muto su ciò . Ma la solerzia
del patrono mise quella circostanza in chiara luce alla udiep
za . Tra le molte offese dello estinto la unica letale ( e neces
sariamente letale ) era una frattura nella parte posteriore
del cranio. Quella circostanza maneggiata dal Bossi con la
sua rara eloquenza generò nei giudici magistrati il dubbio
che la ferita letale non fosse prodolta dal bastone di Luca
Rossi , ma dalla caduta dello aggredito e dall'urto acciden
tale sopra quel sasso : ed alla pena capitale che sovrastava
allo accusato fu sostituita la pena di pochi anni di carcere.
Nella pubblicazione che feci degli scritti criminali del Bossi
217

per alterare le condizioni dei luoghi in guisa da


distruggere quanto potrà giovare all'accusa onde
mettere in sodo o gli essenziali, o le aggravanti del
delitto che si perseguita. Gli animi dei giudicanti
saranno più tranquilli nella valutazione di quel do
cumento ; la difesa non potrà eccezionarne il conte
nuto ; si avrà la certezza che tutto è stato veduto,
tutto osservato, tutto raccolto quanto poteva servire
ad illuminare la giustizia. Ecco l'effetto naturale
costante di quello intervento.
Ma al contrario gli inconvenienti stanno gravis
simi nel metodo del segreto, ossia del geloso allon
tanamento dello accusato e dei suoi patroni .
Ne sorge lo inconveniente delle eccezioni del di
fensore che potranno rendere perplessa la coscienza
di qualche Giurato.
Ne sorge lo inconveniente di un artifizio succes
sivo che mendacemente frabbrichi qualche condizio
ne materiale rovinosa all'accusa cuoprendosi col
pretesto di una incompleta verificazione. Ecco gli
inconvenienti che tengono dietro alla mancanza di
dualismo nelle verificazioni locali quando lo impu
tato è colpevole.
Più gravi assai quando lo accusato è innocente
sono gli inconvenienti ed i danni reali della pre
sente esclusività. Pericoli della innocenza, se nello
intervallo una mano nemica od un fortuito nefasto
hanno alterato le condizioni locali che esistevano

( editore Cammelli ) avrei voluto riprodurre anche questa


difesa , delle bellezze della quale io serba va vive remini
scenze . Ma non mi fu possibile trovarne il manoscrillo per
chè probabilmente improvvisata dallo illustre oratore.
218
al giorno dell'accesso , e che non furono avvertite
quantunque forse ne fosse trionfante lo influsso a
favore della difesa. La verità è perduta : perduta
per sempre, e si fa un martire anzichè punire uno
scelleratp. Danni non reparabili quando anche quelle
condizioni locali persistano e la diligenza del difen
sore possa tornare a mostrarle ai giudicanti nel
momento decisivo . Danni per lo inquisito, che nello
intervallo sofferse ingiusta carcerazione , e poi lo
ingiusto scorno di un pubblico giudizio. Danni per
la giustizia e per la pubblica moralità, poichè non
è buono lo spettacolo dei troppo frequenti errori di
coloro ai quali è affidata la santa missione di tu
telare al tempo stesso i diritti nostri e i diritti
del giudicabile.
Anche questa osservazione potrei avvalorare con
parecchi esempi pratici occorsimi nei 43 anni del
mio esercizio patronale ; e sempre potrei rispondere
con documenti alla temerità di chi mettesse in dub
bio i fatti che narro. Ma per non convertire di so
verchio il mio presente lavoro in una raccolta di
aneddoti , mi limiterò a ricordarne uno nel quale
potrò anche indicare i nomi, perchè atteso lo inte
resse della causa furono renduti di pubblica ragione
dal giornalismo contemporaneo ; come fu renduta di
abblica ragione la mia difesa, che venne inserita
nella raccolta delle Cause celebri Italiane pubblicata
dallo Alberghetti . Parlo del caso Donati.
Giaceva il Donati nel proprio letto a riposo a fianco
della sua moglie Barbera, quando penetrò in quella
camera un micidiale che configgendogli un pugnale
nel seno lo tolse di vita. Quel micidiale era il Folena.
Luminosa fu la prova dello autore di quella strage,
219

e nessuno sospettò mai come meno giusta la con


danna allo ergastolo a vita che pronunziarono contro
il Folena i Magistrati della Corte di Lucca. Gravis
sime nel Folena le cause di nimistà : pertinace ed
antico l'odio contro l'ucciso ; ripetute le manifesta
zioni del truce disegno ; ripetuti anche i precedenti
tentativi ; feroci le abitudini sue : la designazione
in lui dello autore dell'omicidio eliminava ogni bi
sogno di cercargli un mandante od un istigatore .
Ma la moglie del Donati aveva un drudo segreto.
E tengasi per fermo che ogniqualvolta venga ucciso
proditoriamente un coniugato la cui moglie ha fama
di adultera, il cicaleggio delle comari non mancherà
di spargere sospetti di connivenza sopra di lei. Que
sta fu la cagione che spinse la giustizia investiga
trice ad estendere le sue ricerche anche contro la
moglie dell' ucciso.
Ma le ciarle delle comari e gli amori adulteri,
per quanto provati , non potevano bastare a costruire
i fondamenti di una complicità morale, quando il
processo non aveva una pagina dalla quale appa
risse il mandato o la istigazione della donna. Vi era
però una pagina che terribilmente pesava sopra di
lei come base di un ausilio materiale coefficiente
alla strage. Era certo che nella notte fatale in casa
Donati non era che il marito e la moglie. Era certo
che l' uscio principale di ingresso a quella casa
chiudevasi dalla parte interna con catenaccio. Era
certo per testimoni e per confessione della donna
che anche nella sera fatale il catenaccio interno era
stato tirato ed aveva assicurato quell'uscio. Come
dunque aveva potuto il Folena introdursi là dentro ?
Non era un mero sospetto ; non un semplice indizio;
220

era una necessità in questo stato di fatti o subire


la ipotesi dell'accusa che la donna si fosse alzata
dal letto ed avesse aperto l'uscio al sicario ( ed ecco
il materiale di un ausilio necessario ) o spiegare
altrimenti lo ingresso del micidiale . Questa seconda
via appariva disperata a tentarsi, perchè la istruzione
nei primordi del procedimento segreto aveva affidato
ad un uomo di quei paesi la ispezione locale ; e que
sti non aveva esitato a ripetere che la casa Donati
non aveva altri ingressi tranne la porta principale.
Ma costui era caduto in un equivoco di parole ri
tenendo che ingressi ad una abitazione fossero sol
tanto le porte, e non aveva tenuto conto di una
finestrella terrena che metteva ad una scala interna
la quale senza ostacoli conduceva alla camera. Alla
vigilia del dibattimento chiesi una dilazione all'ot
timo Presidente Fornaciari . Esso ( altrettanto noto
per la sua severità quanto per la sua rettitudine e
rispetto illimitato al sacro diritto della difesa ) non
esito ad accordarmelo quando gli ebbi francamente
manifestato che il mio fine era quello di fare ispe
zioni più esatte sulla località. Mi recai su quelle
montagne accompagnato dal mio collega Dal Pog
getto , e da un perito di nostra fiducia ; e seguitati
sempre a breve distanza da un delegato di sicurezza
al quale la polizia tenebrosa mi aveva consegnato,
stoltamente sognando che si andasse a comperare
testimoni . Diedi ordine che nessuno dei paesani mi
accostasse neppure per un saluto, spargendo voce
che chi avesse parlato con me sarebbe stato messo
prigione. A guida di un cugino della cliente, che ci
ospitò nei tre giorni della nostra dimora, ci dirigem
mo alla parte postica della casa Donati senza nep
221

pur vederne la facciata e la porta di ingresso. Là


ci appressarmo alla finestrella terrena . Non aveva
nè inferriate nè chiusure : aveva dimensioni capa
cissime a dare adito a qualunque uomo; ed un
parapetto così poco elevato dal suolo esterno che
il difensore potè varcarlo con tutta facilità senza
nessun aiuto ; e liberamente percorrere tutta la casa.
È vero che quella finestrella immetteva esterior
mente in un orticello privato ; ma del suo antico
muro di cinta non rimanevano che le vestigia dei
fondamenti: e poi ( importantissima osservazione )
quell'orticello accedevasi dalla porta posteriore
della casa Folena : cosicchè il Folena era padrone
di entrare liberamente in casa Donati quante volte
a lui fosse piaciuto . Procurai dal mio perito una
esatta pianta topografica La mappa ed il perito de
fensionale fecero parte dell' orale processo , nel quale
il verificatore fiscale restò ( come ben doveva ) sgo
minato e conquiso. Dopo questa rettificazione di fatti
cosa rimaneva ad aspettare se non l' assoluzione
della Barbera pronunziata senza esitanza dai giudici
Magistrati ? Le ciarle delle comari erano fuochi di
paglia, perchè non eravamo in faccia ai Giurati . Di
complicità morale non eravi traccia ; non vi era la
più piccola prova diretta di un ausilio materiale ;
la prova induttiva di questa partecipanza materiale
desunta dalla impossibilità dello ingresso era demo
lita. Si doveva dunque assolvere la donna ; e si as
solvette per buona giustizia. Ecco la storia di una
delle mille vittorie, che ottenute da me al criminale
od al correzionale hanno popolarizzato il mio nome,
e mi hanno dato una celebrità esagerata. Io non
debbo la mia gloria nė al merito nè alla fortuna : la
222

debbo tutta al sistema della inquisizione segreta :


la debbo alle preoccupazioni dei giudici istruttori : la
debbo alle precipitazioni delle accuse e degli invii.
Ed io posso affermare che sotto il sistema di : una
inquisizione contradittoria le mie mille vittorie sa
rebbero state appena cento. Sarebbero state appena
cento, perchè dove io aveva il patrocinio di un in
nocente le tempestive obiezioni del difensore avreb
bero posto in luce più di buon ora quella innocenza,
e risparmiato una persecuzione inutile e vessatoria .
Sarebbero stale cento, perché quando il mio cliente
era ( e forse lo sarà stato sovente ) veramente col
pevole, le tempestive osservazioni della difesa avreb
bero illuminato la inquisizione stessa ; e fattole co
noscere che costruiva la statua di Nabucco posata
sopra un piede di creta, l'avrebbe potuta condurre
a più utili ricerche, ed a dare altra base al proprio
edifizio togliendola dalla illusione di avere tutto in
mano mentre novello Issione non stringeva che una
nuvola. Così in grazia del negato contradittorio la
inquisizione e l'accusa passarono il Réno senza
cannoni , e non vi era bisogno di un Moltke per
vincere un'armata disarmata.
Io voglio esprimere tutto il pensiero del settua
genario patrono. Ben lungi dal temere pericoli per
la giustizia dal contradittorio della difesa nello
scritto procedimento, io consiglierei ai giovani pa
troni a non essere tanto corrivi ad accettarlo quan
do fosse loro concesso . Lo accettino senza ritardo e
senza ritegno quando hanno la certezza di difendere
un innocente. Ma quando hanno ragione di diffidare
delle dichiarazioni dello imputato , e temono di avere
a mano un vero colpevole, siano cauti, e vadano con
223

piede lento . Altrimenti avverrà loro ciò che vidi più


volte accadere quando sotto gli ordini passati il pro
cesso inquisitorio costruivasi con forme più liberali:
avverrà loro di porgere materiali ad un processo di
accusa che è vuoto mentre ciecaniente immaginano
di costruire un processo defensionale ; ed accelerare
il trionfo della difesa . Crede mihi. Cosa guadagnò
la giustizia col chiudere per quasi un anno la Bar
bera Donati in una segreta, e respingere tenace
mente ogni intervento defensionale dalla procedura
scritta ? Rispondasi . Vi avrebbe forse guadagnato
l' assassinio giudiciario di una innocente se un ter
remoto avesse demolito quella casa dopo le officiose
verificazioni dello incaricato fiscale . Ma poichè il
terremoto non venne a soccorrere l'accusa, vi gua
dagnò la prolungata ed ingiusta carcerazione di una
innocente ; vi guadagnò lo effetto di generare la
falsa e poco morale opinione, che tuttora perdura
nel volgo ignaro, che una scellerata viricida fosse
sottratta alla meritata pena per la sognata abilità
del suo difensore.
3.° Materialità transitorie . - Vi sono certi risul
tamenti materiali che avrebbero bisogno di una com
pleta ed imparziale verificazione immediata, perchè
dopo il giro di poche ore saranno probabilmente di
leguati senza possibilità di ritorno. Potranno i fu
turi giudici essere tranquilli sulla esistenza di tali
circostanze quando la inquisizione segreta abbia cre
duto di renderle costanti senza cotradittorio ? Non
sarà egli a temersi che un'abile difesa alle opi
nioni raccolte dalla inquisizione contrapponga arti
ficiose congetture , facendosi forte della impossibilità
nella quale trovasi oggi coartata di combattere le
.
224
asserzioni avversarie mediante una controprova po
sitiva e diretta ? Se la difesa riesce a costruire un
dubbio, non è egli a prevedersi che i giudici coscien
ziosi ne piglino motivo di esitazione, e si gettino su DO

quella massima salutare in dubio pro reo ?. Questa


massima non sarebbe ella stata posta fuori di scena
per sempre se la costatazione di quelle materialità
AT

transitorie si fosse fatta nel contradittorio dello im


putato e del suo patrono ? Quali danni, qaali peri
coli avrebbe egli prodotto questo tempestivo inter TE
vento ? Si risponda .
Anche di questa osservazione io darò un esempio
raccolto dalle mie pratiche ad occasione dell'art. 326,
S. 1 , II del codice Toscano, il quale dichiara grave
una lesione personale, quantunque leggerissima e
velocemente guarita, quando perturba transitoria HIL

[
mente le facoltà mentali dell'offeso. Ecco il caso.
Due giovani di civile famiglia vennero fra loro a
contesa, ed uno di loro riportò un colpo nel capo.
La lesione era insignificante. Ma il leso era impie
gato nell'uffizio del Procuratore del Re, e troppo
bene conosceva la legge e lo interesse proprio. Si
mise in letto : e quando pronti accorsero i suoi com
pagni di uffizio lo trovarono in uno stato di comple
to delirio. Non tardò a chiamarsi l' officioso perito
fiscale, che ( come era ben naturale ) in pochi mi
nuti si persuase che quella lesione era accompa
gnata da perturbazione delle facoltà mentali. Quindi
subitanea emissione del mandato di arresto, e pre
visione dello invio per una lesione, che in rei veri
tate era leggerissima, alla maggiore competenza.
Senza una accidentalità provvidenziale quel feritore
era rovinato, ed andava ad essere ingiustamente
225

colpito da pena soverchiamente maggiore di quella


da lui meritata. Ma l'intervento della provvidenza
vi fa , perchè il medico curante di quell'offeso era
uomo altrettanto accreditato per la sua dottrina
quanto per la sua imparzialità. Egli aveva assistito
l'offeso prima della visita fiscale ; egli continuò ad
assisterlo nel corso della successiva notte, e potè ac
certarsi che quello improvviso delirio sopraggiunto
quando il leso vide il suo letto attorniato dagli in
quisitori non era che un artifizio diretto al fine della
vendetta. Provocato il suo esame nello interesse
dello imputato potè quel medico emettere il suo
giudizio, confortandolo con i precetti dell'arte e con
documento di fatti positivi da lui osservati al letto
dell'offeso col quale aveva ragionato tranquillamente
prima e dopo la visita giudiciaria ; e lo pose cotanto
in chiaro che i Magistrati non emisero neppure il
decreto di invio per la voluta lesione grave . La sor
te assistè quella volta la verità e la giustizia. Ma
queste sante Dive devono esse confidare nella for
tana ! Se invece erasi in una campagna ; o alle ma
ni di un medicastro qualunque, cosa sarebbe avve
nato ? Probabilmente un errore giudiciario. Ma qua
le inconveniente sarebbe stato a temersi se invece
di confidare alle eventualità della fortuna la com
pleta e più esatta e più imparziale verificazione di
un'aggravante tanto seria, la legge avesse provve
duto che la difesa facesse le sue parti quando era
tuttora in tempo a farle ? Una discussione scienti
fica fra i periti fiscali e i periti della difesa ese
guita nella anticamera dello infermo in presenza dei
fenomeni controversi e tuttavia perduranti , rendeva
forse meno probabile il trionfo del vero ? Forse que
VOL. IV. 15
226
sto trionfo guadagnava probabilità , perchè la discus
sione si aggiornava ad un tempo nel quale i fatti
erano divenuti reminiscenze ? Forse questo trionfo
guadagnava probabilità quando la giustizia non ave
va innanzi a sè che le preoccupazioni del perito
fiscale, perchè ogni verificazione di periti defensio
nali al letto dello infermo era stata interdetta dalla
tenace idolatria del segreto e della soverchia fede
in un dualismo apparente ? I periti fiscali! Le loro
reminiscenze ? Eh mio Dio ! Io troppo ne so di que
sti periti e di queste reminiscenze. Troppe volte io
vidi al dibattimento attaccato da dotti periti a di
fesa il giudizio del fiscale perchè nella sua relazione
mancava la indicazione di uno od altro fenomeno che
la scienza designava come caratteristico, e necessaria
condizione alla rettitudine di quel giudizio. E troppe
volte io vidi il fiscale rispondere constricta fronte
che riscontrò anche quello ed anche quell' altro fe
nomeno quantunque non fosse un minimo cenno di
ciò nella sua minuziosissima relazione . Ed allora ?
Allora il giudice od il giurato che dovrebbe pro
nunziarsi sopra dati positivi si trova consegnato alla
onda delle congetture, delle impressioni, delle sim
patie personali : e chi, ne tocca ne tocca. 14

Altra volta uno scolare Pisano venne accusato di


avere tentato il veneficio di una sua ganza inco
stante. Sottoposto il vino che supponevasi attossicato
alla analisi chimica di due periti fiscali Lucchesi ,
questi dichiararono tosto che vi era il veleno, ne
definirono le condizioni e lo proclamarono attissimo,
a recare morte . Per poco non dissero che quella
donna sarebbe venuta a morte col solo avere odo +

rato quel vino quantunque la vedessero incolume,


227

La difesa fu affidata ad un mio collega della facoltà


giuridica Pisana . Esso chiamò in faccia alla R. Corte
di Lucca il Professore Taddei . E questi ( rintuzzando
la ignoranza dei farmacisti Lucchesi con l'autorità
del suo nome, con l'autorità dei chimici più accre
ditati, e con le più positive argomentazioni ) dimostró
che la sostanza trovata in quel vino non era veleno
atto ad uccidere, e neppure a produrre una doglia
di ventre a chi lo avesse ingerito. Così dopo tanto
scalpore di questo processo i Magistrati della Corte
di Lucca dovettero assolvere, e al cospetto del pub
blico dichiarare che un onesto giovine era stato
sottoposto a prolungata prigionia ed inviato al giu
dizio sotto gravissima accusa per un delitto del
quale non esisteva il materiale . Sono edificanti que
sti risultati ? Sono onorevoli per la pubblica giustizia ?
Essi sono figli legittimi della inquisizione segreta e
della negazione di un tempestivo contradittorio .
Altra volta ebbi a difendere Angiolo Manfredini
di Montecarlo . Un tale erasi introdotto in un bosco
affidato alla vigilanza di lui per rubare legna : ma
vedendo transitare per colà la guardia Manfredini
armata di fucile erasi nascosto in un cespuglio. La
guardia ad un tratto esplode il suo archibugio ( dice
egli ) contro un beccaccino che si era alzato dinanzi
a lui : e realmente vi erano dei beccaccini in quella
località. Quattro o cinque pallini vanno a ferire il
ladro nascosto nel cespuglio : la ferita è leggerissima,
ma le autorità locali la sostengono volontaria . Ecco
dove si stringe tutto il disputabile. Sembrava assai
difficile costruire la prova della volontarietà senza
l'appoggio di nessuno antecedente o concomitante,
e mentre lo stesso offeso non era colpito che da
228

pochi pallini avventati , e non poteva asserire di


essere stato udito o veduto dal Manfredini. Pure lo
inquisitore non si sgomenta. Comparisce in processo
un verbale mediante il quale si accerta che egli
acceduto sulla località con l'assistenza di due periti
cacciatori ha potuto trovare nelle fronde e nei ra
moscelli circostanti certe tracce le quali hanno con
vinto quei cacciatori che l'archibugio era esploso
contro l'uomo e non contro il beccaccino. Questo è
il piedistallo dell'accusa di lesione volontaria, a ri
spondere della quale viene inviato il Manfredini
avanti il Tribunale Correzionale di Lucca. E fu gran
merce ; perchè certi attuali Procuratori del Re lo
avrebbero inviato a rispondere di tentato omicidio,
e forse di omicidio mancato. E come no ? Vi sono
pure i Giurati che secondo lo stato del loro sto
maco inghiottono qualunque pillola ! Conosciamo or
mai troppo la teorica della speranza che oggi ha
prevalso fra noi nella materia degli invii alla vec
chia teorica della probabilità . Conversione funesta !
È bene che un accusatore zelante si tenga largo ;
non può mai sapersi cosa avviene, e spesso le pa
pere hanno più fortuna in piazza quanto più sono
grosse. Quando la causa fu chiamata alla udienza
il verno aveva ormai distrutto quelle fronde, e obli
terato su quei ramoscelli le tracce che tanta luce
avevano gettato nella mente dello inquisitore e dei
famosi suoi cacciatori . Mi fu dunque impossibile di
fare una controverificazione.
Confutare i ragionamenti di quel verbale e le
argomentazioni poste in bocca a quei cacciatori, non
mi era neppur questo possibile ; per la suprema
ragione che nulla io ne comprendeva ; e non avvi
229

cosa tanto difficile quanto confutare ciò che non


si intende. Io vi trovava un arzigogolo incompren
sibile, ma che pure bisogna dire che fosse un pere
grino monumento di logica poichè servì di base alla
prima condanna. Che fare dunque ? Fortunatamente
io conosceva di persona quei famosi cacciatori . Mi
presento alla udienza, e chiedo l'esame formale in
mio contradittorio dei due periti. Opposizione : già
si sa. Rigetto : già si prevede, e successiva condanna
a qualche mese di prigionia. Mio ricorso alla Cas
sazione per coartata difesa ; e Cassazione a volta
di corriere con rinvio all'altro turno del Tribunale di
Lucca. Alla nuova udienza la istanza è esaudita, e
compariscono i famosi cacciatori. Ilarità universale.
Uno di essi ha i piedi nudi entro due zoccoli ; l'altro
è affatto sprovvisto di ogni calzatura ; ambedue
coperti da cenci laceri e rattoppati. Chi sono costoro ?
dimanda il Presidente mal frenando le risa. Sono
( rispondo io ) i famosi periti del giudice inquirente.
Chi siete voi, qual mestiero fate ? prosiegue il Pre
sidente. Siamo mendicanti che giriamo il mondo per
procacciarci un pezzo di pane. Ma almeno in ad
dietro siete stati cacciatori ? Illustrissimo no : mai
abbiamo maneggiato un fucile . Ma con quale audacia
vi spacciaste dunque periti cacciatori ? ripiglia il
Presidente che comincia a sdegnarsi di quella mi
stificazione, e non ancora ha saputo determinarsi ad
unire le sue risa alle risa universali di tutta la
udienza. Noi ... ( rispondono tremando quei di
sgraziati) noi si andava in giro alla cerca di un tozzo
di pane, quando un signore ci chiamò, dicendoci che
il sig. Giudice ci voleva, e che se lo avessimo per
breve tempo assistito ci avrebbe dato una lira per
-
230

ciascheduno. Si immagini ! Non ci parve vero. Ma


alfine cosa vedeste, cosa osservaste ? Noi ! nulla.
Sentimmo leggere un foglio che dicerto doveva star
bene, poichè lo aveva fatto il giudice . Poco vi vuole
a comprendere che il Procuratore del Re abbandono
l'accusa per risparmiarsi i motteggi della difesa, e
che l' assoluzione non si fece aspettare . 1
Queste non sono fole. Sono fatti che hanno docu
menti autentici negli archivi dei Tribunali ; e quando
se ne brami degli altri, in un portafoglio di 43 anni
duro poca fatica a trovarli .
Ma se questi sono fatti e non fole, e se bramasi
il trionfo del vero e della giustizia nei criminali
processi, convengasi che la giustizia e la verità quan M

do vi è bisogno di constatare materialità transitorie 2


hanno necessità di guarentigie migliori che non sia
no le presenti offerte ai cittadini della libera Italia.
4.° Materialità permanenti o accessorie o princi
pali - I danni della coartazione subita dalla difesa
nel periodo della inquisizione scritta sono certamen
te minori in questa quarta ipotesi ; ma pure non
sono tali che possano disprezzarsi .
Sono minori, perchè la condizione di permanente
nella materialità incompletamente verificata nel solo
fine dell'accusa lascia aperto il campo ad una solerte
difesa di integrare le verificazioni al pubblico dibat
timento. Ma pure possono esservi delle eventualità
che non lascino tranquilli nemmeno per questo lato.
Sono minori dove è accessoria la materialità in
completamente od inesattamente verificata : lo che
significa che una essenzialità criminosa sarebbe
sempre rimasta, e che le rettificazioni defensionali
avrebbero raggiunto l'unico fine di modificare il
231
titolo o la quantità del reato. Ma pure vi è sempre
una offesa alla giustizia anche quando nel cittadino
si calpesta la innocenza relativa, benchè non lo
assista la innocenza assoluta. Sarà più grave lo er
rore giudiciario che scaglia una pena sopra un capo
di nulla colpevole : ma è parimente un errore giu
diciario, deplorabile e pauroso, quello che sottopone
alla galera od alla casa di forza un cittadino che
avrebbe meritato soltanto ( in faccia al genuino stato
delle cose ) pochi mesi di carcere .
E d'altronde ( torno a ripetere la mia domanda )
quali sono i pericoli che corre la verità e la giu
stizia se apresi il contradittorio della difesa nelle
contestazioni della rottura di un serrame , dell'altez
za di un muro, con la quale vuolsi decidere ( a inodo
di esempio ) se il furto era o no qualificato ; od
altra aggravante consimile ? Cosa può egli fare a
nocumento della giustizia un patrono che assiste
a cosiffatte verificazioni ? Niente a mio giudizio di
male : molto invece di bene, perchè se ne completa
la certezza, e si eliminano i conflitti di una futura
contestazione eretta sulle congetture o sulla remini
scenza di testimoni partigiani. La verità si cerca. Per
ottenerla si crede necessario il sussidio di un'arte
o di una professione. E perchè l' artigiano o il pro
fessionista (chiamato ad emettere quel giudizio a
scelta dell'accusa e talvolta eletto forse fra gli abi
tuali stipendiati di lei) dovrà egli farsi autocrate della
questione, e costringere i futuri giudicanti a cur
varsi in faccia all'oracolo suo ? Non vale egli meglio
che questo oracolo si pronunci nel contradittorio di
altro artigiano o professionista chiamato immedia
tamente dalla difesa ? Certamente le materialità non
232

si modificano per abilità maggiore o minore di chi


le ispeziona . Se il giudizio del perito fiscale è nel F
1
vero, questi con la evidenza conquiderà una volta
per sempre i dubbi della difesa senza lasciare loro M

speranza di risorgimento. Ma se il perito fiscale era


invece nell'errore non sarà egli vantaggioso che il .

perito defensionale correggendo immediatamente lo


errore risparmi il rimorso di una carcerazione pre
ventiva ingiustamente decretata. ; e risparmi lo scon
cio dello invio di un reato meschino alle competen
ze superiori ?
Anche una volta il contradittorio in questa ipotesi .

può mettere a pericolo le accuse false od esagerate ;


mai condurre a naufragio la verità.
Illustrerò anche questa ipotesi con qualche esempio.
Io mi trovava a Firenze per la Deputazione al
Parlamento quando mi avvicinò un mio povero .

compaesano, e narrandomi che il suo figlio ( impie


gato governativo ) era in carcere per un furto qua
lificato, me lo raccomandò : promisi di andarlo a
vedere alle Murate, ed esaminare cosa poteva fare
per lui .
Quel giovine mi aperse fidente il suo cuore. Io
sono colpevole ( egli mi disse ) del furto che mi si
appone di cento franchi che sottrassi dal cassetto
del mio superiore. Ma è falso, è un sogno, che io
adoperassi la falsa chiave per commettere il furto .
Quel cassetto si apre e si chiude senza bisogno di
alcuno stromento, e senza guasto alcuno, per vizio
originario della sua costruzione . Di questa singolari
tà egli aveva fatto accidentalmente scoperta, e gio
vine ventenne aveva ceduto alla tentazione. Mi de ;
scrisse il facile modo col quale poteva ad ogni
233

momento ripetersi quella operazione , che egli era


pronto a rinnuovare al cospetto dei giudici quante
volte gli se ne fosse data balia. Lo indussi a persi
stere nella sua confessione al pubblico dibattimento,
e ne accettai il patrocinio. La verità stava per noi.
Non più trattavasi di casa di forza, la pena debita
doveva ridursi al più ad un anno di prigionia , e
detrarsene la custodia sofferta oltre il mese. Ma alla
Corte di Firenze lo incidente di un esperimento
parve quasi eccitasse le risa. Vi era la perizia giu
diciaria la quale autocraticamente assicurava che il
furto doveva essersi commesso col mezzo di falsa
chiave . In faccia a quel documento ogni tentativo
di miglior prova era inaccettabile perchè la prova
fisica e positiva parve ( stranissimo e disumano
concetto ) avesse minor valore della prova conget
turale. Il giudicabile fu inesorabilmente condannato
a cinque anni di casa di forza. Non tardammo a
ricorrere alla Cassazione contro la reiezione dello
incidente sul motivo della coartata difesa : nè tardo
ad esaudirmi la giustizia della Corte Suprema.
Cassata la sentenza fiorentina, e rinviato il nuovo
giudizio alla R. Corte di Lucca, io non attesi la
udienza. Inoltrai regolare istanza al Presidente per
lo esperimento, ma la istanza fu precipitosamente
reietta. Ed io tornai ad insistere sulla esecuzione
del decreto della Corte Suprema protestando di
nuovamente ricorrere ; e fu necessità chinare la
fronte e prestarsi allo scuoprimento del vero. Io non
faceva questione di opinioni o giudizi, ma di fatti :
e conseguentemente mi dichiarava sodisfatto che
lo esperimento si eseguisse al mezzo degli stessi
periti fiscali perchè la loro ritrattazione fosse più
234

splendido documento della illusione nella quale essi


ed i primi magistrati erano fatalmente caduti . La
prova fu eseguita . Ed al pubblico dibattimento com
parvero i periti fiscali a recitare il Confiteor; com
parve lo stesso ufficiale derubato a recitare il Con
fiteor : si alzò il Pubblico Ministero a recitare il
Confiteor ; e con voce pietosa lamentando la falli
bilità degli umani giudizi ringraziò la provvidenza
che aveva questa volta risparmiato un errore giu
diciario . Condannare si doveva : ma la condanna fu
ridotta a poca prigionia per la maggior parte as
sorbita dalla detenzione sofferta .
Quale sarebbe stato il pericolo per la verità o il
danno della giustizia se a quella prima perizia si
fosse chiamato ad assistere un difensore dello ac
cusato che dalle labbra di questo avesse potuto at
tingere la notizia del vero ? Avrebbe forse potuto
quel patrono quasi per incanto tramutare le con
dizioni dello scrittoio sotto gli occhi dello inquisitore
e dei suoi periti ! Vanità pensarlo. Da quel contra
dittorio non danno nè pericolo saria derivato, ma
benefizio grandissimo; risparmio del prolungamento
di una indebita carcerazione : risparmio di tre so
lenni giudizi a tre Corti superiori, sfumati poscia
in una condanna microscopica : e si sarebbe evitato
il rischio che una iniqua condanna venisse a ferire
chi sebbene colpevole era peraltro relativamente
innocente della qualifica sostenuta dall'accusa. A che
giovò per lo contrario il vantato dualismo degli
ordinamenti attuali ? A che giovò il segreto, a che
la guarentigia della perizia fiscale ?
La perizia fiscale ! Ma come avevano potuto quei
periti così recisamente asseverare il concorso della
235
falsa chiave ? Nessuna traccia, nessun vestigio guido
questo loro giudizio . Essi, come troppo spesso av
viene ( 1 ) , costruirono la loro scienza sul criterio
della ignoranza. Argomentazione pur troppo fre
quentissima e fatale. Noi non sappiamo come po
tesse rubarsi il danaro da quel cassetto senza lo
aiuto di falsa chiave : dunque deve ritenersi la falsa
chiave. È questo il criterio col quale nei passati
secoli si giudicava stregoneria tutto ciò che il volgo
ignorante vedeva di insolito e straordinario. Non co
noscendone le cause naturali e tutte umane, si ri
correva al soprannaturale, ed al sovrumano. E non
ricorda la storia che lo inventore della stampa fu
carcerato e posto sull'orlo del rogo, perchè non
conoscendosi il suo mirabile meccanismo credettesi
che la riproduzione così veloce della scrittura fosse
opera di magia e di un patto satanico !
Cosi avviene che tanto spesso le perizie fiscali
guidino allo errore anzichè allo accertamento del
vero. Già vi è frequente equivoco nella scelta degli
uomini . Videsi un Pretore che accedeva in località
lontana convertire secondo il bisogno in perito fab

(1 ) Nel passato secolo un Francese che erasi introdotto


in un limitrofo contado di Spagna per fare caccia di petti
rossi con la sua civetta , vide corrersi addosso quei fanatici
villani che a viva forza lo trascinarono all'Alcade affinchè
lo consegnasse al Santo Uffizio per essere bruciato come
stregone . Nuovi a quel fenomeno, ed inabili a spiegare quel
correre dei pettirossi attorno all ' uccello notturno , e gettarsi
spontanei sopra la pania , si convinsero che vi era una ma
lìa , una opera diabolica . Era la scienza costruita sul criterio
della ignoranza .
236

bro o in perito falegname il suo vetturino, rispar


miando così la duplicazione dell'onorario del Perito e
del vettore : ed un celebre processo agitato non ha
guari alle Assise di Arezzo diede di simile fatto prova
documentale. I periti cacciatori poi si improvvisano
a comodo dello inquisitore. È invalso il costume di
chiamare a questo uffizio un armaiolo qualunque,
benchè forse non abbia mai ucciso un augello. La
pratica del meccanismo di un acciarino si tiene
equivalente alla pratica della balistica. Alla guisa
medesima sarebbesi potuto chiamare il celebre Pal
merini di Pistoja a fare una perizia di chirurgia,
perchè notoriamente eccellente nello arruotare i
ferri chirurgici !
Poi la istruzione cade spessissimo nel suggesto
verso i suoi periti . Il suggesto consiste nel comu
nicare loro le prove testimoniali già raccolte in pro
cesso. Questa comunicazione è necessaria quante
volte si tratta di emettere un giudizio scientifico
sulla sintesi di svariate circostanze di fatto ; per
esempio il giudizio sopra la alienazione mentale o
transitoria o permanente. Ma quando è la circo
stanza di fatto che vuolsi con ordine rovescio di
idee avvalorare col giudizio peritico, è suggestivo,
è prepostero, è sempre fallace il metodo di sotto
porre al perito le risultanze testimoniali. Ne avviene
sempre che l'arte o la scienza del perito escono di
scena per cedere il luogo alla credulità delle asser
zioni altrui . Il perito diviene un giurato comune e
non è più il maestro dell'arte o della scienza.
Così in un processo istruito contro una femmina la
quale aveva osato percuotere nella testa il proprio
genitore, io lessi nella relazione del medico campa
-
237

gnuolo che le condizioni di quella ferita mostravano


essere stata recata col manico di una granata. Pro
digi di intuizione impossibile che rivelano patente
mente il suggesto ! Ma pure quel miracoloso giudi
zio bastò all'accusatore per dire doversi tenere per
sincera la incolpazione dell'offeso che narrava aver
ricevuto un colpo col manico della granata, poichè
le sue parole erano amminicolate dal giudizio in
censurabile dell'uomo dell' arte !
Per queste cagioni, e per la idea fatalmente pre
concetta che al perito fiscale corra il dovere di so
stenere l' accusa, ne avviene spessissimo il naufra
gio delle perizie giudiciali al pubblico dibattimento,
e il loro frangersi nelle secche alle quali sono con
dotte dalla critica della difesa .
Non può dunque seriamente fidarsi che alla tu
tela giuridica della innocenza basti il dualismo pre
sente, neppure quando il dualismo si converta in
una trinità per l'aggiunta del perito fiscale, che il
più delle volte non è una terza voce, ma un eco.
Allo scaturire della favilla è necessario il conflitto
fra il metallo e la pietra : allo scaturire della verità
è necessario il conflitto di due menti che si aguz
zino verso un obiettivo diverso . Senza ciò anche i
dodici non saranno che uno quando si faranno cor
rere come le pecore ľ un dietro l' altro, e lo per
chè non sanno .
Più comico ancora fu lo sbaragliamento della pe
rizia fiscale in altro caso che vado a narrare. Nella
bottega di un fabbro di s. Gennaro fu trovato un
pezzo di acciaio, che era un conio destinato a con
traffare i vecchi soldi Lucchesi. Quello arnese era
stato portato colà poco innanzi perchè il fabbro lo
238
racconciasse in un punto dove aveva sofferto leg
gerissimo detrimento ; e forse lo stesso individuo
che ve lo aveva portato era corso ad avvisare la
pubblica forza che ne fece tostano sequestro. Ma ciò
1

a nulla monta . Quel fabbro era responsabile del


possesso di falsi conii, previsto dallo art. 242 e col
pito del carcere da un mese ad un anno .
Ma in quella Provincia avevano circolato parec
chi soldi borbonici falsificati. L'accusa non si ap
pagava di avere raggiunto un qualunque detentore
di falsi conii . Essa voleva poter dire di avere sco
perto il fabbricatore, e colpirlo con la grave pena
dell'art. 222 lett. b. Quindi spinse la inquisizione
allo assodamento dello obietto di contraffattore a
danno del malcapitato fabbro, il quale trovossi in
quella pegola per la avidità di guadagnare qualche
lira a racconciare quell ' arnese.
Lo inquisitore non mancò di diligenza. Egli non
prese per i vicoli . Battè proprio la via regia e po
stale , e fece venire dalla zecca di Firenze i due capi
zecchieri di quella officina. Ai due periti sottopose
il quesito se con quello arnese reperito al fabbro
si potevano fabbricare i soldi borbonici che erano
stati sparsi per la Provincia Lucchese. Di qui di
pendeva la determinazione finale dei limiti dell'ac
cusa. Se quell' arnese era sufficiente a coniare i soldi
falsi l'accusa poteva formularsi traducendo il fab
bro come autore della contraffazione. Ma se invece
l'arnese era insufficiente, e vi era bisogno di altri
meccanismi e di altri apparecchi, era necessità che
l'accusa si limitasse al semplice obietto di pos
sesso doloso di conii, non contrastato e non contra
stabile dalla diſesa. Era questa una necessità, per la
239

incensurabile vita anteatta del mio fabbro, per la


assoluta mancanza di ogni spendimento ad opera
sua ; e perchè costretta una volta l'accusa a cercare
altrove l' opificio della fabbricazione la stessa qualità
di fabbro nel mio cliente veniva spontanea ad in
dossare a lui la semplice figura di un accomoda
tore di conii, anzichè di un coniatore di soldi. E come
poteva d'altronde l'accusa costruire lo edifizio di
una correità per associazione con i contraffattori
quando non aveva saputo volgere le sue armi con
tro altri individui ? Il punto vitale della questione
stava dunque nella potenza dello arnese sequestrato
al mio fabbro .
Allo inquisitore i capi zecchieri fiorentini avevano
senza esitanza risposto ( senza neppure degnarsi di
fare la prova ) che con quell'arnese era facilissimo
fabbricare soldi borbonici . Bravi ! E come ? Con lo
introdurre un tondello di rame in quell' arnese , e
poi battervi sopra un colpo di pesante mazza di
ferro. Tornarono gli zecchieri alla pubblica udienza,
e con un coraggio da leoni e tuono cattedratico ri
peterono la loro assertiva. Io rispettosamente di
mandai loro se dunque essi avessero potuto fare
un soldo con quello strumento. Noi no (replicarono)
perchè noi non siamo facchini . Ma ci dia due uo
mini di forte braccio, e glie ne fabbrichiamo quanti
ne vuole. Gli uomini ( soggiunsi io ) li avranno a
loro talento, giacchè io faccio formale incidente per
avere lo esperimento. Lo incidente fu accolto, per
che sarebbe stato coartazione di difesa pretendere
che la giustizia restasse sotto la signoria dei pro
babili quando aveva dinnanzi a sè chi le offeriva
la evidenza palpabile .
210
Alla dimane il Tribunale col Pubblico Ministero,
accusato, e difesa, si trasferi in un locale terreno
destinato a quel fine con regolare decreto. Là tro
vammo gli zecchieri associati da Sterope e Bronte
condotti e già istruiti da loro. Grosse incudini ; pe
santissime mazze di ferro ; nulla mancava : dun
que alla prova.
Il Tribunale consegnò l'arnese controverso ai pe
riti . Essi avevano preparato dei tondelli di piombo.
Ma sebbene i soldi fossero di rame e non di piom
bo lasciai che esordissero da questa prova perchè
fosse più splendido il disinganno. Per quanto li zec
chieri sudassero dalla pena, più che non sudavano
per la fatica gli atleti da loro condotti ; per quante
fogge di percussione tentassero con variata misura
di forza, non usci da quella nuova zecca nè un ton
dello di piombo nè un tondello di rame che avesse
effigie del giglio da un lato, e della corona dal
l'altro lato, e che potesse dirsi la più grossolana
imitazione del soldo borbonico ; mentre i soldi cir
colati nella provincia erano perfettissimi. Il presi
dente Begni ad un certo punto mi domandò sorri
dendo se la difesa era sodisfatta. Sodisfatta sempre
( risposi ) quando è sodisfatto il Tribunale. E il Tri
bunale si restitui alla sala di udienza , e pronunzio
condanna per possesso di falsi conii, assoluzione per
il titolo di contraffazione : e giustizia fu fatta con
sodisfazione di tutti fuorchè dei periti fiscali, i quali
per certo non potevano molto gloriarsi degli allori
raccolti al Tribunale di Lucca.
Or come mai quei due zecchieri ( i quali bisogna
ben credere che se erano saliti allo eminente uf
ficio dovevano sapere qualche cosa dell'arte num
241
maria ) come mai caddero cosi alla cieca in quella
allucinazione ; e trassero con la autorità loro in
uguale allucinazione lo inquisitore e l'accusa ? Come
mai nel secolo decimonono potè uno esperto del
l'arte nummaria riportare la mente al secolo de
cimoquinto quando le monete si coniavano a per
cussione perchè non ancora vi si era applicato il
meccanismo torculario ? Allo errore nel quale cad
dero furono tratti dal suggesto dello inquisitore che
diede loro comunicazione del processo testimoniale .
Ecco il fatto .
Alcuni pastori che guidavano a pascolo il loro
gregge sui sovrastanti appennini udirono un giorno
in uno di quei burroni solitari il prolungato rumore
di ripetuti colpi. Per curiosità si appressarono, e
videro due uomini che con grosse mazze battevano
sopra pezzi di rame . Si ritirarono per prudenza, ma
ne diedero parte alla polizia, la quale accedendo sul
luogo non vi trovò che qualche piccola strisciolina
di lamina di rame . Ma tanto bastò perchè polizia,
inquisitore e periti zecchieri bevessero l'un dopo
l'altro il falso supposto che in quel burrone si fosse
stabilita la nuova zecca, e che i soldi falsi si faces
sero a percussione. A quei pastori era stato pre
sentato il mio fabbro, ed essi avevano positivamente
assicurato non essere egli fra i due sconosciuti ; e
ciò ( appunto nel falso supposto della inquisizione )
avrebbe dovuto servire di ulteriore argomento per
eliminare dal suo capo l'accusa di fabbricazione ;
ma di ciò non si tenne conto. Si andò innanzi come
su cosa certa sulla base della fabbricazione a col
po ; mentre in quel burrone non si faceva dai veri
fabbricatori che tagliare i tondelli, per poscia, con
VOL. IV . 16
242

l'aiuto di altro meccanismo, convertirli in soldi


borbonici .
Ma torno alla mia tesi , e dimando ; se la ammis
sione del contradittorio tempestivo della difesa nel
processo inquisitorio avesse mai potuto condurre la
giustizia allo scorno al quale la condusse il segre
to. Io lo nego recisamente. Io dico invece che se le
più complete verificazioni procacciate tempestiva
mente dal difensore avessero dileguato l'allucina
zione nella quale versavano inquisitore e periti,
avrebbe loro mostrato che erano sopra una falsa
via quando tuttora avevano tempo e modo di tor
nare indietro, e seguitando altre fila raggiungere
i veri fabbricatori che rimasero in grazia del se
greto impuniti .
E d'altronde non è essa una verità ideologica
universalmente riconosciuta che dallo attrito delle
opposte opinioni emerge la luce del vero ? Or per
chè questa verità universale deve disconoscersi sol
tanto nel procedimento criminale preparatorio ? Per
chè deve in questa operazione di tanto interesse
farsi omaggio all'orgoglio della infallibilità ? La po
lizia crede di sapere tutto, e spesso sa niente ; i
periti fiscali credono giudicare sempre bene, e spesso
giudicano a traverso. Lo inquisitore crede sempre
di conoscere tutto, e spesso invece della verità non
conosce che le illusioni alle quali lo hanno con
dotto la presunzione della polizia e l'orgoglio dei
suoi periti.
Altro esempio di trascuranza nel verificare ma
terialità permanenti ma principali mi occorse pochi
anni addietro. Nel 1867 Antonio Giorgi di Anchiano,
uomo quasi settuagenario, fu tradotto alle Assise di
243
Lucca sotto la imputazione di violenza carnale.
Gagliarde stavano contro di lui le incolpazioni per
tinaci della dolente, in giudizio e fuori di giudizio
mantenute costantemente : e la buona farna di lei ;
e la opinione pubblica ; e la comodità della occa
sione ; ed altri amminicoli recati innanzi dalla fa
miglia . Alle quali prove dell'accusa il giudicabile
( ricco di patrimonio quanto povero dello intelletto )
non sapeva opporre che una sterile negativa. La sua
vecchiezza anzichè rendere diffidenti i giudici ne
irritava gli animi preoccupati della colpevolezza
perchè la rendeva più inescusabile ; e la stessa
sua pusillanimità ed il suo cretinismo inaspriva le
ire dei giudici , i quali furbescamente lo suppone
vano malizioso artifizio ( 1 ) . A consolidare viemeglio

(1 ) Anche questa è troppo spesso nei giudizi criminali


una fatale vicenda : che gli indizi più palpabili della 1000
cenza si convertono lalvolta , nei grossolani calcoli dei Giu
rati , in argomenti di colpevolezza , a cagione di quel raffina
mento di furberia sospettosa che in lutto vuole scorgere ma
liziosi artifici dell ' accusalo . Un giudicabile sarà assolutamente
sordo : numerosi testimoni assicureranno di averlo sempre
conosciuto sordo . Ma i Giurati entrano in diffidenza che an
che questa sia una malizia . Essi raddoppiano di attenzione :
e se per una di quelle accidentalità le quali sono giorna
liere e comuni a tutti i sordi, avviene che quell'infelice

raccolga al giusto una interrogazione del Presidente , i Gju


rati si passano l'uno l ' altro la preziosa scoperta : ha in
leso bene, ha inteso bene ; finge, finge . Ed il giuoco è fat
to . Il Giurato persuaso una volta che l'accusato si burli di
lui , si fa egli stesso spontaneamente sordo ad ogni parola
del patrono , ad ogni più luminoso argomento di innocenza. !

Tutto è vano . Il verdetto di condanna è inevitabile. E quan


244 -

l'accusa aveva il Pubblico Ministero indotto due


periti medici : a questi consegnavasi la dolente per H

chè in appartata stanza istituissero sopra di lei le


opportune verificazioni; e i periti fiscali tornati in
udienza emettevano giudizio che avvalorava le de
nunzie di quella femmina. La difesa pareva condotta
a disperata rovina : mà io feci istanza alla Corte
perchè, approfittando della presenza dei periti fiscali,
fosse ordinata loro anche la visita corporea dello
accusato . Il Pubblico Ministero guardommi con sor
riso di compassione ; ma non si oppose : e la Corte
secondò, come era dovere, la mia domanda. Torna
rono in udienza i periti ; e col tuono più positivo
affermarono la impossibilità del delitto, dandone un
giudizio così sicuro da non lasciare ombra di dubbio.
Non trattavasi di una di quelle impotenze proble
matiche e vicissitudinarie che spesso sono occasione
di polemiche fra i medici , e di perplessità ai Tribu
nali : trattavasi di una atrofia completa di tutti gli
organi genitali ; atrofia di antica data ; e che da
parecchi anni assicuravano i medici aver tolto a
quell'uomo ogni speranza di esser padre e marito.
Sfolgorò allora la evidenza agli occhi di tutti. Era
una trama calunniosa : una speculazione ordita sulle
sostanze di quel vecchio incitrullito. L'assoluzione

do poscia a cose tranquille jnterpello qualche Giuralo del


perchè si dichiarasse convinto, mi odo rispondere con la più
ingenua sicurezza , vi voleva poco a conoscere che era col
pevole poichè voleva ingannarci fingendosi sordo ! Eppure
quel disgraziato era proprio sordo. E queste sono le stelle
che spesse volte illuminano il periglioso corso della umana
giuslizia !
245

( lo dirò con una figura rettorica ) fu pronunziata


prima della difesa . Questi non sono voli di fantasia
nè sforzi di dialettica. Questi sono fatti, sono fatti
che hanno i loro documenti nei processi verbali e
nelle sentenze esistenti negli Archivi. Queste non
sono vittorie che diano gloria alla difesa, perchè
poco talento davvero abbisognava per sollevare la
questione di potenza nei termini di fatto di quella
accusa. Ma se non sono vittorie gloriose per la di
fesa, sono per altro sconfitte scandalose per la accu
sa ; e vergognose per le leggi procedurali, che la
sciano la possibilità di veder trascinata la giustizia
1

a siffatti granchi in un pubblico e solenne giudizio.


Sono dimostrazioni palpabili della inettitudine nella
quale versa il vantato dualismo sotto gli ordini
veglianti ; e dei danni che derivano dal segreto
e dal negato contradittorio nel procedimento scritto.
La opera immediata del difensore avrebbe rispar
miato la carcere preventiva ad un innocente, e
risparmiato un giudizio destinato dalla necessità
delle cose ad essere l'uno o l'altro : o la sanzione
iniqua di un errore giudiciario ; o una rappresen
tanza comica nella quale la parte ridicola incombeva
alla giustizia. Ed anche una volta dimando quali
pericoli si sarebbero corsi se appena ricevuta la
denunzia della dolente si fosse dato balia allo im
putato di eleggersi un patrono che esercitasse l'uffi
cio della difesa ; interamente dimenticata in quello,
come è pur troppo dimenticata in altri mille pro
cessi fino al giorno del dibattimento. I danni del
segreto furono certi : i pericoli del tempestivo con
tradittorio quali erano ? Si risponda.
246

E in tema di armi che si guadagna egli a farne


la verificazione nel mistero, ed a non chiamarvi
l'accusato ed il suo patrono ? Non varrebbe egli
meglio ordinare che siffatte verifiche si eseguissero
sempre con l'assistenza del patrono e di un perito
a sua scelta ; e disporre altresì che il verbale di
concordia dei due periti fosse documento munito di
perpetua fede, senza bisogno di rinnuovarlo al gia
dizio orale con vano dispendio di tempo e denaro ?
In un giudizio che io discussi al Tribunale di pri
ma istanza di Lucca, i periti fiscali avevano nel
processo scritto affermato che la canna di una pi
stola perquisita aveva un vuoto inferiore di mezzo
centimetro alla misura prescritta ; e che conseguen
temente era quella un'arma vietata. Ma gli stessi
periti fiscali alla pubblica udienza dovettero affer
mare che il vuoto di quella canna era superiore di
mezzo centimetro alla misura legale , e che cosi
l'arme non era proibita . E come ciò ? Non fu forza
di ingegno, o di dialettica, o di dottrina che mi fece
ottenere l'assolazione di quel cliente : fu la mera
pratica delle armi . Il vitone ( o calcio ) di quella
canna era camerato. I periti avevano introdotto
nella canna la bacchetta di ferro dalla parte del
báttipalle, e preso norma da quella misura erano
venuti a togliere al vuoto della canna tutta la ca
meratura della vite maestra che era profonda più
di un centimetro . Ma quella cameratura era una
continuazione del vuoto della canna che doveva
calcolarsi, poichè anche quella serviva a ricevere la
polvere pirica. Introdotta dai periti la stessa bac
chetta nella canna dalla parte acuminata mostrò
che il vuoto di quella canna eccedeva la misura
247

legale. Giustizia volle che si assolvesse il detentore


di quell' arme e l'arme medesima si restituisse
come arnese legittimo. E il volgo ignorante disse
che io aveva fatto di nero bianco. Ma disse male
anche questa volta. Era la istruzione inconsulta
quella che aveva tentato di fare nero del bianco .
In quest'anno al Tribunale di Pisa i periti fiscali
dichiararono alla udienza che una pistola non era
atta ed esplodere ; e l'accusato presso il quale era
stata perquisita dovette assolversi . Ma i periti fiscali
nel processo scritto avevano dichiarato alla lesta
che quell'arma era attissima ad essere esplosa .
Avevano errato i primi periti ; oppure nei quattro
mesi di intervallo l'ossido aveva fatto la sua opera
deleteria ? Questo io non so. So bensì che i magi
strati coscienziosi non potevano demolire la evidenza '
del processo orale che contradiceva le sommarie
asseverazioni dello scritto procedimento : e che sa
rebbe stata iniquità condannare in questo conflitto.
Ma se le condizioni di quell’arme si fossero a bella
prima constatate sulla concorde verificazione dello
istruttore e suo perito da un lato, e del difensore
e suo perito dall'altro lato, il corpo del delitto sa
rebbesi renduto certo irretrattabilmente e per sem
pre. E si dirà che esagero quando affermo che
l'accusa parecchie volte si suicida col segreto ! Dico
di più che gli avvocati esercenti i quali oggi si danno
mani e piedi a propugnare riforme per introdurre il
contradittorio nel procedimento scritto fanno opera

buona e santa per la giustizia, ma gettano sassi ·
alla colombaia .
5.º° Calcoli – Lo errore nei calcoli dei periti
fiscali è frequentissima cagione di naufragio del
248

l'accusa in certi processi, e specialmente in quelli


di fallimento doloso e di peculato. Ogni giorno si
lamentano in questi temi le sconfitte dell'accusa.
Si grida contro i giurati ; si grida contro i patroni :
eppure si persiste nel vecchio sistema, e non si
vuole capire che causa di quelle sconfitte fu pre
cisamente il segreto, idolatrato fino al fanatismo per
lo influsso funesto della abitudine .
Quando la giustizia ha posto la mano sopra tutte
le carte relative all'affare ; e le ha sequestrate ed
assicurate, che può ella temere ? Un patrono deve
pure una volta essere ammesso ad esaminarle a
libito suo ; deve essere ammesso a discuterne la
veridicità, la esattezza, ed a rilevarne i risultati
sulla scorta della scienza dei numeri , che mai men
tisce. Questo si fa dopo che parecchi mesi di car
cerazione preventiva del negoziante o del pubblico
funzionario hanno ormai radicato nel pubblico la
opinione del delitto commesso ; e dopochè la giu
stizia non illuminata dallo attrito della discussione
è stata distratta dalla più retta via per le opera
zioni consumate fra le tenebre da chi forse poco
era esperto in quelle faccende ed era costretto a
vedere le cose con gli occhiali di un privato citta
dino renduto arbitro della situazione mercè la veste
di perito fiscale. In verità io non so vedere i pe
ricoli di un immediato contradittorio in processi di
questa natura, dove la indagine sullo speciale si
compenetra naturalmente e quasi sempre con la
indagine sul materiale.
Al contrario io veggo in pratica nascere gravis
simi danni da ritardare indefinitamente ciò che
dovrebbe e potrebbe essere fatto senza dilazione con
249
gli elementi medesimi . Danni dello infelice preso in
sospetto e sottoposto a patimenti che troppo tardi
dovranno riconoscersi ingiustamente inferiti: danno
per le famiglie gravemente disturbate e talvolta
rovinate : danno per la pubblica moralità appo la
quale troppo velocemente si accredita la opinione
di frodi, malversazioni e ruberie ; opinione che reca
grave ferita alla fede del commercio, alla fede nelle
pubbliche amministrazioni, e che troppo tardivamen
te dovrà riconoscersi proceduta da elementi fallaci:
da preoccupazioni dello inquisitore ; da insinuazioni
maligne di un segreto nemico ; da patentissimi ab
bagli di un perito poco illuminato o accecato dallo
zelo, o dalla veduta di farsi merito appo l'autorità con
qualche grande scoperta, e di averne più frequenti
incarichi e larghi stipendi e croci e decorazioni .
Certi procuratori del Re vennero lamentando le
frequenti assoluzioni dei fallimenti dolosi, senza ac
>

corgersi che essi pronunziavano un bisticcio, una


formula senza senso ; perchè se il fallito venne as
.
soluto ciò significa che non vi era dolo nelle sue
operazioni, e che la inquisizione aveva proceduto
su falsi dati e l'accusa si era troppo leggermente
lanciata dove non esisteva delitto . Singolare vertigine
sarebbe quella di chi deplorasse essersi ucciso un
uomo il quale non ebbe mai vita ! Eppure è iden
tica la allucinazione di chi lamenta che siasi asso
lato un delitto che mai fu delitto perchè mai esi
stette nella realtà delle cose il suo elemento essen
ziale. Vituperoso spargere lacrime perchè un giu
dicato annunziò alla società che essa aveva a pian
gere un delitto di meno. Ma da che nascono queste
frequenti assoluzioni ? Lascio andare i meandri nei
250

quali versa tuttavia la scienza e la legislazione che


non ancora imparó a definire il titolo di bancarotta.
I disinganni ed i naufragi delle accuse nascono in
questa materia principalmente dal troppo tardo
contradittorio . Ed io vorrei che si pigliassero ad
uno ad uno quei voluminosi processi , e si confron
tassero i sogni dell'accusa con i risultamenti posi
tivi ai quali condussero le critiche della difesa : e
poi vorrei dimandare se ciò che fu fatto un anno
dipoi non si sarebbe potuto fare un anno prima : e
se non fosse stato più conveniente allo interesse
sociale che un'accusa nata non vitale si soffocasse
nella cuna, anzichè costringerla a fare mostra di se
nella fantastica speranza che il caso le fornisse que
gli organi vitali dei quali mancava .
Lo stesso dicasi delle accuse di peculato. Quando
il depositario della pubblica pecunia piglia il sacco
e și invola, vi è poco da discutere : non rimane che
l'opera del telegrafo e dei trattati internazionali per
raggiungerlo, ed obbligarlo a restituire se può, ed
a subire la pena. Ma troppo spesso queste accuse
emergono da errati conteggi e da falsi supposti .
Ed allora si veggono casi che fanno tremare gli
onesti. È in questi casi che può dirsi con verità
essere uno scandalo la assoluzione ; ma lo scandalo
non è nella assoluzione : è nell'accusa.
Dei moltissimi esempi che potrei ricordare su
questo proposito tornerò ad accennarne uno recen
tissimo ed a tutti noto fra noi , perchè diede occa
sione non ha guari ad un solenne dibattimento alla
Corte di Assise di Firenze. Un impiegato , che tran
quillamente sedeva nel suo uffizio godendo quella
riputazione di onestà che cinque lustri di fedele ser
251

vizio gli avevano meritato, si vide ad un tratto strap


pato dal seno della onorata famiglia, carcerato ed
inviato alle Assise sotto la infane taccia di pecu
latore e falsario . Corsero undici mesi prima che
suonasse l'ora della verità ; voglio dire l'ora della
difesa . Al pubblico dibattimento il perito fiscale che
aveva costruito un edifizio di sogni, ignorante per
sino della tariffa giudiciaria, dovette ammutolire
sotto le critiche della difesa. Lo stesso ottimo pre
sidente dovette ammonirlo per avere proceduto so
pra dati erronei nei calcoli suoi . Il Pubblico Mini
stero, leale sostenitore della legge, non potè man
tenersi sostenitore dell'accusa, nè voile impegnare
la sua dignità a sorreggere le visioni del perito
fiscale. In breve dovette riconoscersi che il giudica
bile non si era appropriato un centesimo : non aveva
alterato una cifra. Assoluto col plauso della città ;
restituito al suo impiego ; ebbe dal governo una
promozione, giusto ma tardo riparo di sofferenze
immeritate. E tutto questo si ottenne da noi difen
sori senza l'aiuto di un perito defensionale, mercè
l'opera del mio giovine e valente compagno di di
fesa, che supplendo al difetto degli occhi miei con
trappose agli erronei bilanci del perito fiscale alcuni
prospetti che intuitiva mostravano la innocenza .
Ed anche una volta ripeto che ciò che stava in quei
numeri undici mesi dipoi, vi stava pure undici mesi
innanzi , e che ciò che fa fatto allora poteva ugual
mente essersi fatto più presto se più presto si fosse
ammesso il libero contradittorio della difesa .
6.º Recognizioni -- Vuole la logica, prescrivono le
buone leggi , esige il bisogno della verità che nei
procesși criminali le recognizioni di persone o di
252

cose si facciano inter plures ; che è quanto dire pre


sentando l'oggetto o la persona che vuolsi fare
riconoscere dal testimone, non solo, ma insieme ad
altre persone o ad altri oggetti simili per quanto
è possibile, e sconosciuti allo interrogato. Le buone
pratiche criminali furono rigorosissime su questo
punto : e lo furono a buona ragione , perchè senza
quella pluralità vi è an patente suggesto ; il quale
lascia esitanti intorno ai criterii della scienza del
testimone, non potendosi escludere che sulla reco
gnizione da lui fatta abbia esercitato un impero la
prevenzione che la persona o l'oggetto debba es
sere quello sul quale la giustizia ha posto la mano,
e che a lui viene presentato dal giudice. Anche il
vegliante codice di procedura penale con la gene
rale proibizione di ogni suggesto che dettò ( quan
tunque senza sanzione ) all'art. 85 rispetto questo
interessante precetto nella sua generalità : quantan
que poscia quando all'art. 241 , assumendo l'ipocrita
sembianza di protettore delle guarentigie della in
nocenza, fece le viste di voler riprodurre questa
santa e classica regola, altro non facesse secondo il
costume suo che renderla inetta, ridicola, ed arbi
traria. Arbitraria per la formula all uopo ( artifi
ciosamente adoperata in quell'articolo ) che in so
stanza rilascia l'adempimento della forma alla dis
crezione del giudice : ridicola per la formula qualche
somiglianza : formula elastica e che si può dire os
servata quando si sono messi a contatto due uomini
i quali abbiano ugualmente il naso e i capelli ; lo
che viene a rendere inetta tutta la disposizione,
evidentemente studiata nello arcano divisamento di
liberare i giudici istruttori dal rigore delle antiche
253

dottrine, e fornir loro un mezzo per calpestarle a


talento proprio. Melius non fuisset natus homo hic !
Ora vuolsi ben credere che i giudici istruttori si
uniformeranno ( per impulso di coscienza loro e per
le tradizioni della scuola più che per precetto di
legge ) a questa regola nel praticare le recognizioni
alle quali attendono ; e che vi si uniformeranno se
riamente e non in modo derisorio ed effimero,
usando cioè dei simili e non dei dissimili : perchè
bene si capisce come sia derisoria la osservanza di
questa forma se un oggetto di legno si pone fra
due oggetti di metallo, un uomo aitante della per
sona fra due di bassa statura, un giovine fra due
vecchi, e via così discorrendo . Ma qual danno sa
rebbe egli a temersi per la giustizia, qual pericolo
di frodi o di intrighi se lo adempimento esatto di
quella forma si rendesse più certo sotto la vigilanza
del patrono scelto dall'accusato ? Io, per quanto vi
mediti, non riesco a trovare il minimo pericolo in
questo contradittorio .
Si dirà forse che questa è una umiliazione ed
una diffidenza sconvenevole verso il Giudice istrut
tore ? Ammetterò la verità di tale osservazione : ma
essa è inconcludente perchè pecca del vizio fatale
di provare troppo, perchè demolirebbe tutto il si
stema della pubblicità. Anche il precetto della con
tinua presenza del patrono e del libero accesso del
pubblico al giudizio orale non hanno altra causa
tranne la diffidenza non di un solo Magistrato ma
bene di tre ; e può dirsi umiliante per questi Ma
gistrati superiori di dover sospendere i loro inter
rogatorii se il difensore allontanasi qualche mo
mento dalla sala. Ma che perciò ? Dalla prima fino
254

all'ultima tutte le guarentigie che le buone istitu


zioni giudiciarie impongono perchè siasi certi del
costante adempimento del rito, rivelano diffidenza
di ciò che fa il Giudice da solo : e malgrado questo
riguardo di delicatezza tutti i procedimenti, cosi an
tichi come moderni, hanno con diversi modi e di
verse misure riconosciuto la necessità di simili gua
rentigie. Io non saprei dunque vedere nè pericoli
nè danni temibili dallo intervento del patrono al
le recognizioni .
Ma invece vi sono danni e pericoli nella osser
vanza del segreto.
Pericoli della innocenza se la recognizione per
disavvertenza venne fatta senza le debite cautele,
onde nella realtà delle cose il riconoscimento ebbe
la sua causa nel suggesto del Giudice anzichè nelle
reminiscenze spontanee del fidefaciente.
Pericoli e danni per la giustizia ed eventualità
che ne sorga la impunità del colpevole, se un ac
cusato ed un patrono vengano poscia a persuadere
od anche a mettere in grave sospetto che furono
violate le necessarie cautele nella recognizione che
presenta lo scritto procedimento. La storia del giu
dizio criminale Toscano ricorda il atto notissimo
che Leopoldo II tuttora esitante sul dare sanzione
al progetto che sostituiva il giudizio orale al vec
chio processo inquisitorio, cacciò via ogni dimora e
aderi alle proposte sulle quali insisteva il suo illu
stre Ministro, per un caso di siffatta natura. Leg.
gevasi in una scritta procedura che certa donna
era comparsa in faccia al Giudice processante ed
aveva con le più esplicite assicurazioni riconosciuto
come propria e come tessuta da lei certa tela che
255
si pretendeva furtiva . Ebbene potè la difesa alla
udienza mostrare che quella donna era affatto cieca
da moltissimi anni ; e non solo non aveva veduto ;
ma neppure potuto vedere nè tessere la tela in
questione. Cosi dovette assolversi un accusato del
quale la colpa sarebbesi forse potuta mettere in
chiaro con la recognizione procurata con altri mez
zi , se una recognizione immaginaria non avesse
riempito quella pagina dal processo. E si hanno do
cumenti che provano ad evidenza non essere stato
vizio soltanto dei padri nostri le recognizioni im
provvisate dal Giudice. Ho già ricordato il troppo
celebre processo che si agitò nel passato anno alle
Assise di Arezzo contro un Magistrato convinto di
siffatti voli poetici in numero strabocchevole e quasi
abitudinarj: ed una sola di tali storie basta per get
tare la coscienza pubblica in gravissimo allarme.
Nè dicasi che a questi pericoli è sufficiente ri
paro la pubblicità del giudizio orale e la ripetizione
obbligatoria dei testimoni alla udienza definitiva.
Questa è obiezione che illude gli oppositori : ma la
obiezione vacilla per doppia risposta.
In primo luogo il testimone che riconobbe per
chè fu vittima del suggesto può essere morto nello
intervallo. La sua deposizione si legge alla udienza :
e quantunque la legge si faccia tranquilla su quella
mistica formula del semplice schiarimento, i giudici
cittadini ne potranno pur sempre ricevere una grave
impressione : ed ecco i pericoli della innocenza . Qua
le è desso il senso effettivo di quella distinzione fra
prova e semplice schiarimento ? Hanno essi sempre
i giudici popolari abilità di comprendere la meta
fisica di quella distinzione ? Essi nel loro criterio
-
256

volgare facilmente diranno che se a quel documento


non avessero dovuto prestare fede non se ne sa
rebbe dato lettura : e che lo averlo riprodotto fra
gli elementi del processo significa che debbono va
lutarlo : nè giunge la mente loro a farsi sempre una
idea netta del credere per metà o per quarti.
In secondo, luogo sia pure che possa operarsi alla
pubblica udienza il rinnuovamento di quella reco
gnizione. Allora sorgerà il pericolo per la tutela
giuridica dei consociati, perchè se un esperto mal
fattore riuscirà a mostrare che nella recognizione
intervenne in qualsiasi modo il suggesto, se ne tur
berà la religione dei Giurati, e il delinquente potrà
averne profitto con danno universale. Ed anche di
questo io ebbi recentissimo esempio.
Erasi consumato un furto qualificato nei suburbj
di Pisa caduto principalmente sopra lardi e carni
secche . Le merci rubate si erano alla dimane del
furto vendute nei pressi di Livorno da tre individui
che ne avevano carica una vettura. Due di quei
venditori erano stati riconosciuti, e già sono ormai
consegnati alla casa di forza. Ma il terzo non era
persona nota ai compratori ; essi soltanto indicavano
che quello sconosciuto aveva un occhio solo. La gia
stizia diresse i suoi sospetti sopra un facinoroso
notorio che appunto aveva un occhio guasto, e che
era già stato a causa di furti ospite per otto anni
della casa di forza . Ma costui latitava e dovette
esaurirsi il giudizio contro gli altri due prima di
averlo in mano. Cadde poscia in potere della giu
stizia ; e dopo lo incidente di una evasione dal
carcere con rompimento di una grossa inferriata,
e dopo un altro anno di latitanza, potè finalmente
257
la giustizia impadronirsene di nuovo. Tranne la
mala qualità non eravi a suo carico altro indizio
che la recognizione dei compratori dei lardi, i quali
nel processo scritto ravvisavano in lui il terzo ven
ditore sconosciuto e monoculo . Pure parvemi questo
più che sufficiente per prevedere inevitabile una
condanna, ed eletto a difensore da costui gli feci
manifesta la mia sfiducia . Ma egli mi dava lezione :
e mi diceva con la fidanza di un vecchio malfattore
che quella recognizione era nulla perchè il giudice
istruttore aveva fatto la confrontazione di lui insieme
a due altri carcerati che avevano entrambo gli
occhi sanissimi . Confesso che questa difesa non mi
fini di persuadere ; laonde, quantunque egli fosse
denarosissimo, ne abbandonai il patrocinio. Ebbene !
Non so se la eloquenza ( che è grandissima ) del
nuovo patrono, oppure l'audacia di questo vecchio
merlo riuscì di mettere alla pubblica udienza in
tale discredito quella recognizione fra i dissimili
che i Giurati di Pisa pronunziarono verdetto di
assoluzione . Io voglio credere al giudizio di quel
Collegio, e lo rispetto come oracolo di verità. Ma dico
con positivo convincimento che in questo caso il
segreto fece tristissima prova, e riuscì dannosissimo .
Se colui era innocente fu ingiustamente vessato e
condotto a giudizio : se era colpevole , la sua impu
nità fu dovuta al segreto. La vigilanza di un patrono
alla recognizione avrebbe procurato una diligenza
maggiore : la recognizione non sarebbe avvenuta, e
la giustizia avrebbe potuto volgere altrove le inda
gini sue ; o se fosse avvenuta, la medesima sareb
besi circondata da tali guarentigie da non lasciare
luogo a dubbiezze .
VOL. IV . 17
258
Ma è tempo che io ponga termine a queste di
gressioni aneddotiche, le quali troppo anderebbero in
lungo, e troppo crescerebbero di mole, se io volessi
ricordare tutti i casi nei quali io vidi per indubitate
prove il segreto della inquisizione riuscire fatale alla
buona giustizia anzichè giovarle . E d'altronde ciò che
ho detto è più che sufficiente allo assunto mio.
Riassumendo, mi pare che i pericoli del contradit
torio del patrono nello scritto procedimento tutti si ri
ducano ai costituti, e agli interrogatorii dei testimoni .
Ai costituti , perchè può temersi che un avvocato
malizioso ( 1 ) con cenni o moti suggerisca allo inquisi
to la risposta che deve dare alle dimande del Giudice.
(1 ) Ho già in altri miei scritti ricordato come notevoli le for
me imposte dal Codice Annamita ai processanti per guaren
lire che i detti degli incolpati si consegnino genuini allo
scritto processo, tali quali uscirono dalla loro bocca : forme
consistenti nell ' ordinare che il giudicabile scriva di propria
mano le sue risposte in presenza del giudice ; e se egli con
sa scrivere le detti ad un terzo di sua fiducia da lui scelto ,
e da questo le faccia scrivere in presenza del giudice . Au
baret Code Annamite liv . 3 , par. 10 , sect. 29 , tom. 2 ,
pag. 52. So benissimo che il Codice Annamita è nel sistema
delle sue sanzioni un Codice barbaro ; nè io vorrei proporlo
in questa parte come modello . Ma è singolare la scrupolosa
moralità di quel legislatore in tutto ciò che tende ad impe
dire che nei processi criminali si insinui la frode o la men
zogna a danno di onesto cittadino . A modo di esempio , nel
libro terzo , parte quarta , sezione seconda , punisce severa
mente l ' autore di una denunzia anonima quantunque riveli
un delillo vero , e soltanto perchè anonima ; e punisce il
giudice che abbia ricevuto e preso in considerazione siffatte
denunzie . E appunto perché quel legislatore è barbaro ri
salta maggiormente il confronto fra quella rigida moralità
259

Agli interrogatorii dei testimoni, perchè può te


mersi che quando il testimone accenna a qualche
materialità od a qualche conteste, il patrono mali
zioso possa correre a distruggere quella materialità
od a sabornare quei contesti prima che il giudice
ne abbia cavato profitto : oppure può temersi che
alla circostanza di fatto narrata da un testimone
possa il patrono contrapporre altri testimoni da lui
sedotti. In queste due vicende della istruzione può
essere serio l'obietto dei pericoli della tutela giu
ridica dei consociati ; e può sopra una solida base
di fatto adagiarsi il calcolo del conflitto fra le due
tutele ; quella dello individuo messo a pericolo dal
segreto ; e quella dei consociati messa a pericolo
dalla pubblicità del processo preparatorio (1 ) .

e il lasciar andare e la non curanza di ogni guarentigia che


forma il carattere prominente della procedura penale data
alla Italia libera e civile . Tutta la fede del nostro legislatore
è riposta nel dualismo del giudice e del cancelliere . Si sa
che le funzioni di Cancelliere, in questa importante bisogna
della scritturazione delle dichiarazioni emesse dallo accusato
o dai testimoni , si esercitano spessissimo da alunni di Cancel
leria , cioè da giovani inesperti e novizi, i quali difficilmente
terranno fronte alle velleità del giudice. Si sa da tutti che
spessissimo gli esami si fanno dal giudice senza Cancelliere,
o dal Cancelliere senza assistenza del giudice ; e poscia si
firmano da ambedue per mutua fiducia. Tutto questo , ed altre
simili cose , si conoscono da tutti ; e nondimeno si persiste
ad esagerare la forza protettrice dei nostri provvedimenti.
( 1 ) Anche qui peraltro risponde Geyer (Revue de droit
international anno 5 , pag. 428 ) con acutissima osservazione .
Se è lecito allo accusatore ( egli dice ) di gire altorno in
cerca di testimoni che favoriscano il suo assunto , perche
260

Fuori di ciò mi sembra che i vantati pericoli del


contradittorio siano immaginarii , ed anzi insussi
stenti . Laonde la disputa relativa al calcolo dei pe
ricoli può avere un valore una seconda volta rela
tivo ; ma non assoluto .
Io non mi era proposto di fare un progetto di
legge nè un trattato sull'argomento dei processi
preparatorii . Non levasi a cosi alti voli la umile far
falletta del mio povero ingegno. Volli soltanto ren
dere ragione di me e dei miei scritti : e poichè nella
contesa insorta sul palpitante argomento della in
quisizione segreta era sembrato ai combattenti di
ambo le parti di trovare nei miei scritti adesione
alle respettive e contradittorie opinioni ; io volli dare
ragione di me, e mostrare che io non era ancora
deciso a gettarmi ne con gli uni nè con gli altri
finchè formulavano una proposta assoluta . La libertà
della difesa non si deve coartare senza una asso
luta necessità . Dove questa necessità non ricorre è
iniquità restringere il più sacro diritto dello indi
viduo per una superstiziosa reverenza alle tradi
zioni medioevali, ed alla idolatria del segreto. Ciò
non è soltanto iniquo ma impolitico eziandio e fu
non deve esser lecito allo accusato di fare altrettanto nel
suo interesse . Quale è la ragione di questa disuguaglianzu ?
L'obiello è grave , e parmi non sia possibile dargli che una sola
risposta. La risposta che si può dare si è che lo accusatore
cerca testimoni per la verità ; laddove l'accusato cerca testi
moni per nascondere il vero. Ma tale risposta pecca di pelizione
di principio , specialmente se il confronto si faccia fra lo ac
cusalore privato al quale è aperlo il processo >, e l'accusato
al quale si tiene chiuso , mentre ambedue hanno ugualmente un .
interesse personale nelle verificazioni che si vanno facendo.
261
nesto alla giustizia sociale, quando il segreto ad
altro non serve che a mantenere fra le tenebre
la giustizia , e spesso a salvare perpetuamente i veri
colpevoli . Queste tenebre fatali si sono rendute più
fitte nel sistema contemporaneo per la infeudazione
del Pubblico Ministero al potere esecutivo ; per la
insensata abolizione del costituto obiettivo ; per lo
incatenamento dello inquisitore allo accusatore ; per
le abolite sanzioni di ogni ragionevole guarentigia
delle forme più interessanti ; per la deificazione dello
arbitrio ; per tanti vizi inqualificabili che hanno
convertito in un edifizio gotico l'ordinamento giu
diciario ed il procedimento penale dato alla Italia,
il peggiore forse di quanti ne ricorda la storia.
Dunque avvi bisogno di una riforma. Ma la riforma
deve essere temperata, e tale che non ponga a re
pentaglio la pubblica sicurezza. A me non incombe
andare più oltre, e soltanto ripeterò che la illimitata
pubblicità del processo scritto esige una preambula
riforma della curia ; e che questa riforma non può
sperarsi efficace se il nobile ceto dei patroni non si
restituisce al più elevato sentimento della propria
dignità, ripristinando la sua legittima indipendenza
da ogni disciplinare ed umiliante subiezione al Bria
reo che ( quasi imitando gli antichi direttori spiri
tuali delle famiglie patrizie ) vuol farsi dominatore
di tutto e di tutti .
Del resto non era in queste parziali questioni
l'obiettivo primario del mio lavoro che intitolai dei
discorsi di apertura. È tempo dunque che lo angue
morda la coda, e che cessando dalle troppo larghe
digressioni che incidentalmente mi caddero innanzi ,
io ritorni all'obiettivo del mio discorso, e concluda.
- 262

CONCLUSIONE

Esordii questo lavoro e ne circoscrissi lo scopo


al solo fine di contemplare la questione recente
mente sollevata in Italia intorno la convenienza di
conservare, oppure di abolire, oppure di modificare
il metodo dei discorsi di apertura che al ritorno di
ogni anno giudiciario l'ordinamento italiano impone
sia fatto in ogni tribunale ed in ogni Corte da un
rappresentante del Pubblico Ministero. Conservarlo
inalterato nella libera guisa che oggi si pratica, è la
opinione di molti. Abolirlo affatto, è il desiderio di
altri energicamente propugnato. Modificarlo, è il
pensiero di coloro che volentieri vagheggiano tem
peramenti conciliativi .
Le modificazioni si propongono in due sensi diver
si. Alcuni vorrebbero modificazioni interiori ; man
tenere cioè i discorsi di apertura in tutti i tribunali
del Regno, ma costringere il dicitore in un letto di
procuste , imponendo a lui di esporre i soli rilievi
statistici, senza permettergli di trattare questioni
generali di diritto : lo che a me pare assolutamente
sconvenevole, ed inutilmente tirannico. Quale idea
è cotesta che un oratore debba convertirsi in un
suonatore di orchestra al quale si pone lo spartito
dinanzi ? Dignitosa missione davvero e rispondente
a cosi nobile ufficio ! Altri vorrebbero modificazioni
esteriori, conservando la solennità dei discorsi di
apertura in faccia alle Corti, e togliendoli affatto
dai Tribunali di prima istanza.
Anche questa seconda forma di modificazioni io
non la credo accettabile. Dicesi che la esperienza
263

ha mostrato ciò che era facile a prevedersi, vale a


dire che i maggiori inconvenienti di questi discorsi
si verifichino appo i Tribunali inferiori, perchè ivi
i Pubblici Ministeri si rappresentano da minori ca
pacità sia che trattisi di un giovine novizio, sia che
trattisi di un vecchio che appunto per essere in
vecchiato colà non fa sperare grande sapienza. Ma
pure anche questo ha le sue eccezioni cosi nell' una
come nell'altra situazione. Dicesi che i maggiori
scandali nascono là dove meno temperate sono le
passioni, e più energica l'ambizione, e più sentito il
bisogno di farsi avanti ; e dove la piccolezza della
città attribuisce maggiore importanza ai pettego
lezzi e alle gare . Ma queste ed altre distinzioni in
vidiose non persuadono l' animo mio .
Io dissi in principio del mio discorso che mi sarei
determinato ad aderire a coloro che vogliono man
tenuti i discorsi inaugurali quando mi fossi potuto
persuadere di una qualche utilità derivante da quel
la forma solenne. Mi parve allora che da nessuna
parte quella utilità scaturisse.
Procedendo oltre nei miei studi sopra alcuni di
quei discorsi che aveva dinnanzi e che mi era pre
fisso di analizzare, mi è venuto fatto di sentire, per
la stessa natura del mio lavoro, che nei discorsi
inaugurali può ravvisarsi una occasione di polemi
che, un impulso a ravvivare i progressi legislativi ;
in una parola un elemento potente di vita nel pro
gresso del giure penale. E se cosi è io non valuto
gran fatto quei mali che denunciai nel principio del
mio ragionamento come inseparabili da queste pub
blicazioni ufficiali.
264
Decide l'animo mio il pensiero o principio ge
nerale che il male in tutte le cose umane deve es
servi . È la provvidenza che ha voluto ciò in tutto
il creato ; e cosi nel mondo fisico come nel mondo
morale. Dalla vita nasce la morte come dalla morte
la vita ; dai vizi nascono le virtù, come dalle virtù
nascono i vizi . Di questa verità non deve abusarsi
per santificare il delitto e la corruttela, come hanno
fatto i moderni poeti e romanzieri francesi ; ma
deve usarsene per abituarci entro certi confini a
tollerare il male come una necessità nelle cose
umane. E questa è la migliore delle filosofie. Sem
pre la eredità di Satana, sempre quel micidiale or
goglio che a noi fa parere di essere giganti mentre
siamo pigmei, e ci rende irrequieti e malcontenti
dello stesso bene per la fantastica aspirazione di
un meglio e di una perfezione che Dio non ha con
cesso allo umano verme . Se non dovesse farsi od
approvarsi altra cosa tranne quella che sia immune
da ogni male e da ogni pericolo di male, mai si
farebbe niente nel mondo. I tornei furono frequenti
occasioni di lacrimevoli sciagure, ed anche i Re vi
lasciarono la vita : ma pure i tornei si mantennero
e si lodarono come utilissimi nei tempi cavallere
schi perchè frattavano il retto giudizio sulla abilità
armigera degli uomini ; erano rudimento di arte
necessaria allora a difendere la patria dalle aggres
sioni di un rapace vicino;; ed erano sprone a grandi
virtù. La pubblicità dei giudizi criminali ha i suoi
inconvenienti che bene si esagerano dai retrivi i
quali vogliono trovarvi la scuola dei malfattori : ma
pure trascendono i beni della pubblicità in tanta
copia che le declamazioni degli oppositori riman
265 -

gono e rimarranno stridule voci di impotenti cor


nacchie. Bisogna scuotere il giogo dei pregiudizi :
ai piccoli mali contrapporre ripari dove si può ; dove
non si può, bisogna tollerarli purchè la umanità
corra libera nel suo progressivo cammino. I discorsi
di apertura daranno occasione ad uomini inetti di
farsi compatire e deridere ; ad uomini feroci di farsi
odiare ; ad uomini orgogliosi e virulenti di gettare
qualche pomo di discordia fra l'uffizio e la magi
stratura e la curia. Ma che perciò ! Di queste e di
altre brutture farà giustizia il buon senso del pub
blico italiano; e sarà buona cosa che si riveli in un
modo solenne la inettitudine di uno, e le rie ten
denze di un altro, perchè più presto e con fonda
mento migliore se ne formi il meritato giudizio.
Ma quei discorsi saranno occasione altresì ad uffi
ciali dotti di provocare la migliore cultura delle
scienze giuridiche ; ad ufficiali generosi di suggerire
rimedi contro gli abusi che pur troppo giganteg
giano nella pratica applicazione delle leggi ; saranno
occasioni di polemiche, di studii, di utili pubblica
zioni ; diciamolo in una parola, saranno eccitamen
to di vita nella cultura del diritto e nel progres
so legislativo.

Pisa 30 settembre 1873.


1
III.

PENSIERI SULLA GIURIA


PENSIERI SULLA GIURIA

H. dimandato parecchie volte a me stesso il mo


tivo pel quale i giurati s' inviano a deliberare nella
Camera di Consiglio. Memore di tanti esempi for
niti dalle storie di antichi popoli, appo i quali i giu
dicanti emettevano i pronunciati loro sulla sorte
dei giudicabili senza abbandonare i propri scanni ,
io veniva cercando la origine della deliberazione
promiscua, ed il perchè fosse oggi così generalmente
invalso un metodo cotanto diverso. La Camera di
Consiglio è una necessità inevitabile dove si giu
dica sopra la procedura scritta : è una conseguenza
logica della istituzione dei Magistrati giuristi, che
vennero poco a poco sostituendosi appo le diverse
genti ai primitivi giudici popolari . Ciò bene s'intende.
Dove la decisione dipende da serio esame di docu
menti , dove la prova si calcola sopra certi dettati di
ermeneutica legale ; dove siano a risolvere questioni
di diritto, non può preterirsi la deliberazione in co
270

mune. Giova che i giudicanti si trasfondano recipro


camente le proprie cognizioni, e che i più dotti, i
più esperti, i meglio eruditi illuminino gli altri so
pra le importanti questioni che vogliono essere con
pienezza agitate e discusse prima di emettere il
definitivo giudizio. Ma ai giurati si chiede egli la
decisione di un quesito che debba attingere lume
da altro fonte tranne quello della coscienza indi
viduale di ciascuno di loro ? No : ai giurati si dice
che devono dichiarare la colpevolezza o la innocenza
dello accusato dietro i resultamenti della intima
convinzione : e interrogando la propria coscienza
dimandare ciascuno di loro a sè stesso, non ad al
tri ( perchè una intima convinzione a comune è un
assurdo ) se si sentano intimamente convinti di quel
la colpevolezza che sono chiamati ad affermare o
negare : e tale convinzione ( si prosegue a dir loro )
voi dovete formarvi sui risultati dell' orale dibatti
mento ; unicamente su questi, ed a null' altro por
tando il pensiero. È ormai un secolo da che tutti i
lodatori della Giuria ripetono quella formula dive
nuta quasi volgare, la ignoranza che giudica per
sentimento essere preferibile alla dottrina che giu
dica per abitudine. Ma se non è ancora questa una
delle tante formule ipocrite delle quali ha troppa
divizia il presente secolo, la convinzione di ogni giu
rato deve essere già formata, già completa, già ir
retrattabile nell'animo di ciascuno di loro al mo
mento nel quale si chiude il dibattimento : deve
essere il parto legittimo dell'orale processo, e non
una superfetazione della Camera di Consiglio. Se
richiamando un membro del Collegio dopo la emessa
deliberazione a manifestare candidamente le vicen
271
de che corse l' animo suo in quella operazione a
lui nuova e penosa, voi lo udiste francamente af
fermare che per tutto il corso del dibattimento egli
aveva sentito la signoria di una opinione crescere
e radicarsi nell'animo suo, ma che poscia venne
alla opinione contraria per le osservazioni che nella
Camera di Consiglio gli furono fatte da qualche col
lega, potreste voi tuttavia pigliare come una verità
seria ( anzichè come una ciancia nebulosa ) la co
mune sentenza che il giurato deve giudicare se
condo la propria intima convinzione generatasi in
lui dai risultati dell' orale giudizio ! Eppure se di
ciò non si procacciano confessioni aperte ed espli
cite dai giurati dopo le loro deliberazioni , perchè
nessuno ha il diritto d'indirizzare a loro simile in
terpellanza , è peraltro necessità ritenere come certo
che ciò deve avvenire , e che avviene più o meno
frequentemente, ma forse più frequentemente che
non si pensa. Io non dirò che fra i giurati possano
trovar luogo uomini della stoffa di quel padre della
patria che soleva sempre rispondere alle interpel
lanze direttegli sul parer suo, essere egli della opi
nione che si sarebbe emessa dal signor tale ; ma
uomini fluttuanti nelle proprie convinzioni , metico
losi, incerti , e pei quali è una realtà il proverbio
che la più vera opinione èè quella di chi ultimo parla,
troppi ve ne sono e troppi ve ne saranno nel col
legio della Giuria : uomini usi in ogni bisogna della
vita loro ad agire e risolvere secondo il parere al
trui , e denudati in perpetuo di ogni tenacità di pro
posito, sono nel dolce e flessibile clima d'Italia più
abbondanti che non si crede. Ed allora qual sarà
la verità vera della genesi del giudicato ? Per fermo
.
272
non vi esprimerà la convinzione emersa nell'animo
di sette giudicanti dalle risultanze dell'orale giu
dizio, ma la convinzione ed il risoluto proposito di
uno di loro imposto da uno a tutti, o almeno a parte
degli altri sei, e da questi o da alcuno di questi
.

subito per deferenza ad uno ascendente di autorità,


o alla potenza di una parola. E notisi essere suffi
ciente che ciò siasi subito anche da un solo giurato
perchè ( quando quel voto sia stato decisivo ) il
verdetto sia spurio. È qui dove io venni fermando
le mie meditazioni. Io tengo in fatto come certis
simo che parecchie e parecchie volte il verodetto
proclamato al pubblico ansioso dal capo dei giurati
dopo la deliberazione, è agli antipodi col verodetto
che avrebbero emesso i giurati se si fossero inter
rogati alla chiusura del dibattimento prima di sot
toporli alle polemiche della Camera di Consiglio.
Questo io tengo come indubitato, e potrei dire di
averne delle prove. La questione dunque non cade
sulla probabile difformità tra il verodetto che sa
rebbe emerso dal pubblico dibattimento e il vero
detto che emerge dalle discussioni della Camera di
Consiglio ; questa probabile difformità non si può
seriamente impugnare da nessuno, e come fatto è
costante . La questione si riduce a decidere se ab
biasi ragione di sperare che riesca migliore la con
vinzione formata sul detto dei testimoni , sul con
tegno e sulle dichiarazioni dello accusato, sulle ar
gomentazioni del Pubblico Ministero e della difesa,
e sul riassunto Presidenziale : oppure se debba au
gurarsi come migliore la convinzione postuma for
mata sulle declamazioni di un oratore improvvisato
in Camera di Consiglio. Non dirò che questi oratori
273
della Camera di Consiglio s’ incontrino sempre ed
in tutti i casi ; ciò dipende da una accidentalità di
persone : ma possono incontrarvisi , e non di rado vi
si sono incontrati, e vi s' incontreranno in ragione
spesso di quelle medesime qualità personali dei
giurati che parrebbero renderli desiderevoli . Ognuno
che frequenti come difensore certe Corti di Assise
deve essere stato testimone di eccezionali prolun
gamenti della deliberazione, ed averne indagato le
cause : le quali ad altro non dovevano attribuirsi
tranne ad una vivace disputa impegnatasi fra due
del Collegio l'uno dei quali sosteneva la tesi della
condanna e l'altro quella della assoluzione al co
spetto degli altri giurati i quali sentivano per co
testa lotta accrescersi la esitanza degli animi loro,
e nulla comparirne di luce. In una celebre causa,
il dibattimento della quale durò un tempo assai
lango, uno dei giurati ( che era un Avvocato ) si
trasse di tasca un voluminoso scritto che egli era
venuto componendo nel corso del dibattimento ; ed
a quella lettura dovettero assistere, sebbene impa
zienti, i giurati perchè il loro capo non ebbe il co
raggio d'interromperla. Un abuso della funzione di
giurato spinto fino a cotanta oltranza quanta io ne
vidi in quel caso non sarà davvero frequente ; ma
frequenti sono ed inevitabili ed irrefrenabili le po
lemiche subitanee nella Camera di Consiglio, tanto
più vivaci e tanto più prolungate quanto meglio al
cuno dei giurati è fornito di facile eloquio, e quanto
più sente la mania di far pompa di siffatta abilità.
Una volta è un giovine Avvocato che stanco del
perpetuo silenzio al quale trovasi condannato nel
suo scrittoio e nel foro, coglie a volo la occasione
VOL . IV. 18
274
di far mostra del suo bel dire con una declama
zione patetica a favore dell'accusato, esagerando le
risultanze a lui favorevoli, ed eccitando gli animi
alla pietà verso lui o verso i suoi. Ma a lui sorge
incontro un cavadenti che superbo della polmonare
eloquenza, della quale dà robustissima prova ai vil
lici che lo ascoltano in piazza nei giorni di mercato,
si compiace a conquidere il suo oppositore elevando
a cielo la scelleraggine del giudicabile . Altra volta
è un signore di stampa antica che si fa a deplo
rare la menomata pubblica sicurezza, ed a persua
dere la necessità di esempi severi : ed a lui si op
pone un demagogo fremente con invettive avverso
gli agenti dell'autorità , o lo esorbitante rigore delle
leggi . Ora l'uno accenna che uno dei testimoni non
è persona dabbene, ora un altro racconta di avere
osservato sguardi d'intelligenza fra il testimone ed
il giudicabile, o il tremore di quello, o il pallore di
questo. Altra volta ( e non parlo a fantasia ma rac
conto fatti ) uno dei giurati espone quanto nella
sera precedente udi narrare alla taverna in tempo
di cena da alcuni compaesani del giudicabile, e la
menta che dei molti delitti da lui commessi, e dei
suoi nefandi costumi non siasi la polizia giudiciaria
preso cura di raccorre le prove. Tali cose non av
vengono in tutti i deliberati, ma avvengono in molti,
e più spesso dove maggiore è lo interesse del gia
dizio. Ed allora il giurato inesperto e di natura esi
tante, e solito deferire alla opinione altrui ( chè
qualcuno se ne incontra pur sempre di tali in ogni
collegio ) trovasi lanciato tra nuove onde, ed il voto
suo si tramuta ad ogni parola dei circostanti ; e i
resultati dell' orale giudizio e le ragioni dell' accusa
275 -

si fanno pallide reminiscenze in faccia agli ulti


mi ragionari .
Agitavasi or sono due anni nella città di Massa un
giudizio capitale : inevitabile era la condanna ; e ine
vitabile la pena di morte se i giurati avessero negate
le circostanze attenuanti che pur troppo apparivano
in quel caso scarsissime. Quindi era grande la espet
tativa, e suprema l'agitazione degli animi in quella
nobile Città, dove nessun cittadino tranne i vecchis
simi ha memoria di aver veduto innalzarsi il palco
ferale . Il verodetto comparve, e fu per le attenuanti.
Io che mi era trovato colà in quel giorno m’incontrai
nel ripigliare la ferrovia per restituirmi a Pisa con
uno dei giurati, ed appunto con quello che aveva fun
zionato come capo in quella paurosa deliberazione .
Eravamo soli : e il conversare cadendo naturalmente
per via sullo argomento del giorno, quel signore
mi disse : io era per la condanna a morte, ed ho
votato contro le attenuanti ; ma pure credo di es
sere io quello che ha salvato la vita a quel disgra
ziato. E come ciò ? risposi io colpito da quella .ap
parente contradizione. Ed egli , ecco in qual modo :
come capo dei giurati ho voluto che la votazione
fosse immediata e senza discussione trattandosi di
causa di sangue ; e siamo stati sei contro sei . Se si
fosse aperta la discussione io avrei dovuto pronun
ziarmi per la morte come m’imponeva la mia con
vinzione, e poichè fra i giurati ve ne erano alcuni
che hanno particolare amicizia e deferenza verso di
me sono certo che qualcuno si sarebbe lasciato con
durre dal mio voto. Ho taciuto, ho voluto votare
l'ultimo ; e così ho evitato che la opinione mia
esercitasse influenza sul voto degli altri. Io fisai nel
276

volto quell'uomo di cosi delicato sentire, mi com


mossi, e ne registrai il nome nel mio cuore. E tor
nando in me stesso a meditare sul pensiero che oggi
descrivo, e che da langa pezza mi era corso per la
mente, io diceva fra me : se tutti i giurati fossero
di così timorata coscienza come questo galantuomo
la Camera di consiglio sarebbe senza pericolo : ma
pochi ve ne ha che siano capaci di reprimere il de
siderio congenito all'uomo di far prevalere la pro
pria opinione , e si facciano scrupolo di ogni influen
za esercitata sul voto dei suoi colleghi. Ed allora ?
allora sarà il voto di uno quello che avrà guidato
il voto della maggioranza : allora il verodetto non
sarà lo effato della convinzione formata all' orale
giudizio individualmente da ciascuno dei giurati ,
come vorrebbe la legge ; ma sarà lo specchio delle .
opinioni di una persona influente che la sorte portò
colà ; sarà un prodotto postumo e spurio. Talvolta
ne avrà buon mercato la difesa ; talvolta ne avrà
vantaggio l'accusa : ciò è indifferente, perchè sem
pre si avrà un pronunciato derivante da una genesi
tutta diversa da quella che la legge imponeva ; e
sempre sarà ipocrisia mendace lo affermare che
quel verodetto esprime la convinzione dei singoli
giurati nell'animo di ciascuno generata all'orale
giudizio.
Della discussione in Camera di Consiglio io non
so vedere i vantaggi : veggo solo che per lei si
modifica ciò che costituisce l'anima di tutto il si
stema. Esso non è più quello che si dice e si vanta .
Non è assai che il contatto continuo nel quale si
trovano i giurati nelle lunghe ore di sospensione e
nelle notti che intercedono fra seduta e seduta >, fal
277
sando il primitivo concetto di questo metodo, espon
ga i giurati a raccogliere al passeggio, nei caffè,
sulle locande ed altrove le dicerie tutte del volgo
sul conto del giudicabile ; e conduca i meno accorti
a tramescolare nella loro mente le notizie attinte
legittimamente con le notizie attinte da fonti impuri.
Non è assai che il pubblico rida al contrapposto
dello scrupoloso riserbo pel quale s' interdice ogni
comunicazione dal di fuori al giurato che dopo
un'ora va per la città comunicando con tutti per
poi tornare alla dimane nello stato d'isolamento, e
alla novella sera rinnovare le libere comunicazioni,
e all'altro mattino ricondursi alla completa segre .
gazione, mentre sempre perdura lo identico processo
e giudizio. Tutte queste ipocrisie del secolo presente
sono poco : esse debbono coronarsi col proclamare
che la convinzione del giudice cittadino è il frutto
spontaneo ( art. 498 ) della impressione fatta sulla
sua ragione dalle prove riportate contro l' accusato
e dai mezzi della sua difesa : mentre nella verità
in molti e molti giurati non è che il parto dell’os
sequio verso uno od altro dei propri colleghi. Si
preferisce lo effato del sentimento alle deduzioni
della critica giudiciale ; e poi si permette che quel
sentimento si adulteri e si corrompa. Si mantiene ,
il riassunto presidenziale per la buona ragione che
serve a riordinare le idee confuse dei giurati meno
esperti ; e poi si lascia aperto il mezzo di disordinarle
di nuovo. Sempre così. Apparenza sempre, e non
mai verità. Splendide formule ; e niente di meglio .
Ma che forse gravi difficoltà si opporrebbero ad
un diverso sistema ? Questo obietto non mi sembra
temibile. Il rispetto al segreto della deliberazione
278

sarebbe un vano pretesto. Perchè il segreto del voto


sparisce fra giurato e giurato nella Camera di Con
siglio ; laddove nella deliberazione immediata un
agevole meccanismo lo renderebbe assoluto e per
petuo. Non è, no, per rispetto al segreto che si vuole
la Camera di Consiglio : è perchè si crede necessario
che i voti dei giurati s'inspirino alla reciproca di
scussione. E così sia, poichè così si vuole ; e altri
menti non può volersi, perchè così si fa in Francia.
Ma per l'amore del vero si cessi una volta dal ri
petere che il giurato giudica per il proprio intimo
sentimento, e che tale sentimento si è infiltrato
nell'animo suo per la evoluzione del giudizio orale.
Si riconosca che quando un accusato ha fra i giu
rati un protettore artificioso, un partigiano influente,
egli ha tutte le probabilità di buona ventura : si
ravvisi in ciò la radicale cagione di certi verodetti
che talvolta sorprendono : e poi si tiri innanzi cosi,
se cosi si vuole. Io non ho manifestato questi pen
sieri per la stolta fiducia di una riforma presente ;
li ho consegnati alla carta per serbarli ai posteri
quando avverrà che le menti Italiane si avvezzino
a cercare il meglio nello splendido sentiero della
ragione e non soltanto nei miraggi Francesi.
Questo mio pensiero, già pubblicato in un gior
nale del Regno, ebbe la fortuna di incontrare l'ade
sione dello illustre Comm . Carlo Cesarini Regio
Procuratore Generale presso la Corte di Lucca : il
quale, insieme a molte altre proposte utilissime, lo
fece proprio in un suo erudito scritto cui niente
mancò tranne le simpatie dei nostri troppo abitu
dinarii legislatori. E ciò mi diede coraggio e con
forto ; perchè si guadagna lena a pubblicare i pro
279

pri pensieri quando si incontra chi li raccolga sia


per aderirvi sia pur anco per discuterli e confutarli.
Ma d'altro lato per parte di un amico mi venne
seriamente fatta una grave e perentoria obiezione,
mercè la quale dicevasi nientemeno che il mio de
siderio era impossibile ad attuarsi perchè distrug
geva il segreto del voto, senza del quale sparisce
ogni guarentigia di buona giustizia per i timori di
reazioni e vendette i quali possono rendere trepi
dante il Giurato e spingerlo ad assolvere un col
pevole per non compromettere la propria sicurezza.
E il segreto del voto dicesi che verrebbe distrutto
dalla attuazione del mio pensiero , perchè potendo
dai voti emessi per parte dei singoli senza cogni
zione dei voti altrui riuscire un verodetto unanime
per la condanna; tale unanimità impedirebbe a tutti
i singoli signori Giurati di dare a credere ai pa
renti amici e partigiani del condannato di essere
stati a lui favorevoli e sottrarsi alle ire loro con
una santa menzogna. Questa è la grande ragione
che condusse la nostra legge ad ordinare non si
tenesse mai ricordo della unanimità nella pubblica
zione dei verodetti, ma tutti si dovessero annun
ziare come proferiti alla maggioranza ( anche a co
sto di proferire una menzogna mentre maggioranza
afferma minoranza contraria ) perchè i Giurati po
tessero ad uno ad uno schermirsi nella vita pri
vata col dire che essi avevano rendato un voto di
assoluzione : e questa stessa ragione fa una neces
sità della Camera di Consiglio perchè possa man
tenersi il segreto del voto. Ecco la obiezione.
E questa obiezione mi condusse a nuovamente
meditare sull'argomento ; ma per meditare che io
280

vi facessi non potei vederla che fatua : e voglio te


ner parola della medesima non tanto per lo inte
resse della questione presente, quanto perchè ciò
mi richiama a più elevate e più generali conside
razioni. Esaminiamo dunque la opposta difficoltà in
punto di fatto e in punto di ragione.
In punto di fatto non può negarsi che la even
tualità oppostami dall'amico mio si possa in qual
che caso verificare. Ma sarà caso rarissimo, e quan
do avvenga è facile scorgere nel male stesso la
medicina del male, perchè quando dodici Giurati
unanimi si saranno dichiarati per la condanna, ciò
mette in tale evidenza la colpevolezza del giudica
bile da rendere insensata la pretesa dei suoi ade
renti ed affatto irragionevole la temuta odiosità dei
voti contrari . Prescindendo dunque da ogni consi
derazione ulteriore lo appreso pericolo non sarebbe
poi tale da indurre necessità di abbandonare per
un frivolo sospetto un utile e salutare provvedi
mento. Ma io vado più oltre, ed affronto il pericolo,
e dico recisamente essere tempo oggimai di cac
ciare dalle menti italiane queste meticolosità che
sono retaggio di tristissimi tempi : tempi che deb
bono ricordarsi come dolorose vergogne, e non co
me ragioni per imporre alle tramutate genti le vi
gliacche abitudini e le inoneste tradizioni di un
passato , al quale deve interdirsi ogni possibilità
di ritorno .
A cose nuove suol dirsi che occorrono uomini
nuovi. Questa sentenza mille volte ripetuta da mille
bocche ad ogni occasione di rivolgimento sociale, è
priva affatto di senso pratico. Perchè una rivoluzione
non ha la potenza del Cadmo della favola il quale
281 -

gettando dietro le proprie spalle i frantumi del ser


pente da lui domo ed ucciso ne faceva nascere
altrettanti uomini che fossero seguaci ed aiuto alle
imprese sue. Non ha questa potenza mitologica la
libertà ; e gli uomini nuovi non possono in un at
timo pullulare dalla terra quanti ne occorre all' uo
po : ei bisogna formarli questi uomini nuovi ed
aspettare che si formino : e per formarli e ragione
volmente aspettare che si formino, e procacciare che
rapidamente si formino, ei bisogna riformare i co
stumi di guisa che ai principali ordinamenti mu
tati tutto risponda nel meccanismo sociale con la
dovuta armonia. Per aver dunque gli uomini nuovi
necessari al buon andamento delle cose nuove do
vrebbe invece acclamarsi la sentenza, a cose nuove
costumi nuovi. Perchè i costumi sono la vita este
riore della umanità. Ed ogni nuovo ordinamento,
per quanto nobile ed altamente proficuo, non darà
altro frutto tranne quello di un fuoco fatuo gene
ratore di delusioni amarissime, di disinganni e di
pianto, se i costumi del popolo non si modificano
ancor essi in un senso consono e convergente al
novello ordinamento cui si dà vità, perchè le leggi
e gli ordini pubblici non vivono di parole ma di
fatti ; ed i fatti male si impongono ai cittadini se
questi si lasciano poltrire sotto l'impero delle vec
chie abitudini. Nessuna riforma prospera se non è
radicale, e radicale non può essere una riforma se
non incarna i suoi fondamenti nelle generazioni che
sorgono : e queste bisogna farle sorgere con abitu
dini omogenee alla riforma, e non tirarle su nel
morbo dei vecchi pregiudizi per aspettar poi a ri
formarle quando sono cresciute. Invano ordinerete
282
inilizie cittadine se non educate il popolo al corag
gio personale ed alla tolleranza dei disagi e delle
fatiche. Invano ordinerete una giustizia popolare se
non educate il popolo al coraggio civile ed alla
franca e libera manifestazione dei dettati della pro
pria coscienza.
La fattami obiezione pute terribilmente del ran
cidume di quei secoli miserandi nei quali la ipocri
sia per opera nefasta del dispotismo si era infil
trata in tutti i momenti della vita sociale. Allora
gli uomini si educavano alla menzogna e ad un
perpetuo contrasto fra i veri sentimenti dell'anima
e le manifestazioni esteriori . Procedere ad occhi
bassi e fronte china chiamavasi contegno civile ;
nascondere i propri pensieri chiamavasi saper vi
vere ; adulare gli abietti e reverire gli infami, ave
va nome di tratto cortese : dall'infimo atto della
vita privata fino ai più gravi della pubblica vita
dovevasi sempre mentire alla propria coscienza, ed
un ministro non sapea congedare la moglie suppli
chevole di un condannato a morte se non col darle
speranze di grazia mentre sapeva che la fatale bi
penne già ne aveva recisa la testa. Associarsi in
segreto, cospirare occultamente, lavorare fra le te
nebre, era la politica privata e pubblica che per una
ferrea necessità ricambiavasi tra gli schiavi ed i
despoti. Tempi di viltà nei quali anco i più nobili
ingegni eran costretti ad atteggiarsi a viltà, e nei
quali se sorgeva uno spirito indipendente volonte
roso di obbedire al grido della propria coscienza e
non ai rispetti umani era serbato allo avvenire del
la prigione, dello esilio, o del manicomio ; o per lo
meno alla derisione dei corrotti cittadini . Ecco il
283
fango dal quale come nube mefitica si solleva la
fatta obiezione.
Ma oggi si è detto che i tempi della ipocrisia e
della schiavitù sono cessati . Si è detto che l' Italia
risorta deve sotto il benefico sole della libertà levare
in alto la bandiera della vera civilizzazione che su
peri la vecchia civiltà Romana, e che abbia per al
timo suo oggettivo il trionfo della morale e della
giustizia ; il regno del diritto e della ragione. Eb
bene, se cosi deve essere e così si vuole, diasi ban
do ai ruderi di ogni mal costume dei tempi andati :
non si coltivino quei ruderi funesti perchè vengano
ad atrofizzare la splendida pianta delle novelle isti
tuzioni. Si inculchi ad ogni cittadino la fede nel vero
e la franca obbedienza ai dettati della coscienza
propria. Si insegni una volta che il segreto e il mi
stero sono gli abiti del delitto e del vizio, inconve
nienti e vituperosi se si adattano alla proclamazione
di ciò che credesi vero, di ciò che credesi giusto.
I partiti politici si atteggino ad una franca profes
sione di fede sicchè possano contarsi le maggioran
ze : il sindacato morale si eserciti senza reticenza ;
e questa grande forza moralizzatrice, più gagliarda
e potente che non lo siano le prigioni e la scure,
trascini gli uomini al proprio perfezionamento. Se
il delitto è delitto, ne arrossisca il colpevole ; non ne
arrossisca chi ha potestà, diritto, e meglio dovere
di chiamarlo tale. E col coraggio che Tullio spiegava
contro Verre, contro Catilina, contro Pisone, si ven
ga in faccia al colpevole a dirgli, io come colpevole
ti condanno perchè la mia coscienza mi persuade
che tu sei tale e perchè la legge m’impone di con
dannarti . Così si rifanno i costumi ; così si prepara
284 -

una generazione di uomini degni di libertà ed abili


ministri della medesima, perchè liberi innanzi tutto
nel loro individuo e forti nella fede del buono e
del retto .

Ma è egli poi vero che anche nei tempi meno


felici il segreto del voto dei giudicanti si conside
rasse come un' ancora indispensabile al manteni
mento della buona amministrazione di giustizia ?
No, e poi no ; e lo dimostro con la storia passata
e contemporanea : e qui ritorno sul punto di fatto
mostrando che se sussiste la obiezione in quanto la
deliberazione immediata possa talvolta rompere il
segreto del voto, non sussiste neppure in fatto in
quanto al secondo effetto che se ne teme , quello
cioè che il pericolo della pubblicità osteggi il corso
della giustizia. Questo è un timore che chiamerò
una seconda volta fatuo perchè lo dimostra insus
sistente la storia.
Nè io voglio andar cercando esempi nell’Ameri
ca o nella Inghilterra, perchè non mi si opponga la
troppa difformità delle genti. Ma neppure ammetto
che mi si rechino innanzi esempi di Francia dove
ogni servilismo può trovare troppo facile appoggio.
Siamo in Italia e dobbiamo far leggi per gl' Italiani.
Si studino dunque i caratteri ed i fatti degli Ita
liani passati e presenti .
E innanzi tutto io dimando dove sono negli an
nali della nostra giustizia criminale i ricordi di atroci
vendette esercitate contro i Magistrati per mostruosa
reazione contro un atto di giustizia esercitato da
loro ? Interrogo i monumenti giudiciali e non ne
trovo ricordo : interrogo le reminiscenze della mia
vita, ed anche queste mi rispondono col silenzio.
285
Non mancarono certamente in ogni luogo e in ogni
tempo sfoghi momentanei di truci vendette contro
pubblici ufficiali. Ma se questi ad occasione degli
uffici loro caddero vittime delle ire popolari non
avvenne ciò per causa di esercizio legittimo di giu- '
stizia, ma per soprusi, iniquità, e vessazioni da loro
commesse, e che avevano, stancato la pazienza di
una popolazione conculcata ed oppressa. Nè questi
rari fatti impedirono che gli uomini succedati al
l'ufficio soddisfacessero alacremente al debito loro.
E volgendo attorno lo sguardo non vediamo noi tutti
gli ufficiali del Pubblico Ministero manifestare con
lodevole intrepidezza il proprio convincimento, ed
esprimerlo talvolta con aspre invettive avverso il
giudicabile e con vivaci parole ? Hạnno essi chiesto
questi egregi rappresentanti della legge, hanno essi
chiesto all' ordinamento giudiciario il beneficio del
segreto , e il privilegio di potere comparire in udien
za coperto il volto di maschera, allegando che senza
siffatto riparo si sentivano meno liberi nello adem
pimento del proprio dovere ! Hanno essi chiesto, nè
oggi nè in passato, il beneficio del segreto le mi
gliaia dei Magistrati che rendettero e rendono ogni
giorno giustizia a solo ? Le migliaia di Pretori che
posti sovente in località isolate condannano spesso
i più facinorosi di quella terra a misure coercitive, a
multe, ed a carcere : i Vicari, i Commissari, i Po
testà delle antiche Repubbliche che dannavano an
cora a morte, ebbero essi bisogno di sentenziare
nell'ombra, e di mentire e nascondere il proprio
convincimento ? Questa disputa non è nuova. Io la
vidi agitarsi seriamente nelle riforme che avven
nero il 1838 in Toscana.
286

Era antichissima costumanza delle Magistrature


Toscane, cosi nel Granducato Lorenese come nel
l'attigua Repubblica di Lucca, che ai Giudici delle
Ruote ed ai Giudici dei Supremi Consigli si desse
libera balia quando avessero dissentito dal voto dei
loro colleghi di firmare la sentenza con la clausola
in ossequio per mostrare che quanto a loro avreb
bero giudicato diversamente . Ciò portava di neces
sità a rendere manifesto e palese il voto dei col
leghi che avevano formato la maggioranza prepon
derante. Nè per ciò se ne trattenevano questi col
leghi: nè movevano lamento che in tal guisa l'odio
sità della più severa sentenza si rovesciasse esclu
sivamente sul capo loro . Anzi i vecchi Magistrati
erano tenacissimi amatori di questo diritto che tran
quillizzava le coscienze loro, e dava nobile occasione
di professare candidamente la propria opinione. Nel
la provincia Lucchese questa tradizione dell'antica
Repubblica si mantenne come diritto incontestabile
nei dieci anni del principato Napoleonico e sotto la
invasione delle leggi Francesi : si mantenne nei tre
anni della 'occupazione Austriaca : si mantenne nei
trent'anni della Signoria Ducale dei Borboni di
Spagna ; e sempre si esercito senza che alcuno mai
scorgesse in quell'atto un pericolo della giustizia .
Esistono pubblicate a stampa le due sentenze che
dannarono a morte . Pagano e Dini ; ed in calce alle
medesime leggiamo con riconoscenza le firme ono
revoli di Pellegrini e di Raffaelli con l'aggiunta,
in ossequio quanto alla premeditazione . Cosi chiari
vasi al cospetto del pubblico che quei due disgra
ziati si mandavano a morte per volontà soltanto
degli altri due giudici che avevano firmato senza
287
riserva : e cosi furono decapitati ( reietta ogni spe
ranza di grazia ) quei due colpevoli per il voto pa
lese di due soli giudici, poichè le leggi di quei tempi
portavano a questo in caso di condanna di morte :
nè la pubblicità del voto fu remora a tanta severità.
Cresciuto a simili esempi , come posso io accogliere
nell'animo il sospetto che la punitiva giustizia
abbisogni del mistero e dell'ombra in liberi tempi !
Nel Granducato Toscano perdurò ugualmente fino
al 1838 la consuetudine delle firme in ossequio e
dei così detti voti di scissura ; nè mai quei Magi
strati si lamentavano che con ciò si rompesse il
segreto delle deliberazioni ; ed anzi lo tenevano
come cosa preziosa e carissima ; e potrei citare ono
revoli nomi di vecchi Magistrati i quali confiden
zialmente mi esprimevano il loro dispetto che la
riforma del 1838 avesse loro imposto questo ser
vaggio di firmare senza riserva giudicati che non
erano conformi alla loro coscienza. Fu la riforma
Leopoldina del 1838 quella che mise in trono nella
civile Toscana questa divinizzazione del segreto co
me palladio della giustizia. Strana fatalità che anche
nelle riforme più progressive si innesti sempre un
qualche cosa di cattivo ! Strana contradizione che
mentre in uno Stato si inaugura l'era novella della
pubblicità dei giudizi , questo grande e splendido fatto
si oscuri col segreto del voto ! E così anche nella
provincia Lucchese vedemmo estesa nel 1848 simile
novità per l' aggregazione di Lucca a Toscana, che
fu il primo momento della Italica unificazione. È inu
tile ricordare che le ragioni per le quali nei consigli
del Granduca prevalse questa inusata reverenza al
segreto furono le solite meticolosità ed i soliti dubbi
288

intorno al coraggio civile dei giudicanti. Dubbi tanto


più irragionevoli quanto più splendide e gloriose
erano le ricordanze della pubblica giustizia nelle
nostre provincie.
Nè si opponga l'esempio della franca Albione, la
quale si va adesso agitando attorno alla sua riforma
elettorale per sostituire il voto segreto al voto fin
qui palese nelle elezioni politiche. Immenso è il di
vario che corre tra caso e caso. L'elettore politico
non ha un giuramento che lo leghi . E la elezione
che fino ad un certo punto è opera di ragione e di
dovere, diviene oltre questo confine opera di senti
mento quando fra più candidati tutti ugualmente
probi e capaci trattasi di scegliere quello che meglio
risponde alle nostre simpatie. Chi chiede il voto allo
amico, allo alleato, al cliente, chiede un favore : chi
chiede una sentenza contro giustizia chiede una
iniquità, e col chiederla infama sè stesso. Il cliente
di Milone che vota a favore di Clodio non ha scusa
appo i suoi partigiani, non ha schermo che lo ripari
dai meritati corrucci e da rimprovero di tradimento.
Gli sdegni del condannato verso il suo giudice sono
riprovati da una intima voce che al condannato
stesso rinfaccia la propria colpa e gli ricorda la
necessità della legge : perchè il sentimento del di
ritto è ingenito nel cuore di un uomo anco quando
delinque contro il diritto. Guai se fosse altrimenti !
guai per noi Patroni che siamo ad ogni momento
costretti a combattere contro gli avversari della
parte da noi sostenuta ; che spesso dobbiamo per
necessità di difesa vituperare e testimoni e avver
sarii ; e spesso ancora demolire dei patrimoni con
rovina delle famiglie ; e di frequente sostenendo le
289
parti civili assumere la odiosa veste di accusatori
volontarii . E pure io non vidi mai un collega che
cadesse vittima del pugnale vibrato da un avver
sario sconfitto : e se alcuno dei nostri pati violenze
non le pati per la mano dell'avversario lealmente
combattuto ma per la mano del cliente perfidamente
manomesso e tradito. Troppo corre divario fra il
parteggiare politico ee il servigio della giustizia. Che
una potente aristocrazia obblighi i suoi vassalli ad
eleggere un deputato protetto, è nell'ordine natu
rale delle cose : ma nessuno di quei nobili signori
oserebbe imporre ad un suo vassallo, che sedesse
come giurato, di assolvere un assassino.
Ma si vorrà replicare che io mi erudisco alla
storia dei Magistrati permanenti , mentre la presen
te questione vuol essere esaminata nel rapporto dei
giudici cittadini i quali non hanno nella dignità del
l' ufficio, nelle abitudini della indipendenza, ed anco
se vuolsi nello stipendio elementi di forza morale
che ispiri l'animo loro al coraggio occorrente per
affrontare la pubblicità del voto. Ed io rispondo che
a questo coraggio devono appunto gli Italiani edu
carsi dalla legge e dagli ordini nuovi . Rispondo che
se il Giudice permanente si pone al coperto dai
rimproveri e dagli odii dei succombenti additando
l'ufficio suo ed il proprio dovere, anco i Giurati
hanno a loro giustificazione un ufficio sempre no
bile e santo benchè precariamente affidato ; ed han
no il giuramento che non si fa loro prestare per
celia nè per vana formalità. Rispondo infine anche
a questa ultima difficoltà ritornando alla storia.
Le riforme del giure penale iniziate dai suoi apo
stoli nel secolo decimottavo non ottennero, come
VOL . IV. 19
290 .

ognun sa, il loro trionfo con rapida ed istantanea bat


taglia. Ognuna delle medesime dovette sostenere
lunghe e penose lotte per vincere la inerzia delle
abitudini e la malignità dei pregiudizi. E come oggi
si va gridando che abolito il capestro andrebbe in
rovina la società, cosi gridossi a squarciagola che
se abolivasi la tortura non sarebbe stato più pos
sibile fare un processo ; gridossi che senza le im
punità non si sarebbero potute colpire le associa
zioni dei malfattori; gridossi che la nobile istituzione
della magistratura armata personificata nei Reali
Carabinieri era un romanzo, perchè gli agenti della
giustizia dovevano girare attorno mascherati e con
scarpe di feltro. Queste ed altre simili cose si ri
petevano come domma dai nemici dei novatori e
dalle nottole sempre trepidanti del sole. Ma i falsi
profeti ebbero smentita dal fatto. Anche contro il
sacrosanto principio della pubblicità dei giudizi pe
nali furono immensi i vaticinii sinistri . Le abitudini
della inquisizione facevano credere che la giustizia
fosse pianta di così eterogenea natura da non ve
getare che fra le tenebre e cader morta ad ogni
raggio di luce. La pubblicità ( si diceva ) non solo
renderà più timidi gli accusatori ed i Magistrati , ma
farà sparire tutti i testimoni dei quali ha necessità
il criminale processo. Sogni sono questi vostri che
ripescate nei diversi tempi di Sparta e di Roma ;
vere utopie in faccia ai costumi delle generazioni
presenti. Come potete voi sperare che un privato
cittadino venga al cospetto del pubblico, al cospetto
dell'accusato e di tutti i suoi partigiani, a narrar
cose vedute o cose udite confidenzialmente, e che
spingono alla galera quell' infelice che a lui sta in
291

nanzi con pietosa attitudine, o che lo guarda con


bieco piglio gravido di future vendette ? Voi con
questo ideale della pubblicità distruggete la possi
bilità dei processi criminali , rendete impossibile il
corso della giustizia, e demolite ogni guarentigia
della sicurezza universale . E questo gridare fu lungo
ed alto e solenne ; e per qualche tempo rendette
esitanti, talvolta per anni ( e narro fatti storici ) i
legislatori che già careggiavano in cuor loro la pub
blicità dei giudizi, ma ne procrastinavano la istau
razione per quelle paure. Ma alfine giunse l'ora
predestinata al trionfo della verità : inaugurossi la
pubblicità dei giudizi ; e le nottole scornate e con
fase dovettero nascondersi nelle tenebre da loro
adorate. I privati cittadini chiamati come testimoni
comparvero, ed ogni dì compariscono al cospetto
del pubblico : e fattasi ragione del debito cittadino
e del giuramento prestato, porgono materiali am
plissimi ad ogni processo criminale, per quanto possa
essere pietosa la situazione del giudicabile, e per
quanto possano essere minaccievoli i suoi aderenti .
I soli calunniatori sonosi diradati , ed era ben dovere
che fosse così, e questo appunto si voleva ottenere
col togliere la giustizia penale dalle ombre del mi
stero e mostrarla ignuda in tutta la sua santa bellezza
agli occhi del popolo. Stimolo omnipotente al cuore
dell'uomo probo è la coscienza e la innata aspira
zione del vero. Forti di questa e accusatori e giudici
e testimoni sfidano appo tutte le genti civili a fronte
serena questo sognato pericolo della pubblicità e ne
traggono argomento di maggior lena a compiere
gli uffici loro. Soli dunque i Giurati avranno bisogno
di quella finzione che tanto prevalse un tempo da
292
guadagnarsi nel linguaggio la frase caratteristica
di cuoprire il partito ! Frase pur troppo classica,
nella quale rivelasi una storia di vergogne. Uomini
di poca fede perchè adottaste i giudici cittadini come
ulteriore presidio della giustizia penale, per poscia
far loro un insulto cosi sanguinoso ? Se non avevate
fede nella coscienza degli Italiani dovevate lasciarli
sotto i flagelli della obbedienza passiva. La è que
sta una vecchia piaga degli uomini di poca fede che
la tradizione di un lungo servaggio ha sfiduciato di
sè medesimi. Oh ! quante volte da giovinetto udiva
ripetere che l'Italia non poteva redimersi dalla
oppressione straniera col solo braccio dei figli suoi
perchè gl' Italiani non erano esperti alle arti di
guerra nè adatti alle militari fatiche. Di questa vi
tuperosa sentenza ne avevano fatto un proverbio
quei nostri primi e perpetui persecutori, i Francesi,
i quali immemori del sangue versato dai padri no
stri per servigio loro nei campi di Spagna e di Rus
sia ripetevano quello schernevole motto les italiens
ne se battent pas; ed il motto ripassava le Alpi ed
era accolto come domma dai troppi babbei che qua
vegetavano . Ma al sole della libertà gli Italiani mo
strarono che sapevano battersi e vincere ; e San Mar
tino e Milazzo smentirono la nefanda calunnia.
Quando si cessò di crederli incapaci di coraggio
militare gli Italiani mostrarono che sapevano averlo .
Cessate di crederli incapaci di coraggio civile, e da
ranno prova di averne assai più dei nostri vicini.
Ma la abolizione della Camera di consiglio per i
Giurati non solo renderebbe più genuini , più sponta
nei, e più conformi al vero i loro pronunciati ; altro
ed immenso vantaggio ne sarebbe la conseguenza :
293 -

perchè ad altra più utile riforma si aprirebbe per


tal modo la via, mentre porgerebbe il mezzo di pro)
porre ai Giurati ad una ad una le questioni sul fatto
di mano a mano che i pronunciati loro rendereb
bero ragionevoli le successive interrogazioni.
L'abitudine ci rende ciechi alla assurdità del si .
stema presente in quanto si vuole perdere delle ore
e delle ore ad impegnare vivacissime discussioni fra
lo accusatore e la difesa sopra questioni ipotetiche ;
relative alle circostanze , relative alle aggravanti , re
lative alle escusanti di un delitto, mentre il collegio
giudicante è forse già nell'animo suo pienamente
convinto che non esiste delitto ; e sarebbe pronto a
dirlo senza ritegno a chiunque lo interrogasse su ciò.
E poi si contorce l'ingegno del povero Presidente ad
immaginare questioni ipotetiche e subalterne, e ipo
tetiche delle subalterne , e subalterne delle ipotetiche,
tessendo faticosissima tela onde presentare ai Giu
rati una lista di 30 o 40 questioni , sulle quali essi
dovranno partitamente rispondere ; con dichiarazione
però che qualora rispondano negativamente alla pri
ma le altre 29 dovranno aversi come non proposte
nè scritte . E non è questo a guardarlo addentro un
ridicolo perditempo ? Oh quante volte si combatte
aspra pugna fra l'accusa e la difesa per sostenere da
un lato che il furto fu accompagnato da scalamento
e da scasso, e dimostrare dall'altro lato che non lo
fu. Repliche e controrepliche senza fine : sfoggi di
arti oratorie : il giorno tramonta, bisogna supplirvi
con le faci per dare libero campo a questa discus
sione : spesso per l' ora tarda bisogna rinviare la
discussione alla dimane onde esaurire la grave pole
mica che si agita sulla aggravante, o sovra eccezioni
294 -

minoranti dedotte dalla difesa . E poi ? Alla prima


questione se consti del furto in genere, i Giurati
usciti dopo dieci minuti dalla Camera di Consiglio
risponderanno non consta. Ma in verità chi nuovo a
queste cose assistesse a simile spettacolo dimande
rebbe se si recita una commedia, o se quella gente si
diverte per non sapere cosa fare del proprio tempo.
Tolta la Camera di Consiglio si discuterebbe lo
ingenere quando vi fosse luogo a discussione, e sol
tanto dopochè la risposta affermativa del Giuri aves
se reso certo che un delitto esiste si aprirebbe ( con
sicurezza di non fare cosa inutile ) la discussione
sullo autore di quel delitto omai certo. E poscia
soltanto dopo che una successiva risposta avesse
mercè l'oracolo della Giuria renduta positiva la
colpevolezza del giudicabile, si aprirebbe utilmente
la discussione salle aggravanti personali e sulle
scuse che possono militare a suo favore, o sul gra.
do della sua intelligenza o simili ricerche, spesso
più astruse ed indaginose che non fosse la que
stione principale. Cosi si farebbe da chiunque pi
gliasse per norma dei suoi ordinamenti il mero
senso comune. Ma quando si pigliano per modello
gli ordinamenti francesi non siamo sempre sicuri
di trovarci in compagnia del senso comune. E così
vediamo una intera udienza, ed anche spessissimo
parecchie udienze, consumarsi in acerrime dispute
intorno a questioni di diritto fra accusatore e pa
trono per stabilire se si abbiano o no ( a modo di
esempio ) le condizioni del delitto mancato o del
tentativo, oppure il falso o la frode, oppure il falso
pubblico od il privato : e intanto i giurati ridono fra
loro di noi perchè hanno già ferma nell' animo la
295
convinzione della mancanza di ogni substrato ma
teriale a qualunque titolo di delitto : e si prepara
no a demolire il colosso delle questioni che sta
architettando il Presidente, col dare un colpo al
tallone di creta mediante un bel no sulla prima
interrogazione.
Nè lo spreco inutile di tempo prezioso è il solo
inconveniente che derivi dalla collettiva agglorne
razione di molteplici questioni che mutuamente si
contradicono, e dalla collettiva discussione dell'ac
casa e della difesa sopra quella infinita serie di
affermazioni e di negazioni . Altro gravissimo e so
stanziale danno si è quello della confusione inevi
tabilmente generata nelle menti inesperte dei giu
dici popolari per quel sistema che li obbliga a
tener dietro a discorsi prolungati per parecchie ore,
e talvolta per parecchi giorni , sopra una moltitu
dine di fatti e circostanze ed argomenti il più delle
volte svariati. L'analisi è la guida indispensabile
per raggiungere la verità. Ma come sperare dai
Giurati una analisi esatta degli argomenti e delle
circostanze relative a ciascuna delle tante questioni
che devono meditare, ed a ciascuna delle quali deb
bono poi col solo ajuto della loro reminiscenza e
della loro critica referire i singoli ragionamenti
velocemente ascoltati ? È impossibile che la verità
non faccia frequente naufragio con tale sistema.
È per opera del medesimo che non di rado avvie
ne ( e narro fatti positivi ) che i giurati hanno con
dannato od assoluto senza sapere se avevano asso
luto od avevano condannato . Che ciò avvenga io
ne ebbi ripetuta certezza, quando due volte alle
Assise di Massa ed una volta alle Assise di Pisa il
296

capo dei giurati si udi dichiarare che non avevano


votato sulle attenuanti perchè intendevano di avere
assoluto ; mentre in fatto avevano condannato. Co
me pure io la ebhi di nuovo quando udii dichia
rare dal capo dei giurati il concorso delle atte
nuanti per un accusato a favore del quale aveva
emesso il Collegio un verdetto assolutorio. Io non
accatto le mie convinzioni da informazioni stragiu
diciali ottenute confidenzialmente da qualche Giu
rato dopo il giudizio. Di questi fatti ( che pure io
ne avrei moltissimi ) non tengo conto . Mi fermo
sopra i soli documenti officiali ; e di questi ne ho
ad esuberanza per affermare che spesso i Giurati
assolvono quando credono di condannare, e spesso
condannano quando hanno pensiero di assolvere.
Causa unica di tale sconcio e causa inevitabile è
il sistema della votazione collettiva. Riparo a siffatti
sconci con abbreviamento notabile dei giudizi, e
con maggiore speranza di raggiungere la verità
sarebbe la distribuzione logica delle interrogazioni
ai Giurati da regolarsi secondo la prudenza Presi
denziale sulle osservazioni della accusa e della dife
sa : diciamolo in termini volgari , sarebbe costruire
le fondamenta della casa prima dei piani superiori .
Ma tutte queste, ed altre cose ugualmente veris
sime, può aversi oggi la sodisfazione di dirle come
protesta che verrà accolta dai posteri più saggi di
noi ; non già con la speranza di essere ascoltati dai
contemporanei .
IV.

I M MORALITÀ
DEL

CARCERE PREVENTIVO
I M MORALITÀ

DEL CARCERE PREVENTIVO ( 1 )

Le società civili debbono studiare i modi onde


ollenere che la punizione corregga .
Ma dovrebbero altrebi studiare i modi per im
pedire che la prevenzione corrompa .

Tutti riconoscono che la carcerazione degli impu


tati prima della condanna è una ingiustizia, perchè
per sospetti troppe volte fallaci si reca lo scompiglio
nelle famiglie, e si privano della loro libertà citta
dini spesso onestissimi, e dei quali sessanta sopra
cento al termine del processo o al termine del giu
dizio sono poi chiariti innocenti (2).

(1 ) Pensiero presentato al Congresso internazionale di


Londra per la prevenzione e repressione del delitto. 1872.
Dalla statistica giudiziaria penale del Regno d'Italia
per l'anno 1869 pubblicata a cura del Ministero di Grazia
e Giustizia ( Fireoze , Stamperia Reale, 1871 ) risulta che nel
detto anno 1869 i sottoposti a detenzione preventiva , che
andarono poscia liberati o per ordinanza della Camera di
Consiglio >, o per Decreto della Sezione di accusa , o per
sentenza definitiva dei tribunali e delle Corti di Assise ,
sommarono a diciannovemila ottocentosettantasei, mentre
i condannati furono ventiseimila cinquecentonovantolto .
Ed è a potarsi che in queste cifre non figura il numero
vistoso dei detenuti per conto delle I'reture, i quali per
300

Ma si è soggiunto che questa è una ingiustizia


necessaria : e la custodia preventiva si è dovuta am
mettere dalle leggi penali.
Necessaria per formare il processo scritto,
onde il giudice possa interrogare lo imputato ad ogni
bisogno della istruzione . Ma questa ragione cessa
quando i costituti sono esauriti .
Necessaria - per raggiungere la verità, togliendo
all'imputato i mezzi di subornare o intimidire i te
stimoni , o distruggere le vestigia e le prove del suo
reato. Ma questa ragione cessa quando il processo
è compito.
Necessaria -- per la sicurezza, affinchè lo impu
tato non abbia potestà, pendente il processo, di con
tinuare nei suoi delitti. Ma questa ragione non ha
luogo quando trattasi di reati commessi per una
occasione o passione speciale che non offre i carat
teri dell'abitualità .
Necessaria per raggiungere la pena , affinchè
il reo non si sottragga alla medesima con la fuga.
Ma questa ragione non ha luogo quando trattasi di
reati ai quali è minacciata una punizione che è
proporzionalmente meno grave del bando perpetuo
dalla patria .
Se tali necessità sono la sola giustificazione pos
sibile di quella ingiustizia, è manifesto che questa
non è tollerabile, ed è un atto di vera tirannide
dove cessanó le anzidette ragioni. E di fatto i le
gislatori che veramente amano proteggere la libertà

approssimazione rilevasi dalla stessa statistica essere ascesi


a circa venlimila . E neppure vi figurano i detenuti per
conto dell'autorità di polizia .
301
hanno limitato la carcerazione preventiva nel cer
chio che le viene imposto dagli anzidetti criterii :
e cosi erasi fatto con molto senno ed amanità nel
già Granducato di Toscana dai Principi dispotici.
Ma non così nel Regno d'Italia dove il nuovo
codice di procedura penale del 1865 ha fatto della
custodia preventiva il più intollerabile abuso, esten
dendola ai più lievi e insignificanti reati con uni
versale lamento .
Ma se i giuristi lamentano siffatto abuso sotto il
punto di vista dell'ingiusto spoglio delle libertà in
dividuali; non è questo l'aspetto nel quale io deploro
gli effetti sinistri di quello abuso.
Io lo guardo nel suo rapporto economico, e nel
suo rapporto con la pubblica moralità .
Sotto il punto di vista economico io credo che lo
strabocchevole ( 1 ) abuso fatto da alcuni legislatori
della custodia preventiva sia una delle cause che
maggiormente osteggiano la completa ed universale
attuazione del sistema penitenziario.
Infatti la obiezione pratica, che fu in moltissimi
stati più potente di ogni altra a ritardare il comple
mento di una riforma riconosciuta ormai da ogni
saggio come doverosa, fu quella che si trasse dalle
difficoltà finanziarie. Si osservò che sostituendo alle
galere il sistema cellulare si esponeva il pubblico
erario ad esorbitante dispendio. E le cifre richieste
dalla costruzione dei nuovi locali e dal successivo
aumento del personale e di spese di manutenzione,

( 1 ) Dal succitato documento ufficiale apparisce che nel


l'anno 1869 la media giornaliera dei giudicabili delenuti
nelle carceri del Regno ragguagliò a circa ventitremila .
302
si elevarono cotanto alto che la difficoltà si converti
quasi in una assoluta impossibilità.
Ora con nuovi metodi di coercizione domiciliare,
e con ridurre la detenzione preventiva ai soli casi
nei quali veramente ricorre quella necessità che
sola può renderne tollerabile la ingiustizia , si ver
rebbero a mettere a disposizione dei governi molti
e molti locali che oggi si riempiono di cittadini one
sti incarcerati per meri sospetti; e si farebbe ris
parmio delle vistosissime spese ( 1 ) che porta seco
il sistema a dismisura allargato della carcerazione
preventiva. E queste economie di spese e di locali
potrebbero grandemente diminuire le difficoltà pe
cuniarie che osteggiano il sistema penitenziario .
Dico inoltre che tanta precipitazione e tanta ma
nia di carcerare prima della condanna definitiva per
semplici sospetti di falli anche leggerissimi, è una
potente causa di demoralizzazione del popolo.
Questa è la convinzione da me acquisita nell'es
perienze del patronato dei rei da me sostenuto da
oltre 40 anni a questa parte. La custodia preven
tiva demoralizza gli onesti che sventuratamente ne
sono vittime .

( 1 ) Dalla statistica Italiana sopracitata si rileva che


nel 1869 la spesa per il solo personale del servizio carce
rario ascese a un milione oltocentodiciassettemila lire per
le sole duecentoquarantanove carceri giudiziarie centrali e
circondariali , alle quali vuol essere aggiunta la spesa occor
rente, per le mille qualtrocentoquarantasette carceri man
damentali. E nello stesso documento ufficiale si accenna po
tersi calcolare che di questa spesa più che la meli deve
attribuirsi alle detenzioni preventive .
303

Demoralizza per natura propria ; e più per la


forma con la quale bisogna attuarla.
1.0 Per natura propria , perchè deprime ed ab
batte il sentimento della personale dignità in colui
che dopo avere condotto vita onesta ed innocente
si trova colpito da una macchia immeritata. Esso
sente bene di essere decaduto nella opinione de' suoi
concittadini , perchè la successiva liberazione non
cancella nella mente di molti il torto del carcere
patito. Esso ha preso a scherno le leggi poichè le
ha vedute divenire istramento del martirio dei buo
ini . Esso ha colto in odio la società e la giustizia
sociale che lo hanno ingiustamente perseguitato, e
quasi si stima nel diritto di una rappresaglia. Esso
si è familiarizzato con la prigione che prima aveva
tanto in orrore ; ed il timore del carcere non darà
più in avvenire a lui quella forza morale che prima
gli forniva energia a lottare contro le tentazioni del
male. È impossibile negare che lo essere stato in
carcere, quantunque senza risultato di condanna, la
scia nell'animo un grado di avvilimento, ed una fa
tale sfiducia nella vita illibata.
2.º Demoralizza per la forma nella quale bisogna
attuarla, e come almeno si esercita oggi nella ge
neralità delle provincie di Italia. Si strappa dal seno
della famiglia un giovine senza macchia od una
onestissima sposa, perchè qualche fallace apparenza
o le ciarle di qualche malevolo crearono sospetti di
qualche delinquenza sebbene leggiera. È necessità
rinchiudere quei disgraziati nel carcere promiscuo.
Ed ecco che alle provvide cure educatrici dei ge
nitori, o alla vigilanza del prudente marito, si so
stituisce la compagnia e lo ammaestramento dei
304

vagabondi , dei facinorosi, dei ladri , e delle femmine


spudorate, che formano la popolazione di quelle sen
tine, popolazione che si viene successivamente al
ternando con varietà nelle tendenze maligne, ma con
fatale costanza di tendenze maligne. Il detenuto
onesto impara più di male in quei tre o quattro
mesi di nefando consorzio che non ne apprese forse
in tutta sua vita : e quando sarà riconosciuto lo
errore della polizia giudiciaria, e quell' infelice ver
rà restituito al seno dei suoi cari, potete esser certi
che se costoro non lo ricevono ormai perduto e
corrotto lo ricevono indubitatamente deteriorato
nella sua moralità. Spesso i germi del male raccolti
in una prima ed immeritata carcerazione preventiva
fruttarono irreparabile rovina morale ad individui
che senza quel fatto si sarebbero mantenuti inte
gerrimi cittadini per tutta la vita loro. Di chi è la
colpa di quella rovina se non dei pubblici ufficiali
che per uno zelo convertito in libidine, corrono a
carcerare ad ogni lieve sospetto ; e di chi è la colpa
se non delle improvvide leggi che accarezzarono
quel falso zelo e lo fornirono di quella potestà ?
Io ritorno dunque con profondo convincimento
al motto che posi in fronte a questo povero scritto.
Lodo ed applaudisco come ad opera santa ai no
bili sforzi che si fanno per condurre i colpevoli alla
penitenza. E proclamo che i governi civili mancano
ad un sacro loro dovere se non conferiscono a quel
l'intento ogni forza propria.
Ma se quella è nelle società una colpa di omis
sione, è però colpa gravissima di commissione lo
usare delle forze sociali per inviare gli onesti alla
305

scuola del male, e corrompere anime pure ed in


temerate .
Agli occhi miei la seconda è colpa più grave as
sai della prima. E per ciò concludo col far voti
perchè agli studi sulle carceri penali si accompa
gnino gli studj sulle carceri giudiziarie : e perchè
quei governi i quali hanno finalmente sentito il de
bito loro di dare opera alle riforme carcerarie, in
comincino seriamente la opera riformatrice dalle
carceri giudiziarie. Lo che porta a due modi di ri
forma – 1.º diradare quanto è possibile ed accor
ciare le carcerazioni preventive 2.° e queste, ri
dotte entro i limiti della più stretta necessità, ordi
nare in modo che non siano tirocinio di perverti
mento morale.

Pisa 27 maggio 1872 .

VOL. IV. 20
V.

FOGLIO DI LAVORO

PER

LA COMMISSIONE SULLA RIFORMA CARCERARIA


FOGLIO DI LAVORO

PER

LA COMMISSIONE SULLA RIFORMA CARCERARIA

I quesitisottoposti allo esame della Commissione


governativa incaricata degli studi sulle prigioni sono
tutti interessanti e meritevoli di serie considera
zioni. Ma prenderli tutti in accurato e completo
esame, e discutere di ciascuno i diversi modi di
soluzione sarebbe opera che richiederebbe più di
un volume, perchè in sostanza in quei quesiti si
riassume o esplicitamente o implicitamente tutta la
intera scienza delle prigioni. Oltre a che molti di
tali quesiti richiedono cognizioni e studi sperimen
tali che possono dirsi specialissimi nella specialità,
ed in molti dei quali io non mi sento bastantemente
erudito neppure quanto occorre per emettere una
opinione definitiva e coscienziosa. Volendo pertanto
portare anch'io la mia meschinissima pietra allo
edifizio che dai tanti dotti componenti la nostra
Commissione si va costruendo, mi limitero ad es
porre i miei pensieri sopra quelle fra le propo
310

ste questioni intorno alle quali io sento di avere


nell'animo una opinione determinata per osserva
zioni e ragioni a me procacciate dal lungo mio ti
rocinio nel foro.
1.

Data come necessità intuitiva la impossibilità di


procurare con la desiderata sollecitudine la contem
poranea erezione a sistema cellulare dei nuovi sta
bilimenti destinati a carceri giudiziarie e penali , si
domanda a quale di queste debba darsi la prefe
renza nel tempo : se cioè debba cominciarsi dalle
carceri giudiziarie o dalle penali.
A me pare che questa ricerca non offra perples
sità, nè dia luogo ad esitazioni . Le cure di ogni
prudente padre di famiglia debbono più energiche
o più sollecite volgersi ad impedire che la roba sa
na si corrompa anzichè lasciarla esposta a gua
starsi per correr dietro alle problematiche speranze
di medicare la già corrotta. Non è che non debba
aversi anche questo pensiero e con ansietà acca
rezzarlo, ma il quesito proposto alla Commissione
suppone un conflitto nel quale ( attualmente alme
no ) sia dara necessità ritardare una delle due cure :
ed in tale presupposto io penso che la preferenza
di anteriorità deve darsi alle carceri giudiziarie.
Il padre della santa parabola apri le braccia al fi
glio prodigo reduce alla sua casa ed amorevolmente
lo accolse ; ma non avrebbe davvero cacciato di casa
i figliuoli buoni per ammannire l' albergo al pec
catore pentito.
Le carceri di pena sono destinate per presunzione
di legge ( che presume la verità delle condanne ) ad
311

accogliere gente più o meno corrotta, e caduta più


o meno abbasso nel fango del delitto e del vizio.
Le carceri giudiciarie sono per presunzione di legge
( che presume la innocenza fino alla condanna ) de
stinate ad accogliere galantuomini caduti in sospetti
sovente ingiusti : e che sovente i sospetti ( ed anzi
il più sovente ) siano ingiusti o per lo meno esa
gerati lo mostra la statistica delle resultanze con
irrecusabili cifre.
Ma se troppo spesso avviene che giovani inteme
rati ed uomini probi si trovino, per nemiche casua
lità, o per aberrazioni altrui, condotti nelle carceri
giudiziarie, è però molto probabile che dopo breve
dimora ne escano non più intemerati nè probi ma
infetti da una fatale corruttela ; e certamente meno
intemerati e meno probi di quando vi entrarono .
Tale è la conseguenza inevitabile del prolungato
contatto nel quale si trovano in quelle sentine, dove
le parole non bastano a descrivere quanto si inse
gni sfacciatamente di male dalla feccia che vi si
trova raccolta. Io ebbi testè a difendere una sposa
onestissima e tuttora giovine, venuta ( per sola ca
gione di una imprudente ciarla ) in sospetto di mis
fatto gravissimo. Molto langa era stata la sua de
tenzione ; immeritata però, come venne a mostrarla
la sentenza assolutoria della Corte di Assise. Nei
colloqui secolei io la richiamava ( come è mio co
stume ) sulle condizioni del carcere dove essa lan
guiva e sulla sua compagnia. Il pudore tratteneva
quella donna dal descrivermi e dal ridirmi le osce
nità che ella vedeva od udiva là dentro . Ma nel suo
povero linguaggio tutto riassumeva in questo sem
plice concetto : io ho marito ( riproduco le sue pa
312

role ) e quattro piccoli figli: ma non aveva mai sa


puto , nè mai avrei creduto , che vi fossero al mondo
tante sudicerie quante ne ho imparate là dentro.
E doveva bene esser cosi perchè delle otto o dieci
femmine che alternamente passavano i giorni e le
notti in quella sentina, essa era la sola non paten
tata . E se colei invece di essere maritata fosse stata
fanciulla sarebbe stata per necessità di locale inviata
alla medesima scuola. Di questi esempi dolorosissimi
io ne raccolsi centinaia nei quaranta anni del mio
patronato, durante il quale feci come amatore ar
gomento dei miei studi la clinica delle prigioni . Co
stantemente osservai che il giudicabile a me affidato
veniva lentamente mutando modi , costumi e lin
guaggio , ed anche la stessa fisonomia, durante la
sua detenzione . Ai primi colloqui io spesso tro
vava un giovine addolorato ma con buonissimi sen
timenti. Se innocente si rassegnava con pazienza
al suo fato ; se colpevole mi confessava schietta
mente il suo fallo, e se ne mostrava pentito : ed io
ne usciva pieno di simpatie verso quello infelice e
di speranze della sua futura moralità . Ma la scena
cambiava con un progresso deplorabile nei succes
sivi colloqui . L ' innocente era divenuto riottoso , e
talvolta giungeva a deplorare di non aver commes
so il delitto che gli si apponeva, dicendo che alme
no ne avrebbe goduto il frutto a compenso del ma
le che pativa ; il colpevole ritrattava a me stesso
le già fatte confessioni; e si mostrava sdegnoso del
consiglio di confessare alla udienza, o traeva fuori
nuove fole e nuovi pretesti , talvolta finissimi, ma
sempre falsi ed immaginati . E tutto questo io ca
piva essere il frutto dei cattedratici della prigione ;
313 -

e me ne accertava pur troppo richiamando il cliente


alla descrizione dei suoi compagni e dei loro trat
tenimenti . Tutto questo avviene ogni giorno in mol
tissime provincie d'Italia ; e non vi è bisogno della
esperienza per comprendere che deve avvenire co
si, e con proporzioni tanto maggiori quanto più in
certi luoghi sono miserabilmente ristretti i locali
di custodia, e quanto più da certi uffizi si corre con
una precipitazione inesplicabile ad ordinare gli ar
resti per frivoli indizi o per lievissimi falli.
Non solo dunque per ferma opinione mia il pro
posto quesito dovrebbe essere sciolto nel senso della
precedenza delle carceri giudiziarie, ma stimo altresì
che questo sia un provvedimento della massima ur
genza onde arrestare quella crescente demoralizza
zione del nostro popolo, della quale gl'improvvidi
ordinamenti non sono nè la ultima nè la meno col
pevole delle cagioni .
E poichè sono venuto su questo terreno io non
voglio dissimulare la mia opinione sulla custodia
preventiva . Questa io considerai sempre e considero
come una delle grandi cause demoralizzatrici del
popolo , e come tale guardandola io vidi nello smi
surato allargamento che a lei si è dato dalle nostre
leggi una vera calamità pubblica.
La questione della custodia preventiva si è ge
neralmente guardata dai pubblicisti sotto il punto
di vista della libertà individuale manomessa per
meri sospetti . Punto di vista rispettabile senza dub
bio : ma in ordine al quale si declinano facilmente
gli obietti, recando innanzi condizioni e cautele le
quali a prima vista appariscono soddisfacenti; e
non importa poi se si risolvono in fumo ed in vane
314 -

parole . Ma questo non è il solo aspetto sotto il quale


vuole essere considerato come perniciosissimo lo
abuso che si venne facendo della custodia preven
tiva. Evvi il punto di vista della moralità pubblica
condotta a pericolo e della dignità umana incauta
mente depressa ; e di qui sorgono, a mio parere, le
obiezioni più gravi e meno suscettibili di risposta.
Il sinistro influsso che le carcerazioni preventive
esercitano sulla pubblica moralità è cosa tanto in
tuitiva da non aver bisogno nè di dimostrazione ne
di esornazione. Invano onestissimi genitori hanno
tenuto il figlio proprio sotto la più amorevole vigi
lanza domestica, hanno remosso con ansietà non
interrotta ogni germe di depravazione dal suo cuore;
lo hanno nutricato col latte di prudenti consigli. Ad
un bel giorno quel giovine viene arrestato, o per
vani sospetti , o per una contravvenzione di caccia,
o per una imprudente parola sfuggita nell'impeto
di momentaneo risentimento. Ed eccolo gettato in
mezzo ad una comitiva di serpi che con l'alito loro
lo circondano di un ambiente pestifero. Là dentro
la gerarchia dell'autorità sta in ragione della scel
leraggine ; il cameratismo s'impone dai più riottosi
e perduti ; dai più onesti si subisce con una passi
vità che lo converte in abitudine e reverenza. L'or
dine della supremazia morale è radicalmente rove
sciato là dentro, ed è impossibile togliere questo
male senza togliere la promiscuità. Sia pur breve
la durata di quella carcerazione ( ma troppe volte
non lo è ) chi può calcolare gli effetti che in un'ania
ma nuova al male produce quello impuro contatto ?
Io molti ne conobbi nelle mie pratiche generati da
onestissimi parenti che narrando la storia della loro
315 -

ormai consumata depravazione ne facevano rimon


tare la prima genesi ad una accusa ingiusta lan
ciata contro loro benchè innocenti, alla pedagogia
subita nel carcere, alle infauste conoscenze contratte
là dentro ; e lunghe storie private e dolorosissime
avrei da narrare, alcune delle quali finirono mise
ramente sul palco. La riunione dei già riconosciuti
colpevoli in una sola stanza offre un pericolo alla
sicurezza sociale per le alleanze che là si contrag
gono tra i malfattori, e pei delitti che là si prepa
rano, e per gl' insegnamenti che reciprocamente si
somministrano nella propedeutica del delitto. Ma il
tramescolamento nella carcere di custodia preven
tiva, oltre al danno ulteriore d'intorbidare i processi
per i malvagi ammaestramenti che suggeriscono i
vecchi professori ai neofiti, ha per sua inevitabile
conseguenza anche l'altro e gravissimo danno di
rimandare pervertiti in seno alla società quei gio
vani che erano puri ; e che senza ciò si sarebbero
con ogni probabilità conservati per tutta la loro
vita nel culto dei doveri religiosi e morali ai quali
erano stati educati. Questa è una delle colpe gra
vissime che debbono rimproverare a sè medesime
le società odierne. Il bisogno del riparo è urgentis
simo, e se una impossibilità materiale osteggia la
immediata applicazione alle carceri giudiziarie del
sistema di segregazione completa, è un dovere che
incombe alle società odierne ( se vogliono chiamarsi
civili ) di diradare, per quanto lo permette la pub
blica sicurezza, queste carcerazioni preventive che
cosi incautamente si vennero moltiplicando.
Noi toscani avevamo una lunga esperienza con
traria. Le nostre leggi ( tranne per cerți eccezionali
316

delitti d'indole abitudinaria ) non permettevano la


carcerazione preventiva tranne per quei titoli di
reato ai quali fosse minacciata una pena superiore
a due anni di carcere. Eppure vivevamo tranquilli
e sicuri : nè vedevasi cosi giornaliero questo scon
cio di detenuti che per quattro o sei mesi aspettano
in carcere una condanna a quindici giorni di pri
gionia, e spesso una dichiarazione di non luogo a
procedere : nè vedevamo lo zelo di certi ufficiali
surrogare alla pena il carcere preventivo artificio
samente prolungando le udienze in quei processi
che più sono vuoti di prova, perchè nella persua
sione di avere fra le mani un delinquente che non
sono riusciti a convincere, veggono un beneficio
sociale nel ritardo della sua liberazione . Nè vede
vamo così spesso sostituito pei giovani il collegio
del carcere alla disciplina domestica. È ben difficile
che a noi toscani giungasi a persuadere la rantata
necessità del nuovo sistema.
Dissi ancora che lo abuso delle carcerazioni pre
ventive era perniciosissimo per la depressione che
produceva nel sentimento della propria dignità in
quelli individui che ne erano sventuratamente col
piti . Chi ha avuto occasione di osservare con quan
ta fierezza d'orgoglio certi vegliardi ripetono quel
vanto di non aver mai avuto che fare con la
giustizia, di non avere mai salito le scale del Tri
bunale neppure come testimoni : chi ha letto nello
infocarsi degli occhi di costoro tutto quello che sif
fatta coscienza forniva di elevazione e di nobiltà ad
un'anima retta ; ha dovuto comprendere tutta la
efficacia che sull'anima di colui aveva esercitato
durante la vita la sola ambizione di poter ripetere
317
simile vanto. Se ad un di costoro si fosse fatto una
sola volta toccare la carcere per un sospetto, la ma
gia di quella coscienza sarebbesi dileguata : e forse
la repugnanza alla pena avrebbe perduto tutta la
sua efficacia . È la fiera e celebre sentenza di Attilio
Regolo : non vi curate del riscatto dei prigionieri ;
il soldato che si rendette una volta prigione non è
più un soldato Romano. Se giudiziosamente vuolsi
conservare al carcere il carattere e lo effetto di
pena temuta dal popolo, procurate che non divenga
familiare e cosi indifferente. Si serbi ai riconosciuti
colpevoli. Si adoperi come una necessità anche pei
sospetti quando lo esige la indole atterritiva del
l'obiettato malefizio : ma, tranne ciò, è un errore
guardare soltanto al di d'oggi ed alle congetture
spesso fallaci della polizia giudiciaria per familia
rizzare gli onesti col carcere. La vita anteatta deve
valere qualche cosa anche in faccia a questo primo
pericolo ; nè la si rispetta bastantemente quando si
dice ad un galantuomo, andante in carcere, che poi
vi libererò. Pessimo tra gli errori si è quello di
sciupare gl'istrumenti della propria forza.
Ma se forse è audacia sperare che ordini di fre
sco costituiti si vogliano cosi presto mutare, fino a
che la riprova di una dolorosa esperienza non ab
bia illuminato gl' increduli ; e se la Commissione
nostra è impotente ad alzare la sua voce per una
salutare riforma legislativa in questo grave argo
mento ; usi almeno la nostra Commissione ogni sua
possa per sospingere il Governo alla pronta, anzi
immediata, applicazione del sistema cellulare alle
carceri giudiciarie. Non tarderà la prova dei fatti
a mostrare il grande beneficio di questa riforma ;
318

e primo e più presto sentito vantaggio sarà il più


sollecito compimento delle procedure criminali, ed
un diradamento di quelle tenebre che troppo spesso
vi apportano gl' inquisiti per le maliziose istruzioni
degli sperimentati maestri .
Avvi chi pensa potersi raggiungere lo stesso fine
con un temperamento transitorio. Non abolire del
tutto la promiscaità nelle carceri giudiziarie ; ma
distribuire i detenuti per categorie secondo la in
dole dei respettivi delitti. Ma anche questo pensiero
ha due aspetti. Sembra assai buono sotto il punto
di vista del pericolo di corruzione individuale, per
che quando i feritori non più si mandano a scuola
dai ladri non si avrà ragione di temere che ne esca
no ladri. Ma sotto l'altro punto di vista del peri
colo delle associazioni esso forse si aumenta con la
formazione delle categorie. Io non mi appagherei
dunque di questo semplice temperamento. Vorrei
portare la riforma alla radice : vorrei che quando
la società venisse a rimproverare ad un cittadino
la sua mala condotta, questi non potesse mai rin
facciarle - tu fosti quella che mi facesti contrarre
dimestichezza coi malfattori dandomeli per compa
gni nel carcere dove mi gettarono i sospetti dei
tuoi officiali.
Finirò con una ulteriore osservazione che credo
importante.
Quando il Parlamento abbia stabilito in massima
l'abolizione della galera e la sostituzione per tutto
il Regno del sistema penitenziario, e decretato che
immediatamente si proceda alla costruzione degli
opportuni stabilimenti, è evidente che la mole im
mensa di questo lavoro non potrà essere compita
319

tutta in un attimo ; e ciò non solo per ragione di


spesa, ma anche per ragione d'insuperabile im
possibilità materiale.
Come dovrà allora procedersi nella successiva at
tivazione dei nuovi stabilimenti ?
Qui giustizia comanda che si adotti una massi
ma la quale sia uguale per tutti coloro che si tro
vano nella identica situazione giuridica. Nè può
ammettersi che si dica doversi temporariamente
continuare ad applicare la galera ai condannati di
quella provincia, e il carcere con isolamento ai con
dannati di un'altra provincia quando sono colpe
voli del medesimo titolo di reato .
Qui dunque pare a me che dovrebbe accettarsi
il sistema delle categorie.
E, volendo accennare la mia opinione intorno a
questa distribuzione di categorie, dirò nei più brevi
termini che gli ultimi delinquenti pei quali dovreb
be cessare la pena della galera sarebbero ( per opi
nione mia ) i ladri responsabili di certe gravi forme
di furto ; ed ultimi di tutti i ladri recidivisti.
Mi si permetta qui di manifestare francamente il
mio modo di sentire su questa categoria di delin
quenti. Sarà un giudizio erroneo, sarà un pregiu
dizio : ma è un pregiudizio che mi hanno radicato
nel cuore otto lustri di esperienza e di continue
osservazioni .
Io ho fede nel sistema penitenziario. Fede caldis
sima nella probabilità della ' emenda di tutti i col
pevoli . Ma non ho mai veduto emendarsi un ladro,
quando non era stato vittima di una accidentale
tentazione ma proprio aveva assunto il furto come
una speculazione. In costoro il rubare degenera in
320

una mania ; ed ancorchè poscia la sorte arrida loro


e divengano ricchi, non possono vincere la loro pas
sione. Il massimo dei progressi che può sperarsi da
loro nella nuova situazione economica e quello di
cessare dallo essere personalmente ladri, e salire
al più elevato rango di quella gerarchia, facendosi
direttori, consiglieri , e manutengoli di furti .
Io rispetto le convinzioni di tutti ; ma chiamato
dal Governo a dire la mia opinione, io la dico
schiettamente come la sento.

II .

Si domanda poi se convenga ammettere visita


tori officiosi nelle carceri giudiziarie .
Rispondo recisamente no, e poi no, segreto pro
cessuale è troppo importante perche possa mettersi
alla balia di privati . Questi prima o poi compromette
rebbero quel segreto, o per impulso partigiano, o per
inettitudine a ben calcolare le conseguenze delle
loro comunicazioni, o per mollezza di cuore. E lo
comprometterebbero precisamente in quei processi
nei quali forse più sarebbe interessante la sua ge
losa conservazione.
Una vigilanza sulle carceri giudiciarie io la vor
rei a simiglianza di quella che lo Imperatore Giu
stino aveva nel suo celebre rescritto conferito ai
Vescovi nelle Provincie. Vigilanza diretta ad acco
gliere i reclami degli inquisiti quando siano sven
turatamente vittime delle ostinate vessazioni di un
giudice istruttore . Ma siffatta vigilanza. vorrei si
affidasse a persone che avessero una veste pubblica
e che avessero vecchia abitudine a conoscere la
321
importanza del segreto nelle procedure penali . Sen
za aggravio del tesoro io destinerei in ogni città a
questo uffizio un vecchio magistrato a pensione ,
accordandogli, dove ha luogo, la indennità della car
rozza per ogni visita. Anche nelle pensioni si va agli
eccessi. Una sordida economia reseca da un lato
contro giustizia il premio dovuto ai vecchi servitori
dello Stato, e ne fiacca il coraggio con la prospet
tiva dei minorati proventi nella vecchiaja : dall'altro
lato una trascuranza spensierata lascia in una com
pleta inoperosità persone abilissime e probe che
potrebbero tuttavia rendere servigi utilissimi alla
società. Io vorrei essere largo nelle pensioni, ma
vorrei compatibilmente alla sua età ed alla sua
salute usufruire il pensionato fino all'ultimo esau
rimento possiile della sua attività. Fra i moltissimi
modi di cavar * frutto dai magistrati pensionati io
veggo ancor questo di affidar loro senza mutazione
di residenza la vigilanza delle carceri giudiziarie .
Non è a prevedersi che in una città dove esiste un
tribunale correzionale non abbia dimora un giudice
pensionato che sia abile a questo importante servi
zio. Certamente se per risparmiare qualche soldo a
quella maledetta finanza si deve compensare il pen
sionato valido col lasciargli lo esercizio della pro
fessione di Avvocato, l'incarico che io propongo
sarebbe incompatibile, ed ognuno lo comprende. Ma
questo io non vorrei : e quando ciò si ammettesse
dovrebbe essere costante causa di esclusione.
Questo mio pensiero verrebbe in certo modo a
realizzare le osservazioni ed i desiderii che parec
chie volte ho nei miei scritti manifestato, e che
nell'animo mio formano oggetto di caldissimi voti.
VOL . IV . 21
322

Varrebbe questo incarico officiale del visitatore a


supplire a quella dolorosa lacuna che esiste nella
difesa dei rei durante il periodo della inquisizione
segreta : varrebbe a sottrarre gli inquisiti dalla ef
frenata balia dei due inquisitori ( Procuratore del
Re locale , e Giudice Istruttore) i quali , se fatalmente
si accordano per eccesso di zelo o preoccupazione
di mente, fanno talvolta degenerare la inquisizione
in una vera punizione.
Questo male si è lamentato da molti pubblicisti
contemporanei. Ma quando si è proposto di esten
dere la difesa dei rei anche a questo primo perio
do valendosi del mezzo della Caria, si è detto cosa
utopistica nell'attuale condizione del procedimento
penale, che nel primo periodo ha per base il segreto.
Il Magistrato, posto a pensione con lo incarico
della vigilanza delle carceri giudiciarie di quella
città dove egli ha eletto il suo domicilio, non do
vrebbe avere alcuna ingerenza nel processo che si
va istruendo contro lo inquisito dai due inquisitori.
Ma fornito di libero accesso nelle celle dove oggi
lo inquisito languisce privo di ogni comunicazione
con uomini che non siano devoti al Giudice Istrut
tore, suo ufficio sarebbe quello di raccogliere i la
menti dello inquisito, e valutarne la importanza.
Egli quando da tali lamenti si persuadesse che o
per soverchia lentezza della procedura o per ves
sazioni dello istruttore, o per ostinazione a non
voler dare sfogo alle verificazioni defensionali poste
innanzi dal detenuto, la giustizia è in quel caso
male servita, e viene a farsi di quello infelice una
vittima ; egli ( il visitatore officiale) dovrebbe avere
autorità d'inoltrare i suoi reclami al relativo capo
323

del pubblico Ministero o al Ministro Guardasigilli


secondo prudenza sua. La sua voce non parziale ne
venale sarebbe ascoltata. E forse sarebbe rarissimo
il bisogno che quella voce si alzasse perchè a frena
re le vessazioni di certi Giudici Istruttori varrebbe
il solo pensiero che la loro vittima ha un protettore,
e che i suoi lamenti non sono consegnati soltanto
alle sorde orecchie degli sgherri del carcere, ma
possono venire raccolte da persona autorevole.
La costituzione dei visitatori officiali staccati af
fatto così dalla Curia patrocinante come da ogni
alleanza o servilità degli inquisitori, mentre sarebbe
utilissimo freno al troppo arbitrio di costoro rassi
curerebbe l' animo di tutti i cittadini onesti : e sa
rebbe di una efficacia grandissima a rendere più
tranquilli li stessi detenuti impedendo loro di tra
scendere a conati di fuga ed anche ai tentativi di
suicidio ( che più di una volta ho veduto in pratica )
ai quali sono sospinti per la disperazione del ve
dersi abbandonati alla libera potestà di un uomo
che essi vengono a considerare troppo spesso come
il loro onnipotente persecutore, e non sempre a torto .
Sarebbe negli attuali sistemi procedurali inattua
bile la libera difesa degli inquisiti col mezzo di pa
troni elettivi. Ma è però sempre un resto di barbarie
che un innocente si possa trovare anche per anni
chiuso in un carcere per le preoccupazioni di un
istruttore troppo abituato a vedere dappertutto il
delitto e la scelleraggine ; di un istruttore nel quale
l' abitudine si è convertita in fanatismo ; senzachè
gli abusi possibili di costui possano essere dal mi
sero detenuto denunciati tranne per vie illegittime
e frodolenti. La civiltà dei tempi nostri non tollera
324

che sul capo di tutti gli onesti cittadini sovrasti il


pericolo d'incontrare un periodo di vita cotanto
amaro. Se quel periodo di cessazione di libertà è
inevitabile, si mantenga per le necessità delle pro
cedure ; ma si limiti desso alle sole condizioni (già.
assai dure ) di toglimento di libertà ; ma non si
estenda alla condizione troppo più grave di togli
mento di ogni protezione sociale . La società non di
mentichi anche in quel periodo i suoi figli, e possa
almeno dir loro di avere avuto un pensiero di pro
tezione . Dire che a frenare i Giudici Istruttori basta
la vigilanza del Pubblico Ministero locale, è parola
fatua per chi vede le cose non dall'alto di uno scan
no che si accerchia dai vapori dell'ideale ma nella
dura realtà della vita pratica: Io non vorrei dunque
visitatori privati , dei quali ho veduto abbastanza per
capire che o farebbero troppo o non farebbero nien
te . Ma non vorrei deserto lo inquisito di ogni pro
tezione sociale .
Io non ho fatto che gettare innanzi questa idea
dei visitatori officiali per sottoporla alle meditazioni
e miglior senno altrui. Accettata che fosse rimar
rebbe ad ordinare con appositi articoli le regole
applicative : nè a queste io voglio scendere.
Soltanto dirò
1.• Che quando ho parlato di Magistrati a pen
sione ho inteso parlare di veri Magistrati, i quali
escano dalle abitudini del giudizio imparziale, e non
dalle abitudini dell' accusa.
2.º Che anzi io vorrei che la scelta e destinazione
di tali visitatori si facesse direttamente dal Mini
stro con intervento consultivo dei soli Presidenti ,
ma senza nessuna interlocuzione dell'accusa. Non
325

solo sarebbe assurdo, ma sarebbe anche ridicolo che


se i visitatori officiali devono essere i sorveglianti
degli inquisitori, la scelta e destinazione loro si fa
cesse a suggerimento degl' inquisitori.
3.º.Che io non vorrei si desse a questi visitatori
officiali alcun diritto d' intervento 0. di sindacato
nella inquisizione. La inquisizione dovrebbe essere
indipendente dai visitatori, come questi dovrebbero
essere indipendenti dagli inquisitori. I visitatori do
vrebbero avere limitate le ingerenze loro — 1.º alla
libera facoltà di raccogliere dagli inquisiti le do
glianze loro durante tutto il periodo della inquisi
zione ; cioè fino al giorno nel quale pei veglianti
regolamenti la legge provvede il detenuto di un
difensore speciale -- 2.º alla libera facoltà d' inoltrare
i reclami alle autorità sovrastanti agli inquisitori .
Tali sarebbero le mie idee che vogliono essere
giudicate nel loro complessivo e genuino concetto .

III .

Si domandano le migliori cautele per impedire


le evasioni dei detenuti . La risposta è facile.
In primo luogo fabbricare stabilimenti che non
imitino le carceri giudiziarie di Pisa dalle quali non
fugge chi non ha volontà di fuggire.
In secondo luogo pagar bene i custodi onde non
abbiano all'uscio la malesuada fames.Le economie
fino all'osso sono eccellenti per empire il Regno
d'impiegati ladri, corrotti e traditori.
In terzo luogo usare maggior rigore contro i
guardiani conniventi alle fughe. Che quando si è
326
dato loro assai di che vivere si ha buon diritto di
usare severità contro i loro tradimenti .
In quarto luogo attribuire ai capi custodi delle
carceri la massima ingerenza nella elezione dei
guardiani. Io incontrai più volte dei capi custodi
tutti addolorati perchè un decreto ministeriale aveva
dato loro per guardiani certi individui li antece
denti dei quali erano tutt'altro che rassicuranti .
Essi erano costretti a fare personalmente il servi
zio di quei subalterni perchè avevano troppa ra
gione di non fidarsene. È una ingiustizia porre alia
responsabilità di un capo di uffizio le mancanze di
un subalterno alla nomina del quale esso non ha
avuto parte, e sul quale per conseguenza non eser
cita che un'autorità precaria e debolissima. Questa
ingiustizia si sente nel cuore, ed è questa la cagione
per cui le accuse di partecipazioni colpose alle eva
sioni finiscono sempre in assoluzioni .
Ma io credo che moltissimi degli inconvenienti
relativi al guardiatico delle carceri sarebbero ta
gliati alla radice quando questo servizio si conse
gnasse esclasivamente allo esercito. L' abitudine
alla disciplina militare ha una efficacia prodigiosa.
E dicendo di aver fede nella abitudine alla disci
plina militare ho già detto implicitamente che non
mi contenterei di cercare i guardiani nella seconda
categoria ; ma li vorrei proprio soldati effettivi e
così forniti di quella abitudine, ed in grado di dare
con il respettivo nazionale una guarentigia dei loro
costumi .
327

IV .

Si è dimandato ancora se la carcerazione preven


tiva ( che bene fu detta dai pubblicisti una neces
saria ingiustizia ) attribuisca al detenuto un qualche
diritto contro la società che per i bisogni propri lo
sottopose a quel patimento : diritto che nella ipotesi
di un detenuto successivamente condannato svilup
perebbe una ragione di scomputo nella pena ; e nella
ipotesi di un detenuto riconosciuto innocente svi
lupperebbe una ragione d'indennità a suo favore.
Sebbene possa questo quesito fino ad un certo punto
in entrambo quei suoi svolgimenti diversi risalire
a principii identici, pure per le difformi considera
zioni che incontra in quelle due distinte ipotesi vuole
essere distintamente esaminato.
1.• Nella ipotesi che dopo lunga carcerazione pre
ventiva il detenuto risulti veramente colpevole del
reato i sospetti del quale lo fecero sottoporre a
custodia, avrà egli diritto alla sottrazione del tem
po passato nelle carceri giudiciarie dalla pena che
a lui s'infligge in conseguenza della condanna ? Qui
s'incontrano diverse opinioni cosi nella teoria co
me nelle pratiche giudiciarie e legislative. Queste
difformi opinioni hanno dato origine a diversi si
stemi che vogliono essere separatamente esaminati.
Tali sistemi io riduco a quattro, volendo tener conto
di quei soli che hanno avuto in diversi luoghi e in
diversi tempi una vita effettiva ; e lasciandone da
parte altri che nacquero e morirono nelle fantasti
che pagine di qualche scrittore ; come ( a modo di
esempio ) quello di Rauschemberg ; il quale
328

con evidente iniquità avrebbe voluto si scomputas


se il carcere preventivo quando non assorbira la
pena inflitta e non si scomputasse invece quando
avrebbe assorbito tutta la condanna : iniquità evi
dente perchè favorisce chi è colpevole di più grave
delitto e flagella i delinquenti minori . La indole di
questo scritto non permette che io raccolga queste
singole opinioni , tra le quali nessuna ne trovo che
abbia avuto una vita nella pratica, o che a me
sembri meritevole di essere portata alla vita pra
tica. I quattro sistemi dei quali mi limito a favel
lare sono ( A ) il più rigoroso, che io chiamo po
litico, il quale nega recisamente ogni scomputo -

( B ) il più benigno, che io chiamo giuridico, e che pro


pugna indistintamente e sempre il completo scom
puto - ( C ) il sistema arbitrario, che io chiamo
empirico, il quale rilascia al prudente arbitrio del
giudice la facoltà di scomputare o no dalla pena il
carcere preventivo sofferto ( D ) e finalmente il
sistema ecclettico, che divide la custodia preventiva
in due periodi, l' uno dei quali riconosce come de
bito, e non lo scomputa ; l'altro dichiara indebito,
e ne vuole costantemente lo scomputo. Dirò la mia
opinione su ciascuno di questi sistemi.
( A ) La scuola politica, che trova in sostanza tut
te le ragioni di giustizia nella utilità sociale ( pro
cedendo dal sommo principio che tutto sia lecito
allo Stato a danno dell' uno, quando sembra che
giovi ai molti) e che principalmente ebbe ed ha
prevalenza fra i criminalisti francesi, non ammette
distinzioni nè transazioni . Quando il detenuto risul
tò veramente colpevole la sua custodia preventiva
si ritiene da questa scuola come debita, quantun
329

que possa la medesima essersi prolungata, e qua


lunque sia stata la cagione del prolungamento o
la varietà delle fasi processuali che lo produssero .
Gli argomenti che si recano a sostegno di que
sta dottrina sono della più recisa semplicità. Car
cerare un inquisito durante il processo è una ne
cessità sociale : la società è stata costretta dalla col
pevolezza del detenuto a recargli questa molestia
per provvedere alla propria sicurezza : dunque la
carcerazione preventiva è una conseguenza : non si
lagpi dunque il condannato del carcere preventivo
sofferto ; non ne rimproveri la società ma sè stes
so, poichè egli solo chiamò quel male sopra il suo
capo col violare la legge : non è indebito ma me
ritato il male che un colpevole incontra fra le con
seguenze del proprio delitto .
Altri poi seguaci di una scuola anche più auto
cratica recano innanzi una diversa forma di ragio
namento per sostenere la negazione assoluta dello
scomputo. Costoro, con una dottrina che inchiode
rebbe i secoli al medio evo, non riconoscono al
tra genesi del diritto tranne la legge dello Stato.
E invasati del loro positivismo si meravigliano co
me possiamo noi attentarci a dire ingiusto negare
lo scomputo, quando la legge dello Stato ha pre
scritto che non si scomputi . Per il positivismo di
costoro non vi è mai pena ingiusta quando è con
forme alla minaccia vergata nella legge della Città
debitamente promulgata . Da questa sola nasce il
giusto e lo ingiusto. Il cittadino che commise quel
delitto sapeva che la legge della sua patria lo avreb
be colpito con quella pena, e sapeva che oltre la
pena a lui sovrastava la molestia accessoria del
330
carcere preventivo. Egli volontariamente chiamò so
pra di sè quella pena e quella molestia accessoria
col suo volontario delinquere : di che si lagna ? Il
cittadino sapeva che il delinquere lo esponeva per
soprappiù della pena anche ad un carcere preven
tivo che poteva eventualmente prorogarsi per tem
po lunghissimo : e malgrado ciò col delinquere si
espose volontariamente a siffatto rischio . A torto
dunque rimprovera la società del danno che lo col
pi, mentre deve accusarne soltanto se stesso. Ma
questa seconda foggia di ragionare non è davvero
meritevole di una confutazione. Ormai la scienza
penale ha rejetto la funesta dottrina della autocra
zia della legge dello Stato, facendosi ella medesima
giudice e moderatrice di quella autocrazia. Ed a
questo effetto essa è giunta con proclamare quella
santissima verità che esiste un diritto competente
a ciascun individuo ed a lui dato da una legge
giuridica suprema ed anteriore a qualunque dettato
dei legislatori sociali ; il quale diritto rappresenta
la suprema Sovranità che impera agli uomini : e
che conseguentemente esiste un giusto antecedente
ad ogni legge dello Stato, e che a quello deve ani
formarsi ogni legge dello Stato perchè sia giusta.
La dottrina che ogni legge sia giusta perchè vuole
ciò che vuole purchè abbia detto ciò che vuole,
quantunque dopo la restaurazione dei Reali di
Francia se ne tentasse in quel Regno la ripristi
nazione da qualche spirito ardito, credo che ormai
più non si tenga per vera neppure nei consigli
della Turchia. Non val dunque la pena di combat
tere questa seconda forma di ragionamento .
331 -

Ma tornando al primo modo di argomentare dei


rigoristi, parmi evidente che anche in quel ragiona
mento, per quanto sottile, si celino parecchi equivoci.
In primo luogo mi sembra che nella radice di
quella argomentazione si celi il vizio di petizione
di principio, perchè si suppone che sia debito il car
cere preventivo per dimostrare che il carcere pre
ventivo come debito non debba operare sottrazione
sulla pena. Ma questo è un circolo vizioso . Nessuno
impugna che la società abbia diritto d'infliggere
dei mali ai delinquenti che minacciano la sicurezza
dei cittadini, e che quei mali da lei legittimamente
s'infliggano : nessuno impugna che tra questi mali
legittimamente irrogati ad un colpevole debba no
verarsi oltre la pena anche il carcere preventivo.
La questione non è qui. Ma poichè tutti ammettono
che la legittimità dei mali irrogati dalla società ai
delirquenti abbia dei limiti assoluti, varcando i quali
si cade nell'abuso e nella tirannide ; e poichè tutti
riconoscono che questi limiti si svolgono nei due
criterii della proporzione e della eguaglianza ; la
questione tutta si stringe nel decidere se i criterii
inalterabili della proporzione e della eguaglianza
siano veramente rispettati dalla legge che nega lo
scomputo ; e che conseguentemente dispone col mi
nacciare una cognita certa ed uguale per tutti, e
più una incognita incerta e necessariamente varia
bile e disuguale ; e variabile non per placito della
legge, ma per effetto del caso o dell' arbitrio di
terzi . E questo a me sembra assai difficile ad af
fermarsi.
La legge quando in precedenza valutata la gra
vità respettiva dei singoli reati, ha stabilito contro
332

ciascuno di loro pene diverse e graduate, essa con


una valutazione che deve presumersi costantemente
giusta si è uniformata al criterio della proporzione.
Ma la giustizia della proporzione prestabilita' spari
sce quando si ammette lo intervento di una even
tualità che può troppo spesso alterarla. Ed una
eventualità da cento eventualità dipendente è la
durata maggiore o minore della custodia preventiva.
I calcoli ragionati del legislatore avevano un obiet
tivo certo ed immutabile nei numeri che segnava
per la durata di ciascuna pena ; e finqui i suoi
calcoli possono dirsi a rigore di termini ragionati.
Ma quando a quella quantità certa si ammette che
se ne aggiunga una quantità incerta e non definita
agli occhi del legislatore, bisogna riconoscere che
il criterio di proporzione a lui sfugge di mano, e
passa in balia del caso o dell'arbitrio degli Ufficiali:
lo che equivale ad ammettere che si ritenga come
giusta una legge dalla quale il rapporto di propor
zione può risultare le cento volte sbagliato.
Nè meno è evidente che la negazione dello scom
puto conduce . eziandio alla violazione del criterio
di eguaglianza, che dovrebbe religiosamente tenersi
a cuore da ogni legislatore. Il legislatore ha seria
mente meditato sulle proporzioni da stabilirsi tra il
male della pena ed il male del delitto : il risultato
dei suoi studi ha recato innanzi con la designazione
di certe qualità di mali irrogabili e con la deter
minazione di certi limiti nella durata di questi mali .
Il suo pronunciato ( a modo di esempio ) è stato
questo : per il tal delitto la giusta proporzione sia
la prigionia da un mese a sei. E questo dettato e
queste misure egli ha voluto che si applichino ugual
333

mente a chiunque rendasi autore di quel delitto.


Ma se si accetta la negazione dello scomputo si
ammette che il legislatore abbia stabilito una for
mula di proporzione e di uguaglianza evidentemente
erronea. Egli è venuto a dire che un mese di car
cere inflitta come pena ( supposto che il giudice
voglia irrogare il minimo ) con più un anno di
carcerazione preventiva è somma eguale a sei mesi
di carcere con più un mese di carcerazione preven
tiva. Questo vale quanto dire che tredici è eguale
a sette. Il legislatore ha trovato giusto che il com
plice sia punito meno dell'autore principale, e che
i correi siano puniti ugualmente : ma tutti questi
1
rapporti di proporzione e di uguaglianza acciden
talmente spariscono ee si capovolgono sotto gli effetti
della negazione dello scomputo. Se dei due correi
l'uno ha patito otto mesi di carcerazione preventiva
e l'altro un solo mese, mentre il complice ne ha
patito un anno, sarà impossibile che il giudice co
stretto a spaziare nei limiti da uno a sei mesi
mantenga i criterii di proporzione e di uguaglianza
prestabiliti dal legislatore quando pure lo voglia.
Ma poi siamo noi certi che ei lo vorrà ( dove pure
lo possa ) quando la legge abbia accettato il sistema
assoluto della negazione dello scomputo ? Con ciò
il legislatore è venuto a dirgli che la carcerazione
preventiva è sempre debita rispetto al condannato,
e gli ha in certo modo ordinato di chiuder gli occhi
in faccia alla durata maggiore o minore di quella :
ed il giudice con retta coscienza misurando la pena
sul delitto senza riguardo alla precedente custodia ,
scrupolosamente obbedisce alla dottrina che ha pre
valso nell'aula legislativa. Il carcere preventivo è
334 -

una conseguenza del delitto che il colpevole deve


subire come male accessorio alla pena subordina
tamente alle voglie del caso ; e non entra nel cal
colo della pena. Questa è la teorica della negazione
assoluta. Ed il giudice è logico e giusto quando
applica ad entrambo i correi gli stessi sei mesi di
carcere, e tre mesi al complice, quantunque uno
di quei correi non abbia patito che soli quindici
giorni di carcere mentre gli altri due vi hanno lan
guito per dieci e più mesi . Ma il senso morale del
popolo troverà egli che per tal guisa la giustizia
abbia osservato i criterii di proporzione e di ugua
glianza ai quali deve coordinarsi lo evangelio della
giustizia ? Nessuno può seriamente affermarlo.
In secondo luogo il sistema dei rigoristi pecca
dell'altro vizio logico del falso supposto.
Non è assolutamente vero perchè è relativamente
falso che la carcerazione preventiva sia una conse
guenza del delitto. Questo è un pensiero diafano al
quale non corrisponde la realtà. Nel mondo delle
astrazioni la carcere preventiva è una conseguenza
del delitto, ma nel mondo reale essa è la conse
guenza di cento eventualità indipendenti affatto da
ogni sollecitudine dello inquisito e dei suoi protet
tori. Un traslocamento di giudice ; una sua malattia ;
la malattia o la irreperibilità di un testimone ; la
contumacia di un coimputato ; e cento altre simili
eventualità ritardano spesso indefinitamente la con
clusione di un processo . Sovente è necessario il ri
tardo per la moltitudine degli affari. Spesso deriva
dalla scoperta di un nuovo complice sopraggiunta
a processo quasi ultimato : spesso da cento altri
fortuiti. Io ebbi testè un cliente che ( condannato
335

poscia a pena correzionale ) subì quasi due anni di


carcerazione preventiva. Da prima si erano volute
fare delle verificazioni in Russia ; poscia avvenne
che il suo compagno di accusa evase da queste car
ceri ; fortunatamente ripreso la prima volta, ne eva
se poi una seconda, e non ancora è stato ripreso.
Di qui moltiplicati i ritardi. E se qua fossimo stati
governati col sistema della negazione dello scom
puto, quel disgraziato avrebbe subito la pena delle
visioni del giudice istruttore al quale piaceva so
gnare complici in Russia ; e più la pena delle due
evasioni del suo compagno. Bella giustizia ! Nep
pure è vero che il giudicabile ( posto che era col
pevole ) avesse in sua mano di rendere brevissima
la carcerazione preventiva confessando il suo fallo.
Anche questo è un discorso vano che può accettarsi
da chi consuma la sua vita negli uffici di un mi
nistero, e crede per ciò di potersi dire uomo pra
tico, ma non da chi consuma i suoi giorni nel do
loroso attrito delle prigioni e del foro. Io ho fatto
costituire degl' inquisiti ingenuamente disposti 3
confessare, e che ingenuamente hanno fatto can
didissima confessione. Ma che perciò ? Sono occor
si talvolta sei mesi per aspettare la seduta, non
per colpa dei giudici diligentissimi ma per cento
accidentalità. E poi il verodetto non è riuscito con
forme a giustizia. È stato mestieri ricorrere alla
Cassazione ; rinnovare il giudizio ; e talvolta rinno
varlo ancora : e cosi quel disgraziato ha consumato
qualche anno nel carcere dove io lo aveva spinto
con la lusinga dei solleciti frutti della sua confes
sione. Altra volta lo inquisito che confessò dovette
subire i lunghissimi ritardi cagionati dalle tenaci
336

impugnative dei suoi compagni. Nella realtà delle


cose il più delle volte la cagione dei ritardi bisogna
trovarla nelle colpe di altri e non nelle sue ; e tal
volta ancora ( dicasi pur francamente ) anche nei
comodi del difensore e non nel delitto commesso.
Il ragionamento dei rigoristi è dunque vizioso, e la
negazione assoluta dello scomputo è una ingiustizia.
(B) Le repliche che si danno agli argomenti dei
sostenitori dell'assoluta negazione dello scomputo
sono in gran parte il fondamento della opposta
dottrina che condurrebbe allo scomputo costante
ed intero.
Siano pure legittimi per parte della società cosi
i mali che essa infligge ad un delinquente sotto
forma di pena, non meno che quelli che essa gl’in
fligge sotto forma di custodia giudiciaria . Non si
contrasta la legittimità di entrambo questi mali. Ma
la giusta misura della repressione deve trovarsi nel
calcolo coacervato dei primi e dei secondi . La quan
tità della repressione veramente inflitta ad un de
linquente deve cercarsi nella somma complessiva
di quelle due serie di mali . È una finzione intol
lerabile affermare di aver represso un colpevole col
solo male della pena, quando in realtà si è fatto
sopportare a lui come accessorio anche il male della
custodia . Questo male voi non lo potete legittimare
sotto altro titolo tranne sotto il titolo di repressione.
Quando affermate che quel male fu debito per lui
perchè era colpevole non vi accorgete voi che im
plicitamente venite a dire avere colui meritato quel
male a causa del reato commesso, e che in conse
guenza il diritto d' irrogarlo voi lo cercate nel di
ritto di contrapporre una repressione ai demeriti
337
del delinquente. Si lascino i circuiti delle parole : la
carcerazione preventiva è a priori una ingiustizia
necessaria . Quando essa è caduta sul vero colpevole
dichiarato tale per la condanna , essa non può a
posteriori divenir giusta tranne col prendere sede
nelle forme di repressione e da questo carattere
procacciarsi la propria legittimità. Essa diviene giu
sta perchè colpi un uomo che aveva meritato patire.
E se la sua legittimità essa acquista dalla legitti
mità della repressione la custodia preventiva non
può al tempo stesso assumere i caratteri di repres
sione per giustificare sè medesima ; e al tempo stes
so respingere da sè i caratteri di repressione per
essere esclusa dal computo della repressione.
Questo è il ragionamento sul quale si adagia come
suo cardine la teorica dello scomputo costante e
completo. Quali obiezioni si fanno a questa dottrina ?
Si obietta in primo luogo che mercè lo scomputo
intero e completo si altera la natura e la condizione
delle penalità prestabilite dal legislatore. Il carcere
pena dovrebbe essere accompagnato dal suo spe
ciale trattamento, nella località, nella restrizione,
nel vitto , nel lavoro, nella comunicazione. Il carcere
custodia sottopone ad un trattamento troppo più
dolce . Se in definitiva voi sulla vostra bilancia fate
pesare sei mesi di carcere custodia come equiva
lente a sei mesi di carcere pena voi istituite una
equazione falsa ; voi parificate due somme di mali
tra le quali intercede grandissima differenziale di
patimenti . Il prolungamento della carcerazione pre
ventiva voi lo convertite in una fortuna per il giu
dicabile . Ecco l'obietto in tutta la sua forza . L'obiet
to è grave, ma se il medesimo può avere un va
VOL . IV .
338
lore per rendere esitanti nello accettare in tutto il
suo concetto la dottrina dello scomputo costante e
completo, il medesimo si declina in gran parte me
diante il sistema ecclettico del quale fra poco dirò.
E poi quando anche restasse quella obiezione, non
varrebbe mai a condurre al sistema assoluto del
la negazione dello scomputo. La negazione dello
scomputo ci conduce ad una ingiustizia che fa gra
vitare miseramente il caso fortuito sulle sorti dei
delinquenti : lo scomputo costante e completo ci con
durrebbe ( secondo quella obiezione ) ad una ingiu
stizia che senza esimere i delinquenti da ogni
repressione consisterebbe nello alleviarne per ac
cidentalità fortuite le sorti e renderle meno dare.
In dubio benigniora sunt eligenda. Quando fossimo
nella necessità di eleggere fra i due opposti sistemi
assoluti noi senza esitazione più volentieri disprez
zeremmo le obiezioni che si fanno contro il secondo
che passare sopra alle intollerabili conseguenze
del primo.
E tanto più volentieri passeremmo sopra a que
sta obiezione, perchè in fin dei conti le novanta
nove volte su cento i soverchi prolungamenti si po
trebbero eliminare con migliori ordinamenti di pro
cedura e con maggiore solerzia per parte dei pub
blici ufficiali. E perchè lo sconcio di un colpevole
che esce dalla prigione condannato senza aver su
bito neppure un giorno di carcere pena dovrebbe
essere rarissimo quando la custodia preventiva fosse
ridotta dentro i dovuti confini, e quando tutti gli
ordini della giustizia, incominciando dalla mente del
legislatore e giungendo fino all'ultima mano degli
339

esecutori , procedessero con forze corvergenti al fine


desiderato della pronta giustizia.
Ed anche più volentieri io disprezzerei quella
obiezione, perché francamente dico di non trovar
poi tanta disparità fra i patimenti reali del dete
nuto in custodia preventiva, e quelli del detenuto
in luogo di pena. Capisco che ciò molto dipende dalle
rispettive suscettività personali, e che difficilmente
si può dettare una proposizione assoluta su questo
confronto di dolori . Certamente chi tutto il bene
scorge nel godimento materiale andrà persuaso che
si soffra più assai nel carcere di pena che non nel
carcere di custodia perchè vi si mangia meno, vi
si lavora, si vedono più di rado i congiunti , e si
hanno parecchie altre restrizioni maggiori . Ma chi
calcola come prominente fra le cagioni del ben' es
sere lo stato morale dell'anima, e chi conosce quanto
si agiti l'anima umana sotto l'incubo terribile della
incertezza del proprio avvenire si persuaderà facil
mente di quello che io sono venuto parecchie volte
osservando : vale a dire che i detenuti , spesso agita
tissimi ed irrequieti finchè temono sovrasti loro un
giudizio lontano e forse una grave condanna, diven
gono tranquilli e sereni quando nel luogo di pena
contano con certezza lo intervallo che li separa dalla
aurora la quale sarà foriera per essi di libertà . Alle
notti insonni succedono i quieti riposi, alla emacia
zione ed al pallore la freschezza delle carni : il lavoro
è una distrazione : ogni dolore presente impallidisce
rimpetto alla magica potenza della certezza del
giorno in cui finiranno. Coloro che da lunge nella
quiete del loro scrittoio credono di potere con esat
tezza calcolare le sofferenze dei singoli detenuti la
340

fanno da indovini, e gli indovini spesse volte s'in


gannano. Le ansietà e le angoscie del carcere pre
ventivo sono un arcano che a stento si rivela agli
occhi stessi del difensore .
Frivolo poi e immeritevole di seria confutazione
è l' altro obietto che recasi innanzi contro lo scom
puto allegando che la negazione del medesimo è un
freno salutare per impedire i troppi appelli ed i
troppi ricorsi in Cassazione. Eppure anche questa
osservazione io dovetti udire le troppe volte ripe
tuta ; nè sempre mi riuscii di cacciare dall'anima il
sospetto che sotto il velo dell'economia dello erario
e dello zelo per la giustizia si nascondesse quel be
nedetto istinto di scansar fatiche che anche incon
sapevolmente ha tanta potenza sull'uomo. Ma più
propriamente questa seconda obiezione nasce dalle
tendenze retrive che tanta oscillazione producono
nei pubblici ordinamenti, e che finiscono poi col de
naturare e fare abortire le più libere istituzioni. Si
cede all'onda del progresso ma non si ha fede nei
principii che promulga il progresso : si dà ma con
mano trepidante, e preparata a ritogliere, simili al
fanciullo descritto da Dante che se la madre ai
suoi trastulli il fura, col piè va innanzi, e l' occhio
torna indietro. Si accorda la guardia Nazionale ; si
ammette la giuria ; si riconosce il diritto della di
fesa ; ma poi si ha paura della guardia, della giuria,
e della difesa ; e di qui un' altalena che fa imbastar
dire appo noi quelle libere istituzioni le quali al
trove prosperano rigogliose perchè le libere istita
zioni hanno bisogno di libero sole per non cadere
in una mortale atrofia. Quei principii sono veri o
non sono veri . Se non si tengono per veri bisogna
341

respingere ogni loro applicazione : se si tengono


come veri bisogna obbedirli in tutte le loro dedu
zioni anzichè proclamarli per poi sommergerne lo
svolgimento fra i geli di esagerate paure. È vero
o no che la via dei ricorsi in Cassazione è un pre
sidio assolutamente necessario alla conservazione
non solo del rito, ma anche della stessa obbedienza
alla legge ? È vero o no che la via degli appelli è
necessarissima per rimediare ai troppi errori giu
diciari nei quali o la precipitazione o la ignoranza
può troppo sovente travolgere i giudicanti inferiori?
Se queste non sono verità, abolite ricorsi ed ap
pelli. Ma se le sono verità e verità santissime ; e in
obbedienza alle medesime si aggrava lo Stato di
Tribunali di Appello e di Cassazione, perchè si cre
dono stromenti indispensabili alla retta amministra
zione della giustizia ; con qual logica poi si vuol cer
care con mezzi ipocriti ed indiretti di spargere tri
boli e spine per le vie che conducono ai baluardi
testè costruiti ? Non vale questo come costituire con
grandi spese un porto marittimo, e poscia gettare
scogli alla sua bocca perchè con maggiore difficoltà
vi si possano ricoverare le navi sbattute dalla tein
pesta ! Chi è che a questi schiavi perpetui di fan
ciullesche paure ha rivelato questo misterioso avve
nire , che il timore della non detratta carcere pre
ventiva tratterrà dallo appellare o dal ricorrere
precisamente quei condannati che saranno stati
meritamente colpiti, e non tratterrà piuttosto le in
felici vittime di gravissimi errori le quali si adat
teranno a soffrire gli effetti per quel timore ? Bel
ragionamento davvero è codesto col quale si pre
conizza che chi avrà torto accetterà più presto la
342
prima sentenza, e reclamerà soltanto chi avrà ra
gione : quasichè lo aver torto o ragione non dipenda
spessissimo da questioni difficili di diritto sulle quali
s'incontrano discordie anche tra i più chiari inge
gni e tra supreme Magistrature, ora sulla più vera
nozione da applicarsi ad un fatto criminoso, ora sui
più veri criterii coi quali vuole essere definito un
tentativo, una complicità, una escusante ; oppure
contemperata la pena a tutte le speciali condizioni
del reato. E quasichè sia sempre la velleità del con
dannato anzichè il consiglio del suo patrono quello
che determina ad accettare una prima condanna !
Il carcerato può sapere con certezza se è colpevole
o no : da questo in fuori niente sa. Ma i ricorsi e
gli appelli che si fanno nello intendimento di ren
dere allo stato d'innocenza un colpevole sono i più
rari e quasi eccezionali . La maggior parte di tali
reclami o muove da una violazione di rito, o muove
da una erronea definizione del titolo, o delle sue
aggravanti o delle sue minoranti , cose tutte delle
quali niente sa il giudicabile. Egli si determina a
reclamare o per la fede che ha nei consigli del suo
patrono, o per una riottosa intolleranza della con
danna. Il timore di un inutile sopraccarico di car
cerazione non tratterrà i riottosi. Tratterrà invece i
più timidi, e probabilmente quelli che più avrebbero
avuto ragione di reclamare, e che rimarranno vit
time di una esorbitante ingiustizia. Questa obiezione
agli occhi miei non ha senso. Accordare un rime
dio e al tempo stesso impaurire chi vorrebbe usarne
è contradittorio . È ingiusto far ricadere sul capo
del carcerato le possibili divergenze di opinioni giu
ridiche che esistono fra il patrono ed i giudici re
343
visori. E quando anche un vero e positivo errore
di diritto fosse quello che spinse il patrono a con
sigliare il reclamo sarebbe sempre ingiustissimo che
le allucinazioni dell'avvocato si facessero scontare
al cliente con parecchi mesi di prigionia. Se una sol
volta si verificasse che per la paura del negato
scomputo un condannato si rassegnasse a subire
una sentenza iniqua contraria alla legge o alla ve
rità, questo solo fatto sarebbe un rimprovero eterno
a chi ne fosse stata cagione col negare lo scom
pato. Non è dunque con siffatte vedute traverse che
vuole essere decisa la questione presente.
(C) Il terzo sistema che dissi empirico, e che con
siste nel lasciare al prudente arbitrio del giudice
lo scomputare o no la prigione preventivamente sof
ferta, è agli occhi miei il peggiore di tutti, ed il più
irragionevole. Bella sapienza vi è davvero in code
sto modo di superare le difficoltà ; esautorare la
legge dalla quale i cittadini attendono la soluzione
di an interessante problema ; e consegnarne lo scet
tro allo instabile sentimento dei giudicanti . In simil
guisa i dottrinari di Francia rinnovellarono nel 1832
il parto della montagna quando, dopo tanto scrivere
e dopo tanto disputare e dopo tanto promettere de
siderate riforme al ferreo codice del 1810, finirono
con lo sdraiarsi sul giaciglio delle circostanze atte
nuanti, e consegnarono ai signori giurati la riforma
di quelle draconiane penalità. Il Macedone tagliando
con la spada il nodo che non sapeva stricare, sim
boleggiò la preponderanza della forza sulla ragione ;
ma nelle aule legislative la signoria deve essere
della sola ragione. Finché il sistema dello scomputo
arbitrario si guarda in piccole proporzioni potrà
344

non ferire il senso morale ; ma vivamente lo ferisce


quando si riflette che la balia di negare lo scomputo
può in certi casi autorizzare ad una duplicazione di
pena, ed anche più. Codeste sono in sostanza al
trettante ammende onorevoli che si vengono reci
tando ai vecchi Statuti, dei quali tanto male si disse
perchè decretavano la galera a beneplacito di sua
Eccellenza. Ma gli avi nostri erano scusabili, perchè
allora la scienza penale era più addietro che nella
cuna, ed appena dai più eletti ingegni se ne tra
vedeva la esistenza. Tornarvi oggi dopochè tanto si
è levato a cielo il progresso di questa scienza non
lo si può senza desertare le sue bandiere. Ultimo
e disperato ripiego degli incipienti legislatori fu
sempre, e sempre sarà, l'arbitrio del giudice.
(D) Resta a dire del sistema eclettico che pre
valse modernamente in Toscana. Questo risponde a
tutti gli obietti ed elimina tutte le difficoltà . Lo
eclettismo assume in questo quarto sistema due
forme diverse .
La prima forma consiste nel distinguere in due
periodi la custodia preventiva ; e dichiarare debito
il primo periodo ; indebito sempre il secondo. La
legge Toscana per le accuse che si sciolgono in
pena correzionale ammette come debita la custodia
di un mese ; e per quelle che si sciolgono in con
danne di alto criminale, ammette come debita la
custodia di mesi tre. Presume la legge che questo
respettivo spazio di tempo sia necessario alla com
pilazione del processo, e come una necessità occa
sionata dal delinquente stesso col fatto proprio la
lascia a tutto rischio e carico del condannato . Ma
presume altresì che quando la custodia superò il
345

periodo respettivo di un mese o di tre ciò sia de


rivato o da fortuite combinazioni, o da malizia di
terzi , o da incuria di ufficiali, cose tutte che giustizia
non tollera si pongano a carico e pregiudizio del
delinquente. E questo spazio dichiara costantemente
indebito, e ne impone come precetto assoluto lo
scomputo dalle condanne a pene temporarie. Ed è
giustissimo questo precetto.
L'altra forma di eclettismo consiste nello stabi
lire un ragguaglio tra la casa di forza ed il carcere
preventivo, calcolando questo ragguaglio sulla re
spettiva proporzione dei dolori. Ed anche questo può
ammettersi nei debiti limiti come giusto finchè si
adotta nel confronto fra la casa di forza o la galera
ed il carcere. Ma quando volesse estendersi al con
fronto tra carcere pena, e carcere custodia io ( per
le ragioni che ho detto ) non lo crederei giusto nè
lo vorrei accettare .
Ecco i miei pensieri sulla prima parte del pro
posto quesito, a corona dei quali mi resta a fare una
ultima osservazione che mostra quanto sia barbaro
il sistema della negazione dello scomputo. Avviene
spesso che gli agenti di polizia, divenuti per eccesso
di zelo persecutori a carico di un disgraziato che
ha commesso un delitto, pongono a carico di lui
tutti i delitti consimili che in quel torno di tempo
sonosi commessi in quella località e dei quali ri
masero ignoti gli autori . Cosi se un uomo spese un
foglio di banca falso io vidi richiamare attorno a lui
tatti i processi depositati per spendimenti di fogli
falsi eseguiti da incogniti : e stia pur bene che si
faccia così, perchè le investigazioni nello interesse
della giustizia non sono mai troppe. Ma intanto sor
-
346

gono i processi mostri per sei, per otto, e per più capi
di accusa, dei quali poscia alcuni vengono abbando
nati dallo stesso Pubblico Ministero ; altri vengono
poi eliminati dalle sezioni d'invio ; ed i rimasti si
sciolgono in un verodetto di assoluzione tranne
quell'uno che dava esordio alla inquisizione. Ma
questo delitto era forse flagrante, forse confessato
o per lo meno di facilissima verificazione : sicchè se
il processo si fosse limitato attorno a quell' uno, in
pochi giorni se ne poteva vedere più che compita
la istruzione. Ma frattanto la custodia preventiva si
prolungò oltre misura. Ed il prolungamento ebbe
le sue cagioni in quei sospetti che riuscirono fatui.
Ma col sistema iniquo della negazione dello scom
pato è impossibile tener conto di questi errori gia
diciarii : e li chiamo errori giudiciarii : perchè tali
sono pur sempre quantunque più scusabili e più
inevitabili gli equivoci che sottopongono un cittadino
a molestie indebite sebbene non giungano all’apo
geo dello errore giudiciario che si personifica nella
definitiva condanna di un innocente. Quando altro
non fosse basterebbe la storia di questi fatti, che per
necessità inevitabile si riproducono frequentemente,
perchè a renderne meno gravi le conseguenze la
legge dovesse con positivo precetto rendere obbli
gatorio lo scomputo a favore del condannato.
2.• La seconda parte del quesito contempla quei
detenuti che dopo lunga carcerazione preventiva ne
uscirono con una dichiarazione di non luogo a pro
cedere o con una definitiva assoluzione. Qui la que
stione si svolge non più in una ragione di scomputo,
ma in una ragione d'indennità . Quel disgraziato
che tanto sofferse nella prigione, che tanti danni
- 317
patrimoniali incontro, e da tanti dolori vide bersa
gliata la sua innocente famiglia per un equivoco
della polizia giudiciaria, o per la ostinata allurina
zione di qualche ufficiale, non è desso una vittima ?
E se tale esso è per opera degli agenti dello Stato,
non è desso lo Stato nel debito morale e giuridico
di riparare i danni ingiustamente recati ? A questo
quesito finchè si guarda in astratto non è possibile
dare una negativa risposta, perchè se la società
impone a tutti i cittadini come legge generale che
chiunque ha cagionato ad altri un danno ne debba
la refezione, non può rinnegare questo precetto di
universale giustizia rispetto a sè medesima. Non mi
fermano gli obietti che si fanno contro l'accettazione
di questo principio. Quando il medesimo fu nella
seduta del 3 giugno 1863 portato in discussione
avanti la illustre Accademia di legislazione di To
losa ( Annales de l'Académie de Toulouse, an
née 1863, pag. 199 et suiv .) sebbene fra quei dot
tissimi giureconsulti taluno si facesse ad impugnare
con sottili ragionamenti il principio del debito di
indennità nella sua radice, il principio parve si am -
mettesse da quello illustre consesso . Non è mancato
però chi lo abbia osteggiato facendo appello alla
nota regola non videtur damnum inferre qui suo
jure utitur ; e ponendo che la società suo jure utitur
anche quando arresta un innocente per i sospetti
nati contro di lui , se ne concluse che non dovesse
refezione di danni . Ma lo equivoco di questo ragio
namento consiste nel confondere ciò che fit contra
jus, e ciò che fit sine jure. La società non agisce
contra jus quando arresta lo innocente del quale
ha ragione di sospettare ; ma quando poi viene a
348
conoscersi che esso era innocente ne risulta che la
medesima agi sine jure ; ed è repugnante applicare
la regola suo jure utitur a chi sebbene non agisse
contra jus viene però a constare che agi sine jure.
La distinzione non è mia, ma di Fichte. Ed è
su questa distinzione che la moderna scuola ale
manna ha costruito la differenza fra lo stato di
legittima difesa e lo stato di necessità : escusanti
ambedue ma per diverso fondamento e con effetti
difformi. Chi agisce nello stato di legittima difesa
agisce jure ; e perciò non solo non è passibile di
pena, ma neppure incorre debito di indennità. L'ag
gredito che per salvare la vita propria spense quella
del suo assassino non solo è immune da pena ma
neppure è tenuto a riparazione verso la vedova o
gli orfani dell' ucciso. Chi per lo contrario agisce
nello stato di necessità non agisce contra jus, per
chè la necessità lo giustifica stante la collisione dei
diritti, e perciò va esente da pena : ma poichè non
agisce jure così può rimanere stretto dal debito delle
riparazioni civili . Chi ruba un pane nella necessità.
di fame per camparsi dalla imminente morte è nello
stato di necessità : esso non agisce contra jus per
chè la necessità lo scusa, e perciò non incorre pena.
Ma neppure agisce jure, perchè la sua fame non
gli dà diritto sul pane altrui , nè crea nel proprie
tario del pane una obbligazione di subirne lo spo
glio. Quel sottrattore agi sine jure, e questa sua
situazione giuridica porta all' effetto che se alla di
mane egli ritorni in florido stato di patrimonio gli
corre l'obbligo di indennizzare il proprietario del
pane, sine jure da lui spogliato.
349

La società agisce jure quando punisce il colpe


vole perchè agisce nello stato di legittima difesa
dei cittadini ; e perciò non le corre debito di alcuna
riparazione verso la vedova del giustiziato o verso
i figli del recluso. Ma quando la società incarcera
preventivamente un uomo che ancora non si sa se
sarà innocente o colpevole, essa non agisce contra
jus ( purchè i sospetti siano ragionevoli ) perchè lo
stato di necessità la giustifica . Ma nemmeno può
affermare di essere nello stato di legittima difesa
quando tuttavia si ignora se quell' uomo risulterà
colpevole o no del reato che a lui si obietta. Laonde
se avviene che risulti la innocenza dello inquisito,
non potendo essa affermare di avere agito jure,
sebbene non abbia agito contra jus, la sua situa
zione giuridica è quella di chi agi sine jure. Di
qui la conseguenza che se quel detenuto risulterà
colpevole, la società dovrà abbuonargli nella pena
la carcerazione irrogatagli per sola ragione di ne
cessità : e se risulta innocente, a lei corre l'obbligo
(vera obbligazione morale e civile ) di una ripara
zione, appunto perchè essa agi sine jure : ed agi
evidentemente sine jure perchè in quell' innocente
non esisteva obbligazione a subire la molestia patita.
E molto meno mi ferma l'altra obiezione tutta
Francese che vidi farsi da qualche altro giurista.
La società ( fu detto ) mai deve umiliarsi in faccia
ai colpevoli ; e la società si umilierebbe se col dare
una indennità confessasse di aver condannato un
innocente. Questo è un discorso alla Richelieu . Umi
liarsi col rendere giustizia è formula che in faccia
al senso morale implica contradizione . La condanna
di un innocente genera odio contro la giustizia, e
350
l'odio' non si cancella che con la confessione di
avere errato, e coi tentativi di riparazione : perchè
questi mostrano che se si errò non si ebbe mal
vagia volontà nello errare, nè nel perseverare nello
errore dopo riconosciuto. Allora l'odio si cancella
e tutto rientra nella coscienza della umana fallibi
lità. Secondo quella obiezione parrebbe dunque che
la giustizia umana per essere riverita dovesse pro
clamarsi infallibile !!! Ma allora bisognerebbe esser
logici , e stabilire che dove per un delitto commesso
da un solo fa impiccato un innocente, questa ese
cuzione impedisce che si condanni poscia il vero
autore del delitto quando venga scoperto perchè la
giustizia si umilia con la seconda condanna. L'or
goglio dell'uomo deve consistere nel mantenersi
scevro dalla volontà di errare . Pretendere di van
tarsi scevro dalla possibilità di errare non è orgo
glio ma demenza .
Io dunque francamente confesso la più ferma ade
sione al principio. Ma pur nondimeno ne veggo assai
difficile la pratica attuazione. La storia m'insegna
che due volte quel principio si è proclamato legis
lativamente fra noi. Una volta in Toscana nel 1786
e altra volta in Napoli nel 1819 ; ma sempre è ri
masto un voto filantropico, nè alla sua proclama
zione tennero dietro gli ordinamenti necessari per
condurlo alla vita pratica. Perchè ciò ? Perchè trop
pe sono le difficoltà che s' incontrano nel comporre
un sistema di ordinamento che ne renda giusta
l'applicazione. Bisognerebbe incominciare dal por
tare la mano sui nostri metodi procedurali ; e più
specialmente rinnovare le formule delle sentenze
criminali . Finchè l' arido no della giuria ne lascia
351

incerti se in quello individuo anzichè un innocente


perseguitato si asconda invece un fortunato col
pevole, la coscienza pubblica mal volentieri si adat
terà a vederlo arricchire con una aggiudicazione
di danni. Qui fu lo sbaglio dei padri nostri. Essi
consumarono strenue fatiche per ottenere la pro
clamazione del principio, e credettero di aver tutto
raggiunto il loro scopo quando ne avevano procu
rato la proclamazione . Ma tralasciarono gli studi ul
teriori indispensabili aa dare un ordine alla vita pratica
del principio. Ma il mondo vuole le cose fattibili, e
vuole vederle portate innanzi a lui come facilmente
fattibili : altrimenti rinnuovasi la facezia del cam
panello che certi animali volevano appendere al
collo del loro eterno nemico : tutti applaudiscono alla
proposta, ma nessuno la conduce ad effetto. E que
sto, bisogna dirlo, è un difetto di noi italiani che
troppo facilmente ci appaghiamo delle idee astratte,
e li ci arrestiamo. E così è avvenuto ed avviene an
che nelle scienze fisiche: gl italiani fanno la prima
scoperta ma non la sfruttano ; gli stranieri ne ve
dono il lato pratico e la fanno loro, acquistandone
la gloria e la utilità. Da Colombo in poi è avvenuto
sempre così. Ma i severi studi, che sarebbero neces
sarii per condurre ad una applicazione praticamente
possibile il principio delle indennità dovute allo in
nocente inquisito, non credo rientrino nelle attribu
zioni della nostra Commissione, e perciò mi arresto.
Soltanto prima di lasciare l'argomento di questo
quesito voglio fare una osservazione. Evvi una fat
tispecie nella quale il principio delle indennità trova
facile applicazione e diventa proprio un dovere uni
versalmente sentito. E ciò avviene quando la in
352

dennità non consisterebbe in denaro ma in esen


zioni da carcere. Per correre la via più breve mi
spiegherò col caso pratico che mi ha richiamato a
questa osservazione.
Nel 1871 ebbi a difendere innanzi alle Assise di
Pisa un accusato per crimine, ma di tale accusa
che mai ne vidi di cotanto arrisicate. Basti dire
che mancava affatto ogni prova del materiale del
delitto. Poco merito ebbi dunque nello ottenere un
verodetto di assoluzione. Ma quando credeva di aver
procacciato a quel mio cliente la immediata libera
zione mi trovai inattesamente deluso. Esso aveva
patito dieci mesi di custodia preventiva : in questo
intervallo erasi proferita contro di lui dal Pretore
una condanna ad un mese di carcere per esercizio
indebito di medicina. Ma il capo custode che avrebbe
potuto tramutarlo dalle carceri giudiciarie nelle
carceri di pena e fargli scontare quel mese di pri
gionia mentre esso stava aspettando ansiosamente
il giorno della seduta, lo aveva invece sostenuto nelle
carceri giudiciarie. Dunque non vi era che dire.
A rigore di termini la condanna pretoriale non era
espiata : a costui la società aveva dovuto confessare
di avere inflitto ingiustamente dieci mesi di prigio
nia, ed intanto essa si vantava in credito sopra il
medesimo di un mese di prigionia. A rigore di ter
mini ciò era incensurabile per le leggi che ci go
vernano. Ma ella era cosa tanto repugnante al senso
morale che ( lo ricordo a sincero elogio delle auto
rità locali ) la compensazione fu fatta, e la pena
pretoriale fu cancellata. Ma se così fu fatto in quel
caso per il buon senso e la equità di un Magistrato,
questa eventualità non ci rende tranquilli che sem
353

pre si faccia altrettanto . Io vorrei dunque che il


dover fare così emanasse da un precetto costante
di legge, la quale presso a poco disponesse nei
seguenti termini – Quando avvenga che un con
dannato a pena corporale temporaria sia sottopo
sto a custodia preventiva per altro titolo di reato,
se poscia ottenga dichiarazione assolutoria da que
sto reato dovrà imputarglisi a diminuzione della
precedente condanna la detenzione sofferta durante
la procedura. Finqui io credo che la nostra Com
missione sia nei termini del suo mandato, perchè
in sostanza trattasi di regolare lo alternamento del
carcere di custodia e del carcere di pena : e trat
tasi di una disposizione che potrebbe trovare benis
simo congrua sede in un regolamento carcerario
senza niente toccare il codice di procedura penale .

V.

Sonosi dimandati suggerimenti intorno al modo


di rendere più efficace la repressione nei casi di
evasione di detenuti e di complicità in essi dei
guardiani delle carceri. Tale quesito sembra a pri
ma giunta assai semplice, poco studio occorrendo a
rispondere che per rendere più efficace la repres
sione basta aumentare le pene. Ma tale risposta non
credo sia quella che da noi si desidera, e certa
mente non è quella che io sarei pago di dare. Per
mettere in luce quella grande sapienza legislativa
che si estrinseca o con allargare lo arbitrio del
giudice o con aumentare le penalità, non avvi bi
sogno di convocare nè Commissioni nè Parlamenti.
VOL . IV . 23
354

Ma la vera questione è la preambula, se cioè la


sicurezza della esecuzione delle condanne debba
unicamente affidarsi alla efficacia della repressione,
o se piuttosto invece di questo spettro delle pene ,
che fu padre di tante illusioni e di tanti disingan
ni, debba la fiducia degli animi nostri farsi tranquilla
sulla efficacia vera di altri più radicali provvedimenti.
È vanità sperare che una esagerata, repressione
contro gli evasi possa trattenerli dallo evadere
quando ne hanno la potestà. Tale speranza sarebbe
follia. Oltre l’impeto, spesso irresistibile, dello istinto
per la libertà personale, il calcolo della pena mi
nacciata alla evasione impallidisce spesso rimpetto
al calcolo della pena che sovrasta per il precedente
delitto commesso. Con tale apparato di rigore potrà
forse trattenersi dallo evadere qualche minore de
linquente ; ma niente apporterà di rimedio dove più
grave è il danno, e dove maggiore è il pericolo :
niente varrà a frenare i più grandi facinorosi che
più hanno interesse a fuggire e che più mettono in
costernazione la società quando sono fuggiti. Ad
dormentatasi la autorità nella fiducia dei severi
castighi diverrà più oscitante nelle cautele preven
tive , e le fughe diverranno più agevoli . Ecco il
frutto che spesso produce la esagerazione delle pene.
In quanto poi ai custodi conniventi od incauti,
se potrà essere accettabile un aumento di repres
sioni , queste peraltro saranno sempre insufficienti
se non si va incontro alle cause .
Bisogna innanzi tutto costruire con intelligenza
pratica stabilimenti sicuri .
Bisogna poi riordinare tutto il personale del guar
diatico, e nominare a questi impieghi non più ad
:

355
occhi chiusi i meglio raccomandati, ma quelli che
danno migliori guarentigie della loro attitudine e
probità. E a questo fine niente meglio potrebbe
servire quanto destinare l'impieghi nella carcere
ad un posto di riposo per i vecchi e benemeriti
Carabinieri .
Ma non basta scegliere impiegati buoni se non
si tolgono dalla necessità di diventare cattivi . E a
questo fine bisogna pagarli bene . Intendasi una vol
ta questo magico segreto, il disconoscimento del
quale va ad essere la rovina d'Italia. Esigete da
gl' impiegati la massima probità, la massima fedeltà
ed il massimo lavoro e capacità possibile . Ma to
glieteli dalle insidie della fame. Altrimenti la pro
bità vacilla, la fedeltà svanisce, il lavoro diviene
svogliato, e la capacità non serve ad altro che a
meglio ingannare i padroni .
Per ultimo in quanto ai guardiani siate inesora
bili nelle remozioni. Farebbe ridere se non facesse
piangere il vedere talvolta un guardiano traslocato
da uno ad altro stabilimento perchè sospetto d'in
fedeltà, o perchè stupido, o perchè dedito alla ubria
chezza, od ha troppa familiarità coi detenuti. Trop
po elevati sono gl' interessi sociali consegnati alla
tutela di questo genere d' impiegati perchè sulle
condizioni morali dei medesimi si possa transige
re. Qui bisogna tenere in rispetto la celebre sen
tenza di Cesare. Accusata la moglie sua come adul
tera ed assoluta, veniva invitato a ripigliarsela: ma
egli rispondeva che la moglie di Cesare non deve
neppure aver patito sospetto. E come possono i
cittadini guardare i muri delle prigioni come un
argine che repelle da loro i malfatlori, quando veg
356

gono le chiavi di quelle porte in mano di per


sone sospette ?
Queste sono tutte cose tante volte ripetute, e
cosi note, che è quasi inettitudine tornarle a ripe
tere . Il male non sta nella ignoranza di queste co
se : il male sta in ciò che si sanno, ma pratica
mente si scordano da chi dovrebbe averle presenti .

Pisa 10 febbraio 1872 .


VI.

CONVENIENZA

DI UNA RIVISTA SCIENTIFICA INDIPENDENTE

DELLA GIURISPRUDENZA PENALE


CONVENIENZA

DI UNA RIVISTA SCIENTIFICA INDIPENDENTE

DELLA GIURISPRUDENZA PENALE ( 1 )


000 EOOwn

I.

La lotta che fu chiamata dei cento anni, incomin


ciata dal Beccaria : la lotta cioè fra una dot
trina penale disumana ed ingiusta che per un con
gegno di forze funeste si era sovraimposta a tutta
Europa, ed un giore punitivo che ragionevole, uma
no, conforme ai santi principii del giusto, è rispon
dente alla savia civiltà dei popoli : questa lotta alla
quale si connette lo avvenire delle nazioni ; parve
testè ad un giovine e bello ingegno potersi dire
finita . E cosi volesse Dio che essa realmente lo fos
se ; e lo fosse mercè lo irrevocabile trionfo delle più
grandi verità e delle più sane dottrine . Ma colui al
quale incurvossi la schiena per cinquanta lunghi
anni di indefesse osservazioni sulle materie penali,
non può frenare un mesto sorriso di scetticismo a
quella iattanza di guerra finita ; e non considerarla

( 1 ) Programma per il giornale pubblicato in Milano


sotto il lilolo Rivista dei diballimenti celebri , 1871 .
360

piuttosto come una fidanza giovanile ispirata dalla


candida fede di un'anima gentile, anzichè come un
fatto che inviti a deporre le armi . Io rammento
come otto lustri or sono già si intuonasse dagli uo
mini di fervida mente questo lietissimo osanna men
tre tuttavia durava quella oscenità della gogna ;
mentre duravano le ire vesane contro i contumaci
di niente colpevoli tranne di temere lo squallore
del carcere ; e durava quella iniquità della morte
civile, e duravano i delitti di non rivelazione, e tanti
altri nefandi ruderi della antica barbarie ; i quali
poscia vidi ad uno ad uno combattuti e dispersi
come frantumi di albero imputridito. Io ricordo co
me non ha guari lo illustre Zaccaria lanciasse
contro le leggi contemporanee il cruccioso rimpro
vero che si contiene in quella dolorosa sentenza -
i posteri chiameranno barbaro il nostro giure pe
nale come noi chiamiamo barbaro il giure penale
degli avi nostri . Io non posso dunque considerare
come finita nel giure punitivo la guerra della ci
viltà contro la ferocia finchè durano uomini che più
o meno palesemente anelano il ritorno alla ruggine
dei tempi passati : nol posso finchè veggo intorno a
me mantenersi in mezzo ad un reggimento, che si
ha l'audacia di chiamar libero , le carcerazioni pre
ventive prodigate senza misura ed anzi aumen
taté con doloroso regresso ; finchè veggo gli scon
finati arbitrii lasciarsi senza freno e senza riparo ;
finchè veggo le sorti degli accusati commesse a pro
cessi verbali troppo spesso infedeli e talora anche
falsi perchè privi di ogni guarentigia : e le segrete
indiscretamente eternate pel capriccio od antipatia
o per la vituperosa veduta di estorcere confessioni;
361

e le corrispondenze confidenziali fra i patroni ed i


giudicabili che si dicono ammessi alla libera difesa
inquisitoriamente intercettate e volte ad arme di
accusa : e i più scellerati malfattori posti fittiziamente
in carcere in compagnia degli inquisiti per sorpren
dere i loro segreti e farne perfide denuncie alle
autorità : e una disparità fra l'accusa e la difesa ; ed
uno alternarsi di larghezze e di restrizioni che fa
derisorio contrasto con gli eserghi posti pomposa
mente ad ornare le såle di udienza e ad abbagliare
gli occhi del popolo : finchè veggo in una parola
mantenersi tanti abusi, tante vessazioni, che rendono
difficili e piene di pericolo le sorti dei cittadini ca
duti miseramente in sospetto od in uggia alle au
torità, che troppo lungo sarebbe lo enumerare . Alla
contemplazione di tale spettacolo siamo costretti a
sclamare, no la lotta non è ancora finita . La vittoria
della civiltà è assicurata appo noi finchè si guardano
i sommi principii del giure penale : questo sì che
può dirsi con verità : ma la guerra del passato con
tro il presente dura tuttora accanita nella vita pra
tica di quei principii e nella loro applicazione ai casi
concreti . Nè certamente vorrà dirsi che la enfatica
proclamazione di un principio sia bastevole a far
sicura la libertà civile se nella pratica quel princi
pio è sfacciatamente rinnegato ad ogni momento
nel quale dovrebbe recare il suo frutto. Qui dura la
guerra, e durerà lunga pezza. E i pericoli che le li
bertà civili vengano in questa guerra a soffrire
acerbe ferite si aumentano in questa nostra Italia
per lo sventurato contatto che essa ebbe ed ha con
una nazione la quale fu perpetua maestra di tutte
le tirannidi a tutte le genti , fino al punto che quando
362
essa vide non più poterle riuscire di sollevare a
gradi maggiori la tirannia vestita di clamide e di
porpora, immaginò mascherarla col berretto frigio
per soddisfare la sua bramosia di renderla sempre
più truce e di imporla ai vicini o soggiogati od il
lusi . Questa nazione è la Francia, e già ognuno lo
intese . La Francia che per parecchi secoli della
scienza penale negò persino la esistenza, negando
ai giudicabili il diritto di patronato : la Francia che
del giure penale fece costantemente crudele stru
mento ai suoi despoti di ogni colore, puntellando il
trono dei suoi tiranni con la scure del manigoldo,
e tanto ebbe di fede in questo sanguinoso istru
mento che quando le venne fantasia di rovesciare
quel trono non seppe di altro mezzo servirsi tranne
della scure del manigoldo. Io non mentisco alla sto
ria quando affermo che in Francia il giure penale
fu sempre uno istrumento di politica del quale ipo
critamente si valsero i suoi reggitori ( qualunque si
fosse lo abbigliamento loro ) per opprimere e sover
chiare sotto il manto di esercizio del più santo dei
diritti , il diritto di punire che dovrebbe essere il
protettore supremo di tutte le libertà. Ma del diritto
è impossibile si raggiunga neppure il primario con
cetto dove a base del diritto non si pone che l'utile,
e l'utile si ravvisa sempre nell' utile proprio. Ora la
Francia continua a inondarci dei libri suoi, dei suoi
elastici giudicati , e dei suoi pessimi esempi, dei quali
io non voglio dire in tutt'altro argomento limitan
domi a quello solo ma vitalissimo del giure puni
tivo, che a tutta ragione fu detto ( come veramente
lo è ) la pietra del paragone della civilizzazione di
un popolo. Di là vengono insieme con i tristi esempi
363

gli orgogliosi suggerimenti, i quali si fanno forti di


quella abitudine che è troppo mesto retaggio di noi
italiani, il troppo facile spirito di imitazione .
Nè ancora apprendemmo a far leggi che fossero
nostre; e se qualche cosa negli ordinamenti giudi
ciarii ci venne fatto di accogliere che avesse sem
bianza italiana troppo velocemente corremmo a
guastarlo con le interpetrazioni francesi. Gravissimo
per queste condizioni è dunque il duplice compito
che spetta oggi in Italia alla scienza penale oltre
a quello del religioso mantenimento di quei sacri
principii fondamentali che ormai trionfarono nelle
nostre scuole a dispetto delle malevoglienze stra
niere ; il compito io voglio dire di vigilare affinchè
queste non soverchino quelli nella pratica loro attua
zione : il compito di impedire nella vita pratica delle
dottrine penali il ritorno di un passato che a fronte
scoperta più non avrebbe audacia di presentarsi.
Ecco, al mio modo di intendere, lo studio al quale
dovrebbero oggidi consacrarsi i nobili ingegni della
giovine curia italiana. Non è più tempo di sperpe
rare le forze in ricerche astratte e declamazioni che
più non sono di frutto . Il risorgimento del giure
penale data da un secolo : e questo secolo dividesi
in due periodi : e ciascuno di questi due periodi
ebbe la sua speciale missione, e doverosamente vi
ripose appo tutte le nazioni di Europa che sono ve
ramente civili, iniziatrice sempre del movimento
l' Italia. Il primo di questi periodi fu quello delle
eloquenti declamazioni : era necessità che fosse co
sì ; e Beccaria e Filangieri ottimamente
compresero i bisogni dei tempi loro. Un edificio di
mostruose iniquità pesava sul collo a tutte le genti
364

sotto il nome di giure penale : tutti i più feroci istinti


ed i più iniqui pensieri avevano portato la loro pie
tra a quel funesto edifizio : esso sorgeva gigante e
solido perchè sorretto dalla forza, protetto dalla su
perstizione, e soprattutto coronato dalla potente au
reola della consuetudine. Vi occorreva una scossa
che imitasse il terremoto per demolirlo. Vi occor
revano voci stentoree che scuotessero ogni fibra
delle coscienze : voci energiche che giungessero fino
ai troni, dove avventuratamente sedessero uomini
di coscienza dotati : voci che commovessero le plebi ,
ne rianimassero le speranze ed il coraggio a pro
testare contro un magistero di ferro troppo lunga
mente patito : era un periodo nel quale alla mente
non poteva giungersi tranne con lo aiuto del cuore,
e nel quale la ragione non poteva farsi strada se
non la precedevano fiamme vivaci. Coloro che og
gidi fanno censura agli apostoli di quel periodo ac
cusandoli di essere stati più brillanti che solidi,
dicono cosa vera ma disconoscono le opportunità ed
i bisogni. Apprendano dai sapienti generali quando
è l'ora della carica a baionetta, e quando è l'ora
del fuoco di fila pertinacemente nutrito. Lo edifizio
mostruoso crollò : non rimaneva che ad asportarne
i frantumi e sostituirvi un nuovo edifizio che avesse
il giusto per base, il giusto per cemento, il giusto
per vertice. Ecco il secondo periodo di questo se
colo della rigenerazione penale. A questo secondo
periodo vengono a prestare l'ufficio loro le ela
borazioni sintetiche di Pagano , di Nani , di
Carmignani , e di tanti altri solidi pensatori .
E questo secondo periodo si compiè con maravi
gliosa progressività mercè la concordia di tutte le
-
365
scuole dell'Italia e della Germania e di altre mi
nori che pur seguono la santa bandiera. Così i prin
cipii renduti simpatici con le calorose declamazioni
fanno passaggio dai cuori alle menti ed in queste
si incarnano come effati ineluttabili di ragione. Il
secondo periodo della rigenerazione penale si com
piè assodando i principii ed ad una ad una tutte
le principali deduzioni della teoria. E dico univer
sale concordia di tutte le buone scuole perchè non
fo caso della varietà delle formule quando i princi
pii fondamentali sono nella sostanza gli identici. La
scienza penale ha dunque essa con questo secondo
periodo fornito la opera sua ? No : a lei si schiude
ora dinanzi un terzo periodo che deve spargere
ovunque i frutti salutari dei primi due : l'attuazione
pratica di quei sommi principii e di quelle dedu
zioni nelle leggi e nella giurisprudenza. Ecco la
missione della scienza penale in questo terzo pe
riodo che a noi si apre dinanzi , e che si apre per
noi italiani con favorevoli auspici , perchè la scienza
può aiutarsi di quella libertà che è pur sempre
concessa ( e tolga iddio che ci venga al tutto ra
pita ) ai suoi sacerdoti .
II .

Ma come procederà essa la scienza al compimento


di questa missione ? Quali sono i modi a tenersi ;
quali le difficoltà che la osteggiano ? Ecco l' argo
mento del mio discorso al quale io feci troppo lungo ,
ma necessario preambolo. Ma qui di nuovo a svol
gere il pensiero mio rendesi necessario che io torni
indietro, e riporti lo sguardo sulla storia del giure
penale e sulle cause della sua rigenerazione.
366

Io niente voglio togliere alle glorie di Becca


ria ; venero anzi l'altezza dello ingegno suo, il
suo coraggio, e lo riconosco come l'apostolo della
rigenerazione penale. Ma ad ogni uomo per il com
pimento dei suoi disegni non bastano il cuore e la
mente se a lui non arridono la fortuna ed i tempi.
Napoleone I ai tempi dei Guisa non avrebbe fondato
l'impero : Beccaria ai tempi di Covarruvio
sarebbe caduto tra i ceppi di Torquemada: Becca
ria fu il genio benefico che appiccò la scintilla di
fuoco ad una montagna e la fece erompere in un vul
cano, il quale sommerse in un torrente di fuoco tutte
le barbarità dello antico giure penale. Ma la monta
gna incendibile preesisteva a Cesare Beccaria ;
essa era il prodotto di un ammasso di atomi com
bustibili lentamente agglomerati per l'opera spic
ciolata di altri uomini ai quali i tempi loro non
concedevano altra balia tranne quella di accumulare
i materiali per una futura riscossa . Io qui non vo
glio uscire dall'argomento mio. Non voglio ricor
dare come la santa impresa di Beccaria trovasse
aiuto nei movimenti religiosi e politici già preceduti
a quella epoca o che si stavano preparando con forze
maravigliosamente conserte. Io mi limito alla sola
contemplazione dei movimenti progressivi del giure
penale. So bene che tutto quaggiù si opera per gli
arcani decreti di una Provvidenza della quale noi
non siamo che ciechi strumenti . Essa è che nel co
stante proponimento di spingere la umanità nella
via del suo indefinito ma sempre progressivo per
fezionamento, segna l'ora destinata ad un fatto ed
elegge l'uomo che dovrà compierlo, ed a quell'ora
ed a quell'uomo lentamente prepara i mezzi più
367

adatti perchè il fatto si compia. Ma lo essere ogni


fatto umano provvidenziale non toglie che si ricor
dino gli uomini che a preparare il medesimo furono
strumento della Provvidenza. Cosi io ricordo quei
vecchi pratici , che troppo oggi si sprezzano ma che
pure prepararono come meglio da loro si poteva il
momento della riscossa.
Io non dico già che tutti i vecchi pratici fossero
umanitarii . Troppi ahimè ve ne furono dei crude
lissimi ; ed atroci maestri di frodi, di crudeltà, di
ingiustizie nella amministrazione del giure punitivo.
Ma quelli che tali furono per sistema non sono i
maggiori di numero. Troppi ancora ve ne furono
che proclamarono i principii umanitari in molte e
molte materie penali, mentre in altre mantennero
la libidine della ferocia sedotti dal pregiudizio o
dal fanatismo o dalla reverenza trepidante verso
le podestà che sovrastavano a loro. Ma pure in
quei libri erompono di tratto in tratto faville pre
corritrici di quelle grandi verità che furono poscia
proclamate come conquista del secolo nostro : e
trovi colà i dubbi sulla legittimità dello estremo
supplizio e della confisca, e della tortura, e delle
pene privilegiate, e di quanto aveva di barbaro il
vecchio giure punitivo. E per lo meno vi trovi una
perpetua tendenza a rendere meno. disumane le
atroci sanzioni degli statuti penali di quei nerissimi
tempi , dove la giustizia era in balia dello arbitrio
umano e dove non era reato per quanto lieve che
non potesse condurre al capestro . E se in obbedien
za a quei ferrei statuti penali le città non furono
spopolate di cittadini per opera del carnefice, di
questo minorato eccidio andarono le genti debitrici
368

a quelli uomini ; ed è ingratitudine della genera


zione presente il porli tutti in un fascio, e gridare
contro di loro l'anatema, come se tutti e sempre
fossero fattori di crudeltà. Certamente i modi da
loro usati non piacciono ai tempi nostri ; ma quei
modi e non altri si potevano usare da uomini la
pietà dei quali stringevasi in un letto di procuste.
Essi ebbero necessariamente ricorso ad una casui
stica che riesce tediosa oggidi : e come i moralisti
al mezzo di quella temperarono le durezze dei teo
logici, cosi con imitazione felice i nostri pratici tem
perarono la severità inesorabile delle leggi : e noi
dobbiamo saperne grado a quei generosi benefattori,
e confessare che noi raccogliamo il frutto dei loro
conati .
Questo movimento umanitario dei vecchi crimi
nalisti potè effettuarsi in Italia e in Germania per
due diverse vie. Non potè effettuarsi e non si effettuo
nella Francia, perchè entrambo quelle vie erano
chiuse cola .
In Italia i principii umanitari nel giure penale
si fecero strada in grazia della larga difesa che fu
ai giudicabili quasi universalmente concessa fra noi.
I tirannelli italiani ed anche i più feroci tra loro
non osarono mai elevarsi alla tirannide dei reali di
Francia, negatori perpetui di ogni patrocinio a fa
vore degli accusati . Auspice in questa parte e mae
stra di benignità la Chiesa Romana negli stati al
suo dominio soggetti fuvvi sempre in Italia la più
grande larghezza nello svolgimento dei mezzi de
fensionali ee liberissimo campo ai giuristi nello eser
cizio del patrocinio ; e copia di appelli e di revi
sioni e di emendamenti che spesso rendettero let
369
tera morta le immani penalità vergate negli sta
tuti locali e quelle non meno esecrande degli editti
imperiali di Oriente. I volumi senza numero dei
nostri consulenti fanno irrecusabile testimonianza
della larghezza di discussione che si concedeva tra
noi ai giudicabili, e dello studio con il quale ( spesso
sottilizzando ma sempre a buon fine ) si andavano
ricercando tutti i mezzi defensionali. Questi lavori
raccolti e consegnati alle stampe col titolo di voti , o di
consigli, o di allegazioni, o di consultazioni, formarono
la biblioteca dei successivi patroni : i quali sempre
venivano via via fortificando i già trovati argomenti
di benignità, e ne recavano innanzi dei nuovi o con
la formula della pena straordinaria o con la for
mula del caso impropriato, sicchè ogni giorno le
immoderate pene degli statuti si venivano diradando.
Questa fu la prima elaborazione della scienza
penale in Italia nei tempi che precedettero il Bec
caria , per la quale le massime umanitarie si ven
nero popolarizzando e preparossi il terreno a colpi
più radicali ed arditi. Questa via fu senza dubbio pre
postera, perchè la scienza avrebbe dovuto esordire
dalla cattedra e passare poscia alla pratica : ma era
la unica via possibile in quei giorni di tenebre.
E se la teoria non solo era costretta a starsene
muta, ma ad ignorare anche la propria esistenza
avvegnachè la esistenza sua fosse disconosciuta
persino dai Romani giureconsulti, bene fu avventu
rato che la pratica pigliasse il suo scanno e dettas
se precetti i quali, per quanto empirici e consuetu
dinarii, valessero a render minori le contaminazioni
della umana personalità e meno iniqua ed arbitraria
la distribuzione dei flagelli penali . E frattanto con
VOL. IV . 24
370

quella mutabilità di pene si veniva facendo solenne


confessione della nostra fede presente, vale a dire
che nel giure penale niente vi può essere di domma
tico tranne i sommi principii della eterna ragione.
In Germania la riforma penale trovossi aperta
anche un'altra via più operosa e più genuina. La
celebre costituzione di Carlo V del 1532, che per
quasi tre secoli resse presso che tutti i diversi popoli
della Germania, manteneva con apparato spavente
vole tutto l' armamentario delle vecchie atrocissime
penalità. Ma in mezzo a tanta sembianza di ferocia
la sapienza dei consiglieri di Carlo V aveva get
tato l' art. 219, il quale era il precursore di una
completa rivoluzione tutta scientifica nel diritto pe
nale. Ivi si faceva precetto positivo ai giudicanti
che ogniqualvolta ad occasione di dovere applicare
una pena sorgessero dubbi intorno la convenienza
della medesima, si dovessero consultare sul caso i
professori della più vicina facoltà giuridica, e giu
dicare secondo il responso della medesima. Tanto
basto perchè le accademie insignite per tal guisa
di magistrali funzioni dessero opera coscienziosa e
continua affinchè quelle verità che da loro si inse
gnavano sulle cattedre, avessero doverosa e costante
applicazione nella giurisprudenza . Tanto bastó per
chè le pene dello annegamento, del viviçomburio,
dello squarto, o della spada, prodigate senza ritegno
dalla Nemesi Carolina, in fatto poi si venissero so
stituendo da altre pene meravigliosamente più miti
come la relegazione, la fustigazione, e persino qual
che settimana di carcere. Tanto bastò perchè gli
oracoli di quelle facoltà si raccogliessero e si pub
blicassero a stampa, e formassero una seconda bi
371

blioteca di preziosissimi volumi tutti di quella forma


speciale alemanna che sotto il nome di responsa ,
observationes, e simili, vennero costruendo un mo
numento ricchissimo di dottrina penale che fece più
nobile paragone ai consigli dei patroni italiani.
Non cosi in Francia. Che là Francesco I nel 1539
e Luigi XIV nel 1670 persistettero a negare ai
giudicabili ogni patronato. Laonde nè potevano sor
gere le consultazioni defensionali; nè potevano i giu
dici ed i parlamenti dissertare secondo ragione,
poichè le leggi li stringevano sotto un positivismo
di ferro, al quale con mano di ferro li tenevano
aggiogati quei pubblici ministeri che furono così
potente istrumento di tirannide ai Reali di Francia.
Laonde per queste cose non è meraviglia se in
Italia ed in Germania dove era preparato il ter
reno alla scienza penale, questa potè alzare tran
quillamente la sua bandiera e farsi salutare dai
novelli codici , e dai magistrati, ed eccitare persino
le calde simpatie dei regnanti , senza che per giun
gere a tanto le facesse mestieri dello aiuto di una
rivoluzione politica e le bisognasse spargere il san
gue umano per risparmiare in futuro lo spargimento
del sangue. E non è meraviglia se allo opposto in
Francia, ove non era propizio il terreno, la scienza
penale ad ottenere il proprio riconoscimento avesse
bisogno di farsi sgabello di una rivoluzione politica
la più sanguinosa e feroce che mai narrasse la sto
ria. E meraviglia non è se il nuovo giure penale
ottenesse culto più presto in quelle regioni d'Italia
e Germania, presentandosi ai popoli sotto il simbolo
di un ramoscello di ulivo ; e che invece per giun
gere ad aver culto in Francia dovesse presentarsi
372

con più fiera attitudine, ed assumere la espressione


di una reazione violenta, la quale desse ( ed altro
dar non poteva ) una vita effimera ad una serie
di codici e leggi penali che spesso gareggiavano
con le antiche nella fierezza .

III .

Or dunque ho mostrato nella prima parte del mio


discorso che ai tempi attuali più non recano utilità
le calorose declamazioni che rendettero così poten
temente splendido il primo periodo della rigenera.
zione penale . Ho mostrato che ormai il secondo pe
riodo di questa rigenerazione ha assodato per guisa
i cardini fondamentali della nuova scienza da non
avere bisogno di grande ulteriore elaborazione. Ed
ho mostrato che nel presente terzo periodo la scienza
penale ha principale bisogno di farsi forte nella sua
vita pratica. Questa è stata la conclusione della pri
ma parte del mio discorso.
Ho succintamente ricordato quali fossero i modi
coi quali potè anche sotto barbare legislazioni la
ragion penale infiltrarsi lentamente nella pratica
giurisprudenza col mezzo dei patroni e dei giudici
consultori ovunque un dispotismo ignorante e feroce
non riusci a disperdere o a conculcare la toga. La
conclusione di questa seconda parte sarebbe dunque
che il corso della elaborazione pratica dovesse oggi
ripigliarsi con assiduità severa e indefessa, perchè
il terzo periodo della penale rigenerazione abbia
l'ultimo compimento sotto quelle forme e con quelle
più larghe e benefiche deduzioni che sono coerenti
alla era novella del giure punitivo.
373

Ma poichè siffatta elaborazione interrotta pel vol


gersi dei giuristi allo studio ed alla costruzione
della teorica, non potrebbe oggi ripigliarsi e conti
nuarsi sotto l'antica forma dei consulti e dei re
sponsi , così la terza ed ultima parte del mio discorso
mi conduce naturalmente ad esaminare i modi con
i quali nelle condizioni presenti possono i giuristi
specialmente italiani ( lasciate alquanto in disparte
le astratte ed ormai maturate speculazioni ) volgere
tutta la forza degli ingegni loro al perfezionamento
della vita pratica delle discipline penali, onde in
questa possano recare ubertoso frutto ( anzichè ri
manere manomessi ) i sommi principii di punitiva
giustizia conquistati con tanti sforzi di intelletto e
di cuore .
E che oggi la elaborazione della pratica penale
non possa ricominciarsi con gli antichi metodi di
responsi e consulti , ella è cosa da non mettersi in
dubbio ove si considerino le due nuove condizioni
di fatto tra le quali è venuta oggi a vivere la giu
stizia penale : voglio dire la oralità dei giudizi e
la giuria . Queste due condizioni di fatto, ormai ir
retrattabili, nelle quali si esprime quanto è indi
spensabile per 'un popolo civile perchè sia giustizia
la giustizia, e perchè dessa sia protettrice e non
carnefice del diritto e delle libertà civili, hanno in
ciò il lato della loro bellezza : dessa è tale che vince
ogni contrarietà ed ogni inconveniente, e basta a
renderle care ad ognuno che sia amatore della vera
libertà. Ma al tempo stesso però bisogna confessare
che le medesime pongono a pericolo di indietreg
giare la scienza, la quale non può farsi ricca dei
monumenti necessari al suo progresso ed al man
374
tenimento delle sue tradizioni per via di arringhe
improvvisate da eloquenti patroni o per via di ri.
sibili raccolte dei si e dei no pronunziati dalla giu
ria, quando agli studiosi manca il testo di scritta
procedura conservatrice dei fatti ai quali il dire ed
il rispondere furono consequenziali ; e nei quali è
impossibile con giuridico criterio dimandare le ra
gioni di quel dire e di quel rispondere col solo pre
sidio di verbali di udienza miserabilmente precipi
tati, e il più delle volte inesatti .
Dove troverà dunque in questa vita novella la
scienza penale i monumenti ai quali possa erudirsi
e vigilare che la pratica non uccida la teoria , e che
i frutti di quella lunga lotta e di tante fatiche siano
doverosamente forniti alle genti ? È questa la ri
cerca alla quale io fino dal principio del mio discorso
indirizzava i pensieri miei.
Farà essa tesoro la scienza degli annali, ove si
raccolgono i decreti penali delle Corti di Cassazione ?
Oh si : splendido e glorioso monumento è cotesto ed
alla scienza utilissimo. Avvegnachè le nostre Corti
di Cassazione abbiano sempre risposto con nobile e
degna gara alla santa loro missione, si perchè i più
eletti ingegni vi seggono, si perchè esse sono cosi
alto locate che possono disprezzare le pressioni go
vernative e i sopraccigli ministeriali, come Giove in
Olimpo guarda impassibile le procelle che agitano
quaggiù basso l'atmosfera terrestre. Lode eterna
alle Corti di Cassazione le quali col coraggio loro
e con la loro alta sapienza hanno potuto riconciliare
a quella istituzione anche gli animi di molti tra
coloro che avevano antipatia e guardavano con so
spetto questa importazione francese.
375

Ma se i giudicati delle Cassazioni possono fornire


alla scienza ricchissimi materiali, questi però finchè
la Cassazione non cambisi in revisione non bastano
che ad una parte e piccolissima parte dei bisogni
di lei. E questa è cosa che di facile si comprende
da chiunque ricorda come sia troppo angusto e li
mitato il cerchio nel quale ha balia di aggirarsi la
verga emendatrice delle Corti Supreme . Un numero
infinito di vitali questioni sfuggono per le respettive
nature alla sua competenza. E molte delle quali
potrebbe prender cognizione non giungono a lei, o
per insipienza dei patroni o per la inerzia dei con
dannati. Sicchè quei decreti sono gemme preziose
delle quali la scienza penale può fregiarsi la fronte,
ma non bastano a fornirle l'abito completo del quale
essa ha bisogno.
L'opera progressiva e conservatrice nel tempo
stesso della quale io favello potrà egli sperarsi che
riceva aiuto dagli uffici dei pubblici ministeri e dalle
loro requisitorie ? Di queste requisitorie è meglio
non favellare; tanto è raro che alle medesime ri
sponda la verità degli eventi : e di quegli uffici tutto
è detto quando si è ricordato questo fatto doloro
sissimo che essi sono organi del potere esecutivo :
di quel potere appunto avverso il quale la scienza
deve in un libero reggimento indefessa e coraggiosa
lottare onde impedirne i soprusi .
Non rimane dunque che il giornalismo . A lui
spetta la civile missione di completare le nuove
conquiste della civile libertà ( la giuria ed il pro
cesso orale ) le quali senza il presidio di questa forza
ulteriore potrebbero non solo riescire insufficienti
ma anche gravide di pericoli.
-
376

E il giornalismo italiano ( lo dirò senza adulazione )


ha compreso questo debito suo. Non parlo già del
giornalismo politico, al quale i resoconti dei giudizi
penali servono di materia come ogni altra novità,
e agli amatori di queste più che agli amatori della
scienza profittano, quando pure non volgano le re
lazioni loro al servigio del partito politico cui sono
ascritti. Io parlo del giornalismo giuridico.
Sono sorti in Italia parecchi giornali lodevolissimi
( che non enumero per non dare ragione d'invidia )
i quali governati da uomini dotti e leali recano
immensa utilità al progresso delle dottrine legali .
Ma questi giornali hanno un obiettivo troppo largo
ed esteso per poter bastare ai bisogni speciali della
scienza penale. Obiettivo troppo largo ed esteso si
perchè alcuni ( e nel disegno loro fanno benissimo )
non si limitano a contemplare i fatti giudiciali ita
liani ; si perchè altri ( e nel disegno loro fanno par
sempre benissimo ) non limitano le proprie lucubra
zioni alle materie penali ma in gran parte le as
sorbono nelle civili , canoniche, e commerciali .
Farebbe dunque mestieri che sorgesse un gior
nale esclusivamente consacrato alla dottrina penale
nel punto di vista del suo pratico svolgimento ; ed
esclusivamente a questo svolgimento in Italia . Fa
rebbe mestieri che questo giornale fosse in tal guisa
composto da rimanere come libro a perpetuo do
cumento della storia della giustizia penale in Italia
e del progredire della dottrina. Dovrebbe comporsi
di relazioni succinte ma sempre fedeli ed esatte dei
più interessanti giudizi criminali che si agitano nel
reame italiano : ricordare le principali questioni dis
cusse ; registrarne le sorti : ed il tutto corredare di
377

note critiche in senso puramente scientifico che des


sero lume ai futuri giudicanti, ai futuri patroni ed
anche ai futuri legislatori. E quando dico i più inte
ressanti giudizi io non volgo il pensiero soltanto allo
interesse della penalità elevata, ma più ancora allo
interesse della dottrina, giacchè le guarentigie delle
libertà civili debbono mantenersi sacre anche dove
al cittadino sovrasta leggerissima pena .
Ma a fare quest'opera utilissima, come io la in
tendo, occorre un congegno di forze intellettuali ed
economiche che non oso sperare in Italia dove lo
spirito di associazione non ha preso ancora il ne
cessario sviluppo .
IV.

Queste erano le mie meditazioni ; questi i pen


sieri ed i voti nei quali io mi era fermato, quando
nell'ora caduto autunno presentavasi à me l' Av
vocato Pio Morbio di Milano, e gentilmente mi in
vitava all' ónorevole ufficio di collaboratore per un
giornale che colà voleva fondarsi da una società di
giureconsulti già a tale intento costituita. Intesi
allora con esultanza che il divisamento di quei giu
reconsulti era precisamente su quella linea alla
quale si volgevano da lungo tempo i desiderii miei
come voto di pubblico bene. Intesi che già si erano
raccolti mezzi pecuniarii ed intellettuali quanti ne
occorrevano alla bisogna : intesi come circa la par
ticolare esecuzione dell'opera le vedute di quella
società si uniformassero al mio modo di opinare :
e inteso questo aderii senza esitazione a quell'im
presa, superbo di potervi prendere ( quantunque
debolmente ) una qualche parte .
378

Ed ora a me ritornano quei signori ; e stimando


di me più che io non estimi, vogliono che io stesso
sia quello che detti il programma del nuovo gior
nale . Ma io non seppi come fare questo programma
meglio che col porre in carta i pensieri che mi ave
vano condotto a desiderare di questo giornale la
solida costituzione . Esporre la genesi di un' opera
vale quanto tracciare le linee del suo avvenire e
della sua destinazione. A corona di questo scritto
altro non restami dunque se non accennare i prin
cipii esteriori i quali saranno guida immanchevole
ai collaboratori del nuovo giornale che va a pub
blicarsi in Milano sotto il titolo di RIVISTA DEI DI
BATTIMENTI CELEBRI .
E questi principii sono
1.° Mantenersi sempre estranei ad ogni partito
politico, assumendo per sola bandiera la verità e la
conservazione progressiva delle libertà civili nella
giustizia penale.
2.° Mantenersi estranei da ogni speculazione as
tratta intorno a questioni puramente teoriche.
3.° Mantenersi scevri da ogni spirito di parte sia
verso l'accusa, sia verso i giudicabili, tenendo sem
pre fiso lo sguardo in quello che ne par giusto.
4.• Mantenersi finalmente indipendenti da ogni
pressione governativa e immuni da ogni timore,
perchè non deve allignare temenza nell'animo di
chi soltanto cerca la verità, il bene della patria e il
trionfo della giustizia .

Pisa 24 decembre 1871 .


VII.

IMPRESSIONI

DEL PROCESSO AGNOLETTI


IMPRESSIONI

DEL PROCESSO AGNOLETTI ( 1 )


*****

I.

Achille Agnoletti.

Quual
al uomo è desso costui che ha potuto compiere
un fatto cosi miserando da aggelare ogni cuore al
l'udirne la tremenda novella ? Ebbe egli forse dalla
natura matrigna una indole ferina e satanica che
lo formasse ad un atto così disumano qual è la
strage premeditata dell'unico suo pargoletto ? No :
era vivace, impetuosa ed eccentrica la tempra del
l'anima sua, ma niente mai si scorse in lui di ten
denze sanguinarie e feroci, ed anzi il contrario si
rilevava dalla eccessiva aspirazione del bello che fu
la soverchiante passione onde ebbe origine la sua
rovina. Forse una serie di minori delitti lo venne
preparando col crescere degli anni al più truce e
nefasto ? No : l'Agnoletti condusse vita scompigliata
ed improvvida ; e sebbene moti repentini di sdegno,
quasi tosto calmati , potessero talvolta recare a lui

(1 ) Pubblicate nella Rivista dei idi" enti celebri n. 14 .


382
dolore e ad altri timore ; egli era pur giunto al
mezzo del cammin di nostra vita senza che mai il
delitto ed il nome di lui si congiungessero in vitu
peroso connubio. Forse crudeli offese eccitatrici di
un odio efferato contro la propria vittima lo spin
sero ad un tratto all'apice della scala criminosa dove
sta la fredda premeditazione di uccidere ? No : la
sua vittima fu l'innocente suo figlio di appena tre
anni , costante oggetto di sue tenere cure anche
quando necessità lo costringeva a starne lontano,
e da lui sovra ogni altra cosa svisceratamente ado
rato : di questo amore nessuno aveva mai dubitato,
e prova eloquentissima sopra ogni altra ne aveva
dato lo stesso infelice Carletto : avvegnachè i bam
bini abbiano la istintiva divinazione dello amore
altrui che li porta al ricambio ; e Carletto ( feno
meno non ordinario nei pargoletti ) amasse il padre
più assai che la madre . Forse una veduta di lucro
ed il seducente fantasma di splendida fortuna con
dusse l'Agnoletti a fare del figlio adorato un olo
causto al proprio avvenire ? Tutt'altro che ciò : la
morte di quell' infelice a lui non recava denaro, ed
anzi allontanava ogni speranza di averne, e dilatava
quell'abisso frappostosi fra lui e la moglie dal quale
erano sorti i disperati dolori dell'Agnoletti . Qual fu
dunque l' ordine logico delle idee che condussero
quello sciagurato a cosi immane misfatto ? I pagani
avrebbero dato ragione di tutto col Fato, ed avreb
bero ravvisato nello Agnoletti un Oreste od un
Edipo ; ma il Fato è oggi parola diafana : e per dare
ragione di un atto umano sarebbe poesia ricorrere
al sovrumano. Se il delitto fu premeditato, e se pro
cedette da una mente ragionevole, deve esservi un
-
383

calcolo, un fine, una prepotente passione, il soddis


facimento della quale bastasse a determinare alla
uccisione di una creatura adorata ed allo incredi
bile accoppiamento della strage e dei baci . Qual fa
questo calcolo ? Qui è dove si smarrisce la mente
di chi contempla la lugubre storia di questo pro
cesso. Dobbiamo noi nell'Agnoletti riconoscere un
Radamisto che trucida la moglie idolatra per sot
trarla alla imminente signoria del nemico che la
persegue ; un Virginio che svena la figlia perchè
non si contamini dal tiranno , una Norma che tra
volta da delirante amore vuol seco congiunto l'idola
trato Romano sul rogo istesso che li divora ond' es
sere anco sotterra indivisa da lui ? Oppure dobbiamo
riconoscervi una Medea che sacrifica i propri figli
al bisogno di una feroce vendetta ? Questa ultima
fu la idea che generalmente prevalse, ed i più vol
lero spiegare ( non trovando di meglio ) il fatto del
l'Agnoletti con la facile ipotesi di una vendetta tras
versale. Egli uccise Carletto per arrecare perpetua
e miseranda afflizione alla moglie da lui tolta in
odio per il negato denaro. Questa fu la versione
che, quantunque più di ogni altra abominevole e
truce, sembrò prevalere nella opinione del pubblico
e dell'accusa. Ma la storia dei criminali processi ci
mostra ciò che dalla natura stessa delle cose viene
suggerito ; cioè che alla vendetta trasversale si ri
corre soltanto quando manca il modo alla vendetta
diretta, o quando i pericoli di questa possono es
sere maggiori ; od esserne minori i vantaggi . Ma
tali condizioni non ricorrevano nel caso. Ad ucci
dere la moglie non si frapponevano ostacoli insa
perabili ; per questa via il retaggio della medesima
384

perveniva nel figlioletto e l'uccisore poteva sperarne


utilità pecuniaria : il delitto era meno abominevole
e più facilmente si poteva sperare di adattarvi il
pretesto di una qualche scusa in faccia alla puni
trice giustizia. Tutto questo avrebbe dovuto calco
lare l'uomo che avesse meditato . Alla vendetta di
retta spingeva l' odio con prepotente forza : alla ven
detta trasversale non si poteva condurre la deter
minazione dell'animo tranne a traverso la stra
ziante lotta dell'odio contro la moglie e dell'amore
pel figlio. La mia mente si smarrisce in questi pen
sieri, e trovasi condotta a dubitare se veramente chi
la nefanda strage operò agisse per calcolo e col
presidio di una perfetta ragione. Io non oso pro
nunciare a me stesso un audace giudizio : ma con
fesso francamente che quando vedeva la scure pen
dere sul collo dell'Agnoletti non mi sono potuto
indurre a cacciare dallo intelletto uno spaventevole
dubbio, ed a chiudere il cuore ad ogni moto di com
miserazione verso un uomo che a me appariva po
tere essere forse un infelice piuttosto che uno
scellerato .
II .

Le periz i .e.

A dileguare tali perplessità ansiosamente si aspet


tava l'oracolo della scienza medica, e questo ave
vamo bene ragione di sperare che fosse tranquil
lizzante poichè il Collegio peritico si componeva di
cinque luminari giustamente famigerati per probità,
esperienza e dottrina. Profani come noi siamo alla
scienza alienistica, ed incapaci eziandio aa nettamente
385

comprendere la stessa tecnologia di questa arcana


( e tuttora oscillante ) dottrina, noi non potevamo
presumere di valutare gli elementi delle induzioni
dalle quali scientificamente avrebbe ciascuno di quei
dottissimi determinato le sue conclusioni . Ma que
ste conclusioni ci sentivamo pure in diritto di ap
prezzare e di valutare con la semplice scorta del
senso comune : avvegnachè non possa esservi una
dottrina, per quanto arcana ed inaccessibile all'occhio
dei profani nei propri dati , la quale non debba poi
risolversi in una formula pratica ed in un ragiona
mento concreto che ognuno possa giudicare ed
apprezzare col solo buon senso. Ma francamente
diciamo che le conclusioni peritiche lasciarono nel
nostro intelletto una grandissima perplessità e nel
l'animo nostro un ardentissimo desiderio. Ponendo
da parte qualunque indagine puramente scientifica
e tecnica pareva a noi che ridotto in lingua povera
il quesito finale esso dovesse stringersi in questo.
Ragionava o non ragionava l'Agnoletti quando si
gettò nella Roggia Balossa col figlio ? Udimmo par
lare di mania ragionatrice e di mania morale ; ma
incapaci come siamo di comprendere nettamente 'la
realtà che si cela sotto certe formule, intorno alle
quali non ci sembra che anche gli stessi tecnici siano
perfettamente concordi, non ci occupiamo della for
mula, nè osiamo attentarci a formarne un giudizio
o a discuterla. Sembra che i periti fiscali al tutto
escludessero uno stato di allucinazione intellettiva :
ma noi avremmo desiderato che quella opinione
scientifica si concretasse in una formula pratica e
volgare accessibile a tutti : avremmo voluto in una
parola che per dare al pubblico ed ai Giurati abi
VOL . IV. 23
386

lità di convincersi se l' Agnoletti in quel fatale mo


mento ragionava bene o ragionava male ( poichè
anche nel delitto pur troppo si ragiona non in senso
morale ma in senso logico ) ci avessero detto qual
fu secondo loro il ragionamento dell'Agnoletti. Per
il nostro corto vedere in questo ragionamento così
concretato pareva dovesse cercarsi l'ultimo criterio
per decidere se in quel momento il giudicabile era
o no sotto un accesso più o meno intenso di pazzia,
oppure nello stato ordinario di mente nel quale tro
vasi ogni uomo illeso nelle facoltà intellettive. Dot
tamente ed a lungo furono discorse le teoriche della
pazzia gentilizia, ed analizzata la vita anteatta e la
costituzione fisica dell'Agnoletti . Ma di qui, a parer
nostro, non poteva trarsi che un elemento paramente
congetturale ; un grado maggiore o minore di pos
sibilità o di probabilità dello accesso ; la prova di .
retta o esclusiva o induttiva dell'accesso lesivo
dello intelletto doveva, e deve sempre ( come con
grande accortezza osservò quel potente dialettico
che è l'Avv. Mosca ) risultare dal fatto e dalle sue
circostanze ; in una parola dalla coerenza del mezzo
al'fine. Ce lo perdonino i signori Periti, ma noi
legali chiamati a formarci una opinione non di una
teoria ma di un fatto, non dell'abito di un uomo
ma di un suo atto isolato, non possiamo determi
narci ad un giudizio definitivo tranne fermandoci
sui criterii somministrati dall' atto medesimo guar
dato in sè stesso. Se un uomo col quale non ebbi
mai nè relazione nè conoscenza si introduce in mia
casa , si impossessa del mio orologio, e tosto lo getta
contro il muro, e lo lascia colà in frantumi, vengano
pure cento periti a dirmi che quello non era pazzo,
387

io non arriverò mai a persuadermi che colui agisse


per fine di lucro o che agisse per fine di vendetta ,
e dovrò dire che fu vittima di un ' aberrazione men
tale. Ora qual fu l'ordine logico attribuito allo Agno
letti per desumerne in lai la presenza attiva della
ragione e la piena responsabilità in faccia alla legge ?
Il volgo gridò che il suo fine era quello di estorcere
denaro dalla moglie. Ma questa è una ciancia di
volgo, adattabile alle minacce, repugnante ed assur
da quando si vuole applicare alla strage. Non rimase
dunque al concetto che nella mente dell'Agnoletti
riconosceva la permanenza di un ordine logico, non
rimaneva altro fine proponibile tranne quello della
vendetta. Agnoletti odiava la moglie per la separa
zione e per il negato denaro : voleva farle scontare
amaramente questi due fatti : voleva recarle immen
so, perpetuo dolore, e ferire con un ulcera insanabile
il suo cuore materno. Questo fu il fine dell'Agno
letti . A questo fine si coordina logicamente la strage
del bambino . Ecco la unica tavola alla quale pote
vano ricorrere gli accusatori dell'Agnoletti , ed alla
quale accortamente ricorsero. Con ciò si designava
la causa del fatto e nel tempo medesimo si dimo
strava la concomitanza al fatto del pieno e lucido
stato della ragione. E certamente questa ipotesi ri
spondeva al suo scopo , ed era incriticabile nel punto
di vista dialettico. Ma la sua base era dessa solida
oppure era anch'essa una congettura ed una sup
posizione ? Quest odio contro la moglie cosi arden
temente desiderata ( e fosse pure desiderio fisico,
ciò non muta la questione ) era desso chiarito irre
cusabilmente in processo ? Anche ciò mi par dubbio,
perchè nella scena di Galbiate dipinta come un at
388

tentato alla vita di Teresa, io propendo a ravvisare


piuttosto lo accesso erotico di un marito respinto ;
intorno al quale le reticenze dell'Agnoletti ( stra
nissimo contesto di brutalità e di delicatezza ) non
hanno permesso di trovar luce. Non avvenne egli
che inconsapevolmente qui si intrudesse un circolo
vizioso, dicendo che dovette agire per fine di ven
detta perchè aveva il pieno uso della ragione, e
poscia dicendo che aveva il pieno uso della ragione
perchè agiva a fine di vendetta ? Ecco il mio dub
bio : e questo dubbio non posso o eliminarlo o as
sodarlo se non ricorrendo ad argomenti esteriori
alla scienza medica .
E qui torno a dimandare a me stesso : perchè
( ammesso pur l' odio e il desiderio di vendetta )
egli preferì la vendetta trasversale alla vendetta
diretta ? Non vi erano alla vendetta diretta ostacoli
insuperabili. Dalla vendetta trasversale non emer
gevano utilità e lucri al colpevole ; anzi se ne asciu
gava perpetuamente la fonte e si chiudeva ogni
veicolo di successione sperata. Dalla vendetta diretta
potevano sperarsi prima o poscia notevoli vantaggi
pecuniari. Della vendetta trasversale era più grave,
più certa, meno evitabile, meno modificabile la pena.
Un uomo che calcola e che ragiona non può pre
terire da questi criteri quando la sua mente de
terminata in genere ad un atto criminoso si volge
a studiarne il disegno e la forma.
E fermandomi sul calcolo della speranza di im
punità, la quale è sempre il criterio decisivo quando
vuol darsi ragione di un delitto premeditato, io di
mando ancora a me stesso siamo noi certi che
lo Agnoletti si preordinasse ad evitare la pena del
389

parricidio che andava a commettere ? Ed in qual


modo questo uomo si preordinava ad evitare la pena ?
Col far restare ignoto il delitto ? oppure col fuggire ?
oppure col morire ? Questo è il punto che a me
pareva importantissimo, e che deve innanzi tutto
essere prestabilito onde giudicare dei caratteri logici
od illogici del ragionamento attribuito allo Agnoletti.
Supporre che chi con matura premeditazione di
spone ed eseguisce un delitto gravissimo non abbia
portato il pensiero sulla pena alla quale si espone
e sui modi più probabili di evitarla, vale appunto
supporre una aberrazione mentale. Il delinquente
che premedita, o ha preferito la vendetta al proprio
avvenire ed ha sfidato la legge e la pena, ed allora
noi lo vediamo ( frequentissimo caso ) denunciarsi
e consegnarsi da sè medesimo alla giustizia ; e con
ciò è logico, e lo diremo vittima di una aberrazione
morale e non di una aberrazione intellettuale . Ma
Agnoletti non offerse il capo suo alla giustizia, e per
la stessa ipotesi dei suoi accusatori egli avrebbe
posto ogni suo studio nello evitare la pena. Dunque
dobbiamo formarci una chiara idea del modo col
quale nei calcoli suoi egli avrebbe divisato di sot
trarsi alla pena .
Forse col tenere occulto il delitto e il suo autore ?
Impossibile connettere il pensiero di tenere occulto
il delitto ed il suo autore con la lettera preceden
temente scritta alla moglie e con la stessa forma
data al delitto. Se l'Agnoletti avesse proceduto con
quest' ordine di idee egli avrebbe bene potuto ris
parmiarsi le lettere : simulare una passeggiata col
barnbino lungo il Canale : gettarvelo dentro : e poscia
infingere una disgraziata caduta del pargoletto da
1
390

alcuno di quelli scali o aperture che la riva del ca


nale presenta ; e poscia acclamando quando era tar
da l' aita foggiarsi in attitudine di disperato per la
disgrazia. Ma l'Agnoletti che verga la confessione
del proprio delitto sopra una carta che invia alla
moglie, e che forse le giungerà prima che il delitto
sia consumato , no non può dirsi che abbia calcolato
di evitare la pena tenendo occulto il delitto e il
delinquente .
Forse calcolò sottrarsi alla pena mediante la fuga
e la latitanza ? Questo fu il suo secondo pensiero
dopo la consumazione del reato. Ma è impossibile
(assolutamente impossibile) imprestargli questo pen
siero precedentemente al reato. Impossibile, perchè
con siffatto preordinamento alla fuga non possono
combinarsi i pochi denari che aveva in dosso, e so
vra tutto quel suo gettare sè medesimo nel Canale.
In tale preordinamento egli avrebbe spinto il bam
bino nell'acqua e poscia si sarebbe involato. Get
tarsi nell'acqua valeva quanto ritardare necessaria
mente la possibilità di fuggire ; e se si persistesse
ad affermare che egli avesse calcolato salvarsi con
la fuga dopo ucciso il bambino, quel suo rendere
inabile la propria persona alla pronta fuga mercè
la immersione sarebbe in sè stesso un segno dia
gnostico di perturbato intelletto. Se dopo la sua im
mersione si fosse spontaneamente presentato al pub
blico lamentando una accidentale caduta sarebbe
nell'ordine logico dell'assassinio deliberato anche
cotesto fatto ; ma non si può connettere per questa
via con la lettera precedente e col successivo na
scondimento. Dunque il calcolo di Agnoletti nel rap
porto al pericolo della pena non potè precedente
-
391
mente essere nè quello di evitarla occultando il de
litto, nè quello di evitarla ingannando la giustizia
col pretesto di una disgrazia, nè quello di evitarla
con una pronta e cautelosa fuga alla quale la pro
pria immersione portava impedimento e ritardo.
Dunque Agnoletti dovette determinarsi al delitto e
sfidare la pena nel preconcetto di evitarla col suicidio.
Su questo punto oserei dire di trovarmi tran
quillo ; che cioè Agnoletti divisasse uccidere sè col
bambino : che tentasse uccidere sè col bambino : e
che poscia avendo la sorte ( non so se debba dirsi
amica o nemica ) reso frustraneo quel tentativo in
quanto a sè stesso ritornasse in lui la connaturale
pusillanimità e lo amore alla propria conservazione,
e si sottraesse alla morte imminente con lo uscire
dal Canale, e tentasse allora sottrarsi alla pena me
diante la fuga. Questo apparve sempre a me nel
caso Agnoletti un punto importantissimo a presta
bilirsi : voglio dire la verità o no della determina
zione al suicidio .
E se fu vero il disegno di suicidarsi fermato nel
l'animo di Agnoletti congiuntamente al disegno di
uccidere l'amato figlio, pareva a noi che a questa
circostanza dovesse darsi preponderante peso nella
questione sullo stato mentale del giudicabile. E noi
legali, usi a leggere negli scritti di tutti i moderni
Criminalisti non potersi punire il tentativo di sui
cidio per la presunzione di aberrazione mentale che
lo accompagna, ci sentiamo con tutta facilità trasci
nati a non potere rinnegare questa presunzione giu
ridica anche quando avvenga che il tentato suicidio
si congiunga con la uccisione di altri , purchè il sui
cidio sia veramente tentato .
392

Secondo il nostro corto intelletto parevaci dunque


che la questione dovesse dai signori Giurati guar
darsi ( come a loro consigliavano gli abilissimi patro
ni ) in un punto di vista misto e complesso ; cioè non
giudicare soltanto l'Agnoletti che uccide il figlio ma
bensì l'Agnoletti che uccide il figlio e contempora
neamente tenta uccidere se medesimo. Niente ne
cale indagare qual fosse lo stato di animo di Achille
dopo il delitto quando il bagno gelato aveva deter
minato la crise aiutata dalle forze deprimenti del
rimorso, del dolore, e della paura . Niente ci muove
la calma precedente del giudicabile con la quale
tutto sereno accoglieva il figlio, scriveva la lettera,
e preparava l'orrendo fatto. E che forse un impe
tuoso furore è il necessario prodromo del suicidio ?
No : che noi ne vedemmo parecchi ( ed ahi troppi ! )
preladiare la strage di sè medesimi con una inso
lita serenità. La battaglia interna e l'agitazione che
la rivela sono nel periodo precedente alla determi
nazione quando la mente tuttora ondeggia fra tristi
pensieri . Ma presa una volta la determinazione, per
lo allucinamento intellettuale che fa vedere nel sui
cidio l'esercizio di un diritto, la cessazione di tutti
i mali e la pace così lungamente cercata, l'uomo
giunto in questo stato d'idee si fa tutto sereno come
chi si sente vicino al conseguimento di un bene so
vranamente agognato . Non tutte le forme di alie
nazione mentale si manifestano con uno stato fu
rente ; ve ne ha che si manifestano con la gioia :
ve ne ha che si manifestano con l'abbattimento e
con una esteriore serenità. E la allucinazione che
conduce al suicidio si presenta appunto nella mag
gior parte dei casi sotto la forma esteriore della
-
393 -

mania ragionatrice : non di quella mania ( voglio


dire ) che conduce l'uomo ad azioni scomposte e
tumultuarie delle quali egli non conosce nè cause
nè effetti; ma di quella mania che per un perver
timento della facoltà razionale fa sembrar giusti e
veri i più falsi ed assurdi concetti . Noi profani non
possiamo impegnarci a definire lo stato dell'Agno
letti con formula tecnica. Nol vogliamo perchè non
ce ne sentiamo capaci : nol vogliamo perchè fummo
sempre con largo numero dei confratelli nostri nella
ferma opinione essere gravissimo errore in un co
dice costringere la minorante nel letto di procuste
di una formula medica . Noi cresciuti alla scuola
Toscana, e del codice Toscano caldissimi ammirato
ri, teniamo appunto come una delle più belle prove
della sapienza di quel legislatore lo essersi saputo
sbrigliare da simili triche, ed aver saputo descrivere
i confini della minorante indicandola con referenza
al puro concetto oggettivo, e limitando la pienezza
della responsabilità penale al solo concorso della
piena coscienza dei propri atti e della piena libertà
di elezione : estudiando il caso Agnoletti in faccia
ad un quesito posto sotto questa forma niente cu
riamo la formula medica. Noi dimandiamo unica
mente a noi stessi se possa dirsi fornito di piena
libertà di elezione l'uomo che freddamente ( e non
per impeto di precipitosa risoluzione ) si determina
al suicidio. E noi assolutamente pensiamo che in
questa determinazione medesima stia la manifesta
zione di una deficiente libertà di eleggere, perchè
chi avesse piena libertà di elezione non potrebbe
agognare la morte . In questo corso di idee pare a
noi che se il quesito si fosse potuto porre con la
394

formala Toscana, tutta la questione dovesse ridursi


a stabilire se veramente Agnoletti avesse deliberato
di uccidere sè stesso insieme col figlio, e se avesse
a questo duplice fine consumato la opera nefanda.
Chi a questa ricerca di puro fatto avesse risposto
affermativamente, sembra a noi che avrebbe pure
dovuto riconoscere una deficienza nella imputabilità
morale dell'Agnoletti .
Ma il collegio peritico non trovò formula medica
adattabile al caso . E qui innanzi tutto io seriamente
dimando se in faccia all' universale progredire di
tutte le scienze possa la sola scienza alienistica van
tarsi di aver fornito il proprio cammino e di avere
delineato con una serie completa di espressioni spe
cifiche le forme tutte della pazzia. Terribile pensie
ro ! Ed oggi dunque perchè la scienza non ha an
cora potuto concretare in una formula una speciale
condizione dello aberramento della ragione, dovrà
porgere oggi il collo al capestro un giudicabile che
forse dimani all'ombra di una formula felicemente
concordata dai dotti sarebbesi dichiarato niente im
putabile o meno imputabile ? Ma quello illustre col
legio disse non essersi potuti i suoi membri porre
d'accordo in alcuna formula scientifica, e voltosi ad
una forma giuridica vi adattò la formula delle at
tenuanti ; formula empirica indefinita e barocca
che il codice Sardo accattava dal Francese, e che
non ebbe mai le simpatie degli amatori della scienza
penale. A nome della umanità noi dobbiamo ringra
ziare quei dotti di aver presentato ai Giurati di
Milano questo contravveleno alle furie popolari. Ne
abbia la meritata lode il loro ottimo cuore . Ma ri
condotta quella conclusione sotto la severa analisi
395
di un criterio morale o giuridico qual senso poteva
essa avere sulle labbra dei periti medici questa for
mula delle attenuanti ? Le attenuanti non potevano
da quel collegio suggerirsi per un criterio di pietà
verso il giudicabile ; nè per un criterio di eccessi
vità nella pena, perchè di ciò non erano chiamati
a giudicare. Le attenuanti da quel collegio non po
tevano rilevarsi nel punto di vista del materiale ,
perchè la morte della vittima era stata conseguenza
necessaria ed inevitabile dell'opera dell'accusato .
Le attenuanti delle quali nel caso potevano giudi
care i periti erano dunque soltanto quelle emergenti
dallo stato mentale dell'accusato a giudicare del
quale erano essi esclusivamente chiamati. Ma qui
sia permesso a noi profani di dimandare qual sia il
senso pratico di una attenuante riconosciuta nello
stato mentale di un accusato. Pare al nostro corto
intelletto che l' attenuante proclamata da siffatto
oracolo altro non possa suonare tranne che un meno
o nella coscienza degli atti propri o nella libertà di
elezione ; che è quanto dire un meno nella imputa
bilità. Altro suona l'attenuante sulla bocca del Giu
rato : altro suona l'attenuante sulla bocca del psi
chiatro. Sulla bocca di questo non può esprimere
altro che un meno di intelletto o un meno di li
bertà . Che importa al giurista se a questo meno non
quadra esattamente nessuna formula medica ! Le
attenuanti sulla bocca del Giurato esprimono una
infinità senza limite di rapporti o intrinseci o estrin
seci fra il delitto e la pena che possono rendere at
tenuabile e condurre a pena straordinaria anche là
dove concorse pienezza di intelletto e di volontà.
Dunque per noi le attenuanti dei Giurati non ri
396

producono esattamente le attenuanti di un Collegio


Medico. Quando chiamato questo a decidere se la
responsabilità dell'agente era piena o meno piena,
e fino a qual grado meno piena, esso propone di
attenuare, tanto basta per doverne dedurre che la
responsabilità piena non si accettava da lui . Questa
è la conclusione alla quale mi sembra dovessero
condurre quelle perizie, se alla loro conclusione non
vuolsi rinfacciare l'obietto o di inconseguenza o di
arbitrario eccesso di competenza .
Il dubbio che lascia nell'animo il verodetto Agno
letti è dunque questo. I signori Giurati proclama
rono essi le attenuanti per moto spontaneo del
l'animo loro e per considerazioni esteriori ? La pena
inflitta al giudicabile è in tal caso adequata e cor
rispondente al verodetto. I signori Giurati si fecero
invece un eco del Collegio peritico, e proclamarono
le attenuanti proposte dal medesimo come risulta
mento degli studi alienistici ? In tal caso la senten
za non corrisponde al verodetto nel senso di rigo
rosa giustizia . Necessità fatale, inevitabile conse
guenza degli ordinamenti che infelicemente gover
nano il nostro procedimento penale, e che nel con
flitto perpetuo inseparabile dalla natura di ogni
uomo fra la mente ed il cuore, produce frequente
mente quei giudicati che in pratica noi chiamiamo
sentenze di transazione !

III .

La pena di morte.

A che giova la pena di morte ? Se potesse vol


gersi questa interrogazione al povero Carletto Agno
397 -

letti ei vi risponderebbe, per me a nulla giovo : e


identica risposta ci darebbero le migliaia di vittime
che la minaccia del capestro o della scure non
valse a proteggere contro un pugnale omicida. Ma
dunque la pena di morte è affatto disutile ? No :
essa ha molti lati di utilità i quali , quantunque pos
sano sotto un certo aspetto apparire antisociali, ri
spondono ad una verità pratica più assai positiva e
costante che non siano le supposte utilità sociali
di quella pena .
In primo luogo la pena di morte è utilissima ai
delinquenti perchè li fa sicuri di trovar sempre un
abile e caloroso patrono, quantunque certo, ed abo
minevole, e senza scusa possa essere il loro mi
sfatto . Questa verità la proclamò coraggiosamente
quello eletto ingegno dello Avv. Carcassi al
l'udienza del di 28 giugno. Per profonda convin
zione ( egli disse ) noi abolizionisti credemmo ele
vare un altare in questo nobile paese, ove visse,
pensò , e fu onorata la santa anima di Cesare
Beccaria. Noi non volevamo che un uomo che
commise un fatto, che destò una indignazione ge
nerale, non avesse a trovare un difensore. Questo
esempio lo dà la Francia , ma non lo deve dare
l' Italia !
Bravo collega! Io ti stringo la mano benchè per
sonalmente non abbia l'onore di conoscerti. I tuoi
nobili sentimenti ti danno un posto nel mio cuore,
e ti stringo affettuoso la mano perchè comprendo
tutta la verità delle tue parole per la reminiscenza
delle stesse prove che io dovetti sostenere nel pri
mo periodo del mio patronato forense quando la
mia terra natale gemeva sotto l'incubo del carne
398 -

fice poscia fortunatamente ( ma sempre tardi ) ban


dito di là .
Giova in secondo luogo la pena di morte per
rendere più esitanti i testimoni di accusa e più
caldi i testimoni a difesa. E giova, quando venga
eseguita e coraggiosamente sofferta , a circondare
di una certa aureola di gloria il nome di un as
sassino ed a consegnarlo alle tradizioni popolari .
Giova ancora a favorire le impunità nei processi
indiziarii rendendo più trepidanti le convinzioni dei
giudici . Ed anche questa è una verità che ogni
patrono ha dovuto confessare a sè stesso per la
propria esperienza. Ed è una verità che ormai può
dirsi consegnata alla storia, poichè tutti sanno che
la ultima ratio la quale determinò l'assemblea di
Francia nel 1832 ad estendere la facoltà delle at
tenuanti anche ai crimini, fu precisamente quella
di diradare il numero delle soverchianti assoluzioni
che si pronunciavano dai giurati .
E quindi un altro lato vantaggioso della pena di
morte si è di dare luminoso risalto ad un'altra
verità che pur essa è incontrastabile : vale a dire
che alla statua della giustizia rappresentata nelle
sale di udienza, si è coi nuovi ordinamenti tolto
dalla mano lo emblema della bilancia per sosti
tuirvi lo emblema dell' urna . Nessuno oserà negare
che la vita o la morte di un accusato . dipendono
dalle sorti di questa lotteria, secondochè la tre
menda divinità getta fuori il nome di un abolizio
nista, di un umanitario, e di un uomo misericor
dioso ; oppure il nome di un uomo fiero, e cresciuto
nella fede della mannaia.
399
Qui la sorte fa certamente favorevole all'Agno
letti, e non poteva avvenire altrimenti nella giuria di
quella nobile e dotta città che fa patria di Verri
e di Cesare Beccaria, e che testè inalzava a
ricordanza delle gesta di quest'ultimo uno splendi
do monumento imperitura protesta contro il carne
fice. Molti di fede diversa alla nostra si auguravano
un trionfo del capestro nella causa Agnoletti. E la
situazione era veramente paurosa, perchè se lo stato
di mente dell'Agnoletti non avesse potuto rendere
per rigorosa giustizia minore la morale responsabi
lità dell'accusato, sembrava davvero che l' atrocità
del caso dovesse chiudere tutti i cuori ad ogni sen
timento di pietà. Ma noi francamente diciamo che
sempre tenemmo fermo nell'animo un vaticinio con
trario. Un illustre Guardasigilli , riverito da noi quan
tunque per infelici convinzioni schierato nelle file
dei nostri avversari, aveva detto dalla sua tribuna
che se il popolo di qualche città italiana non voleva
saperne della pena di morte la legge dava a lui il
modo di abolirla col 'mezzo dei suoi rappresentanti
nella giuria mercè l' uso delle attenuanti. Questa
solenne sentenza, che noi non vogliamo discutere
sotto il punto di vista giuridico, non poteva non
risuonare altamente nell'animo della giuria Mila
nese. Impossibile io diceva pertanto che si neghino
le attenuanti all' Agnoletti nella generosa città di
Milano che inalzava testé il monumento al suo
Beccaria : tanto varrebbe apporre un velo fa
nebre sul capo di quella immagine riverita. E i no
stri vaticinii, la Dio mercè, non furono delusi . Lode
dunque ed onoranza ai giurati di Milano . Noi re
400
gistriamo esultanti il loro verodetto fra le Sadowe
del carnefice .
IV .

Il Pubblico.

Seguace per tutto il corso della mia vita delle


idee progressive io ebbi sempre le più calde sim
patie per la pubblicità dei giudizi. Mi si ascriverà
egli a delitto se confesso che da qualche anno al
cuni esempi mi hanno renduto pauroso questo sa
crosanto diritto del popolo. Che una intera città si
commuova all' annunzio di un grave misfatto è ot
tima cosa. È un segno di moralità : è lo esercizio
del diritto di sindacato morale , che rappresenta uno
dei sommi cardini della primitiva ed assoluta neces
sità della consociazione umanitaria ; sindacato che,
sotto il punto di vista così preventivo come puni
tivo, è forse nella realtà della vita pratica più assai
potente e proficuo che non sia il sindacato della
pubblica giustizia. Io tollero dunque il subitaneo
erompere di un popolo concitato a clamori e dimo
strazioni nella occasione della scoperta di immane
delitto o dell'arresto di un grande colpevole. Tollero
pure le dimostrazioni di plauso dopo il giudizio o
di condanna o di assoluzione le quali confortano i
giudicanti nella coscienza di avere bene espresso
la pubblica opinione . Ma non tollero che nel corso
di un giudizio il volgo s'imponga coi suoi moti alla
libertà di chi accusa, alla libertà di chi difende, alla
libertà di chi deve giudicare ; e che frastorni gli
spontanei e sereni movimenti della giustizia. E quan
do io dico volgo io uso questa parola nel senso nel
-
401
quale la usava lo immortale Parini che giusta
mente trovava un volgo in tutte le classi sociali, o
andassero ornate di galloni e zimarre o vestissero
laceri panni. Il popolo finchè la giustizia non ha
pronunciato il suo oracolo deve rispettosamente
aspettare, e tenersi in silenzio : nè faccio distinzione
fra il popolo che parla ed agisce ed interviene alla
sala, ed il popolo che lancia in quella sala il suo
precoce giudizio col mezzo del giornalismo. La si
lente aspettativa del pronunciato dell'autorità com
petente è il dovere del popolo, è il segno eminente
della sua civiltà. Qualunque modo che più o meno
energicamente possa coartare i Giurati o intimidire
l'accusatore od il difensore, è una illegalità da vi
tuperarsi e da reprimersi: è un pericolo per la
giustizia ed una profana invasione del suo santuario.
Il male pratico è minore se la foga popolare si ma
nifesta contro l'accusa, perchè l'accusa sa e può
mantenersi nel suo diritto facendo sgombrare la
sala, ed il rimedio è efficace. Ma non avviene altret
tanto quando la plebe rompe in manifestazioni con
tro la difesa . Allora tutto il rimedio ordinariamente
finisce con una fugace intimazione di silenzio che
presto è rotto di nuovo ; ma sempre rimane il più
terribile vizio che possa macchiare un procedimento
criminale, voglio dire la coartazione della difesa,
avvegnachè per quanto caldi di generoso zelo ed
armati nel cuore di coraggio civile possano essere
i difensori ciò non toglie un momento di esitazione ;
e ciò non toglie una perturbazione della mente che
interrompe e scompone il filo del ragionamento
spesso difficile a seguitarsi senza la necessaria tran
quillità. Queste cose noi non vorremmo vedere per
VOL . IV. 26
402

l'onore della patria : noi non vorremmo vederle per


amore della verità e della giustizia, perchè non pos
siamo esser sempre certi che non ne sia menomata
la eloquenza e la dialettica del patrono e non ne
sia minorata la indipendenza della giuria. Ad im
pedire cotanto male noi non vorremmo già che si
attentasse in alcun modo alla pubblicità dei giudizi,
che è baluardo della comune sicurezza ; ma vor
remmo che il diritto di ricusa si allargasse quanto
ragione comanda cosi nella legge come nella pratica.
L'art. 767 del nuovo codice di procedimento penale
Italiano così dispone ivi La domanda di ri
messione ( cioè, dicendolo in italiano, rinvio da un
circolo di Assise ad un altro circolo ) per motivo di
sicurezza pubblica non può esser promossa che dal
Pubblico Ministero. Nel caso di legittima sospe
zione la domarda può anche essere promossa dal
l'imputato od accusato, o dalla parte civile. Questo
articolo non è (more solito, giacchè il mondo è im
mobile per i nostri legislatori ) che la copia lette
rale e fedele dell'art. 698 del vecchio codice Sardo
del 1847 con tutti i suoi solecismi : il quale ebbe
l'ammirabile sapienza di ordinare lo impossibile
immaginando questa sua sospezione LEGITTIMA dove
la LEGGE completamente taceva e non designava
motivo alcuno. Ma passiamo su ciò, poichè poco a
poco dobbiamo pur troppo assuefarci alla inesattezza
del linguaggio, ed a maneggiare delle leggi nelle
quali è manifesta la ignoranza persino della parola
legittimo. Nella sua sostanza questo articolo apre
una via ( quantunque ardua, incerta e difficile ) alla
protezione della innocenza contro le preoccupazioni
ed i furori della plebe . Ma con dolore dobbiamo dire
403
che siffatto rimedio non vedemmo fin qui adoperato
dalle difese. Noi lo vedemmo parecchie volte ado
perato dai Pubblici Ministeri : e più recentemente
lo vedemmo tentato dall'accusa nel caso Pellerano,
ma inutilmente perchè respinto con molto senno
dalla Suprema Corte di Torino : noi lo vedemmo
efficacemente adoperato nel caso del fallimento Pe
tri, e dei supposti assassini di Crenneville, nè mo
veromo lagnanza alcuna contro siffatto provvedimento
che stimiamo doveroso anche in caso di dubbio . Ma
non è a nostra notizia che siasi fin qui approfittato
dell'art. 767 nello interesse della difesa . Ora su que
sto proposito non possiamo tacere un desiderio no
stro che sottoponiamo ai nostri confratelli nella scuo
la e nel foro . Vorremmo che i primi supplissero alla
aridità di quell'articolo esaminando il problema nel
punto di vista scientifico : vorremmo che i secondi
ne provocassero, quando l'occasione se ne presenti ,
la interpretazione applicativa per parte dei tribunali .
Difendere un accusato in mezzo alle grida di una
folla fremente non mi par cosa che possa farsi
a dovere. Noi lodiamo il coraggio dei difensori del
l'Agnoletti : ma non sappiamo se tutti avrebbero
mantenuto uguale fermezza .
Nè dicasi che ciò è buono a permettersi perchè
in fin dei conti indirizza i giudicanti al conosci
mento dello stato della pubblica opinione. Dio ci
guardi da tale indirizzo che può foggiarsi a piaci
mento dalla attività e dalle arti di una minoranza
frenetica . Dio ci guardi da tale indirizzo. Esso fu
l'indirizzo che si dette a Pilato : esso fu l'indirizzo
dato agli assassini di Calas. Esso fu l'indirizzo che
deplora lo illustre Manzoni Storia della colonna
404 -
infame pag. 16 – ivi ---- Felici quei giurati da
-

vanti a cui tali imputati comparvero ( che più


ď una volta la moltitudine esegui da sè la sua pro
pria sentenza ) ; felici quei giurati se entrarono
nella loro sala ben persuasi che non sapevano an
cor nulla , se non rimase loro nella mente alcun
rimbombo di quel rumore di fuori, se pensarono,
non che essi erano il paese, come si dice spesso con
un traslato di quelli che fanno perder di vista il
carattere proprio é essenziale della cosal, con un
traslato sinistro e crudele nei casi in cui il paese
si sia già formato un giudizio senza averne i mez
zi ; ma che eran uomini esclusivamente investiti
della sacra, necessaria , terribile autorità di deci
dere se altri uomini siano colpevoli o innocenti.
Io non oso giudicare se nel caso concreto le
preoccupazioni della città di Milano avverso l' Agno
letti, che dettero occasione ai savi provvedimenti di
sicurezza dei quali lessi un cenno nei numeri 4391
e 4395 della Perseveranza, ed altri segnali sinistri
che traspiravano da tutto il giornalismo, fossero stati
sufficiente ragione per invocare l' art. 767. Estraneo
affatto alla difesa e pieno di riverente stima verso
gli illustri Patroni che con tanto coraggio, con tanta
sapienza, e con tanta prudenza pratica ( non cesserò
mai dal dirlo ) sostennero gli urti di tanti sdegni,
io tengo per fermo che se la prudenza loro non
permise questo tentativo ciò derivò dalla infelicis
sima legge che presentava pochissima speranza di
buona riuscita. Ma quello che io credo di poter dire
si è che un dubbio terribile mi è rimasto. Se il
processo Agnoletti si fosse sottoposto ad una giuria
la quale non avesse subito lo inevitabile influsso
405

delle preoccupazioni ostili al giudicabile siamo noi


certi che il verodetto sarebbe uscito tale quale ven
ne in Milano ? Questo dubbio io non posso tacere
perchè lo sento nell'anima, e perchè penso che al
tri molti lo divideranno con me .

V.

La P ro v a.

Nulla di osservabile presentò in ordine alle par


ticolarità della prova il processo orale Agnoletti.
Tutti i testi regolarmente deposero , come era a
prevedersi che avrebbero deposto, sotto la respettiva
ispirazione di simpatie o di antipatie come avviene
in ogni giudizio. Trahit sua quemque voluptas. Tutto
ciò è cosa ordinaria che porge occasione ai giudi
canti di esercitare la critica loro per discernere ciò
che è asseveramento di fatto da ciò che è nel teste
sua opinione o giudizio ; e dare nel calcolo della
credibilità la dovuta valutazione agli affetti che ne
signoreggiano il cuore o ne preoccupano lo intel
letto. In questo punto di vista l' osservatore non
trova alcun che di eccezionale nello svolgimento
probatorio della contesa Agnoletti .
Ma fuvvi un momento che ricondusse l'animo
mio a dolorose reminiscenze ed alle più serie me
ditazioni : e di questo io vo' dire.
Mentre pervenuto alla infelice Teresa De Capi
tani il fatale biglietto del disperato marito, essa fra
le più crudeli agitazioni mandava in giro i suci fidi
onde impedire il disastro, era fra questi messi anche
il fattorino Francesco Cattaneo. Costui errando at
406

torno nelle sue premurose ricerche era venuto al


Caffè Biffi, Ivi scorgeva ad un tavolo un uomo di
mezzana età seduto con seco un bambino ; e il
desiderio , la preoccupazione, e la accidentalità di
certe somiglianze, lo facevano persuaso che quelli
fossero appunto il Conte Agnoletti ed il figlio. In
tale opinione egli dava ad un amico la consegna di
tener l'occhio su quei due personaggi, e frattanto
correva ad avvisare la Questura. Ma quando la
Questura giungeva già quei due sconosciuti se ne ·
erano iti di là per i fatti loro, nè più oltre si videro.
Erano le ore otto della tristissima sera dell' 8
gennaio 1872. Questa circostanza raccolta dalla di
ligente istruzione indusse sulle prime a pensare
che quei due fossero appunto Agnoletti ed il figlio ;
che allo uscire da quel Caffè avessero volto il piede
alla Roggia Balossa, e che conseguentemente la
strage di Carletto fosse avvenuta dopo le otto di
quella sera. Ma ulteriori verificazioni resero certo
ed indabitato che fino dalle ore sei di quella sera già
il misero bambino era fatto cadavere nelle acque
del Naviglio. Quest'ora fu assodata dai testimoni
Teresa Moro, Maria Ripamonti, Carolina Uslenghi ,
Carlo Isacchi e Giovanna Raimondi , i quali concor
demente, e nella scritta procedura e nell' orale giu
dizio, ne assicurarono che alle ore sei di quel giorno
Achille Agnoletti era nella casa loro già tutto ba
gnato ed assiderato, ed al tutto solo. Si rendette
cosi positivo ed indubitabile che il teste Francesco
Cattaneo era stato vittima per troppo zelo di un
innocente equivoco ; e che quei due del Caffè Biffi
erano altre persone e non potevano assolutamente
essere gli Agnoletti. Questo episodio del teste Cat
407

taneo rimase dunque senza significato in questo


procedimento.
Malgrado ciò anche questo testimone fa cauta
mente ripetuto al pubblico dibattimento. Ed il teste
Cattaneo alla udienza del di 26 giugno tornò a mo
strarsi persuaso della identità di quei due scono
sciuti con l'Agnoletti e col figlio suo. Ne descrisse
minutamente i connotati ed i modi , e tutto singo
larmente combinava. Anche il vestiario per la de
scrizione del teste combinata con la deposizione
della testimone Teresa Leoni , meravigliosamente
concorreva a persuadere che quei due erano appun
to il giudicabile col suo bambino. La identificazione
sembrava perfetta e tranquillizzante. E se altro rag
gio di lace ( e luce irrecusabile ) non avesse chia
rito che l'annegamento era già consumato alle ore
sei di quel giorno si sarebbe da tutti creduto e
pronunciato sull'apparenza di solidissimi dati che
lo annegamento erasi consumato dal giudicabile
dopo la uscita da quel Caffè, e dopo le otto di quella
sera : e si sarebbe creduto e pronunziato un asserto
radicalmente falso .
Ripeto che questo incidente restò senza seguito
e senza influsso nel processo Agnoletti : ma in altre
circostanze poteva forse essere fecondo di conseguen
ze fatali alla giustizia. E questo mi richiamò a me
ditare sulla fallacia delle recognizioni personali della
quale nel lungo esercizio del mio patronato io ave
va avuto troppe volte occasione di deplorare i pe
ricoli. Un uccisore della propria moglie gli avanzi
della quale furono trovati dopo un anno in luogo
deserto mi confessava di averla strangolata nel bo
sco e colà abbandonata. Egli era bene colpevole e
408

la sua condanna fu giusta . Ma che per ciò ? Quella


condanna parve a me paurosa perchè si assodò sulla
deposizione concorde di tre testimoni che nella epoca
attribuita al delitto avevano veduto giungere nella
osteria del Malandrone uno sconosciuto con mani
e volto e vesti tutte lorde di sangue e con contegno
manifestamente sospetto ; ed avevano alla pubblica
udienza identificato con le più positive asseveranze
quello sconosciuto nella persona del giudicabile . Io
non so se colui dopo tanti anni sia sempre fra i vivi ,
e se sia sempre nel luogo di pena, nè voglio decli
narne il nome come potrei . So però con certezza
che la sua vittima non aveva versato una gocciola
di sangue, nè mai l' uxoricida aveva posto piede in
quella osteria . Sicchè se provvidenzialmente giusti
zia fu fatta , essa fu fatta per un falso supposto .
E troppe altre volte io vidi nella mia lunga pratica
avverarsi questo meraviglioso fenomeno della verità
raccolta dalla giustizia sul sentiero dello errore . Mi
steriose coincidenze che preoccupano terribilmente
lo intelletto di chi le contempla.
Ma non sempre gli equivoci dei testimoni condu
cono provvidenzialmente alla scoperta del vero.
Troppi sono gli esempi che si registrano negli an
nali giudiciari d'innocenti condannati anche a morte
per una fatale rassomiglianza e per effetto di una
precipitosa ed erronea recognizione personale. Non
fu Giovanni Lesurques la sola vittima di una sba
gliata recognizione. Il numero di tali vittime è più
esteso che non si creda. La recognizione di un ac
cusato con persona fugacemente veduta nei momenti
preparatorii o consumativi o susseguenti al delitto
può andar soggetta ad errore anche quando si è
409

fatta da persona che già ben conosceva lo accusato


e lo aveva in pratica. Ma quando poi tale recogni
zione cade sopra persona mai precedentemente
vedata dal testimone ed affatto a lui sconosciuta,
essa ( tranne il concorso di eccezionali criterii di
identificazione) è sovranamente fallace e pericolosa.
Siffatta recognizione non si radica sopra criterii
solidamente acquisiti alla mente del testimone. Egli
vide per pochi istanti un individuo a lui sconosciuto
o ferire o fuggire. Ne osservò i lineamenti e le
forme con quella velocità che a lui permetteva la
circostanza e la sorpresa. Quei lineamenti e quelle
forme egli consegnò alla propria reminiscenza :
ed ivi dovette conservarle forse per qualche mese
a traverso cento altre immagini e cento altri linea
menti che nello intervallo produssero nuove impres
sioni sugli occhi suoi. A quale debolissimo filo non
è desso affidato il giudizio tremendo che darà il
testimone quando alla udienza si mostrerà a lui
l'accusato preceduto dalla sinistra prevenzione che
quell'uomo sul quale la giustizia punitiva ha posto
addosso le mani debba essere il vero autore del
delitto ? Non tutti gli uomini sortirono dalla natura
uguali disposizioni a passare dallo stato di dubbio
alla più temeraria certezza. Ve ne ha molti di cauti
e prudenti : ma ve ne ha molti nei quali è natura
la precipitosa formazione dei loro giudizi sovra
piccolissimi elementi. Se sventuratamente il testi
mone giudiciario è di questa facile tempra egli con
tutta buona fede corre a trovare nell'abito corporeo
o nelle sembianze dell'accusato qualcuno di quei
segni che al vedere lo sconosciuto erano rimasti
confusi e pallidi nella sua memoria, e obliterati dal
410
tempo. La indole veloce del testimone lo trascina a
pronunziare la propria certezza, e l'innocente è
sacrificato .
Ci pensino i Patroni : ci pensino principalmente
i signori Giurati . Noi non raccomandiamo pietà per
i colpevoli, quantunque siamo propugnatori di una
doverosa misura anche nella punizione dei più scel
lerati : ma raccomandiamo giustizia per gl'innocenti.

VI .

I delitti accessori.

Prima di lasciare il processo Agnoletti mi piace


poter ripetere col poeta, Ora si volge a men do
lente metro, La farfallelta dell'ingegno mio, e sol
levare alquanto lo spirito da pensieri gravi e difficili.
Quando nel libello di accusa diretto contro Agno
letti leggemmo a lui contestati oltre il parricidio
anche una contravvenzione, commessa molto dipoi,
cioè l'uso di falso nome all' ufficiale che stava per
arrestarlo, non posso nascondere che in me susci
tossi un moto di ilarità. Infatti presenta un qualche
cosa di strano il vedere seriamente instaurare un'ac
cusa, e seriamente sostenerla fino al punto di for
marne apposita questione ai Giurati, per certi fatti
microscopici contro un aomo del quale si domanda
la testa. Ma se una rigida formalistica impone oggi
cosi anche dove la reità del fatto capitale sia in
contrastabile, noi rispettiamo le volontà delle Ca
mere di Accusa, e non eleviamo censura sotto que
sto punto di vista intorno ai decreti suoi .
411

Quello però che io non posso lasciare inosservato


si è la stranezza della imputazione accessoria di
uso di falso nome diretta contro colui che menti
nome per sottrarsi alla pubblica forza che lo inse
guiva nello intento di consegnare il suo collo al
capestro. Non più al riso, ma alla sorpresa ed al
dolore, è forza atteggiarsi pensando a questo disu
mano concetto.
Non è più dunque vera quella sublime sentenza,
che proclamata quasi venti secoli addietro fu per
altrettanto tempo ripetuta e rispettata da tutti i
penalisti del mondo civile ignoscendum ei qui
qualiter qualiter sanguinem suum redimere voluit !
Dopo ciò non rimarrebbe che punire come delitto
le menzogne sostenute dall' accusato innanzi al suo
giudice. Anche queste sono falsità asseverate ad un
pubblico ufficiale, anche queste tendono all'inganno
della giustizia, e spesse volte nocevolmente la in
gannano. Perchè dunque non le punite ? Perchè
dispetto di qualsisia rigorismo abituale la voce della
natura altamente vi grida che chi agisce sotto l'in
• cubo della minaccia di gravissima pena al solo fine
di stornare la folgore che sta per colpirlo, agisce
in uno stato di necessità ; la quale rende non im
putabile politicamente quanto da quel meschino si
faccia purchè non si estrinsechi nella aggressione
di altri diritti appartenenti alla umana personalità .
E per quale motivo se non per questo supremo ri
spetto allo istinto insuperabile della propria conser
vazione, tutti i savi legislatori lasciano senza pena
la evasione del carcerato quando la si commetta
senza violenza ? Vi sarebbe egli ragionevolezza nel
pretendere che un uomo il quale fugge dagli agenti
412

della pubblica forza che vogliono consegnarlo al


carnefice vada nella sua fuga disseminando dietro
ai propri passi il vero suo nome per dare le tracce
di sè ai suoi insecutori ? Oh fortunata sarebbe stata
davvero la difesa dell'Agnoletti se quel disperato
avesse agito cosi : perchè se nel suo fuggiasco cam
mino egli fosse venuto dicendo a tutti io sono Achille
Agnoletti, sarebbe stata necessità inevitabile dichia
rarlo pazzo e permanentemente pazzo. Vi sarebbe
egli coerenza nel punire il minor fallo del nome
assunto mentre si riconosce impunibile il fallo mag
giore di chi già costretto nelle pubbliche carceri
sottrae sè medesimo alla giusta pena per mezzo
della evasione ?
In consimile aberrazione cadde una Corte di Fran
cia che divenne celebre per la gravità spaventevole
dello abbaglio. Il codice penale di Francia puniva
di morte l'omicidio quantunque commesso per sų
bitaneo moto di sdegno qualora fosse accompagnato
da un altro delitto : e lo stesso codice qualifica
come delitto e come tale punisce il fatto di seppel
lire occultamente un cadavere. Un accusato veniva
convinto di avere in una subitanea rissa ucciso il
proprio avversario : ma dopo ciò lo aveva sorpreso
naturalmente il terrore, e poichè solitario era stato
il fatto egli aveva pensato di sottrarsi alla pena
distruggendo le tracce del proprio reato e sotter
rando il cadavere. Questo secondo fatto era dichia
rato delitto dalla legge vegliante : dunque quell'omi
cidio era accompagnato da un altro delitto : dunque
doveva quello sciagurato dannarsi a morte : e a
morte fu condannato per questa falsa dialettica ado
ratrice della lettera della legge. Ma il senno della
413

Suprema Corte regolatrice di Francia cassò quel


terribile giudicato, e lo cassò precisamente per falsa
interpretazione e falsa applicazione di legge, pro
clamando che se era delitto in chiunque seppellire
occultamente un cadavere ciò non era delitto nel
l'omicida che celando il cadavere aveva obbedito
alla signoria dell'istinto della propria salute.
Ma i tenaci adoratori della lettera della legge
diranno che qui non distingue la legge, e porran
no innanzi il broccardo forense ubi lex non distin
guit nec nos distinguere debemus. Ma io ripeto an
cora una volta che male si amministra la giustizia
penale quando in odio degli accusati si pigliano co
me dogmi i broccardi forensi. È verissimo che l'ar
ticolo 685 n . 10 del codice Sardo non distingue fra
chi alla autorità che lo richiede del suo nome lo
dissimula per fine di evitare il capestro e chi lo
dissimula per altro fine criminoso od inonesto : al
modo stesso che non distingueva il codice penale
Francese fra chi nascondeva il cadavere della pro
' pria vittima od altro cadavere. Ma anche dove non
distingue la lettera della legge perchè il legislatore
o dettando o copiando un articolo non credette ne
cessario distinguere, deve bene distinguere il giu
reconsulto, e limitare l' arida lettera dell'articolo,
quando la distinzione e limitazione gli viene im po
sta da principii impreteribili di un ordine superiore.
Capisco benissimo che nel caso Agnoletti il re
sultato di quel capo di accusa così seriamente pro
posto era insignificante, ed aggiunto forse al solo
fine di salvare nella ipotesi di una assoluzione le
spese fiscali. Ma io faccio questione di massima, e
non ho potuto tacere in faccia ad un capo di accusa
414
che io tengo repugnante alle leggi della natura . Cer
tamente dove i signori Giurati avessero dichiarato
il concorso della pazzia transitoria nel momento del
parricidio ; e poi risposto un si sulla quinta questio
ne relativa al falso nome , sarebbe stata esemplare
davvero una condanna a dieci lire di ammenda ed
alle spese processuali di quel solenne giudizio ! Po
teva starsi sicuri che in avvenire nessun conta
mace atterrito da tanto esempio avrebbe più osato
mai negare la propria identità all' ufficiale che ve
niva ad arrestarlo !

VII .

Il vero det t o .

Pienezza di responsabilità morale. Premeditazione.


Ecco le severe parole che dopo nove agitatissimi
giorni di gogna e di trepidazione sono venute a
suonare alle orecchie dell'Agnoletti . Oracolo tre
mendo sempre , quantunque modificato ( ne so se ió
debba dire mitigato ) dalle attenuanti che condan
nano a trascinare tutta la vita in una galera chi
non ha guari attentava il suicidio ; ed a pascersi
di eterno obbrobrio colui che da natura sortì (trista
origine di tutti i suoi guai ) uno strabocchevole affetto
della propria dignità. Io rispetto il tremendo oracolo.
Lo rispetto perchè non sono tra coloro i quali per
partigiane prevenzioni sindacano ogni passo della
giuria per coglierne occasione di abituale discredito.
Lo rispetto e lo venero, perchè non è opera di huon
cittadino menomare l'ossequio ai pronunciati della
giustizia popolare anche quando questa decide un'ar
415 -

dua questione alienistica. Ma il rispetto e la vene


razione non possono impedire i dubbi che vengono a
turbare la mente , perchè i dubbi non sono atto di
volontà, ma evoluzione di un sentimento irresisti
bile a cui la volontà non impera : nè possono im
pedire il diritto di manifestare lo stato esitante
dell'anima propria, specialmente quando l'oracolo
imposto alle credenze altrui non è ancora ( la Dio
mercè ) irretrattabile.
Ebbene : dopo avere con la più diligente ansietà
tenuto dietro ad ogni momento di questa lugubre
storia ; dopo avere contemplato con assidua medita
zione le onde tumultuose di questo straordinario
processo ; se interrogo ora me stesso, io non mi
trovo il coraggio di esprimere una affermativa sul
pervertimento intellettuale di quello infelice ; ma
neppure mi sento il coraggio di pronunciare tran
quillamente una negativa. A scorgere la piena luce
nel fondo di quell'abisso dove si cela la vera con
dizione psichica dell'Agnoletti si attraversano nu
merosi fantasmi. E questi sono troppi : sono troppo
densi : troppo si alleano, e si stringono fra loro in
vicendevole amplesso perchè io possa sentirmi tran
quillo nel giudicare se sono ombre vane figlie del
l'inganno e della illusione , o piuttosto terribili realtà.
Gli antecedenti dell'accusato nelle sue origini ,
nella sua educazione, nella sua vita : la stessa di
sumana ferocia di questo delitto : la portentosa con
tradizione che sta fra lo amare e lo uccidere : l'asso
luta impossibilità di attribuire il fatto ad un calcolo
di speculazione malvagia : la totale deficienza di
ogni pensiero del proprio avvenire : le dissonanze e
perplessità delle perizie : la esaltazione delle passioni
416

popolari, generatrice pur troppo del sospetto di una


pressione forse inconsapevolmente subita da un
testimone o da un giurato : la stessa perplessità
della formula mitigatrice, della quale nel caso pre
sente è indefinibile la genesi arcana, e che (oscil
lando fra le attenuanti giuridiche e le attenuanti
mediche ) lascia possibilità di pensare che nella
mente di qualche giurato sia stata la espressione
del riconoscimento di uno stato dubbioso dell'anima
di Agnoletti , e l'eco male espresso dei giudizi dei
periti defensionali . Tutto in una parola commuove
ad insolita titubanza e stanca ed opprime ed esi
nanisce lo intelletto di chi contempla questo miste
riosissimo dramma, tutto spinge la coscienza in
quella condizione di dubbio che è la disdegnosa
confessione della umana impotenza. Tutto conduce
a desiderare una seconda prova la quale svoltasi
in ambiente più sereno e con maggiore ricchezza
di elementi giunga a togliere dalla pubblica coscien
za il sospetto che siasi condannato un demente.
Finchè io non mi sentirò sollevato da questo peso,
finchè udrò numerosi gruppi di rispettabili cittadini
ripetersi a vicenda questa paurosa dimanda, era
egli pazzo o non era pazzo ...... e rispondere col
silenzio, io non potrò dimettere questo mio desiderio.

Pisa , luglio 1872.


VIII.

INDIPENDENZA

DELLA LEGGE PENALE DALLA LEGGE GIURISDIZIONALE

VOL . IV . 27
INDIPENDENZA

DELLA LEGGE PENALE DALLA LEGGE GIURISDIZIONALE ( 1 )

* G

Altra è la legge che nelle materie criminali re


gola la competenza ; altra è la legge che regola la
penalità.
Altro è il criterio che governa le prime ; altro il
criterio che governa le seconde .
In radice (a vero dire) sono identici i criterii delle
une e delle altre leggi , perchè sempre risalgono o
alla condizione materiale del luogo del reato ; o alla
condizione materiale del domicilio del reo. Ma la
differenziale fra quelle due leggi sta in questo, che
nelle leggi di penalità assunto una volta come do
minatore un criterio, il medesimo rimane sempre
assoluto, impreteribile, immutabile : laddove le leggi

( 1 ) Memoria a sostegno del primo motivo di ricorso


di Giuseppe Garzelli contro lu sentenza della Corte di
Assise di Ancona del di 11 novembre 1870 .
420

di competenza quantunque assumano come rego


latore dei casi ordinarii un criterio piuttosto che un
altro ( vale a dire il domicilio piuttostochè il locus
acti ; oppure il locus acti piuttostochè il domicilio )
ammettono però che per certi riguardi di conve
nienza si possa preterire da quel criterio ; e fare
passaggio dall'uno all'altro e dall'altro all'uno, e
talvolta ancora ad un terzo criterio meramente ac
cidentale, e tutto diverso dagli altri due : e ciò o
sotto la formula di privilegio, o sotto la formula di
connessione, o sotto la formula di proroga, o sotto
la formula di prevenzione. Questo è ben naturale,
perchè in fine dei conti dovendosi presumere tutti
ugualmente dotti , tutti ugualmente umani e giusti
i magistrati di un Regno, non sono a tenersi gravi
ferite per la giustizia se per certe eccezionalità il
giudizio che ( a cose ordinarie ) avrebbe dovuto ese
guirsi a Parma si eseguisca a Torino, o viceversa.
Il rito è sempre lo stesso. Sempre la istessa è la
legge direttiva degli atti del cittadino, sempre la
istessa la perdita dei diritti che a lui sovrasta. Non
è questione che di comodità , o di celerità, o di sim
patie, o di spese ; tutte cose esteriori alla sostanza
del diritto, la quale rimane invulnerata.
Ma non è cosi nelle leggi che regolano le delin
quenze e le penalità. Le parti con lo adire un di
verso tribunale non possono a capriccio mutare la
legge che governa i fatti loro. Un giudice non può
"prevenendo l'altro con più rapido procedimento sot
trarre un giudicabile alla legge regolatrice dei suoi
fatti, per sottoporlo in onta al legislatore ad una
legge più dura. Non può esservi privilegio perso
nale che spunti la spada della legge in faccia ad
421
un cittadino. Non può esservi connessità che mi ob
blighi a subire una pena alla quale soggiacque il
mio compagno di delitto per la legge speciale che
lo governa, mentre io soggetto a legge diversa do
vrei subire pena diversa.
Tutti questi criterii esteriori che costituiscono una
vasta serie di eccezionalità in proposito delle leggi
sulla competenza sono lettera morta e privi di ogni
valore giuridico quando si trovano in faccia alle
leggi sulla penalità. Ed anzi il farne trasporto dal
l'uno all'altro fine condurrebbe spesso alle più in
tollerabili iniquità .
Le leggi salla penalità non conoscono che prin
cipii assoluti.
Il cittadino antecedentemente alla preordinazione
che egli prende in ordine ad un fatto, mentre è
tuttora titubante sallo eseguirlo o no, deve in modo
certo sapere qual è la legge che egli viola , qual è
la legge che a lui minaccia la pena, e quali saranno
i limiti che al suo futuro giudice ( qualunque egli
sia per essere ) imporrà questa legge nella balia del
punire. Questo egli deve sapere in antecedente ; al
trimenti la pena che a lui si vorrà irrogare non
potrà evitare il rinfaccio di arbitraria, lanciata per
sorpresa, e tirannica.
Questa verità si è riconosciuta da tutti i moderni
legislatori dei popoli culti , i quali mentre hanno
conservato nella materia delle leggi giurisdizionali
molte delle eccezionalità dell'antica pratica relative
al privilegio, alla connessione, alla prevenzione, sono
però venuti tutti nell'unanime pensiero che in tema
di penalità non possa escirsi mai dai due criterii
radicali del domicilio e del locus acti. Scegliere il
422

prevalente fra questi due criterii è stato lo studio


dei moderni legislatori ; promulgare in un effato
solenne il risultamento di tali studi è stato il do
vere che tutti hanno riconosciuto a loro incombente.
E gli effati legislativi si sono con mirabile concor
dia riprodotti, grazie alla odierna civiltà, sempre
subordinati a questo supremo dettato che tali effati
dovessero essere inalterabili, immutabili, e indipen
denti da accidentalità di circostanze esteriori .
Ecco la genesi delle odierne dottrine legislative
su questo argomento interessantissimo. I legislatori
dei diversi popoli che volevano coordinare i loro
statuti penali ai sommi principii della cristiana fi
losofia, quando ebbero a determinare a qual pena
dovesse sottoporsi l'autore di un delitto, limitarono
i calcoli loro al confronto delle due leggi del do
micilio e del locus acti. Non parliamo (essi dissero)
di giurisdizione, la quale è forma esterna e può
subire lo influsso delle convenienze politiche. Par
liamo di pena .
Ogni uomo nasce soggetto ad una legge penale.
Cittadino di quello Stato in cui vide la luce, la legge
della sua patria lo accompagna ovunque ei muova
i suoi passi . Dunque non sarà ingiustizia applicargli
codesta legge della sua origine o del suo domicilio.
Ma se il cittadino di un paese si trasferisca vo
lontariamente in estera terra egli con questo suo
fatto spontaneo viene ad assoggettarsi alla legge
che governa li abitatori di quella terra. Dunque se
egli colà commetta un delitto non sarà ingiustizia
applicargli la legge del locus acti.
Ma dae leggi non possono simultaneamente ap
plicarsi : due pene non possono irrogarsi contempo
423

raneamente per un fatto unico sotto il pretesto che


il giudicabile ha violato due leggi con quell'unico
fatto, vale a dire la legge personale e la legge ter-
ritoriale. Bisogna dunque scegliere fra le due pene.
Si consegnerà essa questa scelta alla elezione del
delinquente ? Non vi è buona ragione per farlo :
remo auditur perire volens.
Si consegnerà questa scelta allo arbitrio del giu
dice ? Intollerabile iniquità, indegna degli odierni
costami .
La scelta deve farla a priori il legislatore, per
chè tutto deve essere certo in precedenza in questo
fatto capitale dell'uomo che si arroga la balia di
spogliare il proprio simile di un suo diritto.
Scelgasi dunque nell'aula legislativa una volta
per sempre .
Ma come si determinerà questa scelta ? Prevarrà
essa la legge dela patria o la legge territoriale ?
Sarà esso più sacro il dovere che incontra l'uomo
col nascere in un paese a rispettare la legge di
quel paese : oppure sarà più sacro il dovere che in
contra l' uomo quando volontariamente recandosi in
terra straniera col porsi sotto la salvaguardia delle
leggi di quello Stato si lega egli stesso e si obbliga
a rispettare le leggi medesime ? La questione sotto
questo punto di vista era ardua e forse insolubile.
Non era facile trovare una ragione che persuadesse
ad accettare la prevalenza di una di quelle due
leggi sull'altra . Finché la questione dell'applicazione
della legge veniva ad agitarsi nel luogo stesso del
commesso delitto, era indubitata la signoria esclu
siva della legge territoriale : ma questo non era il
caso del dubbio. Il caso del dubbio era nelle due
-
424

ben diverse ipotesi della mancata convergenza della


legge territoriale e della giurisdizione territoriale.
Ipotesi facili a prevedersi 1.0 quando chi avea
delinquito in estero Stato veniva chiamato a render
conto di quel malefizio in faccia ai tribunali del
proprio paese — 2.0 quando chi aveva delinquito in
estero Stato non veniva chiamato a render conto
del malefizio nè in faccia ai tribunali del locus acti,
nè in faccia ai tribunali del domicilio ; ma bensì in
faccia a tribunale diverso.
In queste due ipotesi il principio di autorità non
avea più valore. Non era più il Principe di uno
Stato che diceva al colpevole, tu ti sei posto sotto
la mia giurisdizione e sotto le mie leggi , e queste
hai volontariamente violato : la mia giurisdizione
si è impadronita di te. Legittimamente pertanto io
ti applico la penalità stabilita dalle mie leggi. Non
mi curo se tu ' sei forestiero : non mi curo di sa
pere a qual paese tu appartieni : non mi curo di
conoscere se tu avresti avuto sorte migliore o peg
giore in faccia alle leggi del tuo paese. In questa
terra venisti : in questa terra commettesti il delitto :
in questa terra comando io, e sono il solo vindice
delle mie leggi violate.
Era invece l' opposto caso . Era il giudicabile che
quando trovava più mite la legge del domicilio do
mandava al suo giudice naturale con qual diritto
egli andasse cercando la legge e la penalità stra
niera mentre esso esercitava sopra di lui la sola
giurisdizione personale ? Tu non sei il vindice della
legge territoriale che violai nel paese straniero. Ta
sei il vindice soltanto della legge che legava la mia
persona ; più là di questa non hai diritto di andare.
425

Era il giudicabile che quando trovava più mite


la legge territoriale dimandava nuovamente al giu
dice del suo paese, con qual diritto vuoi tu spin
gere le più severe sanzioni del tuo legislatore al
di là dei confini che circoscrivono la sua potestà ?
Sarai tu più potente di lui ? Io commisi il delitto colà
dove sapera regnare una legge più mite. Quella
società che io offesi non avrebbe avuto diritto d'ir
rogarmi altra pena tranne questa più mite. Con qual
ragione dunque pretendi ta di spingere la forza delle
tue barbare pene in quel territorio dove esse sono
proscritte ?
Era un' altra volta lo stesso giudicabile che do
mandava al giudice del paese neutro : sia pure che
circostanze accidentali ti abbiano conferito la potestà
di giudicare di un fatto che non fu commesso da
un suddito del tuo governo, nè fa commesso dentro
i limiti del territorio al tuo governo 'soggetto. Io po
trò bene chinare la fronte a questa tua giurisdi
zione. Ma questa giurisdizione qual diritto ti confe
risce essa ? Nessuno, tranne quello di vendicare la
legge offesa da me. Ma se io offesi due leggi cioè
la legge del locus acti, e la legge del domicilio, di
quale di queste due leggi sarai tu vindice ? Questa
terza forma è la più terribile del problema, quando
specialmente si sviluppa in un caso capitale, ed in
faccia al conflitto di due legislazioni penali, una
delle quali è progressiva ed ha abolito la pena di
morte ; e l'altra è conservatrice, ed ha mantenuto
il sussidio del carnefice.
È precisamente questa terza forma ( sebbene oggi
in caso non capitale ) quella che il ricorso di Giu
-
426

seppe Garzelli porta alla decisione della Suprema


Corte di Cassazione di Torino.

0003E0000

Semplicissima è la storia del ricorso di Giuseppe


Garzelli , ed io la esporrò nel modo più semplice e
positivo, con le parole stesse della sentenza accettata
dall'accusa e da noi denunziata alla Corte Suprema.
Certamente non potrà questa volta l'accusa opporre
eccezioni sulla posizione del fatto .
I giurati di Ancona nella seduta del di 11 novem
bre 1870 dichiararono dunque nel loro verodetto .
1.° Si : Giuseppe Garzelli ( di Livorno ) è colpevole
come autore di omicidio volontario per avere la sera
del 21 gennajo in porto Said ( Egitto ) volontaria
mente tolta la vita al marinaro Gaetano Lombardo
(di Cotrone, provincie Napoletane ) irrogandogli
mediante colpo di pugnale o coltello una ferita nella
regione ipogastrica destra, che penetrando in cavità
e ledendo il peritoneo, pel conseguente stravaso de
gli umori nell'addome, fu causa unica ed assoluta
della sua morte seguita il giorno dopo.
2.° Si : agi nell'impeto dell'ira in seguito a pro
vocazione .
3.° Sì : concorrono circostanze attenuanti.
Da queste tre affermazioni dei giurati di Ancona
resulta pertanto che Giuseppe Garzelli ha meritato
la pena dell'omicidio improvviso. Risulta che questa

pena deve essere diminuita per la scusa della pro


vocazione patita ; e risulta che deve essere dimi
nuita ancora per le circostanze attenuanti . Tengasi
per oggi come ferma questa situazione del Garzelli .
427 -
Ma notisi ancora :
che dallo stesso verodetto resulta altresì essere
l'omicidio avvenuto in Porto Said , vale a dire in
un territorio che è fuori del Reame d ' Italia . E ri
sulta ancora dai documenti del processo e dal con
cordato della stessa accusa che Giuseppe Garzelli è
nato Toscano e domiciliato in Toscana. Infatti il
Garzelli negli atti si qualificò sempre come di Livor
no : con tale qualità fu riconosciuto dal decreto di
Camera delle accuse : con tale nell'atto di accusa :
tale viene comprovato dal suo libretto di marina
che esiste in processo : non è mai stato messo in
dubbio dall'accusa questa circostanza che il Garzelli
sia di LIVORNO, e possiamo pertanto senza tema di
contradizione ragionare su questa situazione di fatto.
Abbiamo da applicare la pena dell'omicidio im
provviso scusato da provocazione e da circostanze
attenuanti ad un suddito Toscano che ha commesso
il delitto all'estero . Quale sarà la legge dalla quale
dovrà desumersi la rnisura di questa pena ? Eviden
temente la legge personale, cioè il codice Toscano.
Ma invece la Real Corte di Ancona applicò al
Garzelli il codice penale Sardo, e lo condannò in
base a questo a quindici anni di lavori forzati. Di
ciò mosse reclamo ( 1 ) il Garzelli, come di gravissimo
errore e di aggravio intollerabile a lui recato ; e

( 1 ) Questo reclaino è contenuto nel ricorso esibilo alla


Cancelleria della Corte di Cassazione di Torino il dì 26 lu .
glio 1871 che è del seguente tenore Violazione del

« l'art . 4 e 310 del codice penale Toscano e dell'art. 111


« della legge consolare 28 gennajo 1866 n. 2804 ; e falsa
« applicuzione dell'art . 6 ee 534 del codice penale Italiano .
428

noi siamo a dare tutto l'appoggio nostro a siffatto


reclamo, perchè convinti che la sola pena applica
bile era la pena Toscana.

« Il Garzelli appartenendo per nascita alle provincie relle


« luttora dal codice penale Toscano aveva incontrastabile
a diritto , per i più certi principii della scienza e per le pro
« nunzie della giurisprudenza , ad essere giudicato secondo le
« leggi del suo paese di origine , ed alla applicazione delle
« più miti penalità nelle medesime saucile. E ciò non solo
« per il preciso disposto dell'articolo 4 del codice penale
« Toscano , ma ben anco per il sommo principio di ragion
« comune che fa precelto nel conflitto di varie leggi di ap
« plicare la più mite . E che più mile sia la Toscana emerge
« dal considerare come il delitto dichiaralo costante dal ve.
« rodetto Anconitano di omicidio jaiprovviso provocato , con
« circostanze allenuanti , ricorrendo sotto l'art . 310 del co
« dice penale Toscano , non possa incontrare una pena mag
« giore di aoni 12 di casa di forza , riducibile fino ad anni tre.
« Conformemente a questi principii si pronunzjava la Corle
« di Cassazione sedente in Firenze , ordinando applicarsi la
legge penale austriaca ad un tale ( Veneziano per nascita )
a reo di furto consumato in Francia ,> e giudicato in Toscana
a perchè quivi arrestato . Anche in quel caso si era voluto
« erroneamente applicare la legge del luogo ove si svolgea il
« giudizio ; ma la Corte di Cassazione censurando quel ve
« rodetto, dichiarava doversi irrogare all'accusato la più mile
« sanzione della legge del suo paese di origine ( la Austro
« Veneta ). ANNALI DI GIURISPRUDENZA ITALIANA vol. IV. 1.2.67.
« La legge penale nei casi di estraterritorialità è legge
a personale, nè può eliminarne la applicazione la acciden
a talità che il giudizio avvenga in luogo retto da allra legge
a penale ; sia ciò per speciale prescrizione del legislatore ,
« od a causa di connessità , prevenzione , o simili .
- 429

Infatti l' art. 4 del codice penale Toscano cosi


dispone -
ivi Il Toscano è soggetto alle norme
del presente codice anche pei delitti commessi fuori
del territorio Toscano .
Questa è la regola cardinale che non distingue
fra delitti commessi contro un Toscano o contro
un estero in quanto al criterio fondamentale delle
penalità : e soltanto delle diverse nazionalità del
l'ucciso si vale per ammettere una attenuante nella
pena quando l'ucciso non sia Toscano. Ma di que
sta attenuante oggi non è a discutersi innanzi la
Corte di Cassazione . Basti per ora osservare che
l' attenuante stessa conferma la regola, e che la
regola è apodittica, inconcussa, e costante . Il To
scano sa che dovunque vada ( fuori del territorio
italiano ) a commettere un delitto, la legge regola
trice degli atti suoi sarà il codice Toscano : ed il co
dice Toscano solo darà la misura della penalità da
lui incorsa ; ovunque non si faccia deroga a quel
codice per parte dell'accusa invocando la legge
territoriale, lo che nel caso non si poteva fare e
non si è fatto perchè la sentenza denunziata non
poteva applicare la legge penale Ottomana,> e non na
fatto parola alcuna della legge Ottomana.

« Erroneamente dunque ſu dall'accusa obieltato al To


« scano Garzelli , delinquente in Affrica , il disposto del co
« dice penale Sardo ; e male dalla Corte di Ancona for
a mulate le questioni a forma di questo , ed irrogate le pe
a nalilà dal medesimo comminate » .

Prof. Francesco CARRARA


Avv . OTTAVIO LAZZOTTI
Ayy . Ugo BARSANTI Est .
430

Deduzione irrecusabile di questo stato di cose si


era che il Garzelli dalla Corte di Ancona doveva in
quanto alla specie penale condannarsi alla casa di
forza e non alla galera : che in obbedienza all'art. 310
del codice penale Toscano quella specie non poteva
nella sua durata oltrepassare gli anni dodici : che
però questa durata doveva moderarsi per il S. 2
dell'articolo 310. Che di più doveva moderarsi tale
durata per effetto delle dichiarate attenuanti. Che
finalmente doveva anche più moderarsi tale durata
per la disposizione dell'art. 4 , S. 2 del suddetto codice.
Questa è la tesi della difesa Garzelli : che si ac
cenna fin d'ora per mostrare il grande interesse
di questo ricorso, ma che attualmente non può di
scutersi avanti la Cassazione nelle particolari sue
effettualità, perchè la Corte regolatrice non è chia
mata a determinare la pena ma soltanto a deter
minare la legge penale che deve applicarsi . Ed a
questo fine basta che la Corte Suprema si persuada
che per la legge Toscana il Garzelli avrebbe incorso
la Casa di Forza e non la Galera ; e che nei ter
mini presenti la Casa di Forza non poteva esten
dersi al di là di anni dodici e mai portarsi ad anni
quindici, come irriflettutamente e senza discussione
del dubbio e senza speciale MOTIVAZIONE IN DIRITTO
fece la Corte di Ancona. Basta, io dico, ciò perchè
il ricorrente abbia diritto di attendere su questo
punto vitale il pronunziato della Corte Suprema in
un senso a lui favorevole .
Donde nacque egli lo equivoco della Corte di An
cona ? Nacque dal confondere la legge giurisdizio
nale con la legge penale. Essa Corte cercò la legge
che le attribuiva giurisdizione a conoscere di un
431

omicidio commesso da in Italiano in Egitto, e il te


sto attributivo di tale giurisdizione essa trovò nel
l' art. 114 della legge consolare del 28 gennajo 1866
n . 2804 -- ivi – il giudizio sopra i crimini ( com
messi in Egitto ) è attribuito alle corti di assise ...
di Ancona. Come ognuno vede quest'articolo de
termina unicamente la competenza. Esso può influi
re sul rito e su quanto è legge di forma; ma niente
dispone in ordine alla legge di sostanza ; niente
innova in quanto appella all'argomento delle nozioni
od essenzialità criminose : niente si occupa dell ' ar
gomento che appella alle penalità e loro misure.
Tutto dunque lascia questa legge nello stato ordi
nario . Che se la questione della legge sostanziale può
desiderare un lume d'interpetrazione nel testo di
questo regolamento speciale ( quasichè a tale scopo
non fosse lume più che bastevole il solo siLENZIO )
non avremmo altro richiamo tranne quello del
l'art. 111 della stessa legge Consolare dove si prov
vede alla giurisdizione pei reati minori ; e mentre
la cognizione dei semplici delitti commessi dagl' Ita
liani in Egitto si conferisce ai Tribunali consolari
si aggiunge ivi saranno giudicati secondo le
leggi dello Stato .
Quando nuocesse al ricorrente potrebbe con argo
menti di buona ermeneutica sostenersi che questa
speciale aggiunta dell'art. 111 non trovandosi ripe
tuta all'art. 114, non potrebbe estendervisi dall'in
terpetre in odio di un accusato ; ma di ciò non cale
alla difesa Garzelli . Si congiungano pure gli arti
coli 111 e 114, e si guardino come tutto un insieme,
per cui la formula sarai giudicato secondo le leggi
C
432

dello Stato potesse dalla Corte di Ancona dirigersi


contro il Garzelli .
Quando lo Stato Italiano aveva quattro diverse
leggi penali : la legge Toscana che infligge all'omi
cida 12 anni di Casa di forza ; la legge Napoletana
che gli infligge 20 anni di Galera, per le riforme
del 1861 ; la legge Sarda che gl' infligge Galera a
vita : la legge Veneta che infligge altre pene ; quale
sarà essa la legge dello Stato alla quale il legislatore
portò il pensiero nel dettare gli articoli 111 e 114 ?
Esso non esclude l’una nè preferì l'altra, dunque
ammise possibilmente la applicabilità di tutte se
condo i singoli casi . Con qual criterio si farà egli
la scelta che il legislatore non fece.
Se questa scelta vuol farsi con un criterio intrin
seco alla natura delle pene, la vittoria di tale pa
lestra non spetterà certamente al codice Sardo, per
chè più rigoroso. Inaudito sarebbe lo argomento del
giudice il quale dicesse, poichè sono autorizzato a
scegliere fra quattro leggi io scelgo la legge Sarda
perchè ti manda alla morte o alla galera a vita. Se
un criterio intrinseco alla natura delle pene dovesse
pigliarsi a guida in simile scelta, sarebbe indubita
tamente la opposta via quella che per buona giu
stizia verrebbe segnata al giudicante : dovrebbe cioè
nella palestra vincere la legge più mite, e per la
sola ragione di questa mitezza prevalere nel silen
zio del legislatore salle altre leggi più severe . Que
sta verità non credo abbia bisogno di dimostrazione
in faccia agli umanissimi e dotti magistrati della
Cassazione di Torino ; ma credo altresì che il cri
terio intrinseco niente abbia che vedere in questa
disamina : credo che a giusto dire la legge conso
433

lare non abbia neppure lasciato ai giudicanti la


balia della scelta fra le quattro nostre leggi penali :
credo che la scelta abbiala già fatta implicitamente
lo stesso legislatore riferendosi, come si suole, alle
disposizioni generali ed ai principii fondamentali
della imputabilità. Credo in una parola che la vo
lontà del legislatore ( senza niente guardare al cri
terio intrinseco delle diverse penalità più o meno
severe ) unicamente siasi portata sul criterio intrin
seco alla obiettività criminosa ; voglio dire siasi por
tata sulla diversa persona del delinquente e sulla
legge personale che lo colpisce ; in quanto la legge
personale è senza dubbio costituente una delle obiet
tività giuridiche di qualsisia malefizio, perchè il de
linquente ovunque delinqua viola sempre lo statuto
che governa la sua persona.
Infatti ho già ricordato nel principio del mio di
scorso che due sole possibili sono le leggi costi
tuenti la obiettività giuridica del malefizio e la
conseguente norma della imputazione e della pena :
cioè la legge personale e la legge territoriale. La
legge personale in quanto all'ente giuridico del
malefizio, concerne il soggetto attivo del reato (uo
mo delinquente ) il quale è sottoposto alla sua legge
speciale : la legge territoriale in quanto all'ente
giuridico del malefizio, concerne un soggetto pas
sivo rappresentante la vita pratica di un diritto
aggredito che è posto sotto la protezione della leg
ge speciale del luogo ove la aggressione del diritto
si verificò . Di qui la eventualità possibile della coin
cidenza di due leggi penali diverse offese con un
unico delitto : la legge penale personale alla quale
soggiaceva il soggetto attivo ; la legge penale locale
VOL . IV . 28
434

che in quel dato territorio proteggeva il diritto


aggredito nel soggetto passivo del reato . Quando
la subiezione direttiva del soggetto attivo e la pro
tezione del soggetto passivo emanano da una stessa
ed unica legge, non vi è coincidenza di più leggi
violate ; ed in quella sola legge si trova tutta la
obiettività giuridica del malefizio, che ne determina
i caratteri, la misura, la imputazione, e la pena.
Quando invece quelle due leggi sono distinte per
chè una sia quella che impera allo agente, un' altra
quella che protegge il paziente ( la quale è sempre
legge del luogo dove il soggetto passivo al mo
mento del delitto si trova ) allora nasce per cagione
di tale duplicità la necessità della scelta fra l'una
e l'altra. E tale scelta per universale consenso del
giure pubblico adottato da tutti i popoli culti , si
subordina alla distinzione fra territorio estero, e
territorio nazionale. Se la legge locale violata ( dif
forme dalla legge personale cui sottostava lo agen
te ) è anche essa legge nazionale, allora la preva
lenza sta per la legge territoriale sulla legge per
sonale . E così può avvenire che un Toscano com
mettendo omicidio in Sardegna incontri la pena di
morte ; e non può avvenire che un Sardo incontri
il capestro per un omicidio commesso in Toscana.
Ma se invece la legge territoriale violata è legge
estera, allora la prevalenza sta per la legge perso
nale , tranne il caso di fare eccezione a siffatta pre
valenza per ragione di mitezza.
Ma sia che vuolsi dei particolari movimenti di
questa teorica, certo è che il conflitto e la scelta
sempre si aggira fra queste due sole leggi, la per
sonale e la territoriale. Giammai entra in campo
435

una terza legge a pretendere di soverchiare le altre


due ; giammai la legge giurisdizionale si arroga la
pretesa di definire il delitto, o determinare la pena.
Il delitto è un fatto giuridico tutto distinto dal
fatto giuridico del giudizio : esso è compiuto in se
medesimo ; esso è tale quale è, e non può in or
dine alla essenza sua ricevere modificazione per le
leggi che colpiscono il fatto giuridico del giudizio,
il quale ha natura, condizioni e fini tutti suoi pro
pri e tutti consequenziali. La legge che dispone sul
fatto giuridico del delitto può esercitare influsso
sulla legge che regola il fatto giuridico consequen
ziale del giudizio instaurato su quello, può avervi
influsso nel determinare la competenza e le forme :
ma tale influsso non può rovesciarsi.
La legge giurisdizionale e procedurale ha ancor
essa uno influsso sul fatto giuridico del delitto, ma
soltanto nel rapporto che corre fra il delitto e la
sua prova ; perchè la prova di un reato è un fatto
posteriore al reato che niente ferisce il principio
della immutabilità del reato medesimo.
Ma nel rapporto che corre fra il delitto e la sua
pena, la legge giurisdizionale non può esercitare
influsso alcuno ; perchè l' ente giuridico del delitto
è tale quale nacque, nè varia col variare del color
della toga di chi è chiamato a farne giudizio.
Stringendoci a formule più concrete domanderò :
è egli possibile ( tranne per un arbitrio che sarebbe
tirannico ) obiettare come criterio della sua delin
quenza ad un cittadino una LEGGE CHE EGLI NON
HA VIOLATO ? Riducasi qui la ricerca, e non sarà
possibile serbare un momento di esitazione.
436
Garzelli non ha violato la legge Sarda in ragione
del vincolo giuridico che legava la sua persona,
perchè la persona di Garzelli non ha mai soggia
ciuto al codice Sardo .
Garzelli non ha violato il Codice Sardo in ra
gione del luogo dove consumò l'azione che lo ren
dette colpevole, perchè in quel luogo non aveva
vigore il codice Sardo..
Dunque bisogna riconoscere come apodittica que
sta proposizione che è il piedistallo della nostra
difesa GARZELLI NON HA MAI VIOLATO IL CO
DICE SARDO.
E se Garzelli non ha mai violato il codice Sardo,
con quale giustizia si è condannato come violatore
del Codice Sardo, applicandogli le pene minacciate
da questo Codice ?
Se Garzelli suddito Toscano, ove non esiste pena
di morte, avesse commesso un delitto capitale a Lo
carno, dove pure è abolita la pena di morte ; ma
per qualche combinazione , o di prevenzione, o di
continenza di causa , il suo reato dovesse giudicarsi
da un circolo di Assise del Regno sedente in un
luogo dove la pena di morte è in vigore , dovrebbe
dunque secondo il precedente della Corte di Ancona
condannarsi alla forca e consegnarsi al carnefice ?
Ecco le orribili conseguenze di una opinione che
manca di ogni base, perchè manca di qualsiasi ra
gione nella quale possa trovare appoggio.
E manca di ogni possibile fondamento di ragione,
perchè mai fuvvi giurista il quale osasse insegnare
che la legge giurisdizionale possa avere balia di
convertirsi in legge penale : e in legge penale si
convertirebbe se valesse a dettare una pena diversa
437

da quella che minaccia la legge sovrastante alla


persona del colpevole, e diversa da quella sovra
stante al luogo dove fu commesso il delitto.
Per ispingere la legge giurisdizionale a così esor
bitanti effetti bisognerebbe che nei motivi ai quali
s'inspira l'ordinamento delle competenze ve ne
fosse alcuno il quale rivelasse nel legislatore l' ar
cano pensiero di convertire quell'ordinamento in
legge penale. Ma questo non è nel carattere di tali
leggi nè in genere nè in specie.
Non in genere, perchè tutti sanno che le leggi re
golatrici delle competenze nelle materie criminali
tutte si ispirano a vedate di convenienza. Cercano
non già che il colpevole sia punito di più o di meno ;
ma che sia punito più presto ; che sia punito con
minore incomodo di testimoni e di giudici ; che sia
punito con minore spesa del pubblico erario ; che
sia punito con minore pericolo di un errore giudi
ciario. Ecco la somma di tutti i motivi possibili ai
quali s'ispirano le leggi giurisdizionali. L'obiettivo
di tali ragioni non è mai la pena più grave o più
mite, ma sempre il processo, e niente più che il
processo . Si cerca che il processo sia fatto presto ;
che sia fatto con più economia di tempo e danaro ;
che sia fatto con maggiore probabilità di raggiun
gere lo scuoprimento del vero.
In specie poi la disposizione che condusse il Gar
zelli sotto la Corte di Ancona non procede propria,
mente da alcun altro motivo tranne i soli consueti
della celerità e della economia. L'art. 34 del ve
gliante codice di procedura penale aveva stabilito
come regola generale che pei delitti commessi al
l'estero la competenza si determinasse primiera
438

mente dal domicilio del colpevole e secondariamente


dal luogo dell'arresto o della consegna secondo la
prevenzione. A questa regola generale fece deroga
la legge Consolare per i crimini commessi in Egitto
e nelle altre parti delle spiagge Affricane ; e scelse
pei crimini commessi colà due diversi porti di mare.
Perchè ciò ? Perchè naturalmente per i delitti com
messi di là dal mare, bisognava far venire di colà
i testimoni, e i testimoni approdavano naturalmente
ad un porto di mare, ed era di soverchio incomodo,
di soverchio ritardo, di soverchia spesa che i testi
moni approdati ad un porto di mare si costringes
sero a fare altre cento miglia di viaggio nell'interno
del Regno per recarsi al luogo del domicilio del reo.
In sostanza la disposizione e la previsione che legge
vasi come facoltativa nella seconda parte dell'art. 34
si rese precettiva pei delitti commessi in Affrica,
perchè il legislatore si fece giudice egli stesso delle
maggiori comodità del processo.
Tanto è ciò vero che il legislatore divise la com
petenza dei crimini commessi in Affrica ; ed attribui
ad Ancona quella delle parti dell' Affrica dalle quali
si faceva più frequentemente l'approdo al porto
d'Ancona , e attribuì alla Corte di Genova la com
petenza pei crimini commessi in quelle spiagge
Affricane dalle quali si faceva più frequentemente
l'approdo al porto di Genova .
È chiaro dunque quanto la luce del mezzogiorno
che nel dettare il Regolamento Consolare non si
pensò nè punto nè poco a modificare le penalità.
E questo mi conduce ad una ultima osservazione.
Le comodità del commercio con qualche spiaggia
straniera potevano portare il legislatore a stabilire
439
che i crimini commessi in quella spiaggia si giudi
cassero dalla Corte di Livorno perchè le navi pro
cedenti da quella spiaggia facevano più frequente
approdo al porto di Livorno. Ora dove così si fosse
disposto pel rispetto delle comodità del processo, se
ne sarebbe egli potuto dedurre che Napoletani e
Lombardi soggetti alla pena di morte, quando aves
sero in quelle spiagge soggette pur esse alla pena
di morte commesso un reato capitale, si fossero vo
lati col regolamento Consolare esimere perpetua
mente dalla pena di morte ?
Io dico lealmente che come difensore non avrei
saputo in simile ipotesi sostenere codesto assunto ,
e non avrei osato proporlo, perchè il caso del con
flitto di più leggi penali ( personale, e territoriale )
nel quale deve prevalere la legge più mite trova i
suoi termini di applicazione quando il conflitto real
mente esiste per il concorso di due leggi contem
poraneamente violate. Ma non può trovare termini
di applicazione quando il conflitto si vuol far sor
gere fra una legge violata ed un'altra legge che
non fu violata, perchè in questi termini la legge non
violata non può entrare in conflitto .
E siffatta creazione di un conflitto immaginario
fra la legge violata ed una legge non violata si è
volata fare a danno del Garzelli dalla Corte di An
cona per il fine odiosissimo di far prevalere la legge
più dura e severa sopra la legge più mite ! Po
teva egli commettersi un arbitrio ed una ingiu
stizia maggiore ?
La formula sarà giudicato secondo le leggi dello
Stato, dell'art. 111 , altro manifestamente non è tran
ne la eliminazione delle leggi ottomanne. Il governo
440

italiano ha voluto sottrarre alle leggi turche i suoi


sudditi degenti in Affrica : ed ha ottenuto e stabi
lito un privilegio speciale, quello cioè di sottrarre
gli italiani alla legge territoriale. Un privilegio con
cede per la giurisdizione ; un privilegio concede per
le definizioni dei reati e per le penalità. Queste do
vranno essere non già le turche, ma le italiane.
Ecco tutto. È un concetto di esclusione della legge
straniera, non un concetto di subiezione ad una
piuttosto che ad altra fra le diverse leggi penali
che sono tutte leggi dello Stato.
La determinazione specifica di quella che fra le
varie leggi dello Stato sarà applicabile ai singoli casi
concreti, il legislatore non l'ha fatta ne espressa
mente nè tacitamente. Dunque se ne rimesse ai
sommi principii del giure comune per quanto ri
guarda cotesta scelta.
Ma il giure comune ci porta allo statuto perso
nale. Dunque la legge dello Stato dell'art. 111 è per
il napoletano il codice Napoletano, per il delinquente
sardo il codice Sardo, per il delinquente toscano il
codice Toscano . Ne può essere lasciato all' arbitrio
dei nostri consoli il punire un Sardo che delinqua
in Affrica con le pene toscane, o un toscano con le
pene napoletane, o un napoletano con le penalità
sarde. E il console che facesse diversamente com
metterebbe un arbitrio ed una falsa applicazione di
legge, perchè applicherebbe a quell'uomo una legge
che non lo governa, nè in ragione del locus acti,
nè in ragione della persona . Tanto vale punire senza
legge, quanto punire con una legge che non è legge
nè rispetto allo agente, nè rispetto al fatto.
441

Mi si permetta una ipotesi . La ipotesi può parere


irriverente per la elevata condizione delle persone
alle quali appella, e perciò mi affretto a dirla im
possibile. Ma pure mi si permetta di farla, per mo
strare a quantu assurdo conduca l'inaudito pensiero
che la legge giurisdizionale deroghi alla legge di
rettrice delle penalità. Suppongasi ( e nuovamente
chiedo perdono della ipotesi ) suppongasi che un
toscano domiciliato in Toscana commetta in Firenze
un delitto capitale, un delitto cioè che il codice To
scano punisce con l'ergastolo e il codice Sardo con
la morte ; e suppongasi che questo delinquente sia
Senatore del regno.
Siffatta sua qualità gli guarentisce il privilegio di
essere giudicato dai suoi pari ; al Senato dunque
la cognizione del fatto ; al Senato le forme del giu
dizio, e tutto quanto appella all'ordinamento del
rito. Ma perchè nel 1871 il Senato italiano ha tras
ferito la propria sede in Roma, dove è pubblicato
il codice Sardo, potrà egli dirsi che questo trasfe
rimento basti per mandare quel Senatore alla forca ?
Etiamsi omnes ego non.
Io dico ancora di più. Suppongo che un romano
avesse nel 1869 commesso in Affrica un crimine :
e che venisse ora nel 1871 a giudicarsi dalla Corte
di Assise di Ancona ; e suppongo che per quel reato
( caso non infrequente ) il codice penale di papa
Gregorio fosse più mite e benigno del codice Sardo.
Crederebbe essa la Corte di Ancona di potere ap
plicare al colpevole la legge penale del giorno del
giudizio, anzichè la legge penale del giorno del de
litto ? Ove ella credesse così mi permetterei ripeterle
anche una volta che incorre in un grossissimo ab
442

baglio perchè va ad applicare una legge più severa,


mentre questa al giorno del delitto non era legge
che governasse quel fatto e quel giudicabile. Cor
rasi quanto si vuole il campo delle diverse ipotesi ,
sempre dovremo trovarci in faccia questo grande
principio ( al quale si fa eccezione soltanto nei con
grui casi per ragione di benignità e di favore ) il
principio cioè che non può applicarsi ad un colpe
vole una legge penale che il colpevole non ha vio
lato, ma quella o quelle soltanto si possono appli
care che furono violate dal giudicabile.

Io non credo di aver mestiere di ulteriori parole


per dimostrare la tesi primaria del ricorrente Gar
zelli ; cioè lo errore e lo ingiusto gravame della
pena a lui inflitta : e soltanto aggiungerò che nella
nostra giurisprudenza questioni analoghe si sono già
presentate altra volta, e che le Supreme Corti del
Regno (1 ) hanno sempre pronunciato in coerenza
dei principii che io qui propugno come verissimi.
Prima peraltro di deporre la penna io non posso
astenermi dal richiamare la Suprema Corte della
Cassazione di Torino sulle mostruosità enormi che
per una trista fatalità viziarono da capo a fondo il
procedimento Garzelli . In una epoca nella quale tutti
i cuori e tutte le menti si volgono ad assodare le
guarentigie del vero nei processi criminali, tutte
le guarentigie furono conculcate. In un Reame dove
si crede di avere assicurato ai giudicabili tutta

(1 ) Corte di Cassazione di Firenze 6 agosto 1867 causa


Degl'Innocenti : Annali I , 1 , 2 , 242.
> > 13 aprile 1870
causa Clementini : Annali IV , 1 , 2 , 67 .
>
443 -

quella ampia protezione che è indispensabile a far


sicura la innocenza, Garzelli si è veduto deserto di
ogni simile protezione .
Si cominciò dall'omettere la autopsia cadaverica
del supposto ucciso . Se gli atti non sono sfuggiti alle
mie diligenti ricerche, mancò affatto la sezione del
cadavere che sola poteva porgere la certezza fisica
del nesso interceduto tra la ferita e la morte ; e si
credette supplirvi bastantemente con le dichiarazioni
di un medico che guardando il corpo del defunto
nella sua superficie esteriore credette saperne assai
per assicurare quell'uomo esser morto in conse
guenza della riportata ferita. E di tal guisa istituissi
un processo, e lanciossi un'accusa per titolo di omi
cidio, senza avere in mano ciò che dopo Innocenzo III
tutti i popoli culti considerarono giustamente come
la pietra angolare di simili accuse e di simili processi .
Si continuò col tradurre a giudizio il Garzelli
senza avergli dato il costituto obiettivo. Quel costi
tuto obiettivo che da tutti i pratici fu sempre mai
considerato come il primario ed indispensabile svol
gimento del santo diritto della difesa, e del quale se
per sventura qualche codice odierno ha dimenticato
đi ricordare il precetto o perchè ha creduto inutile
insegnare le cose notissime, o per soverchio amore
di concisione ; pure gli istruttori zelanti ed eruditi
ne hanno trovato il precetto nel loro buon senso, e
ne hanno mantenuta la osservanza per ossequio ai
diritti defensionali ed all' affetto verso la verità.
Si fini per ultimo col fare un processo orale che
il nome di orale non poteva ricevere tranne per
una ipocrita derisione ; un processo orale costruito
senza che nessun testimone avesse detto una pa
444

rota alla udienza. Cosa inaudita, e che sarebbe in


credibile se pur troppo non fosse vera ! Nessuno dei
testimoni citati comparve personalmente all'udienza
del di 11 novembre 1870 ; pure si andò innanzi, e
convertendo in regola la eccezione si fece il pro
cesso orale, leggendo le dichiarazioni sommaria
mente raccolte in Turchia . Non una mano si stese
sul Cristo a giurare, non un uomo sostenne in fac
cia a Garzelli le circostanze della sua colpevolezza :
non una prova, ma soltanto un fascio di schiari
menti formarono quel processo. Verrebbe fantasia
di dire che il fatto essendo avvenuto in Turchia si
credette di poter fare un processo alla Turca, se ciò
non fosse oltraggioso alla stessa giustizia della Tur
chia dove il Cadi vuole intendere dalla viva voce
dei testimoni ciò che depongono contro l'accusato .
Che se la legge nostra ammette come supplemento
al processo orale le scritte dichiarazioni dei testi
irreperibili, poco vi vuole a comprendere che quanto
si ammette a corona di una colonna, non può ba
stare a far le veci della colonna. Tutte le regole
sono buone e vere purchè la epicheja del Magistrato
doverosamente le intenda ed applichi secondo lo spi
rito loro. Il bravo fabbro murario collega i ghiajottoli
con i grossi macigni per costruire un muro, e così
lavora a regola d'arte : ma vorrebbe egli costruire
un intero muro a soli ghiajottoli ?
Così il Garzelli protestante, come protesta tuttora
della propria innocenza, fu condannato come colpe
vole in base ad un procedimento che lo spogliò di
ogni guarentigia. Da ciò trarranno forse i miei col
leghi e condifensori motivi speciali per lo annulla
mento di tutto quel mostruoso giudizio ; e questo
445

risultamento io lo auguro e lo spero. Ma di ciò io


non mi occupo, perchè non mi richiama a questo
il compito mio. Ho voluto ricordarlo soltanto per di
mostrare come lo angue mordesse la propria coda ;
come cioè avvenisse un vero circolo non interrotto
di errori ; e come tutto fosse congruente e coerente
in Ancona in quel giorno fatale per la giustizia. Un
procedimento esordito e condotto in siffatta guisa
non poteva avere altro pileo corrispondente al suo
merito tranne la meravigliosa applicazione di una
pena minacciata da leggi che non erano state vio
late. Fu questa agglomerazione di errori quella che
scosse la mia coscienza , e m'indusse a prestare a
quel povero marinajo lo officioso ajuto del mio con
siglio e della mia penna. La sapienza, la umanità ,
la giustizia dei Magistrati della Corte Suprema fa
ranno assai più a tutela non della sola infelicità del
Garzelli, ma della santità delle leggi e della sicu
rezza dei cittadini .

Pisa 28 decembre 1871 .

La Corte di Cassazione di Torino con decreto


del 22 febbrajo 1872 cassava la sentenza di Ancona
e rinviava il Garzelli alla Corte di Assise di Pesaro,
perchè fosse giudicato secondo le leggi toscane ; ee
quella Corte riduceva la pena di quindici anni di
lavori forzati a tre anni di casa di forza.

1
|
IX .

INDIVIDUITÀ

DELLA GIURISDIZIONE DI APPELLO

IN CRI MI N A L E
INDIVIDUITÀ
DELLA GIURISDIZIONE DI APPELLO IN CRIMINALE

RISPOSTA AD UN QUESITO PRESENTATO

DAL PROF. LUIGI SANMINIATELLI

-000 > EOOO .

ILLUSTRE COLLEGA

1I quesito che ella mi fa l' onore di sottopormi


( se male non ho compreso ) è il seguente.
L'art. 260 del vegliante codice di procedura pe
nale è cosi concepito Nei casi contemplati da
gli articoli 249, 250, 251, e 253 il Procuratore
del Re potrà fare opposizione alla ordinanza della
Camera di Consiglio o del giudice istruttore. Potrà
anche il Procuratore del Re fare opposizione nel
caso previsto dall'art. 252, allorchè l'ordinanza è
pronunziata dalla Camera di Consiglio.
Dal testo di questo articolo è evidente che la
legge accorda nei congrui casi rimedio contro i
decreti di invio delle competenze correzionali al
solo Pubblico Ministero ed alla parte civile ; e tace
dell'imputato .
VOL . IV . 29
- 450
Diretta conseguenza di ciò sembra essere che
mai lo imputato possa es persona propria eccitare
come esercizio di proprio diritto la giurisdizione
della sezione di accusa al fine di ottenere emenda
di un decreto di invio che lo esponga ai pericoli
di un futuro giudizio correzionale. Nè parmi che
1
su questo punto cada la questione da lei proposta.
La questione non verte sui diritti e potestà del
l'imputato : ma sui diritti e potestà della Corte
adita con la opposizione del Pubblico Ministero ;
ossia sui limiti della giurisdizione di questo supe
riore Tribunale in tal guisa eccitata : si cerca cioè
Se quando per la opposizione del Pubblico Mini
stero una Corte sia stata investita della competenza
di sindacare, correggere e revocare un decreto re
lativo allo invio, emanato dalla magistratura infe
riore, la Corte stessa abbia una giurisdizione limi
tata a sindacare quella sola parte del decreto di
invio che formò obietto della opposizione : oppure
abbia acquistato giurisdizione illimitata di giudicare
ex integro tutto il fatto ; e così emendare il decreto
di invio anche nelle parti che avrebbe il Pubblico
Ministero accettato col non esservisi reso opponente.
Concretando ancor più la questione, essa mi si
svolge innanzi in due differenti ipotesi : distinzione
di circostanze : distinzione di persona 1.а іро
tesi distinzione di circostanze senza distinzione
di persone ; il decreto inviava per un titolo più mite
di quello chiesto dalla accusa : l'accusa si oppone
insistendo perchè si invii per il titolo più grave,
ma sempre correzionale . Potrà la Corte, rigettando
la opposizione, procedere oltre nella cognizione del
451

merito, e dire non essere luogo a procedere nep


pure per il titolo stabilito nel primo decreto ?
2.a ipotesi distinzione di persone. — Il decreto
inviava Caio al correzionale , ma in contradizione
della requisitoria dell'accusa dichiarava non esser
luogo contro Sejo imputato come correo del mede
simo fatto. Il Pubblico Ministero fa opposizione alla
ordinanza che libera Sejo. La Corte potrà mentre
conferma e rigetta quanto a Sejo ( trattandosi di
unico fatto ) passare oltre ed emettere giudizio an
che in favore di Cajo ? E se rigetta quanto a Sejo
perchè competentemente giudica ( a modo di esem
pio ) che il fatto obiettato non costituisce reato, po
trà ordinare che non sia altrimenti luogo a proce
dere anche contro Cajo ?
Ho notato la possibilità di questo duplice svolgi
mento pratico del quesito per meglio chiarire le
mie idee. Del resto questa duplice forma pratica
della questione nulla influisce ( a parer mio ) sulla
medesima ; la quale deve in ambo le ipotesi rice
vere pariforme risoluzione.
E deve ricevere pariforme risoluzione, perchè il
nodo della questione tutto versa sulle condizioni
della giurisdizione della Corte : se cioè abbia una
giurisdizione condizionata e limitata ; oppure una
giurisdizione individua, inducente cioè la potestà
conoscere integralmente del fatto nel suo rap
porto con l' ordine pubblico e con la pubblica giusti
zia ; come l'avevano in principio le autorità inferiori.
Meditata sotto questo punto di vista la questione,
io mi sono convinto che la giurisdizione del Tribu
nale superiore, una volta competentemente eccitata
debba a quello appartenere completa e integrale su
452
tutto il fatto ; cosicchè debba la Corte dirsi surro
gata in tutte le facoltà che intorno allo invio spet
tavano originariamente alla magistratura inferiore ;
anzichè rimanere subordinata, vincolata, o in alcun
modo serva delle opinioni emesse da questa.
Di siffatto mio convincimento, in obbedienza al
desiderio suo, io le espongo succintamente le prin
cipali ragioni .
I.

Perchè quella differenziale di poteri ? Perchè tanta


disuguaglianza di facoltà, di diritti ,> fra l'accusatore
e l'accusato ? Giovi innanzi tutto indagare i motivi
pei quali l'art. 260 concede alla accusa rimedii che
nega allo accusato.
Deriva ciò forse da una veduta di favore o pri
vilegio verso l'accusa ; deriva da odio o persecuzione
contro l'imputato ? Questo assolutamente io non lo
credo, nè temo su questo punto contradizione .
La ragione unica e giustissima di quella diffe
renziale nasce dalla diversa situazione nella quale
versano l'accusatore e l'accusato in faccia ad un
decreto di invio che sia respettivamente ostile agli
assunti loro .
Un decreto di invio al correzionale non arresta
il corso della giustizia : non reca allo imputato al
cun pregiudizio irreparabile : tutti i suoi diritti,
tutte le sue difese, tutte le sue speranze rimangono
invulnerate. È questione soltanto di aspettare il
giorno di udienza per vedere definita la propria
sorte. Ma lo aspettare un giorno di udienza sarebbe
pur sempre necessario per lui anche quando gli si
accordasse la opposizione o l'appello. Sicchè lo im
453

putato dalla negazione del rimedio non solo non


soffre alcun pregiudizio giuridico irreparabile ; ma
forse, nella somma dei casi, non soffre neppure un
pregiudizio materiale, e più spesso sé ne accelera
la sua quiete definitiva .
Quando invece il decreto fu contrario alla accusa,
perchè disse non essere luogo alcuno allo invio ; o
esserlo contro uno, o non contro un altro) ; o esserlo
per una parte e non per altra parte del fatto ; il
corso della giustizia è definitivamente ( almeno in
parte ) arrestato e ( almeno in quello stato di atti )
arrestato senza speranza di risorgimento. Dunque
vi può essere nella maggior parte dei casi pregiu
dizio irreparabile. Dunque convenienza di accordare
un rimedio, ed in vista di quel pericolo trascurare
gli incomodi delle lungaggini e del ritardo, perchè
la giustizia abbia il corso suo . Quando un Tribu
nale correzionale mi ha inviato a giudizio per titolo
di lesione, io posso ottenere riparo da quel decreto
anche dove sia stato susseguito da sertenza di con
danna ; e dal braccio della Corte ottenere salvezza
contro ambedue. Ma l'accusa quando una volta un
decreto di non luogo le ha chiuso in tutto od in
parte la bocca ( tranne l'eventualità di un nuovo
processo ) è morta per sempre.
Dicasi dunque con la formula più netta : il decreto
contrario all imputato e il decreto contrario al
ľ uccusa sono due enti giuridici radicalmente e so
stanzialmente diversi ; perchè ne è diversa la vita,
e diversissimi ne sono gli effetti legali .
Ossia ( diciamolo con la ultima formula ) il de
creto che respinge l'accusa se non fosse corretto
avrebbe ( nei congrai termini ) l'effetto della reju
454 -
dicata : il decreto che grava l'imputato mai può
avere virtù di rejudicata, ed altro non è che una
ordinatoria negli effetti suoi , ed un mero OPINA
MENTO nella sua sostanza.
Non è dunque che contro lo identico atto si ne
ghi ad uno e si accordi all'altro per invidioso fa
vore il rimedio : no.
Sono due atti assolutamente diversi : contro l'uno
dei quali accordare i rimedii è necessario, perchè i
suoi effetti sono altrimenti irreparabili ; mentre ac
cordare il rimedio contro l'altro porterebbe ritardo
ed incomodi alla giustizia, senza che il bisogno di
ovviare a danni sensibili giustificasse quello inco
modo. Qui , per quanto sembra alla mia tenuità, qui
unicamente sta la ragione di quella differenza. Essa
nasce non da riguardi alla diversa persona dello
accusatore o del reo . Ma dalla differente natura
giuridica dei due atti . Ed è una mera conseguenza
accidentale di quella differente natura se ne emer
gono situazioni giuridiche distinte fra lo accusatore
e lo accusato. È in sostanza la identica ragione che
mosse alcuni regolamenti di procedura civile ad
accordare l'appello contro i decreti incidentali di in
competenza, mentre l'appello da altri decreti inciden
tali non accordavano che dopo la definitiva senten
za .È la diversa condizione ontologica subordinata al
criterio della reparabilità. Ma se dunque il decreto
che ordina lo esperimento di un giudizio contradit
torio, ove si studi nei suoi intimi caratteri giuridici,
non è che un OPINAMENTO ; non pare a me consen
taneo nè alla dignità di una Corte, nè ai bisogni
della giustizia, nè alla stessa reverenza in che de
vesi mantenere la pubblica giustizia, che il Tribu
455
nale superiore ( investito una volta della balia di
giudicare di un fatto nei suoi rapporti con l' ordine
pubblico ) debba vedersi coartato ad emettere un
giudizio monco e risibile per ossequio ad uno opi
namento dei Magistrati inferiori.
Non consentaneo alla dignità della Corte, che è
istituita con gerarchia sovrastante perchè emendi
gli errori dei primi giudici, e non perchè vi sotto
metta i giudizi suoi tuttavolta che quelli non sono
sentenze passate in cosa giudicata .
Non consentaneo ai bisogni della giustizia, perchè
da ciò nascerebbe un' ambage, un labirinto, una tor
tuosità inutile nella quale la giustizia parrebbe avere
smarrito la via. Oggi la Corte sovranamente giu
dicherà che il fatto a me obiettato non è delitto, o
che la legge non lo contempla, o che è prescritto ;
giudicherà in una parola che non ha base l'azione
penale. Ma perchè a tale pronunzia fu chiamata la
Corte dal Pubblico Ministero che lagnavasi di un
primo decreto in quanto aveva battezzato quel fatto
con un titolo meno grave di quello desiderato dal
l'accusa, ne verrà egli la conseguenza che debbano
rimanere fermi due giudizi intrinsecamente contra
dittorii ; il giudizio della Corte che sovranamente di
chiara non esservi delitto nè azione penale ; e l'opi
namento della prima istanza che dichiara esservi
delitto ed azione viva ? E se per avventura il caso
porta a carcerazione preventiva, dovrò io con un
decreto a mio favore della Corte che insindacabil
' mente dichiara legittimo il fatto mio, rimanere pri
gione perchè l'accusa sostenne e i giudici inferiori
opinarono che quel fatto fosse illegittimo ?
456

Non consentaneo alla reverenza in che deve man


tenersi la pubblica giustizia ; perchè è manifesto che
lo spingere innanzi a dispetto della sentenza della
Corte un giudizio che essa ha insindacabilmente
preconizzato privo di base, o è cosa inutilmente
vessatoria se avviene che la prima istanza faccia
omaggio alla Corte, o è fonte di scandali e di di
scredito alla Magistratura se avviene che la prima
istanza si ostini nel suo errore, e cosi renda ne
cessaria una revoca più solenne del medesimo . Nella
natura sua intrinseca il fatto è individuo, sebbene
possa essere dividuo nei suoi rapporti con la per
sona. Ma poichè mi si pone il caso non di eccezioni
personali ma di condizioni intrinseche del fatto ; il
fatto che in sè stesso non è criminoso per uno in
dividuo, deve non essere criminoso per altri cento
che lo abbiano ripetuto o vi si siano mischiati . E sa
rebbe un vero scandalo, che screditerebbe la giu
stizia nella pubblica opinione, se si ammettesse che
nello interesse di un cittadino un fatto unico si di
chiarasse lecito e non costituente delitto per le
materiali sue condizioni ; e contemporaneamente si
vedesse la giustizia continuare a carico di altri cit
tadini la persecuzione di quello identico fatto come
accompagnato dalle condizioni materiali di delitto.
Un foglio di banca fu speso per comune interesse
da Cajo e Sejo. Nel primo grado di giurisdizione
nacque decreto di invio contro Sejo, decreto di non
luogo a riguardo di Cajo. Il Pubblico Ministero in
sistendo per l'invio anche di Cajo deferisce alla
Corte la cognizione del processo con tempestiva
opposizione . La Coçte preso in migliore esame quel
fatto si convince che quel foglio è vero e non con
457

traffatto. La Corte ha il debito di dichiarare per


ossequio alla verità ed alla giustizia che non esiste
foglio falso, nè azione penale contro i suoi spendi
tori ; e lo dichiara insindacabilmente. E il processo
dopo ciò dovrà tornare ai Tribunali inferiori perchè
diano sfogo a quella azione penale già dichiarata
inesistente, e cerchino la responsabilità individuale
di Cajo come spenditore di un foglio proclamato
ormai genuino e legittimo dall'oracolo della Corte ?
A tali assurdi non si presta la mia coscienza giu
ridica, e perciò mi confermo nella convinzione che
la giurisdizione della Corte una volta eccitata sopra
di un processo correzionale sia individua ed il
limitata.
II .

Volgendomi allo studio delle analogie trovo poi


che queste tornano a confortare la tesi alla quale
mi hanno i principii di ragione condotto.
Porto i miei studi sull' art. 403 dello stesso codi
ce di procedura penale Italiano — ivi — Ove sianvi
più persone imputate come agenti principali o com
plici del medesimo reato, l'ľ appello interposto da uno
di essi gioverà agli altri si presenti che contumaci.
Questo articolo è la riproduzione dell'art. 395 del
codice di procedura del 1859 -- ivi — Ove sianvi
più persone imputate come agenti principali o com
plici del medesimo reato, l'appello interposto da uno
di essi gioverà agli altri si presenti che contumaci.
Ed anche questo articolo ebbe la sua genesi nel
l'art. 329 del codice di procedura Sardo del 30 ot
tobre 1847 - ivi — Ove sianvi più persone impu
tate come agenti principali o complici del medesimo
158

reato, l'ľ appello interposto da uno di essi gioverà


agli altri si presenti che contumaci.
Or bene questa trinità di codici nella disposizione
come sopra ripetuta, a quali condizioni ha essa
avuto riguardo per estendere il beneficio di un ri
medio da persona a persona ? Ha forse avuto ri
guardo alla congiunzione verbale, ossia al trovarsi
le due persone congiunte nel medesimo processo o
giudizio ? Oppure ha dessa avuto riguardo alla con
giunzione reale ; ossia al trovarsi le due persone
congiunte nel medesimo fatto ? Non alla prima per
certo ( e la Cassazione di Torino ce lo ha insegnato )
ma bensì alla seconda condizione. Alla condizione
cioè che i più imputati siano chiamati a rispondere
dello stesso delitto .
Dunque il sommo principio di ragione al quale
si ispira quel saggio provvedimento è il principio
della individuilà del fatto. Cadrebbe in errore chi
andasse fantasticando quella ragione motrice in una
arbitraria presunzione di mandato fra i più impu
tati . Sogno sarebbe questo, perchè costruito sopra
una mera divinazione : sogno, repulso appunto dal
testo della medesima legge, perche il mandato po
trebbe ugualmente presumersi fra i più involati
nello stesso processo per delitti diversi ma in qual
che modo connessi fra loro, sicchè ne sorgesse un
interesse comune .
Non vadasi in cerca di motivi espiscati . Il motivo
cardinale è tutto ontologico. Esso è nel principio
della individuità del fatto ; perchè nulla può essere
e non essere al tempo medesimo : e un fatto unico
non può essere delitto e contemporaneamente non
essere delitto in faccia alla medesima legge.
459

E la individuità del fatto spiega qui la sua effi


cacia di pubblico ordine, e dirimpetto alla giustizia
punitiva . Perchè sommo vitupero della giustizia, da
evitarsi per quanto è possibile da ogni saggio le
gislatore, si è quello che in una città abbiano vita
due pronunciati radicalmente contradittorii : due pro
nunciati ugualmente posti innanzi alla venerazione
del pubblico, dei quali uno dica che quel fatto è de
litto, e l'altro dica che quel fatto non è delitto .
La sentenza che condannò più imputati per lo
stesso fatto dichiarò essere quel fatto un delitto . Uno
dei condannati appellando autorizza la Corte a dichia
rare in emenda che quel fatto non era delitto. E nes
suno può interdire simile pronunciato ad una Corte
di Appello, od a qualsiasi Tribunale di revisione.
Ma se in faccia agli altri imputati che non ap
pellarono fosse interdetto al Tribnnale di revisione
lo svolgimento della giurisdizione in lui competen
temente eccitata su quel fatto ; se gli fosse inter
detto di pronunciare quella negazione di reato con
effetto universale, ne verrebbe la conseguenza che
in faccia alla stessa legge rimarrebbero valide nella
città due sentenze contradittorie sopra un unico
fatto : due sentenze che affermerebbero al tempo
stesso il bianco ed il nero : due sentenze, una delle
quali ( a modo di esempio ) direbbe non è delitto
sotto il codice Sardo Napoletano per Lucio lo avere
commesso incesto con sua sorella Flavia. E l'altra
direbbe nel tempo stesso sotto l' identico codice
è delitto per Flavia lo aver commesso incesto col suo
fratello Lucio.
Ciò sarebbe intollerabile, perchè vergognoso alla
pubblica giustizia ; ed ecco la ragione per cui do
460

vette darsi nello art. 403 quella sanzione al princi


pio della individuità della giurisdizione sul fatto,
una volta eccitata nelle Magistrature emendatrici.
Nè dicasi che nel caso dell'art. 403 il benefizio
si reca ad un imputato che avrebbe avuto dalla
legge il diritto a reclamare utilmente, ma scadde
per sua trascuranza dallo esercizio di tale diritto :
laddove nella questione a me proposta si tratta di un
imputato che mai ebbe dalla legge diritto a reclamo.
Nè da questa osservazione se ne induca essere più
facile accordare si restituisca alla vita un diritto
già concesso dalla legge ; e più difficile accordare
un dirito che mai concesse la legge. La distinzione
non approda : e l'obietto che se ne volesse trarre
contro la mia tesi non ferisce l'argomento di ana
logia sul quale adesso ragiono.
Già il presupposto della obiezione non lo concor
do ; perchè non distinguendo l'art. 403 non può di
stinguere l'interprete. E il benefizio che quell' ar
ticolo concede ai coimputati non appellanti deve per
logica necessità applicarsi non solo ai coimputati che
non appellarono perchè furono trascurati ; ma be
nanche ai coimputati che non appellarono perchè
per avventura fu dal primo decreto applicato a loro
una pena infima non appellabile. La Corte ha dallo
illimitato art. 403 il potere di assolvere tutti indi
stintamente anche i non appellanti, senza obbligo di
limitare gli effetti del suo giudizio ai soli non ap
pellanti che non appellarono per incuria. Laonde
l'obietto mancherebbe di base.
Ma poi la differenza fra diritto originariamente
negato e diritto prima goduto e poscia perduto, non
ha valore giuridico contro l'analogia sulla quale io
461

ragiono, perchè la condizione del coimputato non


appellante non deve valutarsi sul criterio del suo
stato precedente ; ma sul criterio dello stato pre
sente nel quale trovasi in faccia al giudice superiore
nel giorno in cui questo è chiamato a determinare
i limiti della propria giurisdizione.
In questo giorno, in questo stato, in faccia a que
sto giudice sono nella identica condizione giuridica
tanto il coimputato che decadde dal diritto di ap
pello, quanto il coimputato che mai ebbe diritto di
appello. Ambedue sono cittadini vulnerati da un de
creto di Tribunale inferiore avverso il quale non
hanno in quel giorno nel quale sorge la giurisdi
zione del Tribunale superiore, via di reclamo. Il
giudice superiore li trova ambedue a quel giorno
nello identico stato negativo ; nella identica situa
zione di mancanza di diritto ad invocare la sua giu
risdizione. Se dunque egli estende anche a loro la
sua giurisdizione, ve la estende ( così nell'uno come
nell'altro caso ) per virtù e potenza intrinseca della
medesima sua giurisdizione : virtù e potenza che
emerge dai suoi rapporti col fatto e non dai suoi
rapporti con le persone.
Anche una volta ripeto che qui non trattasi di
misurare i diritti personali di un accusato ; ma
di misurare i diritti giurisdizionali di una Corte di
Appello : la quale ripugna che abbia e non abbia
contemporaneamente giurisdizione di conoscere un
fatto individuo, e possa e non possa al tempo stesso
determinarne le condizioni giuridiche in faccia alle
leggi penali .
462

III .

Finalmente se dalla considerazione delle condi


zioni ontologiche del fatto che vuolsi dire criminoso,
e dalla considerazione delle condizioni giuridiche
della giurisdizione della quale si cerca la periferia,
volgo lo sguardo a contemplare la natura della forza
eccitatrice di quella giurisdizione nella ipotesi da lei
proposta, novelli argomenti mi sorgono innanzi a
viepiù persuadere che quella giurisdizione deve essere
individua , libera e senza altro limite oltre quello che
nasce dai criterii del fatto impersonalmente guardato.
La balia di investire le Corti della competenza a
giudicare un processo correzionale pei fini dello in
vio non si dà nell'articolo 260 soltanto ai privati
nel loro particolare interesse. Nella parte che re
gola il caso presente l' art. 260 attribuisce quella
virtù eccitatrice al Pubblico Ministero. Fermiamoci
su questa genesi della giurisdizione, ed anche sulla
norma di questa misuriamone le condizioni.
Il Prometeo, dalla mano del quale parte la fa
villa che dà vita alla giurisdizione della Corte sul
processo correzionale, è il Pubblico Ministero. La
vita di quella giurisdizione dovrà essere correlativa
alla forza che la eccita.
Ma il Pubblico Ministero rappresenta la società ;
rappresenta tutti i consociati, e così per necessario
contenuto rappresenta anche lo stesso giudicabile ;
il quale per essere caduto in sospetto non è posto
davvero fuori della legge di consociazione. Tutto ciò
che si fa dal Pubblico Ministero si fa nell'inte
resse della legge e della giustizia, che è quanto dire
463

nello interesse indistintamente di tutti . Che se gli


ordinamenti procedurali ad alcuni fini di rito hanno
distinto atti del Pubblico Ministero che si fanno
nello interesse della pena, e atti del Pubblico Mini
stero che si fanno nello interesse della legge, que
sto si è detto per modo di antonomasia e per dare
una formula pratica a certe regole direttrici di al
cune speciali attribuzioni dell'Uffizio. Si è detto per
antonomasia : vale a dire per indicare che negli atti
denominati per interesse della legge questo era pre
valente ed assorbente, e taceva ogni interesse della
pena. Ma non si è già detto nel senso rovescio ( e
sarebbe errore gravissimo il pensarlo ) non si è detto
nel senso che dove l' Uffizio agisce nello interesse
della pena debba considerarsi come cessato e scom
parso lo interesse della legge. Eresia giuridica sa
rebbe cotesta . Lo interesse della legge è assoluto
costante e perpetuo in tutti gli atti del Pubblico
Ministero, lo interesse della pena è un accidens che
può concorrere o non concorrere accessoriamente
all'altro nei movimenti dell'Ufficio ; ma che quando
vi accede non elimina l'altro nè lo cancella, nè in
parte alcuna menoma in lui la sovrana direzione
dell'atto . Lo interesse della legge • è un contenuto
inseparabile di tutti gli atti dei quali l'Ufficio ha la
potestà. Se desso rimane unico e solo basta sempre
allo scopo : se altri interessi vi accedono, questi vi
accedono come astri minori, ma il supremo regola
tore di quelle potestà rimane sempre lo interesse
della legge. Lo interesse voglio dire non già che
vinca una od altra parte, ma che vinca e trionfi la
verità e la giustizia .
464
Ogni giurisdizione pertanto che si ecciti ad im
pulso del Pubblico Ministero deve essere illimitata
in tutto quanto è richiesto da quel supremo fine che
la verità e la giustizia siano proclamate. Non re
pugna il concetto che il privato eccitando una giu
risdizione conferisca al Magistrato il solo potere di
dire quello che giova allo eccitatore, e niente di più.
Ma sarebbe mostruoso il concetto medesimo quando
si volesse adattare al Pubblico Ministero : il quale
agendo sempre nello interesse della legge, e ( in
punto astratto ) ai soli e perpetui fini della verità
e della giustizia, non può dire mi giova la condan- ,
na, oppur mi giova la assoluzione ; la scarcerazio
ne o la carcerazione ; lo invio , o la dichiarazione
di non luogo. No : l'obiettivo degli atti suoi e l' utile
al quale mira è soltanto il vero ed il giusto ; e le
materialità mediate che egli chiede non le chiede
che come forme per giungere alla proclamazione del
vero e del giusto .
E se la giurisdizione eccitata dal Pubblico Mini
stero deve perpetuamente ritenersi eccitata con di
rezione a quest'ultimo obiettivo, deve essere sem
pre una giurisdizione illimitata. È mostruoso ( lo
ripeto ) il concetto opposto ; perchè intendendo l'Uf
ficio a promuovere la proclamazione del vero e del
giusto, sarebbe assurdo che tale proclamazione po
tesse farsi dal giudice soltanto quando trova che il
vero ed il giusto tornano a danno del giudicabile ;
e si trovasse legate le mani ed inabile a procla
mare il vero ed il giusto quando trova che questo
torna a beneficio del giudicabile. Sarebbe assurdo
perchè lo interesse della legge non può essere par
tigiano. Esso è protettore del giudicabile al tempo
465
stesso che è protettore della società : ed il Pubblico
Ministero nello esercizio di quel mandato è rap
presentante di tutti .
Questi pensieri non sono voli della mia fantasia .
Io gli attingo dai monumenti più autorevoli della
giurisprudenza contemporanea .
Ecco cosa leggo nel Madia al volume 2 ,pag. 167
delle sue istituzioni di procedura penale - ivi -
Il Pubblico Ministero rappresentando la legge e la
giustizia, qual vindice degli interessi della intiera
società, sottopone l'esame della causa ai secondi
giudici nel modo il più completo, e può ancora pro
durre un appello per migliorare la condizione del
condannato, senza che ciò costringa la Corte ad
uniformarsi alle sue vedute, o limitarsi a conoscere
dell'appello nel solo interesse dell' imputato , senza
potere aggravare la pena inflitta dai primi giudici.
Quando la Corte di Appello è adita nell'interesse
sociale, può valutare il merito dell appello in tutta
la sua estensione, confermare la sentenza appellata ,
o rivocarla in tutto od in parte, sia riducendo , sia
accrescendo la pena inflitta dal Tribunale corre
zionale .
E nella moderna giurisprudenza Francese ( alla
quale dobbiamo pur troppo prestare forzato omag
gio, poichè abbiamo leggi procedurali di puro san
gue Francese ) si accetta costantemente il principio
che quando il Pubblico Ministero interponga appello
contro un condannato dai giudici inferiori lagnan
dosi che ei sia stato colpito da troppo mite condanna ,
la Corte investita in tal guisa della giurisdizione su
quel processo esercita una giurisdizione illimitata :
ed acquista balia di proclamare e ordinare ciò che
VOL . IV . 30
466

essa trova giusto, sia che torni ad aggravio, sia


che torni a maggiore benefizio dello imputato : e
così mentre l' Ufficiale ricorrente chiede una pena
più grave la Corte può dichiarare non dovuta al
cuna pena, prosciogliere l'accusato, e liberarlo an
che dalla pena a lui inflitta dai primi giudici . E que
sta tesi io sostenni con plauso nel 1840 anche in
faccia ai Tribunali italiani. Possono vedersi in questo
senso i giudicati seguenti .
CORTE DI METZ 3 giugno 1822.
CORTE DI CASSAZIONE 4 marzo 1825 affaire
Autard .
CORTE REALE DI PARIGI 9 novembre 1829.
E quantunque Boitard elevasse qualche dubbio
su questa dottrina, pure abbiamo per certo che la
sua opinione non ebbe seguito nella pratica Fran
cese ; e certi ne siamo per i numerosi giudicati che
continuarono a rispettare la massima della sconfi
nata giurisdizione onde nel REPERTOIRE DU JOUR
NAL DU PALAIS mot appel, chap. 5, sect. 6, n. 299
recisamente si afferma che la opinione di Boitard
n'est pas suivie dans la pratique. E al n. 298 del
supplemento ivi Décidé, dans le même sens,
que l'appel
ľ a minima du ministère public soumet
au juge du second degré la question entière, et
lui permet d'aggraver ou de diminuer la peine,
et même d' acquitter le prevenu COLMAR 27
août 1855 affaire Fest.
E poichè il nostro codice di procedura penale ,
obbedendo ai sommi principii relativi alla teorica
della giurisdizione, ha riconosciuto e proclamato
nell' art. 403 la individuità della giurisdizione della
Corte anche quando essa è eccitata da un coimpu
467

tato ; cioè da un privato che agisce nel solo suo


particolare interesse, poco vi vuole a riconoscere
l'applicabilità di quelle dottrine anche sotto le ve
glianti discipline quando la giurisdizione fu eccitata
dal pubblico Ufficiale che sempre agisce nell'inte
resse della legge e della giustizia, e come rappre
sentante di tutti i consociati .
Io credo pertanto che repugni subordinare la giu
risdizione della Corte ad un mero opinamento dei
giudici subalterni : credo che repugni mettere la
giustizia pabblica in una situazione contradittoria,
per la quale si vegga proclamato che un identico
fatto è delitto e non è delitto nel tempo stesso : credo
che quando il Pubblico Ministero ha invitato una
Corte a dire ciò che crede vero e giusto in un
processo correzionale quanto alla questione dello
invio, la Corte sia divenuta sovrana arbitra di emet
tere ( nel cerchio del fatto denunciato ) intorno alle
sorti di quel processo tutte quelle ordinanze e di
chiarazioni che crede comandate dalla giustizia im
personalmente guardata, e senza limite o restrizione
di sorta .
Tale è la mia opinione in senso di verità.

Pisa 20 ottobre 1873.


X.

LE TRE CONCUBINE
LE TRE CONCUBINE (1 )

1. non intendo sciogliere problemi importantissimi


di diritto costituendo o di diritto costituito. Mio solo
intento nel dettare queste pagine è quello di accen
nare le questioni e dirne il pensiero mio, salvo a
modificarlo ove l'altrui miglior senno me ne mostri
lo errore.
I.

La situazione.

Nelle attuali condizioni di Italia abbiamo tre fog


gie di concubine
1.° - la concubina vera e propria
2.0 la concubina in senso civile
3.° la concubina in senso canonico .
1. La concubina vera e propria è quella che tale
dichiarasi congiuntamente dalle leggi canoniche e

(1 ) Discorso letto nel R. Istituto Lombardo di Scienze e


Lettere alla tornata del 6 novembre 1873.
472

dalle leggi civili: è la donna nubile che vive coniu


galmente con un uomo senza mettersi all'ombra ne
del sacramento, nè del contratto. La situazione di
costei in società è completamente anormale. Guar
data con disdegno nelle società rigorosamente mo
rali, rejetta dal tribunale ecclesiastico, non guaren
tita dalle leggi civili, questa infelice non ha altra
legge che l'amore , non ha altro patrono che l'amo
re, non ha speranze in altro che nell'amore . Ella
vive di amore, e finchè questo le sorride tollera in
pace la sua condizione. Però non può dirsi che nep
pure costei quando onestamente serbi la data fede
sia totalmente fuori dalla legge del diritto. L'auto
rità ecclesiastica la protegge quando al tribunale di
penitenza impone all'uomo che l'ha sedotta di con
darla all' altare costringendolo a ciò con le sanzioni
religiose. Anche l'autorità civile che in altri tempi
la conosceva soltanto per sottoporla a criminali san
zioni , ha dimesso oggi questo inutile rigore ; ed anzi
le presta talvolta la sua protezione quando trovasi
nelle condizioni di aver ragione ad una denuncia
di stupro .
La sua prole nei rapporti sociali è anche essa
infelice, ma pur non tanto che uno sguardo di com
passione non volgasi verso di lei. Il sacerdozio usa
non sempre invano i propri mezzi per indurre i
genitori a legittimare la condizione . E la legge ci
vile ( codice civile art. 744 ) esplicitamente ricono
sce in lei il diritto agli alimenti e ad una quota di
successione quando possa accertare la sua progenie.
2.• La concubina in senso civile è colei che in
obbedienza al rito religioso giurò fede dinanzi l' al
tare all' uomo che accettò per compagno nella sua
AL
473 -

vita, ma non aggiunse al vincolo ecclesiastico la so


lennità del contratto civile. Costei in faccia alla
Chiesa è moglie legittima: ma nell'attuale reggi
mento di Italia è considerata a tutto rigore di ter
mini come una concubina . Essa nel punto di vista
morale niente ha ragione di addolorarsi. Le società
oneste ( vogliasi o no ) la reveriscono e l'accolgono
come ogni altra matrona, nè avvi mano che schi
filtosa si arretri al contatto della sua mano. La
chiesa la benedice e la riceve nella comunione dei
fedeli. Soltanto l'autorità civile non piglia cura di
lei ; non le accorda diritti di alimenti nè di suc
cessione ; non le porge mezzi coattivi quando per
l'incostanza del suo compagno trovisi abbandonata,
ed anzi al disertore del suo talamo somministra
protezione legale : ed è assai se in caso di abban
dono concede alla donzella deflorata mercè l'arti
fizio del matrimonio ecclesiastico la querela di stu
pro, che senza esitazione largisce alla semplice des
ponsata. Dico è assai, perchè avvi pure chi fa sem
bianza di dubitare ( io no certo ) se il matrimonio
ecclesiastico quando ha servito di mezzo allo sta
pro costituisca la seduzione occorrente a renderlo
criminalmente perseguitabile : quasichè la fede giu
rata all'altare per tradire una innocente donzella
debba tenersi in conto minore della promessa di
matrimonio non adempita ( codice Sardo art. 500 )
o dei solenni sponsali contratti con una fanciulla
( codice Toscano art. 298, S. 1 , lett. a ).
La sua prole nella società degli onesti non si
trova rejetta o stigmatizzata come quella della con
cubina vera, ed è per conseguenza assai meno in
felice. La Chiesa la tiene per prole legittima, e non
474

la colpisce di irregolarità. Ma sotto il punto di vista


dei diritti civili , in faccia alla legge laica essa è
completamente parificata alla prole della concubina
vera : non un grano maggiore, non un atomo meno
di protezione .
3.° La concubina in senso canonico è colei che
nata nella comunione cattolica ( o in altro culto ri
conosciuto ) si è posta in regola con tutte le forme
del matrimonio civile senza procacciare alle sue
nozze la sanzione della autorità ecclesiastica adem
piendo ai riti della Chiesa alla quale appartiene.
Costei ha tutta la sicurezza della indissolubilità del
nodo in faccia alle leggi civili ; ha tutta la sicu
rezza dei suoi diritti patrimoniali ; nessuno può im
punemente motteggiarla, respingerla, o attribuirle
una situazione equivoca. Soltanto l'autorità eccle
siastica al suo tribunale la giudica diversamente, e
non si adatta a riconoscere in lei una moglie legit
tima ; e i credenti cattolici la guardano come vit
tima di un errore e degna di compassione. Ma niente
ella soffre materialmente da ciò, come niente soffre
la sua prole ( fintantochè dura il presente ordine di
cose ) nel punto di vista dei suoi interessi civili. A
questa peraltro rimane addosso il peso della irre
golarità quante volte voglia avviarsi agli ordini ec
clesiastici ; perchè la chiesa non può transigere, e
non può distinguere ; nè riconoscere legittimità di
nascita dove mancò il sacramento.
- 475

II .

Le cause.

Descritte in tal gaisa le differenziali dei tre con


cubinaggi che abbiamo in Italia, fermiamoci un
istante ad esaminarne le cause.
1.° Le cause del concubinaggio vero sono sem
plici, sempre uguali nei varii tempi, e nei varii
luoghi : ed antiche quanto la storia del matrimonio.
Dalle coppie meno oneste si cerca il sodisfacimento
dei sensi o dei respettivi bisogni, senza guardar
più in là. Queste tutte intente alla materialità strin
gono una unione precaria che non ha niente di no
bile e di ideale : godono il presente a seconda dei
comodi loro ed alle conseguenze non avvertono. A
queste non fu pronubo spesse volte neppure l'amo
re ; ma un desiderio carnale da un lato che senza
profanazione non potrebbe chiamarsi amore ; e l'am
bizione, l'avidità, e l' oziosaggine dall'altro lato. Per
le coppie più oneste tale concubinaggio si guarda
come una preparazione ad un matrimonio futuro ;
il quale si considera come un avvenire più o meno
probabile, o più o meno remoto ; ma ritardasi per
cagioni tutte transitorie e alligate alla condizione
personale della coppia od a certe idee che non an
cora si determina a vincere. Ora l'ostacolo ed il
ritardo alla definitiva legittimazione di quel con
sorzio sorge dalla disparità dei natali, ora da un
infausto legame ; ora non si vuol perdere un legato
o una prestazione soggetta al vincolo della vedo
vanza ; ora si aspetta la morte di qualche congiunto
476

ostile alle nozze : spessissimo ancora l' uomo sta


.
incerto sulla fedeltà della sua compagna, e vuole
farne esperimento serbando in sua mano la libertà
del congedo. A queste cause è difficile che la so
cietà opponga uno ostacolo ed un riparo. I pro
gressi del giure punitivo che hanno rettificato la
nozione del delitto , ed ormai , vinto per sempre lo
errore di chi voleva confonderlo col peccato, più
non permettono di rinnuovare le antiche pene con
tro la fornicazione, e contro il concubinaggio . A que
sta prima forma solo freno può essere il sindacato
morale dei cittadini .
2.° Le cause del concubinato in senso civile sono
ancora esse multiformi. In Italia larga cagione di
condurre coloro che avevano stretto connubio col
rito ecclesiastico a non procedere al contratto ci
vile è stato per qualche tempo un pregiudizio re
ligioso che poco a poco si va diradando. Dalle più
timorate coscienze dei cattolici si è creduto che
con aggiungere al matrimonio ecclesiastico il rito
civile si prestasse alla potestà laica un omaggio
che fosse sacrilego, ed oltraggioso alla Chiesa ; si
insinuarono in certa guisa le idee dell'antico vas
sallaggio, e parve si violasse il precetto nemo po
test servire Deo et Mammonae, se dopo avere ot
tenuto alle nozze la sanzione del Ministro di Dio
si fosse riconosciuta bisognevole una seconda san
zione dal Governo quasi complemento della prima :
senza riflettere che il peccato si costituisce dalla
intenzione, e che colui il quale ha puntualmente
obbedito ai precetti della Chiesa per i fini di sua
coscienza non cade in peccato se ai fini degli in
teressi personali si adatta ancora alle esigenze del
- 477

la legge dello Stato che niente detrae alla santità


del fatto precedente. Vincere queste cause spetta
al sacerdozio illuminato e scevro da fanatismo o
da spirito di partito. E giova sperare che questa
prima causa del concubinato in senso civile non
sarà fra poco che una reminiscenza storica. Ma di
questa seconda foggia di concubinato vi sono altre
ragioni che non saranno superabili con altrettanta
facilità . Tralascio le cause che nascono da acciden
talità individuali , come la mancanza dei mezzi per
pagare i dazi governativi : o l'ostacolo di qualche
impedimento civile ; o la veduta di non perdere
qualche lascito subordinato alla condizione di ve
dovanza. Di siffatte cagioni eccezionali, le prime due
si vengono rimuovendo dalle consociazioni sponta
nee di privati cittadini costituite a questo generoso
fine ; e la terza è ormai demolita dalla giurispru
denza che ha riconosciuto la violazione del vincolo
testamentario anche nel matrimonio semplicemente
ecclesiastico : giurisprudenza che io approvo sotto
il punto di vista giuridico ; giurisprudenza che in
certe condizioni può avere una utilità politica : ma
non può nascondersi che essa in altre condizioni
forse servirà a convertire in concubinati veri molti
concubinati che altrimenti sarebbero stati pura
mente civili. E di ciò basti un cenno .
Altra causa del concubinato civile ha sua radice
nella malizia dell' uomo ; questa ha dato forse oc
casione nei primi tempi del sistema novello a pa
recchi matrimonii ecclesiastici non susseguiti dal
contratto civile, ma è causa che può considerarsi
come transitoria perchè reca la sua medicina in se
stessa . Uomini dissoluti che si erano accesi del de
478

siderio di aver copia di qualche onesta zittella sen


za legarsi per la vita, sfruttarono la inesperienza
di lei ed anche la ignoranza della famiglia, conda
cendo la vergine all'altare ed al talamo senza la
guarentigia del contratto : e quindi abbandonarono
la loro vittima per correre a nuovi amori, o spe
culare sopra un matrimonio civile. Questi fatti fu
rono in salle prime assai frequenti, e rimasero im
puniti . Ma essi , come ho detto, recarono in sè stessi
la medicina propria e si convertirono invece in
cause produttrici di effetto opposto. Perpetua vicen
da delle umane cose che mentre troppo spesso dal
bene deriva un male, sovente dal male derivi un
bene. Lo esempio di qualche fanciulla siffattamente
tradita si divulgò necessariamente nelle vicine lo
calità, e valse più assai di qualunque legge a ren
dere caute le giovani ed i genitori loro a non per
mettere il complemento delle nozze senza la gua
rentigia dello intervento del Sindaco. La ignoranza
della scindibilità del nodo ecclesiastico tollerato ma
non protetto dalle autorità laiche non è oggimai
più supponibile neppure nelle infime classi del po
polo. Se dunque avvengono tuttora le omissioni del
rito civile e sono seguite poscia dall'abbandono,
bisogna dire che ciò è avvenuto per comune con
senso,> e perchè anche la femmina ha voluto scien
temente questo stato precario, al modo stesso che
lo vuole scientemente la concubina vera ; ed a tor
to costei si atteggia alla sembianza di vittima.
Avvi però di quella situazione equivoca un'altra
causa più permanente e più vasta nei suoi effetti,
la quale ha radice nel disposto immutabile della
legge ; e questa causa è l'amore verso la prole ot
479
tenuta da un primo letto o verso congiunti di san
gue teneramente amati : sentimenti che onorano
chi li nutre nel petto, e che non potrebbero ripro
varsi da chi rispetta il senso morale. Le antiche
leggi civili sulla successione avevano generalmente
credato abbastanza tutelati i diritti del coniuge su
perstite nel concorso del figlio superstite, quando li
avevano subordinati alla condizione del bisogno.
Oggi è piaciuto altrimenti, e l' art. 753 stabilisce in
modo assoluto che un secondo marito od una se
conda moglie ( per quanto ricchissimi in proprio di
beni di fortuna ) rapiscano alla prole di primo letto
del coniuge defunto una cospicua parte del retaggio
materno o paterno. Non è qui luogo a discutere
questa novità, e soltanto mi permetto di disappro
varla senza esitazione ( 1 ) . Lo andazzo dei nostri

(1 ) Nè posso fermarmi a contemplare seriamente il pen


siero di coloro che questa novilà volessero sostenere come
lodevole perchè lo assicurare la successione al copiuge quan
luoque ricco riesca allettamento alle nozze . La moralità di
Roma pagana non escogitò mai nelle leggi de maritandis
ordinibus lo spoglio della famiglia per soddisfare alla sele
della frequenza di malrimoni . Orribile e disumana argomen
tazione sarebbe cotesta . Il talamo e la bara unificati in un solo
desio ; in una sola speranza : i giuramenti di amore , e il
desiderio di morte . Da un lato amplesso di affetto purissimo ,
dall ' altro amplesso che palpa le carni della donna amorosa
per calcolare quanto abbia prossima l'ora dell'agonia . Il
palpito bestiale dello eredipela ,> e il palpito soave dell'amanle.
Cosa avvi di tanto immorale, di tanto ributtante, quanto il con
nubio di siffalte passioni ? Che la donna calcoli sullo avve
nire economico del marito , è ben saturale e legittimo , poichè
per lei è questione di avere da vivere. Ma il marilo ricco
480

tempi sembra che da ogni lato abbia inteso a far


dimenticare che base del matrimonio dovrebbe es
sere soltanto l'amore : ed a favorire li avventurieri
che fanno delle nozze una speculazione pecuniaria.
L'odio contro i matrimonii venalizi dell'antica sa
pienza sembra pur troppo non essere oggi che una
reminiscenza storica. Dopo avere arricchito la fem
mina con l' uguale reparto nelle eredità, si è voluto
che della sua locupletazione ( bisognoso o no ) go
desse il marito una parte cospicua anche a pregiu
dizio dei figli legittimi . E sia così, poichè cosi si
volle . Dico soltanto che questa è per fermo e sarà
sempre una buona e gagliarda ragione a rendere
moralmente impossibile in molti casi il passaggio
dal matrimonio ecclesiastico al matrimonio civile.
Se una vedova fornita di beni di fortuna passando
a seconde nozze con un ricco signore mi domanda
consiglio sulla convenienza di celebrare il matrimo
nio civile, io sento e sentirò sempre il dovere di
avvertire costei che con tale atto essa a danno dei
figli di primo letto consumerà uno spoglio irrepa
rabile di quella sostanza dotale che a loro è forse
necessaria per sostentare la vita, ed alla quale essi
hanno col nascere quesito un diritto per la provvi

che specula la duplicazione del suo patrimonio mercè la ipo


crisia di un santo amore , è per me un Mezenzio ; è un pia
rata , e peggio . E poi si piangono le immoralilà del secolo
morenle ! E poi si deplorano gli affranti vincoli della farni
glia . Auspice l'avarizia , imepeo non è più una divinità cele
ste : è una deità infernale coronata di serpi . Trista la pru
denza di quel legislatore che spinge i cittadini alle nozze col
desiderio di condurre la donna non al lalamo ma al sepolcro.
181 -
denza dell'avo loro : e questo spoglio consumerà a
beneficio di uno straniero già forse favorito ad esu
beranza dalla fortuna. E se quella madre amorosa
erudita di questo fatto si ostinerà a rimanere una
concubina civile piuttostochè condurre alla miseria
il suo pargoletto, io non potrò che lodare il cuore
di quella madre . Ricusarsi al rito civile in simili
situazioni è una necessità creata dalla improvvida
legge ; è a rigore di termini lo adempimento del
più sacro di tutti i doveri per parte del coniuge
binubo che non sia affatto miserabile e che abbia
figli di primo letto.
E se l' altro coniuge vorrà insistere per adem
piere il rito civile si troverà presto costretto al si
lenzio quando si udrà rinfacciare di essere un vile
eredipeta .
E come potranno i terzi arrogarsi l'autorità di
turbare la pace di quella famiglia imponendole il
matrimonio civile ; e cosi creando diffidenze fra i
coniugi, disaffezione dei figli verso il patrigno o verso
la matrigna, gettarvi il seme di antipatie che pos
sono essere feconde di più gravi disordini !
Oh ! grande virtù dei moderni Soloni ! Essi vo
gliono che corriamo per una via e attraversano
per quella inciampi ed ostacoli . E perchè noi ci ar
restiamo vorrebbero ora venirci alle spalle con una
sferza per costringerci a correre e romperci il collo.
Se lealmente volete da noi il contratto civile lascia
teci liberi di dare a quel contratto quelle condizioni
oneste che meglio ci piacciono, e che meglio si
adattano agli interessi ed alla pace delle nostre fa
miglie. Abolité l'art. 1380 e l'art. 954 del vostro
codice civile ; che avete copiato dall'art . 1389 e
VOL. IV , 31
482
dall'art. 791 del codice Francese senza avvertire
che gli articoli Francesi niente avevano d'incon
veniente in quella legislazione, ma diveniva iniquo
e disumano nella vostra quando avevate ammesso
il coniuge ricco ad usurpare ai figli una porzione
del retaggio materno o paterno. O abolite questa
successione contro natura ; o rendeteci quella libertà
alla quale ci avevano abituato i nostri padri, i nostri
avi, i proavi nostri : i quali sapientemente avevano
nella occasione dei matrimonii permesso ai con
traenti di sistemare con certi modi e con certi limiti
e condizioni li interessi futuri delle famiglie : e ciò
avevano appunto permesso per il santo fine di fa
cilitare le nozze, e per impedire che le medesime
recassero frutto di invidie, maledizioni e discordie.
Ma ciò non si attaglia allo intendimento vostro ; che
fu di erigere un edifizio magnifico al quale si desse
la intitolazione di tempio della libertà, ma che poi
fosse una officina di pesanti catene facendone sa
cerdoti gli organi del potere esecutivo.
La sapienza degli antichi proibì le donazioni fra
i coniugi, ne se se invicem mutuo amore spolientur
et ne matrimonia venalitia fiant : e voi volete im
porre il mutuo spoglio coatto ; e volete imporlo con
l'aiuto della vostra perpetua Egeria, la prigione.
È giusto che la legge protegga i diritti dei figli
nascituri, perchè la procreazione della prole è un
atto volontario ; e da questo per legge di natura
nascono dei rapporti obbligatorii tra i genitori ed i
figli, e queste non sono persone capaci di contrat
tare Laonde è bene dovere che stipuli a loro favore
la legge ; e stipuli in modo inalterabile.
483

È parimente giusto che al coniuge superstite la


legge dia guarentigia di diritti sul patrimonio del
coniuge predefunto quando il coniuge superstite
versa in condizioni di inopia. È giusto ciò, perchè
sarebbe osceno contrasto il mandare attorno limo
sinando una persona che fu accolta nel seno di opu
lenta famiglia. E giusto ciò ad onta di qualsivoglia
rinunzia, perchè la sopraggiunta inopia riduce il
VELLE al non velle. È giusto ciò, perchè qualunque
patto contrario sarebbe un patto sugli alimenti fu
turi, il quale è riprovato dalla morale e dalla legge
di natura, e da tutte le leggi civili proscritto per la
patente ragione che la rinuncia agli alimenti è una
rinunzia alla vita ; e il diritto alla vita è inalienabile.
Ma dove è la immoralità, dove è il pubblico danno
in una convenzione mercè la quale due persone
libere di disporre dei propri averi , e fornite di larga
fortuna, regolano con certe cautele e solennità le
sorti dei respettivi patrimonii nel solo punto di vista
dei reciproci rapporti obbligatorii ? Dove è la immo
ralità in un patto col quale gli sposi rispettati i di
ritti dei figli, ed i diritti della povertà, vengono a
dire che essi stringono il nodo nella sola veduta
dell'amore comune e del mutuo soccorso, respin
gendo la idea di ogni speculazione venale ? Io sono
ricco e tu sei ricca ; restino nostre in perpetuo le
nostre ricchezze. Si congiungano le nostre persone,
ma restino separati ora e sempre i nostri patrimo
nii, nella piena e libera nostra disponibilità. Dove è
la immoralità di cotesto patto ; e dove la moralità
di creare una indisponibile a favore del coniuge
ricco ? Tu ed io abbiamo congiunti che ci sono cari ,
nè vogliamo che il nostro nodo torni a rovina di
484

loro . Non vogliamo comperare il nostro reciproco


amore a prezzo dell'odio dei nostri congiunti . Dove
è la immoralità in questo affetto legittimo ?
Perchè mai se la società coniugale deve essere
un contratto, questo contratto di società dovrà es
sere meno libero di tutte le altre società che si
stringono fra persone le quali godono la libera con
trattazione ? Non è per certo leonina la società dove
le condizioni si stipulano con perfetta uguaglianza
fra tutte le parti contraenti . Non vi è ragione di
interdire quelle condizioni che niente riguardano i
diritti dei terzi , ma 'soltanto i rapporti obbligatorii
reciproci dei contraenti nel mero punto di vista
patrimoniale.
Fu certamente eccessiva la durezza dell'antica
Roma che derogando ai prischi provvedimenti di
Romolo lasciò deserto di ogni protezione il coniuge
superstite. Fu salutare la equità del Pretore che in
mancanza di qualunque congiunto di sangue volle
escludere dalla successione intestata del defunto la
rapacità del fisco, ammettendo alla bonorum pos
sessio il coniuge superstite con l' editto unde vir et
uxor : tutela pietosamente confermata da Teodo
sio e Valentiniano sempre ad esclusione
del fisco : leg. 1 , C. unde vir et uxor. Fu lodevole
la pietà di Giustiniano che alla vedova prov
vide ( anche a dispetto di un testamento ) con una
quota di successione quando fosse assolutamente
povera ed indotata , quia non patitur coniugalis
amor , ut uxor egestate laboret, filii vero totam au
ferant hereditatem . Furono prudenti i successivi
statuti che in vario modo e con diverse misure tu
telarono li interessi del coniuge superstite subordi
485

natamente a queste due condizioni della esclusione


del fisco e della inopia, e rendendo comune anche
al marito miserabile la protezione accordata alla
vedova, e dichiarando povero anche colui che eserci
tava profittevole industria perchè una malattia pote
va condurlo a mancare di alimenti : Strykio usus
modernus pandectarum lib . 38, tit . 11, S. 6 - Pe
rez in codicem lib . 6, tit . 18. Ma quei sapienti non
sognarono mai di assicurare una indisponibile al
marito ricco a pregiudizio dei congiunti della de
funta ; e persino ( incredibile a dirsi ) dei figli di lei .
3.° Finalmente le cause del concubinato cano
nico sono anch' esse varie e difformi in ogni loro
rapporto .
Certamente a coloro che ormai si sono legati in
dissolubilmente col rito civile parrebbe che nulla
dovesse pesare la legittimazione del loro nodo in
faccia alla Chiesa alla quale appartengono . Gli oneri
assanti e gli effetti economici rimangono inalterati :
i diritti respettivi si fanno più gagliardi per un vin
colo religioso ; mentre i respettivi doveri in niente si
accrescono. Parrebbe dunque che nessuno ostacolo
serio dovesse respingere dall'altare cotesta coppia .
Pure l'ostacolo vi può essere quando si abbia
l'accidentalità di un impedimento canonico : e tale
ostacolo è pur troppo insormontabile se l’impedi
mento non ammette dispensa. Che se esso è tale
da esser tolto mediante dispensa canonica, ma la
difficoltà nasce soltanto dalla gravezza delle tasse
dovute alla Chiesa, e dalle infelici finanze dei co
niugi, l'ostacolo è agevolmente superabile mediante
facilitazioni per parte dell'autorità ecclesiastica o
mediante sussidii di buoni amici . Tranne questo caso
486

speciale le cause che facciano preferire questo stato


di concabinaggio alla completa legittimazione del
nodo non possono essere che la miscredenza, od
uno spirito di partito che faccia sembrare viltà
l'omaggio che si presti alla superiorità ecclesiastica.
E qui si entra nel santuario delle coscienze dove
la legge civile non ha diritto di penetrare.

III .

Li in convenienti.

Lo studio della statistica va pigliando voga ogni


giorno vieppiù, ed è venuto di moda che tutte le
questioni si sciolgano con le statistiche. Ed io non
nego che quando siasi trovato il verso di formare
le statistiche in guisa che non siano fantasmagori
che, grandissima potrà essere la utilità loro in molte
questioni. Indubitato è però che le statistiche danno
frequente occasione di declamare su certi fatti pei
quali non si leverebbe il mondo a rumore senza di
quelle ; e che passerebbero inosservati , perchè niente
sentiti nella vita pratica, se non si vedessero ma
gnificati a cifre numeriche. Questo fenomeno si av
vera oggi nell'argomento che vengo trattando. Sa
ranno migliaia le coppie che vivono nello stato di
concubinato vero . Ma qui la statistica non ci morde.
Il velo misterioso che generalmente cuopre siffatte
unioni può fare trasparire dei sospetti , ma rara
mente lascia adito a positive affermazioni : e ra
ramente la differenza che passa fra la fantesca e la
concubina si può rivelare con documenti.
487 .

Il contrario è avvenuto nei concubinati civili. Qui


era facile istituire il confronto ; qui era facile alla
statistica di mostrarsi brava, e ridurre a cifre po
sitive il numero di quelle coppie le quali nelle varie
provincie di Italia vivono in stato di matrimonio in
faccia alla Chiesa, mentre agli effetti civili sono
*
nella condizione di concubinaggio . Il confronto fra
gli stati parrocchiali e gli stati civili dette il nu
mero positivo della differenziale ; e questo numero
apparve in certe provincie imponente.
Sembrò allora ad alcuno buona occasione cotesta
di mettersi innanzi , e pigliando quel numero come
bandiera si esagerarono i danni di questa foggia
di concubinato ; e magnificati i danni si credette di
avere sufficientemente eccitato le paure del pub
blico ; e con le paure il desiderio di rimedii gover
nativi : giacchè, se lo illustre Poitou nell' aureo
suo libro la liberté civile con grande verità escla
mava : nous avons été élevés dans l' idolatrie admi
nistrative. C'est proprement la maladie française,
bisogna confessare che questa malattia è contagiosa
ed è continua minaccia alla Italia risorta. Non si
osserva un inconveniente senza che si porti lo sguar
do al Governo, e si spinga quasi con piglio di rim
provero al potere legislativo, e si gridi, qui sarebbe
necessario una legge. Nè si ricorda la sentenza di
Tacito che segnale di pessima repubblica é la
moltitudine delle leggi. Le false idee che la inespe
rienza ha fatto nascere sul sistema costituzionale
continua questa tendenza, la quale si viene sfrut
tando dagli ambiziosi per la bramosia di mettersi
innanzi e con un progetto di legge prepararsi titolo
ad un impiego o ad una candidatura amministra
488

tiva o politica. Si crede, o si finge di credere, che


il Parlamento sia costituito non per guarentire le
libertà civili contro le invasioni della autorità, ma
pel fine di partorire leggi, ed a chi più ne progetta
e più precipitosamente le spinge innanzi si danno
elogi maggiori . Anche qui non si guarda alla ge
nesi di questo sistema di reggimento, e non si av
verte che se Inghilterra ne ha raccolto ottimo frutto,
ciò è derivato appunto dalla lentezza con la quale
si maturano colà le riforme legislative . Ecco dun
que pigliarsi occasione dal numero attuale dei con
cubinati civili per mettere innanzi lamentazioni e
progetti i quali o fanno ridere o fanno tremare.
Delle prime dico adesso il mio pensiero, dei secondi
farò argomento al seguente capitolo.
Nessuno può negare che la moltitudine dei con
cubinati civili sia un inconveniente. Ma io nego che
tale inconveniente abbia quella gravità che taluno
vi scorge : nego sopratutto che esso sia duraturo
e che minacci allargarsi : e nego per conseguenza
che esso autorizzi a certi rimedi eroici, voglio dire
a certe leggi repressive che da taluni si suggeri
scono, e che sarebbero vessazioni inique e violazioni
flagranti della civile libertà.
Li inconvenienti si trovano nel rapporto della
donna e nel rapporto della prole.
Nel rapporto della donna si accennano i casi di
fanciulle condotte all'altare e poi liberamente ab
bandonate dagli uomini corrotti che del sacramen
to avevano fatto infamemente un mezzo preordinato
a sedurre onesta zittella. Si è descritta a vivi co
lori la situazione di questa infelice; ma invece di
suggerire un rimedio che fosse di soccorso a quel
489

la misera si sono proposte repressioni generali con


tro chi onestamente vive nel connubio ecclesiastico,
e sebbene per sue buone ragioni voglia fare a me
no del contratto civile ama teneramente la sua com
pagna e rifugge dal più remoto pensiero di abban
donarla. Al modo stesso si vorrà proibire la fab
bricazione di scale perchè alcuni ladri si sono valsi
di scala ad invadere il domicilio privato. Ma questo
inconveniente ho già detto che è transitorio ; e qui
lo ripeto. È transitorio, perchè anche in esso si ve
rifica quel fenomeno provvidenziale che i mali siano
cure dei máli . Io credo che ( a modo di esempio )
la sifilide abbia avuto al fine di accrescere i ma
trimoni efficacia maggiore che non ne ebbero in
Roma le tanto studiate leggi Poppee . Se quello in
conveniente ha dato nel primo periodo della intro
duzione del matrimonio civile un numero di vit
time, ciò è derivato unicamente dalla ignoranza .
E questa è derivata da colpa delle autorità e dei
loro agenti, i quali quanto sono solleciti a carcerare
e a punire altrettanto sono neghittosi ad istruire il
popolo . Si credeva forse che tutti i capi di famiglia
avrebbero acquistato il nuovo codice civile, e tutti
avessero capacità e voglia di leggerlo, di studiarlo ,
e comprendere che il matrimonio ecclesiastico era
dopo il 1865 divenuto rescindibile a volontà ? Stol
tezza fu siffatta credenza ; stoltezza in una nazione
ove è si grande il numero degli analfabeti. Il volgo
vive di abitudini: nè desta meraviglia se anche
dopo il 1866 da un gran numero di famiglie e di
donzelle ignoranti si continuasse a credere il nodo
ecclesiastico più saldo e gagliardo di qualunque con
tratto . Ecco lo errore che facilitò le male arti di
490

qualche seduttore'nel primo periodo di transizione.


Se le autorità si fossero date cura di illuminare
il pubblico anche col solo affiggere alle Chiese par
rocchiali due linee di proclama che avvertissero
della solubilità del nodo ecclesiastico, la buona fede
delle fanciulle e delle famiglie si sarebbe illuminata,
lo inconveniente delle deserzioni non avrebbe avuto
la via di accadere : o quando fosse accaduto non
avrebbe meritato compianto perchè accaduto per
volontà della pretesa vittima. Quello che avrebbe
dovuto fare il Governo e non fece, lo ha fatto la
malvagità umana. Ormai la solubilità del nodo ec
clesiastico è divenuta notoria in Italia anche negli
angoli più remoti , e se malgrado questa conoscenza
le famiglie o le donzelle si adattano ad una situa
zione precaria sarebbe contradittoria a sè stessa la
autorità civile che dopo aver creato quella situazio
ne pretendesse impedirla con leggi penali : e che
mentre è tollerante del concubinato vero, volesse
farsi intollerante del concubinato civile . La conco
bina civile abbandonata sarebbe vittima della pro
pria imprudenza come lo sono migliaia di concubi
ne vere che sonosi date in braccio ad uomini senza
cuore. Da questo lato pertanto allo inconveniente si
vuol portare un rimedio eroico oggi che ne è ces
sato il pericolo, mentre si ebbe la imperdonabile
cecità di non prevenirlo quando potevasi con leg
giera fatica.
Dal lato della prole innocente vi sono pure stati
degli inconvenienti , e questi continueranno. Ma che
perciò ? Ai nati da concubinaggio vero la legge non
usa pietà, ed ha fatto abbastanza il debito suo quan
do a queste vittime dei vizi dei genitori ha gua
491

rentito ( dove riesca accertarli ) il diritto agli ali


menti ( art. 186 ) e ad un reparto nella successione
( art. 744 e segg. e art. 812 e segg. ) nella misura
e nei casi che le sono paruti convenienti. Se la
prole nata da concubinaggio vero dà una cifra di
mille paragonata alla prole di concubinaggio civile
che dà una cifra di cento, dove è la ragione di
commuoversi e ricorrere a straordinarii rimedii per
questa quando essa è a condizione parecchie volte
migliore dell'altra. La condizione migliore è irre
cusabile. Migliore in faccia alla società degli onesti
perchè ( vogliasi o no ) il mondo credente non guar
derà mai con disprezzo la prole nata da matrimonio
ecclesiastico ; e il mondo miscredente che non ha
disprezzo per l'altra non potrà averlo per questa.
La condizione è migliore in faccia alle leggi civili ,
perchè nella registrazione delle nascite non è a te
mersi che i genitori ai quali piace onestamente
vivere in connubio ecclesiastico vogliano registrare
il nome dei figli col predicato di genitori incerti
disonorando in tal guisa i figli e sè stessi. Questa
prole dunque è a migliore condizione dell'altra,
perchè nella maggioranza dei casi essa verrà as
sistita da quella recognizione che all' altra manca
il più delle volte ; e questa le assicura un nome ed
il libero esercizio dei diritti patrimoniali bastevoli
alla sua sussistenza ed al suo benessere . E quando
a meglio proteggere questa prole si volesse con
vertire in dovere giuridico il dovere morale della
recognizione allargando il titolo di abbandono di
fanciullo, e ravvisandovi un reato contro lo stato
di famiglia, la legge giuridica niente avrebbe ad
492

opporre contro siffatta sanzione perchè si tutelerebbe


un diritto che emana dalla legge di natura.
È dunque vanità diffondersi con tante elegie sulla
sorte di questa prole. È un eccessivo governamen
talismo cercare negli esagerati infortunii della me
desima un pretesto per correre innanzi sulla via
fatale delle repressioni penali inopportune ed in
giuste ; e creando nuovi titoli di delitto dove i titoli
già esistenti basterebbero all'uopo, invadere il san
tuario delle famiglie ; ed accrescere le vessazioni e
le restrizioni della libertà civile già troppo misera
mente cresciute in Italia dal giorno nel quale ( quasi
per derisione ) si disse che eravamo liberi . E tali
sarebbero le inevitabili conseguenze che avrebbero
( nessuna esclusa ) tutte le leggi desiderate dai pro
gettisti, come adesso vado a mostrare .

IV .

I z į mi ed i i.

Gli uomini che capiscono come possa in moltis


simi casi conciliarsi la tutela dell'ordine con il
rispetto alla libertà individuale, mediante l'opera
dei buoni cittadini senza bisogno della coazione go
vernativa, la quale non sa riparare ad un male
futuro senza ricorrere ad un inale certo e presente :
gli uomini che andando più innanzi nelle loro con
vinzioni comprendono come debba ( dico debba )
preferirsi sempre il metodo preventivo al metodo
punitivo ; almeno finchè una lunga esperienza non
abbia irrecusabilmente mostrato la insufficienza di
quei mezzi : questi uomini veramente sapienti e non
- 493
affascinati dalla tremenda mania nomotetica che
invade sventuratamente oggidi parecchi intelletti e
ne perturba le concezioni, non si sono dissimulati
li inconvenienti del concubinato civile che ha preso
in questi primi sei anni delle nuove leggi matri
moniali larghissime proporzioni in alcune provincie
di Italia. Ma guardando questo fatto con mente più
fredda e meno preoccupata dalla voglia di rego
lamentare, hanno capito che siffatto inconveniente
era transitorio ; che con la istruzione del popolo si
sarebbe venuto di giorno in giorno diminuendo quel
numero, e che a questa diffusione di lumi bastava
la forza privata costituita in private associazioni ,
aiutata e protetta indirettamente anche dal Gover
no, ma con mano occulta e non con la pesante mano
che sa maneggiare soltanto le carceri e la birraglia.
I pubblici fogli hanno già fatti certi che in alcune
provincie l'attività privata ha già prodotto buonis
simi effetti ( 1 ) spingendo numerose coppie al rito

( 1 ) Dopo che io vergava queste linee mi è giunto il n . 190


Anno 2 del Giornale dei Tribunali di Milano ove a pag. 764
leggo quanto segue La Società in Palermo pei Dirilli Civili
dei coniugi e dei figli, sino al 31 luglio prossimo passato ha
prodotto all ' Ufficiale dello Stato Civile 514 incariamenti di
matrimonio , 378 di riconoscimento di figli naturali, e 8 alli
di notorietà redalti dai Prelori ; al Pubblico Ministero 55
incartamenti di tardiva iscrizione di alti di nascita e morie , 62
di reltificazione di atti di nascita matrimonio e morte, e 5 per
>

dispensa dai vincoli di affinità e di parentela per malrimoni.


Gran mercè : che mentre certi omicialioli dai loro scrilloi
corrano in cerca di inconvenienti che diaco loro pretesto a
moltiplicare titoli di delilli, punizioni, e catene, il buon senso
degli Italiani mostra come possa a tali inconvenienti ripa
494

civile : i quali frutti dell'opera cittadina si allargano


di giorno in giorno, e bastano a farci tranquilli che
poco a poco, senza ricorrere a pressioni tiranniche,
il temuto inconveniente si ridurrà alle minime pro
porzioni; e rimarrà soltanto dove una necessità
che non può dileguarsi ( tranne da una riforma
della legge successoria ) esige che lo inconveniente
rimanga .
Vi sono peraltro certani i quali di libertà hanno
piena la bocca senza capire in che dessa consista,
e vivono nel perpetuo errore che la libertà abbia
bisogno di leggi penali per essere mantenuta . De
rivi questo preconcetto da consuetudini che hanno
guasto i loro intelletti ; derivi dallo scanno sul quale

rarsi tranquillamente senza molestie, con la sola opera citta-.


dina. Questa non è questione di un caso speciale . È questione
generale di altissimo interesse per l ' avvenire d' Italia . Lo
scadimento delle razze laline ba principalmente cagione dallo
annientamento dell'azione dei privati tulta assorbita in un
governamentalismo universale. La grandezza delle razze teu
toviche ha sua radice nello spirito opposto ; quello cioè di
usare ogni modo per governarsi da se medesimi e procac
ciare che il governo si impacci il meno possibile nei fatti
loro. L ' Italia nel suo alluale risorgimento sta in faccia ad
un bivio dal quale dipendono le sue sorti future . Se essa re
siste al malo esempio di chi vorrebbe una libertà di puro
nome, ha in sè quanto basta per salire all'apice della gran
dezza. Il compito della gioventù italiana sta tutto qui . Che
essa comprenda la sua missione ed i suoi doveri verso la
patria : che essa non porga ascolto alle paurose suggestioni
di coloro che un popolo libero vorrebbero educare alle con
sueludini dispotiche per ingrandire la propria autorità . Questi
sono i peggiori nemici nostri.
495

si assidono ; o derivi da passioni o violente od am


biziose, io non voglio cercarlo ; fatto è che per co
storo a tutti i mali non ripara che un solo farmaco,
quello cioè di una legge penale : farmacia la pri
gione ; farmacisti i birri. Simili al Dott. Sangrado
( immortalato nel suo Gil Blas dallo immortale Le
Sage ) che ad ogni malattia adoperava il salasso
e tutti li infermi conduceva a ruina col depaupe
rarli di sangue, costoro se li lasciate fare avranno
presto trapiantato le abitudini dei Governi dispotici
in un Governo che spacciasi liberale ; ed in pochi
anni avranno, ad imitazione della foga ruinosa di
Napoleone III, creato qualche migliaio di nuovi de
litti che saranno flagello della libertà civile, flagello
delle finanze dello Stato, e flagello eziandio di ogni
virtù cittadina per la demoralizzazione del popolo
che è conseguenza inevitabile del troppo punire.
Costoro per giungere a rendere universale il ma
trimonio civile non hanno saputo proporre che la
solita panacea ; una pena corporale contro il ma
trimonio ecclesiastico celebrato senza la precedenza
del matrimonio civile . Costoro con i soliti sarcasmi
hanno gettato sopra gli oppositori la solita derisione
dicendo che questi seguitano i sofismi dei dottri
narii, i quali inneggiando alla libertà hanno stra
namente abusato della sua santa bandiera . E noi
fermi nella nostra fede accettiamo di buon grado il
nome di dottrinarii, e ravvisiamo in quella pretesa
derisione la lode e la gloria nostra, perchè il libe
ralismo non può essere che una dottrina, la santa
dottrina giuridica. Noi lo accettiamo questo nome
purchè li avversari nostri cessino dallo assumere
ipocritamente il nome di liberali, cessino dal dare
496

ad intendere che essi credono santa la bandiera


della libertà ; e si dichiarino come veramente sono
despoti che vogliono tutti soggetti alle volontà loro,
e niente altro che despoli.
Cosa è difatto il liberalismo ? Hanno essi propo
sto a sè medesimi tale questione tutti coloro che si
vendono al pubblico col nome di liberali ? Io credo
positivamente che no : e la torre di Babele comin
cia di qui .
Vi sono dei liberali religiosi che si credono libe
rali perché sanno ripetere con intrepido volto l' au
dace motto di Louvel , Dieu n'est que un mot.
Ma poi sono pronti a servire di puntello a qualun
que più efferato dispotismo militare : e sarebbero
pronti a gettare in prigione tutti gli onosti per un
sospetto, e pronti ad applicare il capestro al collo di
ogni ladro volgare. Questi sono falsi liberali che fari
saicamente abusano della santa bandiera della libertà .
Vi sono dei liberali politici : il liberalismo dei
quali tutto consiste nell'odiare il Re e nel cantare
inni Repubblicani. Ma poi farebbero plauso quando
vedessero trapiantati in un Presidente od in un Co
mitato i più esorbitanti poteri che fecero maledetto
dai posteri Filippo di Spagna : nė vi sarebbe tiran
nide, quando anche fosse invaditrice delle opinioni
e delle coscienze , alla quale non dessero appoggio
purchè la tirannide si esercitasse a nome del popolo,
cioè di una oligarchia pretesa rappresentante del
popolo . Questo pure è liberalismo falso ; ed anche
questi falsi liberali abusano ipocritamente della san
ta bandiera della libertà .
Quale è dunque il vero liberalismo ! Le menti si
purgheranno dalle nebbie che le pervertono quando
497

la storia del liberalismo sia fatta a dovere ; frattanto


la sua vera nozione non può intravedersi che da
pochi; nè può farsi lucida alla mente del popolo , il
quale con oscillazione figlia delle circostanze ora
intuona l'osanna ed ora il crucifige ai liberali, senza
mai sapere quale è la cosa che da lui si benedice
o si maledice .
Il vero liberalismo è il liberalismo giuridico. I se
guaci di questa dottrina ( sia pure dottrina ) sono
sempre fedeli alla sovranità del diritto, unica so
vranità costituita da Dio sulla terra. Ognuno sia
libero e sicuro nello esercizio della propria attività
finché i suoi atti non ledono i diritti altrui. Nes
suna coazione violenta, nessuna repressione è le
gittima se non è in modo assoluto necessaria per
proteggere un diritto aggredito o violato. Tranne
questo si eserciti da ognuno secondo coscienza pro
pria il sindacato morale, poichè appunto è un di
ritto connato all' uomo quello di manifestare le pro
prie opinioni, e di consigliare e di istruire i suoi
simili : sindacato morale senza confine, perchè que
sto è uno dei principali beni della consociazione
umana, necessario strumento del nostro perfezio
namento morale . Ma uso di forza o coattiva o re
pressiva mai dove un diritto non è minacciato.
* Ecco il liberalismo giuridico : ecco la sua bandiera
ed il suo catechismo; ecco la fede di colui che solo
ha diritto di chiamarsi liberale, e che solo può
vantarsi di combattere sotto la santa bandiera del
la libertà. Per lui la libertà è la giustizia. E questa
egli non tollera che si conculchi nè per fanatismo
superstizioso , nè per autorità di Governo, qualun
que sia, perchè Dio ci volle soggetti alla legge per
VOL . IV . 32
498

chè fossiroo liberi. Legibus subiecti ut liberi esse


possimus.
Questo liberalismo è quello che si era iniziato
in Italia nei primordi del secolo passato, e che
ebbe gagliardi e numerosi apostoli in Italia, i quali
produssero conversioni anche all'estero e nei con
sigli dei Principi, e fino alle estrenie lande di Eu
ropa . Questi filosofi rispettavano la autorità regia
mentre inveivano contro i potentati che si erano
fatti conculcatori della legge giuridica. Questi ri
spettavano la religione mentre coraggiosamente
inveivano contro i sacerdoti che per un fanatico
zelo avevano creduto che la religione di Cristo
( religione di amore e di persuasione ) si dovesse
propagare con i mezzi prediletti dalla religione di
Maometto, diffusa col ferro e col sangue. Ma men
tre questi mantenevano il dovuto rispetto al trono
e all'altare combattevano i seguaci dell' uno e
dell'altro quando con l'abuso della respettiva mis
sione volevano farsi oppressori del diritto indivi
duale. Iniziato sotto questa bandiera il liberalismo
giuridico in Italia veniva lentamente compiendo
l'opera sua : era un apostolato di pace e di tran
guillità. E la storia di quei tempi offre positivi
documenti degli effetti benefici prodotti da quei dot
trinari: e le carceri di Firenze vuote affatto di pri
gionieri sotto Leopoldo primo ne facciano testimo
nianza, e siano l' antitesi delle carceri che, quan
tunque triplicate e quadruplicate, sono insufficienti
e contenere i prigionieri sotto li odierni liberali .
Chi fosse allora venuto in Italia a predicare come
un vangelo la sentenza di quell'apostolo del dispo
tismo che è Dupont - White la liberté des
-
499

cultes est la police des cultes par Į Štat, avrebbe


eccitato o riso od indignazione , ed avrebbe per
tutta repulsa incontrata la descrizione Ovidiana
del caos .
Ma ahimè ! L'opera lenta progressiva e tran
quilla del liberalismo italiano fu interrotta o a dir
meglio minacciata di demolizione e rovina dal tur
bine della rivoluzione francese ; la quale dopo avere
simulato il liberalismo giuridico con la dichiara
zione dei diritti dell' uomo, gettossi in preda ad
uno scetticismo anarchico, e si fece conculcatrice
di tutti i diritti dell'uomo, convertendo il vantato
liberalismo giuridico nel liberalismo religioso e po
litico : minacciando tutte le sovranità senza sosti
tuirvi lealmente la sovranità del diritto, si fece
piedistallo al dispotismo militare in Francia, al ri
torno del dispotismo religioso nelle Spagne, al ri
torno del dispotismo regio nelle altre genti : insom
ma fu causa di una completa reazione della quale
l'Europa tutta porta ancora squarciato il petto e i
panni , e che ha finito per ricadere sul capo dei
nostri vicini sotto la forma del petrolio, e della
Comune.
E questa mania di regolamentarismo governa
tivo, che affatto incognito agli avi nostri si è ve
nuto introducendo ancora in Italia , questa sete in
saziabile di veder moltiplicati i delitti e le carce
razioni e tutto aspettare da una nuova legge, dalla
prigione, e dal tribunale criminale, e niente dal
l'opera della prevenzione e del sindacato morale
degli onesti, è pur essa un funesto retaggio delle
idee francesi sovraimposte alle idee italiane, delle
quali con imprudente mendacio si annunziarono
500
quelle come una fedele continuazione mentre in ve
rità esse ne erano la completa demolizione.
Forti in questa credenza noi niente ci commuo
viamo se altri intende deriderci col nome di dot
trinarii: stimiamo gloria nostra lo essere fedeli alla
dottrina giuridica ; e per quanto possono le nostre
deboli forze ci opporremo sempre con l' arme della
ragione ad ogni creazione di nuovi delitti e ad ogni
allargamento di poteri, già troppo larghi, tutte le
volte che un'aggressione alla legge giuridica non
esiga imperiosamente la novità : ed anche una volta
ripeto che falsamente si dirige a noi il rimprovero
di essere novatori. Combattendo su questo terreno
noi siamo a rigore di termini conservatori. Si : con
servatori almeno di quelle poche libertà che i de
spoti avevano lasciato ai padri nostri .
Se vuolsi lealmente inaugurare il regno della
libertà ampliando le vecchie tolleranze anzichè rui
nare anche queste nel letto di procuste del gover
namentalismo, bisogna ricondurre il nostro movi
mento sotto il vessillo della fede giuridica, perchè
il trionfo della libertà sulla terra altro non può es
sere che il trionfo della giustizia per tutti.
Il rovescio di idee del quale fu madre la rivolu
zione francese è la genesi di tutte le catene che
dorate sotto lo ipocrita nome di libertà ricingono
adesso i cittadini di Italia. La vita del cittadino
Italiano è condotta a tale che dal primo momento
in cui nasce fino al giorno della morte, ed anche
dopo la morte quando fatto cadavere è portato al
sepolcro, inciampa sempre nel Procuratore del Re.
Pochissimi sono gli atti della nostra vita che pos
sono oggi consumarsi con animo tranquillo e senza
501

il sospetto che la mano del Procuratore del Re vi


si intrometta. Rimangono piccoli pertugi a compiere
questa tela di schiavitù ed a renderla impermeabile.
Ed ecco che con arti insidiose si studia ogni mezzo
per chiudere anche questi pertugi, sicchè sia proprio
completo il sacco di ferro nel quale si vuol chiudere
tutta la vita del cittadino Italiano . Rimangono im
muni alcuni atti religiosi, ed ecco tutti gli sforzi
convergere per diverse vie a questo obiettivo. Oggi
non parlo che del matrimonio : degli altri ho detto
altrove ed altrove dirò. Si è scritto a grandi parole
nelle sale di Assise la legge è uguale per tutti, e
si lotta per fare in guisa che non sia uguale giam
mai ; ma sia invece uguale per tutti la schiavitù
dell' arbitrio, che è nemico della legge come il de
monio di Dio. Si è gridato a squarciagola come pro
gramma delle libertà italiane libera Chiesa in libero
Stato, ed ora si reca innanzi come un dogma la
bestemmia di Dupont-White che la libertà dei
culti significa che tutti i culti siano soggetti alla
polizia dello Stato. E si vedono giornali che cre
donsi ingenuamente liberali accogliere incautamente
declamazioni contro il liberalismo vero propagatrici
del falso liberalismo. La torre di Babele comincia
di qui . Sempre mistificazioni del povero popolo : sem
pre parole sonanti in un senso ; e fatti contrari .
Il popolo che non comprende li arcani di questa
lotta subisce il suo naturale istinto di correre ansioso

verso colà dove trova protetta la libertà individuale,


e di pigliare in odio tutto quello che la osteggia.
La storia non mentisce .
La coscienza del diritto è istintiva nell'uomo : ed
è per conseguenza istintivo nelle moltitudini l'odio
502

avverso chi conculca il diritto, e la reverenza verso


chi se ne fa sostenitore. La plebe Romana, che nei
primi cinque secoli della Repubblica compi la pro
pria emancipazione mediante una saggia e progres
siva elaborazione della ragione giuridica, idolatrò i
suoi tribuni . Nel primo periodo dell'impero pagano
altissima fu la venerazione per i giureconsulti e la
potenza loro, perchè nei responsi loro ultimo rifugio
trovò il diritto per ogni dove minacciato. Per uguale
impulso sotto li Imperatori di Oriente giunge al suo
apogeo la potenza dei Vescovi , ai quali Giustino
confida la vigilanza delle prigioni e la protezione
dei carcerati .
Nel medio evo la libertà si rifugia sotto la ban
diera della Chiesa : questa osteggia le tirannidi dei
potentati e le soverchierie dei Baroni, protettrice
sempre degli oppressi : e la Chiesa diviene poten
tissima e lo zelo religioso salisce al colmo. Poscia
nelle Spagne ed in Francia le autorità ecclesiasti
che fanno brutta alleanza con la tirannide ; ed ecco
germogliare ed allargarsi la incredulità ; ed il po
polo ricovrarsi con amorevole fidanza all'ombra
della Magistratura costituitasi intrepida custode del
la sovranità del diritto. Poscia anche questo baluar
do si demolisce dalla tirannide che incatena la Ma
gistratura al potere esecutivo : ed il popolo deserto
di ogni protezione fa appello alla propria forza, alle
armi , al sangue ed ai tumulti di piazza, ed inalza
altari ai martiri della libertà. Ma quando esso crede
di avere ottenuto vittoria ed inaugurato il regno
della libertà, vede da un lato i sedicenti soldati di
questa opprimere la Magistratura e rinnuovare le
tradizioni del vecchio dispotismo : ed allora ritorna
503
ansioso sotto la bandiera della Chiesa che si è fatta
ostile verso i potentati. Ed ecco le cause del rial
zamento dello zelo cattolico del quale fummo testi
moni negli ultimi dieci anni . Non ci illudiamo, il po
polo accorse sempre e sempre accorrerà spontaneo
sotto le ali di chi аa lui promette protezione e giustizia.
· Le ire insensate a nulla valgono contro questo
movimento perchè ha sua radice nella natura del
l'uomo. Ma queste verità non si vogliono conoscere
dagli uomini sitibondi di potere i quali non hanno
altra fede che la fede nella forza .
Per ora i nemici di ogni libertà non si sono tro
vati d'accordo sull'argomento del matrimonio ec
clesiastico. Concordi nel comune pensiero di so
vraimporre anche all'altare il Procuratore del Re
creando un nuovo delitto, per ora sono divisi fra il
progetto di punire il prete o di punire gli sposi .
Ma siate pur certi che presto si metteranno d'ac
cordo alleandosi per punire gli uni e gli altri , se il
nostro Parlamento non pone un argine a questa
belva che dopo il pasto ha più fame che pria, e
che più vede piene zeppe le carceri di cittadini, più
vorrebbe gettarne in quella voragine, finchè nessuno
cittadino italiano possa giungere all'ora estrema
senza aver fatto sperimento delle manopole e della
prigione .
lo dichiaro ( valga quello che può la mia debole
voce ) che sarebbe una iniquità tanto la punizione
del prete quanto la punizione degli sposi. Stimo mio
dovere di professare pubblicamente questa opinione
obbedendo ai principii ai quali ho uniformato co
stantemente ogni mio fatto ed ogni mio detto fino
dai primi anni della mia vita : lascio poi gli eventi
504

ai voleri di Dio, fidente nel vecchio proverbio, che


più la corda si tira, più presto si strappa. Quanto
maggiori poteri si concederanno all'idra che flagel
la l'Italia tanto più presto scoppierà la reazione ; e
tutte le teste dell'idra saranno recise di un colpo
solo con la abolizione di un ufficio che passato dal
la Magistratura al servizio del potere esecutivo ven
ne sostituendo l'autorità della forza alla autorità
della ragione ; ed è divenuto incompatibile con le
libertà costituzionali concesse , guarentite, e leal
mente volute dal magnanimo Re. Dimostro la mia
duplice tesi , e finisco.
1.º Dico che sarebbe una iniquità punire il prete
che ha celebrato un matrimonio ecclesiastico senza
aver fede della precedente stipulazione del matri
monio civile . Questa tesi è evidente. Io non distin
guo fra sinagoga, Chiesa evangelica , o Chiesa cat
tolica ;; non distinguo fra pena corporale e pena
pecuniaria : tutto ugualmente eccede i diritti delle
potestà laiche, perchè evvi aperta invasione dell'uf
ficio religioso. Il matrimonio è per i cattolici un
sacramento. Lo amministrare o no un sacramento
dipende dalla legge religiosa, e non può mescolar
sene l'autorità temporale senza invadere la libertà
della Chiesa. Voi gridaste libera Chiesa in libero
Stato, e adesso vorreste sottoporre anche l' altare
al Procuratore del Re. Questo giuoco mi ricorda i
giorni della mia puerizia quando nel 1815 vidi sco
razzare per le contrade della mia patria soldatesche
Alemanne ed Inglesi , le quali capitanate da lord
Bentinck e dal generale Stharemberg si recavano
innanzi una smisurata bandiera dove era scritto a
gigantesche lettere indipendenza italiana : e
505
poscia ..Menotti e Ricci e Bandiera e tanti
altri infelici dettero memoranda prova diquella in
dipendenza. Le larghe promesse con l' attender
corto furono sempre arti di Regno : ma non deb
bono imitarsi queste arti da un Governo costitu
zionale . Le libertà del popolo non dipendono da
qualche parola ciarlatanescamente scritta sopra una
bandiera, ma da un patto giurato fra Principe e
popolo ; da un patto che il Principe religiosamente
osserva e vuole osservato : e un diritto costituito
in un modo così solenne non può vedersi violato
da uomini ambiziosi sitibondi di porre la mano su
tatto. Una prima prova infelice fecero i nostri le
gislatori di questa velleità invasiva della coscienza
dei sacerdoti , quando pretesero elevare a delitto la
negazione dei sacramenti che il prete faceva in
obbedienza ad un comando ( non mi occapo di que .
stioni teologiche ) che a lui apponeva a peccato
nel caso concreto lo amministrarli. Quali fossero le
sorti di questa legge ormai dimenticata, tutti lo
sanno : non fuvvi Magistrato che osasse farsi giudi
ce della doverosità di quella negazione. Oggi vor
rebbesi rinnuovare la prova minacciando il carcere
al prete che amministra il sacramento quando la
legge religiosa fa a lui precetto di amministrarlo.
E dico precetto, perchè la legge religiosa in molti
casi imperiosamente comanda al sacerdote di strin
gere il sacro nodo o per tranquillizzare le coscienze,
o per impedire scandali, o per apporre un argine
alla immoralità. Ma se riuscirassi a far ciò sarà una
novella prova della impotenza di chi vuole opprimere
la libertà di coscienza . Le Magistrature si preste
ranno con riluttanza alla esecuzione di una legge
-- 506

empia. Le curie staranno intrepide sulla breccia per


eludere i vostri conati . E già sapete qual sia la
fermezza, e quale la possa di questa curia italiana,
che voi potete odiare ma non riuscirete a compri
mere mai finchè non tornino i tempi dei Reali di
Francia. Voi avete creduto avvilirci strappando dal
sacro pileo il vecchio gallone per duplicare i fregi
del vostro berretto : voi avete creduto avvilirci strap
pandoci di sulle spalle il venerato batolo, emblema
delle nostre libertà, per sostituirvi i cordoni, em
blema di un caporalismo servile : voi potete studiare
ogni modo di vessazione, ogni segno di sprezzo sul
nostro esteriore. Ma l'animo nostro non si com
prime, e rimarrà sempre nelle nostre file bastante
numero di generosi che indifferenti ai vostri favori
continueranno la battaglia per la difesa del diritto.
Se dunque i progettati abusi del Magistero penale
acquisteranno sventuratamente la forza di legge,
questo sarà un terreno di più sul quale combatte

remo; certi nella coscienza nostra che ogni nostra
vittoria sarà gloria per noi , ogni vittoria vostra vi
ribadirà sul capo il titolo di oppressori ; e che quando
avrete vinto potrete gloriarvi di avere ottenuto un
trionfo sulle libertà religiose al solo beneficio del
la immoralità .
Sì : lo dico francamente perchè lo credo e lo
sento. La legge che minacciasse carcere al prete
per avere amministrato un sacramento in confor
mità ai precetti della Chiesa sarebbe ad esclusivo
profitto della immoralità . Non dà scandalo e non
è immorale il concubinato civile ; scandaloso e im
morale è il concubinato vero. Ora se a tutti coloro
che hanno buone ragioni ( e molti ne hanno di
507

saldissime ) per ricusarsi pertinacemente al con


tratto civile, voi interdicendo il sacro rito al sa
cerdote impedite di convertire il concubinato vero
in concubinato civile, essi troveranno nella stessa
vostra violenza una scusa di necessità, e piuttosto
che prestarsi ad un contratto rovinoso per la loro
famiglia continueranno a vivere nel concubinato
vero ; e cosi continueranno una vita scandalosa e
immorale. Tale è il frutto che raccoglierete dalla
vostra legge con la quale finirete di pervertire
anche per questo lato il senso morale.
Il prete ha l'obbligo in certi casi ( e non occorre
che io li descriva, perchè non voglio farmi maestro
di giure canonico a chi lo deride) ha l'obbligo
preciso di amministrare il sacramento del matri
monio, e spesso peccherebbe se frapponesse indugio
al moribondo che bramoso di morire in tranquillità
di coscienza non può aspettare i temporeggiamenti
del rito civile ; non può aspettarli la fanciulla che
vittima di un fallo amoroso anela di dare un padre
alla creatura che porta nel seno, ed ha bisogno di
incatenare sollecitamente la volubilità dell'uomo
saziato . E voi al sacerdote, che è il solo e supremo
giudice della convenienza del sacramento, oserete
dire non puoi ; oserete dire , se obbedisci al precetto
che ti impone la tua religione ti condanno alla car
cere ? E non vedete che in tal guisa voi nobilitate
la prigionia agli occhi del popolo, e da un altro lato
lavorate per la sua corruzione riducendo a nulla
voi stessi la forza atterritiva delle vostre prigioni,
col farne asilo di gente che il popolo venera come
sante quando non hanno commesso un vero delitto.
508 -

E non vedete che con tale divieto voi profani vi


arroghereste la potestà di invalidare la legge reli
giosa. Si : deroghereste alla legge religiosa col proi
bire un sacramento che quella comanda in certi casi
di amministrare , ed impone l'obbligo di ricevere.
La cosa è evidente .
Voi avete creato impedimenti al contratto di ma
trimonio ; e fin qui siete pienamente nel vostro di
ritto ; nella sfera degli atti civili e degli effetti civili
può essere questione di convenienza, non questione
di legittimità di potere. Ma quando vorreste che il
non eseguito contratto fosse ostacolo al sacramento
voi indirettamente venite a creare impedimenti al
sacramento. E come lo potete senza invadere la leg
ge religiosa e farvi superiori a lei , anzi contradittori
e conculcatori di quella ? Se dagli impedimenti ci
vili non può dispensare che il Re ( art. 68 ) , se senza
le dispense del Re non si può stipulare contratto ;
se senza il contratto non si può celebrare il sacra
mento, è evidente che il sacramento non si può ce
lebrare senza la licenza del Re . Voi del Re fareste
in tal guisa un Pontefice massimo. E questo volete
fare non per amore del nostro Re (che il Re ga
lantuomo niente vagheggia simili usurpazioni) ma
per sempre allargare i vostri poteri, i quali assunto
una volta il nome di Procuratori del Re, vorreste
spingere a larghezza maggiore che non ambisca il
vostro rappresentato .
Io feci sempre guerra alle invasioni che lo asce
tismo fanatico voleva esercitare sul giure punitivo :
ma ho fatto e farò ugualmente guerra indefessa ad
ogni invasione che sul giore punitivo voglia fare
una falsa politica. Arte insidiosa è quella di coloro
- 509

che nel problema del matrimonio vogliono insinuare


la questione politica della conciliazione fra la Chiesa
e lo Stato. Questa è una calunnia, come è vile ca
lunnia accusare di repubblicanismo chi lotta al solo
fine di mantenere la sovranità del diritto ; al solo fi
ne di impedire che il reggimento costituzionale di
venga esoso alle genti col farsi ingiustamente op
pressivo. Anche una volta dirò che non sono nemici
al Governo coloro che si adoperano ad impedirgli
di rendersi odioso per le improntitudini dei suoi
falsi amici . Di costoro può ripetersi il vecchio adagio
dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi
Dio . Io non guardo alla politica ; non vo sapere di
conciliazione o non conciliazione . Se volessi portare
il pensiero su questo obiettivo io direi una sola pa
rola, ed è questa, che la oscillazione non diede mai
forza ad un Governo, e che in tutte le questioni
bisogna eleggere una via , e quella battere che si è
creduta migliore se vuolsi fare affermazione della
propria forza . Ma Dio mi guardi dallo entrare in
politica. La questione dello elevare il matrimonio a
delitto civile è puramente giuridica : e lo è tanto
se si studia nel concetto di punire il prete quanto se
si studia nel concetto di punire gli sposi . Potrà cam
biare la forma del ragionamento, ma la questione
è identica cosi nell'uno come nell'altro obiettivo.
La questione risale ai fondamenti del giure puni
tivo, che mai debbono essere dimenticati da chi non
tollera che la giustizia criminale si consegni alle
velleità di una sagrestia o alla spada di un Cren
neville. Può l'autorità sociale vantarsi di agire le
gittimamente quando eleva a reato civilmente pu
nibile un atto umano il quale non sia aggressivo
510
del diritto di alcuno ? No : e poi no . Questo non è
più un problema che possa discutersi seriamente
appo le nazioni civilizzate. È invece il postulato sul
quale deve costruirsi ogni ragionamento relativo alla
punibilità di un atto umano. Perchè un atto umano
possa dirsi legittimamente punito deve dimostrarsi
che quell'atto è aggressivo dei diritti altrui.
Or dunque mi si dica quale è il diritto che viola
il Parroco quando in obbedienza a tutte le leggi
canoniche amministra il sacramento del matrimonio
a due parrocchiani che lo richieggono di comune
accordo perchè hanno diritto di chiederlo. Qui sta
la questione giuridica . Di qui dipende il dichiarare
legittime ovvero tiranniche le pene che proponete. '
Si risponda.
Il prete che amministra il sacramento senza aver
ne preventiva licenza dal Sindaco viola forse i diritti
degli sposi che impetrano l'ufficio suo ? Sarebbe
stoltezza asserirlo. Viola forse i diritti delle respet
tive famiglie che accompagnano all' altare gli sposi
con festevole corteo ? Assurdo nella generalità dei
casi anche questo sospetto.
Viola forse i diritti della prole legittima che l' uno
o l'altro dei coniugi abbia ottenuto da un prece
dente matrimonio ? Ma dove sono i diritti dei figli
sul corpo dei genitori ? Che se al concetto di diritto
violato vuolsi per iperbole sostituire il concetto di
un danno patrimoniale, questo è conseguenza ine
vitabile del matrimonio civile , ma niente lo è sotto
gli ordini veglianti del matrimonio ecclesiastico : che
appunto si preferisce per nuocere il meno possibile
ai figli del primo letto ed alla vecchia famiglia col
darsi una compagnia a sollievo della vita. E ad ogni
511

modo questa sostituzione del concetto di danno al


concetto di diritto violato é antigiuridica ; perchè
damnum non videtur inferre qui suo jure utitur .
Viola forse quel Parroco i diritti della prole na
scitura ? Ma dove potete trovare i diritti pertinenti
ad esseri che ancora non esistono ; che è incerto se
mai esisteranno, e che anzi in parecchi casi è posi
tivamente certo che mai nasceranno. Logica mira
bile per la scaltrezza della insidia quella di costoro
che interdicono il matrimonio ecclesiastico ad una
donna quantunque non più in grado di avere fi
gliuolanza, velando la disumana coazione con lo ipo
crita pretesto di proteggere i figli futuri dei quali
è impossibile il nascimento ! Ma poi questa prote
zione dei figli aspettate almeno ad esercitarla quan
do avrete certezza che siano nati : ed allora eser
citatela con provvedimenti relativi al loro stato civile,
e ai loro interessi patrimoniali ; e non col mandare
in carcere il prete che congiungendo i loro geni
tori innanzi all'altare, diede a quei figli tutta la
probabilità di avere un nome ed una recogni
zione legale .
Quali sono dunque ( anche una volta ripeto la
domanda ) quali sono i diritti che viola il Parroco
esercitando un ufficio del sacro suo ministero ? Si
invocano gli usati luoghi comuni : si parla di mo
ralità pubblica. Ipocrisia anche cotesta. Sogno che
vi create nella fantasia vostra per illudere il pub
blico con parole sonanti. Io non parlo nè dei catto
lici , nè dei luterani, ne degli isdraeliti : ma dico in
generale e per tutti che la moralità pubblica dei .
credenti in una religione qualunque niente mai si
sentirà ferita al vedere una coppia che vive co
512

niugalmente all'ombra della respettiva sanzione re


ligiosa. Non giungerete mai a persuadere un cre
dente che diano scandalo cotesti sposi , o che lo scan
dalo tutto stia nella mancanza di un contratto ci
vile. Per lo contrario sarà facile che le coscienze
meticolose dei credenti nelle diverse religioni guar
dino come immorale nel segreto del proprio cuore
un nodo validato da un contratto ma disapprovato
dalla religione dei coniugi . Deh ! non parlate di mo
ralità pubblica ; il terreno vi scivola sotto il piede
quando venite a combattere con queste armi : e
quando da queste jattanze volete cogliere un pre
testo per opprimere la libertà di coscienza, e la li
bertà dei culti .
Il prete non si occupa del vostro matrimonio ci
vile tranne nella sfera dei provvedimenti canonici
che sono nel suo governo. Imitatelo coi non occu
parvi del matrimonio ecclesiastico tranne nella sfera
dei diritti civili che sono alla loro volta nel Gover
no vostro. Allora avrete mantenuto il programma
della libera Chiesa in libero Stato. Ma se invece
seguitate le velleità di una setta che si va costi
tuendo in Italia per formare un Governo dentro
un Governo, e poco a poco usurpare i diritti di
tutti , e sovraimporsi ad ogni momento della vita
privata, voi presto vi troverete ad avere attuato il
programma opposto della Chiesa schiava in un greg
ge di schiavi .
2.• Dissi non meno iniquo il progetto che vorreb
be minacciata la prigione agli sposi i quali perti
nacemente ricusino di prestarsi al matrimonio ci
vile . E qui ripeto ancora la domanda già fatta in
ordine al prete. In che consiste questo nuovo de
513

litto del quale volete arricchire il codice penale ?


Consiste nello avere ricevuto un sacramento coman
dato dalla propria religione ? Consiste nello avere
voluto convertire una relazione peccaminosa in un
vincolo onesto ? Questo è il fatto positivo che voi
vorreste punire. Ma questo fatto positivo è coman
dato dalla morale, e dalla religione, ed è una vera
empietà convertirlo in delitto. Il nuovo delitto non
può dunque consistere che nell'atto negativo del
non volere fare un contratto.
Oh splendidi tempi di libertà ! nei quali si vor
rebbe punire con la prigione la renitenza a fare un
contratto che porterebbe la rovina dei figli o la ro
vina di una famiglia . La sposa ha figli di primo
letto, e non vuole fare un contratto che spogliando
quelli per locupletare un estraneo ne riempia il cuo
re di veleno e di invidia e prepari maledizioni sulla
sua tomba. La sposa non ha figli e non è in grado di
averne : ma ha una sorella bisognosa ed amata da lei :
e non vuole col contratto spogliarla di un terzo delle
proprie sostanze a benefizio di un estraneo che è
più ricco di lei e che nulla pretende. Oppure ha una
vecchia madre bisognosa che alimentava con i frutti
di un meschino capitale e della propria industria ; e
le repugna il pensiero che mentre prematura morte
venga a privare la genitrice dei benefizi di questa,
dia inoltre ragione al dovizioso marito di spogliarla
( art. 754 ) della proprietà per un terzo della eredità
lattuosa. E questo dovrà dirsi un delitto ? Ma quali
diritti viola questo sognato malefizio ?
Viola forse i diritti dell'altro coniuge che è con
senziente ? Mai no : perchè era nelle mie facoltà di
non dargli neppure il titolo di coniuge ecclesiastico,
VOL . IV . 33
514

e se questo solo ho voluto dargli ed egli se ne è


chiamato contento , non è violato il diritto di alcuno .
Ed è vanità ricorrere alla ipotesi dello abbandono.
Questa ipotesi è eccezionale e rarissima, e se si
incontra l' abbandono da chi scientemente ne volle
correre il risico non avvi luogo all'esercizio della
difesa pubblica : e ad ogni modo al caso eccezio
nale dell'abbandono avete balia di provvedere con
repressioni penali che saranno giustificate ( quando
l'abbandono sia irragionevole ) dalla seduzione, dallo
inganno, e dalla violazione di una promessa. A que
sto fine non è necessario che vi inchiniate alla
Chiesa . Dichiarate semplicemente che le nozze ec
clesiastiche equivalgono ad una promessa di spon
sali fatta in presenza di testimoni. Voi guarentite
con ciò la stuprata senza nulla innovare gli ordi
namenti penali. E in che vi nuoce cotesto ; in che
disturba la economia del vostro sistema ? Per le
leggi penali veglianti una promessa solenne di spon
sali emessa in faccia a due testimoni autorizza la
persecuzione e la punizione per titolo di stupro. Ma
se i vostri Procuratori del Re hanno creduto che
quando alla promessa oltre i due testimoni è inter
venuto anche il prete, la promessa non sia più
promessa , chi fu colpevole di tale allucinazione ? Io
non voglio spingere più oltre le mie osservazioni,
ma è singolare che chi avrebbe avuto in mano una
legge punitiva facilmente applicabile e non l'applicò
erga lamento per la legge non applicata al fine di
procacciarne una nuova che conferisca a lui più lar
ghi poteri ! Sarà sempre meno esorbitante e tiran
nico se si consideri come meritevole di repressione
penale la violazione di un patto quando è avvenuta
515

con danno altrui , di quello che punire chi si ricusa


a stringere il patto quando l'abbandono non è an
cora avvenuto e non è neppure nel nostro pensiero.
All'obietto dei diritti della prole nascitura e dei
diritti della pubblica moralità ho già replicato testė
esaminando la pretesa colpevolezza del sacerdote . Già
ho fatto chiaro quanto sia ipocrita il pretesto di pro
teggere una prole la quale è incerto se nascerà, e
sotto questo pretesto spogliare la prole già nata. Ho
mostrato che minacciando il carcere a colui che stan
co del vero concubinaggio vorrebbe convertirlo in un
matrimonio ecclesiastico senza impoverire i con
giunti , si respinge l' animo di costui dalla resipi
scenza, e violentemente si obbliga a perseverare nel
la immoralità. Queste sono verità incontrastabili.
Quale è dunque il diritto che violano gli sposi con
appagarsi del solo matrimonio ecclesiastico ? Forse
i diritti della finanza famelica di lucrare i balzelli
imposti sul matrimonio civile ? Nel segreto pensiero
di alcuno sarà questa una buona ragione ; ma le
contribuzioni indirette non si esigono coattivamente,
e se si crede onesto e decoroso a chi va ad esigere
la pensione dell'anno nel decembre col certificato
di vita di quel mese ricusare il pagamento degli
undici mesi precedenti dello stesso anno finchè non
ha fatto constare che anche in questi undici mesi era
vivo, questi ed altri simili strattagemmi venali del
fertile ingegno dei nostri finanzieri non si spingono
fino a minacciare la prigione . D'altronde è osser
vabile che il fatto negativo di che qui si parla non
è ostativo al fatto desiderato dal Governo . Non im
pedisce il contratto e lo intervento del sindaco . Anzi
lo prepara e lo facilita ; e può essere nella inten
516

zione dei più di venire o prima o poscia alla sua


attuazione . Si costituirebbe dunque un delitto non in
una opposizione diretta, ma in un semplice ritardo
all'atto civile. Io conosco un Magistrato rispettabile
che per lunghi anni aveva seduto in una Corte del
Regno ; il quale fece il matrimonio ecclesiastico con
onorata e ricca donzella dichiarando però che non
sarebbe passato al matrimonio civile finchè non fosse
stato certo di averne prole. Egli era deciso a miglio
rare la condizione dei figli quando fosse stato certo
di averne : ma non voleva depauperare i suoi fratelli
del paterno retaggio a favore di una donna che era
più ricca di lui . Quest' uomo rispettabile avrebbe
dunque dovuto per la sua probità e prudenza chia
marsi delinquente e dannarsi alla prigione ?
Ma non è vero altrimenti che il delitto si faccia
consistere nell'atto meramente negativo. Finchè
non si retroceda tanto da ritornare alla punizione
del concubinato e della fornicazione, bisogna con
fessare che il delitto consisterebbe nel sacramento.
Questa verità è incontrastabile se si tiene conto
della nessuna punizione del concubinaggio vero ,
impunità richiesta impreteribilmente dai progressi
della scienza che non tollera la punizione del pec
cato, e dalle condizioni dei costumi dei tempi. In
questo stato di cose è evidente che un giovine il
quale tenga l'amasia appo sè come concubina non
commette delitto . Esso neppure commette delitto se
manda alla ruota degli esposti la prole ottenuta da
lei. Ma se invece da uomo di coscienza e di onore
vuol dare una posizione onorevole a quella disgra
ziata ; e vuol dare alla sua prole un nome, una
educazione e dei diritti patrimoniali esercitando
517

verso di lei tutti i doveri di padre ; se vuole farsi


tranquillo nei suoi amori mediante la benedizione
della Chiesa ; egli diventa un colpevole. Il delitto
consiste dunque nel sacramento. Questa è la vostra
moralità . Questa è la vostra libertà di coscienza ;
questa è la vostra libertà della Chiesa. Se non siete
in contradizione voi più non avvi contradizione al
mondo. Anche i Romani ebbero i due matrimonii :
la coemzione ( matrimonio civile ) e la confarrea
zione ( matrimonio religioso ) ma non sognarono
mai quei sapienti di rendere obbligatorio il duplice
rito, quantunque ( a quanto pare ) la differenziale
consistesse anche allora nella indissolubilità, ma con
effetto rovescio. Le antiche leggi conobbero in mol
tissimi imperi il matrimonio della mano sinistra, le
morganatiche, le nozze in una parola meno solenni
ed attributive di diritti minori alla sposa ed ai figli.
E le tennero come cosa buonissima ed utilissima
per porre un limite ai veri concubinati. Essi rispet
tarono i pregiudizi dei differenti natali ; essi ri
spettarono i riguardi alle suscettività ed agli inte
ressi dei figli nati da un precedente matrimonio ;
essi rispettarono i giusti timori delle discordie in
famiglia : ed al fine di conciliare questi non ripro
vevoli sentimenti con la onestà dei costumi, ammi
sero nozze meno solenni, nè si allarmarono per le
disuguaglianze che ne conseguivano .
Vi spaventa 'il numero attuale dei concubinati
civili ? Anche una volta ripeto che questo è un fatto
transitorio. Ad eliminare questo soverchio numero
usate i mezzi preventivi dileguando la ignoranza
delle infime classi . Illuminate il popolo sulle conse
guenze civili del mancato contratto. Illuminatelo sul
518

pregiudizio che sia peccaminoso il contratto ; e ve


drete le coppie a centinaia correre al Sindaco senza
bisogno di mettere in moto l'armamentario penale.
Il magistero criminale serbate soltanto per l'uomo
vizioso che del connubio ecclesiastico dolosamente
si valse come strumento di seduzione preordinan
dosi a lasciare sul lastrico la vergine tradita. Quanto
agli altri usufruite i mezzi di persuasione, usufruite
la opera dei buoni cittadini , e presto vedrete scom
parire quel numero di concubinati civili che vi reca
tanto sgomento . Un numero ne resterà senza dub
bio : ma resterà quel numero che è dovere che resti,
perchè è nel diritto ( si, nel diritto ) dei coniugi che
rimanga. Rimarrà quel numero che è comandato da
situazioni eccezionali, dall'amore verso figliolanza
precedente , o verso benemeriti congiunti : quel nu
mero che è comandato da riguardo agli interessi
patrimoniali e alla tranquillità delle famiglie: quel
numero che nessuno offende perchè consentito scien
temente da tutti gli interessati . Questo numero ri
marrà , si ( lo ripeto ) perchè è dovere che rimanga ;
e perchè voi non avete il diritto di intrudervi nello
interno delle famiglie per sindacarne gli interessi ed
i bisogni, e gettarvi il disordine e lo scompiglio.
Questo numero rimarrebbe anche a dispetto del
carcere che da voi si fosse ingiustamente e tiran
nicamente minacciato agli sposi, perchè l'onesto
padre di famiglia preferirà la carcere e la emigra
zione alla rovina dei suoi cari e della pace dome
stica. Ed io per il primo solennemente dichiaro
che sarei per fare cosi.

Pisa 24 luglio 1873.


XI.

UN NUOVO DELITTO
UN NUOVO DELITTO

Nel n. 161 , anno 2º del Giornale dei Tribunali di


Milano pag. 647 colonna 3, leggesi che l'assemblea
di Versailles nella seduta del 3 luglio 1873 abbia
ad una seconda lettura approvato una legge del
seguente tenore.
Chiunque, sapendo che è nell' impossibilità asso
luta di pagare, si sarà fatto servire bevande od
alimenti che avrà consumato in tutto od in parte
in stabilimenti a ciò destinati, sarà punito col car
cere da 6 giorni a 6 mesi, e dell' ammenda da
lire 16 a 200 .
Se trovassi questa notizia in un giornale umo
ristico non esiterei a giudicarla una satira contro
i Francesi. Ma il giornale nel quale io la leggo è
troppo serio per ammettere tale supposizione. Pia
cemi dunque fermare un istante il pensiero su
questa novità scientifica .
Dalla epoca della invenzione della moneta fino
ad oggi è sempre usato che una od altra volta si
-
522

assidano al desco degli osti o dei caffettieri per


sone che chiedano una minestra od una bibita, e
dopo averla trangugiata o se ne partano insalutato
hospite, o con bei modi e cortesi inchini dicano
pagherò domani ; e più non si vedano. Se la me
moria non mi fallisce parmi di aver letto che a
simil giuoco si dilettassero talvolta anche i cava
lieri erranti.
Li industriali hanno sempre subito questi incerti
del mestiere, nè mai la società se ne è commossa
fino al punto di sentire la necessità di fare una
legge apposita. Oggi che le razze latine sembrano
afflitte da un morbo che potrebbe dirsi nomomania ,
o nomorrea, si è trovata da quei sublimi penalisti
di Francia la necessità di una legge speciale av
verso tali fatti. Non sarebbe egli adattabile a que
sta sollecitudine il vecchio proverbio, che designava
come uomo di poca levatura colui che si guarda
dai calci delle mosche, mentre i calci dei muli lo
sfondano ? Riflettendo come ai tempi che corrono
non cessi da un lato in Italia la solita furia della
imitazione Francese, e come dall'altro lato non
manchino anche fra noi certi individui che vanno
in cerca di nuovi delitti per,darsi il merito di una
scoperta e mettersi in vista corne iniziatori di qual
che legge novella, ho stimato opportuno di mani
festare i miei pensieri su questa nuova isoletta
scoperta dai nostri vicini nell'arcipelago delle baz
zecole . E primieramente io non concordo con quanto
nel citato giornale si premette quasi per dare im
portanza a questo novello trovato -

ivi In Ita
lia è ancora molto discutibile, se in tal fatto si pos
sono riscontrare gli elementi sufficienti ad un' azio
523

ne penale. No. No : non concordo che gli osti Ita


liani siano così destituti di protezione per parte
dei nostri codici penali .
Certamente gli osti Italiani hanno assai buon
senso per non importunare le autorità quando un
miserabile ha loro scroccato una minestra da venti
centesimi od un bicchiere di vino. Ma quando gli
osti Italiani sono rimasti vittime di un danno di
qualche importanza perchè uno sconosciuto di sem
bianza signorile ha preso alloggio presso di loro,
ed ha recato un buon morso alle loro finanze la
sciandoli in secco, se a loro è piaciuto invocare la
protezione penale, questa non trovarono mai de
ficiente per mancanza di legge opportuna. Le cro
nache dei giornali giuridici e gli annali dei giudicati
presentano molti esempi pratici del titolo di frode
o di scroccheria applicato a queste mistificazioni
dei locandieri . E di vero nel fatto di chi per fidanza
di un albergatore ne ha ottenuto forniture bastanti
a creare una notula di qualche interesse, è quasi
impossibile che non si trovi l' elemento soggettivo
della frode ( artifizi o raggiri codice Toscano ar
ticolo 404 lettera f.) rigiri fraudolenti — qual
sivoglia artifizio o maneggio ( codice Sardo arti
colo 626 ) ed è quasi impossibile immaginare che
l' albergatore tradito non sia rimasto vittima di
qualche apparenza mendace. O egli conosceva l'uo
mo al quale prestava fido, e se è rimasto deluso è
vittima di sè stesso, e non ha diritto di mettere in
moto il magistero penale ; o niente lo conosceva e
deve aver prestato fede a qualche artifizio esteriore
che lo ha indotto a supporre nello sconosciuto la
desiderata solvenza. Un cencio, una esteriorità qua
524

lunque, una immutazione di nome assunto per darsi


credito, basta per la Giurisprudenza a costituire
agli occhi della giustizia punitiva la macchinazione
dolosa atta a sorprendere l' altrui buona fede : e
quando lo intento è ottenuto, ed inferito il nocu
mento all'altrui patrimonio, si va tosto alla carcere
proporzionata da entrambo i nostri codici alla en
tità del danno .
Nei casi serii, e meritevoli davvero di protezione
per parte della giustizia punitiva non vi sono la
cune da colmare nei codici veglianti in Italia.
Ma si dirà che la nuova legge Francese è desti
nata a colpire il caso eccezionale della fidanza
coatta : il caso minimo della scroccheria dei trenta
centesimi rappresentati da una minestra o da un
caffè chiesto, sorbito, e poi non pagato. Alla mia pri
ma obiezione la unica risposta che possa darsi è
cotesta. Frequenti sono coloro che esercitano quasi
come mestiero questa forma di questua coatta. A
chi chiede la pietanza o la bibita non si può di
mandare il pagamento anticipato come a chi chiede
altri oggetti . Il bottegaio a colui che chiede un pa
ne per asportarlo può dire prima i denari altri
menti non vi consegno il pane o la tela, o la car
ne, o altra cosa qualunque commestibile o no : a
chi gli chiede il bicchierino dell'acquavite non può
fare altrettanto. Se il primo resta deluso è vittima
di una fiducia volontaria e deve imputare a se
stesso il proprio danno, nè merita protezione dal
magistero penale. La fiducia nel secondo fu neces
saria ; e poichè per farsi mescere un bicchierino
d'acquavite non è necessario vestirsi da signore
o fregiarsi di ornamenti insoliti, o circondarsi di
525

servi simulati, come si pratica da chi vuole scroc


care più larga fornitura da una locanda, così nel
caso suddetto mancherà sempre lo estremo della
macchinazione o del maneggio ( e questo è veris
simo ) e non vi si potrà adattare il titolo di frode
o di scroccheria. Rimarrà dunque impunito questo
mal uso che sottopone i poveri bettolieri e mesci
tori di bibite ad una contribuzione giornaliera a
favore degli oziosi, vagabondi, ed accattoni ! Ecco il
bisogno della nuova legge : ed ecco perchè la nuo
va legge limita i suoi provvedimenti agli esculenti
consumati immediatamente, e non provvede a quelli
asportati per consumarli altrove. La ragione ed il
bisogno della legge nascono da questa differenziale,
che degli uni si fa la consegna e si aspetta il pa
gamento dopo la consunzione, mentre degli altri si
può chiedere il pagamento prima della consegna.
Comprendo tutto ciò : e quantunque non abbia
potuto esaminare le motivazioni del progetto Fran
cese , credo di non ingannarmi se ristringo alla an
zidetta ipotesi il supposto bisogno di una nuova
legge penale.
E limitatamente a questa ipotesi concorderò che
la lacuna vi sia, ma non concordo il bisogno di
apposita legge, memore del sapiente effato della
prudenza Romana che per diciotto secoli risparmiò
alle società civili il brulicame di tanti impiegati , i
quali divorano le finanze dello Stato, e minacciano
un fallimento universale ; lo effato cioè de minimis
non curat Praetor. La piaga del secolo è precisa
mente questa di avere dimenticato quella sentenza ;
e tempo e denari sprecare per correr dietro alle più
piccole immoralità a discapito delle cure richieste
526

dai più gravi misfatti. La piaga del secolo, appo le


genti che si dicono di razza latina, è quella del troppo
volere governare. Danni economici che prendono
proporzioni spaventevoli : discredito della giustizia
e dei suoi agenti mandati attorno alla caccia di
moscerini : abbassamento della forza atterritiva del
carcere distribuito con insensata prodigalità alle
minuzie : corrompimento della educazione civile del
popolo assuefacendolo ad aspettare tutto dal Gover
no e niente fidare nella propria attività e nella vi
gilanza individuale : ecco le conseguenze necessarie
di quel vizio fatale, che finisce con una completa
demoralizzazione dello spirito pubblico, e lentamente
conduce alla distruzione di ogni energia e di ogni
elemento di vita nei cittadini, e se oltre procede
farà di noi altrettanti Chinesi.
Antitesi singolari di questo secolo ; secolo che per
antonomasia dovrebbe chiamarsi il secolo delle con
tradizioni. Da un lato si predica democrazia, e si
ostenta a favore dei proletarii una protezione che
si converte volentieri in privilegii ed improntitudini :
dall'altro lato si minacciano sei mesi di carcere
contro una scroccheria di quattro soldi. Da un lato
si immaginano diritti dei quali seppero fare a meno
i milioni di proletarii che cuoprirono la terra fino
ai di nostri ; dall'altro lato si creano protezioni esor
bitanti delle quali seppero fare a meno i milioni di
industriali che resero prospere le società civili nei
secoli a noi precedenti. Da un lato si predica uma
nità, carità, mutuo soccorso alle infelicità dei nostri
simili : dall'altro lato si dà balia di chiudere per
sei mesi in un carcere un miserabile che cedendo
alla fame ha chiesto una minestra quantunque sa
527 -

pesse di non avere i 20 centesimi per pagarla ; e


non si capisce che lo estremo precisamente descritto
dalla legge della IMPOSSIBILITÀ ASSOLUTA di pagare
quella minestra costituisce per necessità logica la
prova provata della piu deplorabile indigenza. A fron
te di una folla di criminalisti teorici e pratici i quali
ad una voce insegnarono che il furto degli esculenti
commesso dal vero indigente per soddisfare la pro
pria fame non fosse furto punibile, sorge con audace
disinvoltura la dottrina del tutto opposta ; sorge una
dottrina che non ebbero il coraggio di professare i
più aristocratici feudatarii ; la dottrina che la po
vertà e la fame siano delitto .
Pubblicare fra noi legge analoga desterebbe in
molti il riso, e nei più veggenti la indignazione . Ne
avrebbe balìa un birro di perquisire la persona di
tutti coloro che vede assisi al desco di un'osteria ,
dichiarando che lo autorizza a ciò il bisogno di co
statare il delitto flagrante di mangiare senza avere
in tasca denari, e condurre prigione tutti coloro che
si trovassero colpevoli di tale delitto. E forse non
ne hanno abbastanza di simili arbitrii codesta gente !
La pietà degli astanti verso quei disgraziati non
mancherebbe, perchè il senso morale Italiano ne fa
sicuri. Di qui osservazioni, bruschi ripigli; ingiurie ;
trambusti, e processi di resistenza che sono la Ca
lifornia dei così detti difensori della sicurezza. De
litto che il più delle volte si fa nascere apposita
mente da chi avrebbe il sacro dovere di prevenirlo.
Due o tre migliaia di carcerati aggiunte a fin d'anno
alla statistica già troppo enorme dei carcerati in
Italia ; ecco quale sarebbe il frutto della importa
zione di quella legge fra noi .
-
528 -

Ma dove la nuova legge abbia sanzione in Francia,


quando sarà che essa venga applicata se vogliono
rispettarsi i termini con i quali essa è concepita ?
Estremo della punibilità non già si pone il fatto
del mancato pagamento : non il fatto del non avere
denaripresso di sè. No : questo non basta a punire ;
e contentarsi della mancanza di pagamento attuale
o di impotenza attuale a pagare, varrebbe sostituire
una condizione diversa alla condizione tassativa
mente prescritta dalla lettera della legge, lo che sa
rebbe un intollerabile abuso, una vera iniquità. Que
sta lettera è positiva, esplicita, ed incavillabile. Deve
punirsi soltanto colui che sappia di essere NELLA
IMPOSSIBILITÀ ASSOLUTA DI PAGARE . Costui ; e nes
sun altro mai. La condizione voluta dalla legge si
bipartisce. Bisogna innanzi tutto essere nella im
possibilità assoluta di pagare ; ed inoltre biso
gna saperlo .
Ora io sarò curiosissimo di imparare dagli ora
coli della giurisprudenza Francese quando sarà che
quei Magistrati troveranno un disgraziato nella im
possibilità assoluta ( assoluta , intendasi bene ) di
pagare trenta centesimi per una minestra. Bisognerà
che costui naturalmente sia ignudo ; poichè altri
menti dando pegno del più meschino oggetto di
suo vestiario farà scomparire l' assoluto di quella
impossibilità.
E la scienza di siffatta impossibilità come sarà
essa verificata ? Che rispondere al bracciante il
quale si schermisce dicendo di avere braccia sane
e robuste, e che aveva tutta la probabilità di pro
cacciarsi alla dimane i trenta centesimi prestando
qualche servigio : e con quelli sodisfare all'impegno
529

contratto col bettoliere ? Condannabile pertanto sarà


per la perentoria disposizione della legge soltanto
quel disgraziato che non abbia presso di sè un val
sente di trenta centesimi : nè la speranza di pro
cacciarseli. Il rigore della legge penale si sfogherà
dunque sopra i più disperati che cedettero agli sti
moli della fame, e che dovrebbero invece essere
oggetto della comune pietà. In definitivo le con
danne per questo nuovo delitto saranno rarissime :
ma intanto saranno giornalieri gli arresti, le ves
sazioni e le persecuzioni dei birri : e il carcere pre
ventivo ne raccoglierà ricca messe per allargare la
sua nefasta voracità.
Ma i Francesi non si sgomentano per queste
esorbitanze . Al modo stesso che Dulcamara e Ca
gliostro possedevano una medicina universale per
tutti i mali fisici, cosi essi hanno nel giure penale
una panacea che sana tutti gli assurdi e ad ogni in
conveniente ripara. Dico delle circostanze atte
nuanti. Il rigore, quantunque eccessivo, di una regola
di diritto o di una sanzione penale scomparisce per
loro in faccia all'arbitrio del giudice al quale sia
concesso applicare l'art. 463. Ed ecco che, anche
nel progetto del quale ragiono, si ha la cura di sog
giungere un secondo articolo appositamente desti
nato a stabilire che ( sebbene trattisi di legge spe
ciale ) l'art. 463 sarà applicabile ai bevitori insol
venti . Con questo passaporto si può preconizzare che
il progetto sarà accolto definitivamente colà dove
ormai per lunga consuetudine tutto rimedia l'ar
bitrio dei Magistrati .
Ma il sistema di far leggi perchè non siano ap
plicate, e di minacciare pene gravi con la valuta
VOL IV . 31
530

intesa che i giudicanti le riducano poscia alle più


meschine proporzioni, non è ancora (la Dio merce)
venuto in credito nel reame di Italia. Appo noi ri
mangono ancora le tradizioni degli avi nostri , che
il giure punitivo guardavano come cosa seria an
zichè come uno spauracchio da servirsene a qualche
occasione di fine politico. Io voglio dunque sperare
che dove pure piaccia ai nostri vicini convertire in
legge il nuovo progetto, il medesimo , malgrado la
nomorrea dalla quale è minacciato anche il nostro
paese, non valicherà le Alpi . Le autorità di polizia
con le leggi anche troppo rigide che abbiamo con
tro la questura e la oziosità, e con i moniti ed i
precetti cosi facili a darsi , troveranno modo di re
primere gli abusi che molestino i piccoli tabernieri
per parte degli scrocconi abitudinarii. Il buon senso
del nostro popolo tollererà in pace le conseguenze
di una correntezza e di una fiducia che entra pur
essa nelle speculazioni del piccolo commerciante.
Ai locandieri ed albergatori che resteranno illasi e
traditi dal sedicente signore provvederà sufficiente
mente il titolo di frode e di scroccheria . Non vi sarà
bisogno di proporre una legge che converta in de
litto la miseria e la fame.

Pisa 12 luglio 1873.


XII.

I COMPARI

NEL PROCESSO CRIMINALE


1
I COMPARI

NEL PROCESSO CRIMINALE ( 1)

Lo immorale principio che il fine santifica il mezzo


recò i suoi frutti nefasti anco nelle materie penali do
ve ebbe un apostolo in Covarruvio , famoso
Consigliere del troppo famoso Filippo di Spagna. Il
quale recisamente insegnò essere buona e santa e lo
devole cosa ogni astuzia, ogni frode, ogni menzogna,
ogni inganno, che da un giudice inquisitore si ado
perasse nel criminale processo, onde conquidere la
pertinacia del reo, e condurlo alla confessione della
propria colpa o altrimenti raggiungere la prova
della medesima. Questo precetto si estrinsecò in
varie forroe ed in varii modi, tutti ugualmente ren
dati celebri per la loro bruttura. Ora si svolse negli
interrogatorii foggiati sopra immaginarie testimo

(1 ) Memoria a sostegno del ricorso Rosellini e Fan


lozzi contro il decreto della sezione di accusa della
R. Corte di Appello di Lucca del 24 gennaio 1872.
534
nianze e confessioni di correi insassistenti od esa
gerate, perchè lo inquisito se ne atterrisse e ab
bandonasse per disperato consiglio la negativa. Ora
si svolse col porgere al detenuto col mezzo di guar
diani traditori i materiali per scrivere ai suoi più
fidi, e poscia sorprendere le incaute scritture e farne
documento a carico dell' accusato. Ora si svolse fa
cilitando i liberi colloqui del detenuto coi suoi più
cari, e porre delatori in ascolto. Più spesso ancora
si svolse nella forma più energica e più comune
di tradimento ; e si pose nella cella col detenuto un
astuto malfattore scelto sempre nella feccia delle
prigioni , oppure con promessa di premio si destino
uno sgherro travestito con l'abito di carcerato ;
nella veduta che l' animo dello inquisito, dejetto ed
oppresso per la lunga solitudine, si aprisse fidente
al nuovo suo compagno d'infortunio, il quale alla
fiducia lo eccitava con mendaci od esagerate sto
rielle di più atroci delitti da lui medesimo consu
mati. E poichè non avvi cosa trascendente o nel
vizio o nella virtù , la quale per umana consuetu
dine non si segnali con apposito nome, così a que
sti insidiosi compagni di carcere un nome speciale
si attribui, chiamandoli moutons in Francia, e com
pari fra noi : compari, quasi padrini al battesimo
della corda che si stava filando per quel disgra
ziato . E doppio fu l'uso che si fece di questi com.
pari . Dove rimase negli agenti della giustizia un
resto di pudore si relegò questo maneggio tra le
arti della polizia ; i compari non comparvero in
faccia alla giustizia, ma il servigio loro si limitò
a dare al giudice istruente notizia segreta delle
scoperte loro onde servissero a lai di guida e po

1
533
tesse ottenerne coi modi regolari la legittima prova
in processo. Talvolta bensì la improntitudine ed il
cinismo si spinsero all'apice ; ed i compari galeotti
indossarono la candida veste di testimoni ; e la giu
stizia li conobbe e non arrossi di affratellarsi con
loro, e stringendone la sozza mano assumerli come
guide dei passi suoi . Così potè applicarsi a certi
giudizi criminali quel verso di Dante Si vide
di giustizia orribil arte ; e per questi metodi in
fernali si venne la morale pubblica contaminando,
e troppe volte si raggiunsero quei due funesti ef
fetti che per natura loro sono sempre inseparabili
fratelli, la impunità dei più scellerati colpevoli e
l'olocausto degli innocenti.
Non mancò peraltro anche tra gli antichi giuristi
chi acceso di santo zelo si scagliasse contro simili
iniquità. Non mancarono i confutatori dello inqui
sitore Spagnuolo. Alcuni tra questi recisamente pro
clamarono doversi anche nelle procedure penali
mantenere salda la massima che il male non deve
farsi sotto il pretesto di raggiungere un bene ; altri
scesero ad esaminare la questione sotto il punto di
vista politico, e sotto il punto di vista giuridico.
Sotto il primo osservavano che con quel metodo si
preparavano più larghe speranze d'impunità ai mal
fattori più scellerati , più destri e più esperti nella
nequizia ; i quali ai tanti mezzi possibili di stornare
dal capo loro il meritato flagello o di renderne i
colpi più lievi, vedevano pur questo di rendere alla
giustizia alcuno di quelli che essi chiamavano im
portanti servizi. E sotto il punto di vista giuridico
osservarono che quel sistema poneva a grandissimo
repentaglio la verità ; alla quale soltanto ( e non alla
536

condanna di un inquisito qualunque ) debbono in


defessamente convergere tutti gli atti e tutte le
linee del criminale procedimento : avvegnache fosse
facile a prevedersi ( e la esperienza ne mostrasse
gli esempi ) che male era a sperarsi di ottenere da
labbra infami la verità ; e che più spesso la calunnia
avrebbe preso la sembianza di vero, eccitata dallo
interesse e dalla nequizia, e per mala sorte accolta
con alacrità stoltamente bramosa dallo zelo di qual
che giudicante .
Scannarolo de visitatione carceratorum lib . 2 ,
S. 9, cap . 1, n. 7 et seqq. pag. 311 – ivi – De
clara quarto ut mullo magis reprobentur interro
gationes non solum si sint suggestivae, sed etiam
falsis, dolosis, atque cavillosis suppositis ex processu
non resultantibus admixtae ad decipiendum reum
tendentes. Nam etsi hujusmodi deceptoriae cautelae
honorem aliquem judicibus in hoc saeculo afferre
videantur, in alio tamen aedificant ad gehennam .
Multo pejus esset si Iudices ad instruendum reum
ponerent ipsum et testes in eodem carcere ad ef
fectum invicem alloquendi, factumque ac ipsius qua
litates et circumstantias recensendi et suggerendi.
Pessimum vero esset si cum reo introducerentur
exploratores qui informati de delicto de quo inqui
ritur reus, suggererent carcerato factum cum suis
qualitatibus, ut postea in tormentis dolore oppres
sus sic fateretur ; licet esset innocens. Vel si simu
lantes se id fecisse quod non fecerunt, aut non esse
quod sunt, exquirerent tamquam cum eo pro alio
delicto carcerati, an revera delictum commiserit ;
ipseque delictum fateretur. Vel si falso supponendo
delictum esse leve, vel ejusmodi, ut pro eo si fatea
537

tur speranda sit impunitas. Vel aliis malis artibus


se insinuarent ad confessionem reo persuadendam :
quos modos omnino improbatos acriter detestatur
Farinaccius quaest. 81 , n . 308 et quaest. 83,
n. 93, ubi dicit : sciant Iudices in his se graviter
peccare , et in hoc et in alio mundo debere luere
poenas una cum ipsis exploratoribus. Declara quinto
ut confessiones per hujusmodi suggestione extor
tae nullae sint et invalidae, reoque non noceant :
Cartario de inter. reor. lib. 2, cap. 1 , n . 54, 55
et 62 – Farinaccio quaest. 43, n . 152, et
quaest. 83, n. 34.
Guazzini ad defensam inquisitorum, defens. 20,
cap . 13, n . 10 ivi Vitio etiam suggestionis
processus laboraret si Iudes poneret reum et testes
in eodem carcere qui possent ad invicem loqui et
factum ac ejus circumstantias et qualitates ad in
vicem suggerere et recensere, ut in casu in quo
consuluit Modernus Romanus cons. 83, n. 6 ,
et ibi Additiones in litera A, qui loquuntur etiam in
exploratore posito intus carceres cum reo.
Farinaccio quaest. 81, n. 308 — ivi — Ve
>

rum ab istis cautelis abstinendum consulo quantum


fieri potest, maxime introducendo esploratores et
homines ut plurimum viles et infames, qui cum mille
mendaciis ac fallaciis solent reo persuadere non ut
veritatem dicat sed ut fateatur delictum de quo
imputatur, et ei promittunt gratiam nomine judi
cis et maria et montes. Haec enim sicut non licent
et detestabilia sunt in judice ipso, multo magis de
testanda videntur in alio qui de judicis mandato
haec operatur .
538

Ala il foro criminale tom . 1, pag. 167 – ivi -


Le confessioni stragiudiziali degľ inquisiti fatte nel
le prigioni si hanno per estorte con dolo, dovendo
essere ritenute come tali in forza di Enciclica di
Pio VI, che cosi le ha dichiarate ; nè senza vietare
ai tribunali di assumerne le respettive denunzie,
sia dai custodi, sia dai carcerati, sia da persone
estranee che abbian tenuli abboccamenti o coglin
quisiti medesimi o coi comprigioni.
Brugnoli della certezza e prova criminale,
pag. 203 – ivi -- Avviene talvolta che confes-.
sioni stragiudiciali si hanno o si ottengono insidio
samente dai carcerati col mezzo di altri carcerati
o dei custodi; ma nulla di più turpe al santuario
della giustizia, nulla havvi di più sconvenevole e
vergognoso alla maestà delle leggi, le quali regolano
e proteggono i diritti degli uomini e della società
con autorità veneranda e con aperta schiettezza ,
non coi mezzi abominevoli della viltà, dell insidia
e del tradimento . Ecco perchè la legislazione to
scana vieta esaminare i rei detenuti per rivela
zioni fatte in carcere da altri detenuti : ecco perchè
anche nello Stato Romano sono nulle le confessioni
stragiudiciali che estorgonsi dai carcerati.
Quando poi la civilizzazione cominciò a farsi luce
anche nei procedimenti penali, i filosofi del secolo
decimottavo non risparmiarono le invettive contro
quelle nefandità, e stigmatizzandole a dovere fecero
giungere la voce loro anche nelle aule legislative ;
e lo anatema contro la frode e contro il tradimento
divenne rigoroso ed inviolabile precetto di legge.
Cosi quel grande Pontefice che fu Benedetto XIV
col suo celebre Chirografo del 1743 riprovò e proibi
539

tutte tali arti, e volle che le confessioni ottenute con


le medesime fossero nulle ed inattendibili a danno
degli accusati . Così quel santo precetto fu in To
scana sanzionato dalla Circolare della I. e R. Con
sulta, del 6 settembre 1830, e convertito in legge
positiva nel 1838 da Leopoldo II nelle dichiarazio
ni e istruzioni , dove all'art. 537, n . 2 si legge
« Resta proibito .... di sentire in esame come
testimoni tanto nelle procedure scritte che nei pub
plici giudizi in aggravio degli imputati o accusati,
eccettochè nelle cause di evasione dalle carceri
come luogo di custodia , i condetenuti nelle carce
ri medesime per rivelazioni dagl imputati o accu
sati stessi ai medesimi condetenuti fatte durante
la indicata custodia. E questa non fu che la con
ferma dei precedenti Editti di Leopoldo I e delle
osservanze giudiciali Toscane,> come è chiaro dalla
parola resta.
E le giurisprudenze dei Tribunali accolsero con
reverenza costante simili insegnamenti, religiosa
mente osservandoli, e vigilando che non s'infran
gessero mai per diverso sentire o per triste zelo di
qualche subalterno agente della giustizia.
Io non vidi mai in una procedura penale infran
gersi in Toscana il precetto dell'art. 537. E se talvolta
qualche zelante accusatore tentò il guado di recare
innanzi ad un tribunale di Prima Istanza, o ad una
Camera di Accuse, o ad una Corte Criminale un
qualche condetenuto perchè illuminasse le coscienze
dei Magistrati sulle confidenze fatte a lui dal com
pagno nella prigione, un fremito spontaneo dei Ma
gistrati respinse quel tentativo senza che neppure
occorressero gli eccitamenti della difesa. Dico di più :
540 -

io vidi più di una volta farsi consimili tentativi da


difensori inesperti ; ma inutilmente anche per questo
lato. Perchè la giurisprudenza nostra sempre ritenne
che fra la negazione dello esame degli stretti con
giunti, e la negazione dello esame dei condetenuti
esistesse questa differenziale. Che la prima potesse
modificarsi per interesse del giudicabile, ma la se
conda non potesse modificarsi neppure per volontà
della difesa, perché proibizione assoluta e di or
dine pubblico.
Tale era la giurisprudenza costante ed unanime
che regolava le procedure penali in Toscana : e non
temo di essere smentito da alcuno.
Laonde mai fu occasione fra noi ( per quanto io
conosco ) di denunciare alla Cassazione una viola
zione dell'art. 537 realmente consumata in un pro
cedimento ordinario : e soltanto per incidenza tre
volte ebbe a pronunziarsi la Corte suprema su quel
l'articolo. I difensori dei condannati vollero in tre
casi ampliare il divieto dell'art. 537, e portarlo ol
tre i termini del caso da lui previsto, sostenendo in
terdette anche le rivelazioni di estranei o le relazio
ni di parole udite accidentalmente. Questi abusi della
difesa non potevano certamente aver plauso, perchè
andavano troppo al di là della lettera e dello spi
rito della legge. Ma la Corte Regolatrice mentre
respingeva lo assunto incivile della difesa, confer
mava ed approvava la disposizione dell'articolo 537
e le sue alte ragioni, come è chiaro dai decreti me
desimi che sono l'uno del 26 agosto 1845 ( Anna
li VII, 1, 556 ) altro del 26 febbrajo 1857 ( An
nali XIX , 1 , 153 ) ed altro del 1 agosto 1857
( Annali XIX , 1, 605
541
Educati noi a simile scuola, ed eruditi da cosi
splendidi esempi, non sappiamo dire se più fosse la
sorpresa o il terrore che ne incolse tutta l'anima
ne aggelò quando all'ombra delle libere istituzioni
conquistate con tanto sangue e tanti sacrifizi dal
l' Italia risorta , noi ci trovammo inopinatamente
respinti in pieno medio evo ; e con dolore e paura
vedemmo risorgere nei processi criminali le frodi
ed i più vili artifizi ; e farsi tesoro delle voci dei de
latori, ed accarezzarsi le segrete rivelazioni degl' in
cogniti amici della birraglia : e i compari risorti più
audaci tornare poco a poco a guidare con la loro
fiaccola tenebrosa i passi dei giudici istruttori ; e
fatti quindi più audaci venire a far mostra della
sozza fronte nei pubblici giudizi : e ruinosamente
retrocedere il processo penale nelle vituperevoli ne
fandezze della vecchia inquisizione.
Laonde a noi sacerdoti del patronato dei rei ; a
noi che per otto lustri avevamo veduto e toccato con
mano come la punitrice giustizia potesse mantenere
saldissima la pubblica sicurezza, e raggiungere la
punizione dei malfattori senza bisogno di stringere
seco loro vituperosa alleanza, e seguitando sempre
le oneste vie senza gettarsi snaturatamente nello
amplesso degl' infami; a noi, dico, nodriti con que
sto latte dagli stessi governi dispotici , apparve col
pevole in noi medesimi e quasi complicità vergo
gnosa, la reticenza. E così ci figgemmo nell'animo
essere nostro personale dovere, quanto prima la oc
casione se ne presentasse propizia, di denunziare
alle supreme Corti Regolatrici del Regno quelle
brutture ; per farne quindi appello ( dove ciò non
542

bastasse ) alla pubblica opinione, ed anco al bisogno


alle aule legislative .
Con gioja pertanto accogliemmo l'ufficio di patro
ni di Pietro Rosellini, e corremmo veloci come allo
adempimento di un dovere profondamente sentito
a consigliare il Ricorso che sotto il giorno 1 marzo
il Rosellini stesso in unione a Beniamino Fantozzi
inoltrarono contro il decreto della sezione di Accuse
del giorno 24 gennajo 1872, implorandone con fidu
cia caldissima lo annullamento dalla Corte di Cas
sazione di Firenze .
Semplicissima è la storia di questo ricorso.

Un omicidio sulla persona di Antonio Sperigni


avveniva la notte del di 7 giugno 1871 nel terri
torio del Torricchio. Stringentissimi indizi colpivano
Domizio Cappelli , e lo designavano come autore di
quella strage. Ma l'accusa non si appagava di un
solo autore. Voleva associare alla persona dell'omi
cida un mandante, e questo credeva trovare in Be
niamino Fantozzi che supponeva mosso da amorosi
disdegni . Voleva associare alla persona dell'omicida
un correo ; e qui dopo lungo girare errovaga di testa
in testa e dopo parecchie carcerazioni di altri indivi
dui, aveva fermato i suoi occhi su Pietro Rosellini.
Ma per quanto instancabilmente si agitassero in
torno al Rosellini gli studi della istruzione , poco o
niente erasi raggiunto a suo carico . Quando ecco
vedesi collocare nel carcere col Rosellini un certo
Gustavo Carli , noto soltanto pei suoi delitti, e con
dannato dalle Assise di Lucca con sentenza del pri
mo luglio 1871 a otto anni di casa di forza per furto
violento . Ed ecco indi a poco che il Carli ( per dirla
543

in breve ) avverte le autorità di avere ottenuto dal


Rosellini pienissima confessione della sua colpevolez
za ; ed ecco che il Carli si esamina formalmente in
processo come testimone, e le sue parole assumono
il carattere di solenne testificazione : ed ecco che
gridato il fatale eureka, si spinge senza altro cer
care il processo alle Camere d'invio ; e la Camera
di Consiglio e la sezione di accusa non si limitano
a decretare l'invio del Rosellini , ma proprio ad
aperte lettere fanno tesoro ( putrido tesoro ) delle
rivelazioni del condetenuto , e le pongono quasi a
corona della prova determinante lo invio.
Quindi il nostro ricorso si motiva sulla somma
ragione che a noi sembra contrario ad ogni prin
cipio di morale e ad ogni dettato di giustizia questo
valore accordato alle delazioni dei condetenuti .
E quantunque dove altamente grida il senso mo
rale noi non fossimo per ripetere lo erubescimus
sine lege. loqui, pure credemmo non ci facesse di
fetto la legge scritta a corroborare la dimanda di
annullamento degli ultimi procedimenti orditi contro
Rosellini e Fantozzi : e denunziammo la violazione
dell'art. 537 n. 2 delle Dichiarazioni ed Istruzioni
del 9 novembre 1838 .
Nè a denunziare la violazione di quella legge ci
parve facesse ostacolo l' abolizione dei procedimenti
Toscani avvenuta mercè la pubblicazione del novello
Codice del 25 novembre 1865. Non ci parve osta
colo serio codesto , perchè noi soccorreva il disposto
dell'art. 5 delle disposizioni sulla interpetrazione
delle leggi in generale, premesse al Codice Civile
Italiano, e più il testo dell'art. 857 dello stesso nuovo
544

Codice di procedura ; e perciò anche di questi due


articoli denunciammo la violazione.
Sa ognuno che quelle disposizioni preliminari del
Codice civile sono generalissime: e non limitano
l'efficacia loro ai soli interessi civili , ma tutte quante
comprendono le materie giuridiche; e cosi anche
l'argomento penale . Verità che non ha bisogno di
essere dimostrata.
Ora l'art. 5 da noi invocato dispone così Le

leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per


dichiarazione espressa del legislatore, o per incom
patibilità delle nuove disposizioni con le precedenti,
o perchè la nuova legge regola l'intera materia
già regolata dalla legge anteriore.
L'art. 857 del Codice di procedura dispone
ivi Sono abrogate col presente codice tutte
le leggi, i decreti, rescritti e regolamenti CONTRARI
di procedimento penale, salvo i soli casi in cui il
codice stesso vi si riferisce.
Si continuerà tuttavia ad osservare le leggi ed
i regolamenti particolari vigenti per tutte le ma
terie che non siano da questo codice regolate.
Tutta la questione del presente ricorso si concen
tra in un solo punto. Decidere se dopo la promulga
zione del nuovo Codice di procedura in Toscana,
debba dirsi in questa Provincia abrogato l' art. 537
della legge Toscana violato ( ed evidentemente vio
lato ) nella procedura contro Rosellini e Fantozzi.
Tale abrogazione, quando dall'accusa si rechi in
nanzi come eccezione ostativa al nostro ricorso, deve
ad evidenza dimostrarsi da chi la oppone. Ciò è
indubitato .
545

Ma il dubbio di tale abrogazione su qual terreno


deve egli discutersi ? In faccia all' art. 857 del nuo
vo Regolamento di procedura ; oppure in faccia al
l'art. 5 del codice civile Italiano ? Noi consentiamo
a discuterlo sotto entrambo questi punti di vista, e
sotto ambedue siamo certi di dimostrare vittorio
samente che l'obietto della supposta abrogazione
manca di ogni base ; nè può bastare a condurre ai
terribili e lamentevoli effetti pei quali vorrebbe
recarsi innanzi ; e che per conseguenza l' art. 537
delle Dichiarazioni e Istruzioni del 1838 ha in To
scana tuttora forza di legge ed è in pieno vigore .

1.° L'art. 857 del Regolamento di procedura detta


una disposizione esplicita e tassativa intorno alle
leggi precedenti che con quel codice si sono vo
lute abrogare.
Non siamo nei termini generali di abrogazione
implicita desunta dalla sola sopravvenienza di una
legge nuova. Non è il secondo testamento che per
sola virtù della posteriorità uccide il testamento
anteriore. È il secondo testamento che scende a
definire con apposita limitazione quali siano le parti
del testamento anteriore che esso viene a revoca
re ; e che per conseguenza presuppone per necessità
logica che qualche parte del precedente testamento
rimanga in vita e debba avere tuttavia esecuzione
e vigore.
Ciò che il nuovo codice procedurale veniva ad
abrogare delle vecchie leggi e delle vecchie disci
pline lo ha detto lo articolo 857 in termini chiari;
ed in più chiari termini non lo poteva dire. Le leggi
anteriori sono derogate soltanto in quanto siano
VOL . IV . 35
516

CONTRARIE al novello codice . Qui sta tutta la men


te del legislatore .
Affacciamoci al confronto di altri consimili prov
vedimenti emanati ad occasione di nucve leggi e
facciamo un confronto. Piglisi , a modo di esempio,
il decreto Toscano del 20 giugno 1853 che ordinò
la pubblicazione del nuovo codice penale Toscano ;
e vediamo qual differenza interceda nella volontà
e nel modo di esprimersi dei diversi legislatori .
Nei due decreti del 1853 come nel novello arti
colo 857 si contemplano le antecedenti leggi e re
golamenti particolari ( che il decreto Toscano enu
mera, indicando le leggi sui telegrafi, sulla sanità
marittima, sulla regalia ed altre, e indicando i re
golamenti di caccia e pesca, vie ferrate, ed altri )
ed entrambo le volte il legislatore procede con lo
identico concetto, quello cioè della conservazione in
tegrale di tutte le leggi e regolamenti particolari
anteriori. Qui la volontà dei due legislatori trovasi
eguale. Ma diversifica radicalmente quando i due
legislatori contemplano le leggi antecedenti relati
ve all'argomento speciale dei nuovi due codici.
Il Toscano pubblicando il suo codice in materia
penale procede indistintamente nel concetto della
completa abolizione : non limita non distingue, non
cerca se fra il nuovo codice penale e le leggi pe
nali anteriori interceda o no contradizione o con
trarietà : tutto è abolito. Altrimenti vuole il legisla
tore Italiano nel pubblicare il suo nuovo codice di
rito penale : alla regola della abolizione impone una
condizione sine qua non, quella della contrarietà .
Ciò che è contrario è abolito ; ciò che non è con
trario corre invece sotto la regola della conserva
547
zione. La differenza è manifesta ed indubitata . E qua
le ne è la ragione ?
La ragione giustissima di accettare in un caso
la regola della abrogazione incondizionata, e nel
l'altro la regola della abrogazione subordinata alla
condizione di contrarietà procede dai sommi prin
cipii di ragione civile e di ermeneutica legale. Si
consultino i maestri delle discipline forensi e si tro
verà insegnata la distinzione fra nuova legge ge
nerale proibitiva e nuova legge generale disposi
tiva : ed insegnato altresì che se le prime per loro
virtù e natura propria derogano tutte le leggi proi
bitive antecedenti; le seconde non derogano le an
tecedenti leggi dispositive se non in quanto siano
incompatibili o contrarie alla legge nuova : nè ri
mane difficile a comprendere l'ordine d' idee dal
quale procede questa differenziale. La legge proi
bitiva che contempla l' uomo nelle sua condizione
d'individuo e semplice cittadino, e che viene ad
interdirgli in qualche parte lo esercizio della sua
naturale attività, e questo da lei viene elevato a
delitto e sottoposto a punizione ; è limitativa della
legge universale di natura che attribuisce all'uomo
il libero esercizio della sua attività. Laonde, a dirlo
nei più brevi termini , ciò che un nuovo codice
penale non proibisce non è più delitto ; ed il solo
silenzio equivale alla revoca della proibizione, per
chè la libertà è la regola e il divieto e la pena
sono eccezioni. Quindi è chiaro che se ( a modo di
esempio ) un nuovo Codice penale non parli di
usura o d' incesto, lo incesto e la usura non sono
più delitti quantunque lo fossero per una legge
apteriore .
548
Ma nel tema ben differente di nuova legge gene
rale dispositiva la cosa procede ( e bisogna che pro
ceda ) altrimenti. La nuova legge dispositiva viene
ad attribuire a certi uomini la potestà di fare una
od altra cosa a carico degli altri cittadini e con
invasione dei diritti di questi ; investendoli a tal
uopo di un'autorità eccezionale. Dunque dovendo
sempre tenersi come regola il rispetto ai diritti
dello individuo e come eccezione la invasione di
questi diritti, ne avviene per logica conseguenza
derivata dallo identico principio che la nuova legge
dispositiva dove tace non deroga se non contradice
alle precedenti disposizioni. La legge di rito penale
è attributiva di eccezionali diritti, dei quali concede
lo esercizio a pregiudizio degli altri a certi citta
dini privilegiati che s'investono della autorità giu
diciaria. Questi dunque potranno fare tutto quello
che loro permette la nuova legge quantunque siavi
invasione dei diritti dei singoli. Ma se una legge
precedente limitava il permesso a questi uomini
privilegiati entro uno od altro confine, la nuova
legge che confermi il permesso non deroga ai li
miti apposti al permesso medesimo dalla legge an
teriore, a meno che la formula della nuova legge
presenti contrarietà o incompatibilità con le pree
sistenti limitazioni : cosicchè ( a dirlo in una parola )
le tutele e guarentigie che la legge anteriore ac
cordava a tutti i cittadini contro gli abusi dei pub
blici ufficiali rimangono salde in pieno vigore quan
tunque di tali guarentigie taccia la nuova legge.
Se gli ufficiali pubblici i quali vantano la potestà
di manomettere siffatte guarentigie non mostrano
nella legge nuova la concessione espressa di simile
549

potestå, o almeno la concessione di tali potestà che


siano incompatibili con la protezione della quale
erano in possesso i cittadini per virtù della prisca leg
ge, e dei quali non può averli spogliati la nuova leg
ge col solo tacere, quelle protezioni rimangono salde.
In una parola nelle leggi penali il silenzio equi
vale alla deroga : nelle leggi procedurali la deroga
non nasce dal solo silenzio se a questo non si ag
giunge una nuova disposizione permissiva che con
tradica alle limitazioni precedenti o sia con le me
desime incompatibile .
Ma è inutile andare investigando le somme ra
gioni del diritto e perdersi intorno agli astrusi ca
noni di ermeneutica quando la lettera della legge
è chiara e positiva. E positiva e chiara è la lettera
del nostro articolo 857, e senza cancellare quella 3

lettera non può sostenersi la tesi dell' assoluta ed


illimitata abrogazione di tutti gli ordinamenti pro
cedurali anteriormente esistenti. L'art. 857 abroga
quelle sole fra tali disposizioni anteriori che siano
contrarie ai nuovi ordinamenti . Tutte le non con
trarie rimangono in vigore. Tale è la lettera della
legge, la quale non vuole essere sindacata nelle
sue ragioni, ma unicamente applicata .
Per repellere dunque il motivo del nostro ricorso
non può sostenersi la tesi generale che nelle leggi
procedurali il solo silenzio porti deroga : questa
proposizione oltre ad essere in opposizione ai prin
cipii di ragion comune, è in aperta opposizione con
la lettera dell'art. 857, il quale oltre il silenzio vuo
le la contrarietà . Sostenere siffatta tesi varrebbe lo
stesso che toglier via dall'art. 857 la parola CoN
TRARIE, e ingojarsela come una pillola. Contrarietà
350

fra la parola e il silenzio non può esistere se al


silenzio non si aggiunge un'altra parola che con
tradica alla prima . E sarebbe assurdo ( dico vera
mente assurdo ) attribuire al legislatore Italiano il
concetto equiparativo in modo assoluto del silenzio
alla deroga, perchè se tale fosse stata la sua mente
egli avrebbe detto, cessa di avere vigore tutto quel
lo che qui non è scritto, e non avrebbe detto cessa
di esistere ciò che è contrario a quanto è qui scritto.
In specie dunque per sostenere che quella cara
gioja del moutonnage si è voluta costituire come
una istituzione liberale del nuovo Stato in Italia ;
e più specialmente che a noi Toscani , i quali fino
al 1866 eravamo liberi da quella peste, si è voluto
farne il dolce regalo, bisogna dimostrare che il
moutonnage rientra fra le potestà concesse dal nuovo
codice di procedura ai giudici istruttori . Bisogna
mostrare una legge, o una qualche particola della
legge, la quale spogli noi per chiara volontà del
legislatore di questo benefizio il quale aveva il suo
fondamento nella suprema legge morale ( che sola
avrebbe bastato ad interdirlo ) ed aveva la sua san
zione in un dettato positivo ed assoluto all'ombra
del quale noi vivevamo protetti contro la calunnia
e le frodi insidiatrici del nostro onore e della no
stra innocenza . Bisogna mostrare una particola del
nuovo codice che sia abolitrice della legge morale,
e che abbia ricondotto nello armamentario della
inquisizione qualunque benchè nefanda immoralità,
purchè dessa al caloroso zelo di un giudice istrut
tore possa sembrare proficua ad ottenere la con
danna per fas et nefas di un detenuto . Il solo si
lenzio non basta. Ma questa particola di legge che
551

abbia posto in trono la immoralità e ci abbia ri


condotti ai neri tempi di Covarruvio ( dicasi a
lode dei nuovi legislatori ) si cerca invano da capo a
fondo nel codice Italiano di procedura penale. E fin
chè questa incredibile disposizione non mi si reca
innanzi e non si mostra che propriamente (horri
bile dictu ! ) la volle così, io non so davvero come
possa confutarsi il fondamento del mio ricorso.
Vuolsi egli una dimostrazione più praticamente
sensibile della verità della mia tesi , che nelle leggi
procedurali il silenzio non equivale alla deroga ? Fra
i molti argomenti applicativi che potrei darne re
cherò il più eloquente.
L'art. 33 della legge del 1786, la quale corre
sotto il nome di codice Leopoldino, abolì la tortura.
Il Granduca disse in quell'articolo ad elogio della
magistratura Toscana che da lunga pezza la tortura
era andata in disuso e più non si applicava dai no
stri giudici : ma soggiunse che nostante tale dissue
tudine egli voleva che l'abolizione di quella barba
rie risultasse da un precetto espresso di legge : e
il divieto della tortura dettò nei termini i più ener
gici ed i più illimitati.
Or bene : dove è nel nuovo codice procedurale
Italiano un articolo, una linea, una parola che al
luda alla abolizione della tortura ? Invano vi si
cercherebbe .
Se dunque la legge nuova abrogasse la prece
dente col solo tacere ( la logica non transige ) biso
gnerebbe dire che l' art. 857 ha abrogato l'art. 33
vigente in Toscana.
Di qui non si esce. O il nuovo codice di proce
dara col solo tacerne non ha abrogato la protezione
552

degli onesti contro il moutonnage, e così è rimasto


in vigore l' art. 537 delle nostre Dichiarazioni e
Istruzioni del 1838 : 0 secol solo tacere ha abro
gato quell'articolo bisogna dire inevitabilmente che
col solo tacere il nuovo codice ha abrogato anche
l'art. 33 del codice Leopoldino.
Laonde , ammessa la tesi che io combatto, qualora
avvenga che un giudice istruttore creda buono di
sottopormi a tormenti per ottenere da me o come
inquisito o come testimone che io dica quello che
piace a lui ; e se avvenga che un decreto d'invio
valati come elemento legittimo di prova quanto fu
detto sotto i tormenti ; inutilmente per ottenere lo
annullamento di siffatto decreto si verrà denun
ciando alla Corte di Cassazione la violazione del
l'art. 33. L'accusa sosterrà la tesi della abrogazione
dell'art. 33 per dire alla Corte Regolatrice, Voi non
potete cassare perchè più non aveva vigore in To
scana la legge che a Voi si denunzia come violata.
Sanzionisi oggi il principio della deroga emanata dal
silenzio ; sanzionisi oggi la legittimazione del mou
tonnage ; e dimani si va diritti alla tortura.
Nè varrebbe l'opporre all'argomento mio che la
tortura è un modo barbaro ormai rejetto da tutti
i popoli culti . Rispondo che anche le insidie tese
ai carcerati col mezzo d ' infami satelliti sono un
mezzo barbaro ed immorale ; e forse più immorale
che non siano i tormenti. Se il sistema delle insidie
fa troppo lungamente e troppo largamente osservato
in alcune pratiche criminali, non meno lungamente
e largamente fu osservato il metodo della tortura .
Se il sistema delle insidie ebbe i suoi adoratori ed
i suoi panegiristi non mancarono anche alla tor
553

tura panegiristi ed adoratori : e quando nel secolo


passato la Imperatrice Maria Teresa voleva ad ogni
costo abolire i tormenti, la storia ricorda che la più
viva opposizione a quella desiderata riforma s' in
contrò dall'ottima Sovrana nelle Magistrature del
l'Impero, le quali a buona fede credevano ciò che
molti Dottori scrivevano, cioè che fosse assoluta
mente impossibile fare un processo criminale senza
l'ajuto della tortura. Non avvi errore nel mondo,
non avvi immoralità, non avvi iniquità, la quale nel
perpetuo agitarsi delle umane passioni e delle flut
tuanze delle umane opinioni non abbia avuto fatal
mente i suoi apostoli ed i suoi settarii. Non vale
dunque discutere sul più o sal meno di barbarie,
d'iniquità, o d'immoralità, che siavi in uno od in
altro abuso. La questione è puramente di principio.
Si cerca se una legge la quale negava ai giudici
di commettere ( sotto il velo di servigio della giu
stizia ) una iniquità od una immoralità, sia stata
abolita da una nuova legge procedurale soltanto per
chè questa nuova legge non ha creduto opportuno
di ripetere lo anatema contro quell' abuso. Questo
puramente e semplicemente è il problema che qui
biso gna risolvere.
E intendiamoci bene. Non mi si faccia l'accusa
di censurare a questa occasione il nuovo codice Ita
liano di procedura penale, e di lanciare parole di
biasimo contro i nostri legislatori. Non accetto que
sto rimprovero, perchè nel medesimo si contiene
una petizione di principio. Non sono io, sono i miei
oppositori quelli che fanno acerbissima censura dei
legislatori Italiani. Io invece altamente li stimo, e
la mia tesi torna ad encomio loro. Gli oppositori se
554
pur vi saranno ( e per la stima che ho degli uffi
ciali del Pubblico Ministero voglio ancora sperare
che non vi saranno ) non possono dar voto contro
la ammissione del mio ricorso tranne attribuendo
ai nostri legislatori un intendimento che per fermo
non tornerebbe ad elogio loro . Infatti la tesi degli
oppositori ridotta al suo scheletro dovrebbe consi
stere nello affermare che i compilatori del codice
non ripetessero il divieto delle insidie inquisitorie,
nè il divieto dei tormenti perchè voLLERO LASCIAR
NE LIBERO L'USO ai futuri giudici istruttori acciò
se ne potessero valere secondo prudenza ee coscienza
loro a danno degl' inquisiti. A me invece rifugge
l'animo dallo imprestare siffatto intendimento ai
nostri legislatori . Io dico invece ( e lo credo seb
bene non abbia personale conoscenza dei compila
tori del codice di procedura ) io dico che i nostri
legislatori forti nella coscienza di dettar leggi per
un popolo eminentemente civile , per il popolo di
questa Italia che prima alzò la bandiera contro la
ruggine del medio evo nelle discipline penali ; di
questo popolo che più alta solleva oggi la fronte ir
raggiata dal sole delle libere istituzioni ; non cre
dettero bisognevole per modo alcuno di proibizioni
espresse contro le insidie e ferocie delle quali giu
dicarono impossibile il rinnuovamento fra noi. Essi
ebbero nell'animo o stesso pensiero che ispirava
Leopoldo I a dare all'abolizione della tortura quella
forma così delicata che primeggia nell'art. 33. Essi
pensarono che dettare nel nuovo codice un appo
sito articolo il quale proibisse agl' inquisitori le in
sidie e ' i tormenti avrebbe suonato come un amaro
insulto lanciato alla nostra Italia al cospetto di tutta
555

Europa ; quasichè si fosse con la novella proibizione


voluto insinuare che le insidie ei tormenti erano
tuttora nel 1865 fra le consuetudini dei nostri pro
cedimenti penali . Non si disse ciò che si stimò inu
tile di ripetere poichè le precedenti leggi lo avevano
ormai proclamato, ed erano verità da tutti sentite e
non più discutibili in una culta Nazione. Rialzare
le armi nefaste del dispotismo colà dove il dispo
tismo erasi ormai rovesciato nel fango, non fu la ·
cagione di quel silenzio : ma sola cagione fu la inu
tilità del parlare . Non sono io dunque quello che
censura i nostri legislatori ; li censurerebbero gli
oppositori quando al silenzio loro attribuissero la
veduta di ricondurre fra le tenebre dei tempi bar
bari il procedimento criminale Italiano .
Ecco dimostrata la mia tesi in faccia all'art. 857
del codice di procedura .

2.º Discutiamola adesso sul terreno dell'art. 5 del


codice civile Italiano .
Il concetto dell'art. 5 è reciso ed esplicito quanto
mai possa desiderarsi . Esso ha cura di esordire con
la negativa dell' abrogazione le leggi non sono
abrogate che ec . La regola dunque è la non abro
gazione. La limitazione di questa regola sta nella
legge posteriore la quale abbia una delle tre con
dizioni che il legislatore designa. Nessuna legge po
steriore ha virtù derogatrice della legge precedente
se non presenta in sè una di quelle tre condizioni.
Tali condizioni sono A ) la dichiarazione es
pressa del legislatore B ) la incompatibilità delle
nuove disposizioni con le precedenti C ) o perchè
la nuova legge regola la intera materia già rego
556

lata dalla legge anteriore. Brevi parole bastano a


dimostrare che nessuna di queste condizioni ricorre
nel tema presente, e che per conseguenza l'art. 537
delle Dichiarazioni e Istruzioni rimase al sorgere
del 1866 fra le leggi vigenti in Toscana perchè non
colpito da abrogazione .

(A) Non incontra l'articolo della legge Toscana


il primo caso dell'art. 5. - Dichiarazione espressa
del legislatore non vi è -. Questo già lo abbiamo
vedato : anzi è tutto l'opposto, perchè la dichiara
zione espressa dal legislatore all'art. 857 del codice
di procedura già non dice che siano abrogate TUTTE
le leggi procedurali anteriori : ove così dicesse sa
remmo nella prima eccezione dell'art. 5 e dovremmo
condannarci al silenzio. Ma per opposto la disposi
zione espressa del nuovo legislatore dice che leggi
procedurali anteriori sono in parte abrogate, ed in
parte conservate . Sono abrogate quelle contrarie a
ciò che è disposto nel novello codice ; sono conser
vate quelle che non sono contrarie.
La disposizione espressa del legislatore è dunque
tutta nel modo più lucido a nostro favore. Infatti
egli dice di non volere per sua disposizione espressa
abrogare tutte le precedenti leggi procedurali , ma
di volere invece rimandare l'interpetre al secondo
caso previsto dall'art. 5 ; cioè al caso della incom
patibilità, la quale è la formula giuridica corrispon
dente alla formula logica della contrarietà. Ripeto
dunque che la disposizione espressa della nuova
legge favorisce la tesi nostra, perchè ammette che
dopo il 1866 siano rimaste superstiti in Italia leggi
anteriori di rito penale, e precisamente quelle che
557

non offrono contrarietà nel nuovo codice procedu


rale. Ciò è incontrastabile.

(B) Molto meno può opporsi a noi la seconda ec


cezione dell'art. 5. Ripeto che non veggo nè articolo,
nè linea, nè parola del nuovo codice che permetta
ai giudici di servire ai fini loro col mezzo immorale
delle insidie . Già la ossequenza alla legge morale
deve aversi come sottintesa ed implicita in tutte
le leggi imposte ad un popolo civile. La incompa
tibilità del divieto di una immoralità nel procedi
mento non potrebbe dunque trovarsi nella nuova
legge tranne che in un articolo che espressamente
la permettesse. E siffatto articolo, lode al cielo, nel
nuovo codice non vi è, nè esplicito nè implicito. Si
potrà affermare a buona ragione che quando la leg
ge di rito ha detto agli esecutori della giustizia ar
restate, ha implicitamente detto loro usate la forza,
perchè è ben naturale la necessità di usare la forza
per condurre in carcere un renitente. Ma quando
la legge ha detto ai giudici interrogate, non ha in
ugual modo detto loro per implicito contenuto men
tite, oppure usate il suggesto, oppure usate le frodi,
¿ compari, i tradimenti per cavare miglior frutto
delle vostre interrogazioni : giacchè se nella parola
arrestate vi sta il concetto oggettivo della riduzione
in carcere dell'uomo del quale si comanda l’arre
sto ; la parola interrogate esprime il solo concetto
soggettivo del giudice che propone la sua dimanda,
e non già il concetto oggettivo della risposta strap
pata dalle labbra del renitente col mezzo di arti o
violenze o minaccie o mediazione di satelliti . Vani
tà dunque opporre alla nostra tesi la incompatibilità.
558

(C) Molto meno può dirsi che alla nostra tesi osteg
gi la terza eccezione dell'art. 5 perchè la nuova
legge regoli l'intera materia già regolata dalla
legge anteriore. Ove ai nostri danni si facesse ap
pello a questa terza eccezione, molte e tutte peren
torie sarebbero le nostre repliche.
In primo luogo non ammetterei che la formula
intera materia, adoperata all'art. 5, debba intendersi
nel senso di materia generale, perchè ciò condur
rebbe all'assurdo, e sarebbe palpabile assurdo . Infatti
se quella formula s'intendesse nel senso di materia
generale bisognerebbe dire che il codice di com
mercio avrebbe abolito tutte le leggi commerciali
anteriori, il codice di procedura civile tutte le for
me procedurali anteriori , e via cosi discorrendo : e
dire che le ha abolite quantunque in niente le ab
bia contradette ; e quantunque le vecchie disposi
zioni siano buonissime, sante, e lodevoli ; e quan
tunque siano conciliabilissime con tutte e singole le
disposizioni della legge novella. E lo assurdo sta
rebbe in questo che con siffatto modo d'intendere
si cancellerebbe il presupposto dello stesso articolo 5.
Perchè (vogliasi o no) l' art. 5 non dovendo essere
una superfluità bisogna dire che ha presupposto
potervi essere leggi commerciali anteriori che re
stino in vigore dopo la promulgazione del nuovo
codice di commercio ; leggi civili anteriori che ri
mangano in vigore dopo la promulgazione del nuovo
Codice civile ; e cosi del resto. Senza presupporre
ciò l' art. 5 sarebbe una poesia, una lezione Acca
demica : e questo è l'assurdo. Bisogna dunque in
tendere quella formula nel senso di materia spe
ciale interamente regolata, come fra poco dirò.
559

In secondo luogo l'obietto cade evidentemente


in un circolo vizioso. Per affermare che una ma
teria è regolata interamente bisogna dimostrare che
il legislatore ha voluto regolarla interamente : cioè
bisogna dimostrare che esso ha portato la sua mente
anche su quel preciso punto intorno al quale verte
la questione della deroga o non deroga ; e che anche
questo punto ha voluto regolare. Ciò manifestamente
è un idem per idem ; è un supporre risoluto ciò
che è in questione ; è un viziosissimo modo di
argomentare. Io vi dico che i compilatori del codice
di procedura penale non regolarono in modo asso
luto interamente tutto quanto atteneva al rito pe
nale, perchè molte e molte cose che emergono
dalla legge divina e morale, e molte e molte altre
che erano ormai radicate nella civiltà e nei costumi ,
essi pretermisero perchè superfluo regolarle ; e che
così avvenne che essi niente regolarono intorno al
suggesto, alle violenze, e alle frodi degl'interroganti ;
niente in ordine ai famosi compari ; niente in ordine
al mettere in cella oscura a vitto di pane ed acqua
un inquisito finchè non abbia confessato : e avverso
a questa tesi, la quale consiste nel mostrare che la
materia non è regolata interamente, si ammetterà
come buona risposta lo affermare che la materia
è regolata interamente !
Con questa forma di ragionamento si sostituisce
una nuda affermazione alla de siderata dimostrazione
della tesi . Si afferma un intero per dedurne che
vi si comprende una specie, mentre di questa specie
non si trova vestigio alcuno in quello che vorrebbe
dirsi comprensivo della specie medesima. Ma la
condizione d'intero dipende precisamente dalla
560

comprensione di tutte le specie. Laonde quando una


data specie non vi trova traccia di sè, nè per ri
produzione nè per antagonismo e neppure per
analogia, ciò dimostra che quella specie non vi è ;
e così dimostra che quello non è un intero. E questa
dimostrazione esclusiva la quale si fa ad oculos,
non può davvero confutarsi col solo ripetere l'af
fermazione che quello è un intero. Questa afferma
zione gratuita non supplisce a ciò che manca : e
dove manca qualche cosa non si ha un intero. I cir
coli viziosi e le petizioni di principio sono pessimi
strumenti nella dialettica, come le frodi, i compari,
i suggesti sono pessimi strumenti nella ricerca delle
verità giudiciarie.
Ma poi come si potrà egli affermare che il no
stro codice di procedura penale abbia regolato com
pletamente la materia quando lo stesso codice al
l'articolo 857 ci ha fatto sapere a chiare lettere
che esso non l'ha regolata completamente!!! Quan
do la nuova legge ha espressamente detto doversi
mantenere in vigore le leggi anteriori in quelle
parti che non sono contrarie ai suoi dettati, cosa
ha ella detto tranne appunto questo che la intera
materia del rito penale non è tutta regolata da lei,
mentre ne rimane una parte ( QUELLA NON CONTRA
RIA) che è regolata tuttavia dalle leggi anteriori ?
Non sono io ; è il legislatore nell'art. 857 quello
che proclama la verità da me sostenuta del non
intero regolamento di tutte le molteplici discipline
del rito penale .
Io intendo però la terza eccezione dell'art. 5 nel
senso di materia speciale e non già di materia
561

generale : e per meglio chiarire il concetto mio lo


svolgerò con referenza alla controversia presente.
La materia speciale alla quale pertiene la dispo
sizione dell'art. 537 delle Dichiarazioni e Istruzioni
è quella delle confessioni giudiciali e stragiudiciali.
Giudiciali in quanto il compagno di prigione abbia
sedotto lo inquisito con arti ed inganni, conducen
dolo a confessarsi colpevole quantunque innocente.
Stragiudiciali in quanto il Mefistofele posto al lato
dello inquisito venga a deporre di confidenze e ri
velazioni ottenute da quello infelice : e più esatta
mente può dirsi che la materia speciale regolata
da quell'articolo è quella delle confessioni stragiu
diciali estorte per seduzione dai compagni di carcere.
Ora dov'è ( io dimando ) che il novello codice di
procedura siasi occupato o delle confessioni giudi
ciali o delle confessioni stragiudiciali ! Non chiedo
già regole relative alla valutazione critica della virtù
probatoria di simili confessioni, perchè questo sa
rebbe vanità cercarlo sotto il sistema della intima
convinzione : ma cerco ordinamenti relativi alla for
ma legittima di ottenere le confessioni giudiciali ;
o di far pervenire in processo le confessioni stra
giudiciali. Evvi egli niente nel nuovo codice di pro
cedura su questa materia ? Mi si mostri se lo si può.
Se, a modo di esempio, nel codice di procedura
leggessi un articolo che disponesse essere interdetto
ai giudici istruttori di condurre gl' inquisiti alla
confessione col mezzo di violenze, di minaccie, d'in
timidazioni, io potrei ammettere l'argomento che
si costruisse così : la materia delle confessioni giu
diciali è regolata dal nuovo codice ; questo nel re
golarla ha vietato i soli modi violenti ; dunque i
VOL . IV . 36
562

modi caziosi e frodolenti sonosi tollerati ; e cosi


sono abrogate tutte le leggi anteriori che vietavano
il suggesto o la menzogna negl'interrogatorii, o le
promesse di premi e d'impunità.
Se leggessi nel nuovo codice una disposizione la
quale vietasse ricevere nei processi criminali come
fonte legittimo di prova le confessioni stragiudiciali
quando fossero emesse in stato di ubriachezza, o
quando fossero estorte dagli offesi mediante incus
sione di timore, io ammetterei anche una volta che
si potesse argomentare così : il nuovo codice ha re
golato la materia delle confessioni stragiudiciali ;
regolandola ha proscritto soltanto le confessioni de
gli ubriachi , o le confessioni estorte per artifizio dei
particolari interessati, ma niente ha disposto intorno
alle confessioni estorte per artifizi di condetenuti o
di guardiani o a suggerimento del giudice istruttore :
dunque le leggi anteriori che proibivano simili tra
nelli e simili frodi sono dalla nuova legge abrogate.
Ma quando nel nuovo codice non trovo sillaba
delle condizioni giuridiche che deve avere la con
fessione dei rei per essere accolta come legittimo
fonte di prova io chinerò la fronte innanzi a tutti
tranne in faccia a chi venga a dirmi che la materia
regolata dall'art. 537 delle Dichiarazioni e Istruzioni
è materia interamente regolata dal nuovo codice.
Se pertanto nessuna delle condizioni prescritte
dall'art. 5 del codice civile si presta a trovare nel
nuovo codice di procedura la deroga all' art. 537
delle Dichiarazioni e Istruzioni che io denunzio co
me violato alla Corte Suprema, il ricorso dev'essere
esaudito : ed il vizioso procedimento annullato.
563

Niente giova in questo stato di disputa esaminare


se il Carli sia definitivamente condannato o soltanto
per la ottenuta Cassazione debba dirsi tuttora coin
quisito ; niente vale andare cercando se sussista che
il Carli non potesse attingere da altro fonte la co .
gnizione delle circostanze che narra a lui rivelate
dal Rosellini, come sostiene l'accusa dimenticando
di cercare con chi il Carli stesso fosse stato prece
dentemente condetenuto.
Niente vale indagare se il Carli fu collocato ap
positamente in cella col Rosellini pel fine di subor
narlo, oppure se la sua unione fu effetto del mero
caso. Spieghisi bene anche questo punto a mente
dell'art. 537. Non si volle dalla provvida disposizione
dell'art. 537 colpire soltanto di riprovazione la im
moralità dello sgherro che colloca nella cella il com
pare per un preordinato disegno di seduzione. Si
volle colpire di riprovazione il fatto della giustizia
che accetta come buona la denuncia del compagno
traditore , perchè si previde che troppo facilmente
costui avrebbe sacrificato la innocenza speculando
sui premi e sulle impunità : pericolo che tanto si
corre in faccia ad un condetenuto predestinato da
gli ufficiali a quella funzione quanto in faccia ad
un condetenuto che vi si getta per ultroneo impulso
di propria scelleraggine. Il pericolo della verità che
l'art. 537 vuole remuovere emerge dalla condizione
delle persone e dalla causa di scienza del denun
ciatore. Chiunque sia lo asserto rivelatore, se egli
fu un compagno di carcere, e se narra cose che
assevera a lui rivelate dal condetenuto durante la
prigionia, la legge Toscana tutte respinge indistin
tamente siffatte deposizioni . Niente varrebbe adesso
564

cercare se bene o male siasi omesso di contestare


in processo a Pietro Rosellini le fole del Carli ; e se
bene o male si sia tralasciato lo esame degli altri
cinque condetenuti che pure avrebbero potuto o
confortare, o dileguare le novelle del Carli . Queste
omissioni fanno agli occhi miei il più grande elogio
del nostro giudice istruttore : egli inavvertentemente
ha posto il piede in un putrido fango ; ma si è av
veduto di quella sozzura, e con ribrezzo ne ha ri
tirato il piede per tema di maggiore contaminazione.
Ma quel primo fango del quale si era lordato il pro
cesso doveva successivamente purgarsi affatto, e
non porlo sopra l'altare per poi presentarlo alla
venerazione ed al culto dei signori giurati . Questo
è il male a cui deve apportare riparo la sapienza
della Corte Regolatrice.
SIGNORI DELLA CORTE SUPREMA.
Io non conosco personalmente nè Fantozzi ne
Rosellini, e niente so degli antecedenti loro . Io li
credo innocenti perchè li assiste la presunzione della
legge, ma non mi curo per adesso di farmene più
certo, perchè io non combatto per Rosellini e Fan
tozzi ma per tutti gli uomini onesti ; per me, pei
miei congiunti, per i miei amici, per tutti i miei
concittadini ai quali può sopraggiungere la calamità
( non fosse altro per sospetti politici ) di una inqui
sizione. Ed in faccia a siffatto pericolo che ad ogni
uomo sovrasta, turba la pace dei sonni , distrugge la
opinione della propria sicurezza, e genera terribile
spavento il pensiero che caduti una volta in sospetto,
le arti della birraglia possano per modi frodolenti
renderci vittime dei peggiori rifiuti delle galere.
Combatto per l'onore della giustizia, la quale (ver
565

gine intemerata ) vi prega ardentemente di li berarla


per sempre dagli amplessi nefandi che la minac
ciano. Combatto per l'onore di questa Italia, la quale
dovrebbe fuggire per la vergogna dal sindacato delle
genti, se essa che già vantò come sua più splendida
gloria lo iniziamento delle riforme penali si vedesse
oggi a tanta abiezione scaduta da essere segnata
a dito come la ripristinatrice del medio evo.
SIGNORI DELLA CORTE SUPREMA. La barbarie è
marea montante : e se al primo insorgere non le si
oppone un argine poderoso, essa non tarderà a sof
focare gli onesti, la giustizia, la gloria e la libertà
d'Italia. Deh ! trovi essa questo argine poderoso
nella vostra rettitudine e nella VOSTRA sapienza.

Pisa 4 marzo 1872 .

Giudicò la Corte di Cassazione di Firenze che il


codice di Procedura penale italiano avesse abrogato
le precedenti leggi e pratiche vigenti in Toscana
contro i testimoni compari : e perciò con Decreto
del 3 aprile 1872 rigettava il ricorso. Ma portata
la causa sul merito alle Assise di Lucca, quei giu
rati non credettero il codice di procedura italiano
avesse abrogato le leggi della morale, e conseguen
temente condannando al meritato disprezzo le frodi
che avevano formato la tela del processo contro
Rosellini e consorti pronunziò nel giorno 27 giu
gno 1872 l'assoluzione di tutti tre i giudicabili .
Queste vicende dettero luogo alle pubblicazioni
delle seguenti
- 566

OSSERVAZIONI ( 1 )

Quando a sostegno del ricorso da me interposto


il 1.° marzo 1872 alla Corte di Cassazione di Fi
renze nello interesse di Fantozzi e Rosellini io pub
blicava a stampa la memoria del 4 marzo tendente
a mostrare che fra noi doveva tenersi come tuttora
vigente il divieto di esaminare come testimoni a
carico di un imputato i condetenuti che venissero
a deporre di rivelazioni e confidenze fatte loro nella
prigione, quel mio scritto io comunicava a parecchi
amici e colleghi miei . Da tutti io riceveva parole di
adesione e conforto e lettere incoraggianti. Tutti si
univano a deplorare la iniquità di un metodo al
trettanto immorale quanto pericoloso alla innocenza
ed alla giustizia, anatemizzato da tutti i buoni Cri
minalisti antichi e moderni, e proscritto da ogni sa
vio Legislatore . Soltanto alcuni ( fra i quali l'egre
gio Faranda ) dubitavano che io fossi nello er
rore quando spinto dallo amore della verità e della
morale ( più che da una necessità di difesa ) ten
tava di sostenere la difficile tesi della perseveranza
obbligatoria delle leggi Toscane su questo proposito.
Questa difficoltà aveva sentito io pure, ma non mi
era arrestato in faccia alla medesima, perchè la mia
coscienza mi faceva scorgere l'adempimento di un
sacro dovere nello agire in tal guisa ; dovere che
anche a risico di un rigetto mi correva l'obbligo
di compiere cosi per rispetto allo avvenire della di

( 1 ) Osservazioni sul giudizio Fantozzi , pubblicate nella Ri


vista dei Dibattimenti di Milano .
567

fesa da me assunta come per rispetto allo avvenire


della patria. Io soggiacqui infatti in quel primo ten
tativo ; ma pure se non lo avessi ancor fatto tor
nerei a farlo come atto di protesta e come grido
di allarme ai miei confratelli. Scrivete ( diceva Fo
scolo ) scrivete : il trionfo della verità non è que
stione che di tempo.
Come io sosteneva quella tesi sotto la ispirazione
delle leggi procedurali Toscane, cosi gli amici miei
mi davano le loro adesioni sotto la ispirazione o del
cessato regolamento Pontificio, o del regolamento
Austriaco, o di altri ordini non più vivi in Italia.
La Cassazione di Firenze però trovavasi stretta nel
letto di procuste del nuovo (e troppe volte infelice)
codice di procedura Italiano del 1865 : laonde per
suasa che il medesimo avesse abolito ogni prece
dente legge di procedura penale dovette col suo
Decreto del 3 aprile 1872 respingere il ricorso Ro
sellini e Fantozzi . Ed io sempre reverente agli ora
coli della Corte regolatrice chino la fronte, e rico
nosco nella attualità delle leggi Italiane una deplo
rabile lacuna su questo interessante argomento.
Ma questa lacuna non mi fa cambiare pensiero
intorno alla massima astratta da me propugnata e
dai miei amici caldamente appoggiata ; e mi per
metto di credere, per la fidanza che ho nel senno
e nella rettitudine dei giudici di quella onorevolis
sima Corte, che ancor essi avrebbero in quanto alla
massima fondamentale da me sostenuta, aderito
alla universale opinione se non si fossero veduto
innanzi l'ostacolo delle leggi positive.
Faccio mie le relative giustissime osservazioni
che il dotto Faranda ha pubblicato nel n. 1,
568

anno 3 della TEMI ZANCLEA, e che esso chiude con


le seguenti parole ivi – Vorremmo pertanto
che la disposizione di quell' art. 537 n. 2 delle is
truzioni Leopoldine fosse formulata in disposizione
legislativa ed inserita nel nostro codice di proce
dura penale, a togliere da un lato qualunque equi
voco, ed a sanzionare dall'altro un principio di
alta morale sociale e di onestà e rettitudine nel
l'amministrazione della giustizia. Noi non stimiamo
che il male possa , o peggio debba farsi sotto il pre
testo, ed anche con lo scopo di raggiungere un bene.
Crediamo che il male è sempre male, e da evitarsi
sempre, avvenga che può.
Faccio mie le parole dello illustre prof. Tolo
mei che da Padova mi dirigeva con sua lettera
del 22 giugno 1872, la quale per sua gentilezza
quel mio ottimo amico mi permette di pubblicare
ed è del seguente tenore.
Tu fosti vinto dalla forza maggiore ; ma guai a
noi se la vittoria dei nostri avversari non fosse
ľ effimera gloria di un giorno e di un atto ; e guai
a noi se sorgesse l'inno dei più per esaltarla , od
anche la si accettasse nel silenzio . Sarebbe indizio,
o di depravazione o di somma non curanza, che è
pure funesto segno di abbattimento del senso mo
rale. Noi Veneti al pari di voi Toscani avevamo,
e colla teoria che calorosamente propugnasti dirò
abbiamo disposizioni espresse che proibiscono l'uso
dei mezzi immorali adoperati per condannare Fan
tozzi. Appena liberato un poco dalle brighe univer 1

sitarie, che qui sono moltissime in questi giorni,


voglio formar tema di un articolo da giornale la
tesi da te difesa nel ricorso, trattandola colle leggi
569

Austriache e dimostrando una volta di più , che


Toscani e Veneti erano progrediti sul cammino della
civiltà, perchè i loro governi li avevano lasciati co
gliere i frutti delle riforme penali iniziate ai tempi
dei Beccaria dei Verri e dei Sonnen
fels ; e che invece le decantate leggi Sarde li
rincacciano addietro ; addietro fino all' abisso . Pos
sibile che altri non si muova ! Possibile che debba
sempre gridare al deserto ? Pur troppo i miei sforzi
contro l' unificazione legislativa del Veneto, e spe
cialmente contro l'introduzione del codice pena
le 1859 tornarono vani ; e mi ebbi l' abbandono e
la beffa ; ma non mi arresto, e persevero nella fi
ducia che la nostra gioventù potrà conoscere il
meglio in seguito e praticarlo.
E mi conforto colle parole di Montecristo
- Aspettare e sperare.
-

Ma intanto ad occasione di questo processo Fan


tozzi e del suo esito in parte previsto, ed in parte
meraviglioso, piacemi tornare sull'argomento con
osservazioni desunte dal lato pratico, e quasi diremo
storico di questo episodio giudiciario.
I Giurati di Lucca all'udienza del 27 giugno pro
nunciarono verodetto assolutorio per tutti e tre gli
accusati ; e cosi non solo per Rosellini e Fantozzi
avverso i quali la procedura scritta poco o niente
offeriva, ma anche pel Cappelli che tanto seriamente
risultava aggravato nelle pagine dell'inquisizione.
Cosa avvenne mai in quel processo orale per con
durre a siffatto risultamento ? Vediamolo prima nel
rapporto del Carli e della istruzione, e poscia nel
rapporto dell'accusa e dei signori Giurati .
570
1.° Il Carli e la Istruzione si trovarono alla pub
blica udienza in quella situazione alla quale con
duceva la necessità delle cose. Il fango è sempre
fango. Chi si arrisica a maneggiare il fango è di
necessità che si lordi la mano. Gustavo Carli tra
dotto prima alle Assise di Lucca e poscia alle As
sise di Pisa è stato ripetutamente condannato ad
otto anni di casa di forza per titolo di furto violento
che sotto altre leggi avrebbe forse incontrato più
rigida pena. Quale moralità poteva mai ragionevol
mente sperarsi in costui ? La coscienza della propria
colpevolezza faceva a lui sentire il bisogno di soc
corsi esteriori per alleviare ( a mente sua ) le con
seguenze inevitabili di un reato senza scusa . Egli
pensò dunque di cattivarsi gli amori dell' accusa
foggiando una rivelazione che desse luce alla giu
stizia intorno a qualche processo allora pendente e
di elevato interesse. Girò attorno lo sguardo e vi
stosi al fianco nella carcere il povero Rosellini lo
scelse come olocausto da immolarsi alla propria sa
lute , e raccolte dalla sua bocca alcune circostanze
2

ed alcuni nomi relativi a questo processo fece invito


al Giudice Istruttore ed a lui sciorino audacemente
la novella delle confessioni del condetenuto inno
cente . Il Giudice Istruttore che niente aveva in
mano ( proprio niente ) a carico di Rosellini, e po
chissimo aveva a carico di Fantozzi , bevve avida
mente la fola , e gridando esultante lo Eureka, imma
ginò di aver raggiunto la meta, e chiuse il processo.
In consimile illusione furono trascinati il Pubblico
Ministero e le Camere d'invio : e così i tre detenuti
furono senz'altro cercare sospinti in Corte di As
sise principalmente sulla base delle pretese confes
571

sioni stragiudiciali dell'accusato Rosellini . E dico


confessioni stragiudiciali perchè davvero non saprei
come altrimenti chiamare in buono italiano questo
cardine dell' accusa.
Ma il Carli era il Carli : e nello intervallo la nuo
va condanna incontrata dalle Assise di Pisa lo aveva
convinto che gli amori e la gratitudine dell'accusa
sono tradizioni dei tempi barbari e cose impossibili
appo Magistrati onesti . Laonde stretto all' udienza
dal giuramento deferitogli dal Presidente, e indi
gnato per le deluse speranze, esso ebbe repugnanza
a compromettere senza nessun utile proprio un mi
sero innocente, e non seppe meglio schermirsi che
col sostituire calunnia a calunnia. Egli disse recisa
mente che Rosellini niente aveva a lui confessato ;
e che quanto leggevasi nella scritta procedura come
detto da lui erasi a lui suggerito dal Giudice Istrut
tore. Con ciò il testimone Carli che noi non era
vamo giunti ad uccidere si suicidò con la propria
voce . E così doveva essere : e così avverrà tutte le
volte che nel calunniatore sia cessato lo interesse di
calunniare. I mezzi dei tempi barbari non possono
adoperarsi alla spicciolata. Essi costituiscono tutta
una macchina della quale non può scompaginarsi un
ordigno senza tutta renderla inoperosa e farla cadere
in frantumi. Ai tempi dei Legislatori iniqui si ave
va l'accorgimento di essere logici. Si mantenevano
le testimonianze dei condetenuti e dei galeotti : ma
al tempo stesso si mantenevano a loro le promesse
di premi e di impunità ; ed in tal guisa si rende
vano scherani intrepidi dell'accusa : si assassinava
legalmente benchè immoralmente ; ma almeno si
raggiungeva quel fine di assassinare. Oggidi che il
572

progresso civile più non tollera i premi e la impu


nità diviene necessariamente un conato infruttuoso
arrestarsi ad una mezza civilizzazione e pretendere
di conservare lo strumento quando più non si ha
la forza motrice per renderlo attivo. Lode pertanto
al Cav. Antolini che trovatosi a dover maneggiare
armi non preparate da lui purgò il processo da
questa bruttura, e senza impegnarsi in ulteriori
scandalose contestazioni, congedò quel miserabile
testimone dichiarando che non ne avrebbe fatto
alcun caso, ed osservò lealmente questa promessa.
Ma intanto qual fu la morale della favola ? A me
parve doversi nel Giudice Istruttore raffigurare quel
viaggiatore che lessi descritto in una facezia Greca :
il quale facendo il suo cammino per luoghi difficili
in una notte oscurissima con l'ajuto di una pic
cola face fu ad un tratto colpito da vivacissimo
lampo : ond' egli tutto allietato di quella splendida
luce si affrettò a spegnere la sua facella ; ma il
lampo era un lampo ; ed il frettoloso rimase al bujo
e smarri la strada. Il nostro Giudice Istruttore ave
va a mano le fila di un processo interessantissimo ;
a queste tenendo egli dietro con la sua solita abi
lità ed intelligenza avrebbe forse potuto giungere
alla discoperta del vero assassino di Antonio Spe
rigni . Ma ad un tratto sopravvenne il baleno : egli
credette che fosse vera luce. Ma il baleno si dileguò
e la giustizia rimase al bujo. Fu fortuna per alcuno
degli inquisiti che la Cassazione rigettasse quel no
stro ricorso. Cassato il decreto d'invio e respinta
la deposizione Carli il processo sarebbe tornato alla
Istruzione, e forse sarebbesi giunti a convincere
qualcuno degli inquisiti. Rosellini no certo, perchè
573

contro lai a rigore di termini rimaneva niente ; e


neppure Fantozzi a carico del quale rimaneva sol
tanto la causa a delinquere . Ma anche questa causa
a delinquere che nel processo scritto aveva appa
renza gagliarda per la supposta sua esclusività sa
rebbesi ridotta con una dilatazione di processo a
più meschine proporzioni ; avvegnachè anche qui la
istruzione scambiasse un ver luisant per un fuoco.
Parecchi testimoni concordemente deponevano alla
Istruzione che Antonio Sperigni non poteva avere
nemici al Toricchio ; e questo parve bastare a con
centrare in Fantozzi la esclusività della causa a
delinquere per la rivalità nello amore di Carolina
Bartolini ; la quale per altro era si dal Fantozzi me
desimo ed a dispetto di lei volontariamente abban
donata. Dicevano i testimoni che lo Sperigni non
poteva avere altri nemici : ma perchè ciò ? Perchè
solo da tre mesi era tornato al suo paese natìo. E
donde era egli tornato ? Dal servizio militare nel
corpo dei RR . Carabinieri al quale esso aveva at
tivamente appartenuto per gli ultimi otto anni .
Questa circostanza lumeggiata dalla difesa ridusse
a niente la negazione fiscale. E chi è che possa
affermare che un Carabiniere non ha nemici se la
Istruzione non ha provato che esso abbia esercitato
l'ufficio suo in altri paesi ed in provincie discoste
dal luogo ove poscia fu ucciso !
2.° Sembrava però che i giurati avessero sufficien
ti argomenti della reità del terzo inquisito Domizio
Cappelli, il quale nel momento dell'omicidio era
solo in compagnia dell'ucciso, e che deduceva a pro
pria esonerazione una aggressione di quattro sco
nosciuti accompagnata da circostanze non molto
574

verosimili: e potè anche sembrare a taluno inespli


cabile il verodetto assolutorio anche di Cappelli. Ma
tale non era, e i Giurati furono più logici che non
appaia a coloro che giudicano con la veduta corta
di una spanna .
Sparito il Carli l'accusa contro Rosellini dovette
andare deserta. Ma l'accusatore volle tener fermo
il concetto del mandato di Fantozzi, o del concerto
secolui, che qui tornava allo stesso. L'accusa vin
colata come era da un libello che obiettava l'omi
cidio premeditato a Cappelli come esecutore, ed a
Fantozzi come unica causa morale di quello, non
credette potere scendere alla ipotesi di un omicidio
improvviso consumato per istantanea rissa insorta
fra Sperigni e Cappelli : anzi cotesta ipotesi com
.
battè virilmente ; e con voler tutto, perdette tutto.
Essa infatti per tenere stretto Fantozzi dovette usa
re ogni sua possa a dimostrare la impossibilità di
qualsivoglia causa a delinquere nel Cappelli. Per lei
la uccisione di Sperigni doveva essersi commessa
per conto o nell'interesse esclusivo di Beniamino
Fantozzi. Cappelli doveva essere la mano o autrice
o coautrice della strage : la mente non poteva es
sere che quella di Fantozzi . Qualunque altra causa
era inaccettabile .
Ma i Giurati non avevano più elementi nessuni
per condannare Beniamino, e un verodetto afferma
tivo a carico di questo onestissimo giovine sarebbe
stato spaventevole. Dunque i giurati dovendo assol
vere Fantozzi erano dalla stessa accusa condotti nella
necessità logica di assolvere anche Cappelli il quale
era inviato dalla Camera delle Accuse e tradotto
in Assise unicamente come esecutore delle vendette
575

di Beniamino. Tutti gli sforzi diretti ad incatenare


la sorte di Fantozzi con la sorte di Cappelli e di
eliminare da costui ogni sospetto di causa a delin
quere sia precedente sia concomitante ed improv
visa, portare doveva alla conseguenza che l' asso
lazione di Fantozzi si trascinasse dietro' per assoluta
necessità logica anche l' assoluzione di Cappelli .
E così avvenne, ed i Giurati fecero benissimo a
pronunciare così ed a considerare come immerite
vole di accoglienza la sesta questione presentata
loro accortamente d'uffizio dal Presidente sulla
ipotesi dell'omicidio improvviso, mentre tale que
stione aveva contro di sè la negazione dell'impu
tato, il silenzio, e la contradizione del decreto della
Camera delle Accuse, e le stesse conclusioni del
Pubblico Ministero .
La morale della seconda parte della favola è dun
que questa : chi troppo vuole meno ottiene.

Pisa , luglio 1872.


XIII.

DELLE INGIURIE AI DEPUNTI

VOL . IV . 37
DELLE INGIURIE AI DEFUNTI ( 1 )

wooso goosom

Lo stato della dottrina relativo alle ingiurie contro


i defunti fu esposto già nel mio Programma dal
S. 1813 al S. 1823 con quella larghezza che era
compatibile con la indole del lavoro.
Piacemi adesso riassumere questa interessante
materia in uno speciale ragionamento ; e tratte
nendo intorno al medesimo questi miei venerati
colleghi, adempiere all'obbligo che mi corre di por
gere loro un segno della mia gratitudine, reve
renza, e fraternità. A scegliere questo tema mi
consigliò la sua importanza e la frequenza delle
disputazioni che ad occasione del medesimo sor
gono nelle accademie e nel fôro ; e più special
mente lo aver veduto che le cose da me scritte
colà dettero alle parti contendenti occasione di at

(1 ) Discorso letto nell’Ateneo di Brescia alla tornata del 15


giugno 1873 .
580
tribuirmi talvolta deduzioni ed opinioni le quali
veramente non si erano da me neppure pensate.
Procedendo per via di eliminazione innanzi tutto
dirò che la questione presente vuole essere consi
derata come sostanzialmente distinta dall'altra ipo
tesi di ingiurie dirette contro persona viva la quale
sia venuta a morte prima di averne dato querela,
laonde si dubiti se ciò possa farsi dai successori
di quella. Questo problema è radicalmente diverso
nei principii ai quali richiama. Diretta la ingiuria
contro persona viva non può elevarsi dubbio sulla
nascita della azione penale. Quella ingiuria colpi
persona capace di diritto , ed ogni lesione del di
ritto ha sempre potenza di far sorgere un'azione
penale ove concorrano le condizioni ordinarie della
sua criminosità . Può farsi allora questione di tra
smissibilità di azione, la quale in genere deve am
mettersi, perchè se l'azione penale si estingue per
la morte dell'offensore non permette l'ordine pub
blico che nella morte dell'offeso si ravvisi sempre
una sanatoria della delinquenza. Può disputarsi sulla
esperibilità dell'azione nei casi concreti perché si
opponga la remissione : può disputarsi della impu
tabilità e della pena come in ogni altro caso ordi
nario di delinquenza ; ma il dubbio sulla possibilità
della nascita dell'azione penale non può seriamente
sollevarsi . Laddove nel tema che io piglio a trat
tare il dubbio sollevasi appunto sulla possibilità del
delitto, e dell'azione a perseguitarlo. Diverso dun
que affatto è il terreno sul quale conducono queste
due ipotesi , diverso l' ordine delle respettive obie
zioni , e diverse possono essere le conclusioni alle
quali il penalista si trovi condotto.
581

Parimente è opportuno premettere che il pro


blema non cambia per la ipotesi di un caso misto :
per la combinazione cioè di ingiurie ripetutamente
lanciate prima contro la persona vivente senza che
dessa se ne fosse richiamata alle vie di giustizia ;
e rinnuovate poscia contro la memoria di lei dopo
che essa era mancata ai viventi . Piacque a taluno
la eccentrica idea di un perdono alle ingiurie fu
ture ; e disse che quando un uomo aveva perdonato
una volta al proprio offensore doveva presumersi
che egli avrebbe a lui perdonato ogni altra ingiu
ria che nel seguito gli avesse inferita ; ed anzi do
versi presumere che avrebbe in perpetuo perdonato
ogni consimile oltraggio che anche da altri si fosse
a lui venuto recando. E su questa bizzarra conget
tura si volle costruire la regola che delle ingiurie
inferite contro un defunto nessuno potesse esser
chiamato a rendere conto criminalmente purchè
avesse mostrato che quell'uomo aveva sofferto senza
querela altre ingiurie consimili mentre era tra i
vivi. Se tali eccentricità peraltro si possono leggere
in una difesa , od anche talora in qualche sentenza
che si faccia eco dei voti fantastici di un careg
giato difensore, non si leggeranno per certo in un
libro serio e meditato con senno, ed ispirato al solo
affetto del vero . Ma ad ogni modo non è questa la
questione presente. Qui non si tratta di cercare se
an'azione penale debba arrestarsi nel suo esercizio
per ragione di perdono o tacito o presunto o in
qualsivoglia modo congetturato. Qui trattasi unica
mente della questione se possa nascere azione pe
nale ( ed a favore di chi nasca ) per causa di ol
582

traggi recati alla memoria di un cittadino dopo la


morte sua.

Circoscritto il problema a questi semplici termini


il medesimo io esaminerò unicamente sotto il punto
di vista del diritto filosofico, senza punto occuparmi
dei diritti costituiti dai codici contemporanei . Cer
cherò il precetto della scienza per giungere alla
conclusione che il medesimo deve governare la ma
teria dovunque le leggi positive locali non abbiano
disposizioni contrarie.
Fallace sempre e pericoloso nello studio dei pro
blemi giuridici è il metodo di imprendere la di
mostrazione di una tesi da mezza via. Nel corso
progressivo di un ragionamento non si trovano i
principii cardinali della dottrina ma soltanto sem
plici deduzioni che la mente umana ha già fatto
germogliare dai medesimi per qualche speciale ap
plicazione loro . Ora una deduzione può essere esat
tissima nella specialità dei termini ai quali essa si
trova adattata : ma può essere al tempo stesso ri
schievole generalizzarla e convertirla alla sua volta
in un principio cardinale. Con ciò si confonde la
genesi della idea con la analogia : e l'analogia se
può essere talvolta argomento accettabile non è
costantemente guida sicura. Quando si dice in un
dato caso, compete azione penale, si afferma una
deduzione che emana dal precedente asserto di un
diritto in quel caso. Questa seconda asserzione alla
sua volta non è ancora essa che una deduzione, la
quale emana dalla precedente proposizione generale
che un delitto può sorgere ovunque intervenga la
violazione di un diritto meritevole della protezione
sociale. Ricondotta pertanto la nostra tesi al genuino
583
fonte della teorica, ne guida per prima cosa a cer
care se un defunto sia capace di diritti . E poichè
tutta semplice e spontanea è la risposta negativa,
così li oppositori della persecuzione penale hanno
un solido fondamento alle loro impugnative finchè
il problema si pongono innanzi con la stretta for
mula di ingiuria contro il defunto. Gli estinti essi
dicono sono incapaci di passione come di azione :
essi non possono nè offendere nè essere offesi. Di
loro non resta che un nome, e questo è nel domi
nio dei posteri .
Ma è dessa la nostra questione completamente
proposta quando si esprime con la formula hai in
giuriato il defunto ? Questa formula stessa di ingiu
ria contra jus) diretta contro chi non ha gius non
rivela essa medesima a prima vista la propria fu
tilità ? È dunque latente un modo iperbolico, un
traslato, una figura rettorica nella stessa posizione
del problema che presenta come paziente di un
delitto un estinto .
La questione deve essere posta in diversi termini.
Deve cercarsi se patisca ingiuria un vivente mercè
parole di discredito lanciate contro i fatti di un
trapassato : e ammesso che per simile modo un
vivente patisca ingiuria, deve cercarsi se questi ab
bia ragione di portarne reclamo alla giustizia penale
e chiederne sodisfazione dalla medesima.
Quando pertanto si recano innanzi i diritti della
storia per armarsene a respingere ogni repressione
delle censure vomitate contro i fatti di un estinto ,
questi diritti della storia non devono mettersi in col
lisione coi diritti del defunto, che più in lui non so
no, ma mettersi a confronto coi diritti dei vivi.
581

Tale ricerca ci mena dunque direttamente per


primo passo alla teorica delle ingiurie indirette. Que
sta ci deve fornire la prima proposizione del nostro
ragionamento, la regola generale, la base consi
stente nella possibilità di un'azione penale : ulte
riori teoriche dovranno poscia guidare chi procede
alla ricerca delle condizioni applicative di quella
prima regola generale e del suo svolgimento.
La teorica delle ingiurie indirette ( o mediate )
fu dessa mai radicalmente impugnata nella scienza
penale ? Giammai . Si avranno in queste come nelle
dirette le ragioni di eccezione e di limitazione. Ciò
nulla importa a questo luogo. Ma che in genere si
possa fare oltraggio ad alcuno in modo indiretto,
e che questi abbia diritto di ottenere riparo mercè
la punizione dell'offensore, ella è cosa che nessun
criminalista osò mai seriamente negare .
Nel rapporto della sua sostanza cosa sono i modi
e le forme con le quali si consuma il delitto ? Nulla :
propriamente nulla, tranne che per quei modi e per
quelle forme ne cessi o se ne modifichi l' aggres
sione del diritto , nella quale tutta risiede la essenza
giuridica del malefizio. Se cessa sparisce il de
litto . Se questa aumenta, se ne aumenta per neces
sità ontologica il malefizio ; perchè dove non è forza
oggettiva non è reato, e dove si modifica la forza
oggettiva si modifica il reato ; ma il reato rimane
a traverso tutte le possibili variazioni di forme e di
modi, finchè rimane l'aggressione al diritto.
Quando il mio onore è ferito, la mia riputazione
manomessa, il mio nome macchiato per la opera
malvagia di un inimico, sono indifferenti i mezzi
che ha adoperato; o le vie che ha calcato colui per
583

giungere all'opera iniqua, tutte le volte che vi è


stata abilità a produrre lo effetto nocevole. La ra
gione del vietare e del punire non emana dalla
odiosità dei mezzi, ma dalla odiosità degli effetti.
Può egli o no ferirsi l'onore altrui per modo in
diretto, sia che questo operi per riflessione sia che
operi per concetto implicito o ( come dicesi nelle
scuole ) mediatamente ? Certamente che può. E se
è vero che in ogni diritto stia come necessario con
tenuto la facoltà della sua difesa contro qualunque
aggressione, non può davvero escogitarsi plausibile
motivo pel quale al diritto aggredito per modo in
diretto debba negarsi la protezione ; e così lasciarlo
indifeso in faccia a questo modo di guerra, tanto
se trattisi del diritto alla vita, quanto se trattisi
del diritto all' onore.
Fu dunque errore e vizio di falso supposto nella
considerazione che a repellere una querela di in
giurie vidi adottarsi da qualche giudicato, dicendo
non doversi il querelante ammettere nei suoi re
clami, perchè esso non era stato direttamente offeso
dall' accusato. Fu in questo ragionamento un errore ,
perchè tale proposizione aveva per suo precedente
postulato la proposizione generale che chi ingiuria
indirettamente altri debba sempre andare impunito ;
cioè che all'onore del cittadino malignamente lace
rato non accordi la legge protezione alcuna purchè
si laceri con modi indiretti. Trista lezione ai vam
piri della società che famelici corrono a far pasto
delle altrui riputazioni! Vera è per l'opposto, e ris
pettata in tutti i tempi o da tutte le giurisprudenze,
la proposizione contraria, che non ammette ecce
zioni nella tutela giuridica.
586
La indirezione della ingiuria presuppone che il
mio onore sia stato ferito con un discorso nel quale
io non era per modo alcuno preso personalmente
di mira. A far ciò il maledico che propriamente in
tende disonorare me per odio che ha contro di me
può procedere da tre punti di partenza diversi . O
può dirigere il discorso contro una cosa inanimata :
o può dirigerlo contro altre persone viventi : 0 può
dirigerlo contro persone defunte.
Prende come obiettivo apparente del suo vilipen
dio una cosa inanimata quando ( a modo di esem
pio ) scredita un libro, un dramma teatrale, un'opera
d'arte qualunque, al pravo fine di screditarne l' au
tore ed ucciderne la riputazione. Non parlo di onesta
censura ma di maligna diffamazione : non si cambi
il terreno della questione portando il dubbio sotto
altro estremo diverso. La questione presente coar
tasi unicamente allo elemento materiale : lo ele
mento formale, lo animo calunnioso e maligno si
presuppone concorrente e dimostrato, e malgrado
questo si vorrebbe sostenere che la forma indiretta
basta a cuoprire di impunità qualunque più scelle
rata calunnia . Chi per rovinare la nascente fama
di un giovine compositore vada attorno spargendo
maliziosamente la falsa voce che il suo nuovo dram
ma è stato accolto con fischi sui teatri di Milano o
di Napoli , non pronuncia il nome di quel compo
sitore : egli simula di neppure conoscerlo e di igno
rare chi sia l'autore del dramma infelice. Dirà dun
que un seguace della opposta scuola che questo
misero perseguitato debba dalla giustizia rinviarsi
al pugnale se vuole ottenere riparazione dell'onore
587

suo vilipeso ? Mai alcuno lo insegnò, nè mai po


trebbe sostenersi sul serio .
Prende come obiettivo apparente della sua diffa
mazione altra persona viva per giungere a ferire
nell'onore indirettamente il proprio nemico , colui
che parla o di un corpo o di una consociazione alla
quale il nemico appartiene, per esempio un'acca
demia, un corpo militare ; oppure anche di un solo
individuo i vizi del quale riflettano sopra il nemico,
come il marito, il figlio, o la sorella di questo. Ed
anche in questa forma di indirezione nessuno mai
dubitò ( nè saprebbe trovarsi ragione di dubitare )
che la persona non nominata nello asserto diffa
matorio, quantunque direttamente non si colpisca
dalla proposizione infamante, possa nei congrui ter
mini avere pur sempre diritto a querela per diffa
mazione. Dovrò io tollerare , senza diritto a reclamo,
che si vadano malignamente contando novelle sulle
disonestà sognate della madre mia, sulla viltà dello
squadrone nel quale io combatteva il giorno della
battaglia ? Proposta simile questione ad un tribunale
di onore cosa deciderebbe esso ? Mi risponda ogni
uomo che sente l'onore.
Esso giudicherebbe dovuta una riparazione. Eb .

bene io dico che il criterio col quale giudica un


tribunale di onore è il criterio col quale deve giu
dicare il tribunale chiamato a conoscere di una in
giuria : perchè l' onore e le sue ferite non possono
avere due pesi e due misure, ed essere e non es
sere al tempo stesso, secondochè chi ne giudica in
dossa la toga, o cinge la spada. Le condizioni ec
cezionali dell'offeso possono moderarne i criterii ; la
diversità dei giudicanti no .
588

Or dunque se lo stesso senso morale ci insegna


doversi accordare nei congrui termini il diritto a
chiedere utilmente una riparazione per offesa recata
allo onore nostro mediante ingiuria che abbia preso
per suo apparente obiettivo o la cosa inanimata od
altra persona vivente ; se in questo senso rigurgi
tano gli annali di tutte le giurisprudenze, e sempre
e dovunque si tenne come regola generale ( salvo
la casuistica di speciali eccezioni ) la regola della
perseguibilità , potrà egli opporsi appunto come ec
cezione che alla sua volta assuma il carattere di
subalterna regola generale il terzo dei suddetti casi ,
quello cioè nel quale il calunniatore che volle pro
cedere per via indiretta prese per suo apparente
obiettivo non la cosa inanimata, nè la persona vi
vente, ma una persona defunta ? Lo intervento di
un morto fra l'aggressore e l'aggredito spunterà
esso perpetuamente la spada della giustizia , e per
petuamente renderà impotenti i giusti sdegni di
questo ; perpetuamente impuniti i perfidi disegni di
quello ? Tale è il terreno sul quale rimane a condurre
in faccia alla scienza la questione che abbiamo pre
so a trattare .
Sa questo terreno una accurata analisi mostra
aperto che i termini della questione cambiano affatto .
Non più si impugna che ad un ingiuriato debba
negarsi nascere azione penale per una diffamazione
la quale diminuisce la sua riputazione, sotto il pre
testo che quella ingiuria fu formulata in modo in
diretto. No : l'azione nasce : su ciò non può elevarsi
seria controversia.
Qui la opposizione non è alla nascita della azione
ma allo esercizio, perché si recano innanzi i diritti
589
della storia ; e si deduce che la nostra azione si
spunta e non può approdare al suo fine, perchè in
contra i diritti della storia, più potenti ( dicesi ) del
diritto che ha il cittadino alla conservazione del
l'onor suo .

Questi sono i genuini termini della controversia


sulle ingiurie ai defunti nella forma con la quale
è stata modernamente sollevata e combattuta dai
Francesi ; sempre facili ad innamorarsi di formule
nuove, e tanto più facili ad innamorarsene quanto
più le nuove formule sono diafane. È nè più nè
meno nel linguaggio della scuola una questione di
collisioni di diritti.
Studiamo dunque cosa sono questi così detti di
ritti della storia : esaminiamone la genesi, la per
tinenza, la natura ; in una parola il subiettivo e
l'obiettivo di questi diritti : ciò ne condurrà a mi
surare con esattezza quanto sia di vero e quanto di
efficace nella moderna formula .
E in primo luogo io osservo che questa formula
è capziosa ed inane . Diritti della storia significa nel
l'esatto linguaggio giuridico diritti pertinenti alla
storia. Ma io mi permetto di non riconoscere nella
signora storia una personalità nè fisica ne morale
nè giuridica capace di avere diritti. I diritti della
morale li capisco, perchè la morale è una legge che
può essere generatrice di diritti . Ma la storia è un
fatto umano il quale può essere obietto di diritti
in altri ma non vantare la pertinenza di diritti in
sè stessa. Questa formula è per lo meno iperbolica,
contiene una figura rettorica, ed a noi Italiani non
piace di fondare una regola sopra una metafora o
una metonimia od una sineddoche.
590

La storia è un obietto di diritti negli uomini ; ne


convengo. Lo è come un campo ; lo è come la mia
spada. Ma se poeticamente si userà la locuzione i
diritti della mia spada, non si vorrà già dire che
la spada ha dei diritti : ma giuridicamente si dovrà
dire che io popolo ho diritto di maneggiare la spada
per la difesa della patria ; o che io privato ho di
ritto di maneggiare la spada per la difesa della
mia vita .
In questo identico senso io convengo che la sto
ria possa guardarsi come l'obiettivo di diritti uma
ni : diritti universali e diritti individuali.
È obiettivo di diritti universali in quanto tutti i
consociati avendo interesse che si registrino e si
ricordino le gesta dei loro concittadini perchè la ri
cordanza loro serva di esempio se buone e di
emenda se prave , così da questo interesse nasce in
tutti i consociati il diritto che mantengasi piena
libertà ad ogni cronista e ad ogni scrittore di per
petuare con la penna i fasti ed i tristi della sua
città : e ciò ( dico io ) non al solo storico, ma an
che al poeta .
È obiettivo la storia di diritti particolari in quanto
deve esser lecito ad ogni cittadino che sappia ma
neggiare la penna di esercitare la propria attività
ad opere intellettuali come ad opere manuali, pur
chè ciò faccia a fine onesto e per sentimento di
bene e di verità .
La libertà di scrivere la storia risiede dunque
sulle identiche basi sulle quali risiede la libertà della
stampa ; la quale deve riconoscersi tanto nell'inte
resse del privato che vuole stampare quanto nello
interesse del pubblico che vuole essere dalla stampa
591
illuminato sulla verità delle cose . Se pertanto la li
bertà della storia e la libertà della stampa proce
dono dagli identici cardini, e sono subordinate agli
identici fini, pare a me che identiche debbano essere
le condizioni ed i confini del rispettivo esercizio.
Io non posso certamente esser quello che si faccia
indistintamente a sostenere la punibilità costante e
perpetua di ogni proposizione denigrante l' altrui
buon nome. Io non posso esser quello, perchè mi
vanto di essere fra gli scrittori di cose criminali il
più prolisso sminuzzatore di tutti i singoli casi , nei
quali o per ragione soggettiva o per ragione og
gettiva deve cessare a mio credere, per virtù di
certe circostanze concrete, la punibilità della ingiu
ria, o per difetto nei suoi elementi o per motivo
di scusa .

Ma prescindendo dalle ragioni oggettive ( le quali


fanno capo alla compensazione, inadattabile nel pre
sente tema ) le ragioni della scriminazione sogget
tiva tutte si annodano al grande principio della es
senzialità dell'animo di ingiuriare.
Non vi è dunque bisogno di creare la formula
nuova dei diritti della storia , la quale conduce alla
sperticata conclusione del libero vitupero di ogni
trapassato qualunque egli sia ; non vi è bisogno di
questo fantasma perchè sia guarentita in faccia alla
punitrice giustizia la libertà della storia che ogni
buon cittadino desidera sia rispettata come cardine
del progresso morale che è il contenuto del sinda
cato morale, uno dei fini naturali della umana con
sociazione. Non vi è bisogno di questo per giungere
a simile intento nelle ragionevoli sue condizioni .
592

Ciò che si è scritto da un letterato per illustrare


le cronache della sua patria ricordando i nomi de
gli uomini più operosi così nel bene, come nel male ,
purchè scritto con animo di servire alla verità, sfug
ge alla pena della ingiuria per le regole generali
della teorica ; cioè per la mancanza dell'animo
maligno.
Ciò che a sfogo di un giusto dolore un povero
bisognoso lascerà sfuggire dal labbro contro un ricco
congiunto che sedotto da uno straniero eredipeta
lo consegnò alla miseria, evaderà la pena per le
regole generali della teorica ; cioè per la mancanza
dell'animo maligno.
Quello che al fine di purgarmi da ingiusta taccia
io verrò scrivendo a disdoro del trapassato che
falsamente mi aveva apposto quella taccia, evaderà
la pena per le regole generali della teorica ; cioè
per la mancanza dell'animo di vilipendere.
Ciò che sarà detto da uno scrittore di medicina
sugli effetti delle intemperanze di un trapassato
verificate nello studio del suo cadavere, muovendo
dalla brama di illustrare la scienza mercè l'analisi
di certi fenomeni morbosi , evaderà l' indebito pre
mio del carcere per le regole generali della dottrina;
cioè per la mancanza dell'animo di fare oltraggio.
Ciò che io verrò scrivendo per riabilitare un uomo
ingiustamente sottoposto a grave condanna, benchè
torni a disdoro di falsi testi od anche dei giudici
che furono causa di quella ruina, non sarà materia
di criminale processo tanto se le persone attaccate
siano defunte quanto se siano tuttora tra i vivi.
L'illustre Tommaseo per pubblicare impune
mente quell' aureo libro il supplizio di un Italiano
593

a Corfi non ebbe già bisogno di aspettare che i


falsi testi ed i giudici malfattori fossero venuti meno
alla vita. Sono i più noti ed i più certi principii della
teorica quelli che insegnano non esservi elemento
di criminosità punibile nelle proposizioni ingiuriose
che si emettono al fine di istruire, al fine di cor
reggere, al fine di rettificare un fatto importante,
al fine di repellere la ingiusta accusa, o ad altro
consimile che tolga via ogni sospetto di intendimento
malvagio, e di calunnia manifestissima.
Quando i vecchi pratici ebbero occasione di cer
care se colui che esercitasse la condizione furtiva
per ricuperare un oggetto che denunzia essere stato
a lui sottratto dal padre del reo convenuto, potesse
da questo ( soccombendo egli nel giudizio ) venir
querelato per la ingiuria inferita al defanto, non
pensarono neppur per sogno di prendere per guida
alla decisione del dubbio la non ancora immaginata
impunità delle ingiurie ai morti. Essi ridussero la
indagine al criterio dell'animo ; e decisero concordi
la questione col solo criterio dell'animo. Il riven
dicante ( dissero ) sarà passivo di querela per titolo
di ingiuria se quella condizione furtiva avrà eserci
tato al fine di calunniare : sarà immune da ogni
molestia se con solo intendimento leale di esercitare
un diritto inerente al suo patrimonio. Ma quando
Paolo alla leg. 27 ff. de injuriis contemplò il fatto
di chi avesse lapidato la statua di un defunto, non
ammise nè distinzione nè limitazioni, perchè l' ani
mo maligno era evidente. Rispose doversi quel fatto
punire come ingiuria : nè a lui fece velo il vantag
gio che da simile fatto poteva ritrarre la storia re
gistrando che le male opere di quel cittadino ave
VOL . IV . 38
594

vano condotto a tanto sdegno il paese da meritare


che dalla furia del popolo la sua statua saxis cae
sa fuisset.
Così ragionavano gli antichi, e cosi si durò a ra
gionare per secoli in Italia ed in Germania, dove lo
spirito non usurpa le veci della sapienza, e dove una
questione giuridica non si scioglie con un motto
brillante .
Qual bisogno vi era egli di tutta quella furia Gal
licana e di questa nuova dottrina dei diritti della
storia della quale volle farsi una questione Europea
per difendere lo illustre Primate di Francia, occa
sione di tanta lite, e che credo io pure fosse ingiu
stamente attaccato. Se io avessi avuto l'onore di
quel patrocinio non mi sarebbe per certo bastata la
fantasia a creare una eccezione così poetica e così
romorosa , ma pacatamente ricorrendo ai miei vec
chi maestri avrei dedotto che quel Primate nel
render conto al suo popolo dello stato nel quale ave
va trovato la propria Diocesi , non aveva agito per
nimicizia o vendetta ma soltanto a proprio discari
co, e per santo dovere di ufficio. E non per orgo
glio, ma per convinzione di verità io penso che la
difesa sarebbesi con maggiore sicurezza affidata ai
classici insegnamenti della vecchia scuola ed al sen
so morale, che non ai voli pindarici di una potente
immaginazione. Ma il dado fu tratto per altra via :
e per questa novella foga videro i contemporanei
sorgere una non più adita dottrina ; quella cioè che
il nome dei morti fosse alla balìa di tutti i malevoli,
di tutti i vampiri, di tutte le arpie che volessero
farne ingiusta carnificina con le più nefande calun
nie : che la giustizia penale dovesse starsene inerte
595 -

spettatrice del macello sacrilego di un nome quan


tunque venerato ed amato : e che un figlio ed una
vedova oltre al dolore della amarissima perdita do
vessero le braccia al sen conserte mancare di ogni
aita per parte della legge, in faccia a tanta e im
meritata ignominia, costretti forse da disperato con
siglio a cercare pace nell'esilio, e calmare i ros
sori del volto con le aure meno venefiche di terra
straniera .
Questo è ciò che io mai potei condurmi a rico
noscere come buona dottrina giuridica ; nè mai lo
potrò. Onde io tenni sempre come enorme bestem
mia contro la santità del diritto lo asserire, come
proposizione generale non si ammettono querele per
le ingiurie contro i defunti.
Mi si accorda dalla legge un'azione senza esi
tanza per rivendicare anche la più meschina fra
zione delle sostanze avite, e mi si negherà un'azione
per rivendicare il patrimonio o meglio il tesoro della
gloria paterna ! Mentre tutta Italia versa lacrime
sulla venerata salma di Alessandro Man
zoni dovrà egli tollerarsi in pace che una mano
di astiosi nebuloni vada pubblicando e spargendo
che quello illustre italiano non fu che un plagiario,
e che il cinque maggio non fu parto del suo divino
intelletto, ma un furto da lui commesso ad un gio
vine amico ? Potrà pur dirsi anche qui che la storia
letteraria se ne può illuminare. Ma chi ascolterà
queste fiabe in faccia alla evidenza della malignità ?
Oggi si accampano i diritti della storia per gua
dagnare le impunità alle diffamazioni. Domani si ac
camperanno i diritti della beneficenza per guada
gnare la impunità ai furti manifesti : e la teorica
596

del furto a fine onesto, che Leyser recò innan


zi come attenuante , si convertirà in una diri
mente per sostenere la non punibilità del furto com
messo al fine di far limosina. E dove ci arresteremo
con questi voli fantastici che sostituiscono il senti
mento ai dettati della fredda ragione !
Lo assunto di coloro che vorrebbero stabilire co
me regola generale ed assoluta la impunità della
più sfacciata calunnia contro i defunti, sotto il pre
testo dei riguardi alla storia, è privo di ogni senso
pratico quando si adatta alle diffamazioni verbali.
Esso è privo di ogni senso pratico quando per la
sua generalità si adatta anche nelle diffamazioni
scritte ai fatti dell'uomo privato, ai costumi di una
fantesca, alle infedeltà della moglie di un calzolaro.
Esso ha poi un senso pratico del tutto opposto,
e conduce propriamente ad un controsenso, quando
si applica ai fatti della vita pubblica, intorno ai
quali se i popoli ed i posteri hanno un diritto, hanno
il diritto di sapere la verità ; e il diritto per conse
guenza a vedere sceverata la verità dalla menzo
gna mercè le più larghe investigazioni giudiciarie.
Anche riconosciuto in questa disputa un valore
giuridico nei riguardi alla storia, tutto il più che per
essere logici si può concedere a tali riguardi strin
gesi nello accordare con maggiore larghezza il be
nefizio della prova della verità del convicio. È as
surdo e contradittorio il concetto sul quale si adagia
la novella dottrina. Esso riducesi a questa formula -
è di universale interesse che si conosca la verità,
dunque devono perpetuamente impedirsi le investi
gazioni giudiciali che nel modo più sicuro mette
rebbero in luce la verità. Neghisi se riesce che la
-
597

tesi avversaria conduca a questa conclusione para


logistica : ma impugnare non si può senza dimen
ticare il senso comune.
Grazioso dono davvero e benefizio meraviglioso
farebbesi alla libertà della storia, proclamando come
regola simile impunità ! Utili tradizioni si conse
gnerebbero ai posteri se a tutti i nemici dello estinto
si facesse licenza di inondare la città con le più
nefande calunnie ! Aureo tesoro di documenti tro
verebbero in quelli infami libelli i futuri storiografi.
Sia libero si di consegnare alle ricordanze dei
posteri i fatti degli uomini anche vituperosi per
loro : ma se il diritto alla storia è un diritto dei
posteri si guarentisca nei posteri stessi questo di
ritto ; si guarentisca cioè che ai posteri giunga la
verità e non la vile menzogna di un impostore.
Ovunque si incontra l' animo di recare ingiusto
danno ad altri ivi si trova la soggettività di un
reato ; ovunque si trova lo effetto di un diritto vio
lato ivi si incontra la oggettività del reato stesso,
ed ivi sempre devono essere aperte le strade
della giustizia.
Valuti il giudice nei singoli casi concreti il con
corso o il difetto di tali elementi della asserita cri
minosità . Noi rispetteremo gli oracoli che emane
ranno dalla sua coscienza nella apprezzazione dei
fatti, della quale è sovrano. Ma nessun pretesto in
terdica a lui lo esercizio di tale sovranità, ed a lui
faccia comando di assolvere da ogni repressione
un'azione scellerata e dannosa che è di pessimo
esempio e che turba la pace delle famiglie .
Dica il magistrato che il giudicabile non ebbe
l' animo di infamare, e noi lasciando alle parti il
598

compito loro ci interdiremo ogni sindacato dei suoi


giudizi di fatto. Ma non invada la cattedra proclaman
do come dottrina scientifica la libertà di infamare.
Se nella storia può riconoscersi il termine di un
rapporto giuridico, il diritto non può attribuirsi
alla storia, che è un mero quid facti come il de
naro rubato e la casa arsa. Il diritto è nelle per
sone. È il diritto dei contemporanei e dei posteri
ad essere istruiti sulla verità della storia del loro
paese. Dunque se nel tema delle ingiurie ai defanti
vuol darsi un valore allo interesse che sorge dalla
storia, questo valore opera , un effetto diametral
mente opposto alla tesi che propugnasi dai nostri
avversarii. Non può dedursene la negazione di ogni
repressione delle calunnie contro i morti : se ne
deve per lo contrario dedurre che più largo campo
bisogna aprire a quella repressione : perchè se ca
lanniando i vivi si offende un individuo od una
famiglia, calunniando i morti si reca danno a tutti
i cittadini presenti e futuri che tutti si fanno vit
time di un inganno nefasto. Laonde la ultima con
seguenza alla quale mena diritto lo interesse della
storia si è che le calunnie lanciate contro i defunti
nei fatti relativi alla vita pubblica dovrebbero di
chiararsi perseguitabili ad azione popolare ; cioè ad
azione pubblica esercitata dal Pubblico Ministero
nella sua rappresentanza dei contemporanei e dei
posteri, cioè della società tradita ed ingannata da
quel maligno calunniatore.
Questa conclusione emana dal principio comune
mente , adottato e con fiore di erudizione illustrato
da Bleich nella sua dissertazione de furto servili,
pubblicata a Berlino il 1857, che l'azione penale
-
599
debba concedersi a tutti coloro che hanno interesse
nella repressione del malefizio . È per ciò strettamen
te logico che dove la persecuzione di un reato in
teressa cuivis de populo il legittimo rappresentante
del popolo nel suo diritto alla pena deve essere
autorizzato a proporre l'azione persecutoria.
Io la penso così. Mi corregga chi mi crede in
errore, ma mi corregga con argomenti giuridici e
2

non con empiriche declamazioni.


Platone, come moralista, ci avrebbe guidato a
questa conclusione con la sua nota formula dei do
veri che legano i vivi verso gli estinti.
Thomasio e la comune scuola dei pubblicisti
che riconoscono nel dovere la vera genesi del di
ritto ne argomentano che nel dovere imposto dalla
legge di natura di onorare i nostri defunti si con
tiene il diritto di tutelarne l'onore. Il giurista ci
guida alla identica conclusione mercè la formula dei
diritti che hanno i vivi per il loro rapporto con gli
estinti. Ma vi si giunga per una o per altra via la
conclusione è sempre ugualmente vera. Per negare
questa conclusione bisogna annientare ogni vincolo
morale e giuridico tra i vivi ed i morti : che è quan
to dire bisogna diventare materialisti. Ecco tatto.

Se tale è il precetto della scienza, la ultima con


clusione pratica alla quale conduce la nostra dimo
strazione si è quella che secondo tale precetto de
vono costantemente giudicarsi i casi concreti do
vunque la legge locale non lo abbia interdetto con
una speciale disposizione contraria. Tagliano il nodo
con la spada e procedono per viziosa petizione di
principio gli oppositori nostri quando per punire
-- 600 -

le ingiurie contro i trapassati vanno cercando nel


codice vegliante un articolo il quale apertamente
disponga doversi punire anche le ingiurie che a
noi mediatamente si fanno col disonorare la nostra
famiglia e calunniare i nostri defunti.
La petizione di principio consiste in questo che
si suppone non bastare che la legge abbia punito
espressamente un genere di reato se non ha sog
giunto altresi il divieto e la minaccia di pena contro
tutte le singole specie che fanno capo a quel genere.
Questo è un errore funestissimo che per imita
zione del codice di Francia è venuto pigliando
troppo larga applicazione in molti codici contem
poranei innamorati del sistema di una minuziosa
casuistica, che guasta e corrompe la giurisprudenza
penale per virtù del troppo celebre argomento lo
gico, ubi voluit dixit, ubi tacuit noluit.
I legulei sono simili ai bambini i quali non sanno
ancorà muover passo se non li regge la mano della
nutrice. Così i legulei non sanno pigliare una de
cisione se non trovano sulla fattispecie che hanno
a mano, la precisa parola del legislatore, dimenti
cando che vi sono leggi di suprema ragione le
quali sovrastano a tutte le leggi umane quando
non si siano da queste sventuratamente conculcate.
È indubitata la regola classica in toto jure generi
per speciem derogatur : ma è indubitata altresi la
regola suprema di logica che nel genere si com
prende ogni specie appartenente a quel genere
quando non se ne trovi esclusa per aperta disposi
zione contraria. Quando la legge ha vietato e pu
nito il genere omicidio, potrà forse dubitarsi che
l'omicidio commesso mediante fame debba restare
601

impunito perchè non si trova uno speciale articolo


che preveda la truce forma di eccidio adoperata dai
barbari Pisani contro lo sciagurato Ugolino ? Quasi
tutti i codici contemporanei dettano particolari di
sposizioni contro la subornazione di testimoni ; an
dazzo questo del quale manca sufficiente ragione.
Ma se io dimani proponessi un codice che della
istigazione al falso giudiciale tacesse affatto po
trebbe egli sostenersi da senno che fosse stata mia
volontà di lasciare impuniti i subornatori di testi
moni ? Stoltezza sarebbe cotesta induzione ; perchè
la volontà di punire i subornatori io anche pel caso
della falsa deposizione consumata o tentata avrei
manifestato sufficientemente col punire per regola
generale tutti i fatti di complicità in un delitto o
consumato o tentato : e la volontà di punire i su
bornatori non esauditi dal testimone io avrei oltre il
bisogno manifestato col punire indistintamente tutto
il genere delle istigazioni a delinquere non accolte.
Ma pur troppo i legulei divenuti legislatori hanno
incoraggiato i legulei della pratica in questo fata
lissimo errore col venire ogni giorno viepiù molti
plicando nelle loro rapsodie , alle quali dettero il
nome di codici penali, le specializzazioni, le defini
zioni e le enumerazioni di materialità che essendo
indifferenti al concetto giuridico del reato previsto
divengono inopportune e pericolose. Se verrà giorno
in cui procedendo in questo vizioso sistema si detti
un articolo che punisca l'omicidio commesso con
armi o sassi o bastoni, sorgerà allora la teorica dei
legulei i quali si faranno a sostenere non essersi
voluto punire l'omicidio commesso con atti nega
tivi , ed altri simili errori.
602

È un'aberrazione di logica obiettare che noi vo


gliamo punire per analogia. Falso, falsissimo ciò.
Per analogia si vuole punire quando la legge che
contempla una specie si vuole estendere ad altra
specie diversa ; o quando la legge che colpisce il
genere vuolsi ad altro genere diverso applicare. Ma
quando il precetto dettato per il genere si applica
alla specie naturalmente appartenente al genere
contemplato, non si punisce, no, per ragione di ana
logia, ma per ragione di contenuto : lo che è logi
co e doveroso .
Il titolo di ingiuria nell'odierno linguaggio legale
designa un genere criminoso che in sè comprende
indistintamente tutte le offese volontariamente re
cate all'onore altrui . Tatte, senza eccezione di sorta
sono colpite dal legislatore, quando questi ha detto
voler punita la ingiuria senza aggiungere restri
zioni , condizioni e limitazioni . Nessun membro di
questa vasta famiglia evade dalla generale sanzione.
Nulla interessa che la legge abbia specificato la in
giuria mediata , la ingiuria indiretta, la ingiuria per
lettera, la ingiuria per gesti, la ingiuria per tele
gramma, la ingiuria per omissione, la ingiuria contro
il demente, o contro la moglie, o contro lo infante,
o contro lo straniero, e via così discorrendo : ne dal
>

non trovare nella legge l'articolo che disponga do


versi punire l'ingiuria volta ad offesa di un fore
stiero se ne può argomentare che il difetto di una
disposizione speciale a protezione degli stranieri con
duca alla impunità di questa forma di malefizio.
La specializzazione è necessaria quando il caso
vuolsi escludere dalla disposizione dettata contro il
genere. Così il divieto e la punizione del furto col
603

pirebbe nel silenzio della legge anche i furti com


messi dal figlio a danno del padre . Ma il legislatore
vuole fare eccezione alla regola ed esentarlo dalla
pena, allora ha bisogno di definire la specie per
toglierla dalla regola e condurla sotto la eccezione.
Nella stessa guisa la ingiuria che offende un vivo
manomettendo la riputazione di un morto, è lasciata
dal legislatore che tace sotto la regola che governa
il genere proibito ; e per sottrarla a quella regola
vi è bisogno di una speciale designazione .
Il canone di ermeneutica exclusio unius, e vi
ceversa, ha valore quando si applica appunto a di
sposizioni eccezionali e limitative. Così se la leg
ge accordando la impunità al furto del figlio aves
se detto non vi sarà azione penale per i furti
del figlio convivente col padre sarebbe eminente
mente logico lo interprete che applicasse il canone
inclusio unius per punire il figlio che ruba al pa
dre separato da lui. Ed ugualmente quel canone
si applicherebbe benissimo ad una legge la quale
dicesse vi sarà azione per il corso di 30 anni
dopo la morte di un uomo per perseguitare le
offese fatte alla sua memoria . È evidente in que
sti termini la concludenza dell'argomento ; se la
legge toglie l'azione in caso di convitto la mantiene
in caso di non convitto ; se la legge då azione per
i trent'anni successivi alla morte la nega dopo de
corsi i trent'anni .
Ma è sofistico applicare quel canone alle regole
generali . In queste vale il ben diverso argomento,
ubi lex non distinguit, nec nobis distinguere licet.
E il silenzio del legislatore conferma la regola.
604

Ma cosi non la intende il legulejo. Materialista


nella giustizia esso non può sollevare la mente alla
adorazione della divinità che la informa : esso non
ha fede nella ragione logica ; non ha fede nella ra
gione giuridica. Solo Dio per il materialista è la
forza, sola divinità per il leguleio è la parola. Im
pastoiato ed imbavagliato nella abitudinaria vene
razione della casuistica, esso quando siede come
interpetrecerca tutto nella lettera della legge ;
quando siede sventuratamente come legislatore vuol
dir tutto con la parola della legge ; e nell' una e
nell' altra situazione getta la giurisprudenza negli
orrori del caos , e la riduce nave senza timon ,
senza nocchiero.
Costui abusa di un principio santissimo per farne
testo e documento ad un sofisma. È santo il prin
cipio che non possa irrogarsi pena dove la legge
specialmente non la minaccia . Chi mai sarà che
ardisca mettere in trono l'autocrazia del magistrato
rinnegando siffatto principio ? Ma si cade in aperto
sofisma quando da quel santo precetto se ne vuol
trarre ragione per eliminare la pena da un fatto
che rientra nel genere proibito, sotto il pretesto
che quel fatto ha una forma speciale non descritta
dal legislatore, quantunque per simile forma il caso
non esca dal genere proibito e non ne perda le
condizioni essenziali . Ragionando o, a meglio dire,
sofisticando in siffatta guisa, si scambia il concetto
vero della specialità, confondendo la specie con lo
individuo : e si dimenticano le somme leggi onto
logiche le quali costringono a riconoscere una ca
tena indefinita di generi, la quale procedendo dalla
più vasta comprensione del creato, scende gradata
605
mente sino all' infimo che sta a contatto con lo
individuo : e si dimentica che nel genuino concetto
di quella santa regola è specie anche il genere, ed
è disposizione speciale anche quella che contempla
un genere. Così esprimono un genere gli atti uma
ni : di questo porgono un genere subalterno gli atti
criminosi : di questo porgono altro genere subal
terno ( a modo di esempio ) ii furti : da questo ge
nere si stacca altro genere subalterno ( a modo di
esempio ) nel furto violento : dal genere dei furti
violenti si stacca la rapina : da questo infimo ge
nere emerge lo individuo ( specialità a rigore di
termini ) cioè la rapina commessa da Sejo a danno
di Cajo. Ora tutti i precetti della legge i quali con
templano in questa lunga catena uno dei generi
subalterni sono disposizioni speciali perchè il ge
nere ingiuria fa le veci di specie in faccia al ge
nere delitto, come il genere delitto fa le veci di
specie in faccia al genere atto umano. Che se in
quella santa regola la formula disposizione speciale
si intendesse nel rigoroso significato di questa pa
rola, si verrebbe a non contentarsi mai del precetto
relativo ad un genere criminoso, esigendo un pre
cetto speciale per tutti i subalterni generi che for
mano la catena dei suoi contenuti : e per tal guisa
la regola stessa diventerebbe falsa ed assurda, per
che condurrebbe a dire non potersi punire la ra
pina di Sejo senza un espresso articolo di legge il
quale disponga doversi punire la rapina commessa
da Sejo a danno di Cajo.
Questo è il risultamento al quale conduce la falsa
dialettica di coloro che per punire le ingiurie ai
defunti vogliono leggere propriamente l'articolo
606

che colpisca le ingiurie ai defunti : e non si appa


gano che il legislatore abbia proibito e punito senza
eccezione tutto il genere criminoso della ingiuria.
Le modificazioni di forma possono impropriare il
titolo e modificare il grado della imputazione, mai
cancellarla finché non sottraggono il caso dal ge
nere proibito ; nè avvi ragione per la quale menata
buona una volta questa fallace argomentazione non
la si ripeta domani per sostenere la impunità delle
ingiurie contro gli stranieri sotto lo identico pre
testo che non avvi nel codice disposizione speciale
per la punizione di simile forma di ingiuria ; e il
giorno dipoi sotto uguale pretesto si sosterrebbe la
impunità delle ingiurie per telegrafo ; e così di se
guito. O bisognerebbe fare un codice di quaranta
mila articoli, o viaggiare in mezzo a migliaia di
impunità. Fu questo lo errore che baleno per pochi
istanti nel foro, ma venne tosto rejetlo dalla giu
risprudenza Olandese, Italiana e Tedesca in pro
posito del furto di gaz . In questo tema tentò pure
qualche difesa di invocare la impunità per il difetto
di una disposizione speciale che stabilisse la puni
bilità del furto di gaz. Ma rispettato pur sempre lo
zelo dei difensori i sapienti risero di questo inane
conato, e si appagarono della disposizione speciale
proibitiva del furto.
Con quella falsa dialettica si fa tacere la legge
che parla, e si fa parlare la legge che tace. Si fa
tacere la legge che parla, perchè la legge ha par
lato quando ha proibito un genere di delitto senza
distinzione o limitazione. Si fa parlare la legge che
tace, insinuando che essa abbia dettato alla regola
una eccezione che non si legge nel suo precetto.
607

Nè soltanto costoro fanno tacere la legge che


parla , e parlare la legge che tace. Uguale arbitrio
usano anche a riguardo degli scrittori , e questo
posso dire essersi fatto non ha guari rapporto a
me stesso. In una disputa forense relativa a certe
ingiurie dirette contro un defunto ( della punibilità
o non punibilità concreta delle quali niente mi in
teressa cercare ) mi venne fatto di leggere con mia
grande sorpresa che il Carrara nel suo Programma
aveva insegnato non essere sotto il codice Sardo
punibili le ingiurie ai defunti. Caddi dalle nuvole,
come era ben naturale, perché rammentava di non
aver mai neppure preso ad esame siffatta questione
in faccia al diritto positivo. Cercai la fonte di que
sto equivoco e la trovai al S. 1823 del mio Pro
gramma dove io aveva vergato queste parole — il
codice Sardo, come molti altri codici contempora
nei, non contiene nessuno speciale provvedimento in
proposito della diffamazione contro i defunti ed
allora compresi il grosso equivoco che mi voleva
attribuire una opinione sopra materia dove io non
aveva emesso opinione nè bianca nè nera.
Lo equivoco consiste nel confondere lo storico
con lo interprete. Io per sistema rarissimamente mi
arrisico ad interpretare il codice Sardo, perchè dif
ficilmente trovo le vie razionali per indovinarne i
concetti. Ma qui davvero neppur per sogno io aveva
fatto divisamento di interpretare il codice Sardo,
nè tutti gli altri codici i quali tacciono affatto delle
ingiurie ai defunti. Non aveva inteso a ciò, perchè
la interpretazione del silenzio della legge non ap
partiene nel mio modo di vedere alla pura dottrina
scientifica, sulla quale ho circoscritto le modeste in
608

vestigazioni del mio Programma e del mio inse


gnamento. Nel mio modo di vedere quella ricerca
non appartiene nè al diritto penale filosofico, desti
nato solo a stabilire i sommi principii ; nè al di
ritto penale positivo, intento solo ad enucleare le
volontà di un determinato legislatore. Essa appar
tiene ad una terza parte delle dottrine criminali
essenzialmente distinta dalle altre due, non inve
stigata fin qui, e che io credo interessantissima e
meritevole di una cattedra speciale : ad una ter
za parte della dottrina criminale che io denomino
pratica legislativa, e sulla quale stanno per essere
pubblicati alcuni miei lineamenti superficiali, di
sordinati , e sommarii in un volume al quale i fra
telli Bocca di Torino hanno fatto l'onore di render
sene editori (1 ) .
In quel luogo del mio Programma io non faceva
ľ interprete ; faceva la mera funzione di storico.
Diceva che alcuni codici contemporanei non ave
vano dettato provvedimenti speciali sulle ingiurie
ai trapassati. Non emetteva giudizio allora sull' es
sere o no conveniente ( e tale io lo credo ) questo
silenzio . Ma molto meno emetteva giudizio sugli
effetti giuridici del silenzio medesimo.
Bisogna bene pigliare le cose all'ingrosso per
considerare come identiche queste proposizioni ; il
codice Sardo non parla di furto di Gaz : dunque
il furto di Gaz non è punito dal codice Sardo.
Oppure, la ingiuria per telegrafo non è designata

(1 ) Lineamenti di pratica legislativa penale esposti


mediante svariate esemplificazioni, Torino , fratelli Boc
ca 1874 .
609

nel codice Toscano : dunque l' ingiuria per telegrafo


non è punità in Toscana.
Chi emette la prima proposizione giudica con gli
occhi del corpo : apre il codice ; verifica un fatto, e
dice, la disposizione non vi è .
Chi emette la seconda proposizione giudica con
gli occhi della mente, e studiando le altre parti del
codice combinate con i precetti giuridici e con le
regole di ermeneutica, pronunzia se con tale silen
zio abbia il legislatore mostrato la volontà di pu
nire o piuttosto la volontà di non punire quel fatto
sul quale ha taciuto. A questa indagine io non por
tai il pensiero. Ma poco vi vuole a capire che se
avessi preso a contemplare gli effetti giuridici di
quel silenzio avrei senza esitazione pronunziato
emergere da quello il mantenimento della punibi
lità . Tale doveva necessariamente essere la mia
conclusione dopochè io aveva premesso che secon
do i principii della scienza dovevano ammettersi
casi molti e non infrequenti nei quali comandava
giustizia si proteggesse l'onore delle famiglie an
che contro la malignità di chi lo feriva all'ombra
del nome di un trapassato .
Le conclusioni di questo mio discorso sono per
tanto due .
1.• La necessità di ammettere come possibile la
persecuzione penale delle ingiurie emesse in onta
dei morti .
2.• La perduranza di tale possibilità sotto le le
gislazioni positive che hanno taciuto sull'argomento,
quando non contengono disposizioni speciali che
esplicitamente o implicitamente respingano quella
persecuzione.
VOL. IV . 39
- 610

Le condizioni ed i limiti pratici secondo i quali


quella potenza di persecuzione riesca ad effetti utili
per l'accusa, sono il tema di un trattato e non di
una dissertazione accademica .

Pisa 29 maggio 1873.


XIV.

IN GIURIA

PROVOCAZIONE A DUELLO
DELLA INGIURIA MATERIALE

FATTA AL SOLO FINE

DI PROVOCARE A DUELLO

Lettera al Dott. Egrea Cavalieri - Ferrara

Stimatissimo Signore.

Ella mi domanda quale sia la opinione nella quale


io mi sia fermato fra le due contradittorie relati
vamente alla sottile questione della ingiuria recata
per fine di provocare a duello : se cioè io pensi che
debba prevalere il titolo d'ingiuria rappresentato
dal mezzo, o quello di provocazione a duello risal
tante dal fine.
Le rispondo senza esitazione, che io tengo per
migliore la opinione da me enunciata nel testo del
mio Programma ai SS. 2906, 2907 anzichè l' altra
che nella prima nota al S. 1752 io aveva fugace
mente accennata ( 1 ) .

(1 ) Coerentemente a questo mio modo di vedere nella 3.


edizione del mio Programma ho corretto la suddetta nola
a S. 1752.
614

Se si aderisce al principio cardinale della nozione


della ingiuria , quello cioè che la essenzialità dei reati
aggressivi dell'onore tutta consiste nella intenzione
di offendere l' onore altrui, bisogna per logica ne
cessità venire a questa conseguenza, che quantun
que per provocare a duello siasi scelto il mezzo
dell' ingiuria , pure il titolo d'ingiuria non può sor
gere, perchè le manca il criterio essenziale del
l'animo d'ingiuriare : e sorge invece come titolo,
non dirò principale, ma unico di reato la provoca
zione a diello.
. Sempre 'ragionando scientificamente, è sofistico
.

l'argomento che mi abbagliò quando scrissi quella


nota. È sofistico, perchè pecca di petizione di prin
cipio. Io dissi là che lo avere scelto la ingiuria come
mezzo per consumare un altro delitto non esclude
che siasi sempre commesso e voluto commettere il
delitto d'ingiuria. Questa osservazione come gene
ralità è giustissima, repugnando che un delitto si
scusi perchè abbia servito di mezzo a un secondo
delitto . Ma la generalità stessa presuppone un po
stulato, mancando il quale l'argomento diviene so
fistico : presuppone cioè ( notisi bene che il fine
criminoso speciale non denaturi il delitto servito
come mezzo. Allora nel delitto fine concorre il de
litto mezzo con tutti i caratteri dell'essere suo : ed
ambidue i titoli restando vivi, dovrà applicarsi quello
che abbia maggiore gravità, giusta la teorica della
prevalenza. Cosi non v'ha dubbio che l'omicidio ser
vito di mezzo al furto rimane sempre omicidio, per
chè sempre si volle uccidere, e lo avere ucciso per
fine di furto, non fa sparire la volontà di uccidere.
Ma quando invece l' ulteriore fine delittuoso dena
615
tura il fatto che ha servito di mezzo, è una pretta
petizione di principio ritenere come consumato me
diante il mezzo quel delitto, che in ragione del fine
speciale è venuto a perdere i caratteri del malefizio
che altrimenti avrebbe rappresentato.
Se per tanto si ammette che il fine di provocare
a duello elimini affatto l' animo d'ingiuriare ; e se
è vero che la mancanza dell'animo d'ingiuriare
elimini il delitto d'ingiuria ; è evidente il sofisma
nel quale si cade applicando qui quella generalità
che la criminosità del fine non elimina la crimino
sità del mezzo. Verissima sempre è questa regola,
tranne quando il fine speciale criminoso denatura
la indole giuridica del mezzo, perchè ne fa sparire
un criterio essenziale .
Un esempio illumina questo ragionamento. Il furto
consiste nel pigliare la cosa altrui col fine di ar
ricchire. Or bene : se io rubi il metallo altrui per
farne falsa moneta, questo fine criminoso non eli
mina la criminosità del mezzo : e rimangono obiet
tabili ambidue i titoli di falso nummario e di furto .
Ma suppongasi un creditore che frodolentemente o
violentemente pigli la cosa del debitore per pagarsi
del suo credito. Questo fine è criminoso perchè fa
sorgere la offesa alla pubblica giustizia, e il titolo di
ragion fattasi. Ma obietterete voi il titolo di furto
congiuntamente al titolo di ragion fattasi in osse
quio alla vostra regola che la criminosità del fine
non esclude la criminosità del mezzo ? Se ciò ten
terete agirete malissimo, e troverete contro simile
tentativo la costante giurisprudenza dei nostri Tri
bunali, la quale in ipotesi siffatte sempre giudico
che la ragion fattasi era inconciliabile col titolo di
616

furto, e che quella escludeva questo. E per qual mo


tivo si è giudicato sempre cosi ? Per la ragione che
ho detto, cioè lo speciale fine criminoso di eserci
tare il proprio diritto elimina la intenzione di ar
ricchirsi ingiustamente a danno altrui : laonde poi
chè non è più furto il pigliare invito domino cosa
altrui senza animo di locupletarsi , il fine speciale
toglie al mezzo la sua criminosità ordinaria, e lo
spoglia di quel titolo che altrimenti sarebbe stato
inerente al medesimo. Non è pertanto che la cri
minosità del fine escluda la criminosità del mezzo :
ma invece la denatura , la modifica , e la compene
tra in tal guisa col delitto fine, che rimane impu
tabile unicamente il delitto fine, perchè al mezzo
sono mancate le condizioni per obiettarlo come de
litto di per sè stante. Ecco quello che io credo vero
scientificamente.
Ed anche praticamente io credo che quando la
legge locale elevi a delitto la provocazione a duello,
si dovrà sempre obiettare questo solo titolo, e non
più la contumelia, perchè le mancherà lo estremo
indispensabile dell'animo di offendere l' altrui ono +

re : sebbene dove la legge locale non dia il carat


tere di delitto alla provocazione a duello, possa in
contrarsi difficoltà pratica nel lasciare il fatto esente
da ogni imputazione : e questo è ciò che io volli
dire al 8. 2907. La proposizione che la criminosità
del fine non influisca sulla criminosità del mezzo, è
paradossale e fallace. Sono cento i casi nei quali
V’influisce. Quando mai i Tribunali chiamati a con
dannare un ladro che penetrato in mia casa vi rubo
una lira , si videro infliggere a quel ladro, non il
mese di carcere minacciato al furto di una lira,
617
ma i due anni di carcere minacciati alla violazione
di domicilio ? Mai si vide ciò. E per qual motivo ciò
mai si vide ? Per la solita ragione da me addotta ,
cioè che la criminosità del fine di furto toglieva
all'ingresso arbitrario nel mio domicilio il carattere
essenziale costitutivo del titolo di violazione di do
micilio , vale a dire la intenzione diretta ad offen
dere l' altrui libertà invadendo i lari domestici del
cittadino per turbare la sua privata tranquillità.
Sempre in gravi errori si cade quando si vo
gliono costruire certi reati sul solo elemento di
una data materialità, senza tenere il debito conto
dello elemento intenzionale che completa la res
pettiva essenzialità giuridica.

Pisa 17 marzo 1871 .


3.
I N D I C E
40000

I. CESARINI E LE RIFORME ALLA PRO


CEDURA PENALE pag . 1

II. I DISCORSI DI APERTURA 25

Cap. I. Psicologia 27
Cap. II. Reazione . 38
Cap. III. I fiori CONFORTI 52
Cap . IV. I fiori CESARINI >> 74
Cap. V. I giudizi istantanei 90
Cap. VI. Istruzione segreta . > 119
Cap . VII . Istruzione segreta (STO
RIA ) » 134
Cap . VIII . Istruzione segreta ( se
gue STORIA ) . . » 155
Cap . IX. I conservatori . >> 169
Cap. X. Dualismo . . » 180
Cap . XI. I pericoli . » 203
Conclusione . » 262

III . PENSIERI SULLA GIURIA » 267


620 --

IV. IMMORALITÀ DEL CARCERE PREVEN


TIVO pag . 297

V. FOGLIO DI LAVORO PER LA COMMIS


SIONE SULLA RIFORMA CARCERARIA » 307

VI. CONVENIENZA DI UNA RIVISTA SCIEN


TIFICA INDIPENDENTE DELLA GIU
RISPRUDENZA PENALE » 357

VII. IMPRESSIONI DEL PROCESSO AGNO


LETTI . . » 379

I. Achille Agnoletti » 381


II. Le perizie » 384

III . La pena di morte . » 396


IV. Il pubblico » 400
V. La prova · » 408
VI . I delitti accessorii . >> 410
VII . Il verodetto •
>> 414

VIII. INDIPENDENZA DELLA LEGGE PENALE


DALLA LEGGE GIURISDIZIONALE » 417

IX. INDIVIDUITÀ DELLA GIURISDIZIONE DI


APPELLO IN CRIMINALE . • » 447

X. LE TRE CONCUBINE >> 469

I. La situazione » 471
II. Le cause » 475
III . Li inconvenienti » 486
IV . I rimedii . » 492

272,436 ) 16GEX 1876


-
621
XI. UN NUOVO DELITTO .
pag . 519

XII. I COMPARI NEL PROCESSO CRIMINALE » 531

XIII. DELLE INGIURIE AI DEFUNTI . >> 577

XIV. INGIURIA E PROVOCAZIONE A DUELLO >> 611

888
EUGENIO E FILIPPO CAMMELLI
EDITORI LIBR AI E COMMISSIONARI
IN FIRENZE , PIAZZA DELLA SIG NORIA

CALCATERRA (Avv. Vincenzo ). Genesi e sviluppo del codice civile


del Regno d? Italia , Salerno 1875 Vol. I , e II. in . gr. 8. °
e L. 12 .
Il voluine I. contiene . Disposizioni sulla pubblicazione, interpe
trazione ed applicazione delle leggi in generale e tecria delle
persone .
Il volume II. contiene . Dei beni , della proprietà e sue modif
cazioni, usufrutto, uso, servitù , comunione, possesso.
CARLE (Avv. Giuseppe ) Prospetto d'insegnamento di filosofia del
diritto. Parte Generale. Torino 1874, in 8.°, » 5
CARRARA ( Prof. Francesco :) Lineamenti di pratica legislativa pena
Je esposti mediante svariate esemplificazioni. Torino 1874 in 8. " Ø 8
Lezioni sul grado della forza fisica del delitto ( Conato, Com
plicita ) , dettate nella R. Università di Pisa , e pubblicate per uso
degli scolari. Sesta edizione con aggiunte . Lucca , 1870. in 8." » 5
Di una nuova teorica intorno la consumazione del furto. (Pro
Jusione al Corso Accademico di Diritto Criminale 1870-1874 );
Lucca, 1870. in 8.9
Giuseppe Puccioni e il Giure penale. Cenni Biografici . Firen 1. 50
ze , 1867, in 8 ..
CASANOVA ( Prof. Ludovico ). Lezioni di Diritto Costituzionale.
seconda edizione rivedata e corretta dal Senatore Commenda
tore Prof. Avv . Cesare Cabella e dall'Avv. G. B. C'ironi .
Firenze, 1869. 2. Vol . in 8. ° 8.
Diritto Internazionale Seconda edizione riveduta e corretta dal
Senatore Commendatore Prof. Avv. Cesare Cabella e dal,
l'Avv. G. B. Cironi. Firenze, 1870. 2. Vol . in 8. ° 08
DE GIOANNIS GIANQUINTO ( Giovanni ) Dei conflitti di attribu
zioni. Trattato teorico-pratico. Firenze 1875, in 8.° 6.
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colla scorta dei migliori autori. Pisa, 1869-73, 4 Vol. in 8.° » 28 .


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blea della Società Costituzionale a Innsbruck, recato io italiano
dal Dott. Leone Weinberg. Pubblicato per cura del Prof. Av
vocato Francesco Carrara con introduzione e Note del medesi
mo. Lucca , 1870. in 8.0 > » 0. 80
GOLIA Prof. Giuseppe ) Analisi pratica del codice di procedura
civile e di commercio , ossia formolario generale e ragionato di
tatti gli atti giudiziari , de’ procedimenti civili e commerciali ad
uso dei Giudici, Procuratori, Uscieri, Cancellieri, ec. Compilato
per cura di Giuseppe Golia procuratore presso la corte di ap
pello di Napoli e professore di diritto. Seconda edizione rive
duta ed ampliata . Napoli 1873, in 8.9 »

JANNUZZI (Avv. Stefano) Della interpetrazione e de' suoi limiti.


Monografia divisa in due dissertazioni . Prima . L'interpetrazione
nel diritto privato. Seconda . Se debbal la Cassazione annullare
le sentenze che travisano i fatti. Napoli: 1875, in 8. °
LUCCHINI ( Avv . Luigi) Il carcere preventivo ed il meccanismo
istruttorio che vi si riferisce nel processo penale. Studio di legisla
zioni comparate antiche e moderne seguito da uno schema
progetto di legge. Seconda edizione accresciuta degli atti del
Congresso Giuridico Italiano sull'argomento ( adunanze 30 No
vembre e 1 Dicembre 1872 in Roma ). Venezia 1873, in 8. ° » 3 , 50
EUGENIO E FILIPPO CAMMELLI
EDITORI LIBRAI E COMMISSIONARI
IN FIRENZE, PIAZZA DELLA SIGNORIA

MARCHI ( Avv . Paolo) Legislazione civile italiana. Com


mentarii al Codice Civile ed elementi dei medesimi.
Firenze 1875 , in 8. • Volume II. L. 8. -
MARTELLO E MONTANARI - Stato attuale del credito
in Italia e notizie sulle istituzioni di credito straniere .
Opera compilata sugli ultimi documenti ufficiali ed
illustrata da Tavole grafiche. Padova 1874 , in 8... 4. 50
MEL ( Avv. I. ) Codice (II) di procedura penale illu
strato dalla giurisprudenza decennale delle cassazioni
patrie, con note e richiami a leggi e regolamenti che
vi hanno riferimento : Verona . 1875. Seconda edi
zione ampliata , emendata e rifusa, in 8. > 8. -
PAOLI ( Comm . Consigliere Baldassarre ) . Nozioni ele
mentari di Diritto penale . Genova, 1871. in 8. > 3.
-

Studi di Giurisprudenza italiana comparata. Firenze


1873 , in 8.0 » 5 .
PEPERÉ ( Prof. Francesco ). Enciclopedia organica del
Diritto . Seconda edizione. Napoli, 1870. in 8.0 15. -
Storia del Diritto . Primoperiodo. Diritto dell’Orien » 4 . -
te . Napoli, 1871. in 16.0
Storia del Diritto. Secondo periodo. Diritto della
Grecia . Napoli, 1874. in 16.0 » 5. -

PESSINA ( Prof. Avv . Enrico ). Elementi di Diritto pe


nale. Terza edizione. Napoli, 1872. in 8.° >> 7.
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li 1875. in 8. ° Vol . 1.º = 6. 50
PIGLI. ( Cav. Avv. Carlo già Presidente del Tribunale
di Prima Istanza di Firenze ) . Cassazione o Terza
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Seconda edizione . Napoli , 1869. in 16.0 >> 4 .
PIZZAMIGLIO ( Avv. Clemente). Dei Giurati in Italia.
Studi. ( Memoria premiata dalla Commissione del
Concorso Ravizza per l'anno 1871 ) . Milano 1872 .
in 8.6 6.
ROLIN ( Avv. Alberico ). La pena di morte. Stato della
questione Esame di alcune recenti pubblicazioni.
Dissertazione tradotta e pubblicata dal Prof. Avv. Fran
cesco Carrara. Lucca, 1874. in 8.° 4 .-
SBARBARO (Pietro) Sulle Opinioni di Vincenzo GOBER
Ti intorno all'economia politica e alla questione so
ciale. Libri VI. Bologna 1874 in 8.4 » 10 -

Tutte queste opere si spediscono franche a chi ne rimetterà il relativo vaglia


postale. Chi le desiderasse raccomandate Cent. 30 in più .
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