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Come il gioco può aiutare la didattica

I giochi, i videogiochi o alcuni elementi ludici possono essere integrati nella didattica per stimolare
studenti e docenti. Il divertimento migliora l’apprendimento, ci credeva Caillois e lo ha teorizzato
Vygotskij.
Secondo Roger Caillois, capostipite degli studiosi dei giochi di ogni genere e forma, «[...] ogni
gioco potenzia, affina, qualche facoltà fisica o intellettuale. Attraverso il divertimento e la
perseveranza, rende facile ciò che all’inizio appariva difficile e stressante». Dunque il gioco ha lo
stesso scopo della didattica: portare a comprendere facilmente qualcosa che in principio era ignoto.
Allora perché non integrare il gioco nell’insegnamento e nell’apprendimento? 
Secondo la definizione standard, ogni gioco è caratterizzato da quattro dimensioni: l’agon (la
competizione), l’alea (la sorte), il mimicry (la maschera) e l’ilinx (la vertigine). A seconda di come
si combinano questi elementi e di quale prevale sugli altri si hanno diversi tipi di gioco, dalle gare
sportive (puro agon) al lancio dei dadi (pura alea). 
Già Lev Vygotskij parla del ruolo del gioco nello sviluppo del bambino: secondo il pedagogo russo,
il bambino elabora e soddisfa i propri bisogni attraverso la fantasia, inventando giochi ed
esprimendosi all’interno di essi. Ma l’integrazione dell’attività ludica nella didattica può portare
vantaggi ad ogni età, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo di competenze. Attraverso il gioco,
infatti, lo studente conosce la realtà che lo circonda e sperimenta nuove abilità e modalità
di relazione. 
Per continuare a parlare di giochi è fondamentale distinguere due concetti: gamification e gaming.
La gamification è il processo di applicazione di elementi e dinamiche tipiche dei giochi ad altri
contesti, ne è un esempio la raccolta punti dei supermercati per poter riscattare premi. Il gaming,
invece, è il gioco vero e proprio, l’attività ludica pensata per intrattenere e divertire. Anche se la
comune percezione porta a legare il gaming ai videogiochi, in questa categoria cadono tutti i tipi di
giochi, compresi ad esempio i giochi da tavolo. Quando il gaming è applicato in ambito educativo a
fini didattici si parla, generalmente, di edutainment. 
L’integrazione di alcuni elementi in stile videogioco nella didattica può essere uno stimolo
interessante tanto per gli studenti quanto per i docenti. Sicuramente, però, trasformare la didattica
con la gamification non è semplice né immediato e per questo motivo è bene ricorrere
a strumenti appropriati. 
Fra le tante, una delle piattaforme che punta tutto sulla gamification in aula è Classcraft: ogni
studente ha un suo avatar (personaggio virtuale) che può guadagnare o perdere punti a seconda della
qualità della vita scolastica (i voti buoni fanno guadagnare esperienza, i comportamenti maleducati
o inadeguati assegnano malus), questi punti possono poi essere spesi per attivare superpoteri come,
ad esempio, poter consegnare un compito con un giorno di ritardo. Forse l’approccio di questa
piattaforma per i modelli scolastici italiani è un po’ estremo, ma sicuramente si possono cogliere
alcuni spunti e integrarli nella nostra didattica. 
Uno dei vantaggi enormi dell’integrazione dei videogiochi nella didattica è legata a una
caratteristica intrinseca: è un medium attivo. Il videogioco, infatti, richiede una partecipazione
costante da parte dell’utente, fatta di scelte da dover prendere, di scambi stimolo-risposta, di
problemi da dover gestire e superare per poter progredire e di gratificazione. Inoltre per loro stessa
natura i videogiochi sono difficili ed è proprio la loro difficoltà a stimolare l’apprendimento da
parte del giocatore: se non imparo a giocare, perdo. 
Fra i videogiochi nati esclusivamente per l’intrattenimento ma perfettamente integrabili nella
didattica troviamo SimCity, un capolavoro del mondo del gaming con una lunga tradizione (la
prima versione è del 1989). In questo gioco di tipo sandbox (nessun obiettivo specifico prestabilito
e un mondo che si evolve in base alle scelte del giocatore) bisogna amministrare una città e far sì
che questa non vada in bancarotta: il giocatore è il sindaco e deve puntare a far prosperare la sua
città, per farlo ha a disposizione alcuni consiglieri, un budget limitato e diversi tipi di costruzioni
edificabili. Il valore educativo è innegabile: si può usare il videogioco come mezzo per parlare di
educazione civica, di ordine pubblico, di organizzazione politica, ma anche di storia, di geografia,
di economia. Insomma, un mare di spunti. 
Altri videogiochi interessanti dal punto di vista didattico sono Roller Coaster Tycoon, Spore e Sid
Meier’s Civilization, senza dimenticare Minecraft, soprattutto nella versione Education, ormai di
tendenza. 
In generale, integrare elementi ludici nella didattica è una buona idea per svariati motivi: i docenti
sono stimolati da un nuovo modo di insegnare, gli studenti diventano più partecipi nel loro
apprendimento e i contenuti, le abilità e le competenze crescono in modo naturale. E poi si sa: se ci
si diverte, si impara di più!

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