risuonava: sin dall’infanzia percepito come spazio immaginario a forma di stivale; per l’orrida ‘Ragion GeoPolitica’*, «espressione geografica» da ‘cartine mute’; diciamo, più in generale, luogo e non- di grumi di vissuto, ‘territorî esistenziali’d’ogni tipo, singolari e comuni), il già quasi da subito confidenzialmente detto – detournando pubblicitarî subliminal – ‘’SevenAp’’, cambiò radicalmente tante vite, tanta vita. [Precisiamo qui subito qualcosa sui simboli in «codice tipografico» che usiamo : - apponiamo majuscole come da autodefinizioni ufficiali, e tra virgolette uncinate a marcare la nostra estraneità ostile; - ci limitiamo ad asterischi per indicare che ormai chiunque sia ignaramente ‘a digiuno’ di questo o quel riferimento trapassato, può trovare tutti i rinvìi, certo da prender solo per le ancor ineliminate citazioni letterali. Ciò posto, riprendiamo.] Il Sett’Aprile fu un po’ l’opening night dell’irruzione in forza sul proscenio del ‘GranTeatro delle crudeltà’ dell’«Emergenza come forma di Governo» – la foucauldiana Governamentalità, nello snodo fra «società di Sorveglianza», Sorvegliare e punire, ‘sorvegliare è punire’, e «società di Controllo»*. Ho troppe volte, pensando pubblicamente, parlato di quella giornata, dalla narrazione minuta del misto continuo di picaresco drammatico e anche tragico, in apparenza aneddotica ma per me con valenza di apologo, ed esercizio di parresìa, scrupolo di veridizione, fino a tentativi di lettura, d’interpretazione, per rifarlo ora qui. Mi limito a dire, che l’opening night aveva avuto degli antecedenti prossimi quantomeno nell’inchiesta del medesimo Sost.Proc.Calogero sugli autonomi veneti, e in quella del G.I. Catalanotti su RadioAlice e tanta parte d’autonomia autonomie a Bologna. Per non parlare d’altre operazioni, dispositivi scagliati contro ‘gruppi armati clandestini’ e relative aree, rizomi attorno: dispositivi per cui a viva forza si estingueva il carattere di ossimoro, almeno per il «Diritto formale», dell’espressione’rastrellamento/ giudiziario’. [...] Per cominciare, quel giorno lì si inaugurò nel Verbo l’arrovesciamento semantico dell’espressione «Anni di piombo», per al contempo entrare realmente in una replica del significato originario che essa aveva nel titolo del film di Margarethe Von Trotta*. Quanto si dovrebbe evocare qui… – sempre comunque troppo poco e troppo, oltre la stessa ‘sindrome-Lord Chandos’ dell’indicibilità segnalata da Hoffmannsthal. Dovrei forse tentar di dire l’acuminato dolore di vedere il bergmaniano ‘uovo del serpente’* nel pur ‘umano, troppo umano’ riflesso, tra il ‘condizionato’ e il ‘pulsionale’, a cercar scampo, a creder di trovare la salus, salvezza, nella rivendicazione d’innocenza (specie quella agostinianamente detta «quella vera, quella dell’anima»), e nello scivolo che inevitabilmente irreparabilmente finisce per esportare ogni «Colpa» su altrui ? Tutto questo oggi è sbiadito dal fatto centrale che oggi, tutto è vertiginosamente peggiorato rispetto ad allora, allo stesso ‘peggio del peggio’ certo per noi, di allora. Mi pare infatti si possa dire che – d’abord per l’effetto dei dispositivi di digitalizzazione integrale di ‘’tutto’’ – certo non già «Gea» come astro, che continua a girare fino alla «morte termica di quest’Universo»* ; ma bensì tanta ‘vita sulla Terra’, tanto ‘vivente’, tanti ‘esseri viventi’ bio-diversi (epperchémmai no la «razza umana», specie degli «esseri parlanti» di cui si va sfacelando la parola, con dentro ’Vincitori e vinti’, «vittime» e anche «carnefici», avvinghiati nel gioco di specchî, matrioska di ‘mise en abîme’; ridotti – a cominciare dagli ‘Alti’ dei ‘Palazzi’ – alla voluttà estrema dell’ultima crudeltà come fine, in una ‘distopìa reale’ come nelle «marce della morte»*… Ecco, direi che : visto lo Zeit-Geist, ‘spirito del tempo’ – anzi, spettrali spettri di ‘finetempo’ che ci suggerirebbero un I’ld prefer not to –, da ora qui e ovunque ogn’ora, nel ‘nostro piccolo’ si potrebbe dire, accompagnandolo con gesti minimamente adeguati, AMNISTIA COME MINIMO ! Si potrà dire, ‘che c’entra?’. E invece no, ora credo di sapere – pur sapendo solo che so quanto non so, proprio ‘io’ in particolare; e che so sempre di meno, come ‘asino fra i suoni’ – che purtroppo non è un incubo, che purtroppo non è ‘’solo’’ urlo rauco da mia propria ‘pazzìa’ : è che questa specie di cui siamo parte, la «razza umana», è nell’impasse, nel cul di sacco finale. L’ha portata sin qui il Moloc,Moloch* che essa stessa ha secrèto e scagliato verso l’alto dei cieli e ora ricade in lacerti in fiamme, impersonale tremendo, su noi. Ora so che nessuno può davvero credere che alle proprie discendenze oggi bambine o poco oltre, attenda una condizione di orrori su orrori, incastrati a matrioska. Ma che così È : il già camusiano* Assurdo è arrivato al nec plus ultra, e non ci saranno più «quattro Giusti a salvare Sodoma»… Ora dunque : Poi che la morte è ‘niente’ o poca cosa rispetto all’agonia Poi che la messa a morte a mezzo di tortura del discendere ancor viventi nel sepolcro è orrore assoluto Poi che questa pena è condanna a morte lenta, agonia atroce senza fine da cui lascia evadere solo la morte avvenuta, certificata e con putrescina Poi che questo è destinato ad esseri viventi, di «razza umana» (così come per altro avviene per altre specie), EVADERE DALL’INCUBO è PERSISTERE NELLA RIVOLTA: contro Assurdo Agonìa Ambiguità Angoscia, Amore Amour-passion Autodifesa Anamnesi Amnesìa Amnistia Amnistie… ! Se davvero il «nostro mondo» è a finecorsa, e «finale di partita»* è da scandire ‘FINALE| DIPARTITA’, può restare qualcosa? Conosciamo l’apologo Zen del saggio che, avvinghiato a un arbusto sull’orlo d’un precipizio in fondo al quale ci sono ‘mostri’ con denti aguzzi, alzando lo sguardo verso il cielo vede che dall’arbusto che si sta schiantando esce una fragola e che fa? mangia la fragola… Ecco: la fragola per noi, la nostra fragola, può essere salvare qualche essere almeno dalle pulsioni-volizioni, reificate in dispositivi*, all’ultimo maleficio. Diventa «the right thing[to do]», ‘la cosa giusta’… Ci sono qui e là luci di testi (dolorosamente da Happy few nel senso di Stendhal* o anche Morante*), che possono trasmettere un lucore almeno di speranza…Diciamo, che possa one day avvenire una specie altra, ‘nuova’ come Sapiens-s rispetto a Neanderthal, che… Dovrei evocare tanti nomi, pur alla rinfusa innanzitutto ‘cronologica’, anche solo partendo dal secolo precedente lo scorso e in spazî di lati- e longi- tudini da «Vecchio Mondo». Per stare a ultimissimi, da «L’uomo non è buono» di Franco* a «Lo spillover del profitto»* a testi zapatisti* già due anni fa (e alcuni altri che ora crono- materialmente non posso evocare qui ma di cui ad ogni costo darò nel prosieguo contezza), ce n’è. Mi limito intanto a due : - la recente doppia poesia ossimora di Bifo* […], e - «Per noi non ci sarà primavera» della ‘libreria editrice I fiori blu’ * Ecco.